Over The Deception Of Life

di elyforgotten
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno (1 parte) ***
Capitolo 2: *** Ritorno (2 parte) ***
Capitolo 3: *** Il compleanno di Caroline ***
Capitolo 4: *** Incantesimo letale ***
Capitolo 5: *** Terrore allo specchio. ***
Capitolo 6: *** Oscurità ***
Capitolo 7: *** Il mostro alla fine del libro -1 parte- ***
Capitolo 8: *** Il mostro alla fine del libro -2 parte- ***
Capitolo 9: *** Dangerous Liaisons ***
Capitolo 10: *** Fear ***
Capitolo 11: *** Love you to death ***
Capitolo 12: *** Broken dreams ***
Capitolo 13: *** I'm falling forever ***
Capitolo 14: *** So I stayed in the darkness with you -1 parte- ***
Capitolo 15: *** So I stayed in the darkness with you -2 parte- ***
Capitolo 16: *** Turning back time ***
Capitolo 17: *** Sulle ali dei sogni ***
Capitolo 18: *** Let it burn ***
Capitolo 19: *** Cold and Lost ***
Capitolo 20: *** Calma nella tempesta ***
Capitolo 21: *** Memories ***
Capitolo 22: *** Oh, Death. ***
Capitolo 23: *** Turning back time - 2 parte ***
Capitolo 24: *** Noir Masquerade ***
Capitolo 25: *** Fuoco e Sangue ***
Capitolo 26: *** Change ***
Capitolo 27: *** In the Shadow ***
Capitolo 28: *** Wide awake ***
Capitolo 29: *** Attraverso le ceneri ***
Capitolo 30: *** Tortured Heart ***
Capitolo 31: *** The Breath of Life ***
Capitolo 32: *** Never let me go ***
Capitolo 33: *** We found love ***
Capitolo 34: *** Rains of Death ***
Capitolo 35: *** Revenge ***
Capitolo 36: *** Time of Dying ***
Capitolo 37: *** Black is the colour of my love's heart ***
Capitolo 38: *** The Deception - 1 parte - ***
Capitolo 39: *** The Deception - 2 parte ***
Capitolo 40: *** Dying of the Light ***
Capitolo 41: *** Epilogo - In Memoriam ***



Capitolo 1
*** Ritorno (1 parte) ***


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Prima parte della storia originaria:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=844385

 

CAPITOLO 1 (1 PARTE)

 

Dopo tanto tempo, dopo tutta quella sofferenza e solitudine, finalmente l’aveva ritrovato.

Elijah, l’uomo che amava più di se stessa, era lì. Dentro la bara e il pugnale era conficcato nel cuore.

Briony lasciò libere le lacrime, accarezzando il suo viso rinsecchito e freddo. Sebbene dovesse aver paura per quell’ aspetto tetro, lei dentro di sé provava solo un amore sconfinato per quel vampiro e lo trovava pur sempre bellissimo, anche in quelle condizioni.

Mentre gli toccava dolcemente i capelli, sentì le ferite del suo cuore rimarginarsi lentamente.  Come se lui le avesse guarite. Lui soltanto.

Gli sussurrò:

“Ti amo Elijah.”

Dopo di che, prese il pugnale fra le mani e lo staccò con forza dal suo cuore.  

 

Briony aveva fra le mani il pugnale e restava immobile col respiro agitato e trepidante, in  attesa che Elijah si risvegliasse. Non sapeva quanto tempo ci sarebbe voluto e magari con la sfortuna che la perseguitava da mesi, Elijah poteva anche non riconoscerla più… chissà cosa succedeva a quelli che ritornavano in vita dopo un così lungo periodo passato dentro a una tomba… 

Non sapeva perché pensava a quel tipo di disgrazia: che Elijah potesse averla dimenticata o rimosso i ricordi riguardanti la loro vita assieme, ma forse dopo tutto quello che aveva passato ancora non ci credeva che lui fosse proprio lì vicino a lei… in cuor suo pensava che qualche altra catastrofe sarebbe sopraggiunta per rompere quel suo attimo di felicità.

Ma più passavano i minuti, poi mezz’ore poi ore intere, Briony si fece prendere dal panico e si domandò il perché Elijah ci mettesse così tanto a svegliarsi. Sgranò gli occhi terrorizzata, convinta di essere stata catapultata in un incubo: quella era la sua pena peggiore, che lui avrebbe potuto non risvegliarsi più e che non sarebbe mai più esistito.

Sentì il respiro seccarsi in gola, rubato via.

Si inginocchiò davanti al suo corpo e Briony cercò qualunque cosa che potesse impedire il suo risveglio, ma sembrava tutto a posto. D’altronde il pugnale era stato tolto, maledizione! Perché non si svegliava?

Briony dalla crisi di panico si fece prendere da una crisi isterica e chiamò a gran voce Stefan per chiedere un suo aiuto, ma sembrava non ci fosse anima viva in quella grotta. Non c’era nessuno a parte lei… e un cadavere.

“Oddio oddio no.” mormorò senza fine Briony cercando di sentire se c’era il battito.

<< Stupida! Ovvio che non c’è! >> Pensò poi impazzita alzandosi e mettendosi le mani nei capelli per cercare una soluzione.

Si mise a singhiozzare pensando che tutti i suoi sforzi erano stati vani, che tutto quel dolore non aveva portato a niente, soltanto a una sofferenza ancora più grande: sperare di salvare Elijah e invece lui non si dannava a volersi svegliare.

<< Perché?! Perché mi fai questo? >> Pensò angosciata, cominciando a piangere e colpevolizzando il vampiro non di tutte le cose orribili che in passato le aveva inferto, ma di averla lasciata sola, di non voler tornare da lei e di farla soffrire più di ogni altra persona in quel momento per essersi arreso. Per non essere riuscito a sopravvivere.

Briony si appoggiò al muro della grotta, continuando a singhiozzare e a tenersi le mani nei capelli, dove le unghie scavavano nella testa per trovare una soluzione per riuscire a farlo vivere. Doveva vivere!

 Per cosa sarebbe vissuta d’ora in poi? Per cos’altro valeva la pena vivere e soffrire ancora, dopo aver speso così tanto fino ad essersi fatta depredare il cuore? Non ci sarebbe stato più lui… Lui che aveva preso, si era impossessato di quell’imprevedibile e debole muscolo per poi trasformarsi in un rasoio affilato pronto a squarciarlo.

Si sentiva una povera creatura sperduta che non aveva niente in mano, se non le ceneri della disfatta e della perdita. Quando non hai più niente, diventi un niente.

Elijah…

Ho fatto così tanta strada…

Non posso andare oltre…

Ti prego…

Questo ulteriore allontanamento definitivo avrebbe spezzato ogni cosa, e il suo rifiutarsi di toccare il fondo sarebbe stato vano ormai.

Per te ce l’ho messa tutta…

Ci fu un silenzio agonizzante, come di una capitolazione, e ad un tratto i pensieri dilaniati della ragazza furono interrotti da un rumore assordante, spigoloso e da far venire i brividi.

Qualcosa si era mosso, qualcuno stava cercando di respirare e si era alzato in un battibaleno andando a sbattere contro la parete della grotta, opposta a quella dove stava Briony, la quale non accennava a muoversi o a respirare.

La tomba si era completamente rovesciata e si poteva udire un rumore di ossa sradicate e martoriate ad ogni minima mossa.

Ed ecco che tutto fu più chiaro, limpido come l’albeggiare di un nuovo sole. Apparve Elijah, che stava riprendendo il controllo del proprio corpo e riuscì finalmente a reggersi in piedi, anche se le spalle erano ricurve come se avesse bevuto troppo.

E finalmente la guardò.

Sembrava non si vedessero da secoli, come se quello fosse il loro primo incontro in assoluto e dovessero ricominciare da capo con le presentazioni.

Gli occhi di Elijah erano sempre neri come il cielo notturno, circondati da profonde e nere occhiaie mentre la sua pelle poco a poco sembrava ritornare normale e non più avvizzita come prima. I capelli anche dopo la morte sembravano ancora fluidi e splendenti, infatti il suo solito ciuffo ribelle gli ricadeva su un lato della fronte, rendendolo ancora più bello.

Briony invece doveva sembrare una pazza o semplicemente una disperata dal modo in cui lo guardava: non riusciva a respirare, dalla sua bocca non fuoriusciva niente, nessun suono anche se avrebbe voluto gridare e parlare, ma lo shock l’aveva completamente immobilizzata.

Non credeva che fosse vero, che fosse soltanto uno dei suoi incubi peggiori tornati a perseguitarla.

Ma la sua voce, quella voce vellutata per la quale sarebbe stata disposta anche a attraversare l’inferno, cambiò tutto e la riportò nel mondo reale.

Briony…?” domandò Elijah confuso e disorientato, fissandola attraverso i suoi occhi scuri.

La sua voce era profonda come le profondità dell’oceano.

Lei sgranò gli occhi, ma poi socchiuse le palpebre perché l’ondata delle lacrime sembravano accecarla e impedire di osservarlo come avrebbe voluto. Si portò le mani alle labbra mentre le lacrime erano libere di rigare completamente il suo viso.

Ma finalmente fece quello che avrebbe dovuto fare fin da subito; lasciò da parte il dolore, lo shock, e la sorpresa degli ultimi minuti, e il suo cuore fu pervaso da una felicità e una gioia così intense da soffocarla.

“Sì... sono io, Elijah.” Sussurrò debolmente e cominciando a sorridergli radiosa e felice, mentre lui la guardava dall’alto in basso con gli occhi totalmente sbarrati, confusi, increduli.

E fu questione di un secondo e tutte le incertezze, gli ostacoli, e i dubbi crollarono come castelli di sabbia.

La ragazza fece dei passi malfermi verso di lui con le braccia propese, come se stesse per raggiungere un angelo, e finalmente dopo tanto tempo Briony sentì  le braccia forti e vigorose di Elijah attorno al suo corpo, uniti in un tutt’uno.

Dopo un attimo di titubanza e confusione, Elijah ricambiò meglio l’abbraccio e la strinse con forza ancor di più a sé, come se volesse far combaciare i loro cuori spenti fino a qualche secondo prima e ora di nuovo giunti alla vita.

Sussurrando il suo nome, il vampiro la avvicinò ancora di più al suo petto duro e freddo, stringendola tanto da toglierle il respiro, come se volesse sincerarsi che lei fosse davvero lì e lui vivo.

Briony a sua volta uscì dalla sua trance e rincominciò a piangere per la felicità. Appoggiò il mento sulla sua spalla, consumandolo nel suo abbraccio per dimostrare così in modo tangibile che lui era davvero lì con lei e che non l’avrebbe mai più lasciata.

Nella grotta si udivano soltanto i singhiozzi continui di Briony soffocati dal petto di Elijah, e i respiri affannosi del vampiro. Anche se lui non aveva alcun bisogno di respirare, ma dopo aver visto sana e salva la ragazza che amava qualcosa si era mosso dentro di lui ed era come se il suo cuore freddo da secoli cominciasse a battere a ritmi sempre più veloci a causa dei sentimenti che stava provando in quel momento, senza i soliti freni.

Sembrava che ricordasse com'era essere davvero umani. Sembrava che finalmente le sue emozioni riaffiorassero dall’abisso della sua oscurità piena di tenebre e freddezza che lo perseguitava da tutta una vita. Una sensazione liberatoria, e letale e distruttiva allo stesso tempo.

Elijah per questo alzò gli occhi al cielo con un sospiro silenzioso, come per cercare il controllo o ringraziare qualche Dio della nuova occasione preziosa che gli stava dando, per poi appoggiare le labbra fredde sulla fronte della ragazza, quasi a voler scacciare quelle lacrime che il vampiro credeva di non meritare, e soprattutto perché non voleva più rivedere i suoi meravigliosi occhi verdi piangere ancora per lui.

Briony si raggomitolava contro il petto del vampiro, come se cercasse uno scudo che l’avrebbe aiutata a sopportare l’inferno in terra, senza alcun rammarico se la sua forza non era chissà cosa rispetto a ciò credeva e per le condizioni fisiche precarie del vampiro.

In seguito Elijah alzò la testa di Briony con la mano cosicché potessero guardarsi dritto negli occhi. La ragazza non riusciva ad essere più spaventata, triste o stanca; fra le sue braccia i suoi sentimenti per lui l’avrebbero sostenuta per il resto della vita.

Le fuoriuscì un sorriso di piena di gioia, non si capacitava dall’idea di controllarsi. Elijah non teneva più il fiato pesante, ma si vedeva che era in preda a un vortice di emozioni impossibile da placare con tutto ciò che stava avvenendo lì.

“Sei ritornato…” Sussurrò lei a bassa voce, cercando di scacciare le lacrime dagli occhi.

Elijah le restituì uno sguardo tenero, dolce… davvero raro in lui. I suoi occhi sembravano brillare nell’oscurità della caverna e con l’altro braccio la teneva ancora stretta a sé, come se non intendesse lasciarla andare per un secondo.

“Ti amo Briony… e non ti lascerò mai più.” Erano le parole più sincere e vere che avesse mai pronunciato in tutta la sua lunga vita da immortale.

Briony non ebbe neanche il tempo di metabolizzare la confessione o di dimostrarsi felice, poiché le labbra di Elijah le bloccarono ogni sua parola.

Fu un bacio bellissimo e adorante. Briony dimenticò la follia, il tempo, la disperazione, gli ostacoli che venivano a crearsi spontaneamente e chi glieli creava. Ricordava solo che lo amava e che era sua.

Si sentì andare in iperventilazione e la testa le martoriava a causa dell’ondata di adrenalina. Le piacevano le labbra fredde di Elijah con cui le riscaldava il cuore.

Sentì poi sulla bocca il sapore delle proprie lacrime, che venivano scacciate via ogni volta che Elijah appoggiava, in modo possessivo e terribilmente sensuale, le labbra sulle sue.

Avrebbe continuato quella trepidante emozione all’infinito se avesse potuto.

Ma poi Briony emise un lieve gemito dopo che Elijah si fu allontanato, seppur di pochi centimetri dal suo viso, come se avesse bisogno anche lui di riprendere fiato.

Appoggiò le braccia sotto le spalle del vampiro, non tollerando alcuna lontananza, mentre lui continuava a tacere e a stare immobile.

“Dopo tante vicissitudini… finalmente.” Esclamò lei con un sorriso felice e rassicurato da quella presenza.

Elijah allargò un angolo della bocca: “Non è facile farmi restare lontano a lungo da ciò a cui tengo. Dovrai abituartici, signorina Forbes.”

Briony sorrise affabile, con l’anima in euforia di risentire le eleganti parole sulla lingua di Elijah rivolte a lei: “Mi fido della tua parola, Elijah Mikaelson. So che la mantieni sempre.”

Elijah fece un ultimo freddo sogghigno ma cominciò a osservarla con sguardo serio e inquisitore; sembrava la stesse scrutando attraverso le sue ciglia scure.

Briony temette allora che stesse per sopraggiungere un vero e proprio interrogatorio, anche se non ne aveva mai avuto uno così. Difficile trovare un poliziotto così affascinante e che la tenesse stretta in quel modo più che intimo.

Dopo che Elijah ebbe finito di fissarla, come se volesse penetrarle nella mente, le chiese:

"Come sei arrivata qui?"

Briony abbassò lo sguardo ma non fece alcun movimento poiché il vampiro la teneva ancora stretta in una presa micidiale.

"Ho seguito Stefan, é grazie a lui che sono riuscita ad arrivare a te. É stata una vera odissea e temevo di non farcela..!" sussurrò ricordando il piano fallito riguardante la morte di Klaus.

Elijah la guardò visibilmente preoccupato: "Raccontami quello che é successo."

Briony sospirò rumorosamente e gli spiegò per quanto le era possibile ciò che era successo la notte in cui avevano tentato di uccidere Klaus. Ogni volta che si nominava il fratello, l'espressione sul viso di Elijah diventava rigida, dura e gelida come la pietra; segno che non vedeva l'ora di vendicarsi delle malefatte di Klaus.

"Devo sapere cosa ha osato fare alle mie spalle. Ti ha fatto del male, non è vero? Quante minacce abominevoli hai dovuto subire per la mia malaugurata assenza?" le chiese in freddo disprezzo prendendola per le spalle e cercando di contenere la calma gelida. In quel momento tuttavia il suo sguardo di ghiaccio stava imprigionando una fiamma. 

Briony sussultò leggermente dicendogli che era impossibile tenerne il conto visto che Klaus ne aveva fatte passare di ogni colore a tutti gli abitanti di Mystic Falls, ma purtroppo non erano riusciti a fermarlo per davvero.

Sospirò chiedendosi come Elijah avrebbe reagito quando avrebbe scoperto tutta la verità:

"Tuo padre é morto."

"Che cosa hai detto?" le domandò allibito, come se stesse sputando schegge di vetro. Briony gli spiegò dell'inganno di Klaus e di come avesse ucciso il padre con la sua stessa arma.

Elijah girò lo sguardo in maniera così veloce come se fosse saettato un fulmine, e disse con tono minaccioso: "Devo andare da lui."

Briony allora si fece prendere dal panico e lo pregò di non andare perché sarebbe morto di nuovo; ma sembrò come se lui non la avesse affatto ascoltata, infatti si bloccò a fissarla per  qualche secondo interminabile.

Elijah si fece all'improvviso severo, e a Briony non piacque quella sua espressione.

"Briony, quello che hai fatto oggi... venendo a salvarmi... poteva costarti la vita."

Lei sapeva a cosa si stava riferendo: gli aveva promesso di non rischiare la vita per salvare la sua. "Ti avevo detto di non venire a cercarmi se qualcosa fosse andato storto, di pensare solo a te stessa… Potevi morire Briony." sussurrò lui duramente, ma  con gli occhi pieni di preoccupazione, come se non sopportasse la sola idea di metterla in pericolo, o peggio ancora saperla morta. Nel cuore non l'avrebbe mai sopportato, anche se aveva sempre cercato di tenere separate le emozioni dai suoi obblighi.

"E tu davvero credevi che mi sarei arresa così?" rispose lei sincera abbozzando un sorriso. “Non spetta solo a te il salvataggio.”

Elijah ricambiò lo sguardo scuotendo la testa, ma poi la ragazza si accorse che le occhiaie del vampiro si stavano scurendo a vista d'occhio ogni volta che i due erano vicini. Gli occhi profondi del vampiro, per qualche fugace attimo, furono rivolti alla delicata linea del suo collo bianco.

Doveva essere insopportabile per lui sentire il suo odore così a stretto contatto, e dopo quel lungo periodo doveva per forza essere affamato.

"Elijah sei troppo debole... hai bisogno di sangue." disse comprensiva avvicinandosi.

Ma a ogni suo passo, lui sembrava distante anni luce e la incenerì con lo sguardo per intimarle di allontanarsi. "Sto bene." rispose scuro in volto.

"No non é vero, hai bisogno di nutrirti! Puoi prendere il mio sangue, almeno abbastanza per rimetterti in carica. Mi fido di te e so che hai l'autocontrollo necessario per.." ma le sue suppliche furono interrotte di colpo dallo sguardo di ghiaccio e tagliente di Elijah, che quasi le stava perforando l'anima.

Tuttavia Briony sapeva che il suo sguardo gelido e terrificante non era rivolto a lei, anche se il suo scarso istinto di autoconservazione  era davvero preoccupante, ma invece era rivolto più che altro a se stesso. Elijah si maledisse nel voler assecondare interiormente il suo folle desiderio che avrebbe potuto costarle la vita.

Detestava quella sensazione repellente, come se andasse contro i suoi codici d’onore.

"No." mormorò duramente a bassa voce.

"Non fare il testardo. Hai bisogno di sangue per stare bene. E credi che giunta fino a questo punto, mi tirerei indietro per la tua natura?" Gli disse sincera avvicinandosi di nuovo contro di lui e toccandogli il viso, per fargli sentire apposta la sua intima vicinanza e assenso.

Il vampiro si scurì di nuovo il volto, quasi da apparire famelico nella sua eterna eleganza; Briony poteva sentire i suoi muscoli irrigidirsi così a diretto contatto e percepì il proprio cuore palpitare per la tensione vibrante che stava salendo. Sembrava che il tempo si fosse fermato in quella piccola grotta.

Quando infine Elijah abbassò gli occhi dai suoi e le accarezzò il braccio, ma solo per scostarla poi da lui.

"Starò bene quando avrò salvato la mia famiglia e dopo aver ucciso Klaus." rispose distogliendo lo sguardo da lei e camminando lungo la grotta per non sentire più la tentazione del suo odore dolcissimo.

Briony allora alzò la testa per l'innata testardaggine del vampiro, ma poi lo seguì. Non poteva fare nient’altro ora.

Non c'era traccia di altre tombe e neanche di Stefan, e Briony allora pensò che se la fosse data a gambe prima di essere scoperto da Klaus. Elijah nel frattempo si era messo a cercare imperterrito le tombe della sua famiglia senza risultato. Briony si intristì per lui perché sapeva quanto gli era cara la famiglia  e voleva dimostrargli la sua completa comprensione, che lei gli era vicina..

Ma all'improvviso le balenò in mente una cosa che prima aveva scordato di dirgli, e gli sorrise per rassicurarlo.

"Dobbiamo tornare a Mystic Falls." disse appoggiandogli la mano sulla spalla.

"É lì che troveremo Stefan?" domandò lui girandosi verso di lei.

Briony scosse la testa, sorridendogli dolcemente.

"C’è qualcuno che ti sta aspettando."

 

Dopo qualche ora Briony tornò a Mystic Falls insieme a Elijah, che per tutto il viaggio aveva osservato la ragazza con un sorriso compiaciuto: "Sei davvero formidabile Briony. Nessuno prima d'ora si era così avvicinato a mia sorella, tanto meno un'umana. Mi domando cosa avrete combinato in mia assenza." le mormorò divertito inarcando un sopracciglio.

Briony però non ricambiò il sorriso e si fece seria: “Abbiamo combattuto fianco a fianco per farla pagare a Klaus e riportarti indietro."

Anche l'espressione sul volto di Elijah cambiò radicalmente e la guardò pensieroso, in maniera così profonda che il cuore di Briony perse qualche battito e sentì le guance ribollire nel viso.

Elijah fu sul punto di dirle qualcosa, ma Briony parcheggiò in fretta nel cortile di casa e all'improvviso fuoriuscì dalla porta una Ylenia tutta agitata e ansante:

"Briony per fortuna sei arrivata! Perché ci hai messo così tanto? Ti ho chiamata un sacco di volte!"

Briony la guardò allarmata non capendo questa sua preoccupazione: “Scusami, ero... occupata."

E proprio in quel momento Elijah uscì dalla macchina, imprimendo l'atmosfera della sua unica e inqualificabile presenza; anche da morto sembrava così nobile e fiero, senza mai risultare fuori posto.

"Briony che sta succedendo?" domandò in tono freddo il vampiro avvicinandosi a lei.

Ylenia allora guardò completamente sbalordita il vampiro bellissimo che aveva di fronte, forse perché Elijah metteva in soggezione chiunque.

Briony le si avvicinò:  “Lei é Ylenia, una strega. Mi aiutata molto da quando Klaus é arrivato in città e di lei possiamo fidarci."

Elijah le sorrise cordialmente, ma era terribilmente urgente prevenire quella situazione d'emergenza che Ylenia cambiò subito discorso.

"Klaus... é stato qui.." disse devastata.

Briony sgranò gli occhi sorpresa mentre Elijah serrò duramente le mascelle, come se stesse sul punto di scoppiare.

In breve Ylenia spiegò come non era riuscita a tenere a freno Rebekah dopo che si era risvegliata, e appena aveva fatto un passo fuori dall'uscio della porta si era trovata davanti Klaus e non era riuscita a impedire che lui le conficcasse nuovamente il pugnale nel cuore.

"L'ha presa.." sussurrò Briony amaramente. Non aveva il coraggio di guardare Elijah negli occhi; riusciva però a cogliere la sua rabbia gelida e frustrazione per quello che era appena accaduto. 

Briony maledisse Klaus per aver distrutto ancora una volta quel minimo di felicità che Elijah aveva diritto di provare dopo tutti quei secoli bui. E lei che sperava davvero di ricongiungere fratello e sorella.

Elijah non perse un secondo di più e subito si precipitò via per cercare Klaus.

Briony sobbalzò per la sua intenzione, il cuore insieme a lei, e riuscì ad afferrargli il braccio prima che se ne andasse.

Respirava a fatica per la rincorsa e per la paura di perderlo un'altra volta. E la determinazione nel volto duro del vampiro la angosciò ulteriormente:

"Se andrai da lui, ti ucciderà un'altra volta. Non puoi fidarti, non puoi..!" sussurrò angosciata guardandolo negli occhi.

Allora qualcosa nel viso di Elijah cambiò: non aveva più un espressione furiosa o glaciale negli occhi.

I loro sguardi si incatenarono: la fissava intensamente come se sembrasse lacerato, possedeva una bellezza così fiera da farle sentire di nuovo il desiderio di stringerlo come poco prima.

Elijah sollevò la mano indeciso come se stesse esitando; alla fine tracciò il profilo della sua guancia con il palmo della mano, e Briony sussultò lievemente a quel contatto, anche se il cuore stava per scoppiare per colpa di un calore divampante.

"Andrà tutto bene Briony te lo giuro, so come gestire Klaus." sussurrò lui profondamente. Lei assentì con la testa ma questo non riusciva a rassicurarla... era attagliata da mille dubbi e preoccupazioni. “Non offenderti però se la mia paura per tuo fratello è ben maggiore rispetto alle tue promesse.”

Elijah sospirò ma sempre retto nelle sue convinzioni. Abbassò la mano: “So che ti sto chiedendo molto…

All'improvviso però Ylenia si materializzò al fianco di Briony e disse: "Forse ha ragione lui Briony. E’ il solo che può parlare con Klaus senza procurarsi un male mortale e potrebbe intuire quali intenzioni abbia, e magari fare un accordo se avesse ripreso le altre bare..." 

Briony guardò confusa sia l'amica sia lui, si morse il labbro per deglutire il rospo che aveva in gola, e alla fine lasciò la presa sul braccio del vampiro.

Dopo aver lanciato un ultimo sguardo a Briony, Elijah si volatilizzò nel nulla in cerca di Klaus.

Ylenia abbracciò timidamente le spalle dell’amica per cercare di rassicurarla, ma lo sguardo della ragazza era debole e vacuo mentre fissava il punto in cui Elijah era scomparso.  

Ormai era ovvio che da quando viveva a Mystic Falls sembrava davvero che la sua vita riguardasse soltanto lui, come se fossero legati a doppio filo... dallo stesso destino.

 

FINE PRIMA PARTE!!

Per chi fosse un nuovo lettore vi informo che questa storia è la 2 parte della fanfic My story with an Original.. with Elijah”, vi posto il link se non ve ne siete accorti nella descrizione J http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=844385

 

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Capitolo 2
*** Ritorno (2 parte) ***


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1 CAPITOLO (2 PARTE)

 

Fu facile per l'Originario trovare Klaus, che aveva restaurato una casa enorme a Mystic Falls e in quel momento stava parlando con un ibrido circa quello che aveva in mente per il destino della sua famiglia. L'ibrido in questione non ebbe però il tempo di rispondere perché sentì una morsa letale trapassargli il petto.

Non c’è che dire, Elijah era un uomo che pur staccando il cuore dal petto di una persona dimostrava sempre uno charme spaventoso.

Klaus restò impietrito e senza fiato nel vedere il fratello vivo,  davanti a lui.

"Elijah?" sussurrò terrorizzato.

"Niklaus… cosa mi sono perso?" disse avvicinandosi pericolosamente  al fratello, ripulendosi in modo elegante il sangue grondante dalle sue mani.

Era scesa una calma ingannevole, lo sapevano entrambi.

"Hai davvero bisogno di un drink! Quindi che ne dici di sederci?" sussurrò debolmente Klaus indicando una sedia per poter parlare. Ma Elijah non voleva parlare.

Con una velocità sovrumana sferrò dei colpi rabbiosi al fratello, che ruppe nella caduta una vetrata della porta. In tono ironico Klaus gli disse di andarci piano perché aveva appena finito la restaurazione e ricambiò Elijah con la stessa violenza, facendolo catapultare sopra a un tavolo.

"Sai posso capire che tu  sia arrabbiato! Ma devi stare attento a come ti comporti con me, altrimenti la prossima volta ci metto la tua preziosa bambolina dentro la bara!" disse minaccioso con un ghigno feroce.

Questa volta Elijah non ci vide più dalla rabbia e si scagliò contro il fratello con una furia assassina, senza pietà. Ma all'improvviso Klaus aprì una bara e prese un pugnale conficcato nel cuore di uno dei suoi fratelli per usarlo su Elijah. "Non farmelo rifare fratello!!"

Elijah tenne la presa sul collo di Klaus ma si mostrò terribilmente tranquillo, non mostrava affatto paura.

"Ok, usalo. Ti sfido a farlo. Poi dopo avrai Kol per le mani."

Klaus lo guardò pensieroso, titubante sul da farsi ma poi lasciò la presa sul fratello.

"Perché tieni ancora i nostri fratelli e le nostre sorelle dentro a delle bare anche se Mikael é morto? Hanno già passato troppi secoli chiusi lì dentro, devi lasciarli andare." affermò Elijah gelido mettendosi a faccia a faccia con Klaus.

Quest'ultimo però gli rise in faccia: “Deduco che qualcuno ti ha detto quello che é successo. Posso immaginare chi sia stato." sussurrò feroce con una lieve minaccia. Ma poi si rifece serio e disse anche che doveva raccontargli dei fatti riguardanti la morte della madre che gli aveva taciuto, ma prima aveva bisogno di sapere che lui era dalla sua parte. Doveva  aiutarlo a distruggere Stefan così avrebbe riunito finalmente la famiglia una volta per tutte. Infine gli ricordò del giuramento che gli aveva fatto secoli fa,  cioè di restare l'uno accanto all'altro come una cosa sola. Always and forever.

Elijah lo fulminò con lo sguardo per quel suo atto così meschino di volerlo legare ancora a , sapendo quanto Elijah amava tener fede alle promesse, ma ormai erano successe troppe cose... quel giuramento non valeva più niente se Klaus era il primo a infrangerlo senza scrupoli di coscienza.

Klaus dopo aver ricollocato il coltello nel cuore di Kol fece ancora la stessa offerta a Elijah e alla fine richiuse la tomba.

 

Quando Elijah ritornò da Briony incolume, lei tirò un sospiro di sollievo ma poi lo analizzò attentamente con occhio scrupoloso:

"Ti sei tirato a lucido mentre facevi a pugni con Klaus?" domandò ironica vedendo che il ciuffo che amava tanto era pressoché svanito e Elijah questa volta aveva optato per un look più moderno; ma anche così doveva ammettere che stava benissimo, e dubitava che Elijah potesse mai apparire orribile ai suoi occhi.

Anche coperto di stracci o se dava ampia libertà alla sua natura da vampiro, Elijah possedeva una dignità innata e indescrivibile.

"Volevo presentarmi al meglio." rispose lui sorridendole col sorriso sghembo che tanto le era mancato, e così la risposta le morì in gola.

"Puoi farmi entrare? Sai sono morto per un  di tempo, o forse mi è stato tolto il benvenuto durante questo periodo di indubbia lontananza?" disse Elijah sorridendole ancora gentilmente e inarcando perfidamente ironico il sopraciglio. Era come se ricominciassero tutto da capo. Briony sghignazzò  e lo invitò a entrare.

"Miss Callaghan." sussurrò lui con tono affascinante facendole fare una giravolta su se stessa dopo che fu entrato in casa col suo solito portamento elegante.

Briony si lasciò sfuggire una risatina mentre il cuore galoppava nel petto. Aveva fatto la stessa battuta di quando si erano conosciuti e lei l'aveva invitato in casa. Sembrava stessero davvero ricominciando da capo ma non era così. Il legame che si era creato fra i due era ancora persistente, come indelebile, e neanche il tempo o la distanza lo avrebbe distrutto.

"Ti vedo di buon umore. É andata bene con Klaus?" domandò lei riprendendo il controllo di se stessa. Le loro mani erano ancora unite.

"Abbiamo fatto un accordo." rispose lui, e notando lo sguardo allibito e sorpreso di Briony continuò: "Ma non intendo fidarmi di lui... gli ho fatto credere di essere dalla sua parte per ottenere la liberazione della mia famiglia." aggiunse poi seriamente.

Ma Briony scosse la testa, allontanando la mano dalla sua: "Tuo fratello é meschino. Direbbe qualsiasi cosa per farti stare dalla sua parte e ingannarti un'altra volta. E dubito proprio che lui riapra le tombe per bontà d'animo." rispose decisa.

"So come manovrarlo, non mi farò incantare dalle sue false promesse. E tu non correrai alcun pericolo." mormorò Elijah avvicinandosi lentamente.

"Con Klaus alle calcagna non riuscirei a sentirmi al sicuro neanche per un attimo." rispose nervosa.

"Non lo saresti davvero neanche con me, Briony." sussurrò Elijah in tono freddo anche se l'espressione sul volto si era fatta più intensa e irrimediabilmente malinconica.

Briony lo guardò intristita, ma poi lo fissò decisa per dimostrargli che quello che stava per dire era la verità.

"Il posto più sicuro per me é qui... con te."

Briony  gli si avvicinò, notando che gli occhi di Elijah osservavano attentamente ogni suo gesto.

Lei avvampò sentendo il suo sguardo addosso ma poi lo circondò liberamente con le braccia. Ancora non ci credeva davvero che lui fosse di nuovo lì con lei e che potesse sentire i muscoli della spalle del vampiro tendersi sotto le sue mani. Lo strinse di più a sé per cancellare ogni dubbio o paura.

All'inizio sentì Elijah leggermente distante ma poi lui stesso cominciò ad accarezzarle i capelli con delicatezza, abbassando il viso verso il suo..

 Briony sentì il respiro fresco di Elijah sulla fronte e di nuovo si sentì elettrizzata; stava impazzendo nell'averlo così vicino.

"Andrò avanti con Klaus.. é l'unico modo per riavere indietro la mia famiglia." disse lui profondamente, cingendole la schiena.

A quelle parole, Briony tentò di sciogliere l'abbraccio ma lui strinse la presa e le impedì di fuggire. "Devo farlo."

"Non mi piace come si stanno prospettando le cose... ho un brutto presentimento." E purtroppo per lei ci azzeccava sempre in queste cose.

Elijah liberò un braccio, in modo da prenderle il mento tra le dita e farle alzare il viso verso il suo. "Klaus non ti farà del male, io non lo permetterò." rispose sincero guardandola negli occhi.

Briony si sentì invadere da un'ondata di calore che le scatenò una tempesta dentro il cuore. Era possibile amare così tanto una persona? Non l'avrebbe mai detto... fino a poco tempo prima.

"Elijah..." cominciò titubante a parlare "non voglio che tu assorba anche questo perché non devi pensare a me ora. Io riuscirò a cavarmela e a non entrare in altri guai come mi hai sempre chiesto, anche se ogni volta ci cascavo sempre." disse sorridendo per convincerlo, ma poi i suoi occhi verdi si illuminarono in proporzione al sorriso divertito che si stava formando sulle labbra "E poi... da sola me la sono cavata piuttosto bene in questo periodo, non ho avuto bisogno dei tuoi muscoli d'acciaio!"

Elijah si lasciò scappare un sorriso divertito. "Ah no?" chiese con le labbra ferme a mezzo centimetro dalle sue.

Il suo respiro le dava le vertigini, le suscitò antiche e mai sopite sensazioni che la facevano volteggiare vicino al paradiso e allo stesso infiammare il cuore.

Briony non riuscì a formulare una risposta appropriata perché si sentì ipnotizzata da quella vicinanza ferrea e deliziosa. Stava per accorciare la poca distanza che li separava ma all'improvviso qualcuno suonò alla porta, sciogliendo l'atmosfera magica del momento.

Elijah si girò sorpreso verso la porta e Briony a sua volta si ricordò di aver chiamato Stefan prima, ma il volto di Elijah e la sua presenza glielo avevano fatto scordare.

Appena aprì, il sorriso le si spense in un secondo perché con Stefan c'era anche Damon.

"Ciao Stefan." disse radiosa, sottolineando il nome del minore dei Salvatore per dimostrare che Damon non era ben accetto lì.

"Ciao Briony, grazie per aver chiamato. So che Elijah é con te e vorremmo parlargli." rispose cordialmente Stefan.

Elijah si materializzò al fianco di Briony e guardò i Salvatore con la sua classica freddezza: "Deduco che abbiate bisogno di una mia consulenza.. di che si tratta?"

"Magari é meglio parlare in casa, lontano dalle orecchie degli ibridi!" disse Damon strafottente ma Briony lo fulminò subito con lo sguardo: "Io non ti faccio entrare."

"Suvvia Briony! Dopo tutto questo tempo? Ormai siamo diventati amici no?" rispose in tono ironico sfoderando un sorriso da bastardo. I denti erano ritornati al loro posto.

Ma Briony era irremovibile; non solo doveva difendersi da Klaus e dai suoi sicari ma anche da Damon, di cui non si era mai fidata. E se avesse detto in quel momento che anche lui era coinvolto con ciò che Elena aveva fatto a Rebekah, Elijah lo avrebbe sicuramente fatto arrosto.

Ma Stefan trovò un accordo che andasse bene a tutti, cioè incontrarsi in un luogo appartato nei boschi di Mystic Falls.

Damon però lanciò un'occhiata cupa a Elijah... forse aveva ancora il terrore di ricevere una matita nel collo, o peggio, quindi cercava di non abbassare mai la guardia.

Ma avevano bisogno dell'aiuto dell'Originario per sconfiggere Klaus e dovevano mettere da parte gli aspri di un tempo.

 

Per la segretezza si sarebbero trovati in un luogo isolato, ma prendendo strade diverse. Briony e Elijah era già vicino alla vecchia dimora dove furono incendiate le streghe secoli fa e stavano aspettando l'arrivo dei Salvatore.

Briony, che era inginocchiata a terra con le braccia che raccoglievano le ginocchia, disse: "Neanche un'ora che sei tornato dal mondo dei morti e già bisogna tramare complotti e piani diabolici. La normalità non è prevista con te." disse ironicamente, rivolgendogli un sorriso.

Elijah ricambiò con uno più lieve: "Attenta perchè questa sarebbe la forma più lieve dei problemi che dovrai affrontare nel stare accanto a me." affermò misteriosamente non scomponendosi nella sua postura regale.

Briony rise, alzandosi: "Temo davvero per la mia incolumità. Mi stai dicendo quindi che la mia vita sarebbe in pericolo nelle tue mani, Mister Mikaelson?" Gli si avvicinò di profilo, guardandolo intensamente e cingendolo piano, facendogli capire quanto i pericoli e problemi non contavano niente per lei se poteva stare accanto a lui e viverlo.

Elijah si voltò, scrutandola attentamente ma non facendo trasparire nessuno dei suoi pensieri come sempre. Le sorrise ambiguo: "Forse, potrebbe esserlo." rispose alla sua domanda in un enigma a cui Briony trovò interiormente risposta nell'avvertire la pressione di una mano di Elijah sul suo fianco.

Il cuore sussultò dall'emozione, guardò Elijah rapita cercando di tenere sotto controllo le sue sensazioni. Gli fece un sorriso di intesa, prendendogli la mano e alzandola: "Però potrei cavarti l'anello in questo momento se osassi sfiorarmi."

Il vampiro alzò scettico il sopracciglio: "Brucerei."

Briony fece finta di rimanerne sorpresa nel sbattere le palpebre: "Uno spettacolo a cui non vorrei mai assistere. Ma sarebbe divertente." finì in un semplice sorriso.

Elijah l'analizzò in silenzio, apatico, per poi attirarla all'improvviso a Briony si sentì strozzare il fiato in gola e aspettò la risposta di Elijah alla sua provocazione col cuore in tumulto: iniziò con un tocco leggero della sua mano sul suo viso, il suo respiro delizioso e fresco che le soffiava sopra e la sua voce che la catturava come in un ipnosi:

"Miss Forbes, sei diventata più indisponente durante la mia lontananza. Cosa dovrei fare quindi con te?" domandò fintamente cordiale.

Briony si sentì l'acquolina in bocca, il cuore capitolare nel stare in quella dolce prigione da cui non c'era uscita. L'alchimia tra lui e lei sembrava più alta che mai, sprizzava energia.

Stava per rispondere a tono quando Elijah la fece improvvisamente scostare da lui e si rivoltò come nulla fosse. Briony sbattè le palpebre stupita e confusa quando ad un tratto scorse i Salvatore in lontananza.

"E' da tanto che vi aspettiamo. Sottolineo che non intendiamo stare ai vostri comodi." affermò Elijah calmo e freddo, come se nulla di ciò che era successo prima non fosse mai esistito. Briony sorrise fra  e  per quella doppia faccia e l'apparenza che Elijah imponeva su chiunque altro.

Tentò anche lei di far finta di niente, di non arrossire per l'imbarazzo e rimase immobile mentre i Salvatore si avvicinavano. Damon sciolse la tensione con una delle sue solite battute sarcastiche. "Scusa, ero passato da casa a prendere il thè per questa aristocratica chiacchierata all'aperto. Spero che gradirete no?"

"Damon." lo richiamò Elijah stizzito per chiedere in fretta il perché lo avevano cercato.

In breve Stefan e il fratello spiegarono del loro piano per uccidere Klaus e chiesero a Elijah di dare loro una mano, visto che aveva tutti i motivi per avercela col fratello.

"E questa tomba, l'unica che avete rimasto, sapete chi c’è dentro?" domandò Briony

"Lo stavamo appunto per chiederlo a te, Elijah. Tu sai chi ci potrebbe essere?"

Il vampiro sospirò irritato: "Klaus non mi viene a dire i suoi segreti da molto tempo." 

"Può pensarci Ylenia ad aprirla.  Le dirò subito di contattare Bonnie." aggiunse Briony trovando qualche barlume di speranza nel loro piano.

"Ah già é vero, adesso non fai un passo senza la tua amica strega! Spero che non diventi la tua guardia del corpo così come lo era John Gilbert!" disse Damon sprezzante.

La ragazza ignorò la battuta per non sollevare un polverone, mentre notò che Elijah l'aveva fissata per un secondo con un sorriso strano, un ghigno divertito. Forse per il fatto che lei un attimo prima gli aveva confessato che se l'era cavata bene contro Klaus, senza l'aiuto di nessuno e atteggiando le sue innate virtù.

Le guance si infiammarono e fece finta di niente, continuando a parlare a vanvera con Stefan. In fondo era stata lei il cervello dell'organizzazione in quei mesi e si era fatta in 4 per aiutare Elena e company; anche se come ringraziamento aveva ricevuto un sonoro calcio nel sedere.

Damon cercò in tutti i modi di tirare l'acqua al suo mulino, cominciando a blaterare del fatto che hanno tentato il tutto per tutto di uccidere Klaus, e visto che Stefan, suo fratello, aveva contribuito alla resurrezione dell'Originario rubando le bare da sotto il naso di Klaus, come minimo Elijah doveva concedere la sua alleanza, come segno di gratitudine.

Inutile dirlo, Damon sapeva sempre come cavarsela.

Elijah rivolse ai fratelli un sorriso gelido: "E sia. Vi aiuterò ad annientare Klaus. Qual é il vostro piano?"

 

Dopo un Briony e Elijah ritornarono a casa e durante il tragitto non fecero altro che parlare della cena di quella sera a casa di Klaus.

"Non riesco a immaginare io, te, Klaus, Stefan e Damon seduti allo stesso tavolo. Scenografia perfetta per un'epica catastrofe." esclamò Briony ironica, ridacchiando.

Elijah si prese la briga di versarsi un goccio di vino in un bicchiere: "Sei ancora in tempo a declinare l'invito.. non sei costretta a venire." rispose Elijah con calma, anche se più che altro era preoccupato di una ritorsione di Klaus nei confronti di Briony; non gli era piaciuto sentire quella lieve minaccia sulla lingua di Klaus e sapeva che doveva stare attento a ogni sua minima mossa.

I suoi pensieri furono distolti dalla risata di Briony: "Sinceramente, pericoli e mostri a parte... non mi perderei questa cena per nulla al mondo. E ho fiducia nel vostro piano... e in te." sussurrò abbassando il tono della voce, guardandolo con sicurezza.

Elijah le sorrise gentilmente, tenendo il bicchiere saldo nella sua mano. Ad un tratto però  l'espressione del suo volto si fece così intensa e profonda che Briony riusciva a stento a sopportarla.

“Davvero riesci ancora a fidarti così, Briony? Forse dopo tutto quello che è capitato… sarebbe saggio una doppia copertura.” Finì di dire abbassando lo sguardo in un’aurea di misteriosità mentre il bicchiere tintinnava.

Briony aggrottò la fronte, aspettando che lui si facesse capire perché aveva imparato che sfondare con violenza una porta chiusa con Elijah valeva poco.

“Come ad esempio i Salvatore. Abbiamo ideato un piano ma non per questo mi fido di loro. So che mi riporterebbero dentro la cassa in men che non si dica se non andassi più a genio per loro.” Continuò Elijah con tono diplomatico alzando lo sguardo.

E Briony non poteva dargli tutti i torti. Ben poca simpatia legava i Salvatore ai Mikaelson. Qualunque Mikaelson.

“I piani sono sempre per te una cosa seria.” Replicò Briony con un sorriso, restando in piedi in un punto della sala. “Ma sono sicura che riuscirai a cavartela. Non intendo…” si bloccò perché nel pensare al proseguimento della frase le si era formato un groppo in gola, stretto e dolente. “Non intendo permettere che accada un’altra tragedia sotto i miei occhi. Ecco in cosa si tratta la mia fiducia.”

Elijah rimase ad osservarla distante; il completo nero contribuiva a trasmettergli un’enorme eleganza. “Non ti ho ancora ringraziata.” Disse ad un tratto “Certe volte critico la tua caparbietà che ti porta nel culmine del pericolo, ma…” abbassò gli occhi “senza di te non sarei certamente qui. Deduco che la testardaggine umana non sia poi tanto male.” Finì con un sorriso accennato rialzando gli occhi neri.

Briony sbattè le palpebre sorpresa. “Oh!” esclamò intrecciando le braccia dietro la schiena. “Un complimento dunque! Da quando sei tornato li sto contando sulle dita di una mano.” Disse scherzosa e innocente. Il volto da bambola di porcellana sembrò aver preso colore.

Elijah tenne uno sguardo così intenso su di lei difficile da sopportare.

"E io sono il demonio più fortunato di tutto il mondo. Di poche cose sono grato ma quando sono venuto qui a Mystic Falls non avevo idea che ciò che mi aspettava sarebbe stato questo... che avrei trovato te e ricominciato a…” tenne la frase in sospeso, continuando a guardarla: “Riesci a capire quanto tu sia importante per me?" domandò dopo una lunga pausa in cui Briony si sentì sciogliere le braccia. Il cuore di lei batté impazzito nel petto:

"Dici davvero, Elijah?"

Il silenzio si faceva sempre più denso, e diverso. L'atmosfera divenne sovraccarica, quell'elettricità che Briony aveva sentito poco prima tornò a vibrare.

Elijah appoggiò il bicchiere sul tavolo e si avvicinò lentamente a lei, con uno sguardo impenetrabile. Non le staccava gli occhi di dosso neanche un attimo. Nemmeno Briony  non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo volto. Lo fissava e desiderava più di ogni altra cosa che nessun altro venisse a portarglielo più via.

Quando ormai Elijah si fu avvicinato abbastanza, tanto che Briony poteva vedere il proprio riflesso nei suoi occhi neri, lui le rispose profondamente:

"Voglio convincerti di questo per tutto il tempo che vuoi... per sempre."

Briony si accorse di trattenere il respiro mentre lui percorreva con le dita fredde la piega del suo collo e della guancia, trasmettendole scosse elettriche.

“Sì..” sussurrò lei istintivamente, trovandosi ad un tratto il naso di Elijah contro il suo, il suo respiro che le solleticava le labbra. Si catapultò su di lui, allacciandogli le braccia attorno al collo e baciandosi contemporaneamente in un desiderio che in quel momento disdegnava la delicatezza, tanto che Briony si sentì priva di energia e d’ossigeno in pochissimi secondi. Si spostò delicatamente per rendersi conto quanto la presenza di Elijah simboleggiava per lei; si sentiva quasi mangiata viva. L’Originario fece la sua stessa mossa, sfiorandole delicato le labbra col labbro inferiore prima di distaccarsi.

I loro respiri fluivano l’uno dentro l’altra, i loro corpi erano frementi l’uno contro l’altra e gridavano ad alta voce le loro emozioni; tenevano le palpebre socchiuse, Briony aveva un braccio attorno al collo di Elijah e un mano appoggiata contro la sua spalla, mentre lui la cingeva per la schiena.

La lontananza aveva cambiato tutto e niente allo stesso tempo; di certo l’unica cosa veramente certa era che adesso era impossibile negare cosa celavano i cuori diversi di quelle due persone verso l’un per l’altra.

“Sei stato troppo tempo lontano da me.” Bisbigliò Briony con voce spezzata, continuando finalmente ciò che avevano iniziato prima: attaccò le labbra a quelle del vampiro con bramosia, sentendo poi una mano di lui attorcigliare qualche suo capello per poi schiudere le sue labbra contro le proprie, dando vita a un bacio infinito.

Avevano troppo bisogno l’uno dell’altra, di sentirsi, per mantenere il proprio tatto. Si resero conto fino a che punto si fossero mancati nel lungo periodo di lontananza forzata quando sentirono che niente pareva abbastanza in quel momento; le braccia non riuscivano a fermarsi nel stringersi, le labbra non si azzardavano a distaccarsi neanche per prendere un briciolo d’aria. Lei lo voleva, lui la voleva: era una verità immutabile, che funzionava meglio di qualsiasi piano.

Le dita delicate di Briony salivano al viso di lui, beatificandosi di quella bellezza scultorea, un braccio di Elijah la cingeva possessivamente a sé, l’altra la teneva per la nuca. Col passare dei secondi il bacio arrivò ad essere bisognoso come se volesse tingersi di violenza, di passione; baci che sembravano morsi, un consumarsi a vicenda, i corpi si dondolavano l’uno contro l’altro privi di controllo.

Briony ad un tratto alzò il viso per prendere aria, allacciò la braccia dietro al collo del vampiro e si issò contro di lui, mentre Elijah seguì i suoi movimenti e senza bisogno di parole la prese in braccio contro di sé, come se fossero in simbiosi.

Non seppe nemmeno quanto tempo ci impiegarono, se un secondo o un secolo, ma Briony si sentì spingere senza preavviso contro un muro; quale muro fosse della casa non ne aveva idea. Nemmeno a causa della sorpresa e della botta, lei staccò mai la bocca da quella di Elijah, quasi fosse un bisogno primordiale.

Anche Elijah sembrava non riuscir a controllare le sue emozioni, totalmente preso da ciò che realmente desiderava. Aveva deciso di abbandonare ogni razionalità per assaporare quella letizia piacevole che gli mancava da troppo tempo e che ora non riusciva proprio a rigettare.

Stavano in piedi, aderenti l’uno contro l’altro, la giacca nera di Elijah era ai loro piedi, tolta rapidamente dalla ragazza. Briony gli strinse i capelli tra le dita e prima di farsi soccombere totalmente dalle sue stesse emozioni riuscì a provocarlo di nuovo a parole:

"Dovresti allontanarmi da te, non hai detto che la mia vita è sempre in pericolo se sto al tuo fianco." domandò ansante sulla sua bocca.

Sentì Elijah ridere sghembo: "Briony Briony.. non hai ancora capito che, nel bene e nel male, io mi tengo sempre stretto le cose a cui tengo?" disse un secondo dopo dall’averla issata contro di sé e serrata ancor di più contro il muro, come una presa di potere, come a farle capire quanto lei valesse per lui: infinitamente.

Briony non riuscì più a ragionare allora, il cuore scoppiò in pieno petto senza però darle alcun dolore, e si fece letteralmente catturare dal sentimento divorante e assoluto che provava per quel vampiro millenario: gli strinse di più le gambe attorno alla vita e fece scontrare di più le loro bocche, dimostrandogli così quanto lo volesse.

Le mani della ragazza erano sempre intrecciate nei capelli scuri del vampiro e inspirò su di essi, assaporandone il sapore delizioso. Elijah scese a baciarle il collo e in mezzo a tutto quel desiderio lei riuscì a percepire il respiro del vampiro, che indicava quanto fosse debole il suo autocontrollo in quel momento.

Questo non le importò minimamente perchè non aveva alcuna paura, solo un pensiero fisso esigeva di essere soddisfatto. Briony gli si aggrappò quindi, osando appena respirare, mentre Elijah la liberava svelto dei vestiti, accarezzando possessivo ogni centimetro della sua pelle e serrandola sempre di più in una morsa che non lasciava respiro. Elijah sarebbe sempre stato così per lei... Devastante.

"Sei sempre bellissima." le sussurrò lui, continuando ad accarezzarla. Questa volta pareva lui quello rapito.

Briony si sentì sciogliere, pensando suo malgrado che i termini "bellissima" e "impertinente" erano due strani aggettivi uniti, soprattutto se usciti dalla bocca di Elijah Mikaelson.

Le labbra della ragazza formarono un sorriso mentre le mani andavano alla camicia del vampiro per poi aprirla imperterrita e esplorare i pettorali perfettamente scolpiti, sentendo la frenesia crescere sempre di più.

Briony tremò quando sentì la pressione delle labbra fredde del vampiro sulla sua spalla denudata. Una scia bollente le attraversò su tutto il corpo, e Briony arrivò a stringere ancora di più i capelli di Elijah fra le dita col fiato mozzo.

Era affamata delle sue labbra ma il viso del vampiro era affondato questa volta sul suo collo, dove la inebriava col suo respiro fresco e il tocco delle sue labbra magnetiche. Sembrava la stesse consumando, ma sempre con una grazia che sapeva di sublime eleganza.

Briony allora si sentì completamente perdere la testa: non riuscì a spiegare cosa le stava succedendo, la frenesia con la quale sbottonava i pantaloni e la cintura di Elijah. Si sentiva posseduta dalla passione che quell’uomo le incuteva anche con un semplice sguardo.

Si arrancò a lui, pelle contro pelle per far sentire la sua urgenza. Non lo aveva liberato totalmente dalla camicia ma questo non le importava proprio in quel momento, e come se anche lui fosse stato posseduto dalla sua stessa passione frenetica, le prese rapido una mano e la stese contro il muro, serrandone il polso come per prepararla a ciò che sarebbe successo di lì a poco.

Il fiato di Briony si mozzò, e il cuore ebbe un spaventoso sobbalzo quando lo sentì riempirla in una sola spinta decisa.

Fu una sensazione così intensa che credette di impazzire, non riusciva a capacitarsi della realtà rocambolesca al di fuori, c’erano solo loro due, niente pensieri o indecisioni. Le loro labbra erano appoggiate l'uno all'altra, respirandosi in quei momenti in cui erano un tutt'uno.

La mano di Elijah risalì verso quella di lei e Briony lo accolse grata nell’intrecciare simbolicamente le loro dita. Non si accettavano alcuni divisioni tra loro, non in quel momento di estasi in cui nessuno dei due era più solo.

Sentì Elijah farsi largo più prepotente dentro di lei contro il muro e lei gli si strinse di più e si aggrappò alle sue spalle col braccio libero, non riuscendo a trattenersi dal sentirlo fino in fondo; fu una sensazione straordinaria quella di sentire i propri respiri accelerati e rauchi nell'orecchio l'uno dell'altra, come se volessero far arrivare la loro passione fin nelle profondità del loro essere. La mano di Briony arrivò a stringere con forza il tessuto della camicia di Elijah, sollevò la testa aprendo le labbra per respirare ma l’unica cosa che avvertiva veramente era il corpo di quel vampiro che la stava impossessando, il suo respiro che era come una droga prelibata nell’udirlo più vibrante dal desiderio del solito.

Quando cercò di prendere di nuovo aria, Briony si sentì all’improvviso spostare e spingere sopra un divano a velocità impressionante. Sopra di lei Elijah la guardò ipnotico, gli occhi neri che parevano illuminare. Briony non aveva idea dell’espressione che aveva lei ma di certo era completamente sciolta in lui.

Il vampiro le accarezzò i capelli, scendendo e ammirando la sua pelle. Briony cercò di trattenere un fremito ma non ci riuscì, troppa dominata dal suo stesso desiderio. Non riuscendo più aspettare, allungò il collo e si impossessò desiderosa delle labbra del vampiro; le mani che navigavano smaniose lungo la sua schiena, accarezzando languida il tessuto della camicia, e non appena sentì i muscoli del vampiro far pressione sopra di lei, andò poi a togliergli definitivamente la camicia in un modo non proprio delicato che infatti si udirono degli squarci nel tessuto.

Elijah restò a fissarla per qualche secondo, poi le mostrò un sorriso sghembo. “Penso che dovrò di nuovo insegnarti le buone maniere.” Le sussurrò penetrante per poi bloccarle i polsi ai lati della sua testa e lambendone le labbra.

Il bacio durò poco perché il vampiro scese poi a stuzzicarle l’orecchio con i denti, poi il collo. Penetrò di nuovo dentro di lei e Briony lo accolse con un gemito di beatitudine, pensando esclusivamente alle sensazioni esplosive che ricavava dentro di sé, nel punto focale dell’anima.

In breve quel rapporto passionale diventò il suo mondo. Dimenticò tutti i problemi, il dolore e l’amarezza, tutto ciò che aveva passato e che in futuro poteva ancora accadere. Contava solo ciò che stava vivendo ora, e che assaporava con ogni lembo di pelle, con ogni cellula del suo corpo.

Briony non gli chiese nemmeno per un secondo di smettere, lo implorava con gli ansiti di continuare, le braccia ora strette a lui, come se quel rapporto fosse una liberazione, un modo per tornare a vivere al 100%.

Parevano un groviglio intrecciato di membra, una fonte di desiderio inesauribile; non c'era nessuna parte del corpo che non fosse pressata a quello dell'altro, come se volessero riempire il vuoto che li aveva accompagnati durante quei terribili mesi di lontananza.

L’atmosfera venne praticamente colpita da un gemito della ragazza più spezzato dei precedenti; il corpo istintivamente si inclinò di più verso quello di lui, e quasi nello stesso momento quel gemito venne accompagnato da un altro proveniente dal vampiro, i suoi muscoli che si tesero in spinte più profonde e esigenti. Ma Briony non riuscì ancora a lasciarlo, non riusciva a smettere o a frenarsi. Gli stava praticamente dicendo di farla impazzire dal desiderio che aveva di lui.

"Dio.. quanto mi sei mancato." gli sussurrò come se dirlo fosse una tortura, e gli prese il viso tra le mani, cominciando a baciarlo con trasporto così da dimostrargli quanto vere fossero le sue parole e il dolore passato.

Presa dalla foga della passione, fece invertire le posizioni, finendo però giù a terra. Di certo non gli aveva fatto male visto che Elijah era un Originario ma anche se non fosse stato così, Briony sembrava non preoccuparsene perchè l'unica a cui pensava in quel momento era dimostrargli tutto il suo desiderio, l'amore represso e sofferto per tutto quel tempo di lontananza, e farlo appartenere sempre più a .

Elijah per la prima volta in vita sua si fece prendere alla provvista e l'aveva fissata sorpreso per dei secondi interi, anche se Briony non aveva ricambiato perchè intenta a baciargli il viso, fino al collo e giù al petto, trasmettendogli scie di calore. Il vampiro cercò di impiegare tutta la sua ferrea forza di volontà e tentò di non lasciarsi sfuggire diversi gemiti, ma poi si lasciò afferrare da tutta la passione che quel momento richiedeva.

Accettò perfino quella posizione sul pavimento e fece inarcare Briony a  per arrivare alle sue labbra. Allungò di più il collo verso di lei, le braccia strette contro la base inferiore della sua schiena e le mani di lei attorno al suo viso, mentre davano vita a un bacio più lento ma stuzzicante. Briony infatti gli morse il labbro inferiore e prese la mano di lui che portava l’anello solare e con un sorrisetto malizioso glielo tolse, buttandolo chissà dove.

Elijah la analizzò profondamente attraverso gli occhi completamente neri, in un misto di perfida pericolosità a cui Briony cercò di non darci peso perché l’elettricità nell’aria era troppo forte per sottovalutare l’unione totale tra i due.

Briony lo guardava ancora con occhi vispi, con la fervente verità che entrambi erano catturati da l’un l’altro e nessun’arma terrena avrebbe potuto tagliare quel legame travolgente a cui non si poteva resistere.

Briony tornò a baciarlo, e inesorabilmente Elijah si sentì attrarre così famelicamente da lei da non rimuginare più di tanto sullo sfregio che la sua innata superiorità aveva riportato. Se poteva anche apparire possibile, l’eccitazione crebbe a dismisura proprio per il gusto del proibito, e dall’audacia della situazione perché le tende non erano chiuse sulle finestre e dal vetro traspariva il sole. Briony sapeva a sua discolpa che la luce non lo avrebbe mai ucciso, al massimo scottato un po’,  ma ciò che le piaceva era aver osato fare un’azione che – pensò – nessun altro aveva osato per poi rimanere impunito, e soprattutto nell’aver visto il scintillio bramoso di sfida negli occhi neri del vampiro rivolto proprio a lei.

Elijah si staccò in seguito dal bacio per poi osservarla enigmatico nel sollevar la schiena verso di lei. Briony lo lasciò fare, uno spruzzo di luce brillava proprio al loro fianco sul pavimento.

Tornarono avidamente a baciarsi, ricominciarono a muoversi l’uno dentro l’altra, con instancabile decisione, fino a quando Briony non fu quasi costretta a gettare la testa all’indietro mentre Elijah affondava il viso sul suo collo, fra i suoi capelli di seta, ovunque fino a quando le loro bocche non si incontrarono di nuovo, scandendo baci al ritmo dei loro respiri rauchi per le spinte.

"Mi era mancato averti tra le mie braccia, miss. Non sai quanto." le bisbigliò il vampiro, pressando di più l'abbraccio fra loro e facendole completamente perdere la testa.

Dopo qualche attimo in cui la mente di Briony fu perduta tra i meandri del piacere paradisiaco, lei riaprì gli occhi e tirò indietro i capelli al vampiro per guardare bene il suo bellissimo volto scolpito. Era completamente catturata da lui, fin nelle ossa. "Sei il fratello di Klaus ma non sei suo. Darei ben volentieri una lezione a Klaus se osasse di nuovo metterci i bastoni tra le ruote."

Elijah le rivolse un ghigno enigmatico e le sistemò meticoloso un ciuffo di capelli scomposto. "Rispetta la fila, cara." le rispose brevemente catturando le sue labbra e riprese poi il controllo della situazione nel ritornare sul divano, con lui seduto contro lo schienale e lei sopra le sue ginocchia.

Le loro labbra non avevano mai cessato di cercarsi, di condividere quel respiro che la morte e il dolore aveva loro tolto. Anche i loro cuori, poco tempo prima morti, sembravano accesi e lo erano solo insieme.

Briony rimaneva avvinghiata a lui, con le loro anime che tornavano ad appartenersi insieme ai loro corpi, con sottofondo una sinfonia di gemiti spezzati e battiti impazziti del cuore. Nessuna parola, perchè le parole per dirsi Ti Amo non erano necessarie di essere dette ad alta voce in un simile momento che testimoniava ogni cosa importante.

Erano indissolubilmente uniti fino in fondo, bruciavano nell'appartenersi con bramosia sempre più accesa... Bruciavano per davvero, ogni barriera pareva essersi sciolta.

Ed entrambi alla fine cedettero al vortice dei loro sentimenti travolgenti, rendendo ancor più tangibile la loro riunione tanto attesa.

 

 

Quella sera Stefan, Damon e Briony e Elijah si incontrarono alla casa di Klaus nello stesso istante e entrarono insieme. Tutti e 4 consapevoli dell’importanza di quella cena.

“Cerchiamo di non stravolgere tutto.” Affermò Damon sottovoce a Elijah sulla soglia.

“Che strano tempismo. Stavo per dirlo io a te, Damon.” Replicò Elijah con stoica superiorità invalicabile e mostrando appunto un sorriso che combaciava con l’atteggiamento.

Damon grugnì qualcosa fra sé e sé, entrando per primo, mentre Briony e Stefan indietro si lanciarono un’occhiata fra l’interrogativa e l’ironica. Elijah fece passare con educazione l’altro Salvatore, ma anche per ritornare al fianco della Forbes. Lei nel camminare gli lanciò un’occhiata divertita:

“Devi sempre essere il lord indiscusso della serata?”

La ragazza era vestita in maniera piuttosto semplice ma da come la guardava, per Elijah sembrava indossare un abito da ballo lussuoso. L’anello solare era ritornato al suo posto.

Il vampiro le regalò un piccolo sorriso di accondiscenda, per poi ridiventare subito serio.

“Stai in guardia.” Le mormorò a bassa voce, cingendole la schiena per farle oltrepassare la porta.

Furono accolti da delle giovani donne, ovviamente sotto l'influenza di Klaus, e successivamente si materializzò il padrone di casa al centro della stanza.

"Signori. Benvenuti!" esclamò cortese mostrando il tavolo da cena, poi il sorriso si illuminò, estasiato. "E c’è anche Briony!! Che magnifica sorpresa! Perfetto!"

Briony lo guardò stupita, trattenendo una risata isterica ma cercò di mordersi la lingua tagliente per non creare subito guai. Klaus aveva davvero una faccia di bronzo: li aveva accolti come se fossero dei vecchi amici che non si vedevano da tanto tempo. Elijah si comportava normalmente con la sua solita eleganza e portamento. Stefan sembrava a suo agio ma stringeva i pugni, mentre Damon usava il suo solito sarcasmo.

Elijah aiutò Briony a sedersi, sistemandole la sedia, e quella cena a dir poco strana iniziò.

 

All'iniziò Stefan non esitò a lanciare frecciatine velenose a Klaus, così Damon cercò di calmare il fratello, ma la situazione precipitò quando venne nominata Elena nella conversazione. Stefan e Damon si guardarono in cagnesco, mentre Klaus scoppiò a ridere e Elijah li fissò sorpreso non riuscendo a capire il perché di tutto ciò. Nemmeno Briony non poté non ridere fra sé e sé, visto le facce ammutolite dei presenti.

Ma proprio Klaus prese la parola e disse che quello era dovuto al fascino che la doppleganger Petrova suscitava sugli uomini.

"Noi ne sappiamo qualcosa non é vero fratello?" domandò Klaus in tono ironico.

Elijah cercò di sviare il discorso con noncuranza: "É passato tanto tempo Klaus... non vedo perché dovremmo rivangare cose ormai sepolte."

Damon lo incitò a parlare visto che non dovevano andare da nessuna parte, ma Elijah fissò glaciale il fratello non avendo alcuna intenzione di parlarne; allora lo fece Klaus. Parlò di una ragazza bellissima che conobbero quando la famiglia si trasferì nelle Americhe; anche se aveva già avuto un figlio con un altro uomo aveva numerosi pretendenti, tra cui lo stesso Klaus che l'amava intensamente, e non era il solo.

Dopo aver detto questo, Klaus lanciò un occhiata equivoca a Elijah e anche Briony lo fissò dubbiosa, non riuscendo a capire dove volesse andare a parare.

"Aspetta.. voi due amavate la stessa ragazza?" domandò Stefan arrivandoci per primo.

"Come?" chiese Briony con voce spezzata, credendo che stesse scherzando. Elijah faceva finta di niente, non guardava nessuno dei presenti se non qualche volta Klaus, ma erano sguardi non molto amichevoli, e questo confermò i sospetti di Briony.

Non riusciva a credere alle sue orecchie... Elijah innamorato di una che era uguale a Elena?! Lo stomaco le si strinse in una morsa e depose le posate sul tavolo, non avendo più alcuna voglia di mangiare. Le sembrò che il mondo si fosse capovolto in un secondo.

Klaus esclamò allora con un sorriso divertito: "Briony ti vedo nervosa! Non te la devi prendere per questa piccola confessione, che sicuramente Elijah non ti avrà detto. Non ti devi preoccupare; tu infatti sei molto più carina." disse ironico facendole l'occhiolino. Ovviamente ci godeva a vederla in difficoltà.

"É passato tanto tempo, ci abbiamo messo una pietra sopra no?" disse freddo Elijah mettendo a posto il tovagliolo e fulminando Klaus con lo sguardo per interrompere il discorso.

Briony lo guardò leggermente delusa ma anche lei decise di ignorarlo e si rivolse così a Klaus: "E tu allora non amavi così tanto Tatia Petrova visto che non hai avuto il minimo tentennamento nel perseguitare Katherine e Elena, che sono uguali alla tua vecchia amata." disse sfoderando un sorriso innocente. Una mossa scorretta ma questa volta era stata lei a metterlo al suo posto.

“E tu che ne sai d’amore?” domandò Klaus sprezzante.

“Ora basta Klaus.” Lo zittì Elijah freddamente e questa volta il fratello gli diede ascolto.

La cena andò avanti più o meno bene: Elijah era diventato gelido come ai vecchi tempi, Klaus aveva abbandonato il discorso Petrova e stava parlando con Stefan e Damon per un eventuale accordo; Briony invece si era ammutolita.

Alla fine Klaus fece un’ultima offerta a Stefan in cui prevedeva il destino di Elena ormai nelle mani di Klaus. Stefan però rifiutò categoricamente e Klaus per fargliela pagare bruciò la sua mano nel fuoco del camino; gli altri faticarono a stare quieti di fronte a quella scena ma avevano messo in conto che Klaus prima o poi avrebbe perso le staffe. Bastava solo colpirlo al momento opportuno. L’ibrido infatti non tardò a mostrare le proprie carte e ordinò a Damon di andare a recuperare l'ultima bara rimasta nelle loro mani senza tanti preamboli. Disse anche a Elijah di andarlo a controllare per sicurezza; l’Originario lo fissò allora con sguardo indecifrabile e poi seguì Damon senza fiatare.

"Briony, vieni?" chiese Elijah ad un tratto prima di andarsene; era la prima volta che le parlava dopo la scoperta di Tatia. La guardava serio e si era nettamente incupito. 

Briony allora si alzò e gli passò davanti senza guardarlo negli occhi né dargli attenzione. Tutto stava andando più o meno come previsto ma la tensione era comunque alta. Quando oltrepassarono il salone, Elijah la prese per il braccio per farla voltare verso di lui. Briony anche se con riluttanza si fermò di fronte al vampiro. Ogni suo pensiero era confuso, sorpreso... non sapeva cosa dire.

"Quello che hai saputo non riguarda noi, quella storia ormai é un capitolo chiuso della mia vita a cui non voglio più pensare."

Briony lo guardò negli occhi: si vedeva che era sincero e sapeva che lui la amava più di quanto esprimesse a parole.. ma allora perché non le aveva mai detto niente?

"Sapevo che c'era qualcosa del tuo passato che ti turbava e riguardava senza dubbio una donna.. lo capisco! Ma… il punto é che non mi avevi detto che il tuo grande amore é uguale spiaccicata a Elena Gilbert!" esclamò indispettita.

"Pensi di essere in competizione con lei? Non devi neanche pensarci." rispose lui come se la cosa lo facesse ridere.

Briony lo rimproverò con lo sguardo; non era abituata a essere gelosa di qualcuno, anche se di Elijah si fidava ciecamente e dubitava potesse trovare attraente una come Elena.

<< Certo però che poteva anche dirmelo eh >> pensò Briony indispettita scuotendo la testa e pensando ai tanti momenti in cui aveva visto Elijah e Elena in una stretta confidenza.

<< E’ andato pure contro al fratello per quella ragazza… >> pensò di nuovo nevriticamente, constatando che la famiglia per Elijah era sempre venuta prima di tutto e lei lo aveva visto coi suoi stessi occhi.

<< …. Non dimostrarti la degna sorella di Caroline, scema. >>  così diede fine a quei pensieri nevrotici in un lampo di saggezza e maturità.

"Non credere che sia finita qui.." sussurrò Briony sotto voce, anche se ormai era chiaro che non era più arrabbiata, voleva soltanto farlo rimanere sulle spine.

Elijah sorrise divertito, affascinato dal suo carattere così testardo e ostinato, ma decise di non parlarne più poiché quella storia lo metteva sempre a disagio.

Mentre camminavano, Briony pensò che forse aveva avuto una reazione un  troppo drastica; in fondo sapeva che una donna del passato aveva fatto soffrire Elijah, e ne era rimasto talmente scottato da non riuscire nemmeno a credere nell'amore e quindi non voleva legarsi più a nessuno, dimostrandosi freddo e scostante con chiunque...

Ma ormai le cose erano cambiate... tutti e due erano cambiati…

Entrarono in un'altra stanza dove c'era già Damon.. e Ylenia che stava trasportando l'ultima bara, probabilmente quella di Rebekah.

"Come sta andando con la tomba che non si apre?" domandò Damon alla strega.

"Ci siamo quasi.. manca pochissimo. Bonnie sta ultimando l' ultima magia." rispose lei con respiro affrettato.

"Non pensi sia meglio andare da lei per darle una mano?" chiese Briony incerta.

 "No no..! Può cavarsela senza di me, le ho già spiegato cosa deve fare. Se non vi dispiace resto qui con loro.." rispose velocemente indicando le bare.

Ma c'era qualcosa di strano nella strega... sembrava nervosa, agitata e faceva fatica a parlare. Briony l'aveva sempre vista così decisa e determinata e non si spiegava quindi questo suo tremolio continuo.

"Forza allora. I miei fratelli sono stati lì dentro per troppi secoli." mormorò Elijah deciso, avvicinandosi alle bare e togliendo i pugnali uno a uno. Ylenia intanto aveva scoperchiato una bara e stava fissando indecisa, come stravolta, l'uomo di fronte a lei: era uno dei fratelli di Elijah, aveva i capelli lunghi e scuri da quel poco che si poteva vedere.

Ylenia lo fissò senza staccare gli occhi dal suo viso lacerato, ma non accennava a togliergli il pugnale.

"Ylenia, ti senti bene?" domandò Briony preoccupata avvicinandosi a lei.

La donna si voltò: era completamente sbiancata e parlò riluttante:

“Sto bene."

"Non pensavo ti facessero orrore i cadaveri." rispose Briony in tono ironico e tolse il pugnale dal petto del vampiro, dato che Ylenia non si decideva a farlo.

La strega le fece un sorriso non molto convinto e restò immobile di fronte alla bara.

Ormai tutti aspettavano il momento in cui gli Originals si sarebbero risvegliati.

Il primo che dava dei deboli segnali di vita fu proprio il fratello con i capelli lunghi che Ylenia aveva davanti, e così lei gli si avvicinò di più, toccandogli leggermente il volto:

"Finn?" lo chiamò a bassa voce.

In quel momento lui aprì gli occhi. Nel momento stesso in cui riconobbe la donna che aveva davanti, spalancò occhi e bocca:

"Tu...?" mormorò con un sibilo furioso e agghiacciante.

Nessuno se l'aspettò.

Finn balzò come un fulmine fuori dalla bara e afferrò Ylenia per il collo, facendola cadere per terra con un tonfo.

La stava letteralmente strangolando e le urlava di tutto: bestemmie e altre parole non molto carine essendo rivolti a una donna. Ylenia cercava di fermarlo mettendogli le mani sulle spalle, ma faceva fatica respirare e non riusciva ad articolare nessuna parola comprensibile.

Subito Damon, Elijah e Briony si affrettarono in suo soccorso per liberarla dalla presa del vampiro, e dopo molti tentativi ci riuscirono.

"Finn,  calmati." lo chiamò Elijah per tranquillizzarlo e mettendolo con le spalle al muro; il vampiro, nel guardare il fratello che non vedeva da troppo tempo, si calmò e fissò Elijah sorpreso, non riuscendo a capire cosa stesse succedendo.

Ylenia era sorretta da Briony, la quale cercava di vedere se fosse tutta intera, ma oltre al respiro soffocato stava bene. 

Finn  lanciò alla strega un’occhiataccia pronto a saltarle di nuovo addosso, quando all’improvviso gli altri fratelli si svegliarono di soprassalto, spalancando la bocca in cerca d'aria. Si disfarono subito della bara, fracassandola a pezzi e rimasero in piedi, immobili al centro della stanza intenti a fissarsi l'un l'altro. Sembravano fosse incapaci di parlare o di muoversi, come se il tempo si fosse bloccato di nuovo.

Ma questo si mosse nel momento esatto in cui Rebekah fece dei passi verso di loro e li chiamò uno per uno per nome, con lacrime lucenti agli occhi: Elijah, KolFinnGwendolyn. Sussurrava ipnotizzata i loro nomi di continuo e alla fine corse ad abbracciarli; sembrava che delle rocce si fossero spaccate dal rimbombo di quegli abbracci così forti e pieni di affetti. Tutti e 5 si abbracciano contemporaneamente, alcuni con le lacrime agli occhi, alcuni con gli occhi spalancati e sorpresi, altri sorridevano dalla gioia.

"Ehm se posso permettermi.. ci sarebbe un ibrido da uccidere!" esclamò Damon interrompendoli. Briony lo fissò infastidita ma quando il corvino disse quelle parole, gli Originals sciolsero immediatamente l'abbraccio e si voltarono in direzione di Damon, Ylenia e Briony.

Anche se erano rimasti per secoli dentro a delle bare, quei vampiri erano magnifici oltre ogni limite e Briony non rimase affatto delusa dall’idea che si era fatta di loro: Kol sembrava il più giovane dei fratelli maschi, aveva un'espressione genuina, solare nel volto e pareva un angelo scolpito nel marmo; Rebekah indossava lo stesso vestito rosso che doveva portare alla festa della scuola ed era rimasta la stessa bambolina di porcellana di sempre; Briony notò che stava rivolgendo un sorriso fresco e sincero proprio a lei, e l’umana ricambiò, felice di rivederla finalmente in piedi e con la propria famiglia.

Gwendolyn era.. la reincarnazione della pura bellezza e si dimostrava aggraziata anche mentre stava immobile: aveva gli occhi blu - grigi, i capelli castano scuro e il viso a forma di cuore.

Briony si chiese cosa Elijah avesse visto di tanto simile in lei.. oltre i capelli e i lineamenti tipicamente classici non vedeva altre somiglianze particolari. 

Finn, a contrario del fratello Kol, non aveva lo sguardo da angelo, ma sembrava un vero e proprio demone rude e selvaggio che avrebbe incendiato anche un iceberg solo con lo sguardo.

E quello sguardo stava appunto incenerendo Ylenia, la quale non proferiva parola e aveva anche lei lo sguardo tetro e scavato.

A giudicare dall'abbigliamento e dai capelli, Finn e Gwendolyn dovevano essere quelli che avevano passato più tempo dentro la bara.

Briony era così intenta a fissarli che non si accorse della presenza di Elijah dietro di lei e della sua mano posata sul suo fianco. Le posò le labbra sull'orecchio e sussurrò profondamente e in modo fiero: "Briony, questa é la mia famiglia."

La ragazza cercò di ignorare la scossa elettrica e il formicolio lungo la schiena che si era diffuso in tutto il corpo quando aveva sentito il respiro di Elijah sull'orecchio.

Tentò di concentrarsi sulla risposta da dare ma come doveva presentarsi a un gruppo di vampiri originali appena risorti?

<< Ehila! Avete fatto una buona dormita?  >>

Lei deglutì nervosa ma quando incrociò gli occhi amichevoli di Rebekah si sentì più sicura e disse: "Klaus é qui. Sarà una bella sorpresa per lui rivedervi."

La sua frase scosse molto i fratelli, che si guardarono l'un l'altro, e Briony scorse nei loro volti un lampo pieno di vendetta.

"Ehi streghetta forse é meglio che torni da Bonnie. Ormai é ora." disse Damon rivolgendosi a Ylenia, la quale non se lo fece ripetere due volte e si dileguò rapidamente lanciando un'occhiata assente e dispiaciuta a Briony; mentre Finn seguiva ogni suo passo come una belva predatrice.

Non ci volle molto per capire che tra quei due era successo qualcosa, e qualunque cosa fosse era finita male.

Infatti Finn si avvicinò a Briony e a Elijah, mormorando con odio disumano: "State attenti. Quella é come un piccolo avvoltoio che vola attorno ad un cadavere."

 

*Inizio flashback*

Ylenia era rimasta a casa di Briony per controllare Rebekah ma comunque la strega non riusciva a calmarsi.. era terribilmente agitata e nervosa..

Se le tombe fossero state aperte chissà come lui avrebbe reagito nel vederla dopo così tanto tempo; sicuramente sarebbe andato su tutte le furie per ovvie ragioni, e Ylenia pensò di prendere il primo volo e svignarsela. Ma quel pensiero venne scacciato subito perché non era da lei scappare o interrompere un lavoro.

All'improvviso Rebekah si svegliò e ebbe la reazione più plausibile: si mise a gridare e a rompere tutto, urlando che avrebbe ucciso quella puttana di Elena.

"Calmati Rebekah. Nessuno qui uccide nessuno. Briony é andata a cercare tuo fratello; guarda qui c’è una lettera che ha scritto per te."

Ma non fece in tempo a dargliela che Rebekah si sentì male; sembrava avesse le convulsioni e faceva fatica a respirare.

"Devo uscire di qui!" urlò stravolta portandosi la mano alla gola.

Ylenia la guardò come se fosse pazza ma poi le balenò in mente un terribile dubbio: non era stata invitata ad entrare!

La vampira filò via come un fulmine fuori di casa e Ylenia la rincorse per fermarla e assicurarsi che non facesse sciocchezze. Ma la sua corsa venne fermata da un grido.

Klaus aveva appena accoltellato la sorella al cuore e la stava dando in mano a dei suoi ibridi che la portarono via.

"Sapevo di trovarti qui." sussurrò lui gelido alla sorella.

Ylenia rientrò immediatamente in casa, dove sarebbe stata al sicuro, ma rimase sull'uscio della porta.

Quando Klaus alzò lo sguardo, incontrando gli occhi neri della donna, le fece un sorriso terrificante: " Ciao Ylenia." sussurrò avvicinandosi, ma venne bloccato dalla porta.

La strega gli rivolse un sorriso furbo: "Non puoi entrare, soltanto Briony può darti l'invito e non lo farà mai."

Klaus rimase per qualche minuto a osservarla attentamente, senza parlare, ma poi scoppiò a ridere: "Mio dio, ma chère, eri la mia strega preferita. Ci siamo divertiti tanto insieme, mi ricordo eri determinata e cinica quanto me. E ora cosa fai? Perché ti gingilli dietro a Briony Forbes? Non sarai mica diventata l'avvocato delle cause perse!"

Ylenia gli rispose con un ghigno: "Non sono affari che ti riguardano."

"Invece sì dato che siete nella mia città e state intralciando i miei piani!"

"Mi dispiace ma alla fine sconterai tutte le tue malefatte. Non c'è via di scampo per quelli come te."

"Non fare la moralista, non ti si addice per niente.. e per quanto riguarda le pugnalate alla schiena tu sei una maestra in questo, superi persino me! Soprattutto per quanto riguarda l’amore infinito e leale verso la famiglia..!" rispose feroce.

Ylenia ricambiò lo sguardo con disprezzo ma poi pensò a quello che era successo alla festa. A quelle parole: "Agnes ti saluta dal mondo degli inferi, dove tu l'hai spedita"

Ylenia fulminò Klaus con lo sguardo: "Sei stato tu..? Ovviamente era opera tua se quel tizio sapeva.."

"Scusami... i miei ibridi sono un  troppo chiacchieroni!" rispose lui beffardo.

Ylenia lo guardò con disgusto e ripugnanza ma lui le disse in tono tranquillo: "Vedi di non procurarmi problemi.. tu e la tua amica. Mi dispiacerebbe tanto ucciderti visto che mi sei risultata molto utile in passato...sebbene…. beh lo sai no?" Klaus le lanciò un’occhiata eloquente. Gli occhi gelidi mentre quelli di Ylenia erano diventati due fessure.

Klaus cambiò di nuovo umore e le sorrise in modo bastardo:

"Ora ho altre cose per la mente ma ti assicuro che ci rivedremo presto, ma chérie." rispose infine minaccioso, dileguandosi.

Lo sguardo di Ylenia nel frattempo era rimasto lo stesso, indecifrabile e pieno di disprezzo.. non sapeva se per Klaus.. o per se stessa.

Con violenza alla fine richiuse la porta.

 

*Fine flashback*

 

Klaus era rimasto letteralmente di stucco vedendo i suoi fratelli e sorelle risorti dalla morte, e quasi se la fece sotto dalla paura perchè tentò vigliaccamente di scappare ma venne ferito alla mano, allo stomaco e nell'incavo del collo da FinnRebekah e Gwendolyn.

Damon, Stefan e Briony erano rimasti in disparte a godere della sconfitta di Klaus, e Elijah disse loro di andarsene perché ora se ne sarebbe occupata la famiglia. Prima di andarsene Briony lanciò uno sguardo complice al vampiro, e anche lui ricambiò per rassicurarle che si sarebbero rivisti più tardi.

 

Klaus piagnucolò per tutto il tempo, cercando di giustificarsi in ogni modo ma a un certo punto Gwendolyn sbottò: "Con che coraggio parli ancora di affetto familiare? Mi hai ucciso come il peggiore dei vigliacchi, hai incendiato la mia casa, ti sei cibato dei miei servitori e hai divorato il mio sarto!!" gridò furiosa cercando di sistemarsi il vestito tutto sgualcito e vecchio, che poteva andare di moda nel ‘700.

Klaus deglutì dicendo che adesso non sarebbero dovuti rimanere soli e che aveva costruito quella casa per tutti loro.

"Davvero commovente." sussurrò acida Gwendolyn mentre Elijah non si lasciava impietosire dalle lacrime di coccodrillo del fratello. "Infatti ora noi non saremo più soli." rispose fintamente calmo.

I fratelli lo colpirono duramente dicendo che lo avrebbero abbandonato e che sarebbe rimasto solo per sempre.

Klaus questa volta si infuriò e gridò: "Se ve ne andate, io vi darò la caccia!"

"E allora diventerai ciò che hai sempre odiato... nostro padre." ribatté Elijah seccamente.

Tutti i fratelli lo guardarono duramente, senza pietà o compassione per lui. Lo odiavano per tutto il male che aveva fatto.

Messo alle strette, Klaus ebbe una vera e proprio crisi sclerotica: gridò come un pazzo, che lui era l'Ibrido, che non poteva essere ucciso e che non aveva niente da temere da nessuno di loro.

Quando ebbe finito la sua sceneggiata, la porta improvvisamente si aprì ed entrò Esther.

Tutti i presenti rimasero sbalorditi perché credevano che fosse morta, ma non era così. Era lei quella imprigionata nella tomba che non si apriva.

Klaus era così shockato che non riusciva ad aprire bocca; si aspettava che la madre lo avrebbe ucciso ma lei lo rincuorò dicendogli: "Niklaus tu sei mio figlio, e sono tornata per perdonarti. Voglio che ricominciamo a essere una famiglia.. tutti insieme."

 

La famiglia Originale era ritornata in tutta la sua gloria.

 

Fine!

 

Allora innanzitutto vi ringrazio per la pazienza che avete dimostrato nell'aspettare così tanto la seconda parte!!

In particolare saluto Ariel Winchester, Briony96, Buffy46  e Katherine perché ormai non ce la facevano più ad aspettare, e vi saranno pure venuti i capelli bianchi! Eheh

 

Ovviamente ringrazio anche gli altri lettori che hanno letto e amato la prima parte della fanfic, e spero vi piacerà anche questa!

 

Avviso: Vi dico che non seguirò molto le trame del telefilm, prenderò un percorso tutto mio anche se resterò fedele, più che posso, al telefilm!

 

Spero che questo capitolo non vi abbia delusi, e se non sapete il francese vi dico che "ma chére" e "ma chérie" vogliono dire "mia cara" e "tesoro"

Eccovi una bellissima e seducente immagine della nostra lucky Briony. Amo l'attrice, e nemmeno un basty come Elijah può fare a lungo l'impassibile xD Image and video hosting by TinyPic

 

PS: il vampiro dal capello fluido e splendente é tornato finalmente! ;-)

 

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Capitolo 3
*** Il compleanno di Caroline ***


2  CAPITOLO

 

Briony era ritornata a casa col cuore rimbombante dopo aver assistito alla rinascita degli altri Originali dopo secoli e secoli, e nonostante li avessero lasciati soli nel massimo momento di gloria soddisfacente per quelli che volevano male a Klaus, ormai era passato troppo tempo da quando aveva abbandonato quella casa. Sperò con tutto il cuore che dentro la bara chiusa fosse uscita la loro arma di salvezza per disfarsi di quella canaglia una volta per tutte.

All'improvviso sentì dei rumori nell'atrio e lasciò il salotto per andare a vedere, ma non notò niente di strano... forse era stata la sua immaginazione visto che quella serata le aveva lasciato dei brividi addosso.

Quando ritornò in salotto quasi le venne un colpo dalla paura: notò un’ombra appoggiata alla parete vicino alla finestra, un’ombra oscura.

Ma poi la luce della luna illuminò il viso bellissimo di Elijah, che la lasciava senza fiato anche se oscurato dal buio della stanza.

"Elijah." sussurrò sollevata avvicinandosi al vampiro. "Finalmente sei arrivato. Com'é andata con Klaus? Immagino quante lavate di capo abbia ricevuto" disse in tono ironico.

Lui però non accennava a voltarsi verso di lei, sembrava assorto nei suoi pensieri ed era come se vivesse in un'altra realtà parallela alla sua.

"Elijah? Che é successo?" domandò Briony facendosi preoccupata e gli mise una mano sulla guancia per far girare di poco il suo viso.

Il vampiro era chiaramente sconvolto, aveva un'espressione turbata, gli occhi neri faticavano a guardare quelli di Briony e questo la fece spaventare a morte. Non l'aveva mai visto così.

Briony ricambiò lo sguardo facendosi sempre più preoccupata e aspettò che Elijah si decidesse a parlare; sembrò essere passato un tempo infinito quando Elijah sospirò rumorosamente e finalmente si girò a fissarla.

Quando lui la guardò dritta negli occhi, all'improvviso comparve un sorriso galante nel suo volto pensieroso, come se dopo aver visto il viso di Briony tutte le angosce e preoccupazioni fossero svanite all'istante.

"Beh... credimi ho molte cose da raccontarti." sussurrò con voce profonda nell'oscurità.

 

--------***************------------

 

Aveva pensato per ore a quello che Elijah le aveva confessato, a come era ancora sconvolto dopo la comparsa improvvisa della madre e la sua folle richiesta di essere una famiglia unita come lo erano una volta.

Ma non era solo questo ciò che la innervosiva e le metteva ansia, anche se l'idea di incontrare Klaus libero di fare ciò che gli pareva senza poter essere fermato le trasmetteva parecchia furia in corpo... ma mentre Briony sorseggiava il caffè al grill le venne in mente un'altra cosa, che le incuteva una brutta sensazione, forse non così grave ma non smetteva di pensarci neanche un attimo...

Quel sogno... Perché? Perché lo aveva fatto?

Credeva che dopo aver ritrovato Elijah i suoi incubi avrebbero smesso di perseguitarla una volta per tutte, invece quel sogno era il più strano che avesse mai fatto.

La notte prima infatti aveva sognato la famiglia Originale al completo... erano ad una festa con tantissimi invitati, tra cui lei stessa, Caroline, Matt, Elena e i fratelli Salvatore. La sua mente si era focalizzata su un momento preciso: quello del brindisi.

 Tutti i fratelli avevano alzato il calice brindando a un discorso, infatti i loro visi erano alzati, rivolti verso la scalinata e infine avevano bevuto lo champagne nello stesso momento. 

Prima di essere catapultata fuori dal sogno, Elijah si era voltato verso di lei e Briony si era sentita morire mentre vedeva i suoi occhi farsi sempre più neri... ricolmi di una tenebra che la spaventava.

Poi il buio aveva oscurato ogni cosa e Briony si era alzata dal cuscino, spalancando la bocca in cerca d'aria mentre dalla fronte cadevano delle goccioline di sudore, anche se stava tremando dal freddo. Si era sentita pervadere da una sensazione di angoscia così profonda che aveva sentito un vuoto lacerante dentro di sé, come delle schegge di ghiaccio che la trafiggevano.

Non era riuscita più a riprendere sonno.

Finì in fretta il caffè, mentre le mani tremavano ancora come se stesse gelando quando ripensava a quel sogno strano.

I suoi pensieri tremebondi furono interrotti dall'arrivo di Caroline, che si sedette silenziosamente al suo tavolo; la biondina la guardava di sottecchi come se stesse esitando nel cominciare a parlare visto come si erano lasciate l'ultima volta. Briony probabilmente ce l'aveva ancora con lei per il fatto che l'avesse ingannata a sangue freddo insieme a Santa Elena e combriccola.

Briony alzò lo sguardo e fissò attentamente gli occhi blu della sorella e la sua pelle bianca da vampiro; Caroline temette un'altra sfuriata e si morse nervosa il labbro ma la sorella si limitò soltanto a prendere in mano la borsa e cercare qualcosa all'interno.

Caroline la guardò senza capire ma poi Briony tirò fuori dalla borsa una busta impachettata con un fiocchetto che richiudeva l'apertura.

"Buon compleanno Caroline." sussurrò porgendole il regalo.

La blond-girl rimase così stupita di quel gesto che non riuscì ad aprirlo subito. Lo teneva fra le mani, attorcigliando la carta di continuo:

"Grazie Briony... credevo che te ne fossi dimenticata" rispose Caroline a bassa voce, anche se in verità pensava che Briony non avrebbe mai potuto scordarlo, solo aveva temuto che lei ignorasse i festeggiamenti e non le facesse neanche gli auguri, per ripicca nei suoi confronti. Evidentemente non conosceva Briony così bene come credeva.

"Aprilo." disse la mora semplicemente.

Caroline si morse il labbro, aprendo il regalo con lentezza come se fosse ansiosa, e quando si accorse di cosa Briony le aveva regalato sfoderò un sorriso smanioso di gioia e contentezza:

"Oh Briony non dovevi!!" esclamò guardando attentamente il regalo con gli occhi che le brillavano.

Anche Briony ricambiò il sorriso anche se non così caloroso come quello della biondina:

"É un weekend in un centro termale nel sud della California, i massaggi, le saune e robe del genere sono già tutte comprese e in quel centro c’è pure un albergo dove potrai riposare la notte. A casa ho tutta la documentazione necessaria per il viaggio ma dovresti chiamare tu l'agenzia per una conferma finale. Ah il regalo é riservato a due persone, pensavo ci potessi andare con Tyler… e non preoccupatevi é già tutto pagato" disse Briony spiegando in ogni minimo dettaglio, mentre Caroline aveva voglia di saltarle addosso e sommergerla di baci e abbracci:

"Ma Briony come hai fatto? Tu sei sempre in bolletta!" esclamò divertita.

La sorella maggiore inarcò un sopraciglio fingendosi offesa: "L'avevo già prenotato mesi fa prima che accadesse… prima che Klaus uccidesse Elijah.." rispose diventando di colpo triste.

Infatti in quel periodo, che era stato il più buio della sua vita, non aveva avuto tempo e energie per dedicarsi a regali o festeggiamenti; ma per fortuna aveva già provveduto tempo prima al regalo del 18 compleanno di Caroline.

La vampira abbassò lo sguardo, cercando le parole giuste da dire: "Ho saputo che é ritornato... sono contenta per te"

"Ah davvero?" rispose velocemente Briony. Il suo sguardo questa volta era cambiato visto che avevano abbandonato l'argomento "compleanno" per passare a Elijah e ai suoi fratelli. Le due sorelle erano di parere opposto su quell'argomento e non avrebbero mai potuto trovare un punto di incontro se avessero continuato così: Caroline non si fidava di Elijah, lo vedeva come un pericolo eccessivamente mortale e voleva che la sorella si allontanasse il più presto possibile; mentre Briony non avrebbe mai rinunciato a lui, come se le stessero chiedendo di doversi fermare il cuore.

"Senti Briony... mi dispiace per quello che è successo, a conti fatti poteva sembrare una bastardata ma... non era mia intenzione né ingannarti né ferirti come tu credi...." disse Caroline sincera guardandola negli occhi.

Briony fissò di traverso la sorella come se non l'avesse affatto perdonata, ma poi rispose:

"Caroline... tu sei mia sorella ok? E dopo quello che é successo, quello che ho visto fra Elijah e i suoi fratelli... insomma nonostante i secoli, le bugie, le incomprensioni e gli inganni, loro si sono ritrovati come se l'affetto tra di loro non fosse stato sminuito neanche per un istante… Allora ho pensato che quello che é successo tra noi non basta a spezzare un legame di sangue. E sebbene io abbia l'impulso di strangolarti, ti voglio ancora bene" mormorò dolcemente.

Caroline fu quasi sul punto di piangere per la commozione e la ringraziò di continuo, mentre Briony le sorrise dolcemente accarezzandole il braccio.

Caroline fra pianti e risate parlò ancora: "Davvero vuoi che sia Tyler ad accompagnarmi? Dopo quello che ha fatto.."

Briony la ascoltò pensando che se aveva potuto perdonare Caroline, avrebbe anche potuto perdonare Tyler.

"Il tuo ragazzo non é stato per niente carino con me visto che mi ha rinchiusa in uno sgabuzzino con dentro dei cadaveri di ibridi… ma era sotto l'influsso di Klaus. E poi questo viaggio gli impedirà di stare sotto le sue grinfie quindi sarò meno preoccupata nel sapervi lontani da Mystic Falls"

"Ma allora vieni tu al suo posto no? Così per rilassarci e non pensare sempre alle nostre disgrazie."

Briony però declinò subito l'invito perché ora che aveva ritrovato Elijah le sembrava intollerabile stare lontana da lui anche solo per un giorno.

Mentre parlavano, Briony vide entrare Ylenia nel Grill e la donna si sedette poi al bancone. Fu un po’ difficile individuarla dato che aveva degli enormi occhiali da sole che le coprivano il viso e una sciarpa di lana abbinata.

Briony disse a Caroline che doveva fare una cosa e si diresse verso il bancone vicino a Ylenia.

"Perché ti sei imbacuccata così?!" domandò Briony trattenendo una risata visto che era irriconoscibile.

Ylenia si sistemò gli occhiali e rispose: "Sembro una di quelle spie dei film, non é vero?" la voce risuonò strozzata per colpa della sciarpa che le ricopriva la bocca, anche se Briony scommetteva che stesse sorridendo sensuale.

Poi però le venne in mente ciò che era accaduto la scorsa notte, un avvenimento davvero strano: la reazione brusca e violenta di Finn nei suoi confronti, lo sguardo agitato e nervoso dell'amica prima di scoperchiare le bare... Senza contare le occhiate che si erano lanciati dopo.

C'era sicuramente sotto qualcosa.

"Hai più visto Finn?" domandò curiosa.

"No, lo sto evitando."

Briony fissò scrupolosamente Ylenia e le fece delle domande per capirci meglio.

"Senti spiegami per favore… Finn dovrà aver avuto un valido motivo per aggredirti così e ho la vaga sensazione che voi due vi conoscevate già e che vi siete lasciati nel peggiore dei modi."

Ylenia guardò un punto davanti a sé cercando di evitarla. Deglutì prima di rispondere ma la voce risuonò lo stesso soffocata... Forse non per colpa della sciarpa.

"Sarebbe troppo complicato raccontarti tutto Briony e questo non é il momento più adatto. Senza offesa ma non me la sento... Il passato comunque non si può cambiare" rispose come se avesse instaurato un muro di difesa.

Briony sospirò cercando di capirla ma era anche vero che aveva bisogno di risposte:

"Ylenia non fraintendermi, tu mi sei sempre stata d'aiuto in questi mesi e non mi hai mai fatto mancare il tuo appoggio, sebbene non mi conoscessi. Ma ora mi é venuto il dubbio... che tu sia venuta qui a Mystic Falls per tutt'altro motivo, non perché ti ha inviato mia madre in mio soccorso"

Ylenia si girò verso di lei togliendosi gli occhiali, come se in quel modo provasse che i suoi occhi non mentivano:

"Briony quello che ti ho detto la prima volta che ci siamo incontrate era la verità, te lo posso giurare. Io voglio davvero aiutarti, e sebbene ci sono delle cose del mio passato che non sai, che non posso e non voglio rivangare... Io ti sono davvero amica." dichiarò sinceramente, mentre Briony voleva con tutto il suo cuore fidarsi di lei ma qualcosa le impediva di farlo totalmente.

Ora che sapeva che Ylenia le nascondeva parti del suo passato che non voleva raccontare non poteva fare finta di niente, soprattutto se riguardava gli Originali.

Ma forse stava sospettando troppo, forse Ylenia aveva sofferto così tanto nella sua vita che questo le impediva di aprirsi.

"E se credi che ti abbia usata per liberare Finn... Beh hai visto con i tuoi occhi che lui mi detesta, quindi direi che é davvero insensato che io progettassi un salvataggio romantico per risvegliare il mio Romeo."

Briony sorrise pensando che almeno in quello non aveva tutti i torti poiché se uno possedeva un po’ di sale in zucca non avrebbe mai salvato Finn, che sembrava un selvaggio impazzito, sapendo inoltre che ti avrebbe strangolata all'istante.

Briony voleva farle altre domande ma aveva notato che Ylenia si era parecchio irrigidita e aveva smesso di guardarla negli occhi.

"Non voglio ficcare il naso nei tuoi affari, e quando sarai pronta nel raccontarmi tutto io sarò lì ad ascoltarti. Insomma tu hai sorbito per mesi i miei attacchi isterici, devo per forza rimediare!"

Ylenia rise divertita, risollevandosi un po’ l'umore nero visto che le sembrava di sentire ancora le mani forti di Finn Mikaelson stringerle il collo.

Improvvisamente Briony diventò accigliata, come se dovesse dirle qualche altra cosa ma esitasse nel parlarle.

"Avanti sputa il rospo." la incitò Ylenia visto che ormai la conosceva abbastanza per capire che qualcosa non andava.

"Questa volta non riguarda te." disse Briony facendo un sorriso indeciso, poi le raccontò del sogno fatto, convinta che lei potesse trovare una spiegazione razionale.

Quando finì di spiegare, Ylenia la fissò senza riuscire a capire la sua agitazione:

"É un sogno come un altro, certo davvero strano ma chi non li fa? Non tutti i sogni possono essere spiegati e magari ti sei solo fatta suggestionare dopo che hai visto la famiglia degli Originali al completo. E se stai pensando che esista qualche veleno che può uccidere degli Antichi la risposta é categoricamente... No. Non esiste niente del genere quindi stai tranquilla." rispose dandole una pacca sulla spalla.

Briony le sorrise soddisfatta ma questo non diminuì le sue preoccupazioni; sentiva che qualcosa stava per accadere… Qualcosa di pericoloso. E non avrebbe potuto evitarlo questa volta.

"É la prima volta che ti succede? Cioè che fai questi sogni... premonitori diciamo?" domandò Ylenia quasi curiosa.

"No... A dire il vero la prima volta é stata quando ho sognato Elijah rinchiuso nella cantina dei Salvatore col pugnale conficcato nel cuore... é stato così che l'ho conosciuto" rispose pensierosa.

"É come se il destino ti abbia portata da lui, con quel sogno.." esclamò Ylenia alzando il sopracciglio.

Briony non ci aveva mai fatto caso ma in effetti era così.. Era stato il destino a portarla da Elijah, per salvarlo… E poi era stato lui a salvare lei da quella gabbia di solitudine e sofferenza che si era costruita dopo quello che era successo con Ivan, con sua madre...

Loro avevano trovato il meglio in loro stessi solo dopo essersi conosciuti. E in cambio i loro cuori si erano aperti l’un l’altro, lentamente, come se qualcosa di puro fiorisse al di sotto di un cemento costruito ad arte per anni.

Briony stava ancora pensando a quel sogno ambiguo quando Ylenia scese dallo sgabello pronta ad andarsene.

"Te ne vai?" domandò Briony scendendo anche lei.

"Si é meglio che vada"

"Così non incontri un originario incazzato?" mormorò l’umana ironica.

"Centrato in pieno" rispose la strega puntandole un dito e rimettendosi gli occhiali.

"Lo sai… Finn dopo che te ne sei andata ti ha descritto come un avvoltoio che vola attorno ad un cadavere" mormorò Briony per vedere una sua reazione. Nonostante le sue parole, la ragazza non era ancora convinta.

Ylenia però restò immobile, guardando dritto davanti a sé senza incrociare lo sguardo dell'amica.

"Finn é sempre stato un gran poeta" disse infine sorridendo amaramente mentre si rimetteva a posto il cappotto.

Briony la guardò andar via, senza riuscir a capirci più niente, anche se dubitava che qualcosa andasse per il verso giusto in quella città.

Ad un tratto vide Stefan parlare con Caroline al suo tavolo, lui le fece un cenno con la testa per salutarla e lei ricambiò andando da loro.

Quella era proprio la giornata degli incontri... Se avesse visto pure Klaus sarebbe stato il colmo.

Caroline si alzò, spiegando ad entrambi che non aveva nessuna voglia di festeggiare quella sera quindi implorò Stefan di bloccare Elena qualunque cosa avesse in mente.

Briony alzò il sopracciglio, totalmente sorpresa perché Caroline non rinunciava mai a una festa; ma in questo caso si trattava di festeggiare un'età che non avrebbe mai compiuto e non pareva per nulla il caso. Quindi decise di non protestare contro la sua scelta e la salutò prima che lei andasse via.

Stefan fece un lungo sospiro poi si voltò verso Briony chiedendole come aveva preso la storia di Klaus e Esther; in poche parole lei disse che non ci vedeva nulla di buono e che dovevano trovare al più presto una soluzione per far fuori Klaus.

Stefan si avvicinò di più a lei, per non farsi sentire da nessuno:

"Non vorrei coinvolgerti in tutto questo casino, ma visto che tu sei molto legata a Elijah potresti chiedergli cosa ne pensa e cosa ha intenzione di fare d'ora in poi… Elena si fida di lui."

A sentire il nome di Elena, Briony ebbe un sussulto tutt'altro che piacevole. Se aveva appena perdonato Caroline e Tyler, non poteva di certo farlo anche con Santa Elena visto che quella ragazza le faceva salire il sangue al cervello e le dava sui nervi quasi quanto Klaus.  Le dispiaceva dirlo ma non condivideva affatto i suoi atteggiamenti recenti. Non sopportava il suo falso moralismo, tutta così perfettina della serie "io sono migliore di voi perché mi sono convertita al martirio", senza contare che l'antipatia nei suoi confronti era aumentata dopo che aveva saputo che il grande amore del passato di Elijah era identica a lei.

Tuttavia non rispose subito alla richiesta di Stefan. Sembrava stesse parlando con John, come quando lui le chiedeva di controllare Elijah perché non si fidava, e ogni volta aveva avuto dei problemi col vampiro e non voleva che accadesse ancora.

Una parte del suo cuore si era sgretolata quando avevano litigato perché lui si era sentito tradito... E alla fine si era allontanato da lei. In quel momento si era sentita bruciare i polmoni perché le mancava l'aria necessaria per andare avanti e tentare di sopravvivere, invano senza di lui.

Si girò allora verso Stefan e disse: "Voglio quanto te che Klaus venga ucciso ma dobbiamo tenere conto anche dei rischi che corriamo perché quel bastardo ce la può far pagare in ogni momento… E io ho già perso troppo."

Stefan assentì con la testa poi all'improvviso si voltò, fissando qualcosa davanti a .

Si era accorto per primo che Elijah era proprio davanti a loro e li stava fissando con sguardo inespressivo. Portava una giacca elegante, teneva una mano in tasca e i suoi occhi neri si erano fissati sul fatto che Stefan si era troppo avvicinato al viso di Briony, per parlarle meglio all'orecchio, ma lei non se ne era neanche accorta perché teneva lo sguardo basso.

Sentendo che non arrivava una risposta da StefanBriony alzò lo sguardo e quando vide Elijah davanti a lei, il sorriso si allargò radioso. L'originario dal canto suo le diede una leggera occhiata di sfuggita e si focalizzò di più su Stefan, come se cercasse di incenerirlo con lo sguardo di ghiaccio.

Stefan lo salutò cortesemente e in Elijah allora sembrò svanire la sua aura intimidatoria, sforzandosi così di sorridergli, anche se l'espressione rimaneva sempre glaciale e minacciosa.

Briony lo guardò dubbiosa non riuscendo a capire il perché li fissasse in quel modo che avrebbe fatto rabbrividire Klaus e i suoi fratelli messi assieme; ma tutti i suoi dubbi svanirono quando Elijah si avvicinò a lei, sorridendole e le accarezzò lievemente il braccio.

"Ciao Briony" sussurrò profondamente guardandola negli occhi come se avesse voluto vederla ogni mattina. La sua voce sembrava una carezza sulla sua pelle e come al solito le vennero i brividi nel sentirla.

Poi velocemente Elijah si voltò a guardare Stefan; si era fatto di nuovo gelido:

"Stefan posso parlare con Briony da solo?" non era una richiesta. Era un ordine. Lo infastidiva il fatto che fosse così vicino a lei.

Stefan si allontanò subito dalla ragazza e sul volto di Elijah comparve uno strano sorriso, che neanche Briony riuscì a tradurre. Era chiaro che Elijah era un mistero sotto tutti i punti di vista.

Stefan si volatilizzò in un secondo mentre Briony fissò il vampiro con sguardo indagatore: "Che succede? Perché quello sguardo cupo e serio?" domandò ridendo.

Elijah intanto sembrava essersi rilassato finalmente:

"Le riunioni di famiglia mi devastano sempre, sopratutto quando devo tenere sotto controllo un fratello di nome Niklaus."

Briony sospirò: "Non credi sia una pazzia l'idea di tua madre di riunire la vostra grande famigliola? Tu e i tuoi fratelli non potrete mai essere veramente al sicuro con Klaus alle calcagna."

Elijah le sorrise per rassicurarla sebbene anche lui sembrava parecchio teso: "Non ti devi preoccupare di questo, non ci faremo prendere alla sprovvista come in passato. E poi..."  sussurrò mettendole un ciuffo scomposto dietro l'orecchio. "Ti ho già promesso che non permetterò a Klaus di farti del male" disse infine abbassando il tono della voce, rendendolo ancora più affascinante.

Briony deglutì nervosamente chiedendosi se avrebbe mai potuto controllare il proprio cuore, che sembrava fuoriuscire dal petto ogni volta che lui la sfiorava.

Elijah le sorrise ancora e le mise il braccio sulle spalle, pronti ad andarsene; mentre camminavano per strada Briony gli chiese come stava andando col resto della famiglia e immaginava che fosse felice nel riaverli finalmente con sé.

"Devo dire che non sono cambiati per nulla nonostante siano passati secoli, non che io sperassi in qualche cambiamento saggio... Rebekah ci fa sempre arrabbiare come al solito, ma é la sorella più piccola, la più infantile e qualche volta ha bisogno di una strigliata"

Briony lo guardò pronta a replicare per difendere Rebekah, ma poi le venne in mente un'altra cosa che avrebbe voluto chiedere fin da subito:

"La tua famiglia sa di me?" chiese timidamente.

"In che senso?" domandò lui di rimando, con tono tranquillo.

"Sì insomma... sarebbe in questo caso un'incauta filosofia quella che in famiglia non esistono segreti, ma... Loro sanno di noi..?" chiese cercando di mascherare più che poteva l'agitazione. Pensò suo malgrado che Elijah, riservato com'era, avesse voluto mantenere il silenzio e la sua rispettabilissima privacy. E nei suoi incubi peggiori, che volesse lasciar perdere le debolezze umane e dedicarsi ad altro.

Ma il braccio del vampiro non si era mai discostato dalle spalle della ragazza durante la passeggiata, il che era una chiara e importante avvisaglia su cosa simboleggiasse per lui chi gli stava affianco, anima e corpo. Elijah infatti si fece scappare un mormorio poi rispose: "Non ce n'é stato bisogno... L'avevano già capito."

Briony strabuzzò gli occhi sorpresa per quella affermazione: si chiese se lei e Elijah avessero fatto qualcosa di sconveniente in presenza degli Originali, ma dall' intensità dei loro sguardi, come Elijah le parlava e la sfiorava, probabilmente avevano fatto 2+2 e capito la sorprendente verità celata da quei semplici gesti. Dovevano conoscere Elijah molto bene per aver capito così in fretta che era innamorato di lei, di un'umana. 

Briony rise dentro di , felice e soddisfatta, pensando che Elena Gilbert poteva anche rodersi il fegato mentre rimaneva single a vita.

"Non ti preoccupare, ti adoreranno. Hai già conquistato Rebekah, non avrai nessun problema con gli altri." disse Elijah dandole un leggero bacio sulla fronte.

"Se lo dici tu... Te ne vai?" domandò notando i movimenti del vampiro.

"Sì, devo risolvere alcune questioni.. Ho tre fratelli completamente persi e isterici visto che sono stati nella bara per parecchio tempo, perdendosi ogni evoluzione tecnologica. Ti lascio immaginare dunque." disse in tono quasi ironico. Briony rise divertita immaginando Elijah come guida della famiglia.

Mentre lo guardava andarsene però, le venne in mente improvvisamente il sogno fatto quella notte.

Agì d'istinto e lo chiamò a gran voce; Elijah si voltò con sguardo interrogativo e lei deglutì fortemente prima di parlare.

"Avete intenzione di organizzare una festa per caso?" domandò indecisa e nervosa.

Il vampiro ci pensò  un attimo:

"Sì. La sta preparando mia madre dove inviterà mezza città per celebrare il nostro ritorno. Ti manderò un abito per l'occasione" rispose facendole un sorriso sghembo prima di dileguarsi.

Anche Briony sorrise, convinta che non sarebbe successo niente di male alla festa... Era solo un sogno senza senso, ripeté allegramente.

Ma il sorriso non raggiunse i suoi occhi.

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Briony aveva il cuore in gola mentre correva a casa di Caroline, sperando che non fosse troppo tardi... Matt l'aveva chiamata, gridando come un isterico e dicendo che Tyler l’aveva morsa e ora rischiava di morire, poiché il morso di licantropo uccide un vampiro.

Bussò freneticamente alla porta, pregando che la sorella non fosse morta, e le aprì Elena anche lei in stato di shock per le condizioni dell' amica.

"Dov'é?" chiese subito Briony respirando a fatica.

Elena la condusse in camera da letto, dove c'era Caroline mezza moribonda sdraiata nel letto; aveva la pelle più bianca del solito e faticava persino a muoversi.

La blond-girl nell’accorgersi della sorella aprì leggermente gli occhi sebbene le costasse un’enorme fatica.

"Ehi Briony..." sussurrò lei allo stremo delle forze.

Briony si avvicinò al letto, tentando di infonderle forza e coraggio, ma non poté evitare il corso delle lacrime per le condizioni disperate della sorella.

"Temo che non potrò fare quel viaggio che mi hai regalato... Ci tenevo tanto però..." sussurrò Caroline abbozzando un lieve sorriso.

Briony cercò di asciugarsi gli occhi, anche se il petto veniva invaso dai singhiozzi per colpa delle lacrime:

"Non fare la drammatica, vedrai che andrà tutto bene blond-girl..." le mormorò dolcemente, accarezzandole la testa.

Poi si voltò verso Matt e Elena per cercare una soluzione:

"Come diamine é successo?" chiese angosciata.

Elena parlò dicendo che aveva organizzato una festa per Caroline in una vecchia cripta nel bosco, le spiegò in fretta e furia come era andata la festa, architettata per festeggiare la sua morte cioè la nuova vita da vampiro. Briony sgranò gli occhi, pensando che un'idea così stupida e insensata poteva venire in mente solo a Elena, ma cercò di trattenere la risposta saccente perché aveva altro a cui pensare in quel momento.

"Ma Tyler... Come ha potuto morderla?" chiese infuriata.

Matt rispose che si stavano baciando e Tyler l'ha morsa inconsapevolmente; però qualche ora prima Klaus gli aveva ordinato di morderla quindi poteva esserci sotto il suo zampino.

Briony digrignò nervosamente pensando che avrebbe ucciso Klaus con le sue stesse mani:

"Ma ci dovrà pur essere una soluzione! Dobbiamo trovare un modo per curarla... Elena fai qualcosa, vai a prendere del sangue così si mantiene in forze"

La ragazza uscì subito dalla stanza, mentre Briony prese nervosamente il cellulare fra le mani e chiamò Elijah per chiedere il suo aiuto. Era talmente frastornata che non si accorse neanche che il campanello aveva suonato; Matt arrivò in camera di corsa dicendo che doveva venire subito nell'atrio.

Briony non voleva lasciare la sorella ma vedendo come lui era agitato, decise di uscire dalla stanza e andare nel pianerottolo.

Quando vide Klaus sulla soglia della porta per poco non si fiondò su di lui per staccargli la testa, ma Matt la prevenne prontamente dicendo: "Non sei il benvenuto qui, vattene!" gridò infuriato.

Klaus non lo ascoltò minimamente visto che quell'umano non era degno della sua attenzione, e ordinò di farlo entrare.

"Manco morta. Cos’è, vuoi infierire? Non ti é bastato quello che hai fatto? Un’altra delle tue bastardate gratuite!" replicò Briony con odio.

Klaus rise in modo beffardo: "Ah si, Tyler mi ha informato... é venuto da me implorandomi di salvare la sua fidanzatina. Ed eccomi qui!"

Briony lo guardò sospettosa non riuscendo a capire cosa volesse dire, ma poi ricordò che il suo sangue curava il morso di un licantropo... Era la soluzione ideale per salvare Caroline, ma non riusciva comunque a fidarsi di quel mostro.

Così si rivolse a Matt: "Ti prego porta Caroline qui, così il signore qui presente potrà darle il suo sangue"

Ma l'ibrido si mise a ridere di gusto: "Andiamo! Non vorrai far alzare dal letto quella povera moribonda! I minuti sono preziosi in questi casi. Cos’é più importante? Il tuo odio per me o la vita di tua sorella?" recriminò in tono di sfida.

Briony lo guardò dubbiosa, non sapendo cosa fare. Klaus la fissava in un modo che l'avvertiva di non fidarsi, di non lasciare entrare quell'energumeno; ma alla fine solo per la salvezza della sorella cedette.

Chiamò Liz per permettere a Klaus di farlo entrare: la donna apparve con gli occhi gonfi dalle lacrime, e guardando il volto deciso di Briony acconsentì alla sua richiesta e lo fece entrare.

Klaus girò intorno a Briony con un sorriso da bastardo, per farle capire che aveva vinto lui anche questa volta, e lei temette di aver fatto un errore madornale.

Lo seguì fino in camera di Caroline ma notò che lui la guardava storto, come per impedirle di entrare.

"Che c'è?" domandò lei in tono antipatico.

"Mi serve concentrazione e preferirei stare da solo. Sai sono timido, non mi piace che qualcuno assista alla condivisione del mio sangue!" rispose sorridendo sfrontato.

Briony sbuffò spazientita, ma cedette anche questa volta e lasciò correre chiudendo la porta con violenza.

"Non metterci troppo, e ti conviene fare ciò che hai promesso se non vuoi avere problemi con me." disse acida e agguerrita. Con tipi come Klaus tirava fuori il peggio di sé, nemmeno lei era priva di difetti.

All’improvviso però comparve nuovamente Matt vicino a lei, con lo sguardo agitato e tremolante: quel povero ragazzo era ansioso quanto lei.

“Devi venire subito!” esclamò lui col fiatone.

<< Un’altra volta? >> Pensò tra sé e sé, sperando che non fosse accaduto un altro guaio mentre scendeva le scale.

Non appena vide Elijah fuori dalla porta di casa, Briony sospirò sollevata pensando che ora che c’era lui lì si sarebbe aggiustato tutto, e infatti i suoi occhi neri e il suo sguardo le diedero un inspiegabile conforto.

Camminò a passi veloci verso l’uscita ma notò che Liz non aveva intenzione di farlo entrare, infatti disse alla ragazza: “Briony mi dispiace, ho acconsentito a Klaus di entrare per il bene di Caroline ma non posso invitare altri tre Originari in casa mia… cerca di capire...”

Briony sgranò gli occhi confusa perché non capiva a chi si riferiva dicendo “tre originari”, visto che c’era solo Elijah e di lui ci si poteva fidare. Quando allungò il naso fuori dalla porta notò però che c’erano anche Kol e Finn a qualche metro di distanza da Elijah, per questo non se n’era accorta della loro presenza.

Disse a Liz che andava tutto bene e che sarebbe uscita lei di casa per parlare con loro; la donna lanciò un’occhiataccia ai vampiri prima di dileguarsi in cucina.

Briony ne approfittò per uscire e incontrò lo sguardo preoccupato di Elijah, che le chiese cosa fosse successo.

“Come? Non lo sai? Perché sei qui allora?”

“Klaus mi sembrava molto strano, e dopo aver visto Tyler che gli implorava di venire qui mi sono insospettito e siamo venuti a controllare.” disse rivolgendosi anche agli altri due fratelli.

Briony li fissò imbarazzata, mentre loro si tenevano a debita distanza forse per non incuterle paura più di quanto ne avesse già.  Sebbene quello giovane, Kol, sfoderava un sorriso terrificante quasi quanto quello di Klaus.

Proprio lui, agitò scherzosamente le mani e la salutò con un allegro “ehilà!”, come se quella situazione lo facesse divertire.

Mentre Finn rimaneva sempre serio, in disparte al fianco del fratello minore, e Briony pensò che aveva fatto bene a non chiamare Ylenia, altrimenti ci sarebbe stato un altro tentativo di strangolamento.

Distolse da loro lo sguardo, e spiegò velocemente a Elijah cosa era successo con Caroline e del coinvolgimento di Klaus in tutto questo. Il vampiro alzò gli occhi al cielo cercando di controllarsi, anche se gli era parecchio difficile visto che non sopportava più i colpi di testa del fratello che mettevano in pericolo Briony e la sua famiglia.

“Ci penso io a lui. Dov’è?” chiese duramente.

“E’ in camera con Caroline, è venuto qui mostrandosi come il suo salvatore e si è offerto di curarla!” disse lei come se Klaus fosse fuori di testa. "Ma tuo fratello si deve sul serio dare una calmata. Non può fare ciò che vuole quando vuole e gliel'ho fatto ben intendere. Magari non conterà nulla per lui ma mi sono sentita subito meglio."

Elijah sorrise freddamente al pensiero di come Briony si era mossa contro Klaus con la sua solita testardaggine. Scosse poi la testa:

“Questa è l’ultima che fa.” mormorò minaccioso.

Briony non ebbe il tempo di replicare o avvertirlo, che Klaus si materializzò vicino a loro con un sorriso trionfante stampato in faccia:

“Eccomi qui! Tutto risolto non preoccupatevi, la nostra adorabile Caroline sta bene e ti sta aspettando” disse guardando Briony e lei pensò davvero che lui aspettasse i suoi ringraziamenti.

<< Col cavolo. >>

“Che cosa hai fatto Niklaus?” domandò glaciale Elijah aspettandosi una risposta esauriente.

“Io? Ho salvato Caroline dal morso di Tyler... i miei ibridi sono spesso fuori controllo, sono cose che capitano” rispose semplicemente, come se fosse immacolato.

Brony distolse lo sguardo per non doverlo guardare in faccia con l’istinto di dargli un pugno; all’improvviso si accorse che Finn e Kol si erano avvicinati tantissimo, alla pari di Elijah e lei allora sobbalzò dalla sorpresa, visto che anche loro erano parecchio inquietanti.

“Dobbiamo andare a casa, fratello. Mamma ci aspetta e sono curioso di vedere come reagirà dopo aver saputo della tua ultima bravata” mormorò Kol sorridendo compiaciuto, poiché immaginava che sarebbe successo un macello e godeva vedere il fratello in difficoltà.

“Posso andarci anche da solo, non mi servono le balie.” rispose duro Klaus.

“Smettila di fare il bambino e vieni via.” replicò Finn con odio, afferrando saldamente il braccio del fratello.

Klaus sorrise gelido, togliendo la presa di Finn e cominciando a camminare da solo.

"A mai più arrivederci." borbottò Briony tra e . Elijah, udendola, fece un ghigno ma ritornò serio nel voltarsi verso Briony:

“E’ meglio che tu vada da tua sorella. E’ finito tutto per il meglio, ma ha bisogno di te ora.”

Briony fece un sospiro di sollievo, cominciando finalmente a sentirsi meglio. Elijah analizzò il suo stato d'animo e non poteva che ammirarla per la forza che dimostrava in ogni situazione. La ragazza rivolse un grazie a lui e agli altri due fratelli, sorridendo timidamente a quest'ultimi.

Kol sorrise come un ragazzino, chiedendole persino se conosceva qualche locale interessante dove poteva scatenarsi, visto che si annoiava a morte in quel paese sperduto. Briony fu presa alla sprovvista da quella insolita richiesta, tanto che si mise a ridere divertita:

“Non penso troverai dei locali alla tua altezza qui a Mystic Falls! Mi dispiace” rispose divertita.

Kol sbuffò annoiato e si incamminò anche lui nell’oscurità mentre Finn le sorrise cordialmente, augurando a lei e sua sorella di star bene. In quel momento non sembrava così feroce, come quando aveva tentato di strangolare Ylenia.

Chissà cosa gli aveva mai fatto…

Elijah invece si fermò un attimo a fissare Briony; le accarezzò poi lievemente la guancia con le dita fredde: “Mi dispiace per Niklaus, farò in modo che non succeda più” sussurrò profondamente.

Briony gli sorrise riconoscente, dicendo poi che doveva andare a controllare Caroline per vedere se stava effettivamente bene. Non si sa mai. Il vampiro le sorrise in modo pacato prima di svanire all’improvviso nell’oscurità.

La ragazza fece un lungo respiro, sperando che da quel momento in poi tutto filasse liscio e che niente potesse ostacolare la sua serenità. Sarebbe stato un miracolo.

Entrò velocemente in camera di Caroline e quando la vide in forze e completamente splendente, Briony ringraziò il cielo per non averla fatta morire e le diede un caloroso bacio sulla guancia. Nella stanza c’era ancora Matt che non l’aveva lasciata per un secondo e aveva già chiamato Elena per avvertirla che Caroline stava bene; Briony allora lo ringraziò per essere stato vicino alla sorella e lo incitò ad andare a casa per riposarsi dopo quella serata stressante.

Infine si sdraiò vicino alla sorella, accarezzandole la testa e dicendo che doveva affrettarsi a usare il suo regalo visto che la biondina aveva una pelle orribile.

Caroline scoppiò a ridere, dandole poi una gomitata, e anche Briony si unì alla risata.

Non aveva notato però una confezione regalo, appoggiata nel comodino... dentro c’era un bracciale d’argento.

 

FINE CAPITOLO!!

Allora mi scuso se ho trascurato le vicende temporali del telefilm, visto che il compleanno di Caroline avveniva prima del ritorno degli Originali ma questo episodio mi serviva per far avvicinare Caroline e Klaus! Immaginatevi la reazione di Briony XD

Quindi spero vi sia piaciuto! E non pensate che i guai siano finiti qui, e che gli Originals saranno tutti carini con la loro “adorabile cognata”. No no :P

Lo so sono crudele XD E se questi capitoli iniziali li trovate un po’ noiosetti o corti… vi ricrederete presto, d’altronde non si giudica un libro dalla copertina :--) Anche perché mi tirerò fuori dalla trama del telefilm.

Spero di ricevere dei vostri commenti ^^

 

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Capitolo 4
*** Incantesimo letale ***


3 CAPITOLO

 

Avere un posto nel cuore di qualcuno, significa non essere mai soli

 

Quel sogno perseguitava Briony da notti intere e ogni volta era sempre la stessa storia: la scena del brindisi, il suo cuore che si ferma, il vuoto dentro di sé e poi il risveglio. Faceva sempre fatica a respirare e le mani gelavano come se fosse in mezzo alla neve... o forse perché semplicemente era morta.

Briony scosse la testa e si buttò a faccia sul cuscino, cercando di rilassarsi e di dormire magari senza sogni inquietanti.

Chiuse gli occhi e abbracciò dolcemente il cuscino per trovare la giusta predisposizione al sonno; dopo un po’ di tempo sentì una presenza nella stanza, qualcuno al di fuori di lei che la stava fissando, ma pensò che fosse soltanto la sua immaginazione e restò con gli occhi chiusi.

Tuttavia quando sentì una mano fredda sfiorarle delicatamente il viso pensò che non stava affatto sognando; era la realtà.

Briony si fece assalire dal panico nel credere che si trattasse di un manigoldo venuto lì per farle del male, ma decise di stare immobile e far finta di dormire per la sua sicurezza.

Quella delicata carezza sul viso però le stava imprimendo dentro di sé un'ondata di calore, non di paura; si sentì stranamente elettrizzata e sperava che non finisse mai. Come stesse sotto l’effetto di una droga.

Briony infatti sentì i battiti del cuore accelerare in maniera inverosimile.

Per sua sfortuna però quella carezza svanì, lasciando una scia di gelo sulla sua guancia, e un'ondata d'aria fresca pervase la stanza come se una porta fosse stata aperta.

Briony si prese coraggio e aprì finalmente gli occhi, ma non c'era anima viva in quella stanza, sebbene la porta era aperta ed era quasi sicura di averla chiusa.

Alzò le spalle e tornò a dormire, quando si accorse che c'era un pacco regalo vicino al cuscino e sgranò allora gli occhi sorpresa.

Non aveva idea del perché fosse lì e lo aprì lentamente, temendo ci fosse dentro una bomba, ma c'era soltanto un... Vestito?

Briony alzò il sopracciglio fino alla punta dei capelli, non riuscendo a capirci niente; poi trovò anche un biglietto nella confezione.

La scrittura era elegante e bellissima, proprio come colui che aveva scritto il biglietto.

"Spero mi concederai l'onore di poterti avere al mio fianco nella festa di questa sera. Elijah."

Briony lesse e rilesse il biglietto con un sorriso felice stampato in faccia e il suo buon umore salì alle stelle. Scartò dal pacco il vestito e Elijah non avrebbe potuto trovare uno più bello: era viola scuro, leggermente ondulato nella parte finale ed era senza le spalline.

Si toccò la guancia che prima Elijah le aveva accarezzato delicatamente per non farla svegliare, e notò che stava bollendo, ma non le provocava dolore… Un'altro degli effetti collaterali che accadeva sempre quando il vampiro la sfiorava.

Sorrise dentro di  mentre si stendeva sul letto con occhi sognanti, pensando che era diventata troppo paranoica riguardo a quel sogno... Come poteva accadere qualcosa di brutto, se si sentiva così felice?

Quei momenti li avrebbe portati con sé per tutta la vita…. e non avrebbe permesso a nessuno di rovinarli.

Ad un tratto il cellulare squillò e appena Briony vide chi la stava chiamando, le si allargò nuovamente il sorriso:

"Ciao tesoro. Qual buon vento."

----------*************--------------

 

Fare shopping con Rebekah era davvero estenuante: si fermava ad ogni vetrina, e quando non vedeva niente di chic che poteva starle bene faceva una smorfia di disapprovazione e passava alla vetrina successiva.

"Perché non te lo fai prendere da una delle tue servette?" chiese Briony continuando a seguire la vampira.

"Perché voi del 21 secolo non avete minimamente gusto quindi per forza devo pensarci io al vestito di questa sera." rispose Rebekah con tono indifferente.

Briony fece una leggera risatina visto che la vampira essendo nata più di 1000 anni fa doveva avere il gusto di un paleolitico. Le ragazze si fecero delle gran risate quando la vampira cominciò a commentare il comportamento di una commessa dall’occhio tutto sbilenco e strabico.

Alla fine Rebekah optò per un bellissimo vestito verde acqua, e mentre camminavano Briony le chiese se voleva che le insegnasse a guidare visto che era stata troppo tempo nella tomba; Rebecca si voltò e rispose con sguardo innocente:

"Perché dovrei imparare a guidare quando ho un autista privato?"

Briony alzò gli occhi al cielo e continuarono a camminare a braccetto.

"Allora..." iniziò Rebekah con voce cristallina "Vieni alla festa con Elijah, eh?"

Briony avvampò e non si lasciò sfuggire la risatina maliziosa che la vampira le stava lanciando.

"Te l'ha detto lui?"

"É stato facile intuirlo e poi con chi altro dovrebbe andare?"

<< Magari con miss perfezione Elena Gilbert >> pensò Briony ma scacciò subito quel pensiero a dir poco folle.

Rebekah continuò a spettegolare sulla sua vita amorosa:

"Sai mio fratello é cambiato… É diverso... Quando conosci una persona da così tanto tempo é difficile farsi sfuggire dei simili cambiamenti." Lo sguardo di Rebekah si fece improvvisamente sereno mentre parlava del fratello.

"E’ una cosa buona o é una cosa brutta?" domandò Briony confusa.

"Aspetta, é pur lo stesso gentiluomo freddo, trattenuto, minaccioso, maniaco del controllo e mamma mia non te ne fa passare una! Però insomma… Ha una certa luce negli occhi quando ti guarda. Ed essendo stata molte volte abituata a quel totale buio insito in essi, l’ho ben notato."

Briony la fissò allora totalmente sorpresa: era strano ascoltare il parere di una terza persona che conosceva così bene Elijah e che aveva appena affermato con convinzione che lui fosse innamorato di lei, malgrado tutto.

Briony lo sapeva da tempo, anche se Elijah non le aveva dato vita facile: aveva cercato di nascondere i suoi sentimenti e di seppellirli sotto una crosta di ghiaccio, di allontanarla, di farsi odiare in maniera spietata, o di auto convincersi che lei non contasse nulla per lui... di dominare tutti quegli istinti che appartengono a un normale essere umano.

Erano cambiate molte cose da allora.

Alla fine anche uno freddo come Elijah aveva ceduto alle proprie emozioni e aveva scoperto di avere un cuore, che pensava di aver perso per sempre.

"Tuo fratello é sempre stato un tipo distante e poco incline ad esternare i suoi sentimenti, infatti all'inizio non riuscivo a capire se lui mi considerasse soltanto una palla al piede, un'amica un  strana... Oppure qualcosa di più... E pure adesso lui mi destabilizza sempre." Mormorò Briony sorridendo lievemente.

"Elijah é sempre stato così, non sai mai cosa puoi aspettarti da lui. E’ il più morale nella nostra famiglia, certo avrà strappato qualche cuore, ma il suo é al posto giusto."

Rebekah fissò profondamente Briony, come per dire che il cuore del vampiro apparteneva a lei.

La ragazza si strinse nelle spalle, sorridendo felice; poi però fissò la vampira con sguardo serio:

"Come mai non mi detesti Rebekah? Elijah mi ha detto che tu hai un carattere davvero difficile e non vai molto d'accordo con gli umani, soprattutto se si tratta del genere femminile"

L’Originaria rise divertita: ”Devo confessare che tu all’inizio mi stavi sulle scatole come chiunque altro, ma poi… mi hai davvero sorpreso. La tua testardaggine, la tua sincerità, la tua forza d’animo e soprattutto l’amore che provi verso mio fratello mi hanno fatto capire che forse potevo fidarmi di te. E poi non sei così male, qualche volta mi diverto con te!”

Risero contemporaneamente e allora Briony pensò che Rebekah all’apparenza poteva sembrare una Klaus in gonnella, ma se riuscivi ad andare oltre alla sua maschera di vampiro capriccioso e arrogante, potevi scorgere in lei una normale ragazza che aveva soltanto bisogno di essere amata e di non essere più sola.

“Quindi dici che io vado bene per uno come Elijah? Sarebbe un sollievo sentirmelo dire per una volta, visto che tutti dicono il contrario e mi remano contro a questo proposito!”

“Veramente io non ho detto che tu sei perfetta per mio fratello, anzi non potete essere più diversi; siete sbagliatissimi l'un per l'altra. Come il rovescio della stessa medaglia.” Rispose Rebekah facendosi ad un tratto accigliata, mentre Briony la fissò delusa poiché aveva appena detto che non era per niente adatta a uno come Elijah, che non ci sarebbe mai stato un futuro…

Si intristì di colpo, ma Rebekah non aveva ancora finito e infatti disse:

“Ma nonostante questo avete trovato un vostro equilibrio stando insieme… la vostra relazione é così travolgente e intrigante da sembrare irreale.”

Rebekah l’accarezzò la spalla per farle capire che pensava veramente quello che aveva appena detto, e infatti Briony si commosse per questo.

Sembrava tutto così vero, così giusto… come poteva essere un errore amare un vampiro? Prima ancora di farsi questa domanda, Briony sapeva già la risposta.

“Mio dio, scusa se sono diventata di colpo malinconica e terribilmente mielosa ma la mia vita sentimentale fa schifo, e non ho altro da fare se non curiosare nella tua epopea amorosa!” esclamò Rebekah ridendo di gusto.

Anche Briony si unì alla risata, avvertendo tutti i malumori per la festa di quella sera svanire come il soffio del vento.

 

Le due ragazze entrarono al Grill, dove c'erano anche Caroline e Elena sedute a un tavolo, e Rebekah non si fece perdere l'occasione per dare una bella lezione alla bruna.

"Stai attenta Caroline. E’ tanto bella e brava finché non ti pugnala alle spalle."

"Concordo in pieno con ciò che hai detto, Rebekah." replicò Briony affiancandosi alla vampira.

Elena sospirò indispettita mentre Caroline non si fece sfuggire la pericolosa vicinanza tra la sorella e l'Originaria.

"Che ci fai qui? So che tua madre non gradisce l’uccisione della gente del posto” disse Elena per pararsi le spalle.

Rebekah rise gelida: "Scendi dal piedistallo Elena. Non gira tutto intorno a te" così dicendo se ne andò dal tavolo mentre Briony era rimasta a fissare Elena, la quale appena sentì il suo sguardo serio addosso decise di prendere la palla al balzo e scusarsi:

"Briony io..."

"No Elena no." la bloccò lei prontamente "riserva le tue scuse per chi ancora ti crede"

Elena strinse le labbra dispiaciuta ma decise di non dir niente, poi Briony si rivolse alla sorella chiedendole come stava.

"Sto meglio grazie. Ma... Che ci facevi con la sorella diabolica di Klaus?"

Briony alzò gli occhi al cielo: "Si chiama Rebekah ed é migliore più di quanto tu creda"

"Devi stare attenta Briony" si intromise Elena guardandola con occhi angosciati "Rebekah é una pazza irascibile e violenta!"

"Beh vedi Elena..." rispose Briony pensandoci un po’   "Preferisco fidarmi di una pazza irascibile e violenta come Rebekah piuttosto di una con la faccina d'angelo pronta a colpirti alle schiena quando più le conviene"

Le sue parole erano molto dure e colpirono il bersaglio nel modo che avrebbe voluto, sebbene Briony si sentì subito in colpa sapendo che John e Jenna non avrebbero preso bene i dissapori tra Elena e lei.

Briony deglutì rumorosamente e decise di chiudere lì la questione.

"Che ci fa Rebekah con Matt?" strillò Caroline inorridendo.

Le ragazze si girarono e videro appunto la vampira porgere al ragazzo un biglietto scritto.

"Non lo starà mica invitando al ballo spero!!"

"Perché anche voi ci andate?" domandò Briony.

"Sì abbiamo ricevuto l'invito stamattina" rispose Caroline titubante. Se la sorella avesse saputo che andava alla festa con Klaus, probabilmente anzi sicuramente, l’avrebbe attaccata ad un palo.

“Sentite, Elijah mi ha dato la sua parola che nessuno si farà male e la sua famiglia non creerà alcun problema. Perciò vedrete che la serata a casa loro non sarà poi così male.” mormorò Briony speranzosa guardando Caroline… e poi Elena. Stava incoraggiando anche lei a non aver paura della famiglia degli Originali, perché nel suo subconscio sapeva che non avrebbe mai potuto fare del male a Elena Gilbert. Ogni volta che la vedeva, scorgeva in lei i volti di John e Jenna che la imploravano di proteggere la loro “bambina”, visto che loro non potevano più farlo…

Una piccola lacrima si fece intravedere negli occhi di Briony, che venne però scacciata subito perché non voleva incutere tristezza proprio quel giorno. Cercò quindi di dimenticare ciò che Elena le aveva fatto alle spalle e di passare oltre… per il bene di tutti.

-------**************-----------

 

Qualcuno bussò alla porta della camera dove alloggiava Ylenia, la quale stava in un motel a Mystic Falls, e appena la strega aprì la porta notò soltanto un biglietto per terra.

Lo prese fra le mani guardandolo confusa e quando lesse il suo nome, il suo nome per intero, capì subito chi glielo avesse mandato. Infatti riconobbe la scrittura di Klaus.

“In onore dei vecchi tempi spero che accetterai il mio invito al ballo di questa sera a casa mia. Niente trappole lo giuro… almeno non da parte mia. Klaus.”

Ylenia avrebbe scommesso che Klaus aveva riso come un bambino mentre scriveva il biglietto e subito lo buttò nel cestino, sbuffando.

<< Andare ad una festa a casa dei vampiri Originari… Che follia. Due piccioni con un fava. >> Pensò Ylenia sbraitando. Peccato che sarebbe stata lei a rimetterci le penne questa volta.

La strega pensò proprio di strappare in mille pezzi l’invito al ballo e guardò il cestino dentro il quale aveva buttato il biglietto… Doveva davvero rischiare?

 

 

Briony, dopo la bella e lunga chiacchierata fruttifera, accompagnò Rebekah in quella che era la casa della famiglia degli Originals e fu sul punto di andarsene, quando la vampira le chiese di rimanere.

“Non credo sia il caso… Klaus può essere nei paraggi..” disse titubante.

Nik è il cattivo della città, ma Elijah sa essere più minaccioso di lui e non vorrei essere nei panni del poveraccio che osa averlo contro! Quindi non hai nulla da temere”

Briony rise pensando a come doveva essere stato convincente Elijah nell’impedire che qualcuno di loro facesse del male a lei e alla sua famiglia, ma rimase comunque sui suoi passi perché non aveva alcuna voglia di incontrare Klaus.

“Ti prego! Qualcuno deve farmi la piastra e quelle domestiche che mia madre ci ha rifilato sono totalmente incapaci! Ho bisogno che qualcuno mi aiuti con gli aggeggi tecnologici” mormorò Rebekah con tono supplichevole e Briony per farla contenta accettò. Tanto per fare una piastra ci sarebbero voluti pochi minuti.

 

Invece le due ragazze persero tempo a chiacchiere degli ultimi pettegolezzi che giravano a Mystic FallsBriony le fece leggere qualche rivista e le spiegò chi fossero i Brangelina, del perché Lady Gaga si vestisse con un abito cucito con della carne cruda, il perché in qualche programma americano facessero tutti a botte, e ci mise un’ora nel spiegarle tutta la trama di Beautiful.

Le loro risate furono interrotte dall’arrivo di Finn, che appena vide Briony le sorrise gentilmente:

“Vedo che abbiamo un ospite… Rebekah hai fatta la brava donna di casa, facendole fare un giro per le stanze?” domandò lui appoggiandosi al divano sopra il quale era seduta la sorella.

“Per queste cose ci pensa Gwendolyn, io ora ho da fare” rispose lei continuando a guardare una rivista che dava consigli sulla moda.

Finn alzò leggermente il sopracciglio, guardando di traverso la sorella poi fissò Briony.

“Vuoi che chiami Elijah?” domandò in tono cortese.

La ragazza si mise imbarazzata un capello dietro l’orecchio e notò che Finn era tutt’altro che terribile o violento come quando l’aveva visto strangolare Ylenia, anzi sembrava piuttosto gentile constatando che era un vampiro millenario.

Oh… no grazie. Sono venuta per fare la piastra a Rebekah

Finn la guardò come se non avesse capito affatto cosa stesse dicendo, forse non sapeva neanche cosa fosse la piastra, ma si limitò a sorridere per poi andarsene dal salone.

Rebekah cambiò velocemente argomento e le chiese migliaia di informazioni su alcuni attori o modelli che notava nelle riviste. Non fecero caso al tempo che passava e infatti Briony non si accorse che una fila di sarti aveva invaso il salotto per sistemare gli smoking dei fratelli Originari; entrarono anche Kol e Finn per provare gli abiti e l’umana si agitò, sentendosi fuori posto.

Rebekah, notando l’agitazione dell’amica, alzò il viso e disse con tono autoritario: ”Non provare ad andartene.”

Briony sbraitò qualche parola incomprensibile e attaccò finalmente la piastra alla presa elettrica; prese la prima ciocca di capelli biondi quando ad un tratto entrò anche Elijah nel salone. Non appena l’Originario vide Briony lì dentro, sbattè gli occhi dalla sorpresa.

“Non avevo spiegato bene l’orario nel biglietto?” domandò dopo qualche secondo, sorridendole garbato.

“Sono venuta ad aiutare tua sorella” rispose facendo vedere la piastra.

Elijah scosse la testa cercando di controllarsi e disse a Rebekah che non doveva costringere la gente a stare ai suoi servigi. La sorellina rispose in tono infastidito che Briony si era offerta volontaria e la fissò per farsi assecondare. La ragazza infatti diede corda alla vampira dicendo che era vero.

Elijah le scrutò attentamente, intuendo subito la verità ma per non scatenare inutili litigi lasciò perdere e prese il suo smoking elegante.

I sarti fecero il loro dovere mettendo a posto gli abiti, mentre Kol si guardava ammiccante allo specchio chiedendo a Rebekah quanto fosse bello.

"Oh Kol lo sai che non posso essere soggiogata!"

Il vampiro fece un leggero broncio per quel disinteresse ma non mollò la presa:

"Sono sicuro che la mia adorabile cognata sia di tutt'altro parere"

Ci volle qualche secondo per capire che Kol si stesse rivolgendo proprio a lei, e quando Briony lo intuì avvampò dall'imbarazzo:

"Sì Kol stai davvero bene"

"Visto?" replicò lui alla sorella in segno di sfida.

"L'ha detto soltanto perché é troppo buona"

Elijah sorrise sotto i baffi mentre i fratelli minori continuavano il loro battibecco, rendendo a Briony quasi impossibile sistemare i capelli a Rebekah perché muoveva sempre la testa in direzione di Kol.

"Tesoro se non stai ferma ti brucio le orecchie!"

All'improvviso entrò nel salone anche Gwendolyn che chiese il perché non l'avessero chiamata prima per la prova dell'abito.

"Forse perché eri troppo occupata a capire come funziona la televisione visto che tutti quanti hanno imparato ormai, tranne te!" esclamò Kol per prenderla in giro.

Per tutta risposta lei gli lanciò il telecomando in testa:

"Sono quella che é marcita più tempo dentro la bara, mostra un po’ di comprensione fratellino!" replicò Gwendolyn sottolineando l'ultima parola visto che aveva qualche anno più di Kol. La vampira lanciò una breve occhiata a Briony come se neanche esistesse e andò dal suo sarto; la ragazza cercò di non prendersela visto che non si conoscevano ancora e poi i fratelli avevano dei caratteri così diversi l'uno dall'altra...

La quiete della stanza fu scossa dall'entrata in scena di Klaus che accusò apertamente Rebekah di aver tentato di far del male a Elena e la sorella per tutta risposta gli rise in faccia. Briony era sobbalzata non appena lo aveva visto entrare, ma lui non sembrava minimamente accorgersene della sua presenza dal gran che era arrabbiato.

"Vuoi che ti pugnali un'altra volta?" gridò Klaus.

"Ancora con questa storia del pugnale? Non hai altri trucchetti?" ribatté Kol per provocarlo.

"Torna a rimirarti allo specchio!" lo zittì prontamente l'ibrido.

Gwendolyn allora sbuffò e disse: "Hai finito con le tue accuse da marinaio? Bene. Allora vattene e sparisci."

"Modera i toni sorellina e cerca di portarmi rispetto se non vuoi..."

"Ah questa é bella! Mi hai uccisa senza la benché minima ragione, mi hai tenuta in una bara per più di 300 anni e cosa dovrei portarti io? Non sai neanche cosa sia il rispetto." Gwendolyn sbatté i tacchi sul pavimento e se ne andò infuriata sotto lo sguardo di tutti. Dal silenzio indifferente che era sceso si capì che simili scenate non erano nuove.

Kol nel frattempo si era seduto e si stava annodando la cravatta, fischiettando mentre lo faceva. Klaus non ne poteva più di lui e gridò che era inutile che tentasse di farsi bello, perché tanto non avrebbe trovato neanche una ragazza pronta a filarselo.

Successe il finimondo.

Kol fece muovere la sedia su cui era seduto, come se ci fosse il terremoto, e urlò in tono offensivo:

"Cosa? Come?! Guarda che in una serata, di ragazze io ne prendo 10 e tu ne piglia una!!" Mentre farneticava agitava le mani per segnare il numero 10 per lui e il numero 1 per il fratello.

Briony non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere; se non altro lo trovava divertente. Klaus allora si girò verso di lei e la trafisse con lo sguardo: la ragazza aveva cercato di non attirare l'attenzione, di nascondersi il più possibile per evitare l'ibrido, il quale non sembrava per niente contento di vederla lì.

"Bene bene! Ti sei infiltrata in casa mia vedo. Come sta la tua sorellina?"

Briony evitò di rispondere per evitare danni mentre Elijah lanciava degli sguardi gelidi al fratello per intimargli di starsi zitto; Kol intanto sbraitava ancora per il fatto che Klaus avesse messo in dubbio la sua virilità e cercava l'appoggio di Rebekah, che se la rideva di gusto.

Per fortuna Elijah salvò Briony da quella jungla di matti, facendole un segno con la testa per farsi seguire, e lei così lasciò la stanza senza farsi notare.

"Perdonali. I miei fratelli non sanno proprio come comportarsi." mormorò lui chiudendo la porta della sua stanza.

"No dai non sono così male." rispose Briony ridendo e Elijah contraccambiò in maniera più fredda il sorriso, osservando attentamente la ragazza che si era avvicinata alla finestra.

"Sai oggi ho visto Elena con Caroline al bar.. Pensavo che ce l'avrei avuta con lei per molto tempo visto che mi ha ingannata in quel modo, ma alla fine il mio senso di protezione verso la mia famiglia e i miei amici, inclusa lei, ha prevalso... Forse ho agito troppo scioccamente per il quieto vivere, non lo so…" disse pensierosa guardando fuori dalla finestra.

Sentì i passi di Elijah avvicinarsi.

"Ti ammiro Briony. Hai una capacità nel perdonare le persone che é davvero incredibile."

Briony sorrise timidamente e camminò per la stanza, ammiccando nella sua direzione: "Godersi la pace invece dei soliti litigi è molto più salutare sai?"

Elijah ricambiò lo sguardo furbamente mentre lei si avvicinava al comodino dove c'era una cravatta, e la prese per metterla elegantemente al collo di Elijah.

Briony deglutì sentendo lo sguardo penetrante del vampiro su di durante i suoi gesti, e dovette abbassare per forza lo sguardo perché aveva le guance in fiamme.

"Ho parlato anche con Rebekah e ho intuito quello che sta provando in questo momento... Dovreste essere più accomodanti con lei, tu soprattutto che sei il fratello che stima di più. In fondo vuole soltanto avere indietro la sua famiglia e non essere più sola... Credo che questo tu possa capirlo." mormorò timorosamente sistemandogli per bene la cravatta.

Quando alzò lo sguardo vide che Elijah aveva cambiato espressione sul volto e nei suoi occhi c'era una luce che conteneva una malinconia triste, ma allo stesso tempo dolce, come la carezza sfuggente che le aveva dato quella mattina.

"Che c'è?" chiese lei ridendo.

Lui distolse lo sguardo, restando però immobile:

"No niente... Mi ricordi quanto era bello essere umano."

La sua voce era seria e distante, sebbene si sforzasse di sorridere, e Briony involontariamente scese a toccargli il petto all'altezza del cuore, che in teoria non doveva più battere.

Elijah si irrigidì subito e si scansò dal suo tocco, cosa che Briony notò subito pensando che il vampiro credesse ancora di non avere un cuore... anche se lei sapeva benissimo che ce lo aveva... Lo aveva sempre avuto. E lei gliene avrebbe dato prova in ogni maniera.

Lei lo seguì allora con un sorriso brillante e sincero:

"E non è neanche giusto parlare di queste cose. Lascia almeno che ti sistemi lo smoking, my lord." mormorò lei sorridendo mentre gli metteva a posto la giacca sulle spalle.

Briony sentì la debole risata del vampiro che le causò una scossa elettrica lungo tutto il corpo. Scese poi ad abbottonargli i bottoni della giacca, mentre Elijah continuava a fissare i suoi movimenti.

 Ma Briony perse totalmente la concentrazione quando il vampiro si chinò lentamente verso di lei, cingendola appena, e appoggiò le labbra sulle sue.

Come tutte le volte Briony non riusciva più a respirare e restò immobile, in trance, assaporando il suo tocco inebriante.

Elijah le prese il viso fra le mani per avvicinarla di più, approfondendo così il bacio ad ogni angolatura, mentre le mani di Briony vagarono sotto la giacca nera del vampiro, stringendogli forte la camicia.

Non si sentiva niente nella stanza, soltanto lo schiocco delle loro labbra che si separavano e il battito impazzito del cuore di Briony.

"Dovrai stare attenta stasera." sussurrò Elijah allontanandosi dal suo viso.

"Perché?" chiese lei ancora intontita.

"Beh la capacità di mia madre di perdonare mio fratello, dopo tutto ciò che ha fatto per distruggere questa famiglia, mi sembra un ... strana come minimo." rispose il vampiro sovrappensiero.

"Pensi sia una messa in scena?"

"Non mi fido ecco tutto. Sospetto che mia madre ci nasconda qualcosa"

"Forse... Vuole uccidere Klaus.. Non ci hai pensato?"

"No. C'è qualcos'altro che non mi convince." Mormorò lui facendosi serio come non mai, infatti Elijah era l’unico che avesse la mente per davvero lucida per concentrarsi su quello che stava accadendo.

Briony allora pensò al sogno che aveva fatto ma scosse subito la testa: era un normale brindisi e Ester non c'entrava in tutto questo, non appariva neanche nel suo sogno.

"Ok vorrà dire che terrò gli occhi aperti. Vedrai che niente andrà storto." disse lei convinta, schioccandogli un ultimo bacio.

 

La madre degli Originali aveva fatto davvero le cose in grande: la villa era addobbata in modo perfetto ed elegante, tutta la gente in vista di Mystic Falls era stata invitata.

Briony entrò nella villa guardandosi attorno spaesata perché le sembrava totalmente diversa da come l'aveva vista quella mattina. Vide in lontananza Rebekah che parlava con Matt e si affrettò nel raggiungerla, ma sentì all'improvviso una voce calda alle sue spalle:

"Buonasera"

Briony si girò subito intuendo chi fosse, e infatti quando vide gli occhi neri di Elijah il sorriso le si allargò più del dovuto.

"Sei bellissima." sussurrò lui profondamente, osservandola attentamente.

"Non poteva essere altrimenti, il vestito l'hai scelto tu." rispose imbarazzata

"Non mi riferivo al vestito" mormorò lui facendo un sorriso sghembo, e le diede un lieve bacio sul collo facendola avvampare.

"Grazie anche tu non sei male." disse lei cercando di sorridere normalmente anche se era andata in completa iperventilazione.

Elijah poi le cinse la schiena con il braccio, iniziando a fare un giro per la sala.

 

In breve la villa si riempì di gente e Briony non si lasciò sfuggire la chiacchierata che Damon e Kol stavano avendo.

"Conosco parecchie persone e tu non risalti particolarmente" diceva Kol con un sorriso sfrontato, lasciando Damon completamente di sasso.

Kol se ne andò gongolando per la sua battuta quando fu avvicinato da Briony, che gli confidò a bassa voce:

"Sai sei appena diventato il mio cognato preferito dopo quella battuta a Damon Salvatore" disse ridendo.

Kol si girò sorpreso verso di lei:

"Oh... Ma pensavo di esserlo già!" replicò lui facendo il ruffiano.

Briony rise divertita, ma poi notò che era appena entrata Ylenia nell'ala principale e così strabuzzò gli occhi completamente sorpresa.

"Scusami devo andare a parlare con una persona" disse agitata allontanandosi.

"Certo fai con comodo" rispose Kol guardando l'umana con una strana espressione: come se apparisse ai suoi occhi come un'ottima cosina appetitosa, pronta da assaggiare…

 

************************* 2 PARTE****************************

Briony intanto si era affiancata ad Ylenia, continuando a guardarla allibita.

“Come mai sei venuta? Credevo volessi evitare gli Originari... invece sei appena entrata nella tana del lupo”

La strega rise lievemente: ”In effetti ho scelto all’ultimo di venire, e volevo vedere con i miei occhi cosa sarebbe successo alla festa. E poi non penso che Finn abbia il fegato di strangolarmi ancora davanti a così tante persone; lui ci tiene alle apparenze.”

“Come vuoi. Io comunque ti ho avvertita… non vorrei ritrovarti col collo spezzato!” Esclamò Briony guardando attentamente l’amica. Portava un vestito rosso molto elegante, aveva i capelli lisci ed era più bella che mai; prima d’ora non si era accorta di quanto lo fosse, e se non avesse saputo qual’era la sua vera natura avrebbe sospettato che fosse un vampiro dalla bellezza immortale.

A proposito di quello, Briony divenne accigliata e chiese:

Ylenia…quanti anni hai?”

La strega continuava a fissarla con sguardo vago e assente: ”Sicuramente sono molto più vecchia della tua trisnonna”

Ovviamente lo era. Finn aveva passato molto tempo dentro quella bara e quindi loro due dovevano essersi conosciuti prima che lui vi entrasse; allora quanti anni poteva avere…? E perché sembrava non invecchiare mai? Anche se dimostrava quasi 35 anni, era una bellissima donna giovane, con un fisico da modella infatti era alta sul metro e 77 e aveva la pelle abbronzata che risaltava i suoi capelli neri e lucenti come quelli di una geisha.

“Stai cercando qualche ruga?” domandò Ylenia ironica, vedendo che Briony la stava osservando da quasi mezz’ora.

“No no anzi sei davvero bella stasera... se Finn osa ammazzarti deve essere pazzo. Qualunque cosa ci sia stato tra voi…” esclamò Briony lanciandole una strana occhiata.

La strega sviò il discorso perché non voleva parlare di Finn, altrimenti il buon senso avrebbe prevalso su di lei e se la sarebbe subito data a gambe, visto come l’aveva trattata l’ultima volta.

“Anche tu sei bellissima Briony. Davvero” rispose poi lei sincera.

“Ok dai. Bando ai convenevoli. Mi aiuterai a tenere d’occhio la situazione stasera? Elijah non è convinto delle buone intenzioni della madre e sospetta qualcosa… senza contare…

“Il tuo sogno” Ylenia finì la frase per lei, come se le avesse letto la mente.

“Esatto..”

“Non devi pensarci troppo Briony, ti ho già detto che non esiste veleno al mondo capace di uccidere degli Originari… quindi stai tranquilla” la rincuorò Ylenia mettendole una mano sulla spalla per un attimo.

La ragazza assentì con la testa e continuò il suo giro in mezzo alla folla.

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“Vedo che hai accettato il mio invito. Sono davvero contento di rivederti… mi ricordo che ti sono sempre piaciute le feste” esclamò Klaus affascinante parandosi di fronte a Ylenia, la quale sobbalzò di colpo non appena lo vide, ma lo fece notare solo per un secondo perché ritornò subito seria e rigida.

“Dipende con chi ci vai. E non sono venuta di certo per te” rispose tagliente.

“Oh, come siamo maleducati col padrone di casa. Una volta era più disponibile nei miei riguardi.” sussurrò Klaus accarezzandole la guancia, anche se Ylenia scacciò subito la sua mano con violenza.

L’ibrido sorrise per la sua reazione ma poi si fece serio:

“Sei venuta a controllarmi per caso?”

“Sì, non mi fido di te.”

“Mi dispiace deluderti ma non posso passare molto tempo con te… ho un’accompagnatrice che mi sta aspettando” disse Klaus facendo un cenno verso Caroline, che stava bevendo un goccio di vino per rilassarsi.

Ylenia sgranò gli occhi shockata, capendo di chi si trattava.

“La sorella di Briony…? Stai scherzando? Che cosa hai intenzione di fare?” domandò lei furiosa cercando di contenere il tono della voce per non farsi sentire.

“E’ una festa!” esclamò Klaus tutto innocente. “E dovevo venire con qualcuno! Poi avrei scommesso che tu non saresti venuta per nulla al mondo quindi… comunque puoi sempre ballare con un altro cavaliere… magari con Finn… sempre se riesci a tenere la testa attaccata al collo dopo quello che gli hai combinato!” disse l’ultima frase facendosi una grossa risata, come per compatirla.

Ylenia lo guardò con odio e disprezzo, e questo lo fece ancor più divertire:

“Tanti auguri chérie. Spero tornerai a casa sana e salva, perché mi dispiacerebbe tanto non rivederti più. Di cose di cui parlare ne abbiamo fin troppe.” Klaus alzò il bicchiere come per brindare alla sua improbabile salvezza e poi si dileguò in direzione di Caroline.

Ylenia sospirò rumorosamente cercando di mantenersi calma e si avvicinò al bancone dei drink per prendere da bere.

“Hai davvero una bella faccia tosta nel presentarti qui.”

La strega cercò di non farsi cadere di mano il bicchiere per lo spavento, anche se fu molto difficile visto che sapeva benissimo chi aveva al suo fianco. Cercò di respirare normalmente.

“Buonasera anche a te Finn. Hai strangolato altre fanciulle in questi giorni oppure ti sei dedicato a qualche altro hobby più galante?”

“Non sono affari che ti riguardano. E giusto che tu lo sappia… non finisco  quello che ho iniziato con te solo perché non voglio rovinare la festa di mia madre e per evitare che qualche innocente si faccia male… altrimenti…” Finn lasciò la frase in sospeso, facendolo apparire ancora più minaccioso di quanto Ylenia non ricordasse. Anche se era sempre stato gentile e galante con lei… fino a quando…

La donna scosse la testa e disse:

“Perché vuoi rovinare la serata con discorsi così venali? Dovremmo ricominciare da capo senza inutili screzi, non credi?”

“Io non ci conterei troppo se fossi in te.”

Ylenia sospirò e mise il bicchiere sul tavolo:

Finn sei riuscito ad ottenere quello che hai sempre voluto… la tua famiglia. Dovresti dedicarti a loro, alla tua nuova vita. E se vuoi davvero saperlo… odio già tanto me stessa per quello che è successo; un’aggiunta del tuo odio non fa alcuna differenza per me”

“Dovrei credere che tu hai dei sensi di colpa? Tu?” domandò Finn schernendola.

“Credi a quello che vuoi. Ah grazie per la battuta che hai fatto su di me... L’avvoltoio sei sempre stato un gran poeta ma mai fino a questo punto” rispose Ylenia facendo una smorfia.

Il vampiro per la prima volta in quella sera le sorrise, anche se freddamente, ma poi fu costretto ad andarsene perché Elijah stava per incominciare il discorso rivolto a tutti i presenti per iniziare il valzer.

La strega finalmente tornò a respirare normalmente, senza più alcuna paura, quando fu raggiunta da Briony che guardava affascinata Elijah mentre parlava sulle scale in maniera elegantissima.

“Quante bestemmie ti ha rivolto questa volta?” domandò la ragazza riferendosi a Finn.

“Nessuna per ora. Ce l’ha un po’ con me… gli passerà.” rispose calma Ylenia, ascoltando il discorso dell’Originario.

Appena finito, Briony cercò di raggiungere Elijah in mezzo alla folla, ma fu bloccata improvvisamente da una persona. 

Gwendolyn.

L’umana si fermò subito di fronte a lei, cercando qualcosa di sensato da dirle visto che fino ad ora era l’unica parente di Elijah con cui non avesse mai parlato (Aveva rivolto sì e no 3 parole ad Ester che teneva sempre uno sguardo inquietante e rigido, e la donna le aveva solo domandato se avesse qualche parentela con la dinastia Petrova, giusto per esserne sicuri).

 Ma la vampira non le rendeva le cose facili: restava lì a fissarla con un’espressione sul volto senza anima.

“Ciao Gwendolyn. E’ una bellissima festa, fai i complimenti a tua madre da parte mia” disse Briony gentilmente.

La vampira le sorrise nel modo più freddo possibile, quasi le costasse farlo.

“Grazie. Glielo dirò.” La sua voce acuta da soprano era fascinosa come quella di Elijah.

Poi all'improvviso si avvicinò di più, come se volesse morderla:

"Sai... Hai uno strano odore.." sussurrò tenendo lo sguardo basso.

Briony si imbarazzò completamente perché non sapeva proprio come rispondere... E non sapeva neanche se fosse un complimento per dire che il suo sangue era buono ma c'era davvero da preoccuparsi perché la vampira sembrava affamata; oppure magari era solo un offesa, il che non era proprio lusinghiero.

Briony si strinse nelle spalle, non dicendo nulla e così fece lo stesso anche Gwendolyn, che se ne andò dopo qualche secondo.

Stranita, finalmente Briony ebbe via libera per andare da Elijah ma fu fermata nuovamente da Kol questa volta, che le disse che doveva parlarle. 

Briony lo fissò confusa per quella richiesta ma lo seguì senza replicare, forse perché era successo qualcosa.

Kol la portò nel portico, vicino al balcone e guardò dritto davanti a sé, senza parlare.

"Allora.. Dimmi pure Kol... Ti ascolto"

Il vampiro si girò verso di lei e la sua espressione era a dir poco terrificante, sembrava uno di quei teppisti che amassero fare a botte e godessero nel creare casini.

"Sai hai un'espressione sul volto sempre così compassionevole e drammatica che sicuramente avrai un sapore delizioso. Sembri così appetitosa."

I suoi occhi all'improvviso divennero famelici, la sua bocca si contorse in un ghigno e poi senza tentennamenti la spinse con forza contro il muro, sfoderando i denti aguzzi.

Briony istintivamente gridò spaventata ma non ebbe neanche il tempo di combatterlo, perché non sentì più la presa del vampiro.

Infatti Kol era stato letteralmente scaraventato via da Elijah, che lo avevo spinto con una violenza inaudita contro l'altra parte del muro e lo aveva afferrato con ferocia per il collo.

Briony rimaneva immobile a fissare la scena sotto shock, ricordando all’improvviso quel vampiro che l'aveva assalita mesi prima in casa sua e che l'aveva morsa, ma così facendo si era quasi strangolato col suo sangue e aveva iniziato a strillare come la sirena dell'ambulanza. Sarebbe successo così anche a Kol?

I suoi pensieri furono distolti dai calci che Kol dava alla parete per sfuggire alla presa del fratello, ma Elijah lo stava incenerendo letteralmente con lo sguardo ed ogni parte del suo corpo vibrava dalla minaccia che stava per dire:

"Vattene Kol " sibilò come se fosse un serpente "prima che ti strappi il fegato"

Dopo di che spinse via Kol che faticava a reggersi in piedi, ma comunque ebbe ancora la forza di sorridere in modo arrogante:

"Sei patetico Elijah. Lo sai meglio di me, la fame é una brutta bestia e io stavo facendo quello che devo. Quello che dovresti fare anche tu"

Elijah lo guardò in un modo così glaciale e diabolico che Briony non aveva mai visto in lui, neppure quando avevano litigato, ed ebbe davvero paura che ammazzasse Kol. Elijah covava già abbastanza odio nei confronti di Klaus, e Briony non voleva che si mettesse contro un altro fratello... e non a causa sua.

Per questo si avvicinò a loro e prese il vampiro per il braccio:

"Elijah non é successo niente... É stata colpa mia, mi sono tagliata e Kol é stato troppo tempo nella tomba per riuscire a resistere. Lascia stare." sussurrò debolmente per calmarlo.

Elijah però rimaneva immobile, totalmente concentrato su Kol - forse non avevano neanche sentito il suo discorso - ma Kol smontò l'ansia di quella situazione decidendo quindi di andarsene via, non prima di aver lanciato un ultimo sorrisetto a Briony.

Ad un tratto arrivò anche Rebekah, che vedendo l'espressione gelida sul viso di Elijah, quella angosciata di Briony e quella da furfante di Kol, intuì subito ciò che era successo e diede uno spintone al fratello:

"Sei sempre il solito idiota!"

"Rebekah non ti ci mettere anche tu! Torna da quello zappaterra di Matt!" così dicendo il piccolo Mikaelson se ne andò via a falcate mentre Rebekah scuoteva la testa nel seguire il fratello.

Fuori al balcone rimasero solo Briony e Elijah: lui si voltò lentamente verso di lei, senza osare guardarla negli occhi però, come se la colpa di Kol pesasse sulle sue spalle:

"Come stai..?"

"Sto bene.. Tranquillo non mi sono fatta niente. Alle feste succede sempre qualche casino”

Ma Elijah teneva sempre lo sguardo lontano da lei, e Briony si attorcigliava nervosamente le mani, quando sentì la musica del valzer invadere tutto il salone.

"Hanno già cominciato a ballare" disse Briony cominciando a incamminarsi, ma venne bloccata da un fortissimo dolore alla schiena per colpa della spinta che Kol le aveva dato.

"Non mi incanti sai. Tu non stai affatto bene" mormorò freddamente Elijah alle sue spalle. 

Briony temette così una sfuriata ma sentì soltanto delle mani gelide sfiorarle le spalle per metterle sopra una giacca.

"Restiamo qui, tanto penso che nessuno noterà la nostra assenza. Quel ballo dopotutto non era così speciale" mormorò Elijah in tono disinteressato, appoggiandosi al balcone.

Briony sorrise cercando di non badare al dolore:

"E’ una scusa per ammettere che non sei un bravo ballerino?"

Il vampiro però continuava a guardare dritto davanti a sé, senza fissarla, e dopo qualche minuto le chiese freddamente:

"Sanguina ancora la ferita?"

Briony sussultò perché sperava che se lo fosse dimenticato, ma evidentemente lui prendeva ogni sua parola molto sul serio.

"Uhm effettivamente…"

"Briony capisco sempre quando menti.” Mormorò lui voltandosi verso di lei con lo sguardo. “La tua mossa nel difendere il rapporto con mio fratello é stata davvero nobile e altruista da parte tua... Poche persone l'avrebbero fatto, anzi nessuna.” Proseguì distogliendo lontano lo sguardo. Lei rimaneva a fissarlo con la sua giacca stretta sulle spalle.

“La tua compassione é un dono Briony... E’ una dote che ammiro davvero profondamente, ma le conseguenze possono anche non essere buone. Cerca di pensare un po’ anche a te stessa d’ora in poi." Rispose l’Originario facendosi più serio, tornando a guardarla. Come per intimarle di pensare in primis alla propria incolumità, alla sua vita, non sempre a quella degli altri. Il vampiro infatti aveva la perenne preoccupazione che prima o poi, in tutta quella guerra, sarebbe stata lei a rimetterci di più. Ingiustamente.

"Lo so, sono una fonte perenne di guai." Rispose lei ridendo, cercando di alleviare la tensione.

Elijah scosse la testa sorridendo lievemente, ma poi la sua espressione ritornò dura.

"Mi dispiace per mio fratello. Farò in modo che non accada più"

Briony si strinse nella giacca, cercando di non pensare a quello che era successo con Kol… Passarono alcuni minuti senza che nessuno dei due parlasse, quando Elijah si alzò dal balcone e le porse gentilmente la mano.

"Permetti?" chiese ad un tratto sorridendole elegantemente.

La ragazza sgranò gli occhi sorpresa.

"Sul serio?" Rise mentre prendeva la sua mano fredda, togliendosi la giacca.

Sussultò quando sentì il braccio del vampiro cingerle la schiena: stavano danzando un normale lento, da soli, lontano dagli altri.

"Non stiamo ballando come loro" fece notare Briony con una risata.

"Te l'ho detto che quel valzer non é nulla di speciale... Ma questo non vuol dire che non sappia ballarlo" rispose Elijah sorridendole fiero. Sembrava che avesse cancellato dentro di sé il malumore di poco prima, anche se doveva essergli costato parecchio. O forse voleva soltanto tranquillizzarla.

"Spaccone" mormorò Briony appoggiando la testa sulla sua spalla, assaporando il penetrante profumo della sua camicia.

Sentiva le mani fredde del vampiro scivolarle delicatamente sulla schiena, negli stessi punti in cui aveva provato dolore ma ora non lo stava più provando.. sentiva solo una scia di calore passare lungo la schiena, ogni dolore scomparve, percepiva solo emozioni elettrizzanti in lei, liberatorie e soddisfacenti.

Socchiuse gli occhi pensando a niente… nemmeno al sogno che la perseguitava da giorni… ma quel momento intimo fu interrotto quando Briony intravide da lontano sua sorella che ballava… con Klaus?!

“Che ci fa Caroline con Klaus??” esclamò brusca allontanandosi dal petto di Elijah, che si voltò velocemente verso la loro direzione e rimase sorpreso quanto lei.

“Non ne ho idea” rispose gelido, temendo che il fratello tramasse qualcosa.

Briony sospirò rumorosamente tornando a ballare con Elijah, ma con la prospettiva che avrebbe di sicuro chiesto delle spiegazioni alla sorella.

 

 

Durante il valzer intanto c'era stato il cambio delle coppie e appena Ylenia aveva sentito delle mani forti e fredde stringerle la schiena intuì subito di chi fossero al tatto, ed ebbe l’impulso di andarsene via, ma cercò di sorridere come se niente fosse.

“Balli ancora benissimo lo sai?”  le sussurrò Finn a bassa voce.

“Nemmeno tu hai perso il tuo portamento dopo tutti questi anni” rispose Ylenia sorpresa per quel complimento improvviso.

“Un vestito rosso? Davvero?” Commentò lui sorridendole leggermente.

“Che c’è? Non mi sta bene?” domandò alzando il sopracciglio.

“Affatto. E’ molto simile a quello che indossavi la prima volta che ti ho vista” rispose lui profondamente, mentre Ylenia gli disse che aveva un’ottima memoria. Si era creata una nuova atmosfera tra loro, diversa da quella di poco prima e stranamente la donna si sentì a suo agio con lui vicino, come a ricordare i bei vecchi tempi che si credevano ormai sepolti.

“Davvero strano. Veramente… Anche se hai cercato di strangolarmi, mi vuoi ancora” constatò la strega guardandolo affascinata.

Finn si lasciò scappare un mormorio.

“Comunque non credo dovrai sopportare la mia presenza ancora per molto” mormorò lui.

“Te ne vai da Mystic Falls?”

Il vampiro distolse lo sguardo per evitare la domanda mentre Ylenia continuava ad osservarlo. Non dissero niente per un po’, quando improvvisamente Finn la afferrò con violenza per un braccio, facendola sussultare dalla sorpresa. I suoi occhi scuri erano diventati feroci, come quando aveva tentato di strangolarla, e la fissava con odio  trattenendo a stento la sua furia:

“Non pensare di cavartela così facilmente. Qualunque cosa accada, ho già provveduto a fartela pagare” sussurrò in tono minaccioso, lasciando poi con forza la presa sul braccio della strega non appena il valzer finì, e se ne andò via di lì senza degnarla di uno sguardo.

Ylenia era rimasta completamente di sasso da quella sua reazione e non osava muovere un muscolo, anche perché sul braccio si poteva notare un livido nero ben evidente.

Poi continuò a pensare al modo in cui l’aveva minacciata… Che Briony avesse ragione nel temere che sarebbe successo qualcosa quella sera…?

 

Finite le danze, Briony condusse Caroline lontano dal salone per parlarle a quattr’occhi.

“Perché diavolo stavi ballando con Klaus?” domandò subito senza problemi.

La Blond-Girl presa in contropiede le disse la verità:

“Mi ha invitato lui mandandomi un biglietto… e pensavo che se gli avessi detto di no, lui avrebbe potuto vendicarsi o farmi un torto… per questo ho accettato, senza dirti nulla… Non volevo farti preoccupare per un semplice ballo.” sussurrò Caroline agitata, anche se quella era una mezza verità. In teoria lei si era sentita lusingata dall’invito di Klaus e si era sentita stranamente bene con lui quella sera.

Briony allora la lasciò andare, sentendosi sollevata:

Oh… hai ragione… d’altronde lui adesso può entrare quando vuole in casa tua e avrebbe potuto fartela pagare anche per un semplice “no”, conoscendolo… quindi hai fatto bene, anche se non mi sento tranquilla nel saperti con lui; vuoi stare con me per il resto della serata?” le domandò premurosa.

“No non preoccuparti. So cavarmela.” Rispose Caroline cercando di non farla preoccupare.

“Ok sorellina mi fido. Vado un attimo a prendere una boccata d’aria, qui dentro non si respira per niente” mormorò Briony agitando le mani nel sentirsi soffocata.

Ma in cuor suo era agitata perché aveva continui lapsus di quel strano sogno che non riusciva per nulla a dimenticare. Credeva sul serio di essere pazza o paranoica.

Briony uscì fuori dalla villa, quando ad un tratto fu affiancata da Stefan che le chiese se andasse tutto bene.

“Più o meno… Tu? Hai delle novità?”

Stefan si fece serio e si avvicinò di più a lei: ”Ester ha chiesto ad Elena di parlare con lei in privato… sospetto che abbia intenzione di aiutarci a uccidere Klaus.”

“Sarebbe un bene per tutti noi… nessuno può stare tranquillo con lui alle calcagna.”

“Che ne pensi invece del resto della sua famiglia davvero… originale…? Insomma tra tutti il più normale sembra Elijah, e il che è tutto dire. Guarda Finn… non parla mai. E Kol? Parla troppo. Per non parlare delle sue sorelle..”

Briony rise lievemente per quella battuta, quando notò che Elijah era proprio dietro di loro con uno sguardo terribilmente serio e glaciale. Che avesse ascoltato? In fondo quella di Stefan era solo una battuta innocente…

Ma in quel momento non c’era niente di innocente nello sguardo di ghiaccio Elijah che trafiggeva Stefan, il quale decisamente cambiò subito idea sull’Originario, visto che non sembrava affatto normale.

“Buonasera. Posso riprendermi Briony?” domandò il moro, mascherando l’autorità con l’etichetta.

“Certo. D’altronde è venuta con te alla festa…” rispose Stefan titubante.

“Infatti.” La risposta di Elijah ghiacciò Stefan all’istante e se ne andò subito, lanciando un ultimo sguardo a Briony, la quale guardava accigliata Elijah non riuscendo a capire quella sua reazione.

“Cos’avete tanto da dirvi all’orecchio tu e Stefan Salvatore?” chiese lui all’improvviso mostrandosi però distaccato come sempre.

Briony rise confusa: “Cosa pensavi? Che sarei fuggita con lui di nascosto questa sera?”

Stranamente Elijah non rise alla battuta, e allora Briony si fece seria:

Stefan è soltanto un amico, gli sono grata per il fatto che mi abbia aiutata a salvarti… altrimenti a quest’ora saresti rinchiuso nella bara a prendere polvere e dovresti essergli grato per questo.”

Tuttavia Elijah non sembrò cambiar idea e rimase comunque gelido e scostante, non facendo trasparire quello che gli passava per la testa.

“Ti ho portato da bere. Tra poco ci sarà il brindisi e so che non ti piace lo champagne” disse poi Elijah porgendole elegantemente il bicchiere.

“Grazie” rispose lei sorridendo e alzando il calice per cancellare tutti i malumori. Il vampiro fece lo stesso e da bravo gentiluomo com’era, aspettò che fosse Briony a bere per prima; dopo di che il vampiro si inumidì solamente le labbra, continuando a fissare Briony che sembrava shockata da qualcosa.

“Ti senti bene?” domandò lui stringendo gli occhi.

S-sì sto bene.” rispose Briony incerta. Le era appena venuto in mente il suo sogno riguardante il brindisi, ed aveva sentito le vertigini quando Elijah aveva bevuto… stava diventando paranoica.

Elijah non sembrò per nulla convinto della sua risposta e continuava a fissarla in modo inquisitore, tenendo alto lo sguardo, ma poi vedendo che la festa stava andando a concludersi disse che doveva assentarsi un attimo perché doveva andare a parlare con Elena.

Quando rimase sola, Briony fu pervasa ancora dai dubbi e continuava a pensare cosa si celasse dietro a quel sogno e se doveva dirlo a Elijah. Tanto se non fosse accaduto nulla, alla fine si sarebbe fatta una gran risata.

Mise il bicchiere da una parte pronta al confronto, quando fu avvicinata da Ylenia che aveva il fiatone.

“E’ da un’ora che ti cerco!” disse lei frettolosamente.

“Perché? Che succede?”

Ylenia la condusse in un angolino per non farsi ascoltare da nessuno: ”Finn mi ha fatto uno strano discorso… qualcosa non mi quadra e temo succederà qualcosa questa sera… “

Briony sgranò gli occhi spaventata e senza perdere tempo andò dritta verso il salone, dove stavano appunto per fare il brindisi: Esther era in alto sulla scalinata a fare un discorso e le persone al piano di sotto tenevano alti i calici in attesa di bere. Briony spintonò i presenti per passare in mezzo alla folla, ma ce ne erano così tanti che quasi si sentiva stritolare. 

La preoccupazione e l’orrore le stringevano la gola, impedendole qualunque uso della parola. Tutti i dubbi orribili sembravano schiacciarle le ossa, e la brutta immaginazione le fece accelerare fatalmente il tempo nella sua testa.

Quando riuscì a divincolarsi e andare finalmente dritta da Elijah, purtroppo lui aveva già bevuto lo champagne… insieme a Elena.

Briony spalancò la bocca sotto shock, non riuscendo a credere di essere arrivata troppo tardi; sbiancò come un fantasma mentre fissava Elijah il quale nonostante tutto sembrava star bene.

“Ti sei persa il discorso.” disse Elena con voce fioca.

Briony socchiuse le palpebre e guardò Elena dicendo che doveva parlarle subito di una cosa e inventò una scusa plausibile. Elijah guardò incerto le due ragazze contemporaneamente, ma le lasciò andare sebbene sospettasse qualcosa… aveva intuito che qualcosa non andava e non gli piaceva per niente. Forse i suoi sospetti verso la madre non erano poi così infondati...

 

Briony condusse velocemente Elena nell’atrio della casa e senza perdere tempo le chiese cosa avesse fatto.

“Fatto cosa?” domandò lei in tono innocente per coprirsi.

“Ti prego basta frottole. So che durante il brindisi è accaduto qualcosa… qualcosa che ha colpito Klaus e i suoi fratelli e voglio sapere cosa. Dimmelo Elena, so che lo sai!”

La 18enne si fece prendere dal panico, come quando Briony l’aveva scoperta riguardo alla morte di Rebekah e infatti Briony la incalzò a parlare chiaramente. Elena allora svuotò il sacco e le disse tutto: dell’inganno di Esther, del fatto che avesse legato i figli con il suo sangue e se uno di loro moriva… sarebbero morti tutti gli altri.

Briony temette sul serio di collassare.

Elena… come hai potuto?” sussurrò Briony flebilmente e completamente sotto shock.  Era sbiancata come un cero e fu quasi sul punto di crollare a terra, come se avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco già martoriato da delle schegge affilate.

“Era l’unico modo per uccidere Klaus! Lo so che è sbagliato ma…

“Elena!” la interruppe bruscamente Briony, la quale si mise le mani in faccia per calmarsi e parlare civilmente con lei. “Possiamo fermare quello che è successo? Insomma c’è un incantesimo contrario?”

No… l’ha fatto Esther quindi è indistruttibile…

Briony allora sospirò furiosamente e digrignò i denti, fissando Elena con disprezzo: “Come hai potuto farlo? Volevi uccidere Klaus… bene, ma arrivando fino a questo punto? Uccidendo anche Elijah?! Lui ti ha sempre difesa, aveva trovato il modo di salvarti durante il sacrificio ed è così che lo ripaghi??” gridò Briony fuori di sé.

Ma la rabbia lasciò il posto alle lacrime, che incominciarono a scendere inesorabilmente per via dell’agonia che la sfiancava.

 “Non posso crederci… perderò Elijah un’altra volta… anche Rebekah morirà… ti rendi conto che hai condannato un’intera famiglia? NON C’ERA UN ALTRO MODO?” Urlò Briony con tutta la voce che aveva in corpo. Il cuore stava ribollendo dentro il petto a quell’ennesima condanna.

Elena intanto ascoltava, non replicando alle sue accuse perché sapeva di essere nel torto.

“E’ tutto perduto… tutto….” Briony continuava a farneticare tra le lacrime brucianti che le offuscavano la vista. “Tu lo sai che Elijah non lo merita… lui non è un mostro…

La mora abbassò lo sguardo devastato, piangendo silenziosamente, ed Elena allora cercò di giustificarsi: “Mi dispiace Briony vederti soffrire un’altra volta… farei qualunque cosa per rimediare a quello che ho fatto… ma l’unico modo per vivere in pace è questo.”

All’improvviso Briony alzò lo sguardo: non c’era traccia di dolore questa volta nel suo viso:

“Saresti dovuta morire soltanto tu nel sacrificio… tutti quanti sarebbero stati meglio senza di te, senza i tuoi continui colpi di testi! Credi che questa cosa riguardi solo te? Non sai che darei per tornare indietro e impedire a John di morire per te… anche Jenna l’ha fatto… e tu invece di comportarti come loro avrebbero voluto, diventi un’assassina feroce e senza scrupoli e ti pari le spalle con false giustificazioni! Ancora non capisco perché tutti quanti vogliono proteggerti ad ogni costo! Ma per quanto mi riguarda, tu potevi morire quel giorno così che John vivesse, e lo meritava molto più di te! TUO PADRE SI E’ SACRIFICATO PER TE, TE LO RICORDI??” Gridò Briony senza fiato, cominciando a impazzire e vomitando il vomito delle parole che aveva dentro.

“Nessuno gliel’ha chiesto…” sussurrò Elena vigliaccamente, sviando lo sguardo.

Briony allora fu pervasa da una rabbia infinita e le diede due schiaffi fortissimi su entrambe guance, facendole girare completamente il viso. Elena fu completamente sorpresa da quel gesto e si toccò una guancia arrossata, notando che gli occhi allucinati di Briony erano quasi diventati rossi. Rossi come il sangue.

“Cosa credi di fare? Sei impazzita?” domandò Elena allibita.

“Non sono mai stata più seria in vita mia.”

Briony perse il lume della ragione e buttò Elena a terra, mettendosi sopra di lei e bloccandola così con il proprio corpo. Elena però reagì prontamente afferrandola per le spalle e infilando le unghie nella sua pelle, facendo gridare Briony dal dolore. Elena dopo quei lunghi mesi di addestramento con Alaric era più forte di lei e invertì le posizioni, cercando di fermare i continui colpi di Briony, che l’afferrava con violenza per i capelli, strappandogliene persino alcuni.

In mezzo a tutto quel casino, sentirono le grida gioiose di Kol che sembrava incitarle a darci dentro e stava facendo pure il tifo… forse non aveva mai visto delle ragazze fare a botte.

Elena alzò  Briony per fermare quella sceneggiata, ma la sorella di Caroline era completamente partita e voleva soltanto farla pagare ad Elena per tutto quello che aveva fatto; prima si era fatta degli scrupoli per via di Jenna e soprattutto di John ma sentendo che sua figlia non gli portava neanche rispetto, Briony aveva reagito di conseguenza senza più falsi buonismi. La rabbia sormontò ogni cosa.

La spinse con forza contro il muro, mentre anche Elena aveva cominciato a prenderla per i capelli e dopo un po’ anche Briony fece lo stesso, ma con più forza e motivazione. Elena poi riuscì a darle una ginocchiata allo stomaco, facendole fuoriuscire l’aria in un forte sforzo.

Sembravano due assatanate e finalmente qualcuno mise fine alla loro lotta, cercando di separarle: Elena continuava a dare dei calci al vento mentre Stefan l’aveva presa da dietro per fermarla; invece Briony fu bloccata dalle braccia forti di Elijah.

Quando sentì la sua presenza micidiale, Briony si calmò subito e smise di gridare delle diavolerie… strabuzzò poi gli occhi capendo quello che aveva combinato e sebbene Elena se lo meritava, non avrebbe mai voluto picchiarla in quel modo. Ma anche lei era messa male, in fondo la Gilbert si era addestrata in quell’ultimo periodo e non si era tirata indietro.

“Che sta succedendo? Siete impazziti?” gridò Gwendolyn inorridita mentre arrivarono tutti gli altri fratelli, anche Ylenia che fissò Briony. Ma non fu sorpresa di quello che vide.

“Qualcuno mi vuole spiegare quello che è successo?” gridò Stefan allarmato.

Elijah fissò chiunque con sguardo gelido, ma non accennò a guardare Briony.

“Andiamo via.” Disse solamente prendendola per il braccio.

“Sarà sicuramente ubriaca!” affermò Gwendolyn furiosa che qualcuno avesse rovinato la festa.

Elijah evitò di replicare il suo patetico commento e condusse Briony fuori dalla villa.

“Spiegami.” Disse lui solamente guardandola.

Cercò di sminuire l’accaduto per non farsi apparire ancor più ridicola: “Ho litigato con Elena.”

“L’ho notato”

“La difendi anche tu ora?” chiese ora infuriata, guardandosi poi il vestito che si era strappato, e neanche quello di Elena doveva essere un bello spettacolo.

Elijah però scosse la testa e si avvicinò di più a lei:

“Sono qui con te ora e voglio parlare con te, non con lei.” Disse profondamente, senza giudicarla. Appariva la calma in persona e questa fluì anche in lei, sebbene il tremolio del corpo a causa dell’aria gelida.

“Non credevo fossi il tipo che combina questo genere di cose.” Esclamò Elijah sorridendole leggermente, come se non fosse abituato a quegli atti incresciosi. Briony si sentì le guance colorarsi di rosso ma comunque Elijah non la fissava emettendo delle sentenze o con giudizio stoico, ma con semplice ilarità.

 Briony sorrise tra sé e sé dicendogli di lasciar perdere e cercò di trovare le parole giuste da dire:

“Mi dispiace, ho esagerato con Elena ma… ora non ha importanza. Devi sapere una cosa. Su tua madre.” Rispose lei sincera, guardandolo negli occhi.

Elijah ricambiò lo sguardo facendosi serio, e quando ascoltò la verità chiuse gli occhi per contenere una reazione furibonda. Per la prima volta si lasciò scappare una imprecazione mentre distoglieva lo sguardo dalla ragazza.

“Vuole rimediare al male che ha creato…” disse il vampiro duramente come se fosse solo.

“Che cosa faremo ora, Elijah?” domandò lei angosciata.

L’Originario si voltò verso Briony, scrutandola attentamente… ma non disse nulla.

 

FINE CAPITOLO!

Allora innanzitutto scusate per il capitolo stramega lungo!! Ma come vedete l’ho diviso in 2 parti, perché volevo analizzare l’intera famiglia Originals senza cancellare delle parti magari superflue ma per me divertenti J

L’ho diviso in 2 parti così potevate fare una pausa dalla lettura e continuare più avanti, visto che anche io ho difficoltà a leggere i capitoli lunghi perché sono miope :P

Spero comunque che vi sia piaciuto!!

E non dovete lasciare nulla al caso, mi raccomando, ogni cosa che scrivo anche la più inutile ha un senso logico alla fine…  Ah ho voluto dare un risvolto al personaggio di Finn the “bestemmiator” (il soprannome gli è stato affibbiato da Ariel Winchester XD) perché secondo me nel telefilm l’hanno sviluppato male!!

Spero anche che la lotta Elena vs Briony vi sia piaciuta XD Voi per chi facevate il tifo? XD

Aspetto dei vostri commenti, anche negativi perché così posso migliorare la storia!

Ah qui sotto c’è il vestito di Ylenia

http://images.buddytv.com/articles/image/moonlight/shannyn-sossamon-profile.jpg

 

Questo è quello di Briony

 http://g01.a.alicdn.com/kf/HTB1CRVgIVXXXXXgXVXXq6xXFXXXE/Hot-Sell-Sexy-Strapless-Purple-Bridesmaid-Dresses-2015-Elegant-Chiffon-Pleat-Cheap-Wedding-Party-A-Line.jpg

Questa invece è una mia creazione, spero vi piaccia. Ovviamente lei è Briony J

http://oi42.tinypic.com/vrfpl1.jpg

 

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Capitolo 5
*** Terrore allo specchio. ***


La storia che attanaglia Mystic Falls non è un confronto tra Bene e Male, come in genere banalmente si afferma. É per lo più legato alle scelte che ogni persona è costretta a fare; ognuno di noi è destinato a scegliere delle opzioni nella vita e da questo ne dipenderà il suo cammino e scoprirai  solo alla fine se è stata la scelta giusta, o se cadrai nell’abisso che ti sei prescelto.

Ma nessuno nasce cattivo. Sono le proprie scelte, considerazioni oppure le azioni degli altri e le atroci conseguenze, a farlo diventare.

In ogni caso, comunque, ognuno di noi deve lottare per le proprie scelte, nel bene e nel male. Bisogna combattere per ciò in cui si crede, anche se in pochi si cimentano in tale azione, perché la scelta più facile sarebbe arrendersi, non rischiare e cedere, per non dover affrontare le conseguenze e smettere di logorarsi.

Senti di non aver mai vissuto se non combatti per ciò che ami e per ciò in cui credi… ma il destino è crudele e la verità ferisce maggiormente chi non si merita di soffrire.

Un uomo fa ciò che può, ciò che gli detta il cuore finché il suo destino si rivela. E allora non potrai più sottrarti.

 

4 CAPITOLO

 

La notizia di ciò che Esther aveva fatto destabilizzò tutti, Briony in primis. Fin dall'inizio aveva sentito come un campanello d'allarme che l'avvertiva che sarebbe successo qualcosa di orribile alla festa, ma alla fine era arrivata troppo tardi. E nonostante fosse soltanto colpa di Esther, Briony invece sentiva quella colpa gravare sulle sue spalle. Se avesse avvertito subito Elijah, se non avesse tentennato a quest'ora lui non correrebbe il rischio di morire e di svanire dalla sua vita. Questa volta per sempre.

Quando aveva visto Elijah bere lo champagne si era sentita morire, come se quell'incantesimo letale avesse colpito anche lei. Quel vuoto dentro di sé però era stato ricolmato dalle rassicurazioni di Elijah perché se c'era qualcuno che poteva risolvere quella situazione era lui, sebbene questa volta doveva mettersi contro alcuni membri della famiglia e la cosa lo logorava.

Briony lo percepiva questo, ma non sapeva come fare per confortarlo perché neppure lei riusciva a rassicurare se stessa: il vuoto dentro di sé era riaffiorato prepotentemente per colpa della paura.

Paura di perderlo ancora una volta.

Questa paura minava ogni sua convinzione perché i rischi erano troppo alti, e avrebbero portato nelle maggiori probabilità alla morte di Elijah e di tutti gli altri Originari. Se ciò fosse accaduto, se il suo incubo peggiore si fosse avverato, lei cosa avrebbe fatto? Come sarebbe sopravvissuta dopo aver donato così tanto ad un’altra persona?

Sarebbe stata come quei piccoli fiori che quando vengono strappati dalla loro radice, dalla loro linfa vitale, alla fine finiscono per appassire... Perché non hanno più alcun appiglio per sopravvivere.

Anche lei sarebbe appassita proprio come quei fiori.

Briony si distolse all'improvviso dai suoi pensieri contorti per sentire meglio la conversazione tra Elijah e le sue sorelle. Si trovava a casa loro, Briony stava letteralmente origliando ciò che si stavano dicendo, con la speranza di non venire scoperta.

Elijah per il momento aveva informato solo Rebekah e Gwendolyn, le quali appena scoprirono cosa la madre aveva fatto sgranarono gli occhi shockate e totalmente incredule.

"Sei sicuro che non sia soltanto una trappola di quella sgualdrina di Elena? Nostra madre ci vuole bene. Non ci tradirebbe mai e vuole davvero riunire la nostra famiglia." disse Rebekah per cercare di difendere la madre e la visione di famiglia, ma il suo tono deciso venne subito frantumato da Elijah, che era arci convinto che Esther tramasse alle loro spalle per liberarsi dei figli.

Rebekah scosse la testa negando a se stessa quella cruda realtà che prima aveva vissuto con il padre e ora con la madre. Gwendolyn invece, che sembrava più lucida e seria della sorella minore, chiese: "Che cosa pensi di fare ora, Elijah?"

Il vampiro spiegò in poche parole che avrebbe fermato la madre ad ogni costo. Quel "ogni costo" risuonò molto eloquente e indicava che avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche sporcarsi le mani.

"Gli altri che dicono?" domandò Gwendolyn indecisa stringendosi nelle spalle.

"A Klaus non bisogna dir niente perché creerebbe soltanto più danni. Lo stesso vale per Kol che conoscendolo farebbe qualche pazzia, mandando a monte ciò che ho in mente."

"E Finn?"

"Non mi fido di lui. Sicuramente c'è lui dietro questa storia e starà appoggiando nostra madre"

Gwendolyn sbattè le palpebre sconcertata dalla dichiarazione fredda di Elijah.

"Che idea blasfema é questa?"

"Sarebbe così surreale? Lui detesta ciò che siamo, l'ha sempre fatto."

"Questo non é vero..." sussurrò Rebekah ma Gwendolyn la interruppe all’istante.

"Non vorrai fare del male a nostro fratello spero!"

Lo sguardo dell’Originario era così minaccioso che le sorelle impallidirono e il sangue gelò più del normale.

"Voglio che mi guardi in faccia e mi dica la verità, cioè che ha intenzione di ucciderci tutti."

Il vampiro infatti era sempre stato lento a dimenticare i tradimenti o inganni fatti alle sue spalle, ma mai avrebbe pensato che si sarebbe voluto vendicare di un altro fratello, al di fuori di Klaus.

In lui brillava un fuoco gelido che lo mostrava feroce per ciò che sarebbe stato costretto a fare per difendere se stesso, e coloro che amava. I fratelli e genitori traditori e meschini non rientravano totalmente in quella categoria da salvaguardare.

Elijah chiese infine a Rebekah di tenere in ostaggio Elena Gilbert per avere un vantaggio sui fratelli Salvatore e usarla come esca, se fosse sopraggiunta l’occorrenza. La biondina subito si mostrò entusiasta all’idea di poter finalmente farla pagare a quella sotto specie di martire incallita.

Il vampiro si voltò poi verso l'altra sorella, che stava rimuginando da qualche minuto con sguardo assente, e Elijah la guardò allora accigliato visto che i pensieri di Gwendolyn molto spesso erano più folli di quelli di Finn.

"Gwendolyn?"

Lei sospirò rumorosamente abbassando lo sguardo.

"Lasciamo le cose come stanno.." sussurrò a bassa voce.

Rebekah e Elijah la guardarono allibiti non riuscendo a capire che cosa le balenasse per la testa.

"Perché dobbiamo lottare per qualcosa che non esiste più? Nostro padre é morto, nostra madre ci odia a tal punto da volerci ammazzare, e nostro fratello ci ha uccisi senza pietà  lasciandoci per secoli dentro delle bare! La nostra famiglia ormai non esiste più, si è spezzata nel momento stesso in cui ci siamo trasformati in vampiri, e ora stiamo vivendo una semplice fantasia credendo che tutto tornerà alla normalità… Ma non sarà mai così, ovunque noi andiamo la gente muore! Forse nostra madre ha davvero ragione a definirci dei mostri!” sussurrò flebilmente con le lacrime agli occhi.

Elijah restò ammutolito di fronte a quella reazione e il suo sguardo divenne all’improvviso duro, come se quelle parole l’avessero ferito come una lama affilata. Invece Rebekah rimase profondamente offesa da ciò che aveva detto la sorella, infatti replicò con durezza:

”Che aiuto ci stai dando in questo momento? Dovremmo essere uniti invece tu scappi come hai sempre fatto! Avevi così tanta voglia di uscire dalla bara, come mai ora ti sei convertita al suicidio?”

Gwendolyn non aveva smesso di piangere, le sue lacrime sembravano gocce di cristallo che cadevano su una nuda roccia, ma quando si voltò verso Rebekah smise di farlo: “La cosa è ben diversa Rebekah! Nessuno vorrebbe essere ucciso dal proprio fratello e senza alcuna ragione poi! E senza offesa vorrei scegliere io la mia fine, non deve decidere qualcun altro per me. Sono stanca di questa immortalità vuota che offre solo e soltanto solitudine!”

“Non deve essere per forza così… ti avevamo chiesto di venire con noi secoli fa, ma tu di tua spontanea volontà hai scelto di rimanere da sola.” Mormorò Elijah gelido.

“E seguire Klaus? Fossi pazza! Vi avevo avvertito che nostro fratello non c’era tanto con la testa, che era completamente andato! Non avevo mai creduto che Mikael fosse stato capace di uccidere Esther, sapevo fin da subito che era opera di quel pazzo perverso di Klaus! Ma nessuno di voi mi ha creduta, anzi mi avete dato addirittura della bugiarda sclerotica. Ah, aspetto ancora le vostre scuse per questo.”   Rispose Gwendolyn sinceramente offesa, cominciando a vagare per la stanza come se non sopportasse gli sguardi gelidi e freddi di suo fratello e di sua sorella, che la stavano trafiggendo.

“Quindi che hai intenzione di fare? Tradirci anche tu?” chiese Elijah duramente.

Gwendolyn sospirò e si voltò verso di loro. Sembrava una di quelle persone che tornano a casa al mattino totalmente ubriache, prive di senno, con le scarpe infilate nelle mani, chiedendosi "che ci faccio io qui?"

Alla fine rispose:

Io… io non farò niente. Non ostacolerò nostra madre perché anche voi sapete in cuor vostro che sta facendo la cosa giusta. Tanto ormai cosa abbiamo da perdere? La nostra vita è stata un completo disastro e potrà soltanto peggiore col tempo. Ma non ostacolerò neanche voi, perchè non voglio morire a spese vostre…” sussurrò flebilmente, ricominciando a versare piccole lacrime.

Forse ai loro occhi poteva sembrare un’ipocrita visto che aveva sempre dimostrato della collera verso Klaus per averla ammazzata, mentre ora sembrava acconsentire al piano di Esther… Ma lei era diversa da ciò che era 300 prima… ogni cosa era cambiata e non le rimaneva niente per cui lottare. Le sue illusioni di una vita normale e felice erano crollate in pochi giorni e ora ne stava pagando i rischi.

“Qui l’unica pazza sei tu Gwendolyn.. ti rendi conto di quello che dici? Vuoi mollare in questo modo?” domandò Rebekah in tono arrogante.

“No Rebekah. A contrario di voi io sono realista. Nostra madre ci ha maledetti il giorno in cui ci siamo trasformati… ci portiamo dietro soltanto dolore, sofferenza e morte. Questa realtà fa schifo. Come si fa ad essere così illusi? Chiunque ci sta accanto si autodistrugge per colpa nostra!” Gridò in preda alla rabbia che però conteneva soltanto disperazione. Fu come se i suoi sentimenti scoppiassero in un botto, e per colpa di quello sfogo a cui  non era affatto abituata, Gwendolyn decise di volatilizzarsi fuori dalla stanza senza dir più niente.

Ma mentre si dileguò fuori dalla stanza si imbatté in Briony, che era rimasta appostata dietro la porta per tutto il tempo.

La ragazza sgranò gli occhi temendo che stesse per dire qualcosa, ma l'Originaria si fermò a qualche passo da lei e la fissò con sguardo vacuo, il viso si era arrossato per colpa delle lacrime facendo gonfiare i suoi occhi blu - grigi.

Sembrava così spiritata che Briony temette le saltasse addosso e infilasse i denti nel suo collo, per far sbollire la rabbia.

Ma la vampira se ne andò velocemente senza sfiorarla neanche con un dito.

Evidentemente il suo odore non le piaceva proprio.

Elijah nel frattempo rimaneva immobile come la pietra dentro la stanza, e i suoi occhi ritornarono gelidi come i primi giorni in cui Briony lo aveva conosciuto. L’Originario non voleva dar peso alle parole folli della sorella ma qualcosa si mosse dentro lui, qualcosa che aveva dimenticato di provare in tutti quei secoli...

Rebekah però scosse la testa cercando di rimanerne indifferente e se ne andò lanciando un ultimo sguardo ad Elijah, che restò solo nella stanza in balia di se stesso e delle emozioni contrastanti che stava provando in quel momento, come se fosse in lotta con una parte di sé.

Ad un certo punto lui si girò e diede le spalle a Brionyanche se non si era accorto che fosse lì; Elijah si avvicinò sempre di più al muro e appoggiò il braccio alla parete, come se così potesse riuscire a contenere il rammarico, la delusione e la rabbia per ciò che doveva sopportare a causa della madre, e della sua doppia natura.

Briony lo guardò tristemente non riuscendo a sopportare di vederlo così lacerato... Pensò inevitabilmente a ciò che aveva detto Gwendolyn.. Che erano tutti maledetti e che portavano soltanto dolore e morte nella vita di coloro che amavano...

 Ma Elijah non era un mostro... La sua Ombra non gravava su di lei e non era spaventata da ciò che era. A dispetto delle aspettative, la sua vita non era stata oscurata dalla presenza del vampiro, anzi le aveva donato quel motivo per cui valesse la pena vivere e lottare… perché il cuore, prima di incontrare Elijah, lo aveva perso e il giorno in cui si era resa conto di amarlo si era sentita viva, intera. Non più spezzata o sbriciolata.

Se gli altri fossero riuscito a vederlo, come lei vedeva lui, allora avrebbero capito che sotto la facciata Elijah era ancora più nobile e straordinario.

Forse gli altri non lo notavano perché ne erano terrorizzati, ma lei lo sapeva... Lo percepiva... A Elijah importava della vita umana. Più di tutti gli altri.

Allora si avvicinò lentamente a lui, cercando di non far rumore. Voleva con tutto il cuore donargli il suo appoggio e il suo aiuto per dimostrargli che non era solo. Che non era un mostro.

Allungò il braccio verso di lui e appoggiò delicatamente la mano sulla sua spalla. Ma non appena Elijah sentì il suo tocco si scansò come una belva braccata e scacciò via con violenza il suo braccio. Ma facendo così involontariamente schiaffeggiò un angolo della guancia di Briony, che subito si allontanò sorpresa da quel gesto puramente impulsivo.

Tuttavia quello che era sconvolto era lui.

Fu colpito come da una freccia quando si accorse di ciò che aveva fatto e la sua collera, prima rivolta alla madre, si rivolse su se stesso quando vide Briony toccarsi la guancia dolorante.

Sebbene Elijah lo avesse fatto involontariamente, non riusciva a capire come avesse potuto alzare le mani su di lei, che era l'unico essere di cui realmente gli importava, al di fuori della sua famiglia. Si sentiva un mostro più di quel che era già, la sensazione artigliate di poco prima crebbe dentro di lui.

Briony…” La voce di Elijah era così flebile che sembrava disumana, priva di vita.

Lei tuttavia si riscosse e gli sorrise timidamente per dimostrargli che andava tutto bene, che non le aveva fatto niente. Lasciò andare la mano sulla guancia cercando di non dar peso al pizzicore bruciante, di non far sentire Elijah ancora più in colpa e di non aggravare il suo tormento.

“Sei riuscito a trovare un modo per contrastare Esther?” domandò sviando il discorso.

Elijah però distolse lo sguardo da lei, come se non volesse guardarla: “Ho parlato con Rebekah. Riuscirò a fermarla.” Rispose inespressivo.

“Voglio aiutarti, verrò con te.” rispose Briony in tono deciso, ma subito lui la guardò cambiando decisamente espressione.

“Non se ne parla neanche. Sarà un vero inferno quando troveremo Esther per fermarla dal suo intento omicida, e ti voglio lontana il più possibile.” Esclamò in tono autoritario senza ammettere nessuna replica da parte sua; ma Briony rimaneva ferma nelle sue idee perché non voleva risultare inutile.

“Lo so, sarà pericoloso ma non è la prima volta che affronto dei rischi. E poi sarò con te” rispose come se non avesse nulla da temere se lui sarebbe stato al suo fianco.

Ma il volto di Elijah si fece più temibile che mai al fine di cercare di dissuaderla per due motivi estremamente importanti: voleva proteggerla dal pericolo che stava per incombere quella notte… e cosa più importante… non voleva che vedesse ciò di cui lui era capace. Non si sarebbe fermato... non si sarebbe fatto alcuno scrupolo questa volta per ottenere ciò che voleva.

Per questo la voleva lontana quel giorno: non voleva che Briony vedesse quella parte di lui che magari lei aveva sempre ignorato, e averne poi paura. Non voleva scorgere il terrore e il disgusto nei suoi occhi verdi, che lui in parte credeva di meritarsi da sempre.

Perché era vero, Elijah sapeva essere crudele quanto Klaus, forse anche di più. A volte la sua morale non bastava a soppiantare la sua vera natura, il mostro che albergava dentro la sua corazza, e che certe volte rischiava di fuoriuscire con ira terrificante proprio per la freddezza di base del suo carattere.

“Non voglio che tu corra rischi. E su questo non transigo.” Esclamò di nuovo, cercando di convincerla con il suono duro delle sue parole.

Quella voce aveva sempre avuto il potere di smuovere coloro che non lo stavano ad ascoltare e di vincere chi gli si opponeva.  Di solito poi quando  ne alzava il tono, faceva tremare le travi del soffitto e scuoteva il malcapitato interlocutore fin nel profondo. Ma quando l’abbassava l’implicita minaccia che trapelava dal tono sommesso suonava ancora più inquietante.

Briony però rimaneva ferma e determinata, cercando di tenergli testa, ma dopo qualche minuto non riuscì più a sostenere lo sguardo penetrante del vampiro e fu costretta a distogliere lo sguardo: “Ok. Cercherò di non mettermi nei guai.” Mormorò tranquillamente.

Sentì la debole risata del vampiro che finalmente si era ammorbidito: “Questo è chiaramente impossibile”

La ragazza cercò di fingersi offesa e fece una smorfia di disapprovazione, che fece sorridere lievemente Elijah. Anche se nei suoi occhi non c’era alcuna traccia di ironia; si vedeva che la faccenda di Esther lo angustiava terribilmente.

Come se il fatto che la madre volesse rimediare al male che aveva creato, al male che era costituito dai suoi figli, avesse fatto nascere in lui qualcosa di oscuro che non provava da tempo: senso di colpa. Disprezzo per se stesso.

Briony riuscì a percepirlo semplicemente guardando le sue espressioni e la profondità dei suoi occhi. Si sentì spezzata in due dal suo tormento.

“Qualunque cosa farai… io so che sarà quella giusta..” gli sussurrò.

Elijah la guardò per un tempo indefinito, poi sviò lo sguardo come se le sue parole nonostante tutto non avessero scalfito la durezza del suo sguardo. Anzi a dispetto di tutto, l’avevano aumentata.

Briony si inumidì le labbra:

“Voglio che mi prometti una cosa però: che starai attento e che non ti farai ammazzare. Non farmi far ripetere la promessa che mi hai fatto il giorno in cui ti ho tolto il pugnale… per la seconda volta!” esclamò Briony in tono ironico avvicinandosi a lui, che finalmente tornò a guardarla normalmente. “Me lo chiedi soltanto per riscuotere un debito?” la sfidò lui con fare misterioso.

Briony fece un mugolio e gli si avvicinò come per mettergli a posto i bottoni: “Può anche darsi. Non sei l’unico che ci tiene alle promesse” gli disse mettendo piano la testa sul suo petto per poi inclinare la schiena all’indietro in modo casuale.

Ed era vero, a parte ciò che li legava, Briony anche lei ci teneva che qualcuno mantenesse le proprie promesse e lui le aveva giurato che non l’avrebbe lasciata mai più.

Ma nessuno poteva sapere come sarebbe andata a finire… cosa riserbava loro il destino.

La cosa che più desiderava però era poter rimanere con lui, per sempre.

Elijah sembrò che le avesse letto nella mente in quell’istante, infatti si avvicinò a lei e la guardò profondamente negli occhi:

“Stai attenta a ciò che desideri” sussurrò affascinante, accarezzando lievemente con la punta delle dita l’angolo della sua guancia dove l’aveva colpita. 

Briony sussultò all’istante sentendo il viso andare in fiamme e deglutì avvertendo il silenzio che era calato nella stanza. Quel silenzio era intenso, vibrante, come se le impedisse di respirare.

L’espressione di Elijah nel frattempo era diventata strana, e la mente di Briony si svuotò.  

Ma lui era un vampiro, lei un’umana. Il suo desiderio non si sarebbe mai avverato se la situazione rimaneva immutabile.

Elijah abbassò la mano, avvicinandosi lentamente e tenendo sempre uno sguardo serio e intenso che lo rendeva bellissimo, ma suo malgrado fatale.

Lei deglutì ancora pensando a cosa sarebbe potuto accadere in quel frangente, e soprattutto dopo che lui aveva intuito ciò che lei desiderava.

Cercò di non tremare e di rimanere immobile, quando si accorse però che Elijah si stava solamente avvicinando al suo viso per baciarla; di morderla non ne aveva affatto l’intenzione.

Quando sentì le labbra fredde di Elijah sulle sue, lo stomaco le si chiuse per la trepidazione e aprì leggermente le labbra per sentire il respiro inebriante del vampiro.

Inavvertitamente però ricordò il bacio che si erano scambiati la notte del sacrificio, l’autentico bacio d’addio che risultava molto simile a quello che si stavano dando in quel momento, e Briony subito si irrigidì.

Non voleva ricordare quel momento doloroso che le aveva spezzato il cuore; non voleva che una lacrima come quella volta fuoriuscisse dai suoi occhi per avvertirla maligna che non l’avrebbe mai più rivisto.

Si staccò velocemente da lui per non dover subire ancora quel tormento ma continuava comunque a respirare con fatica, il cuore perse dei battiti sentendo la paura invaderle il corpo.

Elijah la guardò confuso perché non aveva mai reagito così con lui, e la tenne comunque stretta a sé. Briony tuttavia si scusò dicendo che doveva andare a casa e abbozzò un sorriso tirato che non convinse per nulla il vampiro, ma comunque la lasciò andare senza farle domande.

La ragazza sentì lo sguardo penetrante di Elijah sulla sua schiena, come se lui si volesse imprimere nella sua infinita memoria ogni parte di lei nell’eventualità che non l’avrebbe mai più rivista. Ma l’avrebbe comunque ricordata per sempre senza doverla guardare un’ultima volta.

Di nuovo Briony non riuscì a respirare e mentre fuoriusciva dalla casa degli Originali cercò di non essere pessimista, di pensare che sarebbe andato tutto bene… ma chissà perché la sua vita le sembrava sempre una partita: testa o croce.

Le situazioni infatti erano come le monete: hanno sempre due facce diverse, un lato vince, l’altro perde. Per lei era uscita testa… la sua testa. Ma sarebbe andata avanti finchè non se la fosse rotta.

 

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Caroline entrò velocemente nella camera da letto di Elena dove c’era anche Bonnie, intenta a preparare un incantesimo, e subito chiuse la porta a chiave così nessuno le avrebbe interrotte. Elena stava avendo dei sensi di colpa per ciò che aveva fatto e voleva rimediare, almeno per Elijah che l’aveva sempre aiutata.

“Elena francamente se non si fa problemi Esther, perché devi farteli tu!” esclamò Caroline, osservando l’amica che aveva dei bernoccoli da ogni angolo della testa. Accipicchia! Per poco Briony non l’aveva resa calva visto che l’aveva tirata fortemente per i capelli la notte scorsa.

“Mia sorella ti ho ridotto molto male eh?”

Elena le lanciò un'occhiataccia.

“Non farmici pensare.”

“Però tu non ti sei tirata indietro.”

Elena sospirò rumorosamente mentre Bonnie fece segno alla biondina di chiudere il becco.

Poi le chiese:

“Sei riuscita a prendere ciò che Damon voleva? Ci sta mettendo molta fretta e sai com’è Damon quando si scalda”

Caroline si irrigidì e improvvisamente lo sguardo divenne cupo, non più radioso.

“Si, l’ho fatto.” mormorò duramente avvicinandosi alle amiche.

Ad un tratto dalle mani della vampira spuntò fuori un oggetto prezioso e letale... Era un pugnale.

Titubante Caroline lo appoggiò sul letto e Bonnie lo afferrò prontamente.

“Continuo a pensare che non sia una buona idea…” sussurrò ancora Elena ma fu subito zittita da Bonnie che la incoraggiò ad andare avanti.

Dopo qualche minuto, Elena si voltò verso la vampira e la guardò timorosamente prima di cominciare a parlare.

“Caroline sai che le conseguenze per te saranno enormi... Tua sorella non ti perdonerà un’altra volta e quello che hai fatto la deluderà moltissimo.”

Caroline infatti deglutì e i suoi occhi chiari si intristirono pensando che avesse ragione.

“Lo so. Mi odierà… ma un giorno mi perdonerà per averla liberata dalle grinfie di uno come Elijah.” rispose decisa, cercando per lo più di convincere se stessa.

 

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Briony nel tardo pomeriggio diede appuntamento a Ylenia a casa sua per chiederle un suo aiuto in tutto quel casino: francamente anche se le teneva nascoste parti della sua vita che aveva condiviso con un Originario, la strega era la persona della quale sentiva di poter riporre la sua totale fiducia in quel momento. Sapeva che l’avrebbe aiutata e che insieme avrebbero trovato un modo magari meno pericoloso e rischioso per fermare Esther.

Briony sono davvero onorata della tua fiducia nei miei confronti, ma io non sono Merlino. Non ho tutto quel potere per bloccare un incantesimo fatto da Esther... insomma lei ha più di 1000 anni…” disse lei sedendosi su un divano.

“Pensavo che tu da super strega fossi altrettanto anziana.” rispose Briony sorridendole amichevole.

“Mi ferisci se pensi che sia così avvizzita“

Le due risero contemporaneamente ma Briony si fece all'improvviso seria e la guardò negli occhi, cercando le parole giuste:

“So che ti sto chiedendo molto… e magari vorresti non avere Finn più tra i piedi dopo come ti ha trattata ma…” Ylenia subito si irrigidì sentendo il nome del vampiro ma fece finta di nulla e lasciò continuare Briony. “Vorrei che tu andassi da lui.” disse infine.

Ylenia sgranò gli occhi per quella richiesta:

“Da Finn??”

“Si. Lui è alleato di Esther in questa storia e se capiamo qualcosa… magari il luogo in cui lei effettuerà l’incantesimo per uccidere i suoi figli e come intende farlo… avremo un margine di vantaggio.”

“Se lo chiedo a Finn, lui mi risponderà con un sonoro insulto al mio posteriore.”

“Ma vale la pena tentare! Penso che tu lo conosca più di chiunque altro e magari puoi prenderlo per il verso giusto… fallo parlare.” mormorò Briony parlando esplicitamente, facendole credere chissà cosa.

Ylenia infatti inarcò un sopracciglio e fece un sorriso furbetto, mentre Briony avendo capito di aver fatto una gaffe avvampò dall'imbarazzo.

“Non ti sto chiedendo nulla di indecente eh!” balbettò scuotendo le mani.

Ylenia scoppiò in una grossa risata, che non Briony non aveva mai udito prima d'ora da lei, ma finì in un attimo perché Ylenia ritornò subito seria.

“Lo farò. Cercherò di capire cosa hanno in mente lui e la sua madre megera.”

Briony sospirò entusiasta per quell'aiuto prezioso e si avvicinò all'amica, prendendole le mani fra le sue.

“Grazie Ylenia… Mi dispiace, io ti chiedo sempre dei favori enormi e in cambio non ti do nulla… se posso ripagarti in qualche modo…” sussurrò dolcemente guardandola negli occhi.

Ylenia fu commossa dalle sue parole, ma allargò semplicemente un angolo della bocca e scosse la testa per dimostrare che non le doveva niente. Faceva sempre così quando si parava in quel discorso e Briony onestamente non sapeva che altro fare per ricambiare in qualche modo.

La donna si alzò silenziosamente dal divano e fu pronta per andarsene, quando all'improvviso si voltò verso la ragazza e chiese:

“Perché lo fai Briony?”

“Cosa?”

“Perché non lasci perdere? Insomma tutta questa storia con Elijah sembra che ti logori invece di farti star bene.” rispose titubante.

Briony ne fu davvero sorpresa perché Ylenia prima d'ora non aveva mai parlato di faccende così private, ma comunque rispose senza tentennamenti.

“Non mi sono mai sentita felice con nessuno, come lo sono con Elijah. E’ una sensazione che non si può descrivere. Ma è anche vero che soffriamo sempre al solo pensiero di perdere qualcuno. Tu non hai mai perso una persona che amavi, Ylenia?”

La strega ebbe un tuffo al cuore sentendo quella domanda e distolse subito lo sguardo per non far vedere il suo turbamento.

Briony in quel momento ebbe l'impressione di aver visto una lacrima scendere sulle guance dell'amica e allora si sentì in colpa.

“Scusami non volevo…

Ylenia però ritornò subito normale e la guardò negli occhi, senza più alcuna traccia di tristezza:

“Non fa niente… Ma lascia che ti una dica una cosa che una persona mi disse tanto tempo fa… una persona a me cara…” sussurrò mestamente prendendo un bicchiere e accarezzandone ogni angolo con le mani.

“Mi disse: I vampiri sono persone fuori dal comune. Hanno potere sul cuore degli umani come se davvero li ammaliassero, non con il loro oscuro potere, ma con ciò che custodiscono e reprimono dentro i loro cuori, che seppur non battendo, esistono ancora. Eppure a volte penso che sarebbe stato meglio se mai li avessimo incontrati… alla loro luce noi ci offuschiamo o bruciamo con la loro stessa fiamma. E il gravare della nostra vita mortale ci pesa sempre di più… sempre di più…

Lo sguardo di Ylenia era assente come se tornasse indietro nel tempo con la mente.

Briony a sua volta restò talmente sconcertata da quelle parole da farla davvero commuovere… erano parole dolci in apparenza, ma tristi fino a farti angosciare. Sembrava come se Ylenia stesse dicendo che i vampiri arrecassero soltanto ferite inguaribili agli umani, e che la loro fiammeggiante oscurità avvelenasse tutto ciò che era bello e puro…

Briony deglutì avvicinandosi all’amica e le mise una mano sulla spalla per rincuorarla perché la strega sembrava essere sul punto di scoppiare a piangere:

”Quando ami qualcuno vale la pena lottare… non importa quali siano i rischi.”

Ylenia la fissò intensamente e infine abbozzò solo un debole sorriso, anche se la faceva apparire più triste che mai. Se ne andò senza dir niente.

Briony rimase un attimo a fissare l’uscio della porta aperta, pensando che dopo che si sarebbe risolto tutto quel casino avrebbe cercato di capire qualcosa di più sul passato della strega. Non per farsi gli affaracci suoi, ma perché voleva davvero aiutarla.

In qualche maniera ce l’avrebbe fatta e dato che Ylenia aveva sicuramente un cuore, valeva la pena tentare.

Ad un tratto la ragazza si accorse di una pila di lettere sul suo comodino, un chilo di posta o bollette da pagare. Sbuffando infilò la mano nell’accumulo di roba per passarsi il tempo fino a sera, ma era tutta ruba inutile visto che il conto finale da pagare veniva automaticamente scalato dal conto del padre. Ma improvvisamente qualcosa attirò la sua attenzione.

Non era una semplice bolletta o la classica pubblicità: era un biglietto che appariva un po’ attorcigliato, forse perché era stato schiacciato da quel cumulo di posta.

Briony lo lesse attentamente ed ebbe un tuffo al cuore. Non sapeva perché ma appena lesse le prime lettere, queste le sembrarono così inquietanti tanto da farla tremare. A prima vista non riconobbe quella scrittura ma appena finì la frase che c’era scritta, lasciò ricadere il biglietto come se fosse veleno ricolmo di vermi.

“So chi sei”

Perché?

Cosa significava? Perché quel biglietto inquietante si trovava a casa sua?

Che scherzo di cattivo gusto…

Immediatamente Briony pensò fosse opera di quell’infido di Damon per farla spaventare, e digrignò arrabbiata pensando che prima o poi l’avrebbe appeso in giardino come uno spaventapasseri.

<< Ma tu guarda che roba. Non ha nient’altro da fare quel bell’imbusto se non venire a rompermi le scatole? >> Pensò la ragazza stracciando in mille pezzi il biglietto. Però non bastò quel gesto per dimenticare ciò che vi era scritto… 

Quelle parole l’avevano spaventata così tanto che dovette andare in bagno per sciacquarsi la faccia bollente e per cercare di riprendere fiato. Finalmente dopo una rinfrescata si sentì meglio e smise di tremare.

Al diavolo Damon Salvatore e i suoi scherzi.

Ma quando alzò il viso verso lo specchio ebbe di nuovo un tuffo al cuore e smise di respirare per così tanto tempo, che temette di sentirsi male. Il vetro dello specchio era stranamente appannato, ma il calore della stanza scioglieva l’appannamento lentamente in piccoli pezzi, che sembravano formare le stesse identiche parole del biglietto.

“So chi sei”

Quei simboli riflessi nel vetro sembravano ancora più terrificanti, come nei classici film horror in cui temi di venir ucciso da un momento all’altro.

Briony aprì la bocca sotto shock ma non emise alcun suono perché il groppo alla gola le impediva di emettere le urla che stavano per frantumarla.

Senza perdere tempo uscì velocemente dal bagno serrando per bene la porta, come per scacciar via quella frase dalla sua mente o scappare da chissà quale pericolo.

Si guardò attorno terrorizzata al pensiero che qualcuno spuntasse fuori all’improvviso.

Ma per fortuna non avvenne niente del genere, e col passare dei secondi Briony ritornò a respirare normalmente pensando che si fosse trattata di un’allucinazione. Così cercò di riprendere il controllo del proprio cuore perché stava tremando letteralmente come una foglia.

Scosse la testa pensando di essersi rincretinita, in fondo era impossibile che fosse accaduto davvero… Cercò di calmarsi quando all’improvviso il suo sguardo venne catapultato dal quadro che aveva di fronte.

Per poco non le venne un altro infarto.

Quel quadro era stato spostato, anche se di poco, e sotto di esso c’era la cassaforte. Briony si fece assalire da mille dubbi e corse verso di esso per controllare; ovviamente il padre non era stato così sprovveduto da inserire una cassaforte sotto un semplice quadro, ma l’aveva inserita al di sotto di una piastrella del muro cosicché se i ladri avessero abbassato il quadro non avrebbero trovato niente.

Briony notò con sgomento che la piastrella era piuttosto movibile, come se fosse stata mossa da poco,  infatti non appena se ne sbarazzò e aprì la cassaforte, si mise sconcertata una mano alla bocca.

Il pugnale non c’era più.

Lo stesso pugnale che Klaus aveva usato per uccidere Elijah, il quale dopo essere risorto dalla morte glielo aveva lasciato in consegna perché dentro casa sua non potevano entrare vampiri senza il suo permesso e così era molto più sicuro.

Invece non lo era affatto. Elijah aveva riposto la sua fiducia in lei ma si era fatta fregare come una stupida! Briony strinse i pugni pensando che quando avrebbe avuto tra le mani Damon Salvatore gli avrebbe fatto pentire di essersi intrufolato in casa sua a nascondere biglietti minatori e a rubare…

Ma improvvisamente le venne in mente che Damon non era mai stato invitato in casa sua… non poteva essere stato lui. Che fosse stato Stefan invece? Per aiutare il fratello e la sua preziosa martire questo e altro.

Briony ne fu davvero delusa perché considerava Stefan un amico leale, ma non si diede affatto per vinta. Nossignore, avrebbe trovato quei cialtroni e si sarebbe ripresa il pugnale prima che lo avessero usato su uno dei fratelli Originari.

Si sarebbe ficcata in un altro guaio. Ovviamente lo avrebbe fatto. Il suo nome sembrava attirare davvero la malasorte, ma cercò di non disperarsi perché Elijah, Rebekah e gli altri potevano morire da un momento all’altro e lei non poteva assolutamente permetterlo.

Prese le chiavi della macchina e partì a tutto gas in cerca dei fratelli Salvatore. Ma mai nella sue mente le venne il dubbio che fosse stata la sorella a tradirla in quel modo…

Mentre sfrecciava per le vie di Mystic Falls Briony ricordò il terrore che aveva provato allo specchio, quando aveva visto quella frase inquietante rivolta a lei…

Era soltanto frutto della sua immaginazione? Stava diventando pazza?

Oppure quella frase nascondeva una verità che lei stessa aveva sempre ignorato?

 

FINE CAPITOLO!

Ovviamente avrete capito che questa è soltanto la prima parte del 4 capitolo, ho deciso come al solito di dividerlo altrimenti veniva lungo come la divina commedia ahah

Perdonate i miei bla-bla e la mia pillola iniziale di depressione XDXD

Voi che dite.. Briony perdonerà Caroline? Diventerà mai un vampiro visto che l’idea le è balenata nella mente per un istante e Elijah l’ha percepito questo..?

E poi quel biglietto… MMM chi sarà mai stato. Booooh!!

Spero che il dialogo fra Ylenia e Briony vi sia piaciuto perché quando lo scrivevo l’ho trovato molto toccante! E ovviamente vi siete fatti delle idee su ciò che avverrà fra lei e Finn nella 2 parte…ihihi Briony è una pervertita depravata XD

 Spero comunque che vi sia piaciuto!! Commentate e fatemi sapere le vostri opinioni così mi rendo conto se sto scrivendo delle cavolate croniche o no :---)

 

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Capitolo 6
*** Oscurità ***


4 CAPITOLO- 2 PARTE

 

 

Ha un nome questa oscurità? Questa crudeltà… questo odio… come ci hanno trovato?

Hanno rubato le nostre vite o li abbiamo cercati e accolti tra le braccia?

Che cosa ci è successo? Quando abbiamo perso la nostra strada? Consumati dalle ombre, inghiottiti dall’oscurità più profonda.

Ha un nome questa oscurità?

E’ tuo quel nome?

 

Ylenia sentiva l’Oscurità pervaderla in tutto il corpo mentre cercava di rintracciare Finn con la magia; faceva appello a tutta la Luce di cui era disponibile ma soltanto il buio la stava perseguitando in tutti quei secoli passati in solitudine, senza nessuno accanto. La Luce l’aveva abbandonata da tempo ed era stata lei a volerlo.

Non poteva piangere per questo, perché era stata lei a scegliere di intraprendere quella strada, era stata lei ad accogliere l’oscurità tra le braccia…

Ma allora perché stava piangendo?

Quando finalmente trovò Finn le vennero in mente dei ricordi di una vita passata, che ormai non le apparteneva più: il bell’Originario dai capelli lunghi e mossi che la veniva a prendere ogni mattina a casa sua, e ogni volta lui le baciava la mano, guardandola come se fosse la persona a lui più cara, il suo tesoro più prezioso.

E lei gli sorrideva pensando che aveva tutto ciò che desiderava al mondo.

Ma quelli erano soltanto ricordi. Tutto era cambiato.

 

 

Stranamente trovò Finn proprio a casa degli Originari, forse doveva recuperare le forze o la coscienza gli era ritornata a posto, questo non lo sapeva e non le importava.

La strega si infilò dentro casa senza farsi notare e per fortuna percepì che non vi era nessuno all’interno tranne lei e lui.

Si prese la briga di togliersi il cappotto, facendo intravedere il vestito nero elegante che indossava: aveva uno spacco nella gonna e una leggera scollatura. Sorrise dentro di sé pensando a cosa le aveva richiesto Briony: far parlare Finn. Prenderlo per il verso giusto.

Difficile non notare il doppio senso visto che gli uomini alla fine erano creature piuttosto semplici e bastava così poco per farli girare la testa e rincretinirli.

Ylenia fece soltanto alcuni passi nel salotto che subito sentì una presenza inquietante alle sue spalle e non ebbe alcun dubbio di chi fosse.

“Cosa vuoi?”

La domanda risuonò apertamente minacciosa, come se le stesse dicendo che non era la benvenuta, ne lì dentro né in qualunque altro posto.

“Desideravo parlarti.” rispose lei semplicemente senza alcuna paura, girandosi verso Finn. Indossava una camicia bianca e dei pantaloni neri, il viso era più bianco che mai.

Gli fece un sorriso audace ma lui si mostrò totalmente indifferente, tanto che non diede nemmeno una leggera occhiata al vestito che aveva indosso. Era troppo occupato a incendiarla con lo sguardo.

“Pensa a un altro desiderio allora, perché ho da fare.”

“Ah si giusto, devi uccidere tutti i tuoi fratelli.” mormorò pensierosa.

Finn fu completamente allibito da quella sua affermazione perché non si aspettava che la strega fosse venuta  a saperlo così presto, ma questo non cambiò la sua decisione.

“Non accetto alcuna predica da parte tua, puoi soltanto starti zitta perché ti si legge in faccia che sensi di colpa e i rimorsi non sai neanche dove stiano di casa. Perciò vattene, non ho nulla da dirti.” rispose lui crudele girovagando per la stanza.

Ma Ylenia non mollò l’osso e lo seguì:

“Che peccato. Perché io sì invece. Non voglio mancarti di rispetto, gradirei allora che ricambiassi il mio stesso trattamento… quindi sta calmo, raffredda i bollenti spiriti e parliamo.”

Quella sfrontataggine innata lasciò di stucco il vampiro che si sarebbe messo a ridere se non si fosse trattato di lei; ma visto che Ylenia era così determinata decise di assecondarla, almeno per il momento.

Si immobilizzò di fronte a lei per ascoltare quello che aveva da dire e la pregò di fare in fretta.

La donna scosse la testa:

“Perché? Perché vuoi uccidere i tuoi fratelli dopo aver faticato tanto per riaverli indietro? E’ per uccidere Klaus? Vuoi vendicarti di lui a qualunque costo, persino a svantaggio del resto della tua famiglia?”

Finn serrò gli occhi sentendo a gran voce ciò che la sua coscienza stava cercando di dirgli, ma che lui aveva sempre ignorato per andare avanti per la sua strada.

“A volte bisogna fare delle scelte. Tu hai fatto quella sbagliata. Io ora sto facendo quella giusta.”

“Cosa? Ammazzare la tua famiglia?!”

“Da che pulpito viene la predica!” esclamò Finn divertito, e Ylenia subito sussultò per quel rimprovero che la perseguitava in ogni attimo della sua vita, ogni minuto scoccato. Ma come sempre distolse lo sguardo e fece finta di niente pur di non impazzire.

Finn invece continuava a guardarla in modo severo e rammaricato.

“Ancora una volta tu non mi capisci, anzi facevi soltanto finta di ascoltarmi tempo fa... Io e miei fratelli siamo maledetti e nostra madre ci libererà dall’oscurità che ci perseguita da millenni e che distrugge tutto ciò che amiamo. Non è un sacrificio, è un dono.”

A sentirlo pareva tanto giusto e buono, ma la realtà era ben diversa.

“Soltanto una mente come la tua può pensarla in questo modo… ma la tua moralità non ti salverà dall’odio dei tuoi fratelli, che credimi non la pensano come te!”

Finn sospirò esasperato per le sue recriminazioni fastidiose e la trafisse con lo sguardo.

“Se sei venuta per farmi cambiare idea, stai soltanto sprecando fiato.”

La strega invece restò ferma suoi passi, non mostrandosi per nulla intimorita.

“Per una volta credimi, sto cercando di fare la cosa giusta… e la scelta giusta in questo momento è impedirti di morire. Quindi non ti lascerò andare senza che tu mi abbia detto ciò che tua madre ha in mente.” Rispose estremamente sincera.

Lui però non accennava ad abbassare la guardia, la guardava sospettoso e ogni parte del suo corpo lo incitava a non crederle.

Ma quando lei si avvicinò improvvisamente al suo viso, lui non riuscì a mandarla via e restò immobile, continuando a fissarla.

Neppure lei sapeva cosa stesse facendo, forse aveva perso il controllo per colpa di ciò che non aveva avuto il diritto di ricordare qualche minuto prima, o forse per sottomerlo al suo volere.

Ylenia anche se era molto alta dovette alzarsi in punta di piedi per appoggiare le labbra su quelle del vampiro, che diventò come un blocco di marmo sentendo dopo tutto quel tempo il suo dolce e delizioso sapore.

Dopo un attimo di indecisione, Finn assecondò il bacio mentre lei gli allacciò le braccia al collo stringendosi sempre di più al suo corpo marmoreo.

Tuttavia Finn si concesse soltanto quei pochi secondi per cedere al bacio, perché all'improvviso ricordò il motivo per cui aveva cercato di strangolarla dopo che si erano rivisti, il perché la odiasse così tanto e volesse fargliela pagare ad ogni costo.

Si scostò violentemente da lei e scacciò via le sue mani in modo brusco, fissandola con sguardo furioso, come se non tollerasse ciò che avevano appena fatto.

Ylenia fu sorpresa ancora una volta da quel gesto violento, così insolito da parte di Finn; ma forse il periodo passato dentro la tomba gli aveva raffreddato l'anima. Per colpa sua.

Ma la rabbia e la repulsione dell'Originario non erano ancora finiti che le diede infatti uno schiaffo in pieno viso, facendola tramortire per terra.

"Sei soltanto una puttana Ylenia, nulla di più."

La strega stramazzò senza un grido, gli occhi si inondarono inconsapevolmente  di lacrime, ma le scacciò via in un attimo perché non voleva dargliela vinta così:

"Non puoi trattarmi in questo modo, non te lo permetto." ribatté restando a terra.

"Scusami,  ho dimenticato le buone maniere." mormorò lui sprezzante guardandola dall' alto in basso, come se fosse compiaciuto nel vederla debole, anche se lei sorresse lo sguardo senza alcuna paura.

Passò qualche minuto in totale silenzio mentre i due continuavano a trafiggersi solamente con lo sguardo.

"Alzati". ordinò lui senza un velo di compassione.

Ylenia serrò le labbra, offesa per quel suo tono irrispettoso ma si alzò velocemente stando ben attenta a stargli lontana.

In quel momento infatti Finn aveva una faccia tutt'altro che rassicurante e non gli ci volle molto per avvicinarsi pericolosamente a lei:

"Ti avevo già avvertita che avevo provveduto a fartela pagare sebbene io tra poco morirò, ma magari potrei approfittarne adesso  per farti passare un brutto quarto d'ora." sibilò con disprezzo, affondando il gomito del braccio sotto al suo collo e spingendola con forza contro il muro, senza alcuna galanteria.

Ylenia però non si fece impressionare dalla sua forza sovrumana e scagliò subito su di lui un potente vortice di magia, che lo fece indietreggiare di colpo e del sangue gli colò dalle labbra.

Lui rise per quel tentativo vano, portandosi una mano alla bocca.

"Credi di farmi del male così?" chiese in tono arrogante, per farle capire che non lo aveva affatto scalfito.

Ylenia allora si spostò bruscamente dalla parete e gli si fece sotto senza alcun timore:

"Oh no, tu sei soltanto interessato a fare del male a me, a punirmi! Beh allora accomodati!" esclamò aprendo le braccia e inginocchiandosi di fronte a lui.

"Se ti ho fatto SOLTANTO del male é giusto che mi ripaghi con la stessa moneta." disse infine.

A sorpresa di entrambi, Finn cambiò espressione: non aveva più lo sguardo crudele, incattivito o spietato. Si era fatto perplesso, tentennante mentre ascoltava le sue parole e continuava a fissarla dall'alto, come se si sentisse superiore e poteva dunque decidere della sua vita quando voleva.

Ma nel profondo del suo essere si sentiva debole, come lo era sempre stato e il suo desiderio di assecondare la madre lo dimostrava ampliamente.

Il profumo che Ylenia emanava era speziato, agrodolce e così invitante.. Poteva prenderla quando voleva e sentiva il desiderio montare dentro di lui ad ogni secondo che passava a guardare la delicata linea del suo collo.

Ylenia per la prima volta in vita sua restava inerme, ad affrontare le conseguenze delle sue azioni senza battere ciglio, come se ci tenesse a essere punita per ciò che aveva fatto…

Finn a sua volta desiderava tanto fargliela pagare, l’aveva sognato mille volte prediligendo il giorno in cui si sarebbe vendicato … le  sfiorò il collo, e le spalle.

Non avrebbe mai dovuto farlo. L’alzò di peso senza alcuna delicatezza e quando Ylenia incrociò i suoi occhi feroci credeva che volesse morderla e succhiare tutto il suo sangue.

Invece lui la strinse prepotentemente a sé e la baciò.

Ylenia si immobilizzò di colpo per quel gesto ma si mostrò rilassata tra le sue braccia, e non appena avvertì che il vampiro non era più indeciso e reticente come prima, ricambiò il bacio con uguale intensità.

Finn perse la ragione.

Le prese la testa fra la mani affondando con forza le dita nei suoi capelli scuri, mentre quelle di Ylenia stavano vagando impazienti sulla camicia bianca del vampiro per sbarazzarsene in fretta.

Finn la sorresse per le natiche e la condusse velocemente sopra un tavolo, al centro del salone, continuando a baciarla sul viso e poi scese sul suo collo.

Ylenia sembrava una bambola in suo possesso, assecondandolo ad ogni gesto che faceva; immerse le mani nei suoi capelli come aveva sempre fatto, mentre lui le sollevò l'orlo del vestito  e questa volta lei smise perfino di respirare.

Chiuse gli occhi estasiata e allungò il collo all'indietro, percependo le mani gelide di Finn accarezzarle freneticamente ogni parte del suo corpo.

Poi sentì un suono stridulo e secco, come qualcosa che veniva strappato ma tutti i suoi sensi erano orientati su un unico punto. Ritornò a baciarlo con passione stringendolo a sé.

"Per la miseria!!" esclamò una voce sconosciuta, facendoli sobbalzare di colpo.

Tutti presi com'erano dalla loro passione, non si erano accorti che qualcuno era entrato e li stava fissando con un sorrisetto malizioso.

Ylenia per poco non cadde giù dal tavolo per lo shock, e il cataclisma che poco prima aveva sentito svanì all'improvviso perché  ritornò alla realtà.

Finn digrignò qualcosa di incomprensibile e si voltò in direzione del disturbatore.

Kol.

"Che cosa vuoi Kol? Credevo fossi a spassartela con Klaus." mormorò Finn duramente, mettendosi a posto la camicia sbottonata.

"Lo ero. Per fortuna sono tornato a casa, non é giusto che soltanto tu te la spassi in questo modo. Ma.. i miei complimenti fratello." mormorò ironico rivolgendo un ghigno malizioso a Ylenia, che arrossì totalmente per quella situazione assurda e imbarazzante.

Poi deglutì osservando il proprio vestito... O meglio ciò che ne rimaneva. Finn gliene aveva strappato gran parte senza che lei se ne accorgesse.

"Avete rovinato il tavolo, era un pezzo d'antiquariato! Ma almeno vi siete divertiti scommetto!" il tono esagerato di Kol fece imbarazzare Ylenia ancora di più, mentre Finn gli lanciò uno sguardo gelido, segno che doveva chiudere il becco.

Il vampiro poi si voltò verso la strega, questa volta con estrema lucidità, non più con degli occhi che brillavano per la follia.

Era troppo bello per essere vero, che Finn avesse smesso nel covare rancore verso di lei, ma evidentemente non era così infatti Ylenia vide nei suoi occhi senso di colpa e disprezzo.  Disprezzo per se stesso, per aver ceduto a quella debolezza che cercava di combattere dentro di sé ma le aveva ceduto senza la minima resistenza.

Ovviamente Finn provava soltanto dei rimpianti su ciò che era appena successo e maledisse se stesso ancora una volta. Anche lui era ritornato alla realtà... Al presente. Il tempo dei ricordi era finito.

Ylenia deglutì girando il viso perché non sopportava la durezza di quello sguardo; Finn allora lasciò la stanza con passi pesanti senza degnare di uno sguardo né lei né il fratello, che continuava a sghignazzare e lanciare strani sguardi alla strega.

"Beh? Non ti ha mai insegnato la mamma che é maleducazione guardare una donna in quel modo?" ribatté poi Ylenia a Kol, prendendo il cappotto per coprirsi.

Il vampiro le sorrise beffardo e alzò le mani in segno di resa, mentre lei se la svignò il più velocemente possibile da quella casa.

Di Finn non c'era più traccia.

E Ylenia aveva la dignità seppellita sotto i piedi.

 

Briony stava lanciando continui insulti omicidi ai fratelli Salvatore dentro la macchina, sperando che qualcuno gli arrivasse veramente per ciò che avevano combinato.

Era andata a cercarli a casa loro ma nessuno le aveva aperto, aveva pure tentato di sfondare la porta ma senza successo.

Era un po’ arrugginita dopo l'incontro di wrestling avvenuto con Elena la scorse notte. Fece una risatina dentro di sé pensando che la signorina Gilbert doveva riattaccarsi i capelli con l'attack, dopo come glieli aveva strappati... Ben le stava.

Non appena aveva offeso in quel modo la memoria di John, non c'aveva visto più dalla rabbia e si era fiondata su di lei come un toro impazzito. Il suo corpo sembrava manovrato da uno forza invisibile e la sua volontà propria non era riuscita a fare niente per fermarla.

Probabilmente aveva esagerato o forse no.. fatto sta che non le era mai capitato di saltare addosso a una persona con l'intento di ammazzarla di botte… non aveva mai sentito i propri occhi bruciare in quel modo.

Ormai il sole era calato, l'oscurità era piombata su Mystic Falls e ancor più densa dentro la macchina di Briony, che pensò ad un altro argomento spinoso: il biglietto.

Quella frase breve, semplice, era bastata a terrorizzarla fin nel profondo sebbene non sapeva a cosa si riferisse o il perché. Le sembrava così priva di significato ma al tempo stesso una minaccia ben reale.

Qualunque cosa fosse.. Chiunque glielo avesse mandato… Ce l'aveva con lei.

Forse faceva presagire una catastrofe di cui Briony non era a conoscenza... un capitolo della sua esistenza che aveva sempre ignorato.

Chi era lei?

Soltanto una ragazza qualunque, che viveva in una cittadina qualunque, e aveva una famiglia qualunque. Almeno fino al momento in cui non aveva scoperto la verità... da quando era ritornata a Mystic Falls aveva superato sfide che mai si sarebbe sognata di affrontare,  e per uno strano scherzo del destino aveva salvato la vita ad un Originario, un vampiro, finendo per innamorarsi di lui nonostante il passato tormentato di entrambi.

Perciò, cosa c'era tanto di strano in lei?

Non si era mai considerata perfetta e mai avrebbe voluto esserlo; come tutti gli esseri umani faceva degli errori… ma aveva agito sempre col cuore. Ogni suo gesto proveniva da quello e avrebbe continuato a seguirlo, anche se faceva delle scelte sbagliate agli occhi degli altri.

Si convinse alla fine che quel biglietto, ciò che aveva visto nel bagno… non era niente. Soltanto un tentativo per farla spaventare a morte.

Qualunque cosa fosse ormai, quel biglietto minatorio non c'era più.. Era andato.. Spezzato in mille pezzi...

Se solo poteva buttare via quelle parole dalle sue mente, come avevano fatto le sue mani.

Ma ecco che all'improvviso vide proprio i fratelli Salvatore appostati nell'uscita secondaria del Grill. Situazione a dir poco sospetta.

Briony inchiodò così velocemente che per poco non fece un testa coda in mezzo alla strada, ma anche se con difficoltà riuscì a riprendere il controllo del volante e parcheggiò lì vicino, cercando il modo migliore per farsi ridare indietro il pugnale senza tante storie.

Aveva provato a chiamare Elijah e Rebekah ma i loro cellulari davano non raggiungibile e perfino Ylenia sembrava scomparsa, quindi doveva fare tutto da sola. Sapeva che stava andando incontro a un grosso guaio ma non le importava.

La sua faccia infatti mutò in un espressione super incattivita e minacciosa che avrebbe fatto scappare persino il diavolo mentre si dirigeva verso i due vampiri. Ma purtroppo ciò non fece alcun effetto su Damon che appena la vide arrivare sfoderò un sorriso a 32 denti, come se nulla fosse successo.

“Dov’è?” domandò Briony sbrigativa parandosi di fronte a loro due.

“Dov’è cosa?” chiese a sua volta Damon con una faccia immacolata.

“Lo sai benissimo cosa. Potrei denunciarvi per violazione di domicilio lo sapete? Non posso credere che proprio tu Stefan me l’abbia fatta da sotto il naso, anche se credo che l’artefice di tutto sia tuo fratello. Come sempre!” esclamò Briony adirata.

I due fratelli si guardarono incapaci di comprendere le sue parole e si voltarono poi verso di lei contemporaneamente con sguardo dubbioso.

“Hai bevuto?” domandò Damon ironico.

Questa volta Briony si scaldò inferocita per quel tono che le faceva saltare i nervi e strinse forte i pugni per non scoppiare. Avrebbe voluto seriamente appenderlo in mezzo al giardino come uno spaventapasseri e fargli saltare di nuovo i denti.

“Voi avete preso il pugnale che può uccidere un Originario, allo scopo di ucciderli tutti in un solo colpo per liberarvi di loro. Ma dovete passare sul mio cadavere prima che succeda.”

Briony seriamente…" la interruppe Stefan cercando di dimostrarsi paziente "non siamo stati noi a prendere il pugnale. E non l’abbiamo con noi ora. E come potremmo usarlo? Il pugnale uccide qualunque vampiro osi adoperarlo, te lo sei dimenticata?”

Briony rimase di stucco da quell'affermazione, perché come al solito si era dimenticata il dettaglio più importante. Loro non potevano uccidere un Originario senza rimetterci la pelle e Damon non era proprio il tipo da sacrificarsi per il bene comune.

Li fissò entrambi con sguardo scrupoloso e accigliato, ma c'era qualcosa nei loro volti che li faceva sembrare colpevoli, come se fossero stati scoperti con le mani dentro il sacco; per questo non riusciva a fidarsi delle loro parole troppo premurose, perché sembrava la stessero prendendo letteralmente in giro.

Questo la fece irritare ancora di più.

“Dovrei credere che siete innocenti come agnellini quindi? No! So che dietro c’è il vostro zampino!” gridò serrando ancora i pugni.

 Ovviamente quel piano era stato architettato da loro.  Chi altri poteva essere così diabolico?

Damon però si fece avanti con sguardo a dir poco adirato:

“Il casino l’ha creato Esther, non noi. Perciò vai a placare le tue crisi di nervi da un’altra parte perché mi hai scocciato.” sibilò a denti stretti per poi darle le spalle e cominciò a camminare lungo il vicolo.

Briony tremò dalla rabbia per non essere riuscita ad ottenere quello che voleva e per di più era stata costretta ad ascoltare le recriminazioni di Damon. Si morse il labbro fino a farlo sanguinare e si voltò a guardare Stefan, che le stava rivolgendo uno sguardo dispiaciuto.. quasi rammaricato.

Ma non poteva finire così..

Tra qualche ora si sarebbe decretata la fine degli Originari, la fine di Elijah.. e anche la sua di fine.

Perché tentare di condurre una nuova vita senza di lui le sembrava intollerabile. Non c’era niente di più insostenibile per lei.

E non poteva mollare proprio ora.. non ora che l'aveva ritrovato.

Per questo prese Stefan per le spalle, cercando di smuoverlo dai suoi intenti perché era convinta che almeno lui avrebbe fatto la scelta più giusta.

“Non me ne andrò di qui finché non mi avete detto che cosa avete in mente!” esclamò con rabbia, che faceva trapelare soltanto sofferenza e bisogno.

Stefan distolse lo sguardo non volendo rispondere alla sua domanda, ma all'improvviso Briony si sentì spintonare con forza, una mano gelida l'afferrò per il collo, spingendola contro il muro e istintivamente lei chiese gli occhi impaurita.

“E invece credo che dovrai andartene piccola rompiscatole!” disse Damon feroce stringendo di più la presa, mentre Briony cercava di scacciare via le sue mani ma la forza le venne a mancare quando non sentì più ossigeno in gola.

Damon…” lo chiamò Stefan per farlo calmare.

Il moro lo guardò imbestialito ma questa volta gli diede ascolto, e lasciò la presa sul collo di Briony che finalmente sentì l’aria ritornare ai polmoni.  Si massaggiò poi il collo per scacciare il dolore, che sembrava bruciarla come fuoco, anche se questo non le impedì di trafiggere Damon con lo sguardo.

“Comunque lei potrebbe metterci i bastoni tra le ruote.. non può restare qui.” replicò ancora Damon avvicinandosi fulmineamente a lei. Ma Briony non si fece intimidire neanche questa volta infatti disse che non si sarebbe mossa di lì neanche se l’avessero costretta con la forza.

Damon si imbestialì ancora di più, ma Stefan si mise in mezzo ai due per fermare il fratello nuovamente e gli intimò di starsi calmo.

Tuttavia il fratello maggiore non dava alcuni segni di lucidità in quel momento, e Stefan fu costretto a prendere Briony per un braccio per far calmare anche lei, visto che provocava Damon in tutti i modi, urlandogli delle atrocità in faccia, e per poco lui non le saltò addosso un’altra volta.

Ma tutto cambiò repentinamente.  

Briony con la sua debole vista da umana si accorse soltanto che Damon era all’improvviso sparito nel nulla e sentì Stefan irrigidirsi al suo fianco, come se fosse sotto shock.

Elijah era comparso dal nulla in mezzo all’oscurità e aveva scaraventato Damon contro il muro con un violenza disumana, e adesso lo stava tenendo con ferocia per il collo, facendogli mancare la terra da sotto ai piedi.

Briony sgranò gli occhi totalmente sorpresa da quella scena perché non si sarebbe mai aspettata di vedere comparire Elijah così all’improvviso; ebbe quasi pena per Damon che stava cercando di divincolarsi, ma senza successo.

“Non puoi uccidermi. Non fa parte dell’accordo!” disse Damon cercando di salvarsi la pelle e facendo leva sul senso dell’onore di Elijah. L’Originario però non sembrava mollare,  i suoi occhi erano così freddi da far gelare chiunque tentasse di guardarlo e la sua ira lo infiammò.

“Accordo annullato.” Sibilò Elijah a denti stretti. Dalla sua voce traspariva soltanto odio e crudeltà per tutto ciò che Damon aveva osato fare negli ultimi minuti e così Elijah strinse ancor di più la presa.

L’avrebbe ucciso sicuramente ma si ricordò che aveva ancora bisogno di lui e poteva tornargli utile in futuro, così anche se controvoglia lo lasciò andare con uno spintone e Damon cadde a terra esanime.

L’Originario lo fissò privo di rimorsi e quando alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di Briony, questa deglutì in preda all’ansia ed ebbe l’istinto di abbassare la testa per sfuggire a quella tensione elettrica. Aveva già visto in precedenza degli scatti d’ira di Elijah e talvolta ne era rimasta spaventata, ma in quel momento l’Originario faceva rabbrividire fino alla punta dei piedi. Come se fosse una demone che fissa la sua preda.

Elijah distolse automaticamente lo sguardo da lei e guardò Stefan, il quale anche lui deglutì terrorizzato pensando che avrebbe dato una lezione pure a lui.

Davvero strano come tutti i vampiri temessero a morte Elijah, molto più di Klaus quasi, come se lui fosse ancora più minaccioso dell’ibrido sotto quella calma gelida. E talvolta lo era davvero.

Stefan rimaneva immobile e la presa sul braccio di Briony non accennava a diminuire.

Elijah si avvicinò a lui, i suoi passi parevano così pesanti che sembrava facesse tremare la terra sotto i piedi, e aveva uno sguardo diabolico che non ammetteva repliche:

“Lasciala.” Sussurrò gelido.

Il colpo ebbe davvero effetto su Stefan che subito lasciò andare Briony, cercando di non tremare. L’Originario fissò inquietante Stefan negli occhi e quest’ultimo non riuscì a reggerne lo sguardo; pochi del resto erano in grado di sfidare lo sguardo di Elijah.

Briony nel frattempo non disse niente, guardava entrambi i vampiri con sguardo allarmato cercando di frenare quella tempesta che stava per scatenarsi su di loro. Ma se avesse parlato probabilmente avrebbe solo peggiorato le cose.

Si morse profondamente il labbro inferiore e si avvicinò timorosamente a Elijah; non sapeva perché ma non riusciva a guardare fisso gli occhi neri dell’Originario... Era come se li temesse.

Il vampiro dal canto suo restava immobile come un blocco di marmo e non la sfiorò neppure con un dito, né le disse niente.

Ma le sue minacce non erano ancora finite e quel giorno Elijah aveva parecchio odio in corpo per contenerlo in una sola persona, anche se forte come lui. Ricordò a Stefan il patto che avevano fatto e gli disse in poche parole di muoversi in fretta perché il tempo stava per scadere.

Briony vide di sfuggita Damon rialzarsi e Stefan andargli incontro e allora si convinse che era andata troppo in là con le accuse che lei aveva rivolto loro.

Quindi per uscire da quella situazione si avvicinò al fianco di Elijah, che sembrò guardarla profondamente in quel momento, ma il cielo era troppo oscurato, privo di luce per intravederlo, e Briony non riuscì a scorgere il suo viso gelido in mezzo a quell’oscurità.

Le parole le morirono in gola.

 

Ylenia era entrata al Grill per cercare di dimenticare quello che era successo con Finn quel giorno: l’umiliazione per essere stata trattata in quel modo e lasciata poi lì da sola con un vampiro che sembrava un pazzo teppista maniaco non le era stato di granché aiuto.

Forse questo per Finn era il suo modo di vendicarsi. Per punirla.

Ma Ylenia non se lo sarebbe mai aspettato… non da parte sua almeno. Per quanto grave fosse la sua colpa, Finn non era mai stato un tipo vendicativo o incline alla violenza, anzi era sempre stato gentile e pacato seppur fosse un vampiro millenario.

La strega tuttavia si era sbagliata tante volte nella vita… e questa non era un eccezione.

Andò al bancone per bere un drink quando all’improvviso fu avvicinata dall’ultima persona che voleva vedere in quel momento: Klaus.

Aveva fatto tris di Originali quel giorno: tra FinnKol e Klaus non sapeva quale fosse la compagnia più raccomandabile.

“Mio dio sembri stravolta, tesoro. Ti ho vista soltanto una volta con uno sguardo così angosciato, ma non mi è giunta voce che sia morto qualcuno a Mystic Falls nelle ultime ore.” Mormorò Klaus col suo solito tono ironico.

“Lasciami stare.” rispose subito Ylenia per tagliare la conversazione.

Klaus comunque non cedette, anzi si sistemò più vicino alla donna come se volesse farla arrabbiare di proposito.

“Devo ancora capire come mai sei sempre così maleducata nei miei riguardi.. tu sai che non sopporto la gente che mi si mette contro.” sussurrò diventando improvvisamente minaccioso.

Ylenia gli lanciò un’occhiataccia come per fargli capire che non le importava niente del suo giudizio e poteva risparmiarsi le sue minacce, visto che con lei non attaccavano.  Klaus cambiò poi radicalmente umore e tornò a guardarla con un sorrisetto ironico, chiedendole di bere qualcosa con lui.

Era incredibile quanto fosse lunatico, cambiava umore così improvvisamente che era impossibile conoscerlo per come era davvero.

Ylenia non gli diede corda neppure quando posò un drink proprio di fronte al suo naso, e infatti rifiutò senza ringraziarlo.

“Non lo vuoi? Bene, lo bevo io allora.” esclamò Klaus divertito bevendo il drink tutto ad un fiato.

“Spero ti vada di traverso.” sussurrò arrabbiata con una smorfia.

Klaus sospirò esasperato per il carattere difficile della donna e allargò le braccia:

“Sei più permalosa di quanto ricordassi. Ma forse ho capito perché tu ce l’hai con me…” sussurrò con un tono che doveva sembrare malizioso e si avvicinò di più al suo viso:

“Perché non ti ho dato la giusta attenzione da quando sono ritornato.. errore imperdonabile, ma rimedierò subito.” mormorò accattivante inclinandosi verso le sue labbra, ma Ylenia strabuzzò gli occhi all’istante e lo spinse via con forza, facendolo quasi cadere dalla sedia.

Klaus però rimase elegantemente in piedi  e rise stupefatto da quella sua reazione che lo faceva divertire ancora di più, e le puntò un dito contro:

“Ti piace giocare duro eh?”

“Ti ho detto di lasciarmi stare, ci senti o no? Hai bisogno di un trapano alle orecchie?” rispose Ylenia alzandosi, infastidita dalla sua sola presenza.

L’ibrido fece un leggere broncio ma ancora una volta non demorse, come se godesse nel vederla a disagio.

“Io penso invece che tu abbia bisogno di ricordare i bei vecchi tempi.” rispose cingendole prepotentemente i fianchi e avvicinandosi di più al suo corpo.

Ylenia sussultò spaventata pensando che se qualcuno li avessi visti in quel frangente probabilmente avrebbero intuito qualcosa… e non poteva permetterlo…

Cercò di dimenarsi dalla stretta di Klaus, guardandosi attorno spaesata, ma lui sembrava irremovibile, tanto che le afferrò saldamente un braccio, bloccandoglielo dietro la schiena e Ylenia sentì uno strano calore salirle nelle guance.

Per disfarsi di lui fu costretta a lanciargli una magia con la forza della mente, che lo fece solo indietreggiare di poco visto che Klaus era l’essere più forte esistente sulla faccia della terra, ma almeno sortì l’effetto sperato.

L’ibrido comunque rise mentre mollava la presa e tornò al bancone, restando indifferente a ciò che aveva fatto la strega.  Intanto Ylenia rimaneva in piedi e lo guardava con disprezzo ricordando le ultime parole che le aveva detto:

“I bei vecchi tempi eh? Da quanto sei piombato nella mia vita tutto è andato in pezzi, quindi scusami se non nutro bei ricordi nei tuoi confronti.” sibilò con disprezzo.

Il sorriso ironico di Klaus questa volta scomparve e prese il suo posto un’espressione infuriata e totalmente minacciosa.

“Non dovresti parlarmi così. Tu e io abbiamo un accordo… o te lo sei dimenticata?” domandò sprezzante, cercando di far capire chi comandava.

Ylenia sgranò gli occhi inorridita per ciò che aveva detto e se avesse potuto lo avrebbe preso per il colletto della giacca, scuotendolo con forza fino a farlo svenire, ma si limitò a trafiggerlo con lo sguardo:

“Accordo?? Che accordo?! Non provare a tirare fuori quella storia Klaus, non t’azzardare!” gridò per niente impaurita e diventando minacciosa quasi quanto lui. Gli puntò un dito contro: “Tu per primo sei venuto meno all’accordo quindi non venire a farneticare ora su questa faccenda. Hai capito? Non voglio saperne niente!” gridò ancora.

Un angolo della bocca di Klaus si inclinò in un sorriso gelido, per niente rassicurante e che avrebbe fatto venire i brividi a chiunque; ma Ylenia rimaneva sui suoi passi e i suoi occhi erano fuoriusciti dalle orbite come una pazza allucinata.

“Stai attenta Ylenia.” mormorò Klaus parandosi pericolosamente di fronte a lei. “Io posso permettermi di infrangere gli accordi quando e come mi pare. Ma tu no invece.”

La strega alzò il mento in segno di sfida e non si dimostrò affatto intimorita dalla sua minaccia. “Prova a fare qualcosa contro di me… e io…

“Tu cosa?” ribatté Klaus schernendola. “Non puoi farmi niente. Nessuno può uccidermi. Ma pretendo che tu rispetta l’accordo che hai fatto con me. E non lo ripeterò una seconda volta.”

“Dovresti ripeterlo una terza invece perché non ho alcuna intenzione di assecondarti.”

Klaus inclinò la testa su un lato come se la stesse commiserando, ma poi improvvisamente l’afferrò per il collo e la sbatté contro il bancone.

“Stammi a sentire piccola puttanella..” aggiunse lui irritato a pochi centimetri dal suo viso.

<< Un’altra volta? >> pensò Ylenia visto che quello era il giorno degli insulti.

Ma Klaus non ebbe il tempo di finire la minaccia che una mano gli si appoggiò nella spalla e sentì una voce squillante fin troppo familiare.

Nik, quando ti ho detto che volevo spassarmela non intendevo che dovessi appendere una ragazza al muro. Anche se devo dire che è parecchio divertente!” affermò Kol con una risata infantile.

“Ah sei qui.” disse Klaus solamente, lasciando la presa sul collo di Ylenia e tornando a bere un drink. Come se nulla fosse successo.

“Sì scusami ma avevo trovato una cosina appetitosa dietro l’angolo!”

Ylenia scosse la testa mentre ascoltava quell’assurda discussione ma non lo fece oltre, perché prese velocemente la borsa cercando di scacciar via gli sguardi languidi che Kol continuava a lanciarle. Forse quel maniaco voleva ricevere la stessa prestazione che aveva offerto a Finn.

All'improvviso entrò nel bar anche Caroline che si parò subito di fronte ai due Originari e Klaus, ritornato al suo giusto umore, ne approfittò per offrirle da bere.

La blond-girl però rifiutò con una risposta acida, lasciando l'ibrido di stucco.

Ylenia allora pensò che la sorella di Briony era davvero strana: doveva avercela a morte con Klaus invece si divertiva ad ancheggiare di fronte a lui, come se lo stesso provocando.

Klaus non si lasciò sfuggire l'occasione e decise di inseguirla, ma prima di farlo si voltò verso Ylenia con un sorrisetto: “Non ti dispiace vero se rivolgo la mia attenzione su qualcun'altra?"

Lei lo guardò disgustata per quel suo vano tentativo di fare il carino. Non gli riusciva per niente.

"Provo soltanto pena per quella poverina." replicò in tono sarcastico.

Klaus scosse la testa e si mise all'inseguimento della biondina; ma prima di andarsene, si voltò in direzione di Ylenia e la fissò questa volta con più durezza, facendo un segno con la testa… per intimarle di ricordarsi dell’accordo…

 

Briony stava camminando al fianco di Elijah attraverso la città, ma nessuno dei due aveva detto una parola, tranne quando lei gli aveva confessato che il pugnale era improvvisamente sparito e lui l'aveva guardata freddamente impassibile, ma non aveva risposto. 

Il vampiro continuava a guardare dritto davanti a sé, senza accennare a volerla guardare in viso, come se si sentisse ferito per il fatto che lei avesse mancato alla promessa di stare lontana dai guai almeno quella sera e invece era andata dritta in un incontro kamikaze con i Salvatore.

La ragazza si morse nervosamente le labbra, sentendo che quel silenzio stava diventando ogni secondo sembra più pesante, quasi insopportabile da gestire. Deglutì fortemente e finalmente presa la parola per cercare un dialogo con lui.

“Se ho avuto quello scontro con Damon è stato per una valida ragione.. e tu non rispondevi alle mie chiamate così io..”

Ma Elijah si girò velocemente verso di lei facendola interrompere di colpo. Briony poteva intravedere i suoi occhi neri diventare più gelidi che mai, anche se un’ombra minacciosa oscurava il suo viso.

“Non devi più andare a sfidare Damon Salvatore, finirebbe soltanto per farti del male come è successo prima. Non farlo mai più. E’ chiaro?” esclamò con uno strano tono di voce che non aveva mai sentito in lui: né dolce, né protettivo, né freddo. Mentre parlava le aveva afferrato un polso, stringendolo; i suoi occhi nell’oscurità erano feroci e le sue pupille dilatate e vibranti.

In quel momento era arrabbiato con lei.

Vedendola spaventata, Elijah si calmò e sbatté le palpebre come se fosse ritornato alla realtà, risvegliato dai suoi oscuri e feroci pensieri.

Sembrava dilaniato da ciò che doveva fare quella sera e sfogava i suoi tormenti su di lei, che nonostante tutto gli era sempre stata accanto incondizionatamente.

Lasciò lentamente la presa sul suo polso.

“Scusami.” sussurrò serio.

Appariva indomito, schivo nei suoi confronti, e Briony allora lo fissò tristemente cercando in tutti i modi di comprenderlo.

Ma voleva anche lei fargli capire le sue ragioni, ciò che l’aveva spinta ad agire così pericolosamente, seppur gli avesse promesso di non cacciarsi nei guai almeno questa volta.

“Tu non puoi proteggermi da tutto.. anche io posso lottare per ciò che amo e sento di doverlo fare. Non sono una tua vittima, non devi sopportare tutto questo da solo facendoti gravare sulle spalle una colpa non tua.”

Elijah alzò il viso e tutto ad un tratto diventò pensieroso. Strinse accuratamente gli occhi mentre analizzava le parole che Briony gli aveva detto, e dalla sua espressione la ragazza temette di aver detto qualcosa di sbagliato.

 “Cosa hai sentito?” domandò lui all’improvviso.

Briony lo guardò sorpresa, ma sapeva benissimo cosa volesse dire. Elijah aveva intuito che lei aveva origliato la conversazione tra lui e le sue sorelle quella mattina… soprattutto la parte in cui Gwendolyn li definiva tutti dei mostri, che recano soltanto dolore, sofferenza e morte a coloro che amano… e che erano maledetti.

Elijah sperava e temeva allo stesso tempo che Briony dicesse le stesse identiche parole della sorella, perché se lei lo avesse fatto si sarebbe ravveduta, avrebbe guardato in faccia la realtà e si sarebbe salvata in tempo prima di sprofondare nell’abisso in cui Elijah e i suoi fratelli erano destinati a cadere.

Ma come una volta le aveva confessato, lui era una creatura essenzialmente egoista e desiderava troppo la sua presenza vicina a lui per privarsene in questo modo.

Tuttavia se lei di sua spontanea volontà avesse deciso di andarsene, lui l’avrebbe rispettata e l’avrebbe lasciata andare…  Anche se lui, in fondo al cuore che non batteva più, non lo avrebbe mai voluto. Perché gli sembrava sul serio che il cuore ritornasse a vivere stando con lei, anche se sapeva che era solo una lurida illusione.

Briony intanto distolse lo sguardo e si morse il labbro nervosamente, non volendo rispondere alla sua domanda.

Anche se non riusciva a vederlo, Briony percepì che Elijah aveva abbozzato un lieve e freddo sorriso, privo di alcuna ironia.

“Non ti biasimerei se tu te ne andassi e ti liberassi finalmente di tutto questo…” mormorò guardandosi attorno “La tua vita sarebbe molto più semplice se io non ne facessi parte.” concluse alla fine con tono cupo e glaciale.

Briony alzò improvvisamente lo sguardo, allibita da quelle parole.  Sembrava un vero vampiro salvo il fatto che nei suoi occhi splendeva una luce tremenda, ma pura.

Era più luminoso che mai nella notte…

Briony ad un tratto pensò che le cose più belle sono allo stesso tempo le più spaventose.

Distolse la mente subito da quel pensiero e si avvicinò decisa al vampiro.

“Non sarebbe la mia vita se tu non ci fossi.” disse in un sussurro, accarezzandogli lievemente la mano gelida.

Elijah rimase serio e la guardò profondamente, quasi enigmatico senza proferir parola.

Pensò che quella sera ci sarebbe stata la resa dei conti, non solo con sua madre ma anche con se stesso, perché avrebbe pagato le conseguenze delle sue atroci azioni commesse in tutti quei secoli, essendo stato consumato dall’Ombra e inghiottito da un’oscurità più profonda delle altre… diversa.

Quell’oscurità portava il suo nome.

Elijah si avvicinò improvvisamente a lei, guardando un punto indefinito sotto il suo viso, ma non ebbe tempo di dire niente che sentì il proprio cuore stringersi in una morsa letale.

La morte invase ogni fibra del suo corpo e le vene sembravano rinsecchirsi, come se il sangue non pompasse più. Briony lo guardò shockata ma l’urlo le morì gola, perché Elijah cadde su di lei e si aggrappò alle sue spalle, facendola cedere sulle ginocchia.

La vita si stava affievolendo dentro di lui, e Briony era così angosciata e sotto shock che non sapeva cosa fare... aveva il fiato corto e anche il suo cuore sembrava essersi fermato insieme a quello del vampiro.

Sentì il fiato freddo di Elijah sul collo, ma non riuscì a vederlo in viso perché la testa era appoggiata sulla sua spalla sinistra. Percepì ad un tratto la sua mano gelida sfiorarle delicatamente la guancia destra, con le ultime forze che gli erano rimaste.

Poi  la ragazza non sentì più nulla. La mano di Elijah abbandonò la guancia di Briony, e cadde.

Era morto.

Le labbra di Briony tremarono dal terrore, mentre il petto non riuscì più a sopportare lo sforzo continuo di frenare le lacrime e le urla, così le liberò.

Il grido che crebbe dentro di lei era devastante perché sbriciolò il suo cuore.

Non riuscì a reggere nemmeno il peso del vampiro che infatti finì completamente a terra con lei, che cercava nonostante tutto di sorreggerlo.

Le lacrime e il respiro insufficiente le impedirono di articolare parole connesse, perché lo shock l’aveva praticamente sovrastata e cercava disperatamente di aggrapparsi al corpo di Elijah, cercando di farlo rinvenire e di farlo tornare da lei.

Riusciva soltanto a urlare il suo nome.

Perché nessuno sentiva le sue grida?

Si trovava ancor più sola al mondo di quanto fosse stata fino a quel momento. Sentiva soltanto il freddo della morte provenire dal corpo di Elijah, e nient’altro. Come quella volta… quei momenti di puro panico che avrebbe tanto voluto dimenticare.

Il dolore venne a farle visita, la schiacciò, la ridusse a un relitto, a una creatura disperata.

Perché il suo incubo peggiore era ritornato a perseguitarla e questa volta con più violenza:  Come avrebbe fatto a vivere senza di lui? Cosa ne sarebbe stato di lei?

Elijah era quel tipo di persona dalla quale era praticamente impossibile distaccarsi, come se fosse una dipendenza dalla quale non puoi sfuggire e non puoi farne a meno.

Tutte le sue energie stavano crollando, perché la forza necessaria per andare avanti, per continuare a lottare, proveniva principalmente da lui.. era lui che le infondeva il coraggio di non mollare mai. Di non arrendersi.

I singhiozzi disperati stavano facendo esplodere i suoi polmoni, e Briony prese il viso di Elijah tra le mani in piena agonia, depositandolo contro il suo petto e stringendo tutto il suo corpo, come se non volesse staccarsi da lui.

Quell’attimo di tenerezza la sconvolse, perché era consapevole che quella era davvero la fine.

Ma ad un tratto l’incubò finì, smise di perseguitarla perché fu come se rinacque un sogno.

Elijah ritornò improvvisamente alla vita e spalancò la bocca in cerca d’aria mentre il viso cominciò a tornare lentamente normale, privo di increspature.

Briony sgranò gli occhi per la felicità immensa e istintivamente si scansò, ancora incredula.

Ma dopo un attimo di paralisi lo strinse forte a sé con un mormorio di giubilo, in modo tale da dimostrare che lui era davvero vivo e che non fosse soltanto un sogno.

“Grazie a Dio!” Esclamò felice sul suo petto.

Sentì Elijah irrigidirsi per la sorpresa, ma poi le sue braccia forti la avvolsero e l’aiutò ad alzarsi insieme a lui.

Finalmente Briony si sentì intera, tutti i tasselli spezzati del suo cuore erano ritornati al loro posto, in modo naturale. I polmoni si riempirono del dolce profumo della sua pelle, scacciando via le lacrime, e il vuoto che aveva sentito dentro di sé si richiuse… come se la ferita si fosse rimarginata, semplicemente stando con lui.

Dio, il suo pensiero di perderlo la riduceva in un oggetto in frantumi.

Elijah però aveva una faccia devastata, tentava di dimostrarsi forte ma era ancora debole a causa di quello che aveva subìto. Briony si offrì di dargli il suo sangue per farlo stare meglio, ma lui la convinse dell’opposto perché non ne aveva assolutamente bisogno.

Il vampiro cercò di convincerla con la forza dello sguardo, che non aveva perso neanche per un attimo il suo potere, ma lei testarda com’era stava per ribattere quando Elijah all’improvviso alzò la testa e il volto gli si illuminò, diventando più minaccioso.

Lei ricambiò lo sguardo consapevole di ciò che stava pensando.

Il pugnale.

 

Raggiunsero velocemente l’uscita secondaria del Grill dove si trovavano appunto i grandi salvatori, Damon e Stefanche stavano litigando furiosamente con Klaus. Per un certo verso Briony doveva essergli grata… era merito suo se Elijah si era salvato dalla morte, perché aveva tolto il pugnale dal cuore di Kol e così facendo aveva protetto la sua famiglia.

Briony cercò tuttavia di scacciare quel pensiero perché non doveva essere grata a Klaus di nulla. In fondo era colpa sua se era successo tutto questo.. lui aveva portato il male nelle loro vite. Non bastava una buona azione a giustificare un’eternità intera passata a diffondere soltanto paura, terrore e morte.

Elijah scese gli scalini e si parò di fronte a Damon Salvatore, che questa volta non aveva via di scampo. Sembrava impossibile ma l’Originario era minaccioso quanto e più di prima.

“Ora voi mi direte dove sono le streghe altrimenti chiamo mia sorella e Elena allora morirà tra urla agognanti.” E non c'era traccia di scherzo nella sua voce.

Briony sussultò impaurita ma non disse niente.

“Mi hai detto che avevamo tempo fin dopo le nove.” replicò Damon per cercare la solita via di fuga.

“Sono sicuro che Rebekah sarà più che felice di iniziare la sua parte in anticipo.”

I fratelli Salvatore si guardarono indecisi sul da farsi mentre Klaus disse:

“Davvero ingegnoso. Avete usato la piccola e deliziosa Caroline per depistarmi ma non ha funzionato.”

All'improvviso si girò verso Briony e le rivolse un sorriso da bastardo:

“Dì a tua sorella di darsi una regolata e di non provare a fregarmi più, altrimenti gliela farò pagare.”

Briony sbottò dalla collera, difendendo in tutti i modi Caroline:

“Ehi!! Mia sorella non c’entra niente in tutta questa storia! Sei stato tu che l’hai messa in mezzo prima col tuo salvataggio da finto eroe, poi l’invito al ballo! Te lo farò pagare io stessa se non le stai lontano.”

L'ibrido rise, incurante dell'avvertimento:

“Chiunque è coinvolto in tutto questo  ne subirà le conseguenze.”

Briony allora corse verso di lui con sguardo infuriato:

“Non ci provare nemmeno, non permetterò che a mia sorella venga fatto del male soltanto perché tu stai lanciando delle accuse farneticanti e ridicole! E’ vero forse sapeva del piano visto che tutti ti vogliono morto, ma non ne avrebbe mai fatto parte a mia insaputa! Mai!”

Briony ne era davvero sicura di questo: la sorella non l'avrebbe mai ingannata un'altra volta, soprattutto in quel modo così spregevole... non dopo il chiarimento avvenuto nel giorno del suo compleanno.

Klaus comunque replicò, indifferente a ciò che Briony aveva detto:

“Se i fratelli Salvatore o Elena verranno puniti... allora dovrà toccare anche all’adorabile Caroline.. te lo dico, dispiace più a me che a te.” disse come se gli importasse veramente di Caroline.

L'ibrido guardò il fratello per avere un suo appoggio e Briony notò con sgomento che Elijah non aveva replicato alle ingiurie di Klaus e restava zitto, come se volesse assecondare il suo piano di vendetta.

D'altronde Briony sapeva bene che Elijah non tollerava in alcun modo gli inganni e i tradimenti alle sue spalle; chi aveva osato fregarlo aveva sempre fatto una brutta fine.

Ma non potevano vendicarsi su Caroline... lei non c’entrava niente questa volta, ne era sicura. Non l’avrebbe mai ferita dopo tutto quello che avevano passato.

Briony si avvicinò decisa all’Originario e lo prese per il braccio, costringendolo a voltarsi verso di lei.

“Elijah si tratta della mia famiglia.” sussurrò debolmente.

Il vampiro sostenne impassibile il suo sguardo; era davvero inquieto e quando Briony temette il peggio, lui si voltò deciso verso Klaus e disse che dovevano occuparsi solamente di Esther.

Briony sospirò sollevata, guardando con gratitudine il vampiro; ma alla fine gli avrebbe fatto davvero credere all’innocenza di Caroline e che le sue non erano solo parole al vento. 

Kol all’improvviso si risvegliò, non perse tempo che subito si lanciò contro Damon ma Klaus lo fermò, spiegandogli quello che dovevano fare in quel momento.

Kol sgranò gli occhi allibito e imprecò qualche parolaccia, visto che voleva dedicare quella serata allo spasso totale, invece doveva occuparsi di una madre pazza.

 “Gwendolyn dov’è?” chiese poi. Elijah gli spiegò sbrigativamente il pensiero della sorella e Kol allora scoppiò a ridere.

“Ok. Nostra sorella è definitivamente rammollita. Soltanto noi tre possiamo fare qualcosa.”

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Briony poco dopo era tornata a casa e aspettava con ansia il ritorno di Elijah, accendendo un piccolo fuoco nel salone. Si raccolse con dei sospiri i capelli in una coda e si mise poi alla finestra, pensando all’ultimo sguardo che Elijah le aveva lanciato prima di andarsene nell’oscurità con i suoi fratelli.

La sua angoscia era insopportabile. Elijah era andato a sfidare Esther e lei come poteva a rimanere in attesa di buone o cattive notizie? Come poteva rimanere in piedi o seduta pigramente, facendo trascorrere quelle ore spaventose…

Scostò la tenda della finestra e ad un tratto vide nel riflesso del vetro proprio il volto bellissimo di Elijah; lei si voltò sorpresa mentre i suoi occhi brillavano dalla felicità nel vederlo vivo e incolume, al di fuori di ogni pericolo.

Sorrise estasiata e si precipitò subito verso di lui, stringendolo forte a sé mentre una piccola e lucente lacrima di felicità rigava il suo viso.

Tuttavia Elijah non ricambiò l’abbraccio perché restò fermo e duro come il marmo, come se fosse un fantasma privo di emozioni.

Briony lo avvertì subito e si scostò da lui, cercando di guardarlo in viso ma quegli occhi neri non incrociavano mai i suoi. Il viso del vampiro era gelido, misterioso, quasi inumano.

La ragazza sussultò temendo che qualcosa fosse andato storto:

“Che è successo? Qualcuno si è fatto male? Rebekah sta bene?” domandò preoccupata per avere qualche risposta.

Elijah sciolse l’abbraccio senza guardarla in faccia, e cominciò a camminare lentamente lungo la stanza; Briony restava in piedi non sopportando quel suo silenzio che avrebbe fatto gridare chiunque pur di spegnerlo.

“E’ finita, Briony.” Sussurrò lui freddamente andando verso la finestra.

La ragazza sussultò per quelle parole che facevano presagire una fine che lei non avrebbe mai voluto, ma che aveva sempre temuto che accadesse prima o poi. Strinse forte i pugni e si morse le labbra cercando di trattenere il groppo in gola, mentre Elijah le spiegava in fretta ciò che era accaduto.

Quando Briony scoprì che Esther era scappata rimase di stucco, perché le loro angosce non era ancora finite se lei era ancora in giro a sperimentare incantesimi per uccidere i suoi figli.

Il vampiro smise di sparlare e guardò un punto indefinito al di fuori della finestra. Ma il silenzio aveva molte parole, molte più di quanto la mente poteva sopportare.

Esther aveva ragione.” disse Elijah improvvisamente.

“Che vuoi dire?” chiese lei cercando di capire il motivo per il quale il vampiro fosse così scuro in volto. L’Ombra che aveva visto in lui quella sera era tornata a gravare sui suoi occhi.

“Parlo tanto di virtù… ma quando mi fa comodo uccido, mutilo e tormento.” Sussurrò mestamente staccandosi dalla finestra, e Briony percepì in lui una profonda indignazione verso ciò che aveva fatto.

Non riusciva a sopportare la sua agonia, voleva scacciare via il tormento dai suoi occhi e dalle sue parole. Lui non meritava quel gravare di colpe che non erano sue e di sopportare un disprezzo ingiusto.

“Perfino oggi ho terrorizzato un innocente…

“Smettila con queste farneticazioni assurde..” mormorò Briony tra sé e sé, scuotendo la testa nel cercare di farlo smettere di torturarsi in questo modo.

“Credimi, non c’è nulla di assurdo in questa realtà che si è imposta su di noi.” Affermò Elijah duramente, tenendo sempre lo sguardo lontano per non farsi manipolare da altri pensieri diversi. “Ho usato persino l’odio di mia sorella nei confronti di Elena per ottenere quello che volevo… l’ho usata come brandirei una spada…” mormorò lui ancora in tono colpevole.

Poi finalmente incrociò gli occhi di Briony per la prima volta in quei minuti, come se Elijah temesse di vedervi dentro una probabile repulsione verso di lui.

“Ma il peggio l’ho fatto a te.” Sussurrò indignato con se stesso.

Briony si sentì mancare il fiato e il cuore perse qualche battito nel sentire quelle parole: Elijah si prendeva di colpe che non esistevano… perché non capiva che lui le avrebbe fatto del male soltanto se l’avesse abbandonata?

“Non devi dire queste cose Elijah. Hai fatto tutto questo per proteggere la tua famiglia e non devi sentirti in colpa se hai usato dei mezzi sbagliati per arrivare a un fine giusto.” disse Briony cercando di farlo ragionare, ma le sue parole non diminuirono il tormento del vampiro, che sentiva nascere delle crepe nella sua moralità.

Elijah infatti sorrise freddamente, vuoto. I mezzi sbagliati rappresentavano la negazione stessa di un qualche fine giusto.

Briony allora gli prese il viso tra le mani, cercando di fargli capire che lui non aveva portato il male nella sua vita, tutt’altro:

“Tu sei indispensabile per la mia felicità, non posso vivere altrimenti.” Disse dolcemente per confortarlo.

“Lo credi davvero?” rispose lui duramente. Scosse la testa, facendo abbassare le mani della ragazza. “Non parlo soltanto di ferite fisiche… parlo di qualcos’altro ben più grave che prima o poi succederà Briony, anche contro la mia volontà.”

Elijah infatti aveva sfogato la sua  rabbia e frustrazione su di lei, che era l’unico essere che non lo meritava… Le aveva dato uno schiaffo, non importava se inconsciamente; l’aveva spaventata mentre le aveva afferrato con ferocia il polso, dandole continuamente degli ordini.

L’indignazione tornò sul suo volto pensando che la sua colpa ben più grave sarebbe stata trasformarla… era inutile scappare, prima o poi sarebbe successo se continuavano quella storia… l’avrebbe privata della sua vita, della sua anima, e l’avrebbe fatta diventare un mostro, proprio come lui.

E per cosa poi?

Quello era un amore distruttivo.

“Non pensare neanche un attimo a quello che stai pensando.  Se stai cercando di far allontanare chi tieni a cause di colpe passate e rimorsi presenti, non andrà a buon fine con me. Tu non sei un mostro, Elijah, io lo so.” disse Briony con tutta la sincerità che aveva in corpo.

Poichè ne era davvero convinta… Dentro la sua anima fredda di vampiro ardeva ancora una fiamma umana, e lei riusciva a vederla fino quasi a toccarla.

“E non lo dico soltanto perché ti amo, ma perché vedo quello che sei… soprattutto ora.” Gli toccò spasmodicamente il petto. “Non si può amare ciò che non si capisce, e nonostante tu ti stia rifiutando, devi darmi retta per una volta.  Tu sei l’uomo più nobile che abbia mai conosciuto, e non intendo cambiare la mia vita con te.”

Le sue parole risuonavano roche e strozzate perché aveva le lacrime agli occhi, anche se non avrebbe dovuto. Voleva dimostrarsi forte davanti a lui per confortarlo e invece si era sentita spezzare il cuore nel vederlo così distrutto.

Elijah la guardò profondamente, sentendo di non meritare né lei né le sue parole perché ormai ogni fibra del suo essere era orientata alla cruda verità che aveva affermato la madre quella sera. “Sei un’illusa, Briony.” Mormorò mestamente.

“Illusa? Tutto quello che abbiamo passato e che ho visto quindi me lo sono solo immaginato?!” replicò lei adirata in mezzo al dolore che sentiva.

Ma Elijah, nelle crepe del suo onore non volle udire altro, perché già stava udendo altre parole mentre scuoteva la testa: parole che gli rimbombavano nella mente, come lame affilate che gli laceravano l’anima maledetta da tempo: “Per mille anni sono stata costretta a guardarvi, a sentire il dolore di ogni vittima, a soffrire per il sangue che versavate. Persino tu Elijah che affermi di essere superiore non sei meglio di loro. Tutti quanti voi siete una maledizione in terra che si protrae da generazioni.

Dopo di che Esther aveva fatto una pausa per far soppesare quelle parole ai suoi figli, ma Klaus e Kol ne erano rimasti completamente indifferenti mentre nel cuore di Elijah avevano lasciato il segno.

Non contenta di ciò che aveva detto, Esther aveva deciso di indurire ancor di più il suo disprezzo verso i figli dicendo delle cose terribili…

Fu come se avesse scagliato un ennesima maledizione sulla sua famiglia, temendo di non avere il potere necessario di ucciderli quella sera:

“Nulla di ciò che farete si rivolterà verso il bene; anzi diventerà solo fonte di male, sciagura e disperazione per voi e per chi vi sta accanto. La vostra oscurità getterà nella tenebra e nella disperazione tutti coloro che amate. Qualsiasi cosa facciate si rivolterà contro di voi.”

Elijah chiuse duramente gli occhi, ripensando a quelle parole che lo stavano logorando, perché temeva che un giorno si sarebbero avverate.

Briony lo fissò attentamente come se riuscisse a vedere al di sotto delle sue palpebre chiuse il suo tormento interiore, e quella lacerazione d’animo schiacciò anche lei.

Così in quel momento lei non riuscì a negargli un suo abbraccio, offrendogli così un caldo conforto.

Ma quando tentò di farlo, lui la scansò indifferente, fissandola poi con occhi gelidi che avrebbero fatto allontanare chiunque. Perché lui voleva allontanare.

Briony tuttavia non demorse e lo prese almeno per il braccio, chiamandolo per farsi ascoltare. Lui rispose col suo nome stretto tra i denti per farla smettere, ma lei questa volta combattè con tutte le sue forze. Non fuggì da lui, non pianse più, e lo prese per lo spalle:

“Guardami.” Sussurrò decisa “Tua madre mente, è lei il mostro, è lei che vi sta facendo soffrire ed è lei che deve essere punita, non tu! Non puoi cedere Elijah, non devi mollare ciò che sei, perché io sono qui… con te… e giuro che non lascerò che questa Oscurità ti distrugga. Non… non farti spezzare. Non tu.”

Elijah dopo le sue parole l’aveva guardata duramente poi fissata intensamente, rapito da ogni suo gesto, e qualcosa parve cambiare in lui.

Percepiva l’orrore che tentava di afferrarlo e l’abisso spalancato, che aveva intravisto quel giorno, farsi sempre più vicino.

Ma lei era l’unico appiglio che non gli faceva cedere al vuoto, alla mancanza di sentimenti... che lo riportava su un’altra strada, quella umana, che aveva abbandonato tempo prima.

Mentre fissava il suo bellissimo viso e i suoi occhi verdi ricolmi di una dolcezza unica, il vampiro pensò di aver trovato quel poco di pace che tutti cercano, ma che solo pochi raggiungono.

Forse non se la meritava ma Elijah finalmente scacciò quell’Ombra dalla sua mente, tutto quel male che era successo quella sera per riportare sollievo al suo essere. E infine toccò Briony sul suo viso in una carezza molto delicata e, sviando lo sguardo con un lieve sospiro, la raccolse contro il suo petto, in un abbraccio sentito.

Seppur fosse stato un gesto garbato per Briony fu così improvviso che le mancò il respiro, e le sue mani rimasero intrecciate sul petto dell’Originario.

Elijah le fece scivolare una mano intorno alla vita e abbassò il viso verso il suo, sussurrando il suo nome in maniera diversa dalle volte precedenti. Come può stare così a diretto contatto con la ragazza che amava e convincersi che era giusto andarsene?

Ma finalmente Elijah fece qualcosa per se stesso, per assaporare la pace tanto attesa, e scacciò definitivamente - o in parte - i dubbi e l'oscurità su di lui. E quando Briony, senza alcuna paura o timore, gli sussurrò contro le sue labbra "Sono qui." lui non la lasciò fuggire questa volta.

Premette le labbra sulle sue in una forte pressione, ma poi non riuscendo a resistere cominciò a baciarla con più foga, come se lei fosse l’aria e lui stesse soffocando.

E lei dimenticò ogni cosa: tutto tranne loro due.

Si strinsero forte tra le braccia, non lasciandosi mai più andare, mentre la testa di Briony girava vertiginosamente perché il cuore aveva cominciato a battere impazzito e temeva le fuoriuscisse dal petto per colpa della potenza di quel bacio, un bacio che li riportava a unirsi.

Elijah rafforzò il bacio, premendo una mano sulla sua coda di cavallo, e Briony fu costretta ad aggrapparsi alle sue spalle per non farsi cedere le ginocchia.

Si allontanò da lui soltanto per respirare di nuovo se non voleva rischiare di avere sul serio un cedimento.

Doveva solo riprendere fiato, prima che lui glielo togliesse di nuovo.

Dopo di che, Briony appoggiò dolcemente la testa sul suo petto e gli sussurrò timorosamente: “Te ne andrai?”

Temeva quella risposta perché aveva percepito l’urgenza di Elijah di allontanarsi da tutto, portando con sé il rimorso per quello che aveva fatto.

“Credi che ti lascerei nel pericolo?” domandò lui in tono affascinante cingendole la schiena.

Ma Briony replicò subito perché non voleva sentirsi un peso:

“Se lo fai soltanto perché ti senti obbligato o perché hai paura per me allora…

Elijah tuttavia non la fece finire e le alzò il mento con le dita fredde:

Briony, non sono né un sadico e nemmeno un martire. Se intendo restare è perché lo voglio. Oltretutto sei l'influenza migliore che potrei mai desiderare.” rispose profondamente con un sorriso affascinante, sciogliendo ogni possibile dubbio.

Briony si riconobbe nei suoi occhi e percepì quanto lui l’amasse; gli sorrise felice dandogli un fugace bacio.

“Non devi più dire quelle cose, mai più.” disse poi restandogli vicina.

Lei infatti era consapevole che Elijah trattenesse l’oscurità nel suo cuore da troppi secoli, ma lei davvero sperava di riuscire a cancellarla…

Il vampiro si fece poi serio e le accarezzò i capelli senza dire niente; poi si voltò istintivamente verso il fuoco.

Qualcosa attirò la sua attenzione… sembrava come se in mezzo alle fiamme comparisse il volto della madre quando pronunciava quelle parole che avevano lacerato l’anima del vampiro:

“Nulla di ciò che farete si rivolterà verso il bene; anzi diventerà solo fonte di male, sciagura e disperazione per voi e per chi vi sta accanto. La vostra oscurità getterà nella tenebra e nella disperazione tutti coloro che amate. Qualsiasi cosa facciate si rivolterà contro di voi.”

Elijah si irrigidì.

Avrebbe combattuto con ogni mezzo perche ciò non avvenisse. Non intendeva permetterlo.

Ma quella tremenda maledizione avrebbe segnato Elijah e i suoi fratelli per il resto della vita…

 

FINE CAPITOLO!!

Scusate ancora per questo capitolo chilometrico in stile Divina Commedia XD prometto che i prossimi saranno più corti, lo so che lo dico sempre ma non lo faccio mai, comunque spero di moderarmi XD

Che dire, vi è piaciuto il capitolo? Troppo melenso? Troppo triste? Troppo romantico?

Spero di ricevere dei vostri commenti! Vi avverto che questo è l’ultimo capitolo in cui mi baso sul telefilm, adesso prenderò un percorso mio che spero vi piacerà :--)

Ne approfitto per suggerirvi un’altra mia fanfic che sto scrivendo con Buffy46 che si chiama “Cuori in tempesta” e si trova nel suo profilo.. anche questa riguarda Elijah e non solo!

Grazie a tutti!! ^^

Ovviamente dedico questo capitolo a One Tree Hill, dal quale proviene la prefazione del capitolo e che ho interpretato a modo mio durante la scrittura!

 

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Capitolo 7
*** Il mostro alla fine del libro -1 parte- ***


5 CAPITOLO

 

I mostri sono reali.

Vivono dentro di noi. E a volte vincono...

 

 

 

Briony continuava a fissare lo specchio con le sopracciglia aggrottate e l’espressione concentrata: aveva sempre timore nell’entrare in bagno dopo ciò che aveva visto, e ancor di più vedersi allo specchio per colpa di quell’inquietante scritta che sembrava non voler dimenticare.

Quel giorno però non si focalizzò sullo specchio in particolare, ma su un punto del suo viso: i suoi occhi.

C’era qualcosa di strano in loro…

Ci voleva un’arguta vista per accorgersene ma quando lei si avvicinava di più allo specchio, quasi potesse toccarlo con la punta del naso, Briony riuscì a scorgere dentro quelle pupille verdi un’ombra strana... quasi una specie di luccichio rossastro, che invadeva le iridi degli occhi rendendoli quasi spaventosi.

Sbatté le palpebre per scacciare quello pizzicore fastidioso e quando li aprì stranamente non c’era più niente dentro di essi: nessuna ombra, nessuna luce color rosso sangue così intenso da farla sobbalzare e pensando che quella allo specchio non potesse essere davvero lei.

“Perché ti specchi in quel modo? Stai cercando qualche traccia della vecchiaia?” la richiamò Caroline con una battuta sarcastica, entrando in bagno.

Briony si riscosse subito, asciugandosi gli occhi con un asciugamano: “Non è divertente detta da una che ha l’orologio biologico bloccato a 17 anni. Tutte le aziende cosmetiche ti vorrebbero come testimonial sai?” replicò lei con un sorrisetto, uscendo dal bagno.

Briony smettila, sei sempre stata bellissima e quante volte ti ho pregato di partecipare al concorso di reginetta di Mystic Falls, ma tu inventavi sempre qualche scusa pur di non parteciparvi! Potevi vincere sicuramente sai? Saremmo diventate le uniche sorelle di Mystic Falls che hanno vinto entrambe la fascia di reginetta!” esclamò Caroline euforica battendo le mani come una bambina.

Briony alzò gli occhi cercando di non assecondarla anche se le veniva da ridere: “Non sono robe adatte a me, sei tu l’esperta in queste cose da reginetta-guardatemi come sono perfetta! E  lo sai che non mi piace ricevere troppi complimenti... davanti a un pubblico poi..” mormorò impallidendo solo al pensiero.

Caroline rise di gusto criticando la troppa riservatezza della sorella, ma all’improvviso Briony si fece seria e la fissò dritto negli occhi: “Elena ti ha avvisato di ciò che è successo ieri sera…?”

Caroline si immobilizzò di colpo diventando nervosa, ma cercò di non darlo troppo a vedere: “Sì mi ha informato e mi ha anche detto che Damon e Stefan non sono riusciti ad uccidere gli Originali”

“Fingerò di non aver sentito del dispiacere nella tua frase” replicò Briony sprezzante, inarcando un sopracciglio.

 Poi però improvvisamente si ricordò della frecciatina che Klaus le aveva lanciato.. sul fatto che Caroline fosse coinvolta in tutto questo, che non aveva esitato un attimo a collaborare con i Salvatore..

Le sembrava così impossibile dopo come si erano riappacificate e promesse di non dirsi più bugie... ma forse era uno dei soliti stratagemmi di Klaus per mettere tutti l’uno contro l’altro, mentre lui se ne stava comodo a bersi un drink tutto soddisfatto:

“Ho provato a chiamarti ieri sera per avvertirti di stare attenta, visto il casino che i Salvatore avevano combinato… eri in compagnia?” domandò cercando di apparire normale.

Caroline sussultò sentendo quella domanda perché conosceva troppo bene la sorella per capire che non era solo una semplice domanda di cortesia… forse qualcuno le aveva rivelato qualcosa… Si portò nervosa un ciuffo dietro l’orecchio:

“Beh in effetti sì.. Klaus ha architettato una tecnica di abbordaggio nei miei confronti ma io me ne sono subito tirata fuori, anche perché sai cosa penso di loro… e me ne sono ritornata subito a casa.” rispose per far sfuggire ogni possibile dubbio. Non voleva leggere dentro gli occhi di Briony un’ennesima delusione da parte sua… lei non avrebbe mai capito il perché avesse agito in quel modo alleandosi con i Salvatore, e ogni discussione sarebbe stata inutile.

Briony la guardò dubbiosa, pensando se doveva fidarsi o no della sua buonafede: molte volte Caroline le aveva mentito spudoratamente, oppure le aveva taciuto parte della verità manipolandola a suo piacere.

Ma come al solito il bene infinito che le voleva ebbe il sopravvento, e cercò di darle un pochino di fiducia per non far mettere sottopressione entrambe.

“Klaus però è diverso da tutti gli altri e devi stare attenta… è diabolico e perverso.  Racconta certe frottole convinto che io ci caschi.. spero che abbia capito di darsi finalmente una calmata” rispose furiosa bevendo un bicchiere d’acqua.

“Damon e Stefan comunque non rinunceranno tanto facilmente..”

“Dovranno farlo invece se non vorranno ritrovarsi appesi ad un albero. Capisco che vogliono liberarsi di Klaus, ma non possono condannare un’intera famiglia innocente” replicò Briony prontamente, senza il minimo timore.

Caroline spalancò la bocca, incapace di credere alle sue orecchie:

“Credi davvero che Elijah sia innocente come un angelo e che non sia capace di compiere gli stessi atti atroci che ha fatto Klaus? Vallo a dire a Bonnie visto che sua madre ora è diventata un vampiro per colpa sua!”

Briony lanciò alla sorella un’occhiataccia diabolica per ciò che aveva detto su Elijah.

“Non ricominciare Caroline.. sono stufa di doverti ripetere sempre le stesse cose e sono arcistufa di sentirti dire delle atrocità nei suoi confronti.. non mi metti in una bella posizione facendo così, sai?” rispose esasperata, sentendo che quelle accuse la ferivano come un pugnale nel petto, perché Caroline voleva farle credere a tutti i costi che quelle atrocità su Elijah fossero vere. E Briony stava combattendo con tutte le sue forze per non permettere a quel pugnale di andare giù a fondo nel suo cuore.

Caroline si infuriò notevolmente, tanto che diede una manata alla parete:

“Mi arrabbio perché non ti rendi conto di cosa Elijah potrebbe essere capace. La sua famiglia è pericolosa, più di quanto tu possa immaginare: trascinano nelle rovina chi sta loro accanto!”

Briony scosse la testa.

Rovina? Quale rovina? Elijah le avrebbe rovinato la vita soltanto se avesse smesso di farne parte.

“Dopo tutto quello che è successo, dopo tutto quello che ho passato, non pensi di dovermi accordare un po’ di fiducia? Pensi che non comprenda il fatto che Elijah potrebbe essere pericoloso per la mia vita o per chiunque altro a causa di ciò che è? Ma io lo conosco Caroline, e non è il mostro che descrivi! Perché crederci per te è così difficile?” mormorò supplicante.

“E perché per te è sempre così facile?”

“Non è mai stato facile!” gridò Briony a gran voce.

Non sapeva perché aveva urlato in quel modo quella frase: forse perché aveva bisogno di far capire agli altri che lei non era una macchina sempre pronta a lottare, a non mollare mai, come se non conoscesse alcuna debolezza e fosse forte come una roccia. Ma non lo era.

Si sentiva terribilmente fragile e indifesa al solo pensiero di perdere qualcuno che amava. In quei lunghi mesi di lontananza, quando Elijah non c'era più, aveva sempre un sorriso da donare per confortare gli altri o una mano sulla spalla per sostenerli e non permettere ai suoi amici di cadere; quando in realtà era lei che stava scivolando in un vortice pieno di dolore e disperazione, pronto ad inghiottirla.

Ma non l'aveva mai dato a vedere.. perché non voleva essere un peso per gli altri, non voleva che si sorbissero ulteriori drammi a causa del suo amore perduto.

Aveva sofferto in silenzio, come al solito. Ma non per questo le sue lacrime invisibili erano mene sincere di altre chiaramente mostrate. A volte é più sincero il dolore di chi soffre in silenzio.

Caroline capendo il tormento interiore della sorella, le si avvicinò lentamente:

“Oh Briony, tutto questo non ha senso…” mormorò scuotendo la testa bonariamente.

“Infatti non ha senso... l’amore non ha logica, dovresti saperlo Caroline”

L’amore domina il corpo, invade la mente, cancella ogni volontà e ogni aspetto ragionevole della vita. L’amore annulla la vita con una forza trascendente e distruttiva.

“Lo so fin troppo bene.. e infatti stavo per rimetterci la pelle” replicò Caroline pensando a ciò che era successo con Tyler.

“A proposito.. hai più sentito Tyler?”

“No si è completamente volatilizzato nel nulla dopo la festa del mio pseudo compleanno”

“Povero Tyler..” sussurrò Briony facendosi triste.

“Povero Tyler?! Povera me!” ribatté Caroline sgranando gli occhi e allora Briony sospirò per farle capire il suo punto di vista.

“Comprendo il fatto che tu sia infuriata ma cerca di capire anche lui.. si starà logorando al pensiero di averti fatto del male e la sua fuga ne è la prova perché non riesce a convivere con la sua colpa.. sono sicura che ti ama nonostante tutto”

“Anche io provo lo stesso ma non penso di potermi fidare ancora.”

Briony inarcò un sopracciglio fino ai capelli:

“Quindi non vuoi più saperne niente di Tyler, ma fai l’accompagnatrice di Klaus ai balli eleganti? Seriously?”

Caroline alzò subito il tono della voce per difendersi:

“E’ una cosa diversa. Mi ha letteralmente costretta. E poi te l’ho detto che non voglio averci niente a che fare”

Ma dal tono della sua voce non traspariva quella sicurezza che sperava.. forse perché era rimasta molto colpita dal comportamento di Klaus e si era sentita davvero lusingata a ricevere le sue attenzioni.. come se davvero lei gli piacesse..

Ma doveva davvero fidarsi? Klaus era una persona senza scrupoli e una parte del suo cuore la metteva in guardia; ma l'altra parte voleva cercare di comprenderlo.

Le rimbombava nella testa la conversazione che avevano avuto la sera prima: lei gli aveva detto che per volere bene a una persona bisogna prima capirla e lui non ci sarebbe mai riuscito finché avrebbe vissuto in quel modo.

La risposta di Klaus l'aveva lasciata basita: "E chi dovrei amare se tutti mi odiano?"

Caroline si riscosse dai pensieri e si mise a fissare la sorella senza dire niente; ora che si sentiva più forte grazie alla sua natura di vampiro voleva proteggere Briony a ogni costo, e tenerla lontano dai pericoli. Ne aveva già passate tante, troppe, e finchè rimaneva legata a una vampiro, a un Originario per giunta, la sua vita sarebbe stata presto spezzata.

Briony intuì quali fossero i pensieri della sorella e la prese per mano, costringendola a sedersi accanto a lei:

“Vieni siediti e parliamo civilmente senza gridare come pazze ok?”

“E perché?”

“Perché sono la sorella intelligente” rispose lei sorridendo, ma poi ridivenne seria e prese la mani della vampira fra le sue.

“Caroline, apprezzo il fatto che tu ti interessi a me e al mio bene,  perché io farei la stessa cosa, ma siamo noi stesse a decidere la nostra vita e quale scelte intraprendere. Soltanto noi. Non puoi pensare che tutto dipenda da te solo per il fatto che tecnicamente sei più forte rispetto a un tempo. Se ti fidi di me, se mi vuoi bene, devi rispettare le mie scelte. Non dico che devi condividerle per forza ma almeno cerca di non sclerare come prima ok?” sussurrò dolcemente accarezzandole la guancia.

Caroline scosse subito la testa perché si sentiva demoralizzata per il fatto che la sorella non volesse sentire le sue opinioni e tentare di capire come si sentisse dentro:

“Perché cerchi amore da chi non può offrirtelo?” disse poi ad un tratto, cogliendo Briony alla sprovvista.

“Insomma ci sono alcuni vampiri con la testa sulle spalle, che hanno ancora dentro di loro la propria umanità ma Elijah sembra davvero… insomma fa rabbrividire soltanto a guardarlo. E’ terrificante quando ti fissa con quegli occhi neri..” mormorò Caroline impallidendo solo al pensiero.

“E sembra che non provi nessun briciolo di emozione. Come se fosse un blocco di ghiaccio.” Continuò deglutendo.

Briony ascoltò attentamente le sue parole e non riusciva a biasimarla, visto che anche lei era rimasta parecchio intimorita e spaventata dall’Originario e da alcune sue reazioni.

A prima vista Elijah sembrava solo un inumano mostro di ghiaccio, visto che la sua parte umana era inarrivabile. Perché non faceva avvicinare nessuno, che non fosse la sua famiglia; allontanava chiunque con un semplice sguardo che faceva trapelare soltanto freddezza, crudeltà, indifferenza. Facendo credere a tutti che era quello il suo vero sguardo e che non sarebbe mai esistito niente di diverso.

Forse perché si era talmente abituato al’Oscurità che aveva finito per conviverci, credendo di meritarselo per ciò che era. O forse credeva che bastasse a riempire il vuoto della sua vita immortale, chiudendo e distruggendo ogni spiraglio di umanità che tentava di aprirsi.

Elijah era proprio così prima che si conoscessero.

Ma l’amore ci fa cambiare, e le ferite che da esso provengono pulsano come acido sulla pelle e tormentano il cuore fino a farlo sanguinare, ma alla fine di tutto l’amore cambia ogni visione della vita. Come un fulmine a ciel sereno.

I meccanismi di difesa vengono sgretolati, le maschere si abbassano. E finalmente trovi la forza di cancellare l’oscurità che si celava dentro i propri cuori, per scorgervi all’interno quella pallida luce fioca che dimostrava che la propria umanità non si poteva mai soffocare del tutto.

E infatti chiunque comprendeva Elijah per ciò che era veramente ne veniva catturato all’istante e non sarebbe mai riuscito a dimenticarlo o lasciarlo andare via. Come succede quando una forza irrefrenabile incontra un oggetto inamovibile.

Briony ripensò tutte quelle cose e comparve un debole sorriso nel suo volto:

“Credimi quando ti dico che mi sentirei morire al solo pensiero di non averlo più al mio fianco.. ormai lui è diventato una parte di me da cui non posso e non voglio staccarmi. E’ come se… la mia vita avesse prese significato soltanto quando lui ha cominciato a farne parte.”

Briony voleva con tutto il cuore che Caroline la capisse o che almeno si sforzasse.. Si chiese perché la sorella vedesse Elijah in una determinata veste e lei in tutt’altra.

Forse perché alla biondina non si bloccava il respiro quando lui la guardava, la sua anima non si torturava al solo pensiero di perderlo per sempre, o perché il suo cuore non batteva fortissimo ogni volta che Elijah semplicemente la sfiorava.

Caroline abbassò la testa e dalle labbra fuoriuscì un respiro soffocato:

“E’ proprio per questo che mi preoccupo...” sussurrò a malapena.

Briony la guardò interrogativa mentre Caroline sembrava come se cercasse l’aria sufficiente per riuscire a parlare:

“Tu lo ami così tanto che saresti disposta a sacrificare tutto… persino la tua vita. La tua anima. Ed è sbagliato, Briony

Fu come ricevere una mazzata in pieno viso. Sapeva a cosa Caroline si riferisse e Briony ne era consapevole e ci aveva spesso pensato più volte: se voleva restare con Elijah, doveva diventare un vampiro. E prima o poi sarebbe accaduto.

Non sapeva se lui avrebbe acconsentito visto gli ultimi avvenimenti e i rimorsi che erano ritornati a galli a causa di ciò che aveva fatto nei secoli; ma se in passato per Briony diventare un vampiro era una cosa abbietta e mostruosa, ora le cose erano cambiate.

Quando Elijah aveva capito per un attimo ciò che lei desiderava e si era avvicinato pericolosamente a lei, Briony in cuor suo aveva sperato che la trasformasse.

Sapeva che era pericoloso, sbagliato, e non poteva immaginare di vivere cibandosi di sangue umano e di frenare sempre i propri istinti per non recare pericolo agli altri.

Ma il vantaggio più grande e quello più importante da cui ne avrebbe ricavato.. sarebbe stato poter vivere con lui, per sempre. Non chiedeva altro.

Fissò la sorella che sembrava sul punto di avere un’altra crisi di nervi e constatò che dopo tutto era riuscita ad amare la sorella anche sotto quella veste, perché Caroline non poteva fare altrettanto e rispettare la sua scelta?

“Ma sei un vampiro Caroline... credevo che tu..”

“A prima vista sembro felice, ma tutti i giorni convivo con la consapevolezza che prima o poi perderò tutte le persone che amo e…” I singhiozzi inondarono il viso fino ad arrivare alle labbra, impedendole di scandire bene le parole ma Briony riuscì comunque a sentirle:

“E rimarrò sola..” sussurrò piangendo.

Briony sobbalzò sentendola parlare così: non ce la faceva a vedere la sorella in quello stato,  e quel che peggio Briony si sentiva in colpa per non aver capito il tormento e la sua angoscia a causa della consapevolezza di perdere un giorno tutte le persone che amava, e infine di loro sarebbe rimasto solo un tenue ricordo che sarebbe appassito col passare dell'eternità:

“Oh Caroline…” sussurrò Briony tristemente prendendola tra le braccia.

Affondò la testa nei suoi capelli e le accarezzò dolcemente, come se avesse paura di farle del male

“Non potrai mai essere sola finché avrai un posto nel mio cuore” sussurrò teneramente mentre l'abbracciava.

Caroline sfogò tutte le sue lacrime sulla sua spalla come se avesse bisogno di sfogare il suo dolore e il suo dramma per essere un vampiro.

“Tu sei mia sorella, e non c’è niente che non farei per te” mormorò Briony ancora una volta prendendole il viso fra le mani, per dimostrarle che gli occhi non mentivano.

In fondo era vero, Caroline era sangue del suo sangue e questo genere di legame non può essere spezzato per nulla al mondo. Potevano litigare, arrabbiarsi ma alla fine trovavano sempre il modo di riconciliarsi.

Anche se la fiducia una volta persa, è quasi impossibile riconquistarla.

 

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É facile ripensare a un ricordo, ma ancor più difficile provare a non farlo. Un ricordo provoca sempre un dolore perché nella maggior parte delle volte sai che non ci saranno mai più momenti come quelli.

Si poteva solo pensare a cosa sarebbe potuto succedere se avessimo fatto scelte diverse o se abbiamo combattuto abbastanza per far sì che quei momenti non fossero soltanto ricordi lontani.

Per questo Briony si intristì mentre riguardava alcune vecchie foto che ritraevano se stessa da piccola insieme alla madre: erano immagini tenere, dolci come ogni foto tra una madre e una figlia dovrebbero essere. Peccato che la realtà era ben diversa…

Non riusciva nemmeno a ricordarsi l’ultima volta che aveva detto “Ti voglio bene mamma” o una semplice telefonata avvenuta di recente, poiché le due non si sentivano né si vedevano da anni.

Non l’aveva voluto lei... chi mai vorrebbe allontanarsi dalla propria madre? Colei che ti ha donato la vita e che ti è stata accanto nei primi anni della tua infanzia?

Ma purtroppo la vita non è una favola della buonanotte... e i fatti lo avevano dimostrato ampliamente.

Come poteva una madre abbandonare la propria figlia, lasciarla sola per lunghi anni senza mai una telefonata, mai una visita, mai una lettera? Senza il minimo appiglio che ti facesse credere che lei pensasse qualche volta a te.

Fu un atto spregevole e meschino il suo.. lasciare l’unica figlia da sola senza un perchè. Era come se la luna abbandonasse le sue stelle.

Le mani di Briony affondarono in un altro scaffale dove c’erano altre foto di lei da piccola che portava a spasso Caroline nel passeggino, o quando le dava un tenero bacio sulla fronte mentre dormiva nella culla.

Sorrise teneramente pensando a quei ricordi: quando si è bambini tutto sembra più semplice... non puoi pensare alle difficoltà che un adulto deve affrontare.

Adagiò lentamente le foto sopra il comodino, quando improvvisamente Briony percepì una presenza dietro di lei.

Infatti subito dopo sentì un braccio forte avvolgerle il petto, fermandosi nell’incavo del collo, e istintivamente lei sussultò dalla paura ed ebbe voglia di lasciar spazio a un grido.

Tuttavia l’allarme non era così enorme: si sentì invadere da un respiro fresco che soffiò delicatamente sul suo orecchio sinistro e poi giù sul collo. Bastò un solo secondo per riconoscere quella presenza che si trovava dietro le spalle: soltanto una persona poteva farle venire dei brividi così intensi lungo la schiena, e il cuore come al solito cominciò a battere impazzito.

“Buongiorno.” sussurrò quella voce che avrebbe riconosciuto tra milioni, e come al solito si stupì di quanto fosse affascinante.

Briony sorrise lievemente, accarezzandogli il braccio che rimaneva fermo sotto il suo collo, e ogni volta che la schiena si avvicinava sempre di più al petto marmoreo di Elijah sentiva una scossa elettrica attraversarvi.

“Adesso ti intrufoli in casa mia come un ladro? Credevo avessi un po’ di buone maniere.” Affermò lei in tono ironico, osando a malapena muoversi. Non sapeva perché ma era stata invasa da un’improvvisa tranquillità e non voleva distaccarsi da lui per nulla al mondo.

Percepì la debole risata del vampiro solleticarle la pelle, quando poi lui le scostò i capelli sciolti dall’altro lato della spalla, per appoggiare le labbra fredde sulla delicata linea del suo collo, sotto l’orecchio.

Le guance di Briony si tinsero di un rosso fuoco mentre le ginocchia parvero cedere e piegarsi, come se fosse sotto l’effetto di un incantesimo. Sembrava come se Elijah le avesse soggiogato il cuore che batteva davvero solo in sua presenza.

Le labbra fredde del vampiro lasciarono il suo collo e baciarono delicatamente i suoi capelli castani: “Ho aspettato che tua sorella uscisse di qui, altrimenti sarei venuto prima.” le sussurrò nei capelli.

“Credi ancora che lei sia coinvolta su ciò che è successo ieri?” domandò incerta, restando immobile.

“Non mi fido di Klaus lo sai, ma tutto fa presumere che lei abbia collaborato con i Salvatore per uccidere me e la mia famiglia.” rispose lui gelido.

La ragazza scosse la testa ripetutamente perché non ci voleva credere che Caroline fosse coinvolta in tutto questo, che l’avesse pugnalata alle spalle un’altra volta.

Si girò lentamente verso di lui e lo guardò negli occhi:

“E’ mia sorella.”

Non sapeva che altro dire, non era di certo una giustificazione per ciò che aveva fatto ma Briony aveva le mani legate. Non sarebbe riuscita a farle del male e voleva davvero fidarsi di Caroline questa volta, invece di darle contro.

Elijah serrò gli occhi che divennero ad un tratto gelidi mentre si avvicinava di più a lei:

Briony, non ho intenzione di farle del male... ma voglio metterti in guardia. La fiducia che hai nei confronti di tua sorella è malriposta.” Rispose freddamente e senza un minimo di incertezza.

La ragazza si portò una mano sul viso non sapendo cosa fare, allora il vampiro si allontanò, cominciando a vagare per la stanza per poi immobilizzarsi di colpo.

Teneva le mani in tasca e tutto il suo corpo sembrava essersi irrigidito, come se fosse stato punto da un veleno che gli impediva di muoversi:

 “L’ultima cosa che vorrei vedere nei tuoi occhi è la mia stessa espressione che ho avuto io quando sono stato deluso dalla mia famiglia.” Mormorò lui ad un tratto, dandole le spalle.

Anche se non riusciva a vederlo in viso, Briony sapeva cosa si celava dietro quella frase all’apparenza gelida e cosa nascondevano i suoi occhi neri: Delusione. Dolore. Rabbia.

Era stato ferito dalle persone più importanti della sua vita, Klaus e sua madre, e voleva evitare con tutte le sue forze che anche lei subisse lo stesso tormento, perché dolori simili ti gelavano il cuore e impedivano a chiunque di entravi per non essere feriti nuovamente.

Briony stava per avvicinarsi a lui quando all’improvviso il cellulare di Elijah squillò e lui rispose fulmineamente. La telefonata durò pochi secondi infatti chiuse subito comunicazione e si girò verso di lei.

“Scusami devo andare.” mormorò scacciando via la tristezza che aveva invaso i suoi occhi quando aveva parlato della sua famiglia.

Briony gli sorrise cercando di farlo stare meglio: “Non lo dico per avvantaggiarmi sulla situazione ma… Andrà tutto bene. Risolveremo anche questa.” mormorò decisa avvicinandosi. Vedendo che lui sviava lo sguardo con un sospiro, lei continuò accarezzandogli il braccio:

“Non sprecare questa tua nuova libertà fossilizzandoti su problemi vecchi di secoli o su questioni familiari che ti consumano sempre le energie. Non addossarti tutto il peso, perché so come il tuo umore subito dopo diventi cupo.”

Elijah ritornò a osservarla, calmo, silenzioso come se non volesse esprimere a voce brutti e funesti pensieri; mentre le esperienze del passato risuonarono nell’aria come vecchi spettri. Con Briony la scorsa notte aveva condiviso un momento difficile ma di riconciliazione, di pace serena, e lei stessa non voleva lasciarsi sfuggire il futuro davanti a loro, proprio ora che ce lo avevano a portata di mano.

Mentre l’Originario affondava lo sguardo su di lei, rimanendo pensieroso, Briony non intuì se quelle parole gli fossero rimaste impresse e l’avessero davvero convinto. Sapeva che in fondo l’illusione per Elijah fuggiva come il lampo, la fredda razionalità ritornava a beffarsi della sua momentanea debolezza e le grigie abitudini lo avrebbero riportato ancora una volta sulla strada del freddo controllo.

Tuttavia lui la soggiogò nell’incurvare le labbra in un mezzo sorriso, sempre mezzo e non molto arrendevole, ma comunque un risultato c’era sempre in sua presenza:

“Hai detto che non vuoi avvantaggiarti sulla situazione ma mi sembra che tu voglia plagiare il mio umore per i tuoi voleri, Miss Forbes.” La provocò lui elegantemente con una piccola scintilla negli occhi.

Era sicuramente un bluff, o un modo per lasciar perdere quel discorso tortuoso che lo doleva sempre, ma Briony non se la prese. Sapeva che non diceva sul serio perché lui la conosceva troppo bene, e visto che una momentanea arrendevolezza spensierata era apparsa in lui dopo tutto, lei non volle mollare quella presa.

“Se è davvero così, non dovresti prendere una posizione?” gli ammiccò con finta innocenza, dondolando sulle gambe.

Lui la guardò da sotto le palpebre, rimanendo come sempre sotto l’aurea di pacata calma invidiabile. “Mi lusingherebbe davvero farlo ma… come ho detto devo andare, davvero.” E così dicendo fece un passo indietro, raffreddando la fiamma che aveva iniziato a cospargersi attorno al cuore martellante della ragazza.

Lei comunque non se la prese. Sapeva che il peso che Elijah si portava sulle spalle a proposito della famiglia e di tanti altri problemi non sarebbe svanito così su due piedi per magia; lo sapeva da tempo e gli sarebbe stata vicina per tutto il tempo per supportarlo e superando insieme tutte le sfide.

Senza problemi si avvicinò a quella figura statuaria, afferrandogli la cravatta. “Dammi un bacio e torna.” Gli sussurrò, prendendo tuttavia l’iniziativa nell’appoggiare le labbra sulle sue, creando una lieve pressione.

Si staccò quasi subito, gli sorrise benevolmente per fargli capire che comunque sarebbe andato tutto bene. Elijah era rimasto immobile, esaminandola in un muto silenzio con la sua solita compostezza che le faceva sempre infuocare il cuore. Persino non facendo niente era la raffigurazione della perfezione.

Dopo qualche magnetico secondo, con le labbra dischiuse lui indietreggiò di alcuni passi e si voltò, pronto a andarsene.

Vedendolo allontanarsi, lei agì d’istinto e gli disse come in una supplica: “Prenditi cura di te e non solo degli altri. Ti prego.”

Lui si voltò di nuovo in uno scatto automatico. Briony sperò davvero che le sue parole penetrassero in lui con tutta la radiosità emanante. E difatti Elijah si lasciò scappare, o le regalò, uno di quei sorrisi sghembi che le piacevano troppo. Parve che almeno un po’ della rigidità marmorea avesse abbandonato il suo volto. O magari davvero l’umore del vampiro aveva subìto un miglioramento, constatando quello di lei.

Briony gli sorrise di rimando e lo vide andarsene questa volta per davvero.

Adesso che era sola poteva davvero augurarsi che quell’impressione fosse autentica, vera. Voleva davvero sincerarsi che quel barlume di luce che aveva visto nei suoi occhi neri fosse di totale convinzione e che le sue parole avessero fatto breccia.

C’era una lunga strada sassosa da percorrere ma Briony era fiduciosa che ce l’avrebbero fatta. Erano arrivati fin lì, non credeva che esistessero ostacoli ancor ben più grossi.

Tuttavia un’ombra di astio attraversò il suo volto ad un tratto: per Klaus e Esther. Il pericolo era davvero scampato come voleva farsi credere, oppure doveva essere più sospettosa? E i Salvatore che avevano in mente?

Di solito c’era poco posto per il disprezzo nelle nature impulsive, fulgide e pensose. Ma lei – sfortunatamente – non era parte di quella perfetta categoria.

 

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La testa di Caroline girovagava in mezzo a pensieri tortuosi da cui non riusciva a scappare e l'assalivano continuamente: la sua coscienza le imponeva di dire subito la verità a Briony prima che lo venisse a sapere da qualcun altro, ma la paura di leggere nei suoi occhi l'ennesima delusione la bloccava sempre.

Non voleva che la sorella si infuriasse o peggio ancora che non la volesse vedere mai più, ma sperava in fondo al cuore che lei capisse le sue ragioni... finché Briony restava con Elijah, la sua vita sarebbe stata sempre in pericolo e prima o poi sarebbe diventata un vampiro.

É vero, Caroline in questo modo avrebbe avuto la sorella al suo fianco per sempre ma sarebbe stata egoista anche solo pensarlo: Briony avrebbe perso la sua umanità, la sua innata ingenuità e bontà, lo splendore del suo sorriso e i suoi occhi non avrebbero più scintillato ogni volta che si infuriava o si sentiva a disagio.

Caroline sospirò rumorosamente, quando all'improvviso il telefono si mise a squillare impazzito e sembrava non volersi fermare neanche un attimo.

Dall'intensità degli squilli Caroline dedusse che quella telefonata era parecchio urgente e rispose dopo qualche secondo di titubanza.

Riconobbe subito quella voce al di là della cornetta: era suo padre.

L’uomo le disse in poche parole che Tyler lo aveva chiamato per farsi aiutare da lui, ma Bill non avendo capito bene il motivo aveva deciso di telefonare alla figlia. Caroline deglutì non aspettandosi di risentire il padre, e cercò di spiegargli cosa era successo la sera del compleanno.

Bill rimase in silenzio per tutta la durata della spiegazione, disse solamente che sarebbe tornato in città per darle una mano e Caroline subito si mostrò felice per la proposta, anche se il buonumore svanì quando Bill le chiese di Briony.

 Caroline si morse nervosamente il labbro, cercando di non mettere ancor più nei guai la sorella e decise di dire semplicemente la verità: che Briony era riuscita a salvare Elijah e non aveva alcuna intenzione di lasciarlo.

Dall'altro capo della linea ci fu un lungo e terribile silenzio, poi il padre riattaccò senza neanche rispondere.

Nel suo piccolo appartamento a Denver, Bill Forbes, livido di rabbia e di frustrazione, afferrò un bastone e fracassò il telefono per la seconda volta, come la prima volta in cui Caroline gli aveva confessato che Briony si era invaghita di un Originario.

Non gli era mai passato per la mente che una figlia sua avesse potuto commettere una diavoleria simile.

Bill trascorse parecchi minuti girando per casa a grandi passi, dando bastonate ai mobili e ai muri, urlando bestemmie tra i denti e architettando piani strampalati, che andavano dallo spedire Briony in un convento in Italia, sino ad ammazzarla di botte.

Rifletté poi sull'ironia della sorte: lui era un cacciatore, discendeva da una delle famiglie fondatrici di Mystic Fallsma sua figlia era un vampiro mentre l'altra era persa dietro a un Originario.

Che ironia malsana della sorte.

Alla fine quando si fu calmato gli venne in mente un'idea risolutrice. Andò a prendere le chiavi e salì subito in macchina in direzione Mystic Falls.

 

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Briony dopo il dialogo con Elijah sperava di trascorrere quella giornata in tranquillità, ma quando vide il padre sull'uscio della porta capì che le sue prospettive di serenità erano andate completamente in frantumi.

Non doveva pensarlo ma Briony aveva davvero sperato di non rivedere il padre per un minimo di due anni, dopo come si erano lasciati l'ultima volta, e per questo lo fece entrare controvoglia.

"Ciao Briony. Ti vedo un  stressata..." puntualizzò Bill guardandola attentamente, mentre lei pensò proprio che era a causa del suo improvviso ritorno se si sentiva così stressata.

Bill entrò dentro casa e camminò dritto nel salone, guardandosi attorno:

"Lui dov’è?" chiese all'improvviso senza guardarla in viso.

"Ti prego non farmi ripetere ciò che ti ho detto l'ultima volta.. Sarebbe davvero spiacevole" mormorò Briony scuotendo la testa stancamente.

Perché il padre non capiva che comportandosi in quel modo creava soltanto dei problemi e faceva soffrire le sue figlie?

"Dio, Briony." ringhiò lui a denti stretti "Ti rendi conto di quello che stai facendo? Un Originario! Ogni volta che mi scontro col male é per causa loro, perché sono stati loro a creare dei vampiri e a diffondere altro male! E tua sorella ne sta pagando ancora adesso le conseguenze!" urlò facendosi più infuriato del solito.

"Papà.." sussurrò Briony frustata ma richiuse subito la bocca perché si rese conto che era inutile. Per quante volte aveva provato a fargli capire il suo punto di vista, le sue parole ricadevano a vuoto perché era come se si trovasse davanti a un muro.

Forse perché sia al padre che a Caroline non importava cosa si celasse dietro lo sguardo gelido di Elijah, non importava se lui era la persona che più le stava a cuore, e che il cuore l'aveva perso quando lui era scomparso dalla sua vita.

"Non dirmi che vive qui?" ruggì poi Bill tornando all'attacco.

"E se anche fosse? Questa é casa mia" rispose Briony seccata, mettendo decisa le braccia al petto.

"Ti sbagli signorina, questa casa é mia e te la posso togliere quando voglio"

Ma la minaccia cadde a vuoto e infatti Briony sorrise per schernirlo:

"Ci vorrebbero anni affinché ciò avvenisse"

Bill avanzò con prepotenza verso di lei.

"Ti toglierò la luce"

"Perfetto. Andrò a letto presto così"

"Ti toglierò il telefono!"

"Meglio ancora. Non sarò assillata dai creditori"

Bill allora sbottò come se fosse un mare in tempesta a causa dell'insolenza della figlia, e dal modo in cui le si era avvicinato, Briony temette che le stesse per dare uno schiaffo e impallidì.

Tuttavia lui si immobilizzò di colpo.

La fissò dall'alto in basso come se non riconoscesse la figlia che aveva davanti, come se fosse diventata ai suoi occhi solo e un semplice mostro:

"Mio dio Briony... Sembri diventata uno scherzo della natura. Proprio come loro"

La ragazza restò senza parole ma non voleva neppure aprire bocca perché temeva fuoriuscissero dei singhiozzi gorgoglianti, e voleva risparmiarsi quell'ulteriore umiliazione.

Voleva che il padre le concedesse un attimo di tregua, che la smettesse di riempire la sua vita con amarezza, e senso di incomprensione.

Sentiva gli occhi bruciare nel vano tentativo di frenare le lacrime che ormai erano diventate come delle sue compagne di viaggio, visto che non riusciva a farne a meno.

Eppure non la consolavano.. Anzi la facevano stare solo peggio.

Alzò il viso per non far sprofondare quel poco di dignità che le era rimasta e scacciò via quel senso di autocommiserazione che si era inflitta, pur di graduare il dolore che sfociava come un fiume in piena.

"Mi dispiace che ti sia ritrovato una figlia ignobile che definisci uno scherzo della natura.. Non ti farò sopportare oltre la mia presenza quindi perché non te ne vai?"

Bill allora sbatté le palpebre, accorgendosi di aver esagerato e la guardò dispiaciuto:

"Briony cerco solo di.."

"Non li voglio i tuoi consigli, tante grazie!" gli urlò in faccia per cercare di zittirlo.

Se c'era una cosa che Bill Forbes non tollerava era che qualcuno gli urlasse in faccia, mancandogli di rispetto. Peggio ancora se questo qualcuno era la figlia.

Bill sentì la collera montargli fino al cervello e sembrava che gli fuoriuscissero i fumini dalle orecchie. Perse totalmente il controllo e le diede uno schiaffo così forte che l’avrebbe fatta capitolare a terra, se la ragazza non si fosse appoggiata a un tavolo dietro di lei.

Briony sobbalzò credendo che il padre fosse uscito di senno.

“Ora tu vieni con me.” ringhiò Bill prendendola per un braccio e obbligandola a seguirlo.

“Neanche per sogno!” disse Briony cercando di allontanarlo e di spingerlo via, ma le unghie del padre sembravano essersi conficcate nel braccio della ragazza e questo le impediva di muoverlo come avrebbe voluto.

Briony lo fissò con astio provando a divincolarsi dalla sua stretta ma ogni mossa che faceva le provocava un dolore lancinante al braccio. Avrebbe tanto voluto gridare per il dolore, eppure lottò contro se stessa pur di non farlo.

“Obbediscimi per una volta!” le gridò il padre liberandola dalla sua stretta.

Ad un tratto alzò il braccio come se volesse darle l’ennesimo schiaffo per farla stare buona.

Ma qualcuno glielo impedì.

Bill sentì le ossa della propria mano scricchiolare a causa di un’enorme forza improvvisa che gli impediva di muoversi. Si girò con furia verso colui che lo teneva in pugno e che gli aveva afferrato la mano con una tale violenza che avrebbe potuto staccargliela dal braccio.

Briony aveva sgranato gli occhi dalla sorpresa quando aveva visto Elijah balzare all’improvviso al suo fianco e afferrare con forza la mano di Bill, prima che lui potesse anche solo toccarla con un dito.

Elijah lo scaraventò poi contro la parete e Bill rimase immobile, toccandosi la mano dolorante.

L’Originario avanzò lentamente verso di lui, soppesando ogni minimo passo che rivelava una ferocia a stento trattenuta. I suoi occhi neri erano micidiali ma fu impossibile non guardarli.

“Sa, io sono bravo a far conoscere l’inferno a chi scatena la mia rabbia. Quindi cerchi di non mandarmi più in collera... perché le assicuro che gliene farò pentire.”

 Il tono della voce che aveva usato per quelle parole era impossibile da descrivere: era un lento sibilo spietato, ricolmo di terrore e gelo.

Lo sguardo del vampiro a sua volta era così severo e glaciale da apparire disumano, e faceva tremare le ginocchia dalla paura. I suoi occhi erano neri come l’oscurità, così diabolici e impenetrabili che facevano rabbrividire soltanto a guardarli.

L'aria si era addensata dentro quella stanza e Briony non osava dire una parola, riusciva solo a rimanere immobile al fianco di Elijah, il quale non smetteva di minacciare Bill semplicemente con lo sguardo. 

“Papà vattene.” sussurrò Briony dopo qualche secondo, senza un briciolo di sentimento nella sua voce.

L’uomo vedendo che le cose si stavano mettendo male decise di andarsene senza dire una parola, non prima di aver guardato a lungo la figlia con sguardo quasi dispiaciuto.

Elijah invece non smetteva di trafiggerlo con lo sguardo e se avesse potuto gli avrebbe messo le mani addosso, ma cercava in tutti i modi di rimanere calmo come sempre.

Quando Bill se ne fu andato, Elijah tornò finalmente a respirare, i muscoli non erano più rigidi e pronti a scattare da un momento all'altro.

Il suo sguardo incrociò gli occhi di Briony, ancora tremendamente spaventati per colpa dell’irruenza del padre e della sua scenata.

Ma lo sguardo di Elijah era cambiato: non era più gelido o minaccioso. Era struggente, pieno di desolazione e dispiacere...

Era così il suo viso quando il padre Mikael aveva degli scatti violenti e i figli rimanevano succubi della sua ira?

Briony immaginò un Elijah ancora umano che rimaneva inerme a guardare il padre che infieriva su suo fratello Klaus offendendolo in ogni modo, talvolta senza alcuna ragione.

Nessuno riusciva ad opporsi a Mikael, nemmeno Elijah che era costretto a guardare ogni giorno, ogni ora, le sfuriate violente che spaventavano a morte i suoi fratelli.

"Detesto vedere in te quell'espressione..." sussurrò Elijah flebilmente come se avesse persino paura a dire quelle cose, e infatti non riuscì a finire la frase perché dentro si sentiva logorato. Come se lo straziasse vedere il viso di Briony marchiato dalla violenza di un padre.

Sembrava davvero umano.

Briony sapeva cosa voleva dire, lui più di ogni altri poteva comprenderla. In quel momento non c’erano bisogno di parole interrogative o sceneggiate.

La famiglia non deve ingannare, non deve far star male, non deve traumatizzare, non deve pugnalare alla spalle e non ti deve mai abbandonare.

Eppure entrambi avevano sopportato tutte queste cose e avevano sofferto in silenzio... Elijah aveva rimosso quei ricordi dietro un angolo buio della sua mente, mentre Briony ne stava ancora pagando le conseguenze.

Davvero strano come i loro pensieri in quel momento fossero così in sintonia, che sembravano fondersi l’un l’altro.

Elijah serrò i pugni mentre sentiva quei ricordi riemergere ancora più dolorosi del solito; Briony invece dopo un attimo di titubanza avanzò verso di lui e affondò la testa nel suo petto.

“Grazie.” Sussurrò stringendosi a lui.

Non sapeva perché ma aveva bisogno di dirglielo, forse perché l’aveva sempre salvata, perché la comprendeva o semplicemente perché era lì con lei.

Elijah rimase immobile e distaccato, ma dopo un attimo il suo sguardo si abbassò su di lei, e Briony sentì le mani fredde del vampiro accarezzarle piano il viso.

Improvvisamente però quell’atmosfera fu spezzata da una voce che gridava il nome di Brionye che era appena entrata in casa.

<< Che altro c’è? >> Pensò Briony esausta staccandosi dal vampiro.

Apparve Caroline dal nulla, aveva il fiatone e quando vide che c’era anche Elijah il suo viso si incupì notevolmente e gli lanciò un’occhiataccia.

“Caroline? Che ci fai qui?” domandò Briony sorpresa, passandosi una mano nei capelli.

La biondina guardò sia lei sia il vampiro e disse che doveva parlarle urgentemente. Da sola.

Sottolineò l’ultima parola ma Elijah non sembrò toccato dalla cosa, visto che non accennava minimamente ad andarsene; anche se dopo aver guardato Briony decise di farlo.

L'Originario tenne continuamente un’espressione dura sul volto anche quando uscì dalla stanza e Caroline non se la lasciò sfuggire, perché era rivolta a lei.

Dopo di che, le due sorelle si guardarono negli occhi:  Caroline si attorcigliava nervosamente le mani non riuscendo a trovare le parole adatte da dire, mentre Briony aspettava in silenzio.

La vampira non si era neanche accorta dell'espressione che la sorella aveva dipinta sul volto, poiché era tutta presa dal suo nervosismo.

Briony... sono stata io.” sussurrò all'improvviso.

“A fare che?”

“Ho preso io il pugnale dalla tua cassaforte. Ho organizzato tutto con Stefan e Damon, e ho attirato l’attenzione di Klaus per permettere a Alaric di uccidere Kol. Di uccidere tutti gli Originali.” sbottò a raffica come se non sopportasse più il peso della sua colpa.

Non sarebbe più riuscita a guardare la sorella negli occhi sapendo cosa le aveva fatto alle spalle, e finalmente aveva svuotato il sacco anche se sapeva che Briony avrebbe sofferto tantissimo.

Briony infatti restò completamente paralizzata da quella confessione: fu come se fosse stata investita da un treno e sentiva un vuoto nello stomaco che non poteva essere riempito da un semplice tozzo di pane.

Il tempo sembrava essersi fermato.

“Tu..” La voce di Briony risuonava come un sibilo strozzato. Aveva gli occhi spalancati e faceva fatica persino a respirare.

Caroline stava per scoppiare a piangere e si avvicinò a lei, cercando di accarezzarle le braccia per farla calmare:

“Mi dispiace, io volevo solo..”

“Sta zitta!" Briony interruppe bruscamente il mormorio strozzato della sorella, perché non voleva più sentire le sue falsità e giustificazioni.

Ma all'improvviso un pensiero le balenò nella mente e alzò una mano accusatoria: "Immagino che c’entri anche col ritorno di papà vero? Cos’è, l’hai chiamato per l’ennesima volta così mi avrebbe finalmente convinta a lasciare Elijah?” domandò sprezzante lanciandole un'occhiata di fuoco.

“Cosa? No! Papà è tornato per aiutarmi con Tyler, per stare accanto a noi, è questa la verità!" gridò Caroline angosciata.

Briony scoppiò a ridere ma era una risata forzata, che faceva male.

“Di verità me ne hai dette tante in questi giorni ed erano tutte diverse! Ma lascia che te la dica io la verità…

Briony si avvicinò a lei, soppesando ogni minimo passo che faceva per incuterle più ansia. Il suo sguardo era pieno di disprezzo, d'odio e di autocondanna per aver creduto alla sorella come una stupida.

"Tu volevi rendermi infelice... come lo sei tu ora. Perché non sopportavi di essere la sola a soffrire e di non essere più il centro del mondo per me, per Tyler o per papà! Sei soltanto un’ipocrita Caroline!” le urlò in faccia, ricolma di rancore.

“Non è vero quello che dici. Io voglio che tu sia felice! Voglio soltanto il tuo bene e proprio per questo ho acconsentito al piano di Stefan e Damon!” disse Caroline cercando di farsi perdonare in ogni modo, ma Briony ormai non la stava più a sentire.

Sembrava avesse le orecchie tappate e si era allontanata da Caroline, come se non sopportasse di averla vicino e di vedere le sue lacrime di coccodrillo.

“Credevo davvero che tu fossi cambiata… che potessimo ricominciare da capo, senza più bugie o inganni! Ma la gente non cambia… trova soltanto nuovi modi di mentire..." sussurrò affranta scuotendo la testa in direzione della sorella, che recepiva le accuse della mora come uno schiaffo in pieno viso.

"Perché mi hai tradita un’altra volta?" mormorò Briony ancora camminando lungo la stanza, senza lasciare un attimo di tregua a Caroline.

"Ah ma la colpa è mia… Sai cosa sbaglio con le persone?  Partire con il presupposto che siano sincere” sussurrò Briony con amarezza.

A prima vista Briony sembrava arrabbiata, infuriata, addolorata. Invece era delusa da Caroline.

E niente ferisce, avvelena quanto la delusione.

Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita, dal voltafaccia di qualcuno in cui credevamo.

E Briony impresse tutta la delusione nei suoi occhi che ferivano mortalmente il cuore di Caroline, come una lama affilata.

Briony… so che ce l’hai con me, ma tu avresti fatto lo stesso se ritenevi Tyler un tipo pericoloso per me!”

“Non t’azzardare a dire quello che avrei fatto io! Non ti avrei mai mentito spudoratamente in quel modo!" le urlò Briony con tutta la voce che aveva.

Non ce la faceva più, non voleva sentire altre inutili giustificazioni di Caroline visto che la realtà era talmente evidente: lei l'aveva pugnalata alle spalle, le aveva mentito e lei era stata così stupida da crederle, da avere fiducia in lei e da difenderla sempre, in ogni modo.

Briony sospirò esasperata e si sdraiò pigramente sul divano, mettendosi una mano sulla fronte accaldata: "Senti ora basta... sono stanca. E’ stata un giornata pesante e non voglio averti intorno” disse stizzita chiudendo gli occhi.

Caroline si avvicinò timorosamente a lei, agitando nervosa le mani:

“Cerca di capire..”

Le sue parole però furono bruscamente bloccate dal viso furibondo di Briony, che aveva alzato velocemente il busto come una saetta, e l'aveva trafitta letteralmente con lo sguardo per farla stare zitta.

Caroline deglutì impacciata e decise di non parlare oltre... Tanto avrebbe solo complicato le cose.

Prima di andarsene tuttavia si girò verso la sorella, che si era sdraiata come prima, e la fissò tristemente:

“Mi dispiace.”

 

Continua…

 

Buongiorno a tutti! Scusate ancora per il capitolo lunghissimo come la Divina Commedia infatti come avete visto, l’ho diviso in due parti. La 2 parte la metto o oggi o domani!

Ah voglio fare una precisazione… so di aver cambiato il cognome di Briony all’inizio della storia, perché ero convinta che non fosse Forbes, ma mi hanno detto che il cognome di Bill è Forbes, infatti Liz non l’ha cambiato anche se è divorziata. Eh ciò che posso dirvi, errore mio!!

Vorrei ringraziare la mia “Cesara” Ariel Winchester per avermi aiutata e sopportato i miei piagnistei in questi giorni ahah Thankssss ^^

Non voglio rompervi ulteriormente ma volevo farvi vedere un’immagine che ho creato io con le mie manine (Eh già sono pure un’artista XD) che ritrae le protagoniste femminile delle fanfic mie e di Ariel Winchester.

http://oi44.tinypic.com/r2vvnk.jpg

·        La prima a sinistra è la protagonista di un’altra mia fanfic che riguarda il film Alexander. Nel cast c’è pure Joseph Morgan alias Klaus, e altri!

·        La seconda è la protagonista della fanfic di Ariel, riguardante l’anime Death Note. Quell’anime è magnifico, il migliore che abbia mai visto con una trama da brividi e ovviamente l’immaginazione di Ariel non è stata da menoQuindi se conoscete l’anime, leggete la sua storia perché ne vale davvero la pena! ^^

·        La terza è la mia Briony!!

·        La quarta è la protagonista della fanfic di Ariel “Like a Rose on the grave of Love”. Sono sicura che la conoscete già ma io ve la consiglio lo stesso perché è davvero una storia bellissima con un Klaus che fa venire letteralmente i brividi ihih e parlo io che non lo sopporto nel telefilm!

Ok ora basta. XD

Vi auguro una buona giornata e spero di ricevere dei vostri commenti, anche negativi, sulla mia storia!!

Bacioni grandi e perdonate il mio papiro XD

 

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Capitolo 8
*** Il mostro alla fine del libro -2 parte- ***


5 CAPITOLO -2 PARTE

 

 

Briony marciava lungo i corridoi tetri dell'ospedale, sentendo ogni passo farsi più pesante mentre la borsa le cadeva giù dalle spalle senza neanche che lei se ne accorgesse.

Non ebbe quasi più fiato quando arrivò alla camera dove era ricoverato il padre, che aveva appena subìto un intervento delicato.

Qualche ora prima infatti Caroline l'aveva chiamata ripetutamente al cellulare, ma Briony non aveva risposto per evitare ancora inutili polemiche.

Quando però la sorella le aveva intasato la segreteria telefonica, Briony aveva sbuffato spazientita e risposto alla chiamata chiedendole freddamente che cosa volesse. Caroline aveva avuto un tono completamente disperato mentre parlava e diceva che il padre era stato ferito mentre insegnava a Tyler ad autocontrollarsi.

Briony era stata talmente sconcertata e sorpresa nel sapere che il padre era all'ospedale, che non perse nemmeno un secondo e si era preparata subito per andare all'ospedale da lui.

Ma mentre stava per uscire di casa, le venne in mente che Bill non meritava di certo della compassione da parte sua dopo come l'aveva trattata così duramente quel giorno.

Non meritava di certo che lei si preoccupasse per lui e che accorresse all'ospedale per assisterlo come una figlia devota e perfetta.

Per una volta voleva essere egoista: voleva pensare al proprio bene, non sempre a quello degli altri, che puntualmente la deludevano.

La sua mano aveva lasciato la maniglia della porta e era risalita in camera con un sospiro; tuttavia il suo sguardo involontariamente era caduto su alcune foto rimaste nel comodino e il cuore era gelato dentro il petto. Quelle immagini mostravano altri pezzi della sua infanzia, quando il padre era sempre con lei e non la lasciava un attimo. Una volta Bill le aveva confessato che lei era il suo piccolo miracolo... 

Il suo viso fu riempito da un’improvvisa malinconia perché quelle foto rappresentavano ricordi troppo lontani.. Anche se impossibili da scordare.

Proprio per questo Briony decise di andare avanti, a testa alta, dirigendosi verso l'ospedale per chiedere notizie di Bill.

Forse Briony era migliore più di quanto loro credessero.

Non appena entrò nella stanza dove il padre era ricoverato, Briony vide Caroline al suo fianco che gli teneva la mano, ma le diede solamente una leggera occhiata di sfuggita perché si diresse subito dal dottore per avere informazioni sulle condizioni del padre.

La ferita non era molto grave ma aveva perso parecchio sangue per cui lo dovevano tenere ancora sotto osservazione.

Il dottore si raccomandò di non far affaticare il paziente e le lasciò sole per qualche minuto per parlargli.

Caroline era molto affettuosa col padre, infatti si raccomandava di non fare sforzi e di non muoversi, invece Briony restava in piedi, seria, e senza dire una parola.

"Voglio andarmene da questo lurido posto. Sto bene e voglio alzarmi" continuava a dire Bill come se fosse un vecchio brontolone, ma Caroline lo zittì subito dicendogli che doveva restarsene lì.

All'improvviso il cellulare di Briony squillò e sul display del telefono c'era il nome di Elijah. Forse voleva accertarsi che la ragazza fosse tutta intera e che il padre non le avesse fatto del male, ammazzandola di schiaffi.

Caroline la trafisse con lo sguardo: "Ti sembra questo il momento di telefonargli?"

Briony ricambiò lo sguardo con eguale intensità: 

"Non devo rendere conto a te di chi chiamo o non chiamo." sibilò fra i denti prima di rispondere al telefono.

Elijah apparve sollevato nell'ascoltare la sua voce e le chiese dove fosse. Briony gli spiegò cosa era successo, che si trovava in ospedale e che gli avrebbe spiegato tutto più tardi.

Chiuse subito la conversazione per mancanza di batteria, e mentre riponeva il cellulare nella borsa le due sorelle continuavano a trafiggersi con lo sguardo.

"Ora litigate per colpa SUA? Questo é il colmo" esclamò Bill seccato.

"Papà, sclerare in questo modo non ti fa bene e inoltre non voglio più parlare di questa storia. Devi pensare alla tua salute." rispose Briony alzando gli occhi al cielo.

"Me ne infischio delle salute!" ringhiò Bill  incollerito muovendo convulsamente le braccia, poi si rivolse alla figlia maggiore:

"Briony non lo vedi? Hai perso completamente la testa per lui. Da quando lo conosci sei diventata irresponsabile, impertinente e litighi con tutti! Quel tipo ha una cattiva influenza su di te!"

Briony farfugliò qualcosa tra sé e sé, e si avvicinò al padre mettendogli a posto il cuscino dietro la schiena:

"Il dottore ha prescritto niente attacchi d'ansia o sclerotici quindi dovresti ascoltarlo, ok? Ecco bravo" disse zittendolo prontamente quando lui stava per aprire bocca.

Briony poi si passò nervosa le mani fra i capelli e andò verso la porta, dicendo di avvertirla in caso di novità o se il padre veniva dimesso.

Caroline allora la chiamò ma Briony fece finta di nulla e uscì dalla camera senza badarle. La biondina però non voleva demordere e la rincorse lungo il corridoio per fermarla.

"Briony aspetta!"

"Che c’è ancora?" disse Briony stizzita voltandosi verso di lei.

"Senti mi dispiace ok? Hai tutte le ragioni del mondo per avercela con me e non ti biasimo per questo. Ma papà ha bisogno di noi ora.. possiamo mettere da parte le nostre divergenze solo per un secondo? Ti prego" mormorò Caroline supplicandola.

Briony in passato avrebbe creduto al suo dispiacere e sarebbe stata al suo fianco, ma ormai non credeva più a quella faccia di bronzo.

"Sono venuta qui. Ho interpretato la parte della figlia amorevole... ma non puoi pretendere altro da me. Visto che anche papà me ne ha dette di cotte e di crude prima di finire in ospedale"

Caroline sospirò rumorosamente e si portò una mano sul viso:

"Non ti sembra egoista questo tuo comportamento? Prova a pensare un po’ anche al nostro punto di vista! In fin dei conti noi vogliamo solo il tuo bene"

"Ma davvero? Molto strano che ciò non combaci con l'idea che ho del mio bene e che è da me ripetuto per non so quanto tempo." replicò lei sprezzante, massaggiandosi i capelli con fare indifferente e senza dar peso al fatto che Caroline l'avesse appena definita egoista.

Mai cosa fu più sbagliata visto che lei ci aveva provato tante volte, pure un attimo prima, ma non c'era mai riuscita.

Caroline scosse la testa mentre i suoi occhi luccicavano:

“Sai perché ho agito alle tue spalle, Briony? Perché ti metti sempre sopra a un piedistallo e pensi che solamente le tue scelte siano quelle giuste, mentre quelle degli altri devono essere per forza sbagliate perché non combaciano con le tue! Per non parlare di come hai aggredito Elena alla festa… sembravi davvero una pazza.” esclamò sconcertata facendo passare la sorella dalla parte del torto.

Briony fece un ghigno ironico perché tanto non sarebbe caduta nel suo giochino, non sarebbe riuscita a farla sentire colpevole.

“Quindi la colpa sarebbe mia? Hai idea di quanto sei pessima in questo momento Caroline?” domandò seccata, serrando gli occhi.

"E che ne é allora della tua promessa, che avresti fatto qualsiasi cosa per me? Certe volte penso che fai la buona soltanto quando più ti conviene.” Si lasciò sfuggire Caroline senza volerlo a causa della sua impulsività, ma Briony afferrò bene il concetto anche se credeva di aver capito male. Doveva aver capito male per forza.

“Come scusa?” chiese sconcertata, spalancando lievemente la bocca.

Caroline si portò nervosa le mani nei capelli come se non sapesse cosa dire, ma improvvisamente decise di sfogare tutto quello che aveva dentro e di non reprimere più ciò che pensava:

“Dico solo… che se tu non fossi totalmente persa dietro a Elijah, la penseresti esattamente come me. E aiuteresti subito Damon e Stefan senza farti tanti scrupoli! Quindi perché non cerchi di comprendermi invece di attaccarmi?"

Briony sentì la rabbia risalire in superficie e strinse i pugni pur di non farla esplodere. Tutti i suoi sentimenti provati quel giorno, la delusione, la rabbia e la sofferenza si stavano mescolando come una forza energetica che stava spazzando via ogni cosa e ogni ragionevolezza.

In quel momento sapeva di avere una faccia allucinata, al limite dell’umano. Quasi irriconoscibile:

"Comprenderti? Sono 18 anni che cerco di comprenderti ma sai come finisce..? Che rimango sempre delusa!" urlò Briony infuriata. Voleva fargliela pagare, voleva farla soffrire, come Caroline aveva fatto con lei.

La vampira tremò sentendo quelle parole; abbassò le palpebre per contenere il dolore invece di farlo esplodere come aveva fatto la sorella.

"Se é questo quello che pensi.. Allora penso che non abbiamo più nulla da dirci." sussurrò duramente a bassa voce.

Aprì gli occhi e incrociò quelli di Briony.

No…

L'ultima cosa che lei avrebbe sopportato é vedere negli occhi della sorella la stessa espressione di quelli del padre quando l'aveva definita uno scherzo della natura, e l'aveva fissata quasi con disgusto, come se fosse incredulo di avere una figlia del genere.

Percepire che anche Caroline la considerava in tal modo.. Un'egoista.. un mostro.. fu la goccia che fece traboccare il vaso.

La umiliavano soltanto perché secondo loro, lei amava la persona sbagliata.

Cosa aveva fatto tanto di male? Lei non era il tipo che pensava solo al suo torna conto.. non era buona solo quando le conveniva… non attaccava le persone solo perché non la pensavano come lei.. non era vero.. non poteva essere vero.

Ma una vocina dentro di lei, una voce strana, strozzata e quasi maligna le diceva che invece era vero. Fin da bambina non dava mai nulla, senza avere la certezza di avere qualcosa in cambio. Se lei dava fiducia, voleva anche riceverne. Se dava amore, idem. E cosa c’era di così sbagliato? Non era così una puritana da offrire amore a chi non lo meritava o la disprezzava.

Tuttavia una volta aveva letto che chi è veramente di animo buono offre tutto se stesso, anche se non ha la piena certezza di ricevere qualcosa in cambio. Chi è davvero buono ama senza avere alcuna pretesa.

Tu invece pretendi, pretendi sempre. Le sussurrò quella voce maligna all’interno della sua mente.

Briony voleva tapparsi le orecchie per scacciare quella voce. Avrebbe voluto gridare al mondo la sua angoscia, il suo dolore, la sua frustrazione ma quel grido rimase muto. Per tutto il tempo era rimasta paralizzata incapace di dire niente, come se fosse stata inghiottita da un torrente ghiacciato.

Alla fine però alzò le mani in segno di resa e fece un sorriso forzato:

"Va bene, mi dispiace. Sono la stronza più dispiaciuta del mondo!" esclamò ridendo come se fosse impazzita.

Non lasciò nemmeno il tempo di replicare a Caroline, perché le diede subito le spalle e se ne andò.

 

 

Una casa non deve essere soltanto un masso di pietre cementate con un tetto sopra la testa. Una casa deve essere un porto sicuro da cui ripararti dal male esterno, e che ti offre un senso di sicurezza.

Ma quando Briony rientrò a casa si sentì totalmente persa, come se non fosse realmente a casa sua, e tutto le sembrò estraneo.

Forse era lei ad essere fuori posto.

Aveva tutti i capelli bagnati perché era stata colta alla sprovvista da un temporale ed era andata nella casa dove abitavano gli Originali per cercare Elijah.

Quando Rebekah le aveva aperto e si era ritrovata di fronte Briony in versione pulcino bagnato, l'aveva subito invitata ad entrare per scaldarsi, anche se Elijah non c'era.

Briony le aveva sorriso forzatamente dicendo di non preoccuparsi e che andava tutto bene.

Ma non lo era affatto.

Sentiva le parole di Caroline e di quelle strana voce rimbalzarle nella mente e avrebbe tanto voluto farle scomparire, ma non ci riusciva. Era stanca di essere perseguitata da tutto questo…  stanca di non avere una calda serenità nella sua vita.

Briony si guardò attorno spaesata chiamando il nome di Elijah, ma non ricevette nessuna risposta.

Il groppo in gola risalì in superficie ma cercava di schiacciarlo serrando le labbra, anche se era tutto inutile. Il petto ebbe degli spasmi per colpa di quel dolore che la sovrastava. Non si era mai sentita così sola come in quel momento.

Aveva voglia di cadere a terra e di prendere a pugni il pavimento, quando sentì una voce chiamarla.

Quella voce la rianimò, la riportò in vita come se un secondo prima fosse sul punto di annegare.

Briony si voltò verso la direzione in cui aveva sentito la voce ma non aveva dubbi di chi fosse: Elijah era di fronte a lei, bellissimo come sempre. Aveva lo sguardo serio, preoccupato, e quando vide che Briony era bagnata dalla testa ai piedi sgranò gli occhi, anche se aveva lo sguardo accigliato.

"Che é successo? Perché sei tutta bagnata?" domandò preoccupato avvicinandosi a lei.

Briony avrebbe tanto voluto buttargli le braccia al collo ma i piedi sembravano non voler rispondere agli ordini del suo cervello e rimasero attaccati al pavimento.

"Piove" rispose lei semplicemente.

Elijah la fissò dubbioso e andò a cercare una coperta per riscaldarla, ma lei gli prese improvvisamente la mano per fermarlo.

Il vampiro capì subito che non era di una coperta che aveva bisogno ma semplicemente di essere ascoltata. Di essere capita.

Si immobilizzò di fronte a lei guardando i suoi occhi che apparivano così indifesi e persi, da far male soltanto a guardarli.

"Che é successo?" domandò fissandola intensamente.

Briony attorcigliò nervosamente le mani, i suoi occhi vagavano per la stanza mentre gli spiegava ogni cosa sebbene la voce tremasse.

Elijah non fece una piega quando scoprì del coinvolgimento di Caroline nel piano di uccidere tutti gli Originali perché se l'era immaginato, ma rimase completamente esterrefatto quando Briony gli raccontò di come il padre e Caroline l'avevano trattata.

Strinse forte i pugni e sentì la rabbia salirgli prepotentemente nel petto, non riuscendo a capacitarsi di come avevano avuto il coraggio di rinfacciarle delle simile mostruosità.

Lei non doveva sopportare il male che stava perseguitando Mystic Falls, invece ne era stata colpita in pieno, ingiustamente.  

E per di più di era stata attaccata in quel modo, facendo minare le sue sicurezze, dalle persone che dicevano di amarla.

Lo sguardo di Elijah divenne più intenso e livido; abbassò il capo e sussurrò dolcemente il suo nome prima di stringerla a sé.

Briony non sapeva cosa fare, non sapeva cosa dire, ma sapeva esattamente di cosa avesse bisogno: ed era lui.

In un attimo tutti i problemi, il dolore, i dubbi andarono in frantumi; non servivano parole per confortarla e non chiedeva niente perché quello che voleva ce l'aveva già in quel momento.

Era come un’esigenza per lei sentirsi avvolgere dalle braccia di Elijah e sentirsi stringere al suo petto, in modo così forte da toglierle il respiro.

Adagiò la testa sulla sua spalla e gli abbracciò la schiena anche se in questo modo lo stava inzuppando tutto, ma lui non sembrava minimamente interessato.

Anche se stava congelando a causa dei vestiti bagnati e del corpo ghiacciato di Elijah, Briony si sentì invadere da uno strano torpore che risalì fino alle guance, come se il respiro di Elijah le bruciasse la pelle. Non era freddo come le altre volte, era inaspettatamente caldo e quel calore la penetrò fino al cuore.

Il vampiro si distaccò un po’ da lei per osservarla in viso, anche se Briony teneva lo sguardo basso, quasi si sentisse la testa pesante.

Elijah le scostò delicatamente i capelli bagnati sulla fronte, e Briony tremò sentendo il suo respiro farci vicinissimo alle labbra.

Ma invece lui continuò ad accarezzarle il viso, la fronte, i capelli in un modo così delicato come se temeva che lei potesse spezzarsi fra le sue mani.

"Briony non devi farti pesare delle colpe non tue, se finirai per cedere al dolore il tuo cuore si fermerà ancor prima del dovuto e questo per colpa di alcuni ingrati. Sarebbe sciocco e ingiusto permetterlo." sussurrò con una punta di durezza nella voce.

Briony alzò il viso per incrociare quello di Elijah, che si era fatto severo e duro come marmo.

Sembrava indecifrabile il suo comportamento; lui usava sempre la severità implacabile per risolvere ogni genere di situazione, ma lei no. Non faceva così. Forse era troppo emotiva perché quella frase non aiutò a confortarla, anzi la fece ricadere in un senso di sconforto e tristezza.

Ma lui la fece rialzare.

Le prese improvvisamente il viso tra le mani, costringendola a guardarlo:

"Io ti ho vista Briony." Mormorò profondamente. E in quel momento gli occhi neri del vampiro invasero tutto il suo universo.

Come se soltanto lui sapesse guardarla.

“Ti ho vista per quel che sei veramente e tua sorella ha torto marcio. Non sei come lei ti descrive… Tu sei straordinaria"

Quelle parole la scossero nel profondo ed ebbero il potere di rianimarla, di imprimerle quella sicurezza perduta, e le nubi del suo cuore finalmente si diradarono all'istante. Come se all’improvviso fosse ritornato il sereno nella sua anima.

Davvero lei era speciale? L'unica che non se n'era accorta a quanto pare era Caroline.

Ma Briony scosse subito la testa perché non doveva pensarci visto che le parole che uscivano dalla bocca di Caroline, la metà erano delle fesserie.

 Come il fatto che Elijah fosse un mostro senza scrupoli... Come poteva essere un mostro se le diceva quelle parole? Come poteva esserlo se la guardava in quel modo, come se la facesse sentire la persona più importante per lui?

Certo, Elijah aveva confinato i suoi sentimenti dove nessuno potesse vederli ma questo non voleva dire che non fosse in grado di provarli.

Briony gli sorrise bonariamente: "Grazie. É solo che.."

"Vorresti che la realtà fosse diversa" continuò lui come se le avesse letto nella mente.

Elijah distolse lo sguardo, diventando più scuro in volto, allora Briony pensò che se la realtà poteva racchiudersi solamente in quell'istante non era poi così male.

Il vampiro poi sorrise lievemente, anche se i suoi occhi apparivano sempre freddi: "Certo che tra la mia famiglia e la tua non so quale sia la più normale."

Briony scoppiò a ridere. In effetti era vero, le loro famiglie era completamente disastrate.

"E noi due recitiamo la parte dei fratelli maggiori perennemente delusi dai fratellini minori. Ma almeno tu hai altri fratelli, e alcuni di loro non sono poi tanto male" disse ironicamente.

 La faccia perplessa del vampiro che non era tanto convinto che i suoi fratelli fossero normali, come delle classiche persone a posto o dei buon samaritani, fece ridere Briony di gusto.

Davvero incredibile come Elijah sapesse cambiarle l'umore radicalmente, come se dipendesse in qualche modo dalla sua magnetica personalità.

Ormai la sua presenza incombeva prepotentemente  nella vita di Briony… dolce e forte nella sua essenza.

All'improvviso però fu attraversata da un brivido gelido, visto che le gocce di pioggia si stavano attaccando ai vestiti e le venne da starnutire come una bambina che ha preso il raffreddore.

"Stai congelando" sussurrò Elijah profondamente, mettendole una mano sulla spalla.

Senza che se ne accorgesse, Briony si sentì avvolgere da una coperta calda e infatti Elijah gliela stava adagiando elegantemente sulle spalle.

"Hai ragione, qui dentro si gela" disse Briony sorridendogli dolcemente.

Allargò le braccia sistemando la coperta in ambedue gli arti, si strinse sempre di più al petto del vampiro e lo abbracciò, facendo aderire i loro corpi.

Elijah rimase un attimo impietrito da quel gesto, ma un sorriso sincero comparve sul suo sguardo.  La strinse forte a sé.

Finalmente i loro cuori avevano ripreso calore.

 

 

L'ultima cosa che Caroline Forbes si aspettava quel giorno era di trovare Elijah sull'uscio della porta di casa. Per di più a un’ora così tarda.

I suoi occhi neri erano talmente inquietanti che Caroline fu sul punto di chiudergli la porta in faccia, ma decise di non farlo e di prendere coraggio.

Gli chiese in breve che cosa volesse e lui si fece pericolosamente avanti, fermandosi però all'entrata. Portava una mano elegantemente in tasca.

"Non é mio intenzione disturbarti ma ti ruberò soltanto un minuto." disse in tono cordiale che non convinse Caroline, infatti Elijah affondò lo sguardo su di lei mentre la fissava.

La sua voce minacciosa squarciò quel silenzio inquietante:

"Dovresti moderare i termini con tua sorella. Non ti permetto di parlarle in quel modo"

Lo sguardo micidiale e terribile era lo stesso che aveva assunto quando aveva fermato Bill prima che schiaffeggiasse la figlia, e Caroline non riuscì a non tremare.

Ormai era scesa da un bel pezzo l'oscurità a Mystic Falls e la presenza inquietante di Elijah calzava a pennello.

"É venuta a lamentarsi da te?" domandò Caroline sarcastica.

"Tua sorella non é un tipo che si lamenta, anzi fa di tutto per non essere un peso per gli altri" rispose prontamente Elijah, mentre i suoi occhi diventavano sempre più neri e avrebbero fatto scappare chiunque a gambe levate. Anche se non si stava scomponendo minimamente.

All'improvviso la sua mano lasciò la tasca dei pantaloni e si appoggiò sullo stipite della porta. Affilò sempre di più lo sguardo ad ogni secondo che passava:

"Tu e i tuoi amici potrete anche tentare di uccidere me e la mia famiglia... inventate pure qualsiasi stratagemma per poterci fare fuori..." mormorò con freddo disinteresse, come se non avesse la benché minima paura di loro.

"Ma non prendertela con Briony. Non devi attaccarla in quel modo e soprattutto non devi mancarle di rispetto. Sono stato chiaro?" Era talmente convincente che avrebbe convinto anche un sordo.

Teneva comunque un tono di fredda e sottile cordialità, visto che Caroline era una ragazza, ma lei comunque gli tenne testa:

"Stai minacciando la sorella della ragazza che dici di amare.. non ci fai una bella figura" mormorò saccente incrociando le braccia al petto.

Elijah sorrise lievemente, ma ridivenne subito serio:

"Non sbandierare davanti a me il tuo legame di parentela con Briony, visto che tu sei la prima a voltarle le spalle. Il mio comunque era solo un consiglio" mormorò infine sempre con tono freddamente cordiale prima di darle le spalle, interrompendo la conversazione.

All’improvviso però la camminata di Elijah fu interrotta dalla voce di Caroline, che era rimasta sull’uscio della porta:

"Io voglio solo il bene di Briony"

Elijah si bloccò in mezzo al giardino; si girò mettendosi di profilo e il suo sguardo fissava un punto indefinito davanti a lui, anche se le palpebre erano leggermente abbassate:

"Cosa ti fa pensare che io non lo voglia?" domandò infine.

"Se continua a stare con te, finirà male. E tu lo sai" rispose Caroline senza la minima paura perché sentiva che quel che diceva era la verità.

Quella frecciatina pugnalò Elijah come se fosse una lama affilata e questa volta gran parte del suo viso si girò verso la biondina. Non aveva per niente uno sguardo rassicurante, anzi sembrava ancora più arrabbiato.

Ma non lo era con lei.  Una vocina interiore continuava a ripetergli la frase che la madre aveva detto la sera prima, e quella voce non smetteva di cessare, invadendo gran parte della sua mente. Come se amasse perseguitarlo.

“La vostra oscurità getterà nella tenebra e nella disperazione tutti coloro che amate. Qualsiasi cosa facciate si rivolterà contro di voi

Elijah serrò duramente la mascella, scacciando in tutti i modi quella crudele verità che presto o tardi si sarebbe abbattuta sulle loro vite.

 

 

 

Il temporale svegliò Briony di soprassalto e nella sua potenza sembrava fosse caduto un lampo in camera sua.  La ragazza si trovava a letto, si era asciugata i capelli qualche ora prima e aveva cercato di dormire anche se quella giornata era stata devastante.

Si adagiò sul cuscino cercando di riprendere sonno quando all'improvviso sentì degli strani rumori provenire dal piano di sotto.

Si rizzò in piedi cercando di capire se fosse soltanto frutto della sua immaginazione ma i rumori diventavano sempre più forti ed era impossibile non sentirli .

Briony sentì il cuore martellarle per lo spavento ma reagì subito prendendo un coltello e un paletto di legno chiusi nel comodino.

Si alzò in piedi mentre cercava in tutti i modi di non tremare, e pregò che i piedi non facessero scricchiolare le assi del pavimento.

Scese le scale così lentamente che pensava di averci messo dei secoli prima di fare tutti gli scalini, e ciò che vide al centro del salone la traumatizzò. Ma non aveva paura per se stessa.

C'era Elijah inginocchiato a terra, con le mani sul pavimento.  Sembrava di rivivere lo stesso istante in cui Briony aveva visto Elijah per la prima volta, fuori casa Salvatore intento a riprendere aria e aveva un aspetto agghiacciante che faceva raggelare.

Involontariamente le caddero il pugnale e il paletto per terra, e corse subito al suo fianco per sorreggerlo; ma constatò con terrore che il vampiro era ferito gravemente e faticava persino a reggersi in piedi.

"Oddio" sussurrò Briony con sgomento mentre il respiro di Elijah si faceva sempre più debole.

Lo sorresse fino in camera e cercò di constatare quanto la ferita fosse grave, anche se essendo un vampiro era impossibile sapere se il cuore battesse o meno.

Si mise di lato al suo fianco, e gli pose una mano sulla spalla cercando di chiamarlo per vedere se la sentisse, ma fu letteralmente respinta da un braccio di Elijah che la fece appiattire al muro.

Briony rimase sbigottita da quella brusca reazione improvvisa mentre i suoi occhi incerti si concentravano unicamente sul vampiro, che un attimo prima l’aveva allontanata per non farla stare vicino a lui, e ora la stava fissando con la coda dell’occhio.

Era di profilo, ma metà del suo viso la stava scrutando tramite uno sguardo così inquietante, che a Briony si gelò il sangue dentro le vene.  Aveva già visto degli sguardi simili: erano terrificanti, maligni… e famelici.

E infatti Briony sapeva di cosa Elijah avesse bisogno: sangue.

Conosceva bene i rischi che stava correndo, sapeva come poteva andare a finire, ma Briony non riuscì a non muoversi. Non voleva scappare via.

Non poteva abbandonarlo in quelle condizioni.

Si avvicinò decisa a lui con uno sguardo che non tralasciava dubbi, e infatti Elijah capì subito le sue intenzioni e la incendiò  con lo sguardo, anche se gli occhi rimanevano comunque gelidi.

"Per il tuo bene, stai lontana" sibilò lentamente e il suono glaciale della sua voce appariva più come una minaccia a cui lei doveva per forza obbedire.

Ma Briony non ce la fece, anche se una vocina dentro di lei l’avvertiva del pericolo, non riusciva a stargli lontano.

“Elijah non stai bene, hai bisogno di sangue” sussurrò angosciata cercando di prendergli il viso fra le mani, ma lui le scacciò velocemente come se temesse anche il solo minimo contatto con il suo corpo.

Era ridotto davvero male, ancor peggio da come lo aveva trovato la prima volta nella cantina dei Salvatore, infatti faceva fatica a reggersi in piedi, il respiro era debole e i capelli gli ricadevano sulla fronte.

Elijah voleva tenerla lontana a tutti i costi per proteggerla dal mostro che c’era in lui, il quale stava riaffiorando prepotentemente in superficie quella sera; mentre lei era pronta a donargli anche l’ultima goccia del suo sangue pur di salvarlo.

Elijah all’improvviso sembrò accasciarsi a terra e allora Briony gli andò più vicina cercando di sorreggerlo, anche se così facendo il viso del vampiro scese sulla delicata linea del suo collo.

Il cuore di Briony le balzò in gola quando sentì il respiro gelido di Elijah farsi sempre più vicino al collo, come se stesse assaporando il suo profumo.

Ma lui all’improvviso scattò all’indietro come un fulmine, restando questa volta in piedi sulle sue gambe, e sebbene apparisse debole, il suo sguardo di ghiaccio non faceva apparire alcuna incertezza quando gli occhi neri incrociarono i suoi:

“Vattene” mormorò lentamente e il suo tono di voce abbassato faceva trapelare quella minaccia ancor più inquietante.  Lei tuttavia scosse la testa ripetutamente dicendogli che doveva prendere il suo sangue, che lo stava offrendo di sua spontanea volontà e lui doveva farlo se non voleva stare ancora più male.

Briony accennò a fare un piccolo passo sempre guardandolo dritto negli occhi e notò che questa volta Elijah non si oppose né scappò via, forse perché ormai non aveva più la forza di fare nient’altro.

Ma cos’altro avevano combinato i Salvatore? Come avevano fatto a ridurlo in quel modo?

Elijah ad un certo punto chinò la testa da un lato e la guardò così intensamente come se il suo sguardo la stesse avvolgendo, incatenandola a lui.

Questa volta fu Elijah ad avanzare verso di lei, e Briony si costrinse a restare ferma mentre sentiva la gola secca e il cuore battere così impazzito che pensava le fuoriuscisse dal petto entro pochi secondi.

La profondità dei suoi occhi neri la sconvolse perché c’era qualcosa di diverso in loro… erano più magnetici del solito... come se la stessero spogliando.

Allora Brony si ritrovò a tremare, le ginocchia parvero cederle ma non indietreggiò. Non fece niente. Soltanto rimaneva a fissare ipnotizzata e stordita quel vampiro millenario avanzare verso di lei.

Era come se il resto del mondo fosse scomparso, dimenticato, e ci fossero soltanto loro due.  Ormai Briony aveva scordato il rumore incessante della pioggia che batteva sul tetto, sebbene la luce dei lampi illuminava a scatti il volto del vampiro facendolo apparire più inquietante e misterioso.  

Un’energia infatti brillava tra loro come il lampo che poco prima l’aveva svegliata.

Finalmente si ritrovarono vicini, quasi i vestiti si toccavano e Briony si accorse di trattenere il respiro solo quando si sentì mancare il fiato nei polmoni.  Ma il suo corpo non accennava a svolgere gli ordini che il cervello impartiva.  Sembrava letteralmente incatenata sotto lo sguardo del vampiro.

Elijah la stava fissando con un’espressione strana, quasi assorta ma allo stesso tempo decisa; la ragazza sussultò quando sentì la sua mano ghiacciata sfiorarle lentamente la guancia fino all’orecchio.

Il suo contatto non bruciava come qualche ora prima, la sua mano non le dava calore ma soltanto senso di smarrimento e di impotenza.

Elijah chinò il viso verso di lei, abbassandosi sul suo collo delicato e cominciò a respirare il suo inebriante profumo come poco prima.

Briony chiuse gli occhi sentendo il proprio cuore cedere alla sua volontà.  Aveva lo stomaco sottosopra, il tremolio del suo corpo era diminuito perché cercò in tutti i modi di non provare paura.

Si era offerta di sua spontanea volontà, sapeva a cosa andava incontro ma voleva salvarlo. E cosa più importante aveva fiducia in lui. Per questo non si sarebbe tirata indietro.

Ad un tratto le mani di Elijah scesero giù sulle braccia di Briony, nella parte sotto la spalla, e le afferrò saldamente in modo tale da far aderire perfettamente i loro corpi, come se stessero diventando un tutt’uno. Il viso di Elijah era sempre incollato al suo collo.

Briony invece aveva sempre gli occhi chiusi, il respiro era accelerato.

All’improvviso sentì una fitta acuta sulla base del collo, e istintivamente le sue mani si aggrapparono alle spalle di Elijah, arrivando persino a graffiarle pur di diminuire il dolore che la stava facendo girare la testa. I denti di Elijah erano come una delicata puntura, non facevano male inizialmente, solo quando lui cominciò a bere il suo sangue e incidere sempre di più nel morso, Briony sentì la testa tutta  sottosopra.

Ad un tratto però i suoi piedi non sentirono più il pavimento sotto di sé: fu come se un violento tornado l’avesse colpita e l’avesse spostata dall’altro lato della stanza.

Elijah infatti l’aveva spinta rudemente sul letto come non aveva mai fatto, e Briony questa volta aprì gli occhi sentendosi soffocare dal terrore.  La bocca del vampiro non si era mai staccata dal suo collo, tenendo superficialmente le labbra sulla ferita, ma avvertendo l'immobilità della ragazza e il suo stesso bisogno crescere, incise di più nel morso e cominciò a bere avidamente il suo sangue, sempre più in profondità.

Soltanto quando cercò di muoversi, Briony si accorse che le mani del vampiro premevano i suoi polsi contro il materasso del letto, e le ginocchia spingevano sempre più in basso le sue, come per impedirle qualsiasi movimento.

La ragazza deglutì rumorosamente sentendo tutto il peso del vampiro su di sé, e cercò di calmare il battito del proprio cuore altrimenti le sarebbe venuto sul serio un infarto quella sera. Intanto Elijah continuava a dissetarsi, sempre di più… Sembrava deliziato da come la sua gola ingurgitava di continuo.

Poi però una sensazione impetuosa e travolgente la invase.  Briony si sentì come se stesse galleggiando mentre Elijah non cessava di succhiare il suo sangue, e stranamente si accorse che se riusciva a dominare la paura e il terrore, quella sensazione che sentiva non risultava così dolorosa.

Era davvero la sensazione più strana e travolgente al mondo, sentire il proprio sangue filtrare liberamente nella bocca del vampiro per nutrirlo.

Briony riuscì a liberare i polsi dalla presa di Elijah e intrecciò le dita nei suoi capelli scuri, mentre allungò il collo all’indietro tentando inutilmente di respirare. Un’ondata da piacere si spalancò all’interno del suo corpo e fremette, rimanendo sotto di lui.

Il vampiro non accennava a staccarsi da lei, continuava a succhiare avidamente il suo sangue e a tenere incollati i canini sul suo collo, approfondendo quel morso letale.

Briony ad un tratto temette di non farcela perché le forze le stavano venendo meno col passare dei secondi, e strinse ancora di più i capelli di Elijah fra le mani.

Ma fortunatamente lui ebbe la volontà necessaria di staccarsi e di smettere di bere il suo sangue.

Briony infatti sapeva che Elijah aveva l’autocontrollo necessario in ogni situazione, ma una parte di lui qualche minuto prima sembrava aver ceduto alla sua vera natura… tuttavia qualcosa era poi scattato in lui, e si era fermato in tempo prima di farle rischiare la vita.

Forse per merito di tanti anni di allenamento. Forse a causa del suo amore per lei.

Elijah comunque non accennava ad alzarsi, restava sopra di lei, e Briony sentì i suoi capelli solleticarle il mento quando lui mosse la testa.

Finalmente lei aveva ripreso a respirare normalmente. Il sangue sgorgava ancora un po’ dalla ferita ma oramai non era più una tentazione per lui.

Era andato tutto bene.

Il vampiro alzò il viso così lentamente che quasi gli costava farlo, come se improvvisamente non avesse più forze.

Briony notò che le sue labbra erano color rosso del suo sangue, ma il volto era impallidito diventando cadaverico e aveva l’espressione sul viso contratta, quasi dolorante.

La bocca di Elijah si aprì come se gli mancasse il respiro e si alzò a tentoni:

“Che cosa.. che cosa sta succedendo?” mormorò con una voce strozzata.

Briony sgranò gli occhi, incapace di capire che cosa avesse e si alzò debolmente anche lei sopra il letto.

“Elijah?” domandò timorosamente avvicinandosi a lui.

Il vampiro tuttavia si allontanò dal letto ignorando la domanda.. il suo corpo faticava a reggersi in piedi e la sua bocca era contorta, come se stesse soffocando.

“Che cosa.. che cosa mi hai fatto?” domandò aspramente, cercando di fissarla anche se i suoi occhi vagavano incostanti per la stanza.

“Cosa?”  Briony non riusciva a capire. Che stava succedendo? Perché sembrava star peggio rispetto a prima?

Aveva dimenticato di prendere la verbena quel giorno altrimenti non si sarebbe mai offerta a lui, per questo non riusciva a capire quelle domande colpevoli rivolte a lei.

“Elijah?” Domandò ancora preoccupata cercando di andare giù dal letto per avvicinarsi a lui, ma non fece in tempo a farlo che Elijah cadde a terra con un tonfo morto.

Briony sgranò gli occhi terrorizzata e con un balzo fu subito da lui, urlando ininterrottamente il suo nome.

Il corpo del vampiro era a terra e non accennava a svegliarsi né a muoversi. Briony lo chiamò disperata scuotendolo in ogni modo.  Non badava nemmeno al dolore al collo, pensava soltanto a farlo rinvenire e a riportarlo da lei.

Ma ogni suo tentativo fu vano.

Elijah teneva chiusi gli occhi e col passare dei minuti questi non si aprirono e non accadde niente. L’unica cosa che si sentiva era la voce strozzata di Briony che lo implorava di svegliarsi, e domandava a se stessa come era potuto accadere una cosa simile e per di più a causa sua.

Elijah era morto. Per davvero.

Briony si svegliò all’improvviso, spalancando la bocca in cerca d’aria.  

Si trovava nel letto, il lampo aveva perforato il cielo e gocce di sudore le scendevano lunga la fronte ma stava raggelando dentro di sé.

Era stato un incubo. Soltanto un incubo.

Niente di ciò che era accaduto era reale, infatti dentro la stanza non c’era nessuno a parte lei, e non scendeva sangue dal collo…

<< Maledetti sogni e maledetti incubi! >> Pensò nevrotica mettendosi le mani nei capelli e si innervosì come se stesse impazzendo.

Non riusciva a levarsi dalla testa ciò che era successo… quello che era accaduto ad Elijah dopo che aveva bevuto il suo sangue…

Ma si costrinse a non pensarci perché non era reale, non era vero…

Briony non era mai stata molto religiosa ma in quel momento supplicò Dio affinché quello rimanesse soltanto un incubo e che non si tramutasse in realtà, come i suoi sogni precedenti.

Sembrava tutto sbagliato… Elijah non poteva morire in quel modo… non per colpa sua…

Lo svolgimento dei fatti sembrava così irreale che doveva trattarsi per forza di un incubo senza senso… sì doveva essere per forza così.. non c’era altra spiegazione, anche se Briony sentì il cervello martoriarle nella testa come un trapano.

Con un mormorio strozzato si girò su un fianco verso il comodino per prendere un bicchiere d’acqua così si sarebbe calmata.

Ma un lampo cadde proprio in quel momento vicino a casa sua, illuminando metà della stanza, tra cui parte del letto. Nella parete vicino al comodino, c’era un grande specchio a forma rotonda e Briony inconsciamente vi si rispecchiò mentre la luce dei lampi invadeva la stanza.

Quello che vide riflesso nello specchio la traumatizzò. Anzi la sconvolse.

Briony aveva profonde occhiaie, i capelli arruffati e la pelle più bianca del solito… ma qualcos’altro attirò la sua attenzione, come quella mattina.

I suoi occhi.

Le iridi dei suoi occhi erano accerchiate da un colorito color rosso sangue ancor più scintillante e intenso della debole ombra rossastra che aveva visto nel mattino.

Quegli occhi la spaventarono a morte.

Gridò a perdifiato accendendo la luce, anche se incespicò nel farlo e cadde giù dal letto come un salame.  Ormai Briony passava dal non respirare affatto al respirare troppo velocemente e temette sul serio che il suo cuore non avrebbe retto ancora, perché ormai non se lo sentiva più nel petto.

Andò a gattoni vicino allo specchio temendo di rispecchiarvi in esso, ma fortunatamente non c’era niente di strano in lei questa volta.

Certo, aveva un aspetto sconvolto e cadaverico ma i suoi occhi verdi erano normali. Niente ombre. Niente rosso. Niente di niente.

Temette sul serio di essere pazza e che ciò che aveva vissuto quella sera fosse soltanto frutto della sua fantasia… ovvio che fosse così…

Briony bevve un bicchiere d’acqua tutto in un sorso e cadde sul letto come un peso morto e si raggomitolò sotto le coperte.

Il cielo aveva cessato di sputare lampi e ormai non pioveva più.

Briony si tirò su le coperte fino alla punta del naso ma non riusciva comunque a non tremare, e non dal freddo.

Tutto il suo cuore sperava di non rifare quell’incubo spaventoso e di non rivedere più in se stessa quegli occhi terrificanti; ma in fondo sapeva che una nuova calamità stava per sopraggiungere nella sua vita, come se non ne avesse già abbastanza, tuttavia cercava di non pensarci e far finta che andasse tutto bene.

Il sonno non arrivò e Briony non riusciva a non pensare al volto contratto di Elijah un attimo prima che cadesse morto a terra e il modo in cui il suo corpo si muoveva, come se stesse soffocando. Le sue parole accusatorie…

La ragazza buttò il viso sopra il cuscino mentre alcune lacrime cominciarono a rigare il suo volto.

Tutta quella storia non aveva senso… tutto stava procedendo in modo sbagliato…

Ormai in quella storia ognuno sembrava insalvabile… come se fossero tutti dei mostri senza un margine di scampo o salvezza..

Ma c’è sempre quel mostro più spaventevole di tutti gli altri.. quello che si nasconde dietro un viso angelico e bellissimo… che nasconde la cattiveria dietro ad una gentilezza.. che pugnala alle spalle coloro che ama e non può far nulla per porvi rimedio o impedirlo.

Chi sarebbe stato tra di loro il vero mostro?

Caroline… che non aveva esitato nel tradire la sorella una seconda volta per scopi magari buoni ma egoistici.. e aveva ancora attaccato Briony quel giorno ferendola di proposito.

Oppure Klaus… ormai per lui non c’era più alcuna speranza, sapevano tutti che lui era il cattivo della città, il nemico da sconfiggere… tuttavia quando si lasciava andare, quando faceva trasparire un altro lato di sé... quello umano, faceva presumere che niente era come sembrava. Che erano state altre persone, il padre soprattutto, a renderlo un mostro.

Elijah… le crepe nella sua moralità erano piuttosto evidenti soprattutto da quando aveva terrorizzato Elena nel bosco e l’aveva sotterrata lasciandola in balìa della sorella Rebekah, e inoltre aveva messo in pericolo vite innocenti soltanto per i suoi scopi… nonostante fosse il più nobile fra gli Originali anche lui mutilava e uccideva…  

Oppure Briony… che aveva sempre cercato di fare la scelta giusta, di aiutare le persone che amava, ma alla fine si era ritrovata da sola e abbandonata dalla sua famiglia.  Ma era davvero tutta colpa loro? Non aveva commesso degli errori anche lei? Sapeva che diventare un vampiro era sbagliato ma una parte del suo cuore voleva comunque diventarlo… e ormai aveva abbandonato quelli che un tempo riteneva amici, andando dalla parte opposta e non avrebbe esitato a combatterli fino all’ultimo…

E quei sogni che faceva… cosa c’era di vero?

Ormai la differenza tra Bene e Male non sembrava così distinta…

Chi era tra di loro il mostro?

Chi sarebbe stato il mostro alla fine del libro?

 

FINE CAPITOLO!

Muahaha vi ho fatto prendere un colpo quando Elijah è “morto” èèèèèè!!! Insomma Julie Plec si diverte sempre a farlo morire, quindi lo faccio anche io ahah anche se in teoria è ancora vivo non preoccupatevi!

Spero abbiate capito il mio poema finale, che era fin troppo filosofico e magari non mi sono spiegata bene visto che non ho mai fatto filosofia a scuola :D

Dedico questo capitolo a Supernatural, che è il mio secondo telefilm preferito!

Ah volevo anche consigliarvi la fanfic che sta scrivendo la mia socia Buffy46 “Beautiful Mistake”, una divertentissima storia su due ragazze simpaticissime che incontrano nella realtà il cast di TVD. Beate loro ahah

Quindi se con la mia storia vi deprimete, con la sua vi divertite da pazzi XD per cui ve la consiglio!! 

Mi dispiace che in questo capitoli non siano comparsi gli altri Originali e la mia adorata Ylenia ma nel prossimo compariranno eccome!

Ok ora basta. Non vi disturbo più. :D

Vi auguro di passare una buona serata e spero come sempre di ricevere dei vostri commenti!!

Grazie a tutti! ^^

 

 

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Capitolo 9
*** Dangerous Liaisons ***


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6 CAPITOLO

 

Il 7 luglio 1986 si manifestò un fenomeno soprannaturale che accadeva ogni 300 anni, a partire dall’ anno 1085. I segni premonitori erano aumentati a dismisura da quando erano comparsi gli Originari; non c’era strega o stregone sulla faccia della terra che non cercava un qualsiasi modo per combatterli e infine annientarli.

Ma talvolta la semplice forza della natura aiuta inconsapevolmente.

Era apparsa una cometa completamente estranea da migliaia di altre già viste col passare dei secoli; la sua coda fiammeggiante trafiggeva il cielo notturno per giorni interi. Ma con l’avvicinarsi della mezzanotte del settimo giorno del settimo mese, la coda della cometa appariva ancora più luminosa e rossa. Del color del sangue.

Il cielo era sguazzato da fiamme, cenere e polvere anche di giorno, e l’aria stessa che si respirava era un’esalazione velenosa.

La gente ne era spaventata, forse perché quel paesaggio spettrale evocava un cattivo auspicio nell’animo delle persone comuni, ma di tale avviso non lo erano di certo i cacciatori di vampiri. Per loro quel fenomeno non era una portatrice di sventura, ma rappresentava il loro orgoglio, una sottospecie di segno divino di cui andar fieri.

Ma non c’era niente di divino nelle creature che nascevano in quei giorni caratterizzati da quella strana cometa dal diabolico aspetto. Niente di divino. Erano dannati… proprio come gli esseri immortali che dovevano annientare e uccidere.

 

------********--------

Bill Forbes stava comminando lungo i boschi di Fell’s Church, una foresta desolata che si trovava ai margini di Mystic Falls; il vento di inizio aprile cominciava a farsi meno gelido buttandosi alle spalle l’inverno freddo, ma nonostante questo Bill si strinse nel giubbotto cercando di ripararsi. Poteva usare solamente la mano sinistra, visto che quella destra era ancora fasciata e faticava persino a muoverla.

I medici erano stati contrari fino all’ultimo di dimettere l’uomo visto le ferite riportate il giorno prima, ma Bill non volle aspettare un minuto di più perché aveva altre cose urgenti da fare, piuttosto che stare convalescente in un misero ospedale.

Quando vide la persona che avrebbe dovuto incontrare quel giorno, fermò i suoi passi e l’espressione divenne meno dura e austera.

 La donna davanti a lui gli fece un cenno con la testa e si avvicinò lentamente, tenendo le mani in tasca per ripararsi dal freddo.

Gli rivolse un sorriso cortese, anche se tirato, e allora Bill le offrì la mano sinistra sorridendo lievemente:

“Sono rimasto sorpreso che lei mi abbia voluto incontrare con così poco preavviso… Ne ho intuito il motivo, ma vorrei che mi parlasse chiaramente visto che ora nessuno ci sente.”

La donna lo guardò dritto negli occhi e gli strinse la mano:

“Abbiamo tante cosa da dirci” mormorò Esther con uno strano sorriso.

 

-------**********-------

 

 

Perché?

Briony sentiva il cuore pesarle dentro il petto, chiedendosi in qualunque maniera come quel sogno fosse stato possibile. Come poteva la sua mente concepire una simile atrocità, turbinando ininterrottamente i suoi pensieri e sconvolgendola ogni volta che le ritornava alla mente quel fatidico istante…?

Non l’avrebbe mai dimenticato, nemmeno se ci fosse messa d’impegno.

Elijah nel suo sogno moriva. E senza pugnali conficcati nel cuore, no... ma per colpa sua.

Dopo che aveva bevuto il suo sangue, Elijah era stramazzato a terra con un tonfo sordo che sapeva di morte, e nemmeno le sua grida disperate erano riusciate a richiamarlo indietro.

Briony strinse forte le mani al petto, all’altezza del cuore che interrompeva i battiti ogni qualvolta ripensava a quel momento straziante che le aveva impedito di dormire. Quel sogno non l’avrebbe mai abbandonata.

Ogni ossa e muscolo del suo corpo tremò.

All’improvviso i suoi pensieri furono riscossi dal rumore di alcuni passi che stavano per entrare dentro la stanza,  e anche se non si girò, Briony intuì subito chi fosse. Non perché i suoi sensi si erano in qualche modo sviluppati, ma ormai aveva imparato a riconoscere il suo odore, i suoi passi silenziosi e il suono enigmatico della sua voce, da quello degli altri.

Ogni cosa di lui le appariva unico e insostituibile, come un prezioso quadro di un artista da rimirare continuamente.

Riconobbe Elijah mentre entrava con passi eleganti dentro la stanza, e un angolo della sua bocca si inarcò in un sorriso affascinante, rivolto proprio a lei. Briony si sentì avvampare vedendo il vampiro dirigersi verso uno degli scaffali attaccati alla parete e togliersi la giacca nera, mostrando al di sotto una semplice camicia bianca che risaltava perfettamente le sue spalle scolpite.

Elijah girò metà viso verso di lei e ad un tratto strinse gli occhi, analizzandola attentamente.

“Ti senti bene?”

Briony sussultò a quella strana domanda: ad Elijah non sfuggiva mai niente, intuiva qualcosa anche semplicemente captando la tensione nell’aria, dal battito cardiaco accelerato o dai movimenti degli occhi che sfuggivano impauriti  dai suoi.

Si chiese mentalmente se Elijah avesse in qualche modo saputo del sogno che lei aveva fatto… ma era impossibile. Non ne aveva parlato con nessuno e non intendeva nemmeno farlo, perché era qualcosa di cui neanche lei si capacitava e riusciva ad accettare.

Briony si strinse nelle spalle, rivolgendogli un debole sorriso e dicendo che era solamente sovrappensiero.

Elijah si allentò il nodo della cravatta, continuando a studiarla attraverso le iridi nere, quando poi si sedette su una sedia che poteva risalire all’epoca rinascimentale.

Infatti si trovavano a casa MikaelsonBriony ci era venuta non prima di essersi accertata che Klaus non fosse in casa. Sembrava davvero incredibile ma forse era lei l’unica a Mystic Falls che non riusciva a tollerare la sua presenza.

Si erano dimenticati ciò che lui aveva fatto?

Lui aveva ucciso Jenna. Aveva causato la morte di John. Aveva ucciso Elijah sotto i suoi occhi.

Gli altri potevano pure fare finta di niente, bere con lui al bar o fare accordi segreti, ma lei non avrebbe mai rimosso l’odio che provava per lui. Quel sentimento che le scavava dentro le ossa l’avrebbe accompagnata per tutta la vita, fino alla morte.

Briony si riscosse dai suoi pensieri accorgendosi che Elijah non aveva distolto lo sguardo da lei neanche per un istante, anche se si era elegantemente accomodato sulla sedia.

Involontariamente le guance di Briony si colorarono di un rosso acceso e si mise timidamente un ciuffo dietro l’orecchio, anche se aveva raccolto tutti i capelli in una coda di cavallo.

Si avvicinò lentamente verso di lui e cercò di sedersi sui braccioli della sedia antica, e il suo sguardo vagò silenziosamente lungo la stanza, non incrociando mai quello di Elijah. Passarono qualche minuto in totale silenzio, ma senza alcun imbarazzo come se quella vicinanza non pesasse su nessuno di loro.

Il vampiro cominciò poi ad accarezzarle lievemente il braccio scoperto, creando disegni invisibili, e immediatamente Briony sussultò emozionata sentendo le mani gelide del vampiro sfiorarle la pelle.

Chiuse gli occhi disorientata mentre la mano dell’Originario salì fino alla base del suo collo, accarezzandone lievemente la delicata linea. E allora Briony si accorse di tremare. Ma non per la paura.

Infilò le unghie nel bracciolo della sedia per tentare di riprendere il controllo di se stessa e del cuore che aveva cominciato a scalpitare impazzito. Ma non riusciva a farlo; ormai lei non aveva più padronanza del suo corpo perché apparteneva a lui.

Aprì gli occhi e si girò verso Elijah, deglutendo silenziosamente. I suoi occhi neri invasero tutto il suo universo. Non ebbe più alcuna forza di volontà e si lasciò semplicemente guidare.

Una mano di Elijah era appoggiata sulla guancia di Briony come per osservare meglio i delicati lineamenti del suo viso, e sempre guardandola col suo sguardo penetrante, Elijah si chinò verso di lei come per sentire il tepore della sua pelle.

Sussurrò profondamente il suo nome, prima di premere le labbra gelide sulle sue in un bacio mozzafiato. E subito Briony si dimenticò di respirare.

Ma questa volta non fu lei a perdere il controllo.

Elijah con un braccio la tirò a sé, facendola sdraiare sulle sue gambe, e Briony subito gli allacciò le braccia al collo per avvicinarsi ancora di più a lui.

Quelle emozioni la stavano scuotendo dentro, sentiva le farfalle nello stomaco ormai completamente sottosopra, e il cuore come al solito aveva cominciato a scalciare a ritmi irregolari e sempre più veloci.

Elijah la imprigionò col suo braccio per approfondire il contatto e per impedirle di sfuggirgli via.  Quando la mano di Briony cominciò ad accarezzargli il viso, questa si stupì di quanto il vampiro riuscisse sempre a mantenere il controllo, a non cadere in tentazione di bere il suo sangue essendogli così vicina.

Ma dal modo in cui Elijah la stringeva, sembrava come se per lui baciarla fosse la cosa più naturale e piacevole al mondo.

Sentendosi mancare l’aria  Briony si lasciò andare, ancora stordita, sul petto marmoreo del vampiro e si rilassò sentendosi avvolgere da un’improvvisa tranquillità. Mentre lui le stampò un bacio sui capelli, sentendo che la passione di poco prima stava mutando in qualcos’altro.. in una dolcezza così potente, che Briony si sentì stringere il cuore in una morsa.

Sfortunatamente però Briony si lasciò sfuggire qualcosa che non avrebbe voluto dire:

“Ho fatto un sogno” mormorò a bassa voce contro il suo petto.

 E il cuore subito galoppò rendendosi conto di ciò che aveva detto.

“Brutto?” domandò Elijah dubbioso.

Briony sentì il respiro fresco del vampiro soffiarle sui capelli e la fronte, così chiuse gli occhi cercando la determinazione adatta per continuare.

“Raccontamelo” la incalzò Elijah sfiorandole delicatamente i capelli. Ovviamente parlava così serenamente perché non sapeva il contenuto di quel sogno... Briony rabbrividì al ricordo e il respiro si fece più veloce.

“Tu bevevi il mio sangue” sussurrò infine dopo mille pause.

All’improvviso Briony sentì la mano di Elijah sui suoi capelli arrestarsi di colpo; tutti i muscoli del vampiro si irrigidirono e lei intuì che l’espressione di Elijah fosse alquanto dura e raggelante.

Oh oh.

Si morse nervosa il labbro, alzandosi dalla sedia anche se le gambe non la reggevano in piedi. E anche Elijah fece lo stesso ma si alzò molto più lentamente di lei, come se stesse soppesando ogni movimento per incuterle maggior paura… di proposito...

Briony trasalì sebbene non riuscisse a guardarlo in faccia.. si sentiva incatenata proprio come nel sogno, e percepì che Elijah si irrigidiva ad ogni secondo che passavano in silenzio.

“Ti ho trasformata?” La sua voce suonò come un sibilo duro, per niente carezzevole come quando le aveva chiesto di raccontargli del sogno.

Il suo umore si era completamente ribaltato, e allora Briony tremò vedendo le iridi nere del vampiro trasformarsi in due fessure impenetrabili e glaciali.

“No..” rispose così a bassa voce che temette di non essersi fatta sentire, ma Elijah aprì lievemente la bocca respirando più normalmente, e così facendo girò il viso verso la finestra.

Sembrava sollevato.. ma allo stesso tempo frustato. Se quello per Briony era un sogno, per lui era il suo peggior incubo.

Era lacerato in due, come se stesse combattendo con un’altra metà di se stesso. La parte morale di lui considerava un simile gesto come un'atrocità mostruosa, da impedire ad ogni costo.

Mentre l'altra parte di lui... quella demoniaca, non più umana, lo incalzava con prepotenza e con voce maligna incitandolo a bere il suo sangue e a trasformarla... dannandola così per l'eternità.

Briony a sua volta voleva davvero avvicinarsi a lui e cancellare quella sua frustrazione, ma le gambe e la voce sembravano essersi paralizzate contro il suo volere. Infatti non gli disse il resto del sogno, anche perché temeva solamente di complicare le cose visto come Elijah aveva reagito sentendone solo una minima parte.

“Tu vuoi davvero che lo faccia?” chiese lui improvvisamente girandosi verso di lei.

Briony non si aspettava per niente quella domanda, e infatti  il respiro si arrestò per un istante, mentre Elijah puntò contro di lei uno sguardo più che intenso.

La ragazza scosse la testa fissandolo bonariamente: “Sai che non potremmo continuare così in eterno... io sono umana, Elijah. Non resterò per sempre così e prima o poi..” Lasciò la frase in sospeso perché sentiva la voce strozzata e perché l’espressione dura del vampiro la impietrì di colpo, e non sarebbe riuscita a reggerla ancora a lungo.

“Non hai idea di quello che rischi. Te ne pentiresti Briony... e io mi porterò il peso di quello che ti ho fatto per il resto della mia vita” Ora era lui a non sopportare le sue stesse parole. Mentre le diceva appariva lacerato e una tristezza invase i suoi occhi neri, rendendoli umani.

Elijah non avrebbe mai acconsentito al proprio egoismo di rubarle l’anima e la vita. Era convinto di proteggerla con il suo amore, ma sarebbe stato proprio questo la causa di ciò che era già terribilmente troppo chiaro: lei sarebbe caduta con lui nell’oscurità, in quell’abisso di sangue.

L’avrebbe privata di un cuore che batte, della propria anima… rendendola un mostro, privo di coscienza, solo per tenerla accanto a sé nell’eternità.

Il vampiro pensò in quel momento che le parole della madre forse non erano poi così sbagliate... avrebbe sicuramente gettato nella tenebra la persona che amava se non si fosse fermato in tempo.

Elijah racchiuse tutto quelle sensazioni laceranti e distruttive nel suo viso, che si contorse in un espressione che Briony non aveva mai visto in lui.. neanche la sera in cui avevano combatto contro Esther, Elijah sembrava così lacerato.

E quel suo inferno interiore provocò in lei una crepa nel cuore.

“Sarebbe comunque una mia scelta.. io voglio vivere con te, ti conosco più di ogni altro e so che non mi feriresti mai” sussurrò dolcemente avvicinandosi, ma lui la fermò di colpo con le sue parole:

“Devi stare attenta Briony. Ti ostini a vedere il buono nelle persone anche dove non ce n’é.” mormorò gelido, scacciando via qualsiasi tristezza.

Briony allora lo guardò sbigottita sentendo quella risposta. Ma la ragione era perché Elijah si stava riferendo a se stesso… lei si intestardiva a vedere in lui un lato che non esisteva più perché aveva smesso di essere umano, e la luce della sua anima si era spenta migliaia di anni fa.

Eppure lei vedeva del buono in lui… anche in quel momento che la stava incatenando con un sguardo spietato, privo di alcuna sensibilità.  

Era proprio quella durezza a convincerla che dietro quella maschera di mostro crudele si nascondeva qualcos’altro: una persona, un uomo.

Briony allora si rese conto che provava un amore totalmente smisurato per lui, che andava ben oltre l’essere un vampiro o un’umana. Sarebbe andata incontro ad ogni pericolo, ad ogni tortura pur di non perderlo.  

Dopo essersi lasciata alle spalle così tanta sofferenza.. finalmente aveva trovato una casa. Aveva trovato una persona per cui era disposta a morire.

“Quello che dici non ha senso… essere un vampiro non vuol dire essere a tutti i costi un mostro. La vita è fatta di eccezioni, non sempre di regole fisse. E io ormai ho scelto perché voglio stare con te.” disse cercando di apparire convincente.

Elijah ascoltò attentamente la sua risposta senza proferir parola, ma qualcosa dentro di lui stava crescendo.. come un fuoco gelido nascosto.

La inchiodava con lo sguardo: micidiale e ipnotico. L’intensità dei suoi occhi neri era tale da sconvolgerla, come nel sogno. Erano incredibilmente magnetici, come se volesse impadronirsi di lei.

L’istinto  diceva a Briony di indietreggiare ma lei rimaneva ferma e immobile, rimanendo incatenata dentro i suoi occhi neri come la notte.

Nel frattempo lo sguardo di Elijah si era fatto concentrato mentre avanzava lentamente verso di lei, ma l’espressione era cambiata rispetto a prima. Non c’era traccia di incertezza o frustrazione.

La stava fissando con un’intensa bramosia, e per Briony questa era una lenta e dolce tortura a cui voleva porre fine perché si sentiva la testa pesante e il cuore martellava dolorosamente nel petto.

“Adesso che cosa ti aspetti che accada?” sussurrò Elijah profondamente abbassando lo sguardo sul suo collo. Alzò lentamente la mano, sfiorandole l’incavo del collo con le dita fredde.

 Un panico improvviso, quasi un presagio, bloccò le sue parole così Briony decise di stare zitta, rimanendo succube di quell’eccitante tortura.

Non riusciva a distaccare gli occhi dal suo sguardo ipnotico, non riusciva a muoversi né ad articolare un pensiero ragionevole.

“Dimmi, che cosa ti aspetti?” tornò a richiederle, seguendo con le dita la delicata linea del suo collo, che si stava colorando di fuoco.

Ma non c’era accusa nel tono della sua voce.. sembrava come se la stesse… provocando.

In qualche modo forse lui voleva incuterle paura o terrore; ma le sue parole, come la toccava e il tono della sua voce, ebbero tutt’altro effetto su di lei.

Briony trattenne il respiro, sentendo l’acquolina in bocca e fu incapace di rispondere, perché sicuramente non sarebbe uscita una risposta sensata.

Era in suo completo potere: avrebbe potuto prenderla quando voleva, trovare la vena pulsante sul suo collo e bere il suo sangue.

Briony ad un tratto si accorse di desiderare che lo facesse.

Voleva riprovare quella intensa e piacevole sensazione di quando il suo sangue fluiva dentro la bocca del vampiro, e infine sentirsi pervadere da un’impetuosa e travolgente sensazione come se stesse galleggiando beata nelle acque di un oceano.

Voleva dimenticare il sogno che aveva fatto e provare a se stessa che fosse soltanto frutto della sua immaginazione.

Ad un tratto il vampiro si avvicinò di più a lei, come se stesse odorando la sua pelle, e si chinò sul suo orecchio tenendo sempre le mani ferme sul suo collo.

“Non riesci a immaginare cosa potrei farti?” sussurrò profondamente sul suo orecchio, respirandovi sopra, e questo suscitò in lei una fitta di desiderio.

Briony chiuse gli occhi estasiata, sentendo che le ginocchia stavano per cedere.

Il cuore premeva contro il petto così forte da spezzare il ritmo dei polmoni e impedirle di respirare.

Finalmente Elijah spostò il viso dal suo orecchio e ritornò a scrutarla profondamente in viso, senza però guardarla dritto negli occhi.

Briony allora non riuscì più a resistergli: gli prese il volto fra le mani e appoggiò la fronte calda sulla sua, respirando a fatica:

”Non ho paura di te” sussurrò poi contro la sua guancia gelida.

Elijah l’afferrò allora per le braccia, facendola sbattere contro il suo petto. Il viso del vampiro si abbassò fino al collo di Briony, inspirando il suo profumo inebriante per alcuni secondi, che a Briony parvero un'eternità.

“Io non berrò mai il tuo sangue. Non è quello che voglio, non da te.” sussurrò poi con voce calda sul suo collo.

Briony non poté fare a meno di tremare per quelle parole e il suo cuore si riempì di una felicità assoluta: Elijah l’amava al di sopra del desiderio ardente per il sangue che per lui costituiva vita.

Quell’amore la invase come un fiume che sfonda una diga.

Briony sussurrò il suo nome con voce tremante e soffocata, ma le sue parole si persero sulle labbra di Elijah.  I suoi baci le facevano venire le vertigini, la stordivano ma non ne poteva fare a meno.

Briony si mise in punta di piedi per allacciare le braccia dietro la nuca del vampiro, approfondendo quel contatto divampante a cui lui aveva dato inizio.

Elijah le lasciò poi una scia di baci sul collo che le fecero ribollire il sangue, e come sempre Briony dovette allungare la testa all’indietro per cercare di respirare e di non svenirgli fra le braccia. Gli strinse le mani sempre di più nelle spalle man mano che i baci si fecero più ardenti.

La ragazza trasalì quando le mani del vampiro strinsero i suoi fianchi per far aderire di più i loro corpi. Non c’era uno solo dei suoi pensieri che non fosse invaso da un’ondata di desiderio.

Le mani di Briony scesero sulla camicia bianca del vampiro per sbottonargliela quasi con urgenza: aveva bisogno di sentire la sua pelle sotto le proprie dita bollenti.  Nessuno l’aveva mai fatta sentire così.

Elijah le era penetrato nelle ossa, le era entrato sotto la pelle, le aveva catturato il cuore.

Il vampiro tornò a baciarla sulle labbra e lei corrispose con passione, parlando con respiro accelerato: “E che cosa vuoi allora da me?” domandò mordendogli maliziosa il labbro inferiore.

Improvvisamente Briony non sentì più la terra sotto i piedi. Elijah l'aveva alzata con la forza delle braccia e spinta con forza sul letto, sdraiandosi sopra di lei.

I loro sguardi si incrociarono in una linea di desiderio, impossibile da frenare, e non persero tempo. Si baciarono con passione ardente, Elijah si sistemò tra le sue gambe e lei gli strinse forte il bacino con le ginocchia, fremendo nel sentire la sua eccitazione.

Briony immerse le mani nei capelli setosi del vampiro mentre il bacio diveniva sempre più forte da ambedue le parti, quasi famelico.

Lei riuscì finalmente a liberarlo dalla camicia, scoprendo i pettorali perfettamente scolpiti, mentre Elijah scese nuovamente a baciarle il collo.

Ma all’improvviso qualcosa spezzò quella magia euforica: la mente di Briony fu invasa da mille flashback quando Elijah premette i suoi polsi contro il materasso mentre continuava stuzzicarle il collo con baci divoranti.

Inconsapevolmente il sogno di una notte prima ritornò a galla con più prepotenza, e così Briony spalancò gli occhi dal terrore.

Era come se si trovassero nella stessa situazione di quando lui aveva bevuto il suo sangue: dopo averlo fatto, lui moriva.

Il respiro di Briony si fece incontrollato, ma non per l’eccitazione, e le mani si liberarono dalla presa del vampiro, premendole contro il suo petto per scansarlo via da lei.

Elijah capì le sue reali intenzioni fino a quando non la sentì irrigidirsi sotto di lui e non appena vide le mani della ragazza cercare di spostarlo via da lei.

Il vampiro alzò il viso sulla ragazza non riuscendo a capire, ma quell’attimo di tentennamento bastò a Briony per spostarsi via di lui, anche se di poco, e si sdraiò su un fianco tenendo premute le mani sulla testa che stava davvero per scoppiare.

Si diede della stupida un'infinità di volte ma questo non bastò a calmarla.

Ancora non ci credeva di aver mandato via Elijah in quel modo, manco la stesse violentando. Maledì quel dannato sogno che la tormentava di continuo, impedendole di vivere.

Elijah nel frattempo si scurì in volto, diventando terribilmente serio e serrò stretti gli occhi: “Briony?” la chiamò non riuscendo a vederla in volto.

Vedendola agitata e tremante come un foglia, il vampiro si fece ancora più serio e si avvicinò lentamente a lei, come se avesse paura di sfiorarla.

Briony? Che è successo?” domandò confuso e incapace di capire, sebbene una parte di lui temeva che lei si fosse comportata così a causa sua.  Elijah divenne ancora più scuro in volto e decise di non sfiorarle la spalla, rimanendo immobile.

La ragazza scosse la testa convulsamente, ripentendosi di essere una stupida e cercò di non far salire le lacrime agli occhi per non rendere la situazione ancora più pesante.

 “No niente.. è solo che…” la risposta le morì in gola, incapace di continuare. Cosa doveva dire? La verità? Non ce la faceva, sembrava che quella verità fosse una bestemmia che lei non riusciva ad accettare.

“Solo?” insistette lui alle sue spalle. Lei rimase muta, cercando di frenare il tremolio della pelle.

Briony?” la incalzò lui confuso, non sopportando il suo silenzio.

Si avvicinò a lei, assicurandosi di non spaventarla ulteriormente e le mise una mano sulla guancia per farla voltare verso di lui.

"Parlami. Per favore” mormorò Elijah con un tono di voce all'apparenza freddo e ordinario ma per lei le sue parole erano, in tutto per tutto, un sostegno umano.

Briony deglutì rumorosamente, incrociando il suo sguardo.  Era ancora a petto nudo, i capelli gli ricadevano sulla fronte rendendo la sua bellezza ancora più abbagliante.

 Finalmente riuscì a parlare:

“Scusami.. non so cosa mi sia preso..” sussurrò debolmente,  e  abbassò lo sguardo non riuscendo ad affrontare quello indagatore di Elijah. “La conversazione di prima mi ha un po’ scombussolata.. inoltre sono troppo sotto stress per via di mia sorella, di mio padre… è soltanto stanchezza, niente di più” rispose infine rivolgendogli un debole sorriso per rassicurarlo.

Elijah strinse gli occhi per nulla convinto: “Sei sicura che sia solo questo..? Non c’è nient’altro che devi dirmi?” insistesse lui facendosi serio.

Briony cercò di rispondere “no” in tono deciso, ma dal modo in cui Elijah la stava studiando, come se volesse entrarle nella mente, lei sussultò credendo che il vampiro non se la fosse affatto bevuta.

Nella sua mente voleva tornare a stringersi a lui, sentire il contatto della sua pelle contro la sua e dimenticare cosa fosse successo un attimo prima... Quando però all’improvviso sentirono dei colpi alla porta, e Briony riconobbe la voce infantile di Kol:

“Piccioncini, smettetela di sfondare il letto! Elijah devi venire giù, Nik vuole parlarci subito per quella questione”

Briony arrossì violentemente per l’affermazione iniziale, mentre Elijah si lasciò scappare un mormorio infastidito e infilò subito la camicia. Prima di alzarsi, incrociò lo sguardo intimidito di Briony: “Ne riparleremo più tardi. Resta qui”

Lei assentì con la testa seguendo Elijah con lo sguardo mentre usciva.

Per un po’ Briony restò sul letto con la testa che girava fino a farle male, ma dopo aver preso un bel respiro si diede una sistemata ai vestiti un po’ sgualciti e uscì per andare a sentire sebbene Elijah le avesse detto di restare lì.

Ovviamente moriva dalla curiosità di sapere cos’era quella questione tanto urgente e in fondo lei aveva diritto di saperlo. Scese lentamente le scale badando a non far rumore e rimase a metà degli scalini perché da lì c’era un ampia visuale su ciò che stava accadendo nel salone, sebbene riuscisse a vedere soltanto Gwendolyn seduta su un divano e Rebekah in piedi in un angolino.

La ragazza restò immobile reggendosi sulla ringhiera e badando a non farsi vedere.

Le voci erano ben distinte e la conversazione riguardava ovviamente l’incantesimo di Esther e del fatto che li avesse irrimediabilmente legati. Se moriva uno, morivano tutti.

“Dov’è quel dannato di Finn?” ringhiò Klaus in tono spregevole e rabbioso.

“Ho provato a cercarlo ma è letteralmente scomparso insieme a nostra madre” rispose Gwendolyn rammaricata.

“Oh, quindi sei dalla nostra parte ora? Sei uscita da “Follilandia”?” mormorò Kol in tono ironico, rivolgendole un sorriso da furfante.

Gwendolyn gli tirò addosso un cuscino anche se rideva sotto i baffi. In seguito Klaus spiegò ai suoi fratelli di un piano per spezzare l’incantesimo di Esther ma prima aveva bisogno del sangue di ognuno di loro.

“E perché dovrei farti questo favore?” domandò Gwendolyn incalzante.

Klaus le rivolse un’occhiata di fuoco: “Non ci arrivi? E’ per il contro incantesimo, stupida!”

Gwendolyn rise divertita: “Stai morendo dalla paura vero? Non deve essere facile avere una spada di Damocle sulla testa.. nostra madre ti ha fatto proprio un bello scherzetto”

“L’ha fatto a tutti noi” la corresse Rebekah

“Smettetela di litigare come dei ragazzini, non è proprio il momento” rispose Elijah duramente facendo zittire tutti.

In breve lui, Rebakh e Kol diedero il sangue che serviva per l’incantesimo mentre Gwendolyn rimaneva seduta sul divano, non accennando minimamente ad alzarsi.

“Allora? Devo rimetterti dentro una bara come ho fatto 300 anni fa?” disse Klaus con arroganza, avvicinandosi fulmineamente a lei.

Gwendolyn alzò il mento in segno di sfida:

“Non ce ne sarà bisogno. Oggi sono in vena di buone azioni… Voglio permettere a quella tua abominevole vita di continuare ancora per un po’.” Rispose tagliente pungendosi il polso e dalla ferita fuoriuscì qualche goccia di sangue.

Klaus non diede peso alla sua risposta altrimenti si sarebbe scatenato un putiferio, ma Rebekah dall’altro angolo della stanza replicò:

“Potresti collaborare senza farci sentire sempre le tue recriminazioni? Sappiamo benissimo che odi ciò che siamo e non c’è bisogno che tu lo ripeta di continuo”

Gwendolyn allora alzò gli occhi al cielo e alzò le mani in segno di resa: ”Ok. Mi sto zitta. D’altronde.…  nel mondo esistono creature più malvagie e spietate dei vampiri.…”

Dopo aver detto l’ultima affermazione Gwendolyn si voltò in direzione della scala, come se fosse sicura che Briony fosse lì nascosta ad origliare. Non appena l’umana si accorse dello sguardo glaciale e inquietante dell’Originaria, sussultò imbarazzata per essere stata scoperta, ma restò comunque immobile, anche perché Gwendolyn distolse subito lo sguardo da lei.

 Sembrava che quella frase fosse proprio rivolta a lei, ma Briony scacciò subito quel pensiero perché era davvero folle e inverosimile.

Briony poi si accorse di come la vampira si portò una mano sul collo come per accarezzare qualcosa, ma non riuscì a riconoscere cosa fosse perché la voce di Elijah interruppe ogni sua azione.

“Ci servirà comunque il sangue di Finn. Dobbiamo trovarlo al più presto prima che qualcuno approfitti di questa situazione.” Mormorò duramente.

 Briony sapeva a cosa si riferiva… sicuramente i Salvatore avrebbero inventato qualunque piano pur di farli fuori in un colpo solo… e tra di loro ci sarebbe stata anche Caroline pronta ad aiutarli.

Sorrise amaramente dentro di sé, pensando che quella era la prima volta che si sarebbe messa contro la sorella, e che avrebbero combattuto dai lati opposti.

Finn sicuramente non accetterà mai di aiutarci. Non sarà pericoloso?” Domandò Rebekah indecisa.

“Pericoloso? Io sarò pericoloso, quando lo troverò” replicò Elijah con calma gelida che fece raggelare Briony. Quella minaccia avrebbe fatto scappare chiunque, persino Finn se avesse sentito.

Gli Originari finirono di discutere i dettagli e stavano per uscire dal salone, così Briony scese in frutta e furia le scale, e prese dall’attaccapanni il giubbotto pronta per uscire via di lì.

“Ciao Briony!” esclamò Rebekah con voce squillante, facendo voltare gli altri fratelli che si girarono in direzione dell’umana.

Elijah fu sorpreso di vederla lì, visto che le aveva detto di rimanere in camera ma comunque non disse niente.

“C-Ciao..” rispose Briony avvampando dall’agitazione.

Non riuscì a intravedere Gwendolyn, Klaus la fissò indifferente, mentre Kol le lanciò uno sguardo malizioso e le fece persino l’occhiolino, ovviamente senza farsi notare da Elijah.

Briony distolse subito lo sguardo imbarazzata e non si accorse nemmeno che Klaus le si era fatto vicino, intento a prendere il giubbotto dall’attaccapanni.

“Salutami la tua adorabile sorellina” le sussurrò lui all’orecchio, facendola sussultare dalla sorpresa.

Lei girò il viso e lo trafisse con uno sguardo pieno d’odio, e così fece anche Elijah ma con un espressione più glaciale, che valeva più di qualsiasi parola o minaccia.

Klaus se ne andò con un sorrisetto, noncurante degli sguardi di gelo che il fratello gli lanciava continuamente. Dopo Elijah fece per avvicinarsi a Briony, ma fu anticipato da Rebekah che si affiancò alla ragazza:

“Non ti dispiace se andiamo a bere un aperitivo al Grill vero? Qui in casa mi annoio a morte e gli altri abitanti di Mystic Falls sono deprimenti e terribilmente fastidiosi” mormorò con una punta di ironia nella voce e guardò Elijah con degli occhi dolci da gatta per farlo smuovere.

Il vampiro infatti rise lievemente: “Ti annoi? Sul serio? Pensavo che in questi casi chiamassi Damon Salvatore, anche se sono sempre stato contrariato su questo” rispose lui nelle vesti del fratello maggiore che ammonisce severamente la sorellina minore. 

Briony guardò sbigottita la vampira.  Rebekah… con Damon?! Stentava a crederci. Anche perché credeva che avesse più buon gusto.

“Quella è acqua passata. Non devi farne un dramma, fratello” rispose Rebekah  bonariamente. Elijah scosse la testa, anche se un sorriso smorzava il suo viso severo.

Quando però i suoi occhi guardarono Briony, il volto si fece teso e stranamente serio. Come era successo prima… quando studiava ogni suo movimento mentre lei tentava di giustificarsi per ciò che era successo..

Briony trasalì rendendosi conto che forse Elijah aveva intuito qualcosa, visto che non gli sfuggiva mai nulla.

Nonostante questo il viso del vampiro tornò normale, non più duro o severo, e sviò lo sguardo su quello della sorella:

“Tieni gli occhi aperti però”

“Sì sì.” rispose lei spazientita.

Elijah poi si soffermò ancora sul viso di Briony, come se fosse sul punto di dirle qualcosa ma se ne andò all’improvviso nell’oscurità della casa.

La ragazza si morse nervosa il labbro perché sentiva che quella situazione stava per sfuggirle di mano, e non sapeva come fare per impedirlo.

Si girò a guardare Rebekah e le chiese subito esterrefatta: “Cos’è questa storia di te e… Damon?” Ancora stentavi a crederci.

“E’ stata semplicemente una storia di una notte!” si giustificò la biondina, incrociando le braccia al petto.

“Lasciamelo dire ma i tuoi gusti in fatto di uomini sono alquanto discutibili” rispose lei sarcastica. Damon poteva anche essere bello come un vip di Hollywood e avere gli occhi color del mare, ma Briony non era mai riuscita a farselo andare a genio. L’antipatia poi  era reciproca, soprattutto da quando lei gli aveva fatto saltare tutti i denti.

“Purtroppo non posso replicare in questo caso visto che tu stai con Elijah. Anche se è mio fratello, ho gli occhi per vedere” rispose la vampira maliziosa, facendosi una risatina.

Briony arrossì di colpo e le diede una leggera spinta sulla spalla per scherzare.

Rebekah rise divertita ma si fece ad un tratto seria: “A proposito… la tua amica… Ylenia, giusto?”

“Sì, si chiama Ylenia. Perché?” domandò Briony sorpresa per quella domanda.

Kol mi ha detto che l’ha vista insieme a Klaus qualche sera fa al bar. Sembravano in parecchia confidenza, come se si conoscessero da secoli… erano piuttosto intimi, almeno a giudicare dalle facce di Kol.”

Briony sgranò gli occhi completamente sconcertata e allibita, ma cercò di trovare subito una spiegazione: “Sicuramente lui la stava minacciando, è la cosa che sa fare meglio. E lei gli avrà risposto per le rime”

Sarà… Kol mi ha detto che all’inizio si comportavano come se stessero flirtando poi però la discussione è diventata accesa.. sai com’è Klaus no? Comunque io pensavo di avvertirti.. non si sa mai… a Mystic Falls succede di tutto”

Già…” rispose poi Briony con voce flebile, mentre la testa girovagava su ciò che Rebekah le aveva appena confidato. Le sembravano così inverosimili le sue affermazioni che doveva pur esserci una spiegazione logica… Ovviamente Ylenia non aveva niente da spartire con Klaus. Ovviamente.

Ma inaspettatamente quella decisione non arrivò del tutto al suo cuore, come se qualcosa la stesse avvertendo.

La voce di Rebekah la riportò alla realtà: “Vado  a cambiarmi! Ci metto un minuto!” esclamò salendo le scale.

Briony restò in totale silenzio nel salone, stringendosi nelle spalle quando all’improvviso sentì una presenza inquietante dietro le sue spalle.

Si girò velocemente e incrociò con sua somma sorpresa il viso aggraziato di Gwendolyn, che le rivolse uno strano sorriso:

“Ciao” disse solamente, sbattendo le ciglia.

“Ciao Gwendolyn.” Rispose Briony timorosamente, cercando di apparire normale. La verità è che quella ragazza la inquietava quanto Klaus e non riusciva a trovarsi a proprio agio stando da sola con lei nella stessa stanza.

Ad un tratto notò che portava al collo una collana con appeso un anello molto bello.

“Tutto bene?” domandò Gwendolyn gentilmente, come se fossero amiche di vecchia data.

Briony alzò la testa e tornò a guardarla in viso.

“Si grazie… Sto per uscire con Rebekah.”

Ahn

Quella conversazione più andava avanti più appariva strana, e sebbene Gwendolyn apparisse gentile le sembrava più inquietante del solito.

All’improvviso la vampira si avvicinò, sfiorandole quasi il giubbotto e così Briony temette che le stesse per fare un altro commento sul suo odore strano, come aveva fatto alla festa, ma la domanda di Gwendolyn risuonò alquanto improvvisa:

“Posso sapere quando sei nata?”

Briony sgranò gli occhi sorpresa: “Come scusa?”

“Sì, la data” rispose Gwendolyn come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Il 7 luglio…” disse Briony alzando le spalle.

“Di che anno?”

Briony le lanciò un’occhiataccia perché non capiva questo suo improvviso interessamento per delle cose alquanto superflue.

“1986” Rispose sbrigativa per levarsela di torno.

Gwendolyn sorrise soddisfatta e le rivolse l’ennesimo inquietante sguardo: “Grazie Briony, ero soltanto curiosa” rispose sorpassandola, ma all'improvviso si girò verso di lei e disse:

"Sai dovresti stare attenta... Col passare del tempo gli uomini della mia famiglia cominciano a diventare cinici e senza scrupoli."

Voltò il viso per interrompere la conversazione ma si girò un'altra volta:

"Nessuno escluso."

Briony non piacque la sua espressione fin troppo convinta su ciò che aveva appena detto, e stava appunto per risponderle a tono ma Gwendolyn se ne andò senza dire più una parola.

Che cosa voleva insinuare quell'arpia? Che Elijah non aveva cuore, che era crudele e spietato quanto Klaus?

Doveva conoscere così poco il fratello per pensare che dietro la facciata di vampiro freddo e cinico non ci fosse nient'altro, e che avesse spento qualsiasi briciolo di umanità.

Eppure il peso e il rimpianto per essere ciò che era, rendevano Elijah più umano di chiunque altro. Lui non era affatto come gli altri lo descrivevano.

Briony poi vagò per la casa con la testa in confusione, quando vide Rebekah scendere velocemente le scale, pronta per uscire. Le sorrise affabile e si incamminò verso la porta, ma prima di uscire si girò per cercare l’altra Originaria. Ma era sparita.

 

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Ylenia stava camminando lungo la piazza di Mystic Falls, noncurante degli sguardi che le persone, soprattutto gli uomini, le lanciavano visto che sembrava una modella appena fuoriuscita da un giornale: indossava un mini dress nero lungo sopra le ginocchia con sopra un cappotto scuro.

Ma non faceva caso agli altri, era completamente assorta nei suoi pensieri nel tentativo di rintracciare Finn con la magia, sebbene senza alcun risultato visto che era svanito nel nulla senza lasciare traccia.  Sembrava che andasse a sbattere contro un muro mentre cercava inutilmente di trovarlo, e allora Ylenia sospirò frustata per non essere riuscita nel suo intento.

Anche se la dignità era stata strappata in mille pezzi a causa di Finn, Ylenia voleva a tutti i costi ritrovarlo per assicurarsi che non facesse altre sciocchezze, tipo tentare il suicidio.

Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse di una presenza alle sue spalle:

“Stai ancora cercando quel patetico di mio fratello? Non ti facevo così masochista.”

Ylenia digrignò fra i denti alzando gli occhi al cielo, perché intuì subito chi fosse.

Non appena si girò vide quella faccia da schiaffi di Klaus e lo trafisse subito con lo sguardo.

Non gli diede nemmeno la soddisfazione di rispondere, che si mise infatti a camminare velocemente per levarselo di torno, ma lui le fu subito dietro:

“La strada del martirio è lunga mia cara, ti conviene andare più veloce!” la schernì col suo solito tono ironico.  “E’ terribile provare così tante emozioni ma non sapere come esprimerle! Per questo sei così disperata da andare dietro a Finn!” Il suo tono di voce era un piagnucolio continuo, usato apposta per prenderla in giro e per farle saltare i nervi soprattutto.

Ylenia si girò di scatto con uno sguardo omicida: “Che vuoi ancora? Quello che ti dovevo dire te l’ho già detto, quindi stammi alla larga”

Anche Klaus si fermò e questa volta non c’era traccia di alcuna ironia nei suoi occhi:

“Non sono rimasto molto soddisfatto dalla nostra ultima chiacchierata dunque ne dovrai sopportare un’altra... cos’è che non ti è chiaro quando ti dico che dovresti mostrarmi un po’ più di gentilezza e che non devi metterti contro di me?” mormorò gelido, alzando una mano in direzione del suo viso, ma lei si scansò subito.

“Io non ti devo niente Klaus. Hai soltanto portato danni nella mia vita”

“Ah! E’ qui che ti sbagli! Se non ci fossi stato io, tu a quest’ora avresti l’aspetto di un cadavere rinsecchito. Davvero uno spreco però...” mormorò affascinante abbassando lo sguardo sul suo corpo.

Ylenia avvampò e si strinse nel giubbotto:

“Dunque che vuoi? Parla chiaro e tondo per piacere”

Klaus alzò lo sguardo e tutta la sua malizia scomparve improvvisamente di colpo. Dio, era davvero lunatico.

“Non l’hai capito l’altra sera? Il nostro accordo, Ylenia” sibilò lentamente con una nota di minaccia.

“Quale accordo?” chiese lei innocentemente sbattendo le palpebre.

Klaus allora ringhiò infastidito e l'afferrò violentemente per un braccio, facendola sussultare:

“Sono stato anche fin troppo gentile con te, ti ho permesso di vivere e non ti ho procurato rogne sebbene hai aiutato Stefan Salvatore e compagni. Ma ora sto perdendo la pazienza.”

Ylenia ricambiò lo sguardo con odio, ma non cercò comunque di scansarlo via perché sapeva che quando Klaus si agitava più del dovuto diventava intrattabile.

La gente però aveva cominciato a guardare nella loro direzione, e così Ylenia cercò di levarselo di torno prima che qualcuno che conosceva li vedesse.

“Lasciami andare. Non mi sembra il luogo adatto per le tue scenate” mormorò freddamente guardandosi attorno.

Il viso di Klaus allora si ammorbidì in un sorriso sghembo, anche se non allentò la presa:

“Preferisci allora che ti salti addosso in un luogo meno appartato?” domandò suadente con un velo di malizia nella voce.

Ylenia lo trafisse con lo sguardo mentre le guance diventarono più rosse del solito, ma ne approfittò per scansarlo via da lei, facendolo indietreggiare.

“Le tue premure puoi riservarle alle ragazzine come Caroline Forbes ma io non ti vengo più dietro, Klaus. Non più.” disse duramente dandogli le spalle e cominciando a camminare, mentre il viso del vampiro si era raggelato quando lei aveva nominato Caroline. Forse perché la ferita di essere stato ingannato era ancora aperta...

“Lo vedremo” sussurrò infine Klaus a bassa voce, prima di scomparire.

 

 

Ma qualcun altro stava assistendo alla scena. Briony era passata di lì per caso con la macchina, dopo aver fatto una chiacchierata con Rebekah al Grill, e ciò che aveva visto l’aveva davvero scossa. Forse quello che le avevano riferito non era poi così assurdo.. da come si comportavano quei due sembravano conoscenti di vecchia data, se non peggio.

Parcheggiò in seconda fila senza pensarci due volte e scese subito dalla macchina, dirigendosi verso Ylenia. La donna appena la vide cercò di ricomporsi e si strinse nelle spalle, andandole incontro con un sorriso.

All’inizio parlarono del più del meno, o meglio Ylenia parlò visto che Briony la ascoltava apatica, come se avesse la testa tra le nuvole. Aveva sul viso un’espressione fredda ma l’amica sembrò non accorgersene.

“Con Caroline hai risolto poi?” domandò Ylenia preoccupata.

“No.” Rispose seccamente.

“E’ tua sorella, Briony….”

“Sì, soltanto quando se lo ricorda lei.”

Ylenia rimase molto colpita da quella freddezza, come se quella fosse una questione personale  che la riguardasse da vicino. Quella risposta sembrava essersi tramutata in un ennesimo colpo al suo cuore, che ormai era squarciato da mille cicatrici inguaribili.

Piuttosto… sei riuscita a parlare con Finn?” chiese Briony, cambiando discorso.

“A parte quel giorno in cui tu mi hai mandata da lui a ricavare informazioni.. no, non l’ho più visto e non mi ha più detto niente di rilevante” rispose tesa.

“E’ l’unico Originario che conosci?” chiese Briony all'improvviso e Ylenia sussultò.

“In che senso?”

“Sì insomma, ho capito che tu e Finn avete condiviso un passato… ne hai conosciuti altri in precedenza oltre a lui?” domandò Briony fingendosi solamente curiosa.

“No, Finn è l’unico con cui ho avuto a che fare” rispose la strega velocemente.

Bugiarda.

Briony sentì il veleno della delusione inaridirle la gola, ma fece finta di niente.

“Ora devo andare, scusa Briony” disse Ylenia accarezzandole la spalla. La ragazza le sorrise ma quando la strega si incamminò lontano di lì, il sorriso di Briony scomparve dal suo viso.

 

Fu facile seguire Ylenia, perché lei non aveva il benché minimo sospetto che Briony avesse capito che le mentiva, inoltre la strega sembrava così assorta nei suoi pensieri quel giorno da non accorgersi di nulla.

Mentre guidava, Briony si rese conto che non sapeva niente dell’amica… né di dove abitasse, cosa faceva nel tempo che non passavano insieme, se aveva una famiglia e pensò addirittura che Ylenia non fosse realmente il suo vero nome.

Per la seconda volta quel giorno, Briony si diede della stupida per aver creduto così ciecamente a una sconosciuta apparsa nel nulla nel buio della notte, senza prima raccogliere informazioni.

Ma ogni volta che lei le chiedeva qualcosa sulla sua vita e sul suo passato, Ylenia innalzava un muro indistruttibile tra di loro, impedendole di sbirciarvi, e evitava qualsiasi domanda rispondendo vagamente.

Era quasi impossibile sapere cosa pensasse realmente visto che era più misteriosa di Elijah in un certo punto di vista, e così Briony si era arresa nello scavare più a fondo, aspettando che lei si aprisse di sua spontanea volontà.

Ma ora non voleva più aspettare. Ormai i dubbi erano troppi e se non avrebbe capito cosa nascondeva, la testa le sarebbe esplosa e non avrebbe più potuto crederle come un tempo.

Ylenia parcheggiò nel viale dell’unico motel di Mystic Falls che apparteneva alla vecchia signora Flowers e Briony la seguì con la macchina cercando di non farsi notare. La donna entrò nella sua camera, la numero 77 e vi entrò per poi uscirvi 15 minuti dopo.

Briony la guardò rientrare in macchina e andarsene a tutto gas. Avrebbe potuto seguirla ancora ma pensò che la corsa ormai era finita. Se poteva trovare qualcosa sul conto di Ylenia allora bisognava partire innanzitutto dal suo alloggio, dalla sua casa. Tutti avevano degli scheletri dell’armadio e magari avrebbe potuto trovare qualcosa, anche il minimo indizio, che la aiutasse a capire chi fosse Ylenia realmente.

Fu facile entrare nella camera, visto che la vecchia signora Flowers era un po’ scema e rimbambita, infatti bastò farle qualche moina dicendo che era un’amica di Ylenia e doveva prenderle una cosa che aveva dimenticato in camera.

La vecchia signora, dato che la conosceva fin da bambina, si fidò e le diede la copia delle chiavi così da entrare nella camera n. 77

Non appena aprì la porta, Briony notò subito un ordine quasi perfetto come se non ci abitasse nessuno in quella stanza; ma le bastò dare un’occhiata all’armadio per vedere i vestiti che Ylenia portava abitualmente e le scarpe perennemente col tacco, sebbene i centimetri in più non le servivano affatto.

Briony guardò attentamente all’interno per vedere se c’erano i classici nascondigli segreti, come nei film, ma sembrava tutto normale. Sotto il letto niente e nemmeno nel comò.

Si diresse nell’unico scaffale della stanza aprendo tutti i comodini, ma non trovò niente di strano, soltanto vestiti e vestiti e qualche orecchino.

Briony sospirò delusa, picchiettando con la mano sulla superficie dello scaffale, credendo di aver preso un granchio. In fondo cosa pensava di trovare? Un nascondiglio di qualche setta satanica o un ripostiglio pieno zeppo di bazooka?

Si morse il labbro nervosa e riaprì di nuovo il primo cassetto dello scaffale, questa volta con più violenza, tanto che questi si rovesciò per terra con un tonfo.  La ragazza imprecò infastidita e si abbassò per raccogliere la biancheria intima, quando però qualcosa attirò la sua attenzione e le fece sgranare gli occhi, temendo quasi che fuoriuscissero dalle pupille.

Per terra c’era una busta bianca molto grande, che doveva essere stata situata nel doppio fondo del comodino, impedendo agli altri di vederlo ad occhio nudo. Anche Briony aveva usato lo stesso espediente per nascondere il suo diario quando era alle medie, ma in quel momento non ci aveva proprio pensato.

Si alzò in piedi prendendo la busta tra le mani, ma da questa cadde inavvertitamente qualcosa di piccolo e sottile per terra, visto che l’apertura non era più chiusa bene.

Briony cercò di capire cosa fosse quell’oggetto, ma quel che vide la paralizzò e ne fu talmente sconcertata che quasi non riusciva a credere ai suoi occhi.

Era una foto. SUA.

Briony si raggelò di colpo e prese la foto con mani tremanti, cercando di studiarla attentamente sebbene la testa aveva cominciato a girare per la confusione, come una giostra impazzita.

Quella foto ritraeva Briony ben prima che conoscesse Ylenia, molto prima… Anche se l’inquadratura era lontana e un po’ sfuocata, Briony riconobbe se stessa mentre passeggiava per Mystic Falls in compagnia di John.

Perché?

Cosa aveva spinto Ylenia a scattare una foto del genere, così in gran segreto? I pensieri di Briony cominciarono a prendere un percorso tutto loro, cercando una spiegazione plausibile, ma le sue mani reagirono prontamente frugando dentro la busta e le dita tastarono altre foto.  Foto, foto solo fotografie.

Le mani di Briony erano piene zeppe di immagini che ritraevano se stessa in atteggiamenti quotidiani: lei nel giardino di casa sua, lei al Grill in compagnia di Caroline e Elena anche se la foto era stata scattata al di fuori del locale… lei mentre passeggiava da sola nella piazza di Mystic Falls… addirittura ce ne era che la ritraeva in compagnia di Elijah qualche ora prima della notte di Halloween.

Si fece prendere da un attacco di rabbia improvvisa e le sue mani così scavarono più a fondo, intrecciando questa volta fogli di carta.

Li guardò attentamente buttando il resto della busta sul letto, ma ancora una volta quel che vide la sconvolse. E per poco non le venne un colpo.

Era il suo certificato di nascita. Tutte le perizie dei medici, le analisi, le dimissioni di sua madre dall’ospedale, il giorno e l’ora esatta del parto. Tutto.

Briony guardò lo specchio di fronte a lei e vi si rispecchiò.. quel che lesse nei suoi occhi accerchiati da profonde occhiaie era: sorpresa, dubbio, rabbia, delusione.

Aveva sul viso un espressione affranta, ai limiti del delirante, con gli occhi e la bocca spalancati.

Cercò di trovare delle risposte o delle semplici deduzioni a ciò che aveva appena scoperto, ma le gambe cedettero e lei cadde con un tonfo morto sul letto. Tutti i suoi pensieri si incontrarono in un unico punto: Perché?

Perché Ylenia l’aveva spiata per mesi interi scattandole foto di nascosto, e facendo finta di averla vista per la prima volta la notte in cui si erano incontrate nel giardino dei Lockwood?

Perché aveva il suo certificato di nascita?  A cosa le serviva?

Che cosa voleva in realtà?

Perché l’aveva ingannata tacendole quelle cose?

Per non parlare del suo rapporto con Klaus che le sembrava a dir poco sospetto…

Qualcos'altro però catturò la sua attenzione.  In mezzo a quel trambusto non ci aveva fatto caso anche perché le sembrava che gli occhi vedessero doppio, ma sparpagliato sul letto c'era un ritratto.

Briony allora allungò il braccio e lo studiò attentamente: erano due ragazze, una di questa era Ylenia anche se sembrava più giovane ma comunque il viso era cambiato di poco.

L'altra ragazza invece non aveva idea di chi fosse: aveva i capelli chiari forse biondi, ma non poteva dirlo con certezza perché il ritratto non era a colori. Era più giovane di Ylenia e entrambe portavano dei vestiti che potevano andar di moda nel 700.

Nonostante tutto sembrava un ritratto grazioso, infatti la ragazza più giovane e più bassa cingeva il fianco di Ylenia con un braccio in avanti. Aveva un sorriso gioioso e solare stampato in faccia, sebbene non lo stesse rivolgendo al pittore, ma in un punto indefinito davanti a sé.

Ylenia invece teneva lo sguardo basso ma il sorriso era aperto e gioioso come quello dell'altra ragazza. Sotto i loro piedi c’era un giardino fiorito, pieno di rose.

Gli occhi di Briony si abbassarono fino a leggere una didascalia sul lato destro del ritratto:

"Voi siete la rappresentazione di famiglia che avrei voluto avere io. Klaus"

Tombola.

La frustrazione mista a rabbia le causò una risatina isterica: lei poi che si era pure sentita in colpa nei suoi confronti visto che Ylenia l'aveva aiutata molto in quei mesi senza voler ricevere nulla in cambio. Quando in realtà il suo aiuto non era affatto disinteressato.

L’aveva usata… parandosi dietro a una finta maschera di amicizia, facendosi beffa di lei e ingannandola nel peggiori dei modi.

Se li immaginava, Klaus e Ylenia, che facevano l'allegra famigliola felice divertendosi dietro alle sue spalle, e architettando piani folli per far fuori lei e gli altri Originari.

Forse l'aveva mandata proprio lui a tenerla d'occhio come un miserabile avvoltoio.  Altro che amica di sua madre.

"Maledetta.." sussurrò fra i denti stringendo fra le mani il ritratto, e maledicendo il giorno in cui si era fidata di Ylenia e le aveva offerto la sua amicizia.

Così come aveva detto con Caroline, il suo errore più grande era partire col presupposto che le persone fossero sincere. E si era fatta fregare come una stupida.

Ma come avrebbe potuto capirlo…? Mai avrebbe pensato che Ylenia facesse il doppio gioco.. che fosse strana lo aveva capito da un pezzo, ma arrivare a tanto...

Si prese la testa fra le mani cominciando a singhiozzare per la rabbia, mentre sentiva gli occhi bruciare come se stessero prendendo fuoco.

Ma non aveva lo stimolo di guardarsi allo specchio, non desiderava fare niente soltanto spaccare qualcosa per il torto appena subìto, e pensare al modo per far svuotare tutto il sacco ad Ylenia e farsi spiegare il motivo di un simile voltafaccia.

Briony serrò poi le unghie nel materasso con rabbia, piangendo lacrime di delusione, quando all'improvviso la porta della stanza si aprì.

Ylenia impiegò parecchi secondi per accorgersi del disordine, della presenza di Briony in camera sua, e di come teneva fra le mani le foto con uno sguardo tradito.

La strega serrò le mascelle diventando di colpo gelida, mentre Briony si alzò dal letto fissandola con durezza.

"Non saresti mai dovuta entrare qui, Briony" rispose seccamente Ylenia con un'espressione minacciosa sul volto. E chiuse la porta con forza.

 

Fine capitolo!

 

Perdonatemi se ho finito così il capitolo, tenendovi col fiato sospeso ma avevo in mente di farlo così :-)

Ho unito i genitori più diabolici del telefilm, chissà che cosa ne verrà fuori Ihih ihih

Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto e che non abbia deluso le vostre aspettative! Ovviamente alcune cose non vi saranno chiare, visto che ho scritto metà del capitolo quando avevo un bel febbrone da cavallo XD

Ringrazio tanto le persone che mi hanno fatto gli auguri per pasqua, siete davvero troppo gentili J

E Ringrazio enormemente anche le persone che hanno messo la mia storia tra le preferite, le ricordate e le seguite J Mi fa piacere che la mi storia vi piaccia! (almeno spero :P)

Ah l’immagine l’ho fatta io con le mie manine eheh sono un’artista, avete visto? XD seeeee come no ahahah

Ps: Questa è Gwendolyn! Ma immaginatela con gli occhi blu-grigi

http://oi39.tinypic.com/o5qov9.jpg

Vi auguro una buona serata e un buon weekend J

Bacioni grandi. ^

 

 

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Capitolo 10
*** Fear ***


7 CAPITOLO

 

Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera.

Wolfgang Goethe

 

 

"Non saresti mai dovuta entrare qui, Briony" rispose seccamente Ylenia con un'espressione minacciosa sul volto. E chiuse la porta con forza.

Briony non perse tempo e le lanciò subito uno sguardo duro pieno di amarezza, prendendo in mano alcune foto sparpagliate disordinatamente sul letto:

“Che cosa sono queste?” domandò con astio.

Ylenia chiuse gli occhi, come se non sopportasse la vista evidente del suo tradimento nei confronti dell’amica ma la risposta fu secca, priva di emozioni o increspature:

“Perché sei entrata qui? Perché hai sbirciato tra le mie cose?”

Riaprì gli occhi e quando vide il ritratto leggermente spiegazzato sul letto, lanciò un'occhiata di fuoco a Briony, la quale fece finta di niente pur di ottenere qualche risposta:

“E me lo chiedi pure? Ti ho vista con Klaus.. e mi sono venuti dei forti dubbi visto che le persone sono sempre pronte a pugnalarti alle spalle alla prima occasione utile! Quindi… vuoi dirmi che cosa avete in mente tu e il tuo amato Klaus?” domandò sprezzante, essendo sicura che tra i due c’era o magari c’è ancora un legame sentimentale. A giudicare poi dal ritratto le sembrava anche ovvio.

“Il mio amato… Klaus non è il mio amato!” replicò Ylenia infastidita come se non sopportasse che il suo nome venisse associato a quello dell’ibrido.

“Fa lo stesso! Non mi hai però ancora risposto alla mia domanda iniziale! Perché mi hai spiata per tutto questo tempo facendo finta di niente? Perché ti sei documentata di nascosto? Che cosa vuoi in realtà, Ylenia?” sibilò duramente il suo nome, come se non lo riconoscesse.

La bocca di Briony traboccava di domande a cui aveva diritto di avere risposta; non poteva più vivere barcollando nel buio chiedendosi se le persone accanto a lei erano degne della sua fiducia o meno.

Ylenia tuttavia non sembrava voler rispondere... La guardava muta in silenzio, restando perfettamente immobile.

Ma era inutile fare domande a una persona che ritenevi bugiarda. Comunque ti risponda, ti resterà sempre un dubbio.

Ma Briony voleva sentire almeno una giustificazione per quello che le aveva fatto alle spalle.

Col passare dei minuti, Ylenia sospirò rumorosamente e alzò le mani, avvicinandosi a Briony: “Qualunque cosa tu pensi… non è quello che sembra. Io non ti ho tradito e non sto facendo il doppio gioco con Klaus”

La ragazza tuttavia le sorrise sprezzante e incredula:

“Tutto fa presumere il contrario, mi dispiace. Ma quello che non capisco… è perché tu mi abbia seguita per mesi! Che cosa sei, una stalker??”

“Se può esserti di consolazione, non sono stata io a scattare quelle foto”

Briony sbuffò spazientita perché la conversazione non portava da nessuna parte, anzi la sua mente era diventata un groviglio senza fine di domande irrisolte, e ogni volta che sembrava aver capito, ecco un nuovo tranello che le scombussolava il cervello.

“Non mi interessa se hai pagato qualcuno… ora però basta chiacchiere, devi dirmi la verità! Che cosa ci fai qui? Cosa vuoi da me? E niente frottole stavolta!” gridò esasperata prendendola per entrambe le braccia, costringendola a guardarla dritto negli occhi.

Ylenia comunque rimaneva calmissima, come se lo sguardo infuocato e incollerito di Briony non le facesse alcuna paura e non si sentisse in dovere di risponde alcunché.

“Non sta a me dirti la verità, Briony.” Sussurrò poi bonariamente scuotendo la testa.

“Verità? Quale verità?” la incalzò, mentre un lampo d'angoscia invase i suoi occhi. Una parte di sé la avvertiva che era meglio non sentire la risposta, ma attese inerme col cuore in gola.

“Te l’ho detto, non tocca a me dirtela! Tu non avevi detto la verità a Jenna su quello che combinava Elena con i vampiri perché pensavi non toccasse a te dirglielo, e questo vale anche per me”

“Stai usando giustificazioni inutili! Nessuno prima d’ora mi aveva ingannata a tal punto e soltanto tu puoi dirmi il perché!”

Ylenia la fissò, sinceramente pentita del dolore che le stava procurando, e abbassò il viso per poi rialzarlo qualche secondo più tardi.

“Non posso Briony…” sussurrò tristemente guardandola negli occhi.  “Sarebbe troppo per te… perché conoscere la verità cambia tutto. Non si può più fingere una volta che si scopre qual’ è la propria natura”

Il tono della sua voce spaventò Briony, come se fosse un rintonante campanello d'allarme che stava riducendo in briciole la campana di vetro dentro la quale era sempre vissuta.

Deglutì rumorosamente sentendo che la verità, quella vera e reale, si stava tramutando in frecce avvelenate che colpivano il suo corpo, disegnando la geografia di una paura ignota, senza nome.

“Che intendi dire?” mormorò Briony con voce strozzata abbassando le mani. L'angoscia di sapere qualcosa, che le avrebbe sicuramente cambiato la vita, la sovrastava. Cosa c'era sotto in realtà?

Ylenia sospirò rumorosamente, indietreggiando di qualche passo e si portò una mano sulla bocca, come se volesse confessarle tutto ma qualcosa glielo impediva.

Il suo sguardo non incrociava quello di Briony, e la ragazza vide per la prima volta un’ Ylenia indecisa su cosa fare, tentennante e ansiosa.

All'improvviso la sua mano cadde inerme lungo il fianco e fissò Briony con un’espressione frastornata, piena di significato.

“Credi che i tuoi sogni siano una casualità, delle coincidenze? Che non esista una ragione per il fatto che tu abbia sognato Elijah la prima volta nella cantina dei Salvatore? Credi che tutto ciò sia casuale?”

Briony fu presa talmente in contro piede che non riuscì a capire il senso delle sue parole. I suoi sogni? Cosa c'entravano ora i suoi sogni?

Che… che vuol dire?” domandò Briony incerta, temendo che ciò che Ylenia le nascondeva fosse più grande di quanto immaginasse. E anche più pericoloso.

Il respiro di Briony era strozzato come se qualcuno la stesse soffocando e il suo corpo  fermo venne invaso da un tremolio sconosciuto.

Il cervello le diceva di scavare più a fondo, di far parlare chiaro Ylenia una volta per tutte. Ma una vocina nel suo cuore le diceva di non azzardare, di non sfidare sempre il destino e di andarsene via finché poteva… per sfuggire a quella verità che seppur non conoscendola, ne aveva paura. Tutto il suo corpo vibrava.

Ylenia invece rimaneva immobile, quasi imbalsamata, come se non le importasse del tormento interiore di Briony, ma poi i suoi folli pensieri presero parola:

“Dio mio è tutto assurdo… la tua storia con Elijah e...” ma si zittì all'improvviso, come se temesse di aver detto troppo e distolse subito lo sguardo dall’amica per non essere incentivata a parlare ancora.

Briony invece continuava a guardarla interrogativa, non riuscendo a capire dove volesse andare a parere ma decise di non incalzarla più con le domande perché era fatica sprecata. Le orecchie le fischiavano e il cuore martellava nel petto, ma non ne sapeva affatto la ragione. Forse il suo inconscio non voleva sapere la verità perché l’avrebbe sicuramente devastata?

Ylenia nel frattempo si era appoggiata ad uno scaffale e guardò un punto indefinito davanti a sé.

“Prima o poi comunque te ne renderai conto… tu continuerai ad amarlo con la tua natura di umana, mentre lui con la sua natura di vampiro. Non riuscirete a capirvi mai!” esclamò sconcertata.

Briony allora uscì da quel tunnel di insana paura, e rispose:

“Beh riguardo a questo ho già risolto”

Ylenia si girò verso di lei con sguardo allibito:

“Cosa? Vuoi diventare un vampiro?”

La ragazza non disse né sì né no ma l’espressione del suo viso parlava chiaro riguardo alle sue intenzioni, e Ylenia stranamente non la prese affatto bene infatti si parò davanti a lei con uno sguardo fulminato e shockato:

“No Briony… non puoi farlo.” La sua voce non era autoritaria né infuriata… vibrava quasi dal terrore, velata da una preoccupazione reale.

“Non devo chiedere a te il permesso! Ormai i tuoi consigli non mi servono più” replicò Briony saccente non dando peso alle affermazioni preoccupate della strega.

“Ti sbagli invece, ti serviranno eccome in futuro.”

“Smettila di parlare come un oracolo! Se devi dire una cosa, dilla. Altrimenti taci e vattene da questa città!” rispose Briony gesticolando e perdendo la pazienza.

Ylenia la guardò in silenzio senza proferir parola ma poi si avvicinò lentamente a lei, continuando a guardarla tristemente:

“Mi dispiace che sia andata a finire così… non è come sembra Briony, io non sto facendo il doppio gioco e non ho alcuna intenzione di aiutare Klaus”

Briony per tutta risposta le rise in faccia:

“Tu mi hai sempre avvertito di essere prudente e su questo punto io dico: sì devo esserlo. E direi d’incominciare da te! Non ho mai sentito dire niente di buono su chi spia di nascosto le persone che ritiene amiche e che menta così spudoratamente!”

La strega d’altro canto non si scompose e non mostrava alcun segno di volerle dire tutta la verità: il perché l’avesse spiata in tutti quei mesi e cosa avesse realmente a che fare con Klaus.

Briony questo lo intuì, e essendo stanca delle sue continue risposte senza senso decise di andarsene da quella stanza, senza aggiungere altro.

Non aveva ricavato niente da quell’incontro, niente.  Soltanto nuovi punti interrogativi senza risposta e una verità che le veniva negata o che magari era una semplice invenzione proveniente dalla folle mente di Ylenia.

La strega, dopo che Briony se ne andò sbattendo con forza la porta, si sedette sul letto sospirando rumorosamente. I suoi occhi istintivamente vagarono sul ritratto che un tempo Klaus le aveva donato... un tempo ormai morto e sepolto.

Prese tra le mani il foglio spiegazzato, cercando di stirarlo più che poteva e con delicatezza, come se fosse la cosa a lei più preziosa e cara al mondo.

Le sue dita toccarono lievemente il volto della ragazza vicina a lei, che appariva la felicità fatta a persona. Ma anche quei ricordi erano morti, scomparsi, svaniti dalla sua mente per non soffrire più. Perché a volte è meglio non avere alcuna memoria di coloro che hai perduto.

Eppure una piccola fugace lacrima scese lungo la guancia abbronzata di Ylenia e cadde, come fosse pioggia, sul viso felice della ragazza dipinta insieme a lei.

 

Briony camminava stizzita nel tragitto verso la macchina, chiedendosi nervosa il perché le parole misteriose di Ylenia l’avessero scombussolata così tanto senza neanche capirne il senso… come se in qualche maniera la stessero avvertendo, senza però specificarle il pericolo vero e proprio.

Sbuffò incollerita più con se stessa che verso Ylenia, proprio perché si era fatta fregare come una stupida per la seconda volta. Forse ce l’aveva scritto in faccia che era miss ingenuità, così le persone accorrevano come una folla impazzita per prenderla in giro e poi voltarle le spalle.

Ma le giustificazioni dell’amica non l’avevano convinta neanche un po’… non riusciva a fidarsi e nemmeno a credere che fosse innocente perché c’erano troppo cose che dimostravano quanto Ylenia fosse poco sincera.

E per di più pazza e paranoica.

Come quando aveva tirato fuori l’argomento dei suoi sogni, anche se apparentemente non avevano il minimo collegamento con ciò che Briony le aveva chiesto; e dubitava fortemente che i suoi sogni c’entrassero con quella strana verità che Ylenia aveva accennato.

Tuttavia i suoi sogni spesso l’avevano intimorita, perché non erano sogni normali e talvolta si rivelavano pure premonitori, come nel caso del brindisi nella festa degli Originals.

L’ultimo che aveva fatto però l’aveva traumatizzata… e parecchio, proprio perché temeva che si avverasse, e il suo cuore piangeva sangue al solo pensiero che Elijah potesse morire a causa sua.

Ma in fondo ciò che più contava… è che quei sogni l’avevano portata da lui. E’ stato grazie a loro che lei era riuscita a trovare Elijah nella cantina dei Salvatore per poi salvarlo dalla morte. Forse senza di esso, non avrebbe mai conosciuto Elijah e non avrebbe mai fatto parte della sua vita..

Perciò come potevano essere sbagliati quei sogni? Come poteva credere che causassero del male, quando in realtà l’avevano indirizzata verso una persona, un vampiro, un uomo, che era arrivato a dimorare nel suo cuore e da lì non se ne sarebbe mai più andato?

E’ vero, forse non c’era nulla di casuale… forse come aveva detto Ylenia tempo prima, era come se fosse stato il destino a condurre Briony da Elijah.

Ma proprio come il destino li ha uniti, li farà a pezzi.

 

 

Briony rincasò nel tardo pomeriggio. Prima aveva fatto un lungo giro in macchina per schiarirsi le idee ma non era servito granché visto che era più ansiosa di prima a causa del litigio avvenuto con Ylenia.

Andò in camera sua e si sfilò pigramente la giacca mettendola su una sedia accanto al comodino, quando ad un tratto scorse nello specchio davanti a lei un’ombra oscura alle sue spalle e gridò senza accorgersene.

“Oddio mi hai spaventata!” mormorò sconcertata, girandosi vera l’ombra oscura che si rivelò essere solamente Elijah. Il colore dei suoi vestiti si intonava perfettamente con l’oscurità della stanza.

La ragazza lo fissò con gli occhi sgranati, ancora scossa dalla paura appena provata, mentre il vampiro si fece avanti rivelando il suo sguardo instancabilmente freddo e serio.

 "Scusami." mormorò lui mettendosi di fronte a lei e fissandola con sguardo vacuo, quasi vuoto. I suoi occhi distanti però trapelavano una freddezza unica, come se non fosse affatto dispiaciuto nell'averla spaventata.

Briony infatti captò una tensione strana e vibrante in quella stanza, e si sentì  tesa come una corda di un violino.

"Tutto bene?" domandò lei agitata.

Elijah si riscosse dalla sua espressione vuota, diventando però ghiaccio puro.

"Non lo so. Dimmelo tu." sussurrò il vampiro facendo un passo in avanti verso di lei.

Lo sguardo sempre fisso nel suo, come se le sue iridi nere volessero incatenarla per torturarla in eterno.

"C-Cioè?" balbettò Briony diventando paonazza in viso, aggrovigliandosi le mani e sfuggendo ai suoi occhi infernali.

Non voleva ammetterlo ma aveva la vaga impressione che Elijah non si fosse affatto bevuto le giustificazioni contorte che gli aveva rifilato quella mattina.

Briony quindi cercò di ricomporsi per calmarsi:

"Io sto bene, sono solo sotto stress a causa del litigio avuto con Caroline... Ma non ha nulla a che vedere con te." rispose cercando di apparire decisa e di non far tremare la voce. Apparve un sorriso sereno sul viso e si strinse nelle spalle, per far cadere la conversazione.

Ma il suo cuore non riusciva a mentire come il suo corpo: tamburellava a non finire dentro il petto, come se volesse farsi sentire dal vampiro, gridando a gran voce.

"Tutto qui?" domandò Elijah, corrugando la fronte e inarcando un sopracciglio.

Il cuore di Briony batteva impazzito, quasi fosse una prova della sua colpevolezza. Avrebbe tanto voluto fermarlo ma i suoi occhi rimanevano incatenati dentro quelli Elijah, privandola di qualunque volontà.

"Sì esatto. Non c’è nulla." rispose sfoderando un altro sorriso anche se non convincente come il primo. Deglutì per scacciare il groppo in gola.

Elijah serrò sospettoso gli occhi e si avvicinò ancora di più alla ragazza, con passi lenti.

Ma in quel momento non stava vedendo lei… stava vedendo il suo cuore, il richiamo della sua coscienza che la spingeva a dirgli la verità e a non nascondergli nulla. E Elijah era bravissimo a cogliere ogni singolo battito e interpretarne i pensieri.

"Allora, sbaglio io questa volta?" domandò incerto riferendosi più a se stesso che a lei.

La tensione continuava ad aleggiare nella stanza: Elijah era concentrato a studiare ogni mossa di Briony e la voce del suo cuore; mentre la ragazza temeva che le sarebbe venuto un colpo a fine giornata se gli occhi di Elijah non avessero smesso il più presto possibile di inghiottirla dentro le sue iride oscure.  E di fissarla così gelido, come se fosse una statua impassibile ad ogni emozione.

Briony alla fine soffocò una risatina e assentì con la testa per smorzare quella tensione. Aprì la bocca per riprendere ossigeno.

"Vado a preparare da mangiare." disse poi mettendogli una mano sul braccio, e Elijah ricambiò con un sorriso. Un sorriso gelido.

Briony deglutì silenziosamente e sorpassò il vampiro andando verso la porta. I suoi passi erano pesanti come se stesse trasportando un macigno, senza contare che sentiva lo sguardo di Elijah trapassarle la schiena.

Avanzò verso la porta questa volta con più decisione, scacciando via qualunque timore. Mise la mano nella maniglia e aprì leggermente la porta per uscire, ma venne bloccata improvvisamente, come se fosse stata travolta da una tempesta.

Elijah infatti le fu accanto in un secondo e le chiuse la porta bruscamente con una manata, impedendole di uscire.

Briony sussultò subito terrorizzata, soffocando l'urlo che un secondo prima stava per esploderle dentro il petto.

Aprì la bocca non capacitandosi di come l’urlo non fosse fuoriuscito a causa dello spavento, ma forse anche quello era rimasto bloccato dalle iridi agghiaccianti del vampiro.

La mano forte di Elijah era ancora attaccata alla porta, come per impedirle qualunque via di fuga, e per poco non l’aveva quasi sfondata a causa della potenza del suo colpo.

I due erano vicinissimi: Briony aveva il respiro accelerato, mentre Elijah sembrava non lo  avesse affatto in corpo. Sembrava non ci fosse nulla di umano dentro di lui.

La luce degli occhi di Elijah però era come una fiamma, che consumava ogni cosa con il calore e che trafiggeva con un freddo mortale. Mentre quelli di Briony tremavano e sbiancarono, facendo impallidire persino le sue iridi verdi, e dimostravano ampliamente il suo essere così indifesa e spaventata.

"Briony, c'è qualcosa che mi stai nascondendo.” Affermò Elijah stringendo gli occhi che erano diventate due fessure nere, minacciose.

La ragazza non biasimava affatto la “povera” Elena per essersela fatta sotto quando Elijah le aveva fatto il terzo grado nella foresta… quello sguardo diabolico avrebbe fatto scappare persino il diavolo in persona.

Ma lei ne fu talmente succube che cominciò a tremare come una foglia, ad aprire e chiudere contemporaneamente la bocca, e articolando suoni disconnessi chiedendo pietà.

Il vampiro rimaneva comunque impassibile:

“Non sottovalutarmi, Briony. Anche se a parole neghi tutto, riesco a leggere nel tuo cuore e quello non mente mai. Dimmi la verità.” Sibilò continuando a invadere il suo universo con i suoi occhi neri impenetrabili e l’espressione perfida, da predatore.

I-io…” balbettò Briony terrorizzata, non riuscendo neanche ad articolare una frase. Se continuava a spaventarla in quel modo, lei si sarebbe chiusa ancor di più a riccio e le sarebbe venuto persino un colpo al cuore.

Voleva far scomparire i suoi incubi, invece di farli riaffiorare. Non voleva dirgli la verità, non poteva.

Vedendola tentennare, Elijah le puntò in faccia uno sguardo tetro che incuteva inquietudine, la classica espressione che indossava quando voleva costringere le persone ad acconsentire al suo volere.

“Non vedo dove sia il problema. Giacché me ne sono accorto, parlamene.” La voce ingannevolmente calma e lei non cadde in quel gioco mentale perché impallidì completamente.

Aveva paura di lui, di quella sua collera simile a un fiammifero che sta per prendere fuoco.

Anche se un gelo primitivo l’aveva paralizzata prima, ora riusciva finalmente a muovere i muscoli e cominciò a indietreggiare, tenendo sempre lo sguardo incatenato a quello di Elijah.

Ma ad ogni mossa che faceva per allontanarsi da lui, lo sguardo dell’Originario diventava spaventoso da far gelare il sangue nelle vene. Gli occhi percorsi da un lampo di pura cattiveria.

La sua mano lasciò la porta, quasi perforata da un buco profondo, e imprigionò Briony questa volta affondando la mano nella parte del muro vicino a lei, impedendole così di muoversi.

Briony, non capisco davvero il tuo gioco.” La ammonì come se fosse colpa sua. Il gesto era stato semplice, non molto brusco come prima, ma ancora una volta Briony trasalì terrorizzata nel sentirsi in gabbia. Perché la spaventava intenzionalmente?

Lei nascondeva la verità perché ne aveva paura, non per fare un torto a lui.

Ma in quel momento la sua paura principale era rivolta a lui: una paura così soffocante e distruttrice che le impediva di parlare.

Elijah abbassò pericolosamente lo sguardo su di lei, torturandola con occhi nerissimi.

“Tanto lo sai che scoprirò cosa mi nascondi. Perché ti ostini a mentirmi? Eppure lo sai che non tollero chi lo fa.” esclamò gelido, scandendo bene le parole.

Briony lo guardò questa volta sbigottita negli occhi: in quel momento capì cosa gli altri vedevano in lui, o il perché tremassero alla sua sola vista. Perché in quei frangenti Elijah appariva una creatura priva di qualunque umanità o emozione, che terrorizzava chiunque non volesse ascoltarlo o obbedirgli. Non ammetteva alcuna controreplica alle sue sicurezze pur di perseguire i suoi scopi...

Eppure Briony lo sapeva... sapeva che Elijah non era moralmente buono come uno Stefan o una Elena, e che aveva un lato oscuro visibile a chiunque gli si opponesse.. 

Lei aveva scorto questo suo lato, era stata la prima cosa che aveva visto in lui; non l'aveva rifiutato ma l'aveva accettato, anche se razionalmente poteva sembrare folle. E talvolta ne rimaneva pure abbagliata.

Ma lei cercava l'Elijah umano. L’aveva fatto in passato e l’avrebbe fatto sempre.

Tuttavia in quel momento stava prevalendo la sua parte demoniaca. Quella umana invece sembrava scomparsa, volatilizzata come una foglia troppo fragile da poter sopravvivere all’inverno.

Mai aveva avuto così paura di lui, prima d’ora. Mai l’aveva visto riversare su di lei una tale ira. Mai lo avrebbe immaginato.

Ma la parola “mai” è un parolone grosso che tuttavia è facile da calpestare, come la parola “per sempre”.

Abbassò lo sguardo sentendo gli occhi velarsi di lacrime amare, e sentì Elijah sospirare silenziosamente e farsi più vicino al suo viso. La sua vicinanza stranamente la inquietò.

“Perché non riesci a guardarmi negli occhi?” sussurrò gelido, senza un briciolo di ripensamento per il modo in cui si era comportato. La sua mano fredda si alzò per toccarle il viso, ma Briony la ricacciò all’istante.

“Perché mi stai terrorizzando a morte!” esclamò lei con voce strozzata dal pianto che scese lungo il suo viso come una cascata dirompente.

Si sentì una stupida nel piangere in quel modo, ma vedere la rabbia minacciosa di Elijah riversarsi su di lei senza alcuno scrupolo l’aveva fatta crollare.

Riuscì a sollevare lo sguardo, e i suoi occhi verdi lacerati dal pianto fissarono quelli del vampiro.

In quel momento l’espressione minacciosa e dura di Elijah si ruppe in mille pezzi, come un vetro in frantumi e cambiò radicalmente.

Il viso gelido divenne meno incisivo e cupo, i suoi muscoli irrigiditi si rilassarono, e dischiuse lievemente le labbra con un’espressione assorta, come se stesse contemplando quelle lacrime che lui stesso aveva scatenato.

I suoi sensi, un minimo prima raffreddati e resi sordi al dolore di Briony, ripresero vita e la mente di Elijah captò i pensieri agognanti dell’umana.

Tuttavia Briony non desiderava scorgere del rimorso nei suoi occhi neri, non voleva niente, soltanto uscire da lì. Non riusciva più a respirare in quella stanza; voleva scappare da quella calma gelida, da quell’ira, da lui.

“Lasciami andare.” Sussurrò a malapena, scostandosi da lui e camminando a falcate lungo la stanza, dirigendosi verso la finestra. Non aveva il coraggio di ritornare vicino alla porta. Voleva restare sola, voleva ritornare a respirare.

“Aspetta.” Mormorò profondamente Elijah afferrandola da dietro all’improvviso. Il braccio del vampiro si incastrò al di sopra della sua vita, immobilizzandola contro il suo petto.

Briony sussultò un’altra volta per lo spavento; ogni fibra del suo corpo vibrava per la paura di rivedere il volto di Elijah così freddo, paralizzante e spaventoso.

Ma questa volta non poteva guardare dentro le sue iridi nere, poiché la sua schiena si scontrava contro il petto del vampiro, e il braccio forte di Elijah la stringeva forte a sé in una stretta letale dalla quale era impossibile scappare.

Briony sentì il respiro freddo del vampiro sui suoi capelli: aveva appoggiato il viso contro di essi, ma non diceva nulla, né dava segno di volerlo fare. Sembrava come se volesse regolare il respiro accelerato di Briony attraverso il silenzio, stringendola contro di sé per farle percepire come il suo cuore gelido gli si fosse bruciato nel petto quando l’aveva vista versare lacrime a causa sua.

Man mano che la teneva stretta, l’ansia di Briony diminuiva così come il fiatone e finalmente riuscì a rilassarsi; così adagiò la testa nell’incavo della spalla di Elijah, chiudendo gli occhi mentre lo faceva.

Il braccio di Elijah la lasciò lentamente, sprigionando una scia di fuoco all’interno del corpo di Briony; poi all’improvviso lui la prese entrambe per le spalle e la fece girare velocemente verso di lui. Occhi negli occhi.

Briony deglutì nervosamente. Numerosi pensieri si moltiplicarono in quel momento, scontrandosi l’uno contro l’altro per quanto fossero contrastanti e ciò le impediva di parlare lucidamente.

Ma mentre lo osservava, notò che i suoi occhi di ghiaccio si sciolsero ritornando perfettamente neri come un cielo oscuro senza una stella; e quegli occhi bruciarono nei suoi con un’intensità travolgente.

Elijah alzò lentamente la mano come se avesse paura di sfiorarla. Più volte tentennò nel farlo, ma la sua espressione nel volto divenne meno rigida, e infine le dita fredde raccolsero delle piccole lacrime fugaci che ancora contorcevano il viso di Briony.

“Mi dispiace farti soffrire. Ma le lacrime sono sempre il risultato della mia ira.” Mormorò profondamente come se stesse colpevolizzando la sua natura. Accarezzò lievemente le sue lacrime e abbassò poi le dita dal suo viso, lasciandole spazio.

“E allora perché l’hai fatto?” domandò Briony incerta. Perché per farsi dire la verità era arrivato a spaventarla in quel modo come nessuno aveva mai fatto? Eppure facendo così, lei si chiudeva ancora di più dentro se stessa e la paura tornava a manovrarla.

“Ho perso il controllo. Non succederà più.” rispose Elijah ricambiando lo sguardo.

In quel momento la sua espressione era puramente associata al ghiaccio: rigido, scolpito, dall’aria indistruttibile.

Eppure Elijah poco prima aveva sentito qualcosa di oscuro e terribile spalancarsi al di là della sua corazza: il mostro dentro di lui si era agitato, come già alcune volte era accaduto dalla festa a casa Mikaelson, e gli aveva sussurrato con voce maligna di scoprire cosa Briony gli nascondeva, anche arrivando alla forza o alla violenza.

Ma quando aveva visto la reazione di Briony dovuta alla paura che lui stesso le aveva inferto... allora la sua anima umana, non ancora del tutto persa, era riuscita rimettere il mostro dentro la gabbia e a bloccarlo.

Lei lo guardò intristita, notando il suo tormento interiore, ma decise in quel momento di liberarsi di un peso e di dar libero sfogo ai suoi pensieri:

“Vuoi sapere la verità? Vorrei tanto fuggire.” Mormorò all’improvviso fissandolo dritto negli occhi. “Vorrei fuggire dai miei problemi, da tutto questo…” Poi si tappò la bocca ripensando che qualche secondo prima sarebbe voluta fuggire via da lui.

E Elijah questo lo captò.

Serrò la mascella, divenne saldo come una roccia ma nei suoi occhi sembrava esserci una burrasca di fiamme gelide.

Briony trasalì temendo di averlo ferito e sospirò silenziosamente, portandosi una mano sul viso: “Ti prego, lasciami un po’ sola ora.” Sussurrò timorosamente, non osando guardarlo.

Elijah restò immobile per qualche secondo a fissarla, ma poi distolse lo sguardo senza proferir parola.

Il cuore le si strinse in una morsa nel vederlo così, ma aveva davvero bisogno di restare sola.

Briony sentì poi i passi di Elijah allontanarsi sempre di più da lei, e finendo dritti verso la porta ma dopo non sentì alcun movimento.

La ragazza alzò la testa e vide Elijah fermo davanti alla porta a fissarla come prima, con sguardo gelido e indecifrabile.

“So che c’è qualcosa che ti turba, lo percepisco. Ma se tu non vuoi dirmi la verità, non ti costringerò a farlo.  Non ti obbligherò, se tu non lo vuoi.” Mormorò impenetrabile, guardandola come se non la vedesse davvero. E chiuse la porta con un tonfo.

Briony dal canto suo chiuse gli occhi mentre lo fece. Si sentì una stupida, una patetica stupida mentre continuava inesorabilmente a piangere.

Sapeva cosa albergava nell’animo corazzato di Elijah, e l’aveva sempre accettato ma allora perché aveva avuto così paura di lui? Forse perché aveva temuto che le facesse del male… sebbene sapesse in fondo al cuore che lui non gliene avrebbe mai fatto.

Ma lui era pur sempre un vampiro e lei non poteva mettere la testa sotto la sabbia, pensando di scorgere in lui soltanto il suo lato umano, e non quella parte reale e più presente della prima. Quella demoniaca.

Ma forse senza l’abisso non potevano esserci le vette. Forse non si poteva trovare la luce senza cadere nel buio. Se vuoi trovare un arcobaleno devi sopportare la pioggia. C'è la doppia faccia in ogni cosa.

Briony si lasciò andare stancamente sul letto: aveva i nervi tesissimi e il cuore si scagliava contro il petto come se volesse autodistruggersi. Non c’era più luce in quella stanza.

 E così il buio si impossessò di ogni cosa, avvolgendo nelle tenebre ogni sentimento morente...  a parte uno: il dolore.

 

Se c’era una cosa che poteva cancellare il dolore, la paura e i rimpianti, quello era un bel Martini. Briony era solo al suo primo drink ma aveva già la testa fra le nuvole e per fortuna che era seduta al tavolo altrimenti sarebbe caduta come una scema.

Ma l’unica cosa che sapeva fare bene anche in quel momento era compiangersi: forse se avesse detto subito la verità a Elijah senza tanti preamboli, ora non sarebbe ridotta a uno straccio. O forse sarebbe andata anche peggio.

Chissà perché, ma lei fin da bambina aveva sempre avuto paura di rimanere ferita, e che qualcuno che amava potesse farle del male. Sia fisicamente che spiritualmente.

La paura la sovrastava ma la cancellò svuotando il bicchiere. Stava per ordinarne un altro, quando tre persone si avvicinarono al suo tavolo e presero posto vicino a lei senza neanche chiedere il permesso.

Briony guardò Caroline, Stefan e Damon con sguardo accigliato e stizzito:

“Beh? Che è sta roba? Il convegno dei tre moschettieri?”

Damon sghignazzò. “Quel bicchiere è tutto solo soletto, quindi ti facciamo compagnia. Matt? Altri tre!” esclamò facendo un cenno al biondino.

Caroline guardò la sorella dalla testa ai piedi: “Sembri uno straccio.”

“Grazie, me lo sono visto da sola.”

Stefan si schiarì la voce per attirare l'attenzione.

“Ci dispiace disturbarti ma… avremmo bisogno del tuo aiuto e spero davvero che tu ce lo concederai.”

Briony guardò i tre con una strana occhiata:

“Quello che voi chiamate aiuto, sicuramente comporterà soltanto guai per me. Comunque, che cosa c’è?”

Stefan prese un profondo respiro e cominciò:

“Caroline è venuta a sapere da Klaus che se un Originario muore, muore anche tutta la sua discendenza. Ma noi purtroppo non sappiamo ancora chi ha creato la nostra… siamo ad un punto morto e rischiamo quindi di venire uccisi anche noi.”

“Siano benedetti gli incontri amorosi tra Barbie Vampire e il super cattivo di Mystic Falls!” esclamò Damon all'improvviso alzando il bicchiere, come per brindare alla nuova love story di Mystic Falls.

Briony guardò Caroline stupefatta, forse perché ancora non ci credeva che la sorella avesse un reale interesse per Klaus dopo tutto quello che aveva fatto…  forse era il caso di dirle che l’ibrido aveva anche un inciucio con Ylenia… No, che se la cavassero tra di loro.

La biondina guardò Briony con la coda dell’occhio, temendo che la giudicasse o sparasse a zero su di lei, ma la sorella maggiore non disse nulla per sua somma sorpresa. D’altronde lei non aveva fatto ancora nulla di esplicito con Klaus... voleva soltanto ricavare informazioni da lui, distrarlo così che Stefan e Damon avessero campo libero nei loro piani folli... anche se doveva ammetterlo, le attenzioni di Klaus le piacevano. E molto.

La voce di Briony la distrasse dai suoi pensieri: “Non potete quindi uccidere l’Originario che vi ha creati altrimenti morirete.” disse guardando preoccupata la sorella.

“Esatto. Briony, non saremmo venuti da te se avessimo una pista per trovare la verità... ma non ce l’abbiamo.” disse Stefan guardandola negli occhi.

“Per una volta che la tua relazione extra drammatica e mielosa da far venire le carie ai denti ci può essere utile, non vorrai mica tirarti indietro!” sghignazzò Damon col suo solito tono ironico. Briony lo trafisse con lo sguardo ed ebbe l’impulso di rovesciargli il bicchiere in faccia, ma cominciò a ragionare:

“Beh comunque… l’unica soluzione e anche la più ragionevole è dimenticare i vostri piani folli di uccidere gli Originari. Non dovrete fare più nulla per nuocerli.” rispose decisa. Se nessuno dei due fronti aveva intenzione di scontrarsi all'ultimo sangue, poteva godersi finalmente un po’ di serenità.

“E Klaus? Come la mettiamo? Sarebbe sempre un pericolo per tutti noi.” L'avvertimento di Stefan la riscosse dai suoi sogni di serenità e così Briony tornò ad incupirsi. Con la minaccia persistente di Klaus non sarebbero mai potuti vivere in pace.

Sentì Damon sbuffare spazientito:

“Senti, in poche parole tu dovresti chiedere a Elijah chi dei suoi fratelli ha trasformato Rose, la vampira che ha trasformato Katherine, che di conseguenza ha trasformato me e Stefan eccetera eccetera. Ci voleva tanto per dirlo?”

Briony allora guardò sbigottita tutti e tre i presenti:

“Che cosa dovrei fare io?! La spia?” domandò stizzita.

“No, ti stiamo dando l’occasione di salvare tua sorella prima che venga ridotta in cenere per sbaglio.” rispose Damon minaccioso.

“E se Elijah non lo sa?”

“Lo saprà sicuramente! Lui è sempre al corrente di ogni cosa, anche quella più superflua e Rose era nella sua cerchia negli anni del 1490.”

Briony però si strinse nella sedia: non le piaceva entrare a far parte nei piani folli dei Salvatore e per di più indagare sul passato degli Originali. Quella situazione l’avrebbe messa sicuramente nei casini, eccome.

All’ improvviso Caroline le prese la mano fra le sue.

“Vedila dal lato positivo Briony… se l’Originario che ha creato la nostra discendenza è Elijah, lui sarà intoccabile e non dovrai più preoccuparti.” disse per convincerla, anche se Briony si ritirò subito dalla sua stretta, continuando ad ignorarla.

“Io non voglio che gli altri fratelli di Elijah muoiano. Non vi hanno fatto niente. L’unico che ha colpa di tutti questi casini è Klaus… e se è lui? Ci avete pensato?” domandò alla fine con voce strozzata. Se era Klaus colui che aveva dato inizio alla loro discendenza allora sarebbero caduti in guai seri e sarebbero rimasti fregati.

Damon smorzò la tensione con una delle sue classiche battutine.

“Sapete che c’è? Io sono un ottimista! Sicuramente non è lui, la nostra discendenza non può essere di così basso profilo!”

Caroline lo guardò storto ma finse di ridere; Stefan tornò a supplicare Briony con lo sguardo:

“Quindi? Ci aiuterai Briony a scoprire la verità?” domandò bonariamente sperando in un sì.

Lei deglutì nervosa, attorcigliandosi le dita:

“Non mi piacciono i vostri piani e non mi piace esservi immischiata… ma…

I suoi occhi saettarono su quelli di Caroline. Sebbene gli ultimi avvenimenti contrastanti, una parte del suo cuore era ancora legato alla sorella, che lei lo volesse o meno. E si sentiva in dovere di proteggerla dopo tutto: i fratelli maggiori si prendono sempre cura dei fratelli minori. Un classico.

“Ma non permetterò che mia sorella muoia nonostante quello che lei pensa di me.” rispose infine.

Caroline la fissò a bocca aperta.

Briony io...”

Ma lei non le diede il tempo di inventare altre giustificazioni di comodo, infatti si alzò velocemente dal tavolo. Ovviamente non voleva vedere la sorella morta e stecchita, ma il loro rapporto non poteva tornare come prima da un giorno all’altro.

“Cercherò di scoprire chi è l’Originario che ha creato la vostra discendenza. Ma statemi bene a sentire… se scopro che è Elijah, non vi azzardate a uccidere Rebekah, Finn, Kol o Gwendolyn soltanto per gratificare il vostro ego di salvatori di Mystic Falls. Chiaro?” disse decisa alzando l'indice della mano.

“Noi non ti promettiamo proprio nient-" Damon stava per risponderle a tono quando Stefan gli diede una gomitata nello stomaco per zittirlo.

“Non faremo loro del male, se loro non lo faranno a noi. E’ una promessa.” replicò solennemente Stefan alzando il viso.

Briony assentì; non era molto certa di fidarsi della loro buona fede, soprattutto di quella di Damon, ma almeno aveva fatto un tentativo. E poi supponeva che non avrebbero fatto troppi casini fino a quando non avrebbero saputo la verità.

Briony andò via dal tavolo, quando sentì la voce di Caroline chiamarla. All'inizio fece finta di niente ma dovette fermarsi perché si ritrovò improvvisamente davanti la biondina, la quale le impedì il passo.

La vampira prese un lungo respiro prima di cominciare il suo monologo per chiedere perdono:

“Mi dispiace. Io non pensavo quelle cose che ti ho detto all’ospedale… ero arrabbiata e da quando sono un vampiro non riesco a controllarmi a volte, e so di non meritarmi niente da te… ma tu sei la persona a cui voglio più bene, lo sai questo no?” chiese supplicante guardandola con occhi dolci.

L'animo di Briony si rabbuiò: quanto avrebbe voluto crederle, ma la fiducia non si conquistava magicamente dal nulla. Lo si dimostrava con i fatti, le attenzioni e le premure. E purtroppo Caroline non era ancora riuscito a capirlo, o forse era troppo indietro per arrivare al traguardo di un nuovo rapporto con Briony.

Infatti lei si scansò dopo un attimo indecisione; la vicinanza di Caroline le faceva troppo male.

“Ti farò sapere se avrò notizie.” disse sfuggente, e la sorpassò per uscire dal locale in fretta e furia.

Un sole accecante e improvviso la investì: per fortuna indossava solo una canottiera sopra il giubbotto altrimenti sarebbe morta dal caldo.

Fece alcuni passi lungo il marciapiede ma si fermò subito perché intravide Elijah dall’altro lato del marciapiede, intento a parlare con Gwendolyn. Sembravano non essersene accorti della sua presenza, infatti quando Elijah alzò lo sguardo e incrociò il suo, rimase sorpreso nel vederla, tuttavia l’espressione del viso rimase lo stesso impassibile. Quello sguardo le fece male.

Anche Gwendolyn non appena si accorse di lei la trafisse con un’occhiataccia, ma salutò subito il fratello per poi andarsene via, continuando a fissare Briony con uno sguardo pieno d’odio. L’umana non fece caso alle frecciatine dell’Originaria perché il suo sguardo era incatenato dentro quello inespressivo di Elijah.

Nonostante ci fosse un’enorme strada in mezzo a loro, non era quella la reale distanza che li separava. Era a causa di ciò che era successo l’altro giorno, il male che si erano fatti a vicenda e che si espandeva come lava incandescente, bruciando entrambi.

Elijah la fissò imperscrutabile, ma poi non fece nient’altro se non ignorarla mentre andava verso la macchina e ci saliva dentro; per colpa del sole accecante il vampiro fu costretto a mettersi gli occhiali da sole. Tutto senza degnarla di uno sguardo.

Quando mise in moto, il suo sguardo irrequieto vagò in un punto sospeso fra loro, ma Briony ebbe l’impressione che dietro quegli occhiali scuri lui stesse guardando proprio lei. Non ebbe però il tempo di fare niente o di pensare a qualcosa, che lui partì subito sgommando.

Briony osservò la macchina con sguardo dispiaciuto, triste, pieno di malinconia. Avrebbe tanto voluto che si fermasse, e annullasse quella distanza straziante fra loro.

Elijah fece solo qualche miglio quando si fermò su un margine della strada: i suoi occhi erano fissi sullo specchietto laterale che gli mostrava la figura di Briony ancora ferma sul marciapiede a guardarlo. La fissò per secondi interi attraverso gli occhiali scuri, poi ripartì.

Ma ingranò con forza la retromarcia.

La macchina di Elijah si fermò nel punto esatto in cui si trovava Briony, che rimase completamente allibita quando il finestrino dell’auto si abbassò e vide i capelli scuri di Elijah risplendere alla luce del sole.

La pelle del suo viso era più diafana del solito.

“Vorrei che mi accompagnassi in un posto.” Mormorò lui improvvisamente tenendo sempre lo sguardo davanti a sé.

Briony piegò curiosa la testa da una lato, mentre Elijah si voltò verso di lei e sul viso apparve un lieve sorriso sghembo, anche se tirato, e continuò:

 “Se non hai paura di restare da sola con me.”

Briony scosse la testa ma sorrise felice, accettando il suo invito e salì in macchina.

Durante il viaggio restarono tutti e due in totale silenzio: Elijah guardava dritto davanti a sé senza mai guardarla, mentre Briony lo fissava con la coda dell’occhio in un intervallo di dieci secondi. Non riusciva a non guardarlo e questo la metteva in soggezione, perché non sapeva cosa dire né come comportarsi, visto che lui appariva come un blocco di ghiaccio.

Si morse nervosa il labbro: “Posso chiederti una cosa?”

“Sì.” rispose lui freddo. Briony trasalì di fronte a quel gelo.

Ecco… ho avuto una strana chiacchierata con i Salvatore e mia sorella oggi... pensavo dovessi saperlo..”

E gli raccontò tutto quello che era venuta a sapere, ma stranamente Elijah si mostrò molto sorpreso nel conoscere che se uccidevi un Originario allora uccidevi anche la sua discendenza.

“Comunque se lo sapessi, non lo direi certamente a loro.” disse lui adagiandosi sullo schienale.

“Perché?”

“Perché questa loro ignoranza implica che non faranno nulla per nuocere me o qualunque altro dei miei fratelli. Finché loro non lo sanno, non faranno niente di stupido.” Mormorò sicuro.

Briony guardò il panorama davanti a : anche lei ci aveva pensato infatti era la soluzione più ragionevole. Tuttavia  la minaccia di Klaus era sempre persistente, e poi...

“Però tua madre non avrà i loro stessi scrupoli... che succede se trova il modo di uccidervi?”

“Ce ne stiamo già occupando.” rispose lui seccamente per chiudere la conversazione.

Briony si morse il labbro e tornò a guardare il panorama; le faceva uno strano effetto stare con Elijah in macchina, con lui alla guida. Pensava che al vampiro non interessassero le tecnologie, essendo nato in un’altra epoca e apparendo sempre così formale. Ma anche in quelle circostanze Elijah appariva sempre nobile e elegantissimo.

Ad un tratto le mani del vampiro si irrigidirono sul volante, come se lo volesse staccare da un momento all'altro.

“Non mi piace.” disse improvvisamente con un tono di voce vibrato dalla tensione.

Briony allora lo guardò interrogativa aspettando che continuasse.

“Mi urta che i Salvatore ti coinvolgano nei loro piani, che puntualmente vanno sempre a finire male.” rispose poi, serrando la mascella.

Briony lo guardò intensamente per cancellare ogni sua preoccupazione:

“Ma io sono già coinvolta.. in un modo o nell’altro”

Elijah si girò verso di lei.

Chissà cosa si nascondeva dietro quegli occhiali scuri, dietro i suoi occhi impenetrabili e dietro la sua corazza di ghiaccio, in quel momento. Erano ancora emotivamente divisi da ciò che era accaduto?

Lasciarono cadere entrambi la conversazione, visto che la macchina si fermò all’improvviso e Elijah scese dall’auto togliendosi gli occhiali. Briony restò a fissarlo inquieta per un po’, poi decise di seguirlo a tentoni.

Si trovavano nel centro della foresta di Mystic Falls, non molto lontano c’era la vecchia casa che pullulava di anime di streghe morte.

Nel viso di Elijah comparve un sorriso malinconico, mentre camminava vicino agli alberi. Le descriveva di come la scuola di Mystic Falls fosse stata costruita sopra un villaggio indiano, la piazza della città era stato il luogo dove si riunivano gli indigeni per pregare e lì vicino c’era un campo dove pascolavano cavalli allo stato brado.

Briony ascoltava affascinata, sorridendogli ogni qual volta lui le mostrava aneddoti di una vita passata che sicuramente gli mancava da morire... quel tempo in cui Elijah era ancora umano.. libero da quella corazza ricolma di freddezza e cinismo che la sua vita immortale e sanguinaria gli aveva imposto nel tempo.

Si fermarono ad un punto vicino alle grotte dove lui giocava da bambino, ma all’improvviso Briony smise di sorridere e impallidì notevolmente.

Aveva la vaga sensazione che quello fosse il luogo in cui Elijah aveva scavato la fossa a Elena per farla parlare riguardo ai piani di Esther. Alzò lentamente il viso verso Elijah guardandolo con sospetto e indietreggiò intimorita.

Quando il vampiro si accorse della sua reazione, la fissò sorpreso corrugando la fronte: “Che cos’hai?”

Briony lo guardò intimidita, chiedendosi cosa volesse fare in un luogo del genere e rimase impietrita come le rocce vicino a lei.

“Vieni. Da questa parte, manca ancora un po.” disse lui semplicemente avanzando lungo il sentiero. Briony allora ritornò a respirare regolarmente, e arrossì colpevolizzando la sua stessa stupidaggine per aver pensato che Elijah volesse scavare la fossa pure a lei.

Sperò vivamente che lui non se ne fosse accorto e cercò di mantenere il suo passo, sperando di non incespicare in qualche radice. Finirono nel bel mezzo della foresta e Briony si ritrovò davanti una specie di cascina antica e abbastanza grande, che non aveva mai visto prima. Eppure era venuta spesso da quelle parti.

“Io e i miei fratelli ne avevamo una simile dopo che nostra madre ci ha trasformato. Era diciamo il nostro rifugio fuori dal mondo.” disse il vampiro, con uno strano sorriso malinconico.

Briony gli si affiancò ricambiando il sorriso, e guardò sia lui sia la villa con sguardo affascinato e ipnotizzato.

Quella casa era il suo rifugio lontano dall'odio e dalla paura degli altri, dal disprezzo per se stesso. I suoi fratelli e lui potevano essere semplicemente loro stessi in quel luogo, lontano dal mondo che Esther aveva creato per loro. “Ovviamente l’abbiamo fatta ricostruire perché non c’era rimasto più nulla, se n’è occupata Rebekah visto che lei ama questi tipi di ricordi.”

Briony rise lievemente e gli accarezzò il braccio. In quel preciso istante ebbe la piena chiarezza che anche lui avesse nostalgia di quei ricordi.

Elijah le aprì la porta e la fece entrare per prima, mostrandole l’interno della casa che aveva il classico aspetto di un rifugio di campagna, ma allo stesso tempo accogliente.

I pavimenti erano fatti unicamente in legno, e lui la condusse nel salone principale dove c'erano ampi scaffali e un divano davanti al camino. Le camere di sopra non erano ancora state del tutto ristrutturate.

“Non mi aspettavo mi portassi qui.” esclamò lei guardandosi attorno curiosa e affascinata.

“E che cosa ti aspettavi? Che ti imprigionassi in una grotta come ho fatto con Elena?” Domandò Elijah all’improvviso rivolgendole uno sguardo perfidamente freddo.

Briony sussultò e avvampò, segno che fosse colpevole di aver pensato una cosa simile, ma aveva sperato che lui non se ne fosse accorto.

Ma d’altronde a Elijah non sfuggiva mai niente, e lo sguardo di pietra che le lanciava in quel momento la distrusse interiormente.

“Non è vero... è stato quel luogo lugubre a mettermi in soggezione.” Briony tentò vanamente di giustificarsi ma lui la interrupe senza neanche ascoltarla.

“Che razza di uomo credi che io sia? Davvero pensavi che ti avrei fatto una cosa simile?” domandò shockato e frastornato per le allusioni della ragazza. 

Infatti quello che lo feriva di più, che spezzava quel briciolo di umanità che gli era rimasta, era il fatto che lei lo guardasse con gli stessi occhi delle sue vittime che si terrorizzavano ad ogni sua mossa, o lo giudicassero una creatura senza scrupoli.

Briony scosse ripetutamente la testa, andandogli incontro per accarezzargli il viso e sussurrandogli di continuo che non era vero, che il suo inconscio non pensava veramente quelle cose di lui.

Ma Elijah ricacciò via le sue mani come se fosse stato scottato: “Lascia stare.” sussurrò gelido, allontanandosi da lei.

Briony si morse il labbro, guardandolo sconsolata e intrecciò convulsamente le mani tra loro; in quei giorni si sentiva in alta marea, e per colpa della paura non riusciva ad affrontare quelle onde burrascose.

Passò il tempo ma nessuno dei due disse niente: Elijah sfiorava con la mano i ripiani degli scaffali, dei tavoli, di ogni oggetto che si trovava in quella casa, stando ben attento però a non sfiorare lei.

Eppure i suoi sguardi la trafiggevano eccome: il viso di Elijah nei pochi momenti in cui la guardava non faceva trapelare niente, se non distacco e freddezza.

Briony si strinse nelle spalle e trasalì sentendo quel ghiaccio invadere le sue vene e fermare il battito cardiaco. Per smorzare l’atmosfera si mise ad osservare un ripiano in cui c’erano molti libri, alcuni molti vecchi e impolverati, altri più nuovi e lustrati.

Sentì all'improvviso dei passi dietro di lei e un respiro gelido le solleticò l’orecchio facendola sussultare, e così si girò di colpo sgranando gli occhi.

Elijah aveva semplicemente allungato un braccio per prendere un libro e l’aveva così inavvertitamente sfiorata, ma restò comunque stupito della reazione della ragazza.

Affilò lo sguardo mentre i suoi occhi divennero due fessure nere impenetrabili:

“Ho capito. E’ stato un errore portarti qui.” mormorò duramente. Lo sguardo perso in lontananza.

Briony aprì la bocca per replicare ma lui non gliene diede neanche il tempo, infatti andò verso il tavolo e prese velocemente le chiavi della macchina. La ragazza allora gli afferrò il braccio per fermarlo: “No aspetta, Elijah! Non è così, io voglio rimanere. Non roviniamo tutto.” rispose col tono più convincente possibile.

“Invece è meglio per te se torni a casa” replicò lui duramente e in tono autoritario; scostò la sua mano dal braccio e avanzò deciso verso la porta che dava al pianerottolo.

Il viso di Briony era logorato, il cuore perse continuamente dei battiti.

Lui le aveva mostrato tutti i lati del suo animo, rischiando ancora di perderla e Briony scoprì che la paura non aveva minimamente toccato il suo amore per lui... era ancora lì, pulsante e vivo come un cuore che batteva anche dopo la morte.

E anche se prima aveva sfidato una paura mortale e un dolore travolgente, lei rischiò ancora e lo inseguì.

Elijah aveva appena aperto la porta del salone ma lei gli impedì di uscire: il viso sbatté contro la schiena del vampiro, e nello stesso momento intrecciò le mani contro il petto di Elijah per bloccarlo

Sentì i suoi muscoli tendersi sullo addome piatto.

 “Ti prego, non farlo. Non andartene.”  Sussurrò con tragica dolcezza, soffocando il viso contro la sua schiena.

Le emozioni che scaturirono dentro di lei avevano il potere di sciogliere tutta la paura che le si era iniettata dentro, da quando le angosce e i pericoli della vita si erano impadroniti della sua anima.

Elijah rimase immobile come una statua,  anche se qualche secondo dopo girò lentamente il viso di marmo. Eppure la reazione successiva fu improvvisa per lei: le afferrò una mano ancora intrecciata al suo petto mentre si girò completamente e velocemente verso di lei.

Grazie al suo sguardo inespressivo, Briony capì che le sue parole non lo avevano scalfito anzi la fissava con sufficienza. I loro visi erano vicinissimi e per lei era logorante sopportare lo sguardo del vampiro così a breve distanza.

“Avanti, Briony.” La canzonò lui sorridendo maligno, ma ritornando subito serio. “Ammettilo che hai paura di me.”

Le sue parole rimbombarono all'interno della stanza anche se dette con un tono di voce basso. Le teneva fermo il braccio e Briony sentì un lieve pizzicore in esso, tuttavia sostenne lo sguardo di Elijah senza alcun timore:

“Paura? Io di paure ne ho sempre avute tante fin da bambina e non sono mai riuscita a controllarla. Ma la più grande e la più insostenibile, è quella di perdere te.”

Gli occhi di Briony erano soffusi di una luce dolcissima, mentre quelli di Elijah erano piedi di ombre, di oscurità come se fossero stati catapultati anche loro dentro quella corazza di ghiaccio.

Ma lei aveva notato che Elijah si tratteneva, era diffidente nei suoi confronti come se non credesse affatto alle sue parole oppure volesse auto convincersi che invece era lui ad avere ragione.

Magari era meglio così forse.

Perché quell’amore era talmente forte che ti logorava dentro, ti sconvolgeva, fino a sfidare se stessi e tutto ciò in cui si credeva.

Quell’amore che tutti noi avremmo paura a provare perché troppo distruttivo e divampante come il fuoco dell’inferno, ma che poi non potremmo fare a meno di sentire dentro di noi. E Briony non poteva fare a meno di lui, costasse tutto, era così.

Gli si fece più vicina che quasi i loro vestiti si toccavano, e gli occhi erano fissi sui suoi per trasmettervi cosa lei provava in quel momento:

“Perché non ammetti anche tu la verità allora? Tu hai sempre pensato di non possedere più un’anima a causa di quello che sei… di aver perso quelle sensazioni che si prova ad essere un umano. Ma non è così, smettila di mostrarti agli altri come un creatura di pietra oltre la quale non si può scorgere nient’altro... smettila di nasconderti al tuo cuore.”

Il vampiro sbatté le palpebre:

“Un cuore.” Ripetè Elijah sorridendo lievemente come in segno di scherno e scuotendo la testa.. ma era una risata flebile, triste.

Le lasciò bruscamente il braccio:

“Ne abbiamo già parlato Briony. Io un cuore da offrirti non ce l’ho, quindi smettila di farti aspettative su qualcosa che non esiste più." replicò in modo automatico, con risentimento e sufficienza.

Lo faceva apposta: voleva ferirla come la sua natura demoniaca gli imponeva, ma di conseguenza voleva anche farla arrabbiare come la sua flebile e invisibile natura umana gli consigliava, per buttarle in faccia la dura e terribile realtà. E smetterla quindi di farsi illusioni su qualcosa che non esisteva più dentro di lui.

Quasi riuscisse a leggere le sue emozioni nascoste sul suo viso, Briony gli venne vicino e posò una mano sulla sua guancia. Lui la lasciò fare.

 “No. Io ti amo. Amo tutto di te, persino la tua natura di vampiro. Sono arrivata ad amare ciò che potrebbe farmi del male. Perché so che il rimpianto di essere il mostro che dici di essere, ti rende davvero umano. Più umano di quando ancora il tuo cuore batteva, mille anni fa. E quello che sei è molto più prezioso di un semplice battito cardiaco che possono avere tutti.”

Briony non sapeva neanche come le erano venute in mente quelle parole… ma sapeva che aveva bisogno di dirle. Di fargli capire che lo accettava così com’era senza resistenze, non le importava più se quel sentimento poteva esserle fatale. Era stato lui stesso ad aiutarla a sconfiggere le sue paure.

Quando incrociò lo sguardo di Elijah, notò con piacevole stupore che la sua espressione si era intensificata, addolcendosi.  Era travolgente.

Lui era come un cielo notturno di un nero opaco, lei era la piccola stella che lo illuminava.

Elijah non le staccava gli occhi di dosso mentre con le dita fredde tracciava lentamente il profilo della sua guancia e degli zigomi, fino a farle venire dei brividi.

Lei si lasciò avvolgere dal nero cielo dei suoi occhi, rischiando di caderci dentro per sempre.

Elijah reagì nell’avvicinarsi a lei, il suo respiro che le soffiava sulla fronte e le labbra che le solleticavano la pelle. Briony sentiva la schiena contro lo stipite della porta.

“L’uomo che ti avrà per sempre al suo fianco è un uomo davvero fortunato. Spero si renderà conto del dono che ha ricevuto.” Le confessò profondamente, facendole battere il cuore come se fosse sul punto di saltare via.

Briony sorrise piano, i nervi a fiori di pelle, le mani si aggrapparono alla colletto della giacca nera di lui, l’elegante uniforme che lo faceva apparire come un uomo dabbene. Non aveva dimenticato che sapeva anche essere, terribilmente, diverso ma tutte le incertezze erano state totalmente svolazzate via. Erano solo loro due lì, nient’altro.

“E se fossi tu? Cambieresti idea?” gli bisbigliò, mettendosi nelle sue mani.

Non ce la faceva più a stare immobile, non teneva tutto sotto controllo come faceva lui, ma la lieve risata del vampiro la scombussolò:

“Direi dunque che sono l’uomo più fortunato e più meschino della terra.”

Elijah mosse il viso, tornando a guardarla. Le menti staccati da qualunque pensiero.

Non riuscendo più a frenarsi, Briony si allungò su di lui offrendogli le labbra, e prima che se ne capacitasse, Elijah la spinse fulmineamente contro lo stipite della porta e la sua bocca si impadronì di quella di lei con un bacio che non lasciava dubbi.

Un vampiro di solito domina le emozioni, non si lascia sopraffare. Ma Elijah sembrò esserselo dimenticato quando le avevo tolto letteralmente il respiro.

Briony sentì il cervello andare in cortocircuito, essere imprigionata dal corpo marmorea del vampiro le dava una sensazione esaltante e splendida dentro di . Le fece quasi male la pressione delle labbra di Elijah sulle sue, ma non le importava perché le dita si avvinghiarono al viso del vampiro, dando vita a un bacio pieno di trasporto, sincero, mordente.

Contro la sua volontà, Elijah lasciò le sue labbra per sommergerla di baci sul collo, sul petto, lasciandole una scia bollente lungo tutto il corpo, come se volesse farle tutto quello che lui voleva.

Anche se le mani di Elijah erano fredde, tra di loro c’era fuoco che bruciava.. che li ardeva e che faceva male. Ma era un fuoco che per loro era l’aria nei polmoni.

Briony aprì gli occhi nonostante quella passione fosse accecante, infatti il suo respiro si era fatto incontrollato; le sensazioni che le scatenavano i baci di Elijah erano come un esplosione nel cuore.

Intrecciò con forza i capelli di Elijah tra le dita, mentre le mani di lui scese ad accarezzarle la schiena per poi scivolare sui suoi fianchi, ove la strinsero a lungo, fino ad alzarle leggermente la canottiera.

Lei rabbrividì sentendo le dita gelide del vampiro sfiorarle la pelle, e gli strinse ancora forte i capelli facendogli alzare il viso dal suo collo, e ritornarono così a baciarsi con la stessa passione di poco prima. Anche se era meglio dire che si divorassero.. non lasciavano nessuno spazio per il respiro.

L’Originario continuava ad imprigionarla con il suo corpo, come ad annullare ogni distanza da loro. E ogni volta che lui la spingeva sempre di più contro lo stipite della porta, Briony sentiva una scossa elettrica darle dei brividi lungo tutta la schiena.

All'improvviso Elijah la strinse forte per le spalle staccandola da lì, e chiuse la porta dietro di sé con la forza della schiena.

Briony era rimasta avvinghiata al suo petto, come se senza di lui non riuscisse a stare in piedi o non sopportasse neanche la minima distanza fra loro. Non voleva lasciarlo andare via.

Elijah le imprigionò poi il viso con le mani e, dopo averla guardata per un attimo che sembrava infinito, premette le labbra sulle sue, questa volta con delicatezza. Si abbassò a baciarle l’angolo di una guancia.

Le cinse la schiena e avanzarono insieme lentamente, verso il divano. 

Briony si lasciò condurre lungo la stanza senza incertezze né resistenze: nella sua mente non c’era più traccia del sogno che l’aveva fermata qualche giorno prima. In quel momento tra le sue braccia si sentì la mente svuotata, libera da qualunque pensiero che potesse frenarla.

Elijah la spinse contro lo schienale del divano, e Briony gli mosse la testa per far sì che tornassero a baciarsi, perduti nel presente più profondo. Elijah passò una mano contro la nuca della ragazza, come per tenerla ferma, mentre sensazioni esplosive si facevano largo in loro.

Briony passò le dita nel tessuto nero della giacca, adorando tutto di lui. Finì per toccargli il collo, scese a baciargli i pochi lembi di pelle che la camicia abbottonata poteva concederle, e poi sfilò velocemente la cravatta, gettandola lontano.

Quando la luce e l’oscurità si compensano così equamente che le incertezze del giorno e i dubbi della notte si neutralizzano, lasciando un’assoluta libertà mentale, è allora che il difficile impegno che risulta l’esistenza si riduce al minimo.

Elijah reagì nell’alzarla velocemente contro di lui e spingerla di più contro lo schienale del divano. La ragazza si sentì mozzare il respiro, come se delle scintille scattassero dentro le vene del sangue quando lui la sfiorava. Elijah la liberò della canottiera, aiutato da lei, per poi scendere a esercitare una pressione audace con le sue labbra sulla pelle nuda dell’umana.

Briony alzò gli occhi al cielo, rabbrividendo, mentre si teneva aggrappata alla testa del vampiro con le mani frementi. Quando sentì le labbra del vampiro arrivare alla sua pancia piatta, e le sue mani sbarazzarsi rapide dei suoi jeans, il respiro di lei divenne più trepidante tanto che credette di impazzire seduta stante.

Quando lo sentì alzarle una gamba contro il suo viso mentre l’altro braccio la cingeva per la vita, sentì più indistintamente, con tutte le cellule del suo corpo, la sua bocca baciarle languidamente il basso ventre, finendo per scendere contro il tessuto degli slip. Briony non ebbe il coraggio di guardarlo e inclinò di più la testa all’indietro, facendo fatica a respirare e potendo solo reggersi grazie ai gomiti contro il divano, altrimenti si sarebbe sciolta come lava incandescente.

Sentì le labbra gelide del vampiro percorrerle la coscia, scendendo senza fretta e lambendone la pelle. Quando ebbe finito si sollevò e l’attirò prepotentemente a sé, facendo rimanere le loro labbra divise da un filo di fiato mentre le mani la liberavano abilmente del reggiseno.

Solo quando lo sentì aderente contro di sé, Briony si rese conto che lui era ancora perfettamente vestito. Sentiva gli occhi accecati dal desiderio, ogni fibra del suo essere era rivolta a lui come in cerca di un riparo sicuro. Gli circondò il collo con le braccia, tornando a baciarlo mentre il suo corpo ormai del tutto nudo veniva solleticato dagli indumenti eleganti del vampiro.

Percepiva le mani di Elijah stringerla per la schiena, percorrendole la colonna vertebrale con carezze possessive che le mandavano in poltiglia ogni facoltà mentale. Alcuni approcci momentanei tra i baci sembravano attenti a far fondere, lentamente, i loro respiri per poi tornare a lambirsi possessivamente. Come se ci fosse un’armonia poetica e non solo un atto fisico.

Finalmente Briony arrivò a togliergli la giacca nera, fece passare altro tempo prima di fare lo stesso con la camicia bianca per poi con i pantaloni, quasi avessero l’eternità davanti e il mondo si fosse fermato dentro quella cascina.

Venne il momento in cui il desiderio si fece largo con più potenza in loro, aleggiando come vibrazioni elettriche nella stanza, e allora Elijah sorresse a sé Briony nel dirigersi verso il divano.

Quando si sentì distendere, lei ebbe il fiato più accelerato come se in quel momento non volesse più aspettare. Lo sguardo del vampiro era così dominante e magnetico da lanciarle scosse elettriche all’interno del corpo. Accolse quindi subito Elijah sopra di sé, stringendolo e inclinando la testa verso la sua, come se in quel modo volesse perdere i suoi contorni in lui, imbevendosi dell’essenza di ciò che la sovrastava, assimilandola.

Elijah tenne la fronte fresca contro quella accaldata di lei, sistemando bene il corpo esile della ragazza per sentirla appieno mentre faceva appoggiare la sua gamba nuda contro il proprio fianco.

Briony si aggrappò con le mani in avanti per le spalle del vampiro, sentendo ogni secondo ritardato per unirsi in un tutt’uno come un passo verso un oscuro precipizio.

Quando lo sentì entrare dentro di lei, le labbra Elijah appoggiate a quelle di lei scivolarono all’insù, regalandole una sensazione senza pari. Si stiracchiò contro di lui per sentirlo appieno dentro di lei mentre si muoveva, e in breve Elijah arrivò a spingere più profondamente, con più bramosia, arrivando a donarle dei brividi incandescenti di piacere e facendola sentire completamente sua, con niente a dividerli.

Elijah tornò a baciarla intensamente, facendole incrociare di più le gambe contro i suoi fianchi e lei finì allora per distaccarsi dal bacio per cercare di respirare. La testa ciondolò sopra la spalla del vampiro, le mani lo tennero attaccato a sé per le spalle fino giù alla schiena, arrivando anche a graffiarla con forza quando le spinte si fecero più decise e intense.

All’improvviso poi Elijah la fece sollevare e la mise cavalcioni sopra di lui, sfibrando la tensione nell’aria. Briony allora rimase completamente abbagliata dalla bellezza disumana del vampiro: non aveva mai visto niente di così affascinante, desiderabile e magnetico nella sua vita.

Anche lui la guardò accarezzandole lievemente la guancia, come se volesse vedere quanto fosse bella, e i suoi occhi facevano trapelare che lei era il suo bene più prezioso e che non l’avrebbe mai lasciata andare via.

Briony gli allacciò le braccia dietro la testa mentre lui ritornava a baciarla quasi con adorazione; tracciò delicatamente la linea delle sue labbra con lingua e lei così gemette sommessamente,  spingendo poi il viso contro quello di Elijah e stringendosi sempre di più a lui come ad unire i loro corpi, le loro anime in un tutt’uno.

Cominciò a muoversi sopra di lui, alzando la testa all’indietro mentre il cuore le galoppava impazzito nel petto; Elijah le circondò la schiena con entrambe le braccia e la riempì di baci brucianti in ogni centimetro della sua pelle, facendola andare su di giri nelle languide movenze.

Il vampiro poi le strinse i capelli fra le mani e la fece risdraiare sotto di lui, sovrastandola con il suo corpo scolpito. Si baciarono, arrivando pure a mordersi; mentre lo teneva stretto a sé Briony sentiva i muscoli così in tensione come se stesse sopportando un fardello enorme mentre Elijah la faceva totalmente e inducibilmente sua. Briony si lasciò fuoriuscire un gemito più rauco, le mani premettero di più nelle spalle del vampiro mentre quest’ultimo rafforzava sempre di più l’intensità delle sue spinte, impossibile da sostenere. La stanza era piena della sinfonia musicale dei loro respiri, i loro corpi languidamente pressati erano il fulcro focale di quella scenografia.

Quando arrivarono al culmine, il cuore di Briony tamburellò nel petto fino a scoppiare e sembrava non avesse più fiato nei polmoni. Elijah invece si adagiò perfettamente su di lei con un gemito spezzato. Entrambi i loro corpi erano accaldati e frementi per via dell’orgasmo appena giunto.

Briony sentì in seguito i capelli di Elijah solleticarle la pelle della fronte, e il suo respiro fresco sembrò acqua ghiacciata sul fuoco che divampava dentro di lei.

Elijah le lasciò dei piccoli e delicati baci sulla fronte, sulle labbra, e la guardò intensamente mentre i suoi occhi si facevano sempre più profondi. Briony ricambiò lo sguardo, dissetandosi della sua vista.

Lo baciò a fior di labbra e lo strinse a sé, sospirando felice e serena come non lo era da giorni.  Nella sua mente non c’era spazio per pensieri brutti perché in quel momento tra le sue braccia si sentiva in pace col mondo, e insieme avrebbero potuto affrontare il mare burrascoso della loro vita.

Il viso di Elijah si abbassò, baciandole nuovamente il petto, all’altezza del suo cuore che continuava a battere impazzito. Il viso di Elijah si accomodò proprio lì, dove batteva il cuore di Briony, come se amasse ascoltarlo.

Poteva immaginare che il posto del cuore di Briony non era in realtà lì? Lo aveva infatti donato a lui, gli aveva donato tutta se stessa. Gli apparteneva completamente.

Lei gli accarezzò dolcemente i capelli, quando sentì una richiesta del vampiro, che risuonava come una promessa solenne oppure una preghiera:

“Resta con me, Briony.

 

FINE CAPITOLO!

Eh lo so, sono uscita dal personaggio di Elijah in maniera inverosimile! Aspetto le vostre ciabatte in testa XD

Chiedo perdono anche al mitico Goethe, uno dei migliori scrittori mai esistiti secondo me, per aver rubato la sua frase e messa nel mio mediocre capitolo XD

Volevo fare anche delle scene anche tra Klaus e Caroline ma non vorrei allungare la pappa, poi nel telefilm non ne parlano più *-* voi che dite?

L'immagine qui sotto non é mia ma di Ariel winchester, che ha riunito la mia e la sua protagonista! Ringrazio ancora la mia Cesara preferita J Per chi non lo sapesse é l'autrice della fanfic Like a rose on the grave of love”, una bellissima storia che bisogna leggere almeno una volta nella vita e che vi emozionerà sicuramente! Anche perché il suo Klaus é letteralmente da stupro XD

Ok basta con i miei commenti scemi! :-P ringrazio come sempre chi recensisce, chi ha messo la storia fra le preferite, le seguite, e le ricordate e anche chi legge in silenzio! :-)

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Capitolo 11
*** Love you to death ***


8 CAPITOLO

 

L’amore è un bellissimo fiore, ma bisogna avere il coraggio di coglierlo sull’orlo di un precipizio.

 

22 ANNI PRIMA

Correre spensierata e libera in mezzo ad un enorme prato fiorito era la sensazione più confortevole che avesse mai provato. La piccola Briony si lasciò cadere in mezzo a quell’oceano di fiori appena sbocciati, e la sua risata cristallina si espanse in tutto il terreno mentre dei piccoli petali di margherita si erano infilati tra i suoi capelli castani.

Con un risolino divertito, Briony si mise sulle ginocchia e raccolse dei piccoli fiori, annusando il loro odore e guardandoli allo sfinimento senza mai annoiarsi.

Poi guardò dritto davanti a sé, e i suoi piccoli e teneri occhi verdi scorsero il mare in lontananza.

Il suo più grande desiderio era di arrivare alla fine di quel vasto paesaggio blu e magari trovarvi un arcobaleno se fosse stata fortunata. Quanto era infinito il mondo? L’avrebbe visto tutto un giorno?

Con l’ennesima risata da bambina, Briony si immerse in mezzo ai fiori e prese una piccola margherita tra le mani cominciando a toglierne i petali. Non utilizzava la classica frase dei film “M’ama o non m’ama?” perché non sapeva cosa significasse.

Che cosa voleva dire amare?

Una volta aveva provato a chiederglielo al suo papà e lui le aveva risposto che è il sentimento più forte del mondo, l’unico che dà una ragione alla nostra esistenza. Briony non poteva comprenderlo perché era troppo piccola e Bill aveva cercato di spiegarle che un tipo di amore era, per esempio, quello che lei sentiva per i genitori.

La piccola aveva annuito stando sulle sue ginocchia, anche se poco convinta.

Ma poi Bill si era incupito, dicendo che c’era un altro tipo d’amore, oltre a quello familiare… era l’amore vero verso una persona, che per la quale ti saresti buttata nel fuoco senza neanche pensarci un attimo, e che saresti stata pronta a sacrificare tutto per la sua felicità.

“Vedi, tesoro. Per la persona che amiamo siamo pronti a donare il proprio cuore nelle sue mani affinché lo custodisca.” sussurrò Bill mestamente guardando un punto indefinito davanti a sé.

La piccola Briony lo aveva guardato con la bocca spalancata e poi scosso ripetutamente la testa. “Non mi sembra una cosa tanto bella. Io non voglio dare il mio cuore a nessuno… e poi senza quello, dopo come faccio io a vivere?” domandò Briony con la sua innocenza da bambina.

Le sembrava un ragionamento troppo tortuoso, e non le sarebbe piaciuto sperimentare l’amore a quei livelli. Non sapeva perché ma in quel momento ne ebbe timore.

Si strinse di più al petto dell’uomo, che rise dolcemente.

“Un giorno capirai, Briony. Capirai.”

La piccola si riscosse dai suoi pensieri, avvertendo un leggero tremolio in tutto il corpo quando si girò dall’altra parte. Vide sua madre a qualche metro di fronte a lei, e subito Briony sfoderò un sorriso angelico e puro.

“Mamma!” Gridò divertita, spalanco le braccia come per invitarla a prenderla in braccio. All’improvviso un piccola farfalla le svolazzò in mezzo ai capelli e Briony ne fu talmente affascinata che la inseguì, allungando il braccino per accarezzarle le ali.

Ma inciampò nei propri piedi e cadde a faccia su alcuni fiori. Sebbene avesse già 5 anni, Briony aveva spesso la tendenza a cadere per terra come se non riuscisse a tenersi in piedi; aveva sempre bisogno di qualcuno che la sosteneva, che le incutesse forza.

La piccola si rialzò sulle ginocchia, sistemandosi il fiocco che le raccoglieva elegantemente alcuni ciuffi dei capelli, quando si accorse di essersi sbucciata un ginocchio.

Le vennero i lacrimoni agli occhi per il bruciore improvviso e alzò gli occhi sulla donna di fronte a lei, tendendole una mano come per chiederle aiuto.

“Mamma...” sussurrò singhiozzando.

La madre rimase immobile a guardarla priva di emozioni: aveva i capelli e gli occhi scuri, la pelle abbronzata, ed era abbastanza alta.

Se lo sguardo rimase serio e impassibile alle richieste della figlia, un secondo dopo però abbassò il viso cominciando inconsapevolmente a singhiozzare. Strinse gli occhi per diminuire le lacrime ma fu tutto inutile. Deglutì nervosamente per scacciare il groppo in gola.

Ma in attimo tutte le incertezze svanirono: il suo sguardo quando si posò nuovamente su Briony era puro ghiaccio, terribile.

Prese velocemente un oggetto nascosto nell’interno della giacca e lo impugnò in mano, tenendolo immobile nella direzione della bambina.

Briony trasalì sorpresa. Sgranò gli occhi e spalancò lievemente la bocca, perché la sua innocenza da bambina non capiva il perché la madre la guardasse con tanta freddezza e non la aiutasse a rialzarsi.

Non riusciva a capire cosa fosse quell’oggetto nero che impugnava in una mano. L’unica cosa che sentiva era che quell’oggetto le incuteva terrore, una paura a stento sconfinata.

Il vento aveva smesso di soffiare, persino i fiori sembravano essersi quietati facendo compagnia al terrore della bambina.

Dagli occhi di Briony fuoriuscirono altre silenziose lacrime, che scendevano così lentamente, quasi avessero paura di far rumore o di farsi vedere da altre persone.

Abbassò lievemente la mano continuando a guardare la madre con occhi supplicanti e aspettando qualcosa che non arrivava…  continuava a fissare quella cosa nera con sguardo impaurito.

La donna intanto non riusciva più a tenere lo sguardo fermo e duro, perché cominciò a respirare in modo accelerato. Aveva i nervi tesissimi.

“Io causerò la morte di troppe persone, soltanto perché ti ho lasciata vivere. Sono io che ne ho la colpa... ma ora...” mormorò la donna come impazzita, con voce strozzata.  Anche se lo sguardo voleva apparire deciso e privo di tentennamenti.

L’oggetto che impugnava cominciò a tremare, ma proprio perché la sua mano tremava e non riusciva a fermarlo.

“Io devo farlo…” sussurrò cercando di convincere più se stessa e a imporre il volere del suo cervello anche ai muscoli della sua mano, che rimaneva paralizzata e non accennava a muoversi.

Briony si portò la piccola mano al petto e inclinò la schiena all’indietro, come se volesse fuggire da quel viso sconosciuto e terribile che non poteva di certo essere la sua mamma.

La donna cercò di rilassarsi per compiere il suo dovere, quando all’improvviso apparve Bill alle sue spalle con degli occhi allucinati.  Le prese con forza, mista a paura, la pistola che la moglie teneva in mano.

“Cosa diavolo stai facendo, Maggie??” gridò Bill spaventato prendendo la pistola fra le mani e dando un’occhiata alla bambina per sincerarsi che fosse ancora viva.

Ma lo sguardo impallidito e shockato di Briony dimostrava ampliamente che la vita aveva smesso di scorrere in lei dal momento esatto in cui la sua stessa madre aveva tentato di toglierla.

La donna guardò il marito senza alcuna paura, anche se i suoi occhi shockati smorzavano con l’espressione fredda del suo viso:

“Dobbiamo farlo Bill... Non può vivere! Ti rendi conto di cosa è capace di fare? Non è un normale essere umano! E’ un mostro!”gridò Maggie sconcertata in preda alla collera indicando la bambina di fronte a lei, che si era tramutata in una piccola creatura e che sentiva il peso della disperazione farla sprofondare sempre più giù, nel profondo.

Gli occhi di Briony si spalancarono, le fecero male perché vennero riversati da altri fiumi di lacrime che non cessavano di scendere. Il viso divenne cereo, privo di vita e guardò i suoi genitori litigare furiosamente con sguardo shockato, covando dentro di sé  una paura che voleva essere saziata subito altrimenti l’avrebbe sommersa.

Scosse lentamente la testa, perché non voleva credere a ciò che la madre aveva appena detto… perché le aveva gridato quelle cose brutte? Perché la sua mamma voleva farle del male?

Il petto fu percorso da degli spasmi di dolore e sofferenza, cominciò a singhiozzare fino al dolore fisico, mentre vide suo padre dare a sua madre uno schiaffo in pieno viso che la fece catapultare a terra.

Briony si mise le piccole mani nella testa continuando a piangere disperata e pregandoli col pensiero di smetterla, di porre fine a tutto quel dolore e quella paura.

Bill con uno sguardo allucinato corse a prendere la figlia e la prese in braccio cercando di confortarla, ma le lacrime della bambina non cessavano finché avrebbe visto la sua mamma stesa a terra.

Briony gridò il nome della madre come se nonostante tutto non volesse lasciarla andare, ma le sue grida furono sovrastate da quelle di Bill, molto più forti e acute:

“Non ti avvicinerai mai più a mia figlia! Mai più! Se osi avvicinarti di nuovo a lei, ti sparo in mezzo alla fronte!” urlò incollerito, mentre Maggie alzò lentamente il viso da terra ma non osò guardare la figlia che singhiozzava di continuo.

Bill se ne andò senza degnare di uno sguardo la moglie, mentre Briony spalancava le braccia piangendo, come se volesse raggiungere la madre e non lasciarla sola e sperduta.

Le lacrime furono così potenti che alla fine ne fu stremata e cadde in un sonno profondo senza sogni, fra le braccia protettive del padre.

Gli psicologi in seguito non seppero spiegarsi il perché la piccola Briony avesse rimosso tutto di quella giornata… o meglio aveva rimosso la parte in cui la madre aveva tentato di ucciderla e aveva gridato che fosse un mostro.

A causa dello shock forse aveva seppellito in angolo della sua mente quei ricordi mostruosi e quei momenti che mai nessuna figlia dovrebbe vivere. Il padre le stette vicino ogni singolo giorno, cullandola nel suo lettino ma la bambina era cambiata: non rideva più, era sempre triste come se non avesse alcuna voglia di vivere.

Anche se aveva scordato ciò che era successo, una parte della sua mente le sussurrava che la madre non la voleva più e per questo era destinata ad essere infelice.

Ma soprattutto l’atto spregevole della madre le arrecò una paura primitiva, immensa, che non conosceva limiti: aveva paura di tutto.. persino se qualcuno la guardava storto o se le afferrava prepotentemente il braccio. O semplicemente di essere ferita, peggio di un colpo di pistola.

Avrebbe portato quel trauma con sé per il resto della vita.

In seguito Bill sottoscrisse un’ordinanza restrittiva che vietava la moglie di avvicinarsi alla figlia e alla casa in cui vivevano. Conobbe lo sceriffo Liz Forbes e molti anni dopo si sposarono ed ebbero Caroline.

Dopo la nascita della sorellina, Briony riacquistò il sorriso e cominciò a prendersi amorevolmente cura di lei, visto che i suoi genitori erano sempre fuori, e la accudì con dedizione e affetto.

Col passare del tempo però cominciarono i bisticci fra le sorelle così tanto diverse e Briony cominciò a non sopportare il carattere superficiale di Caroline. Dovette per forza lasciarla andare per la sua strada pur di non impazzire, anche se ogni volta che aveva un problema la biondina correva dalla sorella maggiore aspettando che lei lo risolvesse.

Quando diventò un’adolescente Briony rivide la madre, la quale finalmente convinse Bill a farle vedere la figlia, anche se di rado, ma ormai era impossibile riallacciare un rapporto. Per Briony era un’estranea, una donna che l’aveva abbandonata, e la madre poi non sembrava minimamente intenzionata a conoscerla o ad acquistare il suo affetto. Non andavano d’accordo su nulla e per la maggior parte del tempo non si parlavano.

Quando Briony compì 18 anni, la madre scomparve nel nulla un’altra volta, non dicendo nemmeno una parola. La figlia deglutì il rospo che aveva in gola e decise di andare avanti facendo finta che il dolore lancinante che provava nel petto sarebbe presto scomparso.

Per la maggior del tempo però Briony si sentiva sempre inquieta, come se quello non fosse il suo posto, ed era poco incline a fare amicizia visto il suo carattere chiuso e di poca fiducia (gli unici amici con cui era riuscita a legare veramente e che riuscivano a svagarla erano Jenna e John). E sebbene sembrasse una ragazza intelligente e di bell’aspetto pure, Briony non era mai riuscita a conquistare la vera felicità e si chiedeva che sapore avesse.

E se mai sarebbe riuscita ad averla tra le mani.

 

 

 

---------------********************----------

 

 

Briony si svegliò stiracchiandosi pigramente lungo il materasso e si girò dall’altra parte del letto dove vi era Elijah, anche lui con le gambe sdraiate lungo il materasso ma il busto era appoggiato allo schienale del letto.

La luce della luna si infiltrò attraverso la finestra e illuminò metà del volto bellissimo del vampiro, facendo risplendere la sua pelle cerea e i capelli scuri morbidissimi al tocco. Era a torso nudo.

Sebbene i muscoli fossero rilassati, il volto di Elijah appariva teso.. assorto nei suoi pensieri che Briony non riuscì a decifrare.

“Non riesci a dormire?” gli domandò lei accovacciandosi lungo il suo fianco e accarezzandogli il braccio. La ragazza invece portava una leggera sottoveste.

Il vampiro si girò sorpreso verso di lei. Non si era accorto che si fosse svegliata;  le labbra si incurvarono in un mezzo sorriso.

“Stavo pensando a quello che è successo oggi.”

Briony si puntellò sui gomiti per guardarlo negli occhi, preoccupata:

“Credevo che..”

“Non preoccuparti, non tornerò più sull’argomento.” Rispose lui frettolosamente girando il viso dall’altra parte.

Voleva a tutti i costi apparire sereno o rilassato, ma era evidente che qualcosa lo turbava o che magari occupasse con ostinazione i suoi pensieri. Che fosse ancora arrabbiato per il fatto che lei non gli avesse voluto dire quella famosa verità?

Briony cercò di guardarlo in viso per intuire i suoi pensieri, ma lui teneva immobile il viso nella direzione opposta alla sua, come se fosse diventato un blocco di marmo.

All’improvviso Elijah si girò verso di lei e la inchiodò con i suoi grandi occhi neri come la notte:

“Dimmi la verità, Briony.” Disse con uno strano tono di voce continuando ad inchiodarla col suo sguardo. Lei trasalì all’istante sentendo quella domanda, ma lui aggiunse:

“Parlavi sul serio quando hai detto di voler diventare un vampiro?” La voce che scaturì da quella domanda risuonò fredda, plasmata da una tensione che la prese in contropiede. Non si sarebbe mai aspettata quella domanda perché era sempre lui ad evitare quell’argomento come se fosse tabù.

“Sì..” rispose sincera con un fil di voce e scrutandolo negli occhi. Quando vide il viso di Elijah diventare ancor più cupo della penombra della stanza, Briony avvampò e aggiunse:

“Ci ho pensato tanto e… magari quando tutto questo sarà finito.. o magari anche prima…” Per la verità non aveva ancora pensato al momento decisivo in cui si sarebbe trasformata… non le importava quando, l’importante è che aveva fatto la sua scelta e non voleva più tornare indietro o farsi prendere da crisi di panico.

Lo sguardo di Elijah nel frattempo si era fatto indecifrabile, enigmatico più del solito, mentre i suoi occhi neri incatenavano quelli verdi di Briony come se volesse scavarci dentro.

Si aspettava una qualche pseudo ramanzina, ma invece ciò che meravigliosamente ottenne fu di venire afferrata all’improvviso dal vampiro e trascinata sotto di lui, sovrastandola così col suo corpo.

Briony fu presa letteralmente alla sprovvista che sgranò infatti gli occhi dalla sorpresa, il suo cuore cominciò a battere impazzito. Il respiro le si mozzò in gola nel vedere l’espressione ammaliante del vampiro su di sé.

“E saresti pronta adesso?” le sussurrò lui sul viso con voce bassa e roca.

La sua voce era un richiamo seducente e Briony si domandò da quale parte del mondo potesse provenire un tale suono così affascinante e magnetico.

La sua mente confusa e vuota ritornò alla domanda del vampiro, ma l’atmosfera elettrizzante che albergava tra di loro le impedì di formulare lucidamente anche solo una parola. Si sentiva paralizzata anche fisicamente, una reazione forse normale dovuta alla circostanza senza preavviso.

Elijah intanto aveva iniziato a tracciare con le dite fredde il profilo del  collo di Briony, fino alle spalle. Lei avvampò sentendo il suo corpo andare in fiamme nei punti in cui il vampiro le sfiorava la pelle.

Elijah si avvicinò di più a lei sfiorandole l’incavo del collo con la punta del naso,  e Briony lo sentì odorare il suo profumo che sicuramente lo stava mettendo alla prova. Il cuore della ragazza galoppò ancora di più dentro il petto quando sentì le mani di Elijah  scostarle i capelli che le coprivano la pelle sotto l’orecchio, per porvi sopra le labbra.

Briony riacquistò improvvisamente il respiro che si era fatto più affrettato, aveva lo stomaco completamente sotto sopra quando lui staccò le labbra dalla sua pelle, facendole un mormorio come ripetizione della domanda mentre col viso affossato sul suo collo giocherellava con un ciuffo dei suoi capelli.

Non sapendo proprio come parlare, lei finì per aggrapparsi alle sue ampie spalle, pregando che riuscisse a sentire la voce del suo cuore che rispondeva alla sua domanda a cui le sue corde vocali non erano riuscite a dare una risposta coerente.

Voleva davvero che lo facesse, che la trasformasse. Era un pensiero che la sconvolgeva ma che allo stesso tempo la elettrizzava, perchè in cuor suo desiderava che fossero le sue labbra l’ultima cosa che avrebbe sentito prima di… morire.  Era fuori da ogni logica, anzi proprio folle, scegliere così a cuor leggero e senza tentennamenti le prospettive della propria morte e decidere in che modo farlo.

Se avesse potuto scegliere, avrebbe voluto che la sua vita si affievolisse tra le braccia del vampiro che amava.

Così magari la sua flebile anima, quella parte invisibile che rappresentava l’essenza di una persona, sarebbe fluita dentro di lui, sigillandola con cura, e non sarebbe volata via chissà dove.

In questo modo gli sarebbe appartenuta in modo più tangibile, reale.

Briony si riscosse all’improvviso dai suoi pensieri, aspettando qualcosa che però non avvenne.

Sentì una risatina strozzata di Elijah sul suo collo e lo vide alzare il viso per incrociare i suoi occhi.

“Dovresti avere paura, Briony.” Le soffiò sulle labbra.

Soltanto quando stette per replicare, la ragazza si rese conto di aver trattenuto il respiro fino a quel momento.

“Se la avessi, credi che avrei acconsentito?” domandò alzando il sopracciglio

“Forse parli così perché hai bevuto troppo.” rispose lui allargando un angolo della bocca.

Briony avvampò mentre con la coda dell’occhio vide la bottiglia mezza vuota situata sopra il comodino. Ma nonostante questo, lei era nel pieno delle sue facoltà e poi quella sera stranamente non era stato l’unica a bere qualche goccio. L’altra bottiglia riposta nel comodino vicino al lato del letto dove era sdraiato Elijah lo dimostrava ampliamente.

La ragazza si innervosì e gli mise una mano sul petto per scostarlo:

“No! Io lo voglio. Così come lo vuoi anche tu, anche se ti rifiuti di ammetterlo!” replicò saccente, alzando il busto e incrociando il suo sguardo.

L’espressione di Elijah ritornò seria come prima ma deviò il suo sguardo da lei.  La sua mano prese la bottiglia vicino a lui.

“Te lo concedo.” rispose semplicemente, versandosi elegantemente da bere.

Briony rimase muta mentre inarcava il sopracciglio fino alla punta della fronte. Elijah continuò a sorseggiare il vino nel bicchiere, ignorandola.

Ad un tratto lui si voltò verso di lei e Briony si stupì di quanto la sua espressione fosse attraente persino in quel momento. La mano di lui agitava lentamente il bicchiere nel palmo.

“Non è un gioco, Briony.” mormorò alla fine continuando a fissarla in modo penetrante.

Lei però si imbestialì per il suo tono, come se fosse un padre che ammoniva la figlia piccola.

“Lo so,  infatti ci ho pensato tante di quelle volte che mi è scoppiato il cervello. E non voglio ritornare indietro sui miei passi, so cosa devo o non devo decidere.” replicò incrociando le braccia al petto.  

Elijah  girò il viso e depose il bicchiere nel comodino.

“Davvero?” replicò lui atono.

Briony lo guardò scettica e vedendo che lui rimaneva immobile, e non dava segno di voler parlare, gli si fece più vicina puntellandosi su un gomito.

“Non capisco… tu non hai mai vampirizzato qualcuno?”

Elijah allora girò completamente il viso su di lei, inghiottendola nelle sue iridi nere che apparivano più scure e dense del solito.

“Ho trasformato molte persone più di quanto tu possa immaginare. Ma non erano persone che amavo.” sibilò a denti stretti come se volesse chiudere lì la questione, però Briony comunque continuò con le domande.

“Ma avresti trasformato Tatia se ne avessi avuto l’occasione?” chiese a fil di voce. Non sapeva perché lo aveva detto ma in quel momento era quasi ovvio fare un confronto.

Elijah corrugò la fronte.

“E questa domanda da dove ti viene?”

“Semplice curiosità, visto che non so niente del tuo legame con lei e se Klaus non l’avesse spifferato a quella cena io ora non saprei nulla.” rispose innervosendosi e ricordando la faccia vittoriosa e soddisfatta di Klaus di quando aveva spiattellato il loro legame con la prima Petrova.

Nella sua frase si celava una sottile vena di gelosia.

Elijah invece si irrigidì come se fosse stato punto da uno spillo e tornò a guardare dritto davanti a sé.

Briony, capendo che non intendeva rispondere, si portò le ginocchia al grembo e le intrecciò con le braccia, sospirando rumorosamente. "Certo che l'avresti trasformata se ne avessi avuto il tempo. E' normale. E sarebbe stato meglio per te... così non avresti passato tutti quegli anni in solitudine, nel pieno rimorso, a fare della redenzione dei tuoi fratelli la tua ragione di vita perchè non avevi nient'altro..." Il viso girato di Elijah era livido e scavato, perso nei ricordi, mentre quello di Briony era malinconico, pensieroso e rammaricato. Se aveva qualcosa in comune con Caroline era la petulanza. "E non avresti innalzato quella barriera che tiene distante chiunque e ti impedisce di provare debolezze ritenute sciocche e vietate per un Originario... quella barriera che io ho cercato di abbattere con tutte le mie forze e credevo di esserci riuscita... ma ne vedo ancora l'ombra persistente.."

Il silenzio li affossò, volendosi tenere i segreti e le paure più nascoste per . Vedendo che Elijah rimaneva nella sua posizione e non fiatava, lei lasciò finalmente perdere perchè tanto aveva da tempo capito la situazione. Ma non si aspettava per niente che quella serata avrebbe preso quella piega e si sentì di nuovo tesa come una corda di violino ammaccata.

Dopo qualche secondo sentì il braccio di Elijah cingerle le spalle e la sua mano alzarle il mento, al fine di incrociare i loro sguardi.

Involontariamente lei si sentì di nuovo ammaliare dal suo sguardo ipnotico. Avrebbe tanto voluto affondare dentro il nero cielo dei suoi occhi per affondare allo stesso tempo le sue paure.

 “Credimi quando ti dico che non ho mai osato dare tanto di me a nessuno prima d’ora... nemmeno a Tatia.” mormorò lui profondamente con una sincerità nella voce che la fece tremare dentro.

Era il suo modo di dire che quello che provava per lei non era minimamente paragonabile a ciò che aveva provato per Tatia? Forse perché a quei tempi era umano e tutto appariva più semplice…

Ma quando Briony aveva incontrato Elijah, l’aveva visto per quello che era e non era stato affatto facile avvinarsi a lui a causa della sua corazza di ghiaccio e l'apparenza minacciosa.

Ma entrambi si sono messi in gioco, hanno rischiato mettendo in discussione tutta la loro vita e ciò in cui credevano. Hanno oltrepassato i loro stessi limiti, lottando per arrivare fin dove erano giunti. Lui cercava sempre la solitudine, convincendosi che fosse abbastanza per soddisfare la sua vita immortale e non si concedeva nessuno sfizio sentimentale; mentre lei cercava il meglio nascosto in lui.

Elijah l'aveva travolta, le aveva sconvolto l'anima ma grazie al legame profondo che si era creato, Briony era riuscita a cacciare l'eterna bambina triste e inquieta che albergava dentro di lei, diventando finalmente grande.

Elijah a sua volta le aveva permesso di far parte della sua vita, malgrado avesse instaurato un meccanismo di difesa per tenerla lontana all’inizio e per non permettere ai lividi del suo cuore di riaffiorare in superficie.

Ma alla fine si era liberato dalla sua armatura per amarla...

D'altronde più un amore è impossibile e forte, più ci sono ostacoli da superare. Ma loro li stavano superando.. E grazie a questa lotta avevano visto cose l'un nell'altro che nessun altro potrebbe mai vedere.

Briony gli sorrise dolcemente, mentre le dita di Elijah indugiarono sul profilo della sua guancia, poi sulle labbra. La sua mano ritornò al mento della ragazza, lo sollevò  lievemente e condusse  il viso verso quello di lei.

Le labbra del vampiro premettero delicatamente su quelle di Briony, schiudendole appena. Elijah si staccò poi da lei lasciando comunque le loro labbra vicinissime: i loro respiri si scontrarono e si raggiunsero in un altro bacio.

Briony gli cinse le spalle con entrambe le braccia continuando a baciarlo, poi le sue mani scesero ad accarezzare i muscoli scolpiti del suo petto. Sembrava che dal modo in cui la baciasse le stesso dicendo che esisteva solo lei per lui, che non doveva avere timore di nulla e che non rimpiangeva nulla del loro percorso perchè lo avevano portato ad aprire il suo cuore considerato di pietra.

Briony si sciolse come miele sul palato a quella certezza, e il cuore perse ritmicamente di regolarità anche quando Elijah si staccò e piegò le labbra in un sorriso sghembo:

“Convinta?” mormorò accarezzandole il viso.

Briony mugugnò e gli diede le spalle, adagiandosi su un fianco.

Dopo qualche secondo Elijah si chinò su lei, cingendola possessivamente con un braccio e avvicinò le labbra al suo orecchio:

“Allora?” La sua voce le arrivò calma e sensuale all’orecchio, facendola sussultare.

Briony avvampò imbarazzata, affondando metà del viso sul cuscino, e sentì un fremito leggero percorrerle tutto il corpo da gonfiarle il cuore.

“Non usare questi mezzucci furbi con me.”

Elijah sollevò il viso dal suo orecchio, osservandola per come poteva:

“Non lo faccio. Anche perché non servono con te.”

Briony si finse irritata nell’orgoglio e si voltò lentamente verso di lui, guardandolo seria e indispettita, anche se interiormente divertita da come riuscivano a ottenere quei momenti speciali tutti per loro.

“Sei proprio in torto sai. Te lo assicuro.” Gli disse riferendosi alla sua domanda di prima.

Elijah allora inarcò perfettamente il sopracciglio:

“Stai mentendo. Te lo leggo negli occhi, e riuscirei a leggerteli anche nel cuore della notte.” Le mormorò profondamente, sfiorandole i capelli.

Briony riuscì soltanto a sorridergli e arrivare a sfiorare i loro nasi in un gesto felino. Si inebriò del contatto tra i loro corpi, di come veniva cullata tra le sue braccia, e soprattutto di come veniva trattata dalla persona più importante per lei.

<< Ricordati. >> pensò mentre rimanevano così << Ricordati di tutte queste sensazioni >> e quei momenti li stava catturando dentro di sé con ogni battito del cuore. Qualunque cosa sarebbe accaduta.

“Forse ti ho scelto proprio per queste tue doti tipicamente soprannaturali, non perché sei tu, non credi?” lo provocò spostandosi un po’.

Elijah la guardò serio ma enigmatico, un suo braccio era rimasto incastrato contro il suo petto mentre l’altra mano cominciò a sfiorarla:

“Beh.. allora dovrò usare tattiche più persuasive per tenerti con me.” Lo disse come se lo pensasse sul serio.

Se mai Elijah avesse avuto un fato avverso in amore, non era di certo dipeso da lui. Perché Briony si sentiva attraversare dalla più appagante delle sensazioni. Era talmente confortante che non avrebbe avuto paura neanche sul ciglio di un precipizio.

Era così che ci si sentiva quando eri totalmente certo sulla fedeltà della persona che avevi accanto?

“Ti do un’informazione: non dovrai faticare tanto.” Gli disse sincera, ritornando poi a mettersi su un fianco. Elijah rimase a scrutarla, come se fosse un piacevole passatempo. Ma in breve lei domandò: “Dimmi. Ti rendo sempre partecipe del mio stato d’animo, e sono sincera quando dico che sto bene con te, come non mai e che vorrei esserlo per sempre. Ma tu… tu, cosa prendi per stare meglio?”

Non sapeva da dove le era venuto quel discorso, forse così d’impulso per andare a canalizzare un altro punto importante del loro rapporto che andava sempre a amplificarsi in profondità. Forse voleva possedere quell’anima come fosse sua, proprio come lui possedeva lei.

Venne il silenzio, il volto del vampiro si era fatto cauto, severo.

La risposta le arrivò chiara ma terribilmente ambigua:

“Le distanze.”

Briony sbattè le palpebre, rimuginando senza soluzione, quando poi venne un’altra risposta: “E direi anche tante altre cose. Che si sono verificate all’improvviso senza previsioni in un periodo non tanto passato che sfocia nel presente. Vuoi che te le spieghi?” le bisbigliò magnetico sfiorandole l’orecchio scoperto.

Briony si sentì tentata dal rispondere di sì ma quella sensazione di prima la attraversò fino in fondo all’anima, splendente. Capì che non servivano altre parole ma solo sentire. Elijah aveva quasi dimenticato che cosa si provava a amare e a essere amati. Lei lo aveva aiutato a ricordare. Lo aveva risvegliato dal suo limbo.

Sorrise, col cuore rimbombante d’amore.

“Allora?” la provocò lui di nuovo, seducente all’orecchio.

E di nuovo lei si sentì sussultare. Affondo di più il viso in fiamme sul cuscino per far finta di niente.

“Ti saprò dire domani quanto valgono le tue tecniche di convinzione.”

Aveva il cuore a mille nonostante volesse tacere ma lasciò che questo parlasse per lei, visto che Elijah intuiva qualunque cosa semplicemente ascoltando un battito cardiaco; infatti alla fine Briony sentì il suo sorriso sfiorarle i capelli, per poi adagiare il petto contro la sua schiena.

Il braccio rimase incastrato sopra la sua vita e il respiro fresco di Elijah sui suoi capelli era come essere cullata da un sonno ristoratore, e in quell’istante stesso lei capì cosa fosse la vera felicità. L’aveva sperimentata più volte, sempre con lui.

Briony sorrise felice chiudendo gli occhi.

Non importa quanto tempo ci voglia... la gente continuerà sempre ad inseguire la propria felicità.

Tutti la vogliono, tutti la cercano, ma la felicità è come una rosa appena sbocciata. Il tempo di odorarne il profumo ed è già appassita.

 

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Ylenia continuava ad escogitare nuovi incantesimi per riuscire a localizzare Finn, ma ogni volta faceva un buco nell’acqua come se ci fosse una barriera ad ostacolarla. Infastidita diede un pugno al tavolo facendo sobbalzare alcuni oggetti ma comunque non si diede per vinta.

Doveva ritrovarlo prima che lo facessero i suoi fratelli assetati di vendetta per ciò che il fratello maggiore aveva fatto alle loro spalle.

Mentre evocava un’altra magia, ad Ylenia venne in mente ciò che Briony le aveva detto il giorno prima... la sua decisione di voler diventare vampira.

La strega mandò giù il groppo in gola e un brivido freddo le attraversò la schiena; all’improvviso però le venne in mente un’idea e si chiese come mai non ci aveva pensato prima.

Prese velocemente il telefono e digitò alcuni numeri. La persona al di là della cornetta rispose subito al primo squillo e Ylenia sentì la voce familiare di una donna. Dopo aver preso un profondo respiro, la strega disse:

Maggie? Abbiamo un problema”

 

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Briony entrò in casa trasportando alcune borse per la spesa e attaccò il giubbotto nell’attaccapanni. I suoi pensieri volarono inesorabilmente alla sera prima e un sorriso spontaneo le comparve nel viso. Certo, Elijah era ancora tentennante sul fatto di volerla trasformare ma non poteva dargli torto perché era una questione troppo importante da prendere alla leggera, e se fosse stata al suo posto avrebbe avuto la stessa identica reazione.

Ma lei aveva preso la sua decisione e non voleva tornare indietro. E lui forse lo aveva davvero capito, tuttavia le sue convinzioni per ora rimanevano tali.

Nel frattempo Briony si immaginò come poteva essere la sua vita da vampiro e come sarebbe cambiata.

In quel momento pensò che un circolo vizioso legava vampiri e umani, nuocendoli da entrambi i lati: ogni cosa per gli umani è destinata a logorarsi e scomparire. Sono caratterizzati da innumerevoli debolezze eppure aspirano incessantemente alla perfezione, poiché vivono un’esistenza limitata nel tempo e vogliono godersi ogni emozione come se fosse l'ultima. I vampiri invidiavano questo agli umani... la possibilità di godere appieno la vita, sperimentando nuove emozioni.

Alcune volte l’immortalità diventava piatta.. priva di senso e svuotava l’anima perché col passare del tempo tutti i ricordi affievoliscono, fino a morire.

Eppure di una cosa Briony era certa: che fosse vampira o umana il suo amore per lui sarebbe perdurato.

Il suo cuore gliene aveva dato ampliamente prova.

Andò nel salone, cominciando a togliere la spesa dalla borsa quando all'improvviso si accorse di essere osservata. Quella sensazione che la penetrava nella schiena era ben reale da farle rizzare i peli del braccio.

Deglutì nervosamente e girò il viso dall'altra parte della stanza.

Quel che vide la sconvolse: Esther era proprio lì, seduta elegantemente sopra un divano e la stava squadrando.

Briony si irrigidì all'istante e imprecò fra sé e sé per non avere una pistola, perché avrebbe volentieri ficcato una pallottola in mezzo alla fronte di quella madre megera.

Esther si alzò continuando a fissarla negli occhi: “Ciao Briony

La ragazza indietreggiò disgustata con uno sguardo che non faceva trapelare niente, se non l’odio: “Che cosa vuole? Se ne vada.” Ruggì imbestialita, pensando mentalmente dove aveva deposto il cellulare.

Esther alzò il sopracciglio, avvicinandosi a lei: “Stai calma. Non voglio farti del male” disse  educatamente.

Briony la mandò educatamente al diavolo, indietreggiando ancora.

“Perché è venuta qui? Se sperava di trovare Elijah e di ucciderlo allora...”

Esther però la bloccò fulminandola con lo sguardo: “I miei figli moriranno Briony, che a te piaccia o no. E’ giusto che sia così.”

L’espressione della ragazza si fece ancora più dura, ebbe davvero voglia di staccarle il collo e lo avrebbe davvero fatto, se solo Esther non si fosse avvicinata a lei così velocemente che neanche se ne accorse. Non si accorse nemmeno dello strano oggetto che la strega teneva nascosto dietro la schiena.

Briony sussultò sorpresa, ma non ebbe tempo di fare niente poichè Esther con violenza le infilò dentro la bocca un liquido, che scorgeva da un boccale, e le immobilizzò la testa con forza per impedirle di muoversi.

Briony cercò di divincolarsi spalancando gli occhi dal terrore, e cercando di serrare le labbra per non permettere a quello strano liquido che sapeva di erbe o di qualche altra strana pianta di infiltrarsi nella sua bocca. Ma la forza di Esther era molto più potente di quanto immaginava e fu costretta a mandare giù quel liquido orripilante.

Briony alla fine spalancò la bocca e scansò via la strega con violenza, incespicando sui suoi stessi piedi. Tossì rumorosamente cercando di scacciare quella cosa che Esther le aveva costretto a bere, ma fuoriuscì soltanto il respiro affrettato e irregolare.

“Che cosa... che cosa mi ha fatto?” la voce di Briony era un sussurro strozzato  e fu sul punto di vomitare mentre cercava di drizzarsi in piedi.

Ma sembrava che gli occhi vedessero doppio e sbatté le palpebre per cancellare quello strano formicolio agli occhi.

Esther sorrise gelida: “Soltanto un esperimento.”

Briony fissò la donna con terrore, le braccia dondolavano incapaci di stare immobili e sentì le ginocchia cedere. Esther si avvicinò lentamente a lei, alzandole il mento con la mano e la scrutò attentamente negli occhi come se si aspettasse di vedervi qualcosa dentro.

Briony la fissò con uno sguardo pieno d’odio e la tentazione di sputarle in faccia era tanta ma ogni suo muscolo era bloccato, come se il suo corpo fosse manovrato dalla mente diabolica della strega.

Esther mugugnò e lasciò andare il volto di Briony neanche troppo delicatamente: “Quegli sciagurati dei miei figli hanno trovato il modo di spezzare il mio incantesimo. Ma non tutto il male viene per nuocere… perché ho trovato qualcos’altro che possa aiutarmi nel mio intento di epurare il mondo dai vampiri” mormorò parlando da sola come se Briony non fosse in quella stanza.

“Mi duole informarti però che il primo figlio che ucciderò, sarà Elijah” concluse poi fissando Briony negli occhi.

La ragazza si sentì mancare, il cuore sprofondò negli abissi del suo animo e sgranò gli occhi terrorizzata:

“No.. non puoi farlo” mormorò con un fil di voce, mandando a quel paese le buone maniere e dando alla suocera del "tu".

 Cercò di alzarsi con l'intenzione di mettere le mani addosso a quella serpe, ma lo sguardo di Esther la inchiodava inspiegabilmente a terra.

“Ho sempre considerato Elijah il migliore dei miei figli, ma sono rimasta sconcertata nel sapere che si fosse concesso la debolezza di amare.... di amare te poi.” Affermò Esther lanciando un’occhiata di traverso a Briony, la quale ormai aveva perso il fiato.

“E per colpa di questa sua debolezza, cadrà nella mia trappola.” Mormorò maligna prendendo tra le mani il boccale che poco prima aveva usato.

Ancora una volta Briony si sentì mancare il respiro… la paura le soffocava il sangue.

Sapeva cosa quella madre megera aveva in mente o meglio pensava di averlo intuito: l’avrebbe usata come espediente, come esca, magari imprigionandola in un luogo che pullulava di anime di streghe che ce l’avevano con gli Originari così appena sarebbe giunta l’occasione, Esther avrebbe dato al figlio il colpo finale.

Briony aprì la bocca, ma il cuore le balzò improvvisamente in gola per colpa del terrore appena provato, e per questo fu costretta a deglutire più volte.

“Elijah non ci cascherà. E’ troppo furbo” disse Briony cercando di sorriderle malignamente, per farle provare che non sarebbe mai riuscita nel suo folle intento.

Esther scosse però la testa: “E’ vero. Elijah è sempre stato il più scaltro perché non si lascia manovrare dalle emozioni ed è capace di intuire le reali intenzioni di chi lo circonda anche con un semplice sguardo... ma c’è una cosa che lo rende vulnerabile e umanamente debole.”

Esther fissò Briony con sguardo eloquente: “Quando si tratta di te, la sua guardia si abbassa e le emozioni prendono il sopravvento. Sarà facile.”

“Facile un corno. Preferisco ficcarmi un coltello nello stomaco piuttosto che aiutarti” sibilò Briony fra i denti, puntellandosi sui gomiti nel tentativo di alzarsi e di fargliela pagare, ma ancora una volta una fitta alla colonna vertebrale la costrinse a stare immobile.

Alzò imperterrita lo sguardo su Esther. Sapeva cosa manovrava il suo corpo, impedendole di fare qualunque cosa: la sua magia.

La bloccava, la rendeva inerme e Briony si maledisse di essere così debole dal non riuscire nemmeno ad apporsi a una strega per tentare di difendere colui che amava.

Era inutile, anzi peggio perché il suo essere debole avrebbe portato Elijah alla rovina. Perché lei era la sua debolezza.

Elijah era in grado di sconfiggere qualunque cosa, ma non quella. E la causa di tutto era perché l’amava.

Briony sentì i propri occhi invasi da un grumo di lacrime che spezzavano ogni sua difesa. “Io non mi muovo di qui, sarai costretta a portarmi in spalla oppure a uccidermi perché non sarò una pedina nel tuo folle piano. Non te lo permetterò, non puoi uccidere Elijah.” ringhiò cercando di apparire inquietante agli occhi di Esther che però non si fece intimidire, infatti per la prima volta sul suo viso di marmo spuntò un vero sorriso.

“Infatti sarai tu a farlo” il tono della voce di Esther risuonò perfido prima che Briony cadesse nel buio.

 

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Briony si svegliò di soprassalto in quella che sembrava una cripta risalente a qualche secolo prima e che le incuteva un senso pertinente di claustrofobia .

Le fuoriuscì dalla bocca un fiato gelido, le gambe erano intorpidite mentre le mani raggelate. Alzò il viso e naturalmente c’era Esther, la sua carnefice.

Persino in quel momento, il corpo di Briony era manovrato dalla magia fortissima della strega e questo non le permise di scappare via o di tentare di assalirla.

Si morse il labbro inferiore, cercando una forza interiore che le desse la spinta necessaria per abbattere il potere di Mamma Originals. Ma non lo trovò. Si sentiva vuota, privata da tutta la sua forza.

Briony scorse la luce della luna al di fuori dell’entrata della cripta, che Esther chiuse fulmineamente spargendo sale ovunque. Capì di trovarsi nel cimitero di Mystic Falls.

“Sai, non riesco a capire perché Elena e i suoi amici difendano così tanto i loro amati vampiri… come se loro fossero delle creature pure e innocenti. Ma quando avrò finito, creerò un mondo dove le persone non patiranno più per mano dei vampiri. Ti ricordi della tua amica Jenna? Lei è morta a causa loro” sussurrò Esher gelida, senza il minimo tentennamento.

Briony trasalì sentendo il nome della sua cara amica d’infanzia: non c’era giorno che lei rimpiangesse di non aver saputo proteggere lei e John durante la notte del sacrificio. E a causa del dolore provato, aveva iniziato ad odiare Klaus. Di un odio che non poteva essere assopito e che non lo sarebbe stato mai.

“Cosa stai cercando di dire? Io odio Klaus per quello che ha fatto ma colpevolizzare altri vampiri che non hanno fatto nulla di male, e che hanno imparato a mantenere intatta la loro umanità, è sbagliato. Facendo così condanni anche le persone buone!” gridò esterrefatta.

“Persone? I vampiri non sono persone, Briony. Mi chiedo perché non te ne sia ancora accorta... e ancor di più, il perché tu stia dalla loro parte” commentò Ester scrutandola attentamente, come se la stesse studiando.

“Tu vedi Elijah sotto un’aura che non gli appartiene. Hai idea di quante persone lui abbia torturato e massacrato in questi mille anni? La gente che aveva la sfortuna di incontrarlo lo definiva il loro peggiore incubo, che non lasciava scampo neppure da svegli. Io non posso credere che dei mostri simili siano i miei figli.” Affermò ancora con voce che faceva trapelare il suo sgomento.

Briony la fissò scuotendo la testa:

“Sei patetica. Rammenti cose successe anni e anni fa per supportare i tuoi fini di oggi. E io non mi farò manipolare da te e dalle tue farneticanti idee."

Si guardarono negli occhi in segno di sfida, nessuna delle due voleva cedere sebbene Briony sentì vibrare il cervello.

L’altra notte era rimasta delusa pensando che Elijah non volesse affatto trasformarla ma ora capì il vero motivo: una parte di lui sentiva che le parole di Esther erano vere.

Dalla notte in cui i figli si erano scontrati con la madre, Elijah era cambiato. Gli spiragli di umanità si erano spalancati in lui, facendo riemergere dall’abisso della sua anima il rimorso e i sensi di colpa. Riaffiorava così una realtà dispotica che lui non voleva accettare perché avrebbe finito per calpestare se stesso, il suo onore, il suo orgoglio, e l’essere forte e freddo che aveva imparato a diventare in quei lunghi secoli. Tagliato in due, ecco come si sentiva. Senza contare che forse considerava la sua trasformazione in vampiro come una blasfemia, l’ennesima prova che lui era un mostro e non poteva far nulla per impedirlo.

Briony si sentì assalire da dentro, cercando una cura per alleviare il dolore muto di Elijah e arrivando alla consapevolezza che quella cura poteva essere lei stessa.

Malgrado lei rappresentasse la sua debolezza, simboleggiava al tempo stesso quella luce che le permetteva di distruggere l’oscurità che circondava l’anima di Elijah, e di scorgervi alla fine la sua parte umana. Perché avere un’umanità significava anche provare dei sentimenti. E i sentimenti sono l’origine di ciò che più buono possiamo avere.

Briony si sentì più forte, lasciò scomparire la nuvola di depressione che albergava sopra di lei e questa volta riuscì ad alzarsi e andare dritta da Esther con i pugni chiusi.

Ma non bastavano le buone intenzioni e il coraggio per contrastare la strega Originaria. Infatti con una semplice occhiata Esther la immobilizzò, ma non si limitò solo a quello perché Briony sentì il cuore pomparle nel petto a velocità smisurata facendole mozzare il fiato. Sentì i muscoli delle gambe cedere nuovamente come se le ossa scricchiolassero, un fuoco infernale aveva invaso il suo petto.

“Questo è soltanto una goccia di quello che potrei fare quindi ti conviene stare immobile e zitta.” minacciò Esther con tono tagliente.

Briony si accasciò lungo la parete di pietra, respirando a fatica.

La strega intanto trafugava in mezzo ad alcuni strani aggeggi riposti in un altare.

“Ci siamo quasi. Escogiterò qualcosa di innocuo per far venire Elijah qui, magari imitando la tua voce al telefono. Oppure gli dirò come stanno chiaramente le cose. Sicuramente si infurierà a morte.” mormorò fra sé e sé alzando la testa.

“E questo è un male perché l’irrazionalità nuoce sempre in uno scontro. E allora vedrai la morte, negli occhi di Elijah.”

Briony rabbrividì in preda al terrore. Parlare di morte le metteva ansia, e se si trattava di quella di Elijah era ancora peggio.

Sentì il panico inaridirle il cuore, fino a spremerlo come un limone.

La nuvola di depressione tornò ad albergare sulla sua testa, facendo prendere il posto però alla disperazione.

No… non puoi farlo…” gemette, implorandola con lo sguardo.

Ester si mostrò indifferente mentre la guardava, e Briony lesse negli occhi della strega la sua sofferenza imminente.

“Non Elijah. Perché lui? Perché fra tutti i tuoi figli deve essere lui a morire?? Ti supplico, non fargli del male.”  Briony seppellì la dignità sotto i piedi mentre i singhiozzi e le lacrime le tormentavano il petto fino al dolore fisico.

Sentì il cuore cedere fino a non battere più, mentre a tentoni cercava di avvicinarsi a Ester per fermarla ma ad ogni passo sentiva come se le ossa si stessero rompendo.

Cercò di muovere Esther a compassione, la stessa compassione che Elijah le aveva attribuito tempo prima ma che ora aveva gettato al vento quando aveva implorato Esther di uccidere gli altri suoi figli, risparmiando Elijah.

Una persona compassionevole non gettava nel fuoco delle persone innocenti per il proprio interesse personale.

Ma a volte la disperazione ci fa compiete gesti egoistici che mai avremmo pensato di fare. 

Si è disposti a sacrificare qualunque cosa pur di non perdere la persona che amiamo. Non importa quanto costerà.

Era un’etica sbagliata, ma vera.

Esther le sorrise freddamente, ma all’improvviso Briony si accorse che la sua mano sfoderava un pugnale dalla lama tagliante e il modo in cui la fissava, Briony ebbe un cattivo presentimento.

La strega le prese prepotentemente il braccio mentre l’altra mano stava alzando il pugnale come se volesse conficcarglielo nella pelle.

“Che vuoi fare? Lasciami!” gridò Briony allarmata, tentando di divincolarsi ma la stretta di Esther era comunque forte e la ragazza impallidì quando vide la lama farsi sempre più vicina al suo braccio.

All’improvviso un rumore rimbombante fece fermare di botto Esther che divenne più bianca di Briony. Qualcuno aveva letteralmente distrutto l’entrata della cripta come se fosse scoppiata una bomba, e quando Briony riconobbe l’ombra della figura che si stava avvicinando lentamente alla cripta, fu come se quel qualcuno l’avesse tirata via dalle grinfie della morte, lanciandole un salvagente prima di affogare nel diluvio.

Quella tecnica piuttosto inusuale di aprire le porte l’aveva già sentita, ma non l’aveva mai vista realmente con i suoi occhi e dovette ammettere che faceva un bell’effetto.

Il rumore dei passi di quella figura era come tuono che proveniva dal basso. Elijah si fermò a qualche centimetro dall’entrata, il braccio sinistro ricadeva lungo il fianco mentre l'altra mano era infilata elegantemente dentro la tasca dei pantaloni. I suoi occhi erano di un nero letale.

“Se vuoi la benché minima speranza di uscire viva da questo posto… devi lasciarla andare.” La voce decisa spezzò il silenzio come l’infuriare imminente di una tempesta.

Esther impallidì, anche se gli occhi rimanevano gelidi. Questo non l’aveva calcolato: Elijah era arrivato prima del previsto a rovinare il suo bel piano. Come lo aveva saputo?

Vedendo che la strega non sembrava voler acconsentire al suo volere, anzi stava immobilizzando ancora Briony con la magia, Elijah saettò in avanti andando però a sbattere contro una barriera invisibile.

All’inizio i suoi occhi non capirono il perché di tutto ciò, e il suo corpo continuava a spingere sempre con più forza per poter entrare. Quando capì che era tutto inutile, Elijah alzò il viso in direzione di Esther e la incenerì con uno sguardo che più diabolico non poteva esistere.

“Fammi entrare.” ringhiò con calma estremamente gelida, ma che presto si sarebbe tramutata in violenza.

Esther dal canto suo lo guardava spregevole in segno di sfida, e prese Briony per un braccio.

“Non fare niente di cui tu possa pentirti Elijah, perché ci metto un attimo a fermarle il cuore per sempre.” replicò duramente.

Briony si lasciò scappare un respiro strozzato, mentre guardava Elijah con sguardo dispiaciuto, rammaricato per averlo condotto dritto nelle grinfie di Esther.

La strega poi per dimostrare che faceva sul serio, torturò Briony semplicemente con lo sguardo.

La ragazza sentì il sangue fluirle in gola a velocità ritmica e avvertì il sapore denso del sangue sulla  bocca, finendo quasi per strozzarsi. La magia la buttò con violenza contro la parete di roccia, provocandole lividi nella schiena.

In quegli attimi, il fuoco e la furia dell’ inferno entrarono in Elijah seppellendo la calma gelida di poco prima, e sostituendola da una furia che lo consumava.

“Lasciala!”  Il ringhio nella sua voce risuonò ancor più duro e feroce del primo.

Briony non aveva mai sentito la sua voce a quel volume: era assordante, temeraria.

Non riusciva neanche a capire come mai Esther non rabbrividisse a causa di quella minaccia che avrebbe messo in panico chiunque.. ma non lei.

La sua presa divenne sempre più forte e Briony cadde inerme sulle ginocchia, respirando a malapena mentre il sangue continuava a sgorgare dalle labbra.

Elijah sgranò gli occhi più del normale, la pelle divenne cerea come quella di un fantasma, lo shock di vederla in quello stato aveva preso il sopravvento su di lui irrigidendo tutti i suoi muscoli.

Briony non sarebbe riuscita a tollerare il dolore ancora per molto, infatti cadde a terra stremata, come se la morte stesse per sopraggiungere.

Negli occhi neri di Elijah allora spuntò un lampo di puro odio più indomito e distruttivo.. cenere che alimentava il fuoco gelido della sua anima.

Sibilò fra i denti:

“Ti ucciderò Esther. Fosse l’ultima cosa che faccio, ti do la mia parola che ti ucciderò con le mie mani.”  Gli occhi puntati su Esther erano privi di umanità e la tensione che vibrava nei suoi muscoli urlava tutta la sua collera.

La strega dal canto suo non sbatté minimamente le palpebre e questa volta non gli sorrise in segno di sfida;agì solamente. Lasciò libera Briony ma diffuse tutta la sua magia a discapito di Elijah, che venne travolto come un ramoscello in un fiume in tormenta.

Le mani del vampiro si aggrapparono alle rocce della parete, conficcandogli le unghie per diminuire il dolore lancinante che Esther gli procurava; ma non riuscì a non urlare perché sentiva la testa in fiamme. Le cellule esplodere come dei fuochi d’artificio.

Si portò una mano alla testa per bloccare il potere di Esther ma fu tutto inutile perché cadde sulle ginocchia.

“No!”  L’urlo che crebbe dentro il petto di Briony era selvaggio, devastante. Talmente forte che fece alzare un vento prima d’ora inesistente.

Cercò di gattonare puntellandosi sui gomiti dei bracci visto che le gambe sembravano non voler obbedire al suo cervello, ma ancora una volta un ordine a cui non poteva disubbidire la bloccò a metà strada e la costrinse a stare immobile.

Aprì la bocca ma fuoruscì soltanto un respiro strozzato e da quella posizione poteva scorgere chiaramente il tormento che Esther infliggeva sul figlio senza pietà, impedendogli perfino di scappare come se fosse bloccato all’entrata della cripta.

Elijah comunque era molto forte e riuscì a rialzarsi, guardando con occhi glaciali la madre, ma ad un tratto qualcosa gli squarciò la spalla come se fosse stato graffiato da una tigre infuriata.

Il suo grido dovuto al male fece rabbrividire Briony fino alle lacrime. La sofferenza di Elijah era intollerabile per il suo cuore, non avrebbe resistito.

Un dolore molto più intenso che non c’entrava nulla con le ossa rotte, minacciava di distruggerla.

Non poteva sopportare di vederlo in quello stato e di non poter riuscire a salvarlo.

Si sentì pervadere da una forza inaudita, sconosciuta e si aggrappò con violenza al braccio di Esther, restando comunque a terra.

“Lascialo stare!” continuava a gridare impazzita, le unghie scavarono nel palmo della mano di Esther ma non ci fu alcun cambiamento.

Elijah stava per essere sconfitto, aveva il viso dolorante quasi straziato dalle pene che la madre gli faceva subire, e la bocca era smorzata da un ringhio brutale segno che non voleva arrendersi, anche se era tutto inutile.

Come faceva Esther ad avere tutto quel potere? Sembrava avesse riacquistato i suoi antichi potere, o forse era quel luogo che le faceva da tramite… già, i punti focali come quella cripta sono un enorme dosaggio di una potentissima magia e se riesci ad accumularla tutta insieme ne viene fuori una potenza devastante. I rami degli alberi avevano cominciato ad agitarsi impazziti.

“Basta! Fermati, lo stai uccidendo!” urlò Briony implorando Eshter col suono delle lacrime che avevano iniziato a scendere da tempo, ma questa volta con più prepotenza… come se non fossero soltanto gli occhi a lacrimare ma ogni fibra del suo corpo.

Non poteva muoversi, non riusciva nemmeno ad alzarsi per andare a soccorrere Elijah. Era inutile come lo era sempre stata. Gli aveva soltanto procurato dei problemi, dei guai ed erano arrivati a questo punto a causa sua, per colpa della sua fragile debolezza da umana.

Elijah, continuando a gridare dallo strazio, si portò una mano al viso come se qualcosa gli stesse rigando la pelle con dell’acido, ma anche in quelle condizioni riuscì a trovare una forza interiore nel suo animo che gli permise di parlare:

“Scappa” La sua voce era un sussurro flebile, quasi inesistente, ma il cuore di Briony riuscì a percepirlo come se glielo stesse urlando.

Il petto venne pervaso da degli spasmi a causa dei singhiozzi.

No. Non poteva scappare, non poteva lasciarlo lì da solo. Doveva tentare il tutto per tutto per fermare Esther anche se doveva costarle la vita.

Sebbene i muscoli avessero il preciso ordine di stare immobili, Briony trovò il coraggio di contrastare quell’ordine mentale, e di far vincere il volere del suo cuore.

Saltò letteralmente addosso ad Esther, dibattendosi sulla sua schiena con violenza e le unghie scavarono nella pelle per infliggerle almeno un po’ di male.

La strega però si liberò facilmente dalla sua presa infatti afferrò per il collo Briony che si dibatteva con violenza, inutilmente.

La buttò a terra come un sacco di patate, tornando a infliggere la morte nelle vene di Elijah, per il colpo finale.

Era spacciato: non poteva entrare per staccare il collo a Esther, non poteva nemmeno fuggire via perché sembrare fosse imprigionato in quel punto di terra dove la magia veniva sprigionata con tutta la sua violenza.

Un ultimo urlo acuto.

Briony le si mozzò il respiro quando intuì che per Elijah stava per sopraggiungere la fine. La sua fine… Sentiva che il suo cuore stava per morire insieme a lui in quel momento.

Accadde tutto in un istante.

L’urlo agonizzante che era fuoriuscito dalla gola di Briony era ancor più potente del primo; fece quasi tremare la terra e scappare i poveri animali del bosco, e le scoppiò persino nel cervello.

Concentrò tutto l’odio possibile su Ester, maledicendola col pensiero, e qualcosa all’improvviso esplose dentro di lei. Si sentì come liberare da dei forti ganci di catene che le punzecchiavano la pelle.

Un ultimo grido agonizzante in cui le intimava di lasciar andare Elijah, e all’improvviso Esther sembrò acquietarsi.

Il braccio, prima steso in direzione del figlio, ora era molle come si stesse seccando... la schiena si piegò in due quasi avesse ricevuto un pugno nello stomaco, ed ebbe degli strani spasmi nel petto come se stesse soffocando.

Gli occhi parevano essere diventati bianchi, come se una luce accecante fosse esplosa al loro interno e il petto si alzava a velocità disumana.

Briony sgranò gli occhi imperterrita mentre gocce di sudore le cadevano lungo la fronte, quando vide una figura addentrarsi dentro la cripta e sferrare a Esther un colpo decisivo che la fece rimbalzare contro la parete di roccia.

Briony riconobbe Ylenia mentre questa correva verso di lei e la prendeva per le spalle, cercando di issarla e di farla camminare fuori dalla cripta.

La ragazza però non riusciva a reggersi in piedi e il suo sguardo si rivolse istintivamente verso Esther che aveva sfoderato un ghigno… Divertito. Come se fosse soddisfatta.

Ma era impazzita? Era lei quella in svantaggio adesso e stava perdendo lo scontro... Ma allora perché?

Briony all'improvviso vide tutto sfuocato, come se le forze le fossero venute meno, e non riuscì nemmeno a emettere fiato.

Ylenia la condusse di peso fuori dalla cripta, al sicuro.

Ad un tratto le sue braccia mollarono Briony, che si sentì cadere in avanti nel vuoto. Ma qualcun altro la sorresse.

Il viso di Briony andò a sbattere contro un petto di marmo, che la avvolse dopo un secondo di smarrimento. La ragazza odorò un profumo familiare, che le inebriava i sensi e la faceva rivivere di nuovo.

Alzò finalmente il viso e incrociò quello di Elijah, che sembrava piuttosto martoriato. Aveva graffi dappertutto che parevano delle strisce di fuoco; il sangue sgorgava dalla spalla e da altri parti del corpo.

Gli occhi erano un pozzo nero, addensati prima dal dolore e dal tormento, ma ora Briony vi lesse soltanto un profondo senso di sollievo.

Lei si accucciò sul suo petto come una bambina indifesa, un braccio di Elijah le cingeva le spalle facendo avvinare di più di loro corpi.

Poi Briony sollevò lo sguardo, alzando lentamente la mano e con le dita sfiorò i graffi sul viso di Elijah come se volesse rimarginarli con delicatezza.

Lo sguardo del vampiro però non aveva perso il magnetismo e la profondità che lo contraddistingueva da chiunque altro; anche se assunse un’espressione affranta e tormentata mentre a sua volta accarezzava il viso di Briony con una dolcezza che la commosse.

Sentirono dei passi avvicinarsi, e Briony vide Ylenia inginocchiarsi di fronte a loro. Aveva il fiato corto e anche lei era impallidita a causa dello sforzo:

Esther è riuscita a scappare” disse con un fil di voce.

Elijah assunse un’espressione dura e ferma, segno che gliela avrebbe fatta pagare prima o poi a quella sottospecie di madre che si ritrovava.

“Come.. che è successo ad Esther?” domandò Briony confusa, ricordando gli ultimi avvenimenti che erano successi a Mamma Originals. Sembrava come se qualcuno l’avesse fermata contro la sua volontà e stava addirittura per soccombere...

“Merito della sottoscritta. Non sarò al pari di Esther ma qualcosina so fare.” disse Ylenia con un’espressione trionfante.

Briony la fissò corrugando la fronte. “Sei stata tu a..”

“Sì. Anche se purtroppo è riuscita a svignarsela” replicò frettolosamente. Forse troppo in fretta.

C’era qualcosa nel tono della sua voce e di come sviava gli occhi che non convinceva Briony, ma decise di lasciar perdere perché doveva ringraziare la buona sorte se erano ancora vivi.. E non solo.

Ylenia mi ha chiamato dicendo che aveva visto Esther portarti via con la forza e condurti qui. Ho agito d’istinto perché non c’era tempo di preparare piani con i miei fratelli e sono corso subito qui.” disse Elijah guardando Briony negli occhi, la quale però finì per osservare la strega davanti a lei.

Era stata lei ad avvisarlo? Ad impedire che Esther portasse a termine i suoi piani folli?

Briony deglutì nervosamente, non sapendo cosa pensare… fino all’altro giorno aveva la piena certezza che Ylenia fosse una sua nemica, qualcuno di cui non poteva più fidarsi… ovviamente era ancora riluttante nei suoi confronti dopo ciò che aveva scoperto, covava rancore nei suoi confronti, ma non poté fare a meno di provare gratitudine per lei in quel momento.

“Grazie.” Sussurrò a fil di voce guardandola negli occhi con sincerità.

Ylenia le sorrise, facendo un segno con la mano per dimostrare che non doveva ringraziarla.

Anche Elijah la ringraziò prima che lei scomparisse del tutto nell’oscurità, portandosi dietro una folta nebbia.

Dopo qualche secondo, il vampiro aiutò Briony ad alzarsi e lei gli si aggrappò al petto per facilitargli i movimenti.

Gli restò attaccata per lungo tempo come se non osasse lasciarlo e volesse sentire l’odore buono della sua pelle per provare che lui fosse vivo, lì con lei.

Non aveva mai sentito una paura così forte e distruttiva prima d’allora. Ormai era chiaro che per lei il pensiero di perdere Elijah era diventato inconcepibile.

“Stai bene?” chiese lui accarezzandole i capelli e cercando di scrutarla in viso.

Briony ci pensò  e si rese conto che il male era quasi passato, ovviamente la testa le doleva ancora e le gambe sembravano essere semi-paralizzate, ma per il resto se l’era cavata.

“Sì. E tu?”

Elijah sospirò abbassando la mano: “Non devi preoccuparti per me.”

Lei allora si morse il labbro, abbassando la testa: “Mi dispiace… non sono riuscita a..”

Il vampiro però la interruppe subito, scuotendo la testa: “Non osare prenderti colpe che non hai. Era ovvio che Esther avrebbe escogitato qualcosa per ucciderci.. e ci sei andata di mezzo tu.” Replicò facendosi duro in volto. Le mascelle erano serrate, gli occhi di nuovo in collera.

“La sfido a mettersi di nuovo contro di me dopo quello che ha fatto.” sibilò a denti stretti, sviando lo sguardo da quello di Briony.

Lei intuì il motivo del suo stato d’animo: Esther aveva osato prendersela con lei, usandola come esca per i suoi loschi piani. Elijah non ci sarebbe mai passato sopra a questo. In quel momento era affamato di vendetta.  La sua gelida furia non lasciava scampo.

“Io direi di dire basta agli incontri di wrestling per oggi. Siamo tutti un po’ sotto tono.” Mormorò Briony sorridendo lievemente.

Anche Elijah dall’alto sorrise ma ritornò subito serio.

“Andiamo a casa.” La sua voce era un sussurro esile, quasi una carezza.

La cinse per la schiena, cominciando a camminare quando Briony si fermò mugugnando per il dolore. Le gambe le dolevano ancora parecchio.

Elijah la osservò per qualche attimo e le si fece più vicino, prendendola alla fine in braccio. Le sue mani erano leggere come ali di farfalla ma allo stesso tempo forti, infatti Briony si rilassò subito.

Gli cinse il collo con un braccio, il viso si adagiò contro la sua spalla e inspirò il suo profumo delizioso che le diede improvvisamente le vertigini, come se fosse stata catapultata in paradiso.

Il vampiro avanzò lentamente, addentrandosi nell’oscurità.

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Entrambi stavano camminando lungo la foresta nei paraggi di Mystic FallsBriony aveva chiesto ad Elijah di lasciarla andare giù, visto che ormai aveva ripreso le forze, e voleva sentire la terra sotto i piedi per scacciare il formicolio nei polpacci.

Gli squarci e le ferite dell’Originario si erano quasi rimarginate.

Il vento freddo soffiò attraverso i folti alberi, agitando i capelli dei due e Briony inconsapevolmente rabbrividì.

Non solo per il freddo, ma per via di Elijah.

Era strano, più strano del solito. Si era accorta che lui la fissava con la coda dell’occhio a momenti alterni, come se la stesse scrutando attraverso le sue iridi nere; ma quando lei alzava il viso verso il vampiro, lui subito distoglieva lo sguardo, diventando gelido.

Era vicino a lei eppure la sua mente sembrava irraggiungibile.

Briony si strinse nelle spalle credendo di essere diventata paranoica.

Ma ad un tratto Elijah le afferrò un braccio con delicatezza, anche se quel gesto la bloccò come se le stesse ordinando di fermarsi.

Briony infatti si fermò, con un'espressione sorpresa nel volto. Elijah teneva invece lo sguardo basso: rigido, scolpito, freddo.

Lei deglutì: "Elijah?"

Il vampiro improvvisamente alzò lo sguardo al cielo come se non l'avesse sentita:

"Quando eri dentro la cripta con Esther… Ho davvero temuto che non ce la facessi. Che ti avrei persa." la sua voce era flebile, quasi accennata.

Briony lo guardò sconsolata.

Avrebbe tanto voluto rincuorarlo ma con rammarico scoprì di non poterlo fare.. Se le cose rimanevano immutabili, lui l'avrebbe persa tra 20 e 30 anni, o forse anche di meno perché uno come Elijah non poteva stare di certo con una nonnetta.

Il vampiro continuò, senza però guardarla:

"Sono stato egoista quando l'altra notte non ho voluto acconsentire al tuo volere, perché andava contro ai miei principi."

Briony lo vide deglutire mentre abbassava lo sguardo.

Si riferiva al fatto che non voleva trasformarla?

Stava per aprire bocca ma Elijah non glielo permise perché ad un tratto le prese il viso tra le mani con delicatezza, scrutandola e penetrandola negli occhi.

"Ma il mio egoismo supera ancor di più il limite quando alberga in me il desiderio di trasformarti pur di non perderti. Hai dato alla mia vita un significato che non avevo diritto di pretendere. Ma nonostante questo non voglio che nessuno me lo porti mai via. Non posso tollerare che qualcuno ti porti via da me."

Briony spalancò lievemente la bocca, incantata dalle sue parole.

Lo sguardo di Elijah era più limpido come se finalmente fosse possibile vederne il fondo senza la freddezza che l'ha sempre velato.

In quel momento lei capì che lui l'amava più di quanto avesse mai creduto possibile, arrivando persino a trasformarla pur di non permettere alla sua mortalità di separarli.

Le ombre della notte cominciarono a chiudersi intorno a lei, lo sguardo penetrante di Elijah la avvolse nell’oscurità come se volesse impadronirsi di lei.

Gli occhi ardenti fissi nei suoi:

“Lo vuoi ancora?”

Per un istante quella parola restò a mezz’aria, nella brezza notturna. Briony sentì il respiro gelido del vampiro solleticarle il viso.

Una strana inquietudine l’assalì all’improvviso, perché intuiva cosa stava per succedere…  aprì le labbra ma non riuscì a sentire la risposta. Sentiva soltanto le orecchie fischiare e il cervello martellarle nella testa.

Nella sua mente quella risposta rimase muta, ma per Elijah sembrava essere abbastanza; infatti l’espressione del suo viso cambiò diventando sempre più profonda, come se volesse scavarle dentro l’anima e dentro le ossa.

Le sue dita gelide le sfiorarono lievemente la spalla, poi il suo corpo elegante si spostò girandole in tondo come se la stesse rimirando da ogni angolatura.

Briony sentì una scossa elettrica attraversarle la schiena, ma non osò fare nulla. Rimase immobile come una statua, respirando appena.

Lui all’improvviso le fu dietro e la cinse in vita con un braccio, facendole scontrare la schiena contro il suo petto.

Briony percepì il respiro di Elijah nell’incavo del suo collo mentre annusava il suo odore delizioso, facendolo inebriare.

Il vampiro fece scendere il colletto della maglia di Briony giù dalla spalla, forse un po’ troppo bruscamente, infatti quel gesto la fece sussultare e il respiro divenne più accelerato.

Elijah premette le labbra gelide nel punto più delicato del suo collo, provocandole una lunga serie di brividi. Briony sentì poi qualcosa di appuntito scorrere lungo la sua pelle fremente… i suoi denti. Ma non le erano penetrati dentro la carne, non ancora.

Chiuse gli occhi, bloccata dal braccio di Elijah, e sentendosi pervadere da un vortice di emozioni troppo forti ogni volta che sentiva il respiro del vampiro sempre più vicino fino ad entrarle quasi dentro la pelle, lasciando una scia infuocata che i suoi denti presto avrebbero raffreddato.

In quell’istante a Elijah venne naturale dire cinque, tre parole… proprio mentre stava per darle la morte.

“Ti amo Briony, devi saperlo.”

Il cuore di lei batteva fortissimo, fino a scoppiare.

Finché non si spense…

 

FINE CAPITOLO.

Lo so che mi odierete per aver concluso il capitolo in questo modo e che mi lancerete le ciabatte urlandomi un sacco di parolacce! Ma mi sentivo di farlo così… lascio la suspense.. ihhi sono cattiva, ma mi farò perdonare not problem!

Spero comunque che vi sia piaciuto il capitolo e che non vi abbia annoiati…  Alcune cose forse non vi saranno chiare, e magari in alcune scene non sono riuscita a spiegarmi bene.. ma andando avanti capirete meglio cosa la mia mente malata ha escogitato.. o almeno spero! E se nell’attesa volete chiedermi qualcosa, io sono qui!!

Mi sento in dovere di dedicare questo capitolo a Eric Kripke, il creatore di Supernatural visto che in alcuni frangenti mi sono ispirata ad alcuni suoi memorabili episodi!!

Ah la frase “Hai dato alla mia vita un significato che non avevo diritto di pretendere” non è mia ma proviene dal film “Vi presento Joe Black”!

Scusatemi se mi sono dilungata troppo con i commenti J Come sempre ringrazio chi legge la mia storia, chi recensisce, e chi ha messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate! E spero sempre di sentire la vostra voce per capire se sto facendo un macello con questa fanfic ahah

Ah un’ultima cosa (che barba :P) Probabilmente pubblicherò il prossimo capitolo con un po’ di ritardo perché voglio modificare e correggere la prima parte della fanfic, visto che mi sembra di averla scritta da cani *_*

Ok ora basta XD

Buona serata a tutti J Un bacione ^^

 

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Capitolo 12
*** Broken dreams ***


Per Ylenia, che senza di lei non avrei mai cominciato questa storia.

 

 

9 CAPITOLO

 

Briony sentì il suo cuore cedere non appena Elijah si morse il polso per offrirle il suo sangue. Qualche secondo prima l’aveva fatta girare verso di lui, afferrandola per entrambe le spalle; non aveva smesso mai di guardarla profondamente negli occhi come se volesse scavarci dentro o studiarne ogni singolo pensiero. Non aveva smesso mai di fissarla neanche quando si era morso il polso e delle piccole gocce di sangue erano calate lungo il suo labbro inferiore.

Briony sentì un flusso di sangue ardente salirle nelle guance, aveva lo stomaco in subbuglio e avrebbe voluto abbassare lo sguardo per colpa dell’imbarazzo o di quell’intimità imprevista. Ma i suoi occhi rimanevano comunque fissi in quelli di Elijah, quasi fossero incatenati da un legame di fuoco impossibile da raffreddare.

Elijah le sfiorò il profilo della guancia con la mano non sanguinata e le sue dita premettero delicatamente nella pelle. Lei lo guardò ammaliata, come in suo incantesimo, e poi di sua spontanea volontà si avvicinò a lui, mettendosi in punta di piedi tanto abbastanza da rendere a pari altezza le loro labbra.

Il sangue colava ancora dalla bocca di Elijah, anche se lievemente, e così una scia le sporcò il mento, facendola avvampare.

Il cuore le batteva impazzito in eguale sintonia col respiro affrettato. Mentre il respiro di Elijah era inspiegabilmente calmo, mosso da nessun tremore, e gelido come un mattino di inverno. Ma ne fu talmente affascinata che volle inseguirlo, scontrarlo con il suo e fondersi l’un l’altro. Briony appoggiò delicatamente le labbra su quelle di Elijah con delicatezza, come se fossero piume. Sentì il sangue di Elijah scivolarle lungo le labbra, provocandole una serie di brividi incandescenti lungo il corpo mentre uno strano calore si diffuse nel petto.

Briony si staccò leggermente da lui, mantenendo una brevissima distanza fra loro. Il cuore le martellava dolorosamente nel petto; era in fibrillazione sentendo il sapore del sangue di Elijah sul labbro inferiore. Un rivolo di sangue gli sgorgava ancora finendo fino al mento.

Lui questa volta rafforzò la presa sul suo viso e Briony lo sentì come schiantarsi e atterrare sulla sua pelle, quella vicino all’angolo della bocca, come se la volesse raffreddare col suo fiato, marchiarla o consumarla come una preda prelibata, fino a prepararla a ciò che sarebbe successo.

Briony in quel momento si immobilizzò, una scintilla di paura albergò nei suoi occhi aperti quando lo sentì scendere lungo il collo lentamente ma non riusciva a fermarlo per la sensazione di sentirsi il suo sangue sulle labbra. Aveva completamente i capogiri.

Elijah rafforzò di nuovo la presa, cingendola per tutta la schiena così da non lasciare alcuno spazio tra i loro corpi, catturandola ancora di più in sua balìa. Briony fu un tremolio continuo mentre sentiva le ginocchia cedere, ma il cuore gonfio pompò il suo desiderio ardente di farsi sigillare da lui, come in mille catene.

Così non ebbe più timore del suo fato e sollevò entrambe le braccia, come per circondare la testa del vampiro o farsi sciogliere ancora più in lui, ponendo letteralmente la vita nelle sue mani. L’Originario seguì di scatto i suoi movimenti, si ritrovarono faccia a faccia e Briony sancì lei stessa il sigillo mortale premendo senza pensarci troppo le labbra su quelle di Elijah, sentendo le sue parti più nascoste tremare e accaldarsi nel percepire il sangue del vampiro sulla bocca; ogni fibra pulsava nel percepire quel sapore metallico e sconosciuto sulla bocca.

Non sentì Elijah ricambiare più di tanto il bacio, quanto più cingerle con delicatezza i fianchi, come se volesse farla precipitare in quel burrone fatale con tutta la calma asfissiante possibile. Lei non aveva più aria ma stava con lui, incurante che tra quelle braccia tra poco sarebbe morta.

Era assai inusuale usare questo metodo per offrire il proprio sangue ma forse per due persone innamorate era meglio così: finiva tutto con un bacio.

Nonostante l’eco lontano di un campanello d’allarme che risuonava dentro di lei, Briony si abbandonò a quel dolce e profondo oblio, fluttuando nell’oscurità.

Ma quando tutto sembra andare per il verso giusto basta un soffio di vento a cambiarci la vita.

All’improvviso Briony sentì una folata di vento alzarle alcuni ciuffi dei capelli, facendoli ricadere sul viso. L’aria cominciò a farsi densa e vibrante, che sembrò quasi volesse spazzarli via o separarli.

Briony si staccò da Elijah come se un uragano la stesse spingendo via; il vento si alzò impetuoso, quasi terribile tanto che i rami degli alberi cominciarono ad agitarsi con violenza.

Elijah allora alzò il viso, scrutando il cielo con attenzione come se avesse captato qualcosa ma non sapeva bene cosa. Strinse gli occhi, seguendo la scia del vento quasi volesse studiarlo per capire cosa stava succedendo.

Briony sgranò gli occhi, mentre i capelli le ricadevano nel viso impedendole la vista e agitò le mani per coprirsi da quello che sembrava un tifone.

Ad un tratto sentì la mano di Elijah stringerle il fianco:

“Dobbiamo andarcene di qui.”

Sebbene la sua voce sembrava gelida e calma, in realtà gli occhi erano guardinghi e sospettosi, all’erta di chissà quale pericolo.

Ad un tratto una fitta dolorosa lo trafisse nel cervello, facendolo gridare dal male. Elijah cadde dunque sulle ginocchia, tenendosi una mano alla tempia come se volesse schiacciare il dolore alla testa.

Briony allora gridò allarmata, inginocchiandosi al suo fianco e continuando a chiedergli cosa stesse succedendo.

Gli spasmi incontrollati che lambivano la testa di Elijah sembravano simili a quelli di prima provocati da Esther, e Briony allora si guardò attorno terrorizzata aspettandosi di vederla apparire all’improvviso.

Ma il vento andò scemando col passare dei minuti e finalmente anche il bruciore nella testa di Elijah si spense. Lui sollevò il viso, respirando a malapena, mentre Briony rimaneva al suo fianco fissandolo angosciata.

“Stai bene?” gli sussurrò preoccupata accarezzandogli la testa.

Lui ricambiò con uno sguardo vuoto, privo di espressione anche se il dolore era ancora impresso nei suoi occhi. Si alzò con elegante disinvoltura, scrutandola attentamente negli occhi.

Improvvisamente Elijah girò lo sguardo come se avesse udito qualcos’altro; Briony riuscì a captarlo soltanto qualche secondo più tardi quando udì la voce di Rebekah gridare il nome del fratello.

La biondina infatti comparve in mezzo agli alberi e non appena vide il fratello incolume, sano e salvo, tirò un sospiro di sollievo.

“Si può sapere cosa è successo?” domandò poi agitata, avvicinandosi a loro.

Elijah strinse gli occhi, visibilmente sorpreso:

Rebekah? Che ci fai qui?”

Briony si portò istintivamente una mano alle labbra, scacciando via le gocce di sangue che le ricoprivano ancora il labbro. Stranamente non l’aveva inghiottito, ma se lo ritrovò infatti sul palmo della mano.

“Che ci faccio qui? Dimmelo tu! Te ne vai all’improvviso da casa senza dire nulla, poi dopo cominciamo tutti a stare male, come se qualcuno ci stesse uccidendo. Per fortuna dopo un po’ è finito tutto, ma mi sono subito chiesta dove fossi finito visto che ho intuito che ti fosse successo qualcosa.” Rispose l’Originaria agitando le mani e sgranando gli occhi come per dimostrargli il dolore provato. Ma a causa di chi…Esther? Era impossibile.

“Un momento ma… l’incantesimo che vi legava non è stato spezzato?” domandò Briony incerta, portando la mano lungo il fianco.

“Certo che no, Klaus era riuscito a individuare Finn ma presumo che se lo sia lasciato sfuggire visto che quel dolore lancinante ha colpito anche lui.” rispose Rebekah come se fosse ovvio.

Ma… vostra madre mi aveva detto che eravate riusciti a spezzare l’incantesimo.. ma che aveva trovato un’altra maniera per uccidervi anche singolarmente.” sussurrò Briony sgomenta, non capacitando del perché Esther le avesse mentito.

Perché le aveva fatto credere che in realtà gli Originari non erano più legati? Ricordò il momento in cui le aveva confessato che il primo figlio che avrebbe ucciso sarebbe stato Elijah… Ricordò il ghigno malefico che le si era stampato in faccia come se godesse vederla soffrire e avere crisi di panico. L’aveva messa alla prova? Per cosa?

Briony rimuginava ancora su quello scherzo di cattivo gusto, mentre Elijah cercava di spiegare alla sorella cosa era successo.

Kol è tornato un attimo fa ciondolando nell’atrio di casa. Era con una ragazza, così ha detto, e mentre facevano i loro comodi Kol ha avuto i nostri stessi spasmi di dolore e c’è quasi rimasto stecchito.” disse Rebekah ridacchiando.

Anche Briony non riuscì a trattenere un risolino, pensando alla scena di Kol a letto con una ragazza e proprio sul più bello aveva cominciato a gridare come un pazzo e a cadere mezzo morto sul pavimento, come se avesse tirato le cuoia. Chissà cosa aveva pensato la ragazza.

Briony ritornò poi a guardare Elijah, che a sua volta fissava ancora la sorella. A quel punto Briony si sentì in colpa per aver pregato Esther di sacrificare il resto dei suoi figli, inclusa Rebekah, pur di salvare Elijah.

La biondina era l’unica con cui avesse realmente legato all’interno della famiglia Mikaelson, a parte Elijah ovviamente, e non si meritava di certo di morire nonostante l’apparenza a volte capricciosa e snervante.

Comprendeva il suo bisogno di essere amata e di non essere abbandonata, dopo ciò che aveva dovuto passare. Non meritava una simile maledizione sulla testa.

“Dovremmo tornare a casa, Elijah. Non si sa mai che nostra madre ci rifili un altro dei suoi sporchi giochetti.” disse Rebekah avvicinandosi al fratello.

Lui la fissò dritto negli occhi, rimanendo immobile, poi si girò a scrutare Briony negli occhi come se stesse in qualche modo esitando. Lei si morse il labbro, abbassando nervosa lo sguardo non sapendo cosa dire.

“Oppure dovevate fare qualcosa?” domandò Rebekah stranamente incuriosita.

Briony si sentì avvampare, ricordando cosa stavano facendo un attimo prima che quello strano vento impetuoso li fermasse. Non le sembrava una coincidenza, o forse sì?

Decise di alzare lo sguardo e rassicurò Elijah: “No, ha ragione Rebekah. E’ meglio se tu e i tuoi fratelli restiate uniti questa sera.” Gli disse, cercando di convincerlo.

Una parte di lei era rammaricata del fatto che non fosse successo ciò che aveva desiderato, che quei brividi lungo la schiena erano stati raffreddati così all’improvviso contro la loro volontà. Quella notte Elijah avrebbe potuto trasformarla, fondendo il sangue con il suo, e così offrendogli completamente tutta se stessa senza nessun rimpianto.

Ma in fondo, avevano ancora altri giorni da vivere. Non aveva un timer sulla testa e se avessero aspettato qualche altro giorno finchè le acque non si fossero calmate non avrebbero nuociuto a nessuno. D’altronde cosa poteva cambiare in poche ore?

Elijah la scrutò attentamente, per vedere se fosse veramente quello che lei voleva ma alla fine i muscoli un si rilassarono e le rivolse un strano sorriso. Sembrava che comunque muovesse soltanto un angolo della bocca mentre i nervi del suo viso rimaneva impietriti e tesi.

“Prima ti portiamo a casa però. E mi assicurerò che Esther stia alla larga da te altrimenti sarà peggio per lei.” Il suo tono era chiaramente minaccioso, come se la sua ira non si fosse placata.

Briony gli si avvicinò, sorridendogli per rincuorarlo e gli allacciò una mano al braccio. I tre cominciarono a camminare nella foresta senza dire più nulla.

Nascosta dietro agli alberi però, una figura si sporse in avanti uscendo dalla penombra. I suoi occhi scuri guardarono attentamente i due Originari e Briony addentrarsi dentro la foresta in direzione della città, per poi scomparire dalla sua vista.

Un ciuffo le cadde sul viso mentre tirava un sospiro di sollievo, anche se le unghie rimanevano conficcate nel tronco dell’albero.

Ylenia poi si nascose nuovamente nell’oscurità.

 

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Il mattino dopo non fu certamente migliore per Briony. Aveva dei continui mal di testa come se un martello pneumatico le rimbombasse nel cervello e certe volte vedeva sfuocato.

Si mise una mano alla tempia, constatando che la fronte era bollente. La mano le tremava convulsamente e neanche quando cercò di bloccarla con l’altra, quel tremolio riuscì a placarsi. Si sentiva davvero sottostress.

Scrollò poi le spalle, credendo di avere le traveggole e si bevve un buona tazza di thè per scacciare quel mal di testa perenne che sembrava volesse succhiarle il cervello.

La sua mente all’improvviso ritornò a quella strana telefonata ricevuta qualche ora prima  che l’aveva fatta alzare bruscamente dal letto, constatando alla fine che non c’era nessuno dietro la cornetta. Eppure aveva sentito una presenza inquietante in quella muta conversazione in cui lei chiedeva sempre “pronto pronto?”

Non sapeva perché ma un gelo improvviso l’aveva paralizzata e aveva iniziato a sudare freddo. Come se avesse intuito chi fosse il disturbatore ma la sua mente si rifiutava di ammetterlo.

Alla fine aveva chiuso la telefonata, deglutendo il groppo che aveva in gola ed era stata percossa da un ennesimo tremolio.

Briony sospirando mise la tazzina di thè sopra il tavolo, si stropicciò gli occhi e uscì.

 

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<< Devo dire la verità a Caroline. >>

Briony ci pensò  un migliaio di volte mentre beveva un caffè al Grill ma la caffeina le metteva ancor più ansia. Non voleva, ma si sentiva quasi in dovere di farlo.

Quando aveva scoperto la vera natura di Caroline, nel modo peggiore che esistesse, per lei era stato un vero shock e si era sentita profondamente tradita dalla sorella per tutte le menzogne che le aveva rivolto.

E lei non voleva fare gli stessi errori, si sentiva quasi in obbligo di dire a Caroline della sua decisione di diventare una vampira, perché se la sorella l’avesse saputo da altre persone o peggio l’avesse vista con i suoi occhi, come era capitato a lei… non se lo sarebbe mai perdonato. Voleva offrirle sincerità, sebbene dalla bocca di Caroline uscivano soltanto bugie o versioni deformate della verità.

Forse da questa sua confessione avrebbero trovato finalmente un punto d’incontro. Avrebbe insegnato alla sorella che non ha senso mentire o trovare sempre dei sotterfugi  per nascondere la verità. E magari lo avrebbe accettato.

Sperava davvero che fosse così.

D’altronde Caroline era un vampiro e la sua più grande preoccupazione era di rimanere da sola per l’eternità visto che tutte le persone che amava non erano immortali. (Tyler era un ibrido ma dubitava fortemente che lui e Caroline stessero ancora insieme)

Forse avere la sorella al suo fianco per secoli, avrebbe alleviato la sua solitudine.

Briony si riscosse dai suoi pensieri quando Matt le chiese se voleva qualcos’altro.

“No grazie, Matt. Sono a posto” rispose educatamente con un sorriso.

Il biondino ricambiò il sorriso, si girò per andare a servire un altro tavolo ma si voltò un’altra volta verso di lei come se dovesse dirle qualcosa di importante.

Briony? Posso chiederti una cosa?”

La ragazza fu totalmente sorpresa per quella richiesta: “Certo, dimmi”

Matt fece due profondi respiri e le guance avvamparono prima di rispondere: “Cosa ne pensi di Rebekah?”

Briony sbattè le palpebre, infatti non si aspettava per niente quella domanda: “Perché me lo chiedi?” domandò con una risatina.

Matt si grattò la testa: “Beh ecco.. è da un paio di giorni che mi sta sempre appresso… mi ha invitato a quella festa a casa degli Originari. Vuole che vada con lei alla festa scolastica degli anni ’20. Insomma fa sempre la carina con me, come se fosse una ragazza normale… ma noi sappiamo che non è affatto così. E dalla descrizione che mi ha affibbiato Elena su di lei, sembra che Rebekah abbia qualche rotella fuori posto”

Briony scoppiò a ridere. E chi non aveva qualche rotella fuori posto in quella città? Subito pensò a cosa avesse detto Santa Elena nei confronti dell’Originaria e poteva anche immaginarselo.

Briony mise una mano su quella di Matt come per confortarlo: “Matt credimi, non hai nulla da temere da Rebekah. E’ vero qualche volta sembra inquietante ma vuole esattamente quello che vogliono tutti… essere amata. Ha passato secoli fianco a fianco con Klaus e le servirebbe un po’ di stabilità. Con questo non voglio incitarti a fare nulla eh! Se lei non ti piace…

“No cioè… è una bellissima ragazza però…” Matt sembrava davvero titubante.

“So che hai avuto dei problemi con Caroline quando hai scoperto che era un vampiro e lo capisco. Ma penso che ti ci dovrai abituare alle stramberie di Mystic Falls. Però ti avverto: non colpire mai alle spalle Rebekah. Per quanto ci tenga a lei, so benissimo che quando le fai un torto… meglio mettere le gambe in spalla! Ma è comunque una persona straordinaria se la conoscessi bene, sotto sotto.” disse sghignazzando ma le parole erano sincere.

Matt rise a sua volta pensando a quello che gli aveva detto.

“Come mai me lo hai chiesto?” domandò poi incuriosita.

“Beh sappiamo tutti che ormai sei passata dalla parte degli Originari quindi pensavo che conoscessi Rebekah.”

Briony sussultò sentendo quella risposta. E’ questo ciò che pensavano di lei? Che avesse voltato le spalle ai suoi vecchi amici, alla sua famiglia per stare dalla parte degli Originari, come se li avesse traditi?

Deglutì nervosamente, ripensando però che erano stati loro i primi a voltarle le spalle e non potevano di certo biasimarla se aveva dato il suo sostegno ad una persona che amava. Non erano quello che stavano facendo anche loro? Combattere per le persone che amavano. Lei faceva lo stesso, non le importava delle conseguenze o se la giudicavano una pazza.

Si strinse nelle spalle: “E’ una scelta tua comunque, Matt. Se pensi che Rebekah ti piaccia… dovresti conoscerla meglio. E ti assicuro che noterai del buono dentro di lei, nonostante sia un’Originaria.” Gli lanciò uno sguardo eloquente, per fargli capire che anche altri membri della famiglia Mikaelson non erano immuni a possedere un’umanità.

Matt la ringraziò e stava per dirle qualcos’altro, quando improvvisamente si ammutolì. Divenne bianco come un cencio, e balbettò un “Buona serata, Briony” e se la svignò senza neanche ascoltare la risposta.

Briony rimase impietrita dal suo comportamento, quando notò che al suo fianco era comparso Elijah. Rise al pensiero che la maggior parte degli abitanti avesse una fifa nera di lui e si terrorizzavano alla sua sola vista.

D’altronde anche lei era rimasta impietrita quando aveva scorto per la prima volta il suo sguardo di ghiaccio.

Quello stesso sguardo, man mano che indugiava su quello di Briony, si ammorbidì divenendo ancor più bello.

“Perché il tuo amico è fuggito come se avesse l’Inferno alle calcagna?” mormorò Elijah con un ghigno divertito, appoggiando il braccio sul bancone.

Briony trattenne una risatina, pensando che se davvero lui rappresentasse l’Inferno per gli umani, lei si sarebbero fatta avvolgere da quelle fiamme infernali senza alcun rimpianto. Era un demonio da cui si sarebbe fatta rapire volentieri.

“Lascia stare.” rispose ridendo.

Elijah abbozzò un sorriso ma ridivenne subito serio: “Abbiamo trovato Finn.”

“Davvero? Quando?”

“Questa mattina. Klaus è riuscito finalmente a localizzarlo e a riportarlo a Mystic Falls con la forza”

“E poi..?”

“Entro 24 ore Niklaus costringerà sicuramente qualche strega a spezzare l’incantesimo di Esther e finalmente non potremo più preoccuparci di rimanere tutti uccisi”

Briony fece un sospiro di sollievo. Anche se la sua grande speranza era di allontanare Klaus dalle loro vite e quell’incantesimo capitava davvero a proposito. Ma un angoscioso terrore l’aveva percossa quando aveva capito che se Klaus moriva, sarebbe morto a sua volta anche Elijah.

Per fortuna entro poche ore almeno quello si sarebbe risolto. E giurò a se stessa che nessun altro sarebbe morto.

Elijah ad un tratto si irrigidì, serrò duramente la mascella, e assunse lo sguardo tipico di quando voleva trafiggere una persona semplicemente con lo sguardo.

Briony lo guardò interrogativa, e si girò nello stesso punto in cui gli occhi di Elijah erano inchiodati: a qualche metro da loro c’era Bill.

Lei la fissò allibita chiedendosi cosa ci facesse lì: “Papà? Non mi avevi detto che eri stato dimesso dall’ospedale.” Disse alzandosi dalla sedia.

“Dovevo fare delle cose” tagliò corto lui.

Briony non si accorse che Elijah le era arrivato fulmineamente al suo fianco: la sua presenza vibrava di una forza sinistra, quasi inquietante, i tratti del suo viso rilevavano un’accecante freddezza che avrebbe paralizzato chiunque.

Ma non certo Bill, che continuò a farneticare imperterrito, ignorando di proposito Elijah.

“Sto perdendo la pazienza Briony. Quanti schiaffi ti devo dare prima che tu impari la lezione?” ruggì imbestialito, trafiggendo la figlia con lo sguardo.

Briony deglutì intimidita, non ricordando affatto che il padre fosse così quando era bambina. A cosa era dovuto quel suo cambiamento? Possibile che odiasse i vampiri a tal punto da denigrarla come figlia per il fatto che lei fosse innamorata di Elijah?

Elijah camminò per pararsi di fronte di lei, ma la simultanea eleganza dei suoi passi non poteva nascondere come le spalle vibrassero di una pericolosa tensione.

Credo…” cominciò lui scandendo bene le parole, segno che la sua calma stava forse per esplodere in qualcos’altro di più letale.  “che dovremmo andare fuori e parlarne. Non vorrà di certo fare un indecoroso spettacolo qui davanti a tutti.” Finì la frase con un sorrisetto arrogante, che però svanì subito inghiottito nella sua maschera di freddezza.

Bill fece un ghigno sprezzante e allungò la mano per afferrare il braccio di Briony.

“Io non ho niente da dire a te” sibilò fra i denti, sfidando Elijah di proposito.

Briony deglutì, convinta che entro poco si sarebbe scatenato l’inferno in quel locale. Scansò con un manata il braccio del padre, avanzando verso di lui con coraggio:

“Papà. Smettila.” Sussurrò piano ma in tono convincente per cercare di farlo calmare. Rivolse lo sguardo anche verso Elijah e come temeva, la sua espressione rivelava una collera a stento trattenuta.

“E’ allucinante che tu stia con lui!” gridò Bill questa volta ad alta voce, indicando il vampiro con l’indice della mano.

Briony sgranò gli occhi intimidita, cercando di farli calmare per evitare il peggio.

Elijah sembrò non sentire le sue parole, era lontano anni luce; i suoi sensi non avvertivano le parole di Briony, erano solo all’erta e scattanti alla minima mossa di Bill.

“Io e te dobbiamo fare una chiacchierata” disse Bill infuriato, prendendo rudemente Briony per un braccio e cercando di farsi obbedire. Lei si fece condurre vicino al padre come una bambola di cui lui teneva i fili, ma dicendogli di continuo che non poteva comportarsi così e che sembrava un pazzo scatenato.

Bill non ascoltò nemmeno una parola e la condusse verso l’uscita del locale con una velocità tale che nessuno lo avrebbe fermato.

Fece però male i suoi calcoli perché all’improvviso Elijah si parò davanti a lui, appoggiando con fermezza la mano sul petto di Bill per intimargli di fermarsi. Anche i suoi occhi neri percossi da un bagliore di furia glielo ordinavano.

“Non così in fretta.” sibilò a denti stretti, incendiandolo con lo sguardo.

Era davvero incredibile come Elijah fosse capace di incutere terrore con un solo sguardo, senza mai compiere un gesto eccessivo, senza mai scomporsi. Appariva elegante pure in quei frangenti.

Briony non riusciva quindi a capacitarsi di come Bill riuscisse a sfidarlo anche in quel momento; lo pregò di non farlo, di smetterla ma la voce le uscì fievole per quella difficoltosa condizione in cui si sentiva nel mezzo.

“Io con mia figlia faccio quello che mi pare e piace. Se voglio schiaffeggiarla lo faccio, se voglio portarla via lo faccio, non mi serve il tuo consenso”

Elijah serrò duramente le mascelle, i suoi muscoli vibrarono impercettibilmente e non ce la fece più a trattenersi. Lo sguardo era incandescente pur rimanendo freddo.

Prese con violenza il colletto della maglia di Bill e i suoi piedi non toccarono più terra. Lo avrebbe sballottato come un bambolotto se non avesse ripreso all’improvviso il controllo di se stesso:

“Ringrazi il cielo che stasera non sono in vena di strappare qualche cuore… perché altrimenti il suo sarebbe dall’altra parte della stanza”

Dopo aver detto questo, Elijah lasciò andare Bill con fredda indifferenza. Ma lo trafisse ugualmente con lo sguardo, per fargli pentire di come un padre potesse far del male alla figlia. Per di più una figlia come Briony che non meritava affatto un trattamento simile.

Anche lui aveva subìto quelle angherie quando era umano: vedere soffrire i suoi fratelli per via di un padre ignobile era terribile, e il disgusto pervadeva il suo animo ogni qual volta Mikael infieriva su Klaus senza alcuna umanità.

Sebbene Mikael non avesse mai fatto del male fisicamente a Elijah, le violenze che comunque inferiva su Klaus o qualunque altro dei suoi fratelli gli apparivano come acido velenoso che penetravano nella sua pelle, come se stessero colpendo anche lui.

Il viso di Elijah si tramutò in una maschera di puro odio:

“La lasci in pace. Questo è l’ultimo avvertimento.”

Briony, appena allontanatasi stupefatta dal padre, si ritrovò a fissare Elijah. Anche se faceva trapelare soltanto dell’ira disumana, c’era un tormento tutto suo in lui. Lo riconobbe. Gli accarezzò dolcemente il braccio, come per far ritornare la sua mente da lei e far scacciare i brutti ricordi che ancora lo tormentavano:

“Va tutto bene.” sussurrò a bassa voce.

Guardò anche il padre, che li fissava basito con occhi spalancati.

Briony sentì le lacrime pizzicarle gli occhi ma questa volta decise di non farle scendere. Quanto avrebbe voluto che quelle mani che la colpivano le accarezzassero invece i capelli come quando era bambina. Oppure quando la cullavano dolcemente, stringendola al suo petto.

Come erano giunti a questo?

Eppure non riusciva a odiarlo… era l’unico genitore che avesse mai amato e conosciuto.

“Ora basta papà. Finiscila.” disse lei seguendo Elijah mentre si dirigeva alla porta; ma poi un lampo le attraversò la mente come se le facesse ricordare qualcosa all’ultimo momento.

Si girò senza pensarci:

“Papà? Posso chiederti una cosa? Senza che tu scleri però.”

Bill restò profondamente sorpreso, e anche Elijah che rimase vicino alla porta aperta.

Briony si morse nervosamente il labbro:

“Hai notizie della mamma?”

Bill socchiuse gli occhi quasi non avesse capito la domanda:

“Di Maggie? No, certo che no. Perché?”

Briony scosse la testa, come se si fosse pentita di averlo chiesto.

“Niente. Solo una sensazione”

Eppure aveva avuto lo strano presentimento che la persona che le aveva fatto quella muta telefonata fosse stata lei. Non poteva dare una spiegazione razionale a questo anche perché non sentiva la voce della madre da anni.. qualche volta non si ricordava nemmeno il suo viso. Ma una vocina nella sua testa l’aveva spinta a credere che fosse così. Come se il legame di sangue con quella donna avesse urlato a gran voce per farsi udire.

Bill sospirò, e si avvicinò a lei con un’espressione quasi dolce sul volto:

Briony, non devi preoccuparti. Non penso che Margareth Hador si farà più vedere in città”

La ragazza all’improvviso sentì un tonfo alle sue spalle: si girò confusa e vide che Elijah aveva fatto cadere la mano sulla porta e questa si era richiusa senza che lui la fermasse.

Ma ciò che più la turbava era il viso di Elijah: sembrava pallido, gli occhi furono attraversati da un guizzo.

Hador?” domandò come se avesse ricevuto uno schiaffo in faccia.

Strinse poi gli occhi, la fronte corrugata.

“Avevi detto che si chiamava Callaghan..”

Briony alzò le spalle, non riuscendo a capire questo suo improvviso turbamento:

“Beh sì. Mia madre è texana e quindi porta entrambi i cognomi dei suoi genitori come me.”

L’espressione di Elijah si raffreddò per schiacciare l’inquietudine che lo stava attagliando; i suoi occhi neri furono attraversati da un orribile dubbio mentre incrociava quelli verdi di Briony.

“C’è qualcosa che non va?” domandò lei, facendosi più vicina.

“No.” Rispose lui troppo velocemente. Girò la testa e se ne andò dalla porta senza proferir parola, per chiudere subito la questione.

Briony diede una leggera occhiata al padre e uscì anche lei dal bar.

Sembrava che Elijah si fosse volatilizzato nel nulla portandosi dietro una folta nebbia, ma quando mise bene a fuoco Briony vide un’oscura figura camminare lungo il marciapiede. Impossibile non riconoscere quell’andatura.

Briony cercò di seguirlo e di stargli dietro, e dopo una lunga marcia riuscì ad avvicinarsi. Gli stava a fianco, con lo sguardo scettico cercò di trattenerlo ma ad ogni secondo sembrava che lui scivolasse via da lei, goccia dopo goccia, come se stesse cercando l’oscurità.

Sebbene l’andatura lenta e disinvolta, il vampiro aveva i nervi tesi, il viso scavato e un’ombra gli passò negli occhi. Sembrava come se lei fosse lontana anni luce da lui, come se non esistesse nel suo mondo.

“Elijah?” Briony appariva spaventata dal suo disinteresse, come se il gatto gli avesse morso la lingua.

Finalmente lui si fermò ma lo sguardo era sempre fermo in avanti.

“Perché te ne sei andato via così?” domandò lei.

Lui finalmente girò il viso e la guardò. Le sorrise freddamente anche se il suo sguardo era assente, vuoto.

“Meglio che tu non lo sappia.” Rispose gelido per liquidare la questione e per non permetterle di aggiungere altre domande di quel tipo.

Briony sbattè le palpebre sorpresa ma lui la ignorò, continuando a camminare.

Era tutta un formicolio di tensione e aspettativa, per questo le era difficile concentrarsi o porre domande concrete. Anche se lui non lo voleva ammettere, Elijah era teso... lo poteva notare dalla rigidità delle sue spalle, un sintomo di qualcosa che lo turbava.

Raccimolando tutta la pazienza di cui disponeva, Briony gli si affiancò abbassando lo sguardo, non sapendo bene cosa pensare e l’unica cosa che sapeva era che fare altri interrogatori non sarebbe valso a niente, non con uno come lui.

Che fosse per colpa della litigata con suo padre? Ogni volta che ci andava di mezzo la famiglia, Elijah si comportava in modo alquanto strano.. ma in quel frangente, in quegli attimi, lui sembrava sempre distaccato. Immerso in ricordi e pensieri da cui teneva tutti a distanza, persino lei.

All’improvviso Elijah si fermò di colpo, come se gli fosse venuto in mente qualcosa. Si girò verso Briony, che si era bloccata anche lei anche se non ne sapeva il motivo.

Gli lanciò uno sguardo interrogativo, ma lui parlò subito:

“Questa sera mia sorella festeggia il suo compleanno”

Briony sbattè le palpebre sorpresa: “Rebekah? Non me l’ha detto..”

“No, Gwendolyn

Ecco perché non ne sapeva niente. E in fondo non le importava granchè, visto che tra loro non correvano buoni rapporti anzi quella ragazza era piuttosto inquietante.

“Mi ha detto di invitarti, le farebbe piacere se tu venissi”

Briony per poco non gli rise in faccia: “A me? Sul serio?”

“Ovviamente se tu lo vuoi, non sei obbligata.”

Lei ci pensò un po’ su e si chiese come mai di quello strano invito. Non era la prima volta che andava a casa Mikaelson, ma stare tutti insieme a tavola come un’allegra famigliola felice le metteva una strana inquietudine.

Elijah lesse nei suoi occhi l’ansia a chiare lettere: “Klaus non verrà se lo vuoi sapere, mia sorella gli ha espressamente proibito di partecipare. Infatti c’è stata una furiosa litigata oggi che ha coinvolto tutti..” il suo viso si rabbuiò.

Briony allora si strinse nelle spalle: “Ok.”

Il vampiro inarcò il sopracciglio: “Davvero?”

“Sì, perché no? Se a voi super Originali va bene avermi intorno..” rispose con un lieve sorriso.

Ad un tratto udì una risata sincera, anche se breve arrivò alle sue orecchie: appariva un eco lontano, come se provenisse dal profondo del mare.

“Sei spiazzante, Briony. Fai delle cose che non mi aspetterei mai tu voglia fare. Pensavo avresti declinato subito l’invito, senza pensarci neanche un secondo.”

Lei scrollò le spalle: “Forse sono l'umana più pazza di tutte.” Disse con una risatina.

Metà del volto di Elijah era in penombra, quasi lo rendeva inquietante. Ma l’altra metà era illuminata da una fioca luce del lampione notturno alle sue spalle. Si intravedeva un debole sorriso, rivolto a lei. Finalmente si era rilassato.

Le cinse la schiena con un braccio e tornarono a camminare, in silenzio.

 

 

 

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Briony tornò a casa sua insieme a Elijah per cambiarsi, e blaterando sul fatto che non aveva nessun regalo per Gwendolyn e che le sembrava scortese andare a una festa senza niente in mano.

Elijah fece un ghigno: “E cosa vorresti regalare a una vampira che ha più di mille anni?”

“In effetti, hai ragione. A vostro dire non avete mai bisogno di niente.” rispose divertita aprendo l’armadio ma in una sorta di frecciatina per vedere se Elijah voleva aprirsi rispetto al mistero di prima. Ma sembrò non creare l’effetto desiderato. Briony guardò ancora una volta il vampiro scettica, poi tornò a prendere qualcosa dall’armadio e quando si voltò con una camicetta in mano, notò che Elijah era tornato sovrappensiero. Guardava un punto indefinito davanti a sé e si era rinchiuso nel suo mondo solitario, innalzando una barriera invisibile.

Briony si schiarì la voce: “Non devi dar peso alle dicerie di mio padre. Qualche volta esagera… anzi sempre direi. Non farti pungere da lui, credo che faccia bene ogni tanto lasciar perdere queste infime provocazioni.”

Sentì Elijah sospirare silenziosamente: “Non ha tutti i torti.”

Stava di profilo, le mani congiunte e l'espressione rigida: “In passato ho fatto cose di cui mi vergogno profondamente… e quando mi fa comodo ne commetto anche adesso.” Il suo sguardo era di ghiaccio ma la sua voce tradiva una tristezza dolorosa.

Quando si girò verso di lei, Briony si stupì di quanto il suo sguardo fosse ammaliante, e fatale. 

Cercò di capire qualcosa nella buia segretezza dei suoi occhi neri, invano.

Elijah si avvicinò lentamente a lei. I suoi passi sembravano rimbombare all’interno di quella stanza sommersa dal silenzio. Quando furono vicini a tal punto che i loro vestiti quasi si sfioravano, il cuore di Briony fece un balzo e deglutì nervosamente sentendosi la gola secca.

Gli occhi di Elijah erano ardenti nei suoi.

“Hai paura?” sussurrò a bassa voce.

Briony scosse la testa, incapace di articolare una frase coerente.

Un angolo della bocca di Elijah si allargò in un sorriso tirato: “Beh..” mormorò sovrappensiero, cominciando a sfiorarle la guancia con le dita fredde. Briony avvampò a quel contatto, soprattutto quando lui si chinò e le sfiorò l’orecchio con le labbra:

“Dovresti averne.” La sua voce risuonò incredibilmente roca, tanto che Briony sentì un calore improvviso bruciarle il cuore.

Elijah si scostò da lei troppo velocemente, tanto che l’aria improvvisa le balzò in pieno volto e solo allora si accorse di aver trattenuto il respiro fino al limite.

“Ti aspetto giù.” Disse lui solamente mentre usciva dalla stanza.

Briony restò qualche minuto impietrita.

Certe volte l'amore è fatale... come radici che si avvinghiano tanto da ucciderti.

 

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Casa Mikaelson era sembra bellissima, e ogni volta che Briony ci entrava si sentiva completamente spaesata perché sembrava una villa di lusso. Ma non c’era traccia di alcuna festa di compleanno, non c’erano i classici addobbi anzi sembrava tutto normale.

Ad un tratto Rebekah arrivò nell’atrio e rivolse un sorriso gioioso a Elijah e Briony.

“La cena è quasi pronta” disse con tono squillante.

Elijah lasciò il fianco di Briony e discusse qualcosa con la sorella ma Briony non riuscì a udirlo con chiarezza; l’Originario lasciò il fianco della ragazza e andò in un’altra stanza, così Rebekah colse l’occasione per fare quattro chiacchiere con lei:

“Avrei preferito di gran lunga un ballo elegante ma mia sorella ha optato per una cena informale.. ha dei gusti pessimi in queste cose, tu che dici?”

Briony sorrise e assentì con la testa, ritrovandosi a fissarla. Non riusciva a immaginarseli, lei e Matt, insieme come coppia. Forse perché lei sembrava un serpente incantatore e Matt il topolino indifeso. Ma d’altronde anche lei e Elijah agli occhi degli altri sembravano una coppia strana, per non dire surreale.

Entrò anche Kol nell’atrio con passo spedito: aveva una giacca elegante e pantaloni neri.

“Finalmente ci siete tutti! Quanto ci mettete voi donne a vestirvi?!” disse imprecando.

“La metà del tempo che ci metti tu a specchiarti, Kol.” replicò Rebekah tagliante.

Lui sghignazzò e le condusse nel salone dove era apparecchiata la tavola.

“Tu dove ti vuoi mettere, biscottino?” Kol sfoderò un sorriso smagliante rivolto a Briony, che corrugò la fronte per quel nuovo soprannome. Forse per lui, era soltanto qualcosa da sgranocchiare.

Le mani di Briony all’improvviso cominciarono a tremare come quella mattina, incapace di controllarle. Con la coda dell’occhio vide che la mano destra si muoveva lentamente verso un coltello, vicino al tovagliolo. Sembrava si muovesse con volontà propria che non aveva nulla a che fare con gli ordini del suo cervello.

Briony sgranò gli occhi allibita, e cercò di portarsi la mano dietro la schiena anche se questa stava ribollendo per la fatica.

Cercò di respirare normalmente quando sopraggiunse anche Elijah nel salone e la fece sedere nel posto vicino al suo. Arrivò anche Finn e subito nella stanza calò un silenzio tombale; forse non gli avevano ancora del tutto perdonato che li avesse traditi insieme a Esther ma visto che era lì con loro forse potevano tentare un altro approccio.

Salutò Briony con tono gentile e lei ricambiò con un sorriso, chiedendosi se Ylenia sapesse che lui fosse tornato.

Alla fine entrò anche Gwendolyn, splendida nel suo tubino nero lungo fino sopra alle ginocchia. La matita nera risaltava i suoi splendidi occhi blu-grigi, e aveva i capelli mossi. Ringraziò tutti i fratelli per essere lì quella sera e per gli auguri fatti, poi rivolse a Briony uno sguardo di ghiaccio come se lei fosse un moscerino nell’insalata che stava mangiando.

Briony sussultò per quello sguardo, anche perché era stata proprio lei ad invitarla quindi non faceva nulla di male. Si strinse nelle spalle mentre gli altri Originali prendevano posto in tavola.

Non sapeva perché, ma ebbe uno strano presentimento… che sarebbe successo qualcosa di terribile.

 

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Klaus beveva a più non posso al Grill di Mystic Falls per scacciare via la rabbia che sembrava consumare ogni cellula del suo corpo: si sentiva profondamente offeso, umiliato e peggio ancora infuriato. Non si sarebbe mai scordato le recriminazioni che la sorella gli aveva lanciato quel pomeriggio: visto che l’aveva pugnalata e messa in una bara per 300 anni, lui perdeva tutti i diritti di farle da fratello indi per cui non doveva neanche presenziare al suo compleanno, secondo lei.

Klaus aveva cominciato a urlare schizzato come un pazzo, dicendo che quella era casa sua e che se non le stava bene che lui stesse lì, allora lei doveva fare le valige. La litigata arrivò al culmine quando si intromisero anche gli altri fratelli: Finn aveva dato corda a Gwendolyn ovviamente, dicendo le stesse cose che ripeteva da anni. Kol aveva cominciato a fare le sue battutine sarcastiche che gli facevano salire il sangue al cervello. Elijah invece lo aveva fissato con gelida freddezza senza proferir parola, ma il suo sguardo era più chiaro di cento parole.

Ci si era messa pure Rebekah, l’unica che credeva che non l’avesse mai abbandonato, quando invece era stata proprio lei a dirgli che era stato lui a distruggere la loro famiglia.

Per Klaus quello era stato troppo: si era ammutolito di colpo, impallidendo all’istante. Prima di andarsene con la coda fra le gambe, aveva fracassato alcuni tavoli e scaffali per via della rabbia che aveva in corpo. Dopo aver ultimato l’opera, era uscito dalla casa sbattendo fortemente la porta.

E ora si ritrovava lì, a bere in uno squallido bar, in una squallida città. Da solo.

Il suo cuore era traboccante d’odio verso i suoi fratelli. Tutti, nessuno escluso.

Ad un tratto vide Caroline a breve distanza, anche lei seduta al bancone.

“Ehi. Vuoi unirti a me?” domandò sarcastico, alzando il bicchiere.

Caroline, sentendo la sua voce, si girò verso di lui e inarcò il sopracciglio: “Perché dovrei?”

“Prima di tutto per farti perdonare per ciò che hai fatto insieme ai Salvatore” Il suo viso si rabbuiò ma poi ritornò subito normale, sfoderando un sorriso sghembo. “Senza contare che ti ho dato un’informazione utile, rivelandoti che se uccidi un Originario uccidi tutta la sua stirpe”

“L’hai fatto per il tuo torna conto. Così sei sicuro che non ti procureremo rogne, dato che non sappiamo quale di voi ci abbia creati” replicò Caroline in tono tagliente.

Klasu alzò le spalle: “Può anche darsi. Ma cosa ti costa farmi compagnia? In due ci si diverte molto più che da soli” sussurrò con un sorriso affascinante.

Caroline si morse nervosamente il labbro, non sapendo bene cosa fare. Si guardò intorno come se temesse il giudizio dei suoi amici nel vederla flirtare con Klaus.

Alla fine però accetto con un sorriso tirato e si mise vicino a lui, ordinando un drink.

Klaus le sorrise compiaciuto, continuando a bere.

L’odio che lo avvolgeva da più di 1000 anni sembrava essere svanito quando finalmente si era riunito alla sua famiglia e credeva che le cose potessero sistemarsi. Lui voleva una famiglia, ma erano loro che non volevano lui.

Per questo si rese conto che l’odio non era svanito del tutto, poiché aveva mantenuto dentro di sé un piccolo seme malefico pronto a germogliare, con nuovo vigore, alla prima occasione utile.

 

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Briony si sentiva terribilmente tesa a quella cena a dir poco strampalata: Kol, che col suo ego poteva consumare tutta l’aria, non faceva che provocare i fratelli con le sue battutine e più volte ricevette un colpo in testa da Rebekah.

Anche Finn stranamente si era aperto alla conversazione, come se avesse cambiato idea sui piani di Esther e si fosse reso conto che quello che faceva era sbagliato. Gwendolyn era a capotavola e sorrideva con tutti, meno che con Briony.

Elijah invece ascoltava con freddo interesse, scuotendo la testa per le battute di Kol e lanciando delle occhiate a Briony di tanto in tanto.

All’improvviso Rebekah porse a Gwendolyn il loro regalo di compleanno che si scoprì essere una bellissima collana d’oro bianco con qualche pietra preziosa. Gwendolyn ne fu molto felice e Briony vide per la prima volta in lei un sorriso quasi umano.

“Così finalmente ti cavi quella misera collana che hai al collo. Non hai ancora dimenticato quell’umano?” mormorò Kol sprezzante indicando la collana che indossava già Gwendolyn, e che Briony subito riconobbe. L’aveva già vista quella volta che aveva origliato il loro piano di spezzare l’incantesimo.

Gwendolyn lo trafisse con uno sguardo di fuoco: “Devi stare attento Kol alle tue battutine perché potresti ritrovarti strozzato a causa della tua stessa acidità”

Lui alzò gli occhi al cielo: “Per la miseria, queste storie d’amore drammatiche mi danno il voltastomaco”

Rebekah allora sbuffò e fissò Briony, che si stava incuriosendo: “Briony, vuoi sapere la storia romantica tra Gwendolyn e il suo Christopher?”

La ragazza guardò confusa i presenti, non sapendo cosa dire, ma il rossore sulle sue guance tradì la sua curiosità.

“Vi racconto io una storia interessante se non vi dispiace. Che è collegata a quello che Rebekah ha appena detto… che dite vi va di ascoltarla? Briony?” domandò Gwendolyn per attirare l’attenzione.

Briony sollevò lo sguardo incredula, visto che era la prima volta che la festeggiata le rivolgeva la parola. Si strinse nelle spalle e con un timido “sì”, Gwendolyn cominciò.

“Risale a molti anni a fa, quasi al tempo in cui noi fummo creati… Avete mai sentito parlare di un cacciatore di vampiri così forte e potente, che era in grado di uccidere qualunque vampiro persino degli Originari?”

Nella stanza calò un silenzio tombale, incredulo, e tutti aspettarono che continuasse: “Poteri psichici. Abilità fuori dal comune, che non hanno niente di umano. Quegli esseri non hanno alcuna pietà quando si mettono in testa di sterminare tutti i vampiri e sapete come riescono nei loro folli intenti? Quando la loro mente è sottoposta a un forte pressione dovuta alla rabbia o al dolore, sembra come se qualcosa scatti dentro di loro, e immobilizzano la loro vittima semplicemente con uno sguardo: questa si ripiega in due dal dolore, comincia a tossire come se qualcosa la stesse soffocando dall’interno, i suoi occhi diventano di un bianco spaventoso come se stesse diventando un fantasma o una luce accecante fosse esplosa al loro interno. Il petto comincia ad avere degli spasmi violenti, e esce sangue dappertutto.. dal naso, dalla bocca, dagli occhi… e poi il vampiro muore. Senza alcun paletto nel cuore. Morto stecchito, per davvero.”

Gwendolyn fece una pausa per aumentare la tensione di proposito: i fratelli si guardarono sbigottiti negli occhi, come se non avessero mai sentito quella storia, e Briony inarcò dubbiosa un sopracciglio come se quei fatti macabri le ricordassero qualcosa, ma la sua mente era troppo sgrovigliata per pensarci meglio.

Kol si sganasciò dalle risate: “Ti sei fatta qualcosa questa sera, Gwendolyn?”

Lei gli rivolse un’occhiata di fuoco per aver messo in dubbio la veridicità delle sue parole: “Uno di loro stava per uccidermi, idiota”

Molti spalancarono la bocca inorriditi, anche Elijah trasalì turbato:

“Non sono tante le persone come loro… anche se è un eufemismo definirle "persone"… nascono ogni 300 anni da quando nostra madre ci ha trasformati… Una maledizione ne evoca un’altra. Noi saremmo maledetti, ma quelli come loro… lo sono ancora di più. Sono nati apposta per uccidere i vampiri e non si fermeranno finchè non avranno ripulito il mondo. Fin qui la loro missione sarebbe onorevole visto che io stessa penso che non avremmo diritto di vivere ma… col passare del tempo, quella gente diventa pazza. Perde ogni umanità se mai l’hanno posseduta. Cominciano a uccidere anche i licantropi, e le loro famiglie intere sebbene non hanno ancora attivato il virus della licantropia… e peggio ancora uccidono gli umani.”

Finn la guardò allibito, non riuscendo a capire:

“Umani? E perché mai?”

Gwendolyn congiunse le mani sopra il tavolo:

“Gli umani che stanno dalla parte dei vampiri, che si coalizzano con loro oppure gli sono amici. Secondo quei bastardi, è più ignobile un umano che aiuta o ami i vampiri, piuttosto che un vero vampiro. Così creano una bella carneficina…” mormorò disgustata.

Briony ascoltò non sapendo cosa dire. Come poteva una persona essere così crudele? Non avere pietà di nessuno? Ma quella non era una persona, era chiaramente un mostro.

“Ritornando al discorso di prima… uno di loro era riuscito a trovarmi, a rintracciarmi e ad entrare nella mia vita fingendosi un angioletto. Era una ragazza, si chiamava Charlotte. Io non sapevo neppure di questa storia e nemmeno che una ragazza del genere, così giovane e minuta, potesse essere pericolosa o creare del male. E così stupidamente l’ho accolta in casa quando l’ho trovata per strada a vagabondare in cerca di soldi. Non fare commenti ironici Kol, sai benissimo che fin da umana avevo il terribile vizio di aiutare quelli in difficoltà. Ma d’altronde come potevo immaginarlo…? Io era un’Originaria e pensavo che nessuno potesse uccidermi, e Charlotte era una ragazzina di vent’anni tutta impaurita e fragile, con lo sguardo angelico… l’ho assunta come cameriera e le ho offerto una delle mie innumerevoli stanze come alloggio. A quell'epoca vivevo in una villa in Irlanda. Ma dopo un po’ di tempo, una notte lei uccise Christopher." Gwendolyn si fermò un attimo come se le costasse parlare, le fuoriuscì un lamento di dolore. Quando sollevò il viso, i suoi erano scavati, dolorosamente umani:

"Christopher era mio marito, ed era ancora umano.”

Briony aprì la bocca sconcertata: in quel momento ebbe totale compassione per lei, per il dolore che aveva dovuto sopportare. Perdere qualcuno a cui tieni é terribile, ma perdere qualcuno a cui hai donato il tuo cuore é ancora peggio.

“Non avevo alcuna intenzione di trasformarlo perché non augurerei mai a qualcuno che amo un’esistenza come la mia. Ma quella sgualdrina lo ha ucciso lo stesso. Soltanto perché aveva commesso l'errore di amare una vampira”

Si toccò lievemente la collana che aveva al collo, i suoi occhi lucevano: portava quella che doveva essere la sua fede nuziale. Non se ne era ancora separata dopo tutto quel tempo?

Gwendolyn continuò. Il suo dolore e la sua rabbia sembravano una cosa viva.

“Lo ha ucciso come una vigliacca… è entrata in camera nostra a tarda notte, e l’ha ammazzato senza alcuna pietà. Io mi sono svegliata, gridando, ma non ho potuto fare niente perché ero in preda allo shock… non riuscivo a capire il motivo che la spingeva a un simile atto di disumanità. Christopher non le aveva mai fatto niente, anzi era sempre stato gentile con lei e si era offerto di curarla quando l’ho portata a casa tutta infreddolita, visto che lui era un medico. Che bella gratitudine. Quando ha finito l’opera con Christopher, Charlotte incominciò a torturarmi... non potrete neanche a immaginare il dolore che ho subìto… sembrava come se qualcuno mi stesse schiacciando o staccando l’anima, la mia essenza, dal corpo… ma il dolore fisico non era niente in confronto a quello che ho provato quando ho visto Christopher morire. Così non combattei neppure; mi sembrava di non farcela quando all’ultimo momento, quando la vita si stava affievolendo in me, qualcuno entrò nella mia stanza. Era nostro padre. Mikael.”

Elijah la fissò turbato:

"Nostro padre?"

“Si. Proprio lui. Era venuto a sapere di quegli esseri crudeli che avevano il dono di uccidere i vampiri e non so come è riuscito a rintracciarmi perché sapeva che uno di loro mi stava dando la caccia. Mi ha salvata per un pelo. Ed è riuscito ad uccidere quella sgualdrina.” rispose duramente.

“E come? L’ha dissanguata?”

“Dissanguarla?! Siete pazzi? Mai bere il sangue di quei mostri! E’ nocivo per i vampiri. Il loro sangue è cattivo, è malvagio. E appena un vampiro ne succhia qualche goccia. Bum. Rimane letteralmente stecchito. Bisogna stare bene attenti, non si sa mai che possa comparire a Mystic Falls.”

Fu come se Briony avesse ricevuto un pugno nello stomaco e quella mano stesse infierendo su di lei, andando sempre più in profondità.

Il sangue... se un vampiro beve il sangue di quei mostri, muore.

Il suo sogno... come era possibile? No…. Non poteva trattarsi di lei. Era solo uno scherzo, uno stupido orrendo scherzo.

Attraverso la foschia delle sue vertigini, Briony stava cercando di capire la verità.

Quando alzò lo sguardo subito se ne pentì perché incrociò quello di Gwendolyn: era velato da odio puro, disumano. Come se avesse percepito i suoi pensieri e leggesse la sua colpevolezza nel pallore del suo viso.

Briony deglutì nervosamente, facendosi piccola piccola sulla sedia. Per fortuna nessuno notò il suo turbamento, perché tutti presi dal considerare che il sangue, ciò che offriva loro la vita, gliela poteva anche togliere.

“Se quel fottuto bastardo o bastarda ci proverà, avrà una bella accoglienza. Può pensarci Elijah visto che lui è il migliore in fatto di sterminare..” ma Kol non fece in tempo a finire la frase che infatti Elijah sbatté violentemente la mano sopra il tavolo, come segno per zittirlo. Briony trasalì per quella mossa improvvisa, ma il suo shock interiore non le dava scampo.

Non si accorse nemmeno dello sguardo gelido che Elijah stava lanciando al fratello per farlo tacere.

Le sembrava di passeggiare in mezzo a una folta nebbia ma ancora non si era accorta che si stava dirigendo il linea retta verso un dirupo.

“Ma come fai a sapere tutte queste cose Gwendolyn? E perché non ce ne hai mai parlato?” disse Rebekah con tono stranamente amorevole.

“Perché volevo dimenticare. Non avevo più la forza di ricordare quell’orrenda sera. E per quanto riguarda la prima domanda… me le ha dette nostro padre. Anche lui ha avuto la sfortuna di incontrare un mostro simile. Ma per fortuna una strega l’ha avvisato prima che succedesse il peggio. Forse si era presa una cotta stratosferica per lui visto che le streghe sono vincolate a proteggere quegli abomini.. hanno pure creato un Circolo per salvaguardare la segretezza di questa storia, che non doveva mai essere trapelata per permettere a quei mostri di agire indisturbati. Ma fortunatamente quella strega avvertì Mikael, gli diede dell’informazioni utili e lui riuscì a salvarsi. Dopo di che ha indagato sul loro conto e dopo varie indagini ha intuito che il prossimo bersaglio ero io, ed è venuto a cercarmi” Il tono di voce di Gwendolyn cambiava radicalmente: quando si parlava di quei mostri il tono era duro, disgustato. Quando si nominava il padre invece quasi si addolciva.

“Ah già… ricordiamo che tu eri la cocca di papà.” la schernì Kol con un ghigno.

“Non scherzare Kol. Se Mikael non mi avesse salvata e non mi avesse raccontato tutto… noi ora potremmo correre un grave pericolo, visto che sono già passati 300 anni dalla nascita di Charlotte quindi quel mostro potrebbe essere già in giro a cercarci”

<< E magari lo avete proprio qui a tavola >> pensò Briony con dolorosa amarezza, sentendosi sprofondare sulla sedia.

“Come ho detto avrà una bella accoglienza. Ma scusa come riusciamo a riconoscerlo? Hai detto che hanno un aspetto da gente normale…

“Beh... maledettamente sono belli, eterei... quasi come i vampiri." storse il naso come se non lo sopportasse. "A lungo andare i loro occhi diventano rossi. Rossi come il sangue. E hanno degli scatti di rabbia, come se non riuscissero più a controllare il loro corpo”

Briony le si mozzò il respiro.

Gli occhi... no, non era possibile.. L’aria le era stata risucchiata fuori dai polmoni.

Cercava di mettere insieme una risposta, una qualsiasi.

Si aggrappò poi al tavolo con una mano perché credeva di impazzire lì dentro o di svenire a terra. Pregò il Signore che nessuno badasse a lei, pregò che tutto questo non fosse reale e che in realtà era solo un incubo.

“Tutto questo mi pare assurdo. Come faceva quella Charlotte a sapere che tu eri un’Originaria? Non ce l’hai mica scritto in fronte!” disse Rebekah ancora sbalordita.

Gwendolyn fece un ghigno malvagio.

“E’ questo il bello. Quei bastardi hanno un dono… le streghe sono state piuttosto generose con loro, anzi dovrei dire Ayana, l’amica di nostra madre, visto che è stata lei a creare l’incantesimo. Avrà usato sicuramente degli strumenti demoniaci o della magia nera, perché per creare dei mostri simili ci vuole del fegato." 

Briony trasalì, si portò una mano alla bocca scacciando l'impulso di tapparsi l'orecchie e di urlare a Gwendolyn di starsi zitta.

"Comunque quegli abomini hanno un dono… fanno dei sogni.”

Tutti ascoltavano con attenzione, Elijah era terribilmente rigido, mentre Briony invece sembrava un fantasma che vagava in un fiume di strazio.

Le parole di Ylenia all’improvviso rimbombarono nella sua testa:

"Credi che i tuoi sogni siano una casualità? Delle coincidenze? Che non esista una ragione per il fatto che tu abbia sognato Elijah la prima volta nella cantina dei Salvatore? Credi che tutto ciò sia casuale?"

Briony deglutì. Non aveva più fiato.

“A quell’epoca non esistevano ancora le foto e nemmeno gli aerei, e i vampiri hanno il vantaggio di essere veloci e di spostarsi da un luogo all’altro come se niente fosse. Quei bastardi saranno pure dei mostri, ma il loro corpo è umano e non ce la farebbero mai a stare al nostro passo. Per di più non sapevano che aspetto avessimo noi Originali… per cui, chiamatelo Destino o Casualità, ma quei bastardi quando si trovano inavvertitamente vicino all'Originario a cui devono dare la caccia – perché ognuno ne ha uno designato - fanno dei sogni che lo ritraggono, gli mostrano il modo o il luogo per localizzarlo. Praticamente appare l’immagine dell’Originario che sarà il loro bersaglio, così dopo lo possono uccidere con facilità, visto che si trova incurante vicino a loro e sicuramente in posizione di svantaggio. Certe volte è proprio il destino a portare quegli abomini da noi.”

Per Briony quelle parole furono come la morte, con la sola differenza che la morte finiva lì, in un attimo. Mentre ciò che provava era un tormento lacerante che sarebbe durato in eterno.

Era tutto chiaro ora. Il primo cacciatore, il primo mostro, aveva come bersaglio Mikael. Il secondo, Charlotte, aveva invece come bersaglio Gwendolyn.

Mentre lei... il suo obiettivo era Elijah.

Perché un simile fardello aveva dovuto pesare sulle sue spalle, lacerandole il cuore?

Non era Esther, non era Klaus, era lei il mostro.. Sarebbe stata lei il loro peggior incubo.

Quella cruda consapevolezza la travolse come una marea, e lei povera piccola sabbia si fece sommergere senza opporsi.

“E’ una storia pazzesca… orribile… se è la verità, allora noi tutti siamo in pericolo!” esclamò Rebekah inorridita.

“Come se è la verità? Non mi credi scusa?” rispose Gwendolyn sbigottita.

“Certo che sì… solo che non l’avevo mai sentita prima..”

“Per forza… come ti ho detto questa storia è segretamente protetta dalle streghe.. aspettano da secoli il modo per farci fuori definitivamente, e non importa se quegli abomini siano più crudeli di noi...”

Le orecchie di Briony fischiarono, il sangue pulsava dolorosamente al cervello e non sentiva più il battito del cuore, come se fosse stato risucchiato da quell’orrenda verità.

Aveva sempre creduto che era stato il destino a portarla da Elijah… per salvarlo.

Ma invece era stato tutto falso, un inganno. Tutta la sua vita si basava su una bugia, un’esistenza più finta di una scenografia teatrale.

Avrebbe voluto alzarsi, gridare o fare qualcosa per sfuggire a quella tremenda verità ma non sentiva più il corpo, come se fosse diventata trasparente.

Perchè l’amore più intenso che avesse mai provato, la prima vera sensazione di familiarità, aveva come oggetto colui che doveva uccidere?

Perché era successo tutto questo? Perché proprio a lei?

Briony stai bene?” Chiese Rebekah preoccupata, fissandola.

Elijah si distolse subito da pensieri, che a Briony  con sgomento apparivano talmente ovvi, e si girò verso di lei scrutandola con sguardo attento.

No…” Le fuoriuscì un sussurro debole, strozzato. “Questa storia è… è impossibile..” non riuscì più a dire niente. La voce le venne meno.

Il volto di Elijah fu come una carezza per lei, infatti la sua espressione fredda si ammorbidì un . Le cinse lievemente le spalle: “Andrà tutto bene, Briony. Non devi preoccuparti di nulla. Quell’essere è sicuramente lontano da noi, e non lascerò che faccia del male alla mia famiglia.. o a te.” Mormorò con voce calda, rassicurante.

Briony avrebbe tanto voluto mettersi a piangere. La sua disperazione si faceva largo nella sua anima, pronta a esplodere, ma inspiegabilmente riuscì a trattenerla. Cinse le mani in vita, conficcando le unghie nel palmo della mano per riuscire a calmare il dolore.

Udì qualcuno sospirare ma non capì chi. Poi la voce di Gwendolyn risuonò all’interno della stanza, quella voce che aveva appena firmato la sua condanna:

“Dobbiamo stare ben attenti d’ora in poi. Ho sempre creduto che i vampiri fossero la peggior maledizione mai apparsa sulla faccia della terra… ma quegli abomini sono molto peggio, sono come serpenti che ti assalgono alla prima occasione. Non hanno un briciolo di umanità e non meritano di vivere. Il loro sangue malvagio e la loro natura infernale ne è la prova.”

Briony non aveva la forza di alzare lo sguardo, ma sapeva benissimo che quelle frasi orribili erano rivolte a lei e intuiva che il viso dell’Originaria fosse ricolmo d’odio e di disprezzo. A che gioco stava giocando? Stava aspettando il momento opportuno per dire la verità a tutti e farsi due risate alle sue spalle, giocando al gatto col topo?

Lo sguardo di Gwendolyn poi si posò su tutti i suoi fratelli che assunsero un’espressione dura e fredda, persino Kol sembrava risoluto.

“Non lascerò che quella sottospecie di mostro ci attacchi o rovini la nostra vita. Abbiamo già perso abbastanza”

La voce di Elijah risuonò così dura e terribile alle orecchie di Briony, che lei quasi ebbe un mancamento ma per fortuna riuscì a reggersi, tenendo una mano con forza sul tavolo.

Anche Rebekah era d’accordo col fratello, Finn stranamente disse che stava dalla loro parte, Kol fece la solita battutina dicendo che avrebbe schiacciato quell’abominio se avesse osato sfidarlo.

Briony sentì il vuoto dentro di sé, la sensazione di voler piangere disperata arrivò al culmine. Non poteva più restare lì, doveva fuggire, scappare da quella verità che aveva segnato la sua fine.

Prese nervosamente la borsa tra le mani e giocherellò per qualche secondo col cellulare. Elijah dopo un po’ si accorse del suo turbamento e della sua ansia, e la fissò guardingo:

Briony, tutto bene?”

Nella sua voce non c’era tono d’accusa, era solo preoccupato.

Briony ricacciò le lacrime, deglutendo.

“E’ da mezz’ora che Caroline cerca di chiamarmi, si tratterà sicuramente dei suoi soliti guai o di mio padre… forse dovrei andare a darle una controllata.” Sussurrò con un fil di voce, abbassando gli occhi.

Elijah corrugò la fronte: “E’ così importante? Pensi che sia successo qualcosa?”

“No! Solo che… mi ha immersa di messaggi in cui mi pregava di andare da lei… sicuramente non è morto nessuno, ma preferirei andare a controllare.. scusami…” la voce risuonò strozzata e temette di non essere stata affatto convincente.

Invece il vampiro sembrò non intuire nulla, forse la sua mente era troppo concentrata su quel mostro che lui e la sua famiglia dovevano combattere.

Ma era lei il mostro.

Qualcosa all’interno della sua mente gridò in preda alla disperazione.

Elijah si alzò elegantemente dalla sedia: “Vuoi che ti accompagni?”

“No!” Rispose lei velocemente prendendo la borsa. Il viso era totalmente pallido, come se il sangue avesse smesso di scorrere. “Non preoccuparti, resta pure qui con la tua famiglia. Ti chiamo domani… grazie a tutti per la serata.” Rivolse ai presenti un sorriso timido, cercando di apparire normale. Non aveva mai finto così bene, sebbene interiormente il suo cuore piangeva sangue.

Gli Originals la salutarono cordialmente e Rebekah le augurò buona notte.

“Ancora auguri, Gwendolyn” Non voleva, ma il tono fu acido.

L’Originaria fece un ghigno, senza però fissarla: “Grazie, Briony” rispose con il suo stesso tono.

Faceva tutto parte di un gioco per lei? L’aveva invitata apposta a quella cena per sbatterle in faccia quella cruda realtà, sapendo che era proprio lei il mostro di cui parlava… si chiese perché non avesse detto la verità fino in fondo e non l’avesse accusata… cosa voleva ottenere, tramando così nell’ombra?

Ma il cervello di Briony era troppo pieno di domande irrisolte per preoccuparsi di Gwendolyn.

Si sentiva come se la sua vita fosse stata costruita su una lastra di ghiaccio sottile come carta velina, e ora quel ghiaccio cominciava a creparsi... minacciando di gettarla nel buio gelido sotto di sé.

Briony avanzò barcollando verso l’uscita, pregando che qualcuno la venisse a salvare da quell’agonia. Ma soltanto il nulla l’accompagnò per tutto il tragitto.

 

 

Briony ritornò a casa, togliendosi nervosamente il cappotto arrivando addirittura a cavarsi dei bottoni per via dell’ansia.

Aveva il respiro accelerato, i capelli le ricadevano in viso mentre saliva le scale. Ma non c’era un gradino certo dove poteva poggiare il piede con la sicurezza di non cadere.

Il vuoto dentro di sé la torturava, continuando a chiedersi il perché fosse accaduto tutto questo e perché quella stramaledetta verità le era sempre stata tenuta nascosta.

Quando entrò in camera notò che c’era qualcuno all’interno. Non ebbe neanche il tempo di strillare perché non aveva più fiato nei polmoni e anche perché non c’era nient’altro in quella sera che poteva terrorizzarla.

Ylenia era proprio al centro della stanza, con le braccia congiunte al petto e l’espressione affranta in viso.

Chissà perché, ma Briony ebbe la piena certezza che lei sapesse ogni cosa… della verità e perfino ciò che era successo quella sera. Forse Ylenia era il suo angelo custode che la seguiva dappertutto, oppure era un diavoletto che si agitava sopra la sua spalla, sussurrandole cose sbagliate all’orecchio.

Ma a Briony non importò. Non le importava più di nulla.

“Tu lo sai vero?” domandò lei senza tanti preamboli.

Ylenia aprì la bocca ma la richiuse subito, non sicura se rispondere la verità fosse stata la scelta giusta. Alla fine disse: “Sì, ho sempre saputo la verità. Ti ho seguita in questi giorni perché ti vedevo troppo strana e so quello che è successo questa sera a casa Mikaelson. Mi dispiace,Briony

“Ah, ti dispiace” Ma non c’era alcuna tono d’accusa nella sua voce.. sembrava vuota, priva di volontà.

Si mise a girovagare per la stanza, portandosi la mano in viso: “Tutti quei discorsi… sul fatto che era assurdo che io e Elijah stessimo insieme. Che i miei sogni non erano una casualità…” rise in preda a un raptus di follia. “Nella cantina dei Salvatore io avrei dovuto uccidere Elijah, e finire il loro lavoro. E invece ho fatto l’esatto opposto. L’ho salvato… ma questo dovrà pur dire qualcosa no?” Il suo era un tono di supplica.

“Io non ho mai voluto fare del male a nessuno, tanto meno a Elijah… questa storia non può essere reale.”

Ylenia vide la vera disperazione nel volto di Briony ed ebbe piena compassione per lei. Ma ormai non c’era più nulla, non c’era niente che potesse alleviare il suo dolore o confortarla.

“Mi dispiace Briony… è vero, tu non hai agito come gli altri. E questa cosa mi ha davvero stupita… non so spiegarmi il perché tu non l’abbia ucciso quel giorno perché i tuoi predecessori l’avrebbero sicuramente fatto. Ma penso che la tua natura, la tua vera natura, fosse sigillata e che non volesse venire fuori… come se qualcuno al tuo interno la combattesse fino a farla soccombere… ma come ti ho detto tempo fa… non si può sfuggire alla verità Briony… Tu stai cambiando, magari non te ne sei ancora accorta, ma lentamente stai cambiando.”

Briony ricordò quella notte in cui aveva visto allo specchio i suoi occhi di color rosso sangue, e quella stessa sera in cui la sua mano aveva tremato cercando di prendere il coltello per far del male a Kol o a chiunque altro.

Si mise le mani nei capelli, il viso si distorse in una smorfia di dolore assoluta. Non poteva creare che lei rappresentasse un ruolo d’orrore sulla terra, e che fosse il mostro che Gwendolyn diceva di essere.

“No no no. E’ impossibile.” Sussurrò con un fil di voce, ma questa venne soffocata dalle lacrime che le bruciarono gli occhi.

All’improvviso ricordò una cosa in mezzo a tutto quello strazio: quello che Esther le aveva fatto.. Sollevò lo sguardo in direzione di Ylenia.

“Quella disgraziata di Esther mi ha fatto bere qualcosa il giorno in cui mi ha rapita… era un intruglio di erbe disgustoso e me l’ha fatto ingoiare con la forza..”

Ylenia chiuse gli occhi imperterrita, constatando che quell’intruglio fosse una delle cause scatenanti su ciò che stava succedendo a Briony.

“Qualunque cosa tenessi sigillata dentro di te, ora non lo è più… Sei stata tu a fermare Esther in quella cripta, non io.” Rispose Ylenia scuotendo la testa con rammarico.

Briony impallidì notevolmente, incapace di respirare.

Il modo in cui Esther si era fermata, il modo in cui si era piegata in due dal dolore… era la stessa descrizione che Gwendolyn aveva elargito…

“No no…” sussurrò Briony in preda al panico.

Le mani erano ancora avvinghiate nei capelli con la forza disperazione: nella sua mente venne raffigurato il volto di Elijah con gli occhi bianchi… lui che stava morendo, il sangue dappertutto.

Briony scosse la testa nervosamente:

“Io posso combatterlo ok? L’ho sempre fatto, ho 26 anni e non ho mai ucciso nessuno. Al diavolo Esther, e al diavolo quello che stai dicendo tu. Io non sono come quei mostri… io non sono un abominio… non sono una creatura nata con arti demoniache o con la magia nera…!” Gridò in preda al delirio, agitando convulsamente le mani. Ma era inutile ormai negare l’evidenza… quella terribile realtà la stava rincorrendo e lei non aveva più forze per contrastarla. Una vocina della sua mente le ripeteva in continuazione che lei era un mostro… il suo stesso sangue avrebbe fatto del male alla persona che amava di più al mondo…

Le fuoriuscì un gemito soffocato, i polmoni sembravano scoppiarle dentro il petto a causa degli spasmi.

Cercò un’ultima via d’uscita prima di soccombere.

“E comunque… io presto diventerò un vampiro. Forse grazie a quella nuova forza riuscirò a combattere, perché sarà quella la mia natura d’ora in poi… Riuscirò a sovrastare quel mostro...” mormorò con occhi spalancati, cercando di convincere se stessa.

Ylenia tuttavia rispose fermamente, senza alcun dubbio:

“No, Briony non potrai farlo.”

La ragazza si voltò verso di lei:

“Sì invece!” replicò con rabbia.

La strega scosse la testa, avvicinandosi a lei. Lo sguardo era tetro.

“No Briony… non perché tu non sia forte ma… tu non puoi diventare un vampiro.”

Briony si bloccò, imperterrita. Il campanello d’allarme risuonò all’interno della sua mente. Ylenia non parlava per semplice moralismo e perché diventare un vampiro era sbagliato… c’era un’altra verità in mezzo… che la spaventava, la sovrastava. Non voleva credere che quella tortura non fosse ancora finita.

Briony si sentì avanzare verso il precipizio, così vicina da poter quasi guardare di sotto.

Ylenia continuò, prendendo dei lunghi respiri:

“Così come il tuo sangue è nocivo per i vampiri, il sangue dei vampiri è veleno per te… appena ne ingoi qualche goccia, questa ti soffoca come se non respirassi più. Il tuo corpo la rigetta automaticamente, perché la strega Ayana ha predisposto perfettamente che nei corpi come i tuoi non deve entrare sangue di vampiro… così avrebbe eliminato il problema che qualcuno di loro stesse dalla parte sbagliata”

Il precipizio si aprì. Le sembrava di cadere nelle tenebre.

C’era qualche appiglio per sopravvivere a tutto questo?

Non si sarebbe mai trasformata… non sarebbe mai potuta diventare immortale.

Ma niente è eterno: i suoi sogni erano fatti di sabbia, che si dissolveva al soffio del vento. Troppo deboli per sopravvivere alla realtà.

Si rese conto a quel punto che la sua storia con Elijah era impossibile. Lei avrebbe sempre assaporato l’amarezza della mortalità, mentre lui sarebbe rimasto per sempre così.

Si sarebbe fatta trascinare nell’oscurità, nel dubbio e nella disperazione, come una notte d’inverno che arriva senza una stella... soccombendo come gli alberi che avvizziscono.

Non avrebbe mai potuto vivere con Elijah l’eternità che aveva sempre desiderato.

Briony sollevò lo sguardo, gli occhi velati di lacrime che però non scendevano sulle guance. Si aggrappò al braccio di Ylenia, come se lei fosse la sua ancora di salvezza:

“No.. non può essere vero, NON DEVE ESSERE VERO!” Gridò disperata, cercando di convincerla con la forza dello sguardo.

Ylenia si lasciò sfuggire un sospiro di comprensione. Voleva con tutto il cuore aiutarla e l’aveva fatto l’altra notte in mezzo al bosco. Aveva seguito Briony per tutto il giorno e quando aveva visto che Elijah era sul punto di darle il suo sangue… allora era intervenuta per difenderla. Difenderla da quel sangue velenoso, e dalla verità.

Le cinse le spalle con un braccio:

 “Mi dispiace, Briony. Mi dispiace davvero..” sussurrò amorevolmente.

Briony però si portò il viso tra le mani, continuando a singhiozzare:

“Ma ma… è impossibile! Io sono umana! Sono come gli altri!” rispose straziata, sollevando lo sguardo verso Ylenia come in cerca di conferma.

Gli occhi della strega invece vennero attraversati da uno strano bagliore, ma Briony non cercò di scavare a fondo. Non ne poteva più, non aveva la forza e il coraggio di sapere nient’altro.

Prima o poi sarebbe crollata.

Improvvisamente scansò via Ylenia con un braccio. Gli occhi erano spalancati:

“E ora che faccio? Cosa dico a Elijah? Eravamo entrambi d’accordo che mi sarei trasformata entro breve, perché non voleva perdermi…e ora… che cosa faccio? Che cosa posso fare?” domandò angosciata, portandosi le mani alla testa come una bambina indifesa.

Briony, devi stare calma. Non ti agitare” rispose Ylenia cercando di avvicinarsi.

“COME FACCIO A STARE CALMA?!” Gridò Briony a perdifiato e la strega subito si immobilizzò dalla sorpresa.

Briony la fissò allucinata, non aveva fiato per dire nient’altro.

Ma nella sua rabbia non c’era quella follia disumana di cui Gwendolyn aveva parlato.

La rabbia che mostrava era solo dolore.

Le sue ginocchia cedettero e Briony si accasciò a terra senza neanche un gemito. Lo sguardo era perso nel vuoto; Ylenia fu subito da lei e le accarezzò le mani con le sue, cercando di darle un po’ di conforto ma non servì a granchè.

Dopotutto Briony non poteva avercela con lei per averle taciuto la verità. Quella verità che stava distruggendo il suo mondo… che non avrebbe mai voluto sapere.

Briony poi tirò su col naso:

“Perché? Perché proprio io?” La voce sommersa dal dolore.

Ylenia sospirò, capendo a cosa si riferiva. Le accarezzò dolcemente le tempie:

“Perché dovevi essere tu, Briony.”

La ragazza la guardò angosciata  scuotendo la testa e cercando la via per sfuggire a quell’incubo. Ma non c’era. Lei era nata per uccidere Elijah. Un tormento più infido di quello non esisteva...

All’improvviso però si rialzò con forza e allontanò Ylenia con un braccio. Sembrava essere rinsavita, almeno a giudicare dal viso:

“Lasciami sola.”

Ylenia cercò di ribattere, ma Briony non gliene diede il tempo:

“Lasciami sola!” replicò alzando la voce in maniera autoritaria.

Ylenia alzò la mano per calmarla, ma alla fine decise di lasciar perdere. Aveva ancora altro da dirle, ma scelse di dare a Briony un briciolo di spazio per assorbire il dolore, se mai ci sarebbe riuscita.

La lasciò sola, e se ne andò dalla camera lanciandole un’ultima occhiata.

Briony dopo un po’ si voltò verso la porta semiaperta e in un lampo la richiuse dietro di sé, restando ferma e immobile.

Intorno a lei il mondo vacillava e si augurò di svenire pur di non sentire più nulla.

Le gambe cedettero di nuovo e Briony si accasciò contro la porta, respirando a malapena.

Le lacrime incombenti arrivarono e non si mosse per scacciarle via. Le lasciò semplicemente fuoriuscire.

Perchè fra tutte le persone al mondo che avrebbe potuto amare, doveva innamorarsi di un uomo che le sarebbe stato portato via?

Ma il destino è un bastardo capriccioso: può ferire una persona con la stessa facilità con cui può graziarla, e lei ormai si sentiva come martoriata da esso senza alcuna pietà.

Il destino aveva già scelto per lei, rubandole i suoi sogni…le sue speranze. Le aveva donato l’amore, e glielo stava portando via. Incassando pure gli interessi, perché non le stava solo rubando l’amore… le stava rubando un cuore, un’anima, una vita, una famiglia…tutto ciò che aveva sempre voluto.

Il dolore si spalancò, come se un tifone avesse invaso un’intera casa.

Non smise neanche un attimo di piangere,  e non voleva farlo finché tutto il suo dolore non se ne fosse andato.

Si odiava. Odiava il suo corpo, il suo stesso sangue. Odiava tutto quello che era.

Avrebbe tanto voluto scavarsi nella pelle con le unghie e strappare dalle vene quel sangue malvagio che minacciava di togliere la vita a coloro che amava di più.

L’immagine di Elijah, il suo sguardo freddo, e le parole dure con cui diceva che voleva vedere morto quel mostro,  fu l’ultima cosa che vide nella sua mente prima di affogare in quell’oblio.

 

 

Fine capitolo!

Lo so, questo capitolo é stato terribilmente lungo e drammatico e sicuramente mi starete lanciando delle ciabatte in testa!

Vi dico che in futuro ci saranno dei cambiamenti, sia in Briony e anche in Elijah che diventerà più... cinico.

Forse ho messo un po’ troppe cose in questo capitolo ma spero vi piaccia comunque! E non deprimetevi perché ci sono ancora un miliardo di capitoli quindi tutto può succedere! Ihih

Spero di non avervi annoiato e spero come al solito di leggere dei vostri commenti :-) e se alcune cose non vi sono chiare, potete sempre chiedere :-)

 

Buona serata!

 

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Capitolo 13
*** I'm falling forever ***


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10 CAPITOLO

 

Devo pregarvi di lasciarmi a soffrire da solo i miei affanni, perché sarebbe una cattiva ricompensa al vostro affetto se alcuni di essi dovessero ricadere su di voi.

W. Shakespeare

 

 

Ambiente di vecchie pietre, erba secca, grigio cielo, un inferno di desolazione. E ancor più la desolazione di vedere se stessa tenere la mano di un uomo, ma quella unione era falsa come la promessa al paradiso. I due si davano le spalle, pur avendo le loro mani destre strette l’una all’altra, i loro corpi andavano ad allontanarsi, sempre di più, come se l’addio definitivo fosse ormai scritto col sangue. Lei teneva un’espressione determinata ma angosciante per quella incancellabile e triste realtà; la bocca cercava di tenere a freno il dolore spaventoso straripante dai polmoni e dal cuore. Le loro braccia si allontanavano sempre di più, ma le mani persistevano nella loro infernale stretta. L’uomo non si vedeva, veniva mostrato solo un completo elegante scuro che rasentava la rassegnazione del dovere. E alla fine giunse il momento che le mani vennero divise del tutto, con ognuno dei due per la propria strada ricolma di tormenti interiori.

Svegliarsi un giorno e rendersi conto ad un tratto di essere un mostro non é la massima aspettativa di una ragazza che fino all'altro ieri credeva di avere tutto, e invece é risultato palesemente che tutta la sua vita fosse stata costruita su una cruda menzogna.

Ciò che credeva fosse reale in verità era solo una patetica illusione, che si era sgretolata come uno specchio che si rompe in mille pezzi, lasciando il posto solamente al nulla.

Briony si alzò dal letto così lentamente quasi fosse una fatica disumana muovere anche solo un muscolo. Ma la verità é che si sentiva assalire da dentro; un dolore molto più intenso e incancellabile di qualunque altro dolore fisico.

Si guardò allo specchio di fronte a lei: aveva l’aria di una che si era appena risvegliata da un incubo solo per scoprire che si trattava della realtà, e che non era ancora finita.

Il dolore, infimo compagno della sua vita, tornò a perseguitarla e ad affondarla insieme ad esso. E lei non riuscì ad emergere da quel fondo.

Quel sogno…

Le uscì un sospiro strozzato dalla bocca e solo da quel flebile respiro riuscì a sincerarsi che fosse ancora viva.

Pensava di essere morta la scorsa notte, abbandonandosi nell'oblio delle lacrime e quando si accorse di non esserlo ne fu quasi rammaricata.

Perché né il suo corpo né il suo spirito riuscivano a tollerare un simile peso.

"Non lascerò che quella sottospecie di mostro ci attacchi e rovini la nostra vita."

Le lacrime tornarono ad inondare i suoi occhi, che si chiusero pur di ridurre il loro corso… invano.

Bastava così poco per spezzare un sogno... e lei si sentiva spezzata come se il fatto che lei fosse destinata a uccidere Elijah la riducesse in cenere.

Come era potuto accadere? Poteva il destino essere così crudele a tal punto da strapparle senza pietà la persona che amava più della sua stessa vita?  Infierendo in un modo così intollerabile, distruggendo ogni possibile via di salvezza.

Aveva desiderato con tutto il cuore che fosse la sua essenza a tenere in vita Elijah, in cambio quella di lui le avrebbe permesso di vivere per l’eternità, al suo fianco e per sempre. Ma niente di tutto questo poteva accadere perché dentro di lei scorreva del sangue cattivo, malvagio, che minacciava di far del male a coloro che amava di più.

L'impulso di strapparselo dalle vene ritornò ma non riuscì nemmeno a muovere la mano. Si sentiva vuota, come se privandola di quell'amore che l'aveva travolta e sostenuta per così tanto tempo, non avesse più alcuna ragione di esistere.

Si sentì di non meritare l'affetto di nessuno, tanto meno quello di Elijah. Lei era un mostro, era nata sotto quelle sembianze e la sua natura le imponeva di fare del male a coloro che amava. Addirittura i suoi sogni l'avevano guidata affinché uccidesse Elijah e lei stupida pensava fosse stata destinata a salvarlo, come se una forza sconosciuta l'avesse indirizzata verso di lui.

Tutte bugie, tutte bugie…

Fino ad ora era riuscita inspiegabilmente a gestire questo lato oscuro di sé... Ma dopo? Cosa sarebbe successo se avesse perso il controllo e se fosse stata la causa della morte di qualche innocente?

Si sentiva la testa in fiamme e poteva dare la colpa di tutte quelle disgrazie soltanto a se stessa, perché lei era nata con uno scopo preciso e cioè di uccidere i vampiri, primo fra tutti quello che la amava immensamente. Quindi non si meritava nulla, poteva soltanto rimediare allo sbaglio che lei stessa era, magari liberando Elijah dalla sua presenza. Forse poteva salvarlo in quel modo... Poteva salvarlo da se stessa e dal mostro che era.

Ma lei poi come avrebbe fatto a sopravvivere senza di lui, con l'inevitabile conseguenza che il cuore le si sarebbe marcito dentro?

Briony deglutì non sapendo cosa fare, con quel sogno maledetto che le circuiva la mente, quando ad un tratto sentì un rumore alla porta. Qualcuno stava bussando e Briony corrugò la fronte, non avendo però alcuna intenzione di andare a aprire.

Dopo qualche secondo la maniglia della porta si abbassò e Briony vide il viso abbronzato di Ylenia affacciarsi dentro la stanza:

"Sono venuta a vedere come stavi. Ma deduco che il sonno non ti ha fatto per niente bene... Speravo di ritrovarti meglio stamattina, che avessi avuto la tua solita forza per rialzarti." Disse amichevolmente con un sorriso per farla stare meglio.

Briony si sforzò di sorridere anche se il risultato fu proprio pessimo. Aveva delle profonde occhiaie nere, testimone dei suoi incubi.

"Ti ho portato qualcosa da mangiare. Penso che tu ne abbia bisogno." disse la strega porgendole un sacchetto che conteneva qualche brioche.

"Grazie..." mormorò Briony risedendosi.

Ylenia si affiancò vicino a lei, mettendosi a sedere sul letto. "Come stai oggi?"

"Alla grande." rispose Briony in tono ironico.

Ylenia la guardò torva ma Briony continuava a fissare un punto indefinito davanti a sé: "Ho scoperto che sono un mostro, nata con le arti della magia nera, che il mio destino é di uccidere l'uomo che amo... Ah il mio sangue é difettoso e se un vampiro ne beve qualche goccia, muore. Senza contare che non potrò mai trasformarmi in vampiro... Mi ci vorrebbe proprio un bel Martini in questo momento." mormorò Briony sfoderando un sorriso che però si prosciugò subito all'interno della sua maschera d'angoscia.

Non riusciva nemmeno a sorridere, non riusciva a intravedere un barlume di speranza all'interno di quel precipizio che cercava ancora una volta di risucchiarla.

Ancora non ci credeva che il destino fosse così atroce da farle una cosa del genere.. Da offrirle un amore, nascondendoci dentro un'insidia che la farà rimpiangere di averlo mai desiderato.

In quel momento rimpianse davvero di aver conosciuto Elijah... Magari non avrebbe conosciuto un amore così ardente, ma neanche un dolore così lacerante che le faceva sanguinare il cuore. E magari così avrebbe evitato il tormento angosciante di ucciderlo.

Di nuovo pensò di non meritare l'amore di Elijah, di non avere il diritto di amarlo dopo ciò che aveva scoperto e cosa sarebbe stata capace di fare.

"Raccontami. Dimmi come sono potuti nascere dei simili... mostri.." disse con voce strozzata, non credendoci ancora.

Ylenia però scosse la testa:

"Briony, é meglio che..."

"No. Voglio saperlo."

Ylenia la guardò per nulla convinta ma alla fine fece un profondo respiro. "Avrai capito che quelli come te sono nati dalla comparsa degli Originari sulla terra. La strega Ayana era terribilmente contraria a creare dei vampiri ma non ha potuto evitarlo. Così ha idealizzato un modo per creare delle creature con poteri psichici e una forza superiore al normale, in grado di annientare qualunque vampiro... L'incantesimo non é stato per niente facile, ha dovuto usufruire della magia nera e di strumenti non proprio... ortodossi. Grazie al potere della natura, ogni 300 anni nascono quelle creature all'interno di una famiglia di cacciatori. L’avvisaglia di ciò é una cometa color rosso sangue che spezza in due il cielo come una palla infuocata. Alcuni lo ritengono un segno divino."

"Divino." ripeté Briony mestamente.

Ylenia serrò duramente le mascelle, segno che non voleva proseguire oltre e tacque per un paio di minuti.

Poi Briony la fissò interrogativa: "E’ per questo che mi hai seguita per tutto questo tempo? Che hai preso informazioni su di me prima che ci incontrassimo? Mi stavi controllando.."

Ylenia si mise un capello dietro l'orecchio: "Sì.. Sapevo che tu eri.." si bloccò per non turbarla ancora di più. "E ti ho seguita per vedere con i miei occhi di cosa fossi capace, ero più che altro curiosa... Ma quando ti ho vista con Elijah… Quando ho visto con i miei stessi occhi quanto tu l'amassi, credevo di aver preso un granchio. Non potevi di certo essere tu quel tipo di creatura che poteva uccidere un vampiro semplicemente con lo sguardo.. Per di più era davvero improbabile che tu potessi fare del male a Elijah.. Insomma hai passato mesi per cercare di salvarlo dalle angherie di Klaus."

Briony la guardò, sapendo cosa intendeva dire: lei doveva uccidere Elijah invece per uno strano caso della vita si era innamorata follemente di lui.

"Certe volte il destino é proprio strano, per non dir di peggio... Mi dispiace Briony, non posso neanche immaginare come tu possa sentirti."

No, nessuno poteva farlo. Il suo dolore gridava di ricevere conforto ma era impossibile ottenerlo.

Briony poi la scrutò attentamente. "Gwendolyn ha detto che le streghe sono vincolate a proteggere quelli come me... che hanno creato un Circolo per passare di generazione in generazione questa storia, e mantenerne il segreto a chiunque ne fosse escluso"

Ylenia all'improvviso si rabbuiò. Un ombra attraversò il suo viso ma distolse subito lo sguardo prima che Briony ne identificasse l'origine.

"Ho fatto anche io parte del Circolo…. Tempo fa." sussurrò con lo sguardo perso in lontananza. Aveva uno strano tono di voce: sembrava rammaricato, nostalgico ma anche pieno di amarezza.

"Ed é per questo che mi fai da babysitter? Perché sei in obbligo nei miei confronti?"

Ylenia si scrollò le spalle: "Può anche darsi che tu mi stia semplicemente simpatica"

Briony fece una risatina e stranamente anche Ylenia si unì la risata. Gli occhi neri le brillavano quando rideva... Briony non se ne era mai accorta.

"Ma esiste ancora il Circolo?"

La strega si incupì ancora: "Non lo so. Io ho preso la mia strada e... Non ne so più niente da tempo." Il tono della voce questa volta faceva presagire che non le piaceva parlare di quell'argomento, e infatti l'espressione del suo viso divenne tesa.

Briony allora si attorcigliò nervosa le mani. "Che cosa dovrei fare? Il solo pensiero di vedere Elijah mi fa mancare l'aria dai polmoni, non riuscirei neanche a guardarlo in faccia senza sentire quel peso sulle spalle... Io sono un pericolo per lui, Ylenia. Sono un pericolo per chiunque e chissà in cosa potrei trasformarmi..." La sua angoscia sembrava una cosa viva e reale. La si poteva anche sfiorare dal gran che era potente e Briony non riuscì a sfuggirle via.

Ylenia la guardò tristemente, accarezzandole la testa: "Tu non sei una cattiva persona, Briony. Non buttarti giù in questo modo..."

Ma la ragazza scosse ripetutamente la testa, come se non credesse alle belle parole che Ylenia le rivolgeva. L’unica soluzione plausibile, l'unica salvezza che poteva garantire a coloro che amava, era andarsene via. Fuggire dove nessuno la conosceva e lontano da tutti così non avrebbe rischiato di far del male a qualcuno.

E lasciare lui.

Briony sentì il cuore stringersi in una morsa letale, come se lo stesse spremendo come un limone e succhiasse tutta la linfa vitale.

Lasciare Elijah, non rivederlo mai più... Era come se le strappassero il cuore dal petto con violenza. Era come la morte di ogni gioia.

Era come rivivere quell’incubo atroce che per la propria sopravvivenza non avrebbe mai dovuto affacciarsi alla realtà.

All'improvviso però gli occhi verdi furono attraversati da uno strano bagliore, come se si fosse appena risvegliata da un incubo e avesse ritrovato un  di sollievo.

Prese l'amica per un braccio:

"Ylenia."

Lo sguardo basso, la voce animata da una speranza a cui non riusciva a credere. "É possibile contro invertire la maledizione che si é scagliata su di me? É possibile annullarla con un’altra magia?"

Ylenia la scrutò attentamente ma scosse subito la testa "Non ci pensare nemmeno, Briony."

La ragazza ci rimase male: "P-perché? Tutti gli incantesimi possono essere spezzati, c'è sempre il trucco. Elena e gli altri sono sempre riusciti a cavarsela grazie alla magia, perché non ci può essere speranza anche per me?" La sua voce era un sussurro deciso e supplicante.

Perché la vita la condannava in modo irreversibile senza darle la possibilità di combattere? Cosa aveva fatto di male per meritare tutto ciò?

"Briony, non voglio che tu ti faccia false speranze. Il tuo incantesimo non può essere cancellato, é come irrevocabile… L'incantesimo di Ester che lega i suoi figli può essere spezzato perché loro non sono nati così... Mentre tu sì... É come impedire a Elena di essere la doppleganger.." Il tono di voce sconsolato di Ylenia fece abbassare le braccia di Briony lungo i fianchi.

Ma poi lei si alzò dal letto con velocità fulminante: "No no no. Senti non può finire così.. Ci deve pur essere un modo per impedirmi di essere un mostro... Io non posso mollare se c'è anche la sola e minima possibilità di essere salvata da tutto questo. Quel fottuto destino ha decretato la sua ultima parola ma non la mia." esclamò aggrappandosi a quella tenue speranza con la forza della disperazione e tenacia.

"Briony non.."

"No Ylenia, ti prego. Aiutami. Non posso farcela da sola. E non posso parlarne a Elijah perché avrei troppa paura della sua reazione e di cosa penserebbe di me..."

Era troppo intimorita dalle conseguenze che poteva comportare ammettere una cosa del genere. Le si mozzò il respiro al solo pensiero.

"Ma dovresti dirglielo, Briony." rispose Ylenia risoluta alzandosi dal letto.

"No." lo sguardo di Briony era allucinata. "Non deve saperlo."

Di nuovo la paura che lui scoprisse la verità. Di nuovo il terrore che lei potesse fargli del male, o peggio di ricevere la condanna di un suo sguardo tradito.

"Se vuoi posso somministrarti delle erbe... Sono dei calmanti, riducono lo stress e ti impedisce di avere degli scatti di rabbia.. Farebbe proprio al caso tuo"

Gli occhi di Briony si illuminarono. "Grazie Ylenia. Ma ti prego cerca qualcosa per impedirmi di fare la fine di Charlotte.. Io non posso fare quella fine... Non voglio perdere ciò che amo." Nella sua voce e nella sua postura si intravedeva la figura di un carcerato che scavava con disperazione la via di fuga dalla prigione, per tornare dalle persone che amava.

Ylenia sospirò rumorosamente: "Devi continuare come hai sempre fatto: essere forte" mormorò accarezzandole un braccio.

Briony fece un sorriso tirato: "Io forse non sono così forte come pensano tutti, ma non posso fare a meno di mettercela tutta"

La strega la guardò e le disse che aveva le erbe nel motel e che se voleva la andavano a prendere insieme.

Briony assentì subito e cominciò a vestirsi; ma all'improvviso una nuova ondata di dolore la pervase quando ripensò alla sera prima e alle parole di Elijah… E al fatto che non potrà mai diventare un vampiro. Si lasciò torturare da quelle ondate di sofferenza ma poi le soffocò. Voleva chiudere quel sentimento nell'immensità del buio così non l'avrebbe più ritrovata.  Non poteva permettere alla paura di tornare a manovrarla e di scegliere per lei.

Doveva farcela, doveva combattere per la sua felicità.

Ma appena guardò in faccia Ylenia e tutta la sua sconsolazione, pensò che la felicità era una creatura sfuggente e la sua le stava lentamente sfuggendo tra le mani, e non aveva più chance per catturarla.

Ripensò nuovamente ad Elijah. Ormai tutti i suoi pensieri erano rivolti a lui.

Sembrava come se il suo cuore fosse un libro pieno di capitoli che portavano il suo nome.

Sarebbe mai riuscita a vederne la fine? Ad avere un epilogo migliore del presente?

 

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Briony tornò a casa tutta in fibrillazione. Quelle erbe l'avevano tirata un po’ su di morale, scacciando via la depressione di quella mattina. Ma non aveva esitato comunque a ripetere ad Ylenia di trovare presto qualcosa per impedire che lei diventasse come Charlotte e così agevolarla a combattere.

Davvero strano come Ylenia fosse diventata di nuovo la sua ancora di salvezza quando pochi giorni prima l'aveva giudicata una traditrice. Forse le cose non sarebbero tornate come prima, ma era l'unica su cui poter fare affidamento.

Quando andò in salotto però, il suo cuore perse subito un battito: Elijah era lì di fronte, seduto elegantemente su una sedia.

In quel momento non esistevano erbe o magie per impedire al suo cuore di sprofondare in quel precipizio che la scorsa notte si era aperto nel suo animo.

Di nuovo la sensazione di paura e timore che lui potesse scoprire tutto, e ripetere le esatte parole che aveva detto a cena, la bloccarono di colpo e l'aria sembrò non fluire nei polmoni come avrebbe dovuto.

Sembrava che le ginocchia cedessero mentre Elijah continuava a fissarla col suo sguardo indagatore e controllato.

"Ciao Briony." Il tono di voce era pacato e calmo, non aveva mosso neanche un solo muscolo per alzarsi.

Lei fuoriuscì dalla sua trance e cercò di camminare verso di lui, provando ad apparire normale e fingendo che qualcosa dentro di lei non urlasse, come era successo a cena ma aveva reso muto quel grido. Come in quel momento.

“Ehi. Non ti aspettavo.” Sussurrò con un fil di voce, mettendosi un ciuffo dietro l’orecchio.

Elijah si alzò e la scrutò attentamente con lo sguardo.

Era tensione quella che Briony sentiva nell’aria?

“Volevo sapere come fosse andata ieri con tua sorella. Non mi hai più richiamato” constatò alzando un sopracciglio.

Briony allora abbassò lo sguardo, cercando di tenere a freno i battiti del proprio cuore: “Oh… la solita storia… nulla di preoccupante. Ho già risolto.”

Briony non sollevò gli occhi, ma aveva la chiara sensazione che Elijah la stesse scrutando come sempre per leggere i suoi pensieri sul volto e guardare dentro il suo cuore. Allontanò l’impulso di contorcersi le mani perché avrebbe soltanto peggiorato la situazione, ma per fortuna sentì lo sguardo di Elijah farsi meno pressante. Infatti lui allungò il braccio.

“Vogliamo sederci?” domandò gentilmente, indicando il divano.

Briony si lasciò condurre senza opporre resistenza, anche se ad ogni minimo movimento che faceva i suoi nervi erano più tesi che mai.

Si sedettero entrambi, Elijah sempre elegantemente mentre Briony si lasciò sprofondare sopra il divano.

Lei era tutto un fascio di nervi ma cercava in ogni modo di calmarsi per non farlo notare. Non voleva che Elijah sapesse, sebbene temeva che lui avesse sentito quel grido doloroso che proveniva dal suo cuore. Ma non lo faceva per se stessa, lo faceva per lui. Taceva perché non voleva vedere l’espressione ferita e tradita sul suo volto, non voleva farlo soffrire come aveva già fatto Tatia.

Ma lei poteva fare anche di peggio… era un mostro, e poteva ucciderlo. Poteva uccidere tutta la sua famiglia. Quel tormento avrebbe danneggiato il cuore del vampiro, lacerandolo per sempre e privandolo di qualsiasi cura per guarirlo.

E magari avrebbe incrinato persino l’amore che provava per lei.

Briony si accorse di deglutire più volte al solo pensiero.

Ad un tratto però sentì le dita di Elijah sfiorarle delicatamente il viso, ma anche con determinazione, come se volesse farla voltare verso di lui. Briony non poteva fare altro che acconsentire. perché non appena sentì il suo gelido tocco, tutto il corpo avvampò ansioso di averlo più vicino.

Si voltò verso di lui e subito quando incrociò gli occhi neri di Elijah ebbe un brivido freddo lungo la schiena.

I loro sguardi si agganciarono. Gli occhi di Elijah non lasciarono mai quelli di Briony, che avrebbe voluto guardare altrove per sfuggirgli ma non riuscì a farlo.

Si sentì denudata e vulnerabile come non mai.

"Sento che c’è qualcosa che devi dirmi." Le sussurrò a bassa voce con convinzione, tenendo lo sguardo fisso nel suo.

Briony trasalì sentendo il cuore in gola. Ma come faceva a leggerle così dentro? O che lei era un libro aperto oppure lui conosceva alla perfezione ogni singolo battito del suo cuore, e se questo era dettato dalla paura o dall'imbarazzo o dalla disonestà.

D'altronde quando lei l'aveva conosciuto aveva subito sentito una strana sintonia con lui, come se avesse conosciuto qualcuno di intimamente familiare quanto se stessa.

Non riuscì comunque a formulare neanche una frase coerente, mentre le dita di lui scivolarono sotto il suo mento fino a tracciare le linee del suo collo, finendo poi all'altezza del cuore che batté ancor più veloce sotto il suo tocco gelido.

Elijah sembrò deliziarsi di quel suono rimbombante:

"Il tuo cuore sta battendo impazzito, lo sai?" sussurrò abbassando lo sguardo e tenendo sempre la mano ferma sul petto, all'altezza del cuore.

“Lo fa sempre, quando sei vicino a me"

Briony sentì le guance accaldarsi per quell'osservazione fin troppo vera.

Tuttavia da Elijah arrivò un'altra constatazione, più fredda, che la fece rabbrividire:

"Ma questa volta é diverso.. Come quel giorno..."

Elijah sollevò lo sguardo e i suoi occhi neri si scontrarono con quelli di Briony a causa della loro profondità. Sembravano micidiali, non le davano scampo.

Ma lei sapeva cosa intendeva: quella volta in cui lei non aveva voluto dirgli la verità sul suo sogno, e lui le aveva impedito di uscire dalla stanza perché aveva intuito che mentisse.

Briony cercò di riprendere il controllo di se stessa e riprese a respirare, visto che per molti secondi non riuscì a farlo, e abbassò la mano del vampiro per acquietare il cuore.

"Non é nulla di importante"

Elijah le sorrise leggermente e le scostò alcuni capelli finiti davanti al viso, senza mai distogliere gli occhi da lei:

"Tutto quello che ti succede per me é importante."

Il suo sguardo era micidiale e ipnotico, Briony ne fu completamente abbagliata e aveva lo stomaco sottosopra.

Scosse la testa ripetutamente, poichè sembrava che la voce non volesse articolare alcun suono.

Elijah poi appoggiò il braccio allo schienale del divano e mise una mano alla tempia:

"So cosa ti tormenta."

Briony trasalì spaventata, ma subito lui disse:

"E’ per ieri sera vero? Per ciò che ha detto Gwendolyn.."

Briony lo fissò e fece un sorriso tirato:

"Questa storia mi ha traumatizzata ovviamente. E ho tanta paura.. di ciò che potrebbe accadere."

Elijah le mise un mano sopra il ginocchio per confortarla: "Non ti succederà niente, Briony. Io e la mia famiglia ne abbiamo parlato e faremo qualunque cosa per impedire che quel mostro ci distrugga o rovini le nostre vite. Lo uccideremo prima che ci provi." Il tono di voce di Elijah era così glaciale e diabolico che Briony perse continuamente dei battiti e un brivido di panico le perforò il corpo.

Avrebbe voluto gridare, piangere fino allo sfinimento o qualunque altra cosa, ma ogni pensiero trasudava dolore.

Il cuore sembrava sanguinare con sadica lentezza, apposta per farla stare più male.

Elijah questa volta intuì male i suoi pensieri e la rassicurò che sarebbe andato tutto bene. Ma d'altronde come poteva anche solo immaginare che Briony era il mostro di cui parlava? Lui si fidava di lei.

Soltanto per lei, aveva spalancato porte del suo animo che lui stesso aveva inchiodato.

Lei gli sorrise per assecondarlo, senza proferir parola.

C'erano cose che voleva dirgli ma sapeva che gli avrebbero fatto male. Così le seppellì e lasciò che facessero del male a se stessa..

“Sembra che i guai amino proprio inseguirci, non sei d’accordo?” si lasciò sfuggire lei con un sorriso tirato, voltando lo sguardo davanti a sé.

Elijah mugugnò sovrappensiero in risposta, voltando anche lui lo sguardo di fronte a sé e tenendo il braccio lungo lo schienale.

Per un po’ di minuti tutti e due tacquero; ogni tanto Elijah la guardava come se volesse dire qualcosa ma poi sprofondava anche lui in un insolito silenzio.

All’improvviso Briony sentì un tocco leggero, come quello di una farfalla, sfiorarle delicatamente i capelli e quando si voltò, notò che Elijah si era avvicinato a lei e ciò che la stava sfiorando erano le sue dita gelide, che scesero lentamente sul suo braccio tracciando delle scie di fuoco.

Quel gesto le fece perdere quella poca lucidità che possedeva e Briony sentì il sangue soffocare nelle vene.

"Sei nervosa?" mormorò lui con voce ipnotica e ammaliante, senza però alzare lo sguardo su di lei. Forse aveva già avvertito il suo tremore e il battito del cuore accelerato al massimo, ma comunque continuava con quella dolce tortura.

Briony fece una risatina strozzata e cercò di scuotere la testa in segno di diniego, mentre la mano di Elijah scese su quella di lei e cominciò a sfiorarla, intrecciandola con la sua.

Il contatto con la pelle gelida del vampiro le fece bruciare la pelle, che sembrò ustionarsi sotto quei tocchi delicati.

Ogni carezza era più inebriante di quella che l’aveva preceduta, e infatti Briony sentì un intenso languore salirle nel petto. Per cercare di calmarsi girò il viso dall’altra parte per richiamare del sano ossigeno, ma il tentativo fu vano.

Elijah le scostò da un lato i capelli che le scendevano sulle spalle, e si avvicinò al suo collo, respirandovi sopra.

Il cuore di Briony accelerò all'inverosimile quando Elijah appoggiò le labbra nell'incavo del suo collo, e le baciò la pelle indugiando a lungo.

Quegli attimi alterarono del tutto il suo equilibrio infatti Briony perse la lucidità che si era imposta di avere, e il fiato le si mozzò in gola. Non riuscì ad opporsi quando lui mise la mano sull'altro lato del suo collo per avvicinarla ancora di più, o per impedirle di scostarsi.

Briony chiuse gli occhi, lasciando che quel fremito le percorresse tutto il corpo provocandole irrefrenabili brividi.

Sapeva che doveva fermarlo ma il miscuglio di quelle erbe insieme ai baci di Elijah sul collo la fecero andare  di giri, dimenticando per un momento ciò che era accaduto nei giorni precedenti.

Voleva controllare la smania che la governava ma non ci riuscì, soprattutto quando si girò completamente verso Elijah e si aggrappò al tessuto della sua giacca con le unghie, adagiando il viso sotto la sua spalla mentre il respiro accelerava di continuo.

Ad un tratto Elijah la mise sulle sue gambe tenendola stretta per i fianchi, e Briony si lasciò condurre senza opporsi, allacciandogli le braccia dietro la testa per approfondire il contatto dei loro corpi.

Il viso di Elijah era sempre aderente al suo collo, dove continuava a lasciarle dei baci ardenti, facendola andare in iperventilazione per quella lenta tortura. Le mani di Briony affondarono nei capelli scuri del vampiro, continuava a tenerlo stretto a sé per non lasciarlo andare via.

All'improvviso le labbra di Elijah indugiarono su un punto del suo collo per lunghi, interminabili, istanti.

Tra di loro albergava una fiamma che era passione e distruzione insieme.

Ad un tratto però Briony sentì qualcosa stuzzicarle il collo, come dei denti affilati che scorrevano lungo la pelle.

Un'ondata di panico la travolse in pieno. Finalmente il cervello si ricollegò, tralasciando il desiderio e passando alla razionalità.

Briony gli mise subito le mani nel petto per fermarlo.

"Aspetta, aspetta" mormorò a non finire, staccandosi da lui.

Elijah allora si scansò e la guardò interrogativo, corrugando la fronte. I suoi occhi un attimo primo furono attraversati da un lampo di desiderio e Briony avvampò terribilmente nel vederli così.

Ma la reazione di Elijah era plausibile, visto che era sempre stata lei quella più convinta a trasformarsi, e lui stranamente aveva accettato. Peccato che tutto questo sarebbe stato impossibile, la realtà che schiaccia un sogno.

"I-io credo di non esserne più sicura." mormorò lei con un fil di voce.

Le mani di Elijah erano ancora strette ai suoi fianchi ma poi lentamente li lasciò andare, continuando a scrutare Briony in viso.

"Io voglio stare con te Elijah. Solo.. Ora come ora non me la sento di trasformarmi..” abbassò lo sguardo per non vedere il suo “In questi giorni ho avuto dei ripensamenti per la paura di essere dipendente dal sangue umano... Mi dispiace..."

Quella cruda bugia non stonava per niente sul suo viso logorato e abbattuto.

"Non devi dispiacerti di nulla, Briony." rispose lui con un tono quasi severo. "Io non vorrei mai che tu ti trasformassi in un essere come me. Ho acconsentito solo perché sono egoista..." rispose incredibilmente duro, e Briony ne fu turbata perché non voleva che parlasse in quel modo.

Elijah sviò lo sguardo, perso in lontananza: "Non sei tu quella che deve dispiacersi per qualcosa." mormorò poi con una punta di ghiaccio nella voce.

Briony avrebbe voluto scavare più a fondo nelle sue parole perché intuiva che qualcosa lo turbasse interiormente, e non aveva niente a che fare con la sua trasformazione in vampiro.

C’era qualcos’altro… non solo lui aveva imparato a leggere alla perfezione il suo animo. Ma quando Elijah si voltò verso di lei, l’oscurità dei suoi occhi neri celò qualsiasi emozione, come se non vi attraversasse nemmeno un bagliore. Come se si fossero raggelati per impedirle di guardare al loro interno, e scorgervi l’origine della freddezza che gli aveva fatto dire quelle parole.

Il distacco del suo volto si incrinò col passare dei secondi, quasi non fosse successo niente, e non apparve per nulla turbato.

Briony allora sbatté le palpebre convinta di aver preso un abbaglio, visto che i problemi e i guai sembravano inseguirla ma questo non voleva dire che anche Elijah ce li avesse, o peggio le tacesse qualcosa di importante.

“Non sei arrabbiato quindi?” mormorò titubante, guardandolo in viso.

Elijah stirò le labbra in un sorriso. “Non pensarlo nemmeno” E le lasciò un delicato bacio sulla fronte.

Ma le sue labbra era più gelide del solito, come se tutto il suo corpo e il suo animo si fossero raffreddati all’improvviso senza che lei se ne accorgesse. Quel tocco non le scatenò il solito fuoco dentro, ma le provocò soltanto un brivido freddo lungo la schiena.

“Magari in futuro...” mormorò lei successivamente, riferendosi al fatto di trasformarsi. Briony cercò di non far trapelare il dolore nelle sue parole perché sapeva che ciò non si sarebbe avverato. Ma voleva comunque sperarci, come se rifiutasse il pensiero di allontanarsi da lui.

Di nuovo maledisse il destino per volerle portare via Elijah, donandole il dolore peggiore di tutti: amare una persona con la consapevolezza che le avresti fatto del male, presto o tardi.

Eppure non riusciva ancora a capire. Con terrore aspettava il momento in cui lei si sarebbe trasformata nel mostro di cui Gwendolyn parlava, e che avrebbe compiuto il suo dovere uccidendo Elijah così come il destino aveva scelto.

Ma niente di tutto ciò avveniva. Il suo cuore continuava ad amarlo, come se non riuscisse a farne a meno. Quel cambiamento in lei non avveniva.

Forse quel mostro dentro di lei non poteva fare nulla contro quel sentimento che sembrava consumarla… non poteva combatterlo né farlo soccombere perché avrebbe finito per annullare tutta se stessa.

Forse innamorarsi di Elijah andava oltre le aspettative di chiunque... del destino, di qualsiasi potere superiore o dei mostri che albergavano sia dentro di lei sia dentro di lui.

Elijah era inciso a marchio sul suo cuore, in un modo così reale e potente che nessuno poteva abbattere.

“Sei troppo buono Elijah. Perdoni quasi tutti i miei colpi di testa.” Disse lei con un piccolo sorriso, riferendosi apparentemente al suo cambio di idea, ma interiormente sperando in un altro tipo di perdono… l’avrebbe perdonata, prosciolta da ogni accusa, se avesse scoperto la verità?

Le sembrò di inghiottire una pillola amara a quel pensiero. Elijah possedeva un vigile senso del dovere, qualità che mai si sarebbe aspettata di vedere in un vampiro. Se questo fosse mancato, molte persone innocenti avrebbero percorso lo stesso fatale pellegrinaggio delle vittime di Klaus. Ma quel senso del dovere poteva simboleggiare qualcosa di ben  più fatale…

Briony sentì lo stomaco chiudersi, mentre Elijah rispondeva:

“Non ti chiedi se questo non vada a riguardare un mio tornaconto personale? Non sono un benefattore, Briony.” La provocò lui restando posato e nel giocherellare con una ciocca dei suoi capelli per ampliare la tensione sovraccarica.

La ragazza sorrise nervosamente, e solo dopo aver racimolato un po’ di forze interiori rispose:

“Identità molto strana. Non riesci a trovare un girone dell’inferno adatto a te, ma nemmeno il paradiso sarebbe un’opzione credibile.”

Non si aspettò una risposta, e francamente voleva chiuderla lì, ma Elijah andò avanti. Allontanò la mano dai suoi capelli e ritornò al suo posto nel divano; lo sguardo serio rivolto davanti a sé. “Sì beh, poche persone riescono a trovare il loro giusto posto dopo ciò che hanno compiuto. Il corso degli eventi è davvero contraddittorio, non sai mai come inizierà o dove finirà.” Replicò misteriosamente, perso in pensieri intraducibili.

Briony allora lo guardò, cercando di capire come uscire da quel tunnel buio. Sentiva il cuore contorcersi sotto l’angoscia opprimente causata da una crudele legge naturale; una maledizione che non era attesa né desiderata.

Il sogno fatto la sera scorsa le piombò alla mente, e il tormento fu superiore alla sua capacità di sopportazione. Briony allora non riuscì a trattenersi e toccò la mano del vampiro, tastandola, come se volesse imprimersi la sua presenza. Aveva il cuore pieno di angosce.

Elijah chiuse gli occhi, divenendo rigido. Sussurrò il suo nome per poi girarsi verso di lei, ma la ragazza lo anticipò, agendo d’istinto: lo abbracciò forte a sé, appoggiando la testa sopra la sua spalla e facendosi fuoriuscire un sospiro:

“Non ti voglio perdere.” mormorò automaticamente, come se avesse bisogno di dirlo e di sentirsi alleviare il dolore in quelle parole.

Sentì il vampiro colto in contropiede, ma in breve si arrese e la accolse a sé, accarezzandole piano i capelli.

“Non succederà mai.” Rispose lui serio ma con un tono stranamente dolce, muovendo poi la testa di lei per deporvi un bacio. “O hai bisogno anche della mia parola?”

Briony si lasciò sfuggire un sorriso, sperò che lui non notasse il suo stato d’animo ma per non correre rischi ritornò alla posizione di prima. Lo abbracciò per le spalle, aggrappandosi ad ogni appiglio per non piangere e serrò gli occhi per questo.

Voleva dimostrarsi forte, ma ogni volta che gli stava vicino si sentiva morire dentro perché quel fardello era troppo pesante per lei, e non sapeva se sarebbe riuscita a resistere. Fino a quando avrebbe continuato a mentirgli? A nascondergli la verità?

Ma tutte le mostruose verità che aveva scoperto non voleva proprio accettarle; continuava a negarle e a combatterle per farle spegnere.

Alla fine l’unica verità a cui poteva aggrapparsi era che lo amava. E così sarebbe stato per sempre.

 

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Briony entrò in macchina dopo aver fatto un po’ di spesa, e subito pensò che quelle erbe che le aveva dato Ylenia la facessero diventare fin troppo calma e su di giri. Per poco non si era fatta mordere da Elijah.

Ma almeno per un paio di minuti aveva dimenticato tutto l’orrore che aveva dovuto subire.

Si augurò che Ylenia fosse sulla buona strada per trovare un rimedio prima che impazzisse del tutto.

Prese le chiavi per accendere il motore, quando sentì una voce incredibilmente inquietante alle sue spalle, nel sedile posteriore:

“Spero che i sensi di colpa non ti abbiano fatto dormire la notte, piccolo mostro.”

Briony spaventata cercò di girarsi ma un braccio la strinse con violenza, come se volesse strangolarla e la costrinse all’immobilità.

“Credevi che mi sarei limitata a raccontare fiabe e storie? Si vede che non conosci abbastanza la mia razza per capire quanto sia potente il nostro desiderio di vendetta”

Quella voce terrificante fece tremare Briony di paura, e cercò di deglutire per parlare.

Gwendolyn…

“Stai zitta. Non ti ho dato il permesso di parlare, piccola sgualdrinella.” Replicò l’Originaria incattivita, stringendo di più la presa fino a strozzarla.

Briony cercò di liberarsi, infilando le unghie nel suo braccio ma provocò soltanto una risata della vampira:

“Per essere uno di quei mostri abbietti non sei tanto forte. Mi domando se il tuo dna non sia difettoso... beh poco male, vorrà dire che ci metterò meno tempo del previsto”

Briony sgranò gli occhi terrorizzata e cercò di uscire dall’auto ma Gwendolyn le chiuse velocemente la portiera, finendo quasi per intrappolarle le mani.

Gwendolynascoltami…” sussurrò Briony con un fil di voce per farla calmare. “Io non sono come Charlotte. Non farei mai del male a Elijah, né a chiunque altro della tua famiglia. Io non sono il mostro che credi..”

Sentì la sua risata malefica rimbombarle nelle orecchie: “Dio mio, quanto ha ragione Kol. E’ snervante sentire i sentimentalismi degli altri e il loro stupido chiacchiericcio. Voi luridi mostri dite sempre le stesse cose quando vi sentite messi al muro.. fate leva sulla coscienza degli altri per salvarvi la pelle. Ma io una coscienza non ce l’ho più, e sai chi devo ringraziare? Quelli come te.” Il suo sibilo risuonò così malvagio che Briony temette di non avere scampo.

Gwendolyn, mi dispiace davvero per quello che ti è successo… nessuno merita di soffrire in quel modo.. ma ragiona se avessi voluto far del male a Elijah lo avrei già fatto. Invece io non ho mai fatto del male a nessuno in vita mia. Si tratta solo di un dannato destino.”

La vampira scosse la testa, facendo uno strano rumore con la lingua.

“Non voglio sentire i tuoi piagnistei. Quante volte mi sono maledetta per non essermi accorta della natura di Charlotte e di non averla fermata in tempo prima che uccidesse Christopher. Ma questa volta non farò lo stesso sbaglio. Ti farò pentire di essere nata.”

Il terrore pervase il corpo di Briony irrimediabilmente.

Gwendolyn non ragionava più: in quel momento non stava vedendo lei, sembrava come se avesse davanti Charlotte e non si sarebbe mai fermata per semplice compassione. Cercava soltanto vendetta.

Sentì il braccio della vampira stritolarle sempre di più il collo, e Briony tossì violentemente per cercare di respirare ma ad ogni tentativo la gola bruciava e i polmoni chiedevano pietà.

Affondò i piedi sui pedali ma era inutile visto che il motore non era acceso.

All’improvviso però la stretta si ammorbidì e con velocità Gwendolyn la lasciò andare;  Briony aprì subito la bocca per cercare un filo d’aria, ma riuscì solamente a tossire.

Dopo un paio di secondi sentì di nuova la risata malefica di Gwendolyn.

“Credevi che sarebbe finita così in fretta? Sarebbe troppo facile e dimostrerei della pietà se ti uccidessi in questo modo e senza prima averti distrutto la vita, così come quelli come te hanno distrutto la mia. Credo che dovrai abituarti a guardarti le spalle in ogni occasione, mia cara.” sussurrò come se la cosa la divertisse ma allo stesso tempo ne fosse indifferente.

Briony si chiese come gli Originali non si fossero ancora accorti di quanto la loro sorella fosse fuori di senno. Ma forse in lei vedevano solo il suo lato umano che avevano conosciuto da ragazzi... la sua umanità era stata completamente risucchiata secoli fa, quando aveva perso Christopher per mano di una persona di cui si fidava e che riteneva amica.

Come… come hai fatto a capirlo?” domandò Briony esausta, tenendo una mano sulla gola.

Gwendolyn mugugnò. “Il tuo odore. E’ uguale identico a quella sgualdrina di Charlotte. Così melenso da farmi venire la nausea. Nei primi tempi era dolciastro ma non ci facevo caso perché cercavo di non nutrirmi di sangue umano.. tenevo la sete perfettamente sotto controllo pur di non ferire degli innocenti. E Charlotte con la sua faccina d’angelo e i suoi bei sorrisini di gratitudine mi hanno reso completamente una stupida idiota. Alla fine, pochi giorni prima che lei tentasse di uccidermi, il suo odore era diventato fin troppo mieloso. Forse non sopporto il tuo sapore perché odio tutto di te, chi lo sa..? Poi sono venuta a scoprire che appartieni a una famiglia di cacciatori… attraverso una piccola ricerca ho scoperto che il giorno della tua nascita era comparsa una cometa color rosso sangue che squarciò il cielo in un piccolo paesino in Texas dove sei nata. Ho fatto 2+2 e alla fine ho scoperto la verità. Come vedi, non sono una stupida come il mio caro fratellastro pensa. Ah, augurati che Klaus non scopra di te perché non sarebbe tanto gentile come lo sono io in questo momento. Ti farebbe a fettine in men che non si dica.”

Briony deglutì spaventata, pensando che correva più pericoli di quanto si immaginasse. Non aveva messo conto che Klaus potesse farla fuori solo per il semplice desiderio di non avere un nemico tra i piedi che potesse ucciderlo.

“Lui non lo sa? Perché non glielo hai detto?”

Gwendolyn scrollò le spalle: “Di lui non me ne frega niente. Non è più mio fratello e può anche morire per quel che mi riguarda. E spero davvero che il tuo subdolo potere possa servirmi a vendicarmi per quello che lui ha fatto a me e ai miei fratelli… non ti permetterò di fare del male a nessuno, ma per Klaus ci farei un pensierino..”

Briony si girò, guardandola sconvolta. “Perché non mi uccidi e basta? Perché non hai detto tutta la verità ieri sera?”

Gwendolyn le sorrise perfidamente. “Ucciderti ora sarebbe soltanto un atto di pietà nei tuoi confronti.. Ho in mente tanti modi per renderti la vita un inferno ma nessuno mi pare soddisfacente… Poi credo davvero che tu provi un sentimento per Elijah per quanto sia assurdo.. è davvero interessante questa cosa.” mormorò mettendo il pugno della mano sotto il mento e sorridendo perfidamente.

Briony la guardò spaventata: “Gwendolyn… ti prego.. stammi a sentire..”

“Non gli dirò niente se è questo che vuoi sapere. Voglio solo vedere fin dove ti spingerai.. fino a quando continuerai a mentirgli. La tua agonia sarà molto più divertente che doverti uccidere.”

Briony deglutì, impallidendo.

“Senza contare che mi saresti davvero utile nel far fuori quella sottospecie di fratellastro che mi ritrovo. Detesto il tuo potere ignobile ma se può nuocere a Klaus… però ti avverto, non lascerò che qualcun altro muoia per colpa della vostra natura o soffra come ho sofferto io. Mi hai capito piccolo mostro che non sei altro? Azzardati solo a fare qualche mossa falsa… e ti strappo il cuore con le mie mani.” Sibilò crudelmente.

Briony tacque, con gli occhi sgranati, mentre Gwendolyn aprì la portiera con eleganza. “Ci si vede presto.” Mormorò con un sorriso sprezzante.

Briony finalmente tornò a respirare, anche il suo cuore batteva all’impazzata per via della paura appena provata. Fece un ultimo respiro e accese il motore.

La sua vita era come una freccia schioccata e impazzita… dove sarebbe andata a colpire?

 

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<< Ci mancava soltanto Gwendolyn a rovinarmi la giornata >> Pensò Briony mentre beveva un bicchiere al Grill. Non solo doveva trovare il modo per cercare di spezzare la maledizione che si era scagliata su di lei, ma doveva anche guardarsi le spalle dalle manie folli di Gwendolyn.

Ma aveva ragione… se Klaus lo avesse saputo… Non avrebbe neanche avuto un giorno di vita.

A servire c’era ancora Matt che fece un cenno di saluto nella sua direzione e Briony cercò di sorridere di rimando. Chissà se aveva preso in considerazione il suo consiglio di provarci con Rebekah…

Briony continuava a rimuginare sui suoi problemi, che all’improvviso vide al di fuori della vetrata del bar, Esther. Per poco non le cadde il bicchiere per terra ma riuscì a stare immobile sulla sedia.

Perbacco, quante persone poco gradite incontrava quel giorno? La ciliegina sulla torta sarebbe stato Klaus.

Esther guardava proprio nella sua direzione, fulminandola con lo sguardo. Poi fece un cenno con la testa come per indicarle che doveva parlare con lei.

Briony si alzò subito dalla sedia per andare a cantargliene quattro o a infilarle un coltello nello stomaco, ma a metà del viaggio si accorse che andando da lei da sola e senza armi avrebbe soltanto fatto il suo gioco. E se l’avesse di nuovo rapita e usata come esca per attirare Elijah?

Si guardò attorno spaesata cercando qualche appiglio, quando vide Stefan a qualche metro di distanza, intento a parlare con una persona. Cercò di attirare la sua attenzione per chiedergli aiuto, e quando lui si voltò verso di lei percepì la preoccupazione nel viso della ragazza e il suo tentativo di indicargli l’esterno del Grill.

Quando Stefan si voltò anche lui rimase allibito nel vedere Esther che girava per Mystic Falls come se niente fosse.

Stefan tornò poi a guardare Briony con sguardo serio, e lei dopo aver preso un profondo respiro decise di farsi coraggio e di uscire.

Stefan la seguì con lo sguardo poi dopo un po’ la seguì.

 

Non appena fuoriuscì dal Grill, Briony non vide più Esther come se fosse scomparsa nel nulla. Il buio che stava sopraggiungendo poi non la aiutava di certo.

Allora cominciò a camminare lungo il marciapiede per cercarla, quando la trovò in un vicolo buio non molto distante dal bar.

Facendosi coraggio, Briony si incamminò al suo interno sostenendo lo sguardo della strega, senza alcun timore.

“Che cosa vuoi? Non ti è bastata la lezione della scorsa volta?” domandò Briony acida, serrando i pugni.

Esther sorrise malefica. “So che sai tutto sulla tua vera natura. Bene, era ora. E ne hai dato la prova quando mi hai fermato quel giorno prima che uccidessi Elijah… sei stata brava, anche se hai bisogno di parecchio allenamento per uccidere la strega Originaria.” disse con un ghigno.

Briony la guardò con odio totale. “Tu lo sapevi quindi? Per questo mi hai fatto bere quella roba… e mi hai attirato nella cripta per il tuo stupido piano.”

“L’ho sempre saputo infatti.” Mormorò Esther semplicemente.

All’improvviso qualcosa brillò negli occhi di Briony, come se si fosse appena accorta di una cosa allarmante.

“Il biglietto… sei stata tu.” Mormorò con un fil di voce, ricordando il biglietto che aveva trovato dentro casa sua qualche settimana prima.

Quell’inquietante “So chi sei” non l’aveva fatta dormire la notte. E ora sapeva perché.

Esther sorrise freddamente, poi continuò. “Purtroppo non hai ricevuto alcun addestramento a differenza dei tuoi predecessori e questo ti rende più debole… ma ho già parlato con tuo padre e risolverà tutto lui.”

Briony sentì la terra mancarle sotto i piedi. “Mio padre? Che c’entra mio padre?”

“Non ho tempo per questo.” Esther sviò la domanda con un gesto della mano. “Sono venuta qui per convincerti a fare quello che devi. Tu sei nata per uccidere i vampiri e primo fra tutti Elijah. Quindi fallo se non vuoi che ti procuri dei problemi.”

Il cuore di Briony perse dei battiti per quella minaccia ma gli sorrise sprezzante.

“Non lo farò mai. Non accetterei neanche se l’unica alternativa fosse la morte.”

Gli occhi di Esther si infuocarono e la prese per il collo, sbattendola contro il muro.

“Senti un po’ ragazzina.” Sibilò mettendosi faccia a faccia contro di lei. “La mia amica Ayana è morta per fare quell’incantesimo per creare quelli della tua specie, poiché era così potente che ha dovuto sacrificarsi per il bene di tutti. E io non vanificherò il suo sacrificio perché una ragazzetta si è presa una cotta.”

Briony ricambiò lo sguardo con tutto l’odio che aveva in corpo. Desiderava tanto colpirla e ucciderla, e cercò il modo di farlo. Quella volta qualcosa le era esploso nel cervello come se si fosse liberata da delle catene… ma in quel momento non riuscì a farlo. Riuscì soltanto a procurarsi una terribile emicrania.

Forse quel giorno era esplosa perché c’era in gioco la vita di Elijah e il dolore per la sua perdita aveva scatenato il mostro dentro di lei.

Afferrò la mano di Esther per scostarla via, ma la strega la fece rimbalzare contro l’altra parte della parete e Briony cadde con un tonfo morto, sbattendo con forza un angolo della guancia.

La strega sorrise malefica e si avvicinò a lei. “Se non fai ciò che ti dico... ti ucciderò. Il mio compito in quanto strega è uccidere coloro che turbino la natura, e le “cose”.  Tu sei una “cosa”, Briony. Non sei una persona, sei solo un mostro. E mi servi come espediente per sbarazzarmi di tutti i miei figli… dopo di che morirai anche tu.”

“Vai all’inferno e restaci questa volta.” Rispose lei, con un rivolo sangue uscente dalle labbra. Nella guancia si era aperta una profonda ferita.

Esther scosse la testa, e si inginocchiò di fronte a lei. In quel momento Briony notò che la strega aveva delle profonde occhiaie sotto gli occhi, era molto pallida, e non era così in forma come aveva immaginato prima.

La voce di Esther comunque la distolse dai suoi pensieri.

“Ma non lo vedi, Briony? Tu ucciderai comunque Elijah, anche se non vorresti mai farlo. Il tuo amore per lui brucerà la sua umanità, come se fosse un veleno che gli brucia la vita nel sangue. Tu sei una freccia scoccata dritta al cuore di Elijah, Briony…  che tu lo voglia o no.”

Perché tutto il suo corpo si era bloccato, inerme e debole? Perché le lacrime salivano in gola mentre ascoltava quelle parole? Perché era incapace di replicare? Perché non riusciva a dar voce a quelle grida di tormento che le laceravano il cuore?

Briony avrebbe tanto voluto mandarla al diavolo una seconda volta, ma non ci riuscì. Perché quelle parole le sembravano vere, perfidamente vere.

Fin da quando aveva scoperto la verità, aveva capito che il suo amore per Elijah sarebbe stata una condanna per entrambi… che li avrebbe lacerati, divorati, fino ad ucciderli. Non aveva mai amato in modo così distruttivo, come se avesse la forza di spaccare il mondo o ridurlo in cenere.

Perché quel tipo di amore appariva come un veleno che uccideva lentamente, senza che te ne accorgessi se non prima dell’agognante fine.

Come avrebbe potuto salvare Elijah dal pericolo che lei rappresentava? Non doveva abbandonarsi alle lacrime o disperarsi come l’altra sera.. doveva fare qualcosa, per dimostrargli che lo amava veramente.

E lo avrebbe dimostrato, lasciandolo. Era l’unica cosa che poteva fare. Gli avrebbe concesso la vita, ma gli avrebbe negato il suo amore.

Sarebbe riuscito ad andare avanti, a non odiarla per questo? A colmare quella mancanza?

Briony sollevò lo sguardo, velato di lacrime che urlavano tutta la sua disperazione e l’odio per quella situazione, ma ad un tratto vide Esther catapultata dall’altro lato del vicolo. Improvvisamente apparve Stefan che si catapultò sulla strega senza alcun pietà, ma lei non si fece prendere in contropiede e infatti stese il vampiro con una semplice occhiata di fuoco che gli ridusse in pappa il cervello.

Briony lo guardò angosciata, ma non fece in tempo ad aiutarlo che Esther arrivò subito da lei.

“Fai come ti dico, Briony Forbes. Prima che Klaus scopra tutto. Perché tra me e lui… non saprai da chi difenderti.” affermò diabolica, svanendo all’istante.

Fantastico. C’era una gara a chi l’ammazzava per primo. Se o Gwendolyn, o Klaus, o Esther.

Briony accorse da Stefan per vedere come stava e cercò di issarlo . Era parecchio pallido:

“Sto bene non preoccuparti. Tu invece? Che cosa voleva Esther da te?” domandò lui appoggiando lievemente la mano sul suo braccio per accertarsi che stesse bene.

La ragazza non fece in tempo a rispondere che sentì una voce allarmante, non molto lontana da loro.

“Che sta succedendo?”

Il cuore di Briony le balzò all’istante in gola, riconoscendo quella voce tra milioni. E stranamente ne fu intimorita.

Ebbe quasi paura di girarsi ma quella voce era quasi un richiamo, come se le stesse ordinando di farlo.

Anche Stefan si voltò ma apparve stranamente tranquillo, infatti non mollò la presa sul braccio di Briony.

Videro Elijah avvicinarsi a loro nell’immensità del buio, con sadica lentezza come a soppesare ogni singolo movimento.

Briony non riuscì a proferir parola per un bel paio di secondi.

Lo sguardo di ghiaccio dell’Originario inchiodò Stefan, costringendolo all’immobilità, poi tornò a scrutare Briony con chiara attenzione.

Quando si accorse del taglio profondo sulla guancia e di come i suoi vestiti fossero sgualciti, i suoi occhi si strinsero per l’incredulità.

Scansò via Stefan con un braccio, parandosi di fronte a Briony e la analizzò attentamente sfiorandole la guancia con velocità fugace.

Le labbra erano socchiuse ma quando si girò verso Stefan, queste si stirarono in un ringhio malefico.

"Hai finito di vivere, Stefan Salvatore." La voce ridotta a un sibilo fece rabbrividire Briony a causa della sua ferocia; era malevola e pericolosa.

Lei sgranò gli occhi preoccupata. "Elijah, no aspetta!" Ma lui non sembrò minimamente ascoltarla perché tutti i suoi sensi erano rivolti a Stefan, che cominciò a indietreggiare.

"Dovrei staccarti la testa, Salvatore." sibilò diabolico e sicuro, mostrando apertamente la sua collera nera per ciò che credeva avesse fatto il giovane vampiro.

Briony sapeva che quella era l'ultima minaccia poi Elijah avrebbe agito, così cercò di difendere Stefan perché non si meritava di venire appeso a un palo.

"No Elijah! Lui non ha fatto niente!" cercò di dire, prendendolo per un braccio.

Elijah allora si voltò verso di lei, con sguardo allucinato. Gli occhi neri fiammeggianti come se fossero il riflesso della lama di un pugnale.

"Non ha fatto niente?!" ripeté lui puntandole addosso uno sguardo che faceva paura.

Il tentativo di Briony per farlo calmare fu sorpassato dalla voce di Stefan che tentò invano di giustificarsi

Infatti appena Elijah lo sentì fiatare, lo fulminò con uno sguardo intensamente di ghiaccio e non lo stette neanche ad ascoltare.

Briony non riuscì a vederlo per quanto fosse veloce e fulmineo il suo balzo: Elijah si avventò su Stefan con eleganza singolare, afferrandolo per il collo mentre con l’altra mano gli contorse il braccio dietro la schiena, curvandoglielo in maniera innaturale. Stefan gridò dal dolore.

Vedere Elijah in quella situazione era a dir poco spaventoso.

Briony osservava la scena terrorizzata ma uscì dallo stato di shock e cercò di fermare Elijah dall'uccidere Stefan.

"Elijah, no lascialo! Lui non mi é fatto niente, é stata Esther a farlo! Stefan é solo intervenuto per aiutarmi!"

Briony sentiva la tensione nel corpo dell'Originario come una corrente elettrica che scorreva sotto la propria pelle. Ma poco a poco, vedeva che lui reagiva distogliendosi da quello stato micidiale, e finalmente la guardò. La sua faccia era rimasta serrata e le sembrò di scorgere una fiamma riflessa nei suoi occhi di ghiaccio, così lei inconsapevolmente rabbrividì.

Lentamente Elijah lasciò andare Stefan come se nulla fosse, e questi ritornò finalmente a respirare aria pulita e si massaggiò dolosamente il collo.

I suoi occhi incontrarono quelli di Briony che gli rivolse uno sguardo dispiaciuto, poi lui si defilò senza fiatare.

Anche Elijah tacque, tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé. I muscoli facevano ancora trasparire la sua ira di poco prima. Lo sguardo ancora di ghiaccio.

Sembrava che tra lui e Briony scorresse una elettricità agghiacciante e nessuno dei due osava muoversi.

Briony invece dopo qualche secondo abbassò lo sguardo, tremando di paura al pensiero della furia gelida di Elijah. Inoltre avvertì poi il suo sguardo glaciale fisso su di lei, come se le ordinasse di alzare il viso e di guardarlo negli occhi.

Si sentì agitata come mai prima d'ora.

"Fa vedere." mormorò lui ad un tratto avvicinandosi a lei e alzandole il mento per analizzare la ferita. Briony cercò di sfuggire ai suoi occhi, e trattenne il respiro fino a quando lui la lasciò andare.

"Che cosa voleva Esther ancora da te?"

"Minacciarmi come al solito."

Elijah allungò la mano ma poi la ritrasse in maniera quasi assente.

“Sei tanto preoccupata che possa far del male al tuo amico?” Le ultime parole taglienti le pronunciò con gelido astio.

"Volevo solo impedirti di fargli del male per un motivo inesistente.. Lui non mi ha proprio fatto nulla." rispose sincera.

“Domani gli porgerò le mie più sentite scuse.” mormorò Elijah freddo, pur sapendo che non l’avrebbe fatto volentieri. Un’ombra infatti passò sul suo volto.

“Ma perché fai così? Non hai ragione questa volta, si è trattata di una situazione d’emergenza e Stefan è intervenuto per aiutarmi.” Ribattè lei decisa.

Lui ritornò ad essere il classico vampiro che aveva conosciuto all’inizio. Si avvicinò a lei con sguardo freddo e ordinario:

“E vuoi quindi mettere la tua vita nelle mani di chi non gli compete?” domandò semplicemente, guardandola negli occhi. Briony pensò allora che lui non si fidasse proprio dei Salvatore e che quindi potevano loro in primis metterla nei guai.. senza contare che non gli piaceva affatto la vicinanza del minore dei Salvatore. Come se lui soltanto volesse proteggerla, visto che il suo cuore l’aveva già in mano.

Vedendo che lei non rispondeva, lui si avviò via di lì in silenzio con le mani nelle tasche.

Quell’atteggiamento distaccato non le piacque per niente. Era sempre il solito.

“Non ti capisco, Esther mi ha assalito e io ho fatto ciò che andava fatto!” replicò seguendolo.

“E allora è solo questo?” ribattè lui a sua volta, zittendola nel voltarsi. Briony infatti rimase muta, inquieta mentre lo guardava. “Non c’e nient’altro che ti turbi?” richiese lui, stringendo accuratamente la linea degli occhi.

Briony allora deglutì. Elijah era strano perché si era accorto che lei era turbata interiormente, che gli nascondeva qualcosa…. Quel vampiro aveva tutto in modo suo di indagare, e la metteva una tremenda agitazione.

Merda.

“Questa situazione è ovviamente..”

“Ti ho fatto una domanda.” Replicò di nuovo lui, sorpassandola e inchiodandola col suo sguardo freddo. Briony impiegò due secondi per abbattere la paura di come si erano messe le cose.

“No! Perché sei così sospettoso su di me adesso?” domandò lei nervosa e infastidita.

Non ci riusciva a dirgli la verità… non poteva… sarebbe stato un macigno troppo grande per lui da sopportare… piuttosto si sarebbe portata il segreto nella tomba.

Gli si avvicinò per fargli scorgere la sua quasi sincerità ma lui non battè ciglio e rimase gelido. Briony ebbe allora il terrore che lui avesse scoperto qualcosa… che Gwendolyn lo avesse avvisato...

Il cuore le si strinse in una morsa mentre Elijah abbassò poi lo sguardo e lo rialzò:

“Non è su di te ma su mia madre. Ti ha minacciata, ordinandoti di non dirmi qualcosa?”

Il sospetto indagatore nella voce. Briony allora capì che lui aveva ipotizzato che fosse Esther il nemico, che la stesse tenendo in pugno con qualche losca minaccia. Elijah odiava il fatto che la madre le stesse alla calcagna ogni volta che lui girava lo sguardo.

Briony interiormente cacciò via la paura perché le cose non si erano messe terribili come aveva ipotizzato… lui non aveva sospetti su di lei, mai si sarebbe immaginato la verità... aveva solo paura per lei, per la sua incolumità.

Briony se c’è qualcosa..” mormorò lui di nuovo avvicinandosi, con tono meno freddo.

“Non c’è niente, davvero.” Replicò lei subito ma il coraggio di guardarlo dritto negli occhi le mancava. Si sentiva davvero meschina ma non poteva fare altrimenti.

Sentì lo sguardo di Elijah su di sé poi lui decise di indietreggiare, finendo così con l’interrogatorio.

Ma lei purtroppo si lasciò immergere in pensieri dolorosi che l’avevano assalita qualche minuto prima. E non riuscì a ricacciarli.

"Elijah..?" sussurrò timorosamente per attirare la sua attenzione.

"Sì?" Quella voce fredda e disinteressata sembrò affilata come una lama. Sembrava avesse indossato la solita maschera che lei era riuscita ad abbattere dopo che lo aveva conosciuto; quella conversazione spiacevole l’aveva di nuovo reso diffidente e chiuso.

Forse per lei questa era una specie di punizione per essere ciò che era e perché continuava a mentirgli;  la verità terribile che le aveva detto Esther non conosceva spiragli per sfuggirle.

E il sogno…

"Mi dispiace.." sussurrò poi abbassando lo sguardo.

Elijah corrugò la fronte, non riuscendo a capire: "Per cosa?"

Briony deglutì nervosamente, sentendo il cuore marcire per ciò che avrebbe detto.

"Mi dispiace che tu debba sempre correre in mio aiuto come se tu non avessi già abbastanza problemi. Mi dispiace di essere così dipendente da te e di farti correre dei pericoli... E l'ultima cosa che vorrei é che tu ti facessi male a causa mia.." Voleva davvero apparire convincente e risoluta, ma la voce le tremava di continuo a causa del groppo in gola. Non riusciva a convincere se stessa perché il suo cuore continuava a combattere con tutte le sue forze e ad opporsi a quella scelta;  inoltre Elijah la guardava in un modo come se non ci stesse capendo niente infatti assunse la solita espressione dubbiosa.

Il cuore di Briony perse dei colpi quando parlò per l'ultima volta.

"Forse sarebbe stato meglio se tu non mi avessi mai incontrata... Se non avessi mai fatto parte della tua vita… Davvero, dovrei scomparire dalla tua vita.." Una leggera punta di dolore stonò sul suo tono convinto, e gli occhi bruciavano nel tentativo di non far salire le lacrime.

Il tuo amore per lui brucerà la sua umanità, come se fosse un veleno che gli brucia la vita nel sangue.

Elijah la guardò come se avesse appena sputato una blasfemia o un terribile oltraggio. La freddezza del suo voltò si incrinò notevolmente, facendo intravedere tutto il suo tormento.

"Che stai dicendo?" sibilò quelle parole come se ne fosse incredulo.

Briony aprì la bocca ma ne fuoriuscì soltanto un soffio strozzato. Il cuore gridava tutto il suo dolore e le martellava in continuazione nel petto, tanto che ebbe l’impulso di cavarselo per farlo stare zitto.

Ma all'improvviso sentì le mani fredde di Elijah racchiuderle il viso a coppa. Avvampò per quell'improvviso calore che le fece battere il cuore al verso giusto.

"Cosa ti passa per la testa? Non devi pensare neanche per un attimo quello che hai appena detto… Non dubitare mai di quanto tu conti per me.” Le soffiò sul viso con voce più profonda.

Briony rimase ammutolita e si fece avvolgere dal suono della sua voce. Lasciò che quelle parole le echeggiassero più volte nella mente, stordendola.

"Soltanto di una cosa devi dispiacerti… Di voler scomparire dalla mia vita per sempre." Fece un pausa prima di continuare con lo stesso tono di voce “Non farlo mai.”

Lo sguardo si fece intenso, in modo tale che lei quasi non riuscì a sopportarlo. Sembrava ardesse. Non l’aveva mai visto così bello e il chiaro di luna illuminava i suoi occhi, facendo intravedere l’ombra delle emozioni che stava provando.

Le mani di Elijah le intrappolavano ancora il viso e questo le impedì di scuotere la testa. Perché lei non voleva scomparire dalla sua vita. Non esisteva un dolore peggiore e più mortale di quello... Ma doveva farlo… Era necessario per la sua incolumità.

Quando però ricambiò lo sguardo intenso di Elijah, capì che non ci sarebbe mai riuscita. Alla fine sarebbe ritornata da lui, a piangere e a pregarlo di trovare una soluzione così non si sarebbero mai lasciati.

Si sentiva una lurida egoista nel non voler rinunciare a Elijah sebbene i rischi che correvano, e le bugie che avrebbe dovuto raccontargli. Ma mai nella vita si sentiva più sicura di voler combattere per qualcosa: voleva dominare quel destino infausto che era ricaduto su di lei, non voleva mollare se così facendo avrebbe perso ciò che più contava. Finché sarebbe esistito un barlume di speranza, lei non avrebbe ceduto. Si sarebbe aggrappata a questo con la forza della disperazione.

"Elijah, io.." cercò di ribattere, ma lui la bloccò.

"Non parlare." mormorò lui con un tono di voce così basso, che le fece venire le vertigini.

Tuttavia un appello alla sincerità mista alla preoccupazione si fece largo in lei, non sentendosi degna.

“Ma se tu dovessi..”

L’Originario però ne aveva abbastanza delle congetture. Rafforzò di più la presa contro il suo viso, come per scacciare le sue incertezze. “Non ti ho sempre detto che voglio che i miei comandi vengano sempre eseguiti? Non.parlare.” la provocò lui con singolare autorità.

Se fosse stata in sé, Briony gli avrebbe mollato un pugno e detto che con lei le cose non andavano così, ma invece si lasciò immergere dal desiderio di lui che era anche quello di lei. Non ce la faceva più a resistergli, a far finta che potesse continuare a sopravvivere senza di lui. Lasciò semplicemente che lui prendesse in mano le redini di quella notte, di quella situazione caotica, del suo corpo e del suo stesso cuore. Sapeva che non avrebbe avuto niente di cui lamentarsi.

Elijah si avvicinò con il viso a quello di Briony e rimase a pochi millimetri dalle sue labbra per qualche istante. Poi quando lei credette di non poter più resistere, o di svenirgli tra le braccia, gli sussurrò un “dispotico” in segno di vendetta e lui un secondo dopo le chiuse letteralmente la bocca, fondendo intensamente i loro respiri.

Elijah scacciò subito la dolcezza per tramutare quel bacio in qualcosa di più profondo e intenso, di cui entrambi abbisognavano. Le cinse la schiena con le braccia e la strinse a sé con bramosia, mentre Briony ricambiò il bacio con maggior intensità, come se stesse pensando che farlo l’avrebbe spedita all’inferno ma ne sarebbe comunque valsa la pena. Una mano del vampiro si adagiò sul viso di lei, piegando di più la bocca per stuzzicarle il palato.

Nella foschia delle sue vertigini, Briony si aggrappò a lui con forza quasi violenta, conficcando le dita nelle sue spalle. Automaticamente alzò di più il viso verso il cielo e Elijah scese a baciarle il mento con avidità e poi ogni angolo del suo volto, quasi con adorazione.

Briony pregò l'aria di ritornare ai polmoni perché le mancava da troppo tempo il respiro, ma constatò che quel fuoco che sentiva tra lei e Elijah era il suo ossigeno, e quindi lo assaporò per non soffocare.

Elijah tornò poi alle sue labbra e le dischiuse delicatamente, avvolgendo le mani nel suo viso. Instaurò una breve distanza tra loro e Briony non poté che immergersi nel pozzo dei suoi occhi neri.

Elijah le accarezzò lievemente i capelli mandandola di nuovo in fibrillazione, ma successivamente lui assunse una strana espressione… Come quella mattina che aveva voltato lo sguardo via da lei con un’espressione indecifrabile, ma che nascondeva sotto la sua maschera di distacco qualcosa che lo turbava profondamente. Tuttavia non lo lasciò trapelare a lungo, come se non volesse fare ricadere su di lei i suoi affanni e le sue angosce.

Come al solito infatti il guizzo nei suoi occhi neri scomparve proprio come era venuto, non lasciando nessuna traccia e non dando la possibilità Briony di capirne l'origine.

Lei strinse gli occhi mentre lo fissava, ma Elijah appariva perfettamente calmo e continuava a stringerla a sé. Forse non doveva aggravare troppo la situazione per immaginazioni sue… era già troppo pesante il tutto.

Briony lo guardò poi dritto negli occhi, cambiando espressione e sentendo il battito del cuore accelerato.

"Dimmi che andrà tutto bene. Che staremo insieme... Anche se dovessero rimanere solo parole.” Mormorò con occhi lucenti e pervasi di nuovo dal dolore nel sentire la voce malefica di Ester. Le bastava comunque che lui gliele dicesse… le bastava solamente quello, per mettere a tacere il cuore impazzito.

Elijah inarcò il sopracciglio, sorridendo lievemente. "Non resteranno solo parole, Briony." mormorò mettendole un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.

Le guance di Briony si tinsero di rosso mentre abbassava imbarazzata lo sguardo.

Elijah la strinse nuovamente a sé, come se volesse annientarla in se stesso.

Briony si lasciò avvolgere da quelle braccia forti come se fossero l'unico appiglio per sopravvivere. Finalmente sentiva il cuore battere al modo giusto, non a causa del dolore o dell'angoscia, ma per ciò che sentiva il quel momento: amore, speranza, accettazione.

Affondò il viso sul suo petto, ispirando forte il suo profumo.

E per la prima volta in quei giorni si sentì al sicuro… che neanche il male più spregevole avrebbe potuto abbatterla, finché sarebbe stata con lui.

 

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Ylenia entrò nella sua camera del motel e mise subito le chiavi sul tavolo. Si sedette sul letto esausta: aveva passato il giorno a cercare qualche espediente per aiutare Briony ma sapeva fin dall'inizio che era tutto inutile... che non c'era speranza affinché lei cambiasse la sua natura. Prima o poi le parole di Esther e Gwendolyn avrebbero avuto fondamento, era solo questione di tempo.

L'attenzione di Ylenia si rivolse al secondo cassetto del suo comodino. Non sapeva perché ma aveva l'impulso di aprirlo e vedere ciò che nessun altro occhio poteva scorgere, all'infuori di lei.

La strega pronunciò alcune parole incomprensibili e quando aprì il secondo cassetto, all'interno c'era un libro bianco. Non molto grosso ma che comunque occupava gran parte dello spazio. Briony non aveva potuto vederlo quando si era infilata a casa sua perché una potete magia nascondeva quel libro misterioso da occhi indiscreti.

Ylenia lo prese tra le mani con enorme delicatezza, come se avesse paura che si sbriciolasse all'improvviso.

La copertina era tutta bianca incorniciata da strani simboli mitologici o aztechi. A prima vista sembrava davvero vecchio infatti era un pochino usurato, e Ylenia lo sfogliò con cura.

Sospirò rumorosamente quando le sue mani toccarono un foglio diverso da tutti gli altri, come se non c'entrasse minimamente con le altre pagine. Infatti appena lo alzò si poteva dedurre che quello strano foglio, che appariva una pergamena sgualcita, non appartenesse al libro bianco.

Ylenia rilesse quel foglio per l'ennesima volta anche se le scritture erano illeggibili, come se le parole fossero state scritte al contrario. Arrivando alla fine della pagina, a Ylenia tornò in mente un ricordo di secoli prima che a solo pensarci le venne la nausea.

In quel flashback lei, con abiti d'epoca, stringeva la mano ad un uomo e sorrideva con un sorriso malefico.

Il ricordo si interruppe lì perché Ylenia non voleva più ricordare.

Ma quell'istante aveva cambiato per sempre la sua vita... E avrebbe diffuso in futuro soltanto male..

 

Fine capitolo!

Bleach! Questo capitolo non mi convince per niente, volevo mettere qualche scena in più ma avevo paura di farlo lungo quanto la divina commedia.. E so che voi dopo vi stancate.

Probabilmente alcune cose non vi appariranno chiare ma spero che comunque continuerete a leggere la mia storia perché presto le mie idee diaboliche verranno svelate ;) Nel prossimo capitolo darò anche più spazio a Elijah.. Per la gioia dei vostri occhi e ormoni, e anche ad Ylenia :-)

Concludendo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio come sempre chi recensisce (amo troppo i vostri commenti <3) e chi ha inserito la storia tra le preferite, seguite e ricordate!

Ah spero anche che vi piaccia l’immagine che ho creato di sana pianta! Certo vedere Briony che piange sangue è un po’ cruda come scena… ma ormai mi conoscete muahahaha.

 

Alla prossima!! Buon weekend ^^

 

 

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Capitolo 14
*** So I stayed in the darkness with you -1 parte- ***


11 CAPITOLO- 1 PARTE

-So I stayed in the darkness with you-

 

La tua ora é suonata quando ti ho conosciuta.

Twilight

 

Finn camminava a passi lenti lungo le vie di Mystic Falls: avevo lo sguardo alto, il portamento elegante tipico di un uomo dei suoi tempi, e l'espressione rilassata in viso come se non avesse alcun problema al mondo quando in realtà ne doveva avere parecchi. La sua passeggiata solitaria venne però interrotta da un'altra presenza che a lui risultò poco gradita.

"Sai che camminando in quel modo sembri uno di quei modelli di Dior?"

Finn non ebbe neanche la voglia di girarsi perché aveva già riconosciuto quella voce.

"Che cosa vuoi Ylenia?" mormorò infastidito alzando gli occhi al cielo.

Lei scrollò le spalle. "Cosa ti fa pensare che io voglio qualcosa da te?"

"Perché tu non fai mai niente per nulla. Ora dimmi cosa vuoi così te ne puoi andare subito." Il tutto senza degnarla di uno sguardo.

Ylenia si bloccò imperterrita. "Si può sapere perché mi tratti così? Cercavo solo di essere gentile."

Finn allora si fermò e la osservò. Il viso di lui era sempre teso, pieno di rancore e ci volle molto della propria volontà per cercare di calmarsi e apparire gentile.

"Parla allora." la liquidò con un gesto della mano.

Ylenia si morse il labbro, evidentemente anche lei tesa.

"Ho saputo che sei ritornato dai tuoi fratelli... Come stai? Sei sempre dell'idea di voler morire?"

Finn alzò il mento, lo sguardo duro e impenetrabile.

"Niklaus mi ha portato qui con la forza e ho acconsentito al suo piano per spezzare l'incantesimo di nostra madre.. Ma non ho cambiato idea sulla mia natura... Non ho cambiato idea su nulla." rispose duramente, rivolgendole uno sguardo eloquente che non tralasciava dubbi sui suoi pensieri.

Ylenia sviò lo sguardo per non leggere in quello di Finn quello che temeva di vedere, ma che sapeva di meritare.

"Posso capire la tua reticenza.. Hai sempre odiato ciò che eri e anche adesso con la tua famiglia non sei cambiato.. Ma la morte non é la soluzione giusta per espiare le proprie colpe... E io non voglio che tu muoia." Le ultime parole le pronunciò alzando lo sguardo e incrociando quello di Finn. Gli occhi della donna erano pieni di sincerità, ricolmi di ricordi che non poteva dimenticare e che non volevano proprio morire per permetterle di non logorarsi.

Finn stranamente cambiò espressione.. Divenne meno duro e vigile, qualcosa nei suoi occhi brillò in quegli istanti e le labbra sembravano curvarsi in un sorriso. Ma che divenne in due secondi freddo e terribile.

"Strano sentirlo da te... Visto che a mettermi in quella bara sei stata tu."

Ylenia aprì la bocca turbata da quell'affermazione che voleva sempre negare; di nuovo il senso di colpa riemerse fuori controllo.

"Non è vero.." tentò invano di giustificarsi, scuotendo la testa ma nulla che poteva dire sembrava importare a Finn. Non voleva neanche ascoltarla.

"No? Forse in quei momenti le mie vene si stavano rinsecchendo ma avevo ancora una bella vista.." le puntò uno sguardo estremamente duro e Ylenia trasalì, non sapendo cosa dire. Forse perché non c'era nulla da dire.

"Tu e Niklaus siete proprio una coppia perfetta.. Vi meritate a vicenda visto che siete entrambi due egoisti pronti a tutto per ottenere ciò che volete. Perché non vai da lui a esporre il tuo monologo? Io ormai non ci casco più." Con un ultimo e più intenso sguardo di ghiaccio, Finn liquidò la questione e se ne andò via lungo il marciapiede, spalleggiandola di proposito.

Ylenia questa volta non oppose resistenza. Lo lasciò semplicemente andare, rimanendo immobile come una statua. Peccato che le statue avevano sempre uno sguardo vuoto, mentre il suo era ricolmo di sentimenti così affollati che era difficile distinguerli l’uno dall’ altro.

Sorrise dentro di sé, pensando che Klaus era l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento e anche per sempre. Poi ovviamente non l'avrebbe trattata con gentilezza e anche se non sembrava, i due avevano parecchi conti in sospeso e alcuni impossibili da saldare.

"Agnes ti saluta dal mondo degli inferi, dove tu l'hai spedita"

Il dolore sembrò ritornare, sull'orlo di straripare come un fiume al ricordo di quelle parole pronunciate da un ibrido sotto ordine di Klaus, ovviamente.

Ylenia scosse la testa pur di non pensarci e tentando di rinchiudere il dolore in un angolino buio della sua mente.

Ma quel sentimento era sempre stato lì, sepolto da centinaia di strati di freddezza e indifferenza a tutto. Ma era lì.

E mai come in quel momento sembrò riemergere, schiacciando ogni cosa.

 

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Perché dovrei andare a una festa idiota degli anni '20?

Si ripeteva Briony all'infinito leggendo il messaggio di sua sorella nel cellulare. Era stato un messaggio semplice, privo delle solite faccine: "Stasera abbiamo organizzato una festa a scuola in stile anni '20. Spero di vederti così avremo l'occasione di parlare. Mi manchi. Caroline."

Quelle parole erano i classici spiragli di debolezza che Briony provava  nei confronti della sorella e quindi le concedeva tutto, sempre e comunque. Quando erano bambine, Caroline correva sempre da lei quando aveva un problema oppure quando piagnucolava per un brutto sogno. Briony ogni volta sbuffava ma alla fine cedeva sempre, vinta dall'affetto enorme che provava per la sorella minore.

Ma ora si sentiva solamente stanca, come se le si fossero esaurite le risorse di energia e ogni cosa era concentrata sul dolore da quando aveva scoperto quella verità terribile. Non aveva certo la forza per combattere anche le guerre di Caroline.

Però forse distrarsi un  le sarebbe servito a riempire quel vuoto che sentiva, e buttare la sofferenza come fosse spazzatura della quale voleva disfarsi subito. Anche se di certo una festa non poteva farla sottrarre dalla realtà che l'attanagliava inesorabilmente, come uno squalo assetato di sangue, o dal dolore che faceva breccia ogniqualvolta che la consapevolezza di poter far male a Elijah o a chiunque altro che amava prendeva il sopravvento, logorandola nella sua morsa. E quella morsa si faceva sentire in ogni minuto, in ogni ora. Diventando sempre più stretta.

Però comunque per una sera poteva fare finta di non pensarci e tentare di ridere come facevano le ragazze alla sua età con accanto la persona che amavano. Perfino l'espressione del viso di Briony si convinse e in quel momento formò una maschera di assoluta tranquillità, come se niente la turbasse.

Sarebbe riuscita a reggere finche Ylenia non avesse trovato la soluzione, salvandola?

Scosse la testa perché non voleva essere turbata da cattivi pensieri... Si era già logorata anche troppo attraverso le lacrime, l'unica cosa che poteva fare al momento era combattere per ciò che amava, per il futuro che desiderava.

L'unica cosa su cui era dubbiosa era sul vestito da mettere alla festa e ovviamente nell'armadio non c'era un vestito in stile anni '20. Salì le scale per raggiungere la camera da letto e cercare qualcosina da mettere per l'occasione; ma non appena cercò di accendere la luce, le lampadine del lampadario saettarono come impazzite e alla fine si spensero del tutto, inondando la casa di un buio totale.

Briony sbuffò imbestialita cercando più volte di accendere l'interruttore, invano. L’unica luce all'interno della stanza era quella fioca che penetrava attraverso le tapparelle della finestra.

Si girò per uscire dalla stanza, quando si scontrò con qualcosa di duro come il marmo e sobbalzò allarmata visto che in quel punto della stanza non doveva esserci nulla. Trasalì un'altra volta alzando le mani come per difendersi, quando sentì un braccio vigoroso cingerle la schiena.

"Briony?"

Quel sussurro interrogativo la fece riportare immediatamente alla realtà in un botto, e le mani inconsapevolmente finirono su quel petto scolpito che sembrava infatti di marmo. Non lo aveva riconosciuto visto che nella stanza la luce era terribilmente fioca che non si vedeva niente, ma le era bastato sentire la voce e quella pelle gelida sotto le sue dita per identificare quella figura nell’ombra.

“Credevo che le buone maniere ti imponessero di bussare.” rispose lei solamente con una risatina, avvertendo una scossa elettrica sul punto in cui le mani di Elijah sfioravano la sua schiena.

Sentì il sorriso nella voce di lui.

“Ti ho vista al buio e mi sono chiesto quale altra stramberia avessi in mente.”

Briony rise un’altra volta per schiacciare l’agitazione: ovviamente si riferiva al fatto che lei il giorno prima lo volesse lasciare anche se chiaramente non ce l’aveva fatta e aveva finito soltanto per sputare frasi contorte e senza senso. Alla fine si era resa conto per fortuna che non ce l’avrebbe mai fatta a sopravvivere senza di lui, soprattutto da come lui le aveva parlato e l’aveva stretta a sé.

Di nuovo la smania di combattere con tenacia, e pregò il Signore che Ylenia trovasse una soluzione prima che Elijah capisse la verità.

Se lui lo avesse saputo…

Sommerse subito quel pensiero e tornò a guardare Elijah in volto, che era oscurato da un’ombra scura.

“La luce come al solito mi ha abbandonata, tutto qui.”

Anche se non riuscì a vederlo nettamente in viso, percepì che il vampiro alzò scrupoloso il sopracciglio destro e malauguratamente sentì anche che il suo braccio la lasciava.

Elijah fece alcuni passi, perfettamente dritti verso l’uscita della stanza e provò ad accendere l’interruttore, come se lui fosse il mago della luce.

Ma visto che la stanza era sempre in penombra, Briony allargò le braccia e cercò di dirigersi verso di lui.

“Visto?” Ma non riuscì a finire la frase che urtò contro un mobiletto che non aveva visto a causa del buio e incespicò in avanti, imprecando fra sé e sé di essere così maldestra.

Ovviamente però il ginocchio non finì a terra perché Briony sentì un braccio sorreggerla, e goffamente si aggrappò su di esso per non cadere.

Udì la risata lieve di Elijah sui capelli: “Sei ancora tutta intera?” domandò, tirandola  delicatamente.

La ragazza fece un leggero broncio e le guance si arrossarono: “Tu hai una vista super arguta, mio caro. Io no.” Rispose sentendo un formicolio costante nella mano che sfiorava il braccio di Elijah, scivolando poi sopra il suo petto come se avesse preso vita propria. Abbassò lo sguardo cercando di non far trapelare il suo rossore per quell’improvvisa vicinanza, anche se dubitava che lui non se ne fosse accorto. Lui si accorgeva sempre di tutto.

Trasalì a quel pensiero, e anche perché le mani gelide di Elijah cominciarono a sfiorarle delicatamente i capelli. “Sarà soltanto un cortocircuito.”

Briony scrollò le spalle, sentendo ogni parte del suo essere bruciare a fuoco mentre l’altra mano di Elijah scese fin giù la sua schiena. Sentiva il suo respiro fresco sulla fronte farsi sempre più vicino.

“Stai usufruendo del buio per provarci con me sfacciatamente, Elijah Mikaelson?” domandò lei in un sussurro spezzato.

Lo sentì sorridere furbamente mentre continuava a toccarla: “Non ho bisogno del buio per fare questo.” E così dicendo appoggiò delicatamente le labbra sulle sue. Briony sentì scatenarsi mille scintille dentro il suo corpo e con dispiacere sentì le labbra di Elijah allontanarsi dalle sue, ma solo per baciarle avidamente la pelle dell’orecchio sinistro.

Con un sospiro la guancia di Briony finì aderente contro quella di Elijah mentre lui continuava a torturarla, e fu un sollievo per lei sentire la freddezza della sua pelle spegnere l’incendio che divampava lungo tutto il corpo.

Per fortuna era buio e non si vedeva niente, perché lei si stava davvero surriscaldando e liberò per un attimo la sua mente da ogni pensiero.

Sentì Elijah spostare con lentezza il viso, e il suo respiro sulle labbra la fece stordire. Lui passò parecchi secondi così, allungando quella dolce tortura che la faceva fremere.

Ma poi la baciò, lentamente come stesse assaporando le sue labbra e il loro sapore. Briony strinse sempre di più la presa sul tessuto della giacca di Elijah, avvicinandosi di più a lui.

Percepì il corpo del vampiro spingere contro il suo, come se volesse farla indietreggiare, e lei reagì al suo muto ordine. Cominciarono a indietreggiare verso il letto, scambiandosi continuamente dei piccoli baci delicati.

Ma purtroppo i piedi di Briony incespicarono contro lo stesso mobiletto di poco prima e lei subito lo maledisse col pensiero. Le loro labbra si staccarono e Briony rise fra sé e sé per come il suo corpo si era sbilanciato convulsamente pur di non cadere; anche Elijah dopo un po’ si unì alla risata tenendola comunque stretta a sé.

Briony si mise le dita nei capelli per scacciare l’imbarazzo e appoggiò poi le mani sul petto di Elijah per tenersi in equilibro. Man mano sentiva il fuoco dentro di lei acquietarsi diventando quasi normale, sebbene Elijah continuasse a scrutarla nell'oscurità creando strani giochi di luce attraverso le tapparelle aperte della finestra.

“Stasera c’è un ballo alla scuola di Mystic Falls. E si dà il caso che mi serve un cavaliere altrimenti dovrò accomodarmi insieme alle ragazze single.” ammiccò lei con una risata, indietreggiando lentamente e questa volta intenta a non cadere.

Elijah alzò il sopracciglio, scrutandola in volto estremamente divertito.

“Mi sento in obbligo di venire con te allora. Giusto per mettere in chiaro le cose se qualcheduno dovesse avere strani pensieri.” La voce vellutata si tradì con una punta d’asprezza soprattutto nell’ultima frase.

Briony sapeva a cosa si riferiva: ovviamente Elijah non vedeva di buon occhio Stefan Salvatore soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti... e se uno sguardo poteva uccidere… ma almeno l’altra sera aveva fermato in tempo Elijah prima che lui la facesse pagare al giovane vampiro, immeritatamente. E poi lei non aveva alcun interesse verso Stefan, lo considerava solo un amico.. senza contare che lui stava con Elena. Anche se l’ultima volta che aveva controllato, lei si strusciava addosso a suo fratello Damon. Ma magari ora le cose erano cambiate visto che Elena Gilbert aveva il vizio di andare di qua e di là come una farfalla.

“Lo stile sarà sugli anni ’20. Quindi preparati.”

La smorfia sul viso impostato di Elijah la fece ridere. “Non commentare ti prego, odio gli abiti di quell’epoca. Ma è stata tua sorella Rebekah a scegliere questo tipo di serata, quindi lamentati con lei.”

Elijah scosse la testa, rivolgendo lo sguardo altrove, quando la curiosità montò sul cervello di Briony.

“E tu com’eri negli anni ’20? Dovevi per forza avere uno strano look.”

Un angolo della bocca di Elijah si sollevò. “Non mi farai dire niente.”

Briony sospirò divertita. “E dai. Hai vissuto più di mille anni, certa gente se lo può solo sognare. Raccontami un po’ qualcosa del tuo passato che non mi hai detto. Una di queste sere ti obbligherò a raccontarmi tutto.” sghignazzò ma poi la risata si distorse a causa di un urlo interiore, straziante, che voleva venire a galla a tutti i costi in quel momento. Qualcosa nel suo cervello pianse pensando che lei non gli avrebbe mai potuto raccontare quella tremenda verità. Il suo cuore si spense per l'ennesima volta.

Briony cercò comunque di apparire normale, ma non ci riuscì. E non per colpa sua. Ma a causa di Elijah.

Anche se non poteva vederlo bene, intuì alla perfezione che il suo viso si era contratto alle sue parole, che i suoi occhi erano diventati neri come le tenebre e che le mani distese lungo i fianchi si fossero strette in un pugno micidiale per sopportare qualcosa che lo attanagliava dentro.

Lei riuscì a leggere tutto queste cose in lui come un libro aperto che stava appena sfogliando, ma che comunque indossava dei caratteri quasi invisibili da saper tradurre alla perfezione.

Briony serrò gli occhi cercando di intuire l’origine di quella sua improvvisa freddezza e glacialità, quando la voce indecifrabile di Elijah ruppe il silenzio nella stanza come lo scoccare di una frusta omicida.

“Se ti dicessi tutto di me, te ne andresti da quella porta per non tornare mai più.”

Briony aprì la bocca, sbalordita da quelle parole dure perché lei era sicura che non lo avrebbe mai fatto e ne fu sconcertata che lui pensasse quelle cose.

Cercò comunque di comprendere le sue strane parole, quando all’improvviso la luce ritornò nella stanza.

E mai come in quel momento Briony non avrebbe voluto che ritornasse.

Quello che aveva davanti non era Elijah, era il fantasma del suo passato che lo inseguiva e aveva preso infine il suo posto. Il viso appariva glaciale, non faceva trapelare nulla se non distacco e inquietudine. Si poteva anche percepire che i suoi muscoli erano tesi e irrigiditi. Nei suoi occhi neri non brillava la benché minima luce. Appariva una statua terribile, martoriata dal disprezzo per se stesso e quello degli altri.

Sembrava sinceramente convinto di ciò che aveva detto, e ogni sua espressione era dura e severa. Quasi terrificante.

Inconsciamente un brivido di panico percorse la schiena di Briony fino ad irrigidire anche lei.

“Non parlare in quel modo, Elijah.” Sussurrò flebilmente, scuotendo la testa e facendo intravedere come i suoi occhi verdi brillassero per dimostrare la sua sincerità e sicurezza. “So che ci sono cose del tuo passato di cui ti vergogni profondamente… ma niente mi farà mai cambiare idea su di te e la persona che sei.”

Si avvicinò a lui cercando di confortarlo con gli occhi e con le parole, e incitandolo a parlare qualora ne avesse bisogno, ma lui sembrò non ascoltarla neanche.

Gli occhi dell’Originario vagarono in un punto sospeso davanti a sé, e nelle rare occasioni in cui la guardava sembravano vuoti, riempiti solo dal nulla.  

Ad un tratto uscì dalla sua immobilità e alzò lentamente una mano per sfiorare la guancia di Briony con il palmo.

Ma la carezza che le regalò era fredda.

“Sei così innocente, Briony Forbes…” la sua voce era appena udibile, soave come una carezza ma anche pungente come una lama fredda.

Neanche il fremito di un’emozione attraversò il suo viso di ghiaccio mentre la guardava.  E a causa di ciò, Briony trasalì mentre alzò titubante la mano per toccare quella di Elijah, ancora impressa sulla sua guancia.

"Se c’è qualcosa che ti turba... Io sono qui." E gli lanciò uno sguardo pieno d'amore.

Anche lo sguardo di Elijah sicuramente lo era, ma non solo... Dentro vi era qualcos'altro che la fece rabbrividire.

La ragazza deglutì ansiosa mentre Elijah abbassò la mano e ritornò al classico stato di glacialità. Fra loro spiccava un silenzio vibrante e pesava su entrambi, insopportabile e dilaniante sulle spalle.

“Elijah? Che c’è?” domandò lei interrogativa.

L’Originario fece una mossa impercettibile con la testa: “Nulla.” Rispose meccanicamente.

Briony tuttavia lo guardò di sottecchi: era strano e non ne capiva il motivo. E non l’avrebbe mai capito intuitivamente se non fosse stato Elijah a fare la prima mossa. Ormai lo conosceva bene.

Infatti Elijah appariva rigido, come se avesse confinato i suoi sentimenti in un luogo buio dove nessuno potesse vederli.

Capendo che non ne avrebbe ricavato niente in quel momento, solo un diverbio a senso unico, Briony si tirò indietro facendo un sorriso sforzato.

"Allora.. Ci vediamo stasera? La festa farà sicuramente risollevare tutti." Esclamò per spronarlo, ma attorcigliandosi allo stesso tempo le mani perché in realtà voleva chiedergli molto di più, ma sembrava anche lei imbalsamata dentro quell’oscurità che l’Originario si portava appresso.

Elijah si riscosse all'improvviso dalla sua immobilità. Come risposta fece solamente un sorriso freddo e basta, per poi andarsene senza proferir parola. Come se neanche respirasse.

Briony sussultò per quell'atteggiamento e le sue labbra tremarono per la smania di parlare senza però riuscirci; la mente assalita da dubbi a cui non riusciva a dare risposta. Ma si ripeteva che non c'era niente di cui preoccuparsi, che sarebbe andato tutto bene e che presto tutti i suoi problemi sarebbero stati risolti. Ritornando alla normalità.

Ma una strana ansia l'assalì all'improvviso... Come se dopo aver fatto un passo in avanti si fosse ritrovata a precipitare nel vuoto più nero.

 

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Elijah ritornò a casa a passo lento come se ogni camminata gli costasse uno sforzo immane. Si poteva intravedere dalla rigidità delle sue spalle quanto i suoi nervi fossero tesi, e la durezza del suo sguardo mentre incrociava il suo riflesso allo specchio davanti a sé non faceva trapelare nulla. Come se fosse vuoto.

"Hai adottato lo stesso vizio di Kol di guardarsi perennemente allo specchio?"

La freddezza aumentò di colpo quando vide Klaus avvicinarsi con un sorriso beffardo.

Elijah sviò lo sguardo e fece alcuni passi nel salotto. "Che cosa vuoi Niklaus?"

"E’ casa mia!" rispose lui allargando le braccia come se fosse una scusante.

"Anche se questo ve lo siete dimenticati quando mi avete bandito l'altra sera." strozzò una risatina ma era ovvio che il viso si era incupito per l'umiliazione che aveva subìto.

“Era una serata in famiglia, non potevamo trascorrerla con colui che l’ha distrutta.” La risposta di Elijah fu chiara e netta. Inequivocabile. Non si prese neanche il disturbo di guardare in faccia Klaus per dimostrare la veridicità delle sue parole, non ne aveva bisogno.

Klaus sentì qualcosa spezzarsi dentro il suo animo corrotto da secoli, la rabbia che covava lasciò il posto alla delusione macchiata da un sottile dolore per ciò che il fratello aveva appena detto. Ma ricacciò subito quelle emozioni come se ne fosse nauseato o perché non gli servivano in quel momento per i suoi scopi.

“Non c’è bisogno che la metti sul personale, Elijah. Volevo solo parlarti.” Lasciò la frase in sospeso per vedere se avrebbe attirato l’attenzione e la curiosità del fratello maggiore, ma così non fu.

“Sicuro? Non hai già abbastanza problemi?” bisbigliò Elijah con durezza e sarcasmo, convinto che infatti ogni loro conversazione sfiorasse in una fervida litigata, se non peggio.

Klaus scrollò le spalle, per nulla turbato da quella provocazione.

“Volevo solo avvisarti che anche io andrò alla festa di stasera organizzata da Rebekah. E’ un’occasione in più per tenere alta la guardia nel caso in cui nostra madre si faccia vedere con uno dei suoi soliti trucchetti… ma spero comunque che ci divertiremo veramente. A te una Forbes, a me l'altra.”

Elijah questa volta alzò lo sguardo, incrociando quello di Klaus in una fulminata glaciale.

“Dovresti essere contento. E’ la prima volta che non ci contendiamo la stessa ragazza.. anche se le nostre accompagnatrici di stasera hanno lo stesso sangue... alla fine saremo tutti una grande famiglia felice.” Il tono di voce di Klaus era neutro, come se non vi albergasse la benché minima emozione o nessun interesse mentre parlava. Sebbene il sorriso beffardo che gli si formò sul volto faceva trapelare ben altro.

Elijah scosse la testa infastidito, con l’intenzione di chiudere subito quella conversazione: “Vedi di non creare guai stasera. Non sistemo più i tuoi casini come un tempo, quindi controllati.” mormorò indifferente, lasciando la stanza.

“Cosa ti fa credere che lo farò?” chiese Klaus per farlo fermare e andando più vicino a lui col suo solito sorrisetto, come se lo stesse provocando di proposito.

Elijah alzò il viso, ovviamente infastidito per quella raffica di domande ma cercò di non darlo a vedere, restando completamente calmo.

“Forse perché sei particolarmente risoluto e spietato.” Menzionò quelle parole con una semplicità efficace, quasi ne fosse convinto e ne avesse visto le conseguenze.

Klaus alzò le spalle, come se lo avesse appena premiato con una medaglia.

“Sì, riconosci queste qualità in me perché le possiedi anche tu.” Anche le parole di Klaus furono pronunciate con la stessa semplicità di Elijah di poco prima, totale convinzione come se quelle colpe fossero macchiate sul viso del fratello maggiore.

Elijah smise di guardare un punto indefinito di fronte a sé e girò il viso verso Klaus. Non lo stava fulminando, nemmeno criticando per ciò che aveva appena detto. La sua compostezza, mista alla classica freddezza che lo caratterizzava, dimostrava che le parole di Klaus erano davvero vere. Tremendamente vere.

Ma un bagliore che gli attraversò gli occhi all’improvviso dimostrò che aborriva quel lato di sé, e ancor di più esternava il puro tormento di non poter negare o combattere quella verità che lo inseguiva da troppo tempo.

Suo padre gli aveva insegnato che uccidere il proprio nemico senza pietà era una virtù. Che non bisognava provare la minima emozione quando punivi qualcuno per aver tradito la tua fiducia o la lealtà che ponevi in lui.

E c’era un tempo in cui Elijah lo faceva.

 

*Inizio flashback*

Elijah era sempre stato un uomo d’onore: quando dava la sua parola la manteneva sempre, accurava ogni singola frase mentre parlava, senza mai scomporsi, o andare troppo oltre per non permettere a nessuno di conoscerlo per come era veramente al di là della sua facciata da autoritario Originario freddo.

Era un predatore solitario, che si emarginava ogni qualvolta che qualcuno tentava di avvicinarsi a lui o tentasse di fargli ricordare com’era sentirsi umani, quando nemmeno lui se lo ricordava o forse non desiderava neanche farlo.

Perché sicuramente l’Elijah umano avrebbe aborrito tutte le azioni spregevoli che aveva compiuto in mille anni e tutte le vite che aveva tolto spudoratamente.

E per vivere con quell’orrore che era la sua natura, aveva deciso di imporre tra lui e il resto del mondo un corazza freddissima e indistruttibile che racchiudeva il suo vero animo, perché non voleva che nessuno ci entrasse o peggio lui stesso; allontanava chiunque avesse il desiderio di farlo perché il suo carattere era sempre stato chiuso e schivo fin da umano. Non concedeva mai nulla di se stesso, figuriamoci dei sentimenti.

Ma soprattutto si era costruito quell’armatura per non permettere a nessuno di scorgervi cosa ci fosse all’interno pur di non far accendere quella fiamma che ancora rappresentava la sua umanità. Forse perché si sentiva di non meritare di possederla. O forse non voleva che qualcuno scorgesse in lui delle debolezze al fine di riaprire vecchie ferite o colpe che dovevano rimanere emarginate per sempre.

Se Klaus saldava le sue relazioni con la paura o con la rabbia, Elijah non le saldava neppure. Gli era sempre bastato ciò che aveva, non temeva affatto la solitudine dell’immortalità e rimaneva distaccato con chiunque, come se nessuno al mondo avesse il dono di fare breccia dentro la sua corazza.

Ma quando scoprì la verità sulla sua famiglia cambiò tutto.

Non appena capì che Klaus aveva ucciso i suoi fratelli e le sue sorelle, sparpagliando i corpi in mare, perse totalmente la ragione e la freddezza che lo contraddistingueva. Si mise a cercare quel fratello ignobile in capo al mondo pur di vendicare quella famiglia che amava e che aveva sempre amato. Era l’unica cosa di cui gli importasse veramente, e Klaus gliela aveva portato via. Elijah ebbe pure dei dubbi sul fatto che Gwendolyn avesse ragione quando aveva accusato Klaus della morte della madre, ma nessuno le aveva creduto.

A quel tempo, Elijah viveva solo per la vendetta. Si cibava di crudeltà. Espirava soltanto la paura terrificante che gli altri provavano nell’averlo accanto.

La sua caccia ebbe finalmente dei risultati in una città del Canada, Detroit. Ma non ottenne i risultati sperati. Tutt’altro. Elijah non si era mai reso conto di quanto la posta in gioco fosse alta.

 

 

Era finalmente riuscito a scoprire il luogo in cui si trovava Klaus grazie alle informazioni che alcuni vampiri gli avevano fornito. Ovviamente non poteva permettersi questa caccia da solo perché sapeva quanto Klaus fosse furbo e previdente.

Non che a Elijah importasse dei vampiri che si portava appreso per racimolare alcune informazioni.  Appena non gli fossero tornati più utili, li avrebbe uccisi. Era così che andavano le cose.

Qualche giorno prima un vampiro aveva tradito la sua fiducia e gli aveva implorato il perdono. Elijah glielo aveva concesso con un sorriso estremamente freddo. Poi la testa di quel poveretto era volata dall’altra parte della stanza, e l’unica cosa che Elijah fece in seguito fu ripulirsi elegantemente le mani dal sangue versato.

Non voleva che nessuno scorgesse il suo animo ma lui stesso non sopportava delle macchie su di esso.

C’era anche un’altra cosa che lo infastidiva, peggio del ritrovarsi un moscerino all’interno del proprio cibo.

Era che alcuni cacciatori si trovavano proprio a Detroit e avevano cominciato a procurargli delle rogne e a mettersi in mezzo nella sua caccia perché uccidevano praticamente tutti i vampiri che gli facevano da tramite col fratello e che lo aiutavano a localizzarlo.

Un giorno perse completamente la pazienza perché gli altri vampiri non riuscivano a contrastare quei cacciatori, e forse Klaus sentendosi braccato se ne poteva andare chissà dove.

Aveva deciso quindi di mettere fine lui stesso a quella gravosa questione e riuscire finalmente a trovare Klaus una volta per tutte.

Elijah si levò qualche sassolino dalla scarpa, uccidendo tutti i cacciatori che osavano ostacolarlo o che tentassero di ucciderlo. Tentativo vano, lui era un Originario. Non poteva essere ucciso.

Ma ciò che lo colpì e lo turbò profondamente, era che alcuni di quei cacciatori avevano un pugnale. Un pugnale dalla forma strana, per niente diritta, con la punta colorata di nero e che avevano il potere di ferirlo. Non di ucciderlo ma comunque di ferirlo, come se la sua pelle bruciasse al contatto.

Dalle informazioni che aveva estorto con la forza, Elijah capì che in città erano rimasti solamente due o tre cacciatori e che adoperavano quel diabolico pugnale per uccidere i vampiri. Sapeva che doveva concentrare tutte le sue energie su Klaus, ma il pensiero che qualcuno avesse un pugnale che potesse ferirlo lo turbava e allo stesso tempo lo infastidiva nell’orgoglio.

In fondo sarebbe bastato poco tempo per risolvere la faccenda e a non permettere a quei cacciatori di non adoperare mai più quel pugnale dagli strani poteri, quindi decise di andare direttamente da loro e a porre fine a quella disdicevole incombenza.

Quei cacciatori abitavano in un condominio di 3 piani; per Elijah fu facile risalire al cognome di uno dei cacciatori, una donna presumeva, e si diresse nel pianerottolo del palazzo dove incrociò un altro cacciatore.

Questi appena lo vide si mise a correre per le scale finendo al primo piano, ma Elijah fu talmente veloce che gli cavò il cuore in pieno petto e l’uomo si accasciò a terra senza un grido.

Elijah guardò muto il cadavere, privo di emozioni, e si sfilò un fazzoletto dalla giacca per ripulirsi il sangue dalle mani. Ma quando girò lo sguardo verso il corridoio vide a pochi passi da lui una piccola figura imbalsamata.

Era una bambina.

Elijah ne fu estremamente sorpreso nel vedere una creatura così piccola proprio lì di fronte a lui e costretta a vedere quell’orrore simile. Pensò tra sé e sé che dei bambini non dovevano conoscere il male nella sua forma più crudele perché essere bambini significava essere innocenti. Gli venne in mente il suo fratellino Henryck che era uscito la notte di luna piena incurante del pericolo che correva, ma che se ne era reso conto troppo tardi.

Elijah scacciò subito quel pensiero perché i ricordi di un’umanità vecchia e sepolta non erano proprio adatti all’occasione, e cercò subito di reprimerli.

La bambina però non faceva alcuna mossa… rimaneva immobile e aveva un’espressione turbata nel suo piccolo viso. Tra le mani portava un piccolo orsacchiotto e se lo strinse di più al petto per scacciare l’evidente paura.

“Che ci fai qui tutta sola?” domandò lui, pulendosi ancora la mano e sviando lo sguardo.

Non ricevendo risposta, Elijah si voltò verso la bambina e fece lentamente alcuni passi verso di lei. La piccola continuava a stare immobile e a stringere l’orsacchiotto al petto, intimorita da quello sguardo indecifrabile e gelido. I suoi occhioni saettarono continuamente verso il cadavere per terra e il suo sguardo innocente non riusciva a capire il perché quell’uomo stesse per terra immobile, con gli occhi fuori dalle orbite mentre uno strano liquido rosso gli fuoriusciva del petto.

Il suo sguardo piccolo scappò da quello spettacolo brutale, per poi fissarne un altro di fronte a lei che aveva le sembianze di un angelo con le vesti nere.

Elijah la guardò dall’alto in basso con sguardo calmo e poi si inginocchiò di fronte a lei, rimanendo di pari altezza. Notò che quella bambina aveva degli occhi verdi bellissimi, i più belli che avessi mai visto. Aveva uno sguardo dolcissimo, poteva avere sui 4-5 anni, e questa volta non sembrava minimamente intimorita, come se non capisse il reale pericolo che aveva di fronte.

“Buongiorno signore.” disse la piccola semplicemente, tenendo sempre al petto l’orsacchiotto come se fosse il suo unico compagno di vita.

Quella voce cristallina come una campana di vetro stranamente lo intenerì... e Elijah sorrise.

Era da parecchi anni che non lo faceva. Di solito regalava soltanto sorrisi freddi e diabolici, ma quel sorriso che sfoderava ora davanti a quella bambina era il più umano che avesse mai fatto da quando si era trasformato.

Riprese il controllo e scrutò di nuovo la bambina, guardandola dritto negli occhi: “Dimentica ciò che hai appena visto. Torna nella tua camera e non far entrare nessuno.” La stava soggiogando per farla mettere al sicuro e mandarla via da quell’orrore.

La bambina obbedì facendo alcuni passi indietro, andò di fronte a una porta e ci entrò. Non prima di aver rivolto uno sguardo estremamente curioso a quello strano signore.

Elijah la lasciò andare. Era troppo onorevole per far del male a dei bambini, e poi lei non c’entrava nulla con la sua guerra.

Scrollò le spalle per tornare in sé e fece alcuni passi in avanti, arrivando fino alla porta dove era appena entrata la bambina; ma qualcosa come una barriera invisibile gli impedì di andare oltre.

Spinse ancor più in avanti non capendo cosa stesse succedendo, quando dall’altra parte del corridoio comparve una donna. Era sui trent’anni, capelli scuri e la pelle abbronzata. Si sorprese molto nel vedere il vampiro a qualche metro da lei ma l’indecisione lasciò posto a qualcos’altro, e prese subito un oggetto che teneva sotto la giacca.

Elijah fece un ghigno malefico. “Adottate pure i metodi delle streghe ora?” domandò freddamente, mentre i suoi occhi si rivolgevano alle due pietre blu riposte agli angoli del corridoio e che gli impedivano di passare oltre.

La donna gli sorrise di rimando, avvicinandosi a lui. “Dobbiamo farlo se vogliamo difenderci dai succhiasangue.”

Elijah lasciò andare le mani lunghi i fianchi e sospirò con stoica calma. “Sono venuto soltanto per fare un accordo. Tu e i tuoi amici non intralciate i miei piani e non tentate di mettermi i bastoni tra le ruote, e io in cambio vi lascio vivere. Ma voglio quel pugnale che tieni fra le mani. Mi urta il pensiero che degli umani abbiano un oggetto che possa ferirmi… per cui mi sembra un'offerta ragionevole.” mormorò con la classica freddezza.

La donna alzò il sopracciglio. “Parli così perché sei intrappolato.”

“Troverò il modo di uscire come sono entrato, e poi ti staccherò la testa se non fai come ti dico.” rispose lui in tono minaccioso e terrificante. Gli occhi implacabili e neri.

Non aveva tempo da perdere in chiacchiere, Klaus era in città e doveva sbrigare la questione subito. L’unica cosa a cui pensava era la vendetta e quei cacciatori la stavano intralciando.

La donna non rispose, e rimasero a lungo in un tetro silenzio. Quando all'improvviso la porta di una stanza si aprì e uscì la bambina di prima.

“Mamma!” Gridò euforica col sorriso sulle labbra.

La donna la guardò shockata, Elijah corrugò la fronte sorpreso.

Ma un’idea furba, seppur spregevole, gli balenò nella mente quando un piede della bambina finì oltre la barriera dove lui era imprigionato, finendo quindi dalla sua parte. Prima che la donna potesse fare anche un solo passo, Elijah afferrò la bambina – non con una certa delicatezza - e la sollevò, incatenando il forte braccio sopra il suo piccolo petto.

Fece un giro su se stesso, come per mostrare con un’inquietante eleganza quella scena, e poi ritornò davanti alla donna: “Fai quel che ti dico se non vogliamo incorrere a tristi conseguenze. Sarebbe un bene per tutti.” affermò con calma invidiabile, ma l’espressione freddamente terrificante sul suo viso non tralasciava alcun dubbio sulla veridicità delle sue parole, anche se interiormente lui sapeva che non avrebbe fatto del male alla bambina.  Le stava solo esponendo un accordo e sapeva che la donna avrebbe acconsentito pur di salvare la figlia. Nessuno si sarebbe fatto male e lui ci avrebbe solo guadagnato.

La bambina intanto taceva, inconsapevole di ciò che stava realmente succedendo, mentre la madre guardava shockata la scena. Elijah affilò di più lo sguardo per farle capire che non intendeva perdere tempo, quando la risposta della donna lo lasciò totalmente allibito.

“Fallo pure.”

Lui sgranò gli occhi frastornato, ma pensò che quello fosse soltanto un tentativo della donna di fregarlo o di sfidarlo.

“Non ti conviene fare giochetti con me. Se non fai come ti dico… credo proprio che te ne pentirai e dovrai sopportare la punizione con i tuoi stessi occhi.” Affermò glaciale, rafforzando la presa sulla bambina e questa cominciò ad agitarsi, ma il vampiro fece finta di nulla.

Questa volta la minaccia pareva essere veritiera, visto quegli occhi, e l’Originario stava perdendo la pazienza. La ragione lo aveva abbandonato quando aveva scoperto che la sua famiglia era morta, e non gli importava più di nulla, nemmeno dei suoi codici. Pur di vendicarsi di Klaus sarebbe arrivato a tutto, e quella donna gli stava soltanto facendo perdere tempo e addirittura osava sfidarlo.

“Tanto la ucciderai lo stesso. Voi vampiri non avete alcuna umanità, siete spregevoli e spietati!” la donna gridò quelle parole come se fossero bestemmie.

Elijah sorrise perfidamente a quella descrizione. “E hai ragione. Ti darò la conferma assoluta in questo momento.”  Il terrore che lesse negli occhi della donna lo inebriò e lo fece sentire invincibile. Non aveva mai seguito le adulazioni perverse di Klaus ma doveva ammettere che in certi casi bisogna gettare la santa razionalità.

Ma prima di fare la benché minima mossa, un suono lo riportò alla vita provocando in lui qualcosa che non sentiva da tanto tempo... troppo tempo.

La bambina stava piangendo disperata. Il suono sommesso delle sue lacrime e i gemiti soffocati in cui chiamava la madre fecero irrigidire qualcosa dentro di lui. Quel suono era come una pugnalata in quell'animo che aveva ben richiuso dentro la corazza, eppure bastò quel semplice pianto disperato per sgretolarla pezzo dopo pezzo.

Perché? Aveva udito molte persone piangere per la sua ira e non si era mai fermato  provato rimpianti per i suoi fini.

Perché proprio ora, perché proprio in quel frangente della sua vita il cui unico scopo era la vendetta, doveva abbassarsi ad assaporare la debolezza dei sentimenti? Perché si stava frenando?

Eppure lo fece, come se non ne fosse conscio, visto lo sguardo spento che aveva adottato.

Lentamente Elijah percepì un altro debole suono, eppure la forza di quel suono lo sconvolse. Proveniva da un punto del suo petto, un battito cardiaco appena destato dal sonno di secoli di odio e violenza, e che aveva ripreso vigore appena aveva udito il pianto di quella bambina.

Elijah ne fu realmente stupefatto che guardò la bambina completamente incredulo, perché non sapeva spiegarsi il motivo per il quale stava succedendo tutto questo e il perché quel pianto avesse tanto potere su di lui, a tal punto da farlo desistere dai suoi intenti folli.

Nessuno era mai riuscito a frenare la sua furia prima d’ora.

Eppure il battito del suo cuore, e la fiamma della sua umanità che si stava lentamente accendendo, gli fece inorridire ciò che stava per compiere. Elijah provò un profondo orrore cieco verso se stesso che non poteva essere placato.  Si sentì un mostro peggiore di Klaus e non se ne era mai reso conto come in quel preciso istante.

Lentamente, come se fosse un peso di 200 kg, Elijah appoggiò a terra la bambina che ancora piangeva tutta tremante. Lo sguardo tormentato del vampiro era sempre rivolto a lei, come se le stesse chiedendo perdono in una muta preghiera.

Sembrava come se la madre non esistesse in quel corridoio e ci fossero soltanto lui e lei… e quel battito cardiaco che sembrava rimbombargli nel petto con forza,  quasi volesse farsi prevalere e fargli scontare le pene di ciò che aveva fatto.

La bambina corse tutta tremante tra le braccia della madre, la quale però non si mosse e continuò a guardare il vampiro, chiedendosi cosa sarebbe successo.

L'Originario se ne stava immobile come se fosse una statua martoriata, realmente abbattuta da quelle lacrime che si erano tramutate in una lama, la quale infieriva sempre di più nella sua corazza. Distruggendola.

Ma all’improvviso qualcos’altro dentro di lui scattò: era la sua natura demoniaca che ritornava a galla con prepotenza per fargli ricordare chi era veramente, e qual’era il suo scopo preciso. E per fargli scontare di aver anche solo pensato di provare qualcosa di cui non aveva diritto. Non più.

Elijah allora riprese il controllo di se stesso, lottò con tutte le sue forze per spegnere quel battito che non aveva più il diritto di esistere dentro di lui... e per richiudere tutte le crepe che si erano create nella sua armatura.

Doveva tornare tutto come prima. Lui era un vampiro, pensare di essere qualcos’altro era assolutamente impensabile. Non poteva essere debole.

Elijah assunse allora un’espressione fredda nel viso e fece alcuni passi in avanti con le mani rigorosamente nelle tasche, restando comunque all’interno della barriera.

“Per questa volta vi lascio andare senza ricevere nulla in cambio. Io continuo per la mia strada, badate di fare anche voi lo stesso.” Poi fissò calmo la bambina, che si aggrappava alle gambe della madre e lo fissava con occhi angosciati e disperati. Piangeva ancora.

Elijah tentò di spegnere quell’ultima luce che non voleva proprio soccombere di fronte a quella piccola creatura, e non riuscendoci infatti, inasprì il tono della voce rendendolo più crudo.

“E se per caso tua figlia diventasse come te… se tentasse anche soltanto di procurarmi problemi… ti do la mia parola che le strapperò il cuore con le mie mani.” bisbigliò quelle parole in una minaccia che non lasciava scampo. Sottolineò l’ultima frase per farle capire che lui non si rimangiava mai la parola data. Mai.

Si sistemò noncurante la giacca nera e diede un’ultima occhiata alla bambina, facendo finta che ciò che aveva udito nel petto un attimo prima non fosse mai esistito e che era soltanto una stupida illusione.

Con lo spegnersi delle lacrime della bambina, si spense anche quel suono martellante nel petto che lo aveva sconvolto e turbato profondamente.

Se ne andò poi senza proferir parola.

E mentre Elijah camminava si ricostruì pezzo per pezzo la corazza che era stata distrutta da quella bambina in 5 secondi, e questa volta ci mise ancora più strati per renderla più indissolubile.

A quel punto nessuno al mondo sarebbe stato in grado di scalfirla, e d'altra parte lui non lo avrebbe mai più permesso.

Uscendo dal palazzo, Elijah tentò di respirare aria pura e scacciare tutto ciò che aveva provato in quel luogo. Ma non aveva neanche più voglia di cercare Klaus, non aveva più voglia di fare nulla… Ritornò a passi lenti nel suo alloggio, cercando di rimuovere quei ricordi dalla mente pur di non turbarlo ancora e provare vergogna di sé.

Tanto non avrebbe mai più rivisto quella bambina… inutile rimuginarci sopra. Sarebbe tornato tutto come prima. L’Elijah umano era solo un pallido riflesso del passato, nulla di più. E scomparve proprio come era riaffiorato, non lasciando traccia.

*FINE FLASHBACK*

 

Elijah ritornò alla realtà, e il suo viso incrociò quello beffardo di Klaus. Di nuovo il tormento e l’orrore cieco invase il suo animo gelido.

“Come vedi Elijah, ho solo detto la verità. Non sei meglio di me, nessuno della nostra famiglia lo è. E tentando di convincere la tua bambolina del tuo contrario fai soltanto danni. Menti perché se ti conoscesse veramente… avrebbe paura.” Le parole dell’ibrido colpirono Elijah come una lama affilata e mortale, peggio del veleno che gli aveva fatto bere sua madre.

Ma non lo fece notare perché il suo sguardo divenne gelido e con gli occhi ordinò al fratello di starsi zitto. Se ne andò pur di non permettere a Klaus di parlare ancora, e per non farlo sentire più sporco di quanto non lo fosse già.

Il cuore seppur privo di battito gli si contrasse, pensando che Briony era quella bambina.

Perché proprio lei? Perché fra tutte le persone che aveva minacciato proprio lei doveva essere una delle sue vittime? Quando Elijah aveva capito che sua madre era la donna che aveva incrociato in quel corridoio, credeva fosse un brutto scherzo del destino… o che lo stessero punendo, facendogli amare una donna che quando era solamente una bambina, lui aveva minacciato di toglierle la vita.

In quel momento non pensò che proprio Briony era stata la causa principale di quell’improvviso affioramento di fiamma che rappresentava la sua umanità. Pensava soltanto che aveva minacciato di toglierle la vita in un modo così spietato, e stava addirittura per farlo...

Poteva solo immaginare che cosa Briony avrebbe pensato se lo avesse saputo. E a quel torbido pensiero, una tenebra avvolse il suo cuore.

 

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La festa scolastica era a dir poco strabiliante. C’era euforia ovunque e molti studenti ballavano sui tavoli dandosi alla pazza gioia a suon di musica degli anni ’20.

Briony si fece largo in mezzo alla folla, cercando di non farsi calpestare mentre la mano era stretta attorno a quella di Elijah. Non appena lo aveva visto alla porta di casa sua con un completo bianco ne era rimasta totalmente abbagliata e soggiogata. Sembrava un angelo della schiera dei vendicatori, e il bianco della sua giacca risaltava alla perfezione l’oscurità dei suoi occhi neri.

Eppure Briony si sentiva agitata in quel momento, e non ne sapeva nemmeno il motivo. Forse perché le sembrava che Elijah fosse strano, più distante del solito e non ne comprendeva la ragione. Credeva che ciò che era successo in quel pomeriggio fosse un episodio isolato e invece…

“Tutto bene?” domandò tirandolo per la mano stretta alla sua.

Elijah allora si voltò e con la classica calma le disse di sì.

Apparentemente sembrava tutto normale, Elijah appariva calmo e elegante come sempre e spiccava di luce propria in mezzo agli altri. Briony pensò allora di avere le traveggole oltre quel problema.

Ma cercò di non pensarci. Voleva solo divertirsi per una sera e non pensare a niente.

Rafforzò la presa nella mano di Elijah e lui di rimando la riguardò interrogativo. Briony gli rivolse un sorriso sereno, e anche lui dopo un attimo di incertezza ricambiò. Anche se più freddamente.

La loro muta conversazione venne interrotta da Caroline che si parò di fronte a loro, dando il benvenuto alla sorella. Briony allora si ritrovò a fissarla e stranamente il sorriso sul volto non si spense a comando. Non lo avrebbe ammesso, ma rivedendo Caroline con quell’espressione tra la speranzosa e nostalgica, le fece pensare quanto le fosse mancata.

“Spero che la festa vi piaccia. E’ stata organizzata tutto nei particolari e spero vi divertirete! E… grazie mille Briony per essere venuta. Ci tenevo molto.” disse la biondina prendendole una mano. Il suo sguardo faceva trasparire un’assoluta sincerità e bontà d’animo. E un po’ di rammarico a causa della litigata che le aveva divise.

Briony sostenne lo sguardo e cercò di rilassarsi. “Grazie Caroline. Volevo vederti anche io.” Rispose semplicemente, ma si morse subito la lingua forse per aver detto troppo. Non era ancora pronta per perdonare Caroline, ma comunque non voleva rovinare la serata rivangando il passato.

“Spero che anche tu ti goda la serata. Ci vediamo in giro.” Disse poi la biondina, lanciandole un ultimo sorriso prima di dileguarsi. Stranamente Caroline non aveva trafitto Elijah con lo sguardo e lui era rimasto a guardare impassibile. Forse per una sera era necessario sotterrare l’ascia di guerra. O forse avevano altri problemi per la testa.

Briony lasciò poi il fianco di Elijah e fece due chiacchiere con Rebekah, la quale era ancora intenta a dare le ultime disposizioni, e si complimentò con lei per la serata e le disse che era felice che si godesse il suo primo ballo con tutta la famiglia. Finalmente anche la vampira stava vivendo un po’ di normalità.

Rebekah sorrise gioiosa facendo intravedere al meglio il suo vestito nero. “Spero ti goda la serata. Ah dovrei essere gelosa del tuo vestito, mi piace un sacco!” mormorò corrucciando le labbra come una bambina, indicando il vestito azzurro dell’umana.

Briony rise e disse che sinceramente era lei la più bella della serata, e non c’era vestito che potesse negarlo. Sebbene gli abiti di quell'epoca non facevano risaltare poi tanto.

La vampira fece finta che quel complimento non la esaltasse, e girò lo sguardo dall’altra parte perché aveva visto Elena entrare con Stefan.

“Non la sopporto. Guarda come si atteggia… crede di essere la reginetta della festa Miss perfezione. Senza contare che il suo abito fa orrore.” imprecò Rebekah storcendo il viso in una smorfia.

Briony fece una risatina guardando la coppia: “Se ti può consolare… non sei l’unica che non la sopporta. Ci sono anche io!” disse prendendo un bicchiere e Rebekah fece altrettanto, compiendo un cin cin per quell’odio in comune.

Dopo aver brindato, Rebekah tornò dal suo cavaliere. Matt.

Briony ne fu enormemente felice che lui avesse seguito il suo consiglio e avesse accettato di conoscere meglio Rebekah. E a giudicare da come i due stavano appiccicati, avevano fatto dei gran passi in avanti. Senza contare che la vampira sembrava felice.. Quasi umana.

Matt porse elegante il braccio alla vampira e i due si introdussero nella mischia come una coppia normalissima.

In un angolo Briony vide poi Klaus, vestito anche lui di bianco ma decise di non badargli molto. Se avesse pensato troppo, avrebbe ricordato le parole minacciose di Esther e Gwendolyn cioè che se lui avesse saputo la sua vera natura l’avrebbe uccisa in men che non si dica.

Briony scacciò via quei pensieri, cercando di godersi la festa; quando i suoi occhi inquadrarono Kol.

Ma… che stava facendo?

Piroettava e saltellava sul tavolo, e cantava persino. Sebbene fosse alquanto stonato, le ragazze attorno a lui non sembravano del medesimo parere a giudicare dai loro occhi luccicanti e pieni di desiderio. Kol all’improvviso spiccò un balzo per aria. Ma era così euforico, e forse anche ubriaco,  che piombò giù con un fracasso su un altro tavolo pieno di boccali e scivolò, capitombolando giù per terra con un tonfo…e a finire lo schianto dei bicchieri rotti. Il pubblico si sganasciò letteralmente dalle risate.

Anche Briony rise a crepapelle, portandosi la mano alla bocca e notò che Elijah le si era avvicinato e scuoteva la testa, sghignazzando piano in direzione del fratello.

Briony gli diede una finta gomitata nel fianco e commentarono l’esibizione di Kol, scherzandoci sopra. Quando all’improvviso lei notò Gwendolyn dall’altro angolo dell’area e riconobbe subito quello sguardo di fuoco, pronto a incenerirla.

Briony sviò subito lo sguardo paonazzo, pregando che la vampira non facesse un’altra scenata o tentasse di strangolarla.

Deglutì: “Tuo fratello Kol è completamente folle. Ma faceva quelle esibizioni anche quando era umano?” domandò facendo finta di nulla.

“Lo faceva di continuo, ogni giorno.” rispose Elijah semplicemente, facendo un sorriso sghembo. Quando lui incrociò il viso di Briony, notò che aveva parecchio le guance arrossate e gli occhi fuori dalle orbite.

“Tutto bene?” domandò stringendo gli occhi.

Briony scosse subito la testa per apparire normale. “Certo. Facciamo un altro giro?” domandò sorridendogli. Elijah restò un attimo a fissarla con un espressione indecifrabile, ma poi sorrise anche lui e presero strada attraverso la folla.

Entrambi indossavano una maschera di serenità pacata che stava schiacciando il loro vero viso.

Ma prima o poi tutte le maschere cadono.

 

Continua…

Buona domenica a tutti!

Allora in teoria il capitolo non deve finire qui… l’avrei raccolto in un unico foglio se fosse stato per me, ma avevo paura di annoiarvi per la lunghezza o di confondervi magari le idee per le troppe cose che metterò nella 2 parte.

Quindi fate finta che sia un unico capitolo quando pubblicherò la 2 parte che spero di mettere a breve!! J

Spero comunque che vi sia piaciuto e ringrazio ovviamente chi recensisce e chi ha messo la mia storia tra i preferiti, seguite e ricordate!

 

Un bacione ^^

Questo è il vestito di Briony (senza la giacca però)

http://oi45.tinypic.com/2en6gcw.jpg

Questa è la sua acconciatura

http://oi49.tinypic.com/jfvjsy.jpg

 

Questo è il vestito di Rebekah

http://oi47.tinypic.com/1iyl2q.jpg

Questa è la sua acconciatura

http://oi49.tinypic.com/2rf4lrb.jpg

 

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Capitolo 15
*** So I stayed in the darkness with you -2 parte- ***


11 CAPITOLO- 2 PARTE

-So I stayed in the darkness with you-

 

Lui è l’aria che ucciderei per respirare.

 

 

Ylenia era appena arrivata alla festa, e subito inarcò il sopracciglio quando vide alcuni ragazzi bere fino a strozzarsi. Non riusciva proprio a capire la gioventù di quell’epoca, il loro divertimento non era proprio di buongusto.

Sospirò rumorosamente sistemandosi il vestito rosa, e si fece largo attraverso la folla per andare al banco dove servivano qualcosa da bere, che non facesse però stare male il giorno dopo.

Quel vestito la faceva sembrare una vera bambolina e indossava fra i capelli una fascia color marrone che andava di moda negli anni ’20.

All'improvviso però sentì un respiro gelido solleticarle l'orecchio e si voltò di scatto, incrociando gli occhi chiari ma temibili di Klaus.

"Non sei un po’ troppo vecchia per partecipare ad un ballo scolastico?" domandò lui col suo solito tono strafottente, allargando un braccio lungo il bancone.

Ylenia alzò gli occhi al cielo, infastidita dalla presenza dell'ibrido, dato che si era fortemente augurata che non ci fosse alla festa.

"Ti sei portato i tuoi amici ibridi come il precedente ballo scolastico? Hai altre accuse da rinfacciarmi?" domandò tagliente come se stesse sputando vetro. Ovviamente si riferiva alla frase che un ibrido le aveva detto sotto ordine di Klaus… Quella frase che aveva fatto crollare tutte le sue forze e aveva fatto riaffiorare i fantasmi del suo passato.

"Non sono accuse, é solo la verità. E io sono un amante della verità perché non tollero chi mi mente." rispose lui apatico alzando il bicchiere. "E poi quale frase migliore per inaugurare il nostro primo incontro dopo così tanto tempo?"

Tuttavia questa volta qualcosa attraversò gli occhi chiari dell'ibrido: un lampo improvviso, abbagliante, come se stesse giudicando o colpevolizzando la donna di fronte a lei per qualcosa che lo mandava in bestia più del solito.

Ylenia sostenne il suo sguardo, percependo quell'orrenda colpa che aleggiava sul suo animo e non smetteva un attimo di tormentarla. 

Ma non era stata colpa sua... Tutte le sue sofferenze e quell'orrore erano state causate da Klaus. Lui apriva il cuore delle persone, lo stritolava tra le mani e ci spargeva veleno. Faceva così con tutti.

Sviò lo sguardo per non dargliela vinta, soffocando il groppo in gola, quando vide Caroline a qualche metro da loro intenta a parlare con Bonnie.

Si fece scappare un sorriso amaro, nostalgico:

"Caroline é molto simile ad Agnes. Tutte e due bionde, occhi chiari, molto carine, testarde, stessa spiccata voglia di vivere..."

Ylenia parlava tra sé e sé come se non avesse a fianco alcun interlocutore, ma quell'interlocutore c'era eccome. Era più che mai presente, vibrante di una forza sinistra e sembrava stesse andando a fuoco.

"Non provare a psicoanalizzarmi Ylenia Lefévre. La mia coscienza é perfettamente a posto sebbene sia macchiata dal sangue che in mille anni ho versato. Ma sai che c’é? Non mi interessa. Non m'importa né di Caroline, né di te, e nemmeno di Agnes."

La voce che fuoriuscì dalla bocca spietata di Klaus risuonò così convincente che avrebbe convinto anche un sordo. Non un'ombra di trasalimento, nessuna compassione, nulla. Come se ogni sentimento benevolo gli fosse proibito e negato.

Eppure Ylenia sapeva che mentiva, non perché lui avesse tentennato in quella confessione spietata, ma perché un tempo lo conosceva.

Per quanto riguardava Caroline non sapeva fino a che punto fosse il loro rapporto quindi non poteva giudicare ora come ora; per quanto riguardava lei stessa... Beh lei e Klaus avevano di certo condiviso qualcosa anche se non ne andava fiera. Si erano divertiti tempo prima, anche se l’uno aveva usato l’altro, e Klaus ora aveva solo voglia di strangolarla.

Ma per quanto riguardava Agnes... Sapeva che quella di Klaus era un’enorme stratosferica balla. Ne era stata lei stessa testimone di un atto del vampiro incredibilmente umano.

Klaus lesse tutto questo negli occhi di Ylenia e la trafisse con uno sguardo di fuoco per farle pentire di aver anche solo pensato che lui provasse dei sentimenti.

Rafforzò la potenza del suo sguardo. "Anzi qualcosa di te mi importa, cara Ylenia. Il nostro accordo. Ho avuto parecchio da fare in questo periodo ma non credere che me ne sia dimenticato. Ti ho dato parecchi avvertimenti invece di passare al sodo, in onore dei vecchi tempi. Ma la mia pazienza ha un limite come ben sai... E se non fai ciò che ti dico, sporcherò il tuo bel vestito di sangue." sibilò a denti stretti e le afferrò il polso, conficcando le dita nella pelle per farle capire che faceva sul serio.

Ylenia non fece tempo a rispondergli per le rime che sentì una voce pericolosa alle sue spalle.

"Lasciala stare, Niklaus."

Mai si aspettò che proprio lui accorresse in sua difesa, ma stranamente così fu. E Ylenia sgranò gli occhi scuri per la sorpresa.

Finn era accanto a lei, aveva i nervi tesi lo si poteva percepire, e teneva gli occhi fissi su Klaus, senza alcuna paura.

Contro le aspettava della donna, l’ibrido la lasciò andare e schioccò la lingua in segno di risposta: "Bene bene. La coppia del secolo di nuovo riunita!" sghignazzò divertito alzando il bicchiere a  di brindisi.

Poi sotto lo sguardo di pietra dei due, Klaus mise il bicchiere sul tavolo e congiunse le mani in avanti, come se stesse commiserando Finn.

"Finn... Fratello, credevo avessi imparato la lezione ma a questo punto credo di aver sottovalutato le tue manie suicide!" mormorò impertinente e sghignazzando di nuovo col suo solito sorrisetto furbo.

Finn serrò duramente le mascelle e lo trafisse con uno sguardo intensamente crudo, ma non replicò alla provocazione del fratello; mentre Ylenia aveva abbassato lo sguardo come se quelle parole avessero avuto potere su di lei e non sopportasse il peso di quelle colpe.

Klaus fece un ultimo ghigno spietato e portò il busto in avanti in direzione di Ylenia, trafiggendola con lo sguardo. “Ricordati quello che ti ho detto.”

Dopo aver detto ciò, l’ibrido si dileguò all’istante senza dare la benché minima occhiata a Finn e senza alcun dispiacere negli occhi.

Appena la presenza dell’ibrido sparì, Ylenia tornò finalmente a respirare e il suo cuore batté a ritmo regolare, almeno finché non incrociò lo sguardo di Finn che le era ancora rimasto accanto.

“Grazie.” Sussurrò con un fil di voce impastata da dolcezza non propriamente tipica in lei, ma che decise di liberare con lui.

Finn d’altro canto si ricompose subito, mettendo le mani in tasca e sviando lo sguardo da lei come se non volesse guardarla. “Ho solo voluto impedire che Klaus trasformasse la festa in un ennesimo scontro, e che qualcun altro ci andasse di mezzo. Non l’ho fatto per te.” bisbigliò con voce tagliante, come una lama in perfetta sincronia con il suo sguardo freddo.

Ylenia deglutì, assentendo con la testa visto che non poteva aspettarsi nulla di diverso, ma comunque ci aveva sperato. Una brezza gelida le solleticò le spalle e si strinse con le braccia mentre vide che le danze erano iniziate al centro dell’area.

“Balliamo?” domandò lei all’improvviso, senza neanche pensarci.

Finn allora la fissò con uno sguardo estremamente sorpreso, quasi forsennato. Indossava un completo color blu scuro che gli donava molto. Il vampiro sembrò tentennare di fronte all’offerta della donna e d’istinto quasi cedette, avvicinandosi lievemente a lei e porgendole la mano… ma subito si scansò come scottato. Come se il cervello si fosse riattivato e non poteva farcela contro quel cuore morto da tempo.

“Meglio di no.” Rispose seccamente, senza neanche guardarla, come se temesse di cedere nuovamente.  Ylenia si strinse nelle spalle non dicendo nulla, anche se lo sguardo faceva trapelare alla perfezione la sua delusione.

Così come aveva fatto Klaus, Finn si volatilizzò nel nulla senza degnarla di uno sguardo o proseguire oltre la conversazione.

Ylenia si ritrovò sola. Di nuovo.

 

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Ballare con Elijah era sempre un’esperienza emozionante. Il semplice sfiorarsi le mandava in tilt il cervello, e venire catapultata insieme a lui in un’elegante danza la faceva sentire leggiadra, integra. Il batticuore era sempre assicurato.

Ma in quella serata tutto era diverso.

Non che il cuore di Briony battesse all’impazzata mentre ballava un lento con Elijah, ma la causa era diversa. Sembrava che lui non fosse lì con lei, che la mano che la stringeva a sé non fosse sua ma di qualcun altro che lei non conosceva. Gli occhi neri non riflettevano il suo vero essere e lei ne fu intimorita.

Di nuovo la sensazione di cadere nel buio ritornò… come se lui nelle vesti di un angelo bianco e magnifico la stesse invitando a camminare nella sua direzione, e lei come rapita lo faceva. Senza però accorgersi che tra di loro c’era un profondo abisso ricolmo di oscurità, e lui la stava dirigendo in esso consapevole che sarebbe caduta.

Ma lei se ne sarebbe accorta solo quando i suoi piedi non avrebbero toccato più terra e sarebbe caduta giù, nel vuoto più nero. Non esisteva alcun appiglio per risalire, e le sue grida non valevano niente.

Mentre cadeva, quell’angelo magnifico che l’aveva ammaliata si tramutava in un angelo nero.

E dall'alto il suo sorriso gelido la spinse a chiudere gli occhi.

Briony riaprì gli occhi all’improvviso scacciando quell’allucinazione assurda e pazzesca.

<< Quelle erbe che mi ha dato Ylenia non mi fanno affatto bene >> pensò tra sé e sé, mettendo la mano sulla spalla di Elijah e concentrandosi nel ballo.

Appoggiò la testa sotto la sua spalla inspirando profondamente il suo profumo, mentre una mano era intrecciata a quella di Elijah, provocando brividi nell'intero braccio fino a bruciarlo come legna da ardere.

Quando arrivò il momento del caschèBriony cercò di rimanere ferma il più possibile per restare in equilibrio nei piedi mentre la schiena si inarcava sempre di più verso il basso. I suoi occhi verdi era agganciati in quelli neri di Elijah, come se neanche una linea li dividesse.

Si sentì avvampare mentre un profondo e elettrizzante brivido le percorse la schiena dove lui la toccava, mentre il viso del vampiro si avvicina sempre di più, tenendo gli occhi bassi e ardenti fissi nei suoi.

Briony sentì quello sguardo penetrante, i suoi occhi profondi, e tutto il suo fisico scolpito come un’onda leggera che la faceva galleggiare libera nel mare e le permetteva di innalzarsi sempre di più verso il cielo. La mano di Elijah intanto la sosteneva fortemente per impedirle di cadere

Ma all’improvviso lei si sentì pietrificare.

Come se quell’onda si stesse tramutando ad un tratto in un’onda selvaggia che travolgeva chiunque fosse nel suo cammino e lei stava proprio nel mezzo, nel culmine della sua potenza.

Percepì il ghiaccio della pelle di Elijah passarle all’attraverso il tessuto del vestito azzurro, come se la volesse pietrificare di proposito per impedirle di sfuggire a quell’onda, nuotando a riva verso la salvezza.

Quando il caschè arrivò alla fine, nel punto in cui i loro visi erano più vicini che mai, come se i torpori dei loro corpi si stessero congiungendo, Briony sentì quell’onda abbattersi su di lei con tutta la sua potenza e la sommerse.

In preda a quelle sensazioni ultrasensoriali, Briony si aggrappò allora alle spalle del vampiro con forza quasi stritolante, cercando di non affogare e di trovare la via per respirare di nuovo. Sebbene fosse proprio Elijah, l’onda che la stava tramortendo e la stava conducendo in un oblio sempre più profondo.

E lei gli si stava aggrappando, credendo di trovare in lui la salvezza.

Il respiro gelido di Elijah sembrava si schiantasse contro il suo viso, fino a spezzarle l’anima. 

Briony allora non riuscì più a fare nulla e rimase incatenata nella sua morsa, aggrappandosi a lui mentre il fiato le si mozzò nella trachea. Il cuore sembrava essersi spento nel petto.

Quando finalmente il caschè finì, e le mani di Elijah la ricondussero elegantemente al punto di partenza. I petti tornarono a scontrarsi, e Briony boccheggiò in cerca d’aria con gli occhi fuori dalle orbite.

Briony? Ti senti male?” domandò lui sinceramente preoccupato, accorgendosi solo in quel momento che la ragazza era sul punto di svenirgli tra le braccia e che era totalmente pallida.

Lei sembrò riscuotersi all’improvviso dal suo stato catatonico e si mise la mano sulla fronte, sorridendo lievemente: “Ho avuto una vertigine. Non sono per niente una brava ballerina.” scherzò martellandosi la tempia con la mano. << Sto diventando pazza, una pazza sul serio.  >> Pensò fra sé e sé.

Elijah però non sembrava affatto convinto e la osservò attentamente. “Sicura di stare bene?”  le chiese gentilmente, tastandole una mano.

Briony allora lo guardò. Quello stesso viso affascinante e terribile che qualche minuto prima la stava facendo affogare, e ora invece la stava facendo riemergere allungandole la mano.

Quelle emozioni così intense e contrastanti, per non dire assurde, le facevano girare la testa come se un burattinaio la manovrasse.

Scosse il viso  tentando di sorridere: “Certo. Ho soltanto bisogno di un bicchiere d’acqua.” Rispose cercando di respirare normalmente.

Elijah alzò il sopracciglio e le cinse la schiena per accompagnarla nel tavolo dove servivano da bere.

Briony ne approfittò per guardarsi intorno e riprendere il controllo di se stessa.

Rebekah stava ballando con Matt e sembravano parecchio affiatati: Rebekah gli stava rivolgendo quella che doveva essere un’occhiata maliziosa e Matt stranamente ne fu compiaciuto, tanto che sorrise.

Notò anche Caroline ballare stretta stretta con Klaus. Di solito Briony avrebbe distorto il viso in una smorfia orripilante ma in quel momento non ci volle fare molto caso; ne fu quasi indifferente, anche se un lieve fastidio attraversò la sua anima pensando che sua sorella stava con il mostro che aveva ucciso i suoi due migliori amici senza pietà.

Ma in fondo se Caroline voleva Klaus e si intestardiva nella sua decisione, buon per lei.

Notò che Klaus le stava parlando all'orecchio e Caroline aveva un'espressione turbata, ma allo stesso sorpresa in viso, e ascoltava in silenzio ogni singola parola dell'ibrido.

Briony si girò dall'altra parte per bere un bicchiere d'acqua e non appena lo finì tutto in un sorso, ritornò a guardare Elijah, il quale stava osservando le scene intorno a lui con posa elegante.  Quando anche lui girò lo sguardo, abbassandolo lievemente, per incrociare il suo.

Briony finalmente sentì il cuore battere, come se fosse rinato all’improvviso dopo essere affogato anche lui, e le guance si tinsero di rosso mentre Elijah continuava a guardarla.

Il suo sguardo la metteva sempre in soggezione. Ci avrebbe mai fatto l’abitudine?

Elijah le sorrise ma poi sembrò diventare serio, quasi austero. Sviò lo sguardo di nuovo, serrando duramente le mascelle mentre i muscoli delle spalle si irrigidivano.

“Ti devo parlare di una cosa…” sussurrò flebilmente come se non volesse farlo, ma si sentiva in dovere di parlare.

“Ok. Dimmi.” Rispose lei, mettendosi dritta con la schiena.

Quando incrociò il viso del vampiro però si pentì subito della risposta perché lo sguardo era così duro e grave da non poterlo sopportare, e quasi il sangue le si raggelò nelle vene.

Elijah era sempre stato un tipo strano: alternava momenti di gentilezza ad altri di gelo assoluto. E qualche volta non capiva quale fosse la sua vera natura.

Tuttavia Elijah si ricompose subito, drizzando la schiena sempre con la sua solita eleganza:

“E’ meglio dopo. Voglio che ti goda la festa” mormorò rivolgendole un sorriso per nulla convincente, e sfiorandole il viso con la punta delle dita gelide mentre lo sguardo divenne stranamente malinconico.

Briony trasalì per il freddo delle sue mani e per quegli occhi che sembravano rivelarle qualcosa che istintivamente la turbò.

Non ebbe il tempo però di rispondere che Elijah se ne andò, sorpassandola, e lasciando con sé tutti i suoi dubbi e le sue domande.

Le loro braccia inevitabilmente si sfiorarono.

Quel contatto la pietrificò sebbene doveva esserci abituata, ma ad un simile gelo non ci sarebbe riuscita granché.

Si voltò per rintracciarlo ma Elijah era subito sparito dalla sua vista, come se si fosse volatilizzato.

Briony guardò verso la direzione in cui era sparito come se sperava di trovare il significato delle sue parole in quel punto preciso, che ora racchiudeva il vuoto.

 

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Ylenia fuoriuscì dalla scuola, mettendosi sopra una giacca bianca per coprirsi dal freddo. Era stanca di restare lì inoltre quella festa non la divertiva affatto. Aveva incontrato Briony nella folla ma non avevano potuto parlare, e la ragazza le aveva solo rivolto uno sguardo interrogativo come per chiederle se avesse trovato qualcosa per aiutarla.

La strega le aveva fatto cenno di no, e Briony subito si era stretta nelle spalle evidentemente delusa. Poi dopo le loro strade si erano divise e Briony aveva iniziato a ballare con Elijah.

Ylenia sospirò rumorosamente: le faceva male mentire in quel modo a Briony e ingannarla. Aveva tentato più volte di avvertirla ma di solito è meglio credere a una bella bugia piuttosto che a una dolorosa verità.

Lei ne sapeva qualcosa.

Fece alcuni passi in avanti per andarsene, quando vide Finn lì vicino a lei. Sembrò non essersi accorto della sua presenza finchè lei non gli si avvicinò. A quel punto Finn girò la testa e la guardò, ovviamente sorpreso.

Forse aveva sperato di non ritrovarsela più davanti.

Ylenia deglutì, non riuscendo a guardarlo in viso senza sentirsi in colpa. Mai in quel momento le venne l’impulso di sfogarsi e di buttare tutto ciò che reprimeva nel suo animo. E scherzo del destino, lo faceva proprio con lui.

“Mi dispiace Finn.” sussurrò a malapena, tenendo sempre lo sguardo basso.

Il vampiro alzò il sopracciglio, non perché non sapeva a cosa si riferisse - il motivo gli era molto chiaro - ma perché lei stava dicendo mi dispiace.

“E’ un po’ troppo tardi per farlo, non credi?” mormorò in tono crudele, alzando il mento.

Ylenia scosse la testa e aprì le labbra, come se non stesse più respirando. “Quello che ho fatto… non è come credi… io non…” si fermò di colpo quasi non riuscisse a trovare le parole giuste o non ne avesse la forza. Non sembrava neanche più lei, ma in fondo lei stessa era cambiata nel corso dei secoli.

“Io ero solo una ragazza… piena di sogni, di ambizioni… E sono una strega, Finn. Io di natura dovrei odiare quelli come te, per questo ho agito in quel modo come se credevo fosse la cosa giusta quando in realtà non lo era.” Parlava con voce strozzata, come se fosse sul punto di piangere anche se gli occhi non le lacrimavano. Scuoteva continuamente la testa, ma quando continuò a parlare divenne immobile.

“Klaus non l’ho mai amato.. ma tu... nel tuo caso era diverso. E non sai quanto mi dispiace.”

Alzò lo sguardo per cercare di vedere in lui qualcosa che non arrivò. Quella confessione non lo aveva minimamente scalfito, anzi lo aveva fatto arrabbiare di più se fosse ancora possibile.

“Ti dispiace? Credi che me ne freghi qualcosa del tuo dispiacere?” tuonò lui con voce spietata. Ylenia, nessuno ti ha costretta a fare quello che hai fatto. Non dare la colpa a Klaus perché tu sei una strega quindi non puoi essere soggiogata. Se volevi, potevi mandarlo al diavolo oppure venire da me e dirmi tutto. Ma tu no, sei andata avanti con la tua diabolicità!  E quella poverina di Agnes..” Nell’ultima frase cominciò a ridere come se fosse impazzito totalmente.

“Mi dispiace davvero che lei non ci sia più… è molto meglio che al mondo vivano persone leali e buone come lei, piuttosto che degli avvoltoi come te.” Ringhiò infuriato, guardandola come se fosse posseduto.

Ylenia trasalì per quell'atteggiamento, soprattutto quando aveva parlato di Agnes e a causa di ciò il suo cuore aveva perso dei battiti, ma si ricompose subito.

"Ho capito, non vuoi ascoltarmi." sussurrò duramente serrando i pugni e passandogli davanti per andarsene.

Ma all'improvviso Finn l'afferrò rudemente per un braccio, obbligandola a fermarsi.

"No infatti. Non voglio ascoltarti." ringhiò con ira davvero insolita in lui, ma che era così potente da farla rabbrividire di terrore.

I suoi occhi si tinsero di un nero più intenso come se stesse bramando di farle del male.

Ylenia non si accorse delle sue vere intenzioni fino a quando non lo vide inclinare il viso verso il suo collo con velocità inumana, e non appena sentì qualcosa pungerle il collo come una puntura di spilli.

Ylenia soffocò il grido che aveva in gola e puntellò le mani sul petto di Finn per scansarlo via da lei. Ma la presa del vampiro era così forte che le sembrava avere una belva addosso piuttosto che un uomo.

I denti affilati di Finn affondarono sempre di più sul suo collo, apposta per intrappolarla nel sua morsa. Ma sembrava non le stessero succhiando il sangue… solo infierendo su di lei con ferocia e rabbia, apposta per farle più male.

Ylenia sentì il terrore prendere il sopravvento, mentre Finn si avventava su di lei sempre con più forza, e allora lei decise di usare la magia per fermarlo. Chiuse gli occhi per concentrarsi come doveva, e infierì su Finn con un duro colpo anche se lui non demorse.

Infatti le braccia del vampiro rafforzarono di più la presa per non farla scappare, e le mani finirono fra i suoi capelli neri che li strinse fra le dita per farle inclinare di più la testa da un lato, e bere questa volta il suo sangue per davvero.

Ylenia allora urlò e diede dei continui pugni al petto, blaterando altre magie per fermarlo.

Finn sobbalzò per la magia che Ylenia gli stava impartendo, ma per reagire affondò le dita sempre di più nei suoi capelli e durante la lotta fra i due, la fascia della strega finì a terra tutta sgualcita, sparpagliandole i capelli neri.

 Ylenia finalmente riuscì a cavarsi di mezzo Finn con tutta la forza che aveva, e incespicò all'indietro per allontanarsi da quella bestia.

Finn intanto rimase immobile con la bocca tinta del suo sangue, mentre qualcosa attraversò poi i suoi occhi: il senso di colpa. Non si era mai comportato così figuriamoci con una donna. Aveva sempre aborrito la sua natura ma evidentemente quella donna faceva fuoriuscire il lato peggiore di sé.

Ylenia intanto si premeva il collo dolorante per fermare il flusso del sangue, i capelli erano mezzi scompigliati e la faccia pallida come un fantasma.

Finn fuoriuscì dal suo stato catatonico e le puntò un ennesimo sguardo pieno d'odio:

"Stai lontana da me. Oppure la prossima volta, ti ammazzo." sibilò duramente prima di scomparire nel buio.

Ylenia osservò il punto in cui era svanito con occhi sgranati. Il sangue aveva smesso di fuoriuscire dal collo ma faceva comunque un male cane, e dei rivoli di sangue erano scesi perfino lungo il vestito rosa.

Tirando su col naso, Ylenia cercò di abbassarsi per raccogliere la fascia da terra.

Per l'ennesima volta dopo uno scontro con Finn si sentiva la dignità sotto i piedi, ma chissà perché non riusciva ad avercela con lui. Credeva di meritarselo dopotutto.

Tuttavia mai si sarebbe immaginata che a fine serata i suoi vestiti sarebbero stati sporcati di sangue, non a causa di Klaus... Ma di Finn.

 

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Briony si guardava un po’ attorno mentre la festa continuava in tutta la sua euforia, quando vide all’improvviso suo padre a qualche metro da lei e subito rimase stupefatta perché mai si sarebbe aspettata di ritrovarselo lì.

<< Che cosa ci fa qui? >> Pensò imbestialita mentre il padre si dirigeva verso di lei.

“Ciao Briony.” Disse lui con voce apatica mettendosi di fronte a lei, e Briony subito gli fece capire che la sua presenza non era gradita.

“Che cosa ci fai qui? Dove hai lasciato la tua amica strega?” domandò tagliente, mentre le venivano in mente le frasi di Esther.

Bill ne fu realmente sorpreso che lei fosse finalmente venuta a conoscenza della verità e strabuzzò gli occhi. “Tu lo sai quindi?” domandò esterrefatto

“Sì..” il viso di Briony divenne così grave e teso che sembrava fosse scavato nelle ossa. Quanto avrebbe voluto non sapere mai quella verità che aveva segnato l'epilogo di tutto.

Ma… perché non sei venuta da me? Avrei potuto aiutarti.” sussurrò Bill con un tono stranamente amorevole e alzò la mano per accarezzarle la spalla.

Briony lo scansò via, indietreggiando di qualche passo.

“Ah sì? Come hai già fatto, sguinzagliando Esther? Perché non mi hai mai detto la verità, perché mi hai sempre mentito?” domandò profondamente delusa con uno sguardo che non tralasciava dubbi su ciò che pensava di lui.

Bill si guardò poi attorno con fare sospetto e prese la figlia per il braccio senza tante cerimonie, al fine di condurla in un angolo senza essere sentiti dagli altri.

Briony… come avrei potuto.. dirti una cosa del genere equivalerebbe farti del male. E io volevo proteggerti da tutto questo… inoltre tu hai sempre detto che non volevi seguire le orme della tua famiglia, così ho deciso di lasciar perdere sperando che avresti vissuto una vita normale.” mormorò lui guardandola negli occhi e la prese per le spalle, parlandole come se fosse un padre modello che vuole solo il bene della figlia.

Ma Briony non si lasciava incantare dalle sue dolci paroline:

“Normale? Non è mai stata normale! Tutto quello in cui credevo in realtà è una bugia e ora tutto è un completo inferno! Come dovrei sentirmi secondo te? Ad essere quel mostro…” rispose con voce strozzata, sgranando gli occhi per lo shock di essere uno scherzo della natura.

Briony, tu non sei un mostro… figliola...”

“Smettila. Non voglio sentire altro. Esther mi ha detto che tu dovresti prepararmi a diventare ciò che sono, visto che in tutta la mia vita non sono mai stata preparata a questo. E’ la verità?” domandò con orrore guardandolo negli occhi per scorgere almeno in essi un guizzo di sorpresa, che dimostrava che lui non sapeva niente di tutto questo intrigo.

Ma ciò non avvenne: Bill rimase fermo nella sua posizione, nemmeno un bagliore negli occhi o un tentennamento che dimostrasse fosse innocente.

Invece no, i suoi sospetti erano fondati.

Si mise agitata le mani in viso, incapace di respirare:

“Oddio..”

Bill si fece avanti, cercando di giustificarsi:

Briony ti prego… ho mentito per il tuo bene… perché non volevo che un simile peso albergasse sulle tue spalle… ma bisogna guardare in faccia la realtà e tu sei così, Briony. Che tu lo voglia o no. Devi accettarlo.”

La ragazza scosse la testa con occhi in preda all'angoscia e si portò le mani alla bocca per schiacciare giù quella tristezza che si stava espandendo in tutto il corpo.

“Ma non sono venuto qui per questo. Potremo parlarne in seguito quando vorrai, ma ora… devo dirti una cosa estremamente importante… ho taciuto fino ad ora ma adesso basta. Bisogna farla finita.” ruggì imbestialito tenendo chiusi i pugni.

“Che cosa vuoi dirmi? Un’altra bugia? Un altro inganno, papà?” lo schernì lei con un sorriso triste.

Bill si guardò ancora attorno e spinse di più Briony nell'angolo:

“Tu non puoi stare con Elijah”

Lei strabuzzò gli occhi per l'esasperazione e si portò una mano sui capelli, sbraitando. La tentazione di lanciare un pugno in faccia al padre era tanta.

“Oddio! Ancora con questa storia! La vuoi piantare?? Anche se io sono un mostro, questo non significa che lo diventerò… E io non gli farò mai del male né a chiunque altro vampiro, mettetevelo bene in testa!”

Bill ruggì come un toro impazzito:

“Come fai a stare con lui?”

La risposta saettò prima nella sua testa rendendola più reale, poi la pronunciò a gran voce:

“Perché lo amo!”

“LUI HA TENTATO DI UCCIDERTI!!” urlò Bill a perdifiato agitando le mani. Le guance arrossate per la furia.

Briony si fermò allora di colpo, con gli occhi completamente sgranati. Distorse la bocca in un sorriso incredulo:

“Che altra diavoleria ti sei inventato?” domandò sbigottita.

“Non è una bugia, Briony. E’ la verità. Tu non puoi saperlo perché abbiamo fatto rimuovere i tuoi ricordi di quell’orribile giornata solo per proteggerti… ma devi credermi…” affermò avvicinandosi a lei e guardandola dritta negli occhi per dimostrare la sua sincerità:

“Eri solo una bambina… eravamo a Detroit e il tuo amato Originario ha avuto uno scontro con tua madre. Ma all’improvviso sei comparsa tu al momento sbagliato... e quel bastardo non ha avuto la benché minima compassione nell’afferrarti e minacciare di ucciderti se tua madre non avesse fatto ciò che lui voleva. Capisci, Briony? Lui stava per ucciderti senza pietà.” rispose crudele serrando le mascelle.

Briony ascoltava in silenzio, il suo cuore si era accodato in un angosciante mutismo.

“Ti ha usato come esca senza il benché minimo onore. E ringrazio Dio tutti i giorni perché tu sia ancora qui, sana e salva.” continuò Bill con faccia compassionevole.

Briony lo lasciò parlare ma appena finì di farlo, lei sbottò con la bocca spalancata:

“Sei un bugiardo! Tutto ciò che dici sono menzogne! Non hai fatto altro che mentirmi per tutta la vita perché dovrei crederti ora?!” gridò non riuscendo a credergli. Elijah non avrebbe mai potuto farlo…

“Allora perché non glielo vai a chiedere?? Vai da lui e vediamo cosa ti risponde! Ma credo che non avrà la minima decenza di dirti la verità.”

Briony continuava scuotere la testa, fulminando il padre:

“Stai mentendo… tu spargi veleno ovunque papà…

Si portò la mano alla bocca, come se non volesse più respirare; girò lo sguardo altrove per scappare da tutto il male che la circondava.

Non poteva essere vero!

Ritornò poi a guardare il padre con sguardo convinto e saccente:

“E se anche fosse… come diamine farei io a essere qui? Perché non mi ha tolto neanche un capello visto che è così crudele come lo descrivi?” domandò pienamente certa che il padre stesse mentendo.

“Tua madre ha trovato il modo di salvarti… non lo so con certezza perché io non ero lì, ma appena sono tornato a casa c’eravate voi due nel corridoio e tu piangevi disperata tra le sue braccia in preda al terrore. E Maggie mi ha raccontato tutto. Che era stato un Originario. Quell’Originario che cavava cuori dal petto con un’eleganza disumana. Era senza dubbio Elijah.”

Briony sgranò sempre di più gli occhi, come se le pupille stessero fuoriuscendo dalle orbite. Si accorse di tremare:

“E’ impossibile… lui non lo farebbe mai…

Far del male a una bambina solo per i suoi loschi scopi? Conosceva Elijah e non ne sarebbe mai stato capace.

Bill intuendo i suoi dubbi, le sorrise sprezzante:

“Ancora non hai capito il motivo? Forse perché lui sapeva tutto.”

“Cosa?” domandò lei sbigottita e sotto shock. Non voleva sentire le teorie del padre, voleva che si stesse zitto.

“Già. Forse il tuo amato Originario sapeva che tu eri così… che eri un pericolo per lui e la sua famiglia, così è venuto a cercarti per ucciderti… non si è fermato neanche vedendo che eri solo una bambina… Hai capito chi stai difendendo? Chi stai amando?? Il tuo amato Originario non merita i tuoi sentimenti perché lui di certo non li prova verso di te! Scommetto che il suo amore per te è solo una farsa, per farti abbassare la guardia fino a quando riuscirà ad ucciderti!”

Briony spalancò la bocca inorridita da ciò che stava dicendo il padre. Tutti i suoi muscoli, persino il cuore, tremarono di fronte a quella terribile teoria che le perforava l’anima.

“Le tue supposizioni sono campate per aria! Lui… non può sapere che io sono quel mostro! E’ totalmente impossibile!! Ho visto con i miei occhi la sua sorpresa quando Gwendolyn gliene ha parlato! E poi se avesse voluto mi avrebbe già uccisa.” Rispose con voce strozzata e incredula.

La sua mente urlava che il padre era un bugiardo, ma qualcosa nel suo cuore vacillò in preda alla paura.

“Non è molto semplice uccidere quelli come te, figliola. Magari voleva farti abbassare la guardia, farti provare amore per lui, così non avresti mai avuto la forza di ucciderlo e poi lui avrebbe fatto la sua mossa. Sono vampiri Briony, cosa ti aspettavi?”

La ragazza tornò a fissare il padre con disprezzo. Strinse forte i pugni:

“Sei un bugiardo! Io non credo neanche a una tua sola parola!”

“Perché lo difendi ancora?? Quel vampiro è veleno per te e tu lo mandi giù consapevole di morire!”

Quell’affermazione la fece trasalire e le mancò improvvisamente l’aria sufficiente per respirare. 

Il veleno Esther aveva usato le stesse identiche parole rivolte a lei, dicendo che l’amore di Elijah per lei era come un veleno che gli bruciava la vita nel sangue.

Forse avrebbe bruciato la vita a tutti e due. Forse l’uno era veleno per l’altro.

Perché ogni nuova verità risultava sconvolgente per il suo animo già deteriorato?

“Io mi fido di Elijah.” rispose duramente, guardando il padre con aria di sfida per poi dargli le spalle. Voleva sfuggire da quelle assurde teorie che non potevano essere vere. Non potevano…

Non si può fingere l’amore a quei livelli, non si può falsificare un sogno rendendolo una realtà così orribile.

“Ti stai distruggendo con le tue stessi mani e non te ne rendi conto.”

Briony si bloccò, e il suo con respiro con lei.

Di nuovo la sensazione di cadere nel vuoto più nero e profondo riapparve dentro di lei… e insieme a quell’orribile immagine anche la consapevolezza che il sangue stava bruciando, come se un veleno le si fosse iniettato con sadica lentezza,  impedendole di muoversi per scappare via.

Eppure con tutte le sue forze lo fece. Come se non sopportasse più quelle mostruose angherie, Briony se ne andò, col cuore in tempesta.

 

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Briony ritornò alla festa con la consapevolezza che tutto stava cadendo in pezzi attorno a lei; ogni cosa le sfuggiva di mano nel tentativo di riprendersela e il terreno sotto di lei stava cedendo, inghiottendola in un precipizio senza fondo.

Si sentì naufragare come un relitto malridotto che ha perso la giusta rotta e solo quando era troppo tardi si accorse di non saper nuotare. Non ce l’avrebbe mai fatta risalire da quell’abisso.

Briony si mise in un angolo ad osservare con occhi vuoti ciò che stava succedendo attorno a lei, anche se le importava ben poco. Caroline le si affiancò chiedendole se si sentiva bene visto che la sorella era pallida come un fantasma e sembrava che il corpo stesse ciondolando, ma Briony le rivolse un scarso sorriso per dire che andava tutto bene.

Doveva andare tutto bene, così pensò Briony tra sé e sé dando continuamente al padre del bugiardo e pensando che Elijah non avrebbe mai potuto fare una cosa simile.

Non a lei, non dopo ciò che aveva passato e sofferto… e anche se lui non fosse stato a conoscenza di quella maledetta verità, le sembrava insensato la sola idea che lui potesse fare del male a una bambina. Non era da lui, non combaciava col suo modo di ragionare o col suo codice d’onore che l’aveva sempre caratterizzato.

Non può averlo fatto.

La tenacia di quella convinzione però era ben poca cosa, rispetto al suo sguardo pieno di agonia e di incredulità.

All’improvviso Briony sentì una presenza al suo fianco, che fece allontanare il gelido vento attorno a lei ma si raggelò comunque, sempre di più. Come se avesse appena toccato la punta dell’iceberg dalla forma perfetta che l’avrebbe fatta affondare.

Dovette ricordarsi più volte di respirare quando sentì la voce di Elijah spegnere quel silenzio assordante:

“Ti ho vista con tuo padre.”

Briony si voltò di colpo, come se l’avesse appena frustata. Lo guardò con occhi sgranati e il respiro si fermò all’improvviso. Poteva vedere Elijah soltanto di profilo visto che guardava un punto indefinito davanti a sé, ma comunque sembrava calmo, impostato nella sua classica eleganza, come se niente lo turbasse. Era sempre lui.

Ma lo aveva mai conosciuto?

Di nuovo i dubbi fortificarono ogni cosa nel suo cervello rendendolo totalmente in brandelli, perché stava ripensando a ciò che le aveva detto suo padre. La sensazione di trovarsi vicina a qualcuno che era stato il fantasma di una cruda illusione era forte, nonostante le sue enormi aspettative di volersi fidare a tutti i costi di Elijah e definire Bill un lurido bugiardo.

Che doveva fare?

Briony deglutì il groppo disperato che aveva in gola e solo dopo vari tentativi ci riuscì.

Elijah era sempre immobile, in attesa della sua risposta e impostato nella sua perfetta calma gelida.

“Voleva solo parlarmi di una cosa.” rispose a malapena, felice di saper parlare sebbene il cuore aveva smesso di prendere voce ed era rimasto muto, in un silenzio doloroso e angosciante.

Elijah si voltò all’improvviso verso di lei: nei suoi occhi il forte desiderio di penetrarle nella mente, e dalla sua espressione seriaBriony dedusse che il vampiro aveva identificato subito la paura che lei tentava di nascondere.

“E’ per questo che sei agitata? Di cosa avete parlato?” domandò con il solito tono classico gentile, e niente in quel momento sembrò dimostrare che lui fosse il mostro che Bill aveva descritto e che lei aveva provato sulla sua pelle quando era solo una bambina.

Forse quell’illusione di paura era ciò che il padre le aveva imposto per farla mettere contro Elijah, mentre la realtà che desiderava e che ambiva rimaneva tale.

Ma nonostante tutto lei non riuscì a non mentire di fronte a quella domanda, come se un panico improvviso l’avesse assalita di fronte allo sguardo indagatore di Elijah:

 “Abbiamo parlato delle solite cose, inutile starle a ripetere.”

Briony sollevò di più lo sguardo in direzione di Elijah, e quel che vi lesse la fece rabbrividire per la potenza dei suoi occhi inquisitori che sembravano cogliere ogni sfumatura dei suoi pensieri.

Briony, dovrei preoccuparmi delle intenzioni di tuo padre?” dichiarò lui scandendo parola per parola in una melodia che non stonava per niente con la perfezione del suo sguardo, ma che comunque faceva intravedere un punta di sospetto tentatore nella voce.

I polmoni di lei rimasero di nuovo a corto di ossigeno. Era totalmente incapace di sostenere quello sguardo indagatore che apriva il suo cervello manco fosse una nocciolina, allo scopo di leggere tutti i pensieri che lei gli nascondeva.  

Elijah strinse gli occhi continuando ad osservarla.

Briony aprì la bocca in cerca d’aria e disse la prima scusa che le venne in mente: “Voleva solo scusarsi… per come mi ha trattata l’altra volta…anche se ovviamente non gli ho dato corda.” rispose cercando di apparire convincente e creando in lei una maschera di rilassatezza.

“Tutto qui? Non voleva nient’altro?” domandò ancora Elijah come se ne fosse davvero interessato.

Il viso di Briony si incupì prima di rispondere e di aver creato un’ennesima maschera di calma: “No, nient’altro.” Rispose cercando di sorridere.

Gli occhi di Elijah saettarono dentro di lei, scontrandosi con la sua maschera e cercando di inciderla con forza, ma stranamente non ci riuscirono.

Lui rimase immobile, continuando a scrutarla con lo sguardo, come se avesse la sensazione che gli stava nascondendo qualcosa, ma quella maschera era troppo forte da abbattere per potere sentire la voce del suo cuore che gridava la verità.

<< Sai tutto Elijah? Hai cercato di uccidermi quando ero una bambina indifesa? Hai sempre saputo tutto? >> domandò la voce del cuore di Briony piena di agonia, la quale si stava espandendo in tutto il corpo e lei sembrò navigarci dentro, facendosi abbattere da essa.

C’era qualcosa che non fossa rimasto macchiato nella sua vita?

E non avere risposte a quei dubbi che la laceravano, sconvolgeva tutto ciò in cui credeva, perché l’amore che provava per lui era il centro del suo mondo, rappresentava ciò che di più prezioso aveva, era la sua gioia più immensa e totale.

E nell’avere dei simili dubbi sembrava come se ogni cosa perdesse importanza. Come se non fosse realmente autentico.

Briony decise di porre fine a quell’afflizione, andandosene via. Passò accanto a Elijah e nel cammino le loro braccia si sfiorarono, provocandole brividi in tutto il corpo. Ma la loro natura le sembrava terribile, priva di calore.

Elijah si voltò per guardarla come se volesse fermarla ma il suo corpo rimase immobile dov’era, e il suo sguardo seguì la figura di Briony fino a quando non scomparve.

La ragazza intanto sentiva di continuo lo sguardo penetrante di Elijah sulla schiena e tremò involontariamente. Voleva andarsene di lì, fuggire via.

Ma certamente non sarebbe stata la soluzione al suo problema e vivere con dei simili dubbi non sarebbe stato vivere.

Però voleva davvero conoscere la risposta se fosse stata ciò che temeva? Lo avrebbe sopportato?

C’era qualcosa che una persona potrebbe fare per farti smettere di amarla? Quel pensiero e la risposta nella sua mente fu come la morte per lei… ma non una morte semplice che durava un attimo… era una morte crudele, che la torturava per un tempo infinito sfracellandole il corpo e l’anima.

 

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Elijah camminava attraverso la folla di gente con la testa in fiamme anche se lo sguardo era sempre gelido. Aveva subito intuito che qualcosa non andava e non riuscendo a coglierne il motivo gli incuteva un pericoloso sospetto.

Camminava ancora quando vide Bill Forbes passargli accanto, ma l’uomo lo ignorò totalmente come se non esistesse. Ma così non fece Elijah che lo afferrò saldamente per un braccio, obbligandolo a fermarsi di fronte a lui.

“Che cosa ha raccontato a sua figlia?” domandò senza tanti preamboli e puntandogli addosso uno sguardo temerario e diabolico, come per avvertirlo che se non voleva rispondere le cose non si sarebbero messe bene.

Bill gli sorrise in segno di sfida: "Io non ti dirò niente, sarà lei a dirtelo se lo vorrà."

Elijah affilò lo sguardo in un modo ancor più spietato, e fece un passo in avanti per ritrovarsi faccia a faccia con lui

"Forse é necessario liberarti dal peso di una testa vuota." sibilò lentamente come se fosse stato un serpente in attesa di agguantarsi contro la sua preda. I suoi occhi neri brillavano per quella minaccia ben riuscita.

Il coraggio di Bill però era arrivato quasi alle stelle, infatti per tutta risposta gli fece un bel ghigno divertito e gli mise una pacca sulla spalla come se fossero vecchi amici.

“Abbi fede. Che chi semina, raccoglie!” esclamò l’uomo sfoderando un altro ghigno divertito prima di andarsene via.

Elijah non si prese neanche la briga di girarsi perché se lo avrebbe fatto sicuramente avrebbe perso il controllo e non ne valeva la pena. Restò nella sua perfetta calma gelida per qualche secondo, in una postura elegante che lo faceva apparire una statua dall’aspetto di un Dio temibile e vendicativo.

Passati i secondi, Elijah si riscosse dalla sua immobilità e cominciò a camminare.

 

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Briony aveva cercato un riparo da quel mondo estraneo per lei in un’aula della scuola, non molto grande sicuramente da contenere tutta la sua agonia. Neanche un contenitore illimitato ce l’avrebbe fatta a sostenerne il peso.

Si levò il fermaglio che teneva in testa e i capelli le caddero lisci lungo la schiena, fornendo calore alle spalle ma che fu subito raffreddato dall’ansia e dai dubbi.

Briony si mise una mano alla bocca, tenendo l’altra mano sopra a un banco, come se non riuscisse a stare in piedi e temesse di vomitare da un momento all’altro.

All’improvviso sentì una voce ristabilirla, ma appena né intuì chi fosse il proprietario subito la forza le mancò, come se venisse soffocata da un tappeto.

Elijah era sulla porta, la mano sullo stipite e aveva un’espressione interrogativa in viso:

Briony? Che ci fai qui? La festa non è ancora finita.”  Chiese facendo alcuni passi verso di lei, tenendo la mano sinistra in tasca.

Briony si riscosse dal suo stato e si girò portandosi le mani alla tempia. “Non mi sentivo molto bene.” Sussurrò freddamente tenendo lo sguardo altrove, come se facesse fatica a guardare Elijah per dei secondi interi.

Lui fece dei passi lenti verso di lei fino a quando i loro corpi non si trovarono vicini, eppure sembrava esserci un distacco enorme fra loro, come se qualcosa di bruciante li separasse.

“Forse abbiamo ballato troppo.” constatò lui sollevando un angolo del bocca e alzando una mano per sistemarle un ciuffo scomposto che le era ricaduto sulla fronte.

Ma appena lei intuì la sua mossa si scansò subito, come se la testa avesse obbedito a una volontà propria, infatti questa si mosse nella direzione opposta alla mano di Elijah per schivarla.

A causa della sua reazione improvvisa, gli occhi di Elijah furono attraversati da un intenso bagliore… lo sguardo si serrò e il petto si alzò per un attimo, come se fosse stato appena colpito da una freccia alla schiena.

La mano di Elijah si abbassò con lentezza, quasi volesse indurre Briony a guardarlo almeno, ma lei si strinse nelle spalle e superò Elijah andando verso il centro dell’aula.

Gli stava dando le spalle ma sapeva di dover voltarsi verso di lui, perché anche solo il pensiero di avere il suo sguardo fisso sullo schiena o di non cogliere le sfumature del suo viso, la inquietava terribilmente.

Con molta lentezza decise di farlo: ma non riusciva nemmeno a guardarlo dritto negli occhi, quasi le costasse una fatica enorme.

I suoi occhi saettarono in ogni cosa, nell’aula della stanza, in alcune parti del corpo del vampiro ma mai nei suoi occhi, perché sapeva che in quel pozzo buio avrebbe trovato la risposta alla sua agonia e se questa poteva o no essere placata.

Elijah intanto continuava a fissarla con sguardo grave senza proferir parola, come se non ne avesse bisogno o non avesse intenzione di parlare; restava elegantemente fermo mentre la profondità dei suoi occhi neri sprigionava una potenza pura per obbligare quelli di Briony a sollevarsi verso di essi.

E lei finalmente lo fece, e il suo cuore traballò.

Nella sua mente il male si vestiva di bianco per nascondere il nero della sua anima, e per infondere illusioni sulla gente pur di indurre loro una trappola letale verso la fine della storia.

E all’inferno non c’era il fuoco ardente che bruciava ogni fibra del tuo essere, ma si gelava.

Briony infatti si sentì raggelare le vene mentre guardava Elijah e le sue vesti di un colore bianco così candido e puro, ma che sembrava essere soltanto una bella copertura su ciò che era veramente.

Le sembrava di vedere il fantasma di un’altra persona davanti a lei.

Chi sei tu per farmi stare così male?

“Credi che sia vero poter conoscere una persona, totalmente e indissolubilmente? E esserne poi felice?” domandò lei apatica, mentre il flusso delle loro vite caotiche si racchiudeva attorno a loro, implacabile.

Lui abbassò gli occhi, rimanendo immobile e severo: “Credo che sia un dono unico e raro. Ma talvolta la felicità non è compresa perché le due cose possono non combaciare.”

Quella teoria razionale e assorbita nel tempo poteva terribilmente essere vera. Per la prima volta Briony si sentiva sullo stesso confine del fatalismo del vampiro.

Venne un istante in cui i due si guardarono, da lontano, mentre la tensione saliva e saliva come un’orchestra inquietante che si diffonde all’interno di quella piccola stanza.

E al culmine fatidico di quella tensione, Briony combatté col groppo che aveva in gola e gli fece una domanda precisa:

“Hai mai conosciuto mia madre?”

Tutte le sfumature del viso di Elijah sparirono di colpo, inghiottendolo in qualcosa che sembrava un vuoto e un nulla illimitato. Come se ogni cosa che lo caratterizzava si fosse sbriciolato in lui, lasciando solamente vivi quegli occhi neri che ora si stavano chiudendo, come se pativano nel guardare quella ragazza davanti a sé.

“Tu lo sai..?” Il sussurrò che uscì dalle sue labbra semichiuse risuonò così flebile e leggero come quella brezza che stava ghiacciando il corpo di Briony.

Elijah girò lievemente il viso dall’altra parte mentre il busto rimaneva perfettamente immobile, come se fosse stato ghiacciato.

“No, io non so niente perché non può essere vero..” rispose lei scuotendo la testa di continuo e negando a se stessa un’ulteriore verità che le poteva fare del male.

Quando Elijah riaprì gli occhi e incrociò i suoi, Briony percepì all’interno la verità che sembrò fiondarsi su di lei come un missile che faceva a pezzi ogni cosa nella sua traiettoria.

Il nodo che provava allo stomaco si trasformò in un abisso senza fondo. Lo sguardo di Elijah la sfiorò come la carezza di una mano gelida che non le infondeva calore… ma solo un dolore invisibile e pietrificante che anticipava un dolore prossimo, ancora più lancinante.

I solchi di silenzio riempivano la stanza addensandola di tensione e di aspettava che uno di loro parlasse prima o poi per spezzare quella taciturnità con le loro voci, con le loro grida, con qualunque cosa che potesse smembrare quel silenzio divorante.

“E’ vero…” mormorò lei come se stesse parlando da sola e quelle parole furono la conferma ai suoi dubbi, che avrebbero tanto voluto rimanere tali pur di non conoscere la risposta definitiva che avrebbe segnato il cammino della sua esistenza.

Elijah si riscosse all’improvviso dalla sua immobilità, un’ombra sembrava intrappolata nei suoi occhi neri, e la fissava con insistenza mentre i suoi passi si facevano sempre più vicini così come le sue mani pronte a prenderla.

C’era qualcosa di così terribile e sconosciuto nella sua espressione che Briony si allontanò da lui prima ancora di rendersene conto. Come se le sue assurde paranoie le immettessero delle nuove immagini sfocate nella sua mente, di lui sotto forma di angelo nero che la salvava da quell’abisso in cui stava cadendo soltanto per condurla in un inferno più oscuro insieme a lui.

Briony le si mozzò il respiro per quelle immagini terrificanti e non appena sentì le mani fredde di Elijah toccarle le braccia, lei scattò infervorata quasi avesse paura che quell’immagine si avverasse.

“Lasciami.” mormorò freddamente facendo un ulteriore passo indietro e abbassando lo sguardo pur di non farsi afferrare anche da quello.

“No, non finché non parliamo.” rispose lui risoluto e determinato mentre affondava sempre di più la presa sulle sue braccia per avvicinarla e farla calmare.

Briony però scuoteva continuamente la testa, agitando freneticamente le braccia anche se la debole opposizione che compiva non poteva servire a niente, ma questo sembrò davvero infastidirlo.

“Ascoltami!” ringhiò lui alzando il tono della voce rendendolo quasi spaventoso, e le dita affondarono nella sua pelle come artigli per farla immobilizzare e obbedire al suo ordine.

Briony sgranò gli occhi impaurita, incontrando quelli glaciali di Elijah.

Quel gesto improvviso l'aveva fatta scuotere involontariamente, infatti le mani di Elijah erano affondate nella parte superiore delle sue braccia, avvicinandola di più a lui per intrappolarla nella sua morsa oscura.

Briony deglutì il groppo in gola più volte e mentre i suoi occhi tremanti si agganciavano con forza a quelli di Elijah, pensò che quello che aveva davanti non era il fantasma di un’altra persona come aveva creduto all’inizio, ma era proprio lui.

Perché il cuore non poteva sbagliare neppure in momenti strazianti come quello. Il dolore combaciava alla perfezione con l’amore che provava per lui. Erano ugualmente intensi e ugualmente distruttivi. Autentici nella loro forza devastante che sterminava ogni logica.

Era davvero lui, non poteva sbagliarsi.

Non poteva soffrire così tanto se il suo cuore non aveva smesso di essere aggrappato a quel sentimento chiamato amore.

Briony ritornò alla realtà: erano passati soltanto pochi secondi da quando lui l’aveva afferrata e obbligata a starlo a sentire.

Lei rimaneva immobile, alla sua completa mercè. Elijah serrò invece duramente lo sguardo per prepararsi a quel dolore che entro poco si sarebbe espanso anche dentro di lui.

“Te lo avrei detto.. Non è una giustificazione, so che non esiste per ciò che ho fatto.” sussurrò mestamente con gli occhi abbassati, tenendo sempre la stretta ferrea sulle sue braccia.

Briony si morse il labbro, tenendo a freno le lacrime che stavano per inondare i suoi occhi per quella scoperta che voleva a tutti i costi negare. Non l’avrebbe mai creduto capace di un gesto tanto orribile… tentare di uccidere un bambino era una scelleratezza tipica soltanto di mostri come Klaus, ma il termine mostro non aveva mai riguardato Elijah nel suo vocabolario.

Non era mai entrata quella parola orribile nel suo cuore e non aveva mai macchiato il suo amore per lui. Ma ora sembrava tutto diverso, come se quella scoperta stonasse su tutto ciò che pensava e credeva su di lui.

“Ma perché? Che cosa era successo…?” domandò lei basita tentando almeno di capirlo.

Un ultimo appiglio disperato del suo cuore che cercava di rimanere aggrappato alla sua forza, la quale stava scemando dentro di lei.

Elijah questa volta la lasciò andare, facendo ricadere le braccia lungo i fianchi. L’espressione era aumentata in una durezza colpevole e sembrò non voler trovare delle giustificazioni inutili.

“Ho ucciso molti cacciatori nella mia vita, ho tolto la vita a tante persone molte delle quali avevano tradito la mia fiducia o semplicemente mi infastidivano.” mostrò un sorriso stanco e freddo, per nulla divertito. “Le uccidevo senza provare la minima compassione. E non sto mentendo.”

Briony sgranò gli occhi traumatizzata più per lo sguardo scavato e deciso di Elijah, piuttosto per le sue confessioni. Sembrava non gli importasse di nulla, che avesse deciso di dare libero sfogo alle colpe che macchiavano il suo animo senza ammorbidire il tono in cui lo diceva, per il preciso scopo di apparire ancora più feroce. O per rendersi colpevole con le sue stesse mani.

Elijah lasciò Briony, camminando a passi lenti nell’aula senza una ragione precisa... forse per darle il tempo di racimolare ciò che stava succedendo, oppure perché non sopportava di avere il suo dolore così vicino.

Ma… se mia madre non ti avesse fermato, che cosa sarebbe successo…?” domandò lei con sgomento pensando a cosa sarebbe potuto accadere, che poteva restare uccisa, che la comparsa di Elijah le aveva cambiato più volte la vita segnandola per sempre.

Soltanto allora si rese conto dell’ironia della situazione: Elijah aveva minacciato di ucciderla, di toglierle la vita, ma poi per uno strano scherzo del destino era diventato la sua voglia di vivere.

Era ritornata a vivere, come se prima di amarlo non l’avesse mai realmente fatto.

Davvero strano il destino.

Elijah però non appena sentì la sua domanda si voltò rapidamente verso di lei, quasi quelle frasi l’avessero colto di sorpresa o non se l’aspettasse. Infatti i suoi occhi vennero attraversati da un guizzo che però scomparve subito, non lasciando traccia del motivo della sua origine.

“Sono problemi che non mi sono mai posto. Io sono ciò che sono, Briony. Non traggo piacere in ciò ma è inutile negarlo.” rispose duramente non guardandola nemmeno, e accanendo le parole con più freddezza per renderle apposta insopportabili.

Briony infatti provò una fitta gelida al cuore sentendo il vuoto nella sua voce. Come se lui di sua spontanea volontà incidesse sempre di più nel tormento di lei, facendo sembrare se stesso un essere senza scrupoli che non si interessava delle conseguenze delle sue azioni, e che non combatteva la sua natura demoniaca perché non c’era speranza di farlo.

Sembrava come se lui si arrendesse a ciò che era, non lasciando nessun barlume in lei per farle credere che stesse mentendo.

E l’accurata freddezza in cui in quel momento la stava guardando la fece rabbrividire fin dentro le ossa.

Ma… come puoi dire questo..?” domandò lei angosciante e alzando di più il tono, non sopportando di guardare l’apparente freddezza dei suoi occhi perché la feriva come una lama affilata e mortale.

“Sto cercando di farti capire che non ci sono giustificazioni per ciò che ho fatto. Non è perché sono un vampiro, ma perché io sono realmente così e nessuno può combatterlo. Nemmeno tu, perché anche tu sei stata vittima della mia crudeltà.” rispose Elijah con una freddezza ben calcolata, come se aspettasse di dire quelle cose da troppo tempo ma non era mai riuscito a farlo.

Di nuovo Briony sentì l’aria strozzarsi dentro di lei per quelle parole così gelide che non facevano trasparire nessuna emozione.

Sentiva più dolorosamente che mai l’abisso che li separava e che stava di nuovo per inghiottirla, facendola cadere sempre più giù, sempre più giù.

E lui? Sarebbe caduto con lei? O sarebbe rimasto a guardare con freddezza impassibile?

Di nuovo cercò di guardare nella profondità dei suoi occhi per scorgervi qualcosa, almeno un tentennamento, almeno un'emozione che la inducesse a sperare e a non crogiolarsi da sola nel suo dolore.

Fai qualcosa. Dimostrami che non è vero ciò che stai dicendo. Pensò, mentre il suo cuore si sbriciolava nelle lacrime e gli occhi angosciati parlavano come se avessero avuto voce.

Ma lui non faceva nulla e nemmeno reagiva al suo dolore. Come se fosse una lastra di ghiaccio che feriva chiunque lo toccasse, ma non sentisse il dolore delle sue vittime.

Briony in quel momento si trovava a metà strada tra Elijah e la porta, tra la salvezza e la condanna. Ma quale fosse l’una e quale l’altra non lo sapeva nemmeno lei, e aveva paura di scoprirlo.

“E' assurdo... è tutto assurdo...” mormorò lei confusa e all’improvviso si sentì la testa girare, quasi un martello pneumatico picchiasse con violenza dentro di lei, e un senso di vertigine la sommerse. Briony si mise una mano alla tempia per calmare quel dolore improvviso e lancinante, quando le gambe improvvisamente sembrarono muoversi da sole, e andare verso la porta.

La sua salvezza, la via per respirare di nuovo e sentirsi meno male.

Briony si appoggiò alla maniglia della porta e fece dei profondi respiri per scacciare via quel mal di testa atroce, quando all’improvviso sentì una voce da dietro la schiena. Troppo vicina.

“So che ora mi detesti.”

Briony trasalì sentendo quella voce perforarle la schiena e l’anima. Percepiva lo sguardo di Elijah su di sé anche se gli dava le spalle e la mano rimaneva sulla maniglia, incapace di fare qualunque mossa.

“Quindi non ti trattengo… visto il male che ti ho arrecato e che potrei arrecarti ancora”

La sua voce sembrò trattenuta, frenata da qualcosa che sembrava agonia. Sebbene il suo corpo apparisse freddo come lo era sempre stato da secoli.

La stava lasciando andare… la liberava dal male che lui rappresentava, la escludeva dell’inferno che era la sua vita.

Tutto senza guardarla, come se nel momento che l’avesse fatto forse avrebbe tentennato o non sarebbe riuscito ad andare fino in fondo.

Ma lei voleva guardarlo. Volevo scavare dentro i suoi occhi prima di quel triste epilogo che lei non voleva e che odiava con tutto il cuore.

Non riuscì a trattenersi perché nonostante tutto il suo cuore palpitava per l’ansia di guardarlo, e mentre Briony girava il viso per incrociare quello di Elijah purtroppo ebbe un’altra vertigine e strinse gli occhi per diminuire il dolore.

Inconsapevolmente si aggrappò a una manica della giacca di Elijah per non cadere a terra, e quando lui la sorresse grazie all’altro braccio, lei allora sollevò gli occhi verso di lui, incapace di farne a meno, e subito le sue iridi nere la inghiottirono.

Le ginocchia di Briony stavano leggermente cedendo facendola apparire ancora più piccola del solito, mentre Elijah teneva lo sguardo basso in direzione del suo. E la schiena lievemente inclinata in avanti, per sostenere quella che ai suoi occhi era una piccola e fragile umana e che con quanta facilità avrebbe potuto dannarle la vita.

Briony cercò di osservarlo attraverso la nebbia delle sue continue vertigini: il viso era sempre bellissimo e temibile, con la sua anima nera messa in risalto dall’abito bianco. L’espressione gelida che sfoderava su frasi agghiaccianti.

Quando qualcosa cambiò sul viso serrato di Elijah, perché lui aveva intuito male questa volta l’origine dei pensieri di Briony e il motivo per cui si era sentita male.

Lei vide in lui un vero e proprio tormento.

Il suo tormento sembrava cadere dal suo cuore morto, atterrandole infine negli occhi verdi. E vi penetrò, lasciandola cieca.

La presa di Briony sul braccio del vampiro si fece ancora più ferrea per tollerarlo, i respiri si facevano spezzati, ma comunque continuò a guardare Elijah per un momento infinito.

Il dolore sul suo volto marmoreo era terribile. Era un dolore senza violenza e senza speranza, sull’orlo di una terribile e esplicita emozione che non sarebbe stato capace di controllare.

Lui temeva quell’emozione, l’aveva sempre fatto e non l’aveva mai fatta prevalere sul suo viso gelido.  Fino ad ora…

Capendo di essersi lasciato troppo andare, Elijah la lasciò con finta indifferenza e lei per tutta risposta traballò nel non sentirlo più vicino a .  Un senso di smarrimento si impadronì della sua anima.

Mentre lo vedeva allontanarsi sempre più da lei e i suoi passi riecheggiavano lontano, Briony obbedì a un sublime e tragico istinto.

Si limitò a seguire il cuore che qualche attimo prima sembrava morto, e ora invece le parlava come se fosse vivo e con una potenza tale da spezzare il ritmo dei battiti.

Perché davanti a lei c’era una vita che non voleva rifiutare, un futuro che attendeva e che sicuramente le avrebbe fatto male fino a morire dentro, e che l’avrebbe scalfita con violenza, ma nonostante tutto gli stava correndo incontro.

Stava andando verso la sua condanna, e follemente non le importava dei rischi che correva anche se sapeva che fossero molti.  Voleva soltanto che quelle braccia forti e letali la abbracciassero, conducendola nel loro paradiso maledetto.

Certe volte il cuore spezza ogni limite che la mente impone.

Briony camminò allora verso di lui e gli prese il braccio per farlo voltare, visto che ora le dava le spalle e sembrava essersi tramutato in una statua immobile.

Non appena Elijah sentì il suo tocco, si voltò allibito e sorpreso ma i suoi occhi saettarono subito sulla mano che gli toccava il braccio, come se gli stesse facendo male.

“Non dovresti toccarmi.” Suonò come un ammonimento.

La mano di Briony comunque restò ferma dov’era.

“Perché?”

Lui sorrise freddamente: “Lo sai il perché.”

Briony si morse nervosamente le labbra, cercando le parole giuste da dire ma non era facile come rincorrerlo e fermarlo. Lei non voleva perderlo, voleva averlo accanto a sé. Tutto qui.

Lui è l’aria che ucciderei per respirare.

Ma allo stesso tempo, era l’aria per la quale avrebbe ucciso pur di respirarla.

Quei pensieri contrastanti si unirono in una strana e agghiacciante combinazione.

Briony cercò poi di guardarlo negli occhi con convinzione, anche se tremò leggermente.

“Io non ti odio per quello che hai fatto.”

“Davvero? Forse non ti ricordi il modo in cui piangevi in preda alla disperazione.” la schernì lui con un sorriso cattivo.

“Credi che non sia rimasta sotto shock per ciò che ho scoperto? Lo ero eccome e anche ora. Voglio solo sapere perché. Cosa ti ha spinto a combattere con mia madre?”

Lui sviò lo sguardo infastidito. “L’ho fatto perché mi era tra i piedi nella mia battaglia contro Klaus. Vuoi sapere altri dettagli o vuoi che mi fermi?” mormorò questa volta puntandole alla fine uno sguardo estremamente freddo.

Gli occhi di Briony brillarono di una strana luce pensando che lui la prima volta era capitato per caso nella sua vita per non uscirne mai più.  Ancora una volta le insidie di Bill erano tutte bugie, ma tuttavia lei si diede della stupida per aver pensato che Elijah la stesse cercando per ucciderla visto che poteva sapere la verità su di lei. Era totalmente una cosa impossibile, ai limiti dell’assurdo, perché per quanto un piano possa essere diabolico non si può mandarlo avanti mentre il cuore scoppia per un amore che si stava sviluppando dentro di esso.

Il dolore per quella scoperta si attenuò un poco.

“Ti ho detto che non ti biasimo se vorrai andartene via da me… per cui vai, non ti trattengo oltre.” mormorò lui duramente, girando il viso e mettendosi di profilo.

Ma quella sua freddezza era intrisa di un odio profondo verso se stesso e che non voleva essere riversato anche su di lei.

La verità è che lui si sentiva colpevole di tutte le atrocità che le erano capitate e si sentiva in dovere di dimostrarglierlo; non importava se faceva del male a entrambi. Voleva dimostrarle che con lui o si viveva nell’oscurità, o non si viveva affatto.  

Perché quelli come lui gettano nella rovina chi sta loro accanto, era sempre stato così.

Infatti appena notò che Briony gli si stava avvicinando ancora per parlargli, girò subito lo sguardo trafiggendola.

“Smettila.” Mormorò lui fra i denti, mentre una fiamma evaporò dentro il ghiaccio dei suoi occhi.

Briony sussultò per quell’atteggiamento, ma subito si rifece sotto senza alcun timore questa volta:

“Ma io ti amo, non conta questo? Succeda quel che succeda lo farò sempre.” mormorò col cuore tra le mani ma con un leggero tremolio nella voce. Perché sapeva che lo avrebbe sempre fatto, ma era a conoscenza che degli ostacoli irremovibili avrebbero potuto porre fine a tutto questo e a impedire loro di stare insieme.

Deglutì per quella consapevolezza atroce.

“E questo è il tuo più grande errore.” rispose lui crudelmente, con occhi assolutamente glaciali.

Lei scosse la testa debolmente. “Non pensare che l’essere un vampiro cambi il mio amore per te. Conosco il tuo passato e ora che riguarda anche me, potrei anche lasciare che il disprezzo sorpassi la mia insensatezza, ma lo farei se tu avessi fatto adesso quell’azione che a dire il vero mi pare ancora assurda. Ora invece… non ci riesco, per quanto mi abbia sconvolta. Il passato è passato, e noi siamo qui. E non ho intenzione di punirti.”

A Elijah però non garbavano quelle parole perché lei non si rendeva minimamente conto del pericolo che correva.

La fissò in maniera sinistra: “Come può il perdono avere a che fare con un simile grottesco martirio? Non ti permetterò di agire solo a seconda di istintivi sentimentalismi. Credo non ti sia chiaro ciò che ti ho appena confessato.” A fine frase tutta la violenza della confessione gli apparve chiara, così chiara da esprimerla attraverso la colpa.

“Non prendermi per stupida. So io cosa sto provando. E se tu ti chiudi in te stesso e scegli la morte delle emozioni per sopravvivere meglio, ciò non vuol dire che tu debba costringere anche me a farlo. Io invece lotto per ciò che voglio, perché non lo fai anche tu?”

Elijah rimase distaccato a fulminarla, ma interiormente si poteva quasi notare come si sentisse disintegrato dentro, spogliato fino alle ossa.

"Lottare per rovinarti l’esistenza in seguito e concludere con un disprezzo reciproco. Il tuo per quello che ho fatto, e il mio perché tu hai permesso questa follia sapendo come sarebbe andata." concluse secco, mettendole in faccia la dura e inequivocabile realtà.

Briony tremò di fronte all'atteggiamento e alle parole del vampiro. Sembravano le stesse funeste che lei aveva esposto quando aveva scoperto la verità su se stessa, quando non vedeva più vie d'uscita ma solo oblio...  come se l'inferno fosse loro alle calcagna sotto ogni aspetto, la condanna pronta e micidiale come campane funebri mentre l'epilogo imminente.

E ironia della sorte era Elijah ora a volerla salvare, a definirsi un ostacolo sulla sua felicità.

Se prima aborriva il pensiero di essere veleno l'un per l'altra, adesso sembrava quasi accettarlo con tristezza apatica.

Elijah intanto rimaneva a fissarla livido, il bianco dell'abito ora lo faceva apparire uno spettro.

"Non voglio questo per te. " sussurrò infine scuotendo la testa.

Briony fece un forte sospiro per abbandonare i cattivi pensieri contrastanti:

"Te lo ripeto e ne sono convinta. Non pensare che io ti disprezzi o che voglia colpevolizzarti, lo stai già facendo tu fin troppo."

La dolce luce che si intravedeva nei suoi occhi tuttavia non era sufficiente ad allontanare la tensione dei pensieri del vampiro.

“Ma tu puoi dirmi onestamente “rimani”, dopo aver saputo un simile meschinità, dopo aver contemplato l’eventualità che il futuro potrebbe disfarsi come cenere?" chiese lui serio, non aprendosi sul suo dolore, ma riflettendo il cupismo della realtà come se già conoscesse l'esito.

Briony volenti o nolenti tentennò. Debolmente ancora scossa, con la proprio maledizione che non voleva darle scampo e le succhiava i suoi sogni, ora il buon senso riguardo all'insieme delle circostanze si ripeteva come un eco supremo e tagliente.

Forse davvero si sarebbe ridotto tutto in cenere ma in quel momento Briony non era pronta a mollare del tutto, a ritenere la loro storia drasticamente impossibile.

"Non sono ancora in grado di pensare al futuro.." mormorò abbassando lo sguardo per poi cercare altre parole di sollievo, ma Elijah glielo impedì.

"E allora non dire assurdità, non voglio nemmeno ascoltarle." proclamò gelido e cupo alzando una mano.

Briony si tappò obbligatoriamente la bocca e successivamente vide un abbattimento negli occhi di Elijah, un'ombra senza nome scendere su di lui.

Si allontanò:

"Ho bisogno di restare solo e pensare quanto gravi questo colpo sulle nostre vite e se ciò che rimane della mia coscienza potrà sopportarlo. Per piacere fallo anche tu, ho bisogno che tu lo faccia." le sue parole erano solenni e architettate. Non le aveva rivolto lo sguardo ma Briony aveva comunque sentito il peso della sua richiesta.

Elijah non voleva che scegliesse a cuor leggero, di come l’oscurità fosse nell’angolo pronta ad acchiapparli, che si rendesse pienamente conto di ciò che era successo. Lui stesso faticava a perdonarsi.

Briony si rendeva conto di cosa significasse per lui un colloquio diverso. Decise allora di assentire:

"D’accordo"

Elijah abbassò lo sguardo livido e rimase per qualche secondo immobile, a meditare, per poi girarsi e andarsene, nella solitudine della colpa.

E quando Briony comprese la concretezza del suo allontanamento, il terrore si diffuse sul suo volto pallido. Si riscosse dallo stordimento. Lui era andato via, lei non poteva rimanere.

Istintivamente si gettò fuori dall'aula cercando la figura di Elijah. Lo trovò nel corridoio, solitario e impeccabile, l’oscurità prendeva forma attorno a lui; se ne stava andando verso l'uscita ma in realtà senza meta.

Briony si immobilizzò a guardarlo, sapendo che doveva lasciargli il suo spazio e concedergli la pace con se stesso, se mai fosse stato possibile. Così lo lasciò andare, sviando da lui lo sguardo e intrecciò le mani, sospirando tra i denti. Pensò allo stesso tempo cosa era giusto fare, se doveva sul serio riflettere sulla condanna che persisteva attorno alle loro vite e se non fosse davvero saggio allontanarsi prima di rovinare il bello che li aveva uniti. Poteva l’intensità del suo amore giustificare quello che forse anime oneste avrebbe giudicato una follia malsana e sbagliata?

Doveva essere sollevante mollare la spugna in una situazione disastrosa, ma Briony si sentì svuotata mentre ritornava in aula.

Si mise sopra un banco, a testa china mentre il suo tormento silenzioso era come un velo su di essa.

Non seppe quanto tempo passò ma sentì una specie di botto che rimbombò nell’aula. Briony aveva alzato lo sguardo per vedere se fosse Elijah ma era quel pazzo di Kol. E non era un bello spettacolo: le sue braccia cingevano le spalle di due ragazze che gli si strusciavano addosso senza alcun pudore; la cravatta di Kol era tutta malmessa, la camicia sbottonata e persino i pantaloni stavano cadendo sotto i fianchi. I capelli erano tutti spettinati come se avessero appena lottato.

“Maledizione ma non c’è neanche un’aula libera in questo schifo di scuola??” sbottò Kol all’improvviso imprecando tra sé e sé, mentre Briony lo guardava apatica e indifferente.

Mentre Kol lanciava un’altra imprecazione e se ne andò portandosi dietro le due ragazze, Briony tornò ad abbassare la testa pesante dai suoi fardelli.

Sembravi non averci fatto proprio caso al vampiro, come se si fosse dimenticata di esistere.

E nel frattempo al di fuori della scuola la festa andava avanti, radiosa e frizzante, ingoiando la felicità che poco prima lei e Elijah avevano avuto.

 

 

 

Aveva riflettuto, eccome e tanto, ma c'era ben poco da riflettere. La sua vita senza Elijah sarebbe caduta come una foglia per poi perdersi come pioggia. Non c'era alternativa, se non combattere come aveva già prestabilito per non perdere ciò che amava e conquistare la tanta agognata felicità a modo suo.

Non poteva, e nemmeno la più agognante scoperta poteva farla desistere dal suo intento di migliorare le cose, di conservare ciò che desiderava veramente con tutto il cuore. Anche se davvero stava andando dritto, tra le braccia, della sua condanna.  Ma chi può giudicare un desiderio tanto passionale, tanto intenso da non apparire umano?

Sembrava esserci una sola via di scampo alla sua anima tormentata, e già entrambe le loro vite erano state maltrattate… c’era un limite alla sua capacità di rinuncia.

Ora si trovava a villa Mikaelson dopo la festa, si era inoltrata facilmente in casa perché non c'era nessuno. La camera da letto di Elijah era sempre la stessa, ma al buio le dava una sensazione di malinconia.

Sapeva che il vampiro avrebbe pazientato finchè la violenza del dolore si fosse esaurita e l’amarezza ridotta. Si sarebbe divorato dal pensare, a cercare la soluzione più giusta e se acquietare il rimorso o portarlo per sempre.

Ad un tratto, Briony sentì dei passi per le scale e tremò per la paura di non saper convincere Elijah a scacciare i fantasmi del passato e affrontare tutto insieme per lasciarselo alle spalle.

Il vampiro entrò nella stanza  a passi lenti ma non si immobilizzò nel vederla, anzi andò avanti a camminare a sguardo alto, come se la presenza di Briony non costasse alcuna differenza per lui.

Lei era sopra il letto, indossava ancora lo stesso vestito della festa e lo guardava con la speranza tenace e ostinata che anche lui la guardasse e mettesse fine a quel supplizio una volta per tutte.

Elijah intanto si era tolto il papillon con fare distratto ma decise di non spogliarsi della giacca come se non fosse il caso appropriato in quel momento. La stanza era in penombra, la luce non era accesa, solo quella della luna faceva lume attraverso gli infissi della finestra.

Briony sentì Elijah venire verso di lei ma non avvicinarsi, il suo sguardo sembrava sfiorarla ma non guardarla veramente, come se fosse immerso in più profondi pensieri.

Era puramente meccanico il mantenimento dell’espressione di calma all’interno del suo volto.

“Sei sempre così ostinata e caparbia, Briony Forbes.” Disse lui ad un tratto, la sua voce che si faceva largo nell’oscurità quasi avesse vita propria, fredda e seria.

La ragazza decise di non prenderla come un ammonimento e gli sorrise per scioglierlo:

“Forse è per questo che siamo perfettamente in simbiosi. Tu compensi me, io compenso te.”

Il contegno di Elijah però era rimasto calmo e freddo, la bocca serrata indicava la forza di autocontrollo.

“Non mi sembra il momento per fare ironie Briony.”

La ragazza ridivenne seria, fissandolo triste e malinconica. A volte invece le loro direttive erano davvero inconciliabili.

Nelle remote profondità della sua indole, così gentile e galante, in Elijah giaceva nascosto un deposito di rigida logica, come un freddo metallo in un terreno rigoglioso che piegava tutto ciò che tentava di attraversarlo. Ecco come lei certe volte si sentiva a volerlo attraversare: bloccata proprio da lui; i loro possibili momenti di pace in standby.

Elijah poi rivoltò lo sguardo, andando verso un comodino e passandoci indifferente le dita:

“Quello che ho fatto è imperdonabile, non so come nemmeno come tu faccia a guardarmi senza provare orrore.” Affermò lui duro con se stesso. Il suo volto era come avvizzito, concentrato sul passato.

Briony lo guardò con triste nostalgia:

“Ti prego vieni qui.” Lo pregò tastando il letto.

Non intuì subito se lui avrebbe acconsentito, rimase per parecchi secondi a guardare le sue spalle, ma poi per sua fortuna Elijah fece dei passi per giungere da lei, fermandosi proprio davanti. Così riusciva un po’ meglio a intravedere i lineamenti del suo volto, perfetti nella loro gelida infrangibilità.

Schiuse le labbra per parlare ma lui la bloccò:

“Non parlare, già intuisco che il tuo pensiero folle non è cambiato. Ma sul serio c’hai riflettuto senza interferenze personali?” La fronte aggrottata, il tono sempre lo stesso.

Briony sospirò, lasciandogli intendere chissà cosa.

“Se hai paura di offendermi non dovresti averla.” Affermò lui allargando un angolo della bocca in un sorriso sinistro, come di quelli che appartengono all’inferno.

Quel sistema di lanciare elaborati sarcasmi, Briony lo conosceva bene e decise finalmente di andare nel fulcro della questione:

“Infatti dovrei. Come ti azzardi a scegliere al posto mio? A pensare di sapere come mi sento? E soprattutto…

“Le tue fustigazioni non sono appropriate al momento.” Replicò lui distaccato incrociando le braccia al petto.

Briony si infervorò per il perenne atteggiamento altezzoso dell’Originario che esponeva pure in quel momento, e così digrignò fra i denti.

“Dio..” imprecò sbattendo le mani sopra il letto.

Ma l’impeto di collera se ne andò come era venuto, nel momento esatto in cui Briony sentì la mano gelida di Elijah sfiorarle la guancia sinistra. Il respiro le si spezzò tra le labbra inconsapevolmente, il cuore battè impazzito per l’emozione di cui era preda. Sembrava non essersi nemmeno accorta come fosse successo e perché, rimaneva soltanto in balia delle emozioni scatenanti che stava vivendo.

Debolmente riuscì a alzare gli occhi su Elijah, che ora la osservava in maniera profonda e inquisitoria. Erano più vicini, la sua mano le sfiorava delicata la guancia come una consacrazione.

Sul serio Briony. Che cosa senti? Che cosa veramente senti?” la provocò lui come in un test. “Perché io sinceramente nulla di piacevole.”

Briony allora strinse le labbra. Avrebbe risposto tutto il contrario lei: sentiva brividi in tutto il corpo e forse davvero la paura provata in precedenza li stava aumentando nella loro potenza, facendola quasi diventare dipendente come una drogata. Ma davvero avrebbe voluto che non si fermasse mai; anche se poteva essere all’inferno non ci vedeva nulla di sbagliato né di orribile.

“Ti faccio schifo ora?” ribattè fra i denti offesa.

Lui sorrise appena:

“Non metterla su questo piano. Sai che non sarà mai così. Il problema non sei tu, anche se i tuoi atteggiamenti sono assurdamente insensati e mi sento in dovere di farti riflettere.”

Briony allora sospirò, chiudendo gli occhi. Lui stava facendo i conti con la sua di verità, ingigantendo ancor di più la colpa platealmente davanti a lei, senza sfiorare le corde in propria difesa. Ma se fosse venuta a galla la verità che riguardava lei… la situazione sarebbe esplosa del tutto? Si sarebbe capovolta la situazione, come dei margini invertiti, e le sensazioni d’orrore e tradimento avrebbero primeggiato sulle altre? Probabilmente sì.

In quel momento se si fosse confessato tutto, come potevano entrambi destreggiare il terribile cambiamento che avrebbe prodotto quella verità nella loro vita, nei loro mondi?

Briony non voleva neanche pensarci. Poteva sentirsi meschina nel vederlo così quando nemmeno lei era senza macchie, ma doveva davvero risolvere un problema per volta. Altrimenti niente l’avrebbe più salvata.

Scelse il silenzio che altrimenti avrebbe previsto il male; scelse di pensare a lui e a rimuovere la sua di colpa; scelse di andare avanti e di guardare oltre; scelse il presente e ciò in cui poteva ancora sperare.

Una vocina interiore le sussurrava che sceglieva l’autoconservazione all’onestà mentre faceva segno al vampiro di sedersi al suo fianco, ma davvero quel problema doveva nascondersi in un angolo remoto quella notte.

Elijah finalmente si era seduto con movimenti lenti accanto a lei, guardandola come se ci vedesse il mondo. La profondità dei suoi occhi neri la indusse a essere umanamente sincera, sperando davvero che avrebbe alleviato il peso del fardello che Elijah portava.

“Non ti odio, non per ingenuità o stupidità, ma perché ti conosco. Qualsiasi disgrazia dovesse accadere, qualsiasi cambiamento, tu rimani sempre tu.  Anche ora che ho scoperto la verità che dovrebbe farmi scappare via, vedo che tu sei proprio tu. E non chiedo altro.”

Elijah sbattè perplesso le palpebre, come se non se lo aspettasse. La guardava come se le chiedesse se fosse sicura, se parlasse sul serio, se non fosse impazzita.

Lei sapeva che non sarebbe stato facile, perché il pensiero che per Elijah contava più di tutti era il proprio, poche cose potevano distorcerlo. Come quando Rebekah gli aveva detto, per confortarlo, che nessuno dei vampiri di Mystical falls era migliore di loro, che lui agiva solo per il bene della sua famiglia. Ma lui, sordo al perdono, si era condannato: “Nostra madre ci ha trasformato in vampiri. Non ci ha trasformato in mostri, quello siamo stati noi a farlo.”

Briony, chissà perché, pensava che l’espressione di Elijah in quel momento combaciasse con quella volta. Forse più parlava bene di lui, più lui sentiva i denti ferrei della colpa chiudersi attorno al suo animo.

“Parli sempre col cuore, Briony Forbes, quell’ostinato e infausto muscolo. Mai con la mente. Quando imparerai..?” la ammonì lui alla fine con un sorriso nato solo per la circostanza.

“E tu invece?”

Sentendosi colpito, lui sospirò e si alzò, dandole le spalle:

“La mia opinione di me stesso proviene da entrambi i fronti se vuoi saperlo.” La rimbeccò lui gelido, rivolgendole metà sguardo.

Briony allora sussultò. Conosceva la testardaggine del suo onore, quanto volesse seguirlo il più possibile per sentirsi meno mostro e salvaguardare almeno la sua maschera di civiltà, e ciò stava portando di conseguenza una condanna mortale nella parte del suo cuore onesto.

Quella coerenza era veramente troppo crudele.

Lei allora si alzò, sicura e determinata:

Ma se io non ti odio perché tu ti affliggi? Ah Elijah, questo tuo codice d’onore. Ma ne varrà davvero la pena rispettarlo? Ti reca più danno che altro.“

Lui si voltò fulmineamente, ghiacciandola:

“Non parlare così. L’onore è tutto ciò di umano che mi rimane.”

Briony si limitò a guardarlo, ispezionando la sua statuaria figura, come il suo completo bianco gli donasse perché non era un essere della notte come gli altri. Ritornò a guardare il volto dell’uomo per il quale lei respirava:

“Ma non è tutto e il più importante. Molti dei nostri limiti che ci imponiamo sono sopravvalutati, solo una fiacca proibizione.” Gli mormorò toccandogli delicata il viso. Sorrise amaramente dentro di sé ripensando al periodo in cui gli aveva affibbiato un’etichetta e non sentiva il bisogno di conoscerlo veramente. Ormai ciò che riguardava lei, riguardava anche lui. Sia nella luce che nell’ombra. Faceva parte di ogni suo progetto, parola, abitudine, pensiero.

“Ciò che ora ci ferisce soltanto, poi ci torturerebbe se molliamo e cediamo... Se invece andiamo avanti, riusciremo a ottenere ciò che vogliamo veramente. Nessun ripensamento.”

Elijah la guardò da sotto le palpebre, pensieroso e immobile.

“Non permettere che questo castigo diventi più pesante di quanto io sia in grado di sopportare…” sussurrò di nuovo, facendogli capire come si sentiva.

La sua mano continuava a sfiorargli il viso, la tensione albergò nella stanza per parecchi secondi. Quando ad un tratto Elijah socchiuse gli occhi.

Briony..” fu il suo bisbiglio nelle tenebre.

Improvvisamente l’afferrò per le braccia con forza e la spinse contro il muro dietro di lui, mettendola di fronte a sé alla sua completa mercè. Un gesto privo di rudezza o violenza, ma pieno di una determinazione che la spinse a non contrattaccare.

Lei sentiva il freddo della parete ghiacciarle la schiena e rabbrividì, restando comunque immobile. Il respiro era fermo e il cuore gonfio di attesa per ciò che lui intendeva fare.

Il lampo malefico che apparve nei suoi occhi neri fu troppo terrificante. Briony pensò che non era consigliabile stare così attaccati e per se stessa niente vie di fuga, anche se Elijah non le ispirava una sorta di timore personale. Poteva avere un pugnale in mano, e la fiducia che aveva nella sua protezione sarebbe stata appena turbata.

Ma emotivamente era davvero così quando Elijah le rivolse anche un sorriso per nulla raccomandabile?

“Mi fai troppo migliore di come sono. Non correrei il rischio se fossi in te.” Le bisbigliò provocatorio.

Briony non permise alla paura di morderla, per cui chiuse gli occhi per riprendere il controllo:

“Decido io per me.”

Non lo vide ma lo sentì comunque avvicinarsi maggiormente. Sentì un brivido attraversarle gelido la colonna vertebrale, e il viso andare a fuoco a contatto col respiro del vampiro.

“Ah sì. Come fanno tutti e poi se ne pentono.”

La minaccia le arrivò dritta come una freccia e Briony sussultò inavvertitamente. Sembravano la preda e il predatore, racchiusi in un cerchio di oscurità penetrante. Erano come il lato oscuro della luna.

Elijah continuò con voce malevolmente ipnotica:

“Altre persone, innocenti, che provavano amore, hanno patito questo destino e l’ho sopportato per mia mano. Tu vorresti riproporre l’esempio? Mia cara rabbrividiresti al pensiero.”

Sapeva che lo faceva apposta ma Briony si ritrovò comunque all’interno del suo gioco mentale, e nella mente vennero rispecchiate immagini sfuocate di donne nel passato che avevano compiuto l’errore di provare amore per uno come lui e avevano pagato caro quel prezzo. Se voleva allontanarla per il suo bene, Elijah stava usando proprio la tecnica migliore.

Briony volle combatterlo, sfidarlo ma riuscì soltanto ad aggrapparsi al colletto della sua giacca con respiro affrettato. Elijah la teneva ancora intrappolata al muro.

“Ti prego...”

Sembrava come se stessero facendo l’amore, perché le emozioni spaventosamente forti che riecheggiavano nell’aria e nei loro corpi non riguardavano proprio un atto efferato. Quella scenografia sembrava anzi seducente. Assurdamente e terribilmente seducente.

Lei desiderava che si fermasse con quelle parole, desiderava averlo con sé in ogni modo; e lui nonostante i suoi intenti razionali continuava a desiderarla accanto contro ogni raziocinio.

Poi non ci fu più niente, come se quella recita fosse inutile. Briony sentì Elijah liberarla, il suo petto non la premeva più e ritornò così a respirare normalmente. L’Originario la guardava scrupolosamente serio. Qualcosa di indecifrabile albergava nei suoi occhi.

“Non scommetterei mai contro di te, Briony Forbes.”

La ragazza, ancora intontita, non capì il senso di quelle parole ma d’impulso riconobbe che il suo ascendente era più forte di quanto immaginasse, tanto da colpire la più gelida razionalità, o almeno scheggiarla.

“Dunque?” mormorò con un fil di voce, non osando guardarlo negli occhi.

“Dunque.” Rispose lui, rimanendo però a meditare nei propri pensieri lontani. Fece un sorriso spento mentre si avvicinava, questa volta senza intenzione di incuterle timore. Intuendolo Briony si scansò un poco come per dirgli che non voleva più ripetere una cosa simile e poi rimase immobile, per scelta alla sua completa mercè.

I loro occhi si legarono, senza costrizioni e in modo naturale. Briony si sentiva nuda di fronte al suo sguardo, come se i suoi occhi neri riuscissero a spogliarla di tutte le sue incertezze senza dover toglierle i vestiti.

“Hai idea di come la mia vita sia cambiata da quando ci sei tu? Non parlo della volta in cui mi hai salvato nella cantina dei Salvatore, parlo di molto prima.” cominciò lui a parlare stringendo gli occhi accuratamente, mentre quelle iridi nere sembravano perforarle la pelle del viso.

“Hai riacceso qualcosa che non doveva più esistere dentro di me, che doveva essere morto. E appena l’ho avvertito ti ho odiato.”  Mormorò con una punta di durezza e glacialità che la fece trasalire.

Lui scosse poi lievemente la testa:

“Perché non dovevi farlo; nessuno deve riaccendere una fiamma che deve restare spenta in un corpo morto. Sarebbe come sconvolgere l’ordine naturale delle cose, e distruggere ciò che noi vampiri facciamo di noi stessi.” Altra durezza accompagnata nella sua bellissima voce. Scandiva bene ogni parola per farle capire cosa gli aveva fatto, per colpevolizzarla di avergli fatto provare qualcosa che non voleva più provare, e per ammonirla con più severità al fine di farle pentire di aver causato tutto ciò.

“E tu l’hai fatto con me.” Rispose lui dopo un attimo di incertezza, mentre i suoi occhi rimanevano avvinghiati dentro quelli di Briony, che rimaneva muta e lo faceva continuare restando ammaliata ad ogni sua parola. Anche se il fatto che lui la facesse sentire colpevole per qualcosa che non avrebbe dovuto fare, la ferì.

“Mi hai fatto percepire qualcosa dentro il petto che non aveva il diritto di esserci.. non dopo la vita che ho condotto, non dopo aver chiuso tutti gli spiragli della mia umanità per vivere una vita in cui i sentimenti nuocciono solo e non servono a niente, solo a fare del male.”

Per lui questi non erano una necessità all’interno della sua nuova vita, ne aveva fatto volentieri a meno perché gli erano costati caro con Katerina e Tatia. Gli avevano fatto perdere tutto e si era promesso di non crederci più...

Ad un tratto le mani di Elijah la presero per le braccia, ma delicate, scivolando lungo i suoi gomiti. Briony lo lasciò fare.

“Sai perché ti ho combattuta all’inizio? Perché volevo a tutti i costi che tu non facessi parte della mia vita? Perché appena ho percepito che stavo provando qualcosa” sibilò l’ultima parola con glacialità, come se non sopportasse dire quella parola o gli faceva male.  

“Quei sentimenti hanno provocato delle ustioni…soprattutto  qui…” mormorò poi con voce più vellutata e carezzevole, mentre prendeva la mano di Briony e la conduceva in un punto del suo petto dove ci doveva essere un muscolo ormai morto.

Quando Briony toccò quel punto, la sua mano tremò ma restò salda perché la mano di Elijah la inchiodò lì. Lui abbassò lo sguardo come per guardare meglio quelle mani intrecciate.

“Quel cuore divenuto ormai un posto troppo freddo e troppo gelido, dove da tempo non c’era più calore, dove da tempo non c’era niente che lo illuminava, e non c’era nulla pronto a renderlo vivo.”  Il suo ormai era diventato un sussurro flebile, mentre continuava a tenere lo sguardo basso sulle loro mani e un ciuffo di capelli gli cadeva elegantemente sulla fronte.

Briony lo guardò con occhi pieni di dolcezza e la sua mano cercò di rimanere il più aggrappata possibile al suo petto.

In quel momento capì perfettamente cosa Elijah voleva dirle nonostante la preoccupazione iniziale.

Poiché lui era stato quasi costretto a ripararsi da quei sentimenti troppo abbaglianti e dalla loro luce che sembrava bruciargli la pelle e il cuore gelido, come se non indossasse nessuna pietra magica pronta a proteggerlo dal sole. Perché contrastava troppo l’oscurità in cui viveva da secoli e le sue convinzioni di vita. E perché c’era un prezzo troppo caro da pagare, per entrambe le parti, e lui moralmente non poteva permetterlo… soprattutto per coloro che amava.

Elijah ad un tratto abbassò le loro mani e guardò altrove.

“Ma non dovevi farlo… doveva rimanere tutto com’era, sarebbe stato molto più semplice così.” Disse diventando a un certo punto freddo.

Già, nella vita ci auguriamo sempre di non soffrire e che il male che capita agli altri non capiti anche a noi.

Ma appena amiamo, soffriamo.  Era una così brutta assonanza che a solo cantarla avrebbe subito fatto indietreggiare coloro che avevano voglia di amare.

Eppure, come già lei aveva detto una volta a lui: “Rischiare fa rinascere laddove non farlo ti svuota.”

Briony gli si avvicinò prendendogli il viso tra le mani per farlo voltare verso di lei, e lui stranamente la lasciò fare.

Ad un tratto le si fece strada un pensiero che spazzò via tutti gli altri. E che le riempì il cuore.

“Non è stata mia madre a salvarmi, non è vero?” domandò lei con certezza.

Lui per un attimo aggrottò la fronte e trasalì, come se non capisse il senso della domanda, sebbene aveva già capito.

“Tu ti sei fermato in tempo.” rispose lei convintissima delle sue parole.

Lui però scosse la testa, con un sorriso sprezzante. “Briony…

Assumendo di nuovo uno sguardo duro, lui le fece abbassare le mani dal viso. “Non devi trovare delle giustificazioni per ciò che stavo per fare o crearti delle false illusioni su ciò che sono. Io ti posso offrire soltanto Oscurità, non la luce che meriti.”

Lei ricambiò lo sguardo con decisione, segno che non le importava.

Se lui era destinato a restare nell’oscurità, allora anche lei sarebbe rimasta nell’oscurità con lui.

Era come se Elijah fosse una droga che doveva assolutamente prendere per vivere..

Briony si lasciò guidare dai suoi antichi e reali desideri, incurante del mondo esterno, e gli si avvicinò sempre di più mentre lui abbassò lo sguardo sulle sue labbra. Dopo qualche secondo di titubanza, Briony lo baciò schiudendo subito le labbra per assaporare il respiro di Elijah e farlo suo.  E finalmente ritornò a respirare.

Elijah schivò prontamente il viso all’indietro per allontanarsi. “Smettila.” ripetè ancora a denti stretti, mostrandosi fintamente freddo.

Lei gli sorrise noncurante, allacciandogli le braccia dietro la nuca “E perché?” gli sussurrò tornando a baciarlo, nonostante l’opposizione iniziale del vampiro.

Gli si strinse di più per non lasciarlo andare, mentre Elijah sembrò di nuovo scostarsi da lei e infatti le mise una mano sulla guancia per far scansare i loro visi.

Ma ad un tratto il suo corpo non fu più rigido come prima, il cuore venne allentato dalla colpa che lo aveva stretto; la sua presa sulla guancia di Briony si rafforzò, come se volesse approfondire il bacio piuttosto che annullarlo. Scelse e si chinò di più verso di lei, avvicinando i loro visi, mentre l’altra mano le abbracciò la schiena per farla scontrare col suo solido corpo, con un rispetto simile da chiederle il permesso.

Briony gli rispose spingendolo prontamente contro il letto e i due si sedettero l’uno accanto l’altra, con lui che le cingeva le spalle e lei che gli si aggrappava senza timori, mentre le gambe erano raccolte contro il bacino di lui.

Erano così stretti in maniera perfetta e indivisibile che se fossero caduti da un dirupo si sarebbero sfracellati, e lo sfracellarsi insieme era più una sensazione di piacere che di terrore.

Continuarono a baciarsi, profondamente e senza bisogno di fare altro, perché ciò che bramavano ora era un semplice contatto per ritornare insieme come una cosa sola. Il cuore dell’umana batteva impazzito come se stesse funzionando per entrambi.

Dopo averla baciata, Elijah sospirò profondamente come se avesse raggiunto uno scopo lungamente desiderato. Rimasero vicini, intimamente vicini come forse mai erano stati. Briony si sentiva leggiadra tra le sue braccia, libera senza più pesi. Non avrebbe permesso che qualcosa rovinasse quel momento di assoluta alchimia.

Alzò la mano per toccargli adorata il volto e si chinò piano per assaporare il respiro di Elijah come se fosse l’aria di cui abbisognava, e sembrò che fino ad allora non avesse mai realmente respirato.

Sentì il respiro di quell’angelo bianco dalle ali nere fluirle nei polmoni e arrivare fino al cuore, fortificandolo e inebriandolo come se fosse stato un dolce veleno che invece di uccidere, curava a sua maniera. Tra un bacio e l’altro, delicati e flebili come ali di un corvo, la luce della luna si rifletteva sui loro volti, sui loro cuori gonfi di quel sentimento assoluto che tornava a unirli di nuovo.

Briony sentiva freddo a causa del vestito leggero non appropriato alla stagione, ma allo stesso tempo un fuoco esplodeva dentro il petto come una fiammata.

Elijah arrivò a cingerle i fianchi, quando all’improvviso sentirono una specie di botto che rimbombò nella stanza. Briony sobbalzò spaventata mentre Elijah si alzò repentino, voltandosi verso la porta dove era appena entrato qualcuno.

Era quel pazzo di Kol, di nuovo. L’aspetto era trasandato come e forse di più di quando Briony lo aveva visto a scuola. Doveva aver fatto baldoria e forse non era finita.

Ops. Nella follia del momento credo di aver sbagliato stanza. Perdono fratello!” affermò col suo solito sorrisetto da canaglia; Elijah teneva gli occhi stretti in due fessure mentre le guance di Briony si tinsero di un rosso pomodoro mentre si alzava piano.

Kol se ne andò canticchiando, non prima di aver alzato la mano in un gesto trionfale.

“Tornate pure a quello che stavate facendo!” gridò sghignazzando mentre se ne andava.

Dopo essere rimasti soli, Briony scoppiò a ridere portandosi le mani in viso per la vergogna, e stranamente anche Elijah rise con lo sguardo verso la porta dove era appena uscito Kol.

“Dovrò ricordarmi di fare un discorsetto a mio fratello domani.” disse sfoderando un sorriso sghembo.

Briony si unì alla risata, poi tornarono a guardarsi senza più ridere questa volta.

Però Briony sentì che non c’era più nulla da dire e che l’agonia stava lentamente scemando, sebbene i rischi fossero ancora alti.

Ma di nuovo non le importò.

Gli si avvicinò e mise la testa sotto la sua spalla, inspirando il suo profumo. Lui rimase immobile come una perfetta statua.

“Non te l’ho ancora detto, ma il bianco ti dona” sussurrò lei sulla sua giacca.

Sentì Elijah sorriderle sui capelli mentre li accarezzava con la mano. Era più rilassato e non la stava mandando via. Né l’avrebbe fatto.

“Il bianco è un colore puro, Briony. Direi che sta molto meglio a te.”

Lei si strinse di più a lui, abbracciandogli la schiena e al tempo stesso scuoteva la testa. Il bianco aveva tante sfaccettature, poteva essere puro e candido apparentemente, però bastava un nulla per colorarlo di nero.

Ma si ama una persona talvolta a dispetto di ciò che si è. Talvolta anche a causa di ciò che si è.

Forse era quello il male supremo… che due persone come loro, nonostante la loro natura dannata, erano giunte persino ad amarsi.

Ma quel male non poteva arrecare alcun danno quella notte.

Rilassata dal cullare dell’ombra nella notte, Briony mise una mano sul suo petto e sussultò dalla sorpresa. Quel gesto svelò che aveva appena sentito un suono… non la voce di una corda vocale, ma quella del cuore di Elijah... che le sembrava battesse sotto il suo tocco.

 

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Ylenia ritornò nel suo appartamento in fretta e furia. I vestiti erano ancora sporchi di sangue ma non le importava in quel momento. Si guardò subito allo specchio come se aspettasse di trovare chissà cosa, e infatti vi trovò qualcosa. Come una traccia che solcava il viso rendendolo più avvizzito e attempato, quasi fosse invecchiata all’improvviso.

Ylenia sospirò rumorosamente e prese dal cassetto il Libro Bianco dopo aver esclamato la magia che lo rendeva visibile ai suoi occhi. Sfogliò qualche pagina in fretta e furia e avendo trovato ciò che cercava, mormorò tra sé e sé alcune parole incomprensibili.

Dopo qualche minuto, il viso ritornò bellissimo come qualche ora prima, senza più nessun segno che lo rendesse avvizzito. Sembrava una bellissima e matura trentenne, agli occhi degli altri.

Ylenia sospirò un’altra volta forse per la fatica dell’incantesimo appena fatto, quando i suoi occhi saettarono su una pergamena che era fuoriuscita dal libro mentre lo aveva sfogliato. Era lo stesso foglio che aveva preso tra le mani qualche giorno prima e lo rilesse un’altra volta con scrupolosità, anche se sapeva le scritte a memoria.

Le parole erano incomprensibili ma comunque nella sua testa vennero tradotte:

“Il corso degli eventi non si può cambiare.. al massimo lo si può deviare verso un destino peggiore”

Ylenia dopo aver letto quelle frasi a dir poco nefaste, rimise la strana pergamena nel libro e lo richiuse in un silenzio tombale nel cassetto.

E dopo essersi guardata di nuovo allo specchio, si domandò in quale guaio si fosse andata a cacciare.

 

Fine capitolo!!

Perdonate i miei bla bla a dir poco mielosi! Certe volte mi sconvolgo da sola Ahah spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Ah la frase "ma quale fosse l'una e quale l'altra non lo sapeva nemmeno lei" é un aforisma de "la coscienza di Zeno" e non so neanche se grammaticalmente sia corretto visto che é un libro vecchio..

"Lui é l'aria che ucciderei per respirare" proviene da una canzone che si chiama "Breathe again"

Mentre il titolo é il verso di una canzone "Cosmic love" e ho preso parecchi spunti dal testo!! :-):-) Vi consiglio di ascoltarla, a me piace molto!

 

Questo é il vestito di Ylenia

http://it.images.search.yahoo.com/images/view;_ylt=A0PDodpHncdPjEEAaAIdDQx.;_ylu=X3oDMTBlMTQ4cGxyBHNlYwNzcgRzbGsDaW1n?back=http%3A%2F%2Fit.images.search.yahoo.com%2Fsearch%2Fimages%3Fp%3Dabito%2Banni%2B20%26ei%3DUTF-8%26fr%3Dyfp-t-709%26tab%3Dorganic%26ri%3D7&w=600&h=800&imgurl=www.incabagiochi.it%2Fopen2b%2Fvar%2Fcatalog%2Fimages%2F1401%2F0-c1feb35d-800.jpg&rurl=http%3A%2F%2Fwww.incabagiochi.it%2Fproduct%2F1401%2FCOSTUME-ANNI-20%27ROSA-TG.S.html&size=36.1+KB&name=COSTUME+ANNI+20%26%2339%3BROSA+TG.S&p=abito+anni+20&oid=e6eb8358b16332334b30932ce121840c&fr2&fr=yfp-t-709&tt=COSTUME%2BANNI%2B20%2526%252339%253BROSA%2BTG.S&b=0&ni=84&no=7&tab=organic&ts&sigr=1264ug1vf&sigb=13642qb3g&sigi=125qad6or&.crumb=OkAIPyh6vAv

 

Questa é la sua povera fascia XD: 

http://static.pourfemme.it/pfbellezza/fotogallery/625X0/27329/fasce-capelli-per-la-primavera-2012.jpg

Mentre questa è Agnes: http://i47.tinypic.com/rw1dut.jpg

So che avete dubbi sul suo personaggio ma verranno presto risolti visto che nel prossimo capitolo ci saranno i flashback di Ylenia!! Yeeee (per la gioia di Ariel winchester!! Muahah)

Vi avverto che il capitolo sarà lunghissimo! Per vostra sfortuna!! XD

 

Grazie a tutti quelli che recensiscono e che amano la mia storia! :-):-) un bacione!!

 

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Capitolo 16
*** Turning back time ***


12 CAPITOLO

 

Meglio regnare all’inferno, che servire in paradiso

J. Milton

 

Orleans, 1769

 

La statua equestre che ritraeva re Luigi XV, dopo 6 anni dalla sua costruzione, fu ritrovata bendata nella Place de la Concorde, come a dimostrare che il re non vedeva più i reali bisogni del suo popolo. Il Mal-Aimè (Così ribattezzato dal popolo) si disinteressava della vita politica del suo paese, incontrava di rado i suoi ministri, e la sua smania di farsi continuamente delle nuove amanti fece crollare la sua popolarità arrivando persino a uno stadio di sfiducia.

Per non parlare delle nuove tasse imposte al suo popolo create apposta per far straripare le casse dello stato, al fin di finanziare le enormi feste lussuose che Luigi dava a Versailles.

I continui capricci e disinteresse del re indebolirono il potere della Francia e contribuì a gettare persino le basi per lo scoppio della rivoluzione francese.

Chi arrivava in Francia a quell'epoca poteva esalare soltanto rabbia, paura, e odio.

Ylenia Lefèvre stava tornando nella sua piccola dimora a Orleans, trasportando un cesto che conteneva delle mele già mature. Era appena stata al mercato in città per comprare il minimo indispensabile, notando con stupore che i prezzi degli alimenti erano arrivati alle stelle, perfino il pane costava come l’oro da quando Luigi aveva imposto nuove tasse per poter soddisfare i capricci della sua nuova amante: Madame du Barry.

Se i nobili si trovavano in difficoltà col nuovo sistema finanziario di Luigi, figuriamoci i poveri e i medio borghesi, come Ylenia, che si domandavano ogni giorno come potevano trovare la forza per andare avanti.

Durante le compere Ylenia aveva visto una ragazzina sui 13 anni che piangeva disperata perché non sapeva come fare per dare da mangiare alla madre malata, e supplicava il paniere di farle credito finchè non avrebbe trovato un lavoro.

Ylenia aveva guardato sconsolata e piena di compassione quella povera ragazza in ginocchio e in lacrime, ma non poteva fare niente per aiutarla. Possedeva poco più i soldi per se stessa e per la tenuta, e la magia non avrebbe potuto fare nulla. Le streghe dovevano servire esclusivamente la natura, non i propri bisogni personali.

Mentre si dirigeva a casa, Ylenia si fermò ad ammirare la cattedrale di Sainte Croix, un’antica chiesa abbaziale distrutta e ristrutturata più volte: era una delle maggiori attrazioni per i turisti e lo stile architettonico era sicuramente di impatto estetico, tanto che ogni volta che Ylenia si avvicinava al monumento ne rimaneva stupefatta per l’imponenza delle due torri.

Quando si trovò ai piedi della cattedrale, Ylenia notò che qualcun altro stava ammirando il monumento con un sguardo più affascinato del suo.

Era un uomo, difficile stabilirne l’età visto che era di profilo, ma Ylenia fu subito convinta che fosse un nobile di alto rango a basarsi sul suo elegante e raffinato portamento. Il modo in cui teneva dritta la schiena lo ritraeva quasi una statua della cattedrale.

Una leggera folata di vento scompigliò i ricci dei capelli scuri dell’uomo, che alzò elegantemente un mano, come se stesse scacciando via il vento perché gli occhi potessero ammirare la chiesa senza dover essere annebbiati.

Ylenia inclinò la testa da un lato, fissando incuriosita quella figura non molto lontano da lei, quando questi si girò all’improvviso dalla sua parte. Ylenia se ne accorse soltanto quando i suoi occhi neri si incatenarono con una strana forza a quelli dello sconosciuto, fino ad immobilizzare il resto del suo corpo.

Ylenia deglutì appena quando i suoi occhi visualizzarono il viso dell’uomo che aveva i ritratti di un nobile d’altri tempi, la pelle bianchissima come se non conoscesse il sole, gli occhi e capelli scuri come la quercia di un albero.

Notò anche con sommo piacere che l’uomo era molto alto, cosa rara da vedere in Francia e lei spesso si rammaricava per la sua alta statura, visto che quasi mai riusciva a trovare un cavaliere alla sua altezza.

La mente della donna smise di analizzare l’uomo di fronte a  perché fu catturata dal curvare delle sue labbra fino al formare di un sorriso gentile e cordiale. L’uomo fece poi un leggero inchino con la testa come per sincerarle i suoi omaggi e per dimostrarle cordialità, sebbene dovesse essere lei a inchinarsi visto l’evidente differenza dei loro ceti sociali. Ma l’uomo sembrò non curarsene, infatti il sorriso non svanì dal suo viso.

Le guance di Ylenia si arrossarono lievemente mentre ricambiava l’inchino con tutta l’eleganza che possedeva, anche se si sentiva a disagio. Sebbene non ne sapesse nemmeno il motivo e ciò la disturbava.

L’uomo le sorrise a sua volta poi tornò a rimirare la cattedrale di fronte a lui, come se fosse un esperto d’arte oppure amasse i monumenti religiosi dove chiunque, buoni o cattivi, erano ammessi.

Le porte delle chiese sono sempre aperte, ma Ylenia e quello strano cavaliere restarono fuori.

Come se avessero paura di sentire un giudizio che i loro cuori non volevano ascoltare.

Sentendosi fuori posto, Ylenia fece alcuni passi indietro sempre tenendo uno sguardo titubante fisso sull’uomo, il quale però non ricambiava.  La strega ebbe l’impulso di dire qualcosa, semplicemente un “buongiorno”, ma non riusciva a trovare le parole come se la lingua si fosse ammutolita.

Allora indietreggiò e tornò in silenzio sui suoi passi verso la via di casa. Stranamente quell’insolito incontro la inquietò parecchio, come se un campanello d’allarme avesse suonato dentro di lei, senza alcun preavviso.

Girò il viso e in lontananza vide ancora quello strano uomo fermo davanti alla porta della chiesa, come se tentennasse nell’entrare.  Ylenia scrollò le spalle e ritornò a casa.

Quella era stata una giornata come un’altra, soleggiata come i giorni precedenti, le strada piene di povertà e disperazione come sempre, ma Ylenia non avrebbe mai dimenticato la prima volta in cui vide Finn Mikaelson.

 

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Agnes scese in strada lungo le vie d’Orleans con un blocco da disegno incastrato sotto il braccio. Era notte e già i negozi erano chiusi, le strada erano stracolme di gente povera che chiedeva la carità ai nobili che passavano di lì e pregavano loro di aiutarli. In cambio quei poveretti ricevevano un sonoro calcio in viso per aver osato interrompere la camminata o insudiciato i vestiti di un nobile.

Agnes si strinse nelle braccia, chiedendosi con angoscia in quale mondo fosse nata e se magari ce n’era un altro che offriva qualunque altra cosa al di fuori della paura, e dell’angoscia nel sapere che non avevi i soldi per mangiare il giorno dopo.

Guardò piena di compassione i poveri che suonavano l’armonica in un angolo della strada per racimolare qualche soldo, e se lei davvero li avesse avuti  li avrebbe donati ben volentieri per offrire loro qualcosa da mettere nello stomaco o per sfamare i loro piccoli.

Ma in quel momento aveva tra le mani solo il suo album da disegno e dubitava che a dei poveri come loro servisse, visto che il 95% della popolazione era analfabeta.

Agnes si sedette sul suo angolo preferito della strada che era totalmente isolato e quindi poche volte aveva avuto le occasioni sgradite di incontrare qualche brutto ceffo. La ragazza strappò un foglio dal suo album e con la matita incominciò a disegnare ciò che la sua mente ritraeva.

A volte quando la candela di camera sua si consumava e non c’erano soldi per comprarne un’altra, Agnes usciva in strada e sedeva sotto un lampione servendosi di quella luce per disegnare l’ispirazione che veniva a scatti nella sua mente; e quindi per non lasciarsela scappare, dopo le prime luci del tramonto, si affidava alla luce folta che le donava quel lampione in quell’angolo di strada isolato e buio.

Non voleva sprecare la magia per quelle cose futili, e anche se era una strega Agnes non usava mai i suoi poteri e le poche volte che lo faceva del sangue le colava dal naso, come se il suo piccolo e fragile corpo non sopportasse l’avvento di quel potere. E col passare del tempo i suoi poteri si erano fatti sempre più deboli, fino a scemare.

Credeva fosse una fortuna dopo tutto, visto che voleva essere normale, vivere una vita normale, senza la magia che la facesse sentire diversa e con la costante paura di finire sul rogo come tante sue antenate nei secoli scorsi.

La ragazza scacciò quei brutti pensieri e la sua mano cominciò a tracciare il profilo di un viso fino a disegnarne l’intero corpo. L’opera era quasi giunta al termine quando all’improvviso sentì dei passi fermarsi proprio di fronte a lei, e Agnes alzò incuriosita lo sguardo per vedere chi fosse lo sconosciuto, visto che raramente della gente passava in quel lato del marciapiede.

Sotto la luce del lampione, gli occhi azzurri di Agnes osservarono le sembianze di colui che doveva essere un aristocratico di alto lignaggio visto i suoi vestiti eleganti e puliti. Il bastone da aristocratico gli dava l’aria da gentiluomo, anche se stonava con quegli occhi cupi e gelidi che osservavano con una leggera superiorità la ragazza seduta di fronte a lui.

Agnes notò degli strani giochi di luce davanti a lei, come se la luce del lampione cercasse di illuminare la figura dell’uomo, ma il viso di lui rimaneva in un orribile penombra come se tutto il suo corpo e la sua anima fossero calate nelle tenebre; e l’oscurità che si portava dietro pareva disegnare delle inquietanti ali nere sulla sua schiena.

Agnes dischiuse le labbra impaurita, la matita immobile sulla mano.

L’uomo alzò ad un tratto il bastone in una mossa lenta ma comunque talmente improvvisa che Agnes sobbalzò impaurita per quel gesto, ma non si mosse dalla sua posizione. Il bastone comunque finì sul foglio sopra cui Agnes stava disegnando, e lo rigirò dalla parte dell’uomo affinché lui lo osservasse.

Il nobile fissò accuratamente quel disegno come se se ne intendesse, anche se lo sguardo faceva trasparire soltanto una fredda indifferenza e null’altro.

Dopo qualche secondo il bastone rigirò il foglio, che ritornò fra le mani della ragazza, la quale guardava l’uomo con occhi impauriti ma anche curiosi visto che poche persone avevano dato dei giudizi sui suoi disegni e sperava in un qualche complimento… da un nobile poi ne sarebbe stata ben lieta.

Ma la voce che risuonò dalle labbra di quell’uomo risuonò gelida e alquanto sprezzante:

“Ragazzina, non ti ha mai detto nessuno che disegnare degli stupidi angioletti è antiquato e per di più futile?”

Agnes trasalì per la sorpresa e per il tono arrogante con cui quell’uomo le si rivolgeva. Avrebbe voluto ficcargli in bocca il foglio e lasciarlo lì da solo come un baccalà, ma per fortuna sua madre nella sua breve vita le aveva insegnato un po’ di educazione.

“Monsieur, non è ancora finito.”  rispose lei solamente con finta cortesia e continuando a disegnare come se lui non esistesse. Sebbene cercasse di concentrarsi nel disegno, Agnes fu interrotta dal suono di un sorriso sprezzante e superbo.

“Spreca le tue energie per qualcosa di più fruttifero, ragazzina.” Lui alzò nuovamente il bastone per sfiorarle le mani; fu un gesto delicato ma Agnes sobbalzò come se l’avesse appena frustata.

“Queste belle mani sottili sarebbero adatte a suonare un pianoforte nei palazzi reali, non per un passatempo stupido e inservibile come questo.”

Il tono di voce risuonò così odioso e altezzoso che lei dovette mordersi la lingua per far tacere i suoi pensieri che insultavano a gran voce quel signore arrogante, ma per non dargliela vinta continuò a disegnare senza dargli la benché minima attenzione.

Sentì di nuovo il sorriso altezzoso dell’uomo come se lui glielo stesse soffiando gelido nell’orecchio, poi di sottecchi vide l’uomo iniziare a camminare lungo il marciapiede incurante della ragazza, come se nulla fosse successo. 

Fece però solo pochi passi perché Agnes gli lanciò per terra il disegno appena concluso, e il signore sembrò stupirsi di quel gesto infatti si bloccò. Il viso si abbassò verso il disegno con una smorfia di fastidio.

Agnes si alzò issandosi con le gambe, lo sguardo rivolto all’uomo di fronte, il quale aveva però gli occhi puntati sul disegno per terra e lo fissavano con estrema attenzione. Il fastidio di poco prima era svanito.

Anche se riusciva a vederlo solo di profilo, la ragazza intuì che ne era incuriosito, quasi sorpreso, e magari sotto sotto gli piaceva anche se quello sguardo duro non trapelava certo dei bei pensieri.

“E’ di vostro gradimento?” domandò lei interessata.

L’uomo di fronte a lei teneva comunque lo sguardo basso ignorando la domanda. Gli occhi si fecero ad un tratto gelidi, pieni del nulla, e l’espressione ritornò altezzosa come prima.

“Dovreste tornare a casa. Di notte girano persone senza scrupoli, non si può mai sapere quale pericolo potreste incontrare.” bisbigliò lui con voce sommessa e un pizzico di ironia superba.

Agnes questa volta riuscì a vederlo bene in viso perché lui alzò il volto, e subito quel sorriso le provocò un brivido di terrore dal gran che era inquietante.

Non poteva negare che quell’uomo possedesse anche una bellezza magnetica che avrebbe attratto chiunque in un nano secondo, ma c’era qualcosa di insolito in lui. Di sbagliato.

Come se appartenesse alla tenebra che lo circondava, e a nessun’altra.

Agnes deglutì intimorita e inchinò la testa, ricordandosi ad un tratto le buone maniere, e subito dopo sentì l’uomo allontanarsi via nell’oscurità che bramava la sua presenza.

La ragazza alzò lo sguardo solo dopo che lui se ne fu andato, come se fosse intimorita dal paesaggio di fronte a lei o di veder ancora quel sorriso inquietante. 

Inarcò sbalordita il sopracciglio a causa di quello strano incontro avvenuto quella notte che in principio l’aveva sia irritata che spaventata.

Agnes raccolse il suo disegno da terra, rimirandolo in tutta la sua bellezza di cui forse quel nobile non riusciva ad apprezzare a prima vista, dato il suo atteggiamento gelido e superiore.

Poi tornò a casa. Incurante del pericolo mortale che un attimo prima aveva avuto di fronte.

 

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Neanche tra mille anni Finn avrebbe potuto scordare il momento preciso in cui Ylenia Lefévre entrò nella sua vita, come un angelo che passando gli rubò l'anima.

La prima volta che la vide era nelle strade di Orleans e camminava con un portamento da far invidia alla regina. Indossava un abito rosso ricamato in superficie ma poteva anche avere addosso degli stracci tanto lui avrebbe potuto solo guardare il suo volto.

Normalmente Finn non dava molto caso alla bellezza esteriore, dato che in molti secoli aveva visto molte donne, ma quella che incrociò il suo cammino aveva un fascino tutto suo, diverso da chiunque altro avesse conosciuto.

Gli provocò un tumulto tale da doverla per forza seguire come se ne fosse rimasto abbagliato dal primo istante, e non fu il solo. Molti uomini si giravano a guardarla al suo passaggio ma nessuno aveva il coraggio di rivolgerle la parola, come se la sua bellezza avesse una qualità perturbante, più simile a un essere mitologico che a un normale essere umano.

I capelli neri come il petrolio appena sbucato dalla terra rigogliosa, occhi scuri come due perle nere, la pelle ambrata e non pallida come quelle delle aristocratiche, e le gambe lunghe che la slanciavano fino a farla apparire una dea.

Il suo incedere da fata e quella maniera di muoversi come se stesse volteggiando la rendevano sublime, ma il suo sguardo vacuo, distaccato e indifferente a tutto quel chiacchiericcio sembrò non accorgersi di ciò che le stava accadendo intorno. La donna teneva lo sguardo dritto davanti a sé, immersa in pensieri tutti suoi, finché non era entrata in una pasticceria. Finn si era fermato sul marciapiede rimirandola attraverso la vetrina, e sentì la sua risata squillante come un sonaglio che sembrò ravvivargli l'anima.

Quando lei uscì dalla bottega, Finn le era andato dietro cercando di non farsi vedere e incurante delle conseguenze che avrebbe comportato un’azione simile. 

Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua nuca perfetta, dalla linea delicata del suo collo, da alcuni ciuffi dei capelli che le sfuggivano dall'acconciatura.

La donna però all'improvviso si era voltata come se si fosse accorta di essere seguita, ma appena girò il viso vide davanti a sé soltanto il solito via vai cittadino. Finn si era accuratamente nascosto per non farsi notare e la seguì fino a casa pur non sapendone il motivo.

Non aveva intenzione di farle del male e di far prevalere la sua orrenda natura, ma voleva soltanto non perderla di vista, come se i suoi occhi avessero bisogno di guardarla altrimenti sarebbero rimasti ciechi.

Appena la donna si era richiusa la porta di casa alle sue spalle, Finn si era sentito uno stupido chiedendosi di continuo cosa gli stesse succedendo e perché ad un tratto si fosse ritrovato a seguire una donna che non conosceva affatto.

Se ne era andato da quel quartiere con la testa più confusa che mai, quando la vera sorpresa avvenne pochi giorni dopo non appena vide la stessa donna all'entrata di una cattedrale. Ne fu così stupefatto che si domandò se quello non fosse un segno del destino, visto che é raro che il cammino di un vampiro e un'umana si incrocino più volte in così poco tempo.

Di nuovo era stato abbagliato dalla sua bellezza e di nuovo non era riuscito a dire nulla, come se avesse paura che le parole spezzassero quell'incantesimo che l'aveva imprigionato dal primo istante senza che lui potesse fare alcunché in proposito. 

Non appena la donna se ne era andata, Finn aveva capito che non poteva lasciarsela scappare un'altra volta. Non gli importava che non la conoscesse o che non sapeva neppure il suo nome. Si era fissato nella sua decisione e non avrebbe desistito.

Gli sembrava di essere tornato di nuovo un ragazzino che perde la testa per una ragazza bellissima e piena di fascino: gli piaceva tornare a vivere quel poco di umanità che gli rimaneva e che non era ancora stata danneggiata senza punto di non ritorno. Magari poteva godersi qualche attimo di pura felicità senza preoccuparsi di ciò che era veramente.

Quindi passò giorni interi a seguire quella donna, a imparare ogni sua distrazione fuori di casa, e ad adorare ogni singola volta che lei rideva o faceva un gesto distratto.

Finché non decise di farsi avanti.

Era un giorno soleggiato di maggio e Finn si appostò davanti al giardino di casa della donna, a rimirarla mentre lei piantava dei fiori con cura.

I capelli neri erano scompigliati, la donna si asciugò una goccia di sudore con la manica del vestito e sporcandosi così la guancia di terra.

Finn sorrise vedendo quella scena e non resistette più:

"Piantare le gardenie in questa stagione non é una mossa saggia... Finireste per rovinare gli altri bei fuori che rinvigoriscono il giardino"

La donna alzò la testa di scatto come se non si fosse accorta di essere spiata, tanto presa nella sua arte del giardinaggio. Quando capì che si trattava dell’uomo che aveva incontrato davanti alla cattedrale sgranò gli occhi sorpresa, ma si ricompose subito dal suo stato di incredulità.

“Forse sottovalutate il mio incredibile pollice verde.” replicò lei con un sorrisino, alzandosi da terra e cercando di darsi una ripulita visto che le mani erano tutte sporche di terra.

Ma Finn come la prima volta sembrò guardare solo il suo viso, non gli importava se fosse impresentabile o se indossasse degli abiti poco adatti alla sua bellezza.

Anche lui ricambiò il sorriso con entusiasmo, mentre l’udito si appagava del suono armonioso della voce di quella donna che lo ammaliava ad ogni istante pur non facendo niente di eclatante.

La donna intanto appoggiò le mani in grembo scrutando attentamente il nobile che aveva di fronte, senza risultare troppo fastidiosa, ma riuscì soltanto a sorridere educatamente.

Finn abbassò il viso come se si fosse ad un tratto imbarazzato e agli angoli della bocca apparve un debole sorriso: “E’ da un po’ di giorni che vi ho notata qui ad Orleans… perdonate la mia sfrontatezza ma siete incredibilmente bella e non ho potuto resistere nel rivolgervi la parola, almeno una volta… spero che questo non vi crei disagio.” mormorò con una punta di imbarazzo nella voce, ma quel suono delicato e morbido stranamente colpì Ylenia come se non avesse mai sentito una voce più bella.

La donna gli sorrise di rimando e abbassò il viso, forse per mascherare il suo imbarazzo anche se gli occhi brillavano divertiti: “Non mi create alcun disturbo, affatto, una semplice voglia di conoscenza non mi reca timore.”

Finn sembrò felice come non lo era da tempo dopo aver sentito la sua risposta; forse perché temeva che quella donna, bella com’era, fosse già promessa a qualcun altro ma vedendo che lei non aveva aborrito il suo tentativo di avvicinarsi, forse c’era qualche speranza che quell’angelo potesse far parte della sua vita. Almeno per un po’.

“Spero che non declinerete il mio invito di portarvi fuori a pranzo. Mi piacerebbe conoscervi meglio.” mormorò Finn guardandola negli occhi ma pentendosene subito dopo. Gli sembrò di essere stato troppo sfacciato e di aver trasgredito le buone maniere visto che quella donna non lo conosceva affatto. E dire che era stato educato adeguatamente in passato e l’educazione non gli mancava di certo nelle proprie virtù.

Ma a dispetto delle sue aspettative, la donna sorrise come se aspettasse quell’invito. “Mi farebbe molto piacere.”

Finn sbattè le palpebre sorpreso ma poi si ricompose in maniera elegante: “Spero che non ve ne pentirete, signorina…” disse lasciando in sospeso le presentazioni.

Ylenia. Semplicemente così.” rispose lei prontamente senza un minimo di imbarazzo o incertezza. Il vampiro notò con stupore che quella donna era parecchio sicura di sé e non incline alle false cerimonie come le altre aristocratiche di quell’epoca.

Finn Mikaelson. Sono onorato di conoscervi, Ylenia.” mormorò lui con voce vellutata che fece rabbrividire la donna inconsapevolmente.

Le porse inoltre la mano per invitarla ad offrirgli la sua per il bacio a mano, ma Ylenia dopo qualche passo si bloccò subito, come se si fosse accorta all’improvviso che tutte le dita erano rovinate e i palmi delle mani sporchi di terra.

Questa volta abbassò il viso imbarazzata, con le guance colorate di rosso, convinta che un uomo di quel calibro non volesse baciare la mano di una che aveva appena scavato la terra. Fece dunque solo un leggero inchino di cortesia ma Finn non disse nulla, per niente offeso dall’impresentabilità della donna. Infatti non gli importava nulla se lei non indossasse dei gioielli costosi o che non avesse la servitù a fare i lavori in casa, per lui quelle cose non contavano.

Stava per dirle qualcos’altro quando fu interrotto da un altro suono squillante, molto simile e ammaliante come quello di Ylenia, ma ingigantito da un velo di infantilità e divertimento.

Ylenia!”

Entrambi si girarono verso la porta di casa dove era appena uscita una ragazza, che si stava dirigendo verso Ylenia con un sorriso che poteva far risplendere Parigi intera.

Finn notò che era molto più giovane di Ylenia e anche più bassa, ma questo non diminuiva la sua bellezza infatti sembrava come un angelo armonioso appena sceso in terra. Aveva dei capelli biondissimi come il sole, e occhi azzurri come un cielo senza nuvole.

La ragazza si avvicinò a Ylenia ma appena vide che di fronte a lei c’era un uomo, subito si bloccò evidentemente imbarazzata nell’averli interrotti.

“Oh, scusate… non volevo disturbare...” mormorò lei con la guance arrossate e abbassando lo sguardo in modo colpevole.

Ylenia le sorrise gentilmente e le mise una mano sulla spalla: “Non preoccuparti… puoi restare se vuoi.”

Finn rise in positivo per la scena che aveva davanti: Ylenia lo guardava negli occhi mentre la mano era appoggiata sulla spalla della ragazza, la quale teneva sempre lo sguardo basso per poi alzarlo quando Ylenia prese la parola.

"Finn, questa é mia sorella… Agnes."

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Ylenia si stese sopra al letto appoggiando le mani sotto la testa, ripensando a ciò che era successo quella strana mattina: ritrovarsi Finn di fronte a casa l'aveva colta di sorpresa, e ancor più piacevole scoprire che fosse galante e gentile, non snob e cinico come gli altri aristocratici.

Il fatto che non gli avesse stretto la mano, visto che questa era sporca di terra, non lo aveva disturbato anzi. Si era comportato il più elegantemente possibile anche con Agnes, e non peccava in nulla… sempre gentile e mai sgarbato.

Un sorriso sereno si formò sulle labbra di Ylenia ripensando al volto di Finn e al suo portamento elegante: ovviamente aveva subito pensato che fosse un uomo molto bello, spiccava in mezzo a quei francesi snob e per nulla statuari.

I suoi pensieri furono interrotti non appena Agnes irruppe nella sua stanza e fece un bel capitombolo nel letto.

"Allora… Qualcuno ha fatto colpo oggi?" domandò la biondina stuzzicando la sorella maggiore con un'occhiata divertita.

Ylenia sviò lo sguardo per nascondere l'imbarazzo. “Non so cosa intendi. Di quale colpo parli?"

“Incontro galante nel giardino di casa nostra..” mormorò Agnes alzando il viso con un gesto teatrale.

Ylenia rise di gusto e si avvicinò di più alla sorella, mettendole un braccio attorno alla spalla e la biondina si accomodò vicino a lei: “Sembra un uomo molto gentile... e dai portamenti molto galanti... e poi ti guardava in un modo che fa subito presagire le sue intenzioni.  Ma lo sai che non è la classe sociale che conta no? Voglio solo che tu sia felice, sorella. Con un nobile o con un povero non conta” mormorò Agnes alzando lo sguardo verso Ylenia, che subito si rabbuiò sentendo quelle parole.

Aveva imparato a sue spese che l’amore a quei tempi non bastava, se non si aveva un minimo di potere andavi dritta giù nel baratro e bastava così poco per cadere sempre più in basso. Inavvertitamente la sua mente andò dritta alla madre, morta suicida qualche anno prima, perché non sopportava più di vivere con un marito violento che l’aveva rovinata facendola cadere in miseria, dopo essersi giocato tutti i soldi in qualche bordello o bisca clandestina.

Il suo più grande errore era stato quello di essersi innamorata della persona sbagliata e credendosi ricambiata gli aveva donato tutta se stessa.

E in cambio tuttavia aveva ricevuto solo violenza, abusi e dolore.

Era così che andavano le cose a quei tempi.

Ylenia aveva imparato da sua madre che non esisteva il principe azzurro che correva a salvarti sopra un destriero bianco. Bisognava cavarsela da soli con le proprie forze. E sua madre, Isabelle, era stato il perfetto esempio che la troppa fragilità non può farti portare avanti in quella vita dura e sopportare ulteriori angherie.

Così aveva deciso di darsi alle spalle tutto il dolore di quella malaugurata vita terrena, ma lasciando da sole anche le figlie…

“Che cos’hai? Stai ripensando a nostro padre?” domandò Agnes con occhi tristi, puntellandosi su un gomito.

Ylenia scacciò via una lacrima furtiva e subito si ricompose, diventando seria. Ricambiò lo sguardo della sorella minore, quegli occhi così limpidi e puri che erano stavi rovinati dopo aver visto il cadavere della madre impiccata nella sua stanza. Oppure macchiati dalle violenza di un padre ignobile.

Lo sguardo della mora si affilò, ricolmo d’odio, ripensando al padre che non aveva più diritto di ritenersi tale. Non era raro che in una famiglia borghese ci fossero dei padri violenti che alzavano le mani soprattutto sulle figlie femmine, ma il padre che si era sfortunatamente ritrovata era il peggiore di tutti.

Non solo aveva mandato la loro famiglia in rovina, disperdendo tutto il denaro, ma aveva rovinato sua moglie e le sue figlie in ogni maniera.

Non bastavano le botte ogni sera quando tornava a casa ubriaco, o gli schiaffi che Ylenia si prendeva sempre per proteggere la sorella più piccola, ma la cosa che la feriva di più al cuore erano le offese e le ingiurie che il padre le urlava ogni santo giorno: definiva le figlie delle piantagrane, delle buone a nulla, capaci solo di accendere le candeline su una torta attraverso una magia che poteva mandare tutti sulla forca, e per di più la moglie lo aveva disonorato dandogli solo delle stupide figlie femmine e non un erede maschio.

Il giorno in cui Isabelle si suicidò, il padre diede di matto più del solito e picchiò la figlia più grande con una violenza inaudita fino a farla sanguinare. Ylenia gli aveva rinfacciato di essere la causa della morte della madre e che era tutta colpa sua se ora si trovavano in quella situazione disastrosa. Il padre non prese affatto bene quell’affronto e così l’aveva punita.

Quella fu la prima volta che Agnes affrontò il padre a viso aperto, cercando di difendere la sorella e allontanando il padre da lei. Per tutta risposta il padre le aveva dato un bel ceffone e rimandata in camera sua con un bel spintone.

Alla fine Agnes aveva trovato Ylenia da sola per terra con il volto insanguinato e si era accasciata vicino a lei, disperandosi nel vederla in quello stato e di non aver potuto fare niente per difenderla. Le aveva preso la mano tra le sue e lavato le ferite con le lacrime. Letteralmente.

Ylenia ad un tratto si riscosse dai suoi pensieri mentre un'ombra si era formata nei suoi occhi, incupendoli fino a non scorgere la pupilla, ricordando l'odio smisurato verso il padre e per quella vita.

Mentre incrociò gli occhi chiari e dolci di Agnes, ricordò anche il momento in cui l'angoscia più tremenda di tutte aveva fatto il suo corso: il giorno in cui era rientrata a casa in ritardo dopo aver fatto delle commissioni in paese e aveva trovato Agnes stesa per terra con il viso pieno di lividi e delle ferite profonde sulla schiena, segno che il padre l’aveva frustata con la cinta della cintura.

Le ferite in viso erano così profonde che Agnes aveva quasi rischiato di rimanere cieca.

Vedendo la persona che amava di più al mondo in quello stato, Ylenia aveva deciso di prendere sua sorella e di andarsene da quella casa maledetta.

Per fortuna avevano trovato riparo presso dei parenti della madre a Orleans e finora erano riuscite a cavarsela.

"Ylenia non devi pensarci più... Ormai siamo lontane da lui." mormorò Agnes convincendo più se stessa che la sorella.

Subito il senso di colpa montò in Ylenia sentendo la paura nella voce di Agnes: quel dannato giorno l'aveva lasciata sola e non aveva pensato che suo padre potesse farle del male in quel modo. Si promise ancora un volta di vegliare sempre su di lei e di non abbandonarla mai.

Agnes vedendo il turbamento nella sorella cercò di cambiare discorso:

"Quando devi andare al Circolo?"

Ylenia sussultò all'istante. Ecco un altro argomento spinoso.

“Domani credo... per le solite cose.”

Ylenia odiava fortemente quel posto e se avesse potuto avrebbe mandato tutti quanti al diavolo: gli stregoni che ne facevano parte si davano un sacco di arie, si credevano superiori a tutti e guardavano storto chiunque non passasse delle prove.

Ylenia ci era entrata per diritto di nascita: sua madre era una strega molto caparbia e promettente, e la sua discendenza se voleva poteva far parte a priori del Circolo.

Ma quando Isabelle si autodistrusse a causa del marito cambiò tutto; la donna era così debole nei confronti del marito che mise in secondo piano i suoi doveri nei confronti del Circolo. Si lasciò ridicolizzare a causa della sua codardia, e ciò finì per portare dei pregiudizi da parte del Circolo che la considerava una nullità visto come si lasciava sottomettere da un umano senza combattere.

Anche dopo la sua morte, Ylenia dovette sorbirsi gli sguardi ghignosi e altezzosi da parte di alcuni stregoni mentre passava per i corridoi. La voce che Isabelle si fosse suicidata circolò velocemente e i suoi cari colleghi la consideravano una blasfemia.

Col tempo Ylenia si abituò alle frecciatine che gli stregoni le lanciavano, giudicandola immeritevole come quella stolta della madre, e alle risatine che si facevano etichettandola come la figlia di una suicida.

Ylenia si sorbiva tutto questo in silenzio solo perché aveva bisogno di loro visto che ad ogni stregone del Circolo veniva passata una rendita, sebbene la sua fosse minima visto che era malvista dagli altri stregoni e non era così potente come avrebbe voluto.

Ma aspettava con ansia e trepidazione il giorno in cui gliela avrebbe fatta pagare a quegli altezzosi saputelli, e avrebbe dimostrato chi fosse veramente e di cosa era capace. Che non era una nullità come Isabelle.

Non avrebbe sopportato ulteriori umiliazioni, ma finora non era andata come previsto. Si sentiva ancora inferiore a loro purtroppo.

“Mi dispiace Ylenia che tutto debba pesare sulle tue spalle... Se fossi più forte magari potrei prendere il tuo posto e tenere testa a quel branco di pecore che si credono Merlino in persona solo con un look più sobrio."

Ylenia scosse subito la testa: "Non pensarci nemmeno. Non voglio che tu sia coinvolta in un brutto giro... E poi sono io la sorella maggiore, per cui devo prendermi cura di te."

Agnes scosse di rimando la testa: "Non devi sacrificare tutta la tua vita per chissà quale dovere... Io non lo desidero per te… E poi é ora che ti faccia una vita tutta tua. Stai diventando vecchia, sorella!" affermò l’ultima frase dandole un pizzicotto per scherzo.

Ylenia sbuffò e alzò gli occhi al cielo. A quell'epoca una donna di 22 anni era già considerata vecchia e tutte le sue coetanee erano già belle sposate con figli al seguito. Ma per Ylenia era diverso... Non sognava di stare alla servitù di un uomo, di farsi sottomettere e di passare la vita in campagna in mezzo a dei marmocchi.

Voleva essere dipendente, assaporare un’esistenza che nessun’altra donna avrebbe potuto fare, avere il potere di decidere da sola come impiegare la sua vita e raggiungere i suoi desideri più nascosti.

Ma prendersi cura di Agnes non era un obbligo o una forzatura, tutt’altro. Rappresentava la sua gioia massima, l’unico vero contatto umano della sua vita e dalla quale non si sarebbe mai allontanata.

Soltanto lei era la depositaria dei suoi desideri più intimi, e avevano condiviso ogni tassello della loro esistenza come se fossero legate da molto più che un semplice legame di sangue.

Ylenia quindi non si sentiva privata di nulla sebbene non fosse come le donne della sua età. E sotto il profilo personale le andava bene così, non si sentiva per nulla vuota. O desiderosa di qualcos’altro.

All’improvviso però il volto di quel nobile gentile e dai modi raffinati apparve nella sua mente, come un lampo a ciel sereno e ne rimase subito stupefatta, visto che si conoscevano così da poco, ma non riusciva non pensarci... come se con un solo sguardo l’avesse attirata a sé e nella sua vita.

Ylenia scosse la testa cercando di non pensarci; non era da lei sognare a occhi aperti come una ragazzina sciocca o aspettare il grande amore. Non erano robe per lei e non ne sentiva affatto la mancanza.

Magari a Finn lei poteva piacere ma questo non voleva dire nulla… forse lui voleva solo divertirsi… in fondo cosa sapeva lei di lui? E lui di lei?

Per collaudare un rapporto con una persona bisogna prima conoscerla, sia gli aspetti positivi, che negativi soprattutto perché solo così saprai se la ami veramente o no. Forse è per questo che si sentiva solo legata ad Agnes visto che la conosceva più di chiunque altro.

Ylenia sospirò rumorosamente e diede un leggero bacio sulla fronte alla sorella: “Ma io devo tenerti d’occhio, è questo il mio compito sorellina.”

E diminuire così la solitudine schiacciante della sua vita.

Agnes sorrise dolcemente e appoggiò la testa sulla spalla della sorella maggiore, sicura che l’avrebbe protetta da ogni pericolo. E anche lei si sentì meno sola in quel mondo estraneo per lei.

 

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I corridoi del Circolo apparivano sempre così lugubri che se qualcuno avesse potuto vederli realmente, sarebbe scappato a gambe levate lontano dal paese. Ovviamente agli occhi umani quel posto appariva un’antica villa di campagna, risiedente non molto lontano da Orleans.

Ma in verità un incantesimo proteggeva la sua vera forma e ciò che accadeva al suo interno. La segretezza era d’obbligo a quell’epoca visto che era passato solo un secolo dall’ultima caccia alla streghe e una di queste, la più violenta, era avvenuta in Francia dopo che si era scoperto che l’amante prediletta di re Luigi XIV, madame de Montespan, era una strega la quale drogava il re con dei filtri per farlo acconsentire al suo volere finchè avrebbe campato. Fu accusata perfino di celebrare delle messe nere.

Ovviamente accuse del tutto false ma in Europa si dava la caccia a chiunque lo si riteneva diverso, e ciò aveva indotto il Circolo a decretare regole più dure e severe per mantenere la segretezza.

Delle candele illuminavano il lungo corridoio formando delle ombre inquietanti in lontananza; dei quadri e molti specchi erano appesi nelle pareti; Ylenia salutò il gatto nero che aveva preso domicilio lì ormai da tempo e gli accarezzò dolcemente la testolina finchè non se ne andò agitando la coda.

Lei camminò fino ad un tratto in cui scorse il quadro più grande del corridoio, sebbene l’originale fosse un affresco, ed era ridimensionato apposta per la sua importanza e bellezza.  

Il giudizio universale.

Ylenia amava quel quadro più di ogni altro e non era la sola. Dovette ammettere tra sé e sé che Michelangelo era un genio e non ci sarebbe mai stato nessun altro come lui capace di compiere dei simili capolavori. Un colpo duro visto che i francesi amavano ritenersi superiori a tutti, soprattutto agli italiani, ma quando ci si trovava di fronte a una simile opera d’arte l’unica cosa che bisognava fare erano abbassare il capo in segno di rispetto.

Come sempre la parte che più la incuriosiva ma che la inquietava soprattutto, era la caduta dei dannati all’inferno. Per lei era il punto più violento e dinamico dell’intera rappresentazione: il modo in cui i dannati lottavano contro la loro condanna cercando di fuggire via, ma spinti inesorabilmente verso l’inferno.

Gli angeli addirittura picchiavano e spingevano i dannati, mentre i demoni li trascinavano in ogni maniera brutale verso l’abisso.

Il dettaglio che più la incuriosiva e la intristiva allo stesso tempo era un dannato seduto su una pietra e che si copriva il volto, come in preda alla disperazione e rendendosi conto all’improvviso della propria colpa.  Ma nonostante il suo pentimento, i diavoli lo trascinavano in basso senza alcuna pietà.

Certe volte Ylenia si chiedeva se non fosse già tutto scritto, che il destino sceglieva per noi e non c’era alcun modo di impedire il suo corso…

Se un uomo era condannato ad una vita infelice tale restava, e vano sarebbe valso il suo tentativo di essere felice.

La donna si ritrovò a compiangere quel povero dannato costretto all’oblio pur pentendosi delle sue azioni, e sottomesso al giudizio di un Dio talvolta troppo rigoroso e severo.

I suoi pensieri vennero però interrotti dall’arrivo di un’altra persona in corridoio che si affiancò vicino a lei.

“Non ti sei ancora stancata di rimembrare il nostro Michelangelo?”

Ylenia alzò gli occhi al cielo: “Un uomo rozzo non può capire certe cose, che ne vuoi sapere tu di arte?” domandò tagliente rivolgendosi al suo interlocutore.

Gli occhi di Ylenia scrutarono un ragazzo alto quanto lei, capelli e occhi scuri, viso regolare e delicato ma un sorriso così da canaglia da far venire voglia di dargli un bel gancio destro.

“Vuoi che ti dia un assaggio della mia cultura? Se lo vuoi proprio sapere il mio dettaglio preferito è questo..” mormorò il giovane volgendo il dito verso un punto focale del quadro senza però toccarlo “Hai notato che l’inferno ha sempre come sfondo un cielo rosso di fiamme? Un tocco davvero inquietante… accade lo stesso quando nascono i nostri cari amici cacciatori super forzuti… compare sempre una palla di fuoco che squarcia in due il cielo, come se preannunciasse una chissà quale catastrofe…” mormorò in tono teatrale, dimostrando che quasi avveniva l’inferno in terra.

“Ma smettila! Credi ancora a questa fiaba, André?” domandò Ylenia esasperata alzando gli occhi al cielo.

“Fai parte del Circolo, Ylenia. Se non credi a questa presunta fiaba, mi domando che ci fai ancora qui.”

“Dico solo che mi pare una baggianata. E comunque lo sai perché vengo qui... devo farlo...” rispose incupendosi. 

Il ragazzo sospirò benevolmente e la guardò con un’occhiata scherzosa. “Sai ho imparato alla grande come spostare gli oggetti di grandi dimensioni... perfino l’acqua, cherie. Dì quanto sono bravo!”

Ylenia scosse la testa cercando di non sorridere e di non far intravedere soprattutto il suo turbamento. Non aveva tempo per certi giochetti, ma non poté non constatare che era molto debole come strega, persino Andrè era più forte di lei.

Forse l’impegno che stava dando non era il massimo o forse era al di fuori delle sue capacità… forse quello che dicevano alle sue spalle era vero…

“Ehi, Connor ci ha rifilato un altro libro da leggere. Cultura sai?” mormorò Andrè all’improvviso.

“E perché dovremmo farlo scusa?” domandò Ylenia con un ghigno spregevole sentendo quel nome che odiava.

“Che vuoi che ti dica? E’ lui il capo qui e si fa come dice lui, altrimenti aria… ma comunque ho letto velocemente la trama e non deve essere male: è il “Paradiso Perduto” di John Milton, è uscito un secolo fa ed era già considerato disdicevole visto che Milton sembra provare simpatia per il diavolo.”

Ylenia storse il naso:

“Che razza di libro ci ha rifilato? Compassione per il diavolo? Questa non l’ho mai sentita.” Affermò sicura ma dentro di sé a disagio.

“Non so dirti perché non l’ho ancora iniziato, ma considera Lucifero come un eroe che esalta la sua indipendenza e che si ribella a un padre assente e troppo severo. Non vuole essere secondo a nessuno ma all’inizio si nota che era solo un figlio che amava, forse in modo sbagliato, il padre. Il mondo non è tutto bianco e nero, Ylenia... ci vuole sempre qualche sfumatura di grigio perché nessuno nasce cattivo.” mormorò Andrè con tono magistrale come se fosse un maestro.

Ylenia scosse però la testa pensando che Connor aveva degli strani gusti in fatto di libri… tutto questo parlare di paradiso, inferno, di un giudizio divino, dei dannati che sono destinati sempre e comunque all’abisso… le faceva sempre pensare alla morte in un’idea che non aveva mai considerato prima d’ora… in certi casi come una liberazione visto che ti districa da una vita che odi e che porta solo dolore… dall’altro la temi perché pensi che ti porterà verso un luogo peggiore, buttandoti in un oblio sempre più profondo e intollerabile da viverci…

Certe volte si chiedeva dove l’avrebbe dipinta Michelangelo nel Giudizio Universale. Dalla parte dei beati o dei dannati?

Eppure entrambe le parti avevano un’espressione sofferente e incerta, quasi temessero il loro destino e il giudizio divino.. come se la loro vita fosse solo un fardello, e nulla di più.

La donna si sentì la gola secca.

“Mi raccomando leggilo ok? So che è troppo dire a una donna di leggere un libro, infatti non penso che lo farai.” sghignazzò Andrè in tono superiore.

Ylenia gli diede una gomitata come risposta e andarono nella sala del consiglio.

 

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Perché mai era accaduta una cosa del genere? Perché la vita l’aveva anteposta a un tale rischio?

Quando Ylenia si era resa conto che Finn era un vampiro, aveva sgranato gli occhi dal senso di repellenza e dall’incredulità. Non appena aveva toccato la mano di Finn, subito i suoi sensi da strega avevano reagito avvertendola del pericolo che lui rappresentava.

Tuttavia aveva cercato di far finta di niente, di apparire normale per non destare sospetti. Se lui avesse capito tutto, probabilmente l’avrebbe uccisa all’istante.

Era stata una serata così piacevole: Finn era stato gentilissimo, aveva dimostrato di possedere una saggia intelligenza oltre che a un bell’aspetto, e non l’aveva toccata neanche con dito dimostrando una fervida cavalleria, fino a quando non ci fu il bacio a mano a fine serata.

Da lì era cambiato tutto. Tutte le idee che Ylenia si era fatta su Finn andarono in fumo, come se qualcuno la stesse punendo per aver osato vivere un attimo di gioia.

Da quel momento lo considerò soltanto come un’unica cosa: un vampiro. Un lurido succhiasangue, un abominio della natura.

E lei in quanto serva della natura doveva agire. Non era la prima volta che si trovava di fronte a un vampiro e lo uccideva, di certo non avrebbe avuto problemi anche con Finn. Non doveva dimostrarsi debole solo perché con lei era risultato carino e gentile… probabilmente la sua era tutta una farsa, una menzogna così come lo era la loro esistenza oscura.

Aveva sentito parlare di vampiri che giocavano con le sue vittime e Finn forse stava facendo così… giocava con lei fino a quando non l’avrebbe rammollita del tutto e avrebbe infine succhiato tutta la sua linfa vitale.

Ma non aveva di fronte una sprovveduta e non gli avrebbe reso vita facile… non sarebbe stata debole questa volta, niente sentimenti da donnette. Non avrebbe permesso che lui facesse del male a lei o a chiunque altro in città.

 Decise quindi di ucciderlo.

 

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Purtroppo la cosa si rivelò piuttosto difficile, se non impossibile.

Qualche sera dopo non appena Finn le aveva voltato le spalle, in pieno stato di vulnerabilità, Ylenia sferrò il suo attacco e cercò di ucciderlo.

Gli infilò fulmineamente un paletto nel cuore e il vampiro si accasciò a terra senza neanche un grido.

Mentre Ylenia vedeva il suo viso raggrinzire, un po’ del senso di colpa arrivò in lei per averlo ingannato in quel modo e aver fatto finta che le piacesse. Forse all’inizio era così… le piacevano i suoi modi gentili e il modo penetrante in cui la guardava come se la stessa accarezzando con gli occhi, ma era tutta una farsa. Per i vampiri gli umani erano solo cibo.

E uccidendolo aveva salvato molte vite. E forse anche la sua.

Ma quando Finn tornò alla vita, boccheggiando in cerca d’aria, ad Ylenia venne quasi un colpo: inciampò sui suoi stessi piedi finendo a terra; aveva gli occhi sbarrati dallo shock ed era diventata improvvisamente pallida.

I suoi occhi neri incrociarono quelli interrogativi e sorpresi di Finnche sicuramente si stava chiedendo cosa era successo e perché lei lo avesse pugnalato alle spalle.

Si portò una mano al cuore. “Ma… perché l’hai fatto?” domandò lui esitante, cercando di respirare.

Ylenia sgranò gli occhi terrorizzata e il suo cervello le ordinava di scappare, di mettersi in salvo finchè era in tempo.

“Sei una strega?” domandò lui allibito per non essersene accorto.

Ylenia deglutì e il cervello le ordinò subito di alzare le gambe e fuggire, cosa che fece.

Capendo le sue intenzioni, Finn si alzò velocemente e la prese per le spalle cercando però di non farle del male.

Tra urla, scalpitii e mani portate in avanti, Finn cercò di spiegarle che non era un vampiro come gli altri, che cercava di non fare del male a degli innocenti perché aborriva la sua natura. E soprattutto non lo si poteva uccidere visto che era un Originario.

A quelle parole Ylenia si bloccò all’istante come se fosse stata fulminata.

Originario? Ne aveva sentito parlare, era una leggenda: la prima famiglia di vampiri. I più pericolosi di tutti.

E lei ne aveva incontrato proprio uno nel suo cammino.

Ylenia gli rivolse poi un sorrise di sfida dicendo che non poteva fidarsi di lui, e che non gli credeva quando diceva che non era pericoloso e che non faceva del male a nessuno. Lei si stava soltanto difendendo.

Diamine conosceva i vampiri, era il suo compito portare equilibrio nella natura e non esistevano affatto vampiri buoni. Non era nella loro natura, erano solo dei mostri.

Non si sarebbe fatta abbindolare questa volta.

Cercò di divincolarsi dalla sua presa ma le mani ferme di Finn la tenevano ben stretta.

“Ti prego ascoltami... io non voglio farti del male, credimi. Non faccio male a nessuno da molto tempo... come posso dimostrartelo?” domandò in tono quasi supplichevole e dispiaciuto.

Ylenia ci sarebbe forse cascata sentendo quella voce ammaliante ma una vocina della sua mente la metteva in guardia. “E perché dovrei farlo? La differenza delle nostre razze parla chiaro e tondo. Tu sei un vampiro. Non hai diritto di vivere, proprio come coloro che hai creato.” mormorò spregevole sottolineando quanto odiasse la sua razza, mentre il buio della notte solitaria li avvolgeva per strada.

Finn assentì con la testa, ma i suoi occhi divennero ad un tratto neri come le tenebre:

“Non ti ho fatto del male e potevo farlo benissimo. Non mi sarebbe costato niente. Senza contare che tu non puoi farmi niente, tanto meno uccidermi… per cui penso che dovrai darmi ascolto.” mormorò infine come se credesse che le minacce e il tono duro potessero farla desistere.

Ylenia per tutta risposta gli lanciò uno sguardo di sfida, per fargli capire che non si lasciava intimorire. “Che cosa vuoi allora tanto da me? Ah ma è una domanda retorica, voi volete solo sangue… esclusivamente sangue e morte.”

Finn però scosse la testa. “Non io.”

Dopo aver detto ciò, lasciò la presa sulle braccia di Ylenia per liberarla e indietreggiò di qualche passo per garantirle sicurezza, tenendo comunque lo sguardo fisso su di lei.

“Mi dispiace averti spaventata prima… capisco e comprendo quello che puoi pensare di me… non ti importunerò più se è questo ciò che vuoi.”

Il suo tono era freddo ma faceva trasparire in realtà un dolore a stento trattenuto, come se avesse un nodo in gola da troppo tempo e che solo adesso aveva liberato.

Ylenia aprì la bocca cercando di respirare normalmente. L’aria della notte le fece bene e la testa divenne meno confusa.

“Dovrei ucciderti.” mormorò in tono fermo, sebbene la voce vibrasse da una leggera indecisione dopo come lui le aveva parlato.

Finn sorrise, ma era un sorriso nostalgico, e involontariamente le fece male vederlo nel suo viso bellissimo.

“Non puoi farlo, Ylenia. E credimi sono un esperto perché ho provato tante volte a farlo io stesso senza mai riuscirci.”

La donna sgranò gli occhi imperterrita da quella confessione, e stentò a crederci. Ma gli occhi scuri di Finn trapelavano soltanto sincerità, la menzogna non albergava nel suo animo. Almeno non in quel momento.

Si sentì una stupida nel voler credere alle sue belle parole, ma i suoi pensieri vennero interrotti da Finn.

“Se tu dovessi cambiare idea, sai come trovarmi immagino.” mormorò lui con un debole sorriso, e scomparendo poi nella tenebra che lo stava reclamando. Da sempre.

 

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La testa di Ylenia impazzì tra mille pensieri contrastanti e non finì a capo di nulla.

Uccidere Finn? E come? Era un Originario e per quel che ne sapeva non si potevano uccidere se non con un potere illimitato che lei ovviamente non possedeva.

Far finta di nulla? Come avrebbe potuto? Lasciar libero un vampiro senza neppure combatterlo, comportava avere il sangue delle sue vittime nelle proprie mani. Per di più si trovava a Orleans, ed era un’occasione rara quindi non poteva lasciarsela scappare.

Stranamente si sentì estasiata e importante all’idea di aver conosciuto un Originario… e per di più essere uscita incolume da un incontro con lui…

Non credeva pienamente alle parole di Finn sul fatto che non faceva del male a degli innocenti, ma qualcosa nei suoi occhi l’aveva incuriosita molto, più del dovuto, come se una forza dentro di lei le stesse ordinando di non lasciarlo andare, nel bene e nel male.

Ma cosa avrebbe fatto poi?

Nella sua idea più folle, si confidò con Andrè. Era uno dei pochi amici che aveva, e dentro il Circolo si fidava solo di lui. Non aveva voglia di spiattellare questa cosa al resto degli stregoni… era una cosa sua personale e voleva che rimanesse tale. Per una volta aveva lei in mano qualcosa di scottante, e stranamente ne fu esaltata.

“UN ORIGINARIO?? Ylenia ti si è forse rovesciato il cervello??” tuonò Andrè alzando di colpo la voce.

Sssh zitto! Vuoi che ci sentano tutti?? Deve rimanere un segreto per ora e mi sono confidata con te visto che le idee folli a te non mancano. E io non so proprio cosa fare. Non so come mi devo comportare dopo ciò che è successo...”

Andrè ci pensò un po’ su, mugugnò fra sé e sé e all’improvviso gli occhi brillarono di una luce spaventosa: “Idea! Assecondalo!”

“Come?” domandò lei allibita.

“Certo!  Non ti ha fatto del male vero? Per di più questo Originario sembra avere una cotta per te dal modo in cui me ne hai parlato! Ne rimarrai scandalizzata ma alcuni vampiri rimangono pateticamente aggrappati alla loro natura umana come se non volessero distaccarsene… alcuni sono pure vegetariani lo sai?”

Ylenia storse il naso:

“Non mi stai prendendo in giro? Considerati già stecchito nel caso.” affermò non riuscendo a crederci.

“Se tu fossi più preparata lo sapresti sai? Ma comunque io dico di assecondarlo… conoscilo… cerca di capire un po’ com’è la sua vita… insomma è un Originario, a chi capita una fortuna del genere!” rispose lui estasiato e palpitante come un bambino che ha appena ricevuto un nuovo gioco.

“Sei pazzo? Gli Originari sono pericolosissimi e non ho voglia di morire così su due piedi!”

“Bah! Dico che è elettrizzante incontrare una figura mitologica come la sua, e addirittura farci amicizia. E’ esaltante!” disse sfoderando il suo solito sorriso da canaglia.

“Se mi uccide, hai la mia vita sulla coscienza.”

“Suvvia, sai cavartela! E se capisci che ti stai mettendo nei guai, fai dietro front… ma non dire che non ti elettrizza conoscere un Originario e i suoi punti deboli… pensa un po’… se riesci a ucciderlo andrai dritta ai piani alti del Circolo, e io con te perché l’idea è stata mia!” esclamò lui estasiato e con gli occhi luccicanti per la possibile gloria.

“Cosa?? Ucciderlo?? Avrei dovuto tenere la bocca chiusa, tu sei matto da legare!” sbottò Ylenia sbigottita.

“Ma quale matto da legare?? Sono furbo! Nessuno ha mai ucciso un Originario prima d’ora e se tu ci riuscissi… erediteresti lo scettro da regina e spodesteresti quel sapientone di Connor… ma ci pensi?”

Ylenia per un attimo si lasciò incantare dalle sue parole e dalla prospettiva di una vita migliore, ottenere quello che desiderava da sempre… Potere.

“Ma è impossibile… non ho la forza di uccidere un Originario, e se lui se ne accorgesse? Se non ci riuscissi?” domandò incerta.

Andrè le mise una mano sulla spalla per rassicurarla:

“Tutti hanno un punto debole, cherie. Basta solo scoprirlo… abbi fede.”

 

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Una volta che ti ci abitui, non puoi più farne a meno.

Una volta che inizi a mentire, lo fai sempre di più come se ti piacesse il suono delle bugie sulle tue labbra, per rendere più accomodante una verità che ovviamente ti avrebbe soltanto nuociuto.

Ylenia rimase alquanto sbalordita quando comprese la facilità nel stare accanto a Finn, apprezzare i suoi gesti, ascoltarlo mentre parlava e guardarlo negli occhi ogni volta che mostrava l’odio per se stesso e per una vita che rinnegava ogni secondo, ogni minuto della sua esistenza.

Sarebbe stato così bello e semplice se solo non fosse così tutto falso. Che il legame che si stava creando tra loro partiva da una menzogna.

Quando lei gli sfiorava il braccio, non era per soddisfare il desiderio di toccarlo ma per collaudare la sua fiducia. Quando lei ascoltava e assentiva mentre lui parlava lo faceva per assecondarlo, non perché le importasse veramente qualcosa.

Un vampiro che odiava la sua natura? Che non faceva del male agli umani per non sentirsi un mostro?

Le bugie che provenivano dalla bocca di Finn risuonavano talvolta così convincenti, come il dolce suono di una melodia da cui ti lasceresti trasportare.

Ma Ylenia era come una roccia e i sentimenti con le persone dure non vanno di pari passo. Si ripeteva a se stessa che era un bugiardo, che non era possibile che un vampiro provasse dei sentimenti e che fosse... buono.

Era soltanto un gioco perverso del vampiro, un modo per accalappiare la vittima nella sua rete.

Questa era la spiegazione che Ylenia si dava sempre quando incontrava Finn; il cervello fece tacere il cuore e lo mise in silenzio pur di non farlo parlare.

Razionalmente sentì di dover seguire il piano di Andrè, conoscerlo meglio, individuare il suo punto debole per poi ucciderlo così avrebbe liberato il mondo da un mostro assassino e lei avrebbe ricevuto la dovuta medaglia.

Ma neanche i più forti sanno far tacere il proprio cuore per sempre.

Talvolta Ylenia gli concedeva un sorriso sincero, e gli occhi neri brillavano per una strana felicità inspiegabile quando lui le sistemava i capelli neri dietro l’orecchio, o come la sua pelle formicolava per l’eccitazione ogni volta che lui le sfiorava la pelle della mano con un bacio.

Ma in fondo pensava che era solo una ragazza, e Finn poteva anche essere un vampiro ma era affascinante soprattutto nel modo di corteggiarla e di farla sentire veramente una donna.  Non faceva niente di male se si concedeva il lusso di far battere  qualche volta il suo cuore mentre stava con lui o nei momenti in cui la sfiorava con una mano gentile.

Ylenia però non era stupida, sapeva che era tutto sbagliato, che non doveva lasciarsi andare con Finn.

Diamine era un vampiro... non aveva imparato niente da sua madre? Offrire tutta se stessa a un uomo che non merita il tuo amore e che può solo offrirti soltanto paura e dolore, è il peggiore sbaglio che una donna possa fare.

E lei non voleva essere come Isabelle.

Non voleva essere debole, non poteva permettersi di sentire qualcosa per lui. Non con ciò che c’era in ballo.

Ma nonostante tutto, qualche sera si concedeva un attimo di tregua… dimenticava di essere una strega del Circolo, del suo piano, e finalmente riusciva ad essere soltanto se stessa.

Qualche minuto di felicità. Cosa chiedo poi in fondo? Domani ritornerà tutto come prima, ritornerò a odiarlo e a mentirgli… ma almeno una sera, concedete al mio cuore di sopraffare il cervello.

Andò avanti così per molto tempo, ormai Ylenia si era talmente immedesimata nella parte che non sapeva più chi fosse in realtà… non sapeva se stava più fingendo o meno… se ciò che stava facendo a Finn era giusto…. Se quello che provava per lui si stava tramutando in qualcosa di più profondo contro la sua volontà.

Poteva solamente sbattere la testa contro un muro finchè non se la sarebbe rotta. E il cuore avrebbe fatto lo stesso?

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Ylenia fece però l’errore di raccontare tutto alla sorella e subito se ne pentì. Non voleva coinvolgerla in tutto questo, voleva tenerla lontano dai pericoli.

Ma Agnes era sua sorella e ormai aveva intuito che qualcosa non andava, che il rapporto con Finn non era una semplice amicizia visto che si vedevano quasi tutti i giorni. La bionda aveva notato oltretutto le sfumature del viso di Ylenia che cambiavano repentinamente. Dall’odio alla felicità, dal dolore all’indifferenza. E non riusciva a capirne il senso.

Finchè non scoprì la verità.

“Lo vuoi davvero uccidere, Ylenia? Nonostante sia una brava persona.” commentò Agnes con rammarico.

Ylenia saltò su tutte le furie come se Agnes avesse appena interpellato la sua coscienza, ormai spenta ma non del tutto:

“Persona?? Agnes è un vampiro! Non è un umano da parecchi secoli! Non credere alla favola che i vampiri possiedono ancora un briciolo di umanità all’interno della loro anima insanguinata! Sei una strega anche tu ricordatelo.”

“Appunto perché sono una strega che non posso permettermi di giudicare. Non pensi che anche noi non siamo del tutto umani? Gli esseri normali non possiedono dei poteri come i nostri… non hanno il dono di sopraffare la natura… e non dimenticare che è stata la magia a creare i vampiri… noi quindi meritiamo di vivere proprio quanto loro”

“Stai sbagliando con queste paturnie. Per colpa di una stupida strega, non ci può rimettere un’intera razza. Ci sono anche stregoni buoni…

“E ci possono essere anche vampiri buoni se è questo il punto” mormorò Agnes con convinzione.

“Loro vivono a discapito degli innocenti… ti prego il tuo buonismo non può giustificare tutto il male che i vampiri si portano dietro.”

“Io non giustifico niente Ylenia, riporto solo la realtà dei fatti. Finn non ti ha fatto del male anzi. Sembra che ci tenga a te e non negare il contrario… ho visto il modo in cui ti guarda... e anche tu te ne sei accorta.”

Ylenia controvoglia avvampò e così sviò lo sguardo:

“Lo assecondo solo per i miei piani. E andrò fino in fondo, te lo giuro.”

Agnes sospirò rassegnata e non disse più niente, tanto quando la sorella si intestardiva su una cosa era difficile farle cambiare idea.

Ylenia infatti sviò il discorso cominciando a girovagare per la stanza quando il suo sguardo incrociò un disegno riposto sopra il tavolo.

“Questo è un tuo nuovo disegno?”

“Sì l’ho fatto qualche sera fa” rispose Agnes mettendosi un capello dietro l'orecchio.

“Sera? Sei andata di nuovo in strada a disegnare? Ti ho detto di non farlo più Agnes!” esclamò Ylenia esasperata e spazientita.

“Io sono sempre prudente, non c’è bisogno che ti preoccupi.”

La mora scosse la testa e iniziò ad analizzare il disegno che teneva in mano.

Era magnifico, diverso da tutti gli altri.

C'era un uomo, anche se poteva benissimo apparire come un demonio visto gli occhi scavati in profonde nere occhiaie e gli affilati canini sporgenti dalle labbra rosso sangue.

Ma accanto a lui c'era una ragazza, un angelo precisamente, con lunghi capelli chiari e lo sguardo dolcissimo.

Una sua mano toccava con una lieve carezza la guancia del demone, e i suoi occhi erano pieni di compassione verso lo stato in cui lui si era ridotto.

Mentre un braccio del demone cingeva con forza la schiena dell'angelo per attirarla dalla sua parte, nell'oscurità. Invece la ragazza faceva l'esatto opposto ma con più dolcezza. Entrambi con occhi ardenti cercavano di scavare nella loro anima, attirati da qualcosa che consideravano ignoto.

Infatti era come se ci fosse una linea sottile e invisibile tra loro, ma che stavano oltrepassando per conoscere i pensieri insidiosi l’uno dell’altro, come affascinati magicamente a vicenda.

E  magari tra loro stava nascendo una nuova sfida, cioè che l’angelo trovasse una parte buona del demone, una luce; mentre il demone voleva trovare il lato oscuro dell’angelo per attirarlo, insieme a lui, nel suo mondo fatto di peccati e ombra.

Chissà chi avrebbe vinto quella sfida? Se l’ombra o la luce.

Improvvisamente il cuore di Ylenia venne pervaso da una profonda tristezza.

“E’ bellissimo. Come sempre” disse posando il disegno sul tavolo.

Agnes le sorrise con gratitudine e capendo poi l'origine del turbamento della sorella disse convinta:

“Attenta sorella, l’amore è la magia più pericolosa di tutte.”

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Ma non doveva spingersi così oltre, non avrebbe mai dovuto.

Ylenia sentiva di essere sul punto di cadere sempre più in basso ma non riusciva a trovare alcun appiglio per risalire. Avrebbe dovuto anteporre dei freni al suo legame con Finn, invece di assecondarlo e di permettere a se stessa di provare qualcosa invece era successo ciò che temeva.

Il giorno prima Finn l’aveva baciata. Per davvero questa volta.

Non era stato il classico bacio a mano o sulla fronte, ed era successo tutto all’improvviso. Era alla villa di Finn, stavano parlando del più e del meno, quando lei si era soffermata ad osservare un quadro. Aveva poi sentito un respiro gelido solleticarle l’orecchio e si era girata in maniera sorpresa non appena si accorse che Finn si era parecchio avvicinato, e non aveva mai osato farlo così tanto.

Ylenia era rimasta ferma, immobile come in trance e gli aveva permesso di baciarla. Non aveva opposto resistenza, tutt’altro; non appena aveva sentito le labbra gelide di Finn sfiorarle delicatamente le sue, una sensazione di dolcezza l’aveva pervasa fino ad incendiarle il cuore che cominciò a battere impazzito e non riusciva ad impedirlo.

Per colpa della sorpresa e delle emozioni che si stavano espandendo in lei, Ylenia aveva dovuto appoggiarsi ad una mensola con la mano pur di non cadere.

Sembrava che il cervello si fosse disconnesso e stesse assecondando i suoi desideri che aveva tenuto nascosti da troppi giorni.

Le sue guance era avvampate quando Finn l’aveva stretta di più a sé vedendo che lei non lo respingeva, e aveva approfondito il contatto del bacio mentre il pollice seguiva con lentezza la linea dello zigomo della donna.

Ylenia sapeva che avrebbe dovuto scansarlo, per lo meno fermarlo inventando qualche scusa sulle buone maniere ecc ecc, ma non le era venuto in mente nulla di sensato mentre Finn continuava a baciarla facendole ribollire il sangue in tutto il corpo e imprimendole un’insolita eccitazione.

Il cuore lo pregava di non smettere mentre il respiro gelido del vampiro si frantumava in quello caldo di Ylenia, ma il cervello lo aveva pregato di farlo per mettere fine a quel supplizio.

Quando finalmente Finn si era staccato da lei come per permetterle di respirare, gli occhi di Ylenia erano roteati verso il lato opposto della stanza come se non riuscisse e non potesse a guardare Finn negli occhi, temendo che il cuore le galoppasse di nuovo nel petto disobbedendo alle sue volontà.

Aveva deglutito rumorosamente cercando di apparire calma anche se fu tutto inutile. Quando la voce vellutata di Finn aveva rotto il silenzio:

“Credo di essermi innamorato di voi, Ylenia.

La donna aveva alzato stupita lo sguardo con gli occhi sgranati, non era riuscita a controllarsi questa volta o a rimanere fredda. Quella confessione l’aveva colta così alla sprovvista che temette di aver sentito male.

Ma non appena aveva incrociato gli occhi di Finn e il modo in cui le sfiorava delicatamente i capelli, le dimostravano che era sincero, così sincero da farle paura.

Qualcosa si era mosso dentro di lei e Ylenia intuì che era il rumore del suo cuore che aveva ricominciato a battere impazzito. Aveva cercato allora di respirare normalmente, di riprendere il controllo di se stessa, e si era concessa solo 5 secondi, soltanto 5, per assaporare quel momento, per permettere a se stessa di farsi avvolgere dalla dolcezza delle sue parole e dal suo sguardo che la invitava a sfiorarlo per sentire il tepore della sua pelle fredda.

Quando i secondi passarono però le cose non andarono meglio; si sentiva la testa in confusione ed non sapeva più cosa fare. Se credere o meno alle parole di Finn, a tentare in qualche modo di capirlo, per davvero questa volta… ma aveva troppa paura di azzardare e di perdere tutto. Di mandare a monte ogni cosa.

Ylenia smise di pensarci e si sedette in quel momento in una panchina vicino ai giardini splendidi di Orleans, dove l’acqua fluttuava dalla bocca delle fontane a forma di sirena, e cercò di prendere un po’ d’aria.

Ma la testa girava più forte di prima, se possibile, dopo aver sentito il consiglio di Andrè. Non l’avesse mai fatto.

Il ragazzo aveva riso a crepapelle quando aveva sentito che Finn l’aveva baciata, e aveva detto che l’aveva rammollito per bene e che bisognava approfittarne visto che la donna aveva una forte ascendente su di lui.

“Se tu glielo chiedessi, lui si suiciderebbe per te vedrai se non mi sbaglio.” aveva sghignazzato Andrè come se si trattasse di una barzelletta.

Comunque l’aveva incitata ad andare avanti, a non farsi inutili scrupoli di coscienza visto che Finn era pur sempre un Originario.

Ma Ylenia non sapeva più quale fosse la cosa più giusta da fare… però di cose giuste da un certo periodo non ne compiva molte… aveva sbagliato a cercare di conoscere Finn, aveva sbagliato ad assecondarlo durante il bacio, e sbagliava oltretutto a mentirgli in quel modo.

Tuttavia pur rendendosi conto delle sue colpe, non sapeva come fare ammenda senza correre dei rischi.

Ma su un punto Andrè aveva ragione… Finn era pur sempre un Originario e se avesse scoperto che lei lo stava in qualche modo prendendo in giro si sarebbe sicuramente vendicato.

Pensò allora di correre ai ripari, e la soluzione più plausibile era smettere di vederlo, di dimenticare tutto. Magari i suoi piani di gloria sarebbero andati in fumo, ma anche la trepidazione che aveva quando stava con lui e finalmente avrebbe smesso di sentirsi debole al suo fianco, cosa che odiava.

Ylenia sospirò rumorosamente per il guaio in cui si era cacciata, quando avvertì che qualcun altro si era seduto accanto a lei nella panchina. Si girò per vedere chi fosse e notò che era un uomo, un nobile a giudicare dai vestiti e dalla capigliatura. Aveva i capelli castani molto chiari e un po’ lunghi, e perfino da seduto dimostrava un portamento molto elegante.

Ylenia tornò a rimirare il panorama senza proferir parola, quando udì la voce dell’uomo:

“Adoro i paesaggi francesi. Hanno un tocco di classe sofisticata, fuori dall’ordinario... ma ancor di più la compagnia che questo paese offre.”

Il tono di voce leggermente malizioso e suadente la costrinse quasi a voltarsi per vedere a chi appartenesse un simile timbro di voce. Solo una volta aveva sentito una voce così profonda da ammaliarla al primo istante.

L’uomo comunque continuava a guardare dritto davanti a sé e Ylenia si scurì la voce:

“Siete straniero? Inglese?” Sostenne con sicurezza visto che aveva intuito che quel nobile non parlasse francese in modo esemplare.

"No, vengo da un paese dell'Europa dell'est."

Ylenia mise le mani in grembo, aspettando che lui continuasse ma entrambi passarono parecchi minuti in silenzio, rivolgendo lo sguardo altrove.

Ad un tratto l’uomo si voltò verso di lei e il macigno del suo sguardo la costrinse a voltarsi a sua volta.

Lui le rivolse poi un sorriso alquanto inquietante.

"Vedo che sei riuscita a rammollire il tuo amato vampiro attraverso qualche filtro d'amore, i miei complimenti."

Fu come se Ylenia avesse ricevuto un pugno allo stomaco e spalancò la bocca in preda allo shock, incapace di respirare.

Ma l’uomo non notò – o non volle - neppure il suo nervosismo, e il suo sorrisetto non svanì dalle labbra.

"Ma constatando quanto malato d’amore sia Finn, non credo sia stata un'impresa così ardua!"

Ylenia deglutì agitata, sbiancando: "Voi... Come fate a sapere questo?"

"So molte cose, mia cara. Ad esempio ho intuito che stai menando per il naso il tuo bel vampiro fingendo di ricambiare i suoi sentimenti. Ma non preoccuparti, non ho intenzione di divulgare il tuo piccolo segreto… a meno che.."

Ylenia lo fissò con occhi sospettosi: "A meno che?"

L’uomo fece un sorriso sghembo e si avvicinò ancor di più a lei. Ylenia fu quasi tentata nell'indietreggiare visto che quell'uomo si stava prendendo troppe libertà.

Ma chi diavolo era?

 "Tu sei una strega del Circolo, non é vero?"

Ylenia sussultò per l’ennesima volta e si guardò attorno terrorizzata, temendo che qualcuno avesse sentito.

L’uomo rise sotto i baffi per l’evidente terrore della donna, come se questo lo divertisse, anche se gli occhi rimanevano gelidi.

"Non c'è bisogno di agitarsi tanto visto che non ti ho ancora detto cosa voglio in realtà... infatti tu dovresti fare una cosa per me." Rispose poi, lanciandole uno sguardo strano; quella frase suonò come un ordine e lui non si sarebbe aspettato un no.

Ylenia però questa volta strinse gli occhi e sibilò dura: "E perché dovrei farlo?"

"Perché anche tu riceverai qualcosa in cambio per questo lavoretto… non sono così avido."

Le rivolse di nuovo un sorriso audace, ma subito si spense nella sua maschera di durezza. "E’ da un  di tempo che mi sto interessando a un certo caso che mi riguarda molto da vicino, e la stessa cosa vale per voi stregoni anche se in maniera differente.”

All’improvviso l’uomo si avvicinò di più a lei e Ylenia si ritrovò suo malgrado ad essere intrappolata nei suoi occhi chiari, come se la stessero trapassando. In quegli occhi però non c’era un barlume di luce, non c’era nulla. Erano spenti.

Ma la voce che fuoriuscì in quel momento dalla bocca dell’uomo era piena di emozioni negative, di dominio e glacialità, e scandiva bene le parole come per fargliele capire una volta soltanto.

“Quegli abomini che proteggete... quei mostri in grado di uccidere qualunque vampiro... devo sapere come riuscire a identificarli, e il modo per ucciderli."

Ylenia allora sgranò gli occhi completamente in preda al terrore, e per poco non saltò dalla panchina.  Gli occhi dell’uomo però non avevano ancora smesso di incatenarla a sé.

“Come diavolo fate a sapere queste cose? E’ impossibile che voi lo sappiate…” sussurrò esterrefatta.

“Perché alla fine io finisco sempre col sapere tutto e pare che le maledizioni mi perseguitino.” rispose con quel che doveva essere un tono ironico sebbene lo sguardo rimaneva perlopiù gelido. “Io so che voi li proteggete e che sapete ogni cosa di loro perché è stata una strega a crearli… ho provato a ricavare altre informazioni ma voi streghe siete piuttosto ostinate. Neanche la minaccia di strapparvi il fegato è servito… il segreto su quei mostri sembra essere ben custodito.” Fece un sorrisetto da canaglia; Ylenia si sentì agitata nel sentire quell’uomo così vicino e di sentirsi aumentare dentro di sé la paura costante per le sue parole minacciose.

Intuiva che quell’uomo era pericoloso, e non stava affatto scherzando.

“Ma ancora per poco, visto che tu mi aiuterai.” disse poi, mettendo una mano sopra i capelli castani scompigliandoli un po’.

Ylenia cercò di tornare a respirare normalmente e di trovare una via di fuga a quel pasticcio.

“Sentite, questa storia è completamente una fiaba raccontata da delle streghe… è completamente fasulla e non c’è niente di reale! Senza contare che io nella piramide del Circolo sto ai bassi fondi e non di certo ai piani alti, e solo chi occupa una certa posizione conosce tutta la storia su quei cacciatori e come annientarli… io non lo so, e non posso saperlo.”

“Ci riuscirai invece… con le giuste motivazioni ci riuscirai. Te lo sto chiedendo con le buone ma se non farai come ti dico dovrò passare alla dimostrazione di forza.” mormorò lui diventando a un certo punto ancora più crudele.  E addirittura arrogante visto che continuava a darle del “tu”

“E cosa vi fa pensare che non farò come gli altri? Che piuttosto mi farei ammazzare pur di non aiutarvi?”

L’uomo restò un attimo a fissarla come se ci stesse pensando , poi l’ennesimo sorriso da canaglia spuntò sulle sue labbra.

“Perché tu hai un punto debole su cui io posso marciare con facilità, e usarlo ogni qualvolta tu possa fare capricci… con le altre streghe non ha funzionato perché loro in primis mettono in primo piano la loro crociata nel distruggere i vampiri...”

Fece una leggera pausa come per soppesare le sue parole, che risuonarono disumane. “Mentre tu no... c’è qualcos’altro di più importante e lo userò per raggiungere il mio scopo”

Ylenia continuava ad ascoltare quell’uomo senza fiatare, col cuore che batteva a mille per la paura… ma solo alla fine capì il senso delle sue parole inquietanti e cos’era quel punto debole che lui avrebbe usato contro di lei se non avesse fatto ciò che voleva.

Sua sorella.

Quel mascalzone aveva dunque preso informazioni su di lei ed era giunto alla conclusione che per lei veniva la sorella al di sopra di tutto, perfino della magia.

Gli altri stregoni del Circolo non avevano punti deboli del genere e quell’uomo inquietante di fronte a lei lo stava utilizzando a proprio vantaggio. Come se non avesse alcuna pietà per il suo stato d’animo o di far del male ad un’innocente.

Ylenia avrebbe voluto cavargli gli occhi per aver osato minacciare la sorella, ma saggiamente decise di rimanere immobile:

Perché… perché volete sapere la storia di quei cacciatori?”

“Perché mi urta il pensiero che delle creature possano contrastarmi o che siano più forti di me… ho già mandato a monte il piano della mia vita, ma questa volta filerà tutto liscio e ti conviene che succeda.” La freddezza della sua voce non lasciava scampo e Ylenia deglutì rendendosi conto del pericolo che correva. Intuì che quell’uomo era un vampiro e lei doveva fare per forza qualcosa.

“Ma io non posso aiutarvi comunque! Ve lo ripeto, soltanto gli stregoni più potenti sanno come neutralizzare quei cacciatori e come identificarli...”

Lui sbuffò come se stesse perdendo la pazienza ma riprese il controllo di sé dopo qualche secondo, come se ci fosse abituato ai propri scatti d’ira.

“Ti do un piccolo aiuto giusto per dimostrare la mia buona fede: dalle poche informazioni che ho racimolato, quegli esseri non nascono il giorno di Natale ogni anno ma in un intervello tra secoli… ne sono già comparsi due... ma non so niente di più purtroppo… ed ecco che entri in ballo tu.” Mormorò puntandole un dito contro.

“Oh sì certo. Tra qualche secolo vi aiuterò a mettere k.o quei cacciatori. Non so se l’avete notato ma io non sono immortale, non potrei aiutarvi neanche volendo qualora questa creatura venisse fuori per darvi la caccia.”

“Ti ho detto all’inizio che ti avrei offerto qualcosa in cambio… qualcosa a cui tu ambisci profondamente… tutto lo vogliono naturalmente ma tu con una tenacia maggiore degli altri: il potere." Si avvicinò incatenandola con occhi ammaliatori e con un sorrisetto furbo, convinto di averla in pugno.

"Io ne ho assorbito fin troppo in questi secoli e te ne posso offrire quanto vuoi, posso donarti potere o confessarti magie che neanche nei tuoi sogni esistono. E col potere che otterrai grazie a me potrai benissimo scavalcare i tuoi cari colleghi e scoprire tutto su quelle creature. Come vedi, c’è del beneficio sia per te che per me.”

Il nobile alla fine approfondì di più il tono della voce, come se volesse tenerla in pugno e ottenere il suo consenso attraverso qualche sotterfugio.

Ylenia si lasciò ammaliare da lui, dalla sua voce ammaliante e dalle sue parole solo per qualche secondo. Tra sé e sé ammise che quella prospettiva era molto allettante, ma doveva essere prudente:

“Come posso fidarmi di voi? Che non mi ucciderete alla prima occasione?”

“Non posso perché innanzitutto mi servi. Questa nostra collaborazione potrebbe risultare molto interessante… E spero davvero che faremo grandi cose insieme, io e te.”

Ylenia ricambiò lo sguardo senza preferir parola: si sentiva la testa confusa a causa della presenza magnetica di quell'uomo che l'attraeva a sé in maniera inspiegabile, e a causa anche della paura che sentiva suo malgrado.

Fu lui a parlare:

“C’è un’altra cosa… il tuo amato vampiro... ti aiuterò perfino a sbarazzarti di lui senza tanti problemi per dimostrare che non sto mentendo sulla mia buona fede”

Ylenia lo guardò allibita, chiedendosi da dove fosse arrivato un tipo del genere

“Cosa? Perché volete ucciderlo?” domandò turbata.

Di nuovo un sorriso inquietante apparve sul viso dell’uomo:

“Abbiamo un conto in sospeso da molto tempo… e ho l’arma per ucciderlo... non del tutto ma abbastanza per metterlo fuorigioco. Ma anche qui ho bisogno del tuo aiuto, mia cara. Finn potrà sembrare uno stolto a prima vista, ma è furbo... si è accorto che io gli do la caccia e sparisce nel nulla proprio quando sono a un passo dall’ucciderlo… ma  su di te non ha alcun dubbio, non potrà di certo credere che vuoi aiutarmi nel mio piano nell’ucciderlo, non se lo aspetterà mai.”

Ylenia si allontanò di scatto da lui:

“Questa cosa non riguarda Finn… io avevo deciso di lasciar perdere tutto.”

“Dovrai far marcia indietro allora. Perché con te si sente al sicuro, di conseguenza debole… quindi è una facile esca, potrò colpirlo quando meno se lo aspetta… potrai avere un posto in prima fila se è questo che vuoi.”

Ylenia trasalì per l'orrore delle sue parole.

Aveva avuto dei sensi di colpa la prima volta che aveva tentato di uccidere Finn e all'epoca lo considerava solo e unicamente un abominio della natura. Che cosa avrebbe provato allora nell'ucciderlo di nuovo dopo aver scoperto che non era il mostro che credeva che fosse, e che lui provava dei sentimenti reali nei suoi confronti e lei pure anche se irrazionalmente?

L’uomo intuendo il suo tentennamento, perse quasi le staffe:

“E non iniziare con i soliti discorsi suoi sentimentalismi tipici delle donne perché mi stufano. So che tu lo vuoi morto e che stai cercando il metodo migliore per ucciderlo, non puoi negare questi istinti di fronte a uno come me.”

I suoi occhi chiari incatenarono di nuovo quelli di Ylenia in una stretta letale; la sua voce ammaliante sembrò condurla all’interno del suo mondo fatto di morte, sangue e onnipotenza e lei stranamente ne fu affascinata. Conosceva il male e aveva imparato a non aborrirlo, anzi ci aveva convissuto per poi usarlo.

E non poteva negarlo, non di fronte a colui che aveva creato il male più crudo e effimero. E che col suo sguardo perfido la stava portando verso un’ennesima strada rischiosa e tortuosa, ma lei per prima ci aveva messo piede quando aveva deciso di farsi valere nel Circolo con ogni mezzo.

Si ritrovò suo malgrado a sorridere a quel demonio. Come se lo avesse appena riconosciuto e avesse appena capito quanto osceno e inutile fosse il bene.

Il demonio in questione continuò a parlare incitando la sua vittima, quasi avesse in mano la mela tentatrice.

“Allora, tu mi aiuti a trovare questi cacciatori, ad identificarli, e il modo per ucciderli e annientarli per sempre. E mi aiuterai anche a sbarazzarmi di Finn. In cambio ti offrirò quello che hai sempre desiderato… e lascerò in pace te e la tua adorabile sorellina.”

Ylenia sbatté le palpebre, cercando di fuoriuscire da quella magia oscura dentro la quale quell’uomo misterioso l’aveva incatenata fino a stritolarle l’anima.

“Abbiamo un accordo?” domandò lui allungando la mano.

La strega ci pensò per qualche secondo… sporcarsi le mani, aiutare quell’uomo ad uccidere quei cacciatori, quelle creature di cui lei era in dovere di proteggere… e aiutarlo a sbarazzarsi di Finn… lo stesso Finn che le aveva proclamato il suo amore per lei…

I pro e i contro…

“Sì, abbiamo un accordo.” decise alla fine, stringendogli la mano come a suggellare quella promessa. Le scappò uno strano sorriso involontariamente per aver stretto un patto con un demonio del genere.

Sarebbe andata avanti col suo piano, sperando di non portarsi dietro un rimorso enorme da vanificare tutto.

L’uomo a sua volta sorrise estasiato e si alzò dalla panchina.

“Perfetto. Mi farò vivo io.” Rispose abbottonandosi elegantemente la giacca.

Non appena lo vide avviarsi verso la strada, una voce dentro la testa di Ylenia la intimò di fermarlo, di rimangiarsi tutto… che non si sarebbe fatta immischiare dentro quel vortice di male.

Signore…” pronunciò titubante, non sapendo bene cosa dire.

L’uomo sorrise mentre si voltò verso di lei: “Puoi chiamarmi Klaus.”

E se ne andò portandosi dietro una folta nebbia... e anche le parole di Ylenia che avrebbero potuto riportarla verso la salvezza. E invece andava sempre più dritta verso la sua condanna.

 

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E’ terribile fingere spudoratamente, anche per una giusta causa, ma è ancora più subdolo farlo sapendo che stai sbagliando e lo fai ancora e ancora.

Ylenia aveva imparato a dire bugie come se fosse nata per farlo, come se non avesse detto neanche una sola volta la verità da quando era nata.

Con Finn andava tutto bene, non si era accorto di nulla e cercava di compiacerla in ogni singolo gesto. E Ylenia continuava a fingere. A fingere che non le importasse nulla, a fingere che l’urlo che proveniva dal suo cuore non esistesse e fosse muto.

In fondo stare in compagnia di Finn era piacevole e poteva godere quel poco di normalità che le rimaneva fino a quando non sarebbe saltato tutto in aria.

Il problema era Agnes.

Aveva intuito che qualcosa non andava, che la sorella si era cacciata in un pasticcio ma Ylenia le rispondeva in malo modo cercando così di tenerla fuori, e una sera addirittura era arrivata ad alzare la voce. Non l’aveva mai fatto prima d’ora con lei.

Ma il problema ancora più grosso era quel dannato di Klaus, che aveva deciso all’improvviso di cambiare le carte in tavola.

Un giorno Ylenia se lo era ritrovato in casa e per poco non le era venuto un colpo. Lui era un vampiro, soltanto se invitato poteva entrare in casa.

Lo trovò bello comodo seduto sulla sedia vicino al tavolo e le aveva rivolto un sorriso soddisfatto non appena la vide. Ylenia non ebbe tempo di aprire bocca che Agnes arrivò in salone come nulla fosse e le aveva spiegato che il signore lì presente era straniero e aveva bussato alla sua porta per chiederle delle informazioni.

E visto le buone maniere che Agnes aveva ricevuto in passato, l’aveva invitato ad entrare.

Il cervello di Ylenia venne attraversato da mille fumini non appena incrociò il sorriso beffardo di Klaus, e diede tra sé a sé dell’ingenua ad Agnes per averlo fatto entrare come se nulla fosse.

Ma in fondo come poteva sapere che era un vampiro... se non lo toccava non poteva immaginarselo… almeno questo voleva dire che lui non l’aveva toccata neanche con un dito.

Ylenia rivolse uno sguardo pieno d’odio a Klaus mentre lei si sedeva accanto ad Agnes, la quale si era ammutolita di colpo quando vide l’espressione della sorella. La biondina si morse il labbro quando si girò verso Klaus, il quale guardava un punto indefinito di fronte a sé per poi girarsi verso di lei e rivolgerle un sorriso gentile, ma diabolicamente glaciale fra le righe.

Agnes rigirò lo sguardo fulmineamente perché sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene.

Temette di aver fatto un errore visto la tensione che albergava nella stanza... non appena aveva visto l’uomo che aveva incrociato sere prima mentre disegnava sotto la luce del lampione, credeva si fosse trattata di una coincidenza, una strana coincidenza...

Ma quel nobile si era comportato in maniera gentile e normale, non come la prima volta che l’aveva visto con quel modo arrogante e sfrontato con cui si era rivolto a lei.

Quando se l’era ritrovato sull’uscio di casa non ci aveva trovato nulla di male in lui, ma forse ora cominciava a capire di essersi sbagliata alla grande quando guardava di sottecchi il viso gelido e inquietante di quell’uomo strano.

Intanto Ylenia lanciava battutine punzecchianti rivolte a Klaus e lui rispondeva a tono, ma sempre con riguardo come se non si volesse far scappare nulla circa alla sua vera identità o il perché Ylenia lo conoscesse.

Alla fine Klaus si congedò e rivolse un sorriso ad ambedue le ragazze, un sorriso inquietante, sicuro che le avrebbe certamente riviste.

"Vi ringrazio per la gentile chiacchierata e per l'ospitalità. Mi piace molto questa città e credo ci resterò per un bel po’ di tempo" mormorò sull'uscio della porta rivolgendo uno sguardo di sfida a Yleniala quale si imbestialì tra se é sé, chiedendosi che cosa diamine il vampiro avesse in mente e perché si era insediato in casa sua.

"E vi porgo un'ulteriore raccomandazione, fate attenzione a chi fate entrare in casa. In giro ci sono persone che possono essere pericolose e mi dispiacerebbe molto che succedesse qualcosa a due signorine graziose come voi." Questa volta il sorriso ironico, e anche diabolico, di Klaus venne rivolto principalmente ad Agnes che subito si sentì raggelare.

Di nuovo la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in quell’uomo prevalse, come se nascondesse la sua vera natura ma le sfidava a viso aperto con un sorriso da demonio, quasi fosse tutto un gioco di cui era lui a tenere le redini in mano.

La bionda restò immobile e ammutolita a fissarlo, e non rispose a quella sua strana affermazione perché il suo cervello era impegnato a capire la vera origine di quelle frasi agghiaccianti, e ad un passo nel farlo ne fu terrorizzata.

Ebbe infatti la sensazione che aveva appena invitato in casa un demonio che avrebbe avvelenato la loro vita, inghiottendole nella sua ombra che lui si portava appresso. Come se il suo disegno avesse preso vita.

Come sarebbe andata a finire allora quella sfida?

 

Fine prima parte!!

Allora ci tengo innanzitutto a scusarmi per il ritardo mostruoso con cui ho aggiornato il capitolo.. anzi metà capitolo… avevo intenzione di fare un capitolo unico ma mi sono venuti degli attacchi d’ansia e non riusciva a scrivere. Così ho deciso di pubblicare almeno una parte per soddisfare un pochino la vostra curiosità.

Non so quando pubblicherò la 2 parte perché tra mare, ulteriori problemi ecc ecc il tempo per scrivere è poco quindi scusatemi ancora!!

Spero che questi flashback vi siano piaciuti.. ho voluto scrivere un po’ la situazione della Francia a quell’epoca, e dietro la facciata della bella Versailles quel paese era davvero così.

E finalmente questo famoso accordo tra Ylenia e Klaus è venuto fuori… come andrà a finire??

Questa immagine l’ha creata la mia adorata Ariel Winchester! L’attrice che fa Ylenia è cambiata proprio perché nei flashback lei ha 22 anni, mentre nel presente ne ha una trentina… L’attrice qui sotto è Sophia Bush! Spero vi piaccia! 

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Capitolo 17
*** Sulle ali dei sogni ***


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Ps: il rating supera quello predefinito in questo capitolo.

13 CAPITOLO

 

Briony non si rese nemmeno conto della velocità con cui i giorni passarono, di come cercava di vivere appieno la quotidianità che Mystic Falls poteva offrire.

Si era lasciata alle spalle la serata degli anni 20, e lei e Elijah avevano messo da parte le incomprensioni di quella notte e avevano deciso di andare avanti con la propria vita, insieme.

Briony non temeva assolutamente i rischi che correva stando con Elijah o della probabilità che lui potesse dannarle la vita; riusciva a scorgere soltanto felicità nel suo animo mentre stava con lui.

Ma il peggio accadeva quando rimaneva sola, quando i suoi pensieri prendevano il sopravvento senza riuscire a schiacciarli: ogni volta che pensava a quell’orrenda verità,  Briony sentiva il cuore sprofondare sempre più giù, senza la possibilità di un antidoto in grado di curarlo.

 

"Quanto tempo mi resta?" domandò Briony a Ylenia nella sua camera del motel.

Ylenia sbatté le palpebre non riuscendo a capire il significato della domanda.

"Fino a quando resterò..." Briony ebbe un tick con la testa "normale?" domandò infine, con una dignità stoica ma consapevole di ciò che il destino aveva in mente per lei e di non poter far nulla per impedirlo.

Ylenia scosse la testa, sinceramente dispiaciuta per lo stato dell'amica e di non poter far niente per lei. "Briony.. Non fare delle domande se non vuoi sentire la risposta."

"Non turbarti, ho smesso di rifiutarmi a vedere la sfiga che mi perseguita nonostante sia una di quelle poche persone civili a far ancora la raccolta differenziata." smorzò la ragazza per ammorbidire la pillola, per poi tuttavia ritornare seria per come l'occasione lo richiedeva. "Ma io dovrò pur sapere cosa ne sarà di me e a cosa vado veramente incontro. Le erbe che mi hai dato non sono di alcun aiuto, sì forse all'inizio mi facevano sentire rilassata ma poi mi hanno procurato delle strane visioni da pazzoide. Sto cercando in tutti i modi ma... Non c'é nient'altro che mi potrebbe aiutare?"

La voce flebile di Briony fece muovere qualcosa dentro il cuore di Ylenia, come se lo stesse muovendo a compassione. Sapeva che era un errore, un grosso errore, ma decise lo stesso di tentare sebbene il suo aiuto non poteva contare molto.

Andò vicino al comodino e aprì il secondo cassetto, pronunciando parole a Briony incomprensibili.

La ragazza vide materializzarsi  all'improvviso un grosso libro bianco incorniciato da strani disegni e Ylenia lo prese tra le mani, mostrandoglielo:

"Questo é un libro di incantesimi molto potente. É molto più utile dei soliti grimori che usano alcune streghe, perché questo raccoglie gli incantesimi dal giorno remoto in cui nacque la magia, fino ad oggi.. Alcuni incantesimi sono stati dimenticati nel corso del tempo ma sono stati revisionati in questo libro…. E poi c'é molto altro...." disse facendo alcune pause tra una frase all'altra come se le costasse parlare.

Briony sgranò gli occhi sorpresa "E lì dentro c'é la soluzione al mio problema?" domandò speranzosa indicando il libro.

Ylenia si morse il labbro "Non proprio"

Mise il libro in grembo e sfogliò alcune pagine, fino ad estrarre da esse un foglio di pergamena un po’ sgualcito, come se provenisse da epoche antiche, infatti Ylenia lo prese tra le mani con molta cura e lo fece vedere a Briony.

La ragazza strinse gli occhi cercando di capire cosa fosse ma l’unica cosa che notò erano delle scritture incomprensibili, a dir poco inquietanti.

"Ovviamente non riuscirai a capire nulla. Questa pergamena é stata scritta in una lingua demoniaca." mormorò Ylenia esternando uno sguardo duro.

Briony trasalì. Non sapeva se essere più preoccupata di quella cosa inquietante che aveva di fronte, oppure che Ylenia sapesse la lingua demoniaca.

Briony la fissò non riuscendo a capire, e temeva che quella cosa potesse riguardare lei in qualche modo.

<< Che cosa sono? >> Si domandò in un silenzioso sgomento.

Ylenia come se le avesse letto la mente le rispose: "Tu sei umana Briony... O meglio il tuo corpo lo é. Ma l’anima è diversa, non è libera, è stata creata apposta per uccidere gli Originali…uno in particolare." sottolineò l’ultima frase guardando Briony di sottecchi, sapendo a cosa si riferiva.

La ragazza ebbe un tuffo al cuore, ma non era nulla in confronto alle centinaia di lame affilate che infierivano su di lei ogni volta che pensava alla terribile consapevolezza che avrebbe potuto togliere la vita a Elijah, e che gli stava mentendo su chi fosse veramente.

Le ennesime lacrime bruciarono i suoi occhi, lottando per uscire, ma lei si morse con forza il labbro per impedire loro di farlo.

Ylenia continuò tentennando:

"Tu, e quelli come te, siete come degli esperimenti. La strega Ayana ha fatto qualcosa per rendervi diversi..."

Briony scosse freneticamente le mani per farla tacere: non poteva sopportare ulteriori lame sul suo cuore.

“Non voglio ulteriori dettagli sull'abominio che sono.. Vorrei sapere una cosa.. Se il mio corpo é umano allora posso morire come gli altri.. Perché mio padre mi ha fatto intendere che non é proprio così.."

Ylenia la squadrò sospettosa: "Con quanta facilità parli della tua morte, Briony…. Ma é meglio se questo tasto dolente non lo tocchiamo.. Il tuo equilibrio mentale é già abbastanza devastato" rispose fermamente chiudendo il libro di colpo, come per chiudere la questione.

"B-beh questo lascialo decidere a me! Nella mia vita é stata sganciata una bomba che potrebbe colpire chiunque mi stia vicino e devo pur sapere che cosa potrebbe accadere e come cercare che altri non vengano coinvolti."

Ylenia scosse ripetutamente la testa.  Parlare di quelle cose metteva ansia anche a lei.. Pensare che lei tempo fa aveva cercato di contribuire a eliminare quelli come Briony e a tradire l’ordine a cui apparteneva.. Ripensare a quel periodo doloroso faceva male anche lei, e provava vergogna per se stessa a causa delle sue menzogne.

"Lo faccio per te, per evitarti ulteriore stress e chissà in che guai potresti cacciarti se ti venisse in mente qualche idea stupida. Fidati di me." rispose cercando di apparire convincente, pensando suo malgrado che Briony stava mettendo la sua vita nelle mani sbagliate.

"Beh almeno dimmi se hai trovato in quel bel libro magico una soluzione al mio problema.. Qualche magia in grado di contro invertire questa maledizione"

"Briony.. Non è possibile.. Non potrei aiutarti in questo anche volendo" sussurrò rammaricata, non riuscendo però a guardarla negli occhi.

Briony si puntellò:

"Allora vorrà dire che farò da sola." esclamò adirata uscendo dalla stanza.

"E’ proprio questo che volevo evitare!" rispose la strega alzando la voce, ma ormai Briony se ne era già andata.

La donna sospirò e la vista si focalizzò sul libro richiuso che le aveva sempre causato una perenne fonte di guai.

All’improvviso però ebbe una strana sensazione, come di essere osservata di nascosto, ma quando alzò il viso ciò che vide erano le 4 mura spoglie della camera.

Eppure quella sensazione non svanì, come se un campanello d’allarme avesse suonato dentro di lei.

Quando aprì la bocca, la boccata d’aria che fuoriuscì apparve gelida come quando ti trovi in un luogo ghiacciato o intriso da chissà quali presenze oscure.

Ylenia si guardò attorno circospetta e richiuse fulmineamente il libro nel cassetto, dove poteva essere al sicuro.

Dopo ciò, lei si sentì meglio e quasi rassicurata. Tornò a respirare normalmente ma quella brutta sensazione non l’abbandonò.

 

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Briony tornò a casa ruggendo per la rabbia dopo la conversazione con Ylenia. Sapere di non poter avere in mano le redini della propria vita era snervante, ma la prospettiva di arrendersi senza combattere era ancora peggio.

Sbuffando tirò fuori un libro che aveva requisito dalla biblioteca di Mystic Falls che parlava appunto di soprannaturale e di come annullare delle maledizioni. Non era il massimo che aveva trovato ma si trovava a Mystic Falls dove le robe soprannaturali erano all’ordine del giorno e forse in qualche libro avrebbe trovato qualcosa di utile.

L’ennesima nota negativa é che aveva incontrato Damon nel tragitto verso casa e non si era risparmiato dei commenti acidi sul libro che lei custodiva al petto.

Briony gli aveva risposto per le rime dicendogli di farsi gli affari propri e si era avviata verso casa, senza voltarsi.

Andando in camera cominciò a sfogliare il libro e lesse alcuni appunti circa come spezzare dei malefici:

-          Tagliarsi un arto

<< Oddio. >> Pensò con sgomento, impallidendo all'istante

-          Bruciarsi gli occhi

<< Cosa?!  >> Il cuore mancò un battito

- Infilare sotto il cuscino un fiocco rosso per almeno un mese.

<< Patetico.  >> Aggrottò la fronte

- Invocare uno sciamano..

Briony chiuse di netto il libro senza neanche finire la frase perché pensava fossero tutte delle assurdità. Ma magari andare in qualche villaggio indù per cercare la pace interiore non sarebbe stato affatto male... Una bella vacanza rilassante per dimenticare tutto, ecco quel che ci voleva.

Briony prese il libro e lo mise subito in un cassetto di camera sua dove di solito teneva le cose. Se ne sarebbe comunque sbarazzata al più presto perché in quel libro non c’era scritto nulla di utile, per di più cose idiote che non avrebbe mai fatto e si diede più volte della stupida per averlo preso.

Mentre metteva via il libro, la sua mano improvvisamente toccò qualcosa di solido dentro il cassetto.. non erano delle semplici foto né un libro, era più un oggetto piccolo, delicato al tatto.

Quando Briony lo tirò fuori, sgranò gli occhi dalla sorpresa ma lo stupore sparì dal suo viso in un attimo perché prese il suo posto un’espressione di sofferenza.

Le venne il magone mentre toglieva la polvere dalla collana che le aveva regalato Jenna quando erano ancora alle elementari.  Era una collana semplice, a dire il vero non era nemmeno d’oro o bigiotteria, infatti la pietra che ciondolava dalla collana era costituita interamente di vetro e da qualche perla.

Un giorno la piccola Jenna era venuta a scuola tutta pimpante e allegra con in mano una confezione da regalare a Briony, che in tutti quegli anni era stata la sua compagna di banco preferita.

Non sapeva perché gliela aveva regalata... non era il suo compleanno e nemmeno Natale, ma Jenna disse solamente che voleva donarla a lei, senza avere nulla in cambio.

Briony aveva aperto la confezione con un sorriso gioioso e imbarazzato, perché non era abituata a ricevere molti regali, ma non appena vide quella splendida collana che risplendeva ogni qualvolta si trovasse al sole, il cuore le si era riempito di gioia e aveva abbracciato Jenna fino a stritolarla.

Quando finalmente l’aveva lasciata andare, Jenna si fece promettere che avrebbe dato quella collana solo e unicamente al vero amore della sua vita.

“Qualcuno che sia degno di custodire il tuo cuore.”  Aveva detto Jenna con voce innocente, fantasticando sull'ennesima storia romantica.

Ma Briony non aveva mai avuto il coraggio di separarsene... l’aveva messa in quel cassetto come una cosa preziosa, e col passare degli anni se ne era quasi dimenticata.. non aveva nemmeno capito il perché Jenna considerasse quel pendaglio come un pegno d’amore. Ma era il pensiero che contava.

E quello era il regalo più sincero e puro che avesse mai ricevuto.

Mentre le dita attorcigliavano la collana nel palmo della mano, le venne un groppo in gola ripensando che la sua più cara amica ora non c’era più.. Non avrebbe mai potuto rivedere risplendere il suo bellissimo sorriso.. o farle sapere che finalmente aveva trovato un uomo capace di custodire quella collana come se fosse il suo cuore.

Depose la collana sopra il comodino e poi si girò, facendo un sussulto un secondo dopo per aver intravisto una figura davanti a lei.

Ma come al solito era Elijah che si infiltrava in camera sua come un folletto, e rimaneva immobile a fissarla come una statua in silenzio, facendola spaventare a morte.

Con la sola differenza che agli altri, lui riservava uno sguardo gelido da far paura, mentre a lei sempre un sorriso che rasentava la sua galanteria.

"Devi smetterla di introdurti nella mia camera di nascosto. Così violi la mia privacy." mormorò lei con un sorriso divertito, avviandosi verso di lui.

Elijah era seduto in una sedia con la sua solita eleganza e le rivolse un sorriso affascinante.

"Perché? Hai qualcosa da nascondere?" sussurrò a bassa voce prendendola saldamente per i fianchi.

Lei contraccambiò il sorriso facendo finta di nulla, e si sistemò in mezzo le sue gambe allacciandogli le braccia dietro il collo.

Non riuscì a resistere davanti allo sguardo attento e inquisitore dell'Originario, e infatti si chinò verso di lui per eliminare la distanza fra i loro visi e appoggiò le labbra sulle sue. Non fu un bacio delicato come avrebbe voluto perché subito la sua pelle sembrò ardere a contatto con quella gelida di Elijah, e la testa parve svuotarsi da qualunque pensiero.

Lui d'altro canto contraccambiò il bacio con maggiore intensità, premendo le mani sui suoi fianchi per avvicinarla di più a sé.

Briony aprì le labbra e si lasciò sommergere dal respiro gelido di Elijah come se fosse una marea implacabile. Le labbra furono tentate di prenderlo e farlo suo, mentre le mani salirono ad accarezzargli i morbidi capelli.

"Forse ho nascosto un uomo nell'armadio." disse a  di risposta alla precedente domanda, allontanando di poco il viso da lui.

Elijah allora la fissò guardingo e alzò poi  il sopracciglio.

Briony rise di gusto e lo fece alzare.

Un guizzo attraversò gli occhi neri di Elijah: "Vuole proprio mettersi nei guai, Miss Forbes?"

Briony arrossì vedendo l’espressione ipnotica del vampiro, e non riuscì a proferir parola.

Elijah mise una mano una mano sul tavolo senza mai staccare gli occhi da lei, quando ad un tratto si accorse della collana riposta sopra il comodino e si fece accigliato:

“Che cos’é?” domandò prendendola all’improvviso tra le mani.

Briony sussultò perché fu sorpresa che proprio lui l’avesse vista e la tenesse in mano:

“Oh.. è un regalo. Di Jenna.” sussurrò facendosi triste mentre gli spiegava come l’aveva ricevuta.

Elijah l’ascoltò attentamente, e un sorriso malizioso comparve sul suo viso che fece andare a fuoco le guance della ragazza.

“Invidierò tantissimo l’uomo che la porterà un giorno. Hai già in mente un buon partito?” domandò in tono calmo, distogliendo lo sguardo con fare indifferente.

Briony alzò gli occhi al cielo con fare divertito.

"Magari il tizio nascosto nell'armadio" sogghignò poi Elijah aprendo la bocca con espressione convinta.

Briony non ebbe la prontezza di rispondere, perché si sentì afferrare da una forza improvvisa e quella forza la stava dirigendo verso l’armadio.

Briony si lasciò scappare una risata quando Elijah le strappò un bacio, spingendola verso l’anta chiusa. Lui allungò le braccia davanti a sé per ridurre la spinta. Anche se per Briony quelle braccia furono come una gabbia nella quale si troverebbe piacevolmente rinchiusa.

"Dai! Non c’è nessuno qui dentro!" esclamò Briony ridendo sulla bocca di Elijah.

Lui abbassò il viso per sfiorarle il collo con la punta del naso, mentre lei goffamente cercò di aprire l’altra anta.

Briony lo sentì sorridere sul suo collo e il vampiro non alzò gli occhi per controllare, come se si prendesse gioco di lei.

Briony smise ad un tratto di ridere e si focalizzò solamente su di lui, sulle sue mani che scivolavano sulla schiena provocandole caldi brividi, sul suo petto che la spingeva sempre di più contro l’armadio, sulle sue labbra gelide che le stavano baciando il collo con più convinzione fino a farla fremere.

Briony chiuse gli occhi estasiata e le sue mani lo attirarono verso di lei, stringendo il tessuto della sua camicia sulle spalle.

All’improvviso lo squillo del suo cellulare attirò la sua attenzione, ma Elijah le afferrò le mani premendole contro l’anta, ai lati del suo viso:

"Lascialo squillare" mormorò lui con voce roca sulla sua gola, stringendo la presa sui polsi come per bloccarla.

Briony mugugnò alzando il viso verso l’alto e si lasciò trasportare dalle emozioni, dimenticando tutto.

Vedendo che restava immobile, le mani di Elijah lasciarono quelle di Briony e arrivarono ad accarezzarle giù dalla spina dorsale; le prese ad un tratto una gamba al di sopra del ginocchio e se la mise intorno al fianco per appoggiarla a .

Briony allora si aggrappò a lui con entrambe le braccia, osando a malapena respirare.

Gli squilli tuttavia si fecero più frequenti e persistenti, e così Briony sbuffò esasperata: "Aspetta. Magari é scoppiata una bomba al Grill" mormorò cercando di alleggerire l’elettricità ingombrante tra loro.

Si adagiò con tutte e due le gambe a terra, mentre Elijah si fece da parte per farla passare senza un lamento.

Quando Briony prese tra le mani il cellulare vide che c’erano 3 chiamate perse di Caroline e un suo messaggio. Si chiese cosa fosse successo di tanto grave per farle bollire il telefono in quel modo.

Lesse il messaggio a dir poco chilometrico: "Ehi. Perché non rispondi? É dalla festa degli anni '20 che non ci vediamo e quella sera mi sembravi parecchio devastata, così ti volevo chiedere se andava tutto bene.. C'entra l'inquietante famiglia Mikaelson? Senza contare poi che dovevo parlarti di quella cosa..... Ma ne parleremo al mio ritorno con calma, sto usufruendo del tuo regalo di compleanno e ho deciso di partire per riordinarmi le idee. Tornerò presto, almeno spero.. Lo sai quanto mi piacciono i massaggi benessere :-) un bacio."

Briony aggrottò la fronte finendo di leggere il messaggio, mentre Elijah si mise una mano intorno ai capelli.

"E’ successo qualcosa?" domandò ricomponendosi.

Briony lo guardò stupendosi per l’ennesima volta di quanto fosse controllato.

La sua mente tornò poi al messaggio della sorella.. Di quale cosa doveva parlarle? Così di punto in bianco non le venne in mente niente visto che aveva tante cose per la testa. Un nodo d’invidia si infilò nel suo stomaco pensando a Caroline e alla sua bella vacanza di relax.. Quanto ne avrebbe avuto bisogno pure lei..

"Noto dalla tua espressione che é una cosa molto importante" constatò Elijah mettendosi a posto la camicia.

"Oh.. Solo mia sorella che ha deciso di usufruire del mio regalo e di godersi una mini vacanza.." depose il cellulare sul tavolo "Sai un po’ la invidio" mormorò dopo una pausa.

"In effetti Mystic Falls non é il luogo più adatto dove vivere sereni e in pace.. Ma fuggire adesso con tutti i problemi che si stanno creando, sarebbe poco saggio." rispose lui sviando lo sguardo e mettendo uno mano nei bellissimi capelli. “Senza contare che non abbiamo ancora avuto nessun riscontro su quel cacciatore che avrebbe il potere di ucciderci.. niente di niente, anche se ho cercato dappertutto.”

Briony trasalì violentemente e gli occhi si spalancarono, quasi sbiancandosi. Il respiro era stato trattenuto in un punto nella gola che le impediva di emettere fiato. Con la coda dell’occhio vide l’espressione di Elijah vagamente assorta e seria, come se davvero fosse sincero nel voler trovare quel mostro e fermarlo… a ogni costo.

<< Lo stai cercando dappertutto per ucciderlo.. ma ce l’hai qui davanti a te. E non lo sai neppure >> pensò Briony con angoscia temendo che il cuore potesse collassare. 

Se lui avesse saputo la verità… come avrebbe reagito? Cosa avrebbe fatto dopo che lei gli aveva mentito così spudoratamente? Quelle domande senza risposte scavarono dentro di lei come una lama affilata, che col tempo penetrava sempre di più in profondità.

Ah… mi dispiace” mormorò lei in un bisbiglio, non osando guardarlo per nascondere l’orrenda menzogna che era costretta a dirgli.

Si accorse con tremendo disagio che lui la stava fissando. Briony si irrigidì quasi avesse inghiottito qualcosa di pesante.

“Non è colpa tua. Me ne occuperò io, così saremo tutti al sicuro da quel mostro se verrà qui. Ti fidi di me no?” chiese lui con tono affabile, avvicinandosi a lei e sfiorandole l’orecchio con le dita fredde.

Briony si sentì sporca più di quanto non lo fosse già; si sentì davvero un mostro, lì davanti a lui e al suo sguardo. Ma le faceva così il male il pensiero che lui e la sua famiglia volessero stanare chi aveva il potere di nuocerli, lei inclusa quindi. Quella realtà pesava su di lei come un macigno e non c’era nulla che potesse cambiarla.

Si costrinse ad assentire e cercò di non far trapelare il reale motivo che la angosciava così tanto.

Il silenzio albergava nella stanza, così denso e torturante che Briony dovette fare qualche passo indietro da Elijah per non sentirlo così vicino.

"A cosa stai pensando?" domandò lui all’improvviso fissandola perplesso.

Briony trasalì un’altra volta di fronte alla sua espressione guardinga ma cercò di ricomporsi. Si ripeteva mentalmente che non c’era nulla da temere, che doveva mantenere il controllo, e si allontanò di più per prendere la collana tra le mani.

"Sai voglio che questa collana la porti tu.." mormorò guardandolo sinceramente negli occhi; ogni pensiero brutto si era annebbiato dietro il cuore che palpitava per quel sentimento che, nonostante tutto, sarebbe durato in eterno.  Almeno per lei.

Poi però mise il ciondolo dietro la schiena:

"Quando ne sarai degno" aggiunse rivolgendogli un sorriso malizioso.

Elijah aggrottò la fronte e sorrise contemporaneamente.

Le alzò il mento con due dita. Non c’era più traccia di quella serietà di poco prima sul suo viso magnetico.

 "Chissà come posso farti cambiare su questo punto."

 

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Fu una vera sorpresa quando il giorno dopo Briony ricevette un messaggio da parte di Elijah dicendole di prepararsi, perché era ora di cambiare aria e di distrarsi un po’ da tutti i problemi che Mystic Falls causava.

Briony era rimasta immobile e ammutolita per qualche secondo quando aveva letto il messaggio. Chiaramente Elijah aveva intuito il suo bisogno di allontanarsi e di distrarre la mente, lui intuiva sempre tutto d’altronde, ma non avrebbe mai immaginato che avrebbe acconsentito.

Era sempre così rigido, controllato e freddo, che l’idea di una vacanza romantica con lui non le era mai passata per la testa. Ma non perché non lo volesse, ma perché non vedeva Elijah come il tipo di persona che faceva queste cose.

Ovviamente lui aveva girato l’intero mondo in quei secoli e le aveva detto che non si era mai sentito legato in nessun posto da considerare veramente casa propria, se non Mystic Falls.

Il luogo in cui era cresciuto quando era umano… per lui aveva un valore simbolico, gli altri luoghi non ne avevano nessuno, erano solo terra su cui camminare.. e spargere altro sangue..

Briony smise di pensarci, e finalmente il sorriso a 32 denti spuntò sul suo volto pensando che finalmente si sarebbe concessa un po’ di svago, e l’idea di stare da sola con Elijah la esaltava alla follia.

Fece i bagagli in fretta e furia e aspettò che Elijah la venisse a prendere.

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“Sul serio non sei obbligato se non vuoi.” mormorò Briony facendosi piccola nel sedile.

Elijah inarcò un sopracciglio mentre guidava. “Se ti preoccupi per i casini che stanno accadendo a Mystic Falls, ho già tutto sotto controllo infatti se ne occuperanno i miei fratelli… e poi non staremo via molto, solo per il week-end”

Briony si morse il labbro e Elijah si voltò verso di lei. “Ti spaventa passare qualche giorno da sola con me?” domandò facendo un sorriso sghembo.

Lei avvampò imbarazzata. “No! Io sono felicissima di andarmene da qui per un po’. Ma voglio che anche tu lo sia, e non per fare un semplice favore a me..” mormorò attorcigliandosi le dita.

“Non mi costa nulla spostarmi qualche giorno.. e poi tu ne avevi bisogno” rispose semplicemente.

Dopo un po’ Briony chiese:

“Così ti concederai un po’ di svago originario?”

Elijah sorrise mentre guardava la strada:

“Se vuoi metterla così.”

All’improvviso Elijah si fermò davanti a casa Mikaelson e uscì dall'auto.

“Scusa passo un attimo da casa mia, faccio un secondo.”

“Ok” rispose lei sfilandosi la cintura. Nel portico notò che c’era Rebekah e così scese dall’auto per salutarla con la mano. L’Originaria le rivolse un sorriso malizioso e le mimò con le labbra di far divertire suo fratello visto che era sempre così serio.

Briony avvampò e le rivolse un sorriso imbarazzato, prima che Rebekah entrò in casa insieme a Elijah per parlare.

“Gita romantica eh? Vai a nasconderti in qualche tana degli orsi per scappare da ciò che sei, piccolo mostro?”

Briony si girò fulmineamente colta alla sprovvista, e i suoi occhi incrociarono quelli blu-grigi di Gwendolyn.

Per un bel paio di secondi non riuscì a respirare: “Ciao Gwendolyn… purtroppo non credo che Elijah abbia previsto qualche tana degli orsi lungo il tragitto.. Ti faremo sapere se magari vuoi andarci tu.” Mormorò infine.

La vampira le fece un sorriso per nulla divertito:

“Vedi di non portarmi indietro mio fratello in una cassa da morto a causa della tua pazzia disumana…E…. come sta andando la tua purificazione dell’anima? Vuoi che ti chiami Yoda?” domandò sghignazzando.

Ma come faceva a fare del sarcasmo su un argomento del genere?

Gwendolyn, io sto cercando ogni modo per evitare di finire come Charlotte.” Briony cercò di non apparire tesa mentre parlava, ma era difficile vedendo lo sguardo inquietante dell’Originaria che infatti rise perfidamente un’altra volta:

“Ma che sollievo. Dovrò andare ad accendere un cero in chiesa in tuo onore”

Briony allora strinse i pugni. “Tu non mi conosci. Dammi il beneficio del dubbio senza stare a criticare tanto. Fallo almeno per Elijah”

Il volto di Gwendolyn si incupì notevolmente:

“Non nominare mio fratello. Non so proprio cosa gli passi per la testa… prima quella sgualdrina di Tatia Petrova e ora tu…. Poi ci si mette anche Klaus a correre dietro a quella bionda cheerleader come se fosse un cagnolino… Ah cosa dicevi? Vuoi il beneficio del dubbio? Beh sì in fondo potrei anche dartelo visto che non hai ancora fatto nulla di pericoloso..” mormorò fra sé e sé, e Briony la guardò speranzosa.

Gwendolyn le si avvicinò lentamente:

“Considero la tua specie molto meritevole.. meritevole di combattere. Meritevole di morire.”  aggiunse poi sottolineando l’ ultima frase con un velo di cattiveria.

Briony trasalì per il suo tono di voce e temeva che la vampira fosse sul punto di ucciderla.

Ma Gwendolyn come al solito cambiò le carte in tavola e le rivolse un sorriso agghiacciante:

“Ti tengo d’occhio, piccolo mostro” suonò come un avvertimento, ma Briony non ebbe il tempo di replicare che vide Elijah uscire di casa. La ragazza si ammutolì di colpo mentre  Gwendolyn  fece un sorriso di finta cortesia e guardò il fratello:

“Fate buon viaggio” squillò spumeggiante come se davvero le importasse qualcosa.

Elijah salutò la sorella, mentre Briony si diresse subito dentro in macchina senza nemmeno guardarla. Si sentiva le gambe molli e il cervello cotto a fumini.

“Ehi. Tutto bene?” domandò Elijah entrando in macchina e osservandola.

Briony allora girò lo sguardo verso il vampiro.

Sì.. ora che era con lui, sì.

Anche se a prima vista quella sembrava una fuga, non lo era.

Fuggiva chi era spaventato dall’amore per paura di soffrire… lei invece giocava tutte le sue carte e si faceva del male pur di raggiungerlo…e di tenerselo stretto una volta preso.

Si allacciò la cintura e inviò un messaggio ad Ylenia dicendole che andava via per qualche giorno con Elijah per distrarsi un po’, quindi non sarebbe stata raggiungibile.

Due secondi dopo il cellulare squillò per un messaggio appena ricevuto: “COSA? Cosa ti è venuto in mente? Tu devi restare a Mystic falls e parlare con Elijah della situazione.. non conta nulla scappare, Briony… ci sono tante cose che non ti ho detto  e andarsene via in questo momento non è appropriato… immagino che non ti sei portata dietro le erbe vero?? Stai sottovalutando la situazione Briony, e se rischi di avere una crisi di fronte a Elijah? Che gli dici poi? Torna subito a casa e parliamone.”

Briony rilesse il messaggio più volte e subito impallidì.

Oddio, e se sarebbe successo davvero…? Se per caso di punto in bianco avesse perso il controllo… d’altronde il sogno in cui il suo sangue uccideva Elijah era apparso così all’improvviso…

No. Non sarebbe tornata indietro, non si sarebbe fatta rovinare quei giorni che voleva passare in santa pace insieme a Elijah.

Spense il cellulare scanso equivoci e guardò il panorama di fronte a sé.

“Dove mi stai portando?” domandò curiosa scacciando via i brutti pensieri.

“In un posto che sono sicuro ti piacerà” Elijah non aggiunse nient'altro per mantenere la suspense e Briony gli sorrise dolcemente mentre si sporgeva per dargli un bacio agli angoli della bocca.

Elijah rimase composto a guidare, ma l’ombra di un sorriso comparve sulle sue labbra: “Non c’è di che”

 

Aspen.

Non avrebbe mai creduto che Elijah la portasse lì. Gli aveva detto un sacco di volte che amava i paesaggi naturali e la montagna, ma Aspen era tutto ciò che un’amante della natura poteva chiedere. Inoltre era un luogo molto ricercato dai turisti.

“Non pensavo ti ricordassi che ti avevo detto quanto mi piacesse la montagna e la natura…” mormorò Briony spaesata uscendo dalla macchina.

“Hai una così poca considerazione della mia memoria? I ricordi sono tutti per me” rispose lui guardandola mentre appoggiava un braccio sopra l’auto.

Dopo aver parlato però si incupì, come se un’ombra avesse attraversato all’improvviso il suo volto di ghiaccio.

Briony deglutì sapendo a cosa a stava pensando, ma si avviò decisa verso di lui. “Niente pensieri tristi. Siamo qui per svagarci no?” Allargò le braccia per abbracciargli la schiena, e lui dopo un attimo di tentennamento sorrise:

“Giusto.”

 

L’albergo che Elijah aveva prenotato era molto lussuoso, di certo non aveva badato a spese e infatti Briony si guardò attorno tutta spaesata. Avrebbe dovuto fare vacanze di quel genere un po’ più spesso, penso tra sé e sé. Ma ovviamente pagate da lui, pensò di nuovo.

Mentre si avviavano verso la reception, notò che al centralino c’era una ragazza che non appena vide Elijah fu così catturata dal suo fascino magnetico che le sue guance esplosero e cominciò a balbettare.

“Buonasera signore. Potreste dirmi i vostri nomi?” farfugliò la tipa guardando solamente Elijah con una faccia da ebete. Lui però non sembrava minimamente accorgersene infatti rispose con la sua solita eleganza.

La ragazza farfugliò un “Buona permanenza” sempre ammirando Elijah come una visione celestiale e ignorando completamente Briony, che inarcò un sopracciglio.

<< Poveretta >> pensò fra sé e sé. In fondo poteva capirla, chiunque sarebbe caduto ai piedi di Elijah.

I due andarono verso l’ascensore ma non appena vi entrarono, Briony sentì formicolarle le mani, come se non sopportasse in quel momento di restare in un luogo chiuso. Aprì le labbra per respirare normalmente e deglutì più volte per scacciare il fastidioso formicolio, ma non ci riuscì.

Gli occhi poi cominciarono a bruciarle all’improvviso in maniera intollerabile e neanche sbattere più volte le palpebre servì a qualcosa.

<< Dio no… >>  pensò con sgomento, ripensando al messaggio di Ylenia. Cominciò sul serio a sudare freddo, l’ansia prese il sopravvento e si portò una mano ai capelli per cercare di calmarsi.

Briony?” La voce di Elijah risuonò così vicina che lei trasalì dalla sorpresa. Il vampiro si era infatti avvicinato molto a lei e la stava fissando guardingo: “Che cos’hai? Stai bene?”

Vedendo che lei non rispondeva e si faceva sempre più pallida, Elijah la prese per le spalle per farla voltare completamente verso di lui.

La scrutò così profondamente negli occhi che lei si sentì annegare suo malgrado nella tenebra dei suoi. Passò qualche secondo di tesa aspettativa, fino a che Elijah non parlò:

“Che cosa c’è?” chiese con voce preoccupata, mantenendo salda la presa sul suo braccio.

Briony allora si riscosse e finalmente il bruciore negli occhi scemò per fortuna:

N-niente. E’ l’ascensore.. io ho paura degli ascensori.” disse a  di risposta, cercando di sorridere.

Elijah aggrottò la fronte. “Non è vero. Tu non hai paura degli ascensori.” constatò lui convinto e non lasciando mai per un attimo i suoi occhi.

Briony deglutì. In effetti era vero… non aveva paura di quello… ma era difficile formulare una frase sensata mentre lo sguardo di Elijah la penetrava fino al cervello, soggiogandola semplicemente grazie alla profondità dei suoi occhi.

La fermata dell’ascensore la salvò all’ultimo e Briony si sbrigò ad uscire, boccheggiando. “Visto? Sto meglio ora.” disse cercando di apparire convincente, anche se Elijah non smetteva un attimo di fissarla col suo solito sguardo attento.

Briony si morse il labbro e cercò la stanza per liquidare così la questione. Sentendo poi i passi di Elijah dietro di lei e il suo silenzio, si rilassò.

La camera prenotata era lussuosa quanto e più dell’albergo: un lampadario in stile neoclassico, un bagno mega enorme, un comodo letto matrimoniale e una vista strepitosa che dava sui monti. C’era pure lo champagne.

Avrebbe tanto voluto rimanere lì per sempre. Al diavolo quella fogna di Mystic Falls.

Sistemarono i bagagli in poco tempo, poi Briony allacciò le braccia dietro la schiena alzando il mento: “Avete fatto dei programmi per la giornata, my Lord?” chiese con una risatina, alleggerendo la tensione di poco prima.

“In effetti... sì.” rispose lui snodandosi la cravatta.

Vedendo che lei marciava sopra per scoprire di che si trattava, lui alzò il busto mentre metteva a posto le ultime cose dalla valigia. “E’ una sorpresa.”

“E non vuoi dirmi proprio nulla?” chiese lei curiosa, avvicinandosi a lui.

“Ci provi gusto a complicare le cose?” scherzò lui alzandosi dritto.

Lei alzò le spalle mentre gli occhi le brillarono, e lui sollevò la mano per toccarle la guancia. “Lo scoprirai tra poco.”

 

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Briony si ritrovò di fronte a una stalla e a una decina di scuderie dove contenevano dei cavalli di vario colore, e così sbatté le palpebre incredula.

<< Cavalli? >>

Detto fra sé e sé, non era ciò che si aspettava.

“Vieni.” la invitò Elijah facendo un passo in avanti verso le scuderie. Lei dopo un attimo di tentennamento lo seguì, anche se più goffamente visto che il terreno era ricolmo di fango, ma Elijah come al solito camminava con tutta la sua eleganza.

“Due cavalli per favore” disse lui all’uomo di fronte alle scuderie che doveva essere colui che se ne occupava. Anche se quell’uomo non era proprio il massimo della presentabilità, visto che aveva i capelli tutti spettinati, la barba non fatta da giorni, vestiti malmessi e gli occhi roteavano come se fosse brillo.

“Certo” biascicò lui cercando di reggersi in piedi.

Elijah rimase immobile ad aspettare con pazienza, mentre Briony si affiancava a lui non riuscendo ancora a capire il perché fossero lì.

“Contenta? Mi hai detto una volta che ti piacevano i cavalli” mormorò lui voltandosi verso di lei.

“Davvero?” domandò Briony sbalordita più a se stessa che a lui. Mai bugia fu più vera di quella, e non si ricordava neanche di averla detta.

Per di più lei aveva la fobia dei cavalli: le facevano un gran paura grossi com’erano e aveva il perenne terrore di ricevere delle pedate in testa.

Strano che Elijah non si fosse accorto di quella bufala madornale visto che lui si accorgeva sempre di tutto, ma Briony rimase zitta cercando qualche via di fuga o di dire qualcosa.

Ma in fondo che fatica sarebbe stata cavalcare? Semplice no? Bastava salire in sella… tenere le redini…

<< Oh povera me >> pensò Briony fra sé e sé temendo il peggio.

“Non pensi che dovremmo fare qualcos’altro? Tipo trekking… escursioni..” esclamò lei agitata, grattandosi nervosamente la testa.

Elijah la guardò accigliato. “Cavalcare è molto più bello.. vedrai ci sono viste magnifiche su per la radura e ci si arriva benissimo a cavallo.”

Briony gli fece un sorriso forzato autoconvincendosi che ce l’avrebbe fatta… in fondo cosa ci voleva? E poi c’era Elijah con lei ad aiutarla… anche se si sarebbe sotterrata nel vedere la sua faccia quando avrebbe cercato di salire in sella.

L’uomo mezzo brillo arrivò con due cavalli molto belli, uno di colore bianco e l’altro marrone. Sembravano dei purosangue.

<< Non sono poi così male. >> Pensò Briony diventando più ottimista.

“Loro sono Fulmine e Grazia. Se volete vi indico qualche deviazione per arrivare più in fretta ai boschi” mugugnò l’uomo tenendo le redini dei cavalli.

“Non ce ne sarà bisogno.” Rispose Elijah prendendo il cavallo bianco.

Briony? Tieni tu Fulmine?”

<< Cosa? Tenere un cavallo che si chiama Fulmine? >>  Già il nome non  faceva presagire nulla di buono… Ma era troppo orgogliosa per tornare indietro e si sarebbe vergognata un sacco nel dire che aveva una paura fifa dei cavalli.

Sìì! Certo!” esclamò con finta euforia prendendo Fulmine.

“Coraggio cavallo fai il bravo. Se lo farai, ti darò tante carote” gli sussurrò lei all’orecchio per tenerlo buono.

Il cavallo emise un suono che doveva proclamare tutta la sua gioia per il cibo promesso, almeno da quanto aveva capito lei.

Facendosi coraggio, Briony prese poi le redini di Fulmine e uscì insieme a Elijah.

 

Non era stato poi così male, anche se all’inizio ci era voluto parecchio per salire in sella e infatti le gambe di Briony era penzolate da una parte all’altra come se si stesse arrampicando su una liana. Elijah si era più volte offerte di aiutarla a salire ma lei si era intestardita nel voler fare da sola; anche se dopo essere salita in groppa era rimasta attaccata al collo del cavallo con le braccia come se stesse su una giostra.

Ma dopo un po’ per fortuna ci si era abituata, e cavalcò con Elijah per un po’ di tempo ammirando il paesaggio naturale e magnifico davanti a loro.

Il vampiro si voltò verso di lei, tirando le redini di Grazia e ancora una volta Briony fu quasi shockata per il suo incredibile portamento. Sembrava una meraviglia della natura e riusciva a rimanere elegantissimo persino a cavallo. Anche un cieco avrebbe notato che Elijah non apparteneva a quell’epoca… sembrava non appartenere neanche a quel mondo.

“Non sei andata così male.. constatando che era la prima volta” esclamò lui rivolgendole un sorriso compiaciuto.

Briony avvampò. “N-non è vero. Io sono un’amante dei cavalli!” esclamò lei rizzandosi dritta sulla schiena e accarezzando la criniera di Fulmine per dimostrare che erano già diventati amici.

“Certo” bofonchiò lui con un sorrisetto convinto.

“Ovviamente non potrò tenere il tuo passo visto che hai mille anni di esperienza mentre io sono nata nel secolo della tecnologia quindi dovresti apprezzare questo talento naturale e immediato.” mormorò Briony fintamente risoluta e  continuando a cavalcare come se nulla fosse.

Elijah scrollò le spalle:

“Hai ragione. Non sarebbe giocare pulito.”

Briony rise soddisfatta e lo sorpassò al galoppo.

In breve si addentrarono nella radura, in mezzo ai boschi, ma sfortunatamente il passaggio era interrotto da un albero caduto proprio nel mezzo.

“Vado a vedere se c’è un sentiero da quella parte.. ci metterò poco tempo. Tu resta qui” aggiunse Elijah tirando le redini di Grazia per addentrarsi in un altro punto della foresta. Prima di avviarsi però si girò verso Briony, come se fosse indeciso nel lasciarla lì da sola.

Lei allora alzò gli occhi al cielo:

“Non preoccuparti, il cavallo non scappa” disse ridendo.

"Resta qui." ordinò lui ancora una volta addentrandosi nella foresta.

Come non detto, subito dopo che Elijah sparì dalla sua vista il cavallo cominciò a scalpitare come se fosse stato beccato da un’ape e cominciò a girovagare per conto suo in tondo.

"Ehm, Elijah?" Briony lo chiamò, ma Fulmine cominciò a sbraitare come se fosse imbufalito e si inoltrò in un altro sentiero.

“Oddio e adesso dove vuoi andare?” mormorò Briony impallidendo come un cencio e cercando di tirare le redini per fermarlo, ma Fulmine a quanto pare non ne voleva sapere, e galoppò a velocità sempre più smisurata impedendole così di scendere senza il rischio di rompersi la schiena.

“Merda” pensò Briony sottoshock aggrappandosi al collo del cavallo come se fosse una scimmia e chiuse gli occhi, mormorando preghiere tra un respiro e l’altro.

Dopo un  il cavallo si fermò e Briony aprì gli occhi, guardandosi attorno circospetta.

Erano praticamente ritornati al punto di partenza. Alle scuderie.

Briony alzò il sopracciglio: “Non vedevi l’ora di mangiare le tue carote, eh Fulmine?”

Massaggiò dolcemente la criniera del cavallo e cercò di scendere senza slogarsi una caviglia. Almeno non aveva scalpitato come un forsennato.

Briony si girò verso la radura domandosi come avrebbe fatto a trovare Elijah. Il cellulare l’aveva lasciato in albergo e di certo non sarebbe risalita su Fulmine… l’unica maniera era di tornare a piedi, sperando di ricordarsi il percorso.

Intanto prese le redini di Fulmine e lo portò nella stalla sperando di trovare qualcuno a cui affidarlo. Trovò l’uomo di prima, quello mezzo brillo, che ora era più brillo che mai infatti l’odore di alcool si sentiva alla sua distanza e faticava a fare due passi compiuti.

“Ehm.. vi lascio qui il cavallo. La mia gita è finita prima del previsto” disse Briony incerta, cercando di far andare Fulmine dentro le scuderie.

L’uomo comunque non accennava a rispondere e continuava a guardarla in una maniera ambigua che la fece innervosire abbastanza, visto che era lì da sola.

Mordendosi il labbro augurò all’uomo buona giornata prima di avviarsi fuori dalla stalla, ma fu fermata all’improvviso proprio da lui che si era appena avvicinato pericolosamente.

“Che ne dici? Mi dai una mano a sistemare la paglia?”

Briony impallidì:

“Meglio di no. Non mi piace il suo odore.” rispose cercando di scostarsi.

“Ho sentito che ti piacciono i cavalli però. Ti va di vedere il resto delle scuderie?” domandò ancora non mollando la presa.

“No grazie.” mormorò duramente cercando di fargli capire l’antifona. Ma lui l’afferrò per un polso e la strattonò verso l’interno. Briony cercò di liberarsi della presa, inutilmente.

“Oh andiamo so che ti va.” sussurrò il tizio con un tono che doveva apparirgli malizioso ma che a lei diede il disgusto.

"Mi lasci!" urlò duramente in preda al terrore, cercando di graffiarlo e spintonandolo lontano, ma lui anticipò la sua mossa spingendola contro la parete di legno.

“Avanti fammi vedere quello che sai fare”

Briony sentì l’odore di alcool provenire da lui e il sapore della propria paura. I cavalli nitrivano impazziti dietro di loro.

Briony gridò cercando di strattonarlo via da lei e di allontanare le sue orribili mani dal viso. Poi qualcosa scoppiò dentro la sua testa, come una scintilla appena esplosa e inconsapevolmente urlò.

Ma non fu la sola. Anche l’uomo gridò come se fosse stato appena colpito e cominciò a tossire in preda agli spasmi. Per fortuna si allontanò da lei e Briony si prese la testa tra le mani, come se stesse per scoppiare da un momento all’altro. Quando sollevò gli occhi notò che quelli dell' uomo erano diventati incolore, quasi trasparenti, privi di vita.

Briony aprì la bocca in preda allo shock e per l'assurda situazione che stava vivendo.

Che cosa aveva fatto?

Non ebbe il tempo di farsi ulteriori domande che l’uomo già piegato in due venne scaraventato dall'altro lato delle scuderie con una forza sovrumana.

Briony vide il suo eterno salvatore affiancarsi vicino a lei e dirigersi verso l’uomo a terra, che sembrava sul punto di avere un attacco cardiaco.

Ma Elijah non ebbe alcuna compassione di lui, infatti si avvicinò con grazia terrificante e gli posò con ferocia inaudita il piede sotto il suo collo allo scopo di strangolarlo.

“Fatti vedere di nuovo in giro e ti farò a pezzi”  sibilò Elijah nel tono più minaccioso che Briony avesse mai udito da lui. L’uomo tossì in preda agli spasmi come se stesse soffocando, e cercò invano di togliere il piede dell’Originario sulla sua gola ma così facendo costrinse Elijah a rafforzare di più la presa con maggior forza.

Briony ciondolò fino a lui, impallidita:

“Elijah, andiamocene.” lo supplicò lei prendendolo per un braccio, e guardando con aria di rimprovero e disprezzo l’uomo disteso a terra e sul punto di soffocare. Avrebbe pagato per ciò aveva fatto… ma non così.

Aveva ancora in mente il colore dei suoi occhi quando le era venuto quel tremendo mal di testa all’improvviso… era stata sul punto di ucciderlo? Sarebbe stata legittima difesa, ma in quel momento provò repulsione verso se stessa e su ciò che era capace di fare.

Briony sviò lo sguardo altrove perché non sopportava la ferocia di quella situazione.

“Ti prego, andiamocene.” sussurrò ancora con flebile voce.

Elijah si riscosse all’improvviso, come se si fosse accorto solo in quel momento che lei era lì accanto a lui. Il suo sguardo si posò suBriony e fu come ricevere acqua ghiacciata in pieno viso, un’elettricità vibrante che pungeva. Lei non contraccambiava lo sguardo ma sentiva il pizzicore nel viso dove gli occhi di Elijah stavano puntando in quel momento.

Controvoglia il vampiro liberò l’uomo dalla sua presa e afferrò Briony per un braccio per andarsene via di lì. Non si voltò neanche per verificare se l’uomo a terra stesse ancora respirando.

Dopo essere usciti dalle scuderie, Elijah prese il mento di Briony per sollevarle il viso.

“Fa vedere.”

L’Originario scrutò poi attentamente la ferita che Briony aveva riportato sul sopracciglio e alzò le dita su quel punto, senza però toccarle la pelle: “Ti fa male?”

“No.. è solo una botta, passerà.” Rispose lei tesa abbassando la sua mano.

Sentì Elijah sospirare e quando sollevò gli occhi verso i suoi notò che una maschera di rigidità aveva preso posto sul suo viso statuario.

“Perché diavolo non sei rimasta dove ti avevo detto di rimanere?”  sbottò lui all’improvviso con un’espressione che aveva molto a che fare con la collera.

Briony sbatté le palpebre sorpresa. “Non è stata colpa mia, il cavallo ha perso il controllo ed è voluto ritornare qui. Non potevo mica immaginare che sarebbe successa una cosa del genere. Io stavo venendo da te.. ma quel tizio…” non finì la frase a causa del groppo in gola che stava sopraggiungendo. Si morse il labbro mentre l’espressione di Elijah si fece meno tesa, quasi rammaricata per come si era appena comportato.

“Scusa..” mormorò lui all’improvviso toccandole lievemente la testa. “Detesto pensare che ti possa accadere qualcosa di male…

Briony lo guardò di più negli occhi e vi notò la sincerità in sintonia su ciò che aveva appena detto.

Gli sorrise dolcemente, scacciando il timore di poco prima. Tutti i pensieri brutti magicamente sparivano quando stava accanto a lui, e anche se qualche volta ne aveva paura non riusciva a immaginare luogo migliore per contenere il suo paradiso personale.

“Non è successo niente.. ma non preoccuparti non gliela farò passare liscia a quell’ubriacone.” disse poi abbozzando un sorriso.

Anche Elijah dopo un attimo ricambiò mentre abbassava lo sguardo, anche se non troppo sincero come il suo, visto che avrebbe voluto fare davvero a pezzi quel balordo.

“Andiamo in albergo, così diamo una sistemata a quel brutto taglio.” mormorò lui poi cingendole la schiena con un braccio.

“Non poi sono poi così messa male.. sono un osso duro” scherzò lei affiancandosi a lui mentre cominciarono a camminare.

Impulsivamente Briony sviò lo sguardo nel punto opposto dove si trovavano, ai margini della radura, come se si sentisse osservata e infatti notò una figura in mezzo agli alberi.

Non riuscì a distinguerla bene perché era incappucciata e aveva uno strano mantello nero che risaliva dalle spalle. Sbatté le palpebre inquieta perché trovava l’immobilità perenne di quella figura talmente terrificante da non sembrare umana, ed ebbe la vaga sensazione che stesse fissando proprio dalla loro parte.

Ma il tempo di focalizzare bene la scena che quella figura scomparve all’improvviso come se non fosse mai stata lì.

Briony aggrottò la fronte pensando di aver preso un bel colpo in testa e di aver le traveggole, e così si strinse di più a Elijah nel cammino.

 

Il moribondo era rimasto a terra nella scuderia per parecchi minuti, come se non riuscisse ad alzarsi dopo lo scontro col vampiro e quando cercò di sollevare il busto, un’ombra oscura apparve di fronte a lui e sommerse tutta la sua vista. Poi il nulla.

L’ultima cosa che ricordò prima di chiudere gli occhi furono due occhi accesi e splendenti come due fanali nell’oscurità.

 

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“Elijah sto bene” ripeté Briony per la millesima volta cercando di lavarsi la ferita.

“Non dovremmo restare qui dopo quello che ti è accaduto” ripeté lui a sua volta mettendo fuori alcune camicie dal cassetto e rimettendole nella valigia.

“In tutti i paesi c’è qualche maniaco ubriacone, vampiro o non vampiro, ormai va così il mondo anche se é brutto dirlo. Ma non dobbiamo rovinarci il week end per questo. Ho già fatto una denuncia alla polizia locale e rapporto ai suoi superiori, così non lavorerà più lì e non importunerà più le turiste con le sue avances sgradite. Però oltre a questo va tutto bene.” Si avvicinò a lui in modo tale da stargli di fianco. “Ehi.” Sussurrò cingendolo con le braccia.

Elijah, dopo aver alzato gli occhi al cielo, si posizionò anche lui di fronte a lei lasciando le camicie sopra il letto.

“E’ la prima volta che andiamo via insieme, lontani da Mystic Falls e da tutti i suoi guai.. voglio dire, è un delitto fare una vacanza e non godersela."

Il silenzio aleggiò per un paio di secondi nella stanza, e per un orribile momento Briony temette il rifiuto categorico di Elijah. Poi però colse l’accenno di un sorriso nel suo volto.

“Hai ragione. Dobbiamo assaporare un po’ la vita, non credi?" Sussurrò profondamente con un guizzo negli occhi.

 

Per Briony si rivelò la serata più magica e incantevole della sua vita. Lei indossava un abito nero senza spalline lungo fin sopra il ginocchio, i capelli tutti raccolti con un fermaglio, Elijah in uno dei suoi completi più chic e si trovavano in uno dei ristoranti più eleganti di Aspen dove si mangiava aragosta e il pesce più prelibato, con sottofondo il suono di un’orchestra proprio come se fossero in un film.

Elijah ordinò una bottiglia del vino più pregiato e dopo il brindisi iniziale lui cominciò a rilassarsi, e cominciarono a parlare di tutto fuorché di Mystic Falls e dei guai che si portava dietro.  Organizzarono i programmi per il giorno dopo, quando fu servita la prima portata e il cameriere versò il vino.

Elijah alzò il bicchiere a  di brindisi: “A te, Briony. Ringrazio ogni giorno il destino che ti ha portata da me quella mattina nella cantina dei Salvatore.” Mormorò profondamente.

Briony si rabbuiò a quelle parole. Già, era stato proprio il destino a mandarla da lui quel giorno… aveva sempre creduto per uno scopo preciso, a fin di bene.. per salvarlo.. I suoi occhi si intristirono per quella amara bugia, ma scosse piano la testa per non farsi sommergere dai brutti pensieri. Quella sera non voleva proprio pensarci.

Gli rivolse un sorriso dolcissimo e fecero tintinnare i calici.

“E’ stata proprio una bella fortuna visto che potevi rimanere una mummia per sempre.. sarebbe stato un vero peccato.” lo schernì spumeggiante.

Elijah rise finendo il vino nel bicchiere. “E dire che all’inizio tu non tolleravi la mia presenza… ricordo ancora la tua faccia sconvolta e contrariata quando mi sono insediato a casa tua.” esclamò lui sorridendo lievemente.

Briony alzò il sopracciglio. “Non è vero che non ti tolleravo.. solo che mi facevi una certa impressione.. provavo un certo terrore nel starti accanto..”

“Beh spero davvero che quel terrore sia passato” sussurrò lui lanciandole uno sguardo magnetico.

Lei lo ricambiò, senza alcun timore:

“Sì.” rispose col cuore.

Elijah la fissò per un tempo che le parve  infinito.

Cominciarono poi a mangiare quando lui prese in mano il menù.

“Fanno cucina anche indiana qui. Perché non provi? E’ deliziosa”

Briony sgranò gli occhi:

“Per l’amor del cielo, no! Non voglio finire dentro una pentola!” esclamò ricordando alcuni film macabri proprio sulla cultura indiana.

Elijah rise. Una risata di gusto, sincera, davvero rara da sentire in lui. Briony custodì quella cosa preziosa nella sua mente, constatando che Elijah offriva il lato migliore di , quello sotto la sua armatura, solo alla sua famiglia.. E anche a lei. Non l’aveva mai sentito ridere in quel modo con nessuno.

Ed era davvero un peccato perché aveva un sorriso bellissimo e dei denti bianchi perfetti.

Un pittore si sarebbe sicuramente rammaricato nel non potergli fare un ritratto per ricordare quel momento in eterno.

 

 

In breve Briony si sentì ubriaca di felicità e avvertì intorno a sé un alone radioso di spensieratezza. Ballarono per tutta la sera accompagnati dall’orchestra, il braccio di Elijah che cingeva la vita di Briony non dimostrava alcuna stanchezza nel stringerla a sé per così tanto tempo, e lei si fece avvolgere dal suono lento della musica e dal delizioso profumo del vampiro che le invase le narici.

“Ti ho già detto che stasera sei bellissima?” le sussurrò lui all’orecchio a bassa voce. Briony avvampò e trasalì. Ci avrebbe mai fatto l’abitudine? Ad impedire che il suo cuore battesse impazzito ogni volta che lui le parlava in quel modo?

Si portò una mano nel punto in cui era stata ferita, come per dimostrare che quella sera non era proprio il massimo. Ma lui prese la sua mano per abbassarla, allo scopo di osservare bene ogni lineamento del suo viso delicato.

Il cuore di Briony perse dolorosamente dei battiti ad ogni secondo che passava a guardarla in quel modo così intenso.

Elijah le rivolse un sorriso naturale e poi abbassò il volto per guardarle la mano ancora avvolta dalla sua. All’improvviso fermò il ballo e col pollice cominciò a disegnare dei cerchi lungo il palmo della sua mano, e Briony fremette per quel gesto che le bloccava il respiro.

Elijah portò la mano alle labbra e ne baciò delicatamente le nocche con dolcezza. Sollevò gli occhi neri verso Briony tenendo ancora le labbra sulla mano, e poi improvvisamente le fece fare una giravolta su se stessa per far scontrare i loro petti di nuovo nel ballo.

Briony rise durante quel gesto, sentendo il suo cuore accelerare più volte mentre Elijah rafforzava la presa sulla sua schiena e i loro nasi si sfioravano durante il ballo.

Briony socchiuse gli occhi, assaporando quei momenti di pura felicità. Niente avrebbe potuto rovinare ciò che stava vivendo. Riuscì solo a pensare che era tra le sue braccia e che era sua.

A fine serata tornarono in albergo ridendo; Briony era un po’ malferma sulle gambe a causa dei tacchi, mentre la mano di Elijah che le sfiorava su e giù per la schiena non aveva incertezze.

Salutarono l’uomo alla reception - la ragazza che balbettava al cospetto di Eljah non c’era - e il vampiro ritirò le chiavi della stanza.

“Desidera altro signore?”

“No grazie” rispose lui ritirando le chiave. "Ah per favore non ci passi nessuna telefonata di alcun tipo” aggiunse.

“Perfetto” rispose il portiere facendo un sorriso e strizzando l’occhio. “Buonanotte signore. Buonanotte signora”

Entrambi salutarono cortesemente e si diressero all’ascensore – Elijah aveva domandato se lei preferiva fare le scale visto la sua paura dell’ascensore, ma lei aveva liquidato la questione dicendo che aveva troppo male ai piedi per farlo – e così salirono.

Nel piccolo spazio ristretto si sorrisero a vicenda nello specchio, come se non avessero pensieri per la testa.

“E’ stata una serata magnifica. La migliore in assoluto” dichiarò Briony entrando in camera mentre Elijah le toglieva il cappotto dalle spalle. Lo sentì ridere sul suo collo poi lui si avviò verso l’armadio per deporre il cappotto, quando si affacciò alla finestra scostando le tende come se qualcosa avesse appena attirato la sua attenzione al di fuori.

Briony lo guardò pensierosa, togliendosi le scarpe: “Non è stato così anche per te?”

Elijah si voltò verso di lei, lo sguardo come sempre controllato e vigile.

Ma quando si avviò verso di lei assunse uno sguardo pieno di significato:

“Permettimi di dimostrarti quanto questa serata sia stata magnifica anche per me.” Le sussurrò a bassa voce mentre il suo respiro fresco le toccava il viso.

Elijah appoggiò una mano sulla sua guancia e il luccichio bramoso nei suoi occhi dimostrava che quella serata non era ancora finita…

Si chinò ma si fermò prima che le labbra toccassero quelle di Briony, accrescendo così l’attesa. “Ti fa ancora male la testa?” domandò contro le sue labbra.

Briony mugugnò: “Un po” E non di certo a causa della ferita.. il sangue martellava dolorosamente fino al cervello avvertendo il magnetismo delle labbra del vampiro farsi sempre più vicine.

Ebbe le vertigini quando sentì il suo fiato lieve sulla bocca, e lui la salvò da un probabile svenimento appoggiando finalmente le labbra sulle sue. La baciò per diverse volte in maniera riguardosa e lenta, come se avesse paura di farle male, ma lei corrispose il bacio con più intensità come per incitarlo a non fermarsi.

“Non sono fatta di cristallo.” Gli sussurrò sfilandogli smaniosa la cintura dei pantaloni.

“Miss Forbes, chi ti ha insegnato queste maniere?” la rimbeccò lui ma acquistando prepotenza nelle sue mosse, come ostinato a mandare avanti lui il gioco.

Briony sentì la risposta morirle in gola perché Elijah le tappò letteralmente la bocca con una bramosia che prima nascondeva meglio. La ragazza mandò al diavolo le parole e si avvinghiò a lui, mentre le loro bocche premevano ardentemente l’una contro l’altra.

Briony lo sentì poi ansimare sulla sua bocca come se stesse sul punto di perdere il controllo.

Si sentì infatti spostare all’improvviso a velocità sovrumana contro il muro, e l’impatto con la parete le fece quasi male perché andò a sbattere di petto; Elijah l’aveva girata e ora il suo petto la stava spingendo contro il muro mentre il suo respiro le solleticava l’orecchio, provocandole continui brividi.  Quello di Briony si era già spezzato non appena Elijah le alzò il polso destro sopra il muro, come se volesse impedirle la fuga, e lo strinse fino a dolerle ma non le importò.

Cercò soltanto di evitare di impazzire quando l’altra mano di Elijah le sfiorò la gamba e le sollevò l’orlo del vestito, così che poi la sua mano si fece strada sotto di esso.

Briony respirava a fatica e poi in maniera accelerata a ritmi alterni, come se fosse sul punto di impazzire. La sua mano si strinse a pugno contro la parete per cercare di calmarsi, mentre le labbra di Elijah le stavano sfiorando delicatamente un punto sotto l’orecchio, inebriandola con il suo tocco.

Elijah le liberò poi il polso e cominciò a baciarle il collo e le spalle nude con ardore sempre crescente, cingendola. Briony girò così la testa di lato per dargli il libero accesso al suo collo, sentendo una fitta di desiderio ogni volta che le labbra di Elijah le stuzzicavano la pelle fino a bruciarle il sangue. Alzò le braccia e gliele mise intorno alla testa, intrecciando le dita nei suoi capelli morbidi e tirandoli leggermente quando Elijah premeva con forza il corpo contro il suo.

Brony sentiva quel fremito d’emozione come una colata di lava lenta e profonda che procedeva fino a giù i suoi piedi, scuotendo le sue fondamenta. Non aveva mai desiderato nessuno così, e pensò che lo stesso valeva anche per lui.

Elijah in un secondo la fece girare di nuovo così da ritrovarsi l’uno di fronte all’altro. I loro respiri si persero nei loro baci ardenti, lasciandosi andare ad un’invasione lacerante e intensa di desiderio.

La mano di Elijah scivolò sulla schiena di Briony per spingerla contro il suo corpo, e improvvisamente lei sentì che i suoi vestiti stavano per diventare insopportabili. Con velocità lo liberò della giacca che cadde a terra vicino a loro, mentre le dita di Elijah trovarono il suo fermaglio e lo tirarono via facendolo cadere rumorosamente a terra.

Elijah smise per un attimo di baciarla, rimanendo comunque dolorosamente vicini, mentre la sua mano scompigliava i capelli sciolti di Briony che caddero lungo le spalle. Quel tocco leggero le apparve così sensuale che tutti i suoi nervi fremettero e non si accorse che le ginocchia erano sul punto di cedere.

Briony si avvinghiò di più a lui quando i suoi piedi scivolarono all’improvviso, e i due barcollarono cadendo sul letto con un tonfo.

Briony intrecciò subito i capelli di Elijah fra le dita per attirarlo a sé, ma lui le afferrò le mani depositandole sopra il  materasso mentre le sue labbra scesero a tracciarle una scia di fuoco giù nel petto.

Le labbra gelide si abbassarono fino al suo ventre con molta intensità, come se volessero bucare la stoffa del vestito, e dalla bocca di Briony uscì un lieve gemito mentre le sue mani venivano finalmente liberate.

Ad un tratto Elijah diede fine a quella dolce tortura perché si alzò col busto, e i suoi occhi incontrarono quelli di Briony che fremevano per l’attesa. Lei rimase distesa alla sua completa mercé.

Senza distogliere lo sguardo, Elijah sciolse il nodo della cravatta, liberandosene. Le sue mani scesero poi sulle gambe di Briony alzandole lievemente il vestito, scoprendo così le calze autoreggenti.

Con lentezza eccitante, Elijah cominciò ad abbassare una calza giù fino alle ginocchia e così Briony alzò lievemente la gamba, continuando ad ammirarlo e tremando mentre sentiva le dita di Elijah accarezzarle la gamba denudata.

Quando fece lo stesso con l’altra calza, il viso di Elijah si abbassò sfiorandole il ginocchio con le labbra. Briony rabbrividì violentemente: il suo tocco la straziava e lei si sentiva come uno strumento musicale nella mani di un maestro.

Non riuscendo più ad aspettare, Briony cercò di alzare il busto per abbassare la cerniera dall’abito ma Elijah le bloccò le braccia e ricominciò di nuovo a baciarla.

Fu lui a liberarla in fretta del vestito mentre le mani di Briony vagarono sui bottoni della sua camicia, ma le dita erano così frementi che ne strappò la stoffa. Elijah sembrò non accorgersene neppure e si sfilò la camicia dalle spalle con velocità; Briony disperse alcuni baci sul suo petto, come a dimostrare che quel corpo perfetto era solo suo.

Sentì Elijah prenderle la testa e appoggiare possessivo la bocca sulla sua; lasciò che le loro lingue si accarezzassero, lente e desiderose.

Non riuscendo a trattenersi Briony abbassò una mano verso i suoi pantaloni, accarezzandone la stoffa e avvertendone il rigonfiamento. Sentì Elijah non reprimere un verso roco sulle sue bocca e affondò il viso sul suo collo, baciandolo. Lei gli tirò indietro appena i capelli per baciargli la pelle sotto l’orecchio mentre la sua mano continuava ad accarezzare la pressione nell’asta dei pantaloni, come se volesse sentire appieno il suo desiderio e farlo godere come lui faceva con lei. Carpire fin nel profondo ogni passione che si donavano senza mai separarsene.

“Hai giocato abbastanza, Miss Forbes?” le recriminò fintamente lui alzando il viso per guardarla dall’alto. Sembrava calmo, l’espressione studiata come se non stesse succedendo niente di male, ma il luccichio negli occhi era ben evidente, reale. La gola di Briony era totalmente secca.

“Perché, cosa vorresti farmi tu?” domandò ansante, sdraiandosi sul letto alla sua completa mercè, come se voleva che lui le facesse tutto quello che voleva.

Elijah rimase a fissarla, ammaliato ma con un’aurea di distacco che lo faceva apparire ancora più eccitante ai suoi occhi. Con movimenti lenti, quasi felini, si abbassò sul suo corpo, sovrastandola completamente. Briony si accorse che non c’era spazio libero per respirare in libertà ma non le importava; sarebbe impazzata se non avesse mandato a termine il suo desiderio.

Elijah la baciò appena nelle labbra, poi scese a lasciare una scia languida di baci sulla gola. Lei chiuse gli occhi, ciondolando beata la testa.

Le mani di Elijah agirono svelte nel toglierle gli slip, afferrandola poi per i glutei, e Briony temette sul serio di collassare per come gli stringeva i capelli tra le mani mentre le labbra del vampiro scendevano a lambirle il petto.

Quando sentì le sue dita lambirle l’interno coscia, Briony si lasciò scappare il suo nome in un sussurro desiderato. Elijah risalì con la testa a baciarle una guancia, il suo fiato stranamente la infiammò ma mai quanto il sentire le sue dita penetrare nel suo punto più sensibile, rendendo più intimo quel contatto. Si lasciò fuoriuscire un sussulto di sorpresa ma totalmente dominata dalla passione, Briony tirò su le ginocchia e inarcò di più la schiena per sentirlo muoversi dentro di lei.

Strinse le lenzuola tra le dita mentre l’eccitazione saliva vertiginosamente, dandole completamente alla testa. Gemette mentre lui approfondiva quel contatto intimo, stuzzicandola e vezzeggiandola in un andamento lento per farla impazzire ancor di più. Briony a sua volta sentiva tutto il corpo bruciare, assorbendo maggiormente il basso ventre in un incendio di fuoco, ma nonostante questo si spinse di più verso la mano del vampiro come se volesse di più.

Quando lui la baciò e infilò un altro dito, lei allungò la testa all’indietro con un forte gemito credendo di scoppiare. Si aggrappò alla sua schiena, spingendo verso il basso, mentre la mano del vampiro continuava a accarezzarla sempre più in profondità.

Quando sentì i muscoli tendersi e il piacere salire fino a inchiodarle il respiro, Elijah la lasciò libera ma lei invece si sentiva svuotata. Lo guardò smarrita, lui ricambiò con un’indescrivibile emozione insita negli occhi neri.

“Ti voglio.” Gli sussurrò senza neanche accorgersene.

Elijah con le mani le disegnò strisce di calore lungo il corpo e si chinò a baciarla come per prendere le sue parole e renderle tangibili. Anche lui la voleva, lo sentiva da come la prese come se fosse priva di peso.

La stanza si riempì presto dei tonfi sordi provocati dai loro corpi mentre rotolarono lungo la coperta del letto, del rumore dei pantaloni dell’uomo che venivano tolti con velocità, dei loro respiri affrettati che aleggiavano nell’aria carica.

Arrivarono a un lato del letto in moto tale che la testa di Briony stava quasi fuori dal bordo. Le loro bocche si rincorrevano assiduamente, i loro corpi si premevano sempre di più l’uno contro l’altro finché non divenne difficile respirare. Eppure non riuscivano a fermarsi.. e non ne avevano neanche bisogno perché si nutrivano entrambi col respiro l’uno dell’altro.

E finalmente Elijah riempì lo spazio che aveva lasciato vuoto un attimo prima, entrando dentro di lei, in un tutt’uno. Briony gemette beatamente per la sensazione meravigliosa che ne ricavò e gettò la testa all’indietro in preda al desiderio, perdendo lo sguardo nel vuoto.

I polmoni rimasero a corto di ossigeno non appena le spinte non si fecero più lente, ma decise e implacabili. Il viso di Elijah era appoggiato di fronte a quello di Briony e ad ogni spinta i loro respiri si scontravano l’uno contro l’altro.

Briony lo teneva a sé per la schiena, godendo per come lui accoglieva le sue languide richieste del bacino, ma il momento finì troppo presto perché sentì il piacere di prima esplodere del tutto come una luce bianca nel suo cervello e venire allo scoperto con un urlo non trattenuto di piacere. Sentiva i capogiri, i muscoli tesi per lo spasmo e per le pulsazioni violente; mentre Elijah si accasciò adorante sul suo collo, respirando a tratti.

Passati i secondi, Briony riprese conoscenza di sé e strinse i capelli di Elijah tra le dita, baciandoli piano mentre le ginocchia gli strinsero la vita per non separarsene in nessun modo.

Elijah alzò poi la testa su di lei, prendendole le viso tra le mani, fronte contro fronte e con gli occhi chiusi, come se stesse facendo i conti col suo stesso desiderio. Anche Briony fece lo stesso movimento e gli baciò piano le labbra, non riuscendone a farne a meno. Lo fecero più volte finchè non si staccarono, respirandosi e coi cuori circondati da una fiamma accesa di passione inesauribile.

Le loro bocche allora tornarono a scontarsi in una lotta, non ancora sazi l’uno dell’altro. Elijah le circondò all’improvviso la schiena con un braccio e le fece alzare il busto, rimanendo così seduti l’uno di fronte all’altro senza mai smettere di baciarsi o di stringersi.

Le ginocchia di Briony gli avvolsero i fianchi, mentre le mani si aggrappavano alle sue spalle come se fossero un’ancora di salvezza.

Elijah le scostò i capelli da un lato per baciarle la pelle morbida, segni indelebili sul corpo e sul cuore. Briony gli intrecciò i capelli fra le dita, deliziandosi di lui e lasciandogli dei baci sul viso e sulla spalla, stringendosi di più al vampiro per unirlo a sé.

Sovreccitata si mise di più su lui, puntellandosi sulle sue spalle e accogliendolo in sé in un'alta movenza d'estasi. Elijah si ritrovò a fissarla, il suo respiro andava spezzandosi mentre anche lei lo guardava con un’espressione invasa dal desiderio. All’improvviso lui si chinò su di lei e le morse piano il mento, cingendola in maniera così possessiva che si ritrovò lui a dettare il ritmo. Briony schiacciò il grido in gola per quell’esplosione di sensazioni intense e si strinse di più a lui, con le unghie che lasciavano tracce sulla schiena del vampiro.

Elijah riprese poi il comando e la fece risdraiare sul materasso, sopra i cuscini, e scivolò di nuovo dentro di lei in un ritmo lento e sensuale, come se la stesse assaporando. Cominciò anche a baciarle i lati del viso mentre Briony percepiva un fremito crescente dentro di lei, col cuore che continuava a galopparle nel petto fino a spezzarle il respiro. 

Sentì le gambe tendersi ogni volta che lui sprofondava dentro di lei senza alcuna indecisione, e finì per aggrapparsi a lui muovendosi all’unisono. Udì un gemito rauco del vampiro nella sua pelle quando lui approfondì nettamente una singola spinta col movimento del bacino e lei non potè far altro che ricambiare, inarcandosi e cingendolo di più a sè con gli arti.

Quando le spinte si fecero sempre più profonde, il ritmo ancora più intenso mentre l’estasi cresceva a spirale dentro di loro insieme ai loro sospiri rauchi, un vortice di piacere finì per inghiottirli totalmente. Due fuochi combaciarono in uno solo, esplodendo come miccia dentro i loro corpi.

All’arrivo dell’amplesso Briony allungò la testa all’indietro con un gemito strozzato di godimento mentre Elijah coprì interamente il suo corpo accaldato con il suo, tenendo la guancia appoggiata a quella di lei con il suo respiro che le solleticava pesante la pelle. Le dita magre di Briony  percorrevano la schiena di lui in un abbraccio mentre una mano di Elijah era sul cuscino vicino al suo volto, perfettamente intricati.

Briony si sporse per dargli un bacio sulla spalla e si rannicchiò vicino al suo viso, chiudendo gli occhi. L’elettricità sovraccarica nell’aria conservava il calore della loro unione.

Alla fine l’ultima cosa che Briony ricordò furono le labbra di Elijah che le baciavano le palpebre e le augurava la buona notte. Poi per ultima cosa le disse che l'amava.

E poi sprofondò in un sonno senza incubi.

 

 

"Hai intenzione di rimanere lì tutto il giorno?" la canzonò Elijah scompigliandole i capelli.

Briony come risposta si rannicchiò pigramente contro il cuscino, restando sotto le coperte. Non intendeva spostarsi di un centimetro, voleva restare in quel comodo letto per tutto il giorno.

Elijah intanto era vestito dalla vita in giù, e stava per prendere la camicia quando si sedette vicino a Briony:

"Non ricordi che dobbiamo fare una passeggiata lungo le montagne e poi escursioni?"

<< Passeggiate? Escursioni? Ma se mi sento tutte le ossa rotte? >>

Briony mugugnò in segno di rifiuto, e lui si chinò a baciarle i capelli. "Vestiti almeno."

La ragazza si lasciò sfuggire un gemito di sconforto. “Lasciami stare, Mikaelson.”

Se lui era già in forze dopo una notte del genere, buon per lui.

Il vampiro le rivolse una leggera occhiata: “Non ti toccherò più con un dito se è questo che vuoi per deciderti a svegliarti presto la mattina.” La sua cordialità la mandò su di giri per la stizza e gli lanciò il cuscino, schivato indubbiamente.

Briony si costrinse a sedersi sul busto e indossò la prima sottoveste bianca che trovò. Vide di sottecchi Elijah sedersi dietro di lei per allacciarle una collana.

Briony si ritirò con una finta occhiataccia: “Non pensare di fare il ruffiano.”

Lui la guardò calmissimo e tranquillo. “Ho soltanto pensato che ti starà d’incanto oggi.”

La ragazza alzò un sopracciglio e fissò poi guardinga la collana che Elijah le stava allacciando meticolosamente. Di certo doveva averci speso un sacco a vedersi ma era troppo assonnata per capire di cosa si trattasse esattamente.

“Infatti.” Commentò lui dopo aver finito e averle date un bacio sulla nuca.

Briony riuscì soltanto a guardarlo mentre si alzava. La sua galanteria il più delle volte la spiazzava, un uomo del genere era sul serio da sposare perché inimitabile.

Per non fare la musona, si alzò verso di lui e lo cinse forte da dietro. Elijah si stava già abbottonando la giacca nera quando si voltò interrogativo verso di lei col viso.

“Grazie per la serata di ieri.” Gli disse con un sorriso sincero e occhi vispi. L’ultimo bottone lo abbottonò lei.

Elijah alzò il sopracciglio. “Sì, ho colto il tuo ringraziamento per come hai lanciato il cuscino.”

Briony rise: “Lo sai che ho i miei modi strani per esprimere gratitudine” Allungò in alto le braccia per prepararlo a girarsi totalmente verso di lei. Quando l’ebbe fatto, gli allacciò le braccia dietro al collo e si baciarono a lungo, un degno bacio del buongiorno.

Briony si staccò le mani del vampiro dalla vita per tornare a prepararsi. Il vampiro seguì i suoi movimenti in silenzio. Briony intanto si guardò assonnata intorno a sé: credeva che la notte scorsa avessero rotto la stanza invece era tutto a posto.

"Possiamo rinunciare alle passeggiate? Voglio andare a trovare Fulmine. Gli devo delle carote." disse prendendo alcuni vestiti da giorno e mettendosi a sedere sopra al letto.

"Davvero?" rispose Elijah inarcando un sopracciglio.

"Che credevi? Io e quel cavallo siamo amici, mi adora già." lo canzonò con un sorriso vittorioso.

"Non ne dubito." rispose lui facendo un sorriso sghembo, sedendosi anche lui per allacciarsi l’orologio.

Ad un tratto Briony assunse un’espressione più dolce e si avvicinò piano piano a Elijah, l’uomo con cui aveva passato una delle notti più meravigliosi della sua vita:

"Ripeti quello che mi hai detto ieri sera."

"Che intendi?" domandò lui guardandola di sottecchi.

Briony alzò gli occhi al cielo e si mise a sedere sulle sue gambe: "Andiamo, lo sai." sussurrò dolcemente guardandolo poi negli occhi.

Elijah non le aveva mai detto ti amo in una situazione “normale”. La prima volta era stato quando Klaus aveva preso in pugno entrambi dopo il sacrificio, ed era accaduto tutto così velocemente che non era riuscita a metabolizzare la cosa. La seconda era stato quando gli aveva tolto il pugnale dopo lunghi mesi di lontananza ma anche lì lo shock della situazione aveva preso il sopravvento. Più recentemente glielo aveva confessato quando stava per morderla con l’intento di trasformarla, ma suonava come un addio melodrammatico. Poi l’ultima volta era stata l’altra sera quando lei si trovava già nell'oblio dei sogni.

Briony gli si avvicinò di più mentre lui ricambiava lo sguardo con inespressività. "Non so di cosa parli."

"Sì invece."

"Dimmelo allora" mormorò lui con un sorrisetto.

Briony allora alzò di nuovo gli occhi al cielo e si arrese.

Il viso ciondolò poi sopra la fronte di Elijah per la stanchezza. Lui le circondò i fianchi con un braccio e la sollevò di qualche centimetro, posizionandola bene sopra di lui.

Briony gli allacciò le braccia fra i capelli annusando il loro profumo mentre il naso di Elijah le sfiorava il collo, inspirando profondamente.

Briony allora si chiese se il suo sangue non fosse più una tentazione per lui, che ci fosse abituato ormai, ma la risposta era ovvia. Anche se era un Originario onorevole e controllato, era pur sempre un vampiro.

I suoi pensieri vennero però distolti quando Elijah cominciò a seminare dei baci delicati nel punto sotto l’orecchio.

Briony si rilassò, crogiolandosi nella sensazione delle sue labbra su di .

"Elijah?"

"Mmh?" fece un mormorio contro il suo collo, non spostandosi di un centimetro.

"Dovremmo andare giù per colazione." constatò lei ridendo.

"Hai fretta di andare dal tuo cavallo? Se preferisci la sua compagnia allora.." sussurrò lui pensieroso, cingendole i fianchi.

Briony si lasciò scappare una risata e gli diede scherzosamente un pugno nel petto, per poi cercare di vestirsi davvero.

Elijah tuttavia strisciò felino e veloce lungo le coperte, incurante delle lenzuola che cadevano ovunque, e sovrappose Briony sotto di sé per rubarle un bacio agli angoli della bocca.

E deliziandosi del suono cristallino e meraviglioso della sua risata.

 

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Nel pomeriggio fecero una lunga cavalcata sopra Fulmine: Elijah aveva deciso che Briony avrebbe montato insieme a lui, onde evitare qualche incidente. Per Briony non fu un dispiacere anche perché godersi quella meravigliosa vista contro il petto di Elijah era magnifico, e se avesse potuto sarebbe rimasta lì per sempre.

Cavalcarono insieme per un po’ e alla fine Briony diede a Fulmine come regalo una doppia razione di carote.

"Povero piccolo. Chissà come vi trattava quel brutto balordo. Ma ora starete tutti meglio, vedrai." gli sussurrò accarezzandogli il muso. Il cavallo nitrì e si allungò verso di lei come per farle una carezza.

Briony gli fece un sorriso bonario e gli accarezzò di nuovo la criniera in segno di saluto. Quel giorno sarebbero partiti verso una nuova meta e interiormente le dispiaceva lasciare il suo nuovo amico.

Pagarono il conto dell'albergo e la ragazza alla reception si affacciò apposta per ammirare Elijah un'ultima volta. Briony scosse la testa ridendo anche perché Elijah non le dava la benché minima attenzione.

Si misero di nuovo in viaggio. Elijah guidava con i capelli scompigliati al vento a causa del finestrino aperto. Briony guardò affascinata il paesaggio davanti a sé.

"Dove stiamo andando?"

"A qualche chilometro da qui, vicino a un lago"

All'improvviso però a Briony le si illuminarono gli occhi a causa di un'idea appena venutale in mente.

"Torniamo indietro invece? Ti ci porto io in un posto" mormorò guardandolo con occhi brillanti.

Elijah la osservò pensieroso, poi senza dire niente fece retromarcia e cambiò strada.

 

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Briony si tolse le scarpe perché la sabbia le formicolava i piedi, e subito si ammorbidirono al contatto. La brezza marina la avvolse, cullandola, e i suoi occhi si appagarono del sole che stava tramontando sul mare.

Elijah si affiancò a lei con la sua classica eleganza: "Non mi avevi detto che ti piaceva anche il mare"

Briony si voltò verso di lui: i capelli che si libravano al vento, la cravatta seguiva il loro stesso movimento, le mani in tasca e la pelle bianca che risplendeva alla luce fioca del sole. Era più che bellissimo.

"Mi piace la natura in generale. Non vado molto al mare perché non so nuotare, e non sopporto l’afa e il caldo. Ma qui ci sono tanti ricordi belli…. Ci venivo spesso sa bambina.." mormorò con occhi sognanti.

"Qui ho vissuto uno degli ultimi momenti con mia madre prima che lasciasse me e mio padre per diversi anni" mormorò tristemente.

Elijah contraccambiò lo sguardo unendosi al suo dolore, ma subito Briony scacciò la tristezza "Ma rimane comunque un posto meraviglioso per me. É il mio preferito." mormorò guardandosi ancora attorno affascinata.

"Vieni." gli indicò un posto vicino dove stava crescendo un piccolo albero.

Briony gli si inginocchiò di fronte prendendo delicatamente tra le mani alcuni petali di gelsomino.

"Una volta mio padre portò me e Caroline qui quando eravamo piccole, e piantammo insieme questo albero. Ha dell'incredibile perché abbiamo piantato sia semi di gelsomino, geranio e orchidea. Scientificamente non é possibile ma mio padre é un genio in queste cose, ed é riuscito a far crescere questi bellissimi fiori nello stesso albero" mormorò ammirata toccando alcuni petali di orchidea.

"Ma nella sabbia?" domandò Elijah dubbioso inginocchiandosi.

"Non è piantato nella sabbia.. Vedi? Si trova sopra un terreno fertile e non molto lontano da qui c'è un campo coperto di migliaia di fiori bellissimi.  Dei signori che hanno una proprietà qui vicino si sono gentilmente offerti di annaffiare la pianta e dicono addirittura che potrebbe durare per secoli come un vero albero."

Elijah accarezzò i petali di un geranio che stava per fiorire, e Briony si alzò in piedi:

"Ti piace? Volevo mostrarti questo luogo perché é come se facesse parte di me" sussurrò guardandosi attorno ancora meravigliata.

Elijah si alzò e le mise un braccio intorno al fianco "E’ bellissimo. Proprio come te" le sussurrò con voce vellutata all'orecchio.

Le guance di Briony avvamparono e appoggiò la testa sul suo petto.

Cercò di assaporare quei lunghi momenti per custodirli nel cuore. Non riusciva a scrollarsi di dosso il pensiero che ogni momento che passava con Elijah fosse molto prezioso, come se si aspettasse il momento fatidico e doloroso che li avrebbe separati per sempre.

Le venne improvvisamente un groppo in gola:

"Non so che cosa farei se tu non ci fossi…davvero.." mormorò timorosamente stringendosi a lui.

"Non dovrai mai preoccuparti di questo" le mormorò l’Originario sopra i capelli.

Stettero così per diversi minuti, quando Elijah la prese per le spalle per metterla di fronte a .

Briony fu subito catturata dall'intensità del suo sguardo:

"Perché stamattina mi hai fatto quella domanda?" domandò lui perplesso.

Briony sbatté le palpebre, ricordandosi la sua richiesta del sentirsi dire ti amo.

"Eppure ti ho già confessato ciò che provo per te" continuò lui tentennando.

"Lo so" rispose lei fulmineamente. “E’ solo che sarebbe bello sentirselo dire in maniera semplice e normale... Finora é successo solo in situazione drastiche, in base alle circostanze, e talvolta come se fosse addio.. Ma é bello dirlo solo per il semplice bisogno di farlo... Senza indugi." aggiunse lei cercando le parole giuste da dire.

Ma vedendo l’espressione di Elijah rabbuiarsi e incupirsi, il cuore perse un battito.

Si diede della stupida, in fondo Elijah non era mai stato un tipo da esternare troppo i suoi sentimenti, per lui esporre a cuore aperto le sue emozioni era un tabù.

Mormorò impacciata: "Comunque so già quello che provi per me.. Non.."

"Io ti amo, Briony" la interruppe lui all'improvviso guardandola profondamente.

Lei rimase di stucco, le sue orecchie parvero incredule anche se avevano già sentito quelle parole, ma questa volta era diverso. Era speciale.

L’aveva detto semplicemente col cuore, per il bisogno di dirlo e di sentirlo appieno.

Briony gli accarezzò dolcemente la guancia, avvicinandosi "Anche io ti amo"

Elijah ricambiò lo sguardo, che si fece sempre più intenso da non sembrare reale.

Le sorrise lievemente, baciandola sulla fronte.

Dopo di che lei si strinse a lui ammirando il paesaggio di fronte, mentre una mano di Elijah era appoggiata sulla sua schiena.

Non dissero più nulla, rimasero in silenzio a contemplare ciò che stavano vivendo.

Briony sorrise dentro di sé.. Le sembrava di essere all’interno di un sogno e voleva che non finisse mai.

E il suo sogno più grande era quello di potere rimanere insieme a lui per sempre e di abbattere qualunque ostacolo.

Ma per quanto siano irrealizzabili la gente ama i sogni. E quel sogno le dava forza e la tormentava, la faceva vivere e la faceva morire.

Anche se l’avrebbe abbandonata, le sue ceneri sarebbero rimaste sempre in fondo al cuore.

Fino alla morte.

 

FINE CAPITOLO

Ok, lo so che sono in super mega ritardo e vi ho pure appioppato questo orrore di capitolo… ma dopo aver visto Saving Hope con Daniel Gillies, i miei ormoni sono impazziti ahahah Ho voluto far vivere a Briony e a Elijah dei momenti “normali”… mi sembrava giusto farlo anche perché questi saranno gli ultimi momenti di normalità di cui potranno godere… d’ora in poi avverrà sempre qualcosa di scottante nei prossimi capitoli…

Spero comunque che vi sia piaciuto! Ho cercato di fare del mio meglio visto che sono sempre al mare ad arrostirmi ahahah

Questa è la collana di Jenna: http://bottega.avalonceltic.com/rep_immagini/prod/ciondolo_arwen_lrg.jpg

E il luogo in cui Briony ha portato Elijah è quello dove ho mostrato i flashback di lei da bambina con la madre, se non l’avevate capito ;)

Ah la foto sopra l’ho creata io con le mie manine, spero vi piaccia J

Alla prossima!!

 

 

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Capitolo 18
*** Let it burn ***


14  CAPITOLO

 

How long can you stand the pain?

How long will you hide your face?

How long will you be afraid?

Are you afraid?

How long will you play this game?

How long will you fight or will you walk away?

How long will you let it burn?

Let it burn.

 

Il weekend con Elijah fu uno dei periodi più intensi e meravigliosi della sua vita, e avrebbe potuto anche durare per sempre se fosse stato per Briony.

Ma la realtà ha sempre un impatto brusco contro i sogni, infatti dopo un po’ furono costretti a tornare a Mystic Falls e vennero di nuovo catapultati nei suoi intrighi e segreti.

Briony stava appunto aspettando sua sorella al Grill per sapere che cosa volesse di così urgente quando l'aveva chiamata. Quando la vide entrare nel locale, subito si stupì di quanto fosse radiosa. Emanava gioia da tutti i pori e la vacanza benessere doveva averle fatto proprio bene.

"Dovrò ringraziarti un milione di volte per avermi regalato questa vacanza. Era proprio quel ci voleva. Grazie grazie!" esclamò la biondina dandole un bacio sulla guancia.

"Sono contenta di sentirlo"

Le due cominciarono a parlare delle loro rispettive vacanze e Caroline stranamente si mostrò felice nel sapere che la sorella era andata via qualche giorno con Elijah.

"Passando qualche tempo da sola ho capito cosa voglio veramente per il mio futuro.. E con chi voglio stare.." cominciò a parlare Caroline, abbassando lo sguardo.

Briony si aspettò l'ennesima bomba, ovvero che la sorella aveva avuto la brillante e insensata idea di stare con Klaus.

"E ho deciso di riprovarci con Tyler" aggiunse.

Briony sgranò gli occhi che cominciarono a brillare dalla sorpresa "Bene!! Sono contenta per voi!" esclamò Briony felicissima prendendole la mano.

La sola idea che proprio sua sorella stesse con Klaus le dava il volta stomaco ma per fortuna questa minaccia era stata scacciata. Almeno questo..

"Ok Caroline, ma ora dimmi il motivo per cui mi hai chiamata. Che cosa volevi?"

La biondina si morse il labbro. "Non sono sicura però di dovertene parlare... So di averti procurato un sacco di problemi"

Vedendo la sorella titubante, Briony la esortò a parlare:

"Caroline avanti.." mormorò massaggiandole il gomito.

Caroline si morse nervosamente il labbro:

"Te ne avevamo già parlato.. Per il fatto che se un Originario muore, muore anche tutta la sua discendenza. Damon e Stefan stanno sclerando. Vogliono a tutti i costi sapere chi ha dato origine alla loro stirpe"

"Ne ho già parlato con Elijah ma lui non vuole dirmelo" rispose la sorella maggiore con rammarico.

"Ma ti prego Briony devi scavare più a fondo! Prova a richiederglielo o a raccogliere informazioni dagli altri suoi fratelli. É come se camminassimo su un terreno minato ogni giorno, e se magari scoprissimo quale cavolo Originario ci ha creati forse potremmo inventare qualcosa e salvarci le penne prima che Ester sferzi un altro attacco" esclamò Caroline in preda a una crisi di panico.

Briony osservò la sorella, e la sofferenza che provava era come se fosse sua. Credeva che con Caroline avesse ormai rotto i ponti e che non c'era più niente che le legasse.

Perché talvolta i brutti ricordi hanno il potere di cancellare quelli belli. E i tradimenti di Caroline bruciavano ancora nel cuore di Briony che si era sentita profondamente tradita.

Ma davanti a lei c'era la prova esatta che il legame che univa le due ragazze era ancora ben saldo nonostante la sofferenza provocata. Il legame di sangue non si può cancellare e nemmeno tanti anni vissuti accanto a una persona, volendole profondamente bene.

E ora lei aveva l'occasione di aiutare l'eterna sorellina in difficoltà.

É strano. Aiutare a risolvere i problemi altrui è come relativizzare i propri. In quel momento si sentiva semplicemente Briony, la sorella di Caroline. Non Briony, il mostro.

"Va bene. Cercherò di aiutarti Caroline"

La vampira spalancò gli occhi sorpresa:

"Davvero Briony?"

La mora si strinse nelle spalle:

"Sei mia sorella. Se tu morissi, non me lo perdonerei mai"

In quel momento pensò che cosa avrebbe detto Elijah se lo avesse saputo. Lui era fortemente contrario che qualcuno venisse a sapere chi aveva creato la discendenza. Briony comprendeva la ragione ma cercare comunque di aiutare Caroline non le sembrava sbagliato. Quella era un'informazione di vitale importanza sopratutto se Ester avesse tentato di uccidere i suoi figli.

Ma qualcosa nella sua mente la allarmò per il fatto che Elijah non l'avrebbe presa bene in ogni caso.

Deglutì mentre si alzava dal tavolo.

"Devi andartene?" chiese Caroline delusa.

"Sì. Vado a fare una visita a nostro padre"

-------------**********************-----------------------

 

 

Quando Briony andò dal padre, subito questi assunse un'espressione imbufalita: "Era ora. Sono giorni che ti cerco"

Briony entrò nel suo appartamento non facendo caso al tono di voce del padre.

"Sono stata impegnata"

"Sì certo. Col tuo Originario"

Briony alzò gli occhi al cielo esasperata e avrebbe voluto strangolare il padre in quell'istante.

"Se non hai intenzione di ascoltare quello che ho da dire, perché sei qui?" domandò lui ponendosi di fronte a lei.

Briony questa volta si irrigidì:

"Volevo parlare.. Di quello che mi sta accadendo" mormorò incerta sviando lo sguardo.

Per cercare di capirci meglio in quell'assurda situazione aveva deciso di parlare direttamente col padre, visto che lui doveva essere al corrente di molte cose.

Ormai Ylenia era diventata un pesce muto, a fin di bene diceva lei, e quando parlava lo faceva come un oracolo non parlando mai chiaro.

"Se Klaus bevesse il mio sangue morirebbe?" Briony iniziò la sfilza di domande che aveva in testa.

"E’ anche mezzo licantropo quindi purtroppo non lo annienteresti totalmente"

"La mia durata vitale é come quella di un normale umano?"

"Sì fisicamente sei come noi"

Solo fisicamente, pensò in agonia.

"Come muoiono quelli come me?" domandò poi all'improvviso.

"Perché lo vuoi sapere?" domandò Bill sospettoso.

"Dovrò pur difendermi in qualche modo" rispose lei cercando di dimostrarsi calma e facendo credere che lo faceva solo per se stessa.

Bill la guardò accigliato poi parlò:

"Le streghe sono state parecchio ingegnose in questo.. E non potevo credere che proprio mia figlia fosse una di quelle creature.. Insomma sei quasi invincibile" esclamò come se ne fosse fiero mentre l'odio che Briony provava verso se stessa invece cresceva.

Invincibile.. Non voleva essere invincibile se significava essere quel tipo di mostro, e soprattutto avere il potere di far del male alla persona che più si amava. In quel momento Briony agognava quel pizzico di normalità che possedeva prima di tornare a Mystic Falls.. Una normalità fasulla é vero, ma pur sempre si trattava di normalità. Senza dolore. Senza morte.

Bill continuò:

"Ovviamente tu provi il dolore fisico riportato da delle ferite e talvolta preferiresti morire sul serio piuttosto che sopportarlo. Per fortuna guarisci in fretta da quel che so.. Ma l'unico modo per ucciderti veramente, per eliminarti" fece una pausa come se non volesse parlare. Briony restò col fiato sospeso.

"E’ accoltellarti al cuore con un pugnale o un paletto insudiciato dalle ceneri di un vampiro. Ma non un vampiro qualunque...qualcuno che si ciba di sangue animale"

Briony sbatté le palpebre incredula e sbigottita:

"Come?"

"Sì é terribilmente ingegnoso. E per quanto sia semplice nessuno ci arriverebbe" esclamò Bill abbozzando un sorriso.

"Ma perché proprio un vampiro che non si ciba di sangue umano?" domandò Briony che stentava ancora a crederci.

"Forse per punizione per quello che tu e quelli come te siete capaci di fare. Per dimostrare che nonostante tutto ci sono vampiri degni di vivere, e proprio per questo loro avrebbero il potere di eliminarvi… per farvi capire che la vostra causa non é in qualche modo giusta. Anche se per i vampiri buoni importerebbe ben poco visto che serve la loro cenere quindi.."

Briony ci rimuginò .. Le ceneri di un vampiro equivaleva a un vampiro bruciato. Ergo vampiro morto.

Ma che razza di macchinazione aveva fatto la strega Ayana? Creava delle creature mostruose e attuava un sistema ingegnoso di come ucciderli.. Come se già sapesse che la loro opera sarebbe stata sbagliata, portatrice di male, e così li avrebbe puniti uccidendoli da dei vampiri etichettati come buoni. Sebbene anche loro ci avrebbero rimesso.

"Oh mio dio Stefan" sussurrò senza fiato, impallidendo.

Bill strinse gli occhi:

"Che c'entra lui?"

"Io credo che lui si cibi di sangue animale" rispose lei tentennando di continuo di fronte a quella consapevolezza.

Bill aggrottò la fronte:

"Ma nessuno sa questa informazione su di te quindi non devi preoccuparti sui rischi che corri"

"E se Klaus lo scoprisse? E se Esther volesse uccidermi visto che non sono del tutto umana?" domandò impallidendo.

"Tesoro non accadrà, non ti succederà nulla di male. Esther vuole quello che voglio io.. Liberarsi dei suoi figli. Dopo di che ti lascerà in pace" La confortò il padre in un modo stranamente amorevole.

Briony lo guardò. Si chiese se quelle informazioni non gliele avesse rivelate quell'arpia di Ester vista l'oggettiva alleanza tra i due.

Briony storse il naso al solo pensiero:

"Non é per me che mi preoccupo.. Io non voglio che Stefan muoia per colpa mia" disse dando sfogo ai suoi pensieri.

Non sapeva quando era cominciato tutto questo, da quando la sua vita aveva preso una piega così tragica. Da un po’ non considerava la sua stessa esistenza il bene più prezioso di ogni altro. Stava cominciando a mettere al primo posto il bene degli altri piuttosto che il suo, anche se ciò poteva risultare dannoso più di quanto la sua esistenza non fosse già.

"Tesoro non devi denigrare ciò che sei, anzi dovresti esserne fiera come lo sono io. Qualunque cacciatore vorrebbe avere i tuoi poteri" esclamò Bill intuendo i pensieri della figlia.

Briony alzò repentinamente gli occhi verso il padre con sguardo shockato e allibito. Come poteva gioire del suo stato sapendo che era tutto ciò che la tormentava? Come poteva credere che era una sottospecie di miracolo quando in realtà per lei era una spada di Damocle? Quel mostro le avrebbe portato via la sua vita, i suoi sogni.. le persone che amava..

"Come puoi esserne orgoglioso? Se io uccido tutti gli Originari, morirà anche tua figlia te ne rendi conto?" gridò infuriata, facendogli capire la gravità di ciò che poteva  accadere. Quanto male lei sola poteva fare…

Bill rimase un attimo a fissarla imperscrutabile poi spalancò le braccia:

"Per fare una frittata si rompe sempre qualche uova." rispose semplicemente come se non gli importasse di nulla.

Briony spalancò gli occhi inorridita. Non riusciva a credere alle proprie orecchie, non poteva credere che quell’uomo fosse davvero suo padre visto come si comportava.

"Come puoi essere così spietato?" domandò dispregiando il padre per come aveva parlato. A lui non gli era mai importato niente di nessuno, nemmeno delle figlie.

Considerava Briony come un trofeo vincente da sbandierare davanti al suo club di cacciatori, qualcosa da mettere in risalto il nome della famiglia nelle ere a venire. Quando da piccola la chiamava "il suo piccolo miracolo" non era per semplice affetto, ma perché secondo lui i suoi mostruosi poteri erano qualcosa di cui andar fieri.

E da quando Caroline si era trasformata, per lui era come morta. Non la considerava più un membro della famiglia per il semplice fatto che era una vampira.

"Tu l'affetto paterno non sai neanche dove stia di casa!" esclamò adirata, ricolma di delusione, andando verso la porta.

Bill alzò gli occhi al cielo tentando invano di giustificarsi e di fermarla, ma lei non glielo lasciò fare:

"Stai lontano da me e da mia sorella" grugnì prima di sbattere la porta. E mai come in quel momento il senso di responsabilità nei confronti di Caroline fu così alto. L’avrebbe difesa in ogni modo.

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"Briony, che sorpresa" esclamò Stefan quando aprì la porta di casa sua.

Lei gli rivolse un sorriso imbarazzato:

"Ciao Stefan. Posso?"

"Sì certo, entra"

Dopo essere entrata, Stefan le venne vicino:

"Come mai questa visita? É successo qualcosa?"

"Caroline mi ha detto che volete scoprire l'identità di chi ha dato inizio alla vostra discendenza"

"E tu sei con noi?" domandò lui aggrottando la fronte visto che non se l’aspettava.

Briony deglutì prima di pensarci. Non sapeva se era la cosa giusta ma la risposta le uscì in automatico:

"Sì"

Stefan le sorrise grato:

"Grazie. Io e Damon abbiamo già un piano e sarà molto più facile averti dalla nostra parte."

Briony gli rivolse un sorriso per nulla convinto, visto che i piani dei Salvatore comportavano sempre dei grossi guai.

Ricordando il motivo per cui era venuta, si mise nervosa un ciuffo dietro l’orecchio:

"Stefan.. Posso farti una domanda?"

Il vampiro la guardò preso in contropiede:

"Dimmi"

"Tu.. Insomma... Non ti cibi più di sangue umano vero?" domandò lei nervosa attorcigliandosi le mani. Non avrebbe voluto essere così diretta ma le sembravano inutili tanti giri di parole.

Stefan comunque parlò senza problemi:

"No.. Da quando ho terrorizzato Elena sul ponte ho deciso di smettere."

"Molto nobile da parte tua ma.. Non pensi che in vista della lotta contro Klaus dovresti essere al meglio delle tue forze?"

Era incredibile, era andata a casa di un vampiro per cercare di convincerlo a bere sangue umano. Se qualcuno l’avesse vista l’avrebbe presa per pazza sicuramente, e se lo avrebbe meritato visto che era da folli. Ma la buona fede di Stefan gli sarebbe costata cara in futuro se avesse continuato così… in cuor suo lei era in dovere di difenderlo dato che sarebbe stata unicamente colpa sua se Stefan fosse stato fatto arrosto.

"Insomma, si sa che il sangue animale rende più deboli quindi non vorrei che perdessi le forze proprio durante la lotta" esclamò cercando di apparire più convincente e sperando che Stefan non le intimasse di farsi gli affari propri.

Il vampiro la guardò comunque con espressione gentile:

"Briony non devi preoccuparti e poi per adesso la situazione sembra essersi calmata qui a Mystic Falls"

Briony si grattò la testa non sapendo cosa dire:

"Sì però.."

"Sul serio non dovremmo parlarne più" replicò Stefan freddamente, visto che quello era un argomento spinoso per lui e aveva lottato tanto per tornare normale.

Briony deglutì nervosa capendo di essere andata troppo oltre e di non poter convincere Stefan nel desistere a bere sangue animale senza dirgli il vero motivo.. ma non poteva farlo.

Quel segreto doveva rimanere tale e il solo pensiero che qualcuno lo scoprisse le mancava il respiro dai polmoni.

Salutò Stefan frettolosamente e se ne andò senza dargli l’opportunità di prolungare la conversazione.

 

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Fuoriuscita da casa Salvatore, Briony prese il telefono dalla tasca e compose un numero che avrebbe dovuto chiamare molto prima.

Caroline le aveva chiesto di parlare con Elijah in privato per farsi dire in via più amichevole chi era l’Originario che aveva dato inizio alla loro stirpe. E se lei magari ci avesse riprovato e insistito, magari sarebbe riuscita a sistemare le cose senza troppe lotte.

Inviò un messaggio al cellulare di Elijah:

"Ti devo parlare"

Dopo due secondi esatti il vampiro la chiamò:

"Briony? Stai bene?"

La ragazza sorrise per la preoccupazione nella voce del vampiro.

"Sì non preoccuparti, non hai ancora provocato alla tua ragazza degli istinti suicidi veri e propri." Sentendo qualche rumore assordante in sottofondo divenne accigliata: "Dove sei?"

Dopo qualche secondo di totale silenzio, Elijah rispose:

 "Mi trovo fuori casa al momento. Avevi bisogno di qualcosa?"

Briony strinse gli occhi per il repentino cambio di tono del vampiro.

"No ecco é meglio parlarne personalmente" rispose titubante.

Dopo altri secondi di totale silenzio, Elijah riparlò:

"Briony, che cosa c'è?" domandò con voce apprensiva e seria. Davvero incredibile come il vampiro riuscisse a intravedere i turbamenti della ragazza stando solamente al telefono e non faccia a faccia. Per lui era come un libro aperto con scritte che lui traduceva alla perfezione.

Non riuscì a non mentirgli:

"I Salvatore e mia sorella sono ancora motivati a scoprire chi é stato a dare origine alla loro discendenza.. E io la penso come loro.. Non voglio che mia sorella muoia solo perché per errore un originario viene impalettato." rispose tutto ad un fiato.

Si dilaniò un intenso e vibrante silenzio, e Briony ebbe la sensazione che in quel momento Elijah avesse l'espressione accigliata e severa.

Infatti la risposta non fu da meno:

"Ne avevamo già parlato. É meglio che nessuno sappia chi ha dato origine alla discendenza di sangue" rispose risoluto come se non volesse cambiare in alcun modo la risposta.

Briony deglutì nervosa:

"Sì ma devi capire che siamo tutti sulla stessa barca.. Se tua madre cercasse di nuovo di uccidervi.."

"Ci stiamo già occupando di nostra madre. Faremo in modo che non ci nuoccia più, questo é tutto" La interruppe lui con un tono stranamente duro e indifferente che la fece trasalire.

Ebbe la sensazione che qualunque cosa lei avesse detto lui non avrebbe mai cambiato idea, anzi. Briony rimase muta non sapendo più cosa dire per far valere la sua causa.

Ci fu un altro pesante silenzio.

"Briony, spero che non ti farai coinvolgere in uno dei folli piani dei Salvatore. Se loro oseranno fare qualcosa contro la mia famiglia, noi agiremo di conseguenza. E le conseguenze non saranno piacevoli, dato che non ci si può fidare di loro e nemmeno della loro parola" mormorò duramente, soppesando ogni lettera.

Briony ricevette quell'avvertimento come se Elijah fosse stato proprio lì di fronte a lei e la stesse fissando col suo solito sguardo freddo che non ammetteva repliche.

La sua voce faceva sempre trapelare il suo potere, anche in quel momento.

Anche se Briony non desistette:

"Elijah questo non é una mossa contro di voi.. É una mossa per prevenire gli attacchi di Esther.. Se sapessimo il nome dell'Originario che ha dato inizio a tutto, forse magari Bonnie può fare qualche magia per prevenire mia sorella nel caso.."

"E mettere le nostre vite nelle loro mani? No." Rispose lui con una determinatezza inflessibile. Il tono di voce faceva trasparire tutta la sua glacialità per la questione, e il fatto che assolutamente non intendeva fidarsi dei Salvatore e nemmeno far immischiare Briony nei loro piani.

Lei però cercò comunque di non demordere: "Elijah..."

"Devo andare.” Rispose lui frettolosamente.

Dopo un po’ lo sentì sospirare, il tono di voce era ritornato normale “Ti prego... Non metterti nei guai in mia assenza."

Briony chiuse la chiamata con la risposta bloccata nella gola perché era sicura che se gliela avesse detta non gli sarebbe piaciuta. Il suo cervello sapeva qual’era la prossima mossa da fare, ma il cuore improvvisamente vacillò.

 

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Briony oltrepassò la soglia di casa Salvatore col cuore in gola e con la netta sensazione che si stava mettendo nell'ennesimo guaio. Ma ormai c'era dentro, doveva almeno stare a sentire ciò che i Salvatore avevano in mente. Si sentiva almeno in dovere di tentare il tutto e per tutto per proteggere la sorella.

Quando Briony arrivò nel salone trovò appunto Caroline, i Salvatore, Elena e Bonnie.

"Mi avete chiamata?" mormorò sfilandosi la giacca e andando vicino a Caroline.

Damon si massaggiò le mani sfoderando il suo solito sorriso ironico.

"Benissimo. Siamo tutti riuniti per contrastare gli Originari cattivi!"

Caroline gli lanciò un'occhiataccia mentre Briony assunse un espressione sbigottita. Damon se ne accorse subito:

"Perché Briony hai assunto l'espressione di qualcuno che ha appena ucciso un panda?"

"Perché il mio fine é diverso dal tuo, Damon. Io sono qui solo per salvare mia sorella, ma non voglio che degli innocenti ci vadano di mezzo."

"Per innocenti intendi i Dracula-Mikaelson?" domandò lui sghignazzando.

"Dico solo che se scopriremo la verità, lo faremo solo per difenderci non per attaccarli in seguito. Perché se é così.."

"No Briony.. La nostra priorità ora é proteggere noi stessi. Ti prego aiutaci a farlo e nessuno si farà male" intervenne Caroline massaggiandole la spalla. Briony ricambiò lo sguardo apprensiva e sospirò:

"Vi ascolto"

 

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"Ti stai divertendo fratello?" domandò Klaus avvicinandosi a Elijah mentre trasportava un licantropo sulle spalle e lo deponeva per terra senza tanti complimenti.

"Non proprio" rispose Elijah guardando di sfuggita il moribondo a terra.

Si trovavano nel Kansas e Klaus aveva la classica espressione soddisfatta di chi stava facendo un buon lavoro, mentre Elijah appariva gelido e disinteressato come uno che mai di sua iniziativa sarebbe andato in quel posto ma che lo faceva per fare un favore ad altri.

"Cosa c'è di più divertente che creare ibridi?" domandò Klaus allargando le braccia.

"Questa é una tua morbosa ossessione Klaus, non la mia" rispose Elijah freddamente facendo alcuni passi in maniera elegante.

"Oh giusto credo di saperne qualcosa delle tue ossessioni" replicò l'ibrido facendo un ghigno e Elijah per tutta risposta non gli rivolse neanche un'occhiata, rimanendo immobile a fissare il panorama.

"Oh andiamo Elijah non ti mancano i bei vecchi tempi? In Inghilterra fine 400 dove scorrevano fiumi di sangue" mormorò Klaus in tono teatrale.

"E io dovevo sempre ripulire le tue tracce"

"Ma almeno ce la spassavamo. Godevamo appieno della nostra natura. E soprattutto non eravamo deboli." bisbigliò l'ibrido diventando scuro in volto e compatendo in qualche modo il fratello.

Elijah questa volta si voltò verso di lui e gli puntò uno sguardo estremamente freddo. Quella conversazione l'avevano già avuta secoli prima quando Klaus aveva detto che i sentimenti erano la peggior debolezza di un vampiro, ma loro non erano deboli.

Elijah ripensò a quel dialogo e poi gli rivolse un sorriso freddo:

"Sprechi fiato. Ormai non casco più nei tuoi giochi di parole"

"E allora perché sei qui?"

L'Originario scrollò le spalle:

"Per creare altri ibridi allo scopo di eliminare nostra madre o chiunque voglia mettersi contro di noi. Mentre Kol e Gwendolyn si sono dati alla cerca di Ester" rispose distintamente come se fosse la cosa più normale del mondo.

"E Rebekah é rimasta a Mystic Falls per tenere d' occhio la situazione e crogiolarsi dietro a quel quarterback.  Mentre Finn.. Beh risulta inutile come al solito.. Forse starà scrivendo poesie" Mormorò l'ibrido sghignazzando e dopo un attimo anche Elijah ricambiò il sorriso. Ma questo si spense non appena riprese il controllo di se stesso, e ridivenne freddo.

"Vedi di sbrigarti. Non voglio impiegare qui tutta la giornata" disse come se lo infastidisse stare in quel luogo.

"Chissà chi altro ti aspetta a casa" rispose Klaus con un sorriso di chi pensa di sapere tutto.

"Sicuramente non i tuoi ibridi" replicò Elijah freddamente guardando di traverso il licantropo steso a terra, come se in qualche modo aborriva ciò che stava facendo.

All'improvviso il cellulare di Klaus squillò e questi rispose.

"Grazie Tony, hai fatto un ottimo lavoro" mormorò alla fine chiudendo la chiamata.

"Era uno dei miei ibridi. Sta seguendo i Salvatore che stanno escogitando un modo per scavarci la fossa"

Elijah scrollò le spalle sviando lo sguardo.

"Niente di nuovo"

Ci fu un attimo di silenzio prima che Klaus parlò nuovamente:

"No infatti, tranne per il semplice dettaglio che con loro c'era anche la tua bambolina a tramare intrighi"

Elijah si voltò fulmineamente, come se si fosse appena accorto di essere stato frustato con una cinghia di fuoco.

"Che stai dicendo?" sibilò guardando Klaus come se fosse pazzo, ma tenendo ben alta la guardia. Ogni espressione lasciò il posto a un gelido stupore che non aveva nulla di buono.

Klaus gli rivolse un sorriso ironico:

"Pare che i Salvatore e combriccola stanno cercando chi ha creato la loro discendenza, per poi far fuori gli altri Originari solo per i loro loschi scopi"

Elijah lo ascoltò con grave silenzio mentre gli occhi si racchiudevano in due fessure nere. Lo sguardo altero sembrava una cosa viva pronta ad attaccare chiunque.

"Che c'è? Sei deluso? D'altronde dopo la voltata alle spalle di nostra madre dovremmo esserci abituati.. E io infatti non permetto a chicchessia di ferirmi o peggio tradirmi" mormorò Klaus con tono divertito per poi incupirsi. Come se gli facesse capire che lui si era chiuso al resto del mondo per non essere infatti deluso e ingannato da chi diceva di volergli bene ma che finiva sempre col ferirti inevitabilmente.

Gli rivolse un sorriso furbo:

"Mentre tu Elijah ti sei permesso il lusso di provare.."

Ma l'Originario non lo fece continuare perché alzò la mano in segno di farlo tacere; il suo sguardo vuoto in quel momento avrebbe zittito chiunque.

Non volendo Elijah ripensò alle parole di Klaus che un tempo lui stesso condivideva e non ne aveva fatto mai mistero. Ma poi si era liberato della sua corazza... solo per lei.

Come aveva detto Klaus si era concesso il lusso dei sentimenti e questi in quel momento gli si stavano rivoltando contro, preservandogli solo la parte che faceva male.

Dopo aver lanciato uno sguardo di ghiaccio al fratello, Elijah si volatilizzò senza dire nulla. Portandosi dietro di sé il vuoto.

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"Volete scoprire la verità attraverso le minacce?" gridò Briony sconcertata.

"Klaus non appena si sente sotto attacco non volendo si mostra vulnerabile e potrebbe lasciarsi scappare qualcosa per difendersi" intervenne Stefan

"E come lo farete parlare?" domandò Elena titubante.

"Fortunatamente la nostra streghetta Bonnie ha ideazzito qualcosa. Bonnie?" Damon diede la parola alla strega che mostrò il suo grimorio dove veniva spiegato come essicare un Originario per lungo tempo, senza però ucciderlo veramente quindi i vampiri nati dalla loro discendenza non avrebbero corso rischi.

"Le idee folli sono sempre quelli più illuminanti! E magari se Klaus non abboccherà subito potremo dimostrargli che non scherziamo passando a una dimostrazione effettiva" intervenne Damon con un luccichio diabolico negli occhi.

Briony strabuzzò gli occhi:

"Volete dire che essicherete uno dei suoi fratelli per fargli sputare la verità?" domandò sconcertata pensando che fossero fuori di testa e lei per prima che li stava ad ascoltare.

"Ma non resteranno essicati per sempre! Solo il tempo di farci dire chi cavolo ha dato origine alla nostra stirpe! Che dite non é geniale? D'altronde l'ho ideato io il piano!" esclamò Damon puntando l'indice contro se stesso con fare trionfante.

"E come farete a sapere che non dirà una balla?" domandò Caroline conoscendo quanto l' ibrido era bravo a mentire.

"Conosco Klaus. Quando si sente messo alle strette, é strano ma dice quasi sempre la verità" mormoro Stefan facendosi avanti.

Per un  alleggiò uno strano silenzio nel salone.

"Voi siete pazzi. E se credete che vi lascerò fare una cosa del genere siete doppiamente pazzi!" esclamò Briony imbufalita riguardo al loro piano sterminatore.

Caroline cercò subito di rassicurarla:

"Briony non resteranno in quello stato per sempre.. Credi davvero che farei qualcosa che nuocerebbe Tyler?"

Briony allora la guardò; magari sulla sua buona fede ci si poteva fidare ma le rassicurazioni non servirono molto a chiudere quel buco che Briony si sentiva nello stomaco quando avevano parlato di essicare gli Originari.

Tirò Caroline da una parte:

"Caroline non puoi fidarti. Appena avranno ultimato l' incantesimo butteranno i corpi in fondo al mare!"

Sentì poi all'improvviso Damon sbuffare:

"Non capisco, Stefan tu come al solito capisci fischi per fiaschi. Avevi detto che quella lì sarebbe stata dalla nostra parte questa volta! E invece ora dall'intraprendente omicida di panda si é trasformata in uno squalo vero e proprio."

Briony allora gli rivolse uno sguardo di fuoco pronta a ribattere, ma Stefan si fece avanti per calmarla

"Briony, ti do la mia parola che non butteremo il corpo di Elijah in mare se é questo che ti preoccupa. É solo un espediente per farli parlare" disse in tono diplomatico facendo vedere i vantaggi che sarebbero derivati dal piano.

Briony a quel punto si immaginò il corpo di Elijah essicato: l'aveva più volte visto in quello stato  e ogni volta le si era fermato dolorosamente il cuore. E infatti in quel momento le mancò il respiro pensando che poteva ricapitare di nuovo.

"Poi magari ci disferemo di 2 o 3 Originari tanto per far capire loro che non sono così onnipotenti come vogliono far credere. Insomma chi volete che ne senta la mancanza?" proruppe Damon col suo solito tono arrogante, disfacendo così il tono diplomatico di Stefan.

"Oh no no. Puoi scordartelo. Ci finirai tu in fondo al mare se continui a parlare in questo modo!" mormorò Briony infuriata andandogli vicino per fargli capire che non scherzava. Si sentiva il sangue ribollire.

Lui d'altro canto ricambiò con uno sguardo terrificante.

"Briony non t'azzardare a mandare a monte il nostro piano. Se non te ne frega un cavolo di noi, allora pensa alla tua adorabile sorellina che é lì a implorare la tua comprensione!" gridò puntando il dito contro Caroline. Briony sussultò mentre il cuore si gonfiava a causa dell'enorme compassione che provava per entrambe le parti: aborriva il piano dei Salvatore su essicare gli Originari, ma voleva in qualche modo proteggere la sorella la cui vita era attaccata ad un filo molto sottile. Sarebbe stato tutto più semplice se avessero trovato un accordo in comune, se non fosse stato per un ostacolo ben insidioso..

"Esther tra poco farà la sua mossa ma se noi la anticipiamo potremo salvarci la pelle con questo incantesimo. E magari disfarci poi di qualche altro Originario" mormorò Damon con un sorriso trionfante.

Briony deglutì.

Da un certo punto di vista la prospettiva era allettante.. Se avessero essicato l'Originario che aveva dato origine alla loro discendenza e nascosto il cadavere in un luogo sicuro,  Esther poi non avrebbe potuto fare nulla per nuocere loro, e Caroline sarebbe stata salva. Avrebbero finito poi col liberarsi di Ester per sempre.. Ma qualcosa le diceva che era una scelta intollerabile fare una scelleratezza del genere..

La percentuale che fosse Klaus l'Originario che li aveva creati era più del 50% visto che quasi tutti pensavano che fosse lui per colpa della sfortuna che li perseguitava da un anno e questa parte. E doveva dire che se fosse stato lui ci avrebbe fatto volentieri un pensierino, così finalmente si sarebbero liberati dalla sua cattiveria.

Tuttavia Briony si voltò verso la sorella col cuore in gola.

"Caroline no." sussurrò con tono supplicante. Ci doveva essere un altro modo meno estremo.. Se Elijah lo avesse saputo sarebbe andato su tutte le furie.

Si sentì raggelare al pensiero.

"Non abbiamo molto tempo da perdere. Potremmo anche cercare un accordo più amichevole con gli Originari, ma l'unica parola che loro conoscono é la violenza. E noi ci abbasseremo al loro livello" disse Bonnie alzandosi in piedi e tenendo fra le mani il grimorio. Lo sguardo duro come di chi sapesse di che cosa gli Originari fossero capaci.

Aleggiò un silenzio vibrante nel salone, alcuni presenti erano indecisi sul da farsi.

Briony sospirò poi rumorosamente: "Quindi come ci muoviamo?"

Fu Stefan a prendere la parola cominciando a camminare:

"Per prima cosa dobbiamo far parlare Klaus, poi decideremo.."

Ma non riuscì a finire la frase. Stefan fu come sbalzato via da una folata di vento potentissima e andò a sbattere con violenza contro le mura della stanza.

I presenti non impiegarono molto tempo a capire che qualcosa di pericoloso era appena entrato in casa.

Briony capendo chi era le si mozzò il respiro e il cuore sprofondò in un profondo mutismo, incapace persino di emettere qualche battito.

Elijah aveva la schiena inclinata verso il basso dopo aver sferzato l’attacco contro Stefan e quando si raddrizzò, con lentezza inquietante, il suo sguardo puntò subito dritto su Briony.. come se si aspettasse di trovarla lì, ma la rabbia gelida fu plateale lo stesso per quel tradimento sotto i suoi occhi che mai si sarebbe aspettato.

Briony rimase pietrificata. Aveva la gola secca e non riusciva a biascicare parola. Il cuore si era nascosto nel suo silenzio e gli occhi facevano prevalere tutto il suo sgomento per quella situazione.

Elijah intanto rimaneva immobile: gli occhi erano intrappolati in un ghiaccio che feriva chiunque osasse guardarvi dentro, e tutti i muscoli erano pronti a scattare.

Sembrava come un angelo vendicatore che puniva coloro che lo stavano tradendo, trapassando le anime di quei poveretti con un’occhiata fulminante che avrebbe fatto strappare loro i cuori con mani invisibili. L’unico gesto benevolo che quell’angelo nero poteva offrire era una morte veloce, ma nulla in lui faceva presagire qualche briciolo di pietà in quel momento.

Lo sguardo di Elijah saettò come un fulmine verso gli altri presenti che se la stavano facendo sotto dalla paura; ma Damon tentò il tutto per tutto e gli andò vicino con velocità sovrumana biascicando la solita giustificazione ironica.

Elijah però gli corrispose uno sguardo così freddo da far gelare l’intera casa, e gli afferrò la mano con forza inaudita fino a stritolargli le ossa. Damon gridò in preda al dolore e si accasciò sulle ginocchia.

"Non stavate progettando di essicare la mia famiglia, non é vero?" domandò l’Originario in una domanda a cui sapeva già la risposta ma insisteva comunque per far trapelare la ferocia di cui era capace.

"Mai presa in considerazione un'idea del genere!" balbettò Damon imprecando per il dolore.

Elijah nel frattempo restava dritto con la schiena tenendo ben stretta la presa sulla mano ormai sbriciolata in due di Damon; lo sguardo era tetro e crudo come se ne ricavasse un piacere crudele dall’agonia del giovane vampiro.

Strinse ancor di più la presa come per fargli sputare la verità:

"Ok va bene forse l'abbiamo presa in considerazione, ma solo un po’" esclamò Damon cercando di sfoderare un sorriso per smorzare la tensione, sebbene aveva il viso contratto dal dolore.

La rabbia di Elijah allora svanì, soffocata da un evidente sforzo di volontà, e lasciò andare Damon con un scrollone.

Dopo di che lo sguardo crudele e spietato dell'Originario vagò per la stanza, soppesando ogni singolo passo che sembravano fulmini provenire da sotto terra. Briony continuava a guardarlo sotto shock aspettando che lui parlasse, gridasse, qualunque cosa purché rompesse quel silenzio agghiacciante che la sommergeva. In quel momento lui non la stava guardando come se lei fosse invisibile.

Non sarebbe dovuta  andare così…. Non dovevano arrivare a quei livelli… e dentro di sé il senso di colpa prevalse. Non poteva recriminare a Elijah di nulla riguardo alla sua azione di poco prima, perché intuiva quanto lui si fosse sentito profondamente ferito da quello che lui considerava un voltafaccia.

Ma non lo era.. non per lei, non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere. Ma lui si comportava in quel modo terrificante solo a causa sua, perché c’era lei in mezzo a tutto questo. E la rabbia che provi verso qualcuno che ami, ma che ti ha ingannato da dietro le spalle, non lascia scampo.

Briony si accorse suo malgrado di tremare.

“Che cosa ci fai qui Elijah?” domandò Stefan con voce impasticcata dal dolore mentre Elena lo aiutava a rialzarsi. L’Originario non si diede neanche il disturbo di guardarlo infatti si diresse verso Bonnie che rimaneva immobile col libro di incantesimi in mano.

Elijah le rivolse uno dei sorrisi più inquietanti e gelidi che Briony avesse mai visto, e senza chiedere prese il libro tra le mani; non appena ne toccò il tessuto le pagine sbriciolarono tra le sue dite gelide come se avessero preso fuoco e l’unica cosa che ne rimase fu la cenere.

Bonnie spalancò gli occhi inorridita ma non disse nulla, Caroline avanzò come se volesse fermarlo.

Tutti tacevano come se fossero in balia di un pericolo mortale e se avessero osato parlare, la morte che incombeva su di loro sarebbe arrivata più dolorosa del previsto.

Elijah alzò il mento: “Per ora non vi faccio nulla perché abbiamo ancora un accordo e io la parola data a dispetto vostro la mantengo” sibilò l’Originario con calma gelida guardando Bonnie in pieno viso, anche se Briony sapeva che quegli occhi neri come la tenebra si stavano rivolgendo a lei.

Tutto era orientato verso di lei: le ferite cicatrizzate nel cuore dell’Originario che in quel momento stavano sanguinando, la sua furia gelida, lo sguardo tradito..

Avrebbe voluto dire qualcosa ma le corde vocali sembravano essersi rintanate, insieme al cuore, in un mutismo illimitato.

“Ma se vi vedo ancora complottare contro di me e la mia famiglia… le domande le farò dopo.” sibilò lui in tono minaccioso mentre gli occhi si facevano sempre più neri.

Elena tremò impaurita, Stefan le cinse un fianco protettivo per difenderla, mentre Damon strisciava ancora a terra dal male. Bonnie invece sostenne lo sguardo di Elijah senza fiatare, Caroline lo guardava di traverso come se fosse sul punto di dire che loro non si facevano manipolare né comandare.

Briony avrebbe tanto voluto scavarsi la fossa con le sue stessi mani.

Elijah indietreggiò elegantemente, ma prima di uscire dal salone i suoi occhi saettarono contro Briony come se fossero scossa elettrica. Per un istante uno spasmo di rabbia gli attraversò il volto come una luce che si spegne tremolando; ma non si trattenne ulteriormente perché fuoriuscì dalla stanza senza voltarsi indietro.

Briony sbatté le palpebre come se fosse stata appena sciolta da un incantesimo, e il cuore si strinse in una morsa di dolore e agonia in cui stava per sciogliersi.

Come aveva potuto far accadere tutto questo? Doveva mettere prima un freno ai Salvatore invece di accettare quella farsa, far pensare a Elijah che lei gli aveva mentito nel modo più spregevole e che era uguali agli altri, come sua madre o Klaus. Che tutti prima o poi ti voltavano le spalle.

Il cuore pianse in quel momento immaginando a cosa Elijah avesse pensato nel vederla in quella casa pronta a complottare contro la sua famiglia. Però lei l’aveva fatto per amore di sua sorella, era questa l’unica ragione.

Ma ora si vedeva andar via quell’amore irrazionale che pompava e dilaniava il suo cuore, che invadeva i suoi sogni e per la quale avrebbe pure attraversato l’inferno per tenerselo stretto per sempre. Sentì la sua anima sbriciolarsi a poco a poco, avvertendo che Elijah se ne era andato in quel modo senza la possibilità di farsi spiegare…

Senza perdere tempo quindi Briony corse verso l’uscita di casa Salvatore col cuore in gola, incurante dei mormorii alle sue spalle, e pregando che Elijah fosse ancora nei pressi del giardino, e per fortuna c’era.

Lei tirò un sospiro di sollievo e lo raggiunse:

“Elijah. Elijah aspetta” disse a gran voce andandogli vicina e prendendolo per un braccio.

Ma non appena la sua pelle sfiorò gli indumenti del vampiro, lui si scansò come se fosse stato appena bruciato:

"Come hai potuto?" sibilò girandosi verso di lei e puntandole addosso uno sguardo che faceva paura.

Briony trasalì per la sua espressione micidiale che non aveva nulla a che fare con la solita calma che lo contraddistingueva. I ricordi di Aspen erano così lontani in quel momento così come la luce negli occhi di Elijah, che sembravano essere inghiottiti dall’oscurità.

E doveva incolpare soltanto se stessa.

Elijah parlò, continuando a trafiggerla con lo sguardo e con le parole:

"Metterti dalla parte dei Salvatore per complottare contro la mia famiglia... Sapevi che non ero d'accordo, ma l'hai fatto comunque." sibilò come se fosse incredulo di ciò che stava dicendo ma la rabbia che reprimeva era ben reale.

La delusione nei suoi occhi era palpabile come se mai lui si aspettasse che lei gli voltasse le spalle. E venirlo a sapere in quel modo fece schiudere le ferite del passato, riaprendole con maggior violenza. E così per combattere il dolore che le ferite sanguinanti gli provocavano, Elijah trapelava un’ira che di solito reprimeva… almeno con lei.

Briony lo guardò in preda all’agonia e cercò di parlargli:

"No! Non è come sembra, io non sono passata dalla parte dei Salvatore, non mi metterei mai contro di te. Volevo solo scoprire chi diavolo ha creato la discendenza di sangue prima che succeda il peggio.. Ma io avrei impedito che essiccassero la tua famiglia, non sarei mai stata d'accordo con questo" mormorò in tono implorante cercando accarezzargli il viso.

Voleva cancellare la delusione dai suoi occhi e cicatrizzare le ferite del suo cuore per non lasciarvi più traccia. Ma fu impossibile perché lui continuava a schivarla, con una facilità che feriva, come se avesse indossato la vecchia armatura di freddezza.

"Ma tu hai accettato di incontrarli, di ascoltarli.. Ti sei completamente disinteressata di ciò che avevo detto." replicò come se non avesse alcuna emozione, ma il tono della sua voce faceva trapelare tutta la sua delusione che per lui era come una malattia da evitare, perché non tollerava chi gli era sleale. Non lo faceva da umano, e quando si era trasformato questa cosa si era ingigantita.

Briony non rispose perché sapeva di non avere giustificazioni e che lui aveva tutto il diritto di sentirsi arrabbiato.

"Ti rendi conto che aiutandoli semplicemente a scoprire chi ha dato origine alla discendenza hai messo a repentaglio la sicurezza della mia famiglia? É di basilare importanza che nessuno, soprattutto loro, lo scoprano.”

La sua voce vibrante dal suono della rabbia, della frustrazione, e del tradimento, era una terribile melodia da ascoltare e Briony avrebbe tanto voluto essere sorda pur di non sentirla.

 “Io non ho accettato di aiutarli per fare un torto a te, l’ho fatto per difendere mia sorella perché se c’è la benché minima possibilità che Ester uccida l’Originario che ha creato la sua discendenza, allora voglio essere sicura che Caroline non muoia con lui. Proprio tu dovresti capirmi perché avresti fatto lo stesso per la tua famiglia, persino per Klaus dopo tutto quello che lui ha fatto.” mormorò cercando di fargli capire il suo punto di vista e perché aveva agito in quel modo.

Elijah la fissò atroce e immobile come una statua di marmo. Sembrava che cercasse di tenere a bada una fiamma per impedire che lo divorasse:

“Comunque tu non avresti potuto fare nulla, ti saresti soltanto ficcata in altri guai.” la ammonì con severità sviando nervosamente lo sguardo.

Briony si morse colpevole il labbro inferiore.

“Il mio scopo era di aiutare Caroline, non di danneggiare te… ho cercato di assecondare un piano perché credevo la cosa migliore, ma credimi non avrei voluto che i Salvatore si esponessero a tal punto.”

Elijah teneva lo sguardo basso fisso a terra, come se non volesse guardarla, e per questo gli occhi verdi della ragazza sembravano avessero preso voce e lo supplicasse invece di farlo.

Finalmente dopo un attimo di tentennamento, Elijah la guardò. E dopo altri secondi la sua espressione si indurì:

“Non si tratta del piano dei Salvatore perché farò in modo che vada in fumo. Si tratta di chi posso fidarmi e chi no.”

Fu come se Briony avesse ricevuto uno schiaffo da lui, e dopo averne subito lo schiocco si ritrovò ad affrontare il dolore che non aveva nulla a che fare con quello fisico ma con qualcos'altro di più interiore.

Comprendere che Elijah dubitava di lei e aveva perso la fiducia, la fece stare male perché il loro rapporto si basava su quello.

Elijah gli rivolse un sorriso gelido incurante del suo dolore e di come lui sembrasse una lama che incideva con forza dentro di esso:

“Ma il tuo voltafaccia non mi costerà nulla perché risolverò le cose a modo mio.” sibilò pericoloso, lanciandole uno sguardo che sapeva di fuoco freddo e volatilizzandosi poi nel nulla.

Briony intuendo la sua mossa alzò la mano per fermarlo ma le sue dite sfiorarono il vuoto.

Soltanto il vento le faceva compagnia, ma a causa di esso sentì le mani raggelarsi come se avessero appena toccato il cuore di Elijah.

Briony allora percepì il vuoto intorno a lei.. E dentro la sua anima.

 

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Il giorno dopo Briony si precipitò a casa Mikaelson per parlare con Elijah. Per colpa dell'ansia non aveva dormito la notte e non solo per quello.. anche per colpa di quei maledettissimi sogni che non la lasciavano vivere e sembrava che la tormentassero anche da sveglia.

Era stato terribile, aveva sognato se stessa e Elijah. Lei teneva le mani sul suo petto come se lo stesse implorando di non lasciarla e di ascoltarla. Ma lui rimaneva a guardarla immobile, con il ghiaccio intrappolato negli occhi.

Col passare del tempo le mani di lei si strinsero a pugni e cominciarono a dargli dei colpi nel petto, mentre le labbra si muovevano velocemente come se stesse gridando. Ma Briony da innocua spettatrice non riusciva a udire niente come se si trovasse in un film muto. Anche Elijah cominciò a muovere freneticamente le labbra ed ebbe la sensazione chiarissima che anche lui stesse urlando, sebbene gli occhi gelidi non tradivano alcun turbamento.

All’improvviso sembrò che una folta nebbia oscura si fosse levata come bruma, e avvolgesse il mondo intorno a loro, insinuandosi lentamente.

Alla fine Elijah le aveva preso le mani e le aveva scansate via con forza, per poi lasciarla. La Briony del sogno cadde incespicando per terra, mentre tendeva le mani rivolte a lui come per fermarlo.

Ma Elijah le voltava le spalle, le voltava sempre le spalle. Andava dritto verso l’oscurità che lo stava reclamando, oscurando in lui l’ultima luce che gli era rimasta.

E lei rimaneva a terra col busto alzato leggermente, come se non volesse smettere di guardarlo e sperare che prima o poi si sarebbe voltato. Che quella nebbia oscura sarebbe presto svanita.

Le mani erano sopra il pavimento freddo e gli occhi si erano inabissati nelle lacrime. E lui non era ritornato. Quella nebbia aveva avvolto anche lei.

Briony improvvisamente ritornò alla realtà, schiacciando quel terribile sogno, e cercò di eliminare le ombre che l'attagliavano.

Era giunta fin lì per parlare con lui, per chiarire, per non permettere a quelle insidie di separarli o di far avverare quel terribile sogno. Purtroppo durante il suo cammino incrociò Gwendolyn.

“Dov’è Elijah?” domandò Briony senza perdere tempo.

“A sistemare il casino che tu e i tuoi amici avete creato” rispose l'Originaria gelidamente.

“Senti non ho intenzione di giustificarmi con te, quindi levati.”

Ma Gwendolyn le sbarrò la strada mettendosi faccia a faccia con lei.

“Qualunque cosa tu e i tuoi amici abbiate in mente, non ve la caverete così facilmente. Ce ne stiamo già occupando per impedire che combinate altri casini”

“La mia intenzione non era di danneggiare voi.”

“Ma neanche di salvaguardarci. Prima o poi dovrai scegliere a chi essere leale”

Briony alzò gli occhi al cielo:

“Io voglio soltanto evitare che le persone che amo muoiano, è così difficile da capire?”

Gwendolyn sbatté le palpebre come se fosse sorpresa dalla sua confessione ma poi ritornò al suo stato di immobilità:

“Per un attimo quando mi è stato rivelato tutto, ho pensato che tu fossi diventata quel mostro.. che ti eri arresa all’abominio che eri e che ti stavi mettendo contro di noi… ma dopo aver sentito tutta la storia ho capito che eri ancora la piccola fiammiferaia che cerca di aiutare tutto e tutti. Ma le persone buone non mentono a coloro che dicono di amare… cosa ne pensa Elijah su ciò che sei veramente? Ah giusto, non gliel’hai ancora detto” affermò l'ultima frase con tono convinto, e Briony allora deglutì:

“Troverò un modo per contrastare ciò che sono.. io resterò normale, lo giuro a dispetto di ciò che tu pensi. Quindi smettila con i tuoi giudizi velenosi!”

Gwendolyn alzò il sopracciglio:

“Credi davvero che quando verrà il momento.. quando Elijah capirà chi sei e di cosa sei capace di fare.. sceglierà te? Credi davvero che è disposto a mettere a repentaglio la vita di Rebekah? O la mia? O quella di Kol? Di Finn? E persino di Klaus? Mi dispiace ma non lo farà mai, Elijah è disposto a calpestare cadaveri pur di difendere la sua famiglia e magari uno di questi giorni calpesterà pure te”

Il cuore di Briony perse dolorosamente dei battiti per quella consapevolezza a cui lei aveva già pensato, e uno dei motivi per cui non gli diceva la verità era proprio per questo: per il pensiero che magari Elijah le avrebbe voltato le spalle o provato orrore per ciò che sarebbe stata capace di fare alla sua famiglia. E di costringerlo magari a fare una scelta che gli avrebbe spezzato il cuore.

Perché doveva essere tutto così dolorosamente difficile?

“Esistono altre forme d’amore rispetto a quello familiare, tu dovresti saperlo Gwendolyn. E io ammetto di amare Elijah al di sopra di ogni cosa, anche se può sembrare sbagliato. Per questo ora sono venuta qui… per questo non acconsentirò mai che lui muoia.. non importa i rischi, non importa chi ci rimetterà.. non lascerò che gli accada mai nulla. Se tu non lo capisci allora sei cieca oltre che maligna. Ma è la verità.” sussurrò risolutamente come se fosse l'unica cosa di cui fosse veramente sicura.

Gwendolyn però le sorrise perfidamente prima di andarsene:

“Buon funerale allora”

Briony la guardò di traverso ma comunque la lasciò andare altrimenti sarebbero state ore a discutere, e lei non ne aveva assolutamente voglia.

Camminò in tondo per il salone sentendosi aumentare l’ansia, quando all’improvviso  entrò Elijah a passi lenti e quasi soppesati, ma non sembrò aver notato la presenza di Briony perché non voltò neppure lo sguardo dalla sua parte.

Si diresse solamente verso un tavolo e raccolse alcune cose tra le mani.

Briony restò col fiato sospeso e quello che avrebbe voluto fare non lo fece. Sembrava essersi paralizzata non appena lo aveva visto, e le parole le morirono in gola. Quella voce,  che avrebbe tanto voluto venir fuori, sembrava non trovasse le labbra per uscire.

Elijah sistemò un libro sopra un tavolo, lo sguardo basso e fermo.

“Che cosa ci fai qui, Briony?” domandò lui all’improvviso senza voltare lo sguardo.

Lei trasalì dalla sorpresa e restò a fissare il vampiro che non si era mosso di un centimetro dalla sua posizione.

Lei fece alcuni passi in avanti:

“Sono qui per parlare, voglio spiegarti” sussurrò lei titubante ma non erano le parole che avrebbe voluto dire. Avrebbe tanto voluto dire invece “Sono qui perché non c’è nessun altro luogo in cui vorrei essere” Ma ogni comando sembrava essersi annullato dopo aver visto l’Originario.

Elijah ad un tratto si sradicò dalla sua immobilità e finalmente la guardò. Ma era uno sguardo privo di espressione, indecifrabile che a stento lei sopportava.

“Non c’è bisogno che tu mi spieghi nulla. Stavi tentando di proteggere tua sorella, è giusto.” rispose lui semplicemente, guardandola come se fosse una appena incontrata.

Briony deglutì sapendo che dietro quella risposta semplice c’era sotto qualcos’altro. Elijah era stranamente calmo, fin troppo.

Ma era quel tipo di calma che le faceva venire in mente lo splendore ingannevole del ghiaccio poco prima che si spezzi sotto il tuo peso.

“Non è solo questo, io cercavo un modo di preservarla da ciò che Esther potrebbe farvi ma per prima cosa in assoluto avrei impedito che i Salvatore mettessero in atto le loro minacce. Te lo giuro..” mormorò sincera guardandolo negli occhi per farglielo capire.

Elijah la fissò per diversi secondi senza neanche sbattere le palpebre. Sembrava che non la stesse neanche ascoltando, oppure lo facesse ma non voleva darle nessuna risposta perché non gli sembrava importante.

Quella sua freddezza inimmaginabile la ferì.

“Non mi credi?”

Elijah senza proferir parola sviò lo sguardo e si mise una mano nella tasca.

“Anche se fosse non ho più nulla da dire” rispose con la stessa calma di poco prima. Il viso era inespressivo.

Briony si sentì frantumare il cuore a poco a poco e cercò in tutti i modi di non cedere:

“Non parlarmi in questo modo, io voglio solo che le persone che amo vivano!” esclamò lei cercando di fargli capire il suo punto di vista per l’ennesima volta. Se avesse potuto lo avrebbe preso con violenza per farlo almeno girare dalla sua parte, per costringerlo a parlare e a starla a sentire.

Ma le forze stavano scemando in lei come se stesse sul punto di cadere.

Elijah questa volta la guardò: lo sguardo sembrava aver catturato un po’ di espressione invece della precedente inespressività

“Non si può sempre ottenere tutto ciò che si vuole, certe volte bisogna arrendersi alla realtà dei fatti.”

Briony lo restò ad ascoltare col cuore in gola. Le sembrò che il ghiaccio si stava spaccando sotto di lei in quel momento, trascinandola infine giù.

Cercò di negare ciò che aveva appena detto Elijah, perché lei non poteva proprio arrendersi. Se lo avrebbe fatto, sarebbe finita.

Quando ami qualcuno non hai scelta. Non puoi scegliere di smettere di lottare finché il tuo cuore non cesserà di battere.

“Tu però non vuoi e non riesci a capire le persone. Sei subito andato alle conclusioni quando sei entrato in casa Salvatore. Hai subito giudicato senza sbattere ciglio o farmi spiegare.. capiscimi almeno!”

Elijah la guardò in maniera indecifrabile. “Ma io ti capisco eccome, Briony.” rispose lui in tono neutro.

Le diede la schiena e fece alcuni passi per la stanza. L’ennesimo silenzio pesante vibrò tra loro, e la tensione sembrava schiacciarli.

Poi lui girò il viso, e Briony finalmente vide un lui un barlume nei suoi occhi o un appiglio che lo facesse apparire umano. Anche se quel barlume sapeva per lo più di malinconia o tristezza.

Dopo un attimo di pausa, Elijah parlò:

“Se comunque i Salvatore avessero attuato il loro piano… avessero così essicato l’Originario che ha creato la loro discendenza, buttando il suo corpo in fondo al mare così da farlo sembrare morto ma loro sarebbero comunque vissuti… tu avresti acconsentito?”

Il tono di voce sembrava rimbombare dall’aspettativa di sentire una risposta, e l’indecisione del viso di Elijah faceva intravedere che per lui quella risposta era vitale.

Briony deglutì avvicinandosi:

“Se Esther fosse stata sul punto di uccidervi tutti..”

“Non era questa la domanda.” ribatté lui con durezza.

Lei allora sospirò, ricordandosi i pensieri contrastanti di quella mattina. Il lungo e tortuoso percorso che l’aveva portata fino a lì.

Le parole sembravano lottare per non uscire perché avrebbero fatto male a entrambi, ma lei le sputò fuori con la forza della verità:

“C’ho pensato, sì. O almeno avremmo nascosto il cadavere in un luogo sicuro così quando ci saremmo sbarazzati di Esther lo avremmo poi liberato” sussurrò flebilmente non osando guardarlo.

Si sentì il viso in fiamme, segno che Elijah l’aveva trafitta con uno sguardo micidiale e talmente glaciale da smembrare in mille pezzi ogni cosa, senza curarsene delle ferite.

La profondità del suo sguardo la obbligò quasi ad alzare il viso per colpirla meglio dritto negli occhi, dove il dolore scavava di più.

Briony infatti sentì qualcosa pungere dentro di essi quando guardò Elijah, e la glacialità mista a delusione palpabile del suo sguardo la sorprese più di quanto pensasse.

Poi lui sorrise perfidamente come se avesse all’improvviso cambiato faccia:

“Davvero bel piano, peccato che non accadrà” rispose minaccioso continuando a fissarla.

Briony improvvisamente si preoccupò perché sapeva che le minacce di Elijah non andavano a vuoto:

“Che cosa è successo?”

“Ho prelevato Bonnie Bennet con l’inganno e le ho chiesto di non mettere in atto l’incantesimo di essicazione” rispose lui semplicemente come se la cosa non lo toccasse.

Chiesto? Minacciato forse. Pensò Briony aspettando di sentire le urla agognanti di Bonnie provenire dalle segrete della casa.

“Sta bene?” domandò apprensiva.

“Se farà come le ho chiesto, sì.” rispose lui freddamente facendo intravedere che aveva in pugno la vita di tutti.

Elijah si mise poi a sedere su una poltrona allungando un braccio nel bracciolo e guardando un punto sospeso davanti a sé. Briony non disse nulla perché di nuovo nel suo cervello ci fu una guerra di pensieri contrastanti.

E il peggio è che era come se si fossero ritrovati trasportati in un luogo strano che non aveva nulla di familiare con loro. Che era sbagliato.

Elijah girò lo sguardo verso di lei, come se avesse udito i suoi pensieri contrastanti:

“Qual è il problema?” domandò con calma, sebbene fosse quasi seccato.

Briony drizzò la schiena, l’espressione dura per come le si era rivolto:

“Nessuno. Dico solo che Bonnie cercava solo di difendere le persone che amava. Di impedire che qualcun altro ci andasse di mezzo, inoltre non ha ideato lei il piano. Che bisogno c’era?”

Elijah le sorrise. Ma era un sorriso stanco. “Ognuno difende le persone che ama come può.”

Di nuovo la tensione li schiacciò e un profondo baratro sembrava dividerli fino ad inabissarli.

Briony spalancò le braccia sentendosi esausta:

“Quindi avete risolto ogni seccatura, i vostri ordini sono stati eseguiti alla fine.” Mormorò con una punta di sarcasmo che nemmeno lei si aspettava, ma non poté non farne a meno dopo aver sentito la fredda risposta dell’Originario che faceva trapelare soltanto le minacce.

Elijah la guardò pensieroso e aggrottò la fronte:

“Io non so davvero che cosa ti aspetti adesso.”

“Che non pensi di non poterti più fidare di me. Che sarei pronta a tradirti come ha fatto tua madre. E’ questo che mi ferisce” rispose lei col dolore negli occhi.

“Beh oggi non sei l’unica che è stata ferita.”  Rispose lui lanciandole uno sguardo inequivocabile, gli occhi sempre più cupi.

“Ma non devi preoccuparti. Il tempo allevia tutte le ferite” continuò sorridendole freddamente, e alzandosi poi dalla sedia.

Di nuovo sviò lo sguardo lontano da lei, come se avesse imposto tra di loro un muro impenetrabile.

“Non mi perdonerai vero?” domandò lei con l’angoscia nel cuore, sapendo quanto Elijah era irremovibile quando si sentiva tradito dalle persone che lui amava.

Il vampiro però la squadrò con sguardo attento:

“Ti ho già detto che non devi dispiacerti di nulla. Se credi in una cosa portala fino in fondo” rispose come se la stesse provocando a fare qualcosa, a prendere una scelta definitiva.

Lei scosse la testa sentendosi davvero il morale a terra, giù fino ai piedi. Lo sguardo perso nel vuoto e strinse le braccia al petto sentendo all’improvviso freddo.

Passarono parecchi secondi, minuti forse ore in totale silenzio che rimbombava nelle loro orecchie, ma nessuno dei due lo spezzò.

Briony vedeva di tanto in tanto che Elijah la guardava di sottecchi, ma diversamente da prima lo sguardo era più espressivo e cambiato. Come se per la prima volta in quel giorno avesse captato il dolore e l’angoscia nel suo cuore.

Gli occhi non sembravano più neri come le tenebre, e un’incrinatura di tristezza e apprensione spaccò in due il suo bel viso immortale.

Briony sentì il cuore in allarme, come se un piede immaginario fosse pericolosamente in bilico nello scendere le scale, quando sentì la voce di Elijah vicina. Molto vicina.

“Che cos’è che ti angoscia, Briony?”

La ragazza alzò lo sguardo e questi si schiantò subito con quello di Elijah, che sembrava irreale dal gran che era profondo e magnetico. Ma ciò che la colpì di più fu il tono della sua voce… come se questa fosse arrivata al suo cuore, come se avesse baciato i suoi tormenti.

Gli occhi di Elijah si strinsero:

“Non parlo solo di oggi.. c’è sempre un’ombra che offusca il tuo sorriso, e quando parli è come se stessi reprimendo qualcosa che ti logora da dentro… e questo accade da un po’ tempo anche se tu hai sempre cercato di far finta di nulla”

Lo sguardo apprensivo e attento di Elijah la costrinse a deglutire più volte per cercare una risposta plausibile. Di cosa si era accorto? Eppure aveva sempre cercato di stare attenta in suo compagnia per non far trapelare il suo tormento. A quanto pare Elijah captava veramente tutto, soprattutto se si trattava di lei.

“Sono sempre i soliti problemi che tu già sai.” Mormorò cercando di apparire convincente ma lui subito scosse la testa, stringendo di più gli occhi.

“Sento che il tuo cuore non mi dice questo” rispose avvicinandosi come se davvero lo sentisse.

Briony si scansò, agitandosi e impallidendo:

“Elijah ti prego..”

“A me puoi dirlo, Briony.” La bloccò lui, inghiottendola nei suoi occhi.

Alzò lentamente le mani e le circondò il viso con esse. Un improvviso calore la sommerse anche se le dita di Elijah erano fredde.

“Ogni volta che mentivi è stato perché avevi paura delle conseguenze che le tue parole avrebbero riportato sugli altri… ma non voglio che tu abbia paura di me o di cosa potrei farti.” In quel momento sembrava davvero logorato, e la sua anima sembrava risplendere di luce all’interno dell’oscurità che li circondava.

“Io non ho paura di te, Elijah” rispose lei in modo automatico e con dolcezza.

<< Ho paura di me stessa >> Pensò con tormento.

“E allora dimmi che cosa ti sta succedendo” mormorò lui come se la volesse aiutare davvero.

Briony lo fissò spezzandosi a metà. Quanto avrebbe voluto confessare tutto, liberarsi di quel peso opprimente, e di non dovergli più mentire. Ma l’ultima cosa che voleva era vedere nello sguardo di Elijah un’ennesima delusione ancora più forte, l’espressione tradita e l’orrore nei suoi occhi a causa sua. Piuttosto che dirgli tutto sarebbe morta.

Vedendo che lei taceva e avrebbe continuato a farlo, anche se la logorava interiormente, l’espressione di Elijah cambiò radicalmente fino a indurirsi come una lastra di ghiaccio spessa.

Non sembrava arrabbiato ma aveva una strana fissità sul volto che in qualche modo era anche peggio.

Sciolse la presa delle mani sul suo viso:

“E va bene. Rimani pure nel tuo silenzio.” sussurrò duramente, allontanandosi.

Briony fu costretta a guardare lo sguardo di Elijah mentre se ne andava via dalla stanza. Mentre dava le spalle ad un’ennesima delusione.

Sentì le lacrime invadere prima il cuore poi gli occhi.

In quel momento capì la differenza tra il suo amore per Elijah e l’affetto per Caroline. Se Caroline non c’era, lei soffriva perché sembrava le mancasse un parte di sé, che il suo stesso sangue si ribellava alla scelta di lasciare sola la sorella. Ma ce l’avrebbe comunque fatta a resistere alla sua assenza, ad andare avanti per onorare il loro legame così stretto, ma così difficile. 

Mentre se Elijah non c’era, lei moriva. Il cuore si sarebbe gonfiato dal dolore fino a spaccarsi e così avrebbe fatto la sua anima, in maniera più violenta. Tutto allora avrebbe perso importanza.

Si maledisse per l’ennesima volta, si diede della stupida, dell’idiota e lo rincorse. Lo trovò sulla rampa delle scale a salire i gradini.

“Ti prego fermati. Non andartene così”

Elijah allora si girò a guardarla. Lo sguardo gelido e vuoto.

Si chinò verso di lei, chinandosi dal gradino su cui si trovava come se fosse un angelo che cadeva all’inferno.

“Sono stato io a trasformare Rose Famil.” Mormorò lui all’improvviso senza tentennamenti.

Briony spalancò gli occhi dalla shock. Era stato lui? Tutti gli altri pensavano fosse stato Klaus.. Lo guardò allibita.

“Un giorno il suo cucciolotto Trevor la portò da me e Klaus implorandoci di salvarla; era appena stata attaccata da un lupo mannaro nella foresta. Klaus se n’è disinteressato perché non erano affari suoi, allora io ho accettato di salvarla anche se più avanti lei avrebbe trovato la sua natura una condanna”

Briony lo ascoltò, stentando ancora a crederci.

“Come vedi sono io che ho dato origine alla discendenza di sangue e colui dal quale tu devi preservare tua sorella. Se ci tieni vai a dirlo ai Salvatore, sei ben libera di farlo.” replicò con asprezza, continuando a fissarla.

Briony sembrava invece essere diventata un fantasma mentre si ricordava le parole che aveva detto a Elijah sul fatto di essiccare all’evenienza l’Originario che aveva creato la discendenza. L’orrore si rivoltò verso se stessa, implacabile.

“Buona notte, Briony” mormorò lui freddamente, dandole le spalle.

Lei questa volta lo lasciò andare col cuore a pezzi e lasciò che si bruciasse.

Buona notte? I suoi incubi sarebbero tornati di nuovo a perseguitarla, la sua vita si stava trasformando in un vero inferno.

E i suoi sogni fluttuavano giù come cenere.

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Bill si trovava all'interno del suo appartamento a camminare in tondo come se fosse in ansia per qualcosa, e aveva i nervi tesi.

All'improvviso ricevette un messaggio, e quando capì chi glielo aveva mandato alzò la guardia. Era di Esther:

"Il piano è cambiato"

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Ylenia si stava asciugando i capelli con l'asciugamano e cominciava a vestirsi. Non sapeva perché ma aveva un brutto presentimento da parecchi giorni e di solito il suo sesto senso non sbagliava mai. Così decise di andare da Briony visto che era da un po’ che non la sentiva e senza contare che aveva il perenne vizio di mettersi nei guai.

All'improvviso però sentì bussare alla porta e non appena l'aprì, Ylenia si ritrovò davanti l'ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere. I suoi occhi incontrarono una figura amica che conosceva ormai da tempo, ma la sorpresa la paralizzò dalla testa ai piedi.

Soltanto la bocca si mosse per parlare, con sgomento:

"Maggie?"

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Ylenia pose una tazza di thé fumante al limone vicino a Maggie, continuando a scrutarla come se fosse un fantasma.

"Ti ricordi i miei gusti vedo" sussurrò la donna sorseggiando il the con nonchalance.

"Devo dirtelo Maggie.. La tua visita é l'ultima cosa che mi sarei mai aspettata.. Sei venuta qui per Briony?" domandò la strega incerta.

Al solo sentire il nome, Maggie drizzò la schiena come se avesse appena preso la scossa.

"Ylenia, non é necessario che lei sappia che sono qui. Conto sulla tua discrezione." rispose la donna freddamente riponendo la tazzina sul tavolo.

Ylenia la scrutò attentamente. Non era cambiata poi molto dall'ultima volta che l'aveva vista: anche se aveva 50 anni era pur sempre una bella donna, magra e abbronzata. La tipica texana. Peccato che l'espressione del viso era così gelida e severa come se fossero anni che non sorrideva.

"Ma allora perché sei qui?" domandò la strega.

La donna alzò le spalle:

"Raccolgo informazioni.. Come sta mia figlia? Si é già data all'omicidio di massa?"

Ylenia sgranò gli occhi imperterrita "Non dovresti parlare così di Briony. É una brava ragazza e non stenderebbe a tappeto neanche una zanzara"

Maggie guardò Ylenia di traverso per farle capire che parlare in quel modo della figlia non era appropriato.

"Non ancora almeno." sottolineò  con glacialità.

Poi si ricompose come se non amasse perdere la calma.

"A tal proposito.. Come sta andando? Fino a quanto riuscirà a gestire questo lato di sé?"

Ylenia si strinse nelle spalle e mormorò dispiaciuta:

"Non per molto purtroppo.."

Maggie storse il naso disgustata:

"E’ vergognoso.. Nella mia famiglia non era mai accaduta una cosa simile e il solo pensiero di aver partorito uno di quei mostri é deplorevole" mormorò con tono spregevole come se considerasse Briony un abominio e un disonore, indegna di ricevere affetto materno.

"Maggie non dovresti parlare così.. É di tua figlia che stai parlando" rispose Ylenia cercando di farla ragionare.

Maggie alzò il mento:

"Non é mia figlia. O meglio, non è la figlia che avrei desiderato. Lo sappiamo entrambe che lei é nata solo a causa di quella maledizione mostruosa.. Se la tua collega strega non avesse realizzato tutto questo, non sarebbe mai esistita una Briony Forbes"

Il tono in cui lo diceva era così orribile. Quasi considerasse Briony come una cosa deplorevole che era stata impiantata per errore dentro di lei durante la gravidanza, e per questo non poteva possedere nulla di buono.

Tuttavia Ylenia volle farle cambiare idea perché se la pensava in quel modo ovviamente non conosceva Briony.

"Ma lei é diversa dagli altri.. Ti ho detto che.."

"Sì la storia d'amore con Elijah Mikaelson, lo so.." la interruppe lei con un cenno della mano, per poi sfoderare un ghigno incredulo  "Non c’è limite al peggio.. innamorarsi di un Originario! Che fenomeno da baraccone.. La mia famiglia verrà denigrata per sempre dal disonore." Rispose agitando nervosamente le mani e con le guance arrossate dall'ira.

"E visto che tu ci sei amica cosa ne pensi di questa assurda storia? Che ne pensi di Briony e sul suo amore da circo?" domandò poi mostrandosi stranamente curiosa.

Ylenia si inumidì le labbra incerta.

"E’ come una bambina che insegue il sogno sbagliato" sussurrò in tono triste e malinconico.

Maggie la guardò attentamente, poi sviò lo sguardo e così fece anche Ylenia:

"Alcuni cacciatori però sono orgogliosi di quelle creature.. Come il tuo ex marito" disse infine la strega.

"Bill Forbes si é fritto il cervello da molto tempo.. E non mi rammarica per nulla di averlo lasciato.. Se a lui fa piacere avere come figlia un abominio buon per lui. Senza contare che l'altra figlia é un vampiro! Bill bill..."

"Certe cose non si possono scegliere.."

Maggie le puntò uno sguardo duro:

"Sì invece, si ha sempre l'opportunità di scegliere. Io la mia scelta l'ho fatta molti anni fa quando ho deciso di abbandonare mia figlia per non essere costretta a vedere il mostro che sarebbe diventata"

Ylenia sostenne lo sguardo diventando anch'esso duro.

"E allora perché mi hai messa sulle sue tracce con lo scopo preciso di tenerla d' occhio e aiutarla nei momenti del bisogno?" domandò poi furbamente ricordando i primi momenti in cui aveva conosciuto Maggie Hador.

La donna però non fece trasparire alcuna emozione:

"Perché tu sei una strega molto potente Ylenia, e mi fido di te. Speravo che tu potessi ritardare il momento fatidico con qualche magia.."

La strega la guardò attentamente sperando di trovare in lei un pizzico di affetto materno o di rimpianto.. Doveva pure averli.. In fondo era stata lei stessa a mandarla da Briony come se la volesse salvaguardare almeno da lontano, nell'ombra.

"Mi dispiace Maggie, ho cercato di farlo.."

La donna assentì gravemente con la testa, poi disse:

"Però c’è una cosa che devo dirti: più Briony andrà avanti più starà male, e il suo sarà un vero e proprio tormento.. E lo sai perché? Perché si rifiuta di vedere in faccia la realtà, perché col passare del tempo quei sogni la perseguiteranno all' infinito fino ad esasperarla e a non riconoscere più la realtà. Senza contare che più sta vicino a quell'Originario e più reprime quello che sente dentro, questo ossessivo sentimento nuocerà soltanto fino a roderla dentro. Perché non c’è niente di peggio dell'angoscia di far del male a delle persone che ami soltanto standogli accanto."

Il tono triste di Maggie prese Ylenia in contropiede:

"Ma tu hai provato a uccidere tua figlia."

"Sì e lo rifarei.. Perché so che é la cosa giusta.. Cosa faresti se avessi un figlio legato a una macchina artificiale per vivere, e se lo lasciassi morire per lui sarebbe come una liberazione, mentre se lo lasciassi vivere sarebbe solo un prolungamento della sua agonia?"

Ylenia non seppe dare una risposta a quella domanda intricata. Forse era giusto il suo punto di vista, o forse no. La strada dei sentimenti era parecchio insidiosa e non si poteva giudicare.

"Ora vado" mormorò Maggie all' improvviso alzandosi, ma Ylenia le sbarrò subito la strada:

"Ti aspetti che ti lasci andare sapendo i tuoi propositi su Briony?" domandò in tono sfida cercando di proteggere la nuova amica.

"Ti ho detto che sono venuta qui solo per raccogliere informazioni su ciò che sta succedendo. Semplice interesse." rispose lei semplicemente.

Vedendo Ylenia non muoversi di un millimetro, Maggie alzò gli occhi al cielo.

"In nome degli Hador ti prometto che non farò niente. Resterò nei paraggi." rispose allargando le braccia.

Ylenia deglutì sperando di non pentirsene e la lasciò andare.

"Ciao Maggie" mormorò conducendola alla porta.

Quando finì sulla soglia, Ylenia si stupì di quanto il tempo fosse cambiato: il cielo era grigio pieno di nuvole insidiose, non il classico tempo primaverile. Un vento forte agitava i rami degli alberi e disturbava la quiete.

C'era qualcosa di strano nell'aria, nel vento, come un insonne malanimo, ma Ylenia non riuscì a capirne l'origine.

Ebbe però la certezza che stava per arrivare un vera e propria tempesta

 

FINE CAPITOLO

Allora scusate la lunghezza chilometrica del capitolo ma c’ho preso gusto mentre scrivevo Ahah! Inoltre le ultime due fasi del capitolo fanno da apertura al prossimo che sarà ovviamente molto più corto. Come al solito ho in mente di fare un altro macello, sono certa che non vi piacerà o magari sì… XD Beh non vi resta che scoprirlo in seguito J

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e spero che non mi lancerete pomodoro per la discussione avvenuta tra Briony e Elijah. Secondo me hanno entrambi ragione ma per motivi diversi… Mystic Falls irradia soltanto negatività Ahah! So che in realtà il creatore della discendenza di sangue è Klaus, ma nella mia storia ho voluto cambiare per motivi che capirete in seguito…

Ora vi lascio.. non so quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo perché sono parecchio impegnata durante l’estate e anche voi lo sarete visto che sul sito c’è poca gente.. Spero di sentirvi presto comunque!!

Buona giornata e buone vacanze, cari!!

 

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Capitolo 19
*** Cold and Lost ***


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15 CAPITOLO

 

 “Diretti verso il paradiso, eravamo incamminati nella direzione opposta”

C. Dickens

 

Il vento le soffiava tra i capelli mentre il profumo dell’erba le invadeva le narici fino a deliziarla. Briony sollevò le palpebre e sorrise di fronte al panorama naturale che le era di fronte; gli occhi però le si appannarono e i sensi diminuirono come se non fosse realmente lì ma in una realtà parallela. Le sembrava infatti di essere all’interno di un classico sogno, e quando si guardò le braccia notò che una giacca nera era posata sulle sue spalle come per coprirla dal freddo.

Istintivamente si voltò e si accorse della presenza di Elijah vicino a lei: come lei era seduto elegantemente sull’erba, con la camicia bianca e pantaloni neri, il ginocchio sinistro lievemente alzato e i capelli scuri svolazzavano a causa del vento, rendendolo bellissimo. Lui si voltò verso la sua direzione e un sorriso illuminò il suo volto di ghiaccio.

Doveva essere per forza un sogno allora. Briony dubitava che nella vera realtà Elijah le rivolgesse un sorriso così gentile visto l’ultimo scontro.

Ma impedì che quei brutti pensieri le rovinassero persino i sogni, dove poteva starsene in pace e godersi almeno quegli attimi di spensieratezza che le mancava da un po’ di giorni.

Contraccambiò il sorriso, sentendosi invadere le narici questa volta da un odore più inebriante rispetto a quello dei fiori. Elijah si alzò elegantemente dalla sua posizione e si avvicinò a un cespuglio di rose vicino a loro; si abbassò lievemente così che le sue dita sfiorassero i petali di una rosa rossa già sbocciata.

Briony ammirò quello spettacolo della natura, non sapendo se godere di più della vista di quel splendido fiore o della meraviglia che idolatrava Elijah in quel momento, ma la risposta era così chiara e veloce da non pensarci nemmeno.

Sembrava che lui fosse nato per possedere eleganza, rispettabilità e una maestosità inqualificabile, e il fatto che fosse bellissimo oltre ogni dire non metteva in ombra le virtù del suo animo, anch’esso bello.

Briony si crogiolò ancora della sua vista, quando Elijah strappò un ramo e prese tra le mani la rosa rossa. Si avviò verso Briony che rimaneva ancora seduta a guardarlo. “E’ bellissima non è vero? Ma lo sai ogni rosa ha la sua spina.” Sussurrò lui con voce melodiosa e carezzevole  “E per amarla davvero devi amare anche la parte che fa male.”

Allungò la rosa verso il viso di Briony e le sfiorò il viso con la delicatezza dei suoi petali, continuando a guardarla intensamente. Briony avvampò, fissandolo ammaliata.

“Tuttavia alla fine finirà comunque per appassire... Come ogni cosa del resto.” sussurrò poi più mestamente, tracciando il percorso con la rosa fin giù al suo petto.

Briony deglutì più volte sentendo la delicatezza del fiore passare prima dal viso poi al collo e infine al cuore, come se la rosa possedesse il tocco lieve e deciso delle dita di Elijah e ne avesse preso il prestito.

Briony afferrò il fiore tra le mani e se lo mise in grembo, ma poi sentì qualcosa pizzicarle il polso come se fosse stata appena tagliata da del vetro.

Infatti quando abbassò il viso notò che una spina le aveva ferito la mano, all’altezza del polso, e dallo sgorgo perdeva qualche goccia di sangue.

Briony alzò il viso verso Elijah, il quale aveva lo sguardo più cupo di prima e accigliato. Si abbassò vicino a lei, alla sua altezza, guardandole le mani come se si rammaricasse di quella ferita.

Le prese il polso con delicatezza, esaminando la ferita con gli occhi e con le dita.

Briony non emise fiato quando Elijah si portò la sua mano alle labbra, baciandone dolcemente le nocche, nemmeno quando le labbra gelide premettero pericolosamente sopra la ferita come per sigillare il sangue all’interno della pelle.

Briony si irrigidì, non per la paura, ma perché le labbra di Elijah che le baciavano la ferita per guarirla le scatenavano un intenso calore divampante al petto che si dilungava lascivamente fino al braccio, rendendolo immobile per quella dolce tortura.

Elijah allontanò le labbra dal suo polso e vi respirò sopra, facendola sobbalzare. Briony sentì all’improvviso un languido formicolio attraversarle il polso e esplodere come fuoco. Il cuore accelerava per la consapevolezza che Elijah stava bevendo il suo sangue ma la trepidazione di quel momento non poteva nulla contro la paura di fargli del male. Perché era un sogno. Niente poteva nuocere se non l’antico terrore dentro la sua testa.

E in quell’istante non c’era spazio per quello… ogni suo senso era attirato dal gelo che il respiro di Elijah sprigionava sopra la pelle, che si era stranamente riscaldata come se stesse ustionando.

Ma all’improvviso le labbra di Elijah si fecero ancora più vicine al polso, e le mani lo toccarono con venerazione e decisione, come se non la volesse lasciare andare per nessuna cosa al mondo.

Briony si accorse di cosa stava per fare solo quando sentì i canini perforarle la pelle del polso, e lei istintivamente chiuse gli occhi a causa del bruciare iniziale.

Percepì un gelo attraversarle il braccio eppure non poté a fare meno di sentire anche un fremito leggero quando sentì che lui stava succhiando il suo sangue con lentezza così disarmante, tanto da accelerare i battiti del cuore impazzito.

Non riuscì a farne a meno e Briony aprì gli occhi, come se volesse vedere il volto di Elijah, quell’Elijah che un po’ temeva e forse avrebbe sempre temuto, quello di cui tutti avevano paura e che tremavano al suo cospetto.

La curiosità di quel fascino oscuro vinse su di lei e fu letteralmente abbagliata da lui e da ogni suo gesto; sebbene non riuscisse a vederlo bene in viso perché il volto era ricoperto dal alcuni ciuffi di capelli e nel morso si poteva intravedere un piccola sporgenza dei canini che affondavano nella sua pelle.

Aveva gli occhi chiusi come se fosse concentrato o inebriato di bere il suo sangue, e che lei lo accettasse.

Briony si lasciò fuoriuscire un respiro strozzato quando le sue labbra si allontanarono improvvisamente dalla ferita, quasi si fosse rammaricato di aver bevuto il suo sangue.

Briony per la sorpresa si chinò in avanti verso di lui così da essere faccia a faccia.

Il cuore balzò subito in gola come un missile quando incrociò lo sguardo di Elijah. Sembrava un vero vampiro, e finalmente vide in lui la parte che sempre aveva negato di mostrare, forse per troppa dignità e onore. O forse per non farle paura più di quanto non provasse già verso il mostro che albergava dentro di lui.

Ma stranamente non ne ebbe affatto paura né lo respinse.

I suoi occhi erano così neri da non scorgerne l’iride ed erano circondate da profonde occhiaie; la pelle era bianchissima e diafana che si contrapponeva allo scuro dei suoi capelli e al rosso delle sue labbra.

Lo sguardo di Elijah era di ghiaccio e non accennava al benché minimo tentennamento o indecisione mentre la fissava. La sua espressione era talmente intensa e intima che la costrinse quasi a voltarsi, ma prima che lo facesse sentì le dita di Elijah toccarle la guancia, in una carezza così gentile, che non aveva nulla a che fare con l’espressione micidiale del suo viso.

Lui le si avvicinò di più causandole un tremolio improvviso. Era come se rendesse succube ogni cosa di lei: il suo corpo, il suo cuore, il suo respiro che si spezzò quando percepì quello del vampiro avvicinarsi alle sue labbra, per poi scendere verso un punto delicato del suo collo.

Briony chiuse di nuovo gli occhi sentendo il naso del vampiro sfiorarle la pelle della base del collo mentre il suo respiro la ghiacciava.

E poi si arrese quando sentì un’improvvisa fitta in quello stesso punto.

Strinse di più gli occhi per lenire il bruciore, ricordandosi poi che lui l’aveva già morsa una volta in sogno e che non era stato così doloroso come si immaginava. Così si lasciò trasportare e si arrese alla sua forza che la sovrastava.

Raccolse alcuni ciuffi dei suoi capelli tra le dita e li strinse forte quando Elijah l’afferrò per le spalle, affondando le dita nella pelle, come se la volesse bloccare e approfondire il morso che le stava inabissando l’anima.

Il bisogno del vampiro si faceva man mano più esigente, e le provocò una fitta di piacere che si irradiò per gran parte del corpo quando lei stessa sentì il fluire del proprio sangue aumentare sempre di più nella bocca di Elijah.

Scioccamente si strinse di più a lui inclinando la schiena verso il basso. La giacca strisciò via dalle sue spalle.

Elijah sembrò quasi seguire i suoi movimenti e inclinò il busto verso il basso, rimanendo però seduti sulle ginocchia; le braccia del vampiro si spostarono sulla schiena di Briony come se volessero abbracciarla e sostenerla, mentre quella dolce tortura non le lasciava scampo.

Briony abbandonò la testa all’indietro, assaporando quel contatto così erroneamente intimo che mai si sarebbe potuta permettere di vivere nel mondo reale. Ma in quel sogno si lasciò soltanto seguire dalle proprie emozioni e non lo respinse, stringendosi sempre di più a lui fino a stritolarlo. Il respiro divenne più affrettato man mano che Elijah beveva sempre di più il suo sangue con lentezza divorante, come se le stesse baciando l’anima.

I denti affondarono di più in profondità, annegandola nel sogno.

All’improvviso però le forze cominciarono a venirle meno, e il cuore perse dei battiti come se non resistesse più a quell’intensità di quel momento che poteva nuocerle con facilità.

Eppure Briony amava quel dolore. Lo considerava come una traccia di lui, una prova di quegli istanti in cui avrebbe potuto accettare di morire perché sapeva che il seguito non avrebbe potuto essere nient’altro che insulso, il vuoto più vuoto, una respirazione artificiale.

Avrebbe amato quel dolore, lo avrebbe provato altre 1000 volte assaporandolo come un veleno che stordiva. Lo avrebbe così desiderato, se solo non avesse costato la vita del vampiro che amava.

Elijah si staccò in fretta da lei ma rimase vicino al suo collo, invadendola così col suo respiro più gelido del solito.

I suoi capelli le solleticavano gli zigomi, e quando lui accennò a qualche movimento la sua bocca le sfiorò il mento sporcandolo così lievemente di sangue.

Briony cercò di alzare il busto e di guardarlo negli occhi, ma fu tutto inutile perché era stordita e priva di energie. Tuttavia anche se non riusciva a vederlo sapeva che fra qualche attimo il viso di Elijah sarebbe diventato cereo come un fantasma, la bocca si sarebbe distorta in una smorfia di dolore e sarebbe scivolato via da lei come sabbia al vento.

Inconsapevolmente alcune lacrime bagnarono il suo viso, cercò con le mani di attirarlo a sé, di non permettere che morisse o che qualcuno lo portasse via da lei. Di combattere quel destino che la torturava in mille maniere, ma questa era la tortura peggiore.

Non smise di cercarlo con le mani o con gli occhi, ma lui non c’era più… sembrava essere svanito nel nulla e un senso di abbandono la pervase.

La rosa rossa ai suoi piedi si trasformò all’improvviso in una rosa nera, sbiadendo tutta la sua bellezza in un colore di morte.

Briony si svegliò, sentendo tutto il corpo intorpidito e il cervello in tilt. Non si mosse dalla posizione del letto e rimase a fissare il comodino accanto a lei. Non si mosse nemmeno per scacciare le lacrime che le velavano ancora gli occhi, e nemmeno per toccare la linea del collo che sembrava davvero dolerle fino a sanguinare.

 

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Briony il mattino seguente ricevette un messaggio di Rebekah in cui le chiedeva di raggiungerla a casa Mikaelson. Subito ne fu colpita, e si chiese se l’Originaria non volesse parlare di ciò che era successo con i Salvatore e non si fosse anche lei infuriata a morte.

Briony deglutì intimorita ma decise di non scappare dalle conseguenze delle sue azioni e si vestì in fretta in direzione di casa Mikaelson, col cuore in gola.

Stranamente Rebekah l’accolse con un sorriso radioso e la fece entrare subito in casa eliminando i convenevoli. “Per fortuna sei arrivata subito. Stasera c’è una festa nel bosco vicino a un’antica cripta per festeggiare qualcosa di cui non ricordo il nome e nemmeno mi interessa, ma vorrei un tuo parere sul vestito da indossare.” esclamò con un sorrisino infantile prendendo alcuni vestiti riposti sul divano del salone.

Briony corrugò la fronte sorpresa e si avvicinò all’Originaria. “Non sarà una festa elegante, Bex. Dovresti optare per un look casual visto che starai in mezzo a delle erbacce.” constatò Briony stringendo le braccia al petto.

Subito Rebekah arricciò le labbra “Neanche per sogno. Non mi vesto come una suora io.”

Prese tra le mani un top blu e una mini gonna bianca facendola sventolare di fronte a Briony per ottenere la sua attenzione, ma la mora assentì con la testa senza troppa convinzione.

“Tu indossa questo.” disse poi lanciandole un vestito color porpora a maniche corte.

Briony lo analizzò attentamente. “Questo implica che dovrei andarci con te?”

“Neanche per sogno. Io ci vado con Matt.” rispose la vampira come se fosse una cosa ovvia. “Tu vieni per contribuire al divertimento.”

Briony le sorrise ma subito questo si spense mentre toccava il vestito tra le mani. Rebekah alzò lo sguardo guardando la mora attentamente. “E’ per via di Elijah che sei così di malumore?”

Briony alzò il viso come se avesse preso una scossa. “Tu sai quello che è successo?”

La bionda si strinse nelle spalle. “Certo che lo so. Ma vedi la cosa non mi tocca più di tanto visto che sono mesi che i Salvatore cercano di ucciderci ma finiscono sempre col fare un buco nell’acqua. I loro piani saranno rovinati anche questa volta senza inutili grattacapi per la testa”

“Non dovresti sottovalutarli. Sfornano piani talmente folli che prima o poi ne ricaveranno qualcosa di serio, soprattutto se la mente diabolica che li sforna è Damon Salvatore”

Rebekah le rivolse un ghigno. “L’importante è che tu non ti metta dalla loro parte una seconda volta, perché essere dalla loro parte significa essere contro di noi.”

Rebekah finì la frase con un’espressione torva che Briony non si aspettò da lei. L’Originaria scavò di più all’interno del suo sguardo come se le perforasse il cervello:

“E noi Mikaelson siamo famosi per non concedere mai una seconda occasione a chi ci volta le spalle già una volta” In quel momento le rivolse un’espressione omicida che la fece trasalire istintivamente, e Briony si portò nervosa un capello dietro l’orecchio:

“Mi dispiace se in qualche modo quello che ho fatto ti ha ferita. Ma a giudicare che la mia testa è ancora attaccata al collo e che mi hai regalato uno dei tuoi vestiti preferiti, credo che il tuo rancore nei miei confronti non sia poi così grande” constatò infine lanciandole un’occhiata timida.

Rebekah scrollò le spalle come se la cosa non le importasse più di tanto, ma poi ridivenne gelida: “Mio fratello era intrattabile ieri, non si poteva parlare con lui senza il perenne sospetto di essere presi per il collo”

Briony trasalì sentendosi in colpa per come l’animo di Elijah, già lacerato da mille ferite, si stesse logorando a causa sua. “Che ha detto?”

“Niente. Assolutamente niente. Si limitava soltanto a guardarci con uno sguardo che non tralasciava dubbi sulle sue parole” sussurrò Rebekah mettendosi a sedere su uno scalino della scala.

Briony dopo un attimo di titubanza la seguì e si affiancò vicino a lei. “L’umore di questa casa oggi deve essere tetro. Mi dispiace, Bex. Non volevo causarvi dei problemi…volevo fare solo la cosa giusta..”

“Ti capisco. Sebbene io non lo farei mai per una sorella fastidiosa e stupida come Caroline Forbes” replicò l’Originaria con acidità.

“E allora mi capisci alla perfezione visto che hai per fratello uno come Klaus” rispose lei automaticamente, e guardandola poi di sottecchi come se avesse paura di averla offesa visto che per Rebekah l’ibrido era un tasto dolente.

Ma comunque la vampira rimase fredda, per poi guardarla in viso dopo qualche secondo:

“Non far soffrire mio fratello, Briony” mormorò risoluta e decisa, e la ragazza capì a quale familiare si stava riferendo. Ammirò la lealtà e l’amore smisurato che Rebekah provava verso tutti i suoi fratelli, nessuno escluso. Come se fossero la sua vera e unica ragione di vita.

“E’ l’ultima cosa che vorrei… ma delle volte sento la situazione sfuggirmi dalle mani” rispose timorosamente abbassando lo sguardo.

Rebekah non replicò, forse condividendo che in amore non sempre la strada era facile o in salita.

Briony si inumidì le labbra, domandandole a bassa voce:

“Secondo te.. è possibile odiare una persona con la stessa intensità con cui l’hai amata?” La sofferenza trasparì da quella domanda perché rifletteva una realtà che odiava ma che stava per sopraggiungerle alle spalle.

“Dove c’è amore spesso c’è anche odio. Possono esistere fianco a fianco.” Rispose Rebekah quasi fosse un’esperta in quel campo, visto che lei per mille anni aveva odiato e amato Klaus in egual misura.

Briony però trasalì:

“Elijah non mi odia…” Mormorò come per negare la teoria distruttrice di Rebekah.

Infatti Elijah poteva provare tutta la rabbia o delusione nei suoi confronti, ma arrivare a quel sentimento…. L’avrebbe mai fatto? Annullare l’amore per lei con l’odio, se avesse scoperto la verità?

“Ma potrebbe arrivare a farlo se sentisse che lo stai ingannando.” Rispose Rebekah senza tentennamenti, visto che conosceva il fratello da sempre e sapeva quanto lui detestasse chi gli mentiva o gli era sleale.

Briony deglutì, sentendo l’angoscia invaderle il cuore e l’anima.

“Ammetto di tacergli delle cose… cose che non posso dirgli, e che se gliele dicessi lo ferirei più quanto il mio silenzio farebbe. In qualche modo cerco di proteggerlo o di non fargli pesare i miei problemi, ma in fondo anche lui farebbe lo stesso se si trattasse di una cosa così dolorosa”

L’Originaria scosse però subito la testa:

“No, Elijah non lo farebbe. Non è mai stato bugiardo e non lo è ora. Non sulle cose che contano almeno. Preferisce dirti una verità orribile piuttosto che mentirti.” Fece una pausa come per farle soppesare le sue parole e Briony sentì un gelo improvviso “So che suona un controsenso, ma proprio per questo non dovresti chiedergli una cosa se non sei sicura di non poter sopportare la risposta” aggiunse la vampira mestamente.

Briony sospirò capendo dove la bionda volesse andare a parare: Elijah non ammetteva la slealtà, le menzogne e i tradimenti di chi amava.

Ma quando c’era da dire la verità, lui non aveva mezze misure e schiantava il tuo animo con il suono gelido della sua voce che non mascherava niente.

“Beh, dopo questi discorsi che mi hanno fatto abbassare ancor di più il malumore direi che la festa di questa sera è proprio quel che ci vuole.” mormorò Briony sfoderando un finto sorriso e facendo il segno del cin cin.

Rebekah contraccambiò il gesto:

“Sono d’accordo. E ti volevo chiedere di dare una calmata ai giudizi fastidiosi di Santa Elena e quell’oca di tua sorella perché continuano sempre a ficcare il naso tra me e Matt. La cosa mi urta. E se non la smettono appiccherò le loro testa sopra un palo”

Sebbene la minaccia plateale, Briony sorrise divertita:

“Legherò Elena e mia sorella a un albero stasera così ti lasceranno in pace col tuo fidanzato”

Rebekah assentì contenta con la testa, non reagendo al nome “fidanzato” che Briony aveva affibbiato a Matt:

<< Allora è proprio una cosa seria >> pensò tra sé e sé.

Le due ragazze si scambiarono poi un sorriso e un’occhiata scherzosa, ma l’aria della stanza si sovraccaricò quando Briony sentì dei passi non molto lontano da loro e a giudicare da come le si erano irrigiditi i muscoli del cuore, capì subito chi fosse entrato.

Rebekah si alzò dal gradino e andò a salutare Elijah che era appena entrato. Quando lui vide Briony le rivolse solo un’occhiata di sfuggita, come se non ne fosse interessato o lei fosse invisibile. Briony deglutì, mentre Rebekah lo raggiunse.

“Ecco il mio fratello preferito” mormorò con fare civettuolo prendendolo per un braccio “Stasera c’è una festa e non t’azzardare a non venire perché mi devi accompagnare” aggiunse con un’occhiata furbetta.

“Non sono nello stato d’animo di partecipare ad una festa, Bekah.” la liquidò lui freddamente sviando lo sguardo.

La biondina sbuffò:

“Il solito musone. Non è una festa in ghingheri adatta a te è vero, ma è la tua sorellina che te lo chiede. Cerca di fare uno sforzo anche perché ci vuole un pugno forte per tenere fermo quell’uragano di Kol questa sera” cercò così di smuoverlo e di convincerlo, ma l’unica cosa che ottenne fu un’occhiata indecifrabile dell’Originario.

“Fate come volete” rispose lui scrollando le spalle in maniera distaccata.

Per Rebekah quello era come un sì e scacciò un bacio sulla guancia al fratello:

“Grazie” squittì andandosene dalla sala

“A stasera Briony” esclamò poi, lanciandole un’occhiata furbetta e subito Briony trasalì capendo che li stava lasciando da soli di proposito.

“A dopo, Bex.” La voce che le fuoriuscì sembrò strozzata però cercò di sfoderare un sorriso per mascherarla.

Ma ovviamente bastò incrociare gli occhi neri di Elijah per intimidirla e paralizzarla di colpo. Era incredibile come riuscisse a metterla in soggezione semplicemente con un sguardo che le inabissava il cuore.

L’Originario comunque non tenne fisso per molto lo sguardo su di lei, e infatti andò dritto verso la sala principale a passi lunghi e eleganti, in completo silenzio.

Briony deglutì più volte per cercare di riprendere il controllo di se stessa e si alzò dallo scalino per raggiungerlo.

Elijah aveva tra le mani un bicchiere contenente del ghiaccio e un liquido che sapeva di vino rosso, ma Briony intuì che era qualcos’altro. La mano del vampiro roteava il bicchiere facendo tintinnare il ghiaccio, e dopo aver bevuto alcuni sorsi, i suoi occhi neri saettarono su Briony che rimaneva immobile a guardarlo come se fosse soggiogata.

Non aveva mai visto Elijah bere sangue umano, se non nei suoi sogni, ma nella realtà faceva tutt’altro effetto e un contrasto di emozioni esplose dentro di lei: un gelo improvviso salì nelle vene perché l’immagine di Elijah che beveva sangue era fin troppo elegantemente inquietante.

Eppure un altro calore le salì poi al cuore perché ne rimase affascinata, non sapendo se in senso buono o cattivo, perché aveva sempre cercato di preservare un’immagine di Elijah umano nella sua mente.

Ma non lo era. Poteva apparire un normale uomo che in realtà non era affatto.

Lo sguardo di Elijah si soffermò ancora su di lei, sempre con espressione gelida, per poi finire il liquido nel bicchiere in un solo sorso.

“Ti serve nient’altro?” domandò lui all’improvviso con voce gelida, restando vicino al tavolo dei drink. Lo sguardo basso e impegnato a guardare alcuni fogli ma che sicuramente non catturavano la sua piena attenzione in quell’istante.

Briony deglutì avvertendo la sua freddezza e rigidità:

“Se non vuoi che resti, vado via.” mormorò semplicemente, ma senza alcuna acidità. Lo sguardo rammaricato.

Vedendo che lui non la guardava e nemmeno rispondeva, Briony gli voltò le spalle senza fiatare per incamminarsi verso l’uscita, col cuore fermo.

Briony.” La chiamò lui ad un tratto come se si fosse risvegliato.

Lei si girò fulmineamente e se lo ritrovò faccia a faccia. I loro vestiti dal gran che erano vicini potevano toccarsi. Il cuore tornò a galopparle nel petto visto che non si era accorta che si era avvicinato così velocemente senza il minimo rumore.

Non seppe cosa dire, aveva la gola secca tutto a un tratto.

Elijah intanto l’osservava con sguardo attento e indagatore, facendosi poi più accigliato:

“Che cos’è che ti ha spinta a ritornare qui?” domandò poi con voce che era una carezza gelida sulla sua pelle nuda.

Briony trasalì scorgendo qualcosa di strano in lui, nella sua espressione. Era mite, tutto in lui esprimeva calma ma questa sembrava così ingannevole, come se sotto ci fosse qualcos’altro. La domanda in sé in sé poi era gelida, ma nascondeva anch’essa un suono terrificante e accusatorio.

Aprì la bocca per replicare ma Elijah la sorpassò.

“Ti avverto, non voglio sentire altre menzogne.” mormorò lui sviando lo sguardo in alto, quasi fosse assorto nei suoi pensieri.

Briony sospirò silenziosamente, trasalendo per la sua indifferenza:

“So che sei arrabbiato con me e non posso biasimarti. Ma ci sono cose che non posso dirti, e anche se vorrei non potrei farlo... non ora.” Sussurrò titubante, chiudendo gli occhi per farsi concedere un attimo di tregua. Anche adesso lei non aveva il coraggio di dirgli la verità e si chiese se col tempo ce l’avrebbe mai fatta.

La sua mente ritornò alle parole di Rebekah.

“Non dovresti chiedergli una cosa se non sei sicura di non poter sopportare la risposta.”

Ed era così, lei aveva il terrore delle conseguenze che quella verità avrebbe comportato sul loro rapporto… che cosa avrebbe scorso nel suo viso... rabbia, delusione, orrore… Di sentire il suo odio verso ciò che lei era.

Un antico sentimento si schiuse in lei. Il più pericoloso che aveva mai provato. Quella che sarebbe stata la sua rovina. La paura.

Lo sguardo di Elijah nel frattempo si era fatto più intenso, come se volesse scavare all’interno del suo animo e magari divorarlo. Gli occhi si strinsero in due fessure:

“Che cosa vuoi da me allora?” domandò come se anche lui si stesse perdendo e non avesse più certezze. Lei allora gli si fece più vicina senza alcun remore, quasi volesse prendergli la mano per non farlo sentire solo.

“Che ti fidi di me.”

Elijah sbatté le palpebre ma l’espressione rimase comunque indecifrabile . Il viso si chinò verso quello di Briony e fra di essi rimanevano sospesi soltanto i loro respiri.

“E in cambio?” le sussurrò lui con le palpebre leggermente abbassate, il tono di voce impossibile da descrivere dal gran che era magnetico.

Briony deglutì sentendo la pelle andare a fuoco a contatto col suo respiro.

“Cos’altro potrei offrirti che già non hai?” rispose automaticamente con gli occhi ricolmi di dolcezza autentica, anche se non riuscì a non tremare.

Elijah questa volta distanziò i loro visi come se volesse osservarla per tutto il viso; l’espressione assorta e incerta.

In meno di due secondi le prese il viso con una mano e con molta lentezza adagiò le labbra sulle sue in un bacio lieve e breve, che durò pochi secondi, ma a Briony bastò per farle mandare in tilt il cervello e accelerare i battiti del cuore.

Durante il breve contatto aveva sentito il sapore metallico del sangue sulle labbra di Elijah  e si era irrigidita all’istante senza fare niente, visto che la presa del vampiro sul suo viso era molto ferrea.

Briony cercò di non deglutire mentre Elijah si distanziava di poco da lei. Aveva gli occhi chiusi come se nella sua mente lui la stesse ancora baciando. Lei invece appoggiò la fronte al suo mento.

In quel momento fu il cuore che parlò e agì, come se i suoi pensieri si fossero trasferiti in quel luogo dove solo lui era ammesso:

“Ti amo. Per questo sono qui.” sussurrò lei con un fil di voce ma che era pieno di sincerità. Voleva rimediare agli errori commessi o sanare le ferite che lei gli aveva procurato.

Elijah allora la guardò, tenendo sempre la mano sul suo viso, e la fissò per minuti interi con sguardo assorto. Sembrava essere tornato normale, non c’era niente di diabolicamente strano in lui ora. Briony sospirò tra sé e sé per il suo carattere così lunatico.

All’improvviso lui corrugò la fronte e si avvicinò pericolosamente al suo viso, abbassando però il volto verso la linea del suo collo e inspirò forte. Briony si bloccò colta alla sprovvista e il cuore accelerò pensando con preoccupazione cosa lui volesse fare.

Ma Elijah alzò subito lo sguardo, incrociando quello intimidito di Briony, e le rivolse un’occhiata magnetica.

“Sai, la paura rende il tuo odore più inebriante.” le sussurrò profondamente.

Briony lo guardò confusa alzando un sopracciglio, anche se non riuscì a non tremare vista l’evidenza dei fatti. Elijah le rivolse un sorriso audace, abbassando la mano:

“Non me ne ero mai accorto.” constatò semplicemente, indietreggiando di qualche passo e liberandola così dalla sua presenza magnetica.

“Beh come dire.. grazie.” rispose lei imbarazzata non sapendo cosa dire e portandosi le mani nei capelli.

Lui sorrise, segno che si era rilassato.. almeno un poco.

“Verrai stasera alla festa?” domandò lei per smorzare la tensione.

Lui scrollò le spalle “Perché no.”

Briony gli si avvicinò sorridendogli e cingendolo con le braccia:

“Verrai con me?” domandò invitandolo.

Lo sguardo di Elijah questa volta divenne più duro, come a ricordarle che non si era affatto dimenticato degli avvenimenti che erano accaduti l’altro giorno, e le ferite sembravano riflettersi sui suoi occhi neri.

Si scansò dalla sua presa, cercando pur sempre di essere educato, e indietreggiò.

“Ci vediamo stasera, Briony.” rispose semplicemente e congedandosi.

Briony lo salutò con un sorriso forzato, sentendosi camminare su un terreno minato e pericoloso. Ma la strada ormai era stata tracciata… impossibile sviare il percorso oramai.

Ma era più che conscia che era  stata lei a mettere in moto la terribile catena di eventi che poteva farle perdere tutto ciò che amava. Compreso Elijah.

 

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La festa nei pressi del bosco di Mystic Falls, vicino alla cripta di pietra, era già movimentata nel tardo pomeriggio e un gruppo di giovani avevano acceso un focolare offrendo da bere a tutti. C’era euforia ovunque, chi ballava secondo la musica della radio, che si ubriacava o rideva.

Briony aveva indosso il vestito color porpora di Rebekah perché altrimenti l’Originaria avrebbe sicuramente fatto delle storie se non l’avesse messo. Aveva i capelli mossi e scarpe col tacco basso visto che voleva stare comoda in mezzo a tutta quell’erbaccia. Si trovava con Caroline che trasudava nervosità da tutti i pori.

“Vuoi dirmi che è successo? Perché sei così tesa da quando siamo arrivate?” le domandò Briony fissandola.

“E me lo chiedi? Per poco il tuo uomo non faceva volare le nostre teste l’altro giorno, Bonnie è letteralmente scomparsa e dietro c’è sicuramente lo zampino di Elijah, senza contare che Tyler ha avuto la brillante idea di partecipare alla festa e di affrontare quindi Klaus direttamente. Ti basta per giustificare il mio malumore?” sbottò Caroline all’improvviso con sguardo allucinato.

Briony trasalì per quel tono: “Abbassa i toni sorellina, non sono Elena che giustifica sempre ogni vostra cavolata” ribatté indispettita ma poi ritornò seria “In che senso Bonnie è scomparsa?”

“Quello che ho detto… è scomparsa!” grugnì la vampira in preda al terrore e alla rabbia.

Briony stava per ribattere quando sentì una voce tetra alle loro spalle: “Se per scomparsa intendi che ha deciso di cambiare città, allora sì la vostra amica strega è scomparsa.”

Le due sorelle si girarono contemporaneamente ed ebbero reazioni completamente differenti quando videro chi aveva parlato: il cuore di Briony fece un balzo improvviso e avvampò non sapendone bene la ragione, mentre Caroline ringhiò in preda a una rabbia ceca.

“Tu.” Sibilò fissando Elijah con sguardo d’odio. “Che cosa hai fatto a Bonnie?”

Il vampiro sbattè le palpebre impassibile, mentre Briony guardò male la sorella in segno di mordersi quella lingua biforcuta se non voleva essere tagliata.

“L’ho cordialmente invitata a fare una visita a suo padre fuori città per un tempo indeterminato. Almeno fino a quando non sapremo con certezza che tu e i tuoi amici non tenterete di nuocerci con qualche strana magia.. ma dubito che saremo mai completamente sicuri della vostra lealtà, quindi scordati di rivedere presto la tua amica strega” rispose Elijah con sguardo gelido e per niente rammaricato.

Caroline mostrò i denti in preda alla furia mentre Briony trasalì a causa di un’inevitabile scontro.

“Non hai alcun diritto di darci ordini” replicò la vampira serrando i pugni.

“Ne ho il potere.”  Rispose lui noncurante guardando di sfuggita la festa intorno a loro.

Caroline era sul punto di saltargli addosso, ma Briony la prese per un polso fulminandola con lo sguardo: “Credo che è meglio darci un taglio, non hai imparato nulla dai piani strampalati dei Salvatore che finiscono sempre col metterti nei guai? Bonnie è salva e lontana dai pericoli di Mystic Falls proprio come Jeremy, quindi non bisogna metterla su un piano così drastico” esclamò Briony cercando di placare l’ira della sorella.

La vampira si scansò dalla sorella ringhiando e poi si guardò attorno. “Dove diavolo sarà Tyler? Non voglio che incontri Klaus, chissà cosa potrebbe accadergli!” esclamò in preda a un’altra crisi di panico.

“Pensi che Klaus potrebbe recargli dei problemi visto che non è più asservito?” domandò Briony preoccupata.

Elijah corrugò la fronte sorpreso: “Tyler Lockwood ha spezzato il legame di asservimento?”

“Sì, lo ha fatto per un essere più un servetto di Klaus” rispose Briony prontamente e subito fu fulminata da Caroline, visto che la cosa doveva rimanere segreta. Allora la mora guardò Elijah circospetta chiedendosi cosa lui avrebbe pensato o fatto. Ma dubitava che gli interessasse qualcosa degli ibridi di Klaus, infatti lui restò freddo.

“Vado a cercarlo” sbottò la vampira all’improvviso filtrandosi tra la folla.

Briony e Elijah rimasero allora da soli: la folla di gente intorno a loro non esisteva visto che il tempo sembrava essersi racchiuso unicamente intorno a loro due. 

Briony si strinse nelle spalle, indecisa su cosa dire dopo ciò che era accaduto, mentre Elijah continuava a guardarla con espressione vacua. Aveva un completo scuro che lo faceva confondere all’interno della notte.

Ad un tratto Briony sviò lo sguardo. “Sono in ansia per loro due. Non vorrei che Klaus procurasse dei problemi a Tyler per il semplice fatto che non vuole essere più un suo burattino e voglia godersi la propria vita con Caroline”

Elijah sospirò mettendosi le mani in tasca: “Per come lo conosco, sicuramente non la prenderà affatto bene. Detesta chi gli si mette contro o chi gli è sleale.”

Briony allora lo guardò pensando tra sé e sé che Klaus non era il solo ad avere quelle caratteristiche un po’ inquietanti. E a giudicare da come Elijah era rigido, non l’aveva ancora perdonata completamente.

“Certo volte magari è meglio fare un passo indietro e retrocedere dall’orgoglio e risentimento se vuoi davvero andare avanti senza rimpianti.” Disse istintivamente guardandolo, senza però un tono d’accusa. Era come una richiesta, la sua.

Elijah la guardò in silenzio, forse pensando alle sue parole che consciamente intuiva non fossero riferite a Klaus. Passarono alcuni secondi di tensione.

Briony non seppe dire cosa Elijah stesse pensando e cosa avrebbe risposto, poiché si sentì all’improvviso spingere con violenza contro di lui e sentì anche qualcosa di gelido bagnarle il braccio. Le fuoriuscì un grido di sorpresa non appena si accorse che un tipo ubriaco si era scontrato contro di lei mentre passava, e aveva versato tutto il suo drink su di lei, appoggiandosi poi sulla sua spalla con sguardo lascivo che le fece venire i brividi.

Briony stava per scostarlo urlandogli di fare attenzione, ma Elijah l’anticipò afferrando il tizio con violenza per il colletto della maglia. Lo spinse via da loro:

“Guarda dove cammini.” sibilò con sguardo gelido, prendendo poi Briony per un braccio per avvicinarla a sé, quasi per evitare che quel tipo o qualche altro balordo le si avvicinasse.  Il tipo ubriaco se la diede subito a gambe; Briony respirava invece in modo affrettato contro il petto del vampiro pensando che si trovava così vicina a lui.

 La stretta possessiva sul suo braccio non diminuiva.

“Poveretto, ci sono un sacco di stupidi alle feste come queste.” si scusò lei sul suo petto, non osando fare una mossa.

All’improvviso Elijah si riscosse e la lasciò andare: “Tutto a posto?” domandò con tono calmo.

Briony si guardò l’abito: “Credo che l’unica vittima di questa sera sia l’abito all’ultima moda di tua sorella.. non pensi che vorrà indietro i soldi della tintoria vero?” domandò inarcando un sopracciglio.

Elijah scosse la testa ma non poté evitare di sorridere, cosa che le illuminò gli occhi. Briony ricambiò il sorriso ma sfortunatamente furono interrotti da Damon Salvatore:

“Guarda chi si rivede” biascicò in tono scherzoso ma si vedeva lontano un miglio che anche lui era brillo. E sembrava essere anche infuriato. Pessima combinazione.

“Dove hai spedito Bonnie Bennet, Elijah? Mmh? Prendertela con una ragazzina e esiliarla dalla sua città… dov’è finito il tuo onore?” domandò in tono arrogante in segno di sfida.

Lo sguardo di Elijah si incupì di colpo, fino a raggelarsi.

Oh oh.

Briony gli disse con lo sguardo di tenere la bocca chiusa e di non sfidare Elijah in quel modo, soprattutto tastare il suo punto debole ovvero l’onore. Mai sfidare un uomo orgoglioso su quel tasto se non volevi incorrere alla sua ira.

“Sul tuo onore è meglio che stendiamo un velo pietoso.” rispose Elijah diventando di ghiaccio ma senza evitare una punta di sarcasmo.

Per tutta risposta Damon gli sorrise sprezzante e allargò le braccia. “Elijah tu sei il re della nostra discendenza! Dovresti prenderti cura di noi, siamo un po’ come i tuoi cucciolotti!” sussurrò sghignazzando come se fosse una cosa ovvia.

Briony sbiancò di colpo, Elijah si irrigidì come se avesse ricevuto uno schiaffo: tutti e due rimasero immobili, all’erta su ciò che aveva appena detto Damon. Come faceva a saperlo?

Elijah si voltò fulmineamente verso Briony, incendiandola con lo sguardo, ma gli occhi erano sorprendentemente duri come se fosse veramente incapace di credere a quel secondo tradimento. 

Briony invece non riuscì nemmeno a deglutire e impallidì più del normale.

Ricordò la frase sprezzante di Elijah: “Se ci tieni vai a dirlo ai Salvatore, sei ben libera di farlo.”

Le aveva dato la libertà di scegliere, ma in qualche modo era convinto che lei non lo avrebbe mai fatto, che era solo una sfida o un modo per ferirla. 

Lo sguardo duro e pieno di collera di Elijah era in perfetta sintonia con le sue ferite che si stavano riaprendo un’altra volta ma che non potevano essere più sanate. Più dolorose e profonde di prima.

Briony per poco non si strozzò: “E’ impossibile…” Il suo sguardo andava prima da Elijah poi da Damon, e lo shock era chiaro nei suoi occhi verdi.

Lei non aveva detto proprio niente, figuriamoci che con tutti i problemi che aveva in mente sarebbe andata dritta dai Salvatore a fare la spia. Anzi aveva inviato un messaggio a Caroline dicendo che non voleva più parlare di quella storia e che era meglio lasciare perdere del tutto. Basta, solamente questo.

Ma lo sguardo di Elijah non tralasciava alcun dubbio e per lui, ai suoi occhi, lei era già sulla tribuna dei colpevoli che dovevano essere condannati e puniti.

“Cosa c’è? Non è vero forse?” continuò Damon con sarcasmo, ma Elijah gli lanciò uno sguardo talmente di fuoco da ridurlo al silenzio in un secondo.

Briony serrò le labbra in preda allo shock, ma Elijah non si prese neanche la libertà di dirle qualcosa che infatti si dileguò senza più degnarla di uno sguardo.

“Elijah..” Lei cercò tremante di prendergli la mano, ma lui la scansò via come se fosse stata una folata di vento fastidioso.

La ragazza trasalì sentendo il cuore inabissarsi nel petto, le parole sgomenti le morivano in gola mentre lo vedeva sparire dalla sua vista.

Si lasciò uscire un respiro strozzato, quando si voltò verso Damon che stava stracannando una bottiglia di whisky. “Come diavolo fai a saperlo?” gli domandò senza tanti preamboli.

“Lo so e basta” rispose lui semplicemente sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori.

“Dimmelo Damon! Avanti!” lo incalzò afferrandogli la bottiglia che aveva alla bocca.

Il vampiro sbuffò indispettito “In breve la tua cara sorellina ha intuito dalla tua reazione disperata che era Elijah il creatore della nostra stirpe. Le hai inviato un messaggio no? Pregandola di farsi da parte e di lasciar perdere, e per lei era un chiaro segnale che tu volevi difendere Elijah perché avevi scoperto la verità, e tutto per merito del graaaande amore che provi per lui!” sghignazzò col suo solito sorriso da bastardo.

Briony rimase basita. Davvero Caroline aveva intuito tutto semplicemente dalla sua preghiera di lasciar perdere il piano? Doveva ammettere che la sua attività cerebrale era aumentata così come il desiderio di strapparle i capelli uno a uno. Si imbestialì come non mai per l’ennesima cazzata fatta dalla sorellina e che le procurava sempre dei problemi.

“Dio Caroline.. se la prendo..” sibilò fra i denti agitando le mani.

Damon rise di gusto “Quanto ti capisco! E’ questo il vizio dei fratelli minori.. non sai mai cosa aspettarti da loro!” disse con’occhiata scherzosa, ma Briony non gli diede il benché minimo ascolto anche perché arrivò da loro Rebekah che li guardava circospetta: “Cosa avete tanto da sbraitare? Che altro è successo?”

“Abbiamo avuto un piccolo diverbio con tuo fratello-lo strappa cuori ma un diverbio piccolo!” scherzò Damon agitando una mano.

L’Originaria lo guardò sospettosa e cominciarono a battibeccare, Damon poi sottolineò con sarcasmo la sua storia con Matt con commenti espliciti, ma le orecchie di Briony divennero sorde perché non li ascoltava.

Si staccò da loro e cominciò a camminare in mezzo alla folla senza una meta precisa: vide Kol completamente euforico ballare con delle ragazze attorno al fuoco con in mano un boccale di birra; Elena a braccetto con Stefan; Rebekah era ritornata da Matt e si stavano dando un rapido bacio. In lontananza vide Klaus litigare con violenza con Tyler e Caroline assisteva al suo fianco.

Ma stranamente non le importò. Ne aveva abbastanza di tutti quei problemi, quei guai, quelle situazioni che mettevano in pericolo la vita di tutti. Il suo cuore in pochi giorni era stata massacrato tanto da diventare inguardabile e non sapeva più come risanarlo.

Mentre camminava tra la folla le passò accanto all’improvviso una figura incappucciata di nero che la spalleggiò col braccio, e se così non fosse stato Briony non avrebbe guardato in faccia quella figura altissima. Dal cappuccio fuoriuscivano dei fanali lucenti al posto degli occhi.

Briony sbattè le palpebre intimidita, ma poi quella figura scomparve in mezzo al via vai della gente come se appartenesse al vento.

Lei allora si strinse nelle spalle, osservando tutta quella gente strana alla festa, e si avviò verso il bosco.

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Esther si trovava nell’appartamento di Bill a Mystic Falls ed era seduta a un tavolo con sopra strani aggeggi di stregoneria. Bill era a qualche metro da lei con il pugno della mano sotto il mento e guardava ciò stava facendo la strega.

“Andrà bene?” domandò lui ansioso.

“Credo di sì. E’ la prima volta che faccio un incantesimo del genere” rispose lei prendendo un boccale e tagliandosi un dito facendo fuoriuscire qualche goccia di sangue.

Bill si avvicinò “Mia figlia sopravvivrà vero? Mi hai dato la tua parola”

Esther ricambiò lo sguardo preoccupato dell’uomo: “Certo Bill” rispose sfoderando un sorriso.

L’uomo sospirò “Fra quanto l’incantesimo sarà pronto?”

“Tra pochi minuti. Vedrai andrà bene” rispose mentre mischiava il liquido rossastro nel boccale.

“Reagiranno tutti quanto allo stesso modo e nello stesso momento?” domandò ancora.

Esther si strinse nelle spalle “Dipende dal controllo che uno possiede.” Guardò in fondo al boccale dove si formavano strani cerchi “Ecco, è pronto.”

 

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Briony stava vagando in mezzo al bosco senza alcuna meta, riusciva a sentire soltanto il chiasso proveniente dalla festa e il rumore degli animali notturni. La luna era ormai in alto nel cielo e il buio della notte la inghiottì.

“Perché diavolo l’hai fatto?”

Un sibilo gelido le arrivò da dietro le spalle e Briony si voltò spaventata. Non riuscì a individuarlo bene, anche perché l’oscurità li aveva inghiottiti, e in quel momento albergava anche in Elijah. Gli occhi neri erano indecifrabili.

“Non sono stata io, Elijah.” rispose lei automaticamente cercando di guardarlo.

“Ma davvero?” la schernì lui con un ghigno diabolico.

“No diamine! Io non ne ho fatto parola con i Salvatore!”

“Con tua sorella allora.”

“Nemmeno con lei! Le ho solo detto che era meglio lasciar perdere tutta questa storia e lei avrà intuito la verità! Ma io non c’entro niente!” urlò lei per fargli capire la sua innocenza, che lei non si era tramutata in una lama pronto a colpirlo al cuore.

Vedendo il suo sguardo di pietra e irremovibile, Briony gli si avvicinò e gli sussurrò:

“Non essere arrabbiato.”

Lui questa volta sembrò guardarla per davvero, ma quel che Briony scorse nei suoi occhi neri le provocò un brivido di paura.

“Oh non mi hai ancora visto veramente arrabbiato” sibilò lui lentamente.

La fredda minacciosa scintilla negli occhi rivelava la sua rabbia, anche se lo nascondeva bene. La calma simile allo splendore ingannevole del ghiaccio ritornò in lui, lubrificando il suo animo.

Briony sospirò in preda all’agonia:

“Non so come fare per farti capire che io non ti tradirei mai. Ti ho ripetuto molte volte il perché ho cercato di aiutare Caroline l’altro giorno, ma io non ho mai riferito a nessuno la verità sulla discendenza. Mi farai morire con i tuoi continui attacchi d’ira!” gridò l’ultima parola esasperata e ferita.

Lui si irrigidì, ma poi avanzò in avanti come il predatore che era:

“Sarai tu invece a farlo con le tue continue menzogne e pugnalate alla schiena.” Ribatté con un’ira inaspettata che la fece tremare con troppa forza.

Il suo sguardo la inchiodò fino a raggelarla, la minaccia trattenuta nella sua voce era spaventosa. I suoi occhi neri mandavano lampi gelidi:

“Sento che tu mi stai nascondendo qualcosa persino adesso.” Elijah le puntò addosso uno sguardo accusatorio e un braccio contro: “Non negarlo”

Briony deglutì intimorita da quelle sue reazioni così spaventose che era da tanto che non riversava su di lei, ma appesantirle in una così tale ira la fece irrigidire come non mai:

“Non è vero” sussurrò incerta sviando lo sguardo, non riuscendo più a sopportare quello glaciale del vampiro, e cercò così qualche via di fuga.

La rabbia che salì agli occhi di Elijah, una rabbia improvvisa, cupa e incontrollata, colse Briony di sorpresa. La prese per un polso, stringendolo fino a farle male:

“Non mentirmi.” sibilò lui in tono spietato, guardandola fin nelle profondità degli occhi.

Briony sussultò spaventata, i suoi occhi tremarono alla vista di quel vampiro che sembrava aver risucchiato l’umanità che lei aveva sempre cercato in lui. Le fuoriuscì un respiro strozzato, gelido, quasi implorandolo di smetterla e di lasciarla.

Elijah all’improvviso sbatté le palpebre, come se soltanto ora vedesse la paura negli occhi verdi di Briony e il tremolio in tutto il suo corpo.

Le lasciò andare il polso, shockato dalla propria esplosione di rabbia almeno quanto lei. Briony intuì che qualcosa non andava, ma non riusciva a formulare un pensiero coerente in tutta quella situazione che la sovrastava mentalmente.

Elijah si portò la mani ai capelli come se fosse teso.

Senti… se ci comportiamo così non andiamo da nessuna parte. O siamo sinceri l’uno con l’altro, altrimenti non vedo più il senso in tutta questa storia.”

Briony sobbalzò per quella risposta e lo guardò quasi sotto shock per via delle sue parole e del suo comportamento crudele. Sentiva di non meritare la sua rabbia riversata con tanta freddezza, e mescolata alla sofferenza che la consumava percepiva che non sarebbe riuscita a reggere le redini della sua vita da sola. Si sentì all’improvviso soffocare:

“Bene. Vedo che tu hai già deciso.” Rispose lei col tono più duro che riusciva a racimolare, anche se dentro si sentiva spezzata.

Elijah la guardò calmo, ma sembrava irritato:

“Sei tu a far crollare tutto con i tuoi continui sotterfugi.”

Briony scosse la testa perché non ce la faceva più a reggere tutto questo. La testa sembrava impazzire in preda all’agonia, e l’anima si contorse fino a bruciare.

Ma sentiva comunque così freddo da raggelare le ossa. Si strinse nelle braccia per dare un po’ di conforto al suo corpo, anche se ormai il cuore era decisamente andato.

Possibile che in mese di maggio facesse così freddo?

Elijah la osservò guardingo, ma vedendola così impaurita e infreddolita qualcosa si mosse nel suo cuore, e allontanò per un attimo il mostro dentro di lui che lo indirizzava verso una rabbia che non lasciava scampo.

Elijah si tolse la giacca sospirando e gliela mise sulle spalle, senza però sfiorarla. Il gesto faceva trapelare freddezza nonostante tutto, non il conforto che lei desiderava.

Lui la guardò poi in viso, anche se Briony aveva distolto lo sguardo. Il vampiro accennò a sfiorarle il volto ma lei si scansò, chiudendo gli occhi:

“Basta ti prego.” la sua era una supplica per farsi concedere un attimo di tregua senza litigi, senza interrogatori... senza bugie. Ma lei da troppo tempo si cibava di queste perché vedeva che era il solo metodo per andare avanti, per cercare almeno di fingere di non soffrire così atrocemente e non far soffrire gli altri in egual maniera.

Elijah abbassò allora la mano con sguardo assorto.

Gli uscì un sussurro appena percettibile. “Non riesco più a capirti.”

Briony aprì gli occhi ma tenne comunque lo sguardo basso mentre il cuore, già martoriato, sembrava questa volta essere svanito nel nulla, non c’era più.

Elijah la guardò ancora con la speranza che anche lei lo guardasse, ma capendo che non sarebbe successo fece alcuni passi indietro. Briony lo sentì allontanarsi sempre di più come nel sogno che aveva fatto, ma le braccia questa volta sembravano essersi congelate e non riuscivano a trattenerlo. La realtà era ben peggio del sogno.

Ad un tratto sentì i suoi passi fermarsi come se lui si fosse bloccato a guardarla, ma lei rimase immobile riempiendosi del proprio dolore e sensi di colpa.

Lasciò che tutti gli errori le entrassero dentro, le attraversassero il cuore morto, fino a roderle l’anima.

 

Briony camminava lungo il bosco per dirigersi verso la festa e prendere la macchina parcheggiata lì vicino. Aveva la giacca di Elijah ancora sulle spalle e lei se la teneva ben stretta. Sentiva il suo profumo invaderle le narici e questo riuscì a complicare le cose e renderle più dolorose.

Non sapeva più cosa fare o quale direzione prendere. Il destino non sembrava essere più tracciato così chiaramente. Le sembrava di essere in un labirinto senza uscita.

Mentre camminava però si ritrovò davanti Kol Mikaelson, spuntato all’improvviso dal nulla. Briony corrugò la fronte:

Kol? Che ci fai qui?”

Il vampiro non rispose, le rivolse solo un sorriso beffardo e soltanto dopo qualche attimo Briony si accorse del rivolo di sangue che gli scendeva dalle labbra macchiate di rosso.

Sgranò gli occhi impauriti e cominciò a indietreggiare vedendo che lui avanzava verso di lei. “Dove vai biscottino?” domandò Kol sottovoce e lei si sentì raggelare dal terrore.

Non urlò. Non aveva abbastanza aria nei polmoni per emettere un qualsiasi suono. Briony agì d’istinto e corse a più non posso inoltrandosi nella foresta.

Sentiva dietro di lei la presenza di Kol sempre più vicina, sentiva le sue mani pronte ad afferrarla e alimentare la sua paura, ma cercò di correre il più veloce possibile.  

Briony ad un tratto si sentì afferrare la gamba con violenza e Kol la strattonò all’indietro. Prima di cadere a terra, Briony scoprì che in fondo ai polmoni aveva abbastanza aria per urlare.

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Anche Ylenia era arrivata alla festa, seppur con un ritardo assurdo, ma non era per il divertimento che era venuta. Aveva un terribile presentimento e ormai era risaputo che alle feste di Mystic Falls accadeva sempre qualcosa di male e voleva tener d’occhio la situazione. Tra l’altro era da giorni che non vedeva Briony né la sentiva, e ciò la preoccupava perché la ragazza non era in condizioni di stare da sola a sopportare tutto quel peso, considerando che non sarebbe stata sempre così “normale”.

La cercò tra la folla ma i suoi occhi catturarono subito una persona in particolare: Finn.

Sobbalzò ricordando l’ultima volta che lo aveva visto e sviò subito lo sguardo, camminando dalla parte opposta. Aveva altro a cui pensare quella sera e sentiva nel vento qualcosa di strano… era troppo freddo, troppo veloce, quasi urlasse.

Non riuscì a racimolare qualche idea su quella situazione che si sentì chiamare da dietro: “Ylenia

La strega sospirò capendo di chi si trattava e si voltò, incrociando gli occhi scuri di Finn “Che cosa vuoi? Il tuo ultimo messaggio mi è arrivato forte e chiaro”

Finn ricambiò lo sguardo duro, come se non fosse affatto sorpreso nel sentire la sua risposta e assentì:

“Hai ragione, ma non sono venuto qui per scusarmi ma solo per dirti che una cosa del genere non ricapiterà mai più. Io sono rimasto per cercare di vivere una vita normale con la mia famiglia, in pace.. e per questo è meglio che non ci vediamo più. E’ meglio per tutti no?”

Ylenia deglutì sentendo un “no” deciso e forte provenire dal cuore, ma fu la mente come al solito a rispondere per lei: “Sì, credo sia meglio… Ti auguro ogni bene, Finn” rispose con voce che risuonò strozzata alle sue orecchie, ma Finn non sembrò cambiare espressione infatti sospirò solamente.

“Non ti chiedo di cambiare città solo di evitare di incontrarci.”

“Ho capito” rispose lei duramente non sopportando ulteriormente quel dialogo, infatti sviò lo sguardo verso la festa.

Finn assentì di nuovo con la testa, poi si portò una mano alla tempia come se avesse un’improvvisa emicrania. Gli sfuggì un gemito di dolore. Ylenia se ne accorse e strinse gli occhi: “Che cos’hai?”

Vedendo che Finn non riusciva a reggersi nelle gambe e aveva il respiro accelerato, Ylenia si preoccupò e gli cinse le spalle appartandosi da sguardi indiscreti.

Finn? Stai male?” domandò preoccupata cercando di guardarlo in viso.

Lui improvvisamente alzò il volto, sembrava avere uno sguardo da allucinato. Aveva le pupille dilatate, gli occhi scorniciati da profonde nere occhiaie.

“Che sta succedendo?” domandò lui come se si rivolgesse a se stesso e respirando con fatica.

Ylenia corrugò la fronte cercando di sorreggerlo e di fargli domande, ma non ricevette alcuna risposta perché Finn si avventò improvvisamente su di lei come una belva, e ficcò i denti aguzzi all’interno del suo collo, succhiando con avidità fino in fondo e tenendola ferma.

Ylenia gridò.

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Rebekah si era appartata da qualche parte nella foresta con Matt. Erano seduti vicino a un albero e lui le cingeva dolcemente le spalle.

“Finalmente ci siamo liberati di quella fastidiosa di Elena e dei suoi cani da guardia. E’ molto meglio stare da soli non credi?” gli sussurrò lei maliziosa alzando il viso verso quello del biondino.

Lui rise: “Concordo” E tracciò il suo mento con la punta delle dita per poi baciarla delicatamente sulle labbra. Rebekah rise sulla sua bocca ma si scansò dalla stretta come se fosse stata fulminata all’improvviso.

Aveva il respiro affrettato e tutti i suoi sensi erano orientati verso la linea del collo scoperto di Matt. “Bekah? Che succede?” domandò lui preoccupato facendo l’azzardo di avvicinarsi.

Lei allora non riuscì a controllarsi e lo spinse contro l’albero con violenza e con sguardo allucinato. Lui rimase immobile completamente preso alla sprovvista.

“Mi dispiace..” sussurrò lei quasi si stesse rammaricando per ciò che stava per fare ma non aveva la forza di impedirlo. Inclinò il viso verso il collo del ragazzo e lo divorò con i denti, perforandolo per trovare la vena pulsante, e succhiare così il sangue del ragazzo che stava imparando ad amare.

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Briony stava correndo impazzita lungo il bosco con sguardo spaventato a morte. Aveva lividi un po’ dappertutto e del sangue le sgorgava dalla fronte, dove Kol l’aveva colpita, e anche nella gamba, ma per fortuna era riuscita a toglierselo di dosso e a svignarsela.

Ma il vantaggio era poco infatti sentì la voce di Kol urlare non molto lontano:

“Biscottino! E’ inutile che ti nascondi, tanto ti troverò!” L’ultima frase finì con una risata spietata, e Briony riprese la corsa cercando di non incespicare in mezzo alle radici e di regolarizzare il fiato.

All’improvviso però si sentì strattonare con violenza e Kol le fu addosso, facendola cadere di schiena:

“Ti ho trovata!” esclamò vittorioso con un lampo negli occhi.

Briony gli diede dei pugni sul petto per levarselo di torno: “Kol lasciami!” gridò infuriata.

“Neanche per sogno! Ti lascerò andare solo quando avrò bevuto un po’ del tuo sangue” sghignazzò lui divertito, come se si trattasse di un gioco, e si avvicinò al suo collo senza perdere tempo.

Briony gridò in preda al terrore cercando di scansarlo via con la forza delle gambe e delle braccia, ma qualcos’altro esplose poi dentro la sua testa... come un’esplosione di scintille, e le si mozzò il fiato per la sua potenza.

Sentì Kol gridare all’improvviso e portarsi una mano alla tempia per poi tossire, come se stesse sputando l’anima. Anche Briony gridò, non sopportando quella forza spaventosa nella sua mente. Il corpo pulsò ma alla fine quella potenza si spense del tutto con troppa rapidità, visto che non c’era affatto abituata.

Briony non riuscì a godere quel poco di sollievo che infatti i suoi occhi puntarono su Kol che torreggiava su di lei: “Piccola puttanella!” gridò infuriato per essere stato fermato contro la sua volontà, e gli diede uno schiaffo in pieno viso che le fece voltare la faccia dall’altro lato. Il respiro le si mozzò in gola.

La prese con violenza per issarla  e la spinse con altrettanta violenza contro un albero, facendola crollare a terra; Briony sentiva la testa dolerle fino a scoppiare, le gambe cedere e il respiro accelerato dalla paura. Non riusciva più a difendersi, quella scintilla nella sua mente sembrava essersi rintanata nel buio e non riusciva a trovarla.

“Ora stai ferma se non vuoi passare dei guai.” mormorò Kol incattivito, avvicinandosi a lei e sfoderando i canini pronto a perforarle la carne.

Briony ebbe solamente la forza di gridare, ma ebbe anche la prontezza di accorgersi che Kol era stato spostato via da lei miracolosamente da qualcosa. Il tonfo che percosse Kol lo udì benissimo, e vide poi Elijah scrutarla con sguardo shockato per verificare se fosse ancora in vita.

Quando vide le molteplici ferite e lividi che Kol le aveva procurato e lo stato in cui lei si era ridotta, incendiò il fratello semplicemente con un sguardo: “Come ti sei permesso?” sibilò Elijah fra i denti, andandogli pericolosamente vicino.

Kol gli sorrise in faccia, alzandosi. “Il solito guastafeste! Levati Elijah!” esclamò lui come se stesse prevaricando il diritto di cibarsi.

Elijah gli rivolse un’occhiata di puro ghiaccio e lo mise k.o semplicemente con una mossa, spezzandogli l’osso del collo. Lo guardò a terra privo di rimorso perché sapeva che non gli aveva fatto niente e che era ancora vivo, ma almeno era fuori gioco per un po’.

Subito Elijah si voltò verso Briony, con l’angoscia negli occhi:

“Oddio Briony.” sussurrò con voce impercettibile avvicinandosi a lei.

Lei riuscì soltanto a sussurrare il suo nome perché le mancava il respiro e si aggrappò alle sue spalle per tenersi in piedi.

Elijah la circondò con un braccio protettivo. “Va tutto bene. Sei al sicuro.” le sussurrò fra i capelli cercando di confortarla.

Briony si arrese a lui e lasciò che la prendesse in braccio per andarsene via da quell’inferno, nelle mani di colui che poteva passare per un demonio, ma era comunque il suo nome che lei chiamava sempre per avere aiuto. E che invocava ogni ora nel cuore.

Elijah la tenne stretta cercando di non farle male e di vedere se si era procurata gravi ferite. Camminarono per un po’ quando lui si arrestò di colpo tutti i suoi muscoli sembravano essersi irrigiditi come una corda di violino.

Mise a terra Briony,  che lo fissò interrogativa per quel gesto improvviso, ma lo sguardo di Elijah sembrò vagare solo e unicamente verso la linea del suo collo che risplendeva alla luce della luna. Elijah sgranò gli occhi mentre questi cercavano solo la vena pulsante, come se la volessero perforare.

Gli occhi vennero accerchiati da strane occhiaie scure e Elijah sviò fulmineamente lo sguardo, aprendo la bocca come se cercasse di respirare.

“Corri, Briony.” sussurrò lui con un fil di voce spezzato. Il controllo sembrava essere svanito dal suo corpo infatti si costringeva a guardare un punto lontano al fine di calmarsi.

Briony lo guardò sconcertata, non riuscendo a capire che diamine stava succedendo quella sera.

“Elijah? Che ti succede?” domandò sgomenta, fissando lo sguardo del vampiro che in quel momento faceva trapelare una bramosia accesa e terrificante.

Briony impallidì per la trasformazione di quello sguardo che non poteva appartenere a Elijah. Il vampiro si portò una mano alla bocca, come per reprimere un istinto che aborriva, ma se la portò poi via con violenza:

“Devi correre via Briony!” le gridò lui con tono autoritario che non ammetteva repliche, e le diede le spalle che erano tutto un fior di nervi. Si avvicinò a un albero vicino a lui, appoggiandosi ad esso.

Le dita, che sembravano artigli, recisero con violenza inaudita il tronco dell’albero fino quasi a spezzarlo, e Elijah si lasciò sfuggire un ringhio grottesco che faceva trapelare l’autocontrollo ormai spezzato. Si accasciò sulle ginocchia respirando a fatica, le unghie martoriavano il tronco senza pietà come per placare la sua natura che stava per venire fuori.

Briony tentò qualche passo per avvicinarsi in preda all’angoscia e alla preoccupazione, perché i suoi occhi non sopportavano la vista di Elijah ridotto così. La fronte dell’Originario era perlata di sudore e il petto si alzava a velocità smisurata.

Elijah tuttavia si voltò verso di lei ringhiando furioso: “Vai!” gridò un’ultima volta per cercare di salvarla da se stesso. Il viso era irriconoscibile.

Briony questa volta gli diede retta e la gambe si mossero da sole verso un punto sconosciuto della foresta, pensando solo a correre via. Ma inevitabilmente gli occhi si inumidirono pensando che aveva lasciato Elijah solo e che si era arresa nel cercare di aiutarlo.

Ma lei gli avrebbe recato solo agonia perché il suo sangue sembrava essere così delizioso quella sera da non riuscire a tenerselo stretto, e se lui lo avesse bevuto…sarebbe finito tutto.

Cercò di correre via per salvare se stessa, per salvare soprattutto lui. Per scappare dal destino crudele che li stava rincorrendo senza pietà e alla fine era sopraggiunto.

Corse per un tempo infinito cercando di non dar peso al dolore alla gamba, quando all’improvviso si ritrovò davanti la figura oscura di Elijah che le sbarrò il cammino.

Briony involontariamente urlò perché non si aspettava di vederlo lì, e soprattutto per aver scorso il viso di Elijah che si era completamente tramutato. Non era più bello, puramente elegante, o in qualche modo affascinante come in sogno.

Il viso ora rivelava il mostro che c’era in lui e che era fuoriuscito dimostrando quanto la realtà potesse essere feroce. La bocca distorta in un sorriso cattivo.

“Dove credi di andare, sweetheart?” sussurrò lui piegando il viso da un lato. Solo la voce era rimasta uguale, profonda come l’oceano e carezzevole come il velluto, per niente noiosa. Il richiamo del predatore che attira la preda.

“Elijah.. che ti è successo?” riuscì solo a dire lei, guardandolo con sgomento e con paura.

Lui scosse piano la testa:

“Basta domande”

Le afferrò all’improvviso un braccio facendola girare su se stessa, così da cingerle la vita in una prigione letale.

Briony sobbalzò sentendo il respiro di Elijah sul suo collo farsi sempre più vicino, e cercò di scostarsi da lui: “Lasciami!” provò a gridare ma le fuoriuscì soltanto un lamento e una preghiera allo stesso tempo.

“Scordatelo.” rispose lui semplicemente, stringendo la presa sul suo braccio riposto al di sopra della vita di lei.

Il vampiro abbassò il viso verso il collo e inspirò profondamente il suo odore. “Hai un profumo delizioso, Miss Forbes.” le alitò lui all’orecchio con voce mortalmente sensuale.

Briony tremò e deglutì più volte per calmarsi. “No Elijah no…” sussurrò in una preghiera con le lacrime agli occhi capendo che cosa sarebbe successo.

“No?” le sussurrò lui di rimando con le labbra sul suo orecchio. Quel respiro gelido la paralizzò,  mentre la mano libera di lui cominciò a tracciare il profilo del suo collo fino alla spalla con sadica lentezza.

“Se è il tuo sangue tutto ciò che hai da offrirmi, vorresti negarmelo?” le alitò di nuovo all’orecchio con voce suadente come un richiamo, ma Briony non poté evitare di sentire un filo di rabbia nella voce. Una rabbia gelida che alimentava la fiamma della sua follia.

Briony fu percossa da degli spasmi di dolore implorandolo di fermarsi, ma lui non la stette minimamente ad ascoltare. Infatti le tolse di dosso la giacca che portava ancora sulle spalle, e con un gesto che nascondeva bramosia le squarciò gran parte del tessuto del vestito che le ricopriva la pelle del collo e della spalla destra.

Briony sobbalzò per quel gesto inaspettato e violento, che non aveva nulla della galanteria che l’aveva sempre contraddistinto, e cercò allora di scansarsi via da lui, di togliere il braccio sulla sua vita che sembrava serrarla:

“No, Elijah ti prego… non farlo.” lo pregò e fu percossa da dei singhiozzi disperati, mentre il respiro di Elijah le gelava la pelle nuda della spalla, del collo.. sembrava godere nel sfiorarla.

Lei però cercò ancora di opporsi e lui allora serrò il viso.

“I tuoi piagnistei mi stanno stancando” sbottò lui all’improvviso seccato e gelido, e la fece girare un’altra volta con forza ritrovandosi così faccia a faccia.

Briony non perse tempo e subito ne approfittò per scansarsi da lui con uno spintone e corse via a gambe levate.

Elijah restò immobile a fissarla, come se non gli importasse della preda sparita tra le mani, ma poi un sorriso cattivo gli alleggiò sulle labbra e scosse la testa.

Briony correva in mezzo agli alberi gridando il nome della sorella, di Stefan, quello di Ylenia, chiunque potesse accorrere in suo aiuto per fermare la bestia che si era liberata dalla gabbia all’interno di Elijah.

Incespicò fra gli arbusti e cadde a terra imprecando tra sé e sé, ma i suoi occhi puntarono all’improvviso su un piccolo ramo spezzato con una punta molto affilata, quasi ad arte. Lo prese tra le mani tremanti e si issò in piedi, ma si bloccò subito perché Elijah era proprio di fronte a lei.. la distanza brevissima.

Briony.” la ammonì lui in tono severo come se la stesse colpevolizzando di essere scappata. Le mani chiuse a pugno dietro la schiena e un sorriso gelido gli comparve poi sul volto sentendo l’odore della sua paura.

Quando lui fece un passo verso di lei per afferrarla, Briony gli piantò il piccolo ramo nel petto con tutta la forza che aveva. Gli occhi le si velarono di lacrime mentre lo fece.

Ma doveva farlo.. lo faceva per salvarlo. E non trovava nemmeno la forza di contrastarlo attraverso quel mostruoso potere come se questo si ostinasse, nonostante tutto, a non fargli del male.

Elijah gridò quando sentì il colpo, non per il dolore ma più per la sorpresa. Guardò il ramo piantato nel petto a pochi centimetri dal cuore, poi alzò lo sguardo su di lei con occhi sgranati… come se mai si aspettasse che lei gli avrebbe fatto una cosa del genere, come se fosse davvero addolorato che lei lo avesse tradito.

“Mi hai ferito un’altra volta Briony.” sibilò lui con tono mortalmente calmo, e sfilandosi con forza il paletto dal petto senza emettere alcun suono di dolore.

Briony sbatté le palpebre perché aveva appena riconosciuto in lui un minuscolo barlume di umanità, come se avesse fatto intravedere che lui nonostante tutto era ancora lì con lei, poichè altrimenti non poteva aver detto una cosa così reale e addolorata se non fosse stato così.

“Elijah fermati. Non sei tu questo” gli sussurrò cercando di riportarlo da lei, di ritrovare un appiglio all’interno di quel muro inossidabile e scavò a fondo per trovarlo. La mente chiamò il suo nome più volte, pregandolo.

L’Originario d’altro canto non diede peso alle sue preghiere infatti le sorrise come se la compatisse, e l’afferrò rudemente per il braccio spingendola contro un albero con tutto il suo peso.

Briony gemette per il dolore, trovandosi intrappolata tra l’albero e il corpo del vampiro. Ma cercò comunque di spingerlo via, di dargli dei pugni sul petto, di muoverlo a compassione mentre gridava, singhiozzava e pregava.

Elijah sembrava non accorgersi nemmeno della sua debole resistenza, infatti spinse con forza il corpo di lei con tutto il proprio peso e contemporaneamente abbassò il viso per inalare il suo profumo ancora una volta.

Briony non cessava di lottare e gridare.

Ssssh.” le fece lui all’improvviso a bassa voce, posandole un dito sulle labbra come per farla calmare, mentre il viso rimaneva ancora incatenato al suo collo.

Il petto di Briony stranamente ebbe meno spasmi e il respiro si fece più regolare, come se tutto a un tratto lui aveva avuto il potere di farla davvero calmare. Anche se lo sguardo era privo di colore, pallido, e gli occhi sgranati dalla paura.

La mano di Elijah si abbassò, percorrendo il suo mento, il suo collo e giù fino al petto con molta lentezza:

“Sai che non potrei mai farti del male vero?” le soffiò lui sull’orecchio.

Briony sbatté le palpebre imperterrita e rimase ferma, assopendo una minima parte della sua paura. Sembrava che anche quando la parte mostruosa di lui prendeva il sopravvento, la sua umanità comunque rimaneva sotto la superficie, nascosta, in attesa di risalire e di espugnare il mostro che albergava in lui.

Oppure era solamente una tattica per sottomettere la preda alla propria completa mercé prima di soffiarle la vita beatamente con un sorriso, e con gesti quasi gentili, tra le braccia di un bellissimo demonio. In quel caso sarebbe stato un predatore formidabile.

I suoi pensieri di terrore però ritornarono a galla quando sentì la bocca di Elijah avventarsi sul suo collo, stuzzicandola con baci pieni di ardore, quasi la stessa preparando al morso con gratificazione. Le mani si erano abbassate ai suoi fianchi, stringendola.

Briony sgranò gli occhi più del normale e ricominciò la lotta contro di lui per cercare di spingerlo via; gridava come impazzita e le sue urla si confusero tra i singhiozzi disperati per la consapevolezza dell’orrore che stava per accadere.

“No Elijah.. ti ucciderà.” sussurrò con un fil di voce per cercare di metterlo in guardia e di salvarlo. Ma quell’Elijah era talmente preso dalla sua follia che probabilmente anche se gli avesse raccontato tutta la verità non l’avrebbe neanche ascoltata.

Lei sarebbe morta perché lui in quel momento non era in sé, l’avrebbe prosciugata fino all’ultima goccia. Quell’essere mostruoso sembrava aver divorato l’Elijah che lei amava.

Ma non era la proprio vita che le interessava davvero, non aveva paura per sé, poco le importava…

Lui sarebbe morto, era questo il suo angoscioso terrore, la fiamma che alimentava la sua paura e i suoi pianti. Aveva paura per lui, voleva salvarlo con tutte le sue forze; la sua stessa vita era stata messa in secondo piano, scavalcata da quella di lui.

Briony gridò a perdifiato, dandogli continuamente dei pugni sul petto e singhiozzando, quando sentì le ginocchia cedere e dopo avergli inferto un’ultima spinta violenta, lei cadde improvvisamente sull’erba tenendo la schiena ancora incollata contro l’albero.

Elijah si chinò all’indietro per quell’atteggiamento improvviso, ma non si fece prendere in contropiede quando lei tentò di gattonare per scappare via, infatti bruscamente la afferrò con una mano per il collo scontrandola di nuovo contro l’albero. Elijah si abbassò alla sua altezza, e le rivolse uno sguardo stizzito come per punirla di non aver acconsentito al suo volere e di voler scappare via.

Briony gemette, non riuscendo più a sentire l’aria nei polmoni e alzò il viso verso il cielo cercando di respirare. Le mani erano sul petto di lui per cercare di allontanarlo da sé ma alle orecchie le giunse una risata torva e cattiva:

Briony Forbes.. mi procuri sempre dei problemi.” la canzonò lui con voce maligna e scostando le sue mani dal petto con il braccio libero, mentre l’altra mano era ancora attorno al suo collo in una forte presa.

Elijah si avvicinò al lato del suo collo, dove il vestito era stato squarciato e aprì la bocca percorrendolo con i denti, come se stessero preparando la sua pelle a quel gelo letale.

Quell’essere mostruoso ormai aveva vinto, non c’era più niente di umano in lui, e l’oscurità li avvolse.

Era finita. Sarebbe finito tutto quanto.

Briony si arrese a sferzargli dei pugni contro il petto, a cercare di scansarlo con la forza delle ginocchia che erano attorno ai suoi fianchi, perché era tutto inutile. Non gridava nemmeno più perché il collo sembrava contorcersi sotto la stretta di Elijah e le sembrava di non emettere più fiato.

Riusciva soltanto a singhiozzare, a piangere, a pensare come sarebbe stata la sua vita se non l’avesse mai conosciuto. Sarebbe stata normale.. vuota, priva di qualsiasi emozione che elettrizzava l’esistenza. Ma almeno lui sarebbe vissuto.

Briony chiuse gli occhi velati di lacrime disperate, mentre il suo corpo si arrese alla violenza di quel mostro. I capelli mossi di lei sfioravano il viso del vampiro che stava per imprimerle il colpo finale, il dolore massimo per lei.

Non voleva che fosse proprio lui a darle la morte, che fosse proprio lui il suo carnefice dopo quanto lo aveva amato e lo amava tuttora. Ma evidentemente il destino era davvero crudele.

La mente si rilassò preparandosi alla morte, chiudendogli gli occhi. Il corpo di Elijah la soffocava contro l’albero. La bocca del vampiro era già aperta.

E poi lei fece qualcosa che entrambi non si sarebbero mai aspettati.

Il suo suonò come un sussurro, come l’ultimo addio prima della fine, tre parole che sperava avrebbero accompagnato entrambi nell’oblio per non lasciarli soli.

“Ti amo Elijah”

Era così impercettibile quel sussurro, come se non volesse che qualcun altro lo ascoltasse. Probabilmente Briony non se ne rese almeno conto perché sembrava davvero intontita.

Ma lui l’ascoltò. Si bloccò come se fosse stato trafitto da una freccia. 

Elijah interiorizzò quelle semplici parole che gli scesero in fondo al cuore, percossero e frustarono quell’essere che albergava in lui, per fermarlo. Quelle parole erano uno schiaffo al mostro, acido bollente sulla sua natura demoniaca.

Elijah si distanziò lentamente, i capelli mossi di Briony gli ricoprivano ancora il viso abbassato.

Briony all’improvviso non sentì più la stretta ferrea sul suo collo e tornò finalmente a respirare. Il petto di Elijah non la spingeva più dolorosamente contro l’albero e la lasciò libera, come se il predatore all’improvviso avesse avuto compassione della preda.

Ma era molto più complesso di così. L’amore di lei lo aveva strappato dall’orrore che poteva compiere, lo risollevò da quella natura che aborriva, e lo rendeva umano… quasi come lei.

Briony sollevò le palpebre e si portò una mano al collo che sembrava bruciare sotto il suo tocco, ma il suo vero fine era di guardare Elijah che si era allontanato da lei. Aveva il busto leggermente alzato, gli occhi sgranati da quell’orrore. Era lui a non respirare adesso.

L’agonia che alcune volte aveva visto in lui non era nulla in confronto a quell’immagine che aveva davanti. Era come un bellissimo quadro martoriato da dei vandali: sembrava spiritato, un angelo nero divorato dalle fiamme. Ma niente era più vivo in lui come la repulsione e l’odio verso se stesso.

Briony…” pronunciò quel nome come se fosse il suo male, una tortura.

Non accennò nemmeno a sfiorarla quasi avesse paura di farle ancora del male. Elijah si alzò velocemente e si portò la mano alla bocca, come per schiacciare giù il mostro che voleva di nuovo salire in superficie e che non si era ancora arreso. Strinse il pugno sulla bocca, quasi mordendolo.

Briony, ti prego vattene” mormorò lui flebilmente per proteggerla e dandole le spalle per appoggiare una mano sopra una quercia. Inclinò lievemente la schiena verso il basso come se stesse combattendo una lotta  vitale contro se stesso.

Lei lo guardò sconsolata e rammaricata perché i suoi occhi non sopportavano quell’immagine di lui in una così completa agonia.

Il terrore era svanito, scemato e avrebbe tanto voluto confortarlo se ci fosse stata solo e unicamente la sua vita in pericolo. Ma non era così, e Briony decise di riprendere il controllo del proprio corpo e tentare un’altra volta di scappare.

Si voltò ancora verso di lui guardandolo con espressione sofferente e respirando a fatica, poi riprese la corsa.

Ma solo dopo poco tempo, Briony sentì qualcosa di martellante pulsarle nel cervello. Le gambe tremarono come se fossero state attaccate da una scossa elettrica. Vide il mondo girare al contrario e svenne a terra, priva di forze che le erano state prosciugate prima dallo scontro con Kol e poi, quello più doloroso, con Elijah. Non era forte come gli altri credevano, tutt’altro.

Altro che cacciatrice super forzuta, pensò con sarcasmo.

Prima di chiudere gli occhi e farsi avvolgere dal buio, Briony sentì qualcuno chiamare il suo nome: quella voce bellissima era vibrata da un tono di sorpresa, preoccupazione e shock.

Un altro grido in cui quella voce la invocava, poi il nulla.

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Briony si svegliò di soprassalto con la testa ancora dolorante e il collo che bruciava. Era distesa lungo un divano ed era riscaldata da una coperta. Riconobbe il luogo familiare che aveva intorno: casa Mikaelson.

Si guardò attorno con gli occhi socchiusi, quando sentì una mano gelida accarezzarle i capelli. “Grazie al cielo ti sei svegliata” disse quella stessa voce che aveva udito prima di svenire.

I suoi occhi incontrarono quelli preoccupati di Elijah che continuava a sfiorarle i capelli. Lui sospirò: “Mi è venuto un colpo al cuore quando ti ho vista svenire”

Lei ricambiò lo sguardo, scorgendo in lui la medesima espressione di quando si era fermato in tempo: odio riversato verso se stesso con troppa forza.

“Che cosa è successo?” domandò lei flebilmente cercando di alzare il busto, ma Elijah glielo impedì cingendole lievemente i fianchi.

Si sedette vicino a lei:

“Quando ti ho vista svenire ti ho chiamata e sono corso da te, perché temevo nei miei peggiori incubi che fossi morta. Ma quando mi sono reso conto che eri ancora viva, ho lottato con tutte le forze contro me stesso pur di non toglierti neanche un capello.” Sul suo volto ancora i segni dello sforzo, sembrava logorato.

“Non pensavo di resistere, ma ce l’ho fatta.” le sfiorò delicatamente una guancia, facendole un lieve sorriso che però non gli arrivò agli occhi. Il viso era scavato.

“L’unica cosa che volevo era metterti al sicuro, e quando stavo per entrare in casa all’improvviso ho ripreso finalmente il controllo di me stesso. Inspiegabilmente, così dal nulla..” constatò lui ancora scettico.

Briony racimolò tutte quelle informazioni, guardandolo come se lo stesse vedendo per la prima volta. Il fatto che lui avesse combattuto contro se stesso, che avesse arrestato la sua stessa follia pur di non farle del male, le riscaldò il cuore che finalmente riprese vigore.

Gli rivolse un sorriso, rendendosi conto che lo amava anche dopo aver visto il lato più mostruoso di lui. Era proprio da pazzi, ma in fondo lei lo amava solo come una folle avrebbe potuto.

“E Kol? Dov’è? Perché tutto ad un tratto anche tu hai perso il controllo?” domandò lei scettica non riuscendo a capire quelle strane coincidenze.

Elijah serrò la mascella: “Kol non è qui ora, non devi preoccuparti. Penso che siamo usciti tutti fuori dal nostro controllo… e nello stesso momento quasi… non può essere una coincidenza” rispose duramente, come se la sua mente avesse scorto il colpevole e volesse fargliela pagare.

Briony sbattè le palpebre: “Tua madre”

“Deve averci preparato una delle sue luride trappole. Sentivo come se fossi ritornato al passato.. quando mi ero appena trasformato e non avevo il controllo della mia sete. Quando non ero migliore né di Klaus né di nessun altro” rispose con tormento, pensando tuttavia che non era migliore di loro neanche in quel momento.

Di nuovo il disprezzo verso se stesso comparve sul suo volto quando vide gli innumerevoli lividi che Briony aveva riportato durante la lotta. Elijah distolse lo sguardo come se non ne sopportasse la vista.

“Elijah va tutto bene. Ti sei fermato in tempo” lei cercò di consolarlo, di cancellare il suo rammarico e gli posò una mano sulla sua a quel fine, ma lui si scansò.

“No. Io lo volevo.. desideravo il tuo sangue. Ho fatto emergere quello che c’è dentro di me senza alcun ritegno” rispose lui duramente. Sembrava aver ricostruito la corazza che lo separava dal resto del mondo.

Briony provò un forte dispiacere per non poter alleviare la sua agonia e quando provò a parlare, lui si voltò improvvisamente. Non sembrava più duro, ma vulnerabile. Umanamente vulnerabile.

“Te lo giuro Briony.” Cominciò lui come se stesse pronunciando la promessa più importante della sua esistenza.

“Non ti farò mai più una cosa del genere” pronunciò le parole con lentezza, quasi volesse soppesarle e farle capire che erano davvero vere. Le accarezzò una guancia con la mano, sfiorandola diverse volte.

Lei lo guardò facendosi avvolgere da quella promessa e dallo sguardo intenso del vampiro.

Gli sorrise debolmente mentre lui si chinò per baciarla sulla fronte. Scese sulla sua guancia, ma lei scostò il viso verso di lui per appoggiare le labbra sulle sue e premette una mano sul suo viso. Strinse gli occhi come se volesse disegnare quel momento nella sua memoria e ricordare ciò che l’uno aveva fatto per l’altra.

Dopo un attimo lui si staccò tenendo gli occhi chiusi, e adagiò il viso sopra la sua spalla, respirandovi sopra.

“Non pensavo quelle cose che ho detto nella foresta” sussurrò lui all’improvviso contro la sua spalla.

Briony sussultò ripensando allo scontro violento che avevano avuto e a come era stata male: “Sembravi così convinto… e così arrabbiato..”

Lo sentì ridere piano: “Beh devo dire che solo tu hai il pregio di farmi andare così fuori di testa”

Lei si unì alla risata, accarezzandogli i capelli fra le dita: “Non so se è un pregio ma l’accetto comunque” rispose semplicemente mentre Elijah appoggiò il naso verso l’incavo del suo collo.

Stranamente lei si sentì rilassata e chiuse gli occhi. Ma la beatitudine durò poco: si rese conto che Esther aveva attuato quel diabolico piano solo per costringere i suoi figli a bere il suo sangue senza alcuna resistenza. Non aveva pensato che poteva mettere in pericolo anche degli innocenti? Forse la strega aveva idealizzato il motto del suo nuovo socio “Per fare una frittata si rompe sempre qualche uova

Ma la cosa più grave era che Elijah poteva rimanere ucciso e lui non era a conoscenza di quella tremenda verità; magari avrebbe anche potuto fermarsi prima…tutto perché lei si era sempre intestardita a non voler confessare.

Ma non poteva continuare in eterno… Se Esther ci avesse riprovato.. avesse attentato di nuovo alle loro vite.. Conscia di ciò che doveva fare, Briony si irrigidì e cercò di alzarsi. Vedendo i suoi movimenti, Elijah la lasciò fare e si alzò sul busto guardandola interrogativo.

Lei si inumidì le labbra, sentendosi un fior di nervi. Era il momento.

“Ti devo dire una cosa” sussurrò flebilmente abbassando lo sguardo. Il coraggio di guardarlo mentre diceva quell’orribile verità purtroppo le mancava.

Elijah corrugò la fronte: “Dimmi.”

Briony sospirò sentendo qualcosa ronzare nel cervello fino a dolerle; il cuore martellava nel petto con forza inaudita. Sentiva la gola secca ma cercò comunque di parlare:

“Non era per me che avevo paura nella foresta.. ma per te”

Elijah corrugò sempre di più la fronte non riuscendo a capire. Lei aprì la bocca per continuare, quando sentì la porta della stanza aprirsi bruscamente.

Briony sussultò per la sorpresa e guardò chi era l’intruso: Gwendolyn.

Istintivamente impallidì mentre Elijah guardò la sorella. “Gwen, non è il momento”

“Che diavolo è successo prima? Ero a casa e a un certo punto sono impazzita dalla sete come se fossi una bestia. Ho sentito Kol al telefono e mi ha detto che gli è successa la stessa cosa” sbottò lei con rabbia.

Solo allora Briony si ricordò di non aver visto l’Originaria alla festa. La vampira aveva i capelli scompigliati, lo sguardo da invasata e la pelle pallida.

Elijah sospirò esasperato: “Possiamo parlarne dopo?” Ovviamente non era richiesta ma la sorella si puntellò comunque sui piedi: “No! Ne parliamo ora” ribatté intestardita, avvicinandosi a loro.

Elijah si alzò dal divano e le lanciò un’occhiata fredda: “Nostra madre ha attuato l’ennesimo incantesimo anche se questo è a dir poco assurdo visto che ci ha fatto perdere il controllo. Chiaro ora? Per favore parla tu con gli altri.” la congedò con un gesto della mano, ma Gwendolyn restò dov’era.

Quando Briony si alzò dal divano solo allora la vampira sembrò essersi accorta della sua presenza, infatti la squadrò da capo a piedi con sguardo allucinato. Sgranò gli occhi come conscia di una cosa repellente:

“Stavi per bere il suo sangue?” domandò imperterrita indicandola con la mano.

Briony sobbalzò per quello sguardo che non prometteva niente di buono, mentre Elijah rimase zitto tenendo un’espressione dura.

Gwendolyn spalancò la bocca shockata e ringhiò: “Brutta sgualdrina! Cosa credevi di fare eh?!” urlò in preda alla furia, stringendo i pugni.

Gwendolyn, non osare” La ammonì severamente il fratello con sguardo di ghiaccio, come se volesse difendere Briony anche dalle parole.

“Ma non lo vedi? Ti ha preso in giro come un allocco!” urlò la vampira infuriata, indicandola di nuovo.

Briony sussultò, sentendosi raggelare.

No, no, no. Pensava di continuo a quella piccola parola.

“L’incantesimo di nostra madre ti deve aver dato di volta il cervello” rispose Elijah duramente non dando peso alle parole della sorella e sviando lo sguardo.

Gwendolyn gli rise in faccia:

“Sono più sveglia di te se vuoi saperlo! Ti sei fatto incantare da una ragazzina con gli occhioni verdi! Tu non sai..”

Briony la interruppe subito:

“Stai zitta.” sibilò gelida cercando di avvertirla. Le lanciò dei lampi di fuoco, ma l’Originaria per tutta risposta le rise crudele e spietata:

“Ti avevo avvertito piccola sgualdrinella che se facevi una mossa falsa..”

“Di che diavolo stai parlando?” s’intromise Elijah guardando la sorella infastidito e mettendosi tra lei e Briony.

La ragazza tremava, anche se aveva lo sguardo rabbioso nei confronti di Gwendolyn per intimarle di starsi zitta, mentre la vampira era parecchio sicura di sé e su cosa dire.

“La signorina qui presente ti ha sempre preso in giro, ti ha mentito spudoratamente per tutto questo tempo! E’ lei quel mostro orribile a cui stiamo dando la caccia e che ci vuole tutti morti! E’ lei!” gridò a perdifiato indicandola.

Il tempo sembrò essersi fermato all’interno alla stanza; il mondo sembrava un luogo sconosciuto che girava al contrario.

Briony sentì una paralisi di ghiaccio dentro il cuore, che si sfracellò. Rimase immobile con gli occhi sbarrati dal terrore, anche se avrebbe tanto voluto chiuderli per non vedere il sipario della sua vita chiudersi.

Anche Elijah rimase interdetto, probabilmente anche il suo cuore privo di battito era rimasto paralizzato da un gelo improvviso e primitivo che si diffondeva in tutto il corpo, persino nell’anima.

Ma la sua reazione lasciò trapelare soltanto incredulità, sgomento per quella scoperta a cui non credeva assolutamente e che considerò deplorevole.

“Che cosa?” sibilò costernato guardando la sorella come se fosse impazzita e avesse appena detto che la loro madre era una suora con tante buone virtù. La sua reazione interpretava tutta la sua incredulità, come se Gwendolyn avesse appena detto una bestemmia che lui non le avrebbe perdonato. Perché davvero non poteva e non riusciva a crederci.

Briony rimaneva zitta col terrore negli occhi.

Gwendolyn ripassò all’attacco: “Sì è lei. Quei mostri abominevoli secoli fa hanno conquistato la nostra fiducia attraverso l’amicizia e il finto buonismo. Ma in quest’epoca credo che si siano evoluti e hanno usato un metodo più efficace cioè infiltrarsi nel nostro letto, precisamente il tuo, per pensare al modo giusto di distruggerci tutti non appena fosse giunta l’occasione!”

Briony si sentì esplodere come un vulcano in eruzione: “Non è vero! Bugiarda!” sbottò all’improvviso con occhi da invasata. Avrebbe tanto voluto uccidere quella maledetta con le sue mani, tapparle la bocca, e punirla per ciò che aveva detto e per come la faceva apparire falsamente agli occhi di Elijah.

L’Originario si irrigidì come se fosse sul punto di bruciare ma non sembrava avere vie di salvezza. Rimaneva immobile come un blocco di pietra e si ostinava a guardare solo Gwendolyn, con gli occhi sbarrati.

Briony d’altro canto lo guardava con occhi supplicanti e pieni di paura, e il fatto che lui non volesse guardarla la ferì come una lama.

“E’ vero Elijah! Andiamo, non ti sei mai accorto che lei ti mentiva di continuo, che ti teneva dei segreti? Ti credevo più sveglio o forse l’amore per questo mostro ti ha rimbecillito” ribatté nuovamente Gwendolyn guardando Briony di traverso.

Questa volta Elijah non prese le difese della ragazza né zittì la sorella. Rimaneva immobile coma una statua martoriata e dimenticata dal resto del mondo; sembrava incapace di respirare o di articolare una frase.

“E’ così, Elijah. Ti ha sempre mentito.” Gwendolyn continuava a perseverare a lanciare accuse contro la ragazza, ma Elijah sembrava non ascoltarla più.

Lentamente si girò verso Briony, ma aveva lo sguardo basso, assorto e pensieroso, quasi sotto shock. Come quando sua madre Esther gli era passata davanti quando era ritornata miracolosamente dall’aldilà.

Briony sentì la paura crescere dentro di lei, enorme e insormontabile. Le tremarono le labbra e avrebbe tanto voluto indietreggiare, ma le gambe sembravano immobili e attaccate al pavimento.

Il freddo del dolore sembrava essere diventata la sua seconda pelle, una corazza dalla quale era impossibile liberarsene.

Gwendolyn continuò ancora a farneticare su congiure, tradimenti, ma Elijah la zittì con un’occhiata senza però guardarla veramente: “Esci.” sibilò con voce gelida che fece trasalire entrambe le ragazze.

La vampira cercò di ribattere, ma Elijah questa volta la inchiodò con lo sguardo: “Esci!” mormorò freddamente alzando la voce.

Gwendolyn trasalì come se mai si sarebbe aspettata che proprio lui le urlasse contro, infatti i muscoli del suo viso improvvisamente si irrigidirono. Ma alla fine cedette, e dopo aver lanciato un’ultima occhiata di fuoco a Briony se ne andò sbattendo la porta.

Rimasero soli, e la tensione che aleggiava tra di loro sembrava schiacciarli senza pietà. Il gelo tornò a invadere l’animo della ragazza che si sentì sgretolare.

Elijah sembrava far fatica anche a muovere un solo muscolo, infatti dopo molti tentennamenti alzò lo sguardo verso di lei. Ma sembrava costargli un grande sforzo disumano farlo. Anche per Briony lo era... Il viso del vampiro era scavatissimo e affilato. Irriconoscibile.

“E’ vero?” sussurrò molto lentamente. L’incredulità velava ancora la sua voce, ma questa volta la freddezza prese il sopravvento su tutto.

Briony aprì la bocca incapace di emettere qualsiasi suono. Tremò.

“Mi dispiace.. non avrei mai voluto che accadesse.. che tu lo scoprissi in questo modo.” La voce era quella di una che si stava strozzando infatti lei stessa non la riconobbe. Ma poco importò visto che Elijah sembrava averla capita perfettamente, infatti lui spalancò gli occhi che vennero attraversati da lampi glaciali:

“Dimmi la verità. Voglio sentirla dalle tue labbra, e subito.” Elijah articolò le parole con lentezza inquietante per farle soppesare il suo potere.

Briony scosse la testa. Sentiva le lacrime bruciarle la gola mentre parlava:

“E’ quella la verità. Quella maledetta verità..”

Elijah la guardò come se fosse un’estranea colta sul fatto mentre rubava o tentava di sgozzare qualcuno a lui caro.

Un’invasione di emozioni gli attraversò il viso e quasi lo distrusse. Qualcosa di maledetto fece una piccola breccia nella sua aura di gelo, incrinandolo.

Distolse lo sguardo ancora incredulo: “Non è possibile.. non può essere..” sussurrò come se stesse parlando da solo.

“Magari fosse una bugia” rispose Briony piena di sconsolazione.

Elijah si riscosse dai suoi pensieri, che dovevano essere pieni di delusione, e si avvicinò a lei come una furia afferrandola per le braccia nella parte sotto le spalle.

“Da quanto? Da quanto mi stai ingannando in un modo così spudorato?”  ringhiò con una furia così gelida che non aveva mai visto in lui, non così potente tanto da farle sobbalzare anima e corpo.

“Non è come ti ha detto Gwendolyn… Io non ti ho mentito per tendervi una trappola o per farvi del male, non lo farei mai! Io non sono come loro!” Le lacrime invasero il suo cuore che, come veleno, sembravano perforarlo e bruciarlo.

Elijah la guardò inespressivo. Il volto scavato nel ghiaccio.

“No, certo che no. Perché io ti conosco no? So chi sei e che posso fidarmi ciecamente di te.” la canzonò lui con asprezza mista a glacialità.

I polmoni di Briony sembravano strozzarsi a causa dei singhiozzi; non sopportava di leggere nel suo sguardo del disprezzo: “Elijah cerca di metterti nei miei panni.”

Lui invece scosse la testa, abbassando lo sguardo come se non l’avesse sentita e il suo animo si fosse racchiuso nella sua corazza per non dover sentire più nulla.

“E non conta l’onestà?” chiese lui con tono calmo, fissandola in quel momento come se la stesse perforando. “La sincerità. La fiducia.”

Briony strinse le labbra per schiacciare giù il singhiozzo che stava per risalire: “Volevo dirtelo ma avevo troppa paura della tua reazione, di cosa avresti pensato..” cercò una qualunque spiegazione, una qualsiasi ma non le venne. Forse perché non ce ne erano.

Elijah la guardò con un’inespressività da turbare tutte le sue certezze. La lasciò andare con stoica indifferenza, come se lei all'improvviso fosse diventata un niente:

“Bene... E’ stata tutta una farsa. E’ perfettamente chiaro adesso.”

Voleva risultare freddo e impassibile… ma Briony lesse in lui qualcosa di ben più grave e profondo del dolore. Tanto da non riuscire a sopportarlo.

Lui cominciò a vagare per la stanza con espressione indecifrabile. Briony lo seguì con lo sguardo, l’anima era sgretolata completamente.

“Devi credermi!” gli disse lei cercando di racimolare le forze.

“E perché mai?” rispose lui con tremenda glacialità nel voltarsi verso di lei. “Io non ti conosco. E credo di non averti mai conosciuto.” Finì la frase con severità e finta indifferenza. Briony sembrò squarciarsi sotto il suo sguardo di disprezzo.

Lui stette per allontanarsi ma lei lo fermò di nuovo. “Non è così! Io non sono come tu pensi che sia! Io ti amo!”

La forza e la sincerità nella sua voce valsero però poco per lui.

Il vampiro infatti rimase immobile col corpo e scosse severo la testa, pensando che il presente fosse tutto tremendamente vero mentre ciò che aveva passato una lurida bugia.

“Che cosa avevi in mente allora? Amarmi solo con le bugie e le pugnalate alla schiena? Ingannarmi fino alla fine? Avrei preferito del genuino odio da parte tua, sarebbe stato perlomeno più sincero e meno abbietto." Elijah parlò in maniera secca e letale, come lo strappo che avvertì nel suo stesso cuore. Strinse la mascella per sopportare quel dolore sconosciuto e violento.

Briony sentendo quelle parole si avvicinò a lui senza tentennamenti, prendendogli il viso tra le mani: “No no, io non ti ho mai odiato come puoi pensarlo? Quella scoperta mostruosa non ha minimamente attaccato il sentimento che provo per te, se ti ho mentito l’ho fatto soltanto per paura di ferirti.” Gli parlò come se avesse il cuore tra le mani che grondava la sincerità, ma lui sviò lo sguardo e tolse con forza le sue mani dal viso.

“Basta così.” mormorò duramente, quasi la sua mente gli stesse ripetendo la descrizione che Gwendolyn gli aveva confessato su quei mostri che disprezzavano i vampiri, soprattutto gli Originari. "Finiscila con questa sceneggiata, Briony Forbes. Se non vuoi che ce ne pentiamo entrambi." finì di dire in maniera glaciale in segno di minaccia, allontanandosi infatti dalla ragazza.

Briony tuttavia strinse i pugni, cercando di non cedere e lottare contro quel sipario che voleva chiudersi tra di loro

“Io l’ho scoperto solo la sera del compleanno di Gwendolyn, prima di allora non ne ero lontanamente consapevole! Come puoi pensare questo di me dopo tutto quello che ho passato per salvarti da Klaus? Io non avrei mai voluto nascere così e Dio solo sa quanto odi me stessa quando penso di essere un mostro, un abominio..” la voce fu rotta improvvisamente dalle lacrime e si fermò perché i polmoni danneggiati non le permettevano di respirare in modo sufficiente.

Elijah aveva avuto davvero intenzione di evitare la sua disperazione e di non ascoltare le sue giustificazioni, ma quando lei si era autonominata un mostro lui si voltò verso di lei, come scosso. La sua razionalità gli diceva di non cedere, di fare ciò che doveva, ma la parte più profonda di lui non poteva sopportare, suo malgrado, quella parola sulle sue labbra.

Gli occhi si strinsero nel vedere le lacrime di Briony inondarle il viso;  la bocca si distorse in una smorfia di dolore come se la sua mente stesse ritornando a lontani ricordi felici che inquadravano soltanto lei.

Elijah questa volta sembrò volerla comprendere, darle il beneficio del dubbio, o di non permetterle di autonominarsi un mostro quando lui ben sapeva cosa significa esserlo e non voleva questo per lei. Forse era da sciocchi o stupidi, ma lui allontanò per un attimo la ragione e si avvicinò a lei con meno glacialità.

“Andrà tutto bene, andrà tutto bene. Sopravvivremo a questo.” le sussurrò lui prendendole il viso tra le mani, come se le stesse fondendo coraggio e non le permettesse di cadere nel baratro.

Le lotte interiori continuavano a divorare anima e corpo di entrambi.

Lei abbassò poi lo sguardo, ricolmo di tristezza: “No, purtroppo ci sono ben poche speranze che io riesca a cambiare o a lottare questa parte di me.. c’ho provato in tutti i modi ma certe volte non riesco e ne ho davvero paura.. e a quanto dice Ylenia..”

Ylenia?” domandò lui colto alla sprovvista.

Briony lo guardò, ma lui sembrò aver cambiato faccia: “Ti sei confidata con altre persone.. hai chiesto aiuto a loro.. ma hai sempre voluto mentire a me che avevo tutto il diritto di sapere.” constatò lui con durezza abbassando le mani, come se lei l’avesse ferito duramente nell’orgoglio.

“Che cosa pensavi? Che ti avrei odiata? Che ti avrei messo le mani addosso?” aggiunse lui con l’incredulità schiacciante di poco prima.

Briony traballò non osando rispondere e in qualche modo capì che era vero. Aveva paura della sua reazione, che lui scegliesse la famiglia e si mettesse contro di lei.

Aveva provato a negare il contrario a se stessa ma Elijah aveva un carattere così difficile e inquietante a volte, che pure Briony se ne sorprendeva.

Non c’era cosa peggiore per lei che essere chiamata mostro da lui, dalla persona che più amava, e che la vedesse come tale.

Ma ora capì che la cosa più feriva Elijah, che gli faceva strappare il cuore giù martoriato, non erano le bugie o la delusione, ma era proprio quello. Il fatto che lei fosse sicura che lui in qualche modo l’avrebbe oltraggiata, lasciata, e magari uccisa.. per difendere la sua famiglia.

"Certo che lo pensavi." replicò lui per lei con un mezzo sorriso spaventoso, come se Briony lo avesse di nuovo ferito nell'onore.

Briony riuscì solo a abbassare lo sguardo, non emettendo fiato mentre Elijah scosse la testa con un’ondata di dolore e rammarico sul viso:

“Io.. io non so più cosa dire dopo questo.” sussurrò mestamente, serrando la mascella. Si stava di nuovo richiudendo nella sua corazza.

Briony allora si lasciò sfuggire un gemito di sconforto. Anche lei soffriva perché in qualche modo in fondo al cuore sperava che in quel momento lui la capisse, che la salvasse da quella vita da cui voleva fuggire. Non c’era da sorprendersi se la sua amarezza non tardò a farsi vedere:

“Hai idea di quanto io abbia sofferto? Quanto io disprezzassi me stessa quando ho scoperto la verità? No, non puoi averla perché non ci sono parole per descriverlo! Mi sono sentita morire, ho cercato in tutti i modi di fronteggiare e combattere quella parte di me, a non costringerti a fare una scelta tra me e la tua famiglia. Non hai idea di quello che ho passato in queste settimane, della paura perenne che mi tormentava all’idea che io potessi farti del male!” le parole erano sussurrate e flebili a causa dei pianti e singhiozzi, ma suonavano come un grido, come se urlasse in preda a dolori atroci.

Elijah rimase immobile a sentire quelle parole, quasi fossero uno schiaffo d’acido o un veleno per cui non esisteva cura.

“E le tue reazioni non mi aiutavano affatto perché non puoi negare che tu disprezzi chi ti delude, e certe volte avevi degli attacchi d’ira così spaventosi che mi costringevano a starmi zitta, a chiudermi in me stessa per la paura che tu mi provocavi, e a mantenere il segreto perché altrimenti saremmo arrivati a questo punto!” gridò agitando le mani.

Aveva svuotato tutto.. la collera, il dolore, la paura.. tutto ciò che aveva represso. Il cuore era lacerato in 1000 pezzi di vetro tagliente, come le parole che stava rivolgendo al vampiro di fronte a lei.

Parole che ferivano in profondità lasciando cicatrici a entrambi... e per fargli capire che lui non era il solo a soffrire in questa storia e che ormai non aveva più le forze per sopportare tutte quelle cose che le stavano accadendo.

Il volto di Elijah intanto esprimeva solo un terribile e silenzioso dolore. Sviò lo sguardo come se non volesse farglielo notare.

“La conversazione per me finisce qui.”

Briony si riscosse, quasi si fosse appena risvegliata da un incubo. Vide Elijah lanciarle un’occhiata di sfuggita per poi voltarle le spalle.

“Dove.. dove vai?” domandò lei interrogativa facendo alcuni passi in avanti.

Lui si voltò. Aveva il viso così stanco e provato da non apparire umano.

“Credo che entrambi per oggi ne abbiamo abbastanza.” sussurrò mestamente abbassando lo sguardo per guardarla in viso.

Briony si sentiva esattamente come lui.. stanca, addolorata e vulnerabile. Priva di forze, e così lo lasciò andare senza dire più niente.

Elijah se ne andò così lentamente come se per lui costasse uno sforzo incredibile farlo. Eppure lo fece. Se ne andò.

Una lama in quel momento affondò nel cuore di Briony e dolorosamente lo lacerò.

E quel che peggio non c’era un nemico contro il quale prendersela se non se stessa.

Si stava immergendo nel suo dolore ma non sapeva come risalirci. E Elijah sembrava ormai così lontano… irrimediabilmente lontano.

Perché? Perché l’aveva lasciata sola? Si domandò con disperazione anche se la sua era più  autocommiserazione.

Cercò di scavare con le unghie, nella terra e nella roccia, per risalire da quel pozzo di dolore dove lui l’aveva lasciata a morire.

Briony si aggrappò poi con le mani al tavolo del salone, serrando le labbra. Poi con violenza improvvisa sparpagliò  con il braccio tutti gli oggetti riposti sopra di esso, gettandoli così a terra. Il rumore del fracasso non le arrivò neppure alle orecchie perché l’unica cosa che sentiva era il suono del proprio dolore.

Le gambe cedettero e si accasciò a terra con gli occhi velati di rabbia. I cocci dei bicchieri e degli oggetti erano a terra intorno a lei, e simbolicamente erano in perfetta sintonia con i cocci della sua vita che non sapeva proprio come rimettere a posto.

Le uscirono dei singhiozzi dalle labbra e contemporaneamente colpì contro le gambe del tavolo, dandogli delle testate all’indietro.

Le mancò il respiro a causa di quell’onda di sofferenza a cui non poteva sottrarsi.

Alla fine percepì solo freddo.

E si sentì persa.

FINE CAPITOLO

 

Ok, aspetto le vostre ciabatte in testa. Diamine certe volte mi sconvolgo da sola per le cose che scrivo XD Perdonate la mia drammaticità e i miei discorsi fuori luogo, e sono convinta che questo terribile capitolo sarà una doccia fredda in questa torbida estate XD

A dir la verità volevo finire il capitolo con Gwendolyn che confessava tutto così da lasciarvi la suspense… ma poi ho deciso di essere “buona” e di vuotare il sacco, ecco perché il capitolo è venuto così lungo XD Perdonatemi!

Perdonate la paura e la debolezza di Briony, e il carattere difficile e inquietante del nostro Mr Swish ma ogni storia d’amore ha le sue spine… e la mia ce ne ha parecchie ahah aiuto, serve un bravo giardiniere qui XD

Bando alle ciance, mi scuso ancora se questo capitolo in qualche modo vi ha deluso… e se non riuscite a mettere insieme tutti i tasselli del puzzle, beh tra qualche capitolo vi spiegherò tutto… o quasi XD

L’immagine a inizio capitolo l’ho creata io, spero vi piaccia!

Vi auguro di passare delle belle vacanze cari!

Bacioni.

 

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Capitolo 20
*** Calma nella tempesta ***


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16 CAPITOLO

 

Ci sono più probabilità di venire uccisi da una persona che si ama, che da un estraneo.

 

 

Voci squillanti, assordanti. Il fastidio del suono degli uccelli e persino del vento. Altri invochi.

Briony era lì ma avrebbe tanto voluto circondarsi dentro una sfera di solitudine per fare i conti con ciò che era successo e magari farlo scomparire dal suo cuore martoriato, anche solo acquietarlo. E invece nemmeno un accenno di benevolenza il destino le riserbava.

Quella mattina era stata svegliata controvoglia da sua sorella che, attraverso la madre, le aveva ordinato di presentarsi nel luogo in cui la sera prima si era svolta la festa per far quadrare tutto il macello che era avvenuto. Essendo una testimone importante e consapevole dei fatti, lei doveva esserci, costi quel che costi. Non bastava aver grugnito in direzione della sorella, dicendo che non ne aveva assolutamente voglia. Non era bastato farle vedere che faccia aveva…. di una che di sogni non ne vedeva neanche l'ombra di un bagliore. Il sonno, quel breve sonno che si era concessa la notte prima, le aveva regalato solo incubi, incubi atroci e improntati sulla pelle.

In quel momento rimaneva immobile, apatica, faceva ampliamente vedere che era stata costretta a venir lì controvoglia, e se gli altri se ne accorgevano lei non poteva farci niente. Aveva altro da sottoporre alla mente, e i desideri dei poliziotti della città erano assolutamente fuori da ciò.

“Guardate che casino, ci vorrà un mese per ripulire! Certe volte mi chiedo che razza di ragazzi girino nella mia città, per quanto io abbia cercato di civilizzarla.” Protestò il sindaco Lockwood, mentre i suoi sgherri perlustravano il luogo della festa.

<< Tu non hai civilizzato niente. Gli inganni possono nascondersi in piena vista. >> pensò Briony duramente.

E il casino distruttivo che avevano lasciato i ragazzi alla festa – e forse alcuni vampiri – non era un niente a ciò che lei da sola aveva scatenato...

Mille oggetti che si fracassavano al suolo, il tavolo della sala dei Mikaelson come unico silenzioso testimone della sua disfatta, della perdita più grande e dolorosa che avesse mai dovuto subire. Quelli erano i cocci della sua vita appena andata in frantumi. Quelli che vedeva adesso invece… solo sporcizia facilmente ripulibile con poco.

“Insomma, Briony. Sveglia! Sembri uno zombie che si tiene a malapena in piedi, mi dici o no cosa è successo oppure devo farti parlare attraverso la minaccia dello shopping sfrenato??”

E Caroline non l’aiutava di certo a superare il tempo che doveva obbligatoriamente trascorrere lì.

“Caroline, se mi rompi ancora ti infilo la tua carta fedeltà dove ti farebbe molto male.” Borbottò Briony tra sé e sé, non prendendosi neanche il disturbo di guardarla.

La biondina, al suo fianco, strabuzzò gli occhi shockata. Non era da Briony parlare in un modo così… pacchiano.

“Perché prendete tutti la mia sana preoccupazione come una rottura di scatole?? Voglio solo aiutarti, si vede che hai qualcosa che non va! Peggio di qualsiasi volta precedente. Di solito quando sei depressa sei anche arrabbiata. E invece questa volta…

Caroline non finì la frase ma Briony sapeva cosa intendeva dire. Questa volta era diversa, non c’era rabbia che potesse sostenerla se non rivolta verso se stessa, e ormai il suo animo era così disfatto, come carta straccia, da non sopportare nemmeno un accenno di emozione forte.

Cercò di cancellare la tristezza dai suoi occhi, sbattendoli più volte: “Caroline, va tutto bene. Sai che quando dormo poco non sono una buona compagnia. Dovrai sostenere tu il peso visto che sei stata tu a farmi uscire dal letto controvoglia, sapendo che non tirava aria buona.”

Caroline rimase ad analizzarla, non di certo convinta. Quando all’improvviso udirono una voce terribilmente familiare. Non aspettandoselo, Briony alzò la testa.

A qualche passo da loro c’era Kol Mikaelson. Stava lanciando battute ai poliziotti e allo sceriffo Forbes.

Briony allora sbattè le palpebre, presa totalmente in contropiede. Non voleva il male di Kol anche se l’aveva aggredita, ma era una persona che avrebbe volentieri evitato. Non era in vena, per nessun Mikaelson….

La ragazza sentì il cuore sbattere prepotentemente contro il petto, come se il corpo intero avesse sbandato dentro una macchina. Naturalmente c’era un altro Mikaelson che avrebbe evitato più di tutti, con tutte le sue forze, anche se dimostrava di essere una codarda. Un Mikaelson che era stata una presenza dal valore incalcolabile nella sua vita e da cui ora l’unica possibilità di sopravvivere a fine giornata era di sfuggirgli. Sentiva già il cuore in tormento, come un sopravvissuto a un disastro navale la cui unica speranza di salvezza era di arrivare a terra. E lei la terra non la vedeva. Da troppe ore.

“Sì ok, confesso il mio imperdonabile crimine! Ho bevuto, ho corteggiato qualche ragazza, me la sarò persino presa qualcuna…. E… beh sapete, un guaio ne chiama un altro.” Il tutto venne aggiunto dal ghigno che Kol sfoderò per finire in fretta quella farsa fastidiosa.

“E quali sarebbero questi guai in cui è incappato? Signor Mikaelson, io avevo un accordo con suo fratello, ovvero che non avreste recato danno ai cittadini fin quando sareste rimasti qui.” Rispose Liz Forbes mettendosi orgogliosamente le mani sui fianchi per farsi sentire.

Kol gesticolò qualche giustificazione non tanto seria ma ormai Briony non gli badava più: era di nuova ricaduta nel circolo del suo tormento interiore, quello che non le dava scampo ed esigeva di essere sentito.

Se pensava a come era la sua vita prima di tutto ciò… Era come se la realtà si fosse trasferita altrove e nessuno l’avesse avvertita. Voleva chiederne il conto per averle fatto questo ma sarebbe stato come lottare contro un nemico invisibile. Ormai i dadi erano tratti.

“Sentite plebei, io non so che altro dirvi se non che non c’entro niente e se c’entro la sbornia me l’ha fatto dimenticare. Perché non vi rivolgete a mio fratello? L’ho costretto a venire anche se non era molto dell’idea, come se per la prima volta in vita sua dispregiasse le questioni politiche. Vedetevela con lui, anche se pare di un umore nero più nero del mio.”

Le parole di Kol la misero in guardia, fecero scattare i nervi del suo corpo come fossero stati attraversati da una scossa. Le venne l’impulso di deglutire ma tutto era concentrato sulla reazione naturale degli occhi che si spalancavano ad ogni secondo che passava.

Freddo e calmo, era, come la via dell’inferno. Lo stesso inferno che le aveva fatto conoscere la sera prima.

Elijah.

<< Dio no… >> Briony sentì il respiro spezzarsi tra le labbra dischiuse, il volto aveva perso il poco colorito che aveva.

Perché proprio lui?

Camminava con tutta l’eleganza che solo un vampiro poteva disporre, sembrava che in lui non ci fosse alcun problema se non quello riguardante che l’aveva fatto venire lì. Aveva lo sguardo distaccato, gelido come la sensazione che Briony riportava nel cuore.

Sembrava non l’avesse neanche notata, il suo disinteresse era un’abile maschera per nascondere ciò che albergava veramente in lui. O forse era solo una punizione per farle pagare la verità che lui aveva scoperto e che, forse, non le avrebbe mai perdonato.

Briony sapeva che doveva scontare quella pena ma dentro di sé credeva anche che ne avesse già sopportate troppe, e aggiungere altri tormenti l’avrebbe soltanto fatta scomparire nella cenere dell'autodistruzione e nel sale della disperazione.

Teneva ora lo sguardo basso, come per non mostrare lo shock, cercava in tutti i modi di evitare quello sguardo che l’avrebbe affossata, così come era successo la notte precedente.

Se il mondo aveva presente il desiderio di una spaccatura nella terra, proprio sotto i tuoi piedi, per nasconderti e evitare in un secondo la realtà, allora era ciò che desiderava Briony in quel momento. Ma di certo Mystic Falls non si sarebbe spaccata per trarla in salvo da quell’angelo vendicatore vestito di nero e armato di ghiaccio.

“Beh? Non dici niente Briony? C’è il tuo grande eroe che non sbaglia mai!”

“Caroline taci una buona volta!” borbottò Briony tra i denti, sentendo il cervello in fumo dalla stizza.

E che merda.  Proprio in quei secondi lo sguardo di Elijah saettò verso di lei, dentro di lei. Sembrò passarle attraverso, come una mano assassina che si infila dentro il petto. Un fil di panico si diffuse sotto la gabba toracica della ragazza, non potendo non ricambiare ma con sguardo ovviamente diverso.

La presenza del vampiro colmò quel luogo, come acqua invisibile che la raggelava e la faceva rabbrividire gradualmente dalle caviglie alla testa. Chissà cosa stava pensando? La disprezzava? Non voleva più vederla? Il breve sguardo che le aveva lanciato in lontananza le prometteva una tortura simile. Seppur stando male in sua presenza, Briony non era sicura di poterlo sopportare. Era più forte di lei. Necessitava di quel vampiro anche se la faceva stare male.

La ragazza percepì l’immobilità di Elijah come una pulsazione nella mente, lo guardava come se lei davvero fosse sola e sperduta in mare aperto, col vuoto nel cielo e negli abissi, e l'unica speranza di vita era una terra ferma che non voleva ospitarla.

A dispetto suo, Elijah rimaneva eretto e calmo a parlare con un poliziotto, sicuramente degli eventi strani che erano accaduti alla festa lì. Nonostante l’apparenza, si vedeva tuttavia che era scocciato, che l’ultimo posto in cui voleva essere era lì, soprattutto con lei.

La solitudine era una sfera di cui entrambi abbisognavano per far pace con la mente. O per escogitare qualcosa…

Briony sospirò per riprendere aria: “Senti Liz, per quanto ancora devo stare qui? Ti ho già detto tutto ciò che so, non ho visto niente di insolito a parte gli avvenimenti che già sapete.” disse per tagliare corto e uscire da quella situazione.

Liz però non ne era dell’idea che infatti: “Elijah, può venire qua un momento?"

Fu come se Briony avesse ricevuto un colpo allo stomaco, secco e efficace. Elijah invece al richiamo aveva alzato di più la testa, in un punto indefinito, e dopo aver ingerito la richiesta disse: "Certamente."

La pacatezza prima di tutto. Elijah non avrebbe mai mostrato a terzi della collera personale, l'avrebbe invece riservata al momento opportuno.

La tensione guizzava nell’aria come un fascio di fulmini, Briony si sentiva opprimere il petto dalla smania di fuggire. Elijah stava dirigendosi verso di loro, manifestando solamente glaciale distacco. Una tale recita era da oscar.

Briony sicuramente avrebbe fatto qualche battuta in merito se non sentisse quel filo di panico muoversi velocemente in ogni parte del corpo, come un impazzito filo elettrico staccato dalla presa.

Elijah arrivò da loro con una classe insormontabile che avrebbe fatto sentire chiunque inferiore a lui, come se potesse schiacciare chiunque sotto le suola delle sue scarpe. Rivolse un sorriso di sufficienza a nessuno in particolare, anche se Briony pensò che quel gesto rivelasse ben altro, come un desiderio di sbatterla al muro se fossero stati soli. Deglutì per cercare di scacciare quei pensieri e di essere normale. Per quel che le riusciva.

Elijah si rivolse allo sceriffo:

"La situazione deve essere piuttosto urgente. Per avermi addirittura fatto venire qui, si capisce." Nonostante le apparenti buone intenzioni, vi si trovò un vuoto assoluto e perfetto nel suo viso. Probabilmente Liz si stava chiedendo se ci si nasceva con uno sguardo del genere oppure si sviluppava con l’esercizio.

Ma Elijah ovviamente era un tipo tutto suo, senza eguali, e perciò difficile da prevedere.

"É più drastica di ciò che vuoi far apparire! Tua sorella ha dissanguato Matt e solo per un miracolo é vivo! Direi che questa situazione debba attirare appieno la tua attenzione!" sbraitò all'improvviso Caroline fuori di sé.

Briony traballò un po’ su se stessa perché non era saggio rivolgersi a Elijah in quel tono con l'umore che aveva in quel momento.

Lui tuttavia la fissò con un normale sguardo vacuo:

"Se tu pensassi che le condizioni del cameriere del Mystic Grill possano in qualche modo scavalcare le altre situazioni che richiedono severamente la mia attenzione, credo che tu sia davvero in errore in giovane Forbes." E con quelle semplici parole Elijah mise immediatamente a tacere la biondina.

Per precauzione intervenne Briony, lasciando da parte i propri problemi:

"Matt sta bene ora fisicamente, é stata la stessa Rebekah a donargli il sangue per curarlo. Per cui é una situazione superabile."

"Superabile? Vi sembra davvero che lo sia?!"

Nel modo in cui Caroline sclerò si intravide ciò che stava crescendo intorno a Briony e Elijah, fra di loro, nello spazio che li separava. Ed era uno spazio davvero insuperabile, peggiore di quanto si credesse. I legami stretti a caro prezzo spesso si rivelano come i più taglienti quando questi vengono recisi. E si inizia a concepire un mondo privo delle cose che si ritenevano eterne. Un mondo tutto concentrato in quello spazio fra loro, in una tensione tale da risucchiarli in cui l’unico suono che si udiva era quello orribile del loro legame reciso, della loro separazione.

Brionby deglutì quell’atroce consapevolezza, considerando anche che lo sguardo di Elijah, affilato, gelido e rigido, come se stesse trattenendo qualcosa di forte dentro di sé, fosse impossibile da sopportare in quelle condizioni. Poteva intuire l’intrico dei suoi pensieri, come il suo cuore si fosse stretto in una morsa di ghiaccio, come se non ne potesse più….

Credo che per oggi entrambi ne abbiamo avuto abbastanza.

E quel periodo di intolleranza per lui non era ancora finito, lo si poteva scorgere. Doveva essere un enorme peso e disagio per lui anche solo stare lì come nulla fosse.

"Elijah, non ha notato niente di insolito oltre al comportamento strano dei suoi fratelli dovuto.."

"Dovuto a una forte magia che nostra madre ci ha indotto. É stato disdicevole ma do la mia parola che non succederà più." Affermò lui velocemente, come per liquidare all’istante la questione in attesa di qualcosa di ben più importante. Briony pensò allora fra sé e sé se fosse meglio avere gente intorno… la paura andava a evolversi, non era abbastanza coraggiosa per affrontare una cosa simile senza preavvisi.

"Ma perché é successo? C’e' una ragione?" domandò ancora Liz, quasi non riuscisse a capire.

Elijah aprì lievemente le labbra come per sospirare, anche se non gli fuoriuscì nulla. Stava soppesando bene le parole, come se fossero create apposta per colpire come una freccia che buca il bersaglio. Tenne lo sguardo basso verso il terreno, ma Briony smascherò – per sua sfortuna – quella farsa.

"Credo... che la serata sia stata creata apposta per colpirci, da ogni punto di vista.” Disse in un tono che doveva essere normale, ma quelle parole rivelavano più di quanto gli altri immaginassero. E Briony già sentiva la morsa della colpa afferrarla per squarciarla in due. “Nemmeno io potevo prevedere questo... Questa trappola." Finì seccamente. Briony sentì il cuore precipitare completamente in un vuoto buio.

"É per questo che stai così Briony? Ne hai risentito anche tu?" domandò Caroline guardandola dubbiosa e preoccupata. Sicuramente si poteva captare la tensione astiosa nell’aria.

Ma lei non volle demordere né farsi piegare; un ultimo coraggio e orgoglio glielo impediva perché se l’avesse fatto allora sarebbe stata la fine per tutto.

Alzò dunque lo sguardo, gli occhi vagarono in punti indefiniti nella foresta ma ciò che vedeva soltanto era la figura sfocata di Elijah, che rimaneva statuario e temibile di fronte a lei, pronto a giudicarla come un demone vendicatore.

"Le feste di Mystic Falls regalano sempre brutte e amare sorprese, non é di certo una novità. Che sia un ballo di lusso, una festa scolastica...” tirò su col naso “O un falò nei boschi... O una cena di compleanno. Tutti questi eventi apparentemente piacevoli possono affossarci, come tutte le cose belle d'altronde. Non solo io ma tutti ne paghiamo il prezzo." mormorò amaramente, stringendosi le spalle al petto come per difendersi dal freddo che l’aveva invasa. Elijah non aveva emesso parola né dava segni di volerla guardare dritto negli occhi; la faccia sembrava contratta, quasi non tollerasse la voce di lei.

"Un prezzo doloroso. Anche Tyler stava per mettersi nei guai per colpa di quel bifolco di Klaus!" replicò Caroline furibonda.

"Mai mettere in mezzo il cuore in queste faccende. É dannoso, è un dato di fatto." La voce gelida di Elijah fu così tagliente che la sferzò con una tale intensità che Briony avrebbe dovuto sanguinare.

"E tu ne sai tanto immagino." Affermò Caroline sorridendogli fintamente.

Elijah si strinse noncurante nelle spalle, fece una piccola smorfia nell’abbassare di lato lo sguardo mentre la mano si muoveva dentro la tasca e la suola delle scarpe laccate facevano un rumore strisciante contro il suolo.

"Abbastanza da rivalutare le mie aspettative per compiere le scelte che farò." Rispose misteriosamente. Il suo viso aveva perso qualsiasi espressione tranne un gelo spaventoso. Quando lo sollevò, Briony dedusse che era lo sguardo di un essere che avrebbe potuto ucciderla con abilità e efficienza, senza sbagli.

Sviò lo sguardo per cercare di respirare e allontanare via quel senso di timore assurdamente forte, mentre Caroline fissava Elijah come se non capisse cosa volesse dire:

"Che farai…

Elijah mostrò un mezzo sorriso freddo, vuoto, creato dall’invisibile. “Lo scoprirete anche se non vi avvertirò.”

Ormai la situazione si stava allargando troppo, Briony era certa che prima o poi avrebbe fatto la fine dei cocci che la sera prima aveva disfatto. La voce comunque le fuoriuscì astiosa:

“Voi tuttavia mi avete avvertito che sarei dovuta venire qui ma non che ci avrei passato tutta la mattina. É stata una nottata dura per tutti noi e la state appesantendo ulteriormente.  Tempo scaduto.”

Nello stesso istante Kol attirò l’attenzione di Elijah, che si era girato come se le parole dell’umana non valessero niente per lui, meno di uno spiffero di vento. Mentre li vedeva allontanarsi col sindaco Lockwood, Briony affilò maggiormente il viso come se della rabbia potesse straripare fuori dalla pelle.

La stava punendo, di proposito, escogitava qualsiasi cosa per farle saldare quella verità negata e un brutto presentimento l’avvertì che malauguratamente era solo l’inizio. Quello era stato solo un incontro casuale, non voluto, ma quando Elijah avrebbe sul serio pensato… allora sì che si poteva fiutare il pericolo come se fosse aria nei polmoni.

Per lei ora è troppo, ne aveva abbastanza di soffocare.

Intuendo le condizioni disastrate della sorella maggiore, Caroline le si fece più vicina guardandola preoccupata: “Briony se c’e' qualcosa…

La mora però scosse la testa. Sentiva la gola stretta in un nodo. “No basta. Basta sul serio. Non immaginate neanche… I suoi occhi erano come un vetro che minacciava di frantumarsi sotto la pressione dell’acqua.

Per evitare altri dramma lei girò i tacchi e se ne andò via di lì, non ascoltando i richiami della sorella minore.

Stava camminando spedita, decisa, come se i piedi volessero frantumare la terra. Gli occhi andavano scavandosi per la marea di emozioni che si affacciavano in essi.

Voleva soltanto fuggire, andarsene via… lontano da tutto quello, perché razionalmente era troppo distruttivo per chiunque. Ma aveva soprattutto una gran voglia di strisciare in grembo a qualcuno per farsi confortare, anzi ne aveva un bisogno enorme. Eppure sapeva che nessuno l’avrebbe confortata.

Elijah aveva metà sguardo rivolto verso di lei, riflessivo e guardingo. Si rivoltò in silenzio verso Kol che stava ancora blaterando.

E mentre la distanza veniva sempre di più allargata in quella calma apparente e foriera di tempesta, un corvo nero solcò il cielo sopra di loro, gracchiando vorace.

 

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"Briony... é questa la verità?"

La diretta interessata si strinse nella poltrona "Mi dispiace non avertelo detto prima... ma non avevo il coraggio di confessarlo a nessuno." sussurrò a Caroline che era rimasta completamente allibita dalla confessione della sorella.

La biondina l’aveva inseguita fino a casa, per ore si era stabilita lì chiedendo spiegazioni e ricevendo solo silenzi e monosillabi dalla sorella maggiore. E infine Briony aveva svuotato il sacco, non per costrizione ma per scelta. Desiderava sfogarsi e sputare tutta la verità di sua volontà, e pensava dopotutto che Caroline fosse in diritto di sapere.

"Ma quindi... che cosa sei?" domandò la bionda guardandola circospetta.

"Non lo so... direi che sono una "cosa" più pericolosa dei vampiri" mormorò utilizzando le stesse parole di Esther.

"Oh Briony non dire schiocchezze... se tu sei pericolosa allora io sono un licantropo!" Esclamò Caroline per risollevarle il morale ma vedendo che Briony rimaneva zitta, divenne più seria del solito. "Oddio, non stai scherzando allora..."

"Credi che scherzerei su una cosa del genere? Che il mio nuovo passatempo é raccontare in giro fiabe su nuovi mostri?" domandò Briony inarcando un sopracciglio.

"Ma Briony come può essere reale... tu sei la ragazza più normale che esista e non potresti mai fare del male a nessuno." sussurrò Caroline benevolmente accarezzandole le mani.

Briony allora la guardò timorosamente, incerta: "Quindi non hai paura di me?"

Caroline sgranò gli occhi: "Ma cosa dici? No certo che no!" La prese tra le braccia per rassicurarla. "Beh diciamo che ciò che mi intimorisce di te sono le tue scenate" mormorò poi ridacchiando.

Briony allora si fece corrucciata e sciolse l'abbraccio. Guardò per un attimo Caroline fisso negli occhi, poi le strappò qualche capello dalla radice.

"Ahi! Ma che ti prende??" domandò Caroline sconcertata massaggiandosi la testa.

"Te lo sei meritata. Cosa ti é saltato in testa di andare a dire a Damon che Elijah é il re della vostra stirpe? Ti avevo detto di starne fuori!" sbottò Briony furiosa, rimembrando solo ora del casino che Caroline aveva messo in atto.

"Con tutto quello che stai passando ti preoccupi di una tale sciocchezza?"

"Sei una lingua lunga Caroline. E quando ti dico di fare una cosa tu non la fai mai... dovrei strapparti altri capelli."

"Ascolta sicuramente capirai perché l'ho fatto. L'ho fatto per proteggerci... ma adesso non devi pensare a quello, devi pensare a te stessa" rispose Caroline cercando di rassicurarla.

Briony si strinse nelle spalle come se non volesse affatto pensarci e ogni volta che lo faceva si sentiva stritolare.

Caroline la guardò sconsolata: "Ma ci deve essere una cura… per contrastare quel mostro che hai dentro..." sussurrò timorosamente, e Briony trasalì sentendo quella parola.

Era assurdo ma le faceva male sentire quella parola sulle labbra della sorella, come se la temesse e non volesse sentirla. Oppure perché non voleva udirla da persone che amava.. ecco qual’era la sua più grande paura.

Si strinse nelle spalle cercando di far finta di niente. “Purtroppo non c’è speranza affinché io cambi.”

“Ma ci deve pur essere! Non esisteva alcuna cura per guarire un vampiro dal morso di un licantropo ma alla fine l’abbiamo trovata! Briony, so cosa vuol dire sentirsi diversi o degli scherzi della natura… quindi ti aiuterò.” sussurrò fermamente, prendendole le mani tra le sue.

Briony la guardò seria e alla fine le sorrise grata, accarezzandola. “L’unica cosa che dovresti fare è non divulgare questa notizia ai paparazzi.”

“Per chi mi hai preso?” domandò la vampira fingendosi offesa.

“Ti conosco e tu non sai mantenere i segreti, anzi ti piace spiattellarli in giro! Ma questa volta è di vitale importanza che tu tenga la bocca chiusa Caroline, altrimenti correremo dei rischi enormi.”

Caroline la guardò pensierosa, poi all’improvviso disse: “Non sarebbe meglio se gli Originari scomparissero dalla faccia della terra? Magari così tu non saresti obbligata a diventare un mostro e noi tutti vivremmo felici e contenti.”

Briony le lanciò un’occhiataccia di fuoco. Non sopportava quel genere di discussione. Nessuno sarebbe morto ed era meglio evitare persino di parlarne. Ma ciò che le fece bruciare il cuore dal rammarico era sentire quella parola fuoriuscire un’altra volta dalla bocca della sorella. Avrebbe tanto voluto zittirla ma si sentiva di meritare quell’appellativo.

“Se gli Originari muoiono, moriresti anche tu ricordatelo.”

“Ma il piano di Stefan e Damon prevede..”

Briony le lanciò l’ennesima occhiata di fuoco, e Caroline decise di zittirsi: “Ok va bene. Non ne parleremo più. Accidenti c’è davvero bisogno di thè con vodka!”

La sorella maggiore la guardò puntigliosa poi non riuscì a trattenersi e cominciò a ridere. Caroline ricambiò come se fosse contenta di far sorridere la sorella in un periodo così brutto per lei. In cuor suo voleva davvero aiutarla... le sue non erano solo parole al vento.

La biondina guardò poi l’orologio e si alzò: “Devo andare ora. Devo passare da Matt a vedere come sta.”

“Mi dispiace davvero per lui… spero che si rimetterà, in tutti i sensi. Rebekah sicuramente non…

“No Briony non difendere quella diavolessa! Il suo comportamento non è giustificabile! Se non ha imparato lei dopo 1000 anni a controllarsi allora dovrebbe fare dietro front e lasciare Matt, se non vuole fargli ancora del male! Spero che lui mi ascolti perché la sua storia con quella maledetta è davvero assurda! E per di più dannosa!” sbottò Caroline incollerita.

Briony rimase ammutolita pensando che purtroppo il povero Matt si era trovato al momento sbagliato nel luogo sbagliato. E tutto perché Esther voleva mostrare a tutti chi lei fosse in realtà e distruggere gli Originari… Avrebbe tanto voluto dire a Caroline di non intromettersi e di lasciarle in pace Matt e Bex, ma la bionda la sorpassò.

“Senza contare Klaus… io davvero non so come fare... l’altra sera c’è stata una discussione tremenda tra lui e Tyler perché ha scoperto che lui non è più asservito, ed era sul punto di ucciderlo... sembrava uno scalmanato e aveva degli occhi da pazzo.. Io ho cercato di difendere Tyler e di fermare Klaus mettendomi di fronte a lui per bloccarlo, ma lui all’improvviso si è fermato e mi ha guardato come se fosse la prima volta che mi vedesse o come se stesse per scoppiare, presumo. Ed è corso via in un lampo. Senza dire più nulla. Non so se essere contenta o meno... Spero non stia escogitando qualche piano per uccidere Tyler o un’altra tecnica di abbordaggio.”

Briony aveva ascoltato attentamente la sorella e non si era lasciata sfuggire il tremore nella voce che Caroline aveva ogni volta che parlava di Klaus... non sapeva se in maniera positiva o negativa però.

<< É riuscito ad allontanarsi da loro prima di esplodere del tutto come é capitato ai suoi fratelli? Ma questo di rimando ha causato un bel macello dentro la foresta. L'avrà fatto per Caroline o per evitare un disastro ancora peggiore davanti ai civili? >>

“Non pensi che tu e Tyler dovreste andarvene per un po’ finchè non si saranno calmate le acque? E così Klaus non potrà nuocervi più?” propose poi.

“E lasciarti da sola adesso? No, devo restare. E anche Tyler non vuole arrendersi a Klaus... è da folle ma… è anche per questo che lo amo.” sussurrò questa volta con un luccichio orgoglioso negli occhi.

Briony sospirò rasserenata e l’accompagnò alla porta.

“Chiamami se hai bisogno ok? Anzi perché non rimani da me per qualche giorno? Sarà davvero dura per te stare in questa casa grande da sola… e sono sicura che ti deprimerai con qualche musica strappalacrime quindi ci penserà la sottoscritta a tirarti su il morale.” disse Caroline prima di uscire e puntandosi l’indice contro con un sorrisetto.

Briony per tutta risposta alzò gli occhi al cielo, accettò la proposta con un sorrisetto e poi la salutò.

Dopo aver chiuso la porta, la casa sprofondò in un insolito silenzio che sembrò combaciare alla perfezione col mutismo dietro il quale il cuore di Briony si era barricato. Sembrava non pompare più dentro il petto come se fosse rimasto in quel pozzo di dolore dove Elijah l’aveva abbandonata. Lei era riuscita a risalire con fatica e sofferenza, ma il suo cuore no.

Era letteralmente uscito distrutto dopo lo scontro avvenuto con Elijah. E quella farsa avvenuta in mattinata non l’aiutava di certo a ricomporlo.

La cosa che più aveva bisogno al mondo era di averlo accanto, di farsi avvolgere dal suo sguardo ipnotico e di tenersi stretta nel suo forte abbraccio, altrimenti non sarebbe sopravvissuta a tutto questo.

Ma sapeva che le direzioni della loro vita stavano prendendo strade diverse, e nessuna delle due combaciava con l’altra, anzi si allontanavano il più possibile come se ci fosse una lava di fuoco a divederli.

Le faceva male ricordare lo sguardo incredulo e shockato di Elijah dopo aver scoperto la verità, la delusione nei suoi occhi per il fatto che lei gli avesse mentito... e ancor peggio quella cruda deduzione che lei lo avesse ingannato spudoratamente, che in realtà lo odiasse, che avesse ricambiato il suo amore solo con le bugie e i tradimenti.

Il dolore per quella scoperta era stato così lancinante da non sembrare un vero e semplice dolore, ma qualcosa di più intollerabile da provocare esplicite reazioni. Aveva visto in lui riaprirsi antiche ferite che andavano a sanguinare quelle nuove, un sentimento che sarebbe arrivato a bruciare la sua vita immortale se non avesse smesso di provarlo.

Perché doveva fare così male? Lei non si meritava di soffrire e neanche lui.

Ma alla fine niente era bastato, né i suoi invochi, né i suoi sguardi di supplica, né tutte le giustificazioni che aveva emesso, perché tutte le sue grida di dolore si erano susseguite nel silenzio... e poi nell’abbandono.

Per lui era stato un durissimo colpo e dopo quella mattina era chiaro che il ghiaccio era ritornato a ricostruire la sua corazza, a plasmare il suo essere. E forse stava avvenendo anche di peggio…

Ricordò la paura.

Mentre si avviava verso camera sua, Briony si lasciò sfuggire un gemito strozzato che richiudeva tutta la sua agonia e le sue preghiere di trovare una soluzione a tutto questo.

Forse le sue preghiere trovarono risposta quando sentì una voce vicino a lei.

Briony..”

Lei si voltò fulmineamente, sentendo suo malgrado lo stesso filo di timore che aveva avvertito prima. Aveva già intuito chi fosse, ma i suoi occhi volevano accertarsene come se stesse per morire di sete e guardarlo sarebbe stato come dissetarsi. Emozioni troppo contrastanti nel vederlo lì… da soli questa volta.

Elijah non era molto lontano da lei: un braccio era nella fine della ringhiera della scala, e la guardava attraverso il corridoio che dava alle camere da letto.

Briony non seppe tradurre il significato della profondità di quegli occhi così straordinariamente neri o l’espressione del viso scavato di Elijah, perché tutto si concentrò sul dolore. Sul proprio dolore questa volta.

Quando aveva sofferto nel momento in cui lui se ne era andato, lasciandola sola, il modo in cui le aveva parlato talvolta così crudele e duro... Elijah non era riuscita a capirla fino in fondo e questo l’aveva trascinata a fondo nel proprio dolore.

Lei sapeva che nonostante tutto non aveva scusanti per ciò che aveva fatto ma il cervello prese il sopravvento; il cuore in fondo era rintanato chissà dove nel proprio dolore, e quindi Briony si mosse dal suo stato di immobilità e andò verso la sua camera da letto, chiudendosi a chiave in uno scatto.

In quel momento la sua testa era troppo confusa per sopportare un’ulteriore discussione e la sofferenza traboccava da non sopportarne altra… ormai non aveva senso sprecare altre forze o parole in un dialogo in cui entrambi sapevano come sarebbe andato a finire.

Briony sentì poi all’improvviso scuotere la maniglia della porta.

Briony, apri.” Mormorò Elijah in tono autoritario fuori dalla porta.

Lei fece finta di nulla e aprì l’armadio per cercare una borsa grande da contenere alcuni vestiti per stare da Caroline.

Ad un tratto sentì dei colpi rimbombanti: “Briony, apri questa maledetta porta.” ringhiò lui ora infuriato.

Si immaginò Elijah fuori dalla stanza ad aspettare con sguardo gelido e traboccante di collera per il suo gesto un po’ infantile di chiudersi a riccio e non parlare; Briony allora guardò timorosa la porta perché convinta che il vampiro l’avrebbe sfondata prima o poi e si chiese perché non l’avesse già fatto. Ma forse gli era rimasto ancora un po’ della galanteria che lo aveva sempre contraddistinto.

Cercò di mettere le sue cose in fretta dentro la borsa, e sentì poi di nuovo la voce di Elijah fuori dalla porta:

Briony, sai che posso aprire.” mormorò questa volta con tono più minaccioso, e sembrava che il suo respiro fermo e il suo sguardo freddo perforassero l’interno della stanza senza neanche entrarvi.

Col cuore in gola, lei chiuse la cerniera della borsa e dopo aver fatto numerosi respiri, aprì finalmente la porta.

Trovò Elijah proprio di fronte a lei, il braccio allungato sullo stipite, lo sguardo gelido come se avesse appena inghiottito ghiaccio.  Il nero dei suoi occhi era più scuro che mai, pieno di ombre.

Briony lo sorpassò senza dire una parola, schivandolo di proposito e si avviò lungo il corridoio con la borsa lungo il braccio, mentre Elijah non la perse un attimo di vista.

Sentiva il suo sguardo penetrante e glaciale sulla schiena, ma lei comunque continuava a camminare.

“Perché ti stai comportando in questo modo?” sussurrò lui gelido.

Briony cercò di mantenersi calma mentre scendeva in fretta le scale.

“Rispondimi.” l’ordine che uscì dalla sua voce era così controllato da far rabbrividire. Briony sentiva i suoi passi dietro di lei, segno che la stava seguendo.

“Non ho voglia di parlare.” lo liquidò lei andando verso il salotto per prendere le chiavi della macchina.

All’improvviso si sentì afferrare per un braccio e Elijah prese la borsa che lei teneva sulla spalla, gettandola da qualche parte per terra. “Posso sapere dove credi di andare? La sceneggiata di prima non è stata abbastanza?” Affermò lui in tono calmo ma severo, inchiodandola con lo sguardo.

Briony rimase invece con lo sguardo sospeso, ingurgitando tutto ciò che aveva provato prima nel bosco. Era una cattiva e sconsigliabile idea comportarsi così con Elijah in un umore così nero, ma non riuscì a non far agire la sua parte più forte.

Gli sorrise quindi in segno di spregio: "Davvero strano come tu adesso ti interessi tanto quando ieri te ne sei completamente disinteressato e te ne sei andato via. Come hai ampliamente dimostrato prima, tu puoi fare le tue scelte ma questa è la mia vita e se io voglio andare da qualche parte ci vado, Elijah. Altrimenti strappami il cuore dal petto." disse sicura, visto che ormai il suo cuore era stato già strappato. Riprese la borsa da terra e la mise sul divano. Elijah seguì le sue mosse con severità.

Briony allora sospirò: “Te lo dico solo perchè così smetterai con questo atteggiamento. Vado da mia sorella per qualche giorno, visto che impazzirei stando da sola qui a crogiolarmi sugli allori o aspettando una qualche plausibile comprensione da parte tua, quindi...” rispose lei cercando di apparire decisa ma non appena posò lo sguardo su quello di Elijah, si sentì traballare lievemente.

Lei in quel momento volle sfuggirgli, perché quello sguardo sembrava raggelarle le vene e raggiungere di nuovo il cuore, così si avviò spedita verso la cucina per prendere qualche bottiglia d’acqua. Prese alcuni tovaglioli e della frutta spostando il ripiano delle posate, e nel mentre sentì i passi decisi di Elijah avvicinarsi. Briony sentiva il suo sguardo penetrarle la schiena ma lui rimaneva in silenzio.

Si chiese perché era venuto lì… lei non voleva parlare, voleva un attimo di tregua per il suo cuore. Perché insistere se non c’era più speranza?

Alla fine combatté contro se stessa e si girò verso di lui, ritrovandosi faccia a faccia. Lei cercava di apparire calma, mentre lui sembrava esaminarla come se fosse la prima volta che la vedeva e le stesse elargendo un giudizio approfondito.

Gli occhi neri sembravano scavare dentro quell’anima che gli apparteneva.

“Eccoci qui, l’uno di fronte all’altra finalmente.” bisbigliò poi con uno strano sorriso asimettrico e un barlume negli occhi, come se avesse di fronte il suo nemico che a lungo aveva dato la caccia. Ed era così.

Elijah si diresse verso Briony continuando ad osservarla, quasi stesse esercitando una forte pressione dentro di lei.

Briony deglutì intimorita e si appoggiò al lavello, sentendo le ginocchia tremare.

Elijah piegò la testa da un lato:

“Non devi avere paura, Briony.” Mormorò solamente con perfetta calma, ma gli occhi sembravano vuoti, privati della loro luce.

Lei infatti non riuscì per niente a tranquillizzarsi, soprattutto perché uno sguardo del genere l’aveva già visto e non prevedeva nulla di buono suo malgrado.

“Che intendi fare?” domandò lei titubante, guardandolo come se volesse scorgere in lui una risposta plausibile.

Elijah la fissò facendosi un pelo accigliato, mentre la sua perfetta calma gelida si distribuì in tutto il suo essere. Ciò nonostante questo lo rendeva più terrificante ai suoi occhi mentre si avvicinava noncurante a un tavolo che si trovava in mezzo a loro, per sfogliare alcune pagine di un libro posto al di sopra, con disinteresse.

“Se si trattasse di qualcun altro sai come mi comporterei…” mormorò con lo sguardo abbassato sul libro. “Non avrei alcun ripensamento... gli strapperei il cuore senza pietà.” Finita la frase, chiuse il libro di colpo esercitando così un forte rumore che fece trasalire Briony dalla sorpresa. Ma rimase comunque immobile: quello sguardo, anche se non la guardava direttamente, la stava ghiacciando fin dentro le ossa.

Elijah alzò il viso in un  punto sospeso per la stanza: “E così finalmente saremmo in pace.”

Dopo di che adagiò lo sguardo su quello di Brionycome se lo stesse accarezzando per poi imprigionarlo.

Le corde vocali della ragazza parevano aver perso voce, ma non era così per gli occhi che sembravano parlare e dimostrare tutto il suo turbamento interiore per quelle parole.

Elijah ad un tratto si fece più serio, duro come roccia imperforabile. Sembrava avesse ripreso in mano le redini dei suoi pensieri dal modo in cui si dirigeva verso di lei.

“Pensi che con te sarebbe diverso? Perché ho provato sentimenti per te?”

Briony sostenne il tormento di scorgere lo stesso vuoto perfetto e assoluto di cui era stata testimone quella mattina, e anche di aver percepito soprattutto il verbo al passato nella sua frase. Se non si lasciò annientare era perché non poteva rimanere senza repliche di fronte a uno simile sguardo spaventevole in sintonia a simili frasi.

Tu ti lasci sempre guidare dall'intelletto, da un astuzia ben precisa. Mai d'istinto, se sei qui ci deve essere una ragione.” Si limitò a dire.

Elijah rimase neutro: “É così.”

Non seppe in che preciso istante o se lei lo avesse provocato in qualche modo, ma il nero dei suoi occhi divenne ciò che di più terrificante avesse mai visto. Come essere gettate in un abisso oscuro, senza più possibilità di raggiungere il sole.

Elijah perse la compostezza nella quale si racchiudeva sempre nell’afferrarle con forza il braccio e nell’avvicinarsi scattante al suo corpo, trovandosi quasi appiccicati come due amanti.

Briony fece un respiro che le bruciò la gola come fuoco nel percepire quello gelido di Elijah nell’incavo del suo collo: il viso del vampiro era quasi aderente alla sua guancia, le labbra a un centimetro dalla pelle, raggelandola. Sentiva la forza della sua pressione nel braccio e fu costretta a rimanere immobile, inerme come un’umana che viene agguantata da un demone.

Poi lui parlò, in un sibilo basso, ghiacciato:

“Mia madre ha fatto ciò che ha fatto per farmi bere il tuo sangue, non é vero?” Sembrava un’accusa. “Per uccidermi. Avermelo taciuto avrebbe reso ancor più facile la mia morte. Proprio come doveva andare.” La voce divenne sempre più bassa e cupa, colma di un furore pacato che andava scivolando sulla pelle della ragazza come vento gelido.

Briony non osava parlare, le sembrava che tutto il corpo pizzicasse come una corda tesa.

Tuttavia poi qualcosa mutò: “Ma tu sei scappata via, hai cercato di salvarmi dal mio fato nonostante le tue continue menzogne... Perché Briony?” Dal modo in cui glielo chiese sembrava che ce l’avesse con se stesso perché non riusciva a comprendere quella situazione assurda, o forse odiava lei proprio per aver cercato di salvarlo quando sarebbe stato tutto più semplice il contrario.

A fatica Briony sospirò, socchiudendo gli occhi. Sentiva il cuore molle, come sul punto di sciogliersi dentro la sua stessa pozza di sangue. “Se te lo chiedi vuol dire che hai di fronte a te una sconosciuta e questa conversazione non ha motivo di esistere.”

Sentì che non era in grado di perseguire un’altra disputa come quella avuta il giorno prima; non avrebbe retto e il suo subconscio ormai si era arreso all’evidenza dei fatti. Per questo si scostò piano, alzando le mani per urlare basta a quelle afflizioni. “Ti prego, è già tanto dura così.”

Elijah la lasciò fare, come se in qualche modo fosse d’accordo. Fece però un sorriso amaro, tirato: “Di solito la gente è più propensa ad accettare una menzogna plausibile piuttosto che una verità improbabile.”

Briony si limitò a fissarlo mentre lui proseguiva; il gelo negli occhi tuttavia si sciolse, non all’istante ma poco a poco, come l’alba che si diffonde nel cielo:

Forse in qualche modo mi sono guadagnato questo fardello a causa di ciò che sono e che ho compiuto. Era davvero troppo ciò che stavo vivendo… l'avevo sempre percepito e un istinto mi metteva in guardia.”

Il tono tormentato e di condanna in cui lo disse fece nascere negli occhi di Briony un nuovo luccichio, come un qualcosa di antico che riprende vita. Ciò non diminuì quando Elijah tornò a guardarla, fisso e severo. “Avevo ragione.”

Briony allora sospirò benevolmente. Come poteva buttare via tutto ciò che erano stati, credendo fosse solo stato solo un inganno dolceamaro, tinto dal veleno, o peggio come un dono non meritevole, troppo per uno come lui?

Non le importarono in quel momento le sue dure parole fataliste, la bruttissima circostanza; il cuore di lei tornò a manovrarla. Lo voleva, voleva quel vampiro più di quanto volesse stare bene.

Gli si avvicinò in un passo, alzando le mani per toccargli dolcemente il viso: “Mi dispiace così tanto…

Elijah rimase per qualche secondo ad analizzare la situazione che era venuta a crearsi. Sicuramente un lampo di razionalità gli attraverso la mente da come cambiarono i suoi occhi e l’espressione del viso. “No…” disse soltanto, scansandosi dalla sua presa, quasi fosse un qualcosa di profondamente sbagliato.

Briony rimase immobile, con gli occhi affranti e le mani ancora a mezz’aria, a raccogliere il solito vuoto, mentre Elijah la sorpassava e faceva dei passi in avanti.

La ragazza non fece in tempo ad assimilare il colpo che aveva incassato che l’Originario si fece di nuovo sotto con questioni taglienti: “C’e' qualche altra verità che mi hai taciuto? Prima che la scopra da me come é già successo. Sinceramente vorrei evitarmelo.” Il tono freddo in cui pronunciò quelle parole indusse Briony a riprendere il controllo delle sue emozioni. Serrò lo sguardo e si voltò verso di lui, andando nella sua direzione ma senza fissarlo.

“Niente che non sia già palese. Sono il mostro a cui la tua famiglia sta dando la caccia, anche se con sembianze che nessuno si aspettava.” Deglutì a forza. “Se hai scelto cosa devi fare come mi hai fatto sottintendere stamattina, voglio saperlo. Qualunque sia la scelta.”

Elijah sembrò analizzarla attraverso le palpebre socchiuse: gli occhi dal canto suo erano la fredda immagine della sua agonia.

“Scegliere dici? E’ una situazione che quasi vieta la libertà di scegliere senza incorrere a compromessi in grado di distruggerti comunque.” Mormorò lui amaramente, con un tormento che girovaga gelido dentro il suo petto. Si fece più cupo “Quello che ho scoperto mi ha sconvolto… Mi sono domandato una centinaia di volte quale fosse la scelta giusta, se potevo abbassare la guardia e permettere alla mie faccende personali di intromettersi in una storia  così pericolosa da danneggiarci tutti.” Mormorò lui con sguardo afflitto e teso.

Briony allora abbassò la testa colpevole. Sembrava che il dolore muto di Elijah la bruciasse come se fosse suo, e avrebbe tanto voluto guarirlo ma non si potevano lenire  le ferite degli altri  senza riuscire nemmeno a guarire le proprie.

Si portò le mani al petto, lo sguardo divenne pieno di rammarico:

“Io voglio che tu ti fidi di me, ma so che non è più così... Voglio sperare che sarà diverso ma...” sorrise mestamente scuotendo la testa. “E’ impossibile. Ora è tutto diverso, anche se lo detesto io sono quel mostro che tu devi combattere e annientare, altrimenti… ” rispose infine con un fil di voce, come se le parole fossero invase da lacrime invisibili.

La gola bruciava per sopportarle.

“Uno di noi due finirà per essere annientato alla fine.” mormorò con tormento lasciando ricadere le braccia sui fianchi e chiudendo gli occhi.

Aveva combattuto troppe volte la realtà ma era una battaglia persa in partenza perché era partita come se fosse cieca:  lei apparteneva a una razza di creature che era in guerra con ciò che Elijah rappresentava. Questa consapevolezza era indiscutibile e reale. Le faceva male come un’emorragia. Proprio perché era reale.

Elijah indurì l’espressione e assentì con la testa, come se capisse le parole di Briony, ma non replicò per diversi minuti, quasi il silenzio avesse inghiottito il suo animo. Sembrava aver capito appieno le parole di lei e di come dover affrontare la realtà di conseguenza. In una sola maniera. La stessa che lei gli aveva rinfacciato di voler compiere.

Il suo corpo di ghiaccio si spostò verso il lavello della cucina dove erano riposte le posate, tra cui dei coltelli molto appuntiti e luccicanti. Ne prese uno facendolo roteare nella mano, muovendolo. Lo sguardo gelido rivolto a un punto sospeso di fronte a sé.

Briony si immobilizzò di colpo.

“Mi sono logorato per tutta la notte pensando che tu mi avessi ingannato di proposito, che avessi usato il mio sentimento per te come un’arma per ferirmi mortalmente e tradirmi. Non saresti la prima.” Sussurrò l’ultima frase voltando metà viso verso di lei e rivolgendole un sorriso estremamente  glaciale. Il tono però era orrendamente calmo da far rabbrividire.

La sua mano continuava a roteare quel lungo coltello come se fosse un maestro nel maneggiarlo; lo sguardo era perso nel ghiaccio.

La vista di Briony andava verso i suoi occhi tetri e verso quel coltello dall'aspetto poco rassicurante. C’era qualcosa di spaventevole nel luccichio che emanava la lama in movimento.

Non riuscì a dir niente quando lui però ad un tratto appoggiò il coltello sopra il lavello con delicatezza e si voltò completamente verso di lei. Lo sguardo era limpido questa volta, privo di increspature che celavano la sua durezza e rigidità. Gli occhi sembravano essersi accesi, come se fosse ritornato veramente se stesso e avesse allontanato quella parte maligna di sé.

“Ma sono conscio di una cosa... e comunque andrà...” Elijah pronunciò quelle parole profonde avvicinandosi lentamente a lei, agganciando così gli occhi nei suoi. Lei lo fece fare come soggiogata.

Lui rimase un attimo in silenzio, come per soppesare le seguenti parole:

“Per quante azioni spregevoli io abbia fatto in vita mia… non potrei mai farti questo, mai.” rispose profondamente, fissandola negli occhi e nell’anima.

Briony rimase totalmente di stucco tanto che sbattè le palpebre più volte.

“Come? Davvero? Non me la farai pagare?” domandò stupidamente incerta, guardandolo come se non lo riconoscesse.

Elijah alzò lievemente il sopracciglio, rimanendo comunque composto:

Se pensi che io potrei sul serio porre fine alla tua vita, credo di non essere l’unico ad aver preso un enorme abbaglio.”

Nonostante la macabra ironia sottile, Briony scacciò via il timore di poco prima come se fosse piuma che volteggia nell’aria, e finalmente comprese che Elijah non aveva ancora del tutto gettato via la speranza, il loro futuro così messo a dura prova e il suo stesso cuore.

Nonostante tutto, nonostante la razionalità, i colpi dolorosi inflitti e gli inganni del passato, non le avrebbe mai fatto veramente del male. Avrebbe arrestato quella parte oscura di sé solamente nel tentativo di difenderla.

Quella consapevolezza le aprì il cuore, riscaldandolo con gioia inaspettata.

Elijah intanto si fece di nuovo buio e scosse lievemente la testa: “So che é un rischio considerevole, una debolezza ma... Non potrei. Oh Briony…” Quella resa non assolutamente prevedibile, improvvisa, quasi umana, la colse totalmente alla provvista: in breve Elijah le prese il viso con le mani a coppa, avvicinando i loro visi e tenendoli sospesi, come se fosse una cura per guarire dal presente.

Briony rimase col respiro mozzato in gola, il corpo vibrante d’aspettativa. Dentro la mente rimembrò la voce di Elijah in quel “Oh Briony” molto meno fredda rispetto a quella con cui ormai lei lo associava.

Incapace di trattenersi, lei fece la sua stessa mossa con le mani e si avvicinò bisognosa alle sue labbra; il desiderio furente di sentire appieno la loro riconciliazione dopo tutto quel dolore e dubbi.

Ma nuovamente Elijah si scansò. Forse scelse di farlo perché era troppo presto o non del tutto sicuro, o forse aveva agito di riflesso in preda al suo classico controllo, ma comunque con quel gesto fu come se Elijah le avesse tirato dolorosamente gli angoli del cuore.

L’Originario teneva lo sguardo lontano e basso, quasi stesse lottando con una parte di sé ma quella in evidenza era la solita che non voleva lasciarsi andare alle emozioni.

Nonostante la delusione provata, in un angolino del suo animo Briony poteva comprendere quanto fosse dura e difficile per lui, quanto gli costasse anche soltanto averle detto quelle parole.

Allungò una mano su di lui, alla radice dei capelli, piano come se temesse un altro suo allontanamento.

 “Vorrei che tu mi potessi guardare sul serio negli occhi per scorgere quanto amore porto e ho sempre portato per te.”

Elijah sbattè le palpebre, quasi vide dettagliatamente le sue ciglia piegarsi, per poi voltarsi verso di lei e osservarla serio. Passarono diversi secondi in totale tensione:

“Io ti guardavo negli occhi eppure grossa parte della tua vita mi era preclusa.”

Briony dovette inghiottire quella dura e velenosa verità. Parlare con lui le dava la sensazione di accoltellare e essere accoltellati.

Abbassò la mano: “Deduco che sono senza controrepliche.” Mormorò adagio.

Lui a quel punto sembrò ristabilirsi e riconnettersi con la realtà. Ridivenne lucido in pochi secondi: “Non posso fingere di non essere rimasto deluso dal tuo comportamento. Posso dirti tutto ma non che mi sia dimenticato che hai preferito mentirmi e non dirmi nulla... hai pensato che era la soluzione più giusta quando invece era la più sbagliata, e lo sapevi.” disse duramente rivolgendole questa volta uno sguardo accusatorio, quasi fosse appena ritornato alla conversazione dell’altro giorno.

Briony strinse le labbra; in barba a prima il cuore si richiuse troppo presto e la gioia scomparve, marcendola con il dolore. Si sentiva un  passeggero su un treno deragliato.

“Sai perché l’ho fatto.” Disse solamente, sentendo la sicurezza positiva di poco prima sgretolarsi.

Si guardarono per parecchi minuti, e per Briony fu davvero dura sopportare senza abbassare lo sguardo visto che gli occhi di Elijah sembravano essersi addensati da un’ombra strana. Si sentì all’improvviso turbata.

Il vampiro ad un tratto fece un passo indietro e sviò lo sguardo, vagando per la stanza:

“Ora però non dovremmo indugiare su questo… ci sarà modo per chiarire, ma adesso dobbiamo pensare a cosa fare.” rispose deciso come se stesse preparando un piano a puntino.

“Prima di tutto, non devi mai stare da sola. Devi essere sempre con qualcuno... di cui ti fidi e che sia abbastanza forte oltre tutto. Bisogna stare attenti ora come ora per evitare che la situazione precipiti.” disse diplomaticamente per farglielo capire.

Lei trasalì, sentendosi profondamente ferita dal significato retorico delle sue parole:

“Hai paura che esploda e che diventi quel genere di mostro??”

Elijah sbattè le palpebre, preso in contropiede:

“Non era questo quello che intendevo dire.”

Briony però, già tutto un formicolio nel corpo, non lo stette ad ascoltare e si diresse come una furia fuori dalla cucina, andando verso il salone.

"Briony, fermati." Elijah la seguì a passi decisi.

Lei si voltò verso di lui, con metà anima distrutta e l’altra in furore:

“Sì, era quello che intendevi dire invece! Lo vedo ora dai tuoi occhi, come mi guardi che sei più che deluso da me... che ti senti ingannato, tradito e che non potrò mai sanare questa ferita.” rispose lei ovvia, allargando le braccia sui fianchi. “Pensi che sia meglio per me averti come sostegno ma vedendo comunque il tuo concreto astio?”

Elijah sospirò come infastidito e alzò le mani:

“Possiamo non parlarne adesso? Avremo tempo e luogo per farlo, ma ora…”  Quando stette per finire la frase, sviò lo sguardo come se si sentisse rigido, avvizzito da qualcosa che lo angustiava.

Briony intuì il suo silenzio come un semplice ritardare un chiarimento che avrebbe potuto facilitare l’esistenza a entrambi, e che Elijah non voleva capirla fino in fondo come si sarebbe aspettata.

“Perché sei qui? Tanto ti ho detto che non potrò cambiare quello che sono, è tutto inutile! Ti scomoderò dall'incombenza e farò tutto da me. E’ molto meglio così.” esclamò come se fosse quella l'unica realtà dei fatti e non ci fosse altra via d'uscita. Voleva arrendersi. In qualche modo era preferibile intraprendere la strada del martirio, piuttosto che affrontare tutto quel peso onnipotente.

Lui sembrò fulminarla con lo sguardo, come se avesse capito il reale senso delle sue parole:

“Smettila di dire queste stupidaggini. Sto pensando a proteggerti, al modo migliore per tenerti al sicuro perché se Klaus o qualcun altro lo scoprisse… tu saresti morta, lo sai vero?” mormorò alzando un  la voce per far valere le sue ragioni circa il piano di prima e farle capire che aveva torto marcio circa le sue farneticazioni.

Lei però sembrò non ascoltarlo, tanto presa da un pensiero che le balenava più volte in testa.

“Beh non sarebbe poi tanto male... Non doveva finire così in teoria?” disse istintivamente mettendo le braccia al petto e dandogli le spalle, come per mettere fine a quella discussione che non portava a nulla, se non a sentimenti negativi che si espandevano con troppa forza in ognuno di loro.

Sentì Elijah irrigidirsi, quasi temesse di scoppiare da un momento all’altro:

“Ora basta.” Sibilò lui feroce afferrandola per le spalle per farla voltare di scatto.

“Non ti permetterò di arrenderti in questo modo. Non te la caverai così facilmente.” disse inchiodandola con uno sguardo gelido che la paralizzò dalla testa in giù.

Briony riuscì solamente a trasalire e a sbattere le palpebre per il tono glaciale in cui lui le parlava. Si sentiva stritolare come se lui la stesse imprigionando in una gabbia di paura:

"Mi hai capito? Ti proibisco di farlo." sibilò lui lentamente, stringendo la presa sul suo animo.

“E’ una punizione per averti mentito? Vuoi logorarmi ancora di più?” domandò lei  angosciante per fargli capire che andare avanti così le avrebbe procurato solo male.

Ebbe la sensazione che lui non voleva che si arrendesse al peggio, solo per vederla soffrire atrocemente durante la lotta. Poco male se poi sarebbe caduta durante la salita, almeno avrebbe scontato la punizione per essersi presa gioco di lui e non se la sarebbe cavata col puro e semplice martirio.

Si sentiva la testa in confusione, come se quei pensieri non le appartenessero veramente ma comunque c’erano. La testa stava per scoppiare come una bolla impazzita.

Lui d’altro canto sembrò indurire la dose:

“Questo è il solo messaggio che sai recepire… quando hai paura qualche volta tenti a obbedirmi per scacciarla via, quindi questo è l’unico sistema che posso usare per farti ragionare.” rispose con un tono sempre più duro e glaciale, continuando a stringere la presa sulle sue spalle per convincerla a desistere dai suoi folli e tragici piani.

“Lasciami andare.” mormorò lei agitando le braccia per scrollarselo di dosso, ma lui dopo un attimo le afferrò i polsi, serrandoli con forza per calmarla e protendendoli verso di sé.

Lei gemette per il lieve dolore, scontrandosi contro il suo petto.  Lo guardò confusa  mentre lui affondava sempre di più gli occhi dentro i suoi, come se stesse per imprimerle un sortilegio. Il respiro gelido di Elijah si schiantò contro il suo viso.

“Ora farai come ti dico perché i tuoi piani non hanno il minimo senso... non dirai a nessuno la verità, non tenterai di fare qualche mossa stupida altrimenti le cose si metteranno davvero male. E smettila di dire quelle fesserie.” mormorò l’ultima frase attonito e sconcertato, e infine le lasciò andare i polsi.

Lei si massaggiò le mani, guardandolo con durezza. Una sfilza di pensieri contrastanti si insidiò nella sua mente fino ad avvelenarla:

“E’ una punizione per averti mentito. Non mi stai proteggendo, ti stai soltanto vendicando.” sussurrò in un tono freddo che non sembrava appartenerle.

“Se ti fa sentire meglio, pensala così.” rispose lui impassibile. Gli occhi erano di ghiaccio.

In quel momento sembravano due persone, un tempo unite come una cosa sola, ma che avevano appena scoperto all’improvviso di non poter più appartenere allo stesso mondo; e la dura realtà si stava restringendo sempre di più intorno a loro. L’Ombra era all’erta pronta a divorarli.

Questo non faceva che aggiungere una desolazione inaudita nel cuore già distrutto di Briony.

Cercò comunque di apparire calma:

“Io per oggi ho degli impegni... almeno fino a quando posso restare normale, voglio godermi un po’ di serenità.”

Elijah sbattè le palpebre:

“E cioè?”

“Starò da Caroline te l’ho detto... lei sa la verità.”

Elijah sgranò gli occhi sconcertato:

“A quest’ora mezza Mystic Falls lo saprà già!” sbottò irritato, sviando lo sguardo da lei. Era chiaramente contrariato anche se cercava di controllarsi.

“Mia sorella non è stupida come pensi, quando si tratta di faccende così delicate è strano ma si può contare su di lei.” rispose Briony semplicemente mettendo le braccia al petto.

Lui girò lo sguardo, rivolgendole un sorriso sprezzante:

“Io non sarei così ottimista. Perché l’hai fatto? Hai messo la tua vita ancora più a rischio, e come ben sai è perennemente dannoso fidarsi di tua sorella”

Il vortice di parole le fuoriuscì dalla bocca automaticamente, senza che lei potesse impedirlo. Si accorse solo troppo tardi di ciò che stava dicendo.

“E di chi mi potrei fidare? Di te?! Tu ieri mi hai abbandonata, hai pensato le peggio cose di me senza lasciarmi spiegare! Come faccio a sapere che non continuerai ancora a odiarmi? A rivolgermi quello sguardo che non riesco a sopportare? O a fare cose che potrebbero spaventarmi come è già successo, fino a farmi così male che preferirei morire!”

Le frasi erano un’onda di rimorso, asprezza e delusione. Ma quell’onda sembrò scagliarsi su lei stessa, affogandola. Come se fosse anche lei una vittima. Spalancò la bocca conscia di ciò che aveva detto e del tono che aveva usato. Si sentiva affogare.

Ma alla fine lasciò da parte la propria sofferenza e guardò Elijah. Ecco cosa scorse sul suo volto: una maschera di dolore pietrificata.

Gli occhi erano leggermente sgranati, la mascella contratta e i muscoli delle spalle rigidi. Era immobile come una statua o come se fosso morto.

Briony non riuscì ad articolare una benché minima frase mentre lui sviava in maniera gelida lo sguardo. L’espressione del suo viso si tramutò, ridivenne composto e sfuggente:

“Per quel che mi riguarda il tuo segreto è ben custodito, io non dirò niente a nessuno. Ci penserò io a Gwendolyn e per fortuna lei lo ha confessato solo a Rebekah” Fece una pausa mentre Briony trasalì sentendo che Rebekah sapeva tutto.

Elijah continuò:

“Nessuno saprà la verità, così sarai al sicuro” Mormorò quelle parole tuttavia con durezza gelida.

Girò il volto per incrociare il viso attonito di Briony.

“Hai la mia parola.. spero mi crederai visto la tua poca fiducia che hai in me.”

Rabbia, delusione, frustrazione, dolore, sembravano mescolarsi insieme e creare un'unica voce che le urlava nelle orecchie e le parlava con tono velenoso.

Lei quel veleno sembrò inghiottirlo e arrivò fino in fondo, aumentando per l’ennesima volta il senso di colpa.

Era come se fossero incapaci di agire senza ferirsi reciprocamente. L’uno aveva nelle mani l’arma a doppio taglio che faceva del male all’altro, semplicemente perché erano gli unici a poterlo fare. Una regola distruttiva dell’amore... puoi soffrire realmente fino a sanguinare dentro, solo se è la persona che ami che causa una tale ferita.

Briony deglutì e abbassò lo sguardo, sospirando:

“E Rebekah? Come l’ha presa?”

Notando che Elijah esitava a rispondere, lei alzò lentamente lo sguardo per scorgere in lui qualche sfumatura per capire i suoi reali pensieri. Purtroppo fu un ennesimo colpo al cuore, ma lui cercò di far finta di nulla:

“La delusione le passerà presto.” disse solamente.

Briony si strinse nelle spalle, chiudendosi nel proprio silenzio, mentre Elijah passò alcuni secondi osservandola semplicemente.

“Spero che mi darai ascolto questa volta. Non dire nulla a nessuno, non metterti nei guai ti prego e cerca di non uscire di casa da sola.” Ripetè lui deciso e lei contraccambiò imbufalita visto che non sopportava che le si dessero degli ordini, ma comunque rimase zitta a contemplare ciò che lui le aveva detto e cosa voleva fare lei in realtà.

Il silenzio albergò assordante tra di loro e l’ennesimo abisso sembrò separarli.

Caroline una volta le aveva detto che ci sono abissi che l’amore non poteva superare... e lei si sentiva come se stesse precitando dopo aver tentato un salto suicida.

Elijah sembrava nelle sue stesse condizioni a suo modo. Non puoi saltare se non hai fiducia.

Sarebbero mai riusciti a cambiare il corso degli eventi? A ritornare a ciò che erano un tempo?

Il silenzio sembrò parlare per loro, come se la risposta incutesse paura.

Elijah continuò intanto a guardarla, quasi avesse intuito che lei non voleva dargli ascolto e che non voleva più lottare per una causa che le faceva male.

Lui sembrò voler parlare ma ci fu solo freddo silenzio. Dopo un po’ Elijah  si avviò verso l’uscita continuando a tacere,  ma prima di farlo si girò verso Briony.

Lei rimase immobile, di profilo e con i sensi all’erta. Respirava a fatica.

“Io non so dove questa storia ci porterà… ma sappi che i segreti  avvelenano la nostra vita e spaccano qualsiasi fiducia. Ci rendono schiavi di essi se non riesci a combattere. Spero te ne renderai conto.” sussurrò mestamente come se avesse appena indossato una corazza per difendersi. Ma sotto quell’armatura lo tormentavano ancora le schegge della memoria del suo passato. Del loro passato.

“Allora io non sono forte come tutti credono e altre battaglie non ho la forza di affrontarle. Ma credevo all’inizio che eri venuto a scusarti per ieri, per chiarire, e per combattere questa cosa insieme… ma so che questo non accadrà perché tu ti rifiuti di farlo. Non fai trapelare nulla, se non freddezza.. come se fossi ritornato quello di un tempo.” sussurrò lei con un fil di voce per fargli capire quanto dolore sgorgava dopo aver parlato con lui e di come ne era uscita distrutta un'altra volta.

Lui spostò allora lo sguardo su un punto qualunque, dove non c’era il rischio di incontrare quello di Briony. Di nuovo.

“Io sto cercando di metterti al sicuro Briony, più di questo non potrei fare altro.”

Lei scosse la testa addolorata:

“Per me non è abbastanza”

Lui dopo un po’ alzò lo sguardo e ridivenne gelido:

“Le cose sarebbero andate diversamente se tu non avessi scelto di mentirmi e fingere per tutto questo tempo” sibilò duramente per poi voltarle le spalle, facendo alcuni passi verso l’uscita. Sembrava come stesse fronteggiando una tempesta contro di lei, sempre con una perfetta calma gelida, ma sotto la superficie c’era un sentimento primitivo più profondo.

“Elijah, non potevo… ero io a dover sopportare quel peso e impedire che qualcun altro ne soffrisse.” rispose lei tentennante.

Lui all’improvviso si girò verso di lei, avvicinandosi di più fino a scontrare i loro occhi a breve distanza.

Questa volta lo sguardo del vampiro era teso, addolorato:

“Ma io quel peso non l’ho sopportato lo stesso? Senza sapere cosa fosse in realtà… e pensare...” lasciò la frase in sospeso.

“Pensavi sul serio che ti stessi ingannando sui miei sentimenti già da tempo?” domandò lei allibita e così fece per andarsene. Ma lui glielo impedì.

La prese per le spalle, senza alcuna violenza ma con determinatezza per indurla a acconsentire al suo volere.

Lui la fece indietreggiare e lei seguì i suoi passi, come in una danza inquietante. L’uno non si poteva togliere di dosso lo sguardo dell’altro, erano agganciati. Elijah aveva le labbra lievemente dischiuse mentre lei sembrava bloccata.

La spinse contro una superficie del muro facendo scontrare i loro petti. Nessuno dei due sembrò respirare o emettere fiato.

Elijah l’analizzò poi in viso:

“Se fai le tue scelte da sola… come posso fidarmi?” mormorò infine con tono più duro.

Briony lo guardò rammaricata. La risposta venne automatica:

“Non puoi.”

Elijah la fissò allora sorpreso, come se non si aspettasse quella risposta.

Briony scansò il suo braccio da una parte per liberarsi e lui questa volta la lasciò andare; lei si diresse spedita verso le scale e lui non fece nulla né si voltò.

Il braccio, rialzato poco prima dalla fuga di Briony, si adagiò contro il muro davanti a lui, stringendo la mano a pugno. Il viso si serrò.

Quella lontananza e quel silenzio sembravano oscurare ogni cosa.

Entrambi si stavano chiudendo in loro stessi, come per difendersi da attacchi esterni.

Ma perché così nessuno, in questo modo, poteva sondare la loro anima.. e sentirne l'urlo al suo interno.

 

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Gwendolyn irruppe nel salotto di casa Mikaelson tutta infervorata, ma vedendo che c’era solo Kol seduto sopra il divano, si guardò attorno: "Dove sono finiti tutti?"

"Finn sarà a cincillarsi dietro a qualche libro di poesie, Klaus farà lo stesso con la bionda cheerleader, Rebekah é di malumore e si é rintanata nella sua stanza. Elijah é andato dalla sua fidanzatina, insomma nulla di nuovo" bofonchiò Kol intento a leggere qualche rivista.

Gwendolyn si voltò fulmineamente verso il fratello dopo aver sentito l’ultima risposta.

"Da Briony? E che c’è andato a fare?" domandò allibita.

Kol si voltò verso la sorella con un sorrisetto: "Secondo te?"

La vampira non ci fece caso all’allusione di Kol e si guardò attorno stupefatta:

"Che sta combinando nostro fratello?" domandò fra  e sé, spalancando le braccia.

"C'é bisogno di farti un disegnino per dimostrartelo?” domandò Kol con l’ennesimo ghigno.

Gwendolyn si avvicinò alla schienale della poltrona e mise le mani sulle spalle del fratello "Ma tu non sai certe cose..." sussurrò lei sovrappensiero.

"Di grane ne ho già fin troppe e Elijah me ne ha rifilata una grossa per come mi sono comportato alla festa. Così per un po’ il divertimento mi sarà vietato!" bofonchiò lui irritato, lanciando la rivista dall’altra parte della stanza.

Gwendolyn cercò di calmarlo:

"Credimi é l'ultima cosa a cui dovresti pensare… ci sono fatti ben più gravi...” disse pensierosa.

"Beh io non voglio saperne niente se questo non vuol dire divertirsi almeno un ."

Vedendo che le mani di Gwendolyn si erano immobilizzate sulle sue spalle, Kol si voltò verso di lei allungando il viso. Notando che la sorella era sovrappensiero e che qualcosa sicuramente la turbava profondamente senza arrivare a capo di nulla, le disse:

"Perseverare e tramare nell’ombra... impara da me, é la tattica più efficace" disse con un ghigno ironico.

La vampira gli lanciò un’occhiata di sfuggita poi tornò a guardare un punto indefinito davanti a sé, aggrottando la fronte come se stesse architettando qualcosa.

"Stai pensando?" domandò lui, piegando il viso da un lato.

Gwendolyn assentì con la testa con un strano barlume negli occhi, e allora Kol le rispose in tono ironico:

"E’ pericoloso, soprattutto se ascolti i miei consigli!"

Lei gli rivolse un sorriso diabolico, gli occhi brillavano di luce spietata:

"Grazie fratellino per la splendida lezione che mi hai elargito." mormorò semplicemente dandogli una spalleggiata con la mano, per poi andarsene dalla sala.

"Lieto di esserti stato utile.” rispose lui bevendo un bicchiere contenente del sangue, completamente inconsapevole di ciò che albergava nell’animo di Gwendolyn, e il motivo di quella luce tetra che aveva invaso i suoi occhi e che avrebbe continuato a farlo. Quel guizzo spietato non l’abbandonò nemmeno quando fuoriuscì dal salotto.

 

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Briony era di fronte alla porta di casa Mikaelson. Appena Elijah le aveva confessato che Rebekah sapeva tutto, non poteva non andare da lei per cercare di spiegarsi o di vedere con i suoi occhi la sua reazione.  Non erano bastate le raccomandazioni di Elijah nel cercare di tenere un profilo basso, di non correre pericoli, perché anche se sbagliato sapeva che lei era in dovere di farlo. Anche se Elijah forse non avrebbe capito.

Un’altra bugia che avrebbe ottenebrato il loro legame, un’altra disputa per cercare di proteggere la vita a cui lui teneva di più.. la sua. Ma quella vita era già spezzata da tempo, era inutile ricomporre i pezzi perché non sarebbero mai stati uguali a prima. Eppure anche se era già spezzata provava ancora dolore. Per quello non c’era mai fine.

E la causa di tutto era perché sentiva di non poter avere ciò che voleva… che lo stavo perdendo. Stava perdendo la persona che mai si sarebbe immaginata di perdere, come se di diritto le appartenesse come l’aria che respirava.

E all’improvviso Briony si sentì soffocare.

Sapeva inconsciamente che ormai la fine era giunta e che non erano bastate tutte le sue battaglie a fronteggiarla.

Bussò poi alla porta, andando incontro al suo destino, ad un plausibile scontro. Però in quel momento si sentì fiera, come una lottatrice. Prese dei lunghi respiri per plasmare quella sua forza improvvisa e aspettò che Rebekah le aprisse.

Quando si ritrovò faccia a faccia con l’Originaria, il suo coraggio andò via di colpo perché lo sguardo della vampira non tralasciava alcun dubbio. Era ben peggio di quanto si aspettasse.

"Con che faccia ti presenti qui?" ringhiò la biondina piantandosi di fronte a lei. Gli occhi azzurri erano ardenti di rabbia che la lasciò senza fiato.

Briony si fece avanti, pregandola:

"Bex lascia che ti spieghi."

L’Originaria la lasciò sull’uscio e ritornò in casa a passo spedito e Briony la seguì. Persino l’ambiente era tetro.

"Non c’è nulla da spiegare! Ringrazia il cielo che non ti dissanguo ora perché non voglio sporcare il mio nuovo tappeto, ma la prossima volta non sarò così indulgente!" urlò la vampira camminando furibonda per la casa.

"Permettimi di spiegarti, qualunque cosa tu pensi non é vera! Io non ho alcuna intenzione di farvi del male, non sono come quei mostri anche se può sembrare il contrario!" esclamò Briony cercando di calmarla e andandole vicino con occhi pieni di speranza.

Rebekah si voltò verso di lei. Il suo sguardo la incenerì:

"Allora esci dalle nostre vite, questa casa é già piena di mostri!"

Briony trasalì interiormente per quella risposta gelida. Il cuore perse dei battiti man mano che interiorizzava quella parola che lei detestava ma che pensava di meritare per ciò che era e per cosa era capace di fare.

Ma come poteva essere un mostro se odiava anche solo quella parola?

"Bex mi dispiace..." sussurrò lei con grande rammarico.

"E smettila di chiamarmi così!" ringhiò la vampira agitando le mani, per poi dirigersi verso il tavolo del salone.

Qui si fermò e mise le braccia sopra il tavolo, quasi volesse affondare in esso tutta la sua rabbia. Dalla sua bocca fuoriuscirono dei gemiti strozzati, il gelo dei suoi occhi all’improvviso sembrava sciogliersi come se qualcosa all’interno del petto avesse iniziato a pompare.

Cominciò a parlare con voce strozzata:

"Quante volte... quante volte sono stata tradita, ingannata dalle persone che volevo bene... prima mio padre, poi mio fratello e mia madre che mi pugnalano alla schiena. Credevo che fosse finita... che nessun altro mi avrebbe più ferita o tentato di farmi del male”

Le sue parole erano piene di sofferenza per ciò che era stata costretta a subire in passato, e quel passato la perseguitava anche nel presente quando aveva scoperto che una persona a lei vicina, una persona che riteneva amica, era pronta a ferirla come già altre persone amate avevano già fatto. La delusione ritornò a galla in lei e sembrò esplodere.

"Ma il destino non ha smesso di essere crudele con me." constatò lei semplicemente, deglutendo.

Briony si lasciò commuovere dal suo stato e dal suo dolore perché non voleva essere lei a causarlo, e sebbene fosse così voleva in qualche modo lenirlo. Si avvicinò a lei velocemente, sorreggendola per le spalle:

"Bex ti prego non parlare in questo modo perché ti farai soltanto del male. Io sono tua amica e lo sono ancora." Le sussurrò lei con occhi sinceri.

La vampira però non appena avvertì la sua presenza così vicina si scansò, come fulminata:

"Oh smettila! Non mi incanti sai! Sono stata presa in giro troppe volte ma é ora di darci un taglio!"

Briony questa volta strinse i pugni, innervosendosi:

"Cosa pensi di risolvere comportandoti così? Stammi almeno a sentire!"

Rebekah le puntò l’indice contro, inchiodandola con lo sguardo:

"No, vattene. Non osare mai più entrare in questa casa."

Non appena la vampira le voltò le spalle, Briony sentì una rabbia improvvisa montarle dentro per diversi motivi... per non essere stata capita, perché una sua amica non voleva accettarla e non voleva vederla più. Perché l’aveva fatta soffrire più di quanto soffrisse già.

Sentì la rabbia esplodere come fuochi d’artificio e strinse di più i pugni. Lo sguardo era una smorfia d’ira e Briony sentì le assi del pavimento tremare sotto i suoi piedi.

All’improvviso Rebekah sembrò piegarsi in due come se fosse stata appena colpita allo stomaco; subito il petto venne pervaso da degli spasmi di dolore e tossì violentemente come se l’anima dentro di lei si stesse strozzando.

Rebekah cadde a terra con un tonfo, con le braccia allungate e la bocca aperta per cercare di respirare. Gli occhi sembrava essere fuoriusciti dalle orbite.

"Rebekah!" Gridò Briony a perdifiato, riconnettendosi all’improvviso con la realtà e strabuzzando gli occhi per l’orrore.

Corse velocemente da lei e le si inginocchiò davanti cercando di fare qualcosa, qualunque cosa.

L’orrore invase i suoi occhi quando vide quelli di Rebekah tingersi di un bianco pallido, come se una luce al loro interno stesse per esplodere; il petto si alzava e si abbassava in continuazione.

"Oh mio dio, che cosa ho fatto?" si domandò Briony portandosi la mano alla bocca e inghiottendo le lacrime.

Cercò di calmare Rebekah massaggiandole la testa, dicendole di provare a respirare e di trovare la forza per alzarsi.

Le sue preghiere vennero soppiantate da un rumore di passi che si bloccarono a metà strada.

"Ma che diavolo.."

Briony riconobbe subito quella voce e si sentì mancare il cuore. Voleva risvegliarsi e rendersi conto che era stato solo un incubo ma la realtà rimaneva tale e quale. Le mancò l’aria e non osò alzare il viso. Non voleva vedere in quegli occhi un’ennesima delusione. Tutto il suo corpo pianse.

Che cosa ho fatto?

Rebekah all’improvviso sembrò ristabilirsi e trovare l’aria sufficiente per respirare;  si portò una mano al cuore come se questi fosse davvero vivo e qualcuno l’avesse spento qualche minuto prima.

Tentò di alzarsi ma Elijah venne subito da lei per sorreggerla. Gli occhi neri vagavano da Briony alla sorella, increduli e sbigottiti, come se non avesse idea di ciò che era successo e non se lo immaginava neppure…

Briony rimaneva immobile per terra, come una statua di cera. Oltre che darsi del mostro si diede della stupida. Perché in quel momento, a dispetto delle parole che gli aveva rinfacciato, ebbe la prova concreta che Elijah non la vedeva come gli altri; i suoi occhi non la vedevano come un mostro feroce e non ci credeva neanche. Il cuore di Elijah voleva mantenere integra la purezza dell’animo di Briony, infatti in quel momento la verità di ciò che era appena successo non gli passò neanche per l’anticamera del cervello.

Rebekah si portò ad un tratto la mano alla gola, stringendosi al petto del fratello e lanciando occhiate omicide a Briony.

"Che cosa mi hai fatto!? Stammi lontana!" Urlò con la poca voce che aveva.

Briony cercò di issarsi in piedi, con le lacrime agli occhi:

"Bex ti prego... mi dispiace... non volevo..." cercò di giustificarsi mentre tutto il suo corpo tremava insieme al cuore.

"E’ tutto vero, sei proprio come quei mostri!" continuò a ringhiare la vampira, gli occhi pieni di delusione, rabbia e anche dolore.

Elijah la stringeva ma al suo tempo cercava anche in qualche modo di tenerla stretta per evitare che saltasse addosso a Briony.

I suoi occhi neri erano privi di vita adesso ma agghiaccianti mentre guardava la ragazza di fronte a sé. Briony non ebbe però il coraggio di guardarlo per la troppa paura di scorgere di lui un probabile e giustificato odio o repulsione. Di sapere che lui la considerava una sconosciuta... Si sentì mancare il respiro perchè il suo animo non riusciva a sopportarlo.

"No.. é stato un incidente. Non volevo!" esclamò Briony con un fil di voce, scuotendo la testa.

"Rebekah ora calmati. La fai sempre più grave di quel che é." Per la prima volta fu Elijah a parlare, ma la sua voce sembrava irriconoscibile come se stesse cominciando a capire ma volesse comunque negarlo a se stesso.

Briony a sua volta continuava a non guardare Elijah, il cuore gridava a perdifiato e singhiozzava allo stesso tempo come se volesse uccidersi.

Rebekah invece continuava a parlare, ricolma di disprezzo.

"Manterrò il segreto, ma non mi puoi obbligare a essere contenta di vedere quella lì! La prossima volta sarò io a.."

"Smettila Rebekah" Elijah le strinse il braccio per zittirla e per cercare di mantenere la calma, ma sembrava che ogni cuore avesse preso voce in quella stanza. Voci diverse, dure e implacabili. Inarrestabili per la realtà che si era abbattuta.  Briony voleva udire i pensieri reali di Elijah ma la paura di saperlo ebbe il sopravvento.

Se prima la situazione era drastica, adesso pareva ancora peggiore da non riuscire a trovare alcuna soluzione.

Aveva tentato di uccidere Rebekah, sua sorella… non importa se inconsciamente, le aveva fatto del male attraverso quell’oscuro potere che poteva ucciderli.

Non c’era strazio peggiore al mondo che amare qualcuno a cui puoi far del male e rendersi conto di essere una maledizione per lui, una condanna. E che non c’era alcun modo di impedirlo.

"No, ha ragione." sussurrò Briony con un fil di voce sviando lo sguardo dai vampiri. Gli occhi si riempirono di lacrime che avevano paura di scendere, perché lei credeva di non doverlo fare.

I mostri non piangono, sciocca. Pensò.

Ma non poté non farlo comunque. Pianse proprio perché si rese conto di essere un mostro, era la realtà dei fatti a dimostrarlo e la ripugnava.

Non scorse l’espressione seria e invalicabile di Elijah e nemmeno la sfumature dei suoi pensieri, perché decise di andarsene in fretta senza voltarsi indietro.

Diede le spalle all’amore, ad un’amicizia… ma il dolore chissà perché la inseguiva sempre.

 

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Prima ancora di addormentarsi, Briony sentiva lo stomaco in subbuglio e si sentì tremare come conscia che l’ennesimo incubo sarebbe sopraggiunto. Adagiò la testa sopra il cuscino, chiudendo gli occhi per riuscire a calmarsi. Alla fine non era andata da Caroline, voleva stare da sola e inoltre non avrebbe sopportato della compagnia in quel momento.

Sentiva il tanto sospirato riposo reclamarla, quando all’improvviso una folata di vento gelido le sparpagliò i capelli sul volto. Briony alzò il braccio per scostarli e cercò di aprire le palpebre annebbiate dal sonno, ma subito scattò a sedere quando intravide un’ombra vicino al lato del letto dove dormiva.

L’urlo le si mozzò in gola quando vide una figura incappucciata inclinarsi verso di lei: non riusciva a scorgere il viso nella penombra, come se fosse trasparente, ma dentro quell’ombra vide solo due occhi luccicanti che le fecero scorrere dei brividi di terrore lungo la schiena.

"Ti ho trovata, dolcezza" sussurrò dall’ombra una voce profonda e grottesca. Una mano gelida l’afferra per il braccio, stringendolo con forza, e Briony allora cominciò a dimenarsi come impazzita e a gridare a perdifiato.

Le sue stesse urla la svegliarono di soprassalto. Briony aprì gli occhi e li sgranò subito non appena fu conscia che era stato solo un incubo.

Cercò allora di regolarizzare il respiro impazzito, quando l’occhio cadde all’improvviso sul braccio nudo: era ricoperto di graffi profondi, dal colore nero come l’ombra più oscura.

 

-----------***************--------

Come sempre, l’unico modo per scacciare i pensieri era bersi un bel Martini. Due era meglio o forse anche tre.

Briony aveva perso il conto, visto che la quantità di pensieri negativi da cancellare erano troppi fino a raggiungere l’infinito. Al Grill non c’era Matt di turno, forse era in convalescenza a causa delle ferite che Rebekah gli aveva inferto o forse era sotto shock.

Beh a quel punto anche Briony pensò di avere il diritto a qualche giustificazione medica per poter guarire tutti i suoi dolori. Per quelli fisici non sarebbe bastato nulla di che.. per quelli dell’anima invece…

Sorseggiando il drink pensò sul serio di essere un immane disastro. Più cercava di far qualcosa, più si remava contro. Pensò a Elijah, il vampiro che con uno sguardo le sbriciolava l’anima e annullava tutte le sue certezze.

Una di queste però era fottutamente chiara: stavano percorrendo direzioni inverse; metaforicamente erano pensieri irrisolti, nascosti sul fondo dell’animo, e sguardi sconosciuti che cercavano in essi il passato, ma non lo trovavano più.

<< Basta pensieri depressivi. Beviamoci su >>

Bevette l’ultimo bicchiere che le era rimasto, quando le sue orecchie captarono una conversazione tra una cameriera al di là del bancone e un uomo con un impermeabile grigio scuro seduto su uno sgabello, e che stava dando le spalle a Briony.

Lei fu quasi costretta a sentire cosa si dicevano visto che le risate assordanti della cameriera si potevano sentire fino in Giappone ed era chiaro come il sole che cercava di flirtare con l’uomo di fronte a lei.

Briony non riuscì a identificarlo visto che lo vedeva di schiena, ma oltre il lungo impermeabile risultava anonimo. Aveva dei capelli scuri dal taglio un po’ lungo.

L’uomo all’improvviso parlò alzando un bicchiere:

"Beh che vuoi che ti dica dolcezza? Sono sempre stato attirato dai paesi come questo, con una così grande storia portata alle spalle che ha un che di mistero. Credo che mi fermerò a Mystic Falls."

Briony trasalì di colpo sentendo quella voce, fino a raggelarsi. Anche se l’aveva udita in sogno era impossibile sbagliarsi: era così grutturale e profonda che poteva sfidare in armi eguali quella di Elijah.

Lo guardò intimorita con la coda dell’occhio cercando di capire chi fosse e che cosa volesse, ma quell’uomo sembrava del tutto normale infatti tirò fuori il portafoglio per pagare il conto:

"Tieni il resto dolcezza"

A giudicare dallo sguardo della cameriera, doveva averle rivolto un sorriso da far perdere il fiato e stendere a terra. L’uomo si alzò dallo sgabello ma Briony non riuscì a vederlo in viso, perchè lui si dileguò in fretta verso l’uscita senza voltare mai lo sguardo.

La cameriera si propese al di là del bancone per godersi ancora la vista, con gli occhi a cuoricino. L’impermeabile dell’uomo sembrò svolazzare ai suoi piedi come se creasse di sua spontanea volontà il vento.

Quando uscì dalla porta, Briony non perse tempo e armandosi di coraggio lo seguì. Ma non appena fuoriuscì dal Grill non vide anima viva nel marciapiede: nessuna traccia dell’uomo dagli occhi che parevano gialli. Niente. Soltanto vento.

Eppure Briony ebbe l’assurda certezza che i lividi sul suo braccio stessero incominciando a bruciare.

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Ylenia aprì la porta della sua camera del motel e a causa della fretta la dimenticò socchiusa. Aveva il respiro grosso ed era agitata come se non si fosse affatto dimenticata dell’attacco che Finn le aveva inferto l’altra sera. Le ferite erano state rimarginate, ma tutto ciò le pareva strano perché era sicura che Finn non avesse avuto forza di volontà quella sera, come se qualcun altro lo manovrasse… I suoi pensieri vennero di nuovo rivolti a quell’arpia di Esther, e infatti aveva cercato un modo di sistemare le cose e di contro invertire l’incantesimo che aveva colpito gli Originali. Ma non c’era riuscita purtroppo, come se andasse a sbattere ogni volta contro un muro di pietra.

Eppure dopo un po’ la situazione si era calmata, gli Originari avevano ripreso il controllo della loro sete così dal nulla, come se fossero rinsaviti… e tutto ciò era molto strano.

Sicuramente Esther non aveva avuto delle crisi di coscienza e quindi i suoi dubbi aumentavano sempre di più.

Per di più percepiva una strana presenza a Mystic Fallscome un male ignoto o un insonne malanimo. Il vento sembrava urlare quando volteggiava e i suoi sensi da strega la mettevano in all’erta.

Decise quindi di prendere il cellulare e la persona dall’altra linea rispose al secondo squillo.

"Finalmente mi rispondi. Ti ho cercata un sacco di volte." mormorò la strega sospirando.

"Scusa sono stata impegnata." rispose la voce di Maggie.

Ylenia prese un profondo respiro:

"Senti Maggie, qui c’è qualcosa di strano... L’altra sera alla festa é accaduto qualcosa al di fuori della mia portata… non é che tu c’entri qualcosa vero?” chiese lei con sospetto.

Susseguì un lungo e inquietante silenzio.

"Come potrei c’entrarci scusa?"

"Beh il tuo rientro improvviso a Mystic Falls mi pare sospetto."

"Ti ho detto che non farò nulla, sono venuta solo per raccogliere informazioni." si giustificò la madre di Briony con tono infastidito.

"Senti Maggie, io non so come questa storia andrà finire, anzi forse sì, ma nel peggiore dei modi temo." Ci fu una pausa “Ho esaurito tutte le energie... non so proprio come aiutare tua figlia, Maggie"

"Beh se deve morire, morirà allora. Che possiamo farci?" Disse Maggie col tono più noncurante che esistesse, come se stesse scegliendo i numeri del Lotto.

"Maggie!! Come puoi dire una cosa del genere!! L’altra volta mi hai appioppato quella assurda teoria di scegliere tra tenere in vita un figlio, ma condannandolo così ad un’ eterna agonia, mentre lasciandolo morire gli offriresti almeno un  di pace... beh nel tuo caso non funzionerebbe... sai cosa aspetta Briony dopo la morte…” rispose Ylenia ricolma di rammarico.

"Che colpa vuoi che abbia io per aver partorito un abominio? Me ne sono lavata le mani molto tempo fa."

Il tono duro in cui la donna parlava della figlia lasciò Ylenia di stucco, anche se non era la prima volta. Avrebbe tanto voluto mettere le mani addosso all’amica se ce l’avesse avuta davanti, ma riuscì soltanto a sospirare.

Maggie continuò:

"Dillo dai. Dì le parole precise che dice il tuo Libro Bianco a tal proposito." Parlò freddamente riferendosi alla frase di Ylenia del fatto che “qualcos’altro” aspettava Briony dopo la morte.

Ylenia deglutì come spaventata e si inumidì le labbra. Aveva riletto quella maledetta pergamena all’interno del Libro tantissime volte e ormai la sapeva a memoria.. anche se era trascritta in lingua demoniaca, lei riusciva a tradurla alla perfezione.

Chiuse gli occhi mentre i simboli nella sua testa presero voce in un linguaggio comune, e cominciò a parlare come se fosse un maestro che insegna una lezione a degli alunni.

"A queste creature non verrà riservato  il Paradiso  l’Inferno dopo la morte. Saranno destinate a vagare nel Nulla, solitarie e prive di forma fisica. I visi delle persone a loro care saranno una persecuzione, invece che beatitudine o gioia. La loro anima verrà incatenata nel buio, dove l’ombra più cupa scenderà.”

Ylenia finì di parlare con voce grave. Il cuore le batteva fortissimo come se stesse parlando del suo di destino.

Maggie se ne stava in silenzio come a contemplare le parole della strega, e Ylenia sperò allora che le dispiacesse un po’ per la figlia. Invece la voce che fuoriuscì dalle sue labbra risuonò ironica fino a rivoltarle lo stomaco.

"E non é ancora finita... quel libro sembra proprio la condanna a morte della mia spaventosa figlia."

Ylenia sospirò rumorosamente alzando gli occhi al cielo, e decise di sviare l’argomento prima di impazzire:

"Purtroppo quell’incantesimo di ieri sera avrà degli effetti collaterali.. non solo Esther ha mandato fuori controllo la sete dei suoi figli, ma ha ingigantito anche il sistema auto difensivo di Briony per indurla a combattere e a tirare fuori quella parte di ... può esplodere da un momento all’altro senza neanche accorgersene, oppure dire cose odiose che non pensa... non ci voleva proprio." Mormorò dispiaciuta mettendo il vivavoce nel cellulare per prendere con entrambe le mani una birra nel frigo e toglierle il tappo.

"Purtroppo é così che deve essere...  com’è che dice anche il tuo libro? “Il corso degli eventi non si può cambiare. Al massimo lo si può deviare verso un destino peggiore.” Quindi é meglio non fare niente.”

Ylenia sbuffò e riprese il cellulare tra le mani, togliendo il vivavoce:

"Smettila di fare l’uccello del malaugurio. Non ci credo che non ti importi neanche un pizzico di tua figlia!"

Di nuovo silenzio. Ylenia sentì Maggie sospirare poi:

"Che cosa vuoi che faccia?"

"Tieni gli occhi aperti finché resti qui... e se scopri qualcosa.. qualsiasi cosa utile.. chiamami subito."

"Va bene Ylenia... E non dannarti troppo la vita per una causa persa"

"Ciao Maggie." rispose la strega chiudendo la conversazione poiché si sentiva profondamente stanca.

All’improvviso però senti dei passi riecheggiare lungo il corridoio, come di qualcuno che stava scappando via. Solo ora Ylenia si rese conto che la porta era semi aperta e che qualcuno quindi aveva potuto sentire la conversazione.

Si diresse verso la porta e infilò il viso fuori per vedere se ci fosse qualcuno. Nel parcheggio vide la macchina di Briony partire a tutto gas.

------------*****************----------

Qualche ora dopo Maggie Hador stava camminando lungo le cavarne sotterranee di Mystic Falls. Alcuni bambini ci venivano per giocare, ma non potevano sapere cosa celassero le fondamenta di Mystic Falls e quali pericoli nascondeva.

Fece alcuni passi dritta nell’oscurità, senza incespicare, quando a qualche metro da lei vide un uomo immobile che la stava appunto aspettando.

"Signora Forbes." mormorò lui sfoderando un sorriso affascinante. Aveva un lungo impermeabile grigio scuro e gli occhi sembravano brillare nell’oscurità.

Maggie continuò a camminare ritrovandosi così faccia a faccia:

"Per favore non mi chiamo più così da tempo." rispose lei facendo una smorfia e non si dimostrò per nulla intimorita da quell’uomo un po’ inquietante.

Lui rizzò la schiena in maniera elegante:

"Come posso esserti utile?"

"Lo sai già." rispose la donna semplicemente.

Passarono alcuni secondi in totale silenzio:

"Temo sia impossibile" fu la risposta calma dell’uomo.

"Andiamo per uno come te non sarà così impossibile a mio avviso. Devo ricordarti che tu hai un debito nei confronti della mia famiglia?" mormorò Maggie lanciandogli una strana occhiata, che subito l’uomo ricambiò anche se sorrise freddamente:

"Come dimenticarlo? Ogni volta che mi sveglio in questo mondo me lo ricordo."

Altro silenzio. L’uomo rimaneva immobile come una statua e non accennava più a rispondere alla richiesta della donna.  Maggie dal canto suo era sul punto di lasciar perdere ma all’improvviso sospirò silenziosamente.

"Trova un modo per salvare mia figlia." mormorò infine guardandolo.

Gli occhi dell’uomo sembravano scintillare come due fanali:

"Cercherò di riuscirci, hai la mia parola." Rispose con un sorriso glaciale.

 

FINE CAPITOLO

Che ve ne pare? Io non ne sono per niente soddisfatta… scusate se ho mostrato Elijah così “cattivo” nei confronti di Briony, ma penso che lui non sia il tipo da lasciar perdere così le cose o da perdonare subito senza battere ciglio. Ma non preoccupatevi perché avverranno presto dei veri e propri chiarimenti tra i due e questa volta Elijah sarà più comprensivo! O almeno spero ahah

E chi sarà mai quella figura con l’impermeabile? Mah XD Lo scoprirete tra non molto!

Voglio fare qualche piccolo sondaggio per vedere cosa ne pensate della fanfic 

1) Chi sono i vostri personaggi preferiti?

2) Ne odiate qualcuno?

3) I vostri capitoli preferiti?

4) Scena preferita?

5) Come vi immaginate il finale?

6) Da uno a 10 la mia storia quanto vale in linea generale?

7) Vi piacciono le immagini che creo sulla storia?

 

Il mio questionario è finito.. Spero che risponderete in tanti!

Volevo oltretutto ringraziarvi perché la fanfic ha superato le 100 recensioni… sono molto felice! Davvero :-) Quando finirò questa epopea, vi ringrazierò uno ad uno!

Voglio invece ringraziare personalmente Briony96 per l’aiuto che mi ha dato a scrivere questo capitolo! ^^

Ah infine volevo farvi ascoltare quella bellissima canzone… non so perché ma ce la vedo come sottofondo per la storia tra Briony e Elijah.. come una sorta di colonna sonora! Spero vi piaccia perché a me è piaciuta molto!  http://www.youtube.com/watch?v=d6QE4EJrIFc

Alla prossima cari!

Bacioni!

-Elyforgotten-

 

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Capitolo 21
*** Memories ***


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17 capitolo

 

All of my memories keep you near.
In silent moments,
Imagine you being here.
All of my memories keep you near,
In silent whispers,
Silent tears

 

Gwendolyn apparve nel salotto di casa Mikaelson con l’intento preciso di parlare con una persona: trovò Klaus seduto su un divano a guardare alcuni vecchi ritratti, ma non appena lui si accorse della presenza della sorella subito li nascose facendo finta di nulla.

“Il tuo hobby preferito è rimasto intatto a quanto vedo.. non lo credevo possibile visto che pensavo che ogni traccia della tua umanità fosse stata sbriciolata al vento” mormorò la vampira avvicinandosi al fratello.

“Che cosa vuoi? Da quando sei così loquace? Di solito mi eviti oppure mi urli addosso” constatò Klaus semplicemente con perfetta calma.

Gwendolyn alzò le spalle: “Semplice constatazione. Mi chiedevo perché li tenessi ancora.”

“Non posso passare tutto il tempo a uccidere le persone, dovrò trovarmi qualche altro passatempo non credi?” domandò lui sarcastico.

Gwendolyn stranamente gli rivolse un sorriso che apparve sincero.

“Bene, sono contenta. Così forse non rimpiangerò ciò che sto per dirti.”

“Taglia corto. Cosa vuoi?” domandò Klaus alzandosi di colpo dal divano.

“Perché questo tono, Niklaus? Sono sempre tua sorella”  rispose lei fingendosi offesa.

“Scusami ma non me la bevo questa tua improvvisa bontà. Allora dimmi cosa c’è, Gwendolyn.”

La vampira allora rizzò la schiena e si inumidì tentennante le labbra.

“E’ una cosa piuttosto importante.”

“Ti ascolto.”

Gwendolyn lo guardò dritto negli occhi senza alcun timore, poi parlò.

Klaus la stette a sentire per diversi minuti in perfetta calma, ma quando si arrivò al nocciolo della questione stranamente impallidì e sgranò gli occhi sconcertato.

Gwendolyn parlò per tutto il tempo mentre l'ibrido taceva, assorto dai suoi pensieri.

Quando Gwendolyn finì di parlare guardò allora il fratello che non osava parlare, come se fosse stato colto in contropiede.

Lei lo prese per una spalla, lo sguardo era deciso.

“Klaus non hai ancora capito? Briony Forbes deve essere uccisa”

 

----------******************------------------

Briony ritornò a casa con un pezzo dell’anima smembrato. Le lacrime erano state tutte prosciugate in macchina e ora si ritrovò apatica, senza più alcuna forza.

Tutta la sua mente si concentrò sulla conversazione che aveva sentito… quella tra Ylenia… e sua madre.

Serrò le labbra cercando di trattenere la rabbia verso quella donna… da anni non le parlava, neanche una telefonata, una lettera, mai niente…eppure parlava con Ylenia con una confidenza tipica tra amiche, e con un’indifferenza così gelida nei suoi confronti che l’aveva paralizzata. Di certo non poteva aspettarsi un atteggiamento benevolo da parte della madre, ma addirittura parlare in quel modo… come se non le importasse nulla di lei, come se la volesse vedere morta con sguardo spietato…

Briony ebbe il terrore di piangere nuovamente ma il petto non avrebbe resistito ad un ulteriore spasmo di dolore. Cercò di inserire quell’argomento in un angolo buio della sua mente perché doveva pensare ad altro di più importante e vitale…

Ciò che Ylenia aveva detto… ovviamente erano cose che la strega le aveva taciuto.. forse per non farla star male o per non farla preoccupare, ma Briony sentiva di aver il diritto di sapere a cosa andava incontro… e sapere di non poter porvi rimedio o combattere, la logorava.

Ricordò con orrore le parole della strega "A queste creature non verrà riservato  il Paradiso  l’Inferno dopo la morte. Saranno destinate a vagare nel Nulla, solitarie e prive di forma fisica. I visi delle persone a loro care saranno una persecuzione, invece che beatitudine o gioia. La loro anima verrà incatenata nel buio, dove l’ombra più cupa scenderà.”

E poi quelle della madre "Il corso degli eventi non si può cambiare. Al massimo lo si può deviare verso un destino peggiore.”

Tutte le sue speranze erano solo delle falsità, degli appigli troppo leggeri e deboli per non cadere giù nel baratro, e che l’avrebbero fatta scivolare inevitabilmente con maggior velocità.

Non avrebbe potuto trovare la pace nemmeno dopo la morte… era chiaro allora che era un mostro, una creatura della più malvagia specie.

Un singhiozzo la fece quasi strozzare quando pensò poi che non poteva cambiare ciò che era… non avrebbe mai potuto. Al massimo avrebbe solo peggiorato le cose, magari fatto del male a qualche innocente o a qualcuno che amava… come era già successo..

Ma come poteva andar peggio di così?

Briony fu sul punto di ridere ma era una risata isterica, priva di qualunque spensieratezza. Qualcuno là nel cielo doveva proprio avercela con lei per come le stava dannando la vita.

Ma il corso di quel destino avverso era inevitabile… colpita da una maledizione e rassegnata a lasciarsene divorare la vita.

Si sentiva di aver appena attraversato un’onda tempestosa che aveva sbaragliato ogni cosa. L’aveva affrontata, ma ora cosa restava? Probabilmente più nulla… tutto era andato distrutto, sotto il cumolo delle macerie del suo dolore.

Alla fine c’era una sola cosa da fare, l’unica. Quella che aveva sempre temuto di fare, ma era l’unica strada da percorrere.

 

---------------************--------------

“Che cosa vuoi fare??” domandò Ylenia allibita, sgranando gli occhi.

“Hai capito. Me ne vado… me ne vado per sempre e non tornerò mai più,” replicò Briony cercando di rimanere il più calma possibile, sebbene i suoi occhi erano la chiara immagine della sua agonia.

Ylenia la guardò come se fosse un alieno. Era venuta qualche minuto prima a casa sua per vedere come stava, visto che si era accorta che Briony aveva ascoltato la conversazione tra lei e Maggie, ma non aveva pensato che sarebbe arrivata a una conclusione così drastica.

“Ma Briony… perché?” sussurrò Ylenia con sgomento.

“Perché è la scelta giusta da fare. Non lo vedi? E’ così che deve andare… devo permettere alle persone che amo di vivere in pace, non col perenne pericolo di venire uccisi”

“Non dire fesserie! Come se loro non fossero capaci di difendersi! Non pensi a tua sorella, non pensi a Elijah?”

A sentire quelle parole, quel nome soprattutto, il cuore di Briony perse un battito.

“Certo che ci penso… ed è proprio per loro che lo sto facendo… Sto offrendo loro una vita serena in cui non devono perennemente preoccuparsi per me o temere per la propria incolumità. Non posso permettere che si rovinino la vita a causa mia… non posso tollerare che questa cosa orrenda che mi è capitata devasti anche loro”

“Ma tu hai sopportato tutto il dolore inimmaginabile per loro…. E quindi dovrebbero ricambiare, Briony. Non lasciarti da sola”

La ragazza scosse la testa con rammarico:

“E’ diverso… c’è sempre un barlume di speranza per ognuno di loro affinché cambino o vivino la propria vita senza nuocere a nessuno e da esseri umani nonostante tutto.. c’è sempre l’altra faccia della medaglia, nel loro caso… Nel mio no… io non posso cambiare… ho sentito la tua conversazione con mia madre”

Ylenia deglutì, sentendo la decisione drastica di Briony sulle sue spalle. Ma quello che la strega non capiva è che Briony ci sarebbe arrivata a quella conclusione anche se non avesse sentito la conversazione con Maggie. Prima o poi lo avrebbe fatto comunque. La sua decisione era irrevocabile per quanto sofferta.

Briony, quel libro racconta solo sciocchezze da sciamani.”

“Non ci credi nemmeno tu Ylenia… Briony la guardò sconsolata, ma poi si avvicinò alla strega prendendole le mani. “Comunque grazie. So che hai fatto di tutto per aiutarmi e alleviarmi ulteriori dolori. Non potevo immaginare un’amica migliore dopo Jenna e John... e forse hai superato persino le mie aspettative. Grazie di tutto, Ylenia…

La strega lesse negli occhi tristi e spezzati di Briony un addio imminente. Non sapeva perché ma sentiva qualcosa pizzicarle gli occhi, come la figura lontana di una lacrima che voleva scendere.

Abbassò lo sguardo sconsolata:

“Oh Briony… come posso convincerti a farti cambiare idea? Tu non molli mai, tu combatti sempre!”

“A volte arriva il momento in cui bisogna saper rinunciare”

Ylenia non riusciva più a riconoscere la ragazza che aveva davanti… sembrava così  distrutta… come una piccola stella che si era spenta in un cielo troppo buio e vasto, e di lei non rimaneva più nessuna traccia.

“Lo so che la tua vita non è affatto semplice… ma niente che abbia valore è facile.. devi continuare a lottare per quanto la strada sia tortuosa e piena di insidie”

Briony sentì le forze venirle meno mentre continuava a parlare. Il suo logoramento commosse Ylenia nel profondo.

“E come potrei? Con Elijah non sarà mai più come prima… nonostante il suo desiderio folle di proteggermi, non posso costringerlo a mettersi contro la propria famiglia… e per cosa poi? Non mi vedrà mai più con gli stessi occhi… qualcosa si è spezzato tra di noi. Non si fida più.”

Ricordò all’improvviso l’ultimo scontro che avevano avuto… la mancanza di fiducia l’uno dell’altro… il bisogno perenne di ferirsi a vicenda come se non sapessero farne a meno… Il troppo dolore che trasudava come acido dalle ferite…

“Io devo farlo, Ylenia. Ti prego non fermarmi anche se pensi che sia la scelta sbagliata.”

“Ma è la scelta sbagliata” rispose la strega risoluta.

“Per me lo sarà visto che soffrirò… ma per gli altri sarà quella giusta.”

“Moriranno di dolore”

“Il tempo allevia tutte le ferite.. loro sono immortali.” rispose Briony per cercare di auto convincersi… che prima o poi Elijah ce l’avrebbe fatta a superare quella perdita, ad andare avanti col suo dolore fino a quando non ne resterà un tenue ricordo. In fondo aveva già sofferto atrocemente ed era sempre risalito dalle sue stesse macerie.

Pregò Dio che sarebbe stato così anche questa volta, che il suo abbandono non gli spezzasse in modo irrevocabile il cuore in mille pezzi.

“Sono solo parole, Briony. Solo parole...” sussurrò Ylenia intristendosi, come se sapesse di cosa stava parlando.

Lei infatti sapeva.. sapeva che il tempo non alleviava le ferite.. te le faceva soltanto scordare per un momento… ma poi quando meno te lo aspetti i ricordi ritornano a galla con maggior prepotenza, come lo squillo di un’odiosa sveglia che travolge la tua vita in un vortice di oscurità.

E senza quei ricordi, il passare del tempo indurisce solamente l’animo. Dopo non troverai più nulla da scorgervi all'interno.

Briony lesse i timori negli occhi di Ylenia e la sua paura più remota era che accadesse anche a Elijah. Ma come fare altrimenti? Lei poteva proteggerlo e garantirgli la salvezza solo standogli lontana.

Se gli fosse successo qualcosa per causa sua… o peggio se col passare del tempo la fiducia si sarebbe sgretolata in mille pezzi fino a non riconoscersi più… sarebbe stato un atroce tormento.

Doveva tracciare un confine finchè era in tempo.

“Devo chiederti un favore perché io non saprei come fare… mi occorrono dei documenti falsi e un passaporto… Elijah mi cercherà dappertutto, ma prima o poi si arrenderà quando scoprirà che non voglio essere trovata.” disse Briony pensando alla reazione di Elijah quando avrebbe saputo che era scappata via.

Pur di non guardare quell’immagine, spense il cervello.

“Ma dove andrai?”

“Non posso dirtelo mi dispiace. La prima persona da cui Elijah andrà sarà mia sorella per avere mie notizie, poi da te. E non sarà una bella scena immagino…” sussurrò col cuore in gola.

Gli occhi neri traboccanti d’ira. Il cuore spezzato dalla delusione e dalla sofferenza del suo abbandono.

“Quindi voglio evitarti degli inutili scontri per coprirmi.” Finì Briony.

Ylenia sbottò in preda alla disperazione:

“Ma cosa pensi di fare così?? Dove andrai? Pensi di vivere il resto della tua vita da sola? A soffrire per le tue scelte?”

“Me la caverò. Tranquilla, non tenterò il suicidio se è questo che pensi” rispose Briony smorzando una risata.

“Sei davvero convinta?”

Vedendo che la strega stava cominciando a cedere e a non vedere più possibilità di farle cambiare idea, Briony fece fuoriuscire tutto ciò che le opprimeva il cuore:

"Non vedo alternative, Ylenia. Ci ero arrivata molto tempo fa, solo che avevo paura…ho sempre saputo che la mia presenza avrebbe recato solo pericoli alle persone che amavo. Perciò ora l’unica scelta é andarmene. É così che deve andare… io posso offrire loro il futuro che meritano, non ulteriori dolori. O peggio ancora la morte”

Quella tremenda verità si scagliava sul suo animo senza pietà, ricordandole ciò che c’era in ballo. Non poteva esistere a spese di qualcuno a lei caro. Non poteva vivere così.

O meglio non poteva costringere gli altri a farlo.

La sua partenza forse avrebbe arrecato meno dolore della sua continua permanenza a Mystic Falls. Se sarebbe rimasta avrebbe portato solo guai, dolore, delusione e morte. La cosa era già cominciata… e coloro che amava ne pagavano il prezzo, soffrendo anche loro.

Tuttavia quel pensiero non la confortò.

“Non c’è niente che io possa fare per farti cambiare idea vero?” commentò Ylenia con rammarico.

Briony scosse la testa mordendosi nervosamente il labbro inferiore, e la strega allora sospirò per scacciare il groppo in gola. “E’ una tua decisione e per quanto mi rattrista devo accettarla… so che soffriresti anche rimanendo comunque…” mormorò guardando Briony e capendo quanto dolore quella piccola ragazza dovesse sopportare.

Cercò comunque di smorzare la tensione: “Per tenere alla larga i vampiri dovresti usare il sale, funziona anche senza magia. Ne metti all’entrata di una porta o semplicemente attorno a te così non potrebbero toglierti neanche un capello.. un semplice consiglio visto che io non potrò più aiutarti”

Non volendo a fine frase una lacrima si intravide sui suoi occhi, sciogliendo il nero al suo interno. Quella piccola goccia mostrò quanto grande fosse il suo dolore nell’abbandonare l’unica persona con la quale si era veramente avvicinata, in così tanti anni di solitudine.

Briony si lasciò fuoriuscire un gemito di sconforto vedendo il dolore muto dell’amica, e l’abbracciò per alleviarne almeno un po’.

“Grazie Ylenia. Abbi cura di te.” Riempì quella frase di tutta la gratitudine che doveva a quella donna, un affetto intenso che le aveva unite in un’amicizia.

Ylenia ricambiò sciogliendo la maschera di durezza che aveva sempre velato il suo sguardo. Un’altra lacrima fuoriuscì dai suoi occhi mentre l’abbracciava e le diceva addio. Come per testimoniare la sua sofferenza.

“Spero che non ti pentirai di questa scelta, Briony. Ma sappi che qui hai una casa e persone che ti vogliono bene. Potrai sempre tornare in qualunque momento, non importa le conseguenze”  Quelle furono le ultime parole di Ylenia prima che fuoriuscì dalla casa di Briony.

La consapevolezza di aver perso una parte importante di loro stesse non le abbandonò.

 

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La cosa più difficile: fingere che andava tutto bene, che era tutto normale e che il dolore non asfissiava il proprio animo.

Briony non potè non dire addio alla sorella. Ovviamente non glielo avrebbe fatto capire, ma voleva vederla e parlare con lei un’ultima volta.

Non aveva bisogno di un ultimo momento con lei per ricordarsela, lo avrebbe fatto comunque, ma voleva sentire appieno il suono della sua risata, scorgere il colore cristallino dei suoi occhi bellissimi, come se in qualche modo potessero accompagnarla durante la fuga per farla sentire meno sola.

Quando Caroline le aprì la porta subito le rivolse un sorriso gioioso. Briony si lasciò cullare dalla radiosità che la vampira emanava in qualunque luogo.. si fece avvolgere da quel sole incandescente, cercando così di sorriderle a sua volta e scacciare almeno per un po’ la tristezza.

"Ehi Briony! Hai accettato la mia richiesta di venire da me?"

"Veramente sono venuta per dirti che non verrò, mi dispiace.." Sul suo volto apparve un’espressione dispiaciuta che mascherò la vera ragione per la quale la provava.

"Oh che peccato" rispose Caroline corrugando le labbra.

La vampira la fece entrare e le offrì un bicchiere con thè. Le fece intendere se voleva che ne mettesse con della vodka ma Briony rifiutò con una risata. Dopo averlo fatto, Briony provò a godersi quel suono come se fosse sicura che non sarebbe mai più apparso.

"Come ti stanno andando le cose? Con Tyler tutto bene?" domandò lei con sguardo incuriosito.

"Sì per adesso le cose si sono calmate. E’ un ragazzo fantastico"

"Lui si prenderà cura di te." rispose Briony convinta e guardando fissa la sorella. Almeno Caroline non sarebbe rimasta da sola… ci sarebbe stato qualcuno ad alleviare la sua assenza con altrettanto amore.

Scese del silenzio in cucina e all’improvviso Briony sviò lo sguardo, immergendosi in un mare di ricordi che le crearono un sorriso nostalgico sulle labbra.

"Ti ricordi quel natale...” cominciò lei con sguardo assorto e con occhi luccicanti  “Quando tu avevi 5 anni. Ed era un periodo in cui Liz e nostro padre non erano mai a casa? Per la Vigilia loro avevano promesso di esserci, ma purtroppo le cose non andarono così.." mormorò poi dispiaciuta.

"Quando venni da te, ti trovai vicino all’albero con le ginocchia raggomitolate e piangevi tutta sconsolata perché eri da sola. Non avevano mantenuto la promessa.. e quel che peggio sotto l' albero non c’era niente. Nessun regalo per te.”

Briony ricordò lo strazio che avevo invaso il suo cuore quando aveva visto la sorellina raggomitolata sotto l’albero con la speranza evanescente negli occhi che i suoi genitori venissero e le dimostrassero affetto. L’aveva guardata da un angolo con occhi velati di lacrime, urlando a se stessa che sua sorella non avrebbe patito ciò che lei aveva subìto con la madre. Voleva con tutto il suo cuore alleviare la sua sofferenza come se bruciasse forte in lei.

"Cercai allora di non farmi vedere da te. Non dovevi capire che ti avevo vista.. così senza perdere tempo ho preso la bici e sono corsa al supermercato. Per poco non sono caduta in un burrone dalla velocità folle con cui andavo. Ho scaraventato la bici all’entrata rischiando di slogarmi una caviglia, e ho implorato la proprietaria di non chiudere perché era ormai tardi, ma la stetti a pregare per una bella mezz’ora che alla fine quella poveretta si arrese.” Un sorriso curvò le sue labbra al ricordo.

"Dieci minuti! Non uno di più!" aveva urlato la vecchia signora sbraitando come un’ossessa. Briony aveva preso il regalo che le sembrava più carino a prima vista, dato che non aveva molto tempo, e aveva comprato una bacchetta da fata e una pianola.

Non appena tornata a casa aveva messo di nascosto i regali sotto l’albero, attenta che Caroline non la vedesse. Il suo intento infatti era far finta che fossero dei regali da parte di Liz e Bill: voleva convincere la sorella che i genitori le volevano davvero bene e che non avevano tradito la sua fiducia. Voleva solo vederla felice.

Avevano cenato insieme, sebbene Briony a 14 anni non avesse grandi doti culinarie ma Caroline non dispregiò il tentativo della sorella, anzi ne fu felice. Come se le mancasse quella quotidianità.

Quando venne l’ora, Briony era andata nel salotto vicino all’albero.

"Caroline, é mezzanotte!" aveva gridato alla sorella che si era rintanata in camera sua.

"Ma tanto non c'è nessun regalo da aprire" aveva mormorato la bambina tutta sconsolata scendendo le scale. Ma vedendo i due pacchi sotto l’albero le si erano illuminati gli occhi azzurri:

"Oddio e questi??" aveva domandato estasiata e sorpresa avvicinandosi.

"Liz e papà sono venuti quando tu sonnecchiavi e ti hanno lasciato questi come regalo! Visto che non si sono dimenticati di te? E ora smettila di piangere" aveva mormorato Briony con un sorriso per scacciare le lacrime delle sorellina e farla sentire felice.

Infatti Caroline non appena aprì i regali fece i salti di gioia e battè le mani con un sorriso radioso. Briony l’aveva guardata con la felicità nel cuore.

All’improvviso Caroline aveva smesso di battere le mani e si era avviata in camera sua. Dopo due minuti era scesa velocemente cercando di non inciampare e con in mano un regalo.

"Questo é per te sorellona" aveva detto con voce innocente, porgendole il pacco.

Briony era sbiancata.

"P- per me?" aveva balbettato allibita guardando il regalo.

"Sì! E’ il mio regalo!'

Briony si auto commiserò visto che non aveva fatto alcun regalo per la sorella… almeno non ufficialmente. Aveva preso la bacchetta e la pianola in vece dei genitori, ma non per se stessa. Non ne aveva avuto il tempo visto che quella vecchietta la seguiva come un segugio con un’occhiata di fuoco. Si era vergognata come non mai pensando a cosa avrebbe detto Caroline non ricevendo nulla in cambio.

"Oddio ma io non ti ho fatto niente, Caroline" aveva mormorato lei sconsolata strappando la carta da regalo. Era stata tentata di rivelare l’inganno ma si era morsa la lingua. Non voleva deludere Caroline. In fondo la bambina non sembrava esserci rimasta male nel non ricevere un dono in cambio.

Le aveva regalato un orsacchiotto di peluche. Non era una vera e propria sorpresa, visto che quell’orsacchiotto era di Caroline, ma chissà perché nella sua testolina da bambina aveva pensato che anche a Briony piacesse. Infatti lei ne fu estasiata. Quel gesto la commosse.

"E’ bellissimo, grazie sorellina" aveva mormorato dandole un bacio sulla guancia paffuta.

Briony aveva abbracciato quella piccola creatura, accarezzandole i bellissimi capelli biondi.

"Buon natale Briony"

"Buon natale Caroline"

Ritornando al presente, Briony fissò la sorella che ai suoi occhi appariva sempre come l’eterna bambina combina guai, che aveva il perenne desiderio di attirare l’attenzione degli altri. Ma il suo era un bisogno d’affetto, non era egoistico. La fissò dolcemente e anche Caroline ricambiò:

"Me lo ricordo. Il più bel natale che abbia mai passato" mormorò la vampira con occhi sognanti.

Briony si unì alla sua spensieratezza, crogiolandosi nei suoi ricordi.

"Anche se.. io lo sapevo" mormorò infine la vampira.

"Che cosa?" chiese Briony confusa.

"Sapevo che la pianola e la bacchetta da fata erano un tuo regalo e che l’avevi fatto apposta per non farmi sentire sola e convincermi che in realtà mamma e papà ci tenevano a me"

Briony sobbalzò colta alla sprovvista:

"Da cosa l’hai capito?"

"Si vedeva lontano un miglio!"

Le due scoppiarono in una risata, dimenticando il triste passato e concentrandosi sul presente… che apparentemente donava gioia. Quella di Briony era autentica ma l’ombra della tristezza era all’erta nel suo animo.

"Beh dovrai ricordarti di questo mio sacrificio perché ho speso tutta la mia paghetta in quel regalo!” esclamò lei sarcastica finendo il thè.

Caroline rise di gusto, poi tornò alla serietà:

"Solo ora mi rendo davvero conto che non meritavi tutte le cattiverie che ti ho inferto.. mi dispiace davvero tanto." mormorò la vampira rammaricata.

Briony ricambiò lo sguardo, deglutendo più volte, ma poi la guardò senza alcun dubbio o timore:

"Anche se tu sei un vampiro, anche se sei immortale e sei una sorella rompiscatole e terribilmente irascibile e schizzinosa..." Le accarezzò dolcemente le spalle "Tu rimarrai sempre la mia piccola Caroline" sussurrò con tutto l’amore che provava verso la sorella.

La vampira si commosse sinceramente, tanto che le buttò le braccia al collo

"Ti voglio bene Briony"

La mora ricambiò, affondando il viso nei suoi capelli:

"Anche io te ne voglio, più di quanto pensi." le sussurrò dolcemente, cullandola.

In quel momento racchiuse tutto l’affetto puro e incondizionato per Caroline, stringendola forte a sé.

Briony pensò come aveva potuto criticare Elijah per provare ancora affetto verso Klaus dopo come gli aveva rovinato la vita; e infatti se la prese con se stessa in quel momento. Non si può cancellare il legame con un fratello, perché lui è una parte di te… per quanto si possa litigare, per quanto si possa essere diversi e tenere una lunga distanza, quel sentimento pompava gran parte del nostro cuore, rinvigorendolo. Non poteva essere abbattuto da nessuna forza… nemmeno dall’odio. L’amore che Elijah provava ancora – anche se si ostinava a negarlo a parole – verso Klaus ne era la prova. E anche il fatto che Briony avesse perdonato tutte le bugie che Caroline le aveva detto.

Nelle sua mente annebbiata dalla tristezza, ricordò i momenti in cui cullava Caroline da bambina nel suo lettino, quando aveva paura dei temporali e lei cercava di acquietare il suo terrore rimanendo a dormire con la sorellina.

La mia piccola Caroline. Pensò Briony con le lacrime al cuore continuando a stringere la sorella, come se non la volesse lasciare per nessuna cosa al mondo.

Ma doveva farlo. Andava via anche per lei… piuttosto che farle del male come aveva fatto con Rebekah si sarebbe sparata.

Chiuse gli occhi per diminuire il corso delle lacrime imminenti e scacciarle. Non voleva che Caroline la vedesse così. Si sarebbe insospettita.

Ma stranamente quando sciolsero l’abbraccio, proprio Caroline aveva le lacrime agli occhi dalla commozione. Briony le rivolse un sorriso dolcissimo mentre la biondina parlò ancora:

"Ehi che ne dici stasera di fare un bel pigiama party, ci guardiamo un bel film e dopo ci sbronziamo! Che ne dici ti piace il programma?" domandò emanando gioia da tutti i pori. Gli occhi brillavano.

Briony le rivolse un sorriso felice per mascherare il suo tormento che le scalfiva il petto. Mentire fu difficilissimo come se cercasse aria sott’acqua.

"Sì. Non mancherò" mormorò con flebile voce visto che le mancava davvero l’aria.

Caroline esultò come una bambina e si salutarono. Finalmente.

Briony non avrebbe sopportato ulteriori finzioni. Era sul punto di scoppiare a piangere.

“Ehi! Briony!” La chiamò Caroline sull’uscio della porta.

Lei si voltò insospettita, cercando di rimanere normale, ma la vampira le disse solamente.

“A casa c’è una sorpresa per te”

Briony corrugò la fronte ma rispose un semplice “Ok” senza badarci troppo.

La sua maschera di felicità non avrebbe retto, infatti si sciolse non appena si avviò verso la macchina. Aveva appena detto addio alla sorella, non l’avrebbe rivista mai più.

Briony sentì aprirsi una crepa nel suo cuore, mentre un minuscolo frammento dell’anima si staccava da essa.

Con lacrime invisibili, ritornò a casa. Per dire un ultimo addio.

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Briony non aveva mai amato tanto casa sua almeno fino a quel momento in cui non le disse addio per sempre. Una casa non era solo dei cumuli di pietra e un tetto sopra la testa.. era la depositaria dei ricordi più intimi, i più importanti.

Lì aveva vissuto una vita… la più importante, la più straziante, la più fondamentale per il suo cuore. Come se solo in quel breve arco di tempo avesse veramente vissuto, mentre gli altri 26 anni di vita non potevano essere paragonabili.

Tutto in quella casa le ricordava Elijah.

Quando andò in camera sua a fare le valigie, diede un’occhiata fugace al letto. Lì dove avevano fatto l’amore per la prima volta. Ricordò la trepidazione, l’amore incalzante, e quella passione che la divorava. La disperazione nei suoi gesti nel pensare che Elijah non la voleva più mentre lui le toglieva il fiato con i suoi baci per dimostrare che invece non era assolutamente vero.

Con un respiro strozzato finì le valigie e andò di sotto.

Gli occhi di Briony si focalizzarono inevitabilmente sulla finestra che dava al giardino. Quella stessa finestra che aveva fatto da sfondo al loro primo bacio, al chiaro di luna.

Quella casa racchiudeva tutti i loro momenti più importanti e trattenne il fiato, in apnea delle sue emozioni e di quei ricordi che le invadevano l’anima.

Non ce l’avrebbe fatta a dire addio a Elijah. Non importava se risultava una codarda, non ne aveva il coraggio.

Con Caroline e Ylenia c’era riuscita. Ma con lui sarebbe stato così doloroso da farla arretrare sui suoi passi per via di quel sentimento troppo forte che non voleva essere sconfitto. Non poteva permettersi di avere dei tentennamenti.

Elijah anche semplicemente guardandola avrebbe capito la verità, e non doveva correre il rischio. L’avrebbe fermata ad ogni costo se avesse intuito ciò che stava per fare, e sapeva che infine lei avrebbe ceduto. L’amore per lui era così forte da ottenebrare ogni cosa, perfino le loro stesse vite.

Era troppo distruttivo.

Ma non poteva essere così egoista nel restare a Mystic Falls per vivere il suo amore. Amare significa prima di tutto sacrificio… saper sacrificare la propria felicità per colui che ami. Sacrificarsi per permettere all’altro di vivere, non di morire.

Elijah avrebbe sofferto sì. Ma ce l’avrebbe fatta, era abbastanza forte da risollevarsi ed andare avanti se era la cosa migliore per entrambi. La sua famiglia lo avrebbe aiutato a riempire quel buco.

Quella giustificazione le rimbombava in testa facendo in modo che fosse davvero così. Se lo augurò con tutto il cuore.

Pensò addirittura di scrivergli una lettera.. ma come potevano delle semplici parole esprimere il suo logoramento?

Briony prese poi il telefono tra le mani e chiamò un taxi. Non poteva permettersi di viaggiare in macchina, Elijah l’avrebbe sicuramente rintracciata. Poi dopo avrebbe attuato il suo piano di fuga.

Il taxi sarebbe arrivato entro una mezz’oretta.

Briony sospirò in preda all'ansia, notando sul tavolo all’improvviso che c’erano dei soldi in contanti. Corrugò la fronte e andò vicino. Sopra c’era un biglietto. Era di Ylenia

“Ti serviranno visto che sei perennemente in bolletta. E almeno goditi la tua breve fuga in qualche hotel che riserva del relax. Goditela, perché Elijah finirà col trovarti”

Beh grazie per la fiducia, pensò Briony con sarcasmo.

In effetti aveva bisogno di contanti per attuare il suo piano ma si era troppo vergognata nel chiederli a Ylenia. Sperò comunque in qualche modo di poterglieli restituire un giorno.. vicino ai soldi c'erano anche i documenti falsi.

Ma non aveva voglia di scoprire quale sarebbe stato il suo nuovo nome, quello che avrebbe sostituito la sua identità.. poteva anche cambiare nome ma non poteva cambiare ciò che aveva nel cuore.

Con sguardo smarrito andò verso il salone, quando notò qualcosa al di là delle tende. Una figura grande e larga. Sembrava un oggetto di grandi dimensioni.

Scostò le tende confusa e si ritrovò davanti qualcosa che non vedeva da anni. Anzi le sembrava da secoli. Era il pianoforte che usava da bambina.

Sopra c’era un biglietto, l’ennesimo. “Ti ricordi cosa diceva papà? Solo gli angeli suonano il pianoforte, e tu sei un angelo. Xoxo.” Era la calligrafia di Caroline, non c’era alcun dubbio.

Solo lei, il padre e il suo insegnante di musica sapevano di quella passione che era andata scemando col tempo. Il pianoforte si era impolverato stando tutti quegli anni in soffitta ma era pur sempre elegante come se lo ricordava. Suonare il piano era una sua passione quando era piccola, aveva del talento, ma poi aveva smesso. Voleva concentrarsi al 100% sulla scuola, il suo obbiettivo era di prendere sempre il massimo dei voti in ogni materia. Il tempo da dedicarsi al piano e ad altre passioni non c’era purtroppo.

Non sapeva nemmeno lei perché voleva essere la migliore della classe, ma forse in qualche modo voleva che gli altri fossero fieri di lei.

E poi non era la classica secchiona antipatica. Faceva copiare i suoi amici durante le verifiche e suggeriva nelle interrogazioni se poteva essere utile. Jenna era stata promossa in terza superiore solo grazie alla sua eterna compassione nell’aiutarla assiduamente a fine semestre.

Briony mise le valigie dietro la poltrona e si sedette al piano mentre le dita sfioravano i tasti. Non compose una musica particolare, visto che sul momento non si ricordava i minuetti, ma agì d’istinto: chissà perché il motivetto che ne uscì era triste, malinconico, disperato. Come lo era il suo animo.

Quella musica era in perfetta sintonia col suono del suo cuore, un incrocio perfetto.

Briony chiuse gli occhi, immergendosi nella musica mentre le dite toccavano i tasti del piano con velocità da professionista.

Dimenticò tutto mentre suonava, le sembrava di volare leggiadra tra le nuvole.

Ma un improvviso gelo la paralizzò. Come conscia che una forza troppo grande l’aveva appena scaraventata nella realtà. Le sembrò di non riuscire a respirare e che il cuore si fosse paralizzato. Le mani si fermarono sui tasti, non suonando più.

Briony girò metà viso, sempre con lo sguardo abbassato, ma quando sollevò gli occhi ebbe la conferma di quel gelo improvviso. Sembrava che lui manovrasse i battiti del suo cuore persino in quel momento, quando doveva dirgli addio.

Perché doveva essere lì? Perché era venuto?

Le domande angoscianti di Briony non trovarono risposte negli occhi neri di Elijah, che si avvicinò lentamente a lei alzando il braccio.

“Non fermarti ti prego” sussurrò lui flebilmente avvicinandosi. Le sue iride nere sembrarono inghiottirla. Avrebbe tanto voluto dissolversi in lui per dimostrare quanto gli apparteneva…

Ma Briony riuscì soltanto a sviare lo sguardo, concentrandosi sui tasti del piano sebbene non riuscì più a suonare. Si sentiva bloccata, i nervi erano tesissimi.

Elijah si sedette vicino a lei, noncurante del suo turbamento. Lo sguardo serio del vampiro non la lasciò mai, gli occhi sembravano voler agganciare i suoi in qualche modo ma Briony rimaneva immobile, rigida. Non riusciva a guardarlo. Poteva solo pregare che se ne andasse, che non capisse cosa stava per fare… sarebbe crollata se lui avesse cominciato a parlare.

Tuttavia proprio il suono della voce di Elijah spezzò il silenzio. Briony si concedette almeno di sentire quella voce magnetica per racchiuderla nel suo cuore perché sarebbe stata persino capace di rianimare un morto.

Briony so che probabilmente sono l’ultima persona che vorresti vedere.” Cominciò lui con voce bassa, sviando lo sguardo da lei. “Ma ci metterò poco tempo.”

Lei si decise finalmente a voltarsi verso l’Originario: portava una camicia di colore scuro che rasentava il nero, i muscoli del braccio erano più in evidenza del solito dal gran che era teso. L’immagine pallida del suo viso sembrava il profilo di sentimenti contrastanti, ma il più importante tra di essi era l’agonia.

“Avrei dovuto difenderti con Rebekah ma non l’ho fatto. Ho lasciato semplicemente che accadesse. Non ti ho capita quando invece tu ti aspettavi che lo facessi e ti meritavi appieno la mia comprensione dopo ciò che hai dovuto affrontare per causa mia.” La sua voce esprimeva durezza mixata a tormento. Scuoteva la testa a volte mentre parlava. Alzò poi lo sguardo davanti a 

“Ma sono stato accecato dalla rabbia.. dal senso di tradimento.. da…” fece una pausa come se le parole fossero venute meno. Era davvero strano vederlo così tentennante, visto che la sicurezza era parte caratterizzante di lui. Ma in quel momento sembrava così umanamente vulnerabile che a Briony venne un nodo alla gola.

“Non mi sono comportato come ero in dovere di comportarmi. E me ne vergogno profondamente.” Rispose infine.

Briony lo fissò allora confusa, non sapendo come doveva comportarsi in quella situazione. L’unica maniera razionale era dimostrarsi fredda e sfuggente, per non lasciar trapelare le sue vere emozioni.

“Tua sorella rischiava di morire Elijah. Chiunque si sarebbe comportato così, anzi tu sei stato anche troppo gentile.”

Lui però scosse la testa in segno di diniego:

Briony, voglio essere franco con te... credevo sul serio, razionalmente ero certo che dovevo allontanarti dalla mia vita e voltare pagina in ogni modo... Dovevo lasciar perdere e non commettere il medesimo errore che mi sono concesso di fare secoli fa." il tono era duro, quasi sprezzante e rigido. Briony deglutì dall'ansia.

"Ero conscio di doverlo fare. C'erano troppi rischi, troppe problematiche, troppi pericoli... e mi sono detto come sempre che non ne valeva assolutamente la pena e che non dovevo vaneggiare i miei sforzi, perchè ho sempre cercato di tenere separate le emozioni... da tutto." Ci fu una pausa di sospensione, il viso di Elijah era scavato come non mai nella dura roccia.

Briony poteva capirlo benissimo... Elijah voleva sempre tenere tutto sotto controllo, non esternava mai le sue emozioni che erano barricate all'interno della sua corazza, si era lasciato andare solo esclusivamente con lei... ma come potevano andare avanti se era tutto sbagliato? Se quella storia poteva nuocere alla loro vita?

Poi però lui cambiò tono e sguardo: "Ma quando te ne sei andata in quello stato, e Rebekah ha cominciato a inveire contro di te e ci si é messa di mezzo pure Gwendolyn a parlare di te in un modo orribile e crudele, allora sono crollato. Ho capito che già mi fidavo di te, che quello che provo per te non è cambiato e che ti avrei difesa in ogni modo, anche dalla mia famiglia.”

Elijah si voltò verso di lei. Briony per un attimo si fece abbagliare dal suo sguardo intenso, come se prima d’allora fosse stata cieca.

“Elijah non sei costretto a fare una scelta del genere… inoltre Gwendolyn e Rebekah hanno ragione lo sai. Perché andare avanti ancora in questo modo? Tu lo sai ciò che sono… sai che sono..” Le sue parole tentennanti però furono interrotte da Elijah, che le prese il viso con una mano, e la bloccò volontariamente per non farle dire quella parola.

“L’unico mostro in questa storia sono io.” Mormorò con rammarico, la voce bassa. “Ti ho procurato ferite inimmaginabili che non potranno essere curate, le sento ancora sanguinare” mormorò questa volta con freddo disprezzo rivolto a se stesso, quasi stesse vedendo da un altro punto di vista, meno razionale, ciò che quella ragazza aveva subìto ingiustamente da chi amava.

"Ma tu non hai nessuna colpa. Non hai mai avute colpe anche se mi sono negato di vederlo per troppo tempo. E non l'hai mai meritato, solo ora lo capisco."

Briony tuttavia scosse la testa. Non sopportava che lui dicesse quelle cose.. non era lui il mostro, sarebbe stato sempre la sua salvezza.

“Non parlare in questo modo. Se io mi trasformassi in un mostro impazzito che comincerebbe a spargere male ovunque, che tentasse addirittura di uccidere la tua famiglia e cancellasse ogni sentimento buono. Se fossi come quelli che ti hanno sempre e unicamente tradito… mi ameresti ancora?”

Elijah sbattè le palpebre, come confuso.

Briony tu non sarai mai così, non saresti tu.” rispose automaticamente. Come a dimostrare che lui la vedeva in una determinata luce e l’avrebbe vista sempre così, non avrebbe mai pensato quei termini nei suoi confronti... li avrebbe in ogni modo cancellati senza lasciare alcuna traccia, impedendo a chiunque altro di pensarla così.

Non aveva intenzione di condannarla, anche se era quello che lei si aspettava.

Briony abbassò con forza la sua mano gelida dal viso:

“Se continui con questo comportamento peggiori soltanto la situazione perché non ti rendi conto della penosa realtà. Quindi ti prego vattene, é la soluzione migliore.” replicò Briony in maniera gelida sviando lo sguardo da lui per non mostrare il suo vero dolore.

“Immagino non vorrai dirmi il perché.” disse Elijah con finta calma continuando ad analizzarla, immobile.

“Te l’ho detto! Non posso sopportare che tu mi difenda quando non ho nessuna scusante per ciò che sono in grado di fare. Non capisci che non sarà più come prima? Col passare del tempo non ci potremo più fidare l’uno dell’altro”

Lo sguardo di Elijah divenne gelido tutto a un tratto:

Briony queste sono solo fesserie.”

Lei allora sbottò e si alzò dalla sedia fulmineamente, andando verso l’atrio.

“Dove vai?” sibilò Elijah freddamente, seguendola a falcate.

“Vado ad aprirti la porta così sarà più facile per te uscire”

“Mi stai sbattendo fuori?” mormorò Elijah sghignazzando come incredulo, e Briony allora si voltò verso di lui con espressione smarrita perché non sapeva più come fare per farlo andare via.

Gli occhi saettarono verso le valigie nascoste dietro la poltrona… se Elijah le avesse viste sarebbe stata la fine.

Briony è una sciocchezza. Dobbiamo parlarne invece.” disse lui ancora una volta, guardandola profondamente.

Lei tuttavia cercò di sviare il suo sguardo, la tecnica più facile per sfuggirgli. Era molto più semplice farsi odiare per non incorrere in seguito in un probabile dolore.

“Io ti ho già detto tutto quello che ti dovevo dire.” disse in tono freddo per mascherare ancora una volta il suo vero volto.

“Allora forse non mi hai capito o ti rifiuti di capire.” rispose lui duramente e sibilando. Sembrava che si stesse innervosendo.

Briony si guardò attorno con occhi angoscianti, pensando che prima o poi il taxi sarebbe arrivato. Se Elijah lo avesse visto… se avesse anche solo intuito le sue intenzioni… 

Per farlo andare via, e per garantirgli la salvezza, gli urlò parole con disprezzo che non pensava:

“Capisco eccome! O forse tu vuoi tenermi buona per controllarmi e per sincerarti che non io diventi quel genere di mostro snaturato. Piuttosto che avermi contro è meglio controllarmi e sorvegliarmi no? Bravo!”

Elijah trasalì per un attimo ma poi riprese il controllo di se stesso, come se non avesse mai perso la calma. Le  rivolse quindi un sorriso gelido:

“Potrebbe essere proprio così… ma ti voglio comunque al mio fianco” rispose egoisticamente, senza neanche scomporsi.

Briony cercò di puntargli uno sguardo glaciale, ma non era nulla in confronto al suo:

“Smettila, il tuo è un comportamento egoista”

A quelle parole Elijah sentì l'indignazione pervaderlo nelle membra.

“Perché sei così testarda? Sono venuto per scusarmi e per farti capire che sono innamorato di te. E questo è solo ciò che hai da dirmi? Di smetterla?” sibilò fra i denti, trafiggendola con lo sguardo.

Briony abbassò il viso non riuscendo più a sostenere quella conversazione, e la prospettiva di uscirne vincitrice era davvero scarsa. Soprattutto se il dolore manovrava ogni cosa.

“Io sto bene così. Non pressarmi.” Mormorò cercando ancora di farlo andare via.

Elijah l’analizzò poi attentamente per qualche minuto in un inquietante silenzio.

“Perché ho la sensazione che tu mi stia nascondendo qualcosa?” sibilò gelido ma con tono sospettoso. Gli occhi erano stretti in due fessure.

Briony si fece prendere dal panico come da prognostico, infatti pensò che Elijah avesse intuito qualcosa dei suoi piani.

“Io ho bisogno di rimanere da sola per un po’.” rispose sudando freddo. Gli diede le spalle per andarsene, per non dover più sopportare quello sguardo, per non dovergli più mentire spudoratamente.

Ma all’improvviso Elijah l’afferrò con forza per un braccio, costringendola a voltarsi:

“No ora resti qui, e mi ascolti questa volta.” Ordinò guardandola intensamente negli occhi che sembravano ardere nei suoi. Il tono di voce appariva autoritario, ma sotto quello strato c’era qualcos’altro di diverso… come un’antica aspettativa, un bisogno remoto di essere ascoltato.

Elijah divenne un blocco di marmo dal gran che era fermo e immobile; sembrava una roccia. Forte e indistruttibile. Ma poi tutto sembrò cambiare.

La sua mano infatti salì poi delicata sul viso di Briony, accarezzandola dolcemente col palmo e guardandola in maniera intensa. Lei di conseguenza chiuse gli occhi con un respiro strozzato, come se stesse assaporando il tocco di quella mano gelida non potendone fare a meno… Si sentiva un’alcoolista che stava pregustando il sapore del vino più prelibato, una droga per lei. Doveva separarsene al più presto altrimenti ne sarebbe stata dipendente per sempre, non sarebbe riuscita a distaccarsene mai più.

Eppure non riusciva a muoversi. Non voleva che smettesse, si crogiolava del suo tocco adorando quegli attimi di dolcezza che le spezzavano il cuore in due.

Il silenziò cominciò a pesare tra di loro e Briony decise di aprire gli occhi. Non l’avesse mai fatto. Gli occhi neri di Elijah sembravano ardere nei suoi con un’intensità travolgente; l'altra mano si appoggiò al lato del suo zigomo.  Il cuore di lei accelerò i battiti.

Briony Forbes..” Elijah la chiamò se fosse la sua ragione di vita, oppure come se fosse la sua maledizione. Magari era entrambe le cose.

Gli occhi neri ardevano di una fiamma scura. “Io ho bisogno di te. Ho bisogno di te più di quanto abbia bisogno del sangue umano per vivere.”

Quel suono carezzevole le infuse calore e allo stesso tempo la paralizzò. Sentiva la lama farsi più vicina al suo cuore, pronto a smembrarlo senza compassione.

Inevitabilmente le fuoriuscirono delle lacrime che urlavano tutta la sua disperazione per ciò che doveva fare. Scesero fino al mento, bagnando le mani di Elijah ma lui non si scansò. Continuava a guardarla come solo lui sapeva fare.

Ma quelle lacrime lo pregavano di smettere.. di non rendere quella scelta più dolorosa di quanto non fosse.

Briony avrebbe tanto voluto ricevere il suo odio, anziché il suo amore. Non avrebbe sofferto in maniera così atroce in quel momento, sarebbe stato più semplice. “Perché non mi detesti? Perché non mi urli che mi odi? Grida che non mi vuoi più. Non fammi sentire quanto mi ami, ti prego ti prego...” La voce della sua mente singhiozzava quelle parole che avrebbe tanto voluto urlare. Voleva farlo smettere. Non sarebbe riuscita ad andare avanti se lui avesse continuato… si stava lasciando ammansire dalle sue parole, e non doveva.. la voce di Elijah faceva leva sulla sua parte più debole, quella che non lo voleva lasciare andare ma doveva farlo per forza.

Si sentì vicinissima alla propria distruzione.

Elijah questa volta distolse lo sguardo, mantenendo le mani sotto il suo viso. Il volto divenne improvvisamente teso, gli occhi abbassati.

“So che amarti significa tradire la mia famiglia…

Briony lo guardò soffocando il pianto. I polmoni sembravano scoppiare a causa delle lacrime.

“Ma non amarti significherebbe tradire il mio cuore” mormorò infine girando lo sguardo verso di lei e invadendo tutto il suo universo con un solo sguardo.

Briony sentì la lama affondare. Con violenza inaudita, facendo sanguinare ogni sua fibra.

Il respiro esplose in un lamento e cercò di scuotere la testa, di pregarlo in questo modo di smetterla. Ma lui continuava ad intrappolarle il viso.

Quelle parole le rimbombavano nelle testa come acido che pulsa nelle ferite perché era consapevole del male che stava facendo; erano veleno perché la volevano far desistere dalla fuga e a restare invece al suo fianco. Ma così facendo l’avrebbe portato solamente alla morte.

Non c’era una via giusta da scegliere. Se restava li avrebbe traditi diventando il mostro che stava per diventare. Se se ne andava li avrebbe traditi comunque, perché loro le avevano dimostrato  un amore talmente grande che lei non si meritava e che non poteva deludere. Terribile.

Perché…? Tu hai solo da perdere stando con me.” Sussurrò lei flebilmente, con voce agonizzata dal pianto.

“L’unica cosa che non voglio perdere sei tu” rispose lui con decisione. Quelle parole potevano apparire smielate all’inverosimile ma dette da lui erano come il richiamo di una sirena, come se un sordo avesse appena udito il suono di un musicista dal talento formidabile.

Nessun’altra voce poteva comparare con quella di Elijah. Nessuno poteva sentire il suo cuore come lo sentiva lei.

Briony sospirò, mentre lui abbassò le mani e tornò al suo stato di rigidità. Lei questa volta si lasciò guidare dalle sue emozioni e gli accarezzò dolcemente una guancia, guardandolo con  intensità. Si lasciò manovrare dalla sua parte più debole, che non riusciva a resistergli.

Non poteva non scorgere quella parte di lui illuminata da una luce che solo lei era riuscita ad accendere.

“Non dimenticare mai quanto la tua umanità sia bella, Elijah” mormorò lei dolcemente.

Avrebbe tanto voluto abbracciarlo, pregarlo che sarebbe andato tutto bene e che sarebbero rimasti insieme… ma la sua mente creò una nuova immagine: lui con sguardo agonizzante mentre moriva, per colpa sua. Quella allucinazione uccise tutto ciò che era rimasto in lei. Smise di respirare.

Elijah abbassò la mano di Briony, guardandola attentamente. “Sei sicura che vada tutto bene?” domandò non lasciando mai il suo sguardo.

Lei si ristabilì e gli sorrise. “Credo di essere ritornata in me.. grazie.. Davvero.” sussurrò flebilmente.

Elijah la guardò accigliato, mentre con la coda dell’occhio Briony vide al di fuori della finestra un taxi attraversare la via di casa sua.

Il cuore, poco prima sventrato, riprese a battere velocemente. Il respiro le si mozzò in gola. Se poi il taxista avrebbe suonato il clacson per avvertire del suo arrivo sarebbe accaduto un bel casino.

Cercò di riprendere la calma, portandosi i capelli indietro: “Elijah? Potresti portarmi il pianoforte su in soffitta? E’ ingombrante se resta lì nel salone”

Elijah la fissò in maniera dubbiosa e senza proferir parola - forse giudicando la cosa un po’ strana - ma assentì.

"Ah non te l'ho detto prima ma.. sei un incanto quando suoni il pianoforte" mormorò poi rivolgendole un sorriso sghembo che le avrebbe accelerato il cuore se solo non si fosse crepato. Ma la ragazza non poté non ricambiare il sorriso.

Elijah andò verso il pianoforte mentre Briony si voltò, attorcigliandosi le mani. Il suo coraggio svanì e non riuscì più a guardarlo. Quando sentì un rumore rimbombante e i passi di Elijah sulle scale, Briony si avviò malferma verso la cucina.

Attenta a non fare troppo rumore salì poi anche lei le scale, e chiuse la porta che dava alla soffitta cercando di non farsi notare troppo. Col volto rigato di lacrime, sparse il sale lungo la porta rinchiudendo Elijah.  Così non avrebbe potuto fermarla.

Briony scoppiò a piangere in un lamento silenzioso mentre guardava la porta chiusa. Prendendo coraggio si avviò al piano di sotto per prendere le valigie. Per scappare via.

Le parole di Elijah avevano reso soltanto più dolorosa la sua scelta, fino a risultare intollerabile. Ma non l’aveva cambiata.

Avevano avuto solo  il potere di aumentare la sua sofferenza nel lasciarlo per sempre.

Prese in fretta le valigie, i documenti  e i soldi sul tavolo; e nello stesso istante sentì l’urlo di Elijah.

“BRIONY!!!”

Quello non era un grido normale.. era qualcosa di disumano che distruggeva le fondamenta della terra e scuoteva le persone che camminavano al di sopra. Briony intuì che Elijah aveva capito tutto, e la furia e la sorpresa nella sua voce erano palpabili. Udì anche dei rumori assordanti, come qualcosa di grosso che si rompeva.

Col cuore in gola corse verso l’uscita di casa, augurandosi che Elijah non buttasse giù tutto in preda all’ira.

Corse lungo il giardino col fiatone, e il taxista vedendo la ragazza in uno stato ai limiti dello shock sbarrò gli occhi, ma non disse nulla. Briony pensò di sentire all’improvviso le braccia di Elijah fermarla con violenza, di vederlo togliere il cuore al povero taxista per il semplice errore di aver risposto alla sua chiamata d’aiuto.

Ma così non fu.

Aprì la portiera del taxi e ci salì dentro a velocità smisurata.

“Parta parta!” gridò senza voce e con occhi sgranati al taxista, che subito fece imprecare il motore a tutta velocità. Forse credeva di salvare la signorina da un maniaco e non fece nessuna domanda.

Briony si rizzò lungo il sedile, col respiro spezzato e il volto pallido.

Si girò guardando la casa scomparire in mezzo agli alberi, immaginando la reazione tradita di Elijah. Il dolore del suo cuore che si era aperto, dimostrandole tutto l’amore che provava per lei, e che ora si stava dilaniando dalle pugnalate che lei gli infieriva.

Se a casa di Caroline aveva sentito aprirsi una crepa nel suo cuore, questa volta il cuore si distrusse del tutto in mille pezzi come se fosse stato appena ucciso. I frammenti della sua anima che si staccavano non erano più minuscoli, ma giganteschi.

Briony diede libero sfogo alle lacrime, visibili come non mai, e le sembrò di affogarci dentro.

Non le importava se quel povero taxista la riteneva una pazza invasata, lei si ritirò tutta sola nella sua sofferenza.

Si può provare un dolore così grande da sentirsi sopraffatta sotto ogni aspetto? Annientata e schiacciata. Col solo desiderio di voler scomparire pur di non sentire il male che esso provocava?

Si domandò come aveva potuto fare una cosa del genere a Elijah. Ne sarebbe valsa la pena? Offrirgli la salvezza, ma donandogli un dolore così intenso da lacerarlo in due? Oltremodo la delusione… un ulteriore tradimento…

Si mise le mani nei capelli volendoseli strappare, ma non ebbe neanche la forza; altre lacrime scesero sulle sue guance. Non sapeva di aver fatto la scelta giusta ma sapeva di non poter tornare indietro. Ormai era troppo tardi.

Sulla sua pelle si aprirono ferite invisibili che le dissanguarono l’anima, facendola precipitare sempre di più in un vortice nero di agonia.

Le parole di Elijah, il suo sguardo magnetico, e il suo grido finale non le lasciavano scampo, come se fosse una tortura.

Briony cercò di rilassarsi lungo il sedile ma fu tutto inutile. Quella tortura rimaneva.

Il taxi sorpassò all’improvviso il cimitero di Mystic FallsBriony automaticamente si affacciò attraverso il finestrino, ed ebbe il terribile desiderio di scendere. Non aveva detto addio a Jenna e a John, e con rammarico pensò che era da troppo tempo che non faceva visita ai suoi due migliori amici.

Ma rimase immobile, con le mani sul finestrino a guardare il cimitero per l’ultima volta. I suoi occhi riempiti dalla tristezza diedero addio ai suoi amici d’infanzia, con la promessa che non li avrebbe mai dimenticati.

La mano vagava sul vetro liscio come se li stesse salutando, ma non c’era traccia di sorriso nel suo volto.

Dopo essersi abbandonata il cimitero alle spalle, Briony si adagiò stancamente lungo il sedile. Il taxista la guardava attraverso lo specchietto pensando che quella era la prima cliente fuori di testa che gli capitava. Briony gli disse solamente di portarla nella stazione più vicina.

Sospirò poi, ma il gesto le costò molta fatica fisica.

Amore, tristezza, sofferenza.  Quanto coincidono queste parole… si uniscono insieme in una combinazione terribilmente perfetta.

Briony mise la nuca contro il poggia testa e guardò il paesaggio cambiare di fronte a sé, come se stesse guardando la sua vita che le passava davanti senza che lei potesse farci nulla.

Si sentiva vuota… vuota come il suo cuore, come quel paesaggio al di là del finestrino. Vuoto come l’addio che mormorò silenziosamente perché non voleva dirlo, dispregiava quella parola fino all’ultimo.

Addio all’amicizia.

Addio alla famiglia.

Addio all’amore della sua esistenza.

 

RebekahYlenia.

Caroline.

Elijah.

Elijah…

Sussurrando quel nome, chiuse gli occhi. Annegando nell’oblio.

 

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Briony aprì la camera di un albergo a dir poco lussuoso. Aveva praticamente speso tutto per prenotare quella stanza. Sapeva che doveva giocare d’astuzia per non farsi trovare, inoltre Elijah a quest’ora era già sulle sue traccie…

Briony sviò quel pensiero, non volendo turbarsi ulteriormente.

Aveva comprato un biglietto alla stazione e uno all’aeroporto via internet col profilo del padre. Un biglietto era per Boston, l’altro era per Denton. Su internet aveva prenotato un albergo a 5 stelle a Boston, mentre a Denton una camera misera di un motel.

Chiunque conoscendola avrebbe intuito che tra i due fuochi lei sarebbe andata a Denton, in Texas, visto che alcuni parenti di sua madre abitavano ancora lì e poteva chiedere rifugio. Senza contare che il prezzo che aveva pagato per il motel era nei suoi standard.

Mentre Boston non era assolutamente il suo genere, per di più non poteva permettersi un camera così lussuosa che non le piaceva neanche. Era pure matrimoniale. Nessuno avrebbe capito che la sua vera destinazione era quella.

Elijah a quest’ora forse era in Texas a cercarla. E anche se avesse tentato di raggiungerla a Boston in seguito, non avrebbe fatto in tempo perché se ne sarebbe già andata. Poteva anche essere un vampiro, ma in quanto a tempo non ce l’avrebbe mai fatta. Lei tra non molto sarebbe ripartita verso un luogo ancora da decidere… forse l’Europa. Le era sempre piaciuta l’Italia..

Briony mise fuori dalla borsa i suoi documenti falsi, e cercò almeno di rilassarsi per il poco tempo che le rimaneva da passare in quel luogo. Erano stati proprio dei ladri, le avevano fatto pagare tutta la giornata quando non ci sarebbe stata neanche la metà. Era stata sul punto di prendere per il collo il tipo alla reception ma si era morsa la lingua fino a sanguinare.

Mise le valigie sul letto, con l’intenzione di farsi una doccia e pulire tutto il dolore del suo animo, se mai fosse stato possibile. C'erano troppi strati da lavare via...

Aprì le tende della finestra: il sole stava per tramontare. Indossava dei jeans, una canottiera semplice. Appartenenti entrambi a Caroline. Una volta li aveva lasciati a casa sua durante un pigiama party e Briony li aveva usati per eludere il suo odore.

Si sentì meschina nel aver architettato un piano così diabolico. Ma le sembrava l'unica opzione plausibile.

All’improvviso però qualcuno bussò alla sua porta e subito Briony si rizzò in preda a un pericoloso sospetto. Andò quatta quatta ad aprire col cuore in gola, ma era solo un tipo che lavorava in albergo e che la stava informando di andare giù a firmare alcune carte per rendere valida l’acquisizione della camera. Briony lo ringraziò e gli disse che ci sarebbe andata subito.

Tirò un filo di sollievo. Chissà perché aveva avuto la sensazione che fosse Elijah.. il cuore martellò a quella prospettiva. Chissà come era infuriato…quell’immagine però sbiadì nella mente di Briony perché non voleva più pensarci altrimenti quei pensieri che la torturavano si sarebbero tramutati in lacrime.

Stava quasi per togliersi la giacca, quando sentì bussare di nuovo.

Che cosa c’è ancora??

Briony andò spedita alla porta, senza alcun tentennamento questa volta: “Le ho detto che sarei scesa”

Subito si bloccò non appena la vista focalizzò bene la persona che aveva davanti. Il cuore sembrò non battere più.

Due fiamme nere la stavano letteralmente incendiando come se volessero trafiggerla con un gelo letale. Lo sguardo controllava a stento la sua furia.

Non era possibile… Lui era lì.

Briony sgranò gli occhi più del normale non osando fiatare, mentre la mano era ancora sulla porta semi aperta.

Con la forza potente del braccio, Elijah spalancò del tutto la porta e questa cadde a terra rotta quasi a metà. Il rimbombo era assordante così come il suo sguardo imbufalito.

“Mi devi delle spiegazioni” sibilò lui in tono spietato come un serpente velenoso, entrando nella stanza con passi lenti che mascheravano la sua ira pronta a esplodere.

Briony lo guardò con occhi sgranati dallo shock non osando dire nulla perché le corde vocali sembravano essersi ammutolite. Non potè farlo anche perché si sentì spingere contro il muro della stanza, e la schiena sbattè con violenza contro la parete. A causa di quel gesto inaspettato le si mozzò un urlo in gola.

“Cosa diavolo ti è venuto in mente?” sibilò Elijah in tono durissimo e spietato da farla tremare di paura.

Erano faccia a faccia, i suoi occhi erano di un gelo letale; le mani erano immobili ai lati del viso di Briony come per impedirle qualunque via di fuga.. le dita sembravano degli artigli affilati, infatti avevano perforato con le unghie il punto della parete in cui vi erano le mani.

Quell'improvvisa collera violenta fece tremare Briony:

“Elijah non… tu non dovresti essere qui. Come hai fatto a..” le sue domande sgomente non ebbero risposta perché furono anch' esse divorate dallo sguardo furibondo ma glaciale di Elijah. Le sue dita sembravano scavare sempre di più nella parete.

Non l’aveva mai visto così.

“Smettila. Non voglio sentire nessuna giustificazione stupida. Ora tu torni a casa.” Elijah sibilò ogni frase molto lentamente e i suoi ordini risuonarono ancora più minacciosi. La rabbia si era impadronita dei suoi lineamenti.

Senza tanti preamboli prese Briony prepotentemente per un braccio, scrollandola dalla parete, e lei quasi gemette per la sua furia mai così esplicitata in passato.

Ma prima di avviarsi alla porta, Briony riuscì a divincolarsi:

“No no! Non voglio tornare a casa!” esclamò cercando di apparire il più convincente possibile, ma il suo coraggio tentennò davanti agli occhi di Elijah che sembravano percorsi da centinaia di lampi gelidi.

L’Originario si mise di fronte a lei, lo sguardo pieno di tenebra:

“Avevi intenzione di andartene, di scappare via. Di lasciarmi senza dire una parola” mormorò quelle parole dure come se fossero una bestemmia o una vergogna.

Sembrava spiritato, quasi le volesse far pagare il fatto di averlo ingannato in quel modo, di avergli fatto perdere così la calma, ogni lucidità.

Briony deglutì, sentendo il suo cuore raggelarsi.

“No ascoltami vai via. Ti prego vattene!" lo implorò gesticolando nervosa.

Elijah fece un passo pericoloso in avanti.

"Scordatelo. Non importa se dovrò usare la forza fisica. Tu ora torni a casa" ordinò ancora senza ammettere alcuna replica. Il volto era contratto ma sembrava di pietra.

Briony strinse i pugni cercando di racimolare il poco coraggio che le rimaneva.

"Io non voglio tornare a Mystic Falls. Non riesco più a resistere! È troppo per me! Andarmene é la soluzione più ragionevole!"

"Scappare non é mai la soluzione giusta. É per i vigliacchi, per chi si vuole arrendere. Davvero tu vuoi mollare così? Rinunciare a tutto? Senza combattere? Dopo tutto ciò che abbiamo affrontato." replicò lui questa volta alzando un po’ il tono della voce che le fece scuotere le membra.

Davvero non l'aveva mai visto così. Di solito quando si arrabbiava teneva comunque una calma gelida, ma in quel momento Elijah sembrava aver perso il lume della ragione.

"Questa volta l'unica alternativa é questa. É così che deve andare, devi accettare la mia scelta"

"É una scelta ridicola!" sbottò lui irritato.

All'improvviso il tizio di poco prima si affacciò all'interno della stanza, e non appena vide la porta spaccata quasi in due a terra, senza contare che una parte del muro sembrava martoriata da denti di squalo, subito si inquietò lanciando un'occhiata di traverso a Elijah.

"Signorina tutto bene?" domandò sospettoso.

Briony impallidì cercando di ribattere, ma Elijah senza perdere tempo si avviò a falcate verso la porta, con sguardo crudelmente glaciale.

"Lei non si intrometta. Se ne vada." sibilò in tono autoritario prendendo tra le mani la porta come se fosse piuma e incastrandola tra gli stipiti, così da sbatterla in faccia al povero tizio.

Briony trasalì terrorizzata. Cavolo era davvero infuriato...

Si morse la lingua cercando in tutti i modi qualcosa da dire che non avesse già detto, ma parlare civilmente con Elijah pareva impossibile. E non poteva dargli torto.. era stata lei la causa scatenante, soltanto lei. Sapeva che la fine della discussione era lontana e ciò non fece che aumentare il suo tormento.

Ma doveva andare avanti.

Elijah era rimasto davanti alla porta, ma dopo qualche secondo si girò verso Briony lanciandole un'occhiata gelida. Sembrava che in qualche modo avesse ripreso la calma, ma tutto in lui vibrava di una forza sinistra.

"Briony." disse solamente preparando un ennesimo ordine, ma lei glielo impedì mettendogli le mani avanti:

"No ora ascoltami tu. Non importa se fai una scenata o se butti giù l’albergo. Io non posso tornare a Mystic Falls e non voglio! Finirei solo per arrecare pericoli agli altri, a te!"

"A me stesso ci penso io." rispose lui gelido.

Briony sospirò esausta. Perché non riusciva a capire? Che era meglio per tutti se lei se ne andava?

Aveva pronta la lama per ferirlo di nuovo al cuore, così se ne sarebbe andato, ma non riuscì a impugnarla. Era fin troppo doloroso..

Lui intanto si stava avvicinando.

"Tu non riesci ancora a capire. Perché continui a negare che sarò una maledizione per tutti voi? Che sono un mostro, uno scherzo della natura!" gridò lei con rabbia.

Elijah sgranò gli occhi neri. Ma più che sorpreso sembrava indignato. L'afferrò con violenza per le braccia, nella parte sotto le spalle, e la scrollò:

"Briony." sibilò lui duramente per farsi ascoltare "Finiscila. Come puoi pensare queste cose di te stessa? Come puoi anche solo credere di essere un mostro? É la menzogna più spregevole che abbia mai dovuto sentire in mille anni." aggiunse sempre con tono duro, gli occhi sembravano ardere nell'oscurità e questo non fece che peggiorare la situazione.

"Ma hai visto cosa ho fatto a Rebekah! Non é solo una mia fantasia e non posso comportarmi come se nulla fosse! Non potrei mai vivere col perenne terrore di far del male alle persone che mi sono vicine, non potrei mai vivere con questo fardello"

"Non sei da sola. Non lo sei mai stata e non lo sarai mai. Ci sono tante persone che vogliono lottare per te e aiutarti. E io non ti permetterò di mandare avanti una scelta del genere. Di vivere una vita simile" rispose lui mestamente tenendola ancora nella sua morsa. A fine frase si guardò un po’ attorno, come per dimostrarle che quella sua scelta di fuggire via avrebbe comportato solo una vita vuota e piena di sofferenza.

Ma lo sguardo era sempre duro, privo di calore e dolcezza, e questo non riuscì ad ammansirla. Come se il desiderio di punirla e tormentarla fosse ancora vivo in lui.

"Tu non puoi.. non sai.. devi lasciarmi andare" replicò lei scuotendo la testa. Si sentiva priva di energie e non riusciva nemmeno a liberarsi o a urlargli cose atroci per farlo andare via. L'unica maniera che utilizzò era di girare il viso, di non permettere a quello sguardo gelido di inghiottirla.

Elijah continuò comunque a fissarla con sguardo indecifrabile per diversi minuti.

"Ora guardami" mormorò in tono glaciale. Sembrava non respirasse neppure.

Briony trasalì di fronte a quel tono che faceva presagire una violenza prossima se non avesse consentito al suo volere.

Così timorosamente si girò verso di lui, ma il suo sguardo non si era poi ammorbidito anzi se possibile diventò ancora più duro e freddo.

Il tono che fuoriuscì poi era crudele:

"Vuoi parole che ti confortano? Non te le darò."

Le rivolse un sorriso alquanto maligno. "D'altronde te le ho già dette e non é contato nulla visto come hai reagito. Forse ho ragione quando dico che tu riesci a obbedire solo quando hai paura, quindi fai come ti dico perché non ti conviene farmi arrabbiare una seconda volta." Aggiunse determinato e feroce sciogliendo la presa, ma il gelo non abbandonò comunque l'animo di Briony che rimase ammutolita dalle sue parole. Il cuore sembrò perforato da una lama avvelenata.

Elijah le rivolse uno sguardo impenetrabile e senza fiatare girò per la stanza.

"Ora prendi le tue valigie. Il viaggio sarà lungo" disse poi mettendosi in un angolo, le mani nelle tasche, a fissare scrupolosamente ogni suo movimento come se fosse un segugio.

Briony sentì quella freddezza ferirla al cuore fino a farlo scoppiare, ma sapeva che anche lui aveva dovuto subire lo stesso tormento.. anche se ora faceva finta di niente, che non gli importasse di nulla se non obbligarla a tornare a casa con la forza, sapeva che in fondo al suo cuore ghiacciato lui soffriva.

Come una vigliacca premette su quel tasto, conscia che alla fine l'orgoglio di lui avrebbe prevalso e l'avrebbe lasciata.

Si mise di fronte a lui serrando i pugni:

"Vai al diavolo, io non vengo."

Lui sorrise maligno all'interno del suo sguardo gelido. Incrociò le braccia al petto:

"Verrai invece o vuoi che strappi un cuore a qualcuno?" domandò puntiglioso, inclinando la testa da un lato.

Briony sapeva che quella minaccia non sarebbe caduta a vuoto; la furia di Elijah era ancora palpabile, non se ne era andata. Per dimostrare di cose fosse capace avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche la più aborrevole.

Briony cominciò a respirare affannosamente contro quella calma gelida; sentì il dolore prendere il posto a una rabbia sfrenata:

"Io non condannerò i miei amici o Caroline a una morte catastrofica solo per il mio amore egoistico che provo. Non sarebbe giusto. Caroline è l’unica famiglia che ho e nonostante lei voglia dimostrarsi forte per me non riuscirebbe mai a sopportare il fardello che io le porterei.” Scosse la testa. “É un modo per dimostrare quanto tenga a mia sorella, per l'amore che provo per lei." L'ultima frase la sussurrò flebilmente come se avesse esaurito le forze; abbassò lo sguardo.

Non vide il movimento fulmineo di Elijah, se ne accorse soltanto quando sentì le sue mani gelide perforarle quasi il braccio. Le vene si raggelarono di colpo.

"E il mio amore per te non vale nulla? Non conta niente?”

Gli occhi di nuovo percorsi da lampi, la durezza aveva preso il posto alla classica freddezza. Ma c’era qualcosa di diverso questa volta in lui… non aveva mai reagito così violentemente svelando l’intensità del proprio dolore. Come se la sua anima immortale fosse stata scalfita così duramente come solo le parole di Briony potevano fare.

"Certo che conta! Non lo vedi? É proprio per questo che devo andarmene e sparire per sempre...” sussurrò lei rammaricata e sciogliendosi dalla tristezza mentre lo guardava negli occhi. Il fatto che lui l’amava così tanto, più di quanto lei meritasse, non faceva che rendere la sua decisione ancora più necessaria… Doveva lasciarlo andare, non poteva e non doveva più stare con lui.

Briony sembrò singhiozzare quei pensieri e trasmetterli alla mente di Elijah che sembrava vuota ma allo stesso tempo ricolma di tormento: per scacciarlo via e impedirgli di sopraffarlo, lui ci sputò sopra veleno.

“Sarebbe così insopportabile? Non ti costringerò a tollerare la mia presenza se non lo vuoi, non ti imporrò di affrontare mai più situazioni come queste e smetterò di far parte della tua vita se questo è ciò che desideri” Mentre parlava lui abbassò lievemente lo sguardo, come se dire quelle parole fossero un macigno che non poteva sopportare. Gli occhi neri si erano addensati. Alzò lo sguardo alla fine. “Però torna a casa. Non andartene” Nelle ultime parole riaffiorò il dolore.

Quello stesso dolore sembrò stritolare Briony fino a collassarla. Non riusciva a sopportarlo… provava dolore dal dolore di Elijah, ormai era impossibile spezzare i due fili.

Pensare che Elijah era disposto anche a farsi da parte, a non costringerla mai più ad affrontare situazioni pericolose a causa sua, che sarebbe stato disposto a proteggerla da lontano, a combattere per lei senza interferenze personali… solo per non farle vivere una vita piena di solitudine e lontana dalle persone a lei care, fu soffocante per il suo cuore che scoppiò in pezzi.

Capì quanto dovesse affondare la lama per farsi lasciare andare… al solo pensiero si sentì morire dentro, le lacrime pungevano nel tentativo di tenerle dentro le palpebre.

"Non tornerei comunque.. E non puoi aiutarmi.. non voglio più vedere nessuno, nemmeno te. Quindi è finita” replicò freddamente alzando lo sguardo ma non ebbe il coraggio di guardarlo dritto negli occhi. Sarebbe crollata.

Elijah sembrò assorbire le sue parole come se fossero verbena: lo bruciavano come se non avesse l’anello che lo proteggeva dalla luce del sole, o non avesse più sangue in corpo da mantenerlo in vita.

Divenne vuoto, tetro come non lo era mai stato. Il nulla inghiottì la luce dei suoi occhi.

Briony sentì il rimorso di ciò che gli aveva fatto stringerle il petto, e sembrò aggiungersi in maniera spietata a tutto il dolore che si portava dentro.

Ma in pochi secondi Elijah riprese il controllo. Abbassò lentamente la mano dal braccio di Briony, lo sguardo si ghiacciò. Tutto in lui esprimeva ghiaccio.. il ghiaccio non si può ferire, lo si può soltanto crepare ma finirà comunque per ricomporsi e ritornare più indistruttibile e gelido di prima.

Elijah si stava annullando per non affrontare quel dolore che Briony gli recava, si stava allontanando per sfuggirgli, per far finta che non esistesse, che fosse una massa vuota.

Briony lo vide con la coda dell'occhio girarsi e non guardarla più. Tremò pensando che lui finalmente le desse ascolto, che la lasciasse andare.. ma sentì un vuoto abissale nello stomaco. Come se la consapevolezza di averlo perso per sempre le pungesse più del dolore che sentiva; la prospettiva di non vederlo mai più era straziante, una sofferenza troppo grande da sopportare in una sola persona. Ma almeno lui sarebbe vissuto... quella certezza attenuò un po’ il dolore perché al di sopra di tutto c'era la sua vita.

Elijah non le rivolgeva la benché minima occhiata, era diventato davvero di ghiaccio e sembrava sul punto di andarsene.

All' improvviso però si girò dall'altra parte con sguardo attento, come se avesse captato qualcosa, e i suoi sensi da predatore avessero reagito. Fece un giro su di sé guardandosi attorno, mentre Briony lo fissava confusa non sapendo proprio cosa stesse facendo.

"Vieni con me." ordinò lui autoritario prendendola per un gomito, continuando a guardarsi attorno. Non stette ad aspettare neanche la sua risposta che Elijah la portò fuori con sé con poco garbo.

"Che sta succedendo?" domandò Briony irritata cercando di scacciare la sua presa ferrea sul braccio. Elijah non la guardò neppure né accennò a mollarla.

"C'é qualcosa che non quadra" mormorò l'Originario guardando attraverso il corridoio dell'albergo. Briony a quell'affermazione impallidì.

"Da un po’ di tempo c'é qualcosa di strano a Mystic Falls, e penso che abbia a che fare con ciò che é successo l'altra sera nella foresta" mormorò lui come se parlasse da solo e lei non esistesse.

"Ma é stata tua madre" rispose subito Briony.

Elijah ringhiò tra sé e sé, come se desiderasse che lei si stesse bella e zitta. Infatti la risposta fu scostante.

"Non può aver fatto tutto da sola. Senza contare che così dal nulla abbiamo ripreso il controllo." mormorò lui scuotendo la testa come se non fosse convinto. I suoi sensi erano all'erta quasi si aspettasse di veder apparire qualcuno di losco.

"Elijah ti sbagli. Nessuno può avermi seguita.."

"Io non ne sarei così sicuro" Stranamente nella voce di Elijah ci fu una vena ironica.

Briony stava per ribattere, quando sentì dei rumori strani alla fine del corridoio. Un' ombra apparve e a dispetto delle sue parole decise, Briony sussultò spaventata e involontariamente si strinse al petto di Elijah, osando a malapena respirare.

Alla fine era solo il tizio che trasportava le valige.

Briony aveva ancora gli occhi sgranati, mentre Elijah era rimasto in una posizione composta senza fiatare.

Alla fine non accadde nulla, era tutto normale.

Solo quando riprese a respirare, Briony si accorse di essere ancora avvinghiata al petto di Elijah. Il sangue fluì in viso e sentì il cuore riprendere i battiti, man mano più accelerati.

"Mi puoi lasciare ora?" domandò scostandosi e facendo finta di nulla.

Elijah si voltò verso di lei e la guardò come se fosse un'estranea. La lasciò con finta indifferenza mentre il cuore di Briony ritornò a non battere.

Elijah la guardò poi accigliato:

"Per caso mia madre sa qualcosa di tutta questa storia?" domandò sospettoso.

Briony impallidì e distolse subito lo sguardo:

"Ormai non ti riguarda più" rispose freddamente, avviandosi in camera sua.

Prima che chiudesse la porta, Elijah le fu dietro e le impedì di farlo.

"Quando pensavi di dirmelo?" domandò gelido tenendo una mano sulla porta che miracolosamente stava ancora in piedi.

Briony si voltò verso di lui, spalancando le braccia.

"Tanto adesso non é più importante. Se decidi di andartene e lasciarmi andare, nessuno correrà più pericoli"

Elijah l'ascoltò con sguardo spento e fece un passo sulla soglia, chiudendo la porta:

"Temo di non poter accettare la tua richiesta."

Briony sbatté le palpebre:

"Come?"

Lui sviò lo sguardo:

"Tu sembri godere a ficcarti nei guai e chissà tra quanto tempo non ne causerai altri. Devo pensare all' incolumità della mia famiglia, dopo tutto é l’unica cosa che mi rimane no?" domandò guardandola ora freddamente. Gli occhi erano nerissimi.

Briony sentì il cuore stringersi in una morsa di ghiaccio, che spezzava tutto il resto a causa delle sue fitte lame.

Elijah continuò disinteressato:

"Se mia madre ti trova, e ti troverà fidati, ti potrebbe usare contro di noi e nuocerci con qualche incantesimo. Quindi non mi posso permettere di lasciarti vagare il mondo da sola senza alcuna precauzione" mormorò con un velo di minaccia nella voce.

Briony invece gli rivolse un'occhiata fulminante: le parlava come se fosse una bambina a cui piace mettersi nei guai, come se fosse una fastidiosa spina nel fianco.

"Io me la posso cavare benissimo da sola" replicò senza alcun timore.

Lui però scosse la testa:

"Non credo proprio. Ti serve sorveglianza"

Briony strinse gli occhi, preoccupata:

"Che vuol dire sorveglianza?"

Lui le si avvicinò pericolosamente:

"Ti terrò d'occhio fino a quando lo riterrò necessario. Quindi tu devi tornare a Mystic Falls, e questo non é oggetto di discussione." Nell'ultima frase riaffiorò il gelo e la minaccia.

Briony allora sbottò:

"No! Non me ne starò in una gabbia, spiata 24 ore su 24!"

Elijah sembrò raggelarla con lo sguardo:

"Farai come ti dico."

Briony non lo stette neanche a sentire che infatti lo superò per andarsene, ma lui la bloccò fermamente col braccio.

"Lasciami!" gridò lei scansando il suo braccio.

Fu come una lotta, lei respingeva le sue mani, lui invece la tratteneva. Arrivò il punto in cui lei gli andò troppo vicina e lui ebbe così l’occasione di afferrarle il gomito con forza, fino da farglielo alzare. Lei cercava di dimenarsi ma la sua presa era così ferrea che le sembrava di torcersi le ossa a ogni minimo movimento.  Cercò di indietreggiare e di far forza col gomito così da farlo scivolare dalla presa di Elijah, ma questo non fece che causare un’inevitabile irritazione da parte dell’Originario:

“Ti avverto: mi stai innervosendo.” sibilò lui glaciale senza alcuna pietà.

Briony tremò ma miracolosamente riuscì a strapparsi dalla sua presa micidiale; anche se non potè fare nessun passo, visto che Elijah la bloccò subito contro la parete per non farla scappare.

“Ora basta” mormorò stizzito, come fosse stufo di quel gioco.

Era la stessa posizione di prima, con le mani ai lati del suo viso per impedirle qualunque via di fuga, sebbene lo sguardo era molto più gelido e severo.

Sembrava privo di qualunque compassione, come se fosse la sua parte demoniaca a mandarlo avanti.

Briony sembrò di crollare, di non riuscire a prevedere la fine di ciò che stava per accadere.

"Perché non mi uccidi? Perché mettere in atto questa messinscena... sarebbe tutto più semplice se mi uccidessi adesso" sussurrò con voce spezzata, cercando di trattenere il pianto che stava per fuoriuscire.

Elijah ad un tratto la guardò come se non la riconoscesse, come se quella richiesta avesse fatto leva sulla parte umana di se stesso, quella che cercava a tutti i costi di nascondere e soppiantare.

La guardò rammaricato, triste, mentre abbassava lentamente le mani dal muro.

"Non potrei mai farti una cosa del genere" sussurrò flebilmente la sua voce umana, che sembrava risalire dall'oscurità.

Briony lo guardò col respiro strozzato, , in trappola. Quelle parole avevano il potere di indebolirla, di condurla alla sofferenza più atroce per ciò faceva a Elijah... di indurla a stare di nuovo con lui.

Abbassò lo sguardo, serrando le labbra per cercare di deglutire il groppo che aveva in gola.

Elijah rimase a fissarla per parecchi secondi con sguardo indecifrabile, poi sembrò riprendere il controllo e ritornare alla compostezza di prima

"Allora ti sei calmata oppure no?" domandò lasciando ricadere le braccia sui fianchi.

Briony alzò lo sguardo cercando subito di ribattere prontamente, ma in quel momento la luce del sole tramontante baciò la finestra della parete adiacente alla loro e illuminò gran parte della stanza.. illuminò il viso di Briony.

Lei si rispecchiò nelle iridi scure di Elijah e si irrigidì, come punta da una spina. Nei suoi occhi si intravedeva un colore rossastro, terribile e denso che le penetrò nella pupilla.

Elijah la guardò sorpreso, come preso in contropiede da qualcosa di sconosciuto.

Briony perse il respiro, il cuore in quel momento, e girò metà viso per non farsi guardare. Non voleva che lui la guardasse.

Detestava la sola idea che lui provasse ribrezzo verso la cosa che era, e chiuse gli occhi respirando a fatica.

Lacrime dense fuoriuscirono dalle palpebre chiuse. Lacrime di vetro, tanto che quasi si sentì il rumore mentre si frantumavano a terra.

Elijah la guardava immobile, come se per la prima volta in mille anni non sapesse cosa fare. Era frastornato, quasi avesse sentito davvero il rumore di quelle lacrime.

Briony parlò con voce rotta, non osando girarsi.

"Scusami... non c’è bisogno che tu mi guardi ancora... so di essere un..."

Le sue parole furono bloccate in un lampo, non appena Elijah le mise una mano sul collo e appoggiò delicatamente le labbra sulla sua palpebra più esposta:

"I tuoi occhi sono bellissimi, Briony" le mormorò profondamente non staccandosi da lei.

Briony sentì un singhiozzò scoppiarle dentro un polmone, rimase immobile temendo di sciogliersi. Voleva scuotere la testa in segno di protesta, ma lui non glielo lasciò fare.

Restò vicino a lei, accarezzandola col respiro, come se in qualche modo volesse chiederle perdono per come si era comportato prima.

Dopo Elijah si allontanò un  da lei, lo sguardo era pieno di dolcezza fuori dal comune, davvero strano da vedere in un tipo come lui.

Ma Briony decise proprio per questo di voltarsi e guardarlo, come se fosse un piccole fiore che non aspettava altro che il sole più ardente per schiudersi e risplendere sotto la sua luce. Le sembrava di rimpicciolirsi sotto il suo sguardo e aveva il respiro tremante, mentre Eljah stava immobile a fissarla senza il disgusto che lei aveva avuto il timore di vedere in lui.

Briony si ritrovò a sospirare quando la mano fredda di Elijah trovò la sua guancia, e vinta da quel contatto richiuse gli occhi, posando la guancia nell’incavo della mano di Elijah.

L'ex alcoolista che ritorna a gustare il vino più prelibato dal quale non può staccarsi, la sua droga.

La voce profonda di Elijah la riportò alla realtà:

"Sei tutto ciò che un mostro non é. E non permettere mai a nessuno di dire il contrario"

Briony sentì il respiro bloccato in gola. Aprì le palpebre e non riuscì a distogliere gli occhi dallo sguardo intenso di Elijah.

"Ti aiuterò in qualunque modo vorrai, potrà anche non essere più come prima tra di noi se tu non lo desideri più, ma non importa. Combatterò affinché non ti accada mai nulla di male." 

Briony sentì la sua scelta piano piano retrocedere sui suoi passi, la mente confusa e debole, ma la paura di ciò che poteva succedere la manovrava ancora.

Voleva compiere un ultimo segno di protesta ma le parole di Elijah la incalzarono:

"E non ti sto chiedendo il permesso" Non appena finito di parlare, Elijah appoggiò prepotentemente le labbra fredde sulle sue, fino a spingerla di più contro la parente.

Briony sentì quel contatto bramoso sbriciolare la sua determinazione e scollegò il cervello. Si abbandonò completamente a lui, stringendolo a sé e dissetandosi di quella droga da cui lei era dipendente.

Le labbra di Elijah erano come acqua fresca sulle fiamme dell’inferno.

Con la mano lui scese alla base della sua schiena stringendola così stretta da impedirle di respirare. Anche a lui però mancava l’aria. I loro respiri si mescolarono incontrollati e Elijah sfruttò la parete per avvicinarla ancor di più a sé. Briony gemette sulle sue labbra e continuò a baciarlo in maniera quasi sfrenata, le dita gli artigliavano i capelli.

Lui le fece scivolare la giacca dalla spalla, come se volesse godere appieno del calore della sua pelle, e le mani fredde scesero poi ad accarezzarle il collo e le spalle mentre continuava a baciarla in maniera urgente.

Briony gli allacciò un braccio dietro la spalla per spingerlo verso di lei, fino a fondersi in tutt’uno.

La sua vicinanza, il suo odore le ricordavano ad ogni respiro che lei gli apparteneva.

Elijah interruppe il bacio troppo presto e lei si sentì ancora stordita, in apnea. La ferita purtroppo bruciava ancora il suo cuore e non aspettava che un altro un bacio la rimarginasse.

Elijah la guardò, e lei non riuscì a distogliere gli occhi dal suo sguardo ipnotico.

"Tu hai visto il buono in me anche quando non c’era. Ti sei fidata di me sebbene io non abbia dato tali motivi per meritarmi questa fiducia. Mi hai amato anche quando mi comportavo da mostro. Io invece in te vedo la persona più altruista, più nobile e pura che abbia mai conosciuto in 1000 anni. E non cambierò mai idea su questo perché é la verità."

Quelle parole sembrarono rimarginare ogni ferita. Avevano assorbito tutte le sue paure, purificandole da ogni dolore.

Briony allora gli sorrise, non ricordava da quanto tempo non faceva sorrisi così liberi.

Si mise in punta di piedi e lo baciò, le mani afferrarono il colletto della sua giacca per stringerlo di più a .

"Grazie" gli sussurrò senza paure mettendo il viso sotto il suo mento.

Sentì il sorriso di Elijah sui capelli:

"Deduco che mi vuoi ancora nella tua vita"

Le guance si tinsero di rosso:

"Ti ho sempre voluto" disse lei solamente.

Elijah abbassò poi il viso, le labbra seguirono il profilo del collo di lei.

"Hai idea di quanto mi costerebbe doverti lasciare andare?" le sussurrò sulla pelle. La voce roca.

Briony deglutì nervosamente. Certo che giocava davvero sporco. Se faceva così quale sano di mente se ne sarebbe andato?

Ma oramai le sue paure erano state schiacchiate. Finalmente le sembrò di poter respirare di nuovo. Aveva ritrovato la forza di combattere.

Non importava se il destino remava loro contro, anzi Briony era più che mai convinta che il loro legame era semplicemente destinato a esistere. Niente avrebbe potuto annientarlo.

Mormorò l’addio più bello di tutti… l’addio alla paura.

Elijah alzò la testa mentre Briony mise poi il viso contro il suo petto:

"Scusa.. per averti rinchiuso.."

Elijah sembrò irrigidirsi ma poi sorrise "Di certo te la farò pagare" rispose fintamente maligno. Le cinse la vita e Briony sentì un improvviso languore al petto. Il cuore riprese a battere.

Alzò poi lo sguardo, spostandolo stordita da quel improvviso flusso degli eventi: "Dio mio... questa situazione è tutto un paradosso. Tu, io, noi due insieme. Chi ci crederebbe che esista anche solo una possibilità? Eppure siamo qui, tutto ciò che è importante e prezioso è qui." mormorò sfiorando il petto del vampiro, dimenticando i fardelli gravosi che aleggiavano attorno ai loro cuori come fumo, e pensando solo a ciò che li rianimava sul serio, scacciando via ogni ombra insidiosa.

Briony sollevò poi lo sguardo per guardare Elijah per quel che era realmente: “Chi ti ha accanto Elijah Mikaelson gode di un’ottima assistenza.” Fece successivamente una smorfia “Sì ok, tralasciando i tuoi scatti inquietanti e terrificanti, il modo in cui hai di importi con quella gran supponenza da lord so tutto io” Elijah ricambiò con un piccolo sogghigno silenzioso “comunque tu sei pronto all’impegno che comporta la parola amare. Non bisogna soltanto fare regali, passeggiare insieme, ridere, o auto convincersi che amare debba per forza ferire chi ti sta intorno. Tu sai accettare soprattutto il peso che esso comporta. Il sostegno, far pace col proprio passato, e soprattutto non arrendersi per chi ami di fronte alle prime difficoltà. Facendo due conti, direi che il mio è il vero Elijah.”

Avrebbe voluto dirgli di più mentre lo teneva per gli avambracci ma constatò che elogiare Elijah attraverso parole superflue era limitato.

Si lasciò semplicemente attrarre dallo sguardo magnetico che l’Originario le riserbò, tutto per lei: “Mi stupisci sempre, Forbes. Possibile che tu abbia detto che io accetti il peso di quella parola senza negazioni?”

Briony fece una risatina di fronte a quella muta provocazione. Sapeva che Elijah era tutto fuorché aperto di fronte ai sentimentalismi, più dedito alla razionalità e al dovere, eppure ci credeva sul serio a quello che aveva appena detto.

“Io non credo nell’amore, Briony.” Beh alla fine era stata proprio la potenza spiazzante e innegabile dell’amore a far credere Elijah in ciò.

Gli sorrise, allacciandosi di più contro di lui col cuore che martellava dall’emozione:

“I discorsi fatalistici non contano. L’hai provato e lo stai provando.” Gli bisbigliò cingendolo dietro il collo nell’avvicinarsi al suo viso, mentre lui arrivò a stringerla con un braccio per le spalle per inarcarla contro di lui. Le loro labbra agirono contemporaneamente, dando vita a un bacio più lento e breve rispetto a prima ma comunque bisognoso e profondo, come un sancire un giuramento.

Il mondo sembrava girare senza tempo ma quel momento Briony voleva custodirlo come fuoco che non si consuma mai, nemmeno ad una fortissima folata di vento gelido.

Quando si staccarono si guardarono da sotto le palpebre, senza più problemi. Briony con un piccolo sorriso abbassò il viso per deporlo contro il petto di Elijah, e durante la sua mossa il labbro inferiore di Elijah le sfiorò lievemente il naso, scatenandole non pochi brividi.

Gli circondò la schiena con le braccia, godendosi quell'improvvisa tranquillità. Le sembrò di immergersi in un sogno a cui lei agognava da tempo. Sorrise dentro di sé, senza più catene che glielo impedivano.

Passarono minuti forse ore, ma poi Briony si staccò come presa da un lapsus e per via di ciò abbassò lo sguardo.

Elijah la guardò interrogativo.

"Devo parlare con mia madre" disse Briony.

Lui strabuzzò gli occhi:

"Come?"

"Ho saputo che é tornata e ho bisogno di parlarle"

Elijah la guardò accigliato "Perché diavolo vuoi farlo?"

"Non pretendo niente da lei e men che meno mi aspetto dell'affetto. Ma devo confrontarmi con lei almeno una volta"

Elijah si irrigidì pronto a scattare:

"No Briony. Sul serio, ero sul punto di esplodere prima" mormorò deciso e senza ammettere alcuna replica.

Lei cercò allora di calmarlo:

"Non devi preoccuparti. Che vuoi che mi faccia?"

Lui scosse la testa dubbioso:

"Non mi piace"

"Neanche a me. Ma troppo a lungo ho rimandato questo confronto. Devo smettere di avere paura di lei.."

"Non ci andrai da sola."

Briony assentì per rassicurarlo e per non farlo arrabbiare. Poi pensò che doveva contattare Ylenia se voleva sapere dove si trovasse la madre.

A quel pensiero le guance si arrossarono di colpo:

"Puoi prestarmi il tuo cellulare?” domandò timorosamente.

Elijah la guardò non riuscendo a capire quella richiesta, e lei balbettò dicendogli che aveva buttato il suo cellulare durante la fuga perché temeva che la rintracciassero.

Si aspettò una sfuriata, ma Elijah invece rise sincero scuotendo la testa:

"Briony quando finirai di metterti nei guai, io diventerò umano"

Nonostante il sorriso plateale di Elijah, Briony si ammutolì. Non le piaceva quando Elijah parlava in quel modo.. Come se non fosse veramente umano o incapace di esserlo.

Ma lei l'aveva vista, la sua umanità. Sepolta magari da centinaia di strati di freddezza e crudeltà, ma comunque esisteva. E pian piano era riaffiorata, salendo in superficie e sfuggendo all’oscurità.

Briony gli si avvicinò: "Andiamo?" gli domandò complice.

Elijah la guardò e sorrise.

Briony gli prese la mano tra le sue: nonostante fosse gelida sembrò combattere e distruggere tutto il gelo invernale che le aveva racchiuso il cuore nella sua morsa. Cancellò le crepe, e le lame che ci incidevano dolorosamente sopra.

E finalmente ritrovò calore nel petto, nessuna ombra.

 

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Elijah parcheggiò davanti a una serie di appartamenti in una cittadina distante 30 km da Mystic FallsBriony guardò il condominio attraverso il finestrino. Non voleva ma si sentiva agitata. Tremendamente agitata.

"Non sei costretta a farlo" mormorò Elijah guardando un punto davanti a sé.

"Devo farlo. É ora che ci diciamo le cose in faccia.." Il suo tono però mostrava tutta l'ansia e non la decisione che sperava.

Raccolse un sorriso ironico mentre si voltò verso Elijah: "Non mi hai ancora detto come hai fatto a trovarmi.. Credevo di essere stata abbastanza attenta"

Elijah sorrise freddo senza guardarla: "Ho subito capito che Denton era un diversivo per far finta che ti trovassi lì.. Ormai ti conosco bene, so smascherare i tuoi trucchi"

Briony abbassò il viso imbarazzata per ciò che aveva combinato, ma poi ritornò seria: "Prima di andare da mia madre devo dirti una cosa.. É estremamente importante per quanto io la detesti"

Elijah la guardò corrugando dubbioso la fronte; lei deglutì pensando che era giunta l'ora di mettere fine ai segreti.

"Io non potrò mai diventare un vampiro" sussurrò con un fil di voce.

Aspettò che Elijah le mostrasse la sua ira o la sua delusione, invece ci fu solo silenzio. Alzò titubante lo sguardo per scorgere le sfumature del viso di Elijah, ma era rimasto completamente immobile e non riusciva a scorgere le sue emozioni. Sembrava apatico.

"Briony io non ho mai voluto che tu diventassi come me" proruppe lui in tono severo. Scosse la testa: "Non ho mai desiderato questo per te... Ho sempre voluto in fondo al cuore che tu rimanessi umana, che la tua anima restasse intatta."

Briony lo guardò sorpresa per quanto fosse duro con se stesso.. E poi anche quelle parole non erano del tutto vere.. La sua anima era tutto tranne che pura.

"Credevo che tu avessi acconsentito a trasformarmi"

"L'egoismo non é la mia miglior virtù" constatò lui semplicemente.

Briony scosse la testa contrariata dalle sue parole: "Non la penserai così quando diventerò una nonnetta col bastone"

Elijah rise, forse giudicandola una sciocca per quello che aveva appena detto:

"Tu per me sei bella perché sei umana" mormorò sincero e bellissimo.

Briony allora sentì il cuore riempirsi di gioia per le sue parole: lui non si riferiva a un semplice muscolo che batteva o perché respirava ossigeno. Per lui essere umani era un'altra cosa di più importante che questo. Non era l'etichetta a dimostrarlo ma la bontà d'animo, la generosità, il sacrificio, la caparbietà, la devozione…

La questione fisica era importante da un certo punto di vista, ma chissà quante donne bellissime e affascinanti lui aveva conosciuto in quei mille anni e non se n'era mai lontanamente innamorato.

Briony però s'intristì, pensando che in realtà lei non era del tutto umana e non si meritava tanti complimenti. Ma decise di non appesantire la questione né di distruggere quell'attimo di gioia che Elijah le aveva regalato. Nessuno l’aveva mai amata in quel modo e un po’ la scombussolava. Avrebbe tanto voluto dire che anche lui sotto quel punto di vista era umano e discutere ancora sull’argomento, ma si accorse che il tempo era passato troppo in fretta.

Guardò verso i condomini: "Ora vado"

"Vengo con te" intervenne subito lui.

"E’ meglio di no. Senza contare che mia madre preferirebbe impiccarsi piuttosto che farti entrare"

"Briony." Elijah era comunque contrariato, ma lei era davvero sicura sulla sua decisione.

"E’ meglio così, fidati"

Elijah la guardò come per replicare, ma poi sospirò rassegnato. Passarono alcuni secondi mentre Briony si attorcigliava le mani.

"Sei pronta?"

"No. Vado" Briony aprì velocemente la portiera e la richiuse ma riuscì comunque a sentire Elijah:

"Resterò con le orecchie aperte"

Briony si voltò e cercò di trovare in lui il coraggio di cui abbisognava per affrontare la madre dopo tanto tempo.

Prese un profondo respiro e si avviò alla camera dove risiedeva la madre. Col cuore in gola, bussò più volte alla porta e quando questa si aprì, il cuore batté all'inverosimile.

Era da troppi anni che non vedeva la madre e un'onda di sentimenti contrastanti si abbatté su di lei. Cosa doveva provare nei confronti di quella donna? Rancore, rabbia, dolore?

Altre domande si insidiarono nella sua mente: l'aveva riconosciuta? D'altronde l'ultima volta che si erano viste, Briony aveva solo 18 anni.

Ma dell'espressione totalmente shockata di Maggie mentre la guardava, la ragazza intuì che aveva capito chi aveva di fronte.

"Spero mi lascerai entrare. Oppure mi ignorerai come hai sempre fatto?" Quella sfrontataggine lasciò di stucco persino se stessa. In verità pensava fosse una cattiva idea ma ormai ci era dentro.

Maggie sembrò ristabilirsi dallo stato di shock e fece un passo indietro: "Prima parliamo, prima te ne potrai andare"

Briony cercò di non prendersela a male per il tono acido della madre perché se lo aspettava, e entrò.

Era un modesto appartamento, semplice, l’entrata dava subito al salotto principale.

"Allora perché sei qui?" domandò la donna senza tanti preamboli. Non le chiese né di sedersi né se voleva da bere. La trattava come un ospite sgradito.

"Voglio delle risposte"

"E hai aspettato tutto questo tempo?" Domandò la donna inarcando un sopracciglio

"Io non farei del sarcasmo. Sei tu che mi hai abbandonata, ricordatelo" rispose Briony imbufalita.

"E non lo rimpiango" la risposta gelida della donna ferì Briony, ma cercò di non darlo a vedere. Non meritava il suo dolore.

"Perché te ne sei andata all'improvviso senza dire niente quando avevo 18 anni?"

"Così non sarei stata costretta a vedere lo scempio che saresti diventata. Dicono che quella é l'età critica."

Briony deglutì:

"Perché allora sono rimasta normale per tanto tempo?"

La donna scrollò le spalle noncurante. Ogni suo gesto esprimeva freddezza, soltanto quello…

"Vediamo al dunque: le tue chiacchierate segrete con Ylenia. Perché lo fai? Se davvero ti faccio ripugnanza, dovresti starmi alla larga e non immischiarti." replicò Briony decisa.

"Io e Ylenia ci conosciamo da un po’ di tempo.. Ho creduto nelle sue capacità e speravo che lei potesse aiutarti."

Ci fu un minuto di silenzio: Briony non sapeva cosa dire visto che la madre sembrava fregarsene altamente della figlia, ma era stata lei a mettere Ylenia sulle sue tracce.. A che gioco giocava?

Ma ogni sua debole speranza venne sgretolata dalla voce della madre.

"Anche io ho un lato buono sebbene ti é difficile crederlo. Speravo che con qualche magia lei potesse ritardare questa catastrofe. Ma non l'ho fatto per te, l’ho fatto perché non voglio che ci vadano di mezzo degli innocenti come é già successo in passato" rispose lei duramente.

"Ma tanto non c'è alcuna speranza giusto? L'hai detto tu stessa nella telefonata con Ylenia e si é ben capito che tu mi vuoi bella morta e sepolta…Quindi ti risparmio la fatica, lasciami perdere. E smettila di contattare Ylenia per avere informazioni su di me"

Le due si guardarono duramente in viso in segno di sfida, quando Maggie distolse lo sguardo come se avesse captato qualcosa:

"Sei venuta col tuo vampiro?"

Ovviamente non era una domanda, ma Briony rispose comunque senza alcun timore.

"Sì"

Maggie rise:

"I miei complimenti. Sapevo che eri una creatura deplorevole ma questo gesto supera ogni deplorevolezza. Ami un vampiro della peggior specie, sai che ti distruggerà la vita, ma tu vai avanti comunque"

Il tono della donna fece imbestialire Briony come non mai:

"Stai attenta a come parli. Non conosci né me né lui, quindi non ti puoi permettere di giudicare. Senza contare che tu sei l'ultima che può dire cosa é giusto e cosa è sbagliato. Io forse sarò una creatura deplorevole ma tu non sei da meno." Il tono duro e spregevole di Briony lasciò Maggie perplessa, infatti la guardò dall'alto in basso:

"E dire che Ylenia mi parla sempre bene di te.. Dice che sei buona e cara"

"Da me non puoi aspettarti altro che questo. Tu non mi hai mai amata come una madre dovrebbe fare."

Maggie la guardò vuota, senza alcuna emozione:

"Non é facile voler bene a una figlia che non senti tua"

Quelle parole gelide si schiantarono contro l'animo di Briony come un missile. Capì quanto era facile indossare una corazza all'interno del proprio animo pur di non essere feriti e non provare dolore.. Elijah per secoli aveva usato questa tattica e aveva funzionato; ora più che mai Briony lo comprendeva di quella scelta. Era più facile non provare nulla che provare un immenso dolore.

Tentò anche lei di corazzare il proprio animo.

"Senti, mio padre non avrà lo scettro di miglior papà del secolo ma lui non mi ha mai abbandonata. Mi ha sempre offerto sicurezza da bambina e non mi ha mai fatto mancare nulla. Ora le cose sono diverse e il nostro rapporto non potrebbe essere più complicato, ma nel bene e nel male lui c'é. E tu invece?! Il tuo é solo un fattore personale!" ringhiò.

Maggie indurì l'espressione del suo viso e si fece avanti senza alcun timore:

"Prima di spendere altri giudizi ragazzina, lascia che ti dica una cosa. Io odiavo la mia vita ancor prima che tu nascessi. Mia madre é stata uccisa da un vampiro quando ero solo una bambina, mio padre non c'era mai e ho dovuto crescere in fretta, arrangiandomi da sola. Disprezzavo il fatto che un giorno sarei diventata una cacciatrice, che probabilmente sarei morta giovane a causa di un lurido vampiro ma non avevo altra scelta. Era quello il mio destino. Mi sono rimboccata le maniche senza lamentarmi e sono diventata più forte di quanto mi aspettassi, ottenendo l’ammirazione di tutti. Volevo tenere alto il nome di mia madre, sai gli Hador sono da secoli una famiglia di cacciatori molto importante e stimata. Ma comunque non volevo quella vita.. Desideravo un'esistenza normale, priva del pericolo enorme che correvo ogni giorno. Ho sposato tuo padre a 19 anni ma é stato un matrimonio combinato, non lo amavo. Però così era stato deciso e ribellarmi sarebbe stato completamente inutile, e come al solito ho obbedito…"

Briony ascoltava la madre col cuore in gola, in silenzio. Non avevano mai parlato così, e nonostante tutto le sembrava di avere davanti un’estranea... Forse perché non si conoscevano affatto, nessuna delle due.

"E poi sono rimasta incinta" gli occhi di Maggie stranamente si illuminarono:

"Allora per la prima volta ho pensato che qualcosa di buono accadeva nella mia vita.. Che era un’opportunità di vivere un’esistenza normale e smettere con la caccia... In fondo cosa facevo di male a voler dedicare la mia vita solo a mio figlio? Non m'importava cosa avrebbe detto Bill, io volevo dire basta... Basta ai vampiri, ai mostri, alla caccia, a tutto quanto. Ma poi..."

La luce nei suoi occhi scomparve: "Poi quando ho scoperto che mia figlia era un mostro, mi é caduto il mondo addosso. Ho pensato quanto potesse essere crudele il destino con me.. Impiantarmi in pancia un essere mostruoso.. La mia vita mi sembrava peggio di prima.”

Fece all’improvviso una risata isterica: “Rimanere incinta a 23 anni di una cosa deplorevole che avrebbe portato soltanto male agli altri, una maledizione in terra! Ed è accaduto a me!”

Briony tremò raggelandosi. Il cuore perse continuamente dei battiti mentre Maggie riprese il controllo fortunatamente.

“Non riuscivo a guardarti e nemmeno ad allattarti.. Ti disprezzavo più di ogni altra persona al mondo, perché mi avevi ricondotto a quella vita da cui desideravo ardentemente fuggire.. non riuscivo a credere che un simile disonore era ricaduto sulla mia famiglia, non ti ritenevo nemmeno mia figlia. Come se tu fossi una condanna che non mi lasciava scampo.”

Quella durezza e glacialità mise a dura prova la corazza che Briony si era costruita perché si stava per sgretolare pezzo dopo pezzo. Lottò per non piangere:

"Mi aspettavo di ricevere il tuo disprezzo, che mi rinnegassi per l'ennesima volta.. C’è stato un tempo in cui la pensavo come te su di me. Che ero un mostro, che non meritavo l’amore di nessuno. Ma io non ho fatto nulla per meritare un simile odio perché io ho sempre cercato di combattere, di fare la cosa migliore per tutti.. E sai che ti dico?”

La guardò senza alcun timore: “Non m’importa ciò che pensi tu, non ho bisogno della tua approvazione.. Io ho già persone che mi amano veramente. Ho una famiglia, degli amici, un uomo che amo. Morirei per loro e so che anche loro farebbero la stessa cosa per me. Quindi io non ho bisogno di te, non mi aspetto niente da te e finalmente ho smesso di soffrire per il tuo affetto mancato. Non soffrirò più a causa tua, ormai non sono più quella bambina che ti invocava ogni giorno. Ti chiedo solo di sparire e di smetterla di intrometterti nella mia vita anche da lontano."

Finalmente lasciò fuoriuscire il vuoto che si portava dietro da troppi anni, smise di piangere, lasciò da parte la tristezza e si sentì finalmente forte. Come libera da un peso. Voleva dire da tanto tempo quelle cose ma non c'era mai riuscita. Ora non aveva più paura.

Maggie nel frattempo aveva ascoltato attentamente le sue parole e sembrò trasalire, come se si sentisse in qualche modo in colpa. Davvero quella donna conosceva il senso di colpa?

Eppure rispose sempre gelida, non lasciando trasparire nulla:

"Va bene, se é questo ciò che vuoi."

Briony assentì non dicendo più nulla, mentre Maggie dopo qualche minuto si strinse nelle spalle:

“Visto che siamo in vena di sincerità, anche io dovrei essere sincera…. Io volevo ucciderti" mormorò questa volta tentennate.

Briony sobbalzò totalmente shockata a quella confessione. Respirava a fatica e incredula, mentre Maggie divenne tesa:

"Prima che ti lasciassi quando eri una bambina, ho tentato di farlo. Credevo di fare la cosa giusta, non potevo sopportare un simile fardello sulle mie spalle visto che tu avresti causato la morte di tante persone. Bill però mi ha fermata. Ma comunque quel giorno decisi di porre fine a quella farsa e andarmene da quell'inferno."

Briony cercò in tutti i modi di deglutire, ma non ci riuscì. Le sembrò di soffocare.

"Tu volevi..?"

Questa volta la madre la guardò quasi con sguardo umano, con una punta di rimorso:

"Credimi avrei voluto un destino diverso per te.. Ho cercato di amarti ma non ce l'ho fatta.. Non ti vedevo come una povera bambina né come mia figlia. Ti vedevo solo come quel mostro e so di cosa potresti essere capace, nelle storie dei cacciatori non si parla d'altro. Se non sono riuscita io, tua madre, ad amarti incondizionatamente per ciò che sei.. Allora non penso che potrebbe mai farlo qualcun altro." mormorò quasi con dispiacere scuotendo la testa.

Briony sembrò di scoppiare ma allo stesso tempo non sapeva bene come reagire. Tutta la corazza che aveva creato si distrusse ai suoi piedi, lasciandola in balia del dolore.

"Ma tu mi hai sempre lasciata sola.." mormorò con respiro strozzato. Abbassò lo sguardo perché non voleva che Maggie la vedesse mentre piangeva.

Forse se la madre non l'avesse lasciata, se le avesse dimostrato il benché minimo affetto, forse sarebbe cambiato qualcosa.. Sapeva di non essere perfetta ma la madre non l'aveva mai aiutata.. Proprio colei che doveva donarti un affetto infinito..

Maggie la guardò quasi con compassione e dispiacere; sembrò voler dir qualcosa all'ultimo per alleviare il suo dolore in qualche modo.

Ma poi scostò lo sguardo ricomponendosi:

"Addio Briony"

La ragazza tirò su col naso e fece finta di nulla:

"Vorrei dire che é stato un piacere." mormorò sarcastica.

Maggie si allontanò girando attorno a un tavolino:

"Anche io."

Gli occhi annebbiati di Briony si spostarono verso un'altra stanza e dalla porta aperta vide una piccola figura che si era affacciata.

Un bambino?

Ma la sua mente era troppo annebbiata e spenta per fare ulteriori domande, non ce l'avrebbe fatta a restare ancora in quella casa con quella donna.

Aprì la porta senza degnarla di uno sguardo e senza dirle niente. Mentre Maggie la guardò come se fosse sicura che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe rivista.

Stranamente quando Briony si chiuse la porta alle spalle, le lacrime non fuoriuscirono a dirotto come si sarebbe aspettata.

Tutt'altro, rimase con sguardo vuoto fino a quando non salì in macchina.

Elijah era sul posto di guida e aveva tutti i muscoli rigidi, lo sguardo duro come pietra rivolto in lontananza, segno che aveva udito ogni cosa.

"Sto bene" mormorò Briony prendendo un bel respiro.

"No, so che non é così" rispose lui mestamente. Abbassò lo sguardo ma comunque non la guardò. Le mani erano dure sul volante come artigli affilati, quasi volesse davvero entrare in casa e staccare la testa a quella donna per fargliela pagare.

"Andiamo" mormorò Briony mettendosi una mano sul viso.

Ebbe l'impressione che Elijah non le volesse dare ascolto e volesse invece costringere Maggie a uscire di casa per affrontarla faccia a faccia, invece fece imprecare il motore e partì a tutto gas senza fiatare.

Passarono alcuni minuti in totale silenzio, Briony ripensava continuamente alla conversazione con la madre, mentre Elijah la guardava di tanto in tanto con espressione rammaricata e senza dire nulla.

Alla fine disse: "Briony, tua madre capisce quanto la mia di affetto materno. Ovvero nulla. Io ho imparato a farmi scivolare addosso le sue parole, dovresti farlo anche tu. Non merita che tu stia male per lei."

Briony non rispose, riuscì solo a sorridere debolmente per il fatto drastico che le loro madri li volevano morti. Ma tuttavia le sue parole non la confortarono e il cuore sembrò cadere giù.

All'improvviso Elijah frenò di colpo e mise l'auto verso il lato della strada. Briony si rizzò sul sedile: vide Elijah sfilarsi la cintura e rivolgerle poi molto lentamente lo sguardo.

Era uno sguardo intensamente rammaricato, come se fosse in sintonia col dolore di Briony. Lui infatti sapeva come era impossibile e arduo affrontare una cosa del genere…

Lei piano piano si sciolse, uscì dalla sua rigidità, ogni sua fibra tremava per lo sforzo di trattenere i singhiozzi.

Elijah si avvicinò dalla sua parte, e lei si aggrappò subito al petto del vampiro versando lacrime calde e disperate. Quelle che non aveva versato a casa della madre e che ora riversava su di lui, come se fosse l'unico rifugio sicuro che lei avesse.

Elijah lasciò che sfogasse tutto il dolore sul suo petto per combatterlo, mentre le mani gelide le accarezzavano delicatamente i capelli. Il respiro incontrollato di Briony si confuse con quello regolare di Elijah che le soffiava sulla fronte, come se volesse in qualche modo guardarla in viso e aiutarla nella sua lotta contro il dolore.

Briony finì tutta la sofferenza che aveva raccolto a casa della madre, ma rimase accovacciata contro il petto di Elijah in una richiesta muta di conforto.

Lui le mise poi un braccio attorno alla vita, mentre l’altra mano le scostò con la stessa delicatezza di prima alcuni capelli ricaduti sul viso.

"Stai meglio?" domandò premuroso.

Briony sfregiò la guancia contro la giacca del vampiro in segno di assenso, e cominciò a rilassarsi mentre ispirava a fondo l'odore di Elijah.

Dopo un  sciolse l'abbraccio e Elijah rimise in moto.

Briony si mise comoda sul sedile e non staccava gli occhi da Elijah, come a dimostrargli quanto non poteva fare a meno di lui, che lui era il suo posto.

Tuttavia un pensiero le balenò nella mente: "Non sei preoccupato per ciò che ha detto mia madre?" domandò timorosa.

Quella frase le aveva perforato il cuore fino ad avvelenarlo. “Se non sono riuscita io, tua madre, ad amarti incondizionatamente per ciò che sei.. Allora non penso che potrebbe mai farlo qualcun altro”

Elijah comunque rimase rigido sul volante: "Non m'interessa ciò che dice tua madre" rispose semplicemente.

Briony sviò lo sguardo. Una strana ansia la fece inquietare e non riusciva a mandarla via. Sospirò sperando che andasse tutto bene, che le sue erano solo preoccupazioni inutili e infondate.

All'improvviso Elijah inchiodò con forza fermandosi di colpo. Briony per poco non andò a sbattere contro il parabrezza e si girò verso Elijah per urlargli che cosa gli fosse preso, ma lo sguardo dell'Originario era inchiodato davanti a : era più pallido del solito, gli occhi sgranati.

Briony allora osservò confusa nel punto in cui lui stava guardando.

Mancava poco ai pressi di Mystic Falls infatti si potevano intravedere gli alti alberi della foresta. La notte era ormai scesa da tempo.

Ma scorse anche qualcos’altro.

Nuvole di fumo salivano al cielo, fiamme sparse in lontananza.

Mystic Falls stava bruciando…

 

FINE CAPITOLO

Ahimè perdonate la lunghezza stratosferica del capitolo ma mi sono lasciata andare ai bla bla bla, ed ecco spiegato il mio ennesimo ritardo.. E perdonate se ho mostrato Elijah come il Milord di Sailor Moon nella prima parte del capitolo, per poco non mi mettevo le mani nei capelli. Lo sapete che non mi piace mostrare Elijah in versione dolce e romanticone, ma pensavo di farlo… spero di non aver fatto un disastro… Ahah almeno ho ripagato quando Elijah ha ritrovato Briony XD

Spero che vi sia piaciuto lo scontro tra madre e figlia… alcuni nodi sono venuti al pettine, e direi che Esther e Maggie gareggiano come le migliori madri dell’anno.. ahah Ma per certi versi Maggie è diversa da Esther, così come la sua storia…

Avrete capito che Mystic Falls non se la passa tanto bene.. ma niente panico: magari sono i capelli di Esther che hanno preso fuoco a causa di un incantesimo andato a male ahahahah

Ringrazio come sempre chi legge e ama (spero) la mia storia.. non nego che penso di fare dei disastri mentre scrivo ma quando leggo le vostre recensioni mi viene un bel sorriso a 50 denti J Spero di leggerne molte altre così mi sale l’ispirazione! Quindi continuate a seguirmi se volete!!

Ah l’immagine sopra l’ho creata io con le mie manine!! Spero vi piaccia!!

Ora concludo il mio poema e vi lascio in pace… spero vi stiate godendo un buon esodo delle vacanze!

Buon weekend cari! <3

-Elyforgotten-

 

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Capitolo 22
*** Oh, Death. ***


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Oh, Death,

Well I am Death, none can excel,

I’ll open the door to heaven or hell

Oh, Death, oh Death,

My name is Death and the end is here…

 

18 CAPITOLO

 

 

Più dolce sarebbe la morte se il mio ultimo sguardo avesse come orizzonte il tuo volto.
E se così fosse, mille molte vorrei nascere per mille volte ancor morire.

W. Shakespeare

 

Il fuoco era ovunque, gli alberi sembravano ammassati dalle fiamme e se non fosse rimasta in macchina Briony sarebbe soffocata a causa del fumo, che aveva l’aspetto di poterle strangolare la gola.

Sgranò gli occhi in preda al terrore, all’incredulità, e alla paura perché non era mai successa una cosa del genere. Tra tutto ciò che di brutto era capitato a Mystic Falls, mai una cosa del genere era accaduta. Non era un banale incendio perché ogni cosa sembrava andare a fuoco: le fiamme diradavano in ogni oggetto, in ogni cosa, persino l’aria sembrava essere costituita dal fuoco. L’entrata di Mystic Falls dava al palazzo comunale: totalmente in fiamme. A qualche giro d’isolati c’era il Grill, anche quello in fiamme sebbene alcuni ragazzi cercavano di fare il meglio che potevano con gli estintori d’acqua, ma le fiamme sembravano aumentare invece che di diminuire.

A dispetto di tutto, negli occhi di Elijah invece non correva la benché minima paura o tentennamento. In quella situazione d’emergenza la calma e la lucidità era d’obbligo, e lui ne possedeva a varietà, utilizzandole nei momenti più opportuni e dove ricorreva.

Briony, ti porto lontano da qui ora. Poi io ritornerò e cercherò di vederci chiaro in questa faccenda. Ma prima devo portarti al sicuro” La voce che fuoruscì dalle labbra serrate di Elijah era chiara e diplomatica. Lo sguardo dritto verso le fiamme di fronte a sé mentre le mani sul cambio intente a fare un’inversione di marcia.

Briony sembrò ora ristabilirsi e riconnettersi alla realtà, dimenticando la paura e quelle fiamme.

“Cosa? No! Non possiamo andarcene lasciandoli da soli e senza dare una mano! Io saprò cavarmela!” sentenziò lei cercando di darsi un tono e per far ragionare Elijah.

Come poteva voltare le  spalle alla sua città, ai suoi amici mentre le fiamme bruciavano ogni cosa? C’erano le loro famiglie lì, diamine!

Elijah si voltò verso di lei, fulminandola con uno sguardo duro: “Non mi sembra il momento di fare l’eroina. E’ troppo pericoloso, non posso concentrarmi se devo pensare a proteggere te”

Briony si rizzò sulla schiena, non distogliendo mai lo sguardo deciso da lui: “Io non voglio andarmene con la coda tra le gambe. Rimarrò a dare una mano che tu lo voglia o no”

L’espressione di Elijah si indurì fino a scavarsi: “Non se ne parla neanche.” Senza mezzi termini inserì la retro marcia con forza, ma Briony cercò di impedirglielo serrrandogli la mano

“Per favore stiamo solo perdendo tempo! Dobbiamo fare qualcosa, subito!” urlò disperata guardando le fiamme salire più in alto verso il cielo. Ma in verità il coraggio totale di scendere e di immergersi in mezzo a tutto quel rosso, che sembrava lingue di sangue, sembrò diluirsi in lei fino a scomparire.

Era da pazzi farlo, la soluzione più plausibile era andarsene e chiamare i pompieri. Era inutile fare degli azzardi che potevano costare la propria vita.

Un lampo improvviso però le squarciò la mente. Fuoco. Vampiri.

“Caroline.. il fuoco può uccidere i vampiri!” esclamò Briony senza voce, col cuore in agonia e raggelandosi nel ricordare quella scoperta. Il fiato le si mozzò in gola ma non le importò perché finalmente la mano, prima tremante sulla portiera, questa volta la aprì con decisione e Briony scese dall’auto in un balzo.

Briony!” Elijah urlò con tono sorpreso, ordinandole di tornare in macchina, al sicuro, ma lei rimaneva immobile a fissare le fiamme attorno a sé che sembravano inghiottire ogni cosa. La paura ritornò e la paralizzò, non sapendo dove andare né cosa fare. Sentì la portiera dell’auto aprirsi e chiudersi con violenza, poi dei passi avvicinarsi. Una mano gelida le bloccò il braccio.

“Cosa pensi di fare?”

Il sibilo che le arrivò all’orecchio la paralizzò di più, ma quando Elijah cercò di strattonarla lei piantò i piedi nel terreno dicendo ancora che non potevano andarsene senza fare nulla.

Elijah la guardò con sguardo durissimo, lo stesso sguardo che aveva quando impartiva gli ordini e quando qualcuno disobbediva spudoratamente. “Non potrai comunque essere di alcun aiuto qui. Potrai soltanto farti male, e cosa ne ricaveresti? Nulla”

Briony scosse la testa mentre lo sguardo vagava per lo strada, dove gente urlava e piangeva in preda al terrore portandosi le mani nei capelli. Altri coraggiosi cercavano di spegnere il fuoco con acqua e terra, ma il fuoco era troppo potente.

Fece dei passi in avanti incurante della mano di Elijah serrata sul suo braccio. “Non posso andarmene tutta bella tranquilla mentre forse mia sorella o i miei amici o te andate a fuoco!” gridò incollerita, cercando in qualche modo di rendersi utile e di non risultare sempre un pericolo o una fonte di guai.

Elijah la guardò serrato, come se le sue proteste non servissero a nulla, ma il suo viso poi vagò verso la strada e i suoi occhi inquadrarono due tizi che invece di aiutare, creavano baraonda come se godessero di quel caos. Nell’oscurità di un vicolo stavano infierendo su qualcuno, un’umana indifesa. Era chiaro come il sole che quei due tizi era degli ibridi. Li aveva riconosciuti, erano ibridi di Klaus.

“Che diavolo ha combinato mio fratello?” sibilò tra i denti guardandosi attorno, come se si aspettasse di trovarsi altri ibridi che creavano tutto quel casino. L’idea che fossero loro gli artefici gli balenò nella mente e non l’abbandonò. Il suo corpo si spostò su se stesso come per studiare le conseguenze di quell’incendio e come fare a prevenirlo.

Anche Briony si era accorta che qualcosa non andava, che in mezzo a persone urlanti e spaventate, ce ne erano altre calme e euforiche che quasi godevano di quello spettacolo.

“Non possiamo andarcene. Dobbiamo fare qualcosa, subito!” disse ancora rimanendo stretta al braccio di Elijah.

Lui serrò il braccio di Briony fino  a stritolarla, ma dall’espressione del suo viso lei intuì che Elijah non era più deciso come prima e stava tentennando sulla sua decisione. Sembrava stesse pensando a migliaia di soluzioni plausibili ma nessuna comunque gli andava bene.

“Cristo!” imprecò lui tra sé e sé. Ma poi alla fine si decise e guardò Briony dritto negli occhi

“Stai sempre vicino a me, e non fare nessuna mossa stupida chiaro?” Il suo era un ordine ben preciso. Ma i suoi occhi trapelavano tutto il suo bisogno di volerla proteggere da quel male.

Briony ritornò a respirare, ringraziandolo con lo sguardo e promettendogli così di essere prudente.

Si strinse al suo fianco, guardando con shock le fiamme mangiare le case e gli alberi, poi Elijah si avviò e lei lo seguì come se fossero incollati, cercando di evitare i punti più esposti alle fiamme. Dalla tasca prese il cellulare e compose il numero di sua sorella, di Liz, e il numero dei vigili di fuoco. Le prime due non risposero, l’altro invece rispose alla sua chiamata d’aiuto e disse che sarebbero venuti entro un quarto d’ora.

Troppo tempo!

Le fiamme aumentavano ogni secondo, Elijah si muoveva aggraziato e veloce verso un angolo di una casa. Il fuoco non poteva ucciderlo ma di certo non gli faceva granché bene.

Briony si copriva il viso con un braccio.

All'improvviso un ramo infuocato di un albero cadde con un frastuono per terra e quasi arrivò ai piedi di Briony, che sussultò in preda alla shock.

Doveva trovare Caroline, Ylenia.. non pensava a nient’altro ma sembrava che ogni mossa che faceva le fiamme erano lì pronte a divorarla e a imprigionarla.

Elijah le strinse il braccio e la portò via di lì: “Dove hai messo il braccialetto che ti ho dato?” Era l'unico ad essere calmo. Quasi.

Briony lo guardò con sguardo interrogativo come se non sapesse di cosa stava parlando, ma poi gli occhi le si illuminarono di colpo e alzò il polso, scostando un po’ l’orologio così da mostrare che sotto c’era uno strano braccialetto incorniciato da foglie verdi, rese lucide dal metallo, e da altre piccole perle.

Elijah assentì con la testa, e finalmente si scansò dall’angolo buio del vicolo e si diresse al centro della strada guardandosi attorno: “Dovrai stare attenta. Ci sono in giro degli ibridi”

Briony trasalì pensando a cosa diavolo era dovuto quel caos, ma non si fece ulteriori domande perché proseguì, cercando di non incrociare la stessa scia delle fiamme e cercando di trovare le persone a lei care.

Si strinse al braccio di Elijah, come se avesse paura anche per lui, e infatti una strana ansia e terrore si impadronirono di lei. La stessa sensazione che aveva avuto a casa Mikaelson la sera del compleanno di Gwendolyn si schiantò su di lei con violenza, con l’amara prospettiva che anche quella sera sarebbe successo qualcosa di orribile.

 

----------Inizio flashback.----------

Klaus sfondò la porta della casa di Briony con un’ira inconcepibile. Gridò il suo nome e le ordinava di uscire fuori con commenti non proprio cavallereschi. Nessuna risposta, c’era il vuoto più totale in quella casa. Aguzzò l’udito per sentire il benché minimo battito o respiro, ma lì dentro non c’era anima viva.

“Dove diavolo è quella puttana?” sibilò rabbioso facendo il giro della casa, come se si aspettasse di trovare Briony nascosta da qualche parte in giardino.

Non trovandola ruggì in preda alla rabbia e per poco non fece crollare le mura a suon di calci e botte.

“Mio signore”. Mormorò un uomo alla sue spalle con riverenza e cordialità. “L’abbiamo cercata ovunque ma sembra sparita”

Klaus si voltò verso il suo ibrido e lo guardò in cagnesco, come se gli avesse appena sputato in faccia.

“Beh vi conviene trovarla altrimenti finirete per fare la stessa fine che ho in serbo per lei! Trovatela!” ruggì come se fosse posseduto dal demonio e subito l’ibrido si congedò cercando di mascherare il terrore.

Klaus si voltò verso la casa come se avesse l’intenzione di buttarla giù e ridurla in macerie. Digrignò i denti cercando di pensare a dove diavolo poteva essersi cacciata e perché proprio in quel momento si era dileguata.

Mentre la sua mente architettava qualche piano diabolico, sentì lo strido di un rumore di freni e una macchina sterzò lungo il cancello della casa. Gwendolyn uscì di fretta dall’auto e si diresse verso Klaus a passo spedito:

“Che diavolo fai? Ti avevo detto di non fare stupidaggini del genere! Non è così che dobbiamo agire” esclamò arrabbiata quanto lui.

Klaus però non la degnò di uno sguardo e rispose con superiorità:

 “Tu che c’entri? Risolverò io la questione a modo mio, tu torna a casa a rifarti lo smalto”

Gwendolyn tuttavia si impose di fronte a lui: “No caro. Chi ha scoperto la verità? Io. Chi sa il modo di uccidere quel mostro? Io. A quanto pare tu sei più utile di un asino malato e vecchio che traina un carro”

Klaus la incendiò con uno sguardo spietato e incattivito. La rabbia più che altro era rivolta a se stesso per non essersi accorto prima della verità. Da mesi e mesi aveva avuto Briony sotto il naso, era una figura persistente in casa sua. E non se n’era mai accorto! Mai il minimo sospetto su quella ragazza apparentemente dolce e innocente. Se la prese con se stesso per essere stato così sciocco.

Ma avrebbe rimediato. In un modo molto spietato.

Ritornò a guardare la sorella negli occhi: “Non ho bisogno di te. Le informazioni che mi hai dato sono abbastanza e perciò sei tu quella inutile e che mi sta pure procurando delle rogne. Io sono più forte di te, sorellina, e ho a disposizione un esercito di ibridi. Quindi del tuo aiuto non so che farmene e non lo voglio”

“Il cervello penso che l’hai dimenticato in una delle bare in cui c’hai rinchiusi! Hai dimenticato una cosa importante, idiota! Elijah non starà affatto a guardare. Se avrà il benché minimo sospetto che tu intendi fare del male alla sua fidanzatina, si metterà contro di te e non ti conviene”

Klaus sogghignò:

“Dovrei avere paura di Elijah?”

“Di certo strappa cuori meglio di te. Tu hai il lato di cane rognoso dalla tua parte altrimenti saresti meno forte persino di Finn

Klaus le si parò davanti faccia a faccia con sguardo imbufalito:

“Senti ora chiudi il becco se non vuoi che ti strappi la lingua”

“No idiota ora ascoltami tu. Se Elijah capisce le tue intenzioni potrebbe perdere la testa. Aveva trovato il modo di ucciderti l’hai scordato? E furbo com’è se n’è inventerebbe un altro per fartela pagare. Non ti conviene quindi agire così di petto e facendo vedere a tutti come sei bravo a ammazzare la gente e gongolare per la tua vittoria. Uccidere Briony, sì e poi? Dopo dovresti incorrere alla vendetta apocalittica di nostro fratello e francamente non ti conviene, ibrido o non ibrido, ne usciresti sconfitto.”

“E allora intelligentona cosa suggerisci di fare? Anche perché quella carogna è scomparsa!”

Gwendolyn sbattè le palpebre, presa in contropiede:

Briony? Dov’è?”

“Secondo te perché mi trovo nel suo giardino? A tagliare l’erba?? In casa non c’è e nemmeno in paese!”

“Impossibile. Lei non lascerebbe mai il suo prezioso Elijah” sogghignò in tono ironico.

“Beh forse sta attuando un piano per ucciderci tutti!”

Klaus stava per sbraitare di nuovo quando lo squillo del suo cellulare lo interruppe. Gwendolyn non riuscì a sentire ma quando il fratello chiuse la chiamata, lei lo incalzò di domande:

“Che c’è?”

Klaus sembrava aver ripreso la calma:

“Un ibrido mi ha informato che Briony se n’è andata stamattina e poi Elijah di conseguenza ha lasciato la città per cercarla”

A Gwendolyn brillarono gli occhi blu-grigi.

“A quest’ora deve averla già trovata! Elijah è un perfetto segugio”

Klaus sembrò armeggiare col telefono.

“Che fai? Non ti risponderà di sicuro”

“Tecnologia sorellina. Ma che parlo a fare con te? Sei stata nella bara per 300 anni”

“Chissà chi sarà mai il colpevole di tutto ciò" proruppe lei in tono sarcastico.

“Attraverso dei cellulari super tecnologici posso rintracciare ogni persona che voglio, basta avere i dispositivi giusti”

“Davvero?” Gwendolyn era alquanto sbalordita, ma Klaus non la badò tutto preso a guardare lo schermo del suo cellulare.

“Direi che il nostro fratellone è in macchina. Ma non se ne sta andando, direi che sta prendendo il tragitto per tornare qui. Dunque ha trovato Briony” mormorò soddisfatto mettendo il cellulare in tasca.

“Dopo secoli di ricerca finalmente avrà quel mostro abbietto tra le mani." mormorò Klaus con un luccichio diabolico negli occhi.

“Non mi hai ascoltata? Non bisogna agire d'istinto ma d'astuzia!" gridò Gwendolyn incollerita

"Che mi interessa dei tuoi consigli? Farò a modo mio come ho sempre fatto" rispose lui camminando per il giardino.

Il sole ormai stava tramontando. Le sue spalle all'improvviso si irrigidirono per l'ira repressa:

"La troverò. La troverò anche se dovessi dare le fiamme a tutta Mystic Falls!" la sua voce era un ruggito.

All'improvviso qualcosa balenò nella mente di Gwendolyn, diabolica quanto quella del fratello.

Lo raggiunse velocemente e dopo averlo fermato, gli lanciò uno sguardo complice.

"Klaus. Fratello aspetta"

---------Fine flashback--------------

 

Il fumo le intossicava la gola, e l'aria densa e annebbiata faceva lo stesso con gli occhi. Ma niente di tutto ciò aveva importanza se non trovava Caroline e gli altri al più presto.

Si strinse sempre di più al petto di Elijah mentre lui chiamava al cellulare in continuazione qualcuno dei suoi fratelli ma nessuno sembrava rispondere. L’Originario imprecò di nuovo, facendosi largo per la strada dove la gente si era rifugiata per sfuggire alle fiamme. Alcuni avevano degli estintori in mano, altri urlavano ordini per mantenere la calma. Altri invece se ne stavano tranquilli, godendosi quell'inferno in terra come se appartenessero a quel mondo oscuro. Invece di dare una mano, facevano tutt'altro ma sempre nell'ombra; i cittadini erano troppo presi a dare di matto per accorgersi di loro.

<< Ibridi >> Briony storse il naso, quando all’improvviso notò Stefan avviarsi proprio verso gli ibridi e litigare furiosamente con loro.

Briony strattonò Elijah per attirare la sua attenzione "Elijah guarda laggiù"

L’Originario guardò verso la direzione che Briony gli indicava e subito il suo viso si incupì. Il suo corpo pronto a scattare.

“E' ora di vederci chiaro” sibilò duramente facendosi strada in mezzo alla gente urlante, come se fosse un’ombra che passava invisibile e senza dover spingere. Lo fece in un lampo ma tenne comunque Briony stretta a sé.

Lei ad un tratto sentì delle scaglie di ghiaccio bollente perforarle il cuore.

<< Dio fa che sopravvivano tutti questa notte >>

 

 

---------- Inizio flashback. -----------

Solo da tre giorni Elijah aveva cominciato a far parte della sua vita, a far parte di quella casa. E da tre giorni la paura sembrava essersi materializzata sotto le sue ossa e non voleva in qualche modo andarsene.

Briony cercava di mascherarlo in tutti i modi: evitando qualsiasi screzio con il vampiro per timore di farlo infuriare, evitava persino il suo sguardo come se avesse paura che lui provasse l’impeto di bere dal lato del suo collo. Aveva incoraggiato Caroline a non preoccuparsi per lei e che se la sarebbe cavata. A parole ce l’aveva fatta, ma interiormente non ne era sicura.

Non che Elijah si fosse mai comportato in modo sgarbato, anzi era sempre stato controllato con lei e mai un comportamento scomposto. Ma era questo che più la preoccupava. Prima o poi la calma gelida scoppia. La crosta di quella lastra di ghiaccio si spezza e ti trascina giù a fondo.

Di solito le piaceva più il freddo che il caldo, ma il solo pensiero di sfiorare la mano gelida di Elijah, gelida come una notte buia d’inverno, le incuteva una strana ansia. Quel ghiaccio la scottava.

Briony si augurò in fondo al cuore che finisse tutto bene, e alla svelta anche. Sarebbe tornata alla sua normale vita, e avrebbe detto addio a tutti quei casini riguardanti i vampiri. Elijah se ne sarebbe andato e sarebbero ritornato tutto com’era, e ci sperava che accadesse al più presto.

Quando si parla del diavolo.. Elijah entrò proprio in quel momento in cui lei sperava che fuoriuscisse dalla sua vita così da ritornare alla serenità di un tempo.

Subito lei scattò, il cervello la mise come al solito in guardia che aveva davanti un vampiro temibile e molto forte. Cercò di controllare il battito cardiaco che era all’improvviso accelerato.

Elijah le rivolse la classica espressione che aveva con tutti: fredda e scostante. Il massimo che poteva era rivolgerle un sorriso. Ma anch’esso gelido, che non arrivava agli occhi neri.

E a volte la sua galanteria controllata la metteva terribilmente a disagio.

“Sta andando tutto bene con Elena?” Non sapeva da dove le era uscita la sicurezza nella voce, che stranamente non tremò.

Elijah le rivolse allora una fugace occhiata prima di sedersi al tavolo. “Sì. Abbiamo concordato un piano e ora non possiamo fare altro che aspettare”

Briony si avvicinò a lui, tentennante. Aveva fatto caso che quel vampiro ogni qual volta che si muoveva, muoveva anche le mani. Non importava dove, su un tavolo, sfogliando noncurante un libro, su una mensola, su un fazzoletto. Le muoveva sempre con un’eleganza perfetta.

La scoperta che le piacevano quelle mani, ricolme di macchie di sangue versato in 1000 anni, la inquietò.

Si scurì la voce cercando di non far caso al silenzio che era sceso nella stanza.

“Tu non ti fidi.” mormorò lui ad un tratto guardandola fisso negli occhi; ma senza una traccia di sospetto, semplice realismo.

Briony trasalì allarmata, sentendo quello sguardo penetrarle l’anima:

“Sì invece.” Rispose cercando di apparire convincente.

Elijah passò parecchi secondi a scrutarla, rimanendo seduto, mentre lei sentì il sangue ghiacciarsi. Quegli occhi neri sembravano ricolmi di ombre. Occhi ai quali non sfuggiva nulla.

“Te la cavi bene a mentire considerando che sei così giovane. Dovresti stare attenta o finirai per abituartici.” considerò lui con lo stesso tono di prima, e sviando poi lo sguardo.

Briony sentì le guance avvampare e cercò in qualche modo una via di fuga, temendo una sua ritorsione.

“Non mi sembra di averti mentito. Ti sto ospitando in casa mia, sto cercando di dare una mano ad Elena e ai suoi amici. Questo mi sembra coraggio” rispose mettendo le braccia al petto.

Elijah ritornò a fissarla: “Non è coraggio. E’ paura. Il tuo sguardo ne è pieno”  Il tono di voce era chiarissimo.

I suoi occhi neri si schiantarono contro quelli di Briony a velocità fulminante, e lei sembrò riuscire a coglierne ogni sfumatura al loro interno. Non poté che deglutire.

Anche se era alzata e lui seduto, Briony si sentiva piccola al suo confronto. Troppo fragile. Mentre lui sembrava non avere nulla a che fare con la fragilità.

Cercò di distogliere lo sguardo per riprendere aria. “Pensala come vuoi. Non è così.” E mosse poi indecisa alcuni piedi all’indietro con l’intenzione di andarsene.

All’improvviso però sentì una mano gelida afferrarle il polso senza alcun preavviso, e lei allora sussultò in preda allo spavento. Elijah si era alzato dalla sedia, non distogliendo mai gli occhi da quelli di lei.

Briony sentì il cuore in gola, rimanendo paralizzata.

“Che fai?” balbettò impaurita, mentre gli occhi si incatenavano suo malgrado a quelli del vampiro.

<< Sono neri come un abisso >> pensò.

Lui alla sua domanda sorrise lievemente:

“Non penserai che io voglia farti del male. Ti ho dato la mia parola” Mentre stava finendo la frase, il sorriso si inabissò nella sua maschera di pacatezza.

Briony comunque non riuscì a tranquillizzarsi, anzi quello sguardo non faceva che aumentare la sua ansia e i battiti del cuore all’inverosimile. Non voleva dimostrargli di aver paura ma era molto difficile con un simile sguardo addosso e per la situazione. Il polso era ancora stretto attorno alla mano gelida del vampiro e lei non trovava la forza di spostarlo.

All’improvviso, con l’altra mano, Elijah prese dalle tasche dei pantaloni un braccialetto e glielo mise elegantemente attorno al polso. Briony rimase ammutolita a guardare non sapendo né cosa dire né cosa pensare.

“Questo braccialetto contiene verbena e ti impedirà di essere soggiogata. Contiene anche alcuni altri elementi naturali che bruciano la pelle di un vampiro al semplice contatto” spiegò Elijah chiudendo la chiusura del braccialetto, lo sguardo abbassato sulle loro mani.

Briony invece lo guardava interrogativa: “Ma tu..”

“Io sono un vampiro speciale. E credo non ne incontrerai altri sulla tua strada come me, quindi..” rispose lui alzando lo sguardo su di lei.

Briony sentì uno strano calore espandersi nel petto con forza viscerale, e non ne sapeva la causa.

Tremò quando sentì le dita di Elijah indugiare sul suo polso, per poi scivolare lentamente e lasciarla andare. Quella presa magnetica l’aveva liberata, il suo sguardo no.

Il cuore divenne più affrettato il respiro le si inchiodò nel fondo della gola.

Elijah la guardò poi con una strana occhiata; si era rilassato tutto a un tratto:  “Sono un uomo d’onore, Briony. Quando faccio un patto, lo mantengo”

“Lo so” rispose lei solamente, mettendo una mano sul braccialetto. “Ma questo.. perché?” domandò confusa.

Elijah scrollò le spalle. “Semplicemente ho la vaga impressione che ti piaccia ficcarti nei guai, ecco tutto”

Quella semplice deduzione così fredda la fece innervosire. Non le piaceva quell’aria altezzosa.

“Non è vero. Io se posso evito i guai, sono loro a inseguire me”

Lui però scosse deciso la testa:

“Tu sei entrata in una casa di due vampiri. E’ stato da sciocchi”

“Ma ti ho salvato con il mio atteggiamento sciocco” replicò lei decisa.

“Vero. Ma poteva essere pericoloso. Ti invito a non farlo mai più” mormorò lui infine. La preoccupazione che poteva trasparire da quelle parole non arrivò, come se quella non esistesse nel suo vocabolario.

Virtù buone, umane. Sembravano del tutto inesistenti in lui, perse nella sua tetra immortalità. Solo ghiaccio, trasparente ma inossidabile.

Briony non poté non pensare che il suo consiglio arrivava solo dal fatto che lui era in obbligo di proteggerla, e data la sua perenne smania di mettersi nei guai, lei stava per diventargli una fastidiosa spina nel fianco che poteva limitare le sue mosse.

Si chiese se quel braccialetto fosse un dono nato per gentilezza, oppure per ordinarle di starsene tranquilla e per intimidirla ipotizzando eventuali pericoli che potevano recargli fastidio.

La risposta alla domanda le venne in automatico:

“Intimidire è il solo talento che possiedi?”

C’era una nota allusiva in quella domanda.. voleva capire se sotto quella facciata da vampiro diabolico esistesse qualcos’altro… qualcun altro.

Il sorriso che lui le regalò tuttavia era gelido, privo di emozioni:

“I tuoi amici possono testimoniare che non è il mio solo e unico talento” rispose alludendo a chissà quale sventura che era capitata ai Salvatore.

Lei però scosse la testa, rammaricata e intristita. In qualche modo, e non sapeva nemmeno perché, era dispiaciuta per lui. Che razza d'esistenza viveva se le minacce e la morte erano solo il suo scopo di vita?

“Questi non sono talenti, è una maledizione. Ti fa scordare cosa significa essere umani”

Elijah la guardò allora con una strana espressione, diversa.

Raramente quel volto di ghiaccio tradiva ciò che si agitava al suo interno, ma sembrò che la sua durezza si fosse per un attimo crepata, mostrando una triste nostalgia.  Rammarico per la vita che la sua natura gli imponeva di condurre.

Ma quella piccola crepa sembrò ritornare al suo posto. La sua corazza fu di nuovo intatta.

Le rivolse allora un sorriso crudelmente glaciale.

“Dimentichi con chi stai parlando”  La voce pericolosamente calma.

Briony tremò per quello sguardo così tetro.

Sperava di cambiare le carte in tavola tra loro due ma non aveva fatto altro che peggiore la situazione. Ma d’altronde cosa poteva aspettarsi? Davanti aveva un vampiro. Solo un vampiro.

“Giusto.” Mormorò tra sé e sé, stringendosi nelle spalle. Ripresero le loro parti: l’umana che doveva tenersi alla larga dal vampiro per la propria incolumità, e il vampiro che non conosceva emozioni se non quella di tormentare la vita degli altri.

Di nuovo Briony sentì il dispiacere salirle in gola fino a stritolarla. Stupidamente non voleva che andasse così.

Le mani giocherellavano col braccialetto: le piccole pietre ad esso attaccate crearono dei tintinnii quando si muovevano, come se fossero dei piccoli campanelli. Le foglie attaccate ad esso erano del color verde, proprio l’esatto colore dei suoi occhi.

Era davvero molto bello.

Elijah le rivolse poi un sorriso sghembo:

“Tieni quel braccialetto per favore, non morde”

Briony rise nervosamente e lasciò ricadere il braccio lungo i fianchi. La sua espressione gli fece intendere che l’avrebbe portato.

Lui le rivolse allora un’occhiata compiaciuta e si fece avanti per andarsene. Durante la traiettoria, i loro bracci si sfiorarono leggermente, così come le loro mani quasi fossero racchiuse dentro gli stessi confini.

A causa del contatto, il braccialetto creò il suono di prima, simile a due specchi di anime diverse che si erano scontrate tra loro. Era un suono imperfetto nella sua bellezza, e Briony inavvertitamente sussultò, come se avesse appena toccato l’anima corazzata e gelida di Elijah. Ne rimase sorpresa.. Intristita.

Lui però rimase dritto e calmo, quasi non avesse ricevuto alcun calore dall’anima dolce della ragazza. Si avviò verso la porta, quando le parole di Briony lo bloccarono:

“Grazie”

Elijah si fermò a metà strada, girò metà busto. Lo sguardo era basso, tentennante nel voltarsi e parlarle di nuovo. Briony rimase in attesa e si meravigliò dell’espressione del vampiro che appariva meno dura. Le ombre sembravano diradarsi dai suoi occhi.

Lui però non emise fiato e si rigirò, ritornando sui suoi passi.

Briony comunque non se la prese. Toccava delicatamente il bracciale al polso. La sensazione che lui glielo avesse regalato non solo per togliersi d’impiccio il suo obbligo nei suoi confronti, le riscaldò in modo strano e violento il cuore.

C’era altro in lui. Chissà se sarebbe riuscita a vederlo.

Si girò e un timido sorriso fece risplendere il suo volto mentre si dirigeva in cucina.

La paura che qualche minuto prima si era impossessata di lei, una piccola parte della sua paura, sembrava essere svanita.

-------Fine flashback-----------

 

Elijah si diresse spedito dove si trovavano Stefan e due ibridi intenti a litigare violentemente. L’unica cosa che Briony riuscì a sentire in mezzo a tutte quelle urla e rumori, era che Stefan stava ordinando loro di lasciare la città e di non rimetterci più piede altrimenti sarebbe finita male. Uno dei due ibridi, quello più grosso, gli rise praticamente in faccia e tentò di mettergli le mani addosso, ma Elijah fu subito da lui e gli afferrò il polso fino a stritolarglielo tra le mani. L’ibrido urlò di dolore.

“Cos’è tutto questo?” domandò Elijah solamente lanciando un’occhiata a Stefan. Il vampiro lo guardò intimidito faticando a reggersi in piedi. Era parecchio pallido.

“C’è stato uno scontro e gli ibridi di tuo fratello hanno cominciato a dare di matto, guarda cosa hanno combinato! Dobbiamo darci un taglio e direi di cominciare subito!” ruggì il vampiro lanciando occhiate d’odio ai due ibridi.

Briony fu subito da lui cercando di proteggersi dal fumo. “E gli altri dove sono? Stanno bene?” domandò preoccupata, e Stefan subito capì la fonte della sua preoccupazione “Caroline purtroppo non l’ho vista.. non..” Non fece in tempo a finire, che un altro ibrido gli fu alle spalle e tentò di staccargli la testa da dietro con un braccio.

Briony soffocò un urlo ma tentò subito di liberarlo dalla presa, graffiando con violenza inaudita il braccio dell’ibrido e imprecandogli contro. Elijah le si affiancò in un baleno e strappò di netto il cuore dell’ibrido che cadde a terra senza un lamento.

Gli altri due ibridi rimasero per un attimo immobili e cerei, ma si fecero subito avanti sfoderando i canini pronti a dissanguare chiunque  fosse capitato loro a tiro. Elijah senza la minima incertezza staccò nuovamente i cuori dai loro petti con eleganza disumana. I due ibridi caddero al suolo privi di vita.

Ma non era ancora finita.

Briony sentì una morsa dolente al braccio e quando si girò vide altri 4 ibridi che li avevano accerchiati; uno di loro l’aveva appena presa ad un braccio e subito cercò di toglierselo di dosso gridandogli contro.

Elijah gli staccò di netto la testa con ferocia inaudita, Stefan cercava di vedersela con gli altri tre ma era in netta difficoltà così l’Originario venne in suo soccorso. Briony si appiattì contro un muro del vicolo, tossendo violentemente a causa del fumo che si espandeva ovunque. La  vista improvvisamente le si annebbiò e fece due passi in avanti per avvicinarsi a Elijah e Stefan. Continuava a tossire.

Elijah si liberò presto degli ibridi, Stefan era a terra piuttosto malandato ma se la sarebbe cavata. L’Originario gli rivolse soltanto un’occhiata, poi si girò dall’altra parte convinto di trovarci Briony come qualche secondo prima.

Gli occhi neri si sgranarono più del normale. Elijah impallidì come un fantasma e si immobilizzò di colpo, come trafitto da una freccia.

Briony era sparita.

---------*************---------

“Luridi bastardi! Spero che qualcuno vi strappi le viscere sotto i vostri occhi! Slegatemi oppure voi mandrie di pecore addomesticate avete paura di una donna?!”

Ylenia gridava infamie e ingiurie al gruppo di ibridi che l’aveva in pugno da troppo tempo e lei si maledì per la sua inettitudine. Qualche ora prima stava passeggiando per Mystic Falls in preda a oscuri pensieri, perché sentiva nell’aria che qualcosa non andava… che stava per accadere qualcosa... Il pensiero di Briony fuggita chissà dove le metteva profonda inquietudine.

All’improvviso però era stata accerchiata da un gruppo di ragazzi e subito aveva capito che fossero ibridi. A due aveva fritto il cervello con una sola occhiata, ma purtroppo uno piuttosto forte l’aveva presa alle spalle, tirato in modo inverosimile il braccio all’indietro fino a farla scoppiare di dolore, e poi aveva sentito una piccola puntura alla schiena. Poi non aveva visto o udito più nulla.

Si era risvegliata da poco. Si trovava nelle vecchie cripte di Mystic Falls legata come un salame e la testa che girava come se si trovasse in una trottola.

Non riusciva a muovere un muscolo e se lo faceva, sembrava che la pelle bruciasse come a contatto con dell’acido. I suoi poteri erano nettamente diminuiti e non appena aveva cercato di usarli, un ibrido le aveva sferrato un manrovescio da far svenire a terra.

Adesso Ylenia non faceva altro che gridare imprecazioni contro gli ibridi che per tutta risposta ridevano e sghignazzavano. La donna muoveva solo la bocca perché se avesse mosso altre parti del corpo temeva fosse andata a fuoco. Guardò impaurita le catene che la imprigionavano per capire a cosa era dovuto tutto questo, ma gli occhi erano annebbiati e si sentiva stordita.

Tanto più non sapeva perché si trovasse lì.

“Allora qualcuno di voi mi degna di una risposta? O siete così ignoranti da non saper parlare?"

Uno degli ibridi si voltò verso Ylenia. Ce ne erano 5 a tenerla d'occhio.

"Tu devi rimanere qui e incolume altrimenti finirai per rovinare i nostri piani"

Un suo compagno lo zittì subito:

"Zitto. Ci é stato ordinato di non parlare in nessun modo con questa fattucchiera"

"Fattucchiera a chi??" gridò Ylenia incollerita.

"Fatina se preferisci"

Quel ghigno beffardo la fece irritare. Lo mandò al diavolo in francese.

L'ibrido in questione sembrò capire infatti strinse con forza le catene attorno alla pelle di Ylenia. Lei non volendo gridò:

"Ritiro quello che ho detto! Te la taglio io la gola, te lo giuro!"

La strega cadde al suolo respirando a fatica. La furia nel suo viso.

"Non facciamo meglio a ucciderla?"

"No, il padrone ci ha ordinato espressamente che vuole occuparsene lui di persona"

Ylenia sbiancò. Che cosa aveva in mente quel pazzo di Klaus?

"Dite al padrone di andare a farsi fottere" mormorò lei secca.

Un ibrido le sferrò un calcio, sfoderando i canini:

"Zitta tu"

Ylenia mugugnò per il dolore, ma sembrò non aver perso il sarcasmo:

"Oh una pecora che bela"

L'ibrido stava per assestarle un altro colpo ma venne fermato:

"Tony basta. Anche tu strega se non vuoi finire male"

Ylenia grugnì sul punto di mandarli di nuovo al diavolo. I capelli le erano finiti sul viso e la vista si era appannata. Le dolevano fortemente le gambe.

"Tanto non potrà rifugiarsi da nessuna parte se scappa. La sua casina sta andando a fuoco come le altre"

Quella minaccia le arrivò dritto al cuore e Ylenia tremò. Che diavolo stava succedendo? E cosa sarebbe accaduto?

Cercò di raccogliere le ultime energie: aveva vissuto molti anni, dovevano pur essere serviti a qualcosa. Cercò di invocare aiuto attraverso la forza della mente, il suo potere si espanse come una scintilla che espose per miglia e miglia. Invocò mentalmente aiuto.

Ma non accadde nulla, sentì solo i ghigni e le risate degli ibridi che architettavano qualche altro piano strampalato. Uno aveva ancora voglia di ucciderla.

All'improvviso sentì un forte botto all'interno della cripta. Gli ibridi non se l'aspettarono e si rizzarono in piedi all'erta.

Ylenia sentì dei passi scendere fino al luogo in cui si trovava.

Era Finn. Non appena lui si accorse di ciò che stava succedendo si guardò attorno imperterrito:

"Che cos'è questa farsa?"

L'ibrido più gracilino si accostò a un suo compagno.

"Lo attacchiamo?'

"E’ il fratello di Klaus."

"E allora? Lo odia"

Due ibridi saltarono addosso al vampiro sfoderando i canini e gli artigli. Finn abbassò il busto per schivarli e staccò la testa ai due di netto. Il sangue si sparse ovunque e Ylenia chiuse gli occhi disgustata. Non riuscì a vedere niente, solo a sentire dei forti colpi come di ossa spezzate e urla agonizzanti. Quando tutto finì, decise di aprire gli occhi. I cadaveri degli ibridi erano per terra, Finn era in piedi mezzo esausto ma la guardava con calma.

Le catene che legavano Ylenia erano così strette e letali da farle sgorgare il sangue dalle braccia e dalle gambe. Era piuttosto malandata, i capelli arruffati.

In cuor suo si domandò se l'arrivo di Finn fosse stata una fortuna o no.

Quella serata più andava avanti, meno le piaceva.

 

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Briony si sentì spingere a terra con forza inaudita e la bocca sbattè contro la terra, insudiciandola. Fece fatica a respirare e si sentiva le gambe molli. Un attimo prima era vicino a Elijah, l’attimo dopo si era sentita trasportare da tutt’altra parte come da un improvviso tornado. Non aveva avuto pure il tempo di urlare.

Ora ce l’aveva ma non appena aprì la bocca, le fuoriuscì un respiro strozzato come se il fiato fosse inchiodato in gola. Qualcosa la scosse con violenza e la fece rialzare con medesimo trattamento. La testa le girava, tanto da non riuscire a vedere chi aveva di fronte né dove si trovava. Riuscì soltanto ad usare le mani e con quelle cercò di allontanare colui che voleva farle del male, di graffiarlo dappertutto, di spingerlo via. Ma le sembrò di combattere contro una roccia.

“Finiscila mostriciattolo. O vuoi che ti butti in mezzo al fuoco? Morte lenta o morte veloce? Scegli pure, ma in fretta”

Un sibilo lento e gelido le fece venire brividi di paura, e sbattè le palpebre più volte per cercare di capire dove si trovasse e chi diavolo aveva di fronte. Si trovava ai margini del bosco di Mystic Falls, in lontananza vedeva ancora le fiamme che sembravano avvicinarsi sempre di più. Udiva anche il suono delle sirene dei vigili del fuoco, urla incessanti. L’odore del fumo invaderle le narici fino ad avvelenarla.

Davanti a lei invece c’era un tizio corpulento che non aveva mai visto. Sicuramente un ibrido di Klaus.

Una furia ceca la pervase e cercò di sferrargli un bel gancio destro. L’ibrido le bloccò la mano in tempo ma lei ne approfittò per sferrargliene un altro con l’altra mano libera. Ci riuscì e gli arrivò dritto in faccia; dal suono metallico credeva di avergli rotto qualcosa.

Briony non indugiò ulteriormente e si mise a correre a più non posso come se aveva un demonio alle calcagna. Forse ce l’aveva.

Correva come se fosse cieca, non sapeva dove andare. Era pericoloso tornare in città, ancor di più addentrarsi nella foresta. Il fuoco sarebbe arrivato presto e sarebbe rimasta intrappolata come un topolino in mezzo alle fiamme.

Ma il cervello sembrava essersi scollegato, l’unica cosa che sentiva era il battito incontrollato del suo cuore, il fiatone per la corsa, e una paura improvvisa per ciò che stava accadendo in paese. Dov’erano gli altri? Stavano bene? Voleva raggiungerli, era l’unica cosa che chiedeva ma attorno a lei c’erano solo tenebre. E poteva aggiungersi anche del rosso fuoco tra non molto.

Il cuore le si strinse in una morsa di terrore.

All’improvviso le arrivò un colpo ben deciso alla base della schiena che le fece piegare in due le gambe. Lo stomaco le sembrava essersi contratto, non respirava più.

Si sentì afferrare rudemente per i capelli. “Temo non sarò più così indulgente! Magari prima ti brucerò un po’ molto lentamente, poi ti faccio fuori. Credo che al mio padrone non scoccerà se mi divertirò un po’” L’ibrido di prima sogghignò malefico stringendo la presa. Briony ebbe l’impressione che i capelli si sradicassero dalla radice e chiuse le palpebre perché le lacrime sembravano bruciarle gli occhi.

L’ibrido la spinse rudemente in avanti, lei tentò di opporsi spingendolo via o di sferzargli un calcio ma ogni volta che muoveva un dito, l’ibrido non si faceva prendere alla sprovvista come prima.

“Ti conviene lasciarmi andare. Non sai a cosa puoi andare incontro, non la passerai liscia” mormorò Briony a denti stretti, inciampando sui propri piedi. Si portò una mano alle labbra per scacciare un rivolo di sangue.

Sentì l’ibrido ridere di gusto. “Tra un po’ non la penserai più così. Stasera il mio signore ha previsto fuoco e sangue. E così sarà”

Briony sgranò gli occhi terrorizzata. In preda alla paura gli sferrò una gomitata ben assestata contro la spalla, si liberò del suo braccio graffiandogli violentemente la pelle fino a sanguinare. L’ibrido mollò per un attimo la presa, lei ne approfittò e si girò per assestargli una ginocchiata sul basso ventre con tutta la forza che aveva. L’ibrido digrignò fra i denti per il dolore e si abbandonò sulle ginocchia. Briony non si voltò neppure e si diede nuovamente alla fuga.

Corse per qualche miglio e ad un tratto davanti a lei non ci furono più alberi; era arrivata ai confini col paese e tra non molto avrebbe incrociato la via della scuola superiore. Non appena i piedi toccarono l’asfalto diede un sospiro di sollievo, credendo di essere in salvo e di trovare aiuto, ma davanti a lei non c’era anima viva. Le urla della gente si stavano ammansando a una decina di isolati ben lontani da lei. Le fiamme stavano squarciando ancora il cielo.

Dio mio.

Corse lungo la strada cercando di non inciampare o di buttarsi in avanti. Aveva dimenticato persino di respirare, di urlare. Voleva solo ritrovare Elijah, accertarsi che Caroline, Ylenia e tutti gli altri fossero in salvo.

La sua mente non pensava ad altro.

Una botta improvvisa le arrivò dal fianco destro e a causa dell’impatto, Briony cadde a terra sbucciandosi i ginocchi e sbattendo con forza la testa. Boccheggiò per la sofferenza atroce ma mai quanto sentì un calcio arrivarle ben assestato contro il proprio stomaco.

Si piegò in due dal dolore e spalancò la bocca come se stesse urlando, ma non emise alcun suono. Quell’ibrido non si era affatto arreso infatti era ritornato alla carica più violento e feroce di prima. La issò senza alcuna grazia e fu sul punto di sferrarle un pugno in pieno viso.

Briony cercò di indietreggiare e di allontanarlo con la forza della braccia. Questa volta stava gridando a perdifiato.

“Basta! Silenzio puttana.” Le ordinò lui afferrandola per il collo.

Briony smise allora di dimenarsi e lo guardò dritto negli occhi con un lampo di furia nei suoi:

“Lasciami andare o t’ammazzo”

Lui d’altro canto sfoderò un arrogante ghigno:

“Il mio padrone mi compenserà bene. Farò il mio lavoro e finalmente riavrò la mia libertà”

Spinse Briony per terra senza tanti preamboli e prese dalla giacca un paletto dalla lunga lama per nulla rassicurante.

Si mise sopra Briony tenendo ben saldo il paletto fra le mani; allora lei capendo le sue intenzioni cercò di allontanargli il braccio impedendogli di avvicinarsi al suo petto.

Gridava a stento.

Strinse gli occhi per cercare di trovare in un punto remoto della sua mente quella scintilla che era esplosa più volte negli ultimi tempi, facendo fuoriuscire quel lato oscuro di sé. La cercò con disperazione come se quel potere mostruoso fosse la sua unica salvezza. Ma c’era troppo buio, troppa debolezza… strinse gli occhi, le mani erano fra il braccio dell’ibrido per allontanarlo. La lama si faceva sempre più vicina. Sudava freddo.

All’improvviso Briony sentì il nulla sopra di sé. Miracolosamente tornò a respirare.

L’ibrido era stato allontanato con la forza da lei, ma ora stava ritornando all’attacco. Gli occhi tuttavia erano fissi su qualcun altro oltre a lei. Briony vide una figura piegata su se stessa vicino a lei.

Tyler?

“Tyler!” Briony gridò il suo nome come se non l’avesse riconosciuto.

Il ragazzo la prese tra le braccia e cercò di alzarla per trarla in salvo.

“Traditore!” l’ibrido di prima gli gridò contro e subito gli saltò addosso. Briony barcollò per la mancanza di presa; i due ibridi rotearono lungo l’asfalto sfoderando gli artigli come a strapparsi le carni a vicenda.

La ragazza guardò la scena sottoshock e cercò di correre in aiuto del ragazzo della sorella. L’ibrido cattivo era sopra Tyler con i canini in esposizione. Sembrava davvero una bestia. Lei senza pensarci gli si buttò sopra dandogli dei pugni sulla schiena e urlando di lasciarlo. Tyler ne approfittò per afferrare il collo del rivale e in una sola mossa gli cavò il cuore con l’altro mano.

L’ibrido gridò come conscio della fine imminente e cadde come un peso morto sopra Tyler.

Briony fu quasi sicura di avere un colpo al cuore a causa del battito impazzito, ma cercò di aiutare Tyler a levarsi di torno il cadavere e lo aiutò ad alzarsi.

Lottò poi per ritrovare la voce:

“Tyler che cavolo sta succedendo? Questa città non ha mai un minimo di tregua! Che diavolo!” Gridò Briony sotto shock.

“Ma che ne so! Ero a casa mia quando i telefoni hanno cominciato a squillare impazziti. Un incendio devastante in piena città, così ha gridato mia mamma. Sono accorso subito per cercare Caroline. Maledizione dove sarà? Che sia con quel maledetto di Klaus??”

“Tyler, non è il momento di fare i gelosi” replicò Briony in tono solenne, cingendogli la schiena per farsi aiutare a camminare.

“Comunque devo portarti lontano qui. Sei parecchio messa male e perdi sangue. Spero con tutto il cuore che Caroline stia bene.” Rispose Tyler dopo un minuto di silenzio e averla osservata bene.

Briony sospirò sconsolata sperando anche lei che tutti stessero bene, che nessuno fosse rimasto ferito. Non voleva ammetterlo ma era molto preoccupata. C’erano troppi ibridi impazziti in giro.. e quel fuoco… in lontananza lo vide spaccare ancora il cielo.

Si domandò dove fosse Elijah. Sicuramente la stava cercando.

Quella sicurezza le diede coraggio e forza.

Ma sicuramente era anche infuriato, conoscendolo. Ormai c'era abituata.

“Prima ho incontrato Stefan vicino al Grill. Proviamo lì, devono essere già arrivati i vigili del fuoco”

“Non penso che un pompiere possa fermare un ibrido” rispose Tyler con tono sarcastico cominciando a camminare mentre aveva appoggiato il braccio attorno alla spalla di Briony per aiutarla ad avanzare.

Non fecero però molta strada perché subito la via venne loro sbarrata da due persone dalla faccia poco raccomandabile. Uno almeno lo era. L’altro era un ragazzino.

Briony tuttavia tremò per quell’inquietante silenzio e per la tenebra che quei tizi si lasciavano dietro.

Gli ibridi sembravano non finire mai.

“Tyler qual è il piano?” domandò lei sottovoce.

“Credevo ce l’avessi tu”

“Ma che bravo quarterback”

Nonostante il sarcasmo Briony deglutì in preda alla paura. I due tizi si stavano avvicinando molto lentamente. Lei e Tyler rimanevano immobili.

All’improvviso lui però la spinse via con decisione e le gridò di fuggire via. Briony rimase sbalordita da quel gesto, ma non fece nulla di ciò che le era stato detto.

Vide soltanto Tyler andare incontro i due ibridi coraggiosamente ma lei non poteva lasciarlo lì da solo. Non aveva il coraggio di abbandonarlo lì con quei due… il fidanzato di suo sorella.. se fosse morto..

Agì d’impulso e invece di fare come lui le aveva ordinato, accorse in suo aiuto. Senza tanti preamboli scansò via il ragazzino come un sacco di patate e cercò di dividere Tyler da quell’altro ibrido. Era più difficile questa volta, questo qui era piuttosto grande, alto e muscoloso. Infatti sferrò a Tyler un potente gancio destro che lo fece finire a terra, come se gli avesse appena rotto il collo. 

Briony gridò guardando prima Tyler poi l’ibrido, in preda allo shock.

Arrivò all’improvviso.

Quella scintilla potentissima che prima aveva cercato all’interno della sua mente. E ora esplose. L’ibrido gridò in preda a convulsioni, si accartocciò su se stesso mentre gli fuoriusciva sangue dal naso e dagli occhi. Dentro di essi sembrava esserci un enorme luce bianca che sembrava sul punto di esplodere al suo interno. L’ibrido fece un ultimo grido agonizzante. Il petto percorso da spasmi violenti, il sangue ovunque e quella luce bianca sembrò bucargli gli occhi e scoppiare all’improvviso in un esplosione potentissima.

L’ibrido improvvisamente cadde all’indietro privo di vita. Il sangue sgorgante dagli occhi e dalla bocca.

Briony invece era rimasta immobile a guardare priva di emozioni, come in trans. Non aveva provato nulla. Nessun rammarico per quella vita appena spezzata.

Quando si girò verso Tyler però prevalse la preoccupazione, e la paura. Perché il ragazzino di prima era ancora lì anche se non faceva niente. Sembrava terrorizzato quanto lei.

Tenendolo d'occhio, Briony corse da Tyler per vedere se stava bene. Il ragazzo rispose con un mormorio e cercò di issarsi .

"Briony devi andare, ora"

"No invece" rispose lei decisa fissando l'ibrido davanti a lei che rimaneva impalato.

"Tu non puoi fare niente, vai ce la farò" sussurrò lui alzandosi in piedi.

Briony scosse la testa preoccupata.

"Tyler..."

Dopo averla guardata un'ultima volta con sguardo autoritario, Briony si convinse finalmente ad obbedire e cercare di salvarsi. Sperò con tutto il cuore che Tyler ce la facesse e fosse abbastanza forte.

Riprese fiato e se ne andò da lì.

Corse ai margini della foresta, aguzzò la vista per cercare di intravedere il centro della città. Se l'avesse raggiunta aveva forse delle speranze di trovare Elijah, Caroline gli altri.. L'ansia di non averli visti dopo tutto quel tempo l'assalì.

E se fossero morti?

Ma non permise all'angoscia di impossessarsi del suo cuore. Lei era ancora viva e lo erano anche loro.

Non ebbe però la forza di gridare i loro nomi e lasciò tutte le energie alle gambe per continuare a correre.

Una forte spinta improvvisa la fece roteare su se stessa. Sentì un forte peso sopra il suo petto ma a causa del terreno scivoloso fece un bel capitombolo, lei insieme al suo aguzzino, finendo nel cuore della foresta.

Fu un miracolo che Briony non si schiantò contro un albero. Medesima sorte però non era toccata al suo carnefice che andò a sbattere di testa contro un tronco.

Briony smise finalmente di rotolare e si trovò a pancia in giù in mezzo a foglie e arbusti. Durante il ruzzolio aveva gridato, ora non aveva più fiato.

Sentì dei passi avvicinarsi. Briony alzò dolorosamente il viso e vide davanti a lei l'ibrido di prima, il ragazzino.

E che ne era di Tyler?

Briony lo fissò spaventata mentre lui si avvicinava.

"Mi dispiace devo farlo. Sono obbligato a farlo" balbettò lui alzando le mani. Aveva un profondo taglio nella fronte. Briony gattonò all'indietro, aiutandosi con i gomiti.

"Stammi lontano."

L'ibrido non aveva per nulla la faccia pericolosa anzi sembrava sperduto quanto lei. Ma era sotto l'influsso di Klaus il che lo rendeva una macchina da guerra, anche se realmente non lo era.

"E’ meglio per te se mi lasci andare" sussurrò lei cercando di alzarsi in piedi.

Il ragazzino rimaneva misteriosamente immobile, lo sguardo vacuo.

Briony sempre tenendo gli occhi fissi nei suoi cominciò a indietreggiare. Aveva un male cane dappertutto, se avesse avuto un ennesimo scontro non avrebbe vinto.

"Ti prego vattene via, lasciami stare." lo implorò.

Gli occhi del ragazzino sembrarono scintillare all'improvviso. Si mosse come una saetta.

Briony gridò per la sorpresa  ed ebbe solo la prontezza di girarsi per cercare una via di fuga.

Il ragazzino però le tappò la bocca mentre l’altro braccio le cingeva la vita in una trappola. Briony sentì il terrore serrarle lo stomaco. Agì d’impulso e morse la mano dell’ibrido.

Gridò il nome della prima persona che la sua mente raffigurò, e che le aveva risvegliato il cuore, che l’aveva aiutata a vivere in un destino pieno di morte.

“Elijah!” Sembrò che tutto il suo essere gridasse quel nome, in un’invocazione d’aiuto.

L’ibrido sembrò trasalire a quel nome, come se si aspettasse che il diavolo comparisse all’improvviso bruciante di vendetta, ma fu così solo per qualche secondo. Spinse Briony per terra per farla stare zitta, le contorse un braccio dietro la schiena curvandoglielo in maniera innaturale.

Briony gridò per il dolore atroce. Sembrava che la spalla destra si fosse staccata dal resto delle sue ossa e lacrime calde le scesero sulle guance per quella tortura. Con il braccio ancora buono cercò di strisciare lungo il terreno per scappare via. Quell’ibrido non era per niente forte, anzi era gracile, per di più un ragazzino ma dopo le molteplici lotte e ferite che lei aveva riportato stentava a respirare. Il dolore era troppo forte, come se delle lame la stessero uccidendo da dentro.

L’ibrido sembrò volerla lasciare in pace come preso dai rimorsi di coscienza, ma all’improvviso si ricordò del suo dovere e la prese per le spalle per farla rialzare. Briony si morse il labbro per non urlare dal dolore. Non ce la faceva più, quasi quasi voleva che la morte arrivasse in fretta.

Ma nelle sue illusioni vide Elijah accorrere da lei, strappare il cuore a tutti gli ibridi che avevano osato toccarla e poi la stringeva contro il suo petto forte, sussurrandole che sarebbe andato tutto bene.

L’illusione svanì col susseguire del dolore.

Di sfuggita Briony vide l’ibrido prendere tra le mani un paletto molto simile a quello che aveva l’altro suo compagno. La lucidità riprese in lei e sconfisse la debolezza.

Con maestria improvvisa Briony gli afferrò il polso e glielo contorse violentemente, facendo roteare l’arma nella sua mano. Il giovane gridò più per la sorpresa che per il dolore, e lei raccogliendo le ultime forze gli piantò il paletto in pieno petto arrivando fino in profondità. Lui le afferrò la testa come se gliela volesse staccare, ma lei con un grugnito di dolore gli strinse invece i capelli. Il braccialetto che portava al polso sfiorò la guancia dell’ibrido e lui urlò come se fosse stato appena bruciato, e si piegò su se stesso.

Briony ne approfittò per sferrargli una ginocchiata in pieno viso.

Lui svenne a terra inerme.

Lei invece indietreggiò per lo sforzo disumano e sentì la testa girarle vertiginosamente.

Era viva. Ce l’aveva fatta.

Quel pensiero non la tranquillizzò del tutto perché le ferite sembravano bruciare e succhiarle la linfa vitale. La testa sembrava essersi staccata dal resto del corpo.

Il paletto era rimasto nella mano sinistra e Briony lo alzò per sferrare il colpo finale al nemico. Lo guardò con sguardo pieno di disprezzo, riempiendolo di tutto l’odio di cui era capace. Rimase a contemplare il viso addormentato dell’ibrido per parecchi secondi, ma poi il volto  si serrò in una morsa indecifrabile.

Il braccio alla fine si abbassò lentamente.

Non ce la faceva.

Sembrava essere ritornata in sé. Prima non aveva avuto alcuno  scrupolo a uccidere l’ibrido che aveva tentato alla sua vita e a quella di Tyler, ma adesso… i suoi occhi vedevano solo un ragazzino che poteva avere sì e no 15 anni. Era inerme, disarmato e svenuto.

Le sembrò riprovevole ucciderlo così. La sua virtù più grande, la compassione, prese il sopravvento su di lei. Non voleva essere anche lei un mostro, non voleva essere un’assassina.

Briony buttò lontano da loro il pugnale.

Dopo di che perse la cognizione del tempo. Si guardò attorno e portò la mano sinistra alla spalla lussata. Le faceva un male cane ma decise di soffocare l’urlo.

Fece alcuni passi lungo la foresta senza sapere neppure dove stesse andando. Per fortuna non sentiva più odore di fumo e le fiamme erano un lontano ricordo.

All’improvviso sentì un grido. “Briony!”

La ragazza si girò dall’altra parte, nel punto in cui veniva invocata. Briony vide Caroline arrivare all’improvviso fra gli alberi e i rami spezzati. La mora ringraziò Dio per vedere la sorella sana e salva. Portava dei vestiti sgualciti, forse a causa delle fiamme brucianti.

Dopo di che vide anche Ylenia che stava seguendo Caroline. Sembrava piuttosto malridotta e pestata quanto lei. Briony ringraziò nuovamente il cielo per vederle sane e salve. Il cuore sembrò tornare a battere.

I suoi occhi catturarono all’improvviso un’altra persona che stava sopraggiungendo. La vista era debole ma era impossibile non riconoscerlo. Elijah sorpassò di fretta sia Caroline che Ylenia come se loro due non esistessero. Aveva il viso affaticato, respirava a fatica come se anche lui avesse lottato. I capelli erano stranamente disordinati. Gli occhi neri si sgranarono per la sorpresa, ma poi sembrarono brillare per il sollievo di vederla ancora viva. Briony lo vide aprire la bocca, come se stesse sospirando sollevato e si diresse verso di lei.

Le labbra di Briony per la prima volta in quella sera si curvarono in una sorriso di speranza e beatitudine. Il cuore riprese a battere nel verso giusto.

Fece alcuni passi verso il vampiro tenendo una mano sulla spalla ferita e chiamandolo con la poca voce che le rimaneva; sia lui che Caroline e Ylenia erano parecchio lontano da lei. Alcuni rami si erano ammassati a terra.

Non seppe come, nemmeno il momento esatto: una voce indefinita le gridò di stare attenta.

Briony non ebbe il tempo di fare niente che sentì un dolore lancinante alla schiena e in pieno petto, per poi espandersi in tutto il corpo. Qualcosa di tagliente le trafisse la pelle, impedendole di gridare o di emettere fiato. Gli occhi stretti dal dolore acuto.

Sentì della grida espandersi attorno a lei. Non aveva mai udito delle grida tremare così dal terrore.

Briony!”

Lei non riuscì a rispondere, si accasciò sulle ginocchia come se stesse sul punto di addormentarsi in un sonno letale. Quella cosa tagliente lasciò il suo corpo e non sentì più nulla. Solo il suo respiro spezzato.

Briony fu sul punto di cadere in avanti.

“No!” Altre grida ma prima della fine andò a sbattere contro qualcosa.

Briony boccheggiò in cerca d’aria, rendendosi conto in quel momento di quanto il dolore fosse lancinante. Peggiore degli altri.

Il viso finì contro un petto marmoreo. Le braccia ricadevano a peso morto lungo il corpo. Delle chiazze di sangue macchiarono il terreno sotto di lei.

“Oddio oddio oddio oddio!” gridò isterica una voce femminile. Doveva essere Caroline.

Briony? Briony! Mi senti? Apri gli occhi!” Quella voce la riportò alla realtà, come se la stesse accompagnando nel suo calvario.

Con molto sforzo lei riaprì gli occhi ma sembrò essere diventata cieca. Riusciva solo a sentire. Le braccia che la sorreggevano a terra erano quelle di Elijah, una sua mano si alzò per sfiorarle l’angolo del viso come se in quella carezza lieve, l'Originario  potesse riportarla da lui.

Ma Briony non riuscì a proferir parola, solo a boccheggiare e a tremare per il freddo improvviso.

Ylenia si avvicinò alla ragazza, quando i suoi occhi catturarono il pugnale finito a terra. Lo prese tra le mani e lo shock si impossessò del suo viso.

“Oh no” sussurrò debolmente come se non volesse crederci.

Elijah si voltò fulmineamente verso di lei: “Che cosa c’è?” Continuava a tenere stretta Briony come se nel momento in cui l’avrebbe lasciata lei sarebbe stata perduta.

Ylenia alzò con fatica il viso e mormorò delle parole che Briony non riuscì a udire, tutta presa da quel sonno dilaniante.

Elijah poco prima pallido, divenne bianco come un fantasma che non aveva né passato né presente né futuro. Un guscio vuoto. Il corpo si irrigidì tutto a un tratto come punto da una spina avvelenata. Ogni sua fibra sembrava punta dal veleno.

“E allora che cosa aspetti? Fai qualcosa.” L’ordine impartito comunque non prevaricò l’allarme immenso nella sua voce. Tutto sembrava immobile.

Ylenia tentennò per qualche istante, anche lei era mortalmente pallida “Io non…

“No cosa? Aiutala maledizione!” imprecò il vampiro trattenendo a stento una furia nata dalla preoccupazione. La scosse violentemente per la spalla per farla reagire, e allora anche Briony barcollò e sembrò riemergere dal sonno.

“Non sento più le gambe… il cuore…. Mi fa male il cuore.” bisbigliò debolmente e senza voce, non riuscendo nemmeno a stringersi al petto di Elijah come avrebbe voluto.

Il vampiro si girò verso di lei. Briony non avrebbe mai dimenticato quell’espressione.

Udì anche Caroline gridare in maniera isterica: “Dalle subito il tuo sangue! Il mio o il tuo!”

Ylenia parve riprendere il controllo e gridò subito:

“No! Non può bere sangue di vampiro, finirebbe solo per peggiorare la situazione!”

“Portiamola all’ospedale!”

“I dottori non potrebbero fare nulla per lei!”

“E allora cosa facciamo???”

Caroline e Ylenia sembravano sfidarsi a chi alzava di più la voce.

Elijah invece sembrava una statua di ghiaccio distrutta da un’agonia tramutata in una fiamma spaventosa. Si lasciò bruciare senza la benché minima opposizione.

Briony sembrò ritrovare un briciolo di forza e si portò una mano al petto. Le dita si cosparsero di sangue all’istante.

“Sto morendo…

La consapevolezza mostruosa di quelle semplici parole sembrò schiaffeggiare lo stato di Elijah, e il vampiro sembrò riprendere vita proprio per lo scopo di offrirla a lei.

“Devi fare qualcosa subito” ordinò nuovamente con sguardo tetro e crudo, rivolgendosi a Ylenia.

La voce della strega però era rotta: “Non posso! E’ stata colpita da un paletto cosparso da sangue di vampiro! Sicuramente un vampiro che beve sangue animale! Non c’è alcun modo!”

“BEH ALLORA TROVALO!!” La forza della voce di Elijah sembrò far tremare il terreno sotto di loro. I rami degli alberi tremarono spaventati.

Caroline cominciò a singhiozzare disperatamente portandosi le mani nel viso. Ylenia sembrò rivolgere a Elijah uno sguardo di piena sconfitta.

L’Originario allora la fulminò con uno sguardo indecifrabile e poi scosse Briony con forza, come se quello fosse l’unico modo che possedeva.

Briony. Ehi, guardami. Guarda me. Ascoltami.”

Il tentativo non servì granchètranne ad allontanare quel sonno intenso e a farle alzare dolorosamente la testa. Gli occhi verdi di Briony era privi di vita. Il viso scarno e condannato a quel triste epilogo.

Elijah non si arrese e le prese il viso tra le mani gelide: “Andrà tutto bene hai capito? Devi restare sveglia”

Il dolore continuava a espandersi dentro il corpo di Brionyriducendolo in brandelli. Il viso si deformò in una smorfia di puro dolore e abbassò mollemente  la testa, andando di nuovo a sbattere contro il petto di Elijah. Lui continuava a scuoterla e a indurla a guardarlo.

“Ti prego, resta con noi. Resta con me” Quell’implorazione le fece più male del dolore fisico. Cercò di trovare la forza di respirare, inutilmente.

Sentiva i singhiozzi disperati di Caroline, la pena nel volto sconfitto di Ylenia anch’esso rigato da lacrime. Il più determinato e il meno restio ad arrendersi era Elijah, che continuava a toccare il viso di Briony e a tenerla stretta tra le braccia, come se lui fosse l’unico scoglio a proteggerla da quella tempesta di morte.

Ma la morte stava arrivando. Lei la poteva sentire, era fredda come il ghiaccio. I polmoni di Briony esplosero in un singhiozzo.

All’improvviso qualcosa balenò nella testa di Ylenia che alzò il viso, mossa da una speranza incresciosa. “Aspettate.. quando Elena è stata uccisa durante il rituale, poi alla fine è riuscita a sopravvivere. Giusto? Come?”

Guardò sia Elijah che Caroline aspettando una risposta, ma fu la vampira tra un singhiozzo e l’altro a rispondere: “John, suo padre, si è sacrificato per lei. Le ha donato la sua vita”

Gli occhi di Ylenia brillarono “Potremmo tentare se facciamo in fretta”

Caroline assentì subito con la testa incurante che forse sarebbe stato suo padre a pagarne le conseguenze. “No intendevo sua madre, Maggie” Parlò la strega come se le avesse letto nel pensiero.

“Se si opporrà la costringerò a farlo. In qualunque modo la tirerò fuori da casa sua e la soggiogherò” La voce che fuoriuscì da Elijah apparve glaciale come se avesse appena accettato una sfida personale. Era disposto a fare qualunque cosa.

Ylenia però scosse la testa: “No. Per certi incantesimi ci vuole il massimo consenso dalla parte più debole. Non deve essere soggiogata da poteri esterni altrimenti non si fa nulla”

Se non fosse stata tanto male, Briony si sarebbe piegata in due dalle risate.

Sua madre che si sacrificava per lei di sua spontanea volontà? Una vera barzelletta.

“Non lo faranno mai! Nessuno dei due! Se ne sono sempre fregati di lei!” Sbottò Caroline in un’altra crisi isterica. Ma non c’era nessun rimprovero nella sua voce, era semplice realismo. Tutti quanti lo sapevano.

Elijah, dopo aver sentito che Maggie o Bill non potevano essere soggiogati ai suoi fini, ritornò pallido come prima. Gli occhi privi di speranza. Se avesse avuto un cuore normale probabilmente questo avrebbe perso dei battiti.

Briony un minuto prima sul punto di ridere ora invece aveva voglia di lasciarsi andare alle lacrime. Era inutile lottare, non c’era speranza. Era finita.

Dopo tutto ciò che avevano passato, sarebbe finita così. A stento riusciva a crederci, a non provare rabbia per l’impulso di voler vivere. Di non volerli lasciare.

Ylenia però non sembrava dello stesso parere: “No vedrete, riuscirò a convincerla. Elijah non c’è tempo da perdere, dobbiamo andare subito da lei”

A sentire il suo piano, Briony traballò e sembrò rinascere:

“No” esclamò all’improvviso come cercasse aria prima di affogare.  L’ultima cosa che voleva in quel momento disperato era che lui la lasciasse. Se lui lo avesse fatto, se non avesse più sentito le sue braccia attorno a sé, era sicura che non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere. Era lui ad aiutarla a farlo.

Si aggrappò debolmente al petto di Elijah, come se lei indossasse una catena al collo che la faceva sprofondare giù; si aggrappò a lui come ad un ultimo appiglio prima di rimanerne impiccata.

Ylenia sembrò averlo intuito e senza tanti preamboli si rivolse a Caroline: “Avrò bisogno di te e delle tue gambe. Senza il tuo aiuto non posso arrivare da Maggie in tempo”

La vampira annuì debolmente. Non aveva smesso un attimo di piangere. Briony avrebbe tanto voluto rincuorarla ma sembrava non trovare le labbra per parlare.

La strega invece si avvicinò a Briony, inginocchiandosi e le accarezzò la spalla come a infonderle coraggio:

 “La ferita ha lambito un’arteria che va dritto al cuore. Per fortuna non ha colpito direttamente il cuore altrimenti il tempo sarebbe già scaduto. Cerca di tenerla dritta con la schiena, di farla parlare, non muoverla, qualunque cosa ma non deve addormentarsi. Non si risveglierebbe più”

Briony ascoltava con angoscia le parole di Ylenia, senza però vederla. Intuì l’espressione seria che doveva aver indossato Elijah il quale non rispose. Non c’era bisogno di troppe parole. Lui forse tra tutti era quello che più la voleva in vita, che non sopportava l’immagine della morte accanto a lei.

La sua anima era sempre stata preziosa per lui e vederla sparire tra le sue mani gli avrebbe arrecato un dolore sordo e intollerabile.

Briony sentì dei passi veloci allontanarsi per poi scomparire all’interno della foresta.

Non c’era comunque silenzio perché Briony respirava frettolosamente per via del male acuto. Elijah invece sembrava non respirare affatto.

Il vampiro sembrò riprendere vita dalla presa che creò sul viso di Briony per guardarla. Di nuovo lei fu turbata dalla sua espressione. Non l’avrebbe mai dimenticata.

L’angoscia che lo attanagliava era più  forte di qualsiasi altra sensazione mai provata. “Andrà tutto bene” cercò di dire lui guardandola negli occhi; sembrò incatenare la sua anima per impedirle di andarsene via.

“Sì..” riuscì a rispondere lei con un fil di voce, sperando di non svenire da un momento all’altro.  A dispetto della calma che Elijah voleva a tutti i costi mostrare, lei vide la sua espressione devastata dal dolore. Sembrò artigliante come lo stesso pugnale che l’aveva colpita.

Con un debole sospiro Briony si abbandonò sopra la sua spalla. Lui la cinse in un freddo abbraccio.

Le palpebre di lei si abbassavano ripetutamente. Il pallore era evidente sul suo viso così come lo sforzo di non gridare per il dolore che le fracassava ogni cellula.

“Lo sai il perché..” mormorò lei all'improvviso a stento.

“Perché sto per morire. Tutti quelli come me sono morti prima di compiere il loro dovere. E ora sta accadendo lo stesso a me, come se fosse giusto così alla fine...”

La risposta di Elijah venne decisa:

“Io non ti lascerò morire Briony

Lei continuò come se non l'avesse sentito. Parlare le costava uno sforzo enorme ma desiderava farlo prima della fine.

“Tu continuerai a vivere, nessun male ti verrà arreccato.. né a te né alla tua famiglia. Un po’ è incoraggiante che io non patirò più la pena di poterti fare del male così facilmente.”

Percepì Elijah scuotere la testa. Lei rimaneva appoggiata alla sua spalla, col viso girato rivolto verso la foresta. C'era una tale quiete. Non più urla.

“Non devi mai pentirti di essere quello che sei.” mormorò Elijah girando lo sguardo verso di lei, anche se quest'ultima non ricambiò perché priva di forze. Lo sguardo di Elijah era inciso da una profonda pena. Le emozioni umane sembravano squarciarlo.

Lacrime abbondanti sgorgarono dagli occhi di Briony. Lei non riuscì a evitare il loro corso per questo la voce risuonò così rotta.

"Ogni passo che ho fatto da quando ho imparato a camminare era un passo verso di te. E non per ucciderti, non per quello…

Nonostante ciò che pensava di se stessa, aveva la piena certezza in quel momento doloroso che entrambi si stavano aspettando a vicenda. Erano l'uno parte dell'altra fin dai tempi remoti. Entrambi avevano vissuto con un buco incolmabile nel petto, rendendosene però conto solo quando si erano conosciuti.

Solo allora quel buco aveva cominciato a pulsare per davvero, e piano piano si era richiuso come se la ferita non si fosse mai spalancata.

Briony chiuse gli occhi sentendo i sensi intorpidirsi. Eppure la ferita alla schiena bruciava come non mai.

Sentiva un sapore metallico. “Come fai a resistere? C’è sangue ovunque.. come fai?” domandò priva di forze.

Il viso di Elijah si scavò nell'agonia, ma non per la sete. Sembrava non provasse il benché minimo istinto animalesco, come se la sua parte demoniaca fosse stata soppiantata, sconfitta da qualcosa più ardente e profonda.

Elijah le accarezzò i capelli con delicatezza umana.

“Non ti toccherò con un dito, te lo giuro”

Briony si lasciò sfuggire un respiro mozzato. Elijah appoggiò il viso contro la sua testa.

Lei riuscì ad appoggiare la mano sulla spalla dell’Originario:

Non… non buttare via la tua umanità anche se io non ci sarò più. Non devi farlo ti prego. Non aggiungere al tuo dolore altro odio, altra glacialità…promettimelo ti prego.” la voce le venne meno.

Qualcosa all'interno del petto di Elijah scricchiolò. Era un dolore incessante per lui. Perfino per lui.

Briony strinse la presa in ultimo disperato sforzo.

“Promettimi che non tornerai a far spegnere il tuo cuore, promettimelo” Di nuovo la voce rotta. Le palpebre continuavano ad abbassarsi.

"Briony.." bisbigliò lui quasi fosse l'unica cosa in grado di pronunciare.

Poi lei udì qualcos'altro. Era un suono diverso. Non l'aveva mai sentito, non da lui. Provò un immensa pena nel sentirlo in quella desolazione.

Era il suono di una lacrima. Una lacrima solitaria che non apparteneva a lei, apparteneva a lui. Dopo mille anni una piccola goccia che rappresentava la sua vera anima tornò a bagnare il viso di Elijah, scavò un sentiero di fuoco in quel volto di ghiaccio.

Quanto potere aveva una singola e solitaria lacrima.

Briony respirò a fatica, provò un immenso rammarico nel non poter alleviare il dolore di Elijah, tentare almeno di prendere quella lacrima che costituiva la grandezza del suo dolore. Ma non ci riusciva. Non riusciva a muoversi e nemmeno più a parlare.

Lo strazio era completo. Il respiro confuso e la sua debolezza ne era la prova.

Elijah mise poi il viso contro la spalla di Briony. Stranamente non le fece male; le fece male qualcos’altro.

Qualcosa bagnò la sua pelle. Provò la sensazione che non era frutto della sua immaginazione e nemmeno pioggia invisibile.

Le faceva così male perché non voleva che lui piangesse. Era un suono troppo triste.

Elijah non emetteva comunque fiato, sembrava divorato mentre la stringeva.

Briony temette di non farcela più. Sentiva le mani crudeli della morte ghermirla per afferrarla a sé.

Ma lei non voleva. Cercò di far battere il suo cuore ormai dilaniato.

"Non voglio morire" bisbigliò stringendo gli occhi a causa delle lacrime. Curvò il viso con fare malinconico all'interno della spalla del vampiro.

Elijah alzò il viso. Aprì la bocca, e il respiro che fuoriuscì era spezzato a causa di quelle piccole lacrime che lui non era riuscito a fermare.

Contemporaneamente mise una mano sulla nuca di Briony come per tranquillizzarla.

Sperò con tutto se stesso che Ylenia ce la facesse.

 

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"Come diavolo é potuta accadere una cosa del genere?" sbottò Maggie serrando i pugni.

"Adesso non c'é tempo per le spiegazioni, mi serve il tuo aiuto" rispose Ylenia facendosi avanti e con le mani giunte.

"Hai parlato di un incantesimo. Parlamene"

Fuori dalla porta spalancata c'era Caroline. Il viso serrato dal terrore al pensiero che Briony potesse morire. Non avrebbe mai sopportato di perdere la sorella. Il suo cuore di vampiro sembrò raddoppiare il dolore. Piantò i piedi per far capire che non c'era tempo per le congetture.

"Dovrei sacrificarmi per un mostro?" domandò Maggie con perfetta calma.

"E’ tua figlia!" rispose Ylenia in preda alla rabbia.

"Che però non ha nulla di umano! La mia figliola é venuta infatti qualche ora fa a urlarmi il suo odio e di starle alla larga. Beh tanti saluti allora"

Maggie si girò ma Ylenia la prese per le spalle per farla voltare:

"Se l'hai vista allora avrai capito quanto Briony sia buona e quanto meriti di vivere. Ammettilo una buona volta!"

Maggie trasalì e la strega non si fece sfuggire l'occasione. Intuiva che Maggie era rimasta turbata dall'incontro con la figlia e che fosse almeno dispiaciuta per la sua situazione. Doveva scavare più a fondo.

"Tu sai che ho ragione"

Maggie chiuse gli occhi sospirando, poi li riaprì:

"Senti io acconsentirei se poi tu potessi impedire a mia figlia di trasformarsi in un mostro. Ma non é così, più volte mi hai ripetuto che non c'é speranza. Adesso cos'è cambiato?"

Fu Caroline a parlare:

"Briony non si merita di morire! Ha sempre anteposto il bene degli altri al suo!"

Maggie però scosse la testa:

"E’ sbagliato.. Salvare un mostro e io…. Magari é così che deve andare"

"Allora malora il destino! Fai come Ylenia ti dice altrimenti butto giù la casa!" gridò Caroline furibonda infilando le unghie sugli stipiti della porta.

Ylenia si voltò verso la vampira facendole segno di calmarsi, poi guardò Maggie:

"Maggie so che in cuor tuo vuoi il bene di tua figlia."

"Certo che lo voglio, ma é impossibile ottenerlo"

“Insomma!” Caroline ruggì di nuovo.

“Ti giuro che non sarà un sacrificio vano. Se dimostrerai a tua figlia almeno un pizzico di bene, lei avrà una forza in più per combattere… tu sai che lei non è un mostro. Se l’hai vista te ne sarai sicuramente resa conto”

Di nuovo Maggie trasalì. Ylenia era sicura di tastare il terreno giusto, perché la donna non era uscita impassibile dall'incontro con la figlia. Qualcosa si era mosso in lei.

Maggie tuttavia disse:

“Quello che penso io non conta. Contano i fatti, e tu e io sappiamo come andrà a finire. E’ inutile tergiversare. Un modo per salvare mia figlia dici? Lo vorrei davvero tanto!” alzò all'improvviso la voce.

Ylenia allora capì qual'era il punto focale: se Briony fosse stata normale, Maggie avrebbe acconsentito senza esitazioni. Se ci fosse stato un incantesimo o una speranza per impedire a Briony di essere quello che era, avrebbe acconsentito.

Ma purtroppo quei due casi non combaciavano con la realtà. Maggie aveva cercato numerose volte la maniera per salvare la figlia da quel destino crudele, aveva affidato a Ylenia il compito di sorvegliarla e aiutarla. Ma c'erano zero probabilità e Maggie risultava così sfiancata in quel momento a causa di ciò.

“Ma non esiste alcun modo Ylenia. Anche se ora attui l’incantesimo, comunque non cambierai le cose! La farai vivere per un po’ e dopo diventerà come gli altri! So che è così, credi che mi faccia piacere dire queste cose? Vedere mia figlia così? Sul punto di morte e non poter fare niente?”

“Ma tu puoi farlo! Qualunque genitore lo farebbe!” ribatté Ylenia ancora.

Maggie diventò un blocco di ghiaccio. La voce era calma come prima:

“Ho perso i miei diritti di madre il giorno in cui ho abbandonato Briony

Ylenia si sentì tremare:

“Quindi non acconsenti?” Il suo era un sussurro.

Maggie non parlò, guardò la strega con sguardo rammaricato poi abbassò lo sguardo.

Caroline era pallida con la bocca spalancata.

Ylenia debolmente si arrese. Non c'era più alcuna speranza

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Un cielo blu come gli occhi della morte

Elijah la stringeva al freddo tra le sue braccia. Briony sentiva il gelo pervaderle le ossa e quando sospirò le fuoriuscì un respiro gelato.

Non sentiva più male. Non sentiva più niente adesso. Almeno la tortura fisica era finita. Quella dell’anima però era in agguato, sempre persistente.

Era la sofferenza paralizzante che aveva sentito quando dagli occhi neri di Elijah erano fuoriuscite delle lacrime. Non le aveva mai viste prima d’ora in lui, e non voleva che l’ultima cosa che ricordasse fossero quelle lacrime che lei aveva scatenato.

Le facevano troppo male anche se non riusciva a muoversi per vederle, ma le aveva sentite comunque, come se avessero pianto sul suo animo. L'ultima cosa che voleva era che lui soffrisse.

Un braccio di Elijah le cingeva la schiena, una mano era fra i suoi capelli. Tutto il suo corpo era teso, privo di vita.

Briony ricordò la sua espressione quando lo aveva guardato l’ultima volta. Poteva solo immaginare quanto quell’agonia fosse peggiorata nel suo bellissimo viso.

Volle fare un ultimo sforzo.

Non aveva più forza fisica come se fosse in trans ma doveva farlo.

Voleva alzare il viso e guardarlo. Voleva raccogliere quelle lacrime e sussurrargli di non essere triste. Voleva dirgli un’ultima volta che lo amava.

Cercò di deglutire mentre gli occhi si ostinavano a rimanere chiusi. Mosse piano piano il viso verso Elijah.

Ad ogni secondo sentiva qualcosa di potente invaderle l’anima. Sapeva cos’era e ne ebbe paura. Le sembrava di cadere giù. Come se l’acqua del mare esplodesse sotto di lei, sommergendola. Elijah però continuava a stringerla nel suo freddo abbraccio.

Il buio le riempì all'improvviso gli occhi. Eppure lei nella sua mente riusciva a guardare Elijah. Lo vedeva e faceva più male dell’oceano che scagliava la sua ira su di lei. Faceva così male. Faceva così male la sua agonia che avrebbe avuto vita immortale.

Nonostante tutto, il viso si mosse molto lentamente verso Elijah. Le parole però non le salirono alle labbra. Rimanevano incatenate dentro di lei.

Il naso si scontrò contro il collo gelido del vampiro, che rimaneva immobile come una statua morta.

La tristezza forse sarebbe nettamente diminuita se fosse morta portando con sé l’immagine di lui ancora fissa negli occhi.

Poi quell’oceano la spinse giù del tutto. Il cuore sembrò inabissarsi dentro di esso, come se fosse un orologio ma le lancette non funzionavano più.

Il buio questa volta coprì ogni cosa.

La mano di Briony, un secondo prima sulla spalla di Elijah, scese con delicata lentezza fino a terra.

Il braccialetto che portava al polso si sciolse e cadde a terra, facendolo tintinnare.

Il rumore di quell’oggetto che precipitava nel buio fu per il cuore di Elijah come un rintocco funebre. Il suo cuore sembrò collassare.

Le mani andarono sulle spalle di Briony come se in qualche modo volesse cercare dei segni di vita.

Briony..?” quel sussurro fece fatica a lasciare le sue labbra.

Il viso di Elijah era indecifrabile. Ogni espressione era scivolata via.

Non sentendola rispondere in alcun modo, Elijah scattò come una molla, quasi fosse risorto dalle sue stesse macerie.

La prese per le spalle con più forza per guardarla dritto in faccia, la chiamò con eguale intensità. L’allarme nella voce. L'orrore e la pena nel volto.

Ma sembrava come se avesse una bambola di cera fra le braccia. Le bambole non parlano e non vivono.

Eppure quel corpo privo di vita gli sembrò così pesante che la schiena curvò dolorosamente in avanti mentre le braccia depositarono automaticamente il corpo giù a terra. Gli occhi devastati e increduli, la linea della bocca seguiva quelle emozioni dilanianti mentre guardava quel corpo privo di vita.

Nelle labbra bianche di Briony stava vivendo un silenzioso ti amo. Quel ti amo che non era riuscita a dire.

Il dolore investì e scaraventò l’anima di Elijah in un luogo desolato e sconosciuto. La chiamò di nuovo con urgenza, la sua mano toccava la guancia gelida della ragazza, un braccio si depositò sotto la sua nuca.

Ma non ci fu nulla.

Elijah piombò in una cupa disperazione silenziosa, il volto tormentato dal dolore come pugnalato al cuore.

Gli occhi di Briony rimanevano chiusi. Ogni cosa era finita. I sogni e la realtà infranti, lasciando il posto a un  vuoto immenso.

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Briony sentiva il suo corpo precipitare in un oblio. Non serviva più ormai respirare, era come se stesse passando i secondi ad affogare. Le sembrò alla fine di schiantarsi contro qualcosa di duro.

La morte era arrivata e... aveva i suoi occhi. Gli occhi di Elijah.

Tutti era buio e nero.

In qualche maniera sentiva ancora la presenza del vampiro.

Udì perfino la sua voce. Come se la mente riuscisse ad evocare la voce di chi aveva amato di più in vita, per aiutarla ad affrontare l'agonia della morte.

E qualcos'altro ancora.. Le sue lacrime. Quel suono non se ne era ancora andato e la lacerava a fondo nel petto.

Quello era l'inferno. Il dolore di Elijah la annientava come nessun altro.

Briony si girò poi dall'altra parte, come catturata da qualcosa. Una luce si stava espandendo in lontananza coma la soglia di una porta che si apriva nelle tenebre. Allungò il collo incuriosita e attirata da quella luce.

Era il paradiso? Non ne era sicura, da quel che aveva capito lei dopo la morte era destinata solo al nulla.

Qualcosa sembrava aspettarla oltre quella soglia, lo sentiva. Voleva andare a vedere.

Ma dall'altra parte udì ancora una voce per la quale sarebbe stata disposta a morire due volte.

Il suo nome.

Quella voce lo ripeteva incessantemente ancora, e ancora.

Sentì quella voce guidarla verso l'unico paradiso che desiderava. Perché lei non voleva restare lì.

Guardò un'ultima volta quella luce in lontananza che la voleva ancora catturare.

Lei disperatamente le diede le spalle e cercò di risalire dall'oblio.

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L'agonia tetra che si scorgeva nel volto di Elijah era indescrivibile. Non esistevano parole in grado di esprimerlo. Paralizzato dalla sofferenza mentre ancora stringeva il corpo di Briony tra le braccia. Quasi non volesse lasciarla andare via o non si capacitasse di ciò che era successo.

Si sentiva vuoto. Non sentiva il vento, non sentiva l'odore del sangue. Solo sofferenza e un gran senso di vuoto.

Il viso era duramente scavato, come se le lacrime avessero avuto la forza di indebolirlo e spremerlo, mentre le mani avevano solo la forza di raccoglierle un ciuffo di capelli ricaduto sul viso di Briony. Non emetteva il benché minimo sospiro anche se la labbra sembravano prendessero forma per farlo. Aveva sentito anche lui la vita fluirgli via, come un qualcosa che ti spezza e non riuscirai più a guarire.

All'improvviso però un rumore acuto lo ristabilì. Briony improvvisamente aprì gli occhi e la bocca come se cercasse disperatamente l'aria.

Elijah trasalì colto letteralmente alla sprovvista. Gli occhi erano sgranati, si rizzò sulla schiena imperterrito, mentre lei faticava a respirare e si guardava attorno spaesata.

"Briony?"La voce velata da una speranza a cui non voleva credere.

Lei finalmente lo guardò. Gli occhi verdi si accesero all'istante.

"Elijah"

Lui la guardò come se fosse un fantasma, ma le ombre del suo animo sembrarono diradarsi. Quel peso che si portava nel petto scomparve.

Le prese il viso con una mano e in un attimo premette le labbra sulle sue. Erano entrambe gelide ma sembrarono trovare calore l'uno dall'altra.

Briony sentì delle lacrime di gioia rigarle il viso e mai prima d'allora fu così felice di piangere.

Sorrise sulle labbra di Elijah e quando si staccarono lei gli toccò il viso, dissetandosi della sua vista, come per capacitarsi che non era solo un sogno.

Elijah la fissava ancora incredulo ma poi le sorrise. Un raggio di sole sembrò aver perforato le nubi del suo animo.

Non c'era più dolore, non c'era più male.

Briony si sentiva integra.

Il cielo era ritornato a splendere.

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Si risvegliò nel suo letto con le gambe mezze intorpidite. Ebbe la sensazione di aver dormito per giorni infatti la vista si era annebbiata. Riuscì però a sentire una mano gelida sfiorarle la sua e finalmente vide Elijah, seduto vicino a lei al suo fianco.

Dall'altro lato del letto c'era Caroline che le accarezzava dolcemente i capelli. Vicino a lei c'era Ylenia, il viso abbronzato risplendeva e fissava Briony come se fosse un medico esperto.

Ai piedi del letto c'era anche Stefan. Rivolgeva a Briony un sorriso amichevole e aveva le braccia dietro la schiena.

Briony tirò un filo di sollievo nel vederlo incolume perché aveva creduto che lui ci avesse rimesso le penne a causa della sua dieta vegetariana. Per fortuna non era così.

Rivolse loro un sorriso radioso. Di quelli che ti rendono felice di essere al mondo, di avere accanto persone che ami.

"Sembra che stiate assistendo un'ammalata" scherzò.

Ylenia si avvicinò:  "Ti sei ripresa in fretta, non hai rimasto cicatrici però hai preso numerose botte. É meglio che ti riposi"

Briony sentiva ancora il mal di testa e il dolore alla spalla, ma non ci diede molto peso.

"Spiegatemi che é successo in città.. Stanno tutti bene?"

Stefan si fece avanti raccontando che gli ibridi di Klaus avevano cercato lo scontro e poi sembrava che avessero perso il lume della ragione e hanno dato fuoco alla città. Ci sono stati numerosi feriti. E alcuni morti.

Briony trasalì: "Che fine ha fatto il ragazzino? Quello che.." non riuscì a finire la frase.

Caroline le disse che era scappato a gambe levate non appena l'aveva ferita. A giudicare dalla faccia di Elijah, Briony intuì che quel ragazzino poteva anche rifugiarsi ai confini della terra ma non sarebbe mai andato abbastanza lontano da sfuggire alla sua furia.

E non c'era da biasimarlo. Lei l'aveva graziato attraverso la commiserazione e l'aveva ripagata con un'accoltellata alla schiena.

"Quanti danni sono stati causati?"

"Meglio non parlarne adesso Briony" rispose Ylenia attenta che non si stancasse.

La ragazza si guardò attorno, sentendosi fortunata di avere ancora la casa. Ma era meglio non cantare vittoria, sicuramente era andato distrutto qualcosa.

Elijah le accarezzò le mani per attirare la sua attenzione.

"Briony, qualcuno qua fuori ti vorrebbe vedere. E se non te la senti..."

Lei lo guardò interrogativa e Elijah ricambiò lo sguardo: "Rebekah"

Briony tremò. Ma non perché aveva paura di lei ma aveva paura del suo giudizio e di cosa avrebbe detto dopo l'ultima volta..

Si morse il labbro: "Entra Rebekah" disse a alta voce per invitarla in casa.

Dopo qualche minuto sentì dei passi sulle scale. Vide una chioma bionda, un bellissimo viso circondato da bellissimi occhi azzurri.

Solo allora si rese conto quanto le fosse mancata.

Caroline si irrigidì e storse il naso. Chiaramente non aveva  cambiato opinione sull'Originaria soprannominata da lei “la diavolessa”.

Elijah guardava la sorella con sguardo indecifrabile.

"Sono felice che tu stia bene" mormorò Rebekah con la sua voce cristallina, fissandola titubante.

Briony le rivolse un sorriso mentre la vampira sembrò tentennare nel parlare: "Mi dispiace per come mi sono comportata. Non dovevo essere così dura"

Briony le fece un gesto con la mano per dirle che ormai era passato. Rebekah le sorrise e si avvicinò a lei senza indecisioni.

Elijah guardò la sorella e poi tornò a fissare Briony. Le tornò il mente l'espressione di lui quando credeva che stesse morendo. Quando l'aveva conosciuto credeva che non avesse nulla a che fare con la fragilità. Invece quando aveva visto quell'espressione capì di essersi sbagliata e che era molto peggio della semplice fragilità. Sembrava che ogni cosa di lui si fosse rotta.

Lei gli toccò la mano.

Briony in quel momento si sentì felice, perfetta. I suoi amici, la sua famiglia, Elijah... Per stare con loro, valeva la pena combattere atrocemente per risalire dall'oblio nella quale era precipitata.

Ma quando il suo sguardo cadde su quello di Ylenia la serenità scomparve. Non tutto era perfetto.

Briony si rabbuiò e l'amica abbassò la testa non dicendo una parola.

Briony allora cercò di alzare il busto ma venne fermata da un dolore lancinante alla testa. Ebbe una smorfia di dolore.

"Non ti affaticare. Ricordati che eri morta ed é meglio non correre rischi" disse Caroline col suo solito tatto, fermandola.

Elijah si alzò e il suo sguardo divenne all'improvviso duro e tetro. Come se la sua mente gli stesse inviando immagini di Briony in punto di morte, le innumerevoli ferite, la pena e il dolore.

Si irrigidì.

"Bastardo" mormorò duramente continuando a fissare Briony.

Rebekah guardò il fratello allarmata: "Che hai intenzione di fare?"

Elijah non la degnò neanche di una parola: la risposta stava scavata nel viso.

Briony lo fissò preoccupata ma ci pensò Rebekah: "Quasi tutti gli ibridi sono stati annientati. Il peggio é passato e purtroppo vivendo in una città come Mystic Falls é da mettere in conto questo genere di pericoli"

A giudicare dall'occhiata torva di Elijah, lui aveva un'altra teoria in mente.

Briony si agitò nel letto: "Elijah.." Non voleva che accadesse qualcos'altro di male, soprattutto a lui.

Il vampiro la guardò con sguardo impenetrabile: "Tornerò presto" E si chinò a baciarle la fronte. Briony non riuscì a nascondere il suo turbamento ma lo lasciò andare, non distogliendo lo sguardo fino a quando non fu svanito.

Sospirò e tornò guardare la strega: "Ylenia, dimmi cosa é successo ti prego"

La donna si mise un capello dietro l'orecchio: "É meglio che non ci pensi adesso. Devi riposare" disse poco convinta.

Briony però era di tutt'altro parere infatti fu sul punto di alzarsi. Caroline la bloccò:

"Ferma lì. Non ci provare nemmeno. Per una volta pensa a te stessa"

Briony sbuffò. "E Tyler? Dimmi almeno se lui sta bene"

"Certo che sì. É piuttosto malandato, ha avuto qualche commozione cerebrale ma si riprende in fretta"

Briony sospirò sollevata: "Meno male"

"Ma tu stavi per morire Briony.."

"Non per colpa sua. É stato molto coraggioso."

"Ero pervasa dalla paura.. Ero rimasta bloccata dalle fiamme ma per fortuna é accorso Stefan ad aiutarmi. Dopo ho scoperto che tu eri sparita e.."

"Non ti libererai così facilmente di me sorellina"

Caroline le sorrise e le diede un bacio sui capelli. Stefan si avvicinò al gruppo dicendo che una cosa simile non sarebbe ricapitata mai più.

"Non penso che dopo l'incontro con mio fratello, Klaus avrà più voglia di creare ibridi" esclamò Rebekah convinta.

Briony sorrise nervosamente e poi tornò a guardare Ylenia. Non riuscì a sorridere questa volta.

 

----------************-----------

 

Klaus se ne stava bello e beato a godersi un bicchiere di vino rosso disteso sul divano.

I suoi ibridi non erano ancora tornati a dargli notizie ma il ritardo non lo spaventava, di certo stavano ultimando alla perfezione il lavoro che aveva loro assegnato. Sorrise beffardo che entro poco avrebbe ricevuto la testa di Briony Forbes su un piatto d'argento. Brindò anche alla prospettiva che tra poco si sarebbe anche occupato di quella sgualdrina   di Ylenia. E questa volta avrebbe fatto lui stesso  il lavoro. Sorrise al pensiero mentre bevve.

Quasi quasi dovette ammettere che il piano di Gwendolyn non era male affatto.

Sentì dei rumori. Era Elijah che entrava a passi lenti e soppesati nel salotto.

Klaus alzò il sopracciglio vedendolo arrivare e si alzò: "Fratello. Non ti aspettavo."

Lo sguardo di Elijah era indecifrabile.

Klaus lo guardò accigliato: "Hai qualcosa da dirmi?" domandò bevendo l'ultimo sorso.

Elijah gli diede un pugno in pieno viso, facendo esplodere il bicchiere sulla sua bocca in mille pezzi, e Klaus cadde all'indietro. Elijah gli servì il doppio facendo fracassare il corpo del fratello contro un tavolo.

Klaus si alzò di colpo: "A cosa devo questo benvenuto?" ruggì imbestialito pulendosi la bocca sporca di sangue.

Elijah fece dei passi in avanti. Lo sguardo impenetrabile e pericoloso:

 "Hai mandato tutti i tuoi ibridi ad attaccarla... Non hai un brandello d'onore. Non hai niente Klaus" mormorò in tono spregevole rendendosi conto di che pasta era fatto il fratello e che non sarebbe mai cambiato.

Klaus lo guardò beffardo: "Come prego?"

Elijah lo prese per il bavero della giacca: "Dovrei ucciderti" sibilò con uno sguardo che stava per prendere fuoco.

Klaus sembrò allora perdere la pazienza e si tolse le mani del fratello di dosso:

 "Non so a cosa ti riferisci. Se i miei ibridi hanno fatto baraonda in città avranno avuto i loro motivi, sicuramente Stefan e Damon Salvatore avranno cercato delle rogne come al solito. Se la tua fidanzatina c'è andata di mezzo non é un problema mio, se tu non riesci a proteggerla fatti qualche domanda allora"

Elijah lo afferrò rudemente per il collo spingendolo a velocità fulminante contro il muro:

"E ti aspetti che ci creda?"

Klaus sembrò non patire alcun dolore infatti gli sorrise maligno: "Francamente non mi interessa"

Si levò di torno il fratello un'altra volta: "Briony non è nulla per me. Perché dovrei volere la sua morte?"

Elijah lo fissò con sguardo di ghiaccio: "Tu lo sai.."

"So molte cose fratello ma per me in questo momento tu parli arabo"

Elijah digrugnì. Come aveva fatto Klaus a conoscere la verità? Rebekah non poteva averlo fatto.. E Gwendolyn.. Lui sapeva quanto lei odiasse Klaus, era la persona che più detestava al mondo; non aveva senso che gli dicesse la verità su una cosa che poteva nuocergli. Il cuore però gli diceva che non poteva più fidarsi della propria famiglia.

"Dov'é Gwendolyn?" domandò stizzito.

Klaus scrollò le spalle:

"Non lo so. Forse non l'hai notato ma quella ragazza mi evita come la peste bubbonica"

Elijah analizzò attentamente le sfumature del viso di Klaus, come se volesse leggergli la mente: "Mi  duole informarti che il tuo piano é andato in fumo. Briony é viva."

Klaus a suo credito non batté ciglio né ebbe alcun guizzo negli occhi. Erano tutte e due statue di ghiaccio, ma l'inquadratura di Elijah era pericolosa e minacciosa mentre avanzava.

 "E ti avverto.... Se oserai.."

"Mi stai minacciando Elijah? Sulla base di cosa? E comunque sprechi fiato anche perché non puoi uccidermi" rispose Klaus in segno di sfida.

Elijah gli balzò addosso a velocità fulminante, ma Klaus non si fece prendere alla sprovvista che infatti lo prese per il collo e lo spinse contro un tavolo che cigolò per l'imminente forza.

Elijah non si mostrò per nulla debole infatti allungò il braccio per afferrare con forza il collo di Klaus.

La voce risuonò glaciale, piena di minacce:

"Tu toccala ancora.. e avrai di che pentirti. Ti do la mia parola"

Klaus rise:

"Sei ridicolo Elijah. Stai diventando un malato d'amore come Finn. Io non ho nulla contro la tua fidanzatina e se c'è qualcuno che la vuole stecchita non sono io"

Detto questo lasciò libero il fratello.

Elijah lo guardava per nulla convinto. Intuiva che Klaus c'entrasse in qualche modo, le coincidenze erano troppe anche se lui continuava a negare.

"Non finisce qui" affermò lanciando un ultimo sguardo di fuoco a Klaus, per fargli ricordare che non si sarebbe mai dimenticato di ciò che era successo. Fece alcuni passi per andarsene.

"Per me l'argomento é chiuso invece. Vuoi che civilizzi i miei ibridi come prova della mia fiducia?" domandò Klaus ostentando la sua indifferenza.

Elijah si voltò senza alcuna paura:

"No. Se tu osi ancora crearne altri, strapperò loro il cuore all'istante"

Diede le spalle al fratello ma la sua voce lo bloccò:

"Puoi minacciare quanto vuoi ma tu non potresti mai metterti contro la tua famiglia Elijah. Abbiamo un giuramento che ci lega, per sempre e oltre"

Elijah si fermò a contemplare quelle parole e serrò il viso. Pensò di non degnare Klaus di una risposta ma alla fine sorrise amaramente mentre scuoteva la testa.

"E tu ti ricordi cos'è una famiglia Niklaus?" domandò senza guardarlo.

Questa volta fu lui a non ricevere risposta.

 

Il cimitero era freddo. Come se le anime dei defunti fossero lì con loro.

Briony era di fronte alla tomba della madre. Con lei c'erano Elijah e Ylenia.

Non aveva portato dei fiori. Era venuta lì per avere risposte che anche dopo la morte non riusciva ad ottenere.

"Perché? Lei mi odiava, me l'ha sempre fatto capire. Perché allora si é sacrificata per me?" domandò confusa stentando davvero a crederci, mentre i suoi occhi guardavano la tomba spoglia della madre.

Fu Ylenia a rispondere: "Lei odiava ciò che rappresenti. Voleva scappare dal mondo soprannaturale e con te accanto non ci sarebbe mai riuscita. Disprezzava quel mondo, i vampiri, i mostri.. Per lei tu eri una di loro e per questo aveva i paraocchi"

"E quindi? Perché allora mi ha salvata? Dovrei sentirmi in debito con lei? Ha tentato di uccidermi quando ero una bambina, non mi ha mai dimostrato amore, mi ha sempre lasciata sola.. E adesso.. Cosa dovrei pensare?"

Briony non riusciva a vedere né provare niente. Il classico dolore che una figlia prova dopo la morte della madre non arrivava. Non riusciva a essere in debito con quella donna dopo tutto quello che aveva subìto a causa sua, non provava nessun rammarico stando in quel luogo lugubre. Come se il nome scritto sulla lapide fosse per lei sconosciuto. Era un mostro a pensarla così?

Ylenia la guardò dritta negli occhi:

"Briony, la prima volta che ho conosciuto tua madre era una donna distrutta che non aveva nulla per cui lottare. In qualche modo l'ho capita perché era come me.. Sola. Senza una famiglia. Odiava il mondo intero" Negli occhi neri di Ylenia si nascondeva l'ombra di un'amicizia che era durata per anni, sia con alti e bassi, ma almeno aveva soffocato un  della sua solitudine.

"Mi aveva confidato che aveva abbandonato sua figlia perché non la riteneva veramente sua.. Non essere una vera madre era stato il suo più grande fallimento ma ormai era troppo tardi per tornare indietro ed era troppo testarda per ammettere di aver sbagliato. Andava avanti autoconvincendosi che tu eri un mostro e che era stato giusto così. Quando ha scoperto che io ero una strega molto potente si é messa in fissa che forse potevo aiutarti, offrirti l'aiuto che lei non ti poteva dare per troppo orgoglio e per.. Perché aveva paura."

Ylenia si voltò a guardare la tomba con un'espressione malinconica.

"Ha tenuto sempre un comportamento freddo ma era una maschera. Anche lei soffriva ma non voleva darlo a vedere perché era nata per essere una donna forte. Quando le ho detto che non c'erano speranze affinché tu cambiassi é ritornata peggio di come era prima. Lanciava accuse contro di te definendoti con i peggior appellativi, così in qualche modo avrebbe smesso di compiangersi per il suo mancato lavoro di madre, e dando la colpa a te perché ti vedeva in una veste sbagliata"

Briony ascoltava in silenzio non sapendo cosa dire né cosa era giusto provare. Sembrava che nessun essere umano fosse immune dal dolore, perfino sua madre. In qualche modo riusciva a capirlo ma lei? Sua madre aveva mai mostrato comprensione per la figlia?

In quel momento era troppo spaesata per riuscire a essere quella di sempre. Perdonare tutto era troppo difficile.

Ylenia continuò:

"Forse quando ti ha visto ha capito di aver fatto un errore madornale ma come al solito non voleva ammetterlo. Ha sempre represso i suoi reali sentimenti."

Briony deglutì restando in silenzio. A dispetto delle aspettative non riusciva a provare nulla per la madre, nulla. Continuava a guardare la tomba con sguardo vuoto.

"Non voglio giustificarla BrionyMaggie non é stata una buona madre, né una brava moglie.. Ma alla fine.. Ha voluto fare ammenda di questo"

Briony guardò Ylenia. Vedeva quanto la strega fosse sollevata che era finita così. Perché se doveva scegliere avrebbe sempre scelto la vita di Briony contro quella di Maggie. Aveva instaurato due amicizie diverse, opposte. Quella con Briony era molto più profonda e umana. Ma nonostante tutto la strega non riuscì a non provare tristezza mentre guardava la tomba e ricordava quell'incontro che le aveva di certo cambiato la vita.

"Lei credeva che meritassi una possibilità?" domandò Briony ancora sconcertata.

"Non lo so.. Lei diceva una cosa poi ne faceva un'altra.. É sempre stata un mistero" Ylenia lanciò un ultimo sguardo triste alla tomba e se ne andò senza dir più una parola. Di certo una delle cose che le due donne condividevano era trascinarsi un mistero addosso e chiudersi ai propri sentimenti.

Briony la guardò allontanarsi. Aveva un miscuglio di sensazioni addosso che andavano a nuocere la debolezza del suo fisico.

"Non so come dovrei sentirmi adesso" mormorò Briony stringendosi nelle spalle. Elijah fino ad allora non aveva detto una parola, era rimasto un blocco di ghiaccio per tutto il tempo e si erano scambiate sì e no 4 parole in croce durante il viaggio. Briony avrebbe tanto voluto sapere che cosa era successo dopo che se ne andato da casa sua ma Elijah non aveva proferito parola. Ma alla fine quando lui sarebbe stato pronto gliene avrebbe parlato, non era il momento giusto di insistere.

Elijah fece finta di prendere qualcosa per terra:

"Non pentirti di essere viva, é una gioia a cui non rinuncerei mai" mormorò alla fine alzando lo sguardo e sorridendole lievemente.

Briony tornò a guardare la lapide. In effetti doveva essere felice di essere ancora viva, di poter vivere accanto alle persone che amava.

Elijah si alzò sempre guardandola. Le cinse le spalle con un braccio protettivo per darle modo di scacciare la tristezza.

"E siamo insieme."

Il suo respiro le fece girare la testa.

E lei all'improvviso si ricordò cosa significava sentirsi veramente vivi. Anche durante il calvario della morte lei si era sentita viva tra le sue braccia, la sua voce non l'aveva mai lasciata nemmeno per un istante.

Alzò il viso per guardare Elijah dritto negli occhi. Non riusciva a scordare l'immagine di lui mentre l'aveva vista morire, non riusciva nemmeno a darci un nome al suo tormento.

"Credevi di perdermi?"

Il viso di Elijah si scavò. La voce era ruvida.

"Sì.. E giuro che non permetterò mai più che succeda"

Briony sospirò. Si strinse di più a lui, guardandolo con dolcezza malinconica.

"Non é stato nessun altro a salvarmi, sei stato tu. Sentivo la tua voce" mormorò in un bisbiglio. Elijah la fissò con sguardo impenetrabile ma quelle parole sembravano scavare dentro di lui.

Briony vide l'anima di Elijah trasparire in quegli occhi. Fu tentata di toccarla, così come le loro anime si erano scontrate molto tempo prima.

Alla fine però abbassò lo sguardo, vinta da una tristezza improvvisa.

Elijah le accarezzò la guancia col dorso della mano.

"Non buttare via tutto con brutti pensieri allora"

Briony sorrise timidamente e tornò a guardare la lapide: capì a cosa era dovuta quella tristezza improvvisa. Non provava nulla per la madre però scioccamente le fuoriuscì una lacrima dagli occhi.

Aveva fatto lo stesso errore di Elena? Capire veramente qualcuno solo dopo la morte? No, Maggie non era lontanamente paragonabile al suo amico John. Eppure quella lacrima scese.

"Scusami. Solo questa volta, poi non piangerò più."

Si morse il labbro e chinò il capo come se si stesse vergognando, ma Elijah la prese tra le braccia e lei affondò il viso nel suo petto, come se ne ricavasse conforto.

Ad un tratto aprì gli occhi e scorse in lontananza una figura con un lungo impermeabile grigio. Ebbe l' impressione che stesse guardando dalla loro parte e così un improvviso gelo si impadronì di lei. Provò la netta sensazione che non era ancora finita. Quella brutta storia sembrava non conoscere epilogo.

Quando tornò a guardare, quella figura misteriosa non c'era più. Scomparsa.

Briony si strinse ancora di più a Elijah per scacciare l'inquietudine. Il gelo venne sopraffatto.

 

Fine capitolo.

Per prima cosa attendo con ansia dei vostri commenti. Dalle scorse recensioni ho capito che il capitolo precedente a questo é stato il vostro preferito in assoluto e avevo una fifa nera di fare un disastro! Spero che questo capitolo non vi abbia delusi e che sia stato all'altezza dell' altro e se così non é…… Ahimè mea culpa! Spero che non mi abbandonerete ora che il viaggio si farà più interessante Ihih

Perdonate la lunghezza del capitolo, la mia idea era di concluderlo quando Briony sarebbe risorta ma poi ho pensato che il prossimo capitolo volevo dedicarlo ai flashback di Ylenia quindi ho proseguito.

Alcune cose sicuramente non vi saranno chiare, come il piano dei due fratelli malefici, ma spiegherò meglio tra 2 capitoli!

Come ho detto nel prossimo ci saranno i flashback della nostra amata streghetta quindi vi consiglio di riprendere il capitolo “Turning back time”!

 

Ringrazio tutti a voi, a chi mi recensisce, a chi mi scrive in via privata, a chi legge e ama la storia. In particolar modo ringrazio Sere Le Fay e vi consigli di leggere la sua fanfic http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1155344

E vi aspetto anche nella mia pagina Facebook! Vi attendo in molti J http://www.facebook.com/pages/We-love-The-Vampire-Diaries-Always-and-Forever/283070235115435

 

Grazie a tutti! Un bacione!

 

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Capitolo 23
*** Turning back time - 2 parte ***


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A causa della lunghezza del capitolo, ho diviso il testo in diversi paragrafi. Quando c’è questo simbolo -------**********--- col colore rosso vuol dire che c’è solo un cambio di scena tra i personaggi. Quando c’è col colore azzurro allora vuol dire che è passatempo un po’ di tempo dalla scena precedente. Buona lettura!

Ci tengo inoltre a ringraziare tantissimo le persone che mi dimostrano di amare la mia storia e che mi sostengono sempre con le loro belle parole. Spero che la mia storia vi piacerà fino alla fine e di non deludervi! Ringrazio Ariel Winchester, Buffy46, Briony96, Debby_88, Sere le Fay, Polo, Alessialalaverocry, Esmeralda91,jess chan, fior di loto, alice sartoribeth petrovacielonavarra, Anna Veronica, Cate96.. E TUTTI gli altri che leggono la mia storia. Vi ringrazierò tutti alla fine del mio poema ;)

19 capitolo

 

Non c'era rimasto quasi nulla. Solo fumo e macerie.

Ylenia stava osservando il motel andato totalmente in fiamme. La sua stanza, chissà perché, era quella messa peggio di tutte: il tetto se non crollava era un miracolo, tutti gli oggetti si erano consumati per colpa del fuoco, e la porta d'ingresso non esisteva quasi più.

Non era l'alloggio né le cose materiali che la rendevano triste. Sapeva che il ritratto che ritraeva lei e la sorella era svanito e distrutto, insieme a tutto il resto. Non aveva più nulla adesso, era il solo ricordo del passato che possedeva  e che aveva sempre custodito gelosamente.

Un lampo le attraversò all'improvviso la mente: il ritratto non era l'unica cosa importante. Con sgomento e terrore se ne accorse troppo tardi.

Il Libro Bianco.

Se fosse andato distrutto le avrebbe recato un danno enorme, le sembrava sul punto di perdere una parte di sé e di essere vulnerabile. Senza contare i rischi, Ylenia entrò a passi malfermi dentro la sua camera. Incespicò sui piedi a causa degli oggetti sparpagliati e bruciati per terra, teneva la testa bassa per il tetto traballante. Ma i suoi occhi erano tutti puntati sul comodino e cercò di raggiungerlo in fretta. Praticamente il mobile era tutto annerito a causa del fumo, e il secondo cassetto quasi le si sbriciolò tra le mani.

Ma l’unica cosa che era intatta in quella camera devastata era proprio il Libro. Era in perfette condizioni proprio come lo aveva lasciato, privo di bruciature, e Ylenia lo toccò come se fosse un tesoro appena scoperto.

Senza perdere tempo uscì dalla camera prima che crollasse del tutto. Appena uscita mise il libro nella borsa che portava a tracolla per nasconderlo con cura fino a quando non gli avrebbe trovato un altro posto in cui nasconderlo per bene. Fece un sospiro di sollievo, quando una voce terrificante alle spalle la fece trasalire.

“Tutte le torture che ho imparato in 1000 anni non sarebbero abbastanza per ciò che ho in mente per te.”

Ylenia sapeva a chi apparteneva quella voce spaventosa. E per la prima volta ne ebbe paura. Davvero paura. Non riuscì a trovare nessuna risposta sarcastica mentre si voltava lentamente verso il suo carnefice. Il viso della donna era totalmente pallido.

“Klaus.”

L’ibrido era così fuori di sé che quasi i suoi lineamenti si erano sfigurati. Sembrava non ci fosse nessuna umanità in lui, se mai c’era stata. Assomigliava a una bestia inferocita pronta ad attaccare.

“Io non mi faccio prendere in giro da una sgualdrina come te. Pagherai caro l’affronto che mi hai fatto.” sibilò lentamente, mentre gli occhi erano percorsi da lampi furiosi.

Ylenia rimaneva immobile, completamente in preda alla paura. Nel cortile purtroppo non c'era anima viva.

Klaus serrò duramente i pugni e mostrò il suo vero volto terrificante.

“Se tu e la tua amica volevate farmela da sotto il naso avete fatto male i vostri conti. Mi hai completamente preso in giro tacendomi che Briony era quel mostro schifoso e alleandoti poi con lei contro di me!” Klaus gridò talmente forte da far tremare il terreno e Ylenia sussultò, osando a malapena indietreggiare. Lui però le fu davanti.

“Sciagurata imbrogliona! Lascia che ti metta le mani addosso”

Dopo quella minaccia ad effetto, Klaus saltò addosso a Ylenia. Lei fu troppo lenta a deviare il colpo, le braccia cercarono solamente a spingere via Klaus, che comunque la spinse contro un albero con velocità feroce. Con la stessa ferocia, i denti già sfoderati di Klaus affondarono sulla sua spalla destra, penetrando in profondità e lacerandole la carne in un sol colpo.

Ylenia gridò in preda a un dolore immenso mentre il sangue scivolava sulla bocca di Klaus. La donna raccolse però le ultime energie per racimolare la magia e questa esplose contro Klaus come una cannonata; l'ibrido serrò duramente i denti per sopportare il colpo ma fu costretto a spostarsi dalla pelle lacerata della strega.

Incespicò poi di due passi all'indietro ma non diede tempo alla strega di sferrare un altro colpo. Tutt'altro, un suo braccio la afferrò per il collo e Ylenia all'improvviso non sentì più la terra sotto i piedi. Il suo collo si contorse dal dolore mentre dall'alto vide Klaus lanciarle lampi gelidi.

"Preparati a una fine dolorosa, Ylenia Lefevre." sibilò lui lentamente serrando di più la presa fino a conficcarle le unghie nella pelle.

La strega boccheggiò in cerca d'aria e strinse gli occhi per non mollare. La mente sussurrò ad un tratto parole sconosciute ma che sprigionarono un’enorme energia: le gambe di Klaus furono all'improvviso attraversate da radici spesse e profonde che sbucarono dal terreno come se nulla fosse.

Klaus abbassò gli occhi per guardarsi le gambe attraversate da una lunga serie di radici. Sghignazzò divertito:

 "Che cosa credi di fare?" domandò alzando il viso verso di lei ma non ce la fece del tutto perché venne interrotto dal proprio grido di dolore e stupore.

Quelle radici sembravano lanciargli scosse e acido lungo tutte le vene e fargli esplodere i muscoli delle gambe. Queste caddero non riuscendo più a reggere, e finalmente Ylenia si liberò della presa di Klaus e cercò di dileguarsi. Ma nel cadere lui riuscì a trascinarla a terra con sé e con la forza delle mani cercò di attirarla a sé, affondando con ferocia le unghie dentro la sua pelle. Lo sguardo e gli occhi di Klaus sembravano irriconoscibili.

Ylenia gridava con la voce rimastale e con calci e pugni riuscì a divincolarsi. Gattonò stremata, mentre questa volta l'attenzione di Klaus era rivolta a se stesso e con le mani e i denti cercava di strappare via le radici pulsanti dalle gambe.

Ylenia intanto perdeva sangue e a fatica si reggeva in piedi a causa dei colpi inferti da Klaus. Si accucciò vicino all’albero quando le venne all’improvviso un’idea che poteva salvarle la vita dalla furia impazzita di Klaus. Chiuse gli occhi concentrandosi.

L’ibrido intanto tra grida e imprecazioni era riuscito a levarsi di torno le radici e con fatica si rialzò, pronto ad attaccarla di nuovo. Ma quando i suoi occhi sfocarono bene, notò che non c’era più nessuno nel cortile. Sgranò gli occhi, guardandosi attorno con un ringhio furibondo.

Serrò i pugni: “Dove diavolo ti sei nascosta?” sibilò a bassa voce facendo il giro dell’isolato. Si guardava attorno, i sensi all’erta, ma non avvertiva più la presenza della donna. Come se si fosse volatilizzata nel nulla.

Preso dalla rabbia, Klaus sfondò la staccionata del motel in un colpo solo e gridò in preda all’ira.

“Gioca pure a nascondino, tanto ti troverò prima o poi!”

Ringhiò nuovamente prima di andarsene di lì, e si avviò sulla strada continuando a cercarla. Invano.

Passò una mezz’ora prima che Ylenia ricomparve. Il suo corpo fuoriuscì dall’albero in cui si era rifugiata al suo interno. Ricorreva un potere molto forte per unirsi in un tutt'uno con la natura, ma Ylenia aveva quel potere. Anche se le era costato caro...

Un rivolo di sangue le fuoriuscì dal naso a causa dello sforzo e se lo ripulì malamente con la manica del braccio. Senza perdere altro tempo, andò in cerca della sua borsa caduta prima durante lo scontro e corse via.

Il respiro era affannato ma i pensieri erano decisi e furibondi.

"Maledetto te Klaus. Sei tu che mi hai rovinato la vita. Maledico il giorno in cui ti ho incontrato. Maledetto, maledetto, maledetto" Pensò ripetutamente mentre correva. Il sangue sgorgava dalla spalla ferita ma non le importò.

I ricordi all'improvviso vennero a galla come un'onda implacabile.

 

Orleans, 1769

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. E Ylenia in quel periodo non si fidava di nessuno, e fidarsi di un tipo come Niklaus Mikaelson avrebbe portato solo allo scavarsi la fossa con le proprie mani.  Sapeva che lui era pericoloso, e il fatto che c’era un accordo che li legava non le incuteva una gran gioia. Soprattutto per i rischi che correvano tutti.

Ma col tempo aveva imparato a non giudicare le azioni feroci dell’ibrido, a non storcere il naso non appena lo vedeva comparire, o a pensare al metodo migliore per levarselo di torno.

Anzi, aveva imparato a non snobbare il suo modo di vedere la vita, a condividerne gli aspetti sotto ogni sfumatura come se l’attrasse suo malgrado, e a non farsi guidare da un moralismo spiccato che sinceramente non le era mai appartenuto.

Sfortunatamente Klaus fin da subito aveva toccato un suo tasto molto dolente: la voglia di potere e ambizione. Lui poteva offrirgliene quanto ne voleva, bastava che lei allungasse la mano. Ma la sua mano era così strapiena di doni che non riusciva più a contenerli e questi si spargevano per terra, in modo disordinato e confuso.

La presenza di Klaus finì per avvelenare la sua vita, la sua mente, e lei non se ne accorse neppure. Lo lasciò semplicemente fare, perché per prima cosa lei non poteva contrastarlo. Seconda cosa, perché non volendolo ammettere interiormente le piaceva. Le piaceva come lui si prendeva ciò che voleva, quando e come voleva. Che non avesse paura di niente, che tutti sottostavano al suo volere.

Lei avrebbe voluto possedere quelle doti, così non sarebbe mai stata più umiliata o sottovalutata come era già successo troppe volte. A non incontrare la paura ogni qual volta ripensava alle violenze di un padre ignobile.

Arrivò persino a condividere i pensieri oscuri di Klaus, e a non farsi scrupoli nel prendere ciò che lui offriva. Ormai il patto che li legava era stato sottoscritto col sangue, non poteva essere negato per nessuna cosa al mondo. Ciò le facilitava anche un po’ le cose, i rimpianti in fondo fanno solo male e sono degli inutili rompicapi. Così come i sensi di colpa. Li fece scivolare via come una brava allieva.

Accadde una volta che Klaus apparve in casa sua mentre lei preparava qualche incantesimo.

“Ti stai dando da fare su ciò che ti ho chiesto vero? Devi trovarmi quei mostri schifosi, Ylenia.” ordinò lui avvicinandosi.

Lei alzò gli occhi al cielo: “Sì ho recepito benissimo il tuo messaggio, Niklaus. Ma vedi non posso sapere nulla di quegli esseri se non divento forte. Sempre più forte, mi capisci no?” Gli lanciò un’occhiata non poco equivoca ma lo sguardo di lui era indecifrabile.

“Non ti sto già dando delle belle dritte? Non dimostrarti troppo avida, ma cherie.” Affermò lui suadente.

“Oh insediarti nei miei sogni è il massimo che uno come te può fare? Non ti credevo così biblico.” lo prese in giro lei.

“Ciò non spreca gli insegnamenti o mente su ciò che potrai avere, gustarti. L’hai detto tu che in questo mondo di insidiosi rompiscatole non possiamo dare nell’occhio per far scoprire questo piano, o sbaglio?” affermò lui inclinando la testa.

In effetti era così, ad Orleans c’erano altre streghe e potevano ben accorgersi di quello che stavano facendo loro due; per cui un altro mondo parallelo, più buio e ambiguo in cui i loro intenti erano soltanto i loro facevano comodo.

Ed era comunque reale, a vedersi di un piccolo segno che Klaus aveva rimasto alla base del collo.

“Certo certo, magari la prossima volta cambia scenografia se non vogliamo dedicarci esclusivamente a ben altre volontà.” gli mormorò lei con un sorrisetto meschino, nato quasi solo per lui, e gli sfiorò deliberatamente quel segno rimasto.

Klaus le distolse via la mano con una smorfia annoiata come per cambiare discorso.

Ylenia finì il suo lavoro e girò completamente il busto verso di lui. “Tu dici tanto che sai cavartela da solo, ma come vedi hai bisogno anche del mio aiuto per i tuoi piani. Però è curioso... cosa le faresti a una strega in un ambito normale, senza sotterfugi o piani?” Gli rivolse un’occhiata attenta e ben ponderata, aspettando una sua risposta.

Klaus inarcò il sopracciglio. “Cosa farei a una strega?” ripetè la sua domanda, ma la voce dell’Originario aggiunse come al solito un accento più fascinoso.

Si avvicinò a Ylenia molto lentamente, tenendo gli occhi fissi sui suoi. “Andrei a letto con lei.” mormorò con voce deliberatamente carezzevole. Lei non diede cenni di tentennamenti mentre Klaus abbassò il viso verso il suo orecchio. Gli soffiò sopra col suo respiro glaciale “Poi le strapperei il cuore” bisbigliò con mezza voce, ma il suono arrivò in modo tale da farle venire forti brividi lungo la schiena.

Comunque lei non espose il benché minimo turbamento mentre Klaus scostò il viso per guardarla bene in faccia in cerca di una sua reazione. A dispetto delle aspettative, Ylenia gli rivolse un sorriso malizioso.

“Non credo di correre rischi allora. Non ho paura di perdere il cuore.” sussurrò con medesimo tono avvicinandosi senza paura al viso dell’Originario. Il viso di Klaus rimaneva fermo a scrutarla, ma in qualche modo era divertito.

Credeva che le streghe fossero tutte delle rompi scatole moraliste, tutte ligie al dovere, ma scoprire quest’eccezione era stata una piacevole scoperta. D’altronde l’immortalità è noiosa se non ci si concede qualche svago di piacere.

Ylenia accorciò sempre di più la distanza fra le loro labbra, quando con un sorrisetto si scostò all’improvviso, come se fosse solo un gioco. Gli accarezzò il petto con un dito mentre si muoveva leggiadra verso la propria camera da letto. Prima di addentrarsi al suo interno, Ylenia girò metà viso per rivolgere a Klaus un’occhiata tra il divertito e malizioso.

L’Originario rimase a fissare la donna con sguardo impenetrabile senza esporre alcuna emozione, quando all’improvviso un sorrisetto curvò anche le sue labbra rosse. Si avviò verso la camera da letto di Ylenia senza dire nulla.

 Ormai i giochi erano fatti.

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Agnes faceva parte del piano di Klaus a livello marginale. Era un mezzo per arrivare ai suoi scopi, la vita umana stessa era solo un mezzo, per lui. Non gli importava usarla a suo vantaggio senza alcuno scrupolo. E più lo faceva, più si divertiva. E più si sentiva potente e invincibile. Non avrebbe mai sostituito quella sensazione con nulla di diverso.

E ancor più divertente era celare i propri piani e aspettare che la vittima di sua spontanea volontà  cadesse nella trappola a cuore aperto e senza accorgersi di nulla.

La ragazza vedeva spesso Klaus, e sapeva che lui era un vampiro. Ylenia non poteva tacerglielo. Sapeva anche che era fratello di Finn e che aveva dei piani loschi in mente.

Era noto a tutti e due gli interessati che lei era turbata dalla presenza del vampiro perché sapeva che fosse terribilmente pericoloso e che bisognava stare attenti. Sebbene volesse a tutti i costi nasconderlo. Una regola precisa era mai mostrare paura di fronte a un nemico.

Quando infatti Agnes vedeva Klaus parlare con Ylenia cercava sempre di ignorarlo o di non farsi notare. Ma il sorriso inquietante che lui le rivolgeva quando la guardava, lo notava eccome.  La biondina nascondeva nel miglior modo possibile il tremolio del suo corpo.

Un giorno Agnes si trovò Klaus in casa, e Ylenia stranamente non c’era. La ragazza trasportava un cesto di panni puliti quando all'improvviso si trovò davanti Klaus, vestito e pettinato in modo impeccabile. Per poco non sobbalzò.

Era ovvio che fosse bello, ma anche pericoloso. Se lo ricordava in ogni momento.

Ylenia non c’è, se la cercavate...”

“Lo so che lei non c’è.” Rispose lui velocemente lanciandole un’occhiata ironica, come se la cosa lo divertisse.

Agnes invece aggrottò la fronte non sapendo proprio cosa avesse in mente, ma cercò di non recargli fastidio perché aveva intuito che il vampiro aveva un carattere troppo istintivo e per nulla calmo.

“Avete bisogno di qualcosa?” domandò deponendo la cesta sopra il tavolo della sala principale. Klaus la seguì sempre con un ghigno stampato in faccia, quando raccolse alcuni dipinti sparsi sopra il tavolo.

“Ragazzina, non ti avevo già detto che devi smetterla con gli angioletti? Non è ora che diventi grande?” domandò in tono insolente, gettando con indifferenza i disegni sul tavolo.

Agnes non riuscì a non lanciargli un’occhiataccia:

“Posso capire che non vi garbino gli angeli o le persone buone dato la vostra natura. Ma io disegno questo perché è una mia passione. Sulle vostre io non voglio mettere bocca.”

Klaus fu sorpreso dalla risposta decisa e per nulla impaurita della ragazza. Inarcò un sopracciglio:

"Temo che i miei rapporti con Finn siano così tesi che i tuoi giudizi morali non potranno perorare la causa di mio fratello“ sogghignò in segno di sfida.

Vide Agnes incupirsi e le sue labbra tremare, e questo lo deliziò.

“Credi che io sia così senza cuore da uccidere veramente mio fratello?” domandò con un ghigno spietato come a farle capire che davvero era senza cuore.

Agnes lo guardò negli occhi, ma sviò subito lo sguardo mordendosi il labbro. Ovviamente il viso parlava per lei. Klaus allargò sempre di più il sorriso gelido come se fosse stato appena incoronato con un titolo onorifico.

La ragazza abbassò lo sguardo per poi alzarlo in un punto sospeso tra loro. Aveva lo sguardo vacuo: "Mia sorella non mi farebbe mai del male" mormorò con voce malinconica come se stesse ricordando alcuni aneddoti del passato.

"Ah i rapporti tra fratelli e sorelle" mormorò Klaus con un gesto teatrale, sedendosi. "Sono il legame più puro e nobile che esista" rivolse ad Agnes un'occhiata attenta e la bocca si distese in un sorriso che però non possedeva bontà.

 "Ma certe volte i rimedi estremi sono necessari affinché questo rapporto non diventi un'arma a doppio taglio"

Agnes si agitò nella sua posizione come se non sapesse bene dove mettere i piedi:

 "Voi la pensate così.. Io la penso in maniera differente" sussurrò timorosamente abbassando lo sguardo. Klaus le sorrise in maniera glaciale. Quanto avrebbe voluto sporcare quella purezza d'animo che scorgeva nel suo viso; era così rivoltante da risultare pericolosa.

Non le erano mai piaciute le bionde. Rebekah era sua sorella e quindi era un caso a parte, ma a meno che non ci fosse carestia di more o rosse, evitava la compagnia delle bionde.

I loro capelli emanavano troppa luce che si contrapponeva all'ombra in cui la sua anima era ricaduta. Da 700 anni cercava l'oscurità e la sola vista della luce gli sembrava rivoltante, come se fosse in sintonia con le debolezze umane che lui tanto detestava.

Mettendoci anche dei perfetti occhi azzurri allora veniva fuori un bel quadretto angelico. Ma visto che doveva rimanere per un bel po’ di tempo, poteva anche permettersi di provare ad oscurare l'anima di quella ragazzina che emanava troppa luce per lui. Sarebbe stata una gioia spietata sporcarglierla.

 "Dovresti prendere tua sorella come esempio. Lei sa come va al mondo. Tu sei ancora ingenua, ragazzina.” mormorò canzonatorio.

Agnes deglutì sentendosi offesa, ma non voleva rispondere perché aveva terrore di far infuriare il vampiro che aveva davanti se avrebbe osato. Non riuscì però a non frenare la rabbia delle sue mani mentre prendeva e raccoglieva i disegni. La risatina di Klaus non fece altro che innervosirla.

“Suvvia, non ti sarai offesa. Visto che ho un rapporto come dire stretto con tua sorella, capirai che di conseguenza non voglio fare del male nemmeno a te. Anche perché non credo che una piccoletta come te possa procurarmi problemi improvvisi, quindi non hai nulla da temere”

Il sorriso che le rivolse però era terrificante. Come se l’avvisasse che tutto ciò che quel vampiro diceva erano menzogne, manipolazioni, o visioni distorte della verità. Agnes tremò inconsapevolmente.

Chinò la testa e fece per andarsene via da quel sorriso inquietante, quando la voce di Klaus la bloccò: “Una volta voglio che tu faccia un disegno... ma su di me”

Agnes si girò completamente sorpresa. Klaus sogghignò: “Dubito che verrebbe peggiore degli altri constatando chi è la fonte ispiratrice”

La ragazza non riuscì a non arrossire violentemente e cercò di andarsene per davvero questa volta.

“Mi domando perché voglia ricevere dei ritratti se li dispregia così tanto” borbottò tra sé e sé, ma Klaus la sentì comunque.

Il sorriso scomparve nel suo volto perché si rese conto che la sua era una debolezza, il desiderio di dipingere. Anche se era un vampiro quella passione umana non se ne era andata. Talvolta se ne vergognava perché poteva apparire uno smidollato.

Ma il ghigno ricomparve quando ripensò alla paura che la ragazzina cercava in tutti i modi di nascondere, al tremolio dei suoi occhi mentre lo guardava in viso.

Era eccitante stare vicino a lei e pensare continuamente che poteva ucciderla... solo non adesso.

E non per l'accordo con Ylenia, di quello non gli importava. Era inebriante far cuocere quella ragazzina nella trappola che preparava per le vittime a lui speciali, tenerla in vita quanto bastava per farle credere che lui non voleva farle alcun male, e poi alla fine concederle un inebriante tocco di morte che la stordiva quanto stordiva lui.

Di nuovo l'eccitazione apparve in lui. << La uccido o non la uccido? >> domandò con un sorriso malefico e perverso seguendo la scia agrodolce  che Agnes aveva lasciato.

 Possedere una vita nelle proprie mani e sapere di poterla spremere fino all’ultima goccia di sangue, era la sensazione  più esaltante che aveva mai conosciuto.

Constatando il rischio che correva nel prendere tra le mani quel piccolo delicato collo e succhiarne ogni goccia dalla vena pulsante, lo rendeva ancora più inebriato.

All’improvviso una voce assordante lo distorse dai suoi pensieri. Proveniva dal di fuori. Era un ragazzo.

Agnes corse subito verso la porta senza degnare Klaus di uno sguardo,  e uscì in giardino per accogliere il giovane con una risata e un caloroso benvenuto.

Klaus subito aggrottò la fronte cercando di capirci qualcosa. A quanto udiva, quel giovane era un amico, loro vicino di casa, ed era passato per salutare Agnes e la sorella.

La ragazzina sembrava molto accondiscendente verso di lui, non aveva alcuna paura questa volta, ma quando Klaus sentì una frase di troppo “Agnes, avete pensato alla mia proposta?” che senza rendersene conto lo spinse a uscire di casa per partecipare alla conversazione. O forse conosceva la ragione. Non gli andava a genio che qualcuno gli rubasse da sotto il naso uno dei suoi giocattoli preferiti, una persona la cui vita apparteneva a lui e solo lui poteva deciderne il corso. Né tanto meno si sarebbe fatto scavalcare da un tizio come quello.

Appena fu in giardino per poco non sghignazzò senza alcuna gentilezza. Il giovanotto davanti a lui era un povero microbo e addirittura storpio a giudicare da come muoveva la gamba destra. Di certo non provava gelosia verso un poveretto come quello lì.

Lo guardò dall’alto in basso senza alcun riguardo.

Il giovane invece si mostrò educato e fece un leggero inchino mormorando un “monsieur” essendosi accorto del rango elevato di Klaus. Agnes quando avvertì la presenza dell’Originario sobbalzò impaurita, ma questa volta non per se stessa, ma per il suo amico microbo.

“Philippe, potremmo parlare un’altra volta..?” Non riuscì a finire la frase che Klaus si intromise.

“Io direi subito di chiudere qui la questione e bando le congetture. La signorina non penso prenderà in considerazione l’interesse di uno che sembra un piccolo demone deforme che veste di stracci. Per cui buona giornata amico, è stato bello finchè è durato” mormorò lui in tono altezzoso e arrogante.

E per tutta risposta lo storpio serrò duramente il viso pallido e balbettò un “ci vediamo presto” ad Agnes senza voltarsi indietro e cercando di camminare il più in fretta possibile, anche se poteva costargli un’ennesima storpiatura.

A Klaus non era piaciuta la risposta dello storpio perché se non recepiva bene il messaggio poteva benissimo renderlo un eunuco.

Quando si girò verso Agnes, rimase sbigottito dalla sua espressione. Fu presto in contropiede, cosa che non accadeva da molto tempo. La faccia della ragazza era piena di ribrezzo e disgusto. Ma non verso lo storpio come pensava Klaus.

“Come vi siete permesso di intromettervi? Non vi riguardava. Per di più offenderlo in quel modo..! Voi non lo conoscete neppure, che diritto avete..” sbraitò agitata guardandolo con uno sguardo pieno di tutto l'odio di cui era capace.

Ma Klaus la fermò subito, lanciandole fulmini. “Io mi prendo ogni diritto che mi pare. Andiamo non dirmi che ti piace quell’essere deforme”

Per poco scoppiò a ridere di fronte alla prospettiva e questo non fece che indurire l’espressione di Agnes: “E se anche fosse? A voi che importa? Philippe è sempre stato un buon amico e una persona gentile. Ma tanto che parlo a fare, che bontà ci può essere in una creatura che vuole uccidere il proprio fratello?” replicò lei non riuscendo più a tacere.

Klaus non la prese affatto bene infatti indurì la mascella e gli occhi sprizzarono furia.

“State attenta, o non potrei essere così indulgente con voi in futuro”

Agnes questa volta si allarmò per l’espressione inferocita del vampiro, ma comunque aveva ancora un po’ d’orgoglio in corpo e quindi non voleva uscire sconfitta da quella conversazione in cui lei sapeva di aver ragione.

“Se pensate di collaudare delle relazioni con la paura allora sbagliate davvero tattica, Klaus. Non funziona così e non vorrei che vi pentiste di rimanere da solo una volta finiti i vostri feroci piani.” Lo liquidò con un’occhiata dura, non la classica dolce e timida che di solito scorgeva in lei.

Questo infatti lo fece rimanere basito e non riuscì a rispondere né la bloccò quando si avviò dentro casa. Il suo istinto di predatore lo incitava a entrare e strappare il cuore a quella saputella, ma sentiva qualcosa serrarlo dentro il petto.

La solitudine... era quella la sua più grande paura. Il suo più angoscioso terrore. Non l’aveva mai ammesso e non l’avrebbe mai fatto, costasse anche la sua vita. Era una debolezza umana, e lui non aveva debolezze.

E poi la solitudine non era un problema, lui aveva i suoi fratelli. E se loro avessero tentato di abbandonarlo li avrebbe fatti ragionare col mezzo della paura.

Sorrise maligno ritornando a essere se stesso, per impedire che quelle parole che gli aveva detto quella ragazzina ripercuotessero sulla sua vera natura.

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Il piano andò avanti per molto tempo, più di quanto Ylenia si aspettasse. Non vedeva Finn da molto perché quest'ultimo si era accorto della presenza pericolosa di Klaus in città e aveva deciso di andarsene finchè non si sarebbero calmate le acque. Ylenia non era riuscita a fermarlo, e forse non voleva neppure. Forse era meglio così, non desiderava in fondo al cuore la morte di Finn. Se poteva bastare, lui poteva anche fuoriuscire dalla sua vita, e non ne vedeva la ragione perché Klaus lo volesse morto.

Ma appena ne parlava con lui questo scattava come una furia e subito la strega cambiava discorso. Non che nutrisse speranze in una possibile storia con Finn, ormai era tardi e pressoché impossibile visto come si stava comportando alle sue spalle e come aveva accettato l’alleanza di Klaus.

In fin dei conti quest'ultimo le offriva quello che lei aveva sempre voluto: potere, niente più debolezze, essere migliore di tutti gli altri senza essere calpestata da nessuno. E oltretutto impedire che alla sorella venisse fatto alcun male.

Senza contare che il rapporto con Klaus stava prendendo una piega che lei non aveva previsto e si era fatta letteralmente travolgere dagli eventi. La vecchia Ylenia avrebbe sicuramente aborrito ciò che stava facendo, ma sentiva di essere cambiata. Che tutto quel potere la stava conducendo in un altro luogo, sconosciuto e pieno d’ombre.

Klaus oltre modo le piaceva. Come poteva non essere? Sembrava stessero sulla lunghezza d’onda in molte cose riguardanti la visione del mondo, erano molto affini caratterialmente, e soprattutto era un uomo molto affascinante  a cui era impossibile resistere. Soprattutto quando lui sembrava entrarle nella testa, nell’insediarsi nei suoi sogni per insegnarle a farle capire quello che poteva imparare, sembrava far apposta a stuzzicarne i lati perversi per metterla alla prova, e lei non riusciva a resistere. Erano pienamente in due a giocare, e lei ormai c’era dentro fino in fondo, non solo per una questione di ricatto ma per una parte di sé che stava fuoriuscendo come acqua da una fontana che la esaltava e al tempo stesso amava da morire esaltare il suo istruttore e demone tentatore.

Ma questo non lo aveva mai ammesso con nessuno, neppure con la sorella, e meno male che Finn ora era lontano. Se gli sarebbe stata accanto come se nulla fosse, si sarebbe sentita sporca più di quanto non lo fosse già.

Klaus si era poi guadagnato un buon pezzo di fiducia quando le aveva presentato la testa di quel bifolco di suo padre su un piatto d’argento.

“Perché l’hai fatto?” aveva domandato Ylenia non facendo trasparire la benché minima emozione nel vedere la testa putrida del padre.

Klaus con noncuranza aveva alzato le spalle: “Mi hai detto che con lui in vita non ti senti al sicuro e temi per te e la tua sorellina. Oltretutto ho sempre detestato i padri come lui, chiamala una giustizia personale” gli occhi di Klaus si erano fatti all’improvviso duri e gelidi.

Solo in certi momenti l’Originario appariva serio, per il resto sembrava accomodante come se gli gustasse la vita lì in Francia. All’inizio le aveva dato fastidio che lui si fosse insediato in casa sua senza neanche essere invitato, ma aveva imparato che difficilmente Klaus cambiava idea. Lui non aveva alcuna fretta di uccidere Finn, ma ce l’aveva per quanto riguardava quelle creature e quando Ylenia gli diceva che non aveva ancora scoperto nulla, lui sbottava in preda all’ira. Per fortuna lei sapeva come farlo calmare, ma Klaus non avrebbe retto per molto.

Quando non si faceva trovare, di solito era perché era in giro a cibarsi di qualche ignaro passante o a infondere altro terrore, come se già in Francia non ce ne fosse abbastanza.

Quelli erano tempi duri per tutti, ormai il paese era allo sfacelo, ma l’unico che prendeva la vita con una terrificante filosofia era Klaus, quasi  non avesse alcun problema al mondo o se lo aveva lo eliminava con noncuranza.

“Ti sei poi liberata di quello storpio imbecille?”

Le gambe di Klaus erano riposte elegantemente sopra il tavolo, un braccio dietro la nuca. Le labbra stirate nel solito sorriso.

Agnes pensò che quel vampiro aveva preso casa sua per una locanda dove poteva andare e venire quando gli pareva.

La inquietava stare da sola con lui... Con quel vampiro.

"Non credo vi riguardi" rispose lei meccanicamente intenta ad asciugare i piatti.

Sentì Klaus sghignazzare leggermente e così  le guance si tinsero di rosso.

"Ehi piccoletta, prendimi una bottiglia di vino che sta lì vicino a te" ordinò lui ad un tratto.

Agnes stava per dirgli di prendersi da solo la sua dannata bottiglia, ma lui come al solito la scavalcò:

"Puoi unirti a me se ti compiace" mormorò l’Originario con voce vellutata che le fece scorrere un brivido gelido lungo la schiena.

Agnes guardò Klaus titubante e lui continuò: "In mancanza di sangue dovrò accontentarmi. O l'angioletto qui presente si vuole per caso offrire?" domandò con un sorrisetto che non faceva presagire nulla di buono.

Agnes non indugiò per sincerarsi che il vampiro fosse davvero assetato o che prendesse il suo rossore come un incitamento a bere il suo sangue, e così prese in fretta la bottiglia dirigendosi a sguardo basso verso Klaus.

Lui intanto si mise comodo sulla sedia  e continuava a sorridere come se la stesse prendendo in giro. "Grazie" rispose afferrando la bottiglia.

Agnes non fece in tempo ad allontanarsi che la mano di Klaus si spostò sul suo polso e la tirò velocemente verso di lui. La bottiglia rotolò sopra il tavolo e finì a terra con uno schianto. Il rumore fece sobbalzare Agnes che era già terrorizzata per la situazione.

La mano fredda di Klaus le tratteneva un polso, le sue ginocchia per poco non si erano ritrovate sopra le gambe del vampiro. Lui continuava a sorridere come se tutto facesse parte di un gioco cui solo lui sapeva le regole. Agnes deglutì più volte e per la paura non osava muoversi. Il respiro gelido del vampiro si schiantava contro il suo viso come se lo sfracellasse, e tremò leggermente.

Un guizzo attraversò gli occhi del vampiro:

 "Se non vuoi sporcarti le tue delicate manine posso sistemare io quello storpio senza che nessuno faccia chiasso. Basta che tu lo chieda" il respiro soffiò sulla pelle del viso di lei, e gli occhi sembravano talmente ammalianti da indurla a fare qualsiasi cosa lui volesse. Le ci volle molto sforzo per opporsi.

"No non lo fare" mormorò con poca voce. Il cuore perse qualche battito.

Klaus digrugnì come se quella risposta non gli piacesse affatto. La lasciò andare con uno scossone, lo sguardo pieno di indifferenza.

Agnes indietreggiò a passi malfermi e si portò indietro i capelli, respirando a fatica:

"Ti da gioia terrorizzare la gente?" Ormai lasciò da parte le congetture, dandogli del tu.

"No mi dà gioia uccidere la gente." rispose lui gelido alzandosi per venire verso di lei.

"Fa pure tutte le smorfie che vuoi ma risparmiati il falso moralismo. Non dirmi che la tua cara sorella non ha mai ucciso nessuno, nemmeno un vampiro?"

Agnes si strinse nelle spalle sfuggendo allo sguardo terribile del vampiro:

"Era un suo dovere, non le dava gioia."

"Così ti ha detto? Ti ha mentito. Uccidere é la cosa più piacevole che esista." mormorò con voce affascinante, alzando il mento.

Agnes si ritrasse nervosa:

"Perché sei sempre così pieno d'odio?"

Klaus sbatté le palpebre nella sua perfetta maschera di freddezza: "Perché sono così."

Questa volta Agnes decise di guardarlo negli occhi.

 "Perché hai ucciso mio padre? Né io né Ylenia te lo avevamo chiesto ma lo hai fatto comunque"

Klaus sembrò innervosirsi come punto da una spina che incideva su di lui:

"L'ho fatto perché mi andava. Volevo vedere che faccia avreste fatto, la tua soprattutto sempre così compassionevole, di fronte a un macabro spettacolo. Un vero spasso" fece un ghigno che però non arrivò gli occhi.

Agnes lo guardava con calma. Chissà perché per qualche strano potere intuiva che non era quella la verità. Che lo aveva fatto per qualcosa riguardo al suo passato che lo feriva ancora dopo tutto quel tempo.

Klaus serrò duramente la mascella perché non sopportava lo sguardo rammaricato di lei, come se lui avesse bisogno di essere confortato. Non ne aveva affatto bisogno.

"Ragazzina non sono un cavaliere con l'armatura d'argento. Sono un vampiro e i vampiri uccidono perché é la loro natura e ne ricavano piacere" mormorò crudele avvicinandosi sempre di più.

Agnes scosse la testa: “E non hai paura di tuo fratello? Di come potrebbe reagire nonostante tutto?”

Klaus le rivolse un sorriso di sfida: “Non c’è uomo sulla terra di cui io abbia paura”

“Eccetto tuo padre” Agnes se lo lasciò sfuggire contro la sua volontà. Non avrebbe dovuto dirlo e dall’espressione di Klaus capì che aveva proprio ragione.

Sapeva che era un tasto dolente, Ylenia glielo aveva accennato. Lei stessa sapeva cosa volesse dire avere paura di un padre, il terrore continuo di quando si avvicinava e sapevi che non era per una semplice carezza. Persino un vampiro poteva averne perché una volta era stato umano, questo era impossibile scordarlo. Ma davanti non aveva un normale vampiro, che evidentemente era di tutt’altro avviso riguardo alle debolezze umane.

Klaus serrò duramente le mascelle, gli occhi si strinsero in due fessure, le dita scavarono nei palmi come a prepararsi a staccarle il collo.

“Di nessuno ragazzina. Di nessuno. Ti conviene ricordarlo se vuoi che la tua testolina bionda rimanga attaccata al collo” mormorò in tono spregevole.

Agnes trasalì. “Mi dispiace..”

“E perché dovresti dispiacerti?” sibilò lui inchiodandola con uno sguardo più feroce del normale.

Agnes tremò in preda alla paura e non ebbe più il coraggio di guardare quella bestia negli occhi.

“Io non..” balbettò attorcigliandosi le mani. Non sapeva cosa dire, se avrebbe risposto che era dispiaciuta per lui probabilmente lo avrebbe fatto arrabbiare ancora di più.

Klaus non restò a sentire la sua risposta e fece dei passi nervosi  per la cucina. Prese un’altra bottiglia ma notò con sommo rammarico che era vuota. In un lampo d’ira scaraventò la bottiglia contro la parete, riducendola in pezzi. Agnes lo guardò come se fosse pazzo.

“Il vino è finito. E anche la mia pazienza” sibilò lui ad alta voce.

La ragazza serrò allora  duramente le labbra, non sopportando quel tono. Si costrinse a non avere paura:

“E io cosa dovrei farci? Non sono la tua cameriera. Se sei così cattivo come dici, và a nutrirti allora”

Klaus fulmineamente fece dei passi nella sua direzione:

“Ci sto pensando” mormorò diabolico con uno sguardo che non tralasciava dubbi sulle sue intenzioni.

Agnes deglutì, ma si oppose un’altra volta a non mostrare paura né ad indietreggiare di fronte a quello sguardo feroce. La sua debole magia non avrebbe potuto fare nulla contro di lui, l’unica arma che poteva servirle in quel momento era la calma. Cercò di respirare in maniera regolare, mentre anche Klaus cominciò a rilassarsi sebbene il viso fosse ancora tirato e duro. Forse per lui non era divertente confrontarsi con qualcuno che non aveva paura di lui.

Si avvicinò un’altra volta che quasi i loro vestiti si toccarono. Agnes restò comunque ferma, senza mostrare terrore. Gli occhi azzurri non lasciarono mai quelli del vampiro, fino a quando rimasero incollati.

"Stupida." Pensò lui e lo disse apertamente con un ghigno. Chiunque con un po’ di sale in zucca sarebbe scappato a gambe levate.

Alzò all’improvviso la mano e le puntò un indice contro. Gli occhi della ragazza traballarono verso la sua mano poi verso il suo volto determinato.

“Voglio darti una lezione ragazzina: non esistono il bene e nemmeno gli eroi. Se non sei in grado di proteggerti da solo con i giusti mezzi allora muori e cedi il passo a quelli che ci riescono. L’odio e la paura, ecco ciò che domina il mondo. E farai meglio a non credere a nulla di diverso” sussurrò alla fine abbassando la mano.

Agnes questa volta non riuscì a controllare il proprio corpo e si tirò indietro. “Sei crudele”

“E’ il mondo a essere crudele” sibilò lui con un sorriso glaciale. Agnes guardò quel sorriso, intristendosi.

Klaus lunatico com’era ridivenne duro: “Ora basta, mi sono stancato dei tuoi sguardi” disse freddamente andandosene via a falcate da quella casa, senza più degnarla di uno sguardo.

Agnes finalmente tornò a respirare. Ma sapeva che comunque non era finita. Forse aveva sbagliato a giudicare quel vampiro fin dall’inizio, intuiva che dietro a quelle frasi crudeli e spietate ci fosse sotto qualcos’altro. Non solo quello. Ma sapeva anche che doveva stare attenta, per se stessa e la sorella.

Klaus era un tipo di persona che azzannava chiunque lo toccasse o cercasse di accarezzarlo.

Sospirando sconfitta, Agnes si mise per terra a pulire il vino versato a terra. Unica vittima della giornata, fortunatamente.

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Non bastano secoli e millenni per conoscere veramente una persona perversa e problematica come Niklaus MikaelsonYlenia credeva di averlo conosciuto un po’ ma si sbagliava. Quel vampiro era così lunatico che cambiava come il giorno e la notte in un secondo. Poteva staccarti la testa quando un minuto prima ti sorrideva gentilmente.

Nei giorni a venire lui cambiò di nuovo atteggiamento, sembrò un nobile galante che si divertiva a essere gentile e lanciare battute. Ma come al solito si era dimenticato di essere invitato quando Ylenia se lo ritrovò alla propria tavola per pranzo.

Non che la disturbasse ma non le piacevano quel tipo di sorprese, senza contare che voleva evitare che Klaus incontrasse la sorella. A vederli insieme sembravano il lupo e l’agnello, solo che il lupo era stato invitato a entrare.

La cosa che più voleva al mondo era che la sorella fosse al sicuro, con un tipo come Klaus in giro non lo sarebbe mai stata. L’accordo che avevano fatto non prevedeva coinvolgimenti così extra e questo la faceva imbestialire.

Non toccò nemmeno cibo mentre Klaus si concedette anche il bis continuando a parlare e parlare; Agnes quando poteva evitava di rispondere e sorrideva nervosamente. Mentre Ylenia lo guardava con uno sguardo infuocato.

Fuori turbinava il caos, come al solito i prezzi erano saliti alle stelle per colpa dei capricci del re e dei suoi ministri incapaci, e la gente si ammassava in strada per protestare.  In casa Lefèvre invece turbinava un silenzio inquietante.

Ylenia hai idea di dove sia finito il tuo fidanzatino? La Francia mi piace molto ma…” Klaus si girò e rivolse un sorriso da rabbrividire ad Agnes. “Non posso stare qui in eterno”

Ylenia lo guardò storto. Klaus era di fronte a lei, seduto vicino a Agnes, la quale si stringeva sulla sedia come in una perenne agitazione.

“Non so dove sia.” tagliò corto la mora.

“Un vero peccato” rispose lui, e il sorriso scomparve nel suo volto.

Delle urla fuori dalla strada sembravano rimbombare anche dentro casa.

“Quanto vorrei andare in strada e tagliare la gola a tutti. Fanno un baccano continuo” mormorò il vampiro innervosendosi.  Poi si girò verso Agnes col suo solito sorrisetto:

“Penso che non potrai più andare in strada di notte a dipingere, oppure ti troverai con la gola sgozzata” Dal ghigno che le rivolse, Agnes pensò che quell’immagine nella sua mente lo divertiva. La sensazione che lui volesse bere il suo sangue la inquietò e i battiti del cuore accelerarono all’inverosimile.

“Lo so questo” rispose rigida tornando a guardare il piatto ancora integro.

Ylenia continuava a lanciare delle occhiate di fuoco al vampiro e per un po’ nessuno disse niente. Poi la mora sospirò e mise le mani sotto il mento, guardando la sorella:

“Brutto periodo per festeggiare il tuo compleanno”

Agnes assentì con la testa, e Klaus le lanciò un’occhiata interrogativa e curiosa:

“Oh davvero?”

“E’ ancora presto, tra un mese” rispose lei semplicemente mentre Ylenia si stava mordendo il labbro per quell’informazione che le era sfuggita.

Klaus all'improvviso  allungò il braccio oltre le sedie per prendere una bottiglia, e si protese verso la biondina.

Così facendo le dita raccolsero dei ciuffi biondi della ragazza e ci giocherellarono. Solo per due secondi; le dita di Klaus erano così leggere che forse non se ne sarebbe neanche accorta, ma invece Agnes lo fece eccome.  La ragazza si irrigidì sulla schiena con le guance arrossate; il respiro gelido di Klaus sembrò pizzicarle la pelle.

“Peccato, forse per allora non sarò più qui.” mormorò lui quasi gli  dispiacesse, lasciando i capelli di Agnes per prendere la bottiglia.

Agnes deglutì nervosamente cercando di far finta di niente, mentre Ylenia si domandava cosa diavolo avesse in mente Klaus.

Stessa cosa pensava Agnes mentre le mani erano rigide sul tavolo e guardava di sottecchi il vampiro. Sembrava cambiato dall’ultima volta che avevano parlato, non più duro e spietato. Eppure quei gesti e quei sorrisi facevano ancor più rabbrividire e non ne sapeva il motivo.  Forse era tutto basato su una nuova tattica del vampiro, su un nuovo gioco in cui solo lui dettava le regole.

“Sentiremo la tua mancanza” lo canzonò Ylenia bevendo un ultimo sorso.

“Beh non sia mai detto che non ti possa fare un regalo come si deve..” continuò lui fissando Agnes con sguardo attento. “Ti piacciono i fiori?”

La domanda la prese letteralmente in contropiede che credeva di aver capito male. La bionda lo guardò con occhi sgranati, credendo che la stesse solamente prendendo in giro e fingesse di fare il gentile per qualche suo losco scopo.

Cercò comunque di rispondere:

“La magnolia, è il mio preferito.” Rispose titubante, portando un capello dietro l’orecchio.

“Ottima scelta” mormorò lui tornando a mangiare, noncurante.

“Perfetta per stare sopra una tomba, non mi è mai piaciuto quel fiore” ribattè Ylenia continuando a sorvegliare le mosse di Klaus.

Agnes allora guardò la sorella e parlò senza freni:

“E perché no? Li porto sempre quando vado a trovare nostra madre. Un modo per farle capire che non ci scorderemo di lei, per me è un bellissimo gesto” mormorò come se ci fossero a tavola solo lei e la sorella, ma Klaus c’era eccome a giudicare dalla risposta ironica:

“Magari potrei farlo anche io sulla tomba di Finn

Poi si mise a ridere portando la mano sopra la fronte. Agnes lo guardò seria mentre Ylenia per poco non gli lanciava un bicchiere.

“E’ così divertente?” gli chiese la biondina in un tono stranamente duro.

“Te l’ho già detto, sì” rispose lui ricomponendosi in un attimo.

Le sorelle si guardarono mentre Klaus prese un’altra bottiglia:

“Su avanti non roviniamoci la giornata, altro vino?” fece un cenno ad Agnes la quale rifiutò. Di nuovo i loro bracci si scontrarono, una strana vampata di calore le salì nel petto così  rigidamente si scansò.  Klaus sembrò non accorgersene e versò il vino nel bicchiere di Ylenia senza chiedere.

“Tieni, la tua faccia dimostra che ne hai bisogno” sghignazzò lui mentre la mora lo incendiava con gli occhi. Lei finì il bicchiere in un sorso mentre Agnes all’improvviso si girò a guardare al di fuori della finestra. Mise il tovagliolo nel tavolo.

“Scusate devo andare” disse semplicemente andando fuori.

Klaus con la coda dell’occhio vide quell’imbecille storpio fuori dal giardino di casa. Si rabbuiò pensando che non era stato abbastanza minaccioso:

“Davvero permetti a tua sorella di andare con quello lì? Io non lo permetterei alla mia” disse indicando fuori dalla finestra.

Ylenia sbattè con forza il tovagliolo sopra il tavolo: “A che gioco stai giocando?”

Klaus la guardò come se non capisse:

“Mi sto solo divertendo. Non lo avrei mai detto ma comportarsi bene, rispettare le regole, è ancor più divertente che infrangerle”

“Le stai infrangendo invece. Il patto non richiedeva questo” rispose lei dura riferendosi ai suoi continui sbalzi d’umore e che gironzolasse in casa sua come se fosse il padrone.

Klaus allora le rivolse un sorriso malizioso: “Non mi sembravi così contrariata quando ti sei concessa a me, cherie

Ylenia sbottò e si alzò velocemente, facendo roteare la sedia. Lo  fissava come se volesse schiaffeggiarlo per due volte. Aveva le guance arrossate e sembrò piena d’orrore.

Anche Klaus si alzò. L’espressione si era indurita: “Nutro un profondo rispetto verso di te e verso il senso di protezione che hai per tua sorella. E mi piaci.” finì la frase con un sorrisetto che però si dissolse in un attimo “Ma non tollero chi si mette contro di me e chi osa contraddirmi. Quindi fai come ti dico, streghetta. E tutto andrà per il meglio”

“Se osi farle qualcosa ti spezzo in due” sibilò lei duramente riferendosi alla sorella minore. Tutte le sue certezze sembrarono crollare, credeva che Klaus volesse mantenere i termini del patto ma a giudicare da come si comportava e dai suoi sguardi perversi, sospettava che lui volesse fare del male alla sorella solo per il gusto di farlo... o chissà cos’altro. Non l’avrebbe sopportato.  

A chi diavolo aveva riposto la sua lealtà? A un demonio? E lei cosa stava diventando?

Klaus non disse nulla. Forse lui dal modo in cui guardava Ylenia e Agnes quando erano assieme, le invidiava per l’amore che le legava. Ma era sempre così rigido e chiuso che era pressoché impossibile sapere cosa si celasse veramente nel suo animo pieno di tenebra.

Klaus si avvicinò a Ylenia: “Mi sono stancato di tergiversare. Voglio quelle informazioni che ti ho chiesto e in breve tempo, non fra cent’anni. Voglio anche che Finn torni qui, vedi di trovare il modo” ordinò lui.

La strega gli sorrise in segno di sfida: “E se non lo faccio?”

“Non ti conviene. Ne ricaverai vantaggi quanto me, cherie. Lo sai già.” rispose lui con calma sedendosi a capotavola.

Lei lo guardò freddamente. Era vero ciò che diceva, era troppo tardi per tirarsi indietro. E in fondo lei voleva ciò che Klaus poteva offrirle. Era da un po’ di tempo che non andava al Circolo e già pregustava il momento in cui avrebbe dimostrato quanto valeva, quanto fosse forte. Il potere che aveva sempre desiderato in un angolo remoto della sua mente. E lui poteva darglielo su un piatto d’argento in molte maniere, ma proveniva da un luogo oscuro e pericoloso dove era impossibile tornare indietro.

Ylenia sospirò e fece per andare, ma Klaus la prese per un polso. Senza rudezza, anzi fu quasi gentile. Ma il morso che lei sentì all’altezza del polso la costrinse a serrare le labbra per diminuire il dolore di quei denti affilati che penetravano in profondità, bevendo sempre di più il suo sangue.

Restò inerme a guardare, d’altronde non era la prima volta. Klaus all’inizio le aveva pure dato il suo sangue e lei non si era tirata indietro, come se fossero una coppia diabolica capaci di sfidare il mondo e distruggerlo.

Ma adesso non era più sicura di niente. Le labbra di Klaus finirono di succhiare il sangue che fuoriusciva dalla ferita, e lei con una tirata riuscì a liberarsi dalla presa. Si guardarono negli occhi: le labbra di Klaus erano ancora intrise del suo sangue, lo sguardo di lei era vuoto.

“Fai come ti ho detto” disse lui semplicemente.

“E tu non fare scherzi.” ribatté la strega dileguandosi.

Klaus rimase a guardarla fino a quando non scomparve. Il viso poi si girò verso la finestra. Si pulì la bocca con un tovagliolo e divenne improvvisamente cupo, assillato da pensieri contrastanti.

 

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Contro le sue preghiere, Finn tornò. Ma all’improvviso, neppure lei se lo aspettava e quando se lo ritrovò davanti le venne un colpo al cuore, che sembrò ritornare a battere. Lo aveva lasciato e abbandonato in quel luogo oscuro dove Klaus l’aveva condotta, ma ora sembrava ritornare indietro al posto giusto.

Ma solo per un attimo. La mente si accese e ricordò che cosa stava facendo, come lo stava ingannando alle sue spalle e come rinnegava se stessa.

Sciolse nervosamente l’abbraccio nel quale Finn l’aveva imprigionata e cominciarono a parlare. Ylenia voleva assolutamente che se ne andasse perché era in pericolo se restava lì, ma lui non voleva sentire ragioni. Era stanco di scappare e se ci fosse riuscito, avrebbe affrontato Klaus.

“Stai andando incontro a un suicidio!”

Si trovavano nei giardini di Orleans a notte fonda. Si erano appartati tra gli alberi, e solo i rumori dei piccoli animali e dell’acqua che fuoriusciva dalle fontane faceva da scenografia.

“La persona per cui mi preoccupo sei tu. Klaus può arrivare a me magari attraverso te, e non voglio che ti accada nulla... o magari a tua sorella. Vivete qui da sole e Klaus non si fa certo degli scrupoli”

Ylenia voleva tanto dirgli che Klaus era già arrivato a lei e che lo stava tradendo perfino adesso, nel peggiore dei modi, ma non riuscì a dirglielo. Qualcosa la bloccava. Come al solito impedì al suo cuore di parlare, e cercò di essere forte come una vera strega.

“Di me e Agnes non devi preoccuparti. Ma ora tu come intendi muoverti?” gli chiese preoccupata.

Finn le rispose che per un po’ sarebbe stato all’erta per non farsi trovare da Klaus così magari il fratello si sarebbe stancato, ma ciò equivaleva a vedersi sempre meno. Non voleva correre rischi. E se Klaus lo avesse trovato... lo avrebbe affrontato ma da solo. Non voleva che Ylenia ci andasse di mezzo.

“Tu sei pazzo. Dovresti andartene via di qui e dimenticarti di tuo fratello.” Lo schernì lei mettendogli una mano sul braccio

“Ma dovrei anche dimenticarmi di te.” Finn la guardò intensamente e si chinò per baciarla. Ylenia si irrigidì ma lasciò che le sue labbra baciassero le sue come se queste si stessero incontrando dopo lungo tempo.  

Infatti era passato troppo tempo, si era quasi scordata cos’era la normalità. La soavità di gesti amorevoli. La delicatezza di un bacio.

Ma erano cose che non poteva più permettersi. Con rammarico e tristezza se ne accorse quando Finn interruppe il bacio, mentre fisicamente ricordava ben altri contatti che ne erano praticamente l’opposto, e quella indubbia famelica bramosia della concessione a piaceri più narcotizzanti ne diventava ora disgusto verso se stessa in quel preciso istante.

“Sei sicura di stare bene? Ti vedo tesa.” disse lui guardandola negli occhi.

Lei scosse la testa autoconvicendosi che filasse tutto liscio, quando invece non lo era.

“Se per caso accade qualcosa... vieni subito da me. Non voglio che a causa dei miei guai tu corra rischi.” Mormorò lui preoccupato.

Ylenia si sentì sprofondare a quelle parole. Ormai i rischi andavano a braccetto con lei e la stavano conducendo verso una strada sbagliata. Ne era consapevole. Ma era troppo tardi per cambiare tragitto. Si disse che il sentimento, non sapeva neanche come definirlo, che provava per Finn era troppo debole verso ciò che stava ottenendo grazie a Klaus. Tutto ciò che aveva sempre desiderato.

Lei non voleva l’amore, né un principe azzurro, né i lieto fine da favola. Non era roba per lei.

Eppure si sentì sporca e meschina lo stesso.

Quella notte lasciò Finn con la testa in preda ai dubbi, non sapendo cosa era giusto fare per se stessa.

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Corse il rischio. Un rischio giusto. Infatti non disse a Klaus che Finn era tornato. Non era mai stata pienamente d’accordo sulla morte dell’Originario e anche se aveva accettato l’accordo con Klaus, questo non implicava che dovesse fargli rapporto ogni 30 secondi.

Fece semplicemente finta di nulla, anche se Klaus prima o poi sarebbe venuto a saperlo ma comunque non lo avrebbe scoperto da lei. Almeno in quello si sentiva la coscienza a posto.

Per compensare i suoi doveri, cercò di rendersi più forte con la magia così avrebbe scoperto qualcosa su quelle creature mostruose. Ma quegli incantesimi non erano puri, le richiedevano di entrare in luoghi oscuri, luoghi di tentazione, che un normale essere umano non poteva affrontare.

Ylenia strinse forte i denti e andò avanti.

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La furia di Klaus non tardò ad arrivare. Una mattina quasi sfondò la porta di casa sua, e i vicini accorsero spaventati dicendo che Ylenia non stava bene e non poteva ricevere visite. Klaus fece una smorfia quando all’improvviso comparve Ylenia in giardino. “Niklaus che cosa vuoi?” domandò lei freddamente.

Il vampiro si voltò verso di lei e la indicò col braccio.

“Ah l’ammalata!!” la schernì sarcastico.

“Cos’è quel tono? Ti devo ricordare che sei a casa mia?”

“E io devo ricordarti che sono giorni che ti neghi con delle scuse idiote” ruggì lui avvicinandosi. Ylenia sospirò e lo condusse in casa per evitare altro caos.

“Perché devi sempre fare una tragedia per tutto? Se non mi sono fatta viva, vuol dire che non ho notizie utili da darti.”

“Ma davvero? Che cosa hai fatto in questi giorni? Ti sei data al ricamo? No perché mi risulta che quel bastardo di Finn sia tornato”

Ylenia sbattè le palpebre fingendosi sorpresa.

“Davvero?”

“Che c’è non lo sapevi?”

Lei alzò le spalle:

“Forse non gli piaccio più”

“Attenta a non fare giochetti con me Ylenia. Sei davvero sicura di non averlo visto?” Domandò lui stringendo gli occhi in due fessure.

“Sicura come so di essere qui”

Klaus la guardò attentamente, come se volesse scorgere nei suoi occhi qualche traccia di dubbio. Ma Ylenia sapeva recitare perfettamente.

“Se per caso mi stai tendendo una trappola, potresti ritrovarti la tua testa in una picca.” sibilò lui duramente.

La mora gli rivolse un sorriso furbo:

“Uso le tue stesse parole Niklaus: non ti conviene.”

L’Originario sbottò e si fece pericolosamente avanti:

“Senti un ..”  Ma all’improvviso dei passi lo bloccarono. Anche Ylenia si girò. Agnes era comparsa sulla porta che dava alle scale e si teneva in piedi col braccio sullo stipite.

Ylenia?” La biondina non riusciva ad aprire bene gli occhi che erano circondati da profonde occhiaie. Era mortalmente pallida, i capelli secchi che scendevano disordinati lungo le spalle. Sembrava uno zombie.

“Agnes, devi restare a letto” Il tono di Ylenia era profondamente preoccupato mentre si avvicinava alla sorella. La biondina le rivolse un sorriso tirato:

“Sto un po’ meglio oggi. Buongiorno Klaus” disse poi dopo essersi accorta della presenza del vampiro. Rivolse anche a lui un sorriso stanco.

“Agnes.” Disse lui in un tono stranamente cordiale. Ma in realtà era sbigottito. Non comprendeva le ragioni per la quale la luce che quella ragazzina irradiava sempre, si fosse spenta. E perché fosse così ridotta male. La parte maligna di lui gli sussurrò che alla ragazzina non doveva accadere nulla di male altrimenti Ylenia, così lunatica com'era in quei giorni, poteva tirarsi indietro dall’accordo. Era Agnes l’anello debole e doveva quindi usarla a suo vantaggio come aveva sempre fatto.

Cercò però di tenere a bada quella voce maligna dentro di lui e decise di capirci qualcosa mentre osservava le due sorelle. La maggiore si raccomandava dicendo che doveva andare a letto e non fare sforzi, mentre la minore alla fine si arrese. Il volto di Agnes era così scavato e debole da apparire irriconoscibile.

“Farò come dici. Salve Klaus” lo salutò ancora con un debole sorriso. Anche lui ricambiò non sapendo che dire. Quando Agnes fu scomparsa dalla sua vista, lui si avvicinò a Ylenia: “Che cos’ha?”

La mora lo guardò storta: “E’ ammalata”

“E io sono umano se quella è solo ammalata”

“Siamo in Francia, Klaus. E Francia uguale peste. Ma la sto già curando attraverso delle pozioni. Per fortuna è una forma lieve”

Klaus suo malgrado apparve turbato, e non ne sapeva nemmeno la ragione. Anzi forse la intuiva: detestava che qualcos'altro tenesse in bilico una vita di cui solo e esclusivamente lui doveva avere le redini. Era lui, il vampiro, che doveva decidere su quella piccola e insignificante vita, non una stupida malattia.

“Sicura che è abbastanza?” domandò lui cercando di non apparire troppo nervoso.

Ylenia lo guardò duramente un'altra volta, segno che non lo voleva tra i piedi:

“Ci penso io a mia sorella. Ora se vuoi scusarmi ma devo andare al mercato a prendere delle erbe apposta per lei.” lo liquidò in fretta e furia ma Klaus rimase in casa. Non fece nemmeno una sola mossa.

Solo quando sentì dei passi, si mosse.

“Mia sorella si preoccupa troppo”

Agnes era ricomparsa. L'aspetto come prima anche se si sforzava di apparire al meglio. Era scalza e con una leggera vestaglia.

“Invece dovresti obbedire e fare come dice” disse lui freddamente mentre la guardava.

Agnes sorrise. Quella piccola luce negli occhi almeno non era svanita:

“Non mi dire che anche tu con i tuoi fratelli sei bacchettone”

“Direi di sì, la maggior parte sono morti” rispose lui non battendo ciglio.   in verità solo Gwendolyn era morta, ma gli altri avevano già un piede nella fossa. A parte Rebekah... L'unica a non averlo tradito. A quel tempo la sorella si trovava in Spagna, voleva risolvere quella faccenda pericolosa da solo.

Agnes lo guardò poi con una strana espressione, e lui non sopportava quel genere di sguardi.

Fece un cenno con la mano:

“Dovresti riposare ragazzina se non vuoi morire”

Agnes alzò il sopracciglio:

“Così ci tieni davvero alla mia vita?” constatò confusa.

Klaus si irrigidì ma riprese subito il controllo di se stesso:

“I funerali sono terribilmente melodrammatici” si giustificò lui con un sorrisetto.

Agnes restò a guardarlo per qualche secondo poi si diresse verso uno scaffale. Klaus sentiva il tenue rumore di quei piccoli piedi che camminavano.

“Cosa fai ragazzina?”

Agnes prese un foglio dentro un cassetto poi si diresse verso di lui.

Klaus credette di riconoscere quel pezzo di carta e se avesse potuto, il cuore sarebbe sprofondato in un profondo mutismo.

“Ho trovato questo nella camera di Ylenia” disse lei porgendogli il disegno.

Fu come se Klaus inghiottì del veleno; serrò duramente il viso in modo tale da diventare di pietra. Quello era un suo disegno, finito in mani sbagliate.

Maledizione.

Ylenia aveva ficcato il naso dove non doveva ma lui l'aveva liquidata dicendole che nel quartiere sembravano tutti dei morti di lebbra, e soltanto le due sorelle Lefevre erano perlomeno passabili per un disegno. Nulla di più. 

Ylenia con un sorriso malizioso aveva notato la dedica in fondo al disegno ma lui non le aveva dato modo di fare domande inopportune. Lei d'altro canto sembrava non importargliene più di tanto. Forse entrambi erano troppo duri e schivi  per cercare il meglio nascosto l'uno nell'altro.

Agnes invece guardava il disegno con un sorriso dolce e sincero:

“Sei davvero bravo, molto più bravo di me.”

Klaus sembrava una pietra di fronte a lei, mentre Agnes alzava il viso con un guizzo negli occhi:

“Credo che accetterò i tuoi consigli dopo tutto” mormorò sorridendogli in un modo che non aveva mai fatto prima e ciò lo disturbò.

Gli sembrò deplorevole quella debolezza umana. Perché diavolo non riusciva a smettere con quegli stupidi dipinti? Doveva bruciarli tutti nello stesso modo in cui aveva bruciato la sua umanità.

Cercò di controllare la furia che stava per fuoriuscire:

“Non posso uccidere ogni ora del giorno, dovrò pur trovarmi un altro passatempo no?” si giustificò lui con sguardo gelido.

Agnes lo fissò come se gli stesse leggendo nella mente:

“Certo certo. Un passatempo nobile” mormorò ricordandosi le parole dure del vampiro riguardo alla pittura. Ma evidentemente erano tutte menzogne, perché doveva tutti i costi nasconderlo?

Non c'era nulla di disonorevole in una passione bella e umana come dipingere. Non c'era nulla di sbagliato nell'ammettere che era terribilmente doloroso sentirsi soli.

"Voi siete la rappresentazione di famiglia che avrei voluto avere io. Klaus"

Quando aveva letto la dedica di Klaus si era fatta cogliere da un'improvvisa tristezza che l'aveva lasciata senza parole. Ciò che Klaus aveva scritto esponeva un lato di lui che aveva sempre voluto nascondere, forse per impedire di provare una maggiore sofferenza.

Intuiva che quel vampiro che voleva tutti i costi apparire crudele, voleva una famiglia.. che aveva bisogno di qualcuno con cui condividere l'eternità e che gli facesse capire che non era l’oscurità il luogo in cui doveva abbandonarsi.

Klaus sembrò leggere i pensieri disegnati nel volto triste di Agnes e serrò i pugni per darsi un tono. Per mantenere intatta la sua maschera:

“Non farti strane idee ragazzina. Non ti ricordi la lezione che ti ho dato? O come al solito parlo a vanvera con te?” domandò altezzoso.

“Sì certo che mi ricordo... Ma nella mia visione del mondo credo che ci deve essere sempre un buono, e un cattivo, in ogni storia ce n’è uno. Tu ti sei voluto calare in quei panni per forza, probabilmente è la parte più facile da interpretare..." mormorò appoggiando il disegno su un tavolo.

Klaus la inchiodò con uno sguardo di fuoco per ciò che stava dicendo, ma lei non voleva cedere né farsi trarre in inganno da quella maschera che dava cenni di cadere. Si fece avanti senza alcun timore.

"E’ sbagliato ciò che ti ho detto?"  O era giusto? Forse Klaus si era auto convinto che vivere in quel modo, soffocando le emozioni umane, era il miglior modo possibile per sopravvivere. Per smettere di essere debole.

A Klaus però non piaceva essere messo in discussione. Stava per esplodere. Le puntò l'indice contro.

"Tu-parli-troppo" sibilò lentamente quelle tre parole.

Agnes sbatté debolmente le palpebre. Era così debole da riuscire a star a malapena in piedi eppure dentro di ricavò una forza in quel momento che non sapeva di avere.

"Io sono sincera. E tu sei un bugiardo. Altrimenti ammetteresti a te stesso che ciò che stai per fare a tuo fratello é sbagliato così come lo hai dimostrato in questo disegno"

Klaus fece una smorfia disgustata guardando il ritratto, quel lurido colpevole che lo stava rendendo ridicolo.

"Al diavolo quel disegno. Mi stavo annoiando tutto qua. E faresti bene a ricordarti che sono in grado di farti del male ragazzina, molto male." Finì le ultime frasi con degli occhi percorsi da lampi furiosi. L'espressione decisa.

Agnes lo guardò tranquillamente:

"Ma non l'hai ancora fatto" sussurrò a suo rischio e pericolo.

Klaus le rivolse un ghigno spietato. Non capiva quella stupida quante volte lui aveva pensato di ucciderla e di godere di quell' attimo di stordimento inebriante? Ai suoi continui giochetti di ritardare la sua morte facendola cadere in una trappola ben più crudele?

Si avvicinò alla ragazza mentre un dito cominciò a tracciare il suo collo.

"Non tentarmi" sussurrò lui maligno. La sua mano si adagiò alla base  del suo collo come se la volesse strangolare. Sarebbe stato così facile, lei appariva come un fragile oggetto tra le sue mani in quel momento.

E fu davvero tentato di rompere il patto con Ylenia pur di non sentire più quelle parole che gli facevano ricordare cose che non dovevano più esistere nella sua mente. Voleva spegnere quella voce una volta per tutte. Il viso si serrò mentre anche la mano fece lo stesso. Agnes strabuzzò gli occhi non dicendo nulla.

Era paura? Finalmente era arrivata. Klaus se ne deliziò.

Ma non seppe neanche come e nemmeno perché, ma la mano scese e smise di premere sul collo della ragazza. Agnes ricordò soltanto adesso la gravità della sua malattia e si portò una mano al ventre respirando a fatica. Anche Klaus aveva il respiro debole.

Agnes andò a bere un bicchiere d'acqua e si portò dolorosamente una mano sulla fronte. Sembrava sul punto di svenire ma Klaus rimaneva comunque immobile come una statua deteriorata.

Agnes a fatica andò verso la porta che dava alle scale. Ma prima di andarsene si voltò verso il vampiro:

"Come vuoi Klaus. Forse ho capito perché i vampiri cancellano le proprie emozioni. Perché altrimenti si rischia di essere felice." E la felicità ha un caro prezzo. Dopo la felicità viene il dolore più nero.

Klaus non si degnò neppure di guardarla né di rispondere. Dopo aver udito i passi della ragazza ritornò a essere se stesso. Pensò che potevano andare tutti all'inferno e che la peste  si prendesse pure la ragazzina. Tanto meglio. Che le squarciasse quell'anima fin troppo buona.

Si diresse verso l'uscita ma poi all'ultimo si bloccò. Era teso come se qualcosa fosse in lotta dentro di lui. Prese un'altra decisione, forse se ne sarebbe pentito ma non doveva lasciare che l'impulsività danneggiasse ogni cosa che aveva in mente.

Ritornò sui suoi passi e si diresse verso le stanze in totale silenzio.

Entrò nella camera di Agnes e lei non appena si accorse della presenza del vampiro sgranò gli occhi dallo stupore ma era troppo debole per alzarsi dal letto.

"Che ci fai qui?" domandò sbigottita.

Le labbra di Klaus si stirarono in un sorriso mentre si avvicinava. La piccola candela della stanza illuminava il suo viso pallido e i suoi occhi azzurro-verdi.

"Non farti strane idee. Voglio evitarmi di sentire ogni giorno i tuoi lamenti, e se ti accadesse qualcosa chissà Ylenia che potrebbe fare. Quindi quest’oggi mi atteggio a benefattore ma..” Alzò la mano, lo sguardo prima ironico adesso serio. “Basta chiacchiere” disse riferendosi alle parole di Agnes che lo infastidivano come spine, forse perché dimostravano una verità che lui voleva tutti i costi negare e a che avrebbe sgretolato il mondo che si era costruito attorno a lui.

Agnes lo guardò come se non capisse le sue intenzioni. Era distesa sul letto per via della debolezza e l’unica cosa che muoveva era il viso e gli occhi spenti.

“Non vuoi uccidermi quindi?” Domandò flebilmente.

Klaus si sedette al suo fianco sul letto.

“Credi che sarei così spietato? Constatando che non sei in grado di difenderti.”

Agnes restò zitta come se il suo mutismo potesse rispondere alla sua domanda. Ma in realtà era troppo confusa per farsi un’idea precisa di Klaus visto la sua inclinazione a cambiare atteggiamento a seconda di quanto gli conveniva. Non aveva proprio idea del perché lui fosse lì e perche fosse ritornato indietro, dopo come avevano chiuso la conversazione.

Klaus la guardò con una strana espressione, quasi impenetrabile:

“Dipende solo da te. Vuoi vivere, assaporare ciò che il mondo ha da offrirti? Una piccola bugia forse te l'ho detta. Il mondo non é così male.” Fece una pausa poi scosse la testa  “Talvolta”

Agnes lo ascoltò attentamente e un brivido gelido le percorse la schiena:

“Non voglio diventare un vampiro, Klaus.”

“No di certo. Un angioletto come te non sarebbe proprio adatto ad essere un demone” Le fece uno strano sorriso dolce, e se non fosse stata così debole lei sarebbe arrossita. Aspettò che lui continuasse:

“Il mio sangue ha poteri curativi. Può guarirti... Se lo vuoi.” Mormorò lui con voce vellutata.

Agnes strinse gli occhi. Perché voleva aiutarla? Aveva avuto la sensazione che lui volesse strangolarla qualche minuto prima. E non solo quel giorno, ma anche tante altre volte. Forse lui la salvava con la promessa che lei non gli avrebbe più rotto le scatole né avesse cercato di far leva sulla sua corazza. O forse per Ylenia.

Il motivo vero e proprio non riusciva a immaginarselo, ma su una cosa Klaus aveva ragione. Lei non voleva morire, era ancora troppo giovane e non aveva ancora goduto appieno del mondo, sebbene il periodo in Francia era così catastrofico che qualche volta aveva pensato che non aveva senso vivere in un mondo simile. Eppure guardando Klaus negli occhi ritrovò la forza di non cedere, la voglia di continuare a vivere e di non lasciarsi morire.

Si morse nervosamente il labbro e assentì con la testa, pregando che il cuore non sussultasse per ciò che stava per fare.

Non riusciva però a muoversi allora Klaus la aiutò ad alzare il busto, cingendole la schiena con un braccio. La testa di Agnes dondolò sopra il suo petto, il viso di Klaus finì contro la sua spalla.

Ma gli occhi di Klaus all’improvviso di focalizzarono su un punto scoperto della sua schiena, appena agli inizi della colonna vertebrale. Era tutta ricoperta di lividi neri, ammaccature. E chissà come era messa il resto della schiena.

Il viso di Klaus si serrò in una morsa durissima. Gli occhi furono la piena immagine del suo odio verso quei lividi, che sembravano tanto simili ai suoi quando suo padre lo picchiava ingiustamente. Si maledisse del non aver dato al padre di Ylenia e della ragazzina una punizione ben peggiore, una vendetta studiata apposta come se stesse punendo il suo di padre.

L’espressione divenne indecifrabile mentre continuava a guardare i lividi. La mano si strinse nel tessuto del vestito di Agnes.

“Perché tieni ancora i segni? Tua sorella sicuramente te li può guarire.” Mormorò duramente ricordandosi che il corpo di Ylenia era perfetto. Non c’era nessun segno di violenza sebbene lei più di Agnes aveva assaporato la mano del padre. La mora gli aveva confidato infatti che aveva fatto svanire tutti i lividi grazie alla magia perchè sarebbe stato come ricordarsi del padre ogni qualvolta si guardava allo specchio, e non voleva portare quei segni come un regalo di quel bifolco.

“Perché?” domandò lui nuovamente.

Agnes chiuse gli occhi, ricordando il male ogni volta che il padre la picchiava. Si puntellò sul suo petto con una mano per guardarlo negli occhi. “Perché a differenza di Ylenia io voglio ricordare. Anche se lei ha fatto scomparire le ferite comunque queste sono rimaste, magari non sono visibili ma ci sono comunque. Il dolore serve, aiuta. Ti fa diventare più forte, è come una scossa e non puoi restarne indifferenti né sfuggirne alle conseguenze”

Klaus ascoltò attentamente le sue parole come se ne fosse rimasto sinceramente colpito oppure come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco. In qualche modo stimava il comportamento della ragazzina perché ci voleva una grande forza, mentre lui aveva fatto tutto il contrario di ciò che lei aveva detto. Lui era fuggito dal suo passato di umanità, ne aveva chiuso tutti gli spiragli e anche il dolore che ne ricavava.

Strinse ancor di più l’espressione del viso pur di non pensarci e tornò a ciò che stava per fare. “Ti ho detto basta chiacchiere, ragazzina” disse lui freddamente mettendole un braccio alla base della schiena per tenerla dritta.

Si morse il polso e glielo offrì senza dire niente. Ma non smise mai di guardarla.

Agnes all’inizio fu turbata dalla vista del sangue e alla prospettiva di doverlo bere. Le sembrò una cosa disdicevole e non giusta, ma quel liquido rosso sembrò attirarla a sé come se fosse la sua unica salvezza.

Adagiò timidamente le labbra sulla ferita che Klaus si era autoinflitto e le dischiuse per sentire il sapore metallico del sangue, cominciando a succhiare a piccoli sorsi. Comparve un sorriso nel volto terribile sul volto di Klaus, come se fosse compiaciuto di nutrire quella vita attraverso il suo sangue.

Accarezzò delicatamente i capelli della ragazza mentre Agnes continuava a bere ciò che lui aveva da offrire. Dopo di che lei smise di rimanere attaccata al suo polso e alzò debolmente la testa. Sentiva il cervello in confusione, lo stomaco sottosopra. Ma ce l’aveva fatta, non aveva obbiettato in alcun modo.

Klaus le sorrise, mentre col dito pulì una piccola traccia di sangue ricaduta su un lato delle sue labbra.

“Non è stato così male no?"

Agnes deglutì nervosamente. Era stata una sensazione così intensa bere il sangue di Klaus da non riuscire neanche a spiegarlo. Sentiva tutto sottosopra ma le forze sembravano ritornare. Le guance si tinsero di rosa e riuscì a muovere qualche muscolo. Il viso ritornò a essere grazioso.

Klaus si scostò un  da lei. Era orgoglioso di aver fatto un buon lavoro ma ormai era finita lì, inoltre si sentiva assettato.

Guardò Agnes e notò che anche lei lo stava guardando. Di nuovo non gli piacque quell'espressione.. Come se lei volesse in qualche modo capirlo.

Ma lui non aveva bisogno di essere capito. Non aveva proprio bisogno di niente. Lui era un vampiro. E un licantropo sebbene non potesse utilizzare quella forza.

Inoltre se quella poverina non fosse stata così male si sarebbe saziato di lei, ma aveva pur sempre un briciolo di dignità per non approfittare di quella situazione.

Il viso divenne impenetrabile mentre cercava di alzarsi. Agnes però ad un tratto lo fermò, prendendogli una mano.

"Aspetta" la sua voce era diventata cristallina, dolce come il miele e il sangue.

Klaus non fece in tempo a dire nulla che vide Agnes protendersi verso di lui, mettergli una mano sulla spalla e appoggiare le labbra sulla sua guancia gelida.

Klaus rimase di pietra non osando parlare o respirare. Agnes si staccò da lui e lo guardò con lo sguardo più dolce mai esistito

"Grazie"

Klaus allora la fissò come se quella parola gli arrecasse offesa. Digrugnì e si alzò così velocemente che Agnes non riuscì neanche a trattenerlo.

L’Originario aveva bisogno di prendere aria e quando finalmente uscì da quella casa maledetta ritornò a essere se stesso. Aveva abbandonato le debolezze umane in quelle 4 mura. Si sentiva un idiota, uno sciocco, uno stupido. Non pochi secoli prima aveva denigrato e compatito il sentimento di Elijah nei confronti di Katerina. E ora lui cosa si era messo a fare? A cincillarsi dietro ai sentimenti umani, a cominciare a provare qualcosa.

Prima era ritornato indietro  a continuare il suo gioco, per averla in suo potere. Ma in qualche modo bizzarro sembrava essere il contrario.

Provò disgusto verso se stesso. 700 anni non erano bastati a crearsi una nuova identità, una nuova anima, un nuovo Klaus? E dove diavolo era quel pulsante? Quel stramaledetto pulsante che sembrava essersi nascosto nelle tenebre della sua anima apposta per fargli un torto.

Voleva spegnere le sue emozioni ma non ci riusciva. E si infuriò ancora di più per questo. Voleva dimenticare l'orgoglio e la gioia per la gratitudine di quella ragazzina. Il dolore che aveva provato nel vedere i suoi lividi, il peso delle sue parole. Non riuscendoci si pentì di averla salvata e di non aver abusato della sua debolezza come un vero vampiro doveva fare.

Camminava a falcate lungo la strada e si sentì quasi tentato di tornare indietro e di strangolare quel piccolo collo, e succhiare ogni goccia del suo sangue per fare ammenda di quegli attimi di debolezza.

Si fermò. Sembrava un pazzo alla disperata ricerca del pulsante. Dove diavolo era?

Si fece comandare dall'istinto e continuò a camminare. Era così infuriato che avrebbe dissanguato mezza città. Per colpa di una singola vita che non aveva voluto prendere, altre mille avrebbero pagato quel prezzo. Era colpa sua.

<< Per colpa tua angioletto >> comparve un ghigno spietato sul volto folle di Klaus. Si era concesso di essere debole per qualche istante solo a causa di un'inutile umana, e qualcuno doveva pagarne le conseguenze. Ne pagò un ignaro passante che Klaus dissanguò in un vicolo senza battere ciglio. Ci sarebbe dovuta essere Agnes al posto di quel vecchio e di molti altri ancora.... Invece no.

 Chi era ora il mostro?

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Ylenia si stava dirigendo al Circolo. Si sentiva potente, forte... E vuota. L'ultimo incantesimo che aveva fatto sembrò averle succhiato l'anima e riempita poi di ombre. Era stato molto pericoloso ma era riuscita ad alzare la cresta come sempre.

Però le tracce che quei poteri oscuri avevano su di lei si facevano già sentire. Non provava tristezza mentre vedeva la solita desolazione in Francia - una ragazza che piangeva disperata dopo che la madre veniva investita da una carrozza, un bambino in un lago di sangue dopo aver tentato di rubare a un nobile perché soffriva la fame da giorni - provava solo vuoto. In fondo era meglio così, altrimenti si sarebbe fatta prendere dalla disperazione e non sarebbe servito a niente.

Entrò nella vecchia villa sede del Circolo, e constatò che quel posto non le era affatto mancato. D'altronde come potevano mancare le derisioni, le pugnalate alla schiena e le sottomissioni? Ma tra poco non sarebbe stato più così.

Incontrò Andrè nei corridoi che le rivolse un sorriso brillante:  “La mia streghetta preferita. É da un po che non ci si vede"

“Sono stata parecchio occupata" rispose lei fermandosi in un angolo.

“E non vuoi confidarti col tuo unico amico? Andiamo non farti pregare.” Mormorò lui curioso di sapere come andava avanti il piano di Ylenia e che lui aveva incentivato. Ylenia tentennò nel parlargli ma poi alla fine si decise perché tanto l’amico non era un ostacolo insormontabile. Dopo avergli raccontato tutto, Andrè strabuzzò gli occhi. Era diventato all’improvviso pallido e balbettava.

“Sei impazzita?”

Ylenia non piacque quel tono, ma la sua maschera di freddezza non si scompose:

“Forse. Ma non dovresti essere tu a dirlo”

Andrè la guardava come se fosse un giocoliere da strapazzo:

“Non.. Che hai al posto del cervello?? Un conto é fregare un originario innamorato come Finn, un conto è...” Non riusciva neanche a pronunciare il nome di Klaus. Ylenia non credeva che l’amico fosse così tanto cagasotto, e dire che lei faceva parte del sesso debole. Cosa che in tanti glielo facevano notare lì in mezzo.

“Non avevo altra scelta. Ha minacciato Agnes!”

Andrè le rivolse un’occhiata raggelante, come se identificasse l’amica in un nemico.

“Ma non avrai mica intenzione di tradirci vero? Noi siamo in dovere di proteggere quelle creature, non puoi offrirle a quella sanguisuga su un piatto d'argento. Non puoi.” E ancora una volta Ylenia non credeva che Andrè fosse un così leale servitore del Circolo. E poi a lei che importava di quelle creature abominevoli? Che Klaus li uccidesse pure tutti.

Ylenia contraccambiò lo sguardo di Andrè, diventando più decisa:

“Non lo dirai a nessuno vero Andrè? Acqua in bocca.” Gli ordinò fermamente.

Lui la fissò con sguardo disgustato.

“Tu sei pazza.” Ripetè ancora una volta. Ylenia serrò duramente il viso diventando agghiacciante. Avrebbe tanto voluto sistemare l’amico ma non era il momento né il luogo adatto.

Si allontanò facendogli segno di starsi zitto, e si dileguò nell’oscurità come se nulla fosse.

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La sala principale e quella più importante del Circolo era appunto circolare, ornata da moltissimi scaffali contenenti libri vecchi, numerose ampolle e aggeggi per incantesimi. Nella parte superiore era raffigurato un enorme cerchio contornato da strani simboli aztechi. Tutta la sala ne era piena, anche i pavimenti color marrone. Al centro c’era l’oggetto più importante di tutti.

Il Libro Bianco. Da quando era entrata a far parte del Circolo, lei aveva sempre desiderato toccarlo. Come se fosse una bambina in attesa di ricevere il regalo di Natale.

In lontananza non si vedeva bene, era un libro come gli altri, comune a giudicare dalla grandezza ma ciò che aveva di prezioso era quello che conteneva. Tutti quanti lì dentro sapevano che in quel libro erano raccolti tutti gli incantesimi provenienti dal Mondo Antico, anche quelli andati perduti col passare dei secoli, altri inimmaginabili.

Il libro era deposto sopra un ripiano alto di pietra. Ed era protetto. La difesa era invisibile ma chiunque si avvicinasse per toccare il libro veniva preso da un forte scarica, come se fosse fulminato, e veniva incendiato lì sul posto in pochi secondi. Chiunque, tranne chi aveva il potere di oltrepassare quella barriera. E lei ora aveva quel potere.

Si diresse verso il libro con occhi incantati, quando una voce nell’ombra la bloccò subito. Come aveva fatto a non accorgersi che c’era qualcuno?

Ylenia Lefevre.” Sussurrò una voce profonda che sembrava provenire dall’oscurità.

Ecco perché non si era accorta di quella presenza. Era Connor, come si suol dire il capo del Circolo. Era impossibile fronteggiare con lui ad armi pari.

L’uomo era seduto sopra un sedia intento a leggere un libro. Si trovava nell’angolo buio di uno scaffale pieno di libri.

Lui la guardò, e anche se la distanza era grande, Ylenia ebbe la sensazione che lui la stesse guardando fin dentro le pupille

“Ogni giorno che passa diventi simile a tua madre. Ci manca tanto.”

Quella risposta a doppio senso fece irritare Ylenia. Che arrogante. Lui più di tutti aveva chiamato sua madre una stolta inutile, e che non era stata una gran perdita. Quanto odiava la sua arroganza, il suo potere, le sue lusinghe. Odiava tutto di quell’uomo.

Gli rivolse un’occhiata glaciale e senza alcuna paura gli rispose acidamente:

“Risparmiatelo per piacere.”

Connor non sembrò dar peso alla risposta acida di Ylenia infatti inarcò solo un sopracciglio. Ma lui inarcava sempre un sopracciglio quando qualcosa non gli piaceva. Tutto il resto in lui c’era freddezza e immobilità.

Si alzò dalla sedia e si diresse verso di lei. Aveva un braccio alzato lungo la vita. Di per sé, Connor non era un brutto uomo anzi, ma aveva sempre un'aria così spavalda come se amasse esporre il suo potere che in qualche modo lo faceva apparire spaventoso.

Quegli occhi poi… Ylenia non aveva visto in nessun altro degli occhi come quelli, sembravano gialli. Molti infatti lo soprannominavano l’uomo dagli occhi gialli. Alcuni dicevano che non fosse un normale stregone, ma un druido ovvero una schiera di sacerdoti che servivano gli Dei e la religione celtica. Altri dicevano che fosse metà umano metà vampiro. Ma Ylenia credeva fossero delle sciocchezze.

Eppure l’aria sovrannaturale di quell’uomo era palese.

Connor si trovò faccia a faccia con lei, e Ylenia  dovette alzare viso. Pochi uomini erano più alti di lei, e lui era tra questi. Connor le rivolse un’occhiata gelida e autoritaria:

“Come mai sei qui? Questi alloggi sono riservati, lo sai benissimo.”

Ylenia gli sorrise a  di sfida, perché si aspettava quella frecciatina:

“Credo che dovrai darmi il benvenuto invece. Sono diventata molto più brava e merito di essere elevata di ordine”

Nel Circolo infatti c’era una gerarchia a seconda della potenza della propria magia. Connor era all’apice della piramide, Ylenia qualche tempo prima invece stava ai bassifondi.

Connor inarcò come al solito un sopracciglio, come se stesse appurando la forza della strega dentro di lei:

“Lo vedo. Hai acquisito molto potere. In così poco tempo.” Mormorò alla fine in tono sospetto.

Ylenia finse di apparire normale e innocente sotto lo sguardo attento di Connor. Con lui non doveva lasciarsi sfuggire nulla, era noto a tutti quanto fosse pericoloso e poco incline al perdono.

Ma lui la liquidò con un cenno indifferente della mano

“Ora non ho tempo, sono impegnato. “

Ylenia sbattè le palpebre, colta davvero alla sprovvista. Di nuovo odiò l’aria di superiorità che si portava dietro quell’uomo. Strinse forte i pugni per controllare la rabbia:

“Ci vorrà poco tempo, Connor.” disse lei con finta calma.

“E io ripeto che sono impegnato adesso. Arrivederci Ylenia. Passa una splendida giornata.” Rispose lui con finta cortesia, non voltandosi neanche per guardarla. Prima che lei potesse dire anche solo una protesta, Connor si era volatilizzato.

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Non tutto il male viene per nuocere. Ylenia aveva provveduto tutto quanto da sola, era bastato far vedere alla tirapiedi  di Connor quanto lei fosse forte e poco incline ad aspettare, ed eccola là. Seduta comoda nell’ala circolare a leggere un libro. Sulle spalle portava un mantello di velluto nero, molto delicato al contatto, e lungo fino ai piedi. Nelle sommità delle spalle c’erano disegnati in ricami d’oro dei simboli aztechi, gli stessi che si vedevano nel cerchio in alto della stanza.

Era la classica vestizione di quando uno stregone si alzava di grado e veniva premiato per questo. Di solito li investiva Connor come segno di devozione ma lei aveva fatto tutto quanto da sola. Che Connor andasse pure all’inferno.

Quando Andrè entrò nell’ala per poco non gli prese un colpo quando vide Ylenia tutta comoda a leggere.

Ylenia che fai?” domandò tra il preoccupato e lo shockato.

Lei si limitò ad alzare le spalle:

“Mi sono vestita da sola”

“Solo Connor può farlo” mormorò lui col tono di prima, scuotendo la testa.

“Che vada al diavolo”

Andrè si avvicinò all’amica, sgranò gli occhi e quasi le pupille fuoriuscirono dalle orbite quando vide qual’era il libro che Ylenia stava sfogliando.

“Il Libro Bianco? Sei pazza!? Nessuno può toccarlo a parte Connor. Se lo scoprisse…” domandò lui agitato e guardandosi attorno come se si aspettasse di veder comparire Connor all’improvviso, pronto a vendicarsi di quell’oltraggio.

Altra ingiustizia: chiunque avesse il potere di oltrepassare la difesa poteva vedere il Libro con occhi indisturbati. E magari guardarlo mentre Connor lo sfogliava. Ma nessuno poteva veramente toccarlo, se non lui. Connor era talmente despota che nessuno gli si era mai opposto.

Ylenia si fece una grossa risata:

“Zitto Andrè. Non farti prendere dal panico come un mammalucco.”

Andrè la guardò storto ma alla fine anche lui si lasciò vincere dalla curiosità e allungò il collo per dare un’occhiata al libro:

“Che dice?”

“Numerosi incantesimi. Mio dio tantissimi. É come la bibbia questo libro.”

Mentre Ylenia lo sfogliava con accuratezza, un foglio di pergamena cadde al suolo e Andrè lo raccolse:

“E questo?”

Ylenia glielo strappò dalle mani. Era una vecchia pergamena, ma ancora intatta. Il linguaggio però aveva qualcosa di strano. Era una lingua demoniaca e lei per fortuna la sapeva. Lesse buona parte del testo e capì che riguardava le creature a cui Klaus stava dando la caccia.

“Finalmente.” Mormorò vittoriosa, come se avesse nelle mani un trofeo. Così  Klaus non le avrebbe più dato rogne per quel motivo. Ora sapeva ogni cosa su quelle creature.

Andrè posò una mano sul foglio:

“Tu non dovresti leggerlo.” Disse ricordandosi delle intenzioni della strega. Ylenia però non gli diede corda e continuò a leggere fino alla fine.

Inarcò un sopracciglio:

“Poveretti. A leggere queste righe si direbbe che queste creature non hanno un avvenire felice. Se fossi in loro mi suiciderei, nessuno vorrebbe vivere così.” mormorò come se ne avesse compassione. Tuttavia ritornò lucida in un secondo.

“Ma chi se ne importa. Non sono umani, e da quel che si dice portano più male che bene. Sono degli assassini proprio come i vampiri. Perché dovremmo proteggerli Andrè? Che muoiono tutti dico io." Disse lei convinta e spietata.

Andrè sgranò di nuovo gli occhi:

Connor invece dice..”

Connor Connor Connor. Ti piace così tanto quel despota visto che gli fai da spia?” domandò lei all’improvviso fulminandolo con gli occhi.

Ylenia..” Andrè stentava a credere alle proprie orecchie.

“Credevi che non lo scoprissi vero? Che fossi una stupida come le altre donne? É ora di smetterla di sottovalutarmi.” Disse lei spazientita e piena di delusione mentre si alzava e deponeva il libro sulla sedia.

“Da te non me lo sarei mai aspettata. Hai detto a Connor di Klaus vero?” domandò tagliente.

Andrè deglutì nervosamente cercando una qualche via di salvezza. Ma da Connor non l’avrebbe sicuramente avuta, oggi e nemmeno l’altro giorno quel despota era in sede. Raramente si faceva vedere come se stranamente quel posto non gli andasse a genio.

“Dovevo farlo. Tu sei pazza. Hai idea del rischio che ci stai facendo correre a tutti noi?”

“Sono io che ho in mano le redini del gioco. Klaus non può farmi niente perché ha bisogno di me, quindi questo mi mette in una posizione di vantaggio. Invece di piagnucolare dovreste essere orgogliosi di ciò che ho ottenuto da sola." replicò acidamente e sul punto di perdere la pazienza.

Andrè la guardò dall’alto in basso:

“E che avresti  fatto? Sei solo una donnaccia”

Ylenia fece finta di ignorare quell’offesa:

“Come sei stupido” replicò scuotendo la testa con un ghigno.

“Vuoi impadronirti del potere di Connor vero? E avere tra le mani sia Klaus che Finn? Hai puntato troppo in alto, Ylenia. Finirai per cadere dal tuo bellissimo trono”

“Sei tu che mi hai dato l'idea. É troppo tardi ormai per le paure di chi teme di osare troppo. Quindi cosa decidi, sei con me?” chiese lei per dargli un’ultima chance. Lui per tutta risposta le fece una smorfia di repulsione:

“Ti sei bevuta il cervello. Hai esagerato Ylenia e non ti posso permettere di andare avanti. Non tradirò il Circolo.”

Ylenia restò zitta per qualche secondo. Poi si mise a ridere. Ma era una risata sprezzante, che faceva male. Andrè perse le staffe e l’afferrò per il collo:

“Che hai da ridere? Non c'è nessuna possibilità contro Connor. Il gioco é bello quando dura poco.” Disse lui facendo esplodere tutto il potere di cui lui disponeva.

Vedendo che Ylenia non batteva ciglio né dava segno di sofferenza, Andrè restò interdetto. Ylenia si sbarazzò del suo braccio in un secondo. Lo sguardo era di fuoco:

“Osi farti beffe di me? Tu razza di verme vorresti  forse ignorare i miei consigli?” lo schernì lei con cattiveria avvicinandosi a lui.

All’improvviso guardò il braccio con il quale lui le aveva afferrato il collo. Fece un cenno in quella direzione:

“Quel braccio impertinente… togliamolo.” Disse semplicemente agitando la mano. Andrè gridò dal dolore. Il braccio gli era stato letteralmente amputato con una semplice occhiata, e ora giaceva al suolo grondante di sangue e pelle putrefatta. Andrè stentava a credere a ciò che Ylenia aveva fatto e gridò impazzito dal dolore, portandosi la mano sopra la spalla dolente e insudiciandosela tutta di sangue.

Lei gli rise in faccia: “Tanto non è niente di che no? Puoi metterti una ferraglia al posto del braccio” scrollò le spalle indifferente.

Andrè si inginocchiò in preda alla sofferenza. Il sangue sgorgava in continuazione:

“Maledetta, non ti perdonerò” disse lui debolmente, guardandola.

"Non mi perdonerai?" chiese lei con un ghigno. Si inginocchiò di fronte a lui.

"Mi rendo perfettamente conto che sei un nobile e sei pieno d’orgoglio, però nella gerarchia del circolo io "donnaccia" ti sono superiore. Se ne sei consapevole dovresti cercare un modo di esprimerti più appropriato" Lo canzonò e poi si avvicinò al viso di Andrè distrutto dal dolore.

"Dì ti fa male vero? Chiedi scusa da bravo"

Andrè digrugnì:

"Le faccio le mie scuse"

"Uh come hai detto?" Ylenia si avvicinò al suo orecchio per sentire bene. Andrè deglutì inghiottendo il suo orgoglio

"La prego di perdonare la mia scortesia."

Ylenia sorrise soddisfatta e si alzò in piedi:  "Ecco bravo. Ma non diventare tanto rigido e formale all’improvviso, in fondo è umano sbagliare"

Andrè la guardava mentre un lago di sangue si espandeva ai suoi piedi. Ylenia indietreggiò come se non volesse sporcarsi le scarpe. Non c'era alcuna traccia di rimorso in lei, il mondo che Klaus aveva aperto per lei sembrava aver inghiottito ogni sua morale. Si lasciò guidare da quell'oscurità come se non potesse farne a meno o fosse uno strumento nelle sue mani.

Si stiracchiò le braccia:

"Ora devo andare. Ho tante cose da fare" sorrise al pensiero.

Fece dei passi in avanti oltrepassando il povero Andrè. Il mantello ondeggiò sul pavimento.

"Perché Ylenia..?" domandò Andrè cadendo a terra.

Lei si girò verso l'ex amico: "Meglio regnare all'inferno che servire in paradiso"

Andrè la guardò come se non capisse. Lei invece capiva perfettamente: era una frase di Milton tratto dal "Il paradiso perduto", lo stesso libro che Connor aveva ordinato loro di leggere e che Andrè ci aveva subito ironizzato dicendo che una donna non sapeva leggere.

Ylenia se ne andò nel silenzio.

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Agnes entrò in casa con i nervi a fior di pelle. Erano giorni che si sentiva tesa, giorni che non vedeva Klaus, giorni in cui sua sorella sembrava non essere sua sorella.

Quello era un mondo strano e sbagliato lo aveva sempre saputo. Come sarebbe riuscita a sopravvivere a quel diluvio? Almeno era guarita. Grazie a Klaus.

Pensando a lui, entrò in camera. Sussultò spaventata quando intravide qualcuno nel suo letto. Non fece in tempo a fare niente che subito un'ombra fu su di lei, una mano le tappò la bocca e con l'altra le tenne ferma la testa. Agnes soffocò il grido agitandosi tutta.

"Se urli ti uccido. Farai bene a crederci." sibilò nell'ombra la voce di Klaus.

Agnes smise di ribellarsi e lo shock prese possesso su di lei. Klaus, vedendo che lei stava buona, la lasciò andare. Ma comunque lei poteva ancora sentire vicinissimo il respiro gelido di Klaus sul suo volto. Tremò come una foglia mentre il cuore galoppava nel petto.

Cosa ci faceva Klaus a quell'ora? Perché un minuto prima si trovata sul suo letto?

Prendendo coraggio riuscì a spostarsi per schivare quel respiro che le fermava i battiti, e andò verso la finestra aprendola per far entrare la luce della luna.

"Cosa ci fai qui Klaus?" domandò alle prese con lo shock

Lui le rivolse il solito ghigno. "Me ne sto andando. Sono venuto a farti un ultimo saluto"

Agnes sbatté le palpebre circospetta: "Che vuoi dire?"

Lui le sorrise diabolico. Alla luce della luna appariva ancora più terrificante.

"La ragione per cui sono venuto qui si é esaurita. Ylenia mi ha promesso di darmi entro poco le informazioni che le ho chiesto, ucciderò Finn tra non molto.. Per cui addio a questo schifo di città, addio anche a te e alle tue chiacchiere" il viso sembrava spiritato, il corpo dondolava come se avesse bevuto.

"Sei ubriaco?" domandò Agnes preoccupata. Klaus le sorrise perfidamente.

Era sì ubriaco, ma di sangue. Aveva dissanguato così tante persone in quegli ultimi giorni da perdere il conto. Voleva annullare tutte le sue emozioni ma ricordandosi il motivo per il quale era ridotto in quello stato assurdo, si era infuriato ancor di più.

La collera e la follia avevano preso il sopravvento dopo l'ultima volta che aveva lasciato quella casa.

Agnes vide in lui l'espressione più feroce che avesse mai visto. Si appiattì contro la parete.

"Perché sei venuto qui?" domandò ancora spaesata. Klaus si avvicinò tenendo lo sguardo su di lei:

"Mi hai promesso un ritratto. O hai dimenticato?"

Agnes sbattè le palpebre imperterrita. "Come?"

"Che c'è? Hai perso il tuo dono angelico?" domandò canzonatorio.

"Klaus non mi sembra il momento.. E scusa ma mi sento stanca, voglio andare a letto"

Klaus allora perse la pazienza e la tirò violentemente per un braccio, gettandola sul letto.

"Avrò quel dipinto." ordinò nuovamente e snudò una lunga lama che portava alla cinta. Gliela puntò alla gola.  Agnes tremò.

"Disegna. Disegna se vuoi vivere."

Lei poteva sentire quel freddo acciaio baciarle la gola e si ordinò di non scappare via perché tanto avrebbe solo peggiorato le cose. Rimase seduta sopra il letto osando a malapena respirare, col cuore che batteva fortissimo.

Dalla sua espressione, capì che Klaus non stava affatto scherzando. Era chiaramente impazzito. Ed era impossibile ragionare con un pazzo.

Deglutendo si girò per prendere la matita e l'album da disegno. Inavvertitamente la lama le ferì la pelle e un rivolo di sangue scese lungo il suo collo. Forse era accaduto accidentalmente o forse Klaus l'aveva fatto apposta. Ma Agnes si mosse comunque, manovrata dalla paura.

"Ho bisogno di luce" balbettò dirigendosi verso la candela e accendendola. Klaus osservava ogni suo movimento, attento che non scappasse. Si mise dietro di lei come un segugio mentre Agnes prendeva tutto ciò che serviva.

"E che venga bene. Non voglio uno scarabocchio" Klaus continuava ad intimidirla ponendole la lama contro la gola a seconda di come si muoveva. La mano di Agnes traballava e a stento avrebbe potuto disegnare un sole come fanno i bambini. Cercò di darsi forza e cominciò piano piano a disegnare.

Non seppe quanto tempo passò, ma quando finì sospirò per la liberazione e diede a Klaus il disegno senza dire niente né voltarsi. Klaus prese tra le mani il foglio. Abbassò la lama senza dire nulla.

Il suo sguardo divenne indecifrabile mentre fissava il disegno. Agnes non riusciva a capire se gli piacesse oppure no. Da quell'esito forse ne sarebbe ricavato l'ennesimo scontro oppure l'avrebbe semplicemente lasciata andare.

"Che significa questo?" domandò lui freddamente.

Agnes lo guardò. "Sei tu." disse semplicemente.

Il disegno raffigurava Klaus intento a specchiarsi ma nel riflesso del vetro non c'era niente. Niente. Una volta aveva letto che i vampiri non possono specchiarsi perché vedrebbero la loro anima orribile riflessa e questa verrebbe così catturata dallo specchio. Mentre Klaus non vedeva niente proprio perché non aveva un'anima. Era stato lui stesso a cancellarla.

Eppure il Klaus del ritratto era come dire triste per quel destino che sembrava tracciato dal giorno della sua nascita e che in fondo al cuore non aveva mai voluto.

"Tu credi di aver capito tutto, non é vero?" domandò lui sarcastico sventolando il disegno.

Agnes si alzò, cercando di non tremare: "Credo di aver capito che sei un uomo molto complesso. E che ti sei arreso ad essere ciò che credi di essere."

Lo guardò allora con sguardo vacuo. Forse Klaus si era troppo abituato all'oscurità, al male e alla morte da non vedere nient'altro che questo. Nessuna speranza di essere migliore.

Di colpo non ebbe più paura. Ma solo profonda tristezza.

Sfortunatamente la paura tornò quando Klaus la spinse con violenza contro la parete. Il disegno era caduto da qualche parte, mentre  il viso del vampiro si era trasformato tutto ad un tratto.

"Con chi credi di avere a che fare? Non sono uno stupido umano che prova degli stupidi e inutili sentimenti. Sono un vampiro della peggior specie" sussurrò gelido contro il suo viso, e Agnes chiuse gli occhi perché il suo respiro ghiacciato era troppo potente da sopportare a così breve distanza.

"E ora te lo dimostrerò" continuò lui maligno abbassando il viso contro il suo collo.

Le labbra di Klaus si depositarono all'improvviso sulla ferita che poco prima le aveva inferto; la bloccò con il suo corpo contro la parete per impedirle di filarsela. Agnes sgranò gli occhi terrorizzata per ciò che Klaus stava per fare e cercò di spingerlo via con le braccia, ma lui sembrava di pietra.

"Lasciami!" gridò ma Klaus sembrava non udirla. I suoi denti penetrarono subito la pelle in profondità, trovando la vena pulsante. Agnes schiacciò l'urlo che aveva in gola e cercò continuamente di spingerlo via, mentre quei denti affilati sembravano lacerarla in due.

Le mani di Klaus si abbassarono sul suo petto, e strinsero con forza il corsetto del suo vestito. Le sue dita sembravano artigli che le perforavano la pelle sotto i vestiti e Agnes sentì le gambe all'improvviso cedere. Klaus la sorresse cingendole con forza la vita sottile, mentre continuava a bere avidamente il suo sangue.

Era inebriato dal suo sapore. Aveva desiderato tante volte farlo e molte vite c'erano andate di mezzo per questo, ma l'attesa non era stata affatto vana.

Agnes afferrò alcuni ciuffi dei suoi capelli per tirarglieli.

"Klaus" sussurrò debolmente il suo nome allo scopo di fermarlo. Lui questa volta sembrò darle ascolto, tanto aveva già infierito sulla sua vittima prediletta. Smise di succhiarle il sangue mentre la lingua passò sulla sua gola, ripulendola dagli ultimi residui di sangue rimasti, non lasciandone più traccia. Agnes trasalì inavvertitamente e chiuse gli occhi sentendo il cuore in fiamme.

La bocca di Klaus si chiuse sul suo mento, poi risalì. Le mise una mano sulla parte del collo non ferita e le baciò un angolo della bocca sporcandogliela così apposta di sangue.

Agnes trasalì di nuovo e non seppe come, riuscì a non svenire.

"Prendilo come un mio regalo di compleanno in anticipo" le bisbigliò lui con voce calda non spostandosi di un millimetro.

Agnes avrebbe voluto fare tante cose: mandarlo al diavolo, sussurrargli di non farsi più vedere, che sua sorella lo avrebbe ucciso per questo. E altri pensieri sconnessi che le confusero la testa.

Però all'improvviso non sentì più la presa  di Klaus, ma solo un bisbiglio nell'aria. "Addio Agnes"

Quando lei aprì gli occhi non c'era più nessuno nella stanza. Solo il vuoto, e l'aria che la circondava insieme ai resti di quella voce.

Agnes si accasciò per terra priva di forze. Ma notò che anche il suo disegno non c'era più.

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Ylenia si stava dirigendo nell'ala circolare del Circolo. Tutti quanti la evitavano e forse perché avevano capito che finalmente la donna lì presente aveva alzato la cresta e che era diventata molto potente più di quanto si potesse immaginare. Aveva persino ereditato una rendita maggiore della loro, causando così enorme invidia, ma lei non ci badò.

Entrò nell'ala, era deserta. Ma sentì una presenza pericolosa alle sue spalle.

"Che hai intenzione di fare, donna?"

Ylenia scosse la testa e si girò incrociando gli occhi strani di Connor.

"Donna? Devo prendere questa parola come un insulto? Se tu fosse realmente un uomo ricambierei." rispose a  di sfida riferendosi al fatto che tutti pensavano che Connor non fosse del tutto umano.

Lui le rivolse un sorriso inquietante forse perché era colpito dalla sua risposta pronta, o forse perché compativa quella poverina perché non sapeva con chi aveva a che fare.

"Farò finta di non vedere ciò che stai indossando" disse lui freddamente rivolgendosi al suo mantello e sorpassandola. 

Ylenia si girò mentre Connor si grattava accuratamente le unghie: "Dov'é finito Andrè?" domandò infine.

Ylenia scosse le spalle. Non lo sapeva e non gli importava. Anche Connor comunque ne sembrava indifferente: "Poco male. Quel tipo era un viscido perdente"

Poi però ritornò serio e si pose davanti a lei. Ylenia sapeva che la reazione di Connor non sarebbe tardata ad arrivare, e infatti eccolo lì. Se non fosse stata così sicura di sé, Ylenia sarebbe scappata a gambe levate alla vista di quello sguardo.

Connor sibilò ogni parola:

"Devo avvertirti... Molti nel mio lungo tempo hanno cercato di fregarmi ma io sono ancora qua. E non sarà certo una sgualdrina che si fa due Originali che potrà recarmi danno.” Sottolineò la parola Originali con disgusto.

<< Forse perché non hai trovato nessuno alla tua altezza >> Ylenia ebbe almeno la sana arguzia di non dire ciò.

Connor la inchiodava con uno sguardo tetro:

“Sei andata troppo oltre e ti sei intromessa in cose che non ti riguardavano. Per cui chiudiamola qui.” All’improvviso si avvicinò più velocemente, i muscoli di lui erano all’erta.

Ylenia cercò di prepararsi a ciò che stava per succedere:

“Mi dispiace, i giochi non sono finiti.”

Connor sorrise in maniera inquietante e sinistra:

“Quando lo dico io, sì.”

La sua forza non tardò ad arrivare, anzi impiegò solo un secondo quando lui smise di parlare.

Ylenia ad un tratto sentì le ossa schiacciarsi su se stesse, smembrarsi, i vasi sanguigni rompersi e i muscoli dolere fino a morire dentro. Non riuscì a resistere a quella potenza mostruosa e cadde su se stessa, boccheggiando forte. Cavolo, era peggio di quanto si aspettasse.

Gli occhi di Connor sembravano brillare di luce spietata, eppure il viso non tradì nessuna emozione né alcuno sforzo. Come se la stesse semplicemente guardando mentre le fracassava le ossa.

Ylenia cercò di prendere le ultime forze e di fare ciò che doveva. Gattonò strenuamente fino ai piedi di Connor e gli afferrò la mano con le unghie; il suo sangue fuoriuscì dalle incisioni ma Connor sembrò non provare nulla da quei graffi, infatti la scostò come se fosse un topo. 

Ylenia non si ribellò:

"Ok mi arrendo" sussurrò debolmente e cercando di trattenere un sorriso.

Connor la guardò dall'alto in basso:

"Sei intelligente vedo. E ora vattene di qui donna." ordinò ancora.

Ylenia cercò di alzarsi in piedi. Connor continuava ad osservarla. All'improvviso la strega gli rivolse un sorriso crudele:

"Vattene tu, l'inferno ti aspetta."

E Ylenia così alzò la mano e blandì un nuovo incantesimo ottenuto grazie al libro Bianco. Sfoderò tutta la sua forza mentre il sangue di Connor grondava dalle sue dita.

"Lurida sgualdrina!" gridò Connor con voce terrificante cercando di rimanere in piedi. Ma Ylenia poté scorgere la sofferenza atroce sul suo viso di marmo e ne fu deliziata. Ce lo aveva in pugno.

Del sangue gli stava fuoriuscendo dalla pelle attraverso ferite invisibili, ne usciva a quantità fino a dissanguarlo.

"Tu non puoi uccidermi." sibilò lui guardandola con disprezzo. Cercò di resistere ma cadde sulle ginocchia  "Non ne hai il potere." Un rivolo di sangue gli fuoriuscì dalla bocca, e Ylenia sorrise.

"Scommettiamo?" strinse di più il pugno della mano tesa in avanti. Il sangue di Connor colò tra le sue dita.

Era un incantesimo a dir poco strabiliante: se possedevi il sangue ancora grondante da un ipertensione potentissima, potevi farne leva e liquidare il soggetto da tutto il sangue che possedeva.  Era stato difficile, credeva di non farcela a sopportare la magia di Connor ma per ogni male ne era valsa la pena. Non c'era alcun modo affinché quell'arrogante si salvasse, era un incantesimo a non ritorno.

Non avrebbe creduto di poter mai udire l'urlo di Connor, invece lo sentì. Era micidiale mentre annegava nel suo stesso sangue. Guardò Ylenia e infierì su di lei con la sua magia, cercando di fermarla, ma non poteva più farlo. Oltre alla debolezza del suo stato, Ylenia era diventata una strega di spaventosa potenza. L'arroganza di Connor gli aveva impedito di vedere a che punto fosse la sua forza.

Le mani dell'uomo scavarono nel terreno e questo all'improvviso tremò come in un terremoto. Anche il tetto traballò e Ylenia cadde sulle ginocchia perdendo sangue dal naso. Il potere di Connor si faceva sentire anche in punto di morte ma Ylenia si costrinse a non mollare.

Tese di più la mano. << Muori bastardo!  >>

Connor respirava a fatica eppure gli occhi sembravano ancora in vita.

"Te lo farò pagare un giorno" mormorò a denti stretti.

Ylenia gli sorrise sprezzante. Di lui sarebbe rimasto solo un guscio vuoto, di cosa avrebbe dovuto aver paura?

Abbassò poi la mano quando tutto finì. Connor si era all'improvviso spento nel bel mezzo del suo sangue.

"Tra mille anni forse." rispose lei affaticata ma sarcastica. Gli occhi gialli di Connor sembravano ancora guardarla ma questa volta aveva vinto lei. Era totalmente dissanguato.

Ylenia si diresse all'uscita, privata di qualunque forza. Lo scontro con Connor l'aveva sfiancata fino alla morte ma ne era valsa la pena, solo quello contava. Si avvolse nel suo mantello mentre in corridoio apparve Sylvie, la tirapiedi di Connor, e correva disperata.

"Che sta succedendo? Dov'è Connor?" gridò allarmata.

Ylenia si ristabilì e rivolse alla collega un sorriso vittorioso:

"Connor non comanda più qui."

Sylvie sgranò gli occhi terrorizzata e sorpassò Ylenia correndo. La mora continuava a sorridere. Ormai li aveva tutti in pugno.

 

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La scomparsa improvvisa di Connor gettò il Circolo allo sfacelo, e dalle macerie Ylenia ne prese le redini con facilità. A parole e in pratica comandava lei lì dentro e tutti ne avevano paura. Meglio così, Klaus le aveva detto che la paura era un toccasana e aveva ragione. Cambiò un paio di regole e per prima cosa gli stregoni dovevano smetterla di cincillarsi dietro alle erbe e di passare all'azione. Loro erano servi della natura e perciò dovevano compiere il loro dovere.

Ovvero sbarazzarsi dei vampiri per proteggere gli innocenti.

Sinceramente non le importava cosa avrebbe fatto Klaus, tanto lui poteva benissimo creare vampiri dall'altra parte del mondo. A lei interessava lì ed era stanca di essere accerchiata dai succhia sangue. E se avesse vinto in quell'impresa avrebbe aumentato il suo potere e il suo orgoglio. Ma per lei non era mai abbastanza, voleva sempre di più.

Aveva indetto un concilio proprio per l'occasione. Non solo dovevano essere eliminati i vampiri ma anche coloro che li aiutavano. Ovviamente per scelta, alcuni poveracci venivano soggiogati e non potevano essere biasimati. Ma c'era anche la fascia contraria e questo sarebbe servito da lezione.

Era riuniti in cerchio in una stanza del Circolo, grande ma anche fredda e priva di finestre. Veniva fatta luce con delle candele. Si era scoperto che nell'ultimo periodo a Orleans erano avvenute molte morti ma anche magiche resurrezioni.

C'era sicuramente lo zampino di Klaus ma non le importava. Un giovane stregone disse che numerosi vampiri erano stati identificati e poi buttati all'inferno dal quale erano venuti. Ylenia fece un sorriso soddisfatto. L'unica che non parlava era Sylvie che da quando Connor era morto non spiaccicava parola e teneva sempre lo sguardo basso. C'era anche Andrè lì in mezzo che non fiatava. Guardava continuamente Ylenia di traverso, e sembrava essere guarito.

Se per guarito si intendeva uno che al posto del braccio aveva una fasciatura.. Ma almeno erano riusciti a ripulire la ferita e a chiuderla.

Un altro stregone di corporatura massiccia si fece avanti.

"Abbiamo anche identificato un umano che si cincillava dietro a un vampiro e lo stava aiutando di sua spontanea volontà. Il vampiro se l'é data a gambe e non siamo riusciti a prenderlo ma l'umano sì"

Ylenia si drizzò sulla schiena: "Fatemi vedere quel disgraziato, così gli facciamo rendere conto della sua follia malsana"

Andrè la incendiò con lo sguardo come per farle capire che lei aveva fatto la medesima cosa, ma a lei non gliene importava un fico secco del suo giudizio. Era stata furba tutto qui, un semplice umano non avrebbe potuto competere.

Ordinò di far entrare l'umano in questione e quando alcuni suoi tirapiedi lo fecero e lo  portarono di peso e senza alcuna grazia, a Ylenia venne un colpo.

Per i sette inferi!

Era Agnes.

Le mani legate, i capelli biondi disordinati,  il vestito cosparso di sangue. Ylenia pregò che non fosse suo altrimenti avrebbe fatto mozzare la testa a tutti quanti. Si fece avanti cercando di non tremare, lo sguardo letteralmente shockato.

"Che diamine significa questo? Cosa vi é saltato in testa idioti!" gridò indicando la sorella.

Un tizio vicino a Agnes la teneva stretta per il braccio: "Mia signora abbiamo fatto ciò che tu hai chiesto.. Questa ragazzina era in compagnia di un vampiro e abbiamo soltanto eseguito i tuoi ordini."

Agnes stava guardando la sorella con volto implorante e terrorizzato. Ylenia stentava a credere a ciò che aveva di fronte: "Idioti, sicuramente avete fatto un errore! É impossibile"

Uno stregone fece cenno ad Agnes di parlare e lei dopo essersi guardata attorno spaesata, deglutì nervosamente e parlò con poca voce.

"Philippe stava male… Stava molto male e io non sapevo come aiutarlo e neppure i suoi genitori... Così sono andata da Klaus e l'ho implorato di aiutarlo"

Klaus! Quel maledetto verme! Sempre lui di mezzo c'era! Perché diavolo aveva acconsentito a una follia del genere??

Agnes guardava solo Ylenia con occhi spaventati: "Io volevo aiutarlo, é sempre stato un nostro amico e ci ha sempre aiutate quando avevamo bisogno di qualcosa.. Io non volevo che accadesse questo ma poi é rimasto coinvolto in una rissa giù in paese ed.. Ed é morto col sangue di Klaus in circolo. Ylenia dobbiamo aiutarlo! Non può farcela da solo, lui non sa cosa fare adesso!"

"Aiutarlo?" per la prima volta Andrè parlò. "Quello stolto sarà il prossimo a morire dopo di te. Aiutare un umano a trasformarsi in vampiro. Follia! Eresia!" Andrè stava mettendo legna al fuoco apposta per farla pagare a Ylenia. Quest'ultima taceva come se avesse ricevuto un colpo al cuore.

Agnes invece a suo credito assunse un'espressione fiera, quasi sapesse di aver ragione in mezzo a quel branco di pazzi. "Ho cercato di salvare una persona  a me amica. Non ho nulla a che fare con ciò che é successo dopo, e se mi trovavo con Philippe quando mi avete presa é stato per aiutarlo e spiegargli la situazione. Io non ho fatto nulla di male!"

"É colpa tua se un nuovo vampiro é nei paraggi!"

"Tradimento!"

"Ormai era stato deciso così ed é stata proprio Ylenia a ordinarlo! Non può rimangiarsi la parola data soltanto perché la ragazzina é sua sorella. Deve pagare per le sue colpe"

Ylenia avrebbe voluto uccidere Andrè lì seduta stante ma la verità é che non sapeva cosa fare. Quello che dicevano era vero, se ci fosse stata un'altra persona lei l'avrebbe punita senza battere ciglio. Ma ora qualcosa le artigliava il cuore e le impediva di parlare.

La sorella la guardava con occhi supplicanti mentre gli altri stregoni la guardavano come se stessero aspettando la scelta giusta. Avrebbe voluto mandare tutti al diavolo e liberare Agnes ma non glielo avrebbero permesso, e la sorella potevano benissimo rimanere ferita senza che lei potesse proteggerla come avrebbe dovuto.

Aveva le mani legate. Sconfitta abbassò la testa chiudendo faticosamente gli occhi. Quel gesto fece mancare il cuore ad Agnes che subito si sentì spingere con violenza verso l'uscita. Gridò che la lasciassero andare e si voltò per supplicare Ylenia con gli occhi, con lo sguardo, con le lacrime.

"No ti prego.. Ylenia.. Sorella mia" sussurrò a mezza voce mentre la portavano via.

Ylenia avrebbe voluto tapparsi le orecchie ma anche così non avrebbe mai potuto dimenticare le grida della sorella.

 

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Architettare un piano di fuga fu più complesso del previsto. Agnes per adesso era tenuta prigioniera in una segreta del Circolo e dalle sue dimensioni poteva benissimo apparire una cella. Non sarebbe stato facile liberarla, bastava una mossa e Agnes poteva venire colpita durante la fuga.

Alla fine Ylenia decise che era inevitabile uccidere chiunque le si parasse davanti. Se doveva scegliere tra il potere che aveva ottenuto e la vita di sua sorella, la risposta era chiara e decisa. Non avrebbe permesso a nessuno di far del male ad Agnes, costi quel che costi. Mentre architettava il piano sentì qualcuno bussare assiduamente la porta.

"Non ho intenzione di passare l'eternità in questo paese maledetto e sono giorni che aspetto un tuo messaggio. Mi dici che cosa stai aspettando?"

Fra tutto quello che doveva fare, Klaus era proprio l'ultimo dei suoi pensieri. 

"Non ho tempo ora." lo liquidò cercando di chiudergli la porta in faccia ma Klaus glielo impedì:

"Il tempo lo trovi perché io già da giorni avrei dovuto raggiungere mia sorella e non sottostò agli impegni di una strega, anche se caruccia come te. Rispetta l'accordo Ylenia, e io allora me ne andrò senza conseguenze." disse lui minaccioso.

Ylenia allora sbottò in preda a una crisi di nervi:

"Il tuo schifosissimo accordo può aspettare! E se tu avessi un po di garbo.." all'improvviso si fermò come se qualcosa le avesse saltato nella mente. Guardò Klaus con una strana espressione:

"Rispetterò l'accordo se tu farai qualcosa per me"

Klaus ne restò alquanto interdetto:

"Che storia é questa?"

"Cambio le carte in tavola, d'altronde tu l'hai fatto molte volte no? Ho bisogno del tuo aiuto e se hai un briciolo di cuore me lo concederai.." pensò che Klaus non la lasciasse parlare invece restò zitto ad ascoltare con i nervi tesi. Dopo avergli detto tutto, Klaus si irrigidì come se la cosa lo infastidisse:

"Dovrei lasciarvi marcire tutte e due. Spera per te che questo piano duri poco perché io voglio andarmene. E se dopo questo, non rispetti l'accordo..."

"Sì sì." lo liquidò con un gesto della mano.

Klaus restò un attimo ad osservarla, come se cercasse di capire se poteva realmente fidarsi. Sospirò rumorosamente poi uscì di fretta:

"Comincio  a credere che il patto con te sia stato il disastro della mia vita"

Ylenia immagazzinò quelle parole e seguì Klaus, pensando anche lei la medesima cosa. Ma con più tristezza.

 

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Ylenia arrivò alla sede del Circolo con una carrozza, Klaus la stava seguendo a cavallo. Lui doveva solo sbarazzarsi degli stregoni all’entrata e far da guardia affinchè nessuno le arrivasse alle spalle quando andava a prelevare Agnes dalla cella.

“Mi raccomando niente massacri. Trattieniti.” gli sussurrò Ylenia nascondendosi nel buio. Anche lei però portava una balestra sotto il mantello; c'era in gioco la vita di Agnes e doveva giocare duro.

“E io cosa ne ricaverò da tutto questo allora?” sogghignò lui guardandosi attorno.

Ylenia lo guardò di traverso: “Ti prego non farmene pentire. Fai il bravo”

Klaus non rispose niente e camminò in avanti inoltrandosi nell’oscurità. Passarono minuti in totale silenzio poi Ylenia capì che c’era il via libera e allora entrò nella villa, guardandosi attorno. Era tutto calmo, nessuno in vista. Camminò velocemente lungo il corridoio; solo una persona stava per scoprirla ma per fortuna Ylenia si era nascosta in tempo grazie alla magia ed era ritornata sui suoi passi.

Arrivò alle segrete col fiatone corto e fece addormentare la guardia senza farsi notare. Dopo di che aprì la serratura della porta e entrò nella piccola stanza. Agnes era raggomitolata in un pagliericcio: stava dormendo anche se aveva tutti gli occhi arrossati e tremava di continuo. La biondina dopo essersi accorta della sua presenza, chiamò il nome della sorella come se non la riconoscesse, ma Ylenia le fece segno di tacere e la condusse via di lì sorreggendola di peso.

Agnes faticava a reggersi in piedi come se fosse di nuovo ammalata, ma cercò comunque di non essere un peso per la sorella e di cercare di camminare via.

Ylenia notò due cadaveri all’entrata del Circolo. Scosse la testa ma d’altronde cosa poteva aspettarsi da Klaus. Circondò la sorella con un braccio: “Ora Agnes ti conduco laggiù nella carrozza, così tornerai a casa e lì sarai al sicuro ok? Stai bene vero? Non ti hanno fatto niente?” disse lei angosciata.

Agnes assentì solo con la testa e si fece guidare verso la carrozza. Ylenia l’aiutò a salire ma Agnes vide di sottecchi che la mora non accennava a salire: “Sorella, dove vai?” domandò preoccupata. Ylenia la invitò a non parlare e di salire subito, poi sparì nell’oscurità.

Agnes restò un attimo ad osservarla, come se non fosse affatto convinta di lasciare da sola la sorella nonostante tutto. All’improvviso qualcosa la attirò dentro la carrozza, una mano si serrò sul suo braccio e la spinse dentro.

Agnes trasalì lasciandosi guidare come una marionetta, mentre il cuore le balzò in gola:

“Buona sera ragazzina. Sempre in gran forma vedo”

Agnes riconobbe subito quella voce, e chissà perché non ebbe l’istinto di scendere e di dileguarsi. Restò lì seduta al buio perché ormai aveva imparato a memoria i lineamenti di Klaus.

“Klaus? Credevo te ne fossi andato.” Disse lei semplicemente. La carrozza si stava già muovendo e lei cercò di sedersi per non sentire le gambe affaticate.

“Cambio di programma. Sei proprio una fonte di problemi ragazzina.” Sghignazzò lui nell’ombra.

Agnes si morse il labbro cercando di guardare al di fuori del finestrino

“Dove stiamo andando?”  domandò come se non sapesse cos’altro dire.

“Sei ansiosa di vedere il tuo amato storpio?” domandò lui con un velo di ironia tagliente.

Agnes strinse i palmi delle mani.

“E’ solo un amico. Non gli ho mai promesso nulla” E in fondo era vero. Provava amicizia e rispetto per lui. Quando lei e Ylenia erano arrivate a Orleans, lui era stato uno dei pochi ad offrire loro un po’ d'aiuto e solidarietà. In qualche modo voleva ricambiare per gli anni passati assieme.

Klaus intanto si era irrigidito. Quando Agnes gli aveva chiesto aiuto per lo storpio, praticamente avevano passato tutto il tempo ad ignorarsi e a non guardarsi mai veramente negli occhi. Alla fine lei l'aveva ringraziato freddamente e si era dileguata con l’amico storpio, pensando davvero che quella sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe rivisto. Invece eccolo lì.

Klaus continuò:

“Stiamo andando a casa tua. Così finalmente dopo questa perdita di tempo potrò ottenere quello che voglio e andarmene.”

“Credo che non ti concederò di darmi un secondo addio” disse lei in tono tagliante ricordando come si erano lasciati l'ultima volta in quella casa.

Eppure non c’era un tono d’accusa nella sua voce. Credeva di odiarlo, invece quando l’aveva visto dopo essere stata rinchiusa era stata come sollevata... una strana sensazione che non sapeva spiegarsi. Credeva anche lei di essere impazzita.

Scosse la testa, mentre Klaus le rivolse un sorriso gelido:

“Scusa. Ti ho offesa?” domandò lui come se ne fosse interessato.

“Hai solo confermato ciò che penso di te. Non riesci a rapportarti con le persone perché non provi nemmeno a capirle. Non accetti l'amore di nessuno.” Rispose lei decisa.

Sentì il sorriso di Klaus.

“Ricominciamo con le chiacchiere?”

Agnes si rilassò sul sedile:

“Ho visto tante volte la morte in faccia. Non ho paura di questo”

“Dovresti averne” sussurrò lui diabolico e lei percepì che si era avvicinato.

“Perché sei venuto ad aiutarmi?” domandò lei all’improvviso. Sentì il respiro gelido di Klaus soffiarle sopra il viso, segno che si era proteso verso di lei. Agnes restò immobile, non sapendo come muoversi.

“Tua sorella mi ha come dire costretto.” Si giustificò lui.

Agnes sentì uno strano formicolio nel petto:

“Ti prego Klaus. Qualunque cosa tu devi fare non farla. Lascia stare mia sorella, sento che si è messa in un brutto guaio e so che c’entri tu. Non fare nessuna follia, e se proprio devi... non qui. Non voglio che a mia sorella accada nulla” Nonostante ciò che aveva subìto per la sete di potere di Ylenia, Agnes non voleva il suo male. Si sentiva ancora legatissima a lei e non avrebbe sopportato che le accadesse qualcosa. E intuiva che il suo cambiamento proveniva da Klaus... e non era nulla di buono.

Klaus restò immobile e serio. In qualche modo si sentì offeso dalle sue parole, ma rispettava il suo bisogno di proteggere la sorella. Lui forse avrebbe fatto la stessa cosa… se le cose fossero state diverse con la sua famiglia.

Rimasero in silenzio a contemplare i loro volti nell’ombra.

All’improvviso Klaus si allontanò da lei e guardò distratto fuori dal finestrino

“Credo che il viaggio sia giunto al termine. Finalmente.” Disse gelido.

Agnes sospirò allora e cercò di scendere. Ma prima di farlo, Klaus le afferrò il polso e si alzò – cercò di farlo sebbene la carrozza avesse il tetto basso – avvicinandosi di più a lei. Agnes si girò verso la sua direzione. Non seppe immaginare quale espressione aveva indossato questa volta il vampiro.

“Non mi dai il bacio d'addio?” chiese lui affascinante, ma le labbra non si curvarono nel solito sorriso. Agnes tremò ma non ebbe il tempo di metabolizzare la cosa che Klaus l'attirò a sé. Per un momento pensò che lui stesse per baciare lei, ma il tempo passò e non accadde nulla.

Agnes sbattè le palpebre, come se fosse stata appena sciolta da un incantesimo, e depositò istintivamente la mano sulla guancia di Klaus. L’aveva trovata con facilità al buio visto che lui non si era spostato di un millimetro.

Gli sussurrò senza nessun timore:

“Spero che in un lontano futuro vedrai qualcosa nel riflesso del tuo specchio, Klaus. Lo spero davvero” Suonò come una preghiera, una speranza.

Prima di separarsi voleva dirgli che almeno lei credeva che ci fosse qualcos’altro in lui, oltre l’apparenza che voleva a tutti i costi mostrare al mondo intero. Ma lo strato da scavare per trovare la sua umanità era troppo profondo, troppo intriso di pericoli mortali e odio, e poteva anche non arrivarci.

Quella corazza, in quel secolo, in quella vita, le sembrò troppo spessa da spaccare del tutto.

Lei ci aveva provato, e avrebbe voluto esserci davvero riuscita. Ma il loro tempo era scaduto. Klaus se ne stava andando verso un altro destino di morte e buio, lei doveva rimanere insieme alla sorella e dopotutto non avrebbe mai accettato lo stile di vita di Klaus. Si sarebbe consumata come un candela sul punto di spegnersi.

Comunque sperò davvero che lui ricordasse le sue parole. E non le schiacciasse come aveva fatto con le sue emozioni.

Piena di malinconia, Agnes scese dalla carrozza senza dir nulla.

Klaus non replicò né la fermò. Per la prima volta in vita sua credette di aver fatto la scelta giusta nel lasciarla andare. Non si soffermò neanche a guardarla per un’ultima volta come se in ciò ne avesse paura, e alla fine se ne andò anche lui. L'oscurità lo stava di nuovo reclamando, sebbene in quel momento davvero la odiò.

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Agnes stava attraversando il giardino con passi malfermi quando la porta di casa sua si aprì. Era Ylenia 

“Per fortuna sei arrivata!” esclamò lei sollevata, correndo ad abbracciarla. Agnes ricambiò l’abbraccio, anche se non così intensamente come avrebbe voluto. Sentiva un strano peso sul cuore da quando aveva lasciato solo Klaus.

Ylenia la lasciò andare poi la guardò in viso: “Agnes, per l’amor del cielo non devi mai fare più una cosa del genere. Che ti è saltato in testa? Capisco che volevi aiutare Philippe ma... oh dai andiamo, lasciamo perdere ormai è fatta”

Agnes la fissò priva di emozioni: “Non potevo lasciarlo solo. E grazie per non avermi difesa davanti al branco dei tuoi amici pazzoidi” cercò di sorpassarla ma Ylenia la fermò.

“Mi dispiace. Ma era l’unico modo per poi liberarti senza guerre o scontri. Ma ora tu sei a casa, è questo l’importante e giuro che non permetterò più che qualcuno di loro ti tocchi di nuovo.”

Agnes la guardò ancora una volta con sguardo vuoto. “Mi dispiace di averti creato dei problemi… ma tu Ylenia.. in che guaio ti sei cacciata? E non mentirmi.. Ho visto che sei cambiata, che non sei più la stessa.” Si avvicinò alla sorella cercando di farla sfogare. Ma Ylenia come al solito si chiuse a riccio:

“Queste non sono cose che ti riguardano Agnes... entra in casa”

La biondina serrò i piedi come se quella non fosse la risposta che si aspettava, ma all’improvviso sentì una voce alle sue spalle. Si girò. Era Philippe. 

Ylenia subito si irrigidì e lo sguardo divenne tetro.

Il ragazzo però guardava solo la bionda. “Dio mio Agnes, per fortuna stai bene. Credevo che quei maledetti ti avessero fatto del male.”

“Non preoccuparti per me. Tu piuttosto come stai?” domandò lei preoccupata avvicinandosi all’amico.

Ylenia però li interruppe subito: “E tu che ci fai qui? Ti rendi conto del casino in cui ci hai messo? Prima abbandoni Agnes nel momento del bisogno, e adesso ti fai vivo con la faccia da cane bastonato.”

Si voltò per guardare Agnes: “Mi dispiace, ma non può vivere. E’ troppo pericoloso”

Agnes trasalì, serrando il braccio di Philippe: “No, Ylenia ti prego... lui non farà del male a nessuno, te lo giuro. Gli insegneremo a non fare del male alla gente, saprà controllarsi”

Ylenia fece una smorfia: “E’ una cosa pressoché impossibile. E’ un vampiro ora, e l’unico suo istinto è quello di bere il sangue di persone innocenti e uccidere. Mi dispiace Philippe, niente di personale. Sei sempre stato un bravo ragazzo, ma ora non sei più tu. E’ l’unica alternativa, lo sapete entrambi.”

Philippe divenne pallido come un cencio non sapendo cosa fare, mentre Agnes sostenne lo sguardo della sorella. “Perché? Tu hai frequentato sia Finn che Klaus, che differenza fa?”

“Proprio per questo, ne ho abbastanza dei vampiri. Sono solo mostri e portano soltanto male nella vita degli altri. E il signorino qui presente non avrà la forza di controllarsi per decenni, almeno. Non possiamo rischiare.” Ylenia sembrò non retrocedere sulla sua scelta. Era diventata di ghiaccio, non aveva alcuna compassione per il vecchio amico. Di nuovo l’oscurità sembrò possedere il suo animo già troppo offuscato e parve prevaricare la sua razionalità.

Ylenia afferrò prontamente la balestra da sotto il mantello e schioccò in un secondo. Agnes essendosi accorta delle sue intenzioni, cercò di spostare Philippe gridando di stare attento. Il dardo erroneamente la colpì in pieno petto.

Agnes soffocò il grido che rimase intrappolato in gola. Le ginocchia cedettero e si accasciò a terra, portandosi la mano dove era stata colpita. Solo quando cadde a terra, Ylenia si accorse della atrocità che aveva commesso. Sgranò gli occhi in preda allo shock e al terrore, le labbra tremarono.

“No!” gridò con tutta la voce che possedeva e correndo per salvare la vita della sorella. Cercò di sorreggerla, la chiamò, le infuse tutto il potere di cui disponeva prendendole la mano tra le sue, ma il sangue continuava a sgorgare dalla ferita.

Philippe rimaneva impalato a guardare, anche lui era shockato e un attimo prima aveva urlato il nome di Agnes. Quando Ylenia alzò lo sguardo per chiedere il suo stramaledetto aiuto, Philippe si era già volatilizzato. Dovevano piacergli tantissimo le sue nuove gambe. Ma forse era meglio così, perché Ylenia l’avrebbe ucciso per non essersi arreso subito.

La mora cercò di tenere in vita la sorella il più possibile, la chiamò di continuo, ma Agnes sembrò avere i polmoni perforati. Ogni mossa che faceva stentava a respirare come se avesse l’asma, gli occhi stentavano a rimanere aperti. Il sangue continuava a sgorgare fino a quando le mani di Ylenia non si insudiciarono del tutto.

Non doveva piangere, doveva essere forte, doveva trovare subito un modo per salvarla. Di colpo non contò più il potere, la magia, l’ambizione... nulla.. non erano quelle le cose più importanti. Come aveva potuto essere così egoista? Così cieca? Di colpo l’oscurità che l’aveva posseduta si diradò dal suo animo, ma era troppo tardi… Un singhiozzo le scoppiò nei polmoni pregando la sorella di non lasciarla, che lei era tutto ciò che aveva.

Le sue suppliche furono interrotte da un pensiero lampante. Forse c’era un modo per salvare Agnes dalla morte. Senza perdere tempo, prese la sorella in braccio e corse via.

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“Klaus!” Ylenia gridò il suo nome a perdifiato, entrando a falcate nella villa presso la quale lui abitava. O meglio non alloggiava mai lì, solo per succhiare indisturbato il sangue delle sue vittime. Vedendo che nel salotto non c’era nessuno, Ylenia gridò ancora il suo nome. Era un urlo terrorizzante.

“Che diavolo sta succedendo?” Finalmente Klaus apparve, e non appena vide lo scenario di fronte a lui sgranò gli occhi. Si avvicinò prontamente e Ylenia balbettò tra le lacrime.

“Aiutala Klaus! Io non ci riesco, non so perché! Si sta indebolendo ad ogni secondo, ti supplico dalle il tuo sangue! Aiutala!”

Klaus rimase immobile come una statua mentre fissava il volto spento e pallido di Agnes. Aveva gli occhi chiusi, le braccia ciondolavano e i capelli le coprivano gran parte del viso. C’era molto sangue, troppo sangue.

Il vampiro la prese tra le braccia e andò verso il salone. Il viso divenne tirato:

“Che altro hai combinato Ylenia? Io questa sera ho già fatto troppo per voi due, che rispetti subito il nostro patto altrimenti potrei benissimo lavarmene le mani.” disse Klaus come se si fosse innervosito. 

Ylenia lo guardò disgustata tra le lacrime. In un momento del genere come poteva pensare al suo fottuto accordo?

Eppure Ylenia era così devastata da non vedere che sotto la superficie anche Klaus era pressoché shockato. Le sue parole dure e schive gli erano uscite senza che lui le potesse fermare.

Klaus andò nel salone e depose il corpo di Agnes delicatamente sul divano. Sembrava una bambolina tra le sue mani.

Ylenia lo seguiva continuando a disperarsi per ciò che aveva fatto e pregando che Klaus la ascoltasse.

Klaus scostò i capelli dal viso di Agnes, il volto del vampiro era duro come scolpito nella pietra mentre la guardava. 

Ylenia si imbufalì. “Che stai aspettando?? Fai qualcosa! Trasformala pure se vuoi, ma salvala! Farò tutto quello vuoi, terrò fede al mio patto te lo giuro!” gridò disperata.

“E’ troppo tardi”

Quel bisbigliò suonò come una campana. La sua condanna. Ylenia sentì la morte addentrarsi su di lei.

Klaus continuava ad accarezzare i capelli biondi di Agnes, lo sguardo era duro e impenetrabile.

No… no non è possibile! Era viva quando l’ho portata qui! Ne sono sicura!” Ylenia sembrò impazzire in preda alla disperazione. Non voleva crederci, sua sorella non poteva essersene andata così.

Klaus si innervosì come trafitto e si alzò. Ma i suoi occhi non la guardarono:

“E’ tardi Ylenia. Il mio sangue non può fare i miracoli”

Ylenia lo guardò con occhi spalancati. Si portò le mani alla bocca, soffocando il pianto. “No no... non può essere vero. Ti stai sbagliando...”

Klaus continuava a non fissarla, Ylenia si diresse verso la poltrona dove era sdraiata la sorella e nel farlo spalleggiò il vampiro.

“Levati, non toccarla” Minacciò in preda ad un attacco di sclero e disperazione. Si inginocchiò di fronte alla sorella continuando a piangere.

Klaus allora la guardò. Lo sguardo era raggelante mentre la guardava dall'alto:

“Puoi biasimare solo te stessa per ciò che è successo”

“Zitto zitto zitto!” gridò lei agitandosi.

Klaus all’improvviso se ne andò dalla stanza, e Ylenia si disperò nella sua solitudine. Come aveva potuto farlo? Perché le era stata portata via la persona più importante per lei, l’unica che contasse veramente?

Se poteva tornare indietro lo avrebbe sicuramente fatto: avrebbe allontanato sia Finn che Klaus, maledetto quel potere oscuro e la sua ambizione troppo grande. Sarebbe rimasta normale e avrebbe perfino accettato di perdere i poteri.

Ma nulla di tutto ciò poteva succedere. Mentre accarezzava le mani gelate della sorella capì che era troppo tardi. Se ne era andata. Non c'era più nessuna luce in lei.

Ylenia affondò il viso nel petto della sorella, stringendola forte a sé.

“Vogliamo procedere ora? Desidero andarmene da questo buco di paese.” Klaus era comparso all’improvviso. Teneva un bicchiere d’acqua per Ylenia, e aveva lo stesso sguardo duro di prima.

Ylenia si alzò, incendiandolo con lo sguardo: “Mia sorella è morta da due minuti. Credi che me ne freghi qualcosa di te? Vattene! Al diavolo tutti!”

Ebbe la sensazione che negli occhi di Klaus fosse apparso un guizzo di dolore, ma scomparve troppo in fretta come se non fosse mai esistito. Il vampiro sviò lo sguardo:

“Il patto comunque rimane tra noi. A dispetto di ciò che pensi, so quello che provi. Rispetto il tuo lutto ma per stanotte era in programma la morte di Finn. E io non cambio mai i miei programmi.” disse lui con finta glacialità. Tornò a guardare Ylenia:

“Se tu vuoi venire, vieni pure. Vedila come una piccola vendetta. Se tu non avessi conosciuto Finn, io non sarei mai entrato nella vostra vita.” sogghignò ma il sorriso si spense subito. Non aveva voglia di ridere.

Ylenia si fece faccia a faccia contro di lui: “E’ te che dovrei uccidere.” Sibilò duramente, per poi allontanarsi. Si diresse verso un tavolo e lì appoggiò le mani. Serrò duramente le unghie e liberò tutte le lacrime e i singhiozzi.

Klaus non la guardò né rispose. Guardò Agnes ad un tratto e si avvicinò. Era rimasta comunque bella, anzi forse più bella di quanto fosse stata in vita. Ebbe l’assurdo impulso di sfiorarle il viso con la  mano… ma non ebbe la forza di fare nulla. Rimase rigido a guardarla.

“Va bene, andiamo” disse Ylenia all’improvviso. Gli occhi arrossati per via delle lacrime e ciondolava come se fosse ubriaca. “Facciamo presto però.” Guardò Agnes con occhi disperati ma poi scostò il viso come se non potesse più guardarla.

“Portiamola dal medico prima”

Klaus assentì solamente con la testa, e prese in braccio il corpo di Agnes. Era così sottile e delicato che sembrava non avesse nulla tra le mani.

Gli appariva impossibile che quel piccolo angelo biondo se ne fosse andato prima del suo tempo. E addirittura quando lui aveva deciso di lasciarla andare senza troppi danni. Forse il mondo era davvero crudele, non talvolta. Sempre.

Cercò poi di non guardare quel viso che l’aveva turbato come nessuno aveva mai fatto in quei secoli e che forse l'avrebbe turbato ancora per molto tempo; e entrambi uscirono di casa senza dire una parola.

 

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Klaus rintracciò Finn in un luogo sperduto e desolato di Orleans. Era buio e praticamente non c’era nessuno in strada mentre il diretto interessato camminava a passi spediti, come se si fosse accorto di essere seguito o avesse fretta. 

Ylenia recitò la parte a perfezione sebbene il viso era spiritato e i capelli tutti in disordine. Sembrava uno spettro.

Interruppe la camminata di Finn, mettendosi di fronte a lui. Subito il vampiro strabuzzò gli occhi sorpreso. “Ylenia? Che ci fai qui? E’ successo qualcosa?” domandò essendosi accorto del suo stato.

Quello spettro sotto forma di donna rise lievemente. “Agnes è morta”

“Morta? Che stai dicendo? Come?” domandò lui sbigottito avvicinandosi per consolarla. Lo sguardo era sinceramente addolorato.

“Sono stata io. E’ stata tutta colpa mia.” rispose lei come un automa.

“Cosa? Hai ucciso tua sorella?” domandò Finn allontanandosi come scottato o perché considerava quella faccenda una follia.

Ylenia rimase muta mentre Finn si guardava attorno circospetto. La prese per le spalle:

“E’ meglio andarcene di qui. Così mi spieghi tutto”

“Ormai è inutile scappare Finn. E’ troppo tardi.” rispose Ylenia col suo solito tono d'automa.

Finn si fermò allarmato ma si girò subito dall'altra parte. Davanti a lui c'era Klaus.

“Ciao fratello” mormorò quest'ultimo.

“Klaus.” Finn serrò duramente la mascelle e poi si girò verso la strega. “Ylenia scappa”

Klaus allora sogghignò:

“Evita l’istinto cavalleresco. La tua donna sta dalla mia parte, e ti vuole morto quanto me”

Finn sgranò gli occhi e tornò a guardare il fratello. Gli sorrise sprezzante:

“Stai mentendo.”

“No?” Klaus inarcò il sopracciglio rimanendo immobile. Finn sembrava interdetto come se fosse stato ucciso due volte.

Si girò lentamente verso Ylenia, cercando di trovare nei suoi occhi una qualche traccia di falsità per le parole del fratello.

Ylenia..” bisbigliò quel nome come se non lo riconoscesse, come se avesse davanti un'estranea. Il suo cuore immortale non riusciva a crederci, come se si fosse ad un tratto indebolito.

Ylenia d'altro canto non faceva nulla, come se si trovasse lì per caso. Non aveva voluto la morte di Finn ma ora sentiva solo vuoto, non provava niente. Potevano anche morire tutti che tanto non gliene sarebbe importato.

Finn si girò verso di lei completamente, bisbigliando ancora il suo nome come in cerca di qualche spiegazione. Ma Klaus prontamente afferrò tra le mani il pugnale con la resina della quercia bianca.

“Addio fratello.” disse prima di piantarglierlo nel cuore. 

Finn sobbalzò al colpo, le vene si rinsecchirono e cadde sulle ginocchia. Prima di morire i suoi occhi guardarono per bene il volto di Ylenia; riempì gli occhi del tradimento di cui era stato vittima, della delusione che l'amore gli aveva inferto.. E infine la vendetta. La vendetta di un Originario.

Ylenia sentì qualcosa serrarle il cuore ma non fece niente per aiutare Finn. Il rammarico scomparve alla prospettiva che doveva andare così, che sarebbe finita comunque in quel modo. Ritornò su di lei il vuoto.

Klaus raccolse il cadavere del fratello, senza però il solito ghigno. Anche lui sembrava diverso:

 "Torna a casa. Penso che per oggi tu ne abbia abbastanza." Le lanciò un'occhiata di sfuggita e si dileguò poi  nelle tenebre.

Ylenia restò immobile invece. Nei suoi occhi comparve una piccola lacrima.

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Quanto faceva male perdere una persona amata? Quella più importante di tutti? É un dolore che non si può esprimere a parole. Ylenia si sentiva vuota mentre guardava la tomba di Agnes. Vuota e sola.

Per combattere quel dolore si fece assalire dalla rabbia.

Klaus. Era tutta colpa sua. Di quella bestia. Da quando lo aveva incontrato tutto era andato a rotoli, il suo mondo si era disfatto in mille pezzi. L'aveva condotta in una strada pericolosa e mortale solo per i  suoi loschi scopi. L'aveva costretta a mettersi contro di Finn. Aveva oltretutto avvelenato la vita di Agnes, fatto correre mille rischi e pericoli. Aveva avuto l'idiozia di provocare trasformazione di Philippe e quella poverina di Agnes c'era andata di mezzo. Si era arreso subito e non aveva cercato di salvarla. Tutto per quel stramaledetto accordo.

Se lo poteva ficcare in quel posto il suo accordo.

Klaus aveva almeno avuto pietà nel lasciarla in pace ma comunque entro pochi giorni voleva sapere tutte le informazioni riguardo a quelle creature. Beh che se le trovasse lui quelle informazioni, lei non l'avrebbe di certo aiutato.

Quel patto era stata la sua condanna, una fregatura. L'aveva portata alla rovina, si era fatta ingannare dal suo fascino crudele e inquinare l'anima.

Maledisse quel patto e il giorno in cui l'avevano stretto. Ora aveva molto potere certo, ma cos'altro rimaneva? Quel potere era come una mela tentatrice e lei l'aveva mangiata finendo poi nell'inferno personale di Klaus.

Quella dannata oscurità in cui era caduta per eseguire i capricci di Klaus, le aveva strappato l’umanità, ingigantito i suoi difetti fino a farli diventare una vergogna. Era finita per diventare vuota come un guscio, accorgendosene solo quando aveva visto Agnes morire.

Di nuovo si lasciò andare alle lacrime, ma poi all'improvviso notò qualcosa sopra la tomba di Agnes. Era un fiore. Asciugandosi gli occhi, Ylenia lo prese tra le mani: era una magnolia.

Istintivamente si voltò e in lontananza vide una figura solitaria allontanarsi dal cimitero. Chissà perché ebbe la sensazione che fosse Klaus.

Al vuoto della sera prima si contrappose la rabbia, un'emozione così potente che non lasciava scampo. Serrò duramente il viso mentre depositava il fiore dov'era prima.

Dopo aver detto un ultimo addio alla sorella, se ne andò.

 

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Gli anni passarono ma quel vuoto, quel dolore, quella rabbia non se ne andarono. Ylenia girava il mondo senza alcuna meta fissa e senza nessuno scopo. Aveva abbandonato la Francia, e Klaus si era ritrovato con un pugno di mosche in mano. L'aveva fregato così come le sue false parole avevano fatto con lei. Non l'avrebbe mai più aiutato a fare del male, anzi voleva che soffrisse come aveva sofferto lei. Agnes era morta, niente più contava.

Ylenia aveva sfogato la sua rabbia anche sul Circolo; il giorno dopo la morte di Agnes era andata in sede e tutti l'avevano accusata di aver fatto scappare Agnes e le avevano ordinato di riportarla lì.

Ylenia non aveva perso neanche del tempo a giustificarsi che li aveva uccisi. Uccisi tutti con una semplice occhiata. Non provando nessun rammarico. Per ultimo toccò ad Andrè e Ylenia gli aveva riservato tutta la sua furia. A causa del suo tremendo potere, la villa aveva tremato sul punto di cadere a pezzi.

Ylenia non era riuscita però a lasciare andare il Libro Bianco. Aveva oltrepassato la barriera e afferrato quel tesoro prezioso, prima che il tetto le cadesse in testa. Sicuramente quel libro poteva servirle nella sua fuga da Klaus e a nascondersi dal mondo.

Il Circolo si era disgregato in mille pezzi, e non aveva più una casa. Il vuoto divenne la sua casa.

Sperimentò l'incantesimo dell'immortalità ottenuto grazie al libro.  Non voleva vivere, ma non voleva neanche morire. Si lasciò andare come se fosse un fantasma.

Quel libro era tutto ciò che di prezioso aveva rimasto, era pericoloso farlo cadere in mani sbagliate.

Si trovava in Texas, l'anno non se lo  ricordava tanto erano tutti uguali per lei. Era buio gelido alla sera e quel giorno pensò a Finn. Non sapeva neanche perché ma dopo tutto quel tempo cominciava a capire che anche se era un vampiro, Finn non meritava quel destino crudele  di essere ingannato da lei. Il dolore per ciò che gli aveva fatto arrivò ma era troppo tardi. Inoltre non sarebbe servito a nulla.

Camminava in un vicolo al buio quando notò un uomo e una donna lottare. L'uomo era un vampiro. << Vampiri >>  Ylenia storse il naso. La rovina del mondo erano.

La donna però era in svantaggio e stava per cadere così Ylenia decise di intervenire. Uccise quel vampiro semplicemente con un'occhiata, e la donna dopo la guardò col respiro affaticato e tentando di rimettersi in piedi.

Era una donna di mezz'età comunque ancora bella, con gli occhi e capelli scuri. Si pulì le mani e si avvicinò traballante: "Beh vi devo la vita" disse.

Ylenia le sorrise freddamente: "Dovere." poi vide il paletto di legno per terra. "Lei é una cacciatrice?"

La donna scrollò le spalle: "Non più, ho chiuso. Ma quando vedo un succhiasangue non desisto dall'ucciderlo" osservò poi Ylenia attentamente "Lei é una strega invece."

Ylenia le sorrise a  di risposta. "Qui nel vicolo c'è ancora un bar aperto. Vuole che le offra qualcosa? Bisognerebbe brindare per essere scampata alla morte"

La donna accettò con piacere e la ringraziò di nuovo per il suo aiuto anche se era sicura di potercela fare da sola.

Ylenia piacque quella strana donna, era da un sacco di tempo che non interagiva con un essere umano. Ed ebbe la strana impressione che lo stesso valeva per la donna che aveva davanti. L'ombra di un sorriso comparve sul volto abbronzato della strega.

"Ylenia" disse porgendole la mano per presentarsi. Aveva lasciato dietro di il cognome Lefevre. Troppi ricordi...

La donna le strinse cordialmente la mano: "Piacere. Maggie"

 

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"Allora hai capito bene?" le domandò Maggie tenendo aperta la portiera del taxi. Ylenia desistette nel salirci:

"Sì Maggie lo farò, ti ho dato la mia parola."

"So che é impresa assurda per non dire impossibile. Ma ho visto con i miei stessi occhi quanto tu sia potente quindi..."

Ylenia guardò la donna scrutandola con i suoi grandi occhi neri:

"Perché Maggie non lo fai tu? Tua figlia gradirà sicuramente di più il tuo aiuto rispetto a quello di un'estranea."

Maggie esitò:

"Non posso... Sai ciò che ho fatto."

E lo sapeva. Maggie le aveva raccontato gli aneddoti del suo passato, come se avesse un bisogno disperato di sfogarsi. E Ylenia riusciva a comprenderla in qualche modo.

"Non voglio giudicarti, perciò direi che é arrivato il momento di salutarci. Ti terrò informata ma non ti garantisco niente. D'altronde il Libro Bianco parla chiaro"

La strega esitò ancora nel salire dentro il taxi. Sapeva che incontrare la figlia di Maggie l'avrebbe riportata dritta nelle grinfie di Klaus. Se sarebbe accaduto, lui come si sarebbe comportato? Era rimasto lo stesso di sempre oppure ci aveva messo una pietra sopra? Conoscendo Klaus ne dubitava.. Ma lei in fondo il cuore voleva rivederlo.. E mica per semplici carinerie.

Basta scappare, l'avrebbe affrontato. Aveva ora l'occasione giusta per vendicarsi di lui e per tutto il male che le aveva arrecato. Pregustava già il momento. Il suo dolore aveva un colpevole e nei secoli quel nome non era cambiato.

Tornò a guardare Maggie. Si era instaurata una strana affinità tra le due donne come se fossero in lotta contro il mondo intero e entrambe non avessero più niente per cui lottare. Due fantasmi.

Maggie la incoraggiò anche se non era proprio il tipo.

"Mi fido di te." sussurrò infine. Ylenia pregò che Maggie stesse riponendo la sua fiducia nelle mani giuste. L'ultima volta che una persona si era fidata di lei aveva avuto di che pentirsene.

 

--------------****************---------------

 

Ylenia incontrò Briony per la prima volta faccia a faccia nel giardino dei Lockwood. Sinceramente se la aspettava diversa.. Era una ragazza normale come tutte le altre, magra, viso molto carino, capelli lunghi castani e due incredibili occhi verdi innocenti. Non era la classica cacciatrice super forzuta.

Ylenia non provava l'antico disprezzo e repulsione verso le creature come lei, ma forse perché a quei tempi era sotto l'influsso di Klaus e del potere nero della magia. Adesso invece era più che altro curiosa. Voleva vedere che tipo di persona era quella che aveva il potere di distruggere i vampiri. Gli Originali.

“Ciao Briony” bisbigliò la strega. La ragazza sussultò stando ben all’erta.

“Come sai il mio nome? Chi sei?”

Ylenia intravide subito una grande forza d'animo in lei.

“E’ inutile che cerchi nella borsa il tuo paletto di legno, Briony. Non sono un vampiro se è questo che vuoi sapere”

Briony tentennante lasciò andare la mano nella borsa. Ma era comunque reticente come se non volesse fidarsi.

Ylenia vide in lei anche un profondo dolore che le squarciava l'anima da quando aveva perso il suo amato Originario. Ma come diavolo faceva ad amarlo se doveva ucciderlo? Ylenia credeva sul serio di aver sbagliato persona; quella ragazza tutto era tranne che un mostro.

“Perché mi segui? Sei una schiavetta di Klaus?”

Ylenia sorrise. Lo era un tempo, ma ora non più. Si avvicinò a Briony continuando a guardarla. No, era davvero la figlia di Maggie.

“Tutt’altro. Sono qui per aiutarti; sono un’amica di tua madre”

E da quel momento ebbe inizio un'amicizia che nessuna delle due mai si sarebbe aspettata che nascesse.

 

Fine capitolo!

I flashback di Ylenia sono finiti, forse alcune cose sono un po confuse ma ho deciso di mettere le cose più importanti! E adesso sapete un paio di cose in più sulla nostra streghetta.. Spero di non avervi deluse! E spero di non aver fatto un disastro con Klaus.. Ammetto di non riuscire a rappresentarlo bene come faccio con Elijah, ma proprio perché non mi piace molto il suo personaggio.. Io lo vedo come un perverso doppiogiochista, mentre la Plec l'ha rappresentato in modo diverso con Caroline... quasi fin troppo romantico per me XD Sta a voi decidere se vi piace o meno :-)

Se qualcosa non vi é chiaro ditemi pure J

Volevo consigliarvi inoltre questa fanfic di Debby_88, una bellissima storia su un Elijah mooolto sexy! Ve la consiglio davvero ;)http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1051104

Un bacione

-Elyforgotten

 

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Capitolo 24
*** Noir Masquerade ***


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20 CAPITOLO

A volte trovare la luce significa dover attraversare la più fitta oscurità.

 

Le ferite sul corpo se ne erano andate, pressoché invisibili, però quando muoveva gli arti Briony sentiva un pizzicore che avrebbe tanto voluto urlare pur di farlo sparire. Ma il dolore fisico come qualunque altro, presto scompare col tempo. Il suo venne aiutato grazie a dita gelide che le accarezzavano la pelle come piccole lastre di ghiaccio, fino a donarle un po’ di conforto.  Elijah l’aiutò a tirar  la cerniera del vestito e dopo averlo fatto le donò un lieve bacio sul collo, freddo come la neve.

“Vogliamo andare?”  le domandò lui con calma, soffiandole sul collo.

Briony gongolò con un sorrisino andando a prendere la pochette. “Secondo te cosa possiamo aspettarci da questa serata?”

“Nulla di buono suppongo. Altrimenti non sarebbe una festa di Mystic Falls” constatò Elijah e subito lo sguardo divenne grave, segno che non aveva voglia di sorbirsi una festa. Non a Mystic Falls. Dove dovevi sempre tenere alta la guardia altrimenti saresti finito ammazzato. 

Elijah indossava un completo nero elegante che risaltava i suoi splendidi capelli scuri e la pelle chiara. Briony invece un vestito color rosso scuro lungo e senza spalline, i capelli lisci e tutti sciolti lungo la schiena.

Il vampiro all'inizio non era stato molto incline ad accettare. Le feste di Mystic Falls erano un’inesauribile fonte di pericolo.

Ma per Elijah tutto era un pericolo da quando Briony era stata uccisa. Per lui, da quel momento drammatico, la prudenza non era mai troppa: le stava sempre accanto e nei momenti in cui non lo faceva, teneva d'occhio Klaus. Era sempre rigido e duro, come se qualcosa gli punzecchiasse i muscoli e scattava ad ogni minima cosa.

Ma Briony sapeva il motivo del suo umore così tetro: lei. Dopo che l'aveva vista morire, Elijah era stato paralizzato dallo shock a causa della terribile sofferenza provata. Che Briony fosse risorta era stata una fortuna insperata ma questo non bastava.

Perché da come la guardava, sembrava che lui si autocolpevolizzasse per ciò che le era successo, e il rimorso lo avrebbe accompagnato in eterno se fosse accaduto di nuovo.

"Non permetterò che tu viva nel pericolo, fosse anche un pericolo minimo" aveva affermato lui con sguardo duro e deciso.

C'era voluto un  per convincerlo che sarebbe andato tutto bene, e infatti eccoli lì.

Elijah intanto si stava abbottonando i polsi, lo sguardo non aveva perso nulla della proprio incisività.

<< Vuol mostrarsi freddo ma é preoccupato a morte che possa accadermi qualcosa. >>  pensò Briony mentre lo guardava.

Certe volte vedeva che Elijah la guardava senza farsi notare, ma lei sentiva comunque il suo sguardo addosso: come se volesse sincerarsi che lei fosse davvero viva, e allora il suo incubo peggiore tornava ad affievolirsi in un angolo buio della sua mente, ma sempre vigile per tornare alla luce al primo segnale di preoccupazione e pericolo.

Briony voleva avere il potere di cancellare il tormento nell'espressione del suo viso per ritornare alla vita di sempre.

Un bottone del polso non voleva proprio abbottonarsi e Elijah era sul punto di perdere la pazienza. Così Briony gli si avvicinò prendendogli la mano.

"Andrà tutto bene" gli sussurrò.

Elijah allora la guardò. Lo sguardo sempre serio ma cercò di smorzare con un sorriso:

"Forse ne vale davvero pena. Sarebbe un peccato che gli altri non vedano quanto sei bella" disse lui sfiorandole la guancia col palmo della mano. Stava per abbassarla ma Briony gliela prese tra la sua, tenendola stretta sulla guancia.

"E sarebbe un peccato non godersi la serata. Finché ci sarai tu so che non mi accadrà niente."

Elijah la osservò attraverso i suoi profondi occhi neri; tese l'altra mano verso il comodino e prese la maschera da ballo.

"Cerca di stare al mio fianco e di non scappare nel nulla allora" le sussurrò a bassa voce, mettendole la maschera.

Briony trattenne una risatina nervosa. In verità era un pochino agitata, alla festa forse ci sarebbero stati sia Klaus che Gwendolyn. Chissà cosa avevano escogitato ai suoi danni. Ma se lo faceva capire a Elijah, sarebbe stata la fine.

Si sarebbe mai salvata da tutto quel male?

Cercò di essere coraggiosa anche se il fiato le mancò quando Elijah, dopo averle annodato la maschera, aveva posato le labbra fredde sulle sue. Subito scattò una scintilla in lei e strinse la mano fra i suoi capelli, premendo le labbra sulle sue.

Quel sentimento la travolgeva sempre e le mozzava il fiato, quasi annaspò. Con la stessa urgenza in cui cercherebbe l'aria, cercò il respiro di Elijah e all'improvviso Briony fu salva.

Niente più preoccupazioni, né paure. Era ritornata a respirare normalmente, facendosi sommergere da quelle labbra immortali.

Le mani di Briony scesero sul collo di Elijah fino ad aderire alla spalla. Le labbra del vampiro che toccavano le sue, condividendo i lenti respiri con lei.

Fu quasi una tortura staccarsi, ma Briony strinse il tessuto della giacca di Elijah sulla spalla fino all’ultimo e alla fine il suo viso si allontanò.

Lo guardò allora negli occhi, dentro i quali avrebbe tanto voluto affogarci.

Si rese conto quanto Elijah aveva marchiato la sua vita, ogni cosa... Dal suo corpo al suo cuore, dal suo modo di agire al suo modo di pensare.

Qualcosa tremò in lei per la certezza che anche lui aveva ricevuto le stesse marchiature. Ma poi... Cosa sarebbe successo qualora non fosse più esistita?

Lei non avrebbe mai potuto diventare immortale e tra non molti anni avrebbero dovuto separarsi.. Come l'avrebbe presa Elijah? Come lo avrebbe affrontato? Sarebbe riuscito a risollevarsi dalle sue stesse macerie? Di colpo le ritornò in mente l'espressione che lui aveva indossato quando pensava che stesse morendo.

Per un secondo, per un singolo respiro, aveva scorto in lui l'espressione più terribile e atroce che rasentava il dolore della sua anima, la quale voleva sempre rimanere nascosta ma in quegli attimi non c'era riuscito nemmeno con tutto se stesso. Briony non voleva neanche immaginare il volto di quella sofferenza durare per secoli e secoli.

All'improvviso scacciò la tristezza,  Briony prese invece la maschera di Elijah e gliela mise sul volto.

"Cerca di non provarci con nessuna signora che non sia io." lo ammonì con finta severità.

Elijah le sorrise: "Cercherò di ricordarmi il colore del tuo vestito allora" rispose a  di provocazione.

Briony gli diede una pacca sulla spalla mentre Elijah le prese il cappotto; Briony gli diede la schiena per aiutarlo ad infilarselo.

"E non preoccuparti d'accordo? Non ho paura." disse lei mentre Elijah le adagiava il cappotto sulle spalle.

Lo sentì sorridere sul collo: "E non devi averne. Spaccherò le mani a chiunque oserà toccarti"

Briony tremò leggermente. Non suonava come uno scherzo, anzi sembrava terribilmente serio. Con ciò che avevano passato, e con che umore Elijah passava gli ultimi giorni, il vampiro ne era di certo capace.

Briony sospirò e si voltò verso di lui. Gli sistemò per bene la cravatta e gli sorrise da sotto la maschera: "La festa ci aspetta. E immagina quanto mia sorella stia battendo i piedi per il nostro ritardo"

Elijah le sorrise allora:

"Potremo far finta di non conoscerla" ipotizzò allora con un sorriso sghembo.

Briony sentì rimontare in lei la serenità e prese la pochette, stringendo la mano al braccio di Elijah.

Eppure il viso dell'Originario tornò presto ad indurirsi, come se si trovasse al centro di un vortice di fuoco. Ma l'universo poteva anche esplodere o ridursi in cenere per quel che gli importava, purché potesse mantenere Briony al sicuro.

 

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La signora Lockwood si era di gran lunga superata: c'erano giocolieri, mangiafuoco, ovunque c'erano maschere. Briony depositò il cappotto e si guardò attorno come sempre spaesata, c'era una marea di gente e per la maggior parte non li conosceva.

Carol Lockwood fermò Briony e Elijah all'entrata per depositare sul loro petto un tesserino con sopra un numero: ennesima trovata del sindaco. Nel corso della serata le persone potevano mandarsi messaggi che venivano poi custoditi dentro una cesta, sorvegliata da un addetto alla festa. Sopra ai messaggi c'era il numero del destinatario, così avrebbe potuto leggerne il contenuto e scatenare così nuovi incontri. I messaggi venivano poi costantemente aggiornati in una schermata digitale riposta nel salone. E c'erano già scritti dei numeri. Andava per la maggiore il numero 22.

Non fu difficile trovare chi fosse. Non molto lontano da loro c'era Kol, ebbro di felicità e senza maschera, che lanciava in aria con una grossa risata le letterine che gli erano arrivate. Molte ragazze gli cadevano ai piedi, una era al suo fianco infatti Kol le cingeva la vita con un braccio. Ma l'altro aveva imprigionato un'altra ragazza e le aveva appena regalato un sonoro bacio sulla bocca.

Dopo essersi fatto l'ennesima risata, si era pure puntato gli indici contro e aveva affermato:

"Signorine: Kol Mikaelson. Soddisfa ogni richiesta femminile"

Dopo questa trovata, le ragazzine non avevano fatto altro che urlare, scalpitare e tirarsi i capelli.

Briony si era portata la mano alle labbra sghignazzando divertita, e per fortuna non stava bevendo altrimenti le sarebbe fuoriuscito il vino dal naso per il gran ridere. Si voltò e notò che anche Elijah si stava trattenendo per rimanere composto e guardava di continuo Kol, scuotendo bonariamente la testa.

Andarono a fare il giro della casa e si strinsero a un gruppo che stava già ballando. Briony allacciò entrambe le braccia al collo di Elijah e iniziò a muoversi lentamente; lui le cingeva i fianchi con le mani ma lo sguardo era guardingo e sempre teso. Osservava le persone attorno come se fossero tutte degli avvoltoi pronti a saltare loro addosso alla prima occasione.

Briony sospirò, lo sguardo saettò verso la schermata digitale: "Uuuh qualcuno ha ricevuto una lettera. Mi dovrei insospettire?" domandò per alleggerire la tensione. Lei portava il numero 36, lui 37.

Vide Elijah sorridere misteriosamente da sotto la maschera:

"Pensi che dovresti?"

Briony fece una risatina:

"No. Penso di fidarmi"

Rimasero un po’ a ballare, quando Elijah prese dalle tasche della giacca un oggetto.

"Tieni" disse porgendole il braccialetto che le aveva regalato molto tempo prima.

Briony lo guardò interrogativa mentre Elijah teneva lo sguardo basso:

"Lo avevi perso nel bosco"

Il viso di Elijah si rabbuiò tutto a un tratto. Briony poteva notare dalla sua rigidità che la mente di Elijah era tormentata agli attimi, quei pochi attimi, che gli avevano devastato l'esistenza. Attimi in cui aveva fatto i conti con emozioni che aveva cercato di seppellire sotto la sua corazza, ma erano esplose così violentemente da distruggere ogni cosa, ogni strato.

Briony prese timidamente l'oggetto tra le mani.

"Grazie, non lo perderò di vista questa volta."

“Adesso sono molto più sicuro” replicò lui in un elegante scherno adatto al suo charme, mentre contemporaneamente lei lo circondava di nuovo con le braccia, come se in quel gesto lei volesse scacciare il tormento dal cuore di Elijah e purificarlo da ogni dolore passato. Quasi quasi anche lei si sentì purificata da quell'abbraccio.

Andarono avanti a ballare in maniera lenta, quando finalmente Briony scorse Caroline in mezzo alla folla:

"Ecco mia sorella"

Caroline era bellissima come sempre, indossava un abito verde acqua lungo fin sopra al ginocchio. Era con Tyler, anche lui vestito in maniera impeccabile.

Caroline notò la sorella e le fece un cenno con la mano. Stavano per andare nella sua direzione quando all'improvviso il sorriso di Caroline si spense e i suoi occhi saettarono su una persona in particolare.

Elijah si irrigidì ma i muscoli erano all'erta pronti a scattare, non appena anche lui aveva inquadrato una persona non gradita.

Briony vide con la coda dell'occhio Klaus passare attraverso la folla. Non portava la maschera quindi fu facile notarlo. Col suo sorriso da canaglia andò prima davanti a Caroline e Tyler - a quest'ultimo ci volle un certo sforzo per non saltargli addosso - poi Klaus si mise davanti a Briony e Elijah. Fra loro c'era un enorme spazio vuoto come se le altre persone avessero paura di riempirlo.

"Vedo che ci siamo tutti alla festa. Ci sarà da divertirsi" fu il ghigno provocatorio di Klaus.

Di colpo Briony sentì un terrore raggelarle le vene, ciò che voleva dimenticare ritornò a galla con prepotenza improvvisa: il dolore immenso prima di morire, la paura, il rammarico profondo di lasciare le persone che amava. Tutto ritornò alla vista di Klaus, colui che quasi certamente aveva escogitato la sua morte con un piano così diabolico.

Elijah serrò duramente la mascella:

"Torno subito" disse gelido, allontanandosi dal fianco di Briony. Lei capendo le sue intenzioni cercò di trattenerlo.

"Che vuoi fare?" domandò preoccupata.

Elijah sembrò non vederla nemmeno, il suo sguardo non era vuoto come presumeva anzi era ricolmo di collera gelida che presto sarebbe divampata.

"Resta qui." ordinò andando poi verso Klaus. L'ibrido non fece neanche in tempo a dire una parola che subito Elijah lo afferrò senza mezzi termini  per un braccio, e praticamente lo fece indietreggiare con la forza.

Briony rimase a guardare la scena con occhi sgranati, domandosi cosa avessero intenzione di fare. Ne aveva una vaga idea ma non le piaceva perché anche se Elijah era quello più infuriato, Klaus rimaneva sempre il più forte. In uno scontro del genere l'esito era purtroppo già stabilito, e Briony non sarebbe rimasta a guardare Elijah che veniva sbranato per difenderla.

Come al solito non fece ciò che le venne ordinato e camminò nella direzione che avevano intrapreso i due vampiri. Li cercò per una buona mezz'ora in tutte le sale, fra la folla, ma non riuscì a trovarli.

Di colpo fu pervasa da una bruttissima sensazione.

Si immobilizzò in mezzo a una folla strapiena di maschere. Sembrava che quelle maschere inquietanti stessero tutte guardando lei, che sogghignassero alle sue spalle, che sotto la maschera fossero tutti ibridi di Klaus pronti a ucciderla, tagliarla pezzo per pezzo, e sgozzarle la gola per bere il suo sangue da un calice.

Briony sentì all'improvviso un forte mal di testa, come un trapano che perforava il cervello, ed ebbe perfino un senso di nausea. Istintivamente cominciò a indietreggiare per allontanarsi da tutte quelle maschere mostruose, da quelle visioni macabre che le assalivano la mente.

Aveva il respiro accelerato mentre continuava a indietreggiare. Si portò una mano alla testa e constatò che la fronte era caldissima. Cercò una via di fuga per scappare via di lì, per cercare aria fresca, e di smettere di essere assalita da quei volti coperti, come se tutti avessero qualcosa da nasconderle.

Riuscì ad arrivare alla terrazza della villa e lì respirò a pieni polmoni. Si portò una mano alle guancia che si era arrossata come a contatto col fuoco. Non riusciva a capire il motivo di quell’improvviso giramento di testa, forse aveva azzardato troppo e in fondo erano passati solo pochi giorni da quando era morta… Forse era normale essere deboli fino ad avere quelle visioni assurde che a Briony non erano certo nuove.

Credette di impazzire sul serio.

Si appoggiò alla ringhiera e grazie all’aria fresca della sera riuscì a calmarsi, e il trapano alla testa smise di far rumore. Si rilassò chiudendo gli occhi.

Un braccio spuntò dall’oscurità così all’improvviso che lei neanche se ne accorse; solo quando si strinse attorno al suo petto, fermandosi nell’incavo nel collo, lei sobbalzò spaventata e colta troppo alla sprovvista.

“Ti avevo detto di rimanere dov’eri.” le sussurrò una voce calda all’orecchio.

Briony riconobbe subito la presenza che aveva alle spalle e la paura di prima si acquietò. Il cuore però le fece male dalla potenza dei suoi battiti.

Capì che era Elijah anche grazie a quello, solo lui emanava un tale potere su di lei.

Briony ritornò alla realtà e cercò di rimanere calma. “Che è successo con Klaus?” domandò restando immobile.

Elijah subito si irrigidì. Anche se non riusciva a vederlo in faccia, lo aveva intuito da come i muscoli del petto si erano contratti contro la sua schiena. Vedendo che lui taceva, lei domandò di nuovo:

“Elijah? Che è successo? Dimmelo”

Il viso dell’Originario divenne impenetrabile fino  a scavarsi. La stretta sul petto di Briony aveva cominciato a serrarsi sempre di più, e lei fu sul punto di non sentire più l’aria nei polmoni a causa di quella forza.

Briony cercò di respirare normalmente, ponendo la mano sul gomito di Elijah per diminuire la presa, ma rimaneva comunque strettissima fino a toglierle il respiro.

Quell’atteggiamento la inquietò: “Mi vuoi rispondere?” boccheggiò cercando di girare il viso, ma dalla posizione in cui si trovavano non riuscì a farlo. Le sarebbe costato solo un fastidioso torcicollo.

“Basta domande” commentò lui in maniera lenta, scandendo ogni parola.

Briony istintivamente sobbalzò. “Come?” Non sapeva più cosa dire. La risposta di Elijah le era arrivata così fredda da raggelarla e schiantarsi su di lei.

“Non ti deve importare ciò che dice quell’infame di mio fratello” replicò lui con la stessa glacialità di prima.

Briony non riuscì più a trattenersi e ignorando il male, girò metà viso per riuscire a guardarlo.

Lo sguardo di Elijah era perso in lontananza, ma non era rilassato. Per niente. Era duro, scavato come se stesse lottando con una parte importante di se stesso.

Briony deglutì per quell’espressione. “Vi siete scontrati? Per colpa mia?”

“Amore mio, dovresti smetterla di preoccuparti.” Rispose lui piacevolmente, alzando l’angolo della bocca in un sorriso accennato. Si cavò la maschera e la gettò per terra, in silenzio.

Finalmente ora lei riusciva a vederlo bene e l’espressione era meno dura di prima.  Sempre bellissima, assorta da chissà quali pensieri che Briony non riusciva a tradurre.

“Di certo non mi preoccupo per Klaus. Ma se mi dici che non hai cavato la testa a nessuno, mi sentirò più tranquilla” rispose lei accarezzandogli il braccio che fortunatamente aveva smesso di premere sul suo petto con una tale forza da impedirle di respirare.

Sentì il sorriso di Elijah nella voce: “Ti ho detto: non preoccuparti” sussurrò accarezzandole lievemente i capelli sciolti.

Briony si rilassò sotto il suo tocco, le mani di Elijah sembravano simili ad ali di farfalla dal gran che erano leggere. Adagiò la nuca contro il petto di Elijah mentre lui si chinò sul suo orecchio. “Stai tranquilla” le sussurrò.  

Il cuore di Briony automaticamente accelerò all’inverosimile. Il respiro di Elijah sull’orecchio la faceva rabbrividire, così come la sua mano che le stava toccando l’angolo del viso per farlo girare.

Gli occhi di Briony erano già socchiusi quando lui appoggiò delicatamente le labbra sulle sue, schiudendole appena. Fu un bacio breve, tenero ma bastò per farle infuocare le guance e il cuore.

Con gli occhi chiusi, Briony riuscì a sentire il rumore delle mani di Elijah che le slegavano la maschera e questa cadde a terra con un tonfo. Si sentiva stranamente elettrizzata quando la mano di Elijah tornò a sfiorarle il viso, adesso senza alcun impedimento.

Questa volta però le sue labbra divennero più decise quando baciarono quelle di Briony, che subito andò in iperventilazione sebbene le labbra di Elijah erano fredde come la neve.

Il bacio divenne man mano più profondo, più esigente e pieno di ardore.

La mano di Elijah era sempre depositata al suo viso, mentre l'altro braccio si abbassò alla sua vita lasciando un percorso di fuoco lungo la pelle. La mano di Briony passò sopra quella di Elijah deposta sul ventre, e le unghie sembravano scavare sul suo palmo pur di attenuare l’eccitazione che si stava facendo largo dentro di lei, fino a esplodere come fuoco.

Di colpo aveva disconnesso tutti i pensieri, le paure. C’era solo lui per lei. Si sentiva bruciare i nervi, sciogliere le ossa e lievitare.

La presa di Elijah su di lei divenne più salda mentre le esplorava a fondo la bocca con la propria. L’altra mano di Briony si alzò per accarezzargli i capelli e stringerli fra le dita per far scontrar di più i loro visi. Avrebbe voluto girarsi completamente ma Elijah la teneva così ferma che faticava persino a respirare. Non che ce ne fosse bisogno. Entrambi avevano smesso di respirare normalmente già da un po’ di tempo.

Per quanto Briony si sforzasse di apparire indipendente, quei sentimenti le riempivano il cuore frastornato e sapeva che non sarebbe mai riuscita ad averne abbastanza delle sue labbra.

Elijah iniziò poi a coprirla di baci leggeri intorno all’orecchio e sul collo.

Un improvviso calore sembrò perforarle i vestiti fino ad arrivare alla pelle nuda, quando però un forte frastuono la fece riportare alla realtà e Briony trasalì inavvertitamente, scostandosi da lui.

Quel pazzo di Kol completamente ubriaco era caduto a terra, trascinando con sé una marea di bicchieri e pure delle ragazze, che non sembravano affatto dispiaciute di essere a terra con lui. Con una risata per nulla rammaricata Kol si stava alzando, si sistemava la giacca e ritornava a divertirsi come se nulla fosse successo.

Le guance di Briony intanto si erano fatte rosso porpora mentre Elijah appariva come sempre normale, anche se continuava a tenerla stretta a sé. Lei cercò di tornare a respirare e di tranquillizzare il cuore altrimenti sul serio non avrebbe retto la serata.

“Torniamo dentro? Evitando magari di fare a botte con tuo fratello e di creare finalmente una serata priva di sorprese?” disse lei sapendo che Elijah avrebbe capito.

Lui dal canto suo stirò le labbra in un sorriso.

“Sarà davvero arduo” Il sorriso divenne però cupo.

Briony lo guardò titubante intuendo che c’entrava in qualche modo Klaus. Oppure sua madre. Non solo lei, ma anche Elijah aveva i suoi problemi che gli artigliavano il cuore gelido.

Prese la maschera caduta per terra e se la infilò, poi prese Elijah per braccetto.

“Andiamo? Scommetto invece che se raggiungiamo gli altri potremmo addirittura pentirci di aver pensato che questa festa sarebbe stata un disastro” disse per incentivarlo a sorridere. Ma a sorridere veramente. E per scacciare l’ansia di poco prima.

Elijah la guardò e in silenzio le sistemò poi  un  ciuffo di capelli. Lei gli sorrise timidamente in preda un brivido, e Elijah la riportò poi dentro lasciando la sua maschera dov'era.   Tornarono a infiltrarsi in mezzo alla folla che era aumentata di netto. Faticavano persino a passare. 

Briony vide anche Rebekah in un angolo della sala, ma era sola e sembrava annoiarsi. La biondina vide Matt passarle accanto senza però degnarla di uno sguardo, così lei lo prese per il braccio per farlo fermare.

Da quel che Briony vide, fu una chiacchierata piuttosto fredda infatti lo sguardo di Matt era spento mentre Rebekah parlava a velocità smisurata e agitando le mani. Dopo aver finito di parlare, Matt la liquidò e se ne andò senza dir nulla. Rebekah cercò di trattenerlo ma capì che era tutto inutile così restò immobile, mordendosi nervosamente il labbro.

Briony provò una profonda pena per Rebekah perché non si meritava di soffrire nonostante ciò che la gente pensava di lei. “Mi dispiace per lei.. Matt e tua sorella hanno litigato?”

Lo sguardo di Elijah era fisso sulla sorella, anche lui dispiaciuto.

“Lui non le parla da quando lei ha bevuto il suo sangue quella notte nella foresta. E qualunque cosa mia sorella faccia sembra non sia giusta, almeno dal punto di vista di una persona umana" disse lui con un tono stranamente gelido.

Briony lo guardò ma non disse nulla. Avrebbe voluto andare a confortare l'amica ma i suoi occhi captarono Ylenia che era appena entrata. Difficile non notarla visto che non era da tutti i giorni vedere una bellezza mora abbronzata alta 1 metro e 77.

"Vai pure da tua sorella, io sto con Ylenia intanto" disse Briony e subito Elijah acconsentì visto che non smetteva di guardare la sorella.

"Occhi aperti" mormorò lui dandole un bacio sulla fronte, per poi avviarsi verso l'Originaria.

Briony sospirò e notò che Ylenia le si era già avvicinata

"Buona sera Briony. Sapevo che eri talmente pazza da venire" disse la strega con una risata. Era bellissima, portava un vestito blu di tessuto molto delicato.

"E perché? É vietato divertirsi? Le feste di Mystic Falls sono sempre uno spasso" rispose Briony in tono ironico prendendo da mangiare.

Vedendo che Ylenia appariva nervosa più di lei, Briony si fece seria:

"Che c'é? Qualche problema nuovo?"

"Vorrei solo evitare Klaus il più possibile" rispose Ylenia sistemandosi la maschera.

"Prima ha fatto una delle sue comparse ma Elijah l'ha mandato a farsi benedire credo.."

A sentire che Klaus era alla festa, Ylenia si irrigidì come solleticata da qualcosa di fastidioso. E Briony lo notò subito: "Che c'è, temi che stia escogitando qualche altro piano diabolico? Non mi hai mai detto cosa ti ha legata a lui in passato, pensi che possa vendicarsi perché tu stai dalla mia parte...?"

Ylenia trasalì: "Guarda Briony.. meglio che tu non sappia niente"

"Sai ho imparato a mie spese che i segreti sono la peggior difesa che un uomo possa indossare. Alla fine la verità viene fuori comunque.." rispose lei amareggiata.

Ylenia prese due bicchieri e ne porse uno a Briony. "Non sai quanto hai ragione. I segreti causano sempre sofferenza. A entrambi le parti. Ma é solo la sofferenza che alla fine nobilita un amore" Il viso di Ylenia divenne il quadro esatto delle sue parole. Anche se portava una maschera non era quella che indossava veramente. Sembrava indossare la sofferenza vera e propria nella profondità dei suoi occhi neri, nella cavità del suo viso, nel modo in cui faceva tintinnare il bicchiere nella mano.

Briony seguì il suo sguardo e capì che Ylenia stava fissando Finn, anche lui alla festa.

Ebbe la chiara sensazione che Ylenia poco prima non si rivolgeva alla loro amicizia o a qualcos'altro che la riguardava. Tutta la sofferenza della strega proveniva da Finn, il suo viso ne era pieno mentre guardava l'Originario da lontano.

"Dai su non pensiamoci, brindiamo" mormorò Briony alzando i calici per far sorridere la strega, che tuttavia non si sprecò nemmeno a sorridere mentre beveva.

"Avanti Ylenia. Vedrai che con Finn risolverai ogni cosa. Perché non vai da lui e gli parli? Secondo me Finn é un tipo a posto, tra tutti gli Originali sembra il più normale" disse per incentivarla e le cinse le spalle con un braccio.

Ylenia sorrise tristemente: "Ci sono cose che non si possono perdonare"

Briony scosse la testa, poi le venne in mente una cosa: “E’ da tanto che volevo chiedertelo ma… tu come fai ad essere.. così? Insomma sei molto vecchia secondo l’età anagrafica ma non sembra proprio a guardarti” mormorò dubbiosa.

La strega infatti doveva avere qualche centinaio di anni eppure ne dimostrava una trentina. Briony voleva capirne il nesso… se in qualche modo anche a lei poteva accadere la stessa cosa visto che non poteva trasformarsi in vampiro.

Ylenia questo lo intuì e subito si fece scura in volto. “Mi dispiace ma io sono immortale perché ho dentro di me una magia molto potente… mi ha aiutata a mantenermi giovane negli anni ma solo una strega molto forte può predisporre di quell’energia. E anche se fosse non ti conviene proprio averla, richiede un prezzo troppo alto..” disse truce finendo il bicchiere.

Briony la guardò dubbiosa, sinceramente rammaricata e dispiaciuta che non poteva essere come Ylenia. Lei di certo non era una strega, e non possedeva poteri di quel genere… anche se da come la strega ne parlava, non ne sembrava affatto contenta di possederli.

La ragazza istintivamente alzò il viso. Subito si bloccò.

Klaus era ancora lì, la schiena appoggiata al muro adiacente e stava rivolgendo loro uno sguardo duramente tetro. Non sapeva se a lei o all'amica.

"Ylenia...." Briony si girò verso la sua parte ma la strega si era improvvisamente volatilizzata nel nulla. Scomparsa.

Briony sbatté le palpebre e si girò su se stessa per cercarla. Notò con shock che anche Klaus non si trovava più dove era prima.

Cercò allora Elijah con lo sguardo: si era appartato con Rebekah e stava ancora parlando con lei. L'Originaria sembrava visibilmente provata dall'ultimo incontro con Matt.

Briony vennero all’improvviso in mente le parole di Ylenia, mentre guardava Elijah.

“Ma é solo la sofferenza che alla fine nobilita un amore”

Forse era vero. Forse più soffriva, più il suo amore per Elijah e il suo attaccamento a lui aumentavano fino a eliminare se stessa.

Ma non ne avevano avuto già abbastanza della sofferenza? Di solito c’era un limite al dolore che un uomo può sopportare e nella loro lunga storia, sia lei che Elijah lo avevano oltrepassato, assaporando le spine avvelenate dei suoi confini.

Alla fine ne erano usciti più forti di prima eppure entrambi meritavano di non soffrire più,  e di godersi la normalità e semplicità che una storia travagliata come la loro poteva offrire.

Il loro legame era già stato nobilitato abbastanza e a caro prezzo.

Briony andò verso Elijah e Rebekah infiltrandosi tra la folla. In sottofondo avevano messo una musica assordante.

Si sentì però afferrare all’improvviso per un braccio e questo si contorse dietro la sua  schiena. Briony sussultò in preda sia alla paura che alla sorpresa, ma restò immobile non riuscendo a respirare mentre percepiva una presenza inquietante dietro di lei.

Quella stesse presenza le torceva il braccio all’indietro in maniera così forte che si sentì torcere la pelle. “Mi lasci andare. Subito” ordinò Briony cercando di strattonarsi ma era come muovere un cumolo di pietra.

Cercò di girare il viso per vedere chi diavolo fosse ma non appena tentò di girare il collo, la presa sul suo braccio si serrò di più fino a farla boccheggiare dal dolore.

Briony strinse gli occhi quando una voce inquietante le arrivò all’orecchio:

“Mi dispiace per tua madre”

Briony allora strabuzzò gli occhi. Le sembrava di riconoscere quella voce, ma in mezzo a tutto quel casino a quella musica non riuscì a fare nemmeno un ragionamento compiuto. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu paralizzata da una nuova scossa al braccio.

“Faresti bene ad allontanarti da quegli Originari se non vuoi che facciate tutti una brutta fine”

Briony alzò automaticamente gli occhi e vide Elijah in lontananza che stava guardando appunto nella sua direzione.

Gli occhi del vampiro si erano stretti in due fessure profonde e micidiali, i muscoli all’erta. Rebekah gli stava ancora parlando ma lui non sembrava  nemmeno ascoltarla: i suoi occhi neri erano tutti puntati sulla scena davanti a lui, come se fosse un falco predatore.

Briony deglutì, con l’altro braccio cercò di divincolarsi e sciogliere quella stretta micidiale “Lasciami andare. Chi diavolo sei?” sbottò irritata, riuscendo finalmente a scansarsi e a girarsi. Ma quando lo fece non c’era più nessuno dietro di lei.

Solo una mandria di ragazzi urlanti che ballavano gioiosi e ubriachi. Briony spalancò la bocca shockata provando a cercare quell’essere inquietante, allungò il collo da tutte le parti ma non riuscì nemmeno ad identificare una persona sospetta. Riuscì soltanto a ricordare quella voce inquietante che le perforava il cervello, facendole venire un gelo improvviso alla schiena.

Si girò nuovamente e sobbalzò quando vide che Elijah si era così avvicinato a lei tanto che quasi i vestiti si toccavano. Briony si portò poi nervosa le mani ai capelli.

“Ehi. Come sta Rebekah?” farfugliò con gli occhi ancora sgranati.

“Chi era?” domandò Elijah senza aver ascoltato la sua domanda. Lo sguardo era indecifrabile e non c’era alcuna traccia di ilarità negli occhi.

Di colpo la musica sembrò non perforarle più il cervello. La mente si riempì del silenzio pesante fra loro.

“Non lo so.. un pazzo che sicuramente non c’è con la testa” disse lei sviando lo sguardo da quello di Elijah. Eppure anche così riusciva a sentire il suo sguardo indagatore che non smetteva di schiantarsi su di lei. Si morse nervosamente il labbro:

“Conosceva mia madre.. ha detto una cosa su di lei… Non lo so, non l’ho visto in viso..”

Elijah sbattè le palpebre ascoltandola, poi lei abbozzò un sorriso alzando lo sguardo:

“Lasciamo perdere. Spostiamoci di qui.” disse lei prendendolo a braccetto.

Voleva far finta di nulla e che non provasse un male atroce al braccio, come se gli avessero appena infilato delle schegge, ma era parecchio inquieta. Di nuovo una fitta di gelo alla schiena.

“Spero di non dovermi preoccupare” mormorò Elijah all’improvviso, sfoderando un sorriso sghembo.

Briony rise e gli diede una pacca sulla spalla per farlo zittire.

Ma dopo un po’, notò che Elijah aveva assunto un’espressione pensierosa mentre si infiltravano in mezzo alla gente e prendevano da bere. Faticava a guardarla come se stesse accumulando pensieri contrastanti che poteva condividere solo con se stesso.

E non sorrideva più.

 

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Ylenia stava percorrendo un corridoio poco affollato di casa Lockwood. Non appena aveva visto Klaus si era fatta furba e aveva deciso di evitarlo, perché sicuramente da un altro scontro non ne sarebbe venuto fuori nulla di buono per lei. Sperava di non incontrarlo ma finchè stava a Mystic Falls poteva incorrere a quella dannata sfortuna.

Quando sembrò che fosse tutto a posto si sentì afferrare rudemente per la gola e sbattere contro il muro. Ylenia sgranò gli occhi portando le mani sulla mano che le aveva inchiodato il collo con furia disumana. Ovviamente sapeva chi fosse e poteva anche non dire il suo nome perché non aveva voglia di stare ai giochetti di quell’ibrido pazzo.

“Ti sembra il modo questo?” chiese lei con finta calma. Le poche persone che passavano di lì se la davano a gambe perché avevano fiutato il pericolo.

“Adesso non ti senti più così tanto forte senza alberi o radici a disposizione? Lurida bugiarda” sibilò Klaus con tono strafottente.

Ylenia gli diede dei colpi sul petto: “Lasciami andare altrimenti mando a fuoco la casa”

“Il fuoco non mi uccide sai”

“Allora manderò a fuoco l’unico neurone che ti ritrovi nel cervello” rispose lei con poca voce.

Klaus strinse di più la presa poi la diminuì. I loro visi erano faccia a faccia.

“Ora basta chiacchiere. Smettila di stare dalla parte di Briony e di intrometterti nei miei piani. Se lo farai magari ti risparmierò”

“Lo sai dove te le puoi mettere le tue minacce?”

Klaus non gradì per niente la risposta e infatti scaraventò Ylenia dall'altro lato del muro,  con una tale ira da lasciarne uno squarcio. La strega stramazzò senza un grido, portandosi le braccia in avanti per alleggerire il colpo.

Klaus fece dei passi verso di lei:

“Hai poco da fare la furba. Se non fai come ti dico ti riduco in cenere”

Ylenia alzò il viso respirando a fatica. Con quella botta le aveva provocato numerosi tagli alle braccia e aveva perso la maschera.

“Sei uno stupido senza cervello Klaus. Come puoi non accorgerti che Briony è completamente innocua? E finchè tu non le farai del male, lei non ne farà a te sebbene ti odi”

Klaus le rivolse un sorriso diabolico.

“Mi dispiace ma non faccio tregue con mostri che hanno il potere di uccidermi. E se non sarò io a renderle la vita un inferno, lo farà qualcun altro.” disse misteriosamente.

Ylenia gli lanciò uno sguardo disgustato, restando seduta per terra.

“Sono stato anche fin troppo paziente con te, se ci fosse stato qualcun altro non avrei esitato nel strappargli le viscere. Quindi vedi di non spazientirmi ulteriormente”

Vedendo che Ylenia continuava a lanciargli uno sguardo pieno d'odio e ribrezzo, Klaus la afferrò un'altra volta per il collo e la fece alzare rudemente da terra.

“Hai capito?” sibilò lui fra i denti.

Ylenia fu davvero tentata di sputargli in faccia invece disse solo:

“Agli ordini”

La faccia era distorta per la ricerca d'aria.

Klaus la lasciò andare con uno scossone: "E  vedi di non fare parola con nessuno della nostra conversazione altrimenti ti taglio le dita" sibilò lui duramente andandosene via.

Ylenia si portò le mani al collo per massaggiarsi il bruciore. Mandò Klaus all'inferno col pensiero e traballò sui tacchi cercando di stare in piedi. Si diede una sistemata ai capelli e cercò di apparire normale mentre cominciava a camminare lungo il corridoio.

Riconobbe all'improvviso una figura nell'oscurità, molto alta, che sembrava aspettarla alla fine del corridoio.

“Buona sera Ylenia” proruppe quella voce nell'ombra.

Ylenia sentì una scossa lungo tutto il corpo e si paralizzò. Ebbe il vano presentimento di riconoscere quella voce ma era senza dubbio uno sbaglio. Doveva per forza sbagliarsi.

La figura si fece avanti arrivando finalmente alla luce e scacciando l'oscurità dietro di sé.

Ylenia fu sul punto di strozzarsi, di avere un tuffo al cuore, e pensò che fosse un'allucinazione. Perché non poteva essere vero e che fosse solo un incubo dal gran che era irreale.

La figura davanti a lei inarcò un sopracciglio:

“Non sei cambiata per nulla... quasi almeno”

Il suono della sua voce spazzò via ogni dubbio. Presa dallo shock e dall'incredulità, lei barcollò all'indietro in maniera agitata e finì contro una sedia. Ormai Ylenia non sentiva più nemmeno le gambe e infatti cadde scomposta sulla sedia. Faticava a respirare, non riusciva a credere ai suoi occhi.

La figura si fece lentamente avanti:

“Non parli? Hai riacquistato un po’ di sano buon senso vedo. E oltre a non parlare, dovresti alzarti e andartene finché faccio finta di non ricordare cosa hai fatto”

Ylenia si sentì raggelare. Mai nella sua lunga vita si era sentita così spaventata. Cercò di racimolare un po’ di coraggio ma non trovò niente.

Quando quella figura si fece più vicino, Ylenia serrò le dita nei braccioli della sedia.

“E falla finita di pensare a come ammazzarmi. Non ti servirà a niente” mormorò quell'essere con un sorriso gelido, chinandosi pericolosamente verso di lei.

Ylenia deglutì pensando invece che non aveva alcuna intenzione di non fare niente se non svignarsela. Era così sotto shock che non riusciva neanche a formulare una parola.

“Ci rivedremo, hai la mia parola.”

E all'improvviso una forte folata di vento gelido le scompigliò alcuni ciuffi di capelli e lei istintivamente chiuse gli occhi, come se quel vento avesse il potere inquietante di parlarle e di incuterle maggior terrore.

 Quando finì, lei riaprì gli occhi e li strabuzzò persino,  perché davanti a lei non c'era più anima viva.

Tremando cercò di issarsi in piedi. Era tutta tesa, sul punto di avere un attacco isterico.

Si guardò attorno spaesata e l'unica cosa che riuscì a fare fu dire:

"Merda"

 

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Intanto la festa andava avanti. Il divertimento della serata era Tyler  che si cimentava ad ogni tipo di bravata. Dal braccio di ferro, alla gara a chi beveva di più un boccale stracolmo di vodka, allo scambio delle maschere che finiva sempre con qualche risata. Finì l'ultimo braccio di ferro e Tyler come al solito ne uscì vittorioso e alzò il pugno per farsi valere.

“Bravo!” Ci fu un grande applauso e Tyler rise divertito.

"Perbacco potrei perfino battere un Originario!"

Briony si trovava vicino a lui e con un braccio cingeva la schiena di Elijah. La ragazza non aveva fatto altro che ridere ed incitare, e anche Elijah sembrava essersi rilassato, almeno per un po’. Aveva gettato via la maschera cupa di prima e sembrava semplicemente un normale uomo. Qualunque cosa gli avesse detto Klaus prima, sembrava svanita grazie alla gioia sprizzante della festa.

Elijah infatti sorrise gentilmente alla sfida di Tyler e gli disse che era meglio se non ci provava altrimenti si sarebbe ritrovato il braccio mozzato. Ci fu un clamore ma Tyler scrollò noncurante le spalle. Si protese e diede un bacio a Caroline; dopo la prese all'improvviso in braccio facendole fare un giro su se stessa. Caroline gridò divertita e anche Briony rise sul petto di Elijah.

Quella semplice normalità si fece strana nelle sue vene, irradiando una nuova forza.

Tyler mise giù Caroline e si guardò intorno:

“Oh basta voglio cambiare donzella. Briony permetti?” domandò porgendole la mano.

Briony inarcò divertita un sopracciglio ma vedendo che Caroline sghignazzava, si fece avanti con un sorriso:

“Non posso negare un ballo al mio caro quasi cognato”

Elijah lasciò il fianco di Briony senza dire nulla, e allora Tyler  guardò prima lui poi Caroline:

“E tu Caroline con Elijah va bene?”

Briony per poco non si strozzò dalle risate. Non che se la prendesse se Elijah ballava con la sorella ma a giudicare dalla faccia impietrita di Caroline era meglio evitare.

Briony si girò verso Elijah dandogli una pacca sulla spalla:

“Meglio se balla con Rebekah invece. Evitiamo qualche testa mozzata!”

Elijah scosse la testa bonariamente ma si fece da parte, mentre Tyler la conduceva a ballare. Briony si girò verso Elijah ma vedendo che non gli dispiaceva, accettò con entusiasmo.

Lei e Tyler ballarono per un po’, e subito Briony capì cosa Caroline amava in Tyler: era un ragazzo che emanava entusiasmo e passione in ogni cosa che faceva, e quando voleva sapeva essere molto protettivo. Se all'inizio Briony aveva dei dubbi sulla loro relazione adesso era più che mai convinta che Tyler Lockwood era perfetto per la sorella.

Quando finirono di ballare in maniera sfrenata, Briony rimase in piedi al centro della stanza sistemandosi i capelli disordinati e la maschera, mentre Tyler ritornava da Caroline.

Briony si sentì all'improvviso afferrare da dietro e un braccio la fece fare una giravolta così velocemente che ebbe le vertigini. Andò a sbattere contro un petto marmoreo e una voce suadente le arrivò all'orecchio.

“Hai scordato chi è il tuo cavaliere?”

La ragazza sentì le narici inondarsi del profumo di Elijah, e alzò il viso per incrociare quello profondo dell'Originario. Lui le stava sorridendo misteriosamente e Briony ricambiò:

“Non sia mai.” rispose divertita mettendo le braccia al collo di Elijah cominciando a muoversi in un lento. Allungò il collo per toccargli le labbra con le sue in un bacio lieve. Si sentì all'improvviso leggiadra, come se stesse fra le nuvole. Aveva voglia di ridere di nuovo. Era da tempo che non si sentiva così serena. E al diavolo i cattivi pensieri.

Finito il ballo, andarono di nuovo dagli altri. Con Caroline c'erano anche Elena e StefanBriony allungò il collo per cercare Ylenia ma non si trovava.

Ebbe un brutto presentimento ma fu catturata dall’arrivo improvviso di Damon: a giudicare da come si teneva in piedi era un po’ brillo. Il suo sguardo ilare vagò tra i presenti:

“Bella serata vero? Ogni festa che si rispetti deve essere riempita da mostri soprannaturali” borbottò con uno strano tono.

Stefan aggrottò la fronte mentre lo sguardo di Damon si inchiodò su una persona in particolare.

“Giusto Briony?”

Il suo tono la fece inspiegabilmente trasalire. Anche Elijah aveva aggrottato la fronte.

Damon continuò il suo monologo da ubriaco:

“Vampiri, ibridi, licantropi, streghe e….” agitò le mani e lasciò la frase in sospeso guardando sempre Briony, come se sapesse qualcosa su di lei.

Ma come aveva fatto..?

Elijah al suo fianco si era talmente irrigidito che quasi non prendeva ossigeno.

“Vuoi per caso perdere il collo, Salvatore?” sibilò lui lentamente con sguardo diabolico. Anche lui doveva aver intuito che Damon sapeva qualcosa di troppo e non ci avrebbe messo molto a strappargli la lingua.

“No di certo” rispose Damon con un ghigno.

“E quindi se ci tieni alla tua vita chiudi quella fogna di bocca” Il tono di voce di Elijah era terrificante, e faceva presagire che non avrebbe più parlato da quel momento in poi ma sarebbe passato a una minaccia vera e propria.

Damon non sembrava neanche capire il pericolo letale che aveva di fronte e infatti ricaricò la dose:

“Qualcuno ha la coda di paglia?”

Briony trasalì di nuovo in preda a una strana sensazione. Sentì il sangue pulsare nelle vene troppo freneticamente. Alzò lo sguardo per guardare Elijah ma il vampiro era totalmente concentrato su Damon, e quello sguardo avrebbe fatto scappare chiunque.

Nessuno parlò, ci fu silenzio.

“E tu sei ubriaco e ci stai rovinando la serata. Perché non fai una cosa buona e te ne vai senza le tue parole campate per aria?” mormorò Briony cercando di apparire decisa di fronte agli altri e senza la benché minima paura.

Ma il ghigno di Damon la colse di sorpresa: “Noi tutti invece dovremmo chiederci come mai è successo quel casino qualche giorno fa! Quell’incendio a dir poco strano.. Ibridi dappertutto…. Non so voi ma… dovremmo tenere sempre un paletto speciale a portata di mano per difenderci” Lanciò a Briony un’occhiata inequivocabile e la calma gelida di Elijah venne sopraffatta da una furia disumana.

Afferrò Damon per il collo e lo sbattè contro la parete, facendo cadere alcuni bicchieri sul pavimento. Briony strabuzzò gli occhi per la sorpresa, Caroline rimase immobile anche lei shockata, mentre Elena gridava loro di farla finita.

“Se pensi di poter elargire le tue luride minacce senza che io batta ciglio hai fatto un grosso errore.” Sibilò Elijah con voce crudele, stringendo la presa su Damon fino a stritolarlo. Damon si lasciò fuoriuscire un mugolio di dolore.

“Mi sembra di aver toccato un nervo scoperto” farfugliò non riuscendo a non fare una smorfia ironica.

Elijah senza esporre la benché minima emozione lanciò il corpo di Damon contro un tavolo vicino a loro, pieno zeppo di caraffe e bicchieri. Damon ci andò a sbattere completamente, e nello schianto violento un pezzo di vetro grande come una palla da di basket gli si era infilato dritto nello stomaco. Damon alzò il viso delirando a causa del dolore e dell’alcool.

I presenti guardarono la scena senza dire niente, Briony fu sul punto di fermarli ma Caroline la trattenne per un polso.

Elijah intanto si avvicinò a Damon con passi lenti e inquietanti, e prese tra la mano quel pezzo di vetro - ancora conficcatogli nello stomaco - scavando giù fino in fondo facendogli bruciare e esplodere il sangue dal dolore.

“E questo non è niente se proverai a minacciarla di nuovo” sibilò Elijah con parole piene di glacialità e collera. Lo sguardo ricolmo di crudeltà mentre Damon si dimenava.

Briony allora si liberò dalla presa di Caroline e corse da Elijah bloccandolo per un braccio. “Lascialo perdere. E’ ubriaco”

Sapeva che quella opposizione non avrebbe contato molto, non con quell’Elijah che sembrava aver perduto la calma gelida che l’aveva sempre caratterizzato e che adesso si stava sciogliendo a causa di una fiamma nuova e improvvisa. Molto più terribile.

Damon cercò di tirarsi in piedi ma la mano di Elijah infieriva ancora contro il suo stomaco e non accennava a lasciarlo andare. Briony serrò di più la presa sul suo braccio per bloccarlo, per farlo ritornare da lei con la mente. Lo chiamò.

Gli occhi di Elijah intanto dardeggiavano ma quando incontrarono il volto di Briony, il fuoco che era in essi si spense e tornarono neri. Come una notte buia.

Senza proferir parola tolse la scheggia di vetro dallo stomaco di Damon, e questi stava quasi per cadere a terra se non fosse stato per Stefan che era sopraggiunto per sorreggerlo.

Elijah fece due passi indietro guardando Damon senza il benché minimo rimpianto o compassione. Elena guardava la scena shockata mentre Caroline lanciava sguardi di fuoco sia a Damon che a Elijah. Tyler cercava di sistemare il casino per terra dicendo a tutti di darsi una regolata visto che quella era casa sua.

Briony invece si era ammutolita in un pesante silenzio mentre guardava Damon che alzava faticosamente il viso: “Ti devo ricordare che abbiamo ancora un accordo. Non ci potete fare nulla”

Secondo Briony fu come buttare legna al fuoco ma a dispetto dei suoi pensieri, Elijah rimaneva immobile, quasi avesse ritrovato la calma gelida: “Non lo dimentico” disse lui  solamente.

Stefan portò Damon via di lì lanciando uno sguardo dispiaciuto a Briony e dopo vennero seguiti da Elena.

Così Caroline liberò tutto quello che aveva da dire: “E’ pazzesco! Come diavolo ha fatto Damon a…

La biondina gesticolava come se fosse un fior di nervi e Briony intuì che lei non c’entrava nulla. Ma non era Damon il problema, lui si poteva facilmente governare con qualche minaccia. Era Klaus il problema, e quella sua inquietante sorella soprattutto.

Ebbe una sensazione di gelo e questa aumentò quando guardò Elijah. L’Originario non era ancora riuscito a reprimere la sua ira. Lo sguardo era scavato e durissimo, come se il suo umore fosse sempre stato nero fin dal primo minuto, e la normalità di poco prima si era volatilizzata come foglie secche, forse perché non gli era mai appartenuta completamente.

Era da quando aveva parlato con Klaus che i suoi occhi erano diventati indecifrabili, come se non voleva che nessuno al mondo scorgesse i suoi pensieri che si erano chiusi dietro a una porta blindata, dentro la quale Briony non aveva accesso.

Ne fu turbata. Prese Elijah per un braccio per costringerlo a guardarla:

“Che sta succedendo?”

Elijah però sembrò non guardarla neppure: “Succede che quel maledetto sa qualcosa”

“Non mi riferivo a lui, sono sicura che ha recepito bene il tuo messaggio. Sei tu che sei strano” sottolineò l’ultima frase per fargli capire i suoi timori e magari farsi dire che erano infondati. Che erano frutto della sua immaginazione e che vedeva pericoli dove non ce ne erano.

Eppure Elijah sviò subito lo sguardo da lei e si scansò con una mossa gelida:

“Non è niente”

Briony allora deglutì e girò anche lei lo sguardo in segno di resa. Inutile insistere, quando Elijah si comportava così o era davvero niente oppure qualcosa che era meglio non sapere.

Tuttavia ne aveva diritto perché era sicura che era una cosa importante, e la logorava non riuscire a capire i pensieri distanti di Elijah e se in qualche modo lei stessa ne era la causa.

Mise le mani sopra a un tavolo mentre Caroline le si avvicinò per risollevarle il morale, dicendole che sicuramente Damon aveva bevuto così tanto che sicuramente le sue erano frottole. E che non doveva avere paura di niente.

Briony sorrise nervosamente. Non aveva paura, no era preoccupata. Che la faceva sentire anche peggio. Lanciò uno sguardo di sottecchi a Elijah ma lui sembrava una statua che non faceva trasparire nulla.

Caroline allora per smuovere gli umori disse che era meglio alzare un po’ il gomito e ci voleva davvero proprio.

All’improvviso spuntò fuori Kol che portava due bottiglie. “Alle feste di solito sono io che combino casini. Vuoi rubarmi il posto fratello?” sogghignò rivolgendosi a Elijah, il quale gli rivolse un sorriso gelido.

“Il tuo primato è ineguagliabile fratellino, constatando però che la gran parte dei tuoi casini sono superflui e inutili.” Accettò il bicchiere che Kol gli offrì.

“Giusto, è molto nobile che tu difenda l’onore della tua fidanzatina ma anche io devo difendere il mio.. se per caso esiste ovviamente, domani dovrò controllare nel mio portabagagli degli oggetti smarriti” rispose Kol con un sorrisetto.

Elijah sorrise scuotendo la testa e finalmente tutti quanti si rilassarono un po’. Tyler ritornò e propose un altro braccio di ferro ma contro Kol non ebbe vittoria facile; infatti l’Originario lo spezzò praticamente in due e come punizione gli bagnò i capelli con lo champagne e gli ruppe pure la bottiglia in testa. Caroline sgranò gli occhi shockata e fu subito da lui per soccorrerlo, ma vedendo che Tyler sghignazzava noncurante, anche Briony si unì alla sua risata.

Elijah strinse le braccia al petto sfidando Kol a fare la stessa cosa con lui se ne aveva il coraggio. Finalmente cominciavano a rilassarsi un po’ tutti.

Briony vide all’improvviso Ylenia passare in mezzo alla folla come un fantasma smarrito, e allora disse a Elijah che andava da lei per parlarle. Fu facile fermarla anche perché la strega non oppose resistenza. Aveva lo sguardo vacuo, quasi trasparente. Al limite massimo dello shock.

Ylenia? Che è successo?”

La strega allora sbattè le palpebre, come se solo allora si fosse accorta della presenza di Briony. Farfugliò un “niente” e se ne andò via trascinandosi come uno zombie. 

“Ma Ylenia..” Briony la guardò andarsene completamente allibita.

Che diamine stava succedendo a quella festa?

Elijah aveva l’umore incontrollato, Ylenia sembrava uno zombie spiritato, e poi quel tipo che le aveva detto quelle cose…

Scosse la testa non volendo pensarci. La fine della serata era ancora lontana ed era ingiusto sprecarla con altri brutti pensieri.

Andò dagli altri, quando dalla schermata digitale vide il suo numero scritto in fondo. Il 36. Sgranò gli occhi sorpresa. Forse qualche ragazzina le implorava di lasciarle Elijah per qualche notte. In effetti il vampiro,  anche se era apparso terrificante per qualche minuto, era bellissimo quella sera.

Sghignazzando tra sé e sé andò a vedere la lettera indirizzata a lei che era raccolta in una cesta. Era proprio curiosa di leggerla, forse avrebbe fatto divertire anche Elijah. Fece vedere al custode il suo numero e prese poi in mano un foglio accartocciato in due parti.

In lontananza Briony vide Tyler sfidare di nuovo Kol, e Caroline incitava il fidanzato. Fece un sorriso tra sé e sé per quella scena e poi aprì il foglio.

Ci vollero due secondi buoni per capire bene cosa ci fosse scritto e capirne veramente  il senso. Un brivido gelido le percorse la schiena.

“Le cose che amiamo finiscono sempre con il distruggerci.

Finchè sei in tempo dovresti tagliarlo fuori dalla tua vita.”

Il cuore le balzò in gola inspiegabilmente. Le sembrò davvero uno scherzo di cattivo gusto e orribile. Persino le lettere scritte apparivano inquietanti.

Che diavolo significava? E chi doveva tagliare fuori dalla sua vita?

La risposta però le venne automatica quando alzò il viso e vide Elijah, impresso anche lui nei suoi pensieri. Briony tremò in preda a un brivido freddo.

Ma non volle lasciarsi suggestionare da quelle fandonie idiote. Sicuramente l’aveva scritto quell’ubriaco di Damon o forse qualche pazzo. Tutte bugie a cui lei mai avrebbe dato peso.

Si cavò nervosamente la maschera, stracciò il foglio in mille pezzi e andò a passo spedito verso Elijah e gli altri. Cercò di scacciare il tremolio del suo corpo e sperò di essersi riuscita non appena si unì al gruppo. Tuttavia una bruttissima sensazione sembrò farle compagnia come una seconda pelle e Elijah questo lo captò:

Briony? Che succede?” domandò lui fissandola.

“Perché?” domandò lei sbrigativa tentando di non arrossire.

Elijah la stava osservando scrupolosamente come se volesse leggerle la mente.

“Niente. Hai una strana espressione”

Briony si maledisse per aver buttato via anche la maschera. Con il viso esposto, Elijah sembrava intuire ogni cosa, quasi stesse ascoltando un battito. Sempre.

Si scompigliò i capelli: “Cos’ho che non va?” domandò lei innocentemente.

Elijah a sua volta le sorrise senza alcun doppio fine. “Sto scherzando. Sei carina” disse sorridendole e toccandole lievemente il viso dove c’erano rimasti i segni della maschera. Sembrò prenderla in giro e Briony gli fece una smorfia ironica, dimenticando per un attimo lo strano contenuto di quella lettera e ciò che era successo prima.

D’altronde era una festa di Mystic Falls. Qualcosa di strano doveva pur accadere.

Si domandò dove fosse finita Ylenia e se fosse uscita dal suo stato catatonico, quando fu raggiunta da una ragazzina che non conosceva “Ciao. Tu sei Briony?”

Lei subito aggrottò la fronte, colta alla sprovvista. Non conosceva la sua interlocutrice ma le sembrava innocua. “Sì sono io”

“Ti posso parlare un secondo in privato?”

Briony esitò un attimo ma vedendo com’era quella ragazzina, più bassa perfino di lei, constatò che non c’era alcun pericolo. E nel caso si sarebbe difesa a dovere.

Anche Elijah aveva corrugato la fronte ma come lei  non ci trovò nulla di male e restò dov’era, mentre Briony si appartava in un angolo con la ragazzina.

<< Ma che cosa vorrà mai? >> Pensò.

Lontano da orecchie indiscrete, la ragazzina parlò: “Ho un messaggio da darti. Da parte di Esther

Subito Briony sussultò: “Come?”

“Sì mi ha detto di dirti queste stesse parole: incontriamoci nel vecchio studio di Richard Lockwood. Non dirlo a nessuno e vieni da sola, altrimenti potrebbero insorgere complicazioni che non ti faranno per nulla piacere. Sai cosa intendo”

Briony restò a bocca aperta non osando fiatare. Esther alla festa?? Perché diavolo nessuno se ne era accorto? E che cosa diavolo voleva da lei? Fosse matta ad accettare.

“Ah sì? E perché non viene lei di persona?”

La ragazzina alzò le spalle. “Così mi ha detto e io ho riferito. Ma non sembrava aver voglia di ricevere un no come risposta. Era parecchio inquietante”

Briony lo sapeva bene questo. Forse doveva accettare? Se non l’avrebbe fatto a quanto quella ragazzina diceva, ne avrebbe pagato le conseguenze… forse quella pazza avrebbe fatto del male a qualcuno o escogitato un nuovo incantesimo per far fuori i suoi figli.

Si inumidì le labbra non sapendo cosa fare. In entrambi i casi Elijah non ne sarebbe stato affatto contento.

Alla fine prese una decisione: “Dille che verrò”

“Io il mio compito l’ho fatto. Ti sta già aspettando” E la ragazzina si defilò.

Briony prese allora un profondo respiro per calmarsi e trovare abbastanza coraggio. Era un rischio enorme accettare ma non poteva disinteressarsene come nulla fosse. Avrebbe ascoltato ciò che quell’arpia aveva da dire e subito dopo l’avrebbe mandata all’inferno. Avrebbe affrontato tutto da sola, d’altronde non era una cacciatrice super forzuta  dotata di poteri psichici? Non voleva permettere che qualcun altro pagasse per tenerla al sicuro e difenderla.

Respirò di nuovo e tornò da Elijah. “Nulla di che, era solo una ragazza che voleva informarmi che Ylenia non si sente molto bene. Ora vado da lei se non ti dispiace” Aveva mentito benissimo, non era nemmeno arrossita.

Elijah aggrottò la fronte: “Vuoi che venga con te?”

“No no, non preoccuparti. Ci metterò poco” rispose lei cercando di essere convincente. Gli accarezzò un braccio e si allontanò. Avrebbe tanto voluto tornare indietro e dirgli tutto quanto, ma invece continuò a camminare e si costrinse ad essere coraggiosa e a non pesare sempre sulle spalle degli altri.

Non si ricordava bene dove fosse l’ufficio del sindaco e girò metà villa in tondo. Andò fuori in terrazza per chiedere informazioni a qualche cameriere, quando all’improvviso i suoi occhi captarono una presenza vicino a lei.

Le sorprese quella sera non avevano fine. Era Gwendolyn.

Era appostata in un angolo al muro, come se si stesse nascondendo, e teneva le braccia serrate al petto. Briony non credeva che anche lei ci fosse alla festa e ci aveva sperato visto che nessuno l'aveva vista. Una fortuna improvvisa, invece come al solito le andava tutto storto.

Gwendolyn era bellissima: portava un vestito bianco con un lieve spacco. Ma al buio quella bellezza immortale appariva inquietante.

Briony le lanciò solo un’occhiata di sfuggita e cercò di ignorarla per uscire dalla terrazza, ma la voce dell’Originaria la bloccò. “Serata movimentata vero? Non ti secca farti sempre proteggere da mio fratello? Finirà per rimetterci lo sai”

Briony le lanciò uno sguardo pieno d’odio: “Hai mandato altri ibridi a fare il lavoro sporco per te?”

Sapeva che dietro c’era Gwendolyn. Klaus doveva pur averlo saputo da qualcuno anche se negava l’evidenza.

Gwendolyn le sorrise perfidamente: “Ma vedo che l’erba cattiva non muore mai. Hai rimasto solo un genitore ora, vuoi far crepare anche lui al posto tuo?”

Briony ebbe sul serio voglia di darle una sberla: “Non so dove vuoi arrivare ma ti conviene finirla. Tuo fratello non ti ha più vista da quella volta, ma appena ti vede ti appenderà ad un palo in men che non si dica”

“Ma davvero? Non credo proprio. Sono sua sorella, per lui la famiglia è tutto. Credi ancora alla favoletta che lui sceglierà te rispetto a noi?”

“Sei tu che lo costringi a farlo. Anche se una sorella perfida come te è meglio perderla che trovarla”

Gwendolyn le rivolse l’ennesimo sorriso tetro e Briony non volle più stare ad ascoltare le sue idiozie perché sicuramente sarebbe scoppiata.

Le parole della vampira la fermarono:

“Goditi la tua storia d’amore quanto ti pare. Non durerà per molto”

Briony serrò duramente i pugni con il desiderio potentissimo di staccarle la testa. Le ci volle uno sforzo disumano per trattenersi. Quella bastarda l’aveva quasi uccisa. Doveva pagare in qualche modo. Non appena avrebbe affrontato Ester, decise che ne avrebbe parlato con Elijah perché nonostante tutto quell’arpia era sua sorella.

Se lei avesse agito da sola e staccato la testa a quella bastarda, forse Elijah non l’avrebbe colpevolizzata ma si trattava pur sempre di un membro della sua famiglia. Se lei fosse stata al suo posto non l’avrebbe presa bene, in nessun caso.

Briony se ne andò fulmineamente pestando i tacchi. Nell’oscurità l’ombra di un sorriso crudele apparve nel viso di Gwendolyn: le tornò alla mente il piano che aveva idealizzato con Klaus.

Lo aveva fatto perché gli serviva, Klaus d’altronde era più forte di lei. Aveva anteposto l’odio per il fratello per un odio ancora maggiore. Verso quella cosa mostruosa che Briony rappresentava.

E sapere che Elijah nonostante tutto non aveva cambiato idea su di lei la mandava in bestia, e aveva quindi deciso di agire subito altrimenti sarebbe stato troppo tardi.

“Quindi vuoi l’aiuto dei miei ibridi? Però io non mi becco alcuna colpa... perché ti vuoi prendere tu la responsabilità, scusa?” era stata la domanda di Klaus qualche ora prima dell’incendio.

“Perché se Elijah intuisce che ci sei solo tu dietro a questo losco inganno, ti farebbe subito fuori e addio piano. Ormai gliene hai fatte troppe e non ti perdonerebbe mai un’ennesima accoltellata alle spalle. Mentre io…. A me non farà niente, non corro rischi. Mi vuole bene quanto ne vuole a Rebekah, basta che gli faccio ricordare com’era bello essere una famiglia, che Briony può distruggerci tutti… sicuramente si arrabbierà ma so come gestirlo.”

“Non sei troppo ottimista?”

“E perché? Già una volta Elijah ha anteposto la famiglia all’amore. Dovresti ricordartelo” E la vampira gli aveva lanciato un'occhiata eloquente. Klaus aveva capito subito dove voleva andare a parare ma aveva scosso la testa:

“E ora sei tu la sciocca GwendolynBriony Forbes non è Tatia Petrova. La ama. Più di quanto amasse la cara Petrova, non c’è proprio confronto.”

“Ma Tatia non era un mostro. Era sì una sgualdrina, ma un mostro no. Appena si renderà conto del danno che Briony può provocarci, magari la ucciderà lui stesso”

“Non tratterei il respiro nell’attesa se fossi in te”

Gwendolyn allora era sbottata:

“Ok va bene, la ama. E allora? Anche io ho amato Christopher eppure una stronza della stessa razza di Briony me l’ha portato via senza alcun ritegno o compassione. E io ora in cambio le renderò la vita un inferno, ma non saremo mai pari per ciò che mi ha tolto” L'odio del passato aveva pervaso il suo bellissimo volto. Nella sua mente, Briony aveva preso il posto di Charlotte e vendicarsi sarebbe stata come una giustizia personale.

Klaus però non aveva voglia di ascoltare storie romantiche:

“Passando al piano. Se qualcosa va storto… se Briony dovesse sopravvivere e i miei ibridi fallissero. Cosa hai in mente di fare?”

“Tu fai finta di niente, dì che non sai nulla, inventati qualcosa. Elijah penserà subito a me ma ho la situazione sotto controllo. E in quanto a Briony… bisogna sempre avere un piano B di riserva no? Ci sto già pensando” E aveva sfoderato un sorriso fin troppo maligno.

Klaus allora l’aveva guardata bene:

“Ci assomigliamo più di quanto pensassi”

Gwendolyn lo aveva fissato storto:

“Non esageriamo ora”

Era soltanto più furba e intelligente, e questo era un'arma letale.

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Briony finalmente trovò la strada per arrivare all’ufficio del sindaco. Era sola, aveva il via libera ma si sentiva le gambe tremare. Era in ansia per ciò che la strega Originaria aveva da dirle. Sicuramente nulla di nuovo ma non si sarebbe fatta sottomettere.

Fece dei passi in avanti ma una forte folata di vento gelido la paralizzò, come se fosse stata appena trafitta da delle frecce. Alcuni ciuffi di capelli le caddero sul viso e cercò di sistemarseli in maniera agitata.

Sentì un rumore dietro di lei.

Briony si voltò fulmineamente col cuore che pompava all’impazzata: “Esther?”

Non ci fu nessuna risposta. Solo silenzio, ma quel silenzio era così inquietante che lei avrebbe tanto voluto spegnerlo con le urla. Urlò di nuovo il nome della strega ma niente.

Sentì poi qualcosa di gelido dietro di lei e si voltò di nuovo con un sussulto, trattenendo un grido.

Di nuovo nulla. Briony aveva la pelle d’oca e faticava a riprendere il controllo di se stessa. Aveva persino le allucinazioni perché non c’era nessuno in quel corridoio e come al solito lei si faceva prendere dalle situazioni drastiche.

Fece un gran respiro e camminò verso la porta che dava all’ufficio del sindaco. Ogni passo era come un macigno ma lei andò avanti.

La mano si trovò sulla maniglia. Era gelida e fu tentata di non aprire e di tornare indietro a cercare Elijah. Era la scelta più saggia in fondo.

Briony aprì le labbra e le fuoriuscì un respiro ghiacciato che sembrava evaporare. Si portò così la mano alla bocca provando un improvviso senso di freddo, come se fosse nuda.

Cercò di darsi calore con le mani e finalmente si decise ad aprire. Non riusciva più ad aspettare.

L’interno era buio e lei cercò l’interruttore della luce. “Esther, avanti dimmi ciò che devi e facciamola finita”

Quando la luce si accese però non c’era nessuno ad aspettarla. Briony strabuzzò gli occhi facendo alcuni passi in avanti. Chiamò la strega ma non ebbe nessuna risposta.

Pensò che le aveva giocato un brutto tiro o che si stesse prendendo gioco di lei.

Briony allora se la prese con se stessa per esserci cascata e girò il viso per andarsene via di lì. Ma non appena lo fece vide da dietro a un tavolo in fondo qualcosa che catturò la sua attenzione.

Il cuore smise di battere. Era una mano insanguinata.

Senza sapere come, Briony riuscì a camminare. Voleva scappare e chiedere aiuto ma camminò sempre in avanti non respirando nemmeno. Aveva paura, troppa paura da non riuscire a esprimerla a parole.

Quella mano fortunatamente era ancora attaccata al braccio di una persona che stava distesa sul pavimento, e sembrava svenuta. Ma aveva un buco profondo sul petto e il sangue fuoriusciva a vista d’occhio. Si potevano intravedere nel mezzo la gabbia toracica spezzata in due come sfracellata. Del sangue le colava dalle labbra semiaperte.

Le ci volle un po’ per riconoscerla.

Era Esther.

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Era strano. Tutto tremendamente strano. Chi diavolo aveva ucciso quell’arpia di Esther? E in che modo poi.. quasi squartata. E prima che potesse parlarle.

Non appena si era resa conto di ciò che era successo, Briony era indietreggiata rischiando di incespicare sui suoi stessi piedi ed era corsa a chiamare aiuto. Dopo era successo il finimondo, molti ragazzini volevano vedere il cadavere coi loro occhi, altri erano scappati a gambe levate.

Elijah dopo aver saputo ciò che era successo aveva subito preso Briony e l’aveva portata a casa. Quella festa come al solito era finita nel peggiore dei modi.

Non c’era normalità in quella città maledetta.

Briony non sapeva come avevano reagito gli altri Originari ma in fin dei conti era un bene che Esther si fosse tolta dai piedi. Almeno i figli non si sarebbe sempre guardati le spalle per colpa dei suoi incantesimi omicidi.

Elijah si era infuriato come non mai quando aveva saputo che Briony doveva incontrare Esther di nascosto. Mentre guidava per poco non aveva cavato il volante a causa di come le mani aveva penetrato in profondità su di esso, ma il viso era sempre rimasto glaciale come le occhiate intimidatorie che le rifilava. Briony era trasalita numerose volte quando lui aveva alzato la voce e nei momenti in cui lui lo faceva diventava più temerario e pericoloso del solito, come se la scuotesse dall’interno.

Alla fine si era calmato ed era tornato al solito tono di ghiaccio.

Non avevano più parlato di quella sera e fino alla mattina Elijah era rimasto con lei, perché voleva ben assicurarsi che non le accadesse nulla. Briony poi era un tutto un tremolio, ed era stato un bene essere circondata dalle braccia di Elijah durante il sonno e dormire sopra il suo petto. Sembrava che per lui contasse solo che lei stesse bene, non aveva mostrato la benché minima emozione per la morte della madre. Almeno non davanti lei.

Le era stato vicino tutta la notte, e nelle sere a venire accadde quasi sempre. Solo in maniera strana… che l’aveva quasi turbata per quanto felice.

Qualche sera dopo la festa in maschera, Briony si era svegliata nel cuore della notte e per poco non le era venuto un colpo al cuore quando aveva scorto qualcun altro all’interno del suo letto.

Ma era Elijah, solamente lui.

Subito si era tranquillizzata ed era stata sul punto di avvicinarsi, ma si era sentita bloccare. Dalla stessa espressione di Elijah. Lui la stava fissando da chissà quanto tempo, e aveva dipinta sul viso un'espressione assorta ma allo stesso tempo triste, in maniera quasi cupa.

Il corpo era sdraiato in maniera diritta, solo il viso era girato dalla sua parte. E continuava a guardarla con occhi socchiusi, in silenzio. Come se stesse ascoltando il suo respiro, quasi fosse aria o sangue per lui e guardarla semplicemente lo faceva dissetare.

Nessuno dei due aveva detto nulla e Briony alla fine si era riaddormentata, col pensiero che Elijah non avrebbe fatto lo stesso.

Andò avanti per qualche sera e Briony aveva deciso di porre fino al silenzio e gli aveva chiesto che cosa avesse. Elijah aveva girato il viso, rivolto in alto. Nel buio Briony era riuscita a scorgere un tormento cruciale in lui, che però sembrò quasi volerle nascondere a tutti i costi.

Così gli si era avvicinata posando una mano sul suo petto.

"Parlami"

Elijah a quel punto si era irrigidito come se la mano di Briony fosse fuoco. Le aveva dato una fugace occhiata ma fu come se non l'avesse veramente guardata. Le aveva semplicemente detto di tornare a dormire con l'abbozzo di un sorriso per farle credere che andasse tutto bene. Dopo vari tentativi si era arresa.

Al mattino però non lo trovava mai al suo fianco, come se fosse un predatore notturno che viveva di notte e si nascondeva dalla luce del mattino, che non sapeva più di respiri rubati in silenzio e sguardi segreti.

Un giorno Briony doveva incontrare Rebekah proprio su richiesta della vampira all'uscita della scuola.

"Mi dispiace, avrei dovuto chiamarti io prima.. Come stai?"

Rebekah si irrigidì pensando a quando aveva visto il cadavere di sua madre. Questa volta morta per davvero.

"Prima o poi sarebbe accaduto. O lei o noi"

Briony la guardò titubante, conscia che prima o poi in quella scelta ci sarebbe caduta anche lei.

Decise di cambiare discorso:

"E con Matt? Ho notato alla festa che c'era un po’ di freddezza tra voi" Anche se il termine freddezza era un eufemismo.

"Purtroppo é finita. Anche se credo non sia mai cominciata. Ma chi se ne importa"  rispose la vampira con un tono indifferente ma Briony non se la bevve:

"É inutile che menti a te stessa, so che ti piaceva molto. Ma dimmi perché avete rotto così all'improvviso. Ok tu hai bevuto il suo sangue ma non l'hai mica fatto apposta. Non volevi fargli del male.."

Rebekah restò per qualche minuto in silenzio poi diede un pugno sopra la panchina.

"É colpa di quell'oca di tua sorella e di quella racchia di Elena! Avrei dovuto strappare loro la lingua a morsi già da tempo!"

Briony cercò di parlarle razionalmente:

"Scusami Bex ma se Matt si fa condizionare dalle sue amiche a svantaggio tuo, allora é meglio non insistere troppo perché magari il suo sentimento non era così forte. Vedrai che troverai qualcun altro alla tua altezza, forse tu e Matt siete troppo diversi.."

Rebekah all'improvviso la trafisse con uno sguardo duro.

"Perché? Tu e Elijah siete simili forse?"

Briony trasalì per quel tono:

"Uhm no.. Per niente. Ma é completamente diverso."

Rebekah fece un profondo respiro mentre Briony la guardava di sottecchi. Dopo un po’ l'Originaria disse:

"Volevo parlarti appunto di lui. Di Elijah"

Briony allora si rizzò sulla schiena.

"Non lo trovi strano?" domandò la biondina.

"Strano come?"

"Strano nel senso di strano strano"

Briony inarcò un sopracciglio:

"Tuo fratello é sempre stato strano, normale non rientra nel suo vocabolario"

Rebekah sembrò non trovare le parole giuste:

"Sì ma più strano del solito"

Briony la guardò perplessa poi si fece una risata:

"Bex non ci sto capendo un tubo"

Rebekah però era seria:

"Andiamo non hai notato niente di insolito nella solita stranezza di Elijah?" Quel gioco di parole la confuse ma Briony smise di ridere.

Purtroppo anche lei se ne era accorta ma aveva pensato che fosse frutto della sua fantasia e di preoccupazioni inutili.

"Sì.. Dopo la festa.. Credi che sia per Ester? Con me non vuole affrontare l'argomento della sua morte"

"Fu lui ad ideare il piano per ucciderla quando ci aveva legati con quell'incantesimo, quindi se é rammaricato di questo allora non avrebbe molto senso.. no, il suo malumore non dipende da nostra madre."

Briony ci pensò un po’ su. Quello che le diceva Rebekah era vero.. Ben prima della festa Elijah era strano, turbato, di umore mutevole. In qualche modo sapeva che c'entrava la conversazione con Klaus, se solo però ne avesse saputo i contenuti.. Si strinse nelle spalle mentre la vampira continuava:

"Non parla, non dice niente, se qualcuno di noi gli dice qualcosa lui ci trafigge con uno sguardo che terrorizza più delle parole. É sempre via, una volta gli ho domandato dove andava ma lui non mi ha risposto. Io dopo ho insistito, forse più del dovuto, e ha detto che per il mio bene era meglio non impicciarmi. Ma non l'ha detto con un tono gentile.” La vampira deglutì: “É turbato... da qualcosa che lo assilla giorno e notte, e non gli dà pace"

Briony trasalì, colta da un improvviso gelo. Le parole di Rebekah aveva fatto riaffacciare una paura che Briony aveva in tutti i modi cercato di nascondere e di annullare. Tentò di restare calma anche se il suo viso tradì la sua inquietudine:

"É qualcosa che riguarda me.. ho provato a parlargli ma é come se abbia innalzato un muro"

"Sì è colpa tua." rispose Rebekah freddamente "Quando tu eri scappata.. non so come dirtelo ma Elijah era letteralmente impazzito. Schiumante di rabbia ti aveva quasi sguinzagliato dietro gli ibridi di Klaus per trovarti, ma per fortuna aveva fatto un passo indietro perché potevano essere un pericolo per te.."

Briony tante volte si era immaginata l'espressione di Elijah quando lei lo aveva ingannato, voltato le spalle e lasciato. Ma ogni sua immaginazione non era per nulla comparabile alla realtà, e ogni volta le si formava una crepa nel cuore sempre più grande.

"Ha paura che mi succeda qualcos'altro.. che accada di nuovo…" disse riferendosi alla sua morte. Mai aveva visto Elijah così devastato. Nessun grido, urla, o follie potevano compensare con il dolore paralizzante nei suoi occhi e nel suo viso.

Capì allora di aver fatto un errore. Non era dopo la festa, Elijah era diventato strano ben prima. Da quando lei era morta. Come se quel fatto drammatico avesse fatto scattare qualcosa dentro di lui, a cui lei non sapeva dargli un nome. Era ancora da stabilire se quel qualcosa avrebbe portato altri pericoli, o segreti...

Rebekah continuò:

"Io in questo momento  sono preoccupata per mio fratello. Chissà cosa potrebbe fare.. ho una bruttissima sensazione. Con te lui abbassa le sue difese, solo tu sei in grado di farlo. Ma vedi.. la calma, la sua freddezza, sono queste la sua armatura e la sua difesa. Ma quando queste crollano, Elijah  diventa come altofuoco implacabile. E ho pietà di chi oserà mettersi contro di lui adesso"

Briony allora si inumidì le labbra. Se a Elijah stava accadendo qualcosa di sbagliato a causa sua, non poteva stare ferma facendo finta di nulla. Non voleva che Elijah si costruisse una nuova armatura più spessa e pericolosa di prima, come se così avrebbe in qualche modo potuto proteggerla.

Mise una mano sul ginocchio di Rebekah cercando di rassicurarla:

"Gli parlerò io. Sono sicura che non é come sembra, vedrai che sono solo brutte sensazioni e basta" Cercò di dire con un sorriso forzato.

Rebekah assentì gravemente con la testa e se ne andò, lasciando Briony da sola con i suoi pensieri che le torturavano la mente. Si alzò con la pelle d'oca a causa del vento freddo o forse a causa di qualcos'altro che le attagliava il cuore.

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Diede appuntamento a Elijah nel pomeriggio. Avrebbero parlato, si farebbe fatta dire cosa c'era che non andava e avrebbero risolto insieme ogni cosa.

D'altronde lei sapeva quanto i segreti danneggiassero un legame, ne aveva pagato caro le conseguenze e non voleva che accadesse un'altra volta.

Con tristezza ricordò la paura quando Elijah diceva che avrebbe fermato lui stesso quel mostro che avrebbe tentato di nuocere alla vita della sua famiglia; quella paura l'aveva chiusa più a riccio e aveva negato a Elijah quella dura verità.

Ma questa volta sarebbe stato diverso, lo avrebbe spinto a tirar fuori ciò che reprimeva e non l'avrebbe giudicato.

Pensò poi che troppe cose erano accadute alla festa: le frasi contorte di Damon, lo stato irriconoscibile di Ylenia, quel tipo strano e alla fine la morte di Esther.

Ma la cosa più importante e che le perforava il cuore era Elijah. Tutto passava in secondo piano se gli stava succedendo qualcosa...

Aspettò in camera, e Elijah non si fece molto attendere. Entrò nella stanza con passi lenti e il suo sguardo cercò subito quello di Briony. Le sorrise avvicinandosi e in quel momento sembrava non avesse nulla che non andava.

"Le cose che amiamo finiscono sempre con il distruggerci"

Non seppe perché le venne in mente la frase del biglietto e Briony rabbrividì mentre fissò il vampiro. 

Si attorcigliò poi  le mani. "Dobbiamo parlare"

Elijah corrugò la fronte aspettando che lei continuasse. Briony gli fece segno di sedersi nella sedia vicino al letto e lui si sedette su di essa, ritrovandosi faccia a faccia.

Di colpo il suo sguardo la mise talmente in soggezione che lei dimenticò le parole;  gli occhi si smarrirono dentro quelli nerissimi di Elijah.

"Di cosa dovevi parlarmi?" proruppe lui ad un tratto.

Briony sembrò ricollegarsi con la realtà e disse: "Sei tu che dovresti parlarmi. É da troppo tempo che sei strano e rifiuti qualunque spiegazione valida. Che sta accadendo?"

Aveva parlato a bassa voce, tentennando e sperò davvero che Elijah avesse capito. Lui però d'altro canto sbatté solamente le palpebre, in una maschera di impassibilità:

"Non so cosa  intendi"

"Eppure sento che c'è qualcosa che non mi dici.." rispose lei titubante.

Elijah  la guardò dubbioso, poi le labbra si piegarono in uno strano sorriso mentre si mossero:

"Che dici Briony? Che cosa dovrei nasconderti?" domandò lui alzando il mento.

C'era qualcosa nei suoi occhi che la metteva profondamente a disagio. Un'arma che lui era ben consapevole di avere e che non esitava a usare.

Ma il suo essere così distante la convinse a scavare più a fondo:

"C'é qualcosa che ti turba, lo percepisco. Anche Rebekah é della mia stessa opinione"

"Tu e mia sorella parlate di me?" Le labbra di Elijah si curvarono in un sorriso divertito e Briony ebbe la sensazione di star virando fuori strada, di essere nel bel mezzo di un maremoto. Non riusciva a trovare la via giusta per entrare dentro la maschera impenetrabile di Elijah.

"Vogliamo soltanto capire cosa ti sta accadendo."

L'Originario sembrò sul punto di irritarsi da come si muoveva sulla sedia:

"Che assurdità. Non mi sta accadendo proprio niente, mi sto solo prodigando per tenerti al sicuro"

"E in che modo?"

Lo sguardo di Elijah si soffermò su Briony, che si sentì avvampare per la sua tremenda intensità:

"Non ti fidi di me?"

Il ghiaccio nella voce era tornato. Briony lo sentì scivolare sulla pelle facendola tremare:

"Certo, ma se tu mi parlassi seriamente e mi dicessi cosa c'é che non va.."

"Così come tu mi hai detto quella famosa verità?" domandò lui con uno strano tono e Briony allora lo guardò allibita. Credeva che ormai l'avessero superato...

"C'é qualcosa che non mi stai dicendo. Sei stato proprio tu a dirmi che i segreti avvelenano la nostra vita e spaccano qualsiasi fiducia. Non facciamo lo stesso errore" mormorò con tono comprensivo.

Appunto perché c'erano già passati che non aveva senso ripercorrere quella strada tortuosa che faceva solo male.

In quel momento sembrava esserci tutta la delicata innocenza del mondo dipinta nel viso di Briony mentre restava in attesa di una risposta; continuava a guardare Elijah, ma interrogare quell'espressione sarebbe stato come interrogare i volti di pietra.

"Nel mio caso non ho nulla da dire. Mia sorella vede complotti dove non ce ne sono, e visto che si annoia tutto il giorno si é creata qualche storia assurda in testa. E tu le stai dando ascolto." I suoi occhi neri erano diventati due fessure oscure e impenetrabili, e Briony serrò i pugni sopra il letto:

"Non mi sto lasciando suggestionare da delle fantasie, perché vieni da me la notte e te ne stai in silenzio senza dirmi nulla?"

"Ti dà fastidio forse?"

"No.."

"E allora chiudiamola qui." La liquidò con uno sguardo impenetrabile, sul punto di alzarsi e andarsene.

Briony però si ostinò a non dargli tregua e si alzò andandogli vicina:

"No! Ti prego dimmi la verità perché sento che c’è qualcosa sotto. C'entra per caso Klaus? Tua sorella Gwendolyn? Qualcuno di noi corre qualche pericolo?" domandò testarda ma la risposta di Elijah, e il modo in cui i suoi occhi la inchiodarono, la lasciarono indifesa:

"Non credo di gradire la tua raffica di domande."

Solo Elijah Mikaelson era capace di suonare così calmo e allo stesso tempo così minaccioso.

Briony deglutì debolmente:

"Perché non vuoi parlarmi?"

Elijah si alzò guardandola truce:

"Perché questa conversazione non ha il minimo senso e le tue paure sono completamente infondate"

Briony si morse il labbro non sapendo più cosa dire.

Ma forse proprio non c'era nulla da dire, magari era lei che vedeva pericoli dappertutto ed era diventata paranoica. Le sue parole non erano riuscite a smuovere Elijah, insistere sarebbe stato anche peggio. Eppure non riuscì a scrollarsi di dosso il suo turbamento.

Lo sguardo di Elijah intanto si era perso in lontananza e poi come se avesse udito i battiti accelerati del cuore di lei, si voltò.

Lo sguardo divenne meno duro, più trasparente mentre alzava la mano per toccarle il viso:

"Briony, ti ho già detto che non devi preoccuparti. Ho la situazione sotto controllo."

"Quale situazione? C'entra Klaus?" chiese subito lei.

Elijah questa volta si irrigidì e Briony lo vide deglutire. L’Originario girò il viso pronto a indossare un'altro pezzo di maschera che lei avrebbe tanto voluto far cadere giù.

Elijah sospirò prima di parlare.

"Lascia perdere Briony"

"Ma.."

"Ci penserò io a tenerti fuori da ogni pericolo. Non devi far altro che rimanere al sicuro, é questa la cosa più importante" Mormorò determinato guardandola con occhi così profondi che invasero il suo universo e bruciarono ogni sua testardaggine.

Elijah le accarezzò il viso sfiorandole con il pollice la linea della guancia. Briony cercò di sostenere il suo sguardo poi sospirò debolmente.

"Ok". Abbassò gli occhi sentendo qualcosa pesarle nel petto ma decise comunque di fidarsi di Elijah.

Mise le mani sul petto del vampiro, accarezzandogli la camicia tra le dita.

All’improvviso notò qualcosa di strano sotto il colletto della sua camicia. Sbattè le palpebre e sbottonò con cautela i primi bottoni. Fece appena in tempo a vedere la pelle arrossata prima che Elijah la bloccasse fulmineamente, afferrandola per i polsi.

"Cosa ti è successo?". Domandò Briony con sgomento.

Elijah si voltò, senza risponderle e lasciando la presa. Fece qualche passo verso l’interno della camera in completo silenzio.

"Elijah …" lo richiamò lei, col cuore a mille. Lo raggiunse ponendosi davanti a lui. Scostò i bottoni aperti della camicia per poter vedere meglio quella che era un ustione.

Non era molto grande, copriva la parte della linea del collo giù fino ai pettorali, ed era di un colore rossastro come se fosse stato bruciato.

“Chi è stato?” domandò lei con repulsione guardando la ferita.

Elijah non le rispose, continuava a guardarla freddo e senza giustificarsi in alcun modo.

Alla fine sospirò e andò a risedersi: “Non è niente” disse semplicemente senza neanche guardarla.

“Come non è niente? Tu sei un Originario, è impossibile ferirti a meno che qualcuno non ne abbia il potere.. Come diamine è successo, ho il diritto di saperlo.” disse lei fra il sgomento e la determinazione mentre gli andava vicino.

Elijah si portò una mano nei capelli, apparendo sempre gelido: “Perché non puoi semplicemente lasciar perdere?”

Lei scosse la testa decisa, sedendosi sulle sue gambe attenta a non fargli male.

Lo sguardo di Elijah si scostò in alcune parti della stanza e poi finalmente arrivò al viso di Briony. Lei si fece piccola sotto il suo sguardo penetrante ma restò in attesa di una sua risposta.

“Credo di aver rintracciato chi ha ucciso mia madre. Uno stregone, e forse ce n’era più di uno alla festa.. non so cosa avessero da spartire con Esther, comunque ho fatto delle ricerche e il risultato è questo”

Briony sbattè le palpebre colta alla sprovvista: “E sei riuscito a ucciderlo o per lo meno a fermare il colpevole?”

“No, ma non sono neanche sicuro se la mia teoria è esatta. In fondo da sempre le streghe odiano noi Originali quindi c’era da aspettarselo. E comunque non devi preoccuparti di questo, credi che basti una scottatura per farmi fuori?” Le rivolse un sorriso misterioso a fine frase.

Briony ricambiò sentendosi quasi sollevata. Credeva che il motivo dei malumori di Elijah fosse lei, invece era per Ester.. d’altronde era pur sempre sua madre. Le altre sue preoccupazioni era solo paranoie, nulla di reale..

“Perché non me ne hai parlato? Potevo venire con te, sai che non avrei rifiutato” mormorò lei mettendogli le braccia al collo.

Elijah le scostò un ciuffo di capelli finito sopra gli occhi: “E’ proprio quello che volevo evitare”

Lei alzò gli occhi al cielo per il perenne bisogno del vampiro di tenerla al sicuro, ma comunque non replicò né gli fece altre domande.

Fece scorrere le dita sui suoi pettorali, sperando che lui questa volta non l’avrebbe allontanata. Assaporò la morbidezza di quella pelle e i muscoli che si tendevano sotto il suo tocco, ma quando sfiorò la scottatura il viso di Elijah si contrasse impercettibilmente per il dolore.

Lui cercò di non darlo troppo a vedere ma lei lo notò, infatti lo guardò con un’espressione mista a dispiacere e dolcezza.

“Ti fa male?”

Elijah pose la mano sulla sua per bloccarla. “Non è niente”

Briony ebbe l’impulso di uccidere colui che aveva osato compiere una diavoleria del genere, e continuò a toccare lievemente la ferita come se avesse voluto alleviare la sua sofferenza.

“Non mi stai mentendo di nuovo vero?” gli domandò lei con un sorriso malizioso.

Elijah la guardò profondamente, lasciandole le mano.

“Questa bruciatura non conta nulla rispetto a quella che mi è stata provocata quella notte nella foresta”

Briony allora lo guardò tristemente perché sapeva a cosa si riferiva. Senza neanche pensarci due volte appoggiò con forza le labbra su quelle del vampiro, come se in qualche modo volesse scacciare il tormento e quei ricordi nell’animo di Elijah. Le mani premettero sulla ferita per cancellare qualsiasi bruciatura.

Le labbra di Elijah erano così gelide che toccarle era una sofferenza, ma una sofferenza piacevole. Lei gli si strinse di più facendo aderire i loro corpi mentre Elijah le pose una mano sulla guancia, ricambiando il bacio con riguardo come se stesse esitando.

“Non andartene stanotte” gli bisbigliò Briony sulle sue labbra, stringendolo a sé.

Elijah dopo le sue parole abbassò la testa e le diede un lungo bacio sul collo, poi alzò il viso e le loro labbra di scontrarono con profonda intensità. A dispetto di prima Elijah strinse Briony forte contro di sé, ricambiando il bacio come se ne avesse bisogno. E in quel bacio prese un piccolo pezzo della sua anima.

Per questo Briony cominciò ad avere le vertigini mentre le mani si strinsero attorno ai capelli dell'Originario, affondando in essi quasi fossero seta, mentre lui l’attirava contro i suoi fianchi.

Lei sentì di volerlo. Lo voleva così disperatamente come se fosse una sofferenza struggente tollerare la benché minima distanza.

Si sedette bene sopra di lui alzando di più la schiena e cingendogli i fianchi con le ginocchia, e continuando ad approfondire il contatto tra le loro labbra mentre le mani vagarono sul petto di lui per disfarsi della camicia. Le braccia di Elijah le circondarono la schiena percorrendole la colonna vertebrale in una lunga carezza.

In ogni punto che la toccava, Briony sentiva una scossa di adrenalina che la faceva fremere e ribollire il sangue.

Lui affondò poi le mani nei suoi capelli sciolti, scompigliandoli, e attirandola contro di sé con meno riguardo di prima.

“Hai idea di cosa farei se ti perdessi?” mormorò lui con respiro affrettato tra un bacio e l’altro. Suonava come una minaccia, una dolce minaccia.

Le sue parole erano come incendiarie e il sangue di Briony di conseguenza prese fuoco.

Si scansò a baciargli e toccargli gli angoli del viso. “Resterò con te, per sempre” Era una promessa solenne. Eppure una vocina dentro di lei le sussurrava che era un bugia. La scacciò via con violenza mentre le mani percorrevano adesso le spalle ampie di Elijah, godendo ogni qualvolta sentiva i suoi muscoli tendersi e gonfiarsi.

Le mani di lui invece penetrarono sotto la sua maglia, le accarezzarono la schiena nuda con le mani fredde e subito la sua pelle ribollì. Elijah scese a toccarle i fianchi mentre qualche attimo dopo lei si tolse la maglia,  stringendolo poi forte a sé continuando a baciarlo e spingerlo contro lo schienale della sedia.

Il corpo di Elijah era gelido sotto le sue dita, talmente gelido che lei rabbrividì e cercò di infondergli calore con il suo corpo. Eppure rimaneva sempre dolorosamente freddo.

La mano di Briony finì sul petto del vampiro all’altezza del cuore. Lui subito si irrigidì sotto le sue labbra e scansò via la sua mano mettendosela attorno al collo. Lei sorrise sulle sue labbra: “Perché non vuoi che ascolti il tuo cuore?” bisbigliò lei.

“Perché non batte”

La risposta semplice e impassibile di Elijah la colse in contropiede e la bloccò. Briony aprì gli occhi mentre lui scese a distribuirle baci sul collo, continuando a cingerla.

Briony impiegò qualche secondo a contemplare le sue parole ma fu il suo stesso corpo a tradirla, perdendo del tutto l’equilibro mentale quando Elijah indugiò a lungo nei baci sul suo petto e vi respirò sopra, inondandola col suo fiato gelido.

L’Originario le sganciò il reggiseno, e ogni lucidità fu perduta mentre lei alzava il viso al cielo facendo fatica a respirare, mentre Elijah tracciava un sentiero di fuoco ovunque le sue labbra lasciavano il segno. Briony strinse di più i suoi capelli fra le dita, chiudendo gli occhi e sentendo la pelle rovente.

 Le mani di Elijah scivolarono lente sulle sue gambe, accarezzandole come se non ci fosse il tessuto dei jeans a separargli le mani dalla pelle nuda, mentre le sue labbra salivano fino al collo di lei in serie di lunghi e interminabili baci.

Il respiro di Briony continuava a essere accelerato mentre lo stringeva a sé come in un impeto disperato. Voleva assaporare l’essenza del momento che stava vivendo, ma una voce dentro di lei gridava che c’era qualcosa che non andava.

La pelle di Elijah era freddissima come non lo era mai stata. La solita vocina interiore la metteva in allarme quando Elijah salì a lambirle le labbra con delicata prepotenza, prendendole la testa con una mano.

Quelli erano baci dai quali voleva scappare, che la spaventano, che la distruggevano ma che inevitabilmente non la lasciavano più andare.

Si sentì consumare da essi e scacciò un’altra volta quella voce interiore.

Si abbandonò a lui, Elijah la prese in braccio alzandosi, i loro respiri continuavano a cercarsi e trovarsi in un'agguerrita lotta, e insieme caddero sul letto.

Briony lo tenne sempre stretta a sé come se si aspettasse che fuggisse da un momento all’altro. Sentì le mani del vampiro andare esclusivamente a toglierle gli indumenti rimasti, e infine la pelle gelida di Elijah a diretto contatto sopra a quella di lei le provocò numerosi brividi.

Quella vocina tornò all’attacco di nuovo ma lei continuò ad abbandonarsi a lui, abbracciandolo subito dopo che entrò in lei. Elijah cominciò a muoversi sopra di lei in maniera lenta e regolare, poi accelerando in maniera impercettibile. Lei gli allacciò le braccia sulle spalle, deliziandosi di lui anche se quel corpo perfettamente scolpito pareva soffocarla contro il materasso. Sollevò di più la testa per tornare a respirare ma Elijah le voltò di scatto il viso come voleva lui per lambirle le labbra, dove lei vi sentì mordere.

Percepì il respiro frantumarsi ma la passione non retrocedette perché lei raccolse il volto dell’Originario tra le mani per baciarlo più volte mentre quel corpo compiva languidi movimenti dominanti sopra il suo.

Ansiti nuovi d'eccitazione le fuoriuscirono dalle labbra, velati di qualcosa di sconosciuto, confusionale, quasi da stordimento. Lei stessa si sentì bruciare, le venne da dire qualcosa ma non sapeva cosa, tanto che quella situazione non glielo permetteva, visto che i loro bacini cominciarono a scontrarsi ritmicamente con forza più volte, e Briony fu costretta a inarcarsi tra continui boccheggi, scollegando così il cervello.

Elijah continuava a pressarle sopra di più, rendendo come tangibile la promessa di non lasciarla quella notte e Briony sentì come un desiderio famelico di non permetterglielo e così le mani arrivarono ad avvinghiarlo di più a sé, assecondando quella travolgente e stordente passione che tagliava a metà l’aria.

Quasi proprio per compensare ciò che era successo prima, veniva consumato l'ardente e inarrestabile desiderio che avevano l'un per l'altra e che nella sua violenza voleva far dimenticare tutti i loro problemi. Briony allungò poi le braccia all'indietro, sospirando come se si trovasse nel più maledetto dei paradisi, mentre Elijah scendeva con la testa a disperdere baci bollenti sul suo petto, assaggiandone avidamente la pelle.

Briony non resistette nell'allungarsi di nuovo all'indietro e Elijah risalì, stringendole le braccia con le sue, guardandola e continuando sempre a possederla senza freni, come se volesse impadronirsi di lei. Dagli ansiti e dalle reazioni del suo corpo, si direbbe che Briony non trovava alcun male o sbaglio in ciò che stava succedendo ma di nuovo quella vocina nel cervello tornò all'attacco, avvertendola.

In preda all'ennesimo colpo implacabile del vampiro, però Briony si lasciò travolgere dal fuoco bollente che divampava nel suo sangue e chiuse gli occhi in quel dolce tormento. Quella vocina però non se ne andò e nemmeno le brutte sensazioni di poco prima, ma per scacciarle si strinse di più a Elijah, fino a stritolarlo quasi a sangue, come se fosse l’unico scoglio in mezzo a quella tempesta di emozioni contrastanti.

Alla fine però si sentì sovrastare dalle sue onde.

------------***********----------

 

Si svegliò con i sensi tutti intorpiditi, tra le braccia di Elijah. Le gambe intrecciate in mezzo alle lenzuola scomposte in maniera disordinata, mentre le ossa sembravano essersi sciolte. Non si era mai sentita così a pezzi e cosa ancor più strana provava un'insolita inquietudine nel ricordare mentalmente gli sguardi voraci che si erano lanciati durante la passione, la voglia irrefrenabile dei loro corpi diversa da ciò che condividevano normalmente...

Briony cercò comunque di non darci peso perchè dopotutto erano una coppia da molto tempo. Le saltò alla testa un sussurro che lei gli aveva pronunciato, così naturale, di getto, quando si erano staccati: “Non andartene.”

Ricordò un sospiro del vampiro e la mano sui suoi capelli, un bacio deposto su di essi, come per rassicurarla, ma adesso riconobbe di averlo avvertito, come dire, stanco.

Briony provò ad alzare il busto e notò che Elijah stava ancora dormendo. Questa volta si concedette lei di guardarlo in maniera segreta e silenziosa.

Era bellissimo, affascinante in maniera disumana, la ferita non lambiva in alcun modo la sua perfezione. Eppure lei sentì anche  in quel momento, mentre dormiva, che Elijah era turbato. Che non era in pace.

Anche quando l’aveva baciata, stretta a sé, sembravano delle mosse tormentate e prive di controllo, come bisognose di qualcosa..

Di nuovo si lasciò pervadere da quella brutta sensazione. Ebbe il presentimento che Elijah non le avesse detto tutto, anzi che le stesse pure mentendo. Eppure le risposte sembravano così lontane, come perse in un’oscurità fitta.

Adagiò timidamente le labbra sulla ferita di lui come se volesse curarla e la baciò per più volte, attenta a non svegliarlo.

Si raggomitolò tra le sue braccia cercando di tranquillizzarsi, ma non ci riuscì.

Sapeva che il loro futuro era sempre stato sull’orlo di un precipizio, ma mai come in quel momento era conscia di un enorme abisso di oscurità che si faceva strada nella sua mente, molto vicino a loro. Come se fiancheggiassero un dirupo ma riusciva a scorgerne il pericolo soltanto troppo tardi. Quando ormai i piedi erano fin troppo vicini al ciglio.

Briony scosse la testa. Non sapeva a cosa pensare: se fosse lei paranoica e che doveva fidarsi ciecamente di Elijah come in passato. Oppure se doveva credere al suo istinto.

Si alzò nervosa portandosi dietro un lembo di lenzuolo. Andò vicino alla finestra per scorgere la luna in alto nel cielo. Cercò di rilassarsi e si voltò a guardare Elijah ancora immerso nei suoi sogni. O forse incubi?

Briony all’improvviso si sentì estraniata da quella realtà che presto l’avrebbe annientata.

 

Fine capitolo!

Bleah penso che questo sia il capitolo peggiore che abbia mai scritto! Che schifo! Stavo per cancellarlo tutto ma ormai avevo fatto la fatica quindi vi ho depresse con questa sottospecie di capitolo. Purtroppo vi avviso che metterò i prossimi capitoli con un po’ di ritardo per motivi personali e anche perché voglio vedere i nuovi episodi di tvd che magari ne ricavo qualcosa di buono! Voi però continuate a scrivere e a commentare :-)

Ringrazio vivamente quella santa di Briony96 che mi sopporta sempre e mi dà preziosi consigli.

Non ho spiegato molto in questo capitolo ma io mica svelo tutti i miei tranelli così subito..ihihi vi lascio un po’ bollire nella suspense :P

E Questo capitolo sarà pure mezzo insulso ma ci sono diversi frasi molto importanti che vi faranno capire gli avvenimenti dei capitoli successivi.

Spero di non avervi troppo deluse e vi auguro buona giornata! <3

Questo è il vestito di Brionyhttp://oi47.tinypic.com/35aopch.jpg

Questo è quello di Ylenia http://oi45.tinypic.com/1o5aiw.jpg

Questo quello di Gwendolyn http://oi45.tinypic.com/15zgn46.jpg

Questo invece di Caroline http://oi46.tinypic.com/34pmm20.jpg

 

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Capitolo 25
*** Fuoco e Sangue ***


21 CAPITOLO

Amore è un spirito familiare, amore è un diavolo. Non c’è altro angelo maligno che amore.

W. Shakespeare

 

Ylenia si trovava presso il bosco di Mystic Falls. L’unico modo che aveva per stare in pace, per scacciare l’inquietudine che l’attagliava era stare in mezzo alla natura, luogo che le lubrificava i poteri e i sensi. Le permetteva di venire a contatto in un mondo che pochi potevano anelare a conoscere.

Eppure quei poteri le erano costati cari.. nemmeno la pace che sentiva in quel momento, seduta in mezzo all’erba fra gli alberi ad occhi chiusi ad ascoltare il vento, poteva distoglierla da quell’ansia che l’assaliva ogni minuto, ogni secondo, da quando era finita la festa in maschera.

Ci aveva dormito sopra, ma il risultato era stato anche peggiore se possibile perché era stata pervasa da incubi che avrebbero raggelato e fatto venire la nausea a chiunque.

Non era riuscita a dimenticare quello strano incontro e si ripeteva che era stato frutto della sua immaginazione. << Hai bevuto troppo, Ylenia >> Si ripeteva di continuo. Perché non poteva essere reale o vero. Fin troppo assurdo. Come spiegarselo altrimenti?

Si accorse di avere la pelle d’oca quando all’improvviso una folata di vento fece svolazzare le foglie da tutte le parti, quasi a formare un piccolo tornado. Ylenia aprì di colpo gli occhi. I rami degli alberi sembravano agitarsi come spaventati, le nuvole si erano ad un tratto oscurate.

Ylenia deglutì forte mentre vide con la coda dell’occhio una figura passare attraverso il vento e le foglie impazzite, e appena questa si fece avanti oltrepassando la distanza che li divideva, Ylenia si alzò velocemente tutta agitata e frenetica.

“E’ uno scherzo? Cos’è i fantasmi hanno deciso di farmi visita?” domandò tremante guardando l’alta figura davanti a lei.

Questi sorrise gelido senza nemmeno muovere un muscolo della faccia. “Un semplice fantasma non può provocare alcun terrore a meno che non sia alleato con molti altri spiriti. Ma io sono solo, come vedi.” Teneva le mani in tasca all’interno di un impermeabile grigio. I suoi occhi gialli luccicavano.

“Sei reale… sei vivo, non è possibile..” Ylenia sembrava stesse sul punto di strangolarsi.

Colui che aveva odiato quanto e forse più di Klaus, colui che l'aveva istigata a bacchetta, colui che aveva ucciso lasciandolo in una pozza di sangue. Ma non era morto. Era bell'è che vivo.

I secoli non avevano segnato la durezza del suo sguardo penetrante né il bagliore dei suoi occhi. E nemmeno la sua aria minacciosa che sembrava urlare in qualche modo vendetta.

"Come fai a essere vivo Connor?" domandò sottolineando aspramente il suo nome.

“Non c’è bisogno di farne una tragedia o una locandina da spiaccicare in città. E smettila di tremare come una foglia Ylenia, non ti farò niente. Per ora.”

Alla strega non le piacque quell’espressione ambigua.

 “Che cosa vuoi allora da me se non ricambiare ciò che ho fatto in passato?”

Le foglie continuavano a svolazzare in silenzio, il vento era agitato.

“Non sai quanto darei per strangolare quel tuo piccolo e miserabile collo per farti pagare quel lurido insulto, ma sono disposto a passarci sopra… se tu farai una cosa per me.”  Connor chinò la testa da un lato, e Ylenia ebbe voglia di scappare via.

Altri accordi, altri patti... non ne voleva affatto sapere.

“Io non farò niente per te, scordatelo. Chiedi a qualche tuo tirapiedi”

“Purtroppo uno di questi cosiddetti tirapiedi è scomparso nel nulla e anche se intuisco dove sia finito, e con chi, ormai è inutilizzabile per i miei piani. E’ la tua magia che mi serve, è costata parecchio visto che ho dovuto pagarne le conseguenze per così tanto tempo ma è giusto che ora me ne serva. Non credi?” le sorrise in maniera maligna. Il vento agitò i suoi capelli castani lunghi fino alle spalle. Non era cambiato per nulla e Ylenia si inquietò perché doveva essere una mummia rinsecchita, non possedere un aspetto così smagliante.

Voleva indietreggiare ma sentiva i piedi attaccati al terreno.

“Vuoi che ti aiuti a fare cosa? E in cambio mi lascerai in pace senza fare nulla come tipo massacrarmi?”

Connor alzò le spalle noncurante.

“Diciamo di sì.. Non avrò intenzione di punirti come meriti se starai dalla mia parte.”

All'improvviso lui si avvicinò di più mentre Ylenia stava sul chi vive. Il vento seguiva Connor ad ogni minimo passo.

“Il Libro Bianco, Ylenia. Lo rivoglio” I suoi occhi ardevano.

L'ordine impartito con quel tono la fece quasi trasalire.

“L’ho perso.”

“E dove? In una partita di poker? Per il tuo bene spero di no comunque” Connor le regalò un sorriso e qualche centimetro di distanza ma non bastò Ylenia a tranquillizzarsi. Per nulla.

Connor cominciò a camminare per la foresta mentre Ylenia parlò cercando di non far tremare la voce.

“Il libro è troppo importante, non puoi privarmene”

Connor allora si girò verso di lei inchiodandola con lo sguardo.

“E’ mio di diritto, strega. E me lo darai se non vuoi che per te finisca male”

Ylenia strinse i pugni. Cercò aiuto nella natura ma questa sembrava non voler rispondere. Percepì invece una forte aura di potere attorno a Connor.

Era la natura stessa che  serviva Connor, che lo rendeva così fiero e potente. Non aveva perso l'aria di superiorità negli anni, quella convinta di poter fare qualunque cosa a chiunque. E lei si sentì terribilmente indifesa, non poteva chiedere aiuto a nessuno e nemmeno alla magia. L'unica arma di difesa era l'attacco verbale.

“E poi? Che altro vuoi?” domandò lei strafottente.

Connor mosse le mani con calma:

“Tutto a suo tempo Ylenia, non avere impazienza. Ma comunque devo dartene atto.. sono contento che hai seguito alla lettera il nostro giuramento al Circolo, e non sei sottostata alla fine al patto con quell’ibrido che si crede l’essere più indistruttibile di tutti quando in realtà è debole come il cane che è. Sono felice che ti sia presa cura di Briony, ma è giunto il momento di passare il testimone”

Ylenia sobbalzò colta alla sprovvista:

“E che c’entra lei? Fai pure del male a me se vuoi, razza di meschino che non sei altro, ma non..”

“Le tue parole sono errate. Il mio obbiettivo è sempre lo stesso e sai che per obbligo devo preservare le creature come lei. É per questo che siamo qui." disse come se stesse leggendo le sacre scritture. Lo sguardo era serio e enigmatico.

Alzò poi gli occhi al cielo, scrutandolo:

"La natura come al solito aiuta chi è dalla parte giusta” sussurrò infine.

Ylenia lo guardò di sottecchi.

“Che hai in mente?”

Connor sorrise di nuovo enigmatico, rimanendo a guardare il cielo.

<< Questa storia diventa sempre più strana >> pensò Ylenia tra sé e sé. Aveva l'ardente desiderio di scappare via ma uno strano e intenso potere la bloccava lì seduta stante.

All'improvviso Connor disse:

“Devo riportare indietro ciò che i nostri cuori, e il mondo, desiderano.”

I loro sguardi si incrociarono come un cavo elettrico.

Ylenia alzò poi il sopracciglio:

“E cosa desiderano i nostri cuori e il mondo?" domandò sarcastica.

“Vendetta." rispose subito Connor.

Abbassò un po’ lo sguardo, come se stesso meditando o ascoltando il vento. Rialzò il viso.

“Giustizia.”

Fece dei passi in avanti, tenendo gli occhi ardenti fissi in quelli di Ylenia.

Fuoco e sangue.

 

---------------**********************----------

Il sole penetrava dalla finestra a piccoli raggi, facendo risvegliare Briony dal sonno nel quale era ricaduta dopo innumerevoli sforzi. Si stiracchiò pigramente e si girò dall'altra parte del letto, tenendo stretto il lenzuolo al corpo. Elijah le dava le spalle, seduto e intento ad abbottonarsi la camicia in completo silenzio come se non volesse farsi sentire.

A Briony comparve un sorriso sulle labbra e si alzò sul busto attenta a non far rumore.

"Te ne vai senza dirmi nulla?" Lo canzonò con voce maliziosa posandogli le labbra sui capelli e allacciandogli le braccia da dietro.

Lo sentì sorridere: "Non volevo svegliarti" disse scandendo bene le parole. Teneva lo sguardo rivolto davanti a sé e stava per abbottonarsi gli ultimi bottoni quando Briony lo fermò:

"Ti fa ancora male la ferita?" gli domandò ponendogli la mano sulla bruciatura percorrendola lievemente con le dita.

"É già guarita" rispose indifferente come se non fosse mai esistita.

Briony gli diede un bacio sotto l'orecchio, sfiorandogli ancora la pelle bruciata:

"Questa é la prova però che non sei indistruttibile. Cerca di non farmi preoccupare più"

Elijah sorrise freddamente continuando a non guardarla:

"Tu ti preoccupi per nulla, Briony. Dovresti essere meno compassionevole" replicò serio abbottonandosi il resto dei bottoni.

Briony scansò istintivamente la mano, assorbendo interiormente le parole di Elijah che l'avevano colta di amara sorpresa: per lui la compassione era sempre stata una virtù onorevole, da ammirare, non un fastidio da gettar via.

Si scansò lievemente.

"Sono così. Non sono spietata" mormorò alzando le braccia in modo teatrale.

Elijah restò nel suo insolito silenzio mentre prendeva l'orologio e se lo allacciava al polso.

Briony restò seduta cercando di capire come fosse la sua espressione ma in certi casi, in certi momenti, si sentiva vulnerabile con lui, come se la sua mente fosse una fortezza impenetrabile.

Sospirò, e le comparve un'altro sorriso malizioso mentre gattonò dietro di lui.

"Ma forse te lo meriti qualche livido" mormorò sovrappensiero toccandogli la camicia. Elijah questa volta si girò verso di lei, fissandola dubbioso. Le labbra di Briony si stirarono sempre di più:

"Questo significa essere spietati no?"

Elijah ricambiò il sorriso, attirandola verso di sé.

"Non tentarmi Briony" le sussurrò profondamente a pochi centimetri di distanza per poi premere le labbra sulle sue. Elijah si alzò dal letto sempre tenendo le loro labbra unite, come a imprimere un marchio.

Briony si sdraiò stancante sul letto quando lui si staccò. Una delle cose che la facevano quasi infastidire era che Elijah non te ne faceva mai passare una. Aveva sempre l'ultima parola.

"Petulante" borbottò lei tra sé e sé infilandosi una maglia.

"Che farai oggi?"

Elijah si bloccò dov'era. Non ne era sicura ma Briony ebbe l'impressione che gli occhi neri di Elijah erano stati attraversati da un guizzo tetro, ma ogni sua espressione venne inabissata da una maschera di vuoto.

"Tu cosa farai?" domandò lui a sua volta facendo finta di niente mentre si infilava la giacca.

Briony sbatté le palpebre, colta alla sprovvista per quella non risposta. Ma a stare a stretto contatto con uno come Elijah ormai ci aveva fatto l'abitudine.

Cominciò anche a lei a vestirsi:

"Aiuto Ylenia a sistemarsi qui. Le serve un alloggio dopo che il suo motel é andato a fuoco. Poi magari saprà aiutarci sulla morte di Esther, sui strani avvenimenti accaduti alla festa in maschera.. a Mystic Falls non si può mai stare tranquilli"

Fece un sospiro amaro mentre si infilava gli stivali, stando seduta sopra il letto.

Elijah si inginocchiò lentamente davanti a lei per alzarle la cerniera di uno stivale. La sua mano risalì poi sopra il suo ginocchio e subito Briony fu percossa da una strana scossa elettrica, mentre lo sguardo di Elijah sembrava assente, come se non fosse veramente con lei in quel momento.

Quello sguardo nascondeva qualcosa che non riusciva a cogliere... e che suo malgrado la terrorizzava.

Le parole di Elijah la presero in contropiede:

"Pensi mai che la tua vita sarebbe più semplice, normale, se non mi amassi?"

Questa volta lui la stava guardando e lei sentì un brivido. Un ciuffo dei suoi capelli scuri gli ricadeva elegantemente sulla fronte fino agli occhi, era sempre di una bellezza mozzafiato. Eppure sotto quel fascino c'era qualcosa che lei non riusciva a tradurre da giorni. Qualcosa di insolito.

Gli accarezzò il viso chinandosi verso di lui.

"Non voglio una volta vita normale... io voglio te" bisbigliò sincera. Ed era vero. Nessun male poteva competere con la gioia di ritrovarsi accanto a lui.

Elijah la fissò con sguardo indecifrabile, le accennò un sorriso per poi alzare di più il busto.

"Un grande sbaglio" le mormorò un secondo prima di sigillare quelle parole in un bacio. Fu breve ma a Briony bastò per aver quella sensazione di quando stai per cadere dal letto mentre dormi. Elijah si scansò per darle un bacio dietro l'orecchio, e si alzò poi velocemente.

Lei allora lo guardò con aria pensierosa come se lui in qualche modo, nell'attimo in cui i loro respiri si erano incontrati, lui avesse diffuso dentro di lei i suoi pensieri che avevano a che fare col suo strano comportamento. Ma comunque c'era sempre un'ala di mistero attorno a lui, come se i suoi pensieri fossero circondati da una fitta nebbia buia dentro la quale lei non riusciva a entrare.

Di nuovo ebbe quella brutta sensazione. Ma forse era lei quella pazza, Briony non si sarebbe sorpresa del contrario.

Deglutì prima di alzarsi dal letto.

"Non mi hai detto cosa fai tu invece. Non ti butterai in un'altra situazione pericolosa vero?"

Elijah allora la fissò, avvicinandosi:

"Ti ho mai dato motivo di dubitare di me?" chiese allusivo.

"Non sviare la domanda. Lo sai che mi fido di te"

Penetrare in quegli occhi però era impossibile. Soprattutto quando erano così neri.

"Allora é tutto." rispose lui all'improvviso sviando lo sguardo e camminando per la stanza.

Briony lo guardava come se non potesse fare altro, seguiva i suoi movimenti con la speranza che si girasse.

Si fidava di lui eppure c'era qualcosa nelle sue parole, nei suoi sguardi, che la inquietava.

Come se si sentisse osservato, Elijah si girò verso di lei. Lo sguardo era normale, neutro.

"C'é altro?" domandò cortese mettendo la mano in una tasca.

Briony strinse gli occhi: voleva calzarlo di domande e fargli il terzo grado perché quella sua domanda nascondeva un doppio senso, - della serie ho altro da fare che stare qui - ma lei alla fine fece finta di nulla.

"No. Buona giornata" disse facendo finta di prendere qualcosa dal comodino. Elijah le augurò altrettanto, e lei sentì i suoi passi dirigersi verso la porta. Lì si fermò, per diversi secondi come se stesse tentennando, ma alla fine lo sentì uscire.

Briony rivolse allora lo sguardo alla porta aperta, come se in quel punto volesse trovare le risposte a lei sconosciute. Ma la sua mente purtroppo sembrava chiusa, per la prima volta non riusciva con esattezza a capire ciò che le stava accadendo attorno.

Si sentiva vulnerabile, soprattutto con lui, ogni sua facoltà mentale si annullava quando gli stava accanto.

Ma anche se fosse accaduto il male più impensabile, succeda quel che succeda, non sarebbe mai riuscita a fare a meno di lui.

Si sentiva quasi vincolata da una passione morbosa, come se ne fosse divorata. Se poteva apparire sbagliato, tentare di oscurare un simile legame avrebbe portato solo ad uccidere la parte più fondamentale di se stessi. E così sarebbe stato ancor più sbagliato.

Briony accese la tv in camera, c'era un servizio al telegiornale e sentì all'improvviso dei passi avvicinarsi. Vide Ylenia entrare nella sua stanza con una valigia e una borsa a tracolla.

Briony le sorrise:

"Ehi Ylenia. Ti aspettavo. Ti faccio subito vedere la camera." Non si era subito focalizzata sul viso dell'amica e ne fu davvero preoccupata quando lo fece. Il viso di Ylenia era così pallido da sembrare un fantasma, gli occhi erano circondati da profonde nere occhiaie, e sembrava spiritata.

Briony le mise una mano sulla spalla:

"Tesoro hai una bruttissima cera. Vuoi sdraiarti? Ci sono tante camere qui e davvero non mi rechi alcun disturbo"

Ylenia sembrò ristabilirsi e si scansò dalla sua presa:

"Non so se sia il caso.. non voglio fare il terzo incomodo con te e Elijah"

Briony arrossì:

"Sciocchezze. Ti serve un tetto e io sono in debito con te di milioni di favori"

Ylenia si girò e Briony intravide dall'apertura della sua borsa un oggetto che le sembrava familiare.

Fece un'esclamazione di sorpresa e le mani presero delicatamente l'oggetto in questione.

"Il libro bianco." mormorò guardandolo. Ylenia fece finta di nulla e la lasciò fare, mentre Briony lo sfogliava anche se non ci capiva niente di cosa c'era scritto. Le streghe usavano un linguaggio tutto loro.

"C'è per caso un incantesimo che allunghi le gambe o che ti faccia vincere alla lotteria?" domandò con un sorrisino.

Ylenia non rispose e Briony si ritrovò tra le mani un foglio di pergamena. Subito il suo umore si rabbuiò.

"In queste parole maledette c'é la mia storia" mormorò mestamente continuando a fissare il foglio.

Le dita si soffermarono poi su alcuni punti:

"Ci sono molte lettere ripetute anche se sono intraducibili per me. Che vogliono dire questi simboli?" domandò lei ponendo il foglio davanti alla faccia di Ylenia. La strega analizzò quei simboli come se fosse la prima volta che li vedeva in vita sua. Ma alla fine sviò lo sguardo in silenzio.

"Fuoco e sangue" rispose freddamente.

Briony ebbe uno strano brivido. Nulla di buono come al solito.

Lasciò andare il foglio sentendosi all'improvviso inquieta, quando la voce alla tv attirò la sua attenzione.

"Avviso ai signori telespettatori di un fatto celeste rarissimo che non accadeva da secoli e che avverrà proprio questa notte tra le dieci di sera e le due: L'allineamento dei pianeti. Questo evento celeste desta molto scalpore tra i teologi perché presumono che questo allineamento tra i pianeti, il sole e la terra, scateni eventi sismici o altre teorie non di certo rassicuranti."

Briony alzò il sopracciglio mentre la giornalista continuava a parlare di catastrofi naturali o presagi nefasti.

"Uuh arrivano gli alieni stanotte" disse Briony in tono ironico ma vedendo l'espressione di Ylenia, si ammutolì. La strega guardava verso il televisore e se prima sembrava una sonnambula, adesso sembrava una che aveva appena visto in faccia la morte. Non appariva come la strega forte e coraggiosa che aveva conosciuto molti mesi prima.

Le si avvicinò:

"Ylenia che c'è? É dalla festa che sei di umore nero come se ti fosse morto il gatto"

La strega girò di scatto il viso verso di lei, e poi prese in fretta e furia il Libro bianco e la borsa:

"É meglio di no Briony, troverò un altro alloggio. Anzi é anche meglio se cambio un po’ l'aria e lasci Mystic falls"

Briony rimase letteralmente di stucco.

"Come? Così all'improvviso?"

"Sì ho bisogno di tranquillità. E qui non posso averla." Ylenia sembrava una pazza mentre sballottava di qua e di là la valigia e usciva dalla camera.

Briony però la inseguì:

"C'entra la festa in maschera vero? Sai che con me puoi parlarne e non ho intenzione di lasciarti scappare."

"Senti anche io ho i miei problemi, non posso sempre risolvere solo quelli degli altri ma devo pensare anche ai miei. E la soluzione migliore é andarmene da questa fogna di paese che attira solo guai." sbottò la strega irritata.

"Mi sto solo preoccupando come facevi tu quando ero nelle condizioni in cui tu sei adesso!"

Ylenia allora si fermò dopo aver finito di fare le scale, e sbuffò:

"Che piaga d'Egitto. Non scappo, prendo solo una meritata vacanza"

" Ma.."

"É meglio così, fidati." Le sue pupille erano dilatate.

Briony non fece in tempo a dire nulla che Ylenia fuoriuscì da casa sua velocemente.

"Mi farò sentire io" Le gridò prima di salire in macchina.

Briony restò invece con la bocca spalancata mentre l'amica partiva a tutto gas. Non riusciva davvero a capire il suo comportamento ma intuiva che c'era sotto qualcosa di pericoloso. Come sempre del resto. Avrebbe però tanto voluto che Ylenia si confidasse.. voleva davvero aiutarla se ne fosse stata in grado e se avesse saputo che diamine le stava accadendo.

Sconsolata, Briony salì le scale e ritornò in camera. La giornalista parlava ancora dell'allineamento dei pianeti, di come essi formavano una linea retta di 8 punti simili a grandi stelle circolari, e di come lo spettacolo era visibile senza apparecchi elettronici.

Briony si buttò nel letto maledicendo persino le catastrofi naturali che le rallegravano la giornata già nera di suo.

Spense la tv per non sentire più il chiacchiericcio isterico della telecronista e cercò di riposarsi un .

Lo squillo del telefono la fece alzare di botto dal letto ma notò che era solo un messaggio da un numero sconosciuto.

Lo aprì e le ci vollero parecchi secondi per ponderare bene quelle parole scritte:

"Forse é ora che tu apra gli occhi."

Sotto c'era un indirizzo.

<< Ma io per caso indosso una maglietta con scritto "mandatemi lettere minatorie?" >> pensò Briony imbufalita.

Prima Esther, poi il biglietto alla festa e ora questo. Di solito stava agli scherzi ma con roba del genere c'era ben poco da scherzare, infatti le stava salendo il sangue al cervello.

Cercò di chiamare il destinatario per dirgliene quattro ma non ci riusciva perché era un numero privato.

Voleva far finta di nulla, che fosse solo offesa, ma in realtà quella frase la inquietava parecchio….. su chi doveva aprire gli occhi? Accanto c'era un indirizzo che non conosceva e per quel che ne sapeva poteva anche essere un rifugio pieno zeppo di pervertiti o di vampiri. Col cavolo che ci andava.

Lanciò da qualche parte il telefono e tornò a riposarsi. Si rigirò nel letto mille volte con un chiodo fisso che non accennava ad andarsene.

Alla fine Briony aprì gli occhi, prese il cellulare e si sistemò per uscire. Sapeva che era follia, una follia doppia constatando che non sapeva cosa aspettarsi o se fidarsi o meno.

Ebbe un attimo di tentennamento, poi uscì di casa. Se non l'avesse fatto comunque prima o poi si sarebbe pentita e ci avrebbe pensato in continuazione. Era meglio sbrigarsela subito quella faccenda, e se era uno scherzo ci avrebbe riso sopra.

Se no... Di nuovo ebbe una sensazione di gelo.

Voleva davvero scoprirlo? Certe volte la verità fa così male che avresti desiderato con tutto te stesso non scoprirla mai; ti fa smettere di essere felice qualora sai che tutta la tua vita, ogni cosa, è una menzogna.

Le verità che la perseguitavano avevano tutte origini dal male. Non c'erano belle verità per Briony Forbes.

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Briony camminava a passi veloci lungo la piazza di Mystic Falls. Con la macchina non si poteva arrivare all'indirizzo che cercava, visto che finiva ai pressi del bosco di Fell's church. Doveva andare a piedi anche se ci sarebbe voluto più tempo del previsto e magari alla fine sarebbe giunta là per niente. Ma la curiosità era troppa per tornare indietro.

Si strinse nelle spalle maledicendosi nel non aver preso un giubbotto. Per essere primavera faceva piuttosto freddo.

Mentre camminava vide in lontananza Jeremy Gilbert intento a parlare con un amico.

Gli fece un cenno con la testa e lui la salutò con la mano andando verso di lei.

Nel vederlo bene, Briony notò quanto fosse cambiato: era molto più alto di lei, ormai era un uomo, non il piccolo ragazzino emo che faceva il disastrato ogni volta che andava a trovare Jenna. Il lutto aveva segnato anche le persone più impensabili.

"Ehi Jeremy. Non sapevo che fossi tornato" gli disse lei avvicinandosi.

"Denver cominciava a starmi stretta. Mi mancavano la mia famiglia e i miei amici.. Ma non di certo Mystic falls!" rispose lui in tono ironico.

Briony rise nervosa:

"A chi lo dici. Mystic falls non é famosa per i suoi calorosi benvenuti"

Poi Briony tornò a guardare l'orologio. Non poteva perdere del tempo se non voleva arrivare a quell'indirizzo a tarda sera.

"Stammi bene Jeremy. Ormai sei tu l'uomo di casa Gilbert." gli sussurrò benevola accarezzandogli il braccio. Sperò in cuor suo che Jeremy avesse ereditato il temperamento e l'audacia di John. Gli sarebbero serviti con i tempi che correvano.

Jeremy la salutò con un sorriso cordiale e quando lei cominciò a camminare, il ragazzo all'improvviso la chiamò:

"Ehi Briony"

Lei si girò sorpresa. Jeremy stava rivolgendo la sua attenzione a qualcosa che aveva nel braccio. Lui infatti glielo indicò con un dito:

"Bello quel tatuaggio" disse per poi voltarsi e andarsene.

Briony rimase talmente di stucco che non capì nemmeno le sue parole. Si guardò indecisa il braccio ma era normale come sempre. Mai nella sua vita aveva fatto dei tatuaggi e non ne aveva neanche intenzione.

Alzò le spalle pensando sul serio che Jeremy aveva ricominciato a drogarsi, visto la sua fervida immaginazione.

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Ylenia inchiodò con forza l'auto e si fermò sul ciglio della strada che dava l'angolo a un motel. Aveva guidato un  e si sarebbe riposata la notte per poi lasciare subito il paese. Mystic falls non era più sicuro, non lo era mai stato e non lo sarà in futuro con gente che le proponeva di continuo degli accordi, i quali finivano sempre male e la gettavano in guai pericolosi.

Lo aveva passato con Klaus e si era pentita per tutta la vita. Ciò che Connor le proponeva era doppiamente pericoloso, e non solo per se stessa ma anche per gli altri.

In passato era stata egoista, aveva anteposto i suoi bisogni gettando al vento l'amore degli altri e diventando un'altra persona che aveva il dovere di aborrire. Ma questa volta non aveva accolto il male tra le braccia, ne era fuggita in tempo per non prendere parte a una simile meschinità, e pensando così di proteggere la persona a lei più cara visto che non voleva dare il suo aiuto a quel bifolco di Connor.

Lui non era indistruttibile quanto Klaus, ma di una cosa era in vantaggio.. Era furbo e calcolatore. Da persone così era meglio starci alla larga, era come un seme malefico.

Ylenia prese in fretta e furia la borsa e andò ad aprire il baule per prendere la valigia. Non appena lo chiuse sussultò come una bambina perché vide qualcuno troppo vicino a lei, immobile come una statua e lo sguardo gelido. Due accesi occhi gialli spensero tutti i dubbi. 

Ylenia tremò ma si ricompose subito alzando il mento.

"Qual buon vento ti porta qui, Connor?"

"Credi di essere divertente, donna? Dove credevi di andare?" chiese lui in tono arrogante.

"Io non sto ridendo. E non devo chiedere a te il permesso di farmi un giro. Non sei mio padre, né il mio fidanzato. E nemmeno più il mio capo. Perciò adieu*" lo salutò con la manina e fece per prendere le valigie.

Lui la bloccò per un polso:

"Ti ho dato la possibilità di scegliere da che parte stare, nonostante ho dovuto mangiare vermi sotto terra per secoli a causa tua. Ma tuttavia mi gusterò il piacere di ridicolizzarti." sussurrò diabolico stringendole il polso.

Ylenia lo scansò via:

"E come? Io sono sempre in sella e non mi lascio disarcionare"

Gli fece un sorriso a  di sfida.

Gli occhi di Connor all'improvviso brillarono di luce spietata e il viso si serrò. Ylenia non fece in tempo a muoversi che sentì un forte dolore lanciante al petto, come se delle schegge affilate come lame infierissero su di lei. Le sembrò di soffocare, di scoppiare. Le vene del braccio ad un tratto divennero color nero.

Ylenia si appiattì contro la macchina, chiudendo gli occhi per il dolore.

"Vedi come finiscono le streghe troppo ambiziose come te? Non farmi perdere la pazienza ulteriormente Ylenia, s'il vous plait**" disse lui come se gli dispiacesse.

Ylenia riaprì gli occhi per mandarlo al diavolo:

"Se no? Ti posso rispedire all'altro mondo come ho già fatto tempo fa" rispose con poca voce e la pelle tremante.

Connor rise e allargò vittorioso le braccia.

"Ci hai provato e non ha funzionato" rispose strafottente.

Ylenia lo guardò colta da uno strano brivido. Non ci aveva pensato perché credeva fosse un'allucinazione o un fantasma, ma se Connor era vivo dopo ciò che lei gli aveva fatto e dopo così tanto tempo.... allora forse era potente quanto Klaus. Nemmeno lei riusciva a fermarlo.

Lo stregone intanto si sistemò il giaccone e prese Ylenia per un braccio.

"Ora  cammina" disse senza tanti complimenti. Ylenia fu costretta a lasciare lì la valigia e cercò di tenersi la borsa il più stretta possibile.

"Tu sei pazzo. Ciò che hai in mente é una follia impensabile." sussurrò lei tremante mentre Connor la faceva incespicare sull'asfalto.

"Hai paura che possa succedere qualcosa alla tua amica? Non ti devi preoccupare Ylenia. Faccio tutto questo per salvaguardare il suo futuro. Perché credi che abbia fondato il Circolo?" chiese lui all'improvviso.

"Perché sei un pazzo malato"

"Perché quelle creature vanno protette, guidate e istruite. Nel primo caso tu hai fatto un buon lavoro con Briony…. Ma per il resto…." Connor lasciò la frase in sospeso continuando a camminare. Schioccò la lingua:

"No. Tu giudichi me pazzo ma incentivare quella storia assurda e patetica con un Originario, quell'Originario poi… Che ti é saltato in testa?" le domandò come se fosse colpa sua.

Ylenia rimase zitta cercando di strattonarsi ma così facendo le unghie di Connor affondavano sempre più nel braccio, facendolo bruciare dal dolore, e quindi decise di stare buona almeno per un po’.

Connor continuò:

"Il problema comunque si può ancora risolvere. Mi occuperò personalmente della questione perché non permetterò di certo che una stupida cotta rovini i progetti di una vita"

"Ah si? E che farai capo?" domandò lei ironica.

"Quella ragazzina ha bisogno di una lavata di testa. Però, ma pouvre fille ***, non é stata istruita da nessuno come invece hanno avuto il piacere e l'onore Charlotte e Willas"

Ylenia lo guardò confusa e ipotizzò allora che fossero i cacciatori, gli essere speciali che avevano preceduto Briony.

"Non sai i loro nomi? Tutta un'altra cosa. Loro non si sarebbero fatti bruciare dal ghiaccio degli Originari. Willas era valoroso quanto feroce. Charlotte anche se isterica era obbediente." rispose lui sicuro facendo uscire Ylenia dal ciglio della strada e inoltrandosi in una foresta.

Ylenia cercò di dire che Briony non era come loro, ma Connor la bloccò subito.

"Ti prego non cominciare con la favola dell'amore a lieto fine. Mi annoi." rispose duro lasciandola andare finalmente.

Ylenia allora si massaggiò il braccio, quando vide Connor saettare all'improvviso al suo fianco portandole la mano dentro la borsa. Ylenia cercò di fermarlo prima che prendesse il Libro Bianco, ma agì troppo tardi.

Connor le diede una leggera spinta completamente concentrato a sfogliare il libro. Ylenia cercò di riprenderselo allungando il braccio ma Connor girò su stesso continuando a ignorarla. Teneva lo sguardo incollato al libro, si muoveva aggraziato tra le l'erba come se nulla fosse.

Ylenia si immobilizzò col fiatone e con l'amara consapevolezza di aver appena rinunciato a un oggetto importantissimo, la sua fonte di sapienza, il suo tesoro.

Deglutì sentendo la bile in gola.

“Fa questa cosa senza di me. Io non voglio entrarci"

"Ho perso molto potere dal tuo colpo basso ed é un tuo obbligo rimediare non credi?" rispose lui non alzando mai lo sguardo, come se non volesse separarsi in alcun modo da quell’oggetto.

Eppure era sicura che se avesse tentato di fuggire, Connor l'avrebbe ripresa subito. Con le buone o con le cattive.

"E’ una follia." sussurrò lei con un fil di voce scuotendo la testa.

Connor rise lievemente continuando a sfogliare il libro. Non seppe quando, dopo un'ora o un minuto, ma Ylenia vide finalmente Connor alzare lo sguardo rivolgendolo verso il cielo.

"Finalmente la profezia tornerà a rivivere. Stanotte" sussurrò diabolico.

E Ylenia fu sicura che una terribile tempesta stava proprio dietro l'angolo. Pronta a colpire tutti.

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Briony si ritrovò di fronte a un’antica cascina, molto vecchia a giudicare dall’aspetto, infatti nelle pareti si erano formate delle crepe. La cascina finiva proprio ai margini di Fell’s Church, in una stradina secondaria in cui non passava mai nessuno. Girandoci attorno, Briony non notò nulla di sospetto, non sentì grida né nessun rumore.

Si strinse allora nelle spalle deglutendo a fatica e pensando bene a cosa fare.

Si avvicinò alla porta principale e mise tremante la mano sul pomello con l’intenzione di entrare. Dopo alcuni tentennamenti, Briony fece un profondo respiro e entrò.

L’interno era buio e vuoto. Fatta eccezione per alcuni scaffali e un divano ricoperto da un telo bianco. Ed era freddissimo. Quando Briony respirò, le fuoriuscì una nuvoletta di gelo e prontamente prese il paletto che teneva nella giacca. Lo mise ben stretto dentro la mano e cominciò a camminare lungo la sala, tentando di non far scricchiolare i pavimenti.

A prima vista la cascina era disabitata, sicuramente non ci andava nessuno da secoli. La cucina era malandata, piena di polvere e sporco. Non c’era nemmeno il piano superiore per cui tentare di trovare delle scale era inutile.

“C’è nessuno?” urlò Briony tenendo ben saldo il paletto. Si guardò attorno tenendo ben gli occhi aperti ma non c’era anima viva in quel luogo lugubre e abbandonato.

Un dannato scherzo. Come aveva supposto all’inizio. Lì dentro non c’era niente di niente, e Briony se la prese con se stessa per essere così credulona.

Fece un profondo respiro, andando vicino a uno scaffale che conteneva alcuni libri tutti impolverati. Briony provò a darci un’occhiata ma appena li prendeva in mano, le pagine si sbriciolavano a causa della senilità.

Briony buttò i libri da qualche parte e si appoggiò a una parete portandosi la mano alla fronte. Si sentiva stupida a trovarsi in un simile posto, cosa credeva di trovare? Non di certo un tesoro, quel luogo metteva i brividi.

Spinse di più la schiena contro il muro, mettendosi il paletto in tasca, quando all’improvviso sentì un ronzio acuto come un cigolio. Briony spalancò gli occhi e si spostò osservando guardinga la parete. Il suono sembrava provenire da dietro il muro e ad un tratto alcune pietre arretrarono, aprendo così un varco.

Briony rimase ammutolita perché di solito quelle erano scene da film ma la realtà stava completamente superando la follia. Era una specie di porta scavata nel muro e al suo interno c'erano delle scale che scendevano nel buio.

Briony deglutì avendo il forte impulso di far finta di niente e di darsela a gambe. Ma una strana forza la spinse a non arretrare, ma ad avanzare. L’unico guaio era che non aveva una torcia ma sperò che la sua vista acuta bastasse.

Cominciò a scendere molto lentamente. I gradini luccicavano come se fossero bagnati e  uno strano odore saliva dal fondo, un sapore metallico che la fece rabbrividire. Si aggrappò alla rampa cercando di non scivolare e di far piano.

L’odore si fece più forte man mano che scendeva, e la fine della scala dava su una  stanza quadrata dalle pareti di pietra striate da macchie scure.

Briony finalmente finì di scendere tutti i gradini e si guardò attorno spaesata e sorpresa. Era una piccola stanza, come una cantina, ed era completamente vuota. L’odore però era nauseante, le dava la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in quel posto maledetto.

Fece il giro della stanza quando vide che in un angolo c’era qualcosa… una figura accasciata.

Briony ingoiò il grido che stava per fuoriuscire e indietreggiò velocemente andando contro la parete opposta.

Respirava a fatica, il cuore batteva fortissimo mentre i suoi occhi non facevano che guardare quella persona che sembrava completamente morta. Ma i suoi sospetti vennero cancellati quando sentì un mormorio provenire proprio da quella figura, i classici bisbigli di qualcuno che è sul punto di morte o è da giorni che non mangia o beve.

Briony non osava respirare mentre si staccava dal muro. Ebbe la sensazione che la parete fosse appiccicosa, come striata da qualcosa di nauseabondo ma non ci diede importanza. Fece dei passi in avanti continuando a guardare il moribondo a terra.

Quando finalmente si ritrovò vicinissima a lui tanto che poteva quasi toccarlo. Il viso di Briony era una livida maschera di orrore quando tentò di osservare le condizioni di quel poveretto.

Quell’ uomo era avvolto in stracci sporchi, accovacciato per terra. I polsi e le caviglie erano stretti da catene fissate a grossi ganci infissi sul pavimento. Vide le sue braccia e le gambe emaciate e deperite, marchiate ovunque dai segni di innumerevoli torture. Un squarcio gli si era formato sotto il collo come se qualcuno l’avesse trafitto migliaia di volte, e il sangue si era già infettato. Un miracolo se era ancora vivo.

Briony si inginocchiò sconcertata, col cuore a mille. Non aveva idea di cosa doveva fare, né il perché l’avessero mandata lì. Aveva paura di toccare quel poveretto perché aveva ferite da tutte le parti del corpo e lo shock sembrava averla paralizzata.

“Che è successo?” Riuscì infine a dire. Il moribondo continuava a mugugnare, aveva pochissime forze e non ce la faceva neanche a muoversi. Briony cercò di trovare il modo di rompere i ganci per liberarlo, ma questi erano fissi sul pavimento e dovette rinunciare subito.

Si portò la mano alla tempia cercando di non crollare in uno stato isterico e prese il cellulare per chiamare aiuto, qualcuno che le spiegasse anche come quel poveretto era in quelle condizioni.

Quale mostro aveva potuto fare questo? Perché di mostro doveva per forza trattarsi, non si può poteva infliggere a un essere umano delle simili pene e lasciarlo lì avvolto nel sangue.

Il moribondo all’improvviso alzò debolmente la mano e Briony allora si scansò come se fosse un lebbroso. Il cuore di quel tizio sembrava non battere più, mentre il suo batteva fortissimo.

Non avrebbe voluto scansarsi così ma se quel tipo era incatenato ci doveva essere una spiegazione. E se era un vampiro? Qualche altro pazzo psicopatico arrivato a Mystic Falls per portare altro male?

“Stai calmo. Adesso chiamo aiuto ma tu cerca di rimanere forte un altro po’ ok?” mormorò con flebile voce accarezzandogli la mano deteriorata da ferite e calli. Il braccialetto che le aveva regalato Elijah lo sfiorò apposta al polso ma il moribondo non sussultò né gridò. Non era un vampiro.

Briony ne fu sollevata ma non riuscì a contenere il sollievo perché all’improvviso lui alzò la mano e un dito premette sulla fronte di lei.

Briony sobbalzò colta alla sprovvista ma rimase comunque immobile lì dov’era. Quando quell’uomo l’aveva toccata  un fiume di immagini le salì agli occhi; le scorrevano davanti come in un sogno a occhi aperti e lei le guardava come una semplice telespettatrice.

Come in un incubo tremendo, si ritrovò in quella stessa stanza buia e gelida, e di fronte a lei c’era il moribondo legato e sfiancato. Ma non era solo.

Qualcuno stava di fronte a lui, qualche volta gli girava intorno ma Briony non riusciva a scorgerlo in viso. Voleva avvicinarsi ma come nei normali sogni tutti i suoi sensi erano intorpiditi e se ne stava bloccata in un angolo della stanza.

Sentì le pareti sudici e macchiate, e i suoi stessi indumenti le sembravano sporchi ma non sapeva di cosa. Non riusciva a guardare niente che non fosse quel povero moribondo che implorava di essere lasciato andare. Dimostrava poco più di 30 anni anche se non appena lo aveva visto ne dimostrava 80.

Erano ricordi?

“Vi prego, state facendo un errore. Non so di cosa stiate parlando, calmatevi per l’amor di Dio”

“Io sono molto calmo." rispose l'altra persona in maniera così gelida che Briony rabbrividì. Anche se non era realmente lì, aveva paura che quella voce terrificante la scoprisse.

"Ma se tu non mi dici cosa sta architettando il tuo compare e che cosa vuole, io diventerò molto nervoso."

L'avvertimento fece rizzare i peli a quel poveretto, come se il suo aguzzino avesse in mano una pistola e dire la risposta sbagliata equivaleva a far partire un colpo.

"Vi prego non riesco a sopportare queste catene"

"Avrai da sopportare ben di peggio se ti rifiuti di aiutarmi" replicò quella voce inquietante.

Briony rimaneva immobile non osando neanche respirare. Nella vertigine del suo sogno credeva di riconoscere quella voce, le risuonava familiare, amata in qualche modo ma quel tono così terrificante non l'aveva mai udito e metteva i brividi.

La scena si spostò. C'era ancora il moribondo ma era più moribondo di prima. Il braccio era martoriato, il viso ricoperto da ferite dal quale sgorgava sangue. Le gambe erano accovacciate come se volesse trovare una posizione comoda.

“Non intendo dire una parola.  Tanto se non mi uccidi tu, lo farà lui. Ma almeno non morirò da traditore" il moribondo stranamente aveva instaurato un tono più arrogante come se non volesse arrendersi. Ma la cosa non piacque al suo aguzzino che rise aspramente.

"Stupido stolto. Hai idea di cosa di cosa sono in grado di farti? Il bentornato che ti darà il tuo padrone sarà un niente in confronto alle pene che ti capiteranno qui"

Di nuovo la scena si spostò. Era sempre lo stesso luogo ma cambiava il tempo visto i giramenti di testa che ogni volta assalivano Briony, come se fosse in una giostra impazzita. Il posto era sempre quello ma le condizioni del prigioniero peggioravano di continuo. Al posto dell'occhio destro c'era un solco ripieno di sangue, sembrava che la pupilla fosse stata maciullata. Briony ebbe dei coniati di vomito.

Mentre l'aguzzino, quel mostro, camminava inquieto intorno al prigioniero.

"Perché non parli? Tutto sarebbe più facile se parlassi"

"Che te ne importa? Lasciami andare, lasciami alla mia vita"

“La tua vita dipende da me. Non importa quanto mi implori,  se lei muore tu non vivrai a lungo dopo di lei, é una promessa.”

Quel tono duro e agghiacciante fece trasalire Briony. Come se un campanello d'allarme avesse suonato.

Una simile minaccia poteva provenire da una sola persona. Era terrorizzata all'idea di muoversi, di vedere che il mostro che faceva questo era la persona a cui stava pensando. Il suo inconscio rideva dicendo che era una follia, che non poteva essere veramente lui.

Un simile incubo non poteva coesistere con la realtà e continuava a negare. Doveva trattarsi di qualcun altro, qualcuno che aveva il sangue freddo da compiere dei simili gesti atroci.

Briony stava gelando lì dentro e quell'avvisaglia le fece battere il cuore all'inverosimile fino a scoppiare. Solo con lui provava un simile gelo, come se una mano di ghiaccio le serrasse il cuore.

"Non darti tanta pena. Il mio signore non ha alcuna intenzione di fare del male alla ragazza. Almeno non il male che intendiamo tutti" disse debolmente il prigioniero.

"Che cosa vuole? Perché é qui? Che cosa cerca?" Tuonò l’uomo che le dava le spalle.

Briony cominciò a muoversi. Man mano che si avvicinava il mondo le sembrava più sbagliato e malvagio di quanto non lo fosse già.

L'incubo stava prendendo il sopravvento, ma non era un normale sogno.. Era la realtà. Una realtà così paralizzante e agghiacciante non appena vide il profilo di quel mostro.

Ma era un mostro che nella realtà, al di fuori di quel mondo parallelo, amava. Lo amava più di se stessa. Eppure non riusciva più a riconoscere quella persona, a farla combaciare con la persona che stimava e di cui aveva profondamente fiducia.

Elijah.

Quel nome le provocò un migliaio di artigli allo stomaco che si sentì contorcere. Il cuore smise di battere.

Elijah fissava il poveretto con sguardo terribilmente grave e duro. Briony invece rimaneva a assistere da innocua telespettatrice con l'impulso di urlare. Il cuore lo fece per lei.

"Continua pure a rimanere nel tuo silenzio. Il mutismo non ti salverà" minacciò Elijah avanzando verso il moribondo che non riusciva più a tenere la testa alzata.

"Tutto questo per una puttana. Al diavolo, che marcisca all'inferno"

Gli occhi di Elijah all'improvviso divennero neri come l'oscurità. Saettò contro di lui dandogli un pugno che gli fece girare la testa dall'altra parte. Il rumore di ossa che si fracassavano fece trasalire Briony che era già in stato di shock.

Elijah diede un ulteriore pugno allo stomaco al prigioniero che quasi gli distrusse le interiora. Il poveretto non riuscì nemmeno a gridare dal male che provava.

"Dimmi tutto quello che sai e ti lascerò morire" sibilò Elijah gelido, senza alcuna compassione.

"Hai detto che mi avresti lasciato andare" borbottò il moribondo sputando un rivolo di sangue.

Le labbra del vampiro si curvarono in un sorriso maligno mentre prendeva un fazzoletto per pulirsi le mani.

"Ho cambiato idea."

Briony guardava quello spettacolo massacrante con i nervi a fiori di pelle, con lei che voleva gridare ma non poteva. Non riusciva a riconoscere l’Elijah che aveva davanti, quello che non si faceva alcuno scrupolo a fare ciò che stava facendo, quello che regalava sorrisi così maligni che mai credeva lui potesse possedere. Un Elijah che non aveva compassione non era Elijah.

Briony scuoteva ininterrottamente la testa, mentre il moribondo iniziò a sclerare in preda al panico:

"Bastardo! Io non so niente, io non so niente!"

"Allora dimmi dove si trova lui, così potrò sbrigare subito la faccenda senza ulteriori danni" ringhiò Elijah prendendogli con forza i capelli, facendogli alzare così la testa.

La sua vittima gli rise in faccia col sangue fra i denti:

"E pensi di sconfiggerlo dopo essere arrivato a lui? Povero idiota. Nessuno può. Sarete tutti morti, e dall'oltretomba almeno io mi gusterò il momento della tua morte, lurido succhia sangue. E ancor di più sorriderò guardando il cadavere della tua puttana!"

Elijah perse completamente la ragione. Gli occhi si sgranarono per la completa perfidia, prese un coltello e gli conficcò la punta dell’arma alla gola. Sfiorò la trachea e la giugulare in modo che il sangue sgorgante gli intaccasse i polmoni e lo facesse soffocare in maniera pietosa.

L’uomo però tentò di difendersi, allungò il braccio e con la poca forza che gli rimaneva premette la mano destra sotto la spalla di Elijah, borbottando parole incomprensibili.

Elijah gridò, più per la sorpresa che per il dolore, e lasciò andare la lama indietreggiando. Teneva la mano sulla bruciatura che la sua vittima, uno stregone si direbbe, gli aveva  appena inflitto.

Non voleva dimostrare che gli facesse male e infatti quando alzò il viso, lo sguardo di Elijah era furibondo e pieno d’odio.

Briony rimase a bocca aperta, credendo che Elijah uccidesse l’uomo a terra da un momento all’altro.

Invece lui rimase immobile, mentre lo stregone si guardava attorno cercando di sorridere sarcastico: "Quante altre persone hai torturato per proteggere la tua puttana? Non sperare di farla franca, non sperarci!" Gridò.

Briony allora fu percossa da un brivido. Anche lei si guardò attorno. Le macchie scure che aveva visto all’inizio sui muri di pietra significavano una cosa sola.

Sangue, sangue, sangue. Altre torture.

Briony si guardò, e quel liquido rossastro dal sapore metallico e nauseante che aveva intaccato le mura, ora aveva insudiciato anche i suoi vestiti.

Voleva toglierseli di dosso fra le urla e le isterie, pulirsi subito di tutto quel sangue, ma rimaneva dolorosamente immobile.

Voleva uscire da quell’incubo ma non riusciva a trovare la porta per tornare alla realtà.

Elijah intanto si era avvicinato, non dimostrando nessuna sofferenza per la bruciatura, al contrario dello stregone che boccheggiava tenendo una mano sulla lama ancora conficcata sopra il petto.

"Sei inutile. E sai cosa me ne faccio dell'inutilità?" chiese l’Originario con un tono diabolico.

Briony non voleva più assistere. Non avrebbe mai creduto di provare una simile paura e terrore proprio nei confronti di Elijah.

Ma credeva che quegli incubi stessero distorcendo la realtà in una tetra illusione per farla impazzire di proposito. Doveva essere per forza così, non c’era alcuna spiegazione perché lei non ne trovava in mezzo a tutta quella paura che provava.

“Ti prego..” lo stregone implorò pietà un’ultima volta ma Elijah non lo stette a sentire. Spinse la lama più a fondo fino a bucargli i polmoni così per farlo soffocare col suo stesso sangue.

Lo stregone boccheggiò cercando l’aria, ma non fece altro che sputare sangue.

Elijah lo guardò disgustato e pieno di freddo ribrezzo mentre si alzava. Non si prese neanche la briga di ripulirsi le mani come di solito faceva, e se ne andò.

Nel farlo passò davanti a Briony la quale si sentì raggelare e avrebbe tantissimo voluto fuggire. Era quello che più desiderava.

Soprattutto dopo aver visto bene in faccia l’espressione di Elijah. Non c’era nulla in lui. Nessuna prova che dimostrasse che in qualche modo provava ribrezzo per ciò che aveva fatto… niente. Solo vuoto incolmabile.

Briony tremò, sia interiormente sia esteriormente, vedendolo salire le scale con la coda dell’occhio e poi finalmente l’incubo svanì.

Briony riaprì gli occhi, sbattendoli più volte e si ritrovò al punto di partenza. Al presente.

Il moribondo era sempre legato, la ferita che Elijah gli aveva impartito con la lama aveva provocato una gravissima infezione che non faceva altro che marcire la pelle del petto. Pure il sangue si era seccato. Stentava a credere che fosse ancora vivo.

Briony all’improvviso ebbe profonda pietà per lui. Non sapeva perché era successo tutto questo e nemmeno le ragioni, capiva in qualche modo che c’entrava lei stessa e la sua protezione, ma mai… mai avrebbe voluto una cosa simile. Mai avrebbe fatto una cosa così disumana per proteggere la propria vita.

Era tutta una cosa abominevole mentre guardava le pietre riarse di sangue marcio. Le sembrava di sentire le urla di quelle povere vittime torturate e mutilate in quella stanza gelida fuori dal mondo.

Ebbe voglia di piangere per ciò che aveva appena scoperto, ma il terrore prese di nuovo possesso su di lei quando udì una voce.

La stessa voce sconosciuta e terrificante dell’incubo. Il cuore si fermò.

“Che sta succedendo?”

Briony non si prese neanche la briga di girarsi perché aveva capito subito chi fosse e una paura improvvisa le paralizzò la lingua.

Elijah apparve nell’ombra, il luogo che ormai la sua anima aveva abbracciato e accolto, e si avvicinò a passi lenti ma soppesati.

Briony sentiva il suo sguardo allibito addosso, ma non osava muoversi.

Elijah d’altro canto aveva perso completamente il respiro e se avesse avuto un cuore che batteva, certamente si sarebbe fermato nell’attimo in cui aveva visto Briony nel luogo dei suoi crimini che aveva cercato di nascondere a tutti i costi.

Si sarebbe fermato perché sapeva che quel luogo era pieno di vergogna. La sua vergogna. Ma ormai il cuore, lui non ce lo aveva più.

Elijah spostò lo sguardo verso il moribondo che non appena lo aveva visto era completamente sbiancato e stava morendo dalla fifa per ciò che poteva fargli di nuovo.

“No no… ti supplico aiutami! Costui è completamente fuori di testa! E’ pericoloso per tutti noi!” farfugliò delirante invocando Briony per aiutarlo. Ma la ragazza rimaneva immobile consapevole che ormai non poteva fare niente per aiutarlo. Non poteva più farlo dal momento che aveva scoperto la verità. Da quando aveva saputo che tutto quell’orrore era avvenuto parzialmente a causa sua.

“Taci” sibilò Elijah gelido.

Lo stregone però continuava a implorare aiuto, a invocare maledizioni e altre frasi incomprensibili. Briony non ce la fece più e le gambe finalmente si mossero e corsero via su per le scale, in completa agonia.

Elijah la guardò allontanarsi. Per un attimo, lo shock apparve all’interno dell’ombra dei suoi occhi neri ma durò per poco perché si girò verso il suo prigioniero, il quale continuava a urlare. Il viso di Elijah si serrò duramente, e per vendetta, per odio o per chissà cos’altro, gli si avvicinò e gli tolse di netto il cuore.

Lo stregone smise di gridare.

Elijah dopo di che si girò a guardare verso le scale.

Briony stava correndo su di esse, ma sembrava che i piedi scivolassero sopra i gradini sudici. Maledettamente stava piangendo, e le mani cercavano di aggrapparsi alla rampa per aiutarsi a salire, ma era così piena di shock che ogni suo movimento era impacciato.

Briony!”

Il grido che la invocò e che in qualche modo le ordinava di fermarsi, fece galoppare il cuore di Briony dritto in gola e finalmente i muscoli delle gambe risposero a dovere.

Salì in fretta e furia i gradini non badando alle grida di Elijah, e si ritrovò nel salone di quel mattatoio. Mentre correva Briony andò a sbattere contro uno spigolo e imprecò fra sé sé, ma non c’era tempo per fermarsi. Incespicò sui suoi stessi piedi mentre correva verso l’uscita ma si sentì all’improvviso afferrare da dietro.

Delle braccia forti la bloccarono, una voce la chiamò pregandola di fermarsi. Col solo risultato di farla cadere in un peggiore stato di shock, e lei finì per ribellarsi in maniera quasi isterica.

Si divincolò dalla presa di Elijah, gridò frasi sconnesse e gli diede uno spintone quando lui tentò di riavvicinarsi.

Ne approfittò quindi per uscire da quel posto maledetto, ma quando ritornò all’aria aperta non si sentì comunque affatto bene. Si sentiva l’anima sporca, ogni cosa le ricordava ciò che era successo e le grida di quel poveretto le rimbalzavano nella mente, fermandole il cuore.

Briony mise le mani sulle ginocchia credendo di sentirsi male, ma di nuovo si sentì afferrare per un braccio. E lei di nuovo gridò di essere lasciata andare.

Briony ascoltami.”

“No!”

Dopo numerosi tentativi, Elijah la scrollò per le spalle facendole sussultare anima e corpo. Briony finalmente smise di gridare e lo guardò negli occhi in silenzio, mentre il cuore batteva con troppa forza.

Briony, guardami. Sono io. Non devi avere paura di me” bisbigliò lui sinceramente pentito per ciò che lei aveva assistito.

Ma lei non riusciva a vedere altro in lui se non il vuoto e il disprezzo che aveva intravisto nei suoi incubi. L’orrore di quella scena. Credeva di essere sul punto di avere una crisi di nervi.

Si scrollò dalla presa di Elijah, guardandolo duramente. “Che cosa hai fatto Elijah? Che cosa hai fatto?! Che significa questo?” gridò indicando il mattatoio.

L’Originario rimase muto, consapevole che ogni giustificazione non sarebbe servita in alcun modo a rassicurarla o calmarla.

“Come hai potuto fare una cosa del genere? Proprio tu...”

Era delusa più che infuriata. Aveva visto tante volte l'Elijah vampiro, ma mai così crudele... Non così disumano.

“Lasciami spiegare e permettimi di calmare le tue ansie, non è come sembra…” rispose lui alzando le mani.

“No infatti è anche peggio di ogni mia possibile previsione! E’ questo che mi tenevi nascosto vero? Quello che non volevi dirmi?” domandò lei sbigottita, allontanandosi da lui come se ne avesse paura.

Elijah si bloccò. Indossò una maschera di gelo.

“Sapevo che non avresti capito”

Briony stentò a credere alle sue orecchie: “E come potrei farlo? Spiegamelo perché io non ce la faccio!”

Elijah continuava a guardarla, incassando le sue colpe senza proferir parola.

Questo… questo non puoi essere tu.” Indicò la casa. “Là dentro sei diventato la persona che hai sempre disprezzato e di cui provavi vergogna! Non ti rendi conto di quanto sia grave quello che hai fatto? Di come hai calpestato la tua persona?”

Fra le sue grida d’agonia, Briony vide negli occhi di Elijah un guizzo tetro e allora si fermò. Lui sviò lo sguardo, restando di profilo.

“Hai ragione. Hai ragione, Briony. Ho lasciato fuoriuscire quella parte di me che ho sempre tentato di nascondere e calpestare. E non mi chiedi il perché? Il perché mi sono macchiato le mani in un modo così indegno?” domandò gelido come se stesse sputando vetro.

“Non ci sono ragioni per una cosa del genere, Elijah!” rispose Briony automaticamente, ricordando l’agonia di quel poveretto incatenato.

Elijah girò di colpo il viso:

“La tua vita vale molto più di questo, di qualsiasi ragione logica! Se per te dovessi affrontare la morte lo farei, e le vite di quelle persone là dentro non contavano nulla per me se il loro sacrificio fosse bastato a proteggerti!”

Il suo improvviso cambio di tono la fece trasalire. Il respiro si arrestò per un istante.

“Come?”

Elijah abbassò lo sguardo con un sospiro, inumidendosi poi le labbra.

“Perché credi che stia facendo tutto questo?” La sua voce era affilata come il vento che soffiava in una burrasca invernale.

“La tua vita è in pericolo Briony, e ogni giorno la situazione peggiora. E mi sono prodigato per proteggerti. Se devo rischiare la tua vita in cambio di quelle fetide che ho tolto, lo rifarei senza battere ciglio”

Briony sbattè le palpebre circospetta:

“La mia vita non è importante è tal punto!”urlò indicando la cascina come prova.

La risposta di Eljiah invece arrivò come un lampo:

“Per me sì. Per me è tutto. E loro non contano nulla, non mi farai provare rimpianto per qualcosa di cui non mi importa” La fredda minacciosa scintilla nei suoi occhi rivelava la rabbia anche se lo nascondeva bene. Tutto fra loro si raggelò.

“Tu non puoi parlare sul serio… l’Elijah che conosco non parlerebbe in una simile maniera” mormorò lei tremante mentre una marea di flashback le risalivano alla mente come acqua ghiacciata.

“E’ tempo di lasciare da parte la diplomazia, Briony. Non possiamo rispettare le regole e giocare la parte dei buoni compassionevoli, quando il mondo e la gente là fuori è spietata. Non con la tua vita in gioco, sono disposto anche a corrompermi l’anima per questo.” Rispose lui meccanicamente senza un minimo di tentennamento. 

Ma quel suo modo così controllato esprimeva comunque una minaccia, non evidente ma indistinta, trattenuta.

“Di che stai parlando? Spiegami una buona volta che sta succedendo” gridò lei esasperata avvicinandosi questa volta per guardarlo dritto in faccia.

Elijah la guardò con una tempesta di emozioni negli occhi. Così profondi che lei quasi ci annegò.

“Non te ne ho parlato per proteggerti, Briony” bisbigliò lui, guardandola infine rammaricato.

“Beh dopo essere stata in quel mattatoio penso di poter sopportare ogni cosa” replicò lei decisa.

Vide Elijah deglutire ma anche rinfoderare la dose della sua freddezza glaciale negli occhi.

“Qualcuno è sulle tue tracce.. qualcuno di molto pericoloso e potente… è sulla tua strada da molto tempo.. mi sono accorto che ci seguiva anche quando eravamo ad Aspen ma non ho voluto allarmarti perché credevo che non fosse tanto grave. Qualcosa però sta venendo qui per te e non è nulla di buono”

Briony trasalì per ciò che Elijah aveva detto. Qualcuno era sulle sue tracce? Che cosa voleva da lei? Se tanto preoccupava Elijah arrivando persino al punto limite, era qualcosa di davvero pericoloso. Qualcuno che voleva usufruire del suo potere? Che voleva costringerla a essere quel genere di mostro e corrompere la sua vita? Oppure che voleva distruggerla?

Le venne in mente che poteva essere chi le aveva spedito quella strana lettera al ballo e il messaggio al cellulare, ma troppe informazioni le rotolavano il cervello già malmesso.

Elijah si avvicinò con sguardo grave:

“La tua vita è in pericolo riesci a capirlo? Decine di vampiri sono venuti qui apposta per ucciderti. Non so se è opera di quel fedifrago di mio fratello, ma si è sparsa la voce che esiste a Mystic Falls un essere umano, una ragazza, in grado di uccidere qualunque vampiro e le acque si sono mosse di conseguenza. Dovevo agire, non potevo stare a guardare mentre ti trucidavano un’altra volta.” La rabbia gelida si abbatté sul viso di Elijah come un fulmine.

Briony allora lo guardò e lo vide per la prima volta. Scorse di nuovo in lui quell’umanità che dopotutto non era ancora riuscito a spegnere. Quell’umanità che era legata a lei e per cui con la sua “morte”, questa era stata messa a rischio da schegge di vetro che gli avevano perforato l’anima. Da allora tutto era stato dunque messo in dubbio, l’aurea di freddo controllo che l’Originario aveva sempre indossato si stava dissolvendo a causa delle sensazioni potenti che aveva sentito. L’unica cosa che aveva mai spaventato Elijah Mikaelson in 1000 anni era vederla morire una seconda volta e non poter far nulla per salvarla.

Il suo tormento lacerava Briony. La divideva in due, e non sapeva a quale parte doveva dare ascolto.

“Hai ucciso dei vampiri quindi?” chiese lei.

L’espressione gelida e indecifrabile di Elijah fu un chiaro segnale. Non solo loro… lo stregone ne era la prova e Briony rabbrividì, rimproverandosi di aver chiesto una cosa che l’avrebbe sicuramente turbata.

“Chi altri lì dentro?”

Lo sguardo di Elijah le faceva sentire le ossa deboli.

“Ho interrogato delle streghe per avere informazioni su quella cosa che ti sta seguendo ma nessuno mi è stata d’aiuto...” rispose lui con finta indifferenza come se in ciò non c’era nulla di male.

Ma purtroppo c’era… non poteva dimenticare ciò che aveva visto… ciò che lui era in grado di fare e che non si era fermato un attimo nell’attuare.

Elijah la guardò poi titubante per un secondo e alzò la mano con l’intento di toccarle il viso:

Briony mi dispiace che hai dovuto vedere tutto questo.. mai avrei voluto che succedesse..” Quando la sua mano fu sul punto di sfiorarle la guancia, Briony istintivamente si scansò. Lo fece senza neanche accorgersene ma bastò per far impietrire Elijah. Con espressione assente lui abbassò la mano, non tentando più di sfiorarla.

Briony si morse nervosamente il labbro. Forse per stupidità si sentiva in colpa per non voler essere toccata da lui. Non sopportava l’idea delle sue mani sporche di sangue in una tale maniera... era come se volesse preservare l’immagine che aveva sempre avuto di Elijah.. umano. Il dolore si aggiunse ai sensi di colpa, alla rabbia, allo shock. Quel mix di sensazione fu sul punto di farle scoppiare il cuore.

“Ma per fortuna l’ho visto perché tu me lo avresti tenuto nascosto!” ribattè lei offesa.

Elijah questa volta si irritò, Briony lo intravide dai suoi occhi:

“Parli tu di segreti quando me ne hai tenuti talmente tanti da perdere il conto”

Briony allora scosse la testa. La consapevolezza di ciò che stava per dire le artigliò il cuore:

“Non è per questo che sono arrabbiata, è perché queste tue azioni ti fanno diventare una persona che non sei! Ti fa fuoriuscire quella natura che tu hai sempre aborrito, e non voglio che ti succeda questo a causa mia”

E proprio adesso che la paura era stata un pochino smontata, capì cosa le faceva male fino a non farla dormire… che lui diventasse l’essere che detestava ma che sapeva che era sempre lì in agguato per risalire in superficie.. l’aveva visto combattere con esso e vederlo arrendersi alla sua parte maligna solo per lei, era il più atroce dei tormenti che potesse sopportare. Era troppo pesante.

Elijah sembrò averle letto nella mente e nel cuore:

“Andrei all’inferno pur di impedire che ci finisca tu. Per quel che mi importa, la mia anima è già corrotta da apparire insalvabile, ma la tua no. Non permetterò che ti accada nulla di male”

Briony scosse di nuovo la testa perché non poteva permettere una cosa del genere. Non a lui:

“Non devi barattare i tuoi ideali con la mia vita. Come credi che mi sentirei vedendoti diventare l’essere che più detesti solo per proteggere me?” Voleva infatti mantenere intatti gli ideali umani di Elijah, le sue virtù a tutti i costi ma fu proprio lui stesso a sventrarli con la sua testardaggine e freddezza:

“E’ tutto ciò di cui mi importa”

“Correremo il rischio, ma facendo la cosa giusta.” ribattè lei saggiamente.

Invece gli occhi di Elijah si sgranarono:

“Non é un rischio che sono disposto a correre se c’è in gioco la tua vita” sibilò duramente come se volesse calpestare la terra.

I motivi di Elijah, il fatto che lui volesse proteggerla da tutto, non bastò tuttavia a scioglierle il ghiaccio che si sentiva nelle vene:

“Tu stesso sai che è sbagliato ciò che hai fatto là dentro! Il fatto che venivi da me ogni notte ne è la prova! Tu aborrisci i tuoi atti tanto quanto me”

Quando lui l'aveva guardata con un’espressione così triste, vacua nel letto, era perché sapeva che era vergognoso ciò che stava facendo. Ma veniva apposta da lei per confermare tuttavia a se stesso i suoi propositi di terrore sconfinato. Pur di vederla serena e fuori pericolo lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche se sbagliata. Il sentimento per lei era un’arma a doppio taglio, che divideva in due e lacerava.

Elijah intanto continuava a guardarla freddamente senza remore:

“Può anche essere. Ma se è il prezzo da pagare per fermare quella cosa, lo pagherò tranquillamente”

“Io non posso permettere una diavoleria del genere”

L’Originario questa volta ringhiò mentre si avvicinava di più a lei.

Briony ragiona! Ti preoccupi di più per la vita degli altri e non per te stessa!”

“Perché io non faccio morire gli altri per me! Se sono io quella che mette nei casini gli altri, devo essere io a sistemare le cose!”

Quello che lui non riusciva a capire è che non avrebbe permesso che altre persone ci andassero di mezzo a causa sua. Come avrebbe vissuto dopo? Non era il suo modo di agire e credeva fosse anche il modo di Elijah. Ma quello che aveva davanti era diverso… come quello che aveva visto negli incubi e non se ne era ancora andato.

“Il mondo non ti permetterà di indossare la parte dell’eroina, Briony.. se devi combattere ad armi pari purtroppo ti devi abbassare al nostro livello... ma non permetterò nemmeno questo. Non voglio che ti sporchi le mani…. so quanto detesti essere ciò che il destino riserba per te...” Ad un tratto la voce di Elijah si fece triste. Dall’espressione rabbiosa e inquietante passò a qualcos’altro.

Tutto riconduceva a lei. Perfino quell’Elijah combatteva affinché lei restasse umana.

Ma se lui metteva a repentaglio la sua morale, la sua umanità, Briony doveva fermarlo prima che fosse tardi.

“Elijah promettimi che non farai mai più una cosa del genere” disse lei mettendogli una mano sul petto. Lo guardò cercando di non avere più paura, ma la sua freddezza la travolse:

“Non posso farti questo genere di promesse, mi dispiace.”

Briony spalancò gli occhi mentre lui sviò lo sguardo e camminò un poco sull’erba.

“Elijah!” ribattè lei per farsi ascoltare ma lui la bloccò subito fissandola. Dopo qualche secondo di silenzio lui rispose a bassa voce:

“Non posso”

Briony rimase inerme con le braccia lungo i fianchi. Elijah sembrava così duro e irremovibile ma le sue vere ferite erano interne, visibili solo dalla profondità dei suoi occhi. Ma il ghiaccio che si serrava di continuo sul cuore di Briony, dopo ciò che aveva assistito, le impediva di richiudere quelle ferite e fare finta di niente.

Non poteva farlo, non questa volta.

“E io non posso tollerare una cosa simile.” Ribattè lei questa volta più freddamente.

Elijah sostenne il suo sguardo, e quando lei si girò per andarsene lui non la fermò né le disse niente. Il baratro che li divideva divenne sempre più grande.

E Briony camminò sempre di più dalla parte opposta pur di non esserne risucchiata.

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Briony ritornò a casa con il fiatone. Si chiuse la porta alle spalle ma il dolore e lo shock rimasero con lei. Non c’era via di scampo.

In fretta  e furia si levò di torno tutti i vestiti. Li gettò via fra le lacrime mentre il sangue le scendeva fino ai gomiti. Ne ebbe una tale repulsione, come se non avesse mai visto sangue in tutto la sua vita che andò subito in bagno per lavarsi. Si ripulì il marcio sfregandosi con forza con la spugna pur di farlo andare via. Aprì l'acqua della doccia anche se teneva ancora la canottiera. Voleva cacciare via quel sangue, l’orrore provato e lo sguardo di quel poveretto che le chiedeva aiuto. Quel sangue macchiava il suo cuore.

Se lei non fosse esistita, tutte quelle vite non sarebbero state tolte. Loro non c’entravano niente, era solo colpa sua… di ciò che veramente era.

Le fuoriuscì un singhiozzo mentre una macchia non voleva proprio andarsene via dalla mano. In preda a una crisi, gettò via la spugna e si portò le mani nei capelli, lasciandosi andare alle lacrime che troppo spesso bagnavano le sue guance.

L’acqua della doccia si colorò di rosa come se le sue lacrime fossero color del sangue. Per lei era troppo perfino pensare che quel sangue era stato versato da Elijah.

Si pulì ancora il braccio e aprì stancamente gli occhi.

Quando peccato e salvezza coincidono come puoi trovare la pace? A chi puoi rivolgerti se non a colui che ami ma così facendo sei consapevole che ogni scelta porta delle conseguenze che sarebbero nefaste? Elijah la voleva salvare ma così facendo corrompeva la propria umanità, mettendo a rischio altre vite che non c’entravano.

E se questo fosse stato l’unico modo per sopravvivere? Forse era impossibile ottenere la gioia senza provocare dolore agli altri.

Il mondo era davvero crudele e spietato, e lei non sapeva o non voleva giocare quella partita in cui tutti potevano rimanere uccisi o anche peggio. Ricordò il viso terrificante di Elijah, tutto quel sangue in quella cascina ed ebbe i brividi.

Il dolore che provava era inciso sui suoi lineamenti angosciati e non se ne voleva andare. Le teneva sempre compagnia, dannato.

Briony all’improvviso si chiese cosa avrebbe fatto lei se fosse stata al posto di Elijah. Molte volte aveva pensato in maniera egoista ma sarebbe arrivata a quel punto? A mettere in atto una cosa del genere…?

Il suo unico desiderio era stare con lui..  c’era un limite a ciò che avrebbe sacrificato per questo? Si sarebbe anche lei sporcata le mani?

La risposta venne spazzata via dall’acqua che lavò via tutto il sangue all’interno del suo cuore.

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Elijah non emise fiato quando ritornò a casa. Rebekah gli fece subito il quarto grado chiedendogli dove fosse stato ma lui la evitò con un cenno della mano. Andò subito a chiudersi in camera, dove l’oscurità lo attendeva.

Il viso era serrato, consapevole che non poteva più tornare indietro e che ormai la sua fervida moralità era stata messa a repentaglio. Non lo avrebbe mai pensato ma era accaduto davvero.

Ripensò a cosa Klaus gli aveva detto il giorno della festa.

“Che cosa c’è fratello? Vuoi evitarmi il divertimento?" aveva domandato Klaus sarcastico dopo che lui l'aveva spinto in un angolo.

“Voglio evitare che tu combini i tuoi soliti casini. Non voglio che nessuno ci vada di mezzo, mi hai capito?”

“Per nessuno intendi Briony?"

Elijah era stato sul punto di prendere il fratello per il collo.

“So che sei stato tu a mandare quegli ibridi ad ucciderla. E il fatto che neghi non fa che peggiorare il risentimento che provo verso di te. Per una volta smettila di marchiare la nostra famiglia con le tue infamie"

"Ha parlato l'onorevole Elijah! Ma non é me che devi temere... Ci sono altre forze in gioco"

Klaus aveva guardato attentamente il fratello, il quale era rimasto in silenzio. L'ibrido lo interpretò come una risposta.

"Te ne sei accorto anche tu vero? Qualcosa sta arrivando. E io non ho intenzione di ritrovarmi sull'occhio del ciclone"

"Agisci come un vigliacco Niklaus, come sempre" aveva risposto Elijah duramente e sviando poi lo sguardo. Ma Klaus non aveva avuto intenzione di abbandonare la conversazione.

"Ognuno prende le proprie responsabilità come vuole... E allora tu.. Tu cosa sei disposto a fare? Fin dove potrai spingerti per proteggere la tua bambolina? E stai già minacciando tuo fratello con il quale hai un solenne giuramento." Lo aveva guardato con un’espressione di chi sa di sapere tutto, ma Elijah lo fulminò con lo sguardo.

"Per l'amor del cielo Klaus. É roba vecchia e sepolta"

"Il nobile Elijah che viene meno a un patto! Stai perdendo la tua retta via?"

Elijah lo aveva spinto verso il muro per farlo zittire ma Klaus aveva continuato.

"Qualunque cosa stia arrivando viene per la tua bambolina, che coincidenza! Chissà cosa vuole farle, non oso scoprirlo..." La faccia da canaglia di Klaus aveva dato a Elijah il fervido impulso di staccargli la testa ma era rimasto nel suo inquietante mutismo.

"Solo gli spietati potranno vincere. Che cosa non saresti capace di fare Elijah per tenere al sicuro la tua bambolina?"

Elijah l'aveva guardato con espressione durissima e se ne era andato senza degnare il fratello di una risposta. Ma la risposta l'avevano ricevuta le sue molteplici vittime, si era macchiato col loro sangue.

Non voleva sentirsi in colpa e non aveva nemmeno diritto visto ciò che era, ma Elijah sentiva un enorme vuoto dentro di sé. Dove c'era la sua moralità, i suoi valori, adesso non esisteva più nulla. Ogni cosa calpestata dalla sua perfidia.

Eppure in un momento di debolezza diede una forte manata contro l'armadio. Lo fece con violenza che quasi si fracassò, ma sinceramente non gli importò.

Il suo sfogo si inabissò nella sua maschera di freddezza e infine uscì dalla stanza.

Silenzio nel suo cuore, silenzio dappertutto.

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Era notte ma nel cielo sembrava ci fosse il sole. 8 punti nel cielo più grandi di qualsiasi stella. Era uno spettacolo magnifico e Ylenia se lo sarebbe goduto se solo non si sentisse in trappola.

A terra c'erano i resti del suo cellulare che Connor le aveva rotto non appena si era accorto che Ylenia aveva tentato di chiamare Briony. La strega guardava Connor con disgusto mentre lui era inginocchiato per terra nella foresta di Mystic falls. Grazie alla magia aveva creato un fuoco, i rami degli alberi si agitavano a causa del vento e le foglie da terra cominciavano a svolazzare intorno a lui mentre bisbigliava parole incomprensibili.

Ylenia guardava con occhi sgranati, quando Connor all'improvviso l'afferrò per il braccio senza tante cerimonie e la spinse a terra.

"Lasciami andare! Io non sono più una tua sottoposta, chiedi aiuto a uno dei tuoi tirapiedi"

"Tutti magicamente scomparsi. Mi rimani solo tu." rispose lui con un sorriso maligno.

Ylenia tentò di ribellarsi ma Connor la inchiodò a terra premendo un piede sulla sua schiena. Quel colpo avrebbe spezzato a chiunque la colonna vertebrale e Ylenia annaspò in preda alla sofferenza.

"Leggi." le ordinò mettendole sulla faccia una pagina del Libro bianco. Lei digrugnì i denti non intendendo assecondarlo, e così Connor la afferrò rudemente per i capelli per farsi obbedire. Ylenia alzò dolorosamente la testa e dopo alcuni tentativi di ribellione si arrese e pronunciò le parole scritte, mentre lui le teneva la mano per trasmettersi il suo potere.

Il fuoco divampò ancor di più, uno stormo di uccelli scappò via terrorizzato, mentre le nuvole si diradavano evidenziando di più gli 8 punti brillanti nel cielo.

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Briony si trovava al di fuori del Grill. Non ce la faceva proprio a restare in casa con tutto quello che era accaduto, e se fosse rimasta ad auto-commiserarsi sarebbe stato anche peggio. Aveva bisogno di pace, di serenità e di tenere alla larga il pericolo. Ma era stata una stupida a pensare che la sua vita potesse essere quantomeno normale. Che stupida davvero, ingenua sognatrice.

Si era appartata in un angolino del marciapiede per non essere avvicinata da nessun conoscente: sicuramente qualcuno le avrebbe fatto qualche domanda insidiosa e si sarebbe sentita la bile in gola nel ripercorrere quella dannata giornata e costretta persino a parlarne ad alta voce, rendendo il suo incubo ancor più reale.

Si sentiva un po’ in colpa per Rebekah… ma non poteva proprio sopportare di parlarne con un’altra persona, anche se questa l’aveva indirizzata alla scoperta. Era una questione troppo delicata e sofferta, e in maniera masochista voleva tenersi il logoramento solo per sé.

Sapeva benissimo che l’Originaria voleva sapere quanto lei la verità, che ne aveva il diritto in quanto sorella ma come poteva prendersi l’arroganza di sconvolgere anche lei? Come poteva rivelare una verità orribile a una persona cara su un’altra che amava? Non poteva addossare a Rebekah egoisticamente le sue disgrazie, piangerle addosso quando avrebbe solo peggiorato la situazione. E soprattutto… non poteva buttare come una lurida teppista un colore che stonava su un quadro già perfetto e che non meritava di venire macchiato. Non poteva far diminuire il rispetto che Rebekah portava a Elijah, la sua enorme stima, perché era una delle poche cose pure che il vampiro riceveva all’interno della famiglia. Non se lo meritava, una tale denigrazione alla sua persona no… non poteva rovinargli anche questo così pubblicamente e soprattutto il ricevere altri sguardi di delusione dalle persone che amava.

Sciocca innamorata forse, ma la devozione per lui prevalse e proprio per lui, nonostante tutto, decise di ingoiare il sapore aspro del dolore e tenerlo inciso nello stomaco, nel profondo a inaridirla, a sopportarlo da sola.

In un riflesso involontario si voltò verso il Grill e vide Matt che prendeva le ordinazioni. Povera Bex, chissà se c’era un’altra occasione per loro due… era incredibile tanto quanto masochista cercare di tenersi stretto l’amore quando, si sapeva, era l’arma che faceva star male entrambe e che non smetteva di incidere. Quell'angelo maligno che le proteggeva ma che le dannava.

Briony rivoltò lo sguardo in un sospiro. Avrebbe dovuto attendere e sperare di risolvere da sola quel casino… forse era una dimostrazione di forza rivelarsi indipendenti nel proprio dolore. Ma in quel momento non c’era nulla di forte nell’espressione scavata della ragazza. Come di un cucciolo che deve affrontare una tempesta senza una guida, un appiglio alla sopravvivenza.

Si odiava nel pensare a una simile cosa in quel momento, ma certe volte si era immaginata se stessa che guardava la finestra da dentro una casa ombrosa e lugubre mentre là fuori c’era una vita solare, normale che una parte di sé rimpiangeva in segreto. Era normale ammirare una cosa simile dopo tutti i problemi catastrofici che aveva affrontato e soprattutto perché la sua realtà non dannava solo lei ma chi amava.

Il destino che le avevano riservato non le piaceva, non poteva fingere su questo, ma d'altra parte non poteva rimpiangere del tutto ciò che aveva acquisito in quel lasso di tempo, le emozioni forti che aveva assaporato, le avventure che avevano condiviso; anche la più splendente delle gioie. Nonostante il dolore che ghermiva feroce il suo cuore, la malattia di cui era preda, non poteva abbandonare ciò che aveva trovato. Per quanto non fosse salutare, il suo cuore si allontanava sempre da quella finestra come se non potesse avere altro, come se fosse legata a doppio filo e si rifiutasse anche solo una realtà senza Elijah.

Se razionalmente c'erano grossi problemi senza pace, un dolore in grado di annientarli e un abisso che la aspettava, non riusciva a spostarsi dal punto in cui si trovava, come se fosse imbalsamata in quello che era il suo posto finché ci stava chi amava più di se stessa.

Briony sbuffò, ricollegandosi alla realtà. Che diamine, era andata lì per svagarsi un po’ e non poteva deprimersi ancor di più. E soprattutto non doveva pensare così scioccamente, era una situazione troppo pesante da ragionarci solo col cuore. Doveva farci i conti, non farsi annebbiare la realtà dai sentimenti… ma non quella sera.

Si sedette sopra il marciapiede e si mise a guardare lo spettacolo nel cielo per non pensare ad altro di deleterio. Non capiva perché la telecronista alla tv fosse stata così turbata per via di questo famoso allineamento dei pianeti. Era uno spettacolo celeste meraviglioso, come se nel buio 8 punti infuocati brillassero nella galassia.

Rimase ancora un po’ a guardare il cielo, quando all’improvviso sentì la terra tremare. All’inizio pensava che fosse la sua testa ad avere le traveggole e che stesse girando come in una giostra, ma era proprio il terreno sotto di lei a tremare come in un forte sisma.

Briony allarmata cercò di tirarsi in piedi ma cadde sbadata sopra l’asfalto perché le scosse si fecero sempre più violente, come se volessero spaccare ogni cosa.

Presa dal panico, cercò di gattonare via di lì ma ogni volta che si muoveva avvertiva un tremendo mal di testa, un ronzio fastidioso che le fischiava nelle orecchie e nel cervello. Sentì il sangue ribollire mentre alzò le mani per premerle alla tempia così da scacciare quel tremendo mal di testa.

Ma col passare del tempo andò sempre peggio. Briony non riuscì a non gridare dal male acuto alla testa, il cuore pompava troppo velocemente tanto che credeva di soffocare mentre la terra sotto i piedi continuava a tremare.

Nessuno sentiva le sue grida? Briony se lo chiese mentre cadde inerme a terra, ma ebbe il presentimento di non emettere nessun suono mentre spalancava la bocca, come se la voce le fosse venuta meno all’improvviso.

Si morse il labbro fino a sanguinare, augurandosi che tutto questo finisse alla svelta. La terra però continuava a tremare.

 

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Ylenia si fece prendere dal panico non appena sentì un forte sisma sotto i piedi e per poco non cadde su una pietra. “Sei pazzo Connor! Devi fermarti!” gli gridò a squarcia gola.

Lo stregone però se ne stava in piedi, completamente tranquillo con le braccia allargate e gli occhi chiusi, come se stesse esercitando un forte potere con la mente. Sembrava non accorgersi del casino che gli stava accadendo intorno.

All’improvviso gli 8 punti del cielo brillarono immensamente, come se si fossero avvicinati alla Terra scatenando qualcosa che non avrebbe mai dovuto accadere.

Connor aprì gli occhi con un sorriso soddisfatto e andò verso il fuoco continuando a blaterare magie oscure. Ylenia cercò di tirarsi in piedi e lo raggiunse:

“Se non vuoi fermarti di tua spontanea volontà, lo farò io” gridò prendendolo per il collo e scuotendolo con violenza come se volesse staccarglielo. Connor non fece una piega di dolore ma fu alquanto seccato per la sua intromissione, infatti lui stesso la afferrò per il collo con più forza e la scagliò lontano da lì.

Ylenia tramortì a terra senza un grido ma quando cercò di rialzarsi, il fuoco si allargò come se volesse bruciare ogni cosa e si paralizzò spaventata. Ma alla fine quel fuoco miracolosamente si spense. Senza lasciare fumo o cenere.

Doveva essere un buon segnale, la terra aveva smesso di tremare, non soffiava più vento gelido e il cielo era ritornato normale. Gli 8 punti non brillavano più con la stessa intensità, come se fossero semplici stelle.

Eppure Ylenia spalancò gli occhi inorridita, completamente sotto shock. Si alzò e si mise le mani nei capelli, stentando a credere a ciò che era avvenuto.

“Ci hai uccisi. Ci hai uccisi tutti” balbettò completamente shockata.

“No, ci ho salvati tutti” rispose Connor sicuro guardandola. Ylenia fissò il punto esatto in cui prima c’era il fuoco.  Anche se aveva tutte le gambe indolenzite alla fine prese coraggio e scappò a gambe levate.  Connor la lasciò andare questa volta; tanto ormai la strega aveva già fatto la sua parte e non gli serviva più.

Sul suo volto di pietra comparve un sorriso gelido e cominciò a camminare un po’ per la foresta. 

E aspettò…

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Caroline era uscita di casa per vedere con i suoi stessi occhi lo spettacolo dell’allineamento dei pianeti. Era giunta addirittura ai margini della foresta per vedere meglio visto che era in altopiano, quando era stata colta anche lei da un improvviso terremoto. La terra tremò per un buon quarto d’ora ma alla fine finì tutto in un silenzio inquietante.

Caroline si era guardata attorno sospetta e prese il cellulare per chiamare Tyler.

“Tyler hai sentito anche tu? Sì, l’avevano detto al telegiornale che poteva accadere una cosa del genere.. figurati non mi sono fatta niente! Quando vieni? E’ una serata bellissima, il cielo è stellato e non ti viene in mente niente?” rise maliziosa, invitando il fidanzato a venire subito.

Riattaccò e si inoltrò di più nella foresta. I suoi sensi di vampiro però captarono un rumore dietro di lei e si girò fulmineamente.

Non c’era nulla.. forse un animale ancora spaventato per via del terremoto..

Tornò a camminare ma si sentiva una brutta sensazione addosso… questa volta non udì nessun rumore ma un forte odore, come se qualcosa stesse andando a fuoco. Fece dei passi in avanti seguendo la scia dell’odore. Vide in lontananza una piccola luce, che poteva sembrare fuoco ma non ne era sicura. Il fuoco non agiva contro vento e per di più questo sembrava danzare su se stesso. Caroline sbattè le palpebre circospetta cercando di infiltrarsi tra gli alberi per vedere meglio.

Sentì quell’odore strano farsi sempre più potente e vicino come se il fuoco si fosse espanso, ma quando finì di attraversare gli arbusti, non c’era più nulla nel campo aperto.

Nessuna luce, né odore di bruciato né niente. Credeva sul serio di aver bevuto troppo  questa volta infatti le era sembrato che il fuoco, qualche attimo prima, stesse formando la sagoma di qualcosa… di una persona forse, ma non ne era sicura..

Alzò le spalle noncurante e decise di tornare indietro ad aspettare Tyler. Ma non fece molta strada perché si ritrovò davanti qualcuno.

Come aveva fatto a non accorgersi della sua presenza? Se le era ritrovato completamente faccia a faccia e Caroline istintivamente arretrò spaventata. Quel qualcuno sembrava un ragazzo normale, vestito di stracci rotti e malmessi, aveva i capelli disordinati e la guardava come se fosse uno spettacolo da circo.

Caroline deglutì e cercò di apparire normale. D’altronde non aveva nulla da temere… lei era un vampiro..

“Hai bisogno d’aiuto?” domandò gentilmente.

Il ragazzo però non appena udì la sua voce, sgranò le pupille come se fosse stato pizzicato a un fianco e le balzò addosso, veloce e silenzioso come il vento. Ma forte come una pietra.

Caroline urlò.

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Era stata proprio una nottataccia per Briony. Non era riuscita a chiudere occhio anche se il terremoto era finito quasi subito, ma il mal di testa era rimasto persistente. Come un forte trapano che non la voleva lasciare in pace. Si sentiva tutta indolenzita, persino il cuore le faceva male come se ci fosse dentro uno spillo.

Si massaggiò la testa mentre beveva un caffè al Grill. Tutti non facevano che parlare di cosa era successo l’altra notte ma per Briony era un’altra serata da bollino nero.

Il cielo là fuori sembrava squarciato da nuvole nere che non promettevano nulla di buono. E dire che era piena primavera.

Briony borbottò qualcosa tra sé e sé pensando che Mystic Falls era un posto maledetto, quando vide la sorella entrare al Grill. Le fece subito segno di venire al suo tavolo e Caroline la raggiunse subito. Quando si sedette, Briony notò che aveva qualcosa di strano.

“Stai bene? Sembra che tu abbia passato una notte peggiore della mia” disse la sorella maggiore preoccupata.

Caroline infatti aveva i capelli arruffati – davvero strano per lei – gli occhi blu circondati da occhiaie nere come se non avesse dormito anche lei. Era mortalmente pallida.

Briony le toccò la mano sinceramente preoccupata, e la biondina alzò di scatto la testa come se non avesse sentito la sua domanda di prima. “Sto bene Briony… ieri sera… è successo qualcosa di strano, ma nulla di grave..”

La mora aggrottò la fronte: “Sei sicura? Che è successo? C’è stato il terremoto ok, ma non ci sono stati danni.”

“No infatti non è mica per quello…. Solo che nella foresta… c’era qualcosa di strano..” Caroline non la guardava nemmeno in faccia, aveva persino perso il classico sorriso.

“E dimmi che cosa c’era. Qualche alieno?” domandò Briony con una risatina ma Caroline rimaneva terribilmente seria.

La vampira sviò poi le domande con una mano: “Niente, niente. E comunque sto bene, al massimo ne parlerò con Stefan.”

Però Briony non ne era affatto convinta perché Caroline sembrava uno zombie e la cosa non le piaceva:

“E perché non puoi parlarne con me? Lo sai che puoi contare su di me per qualunque cosa, d’altronde sono la sorella maggiore.” Le rivolse un sorriso per farla tranquillizzare ma non ottenne il risultato sperato.

Alla fine sospirò continuando a guardare le condizioni pietose della sorella, quando vide entrare Elijah.

Il cuore subito galoppò nel petto non appena lo vide. Le venne in mente che l’altra sera, quando era immersa nel suo stato confusionale tra mal di testa, dolori dappertutto e terremoti, lei aveva preso il cellulare per chiamarlo.

In quel momento di pericolo aveva pensato ad unica persona. Solo a lui.

Quando era in pericolo lei lo chiamava, quando aveva bisogno lui c’era per lei. Le labbra formavano sempre il suo nome in un’invocazione di aiuto.

Sarebbe riuscita a farne a meno dopo aver scoperto quella tremenda verità al mattatoio? Per un attimo era riuscita a dimenticare il loro litigio l’altra sera ed era stata sul punto di chiamarlo perché lo voleva con lei, ma c’era stata una forte scossa e il cellulare alla fine era caduto chissà dove.

Si morse il labbro nervosa mentre lo vedeva dirigersi al bancone, elegante come sempre. Lui non l’aveva ancora vista o forse voleva ignorarla di proposito.

Le faceva male il cuore… ma non per il mal di testa della scorsa notte… sembrava che Elijah possedesse il suo cuore e in base alle circostanze della loro relazione, questo scoppiava dalla gioia più totale e completa, o si dilaniava per una lenta e triste agonia.

Elijah ad un tratto girò il viso verso di lei e i loro occhi, verde e nero, si incatenarono. Briony restò incollata alla sedia mentre Caroline sembrava una zombie, e Elijah a sua volta rimaneva immobile come una statua.

L’Originario non mostrò nessuna emozione in quel lasso di tempo breve e infatti si girò dall’altra parte, camminando per uscire via di lì.

Briony deglutì continuando a non togliergli gli occhi di dosso, ma prima che lui uscisse qualcun altro entrò nel Grill.

Erano due forestieri a quanto si vedeva, una ragazza e un uomo, quest’ultimo poi squadrò Elijah con sguardo veramente duro mentre la ragazza avanzò indifferente.

Elijah, accortosi del suo sguardo, ricambiò con fredda disinteresse ma Briony da quella distanza non seppe tradurre la sua espressione.

Alla fine Elijah girò il viso e senza dire nulla si incamminò per uscire in un completo silenzio che squarciava le grida del bar. Il forestiero restò un attimo ad osservarlo ancora e poi finalmente si girò e raggiunse l’altra ragazza.

Briony a sua volta non riusciva a non stoccare loro gli occhi di dosso perché le sembrava di conoscerli… eppure non li aveva mai visti, di questo era sicura.. ma avevano qualcosa di familiare.. come se appena li aveva visti avesse riconosciuto qualcuno di identico a lei.

Continuò ad osservarli non riuscendo a farne a meno, mentre la ragazza si separò dal suo compagno e si diresse a un tavolo lì vicino, e chiese a due ragazzi dove poteva trovare lo sceriffo. I due interlocutori dissero che era fuori servizio a quell’ora e la ragazza rispose acidamente che ovviamente era fuori servizio visto le condizioni drastiche della città. E borbottò qualcosa fra sé e sé a proposito di congiure e alleanze ma Briony non riuscì a sentire bene.

La ragazza alzò poi il viso e incontrò quello di Briony. Quest’ultima fu percossa da un brivido e non ne sapeva nemmeno il motivo. Era una ragazza normalissima, capelli lunghi castani e gli occhi scuri, di altezza media e molto magra. Sembrava davvero una forestiera dal tono in cui parlava e dai lineamenti del viso. Normalissima... eppure Briony ebbe una bruttissima sensazione.

L’altro ragazzo – poteva avere sì e no 30 anni – raggiunse la sua compagna a passi decisi e nel farlo spintonò maleducatamente qualcuno. Esteticamente era bello, aveva gli occhi e i capelli scuri lunghi fino alle spalle, ed era molto alto e muscoloso come se passasse tutte le ore in palestra. Anche lui un normale forestiero, ma nel vederlo in faccia Briony ebbe un’altra bruttissima sensazione. Si sentì raggelare ed ebbe l’impulso di voler uscire di lì.

“Qui nessuno ci sarà utile ma l’avevo previsto maledettamente. Andiamo all’ospedale.” ordinò lui severo come se la ragazza fosse la sorellina minore. Lei fece una risatina nel girarsi verso di lui, quasi tutto facesse parte di un gioco.

Caroline a sua volta si girò non appena aveva udito la voce del forestiero e subito sbiancò allibita. “Per tutte le feste di Mystic Falls..” mormorò sconcertata sgranando gli occhi.

Briony la guardò e fu sul punto di commentare quel suo nuovo detto, quando gli occhi saettarono all’improvviso sul proprio braccio scoperto. Non aveva indossato la giacca quella mattina, portava solo una t-shirt anche se faceva freddo. Ma non era quello il punto…  sul braccio c’era dipinto qualcosa… come dei simboli strani che lei non aveva mai visto, e spalancò la bocca inorridita.

Sbattè le palpebre, ma quando lo fece non c’era più nulla nel braccio.

I simboli erano completamente spariti e la pelle era chiara come sempre. Briony deglutì, credendo di essere pazza sul serio e pensò di chiedere a Carol Lockwood di fondare un manicomio in quel posto maledetto in cui tutti erano strani.

Deglutì ancora e alzò poi il viso. Il suo sguardo finì direttamente verso i due forestieri che erano sul punto di andarsene. Briony li vedeva di schiena ma all’improvviso notò qualcosa nei loro bracci destri che prima non aveva notato…. anche loro avevano disegnati dei strani e grandi tatuaggi, gli stessi simboli che lei un attimo prima aveva visto sul proprio braccio.

Spalancò gli occhi non sapendo cosa fare né cosa dire. I due forestieri avevano girato metà viso verso di lei nello stesso momento, e una morsa di ghiaccio strinse il cuore di Briony.

Contemporaneamente i due si girarono dall’altra parte e se ne andarono per la loro strada.

Caroline a sua volta continuava a rimanere girata a guardare verso il forestiero ma anche lei non fece nulla, sembrava paralizzata quanto la sorella.

Briony si riguardò il braccio ma fortunatamente non vide più nulla... Che altro stava accadendo? Possibile che non ne avevano avuto abbastanza? Un altro male stava per sopraggiungere, peggiore ancora degli altri e doppiamente letale.

Non seppe perché, ma a Briony vennero in mente le parole di Ylenia. Così istintivamente…

Fuoco e sangue.

 

FINE CAPITOLO

Allora allora… perdonate il mio ritardo ma spero di aver rimediato con questo lungo capitolo! Sfortunatamente in questo periodo sono sempre impegnata, ho mille cose da fare e il tempo per scrivere è poco L Mi dispiace di farvi attendere, ma intanto voi vi ripassate i miei poemi Ahah!

Allora dovete fare attenzione a questo. IL CONNOR DELLA MIA STORIA NON E’ IL CONNOR DEL TELEFILM. Hanno lo stesso nome è vero, ma è una coincidenza. Non sono per nulla la stessa persona, infatti avevo già messo quel nome nel primo flashback di Ylenia. E poi Connor è interpretato da un super mega fusto, che anche se ha l’età di mio padre ha ancora fascino: Luca Ward http://www.tronisti.altervista.org/news/wp-content/uploads/2010/04/Luca-Ward.jpg

Immaginatelo mentre parla.. io già svengo ahah!

Spero che avete indovinato chi siano i due forestieri al Grill! Dai è facile anche se non l’ho detto espressamente!

Da questo momento in poi succederanno sempre delle cose importanti… alcune non vi piaceranno presumo… Ahimè!

Spero di non avervi deluso, e se avete qualcosa da chiedere fate pure J Attendo tanti vostri commenti J

Vi traduco queste frasi che ho voluto mettere in francese visto che Connor ha conosciuto Ylenia in Francia.

*Addio

** Per favore

** * Povera ragazza

E la frase di Elijah “Andrei all’inferno pur di impedire che ci finisca tu” l’ho presa da Eclipse. Boh mi sembrava adatta alla situazione ahah Non ammazzatemi please!

Bacioni

-Elyforgotten

 

 

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Capitolo 26
*** Change ***


AVVISO: Le vicende della fanfic non hanno niente a che vedere con ciò che sta succedendo ora nel telefilm. Non c’è nessuna cura per il vampirismo (figuratevi se trasformo Elijah in un umano xD), non c’è nessuna mappa, nessuna spada del destino, il mio Connor non è il Connor del telefilm. L’ho specificato altrimenti fate confusione J Buona lettura

22 capitolo

Eppure ogni uomo uccide ciò che ama.

O. Wilde

 

Gwendolyn era sempre stata una ragazza chiusa, che non amava troppo la compagnia né le grandi feste. Lo si poteva prendere per freddezza come nel caso di Elijah ma non si trattava di quello: lei ci teneva a tenere i propri sentimenti per sé, solo lei ne era la depositaria, e nessuno quindi avrebbe potuto abbatterli e usarli contro di lei.

Quel giorno si ritrovò a pensare a lontani ricordi del passato, tutti perduti ma sempre vicini al suo cuore, che si era raggelato e indurito per colpa di un mostro.

Tutti i suoi sentimenti da allora si erano tramutati in odio implacabile, aveva tagliato i ponti con la sua umanità, raggelandosi l'animo per sempre. Sarebbe riuscita a trovare consolazione solo con la vendetta, combustibile ancora meglio del sangue.

Si ricordò dello scontro con suo fratello Elijah di qualche giorno prima.

"Se non fossi mia sorella ti avrei già strappato il cuore" aveva sbottato lui entrando all'improvviso nella sua stanza.

Gwendolyn non si era presa neanche la briga di girarsi. Stava seduta di fronte allo specchio intenta a pettinarsi.

"Di cosa mi accusi esattamente?"

Elijah le fu dietro. La sua presenza incombeva minacciosa ma l'Originaria non aveva fatto una piega.

"Tu ti sei alleata con Klaus per uccidere Briony la notte dell'incendio" mentre pronunciava quelle parole, qualsiasi persona sarebbe stata convinta che Elijah le avrebbe rotto il collo di netto.

Ma Gwendolyn si era fatta una risata:

"Io allearmi con Niklaus? Da dove ti esce?"

Intuendo però che la discussione non avrebbe portato a nulla, Gwendolyn aveva deciso di non mentire. Era sicurissima che Elijah nonostante tutto non le avrebbe fatto nulla. Avrebbe alzato un po’ la voce, ma comunque sapeva gestirlo.

"L'ho fatto per il tuo stesso interesse sai? Quando c'è una guerra, qualcuno deve morire" aveva risposto lei cercando di alzarsi.

Elijah glielo aveva impedito, sbattendole la mano contro la spalla per ordinarle di sedersi. Gwendolyn si era voltata verso di lui con sguardo truce.

"Qui l'unica che vuole la guerra sei tu. Finiscila oppure.. "

Gwendolyn si era tolta le sue mani di dosso.

"Dannazione non ti entra in testa? Briony é una minaccia, un pericolo a cui tu hai deciso di esporre tutti noi! Stai condannando la tua famiglia, Elijah."

Il fratello le aveva rivolto uno sguardo durissimo:

"Sai meglio di me che Briony  non ha mai fatto nulla di male, é innocente"

"Sì innocente come Charlotte! Attento che potresti essere assaltato nel letto come é successo a me" Aveva risposto lei con ironia, ma anche con un po’ di amarezza.

Lo sguardo di Elijah allora si era ammorbidito:

"Uccidere Briony non riporterà indietro tuo marito né ti ripagherà per ciò che hai dovuto sopportare. Non puoi darle colpe che non ha"

Il fatto che suo fratello continuava a difendere quel mostro, le faceva saltare i nervi:

"Quindi qual'è la tua idea? Vivere tutti assieme come un’allegra famigliola? Patetico."

La reazione di Elijah non si era fatta attendere.

"Se non fai come ti dico, te la farò pagare."

Gwendolyn però aveva riso alzandosi dalla sedia.

"Cos'è, vuoi mettermi anche tu in una bara? Hai passato gran parte della tua vita a cercare di liberare me e gli altri nostri fratelli dalle grinfie di Klaus, e ora ci vuoi rimettere nella medesima bara? Oltre al disastro della mia vita devo anche sopportare la visione di mio fratello innamorato di un mostro!" aveva sibilato lei sprezzante.

Elijah era scattato a quel punto:

"Attenta! Non parlare così di lei, non ti permettere."

Gli occhi di Elijah le avevano mandato lampi gelidi. Gwendolyn ne fu indispettita, arrabbiata. Ferita. Non era riuscita a rispondere questa volta.

"La mia pazienza é arrivata al limite. Se superi ancora il confine, ti avverto che le conseguenze non saranno piacevoli" aveva aggiunto lui glaciale.

Gwendolyn allora aveva serrato i pugni, mettendosi faccia a faccia.

"Non ho paura di te. Non mi devo vergognare se cerco di uccidere un mostro che può nuocere alla nostra famiglia. Le mie mani sono pulite. E le tue invece?" aveva domandato allusiva. Elijah di rimando era diventato una statua di pietra.

Gwendolyn poi aveva rafforzato la dose con un sorriso maligno.

"Forse sono state già sporcate un po’ dal sangue di quella puttanella, che atrocità"

Elijah a quel punto aveva serrato duramente le mascelle come se stesse per esplodere. Ma invece era andato dritto alla porta, aprendola con furia.

"Vattene"

Gwendolyn era rimasta calma, mettendosi le mani ai fianchi.

"Questa é camera mia"

Quando si era voltata verso Elijah la sua espressione raggelante l'aveva colta davvero di sorpresa.

"Fuori." aveva ordinato lui ancora  "Fuori da questa camera e da questa casa. Tu non ci rimetterai mai più piede, mai più." Il suo era stato un sibilo spietato, lento da far rabbrividire. Gwendolyn era rimasta completamente paralizzata.

"Tu te ne andrai entro domani. Non ti voglio vedere mai più Gwendolyn." Il suo essere così spietato e duro, fece quasi crollare l’Originaria. Aveva gli occhi sgranati, le labbra tremanti. Mai si sarebbe aspettata che proprio Elijah ripudiasse la sua stessa sorella per una lurida sgualdrina. La delusione bruciante non era tardata a farsi sentire.

Si era avvicinata a Elijah con passi veloci. Lo sguardo pieno d'odio. Delusione.

"Ah sì?? Allora non sei tanto diverso da Klaus come dici! Dov'è il tuo onore quando proteggi quel mostro? Dov'è la giustizia in tutto questo? All'inferno la tua puttana. All'inferno Klaus. E All'inferno anche tu!" sputò le ultime parole e si era dileguata fuori dalla stanza con furia. Nel percorso era andata a sbattere contro Rebekah che aveva chiesto cosa diamine era successo. Non aveva ottenuto risposta né da Elijah né da Gwendolyn.

Quest'ultima ritornò al presente, lasciandosi dietro i ricordi. Era ancora in quella casa tuttavia. Non aveva paura di Elijah e nemmeno delle sue minacce. Le avevano fatto male come se avessero fatto breccia sul suo cuore gelido, ma andarsene sarebbe stato come ammettere di aver sbagliato. E lei sapeva invece che era nel giusto, Elijah era troppo emotivamente coinvolto per pensare in maniera razionale.

Briony doveva morire.

E Gwendolyn sarebbe andata avanti finché ciò non sarebbe accaduto.

La vampira non era una codarda come Klaus, che si nascondeva dietro ai suoi ibridi o peggio scappava, lei aveva altri piani in mente.

In quel momento stava sistemando dei fiori in cucina dentro un vaso. Le era sempre piaciuto raccogliere fiori, dedicarsi a loro con cura ed esalare il loro profumo. Almeno quella voglia umana non se ne era andata.

All'improvviso alzò il viso proprio verso la finestra che dava al giardino, e i suoi sensi subito captarono qualcosa di strano. C'era qualcuno lì ad osservarla.

Conscia di chi aveva appena visto, Gwendolyn sgranò gli occhi, lanciò un'imprecazione e le mani tremanti fecero scivolare il vaso per terra.

Il rumore del fracasso fece accorrere Kol in cucina che le chiese cosa diavolo era successo. Gwendolyn era ancora paralizzata, pallida, al limite dello shock.

Ma fuoriuscì subito dal suo stato catatonico e si diresse a velocità smisurata fuori da quella casa, accorrendo in giardino. Il viso continuava a girarsi ad ogni angolo cercando di captare ogni minimo movimento, di tentare di percepire altre presenze.

Ma non ci fu nulla. Che se lo fosse immaginata? La realtà in quella sottospecie di città era assurda fino a farti diventare pazza. Era così ossessionata dal suo passato che vedeva fantasmi. Non poteva essere reale...

Eppure continuò a guardarsi attorno guardinga e sospettosa. 

Kol la raggiunse: "Si può sapere che c'è? Devo riportarti a follilandia, sorella?"

Gwendolyn gli sorrise ilare ma non riuscì a prolungare il sorriso perché il sospetto e lo shock di prima erano ancora vivi in lei. "Qualcosa sta arrivando. E non é nulla di buono"

 

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Briony continuava a guardarsi il braccio anche quando gli occhi per lo sforzo finirono per appannarsi o bruciare. Eppure non vedeva più nulla. Né quello strano tatuaggio che aveva visto, né nient’altro. Lo aveva notato solo per un fugace secondo in cui magari la follia aveva preso il sopravvento sul cervello e se l’era quindi immaginato.

Ma gli altri tatuaggi che aveva visto sui bracci di quei forestieri? Anche quelli erano frutto della sua immaginazione, oppure c’era qualcos’altro sotto? Qualche altro male pronta a colpirla.

Non volle pensarci. Non doveva neanche farlo. Con tutto ciò che aveva in mente non poteva pensare a tatuaggi che comparivano dal nulla o a due semplici forestieri.

Qualcos'altro di più importante le attagliava il cuore, lo serrava in una morsa di ghiaccio fino a farlo crepare in piccole ferite che le facevano sanguinare dall’interno.

Elijah.

Possibile che un minuto prima era disposta a dargli tutta se stessa, perfino il suo cuore, perfino l’anima, mentre un minuto dopo aveva paura di ciò che fosse capace di fare e aveva timore che l’avrebbe deteriorata e spezzata tra le sue braccia infernali? Sentiva come di avere un cappio al collo che si stringeva sempre di più ad ogni pensiero che argomentava lui; e già il cuore le faceva dolorosamente male, tamburellava troppo nel petto.

Non riusciva a staccarsi dalla mente l' immagine che aveva visto in quel mattatoio lontano dal mondo... tutto quel sangue... tutto quel male di cui lei non ne era affatto consapevole… Aborriva l’immagine di un’Elijah capace di simili atti... forse perché aveva sempre tentato di preservare una visione di lui quasi umana. Aveva forse sbagliato a farlo? Di mettere la testa sotto la sabbia o di tenere gli occhi chiusi?

Il sangue era vita per Elijah, non poteva viverne senza. Ma lei ne era rimasta comunque disgustata nell’avercelo addosso, con i vestiti marchiati da tutto quel sangue colpevole. Quell'orrore disumano.

Ebbe di nuovo le vertigini e il voltastomaco. Si mise la mano alla fronte e percepì che le stava salendo la febbre. Da quando c’era stato il terremoto a Mystic Falls aveva sempre mal di testa, faceva incubi, sentiva il mondo crollarle addosso e nessuna certezza.

Non riconosceva nemmeno più l’immagine che vedeva allo specchio. Si sentiva un’estranea ai suoi stessi occhi, come se qualcosa in lei stesse cambiando… mutando.

Si sedette stancamente sopra il letto e poi sentì dei passi avvicinarsi in camera sua. Il cuore subito le balzò in gola ma rimase seduta dov’era.

In lui almeno non era cambiato nulla a prima vista. Sempre gli stessi passi eleganti e soppesati, il fascino magnetico e gelido. La pelle diafana.

Nonostante ciò che aveva pensato qualche secondo prima, comunque si sentì confortata dal fatto che lui fosse ancora al suo fianco, che almeno la sua unica certezza non era ancora crollata come le altre... cioè che lui non l’avrebbe mai abbandonata.

Si lasciò avvolgere da quel calore improvviso e mise le mani lungo le coperte del letto, rivolgendogli un sorriso timido.

Elijah invece si accomodò lungo la parete, appoggiandone la schiena, e rivolgendo a Briony uno sguardo vacuo e privo di interesse.

“Volevi parlare?” chiese lui stando nell’ombra. Quel gelo e quello sguardo fecero in modo che ogni calore scomparisse del tutto in lei.

Briony deglutì:

“Come stai?”

Elijah le sorrise aspramente:

“Credo che questa non sia propriamente la domanda che assilla la tua mente."

"Non puoi rinfacciarmi di aver avuto quella reazione. Qualunque persona normale l'avrebbe fatto." rispose lei automaticamente, andando dove voleva andare a parare.

"Qualora te lo fossi scordato io non sono un essere umano, Briony." rispose lui gelido e piatto come la lama di un rasoio.

La ragazza allora sentì un tuffo al cuore già torturato:

"Io non voglio che baratti i tuoi ideali, la tua umanità, per la mia protezione. Non posso accettarlo." ripetè nuovamente.

Elijah la fissò stando nell’ombra e lei non riuscì a scorgere con attenzione la sua espressione. Intuì però che si era raggelato.

"Hai nient'altro da dirmi?" domandò lui indifferente.

"Perché, dove devi correre?” chiese lei alzandosi dal letto e guardandolo attentamente.

Elijah ricambiò lo sguardo senza alcun timore, senza alcuna emozione. Sembrava essere diventato il blocco di ghiaccio che era quando lei lo aveva conosciuto.

"Affari personali." la liquidò con queste semplici parole.

Briony si morse il labbro, avendo ancora l’istinto di fargli numerose domande, di fermarlo e di penetrare quell’armatura che lui aveva indossato di nuovo.

Lui la anticipò:

"Se tu vuoi gettare via la tua vita in questo modo fai pure.. Ma non ti aspettare che io resterò a guardare."

Briony scosse la testa:

"E allora spiegami che sta succedendo in questa città." La spiegazione che lui le aveva elargito uscendo da quella cascina non le era bastata. Voleva saperne di più. Voleva impedire che qualcosa di male capitasse alle persone a lei vicine. O a chi non c'entrava.

Elijah la guardò ancora con uno sguardo gelido, come se in ciò dicesse che non aveva alcuna voglia di raccontarle niente. Si era di nuovo rinchiuso all’interno della sua armatura di ghiaccio.

Il vampiro si mise poi la mano sopra le labbra: "Quante persone sanno la verità su di te?"

Briony sbattè le palpebre colta in contropiede. “Un bel po’ direi. Come te, penso che Damon sappia qualcosa. E lui si sarà sicuramente confidato con Stefan, il quale ne avrà parlato con Elena..”

In pratica il suo segreto non era più un segreto ormai. Ma non vedeva cosa c’entrasse con la domanda che gli aveva riposto.

Fissando però lo sguardo tetro di Elijah, intuì i suoi pensieri nascosti e rabbrividì di paura.

“Vorresti che massacrassi i miei amici?” domandò allibita e shockata. Per Damon non gliene importava poi molto-.. ma Stefan, Elena… con quest’ultima non aveva ormai più rapporti ma aveva giurato a John prima di morire che si sarebbe presa cura di lei e di Jeremy. Farla morire per mantenere il suo segreto e impedirle qualche mossa nociva, non rientrava proprio nel giuramento.

“I tuoi amici massacreranno con piacere te.” rispose Elijah seccamente senza un briciolo di ripensamento. Lui era disposto a far tacere per sempre chiunque sapesse il segreto di Briony e intendesse usarlo contro di lei. Non si fidava di nessuno, tanto meno dei Salvatore. In quell'istante della sua vita ogni mezzo era lecito.

“No, no.. Ferma i tuoi pensieri. Subito. Non voglio che qualcuno ci vada di mezzo a causa mia.”

Elijah allora la guardò dritto in fondo agli occhi, come se volesse perforarli. Sviò poi lo sguardo con un sorriso gelido.

“Incredibile. Sei disposta a sacrificarti per persone che nemmeno lo meritano. A cosa è servito salvarti quel giorno se poi intendi di nuovo fare la martire, me lo spieghi?” domandò duro e tagliente, quasi quelle parole fossero veleno. Si girò verso di lei nell’ultima frase, come se volesse intrappolarla nel suo sguardo di ghiaccio.

Briony trasalì per il suo tono di voce. Ricordare quel giorno le faceva ancora male, le portava via l’aria dai polmoni, le aveva sconvolto lo spirito, e il fatto che lui ne parlasse così le provocava altro male.

Intuendo che l’aveva duramente colpita, Elijah cambiò espressione ammorbidendola di poco. Si avvicinò piano, alzando la mano per scusarsi.

Lei tuttavia si ritirò:

"Conosco la morte più di quanto tu sappia. L’ho conosciuta ben prima di incontrarti. L’ho vista sugli altri e l’ho toccata con la mia stessa pelle. So cosa voglia dire. Ma non sono così egoista e spregiudicata da permettere che si esegua a causa mia e poi far finta di nulla. Non posso. Non posso proprio.”

Elijah la osservò, abbassando la mano lungo il fianco. Sembrava apatico come una statua e il solo movimento che riuscì a scorgere in lui fu lo sviare dello sguardo e il mettere una mano dentro la tasca.

“Comprendo che questa situazioni ti pesi. Ti conosco, più di quanto tu creda. Una delle tante ragioni per cui all’inizio ti volevo lontana è perché non potevo permettere a me stesso e a te di entrare in questo circolo vizioso di morte e sangue.” Il tono distante era perso nei ricordi, annebbiato dal rammarico e dal tormento. E dalla sua condizione di Originario.

“Ma Briony… d’altro canto tu hai sempre saputo chi ero, chi fossi realmente. Purtroppo la morte è uno dei tanti effetti collaterali di stare con un vampiro.”

Lei alzò lo sguardo su di lui. Sapeva benissimo a cosa andava incontro, quel discorso non c’entrava con la sua natura d’Originario e pensava che ormai avesse capito il suo punto di vista. Era per lui che lei temeva, per il suo vero se stesso.

Fece un azzardato passo in avanti, scollegò il cervello e abbandonò tutte le paure di poco prima, per concedersi a lui:

“Avrei potuto scegliere di avere con me un umano. Ho rischiato e so benissimo a cosa andavo incontro. Questa è Mystic Falls, la città stracolma di vampiri e avrei anche potuto scegliere qualsiasi altri di loro… ma io ho sempre voluto solo te.” Gli mormorò sincera toccandogli una guancia.

Elijah rimase a guardarla, come se stesse valutando la situazione e sul da farsi. Era la prima volta che si sentiva su un così sottile filo emotivo; lo si poteva scorgere da come serrava lo sguardo, da come si approfondivano gli occhi, da come cercava di sviarli per riprendere la solita calma. Così fece, ma abbassandole giù la mano e tenendo alcune dita legate tra loro. Lo sguardo era rivolto verso di esse, aveva deciso di far schiacciare la stanza dal silenzio.

Mentre lei sentiva solo delle scariche elettriche a quel contatto, così forti, disorientanti e accese da ordinarle di indietreggiare per scampare il pericolo. Guardando le loro mani attraverso quelle sensazioni di tensione, decise di ritornare sulla strada che aveva cominciato a percorrere in precedenza, decidendo di pagarne ogni conseguenza.

“Non tutto però può essere giustificato.” Disse in un sussurro fuoriuscito nel buio della sua mente e poi nella realtà. Slacciò le loro mani. "“Quello che mi pesa più di tutti è restare inerme. Non trovo accettabile che tu faccia questo e io mi debba stare zitta. Se la situazione di questi nemici mi fa paura, la nostra allora…” perse le parole, non sapendo come andare avanti per paura di offenderlo o ferirlo.

Tenne lo sguardo abbassato, come difesa, ma sentì comunque il vampiro sorriderle in maniera enigmatica, quasi ammaliante, da predatore felino. Lo sentì avvicinarsi e le sue dita gelide percorrerle il collo. Sentì i nervi scattare.

“Cosa, Brony? Allora, cos’altro ci sarebbe? Hai davvero così paura di me, Briony?”

La sua pareva una cantilena di morte, ipnotica. Una provocazione di cui soltanto chi la lanciava poteva vincere. Il respiro fresco di Elijah le solleticò le guance, facendole avvampare. Come d’abitudine, il tono profondo della sua voce, il suo respiro su di sé, la sua vicinanza stretta le fecero venire le vertigini e Briony chiuse gli occhi, vinta da quell’incantatore di serpenti.

Non osò fiatare mentre lui appoggiava la guancia contro la sua; la mano continuava a restare sul suo collo, massaggiandone lievemente la pelle.

Briony si sentì avvolgere da uno strano senso di beatitudine e rimase immobile contro di lui.

"So che quello che ho fatto ti ha sconvolta... Ma devi cercare di capire." mormorò lui poi, restando in quella posizione.  Il suono della sua voce le arrivò all’orecchio e Briony aprì gli occhi. Di nuovo una marea di flashback le invasero la mente e deglutì.

Capiva che lui in qualche modo voleva proteggerla da tutto, dai suoi nemici, dal mondo intero. Ma non tollerava il modo in cui l’aveva fatto, come aveva agito, come glielo aveva tenuto nascosto...

Lui sembrò leggerle nel pensiero.

"Non conosco altro modo. Sono sempre stato così." Rispose fermo, scostando un po’ il viso.

L’Elijah che prende sempre in mano le situazioni più critiche e le risolve a modo suo, non importa chi ci vada di mezzo se sono in pericolo le persone che ama. Non ci deve essere nessun ostacolo nella sua strada altrimenti lui lo rimuove con un battito di ciglia.

Di nuovo le sembrò di ritornare indietro nel tempo.

"Ma tu sei cambiato, per me." mormorò lei titubante guardandolo negli occhi.

Lui allora la fissò con una strana espressione.

"Sì, per te." rispose come se la stesse colpevolizzando di essere tornato a provare qualcosa che non era più in diritto di provare e che ormai aveva spento sapientemente da centinaia di anni.

Amare Briony gli faceva male. Gli stava procurando delle ferite che mai avrebbero voluto si aprissero, lo costringeva a scendere a patti con i suoi ideali, ad abbassarsi a provare sentimenti, debolezze che gli ustionavano il cuore gelido.

Il sentimento che prevaricava tutti gli altri era la sofferenza che aveva sentito quando era morta. Era quello che gli faceva più male. E si era promesso a se stesso che non l’avrebbe mai più provato.

Briony lo intuì e provò un forte rammarico nel non poter alleviare il suo dolore. Lei non chiedeva nient’altro, solo di poter vivere una vita serena con lui. Senza che nessuno li calpestasse o tentasse di fare loro del male.

Ma erano solo sogni che ormai erano stati schiacciati duramente dalla realtà.

“Scusami... Dimmi che cosa posso fare per te, come posso aiutarti.” sussurrò lei benevola sfiorandogli il braccio in una carezza. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di cancellare il tormento che scorgeva dietro al ghiaccio dei suoi occhi.

“Resta in vita Briony, è tutto quello che ti chiedo.” rispose lui fermamente.

Lei abbozzò un sorriso. “Nemmeno io ho tanta voglia di morire se è questo che ti preoccupa, ma prima...” Lo guardò seriamente negli occhi, prendendogli la mano “Promettimi che non andrai mai più in quel posto… che mi dirai sempre tutto.”

Elijah la guardò con espressione impassibile. La reazione di lei allora non tardò a farsi arrivare: “Non puoi pretendere che accetti una cosa simile... non con te.”

Non voleva giudicarlo né fargli pesare che fosse diverso da lei. Aveva accettato da tempo Elijah per quello che era, ma vederlo soccombere alla cosa che lui odia di più era devastante. Lei non voleva che lui fosse così, non per se stessa, ma per lui.

Aveva paura che Elijah si trasformasse nel mostro che fingeva e allo stesso non fingeva di essere.

“Sono scelte mie, Briony. Le prendo esclusivamente io.” Rispose lui orgoglioso.

Lei lo guardò di traverso sentendo un formicolio fastidioso nel corpo.

“Non trattarmi come un tuo sgherro. Sono la tua donna, Elijah. E questo significa anche condividere i problemi e i guai. Per cui…” tenne lo sguardo più serio possibile. “Avrai intenzione di dirmi chi è quel famoso lui che è sulle mie tracce? Sono comparse nuove persone in città, dovrei preoccuparmi di qualcosa?”

Vide Elijah irrigidirsi e sviare subito lo sguardo, così come tutte quelle domande spinose. Il suo pesante silenzio voleva significare tutto e niente; le diede la schiena cominciando a camminare per la stanza, si immobilizzò proprio davanti la porta.

Tutti e due avevano lo sguardo tirato nell’ombra.

“Sono stanca che tu non ti confidi con me, che mi tieni esclusa credendo di proteggermi." disse lei sospirando esausta.

Voleva delle risposte, voleva che lui si confidasse e le dicesse la verità. Ma sentiva un muro invalicabile tra loro e non riusciva ad abbatterlo né a guardare oltre.

Elijah si voltò verso di lei. Il muro tra di loro rimase tuttavia.

"Ti sbagli, Briony. Non ti dico la verità solo per proteggerti." Rispose ambiguo e freddo.

Lei riuscì soltanto a guardarlo da quella distanza e lui infine le diede le spalle, andandosene nel silenzio della notte. Portandosi via con sé le risposte, ma non i dolori di quell’incontro.

Briony non riuscì nemmeno a sospirare e si attorcigliò nervosa le mani. Sentiva che Elijah era come una malattia dalla quale lei non poteva guarire. Le era penetrato nelle ossa e fino alla morte sarebbe rimasto dentro di lei; non esisteva cura a quel male se non lui.

Ma quella malattia stava scavando troppo a fondo, con troppa crudeltà fino a diventare un cancro letale. E l’amore non era un antidoto sufficiente per attenuare il male che sentiva. Tutti i nervi erano a pezzi. Il cuore era quello che faceva più male di tutti.

Quanto era strano il destino, o meglio, era crudele. Giocava con i cuori degli altri, così tante volte, fino a quando non ne rimaneva che polvere. Briony sentiva quella polvere salirle agli occhi, proprio per farla piangere.

Le lacrime si addensarono e scesero sulle guance, nel buio e nel freddo.

 

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Un dolore lancinante alla testa la fece svegliare di colpo. Eppure non riuscì ad aprire bene gli occhi. Vedeva tutto appannato e la testa continuava a martoriarle. Aveva anche male alla schiena.

Briony impiegò parecchi secondi per scoprire che i polsi erano legati dietro la schiena e che non si trovava all’interno della sua camera da letto. Era sdraiata su un pavimento di una stanza anonima e priva di mobili, c'era solo uno scaffale di legno.

Briony si agitò convulsamente in preda agli spasmi. I polsi le dolevano molto quando tentò di sfilarsi i lacci, ma senza alcun successo. Le sembrava di rompersi i polsi e boccheggiò. Quando tentò di muovere le gambe si accorse che anche i piedi erano legati.

Si guardò attorno impaurita e terrorizzata chiedendosi come diavolo c’era finita lì. Si era addormentata nel suo letto e ora si trovava legata in un posto che non conosceva. Il male che sentì quando tentò di alzarsi era così forte che non riusciva nemmeno a biascicare qualche parola.

Si arrese a restare sdraiata, aveva la gola secca e non riusciva a parlare. Interiormente cominciò a pregare tutti i santi, inventandosi anche preghiere affinché riuscisse ad uscire di lì.

Poi la porta della stanza improvvisamente si aprì.

Per un attimo, Briony credette di sognare.

Era Ylenia.

 

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Briony rimase con gli occhi sgranati guardando l’amica sulla soglia.

Ylenia?” riuscì a dire confusa. Non ci stava capendo più nulla, e in una pallida illusione credeva che la strega fosse venuta apposta a soccorrerla.

Ma dal modo in cui la stava guardando, Briony intuì che aveva pensato male.

Cominciò ad agitarsi: “Che diavolo succede?” domandò rabbiosa. “Slegami!”

Ylenia la guardava con uno sguardo strano, tra il mezzo addolorato e deciso. Si avvicinò a lei alzando le mani: “Briony calmati. Non è come sembra, cerca di stare calma.”

“Questa storia l’ho già sentita. Quando avevo trovato le foto mie e il ritratto di Klaus nel tuo appartamento. Non è come sembra eh? Beh a me sembra che tu mi abbia sequestrata e legata” ribattè Briony con furia, guardandola con odio.

Di chi poteva fidarsi se non delle persone che riteneva amiche? Cominciò a credere che tutta la sua vita fosse una menzogna, che tutti prima o poi le avrebbero voltato le spalle.

“Non ti accadrà niente, ti do la mia parola. Tu devi soltanto restare qui immobile, calma e ascoltare” proruppe Ylenia inginocchiandosi davanti a lei e mettendole una mano sulle ginocchia per rassicurarla. Briony si scostò violentemente:

“Calma? Tornerò calma quando mi riporterai a casa mia! Che ci faccio qui?”

“Devi fidarti di me. Come in passato” sussurrò la strega cercando di calmarla.

“Elijah dice sempre che mi fido troppo delle persone. Almeno lui non è mai stato sequestrato” ribatté Briony con un filo di amarezza.

“Ma tu non sei Elijah. Per fortuna” rispose Ylenia guardandola freddamente.

Briony questa volta non si agitò e rimase ferma. Guardò la strega negli occhi in silenzio.

“Ok va bene. Sono calma anche se  non lo sembro. Ora spiegami così potrai slegarmi” disse con finta diplomazia mettendosi dritta con la schiena.

“Non è me che devi ascoltare, Briony.”

La risposta di Ylenia la lasciò perplessa ma non ebbe tempo di racimolare altre domande che la porta si aprì.

Così all'improvviso che Briony sussultò e credette di essere morta.

La persona che entrò era un uomo molto alto, di età sulla 50ina ma ancora attraente come se fosse il classico professore di cui le studentesse andavano pazze. Aveva capelli castani lunghi fin sopra le spalle, lo sguardo profondo e gli occhi di uno strano colore..

Briony voleva indietreggiare ma rimase seduta con le gambe che le dolevano e con la gola secca. Il cuore cominciò a batterle impazzito nel petto, come se volesse avvertirla di qualcosa.

Ylenia si mise seduta in ginocchio al suo fianco, guardando l'uomo con sguardo grave.

“Ciao Briony.” mormorò lui guardandola fisso.

Briony sentì dei lunghi brividi alla schiena nel sentire quella voce. E non perché fosse magnetica, profonda tanto quanto quella di Elijah, ma perché le sembrava di averla già sentita.

L'uomo si avvicinò sempre di più. Un angolo della bocca si alzò in un sorriso:

“E’ un piacere finalmente conoscerti”

Briony lo guardò duramente tentando di muovere le mani.

“I lacci sono solo una precauzione. Non ti farò alcun male, dolcezza” mormoro l'uomo indicandoli.

Briony si fermò e sbatté le palpebre. I dubbi svanirono sentendo quel soprannome.

Il sogno che aveva fatto. L'uomo che aveva visto al grill con un impermeabile grigio.

“Tu?”

Lui sorrise di più, evidenziando una fossetta:

“Vedo che sei perspicace. Bene. Cosa sai di me?” chiese lui cortese girando per la stanza.

“Che ti piace invadere i sogni altrui, il tuo impermeabile è fuori moda e ti piace troppo seguire la gente” ribattè Briony acida. Aveva taciuto sul suo presentimento che fosse stato lui a inviarle quel messaggio alla festa e quello che l'aveva indirizzata a quella cascina degli orrori.

Briony fu percorsa da altri brividi.

“Hai il senso dell’humour.” aveva bisbigliato lui ironico.

Lei tuttavia non sorrideva affatto. Con le dita dietro la schiena cercava continuamente di rompere i lacci e di svignarsela via di lì.

L'uomo rimase davanti a lei, guardandola intensamente:

“Il mio nome è Connor. Sono un amico di vecchia data di Ylenia

Briony si girò prontamente verso la strega. Dal modo in cui quest'ultima lo guardava si direbbe che non erano affatto amici  e che piuttosto che esserlo si sarebbe infilata una lancia nel fondo schiena.

“Ah sì? Di solito gli amici si incontrano ad un tavolo o in bar.. non vengono sequestrati” disse Briony tagliente.

“Sei rimasta qui per pochissimo tempo e ci resterai altrettanto. Voglio solo fare due chiacchiere con te lontano da orecchie e occhi indiscreti. Ti do la mia parola che non ti succederà niente, Ylenia è voluta rimanere apposta per questo. Quindi tenta di collaborare anche tu” Connor si avvicinò a uno specchio lungo la parete, con le braccia dietro la schiena. Briony vide il riflesso dei suoi occhi brillare.

“Che cosa vuoi?” domandò secca.

Connor si girò lentamente verso di lei. Anche se poteva avere l'età di suo padre, quell'uomo esercitava un fascino tutto suo, difficile da eguagliare. Eppure lei ne fu inorridita. Era tutto sbagliato.

<< Dove sei, Elijah? >> La sua mente raffigurò il suo volto di ghiaccio, ma era annebbiato come se fosse lontano da lei anima e corpo.

Troppo lontani e divisi da un abisso che si espandeva ogni giorno di più.

Briony sospirò dal dolore, abbassando il viso.

Sentì Connor avvicinarsi e inginocchiarsi davanti a lei ma Briony comunque non si mosse.

“Voglio che tu diventi ciò sei nata per essere”

La sua voce e le sue parole la spinsero ad alzare il viso. La situazione aveva dell'ironico. La metà delle persone volevano ucciderla per il suo potere, l'altra metà invece voleva utilizzarla per i propri scopi. Non fu difficile classificare Connor visto come la guardava. Come se fosse un tesoro appena scoperchiato.

“Vuoi una risposta chiara? Scordatelo amico” replicò lei decisa con un sorriso ilare.

Connor ricambiò anche se in maniera più gelida:

“Quanto poco tempo hai impiegato ad amarli, i tuoi nemici naturali. Dovresti fare il contrario.” 

Briony si morse nervosa il labbro.  Ylenia continuava a starsene in silenzio ad osservare la situazione.

“Come fai? Come fai a stare loro accanto? Persino ad amarli e difenderli? E’ contro natura” mormorò Connor dubbioso.

Briony se l'era chiesto molte volte, e ogni volta la risposta era identica.

Ci ironizzò sopra:

“Forse c’è qualcosa che non va in me. Ora che abbiamo chiarito potreste slegarmi?”

Ylenia guardò Connor, il quale comunque non accennava ad assecondare il suo volere.

“Ho appena incominciato dolcezza” mormorò in tono quasi minaccioso.

Briony trasalì sentendo prudere le mani. Ylenia serrò nervosa una mano attorno al suo braccio.

Connor allungò poi la mano per sfiorarle un punto del viso ma Briony si scostò come se fosse un'ape. Lui comunque continuò con la sua mossa.

“Lascia che ti dica una cosa. I vampiri uccidono le persone. Gli esseri come te uccidono i vampiri. La storia è questa, questo destino è stato scritto più di mille anni fa con il fuoco e il sangue. Con le giuste proposte, addestramento eccetera sono sicuro che passerai dalla nostra parte. Devi farlo, tu sei nata per questo” la sua voce sembrava una musica intonata.

Briony però gli rivolse solo uno sguardo durissimo senza alcuna paura.

“Non sono nata per farmi comandare da uno che ha gli occhi gialli”

Gli occhi di Connor di rimando brillarono di una strana luce; erano occhi inumani quelli.

“Non intendo comandarti Briony, voglio solo aiutarti.”

“E io ripeto ancora: no” La voce di lei era tremendamente tagliente.

Connor tuttavia non sembrò gradirlo e infatti prese Briony per un gomito, che si contorse per la stretta dei lacci. La ragazza cercò di non grugnire per il dolore, mentre Ylenia si paralizzò e guardò storto Connor.

Lui a sua volta strinse la presa:

“Sono sicuro però che hai già visto qualcosa nel tuo braccio. O sbaglio? Un tatuaggio per caso? E’ il marchio dei cacciatori, dolcezza. Chi ha questo marchio, chi riesce a vederlo, è destinato a combattere e eliminare gli Originali, i vampiri più feroci di tutti. Non si può contrastare il destino. E non contrasterai di certo me”

In un lampo le lasciò andare il braccio che sembrò essersi ustionato a causa della sua presa di ferro. Briony boccheggiò in cerca d’aria. Sentiva le formiche ai piedi.

Cercò comunque di essere forte come aveva sempre cercato di essere.

“Le tue parole sono vento, mentre la mia forza di non essere un mostro no. E chi saresti tu per darmi ordini e per tenermi segregata qui?? Puoi anche non dirmelo, tanto Elijah ti troverà comunque” Gli rivolse un sorriso di sfida.

Dopo vediamo quanto faceva il prepotente quando Elijah avrebbe ficcato una mano nel suo petto per afferrargli il cuore.

Connor a suo dire non ne fu affatto turbato, non battè nemmeno ciglio.

“Sono un uomo che è in cerca di giustizia. ” disse poi.

“Uccidere vampiri che non lo meritano è ugualmente un assassinio. Non c’è giustizia in questo”

“I vampiri sono vampiri, Briony. Sono come una pistola carica. Prima o poi scattano. Al tuo Elijah non è mai successo?” domandò Connor allusivo.

Briony questa volta tremò per una causa diversa. Tempo prima avrebbe messo la mano sul fuoco per conto delle virtù di Elijah, sulla sua umanità. Ma dopo ciò che aveva visto… quel sangue le macchiava ancora il cuore, spaccando ogni certezza e nel peggiore dei modi.

Connor sembrò intuire dalla sua espressione che aveva schiacciato un tasto dolente e sorrise vittorioso:

“Forse se ti presento loro, ti farò vedere con più chiarezza la visione del mondo”

Briony lo guardò interrogativa mentre Connor si alzava per aprire la porta. Uscì dall’uscio e lo sentì parlare, ma non intuì con chi. Fu percorsa da brividi di paura. Che altro ancora sarebbe successo? Voleva uscire di lì, far finta che fosse solo un incubo.

Si girò a guardare Ylenia per pregarla di aiutarla, ma la strega non la guardava neppure come se la colpa la divorasse.

L’attenzione di Briony poi si rivolse alla porta. Aveva sentito dei passi e il cuore accelerò pensando che di lì a poco sarebbe morta. Deglutì vedendo una ragazza di profilo che parlava con Connor ma a voce così bassa che non potè sentire. Quando finirono di parlare, la ragazza si voltò verso Briony e fece lentamente un passo in avanti.

A Briony le si mozzò il respiro.

Era la forestiera del Grill. Quella che aveva intravisto il giorno prima con l’altro suo amico. Quella che aveva il tatuaggio sul braccio uguale al suo.

Sgranò gli occhi non sapendo cosa pensare mentre la ragazza si avvicinava, tenendo uno sguardo intenso su di lei come se volesse studiarla. A Briony sembrò di essere una cavia per le torture.

Connor si avvicinò alla ragazza:

“E lui dov’è?” domandò gelido, come se non sopportasse delle buche nei suoi progetti.

La ragazza scrollò le spalle noncurante.

“A caccia”

Connor grugnì infuriato, mentre Briony intuì che quel lui doveva essere l’amico della forestiera. A caccia? Briony temette che fosse un vampiro.

“Dannazione. Gli avevo detto di starsene buono” ruggì Connor.

“E lui, se ben ricordo, vi ha risposto di andare a..” Lei lasciò la frase in sospeso con un risolino mentre lo guardava fisso: “Beh insomma lo sapete”

Briony cercò di impiegare le sue ultime energie per analizzare la ragazza e per capire chi diavolo fosse.

Era una ragazza normalissima, anzi possedeva una bellezza classica come nelle fiabe, poco più giovane di lei. La sua risata però le metteva i brividi come se stessero giocando in un gioco mortale e lei ne tenesse i fili sempre con quel sorriso sadico.

Briony non riusciva neanche a spiegarsi perché dava a Connor del voi visto che sembravano in una certa confidenza.

La forestiera poi sviò lo sguardo e tornò a studiare Briony che rimaneva letteralmente legata. Le girò attorno come se lei fosse un animale in gabbia, poi le sorrise in maniera affilata. Briony tremò inconsapevolmente.

“Ciao”

La voce della ragazza era cristallina come quella di una bambina ma sottolineata da un velo di malizia a cui Briony non piaceva affatto.

La ragazza restò ancora un attimo a guardarla poi si girò verso Connor.

“Padre, perché volete che collaboriamo con questa qui? Mi sembra un inutile spreco di tempo, per di più sta con i succhiasangue” Mormorò l’ultima parola con orrore come se fosse una spregio o una macchia sull’onore.

“Io non mi immischierò” continuò poi guardandola di traverso.

Ma Briony già da un po’ non la ascoltava. Lo stomaco le si era attorcigliato quando aveva sentito la parola “padre”. Guardò quella ragazza e Connor con sguardo disorientato, non riuscendo più a formulare un pensiero logico. Le sembrava che il mondo fosse alla rovescio.

“Sei suo padre?” domandò incredula non sapendo chi dei due guardare.

Fu la ragazza a risponderle, e il suo sguardo fece trapelare molto disappunto.

“In linea di massima tu saresti mia sorella, per così dire. Dio mio, dovrò disinfettarti di tutto quell’odore che porti addosso. Puzzi di Originario” mormorò saccente, guardandola dall’alto in basso.

Come prima, Briony non restò ad ascoltare le sue farneticherie perché i suoi occhi vennero di nuovo sgranati. Altra aria le mancò. Che diavolo stava succedendo?

Sentiva un urlo dentro di lei gridare delle spiegazioni.

“Credo che qualcuno dovrebbe fare una capatina da uno psichiatra, e non sono io” ribattè ironica, anche se aveva voglia di scappare via.

La ragazzina rise nello stesso modo di prima e si inginocchiò davanti a lei. Era minuta, alta quasi quanto lei. Tecnicamente Briony avrebbe potuto stenderla in un secondo ma capì che non sarebbe stata una buona idea. Quella lì aveva degli occhi da folle.

“Non ti farò del male. Se io sono pazza, anche tu lo sei. Se io odio i vampiri, anche tu li odi. Il tuo sangue è il mio sangue. Tu sei come me.”

Quelle semplici parole che lei sussurrò furono come una mano che andò ad insediarsi dentro la gola di Briony per afferrarle il cuore con ferocia.

Le sembrò che il mondo fosse orribile più di prima, più di quanto lo fosse mai stato.

Guardò quella ragazza come se fosse qualcuno che sapeva di conoscere, ma non ricordava dove l’aveva vista né l’epoca. Fissandola negli occhi scuri sentì qualcosa di tremendamente familiare che le legava in un filo invisibile, ma impossibile da spezzare.

La mente venne sopraffatta da presentimenti, dai ricordi della notte del compleanno di Gwendolyn.

Briony questa volta guardò la ragazza senza alcun dubbio, ma la voce che fuoriuscì non era la sua. Era strozzata.

“Charlotte?”

Fu sul punto di strozzarsi mentre pronunciò quel nome che aveva detestato fin dal primo minuto in cui l’aveva udito. Quel nome che l’aveva perseguitata nelle notti insonni, per il terrore di diventare un giorno come lei.

Charlotte le rivolse un vero e proprio sorriso, e quasi applaudì.

“Brava, hai indovinato”

La conferma finale fece crollare Briony in uno stato di shock e impallidì come un fantasma.

Charlotte si alzò sulle ginocchia: “Un fratello ce l’ho già. Ma avere una sorella.. dovrò abituarmi. Sarò buona con te. Se lo sarai anche tu”

Briony continuava a scuotere la testa, sempre più velocemente, come se volesse rompersela.

“E’ impossibile. Tu dovresti essere morta. Mikael ti ha uccisa più di 300 anni fa per salvare Gwendolyn

Charlotte distorse il naso a sentire il nome dell’Originaria, l’odio ceco prevalse nei suoi occhi marroni velati da un piccolo cerchio rosso che prima Briony non aveva notato.

“Quello schifoso. Due contro uno, per di più mi ha trafitta alla schiena. Se non mi avesse colto alla sprovvista avrei fatto fuori due Originari quella sera” disse con finta modestia. Poi si girò verso Connor che in tutto quel tempo era rimasto in silenzio a contemplare le reazioni di Briony.

Charlotte cercò di attirare la sua attenzione come se volesse essere la protagonista.

“Dillo anche tu padre. Forse anche mia sorella potrà imparare qualcosa” mormorò come se fosse la sua eroina e lui fosse il maestro d’armi. La ragazza però non ottenne l’approvazione sperata perché Connor la liquidò con un gesto della mano.

“Charlotte basta così ok? Lo vedi anche tu che Briony non è come te o Willas

Lei mise il muso come una bambina capricciosa, quasi volesse avere tutte le attenzioni del padre in esclusiva. Briony gliele avrebbe concesse tutte a suo dire.

“La torturiamo fino a quando non acconsente?” Il guizzo negli occhi di Charlotte era terribile e feroce. Come la sua natura. 

Briony sentì di essere sul punto di soffocare lì dentro.

Connor rimase in silenzio, e questa volta Ylenia si alzò prendendo finalmente parola:

Connor, avevi giurato..”

Briony è per me importante quanto Charlotte e Willas. Non le sarà fatto alcun male” ribattè lui prontamente senza neanche degnare la strega di uno sguardo.

Charlotte fu infastidita di sapere che il padre la riteneva alla pari di una persona che dispregiava, e mise le braccia al petto serrando arrabbiata il viso.

Briony la fissò come se fosse un’aliena e tornò a guardare Connor.

“Chi sei tu realmente?” Non sapeva perché ma ebbe paura di scoprirlo. Un altro campanello d’allarme suonò dentro di lei.

“E’ mio padre” si immischiò Charlotte con la sua vocina ma fu subito sorpassata dall’uomo.

“Sono io che vi ho creati.”

Altre semplici parole che andarono a schiantarsi contro l’anima di Briony. Sgranò gli occhi.

“Ti sbagli, è stata Ayana ad attuare l’incantesimo” farfugliò.

“Quella a malapena accendeva un fuocherello. Ci vuole molto di più della semplice e innocua magia per creare esseri speciali come voi. E io ne ho il potere”  disse lui deciso come se ciò fosse ovvio. “E’ merito mio se siete nati.. quindi direi che come minimo dovrei insegnarvi come vivere”

Il cuore smise di battere, ma il cervello di Briony ingranò la marcia per collegare tutti i pezzi del puzzle. Connor era uno stregone che aveva attuato l’incantesimo per far nascere i Cacciatori 1000 anni prima. Logicamente era lui ad averli creati, ad aver permesso che esistessero. Per questo Charlotte lo chiamava padre. Mentre Charlotte e quell’altro suo compare erano creature come lei. Dannate. Maledette. Fatti della stessa pasta.

Briony fu sul punto di rompere quel puzzle in mille pezzi, come se così avrebbe frantumato quella realtà che non voleva accettare.

“Ho già un padre pazzo, basta e avanza. Tu non sei mio padre, e tu non sei mia sorella. Fatemi subito uscire di qui, ora!” sembrò sul punto di impazzire.

Charlotte scosse la testa, facendo schioccare la lingua.

“Alzare la voce non è appropriato sorellina”

Connor sospirò rumorosamente.

“Charlotte esci.” Ordinò.

La ragazza fu sconvolta dal suo ordine visto il modo in cui lo guardò. Come se fosse una bambina che veniva castigata dall’amato padre.

“Ti sei presentata, l’hai conosciuta. Il tuo lavoro è fatto. Esci.”

Charlotte serrò duramente le labbra mentre lo sguardo di Connor era neutro e inflessibile. Alla fine lei si arrese e uscì sbattendo la porta.

Il rumore non provocò alcun effetto in Briony che si sentì cadere sempre più giù in un abisso.

“E’ pazzesco. Sto sognando…

“Di cosa sei terrorizzata di preciso? Che finalmente capisci qual è il tuo vero scopo o che finalmente avrai la famiglia che non hai mai avuto?” domandò Connor dubbioso.

Briony distorse la bocca.

“No, sono terrorizzata dal fatto che dei luridi assassini, folli, e senza scrupoli, sono ritornati dal regno dei morti dove dovevano restare.”

<< E terrorizzata dal fatto che potrei diventare come loro un giorno… Charlotte è pazza e invasata. Lo si vede da lontano un kilometro >> Pensò con sgomento. Terrorizzata perché non sapeva cosa fare, che strada doveva intraprendere per salvarsi da quel diluvio.

“Non dovresti parlare così di Charlotte e Willas. Sono i tuoi..”

“No! Non t’azzardare! Se devo avere una famiglia come la vostra, preferisco rimanere orfana. Non voglio avere niente a che fare con voi, non intendo passare dalla vostra parte, né ascoltarvi un secondo di più. Quale delle mie parole non hai capito, Connor?” sputò quel nome come se fosse veleno. Mai lo avrebbe chiamato padre con quella vocina accondiscendente. E Caroline era la sua unica sorella. Sarebbe stata sempre lei.

Lo stregone sembrò montare su tutte le furie, gli occhi brillarono di luce spietata.

“Sono stato educato con te, Briony. Non farmene pentire. Sono più potente di quanto immagini.” L’ombra minacciosa alle sue spalle sembrò alzarsi e sommergerla.

Ylenia finalmente fece qualcosa e si mise davanti a Briony per bloccare Connor.

“E tu levati strega. Hai già tentato di farmi fuori una volta e non ha funzionato” Connor lo spinse via come se fosse un moscerino e Ylenia imprecò tra sé e sé, guardandolo con uno  sguardo che Briony non aveva mai visto in lei. Se una come Ylenia era spaventata, la vedeva davvero dura.

Connor tornò a guardarla con sguardo duro.

“Perché non capisci? Il mondo starebbe molto meglio senza i vampiri… senza dover patire simili pene a causa di simili mostri… Loro uccidono le persone, si nutrono del loro sangue, infestano la vita di innocenti come un’epidemia. Sei disposta a voltare lo sguardo davanti a tutto questo, Briony Forbes?”

Dal suo tono sembrò che fosse tutta colpa sua solo perché tentava di proteggerli. Sapeva che c’era il marcio anche nei vampiri ma pensare di ucciderli… uccidere persino Elijah per via della sua natura maledetta e sanguinaria… l’ossigeno  si incastrò in gola impedendole di respirare. Il cuore si ammutolì come se si ostinasse a non battere a causa di una simile atrocità.

Connor prese il suo silenzio come una debolezza momentanea.

“Ti lascerò un po’ di tempo per pensare. Poi ritorneremo da te. Ma devo avere la tua parola che non dirai a nessuno, e dico a nessuno, di questa nostra conversazione. E che Charlotte e Willas sono vivi”

“Lo giuro” mentì.

Connor se ne accorse subito e sorrise gelido.

“Stai mentendo. Vediamo se così sarò più convincente: se sparlerai in giro, staccherò il collo delle persone che ti sono vicine, anche se semplicemente rivolgi loro la parola. Chiedi a Ylenia se ne sono capace. Caverò loro gli occhi. La tua sorellina Caroline ha dei bellissimi occhi blu, non vorrai che li perda vero? Per non parlare dei mostri che adori tanto… Gli Originari… Sai che cosa sono Charlotte e Willas no? Loro non sono deboli come te. Basta uno sguardo, cogliere l’occasione adatta, e i tuoi Originari sono fritti come spiedini. I miei figlioli sono già molto impazienti di mettersi all’opera. Vuoi anticipare l’evento per caso con la tua fuga di notizie?”

Il cuore di Briony prima pompò impazzito poi si sgretolò. Ogni sua cellula tremò per quella minaccia che le fece venire la bile in bocca.

Dal suo sguardo shockato, Connor capì di aver colto nel segno.

“Bene. Ragazza saggia”

Briony sembrò avere lo sguardo della morte dipinto in faccia, mentre Ylenia fissava Connor con espressione dura.

“Ci rivedremo presto” disse lui prima di sparire come nebbia mattutina.

Quando Briony si accorse della scomparsa di Connor cominciò ad agitarsi come se fosse posseduta dal demonio e cercò di issarsi .

“Al diavolo! Ylenia fa qualcosa, dammi un pizzicotto questo deve essere un incubo! Un incubo.. per forza..” gridava tra un respiro mozzato all’altro, mentre la strega cercava di slegarle i polsi.

Briony, mi dispiace.” Rispose mentre la liberava.

La ragazza a sua volta le diede uno spintone come se non volesse le sue scuse, e si liberò da sola dei lacci ai piedi.

“Non è possibile… come possono essere vivi…

Quella domanda non riuscì a trovare risposta. Sembrò che una bomba fosse appena caduta sulla città e non sapeva come disattivare il timer.

Si voltò verso Ylenia con sguardo da pazza.

“E tu?? Tu che c’entri?? Perché stai dalla parte di occhi gialli??”

Ylenia indietreggiò, abbassando debolmente lo sguardo.

“Mi ha costretta. Volevo fuggire proprio da lui, perché non mi utilizzasse per i suoi scopi. Ma mi ha trovata lo stesso.. mi ha costretto ad aiutarlo con l’incantesimo di fuoco la notte dell’allineamento dei pianeti. La notte in cui sono ritornati Willas e Charlotte..”

Briony spalancò la bocca sconcertata.

“Mi dispiace Briony. Ma devi fare ciò che ti dice. Non sai quanto sia potente Connor e di cosa sia capace”

Cercò di accarezzarla ma Briony si divincolò.

“Lasciami! Non mi fido di te! Mi hai legata qui come un salame!”

“Lui lo avrebbe comunque fatto, io mi sono offerta per assicurarmi che non ti succedesse niente.” Quella giustificazione non le bastò per tranquillizzarsi. Si sentiva tradita. Di nuovo.

Cercò comunque di tornare a essere razionale e si mise una mano sulla fronte bollente.

“Come facciamo a contrastarli?”

“Contrastarli?” Ylenia rise come se anche lei fosse impazzita “Secoli fa ho completamente ridotto Connor in un vegetale… gli ho strappato tutto il sangue dalla vene… non c’era rimasto più niente in lui… credevo fosse morto… Ma mi sbagliavo.”

Ennesima spada di Damocle sulla testa di Briony.

“Se non è morto neanche con il mio metodo... Contrastarlo dici? Impossibile” La semplicità e il modo in cui Ylenia si era arresa fece catapultare Briony in un luogo di follia.

“E quindi?? Devo arrendermi a quel pazzo? Preferisco tagliarmi le vene” gridò calpestando i lacci.

Briony ragiona! Lui ha già Charlotte e Willas, non ha bisogno di te per fare lo sterminio di massa dei vampiri! Vuole solo in pugno la tua vita e che non gli stia fra i piedi. Se tu starai tranquilla, se non ti opporrai a lui, vedrai che ti lascerà in pace.”

Briony allora la guardò come se non la riconoscesse più:

“Devo starmene tranquilla mentre uccide Elijah??”

Ylenia sospirò poi scosse la testa.

“Di una cosa Connor ha ragione. Ho sbagliato ad assecondare la tua storia con Elijah. E’ completamente fuori dall’ordinario, e sai quanto me che finirà male. Non c’è futuro per voi due, non l’hai ancora capito?”

La brutalità delle sue parole fece nascere lacrime invisibili dietro gli occhi di Briony. Si costrinse a non farle cadere, a ricacciarle indietro.

“Perché parli in questo modo?” Sussurrò con voce flebile.

“Perché è ormai plateale che Elijah non è migliore dei suoi fratelli. Si nasconde dietro al suo onore, ma dietro quella facciata esiste un mostro che non ha faticato a venire fuori. So che cosa ha fatto.”

Briony voleva ribattere alle sue accuse, urlarle che Elijah era diverso, ma se nemmeno lei trovava delle giustificazioni a ciò che aveva fatto in quella cascina non poteva neanche farlo con Ylenia. Si morse il labbro mentre la strega continuò a parlare.

“Non fraintendermi, neanche io sono una santa. Ho fatto cose terribili in vita mia... ma arrivare a quel punto? Dio, quale uomo buono farebbe questo?”

Briony abbassò lo sguardo, continuando a scuotere la testa. Sentiva un gruppo in gola.

“E’ complicato… lui…” non riuscì più a parlare.

“Lui è cambiato, Briony. C’è poco da dire. Ho imparato in questi secoli che è meglio allontanare il male, non accoglierlo tra le braccia. A meno che non voglia rovinarti la vita.”

Quella dura lezione fu troppo per lei.

“Se parli così di Elijah vuol dire che non lo conosci! Non l’hai mai visto mentre soffriva, mentre cercava di lottare a tutti i costi per tenermi in vita! Lui non è crudele.” Le sue parole vennero offuscate dalle lacrime e sembrò che stesse convincendo se stessa ma con poca decisione. Sembrava spezzata in due.

Ylenia allora la guardò sconsolata: “Ma anche tu non riesci ad accettare la realtà... non negarlo..”

Briony continuava a scuotere la testa, si allontanò da lei per nascondere le sue lacrime dal resto del mondo.

La strega poi si incamminò al suo fianco, tenendo lo sguardo alzato.

“L’amore é veleno. All'inizio avrà un sapore dolce sul palato, certo, ma prima che te ne accorgi ti ucciderà. Sempre.”

La sua risposta malinconica fece voltare Briony. Non era la prima similitudine che sentiva a tal proposito ma lei aveva sempre cercato di combatterla... convinta che ci fosse un antidoto o che fosse un veleno che non uccideva ma che fortificava invece.

Adesso…. Non ne era più sicura. Ogni giorno si sentiva sempre più afflitta da quel veleno che stava divenendo letale.

Briony sviò lo sguardo e la mente. “Non è il momento adatto per questi discorsi da oracolo. Più persone ami più diventi debole per ciò che faresti per loro, ma almeno ciò ci differenzia dai nemici che stiamo combattendo. Non posso accollarmi anche questo fardello e difatti, perché non mi hai detto subito la verità? Perché stai dalla parte di Connor, e basta scuse. Non avevi paura neanche davanti a Klaus.”

“Te l’ho già  detto” rispose la strega evasiva.

Briony si voltò e la guardò con uno strano sguardo, che non apparteneva a lei. Le rifilò all’improvviso un bel gancio destro che costrinse Ylenia a indietreggiare sulle gambe e quasi a cadere se non si fosse sorretta contro la parete.

Mise una mano sul naso che sanguinava, incredula a ciò che Briony aveva appena fatto.

“Questo è per avermi sequestrata da casa mia, legata, e costretta a sentire quel pazzo.” Disse lei senza un minimo di rimpianto. Credeva che Ylenia se lo fosse meritato ma dal modo in cui lei la guardava, non ne fu più così convinta. Briony cominciò allora a camminare pur di non sentire altro né di vedere il suo sguardo ancora allibito.

“Si vede che stai cambiando.” disse Ylenia all’improvviso, avvicinandosi come se non le fosse accaduto nulla di che.

“Come?”

“La vecchia Briony non mi avrebbe mai dato un pugno”

Briony sorrise gelida: “Volevi che ti regalassi un cesto pasquale invece? Mi dispiace se ti ho fatto male, ma pensa a cosa devo aver pensato quando ti ho vista entrare in quella stanza”

Ylenia non disse più nulla. Mentre Briony sentì qualcosa pizzicarle dentro il petto.

Il sorriso si spense come se volesse dare posto all’urlo che assillava e distruggeva la sua anima.

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Fingere che andasse tutto bene come Connor le aveva fatto giurare con le minacce, non era il suo forte. E ormai la giustificazione che si sentiva poco bene stava per andare a farsi benedire e non avrebbe fregato Elijah per molto tempo. Poteva benissimo percepire il silenzio indagatore di Elijah anche a kilometri di distanza. Sapeva che non se l’era affatto bevuta il fatto che lei si sentisse poco bene e per questo non voleva vedere nessuno a casa sua.

L’Originario non si faceva manipolare dalle bugie, le indovinava sempre con un semplice sguardo, e te le faceva pagare caro.

Briony si mise le mani alla testa non sapendo davvero cosa fare. Voleva trovare il modo di uccidere Charlotte e Willas e spedirli da dove erano venuti, ma dove avrebbe trovato un vampiro vegetariano di sti tempi?

Voleva spezzare il collo di Connor ma a dire di Ylenia quell’uomo era indistruttibile. Se non ce l’aveva fatta la strega, cosa poteva fare dunque lei? Non gli avrebbe neanche spezzato un'unghia.

Voleva anche trovare il modo di riconciliarsi con Elijah, di tornare ad essere quelli che erano un tempo. Ma le bugie e i segreti che li perseguitavano nell’ombra stavano scavando un abisso tra di loro che Briony aveva paura di saltare.

Non vedeva neanche più il sentiero da percorrere. Niente, solo dubbi e paure.

Lesse di nuovo il messaggio di Ylenia in cui letteralmente le ordinava di starsi buona e di non dire nulla a nessuno, altrimenti sarebbe successo più di un casino, senza contare che adesso Connor non intendeva fare proprio nulla. “Ti fidi così ciecamente di Elijah dopo ciò che ha fatto alle tue spalle per proteggerti?” aveva scritto in maiuscolo e in grassetto come per sottolinearlo.

Briony fu tentata di schiacciare il cellulare con un piede. Certo che si fidava… aveva solo paura delle sue reazioni, di rivivere quell’incubo che lui era capace di creare con un battito di ciglia. E soprattutto che gli venisse fatto del male.

Le minacce di Connor non era roba su cui scherzare. Prima di confidarsi con Elijah doveva prima trovare una soluzione plausibile, ma da sola. Il problema era suo e doveva quindi risolverlo lei, impedendo che qualcun'altro ci andasse di mezzo.

Si sdraiò sopra il letto con il cervello in poltiglia, quando sentì suonare il campanello. Si alzò con tutti i capelli disordinati e si infilò le scarpe per andare ad aprire. Si sentiva la testa in fiamme mentre scendeva i gradini e pensò di non era affatto presentabile, quindi avrebbe liquidato il disturbatore in pochi minuti.

Quando aprì la porta vide il volto di Elijah: teneva la mano appoggiata sul muro della casa, l’altra su un fianco.

Le rivolse un piccolo sorriso che servì ad allontanare un po’ l’immagine feroce di lui in quella cascina. Era più forte di lei, ma quegli attimi di puro terrore erano ancora impressi nella sua mente.

Elijah le rivolse un buongiorno solo come lui sapeva fare, e le chiese se poteva entrare. Briony deglutì ma accettò comunque. Avrebbe sicuramente preferito rimanere da sola per architettare qualche piano, ma con Elijah che la guardava fisso in quel modo era pressoché impossibile. La sua vicinanza le metteva sempre una strana ansia.

Lo fece accomodare, e lui subito si mise davanti a lei. I loro occhi iniziarono ad esplorarsi.

“Come stai?” domandò lui gentilmente, sfiorandole la guancia.

Briony biascicò un “bene” con sguardo poco convinto.

"Ne sei sicura? Perché mi sembra che tu mi stia evitando." proruppe lui pensieroso.

Briony si immobilizzò ma cercò comunque di rassicurarlo che non era niente. Si avvicinò mettendogli la mano sotto il viso, ma tenendo lo sguardo basso come se si fosse intimidita.

Scorse Elijah avvicinarsi a sua volta, lo sguardo sempre incatenato al suo.  Lei sentì il suo respiro sulle labbra come se volesse suggellare un bacio, ma poi lo sentì spostarsi sulla fronte e deporvi le labbra. Elijah le mise una mano sull’incavo del collo allontanando di poco le labbra dalla sua pelle.

Briony sentì le vertigini farle cedere le ginocchia. In un lampo le paure furono dissipate e le sembrò di trovarsi in un paradiso tra le braccia di un angelo maledetto.

Chiuse gli occhi mentre Elijah allargò la distanza fra loro: “Non hai la febbre.”

“Merito tuo forse. Sei sempre gelido.” rispose lei con una risatina. Eppure le carezze che ogni volta le regalava erano fuoco e lava.

Elijah appoggiò di nuovo la fronte su quella di Briony, annusò il suo odore fra i capelli e la lasciò andare.

"É successo qualcosa non é vero?" domandò lui all'improvviso.

Briony lo guardò allibita. La concentrazione intensa del vampiro non tradiva ombre di incertezza. Lei si sentì invece la gola secca e lo stomaco in subbuglio.

"Niente. Non è successo niente."

Sperò che Elijah reggesse la bugia e non intuisse la verità, ma stava parlando con Elijah non con un novellino.

<< Diamine, ecco perché volevo restare da sola. >>

Elijah sicuramente aveva sentito puzza di menzogne ed era venuto a controllare. E ora ce lo aveva faccia a faccia con uno sguardo che la incatenava a sé; ma Briony comunque cercò di non farsi sommergere dalla forza dei suoi occhi.

"Perché queste domande? Non mi sta accadendo nulla" tentò di giustificarsi.

Eppure si sentì attraversare dallo sguardo di Elijah, spogliata fino alla ossa come se non potesse nascondere più nulla.

"Tu mi stai mentendo, Briony." furono le sue parole.

La ragazza deglutì mentre il cuore accelerò come atto di colpevolezza.

Fece un sorriso nervoso: "Non penserai che io..."

"Penso che stia succedendo qualcosa di strano" ribatté Elijah con la stessa convinzione di prima.

Per fortuna almeno la liberò dal magnetismo del suo sguardo, infatti Elijah la superò tenendo una mano in tasca.

Briony fece un bel respiro cercando di non fare troppo rumore, e provò di attenuare i battiti del cuore così logorroico.

Dava le spalle a Elijah, il quale stava di profilo ma con lo sguardo rivolto verso di lei come in attesa.

Briony sentì il suo sguardo penetrarle la schiena e non ebbe il coraggio di voltarsi.

"Sto aspettando una risposta"

La voce di Elijah la indusse a tremare ma qualcos'altro le fece ribollire il sangue.

"Non é successo proprio niente ok? Non insistere." ribattè arrabbiata voltandosi.

Elijah non cambiò espressione, rimase a guardarla con sguardo freddo senza far trasparire nulla.

Briony sospirò e andò verso la porta della cucina. La aprì velocemente ma non abbastanza. Un forte vento sembrò averla chiusa all'improvviso senza che lei potesse fare niente.

Briony trasalì mentre gli occhi individuarono una mano forte che le aveva chiuso ogni via d'uscita, imprigionandola tra la porta. Sentiva di avere il fiato accelerato, la mano era ancora sulla maniglia mentre l'altra era lungo la porta come se avesse paura di crollare a terra.

Sentì il respiro gelido di Elijah dietro di lei ghiacciarle le vene. La sua mano era ancora sulla porta, l'ennesima che riportava qualche buco.

Improvvisamente con l'altra mano Elijah la prese per la spalla e la girò. Briony sobbalzò sentendosi persa nei suoi occhi nerissimi. Lo sguardo del vampiro non era poi così pericoloso, sembrava solo in attesa di una risposta esauriente, tuttavia lei cominciò a tremare:

"Lasciami andare." farfugliò agitata ma la sua preghiera non arrivò al cuore gelido del vampiro.

"Posso sentire il tuo cuore. Accelera sempre quando sei disonesta con me, mi stai mentendo ora come tante altre volte." Elijah fece una pausa ma non troppo lunga, come se non volesse lasciarle tempo di ingoiare la paura. "Perché ti stai ostinando a non dirmi la verità?"

"Ma quale verità…! Non c'è niente, niente!" balbettò lei disperata con occhi sgranati.

Elijah comunque non tentò di mollare la presa; Briony cercò di spingerlo via con le mani.

"Lasciami andare, Elijah. Lasciami, lo sai che non sopporto questi atteggiamenti. " Dopo una breve lotta, solamente a senso unico, Briony riuscì a liberarsi dalla sua morsa e fece grandi passi per il salone cercando di riprendere aria.

Elijah rimase invece immobile, ancora con lo sguardo fisso contro la porta come se fosse diventato una statua di marmo.

Briony mise le mani sui gomiti sentendosi pervadere da un gelo improvviso, letale.

"Perché ti comporti così?" domandò flebilmente come se la voce lacrimasse. Il paradiso nel quale si era sentita poco prima si era sgretolato sotto i suoi piedi, conducendola in un abisso buio dove si sentì divorare.

Sentì il freddo penetrarle anche sotto la pelle.

Elijah alla sua domanda strinse la mano a pugno sulla porta e poi si spostò, cominciando a guardarla.

Briony gli stava dando di nuovo le spalle.

"Briony ti prego dimmi la verità, c'é qualcuno che ti sta minacciando?" La sua voce questa volta era esile, tentennante. 

Briony sentì un pugno nello stomaco. << Sì, sono stata sequestrata dalla mia migliore amica, uno stregone pazzo vuole tenermi al guinzaglio, due cacciatori come me sono appena risorti dal mondo degli inferi, ma non posso dirtelo altrimenti Connor ci uccide tutti quanti. >> Questi furono i suoi pensieri ma non riuscì a trasformarli in vere e proprie parole. Sentì la lingua serrata dentro la bocca per via della paura.

Lei poteva anche portare il peso del segreto se ciò significava tenere le persone che amava lontane dal pericolo. Se Elijah lo avesse saputo chissà cosa avrebbe fatto… avrebbe fatto sicuramente qualcosa che avrebbe danneggiato tutti solo per proteggere lei, come era già successo. E non poteva permettere che gli succedesse qualcosa.

“Vuoi spiegarmi?” Elijah azzardò qualche passo in avanti, e lei di rimando si girò.

“Non c’è propria nulla da spiegare. Sono solo paranoie.”

Elijah fece allora un altro passo nella sua direzione, e lei istintivamente indietreggiò senza accorgersene. Calò un profondo silenzio nella stanza.

Elijah le rivolse così un sorriso glaciale, che non arrivò agli occhi.

“Sai, come bugiarda non vali molto.”

Briony sentì qualcosa di potente bruciarle il sangue, qualcosa di sconosciuto che non aveva mai provato. Cercò di scacciarlo, come se quel qualcosa che non apparteneva a lei si fosse addentrato nella sua pelle fino a spremerla.

“Oh smettila. Questa paternale non ti si addice.” borbottò nervosa, socchiudendo gli occhi. Sentì un pizzicore dentro di essi.

Elijah avanzò di nuovo.

“Chi stai proteggendo? Perché penso che la protezione serva a te.” La sua voce era chiara e decisa.

“Elijah ti prego..” mormorò lei come ultima supplica.

Di nuovo scese il silenzio. Intuì che Elijah la stesse guardando duramente e proprio per questo Briony non riuscì ad aprire gli occhi per sostenere il suo sguardo. Sapeva che ne sarebbe uscita sconfitta.

“Ok... Non ti chiedo di spiegarmi niente perché non lo faresti.” Sibilò lui ad un tratto.

Briony aprì gli occhi, ma tenendo lo sguardo basso.

“E’...”

“Lo so è complicato.” Elijah le rivolse un piccolo sorriso per nulla divertente che infatti subito si spense. Sembrava che ci fosse il bagliore di una fiamma intrappolata sotto il ghiaccio dei suoi occhi.

“Quindi voglio semplificarti le cose. Capirò tutto da solo.” Mormorò infine con voce dura e cupa, allontanandosi e dirigendosi verso la porta.

“Elijah ti prego...” Briony cercò di fermarlo ma lui chiuse prima la porta e se ne andò da quella casa.

Il viso di Briony si distorse in una smorfia di sofferenza e sospirò amaramente. Si portò una mano al petto chiedendosi cosa le fosse accaduto prima. Come se qualcosa di sbagliato si fosse insediato dentro di lei, abbattendo la sua volontà e la spingesse a mettersi contro Elijah, a non fidarsi di lui.

Il pizzicore sembrava svanito ma comunque poco le importava. Le sembrava di fare la cosa giusta perché le minacce di Connor erano troppo reali, e se Ylenia era terrorizzata marcia dalla sua presenza allora i rischi erano davvero altissimi. Più di quanto immaginasse.

Eppure quelle giustificazioni non sarebbero servite ad attutire il dolore che stava per sopraggiungere.

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Elijah camminò a passi spediti ma eleganti verso la macchina, quando il cellulare vibrò nella tasca. Prontamente lui rispose e subito la conversazione attirò la sua attenzione.

“Bene. Arrivo subito” disse infine chiudendo la telefonata.

Il viso di ghiaccio si serrò mentre si voltò verso la casa di Briony.

Poi aprì la portiera dell’auto e mise in moto

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Charlotte era al Grill, l’unico posto decente del paese. Mystic Falls non le piaceva per niente, non offriva nulla  ed era strapiena di succhiasangue. Non vedeva l’ora di finire il lavoro e andarsene via di lì per riprendere la sua vita in mano.

Purtroppo Connor le aveva ordinato chiaramente di non fare mosse false fino a quando non lo avrebbe detto lui.

“Siete ancora deboli, dovete riprendere le forze e sono passati solo pochi giorni. Dobbiamo aspettare il momento propizio” aveva detto a lei e a Willas. Charlotte aveva acconsentito da brava figlia obbediente, mentre Willas come prevedibile tutto il contrario.

“E che cosa dovremmo aspettare? Che arrivino loro per primi a strapparci il cuore? Tutti gli Originari sono nella stessa città. Una simile occasione non ricapita, e non aspetterò solo perché sei tu a chiederlo.”

“Sei molte forte Will, ma a quanto pare ti manca la materia grigia. Cosa pensi di fare tu con 6 Originari che ti accerchiano come una preda indifesa? Devi recuperare le forze di un tempo prima di fare la tua mossa. Non sei stato neanche capace di uccidere quella vampira l’altra notte, figuriamoci un Originario!”

Quella verità aveva scottato l’orgoglio e la superbia del cacciatore come se fosse una macchia nel suo curriculum. Era vero, non era riuscito ad uccidere quella biondina che senza dubbio era un vampiro, ma solo perché era ricomparso sulla terra da pochi minuti e aveva quindi le forze di un neonato. Ma appena sarebbe stato pronto… avrebbero visto di che pasta era. Non si sarebbe fatto spezzare un’altra volta.

“Fate come vi dico, vi ho mai delusi? Sono io che vi ho insegnato ad essere quello che siete oggi, che vi ho guidati e istruiti. Sono stato con voi sempre. Vi chiedo solo fiducia e tempo”

Willas aveva inghiottito l’orgoglio, almeno per ora, e aveva detto che non avrebbe aspettato in eterno e di non limare sulla sua pazienza. Poi se ne era andato imbufalito. Charlotte invece come una brava figlia amorosa aveva detto che avrebbe fatto ciò che lui voleva.

Però quell’attesa pesava anche a lei. Quando aveva confidato a Connor che era andata a casa di Gwendolyn per rivederla, lui era saltato su tutte le furie perché le aveva ordinato di tenersi alla larga dagli Originari.

Ma la cosa era troppo allettante… fin da quando era ritornata su quella terra, Charlotte  aveva subito sentito il desiderio di vendetta e di stritolare il miserabile collo dell’Originaria.

La bocca si distorse in un sorriso malefico mentre sorseggiava una bibita che veniva chiamata birra a quel tempo.

Subito distorse la bocca perché non le piacque il sapore, e la lasciò lì sul bancone.

Riusciva solo a pensare a una cosa. Al sangue di Gwendolyn grondante sulle sue mani.

Era nata apposta per uccidere lei prima di tutto. Il suo obbiettivo era quella saputella che si credeva la migliore del mondo. Tutto il suo odio era rivolto a lei in primis. Era stata la natura a volerlo.

Si chiese infatti come diavolo facesse Briony a stare vicino a Elijah senza l’impulso di odiarlo. Willas quando aveva saputo la storia di Briony aveva detto che alla ragazza avevano impiantato un dna fasullo perché è contro natura amare degli essere mostruosi come gli Originari.

Charlotte si strinse nelle spalle e mise le mani sulle ginocchia. Indossava degli indumenti comodi, totalmente opposti dai corsetti che era obbligata a indossare secoli prima.

Decise di uscire via di lì. Non era prudente gironzolare perché Gwendolyn poteva anche bersela una volta, ma alla seconda avrebbe capito che non si era trattato di un sogno.

Prima però si diresse in bagno per sciacquarsi le mani. Le piaceva molto la nuova tecnologia in quel secolo. Bastava un click, e le macchine funzionavano da sole.

Quando Charlotte avrebbe compiuto il suo destino, ovvero uccidere tutti gli Originali, avrebbe voluto godersi appieno la sua vita e dimenticare tutto quel sangue. Il solo pensiero di guardare 24 ore su 24 quei canali interessanti alla tv o ascoltare quella strana musica rumorosa e assordante, la esaltava come una bambina.

Ma prima doveva compiere il suo dovere. Non c’era spazio per altro.

Entrò nel bagno delle signore e chiuse la porta dietro di sé.

Una mano comparve dal nulla e la afferrò per il collo, incastrandola contro la porta.

Charlotte fu talmente presa in contropiede che non tentò nemmeno di difendersi. Sgranò solo gli occhi, priva di fiato.

“Non fiatare” minacciò una voce sconosciuta.

Charlotte guardò la faccia del suo assalitore. Per un attimo non riuscì a crederci. Era uno degli Originari, quello che strappava i cuori con eleganza disumana. Non riusciva però a ricordarsi il nome.

Con nonchalance Charlotte cavò la presa di Elijah dal suo collo, guardandolo truce.

“Si può sapere che vuole? Dalle vostre parti é da buona educazione assalire le donne nei bagni?” domandò saccente. Non voleva farsi scoprire, Connor era stato chiaro. La segretezza era d’obbligo, almeno per ora.

Senza contare che aveva sentito di cosa quell’Originario fosse capace. Gelido come il ghiaccio. Feroce come un demone. Orgoglioso e insensibile come tutti gli altri vampiri, se non di più.

Almeno aveva una postura elegante.

Elijah intanto continuava a guardarla con sguardo durissimo. Qualcuno al di fuori della porta tentò di aprire per andare in bagno, ma Elijah diede una manata alla porta per far capire che fosse occupato.

“Ci conosciamo per caso?” Domandò Charlotte con finta cortesia.

Lui la guardò dall’alto in basso, con odio:  “Tu sei il mostro che ha distrutto la vita di mia sorella”

Quella semplice spiegazione costrinse Charlotte a deglutire. << Come ha fatto a scoprirmi? Che sia così furbo come tutti dicono? >>

Cercò comunque di non abbassare la guardia né di farsi sottomettere.

“Quale sorella? Quella lurida bastarda che piagnucolava per la morte di suo marito?”

Elijah la spinse, non troppo forte però, contro la porta e mettendole una mano sulla spalla. Charlotte lo lasciò fare. Sapeva che in quel momento era troppo debole per contrastarlo. Inoltre se voleva ucciderla, lo avrebbe già fatto.

“Ti conviene ascoltare ciò che ho da dire. Stai lontano da lei.” Sibilò lui gelido.

“Lei chi? Tua sorella?”

“Lo sai.”

Charlotte allora capì. << Anche il succhiasangue è innamorato? Da non credere. >> pensò ridendo dentro di sé.

“Che cosa volete? Perché siete qui?” domandò Elijah gelido, tenendo sempre la presa su di lei.

Uhmm… io sono qui per comprare quelle cose buonissime che si fanno chiamare patatine fritte se non sbaglio, per gli altri io non voglio mettere bocca”

Elijah perse la pazienza e la sbattè di più contro il muro. La salvava forse il fatto che era una ragazza. Altrimenti le avrebbe già infilato una matita dentro il collo.

“Tanto lo capirò prima o poi. Ma voglio darti una via di fuga. Se tu ci lasci in pace, e te ne vai per sempre, io farò altrettanto con te. E’ un accordo, e ti conviene accettarlo nella situazione in cui ti trovi”

Charlotte non volendo tremò. Quell’Originario faceva più paura di quanto la facesse Gwendolyn. Ma non voleva darlo assolutamente a vedere. Lei era una cacciatrice.

“Ah sì? Perché dovrei farlo? E tieniti le tue minacce, non mi fai paura lurido succhiasangue

Elijah le rivolse un sorriso gelido.

“Vedi di stare calma. Io faccio parte… dei buoni” sussurrò dopo un attimo di tentennamento.

“I buoni? I buoni si presentano così? Afferrando delle ragazze per il collo?”

Elijah la guardò per il mostro che era. “Immaginati allora i cattivi”

Gli occhi neri del vampiro la intimorirono. Così come il tono della voce.

“Tu non hai un’idea di cosa può succederti se ti metti sul mio cammino” minacciò lui nuovamente senza però scomporsi più di tanto.

La lasciò poi andare.

Non intendeva ucciderla, almeno non ora. Le serviva ancora e intuì che le minacce erano andate a buon fine. Doveva solo aspettare la mossa che sapeva che quella cacciatrice avrebbe fatto in seguito.

Elijah si spostò per aprire la porta di poco.

“Ora sei stata avvertita.” Mormorò prima di andarsene. “Ti consiglio di ascoltare il mio suggerimento a meno che non vuoi ritrovarti di nuovo dentro una fossa”

Charlotte lo guardò con disgusto e repulsione. Finalmente Elijah se ne andò e lei ritornò ad essere normale. Non intendeva infatti  sottomettersi a quel succhia sangue. Costi quel che costi.

Prese subito il cellulare. Faticava ancora a capire come funzionasse ma cercò di ricordarsi le lezioni di Connor e premette il pulsante giusto per fortuna.

Cominciò a squillare. “Will? Abbiamo un problema. Enorme. Ci pensi tu?”

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Briony cominciò letteralmente a dare i numeri all’interno di casa sua. Girava e girava, come se volesse scavare una buca.

Alla fine prese una decisione e non avrebbe cambiato idea. Doveva fare qualcosa, non poteva starsene con le mani in mano.

Andò di corsa di sopra prendendo tutti i paletti che trovava nel cassetto e prese le chiavi della macchina. Voleva dirigersi in quello sottospecie di bunker di proprietà di Bill Forbes, dove tempo addietro aveva rinchiuso e torturato Caroline. Lì c’erano anche delle armi e coltelli di ogni tipo. Le sarebbero stati utili.

Con un filo di ironia ipotizzò che se staccavi la testa di una persona, questa moriva. Ovvio. Ylenia aveva liquidato ogni goccia di sangue di Connor rendendolo una mummia, ma forse se gli avesse staccato la testa di netto non sarebbe risorto. Idem per i due cacciatori. Non credeva che avrebbero cosparso la terra di terrore senza una testa sulle spalle. Sarebbe stato davvero assurdo.

Prese tutto quello che le occorreva e andò verso l’uscita.

Si sentiva sull'orlo di un burrone dove speranza e disperazione erano sorelle. Esitare significava cadere.

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Briony per prima cosa andò al luogo dove l’avevano rinchiusa e legata. Cercò di ricordarsi il tragitto di ritorno che aveva fatto con Ylenia e per fortuna ci riuscì. Si trattava di un motel, poco distante da Mystic Falls ma fuori mano. Non c’erano indicazioni né niente. Perfetto per non far udire urla di terrore.

Col cuore in gola Briony cominciò a camminare. La borsa non era molto pesante. Aveva messo solo un’ascia e una pistola. Essere la figliastra di uno sceriffo aveva i suoi vantaggi. Per fortuna aveva imparato a caricare i proiettili quando era piccola.

Di certo la pistola non avrebbe fermato né Connor né gli altri due ma li avrebbe senza dubbio indeboliti così lei ne avrebbe approfitto tagliandogli la testa con l’ascia.

<< Ma ce la farò? >> Briony non aveva mai fatto una cosa del genere. Con ironia pensò che c’era sempre una prima volta ed era necessario agire subito senza non farsi prendere dal terrore. Se avesse tentennato, sarebbe stata la fine. E le persone a lei più care avrebbe pagato un prezzo troppo alto.

Si sentiva perciò in obbligo di fare qualcosa. Qualunque cosa pur di salvarli.

Elijah.

Istintivamente le venne in mente lui. Soffriva ancora per il modo in cui si erano lasciati… ma era l’unica maniera.. questa volta doveva farcela da sola.. Non poteva sempre pesare sulle sue spalle… Ormai Elijah si era spinto troppo oltre nel tentativo di proteggerla.

Briony strinse la borsa sulle spalle e si diresse verso la camera del motel a lei interessata. Prese un profondo respiro, attenuò i battiti del cuore. Si ripetè un milione di volte di non aver paura e di non essere codarda, di lasciar sfogare la rabbia perché in fondo anche lei era "speciale".

Alla fine bussò.

Niente.

Bussò ancora per altre volte.

Ma nessuno le venne ad aprire.

Briony sbuffò. Credeva fosse una buona idea andare in quel posto, pensava che fossero ancora lì ma purtroppo si sbagliava.

<< E ora dove li vado a cercare? >>

Cercò comunque di scassinare la porta per provare il tutto e per tutto.

All’improvviso sentì il vento soffiarle fra i capelli. Briony inconsapevolmente rabbrividì.

Si voltò, ma non così prontamente da evitare ciò che stava per accadere.

Una mano le tappò la bocca, impedendole di urlare. Un corpo la spinse senza grazia all’interno della porta,  che aveva appena aperto in un battibaleno.

Briony si ritrovò catapultata all’interno della stanza. Il cuore gridò impazzito.

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Briony morse la mano che le tappava la bocca e questa subito si allontanò come se lei avesse denti da vampiro.

La ragazza fece molti passi indietro tenendo ben stretta la borsa e cercò di mettere a fuoco la scena davanti a lei.

C’era un uomo nella stanza, quello che l’aveva spinta e impedito di urlare. Ma non era Connor.

Dopo un attimo di esitazione lo riconobbe. Era il forestiero che aveva visto con Charlotte al Grill. L’altro cacciatore. Il primo. Willas.

Briony deglutì. Cavoli, non se lo immaginava così… grosso. Non che fosse in sovrappeso ma i muscoli erano evidenziati persino sotto il giubbotto, sembrava un atleta che si allenava giorno e notte. Ma non era sicuramente merito della palestra… ma di tanti combattimenti contro i vampiri.

Poteva anche apparire bello, ma Briony provò solo del disgusto nel vederlo. Così come nel caso di Charlotte.

Giurò a se stessa che se anche lui avesse  detto che era sua sorella e altre diavolerie del genere, gli avrebbe strappato lo stomaco con le unghie.

Invece Willas le rivolse uno sguardo vuoto.

“Credevo che ti avessero presa questa mattina. Sei ritornata perché vuoi unirti a noi e il cervello si è girato finalmente nel verso giusto?”

Teoria sbagliatissima caro.

L'uomo rimaneva immobile e fermo davanti a lei.

“Volevo parlare con Connor di alcune cose. Se tu fossi stato presente, lo sapresti.” Briony fu sorpresa dal tono sicuro della sua voce. Forse non era ancora tutto perduto. Anche se guardando il braccio possente di Willas capì che lui le avrebbe rotto il collo in una semplice mossa.

“E perché? Non mi interessa trattare con codardi che si mischiano con gli Originali.” rispose lui duramente come se ne fosse schifato, e mettendo qualcosa sopra un tavolino.

Briony lo guardò studiandolo. Se lo avesse colpito alle spalle con la pistola, lui sarebbe caduto e lei ne avrebbe approfittato. Ma doveva prenderlo di sorpresa, altrimenti sarebbe stata fritta.

<< Di solito chi ha tanti muscoli, ha poco cervello >> Cercò di pensare in positivo. Doveva usare l’arguzia per metterlo k.o.

“Comunque di cosa avete parlato nella vostra piccola rimpatriata familiare? Connor ha finalmente deciso di fare qualcosa per cavare gli occhi ai tuoi amichetti?” domandò lui disinteressato rovistando tra alcune riviste.

Briony si spostò da dov’era per prendere la giusta posizione. Senza farsi vedere mise la mano dentro la borsa.

“Ah, non ti aspettare che io e te diventiamo amici per la pelle e che ti consideri come una sorella. Ne ho già abbastanza di Charlotte. Non sopporterei anche te. Patti chiari…” disse lui con lo stesso tono continuando a mettere a posto.

Briony riuscì a mettersi alle sue spalle senza far rumore, ma lui all’improvviso si girò.

Lei si morse il labbro e fece finta di nulla. “Sì, certo. A dirla tutta, il pensiero che voi tecnicamente siete come me.. quasi fratelli, mi disgusta.”

Si aspettò che lui sorridesse alla battuta oppure le infilasse una mano dentro il petto, ma invece restò immobile. Sembrava vuoto come un robot scarico e privo di umanità. Aveva sì dei bellissimi lineamenti, quasi scolpiti nel marmo, non appariva rude in viso nonostante quei muscoli strepitosi e i capelli lunghi ribelli. Ma era comunque inumano, diabolicamente inumano.

“Ti avverto… se tu mi metti i bastoni fra le ruote, Connor o non Connor, sorella o non sorella, ti uccido. Ho intenzione di uccidere ogni Originario che incontrerò e non ammetto ostacoli.”  sussurrò lui duro come la pietra.

Briony avrebbe voluto saltargli addosso in quel momento ma costrinse le gambe a stare immobili. Cercò di mandare avanti la conversazione in maniera neutra per rendere Willas meno previdente e più inoffensivo. Doveva prenderlo di sorpresa.

Mandò giù la paura nel fissare quel volto statuario: “E chi hai intenzione di uccidere per primo? Sbaglio o il tuo obbiettivo era Mikael?”

Willas serrò duramente le mascelle, segno che quella sconfitta gli pesava ancora. Mikael era morto.. ma per mano di Klaus, non sua. L’orgoglio dentro il cacciatore di nuovo bruciò in un incendio.

“Quel bastardo si è fatto aiutare da una strega che aveva preso una cotta per lui.. Maledetta. E da altri suoi amici vampiri. Ma non mi farò prendere in contropiede. Non più.” Guardò Briony questa volta più intensamente, come se avesse intuito le sue reali intenzioni.

Il cuore della ragazza smise di battere per un attimo.

“Comunque... sì, ho già in mente un Originario da uccidere… E da molto tempo anche… Questa volta andrò dritto in fondo al cuore” La voce di Willas cambiò. Non era più vuota, ma ricolma d’odio assoluto e disprezzo. Come se ci fosse un conto in sospeso.

Forse gli era successo qualcosa di brutto in passato...

Ma a Briony sinceramente non importò. Doveva trovare il modo di fargli abbassare la guardia, ma quello sembrava un osso duro. Non un po’ idiota come Charlotte.

“E ora che farete?” domandò lei prendendo tempo. La mano serrata dentro la borsa.

“So che quel che farò io. Diventare forte come un tempo per uccidere ogni vampiro sulla faccia della terra. Trovare finalmente giustizia.” rispose lui con durezza implacabile andando poi a mettere la giacca nell’attaccapanni. Si girò verso di lei.

“E se tu starai dalla loro parte.. condividerai la stessa fine”

<< Lo vedremo stronzo >> Pensò lei in un momento d’ira.

All’improvviso Willas si girò verso la porta come se il campanello avesse suonato. Ma invece no, non c’era stato alcun rumore. Eppure lui si diresse verso la porta a passi lenti e studiati.

Briony gli fu alle spalle. Strinse di più la presa sulla pistola. Adesso o mai più.

Cercò di farsi coraggio, ma Willas si girò così fulmineamente da farla sobbalzare. Lui imprecò in una lingua che Briony non capì e la prese poi per un braccio senza troppi preamboli.

Per fortuna il braccio libero. “Che c’è?” domandò Briony agitata, sentendosi un fior di nervi.

“Zitta. Stai immobile se non vuoi che ti strappi il braccio” minacciò lui al suo fianco, stringendo la presa come se avesse artigli al posto delle unghie.

Willas aprì la porta, ma rimase dentro l’uscio. Il vento si schiantò contro il viso di Briony che si sentì appannare la vista.

“Se avete bisogno di uno spuntino posso darvi lei.” gridò Willas ad un tratto.

Briony lo guardò come se fosse pazzo. Charlotte non era la sola allora. Attorno a loro non c’era nessuno, sembrava una landa desolata.

Eppure Willas sembrò avere un interlocutore da come si muoveva e da come si guardava attorno.

“D’altronde.. si sa che i succhiasangue non riconoscono concetti come l’amicizia, lealtà o devozione” continuò girando la testa verso ogni direzione, quasi volesse captare qualcosa.

Briony allora rabbrividì. Si guardò attorno anche lei, sperando di non passare da una gola del lupo all’altra.

Il silenzio comunque continuava ad albergare attorno a loro. Non c’erano spostamenti, solo le foglie che si agitavano al vento.

“Oppure posso tenermela io come regalo” gridò Willas con un sorrisino affilato cominciando a indietreggiare dentro casa, sempre tenendo Briony per un braccio.

A quella minaccia però ci fu una reazione. Briony scorse qualcuno provenire dalla sua destra e avvicinarsi all’entrata del motel.

Briony rimase letteralmente di stucco. Rebekah?

La guardò allibita, non riuscendo a capire come aveva fatto ad arrivare lì. La vampira sostenne lo sguardo del cacciatore; i loro sguardi d’odio si incrociarono.

Briony strinse ancora la presa sulla pistola. Non avrebbe permesso che succedesse qualcosa a Rebekah. Da quella posizione Briony non era avvantaggiata, ma ci avrebbe provato comunque. Doveva essere lei a farlo, era il suo il peso da portare.

E i rischi li avrebbe pagati solo e esclusivamente lei.

Una voce però la fece immobilizzare e indietreggiare sulle sue decisioni.

“Lasciala andare” sibilò lentamente una voce inquietante che lei ben conosceva.

Elijah comparve non molto lontano da loro due. La distanza era poca e Rebekah lo raggiunse facilmente.

Dallo sguardo dell’Originario, Briony intuì che la sua calma gelida era solo una maschera. Presto avrebbe agito, lasciando da parte le minacce.

Ma Willas aveva il potere di ucciderlo… Briony sentì il cuore mancare i battiti.

“Se fai come ti dico, ti do la mia parola che non ti passeremo da parte e parte”

Willas dal canto suo non dava molto peso alle minacce di Elijah dal modo in cui sosteneva lo sguardo dei due vampiri. Continuava a rimanere dentro l’uscio studiando la situazione.

“E quando mio fratello offre un patto.. ti conviene ascoltarlo” sottolineò Rebekah col classico tono sarcastico.

Briony rimaneva immobile con sguardo stravolto. Non osava neppure guardare dritto negli occhi Elijah perché immaginava cosa c’era insidiato dentro di essi.

E non poteva biasimarlo…. Briony, la fonte inesauribile di guai. Pensò con sarcasmo.

Ma questa volta sarebbe stato diverso.

Willas non riuscì a finire la provocazione che aveva sulla punta della lingua che infatti urlò dalla sorpresa. Briony non aveva preso la pistola ma l’ascia in una velocità da maestro, e aveva infilato la punta contro gran parte dello stomaco di Willas.

Gli fece sbattere la schiena contro lo stipite e cercò di scavare più a fondo per penetrare l’organo, ma lui non glielo lasciò fare.

Le afferrò la mano e gliela distorse, quasi le spaccò le ossa. Briony istintivamente gridò ma cercò di non mollare la presa sull'arma. Willas sibilò qualcosa fra i denti e le diede un calcio sullo stomaco così forte da spezzarla in due. Briony cadde sulle ginocchia ma portò Willas con sé, che le finì sopra. Erano in posizione verticale verso l’uscio, e Briony si sentì soffocare dal peso del cacciatore.

L’ascia era ancora infilata nel suo stomaco ma lui senza emettere nessun gemito la tolse via, gettandola lontano.

Briony udì delle grida dietro di lei. Cercò di farsi forza, e di puntellarsi per indietreggiare e uscire dalla stanza. Willas così sarebbe stato privo di difese.

Lui intuì la sua mossa e cercò di serrarla duramente contro il suo corpo per non farla muovere, ma Briony trovò dentro di sé una forza che non pensava di avere.

Mise le mani sul viso di Willas come se volesse staccargli la pelle, e cercò di puntellarsi con i piedi e le spalle per andare fuori di lì. Il cacciatore d’altro canto le teneva le mani rudi sul collo, come se volesse staccaglierlo.

Briony serrò gli occhi per diminuire il dolore, sentiva il sapore metallico del sangue di Willas che fuoriusciva dalla ferita.

Alla fine riuscì, anche se di poco, a mettere fuori la testa dall’uscio della porta. Diede una ginocchiata a Willas nel punto dove l’aveva ferito, provocandogli un urlo. Briony con mosse disperate cercò di indietreggiare mettendo le mani sul pavimento.

Finalmente quando si trovò fuori si sentì abbracciare da una presenza rassicurante. Non erano le braccia che agognava, ma comunque ringraziò il Signore di essere viva.

Rebekah la sosteneva a terra, gridando il suo nome. Briony invece continuava a tossire. A quel pazzo era mancata poco così per strozzarla definitivamente.

Briony prese la mano di RebekahDov.. dov’è..?” farfugliò tra un respiro accelerato e l’altro.

Rebekah intuì di chi parlava: “Starà staccando il cuore di quel cacciatore spero”

Briony sentì il sorriso nella sua voce e cominciò a rilassarsi. Vedeva un po’ appannato ma non era messa così male. Sentiva ancora forza alle gambe e cercò di mettersi in piedi. Le braccia di Rebekah la sostenevano ma comunque le disse che era meglio star seduta onde evitare altri problemi.

Briony borbottò, quando vide la figura di Elijah avvicinarsi a loro. Camminava più veloce del solito e quando vide Briony ancora in vita fece un profondo respiro di sollievo.

Si inginocchiò davanti a lei. “Come stai? Stai bene?"

Briony assentì debolmente con la testa, le parole sembravano incastrate nella gola.

Elijah le accarezzò la guancia per un attimo, poi si alzò. Rebekah fece lo stesso e iniziarono a a parlottare così a bassa voce che Briony non riuscì a udire. Da distesa sembrava che le figure longilinee di Elijah e Rebekah coprissero l'ombra del sole alle loro spalle. Come se l'oscurità della loro vita li avvolgesse e li divorasse in ogni momento dell'eternità.

Briony sentì un dolore lancinante al cervello come un trapano, ma riuscì a sentire qualcosa su "Gwendolyn aveva ragione" o "bisognava far qualcosa subito".

Cercò di alzarsi tenendo a bada il dolore, e Rebekah le cinse le spalle per aiutarla.

"La prossima volta invece di fare un incontro a kik boxing dove già perdi in partenza, chiamaci" disse lei in tono severo ma comprensivo.

Briony chiese dove fosse finito Willas e Elijah le rispose solo che era riuscito a fuggire. Deglutì silenziosamente sentendosi colpevole per quella disfatta, mentre Elijah disse che era meglio tornarsene a casa.

Rebekah era sempre al fianco di Briony per sostenerla e la ragazza gliene fu grata ma sentiva che abbisognava di altre braccia, di altro calore.

Dopo averle chiesto se stava bene, Elijah si era allontanato anni luce da lei. Era sempre vicino, ma lontano con la mente. I suoi pensieri erano intraducibili per Briony o forse aveva timore di leggerli per scoprire qualcosa che le avrebbe percosso il cuore.

Camminarono verso la macchina dei due vampiri, e allora Briony mormorò che aveva lasciato la sua auto non molto lontano da lì.

"Te la riporterò io più tardi"

Quella risposta gelida le raggelò il sangue. Cercò di guardare Elijah con la coda dell'occhio ma lui stava di profilo mentre camminava. Istintivamente tremò.

Quando finalmente arrivarono all’auto, Elijah aprì la portiera a Rebekah e a Briony. Quest’ultima fece un azzardo. Alzò lo sguardo verso quello di Elijah.

L’unica cosa che lui le mostrò fu gelo. Una freddezza impossibile da scalfire.

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Le coperte del letto non le davano alcun calore. Nemmeno il thè fumante che aveva nel comodino. Sentiva soltanto gelo nelle vene, quasi si fosse insediato come un cancro.

Il dolore fisico non era poi così forte. Le faceva male il senso di colpa, e tante altre cose che non riusciva a spiegarsi.

Elijah nel tragitto in macchina era stato silenzioso come una tomba, un freddo polare. Rebekah aveva guidato fino a Mystic Falls, mentre BrionyElijah erano nei sedili di dietro. L’Originaria aveva cercato di smorzare la tensione con qualche battutina, ma Elijah non veniva scalfito neanche da quello. Briony a sua volta rispondeva a mugolii.

Aveva intuito che Elijah era arrabbiato. Lo capiva perché non l’aveva mai guardata, nemmeno per un misero secondo per cui lei avrebbe dato tanto. L’Originario le aveva chiesto a bassa voce se stava bene, e lei subito aveva risposto speranzosa di prolungare la conversazione. Ma lui non l’aveva guardata nemmeno in quel momento, e si era subito inoltrato nel suo silenzio.

Briony in quel momento sbuffò mettendosi le mani alle tempie. Spostò malamente le coperte per alzarsi dal letto, ma proprio Elijah in quel momento sopraggiunse in camera.

Briony, non dovresti alzarti. Sei ancora debole”

Il vampiro si avvicinò sedendosi al suo fianco. Lei allora provò a identificare delle emozioni nella sua voce o nel suo sguardo, ma scorse solo freddezza.

“Sto bene. Davvero.”

Elijah assentì piano e poi sviò lo sguardo da lei. Era rigido, lo percepiva.

Briony si inumidì le labbra cercando di parlare:

“Elijah, lascia che ti spieghi...”

“Adesso vuoi spiegarmi? Te lo avevo chiesto questa mattina ma tu hai continuato a mentirmi.” Sibilò lui all’improvviso, voltandosi verso di lei.

Quell’espressione suo malgrado le fece paura. “Non capisci.. quella gente non scherza, se ti avessi detto la verità quelli avrebbero ammazzato delle persone innocenti e non dimenticare che quel cacciatore ha il potere di ucciderti Elijah! Perché eri in quel posto? Come sei riuscito a localizzarlo?” domandò alla fine confusa.

Non capiva come Elijah aveva intuito la verità in così poco tempo.  Ma in fondo Elijah era ingegnoso, assai abile nell'ottenere ciò che voleva con l'astuzia laddove la forza non poteva valere.

Briony intanto guardava l’espressione inespressiva del vampiro, e qualcosa nella sua mente scattò:

“Capisco. Altri affari privato no? Tu mi recrimini di tenerti nascoste le cose, ma tu fai lo stesso col tuo silenzio.” ribattè lei acidamente.

Briony basta. Io ho la forza e il dovere di sostenere e risolvere questa situazione, per questo ero là. Ma tu che pensavi di fare? Ti rendi conto del pericolo che hai corso?” rispose lui con una forza nella sua voce che la fece sobbalzare.

A prima vista poteva anche apparire una scemenza, ma lei si era fatta in quattro per risolvere la situazione da sola senza che nessun altro ci andasse di mezzo. Quando aveva visto Rebekah aveva avuto paura per lei, per via di Willas e di ciò che era, per questo aveva cercato di lottare contro di lui. Quando poi aveva visto Elijah aveva capito che non poteva starsene con le mani in mano, come la classica vittima spaurita.

Eppure il peso sulle spalle derivante dalla sua vita catastrofica le stava pesando molto. Troppo.

Briony abbassò il viso, sospirando come se provasse male fisico.

Elijah la guardò come se vederla in quello stato gli provocasse delle ferite nel cuore, nonostante tutto, ma l’emozione durò pochi secondi. Il ghiaccio era troppo spesso in lui in quel momento.

Si alzò dal letto facendo dei passi in avanti. Le dava le spalle e teneva le mani sui fianchi.

All’improvviso si voltò. “Quando pensavi di dirmi che quell’uomo era riuscito ad arrivare a te?” domandò tra le preoccupazione e il rancore.

Elijah sentiva di essersi sporcato le mani di tutto quel sangue per nulla. Lo aveva fatto solo e esclusivamente per rintracciare quell’uomo, individuare i suoi punti deboli, e farlo fuori prima che si avvicinasse a Briony perché sapeva che era pericoloso.

Sapere che lei nonostante tutto gli avesse taciuto di averlo visto, che addirittura era ritornata da lui per fare chissà cosa, da sola per giunta, gli faceva montare una collera incontenibile che non riusciva a placare. Ci sarebbe riuscito forse se non avesse smembrato tutte le sue virtù in quella cascina maledetta.

Tentare di riprendersele ora era impossibile. Facile invece era premere l’interruttore delle emozioni e spegnerle.

Briony intanto aveva cercato di alzarsi sul letto. Lo sguardo era pieno di dispiacere.

“Ho le mie ragione... quando lui..”

“Sì, tu hai le tue ragioni. E io ho le mie.” Rispose lui freddamente, fissandola vuoto.

Briony lo guardò senza replicare. Sentiva come se le loro esistenze fossero state costruite intorno a una voragine spaventosa. Percepiva di trovarsi in bilico attorno ad essa, non riusciva proprio a trovare il giusto equilibrio per sopravvivere.

Il colmo era che lei e Elijah si mentivano costantemente ma odiavano farlo.

“Voglio esattamente quanto te che Connor e quei due pazzi cacciatori vengano uccisi. Non ho mai pensato di andare dalla loro parte, solo…. Di prendere tempo prima che accadesse il peggio.”

Elijah però non la stava più guardando. Teneva le mani sui fianchi e lo sguardo basso, come se fosse assorto nei suoi pensieri.

Briony se non ti fidi di me le cose possono davvero mettersi male. Ormai quell’uomo e i suoi due complici saranno scomparsi chissà dove, pronti a montare altri piani per distruggerci tutti.” Mormorò duro come se ce l’avesse con se stesso.

Ad un tratto alzò il volto verso di lei:

“Lui che voleva? Connor. Vuole che tu stia dalla sua parte vero? Che ti ha promesso?”

Il tono della sua voce istintivamente lasciò perplessa Briony:

“Promesso? Che vuoi che mi abbia promesso! Volevo mandarlo all’inferno ma secoli fa Ylenia ha tentato di ucciderlo con una magia potentissima, ed eccolo che riappare a Mystic Falls. Non voglio proprio niente da lui, solo che ci lasci in pace.”

Raggomitolò le ginocchia al petto, poi sbattè le palpebre come colta da un lapsus.

“Perché? A che pensavi?” domandò allusiva. Lo sguardo silenzioso di Elijah fu come valanghe di pietra.

“Davvero pensavi che vi avrei voltato le spalle. A te?” domandò incredula. I peli del braccio si rizzarono quasi.

Lo sguardo confuso a sua volta di Elijah non le bastò a staccare via la lama che si era addentrata nel cuore in quel momento.

Lui le si avvicinò, ma lei non voleva che lo facesse.

“No Briony, non penso questo… Ma se lui ti ha così terrorizzata a tal punto da non dirmi più niente, ci deve essere per forza un motivo.” Mormorò lui flebilmente.

“Te l’ho già detto. Quell’uomo non sa solo minacciare bene.”

Sentiva lo sguardo attento di Elijah su di sé, ma lei fece finta di nulla. Sentì un’enorme ferita nel petto per quell’allusione di poco prima. Se lui non lo pensava veramente, o comunque non intendesse ferirla, egoisticamente non le importò.

Qualcosa le pizzicò nel petto, fino a roderla. Credeva fosse per via della ferita interiore, ma non ne era sicura perché le sembrava estranea dalle altre.

Elijah si sedette di nuovo:

Briony, da adesso in poi devi confidarti con me per ogni cosa anche se quel bastardo ti minaccia. E’ una situazione che volevo davvero evitare. Ma gliele farò ingoiare io quelle sue minacce, ti do la mia parola.”

Alzò poi la mano per sfiorarle delicatamente i capelli.

“Non voglio che ti si avvicini. Credimi, lo conosco di fama. Non farti manipolare da lui.” le sussurrò in maniera flebile, ma venne rudemente scansato.

“Non sono una bambina, so badare a me stessa”

Briony...”

Ma lei gli impedì di proseguire, alzando la mano.

“Se me lo concedi, vorrei stare da sola ora.” disse glaciale.

Il coraggio però di guardare l’espressione di Elijah le mancò. Poteva immaginarsela nella sua mente anche se non lo fissava.

Sentì una voragine espandersi nel petto quando lo sentì alzarsi. Di colpo il cuore si ricollegò e si chiese che cosa aveva fatto. Non avrebbe voluto parlargli in quel modo né schivarlo con tanta freddezza, ma sembrava come se qualcosa avesse preso possesso del suo corpo e delle sue corde vocali, e non riuscisse a combatterla ma solo a sottomettersi.

Provò profondo rancore verso se stessa, e si girò subito su un fianco gridando il nome di Elijah.

Ma lui era già svanito. La porta chiusa. E non si sarebbe riaperta.

Briony si lasciò fuoriuscire un sospiro doloroso dalla bocca. Voleva alzarsi e rincorrerlo, ma appena cercò di farlo lo stomaco sembrò cospargersi di schegge affilatissime e dovette arrendersi.

Diede un pugno al cuscino, come se volesse sfogare le sue delusioni.

Non voleva che le cose andassero così ma sembrava che il destino remasse loro contro in ogni situazione. Che le impedisse di vivere quell’amore che poteva renderla felice più di ogni altra cosa e farla sentire al sicuro.

Ma quell'amore invece era così doloroso e disperato che si sarebbe strappata il cuore.

Si portò le mani nei capelli, mettendosi la testa sul grembo. Si sentiva perduta, peggio ancora quella sensazione strana non smetteva di pulsare dentro di lei. Che stesse diventando pazza anche lei?

Elijah non si fece più vedere quel giorno, né sentire. Briony rimase a letto come un fantasma dimenticato. Forse pensò di essersela cercata. Sapevano tutti che Elijah non era un tipo facile, lentissimo a perdonare e facile a scattare qualora venisse calpestato il suo orgoglio.

Ma l’orgoglio porta alla tristezza e con quella non si sorride mai. Mette a tacere ogni angolo del cuore.

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Briony sbattè la porta rientrando in casa. Le sembrava di avere i fumini in testa a causa di ciò che era avvenuto qualche ora prima.

Ylenia gliene aveva fatto un’altra e Briony si era sentita stringere la trappola attorno a lei fin dall’inizio, ma comunque aveva accettato la richiesta della strega perché la riteneva tutt’ora un’amica. Aveva lasciato da parte le paranoie su possibili inganni, ma non bisognerebbe mai arretrare sulla previdenza se vuoi mantenere sana la pelle.

Ylenia l’aveva invitata ad un indirizzo per messaggio e lei le aveva chiesto se aveva dunque trovato un nuovo alloggio decente. Ylenia aveva risposto come al solito a monosillabi e le aveva pregata di venire per parlare a quattr’occhi.

Briony aveva sperato in cuor suo che Ylenia fosse rinsavita, che avesse trovato una soluzione ai suoi problemi, che c’era un modo per contrastare Connor, Willas e Charlotte ed era ansiosa di parlarle. Il tempismo era basilare in quei casi, e Briony aveva già un brutto presentimento.

Come se le sue sensazioni si fossero avverate, Briony era quasi caduta all’indietro mentre era entrata nell’appartamento dove Ylenia l’aveva invitata. Quando aveva visto gli occhi gialli di Connor subito aveva tentato di fuoriuscire di lì, anche se maldestramente, come se lottasse con mille uomini invisibili per riaprire la porta.

Ylenia l’aveva subito rassicurata dicendo andava tutto bene e che non le sarebbe stato fatto alcun male. Briony avrebbe voluto mandarla al diavolo, dirle che era una traditrice, ma alla fine si era arresa ad ascoltare anche se controvoglia.

Si era aspettata che Connor le saltasse addosso per ciò che aveva fatto a Willas, che le facesse qualcosa di brutto, invece lo stregone era rimasto calmo e quieto mentre parlava. Non le faceva nessuna colpa, ma voleva di nuovo farle cambiare idea su quale parte stare.

Briony aveva passato il tempo ad urlargli atrocità e a guardare con odio Ylenia, ma una frase di Connor l’aveva colta letteralmente alla sprovvista.

“Sai tua madre non sarebbe molto fiera di te adesso”

Lei si era di colpo paralizzata, mentre Connor aveva aggiunto che aveva conosciuto sua madre. “E’ una menzogna. Tu non conoscevi mia madre.”

Connor invece le aveva detto di sì, e che era stata proprio lei a contattarlo. Proprio per aiutare la figlia.

Briony era scoppiata a ridere. “Mia madre mi ha sempre voluta vedere morta. E’ venuta a cercare te per chiederti di farle il servizio forse?”

Ma subito si era morsa la lingua. Maggie, anche se l’aveva abbandonata e aveva dimostrato di disprezzarla, comunque era morta per lei. Non doveva parlare così di lei e si era subito zittita come una tomba.

Connor aveva continuato a parlare, spiegandole che lui aveva dato vita alle creature come lei e che quindi poteva aiutarle… a controllarsi.

Briony era rimasta zitta, con l’impulso sia di voler fuggire via di lì ma anche di ascoltare. Non sapeva a quale dei due voleri contrastanti dare retta, ma alla fine aveva scelto.

“Sì certo. Come fai con Willas e Charlotte, ho visto come sono pacifici e buoni”

“Ma loro hanno scelto di loro spontanea volontà di essere così e di condurre questa vita. Non mi hanno mai chiesto di aiutarli in quel senso.. ma vedo che tu fai fatica ad accettare ciò che sei e cerchi sempre di combatterlo. Ho capito qual è il tuo problema. E posso aiutarti in tal proposito”

Briony aveva stentato a credere alle sue orecchie soprattutto alle parole pacate di quello strano tipo. Davvero quel tizio poteva aiutarla a non essere un mostro deplorevole, a controllare il suo potere?

Ma subito aveva alzato la guardia perché non gli credeva: “E tu cosa ci guadagni ad aiutarmi? Avrai un soldato in meno così”

“Io non cancellerò ciò che sei infatti. Ti aiuterò a controllare quella parte di te che odi, e ti impedirò di esplodere. Willas e Charlotte all’inizio l’hanno fatto, lo confesso.. si sono macchiati anche di loro di assassinio, ma per una giusta causa e mi sono prodigato per loro. Poi con un lungo addestramento e buona volontà sono loro che hanno avuto il dominio sul proprio corpo, sulla propria mente, non qualcos’altro di sovrannaturale. Quindi se tu vuoi accettare il mio aiuto.. ben venga. Altrimenti veditela da sola, se ne sei capace”

Briony si era morsa nervosamente il labbro, cercando la via giusta da percorrere. Quello che Connor offriva era come un regalo di natale che lei agognava ad aprire.. ma se poi dopo averlo aperto si sarebbe trovata in mezzo ad una fossa di serpenti?

Elijah l’aveva avvertita di non fidarsi di lui. Ma lei, lei che cosa voleva fare invece?

“Che cosa vuoi in cambio?”

“Che tu non ci ostacoli”

Ecco dove stava la trappola. Aveva guardato di nuovo Ylenia, la quale era rimasta zitta per tutto il tempo. Briony allora si era domandata se Connor le avesse fatto il lavaggio del cervello ma non era il momento di pensare a quello.

Era tornata poi a guardare lo stregone. I suoi occhi strani le incutevano sempre e comunque ansia.

“Quindi dovrei stare bella e tranquilla mentre voi uccidete i vampiri, è così?” aveva chiesto saccente.

“Non ti chiedo questo. Inoltre adesso come adesso,  noi non vogliamo creare battaglia. Voglio solo che tu non strappi più il fegato a tuo fratello, è una richiesta logica no?”

Briony aveva grugnito tra sé e sé. Willas non era suo fratello, non appena lo aveva visto aveva provato solo ribrezzo. Idem per Charlotte. Li avrebbe sempre considerati come qualcosa da combattere.

Ma anche lei doveva combattere se stessa allora. Lei era una di loro. Quella cruda verità non si poteva cancellare con della gomma, né oscurare. Pesava ogni giorno di più fino a farla crollare.

“Non credo di accettare la tua offerta” aveva risposto lei mettendo le braccia al petto.

Connor aveva sorriso: “Ma stai tentennando vedo.. sai che in fondo quello che ti offro è ciò che desideri”

Briony era rimasta zitta con mille pensieri per la testa. C’era una vocina dentro di lei che le urlava di fidarsi, di fare ciò che Connor diceva. Quella vocina le fracassava i timpani e Briony era stata sul punto di tapparsi le orecchie per zittirla. Le incuteva persino terrore, come le voce modificate nei film dell’orrore.

“Che intenzioni hai?” Almeno aveva pensato di scavare a fondo per avere un vantaggio su di lui qualora ne fosse giunta l’occasione, ma Connor era furbo. Non poteva di certo spifferarle i suoi piani visto che non era dalla loro parte, ma in quella opposta.

“Quindi? La tua risposta?” Aveva domandato Connor mettendo le braccia dietro la schiena.

Briony si era presa parecchi minuti per pensare, ai pro ai contro. Ai rischi e ai benefici.

“Ci penserò” aveva infine detto. Sapeva che era come prendere la penna per firmare la propria condanna a morte, ma non voleva neanche sputarci sopra se ciò equivaleva a percorrere un sentiero ben più pericoloso.

"Ah puoi anche risparmiarti di avvisare il tuo vampiro. Perché non appena tu te ne andrai io scomparirò. E non vorrai comunque creare l'ennesima lotta dove potresti perdere tutto no?" il sorriso maligno di Connor l'aveva fatta trasalire e dalla paura si era attorcigliata le dita.

Quando poi era fuoriuscita da quella stanza, Briony aveva pensato a mille cose. << Hai sbagliato, dovevi dirgli subito un no secco. Non puoi fidarti, sciocca >> Oppure << Forse dovrei ascoltarlo.. avrei poco da perdere, e tanto da guadagnare se ciò che dice è vero. >>

Tanti se, tanti ma, tanti eppure..

Ci era mancata solo la litigata con Ylenia.. o meglio la mezza litigata. Briony aveva gridato come un’ossessa contro di lei, Ylenia invece era rimasta a sentire in silenzio come se fosse una sonnambula.

Non la riconosceva più, per questo le aveva rivolto parole dure come ad esempio che la prossima volta non si sarebbe fidata di lei visto che era diventata la segretaria di Connor a quanto si vedeva.

Ylenia aveva negato dicendo che aveva i suoi buoni motivi e che comunque lo faceva per il suo bene, bla bla bla, e Briony quindi era subito andata al sodo chiedendo se Connor minacciava anche lei.

In quel caso Briony aveva cambiato tono diventando più dolce mentre le diceva che se aveva un problema poteva dirlo benissimo a lei perché poteva aiutarla. Anche se era profondamente arrabbiata con la strega, non voleva che le accadesse qualcosa di male.

Ylenia – anche se aveva uno strano sguardo - tuttavia aveva risposto per monosillabi, dicendo a Briony di lasciar perdere ma di comunque ascoltare i suoi consigli. Le disse addirittura che forse forse poteva accettare l’accordo con Connor.

Briony era rimasta ammutolita e non aveva avuto più la forza per urlarle addosso. D’altronde anche lei si sentiva in bilico.

Prima di andarsene Ylenia le aveva detto delle parole che l’avevano scossa nel profondo, come scarica elettrica.

“Sento che stai cambiando, Briony.

Lei si era voltata. Il cuore a mille. “Lo posso percepire.. anche se non avrei mai voluto dirtelo.. Tu non l’hai notato?” aveva chiesto Ylenia con tono preoccupato.

Briony aveva fatto finta di non sapere a cosa si riferisse e che andava tutto bene. Lei non stava cambiando. Non stava diventando il mostro che doveva essere.

No no no. Continuava a ripetersi.

Sì, si sentiva strana e agitata nell’ultimo periodo. Qualcosa la assillava dall’interno ma chiunque al suo posto si sarebbe sentito così. Si rifiutava di credere a quell’avvisaglia con tutte le forze di cui disponeva, come se stesse lottando per non affogare.

Un dubbio così scottante, scomodo e affilato da dover subito reprimere.

Ylenia non aveva detto più niente a riguardo, forse per non farla preoccupare ulteriormente. Briony in seguito aveva girato Mystic Falls in auto ascoltando musica. Lo faceva sempre quando aveva bisogno di rilassarsi. E qualora ci sarebbe riuscita, avrebbe smontato le parole di Ylenia e le sue stesse paure.

<< Solo stanchezza e agitazione, nulla di più. Qualcun altro al mio posto sarebbe già in un posto da ricovero. >>

Ora Briony si trovava a casa. Non stava così bene come avrebbe sperato ma ormai ci aveva fatto il callo. Mentre preparava una tisana pensò ancora all’accordo che le aveva proposto Connor.

Con tutta se stessa voleva rifiutare perché sentiva puzza di inganno… ma una parte di lei.. voleva accettare invece. Come se le parole di Connor l’avessero spinta verso di lui attraverso una forza irrefrenabile.

Mentre sorseggiava la tisana Briony si accorse di non avere più il braccialetto al polso. Guardò subito dappertutto ma non ce n’era alcuna traccia. Sbuffò innervosendosi perché quello era il braccialetto che le aveva regalato Elijah. Ci teneva moltissimo e si chiese dove diamine lo avesse perso.

Non finì neanche la tisana e andò dritta in camera. Si tolse la giacca senza accendere la luce.

Una voce le parlò dall’ombra.

"Vedo che stai meglio"

Briony sobbalzò impaurita, voltandosi dall'altra parte. Vide solo ombra davanti a  ma scorse qualcosa al suo interno.

Una figura ben allineata e statuaria che non le staccava gli occhi di dosso.

Briony rilassò i muscoli e prese il respiro che le era mancato poco prima. Elijah era accomodato contro la parete, le braccia incrociate al petto.

Briony andò ad aprire la finestra per far entrare un po’ di luce.

"Insomma. Ogni giorno c’è sempre qualche pensiero" mormorò mettendosi poi davanti a lui.

Elijah si staccò dalla parete e le si avvicinò. Le sfiorò la guancia con l'incavo della mano.

"Perché? Cosa c’è che ti turba?" chiese lui gentilmente.

Il suo viso era un mosaico di luci e tenebre.

Briony sentì i battiti del cuore accelerare sia per il suo sguardo sia perché non sapeva cosa rispondere.

Se gli avesse raccontato tutto, Elijah sarebbe andato dritto da Connor a strappargli il cuore senza sentire ragioni. Non che lei non volesse ma.. Doveva ancora riflettere sulla sua proposta, se negarla o meno, e voleva preservare l'incolumità di Elijah, di Ylenia.. Quei pensieri sbatterono contro la sua coscienza, e alla fine si strinse nelle spalle.

"Niente di insolito"

Elijah abbassò la mano. Quella risposta aveva raggelato la sua espressione.

Briony lo guardò tentennante, poi gli accarezzò il braccio:

"Scusa se ti ho parlato in quel modo ieri. Non avrei dovuto.."

"Non è un problema" rispose Elijah meccanicamente.

Briony prese ancora qualche minuto per esplorare i suoi occhi neri. Ma non ci vide nulla.

"Come stanno andando.. le tue indagini personali? Avete scoperto qualcosa di utile?" chiese poi sperando che la risposta potesse aiutarla nella scelta.

Elijah girò il viso guardando un punto indefinito davanti a sé.

"A rilento. C’è un ostacolo che non riesco proprio a superare."

Il suo tono di voce stranamente la preoccupò. Le mani erano ancora sul braccio del vampiro.

"Posso aiutarti?"

Le labbra di Elijah si distorsero in una smorfia gelida.

"Sì forse tu mi potresti aiutare."

"Dimmi, ti ho sempre detto che sei hai bisogno di qualcuno, io.."

"Già. Anche tu mi avevi promesso di non mentirmi più, Briony." rispose lui glaciale, voltandosi velocemente verso di lei.

Briony sentì un colpo allo stomaco in quel momento e si paralizzò.

Lo sguardo di Elijah era pietra.

"Ma errare è umano. Perseverare è diabolico." La sua voce era seta e acciaio.

Briony deglutì più volte, sentendosi mancare l'aria e la voce.

Elijah prese poi qualcosa dalla tasca dei pantaloni.

"Tieni."

L'oggetto che Elijah teneva in mano fu un ennesimo colpo al cuore.

Era il suo braccialetto. Le perline verdi e le foglie risplendevano alla luce. Elijah invece era più cupo che mai.

"Dove.. dove l’hai trovato?" chiese lei a mezza voce non riuscendo neanche ad alzare la mano.

"A casa. Ma non in questa." rispose Elijah gelido continuando a trafiggerla.

"Ti ricordi dove potresti averlo dimenticato o te lo devo dire io?" sibilò gelido con una nota velenosa nella voce.

A Briony non ci volle molto per fare 2+2, quell'evidenza fu come acqua ghiacciata sulla pelle nuda.

Lo sguardo di Elijah andava raggelandosi e troppo tardi Briony si accorse del suo enorme sbaglio. Voleva evitarlo ma non c'era riuscita.

Le menzogne e gli inganni per Elijah erano una freccia a doppia punta che andavano a conficcarsi nel legame di fiducia, e poi nel cuore.

Quei comportamenti infatti erano letali con l’Originario... Era come riaprire la porta al demone che albergava dentro di lui.

E quelle ferite provocatogli finivano solo per infettare il buono che c'era in Elijah..

Briony sentì allora un groppo in gola e il cuore scivolare giù.

"Prima che tu parli, non è come pensi. Non sapevo che Connor fosse lì, credevo che avrei trovato solo Ylenia."

Elijah teneva ancora lo sguardo incatenato su di lei, Briony invece non ci riusciva.

Le labbra di lui si piegarono in un mezzo sorriso.

"Se la tua buonafede fosse sempre rimasta intatta, potrei anche crederti." rispose gelido gettando il braccialetto sopra un tavolino lì accanto. Il rimbalzo dell'oggetto fece tremare Briony che ruppe la sua immobilità.

Elijah la sorpassò senza nemmeno sfiorarla. Briony lo raggiunse al centro della stanza col respiro spezzato.

"Connor per lo meno non mi ha fatto niente, voleva solo propormi una tregua e farmi accettare una proposta..."

"Lo vedo che non ti ha fatto niente, sono sollevato." mormorò lui con uno strano tono, girandole attorno con sguardo ambiguo.  Poi si sedette su una sedia.

"Siete già entrati in confidenza oppure hai già riposto in lui quella fiducia che non concedi a me?" sottolineò con durezza l'ultima parola. Il tono era profondo e chiaro come sempre ma lei rabbrividì come mai in passato.

"Parli tu di fiducia… ma sei tu che mi vuoi tenere all’oscuro di tutto questo.” Replicò io istintivamente.

Il sorriso che lui le riserbò non prometteva niente di buono: “Per essere la persona che dice di conoscermi meglio, nel bene e nel male, trovo delle crepe in questa tua cosiddetta conoscenza. Credevo che fosse palese. Ma a quanto pare…” quel tono misterioso fluttuò anche nell’aria quando lui voltò metà sguardo. Briony si sentì ristringere lo stomaco per la potenza oscura che lui emanava.

“Perlomeno io so quel che bisogna fare.” Finì lui di dire, gelido, tornando a guardarla.

“Se vuoi saperlo allora io non ho accettato niente. Sono rimasta in guarda e poteva anche sembrare allettante, ma so che è pericoloso."

"Lieto che tu veda il pericolo quando ce n’è." proruppe lui quasi impassibile.

Briony non riuscì a tradurre la sua espressione mentre continuava a fissarla.

"Non penserai che io mi sia messa dalla sua parte..."

"Non lo so Briony, tu cosa mi dici? Ma io non so se ho voglia di ascoltarti ulteriormente." sibilò lui con affilata glacialità, alzandosi dalla sedia per poi dirigersi verso la porta.

Briony sentì un colpo durissimo al cuore, raggiunse Elijah a falcate prendendolo per il braccio con forza disperata.

"Ma come puoi credere che io ti abbia tradito? Non puoi pensare una cosa simile!"

Elijah si divincolò all'istante dalla sua stretta. I lineamenti si deformarono nell' ira:

"Non dirmi cosa devo pensare."

La voce le arrivò come una fucilata.

Peggio ancora il suo sguardo. Una sincronia di rancore, delusione... E anche sofferenza sotto gli strati.

"Devi pensare tu a come io mi senta ogni volta che mi nascondi la verità, che mi menti spudoratamente sapendo che non lo tollero. Sto sacrificando più di quanto immagini in tutta questa storia e tu osi metterlo in dubbio…"  la sua voce cercava di trattenere la rabbia gelida, con scarsi risultati perché era pieno di tutto il risentimento possibile. E fu più di quanto Briony riuscì a sopportare. Si sentì calpestata dal suo sguardo. Non riuscì a dir nulla per placarlo.

Elijah poi le rivolse un sorriso maligno.

"O forse non ti interessa neppure. D’altronde tu sei nata per uccidermi. Hai scelto un modo un po’ strano per farlo, ma è lo stesso efficace." Quelle parole le scivolarono addosso, lacerandole la pelle e il cuore.

Briony non riuscì a credere che lui avesse detto quelle cose. Lo guardò allibita, ricordando l'odio che aveva provato verso se stessa quando aveva scoperto la verità, a quante lacrime aveva versato pensando che poteva fare del male a Elijah.

Mai lama più affilata andò a conficcarsi nel suo cuore, sventrandolo con crudeltà.

"Ritira subito quello che hai detto." disse stringendo i pugni.

Elijah la guardò senza alcun rammarico, le rivolse persino un sorriso gelido.

"Altrimenti?"

Anche in quello stato, Briony riuscì a intravedere un guizzo tetro nei suoi occhi come se stesse diventando un'altra persona o forse il vampiro che era sempre stato.

Elijah avanzò verso di lei; l'elegante sincronia dei suoi passi era terrificante.

"Che cosa mi farai se no?" note minacciose nella sua voce. Sembrava sul punto di perdere il suo solito controllo; Briony infatti percepì la rabbia montante dell'Originario farsi strada nei suoi occhi neri.

Lei non osò neanche indietreggiare, teneva gli occhi fissi sullo sguardo di Elijah. No, di quello sconosciuto che portava il suo viso.

La paura vinse la determinazione e tentò di lanciarsi fuori dalla porta.

Elijah fu più veloce di lei. La prese per le spalle sbattendola contro il muro. Non molto forte, ma il gesto in sé nascondeva rudezza.

"Lasciami!" Briony cercò di spingerlo ma Elijah l'afferrò per i polsi stringendoli lungo la parete.

"Forse potrei farlo se mi dicessi una buona volta la verità." affermò lui con calma in contrapposizione alla stretta ferrea sui suoi polsi. Briony sentiva il petto di Elijah premere contro il suo, e l'angoscia le serrò  la gola.

"Non.."

Il furore di Elijah, non più contenibile, finì con l'abbattersi su di lei

"Cosa? Non pensavi fosse sbagliato? Che non mi avresti ferito?" nell'ultima parola alzò il volume della voce.

Briony si sentì perdere dal terrore, e da qualcos'altro...

"Dimmi Briony, a cosa pensavi?" chiese nuovamente con lo stesso tono rivolto contro di lei.

Briony cercò di liberarsi i polsi mentre qualcosa di rovente le artigliò il petto fino a bruciarle gli occhi.

"DIMMELO!"

Briony in quell'attimo di tuono riuscì a liberarsi un polso.

Senza pensarci due volte alzò la mano, schiaffeggiò una guancia di Elijah con tutta la forza che aveva.

Il colpo gli girò la faccia dall'altra parte con uno schiocco secco.

Piombò il silenzio.

Brionyconscia di ciò che aveva fatto, si portò la mano colpevole alle labbra mentre gli occhi si inumidirono per via delle lacrime.

Elijah si voltò molto lentamente, lo sguardo livido non aveva perso niente della sua glacialità sebbene fosse stato colpito.

Rivolse a Briony un'espressione indecifrabile mentre lei in quel momento voleva scomparire.

Non l'aveva mai colpito prima d'ora, la sola idea di averlo fatto la ripugnava anche se ne aveva avuto paura. Il peggio era che non era riuscita a fermarsi, come se il braccio di colpo avesse preso vita propria e volesse proprio fargli del male.

Elijah sembrò ristabilirsi, riprese il controllo, e le lasciò andare l'altro polso allontanandosi da lei con un solo passo. Lo sguardo tuttavia era vuoto, ricolmo del nulla.

Briony tornò a respirare dopo che lui si fu allontanato, ma la voce che le fuoriuscì tremava come una foglia.

"Elijah..."

Briony era appiattita contro la parete, Elijah sembrava faticare a muoversi visto la lentezza dei suoi passi. Andò a prendere una giacca messa sopra la sedia.

"Non c’è più niente da dire oramai." rispose con finta freddezza.

Briony sentì un groppo in gola e non seppe come riuscì a sedersi sopra il letto, quasi stesse per crollare da un momento all'altro.

Elijah prese la giacca, fece alcuni passi tenendo sempre basso lo sguardo vuoto e freddo.

Prima di andarsene però si voltò verso di lei.

Questa volta lo sguardo era tentennante, deteriorato.

"Che ci sta succedendo, Briony?"

La tristezza nella sua voce fu l'ennesima lama che le perforò il cuore.

Briony sentì le lacrime bagnarle le guance fino alle labbra.

"Non lo so." riuscì solo a dire. Teneva lo sguardo basso ma l'immagine di lui era stampata a fuoco nella sua mente.

All'improvviso Briony sentì il tonfo del cuore di Elijah che precipitò a terra. Da dove si trovava poteva raccoglierne i pezzi ma aveva paura di fargli un ulteriore male.

Elijah aprì la porta, fuoriuscì e la richiuse con uno schiocco secco.

Briony allora cominciò a singhiozzare pesantemente. Non sentiva più niente, solo dolore.

Forse in quei giorni la maledizione della sua vita era sbocciata come un fiore avvelenato, e lei in quel momento aveva un gran voglia di buttarsi fuori dalla finestra per cancellare via tutto.

Odiava tutto questo e la sua stessa vita.

Ma se non era l'odio a uccidere era l'amore a farlo.

Briony si sentì proprio così... Divorata a sangue come da un cancro.

Che prima di tutto andò a colpirle il cuore.

 

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Elijah camminava attraverso il giardino della casa di Briony. Il vuoto colmava i lineamenti del suo viso per non lasciare posto a ciò che lo logorava dentro.

Aveva sempre avuto la situazione sotto controllo in mille anni, sempre, ma non riusciva a capacitarsi di come ora stava fallendo su ogni cosa e lasciando fuoriuscire il lato che aveva sempre cercato di nascondere. Tutto stava cambiando. Se ne dava la colpa perché intuiva da cosa venisse scaturito ma non avrebbe mai pensato che le parole di sua madre che aveva detto la notte in cui aveva provato ad ucciderli, fossero così dannatamente vere. Elijah aveva tentato di combatterle, invano.

“Nulla di ciò che farete si rivolterà verso il bene; anzi diventerà solo fonte di male, sciagura e disperazione per voi e per chi vi sta accanto. La vostra oscurità getterà nella tenebra e nella disperazione tutti coloro che amate. Qualsiasi cosa facciate si rivolterà contro di voi.”

Quella maledizione aveva già dato i suoi frutti.

 

Fine capitolo

Alloooraaa! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, aspetto dei vostri commenti J

E’ venuto fuori un poema perché voglio spicciarmi a raggiungere un punto della fanfic in cui cambieranno le carte in tavola...

Nel prossimo capitolo spiegherò perché Ylenia si comporta così e perché sembra quasi la “sottomessa” di Connor.

Spiegherò anche un po’ della storia di quest’ultimo, come ha creato l’incantesimo, chi è realmente e… beh non posso mica dirvi tutto :P

Spero di non avervi annoiata e attendo con ansia le vostre recensioni! Dio solo sa quanto ho bisogno dei vostri commenti per farmi rallegrare l’umore e incentivare ;)

Comunque questa è Charlotte. Ha il volto di Genevieve Cortese http://images4.fanpop.com/image/photos/16800000/Genevieve-Cortese-genevieve-cortese-16853509-1200-1600.jpg

Lui è Willas, che ha il volto invece di Luke Evans http://www.tumblr.com/tagged/luke-evans?before=1334099397

Insomma come potete notare sono molto belli. Avevo sempre in mente l’idea che i “cacciatori” avessero qualcosa in comune con gli i vampiri, ovvero la bellezza straordinaria, quasi fuori dal comune. Peccato che le somiglianze si fermino lì e siano più in contrasto che mai XD

Ci risentiamo alla prossima!

 

 

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Capitolo 27
*** In the Shadow ***


23 CAPITOLO

L’amore ha gli occhi di ghiaccio e la morte di fuoco

 

Ylenia passeggiava inquieta per le vie di Mystic Falls. Quello non era infatti un luogo sicuro, chiunque con un po’ di sale in zucca sarebbe scappato a gambe levate prima di finire dritto in pentola. Ma lei aveva provato a scappare… aveva provato a rifarsi una vita, vuota, senza nulla per cui lottare, eppure il destino aveva voluto portarla in quel posto e farla rimanere con la forza.

Provava vergogna verso se stessa, dopo tutti quei secoli il senso di colpa cominciò a risalire dalla superficie. Questa volta non c’era un colpevole a cui affibbiare la colpa per le sofferenze della sua vita, poteva solo puntare il dito contro se stessa, contro le sue debolezze.

Stare al gioco di Connor… cosa diamine aveva in testa? Come era giunta a questo? Credeva che sulla faccia della terra non esistesse persona vuota e fredda  come lei, e invece si era fatta calpestare come una fievole foglia autunnale al primo gelo dell’inverno in agguato.

Quel gelo che sentì salire lungo la schiena portava un solo nome. Eppure quando era ancora se stessa, tanto tempo prima, non aveva mai avuto terrore di lui. Eppure Connor gliene aveva fatto giorni prima.

“Oseresti contrastarmi, strega?” aveva sibilato lui come un serpente. Con i suoi tremendi occhi, Ylenia credeva proprio che lo fosse.

“Se tu mi lasci in pace, io non ti contrasto.”

“Credi che sia idiota forse? Mi hai lasciato marcire sotto terra per secoli, e ora dovrei semplicemente lasciarti in pace? Non conosci le vie della vendetta allora, e fin dove possono portare.”

Eppure Ylenia la conosceva bene.. la vendetta… la covava ancora, inesorabile e violenta nei confronti di Klaus. Tuttavia aveva deciso di starsi zitta.

“Ma sai cosa? Posso anche essere magnanimo.” Il sorriso affilato che le aveva rivolto tuttavia l’aveva fatta rabbrividire. “Se passerai dalla mia parte.”

Ylenia allora avrebbe voluto ridergli in faccia, ma aveva deciso di optare furbamente per il silenzio.

“Il tuo silenzio è assordente, Ylenia Lefevre. Credi che non capisca ciò che stai pensando? Che invece di stare qui a parlarmi preferiresti piantarmi una matita in un occhio? Fatica sprecata. Ma visto che le buone maniere con te non funzionano, dovrò cambiare tattica. Ma non so se ti piacerà.” aveva sussurrato diabolico, afferrandola con le mani rudi per il collo e facendola inginocchiare violentemente a terra.

Ylenia aveva provato a scansare via le sue mani, a cercare di alzarsi ma era stato tutto inutile. La mano di Connor aveva continuata a serrarla fino a stritolarla col suo stesso fiato. Gli occhi per la terribile sofferenza avevano cominciato a bruciare.

“Smettila di agitarti come uno scoiattolo. Vediamo quale sarà il modo migliore per minacciarti..?” aveva pensato lui fra sé e sé fintamente, come se davvero ci stesse pensando dal modo in cui storceva la bocca.

“La tua vita non vale un granché. Tuttavia saresti capace di stare a guardare mentre faccio a pezzi il tuo Originario? Vuoi che incominci proprio da lui?”

Ylenia a quel punto aveva sgranato gli occhi, stentando a crederci. “Mi faresti solo un piacere se uccidessi Klaus.”

“Non stavo parlando di lui.”

Ylenia aveva provato a deglutire dal terrore ma la mano di Connor le serrava con troppa forza la gola, che temette che si staccasse dal resto del corpo. Il viso aveva cominciato a gonfiarsi come una palla.

“Che vuoi che me ne importi di Finn? Sono stata io a metterlo in una bara.” aveva biascicato tra uno strozzamento e l’altro.

“Ma non sei stata furba a non far notare a tutti quanto ti dispiaccia e che vorresti riparare al tuo gravoso errore. Di certo non faresti contento il tuo innamorato se non facessi nulla di fronte alle mie minacce”

Ylenia si era sentita mancare l’aria e proprio quando stava per soffocare, Connor l’aveva lasciata con uno scossone, facendola cadere rovinosamente a terra. Dopo aver tossito numerose volte, Ylenia aveva alzato la testa con il massimo della dignità che le era rimasta.

“Tanto ucciderai comunque gli Originari. Di certo non risparmierai Finn per farmi un piacere.”

“Non hai capito proprio un tubo, Ylenia. Quello che io voglio adesso non è la guerra. Perché darmi la zappa sui piedi da solo? Voglio portare un po’ di pace in questa cittadina maledetta, non il solito spargimento di sangue.” Aveva mormorato lui deciso e inequivocabile.

“E dopo questa cosiddetta pace fasulla, metterai in atto il tuo piano infallibile. Ti conosco Connor, mi stai prendendo tu per un’idiota ora.”

Lui aveva affilato il sorriso sempre di più come se fosse una lama.

“No, cherie. Ma il tuo Finn è innocuo e non fa male a una mosca. Con le dovute precauzioni, magari potrei scegliere di lasciarlo in vita…potrei…..”

Ylenia l’aveva fissato sospettosa. Non riusciva a credere alle sue parole, e non appena avrebbe voltato la faccia, Connor le avrebbe portato su un piatto d’argento il cuore ancora grondante di sangue di Finn con la massima indifferenza.

E poi lei era l’ultima a dover pensare all’incolumità dell’Originario. La vita se la stava già rovinando da solo con i suoi propositi di suicidio. E lui non le permetteva neanche di stargli vicino, cosa ne avrebbe ricavato se non altro dolore?

“Non ti basta? Sei priva d’amore forse?” aveva domandato Connor fintamente sconcertato, facendo dei passi avanti verso di lei. “Tu hai visto di cosa sono capace.. ho riportato in vita Charlotte e Willas.. non vorresti rivedere qualcuno che la vita ti ha negato?”

Di colpo Ylenia aveva smesso di agitarsi come se avesse ricevuto un pugno allo stomaco. Aveva cercato di non darlo a vedere, di non rendersi debole di fronte a lui. Ma non riusciva a non pensare alle sue parole. Qualcuno che voleva rivedere anche se ciò era impossibile.. anche se era morto… La proposta le aveva fatto quasi venire l’acquolina in bocca, come se stesse sul punto di trovare un tesoro che da tempo agognava di possedere.

 Connor aveva percepito il luccichio nei suoi occhi, il suo tentennamento e la sua smania di accettare. Per lui fu chiaro come il sole e fu consapevole di averla in pugno.

Aveva allentato la presa mentale che aveva su di lei per farla ammorbidire, e si era inginocchiato davanti a lei:

Ylenia.. ascolta le mie parole.. meglio una strega ammaestrata, che una strega morta. Io non voglio la tua morte, perché so che puoi servirmi bene. E come vedi anche tu ne ricaverai dei vantaggi.”

<< Non cedere, non cedere. >> aveva continuato a ripetersi Ylenia ma era come raffreddare il fuoco vivo che aveva sentito dentro di sé quando Connor le aveva fatto quella proposta, come dominare la parte umana di sé. Lei era esperta negli accordi nefasti, ne aveva pure il vomito. Non ne aveva già passato abbastanza con Klaus?

Ylenia aveva tentato di scuotere la testa, ma nemmeno lei era riuscita a convincere se stessa.

Aveva poi sentito un morso alla gola come se Connor la stesse ancora strangolando.

“Allora?” aveva richiesto Connor con la sua voce musicale.

Le aveva poi offerto la mano, che appariva come un nido di spine agli occhi della strega. Si sarebbe fatta male, avrebbe sanguinato nel prenderla. Ma ogni amore ha i suoi sacrifici, le sue lotte sanguinarie da combattere.

Ylenia alla fine l’aveva presa.

Mentre continuava a vagare per Mystic Falls non riusciva a non pensarci, a tentennare sul fatto che le parole di Connor fossero un bluff, pur sapendo che l’uomo era terribilmente pericoloso e quando diceva una cosa non ci metteva un secondo a metterla in atto per far vedere di cosa fosse capace. Lo conosceva bene… e lui conosceva bene lei purtroppo… Connor sapeva che Ylenia Lefèvre non avrebbe resistito di fronte a un’offerta del genere.

Chiunque può essere ricattabile, chiunque può essere corrotto se gli metti davanti le giuste proposte.

Sospirò amaramente mettendosi le mani nella giacca, quando all’improvviso da un bar fuoriuscì Finn.

Ylenia subito si bloccò come se fosse andata a sbattere contro di lui. Come se il cuore avesse ricevuto una freccia che da secoli non smetteva di incidere nel suo cuore dopo quello che lei gli aveva fatto.

Aveva pensato che il dolore fosse svanito col passare del tempo, ma era solo un’illusione, una patetica via d’uscita per smettere di soffrire.

Finn si accorse subito della presenza della strega e anche lui si bloccò. Ebbe le sue stesse reazioni, come se anche lui avesse ricevuto una freccia nel cuore, quello stesso cuore che lui le aveva donato ma che aveva finito per raggelarsi per colpa sua. Eppure Ylenia non scorse la solita rabbia e odio nei suoi occhi scuri. Fu quasi un sollievo per lei, e quella freccia smise di incidere a fondo, per un po’.

“Ehi.” Sussurrò la strega. Si sentiva come una dodicenne che al primo appuntamento non sapeva cosa dire. Finse di mettersi a posto la borsa sulle spalle per racimolare tempo.

“Come stai?” domandò lui all’improvviso.

Ylenia fu totalmente sorpresa dal suo tono. Sembrava quasi interessato.

Si strinse nelle spalle, sentendo le sue solite bugie morderle la gola, ma fu scavalcata proprio da Finn:

“Mio fratello mi ha detto tutto. Su quello stregone… tu cosa ne pensi? Sei amica di Briony no? Avrai pur un’idea su cosa fare”

Ylenia inghiottì la bile che si sentì in gola, inasprendole lo stomaco. Sì, lei un’idea se l’era già fatta, ma chissà perché era sicura che a Finn, a chiunque altro, non sarebbe piaciuta. I segreti avevano un sapore dolce rispetto alle recriminazioni.

“Un’idea ce l’ho. Stare alla larga da lui. Non hai idea di quanto sia pericoloso. Se vostra madre era terrificante, Connor la supera il doppio.”

“Mio fratello non è di tale avviso. Vuole nel minor tempo possibile il cuore di quello stregone fra le mani, e credimi in questo periodo non bisogna contraddirlo se ci tieni alla pelle” Le labbra di Finn, sempre serie, si piegarono quasi in un sorriso mentre parlava senza dubbio di Elijah.

Ylenia sentì il cuore mancare dolorosamente alcuni battiti.

“Elijah è il maestro nel fare accordi. Perché non trova una soluzione pacifica?”

“E’ quello che continuo a dirgli. Se ci fosse in ballo solo la sua vita lo farebbe. Ma in questo periodo Elijah non si fida di nessuno, solo di se stesso.... e non so..”

Vedere Finn così tentennante provocò una morsa nel cuore di Ylenia. Avrebbe voluto confortarlo in quel momento, dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma erano parole vuote.

<< Ci ucciderà tutti >> pensò in un lampo di follia, ricordando gli occhi gialli di Connor. Soltanto la sua voce le faceva venire i brividi. Se nemmeno Klaus, il perfido ibrido, le suscitava quelle emozioni di terrore allora c’era davvero da preoccuparsi.

E non era nemmeno saggio parlare così liberamente per strada. Connor aveva spie ovunque, persino tra gli animali e gli uccelli. Lui aveva sempre avuto una predilezione per i corvi.

Deglutì:

 “Cerca di insistere. E’ meglio per voi se non intralciate la sua strada… cercate di fare un accordo che vada bene per tutti”

Finn assentì come se ritenesse il suo un buon consiglio. Ylenia si strinse di nuovo nelle spalle. Almeno la discussione non era sfociata nel solito rimbeccarsi di antiche ferite. Era già un passo avanti.

La frase di Finn la colse di nuovo di sorpresa.
“E tu..? Tu hai bisogno di qualcosa?”

Ylenia per poco non aveva sgranato gli occhi, chiedendosi se quello era davvero Finn. Eppure guardandolo si rese conto che era l’uomo gentile, premuroso e garbato che aveva conosciuto in Francia. Quello che lei gli aveva fatto lo aveva reso l’Originario pieno d’odio e risentimento, e lei lo aveva patito sulla sua pelle.

Vederlo ritornare quasi a quello che era un tempo fu una gioia che le fece quasi esplodere il cuore. Non avrebbe mai creduto possibile che questo potesse accadere, non dopo le liti che li avevano resi protagonisti.

“Sto bene. Me la cavo come sempre” cercò di dire con voce decisa. Pure in quel momento aveva il callo di risolvere le sue questioni da sola, senza coinvolgimenti esterni. Aveva sempre agito così, rendendosi alla fine indipendente. E poi cosa mai avrebbe potuto fare Finn contro Connor? Sarebbe andato sicuro a morte certa. Il suicidio era pane per i suoi denti ormai.

Finn le fece un debole sorriso e la salutò, girandole le spalle e cominciando a incamminarsi. Ylenia fece un passo tentennante verso di lui, come se volesse continuare a parlargli. Ma alla fine rimase immobile, ricordando che il passato non si può cambiare. Ritorna sempre prima o poi.

Non aveva diritto di chiedere nulla a Finn e nemmeno di ricomparire nella sua vita. Gli aveva fatto troppo male, tradendolo nel peggiore dei modi. L’unica cosa che poteva fare era assicurarsi che stesse in vita, riparando almeno in parte ai suoi errori.

Decise allora di lasciarlo andare. A volte l’unico modo per fare il bene di qualcuno è stargli lontano.

Quello era il suo caso. D’altronde tutti quelli che lei aveva amato erano morti, a causa sua.

Di punto in bianco, le venne in mente l’accordo con Connor…

Il cuore galoppò poi nel petto impazzito pensando che non era l’amore ad essere complicato. Ma era la strada per arrivarci.

Quella strada purtroppo le era stata negata e ostruita molto tempo fa. E per rimuovere quegli ostacoli, avrebbe pagato un prezzo caro.

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Caroline camminava verso casa Salvatore a passi agitati e nervosi. Il terrore invadente continuava a perseguitarla e non ce la faceva più da quando un pazzo comparso nel nulla aveva tentato di ucciderla. C’era quasi riuscito, il cuore era stato sul punto di fuoruscirle dal petto in una sola mossa.

Non riusciva proprio a non pensare alla paura che aveva provato quando era stata balzata a terra all’improvviso e nell’udire quelle parole diaboliche bisbigliate nell’oscurità.

La fine dei vampiri è vicina.

Caroline deglutì, dicendosi che lei era la maestra dell’autocontrollo ma non riusciva proprio a trovarlo in quel momento. Perché altro male doveva sopraggiungere in quel posto maledetto? Non ne avevano già passato abbastanza?

Per questo si stava dirigendo come d’abitudine dai Salvatore apposta per parlarne, ogni volta che c’era un problema loro mettevano in atto dei piani strampalati.

Svoltò l'angolo quando all'improvviso la sua vista scorse una figura pigramente appoggiata contro un muro.

"La giornata comincia bene sweetheart, non trovi?"

Quella voce, sempre maliziosa, contribuì a farle crollare l'umore.

"Adesso che ho visto il tuo sorriso da canaglia no." rispose prontamente fermandosi davanti a Klaus. I suoi occhi chiari cominciarono a studiarla e Caroline si sentì tesa come ogni volta. Ma combatté fino all'ultimo per non farlo trasparire.

"Mi é giunta voce che hai corso dei pericoli l'altra notte nella foresta" disse Klaus all'improvviso guardandola attentamente. Ogni traccia di allegria nei suoi occhi scomparve.

Caroline si chiese come Klaus facesse a saperlo ma non si prese neanche la briga di pensarci molto perché alla fine stava parlando di Klaus. Gli Originari erano sempre un passo davanti a tutti.

"E il tuo fidanzato dov'era?" domandò di nuovo lui non ottenendo risposta "Ti assicuro che se la tua scelta fosse ricaduta su di me, tu non correresti mai dei pericoli. Non lo permetterei."

Ogni volta che Klaus le parlava in quel modo, Caroline alzava la guardia imponendosi di avere il sangue freddo. Stava parlando con Klaus, non con un innocuo vampiretto, e si comandò allora di non cedere alle sue lusinghe e alle sue belle parole.

"Sì certo, mi metteresti come guardie del corpo i tuoi bellissimi e profumati ibridi" mormorò più acida che poteva.

"Veramente alla tua protezione ci penserei io stesso. Sarebbe un vero onore"

Il sorriso sghembo che le rivolse la agitò notevolmente, proprio perché non sapeva cosa dire e perché stava perdendo il suo solito controllo.

Sviò lo sguardo con fare indifferente ma di nuovo la voce di Klaus attirò la sua attenzione.

"Ho in mente di lasciare la città."

Caroline lo fissò allora perplessa mentre lui continuò:

"Tu potresti venire con me se lo desideri."

Caroline sentì i muscoli irrigidirsi e restò immobile, mentre Klaus continuava a provocarla:

"Andiamo love. Non vorrai passare il resto della tua vita in questa città con un miserabile popolano."

"Mi hai già fatto questa offerta e la risposta é sempre la stessa" rispose lei automaticamente come per dire "scordatelo".

La sua vita era con Tyler, punto e basta. Sperò che Klaus recepisse il messaggio chiaro e tondo, ma difficilmente lui mollava.

"Un vero peccato. Considerando che questa città é infestata dal pericolo. Quando vuoi sweetheart vieni a bussare alla mia porta, per te é sempre aperta." le rivolse un ultimo sorriso malizioso e finalmente scomparve dalla sua vista.

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L’amore è fuoco. Ma non sai mai se scalderà il tuo cuore o se lo brucerà.

Per Briony invece era un po’ diverso. Il cuore le si era stretto in una morsa di ghiaccio che lo penetrava a fondo con le sue fredde lame. Intossicandolo poi alla fine con un vapore denso che sembrava bruciarle le vie respiratorie.

Il cuore da quel punto di vista era ai confini tra l'essere bruciato o risparmiato.

Morte e vita. Sì, descriveva perfettamente la relazione tra lei e Elijah.

Continuava a grattarsi la mano come se così facendo riuscisse a far scomparire quel dannato marchio che era ricomparso quella mattina.

Aveva orrore di quella cosa e di sapere che simboleggiava ciò che lei era veramente. Almeno solo lei riusciva a vederlo, così avrebbe potuto risparmiarsi le occhiate accusatorie e il disprezzo degli altri.

All'improvviso sentì dei rumori provenire dal piano di sotto. Briony si alzò sospettosa dal letto e andò giù a vedere, attenta a non far scricchiolare i pavimenti. Appena raggiunta il piano di sotto non notò assolutamente nulla di strano, se non un posacenere caduto sopra il tappeto. Lo raccolse e non appena si raddrizzò si trovò spiazzata davanti a due tremendi occhi gialli che la fecero trasalire violentemente.

Briony indietreggiò di due o tre passi accorgendosi dopo un attimo di avere il fiatone.

Il viso di Connor invece non faceva trasparire nulla, se non la sua classica calma apatica e il sorriso lieve.

"Ti ho spaventata? Perdonami, non era mia intenzione"

Invece dalla sua espressione, Briony intuì che era proprio quello il suo scopo e di nuovo la sua presenza la orripilò.

Indossò uno sguardo duro in diretta sintonia con i suoi pensieri. Di sottecchi Briony intravide qualcun altro nel salone della casa e si paralizzò all'istante. In un angolo, con braccia intrecciate dietro alla schiena diritta, c'era Charlotte.

Briony guardò sospettosa sia lei poi Connor, e lo stregone intuendo cosa albergasse nella sua mente si girò verso Charlotte.

"La tua presenza non serve, te l'ho già spiegato." disse solamente come per liberarsi della ragazza, la quale non smetteva un attimo di avere il suo sguardo da pazza. Briony avrebbe anche avuto paura di lei ma aveva sempre quel ghigno nel viso, come se tutto fosse uno scherzo.

Il sorriso folle di Charlotte però si distorse in una smorfia inquietante alla richiesta di Connor, come se all'improvviso il gioco fosse finito.

"Ne siete certo? Considerando le amicizie di questa... nuova figlioccia?" domandò aspra rivolgendo il capo verso Briony.

Evidentemente bastò il silenzio e lo sguardo di Connor come risposta, e Briony fu sul serio convinta che Charlotte si mettesse a gridare isterica come una bambina.

Mentre invece la ragazza serrò solamente il viso in un broncio e girò sui tacchi senza fiatare, non prima di aver incendiato Briony con lo sguardo.

Briony non riusciva a capire il comportamento di quella pazza.. che se lo tenesse il suo paparino, glielo avrebbe ben regalato per Natale.

Una marea di pensieri si abbattè poi su di lei e agì d’istinto, vincolata da una rabbia che la divorava e causata proprio da quello strano individuo. Velocemente Briony prese un coltellino deposto sopra a un tavolo accanto a lei, e lo lanciò contro Connor.

Una mossa da maestro e non sbagliò nemmeno il bersaglio. Infatti l’arma affondò nel petto di Connor, un rivolo di sangue scese dalla ferita, ma l’uomo non battè ciglio né mostrò dolore per quella lesione che avrebbe costato la vita di qualunque altro uomo normale.

Briony rimase ad occhi spalancati: sapeva che quella mossa non sarebbe servita a niente ma voleva almeno tentare… sperare che quell’essere non fosse così invincibile come credeva, ma si era sbagliata…. L’aveva scalfito a malapena, e Connor avrebbe potuto benissimo deviare il coltello ma non l’aveva fatto proprio per mostrarle con i suoi stessi occhi che non poteva essere ucciso… non da un’arma mortale comunque..

Briony deglutì mentre Connor si toglieva via il coltello senza nemmeno un lamento. Un sorriso glaciale gli increspò le labbra.

“Cosa volevi dimostrare con questo?” domandò freddamente e senza scomporsi minimamente.

Almeno non si era arrabbiato e non era in vena di vendicarsi. Briony giocò proprio su questo punto e non ebbe nessuna paura nel rispondergli. “Volevo farti almeno un po’ di male.” Rispose dura.

Voleva vendicarsi perché quell’uomo avrebbe dannato la vita che Elijah e lei volevano vivere insieme… la sua presenza li stava già allontanando nel peggiore dei modi. Briony si disse che era solo colpa di quel tetro individuo se lei e Elijah avevano litigato così duramente… era solo colpa sua….

La facilità con cui ci credette diminuì il tormento che scavava l’abisso nel suo animo.

Tenne comunque alta la guardia su Connor, il quale rimaneva in piedi mentre si puliva la giacca dal sangue in silenzio. Era davvero uno strano individuo e lei sapeva che doveva starci attenta, molto attenta. La ragazza strinse di più gli occhi nell’osservarlo e capì che doveva agire furbamente, senza mosse istintive.

Stette quindi al suo gioco:

"Che vuoi allora?" domandò incrociando le braccia al petto e facendo finta di nulla per ciò che era appena successo.

Lui alzò lentamente lo sguardo verso di lei. Briony sapeva che doveva rimanere calma e non rivolgersi a lui in un tono così arrogante, ma in fondo se voleva farle del male glielo avrebbe già fatto. Sapeva che gli serviva per i suoi scopi.

"Sapere la tua risposta alla mia offerta" spiegò lui semplicemente e mettendo via il fazzoletto.

"Preferisco inghiottire scorpioni."

In verità Briony non aveva ancora deciso al 100% ma non l'avrebbe mai ammesso con lui.

Connor non ne sembrò stupito.

"Nessun problema. Forse dovrei ripiegare la mia scelta su qualcun altro... Magari su Jeremy Gilbert." mormorò noncurante guardandosi le mani.

Briony impiegò parecchi secondi per capire.

"Jeremy? Che c'entra lui?" La voce di una che sta per strozzarsi. Quasi balbettava.

"Lui riesce a vedere il tuo marchio quindi é un ragazzo dotato. Oh tranquilla lui non é come te, ci sono cacciatori e cacciatori come tuo padre Bill e i suoi amici.. ma devo dire che Jeremy Gilbert é un tipetto interessante...."

Non le piaceva il tono in cui parlava, proprio per niente. Come se volesse reclutare un innocente nel suo esercito di guitti.

"É solo un ragazzino.. Non t'azzardare ad inserirlo nei tuoi piani" replicò lei cercando di essere il più minacciosa possibile.

Non avrebbe permesso che il nipote di Jenna venisse invischiato in cose così pericolose in cui poteva rimetterci la vita. Una volta John voleva che Jeremy prendesse in mano le redini della famiglia, ma Briony dubitava certamente che l'amico intendesse una cosa del genere che poteva compromettere la vita e la sanità mentale.

Connor le sorrise facendola abboccare all'amo.

"Allora devo per forza puntare su di te. Che é proprio quel che volevo se tu magari avessi il buon senso di collaborare"

Briony strinse forte i pugni. Doveva dire a Elena di spedire Jeremy dall'altra parte del mondo per il suo bene.

Anche se così facendo si sarebbe buttata lei nella fossa dei leoni. Ma meglio che sacrificare un innocente al posto tuo però.

"Perché io? Perché?" domandò Briony estenuata in una richiesta quasi di supplica.

Sentì gli occhi inumidirsi e allora sviò lo sguardo, mordendosi forte il labbro.

"Questo non so spiegartelo cara... Forse perché dovevi essere tu o forse é stato solo un caso. Qualcuno deve liberare il mondo dai quei mostri e qualcuno là sopra ha deciso che dovevi essere tu"

Una spiegazione così superflua non bastava però per fare i conti con la tragicità della sua vita.

"Ma non sei stato tu a creare l'incantesimo?"

"Mi servivano delle creature speciali.. non ho scelto io Charlotte, Willas o te per la vostra bella faccia. La profezia ha diversi e intricati tasselli, e tu e tuo fratello, e tua sorella corrispondete esattamente a quello che serve per completarla e renderla reale"

Mentre parlava, Connor camminava elegantemente per la casa come se abitasse lì da anni. Briony lo studiò: aveva un fascino strano, di potere quasi, e la voce sembrava nata per essere ascoltata. Sicuramente le sarebbe piaciuta se non ne provasse tanto ribrezzo.

"E se mi rifiutassi?" chiese lei.

Connor si era soffermato ad osservare un quadro e si voltò dopo averne raddrizzato l'angolo:

"Non puoi. Sarebbe come vietare ai vampiri di provare la sete di sangue. Qualcuno riesce a controllarla ma fino a quando? E comunque quella sensazione rimane lì, in agguato pronta a emergere. Potrai anche non sentirla ma questo non vuol dire che non esista"

Briony sentì lo stomaco chiudersi. Ogni cosa che quell'uomo diceva minava le sue certezze e ingigantiva le sue paure. Non voleva pensare ai formicolii strani che sentiva recentemente dentro di sé, agli avvertimenti di Ylenia, a come si sentisse il cervello sotto sopra come macchinato da qualcosa di estraneo a lei.

Si lasciò andare sopra il divano con sguardo vuoto. Le mani attorcigliate.

Connor la raggiunse:

"Vuoi conoscere la tua storia? Che ti hanno raccontato? Se é stata Ayana a prendersi tutto il merito dovevo strapparle molto prima quella lingua. Ok ammetto che l'idea era stata sua per via della sua ottima condotta e i suoi ideali di strega buona, ma il vero lavoro l'abbiamo fatto io e..."

All'improvviso Briony percepì un tentennamento nella voce di Connor, come se si fosse bloccato a metà strada. L'uomo riuscì comunque a riprendere il controllo che aveva smarrito in poco tempo, e prese una sedia per sedersi davanti a lei.

"Voglio essere sincero, bambina. Così saprai che puoi ben fidarti di me invece di quei mostri. Ti sei fatta forse suggestionare da quei film romantici di vampiri che luccicano quando invece dovrebbero bruciare? La realtà é ben diversa e molto più cruda." mormorò lui duramente guardando negli occhi Brionyche rimaneva apatica ad ascoltare.

"Io non sono un normale stregone. Altrimenti come spiegarsi il fatto che quella saccente di Ylenia Lefèvre abbassi così la cresta dinanzi a me?"

Nel sentire il nome di Ylenia, il cuore di Briony perse un battito e di nuovo si chiese il motivo dello strano comportamento della strega. Ma la risposta venne automatica. Il motivo ce l'aveva davanti e subito si sentì invadere da una bruttissima sensazione.

"Mai sentito parlare di druidi?" domandò Connor all'improvviso.

“Esseri, sia uomini che donne, scelti dagli antichi Dei per servirli e venerare gli Spiriti della Natura.  Possiedono poteri illimitati, superiori perfino a quelli delle streghe più di quanto tu possa immaginare, perché loro sono limitate a servire e a controllare l’equilibro della natura, i druidi invece sono un po’ come la natura stessa. Non hanno limiti per servirsene.”

Briony rimase ad ascoltare col cuore in gola. Suo padre da piccola le leggeva antiche storie sui druidi e sul popolo celtico, ma era risaputo che erano scomparsi da secoli. A ciò aveva pensato la Chiesa bruciandoli tutti più di mille anni prima, e da allora vi erano solo leggende e strane storie su quegli esseri. Ma tutte le storie a Mystic Falls sembravano prendere vita.

"Più immortali che mortali quindi."

Ancor peggior di quanto Briony immaginasse. Quante creature soprannaturali vivevano al di fuori dalla sua casa? Quante erano letali per la vita dell'uomo?

Cercò di inghiottire la paura che sentiva ma era da stupidi perché bisognava per forza temere una creatura che era pressoché invincibile.

Connor si alzò esponendo tutto il suo corpo statuario:

"Hai idea di cosa succederebbe a chi osasse contrastare me? Viceversa so essere giusto con chi si dimostra leale."

Briony riuscì a malapena a guardarlo. Non sapeva cosa pensare.

"Quindi su desiderio di Ayana sei stato tu a crearmi? I miei più sinceri complimenti.”

Connor cambiò di colpo espressione alla sua domanda. Anche se c'erano sempre quegli occhi a farlo apparire inumano.

"Sì...Io e la mia sposa. Lei non era come me, ma semplicemente una strega. Ok di norma i draghi non si mischiano con le pecore ma tu meglio di me conosci gli effetti afrodisiaci dell'amore"

Tentò di fare un sorriso tirato ma non riuscì granché bene nell'impresa, come se gli facesse male storcere un solo muscolo della faccia in quel momento.

"E dov'è ora la tua sposina?" domandò Briony fingendosi curiosa.

Connor sviò istantaneamente lo sguardo, come se non volesse far vedere delle emozioni nel suo viso.

"Purtroppo l'incantesimo é risultato più difficile e pericoloso del previsto... L'avevo avvertita ma lei non ha voluto ascoltarmi ed é andata avanti… La magia è una spada senza impugnatura. Non esiste un modo sicuro per afferrarla. E alla fine non ha retto..." Briony aggrottò la fronte completamente stupita che davvero quell'essere che aveva davanti provava dei rimpianti o qualunque altro sentimento umano.

"Tutto per..." Connor ad un tratto si girò e inchiodò letteralmente Briony con uno sguardo durissimo. Come se fosse colpa sua e delle creature come lei se sua moglie era morta.

Briony lo guardò a sua volta senza far trasparire nulla. Se quel tizio non voleva che succedesse qualcosa di male, avrebbe dovuto pensarci prima. Briony si era presa molte colpe ma questa sicuramente non avrebbe gravato sulle sue spalle, visto che lei non era a quei tempi neanche nata e di certo non aveva chiesto di nascere così.

Connor cercò poi di ricomporsi e si mise le mani in tasca facendo finta di nulla.

"Alla fine comunque il mio potere é bastato. Era finita lì per me, ma più avanti ho pensato che se vi avevo creato, dovevo anche guidarvi e insegnarvi chi siete veramente, qual'é il vostro ruolo a questo mondo.. E così ho fatto"

Finita la spiegazione piuttosto esauriente, Briony gli rivolse un sorriso amaro. Cos'è, loro quindi erano i suoi giocattolini all'interno della sua guerra? Non credeva affatto alla sua immagine di benefattore o padre dall'amore disinteressato, visto come trattava quella poveretta di Charlotte e come imponeva a Briony il suo volere.

"Tutto quello che dici sarà anche vero ma non fa di te mio padre. Avrai anche creato un involucro forse, ma chi mi ha fatto sono stati Maggie e Bill forbes. Non i genitori migliori dell'anno ma questo non fa di me tua figlia. Se tu avessi veramente dei figli tuoi, sapresti la differenza"

La risposta di Connor sembrò incendiare l'aria.

"Io avevo un figlio. Alexander. Ma é morto prima del suo tempo. Indovina un po’ come?"

Briony allora trasalì non osando replicare. Capì allora uno dei motivi per il quale quell'uomo volesse eliminare i vampiri dalla faccia della Terra. Si chiese cosa avrebbe fatto lei se le fosse accaduta una cosa simile.

Si morse nervosa il labbro, tentando di non pensarci.

"Quindi la tua é una crociata vendicativa."

"Giustizia, si tratta di giustizia"

Briony scosse la testa, sentendo montare dentro di sé un fiume di collera mentre si alzava.

"Non me la bevo. Tu definisci i vampiri pericolosi ma qui vedo un solo enorme pericolo: tu. Solo un pazzo può creare delle simili mostruosità. Non sei tanto diverso da Ester"

Connor ricambiò lo sguardo con un filo di ironia:

"Attenta alle parole tesoro. Perché in mezzo alle mostruosità ci sei anche tu"

Quello fu davvero un colpo basso. Mai come in quel momento Briony fu consapevole del marchio che le lambiva la pelle, che la etichettava come un mostro.

Bastava il terrore di poter diventare un giorno come Charlotte e Willas per combattere quello che era?

Briony si sentiva come una foglia autunnale sepolta sotto il gelo. Debole e accartocciata.

Non riuscì neppure a sostenere lo sguardo di Connor perché conscia che forse quello che diceva era la verità. Orribile ma pur sempre verità.

Connor fece due passi indietro:

"Prima accetterai ciò che sei, meglio sarà. Che terribile pena devi sopportare ogni volta stando vicina al tuo Originario. L' atroce pensiero di essere nata per ucciderlo deve tenerti sveglia giorno e notte. Il tuo amore ti sta distruggendo." sentenziò lui in tono sarcastico girando attorno a un tavolo.

Briony questa volta scattò. Il sangue ribollì.

"Stai zitto. Tu non sai niente" sibilò come se volesse dargli un pugno.

"So che ti basterebbe un battito di ciglia per eliminare il tormento che vedo nei tuoi occhi. Basta che tu stia dalla mia parte"

Briony lo guardò disgustata, vedendolo per ciò che era veramente:

"Ne ho il vomito delle tue parole e di te. Vattene"

La maschera di calma di Connor non si scompose più di tanto, e come se conoscesse le buone maniere fece ciò che Briony gli aveva ordinato.

Eppure quando lei lo vide girarsi fu pervasa da un'ansia terribile, quasi fosse tornata lucida di colpo.

"E che conseguenze ci saranno nel caso accettassi la tua offerta o se invece ti mandassi al diavolo?" chiese tentennante.

Percepì il sorriso di Connor anche se non poteva vederlo. Lentamente lui si voltò:

"Le conseguenze non le puoi sapere, non le puoi mai sapere."

Briony rimase a guardarlo non sapendo cosa dire. Aveva accantonato il timore e la disperazione, quasi fossero indumenti che non voleva indossare, ma si rese conto di averli addosso comunque.

Ad un tratto Connor rise mentre la fissava. Una risata cattiva.

“Povera Briony Forbes. Sembri una che sta camminando su una crosta di ghiaccio che si è creata da quando ami quel vampiro. Ti garantisco che farai una bella caduta quando quel ghiaccio andrà in pezzi sotto i tuoi piedi. Ho sentito la prima crepa proprio ieri.”

Briony non sapeva se essere shockata dal fatto che Connor sapesse ciò che era successo tra lei e Elijah, o perché si sentiva scottata interiormente dalle sue accuse. Contenevano troppe verità.

"Trattieni la lingua quando parli." rispose lei solamente, guardandolo con astio.

Lui le sorrise di nuovo in segno di sfida. Fece per girarsi ma all’ultimo tentennò e ritornò a fissarla:

“Spero non tenterai di fuggire in capo al mondo. Non cambierebbe nulla, perché non ci sarà nascondiglio che potrà tenerti al sicuro, intesi?” mormorò allusivo.

<< Al sicuro da chi? Da te? >> pensò Briony con astio ma non osò pronunciare tali parole.

"Attenta alle tue mosse Briony Forbes" minacciò un’ultima volta e finalmente Connor le diede le spalle e se ne andò.

Briony tornò a risedersi temendo che il mondo si sgretolasse davvero sotto i suoi piedi.

Il suo tormento, puntuale, tornò a farle visita

 

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Il mondo intorno a lei sembrava gridare inferocito e succhiarle l’udito. Briony tentava di ascoltare ciò che Caroline, Stefan e Damon dicevano ma era pressoché impossibile visto che continuavano a parlarsi addosso all’interno del Grill.

“L’unica cosa da fare è rintracciare quel mezzo stregone e fare un accordo con lui.” Stefan il cauto.

“Non bisogna fidarsi di certe persone, e se alla fine ci frega? Dobbiamo agire da soli.” Caroline che vuole tutto sotto controllo come sempre.

“E’ più semplice scavare una sola fossa che centinaia. Scusami Briony, nulla di personale” Damon il solito egocentrico.

La diretta interessata lo fulminò con lo sguardo, incrociando le mani al petto:

“E suppongo che quella fossa porti il mio nome, non il tuo”

Briony non sapeva come ci era finita lì in mezzo. Caroline l’aveva chiamata dicendole che dovevano parlare a quattr’occhi insieme a Stefan. Non le aveva però accennato che ci fosse stato anche Damon, ma sinceramente non le faceva granchè paura. Le sue parole neppure la scalfivano come se non si sentisse affatto timorosa in quel momento.

Erano al Grill, avevano chiuso in anticipo quel giorno infatti Matt stava mettendo a posto le ultime cose. La gente se ne era già andata mentre il bel quartetto rimaneva attorno a un tavolo per speculare su complotti e intrighi.

“Quel ciarlatano vuole servirsi degli eredi di Buffy per farci fuori tutti, indi per cui dobbiamo eliminarli prima che facciano fuori noi. Come si dice? Estirpare l’erba cattiva dalla radice!” replicò Damon col suo solito sorriso.

Non seppe il motivo preciso ma Briony ebbe l’assoluta voglia di lanciargli un bicchiere in faccia, e molto altro…

Damon era stato messo al corrente della verità su di lei da Klaus la notte della festa in maschera, forse per avere un alleato in più. I soliti giochetti dell'ibrido.

L'umore di Briony passava dal ridere in faccia a Damon e a volergli cavare il cuore in base alle sue battute.

La sua agitazione venne soppiantata dal batti e risposta fra Caroline e Damon.

“Tu non estirperai un bel niente da mia sorella”

“Condividerete la stessa fossa allora”

Briony agitò le mani per spegnere quel chiacchiericcio fastidioso. Il cervello le martellava troppo fino al punto di esplodere.

“Fatemi capire.. in mezzo al vostro bla bla bla avete concluso qualcosa?”

Caroline e Damon si guardarono questa volta senza nulla di sensato da dire, allora si fece avanti Stefan.

“Dobbiamo trovare quell’uomo”

“Lui compare quando vuole essere trovato. E comunque voi non potreste fare nulla contro di lui. E’ troppo potente” replicò Briony sconfitta.

Damon se ne uscì con un’altra delle sue idee:

“Uccidiamo gli altri due Hunters, e minacciamo di far fuori anche te se quel mago uccide il signore della nostra stirpe. Possiamo consigliargli di fargli fare invece un bel tuffo in mare, così tutti gli Originals spariscono mentre noi saremo ancora qui a bere Bourbon!”

“E come faresti fuori i Cacciatori, sentiamo?  Sono un tantino più forti di te sai.” Briony sentì dei lunghi brividi gelidi nel pensare a Charlotte e Willas.

“Noi siamo in superiorità numerica. Quel mago può anche vivere basta che non venga a romperci. Gli proponiamo l’accordo e sarà meglio per lui se lo accetta se non vuole diventare un mago pensionato.”

La collera di Briony fu sul punto di esplodere. Il sangue ribolliva, caldo e tremendo.

“Tu sei pazzo. E io dovrei stare qui comoda comoda mentre minacci la mia vita e fai accordi strampalati che neanche un demente accetterebbe?”

“Vorrà dire che gli daremo una dimostrazione di forza. Siamo sopravvissuti a Klaus l'anno scorso e più malvagio di lui non si può. Facciamo tornare Bonnie qui a Mystic Falls e insieme potremmo...”

“Per quale ragione ho il sospetto che quello che stai per dire mi piacerà ancor meno di quanto ho udito?”

Tutti i presenti si paralizzarono all’improvviso, colti in fallo. Eppure Briony fu quella che ebbe la reazione più raggelante. Con lo stupore di risentire quella voce, vennero a galla ricordi che voleva seppellire e che invece trovavano sempre lo spiraglio per risalire e farle del male come altre e altre volte.

Un artiglio gigantesco e invisibile le stava stritolando il petto mentre si voltava, consapevole di quali occhi avrebbe incrociato nella sua traiettoria.

Quegli occhi però non guardavano direttamente lei ma un punto sospeso fra loro, mentre lo sguardo dell’Originario era calmo e indifferente. Quella calma però nascondeva sempre qualcosa di sinistro e agghiacciante.

Elijah teneva una posizione comoda, la schiena contro una parete non molto distante da loro, alcune dita elegantemente intrecciate.

Fu Damon il primo a spezzare quell’inquietante silenzio, alzandosi:

“E per chissà quale motivo sono sempre e solo io quello che viene appeso al muro. Anche i signori qui presenti erano d’accordo!” si giustificò lui come al solito per salvarsi la faccia, visto che era risaputo che Damon era il bersaglio preferito di Elijah. E non solo. Anche Rebekah spuntò all’improvviso al fianco del fratello, splendente in tutta la sua bellezza.

“Voi Salvatore sapete abbaiare ma non azzannare. Lasciate le cose da grandi a noi"

Matt, poco prima intento a sistemare le sedie sopra il tavolo, si era completamente imbambolato a fissare la vampira. Quest’ultima si girò per guardarlo, forse speranzosa che il ragazzo le avrebbe rivolto la parola, ma Matt se la svignò per una porta secondaria come se avesse sentito odore di guai.

E Briony non poteva di certo biasimarlo. A lei le parole si erano inchiodate in gola, senza alcuna speranza di farle fuoriuscire.

"E quale sarebbe il vostro brillantissimo piano?" domandò Caroline col suo solito tono saccente. Sua sorella avrebbe voluto darle un calcio da sotto il tavolo perché non era proprio il momento di fare del sarcasmo con l’umore che albergava nell’animo di Elijah.

Briony poteva percepire la sua glacialità arrivar fin lì e immobilizzarla come solo il ghiaccio poteva fare.

"Col tempo ho imparato che non bisogna spiegare troppo a persone che potrebbero accoltellarti alla schiena." La voce di Elijah era più sferzante dello schioccare di una frusta.

Tutti e 4 sentivano lo sguardo penetrante dell’Originario addosso. Briony avrebbe voluto scomparire per non sentirne la potenza.

Stefan si alzò dalla sedia, prendendo coraggio:

"Abbiamo un nemico comune, dovremmo invece coalizzarci per arrivare allo stesso fine."

Elijah per tanto gli rivolse un’occhiata indifferente come se per lui la sua opinione non valesse nulla; intanto Rebekah aveva lasciato il suo fianco per andare a spulciare tra le riserve di whisky.

Briony si morse il labbro, sentendo che la voce stava per risalirle in gola e non fu capace di fermarla.

"Ha ragione" disse riferendosi a Stefan.

Aveva attirato l’attenzione di tutti con le sue parole, ma lei percepì gli occhi di Elijah, i suoi, e quelli di nessun altro. Sembravano passarle attraverso la pelle e guardarle dentro. Non riuscì a reprimere un tremito.

Non sapeva neppure dove aveva trovato il coraggio e la sfrontatezza per parlare e per appoggiare le teorie di Stefan e company, pur sapendo che andava contro a Elijah. E visto i loro precedenti, andava soltanto a macchiare quel minimo di serenità che potevano ancora avere ma che in quel momento sembrava troppo distante, come l’inverno che aspetta solo e unicamente l’estate per sciogliere il suo gelo.

Il sorriso di Elijah fu velato da freddezza:

"Sfortunatamente la mia dose di fiducia si é esaurita nell'ultimo periodo, e anche la pazienza. Per cui vi suggerisco di indietreggiare sui vostri passi." Ovviamente non suonava come un suggerimento, ma più come una minaccia. Ormai quella era musica per le orecchie dei Salvatore.

Briony deglutì sentendo quella freddezza ghiacciare l’ossigeno nella stanza, impedendole così di respirare.

Caroline però non demorse, cocciuta com’era:

"Siamo tutti coinvolti qui! E non ce ne staremo con le mani in mano!"

Rebekah ad un tratto sopraggiunse con un paio di bottiglie in entrambe le mani.

"A ragion veduta non vogliamo dei pazzi scatenati nella mischia. Sappiamo tutti come i vostri piani finiscono nel letame" ribattè lei giudiziosa lanciando uno sguardo di sfida a Damon.

Briony non poteva di certo darle torto, ma in fondo erano tutti sulla stessa barca. Se avessero coalizzato forse ci sarebbe stata qualche speranza in più…. Ma per collaborare bisognava esserci come base una cosa importante: la fiducia.

E quella mancava a vista d’occhio. Insieme ad altre cose che continuavano a pesarle nell’animo.

Di nuovo ci fu silenzio. La maggioranza non sapeva cosa dire e voleva svignarsela al più presto. Briony eppure rimaneva incatenata a fissare addolorata gli occhi neri di Elijah, come se non potesse fare altro. Anche lui teoricamente la guardava, ma sembrava non la vedesse per davvero.

Come le persone che incroci alla metropolitana nel bel mezzo della folla. Le guardi, ma non le vedi realmente. Perché in fondo ne sei indifferente..

A quella prospettiva, Briony sentì un pugno lacerarle la pelle e andare giù a fondo.

Udì poi Stefan sospirare, e guardare poi tentennante prima Elijah poi lei.

"E….. É tutto?" domandò forse facendosi delle domande sul perché i due si comportavano in quel modo strano.

Briony questa volta non ebbe la forza di dire niente. Il sangue aveva smesso di ribollire e di riscaldarsi. Era bastato poco per sbriciolarla.

Invece Elijah appariva fermo e integro come se nulla fosse.

"Sì, é tutto." Rispose senza tentennamenti, posando un ultimo sguardo freddo su Briony.

La ragazza si sentì schiacciare dalla muraglia che quel vampiro aveva attorno, quasi le fosse caduta sopra. Il giorno prima a sfracellarsi al suolo era stato il cuore di Elijah, poteva ancora udire il tonfo sordo di quella caduta che lei aveva scatenato. Forse per salvare il resto di quel cuore a pezzi, Elijah l’aveva racchiuso in una corazza per evitare altri danni o sale sulle ferite.

O forse aveva innalzato una muraglia attorno a sé, proprio perché dentro al petto non c’era più nulla. Nulla da vedere, e Elijah odiava essere visto così.

Rebekah fu la prima ad andarsene, poi venne il turno di Elijah. Briony non ricevette più la grazia, o la condanna, di una carezza del suo sguardo.

Entrambi i vampiri si erano voltati e andati in silenzio proprio come erano venuti.

Briony allora sentì una faglia aprirsi e creare un varco nel petto. Perché in fondo sperava… ci sperava che le lacrime fossero un po’ come le fiamme, fiamme che senza ossigeno poi si spengono. Ma le sue lacrime interne non volevano proprio spegnersi, sembravano alimentate da ogni cosa, in ogni momento.

Pensò di non farcela più, invece all’improvviso si alzò dal tavolo e camminò verso l’uscita come se se qualcosa si fosse rianimato in lei.

"Briony dove vai?" domandò Caroline preoccupata

“Torno subito” rispose lei velocemente uscendo dal Grill.

Per fortuna Elijah e Rebekah erano ancora sul marciapiede, non distanti da lì, allora prese coraggio e chiamò il nome del vampiro.

I due fratelli stavano camminando e alla chiamata si girarono entrambi. Rebekah tolse subito il disturbo facendo un cenno di saluto a Briony, mentre Elijah rimase immobile a guardare la ragazza con espressione indecifrabile.

In quel momento Briony sentì un vuoto scavato dalla tristezza, ancor peggio del classico dolore.

Elijah intanto la guardava normalmente, sembrava calmo ma allo stesso tempo freddo, come se niente avesse il potere di scalfirlo. Il giorno prima però era successo: era stato ferito, scalfito.

Briony aspettò delle parole che non arrivarono, ma ondeggiarono comunque nell'aria come lingue di fuoco.

Le fuoriuscì un sussurro flebile e incerto, timoroso:

“Mi dispiace...”

Per un attimo credette che Elijah non l’avesse sentita da come la guardava, ma poi lui sviò lo sguardo:

“E di cosa? Non posso certo vietarti di vedere i tuoi amici, anche se certe tue frequentazioni sono discutibili.”

Ma non era quello ciò di cui Briony si dispiaceva. E Elijah lo sapeva benissimo. Solo faceva finta di nulla, come sempre, e non avrebbe mai ammesso di essere stato dolorosamente ferito fino a sanguinare. La sua armatura in quel momento era molto efficace.

Briony deglutì nervosamente, mentre Elijah tornò a guardarla.

“Hai più avuto incontri segreti con Connor?” domandò terribilmente serio.

Lei allora trasalì incerta. Non seppe perché ma non riuscì a dirgli tutta la verità, come se questa era stata sconfinata in un luogo buio e introvabile. Sentì la gola serrata e un pizzicore strano al petto. Aprì le braccia:

“So che non vuoi pensieri contrario al tuo, Elijah, ma Connor è davvero potente come fa sembrare. Bisogna cercare in tutti i modi di non provocarlo altrimenti...”

“Faresti meglio a dire a Connor di non provocare me.” ribattè Elijah fermamente.

L’Originario infatti non aveva mai avuto paura dei nemici, tutt’altro si era sempre guardato da chi gli stava accanto e gli sembrava amico. A poche persone aveva concesso la sua fiducia nell’arco di mille anni, e la maggior parte aveva finito per romperla e distruggerla. Lei alcune volte lo aveva fatto… eppure Elijah era sempre rimasto...

Voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa per confortarlo, eppure contro il suo stesso volere Briony finì solo per abbassare lo sguardo ricolmo di dolore e sofferenza.

Anche così riusciva a sentire lo sguardo di Elijah su di sé.

In lontananza delle nuvole nere si stavano addensando in cielo preparandosi per un temporale. Perfetta scenografia per i loro animi.

Dopo un po’ lui disse:

“I Salvatore… e tua sorella... meglio che se ne stiano fuori da tutto questo. Finirebbero soltanto per esserci d’ostacolo.”

Briony cercò di riprendere la voce mentre alzava lentamente il viso.

“Saranno molto delusi.” mormorò con un lieve sorriso.

“Sono certo che loro sopravvivranno al dispiacere.” ribattè Elijah abbozzando anche lui un sorriso che però non sciolse la freddezza del suo volto.

<< E io sopravviverò? >> non riuscì a non pensare Briony.

L’Originario la guardò per davvero questa volta.  Quegli occhi sapevano leggerle dentro senza esitazione alcuna. Sembravano tradurre il sorriso che Briony voleva a tutti i costi mostrare ma che nascondeva solo lacrime e torture.

Elijah allora divenne più teso, meno sicuro nei movimenti mentre si infilava le mani dentro le tasca della giacca.

Questa volta non riuscì a guardarla dritto in faccia, come se ciò gli facesse male.

Il vento divenne più gelido, il cielo più grigio e pronto a colpire.

“Se quello che faccio ti fa stare male... Allora forse é meglio vederci solo quando occorre, o nelle situazioni d'emergenza... É la soluzione più ragionevole, non credi?”

Ma non c’era nulla di ragionevole nella voragine che in quell’attimo si spalancò nel cuore di Briony; voragine che andò ad affiancare le altre che si erano formate nel corso di quei mesi. Solo che quella voragine era più grande e profonda delle altre. Scavava proprio al centro, nel cuore del cuore.

Eppure Briony rimase immobile senza niente da ribattere. Forse Elijah lo faceva per il suo bene, visto che nell’ultimo periodo non facevano che scontrarsi, dirsi parole che non pensavano e a farsi del male anche se era l’ultima cosa che desideravano. Ma ciò non rese il colpo meno doloroso da sopportare.

"Va bene. Come vuoi." Non sapeva nemmeno lei come le era fuoriuscito quel tono privo di emozioni. Forse esisteva un limite alle lacerazioni che il cuore era costretto a sopportare.

Alla sua risposta, per un solo momento, negli occhi neri di Elijah la freddezza aveva ceduto il passo a un muto dolore.

Una debole guizzo, ma era bastato un battito di ciglia e Elijah era tornato a essere freddo com'era prima. Niente bagliore, niente più luce nel pozzo dei suoi occhi neri.

Le mani di Elijah si agitarono dentro le tasche, mentre lo sguardo si abbassava per poi alzarsi.

"Bene. Non ho altro da dire." mormorò lui chiaro ma aveva lo sguardo di uno spettro.

Briony assentì debolmente, e non poté evitare che la voragine venisse cosparsa di fiamme crudeli che infierivano sempre di più sul suo cuore.

Il cielo tuonò ancora, come per eliminare il silenzio che era sceso tra loro.

Infatti nemmeno lei aveva più niente da aggiungere. Le sue parole  avrebbero finito solamente per scontrarsi con una parete di marmo senza lasciare segni o tracce.

O forse era una giustificazione che le sussurrava una vocina interiore del tutto diversa dalla solita, quasi sinistra.

Tuonò di nuovo.

Sembrarono essere passati attimi eterni da quando avevano smesso di parlare invece erano passati pochi secondi. Elijah fece per andarsene, non prima di aver lanciato a Briony uno sguardo assente. Lei invece non osava più guardarlo, aveva il cuore in gola e i nervi a fior di pelle.

Quando Elijah scomparve, Briony avrebbe voluto piangere. Ma fu il cielo a piangere per lei.

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Connor trovava alquanto strano il messaggio che aveva ricevuto. Glielo aveva recapitato un suo tirapiedi, uno dei pochi che erano riusciti a filarsela dagli artigli degli Originali prima che fosse troppo tardi, ma per questo ci avrebbe riposto rimedio.

La pazienza era la sua maggior virtù, lo era sempre stata. La fretta era nemica in uno scontro, in ogni battaglia, e l’aveva sempre accantonata perchè il tempo era sempre stato dalla sua parte, suo fedele amico. Prima o poi tutti i nodi sarebbero venuti al pettine e fino ad allora ne sarebbe valsa la pena attenersi al suo piano e ai suoi giochi.

Si trovava nel bel mezzo della foresta di Mystic Falls, e per questo aveva accettato l’invito senza farsi troppe domande. Con la natura al suo fianco nulla avrebbe potuto nuocergli.

Un druido era in grado di ascoltare la terra, rivolgendosi ai suoi spiriti. Attaccando il proprio orecchio al suolo, era capace di sentire le creature che avevano calpestato quella terra in un arco di tempo ristretto, chi erano e che cosa avevano fatto e che cosa avevano detto.

Era in grado persino di comunicare con gli animali, di interrogare le pietre, di provocare tempeste di vento o dissipare nebbie, di invocare la potenza del fuoco. Di provocare profonde voragini nella terra, fossati profondi anche 3 metri facendo così sprofondare qualsiasi essere o oggetto che si trovasse sopra di esso. Poteva attuare il mimetismo vegetale ossia scomparire mimetizzandosi nell’ambiente circostante: era fuori dalla vista e anche di qualsiasi altro senso come udito, olfatto.

Poteva guidare i venti nella direzioni a lui richieste, respirare sott’acqua, creare talismani portafortuna o maledetti… innumerevoli erano i poteri di un druido.

Per questo non aveva nessuna paura di ritrovarsi lì, se anche fosse venuto Satana in persona Connor non avrebbe abbassato lo sguardo.

Attese ascoltando il rumore del vento. Il messaggio non conteneva granchè informazioni. Ed era curioso di sapere a chi apparteneva questo aiuto insperato che si poteva dedurre dal messaggio.

Aspettò fino a quando non sentì un rumore dietro di sé.

Connor si girò lentamente, senza far trapelare nessuna paura o preoccupazione.

Se avesse percepito qualche trappola la natura glielo avrebbe urlato subito. Eppure la sorpresa albergò nei suoi occhi gialli quando incontrò lo sguardo del suo visitatore.

Aggrottò la fronte sinceramente perplesso.

“Tu?”

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Briony era ritornata a casa. Il temporale aveva finito per coglierla di sprovvista ed era rincasata per darsi una sistemata. Aveva freddo, freddo dentro e fuori. Non c’era nessun modo di riscaldarsi e di trovare calore.

L’amarezza cancellò qualsiasi altro pensiero, e finì per prendersela con se stessa e con ogni cosa. Le disgustava persino vedere quel dannato marchio nel braccio e ricominciò a grattarselo, come se così riuscisse a cancellarlo. Più andava a fondo con le unghie più però uno strana e ambigua scintilla sembrava sul punto di esplodere dentro la sua testa, come se qualcosa fosse in gabbia e non aspettasse altro che alleggerire le catene per poi fuoriuscire.

Briony finì per irritarsi e mise una fascia attorno al polso per coprire l’arrossamento e il tatuaggio. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

Se solo fosse riuscita a curare il resto delle sue ferite con un semplice bendaggio, sarebbe stato tutto più facile. I suoi dolori potevano essere coperti o mascherati da un sorriso, ma non li avrebbe fatti sparire. Li avrebbe solo cicatrizzati, ma al momento opportuno la voragine si sarebbe riaperta, ricominciando a sanguinare in un’emorragia di sofferenza.

In quel momento era sola in casa. Le sembrava fin troppo desolata e allora prese una bottiglia di vino e se ne versò un goccio in un bicchiere. Liquidare i pensieri col vino non era certo una soluzione, ma almeno la mente si sarebbe sciolta per qualche secondo e avrebbe offuscato l’immagine di Elijah che pronunciava quelle parole di poco prima. Parole che avevano ferito sia lei sia lui. Ormai non facevano altro, sembrava non potessero farne a meno.

Chi aveva detto che l’amore non vive solo di felicità, ci aveva azzeccato in pieno.

Briony si portò il bicchiere alle labbra ma subito dopo andò in pezzi.

Era stata proprio lei a farselo scivolare dalle mani, dallo shock e dallo spavento nell’aver visto una figura oscurata dietro un angolo di casa sua.

Le ci vollero buoni secondi per ritrovare la voce e il buon senso:

“Che diavolo ci fai tu qui?”

Charlotte emerse dall’oscurità con un sorrisetto affabile. Ancheggiava mentre camminava. Era una figura deliziosa e molto carina, ma aveva il sorriso di uno stregatto.

“Volevo solo fare quattro chiacchiere con la mia sorellina. Posso?” chiese senza neanche aspettare il suo consenso nel versarsi un bicchiere di vino.

Briony semplicemente la guardò piena d’odio mentre beveva.

“Ora che ti sei scollata il mio vino, mi faresti il piacere di sloggiare?”

“Mi dispiace ma ho deciso di tenerti d’occhio. Non mi fido di te come si fida mio padre. Quindi per un po’ dovrai tollerare la mia presenza” Cinguettò Charlotte come se nulla fosse.

Briony la fulminò con lo sguardo, guardandosi attorno con la coda dell’occhio. Il cellulare era rimasto in camera sua, non aveva niente di utile con cui combattere con quella serpe. Per di più non si fidava neanche di farlo. La lotta con Willas le era bastata, e anche se Charlotte era magra come un palo, piccola come una bambina, aveva un luccichio inquietante negli occhi che la faceva desistere da ogni piano di ribellione.

Cercò allora di giocare al suo gioco. Magari a carte scoperte avrebbe addirittura vinto.

“Fai come vuoi. Ma la fiducia porta fiducia. Che state combinando? Che avete intenzione di fare? In città non ci sono state sommosse di vampiri contro cacciatori… è tutto normale… ma è la classica calma prima della tempesta non è così?” domandò Briony sedendosi comoda sopra il divano.

Charlotte però non abbassò la guardia così facilmente. “Non sono tenuta a svelarti i nostri piani. Non siamo ancora così in confidenza. Ti posso solo dire che ambisco profondamente a schiacciare le costole di quell'oca di Gwendolyn il prima possibile e di strapparle le viscere, ma questo lo saprai già." Briony osservò di sottecchi il sorrisetto diabolico di Charlotte. Quasi se le immaginava, lei e Gwendolyn, ad azzannarsi come cani rabbiosi fino all'osso. Il loro legame maledetto che evaporava come un vulcano pieno di fuoco assassino e che comprimeva ogni razionalità, ogni senso.. derubandoti della vita.

“Ma perché io passi dalla vostra parte dovrete pur dirmi qualcosa. Questa storia come finirà… e quando?”

Questa volta la voce di Charlotte non era più ironica o cristallina come quella di una bimba. Era tagliante, dura e velenosa come il mostro che era:

“Finirà nel sangue così come è cominciato. Finirà con la rovina totale degli Originari e di tutto ciò che hanno generato.”

Briony sentì una mano gigante stringerle la gola. Le ci volle molta fatica per non fissare Charlotte con tutto l’odio di cui disponeva.

Fece un profondo respiro quasi per scacciare via il suo disprezzo:

“Perché stai con Connor? Perché sei tu a volerlo in prima persona o perché ti ha costretto? Perché vuoi a tutti i costi uccidere i vampiri senza un briciolo di compassione?”

“Perché così vanno le cose. Perché gli squali mangiano i pesci più piccoli? Perché gli orsi cagano nei boschi? Perché i leoni divorano le antilopi? Perché così è la natura, stupida. E questa è la nostra natura, sorellina. Sono nata con dentro l’odio e disprezzo verso i vampiri, e probabilmente morirò con ancora dentro il medesimo odio. Perché? Perché sono fatta così. Siamo fatti così”

“Non è vero. Io non sono come te. Mia sorella è un vampiro e la amo comunque”

Briony sottintese il suo legame con Elijah per non far andare troppo oltre la conversazione e così scaldarle il sangue, ma Charlotte sembrò leggerle la mente come un libro aperto.

“E ami anche Elijah non è vero? L’ho visto sai? Bello da guardare senza alcun dubbio. Non sono ceca sai? Ma la bellezza, il fascino e queste cose superflue non mi interessano e non bastano purtroppo.”

Briony strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche.

“So cosa stai per dire. Che non ti sei innamorata di lui solo per il suo fascinoso aspetto. Aaaah sì..” la canzonò Charlotte come se la stesse prendendo in giro.

“Un uomo così onorevole, Elijah Mikaelson. Gli basta meno di un’occhiata per giudicare una persona, per dannarle la vita. Mi hanno detto che strappa i cuori della gente con la stessa espressione con cui beve il thè, è vero?”

Briony si alzò così velocemente dal divano che quasi lo fece roteare all’indietro. Persino Charlotte ne fu quasi stupita dalla sua espressione.

Briony aveva il fiato corto e faticava a mantenere il controllo; aveva il viso da invasata. Mentre Charlotte era tranquilla ora, le mani giunte nel ventre e il sorriso accennato:

“Calmati altrimenti temo ti verrà un infarto, e non ho preso quella cosa che si chiama patente per portarti in ospedale”

Briony la fulminò di nuovo e temette di scoppiare. Sviò lo sguardo per riprendere il controllo e scacciare quella terribile sensazione che si sentiva addosso come una seconda pelle.

“Lasciami stare. Non devi più parlare con me hai capito? Trovati un’altra compagnia da guitti. Non hai un vero fratello o una vera sorella? Tutti al mondo hanno una famiglia, bizzarra quanto sia, tutti ce l’hanno”

“Io no.” Rispose Charlotte quietamente senza battere ciglio. “Per la mia vera famiglia sembrava che io fossi nata col marchio del Diavolo. Il mio vero padre rabbrividiva a vedermi e mia madre dalla follia si é impiccata nel fienile. Mio padre in seguito cercò di affogarmi in un torrente quando ero ancora una bambina ma io lo colpì con tutta la forza della mia mente. Sembrava come se gli avessi cavato l’anima e la vita del corpo. Ma non l'avevo fatto apposta anche se se lo meritava”

Briony aveva lasciato da parte l’odio e sul viso prese il posto lo shock dopo la dichiarazione di Charlotte. Anche se quella più sbalordita era Briony e non la diretta interessata che rimaneva in una posizione posata e quieta. Dava segni di vita soltanto quando sbatteva le ciglia.

Briony deglutì. Fu sul punto di dirle che le dispiaceva ma si morse la lingua. Dimenticava con chi stava parlando? Si trovava in imbarazzo perché sembrava divisa in due e non sapeva cosa dire per uscire da quel silenzio.

Per fortuna le venne incontro Charlotte:

“Dopo la morte dei miei genitori venne nel mio villaggio un signore strano e mi prese con sé. Mi disse che non aveva mai avuto una figlia femmina. Tutti avevano paura di lui ma io no. Non appena incontrai i suoi occhi gialli avevo capito che finalmente avevo trovato una casa, qualcuno con cui vivere senza che mi considerasse uno scherzo della natura anche se effettivamente lo sono. Ma Connor non me l’ha fatto mai pesare perché é stato lui a farmi capire chi sono veramente”

Briony credette di scorgere un vero sorriso nel volto della ragazza di fronte a lei, e abbassò lo sguardo sinceramente inquieta e imbarazzata.

Si attorcigliò le mani agitata. “Mi dispiace per quello che hai passato… ma non credi che quello che sei diventata sia frutto delle macchinazioni di Connor? Di un suo lavaggio del cervello? Prima che lui arrivasse tu di certo non provavi odio per i vampiri e non eri una cattiva persona, solo una bambina spaventata.… non credi che sia stato lui a manipolarti o a farti diventare una persona che non sei?”

Charlotte sbattè le palpebre:

“No. Impossibile. Io sono nata così, lui mi ha soltanto guidata e istruita.” Sembrava stesse citando un manuale.

<< Sì guidata come un mastino >> pensò Brionye interiormente una massa di pensieri stava prendendo il sopravvento e sgusciarono fuori come acqua da una fontana.

“Ne sei certa? Non hai provato dolore per la morte dei tuoi genitori nonostante tutto? Sì ne sono sicura, ma dopo la comparsa di Connor non hai provato più nulla di umano e ti sei data all’omicidio di massa senza farti troppi problemi. Il marito di Gwendolyn che colpe aveva? Lui era umano!”

“Era un traditore, una feccia della natura. Consapevolmente si era innamorato di un’Originaria e stava dalla sua parte. Addirittura il dottorino dava il sangue di vampiro ai suoi pazienti per curarli. Che infamia! Il rischio di un esercito di vampiri era troppo alto! Dovevo agire subito e Connor era assolutamente d’accordo”

<< Scommetto che l’idea era partita da lui e tu hai eseguito l’ordine come un fedele servitore. Stupida cieca. >>

Le parole non volevano fermarsi. Sapeva che doveva mordersi la lingua perché camminava su un terreno tortuoso in quel momento, ma Briony non riuscì a fermarsi, come se fosse posseduta:

“Ma davvero? E scommetto che ti ha insegnato tutto lui, vero? Come uccidere i vampiri, come individuare i loro punti deboli, e come odiarli.” Sottolineò l’ultima parola, continuando a pensare e a mettere i tasselli al proprio posto. Tutto a un tratto le cose le furono più chiare… o forse era anche lei impazzita e quel che diceva non aveva senso.. eppure andò avanti mentre Charlotte la guardava con disprezzo e ira:

“Io odio i vampiri perché li odio punto e basta. Ora taci..”

“No, tu odi i vampiri perché Connor odia i vampiri per ciò che hanno fatto al suo vero figlio. Tu, Willas e io siamo soltanto dei sostituti, delle macchine con cui lui si serve per avere la sua fantomatica giustizia!”

Briony si sentiva ribollire il sangue e il marchio nel braccio bruciarle la pelle. Sapeva che doveva fermarsi e starsi zitta. Ma non ci riusciva proprio.

Charlotte era indietreggiata come se la sua interlocutrice fosse un mostro con denti aguzzi:

“Non è vero… quell’Alexander non contava nulla… io sono sua figlia..” ribattè incerta.

Briony a sua volta le rise in faccia. Dentro di sé non voleva farlo perché provava dispiacere per quella ragazzina un po’ fuori di cervello, ma continuò ad affondare il dito nella piaga:

“La tua devozione per quell’uomo ti ha reso cieca fino al midollo. Sai che la sua adorata sposa è morta per permettere che creature come noi esistessero? Sai che ha dovuto sacrificarsi durante l’incantesimo? Un boccone che Connor non ha ancora mandato giù… sicuramente non l’aveva previsto e non l’avrebbe mai voluto… così tecnicamente siamo stati noi gli artifici della sua morte…

Charlotte la guardava impallidita e piena di shock. Come se fosse solo una ragazza sperduta e null’altro. Eppure Briony continuava a parlare come un fiume in piena. Tutto ad un tratto i pensieri presero un’immagine viva e credette davvero alle sue parole. Ci era voluto un po’ per arrivarci, ma la verità aveva sempre un sapore amaro.

“Lui sa benissimo chi siamo veramente. Sa che non siamo migliori dei vampiri.  Solo un lurido errore ma utilizzabili alla fine per i suoi scopi. E’ vero, forse ti vuole bene…. Ma allo stesso tempo ti odia.”

“ZITTA!”

Charlotte gridò con tutto il fiato che aveva in corpo e si catapultò contro Briony. Quest’ultima cadde sotto di lei presa alla sprovvista, e finirono contro un tavolo che venne smembrato dal colpo. A causa della botta che ricevette, Briony tornò ad essere lucida.

Si chiese cosa diamine le era saltata in testa di dire quelle cose a Charlotte ma non era il momento di pensare.

Charlotte si agitava come un animale in gabbia, quasi non sapesse quali colpi inferire perché voleva dargliene mille ma aveva solo due mani. Alzò la mano racchiusa a pugno ma Briony lo evitò, colpendola duramente allo stomaco con una gamba.

Charlotte boccheggiò e lasciò la presa su di lei così da darle il tempo di alzarsi e di svignarsela via di lì.

Ma Charlotte le fu nuovamente addosso. Si era mossa in modo rapido, molto rapido per un ragazza così magra e insulsa. Le arrivò alla schiena e le circondò il collo col braccio tentando di romperglielo o di staccarle la testa di netto.

Briony cercò di urlare ma usò la bocca per morderle il braccio, quasi fino a lacerarle la carne, così da liberarsi dalla sua presa. Charlotte grugnì per il dolore e la lasciò andare solo per prendere qualcosa che teneva nascosto sotto la cintura dei pantaloni.

Briony allarmata si girò verso di lei, continuando a indietreggiare freneticamente.

Ciò che Charlotte aveva in mano era un paletto molto appuntito, alcune sue estremità risplendevano di una strana materia rossa e nera, come sangue carbonizzato.

Capendo cos’era, Briony sgranò gli occhi impaurita e si paralizzò.

Charlotte le sorrise malefica:

“Non avevo in mente di usarlo adesso. Credevo che potessimo andare veramente d’accordo ma tu sei molto fastidiosa. E non sopporto le persone che si mettono in mezzo tra me e mio padre.”

“Non è tuo padre, idiota.” ribattè Briony senza neanche pensarci.

Charlotte scattò, le mani in avanti che brandivano il paletto in direzione del cuore della sua vittima. Briony si sentì sbattere contro il muro e con tutte le sue forze cercò di afferrare il paletto con entrambe le mani per allontanarlo dal proprio petto.

Udì Charlotte sibilare bestemmie e altre offese nei suoi confronti.

"Sei proprio debole. Una buona a nulla. Vai bene per ammazzare pecore. Sempre che le pecore non vogliano combattere."

Briony fece finta di non udire.

Sentì le dita viscide di sangue eppure non lasciò la presa attorno all'arma. Cercò in tutti i modi di allontanarla ma Charlotte era davvero più forte di lei.

Briony allora agì d’astuzia e mollò la presa sul suo braccio, abbassandosi fulmineamente l’attimo dopo che Charlotte aveva piantato il paletto contro il muro.

Essere bassi non era poi così un difetto.

Briony corse via di lì più in fretta che poteva, ma all’improvviso Charlotte la prese per i capelli e la scaraventò attraverso la stanza. Briony cadde trattenendo un grido in gola e sentì il sangue scivolarle sulla fronte.

Non ebbe il tempo di fare niente  che Charlotte le fu nuovamente addosso, il paletto grondante di sangue stretto alla mano.

Briony urlò nell’attimo in cui la sua aguzzina alzò la sua arma per fondarla dritto nel suo cuore. Ma nello stesso momento intravide una figura indefinita alle spalle di Charlotte;  in un secondo la sua aguzzina venne sbalzata via da lei con un tonfo.

Briony boccheggiò in cerca d’aria nuova e provò ad alzarsi mentre intravide una ragazza bionda pronta a scattare contro Charlotte. Aveva i denti affilati in bella vista.

Briony non impiegò nemmeno 3 secondi per capire cosa stava succedendo… contro chi sua sorella Caroline stava per battersi… e cosa poteva succedere…

Urlò dal puro terrore:

“CAROLINE VAI VIA!”

La biondina si girò sbigottita verso di lei per un nano secondo, come se non capisse il reale pericolo che aveva davanti, e infatti balzò addosso a Charlotte che era ancora indebolita dal precedente attacco.

Briony si fece prendere da un panico totale e assoluto, e si guardò attorno in cerca di qualcosa che potesse aiutarla a difendere sua sorella. Ai suoi occhi però quella stanza le sembrò spoglia e indifesa.

Non molto lontano da lei c’era Caroline all’attacco con i denti aguzzi pronti ad avvicinarsi al collo della sua aguzzina. Charlotte rimaneva calma e inerme sotto di lei, come se proprio aspettasse che la vampira bevesse il suo sangue.

Briony allora sgranò gli occhi fino quasi a far uscire le orbite, e scattò in piedi come un lampo.

Doveva evitare a tutti i costi che Caroline bevesse il sangue di quel mostro… per questo con tutta la forza che aveva balzò addosso sopra alla schiena della biondina, facendola rotolare lontano da Charlotte e dal suo perfido sangue.

Briony non osava meditare su ciò che Caroline stava pensando in quel momento, visto che ai suoi occhi la sorella maggiore appariva una pazza invasata che le impediva di uccidere il nemico.

Voleva gridare ma le uscì solo un fil di voce strozzato:

“Vattene! Lei è come me, devi andare via!”

Caroline la guardò allora spaesata e incredula. Si girò verso Charlotte che si stava alzando con un sorriso furbetto sul viso.

“Guarda guarda. Due al prezzo di uno”

Avanzò, ma Briony si mise di fronte a lei cercando di trattenerla per le spalle, dando il tempo a Caroline di fuggire da quella casa. Ma la vampira non sembrava essere della sua stessa opinione infatti arrivò al suo fianco con intenzioni non propriamente pacifiche verso Charlotte. Quest’ultima si sbarazzò di Briony come se fosse un sacco di patate e la scaraventò lontano dall'altra parte della stanza; poi afferrò Caroline per il collo in un lampo velocissimo e la fece catapultare per terra, creando un boato molto forte, come se il terreno si fosse spaccato.

Caroline sentì di dover urlare ma rimase con gli occhi sgranati dal terrore, e cercava di levarsi di torno Charlotte con tutta la forza che aveva. La cacciatrice sembrò indebolirsi dai suoi colpi e una mano attorno al suo collo finì per allontanarsi da lei. Caroline cercò di agire in fretta ma venne all'improvviso pervasa da un fortissimo dolore alla testa, come se stesse per andare a fuoco.

Briony era rimasta a terra con la gambe che le sembrava rotte e le dolevano fino a urlare, ma non appena sentì il grido di sua sorella fu quasi sul punto di morire. Il cuore martellò per il terrore fino a spezzare il ritmo dei battiti, e cominciò ad agitarsi convulsamente per pensare a come salvarla.

I suoi occhi ad un tratto saettarono verso qualcosa finito in un angolo della stanza,  e Briony così cercò di alzarsi senza farsi notare.

Charlotte nel frattempo si era alzata da terra e guardava Caroline con un sorriso vittorioso, mentre la vampira urlava in preda all’agonia premendosi la testa con le dita.

“Credo che rimarrai con una sorella in meno, sorellina.” affermò Charlotte spietata non dandosi neanche pena di guardare Briony.

All’improvviso la cacciatrice sentì il sapore acre del sangue salirle  in gola e fuoriuscire dalla bocca. Charlotte tentò di respirare ma non ci riuscì, come se i polmoni si fossero putrefatti. Si guardò il petto e notò con sorpresa che la punta del paletto le fuoriusciva dall’esatta altezza del cuore.

Cadde sulle ginocchia mentre Briony dietro di lei brandiva ancora il paletto fra le mani. Aveva l’espressione rabbiosa e determinata, ma gli occhi invece sgranati come se fosse inconsapevole di ciò che aveva appena fatto. Le mani erano sporche del sangue di Charlotte, che agonizzava a terra.

Caroline non urlava più e stava cercando di issarsi  per la schiena ma il dolore era ancora troppo forte.

Charlotte fece un ultimo strozzato lamento, ma alla fine si sdraiò completamente a terra nella sua stessa pozza di sangue, priva di vita. Gli occhi rossi sbarrati. Uno scenario raccapricciante.

“Oddio Briony. Stai bene?” domandò Caroline fuoriuscita dal suo stato di shock e andando verso la sorella.

La mora però non era ancora uscita dal suo stato di panico, infatti tremava tutta, aveva il volto pallido e tetro.

Alla fine lasciò andare il paletto che cadde per terra con un rumore secco, e prese Caroline tra le braccia piangendo lacrime calde e stringendola forte a sé.

La vampira corrispose l’abbraccio, affondando il viso sopra la sua spalla e cercando di rassicurarla come meglio poteva.

Le mani di Briony salirono sui capelli della sorella, mentre gli occhi sul cadavere vicino a loro.

“Le conseguenze non le puoi sapere, non le puoi mai sapere”

Le parole di Connor le riecheggiavano nella testa.

Quale conseguenza ci sarebbe stata per questo?

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Dormì per qualche ora. Caroline era stata al suo fianco, cercando di farla svagare in tutti i modi. Il dolore fisico di Briony era passato e anche il suo umore era in netto miglioramento.

Del cadavere di Charlotte si era occupata Caroline, e Briony si era raccomandata di non dire nulla a nessuno, nemmeno a Stefan o a Elena.

La biondina aveva portato il cadavere in un luogo isolato del paese e l’aveva bruciato cercando di non farsi notare da nessuno. Semplicemente seppellirlo sarebbe stato troppo pericoloso e magari qualcuno lo avrebbe prima o poi scoperto.

 Briony più che altro era preoccupata per come avrebbe reagito Connorvisto che era appena stato privato del suo giocattolino preferito.

Briony aveva messo in piedi un paio di giustificazioni come ad esempio che lei non aveva più rivisto Charlotte e forse era stato un vampiro a ucciderla. D’altronde Mystic Falls era piena di vampiri.

Avrebbe fatto in modo che né lei né Caroline prendessero la colpa di ciò che era successo. Connor era un tipo calmo e freddo, ma sinceramente Briony non voglia di scoprire com’era quando si infuriava. Quindi era meglio evitare.

Era a letto in quel momento intenta a  guardare la tv. Mentre davano la pubblicità pensò che non aveva neppure chiamato Elijah.

Il cuore balzò subito in gola, battendo impazzito. Lui le aveva comunque detto di chiamarlo per le situazioni d’emergenza, e quella sicuramente era una situazione d’emergenza. Ma allora perché quando prese il cellulare in mano e cercò il nome di Elijah nella rubrica, Briony si bloccò titubante prima di cliccare sul tasto verde? Perché il cuore tutto a un tratto aveva smesso di battere veloce e si era assopito in un tetro mutismo?

Forse perché la voragine nel petto era ancora lì in agguato, pronta a ingigantirsi sempre di più e farle ulteriore male.

Il solo pensiero di sentire la voce di Elijah le provocava strane e contrastanti emozioni che le mandavano a fumi il cervello. Semplicemente udendo la sua voce, Briony era quasi certa che quella ferita che sentiva nel cuore si sarebbe magari riassorbita. Dando un’illusione di guarigione. Ma appena lui se ne sarebbe andato, o avrebbero di nuovo litigato, quella ferita si sarebbe riaperta con maggior agonia per lei.

Non sarebbe stata curata, non ora, non in quel momento della sua vita in cui tutto sembrava cadere in pezzi. Anche ciò che fino a poco tempo prima riteneva indistruttibile e eterno, come il suo legame con Elijah.

Con un sospiro amareggiato spense il cellulare e lo mise sul comodino, pregando  che la notte portasse tregua al suo cuore.

Così non fu. Gli Dei dovevano proprio avercela a matti con lei.

La tv si spense in un botto e anche la luce saltò. Doveva essere stato a causa di un cortocircuito visto il tempaccio là fuori e Briony lo maledisse.

Andò ad accendere qualche candela per fare un po’ di luce. Non aveva neanche più sonno e decise quindi di andare giù per leggere qualche libro.

In salotto accese altre candele e si strinse nella vestaglia, cercando di non dar peso al vento che batteva sulle finestre.

All'improvviso qualcuno bussò alla porta, e Briony trasalì chiedendosi chi diavolo era.

Quando andò alla porta però si bloccò prima di aprire. E se fosse stato Connor? Magari aveva saputo, anche se lei aveva cercato di cancellare ogni traccia…

Briony deglutì e andò quatta quatta alla finestra del pianerottolo per scorgere chi c’era dietro la porta.

Restò letteralmente di stucco. Non era Connor. Anzi forse era anche peggio.

Era Gwendolyn.

Che diavolo voleva a quell’ora di notte?

Briony tentennante aprì la porta e la vampira le rivolse uno sguardo vuoto, per nulla caloroso.

La ragazza la fissò preoccupata.

“E’ successo qualcosa?”

Elijah…. Pensò con sgomento sentendo il cuore sprofondare.

Gwendolyn sviò le sue domande con un gesto della mano: “No non è successo niente. Posso entrare?”

Briony allora alzò il sopracciglio. “E perché dovrei? Così domani o dopodomani mi ammazzi nel sonno?”

La vampira si innervosì:

Senti… non ho tempo di chiacchierare… possiamo anche parlare qui ma ci sono tante orecchie in giro, molte delle quali non mi piacciono.. quindi ti dispiacerebbe farmi entrare o forse dovrei parlare ai quattro venti di ciò che tu e tua sorella avete combinato oggi?” domandò la vampira noncurante guardandosi le unghie perfette delle mani.

Briony sentì un colpo allo stomaco. Come diamine aveva fatto a scoprirlo? Si inumidì le labbra cercando una via d’uscita. L’ultima cosa che voleva era far entrare in casa sua quella pazza di Gwendolyneppure guardandola bene in viso non notò nessun filo di minaccia in lei.

Tentò di farsi forza e si fece da parte per lasciarla entrare.

Gwendolyn anche allora non espose alcuna emozione, e entrò a passi lenti e eleganti.

Briony chiuse la porta deglutendo e le chiese chiaro e tondo cosa volesse.

“Dov’è?” chiese Gwendolyn in tono secco. “Quel mostro di Charlotte, dove l’avete seppellito?”

Briony ebbe l’impressione che la vampira si sarebbe infuriata perché aveva esclusivamente lei il diritto di uccidere Charlotte. Ma ormai era troppo tardi e i diritti di precedenza non sarebbero serviti a nulla.

“Mia sorella ha bruciato il suo cadavere. Seppellirlo semplicemente era troppo rischioso.”

Gwendolyn digrugnì i denti, segno che era infuriata.

“Toccava a me ucciderla. Le avrei schiantato il cranio contro la parete e lo avrei aperto in due tanto per vedere cosa ci fosse dentro. Poi le avrei cavato quel cuore nero che aveva. Ma come al solito ci sei sempre di mezzo tu.”

Briony dovette ricordarsi di contare fino a 100 prima di parlare altrimenti sarebbe esplosa. Cosa credeva?? Che doveva restare immobile a guardare Charlotte uccidere sua sorella e come ultime parole dirle “oh mi dispiace tocca a Gwendolyn il diritto di uccidere Charlotte”

Briony si morse dolorosamente il labbro e lingua pur di tacere.

Intanto Gwendolyn continuava con le sue fantasticherie macabre.

“O almeno permettermi di guardare il suo cadavere e di sputarci sopra. Di torturarla anche da morta, così da seppellire anche l’odio che mi porto dentro da quando l’ho conosciuta.”

Fece un sospiro scocciato e si girò verso Briony. La fulminò con lo sguardo gelido:

“E ora con Charlotte morta e sepolta, credi che per te la vita sarà più facile?”

Briony si strinse nella vestaglia:

“Di sicuro c’è solo che tu mi stai trattenendo di proposito dall’andare a letto a quest’ora di notte per parlare come al solito di cose di cattivo gusto. Come hai fatto a scoprire di Charlotte?”

“Klaus segue tua sorella come un cagnolino, forse così crede che riuscirà a conquistarla. Quando in realtà fa soltanto la figura dell’idiota cascamorto. Comunque Klaus in uno dei suoi pedinamenti amorosi ha visto Caroline appartarsi con qualcosa di pesante in mano e ha voluto dei chiarimenti da lei. Forse anche a tua sorella piace mio fratello, visto come si lascia scappare i segreti, o forse voleva toglierselo di torno in fretta e furia…

Briony restò sconcertata per come Caroline si lasciava manovrare da Klaus. Non aveva ancora imparato la lezione? Credeva che se lo fosse lasciato alle spalle.. o forse in qualche modo la biondina era rimasta catturata dal fascino di Klaus così come lo era stata Briony con Elijah, seppure i due fratelli fossero molto diversi. Sospirò nervosa:

“Quindi cosa vuoi? Charlotte non è qui. Sei venuta a uccidere me per saldare il debito forse?” E nonostante le sue parole, non aveva paura della vampira. Ad un tratto si sentì rinvigorita da una strana forza.

Gwendolyn d’altro canto avanzò minacciosa:

“Sono venuta qui per ricordarti di fare la brava. Elijah potrà anche vederti come un’innocente ragazza da difendere, ma io so chi sei veramente. Anche Charlotte aveva un visetto innocente e sembrava tutta buona e dolce. Poi mi sono ritrovata in un letto di sangue. Puoi anche negarlo ma sai che è così!”

Quelle parole furono come fucilate, e i proiettili andarono dritti al suo cuore. Briony non osò replicare e nemmeno respirare.

Gwendolyn la fissò col disprezzo che non aveva mai celato:

“Guardati. Sei un peso morto.” Sputò fuori quella parola come se fosse un’oscenità. “Mio fratello non è più lo stesso a causa tua. Gli fai dimenticare i suoi doveri nei confronti della sua famiglia, hai idea dei rischi personali che si è assunto per proteggerti?”

Anche lì Briony non osò ribattere.

Lei era stata il suo appiglio per far venire fuori la vera anima di Elijah, liberandola da tutte le armature, il sangue e il gelo. Gli aveva aperto le porte di una vita che voleva la pena di essere vissuta. Ma aveva scatenato anche qualcos’altro… aveva fatto fuoriuscire in lui un lato che nessuno conosceva, perfino Rebekah aveva stentato a riconoscerlo e l’aveva messa in guardia.. il gelo della sua anima era stato abbattuto da un altofuoco implacabile, da un altro male ben più diabolico, infimo e letale.

Gli aveva persino distrutto il cuore.

Briony lo sapeva fin dall’inizio che quell’amore era un veleno che prima o poi avrebbe annientato entrambi. Tutti l’avevano avvertita ma lei era stata sorda e aveva continuato ad andare avanti. E adesso a che punto erano arrivati?

Briony sentì all’improvviso un groppo in gola che le impedì di parlare. Solo dopo numerosi tentativi ci riuscì:

“Io non nuocerai mai alla vita di Elijah…. Se lui morisse ne soffrirei più di te. Tu non hai idea del rapporto che ci lega. Non eri qui quando tutto è cominciato, eri nella tua stramaledetta tomba.” Le fuoriuscì un tono aspro.

“E tu mi vuoi rimetterci vero?” rise “Non negarlo.”

Briony ci pensò :

“Non lo faccio solo perché so che farei soffrire Elijah. Anche se sei agghiacciante e antipatica sei pur sempre sua sorella.”

Gwendolyn la guardò nuovamente storto. Sembrava che ogni cosa che dicesse la facesse irritare ancora di più.

Avanzo ancora di più, occhi negli occhi.

Ragazzina… io posso spezzarti le ossa in ogni momento… e verrà il giorno in cui Elijah ti vedrà per quel che sei veramente.. E sarò lì pronta a godere.”

Briony strinse forte i pugni pronta a ribattere e magari a cacciarla.

Ma si interruppe di colpo.

Vento. Parve venire dal nulla, emergendo dalle tenebre, e aprì gli infissi delle finestre.

Lo sguardo di Briony era diretto a loro adesso, mentre quello di Gwendolyn era sempre rivolto a lei.

Briony fece qualche passo dritto in diagonale, come se avesse captato qualcosa. La vampira le rivolse un’altra offesa ma lei non la sentì.

Ebbe poi la vaga percezione di un movimento. Si girò di scatto, ma non c’era niente.

Niente, solo un'ombra: l’ombra di Gwendolyn contro il muro dietro di lei. Udì la vampira che cominciava a pronunciare un’altra battuta minacciosa.

Dietro di lei, la sua ombra si mosse. Sembrò sollevare qualcosa, eppure Gwendolyn rimaneva ferma con le braccia lungo i fianchi.

Briony si sentì all’improvviso pervadere da una strana sensazione. Le fiamme delle candele prima tremarono poi si estinsero nello stesso momento.

Qualcosa non andava. Qualcosa era completamente e orribilmente sbagliato. Gwendolyn poi era ancora immobile a fare battute macabre mentre l'ombra dietro di lei invece si muoveva.

Briony si accorse di avere un freddo terribile e faticò persino a respirare.

Cercò di dire o fare qualcosa ma in meno di un secondo, il petto di Gwendolyn si squarciò. Una mano fatta d'ombra, un'ombra che non sarebbe dovuta esistere, le divise il petto in due come se fosse stata plastica. Gwendolyn ebbe appena il tempo per emettere un breve e distorto suono gorgogliante, poi il sangue esplose come una cascata.

Briony non articolò neppure un grido: paralizzata dallo shock e dalla paura come una bambina terrorizzata dal buio.

Fra l'eruzione di sangue, Briony vide un enorme buco nel suo petto, là dove prima c'era il cuore di Gwendolyn c'era adesso uno spazio vuoto e macabro. Il sangue continuava a dilagare, l’Originaria cercò di parlare ma non riuscì come se fosse strangolata dal suo stesso sangue.

Briony invece di aiutarla, indietreggiò sconcertata e spaventata da tutto quello che stava accadendo, e si guardava attorno terrorizzata che quell’ombra venisse a prendere anche lei.

Sentì il tonfo del corpo di Gwendolyn cadere a terra, ma neanche in quel momento lo sguardo di Briony smise di guardarsi attorno in preda alla follia.

Qualcosa di oscuro e malefico era accaduto là dentro. Ma non era in grado di capire che cosa, e questo l’assillava mentre indietreggiava sempre di più col respiro strozzato.

Quell'ombra.. Non era l'ombra di Gwendolyn. La morte era entrata con il vento a estinguere la sua vita, con la stessa rapidità con cui il vento aveva estinto le candele.

Briony girò sui tacchi e corse in preda al panico su per le scale, lasciandosi dietro il cadavere. Cercò di non cadere mentre i piedi tentavano di non inciamparsi tra loro.

Aveva il fiatone quando arrivò di volata in camera e prese il telefono fisso pregando che andasse. Non c'era linea.

Briony dalla disperazione lo sbattè più volte. Fece il giro del letto e prese il cellulare pregando che si accendesse in fretta. Come ogni apparecchiatura tecnologica questa dà sempre dei problemi proprio nel momento del bisogno.

Briony faticava persino a respirare. Non c'era niente di sensato in ciò che era accaduto.. Nessuno le avrebbe creduto ma sapeva cosa aveva visto. E interiormente sapeva anche di chi era opera.

Briony schiacciò nervosamente i tasti del cellulare visto che ci metteva una vita ad accendersi.

Ad un tratto gli infissi delle finestre si aprirono. Briony urlò.

Il vento gelido era l'unica cosa a farle compagnia in quel momento ma quando udì un rumore, Briony si girò di scatto trattenendo un grido.

Sapeva chi era all'opera di tutto quell'orrore ma non riuscì a reprimere un tremito nell'incrociare gli occhi gialli di Connor. Era in un angolo della camera a fissarla intensamente.

Briony ricambiava lo sguardo con occhi sgranati.

Mentre l’uomo fece alcuni passi in avanti, le mani lungo i fianchi.

“Credo che tu abbia capito cosa é successo, non vero?” sussurrò semplicemente come se per lui fosse un gioco trasformarsi in un’ombra appena uscita dai sette inferi.

Briony farfugliò, sentendo le gambe tremare:

“Quell’ombra…

“Uno dei miei molteplici poteri.. sono stato costretto a farlo, la vampira voleva ucciderti. É venuta da me oggi, mi ha dato un appuntamento segreto per stipulare un accordo. Io ho fatto finta di accettarlo, e la cara vampira é caduta nella mia trappola."

Briony non osava nemmeno opporsi a lui:

"Q-quale accordo?"

"Voleva avere la testa di Charlotte e la tua. In cambio potevo prendermi benissimo la sua vita in seguito e anche quella del suo fratellastro. E magari di tutti gli altri Mikaelson."

Briony scosse debolmente la testa. Sentiva lo stomaco ribaltato:

"Gwendolyn non svenderebbe mai la sua famiglia"

"Così ha detto a me. Forse faceva il doppio gioco o forse no, io una parte del patto l'ho rispettata: alla fine la sua vita l'ho avuta." Le rivolse un sorriso distorto e malefico.

Briony già tremava come una foglia, adesso come un povero animale infreddolito. Connor sembrò non accorgersene o non voler farlo, infatti avanzò di più verso di lei:

"Non posso permettermi di perdere te o Charlotte. Non pensavo di agire così presto ma quella succhiasangue aveva davvero cattive intenzioni e poi nessuno sentirà la sua mancanza. Dovresti ringraziarmi, ti ho salvato la vita"

Eppure in quel momento la ragazza non era proprio in vena di ringraziamenti. Connor era come un serpente e lo sentiva stritolarle il collo.

L’uomo le fece poi un cenno con la mano e si diresse verso la porta:

"Vieni"

Briony si mosse come un automa privo di volontà. Si strinse nella vestaglia e scese le scale tenendo basso lo sguardo scavato. Il cuore batteva impazzito nel petto ma Connor davanti a lei continuava a camminare come nulla fosse.

Si diresse nel salone. Il cadavere di Gwendolyn era ancora per terra. Le vene si erano rinsecchite diventando grigie e storpiando la sua bellezza. Il petto era scavato da un profondo buco.

Briony non osò guardare temendo di avere il voltastomaco. Connor invece non fece lo stesso:

"Non darti pena per lei. Bellissima ragazza, ma marcia dentro. Posso capire se i suoi fratelli la digeriscono a stento"

Fece un giro intorno al cadavere con sguardo serio, poi tornò a fissare Briony:

"Hai visto Charlotte? É da oggi pomeriggio che non la sento, il che é davvero strano"

La ragazza allora sussultò tremendamente. Pregò che Connor lo vedesse come un atto normale visto che aveva appena visto morire la sua quasi cognata, e sviò subito lo sguardo.

"Non so nulla."

Connor rimase un attimo a studiarla e a fissarla in una strana maniera. Briony cercò di non mordersi il labbro e di rimanere calma. Doveva fare finta di nulla, come se niente di strano fosse accaduto. Eppure più sentiva lo sguardo di Connor addosso, più si agitava interiormente.

L’uomo smise di osservarla e si guardò poi attorno con sguardo perplesso e corrucciato. Il vento continuava a entrare dalle finestre e Connor si bloccò di colpo:

"Che è successo in questa casa?"

Briony cercò di tenere a bada i battiti impazziti del suo cuore e si portò le mani ai capelli facendo finta di nulla:

"Omicidio direi. Rischiamo la galera." La sua risposta sarcastica non bastò a scacciare lo sguardo tremendo che ora aveva indosso Connor.

Sul suo viso andava a disegnarsi un’espressione d’ira:

"Non prendermi per un idiota. É successo qualcosa qui, lo sento."

Briony sentì il fiato corto.

Un attimo dopo lo sguardo tetro di Connor si soffermò su un punto della stanza. Briony ebbe il crudele presentimento che quello fosse il punto in cui aveva piantato il paletto nel cuore di Charlotte.

Sentì la paura schiacciarle le ossa.

Connor saettò fulmineamente verso di lei. L’afferrò per il collo, con l’altra mano la prese per i capelli stringendo forte la presa:

"Dov'è Charlotte?" tuonò Connor in un sibilo.

Gli occhi di Briony scappavano da quelli del druido, cercava di strattonarlo via con le unghie, ma Connor le ripeté di nuovo la domanda alzando di più la voce in maniera temeraria.

"Risparmiati le tue domande. Da sottoterra non può risponderti" rispose Briony temendo di strozzarsi.

Alla sua risposta, Connor la lasciò andare come se fosse stato scottato. La guardò pieno di ribrezzo:

"L'hai uccisa. Hai ucciso tua sorella.." Dal tono e dai suoi occhi stentava a crederci, come se avesse davanti un mostro.

“Sissignore. E ho provato tanto piacere a ucciderla" rispose Briony tagliente lasciando libero spazio ai suoi pensieri come quel pomeriggio. La nuova e orribile espressione di Connor però la fece indietreggiare sui suoi passi.

"Stupida mente da capra!! Hai idea del danno che hai fatto?" La voce di Connor era più forte e temeraria del vento là fuori. Sembrava irradiasse energia, la sua furia.

Briony allora sussultò ma un sorriso incontrollato le spuntò sulle labbra:

"Uno dei tuoi abracadabra da druido non funzionerebbe?"

Gli occhi di Connor scintillavano di luce spietata:

"No. Hai idea di quanto potere serva per riportare due anime defunte nel regno dei vivi? É vietatissimo, molti ci sono cimentati fallendo. Ci vuole un evento celeste potentissimo, grandissimo potere e molta molta fortuna. Le anime di Charlotte e Willas sono meno recuperabili rispetto alle altre perché non sono umane, sono diverse e..." La sua collera gli impediva perfino di proseguire. Abbassò lo sguardo, la mano si infilò tra i folti capelli castani e quasi se li strappò dalla rabbia.

A Briony vennero in mente le antiche storie e leggende che leggeva da piccola. I defunti dovevano rimanere morti, era vietato spezzare l’equilibrio. Nell’antichità persino il Dio degli inferi non poteva fare eccezioni, ne avrebbe avuto il potere ma sarebbe incorso a punizioni terribili. Non sapeva neanche lei perché ci stava pensando: forse dopo due omicidi avvenuti in casa sua nell’arco di 24 ore era diventata per davvero pazza, oppure esultava all’idea che Connor poteva essere punito da un potere superiore.

Il druido intanto continuava a far esplodere la sua ira:

"Farlo una seconda volta mi é impossibile. Avevo messo in conto di perdere Charlotte visto la sua tremenda istintività, ma non pensavo così presto. E per mano tua poi." A fine frase inchiodò di nuovo Briony con lo sguardo, accusandola con i suoi tremendi occhi.

La ragazza quindi intuì che le sue speculazioni non erano state del tutto false: Charlotte serviva a Connor per i suoi scopi malefici. Altro che amore filiale.

"Spiacente ma se uno mi attacca io mi difendo" farfugliò lei indietreggiando ancora.

La distanza venne però abbreviata da Connor:

"Hai da imparare parecchie cosette, ragazzina. Tu mi devi molto di più di quanto pensi. La sera della festa in maschera sono stato io a uccidere Esther. Una delle molteplici persone che ti vuole morta. Quindi farai bene ad obbedirmi se non vuoi andare a farle compagnia"

Briony spalancò gli occhi incredula. Si era dimenticata di quella strega malefica e quasi lui le aveva fatto un favore uccidendola, ma l’ultima parte del discorso non le piaceva affatto:

"Al diavolo il tuo obbedire. Non diventerò uno dei tuoi mastini. La mia vita non mi è preziosa al tal punto" replicò lei decisa. Mai, mai sarebbe diventata come Charlotte e Willas.. sebbene le sue paure… e…un altro pensiero le strinse la gola.

"E la vita delle persone che ami non ti é preziosa?"

La minaccia di Connor la fece riportare alla realtà. Terribile e tragica come doveva essere. Quelle parole riempirono Briony di un terrore che sconfiggeva qualsiasi descrizione.

"Da quale bocca dell'inferno sei uscito? Sei l'essere più maligno e perverso che conosca"

Lui d’altro canto le rivolse un sorriso diabolico:

"Mi hai fatto arrabbiare Briony. E chi si dimostra idiota a farlo alla fine se ne pente sempre. Ti allontanerai subito dal tuo Originario! Non riesci a farlo? Allora sappi questo: l'amore é una malattia, l'odio é la cura. Agisci quindi."

Quell’ordine si tramutò in una lama che le trafisse il petto.

"E tu ne sai tanto d'amore vero? Hai lasciato morire la tua sposa, e lascerai morire quelli che tu proclami figli solo per i tuoi desideri di dominio! Non mi abbasserò mai a un simile verme senza onore."

Sputò quelle parole ma finì per rimpiangerle quando Connor la spinse contro un tavolo. La sua schiena finì sopra di esso, Connor torreggiava su di lei mentre la sua mano le stritolava il collo. Briony si sentiva in trappola, cercò di contrastarlo ma in breve fu incapace di muoversi e di lottare contro il suo tremendo potere.

"Ascolta le mie parole, perché le parole di un druido sono sacre e non intendo ripeterle.” Sibilò lui faccia a faccia “La tua esistenza é una condanna per chi ti sta accanto, chi si prenderà il lusso di amarti patirà delle pene che neanche immagini. L’amore per te sarà la loro rovina."

Quelle parole sembrarono andare a fondo nel suo cuore, che si sentì sbriciolare. Briony perse il respiro, ogni cosa in quegli attimi.

L’unico rumore che riecheggiava era il vento impazzito là fuori.

Il cuore di Briony batteva in un rantolo terrorizzato.

Connor la lasciò andare senza fiatare; Briony dopo diversi secondi alzò la schiena e gli rivolse uno sguardo pieno d’odio. Non ancora sconfitto.

"Un vero peccato che tu non mi ami. Ma devi stare attento tu, perché quando si scoprirà che cosa hai fatto a Gwendolyn.."

La sua minaccia però ebbe ben poche conseguenze su Connor, che le rivolse un’occhiata gelida.

“Sì? Che cosa succederà? Non prendiamoci in giro, tesoro. Tu eri qui un quarto d’ora fa ad assistere. Gwendolyn era un’Originaria diabolica e priva di umanità, non meno di quanto lo sia Elijah. Verrà anche il suo giorno.”

Briony sentì degli artigli gelidi salirle la schiena.

Non ebbe neanche il tempo di assorbire il terrore appena provato che Connor continuò a parlare.

“Non lasciare che il tuo cuore faccia qualcosa di stupido. Dentro di te sai cosa devi fare. Quello che dovevi fare fin dal principio. Smettila di autocommiserarti o di continuare a sperare l’impossibile. E’ ora di guardare in faccia alla realtà”

Pronunciò quelle parole in modo duro e serio, alzando il mento.

Briony non lo stava guardando in quel momento, forse per evitare che le sue parole le penetrassero nell’orecchie e poi fino all’anima.

Quando finalmente alzò lo sguardo, Connor era svanito.

Sbattè le palpebre come se tutto fosse stato un sogno ad occhi aperti.

Come una furia andò dritta in camera.

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Non era stato affatto semplice spiegare tutto a Rebekah al telefono. Briony aveva dovuto spiegare un milione di volta cosa era capitato, e l’Originaria comunque sembrava non capire o non volerci credere mentre in sottofondo Briony sentiva le urla sclerotiche di Kol.

Alla fine erano venuti Rebekah, Kol e Finn a constatare l’accaduto – Rebekah aveva detto che Elijah in quel momento era fuori città e non raggiungibile, ma che sarebbe comunque ritornato presto – e alla fine era accaduto un macello.

Briony tra urla e balbettii aveva detto che un’ombra era apparsa all’improvviso e aveva strappato il cuore di Gwendolyn in un nano secondo. Aveva provato a dire che era stata l’ombra di Connor, ma Kol le aveva riso in faccia.

“Se mi avessi detto che era stato lo spirito di Babbo Natale avrei creduto di più a quello che a questa tua assurda storia! La mano che ha ucciso mia sorella non era fatta d’ombra magica, ma era la tua!”

Briony in quel momento si era pentita di averli fatti entrare visto che entro poco l’avrebbero sgozzata, ma Rebekah era intervenuta dicendo che quella storia era talmente assurda che doveva per forza essere vera visto che nessuno l’avrebbe inventata.

“Portiamola via di qui.” aveva sussurrato poi Finn malinconico prendendo in braccio il corpo malridotto della sorella.

Briony con lo sguardo basso e livido li aveva accompagnati alla porta. Kol continuava ancora a farneticare sul fatto che le ombre non tagliavano a pezzi il petto di un vampiro millenario, e che era tutta una congiura ai loro danni. L’ultimo sguardo che Kol aveva rivolto a Briony era di totale odio, non il classico sorriso da ragazzino scapestrato che le rivolgeva sempre.

Rebekah intuendo i malumori del fratello gli si era avvicinata: “Non risolverai nulla facendole del male. Perché subito dopo Elijah ne farebbe a te, e di sicuro sarebbe il doppio più spietato”

Quella verità aveva fatto desistere Kol dai suoi piani di vendetta e se ne era poi andato continuando a mormorare tra sé e sé sulla follia di quella notte. Finn le aveva fatto un cenno di saluto dicendole che Elijah sarebbe tornato subito, mentre Rebekah le aveva dato un bacio sulla guancia fondendole coraggio.

“Non preoccuparti. Risolveremo tutto noi, parola mia.” aveva poi detto Rebekah.

Briony si era stretta nelle spalle e nel sentire le sue parole aveva ritrovato un po’ di forza. Rientrò in casa.

Se era sopravvissuta a quel giorno orribile e pieno di morte, allora sarebbe sopravvissuta a qualsiasi cosa. Non avrebbe permesso a quel pazzo di Connor di rovinarle la vita.. il male che lui poteva causare aveva pure un limite, e i Mikaelson lo avrebbe sicuramente fermato.

Sicuramente.

Quel pensiero però non le arrivò agli occhi. Tutto l’ottimismo svanì quando ricordò le minacce di Connor verso l’uomo che amava:

“Verrà anche il suo giorno di scontarla”

Un respiro gelido attraversò il corpo e l’anima di Briony Forbes.

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Ylenia pareva irraggiungibile e non sapeva dove trovarla. Non voleva coinvolgere Caroline nei suoi guai perché ne aveva già passate troppe. Elijah l’aveva intravisto una volta a casa sua insieme a Rebekah, ma la voce del vampiro non aveva parlato: era stato il suo sguardo, livido e ricolmo di shock, quando aveva saputo della morte di Gwendolyn.

Le sole parole che Elijah aveva detto era che ci avrebbe pensato lui e che lei non doveva preoccuparsi di nulla. Eppure lo sguardo del vampiro per tutto quel tempo non si era soffermato neanche per caso sugli occhi di Briony.

La ragazza voleva confortarlo per la sua perdita, ma Elijah come sempre si racchiudeva nel suo dolore e non faceva entrare nessuno. L’unica cosa a cui l’Originario pensava era a come si erano lasciati, lui e Gwendolyn, l’ultima volta. L’aveva cacciata di casa con parole piene d’odio e le aveva detto che non voleva vederla mai più.

E ora era morta. Non poteva più ricongiungersi con la sorella e chiederle perdono. Anche se lo aveva ferito enormemente e lo aveva deluso, lei era un membro della sua famiglia e lui l’aveva trattata come se non fosse tale.

Il suo tormento interiore l’aveva assillato per tutto il breve tempo in cui Briony era stata con lui. Purtroppo non esistevano parole confortanti in un simile momento, e il peso della colpa gravava anche su di lei.

Briony infatti lo sapeva.. lo aveva sempre saputo che lo avrebbe diviso dalla sua famiglia, che lo avrebbe costretto a una scelta, e ciò era accaduto.

Aveva scelto lei, ma questo la faceva sentire meglio? Vedendo lo sguardo di Elijah si era sentita come sotterrare sotto un cumolo di macerie. Non che lui la colpevolizzasse, nobile com’era non l’avrebbe mai fatto, ma Briony invece si sentiva in dovere di farlo.

Forse le parole di Connor non erano poi così sbagliate.. non le voleva ascoltare perché forse era la verità che aveva sempre cercato di negare a se stessa. 

Da tempo aveva persino cominciato a essere egoista, perché sapeva che senza la presenza rincuorante di Elijah non poteva far altro che soccombere.. per questo non riusciva a rinunciare a lui.

Aveva bisogno di lui, non sarebbe mai riuscita a combattere quel dato di fatto sebbene fosse letale per entrambi.

E quanto era letale… Elijah era un vampiro Antico, mentre lei era un mostro. Un mostro perché voleva a tutti i costi il suo amore anche se non le era consentito, anche se forse lo avrebbe portato alla rovina.

Mentre Briony camminava, interiormente inveiva contro se stessa senza pietà.

Le sue paure si erano solidificate come aveva già affermato Connor: quando aveva accoltellato Charlotte non aveva provato nessun dispiacere, e quando i suoi occhi erano saettati verso Caroline che era ancora stesa a terra, una vocina interiore le aveva sussurrato di uccidere anche lei. Continuava a ripeterle “Uccidila uccidila. E’ un vampiro e tu sei nata per uccidere i vampiri. Uccidila come hai ucciso Charlotte”

Per questo aveva pianto disperatamente prima di abbracciarla, per questo le mani le tremavano convulsamente mentre teneva il paletto.

Al solo pensiero di poter riudire quella voce dentro la sua testa, sarebbe sicuramente impazzita dall’angoscia.

E non era tutto… Briony pensava che i suoi atteggiamenti bruschi con Elijah, il suo bisogno di nascondergli la verità, di non provare ad avvicinarsi a lui in un chiarimento, erano dovuti al fatto che lei stava davvero cambiando. Che qualcosa di estraneo a lei stava emergendo... forse quel dannato marchio si insinuava sotto la pelle in più di un modo.

Le sue ansie la stavano sommergendo, come uno scoglio seppellito dalla potenza del mare.

Si odiò per quello che stava facendo in quel momento perché era troppo debole e da sola non ce la faceva più. Era una giustificazione banale visto che il giorno dopo sarebbe tornato tutto com’era prima, la tragicità dietro l’angolo, eppure in quel momento combatté contro il suo stesso destino.

Sperava che Elijah riuscisse a cancellare la pesante ombra delle parole di Connor su di sé, a contrastare l’oscurità che la circondava. Almeno per un attimo.. in fondo cosa avrebbe perso se non un brandello di dolore?

Bussò freneticamente alla porta di casa Mikaelson. Nessuno le venne ad aprire così Briony agì d’impulso e entrò. Il desiderio di essere rassicurata, di continuare a sperare in un futuro la rendeva una piccola ragazza impazzita dal dolore.

Elijah e Finn era nel corridoio intenti a parlare. Fu il maggiore dei Mikaelson ad accorgersi per primo della sua presenza, e poi anche Elijah si girò verso di lei.

Fu visibilmente preoccupato dalla vista delle lacrime di Briony che scendevano lungo le sue guance, e il viso dell’Originario si tese in un’espressione di allarme.

Finn mise una mano sul braccio del fratello e se andò in un altro corridoio per lasciarli soli; sopraggiunse anche Rebekah ma Finn la prese per la spalle perché aveva di certo intuito che quella situazione non richiedeva di certo la sua presenza.

Briony intanto era rimasta immobile sulla soglia, mentre le lacrime continuavano a bagnarle il viso. Nel vedere Elijah sentì il cuore gonfiarsi: per lei, lui era tutto. Più del dolore, più dei torti subiti. Tutto.

Elijah fece alcuni passi verso di lei, la fronte corrugata: “Briony…? Che ci fai qui?”

La ragazza sentì un singhiozzo scoppiarle in un polmone; temette allora di risultare patetica e abbassò lo sguardo, facendo alcuni passi. Si mise davanti a un mobile attaccato alla parete.

Elijah le venne di fronte, continuando a sostenere le sue lacrime con diplomazia.

“Che cosa c’è..?” le chiese dopo un minuto di silenzio, fissandola intensamente. La voce era ferma e penetrante, come se non volesse esporsi più di così. “Credevo che dovessimo vederci solo per le situazioni d’emergenza. Allora, che cosa c’è?” domandò lui poi fintamente freddo e simulando indifferenza come sempre.

Briony sentì un sussulto allo stomaco mentre teneva ancora lo sguardo abbassato. Il pensiero di tutto il dolore e il male che la inseguiva era così incessante: vibrava nell’aria come una nota dissonante, persa nell’orchestra.

“Non ce la faccio più.” sussurrò lei con un fil di voce.

Elijah si irrigidì di colpo come se avesse ricevuto un altro schiaffo, ma ben più forte che lo privò del respiro.

Per nascondere il tormento delle sue emozioni, girò il viso in un punto in cui non avrebbe corso il rischio che Briony né chiunque altro vedessero cosa albergava al di sotto della sua maschera.

“Non dovresti essere qui allora.” Disse con forzata freddezza. Poi rischiò e si rivoltò verso di lei; si era portato le mani sui fianchi. 

“Sono io la causa di tutto questo, non è vero?” chiese con lo stesso tono di prima, riferendosi alle sue lacrime. Continuava a guardarle anche se sicuramente gli costava uno sforzo incredibile, aggiungendoci anche la maschera che si obbligava ad indossare.

Briony cercò di alzare lo sguardo per negare la bugia che lui aveva detto, e anche se fosse stato così non lo avrebbe comunque ammesso perché sicuramente, a dispetto della sua freddezza, gli avrebbe recato un dolore atroce.

Quando finalmente alzò lo sguardo, rimase abbagliata dall’immagine di Elijah e in qualche modo il velo di lacrime si dissipò un poco dai suoi occhi per guardarlo meglio.

Sembrava un angelo dalle ali nere che la faceva volare alto, al confine tra la vita e la morte.

Briony cercò di sostenere lo sguardo intenso del vampiro, ma finì per crollare.

Avanzò velocemente verso di lui e si aggrappò alle sue spalle in una morsa quasi disperata.

Elijah si irrigidì, completamente preso alla sprovvista da quell’atteggiamento; poiché la sua freddezza era dovuta al fatto che credeva fosse tutto finito, di essere tuttora la causa di ogni suo dolore, di non esserne più degno, e lei per questo doveva odiarlo.

Ma Briony gli dimostrò tutto il contrario: il viso andò ad appoggiarsi sopra la spalla di Elijah, le braccia continuavano ancora a stringergli con forza le spalle, mentre continuava a piangere come una bambina fino a mancarle il respiro.

Inferno e paradiso congiunti in una mescolanza strana.

Il corpo di Elijah era ancora rigido, come bloccato, mentre il suo viso assunse un espressione allarmata, sciogliendone la freddezza.

“Che cos’hai?” le chiese dopo un attimo di incertezza. Il braccio andò a cingerle un punto alla base della schiena come se volesse scostarla per guardarla negli occhi.

Ma Briony strinse di più la presa sul tessuto della sua giacca nera, come se nell’attimo in cui si fosse staccata da lui sarebbe sopraggiunta la morte.

Gli occhi erano bagnati di lacrime, le labbra cercavano di muoversi nel tentativo di dirgli qualcosa ma non ci riusciva.

Voleva che lui allontanasse quelle ombre da lei, che le promettesse che l’avrebbe sempre amata… ma aveva una così paura disperata del futuro, e delle certezze orribili che prima o poi sarebbero accadute.

<< Sono un mostro >> pensò mentre sentiva il tatuaggio inciderle la pelle. Voleva tanto gridarlo, lasciar esternare quel dolore che la stava uccidendo dentro. Ma sembrava non le fosse consentito nemmeno quello, perché non aveva diritto di sfogarsi apertamente con la persona a cui stava rovinando l’esistenza.

Il suo amore lo stava distruggendo, la cosa era già cominciata da tempo, e le ferite che incidevano al cuore erano sempre più profonde.

Quella convinzione valse quanto una pugnalata in pieno petto.

Eppure cercò di combatterla strenuamente, aggrappandosi e stringendosi a Elijah con tutta la disperazione e la forza che aveva.

Elijah sussurrò il suo nome, sfiorandole la schiena.

“Perché ti struggi in questo modo? So che non sei stata tu a uccidere Gwendolyn, e non permetterò più che quel bastardo ti si avvicini.”

Le parole sincere di Elijah non bastarono purtroppo… non era Connor il vero problema, era lei. Tutta la loro storia. Tutto ciò che provavano l’un per l’altro che li avrebbe presto uccisi..

Briony sfogò tutta la sua angoscia su di lui e Elijah lentamente reagì, accogliendola in una muta promessa di conforto. Le sue mani fredde le accarezzavano delicatamente i capelli, il suo respiro le dava le vertigini. Il cuore di lei batteva ritmicamente impazzito.

Elijah si scostò piano, accarezzandole il viso per impedire alle sue lacrime di macchiarle ancora il volto. Ma quando lui abbassò il viso, lei istintivamente alzò il suo in direzione delle sue labbra. Agì secondo le sue emozioni, le sue vere emozioni umane, quasi il cuore le stesse urlando di farlo.

Connor, tutti quelle voci dentro di , tutte quelle ombre... Potevano prendersi tutto.. potevano possedere la sua mente, il suo corpo, le sue ossa... ma non avrebbero mai posseduto il suo cuore.

Le lacrime non erano ancora finite quando mise fine alla distanza fra le loro labbra. Si aggrappò a lui ancor di più, stringendolo a sé.

Sentì Elijah irrigidirsi e trattenere il fiato. Forse era troppo presto, forse era sbagliato visto cosa stava accadendo, ma egoisticamente non le importò. In quell’attimo poteva almeno permettersi di lasciare il mondo fuori da quel piccolo pezzo di casa e racchiudere solo e unicamente loro due.

Le lacrime di Briony avevano sempre scatenato il lato umano di Elijah, e così sembrò accadere quando lui non la spinse via e invece la strinse di più a sé, mettendole un braccio attorno alla vita e una mano si infilò fra i suoi capelli, trattenendo la testa ben salda contro la sua.

Il controllo che aveva cercato di autoimporsi valse poco in quel momento perché cadde, ma non avrebbe permesso che succedesse lo stesso anche a lei perché, nonostante tutto, continuava a sorreggerla tra le sue braccia.

Nei brevi attimi in cui le loro labbra si separavano, il respiro di Briony si trasformava in affanno a causa dello sforzo delle lacrime e delle sensazioni potenti che sentiva dentro di sé.

Dolore e piacere, una miscela sublime e distruttiva che correva e si alternava nelle sue vene. Le vennero le vertigini e temette di svenire. Strinse i capelli di Elijah fra le dita, affondando in essi come un’ancora.

Istintivamente indietreggiò diversi passi mentre lui ne fece altri in avanti, e alla fine lei si ritrovò contro il mobile fissato alla parete. Una mano di Briony si sfilò dai capelli del vampiro e si appoggiò alla superficie del tavolo per tenersi in equilibrio, mentre il petto di Elijah la spingeva sempre di più indietro.

I loro respiri rimasero attaccati quasi ad un filo, si incontrarono in una lenta lotta fino a scontarsi con violenza disperata, come mai prima d’allora. Come se le loro labbra volessero uccidersi a vicenda proprio come avevano fatto le loro azioni precedenti.

A Briony sembrava di soffocare sulle labbra del vampiro eppure non osava smettere di stringerlo né di baciarlo, come se la sua vita risiedesse tutta nelle labbra di Elijah.

Non le sembrava di ricordare un bacio più inarrestabile di questo... si aggrappavano e si sostenevano a vicenda con passione divorante, disinteressandosene se dovevano ritornare a respirare.

Eppure nonostante la magia del momento, Briony sapeva che non sarebbe comunque cambiato nulla.. Sentiva che si stavano facendo dal male anche in quel momento. Le lacrime di Briony non si erano arrestate consce di quella consapevolezza amara.

Nelle vene non sembrava scorrere del sangue, ma della droga. Ne stavano assaggiando troppa in quel momento, e non si possono non correre dei rischi con una simile dose letale. Se ne prendi eccessivamente, non riuscendone quindi a farne più meno, finirai solo per danneggiare corpo e anima. Come un cancro, ma molto più doloroso.

E sentiva infatti che presto dopo quella malattia, non sarebbe arrivata la guarigione, ma la morte. Era un tentativo di stare bene, di dimenticare per qualche secondo tutto il male e le angosce, ma era solo una cruda illusione.

Con quel bacio letale sembrava che stessero firmando l’ennesima condanna, la premessa a un nuovo dolore. Perché dopo quei momenti sarebbe stato ancora più difficile e intollerabile staccarsi... e affrontare la realtà.

Elijah la liberò dal bacio solo per permetterle di tornare a respirare.

La teneva ancora stretta a sé, come se fosse incapace di tenerla lontana. Continuava a tenere gli occhi chiusi e, con le mani circondanti il suo viso, si protese verso di lei, baciandole le lacrime prima che potessero cadere.

Quel gesto pieno di dolcezza fece sciogliere in lei tutte le sue difese, e Briony sentì le ossa molli e deboli.

Depositò poi il viso sotto il mento del vampiro, gli occhi tenuti ancora chiusi. Attese finché il suo cuore non cessò di martellarle dentro il petto, finché non riuscì nuovamente a respirare.

La mano di Elijah le accarezzava i capelli, il suo respiro sembrava cullarla.

Quei gesti la straziavano perché quel momento di prima era finito, come se fosse giunta l’alba.  Ora sarebbero tornati a farsi di nuovo del male?

Briony reagì e alzò il volto in direzione degli occhi di Elijah.

Per un attimo il suo sguardo la liberò del peso che la opprimeva, dal dolore che le causava.

Gli accarezzò pensierosa un angolo del suo collo:

 “Che farai ora?” domandò visto che lei non sapeva proprio come agire. Né come evitare gli eventi ormai certi.

Il viso di Elijah in quel momento si serrò. Gli occhi divennero una pozza nera:

“Devo fare ciò che deve essere fatto”

Briony sentì un brivido di paura:

“Non vorrai..”

“Non stringerò mai la mano dell’uomo che ha ammazzato mia sorella. Non tenterò di addolcire la verità: questa storia finirà solo con la sua morte. Oppure con la mia, ma non importa.” La glacialità e la determinazione nella sua voce quasi la sconvolsero.

Sgranò gli occhi, imperterrita:

“Stai scherzando spero.”

L’Originario la guardò in maniera impenetrabile per qualche secondo, poi accennò a un sorriso:

“Tranquilla, non ho intenzione di lasciarti.” Mormorò lui,  eppure l’espressione del suo viso non era così chiara. Come se qualcosa lo torturasse dentro. Forse la memoria del loro passato. Una parte di lui pensava ancora le cose che le aveva detto al Grill, anche se avevano fatto male.

Nonostante i suoi forzi e la sua determinazione, non riusciva a non pensare anche alle parole maledette di sua madre. Gli erano tornate a galla proprio dopo l’ultimo, terribile, diverbio avuto con Briony. Una verità semplice che aveva continuato a torcersi dentro di lui, fredda come la morte.

Elijah e Briony sembravano nati per farsi del male a vicenda, nessuno dei due era innocente. Erano l’uno il male dell’altro.  Eppure non riuscivano a distaccarsi, o a smettere di provare quello che sentivano l’uno per l’altro. Questo proprio non riuscivano a combatterlo.

Elijah chinò poi il viso da un lato, penetrandola con lo sguardo:

“Vuoi che lo faccia?”

Briony lo guardò titubante. Elijah non l’avrebbe mai lasciata, di questo ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Forse all’inizio aveva cercato di allontanarsi, di inventarsi dei pretesti, ma adesso.. era troppo tardi..

I vampiri erano come pietra. Elijah tuttavia aveva subìto dei cambiamenti nonostante apparisse impossibile, ma dentro di lui era successo. Non si poteva più tornare indietro.

“Tu non mi fai del male Elijah, non più di quanto io me ne faccia a me stessa.” Sussurrò lei abbassando lo sguardo, di nuovo immersa nei suoi pensieri.

Eljah continuò a guardarla, il viso ad un tratto divenne più teso e rigido:

“Devi capire Briony.. siamo tutti in pericolo e non posso permettermi di esitare. Strapperò il cuore di quel bastardo, vedremo quanto apprezzerà la cosa” mormorò alla fine minaccioso e piatto come una lama.

Briony a quel punto alzò lo sguardo, con gli occhi sgranati e il respiro spezzato:

“Non puoi..!”

L’Originario allora la guardò sbigottito, poi glaciale:

“Non posso? Vuoi che lo lasci in vita? Da che parte stai?” sibilò, sciogliendo la presa su di lei.

Nel sentirlo allontanarsi da lei e cambiare atteggiamento, Briony sentì un pugno allo stomaco ma non era quello a preoccuparla. Aveva paura per lui.. Connor aveva già ucciso Gwendolyn.. per quanto Elijah era duro, forte e inflessibile da far paura, comunque quell’uomo sembrava invincibile più di tutti.

Come si potevano sconfiggere le ombre? Come si possono toccare per ferirle? Come puoi ucciderle quando la loro materia sembra fatta del nulla?

“E’ troppo pericoloso, potresti perdere la vita contro di lui! Può apparire lodevole dal punto di vista ma io non posso permetterlo! E dopo eliminato Connor che succederà? Sarai costretto a eliminare anche me.” Mormorò agitata e non osò guardare Elijah dopo la sua ultima frase.

“Io.. io sto cambiando dentro di me, Elijah. E’ come se ci fosse qualcosa, qualcun altro, e non riesco a combatterlo..” mormorò in un soffio.

Temette di ricevere il disprezzo di Elijah ma di nuovo lui non la lasciò sola. Le venne incontro, appoggiando una mano sulla sua spalla.

“Non m’importa. Troveremo insieme una soluzione.”

Involontariamente le fuoriuscì un sorriso amaro:

“E come? Torturando tutti gli stregoni del pianeta affinchè trovino una cura?” domandò in tono allusivo.

Sbattè poi le palpebre. Non voleva parlare in quel tono, quasi gli recriminasse ciò che lui era capace di fare. Deglutì maledicendosi, mentre un guizzo improvviso e tetro attraversò gli occhi neri di Elijah. Ma svanì subito, indurendo però i suoi lineamenti:

“A qualunque costo, non permetterò che ti accada nulla.” affermò impassibile.

Briony sentì ancora nel petto un peso enorme e scottante che voleva fuoriuscire, ma cercò di non riversarlo su di lui nel peggiore dei modi:

“A che prezzo? Io non voglio questo” mormorò cercando di moderarsi. Non voleva che Elijah sprofondasse in un’oscurità buia che mirava a scongiurare a ogni costo la sua morte. Sapendo poi che lui stesso aborriva i suoi atti e detestava quella parte di sé. Non lo avrebbe sopportato.

Elijah intuì male le sue parole e i suoi pensieri. Scattò come se fosse stato scottato nelle antiche ferite, e l’amarezza gli inasprì la voce:

“Quindi mi odierai? Beh non sarebbe comunque male. Perché se tu mi odi vuol dire che non sei morta. E non mi dispiace di questo.”

C’era anche glacialità indelebile nel suo tono e Briony non riuscì a non rabbrividire.

Il vampiro però avrebbe provato sicuramente rammarico nel constatare che le parole di Connor erano vere: La tua esistenza é una condanna per chi ti sta accanto, chi si prenderà il lusso di amarti patirà delle pene che neanche immagini. L’amore per te sarà la loro rovina.

Briony avrebbe tanto voluto urlare per sovrastare quelle parole orribili, ma non sarebbe servito a nulla.

Scosse la testa freneticamente:

“Non capisci.. Non posso cancellare ciò che sono! E’ una tortura enorme per me sapere che Connor ha ragione.” Le sembrò sul punto di gridare, e fece poi un profondo sospiro dopo aver finito di parlare. Si portò le mani al viso mentre Elijah sembrava essersi bloccato, non sapendo cosa dire, e si era racchiuso nel suo tetro silenzio.

Briony trovò la forza per parlare di nuovo:

“Te l’ho detto… non posso più continuare così… fare finta che vada tutto bene anche quando non é così… dobbiamo fare qualcosa.”

Alle sue parole, la bocca di Elijah si distorse in un sorriso gelido:

“E che cosa vorresti fare, Briony?” sussurrò con uno strano tono, la voce ingannevolmente dolce.

La ragazza lo guardò tentennante, sentendo gli argini della sua mente crollare e spezzarsi. Tutti i pensieri si azzuffarono a vicenda, qualcuno di essi riuscì a prevalere ma si morse il labbro per scacciarli via.

Voleva sconfiggere le ombre che attanagliavano la sua anima, la sua stessa esistenza.. per un attimo ci era riuscita, con Elijah, ma era durato troppo poco.  Le sue paure erano sempre in agguato e non racimolò nessuna risposta sensata.

Ci fu un rombo di tuono fuori dalla casa, quasi un avviso della tempesta che stava per scatenarsi.

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Quella notte ebbe un ennesimo incubo. Sognò un banchetto quasi regale. Si trovava all’interno di una grande sala lussuosa, con pareti color rosso, un lungo e fastoso tavolo si trovava al centro, e lei era seduta insieme ad altre persone tutte vestite bene e eleganti.

Fuori i venti freddi soffiavano sempre più forti, ma la sala era piena di musiche e risate. All'inizio c'era vino, carne arrostita e altre prelibatezze. C’erano con lei, Caroline, Ylenia, Tyler, i Salvatore, i Mikaelson tranne Klaus. Non riuscì ad individuare Elijah in mezzo a tutta quella mischia di persone, molte delle quali non le conosceva neppure.

Si stava divertendo fino a quando notò che la sala stava diventando sempre più buia. La musica non sembrava allegra come prima, infatti udì delle stecche, strani silenzi e note che parevano sanguinare nell'aria.

Di colpo il vino che stava bevendo le sembrò amaro, quasi stesse bevendo del sangue..

Quando alzò lo sguardo, Briony stava banchettando con i morti.

Con orrore si accorse di come il petto di Gwendolyn era squarciato fino al ventre, le viscere sparse sul tavolo. Caroline stava piangendo lacrime di sangue, Ylenia sembrava scomparsa magicamente nel nulla ma la sua sedia comunque era cosparsa di sangue nero.

I cadaveri si allineavano sulle sedie, le loro mani putride e scheletriche sembravano scricchiolare mentre sollevavano i calici.

Viscidi vermi si contorcevano dentro e fuori dalle loro cavità orbitali vuote.

I vampiri presenti sembravano essersi tramutati in pietra dura e grigia. Briony individuò anche Connor seduto al capotavola ma il trono sotto di sé era infestato da insetti e vermi, e si stava sgretolando a terra, putrefacendosi.

Lungo i muri, delle figure si muovevano tra le ombre: spettri tetri. Le pareti erano del color del sangue.

Alla vista di quell’orrore macabro, Briony sentì il morso della paura circondarle l'anima.

Le grandi porte all’improvviso si spalancarono con un boato, il vento gelido soffiò nella sala. Briony dallo spavento cadde a terra, rovinandosi il vestito.

Dalle tenebre della notte emerse Elijah. Sembrava un angelo sopravvissuto alle fiamme, in apparenza. Camminava lentamente. I passi riecheggiarono nel silenzio infernale di quella sala.

E il suo corpo sanguinava da cento orribili ferite.

Briony si svegliò all’improvviso urlando…

 

FINE CAPITOLO

Oddio… eheheh.. non saprei dire se questo capitolo vi piacerà… é strano perché é pieno dei miei soliti bla bla introspettivi.. ma almeno ho fatto morire qualcuno Ihihih. Spero non ve la siete presa per Charlotte visto che era appena apparsa.. ma io non sono la Plec e non faccio sparire i cattivi in due puntate, quindi Connor (Willas) ci saranno almeno fino alla fine!

Per Gwendolyn invece… beh tutti voi la odiate quindi sarete sollevati ahah.

Se qualcosa non vi è chiara, chiedete pure. Aspetto dei vostri commenti!

Il prossimo capitolo sarà davvero importante…. E vi chiedo una cosuccia: se avete in mente qualche bella frase detta da Elijah a Briony (frase tratta da un dialogo quindi), scrivetemela pure, anche più di una ovviamente… ve lo chiedo perché mi serviranno per il prossimo capitolo… Ihihihuih. Quindi se volete, andate a spulciare i precedenti capitoli ^^

Grazie mille per la vostra attenzione e ringrazio come sempre chi recensisce, e chi legge la storia ^^ Grazie grazie grazie ^^

Pubblicità:

Voglio consigliarvi queste bellissime fanfic, che io personalmente adoro e meritano di essere lette (Ovviamente con protagonista Elijah, sia lui lodato, e gli altri Originals <3)

-         “Fate. I need you more than you need me” di Sere le Fay http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1155344&i=1

-         “He’s my only saviour” di Debby_88 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1051104

-         “Eternal love” di Taisha http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1275137

-         “A brave new world” di Elena_mikaelson http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1343986

-         “In the shadow of your heart” di Deademia http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1312465

-         “When will I see you again” di Cate96 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=960174

-         “L’effetto farfalla” di Huggina http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=906272

-         “Diamante rosso sangue” e il suo seguito “Revenge” di Taisha http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1299946&i=1

 

-Elyforgotten

La frase "L'amore per te sarà la loro rovina" è di Cassandra Clare.

 

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Capitolo 28
*** Wide awake ***


Vi invito a mettervi comodi sulla sedia, prendere i pop corn e la coca cola perchè questo capitolo è terribilmente lungo più di ogni altro capitolo che abbia mai scritto. Preparate anche i pomodori e le ciabatte da lanciare all’autrice. E anche qualche sano commento da risollevarmi il morale poi :P

Buona lettura!

24 CAPITOLO

 

I am trying to hold on
God knows that I tried
Seeing the bright side
But I’m not blind anymore…
I’m wide awake

 

Sto cercando di resistere
Dio sa che ho provato
A vedere il lato positivo
Ma non sono più cieca…
Sono sveglia

Katy Perry – Wide Awake

 

-          L’amore è come un pallido riflesso dell’uccidere. -

 

 

"Giuramelo Connor. Giurami che manterrai la parola data, promettilo su ciò che hai di più caro"

Quelle parole le rimbombavano nella mente, sfracellando i suoi pensieri e i battiti del cuore, mentre impugnava l'arma contro Klaus per intimargli di stare immobile.

Caroline era a qualche metro da loro col volto sgomento e shockato.

Al fianco di Briony invece c'era la persona a lei più cara, per la quale avrebbe attraversato le fiamme dell'inferno e per lui le stava attraversando in quel momento.. Bruciandole il corpo con violenza spietata fino a privarla della pace, di ogni speranza.. sentiva l'anima scricchiolare e scontrarsi mentre si contorceva nelle fiamme, gridando pietà.

Il viso di Elijah era marchiato dal sangue mentre la fissava.

Briony gli stava di profilo e non riusciva a vederlo, e forse era meglio così visto che con un suo sguardo quelle fiamme sicuramente sarebbero divampate, facendola urlare dal dolore terribile per la scelta che stava per compiere..

Era lei ad avere in mano le redini della situazione.. Era lei a dover fare una scelta che avrebbe cambiato il destino di tutti.. Che avrebbe dannato il suo.

Sembrava che la sua agonia non conoscesse fine, come se le recidesse la pelle di continuo con precisione chirurgica.

E sarebbe arrivata al culmine, dritta come una lama in pieno petto, non appena si sarebbe decisa a parlare, a decretare l'ennesima pugnalata.

La sua scelta ormai era fatta... Ma allora perché sentiva il cuore ancora più squarciato di quanto se ne ricordava?

 

MOLTE ORE PRIMA

 

 

"No." Le labbra di Elijah si serrarono. "Mai"

Quelle parole sembravano rimbombare in mezzo al silenzio della stanza.

Briony ne fu percossa fino a tremare. Gli si avvicinò prendendogli la mano.

"Non è necessario combattere fino all’ultima goccia di sangue. Non saresti il primo a fare un accordo. Nessuno te lo recriminerebbe.. Hai fatto mille accordi con i Salvatore anche se hanno sempre cercato di fregarti."

“I Salvatore avevano forse ucciso mia sorella?” domandò Elijah, sibilando. Ritirò la mano da quella di lei. “Mai ho detto”

Briony sospirò abbattuta per l’amara prospettiva di non essere riuscita a convincere Elijah a tenersi lontano dalla linea di fuoco. Avrebbe fatto di tutto pur di non perderlo, anche seppellire l’orgoglio e chiedere una tregua con quel pazzo crudele di Connor, evitando così delle probabili morti. Ma aveva dimenticato quanto Elijah fosse testardo, in linea ai suoi valori.

Era come il ferro: inflessibile. Piuttosto che piegarsi si spezza.

Eppure il solo pensiero di Elijah contro Connor le fece ritornare alla mente le immagini agghiaccianti della morte di Gwendolyn. Lo stomaco le si chiuse dolorosamente in una morsa fino a bloccarle il respiro in gola.

“Verrà anche il suo giorno

Quelle parole sembrarono un sussurro di morte che veleggiava nell’aria della stanza. Pur di sopprimerlo, Briony chiuse gli occhi sentendo l’anima cadere nel baratro.

Cercò ancora di parlargli per fargli cambiare idea, ma gli occhi di Elijah si soffermarono decisi su quelli di lei per lunghi internabili secondi.

“Non intendo più ritornare sull'argomento, Briony." Gli occhi nerissimi erano più profondi del solito e sembravano racchiudere tutta la rabbia che quella situazione doveva causargli. Non era per niente facile per lui, anche se come da prognostico indossava sempre la classica calma e sicurezza gelida.

Briony intuì che era infastidito anche per il fatto che Klaus era stato invitato in casa sua.. l’ibrido era accorso da lei non appena aveva saputo di Gwendolyn.. ovviamente nessuna traccia sul suo viso per dimostrare che era addolorato per la perdita della sorella, anzi era venuto lì solo per perlustrare il luogo del delitto e capire meglio l’entità della cosa che aveva ucciso l’Originaria.

Briony gli aveva spiegato la verità, ma Klaus le aveva riso in faccia dicendole che le ombre non uccidevano nessuno e di certo lui non ne aveva paura. Briony aveva alzato la guardia perché come di Gwendolyn non si poteva fidare nemmeno dell’ibrido. Eppure si era fatta da parte come qualche sera prima. Quasi sapesse che non doveva avere paura di lui né di nessun altro. Sembrava che qualcosa le sussurrasse alla mente dicendole che delle 4 mura non servivano a nulla come difesa, ma solo la forza che avevi dentro. Per questo non si era sottomessa alla paura che aveva nei confronti di Klaus e aveva alzato audacemente il mento in segno di sfida.

Ora però, pensando lucidamente, Briony credeva di aver fatto un errore ma era troppo tardi per tornare indietro e soprattutto lamentarsi con Elijah, visto la faccia pietrificata e rigida che aveva indossato quando lo aveva saputo.

Briony si mise un ciuffo dietro l’orecchio e si avvicinò ancora a Elijah, il quale rimaneva seduto in una sedia.

“Le parole di Connor sono state a dir poco efficaci.. non dovremmo sottovalutarlo. E non hai idea di come è stato convincente…” sussurrò quelle parole deglutendo il peso amaro che aveva in gola, ricordando ogni singola e dannata parola di Connor.

Elijah la fissò indecifrabile per qualche secondo, poi girò il viso raffreddandone i lineamenti

“Pare che tu voglia dare più ascolto a lui anziché a me.” proruppe distaccato, come se la cosa per lui fosse ormai ovvia e questo aumentò la durezza impenetrabile dei suoi occhi, che ancora una volta non volevano guardare quelli di Briony.

La ragazza sussultò, colta da un brivido improvviso. Dal suo tono di voce, dal modo in cui parlava, in cui la incatenava con gli occhi, capì che lui non aveva affatto dimenticato il litigio che avevano avuto.

Briony guardò allora la guancia che qualche giorno prima lei aveva scalfito di propria mano, rompendo il delicato equilibrio nella quale entrambi si trovavano. Elijah la sera prima le era stato vicino e l’aveva confortata per spegnere le sue lacrime.. ma questo non voleva dire che aveva dimenticato.. o che aveva richiuso le ferite perché queste rimanevano perennemente sanguinanti.

La delusione bruciava ancora, riprendendo di nuovo i suoi antichi valori in cui la fiducia e la sincerità erano tutto. Se venivi meno, per lui non valevi niente, neanche lo sforzo di uno sguardo comprensivo.

Briony sentì la tristezza scavare sempre più in profondità la voragine che si sentiva nel petto.

“Mi dispiace..” sussurrò flebilmente toccandogli la guancia che aveva ferito, come se in qualche modo volesse alleviarne il dolore.

Elijah allora la guardò, scrutandola intensamente negli occhi e lei quasi ci annegò dentro senza più la possibilità di risalire.

Eppure il viso dell’Originario si rabbuiò tutto ad un tratto, e con espressione seria prese la mano di Briony tra la sua allontanandola dal viso. Abbassò lo sguardo come se stesse tentennando sui suoi atti, la mano ancora fra la sua.

Briony  non é stato quello a farmi male.” Rispose meccanicamente, ammorbidendo lievemente la voce.

Questa però venne indurita in un lampo, quando gli occhi neri di Elijah saettarono contro i suoi, incatenandoli con dure catene.

“Ma non lo fare mai più.” Mormorò micidiale, lo sguardo tramutato in ghiaccio impossibile da scalfire.

Briony sentì allora i nervi del suo corpo tremare per quell’ordine, non riuscì a rispondere come se ogni voce si fosse inabissata mentre lasciava andare la sua mano.

Elijah chinò poi la testa da un lato, la sua espressione cambiò diventando enigmatica mentre intrecciava le dita.

“Sai in tutta la mia esistenza sono sempre stato sicuro di tutto, non mi ponevo alcun problema... Ma con te invece.." Lo sguardo si fece più intenso e indagatore mentre si appoggiava allo schienale. Briony lo guardava ammaliata.

"Per me é davvero difficile capire cosa pensi, cosa cela il tuo cuore, perché a volte i tuoi occhi vogliono sfuggire ai miei.. “ Di conseguenza Briony abbassò gli occhi non riuscendo a sopportare il magnetismo del suo sguardo che la stava imprigionando.

Sentì Elijah alzarsi dalla sedia, lo intuì dal rumore della sua camicia, dal suo respiro che si avvicinava, dagli occhi non smettevano un attimo di penetrare il suo sguardo. Erano vicinissimi in una stretta mortale.

“Sapere se ciò che ti angoscia é questa situazione... Oppure io.” Mormorò lui in un sussurro talmente lieve che si unì al silenzio della stanza.

Briony aprì le porte al suo cuore e alzò il viso.  Lo sguardo seguì gli occhi di Elijah per tutto il tempo in cui il silenzio albergò tra loro, mentre le angosce che stava trattenendo dentro di sè la spinsero a deglutire.

Non era Elijah a farle male.. non in quel senso. Aveva il puro terrore di immaginare una vita senza di lui, di rinunciare alla sua presenza, di credere che prima o poi gli avrebbe fatto del male.. che sarebbe stata lei stessa ad allontanarlo per sempre.. il male che si erano fatti, la mancanza di fiducia, non era nulla in confronto ad una simile dolorosa prospettiva.

Scosse il viso in segno di diniego, e sentì all’improvviso i nervi del suo corpo rilassarsi mentre si mise perfettamente di fronte a lui, mettendogli le braccia dietro il collo.

“Una volta..” cominciò guardandolo dolcemente negli occhi “mi hai detto che non sopportavi che qualcuno mi portasse via da te.. La notte in cui volevi trasformarmi. Beh non dubitare mai del fatto che avrei dato qualunque cosa per poter passare l'eternità con te.”

Mille volte si era chiesta perché le era stato riserbato un simile destino.. perché proprio lei? Non chiedeva nulla dalla vita, solo di essere felice con lui. Ma malgrado i suoi sforzi non riusciva ad evitare la lama che infieriva sempre e comunque nel suo cuore, impedendole così ogni via di salvezza.

Lo sguardo di Elijah era rimasto sempre rivolto a lei, imprimendo quasi una pressione su di esso. Era incredibile quanta potenza emanava un semplice sguardo.

“E ora? Che cosa vorresti ora, Briony?” domandò lui misteriosamente, analizzando i suoi occhi come se fossero la pozza della sua anima.

Lei ricambiò lo sguardo, stringendo la presa su di lui come se avesse bisogno di sentire la sua pelle sotto le dita per infonderle forza.

Fece un sorriso lieve e triste:

“Che il dolore si spenga.. desidero che se ne vada in un luogo in cui non possa più trovarmi.. E fare la cosa giusta..”

Lo sguardo di Elijah divenne impenetrabile, come se qualcosa si fosse addensato in lui. Si chinò verso di lei, e Briony rimase ferma tenendo sempre le mani allacciate al suo collo.

Il viso di Elijah si affiancò sopra il suo orecchio, soffiandogli inavvertitamente sopra, cosa che le fece arrossire le gote.

“E ricordi invece quando ti ho detto di stare attenta a ciò che desideri?” le bisbigliò con voce strana, ambigua. Briony sussultò subito, trattenendo un fremito. Il viso di Elijah le scese in un lato del collo, riempendolo col suo respiro e ci affondò come se stesse assaporando il suo odore.

Briony chiuse confusa gli occhi, mentre le dita andavano ad abbassarsi strigendogli le spalle, come per fermare quei lunghi brividi che Elijah le procurava.

“Volevi che ti trasformassi, e lo avrei fatto. Ma così avrei dannato la tua vita. Quando si diventa vampiri ci si trasforma sempre in mostri presto o tardi. E a volte quando desideri non soffrire più, inevitabilmente farai male agli altri.”

In quella tremenda tortura la mano di Elijah era andata sull’altro orecchio, mettendogli dietro un ciuffo di capelli; si era abbassata poi sul suo collo, esitando sulla pelle che bruciò al contatto. La mano era poi salita sulla sua guancia in una lenta carezza che sembrava pizzicarle i nervi in un fremito.

Briony non era riuscita a vedere il suo sguardo anche se si era mosso contro il suo viso, togliendole e ridonandole il respiro a momenti alterni. 

Ma malgrado l’intensità piacevole del momento, c'era della freddezza inquieta in lui che quasi la spaventava. E non sapeva neanche perché.

Forse perché ciò che desideriamo finirà per nuocerci quando meno ce lo aspettiamo, accoltellandoci dritto al cuore. Era questo a ciò che dovevano stare attenti?

Non riusciva a pensarci con logicità perché si sentiva le ossa deboli a causa di quella vicinanza intima che riusciva a malapena a sopportare. Sentì il respiro accelerato, il cuore seguì il suo ritmo, e Briony aprì gli occhi accarezzando il viso del vampiro che si era soffermato poi di fronte a lei.

Fu il ghiaccio ad attraversarle la pelle in quell’attimo. Ne fu quasi fulminata.

Tuttavia riuscì a parlare comunque:

“Non c’è bisogno di preoccuparsi perché ciò che desidero è non lasciarti.” gli disse soffocando i pensieri contrastanti che sentiva dentro di lei.

Elijah cambiò ad un tratto espressione. Alzò accuratamente il sopracciglio, e un angolo della bocca si stirò in uno strano sorriso. Indietreggiò, quasi apposta per allontanarsi in un gesto distaccato.

“Sul serio? Eppure quella volta sono venuto io personalmente a prenderti a Boston” mormorò sovrappensiero, tenendo sempre lo sguardo legato al suo.

Briony sussultò ricordando quegli attimi, i più dolorosi della sua vita. E salirono in superficie sommergendola con tutta l’agonia che comprendevano. Quella volta era scappata via da Elijah.. era stata la scelta più sofferta che avesse mai preso, ma era stata la scelta giusta a quel tempo.

Le aveva spaccato l’anima in due ma sarebbe stato un prezzo equo se ciò comprendeva la salvezza di Elijah.

“Ma per fortuna alla fine sono tornata.. al posto a cui appartengo.” sussurrò sincera, cercando di abbattere quella muraglia che Elijah teneva ancora fissa su di lui.

Lui le fece l'ennesimo sorriso strano:

“Già, sono famoso per la mia persuasione, per la mia calma, per concedere seconde occasioni qualora mi convenga." mormorò quasi sovrappensiero, facendo dei passi per la stanza.

Però ad un tratto girò il viso verso di lei, piegandola alla profondità scura dei suoi occhi.

"Ma Briony se lo farai di nuovo, non penso che potrò mai perdonartelo" proruppe con voce dura.

Briony allora lo guardò sbigottita ma poi si maledisse per aver pensato solo e esclusivamente ai suoi di problemi, al suo di dolore.. Quando Elijah ne provava altrettanto ma non visibile ad occhio nudo perché lui metteva sempre una muraglia tra i suoi sentimenti e il resto del mondo, come se fossero chiusi dentro di lui e nessuno aveva la chiave per scavalcare quella prigione di freddezza.

Capì quanto dolore Elijah aveva assimilato nel corso del tempo, facendo marcire il buono che c'era in lui e solidificando a sua volta la sua freddezza.

Lei che lo aveva fatto soffrire così tante volte...

Elijah dopo aver parlato mutò espressione, come se si fosse reso conto di ciò che aveva detto e di come aveva fatto fuoriuscire di controllo le sue emozioni, quasi si fossero sollevate all'improvviso dalle sue stesse macerie.

Sviò lo sguardo mentre Briony gli si avvicinò allo scopo di confortarlo.

Ma dalla porta spuntò all'improvviso Finn che chiese di poter parlare con il fratello.

Notando però l'aria sovraccarica della stanza, lui tentennò.

"Ti aspetto giù se vuoi."

Elijah lo fermò con un gesto della mano:

"Non c'é problema. Avevamo già finito”

Briony lo guardò perplessa per quel repentino cambio di atteggiamento.

Elijah dopo il gesto ossequioso guardò Briony di sottecchi, tentennando,  per poi girarsi in avanti con lo scopo di andarsene.

Briony però lo precedette afferrandolo per un braccio:

"Tutto bene?" chiese preoccupata sentendosi assalire da una brutta sensazione.

Elijah si girò allora verso di lei: qualcosa attraversò i suoi occhi neri ma la distorse con un lieve sorriso:

"Sì. Cerca di fare la brava in mia assenza" disse gentilmente, sfiorandole la guancia col dorso della mano libera.

Briony al contatto fu percorsa da un brivido ma non riuscì a spiegarsi la vera causa, visto che quella brutta sensazione rimaneva affossata in fondo allo stomaco.

Guardò Elijah uscire dalla stanza, e rimase sola col silenzio a circondarle il corpo. Era un piacevole compagno rispetto ai pensieri rumorosi che le assalivano la mente fino a sfibrarla di ogni forza.

Cercava di fare il possibile ma tutto continuava a rovinarle addosso, un colpo dopo l’altro, inesorabilmente.

Si sentiva perduta e davanti a lei c'era solo una fitta oscurità che avrebbe immerso la sua anima se non le fosse sfuggita in tempo. Tornò a guardare la porta.

Il suo antidoto, la sua salvezza, la sua condanna, il suo veleno.

Tutto questo era Elijah per lei.

Basterà una sua parola per toglierle quel peso dal cuore. Così come basterà una sua parola per ucciderla.

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"Briony, non ti trovo in gran forma" esclamò Ylenia con occhiata attenta sull'uscio della porta.

La ragazza inarcò il sopracciglio.

"Tutto qui? Sparisci, non mi rispondi, non mi parli.. E tu dici che non sono in forma per essere eletta Miss Mystic Falls?"

Ylenia fece un profondo respiro e entrò dentro casa, dove subito fu sommersa dalla pesante aria sovraccarica.

"Scusa, volevo sapere come stavi"

Briony indossò una strana espressione, sul punto di dire che stava bene, ma non appena incrociò lo sguardo della strega sentì gli argini della sua determinazione crollare.

Si lasciò andare sopra il divano:

"Mi sento a pezzi, come se un veleno stesse scorrendo nelle mie vene"

Ylenia la seguì e si mise di fronte a lei, sedendosi:

"Eh Briony, lo so io qual'é la tua malattia" mormorò allusiva guardandola senza indugi.

Briony intuì a cosa si riferiva, il cuore che sussultò fu una chiara prova.

"Ylenia ti prego.. Anche tu no.."

"Credi che ti direi qualcosa per il gusto di farti star male? Io voglio solo che tu guardi in faccia la realtà, che smetti di roderti l'anima per una causa persa e impossibile. La tua storia con Elijah ti sta portando solo agonia che ti asfissia anima e corpo, non è più come prima e lo sai anche tu."

Non c'era tono d'accusa o sfrontatezza nella voce di Ylenia, ma solo comprensione. E questo le fece più male di uno schiaffo o di una parola odiosa.. Perché la sua voce bonaria alla fine voleva che Briony stesse bene.. Ma non stava bene.

"Una volta ti ho detto che quando ami qualcuno vale la pena lottare… non importa quali siano i rischi." proruppe Briony con sguardo basso. Lo alzò, facendo illuminare la chiara devastazione del suo viso come se fosse un campo di battaglia. Erano cambiate tante cose da quando aveva detto quelle parole, lei stessa era cambiata.. Eppure fino a poco tempo prima pensava che in un amore dietro l'angolo c'era sempre felicità e tragedia. A momenti alterni si susseguivano, gonfiando e strappando il cuore.

Ma ora.. Ora provava solo profonda tristezza e sofferenza, in una battaglia in cui non c'erano né vincitori né vinti.

"Però ora sembra cambiato qualcosa, come se un fardello mi pesasse sulle spalle e mi facesse cadere a terra.." Briony deglutì il groppo in gola "Come se il mio cuore fosse ricoperto di spine e ogni volta che accelera o diminuisce i battiti, queste infieriscono sempre di più in profondità, limitando quello che vorrei realmente fare o dire."

Fece un profondo respiro guardando verso la finestra. Fuori c'era il sereno, in netta contrapposizione con le nuvole grigie che albergavano e oscuravano il suo cuore.

"Non so cosa fare.. Se scegliere di cambiare le cose arrivando addirittura a peggiorarle, o farle rimanere stabili.."

Ylenia la guardò con sguardo rammaricato, poi lo abbassò con un sorriso amaro.

"Ah sì... Il terribile dolore della scelta."

Briony tornò a guardarla, aggrottando la fronte.

"Che vuoi dire?"

"Quando si sceglie. Amore o odio. Fuoco o ghiaccio. Male o bene. Vicinanza o lontananza." rispose la strega meccanicamente come se stesse citando il manuale della vita.

"Io conosco bene quanta agonia implica una scelta che può cambiare il corso della tua esistenza." aggiunse malinconica.

Briony allora intuì che l'amica tempo prima si era trovata di fronte a un bivio, entrambi sentieri oscuri, e che la sua scelta intrapresa le provocava tuttora agonia sconfinata.

Ylenia incrociò le gambe mettendo le mani in grembo.

"Presto o tardi nella vita di ogni uomo viene un giorno in cui nulla é facile, un giorno in cui si deve compiere una scelta." mormorò come uno di quei vecchi saggi che sembravano avere tutte le risposte pronte ad ogni domanda.

Briony la fissò incerta:

"E quel giorno.. É arrivato anche per me. É questo ciò che stai cercando di dirmi?"

Sentì un brivido pronto a trafiggerla. Cercava di sfuggirgli ma ne sentiva l'alito gelido sulla schiena.

"La maggior parte degli uomini preferisce negare una dura verità piuttosto che affrontarla. Questo io ti dico Briony: smettila di negarla. Finiscila di distruggerti l'animo per questa storia con Elijah, continuare a mandarla avanti finirà soltanto per spezzarti il cuore e logorarti senza speranza."

Briony rimase colpita da una freccia dopo le sue affermazioni. Era questo che faceva? Negava la realtà? Forse l'amore per Elijah era così accecante da impedirle di capire quanto male provocava a se stessa e a lui, da farla continuare a vivere in un sogno che prima o poi si sarebbe sgretolato fino a farla precipitare in un incubo.

Ylenia continuò:

"Maggie non era una buona madre ma qualcosa di buono l’ha detto un giorno.. una volta mi ha detto che più stai vicino a Elijah e più reprimi quello che senti veramente dentro, alla fine questo ossessivo sentimento nuocerà soltanto fino a roderti l'animo."

Briony ascoltò le parole che erano di sua madre; sembravano un buon consiglio disinteressato pur sapendo chi era in realtà Maggie.

Quei pensieri la mandavano indubbiamente in confusione, l'unico rimedio sarebbe stato quello di rinnegarli. O, magari, di rinunciarvi finché era ancora in tempo.. sebbene  il solo pensiero di una vita senza Elijah la distruggeva mentalmente.

"Se invece lo annullassi e lo cancellassi perderei completamente me stessa. E’ questo che vuoi allora? Io non ce la posso fare… al  solo pensiero di rinunciare a Elijah mi sento soffocare." La sua voce era la chiara immagine del suo tormento, testimone delle sue emozioni laceranti.

"Lo vedi? Sei dipendente da lui. Quella famiglia maledetta è brava a far conoscere l’inferno a chi sta loro accanto. Per te all’inizio era come un sogno, un paradiso… ma adesso.. cosa ti vedi attorno Briony?"

Ylenia la indicò con sguardo eloquente. Briony non andò a guardarsi allo specchio perché sapeva in che condizioni fosse. A conferma delle parole di Ylenia, attorno a sé Briony sentiva le fiamme dell'inferno bruciare sempre con più insistenza ogni volta che cercava di combattere quella situazione disastrosa. Non si poteva sconfiggere l'inferno, forse se fosse stata umanamente buona e priva di colpe ce l'avrebbe fatta.. Ma non poteva. Si sentiva un mostro dentro e fuori.

Ylenia si protese verso di lei.

"Devi accettare la realtà, ma questo é assai improbabile perché la tua ossessione per Elijah ti rende ceca."

Briony sbottò incollerita.

"Che cosa dovrei fare allora secondo te? Smettere di combattere? Sottomettermi a Connor?!"

"E allora continua pure a distruggerti la vita, a corromperti l'animo fino a quando non cadrà nel baratro. La sofferenza che senti.. Per Elijah, per questa storia, andrà sempre peggio." rispose Ylenia con egual tono.

Briony a quello non seppe rispondere, come quando Connor parlava. Quelle parole bruciavano come lingue di fuoco perché contenevano troppa verità. Amara e sofferta.

Ylenia addolcì i lineamenti del viso e le mise una mano sul ginocchio.

"Non fingere che stai bene.. Non fingere di poter cambiare il mondo. Connor non ti ha mentito quando ha detto che poteva aiutarti, non era una balla perché lui è potentissimo.. Ma se continui per questa strada sia tu che Elijah finirete per essere uccisi dallo stesso male che vi fate.. Vuoi davvero questo?"

Un'ennesima lama colpì il cuore di Briony. Ma non si era già squarciato abbastanza?

 "Tu Briony sei ancora giovane.. Puoi ancora ritornare a star bene, sei nel fiore della tua vita e la vuoi annientare in questo modo?"

Briony sospirò. Sapeva che la sua vita sarebbe stata un tempo breve come una candela in procinto di spegnersi. Ma quindi questo giustificava a condurla come un contenitore vuoto, con niente con cui credere o lottare? Un'esistenza a respirazione artificiale.

"So che non sono immortale! Che la mia vita passerà in un secondo, in un singolo frammento di tempo.. Vuoi che la conduca senza l'amore della persona che amo di più al mondo? Per cosa dovrei vivere allora?"

Si era resa conto che amare Elijah le faceva male.. Ma se non l'avrebbe fatto avrebbe perso completamente se stessa. Il suo attaccamento a lui era incurabile.

Ylenia rispose:

"Vivresti per te stessa. Hai sempre messo in primo piano la felicità degli altri, hai sempre preso delle scelte per il bene degli altri e mai per te stessa. Ad ostinarti a seguire dei sentimenti che ti rovineranno."

"A sentire te io sono incapace di fare sbagli. Non é così perché non sono infallibile. E il mio enorme sbaglio sarebbe accettare ciò che sono veramente e diventarlo." mormorò Briony dura.

Forse Ylenia aveva ragione quando diceva di fare ciò che Connor ordinava perché sarebbe stata la scelta più semplice; magari l'avrebbe pure aiutata e impedito che quelle parole maledette che le aveva rivolto non si realizzassero... Ma il solo pensiero di stare fianco a fianco di quell'energumeno le faceva venire il voltastomaco.

Ylenia la guardò di nuovo rammaricata, forse in colpa per come le si era rivolta, ma si sentiva in dovere di farle capire come fosse la realtà.. Altrimenti quella ragazza si sarebbe autodistrutta come aveva fatto lei:

"Ti sto dicendo questo perché ti capisco. Non dico che ogni tua scelta non comporterà dei dolori atroci.. Io l'ho detto perché ti voglio davvero bene, e detesto vederti spezzata così per una storia che finirà solo per bruciarti le vie dell'esistenza."

Briony abbassò lo sguardo, riempito da tutto quelle accuse brucianti:

"Ma anche tu hai amato una persona che non dovevi amare.. E tuttora rimpiangi di non averci provato abbastanza, di aver mollato.." mormorò flebilmente in un soffio.

Ylenia trasalì, forse non aspettandosi il riferimento verso Finn. Come colta in fallo Ylenia sviò lo sguardo per mascherare le emozioni contrastanti sul suo viso.

"Ti sbagli. Io ho lasciato andare Finn anche se ciò mi fa soffrire. A volte l’unico modo per fare il bene di qualcuno che amiamo è stargli lontano." mormorò freddamente sebbene sentisse il cuore sussultare per quella cruda realtà.

Anche Briony ebbe lo stesso atteggiamento. Era questo che doveva fare? Lasciarlo andare?

Scosse la testa non riuscendo a pensarci.. già una volta c’aveva provato.. ma non aveva fatto il bene di Elijah, tutt’altro gli aveva solo procurato l’ennesima ferita al cuore… eppure anche stando insieme quel male non voleva sfociare via… rimaneva perenne, accanto alla loro vita con essenza spietata.

Non c’era alcuna scelta giusta da intraprendere.. solo allora se ne rese perfettamente conto.

Briony rivolse poi un sorriso incerto a Ylenia:

“E l'epilogo di questa conversazione quale sarebbe?” chiese cercando magari un consiglio.

La risposta della strega non tardò ad arrivare. Sembrò catapultare su di lei.

“Fa la tua scelta, e non cambiare idea. Anche se é difficile, anche se significa rinunciare alle persone che ami.”

Briony interiorizzò quelle parole, le richiuse, non sapendo se sarebbe andata di nuovo ad ascoltarle.. perché anche quelle predestinavano un finale doloroso, tragico. Voleva accantonare una simile idea, ma proprio non ci riusciva come se fosse impossibile.

All’improvviso lo squillo del cellulare le fece trasalire. Briony andò subito a rispondere: era la sorella.

Le grida al di là della cornetta la spinsero ad appoggiare la mano sull’altro orecchio per capirci meglio:

“Caroline, frena frena. Che é successo?” gridò allarmata e con occhi sgranati.

 

 

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Flashback.

 

Quando Elijah era tornato a casa dopo il litigio con Briony, si era trovato di fronte Klaus col suo solito sorrisino stampato in faccia. Il moro lo aveva liquidato con un’occhiata gelida e si era avviato a salire le scale.

“L'eroe é tornato fra noi? Come vanno le cronache con la tua bambolina?” aveva domandato Klaus all’improvviso facendolo fermare. Elijah infatti si era bloccato a metà strada e girato il viso verso il fratello, con sguardo crudelmente glaciale.

“Sai, non è stata una bella giornata. Allora al tuo posto fermerei la lingua se non vuoi che te la strappi.”

Klaus come risposta gli aveva fatto un ghigno:

“Che tono! Ti va di confidarti con me? Da fratello a fratello?” richiese cambiando improvvisamente tono.

“Non ho nulla da dirti, Niklaus.”

“Peccato. E io che volevo fare la pace... Sistemare le cose.” Aveva mormorato Klaus sovrappensiero.

Elijah si era costretto a rimanere ad ascoltare, tenendo a bada l’ira.

“La tua voglia di vendetta è andata in vacanza quindi?”

“Ho cose più gravi a cui pensare. Fratello, la soluzione giusta é andarsene via da questo posto maledetto.”

La proposta di Klaus aveva colto Elijah davvero in contropiede. Seppure l’ibrido fosse il maestro delle fughe, non pensava comunque che avrebbe intrapreso quella strada anche in quel tempo.

“Vuoi dire.. scappare?” aveva domando Elijah sottolineando l’ultima parola, come se fosse ripugnante per lui.

Klaus non si era però fatto tanti problemi di orgoglio infatti aveva scrollato semplicemente le spalle:

“Siamo circondati da nemici, Elijah. Perché dovremmo rimanere visto che questa città non vale più nulla per noi?”

“Potremmo.. combattere. Non girare lo sguardo.”

“Puoi provarci tu. Io non ho ancora finito di vivere.”

La risposta del fratello aveva fatto sorridere Elijah lievemente.

“Hai paura Niklaus?” Il tono fu allusivo. Sapeva che lui e Rebekah erano scappati per mille anni da Mikael.. sempre per lo stesso motivo.. paura. Klaus era l’essere più forte esistente sulla faccia della terra in teoria, ma nonostante questo non era immune a delle debolezze. E infatti appena aveva fiutato un pericolo mortale, era già pronto a svignarsela.

Elijah non sapeva se compatirlo o definirlo saggio.

“Voglio solo evitare uno sterminio di massa.. prendere qualche piccola scappatoia che potrebbe andare bene per tutti.. Quel Connor é pericoloso, non bisogna sottovalutarlo anche se tu sei pieno di furore.”

Elijah si era notevolmente irrigidito.

“Perché dovrei temerlo? Potrei farlo solo quando si dimostrerà capace di ucciderci, in caso contrario non volterò lo sguardo come un codardo.”

“Il solito Elijah che non si fa calpestare da nessuno. Ma veniamo al dunque.. Vorrei proporti un affare vantaggioso per tutti.”

Elijah aveva stretto gli occhi, pronto ad ascoltarlo ma tenendo comunque alta la guardia.

"Purtroppo c'è una radice marcia nel mio clan di ibridi, e le radici cattive bisogna strapparle via prima che ti soffochino nel sonno no? Tyler Lockwood. Prima si é liberato dall'asservimento e adesso sta aiutando altri miei ibridi a fare lo stesso: una situazione incresciosa visto che ora più che mai io, anzi noi, abbiamo bisogno di loro."

Elijah gli aveva lanciato un'occhiata neutra:

"Che cosa vuoi?"

"Il tuo appoggio. Mi hai minacciato dicendomi che avresti cavato il cuore di ogni ibrido dopo la notte dell'incendio. Non posso badare a tutte e due le cose."

Elijah aveva scrollato le spalle. Per quello poteva anche passarci sopra se poi quegli ibridi potessero risultargli utili.

"Che altro?"

Klaus aveva fatto una pausa di silenzio:

"La tua bambolina sembra innocua per ora, potrei anche fare il bravo con lei, comportarmi da bravo cognato.. A meno che..."

Elijah aveva tenuto su di lui uno sguardo di ghiaccio:

"A meno che… cosa?  Non c’è nulla che sembra, in ciò. Briony é innocente, sta pagando un prezzo addirittura più alto del nostro in questa storia. Questa è la verità."

Il suo ghiaccio inossidabile sembrò aver trapassato l'ibrido da parte a parte. Elijah aveva pensato che per quanto lui e Briony avessero dei problemi, non avrebbe mai permesso che il fratello le facesse del male o la invischiasse nella sua rete.

Klaus gli aveva poi rivolto un ghigno beffardo:

"Temo di aver dimenticato. Invoco il tuo perdono. Per un momento ho scordato che stavo parlando a te, fratello. Per cui se tu mi concederai il tuo appoggio, potrei anche dimenticarmi chi é lei veramente."

"Ammetti allora che sei coinvolto con il piano di Gwendolyn." aveva detto subito Elijah duramente.

"Io non ammetto niente. Le voci corrono e voglio solo che questa storia si chiuda."

Elijah aveva continuato a fissarlo impenetrabile, chiedendosi se poteva fidarsi o no del fratello. La risposta venne automatica: no ovviamente. E proprio per questo avrebbe permesso qualunque cosa purché Klaus tenesse gli artigli lontano da Briony.

Lo sguardo era ritornato  duro sul fratello mentre Klaus non smetteva di portare un ghigno sul viso.

"Che cosa vuoi chiaramente Niklaus?"

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Briony correva a perdifiato lungo le vie dell'ospedale. Non riusciva neanche a trovare la voce per farla fuoriuscire dalle labbra, sembrava inchiodata in gola. Corse affrettata lungo i corridoi quando vide una chioma bionda familiare.

"Caroline!" gridò agitando le mani e dirigendosi verso di lei con passo accelerato.

Quando si ritrovò di fronte al viso stravolto della sorella, Briony sentì tutti i dubbi e le speranze sgretolarsi come sabbia al vento. Fece un sospiro rammaricato poi abbracciò forte la sorella.

"Ma come diavolo é accaduto?" sussurrò Briony con voce strozzata non riuscendo ancora a crederci.

Caroline non ricambiò affatto l’abbraccio, anzi si scansò via come se fosse stata scottata. Il viso era ricolmo di lacrime, di disperazione… e anche rabbia ceca. Briony infatti sapeva come la sorella si sentiva e non disse niente … anche lei una volta aveva visto morire Elijah e una sofferenza simile non ha eguali: sembra che accumuna le persone che perdono qualcuno che amano dal profondo del cuore.

Tyler era morto.

Quando Briony l’aveva saputo al telefono aveva stentato a crederci.. ma ora mentre guardava il volto devastato della sorella non aveva più dubbi. Con rammarico si accorse di provare anche lei del dolore per la scomparsa prematura del povero Tyler.

“E secondo te come diavolo è accaduto??! Ti avevo avvertita Briony, ti avevo avvertita!” sclerò Caroline tutto a un tratto, agitando nervosamente le mani.

Briony a sua volta sgranò gli occhi totalmente allibita. Stava per avvicinarsi per calmarla, ma Caroline non gliene diede il tempo.

“Ma tu no, sei voluta andare avanti fino alla morte!!” gridò ancora come un’ossessa, guardando Briony come se fosse lei la colpevole del suo dolore.

Questo atteggiamento ferì la mora che riuscì solo a sgranare gli occhi e a rimanere bloccata, mentre si guardava attorno con sguardo spaesato. C’erano tutti. Elena, i Salvatore, Matt, e persino Bonnie che doveva essere a miglia e a miglia di distanza per ordine degli Originari.

Purtroppo neanche i loro sguardi erano amichevoli, erano se mai più duri e asfissiati di quelli di Caroline, come se Briony fosse per loro una traditrice, una che aveva voltato loro le spalle per stare dalla parte dei cattivi, dei mostri che avevano permesso tutto ciò.

I loro sguardi fecero capire a Briony cosa stesse realmente succedendo, il perché Caroline era così arrabbiata e perché tutti la stessero fissando in quel modo atroce. La verità le morì in gola come se volesse negarla.

Riuscì solamente a dire:

“Come è morto..?”

“Tyler voleva solo aiutare i suoi compagni a liberarsi di quel perfido di Klaus. E per questo c’ha rimesso la pelle.” Fu Elena a rispondere per Caroline, che era andata a rifugiarsi tra le braccia dell’amica versando calde lacrime.

Briony aprì la bocca per riavere ossigeno ma le sembrò di respirare aria fetida. Deglutì.

“E’ Klaus l’artefice di tutto questo…? Lui non voleva privarsi dei suoi ibridi e Tyler c’è andato di mezzo..” mormorò per trovare una qualsiasi risposta.

Caroline allora fece un mormorio amaro. “Sì Klaus…. E quel perfido doppiogiochista del fratello! Da quel bastardo di Klaus me lo sarei aspettata perché odiava Tyler! Ma Elijah non è affatto prevedibile… l’attimo prima ti guarda con espressione tranquillissima, l’attimo dopo ti stacca la testa in un baleno. Chissà cosa deve aver passato Tyler con quei due..”

Briony sentì la terra mancarle da sotto i piedi. Fissava Caroline come se fosse un’estranea, come se tutto lo fosse lì dentro… Si guardò attorno con sguardo perso e shockato non riuscendo a formulare alcuna frase.

Stefan si fece avanti all’improvviso con sguardo tetro. “Veramente.. non è andata proprio così… Tyler aveva portato il 90% degli ibridi dalla sua parte ed erano andati contro Klaus per fargliela pagare… Elijah ha intimato loro di andarsene da casa sua, e nella colluttazione Tyler ha perso la vita.. ma quando sono entrato lì dentro era Klaus ad avere in mano il cuore di Tyler.” Spiegò il vampiro guardando negli occhi Briony che sentì nuovamente i pensieri combattere fra di loro. Caroline non le diede però il tempo di racimolare le informazioni che gridò in preda alla sofferenza.

“Lo hanno ucciso! Lo hanno ucciso!” piagnucolò devastata fra le braccia di Elena.

Briony si morse nervosamente il labbro e si avvicinò alla sorella. “Caroline, non è accusando qualcuno che allevierai il tuo dolore… so come..”

“Basta difenderlo!” gridò la vampira all’improvviso, inchiodandola con lo sguardo.

Briony allora traballò, non aspettandosi quella reazione. Sembrava che la sorella ce l’avesse a morte col mondo intero per ciò che le era stato tolto… poteva benissimo capirla, lei c’era passata molte volte… eppure le accuse che Caroline lanciava le facevano davvero male.

“Briony, è meglio che te ne vai.” mormorò Elena a denti stretti all’improvviso.

La ragazza allora si guardò attorno in cerca di  appoggio o di comprensione, in primis da Caroline per permetterle di starle vicina.. ma la vampira non la guardava più, piangeva soltanto.

Solo Stefan le rivolse un’occhiata rammaricata, ma era evidente che Briony non era la benvenuta lì in mezzo… la vedevano come quella che stava dalla parte dei mostri che avevano ucciso Tyler, il loro amico da sempre.

Con sguardo scavato, Briony diede loro le spalle non prima di aver accarezzato il braccio alla sorella, sussurrandole che sarebbe venuta presto da lei.

Non appena uscì dalla loro visuale comunque Briony non si sentì affatto meglio. Si sentiva sul punto di affogare, la testa le doleva fortemente come se ci fosse dentro un trapano.. si chiedeva all’infinito che ruolo avesse Elijah in tutta quella storia… sicuramente non era come Caroline lo aveva descritto… Briony continuava a ripeterselo, pensando che ci doveva essere per forza una spiegazione, che la realtà non era così cruda come pensava..

Uscì dall’ospedale con la testa in fiamme quando i suoi occhi misero a fuoco una scena non molto lontano da lì: nel parcheggio c’era l’auto di Liz Forbes, e lei stava parlando con due persone.. Rebekah, e Elijah.

Briony sentì il cuore accelerare e si diresse subito verso di loro.

Non appena Elijah la notò, liquidò lo sceriffo lasciandola con Rebekah con la quale discuteva piuttosto animatamente, e si avviò subito verso Briony. Il suo passo era elegante come sempre, non mostrava il benché minimo turbamento o ansia.

Briony deglutì quando se lo ritrovò di fronte.

“Tyler è morto..”

Elijah assentì solamente. Una mano era riposta sulla tasca dei pantaloni, la posizione eretta e attenta.

“Ma come diavolo è successo..? Mia sorella dice che è opera di Klaus!” esclamò Briony trascurando l’altra parte in cui Caroline accusava anche Elijah.

“Avevo avvertito i tuoi amici di tenersi buoni, se non ascoltano i miei consigli e finiscono quindi nei guai, non so cosa farci.” ribattè lui tranquillamente.

Briony la guardò imperterrita. “Ma Tyler non aveva colpe… voleva solo liberarsi di Klaus, vivere la propria vita, non come un suo schiavo!”

Elijah si guardò attorno leggermente stizzito. Prese Briony per un braccio per parlare a quattrocchi. 

“E’ entrato in casa nostra come un pazzo furibondo. Sono sceso solo grazie alle sue urla e al rumore che faceva. Voleva uccidere mio fratello e io dovevo impedirglierlo” proruppe impassibile lasciandole poi andare il braccio.

Briony sentì del bruciore nel punto in cui Elijah l'aveva stretta.

“Che ruolo hai in tutto questo?” chiese dopo un po’, guardandolo negli occhi.

Elijah girò lo sguardo su di lei, invadendola con i suoi occhi neri magnetici:

“Ponimi la vera domanda che assilla la tua mente.. sei stato tu a ucciderlo?” domandò Elijah con tono duro, accusatorio.

Briony si sentì accartocciare come carta bruciata sotto il suo sguardo. Non riusciva a sopportarlo, sentiva tutti i nervi tesi e il sangue scorrere troppo velocemente.

Ma non voleva essere l'ennesima causa di un malumore di Elijah nato da una fiducia tradita. In quel momento voleva tornare indietro da Caroline e urlarle che Elijah non c'entrava niente, che nessuno di loro lo conosceva per giudicarlo in quel modo orribile.

Briony alzò il braccio volendogli accarezzare il viso, ma vedendo la potenza dello sguardo austero di Elijah posato su di lei, abbassò il braccio con un sospiro.

“No, so che è stato Klaus." mormorò. "Ma doveva per forza ucciderlo? E tu non potevi fermarlo? Tyler non meritava questo...” disse infine non riuscendo a tacere.

Elijah sviò lo sguardo in un punto lontano da loro, come se così anche lui fosse distante da lei.

La risposta che fuoriuscì fu gelida come il vento che passò tra loro.

“La vita di Tyler Lockwood non pesava sulle mie spalle, e non era necessario che io lo difendessi visto che lui e ognuno dei suoi amici è sempre pronto a scavare la fossa a me e alla mia famiglia. Klaus non merita nulla, ma è pur sempre mio fratello.”

Briony sentì un tremolio lungo tutto il corpo. Pensò che in quello scontro non doveva essere Tyler a crepare ma Klaus. Sarebbero stati tutti meglio. Ma si morse la lingua in tempo perché sapeva che Elijah non avrebbe gradito un simile discorso.

Passarono diversi secondi in cui il silenzio albergò tra loro, così insopportabile. Briony avrebbe tanto voluto fare breccia nell'armatura di Elijah, fargli ammettere che provava qualcosa, che sentiva qualcosa... Anche rabbia, tutto per abbattere quel ghiaccio che Briony si sentiva sopra la pelle ogni volta che incrociava il suo sguardo.

“Non ti dispiace neanche un po’? Mia sorella ha appena perso il ragazzo che amava.” cercò con le parole di arrivare alla mente corazzata di Elijah. Non aveva altre armi, si sentiva sempre indifesa con lui.

L'Originario sembrò guardarla privo di emozioni, appariva lontano e indifferente da tutto.. come se il dolore degli altri non scavasse all'interno del suo muro e lui quindi non lo sentisse.

“La morte arriva prima o poi per tutti. Per Tyler Lockwood è venuta prima del previsto, dovrete farvene una ragione.” disse semplicemente con la classica glacialità che lo aveva sempre contraddistinto.

Questo non sorprese Briony ma ne fu comunque ferita. Una marea di emozioni negative si avvolsero attorno a lei.

Non voleva ascoltare altro.. Quelle parole incidevano su di lei. Parole, che di colpo, furono più di quanto lei potesse sopportare.

Fece per ribattere ma pensò che era quasi perdere tempo. Girò le spalle a Elijah, alle sue parole.

Dopo qualche passo, sentì la voce di Elijah chiamarla.

“Briony.” era quasi un ordine di fermarsi, o un bisogno di trattenerla.

Lei si voltò lentamente, ma non osò guardarlo negli occhi. Se lo avrebbe fatto sapeva che sarebbe crollata e avrebbe perso la determinazione di quel momento.

Cercò di parlare in maniera decisa:

“Mia sorella ha bisogno di me.”

Non restò a udire la risposta perché forse le avrebbe fatto male, o forse non l'avrebbe sopportata.. O forse con altre diverse parole lui l'avrebbe presa e fatta rimanere.

Non sapeva quale delle ipotesi era più sbagliata ma Briony accelerò il passo pur di non scoprirlo.

Elijah non la fermò, né lei udì qualche rumore che indicasse che se ne fosse andato.

Briony pensò allora che neanche il capezzale di Caroline era il suo posto, che non sarebbe stata accettata.. Ma sentiva di dover condividere il dolore della sorella.

Mentre più si allontanava da Elijah però sentiva l'ennesimo vuoto aggirarsi sopra la voragine del petto, inquietante e terribile. Ma almeno era solo un vuoto incolore e privo di voce, nulla in confronto al dolore nero che certe volte sembrava gridare dentro di lei.

Una volta Briony aveva letto: "Lascia andare quello che ti uccide e aggrappati a quello che ti fa respirare.”

Ma se ciò che ti fa respirare, ti uccide?

 

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Il funerale si svolse subito. Briony era accanto alla sorella pronta a confortarla, e per fortuna Caroline aveva smesso di lanciare rabbia contro gli altri e si era solo esclusivamente immersa nel suo dolore. Egoisticamente per Briony era meglio: non avrebbe sostenuto altre accuse su Elijah.

Sentiva gli sguardi dei presenti addosso, e non erano amichevoli. Briony aveva cercato di far finta di nulla e si era stretta al braccio di Caroline, guardando tristemente la tomba di Tyler. Le vennero in mente gli attimi passati con lui alla festa in maschera... Sembrava così pieno di vita, pronto per una vita seria con Caroline. Come poteva essere morto?

La versione era che aveva tentato di ribellarsi apertamente a Klaus insieme ad altri ibridi. Era stato uno sciocco ma Tyler voleva liberarsi al più presto di Klaus anche per via di Caroline, e quindi era scattato come una molla. Elijah era intervenuto all'inizio intimando agli ibridi di darsi una calmata e di andarsene.

Tyler però aveva agito subito prendendo Klaus alla sprovvista. Elijah era intervenuto in difesa del fratello, aveva afferrato Tyler da dietro storcendogli entrambe le braccia. In quegli attimi di debolezza, o di trappola ben preparata, Klaus ne aveva approfittato per cavargli il cuore. Morto Tyler, tutti gli altri ibridi si erano sottomessi di nuovo a Klaus per paura di fare la stessa fine dell'amico. Stefan era passato di lì per caso, ma troppo tardi per salvare Tyler.

Briony sapeva che era inutile difendere Elijah perché avrebbe finito solo per andare a sbattere contro un muro. Inoltre mille dubbi le assalivano la mente, rendendo inutile il tentativo.

In un momento in cui Briony alzò lo sguardo, intravide una figura in lontananza: come un bagliore nell'oscurità.

Subito si irrigidì, avendo intuito chi fosse e  così si congedò da Caroline, la quale non smetteva di piangere, e le diede un bacio sulla guancia per poi avviarsi lontano di lì.

Non aveva voglia di fare una scenata in pubblico, specie con ciò che stava accadendo.

La ragazza sentì ribollire il sangue mentre incrociava gli occhi gialli e tremendi di Connor.

“Tu.” Sibilò Briony a denti stretti.

L’uomo le rivolse un sorriso agghiacciante. Era appoggiato ad un albero:

“Io. Questo sarà soltanto uno dei tanti funerali finché continuerai a fare l’ostinata.”

Briony trasalì in un misto di furore e sorpresa:

“Tyler non è morto per colpa mia.” di nuovo sentì gli sguardi degli altri addosso.. tutti a colpevolizzarla come la peggior traditrice.. ma lei non avrebbe mai voluto la morte di Tyler.. se avesse potuto fare qualcosa lo avrebbe sicuramente fatto…

“In un certo senso la colpa grava sulle tue spalle..” rispose Connor misterioso guardandola dall’alto, ma Briony non lo fece finire:

“Che cosa vuoi? Vattene! Non ho tempo da perdere con un verme viscido come te!”

Connor inabissò il sorriso in un’espressione di gelo e piuttosto intimidatoria:

“Ancora non hai capito che faresti piuttosto male a metterti contro di me?”

“Perché non mi uccidi allora? Non ho paura” replicò Briony e la sincerità nei suoi occhi dimostrava la verità delle sue parole. Se la sua morte avrebbe risolto qualche cosa, o avrebbe liberato le persone che amava dal male, si sarebbe ben volentieri sacrificata. E per non mostrare terrore a Connor quello era un buon stratagemma perché le minacce sulla sua vita cadevano a vuoto con lei.

“A te non importa della tua vita.. ti importa più quella degli altri invece.. mi hai dato un ottimo mezzo per le minacce.” Constatò lui con un ghigno diabolico.

Briony lo guardò allora disgustata.

“Farai bene a rimangiartele quelle minacce. Tu non farai del male alle persone che amo.” lo minacciò con sguardo durissimo, serrando i pugni  e facendosi avanti senza alcun timore. Aveva paura interiormente di ciò che Connor era in grado di fare, ma non glielo avrebbe mai mostrato altrimenti l’avrebbe avuta presto in suo potere.

“Il treno ha lasciato la stazione e tu sei a bordo. E’ questo tuo atteggiamento che rovina ogni cosa che tocchi.. io ti rendo solo più chiara la realtà che ancora tu continui a negare. Ami davvero sfuggirle come se tu stessi sulle ali di una tua illusione romantica.” ironizzò lui con cattiveria, agitando le mani per dimostrare ciò che diceva.

Briony sentì la rabbia montarle al cervello. Ancora con questa storia che lei non voleva vedere la realtà? Che si ostinava a rimanere cieca? Ne aveva davvero abbastanza delle recriminazioni e delle accuse. L’unica verità è che odiava quella realtà che la inseguiva, e voleva cambiarla con tutte le sue forze.

Alzò istintivamente la mano per dare un forte schiaffo a Connor, ma lui deviò col braccio la sua traiettoria molto prima di quanto lei pensasse. Non lo scalfì nemmeno, il braccio le ricadde mollemente lungo il fianco. Eppure la rabbia rimaneva ancora lì:

“Tu non sai niente! Sei venuto qui a dirmi quanto siano orribili gli Originari vero? Fatica sprecata. So benissimo che non sono dei santi, tanto meno Elijah. Ma tu non sai niente, niente di lui. Non sai quanto umanità in realtà lui possegga.” sibilò lei  a denti stretti per far tacere il veleno che quel bastardo sputava sopra il suo cuore.

Connor alzò il sopracciglio poi rise. Gli occhi gialli sembrarono brillare:

“La sua umanità? Quel poco che ne resta non è altro che l’esile fumo che si leva nell’aria dopo che la sua vera natura ha finito di consumarla, come in un incendio. E anche quell’ esile fumo si va disperdendo…

Briony odiava la voce di Connor. Mai come in quel momento la odiò. Era bellissima, profonda, magnetica… ma anche maligna. Sembrava filtrare nel cervello degli altri e cancellarne tutti i pensieri, sostituendoli con le sue parole. Quella voce sembrava le alitasse lungo il collo e arrivare dritto al cuore dell’anima.

Briony tentò di scacciarla via dalla sua mente.. Voleva tapparsi le orecchie, smettere di ascoltarla ma ogni cosa e ogni oggetto sembravano sussurrarle quelle parole.

Lei dentro di sé gridava che quelle bestemmie non erano vere, solo frutto di una mente diabolica, ma la sua voce in confronto a quella di Connor sembrava troppo minuta e debole.

Connor continuò con la sua tortura mentale:

“Non hai ancora capito che Elijah non è migliore dei suoi fratelli, anche se afferma di esserlo? E’ un Antico, se aveva qualcosa di buono è cessato di esistere col passare del secoli nel quale ha torturato e ucciso migliaia di persone.”

Briony trovò la voglia di sorridergli. Mai come allora fu contenta di elargire morte e giudizi.

“Lui ucciderà anche te però. Aspetta e vedrai.”

Connor non sembrò dare molto peso alla minaccia, come se la prospettiva fosse che un moscerino voleva calpestarlo. Briony odiava persino la sua faccia arrogante che dimostrava quanto fosse potente, e lui sapeva di esserlo.

La paura tornò perché anche lei sapeva quanto fosse potente… il flashback della morte di Gwendolyn bastò a provarlo.

Connor schioccò poi la lingua, scuotendo bonariamente la testa:

“Vedo che non hai riflettuto sulle mie parole… cerco sempre di essere gentile ma non mi rendi le cose facili.” Mormorò come se fosse davvero dispiaciuto e lei fosse invece la cattiva.

Briony strabuzzò gli occhi:

“Gentile?! Mi hai minacciata dicendo che avresti fatto del male alle persone che amo! Mi hai detto che la mia esistenza è una condanna per chi mi sta accanto, che chi si prenderà il lusso di amarmi patirà delle pene che neanche immagina e che l’amore per me sarà la loro rovina!” urlò Briony in preda a una rabbia disperata. Sperò che gli altri non l’avessero sentita perché quelle parole maledette le custodiva gelosamente, come se fossero un torbido segreto e qualora qualcuno lo avesse saputo sarebbe scappato via da lei, quasi fosse un’appestata o una marchiata dal diavolo.

Connor mantenne nonostante tutto la sua pacatezza:

“Le mie parole hanno avuto effetto allora sul tuo animo se le ricordi pari pari. Tu sai quello che deve essere fatto… ma il tuo cuore che palpita per quel vampiro ti si avvizzisce in petto quando sei consapevole di ciò… per questo tentenni…” mormorò lui allusivo guardandola in un modo strano, come se sapesse leggerle la mente.

Briony abbassò lo sguardo per non permettergli di farlo. Odiava quelle accuse perché albergavano davvero nella sua mente. Ormai erano inutile negare, anche se confermare era come una pugnalata al cuore.

“Anche se fosse… tu sei un essere spregevole.. li ucciderai comunque.” Si giustificò lei mettendo le braccia al petto.

Connor scrollò le spalle, per poi squadrare ad un tratto il cielo:

“Chi lo sa.. forse potrei anche seppellire l’ascia di guerra, anche se io non l’ho mai innalzata. Magari potrei fare un accordo conveniente a tutti, senza che sangue innocente venga versato… potrei…” lasciò la frase in sospeso mentre Briony ascoltava a orecchie aperte.

Connor tornò a guardarla:

“Ma voglio? Senza nulla in cambio io non faccio niente. Credi che ti abbia creata per scopi umanitari? Ayana mi aveva fatto un’offerta, io l’ho considerata buona e ho accettato. Sono fatto così. Non prendo decisioni affrettate. Prima aspetto di vedere in quale direzione soffia il vento.”

Ecco cos’era Connor. Un doppiogiochista, prendeva solo ciò che gli conveniva, per lui non contava nient’altro che il suo tornaconto. Briony lo guardò piena di disprezzo, eppure quasi sempre le sue parole facevano effetto su di lei. Forse perché la sua anima maledetta era marchiata da quel druido poiché era stata creata da lui stesso.. o forse era tutta colpa di quel marchio che Briony sentiva incidere sempre di più nella pelle.

Quando si accorse che Connor le si stava avvicinando tuttavia lei si scansò bruscamente.

“C’è bisogno che ti ripeta ciò che ti ho detto qualche giorno fa? Io non ho bisogno di mentirti e non voglio neanche.. ho giurato a tua madre che avrei trovato un modo per salvarti dalla tua natura.. ma non posso se tu non ti metti dalla mia parte e accetti la vera realtà.” Disse lui ad un tratto.

Briony stentava davvero a credere che quel tizio aveva avuto rapporti con la madre.. davvero gli aveva chiesto di aiutarla? Sapeva che razza di essere spregevole fosse? Oppure erano vere le sue parole diaboliche?

La ragazza deglutì non sapendo cosa dire.

“Agisci però in fretta, la mia pazienza non è illimitata e il debito che ho verso la tua famiglia posso sempre estinguerlo con uno schiocco di dita. E se oserai contrastarmi dolcezza, prima di quanto pensi tutta la gioia che hai provato si tramuterà in cenere tra le tue mani.” sibilò lui ad un tratto avvicinandosi pericolosamente.

Briony indietreggiò di diversi passi, tenendo sempre lo sguardo fisso sul druido. Quella sua nuova minaccia sferrò a velocità impressionante dentro di lei come un missile.

Si girò dall’altra parte notando che il funerale stava per concludersi. Si rivoltò verso Connor, il quale non smetteva un attimo di fissarla con uno sguardo strano.

“Allora? La tua risposta?”

 

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Briony rientrò in casa con sguardo affaticato dopo la conclusione del funerale. Era sempre stata vicino a Caroline per consolarla e per infonderle forza come meglio poteva, anche se nessuna parola poteva aiutare in simili circostanze. Potevi solo offrire tutto l’amore di cui disponevi. Questa volta Briony non si era fatta cacciare come in un ospedale. Era rimasta a sguardo retto, sempre al fianco della sorella e sostenendo gli sguardi duri degli altri.

Il culmine però era giunto quando Briony aveva visto avvicinarsi suo padre.

Gli occhi si erano strabuzzati nel vederlo comparire all’improvviso perché non pensava che Caroline lo avesse chiamato. Bill all’inizio aveva solo confortato la figlia minore con paroline dolci, poi però era passato alla figlia maggiore. E lì ogni dolcezza era svanita.

Ovviamente Bill era al corrente del ruolo di Elijah in tutto questo e forse si era fatto un’idea strampalata in testa su come erano andate veramente le cose. Briony non si era presa neanche la briga di rispondergli perché non sarebbe valsa la pena, solo a farle venire il sangue amaro.

“Continua pure a evitare le mie parole, a non ascoltarle pur di perseguire i tuoi folli sogni. Ma prima o poi sarà la tua coscienza a parlare. E la sua voce ti farà più male della mia.” Aveva detto il padre con tono durissimo.

Briony si era sentita colpire come da una punta di lancia dalla sue parole.

“Tua figlia sta subendo un lutto tremendo e tu perdi tempo con i tuoi giudizi ipocriti? Taci una buona volta.” aveva sibilato lei a denti stretti per non permettergli di parlare più.

Il padre era rimasto per qualche minuto zitto e Briony aveva sospirato rumorosamente convinta di avercela fatta a tenerlo buono. Ma Bill aveva ricevuto molti soprannomi dai suoi amici cacciatori, il peggiore tra tutti era “il nazista antivampiro” e Briony non aveva tardato molto ad arrivarci.

Si era sentita afferrare all’improvviso per un braccio e trascinare in un angolo di casa Lockwood. Briony aveva cercato di piantare i piedi nel terreno per fermarlo, ma non volendo dare spettacolo in un momento del genere si era fatta trascinare controvoglia.

“Che altro c’è?” aveva chiesto a denti stretti liberandosi furiosamente dalla sua stretta.

Bill aveva preso da una sua borsa alcuni oggetti strani e li aveva messi nella borsa della figlia velocemente. Briony però aveva intercettato la sua mossa, e un paletto di legno le era finito in mano. Lo aveva guardato strabuzzando gli occhi e per poco non lo aveva piantato nel petto del padre.

“Puoi tenertele le tue armi assassine. Io non le voglio.” aveva sibilato mettendo furiosamente i paletti da dove erano venuti.

Bill però le aveva afferrato il polso e messo con la forza un altro oggetto diverso dagli altri nella borsa. Dopo averla rinchiusa, aveva costretto la figlia a guardarlo e a non combatterlo.

“Figliola, quell’Antico ti ha intrappolata nel suo inferno. Se vuoi uscirne devi combattere, altrimenti finirai solo per soccombere.”

Oooh quindi mi hai dato queste armi naziste per difendermi. Mille grazie papà davvero non so come ringraziarti. Mi rovini di più la vita facendo così sai?” aveva detto infine guardandolo gelida.

“No, più ti fai coinvolgere da Elijah Mikaelson più sei tu stessa a rovinartela!”

Briony in quel momento ritornò al presente e mise le mani dentro la borsa. Bill era riuscito a infilare solo un’arma, ma non era il classico paletto. Sembrava una pistola, era piuttosto ignorante da definirne il calibro ma sembrava costosa. Briony infatti si accorse che dentro c’erano degli affilati e grandi proiettili di legno. A solo toccarli si sentì bruciare le dita. Sicuramente quel legno aveva proprietà mistiche da far del male ai vampiri.

Briony però ne ebbe talmente ribrezzo che richiuse l’arma in un cassetto, e sperò davvero di dimenticarsi della sua presenza. L’ultima cosa che doveva fare era giocare alle armi che potevano uccidere i vampiri.

Andò in salone, dove ad aspettarla c'era un'ombra ambigua seduta elegantemente sopra una sedia.

"E’ tutto il giorno che ti cerco." la voce piatta di Elijah era in sintonia con l'immobilità del suo corpo. Solo i suoi occhi non avevano perso niente del suo magnetismo mentre squadravano Briony.

Lei si tolse il cappotto nero sfuggendo allo sguardo del vampiro

"Ero a un funerale." rispose semplicemente sfilandosi l'indumento.

Quando alzò lo sguardo dopo un tempo indeterminato, notò che Elijah si era messo di fronte alla  finestra, le dita scostavano lievemente la tendina per guardare al di fuori.

Quanto avrebbe voluto Briony fare lo stesso all'interno del suo scudo per cancellarne l'oscurità.

Ad un tratto Elijah girò gran parte del viso verso di lei. Assunse una fredda pacatezza ma gli occhi erano pieni di ombre.

"Sei sicura di non volermi dire nulla?" mormorò interrogativo. La sospensione del suo sguardo le creò una strana ansia che non riuscì a spiegarsi.

Briony si strinse nelle spalle, cercando di scacciare quel tremolio di nervi che ogni volta quello sguardo penetrante le causava.

“Meglio lasciar perdere.” Disse semplicemente. Se avesse parlato avrebbe detto cose che non pensava e che non voleva dire, appesantendo così la situazione al limite. Non voleva spezzare gli ultimi margini e esplodere come in una diga.

Lo sguardo era basso ma poi sentì ad un tratto il fruscio della giacca di Elijah molto vicino a sé, come se la stesse sfiorando; il suo respiro le smuoveva i capelli.

“Perché? Io apprezzo l’onestà… cosa mi vorresti rinfacciare, Briony?” chiese lui con un tono quasi provocatorio, ma detto con tanta lentezza sembrava quasi ammaliante.

Lei ne sembrò catturata e alzò istintivamente il viso.  Incontrò lo sguardo immobile di Elijah su di sé e il nero dei suoi occhi la intrappolò. Mentre parlava lui aveva tracciato con le dita gelide un sentiero dai suoi capelli fino alla spalla, provocandole dei brividi gelidi.

“Mi hai tenuto all’oscuro che ti sei alleato con quel bastardo di tuo fratello.” mormorò lei ad un tratto rimanendo sempre attaccata al suo sguardo.

Ci aveva pensato più e più volte e alla fine aveva ipotizzato che i due fratelli si erano di nuovo legati.. forse da un accordo o da un semplice amore fraterno apparso all’improvviso.. non lo sapeva, ma sicuramente qualcosa era successo tra i due. E non le piaceva.

Non che dubitasse della forza d’animo di Elijah di fronteggiare il fratello minore quando doveva, ma sapeva che lui era stata la spalla, il braccio destro di Klaus per secoli e secoli… il pensiero di vederli affiatati insieme come una coppia di demoni mascherati da angeli, la metteva terribilmente in soggezione.

Elijah lasciò cadere la mano lungo il fianco. Lo sguardo si indurì:

“Non mi fido di Niklaus così come non mi fidavo in passato. Ma è mio fratello, se non ci uniamo tutti in momenti simili sarebbe la fine. Lui mi ha promesso che non ti avrebbe tolto un capello in cambio del mio appoggio. E’ stato un prezzo equo.”

“Equo come la morte di Tyler.” aggiunse lei dura pensando alle parole ambigue di Connor. La morte di Tyler quindi pesava sulle sue spalle? Se Elijah non si fosse immischiato nello scontro dopo aver stretto quella maledetta alleanza con Klaus, forse Tyler sarebbe sopravvissuto.. e tutto era successo per difendere lei.. Mai come allora Briony si sentì l’anima sporca. Con che faccia avrebbe guardato Caroline? La sua vita per quella di Tyler?

Forse sarebbe morto comunque ma le circostanze la facevano sentire colpevole, come se la mano che gli aveva strappato il cuore fosse stata la sua.

Briony si spostò per riprendere il respiro che la vicinanza stretta di Elijah le rubava. Il vampiro continuava a fissarla col suo sguardo immobile e la postura fredda.

La consapevolezza che Elijah era disposto a barattare i suoi ideali, o a guardare il mondo ridursi in cenere pur di proteggerla, era una sensazione incredibile che la esaltava e allo stesso tempo ne era intimorita fino alla paura. Un’agghiacciante combinazione.

Ma a volte un amore e un sacrificio sono talmente grandi da distruggere chi lo dona, e chi li riceve.

Sentì Elijah sospirare e mettere una mano nella tasca dei pantaloni.

“Non doveva andare a finire così, ne sono consapevole... ma ormai il danno è fatto. Mettere a posto dei pezzi irrimediabilmente rotti è una perdita di tempo inutile.”

La freddezza con cui elargì quella teoria la prese davvero in contropiede:

“Stai parlando della vita di una persona...” mormorò lei tornando a guardarlo. Credeva che a Elijah più di tutti importasse della vita umana.. Lui non recherebbe mai del male ingiusto.. almeno che non abbia un buon motivo per farlo..

Briony cominciò a guardarlo tentennante: dal modo in cui lo sguardo di Elijah divenne livido, lei  capì che il contenuto che lui leggeva all’interno del suo cuore lo scalfiva, e ciò non gli andava a genio come se si sentisse solcato.

Lui avanzò lentamente verso di lei: la sincronia dei suoi passi, con i gesti delle sue mani e la sua espressione incisa, creò una mescolanza strana e intimidatoria che le causò la perdita di alcuni battiti.

Briony, credo che ti sia sfuggito qualcosa.. questa parte che tu disprezzi di me c’è sempre stata. Questo è ciò che sono sempre stato.” Mormorò lui alla fine con uno strano tono, quasi lui stesse cercando di farle capire come stavano le cose ma ne era comunque spiazzato, pieno di tristezza.

Sentendolo parlare così, Briony gli si avvicinò di più scuotendo la testa.

“Non è vero, stai mentendo. Stai rinnegando chi sei veramente per combattere la mia guerra e per tenermi in vita. Ma non posso e non voglio accettarlo.”

Sapeva che stava dicendo la verità, lei lo conosceva, aveva imparato a valicare il muro che lui aveva costruito per tenere al di fuori il resto del mondo. Anche se ora sembrava aver instaurato una nuova e più gelida corazza, Briony un tempo aveva oltrepassato i cancelli della prigione della sua anima ed era riuscita a vedere quella pallida fiamma umana che lui dopo secoli non aveva ancora spento, anche se faceva finta che fosse così.

Doveva farglielo capire.

Sollevò gli occhi verso quelli di Elijah. Guardarli era come guardare nelle tenebre. Ma si costrinse a non vacillare in quel buio che lui aveva accolto pur di soppiantare le sue virtù allo scopo di difenderla da tutto.

Gli mise entrambi le mani sotto il viso, avvicinandosi ad esso. Gli occhi erano soffusi di una luce dolcissima e triste, mentre lo sguardo di Elijah non avevano perso nulla della sua incisività. Sembrava scolpito nel duro marmo mentre con gli occhi seguiva i movimenti di Briony.

“Permettimi di starti accanto. Io voglio accendere una luce nel buio che porti dentro. Voglio rompere il silenzio del tuo cuore. Permettimelo.” gli sussurrò appoggiando il viso sotto il suo, cancellando un po’ il freddo della sua pelle col calore che lei si sentiva dentro.

Sentì Elijah appoggiarle il viso contro la testa, come se si stesse arrendendo a lei. Il suo respiro regolare sembrò avvolgerli.

Briony voleva sommergerlo di baci sul viso, sulla bocca, ovunque... ma era così in fibrillazione che stentava a compiere un atto dietro l’altro. Sentiva le ossa deboli come sul punto di svenirgli tra le braccia. Lasciò cadere stancamente un braccio cingendogli la vita.

Elija aveva ascoltato fino alla fine le sue parole. Eppure la reale sorpresa nei suoi occhi si era presto inabissata nell’espressione scavata del suo sguardo. Con dura amarezza ricordò le parole di sua madre. “Nulla di ciò che farete si rivolterà verso il bene; anzi diventerà solo fonte di male. La vostra oscurità getterà nella tenebra e nella disperazione tutti coloro che amate.”

Fece allora un sorriso triste mentre con le dita tracciava lentamente un sentiero sulla spalla di lei fino a giù al braccio.

“Non credo che ti piacerebbe, te ne pentiresti nel migliore dei casi…” le sussurrò, per poi indurire i tratti del viso come se un lampo gelido gli avesse attraversato la mente:

“O forse non vuoi accettare questa parte di me perché sai che ne proveresti di nuovo orrore..? O magari farai finta di nulla ottenebrando ciò che pensi veramente.” Le bisbigliò all’orecchio con tono più glaciale da farle venire forti brividi.

Briony sgranò gli occhi tentando di indietreggiare, ma lui non glielo permise perché rafforzò la presa sul suo braccio.

Forse era un bene che non riuscissero a guardarsi in faccia. Briony provò a respirare ma l’aria densa della stanza sembrava toglierle il respiro, restituendole in cambio veleno e bruciature.

“Non è vero..” tentò di dire ma il cuore le salì in gola bloccandole le parole.

“No?” le chiese Elijah suadente all’orecchio stringendo di più la presa, mentre invece con l’altra mano fredda le sfiorava delicatamente i capelli.

Briony sentì quelle sensazioni contrastanti farle esplodere qualcosa di rovente nel petto, che si liberò senza che lei potesse evitarlo.

Si scansò rudemente via da lui con una forza improvvisa:

“È questo che vuoi allora Elijah? È questo il tipo d’uomo che vuoi essere? Come un..” Briony si interruppe improvvisamente, terrorizzata all’idea di essere andata troppo oltre.

Implorò i suoi occhi di non incrociare la traiettoria dello sguardo di Elijah perché ne sarebbe rimasta annientata. Ma la potenza dello sguardo livido e grave del vampiro fu quasi un richiamo affinchè i suoi muscoli agissero e alla fine lo guardasse.

Era peggio di quanto si aspettasse… molto più doloroso e devastante.

“Come cosa? Un mostro?” La voce di Elijah era gelida, distante, piatta come la lama di un coltello.

Briony sembrò rendersi conto di ciò che aveva fatto e scivolò in un silenzioso sgomento, chiudendo gli occhi.

Ma le parole sono come le frecce. Una volta scagliate non puoi più farle tornare indietro.

E quelle parole che Elijah aveva dedotto dai suoi occhi, dalla voce del suo cuore, sembravano scagliarsi su di lui a velocità omicida. Appariva comunque gelido, forte come una statua priva di emozioni per impedire a quelle frecce di penetrare a fondo e farlo sanguinare.

Eppure con quelle poche parole qualcosa nel profondo di lui morì.

Un sorriso amaro e gelido mascherò poi i suoi veri sentimenti:

“Brava, finalmente l’hai detto. Finalmente hai fatto venir fuori ciò che pensi veramente. Che gran peso ti sarai tolta.” La sua voce affilata come un coltello tagliò la stanza.

Briony sentì le lacrime punzecchiare le palpebre chiuse, come se fossero acido. Non riusciva a guardare Elijah, non voleva neanche farlo perché le sue parole pareva frustarla per farla voltare e affrontare lo schiocco.

Da codarda non ci riuscì. Sarebbe stato troppo vedere l’espressione di Elijah e i suoi occhi traditi. Perché nessuno veniva a ucciderla quando lo desiderava? Sarebbe stato meglio pur di non sentire il tormento che la lacerava in due e impedirle di fare altro male.

Elijah vedendo che Briony si ostinava a non guardarlo e non tentava neanche di replicare, sentì qualcosa di martellante e estraneo all’altezza del petto.

Il dolore ritornò, più forte. Lui lo ricacciò giù.

Di nuovo mascherò il suo viso con un sorriso diabolico:

“Tranquilla, non ti farò niente anche se mi hai appena descritto come una bestia. Sebbene questi tuoi atteggiamenti non mi rendono le cose facili.” mormorò canzonatorio girando per la stanza e imprigionandola col suo sguardo tetro.

Elijah sentiva il mostro dentro di lui agitarsi e tentò allora di rimetterlo in gabbia, come se il suo onore lo obbligasse a farlo. O forse malgrado tutto non voleva che lei lo vedesse veramente, non voleva che proprio lei subisse la sua furia, nonostante tutto.

L’Originario girò lo sguardo nel quale sembrava albergare una guerra tra le due parti di se stesso, e si irrigidì per bloccare il tutto.

Briony dopo la sua risposta scosse disperatamente la testa, non riuscendo più a trattenere le lacrime all’interno delle palpebre. Andarono giù nelle guance come lava.

“Non volevo dire questo.. non l’ho mai pensato.” bisbigliò addolorata maledicendosi per ciò che aveva fatto. Lei sapeva che Elijah non era un mostro, anche se a volte faceva finta di esserlo e recitava alla perfezione quella parte. Ma allora perché non era riuscita a fermare il corso delle parole?

Sentiva i loro cuori andare in fiamme nello stesso istante. Fuoco nato dai loro sentimenti che li aveva bruciati fino a consumare ogni loro più piccola speranza.

Briony non smetteva di scuotere la testa mentre i polmoni soffocavano i singhiozzi.

Elijah sembrò indurire la dose e rimarcare nuovamente la sua corazza mentre bisbigliava amaramente il nome di Briony per due volte, scuotendo la testa.

“Nessuno legge bene nel tuo cuore come faccio io.” Rispose lui duramente per non lasciarle via di scampo.

“E leggi male allora!” ribattè lei agitata cercando ogni possibile scusante, ma la verità era che non esisteva. Troppe volte si erano fatti del male, e le cure per le ferite non erano abbastanza.

Elijah la fissò indecifrabile. Era riuscito a rimettere in gabbia il mostro che albergava dentro di lui, ma la glacialità del suo sguardo era anche peggio di ogni possibile atto feroce o violento. Quel ghiaccio bruciava e ti faceva affondare.

Di nuovo un piccolo sorriso amaro:

“Forse davvero mi sono sbagliato.” Le rispose.

Briony sentì allora un pugno allo stomaco che la privò del respiro, pensando che la risposta di Elijah nascondeva un doppio senso.. forse lui pensava di essersi sbagliato sul credere ciecamente circa i sentimenti che lei provava, sul suo amore per lui..

Sentì il cuore precipitare nel baratro a quella scoperta. Lui non poteva pensare una diavoleria del genere… qualunque cosa ma non quella… Nonostante quello che avevano e stavano passando, lei non aveva mai smesso un minuto di amarlo.

Briony alzò il viso verso di lui per potergli parlare, ma Elijah distolse lo sguardo… non prima però che lei scorgesse il dolore nei suoi occhi neri.

Briony fece dei passi verso di lui pregandolo con lo sguardo e con le lacrime, ma lui le rivolse poi un’occhiata così raggelante da paralizzare i muscoli.

Senza neanche attendere un secondo, Elijah uscì a falcate dalla stanza senza più degnarla di uno sguardo.

Briony sgranò gli occhi imperterrita e dopo un attimo di esitazione gli corse dietro. Voleva averlo, cercare di trattenerlo prima che le scivolasse via tra le mani.

Lo chiamò a gran voce per fermarlo e lo prese per un braccio.

Lui si liberò subito dalla presa, scostandosi bruscamente come se fosse stato fulminato dal suo tocco.

“Non ti ho chiesto di seguirmi.” le sibilò a voce alta, così temibile da far tremare le travi del soffitto e percuotere Briony nell’animo. Sembrava le stesse mandando lampi gelidi attraverso gli occhi neri. 

Briony a sua volta si era appiattita contro il muro a causa del gesto improvviso del vampiro.

Lo guardava con occhi supplicanti ma questo non bastò a far leva su di lui. L’ unico modo per affrontare il dolore era trasformarsi nel mostro che lei lo accusava di essere. Elijah non mostrò nessun biasimo per lei né si lasciò scalfire per come l’aveva mandata via.

Non la toccò, ma semplicemente per diversi secondi la guardò in quella maniera che avrebbe paralizzato chiunque. Non le aveva mai rivolto quello sguardo, Briony lo sentì passarle sotto la pelle e immobilizzare ogni singolo muscolo del corpo.

Elijah le rivolse un’ultima occhiata fredda e poi si dileguò fuori casa sua come se fosse vento.

Briony provò a chiamarlo ma non servì a nulla.

Si accasciò alla fine contro il muro sentendo ogni ossa scricchiolare per un male incurabile.. era la sofferenza di cui il suo cuore è pieno.

Tentò di mantenersi forte e di non farsi abbattere, ma era un’impresa impossibile e ai limiti dell’umano. Non voleva impazzire per il dolore che veniva arrecato al suo cuore, ma invece avvenne.

----------------- 2 PARTE ------------------------

 

Non sia mai detto che Mystic Falls non organizzi  una bella festa sebbene qualche giorno prima ci fosse stato un funerale.

Briony non ne capiva proprio il motivo, stentava davvero a crederci che la signora Lockwood avesse dato il suo consenso dopo ciò che era successo a suo figlio. Ma forse era un modo per diminuire il dolore asfissiante, cercare di andare avanti, o ricordare con gesti felici la memoria di Tyler.

La ragazza si guardava attorno scrupolosamente mentre veniva organizzata la festa di fine anno scolastico. Caroline non c’era a preparare il tutto, era così disperata per la morte del fidanzato che non voleva uscire di casa. E Briony poteva benissimo comprenderla... qualche minuto prima era passata da lei per vedere come stava. Ma lo stato della vampira era incommentabile.

Briony non si era neanche vestita elegante per la festa perché non credeva fosse il caso di mettersi in ghingheri quando era ancora provata per via del funerale. Si era vestita in maniera semplice: con una t-shirt, dei jeans, e scarpe da ginnastica. Poteva anche mischiarsi con gli studenti e nessuno avrebbe riconosciuto la differenza d’età.

Andò al tavolo dei drink per prendere un bicchiere d’acqua e sentì dei ragazzi parlare di quanto la festa fosse in memoria di Tyler, per questo non l’avevano rimandata. E anche perché era sempre una buona occasione per divertirsi, aggiunse un altro tizio.

Briony ascoltò noncurante ma la parola festeggiamenti le fece venire in mente un’orribile sensazione… sentì lo stomaco chiudersi.

Il sogno che aveva fatto…. Quello della grande sala dove tutti festeggiavano con musica e cibi prelibati. Accorgendosi però alla fine di star banchettando con dei morti.

E Tyler, si ricordò bene, era in mezzo alla fila dei cadaveri.

Briony tentò di ricordare lo stato del ragazzo, se per caso aveva un buco nel petto laddove c’era il cuore, ma era così sotto shock che non ci riusciva.

Sembrava che la morte avanzava verso di  lei, e lei sola ne portava il peso.

Briony invece di bere un bicchiere d’acqua, bevve il primo drink che le capitò a tiro per cercare di scacciare il malumore. Non riuscendoci ne bevve un altro e cominciò a camminare freneticamente.

Aveva bisogno di parlare con Ylenia, le aveva promesso che sarebbe venuta lì e magari con lei avrebbe trovato una spiegazione plausibile…

Briony si sentì la bile in bocca mentre si appoggiava a un tavolo addobbato per la festa. Cercò di tornare a respirare normalmente quando sentì una voce squillante vicino a lei.

“Ciao Briony. Non sapevo venissi.”

Briony si voltò e vide Rebekah bellissima e perfetta come al solito. Ma qualcos’altro attirò la sua attenzione. Lo intuì anche grazie dall’odore familiare che sentì nell’aria, dalla tensione che invase il suo corpo tutto ad un tratto.

Quando sfocò meglio la visuale, vide Elijah al fianco della sorella. Sembrava assorto nei suoi pensieri, stava di profilo, e la mano teneva un bicchiere. Il ghiaccio che tintinnava all’interno fu l’unica prova che dimostrò che il vampiro non si era tramutato in una statua immobile.

Eppure la linea del suo sguardo era dura e severa come non mai.

Briony deglutì la poca saliva che aveva in bocca:

Rebekah ehi.” Mormorò con un sorriso smorzato, non riuscendo a non guardare di sottecchi Elijah che sembrava ostinarsi a non guardarla neanche per sbaglio.

Rebekah dal canto suo fece finta di non notare la tensione che si era creata, e si guardò attorno:

“Speravo ci fosse più allegria e meno mortorio. D’altronde è la festa di fine anno scolastico e se non ci divertiamo adesso quando lo facciamo!”

Briony sospirò tornando a guardare l’Originaria negli occhi:

“Il figlio del sindaco è appena morto, Bex.” disse tentando di farle capire ma Rebekah aveva tante buone qualità nascoste però non di certo una sana comprensione per cose simili.

“Sono morte tante di quelle persone in questa città da perdere il conto. Una in più, una in meno..”

Briony non riusciva a fare a meno di guardare Elijah con sguardo tentennante e nervoso. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché lui la guardasse, anche se solo per un istante, ma il vampiro rimaneva immobile e gelido come un iceberg in un mare in tempesta.

Rebekah si guardò di nuovo attorno e si voltò verso il fratello, dicendogli che sarebbe andata a fare un giro e lo raccomandava di tenere d’occhio la situazione visto che c’era anche Kol.

Elijah assentì solamente con la testa, continuando a far tintinnare il ghiaccio nel bicchiere, poi Rebekah se la svignò lanciando un’occhiata maliziosa a Briony.

La ragazza sentì le guance in fiamme per quel tentativo di lasciare soli lei e Elijah… tentativo vano se l’Originario rimaneva così… indifferente a tutto.

Briony si inumidì le labbra mentre portava la mano sopra il tavolo dietro di loro. Cercò di non lasciarsi raggelare dal gelo che Elijah emanava, seppur non facendo nessun gesto eccessivo. Il termine esatto era che non faceva proprio alcun gesto, come se fosse disinteressato.

“Elijah per quello che è successo..”

“Non ha importanza.” ribattè lui come per concludere qualsiasi discorso e non farne iniziare altri. Faceva finta di nulla e forse voleva davvero farlo, come se fosse un castigo per lei.

Il ghiaccio del bicchiere tintinnò ancora e Elijah se lo portò alle labbra finendo il drink.

Anche quell’eleganza la intimidiva. Come se lui non avesse perso quel lato di sé, ma trasudava comunque una freddezza tale da rabbrividire.

“No, voglio che tu sappia quanto mi dispiace per come mi sono comportata..” tentò di dire lei, guardandolo.

Elijah finalmente si voltò verso di lei. Ma per Briony era meglio che non l’avesse fatto.. nello sguardo di Elijah c’era solo vuoto, scavato da una linea tesa che dimostrava che sicuramente nascondeva qualcos’altro sotto la sua maschera di gelo. Eppure l’impassibilità per le parole di lei fu totale.

In poco tempo l’Originario tornò a fissare il nulla davanti a sé, liberandola dal suo sguardo ma non dal macigno che Briony portava sul petto. Si morse nervosamente le labbra e gli portò la mano sul braccio.

“Ti senti bene?” domandò timorosamente.

Vide Elijah alzare lo sguardo al cielo con un sorriso che non contagiava però gli occhi:

“Tranquilla Briony. Ti stai comportando benissimo. Si direbbe che tu sia veramente sincera nel trovarti bene con un mostro.” rispose lui infine tornando a fissarla. Aveva un sorriso tirato sulle labbra e un’espressione fredda nei occhi.

Avrebbe fatto più male se nel tono della sua voce ci fosse stata accusa o odio. Invece no, anche in quel momento Elijah dimostrava freddezza, una galanteria estenuante e sadica, e infine indifferenza. Era quella la lama che lui usava per ferire. Più tagliante di qualsiasi altra.

Briony lo guardò impotente negli occhi neri: quelli erano occhi profondi e misteriosi, capaci di attrarre e confondere allo stesso tempo, senza mai mostrare che cosa celassero veramente nei propri abissi.

“Elijah non..”

“Dobbiamo parlarne ancora? Non sapevo soffrissi di amnesie, ti ho già ripetuto che non ha importanza.” ribattè lui fermamente, sempre trattenendo ghiaccio negli occhi neri.  In quel momento invece gli occhi erano freddi e distanti, in grado di lacerare e trafiggere. 

Sembrava una statua dura priva di emozioni, non trasudava nulla se non indifferenza.

Briony si innervosì, sentì una collera crescere dentro di lei e girò il viso lontano da quel ghiaccio.

“Fai come vuoi.” Ribattè lei a denti stretti, serrando le braccia al petto.

Elijah non ne rimase affatto turbato.. come se si fosse richiuso all’interno della sua armatura dove aveva lasciato spazio, dentro di sé, ad un arido e indolore senso di vuoto. Preferiva lasciar spazio a quello, pur di non sentire l’eco aspro delle parole di lei.

Come un mostro.

 Briony a sua volta sentiva qualcosa stritolarle il petto. Non riusciva a frenare le parole, non riusciva a sopportare quel silenzio che avrebbe tanto voluto riempire con la sua voce.

Tornò a guardarlo. La stizza che sentì nel vederlo ancora così apparentemente elegante, così gelido mentre deponeva il bicchiere sul tavolo, aumentò a dismisura. Si era girato verso la sua parte nel farlo, ma sempre attento a non sfiorarla e a guardarla.

Questo la irritò ancora di più

“Sei un uomo di ghiaccio, Elijah” si lasciò scappare in un soffio duro.

Lui tornò a guardare dritto di fronte a sé. Sulle labbra alleggiò un sorriso:

“Me l’hanno detto in tanti, e talvolta lo penso anche io.” mormorò sovrappensiero.

Briony non ce la fece più a sopportare quella farsa. Se Elijah era ghiaccio, lei si sentiva fuoco invece. Voleva che lui facesse qualcosa, qualunque cosa, ma quell’indifferenza la uccideva.

“Perché ti comporti così e non mostri ciò che senti veramente? Urlami pure che mi odi se è ciò che pensi.” Disse prendendolo per un braccio.

Lui allora si voltò verso di lei. La fissò a lungo. Non aveva mai avuto un’espressione tanto dura e distaccata.

Briony traballò, aspettando qualcosa da lui, ma Elijah non disse niente. Sembrava congelato da un freddo invernale che stava invitando dentro di sé pur di intorpidire ciò che sentiva davvero. Ciò che gli faceva male.

Rimase formale e immobile finchè non si voltò e se ne andò, scostando la sua presa.

Briony rimase a guardarlo con sguardo sconfitto e poi anche lei si voltò, come se non sopportasse la visione di lui che le dava le spalle. E alla fine anche lei se ne andò di lì.

Voleva nascondersi da lui, dai sentimenti che erano scaturiti in se stessa, dalla grande e divorante paura di essere incapace di trovare speranza in una felicità che entrambi potevano avere.

Ma la sua infelicità cresceva ogni giorno.. sembrava che Elijah e Briony fossero in un limbo, schiacciati dalle loro stesse colpe. Avrebbe tanto voluto sfuggire a quel limbo ma non trovava la porta giusta per farlo perché altrimenti c’era il rischio che sarebbe caduta sempre di più nel baratro.

Camminò fin dentro a casa Lockwood per richiudere fuori il resto del mondo. Andò in una saletta e prese qualcosa da bere anche se non sarebbe servito a molto. Nessuna infatti delle tante spiegazioni che si diede, o l’alcool, le sembravano potessero alleviare quello che era il dolore sia suo che di Elijah.

Andò vicino a un tavolo dove serviva da mangiare. La piccola sala era vuota e silenziosa, ma alle sue spalle Briony sentì dei passi.

“Bella festa vero? Ho visto il menù pieno zeppo di vampiri, non potevo chiedere di meglio”

A quello frase inquietante Briony si girò circospetta e per poco non si soffocò col cibo.

Davanti a lei c'era Willas. Postura arrogante, non indossava qualcosa di elegante ma una tuta semplice mentre i capelli cadevano ondulati sopra le spalle.

“Che ci fai tu qui?” sibilò lei aspra mettendosi subito in allarme.

Willas scrollò le spalle noncurante, come se considerasse la cosa più normale del mondo partecipare a una festa di vampiri.

“Volevo dare un’occhiata in giro. Sono stato piuttosto assente in questo periodo, a questa città sarò sicuramente mancato visto che è ricolma di succhiasangue” rispose con un ultimo sorriso da canaglia.

Poteva anche essere considerato bello fisicamente ma Briony riuscì solo a provare del ribrezzo verso di lui.

“Se vuoi fare una carneficina davanti a tutti scordatelo.”

“Non è mia intenzione, non sono plateale in queste cose. Mi manda Connor a essere sincero.” rispose lui inclinando la testa da un lato.

Briony aggrottò la fronte restando sul chi vive. Fissava con la coda dell'occhio la porta mezza chiusa ma sembrava non passasse nessuno. E mettersi a urlare non sarebbe stato  saggio.

Willas intanto rispose:

“Mi ha preso per il suo messaggero visto che la sua favorita è crepata all’improvviso.. ma almeno potrò prendere la palla al balzo per rilassarmi alla festa no?”

Quello sguardo saccente le fece saltare i nervi

“Dammi il suo messaggio e vattene in fretta” ribatté picchiettando sopra il tavolo.

“Veramente sei tu che devi rispondere alla sua offerta… sbaglio o non hai accettato né rifiutato?” chiese lui allusivo alzando il mento.

Briony si sentì pungere come da dolorose e acute spine. Non voleva pensare a quel diabolico di Connor, alla sue parole e alle sue minacce.

Instaurò un blocco dentro di sé mentre si avvicinava a Willas e tenendo uno sguardo glaciale:

“Non ho voglia di pensarci adesso. E tu faresti meglio ad andartene prima che..”

“Prima che cosa? Mi ucciderai come con Charlotte? Tesoro avrai notato che sono ben più robusto di lei, non mi manderai a tappeto con facilità.”ribattè lui con un sorriso arrogante da increspare i lati del viso.

Briony si lasciò invadere da un fiume d'odio. Non avrebbe permesso a quel mostro di avvicinarsi alle persone che amava, costi quel che costi.

Prese velocemente un bicchiere pieno di champagne e glielo rovesciò apposta in pieno viso.

Willas tenne gli occhi chiusi, il liquido scendeva lungo il viso. Quando riaprì gli occhi, questi la incatenarono in una stretta mortale: erano diabolici.

Briony prese subito un coltello trovato sul tavolo e glielo puntò contro il viso, come se lo volesse sfracellare. Willas anticipò il suo gesto senza scomporsi più di tanto. Le afferrò il braccio all' altezza del gomito prima che il coltello gli si avvicinasse.

Briony grugnì cercando di affondare il coltello nel punto dove voleva lei; non poteva ucciderlo però se gli avrebbe conficcato la lama in un occhio sicuramente gli avrebbe fatto un male cane. Ma sembrava che le mani di Willas fossero cemento.

"Vattene. Qui non c'é nulla per te" gli sibilò duramente.

Lui le rivolse un sorriso spento, prima di prenderla di peso e lanciarla contro il muro come se fosse una palla da lancio. La botta la lasciò senza fiato e Briony cadde sulle ginocchia sentendo la testa pulsare come un forte trapano. Il coltello finì lontano. Vide con occhi annebbiati la figura di Willas avvicinarsi a lei e sorreggerla contro il muro senza alcuna grazia. Briony rinsavì e gli mollò una sberla in faccia così forte che lo prese in contropiede, e lei ne approfittò per scappare via spostando freneticamente i mobili per facilitare la fuga.

Non fece molta strada perché Willas le si parò di fronte con sguardo furibondo.

"Che hai intenzione di fare mocciosa?" sibilò lui minaccioso come se la distanza d'età fosse più grande di quel che era.

Briony serrò duramente il viso. Non voleva gridare perché se fosse accorso qualcuno di innocuo chissà cosa avrebbe fatto Willas per tappargli la bocca.

Il cacciatore protese le mani e le afferrò rudemente il colletto della t-shirt, facendole alzare un po’ i piedi da terra.

"Stammi bene a sentire.." cominciò lui ma non riuscì a finire che Briony approfittò della posizione per mettergli le mani sulle spalle e sferrargli un calcione dritto in stomaco. Lui la liberò piegandosi in due per il colpo, e lei gli passò di fianco di volata per correre via. Briony si sentiva sfiancata e indebolita tutto a un tratto pur non sapendone il motivo, quasi si sentisse  degli aghi nello stomaco. Senza rendersene conto si sentì afferrare da una forza violenta e venne scagliata per terra, come se fosse una palla da bowling che aveva messo a tappeto tutti i birilli.

Briony a fatica alzò il busto, il respiro era debole mentre Willas era davanti a lei in posizione rilassatissima, come se quello fosse un niente per lui. Lo sguardo era privo di espressione mentre muoveva le labbra.

"Ti stai mettendo in un gioco più grande di te. Se vuoi avere la benché minima possibilità di sopravvivere devi sapere da che parte stanno i vincitori. E tu ti trovi dalla parte opposta"

Briony lo guardò ostile.

Sapeva che doveva aver paura ma sentì dentro di sé un totale distacco che la faceva apparire fredda.

Si rimise in piedi tenendo sempre lo sguardo incollato a quello di Willas, che la guardava come se fosse una completa stupida. Questa volta però Briony  non si prese nemmeno la briga di correre che infatti afferrò un vaso che c’era su un tavolo e lo tirò in direzione della testa di Willas. Lui intercettò il colpo con un braccio ma non così velocemente che infatti questo andò in frantumi contro la parete vicino a lui. Schegge impazzite rimbalzarono e Willas barcollò all'indietro tenendo ancora il braccio alzato.

"Ora basta!" gridò lui imbufalito, riprendendosi subito.

Briony non riuscì a combatterlo quando Willas  le saltò addosso, colpendola come un grosso macigno pesante. Briony atterrò all’indietro, evitando di poco di sfondare il tavolo.

Non ebbe però granché fortuna perché Willas le finì sopra; Briony si sentì soffocare dal suo forte peso  come se la stritolasse. Cercò di spostare via il suo petto o di dargli delle ginocchiate ma le sembrava di tentare di spostare una montagna. Almeno Willas aveva il fiato accelerato, segno che era stato indebolito e lei non ne fu per nulla dispiaciuta.

"Non sono venuto per scontrarmi con te, quindi finiscila." mormorò lui ostile, alzandosi poi. La sollevò con sé con poco garbo e la fece sedere forzatamente su una sedia.

Briony lo assecondò seppur malvolentieri; si sentiva tutta sotto sopra come se il collo rischiasse di rompersi da un momento all’altro. “Sei già stanco, Will?” lo canzonò lei arrogante facendo finta di non sentire male.

Sentì il sorriso nella voce di lui. “Di cosa dovrei aver paura? Di te? Si vede lontano un miglio quanto sei debole, il sentimento che provi per quel succhiasangue lo dimostra.”

Briony sentì la rabbia invaderle le vene come aghi, e strinse forte le mani sulle ginocchia per calmarsi. Lo guardò con ostilità.

Per la prima volta notò negli occhi scuri di lui un colore rossastro che gli circondava la pupilla.

“E tu sei un verme vuoto. Ho ricevuto il tuo messaggio, te ne puoi anche andare ora.”

“Me ne vado, me ne vado.” ribattè lui stranamente indifferente e mettendo a posto il tavolo. Briony avrebbe tanto voluto conficcargli qualcosa nel cervello, magari un pezzo rotto del vaso, ma non appena cercò di alzarsi lui si girò verso di lei con uno strano sguardo:

“Che fortuna devi possedere ad aver sempre le spalle coperte, una famiglia vera e un mostro che ti protegge. Sembra quasi uno scherzo del destino, ma in fondo è una fortuna” Quelle parole ambigue la lasciarono perplessa e la bloccarono.

Ma si paralizzò ancor di più quando sentì una voce provenire dalla porta che era appena stata aperta.

“E io sono fortunato ad avere lei.”

La profondità di quelle parole la indusse ad alzare lo sguardo al di là della spalla di Willas, dove incontrò gli occhi neri e terribili di Elijah.

Ma questi non stavano guardando lei, stavano fissando scrupolosamente l’uomo di fronte a lei il quale si girò non appena udì quelle parole. All’inizio Willas sgranò gli occhi sorpreso, non aspettandoselo forse, ma poi riprese il controllo non facendo trapelare nessuna paura.

Elijah avanzò lentamente verso di lui, l’ira malcelata da una calma agghiacciante.

“Spero di non interrompere niente perché altrimenti dovresti levarti dalla mia vista”

Willas lo guardò in faccia per nulla intimorito, mentre Briony si alzò dalla sedia guardando titubante i due uomini. Inviava pensieri maledetti al cacciatore, ordinandogli di andarsene via subito ma lui era tranquillissimo.

“Sei tu quello di troppo, stavo solo conversando” rispose Willas impassibile, non sbattendo neanche le palpebre.

Briony riuscì a percepire la furia montante in Elijah, che in quel momento riusciva a mascherare con una glacialità impeccabile.

Il vampiro fece un altro passo in avanti, tenendo lo sguardo inquietante fisso sul cacciatore.

“Hai oltrepassato ben oltre la mia pazienza. Ti consiglio di andartene e di non ritornare, se non vuoi che ti faccia sputare l’anima.” In quella voce c’era una rabbia contenuta. Fredda e tranquilla. Soprattutto quello faceva paura.

“Non avrò problemi con la tua allora, visto che non la possiedi più.” rispose Willas stupidamente con un ghigno rabbioso.

Fece un balzo in avanti all’improvviso, Briony gli urlò di non azzardarsi a farlo e cercò di trattenerlo per il braccio, ma Willas si era già lanciato contro Elijah.

Briony udì il rumore di due pietre che si spaccano in un suono tremendo e orribile. Willas era stato lanciato in aria contro la parete dove si era creata una profonda crepa.

Elijah era di fronte in lui, in posizione d’attacco ma anche elegante. Briony guardava lo spettacolo con respiro accelerato, come se avesse ricevuto anche lei un colpo durissimo alla schiena. Temette di piegarsi in due ma quando vide Elijah avanzare verso Willas e afferrargli il colletto, andò da lui per aiutarlo.

Willas a sua volta prese il vampiro per il collo per indebolirlo, e tentò di afferrare un coccio del vaso spezzato come arma. Briony vedendo la sua mossa diede un calcio al pezzo lanciandolo lontano di lì. Elijah fu doppiamente più veloce. Spinse con forza Willas contro la parete e prese un altro pezzo di vaso a terra vicino a lui, conficcandolo nella spalla del cacciatore con forza così violenta da trapassare il muro.

Briony inconsapevolmente gridò. Non appena Elijah aveva ferito Willas le sembrò che quel pezzo di lama tagliante avesse perforato anche la sua di pelle. Elijah non appena udì l’urlo di Briony si girò sorpreso verso di lei, con sguardo allibito.

Non appena vide del sangue fuoriuscire dalla spalla di Briony, sgranò gli occhi non riuscendo a non impallidire.

Subito lasciò perdere Willas e andò da lei, chiamandola allarmato.

Briony era scemata a terra, sentendo il fiato così accelerato da fracassarle i timpani. Elijah fu al suo fianco cingendola le spalle con tutta la delicatezza di cui disponeva, mentre lei si aggrappò al suo petto col sangue che fuoriusciva abbondante dalla spalla.

“Quel figlio di puttana” mormorò Willas ad un tratto a denti stretti, forse per il dolore o per la rabbia, mentre si sfilava dalla spalla il pezzo di vaso. 

Elijah lo guardò un attimo impassibile per poi mettere delicatamente una mano sulla spalla di Briony per verificare quando fosse grave la ferita e dicendole di calmarsi. La mano si insudiciò subito di sangue. Briony teneva dolorosamente gli occhi chiusi per sopportare il male.

All’improvviso qualcuno entrò nella stanza. Briony sentì un rumore di tacchi e la voce di Ylenia che chiedeva cosa diamine stesse succedendo.

Elijah ancora la sosteneva mentre parlò. “Aiutala” disse solamente, lasciandola nelle mani di Ylenia.

Briony sentì un vuoto laddove c’era prima stato Elijah al suo fianco, come se avesse disperatamente bisogno di lui in quel momento. Ma nonostante tutto si sentì molto meglio quando Ylenia appoggiò le mani sulla ferita e mormorò delle parole incomprensibili. Il bruciore alla spalla lentamente scemò.

Intanto Elijah si era parato di fronte a Willas, che aveva tentato di rialzarsi e guardava sia il vampiro sia Briony.

“Per il tuo bene è meglio che te ne vai.” ordinò l’Originario glaciale.

Willas smorzò la tensione con un sorriso. “Quel figlio di puttana ne ha fatta un’altra delle sue. Ma questa volta non la passerà liscia. E neanche con voi finisce qui” mormorò lui a denti stretti tentando di tamponare la ferita.

Ovviamente qualcuno doveva aver legato Briony e Willas come Esther aveva fatto con i suoi figli. Chi fosse il colpevole di tutto ciò non tardò ad arrivare nella mente di Briony, specie i commenti di Willas che non doveva essere affatto d’accordo di essere legato a una che poco prima aveva definito una mocciosa.

Elijah tenne sul cacciatore uno sguardo glaciale, e Ylenia lo guardò per dirgli:

“Lascialo andare, è meglio così per oggi.”

L’Originario fissò lo sguardo tentennante della strega, scorgendo ciò che pensava:

“Non c’è bisogno che tu mi guardi in quel modo, non gli torcerò un capello.” mormorò lui freddo.

Briony allora lo guardò con la testa ancora in panne. Ovviamente Elijah non avrebbe fatto nulla a Willas pur di non nuocere a lei. Ma essendo stato etichettato come un mostro e da come veniva guardato - come se venisse associato alla freddezza, al terrore e alla morte – era in dovere di mettere le cose in chiaro, di schiacciare almeno un po’ quel freddo invernale dentro di sé facendo così esternare i suoi veri sentimenti.

Willas diede un'ultima occhiata di sufficienza ai presenti e se ne andò trattenendo la furia. Briony fra sé e sé intuì dove si stesse dirigendo.

“Questo non lo sapevo Briony, te lo giuro… non avrei mai pensato a una simile…ma  adesso quel bifolco mi sente” proruppe Ylenia adirata prendendo il cellulare in mano e digitando alcuni numeri in fretta.

“Dobbiamo portarla via di qui prima che venga qualcuno.” disse ancora mettendo il cellulare all’orecchio.

Briony all’improvviso si sentì sollevare da due mani leggere come ali di farfalla, ma anche forti che le impedirono di scendere. Elijah senza emettere fiato né guardarla la condusse via di lì e la portò nelle camere al piano superiore, mentre Ylenia si dirigeva da un’altra parte per parlare ovviamente con Connor.

Lungo il tragitto Briony non osò respirare per paura che il respiro andasse a scontrarsi contro il viso di Elijah, che rimaneva a guardare dritto davanti a sé. Le sembrava di essere in apnea tra le sue braccia, la testa era libera da qualsiasi pensiero seppur le facesse ancora male.

Entrarono in una camera da letto fortunatamente vuota e Elijah la mise delicatamente sopra il letto. Briony notò che la mano del vampiro era ancora sporca del suo sangue, e qualche secondo dopo lui la stava ripulendo con un fazzoletto. Durante quel gesto lui non aveva smesso un attimo di fissarla.

Briony anche se era ancora debole sentì le guance incendiarsi per quello sguardo. Sembrava le trapassasse l’anima.

Elijah dopo aver finito, disse:

“Sei ancora troppo sporca di sangue. Dovrei ripulirlo.” Il tono di voce che fuoriuscì fu normale e perfettamente tranquillo. Ma Briony invece traballò colta da un brivido.

“Per favore non tremare in quel modo. Voglio solo constatare quanto è grave la ferita, non ti farò nulla”

Ma Briony non aveva tremato per la paura, ma per qualcos’altro di radicalmente opposto. Sentì il cuore battere impazzito, come se fosse risorto dal suo tetro mutismo.

“Va bene.” disse lei solamente, abbassando lo sguardo per cancellare il rossore.

Sentì Elijah avvicinarsi, lei rimaneva rigida in attesa, mentre lui prendeva un altro fazzoletto dal taschino della giacca e si inginocchiò di fronte a lei. Con un sospiro, lui prese una bottiglietta d’acqua lì vicino, la aprì e inumidì il fazzoletto.

Briony era tutta un fascio di nervi mentre aspettava. Non sapeva cos’altro fare, sentiva solo il cuore in gola.

Elijah si sedette sul letto, dietro di lei. Mise delicatamente una mano sulla sua spalla ancora macchiata dal sangue, e poi finì sul suo collo.

Il colletto della t-shirt era troppo accollato per scostarlo fino giù alla spalla e Briony sentì il cuore accelerare all’inverosimile quando capì che era meglio cavarsi proprio la maglietta. Cercando di tenersi tranquilla, portò le mani sull’orlo della t-shirt alzandola lievemente ma il gesto le venne impacciato a causa del dolore alla spalla.

Elijah rimase a guardarla con sguardo indecifrabile, poi la bloccò.

“Ti aiuto io.”

Briony non appena sentì le sue mani gelide sollevarle lentamente la maglietta, temette di rischiare di svenirgli addosso. Cercò di riprendere il controllo del proprio corpo, ma davvero non ci riusciva, come se rispondesse al tocco di Elijah. Fremette quando sentì le sue dita sfiorarle la pelle mentre cercava di alzarle la maglietta. 

Briony si lasciò semplicemente guidare da lui, quasi fosse uno strumento in suo completo potere. Il fiato era corto ma non le importava di respirare in quel momento.

Elijah le sfilò la maglietta dal braccio buono, tenendo immobile la spalla dolente, e finalmente se ne liberò in un gesto.

Briony si sentì nuda sotto il suo sguardo anche se portava il reggiseno; aveva la pelle d’oca ma non appena la mano di Elijah le sfiorò la spalla, ribollì violentemente come se il sangue fosse andato all'improvviso in escandescenza.

Lui le mise da una parte i lunghi capelli e cominciò a lavare via delicatamente lo sporco che si era insidiato sulla pelle, togliendo tutte le macchie di sangue.

Briony chiuse gli occhi sentendosi andare in iperventilazione, e pregò che quella tortura finisse presto oppure durasse in eterno. Non sapeva quale augurarsi ma per il suo stato mentale forse era meglio fermarsi. Ogni volta che Elijah le passava delicatamente il fazzoletto sulla pelle, sentiva un formicolio che le impediva di ragionare e la mandava in fibrillazione. Il cuore batteva forte ma non per il male.

Lo sguardo di Elijah era attento ma non faceva trapelare nulla. Finì accuratamente di pulire non emettendo mai fiato e non mostrando nessun tentennamento nel vedere tutto quel sangue. La maestria dovuta a 1000 anni di allenamento per trattenere la sete.. per trattenere dentro di sé le sue vere emozioni.

Briony sentì lo stomaco in subbuglio quando una gocciolina d'acqua scivolò fin lungo il ventre.

Finita l’opera, Elijah le passò la mano davanti al petto e sfiorò la ferita con le dita gelide, facendola sussultare.

"La ferita sta guarendo. Non dovrebbe riaprirsi" mormorò lui calmo, spostando le dita sopra la sua spalla. Briony si sentiva tutta un fascio di nervi ma il respiro di Elijah  su di sé inspiegabilmente la calmò.

Quelle sensazioni contrastanti che si sentiva dentro il petto la fecero impazzire e perdere la concezione della realtà. Briony appoggiò senza pensarci la testa sul petto di Elijah con un sospiro. L'Originario si irrigidì, diventando immobile quanto il respiro.

“Perdonami se ti ho chiamato mostro…. È accaduto anche a me di essere chiamata così ma tu no, non l’hai mai fatto.” Gli sussurrò accovacciandosi contro il suo petto.

Sapeva che le scuse non bastavano, che forse non avrebbero cambiato niente, ma aveva almeno bisogno di dirlo in quel momento. Dovevano godere di quei pochi attimi di serenità che la vita riservava a loro.

Elijah non la guardò, rimase a fissare la sua spalla con sguardo apparentemente vuoto.

Sembrò far parlare il silenzio e il tocco delle sue dita sulla spalla di lei mentre si alzava dal letto, senza però guardarla.

Briony seguì i suoi movimenti tentennando. “Perdonami Elijah, ti prego... non posso vivere sapendo che tu provi rancore nei miei riguardi.”

Lui però restava impassibile ad ogni sua richiesta, sembrava imbalsamato e Briony temette che la odiasse in fondo al cuore. Tuttavia dopo qualche secondo, Elijah si sfilò la giacca, sempre in completo silenzio, e gliela depose sopra le spalle attento a non sfiorarla.

"Ti senti meglio?" le chiese questa volta fissandola e facendo finta di niente.

Lei assentì debolmente con la testa, stringendo la sua giacca come se così lo sentisse più vicino.

Voleva toccarlo, accarrezzargli i capelli, abbracciarlo forte, ma restò dov’era. Aveva paura di se stessa, di lui e delle contrastanti emozioni che sentiva mentre Elijah la guardava in maniera indecifrabile e impossibile da capire.

“Non capisco.. non capisco che cosa stiamo diventando.” Sussurrò lei all’improvviso.

Lui la guardò allora in maniera diversa, come se la stesse scrutando attraverso le sue iridi nere.

“L’amore è differente per ogni coppia. Certe volte è come se fosse un pallido riflesso dell’uccidere.” Rispose lui con perfetta calma, continuando a guardarla profondamente.

Si avvicinò a lei. Briony sentì il rumore dei suoi passi e il proprio cuore martellare nel petto.

“Come quello che abbiamo provato nel farci del male.. anche questo è un pallido riflesso dell’uccidere.” Mormorò lui con un tono di voce più basso, tracciando il suo mento con la punta delle dita.

Briony lo guardò ammaliata senza nemmeno sbattere le palpebre. Era quello che aveva pensato l’altra notte quando era andata da lui in lacrime e si erano lasciati andare ad un bacio inarrestabile, per regalare loro l’illusione di chiudere la realtà fuori da quelle 4 mura e di poter stare finalmente bene.

Ma invece si erano fatti del male, pur amandosi. Avevano sottoscritto l’ennesima condanna del dolore perché la realtà non consentiva loro di amarsi, ma combattevano strenuamente facendosi di conseguenza del male.. come se avessero in una mano il cuore l’uno dell’altra, e nell’altra mano una lama affilata pronta a sventarlo non appena la realtà fosse scese su di loro come l’alba.

Briony sentì la sua carezza bruciare nel viso e deglutì.

“Sì.” Rispose come se quella di Elijah fosse una domanda.

Lui allora le sorrise lievemente, e lei non capì se la voragine che si sentiva nel petto si stesse restringendo o allargando, tanto presa dal rimanere ammaliata dai suoi occhi neri.

All’improvviso qualcuno bussò alla porta e Briony sbattè le palpebre, come se un incantesimo fosse stato appena sciolto. Anche Elijah lasciò andare velocemente la mano, quasi fosse ritornato alla realtà, e si girò per vedere chi entrava.

Era Ylenia, che appena vide Briony apparentemente in forze le fece un debole sorriso.

“Ehi. Ci sono stati alcuni feriti alla festa per cui l'hanno bloccata, ma non hanno nessun sospetto.. Willas sembra scomparso per ora.. avrà capito che non era aria..” Entrò nella camera e guardò Briony col classico sguardo in cui le diceva che doveva parlarle.

Briony si strinse di più nella giacca e si alzò, mentre Elijah diceva che andava a dare un’occhiata in giro. Alla fine lui diede un’ultima fugace occhiata a Briony prima di uscire.

Ylenia diede alla ragazza un cambio di vestiti per farla stare meglio e lei subito accettò pur tenendosi stretta la giacca di Elijah che ancora sapeva del suo profumo.

“Briony… a proposito di quel che è successo… dovrei parlarti” mormorò Ylenia portandosi un capello dietro l'orecchio.

“E’ stato Connor… è furbo per quanto spericolato. Ha legato te e Willas così non ti verrà più l’idea di giocare con i pugnali. E così facendo gli Originali non faranno niente contro di lui per paura di nuocere a te. Mi dispiace..” finì davvero dispiaciuta ma la risposta di Briony fu gelida.

“E’ di Connor che parliamo.. tu dovresti conoscerlo visto che ci sei tanto amica” l'asprezza nella sua voce prese la strega in contropiede.

“Sono dalla parte di Connor ma per dei motivi validi..”

Briony allora la guardò come se volesse scalfire il muro di mistero che Ylenia aveva sempre eretto davanti a sé.

“Ti sta ricattando?”

La strega si inumidì le labbra, nervosa se tenersi i suoi pensieri per sé ma poi alla fine disse:

“Ha promesso che non farà nulla a Finn se farò ciò che lui dice… e… che potrò rivedere una persona col suo aiuto.” la voce di Ylenia tremava, in contrapposizione alla fermezza che l'aveva sempre contraddistinta.

Briony sbatté le palpebre sorpresa:

“Chi?”

Scese il silenzio, Ylenia deglutì più e più volte il rospo che aveva in gola. Ma era un boccone troppo doloroso da mandar giù.

“Mia sorella.” rispose in un soffio.

Briony trasalì letteralmente con gli occhi spalancati. Sorella? Ylenia aveva una sorella?

Non ne aveva mai avuto il sentore.. D'altronde ogni volta che cercava di scavare sul suo passato, Ylenia diventava chiusa ancor più di Elijah.

Come se se ne vergognasse o ne avesse paura.. O ne provasse dolore.

Ylenia girò lo sguardo ricolmo di tristezza.

“E’ morta… tanto tempo fa… ma Connor è molto potente.. e… Briony non sono riuscita a non accettare.. rivedere mia sorella e chiederle perdono è la cosa che voglio di più al mondo.”

Anche un ceco si sarebbe accorto quanto dolore traspariva dagli occhi di Ylenia, era incolmabile. Briony provò un'immensa sintonia per l'amica perché sapeva fino a che punto si poteva amare una sorella, quanto se ne poteva sentire la mancanza o quanto il legame fosse indistruttibile. Magari al di sopra di ogni cosa, e vedendo la tristezza di Ylenia capì che quello era il suo caso.

Le accarezzò il braccio per farsi sentire vicina.

“Non ti devi dispiacere Ylenia… io forse avrei fatto lo stesso al posto tuo. Una sorella rimane sempre una sorella."

Ma poi un lampo le attraversò la mente e subito le lasciò andare il braccio. Lo sguardo divenne di pietra:

“Però allora i tuoi consigli non erano così innocui come volevi far credere. Tutti quei discorsi.. sulla scelta, sul fidarmi di Connor.. è perché vuoi raggiungere i tuoi scopi anche se ciò che dici è sbagliato, vero? Mi hai preso in giro Ylenia?” disse aspra e adirata.

La strega trasalì di colpo per il suo tono, ma gli occhi non ebbero alcun tentennamento mentre parlava, come se fosse sicura di ciò che diceva:

“No Briony. Avrò anche anteposto la famiglia all’amicizia ma non ti avrei mai mandato dritta tra le braccia di Connor sapendo che lui ha davvero il potere di aiutarti. Quell’aiuto che io non potrò mai darti perché sono solo una strega. E anche se Connor è un bastardo, un doppiogiochista e perfido.. sarebbe comunque meglio che continuare a mandare avanti questa assurda storia.. Lo vedo sai, ogni volta che stai con Elijah o diventi un fantasma o un relitto. Sono tua amica e ho il dovere di metterti in guardia qual’ora una storia d’amore non funziona”

Briony si imbestialì:

“Non sono affari tuoi. Decido io per me.”

“Ma tu mi hai consigliato di riprovarci con Finn” replicò Ylenia alzando il sopracciglio a mò di provocazione.

“Perché tu invece sei un fantasma e un relitto nel restare lontana da lui.”

“Hai ragione. E dovrei fare questo anche a lui allora? Sarebbe amore questo? Sono stata troppo egoista, e sì anche stronza con lui. Riprovarci non cambierebbe nulla."

Come al solito la diplomazia nella voce della strega ebbe effetto su Briony, che sentì all’improvviso un vuoto di stomaco.

"Questo varrà per te" mormorò lei sviando lo sguardo.

Ylenia passò qualche secondo a scrutare l’amica con un’occhiata attenta. Briony cercò di far finta di nulla il più possibile.

"Lo stai facendo di nuovo: neghi la realtà e ti aggrappi a un’illusione di pace perché non vuoi farne a meno. Fai del male a te stessa così.” Disse Ylenia alzando il tono della voce per farsi sentire, come se ritenesse Briony anche sorda oltre che ceca.

"Smettila di parlare come un oracolo! Chi ti dà il diritto di darmi dei giudizi?” le gridò Briony adirata.

Anche questa volta Ylenia rimase ammutolita. Divenne una statua priva di espressione:

"Perché credi in un futuro che non si avvererà mai. Ascolta, io potevo avere tutto. E invece ho perso tutto. Scelte sbagliate, non ho voluto vedere cosa stessi facendo. Almeno tu cerca di regalarti un minimo di pace." Replicò in un sussurro uscendo infine dalla stanza.

Briony rimase inerme a guardarla mentre usciva. Ormai non sentiva più male alla spalla. Eppure avrebbe dato qualsiasi cosa pur di sostituire quel dolore fisico con quello dell’anima.

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Klaus non sapeva il motivo per cui si trovasse lì, forse un motivo c’era e si disprezzava per questo, per questa sua debolezza che aveva sempre a sua volta disprezzato negli altri e avrebbe aborrito vederla in se stesso dopo come aveva costruito una nuova identità: più sicura, feroce, potente, impossibile da calpestare.

Cercò di accantonare quel melodramma e andare comunque fino in fondo perché se fosse ritornato indietro avrebbe fatto la figura dello stupido. Aveva sempre intenzione di andare avanti a testa alta e di non farsi sottomettere dalle paure che albergavano, dopotutto, anche in un animo oscuro come il suo. Quella, infatti, era un’altra dura battaglia. Diversa ma comunque dura. E Klaus Mikaelson non avrebbe mollato facilmente.

Suonò il campanello di casa Forbes.

Sapeva cosa avrebbe ricevuto: scarpe col tacco in testa, offese denigratorie, urla e disprezzo. Ma sentiva che una parte di sé voleva essere lì e da nessun’altra parte in quel momento.

Non vedendo nessuno arrivare, suonò il campanello due volte. In caso contrario avrebbe forzato la porta, perché non se ne sarebbe andato prima di parlare con lei.

Finalmente qualcuno aprì la porta. Era Caroline.

Il volto, da sempre conosciuto come brillante e pieno d’entusiasmo, era il ritratto di una violenta disperazione. I bellissimi occhi blu erano cerchiati da profonde occhiaie che risaltavano parecchio sul pallore del suo viso. I capelli biondi, da sempre perfettamente in ordine, erano sciupati e scomposti in ciocche ribelli. Attorno al corpo debole vi era una vestaglia di cotone nero, come se volesse perennemente portarsi addosso il lutto.

Era peggio di quanto credesse. Klaus aveva imparato ad affrontare la morte in un altro modo. Con l’indifferenza, l’accettazione che il destino aveva voluto questo e doveva andare così. O peggio ancora con goduria sadica.

L’ibrido si trovava al di là del cancello, Caroline rimaneva sulla porta a fissarlo con tutto l’odio di cui era capace. Ed era un odio intenso, famelico di affondare i denti.

Ciò nonostante Klaus volle avere la prima parola: “Prima che tu mi urli addosso, sappi che la mia presenza qui da te è sincera e senza secondi fini.” Disse per farle capire implicitamente il motivo che l’aveva condotto dalla giovane Forbes.

Caroline concedette alla maschera d’odio di distorcersi in un sorriso tagliente, fatto solo per ferire:

“Io non ti voglio comunque fra i piedi, Klaus. Né ti ho mai voluto. Se sei sincero o meno, e credimi ho parecchi dubbi su questo visto che sei stato tu a infliggermi questa pena, il mio interesse verso la tua persona è meno di zero. Non vale neanche la pena prenderti a calci. Mi fa schifo persino vederti, figurati toccarti.”

Quel duro colpo si piombò su di lui con più violenza di quanto si aspettasse. Perché nonostante la facciata, era facile ferire Klaus perché era solito a esporre le proprie emozioni con violenta intensità. Raramente e solo per dovere riusciva a bloccarsi. In quel caso, solo l’esperienza contribuì a non mostrare il dolore muto che sentiva.

“Sapevo che avrei ricevuto questo. Ne ero ben consapevole ma come vedi sono comunque qui. Da gran canaglia quale sono non ho intenzione di punirti, bensì farti capire cosa fosse necessario, al di là di impossibile grazie.” Replicò lui saccente e tagliente, sicuro di sé, per far prevaricare come sempre la sua figura di ibrido invincibile. “Perché sì, come avrei potuto graziare il tuo Tyler per l’ennesima volta dopo che aveva ampliamente dimostrato la sua ribellione e si era addirittura inoltrato nella casa di famiglia con intenzioni poco amichevoli?”

Caroline strabuzzò gli occhi per quel patetico e codardo tentativo di difesa: “Credi di avvantaggiarti qualche scusa o ti cambiare versione ai miei occhi?? Oh ma prenditi e vattene! Non avrai nessun potere su di me, e sai perché?? Perché ero pienamente d’accordo con Tyler, anche se sapevo i rischi! Ero fiera di ciò che voleva fare, non volevo che rischiasse in prima persona perché era pericolosissimo per lui, ma il mio sostegno andrà sempre e comunque verso di lui! Mai verso di te!”

Anche quel colpo colpì in profondità, scavando sempre di più, dove pochi vi erano riusciti a raggiungere poiché raramente Klaus permetteva di mostrare quel lato debole di sé. Non erano state le parole in sé di odio a ferirlo – se lo aspettava d’altronde – ma il fatto che Caroline fosse d’accordo con la sua dipartita. Sapeva che si era già alleata con i Salvatore nel tentativo di ucciderlo, ma aveva creduto – sperato – che avesse cambiato idea nel corso del tempo, che le sue parole di un nuovo futuro fossero andate a fondo, che lei potesse davvero comprenderlo e non rifiutarlo come fanno tutti.

L’interesse c’era, l’averlo dimostrato per poi vederselo gettare in faccia in quel modo lo riempiva di furore. Perché mai avrebbe dovuto osare tanto, e lo sapeva bene.

L’ibrido serrò dunque il viso, in maniera dura e terrificante. La figura era tesa, come se stesse per scattare al di là del giardino. Un ultimo impulso lo convinse di non usare la forza fisica su di lei, ma di rendere pan per focaccia.

“Dovrei punirti per questo, love, lo sai che non ammetto le ribellioni o chi trasgredisce le mie regole. Ti ho dato parecchie occasioni ma tu non le hai mai sfruttate. Credo che un giorno o l’altro ti pentirai di non averlo fatto. E prima che tu giudichi: non è una minaccia, solo un dato di fatto. La parte vincente è sempre la mia. Quindi i vantaggi sono tutti miei e gli altri patiscono.” Affermò crudele e feroce, con un luccichio animalesco negli occhi chiari.

Caroline scosse la testa, sorridendo sdegnata. L’odio le riempiva gli occhi, anche verso se se stessa, perché non ammettendolo a parole aveva cominciato a provare qualcosa per quell’ibrido contro la sua volontà, un qualcosa che non era riuscita a definire perché lo temeva e tradiva lei stessa, ma ora poteva solo versarci odio.

“Più parli in questo modo più permetti alla gente di odiarti. E sembra davvero che tu lo faccia apposta, hai così tanta cattiveria dentro che distrugge tutto e te in primis! Oh ma la pagherai per questo!”

Vedendo quella plateale rabbia, Klaus poté solo deriderla.

“Pensi che dovrò temere la reazione dei grandi salvatori della città? Che proverò dei rimpianti? Credo di aver fatto la mia parte qui adesso e tante altre volte, concedendoti il mio tempo e i miei favori.”

Quel tentativo perenne di buttare la colpevolezza dei suoi atti spregevoli su altre persone, di farle sentire pure in colpa, mandò in bestia che Caroline così tanto che perse il controllo che si era prefissata di avere.

Fece degli astiosi passi in avanti, così pieno di rabbia da perforare il terreno:

“E’ inutile che continui! Sono sdegnata che tu mi parli in questo modo, quando sai quanto male mi hai fatto! Dovrei esserti grata?? Per cosa, per avermi avvelenato l’esistenza?? La mia e di quelli che amo? Non saresti mai dovuto venire qui! Tu e quelli come te si prendono tutto il godimento che vogliono, rendendo la vita amara e buia alle persone che non se lo meritano, e poi diventa comodo quando avete finito con la vostra crudeltà, pensare di potervi assicurare la redenzione con qualche parolina o regalo! Basta io non ti credo, non ti concederò più niente, nemmeno un pensiero!”

Quella rabbia vulcanica si catapultò su di lui, fendendolo e attraversandolo. Istintivamente avrebbe voluto afferrarla per il collo e tapparle quella bocca sputa-giudizi, farle rimpiangere tutto, ma non riusciva a non rimanere bloccato, rigido, a farsi assorbire da quelle accuse velenose. Sapeva che sarebbe sempre andata così con lui, non c’era mai una speranza, né un’altra via che non calzasse con l’oscurità… le poche volte che aveva anche solo osato sperarci, se ne era pentito con la promessa di non cascarci più, data l’impossibilità degli eventi.

Le perenni delusioni e voltafaccia non facevano che inacidirgli l’animo, tempo dopo tempo. Non c’era da biasimarlo se reagiva sempre nel modo sbagliato, preservando sempre se stesso.

Klaus continuò a riserbarle uno sguardo scavato, fisso, inumano. Pensò che non le avrebbe dato l’occasione di vederlo infuriato e deluso, no.

“Credo che tu non abbia appreso il motivo per cui sono venuto qui. Non mi sento per niente in colpa per Tyler, ha scelto lui il suo infausto destino. Non credo nemmeno di non meritare le tue parole perché io sono consapevole di ciò che sono. Sono consapevole della realtà. E tu love? Sei davvero così immacolata come credi? Non c’è niente che ti turbi oltre il lutto?” la manipolò lui strategicamente, ammaliandola con occhi furbi.

Caroline però non si fece cogliere impreparata. Aveva una così tempesta d’emozioni in corpo che non riusciva a non controllarla come faceva di solito; lasciò che solo quelle negative prendessero il sopravvento.

“Mi turba la tua faccia tosta! Non riesco a sopportare la tua vista! E se pensi di tenermi in pugno con un’altra vita che mi sta a cuore, ti sbagli di grosso. Non ti permetterò di affondare i tuoi artigli su mia sorella. So che la stai tenendo d’occhio per i tuoi sporchi piani. Devi lasciarla stare! Tu e quel tuo dannato nobile fratello!”

Klaus, non aspettandoselo, mutò espressione.

Quella dannata ragazza era un problema serio ed era meglio per tutti – soprattutto per sé – se si levava di torno. Non l’aveva uccisa con le sue stesse mani, non perché era la donna di suo fratello, ma perché era la sorella di Caroline. Se non aveva mai agito in prima persona dopo aver sbollito lo shock furioso della scoperta, lo doveva a quella bionda vampira che ora lo guardava con totale odio e che inizialmente lo aveva incantato e attirato per la sua essenza.

Ora però se ne pentiva per quella stupida debolezza che gli remava contro. In che diavoleria patetica si era permesso di credere?

“Sui gusti strani di mio fratello non metto più bocca. E desolato ma la tua cara sorella deve temere questa situazione e questa città, come tutti del resto. Non è esonerata solo perché fa di cognome Forbes, i miei favori hanno i loro limiti e le loro clausole.” Replicò indifferente e spietato.

Caroline, a qualche passo da lui, continuava a trafiggerlo con l’istinto di sputargli in un occhio.

“Giust’appunto. Ero venuto qui anche per avvertirti. La situazione sta ormai per esplodere e molte cose stanno mutando. La scacchiera sta per muoversi e le pedine sono pronte. Tu vuoi essere di nuovo dalla parte di chi ci rimetterà? Perché ti assicuro che io voglio essere dalla parte opposta.”

Caroline affilò lo sguardo, rendendo ben evidenti i suoi pensieri: “Preferisco bruciare all’inferno piuttosto che stare al tuo fianco. Ora me ne rendo perfettamente conto. L’unica cosa che ti chiedo e che spero avrai la decenza di concedermi, è di lasciarmi in pace.”

In Klaus sembrò destarsi il vecchio e perfido controllo, quello che concede solo disumanità e nessuna debolezza. Anche un semplice sguardo può esporlo. Non si sarebbe fatto più trafiggere in quel modo, aveva fin troppo rischiato la faccia.

“Non temere per la tua virtù, love. Sarà ben conservata da parte mia. Vediamo però se sarai tu a mantenerla. Ognuno di noi può cambiare, ho visto sviluppi nelle persone che nemmeno immagini.” Mormorò con voce ammaliante, simile a quella di un serpente incantatore.

Caroline incassò quella provocazione con sguardo tagliente e ancor più velenoso di quello dell’ibrido. Non si sarebbe fatto manipolare da quel mostro, avrebbe vissuto esclusivamente la vita che voleva lei fin dal principio.

“Buona fortuna allora. Vedendo le tue compagnie..” ghignò Caroline maleficamente sarcastica, indietreggiando per fargli capire che la conversazione era finita.

Klaus rimane a fissarla in maniera indecifrabile. Un riflesso che però albergò per qualche secondo nei suoi occhi era un innegabile sintomo che qualcosa della vecchia infatuazione per lei era stato resuscitato; non sempre Klaus mollava ciò che desiderava avere con ogni mezzo, anche illecito. Quel capriccio che lo assillava dalla notte in cui aveva salvato quella bionda vampira, non voleva andarsene così su due piedi, anche se sdegnava lui stesso.

Ma d’altronde… siamo noi a creare i nostri demoni.

Caroline gli rivolse infine un ultimo sguardo di disprezzo, una promessa eterna per ciò che le aveva fatto. L’espressione di Klaus rimase la stessa, quasi distaccata come se dopotutto non gli importasse di niente.

Il cielo si era annuvolato, pronto a tuonare.

Klaus infine si defilò via di lì, in silenzio ma immerso in pensieri intricati.

 

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Il corso degli eventi cambiò a dismisura. Come se il cielo si fosse capovolto in poche ore.

Briony era a casa Mikaelson, Rebekah le aveva inviato un messaggio dicendole che dovevano parlare urgentemente e la ragazza aveva intuito che si trattava ovviamente di Connor e dei suoi loschi piani.

A pensare solo il suo nome, Briony sentì lo stomaco pieno di schegge affilate.

Non appena entrò in casa Mikaelson subito strabuzzò gli occhi per ciò che aveva davanti. L’arredamento era pressoché sparito, c’erano un quintale di borse nel pianerottolo e degli ibridi le stavano appunto trasportando senza però dare a Briony neanche un’occhiata.

Lei stava per chiedere che diamine stesse succedendo, ma poi arrivò in salone Elijah. Anche lui trasportava delle valigie.

Briony sgranò gli occhi più del normale, sentendo perline di sudore sulla fronte.

“Che significa questo…?” bisbigliò in un sussurro guardando le valigie.

Il vampiro si fermò a scrutarla. Depose tutto per terra.

“Partiamo.”

La risposta calma di Elijah la prese così in contropiede che Briony temette di svenire. Sentì il mondo girarle vertiginosamente attorno.

“Come.. dove andate?” Il lieve sussurro fece fatica a fuoriuscire dalla bocca.

Elijah la guardò serio mettendo le mani sui fianchi. “Non possiamo più stare qui… l’ultima cosa che volevo era andarmene ma purtroppo gli eventi sono cambiati a nostro sfavore.. con quel cacciatore legato a te, e quel bastardo stregone che non vuole spezzare l’incantesimo se non alle sue condizioni, questa era l’unica scelta saggia. Non possiamo uccidere Willas e nemmeno Connor a quanto pare, e allora faremo ciò che abbiamo fatto sempre.. nasconderci nell’ombra e guardarci le spalle.”

Briony lo guardava per tutto il tempo con occhi svuotati, le parole le si ingarbugliarono in gola e non riusciva più a sentire il cuore nel petto come se ad un tratto fosse scomparso.

Elijah abbassò lo sguardo per poi rialzarlo:

“E’ una soluzione momentanea... io non sono assolutamente d’accordo ma devo pensare all’incolumità della mia famiglia… abbiamo già perso Gwendolyn..”

Briony non sapendo neanche come, riuscì ad assentire. Il suo corpo sembrava qualcosa di inconsistente, appariva apatica e priva di forze alla visione di Elijah mentre scompariva dalla sua vita. Le appariva intollerabile.

Eppure la sua risposta risuonò meccanicamente normale:

“E’ giusto… io sono stata la prima nel dirti di fare un accordo ragionevole con Connor per evitare inutili morti.”

Dallo sguardo di Elijah, lei intuì che non era stato lui ad avere un vero e proprio approccio col druido perché altrimenti forse le cose non sarebbero andate così. Le cose apparivano essersi quasi sistemate… Gli Originari si toglievano letteralmente dai piedi e in cambio Connor non faceva nulla contro di loro. Briony voleva sapere qualcosa di più sull’accordo che dovevano aver fatto, ma sentiva solo vuoto dentro di sé, non esistevano neanche più le parole.

L’idea di uccidersi per poi uccidere anche Willas e liberare così gli Originari dal vincolo di proteggerla, le saltò alla mente… ma poi con la sua morte cosa avrebbe risolto? Elijah in preda alla furia sarebbe andato ad uccidere Connor… e lei era stata spettatrice della fine di Gwendolyn, fine che poteva essere destinata a chiunque di loro...

Sentì la bile in bocca, mentre i secondi di silenzio aumentavano così come la sua ansia di veder Elijah andarsene forse per sempre… era la scelta giusta? In quel periodo esistevano solo scelte meno dolorose di altre, ma quella era indescrivibile.

Sentiva lo sguardo e gli occhi di Elijah su di sé. L’Originario emanava una tensione simile a quella che si avverte prima del saettare di un fulmine. Aveva gli occhi colmi di un’insondabile emozione. Briony a sua volta si sentì piena di trepidazione e paura.

“Briony… tu potresti venire con noi..”

Il sussurro esile che fuoriuscì dalle labbra di Elijah la colse letteralmente alla sprovvista che quasi temette di aver capito male. Alzò lo sguardo su di lui, sentendo il cuore prendere all’improvviso vigore.

“Cosa?”

Elijah prese un profondo respiro, scuotendo poi la testa mentre i suoi occhi continuarono a legare quelli di lei: “E’ una scelta egoista da parte mia chiedertelo.. la più egoista di tutte.. tu dovresti vivere appieno la tua vita da umana, lontano da quelli come me.. e dopo come mi sono comportato non ti biasimerei se non accettassi..”

Lo sguardo del vampiro si scavò ad un tratto, come se si potesse vedere sciogliersi al suo interno la freddezza che l’aveva velato da troppi giorni. Quel ghiaccio sembrò districarsi mentre continuava a fissarla profondamente.

Briony lo guardò e il cuore agì per lei, rispondendo a un impulso che non riusciva a frenare.

“Sì..”

Elijah non appena udì la sua risposta la guardò totalmente sorpreso e perplesso, come se mai si sarebbe aspettato che lei avrebbe acconsentito. Briony vide sempre di più le ombre dei suoi occhi neri diradarsi a causa della sua accettazione, e le si riempì il cuore di gioia improvvisa:

“Mi stai chiedendo di venire via con te.. di iniziare una nuova vita.. secondo te sono in grado di rifiutare?” gli mormorò andandogli vicina con sguardo sognante.

Elijah tenne su di lei l’espressione più intensa che avesse mai indossato in 1000 anni. Briony non avrebbe mai trovato dei simili eguali, il suo sguardo era diverso da tutti gli altri che avesse mai conosciuto.

“Davvero Briony? Ne sei sicura?” chiese lui avvicinandosi tentennando. Il corpo a dispetto dello sguardo era più rigido, come se fosse ancora sorpreso dalla sua risposta.

Lei a sua volta gli sorrise, mettendogli le braccia attorno a collo, e assentì di nuovo con la testa.

Fu in quel momento che le labbra di Elijah si piegarono in un sorriso che fece battere a mille il cuore di Briony. Dei pensieri contrastanti però vennero a galla nella sua mente per disfare la felicità che si stava creando, ma lei li scacciò a tutti i costi senza neanche starli ad ascoltare. Non avrebbe rovinato quel momento che sembrava rimediare al male che si erano fatti.

“Non nego che non sarà facile all’inizio.. forse Connor non manterrà i termini dell’accordo e magari gli altri si stancheranno ben presto di fuggire.. ma finchè saremo insieme..” mormorò lui con voce calda, sfiorandole l’orecchio.

Briony si sentì invadere dalla trepidazione. Si ricordò a un tratto quando lei gli aveva chiesto di dirle che sarebbero stati insieme, anche se sarebbero dovute rimanere solo parole.. e lui le aveva risposto che non sarebbero state solo parole. Ce l’avevano fatta? Stavano per sconfiggere il male che li stava attagliando?

Briony non si prese la briga di pensarci troppo, agì d’impulso e si lasciò pervadere da quel senso di beatitudine.

Alzò poi il sopracciglio:

“Non prenderla a male ma... la tua famiglia mi piace... però mi fa strano viaggiare il mondo con loro, tutti quanti assieme.”

Adorava Rebekah, Finn le sembrava un tipo a posto ed era sempre stato gentile con lei.. Kol la faceva morire dalle risate ma l’ultimo sguardo che le aveva rivolto dopo la morte di Gwendolyn era parecchio assassino… le vennero i brividi nel pensare a Klaus.

Elijah sembrò leggerle nella mente e infatti la rassicurò:

“Solo all’inizio poi ognuno andrà dove vorrà.. anche se con Rebekah sarà davvero difficile visto che nell’ultimo periodo mi sta sempre appiccicata.” Le rivolse un ultimo sorriso ironico e Briony rise.

“Uhm in effetti potrebbe essere un tantino pericoloso. Dammi una sola buona ragione per inoltrarmi in un’avventura infinita con 5 Originari che uccidono semplicemente con uno sguardo.” scherzò maliziosa stringendosi a lui.

Elijah la fissò profondamente:

“Te ne potrei dare anche più di una.” le bisbigliò avvicinando le labbra alla sua fronte.

Briony si sentì tremare e chiuse gli occhi mentre il respiro di Elijah sembrava cullarla. Non riusciva ancora crederci, le sembrava tutto irreale… di nuovo alcuni pensieri si schiantarono sul suo cervello cercando di gridarle addosso ma lei ancora li cacciò via. Voleva finalmente prendere una decisione impulsiva per se stessa, basta pensare.

Elijah si scansò lievemente, mettendo una mano sopra un lato del suo collo.

“Sbrigati con i bagagli allora.. la nostra nuova vita ci aspetta.” le sussurrò appoggiando poi le labbra sulle sue.

Briony si lasciò andare sentendo le gambe molli. Ma nel preciso contatto delle loro labbra, si sentì all’improvviso in caduta libera verso un luogo buio da cui non riusciva a vederne la fine.

 

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Il problema più grande era come dirlo a Caroline. Briony si sentì meschina nell’abbandonarla proprio adesso che aveva perso Tyler e più che mai aveva bisogno del suo sostegno. Per questo vigliaccamente non riusciva a dirglielo... Era di nuovo andata da lei per vedere come stava e non era riuscita a dirle la verità.

Sarebbe stato meglio far passare un po’ di tempo ma Elijah aveva detto chiaro e tondo che non ce n’era. Nessuno l’aveva costretta ad accettare, men che meno Elijah, e non voleva proprio tirarsi indietro. Dopotutto era quello che interiormente aveva sempre desiderato.

Aveva passato la vita ad occuparsi di Caroline, a prendersi cura di lei… era ora di far qualcosa per se stessa.

Briony si diresse nelle scale per andare in camera e cominciare a preparare la propria roba.

“Ci si rivede.”

Una voce dall’ombra la fece sobbalzare. Briony rimase sul primo gradino mentre girò lo sguardo in direzione di quella voce, ma appena ne identificò il proprietario subito grugnì.

“Sei sgarbato a entrare senza essere neanche invitato”

Gli occhi gialli di Connor brillarono nell’oscurità. Aveva un lieve sorriso mentre si avvicinava, le mani incrociate al petto:

“Volevo solo sapere se ti avevano aggiornato… hai saputo che gli Originali vogliono levare le tende?”

Briony rimase immobile come la pietra. Era meglio che Connor non sapesse che lei voleva andare via con Elijah. Quel pazzo la considerava una sua proprietà privata, chissà che altre macchinazioni avrebbe inventato.

Assentì solamente con la testa, cercando di rimanere calma.

“La decisione più saggia. Willas è una testa calda feroce, certe volte non riesco a controllarlo ed era parecchio arrabbiato quando si è reso conto che vi avevo legati.”

Briony lo fissò con odio e lui le rispose con sguardo vuoto, privo di espressione:

“Non guardarmi così. E’ stata una precauzione. E alla fine cosa ho ottenuto? Un po’ di pace per questa cittadina, finalmente. Niente inutili fiumi di sangue come ti avevo detto all’inizio”

“E la tua giustizia? L’hai messa nell’armadio delle cose usate?”

Una scintilla passò sopra gli occhi del druido:

“L’accordo che ho con i tuoi amici non è vincolabile per sempre. Appena loro faranno una mossa falsa… chi lo sa come andranno le cose.. il futuro non posso prevederlo, ma finchè loro si stanno buoni e non uccidono Willas, io a mia volta sto buono. Non vedi la fortuna in tutto ciò?”

“No vedo solo i tuoi intrighi.” Rispose lei automaticamente. Sentiva una trappola avvicinarsi e sul punto di stritolarla. Ma forse a volte per sconfiggere il male bisogna accordarsi col diavolo. Gli Originari l’avevano fatto… e lei? Doveva fare lo stesso?

“Se ti consola sono disposto a slegare te e Willas…” le parole di Connor la riportarono alla realtà e lei lo guardò sorpresa e speranzosa suo malgrado.

“Ma ovviamente devo avere qualcosa in cambio” finì lui con un sorriso maligno.

“Che io stia dalla tua parte vero? Scordatelo.” rispose lei serrando i pugni e scendendo il gradino.

Connor sospirò allora infastidito:

“Perché dobbiamo parlare di parte, di schieramenti? Non ti chiedo di combattere per me, solo di non intralciarmi, di lasciarti aiutare”

“Non ne ho bisogno” replicò lei indifferente sviando lo sguardo dai suoi occhi gialli che sembravano leggerle sempre la mente.

“No? Adesso ti senti felice e euforica.. ma dopo? Quando finalmente ti renderai conto di ciò che sei veramente, cosa farai? Quanto tempo impiegherai prima di fare del male alle persone che ami?”

“Basta! Io non ho mai fatto del male a nessuno, se non per difendermi!” sbottò lei all’improvviso per far tacere quella voce.

La rabbia di lei si scontrò con la calma statuaria di lui.

“Cara e cieca ragazza. Le mie parole proprio non vogliono entrarti in testa… o forse ci sono già entrate ma tu le respingi fino allo sfinimento, pur sapendo che sono vere.”

Briony gli diede le spalle cominciando a camminare freneticamente.

“Vattene via” gli sibilò duramente.

All’improvviso lui le chiese:

“Sono curioso. Qual’è l’ultimo sogno che hai fatto?”

Briony allora si bloccò di colpo come colta in fallo. Si sentì mancare il fiato ripensando a quel sogno… il sogno più inquietante che avesse mai fatto…

“I sogni sono tali e tali rimangono. Una volta ho sognato che Elijah beveva il mio sangue ma non è successo e non succederà mai.” Rispose lei scuotendo la testa e continuando a dargli le spalle.

“I sogni, come ti ho già detto, certe volte sono solo un avviso… un avvertimento.. ma credimi sono reali. E non possono essere manipolati da nessuno”

Briony non ne poteva più. Era stanca di sentire quelle parole, stanca di rinnegarle.

Si voltò velocemente verso di lui, incendiandolo con uno sguardo che ribolliva:

“Ho ascoltato abbastanza. Ti voglio fuori dai piedi entro 10 secondi, se passati i quali ti ritrovo ancora qui ti sbatto a fuori a calci e magari vedrai tu stesso quanto sono pericolosa”

Il tono di voce minaccioso che emanava tuttavia non ebbe alcun effetto su Connor. Era persino più immobile di Elijah certe volte, forse era dovuto alla sua natura fottutamente magica.

L’uomo le si avvicinò:

“Povera Briony. Mi dispiace per te, perché il destino con te non è giusto e lo detesti per questo. Tu sei stata travolta da una corrente molto più forte di te. Ma se ti opponi ad essa, non farai annegare solo te stessa ma anche chi cercherà di starti vicino”

Briony lo guardò sbiancando, mentre lui alzò le mani come per giustificarsi:

“Parole del Libro Bianco. Sono sacre sai?”

“Così come le tue maledizioni?” replicò lei acida pur sapendo che conosceva già la risposta. Una risposta che temeva e le faceva paura.

“Il male che ti circonda non può essere abbattuto dall’amore.. soprattutto quell’amore che provi verso un Antico. Due cose sbagliate non ne fanno una giusta, e tu e Elijah siete troppo sbagliati l’un per l’altra.. capirai bene perché.” Disse lui con perfetta tranquillità.

Briony scosse continuamente la testa tornandogli  a dargli le spalle, mentre Connor invece sembrava non badarle:

“Accetta la realtà, passa dalla mia parte. Questo tuo sogno illusorio cadrà presto a pezzi e lo sai anche tu. Lo sai e lo hai pure pensato.” Le sue parole profonde e dure scavarono dentro di lei come una lama.

Briony si girò velocemente con il pugno alzato. Il colpo finì dritto contro la parete e il rumore della botta sembrò rimbombare nella stanza. Davanti a lei avrebbe dovuto esserci Connor ma non appena aveva sfilato il pugno, lui si era dileguato veloce come il vento.

Briony sgranò gli occhi allora imperterrita, mollando il pugno richiuso dalla parete. La mano sanguinava leggermente per il colpo ma non le importava. Si guardava attorno col respiro affrettato in cerca di quel farabutto.

Lo trovò, era in un angolo non molto distante da lei. Aveva le braccia incrociate.

“Posso permettermi di darti un consiglio? Se farai la scelta più sensata.. ovvero stare dalla mia parte e accettare la realtà… ti consiglio di essere convincente con Elijah Mikaelson, ma davvero convincente nel farti lasciare andare. Non è il tipo d’uomo che sa perdere con eleganza.”

Briony gli saltò addosso atterrando però nel vuoto. Cadde a terra abbracciando letteralmente il nulla.

Senza perdere tempo andò verso lo scaffale in soggiorno, aprì il primo cassetto e prese l’arma che le aveva dato il padre. Di Connor però non c’era più traccia.

Briony riusciva comunque a sentire la sua voce albergare nell’aria allo scopo di impazzirla. Voleva tapparsi le orecchie, dimenticare tutto il dolore e l’angoscia di quelle settimane..

Sentiva che stava camminando su ghiaccio pericolosamente sottile. Un passo falso e sarebbe sprofondata senza che nessuno la tirasse fuori.

 

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Briony aprì la porta di camera sua sorreggendo la valigia. Rebekah le aveva appena inviato un messaggio dicendole che Klaus e Elijah avevano litigato furiosamente e che era meglio andarsene subito.

Erano passate poche ore dallo scontro con Connor, e Briony si sentiva la testa in confusione che viaggiava a zig zag. Era andata a casa di Caroline, poi al Grill ma non l’aveva trovata… sotto sotto pensò che era una fortuna.. non voleva affrontarla perché Briony sapeva che le avrebbe arrecato una delusione enorme e sperò in qualche modo di poter recuperare un giorno... aveva scritto alla sorella una lettera in cui le spiegava tutto, promettendole di farsi sentire non appena poteva.

Col fiatone Briony andò vicino al comò per prendere la lettera che aveva scritto. Sgranò gli occhi quando si accorse che non era nel posto dove l’aveva lasciata.

Si guardò attorno preoccupata e ansiosa, quando all’improvviso comparve Caroline sulla soglia della porta.

“Cercavi questa?”

Briony perse almeno due battiti quando vide la sorella sventolare la sua lettera e guardarla in un modo così serio che non aveva mai visto nella biondina.

“Che cosa ci fai con quella?” domandò Briony farfugliando e avvicinandosi a lei.

La vampira tenne su di lei uno sguardo duro. “Davvero bello come addio. Anche se certe cose non le ho davvero capite.”

Briony andò dritta da lei e le prese dalle mani la lettera. “Non volevo che andasse così.. ma se tu hai letto ciò che ho scritto non dovresti farmi domande.. mi dispiace di lasciarti in un momento del genere… ma per me è la cosa giusta.”

“Giusta??” le gridò Caroline sbigottita.

“E’ la mia vita Caroline. E tu non devi intrometterti.” disse Briony più dura di quanto volesse essere, mentre teneva la lettera contro il petto come se la volesse tenere lontana dagli occhi della sorella.

La mora fece un passo verso la porta, ma Caroline all’improvviso l’afferrò rudemente per le spalle. “No tu adesso rimani qui e mi spieghi tutto!! Dove diavolo vuoi andare con quelle valigie??” gridò la vampira a perdifiato.

Briony si lasciò scuotere senza nemmeno difendersi. In quel momento tutto il fiume dei pensieri che aveva cercato di eliminare e scacciare la invase, fino a sommergerla.

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Le due sorelle litigarono per parecchi minuti, Briony era scesa al piano di sotto portandosi dietro la borsa e la valigia dicendo a Caroline di lasciarla andare, ma la vampira non voleva sentire ragioni.

Continuava a gridarle che stava facendo una sciocchezza, che si sarebbe distrutta la vita, che non poteva andarsene, e peggio ancora non con Elijah.

“Mia sorella è sul punto di andarsene con il mostro che ha partecipato all’omicidio del mio fidanzato! Come mi dovrei sentire? Non parlo solo per me Briony, ma lo dico per te! Cosa credi di fare andandotene via con lui? Credevo che soffrissi come un cane nel stargli accanto, allora smettila di essere così masochista e affronta la realtà!”

Briony si era seduta sopra una sedia, continuando a scuotere la testa per negare le verità di Caroline e combattere per le proprie.

“Tu lo stai descrivendo come un mostro.. ma lui non è così, anche se la pensi diversamente... non mi farebbe mai del male, ha sempre messo la mia vita al di sopra della sua, pur rischiando di farsi odiare o di allontanarci! Lui è il mio tutto, lui mi ama.” le sussurrò con voce spezzata cercando di farle capire.

Caroline la guardava come se fosse pazza e congiunse le mani mentre parlò:

“Oddio Briony ma che amore è il vostro, che amore è?! Ti sta costringendo a lasciare la tua casa e la tua famiglia! Ti sta facendo buttare via la tua vita che lui sta già distruggendo!”

Briony questa volta lasciò da parte il tremore che sentiva e fissò la sorella senza tentennamenti.

“Guarda che l’ho scelto io, lui non mi ha costretto a fare niente. Seguirlo è una mia scelta!” ribatté cercando di spiegarle.

Caroline la guardò spaesata. Briony si odiava nel vederla così, di rendersi conto che la sua scelta le provocava dolore.

Caroline questa volta la guardò tristemente senza giudicarla.

“Perché?”

Briony sviò lo sguardo. Sembrava una pazza disperata, le sembrava di camminare su una fune sospesa a mezz'aria dove tentare di restare o andarsene equivaleva comunque a cadere.

Perché… perché ho bisogno di averlo vicino." parlò come se fosse una drogata a cui stava per essere tolta la qualità di eroina più pregiata, che senza di essa non riusciva a vivere. Non c'era ad aspettarla nessuna cura, solo la morte.

Caroline vedendo la sorella in quello stato provò una profonda tristezza. Si inginocchiò di fronte a lei prendendole le mani tra le sue, mentre Briony sembrava la maschera personificata della propria agonia.

Briony ascoltami… stai facendo un errore che rimpiangerai per il resto della tua vita… è l’amore cieco che provi verso di lui, questa tua ossessione, che ti sta facendo parlare così… ma apri gli occhi. Tu vuoi fuggire solo perché questa realtà che stai vivendo non ti piace… vuoi trovare una via di fuga ma ti condurrà solo a un’ennesima rovina…” le mormorò, prendendo un'altro pizzico dell'anima di Briony. Quest’ultima sentiva che quelle parole avrebbero affondato ancor di più dentro di lei la lama che già la stava dilaniando.

Voleva sfuggirle.. Voleva farla scomparire.. Ma ogni volta qualcosa sembrava rendere quella lama più vivida che mai, allo scopo di torturarla finché non avrebbe aperto davvero gli occhi.

Briony ostinatamente li chiuse tentando di lottare in una guerra interiore che aveva come unica arma l'amore incrollabile per Elijah. Ma come fare se si sentiva il cuore a pezzi?

Caroline le alzò il viso:

Guardami… tu vali molto di più.. tu meriti più di questo… perciò basta soffrire, basta mentire a te stessa e a illuderti.. rimboccati le maniche come hai sempre fatto, affronta la realtà e combatti a testa alta. Cancella definitivamente questo dolore che porti dentro e che ha un solo nome. Io ti aiuterò Briony, ti starò vicina..”

Briony scuoteva la testa mentre lacrime amare le scendevano lungo il viso. Interiormente una parte di lei sapeva che tutti loro avevano tremendamente ragione, anche se odiava solo a pensarlo.. Si sentiva il cuore a pezzi perché piano piano la sua visione di riuscire finalmente a stare bene si rivelò per quel che era.. Solo una speranza e un'illusione che venivano martoriati dalla cruda realtà.

Si portò le mani ai capelli tenendo la testa in grembo. Strinse forte la presa perché lei voleva davvero essere felice con Elijah.. Era il suo desiderio più grande.. Ma allora perché tutto sembrava negarglielo?

Caroline le mise una mano sulla testa per consolarla:

“Ma fuggire con Elijah adesso… sarà l’errore più grande che potresti mai fare… te ne pentirai non appena varcherai la porta di casa. Lui non ti renderà mai felice nel modo in cui tu vorresti.. Se hai sofferto prima, soffrirai anche dopo.. Non potrai mai trovare pace con uno come lui.”

Le sue parole le riportarono alla mente l'intera disastrosa realtà. Fu sopraffatta dalla disperazione.

Era la stessa cosa che Briony aveva pensato quando era andata da Elijah in lacrime.. Sapeva che la realtà non sarebbe cambiata, e aveva dunque bisogno di fare una scelta per annullare tutto quel male.. Quando Elijah le aveva chiesto cosa aveva intenzione di fare, un vortice di pensieri si era schiantato nella sua mente.. Ma uno aveva prevalso sugli altri........ quello di lasciare Elijah.

Però era stato un pensiero così atroce che l'aveva subito messo in silenzio.

Col passare del tempo aveva cominciato a sperare e a sperare.. Ma ora si sentì assalire da fortissimi dubbi che le incendiarono l'anima.

Briony si lasciò andare con un sospiro, come se stesse cadendo in un baratro.

“Aiutami Caroline… io non so davvero cosa fare…” sussurrò in preda all'agonia.

Alla bionda brillarono gli occhi per quella resa improvvisa.

“Sì… non preoccuparti. Adesso chiamo Stefan e Bonnie e risolviamo tutto.” Caroline andò subito verso il telefono e alzò la cornetta.

Briony rimaneva in un silenzioso tormento, apatica come un fantasma. All'improvviso sentì un rumore di una porta che si apriva.

“Metti giù subito quel telefono.”

L'ordine impartito risuonò nel silenzio pesante della stanza, come se fosse entrato il gelo della morte.

Briony si alzò in piedi imperterrita, Caroline si bloccò con gli occhi sgranati, mentre Elijah camminava verso di loro.

“Non alteriamo di più la situazione, giovane Forbes. Metti giù subito quel telefono” ordinò di nuovo avvicinandosi alle due. Caroline lo guardò in un misto di paura e odio; Briony fissava sia lei che Elijah serrando le labbra per trattenere l'agonia dentro di sé.

“La presenza dei tuoi amici poliziotti non è richiesta." proruppe Elijah in tono freddamente canzonatorio a Caroline mettendo il telefono al suo posto. Si girò poi verso Briony.

"Sono venuto prima perché non mi rispondevi. Mi sono preoccupato e allora sono venuto qui, vieni andiamo” Elijah le mise un braccio attorno alla vita per andarsene, ma vennero bloccati dalla voce decisa di Caroline.

“Briony non viene via con te. Tu parti pure se vuoi… puoi anche nasconderti in un isola caraibica o sotto una montagna, ma lei resta.”

Elijah tenne su Caroline uno sguardo gelido ma cambiò quando si girò verso Briony.

"Tua sorella viene via con me perché è lei a volerlo. Io non l’ho mai costretta.”

“Ah sì? Chiediglielo ora. Vediamo se è ancora convinta di questa folle fuga.” ribattè Caroline.

Elijah allora guardò Briony  in cerca di una risposta. Lei si sentì morire, l'anima bruciare sotto il suo sguardo mentre si allontanava.

“Io.. io non ne sono molto più sicura, Elijah.” mormorò tentennante e dandogli le spalle per cercare ossigeno.

Il vampiro fu da lei. Le mise le mani appena sopra le spalle e le parlò determinato e sincero all'orecchio:

“Briony. Tu adesso parli così perché tua sorella ti sta manipolando ma tu lo sai quello che vuoi veramente." la fece girare, i loro sguardi legati. "Possiamo andarcene e ricominciare tutto da capo.”

Lei guardò nel cielo dei suoi occhi, pieni di promesse, e sentì il cuore pompare più veloce. Ma Caroline si affiancò a loro guardando storto Elijah che più storto di così non si poteva:

“Smettila di mentirle. Le hai riempito la mente di veleno e di bugie! Cosa potresti mai offrirle tu se non un’infinita agonia? Le rovinerai la vita come hai sempre fatto!"

Elijah si girò fulmineamente verso di lei. Sotto lo strato di ghiaccio dei suoi occhi vi era una fiamma:

“Tu non sai di cosa stai parlando. E’ una cosa più grande di te.” mormorò lui duro.

“So che l’amore non basta. Non è bastato a farmi vivere felice con Tyler e non basterà neanche nel vostro caso, perché Briony è ovvio che ti ama ma quest'amore la logora fin dall’inizio! Le puoi portare solo dolore e morte tu! Mi sorella merita molto di più di uno psicopatico..”

“CAROLINE ORA SMETTILA!” gridò Briony interrompendola in preda alla sofferenza.

La vampira allora la guardò mentre Briony deglutiva:

“Caroline, io prima di lui sono sempre stata  infelice.. ma almeno adesso posso sperare di conquistare un po’ di felicità senza che questa mi sfugga dalle mani.. posso provarci e tu me lo devi permettere..” sussurrò debolmente non riuscendo più a ragionare in mezzo a quella tempesta di pensieri, e nemmeno a convincere se stessa visto la risposta fulminea di Caroline.

“Lo dico per il tuo bene! Una volta che uscirai da quella porta non potrai più tornare indietro! Né io né nessun altro potremo più aiutarti! Sarai là fuori.. da sola a combattere col tuo enorme dolore”

Elijah, mentre Caroline parlava, la guardava durissimo: in maniera scavata e rigida. Si girò lentamente verso la ragazza che amava, senza però guardarla negli occhi.

“Briony, io non ti costringerò a fare qualcosa che non vorresti mai fare...  ieri hai deciso di seguirmi, hai scelto col cuore senza che io ti influenzassi in alcun modo. Tua sorella potrà pensare che io ti abbia plagiata, ma non é così. Sei libera di scegliere di restare qui... O di venire via con me." mormorò profondamente per poi guardarla negli occhi "La scelta spetta a te."

Briony si sentì pervadere da un vuoto che la faceva tremare interiormente: sembrava divisa dalla parte più fiacca e debole, quella che voleva stare a tutti i costi stare con Elijah, e dalla parte più razionale che le urlava che tutto questo era un'insana follia.

Quella tensione disumana le impediva di pensare ai rischi, riusciva solo a pensare a cosa voleva.. voleva voltare pagina, ricominciare, dimenticarsi di tutto quel male che la perseguitava.. Quando guardò Elijah negli occhi, questi sembravano consumarla pur rimanendo immobili, la facevano sperare di poter avere tutte le cose che desiderava pur magari essendo sbagliate.

Gli si avvicinò piano mentre con lo sguardo guardava la sorella tentennante. Nei suoi occhi blu una verità che colpiva e feriva nell’anima, ma Briony era troppo abbattuta per starla di nuovo a sentire:

"Mi dispiace Caroline." sussurrò tristemente mentre sentiva un peso enorme nel petto.

La vampira sgranò gli occhi in preda alla paura mentre Briony prendeva la borsa e si avvicinava a Elijah. Caroline di colpo corse verso la porta e la chiuse prendendo la chiave tra le mani.

Elijah si voltò verso di lei mentre la mano era appoggiata al braccio di Briony

"Che stai facendo?" domandò gelido alla vampira.

Caroline lo guardò senza alcun timore mettendo entrambe le mani contro la porta

"Tu non te la porti via." gli disse semplicemente sbarrando loro la strada.

Elijah le si avvicinò, fissandola gelido, mentre Briony guardava la sorella pregandola di andarsene.

"Spostati." ordinò l’Originario senza perdere la calma.

"No dovrai passare sul mio cadavere." replicò Caroline tenendogli testa e sbarrando ancora la porta col suo corpo.

Briony sentì il respiro corto mentre Elijah si avvicinava di più a Caroline mostrando una minaccia ben trattenuta.

"Forse non hai capito, tua sorella vuole venire con me."

"Mia sorella non sa nemmeno quello che vuole! Io non ti lascio uscire via di qui con lei."

“Caroline..” Briony la pregò sentendo la paura montare dentro di lei.

Il viso di Elijah si indurì ad un tratto, segno che si stava spazientendo:

"Mi stai innervosendo. Ti avverto un’ultima volta: spostati." ordinò di nuovo glaciale.

Briony intuiva che Elijah si stava trattenendo solo perché Caroline era una ragazza ma sapeva che la calma anche di un santo può finire sempre nella collera.

"Caroline per favore.."

"Briony no! No!"

Elijah serrò il viso glaciale e spostò la vampira con la forza, trattenendole il braccio dietro la schiena. A causa della calma poco prima persa, spinse Caroline giù in ginocchio a velocità sovrumana, tenendola serrata senza il benché minimo rumore. Caroline cercò di divincolarsi e di combatterlo con grida; Briony aveva perso numerosi battiti davanti a quella scena.

"Lasciala andare Elijah!" gli disse subito impaurita cercando di farli smettere. Non appena tentò di avvicinarsi a loro per dividerli, sentì all’improvviso un colpo di vento sbalzarla dall’altra parte della sala, facendola cadere rumorosamente a terra senza il minimo preavviso. Briony soffocò l’urlo dalla sorpresa, non riuscendo a capire cosa fosse successo.

Klaus era entrato a velocità sovrumana dentro la stanza, aveva spalancato le porte e afferrato Elijah alle spalle facendo catapultare anche lui a terra, al fine di liberare Caroline dalla sua morsa.

Ora Klaus teneva il fratello per il collo contro il muro, mentre Elijah gli serrava il braccio alzato con la propria mano per spingerlo via.

"Che cosa stai facendo?" gli sibilò Klaus faccia a faccia.

"Che cosa stai facendo tu?" lo stesso tono fuoriuscì da Elijah che non mostrava il benché minimo timore.

Briony allora si alzò imperterrita urlando a Klaus di lasciarlo andare. Caroline era in piedi in quel momento con sguardo sgomento e allibito.

La situazione era davvero da film con quel quartetto… siamo noi a creare i nostri demoni.

Elijah riuscì a spingere via il fratello con un braccio:

"Vattene Niklaus, non é affar tuo."

Lui gli sorrise noncurante, non prima di aver fissato Caroline, la quale ricambiò con sola glacialità:

"Il caro Connor ha detto che se non ce ne andiamo subito ci uccide tutti, lui e il suo tirapiedi. Sono venuto a controllare il motivo del tuo ritardo." rispose Klaus come se nulla fosse mettendo a posto la giacca che Elijah gli aveva sgualcito nella lotta.

Quando l’ibrido aveva parlato, Briony l’aveva guardato shockata: una scarica violenta di lucidità le attraversò il cervello, facendo esplodere l’argine dei suoi pensieri che avrebbe tanto voluto richiudere in un angolo buio nella sua mente. Ma questi vennero a galla in tutta la loro cattiveria, portando con sé un’infinita angoscia.

Briony sentì il cuore cadere giù nel baratro.

Klaus ad un tratto si girò verso di lei e le rivolse un ghigno diabolico:

"Ecco la fonte di tutti i guai. Se uccidessi te, ucciderei anche quell'altro…"

"Non ci provare." lo scavalcò subito Elijah con tono minaccioso, afferrandolo subito per le spalle. Klaus grugnì e lo spinse contro il pavimento a velocità smisurata.

"Lascialo!" Briony subito gridò, ma non perse tempo ulteriormente che prese alla svelta la borsa. Con mani tremanti impugnò l’arma che le aveva dato il padre. Senza pensarci due volte sparò a Klaus alla schiena colpendolo sotto la spalla. La mano fra la pistola aveva tremato violentemente prima di sparare, mancando così il cuore.

Klaus non si era accorto della sua mossa troppo impegnato a lottare contro Elijah, ma appena sentì un bruciore lancinante alla spalla smise di combattere e si portò la mano alla ferita, guardando Briony di traverso. Elijah era a terra, guardava perplesso sia Klaus che Briony ma non osava fiatare. Aveva il labbro sanguinato e anche il naso a causa della lotta contro il fratello.

Tutto rimase fermo per qualche secondo. Caroline stentava a credere che la sorella stesse impugnando un’arma.

"Lascialo stare. E stai immobile." ordinò Briony a Klaus con la poca voce che aveva, impugnando la pistola con tutte e le due mani.

L’ibrido fece un passo in avanti, con un ghigno stampato in faccia per mascherare il dolore lancinante che sentiva alla spalla, come se il proiettile di legno gli stesse recidendo la pelle:

"Cosa credi di fare bambolina?" la canzonò divertito, mentre Elijah si stava rialzando.

"Magari spalmarti di tutti i proiettili e tagliarti la testa. Perciò stai immobile!" gli gridò Briony rabbiosa. Ma in realtà la testa stava pensando ad altro.

La razionalità tutto ad un tratto aveva preso il sopravvento sulla sua debolezza. Gli occhi si aprirono, non si chiusero mentre raggiungevano la realtà che sconfiggeva il sogno.. perché da troppo tempo era così… l’illusione di poter vincere una guerra in cui perdeva già in partenza; vivere serena e felice quando l’unica realtà era che il male e il dolore la perseguitavano ovunque.. persino con le persone amate..

Viveva una vita, ma senza percepirne le ferite aperte.. ferite che non si potevano cancellare con un sorriso, che rimanevano perennemente sanguinanti anche se aveva tentato di tamponarle..

Era così tremendamente chiaro che le faceva paura.

Intanto Klaus si era appiattito contro uno scaffale di libri, tenendo una mano sulla spalla dolorante, mentre Elijah parlò fissando un punto indefinito davanti a sé.

"Quel bastardo ci dà pure un ultimatum? Dobbiamo andarcene prima che ci attizzi sopra il suo uomo e altre ombre assassine." proruppe serio ad un tratto.

Quando vide Elijah muoversi, Briony sentì un pugnale sventrare il suo cuore per ciò che stava per dire.

"Vattene Elijah.” mormorò in un soffio, annebbiato dai potenti battiti del suo cuore che si ostinava ancora a combattere.. ancora a illudersi per un amore che non poteva più mandare avanti in quel modo.. per un futuro irraggiungibile.

Elijah a quel punto si immobilizzò di fronte a lei, guardandola sinceramente stupito e con un guizzo negli occhi.

Briony abbassò un po’ il viso perché altrimenti non ce l’avrebbe mai fatta a sostenere quello sguardo. Teneva ancora l’arma impugnata.

“Vai, scappa con la tua famiglia." aggiunse cercando di apparire più convincente di prima. Sentiva il cuore piangere in quel momento, tutto il suo essere singhiozzare, ma cercò di nascondere quelle lacrime che da troppo tempo bagnavano il suo viso.

"Briony che stai dicendo?" domandò Elijah con sguardo attento e perplesso, l’interrogativo nella voce perché davvero non sapeva cosa Briony volesse fare.

Ma lei sì.. lo aveva sempre saputo ma aveva sempre avuto paura di farlo perché amava troppo quel vampiro davanti a lei.. più della sua stessa vita.. ma non poteva essere così egoista nel danneggiare anche la sua.

La mente annebbiata le riportò alcuni momenti dell’incontro con Connor al funerale di Tyler. Parole che lei avrebbe voluto dimenticare ma ad un tratto le assalirono la mente in tutta la sua potenza. Il druido le aveva chiesto una risposta in merito ad un possibile patto.. lei era rimasta in silenzio.. poi alla fine gli aveva chiesto, tentando di non farsi suggestionare dai suoi pregiudizi:

“Se io passassi dalla tua parte… se facessi come dici tu… lasceresti in pace la famiglia di Elijah?”

“Dipende da te.. dipende dal loro comportamento… non ho una risposta sicura”

Briony aveva deglutito, aspettandosi quella risposta.

“Cancelleresti quelle parole maledette che hai riversato sulla mia esistenza?” se le era ripetute interiormente una ad una. Ogni volta che le ascoltava sentiva l’anima cadere nel baratro dell’agonia.

“Quello sì, posso farlo.”

Involontariamente Briony aveva sospirato dal sollievo.

“Puoi davvero aiutarmi? Puoi davvero impedirmi di compiere il destino che è stato prescelto per me?” Quel destino che aveva sembra odiato.. che la stava facendo a pezzi..

“Se mi darai ascolto non ucciderai nessuno, tanto meno Elijah anche se sei nata per farlo”

Briony aveva assentito gravemente.

“I miei sogni… quelli che si realizzano sempre presto o tardi..” la sua voce fu un bisbiglio rauco.

“Sono solo un ammonito, un avvertimento.. te lo ripeto se mi darai ascolto, questi sogni non si avvereranno.”

Briony aveva sentito allora rinascere la speranza.. ma era una speranza che proveniva da una premessa di dolore lancinante.

Giuramelo Connor. Giurami che manterrai la parola data, promettilo su ciò che hai di più caro"

Lui le aveva sorriso, facendo brillare i suoi occhi inumani.

“Sì Briony Forbes. Lo giuro. Nonostante ciò che pensi di me, le mie parole sono sacre. Qualora ne verrei a meno.. sarebbe spiacevole soprattutto per me”

Dopo di che lei era rimasta in silenzio, se ne era andata con la testa e il cuore in fiamme.

Briony ritornò in quel momento alla realtà. Il tempo non sembrava nemmeno cambiare attorno a loro.

"Mi dispiace.. Non c'è alcun futuro per noi, Caroline ha ragione."

Elijah la fissò con un’occhiata indescrivibile, sembrava pallido e incapace di credere a ciò che era costretto ad udire. Caroline d’altro canto tornò a respirare con quelle parole.

"Tu parli così adesso perché hai paura ma al mio fianco non devi. Ascoltami.."

Lei lo interruppe. Aveva il terrore di sentire quella voce che aveva il potere di indebolirla e di condurla su una via che agognava, ma che non le era consentito seguire. Aveva fatto durare quella sofferenza troppo a lungo… era arrivato purtroppo il tempo in cui doveva rinunciare sebbene l’avesse sempre temuto e odiato.

Avrebbe fatto qualunque cosa pur di non far patire quelle pene a Elijah, ma ormai era chiaro che lei gli poteva fare solo e esclusivamente del male.

"No basta. Non posso più sopportare questo situazione.. Non potresti capire."

Si malediva in quel momento, avrebbe voluto uccidersi pur di non dire quelle parole.. sapeva che stava creando un vuoto incolmabile all’interno dell’animo di Elijah, un peso che avrebbe solo rafforzato la sua corazza. Ma il peso di Briony da portare era un amore che non poteva più reggere. Non in quel mondo, non in quella vita.

"Questo tuo atteggiamento non mi incanta.. che cos’altro mi stai nascondendo?” mormorò Elijah. Tutta l'emozione celata sotto quel tono duro, misurato.

Briony cercò di corrispondere lo sguardo con tutta la determinazione che possedeva. Doveva farlo, doveva reprimere ciò che sentiva dentro.

"Sto dicendo la verità.. Perché ormai la realtà é questa e ho smesso di non guardarla in faccia. Non possiamo più stare insieme. Dovremo imparare a vivere l'uno senza l'altra.."

Qualcosa si spezzò negli occhi di Elijah. Tutto allora sembrò bloccarsi come se nel mondo esistessero soltanto loro due. E le loro anime che si stavano sfracellando per il sipario della loro storia che stava per chiudersi crudelmente davanti a loro.

Ma era meglio una fine dolorosa, che un dolore senza fine.

Il cuore tuttavia le portò delle immagini, delle parole, che le tolsero il respiro.

Hai dato alla mia vita un significato che non avevo diritto di pretendere. 

Io ho bisogno di te. Ho bisogno di te più di quanto abbia bisogno del sangue umano per vivere.

Briony scosse la testa per reprimere quelle parole che appartenevano al passato.. ma che le facevano sanguinare il presente.. il futuro.

"Vai finché puoi."  sussurrò guardandolo in faccia. Perdeva il battito ad ogni parola, ad ogni immagine che le invadeva la mente, ad ogni ricordo che la uccideva.

Tu mi ricordi quanto era bello essere umano.

L’unica cosa che non voglio perdere sei tu.

Non dubitare mai di quanto tu conti per me.

Si rese conto però che il futuro che aveva osato sognare era solo questo: un sogno. Un sogno bellissimo, ma che era finito. Abbattuto dalla vera realtà.

Elijah avanzò verso di lei, legandola al suo sguardo. Briony cercò di tenersi forte ma quel fiume di ricordi le strozzava la gola. Lei tentò di indietreggiare per non far coincidere l’arma contro il petto di Eljah.

"Io senza di te non vado da nessuna parte."

Resta con me, Briony

Non ho mai osato dare tanto di me a nessuno prima d’ora... nemmeno a Tatia.

A un certo punto però devi renderti conto che certe persone possono stare nel tuo cuore, ma non nella tua vita. La sua storia con Elijah stava distruggendo entrambi, li stava sadicamente avvelenando. 

Anche se si amavano al di là di ogni limite e ogni ragionevolezza, questo non bastava a cambiare la realtà.. non bastava a migliorare la situazione che li faceva sopraggiungere sempre più vicini al baratro.

Le parole di Connor infatti erano state solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso già troppo in bilico. Forse ci sarebbe arrivata anche da sola… perché gli altri avevano ragione anche se lei aveva sempre negato da ceca innamorata. Quella storia era un’impresa impossibile, persa già prima di cominciare. Il destino avrebbe sempre remato loro contro, infausto e maledetto.

Briony sentì le lacrime bruciarle la gola mentre tentò di parlare. Eppure la voce che fuoriuscì fu neutra, meccanica, inumana.

"Se mi ami davvero, allora vattene. E non tornare mai più."

La pena che Briony sapeva di aver scritta in faccia a caratteri cubitali si rispecchiava identica negli occhi di Elijah. Solamente che gli occhi del vampiro erano così vuoti, privi di vita come una statua martoriata e dimenticata.

Io ti amo, Briony.

Il viso di Elijah venne percorso da un mare di emozioni che era impossibile individuarne una per una, ma erano tutte e quante letali che facevano cadere in un abisso chiunque gli stesse accanto.

Fece altri passi in avanti; Caroline rimaneva in un angolo a guardare come in un’innocua e silenziosa spettatrice; Klaus pensava solo ad osservare l’arma che Briony teneva ancora puntata su di lui, e a premere con la mano sulla bruciante ferita.

Elijah le finì poi a fianco. Lì rimase a fissarla, con le labbra dischiuse dal quale usciva quel po’ di respiro che gli era rimasto in corpo, il sangue ancora sul volto.

Lei gli stava di profilo, incapace di guardarlo. Solo di sottecchi lo fece.

Gli occhi di Elijah non abbandonarono mai il suo viso, li sentiva scorrere sulla pelle.

So che amarti significa tradire la mia famiglia… Ma non amarti significherebbe tradire il mio cuore

Briony non osava neppure pronunciare il suo nome, per timore che il dolore erompesse in una mostruosa esplosione di grida disperatamente inarticolate. Lui invece fece parlare il silenzio.

Quell’uomo che aveva infestato i suoi sogni stava per andarsene via per sempre.. la lama era pronta all’altezza del cuore della ragazza.

Quando Briony sentì i passi di Elijah allontanarsi via da lei, chinò il capo dall’altra parte pur di non sentire quell’eco rimbombante che le dissanguava l’anima e le spezzava le ossa.

La lama uccise definitivamente il suo cuore.

Dei singhiozzi le fuoriuscirono dalle labbra quando sentì la porta chiudersi dietro di lei.

Se ne era andato.. se ne era andato per sempre.

Lacrime, contenenti dell’acido, le fuoriuscirono dagli occhi chiusi e scavarono un sentiero bruciante lungo il viso.

Klaus la guardò come se fosse pazza e tenendo una mano sulla spalla uscì anche lui, senza emettere parola perché quel momento non lo richiedeva anche per uno come lui.

Caroline non gli badò neppure che infatti si avvicinò tentennante alla sorella. Quando tentò di toccarla, Briony si girò fulmineamente puntandole contro l’arma.

Aveva gli occhi sgranati, sembrava un fantasma disperato, le lacrime continuavano a macchiarle il viso.

“Caroline.. stai indietro.” sussurrò flebilmente. Aveva perso il lume della ragione, stava per soffocare nella pazza dei suoi ricordi.

La mano che impugnava la pistola tremava e Caroline non si lasciò impressionare perché il viso divenne dolce e comprensivo mentre prendeva l’arma.

“Briony.. calmati, è tutto finito” le sussurrò.

Già.. era tutto finito. Tutto maledettamente finito.

Briony non riusciva ancora a crederci, non riusciva a frenare le lacrime e tentare di seppellirle.

“Non preoccuparti.. non sei sola..” le sussurrò di nuovo Caroline mettendo via la pistola.

“No invece.. sono sola..” rispose Briony automaticamente, non sentendo più niente nel petto e nemmeno dentro se stessa.... niente… Elijah si era portato via tutto. Ma il dolore rimaneva sempre lì, quello l’avrebbe accompagnata in eterno.

Caroline la prese tra le braccia sussurrandole che ci sarebbe stata lei al suo fianco.

Briony si lasciò afferrare ma non sfogò le sue lacrime. Sembrava in quel momento apatica, priva di forze.. anche le lacrime si erano stancate di fuoriuscire.

Lasciò spazio al vuoto dentro di sé. Un vuoto che scaturiva dall’angoscia, la certezza dolorosa che niente sarebbe mai stato più come prima.

Respinse poi delicatamente la sorella e lo sguardo inconsapevolmente incrociò la porta chiusa.

Senza neanche sapere perché, Briony si diresse verso di essa. Ma mentre camminava era come se qualcuno le avesse piantato un coltello nella spina dorsale e girasse dentro la lama ad ogni passo.

Era così che si era sentito Elijah?

Briony arrivò alla porta: mise la testa contro, dandole delle leggere testate. Le mani su di essa come se volesse darle delle botte per aver condotto Elijah fuori da quella casa.

Ma non sarebbe servito a nulla... Briony riprese a piangere e si girò lasciandosi cadere inerme a terra, contro la porta. La mano sul suo cuore come se volesse sentirlo battere, ma udiva solo silenzio doloroso dentro di sé.

Sembrava che fosse morta, niente faceva presagire che in lei c’era una fiamma vitale: non aveva più battito, la sua anima era stata dissanguata e lacerata… non aveva più forza fisica, solo le lacrime si formavano in continuazione come se le scorressero nelle vene al posto del sangue.

Alla fine riuscì a mettere le mani alla testa, stringendo i capelli, mentre le lacrime continuavano a scendere e il respiro per questo si era fatto affrettato. Tutto quel dolore la stava uccidendo e non poteva nemmeno chiamare aiuto per salvarsi.

Quella sofferenza era paragonabile solo con la morte, ma almeno lì non esistevi più.. non eri costretta a sopportare le agonie e le paure della vita… Briony invece le avrebbe affrontate.. le avrebbe affrontate però senza il suo cuore, senza ciò per cui valesse la pena vivere.

Sembrava una creatura aliena, ricolma di disperazione. Prima o poi si sarebbe rialzata, ma adesso si sentiva solo cadere e scivolare giù in un vortice nero di agonia.

Quel vortice diveniva sempre più lugubre e infinito ogni qual volta pensava all’espressione di Elijah, al modo in cui se ne era andato… alle sue parole, e al suo cuore distrutto in mille pezzi di ghiaccio.

Caroline le venne ad un tratto vicino e l’abbracciò dicendole che sarebbe andato tutto bene.

Briony scuoteva la testa contro la porta, le lacrime sembravano urlare tutta la sua sofferenza per ciò che aveva fatto.

Poi chiuse la mente, chiuse tutti i ricordi pur di non impazzire, e si lasciò andare in un oblio senza fine.

 

Fine capitolo.

Ciao carissime, c’ho messo un’eternità per scrivere questo capitolo ma capirete perché visto la lunghezza.. in questa settimana mi era venuto un fortissimo mal di testa e forse non ho dato il meglio di me nella scrittura visto che non ho neanche corretto il capitolo! Quindi perdonatemi per gli errori ortografici!

Per quanto riguarda la fine… spero che voi capirete il motivo per cui Briony abbia lasciato Elijah. Non era perché non lo amasse, era perché non poteva più sopportare quella situazione che presto o tardi li avrebbe annientati.. Quella storia le stava procurando troppo dolore e tentare di combattere ormai era inutile… la spiegazione comunque era scritta nei capitoli precedenti, durante i litigi fra loro due, mentre Connor e Ylenia parlavano a Briony, mentre la protagonista si faceva i suoi bla bla bla interiori… Io ho deciso di farle prendere questa scelta, ma non disperatevi! Ci sono ancora altri capitoli e tutto può succedere! Quindi non abbandonatemi please!

Voglio precisare però che Briony ha davvero lasciato Elijah.. quindi non è che domani va da lui e lo prega di ritornare.. no no, le loro strade si separeranno per molto tempo e entrambi cambieranno.

Vedrete poi!

Con questo, aspetto tanti vostri commenti e potete anche mandarmi al diavolo ahah non importa perché anche dagli errori si può sempre migliorare. Quindi ditemi quello che pensate, ora più che mai ho bisogno di sentire il vostro parere. J

Avrei un milione di ringraziamenti da fare, ma mi sembra di avere un trapano in testa e concludo ringraziando la mia cara Polo per avermi aiutata a scegliere le frasi di Elijah da mettere nei ricordi di Briony. Per chi non avesse capito quelle frasi erano ricordi del passato per rendere Briony ancor più disperata ahahah. Sono cattiva XD

La frase “Fai la tua scelta, e non cambiare idea. Anche se è difficile.. anche se significa rinunciare alle persone che ami” proviene dal telefilm Streghe. Chi mi conosce sa quanto io adoro questo telefilm <3

Grazie a tutti, grazie a chi mi aiuta in questo calvario di epopea, grazie agli scrittori che mi ispirano e che ringrazierò non appena finita questa storia, grazie alle persone che leggono e recensiscono!

Grazie grazie grazie! Spero davvero di non avervi deluse ma vi invito ancora a leggere i prossimi capitoli perché ne succederanno altre delle belle! J

 

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Capitolo 29
*** Attraverso le ceneri ***



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25 CAPITOLO

 

I cieli stanno piangendo, li sto guardando, 
e raccolgo le lacrime cadenti sulle mie mani 
c'è solo il silenzio mentre finisce,
come se non avessimo mai avuto scelta. 
Devi proprio farmi sentire come se 
non mi fosse rimasto più nulla? 

Demi LovatoSkyscraper

 

-La tua semplice assenza si fa sentire molto più della presenza di chiunque altro.-

W. Shakespeare

 

 

Come può essere difficile respirare... Tutti lo fanno, Briony Forbes lo faceva continuamente.... ogni boccata d’aria però era un pugnale che la trapassava da parte a parte e ogni volta arrivava sempre più vicino al cuore.…ma in quel caso non c’era nulla di cui preoccuparsi…perché il suo cuore era già ridotto in pezzi.

 

Si sentiva sepolta nel suo dolore come un uomo in una tomba; l’unica cosa che restava erano i relitti di una vita naufragata, la sua vita che ormai era precipitata nel baratro le cui mura erano troppo affilate per poter sperare di risalire.

Ma la verità era che si sentiva malata di una sofferenza incurabile: anche se non fosse stata rinchiusa in quel baratro, anche se fosse scappata in un luogo verde pieno di gioia e spensieratezza, comunque ogni suo pensiero, ogni eco del suo cuore morto era rivolto sempre e comunque a lui.. Perché Elijah era una malattia dalla quale non voleva veramente guarire.

Ci si può ammalare anche di un solo ricordo e lei era ammalata di tutti i loro ricordi.

Ogni ricordo prima la sovrastava, la assaliva, poi la annientava. Ormai era una routine, giorno dopo giorno, la vita scorreva come un paesaggio fuori dal finestrino di una macchina, immutabile e vuoto.  Senza niente per cui vivere.

Eppure nelle ore di amarezza Briony pensava che era stata lei a volerlo, era stata lei stessa a scegliere quell’esistenza..  in fondo aveva fatto la cosa giusta.. “giusta” con la sola colpa di portare dolore al suo cuore.

La rabbia dentro di sé per come gli eventi avevano sovrastato la sua vita non bastava a migliorare la situazione, né a rendersi meno colpevole con quelle mani sporche non di sangue, ma della sofferenza che aveva arrecato a se stessa, e anche a colui che amava.

Il suo cuore sembrava quasi un vessillo di morte da quando Elijah se ne era andato, non batteva più; teoricamente magari lo faceva ma solo per darle l’ulteriore tormento di dover vivere senza di lui.

Nei primi tempi non c’era stata alcuna pace per lei, solo temporali e tempeste dentro il suo animo già troppo devastato.  Quelli furono giorni da incubo che avrebbe voluto cancellare, strappare dalle pagine della sua vita. Erano quei maledetti giorni che le toglievano il respiro, le fracassavano l'anima, e facevano a pezzi i suoi desideri... per quanto la sua anima urlasse pietà, la pietà non le veniva concessa. I ricordi si prendevano possesso di lei, come un'ombra la seguivano e rendevano la sua giornata un inferno.

In maniera masochista però quasi aspettava l’avvento della notte, il momento che portava i sogni e i sogni erano tutti caratterizzati da lui. Momenti che non avevano condiviso ma che avrebbero potuto farlo, se solo il destino non fosse stato così crudele con loro. Briony bloccava le lame che contorcevano il suo animo pieno di agonia, e si lasciava andare ai sogni, a quella realtà parallela in cui poteva essere felice.

Aveva il paradiso sottobraccio.

Apriva gli occhi, e lui non c’era.

Era l’inferno…

 

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Quattro settimane passate nel vuoto più totale, in un incolmabile senso di angoscia che la faceva precipitare in una dimora di dolore. Ylenia e Caroline le stavano vicine quanto potevano ma Briony si sentiva comunque sola, come una goccia d’acqua nel deserto, un fiore appassito che aveva bisogno del sole per tornare a vivere.

Forse l’unica maniera sarebbe stato trovare un affetto tanto splendente da oscurare l’immagine di Elijah, che era come stampata all’interno del suo cuore; ma non si affannava neanche nella ricerca. Rimaneva vuota e morta.

Hai sbagliato ad amarlo.

Hai sbagliato a lasciarlo.

Pensieri che si susseguivano, la violentavano scavando in lei la tristezza, nuova compagna della sua nuova vita che avrebbe condotto senza di lui.

“Perché continua a tenersi vicino il ricordo dei suoi dolori?” aveva sentito chiedere Ylenia a Caroline un giorno che erano venute a casa sua.

Briony aveva fatto finta di non sentire ma aveva capito a cosa Ylenia si riferiva.. quella casa contribuiva ad ammassare pietre e cemento sul suo dolore perché la maggior parte dei ricordi provenivano da lì.. in quella casa albergavano i suoi ricordi più belli. E non riusciva a distaccarsene anche se le facevano male; avrebbe potuto andare a vivere da un’altra parte ma quando ci pensava le si formava un nodo allo stomaco che si contorceva dolorosamente.

Ma tanto era inutile scappare: Elijah le si era piantato nel cuore e aveva ostruito il passaggio a tutto il resto.

Perché l’amore arriva e viene in forme diverse.

L’amore per molti è una perdita di tempo.

Per altri è solo un mucchio di parole al vento.

Per alcuni è un bisogno.

Per lei era semplicemente vita.

Come poteva incominciare una nuova vita quando la sua vita era Elijah?

Non c'era mai stata molta speranza, solo quella di una creatura che voleva tenersi stretto un amore che non le era consentito provare ma aveva comunque cercato di assaporarlo e sentirlo per il tempo che le era stato concesso.. Era stato un tempo troppo breve però, sebbene aveva passato con Elijah quasi due anni, ma per lei era indispensabile un tempo infinito per poter curare la terribile sofferenza che sentiva nella sua solitudine. Ovviamente nessuna delle sue preghiere venne ascoltata.

Una sera le lame si addentrarono più in profondità dentro di lei quando il suo corpo venne catapultato in un sogno.. ma non era un sogno orribile come gli altri, né ricordi del passato, o flashforward del futuro.. le sembrava di essere in una realtà parallela, in un’altra epoca.

Non sapeva dove si trovasse.. era in un giardino regale come quelli risalenti a un’epoca antica, pieno di fiori e alberi. Briony si trovò ammaliata in mezzo a quello spettacolo della natura, sebbene il suo animo logorato stonasse in mezzo a quella perfetta bellezza.

Sentì ad un tratto dei passi dietro di lei, qualcuno che stava camminando e a giudicare dal rumore che facevano i suoi passi doveva essere qualcuno dotato di incredibile portamento e eleganza.

Istintivamente le si mozzò il respiro, che andò a tamponare i battiti del cuore distrutto. Sentì una leggera brezza ghiacciarle la schiena e espandersi in tutto il corpo. Aveva dimenticato che sapore avesse il ghiaccio, ormai assaporava solo l’amarezza del proprio dolore da non riconoscere nient’altro.

Lentamente Briony si girò.

Il sogno sembrava sovrastarla e appiattirla come se la stesse soffocando anche nella realtà.

Elijah era di fronte a lei, ma non era l’Elijah che aveva conosciuto e amato. Sembrava appartenesse a un’altra era: aveva i capelli lunghi e mossi fin sopra le spalle, portava abiti che solo un nobile avrebbe potuto indossare. Non sapeva come descriverli nella sua mente perché ogni suo pensiero era rivolto esclusivamente al suo viso magnetico e irraggiungibile che aveva amato con tutta se stessa.

Le sembrava di svenire ma i piedi rimanevano attaccati a terra. Elijah la fissava con una strana espressione, tra la sorpresa e gentile. Almeno in sogno non otteneva il suo odio, era già qualcosa per mettere da parte la sofferenza atroce che sentiva dentro di sé.

Sentì il cuore ricomporsi pezzo per pezzo, purificandosi dal tormento dentro cui era stato prigioniero. Con un semplice sguardo, Elijah lo aveva curato. Non c'era traccia di alcun veleno mentre lo vedeva avvicinarsi.

Era incantata da lui, il cuore pompava così forte da privarla del respiro. Elijah teneva una mano adagiata sopra una cintura color marrone, dello stesso colore dei suoi indumenti.

Appariva così nobile da non sembrare una creatura terrena e Briony si sentiva accartocciare mentre si legava al suo sguardo ipnotico.

Elijah pronunciò il suo nome con voce così bassa da farle venire un fremito. Lei gli sorrise timidamente, pregando che il sogno annientasse la realtà e durasse per sempre, allontanando così il dolore.

Elijah tenne su di lei uno sguardo basso, talmente profondo da costringerla ad arrossire. Alzò lentamente la mano e con le dita sfiorò delicatamente la linea della sua guancia. Briony sospirò, vinta da quel contatto che le ridiede nuovo ossigeno.

Chiuse gli occhi, accarezzandogli la mano con la sua. Non voleva marchiarla dalle lacrime, desiderava solo sentire la sua mano contro la pelle, voleva tornare di nuovo a respirare senza delle lame che la torturassero in continuazione.

Aprì gli occhi e si avvicinò all'uomo che anche da lontano tormentava i suoi sogni. Mise le mani nella parte inferiore delle sue spalle:

"Non avrei mai detto che questa tua immagine del passato mi affascinasse tanto quanto quella del presente." gli sussurrò guardandolo di sottecchi. Aveva paura che se avesse osato guardarlo troppo, il suo volto si sarebbe dissolto in una fitta nebbia.

Elijah le sorrise gentilmente. "Ti piace qui?"

Briony ricambiò assentendo. Avvertiva un'aurea di pace attorno a loro, come se fossero in un paradiso che non poteva essere ammesso nella Terra. Le mani di Briony scivolarono fin lungo il petto di Elijah, come per imprimere quella dolorosa perfezione dentro le sue ossa. Sentì il suo odore invaderle le narici e ne fu deliziata, come se fosse l'aroma più irresistibile al mondo.

Elijah la fece sedere su un blocco di pietra e il suo sguardo venne rivolto in un punto indefinito davanti a sé. Briony invece si dissetava della sua vista, anche se sapeva che sarebbe annegata al risveglio comunque non voleva perdere quei momenti di pace con lui. Nella realtà si sentiva già spezzata, tanto valeva perdere un altro brandello di se stessa.

Il vento scompigliava i capelli mossi del vampiro; Briony avrebbe tanto voluto accarezzarglierli ma sarebbe stato come intervenire per modificare un quadro già perfetto di suo. Se ne stava in disparte a crogiolarsi nel tentativo di fermare il formicolio alle mani. Sembrava che non avessero affatto bisogno di parlare, si nutrivano di quei momenti di pace in cui la realtà non poteva entrare.

Nonostante questo, Briony non riuscì a trattenersi e gli accarezzò una mano deposta sopra il blocco di pietra. “Mi sei mancato” gli sussurrò cercando di attirare la sua attenzione.

Elijah girò lo sguardo verso di lei, i suoi occhi la scrutarono a lungo e lei avvampò. Lo sguardo del vampiro poi si abbassò verso la sua mano, e il viso divenne improvvisamente livido.

“Sapevamo entrambi che sarebbe finita così, che ci sarebbe stato comunque un addio tra noi.”

Briony a quelle parole sentì la voragine riformarsi nel petto, l’illusione di felicità si sgretolò ai suoi piedi facendo di nuovo tornare il dolore, più aggressivo di prima. Istintivamente levò la mano, continuando a fissarlo con sguardo perplesso e intimidito.

Elijah alzò il viso, ma non in un punto in cui i loro occhi si incrociavano. Almeno i suoi occhi neri non avrebbero scavato dentro di lei come avrebbero fatto le parole seguenti:

“Era destino purtroppo. Certe volte i sentimenti non bastano per cambiare il corso delle cose. L’amore non basta, per questo ho smesso di crederci per lunghi secoli.” L’espressione era fredda e impassibile come sempre, ma i suoi occhi parlavano chiaramente. Una triste nostalgia albergò in loro come quando lui le aveva confessato molto tempo prima che non credeva nell’amore.

Ma questa volta Briony non aveva una risposta rincuorante da dargli. Sentiva solo il suo cuore sfracellarsi a terra, era impossibile ricomporre i pezzi in uno squarcio così violento. Non voleva parlare di quel destino maledetto, non voleva sentire quelle parole sulle sue labbra. Sebbene anche lei interiormente le avesse pensate ma non voleva rovinare quel momento parlando di quelle cose fin troppo realisticamente dolorose. Neanche un’illusione di pace potevano concederle?

E sentire quelle parole dette da lui con tanta tranquillità e freddezza era come ricevere due schiaffi in pieno viso. Troppo per lei, in aggiunta al mare di sofferenza che la faceva affondare.

“Si vede che doveva andare così… le nostre strade si sarebbero divise comunque.” Disse ancora.

La durezza delle sue parole veniva però soffocata dal rammarico che si creava all’interno dei suoi occhi.

Come se quella realtà pesasse su entrambi come un macigno in pieno petto, ma quei rimproveri servivano solo per aumentare quel peso. Briony avrebbe tanto voluto zittirlo e farlo tacere ma rimaneva dolorosamente immobile. Così come il cuore si era sfracellato, anche le corde vocali lo avevano seguito.

Il vento soffiava tra loro, unico testimone di quell'incontro in cui Briony non sapeva se avevano chiarito o se si erano allontanati più di prima. Sentì il ghiaccio nelle vene.

Elijah finì per tenere gli occhi fissi su di lei. Briony avrebbe tanto voluto ignorarli ma non ci riuscì. Era plateale la differenza tra loro, tra i loro mondi: lui, così nobile, così austero, così freddo, così onorevole. Lei, così istintiva, sempre in preda alle sue paure, con un fuoco dentro che divampava tra dolcezza, calore e testardaggine

Si morse il labbro, abbassando finalmente lo sguardo per sfuggire a quello di Elijah. Non voleva far riaffiorare le lacrime, voleva condurle in un posto nel quale non l’avrebbero mai più raggiunta.. ma era impossibile se lui le parlava in quel modo. Se le sbatteva in faccia la verità con una calma invidiabile.

“Ho sempre temuto che il destino mi avrebbe impedito di essere tua per sempre.. Ora che ti ho perso so di aver perso tutto.” Bisbigliò lei con tristezza infinita.

Alzò lo sguardo come per trovare conforto o nostalgia da parte di Elijah, invece quello che vide fu freddezza incolmabile, impassibilità, e durezza. Briony temette di sobbalzare per quello sguardo incisivo ma rimaneva immobile inspiegabilmente.

Le parole di Elijah furono come il rintoccare delle campane che preannunciavano la sua morte.

“Smettila, Briony. Smettila di pensarmi, di ricordare. Fai in modo che io non conti più niente per te così come tu non sei più niente per me.”

Briony sentì il respiro bloccato a metà strada e temette di soffocare. Non riusciva formulare una risposta, né a cercare di salvare i pochi resti che rimanevano del suo cuore. Riusciva solo a pensare che il destino era ingiusto, che la condannava a una vita di sofferenza senza darle la benché minima gioia.

Se era un mostro, possibile che soffriva così tanto? Di solito i mostri non provano il benché minimo sentimento umano, anzi non si rendono neanche conto di esserlo tanto presi dalla loro arroganza. Forse lei era quel tipo di mostro che era condannato a soffrire e a far soffrire gli altri.

Elijah tenne ancora su di lei uno sguardo rigido, gli occhi non facevano trapelare nulla.

Alla fine si alzò e le diede le spalle. Briony voleva trattenerlo, aprì le labbra cercando di formulare delle grida ma non le fuoriuscì nulla. Lo vedeva solo allontanarsi sempre di più, fino a scomparire. Sembrava che il sogno eguagliasse la realtà: alla fine lui se ne andava sempre. E le sue lacrime continuavano a sgorgare dagli occhi fin troppo arrossati per quella sofferenza.

Briony si svegliò. Sentiva le lame infilzarla ferocemente nel buio della notte.

La mente ancora rivolta alle parole di Elijah che le scuotevano l’anima.

E’ strano ma fu da quel momento che Briony decise di cambiare rotta. Voleva trovare un nuova linfa vitale per non permettere al suo cuore di appassire definitivamente: non voleva più essere un fiore a cui manca l’acqua. Troppo a lungo le lacrime avevano riempito il suo universo.

Il peso del suo tormento l’aveva accasciata a terra senza darle la possibilità di recuperare, di riprendere le redini della sua vita. Era esausta di affrontare da sola il vuoto che l’ assenza di Elijah aveva lasciato. Stanca di vivere solo di dolore.

Debolmente scese dal letto e si guardò allo specchio. Era irriconoscibile, sembrava uno spirito devastato.

Doveva lottare, combattere per non autodistruggersi. Doveva andare oltre la paura che non troverà mai un modo di guarire il suo cuore e farlo smettere di sanguinare.

E quelle lame troppe volte avevano inflitto su di lei senza alcuna pietà, era ora di dire basta. Di ammorbidire almeno un po’ il peso che si sentiva sulla schiena, tentare almeno di soffocare il dolore. In qualunque maniera.

Connor fortunatamente in quelle settimane l’aveva lasciata in pace; quando aveva visto il suo stato d’animo aveva alzato scherzosamente il sopracciglio come se fosse incredulo che la perdita di un amore rendesse tanto ridicoli delle persone forti. Briony allora si era chiesta come aveva affrontato lui la perdita della moglie, ma il dolore ha facce diverse per ognuno di noi. Può essere invisibile o distinto. Lei voleva che fosse invisibile sia per se stessa che per gli altri, così non l'avrebbe sentito pulsare in modo brutale dentro il suo animo.

Era la scelta migliore per non soccombere.. Anche sottostare a Connor. D'altronde il patto era già stato sigillato nel momento stesso che aveva lasciato Elijah ma non l'aveva mai reso effettivo per vergogna verso se stessa e per il dolore che la divorava.

Ma c'era anche un'altra verità in mezzo.. Non riusciva a buttare via quella vita che Elijah aveva sempre salvato. Lui aveva sempre combattuto per tenerla lontana dal male, anche quando il male era lui stesso. Aveva sempre lottato per tenerla in vita.

Lasciarsi andare così, autodistruggersi, era come uno schiaffo a ciò che lui aveva fatto per lei, un’ulteriore delusione arrecatagli. Poteva almeno ripagarlo tentando di sopravvivere.. Anche se in minima parte.

Andò a sciacquarsi la faccia, si vestì per dimenticare ciò che era avvenuto nel buio del suo inconscio e che l'aveva spinta a risalire in quel baratro. Non vedeva ancora la luce, si era ferita parecchie volte, anche mortalmente, nel tentativo di risalire. Ma sarebbe andata avanti, scavando sempre più a fondo tra il sangue e le lacrime.

La strada ormai era stata scritta nel suo destino, di cui Elijah non poteva farne più parte. Avanti per la sua strada, anche se sapeva già che i ricordi sarebbero bussati alla sua porta nelle notti più buie nel tentativo di rientrare e tornare a divorare il suo animo.

 

Attraverso le macerie, attraverso le ceneri del suo cuore, Briony tentò di risollevarsi.. E iniziare una nuova vita.

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Calpestando il suo orgoglio, andò da Connor e cercò di mascherare l'odio che provava per lui per riuscire alla fine ad allontanare il suo tremendo dolore. Non appena la vide, Connor le rivolse un sorriso ironico ma anche agghiacciante:

"Hai deciso di onorarmi della tua presenza vedo. Ne é passato di tempo" mormorò lui tenendo la schiena contro un albero e le braccia incrociate.

Briony non sapeva dove rintracciarlo ma sapeva che la foresta o un luogo in mezzo alla natura era il metodo più efficace per mettersi in contatto con lui qualora anche l'interessato lo volesse. Sembrava che Connor si muovesse insieme al vento, che non facesse parte di una normale forma di vita.

"Ho fatto come mi hai chiesto.. Ho allontanato Elijah e ora gli Originari se ne sono andati. Tu fai la tua parte"

Neanche l'ombra di un emozione attraversò il volto del druido, sembrava l'immagine della pacatezza in persona ma ogni cosa di lui la ripugnava. Persino in quel momento Briony non riusciva a non odiarlo per tutte le ombre che aveva insediato sul suo animo.

"Però vedo che sei ancora prosciugata come un torrente in secca. Non ti sei ancora liberata dai tuoi fantasmi, Briony Forbes?" domandò lui con un'occhiata attenta.

Briony si sentì quasi fulminare dalla sua osservazione, bruciare da quella verità immutabile. Non riusciva a staccarsi da Elijah. Né il suo cuore né la sua anima. Ma forse poteva almeno evitare di danneggiare il suo equilibrio mentale, tentare una seconda strada per riprendere la normalità e non estinguersi in una sadica morte lenta.

"Non avevi detto che possedevi le cure a tutti i miei problemi? Datti da fare altrimenti sono ancora in tempo a cambiare idea." gli rispose a di provocazione, anche se entrambi sapevano che era un bluff.  Briony non avrebbe mai potuto tornare indietro, anche se il cuore lo agognava più di ogni altra cosa, anche se stava perdendo completamente se stessa.

Non le era consentito comunque tornare indietro.

"Non credo ti convenga. Questa situazione deve arrivare a una svolta o diventerà ridicola più di quanto già non lo sia"

Briony mise le braccia al petto, assumendo un'espressione grave.

"Sarà un percorso lungo e difficile. Dovrai metterti nelle mie mani, anche se non ti va a genio, liberarti dalle tue ansie anche facendo dei sacrifici e superare delle ardue prove. Sei pronta?"

Briony guardò Connor nei suoi tremendi occhi gialli. Aveva ancora il terribile vizio di fuggire via e rintanarsi nella dimora del suo dolore.

I ricordi poi ritornavano sempre, come un'onda del mare. Poteva cavalcare quell'onda o lasciarsi affogare.

Anche lì non c'era una scelta giusta da prendere visto che entrambi i casi significavano morte certa poiché se smetteva di ricordare, il cuore comunque le si sarebbe inabissato nel petto perché privandolo di quell'amore, smetteva di esistere.

Briony serrò il viso per sopportare tutta quell'agonia violenta e brutale che avrebbe distrutto un uomo. Ma ormai lei ci aveva fatto il callo, non c'era più uno spazio libero sulla pelle per far entrare altre spine.

"Farò tutto ciò che serve" rispose semplicemente.

Connor le sorrise freddamente. "Bene"

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Luoghi appartati, lontani dalla civiltà e senza seccature. Come se Briony dovesse trovare la pace interiore. Peccato però che sentiva una gran irritazione a stare a diretto contatto con Connor. Non riusciva a farne a meno, provava solo una terribile ansia e fastidio, e ogni volta che lui parlava Briony batteva i denti.

"Se la tua mente é così chiusa, potrò fare ben poco" aveva sottolineato lui alzando il sopraciglio.

Briony di rimando lo aveva guardato di traverso: "Perché non mi fai un'ipnosi? Potrei diventare un vegetale o un pupazzo che acconsente ad ogni cosa che tu dici e ti baci i piedi." L'ironia malcelata dalla sua rabbia purtroppo stava rovinando i piani del druido che era molto vicino all'irritazione per i comportamenti di Briony.

Invece lei si sentiva quasi felice per quella rabbia improvvisa che divampava dentro di lei. Era una compagna meglio accetta rispetto alla tristezza, che aveva oscurato le sue giornate. Almeno per un  il dolore sembrava sepolto sotto quella rabbia che sentiva. La miglior cura forse sarebbe stata distruggere qualcosa o lasciar esplodere quelle grida interiori che teneva incatenate dentro di sé.

Connor continuò a fissarla come per penetrare la fortezza della sua mente, mentre lei rimaneva imbambolata a fissare la candela di fronte a lei. Si trovavano in una grande cascina di montagna a qualche km da Mystic Falls. Stare lontani da quella città maledetta le avrebbe fatto bene a dire di Connor, e in mezzo alla campagna lontano dalla civiltà era un buon rimedio.

Briony mise le braccia al petto sospirando quando sentì alcuni passi provenire dal dietro della porta. Ylenia entrò senza neanche bussare, e come al solito si diresse verso Briony senza neanche degnare Connor di una sola occhiata. Si vedeva lontano un miglio che la strega, anche se stava dalla sua parte, odiava profondamente quell'uomo. Connor d'altro canto si mostrava alquanto indifferente nel ricevere il disprezzo delle due donne, come se la cosa non lo toccasse minimamente.

Ylenia si sedette vicino a Briony accarezzandole la mano e le chiese come stava. La strega veniva quando poteva per tenere d'occhio Connor e sincerarsi che non facesse il doppio gioco. Ma poteva solo notare che non c'era alcun miglioramento: Briony rimaneva rigida, con lo sguardo perso rivolto alla luce della candela, come se nella fiamma vedesse quella che lei stessa aveva perso da quando Elijah se ne era andato. E non riusciva più a riprendersela.

Connor si fece avanti ponendo altre candele emananti un odore dolciastro sul tavolo.

“Quello che io vorrei fare è alterare il tuo subconscio, quello che spinge la tua vera natura a fuoriuscire e quindi ad odiare i vampiri. Così potrei aiutarti ma la tua mente deve essere libera e aperta dalla mia persuasione che aiuterebbe a ribaltare i tuoi pensieri subconsci. Esiste una specie di deviazione durante la quale il tuo subconscio prende il sopravvento; devi solo permettermi di entrare”

Briony si grattò nervosamente la testa tenendo lo sguardo basso. “Se vuoi aprirmi la mente come una nocciolina attraverso delle candele aromatiche.. forse è meglio chiamare un’erboristeria” Si lasciò sfuggire contro  la sua volontà. Ylenia trattenne una risatina, mentre Connor scuoteva la testa.

“Sei proprio una testaccia dura. L’istintività è un’arma a doppio taglio.” Constatò lui facendo alcuni passi indietro e rivolgendosi poi a Ylenia. “Te la lascio. Falla star buona per qualche minuto”

Ylenia tacque mentre Briony mise le mani sopra il tavolo, facendo finta di nulla. Anche se dentro di sé sentiva un oceano di sensazioni che si scagliavano su di lei, come se fosse uno scoglio che veniva afflitto dalle sue onde. Stava a lei decidere di farsi sommergere o restare dritta e in piedi di fronte a quelle emozioni che bruciavano come proiettili.

Sospirò rumorosamente:

"Lasciamo perdere quell'eremita. Raccontami tu qualcosa. Tutto bene giù in città?"

Ylenia scrollò le spalle guardando basso:

"La solita noia, niente di speciale"

"Connor non sta facendo molti progressi con me.. E con te? Sta facendo il bravo o il menefreghista?"

Ylenia traballò sulla sedia, sapendo a cosa Briony si riferiva:

"Ci sta mettendo più tempo del previsto. Inventa certe balle senza sugo per ritardare le cose. Ma con me non attacca" Dalla durezza incisiva del suo sguardo, Briony intuì che l’odio per Connor non era per quello… aveva radici ben più profonde e antiche ma non sapendone la storia, Briony poteva andare a tentativi.

"Una volta mi ha detto che riportare l'anima dei defunti nel mondo dei vivi é parecchio difficile, ci vuole parecchio esercizio e fortuna" Non sapeva nemmeno perché stesse in qualche modo giustificando Connor, forse magari voleva eliminare l’inquietudine che Ylenia si portava dietro, prendendo tempo in qualche modo.

Ma era davvero difficile aiutarla se non sapeva niente di lei, se non sapeva il perché la sua vita era così solitaria e devastata o perché il suo cuore era così chiuso. Persino dopo tutto quel tempo, Ylenia non si confidava mai con lei dei suoi problemi.

"Come é morta tua sorella?" domandò ad un tratto in un soffio.

Poteva scorgere il lampo di un guizzo improvviso comparire nei suoi occhi neri, ma proveniva da un luogo di dolore. Non voleva farla star male o farle rimpiangere vecchi ricordi, voleva solo che lei si confidasse. Briony sapeva quanto nuocesse tenersi il dolore tutto dentro fino a far marcire l’animo. A lei era successo e accadeva ancora, e Ylenia era sempre stata lì per aiutarla. Si sentiva almeno in dovere di contraccambiare.

"Non mi hai mai raccontato la tua storia. Ti sei sempre chiusa attorno a un muro. Puoi parlarmene, tanto non devo andare da nessuna parte e la mia mente ha davvero bisogno di elaborare qualcos'altro rispetto al terribile dramma della mia vita" mormorò in tono ironico ma non mimetizzando la sua comprensione.

Ylenia sviò lo sguardo come se volesse far innalzare l’ennesimo muro. Briony riusciva solo a scorgere del silenzio in lei, vuoto e silenzio. Quando stava per mollare la spugna, Ylenia si voltò verso di lei con sguardo basso che nascondeva tutta la sua malinconia… e anche vergogna verso se stessa.

Cominciò a parlare in un soffio, senza nemmeno fare delle pause, come se fossero secoli che non parlava per davvero  e aveva quindi bisogno di lasciar sfogare la propria voce.

Briony era rimasta immobile e in silenzio ad ascoltarla. Certe volte aveva rabbrividito, in altre era rimasta sorpresa, in altre ancora si era rattristata.

Alla fine della storia, Ylenia fece un ultimo respiro profondo quasi avesse smesse di respirare per tutta la durata, e alzò lo sguardo verso Briony. La ragazza rimaneva muta.

"Non dici niente?"

Dal suo tono di voce, Briony intuì che Ylenia si aspettava di ricevere delle mazzate in testa, urla o odio. Ma non le avrebbe ricevute, non da lei:

"Che dovrei dire? Non voglio giudicarti né farti aumentare quel peso che porti sempre sulle spalle. Hai avuto una vita davvero difficile, più di quanto potessi mai immaginare e ci vuole una grande forza per continuare un'esistenza che per te non valeva più nulla. Per questo vedendo la donna che sei oggi non devi rinnegare niente né sentirti in colpa"

Ma Ylenia sembrava non pensarla così dal modo in cui il suo viso si rabbuiò e da come l’ombra dei suoi occhi si scavò sempre di più. Briony cercò allora di confortarla, mettendole una mano sulla sua:

"Non hai alcuna colpa Ylenia, quello che é successo non é dipeso da te perché leggo nei tuoi occhi che non avresti mai voluto questo. Non farti suggestionare dal dolore dei tuoi ricordi. Hai sbagliato come tutti del resto, l'unica tua colpa é stata quella di seguire una strada che credevi la più giusta per te, ma non sapendone le conseguenze. Se ti aspetti che ti giudichi o ti attacchi con delle accuse gratuite.. Beh non lo farò."

Ylenia fu letteralmente sorpresa dalle sue parole, come se nella sua lunga vita non avesse mai ricevuto comprensione né da se stessa in primis. Briony la vide deglutire nell’ombra della stanza:

"E non ti fa rabbia sapere che volevo sottostare all'accordo con Klaus? Permettergli di distruggere quelli come te?"

Briony trasalì e impiegò parecchi secondi prima di rispondere. Le aveva fatto male interiormente sapere che anche Ylenia nel passato la considerava un mostro, e se ne era lavata le mani giudicando quelli come lei una specie non meritevole di ricevere compassione. Ma erano lì adesso, il passato non si poteva cambiare ma non dovevi neanche fartelo pesare sul futuro. Briony se ne rese conto nel caso di Ylenia, ma non riusciva a imprimere quella consapevolezza anche dentro di lei perché non era proprio in grado di soppiantare il passato in un battito di ciglia. Era più forte di lei, più forte di tutto.

"Credevi di fare la cosa giusta, che non meritassimo pietà da come venivamo descritti.. Per di più non ci conoscevi nemmeno, mentre dall'altra parte c'era la vita di tua sorella.. Non hai nulla di cui rimproverarti" mormorò poi cercando di essere convincente.

Ylenia sospirò e scosse la testa:

"Se mi parli così mi fai sentire ancor di più una stronza megalomane"

Briony le sorrise, stringendo sempre di più la presa. Per la prima volta ritrovò calore in una carezza, le erano mancati dei contatti umani, anche se la mano di Ylenia era così calda che Briony non riuscì a non pensare al ghiaccio che Elijah emanava ma che la scottava sempre inspiegabilmente. Scosse la testa per reprimere quei pensieri che la facevano sanguinare a morte.

Si ristabilì:

"Vedrai che andrà tutto bene. Avrai quello che desideri"

Le corrispose uno sguardo convinto per far arrivare quell'ottimismo anche negli occhi neri di Ylenia, che apparivano terribilmente malinconici. Alla fine anche lei riuscì a formare un sorriso lieve sul volto.

Dei passi le colsero di sorpresa e Briony istintivamente tolse la presa sulla mano dell'amica.

Connor arrivò nella stanza ma non era solo. C'era qualcun altro con lui. Briony dovette sbattere più volte le palpebre e abbassare di molto lo sguardo ma anche così non riuscì a capire chi e che cosa aveva di fronte. Sembrava un bambino, o almeno così sembrava il suo corpo, ma il viso era propriamente quello di un uomo maturo.

Era la prima volta che vedeva un nano in carne ed ossa. Di solito erano personaggi da film, ma di solito dimenticava che esistevano anche nella realtà.

Anche Ylenia sembrava parecchio colpita infatti non aprì bocca e aveva gli occhi sgranati.

Il piccoletto invece teneva un’aria piuttosto calma, come se non si accorgesse degli sguardi allibiti che gli stavano lanciando e appariva parecchio sicuro di sé. Aveva un ghigno ironico stampato in faccia che gli faceva sottolineare i suoi strani occhi asimmetrici. Erano di diverso colore: uno scuro, l’altro verde. Mentre i capelli era ricci di un color biondo miele.

Fu Connor a parlare. “Ti serve il mio aiuto Briony Forbes, ma prima di iniziare ti serve innanzitutto il suo.” Mormorò indicando il nano che aveva accanto. “E’ l’unica persona di cui mi fidi e ho fiducia delle sue capacità che non mi hanno mai deluso. Potrà sembrarti strano all’inizio ma devi avere fiducia. Verso di me non l’avrai mai, questo è chiaro, ma potremmo cambiare le carte in tavola. Puoi liberarti la mente, sfogarti, esercitare le tue paure trasformandole in qualcosa di fruttifero per te, e diventare più forte.. col suo aiuto. Quando sarai pronta e libera dalle tue perenne ansie e pregiudizi, verrai da me.”

Briony rimase ad ascoltare non riuscendo a capire in che modo quel piccoletto potesse aiutarla. Si sentiva profondamente in imbarazzo di fronte al sorrisetto di quello strano individuo. Lui a sua volta si avvicinò tendendole la mano. C'era qualcosa di strano nel modo in cui muoveva le sue gambette, quasi fossero sia forti come acciaio e fragili come seta.

"Visto che dovremo passare del tempo assieme, credo sia opportuni presentarci. Chuck per servirla, e mi creda le apparenze ingannano" La voce era quella di un uomo ma sottolineata da una linea di infantilità.

Briony si ricompose, cercando di mantenersi seria e si alzò. Neanche lei era alta ma Chuck le arrivava all'altezza del petto. Gli strinse la mano mormorando un piacere.

Ylenia non li stava  guardando. Le labbra erano distese in un sorriso che faticava a non scoppiare in una grossolana risata.

Chuck chinò il viso dalla sua parte. "Signorina se ha qualcosa da dire é ben libera di farlo. Non mordo sebbene qualcuno pensa il contrario" ribatté solennemente sfoderando un sorriso da stregatto.

Briony alzò il sopraciglio pensando che per essere così piccolo aveva una lingua piuttosto lunga.

Ylenia si girò verso di lui alzando il mento come per sottolineare il suo bel 1 metro e 78:

"Mi stavo solo chiedendo cosa potresti mai fare tu per aiutare Briony"

La diretta interessata si stava appunto chiedendo la stessa cosa ma non aveva la faccia tosta per chiederglielo così direttamente.

Il sorriso comunque non scomparve dal viso del nano. "Ne rimarresti sorpresa. Qualche mese di tempo e vi porterò una Briony tutta nuova"

Ylenia tenne su di lui uno sguardo attento come se fosse una cavia da analizzare. Il sopraciglio di Briony invece era arrivato fin sopra ai capelli.

"Mi dovrei fidare?"

Chuck la guardò. Quegli occhi le incutevano una strana ansia come quelli di Connor.

"Non sono il primo mostro che ti capita a tiro. Non dovresti aver paura quindi"

Briony deglutì fortemente lasciando andare la mano. Il cuore ricevette una scossa per quella frase a doppio senso. Elijah non era mai stato un mostro per lei, lo era stato il loro rapporto.. Quel mostro d'amore che l'aveva fatta a pezzi e inciso sempre di più sulle sue ferite.

Lo sguardo si rabbuiò mentre Chuck le rivolgeva un'occhiata inquisitoria. Ma aveva ben poco da trovare in lei.  Non era in bello stato. Ci sono occhi che mutano col passare del tempo in proporzione alle lacrime versate o ai sorrisi in essi contenuti.

E una sola ragione ci poteva essere per occhi così scavati e sofferenti.

Connor smorzò la tensione rizzando le spalle.

"Allora... Vogliamo darci da fare?"

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Silenziosa come un'ombra. Leggera come una piuma. Calma come acqua stagnante. Veloce come una vipera. Rapida come un cervo. Forte come un orso. Guizzante come un'anguilla.

A dire di Chuck era piuttosto semplice, ma Briony non ne poteva letteralmente più. Aveva il fiatone come se avesse corso per 1000 km, sudava quasi stesse in una sauna, aveva le gambe molli come se avesse scalato l'Everest.

"Tu sei pazzo" farfugliò tra un respiro e l'altro.

"Mi hanno affibbiato diversi soprannomi nel corso degli anni ma pazzo mai. Vedrai, Briony, che quello che faccio ha una razionalità ben delineata" rispose lui semplicemente alzando il bastone.

Briony faticò a rialzarsi in piedi: quel nano pazzoide l'aveva sottoposta a degli sforzi fisici da olimpiade. Dalle flessioni, agli esercizi con i bastoni come se fossero spade, corse, colpire un manichino imbottito con dei paletti conficcati nel polso.

"Se avessi voluto fare ginnastica mi sarei rivolta a una palestra" biascicò lei.

"Devi addestrare il tuo corpo. Il tuo subconscio in principio arriva a quello, manipola la tue azioni. Se lo sottoponi al dovuto esercizio, vedrai che non sentirai più la tremarella alle mani né la lingua prudere per far uscire parole che non pensi o bestemmie che non confanno a una signorina." rispose Chuck battendo il bastone sul suo braccio per intimarle di alzarsi.

Briony lo guardò storto ma lo fece senza lagnarsi.

"E che cosa sono questi braccini? Ma mangi tu? Non dirmi che sei una di quelle stupide che prima mangiano e poi si ficcano due dita in bocca per non ingrassare, perché altrimenti io me ne tiro fuori subito."

Briony si scostò da lui. In effetti era parecchio dimagrita nell'ultimo periodo, con tutto quello che aveva da pensare si dimenticava persino di mangiare.

"E quei capelli lunghi bisogna tagliarli. Sono solo un intralcio. Anche se corri più veloce del tuo avversario, a questo basta un niente per afferrarti i capelli e stenderti in ginocchio."

Briony lo fissò di nuovo di traverso. Quel tipo aveva un'aria così altezzosa da farle venire i nervi. Così piccolo ma anche così fastidioso.

"Non so quali problemi tu abbia ma credo che sei tu ad aver bisogno d'aiuto visto ciò che mi stai facendo fare. E io non ho affatto bisogno di questo!" gridò lei calciando i piedi.

Chuck fu calmissimo "Non sono io quello che non riesce a disinnamorarsi di un Originario. E credimi io non ho alcun problema a differenza tua."

Briony girò il viso per mascherare la tempesta d'emozioni che si abbatté in quel momento sui suoi occhi. La verità era che tutta la fatica a cui il suo corpo era sottoposto non serviva a nulla. Non c'è niente da fare, quello squarcio sta sempre lì nello stomaco e non si riassorbe.

"Forza, smettila di adagiarti sugli allori e datti da fare" la rimbeccò Chuck scuotendo il bastone sul terreno.

Briony gli rivolse un'occhiata aggressiva. "Maestro perché non facciamo un braccio di ferro? Così vediamo chi ha bisogno della ginnastica."

Chuck fece un sorrisetto "Rimarresti sorpresa dell'esito finale, tesoruccio"

Briony non volendo gli rise in faccia "Tu? Ah! Per cosa ti ha arruolato Connor? Per fargli da guitto in qualche spettacolo quando si annoia?"

Vedendo l'espressione di Chuck rabbuiarsi, Briony si ammutolì. "Scusami, non volevo essere sgarbata" mormorò poi.

Lui invece le rivolse una smorfia. "No ho capito. Tu sei come quelli che mi urlavano dietro dicendo che ero una scimmia deforme immeritevole di vivere, e una macchia sull'onore della famiglia. Vado bene solo a fare spettacoli da circo no? Ci ho fatto il callo ormai ma sinceramente non vedo l'ora quanto te che questa cosa finisca" ribatté con una durezza inqualificabile non dando neanche la possibilità a Briony di rispondere, che infatti le diede le spalle facendo strisciare il bastone mentre camminava.

Briony alzò gli occhi al cielo e cercò di andargli dietro. Quelle gambette corte camminavano più veloci di quanto si aspettasse.

"Senti mi dispiace ok? Però anche tu é tutto il giorno che mi fai sfacchinare senza la minima tregua, é normale che mi senta sotto stress"

Chuck subito si voltò, incendiandola con lo sguardo duro. Briony anche lì rimase ammutolita. La sua testa era la cosa più grande del suo corpo, tanto da farla apparire enorme.

"Poche ciance. Torniamo ad allenarci"

Senza il minimo preavviso Chuck le sbatté contro il bastone, procurandole una fitta alla testa. Briony stava per chiedergli cosa diavolo avesse fatto quando lui le fece lo sgambetto con l'altra parte del manico. Briony cadde rovinosamente respirando la terra, ma si alzò subito in piedi dando a Chuck un sonoro schiaffo che gli fece voltare tutto il viso e per poco le gambette non incespicarono.

Briony traballò pensando di aver fatto davvero male a quel piccoletto.

"Oddio scusa! Ti ho fatto male?" si protese in avanti cercando di capire se stesse bene. Chuck si voltò improvvisamente sferrandole un altro colpo sopra il naso.

"Ehi!" Briony indietreggiò tenendosi la mano sopra il naso.

"Ragazzetta. Non si colpisce un avversario e poi gli si chiede scusa. Spina dorsale ci vuole!" ribatté Chuck come se fosse un samurai.

"Ma non sei un avversario, sei il mio nuovo maestro d'armi" si giustificò lei cercando di pulirsi il sangue.

Lui le fece un ghigno. "Credo che tu sia il tipo di rimbambita che ha compassione del suo nemico. Sei proprio una sciocca"

"E tu sei un nano"

"Ma che arguta osservazione, i miei complimenti"

Chuck le fece un'altra smorfia e ritornò sui suoi passi. Si trovavano in una radura, in aperta campagna, completamente estraniati dalla civiltà.

Briony alla fine alzò gli occhi al cielo, fece un profondo respiro e chissà per quale motivo, lo seguì.

 

Piano piano col passare del tempo, le cose andarono un pochino meglio. Briony cercò di abituarsi a ciò che quel piccolo uomo le diceva di fare, anche se all'inizio l'aveva trovata un'assurdità. Aveva imparato qualche tecnica di difesa, era più allenata e non si lamentava più di tanto.

Certe volte però si ritrovava a pensare che avrebbe tanto voluto che fosse qualcun altro ad allenarla.. Si immaginava le mani gelide di Elijah percorrerle il corpo nel tentativo di insegnarle a tenere dritta la balestra. Ovviamente il suo tocco l'avrebbe fatta perdere concentrazione. Soprattutto il suo fiato gelido sul collo, il suono profondo della sua voce..

"Yuhu? Sei ancora sulla terra?" Chuck la riportò alla realtà.

Briony scosse subito la testa, vergognandosi dei suoi pensieri. La loro frequenza era diminuita, ma non scomparsa. Quello non sarebbe successo mai. Bastava un niente, una frase detta male o un paesaggio per farla affondare nel turbine dei suoi ricordi e riscoprire quel dolore mai svanito.

Cercò nonostante tutto di non farlo vedere a Chuck e impugnò la balestra. Quando scoccò centrò esattamente il bersaglio.

Chuck comunque non si scompose più di tanto. "Non male. Adesso dai riposiamoci se non vogliamo crepare prima del tempo" Così detto si sedette per terra e sospirò come se fosse stato lui ad aver faticato tutta la mattina.

Briony lo raggiunse e prese una bottiglia d'acqua per dissetarsi. Stettero qualche minuto in silenzio: in quel periodo avevano imparato a rispettarsi, anche se qualche battibecco ci stava visto il carattere superbo di lui e quello testardo di lei. Ma comunque il fastidio iniziale ormai Briony non lo provava più. Quasi quasi si svegliava esclusivamente solo per venire ad allenarsi con lui.

"Allora.. Come sto andando?" chiese dopo aver bevuto.

"Stai facendo progressi. Alcuni imparano già nei primi anni dell' infanzia, per altri ci vuole uno sforzo preciso. Il tempo é la miglior medicina"

Briony sussultò a quella frase. Tutti lo dicevano, nei libri la frase più ripetuta era che il tempo alleviava tutte le ferite, che prima o poi la sofferenza passa…  Ma per lei non era così.. il tempo passava indistinto e veloce ma lei non smetteva di vivere nei suoi dolori.

Quando si allenava, si graffiava la pelle a causa delle cadute, ne era quasi contenta perché almeno in quei momenti di sofferenza fisica non pensava a Elijah. Voleva farsi del male per sentirsi viva, visto che non aveva più nulla. Aveva solo il dolore ma sperava di accantonarlo in quei brevi attimi che passava con Chuck.

Ma quando restava da sola, il dolore vinceva sempre su di lei.

Fece un profondo sospiro, cercando di non incrociare lo sguardo di Chuck per non fargli scorgere il tormento malcelato dei suoi occhi.

Aveva sottovalutato però l’arguzia del nano:

"Quello é il suono della sofferenza. E non c'è pozione o allenamento che possa curarlo"

Briony traballò sentendosi pungere da dolorose spine. Chuck continuò, ma senza del tono di accusa, semplice realismo:

"Sei ancora innamorata di lui vero?"

Di nuovo traballò. Si era dimenticata come ci si sentiva… prima era il solo e semplice dolore, adesso era come un pugno in pieno petto, la mano scavava sempre di più nella sua carne e premeva fino a lacerarla.

Briony venne privata del respiro a causa della sua potenza sadica.

"Lui  non é il tipo di persona che puoi smettere di amare. Quando inizi a farlo, non riesci più a smettere."

Non riusciva a pronunciare il nome di Elijah. Se lo avesse fatto era sicura che sarebbe precitata in un altro baratro. Lo ripeteva solo silenziosamente, nel buio dei suoi pensieri ma mai ad alta voce. Era troppo rischioso per il suo cuore già troppo martoriato.

Chuck la guardò confuso sbattendo le palpebre.

"Perdonami ma.. Sei tu che l'hai lasciato. Allora non hai tanto bisogno di lui no?"

Briony cercò in tutti i modi di non guardarlo. Persino adesso aveva ancora bisogno di Elijah. Lo aveva sempre avuto, ancor prima di conoscerlo. Era lui che chiamava nelle ore di pericolo, era il suo il nome che il cuore di lei evocava in ogni ora. Certo che aveva bisogno di lui… come se fossero legati allo stesso filo, e se lo recidevi spezzavi ogni cosa. Non si sentiva spezzata dalle ferite fisiche, quelle non erano nulla comparabili ai lividi dell’animo.

"Lui  non é una persona della quale non ho bisogno. É solo che eravamo troppo diversi.. “ Non era riuscita a rispondergli in altro modo.  "Non potevamo fare nulla che non farci del male"

Il suo suonò come un sussurro flebile, quasi il vento lo rubò per trasportarlo alla mente di Chuck che assentì gravemente, quasi avesse capito.

Briony cercò di sfuggire al senso di vuoto che si era afflitto di nuovo su di lei. Era terribile combatterlo, ma ancor di più arrendersi ad esso.

"E tu? Ti sei mai innamorato?" chiese cercando di sviare il discorso, non sopportando altre allusioni su Elijah.

"Non dirlo con quel tono come se per un nano é impossibile amare. Ovvio che sì, ho avuto anche io le mie epopee amorose"

Briony sorrise per il tono di Chuck.

"Un giorno me le racconterai."

Prese poi il cellulare per vedere l’ora, ma quando si rispecchiò nello schermo lucido gli occhi di Briony si sgranarono per ciò che videro al loro interno.

"Ma cosa..?"

Si alzò in piedi imperterrita, continuando a guardarsi sullo specchio dello schermo con sguardo d’orrore.

"Dio mio.."

Chuck non riusciva a capire quel repentino cambio d’atteggiamento.

"Che c’è?" le domandò alzandosi.

"Come che c'è?! Guardami!" gridò lei tutto ad un fiato facendogli segno sul suo viso.

Lui la guardò noncurante. Gli occhi verdi erano circondanti da una sfumatura rossastra.

"Sei carina" mormorò indifferente scrollando le spalle.

Briony sgranò ancor di più gli occhi evidenziando il color rosso.

"Un mostro vorrai dire!" urlò di nuovo sbattendo per terra il cellulare, quasi non sopportasse la visione di se stessa allo specchio. Poi si voltò verso Chuck con sguardo pieno di collera. "Che cosa mi avete fatto? Vi avevo chiesto di aiutarmi, non di trasformarmi nell'abominio che disprezzo!"

"Che paroloni. Anche a me non piace essere un nano ma ognuno ha la sua croce da portare"

Vedendo che la collera della ragazza andava sempre ad aumentare, Chuck sospirò:  "Qual'è il problema?”

Briony stentava a credere che lui non riuscisse a capirla. E dire che gli aveva spiegato quanto ribrezzo provava verso quello che era… quel mostro lurido e spregevole che l’aveva allontanata da tutto ciò che amava… se lei fosse stata normale… quell’inferno non l’avrebbe perseguitata con tanta ferocia.

Presa dalla rabbia, afferrò Chuck per il colletto e lo alzò letteralmente di peso, scrollandolo continuamente:

"C’è che voi mi avete teso una trappola! Tu e il tuo compare! Mi avete fatto credere di poter spostare le montagne e invece volevate solo sfruttarmi e poi usarmi come una vostra marionetta! Ammettilo!” gli gridò faccia a faccia. Chuck ormai non respirava più dal gran che veniva scrollato.

"Ascoltami pazza. Fa parte dell'addestramento. Per combattere ciò che sei devi prima diventarlo! Non ha senso lottare contro un fantasma incorporeo. Prima metabolizzi la cosa, poi potrai espellerla come una spina rognosa."

Lo sguardo di Briony divenne quello di un’invasata:

"Non ti credo! Volete mettermi il collare come avete fatto a quella disgraziata di Charlotte!”

"Accetta quello che sei Briony, accettati e poi con la pace nel cuore potrai lasciartelo alle spalle. Non puoi combattere una cosa senza neanche sapere cos’é e temerla come un’ombra. È da idioti."

Le parole di Chuck uscirono in un debole soffio ma smossero Briony dal suo stato di follia e collera. Lo guardò dritto in faccia per sincerarsi che fosse sincero: le sue parole potevano anche avere un nesso logico, ma era arduo per lei fidarsi completamente visto il suo stato.

"Mi vuoi lasciare ora?" domandò Chuck con un sorrisetto.

Briony scosse la testa deglutendo, e alla fine lo depose delicatamente a terra come se fosse stato davvero un bambino.

Lui si sistemò noncurante il colletto:

"Qual'è il problema? Degli occhi rossi non fanno paura a nessuno oggigiorno"

La collera montò di nuovo in lei:

"Procurano disprezzo a me! A me! Sono io che mi detesto ogni volta che mi guardo allo specchio! É una cosa che odio! Non puoi capire"

La realtà dei fatti era che nessuno poteva davvero capirla… odiare se stessi perché la tua vera essenza ti aveva fatto allontanare la persona che amavi di più al modo.

"Oh ti capisco eccome" rispose Chuck con una strana smorfia.

Briony lo guardò di sfuggita e rimasero per qualche secondo in un pesante silenzio.

"Parlane con Connor se vuoi. Lui era d'accordo fin dall'inizio" proruppe il nano ad un tratto.

A sentire quel nome, Briony grugnì. L’aveva lasciata a Chuck come un pacco postale, lavandosene poi le mani. Che stava facendo adesso quel tetro individuo?

Sentì Chuck sospirare pesantemente:

"E’ il destino, Briony. E il destino non si cambia"

Ne aveva le palle piene del destino. Lo avrebbe mandato volentieri al diavolo se fosse stato una massa corporea.

"E tutto ciò che stiamo facendo allora che senso ha?" domandò lei provocatoria.

"Non crederai davvero che possiamo guarirti e trasformarti in un neonato puro e innocente? Possiamo aiutarti, tenere a bada questo lato di te ma non potremmo mai cancellare ciò che sei. Sei nata con la pseudonimo x: natura non pervenuta. Fattene una ragione e il traguardo si avvicinerà più prima che poi" rispose Chuck semplicemente senza neanche scomporsi.

"Fan culo" Briony dimenticò per un attimo le buone maniere e non si pentì affatto.

Quasi quasi sentiva che quello che stava facendo non aveva il minimo senso… che ormai non c’era speranza… tanto valeva buttarsi sotto un ponte e chiuderla lì.

"Il più grande nemico con cui avremo a che fare è dentro di noi. Lui sa veramente come sconfiggerci”

Le parole di Chuck la destabilizzarono e la riportarono alla realtà, allontanandola dai suoi propositi di martirio. Rimuginò sulle sue parole… il suo più grande nemico era la paura di perdere per sempre Elijah e scordare tutto ciò che avevano condiviso… doveva veramente combattere con esso? Quella parte di lei la stava sconfiggendo, ad armi impari perché quella paura era terribilmente grande e infinita.. il solo pensiero di abbatterla la intimoriva come se venisse privata di un arto.

Perché la sua vita era così catastrofica?

Fece un profondo respiro, sviando lo sguardo. Di nuovo cercò di cambiare discorso per non pensare l’amarezza del suo destino:

"Che cosa ci guadagni tu in tutto questo?” gli chiese poi.

"Aiutare una rimbambita. É uno spasso." Chuck le rivolse un ghigno ironico e Briony sorrise lievemente.

Si abbassò per sistemargli la giacca che gli aveva scomposto durante la breve lotta. Sembrava la scena di una ragazza madre che aiutava suo figlio a vestirsi. Chuck comunque non si scompose più di tanto.

Dopo averlo sistemato al meglio, Briony lo guardò attentamente. Non l’aveva più fatto dalla prima volta che l’aveva incontrato, come se avesse paura di risultare fastidiosa o inopportuna nel fissarlo troppo.

"Ti ho già visto?” domandò poi sovrappensiero.

Chuck ricambiò lo sguardo, sbattendo i suoi piccoli occhi asimmetrici. Un flashback del passato le inondò la mente. L’ultimo e doloroso incontro con la madre: prima di voltarle le spalle un’ultima volta, gli occhi di Briony erano saettati su una porta aperta dove aveva visto l’ombra di un bambino. Poteva sembrarlo visto che era così piccolo, ma adesso era chiaro. Non era un bambino…

“Anche tu conoscevi mia madre?” domandò sbigottita.

Chuck scrollò le spalle indifferente. “Nel club ci conosciamo tutti.. è una cerchia ristretta, visto che i cacciatori si stanno estinguendo e abbiamo sempre bisogno di una spalla in più. Il tuo caro papà ha un sacco di amici.”

Briony lo guardò attentamente, assottigliando gli occhi. Non ce lo vedeva proprio un ometto come Chuck battersi con un vampiro.. ma certe volte quando lui la spronava a rialzarsi e la batteva con le mani era parecchio forte più di quanto si aspettasse.

“Credo che farai la loro conoscenza prima di quanto tu creda. Ma non so se ti farà poi tanto piacere”

Lì per lì Briony non ci aveva fatto molto caso a quella battuta allusiva ma se la sarebbe ricordata qualche settimana dopo quando si sarebbe trovata di fronte tutta la cerchia dei cacciatori, amici di suo padre “l’antivampiro nazista”

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Stavano tornando da una dura lezione: visto che i poteri di Briony erano più che altro psichici, doveva quindi allenare la mente. Chuck l’aveva costretta a fissare una pietra per ore intere senza distogliere lo sguardo. Briony non ne capiva affatto il motivo e più stringeva la fronte più sentiva un tremendo mal di testa. Chuck le aveva detto che se si sforzava avrebbe potuto spaccare quella pietra con la forza della mente. Ma Briony aveva solo ricevuto una sonora emicrania.

“Il tuo collega sarebbe capace di sfondare una roccia intera. Anche se il suo sguardo inquietante basta e avanza”

Briony ci mise poco per capire che Chuck si stava riferendo a Willas. Non ne sentiva proprio la mancanza, anzi sperava fosse annegato in qualche fiume.

“Lo conosci?”

“Non so se descriverlo come un onore o una seccatura. Will è piuttosto complesso, è solo un ragazzo anche se si finge un uomo già vissuto. Sopporto i suoi salti d’umore solo perché ha sofferto davvero troppo”

Briony rimase davvero colpita dalle sue affermazioni. L’unica cosa che sentiva quando era accanto a Willas era il prudere delle mani per fermare un pugno imminente. Era intollerante nei suoi confronti proprio come lo era verso Charlotte… forse perché entrambi rappresentavano un’essenza che Briony odiava.

Quando si parla del diavolo… non appena entrarono nella tenuta di campagna dove l’aveva condotta mesi prima Connor e luogo dove lei e Chuck si riposavano e preparavano i piani del giorno dopo, trovò anche Willas e non solo…

“Chi non muore si rivede.” Mormorò Willas con un ghigno ironico.

Briony gli lanciò un’occhiata dura.

“Sia ringraziato il cielo che Connor mi abbia diviso da una come te.. visto che ci tengo alla mia pelle” sogghignò lui parlando di nuovo.

Portava una canottiera bianca che risaltava i muscoli perfetti, i capelli ribelli lungo le spalle e uno stuzzicadenti tra i denti.

Anche Briony mentalmente pensò che era un bene essere stata divisa da quel spocchione da due soldi.. almeno Connor aveva mantenuto la parola data.

Gli occhi di Willas si abbassarono per incontrare quelli di Chuck. Il sorriso si distese:

“Piccolo perverso folletto. Quanto tempo”

Chuck contraccambiò il sorriso. “Non è mai troppo se passato lontano da una canaglia feroce come te Will”

Il cacciatore comunque non se la prese, anzi rise di gusto e gli scompigliò i riccioli.

“Mi mancava una lingua sincera e intelligente in questo branco di pecore in cui mi ritrovo”

In quel momento lo sguardo di Briony scavalcò la spalla di Willas per scorgere il gruppo di persone all’interno della tenuta: ce ne erano almeno una decina, per la maggior parte uomini, anzi le uniche donne erano lei e un’altra ragazza della sua età più o meno.

“Chi è tutta questa gente?” domandò lei spostando lo sguardo da ognuno di loro.

“Per essere figlia di tuo padre non sai proprio un bel niente” sottolineò Willas togliendosi lo stuzzicadenti.

Briony lo fulminò. “E tu non sai niente sulle buone maniere. In che epoca sei vissuto?”

Lui le rivolse un sorriso gelido. “In un’epoca in cui i vampiri erano considerati vampiri, non angioletti che hanno perso disgraziatamente l’anima. Un’epoca in cui i cacciatori erano davvero cacciatori, non la vettovaglia che vedo adesso”  Così detto, Willas si dileguò inoltrandosi in mezzo a quella folla di gente dando alcune spallate.

Briony fece finta di non sentire il bollore alla testa e analizzò la gente che sembrava non avesse neanche notato la sua presenza. Intuì che erano amici di suo padre e subito non ne ebbe una buona impressione: avevano la faccia o da idioti o da feroci.

“Sei circondata da compagnie poco sane, avresti bisogno di maggiore tranquillità”

Una voce sembrò provenire dall’ombra e Briony si girò subito. Connor era appoggiato a una parete vicino a loro con le braccia serrate contro il petto.

“Penso invece che potrebbe farle bene stare in mezzo a qualcuno che è come lei.. non la farà sentire così diversa e sempre pronta a lagnarsi.” mormorò Chuck facendole una smorfia ironica.

Briony stava per ricambiare ma la voce di Connor attirò la sua attenzione: “E’ proprio quello che volevo dire. Se vuoi imparare a liberarti dagli Originari dovresti stare in mezzo a coloro che li odiano” proruppe lui con un sorriso glaciale.

Briony invece fece una smorfia non proprio convinta. Lei voleva dare un freno alla sua sofferenza, ma non far nascere dell’odio nel caso avesse fallito. E anche se fosse, non ci sarebbe mai riuscita. Sebbene l’odio era l’altra faccia dell’amore e solo un filo sottile li separava, non sarebbe mai stata capace di odiare Elijah. Sarebbe stato come odiare se stessa. E ormai aveva smesso con l’auto commiserazione.

“Credo che sia meglio svignarcela” disse cercando di smuovere Chuck dal pavimento.

Ma prima di farlo vide la ragazza di prima avvicinarsi a loro con l’intento di presentarsi. Aveva i capelli rosso fuoco lunghi e lisci, due splendidi occhi azzurri e pelle bianca come se avesse appena fatto il bagno nel latte. Era molto carina, constatando anche quanto fosse filiforme.

“La figlia di Bill Forbes giusto?” domandò la ragazza sorridendole e porgendole la mano. C'era un piccolo spazio tra i due incisivi superiori ma quel piccolo difetto rendeva il suo sorriso quasi accattivante. Briony si costrinse a stare immobile e a non fregarsene come avrebbe voluto.

“Sì esatto.” Rispose con una certa punta di rammarico, prendendole la mano.

“Jennifer. Ho sentito tanto parlare di te. Sei la ragazza speciale innamorata degli Originari vero? Ah no di uno solo scusa!”

Anche se il tono della ragazza era scherzoso e semplice, comunque Briony ebbe una fitta allo stomaco. Perché tutti dovevano farle ritornare in mente la dolorosa realtà e il suo senso di perdita? Senza contare che se tutti sapevano chi lei fosse e chi amava, non sarebbe stata ben vista. Anche se la ragazza che aveva davanti, Jennifer, sembrava piuttosto amichevole.

Briony mollò la presa, scurendosi la voce e mettendosi le mani in tasca.

“Non devi sentirti un pesce fuor d’acqua. Qualche battuta scappa sempre ma non c’è nulla di personale.. e poi..” Jennifer si sporse verso di lei, nei soliti gesti in cui si vuol confidare un segreto all’orecchio. “E poi non sei l’unica che è caduta nel fascino dei vampiri. Anche io ho avuto una storia con uno di loro tempo fa, ma è un segreto!” mormorò con una risatina infantile.

Briony sghignazzò non molto convinta e si sentì afferrare per un braccio. “Avanti vieni. Ti faccio conoscere gli altri” Quella Jennifer sprizzava energia da tutti i pori.

“Veramente non credo sia il caso. Stavo appunto andandomene.” Biascicò Briony non avendo alcuna intenzione di fare amicizia con gli amici di suo padre. Se tutti la pensavano come lui stava bella fresca.

Tuttavia si fece trasportare forzatamente e all’inizio non fu male. I primi che conobbe sembrarono non conoscere la sua storia o magari facevano finta per essere educati. Ma poi sfortunatamente si imbatté in uno che in quanto acidità era peggio di Bill Forbes.

“Questa qui è l’innamorata di Elijah Mikaelson? Ragazzina spero tu sia stata soggiogata perché non c’è verso nell’amare un vampiro di quella staffa. Trovi più calore e umanità in un iceberg dell’Atlantico.”

Briony serrò duramente il viso cercando di controllarsi nel saltare addosso a quell’individuo. Eppure una scossa più forte la fece tremare… una scossa che proveniva dal cuore… quel nome... nessuno l’aveva mai pronunciato così ad alta voce, risvegliando così la sofferenza atroce del suo animo che era rimasta per un assopita.

Lei stessa sadicamente aveva pronunciato quel nome tante volte, nel silenzio della sua mente, ma sentirlo concretizzato da una voce le fece male. Così male che temette di precipitare di nuovo nel baratro, con lacrime di sangue che le bagnavano il corpo.

“E’ stato un amore sbagliato. Il peggiore”

<< Oh no >> Ciliegina sulla torta ecco arrivare il dolce paparino.

Briony grugnì, sentendo che tra poco i denti sarebbero saltati.

“Respira. Ricordati: calma come acqua stagnante” le sussurrò Chuck sottovoce.

Sta cippa l’acqua stagnante. Briony sentì un’immensa collera montarle su per tutto il corpo verso suo padre e verso l’uomo che poco prima aveva parlato. Aveva l’aria di chi piace fare a botte, anche se era un uomo già di mezz’età.

Briony strinse forte i pugni mentre un altro uomo parlò. Cercò di ricordarsi il suo nome. Robin? No Robert.

“Suvvia, abbiamo tutti commesso delle idiozie in gioventù, non bisognerebbe poi farne un dramma. E io se fossi giovane come un tempo mi farei delle belle vampire

“Solo quelle cieche” Robert lanciò un’occhiataccia a Willas e la stanza si immerse nelle risate.

Jennifer lasciò la presa su Briony e si mise le mani nei fianchi, guardando Willas con fare provocatorio:

“Perché? Tu pensi invece che cadrebbero ai tuoi piedi in un battito di ciglia?”

Lui allora girò lo sguardo verso di lei come se l’avesse vista solo in quello stesso istante. Le regalò un sorriso, gli occhi erano scuri come pozzi di petrolio ma incorniciati da un cerchio rosso:

“Se lo permettessi, sì. Ma non mi immischio con degli assassini quindi il problema è già risolto e la virtù delle vampire, se ancora esiste, è intatta per quel che mi riguarda”

Ci fu un coro di assenso, Jennifer non abbassò mai lo sguardo da quello di Willas come se fosse in corso una sfida e lei la sostenne egregiamente, visto che il cacciatore sembrava guardarla con interesse. Lei però sviò poi lo sguardo guardando tutti i presenti con sguardo fintamente provato:

“Siete proprio tutti dei mascalzoni, mi chiedo come abbia fatto a crescere in mezzo a dei simili zoticoni medievali”

Altre risate. Briony stava vicino a Jennifer senza proferir parola come se fosse diventata all’improvviso una ragazza timida e insicura. Ma la verità era che voleva andarsene alla svelta da lì, e da ridere non le veniva nemmeno sapendo cosa loro pensassero veramente.

“A me non sembra che sei cresciuta in mezzo agli uomini, chiunque con un po’ di vedute vedrebbe che sei una donna” ribattè Willas di nuovo lanciandole un’occhiata maliziosa.

Jennifer alzò gli occhi al cielo e le mani, come se con lei non attaccava o perché lo scherzo era durato anche troppo. Se ne andò via di lì, non badando alle occhiate e ai fischi che le lanciavano.

L’attenzione dei presenti fu poi rivolta a Willas che assunse uno sguardo neutro.

“Beh che c’è?” domandò noncurante alzandosi da una poltrona e andando a prendere un lungo coltello per fare a pezzi della carne da mangiare. “Lei è libera, molto carina e io sono un ragazzo sensibile e affettuoso. Ho delle possibilità no?”

Ci fu un coro di dissenso, mentre Willas alzava il coltello e lo spinse magistralmente, quasi con violenza, contro la carne. Il sangue dell’animale morto fuoriuscì a causa del colpo ma lui non ci fece granchè caso. Briony pensò che aveva tagliato quel pezzo di carne come se avesse tra le mani un vampiro. Era inquietante l’espressione che a volte quell’individuo assumeva. Il sangue gli colava tra le mani ma lui non si disturbava a pulirlo.

“E’ un branco di pazzi ma ci farai l’abitudine”

In mezzo a tutte quelle persone, Briony si era quasi dimenticata della piccola presenza di Chuck.

“Se lo dici tu”

Si guardò di nuovo attorno: alcuni sembravano simpatici, altri invece acidi come suo padre. Ma sinceramente non le importò di quel gruppo di cacciatori.

Perché sentiva di non volerne fare parte? L’amore per Elijah l’aveva trasformata? Oppure le aveva rivelato la sua vera essenza? Preferiva essere una vampira e passare l'eternità con Elijah, che essere una cacciatrice e trascorrere la vita senza di lui.

Si girò. Connor era ancora affiancato alla parete ma non aveva mai parlato né stava guardando nessuno. Come se ogni cosa lo disinteressasse.

“Quindi lei starà con noi d’ora in poi?” L’acidità nella voce la costrinse a voltarsi. Era lo stesso antipatico di prima, quello che aveva detto delle parole orribili su Elijah.

“Io non starò da nessun-”

La risposta a tono di Briony fu scavalcata dal padre.

“Se comunque verrà qui e la incontrerete dovrete trattarla col dovuto rispetto. E’ pur sempre mia figlia”

Briony gli regalò una smorfia di finta cordialità:

“Tante grazie papà. Ma credo che non vi recherò alcun disturbo prossimamente” mormorò facendo intendere ciò che pensava.

“Sarà meglio. Se qualcuno si innamora di mostri come Elijah Mikaelson o come i suoi fratelli, allora anche lui a sua volta è un mostro. C’è poco da dire su ciò.” Quell’uomo le stava dando sui nervi. Faticava a ricordarsi il suo nome ma Briony aveva in mente soprannomi poco lusinghieri verso di lui.

“Elijah e i suoi fratelli non sono più un problema..”

“Tu dici? Io credo invece che quei mostri..”

L'ansia arrivò al culmine. Briony sentiva il respiro affrettato, il cuore strapparsi ogni volta che sentiva il nome di Elijah.

<< Basta basta. >> Continuava a pregare ma ovviamente le sue preghiere non venivano ascoltate da nessuno.

Con le lacrime agli occhi andò furtiva verso il bagno per non far vedere a nessuno la sua debolezza. Attraversò la sala a falcate e si chiuse la porta del bagno dietro le spalle.

Lì voleva far uscire tutto il suo tormento ma inspiegabilmente non ci riuscì. Come se la sua agonia si ostinasse a restarle dentro e roderle l'anima. Temette di soffocare a causa di questo e le gambe cedettero fino ad arrivare a terra.

Qualcuno bussò ma lei si mise le mani nei capelli, abbassando la testa, sorda ad ogni rumore se non quello del suo dolore.

Sottovoce chiamò Elijah come cercando il suo aiuto ma il nome rimase sulle labbra, inconsistente.

 

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Col tempo imparò a farci l'abitudine: cercava di non badare molto a quel club di cacciatori ogni qual volta andava alla tenuta con Chuck, e Jennifer cercava di renderla partecipe ad ogni occasione. Non capiva perché quella ragazza fosse così amichevole con lei: forse perché erano le uniche donne in un club di maschi o forse perché aveva intuito quanto fosse sola.

Mangiavano insieme a colazione, ormai Briony abitava in quella tenuta: dormiva anche lì, le era intollerabile per lei tornare in quella casa pieni di ricordi e affrontare tutto quel macigno da capo.

Così quando entrava nella tenuta dopo una giornata d'allenamento con Chuck, di solito non cercava di darsela subito a gambe o di evitare la presenza degli altri anche se più che altro stava o con Chuck o con Jennifer.

"Ma sei sempre cresciuta in questo branco di narcisisti?"

Le due ragazze si trovavano attorno a un tavolo a bere della tisana. C'erano solo loro nella tenuta quindi potevano anche concedersi una chiacchierata normale.. Briony si sorprese di quanto fosse entusiasta nel parlare con qualcuno di estraneo alla sua vita precedente.. Come se lasciasse da parte l'angoscia, come se stesse vivendo un'esistenza normale.

"Io non voglio una vita normale.. Io voglio te." un ricordo doloroso emerse dall'oceano del suo dolore. Non voleva una vita normale se ciò non significava avere Elijah.. Ma a volte non otteniamo ciò che desideriamo.. Rimaniamo solo con le briciole mentre il mondo va avanti e nel bene e nel male tu ci sei.. Puoi decidere di andare avanti con quelle briciole oppure buttarle e incominciare dal nulla.

Briony si riscosse dal suo mondo interiore e ritornò alla conversazione con Jennifer.

"Che vuoi farci.. Mio padre é un cacciatore e al posto dell'agognato figlio maschio ha avuto me. Quindi ho dovuto fare di tutto per compiacerlo al meglio"

Briony alzò il sopracciglio, non credendo che una ragazza forte e allegra come Jennifer fosse sottomessa a un padre dispotico.

"Ma ti piace questa vita?"

"All'inizio la schifavo ma poi... Ho capito che quello che faccio ha un significato ben maggiore.. Aiuto le persone ed è gratificante. E c'è sempre l'opportunità di incontrare qualche cacciatore carino"

Il sorriso di Jennifer anche se accentuato da quel piccolo difetto era splendente. Briony ci trovava tante somiglianze con Jenna: era allegra e pimpante come lei, generosa e sempre pronta al romanticismo.

Le sorrise, poi la rossa la guardò titubante mordendosi il labbro:

"Ed é stata bella.. La tua storia con Elijah?"

Briony sobbalzò, quasi avesse preso un pugno in stomaco.

"Lo so che é finita male ma dovrai pur avere un bel ricordo.. Senza contare che ho sentito parecchie cose sul suo conto.. Dicono che sia il vampiro più affascinante sulla faccia della terra e che strappa cuori con eleganza disumana.. Uuh se non vuoi un tipo così me lo piglio volentieri io!"

Purtroppo l'ironia di Jennifer fece innervosire Briony:

"Basta Jennifer" sbottò all'improvviso guardando basso. Capendo di aver sbagliato deglutì "Scusa non mi va di parlarne.."

Il suo mutismo parlò per lei e l'amica sembrò capire:

"Eh le delusioni d'amore scottano sempre.. E alla fine le fregature le becchiamo sempre noi donne"

Briony cercò di sorridere mestamente:

"E tu non hai ancora trovato uno adatto a te?" domandò prendendo tra le mani il bicchiere. Sul vetro Briony vide il suo riflesso: i lineamenti del viso era meno angosciati ma c'era sempre una traccia di tristezza a ricordarle quanto aveva e stesse ancora soffrendo. Sentì Jennifer sospirare:

"Vivo per la maggior parte del tempo con un branco di zoticoni. Willas é molto bello e pieno di muscoli da farti girare la testa, ma é così arrogante! Prepotente al massimo e non ha la minima delicatezza.. ma se aspetta che io gli cada ai piedi si sbaglia di grosso" mormorò decisa agitando le mani in un gesto teatrale.

"Non c'é niente di peggio di un playboy senza cervello ma convinto di averlo"

Le ragazze risero poi Jennifer si girò verso un scompartimento pieno di libri. Si alzò dirigendosi verso di esso.

"Che fai?" le domandò Briony restando seduta.

Si era accorta che in ogni angolo della tenuta c'erano dei libri. Un tocco di Connor presumeva.

"Mi é venuta voglia di farmi cultura" rispose Jennifer semplicemente alzandosi in punta di piedi per prendere un libro d'arte. Anche se era piuttosto alta comunque non ci arrivava. Tentò un'altra volta ma la mano non riuscì a prendere il libro che desiderava.

Ad un tratto sentirono dei passi provenire dall’altra parte della stanza.

“Ehi Mister Muscolo” Jennifer chiamò Willas che era appena passato di lì. “Potresti aiutarmi a prendere questo libro per favore?”

Briony credeva che lui stesse per dirle di arrangiarsi invece si avvicinò per aiutarla. “Quale?”

“Arte 1.300-1.400. Espressionisti credo. Volevo leggere di un italiano “Otello” o qualcosa del genere”  si giustificò lei facendo una faccia non proprio convinta.

Willas la guardò per qualche secondo. “Donatello?”

Jennifer assentì subito come se le fosse ritornata la memoria.

Willas le fece un sorriso divertito, mettendo a posto il libro che aveva preso e prendendone un altro.

“Dovevi essere più attenta a scuola. Donatello non è un espressionista, fa parte del classicismo rinascimentale” E le porse gentilmente un altro libro.

Jennifer impallidì più del normale per quella gaffes. “Oh.. devo averlo dimenticato” Mormorò portandosi il pugno alla fronte.

Willas le sorrise di nuovo, stranamente gentile pensò Briony che rimaneva a guardare in silenzio quel bel quadretto.

“Se vuoi qualche artista italiano del ‘300 ti consiglio Giotto e Cimabue, i migliori riguardo al classicismo”

Jennifer lo guardò ovviamente sorpresa, visto che mai si sarebbe aspettata che uno come lui si intendesse d’arte in maniera così entusiasta.

La ragazza aprì il libro che aveva in mano con sguardo ancora incerto. Finì in una pagina caratterizzata da un dipinto.

“Questo me lo ricordo” proruppe lei ad un tratto.

Il volto di Jennifer era illuminato, mentre quello di Willas si scurì tutto ad un tratto. Gli occhi sgranati riflettevano dei ricordi lontani, che ritornarono all’improvviso contro la sua volontà perché avrebbe tanto voluto seppellirli.

“E questo come si chiama?”

La voce di suo padre riecheggiava all’interno della loro grande casa in Europa. Era un esperto d’arte, affezionatissimo soprattutto a quella italiana che giudicava senza dubbio la migliore anche per quanto riguardava le sculture e i basso rilievi. Willas a quel tempo era solo un bambino ma aveva una mente così arguta che si ricordava ogni cosa che gli veniva detta o mostrata.

“Questo è Cimabue. La Maestà di Santa Trinità” rispose lui convintissimo di averci azzeccato come sempre. Suo padre girò nuovamente pagina del libro d’arte. “Bravo figliolo. E questo?”

Andavano avanti così ogni giorno. Suo padre gli insegnava tutto quello che c’era da sapere, e il bambino apprendeva molto volentieri anche se non era l’artista che voleva fare in futuro.

“Basta con i dipinti. Voglio andare a giocare alla guerra.”

“E’ questo quello che vuoi fare eh figliolo? Forse da grande lo farai, ma adesso devi tenerti stretto la tua infanzia.” gli aveva mormorato dolcemente il padre dandogli un bacio sulla testa.

“Il caro Will vuole essere rapido come il vento” aveva detto sua sorella entrando in casa trasportando un cesto di frutta. “E magari sarai anche forte come un toro un giorno” gli aveva parlato ancora, scompigliandogli i capelli. Willas come al solito si era divincolato e aveva scostato il braccio della sorella maggiore. Era già una fanciulla, aveva i capelli lunghissimi castani ma quando risplendevano al sole diventavano quasi rossi. Lei diceva che era nata fortunata perché era stata baciata dal fuoco. E i capelli rossi portano fortuna, così diceva sempre.

Ma Willas non era poi tanto convinto dato che aveva visto molte ragazze andare sul rogo solo perché avevano dei capelli rossi. Ma non ne capiva il motivo perché erano semplicemente dei capelli.

Si guardò attorno: vivevano in una grande villa adagiata in stile rinascimentale, ornata tutta di quadri, dipinti, sculture… e anche armi.

Papà… teniamo quelle armi perché dobbiamo combattere i mostri che hanno ucciso la mamma vero?” aveva domandato lui guardando le lunghe spade, archi, balestra, e paletti di legno recisi ad arte.

La sorella e il padre si erano irrigiditi a quella domanda forse perché credevano che un bambino non doveva vivere una realtà del genere. Una realtà mostruosa. “Sì figliolo… ma tu non devi preoccuparti perché ci sarà sempre tuo padre accanto a te” gli aveva mormorato suo padre cercando di confortarlo e sua sorella gli aveva sorriso convinta, come se sapesse di cosa stavano parlando e avesse anche lei imparato qualche tecnica di combattimento, mantenendo le usanze della famiglia.

“E se trovassero il modo di entrare?” aveva chiesto Will mascherando la paura che sentiva.

I volti del padre e della sorella si oscurarono. “Augurati che non succeda mai, figliolo” aveva detto duro il padre tornando a sistemare altri libri d’arte.

In quel momento Willas ritornò alla realtà, le sue ossa traballarono come se fosse stato sul punto di avere una crisi. Cercò di far finta di niente e diede il libro a Jennifer senza neanche guardarla.

“Che sorpresa… non sapevo che tu amassi tanto i quadri e cose del genere” mormorò lei ancora allibita.

Willas scrollò le spalle, smorzando la tensione del suo corpo con un sorriso:

Beh… come vedi non sono bravo solo a cacciare vampiri.” rispose solamente, andandosene infine. Lo sguardo però dopo aver dato le spalle alle ragazze, divenne terribilmente tetro.

Briony, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si avvicinò cauta all'amica, arrivandole dietro: "Mmm che sta succedendo?"

Jennifer stava ancora imbambolata a guardare il punto in cui Willas era scomparso.

"Hai visto? É un esperto d'arte.. Non l'avrei mai detto..."

"In effetti é davvero strano che ad un tipo come lui piacciano i quadri" mormorò sovrappensiero ma quella che aveva l'aria più da sognatrice era Jennifer.

"E quindi?" le chiese Briony cercando di farla parlare e smuoverla dal suo stato di sonnambulismo.

"Quindi mi ha davvero colpita... Da non credere ma forse non é solo l'arrogante diabolico che vuol far credere... Aveva una strana espressione quando guardava il libro.."

Briony scrollò le spalle dicendo a se stessa che aveva altro a cui pensare oltre ai passatempi di Willas. E poi non le importava.

Si risedette ma Jennifer sembrava essersi dimenticata del perché aveva tra le mani il libro e continuava a guardare dritto davanti a sé, come se stesse sognando. Gli occhi erano quasi a cuoricino.

Briony non riuscì a dirle nulla che sentì la porta chiudersi fortemente dietro di sé. Vide sopraggiungere Ylenia a passi veloci, i pugni serrati.

Nello stesso momento vide Connor spuntare dall'altra parte della stanza. "Ti devo parlare" ringhiò Ylenia mettendosi faccia a faccia con lui. Connor alzò solo il sopracciglio e le cedette il passo senza proferir parola. Ylenia lo sorpassò avviandosi spedita verso un'altra stanza, seguita poi da Connor.

Briony rimase a guardare come una semplice telespettatrice pensando proprio che se Ylenia era così di malumore ci doveva essere per forza un motivo.

 

"Non mi interessa un tubo dei tuoi motivi! Voglio quello che mi hai promesso, adesso, non fra 100 anni!" sbottò Ylenia incollerita.

"Hai idea del potere che serve per una cosa del genere? Presumo di no visto che scalpiti come un animale"

"Attento Connor. Non dovrei avvertirti che é dannoso farmi infuriare, l'hai provato sulla tua pelle. Non dovresti sottovalutarmi quindi, parecchie persone ne sono state scottate per averlo fatto."

Il coraggio di Ylenia superò la follia. Ma a beneficio di Connor lui non batté nemmeno ciglio. "Ricordo perfettamente la punizione che mi hai inflitto ma come vedi.. Sono ancora qui a deliziarti della mia presenza mentre tu non  sei invincibile come vuoi far credere.. Quindi sei tu che dovresti fare attenzione" le rivolse infine un sorriso diabolico.

La cosa non smontò comunque Ylenia. Sembrava possedere un fuoco interiore per ciò che voleva ottenere a tutti i costi. Qualcosa che era contro natura ma lo desiderava così fortemente..

"Le tue parole di druido sono sacre. Vedi di ricordartelo" mormorò per fargli rimembrare il patto.

"E tu vedi di non spazientirmi." Connor ce la stava facendo tutta per mantenere la calma ma si intravedeva una sorta di irritazione nei suoi occhi galli.

Ylenia sbuffò. "Non giocare con me Connor. Voglio ciò che mi hai promesso senza tante chiacchiere!" Andò dritta verso la porta sbattendo forte i piedi. "Io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno! Neanche dal Padre Eterno!" sbottò ancora, prima di chiudere la porta rumorosamente.

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"Ehi tu. Vieni qui." Willas sembrava stesse chiamando un cane e Briony così non si accorse che si stava proprio rivolgendo a lei.

"Sei sorda per caso?" domandò lui in tono arrogante. Ma come faceva a piacere a Jennifer? Il suo ego straripava ancor peggio di quello di Kol.

"E tu credo mi abbia preso per un cane che scodinzola. Cosa vuoi?"

Briony si stava asciugando i capelli. Chuck aveva adottato una tecnica piuttosto antica e anche da pazzi: farla stare sotto una cascata d'acqua gelida per parecchi minuti senza osare muoversi. Secondo lui aiutava la mente ma Briony non era di tal parere visto che per poco non le era venuta una polmonite.

Willas intanto era a qualche metro da lei con sguardo severo, quasi si aspettava che lei davvero obbedisse. Capendo che non sarebbe successo, sbuffò infastidito e si avvicinò a lei.

"Hai mai visto questo anello?"

Willas le spiattellò in faccia un disegno che raffigurava un anello molto antico con incastrato un brillante rosso che sembrava un diamante.

"Dovrebbe essere l'anello diurno dei tuoi amici Mikaelson. L'hai mai visto nel dito di qualcuno di loro? Pensaci bene."

Briony aggrottò la fronte sinceramente sorpresa per quella richiesta. Guardò bene quel disegno spiattellato sulla faccia.

"No.. Nessuno di loro ha un simile anello." rispose poi decisa.

Willas ringhiò ovviamente infastidito per quella risposta. "Deve esserlo invece! Possibile che non ti sei mai accorta di un dettaglio così evidente oltre a sbavare loro dietro??"

Briony lo fulminò per quell'affermazione sgradita. "Ti ho detto di no, ci senti? E poi gli anelli si cambiano col passare della moda può darsi che questo anello sia parecchio vecchio"

Willas assunse un espressione grave "Sì infatti. Lo é."

Riprese in mano il disegno. "Come al solito mi sei stata inutile. Se ti ritorna la memoria, avvertimi subito chiaro?"

Briony gli rivolse un'occhiata vuota. Willas sembrò allora esplodere infatti le afferrò il polso con rudezza: "Credi di essere superiore a tutti noi perché soffri come un cane per la tua storia d'amore perduta? Tu non sai nulla sul vero dolore." ringhiò lui feroce con le pupille dilatate.

Briony corrispose lo sguardo, scostando però il polso dalla sua presa. C’erano rimasti i segni.

"So più di quanto pensi" mormorò lei con il suo stesso tono. Willas le rivolse un ghigno. Briony credette che dalla posizione in cui lui stava stesse per torcerle l'altro polso, invece si drizzò lanciandole uno sguardo vuoto.

"Vedi bene di ricordarti ciò che ti ho detto. Voglio il nome di chi porta quell'anello." ordinò poi con tono duro. La determinazione che lesse nei suoi occhi fece quasi inquietare Briony.

"Sicuramente non per farci una chiacchierata sulla bellezza dell'oggetto" rispose lei sarcastica.

Willas non le regalò neanche un’occhiata, che infatti se ne andò da dove era venuto. Lo sguardo si scavò di più fino a diventare pietra.

C’era il caos nella villa. Sangue e urla ovunque. Willas veniva portato di peso dalla sorella e messo sotto un tavolo dell’ufficio del padre. “Will, Will devi ascoltarmi bene ok?” Il terrore era palpabile nel voce della ragazza. “Devi restare qui e non muoverti va bene? Non devi fiatare per nessuna ragione al mondo.”

Altre grida e suoni disumani. La sorella si girò terrorizzata verso la porta chiusa che sembrava sbattere. “Sono arrivati i mostri?” Non volendo, anche il tono di Will era spaventato e incredulo a ciò che stava vivendo. Una volta sua madre gli aveva detto che se chiudeva gli occhi tutta la paura scompariva. Lui lo fece ma il terrore era sempre lì, così come le grida disumane che riecheggiavano nella villa. Voleva tapparsi le orecchie ma non voleva fare la figura del codardo davanti alla sorella.

La fanciulla lo guardò. Nei suoi occhi vide il puro terrore, segno che aveva detto la verità. I mostri che avevano ucciso la mamma, i succhiasangue, erano tornati.

La ragazza però non perse tempo e mise alcune pietre ai lati delle gambe del tavolo. “Con queste non potrai essere visto né sentito, ma mi raccomando non uscire mai di qui. Almeno fino a quando non te lo dico io.” Le mani della sorella tremavano a vista d’occhio.

“Resta con me!” le gridò Will con la sua vocina da bambino, cercando di trattenerla.

La sorella cercò allora di tranquillizzarlo, mettendogli la testolina sul suo petto. Il mondo sembrava tremare. “Non preoccuparti fratellino. Io sono fortunata ricordi? Sono baciata dal fuoco. Non mi succederà niente” Mentre parlava tuttavia le fuoriuscirono delle lacrime che andarono a strozzare la voce. Will per la prima volta ricambiò l’abbraccio della sorella senza alcuna vergogna. Anche lui stava piangendo.

Altre botte, altre grida.

Willas vide la sorella voltarsi. “Papà!” gridò lei e si mise in piedi prendendo un’arma tra le mani.

“Resta con me!” le gridò lui ancora. La sorella gli fece segno di starsi zitto e corse verso la porta. Questa all’improvviso si aprì con un boato.

Da quel momento in poi i ricordi divennero sfocati. Will ricordava solo il terrore disumano, le grida della sorella che cadde contro le gambe del tavolo con la gola sgozzata. Ricordò di aver tremato a quella vista orribile, le gambe gli si erano paralizzate anche se voleva a tutti i costi fuggire via. Voleva piangere ma non ci riusciva. Alla fine un ultimo ricordo: i piedi di un uomo, un mostro, si avvicinavano al cadavere della sorella e una mano si abbassò sopra il suo corpo spezzato. In quel momento Willas vide un anello risplendere nell’indice sinistro di quel mostro.

E poi lo shock lo sovrastò e non ricordò più nulla.

Willas ritornò alla realtà. Il volto era sempre più scavato fino ad apparire irriconoscibile. Sapeva che quell’anello apparteneva a uno dei Mikaelson. Suo padre oltre ad essere un esperto d’arte era un grande cacciatore e stava appunto dando la caccia a quelli che venivano chiamato “gli Antichi”. Credeva che visto che il suo destino era quello di uccidere Mikael, fosse lui l’artefice dello sterminio della sua famiglia. Ma mentre lo stava per uccidere aveva cercato di farlo confessare, però Mikael aveva negato tutto. E Will nel corso degli anni aveva imparato che non si mentiva di fronte alla morte. Voleva comunque uccidere quel succhiasangue ma era stato preso allo schiena da un colpo di una strega.

La vendetta l’aveva incoraggiato a diventare forte come un tempo per rendere giustizia alla sua famiglia. Per liberare il mondo da quegli assassini. E anche se non trovava il proprietario di quell’anello… poco importava. Alla fine li avrebbe uccisi tutti, così sarebbe stato sicuro che l’assassino di suo padre e di sua sorella fosse per davvero scomparso sulla faccia della terra.

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Passarono mesi e mesi. Briony quasi si dimenticò la concezione del tempo, basava le sue giornate sull’allenamento con Chuck e non pensava ad altro; chiudeva la mente annullando i pensieri che avrebbe potuto tornare a torturarla.

Stava mangiando attorno a una tavola nella tenuta, che era diventata il quartier generale dei cacciatori a quanto pareva. Era in mezzo a Chuck e Jennifer come al solito e solo per l’amica era rimasta a mangiare insieme al club dei cacciatori. Per fortuna non c’era suo padre quindi non c’era pericolo di digrignare i denti.

Stavano tutti parlando del più e del meno, Jennifer non faceva che lanciare sguardi a Willas che però sembrava assorto nei suoi pensieri e non parlava a nessuno.

All’improvviso Chuck disse. “Sono stati trovati nel confine con la Georgia dei cadaveri squartati di vampiri.. una cosa oscena anche per esseri come loro.. Will tu c’entri qualcosa?”

Il diretto interessato alzò lo sguardo, le labbra si piegarono in un sorriso diabolico.

“Al confine con la Georgia io non ci sono mai stato. I tuoi vampiri morti va a scaricarli davanti alla porta di qualcun altro”

Dal modo in cui Chuck lo guardava non era affatto convinto della sua sincerità, infatti anche un ceco si sarebbe accorto che il sorriso di Willas nascondeva qualcos’altro.

“Che problema c’è nano? E’ o non è nostro dovere dare la caccia a quei mostri?”

Parlò quell’antipatico che godeva a lanciare sempre frecciatine a Briony. Finalmente aveva memorizzato il suo nome: Gregor.

“C’è differenza tra uccidere e massacrare. E non c’è stata alcuna umanità in ciò che ho visto” proruppe Chuck con tono diplomatico.

Alcuni sghignazzarono, altri stettero in silenzio.

Fu Robert poi a parlare, quello che a prima vista a Briony era sembrato simpatico.

“Ho trovato qualcosa di utile per agevolarci durante la caccia… trovato non è il termine esatto ma lo sto cercando e sono sulla buona strada.. è un tipo di legno speciale che uccide qualunque vampiro.. anche un Originario”

Briony si rizzò sulla sedia, alzando le antenne. Tutti gli occhi erano puntati su Robert, che non era solo un cacciatore ma anche uno studioso.

“Sì certo, un legno magico! Da dove ti esce?” domandò Jennifer in tono sarcastico. Ovviamente non era l’unica perplessa ma Robert spiegò che ci stava ancora lavorando e avrebbe portato dei risultati tra non molti giorni… ma era sicuro di essere sulla buona strada e quella storia di cui parlava non era solo una leggenda.

Briony si sentì chiudere lo stomaco. I pensieri tornarono a massacrarle la mente. Un’arma in grado di uccidere un Originario? Possibile? In ogni caso un senso di terrore la pervase.

Non doveva permettere una diavoleria del genere. Anche se mangiava tra quegli uomini, non significa che era una di loro.

Ma ai suoi propositi di danneggiare i piani di Robert, si aggiunsero anche altri momenti del passato che fuoriuscirono dalla nebbia nella quale erano stati avvolti. Tutto divenne nero, come gli occhi di Elijah.

A volte capitava che il suo ricordo bussasse improvvisamente alla sua mente con una forza incredibile, quasi volesse fargliela pagare per aver cercato di rimuoverlo.

Briony deglutì sentendosi pervadere da una profonda inquietudine. Cercò di attenersi alle lezioni che le aveva dato Chuck per mantenere la calma e non cadere in un precipizio senza fondo. Cercò in tutti i modi, il cuore appena risorto dalle sue macerie cercava però di combattere il suo tentativo razionale che andava a sconvolgere i suoi antichi desideri. Alla fine lei riuscì a vincere e tornò ad essere calma, facendo finta di nulla.

Ma le orecchie erano sempre aperte a ciò che Robert diceva.

 

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“Cosa dovrei fare io?”

La voce di Connor era piatta ma comunque tagliante come veleno. Briony deglutì cercando di darsi un tono. “Ti chiedo solo di dare un freno a Robert e impedirgli di continuare la sua ricerca”

“Robert non è amico mio e non ha nulla a che vedere con me. L’ho visto solo qualche volta, è amico di tuo padre perciò parla con lui”

“Mio padre figurati se mi ascolterebbe! Senti me lo devi è chiaro? Mi hai sconvolto la vita che anche se sembra normale agli occhi degli altri è ancora danneggiata all’interno! Non ti chiedo di garantire la salvezza dei vampiri, solo di avvertire Robert del pericolo. Se si ostina nei suoi studi, qualche nemico potrebbe accorgersene e ucciderlo per farlo stare zitto”

Briony cercava di apparire convincente, che faceva tutto questo per mantenere salva la vita di quello sciocco di Robert. La realtà era che voleva distruggere ogni cosa che potesse danneggiare gli Originari… soprattutto lui con tutto ciò che gli aveva fatto, il male che aveva arrecato al suo cuore, non poteva starsene immobile a guardare mentre lo uccidevano. Questo mai. Sarebbe andata anche contro tutti per questo.

Si aspettò che Connor rifiutasse categoricamente e invece le fece un sorriso.

“E va bene Briony Forbes. Consideralo un pegno della mia fiducia”

Briony sgranò gli occhi, i quali si illuminarono. Sospirò riprendendo di nuovo aria.

Ad un tratto chiese. “Posso chiederti qual è il debito che nutri nei confronti della mia famiglia?” gli domandò curiosa guardandolo attentamente negli occhi. Col passare del tempo aveva imparato anche a non provare più il sano fastidio che sentiva nei confronti del druido, anche se ovviamente non sarebbero mai diventati amici.

Connor si portò le braccia al petto, diventando improvvisamente serio.

“La tua amica strega mi aveva completamente dissanguato, lasciando di me soltanto una putrida mummia. Una mia collega però, Sylvie, mi seppellì in un luogo che aveva proprietà mistiche e la natura aveva molto potere in quell’angolo del mondo. Così anche se ero morto e senza più niente dentro di me, una linfa vitale c’era ancora e veniva aumentata col passare  degli anni proprio dal potere della natura. Ma purtroppo non avrei potuto ritornare a vivere senza un aiuto esterno… anche se stavo recuperando energie, comunque non bastava.. ero comunque un cadavere dissotterrato a metri e metri sotto terra. La tua famiglia però mi aiutò… tua nonna, la madre di tua madre… una grande cacciatrice.. proveniva da una famiglia piuttosto conosciuta, ed era anche una studiosa.. non so se per coincidenza o per atto di volontà, lei mi riportò alla vita e mi slegò da quei ganci di morte. Avevo pochissime forze, ma c’era ancora una scintilla di vita dentro di me. Ci sono voluti anni per tornare al mio stato di adesso.. e devo solo ringraziare la tua famiglia se cammino ancora su questa terra”

Briony era rimasta ad ascoltare non emettendo parola. Non credeva che Connor avesse un debito vitale nei confronti della sua famiglia ma era comunque un vantaggio per farglielo estinguere nel modo in cui voleva lei. 

Connor chinò il viso da un lato. Manteneva le braccia dietro la schiena ora.

“Non essere sospettosa. Farò quello che mi hai chiesto, ma nulla di più.”

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Per fortuna andò tutto come previsto. Briony si sentì molto sollevata nel sapere che Connor aveva fatto ciò che gli aveva chiesto, anche se forse avrebbe ricevuto un’occhiataccia da Robert ma poco le importava. Ora la sua mente era serena e libera da qualunque pensiero tortuoso.

Era stata da Connor per una seduta, si era circondata da candele aromatiche e altri strani aggeggi magici e finalmente il druido aveva cominciato a fare la sua parte. All’inizio Briony aveva sentito un lieve fastidio e senso di disorientamento quando lui le era penetrato nella mente, ma poi c’aveva fatto l’abitudine. Gli insegnamenti di Chuck erano davvero utili, doveva dargliene atto.

Si sistemò stancamente  in una piccola stanza della tenuta. Quella cascina era parecchio grande e ormai Briony aveva preso possesso di quella stanza. Non desiderava poi molto, soltanto un tetto sopra la testa e un luogo isolato dove riposarsi.

Si sedette sopra una sedia. Strano scherzo del destino, ma forse quella ruotine, quella normalità non era poi così terribile come avrebbe immaginato… stava cominciando a farsene una ragione, che ormai era quella la vita che le era stata sempre riserbata… e che non poteva esserci nient’altro di diverso. Quello squarcio nello stomaco si stava poco a poco assorbendo.

Prese in mano il telefono. Voleva chiamare Robert per chiarire prima le cose onde evitare qualche scenata davanti a tutti. Per fortuna Jennifer le aveva dato tutti i numeri dei membri del club in caso di bisogno, anche se non li aveva mai utilizzati. Preferiva ancora la solitudine.

Digitò i numeri. Sembrava che il telefono squillasse a vuoto ma alla fine sentì prendere la cornetta. Parlò tutto ad un fiato.

“Robert so che vorrebbe urlarmi tutte le diavolerie di questo mondo ma c’è una ragione se l’ho scavalcata. Un giorno mi ringrazierà oppure no, ma non m’importa almeno sarà vivo”

Dopo aver parlato però ci fu solo silenzio. Sentì  alcuni rumori strani in sottofondo.

“Robert, è ancora lì?”

Briony teneva alta la guardia quando una voce profondamente familiare arrivò dall’altro lato della cornetta.

“Ciao, Briony

La prima lama squarciò il velo della nuova normalità illusoria che Briony aveva costruito in quei lunghi mesi. Erano passati 5 mesi… che per lei erano stati 5 anni, 5 secoli.. se passati lontani da lui e dalla sua voce che ora le riecheggiava con un eco agghiacciante nelle profondità del suo cuore.

“Che sorpresa sentirti dopo così tanto tempo”

Un secondo brutale strappo le divise il cuore a metà. I pezzi sbriciolati andarono a conficcarsi nel sangue, nella pelle, ovunque le facesse male.

Tentò di parlare ma non ci riuscì. Sentiva tutto il suo essere paralizzato dallo shock. Si accorse di aver fatto cadere un bicchiere d’acqua che stava per bere prima di sentire quella voce che riaffiorò dal suo inferno personale.

“Se volevi parlare con il tuo amico, temo di avere brutte notizie per te”

 Un’ultima lacerazione se la procurò volontariamente in un sospiro strozzato che le fuoriuscì dalle labbra. Lo sforzo di voler parlargli a tutti i costi disintegrò tutto il suo corpo, che si era rafforzato lungo i mesi. E adesso si stava sgretolando, ossa dopo ossa.

Elijah…

Sentire la propria voce chiamare il nome dell’uomo che aveva perduto e che non aveva mai smesso di amare, contribuì a distruggere sempre di più ogni parte di se stessa. Non riusciva a resistere a quello sforzo disumano; aveva sempre temuto quel dolore atroce durante tutti quei mesi di lontananza… e alla fine ci era ricaduta.. ricaduta nello stesso baratro di prima ma che sembrava più profondo e oscuro.

Cercò di deglutire per riprendersi, per cercare di combattere e di risalire.

“Che cosa hai fatto..?”

Non era propriamente quella la domanda che voleva porgergli… non sapeva neanche da dove iniziare, aveva un groviglio di urla e parole rinfoderate nella sua mente che faticavano a venir fuori una per una.

Briony, mi farebbe molto piacere poter parlare con te ma sfortunatamente mi cogli in un momento delicato. Ti chiedo di scusarmi.”

La sua voce gelida e apparentemente galante le afferrò entrambi i lati del cuore e iniziò a tirare, così ferocemente da darle l’impressione di cadere a terra col petto tagliato in due.

Non riusciva più a parlare, si sentiva sul punto di soffocare.

Se lo immaginava nell'appartamento di Robert mentre camminava elegantemente, magari toccando con fare indifferente qualche oggetto, lo sguardo vuoto rivolto verso le pareti. Le mani ripulite adeguatamente dal sangue che aveva versato.

“Ti auguro una buona serata, Briony.” La voce piatta e fredda come una scheggia di ghiaccio. Elijah durante la conversazione aveva sempre sottolineato il suo nome con una punta tagliente, come se le riserbasse la parte più forte e inossidabile del ghiaccio magnetico della propria voce.

Solo quando sentì il bip bip del telefono capì che Elijah aveva riattaccato. Ma la sua voce teneva ancora le redini del cuore di lei che gridava pietà per non essere più scheggiato.

L’illusione di poter vivere normalmente, rendendo muto il suo dolore, aveva placato la sua sofferenza devastante. Ma solo marginalmente.. ora che Briony sentiva il cuore pompare veloce e sbriciolarsi allo stesso tempo, capì: aveva voluto credere che il tempo avrebbe attenuato l’assenza di Elijah, colmato il vuoto che aveva lasciato. Ma è stata solo un’illusione, una nera ipocrisia.

E la mano di Briony rimaneva incollata alla cornetta del telefono, riuscendo a malapena a respirare, come se stesse sperando e temendo di risentire di nuovo la voce di Elijah. Quel ghiaccio che ritornò a scottare il suo animo.

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Briony tenne nei giorni successivi un’espressione vacua e vuota, neanche Jennifer riusciva a farla ridere. Non si parlava d’altro che della morte di Robert: il cuore strappato in pieno petto. Non ci volle molto per capire come si erano svolti i fatti, constatando anche che tutte le sue documentazioni e ricerche erano sparite dal suo appartamento senza lasciare traccia.

Gli amici di suo padre erano già sul piede di guerra e stranamente fu proprio Bill a mantenere l’ordine: non dovevano farsi prendere dalla rabbia perché non avevano niente in mano per attaccare gli Originari, dovevano solo prevenirsi.

Briony era aggiornata solo grazie a Chuck perché non voleva saperne proprio niente di ciò sarebbe accaduto.

“Se quel dannato la lasciasse in pace, forse Briony sarebbe più serena e felice.” Aveva ringhiato suo padre una volta vedendo in che condizioni era ricaduta la figlia. Beh quel dannato l’ aveva lasciata in pace ma la felicità era ben lontana comunque.

A Briony sarebbe tanto piaciuto abbandonare una volta per tutte quell’incessante fastidio che provava dentro il petto. Quel dolore lancinante che la portava sul ciglio del baratro e alle lacrime ogni qual volta si parlava di lui.

Ma era pressoché impossibile visto che ogni santo giorno si discuteva di come fermare gli Originari.

Un giorno magicamente intervenne Connor che fece ammutolire tutti col suono della sua voce. “Mi intrometto solo perché ho un debito incalcolabile verso la tua famiglia, Bill Forbes, e quindi penso che l’unica maniera per risolvere questa situazione incresciosa sia avere un faccia a faccia civile con i vampiri e magari proporre loro un accordo. Non hanno rotto quello che hanno fatto con me ma ovviamente la morte di Robert non è una cosa su cui andar leggeri. Per cui direi di parlare con loro senza smuovere troppo le acque o deporre subito le carte in tavola, e vedere poi se il vento soffia favorevole nella nostra direzione. Questo è tutto”

A fine di quel discorso da politici esordienti, tutti avevano assentito e si erano dimostrati parecchio convinti. Tutti tranne Willas.

“Un confronto civile? L’unico confronto civile che potrò garantire a quegli assassini è il suono della mia mano che strappa i loro cuori marci dal petto”

Connor aveva alzato il sopracciglio. “Come sempre sei impulsivo Will. Sei libero di fare ciò che vuoi ma ti avverto che stai utilizzando una tecnica sbagliata. L’impulsività non ti porterà a niente”

Willas gli aveva rivolto un ghigno ed era rimasto in un insolito mutismo.

Si vociferava di una festa a Mystic Falls nella grande villa dei Lockwood, occasione perfetta per un incontro informale.

A sentire quella proposta, Briony sentì la terra mancarle sotto i piedi. Una festa a Mystic Falls? Egoisticamente non aveva la minima voglia di andarci se c’era anche il solo dubbio che ci fossero stati i Mikaelson.. se li avesse visti sarebbero riaffiorate tutte le sue paure, il suo dolore… le gambe già le tremavano e il respiro le si era mozzato in gola.

Ma… non erano stati esiliati?” aveva domandato lei in un soffio.

“Per una notte possiamo anche chiudere un occhio. Basta che facciano i bravi altrimenti…

Comunque più sentiva quel piano e meno le piaceva. Forse Chuck e Connor stavano curando il lato oscuro di se stessa, ma non avrebbero mai curato l’amore distruttivo che sentiva per Elijah. Aveva paura di riprovarlo di nuovo e sentire il cuore autoflagellarsi, provocando così altri orribili squarci.

“La cosa si fa interessante.. una festa con gli Antichi…

“Niente di meglio per mandarmi il cibo di traverso” Ovviamente era stato Willas a rispondere.

“L’unica cosa vera che quei mostri provano è la rabbia quando li si ostacolano. Non sarà pericoloso?”

Gli occhi di Connor avevano brillato. “Sta a voi decidere. Io ho solo fatto una proposta, e se voi signori avete paura di un confronto allora dovreste darvi a un hobby più inoffensivo e non alla caccia ai vampiri”

Ci fu un mormorio e voci che parlavano l’una sopra l’altra. Briony invece si era ammutolita di colpo.

Alla fine qualcuno disse che andava bene e avrebbero sfidato gli Antichi senza abbassare lo sguardo o scappare.

“Voi? Non fatemi ridere. Più che cacciatori sembrate guardiani di porci.” Willas fece un ghigno arrogante e stava per incominciare una rissa ma Bill intervenne per sedare gli animi.

Dopo un po’ quasi tutti sembrarono d’accordo sull’accettare, ma all’improvviso intervenne Chuck.

“Fatelo pure se ci tenete tanto. Siate intolleranti se non mi intrattengo a seppellirvi nel giardino dei Lockwood.” Anche se era piuttosto piccolo, la sua voce si udiva perfettamente.

Chuck mi deludi. Di solito non ti tiri indietro alle difficoltà” mormorò Connor fissando il nano con sguardo attento.

“Qui non si tratta di difficoltà, è una stronzata bella e buona. Io non ci vado e farete meglio a fare anche voi lo stesso”

Briony era totalmente d’accordo ma gli altri invece erano proprio l’opposto. Alla fine si decise che gran parte di loro sarebbero andati alla festa.

A fine discussione Briony riuscì a deglutire la bile che sentiva in bocca, il cuore pompava in maniera così veloce da farle male.

Allora… hai già deciso che vestito metterti?”

“Non ho intenzione di andare alla festa, Jennifer” rispose subito lei girando lo sguardo verso la rossa che indossò un’espressione delusa. “Ma perché? E’ un modo anche per divertirsi. Non fai nulla di male a goderti la vita”

Ma a quella festa non si sarebbe goduta la vita… affatto… sarebbe stata di nuovo fatta a pezzi e lei non desiderava attraversare altre macerie.

“Credimi, è meglio di no” Abbassò istintivamente lo sguardo e incrociò gli occhi asimmetrici di Chuck. Briony rimase in attesa perché intuì che l’amico avesse qualcosa da dirle.

Infatti dopo un po’ disse:

“Anche se ho parlato così prima, il tuo caso è diverso Briony. È meglio che affronti una volta per tutte i tuoi fantasmi”

Così dicendo Chuck si dileguò nel silenzio.

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Completa follia, ma alla fine Briony decise di andarci. Jennifer l’aveva così spremuta che alla fine per levarsela di torno aveva accettato. E non per il consiglio di Chuck, perché affrontare i suoi fantasmi sarebbe stato come far tornare a galla la sofferenza che aveva incanalato in quei lunghi mesi. Aveva accettato solo quando aveva saputo che ci sarebbero stati solo due Mikaelson alla festa: Klaus e Kol.

Non aveva paura di loro due, aveva paura dell’altro fratello.. quello che con un semplice sguardo era in grado di abbattere le sue difese e smembrarle il cuore. Se avesse rivisto quello sguardo che Elijah le aveva rivolto in sogno.. non avrebbe potuto fare altro che soccombere.

Forse era una codarda ma proprio non riusciva a pensare all’idea di reggere un confronto faccia a faccia con lui, di sostenere i suoi occhi  dopo come si erano lasciati… le venivano le vertigini solo a pensarci.

“Sei davvero bellissima lo sai?”

La voce di Jennifer riecheggiò nella macchina. La rossa stava guidando verso Mystic Falls e Briony era sul sedile passeggero. Si era tagliata i capelli come Chuck le aveva consigliato qualche tempo prima e finalmente si era decisa. Portava un taglio corto e liscio fino alle spalle.

“Davvero sto bene?” domandò lei portandosi i capelli attorno a un dito.

“Sì e credimi se una ragazza sta bene con i capelli più corti alla vuol dire che è davvero bella. Io ho sempre avuto l’ansia di tagliarli”

Jennifer invece portava i capelli lunghi mossi, un vestito lungo color verde acqua che risaltava i suoi splendidi occhi (http://www.cheapweddingdresses-online.com/images/181_A.jpg).  Briony invece un vestito viola lungo fino ai piedi e senza spalline. (http://cloud5.lbox.me/images/x/201110/guaina-fidanzata-colonna-pavimento-lunghezza-chiffon-abito-da-damigella-donore_uecscb1319429515999.jpg)

“A Will piacciono i miei capelli” proruppe Jennifer ad un tratto.

“Da quando non lo chiami Mister Muscolo, ma Will?” mormorò Briony scettica imitando la sua voce.

“Sto imparando a conoscerlo. E’ arrogante da farti venire voglia di picchiarlo, ma c’è qualcosa di interessante in lui… quando vuole sa essere simpatico e poi..”iniziò a parlare di quando si trovava seduta al quartier generale e Willas le era passato accanto, sfiorandole i capelli rossi con le dita; lei si era voltata chiedendo se aveva qualcosa che non andava e lui le aveva rivolto un sorrisetto raccontandole una storia sul fatto che se una ragazza nasceva coi capelli rossi si suol dire che fosse baciata dal fuoco.

Briony assentì dimostrandosi interessata mentre lo sguardo vagava al di là del finestrino. Avrebbe tanto voluto che ci fosse anche Ylenia ma la strega non era in vena di balli, anzi non era in vena di fare nulla visto che era sempre di malumore dopo l’ultimo incontro con Connor.

Arrivarono finalmente a villa Lockwood. Non era cambiata affatto, era uguale come nei suoi ricordi. Sempre addobbata in modo lussuoso e impeccabile, e strapiena di gente vestita in ghingheri. Era notte e la festa era già cominciata all’interno della villa.

Briony scese facendo un profondo respiro. In fondo quella dopotutto era casa sua anche si era parecchio isolata nell’ultimo periodo…

Jennifer continuava a guardarsi attorno spaesata da tutto quel lusso, ma Briony notò che i suoi occhi brillavano di una luce forte e fiera, la stessa che vorrebbe avere lei per non scivolare giù in quel momento. Cercò di mantenersi calma e prese la mano di Jennifer cominciando a inoltrarsi tra la folla per andare all’ingresso.

“Ho visto Will.. ti dispiace se lo raggiungo?”

Briony si girò sorpresa. Non credeva che Willas sarebbe venuto visto come aveva parlato e ciò la metteva in allarme. Ma vedendo quanto apparisse normale, appartato in un angolo, con il completo da festa e senza alcun ghigno feroce stampato in faccia, cercò di non farsi venire inutili grilli per la testa.

Lasciò andare Jennifer che subito si diresse verso di lui. Davvero strabiliante come i due fossero affiatati anche se l’opinione della rossa nei confronti di Will all’inizio non era dei migliori, ma come Chuck aveva detto “le apparenze ingannano”. Il cacciatore guardava la sua dama con una scintilla negli occhi e le mise una mano sulla sua schiena per avvicinarla a sé. Il suo viso si chinò provocatoriamente verso la guancia di lei e si incamminarono insieme verso la villa.

Briony ebbe un nodo di invidia inconsapevolmente nei loro confronti ma cercò di far finta di nulla. Non doveva farsi calpestare dai ricordi.

All’improvviso sentì un urlo di esclamazione e poi due braccia la strinsero forte da dietro. Ovviamente era Caroline. A Briony era mancata tantissimo, non si sentivano più come prima e non si vedevano quasi mai dopo ciò che era successo. E Briony così aveva colto l’occasione al volo per vederla, lasciando da parte inutili dissapori.

Caroline era splendente, sembrava quella di una volta: Miss Mystic Falls che organizzava feste a destra e manca. Il lutto di Tyler l’aveva segnata profondamente ma il tempo era passato anche per lei.. era giusto ricominciare a vivere soprattutto perché la sua vita era immortale.

Cominciarono a parlare del più e del meno, più che altro di argomenti superflui e Caroline parlò come una trottola impazzita: la blond girl era fatta così.. ma Briony non vorrebbe mai che fosse diversa perché con lei almeno riusciva a trovare un po’ della quotidianità che tanto le mancava. Caroline fece infine degli apprezzamenti sul suo nuovo taglio di capelli.

E anche loro entrarono a villa Lockwood

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Connor era nel bel mezzo della foresta di Mystic Falls. I rami degli alberi si agitavano, il vento soffiava fortissimo e i suoi occhi sembravano scintillare. Stava finalmente facendo ciò che aveva promesso. I rischi erano alti, sentiva il potere espandersi dentro di lui fino a scemare debolmente.

Serrò i pugni per ultimare l’incantesimo. Ylenia Lefevre sarebbe stata soddisfatta, pensò con una punta di ilarità.

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Klaus si stava annoiando alla festa e per di più era infastidito da quei cacciatori arroganti che pensavano di dirgli come doveva vivere o imporgli delle regole. Se gli avessero rotto più del dovuto, avrebbe staccato loro la testa. Alle conseguenze ci avrebbe pensato qualcun altro.

Era anche pieno di collera per il comportamento di Caroline Forbes: era stanco di essere manovrato da lei, le aveva dimostrato parecchie volte il suo interesse ma lei glielo aveva sempre sbattuto in faccia, e per di più non gli aveva rivolto un misero grazie dopo averla salvata quella volta da Elijah. Era stanco di essere considerato uno stupido per girare attorno a una ragazza che lo considerava solo un mostro - e anche se davvero lo era comunque con lei aveva sempre cercato di comportarsi in modo quasi umano, ma non era servito a niente. Peggio per lei, l’avrebbe trattata come gli altri. Come le altre sue vittime.

D’altronde la sua era solo un’infatuazione. L’amore era per i deboli, e nel suo cuore era per sempre scomparso. Per fortuna visto che lui odiava essere debole.

Il potere era l’unica cosa che chiedeva e si era infatti accerchiato di ibridi che lo servivano e lo facevano sentire un Dio in ogni momento. Klaus sorrise estasiato, dimenticando per un po’ l’irritazione.

Aveva però bisogna di nutrirsi. Si sentiva parecchio assettato e poco male se la cosa non sarebbe stata gradita agli occhi degli altri. A lui non importava, perché era quella la sua natura e l’aveva accolta a braccia aperte.

Fece un giro per la villa quando qualcosa attirò la sua attenzione. O meglio qualcuno.

Era una ragazza con i capelli biondi scompigliati ma non era vestita elegante come tutti gli altri. Portava degli indumenti normali, anzi sembravano quasi da uomo. Non riusciva a vederla in faccia ma notava che era parecchio spaesata.

Le labbra di Klaus si curvarono in un sorriso feroce. La vittima perfetta, e magari nessuno avrebbe fatto chiasso per una che non doveva neanche essere sulla lista degli invitati.

Cominciò a seguirla come un segugio, in perfetto silenzio e senza farsi notare.

La ragazza continuava a camminare, ondeggiando sulle gambe come se facesse fatica a muovere i passi. Gli dava sempre le spalle e finì in un corridoio in cui non c’era anima viva.

Il sorriso di Klaus si stirò sempre di più per quel momento propizio. All’inizio della sua vita di vampiro non era mai stato attratto dalle bionde, anzi cercava di evitare la loro compagnia, ma poi in un passato non molto lontano aveva quasi cambiato idea.. una ragazza con i capelli d’oro che l’aveva turbato come nessuno aveva mai fatto..

Klaus si riscosse all’improvviso dai suoi pensieri. Non era proprio il momento e poi quello era un passato che non significava più nulla per lui, nulla.

Arrivò alla ragazza da dietro a velocità fulminante, un braccio le cinse la vita serrandola.

“Buonasera sweetheart.” bisbigliò lui provocante, facendo scorrere le labbra sulla piega del collo della ragazza. I denti affilati erano già pronti.

Sentì la ragazza irrigidirsi ma non gli importò. Serrò di più la presa, piegando il viso verso il suo collo che emanava un odore terribilmente dolce.

“Non sei cambiato per nulla, Klaus.. Il tuo specchio è sempre vuoto.”

Quella voce inspiegabilmente lo destabilizzò. Klaus sgranò gli occhi pensando davvero di aver sentito male.

Non era possibile….

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Briony si era separata da Caroline, immergendosi nel calore della festa. Di quelli che conosceva aveva visto solo Caroline ma stava cominciando ad essere meno ansiosa e più positiva. Sentiva il peso sullo stomaco man mano rimpicciolirsi.

Non aveva ancora visto gli amici di suo padre ma forse era un bene… camminò ancora per un po’ quando si fermò in un angolo della villa a guardare la gente di fronte a sé.

La folla si diradò e gli occhi di Briony ad un tratto puntarono a velocità smisurata in un punto sospeso di fronte a sé. Qualcosa in lontananza l’aveva catturata: sembrava che le persone attorno a lei non esistessero, che fossero solo nebbia indistinta, e solo una cosa era reale e importante ai suoi occhi spalancati.

Sentì ad un tratto una paralisi di ghiaccio dentro il cuore.

Vide ciò per cui il suo cuore sussulta, sanguina.

Briony venne privata del respiro, un pugno le serrò le stomaco, le gambe sembravano essersi immobilizzate in uno stato terribile di shock.

Per la sorpresa credette di essere all’interno di un sogno, ma questa volta era la realtà… non si stava sbagliando, era impossibile evitare la traiettoria di quegli occhi che anche da lontano continuavano a incatenarla come in un oscuro sortilegio.

Quello sguardo le trapassò il cuore, sentì come se un lampo le corresse nelle vene strappandole il fiato.

Era lui. Era davvero lui.

A quella reale consapevolezza, un’ombra le scese sull’animo fino a smembrarlo con la forza del ghiaccio.

 

FINE CAPITOLO

Ciao a tutti! Vi sono mancati i miei poemi? :P Spero che stiate passando buone vacanze di Natale <3

Allora in questo capitolo non è successo molto…. Praticamente Briony è tutta depressa, non si è visto come Elijah ha passato la lontananza ma verrà spiegato nel prossimo capitolo! Ho parlato un po’ del passato di Willas, ho introdotto nuovi personaggi che spero vi piaceranno.. e niente, spero di ricevere dei vostri commenti sia negativi che positivi per vedere se la storia vi sta piacendo J

Vi ho lasciato con l’amaro in bocca ma così vi lascio la suspense…Uahahah sono sadica, il Natale non mi ha reso più buona :P

Se non avete capito qualcosa chiedete pure!

Ah qualora non l’aveste capito l’Elijah del sogno era quello degli anni ‘1490! Era talmente bello che ho voluto inserirlo uahahah <3

Ringrazio chi recensisce, chi segue la storia in silenzio. Ringrazio le 41 persone che hanno messo la storia tra le preferite, le 25 che l’hanno inserita tra le seguite, e le 6 nelle ricordate J Spero di sentire la vostra voce per capire se sto facendo un macello ahah

Questa è l’attrice che fa Jennifer: Rose Leslie http://ia.media-imdb.com/images/M/MV5BMTQ1MzgxNjQ1Nl5BMl5BanBnXkFtZTcwOTU3NDk3Nw@@._V1._SY314_CR9,0,214,314_.jpg

Questo è quello che fa Chuck: Peter Dinklage http://serietv.cinefilos.it/wp-content/uploads/2012/05/Peter-Dinklage.jpg

E visto che l’immagine di Willas che avevo messo qualche capitolo fa è scomparsa, ve la rimetto J: Luke Evanshttp://2.bp.blogspot.com/_s1nRTf7ixXw/TPPwFeL7BII/AAAAAAAAAlE/vSIcJ2nf_ts/s1600/flaunt-magazine-1.jpg

Ah l’immagine di inizio capitolo l’ho fatta io, spero vi piaccia :P

Buone feste e buon inizio anno! <3

-Elyforgotten

 

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Capitolo 30
*** Tortured Heart ***


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26 capitolo

 

Non è il dolore che è doloroso ma da chi viene provocato.

Non è il dolore.. è la rabbia di non poterlo evitare che fa male.

 

La folla si diradò e gli occhi di Briony ad un tratto puntarono a velocità smisurata in un punto sospeso di fronte a sé. Qualcosa in lontananza l’aveva catturata: sembrava che le persone attorno a lei non esistessero, che fossero solo nebbia indistinta, e solo una cosa era reale e importante ai suoi occhi spalancati.

Sentì una paralisi di ghiaccio dentro il cuore.

Vide ciò per cui il suo cuore sussulta, sanguina.

Briony venne privata del respiro, un pugno le serrò le stomaco, le gambe sembravano essersi immobilizzate in uno stato terribile di shock.

Per la sorpresa credette di essere all’interno di un sogno, ma questa volta era la realtà… non si stava sbagliando, era impossibile evitare la traiettoria di quegli occhi che anche da lontano continuavano a incatenarla come in un oscuro sortilegio.

Quello sguardo le trapassò il cuore, sentì come se un lampo le corresse nelle vene strappandole il fiato.

Era lui. Era davvero lui.

A quella reale consapevolezza, un’ombra le scese sull’animo fino a smembrarlo con la forza del ghiaccio.

 

Briony fu sicura di essere sbiancata, di indossare quell’immobilità tipica di chi ha appena visto un fantasma che credeva appartenere al suo passato ma rendendosi conto invece che quei ricordi erano così reali e istantanei da sembrare una mano che ti strappava il cuore in pieno petto.

Si accorse di tremare, aveva la pelle d’oca mentre lo sguardo di Elijah in lontananza continuava a trapassarla, a marchiarla, a spararle addosso come scaglie di ghiaccio. Le gambe non avrebbero tollerato un simile peso persistente, come una nave alla deriva e dimenticata che veniva schiantata e affondata da un iceberg dalla perfetta freddezza inossidabile. 

Non sapeva dire se vedendolo provasse più gioia o più dolore, ma era sicura di essere rimasta completamente spiazzata dalla sua… indifferenza.

Dopo quei brevi momenti in cui i loro sguardi si erano incrociati a velocità spropositata, con una scarica così violenta da farle scuotere l’anima e collassare il cuore, Elijah con noncuranza aveva girato lo sguardo gelido e si era mosso dalla sua posizione, non degnandola della benché minima attenzione.

Nella sua oscurità era perfetto, bello e affascinante come lo era sempre stato. Portava elegantemente un braccio lungo il fianco, una mano dentro la tasca dello smoking scuro. Tutte sembravano cadere ai suoi piedi al suo sopraggiungere elegante e studiato.

C’era però una barriera troppo alta che impediva a Briony di arrivare a lui.. non era la folla di gente, era quella muraglia inossidabile e impenetrabile che sembrava circondarlo. Il suo viso marmoreo faceva da guardia: incatenando, stordendo e uccidendo le sue vittime.

Non la guardava eppure Briony sentiva lo stesso la pressione del suo sguardo glaciale su di sé, sentiva che quella freddezza implacabile era rivolta solo e esclusivamente a lei, come se lo facesse apposta per farle del male o torturarla.

Lei invece stava a guardarlo fino a quando il cuore non l’avrebbe supplicata di smetterla. Fino a quando non avrebbe più avuto lacrime da piangere né battiti da sfoggiare.

Sembrava in balia di lui, come se le sue gambe volessero seguire la sua scia, ma rimaneva dolorosamente immobile ancora per via dello shock.

La festa intorno continua a svolgersi, numerose grida di euforia e risate. Ma nel suo animo c’era solo un alternarsi di vuoto e dolore acuto. Altro non esisteva per lei.

Perché era venuta? Perché diavolo aveva accettato?

Avevo corso il rischio e ora il suo equilibrio mentale, e quell’anima restaurata che si stava già sfracellando a soli pochi secondi da quando aveva visto quegli occhi, avrebbero pagato le conseguenze della sua follia.

Non avrebbe mai dovuto rischiare tanto.

Si accorse che Elijah era arrivato a un tavolo dei drink. Era da solo anche se numerose ragazze continuavano a fissarlo con sguardo da ebete. Quello del vampiro invece era basso, freddo come sempre. Si stava versando un bicchiere di vino rosso.

Non sapeva neanche come, ma Briony si ritrovò vicina a lui. Le sue gambe avevano sentito il richiamo di quella presenza e si erano mosse, vinte da una volontà a cui non potevano disobbedire.

Briony continuava a fissare Elijah, implorante e speranzosa che prima o poi lui si sarebbe girato.. che l’avrebbe guardata, detto almeno una parola… qualche gesto per dimostrarle qualsiasi emozione umana e non quel ghiaccio che la scottava.

Dopo un attimo eterno, finalmente Elijah si voltò.

Solo la glacialità tuttavia la accolse.

Briony sentì il cuore sussultare come un uccello preso in trappola: quello sguardo livido scavò dentro di lei, sorpassò la corazza della sua pelle e recise l'anima, torturandola fino a quando quello sguardo fu posato su di lei.

L'espressione di Elijah per quei brevi, interminabili, attimi fu accuratamente dura, impenetrabile, glaciale. Gli occhi invece erano ostilità pura e concentrata come acido.

Briony venne scossa e colpita da tutto ciò; faticava persino a respirare, quasi si scordava come si faceva sotto quello sguardo.  Voleva solo parlargli, cercare di trattenerlo e ripulire quell'espressione che non doveva appartenergli perché ne avrebbe marcato la purezza.

Ma quando aprì le labbra, Elijah spostò il corpo al fine di andarsene, il suo sguardo tetro fu su di lei ancora per qualche attimo e poi anche quello si allontanò. Come se lei non fosse nulla, semplicemente nulla.

Briony restò a bocca e occhi spalancati osando a malapena fiatare.

Stentava a credere che Elijah si fosse comportato così ma cosa poteva aspettarsi? Lui usava l'indifferenza e il gelo come arma per uccidere e con lei non ne aveva ancora usate abbastanza. Quella punizione le fu così stretta che il cuore si strinse in una morsa di ghiaccio con delle spine.

Chiuse gli occhi e serrò i polsi per placare la rabbia, la vergogna e i sensi di colpa.

Racimolò quel poco di dignità che le era rimasta e cercò di liberarsi dall'immobilità nella quale si era racchiusa.

Elijah intanto si era allontanato di poco per parlare con una persona. A quanta pare la sua compagnia valeva ben poco visto che la evitava come la peste.

Briony deglutì la bile che aveva in bocca e con certezza dolorosa si rese allora conto di una cosa: l'espressione di Elijah nei lunghi mesi di lontananza si era indurita, molto più del solito. Tante volte l'aveva visto farsi cupo e minaccioso ma quell'espressione era niente in confronto a ciò che era diventato ora.

Col cuore che continuava a strapparsi, sradicandole così il petto in un'emorragia senza fine, Briony cercò di andarsene per dare le spalle a quello sguardo che anche se non ricambiato, la dissanguava. Letteralmente.

----------***************--------------

 

 

Klaus non riusciva a credere ai propri occhi, stentava a capacitarsi che fosse davvero reale e lui di cose surreali ne aveva viste molte.

Aveva girato quella ragazza, portandosela così faccia a faccia, e dopo averlo fatto gli occhi si erano sgranati, le labbra semi aperte, il petto si era alzato come se avesse avuto realmente bisogno di respirare in quel momento.

Incredibilmente sentì anche qualcosa di estraneo pulsare dentro di sé.

"Che significa questo?" domandò lui guardando adesso il corpo della bionda. Le mani erano sopra le sue spalle.

"Direi che mi hanno fatta ritornare indietro."

Quella voce... Klaus l’aveva udita spesso secoli prima, lo aveva infastidito, procurato delle grane inconcepibili, turbato fin nel profondo.. Sembrava una voce provenire da un angolo di paradiso cui Klaus aveva dato le spalle, agognando un'altra strada ricolma di fiamme spietate e crudeli. Era tentato di dargli ancora le spalle e perseguire altro male, ma era anche tentato di trattenere quell'angelo tra le braccia.

Alzò lentamente lo sguardo per incrociare gli occhi azzurri di quel piccolo angelo.

"Angioletto qualcuno ti ha forse resuscitata?" domandò con la sua solita ironia.

Lei si guardò i vestiti con fare titubante:

"Vagavo come al solito come un fantasma poi ho sentito una forte recezione.. Mi hanno detto di venire qui.. Non pensavo di trovarti. Il mondo é davvero piccolo"

Anche Klaus le guardò i vestiti: un mantello le avvolgeva le spalle, una camicia da uomo le copriva il vecchio vestito antico che ancora portava quando era morta.. Quel giorno in cui Klaus si era risentito pervadere dalla tristezza, non dalla solita euforia nell'avere la morte tra le braccia. Quel giorno in cui si era sentito quasi umano.

Riprese il controllo di se stesso, tornando ad abbandonarsi nell'oscurità.

"Agnes condividerai con me che questa cosa é parecchio strana. Ci mancavano solo le resurrezioni." Fu però di nuovo turbato da quella strana emozione che sentì quando aveva pronunciato il suo nome, non il classico soprannome con cui la prendeva in giro.

Klaus serrò il viso per cancellare quella debolezza. "O forse sei tornata per fare un'opera di bene e ripulirmi l'anima?"

Agnes smise di portare un'espressione sgomenta e finì per sorridere. Un sorriso dolce e sincero che lo lasciò perplesso. "Neanche la candeggina riuscirebbe nell'impresa, Klaus"

L'ibrido si mostrò irritato ma non più di tanto. Perché in realtà quella ragazzina nella risposta non lo aveva affatto giudicato come invece facevano tutti. Si ritrovò a pensare che avrebbe tanto voluto vedere quella stessa spensieratezza senza pregiudizi anche nel volto di Caroline. Ma forse era chiedere troppo.

Agnes intanto si guardava attorno, ovviamente persa.

"E ora?"

E ora un qualsiasi altro  vampiro l'avrebbe dissanguata approfittandosi del suo smarrimento senza tanti complimenti. Invece Klaus chissà perché tentennò. Come se fosse in lotta con se stesso. Una parte lo faceva sentire ridicolo per il fatto che si interessasse a quella ragazzina dopo così tanto tempo, ma poi l'altra parte invece lo faceva sentire stranamente inebriato.

Fece alla fine un sorriso tirato, evidenziando le labbra rosse perfette.

"Quindi ora penso che dovrò prendermi cura dell'angioletto. Una strana combinazione no? Tanto non avevo nient'altro di meglio da fare."

Le cinse delicatamente la vita per farla passare lungo il corridoio. Il corpo sotto i vestiti era sottile come se lo ricordava.

"Ah quindi sei venuto da solo alla festa?" domandò lei guardandosi ancora attorno con sguardo spaesato e stringendosi nel mantello.

Klaus a quella domanda si irrigidì. Era venuto con i suoi fratelli ma era come se ci fosse andato da solo: Elijah anche dopo essersi lasciato con Briony continuava a provare irritazione dalla sua presenza e non mascherava per nulla l'antico risentimento che sentiva tuttora nei suoi confronti. Kol invece non prendeva mai nulla sul serio, se si trovava col fratello o con una contadina appena conosciuta era lo stesso. Con gli altri fratelli le cose non andavano meglio: Finn continuava a odiarlo, persino Rebekah non sentiva più affetto per lui sentendosi infatti solo tradita e pugnalata dai suoi atteggiamenti egoistici. Alla fine ciò che gli rimaneva era solo e soltanto solitudine. Quella fottutissima solitudine.

Ad un tratto sentì Agnes irrigidirsi e sottrarsi alla sua stretta

"Non é che mi vuoi riportare sotto terra vero?" domandò scettica fissandolo.

Klaus le rivolse un ghigno per nulla rassicurante. "Angioletto così mi ferisci. Lo sai che per me non è divertente abusare di una preda che non può difendersi. Ho anche io un  d'onore"

Agnes si strinse nelle spalle, come se la risposta l'avesse raggelata più che tranquillizzata. Si portò le dita ai capelli raccogliendosi nervosa un ciuffo.

Klaus si limitò ad osservarla: era sempre lei e anche che se portava indumenti malmessi e capelli disordinati, irradiava una bellezza pura, perfetta da dipingere.

Tornò a camminare di fronte a sé sfoderando un sorriso perfido: "E ti avverto già da ora. Non cominciare con le tue solite chiacchiere. Nel 21 secolo hanno scoperto nuovi aggeggi per far tacere le lingue troppo lunghe e curiose"

Agnes si guardò attorno: il luogo era deserto alle sue spalle ma chissà perché raggiunse Klaus a passi spediti, come se non si rendesse conto di star inseguendo un demonio e di filtrare tra le sue braccia, noncurante dell'ennesimo pericolo mortale.

 "I secoli passati hanno migliorato il tuo buonumore, vedo" sussurrò con un sorriso, quasi non fosse passato un giorno dal loro ultimo incontro.

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Briony era tutta un fascio di nervi, come un incendio di dolore che si propaga bruciandole prima gli arti poi le parti maggiormente vitali..  per ultimo il cuore. Che rimaneva succube di quel paesaggio tetro di fronte a sé. Attorno a lei c'era allegria ma non se ne accorgeva neanche, troppo presa nel contare i danni derivanti da quell'incendio.

Aveva incontrato molte persone: Stefan, Damon, Elena, Bonnie e ancora sua sorella ma non si era mai soffermata sulla conversazione perché i suoi occhi erano troppo presi nel fissare dolorosamente un punto preciso. Un punto che non avrebbe mai contraccambiato con l'emozione che voleva leggergli dentro, un punto nero che le regalava solo impassibilità pur non guardandola.

Elijah si teneva di profilo, una mano sulla tasca dei pantaloni, l'altra su un bicchiere. Era vicino a Kol che invece guardava tutta la sala con ampia visuale. Le ragazzine continuavano a lanciare sguardi ai fratelli Mikaelson: Elijah continuamente circondato dal ghiaccio neanche se ne accorse, Kol invece corrispondeva con dei sorrisetti maliziosi. Addirittura a una ragazza chiese quale fosse il suo gruppo sanguigno.

Briony vide all'improvviso con la coda dell'occhio alcuni amici di suo padre entrare nella villa e subito si mise in allarme. Il dolore lasciò spazio alla preoccupazione e si tenne improvvisamente stretta la pochette. Si era portata dietro alcune armi per l'evenienza visto che quella serata non poteva presagire nulla di buono.

Ma ora più che altro aveva una voglia matta di puntare quelle armi contro se stessa  pur di non patire quella sofferenza indescrivibile. Era lei la vittima designata della serata, e sentiva già una mano addentrarsi ferocemente dentro di lei e afferrarle il cuore nel tentativo di strapparlo.

Fece alcuni passi in avanti per vedere meglio cosa facevano i suoi colleghi, ma all'improvviso le sue orecchie captarono una conversazione.

"Che dici fratello? Magari questa notte metto la testa a posto e mi innamoro di qualche zuccherino. Giusto per provare" mormorò Kol col suo solito tono ironico.

Briony restò con le orecchie aperte, a sguardo basso, aspettando una risposta che incise sulle sue ferite già sanguinanti.

"Io non lo farei se fossi in te. Ho imparato a mio spese che non bisogna credere nell'amore"

Briony sentì un vuoto enorme nello stomaco che non poteva essere riempito. Elijah mentre aveva parlato aveva fatto tintinnare elegantemente il bicchiere, la voce terribilmente indifferente come se non gli importasse che forse lei era lì ad ascoltare, a ricevere colpi di spada così profondi da ucciderla.

"E tu ne sai tanto d'amore vero?" sghignazzò Kol

Briony si immaginò la reazione successiva di Elijah: avrebbe voltato lo sguardo verso il fratello, l'espressione sarebbe stata ricolma del vuoto più totale.

"Ne so fin troppo. Abbastanza da non consigliartelo."

Per Briony fu troppo. Voleva fermare quella lama che si torceva dentro di lei, riempire il buco nello stomaco e curare gli squarci nel cuore. Per salvarsi decise di girare i tacchi e andarsene.. Fuggire da quella voce che anche se non le parlava direttamente la feriva come frecce in pieno petto, da quello sguardo che seppur non rivolto a lei la inceneriva come ghiaccio denso.

Fece dei passi spediti lontano di lì, quando venne improvvisamente catapultata a terra da una forza che pesava quanto una roccia. Briony soffocò il grido che rimase impigliato in gola e cercò di spostare quelle rocce che infierivano su di lei a terra, come se fosse un ramoscello secco. Ogni sforzo le costò uno stiramento di muscoli: sopra di lei, di schiena era caduto Damon che aveva sopra Willas il cui braccio era stretto attorno al suo collo per staccarglierlo.

“Stai per perdere la testa, vampiro.”

“Voglio proprio vedere.”

Briony stava per gridare loro di andare a litigare da un’altra parte ma il peso dei due uomini sembrava soffocarla e privarla dell’uso della parola. Cercò di dare dei pugni sulla schiena di Damon per scansarlo e di sgusciare via da quel casino.

“Insomma smettetela! Will!” Quella che aveva parlato era Jennifer che tentava in qualche modo di acquietare gli animi.

Briony grugnì per come la situazione stava diventando sempre più ridicola e in più avevano messo lei in mezzo che non c’entrava proprio; alzò le ginocchia per spostare duramente il corpo di Damon e finalmente trovò l’aria.

Una mano gelida all'improvviso la fece uscire dallo scontro di quei due matti che stavano ancora litigando; Briony fu sollevata quando sentì di nuovo l’uso delle gambe e si ritrovò in piedi con tutti i capelli disordinati. La mano gelida la sorreggeva per le spalle e lei traballò sentendosi pervadere da un dubbio fortissimo.

Si girò per ringraziare il suo soccorritore ma non vide chi sperava di vedere. Il cuore tornò a racchiudersi nella sua morsa, vergognandosi di aver anche solo sperato che fosse stato Elijah a venire ad aiutarla come aveva sempre fatto.

“Grazie Stefan.” mormorò con un tono di voce freddo, di chi ha la piena consapevolezza che ciò che credevi tuo in realtà non lo è più.

Stefan le rivolse un’occhiata gentile e andò poi dal fratello per sedare gli animi: lui e Will non stavano più facendo a botte ma il cacciatore era parecchio imbufalito e con uno sguardo da invasato.

Da lontano, nella stessa posizione di prima, c’era Elijah che guardava la scena insieme al fratello minore. L’Originario era immobile, con sguardo calmo e totalmente indifferente a ciò che aveva visto, come se la cosa non lo riguardasse. La freddezza dei suoi occhi trapelava che se qualcuno avesse rotto il collo a Briony, lui non avrebbe mosso più un dito in sua difesa.

A vedere quel ghiaccio in lontananza, Briony si sentì raggelare e temette di nuovo di precipitare nel baratro. Possibile che ad Elijah non importava più niente di lei? Che se qualcuno le faceva del male lui rimaneva sempre e comunque di ghiaccio, impossibile da sciogliere?

Briony smise di logorarsi e andò a verificare i motivi del litigio appena avvenuto: Jennifer teneva Will per un braccio, guardando di continuo Damon, mentre Stefan cercava di trattenere il fratello nel lanciare le sue solite battutine velenose. Ovviamente ci volle poco per fare 2+2. Il vampiro con il quale Jennifer aveva avuto una storia tempo prima era Damon, il vampiro playboy che sicuramente aveva rivolto alla cacciatrice qualche battutina non proprio da signore. Will, che già di suo disprezzava i vampiri, ovviamente non aveva affatto gradito e per poco non gli aveva staccato la testa.

“Jennifer.. è quello che penso?” domandò Briony allusiva guardando di sottecchi Damon,  che aveva il solito sguardo da sornione.

La rossa alzò noncurante le spalle come se in ciò non ci fosse nulla di male.

“Te l’ho detto, è stato un periodo in cui volevo solo divertirmi e poi non ho fatto nulla di male. Per cui” strattonò Willas per un braccio “Finiamola con questa sceneggiata. Storia finita, argomento chiuso.”

Il cacciatore rimase immobile come pietra e lanciò a Damon uno sguardo furibondo.

“Stai attento a ciò che fai, vampiro”

“Stai attento tu. Molte persone alle feste di Mystic Falls cadono dal balcone rompendosi il collo” rispose Damon a  di provocazione.

Will sembrò vedere rosso come un toro e si lanciò addosso a Damon. La gente attorno a loro gridò, alcuni si diedero a gambe, altri chiamavano aiuto. Briony si mise tra i due litiganti mettendo le braccia sui loro petti.

“Damon, non mi mancavano per niente le tue scenate. Tieni a freno la lingua!” gli gridò acidamente. Si voltò verso Willas “E tu stai buono. Non sei a casa tua, porta un po’ di rispetto altrimenti vattene”

Intervenne anche Caroline che corse verso di loro, attirata dal tono delle loro voci alzate. “Allora! Siamo una festa, volete fare i bravi?? Cercate di darvi un contegno perché non siamo in un ring!”

“Chi è quell’oca che starnazza?”

“Will, ti ho detto di stare buono” ruggì Briony. “Non lo sai che è mia sorella? Se provi a torcerle un altro capello non te la farò filare liscia”

Willas le sorrise allora sprezzante, segno che non aveva paura di nessuno di loro:

“Fate come volete." disse mettendosi a posto il colletto. "Non ne vale poi la pena" rivolse un sorriso di scherno a Damon che subito ricambiò.

Finalmente Will riuscì a calmarsi e diede loro le spalle per andarsene ma trattenendo ancora l'ira.

Jennifer rimase di fronte a loro con sguardo normalissimo e pacato come se fosse un'acqua cheta. Visto gli sguardi che le lanciavano sospirò pesantemente, alzando gli occhi al cielo. "La prossima volta sceglierò meglio con chi uscire" borbottò fra sé e sé, raggiungendo poi Willas.

Caroline tirò un filo di sollievo, Stefan cercò di rilassare Damon che ancora scalpitava. "Stai calmo. Questa non é la serata buona per le tue uscite di testa"

Briony infatti diede ragione a Stefan e pregò loro di comportarsi bene; se lo fece quasi giurare. Non poteva portare sulle spalle anche i loro casini, pesava già troppo il peso del suo tormento che era riaffiorato quando aveva scorso quegli occhi.

Prese un profondo respiro e cercò di sistemarsi il vestito e i capelli come meglio poteva. Tornò poi a inoltrarsi nella festa che chissà perché aveva ripreso il via dopo l'uscita di scena di WillasBriony con ironia pensò se Jennifer coi suoi capelli di fuoco era in grado di placare l'anima di Willas che ardeva dello stesso fuoco.

I suoi pensieri spensierati furono bloccati e trafitti quando intravide Elijah passare verso la sua direzione: alcune persone erano d'ostacolo affinché potessero sfiorarsi, ma anche così Briony riuscì a scorgere ogni sfumatura del suo viso.

Sapeva che non doveva farlo, che avrebbe ricevuto un'altra pugnalata, ma non riusciva a smettere: come i suoi occhi neri fossero una calamita che ti attirava inevitabilmente a sé.

Elijah come prima non la degnava della benché minima attenzione, solo per qualche attimo i suoi occhi saettarono contro di lei... Proprio nel punto in cui furono più vicini, con altre persone in mezzo a loro, ma comunque questo non importava perché gli occhi profondi di Elijah sembrarono passare attraverso le altre persone, e puntare su di lei.

Lo sguardo era gelido, ma la guardava con una potenza tale da prendere vita come se gli occhi avessero preso il posto dei suoi denti affilati, e con quelli ora la stava penetrando nella carne, privandola della vita. Quegli occhi così neri non rivelavano tracce del suo atto efferato come avrebbero fatto i suoi denti, ma Briony si sentì comunque prosciugare da tutto il sangue che pompava il cuore.

Fu sul punto di strozzarsi, venne privata persino dell'uso della parola. Ci godeva a farle del male in quel modo?

Lo sguardo di Elijah in quell'attimo breve, ma eterno nella sua mente, era inquietante a tal punto da risultare innaturale.

Anche la voce che aveva sentito al telefono e che l'aveva fatta cadere nello shock era così: non fredda come sempre, né gentile.. Unicamente inquietante.

Briony venne sconfitta da quegli occhi implacabili e abbassò il viso; Elijah invece ritornò sui suoi passi e non la degnò più di uno sguardo.

Briony, mi farebbe molto piacere poter parlare con te ma sfortunatamente mi cogli in un momento delicato.

Eppure aveva la netta sensazione che niente al mondo gli avrebbe dato più piacere che calpestarla sotto i suoi piedi, vederla agonizzare per terra e restare a guardare con espressione impassibile da vero demonio.

Briony lo pensò per davvero e il cuore come sempre smise di batterle. Credeva seriamente che pur di evitare la sofferenza e delusione che lei gli aveva recato, Elijah le avrebbe impedito di far parte della sua vita con tutte le sue forze. Avrebbe voluto non averla mai incontrata,  non averle permesso di scalfire la sua armatura e fargli provare delle debolezze.. forse considerava il tempo passato con lei un completo e totale spreco di tempo...

Cos’altro doveva pensare mentre ricordava quegli sguardi inquietanti?

Avrebbe voluto piangere la sua angoscia per lasciarla fuoriuscire via dal suo animo, ma tutto ad un tratto la rabbia prese il possesso di lei.

A volte succede che l’amore finisca e spesso non ne restano in piedi che rovine… lei stessa aveva attraversato le ceneri del suo cuore... e lui invece?

Sembrava sempre lo stesso, inquietante sì, ma nulla che potesse far vedere che aveva patito il suo stesso tormento, anzi pareva tranquillissimo sotto il punto di vista delle emozioni visto che sembrava non provarle più. Lei era caduta negli abissi più cupi, lui invece in piedi.

Briony strinse i pugni ricordando ciò che lei aveva provato e decise di non farsi sottomettere in quel modo. Non aveva già sofferto? Non aveva già pagato abbastanza? Per quanto ancora doveva sentirsi spezzata?

Tornò a camminare in mezzo alla festa e prese un bicchiere di vino per ricaricarsi le energie. Trovò all’improvviso uno degli amici di suo padre, uno dei pochi che faceva parte dei simpatici e il più diplomatico, Tom, e decise di andare da lui per vedere se avevano risolto qualcosa. Stava già parlando con una persona, forse un altro cacciatore ma non riusciva a capire chi, visto che la sua testa era coperta da altre persone.

Si diresse verso l’amico, tenendosi stretta la pochette. “Ehi” mormorò cercando di sorridere ma il sorriso svanì quando si accorse che il cacciatore stava proprio parlando con Elijah. 

Briony si immobilizzò, una scarica elettrica le percorse la schiena, mentre Elijah dopo aver sentito la sua voce si girò verso di lei e sembrò fulminarla con sguardo agghiacciante.

Briony deglutì fortemente e sviò subito gli occhi per non farsi scheggiare di nuovo. Si mise a fianco del cacciatore nel modo più tranquillo possibile e gli chiese con una voce nasale come stavano andando le cose. Elijah intanto teneva lo sguardo duro e agghiacciante su di lei.

Le guance di Briony di conseguenza sembravano andare in fiamme, gli occhi erano puntati in un punto tra il collo e la cravatta di Elijah pur di non guardarlo dritto in faccia. Ma almeno non era fuggita via.. era rimasta, sottomettendo le sue paure.

Il suo amico invece pareva l’anima della festa. “Sta andando bene. Non ci sono stati scontri a parte quella testa calda di Will che cerca sempre di creare danni. Elijah, conosce già Briony vero?” domandò Tom con nonchalance come se non lo turbasse avere davanti un Originario.

Elijah gli sorrise con cortesia forzata. “Ne ho avuto l’onore in passato”

Parlava come se lei fosse solo un fantasma, un ricordo già sbiadito e che apparteneva a un’epoca fa... Dopo aver parlato Elijah le rivolse un’occhiata, cortese ma pur sempre fredda. Briony trasalì pur non vedendone lo sguardo ma lo percepiva, quasi fosse stampato dentro le sue iridi.

“Allora credo che dovremmo parlare di ciò che è successo… la morte di Robert ha scosso tutti noi e converrà con me che non possiamo stare a braccia incrociate” il cacciatore sembrò prendere le redini delle situazione e parlare per ciò che erano venuti.

“Lascia stare Tom. Non si può parlare con dei mostri che non provano il benché misero senso di colpa. Stiamo solo sprecando tempo” Willas spuntò all’improvviso e Briony subito rizzò la schiena per l’allarme.

Elijah si era girato verso di lui con sguardo indecifrabile. “Porgiti a me col dovuto rispetto se non vuoi che ti appenda al muro un’altra volta” sibilò lui lentamente in modo da far venire brividi a chiunque.

Will invece gli rivolse un sorriso in segno di sfida:

“Così andrebbe bene. Sarebbe uno scontro equo. Tale non è infiltrarsi in casa d’altri di soppiatto, in piena notte, sorprenderli nei loro letti e tagliare loro le gole quando sono più indifesi. E io non ti devo alcun rispetto, Mikaelson

Il gelo di Elijah venne surclassato da un lieve sorriso fintamente calmo.  

“Il vostro amico si era immischiato in una storia pericolosa e più grande di lui, e nella quale non c’entrava. Ha scelto lui stesso il suo destino”

Briony sentiva una scossa attraversarle le vene. Sapeva che stavano camminando su un terreno pericoloso  e doveva quindi fare qualcosa.

“La prossima volta le cose andranno diversamente, mostro” Will sibilò duramente l'ultima parola guardando l'Originario con astio.

Willas piantala” intervenne Briony decisa. Era pericoloso parlare a quel modo con Elijah, anche quando i suoi occhi scintillavano divertiti.

L'Originario comunque parlò come se lei non avesse detto nulla:

“In tal caso farai bene a rivolgerti a me con maggior delicatezza. I mostri sono belve pericolose e di questi tempi i cacciatori sembrano schiattare come mosche.”

Alla tranquilla provocazione di Elijah venne corrisposta l'ira di Will, che si gettò su di lui. Briony lo trattenne all'ultimo.

“Ora basta. Non avevamo detto che sarebbe stato solo un confronto civile??” domandò allusiva trafiggendo il cacciatore che spostò subito la sua presa con un ringhio.

Ora sapeva a cosa Connor si riferiva: Willas era troppo istintivo, non stava a ragionare sulle conseguenze, e si faceva guidare dal fuoco infernale della sua anima con l'impazienza di un bambino. Elijah era tutto il contrario, ecco perché avrebbe vinto sempre lui. Perché non era mai prevedibile, ogni sua mossa era ben ponderata grazie alla sua sottile arguzia.

Willas fece un passo indietro, scrollandosi Briony mentre Elijah rimaneva immobile come pietra dura.

“Ma io non posso essere soggiogato per mandare avanti questi cosiddetti e patetici confronti civili.” borbottò Willas alzando il mente con orgoglio. Poi la testa ondeggiò verso Briony: “E anche questa qui non può”

La ragazza aggrottò la fronte non sapendo a cosa si riferisse: non sapeva che non poteva più essere soggiogata.. Merito degli allenamenti di Chuck? In effetti nell'ultimo periodo si sentiva più forte..

Ma quando con disagio percepì gli occhi di Elijah su di sé, si sentì indebolire come investita da una locomotiva.

Questa volta non riuscì a trattenersi e alzò gli occhi incrociando quelli neri di Elijah.

In quel momento però il gelo del suo viso era malcelato perché un guizzo aveva contratto la sua espressione, irrigidendola. Briony allora capì che lui aveva scorto l'ombra rossastra che circondava la sua pupilla, e le fuoriuscì di conseguenza un sospiro strozzato.

Una volta Elijah le aveva detto che i suoi occhi, anche così, erano bellissimi.

Ma adesso non era più sicura che lui fosse ancora di tal parere: la fissava come se fosse stato tradito di nuovo, come se la persona che vedeva di fronte fosse solo un'estranea che si era alleata con i suoi nemici e che aveva preso il posto della ragazza che aveva amato. Come se quegli occhi fossero stati profanati.

Lo sguardo poi ritornò ghiaccio. Come se Elijah avesse lasciato che il suo cuore ridiventasse di pietra per dissecare le emozioni prepotenti che stava ricominciando, erroneamente, a provare dentro di sé.

Tom tossì per attirare l'attenzione:

“Vogliamo continuare pacificamente la conversazione? Non desideriamo lotte, anzi vogliamo che finiscano"

Elijah si voltò verso di lui ostentando una cortesia forzata "Volentieri. Se vuole proporre un accordo io la ascolterò"

Briony sentì Willas grugnire. "Questo é troppo." Per fortuna fece qualcosa di sensato e se ne andò a passi spediti. Ma anche Briony avrebbe seguito il suo esempio.. Non c'era motivo di restare lì oramai, e sopportare di nuovo lo sguardo di Elijah sarebbe stato troppo.. Le sembrava di camminare sulle rovine del suo stesso cuore spezzato.

Si affiancò a Tom. "Sei l'unico del gruppo con un po’ di buon senso, mi affido a te. Se hai poi bisogno di qualcosa.." lasciò la frase in sospeso ma il cacciatore disse che sarebbe andato tutto bene. Briony notò con stupore che Elijah la stava guardando con la coda dell'occhio: quanta forza ha uno sguardo seppure vuoto?

Si sentì privare del respiro. Cosa provava quel vampiro? Rancore? Odio? Sofferenza? O solo nulla? In quel momento Briony non riuscì proprio a captare i suoi pensieri come se la sua mente fosse lontana chissà dove.

Mordendosi le labbra se ne andò via di lì, sentendo lo sguardo penetrante di Elijah sulla schiena. Strinse i pugni per tenersi forte, quando vide Jennifer in un angolo farle segno di avvicinarsi. Dopo averlo fatto le due parlarono a quattrocchi.

"Ci sono novità?" chiese Briony con un tono di voce stranamente vuoto.

Jennifer guardava di sottecchi in direzione di Elijah, lo sguardo era del tipo "Ma come é possibile mollare un simile figo?"

Briony cercò comunque di far finta di nulla.

"Per ora va tutto bene. La festa é a dir poco sensazionale e che sorpresa essermi trovata di fronte a Damon Salvatore! Non sapevo fosse qui.." poi Jennifer cominciò a blaterare di quando aveva conosciuto il vampiro anni prima e di come si erano divertiti per settimane di fuoco. "Però la storia é finita da un pezzo, non capisco la reazione di Will così esagerata. Ma la gelosia ha sempre un qualcosa di esaltante" mormorò poi con un luccichio negli occhi.

"Sei sicura che non abbia cercato di cavare la testa a Damon solo per la voglia di trucidare un vampiro?"

Jennifer le fece una smorfia. "Anche, sì. E so che non ci credi ma Will ha anche dei sentimenti buoni e con me é più gentile rispetto agli altri.. Anche se uuuh c'ha un caratterino" scimmiottò agitando le mani. Briony rise piano per quel gesto:

"Io lo trovo sempre e comunque inquietante. Non mi sembra poi un tipo affidabile.. Sei certa di fare la cosa giusta?" Proprio lei dava consigli amorosi? Avrebbe dovuto starsi zitta ma anche un ceco si sarebbe accorto che Willas era un tipo totalmente da evitare.

"So che a volte sembra crudele, e forse lo é davvero ma.. Sotto la sua durezza c'é anche qualcos'altro.. Per me c'é un motivo se é diventato così.. Qualcosa forse che riguarda il suo passato.. Ogni notte fa degli incubi..."

"Anche io li faccio Jennifer.. Fanno parte di ciò che siamo"

La rossa scosse decisa la testa:

"Non sono sogni normali o premonitori.. Sono sogni orribili.. Reali.. Che lo angosciano.. Lo vedo da come si sveglia, da come riprende il fiato o da come gli suda la fronte.. Una notte gli ho chiesto se aveva qualcosa che non andava e lui mi ha ordinato rudemente di andarmene via."

"E tu ti sei fatta trattare così?" le chiese Briony scettica e sconcertata.

Jennifer drizzò la schiena per dimostrare la sua forza.

"Certo che no. Non mi faccio mettere i piedi in testa io. Ho continuato a parlargli sopra ma non c'é stato verso.. Alla fine mi sono arresa ma solo perché lo vedevo.... Realmente devastato."

Briony ascoltò tutti i fatti personali che l'amica le stava confidando e alla fine poté solo dirle:

"É una scelta tua se vuoi continuare. Se ti piace bene, se non ti piace meglio ancora. Ma ormai sei grande vaccinata per decidere con chi vuoi stare e chi no."

La rossa assentì decisa.

"Voglio aiutarlo"

Briony strinse le spalle, forse preoccupata per il guaio in cui l'amica si stava ficcando, quando sentì la musica riecheggiare nella sala.

"É arrivato il ballo!" cinguettò Jennifer come una ragazzina e andando sicuramente alla ricerca di WillasBriony rise mentre la vedeva allontanarsi. Era così piena di vita.. Se Will nonostante il suo caratteraccio la rendeva felice buon per lei.

Briony si mise in un angolo a vedere le coppie formarsi per la danza: Caroline era in prima fila a dare gli ordini sulla musica come suo solito.

Briony fece invece qualche passo in avanti mettendosi un ciuffo tra le dita, quando sentì una voce dietro di lei.

"Briony sei ritornata"

La ragazza si girò e vide Carol Lockwood, la padrona di casa.

"Sono stata via per un .. Lei invece come sta..?"

Perdere un figlio era un lutto terribile e anche se non aveva mai avuto simpatia per Carol comunque le dispiaceva fortissimo per lei e per Tyler.

"Si va avanti.." rispose la donna con un sorriso non molto convincente. "Non balli?" le chiese poi.

"Ah no no. Questa volta no" rispose Briony scuotendo le mani.

"Non sei venuta con un cavaliere?"

"No con un'amica" Briony non riuscì a inghiottire la bile.

"Capisco.. Sei sicura di non volerne trovare uno adatto? Se vuoi per il ballo posso consigliarti.."

La frase di Carol e il respiro di Briony vennero bloccati quando quest'ultima si sentì afferrare da dietro: un braccio possente le cinse la vita, un fiato gelido le scompigliò i capelli.

"Non si preoccupi. Con me é in buone mani" mormorò una voce riconoscibile all'istante.

Briony fu sicura di avere uno svenimento e invece restò in piedi con occhi spalancati.

Riconobbe persino quell'elegante respiro che le soffiava sui capelli e le ghiacciava la schiena. Carol cambiò totalmente espressione e si fece da parte.

Briony avrebbe tanto voluto dire che non aveva nessuna voglia di ballare e che non vi era alcun senso nel farlo proprio con lui.. Ma prima che potesse fare una sola mossa si sentì tirare e quello stesso braccio le fece fare una giravolta, facendo così  scontrare i loro petti.

Di nuovo il fiato le mancò e di nuovo non ebbe il coraggio di incrociare quegli occhi che l'avrebbero inghiottita. Il cuore pompava fortissimo contro il suo petto che sembrava quasi andasse a riempire il silenzio e vuoto che c’era in quello di Elijah.

Sentiva lo sguardo penetrante del vampiro su di sé, e il corpo di lei andò a fuoco. Lo sguardo vagava invece in un punto sotto il viso di Elijah;  non riusciva a mettersi in posizione da ballo come per mostrare un ultimo tentativo di diniego.

"É meglio di no.." sussurrò lei non sapendo bene dove mettere le mani pur di evitare il contatto con quel ghiaccio.

La risposta di Elijah fu silenziosa ma ben esplicita. La mano si strinse di più sulla sua schiena spingendo così il corpo di Briony verso il suo. Il cuore le balzò in gola quando sentì il gelo del corpo di Elijah passarle attraverso i vestiti e imprimerle l'anima in una morsa.

Il viso di Briony era finito contro il suo collo e per poco le labbra non avevano baciato la pelle esposta. A quell'evenienza Briony traballò sentendo un lungo brivido, e non sapeva proprio come muoversi. Teneva ancora gli occhi spalancati, il corpo se non tremava vuol dire che si era solidificato in una statua.

La musica intanto si innalzava attorno a loro. Briony fu costretta a farsi condurre da Elijah fra gli altri danzatori, ma il fatto che lui tenesse sempre lo sguardo su di lei non faceva che incuterle ansia.

Elijah invece era così elegante che il ballo sarebbe stato comunque perfetto anche se avesse ballato con un manico di scopa. Briony un  lo era ma cercò di rallentare i battiti impazziti del cuore, di sradicarsi da quello stato di piena sorpresa, e si decise di assecondare quella sadica follia.

Quando la musica suonò le prime note, la mano di Briony si adagiò sopra le spalle di Elijah: il tessuto carezzevole della giacca era come sfiorare del velluto fine. Fu così sopraffatta dalla sua presenza tanto che voleva che la mano di lui sulla sua schiena premesse di più, desiderava intrecciare maggiormente le loro mani e fondersi in un tutt'uno. Il viso vagava ancora sopra un lato del collo del vampiro, assaporando il suo profumo avvolgente che la stordiva. Socchiuse istintivamente gli occhi, sentendosi condurre nel solito paradiso maledetto che la stava divorando.

Sapeva che non ne sarebbe sopravvissuta ma da pazzi non le importava in quel momento: la mano si allungò lungo tutta la spalla di Elijah, assaporando quel tocco fremente. Cercava però di non respirare perché aveva paura che il respiro gli intaccasse la pelle e si sarebbe così scansato.

"Hai cambiato pettinatura" osservò Elijah ad un tratto senza però guardarla direttamente "Mi piace"

Briony trasalì colta davvero alla sprovvista. Riprese la razionalità appena perduta e si chiese il perché Elijah l'avesse invitata a ballare dopo averla trattata con tanta freddezza e indifferenza. Che cosa voleva? Non pensava che Elijah fosse il tipo da giocare con i sentimenti degli altri soprattutto quando sembrava che lui non li provasse più.. Non capiva proprio cosa avesse in mente.

"Grazie" rispose lei deglutendo ma non osando guardarlo.

Continuavano a ballare facendosi avvolgere dalla musica, ma l'unica cosa che lei sentiva era il suono del proprio cuore che batteva impazzito. Aveva paura che Elijah lo sentisse,  ma lui teneva noncurante lo sguardo dritto davanti a sé mentre continuava a inoltrarsi in quel sadico ballo, che riuniva in sé il paradiso e l’inferno del cuore di Briony.

Lui le cingeva la schiena con il suo braccio possente, stringendola in una presa sicura. Lei si sentiva rinchiusa in quel stretta, ma almeno era molto più allentata rispetto a quello che aveva nel cuore.

Ad un tratto Elijah inclinò la testa, in modo tale da toccarle quasi l’orecchio con le labbra. Briony sussultò per quel contatto lieve ma bollente per lei: socchiuse gli occhi per controllare le mille scaricature elettriche di cui il suo corpo venne pervaso.

“Hai intenzione di far battere impazzito il tuo cuore ancora per molto, Briony?” Il suono del suo nome sulle labbra di Elijah era così intimo che le corse un brivido lunghissimo lungo la schiena.

Dopo averlo assaporato, la ragazza aprì gli occhi ritornando alla domanda provocatoria del vampiro.

“Non avresti dovuto invitarmi a ballare allora” rispose duramente scostandosi dal suo tocco che bruciava ancora nella sua anima.

“Mi dispiace averti imbarazzata” replicò lui normalmente, tornando a guardare un punto davanti a sé.

Ma non l’aveva solo imbarazzata... non lo capiva? L’aveva costretta a tornare fra quelle braccia dentro le quali avrebbe tanto voluto perdersi ma non poteva più farlo. Era ritornato a farle battere il cuore per quell’amore che aveva provato solo una volta nella vita. Le stava di nuovo facendo male.

Briony vide poi con la coda dell’occhio Caroline che guardava dalla loro parte con la bocca spalancata, ovviamente era shockata quanto lei. In un angolo fuori dalla sala notò Jennifer parlare vicino a Willas che ancora ribolliva di furia ardente, e lei cercava di placarlo.

Tentò di riprendere il controllo di se stessa e si scurì la voce:

“Perché mi hai invitata a ballare?”

Passarono alcuni secondi di totale gelo.

“Volevo sapere che cosa tu e i tuoi amici avete in mente.” Rispose lui duro sottolineando in qualche modo che lei gli si era messa contro, andando dalla parte opposta. Briony traballò per quella supposizione che non era affatto vera.. lei non stava dalla parte dei cacciatori, non avrebbe mai voluto far parte del loro mondo.. lo aveva fatto solo per evitare di soccombere.

“Non faranno niente di male lo giuro.. avevo convinto Robert di lasciar perdere le sue ricerche" mormorò alzando finalmente lo sguardo verso quello di Elijah. Voleva fargli capire che non voleva affatto il suo male, che non era diventata una sua nemica.. ma lo sguardo del vampiro era freddo, perso in lontananza.

Si morse il labbro e continuò a parlare come se così lui potesse ricambiare finalmente il suo sguardo:

"Ma ci sono alcuni cacciatori che non sono così malleabili, soprattutto dopo ciò che è successo.. Questa situazione mi preoccupa.”

La musica aumentò di tonalità, ci furono risate assordanti attorno a loro e un rumore di bicchieri che cadevano a terra. Qualche sbadato ubriaco come al solito aveva combinato qualche casino. Ma l’unica cosa che Briony percepì veramente e smontò ogni altra cosa, fu sentire la mano fredda di Elijah lasciare la sua schiena, rendendola bollente quando venne abbandonata dal suo tocco gelido. Ma quella stessa mano salì imperterrita al suo braccio, all’altezza del gomito, dove venne serrato sempre più.

Briony fu colta così alla sprovvista che il viso si adagiò contro quello di Elijah, venendo pervasa così da scariche elettriche.

“E’ quello che io dico che deve preoccuparti.”

Quel sibilo spietato che le arrivò all’orecchio fu come una lama che penetra in ferite già aperte. Le sue parole gelide bastarono a sbriciolarle il petto e a riaprire la voragine che aveva imparato a richiudere.

Briony fu talmente sconvolta da ciò che Elijah le aveva detto che non riuscì a replicare. Sentì il respiro ghiacciato in gola, il cuore non batteva più.

Ci sei riuscito a farmelo sbattere di battere. Pensò Briony con rammarico doloroso.

La musica si acquietò fino a spegnersi. Nello stesso momento Elijah la lasciò andare con freddezza e se ne andò senza degnarla di uno sguardo. Per lei fu come se una fiamma avesse smesso di bruciarle il braccio. Ne fu quasi sollevata, ma poi ritornò il gelo nelle vene.

Rimase immobile al centro della sala con sguardo spento e scavato. A rimuginare a cosa era successo all’animo di Elijah per farlo richiudere in una così tetra oscurità, dove ogni più piccola luce veniva soppiantata ancor prima di accendersi. Aveva chiuso l’amore fuori dalla sua vita, era così cinico da sembrare privo di sentimenti.

E’ tutta colpa mia.

Pensò cercando di tenere a freno le lacrime e di fermare i sensi di colpa che la stavano divorando fino a spremerla.

Cercò di andarsene di lì, trattenendo il suo dolore con tutta la fermezza che aveva, quando vide Ylenia percorrere a falcate il corridoio in lontananza e sparire dalla sua vista improvvisamente.

Briony alzò il sopracciglio chiedendosi per la millesima volta perché diavolo aveva accettato quella farsa di festa.

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“Porti sempre qui le tue vittime?”

Agnes gironzolava intorno alla saletta privata del defunto sindaco Lockwood, tenendo le mani lungo i fianchi.

Klaus le rivolse la solita occhiata sprezzante tenendo le braccia strette al petto, il pugno sotto il mento.

“No a loro riservo un elogio speciale”

Agnes restò per un attimo ad analizzare quel ghigno malefico e poi tornò a guardarsi attorno.

“Inoltre questa casa non è mia, è del sindaco. Ma se vuoi angioletto ti possa mostrare la mia umile dimora.” Mormorò Klaus con un sorrisino invitante, avvicinandosi a lei.

Agnes lo guardò storto scuotendo la testa, visto che sapeva benissimo che Klaus non aveva nessuna umile dimora dato che a lui piaceva stare nel lusso e concedersi ogni più piccolo capriccio.

L’ibrido tornò a guardarla senza badare alla sua occhiataccia. Le aveva dato un vestito da mettersi altrimenti non sarebbe potuta passare inosservata ancora per molto: aveva scelto una ragazza che portava più o meno la sua misura e un vestito che potesse starle bene;  aveva ordinato alla sua vittima di levarselo senza tanti complimenti e di andarsene subito a casa. Non appena Klaus aveva porto il vestito a Agnes, questa l’aveva guardato di sottecchi chiedendosi chi avesse ucciso per regalarle quel vestito in così breve tempo. Il ghigno ironico di Klaus non aveva fatto presagire nulla di buono ma aveva preferito non fare ulteriori domande.

“Non dovrei essere qui” disse lei all’improvviso stringendosi nelle spalle.

Il viso di Klaus si oscurò:

“Vuoi dire non dovresti essere qui, in questo secolo e in questa casa, oppure non dovresti essere con un assassino spregevole come me?”

Dalla provocazione chiesta sembrava quasi che l’ibrido si vantasse nell’autodefinirsi un essere spregevole, ma comunque un lampo gelido che attraversò i suoi occhi fece capire che era stato irritato.

Agnes lo guardò allora negli occhi, senza alcun timore né pregiudizio.

“Come stai Klaus?”

La domanda postagli lasciò Klaus all’inizio perplesso, le rivolse il classico ghigno ironico pronto per la solita battutina, ma poi guardando l’espressione di Agnes il viso si indurì notevolmente fino a scavarsi. Gli occhi si strinsero in due fessure che quasi si colorarono di nero dal gran che erano diaboliche.

“Mi sto già stancando dei tuoi sguardi. Essere morta non ti ha per niente aggiustato il buon senso?” sibilò lui per non permetterle di far leva su qualche sua debolezza o compatendolo per una vita che lui stesso aveva accolto e bramato. Non aveva certamente bisogno di essere compreso né consolato come un cucciolo. Eppure si ritrovò a pensare, in un angolo della sua mente, che da molto tempo nessuno si interessava a come lui stava veramente.

Quel pensiero venne dissolto quando Agnes si scansò guardandolo truce.

“E a te invece ti ha raffreddato l’animo fino a farti odiare ogni cosa” replicò lei in segno di sfida.

Klaus saettò in avanti, ribollente d’ira e collera che venne placata dallo sguardo tranquillissimo e calmo di Agnes che non mostrava nessun tremore; come in passato Klaus si fermò e le rivolse un ghigno spietato, visto che non trovava nessun divertimento nell’intimidire persone che non avevano paura di lui.

Il viso si serrò, non ammorbidendosi di un centimetro, mentre Agnes sospirò sviando lo sguardo.

“Almeno dovrei ringraziarti per il tuo regalo”

Di nuovo Klaus restò perplesso.

“Quello?” mormorò sprezzante, indicando il vestito “E’ un vestito che ho tolto a una mia preda qualunque. Non mi serve che mi ringrazi”

Agnes non badò alla perfidia con cui parlò e infatti lo guardò con una strana luce negli occhi, avvicinandosi senza timore:

“Non parlo di quello.. parlo del pensiero che hai avuto per me. La magnolia..” mormorò alla fine dolcemente, riferendosi a quando Klaus aveva portato il fiore sulla sua tomba.

“Grazie” mormorò infine con un sorriso sincero.

L’ibrido si irrigidì come punto dalla spina che emergeva all’improvviso da quello stupido fiore che le aveva davvero portato qualche giorno dopo la sua morte. Era stato un gesto idiota, debole.. da umani.

Quei gesti non appartenevano proprio a un tipo come lui e infatti per tutto il tragitto al cimitero si era chiesto che diavolo stesse facendo e ordinava a se stesso di tornarsene da dove era venuto. Invece lo aveva fatto perché voleva farlo. Con tutto il cuore, anche se ormai non lo aveva più.

Si irritò perché stava dando un’impressione di sé proprio da idiota.. e di fronte a quella ragazzina poi.

“Non l’ho neanche pagato quel fiore, quel gesto non valeva nulla per me” sbottò all’improvviso trattenendo l’ira.

Agnes lo guardò incerta, tentennando sull’indietreggiare visto che la rabbia di Klaus stava per esplodere, e non era una rabbia sana, ma alla fine decise di rimanere dov’era. Rimanendo attaccata a quegli occhi pieni di oscurità con i suoi pieni di luce.

“Grazie comunque. Anche per aver conservato il mio ritratto. Ti sei dato maggiormente alla pittura in questo secolo, bravo” mormorò con un sorrisetto vittorioso mettendo le braccia dietro la schiena.

Quella frase avrebbe potuto irritarlo ancor di più invece Klaus sfoderò solo un altro ghigno, non proprio convincente, e si portò la mano alla bocca cominciando poi a studiare la ragazza di fronte a sé.

“Vuoi rimembrare quella sera in cui hai fatto quel ritratto su di me per caso?” domandò con tono stranamente carezzevole, provocandole un lungo brivido mentre lei ricordava la notte in cui aveva fatto il ritratto a Klaus e poi lui aveva bevuto il suo sangue con la forza.

Agnes a dispetto del suo viso calmo, tremò e non riuscì più a guardare l’ibrido negli occhi. Quest’ultimo cominciò a girarle attorno, fissandola con sguardo languido che le entrava sotto la pelle. Finì dietro di lei e si chinò al suo orecchio, respirandovi sopra. Agnes tremò per via delle sensazioni scatenanti dentro di sé.

“Te lo devo concedere sweetheart. Non ho mai assaporato un sapore più squisito del tuo” mormorò alitandole sul collo.

Agnes rizzò la schiena come se una scossa la stesse attraversando fino a privarla del respiro. Quando sentì che Klaus stava per spostarle i capelli che le ricadevano sulla spalla, ebbe voglia di fuggire via ma uno squillo del telefono la salvò.

Klaus grugnì per essere stato interrotto e prese fulmineamente il cellulare, sibilando parole incomprensibili a Agnes visto che le fischiavano le orecchie. Ne approfittò di quella distrazione per riprendere fiato e il controllo di se stessa, e cominciò a incamminarsi verso la porta badando che Klaus non la vedesse.

Prendendo coraggio corse verso la porta mentre Klaus continuava ancora a parlare al telefono, e mise la mano sul pomello per uscire via.

Ma quando stava per farlo, una mano la fermò improvvisamente in un botto, premendo sulla sua che stava ancora sulla porta. Agnes deglutì mentre incrociava gli occhi furbi di Klaus.

“Dove credevi di andare?” le domandò lui canzonatorio.

“Devo vedere mia sorella” rispose lei determinata e scostando le loro mani.

A quella risposta Klaus indurì i lineamenti del viso: “Quella carogna. Mi ha rotto le scatole più del dovuto e molte volte ho cercato di spezzarle il collo per la sua insolenza” sibilò sfoderando infine un sorriso diabolico.

Agnes lo guardò duramente e questa cosa lo colpì.

“Perché ci tieni tanto? E’ colpa della tua sorellina se sei morta”

“Non è vero. Sei stato tu ad avvelenarle la vita, corrompendola fin da quando ci sei entrato. Era cambiata per colpa tua.. e non osare mai più toccarla.”

La determinazione di Agnes fece quasi sorridere Klaus. Se fosse stato qualcun altro, lui le avrebbe spezzato il collo in due secondi. Ma in qualche modo lui rispettava la sua decisione di difendere la sua famiglia anche se l’aveva nuociuta.. era un atto nobile che anche lui avrebbe compiuto se le cose fossero state diverse.

Si avvicinò sempre di più al viso del biondina, sfiorandole lo zigomo col pollice:

“Cos’è, siamo gelose?” le sussurrò provocatorio.

Agnes non ebbe tempo di rispondergli per le rime che la porta si aprì improvvisamente.

Ylenia spalancò gli occhi nel vedere la sorella di fronte a sé… viva. Bellissima come era sempre stata. La persona che aveva più amato e senza la quale era caduta in un abisso pieno di solitudine e amarezza. Si sentì tremare tutta e si immerse in un sogno a occhi aperti che fu subito rovinato quando notò la presenza di Klaus troppo vicina alla sorella.

“Tu. Levati subito” ordinò la mora trafiggendolo. Aveva solo voglia di riabbracciare la sorella, di parlarle, e non desiderava proprio sorbirsi quel bastardo.

Klaus di rimando le sorrise in segno di sfida. “Veramente sei tu che ci hai interrotti” le disse non spostandosi di un centimetro.

Ylenia stava per saltargli addosso per cavarselo dai piedi ma Agnes intervenne prima,  spostando Klaus. “Devo parlare con lei” mormorò nell’allontanarlo.

Klaus grugnì per il fastidio ma alla fine decise di fare il bravo per una volta. Ylenia lo guardò ancora con astio, poi abbracciò Agnes per le spalle e se la portò via come se fosse un tesoro da proteggere.

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Briony si era barricata in una stanza buia della villa per richiamare a sé la solitudine. Non voleva vedere nessuno, non voleva pensare né farsi sommergere dal tormento. Aveva tra le mani un paletto che aveva riposto dentro la pochette. Era lungo e affilato, ornato da simboli che sembravano aztechi. Chuck diceva che avevano il potere di infliggere dolore a qualunque vampiro e ferirlo gravemente, anche un Originario.

Non sapeva perché si era munita di armi.. forse per evenienza o forse perché si sentiva più sicura. Ma tanto lei non avrebbe mai avuto il coraggio di piantare una lama mortale nel cuore di chi era destinata a uccidere.

Fece roteare il paletto contro il palmo per scacciare i brutti pensieri. Ma non riuscì a non pensare a Elijah.. alla sua freddezza, al suo cinismo.. al suo sguardo e parole inquietanti. Quanto era cambiato? Fisicamente era sempre lo stesso, ma più di chiunque altro lei doveva sapere che la sua scelta lo avrebbe ferito a morte, proprio perché lui voleva vivere una vita con lei  e rendere la sua migliore. Però lei lo aveva allontanato.. nella maniera più subdola possibile..

Non poteva quindi sorprendersi se Elijah ora la odiasse… ma...

Sentì ad un tratto la porta della stanza aprirsi. Anche senza voltarsi, capì subito chi era.

Perché i tuoi passi ti hanno condotto qui, Elijah? Sei venuto per punirmi di nuovo, per buttarmi addosso il tuo rancore, e sfregiarmi il cuore così come io ho fatto con te?

Briony si girò con la coda dell’occhio: Elijah era sul ciglio della porta, la mano ancora sulla maniglia dalla porta aperta, lo sguardo serio e freddo rivolto a lei. In poco tempo richiuse la porta, chiudendola a chiave.

Briony trasalì per quel gesto. Che cosa voleva fare?

Il volto inquietante di Elijah si girò completamente verso di lei; il silenzio sembrava schiacciarli e vibrare denso tra loro.

Dal momento in cui lui era entrato Briony aveva smesso di respirare, provando un’insolita paura nel vedere l’espressione indecifrabile dell’Originario.

Lui cominciò a camminare lentamente verso di lei, una mano era in tasca, l’altra lungo il fianco: si mosse con una tale lentezza come se volesse aumentare la sua agonia, pregustare il sapore della sua paura.

Briony rimase immobile, sentendo la gola secca e tutto il suo corpo in subbuglio.

“E’ una triste pena isolarsi nel buio della solitudine, Briony. Perché non torni alla festa?” domandò lui con un strano tono. Il suo volto ora stava in penombra, e la voce era come un respiro dalle tenebre.

La ragazza deglutì, non poterlo vedere bene in faccia non faceva che aumentare la sua inquietudine. “Volevo stare da sola..” riuscì solo a rispondere.

Elijah fuoriuscì finalmente dalla penombra dalla stanza e Briony incrociò il suo sguardo: nel modo in cui lui la stava guardando c’era qualcosa che la riempiva di terrore, anche se rimaneva freddo.

Gli occhi erano come il cielo notturno all’inferno.

Briony nonostante tutto si costrinse a sopportare quella tensione disumana.

“Come hai passato questi mesi, Elijah?” domandò in un soffio, guardandolo con rammarico.

A quella domanda il viso del vampiro si affilò. “Vuoi davvero che ti risponda?”

Briony deglutì di nuovo, volendo a tutti i costi sviare lo sguardo ma proprio non ce la faceva a slegarsi dall’ipnotismo dei suoi occhi neri.

Passarono alcuni secondi, ormai anche le grida di euforia alla festa erano un ricordo lontano. Elijah rimase dov’era, immobile come pietra. La sua presenza la metteva troppo a disagio. Come il suo silenzio. E il suo sguardo glaciale.

“Neanche io sono stata bene come tu credi.. non avrei mai voluto che tu soffrissi..” Bisbigliò lei per cancellare quell’espressione. Ma la sua voce ebbe solo il potere di raffreddare gli occhi di Elijah.

“Tutte le scelte hanno le loro conseguenze. Cos'é che ti avevo detto Briony? Stai attenta a ciò che desideri. E tu desideravi una vita senza vampiri, chiunque la vorrebbe" mormorò con tono ben calcolato e calmo.

Briony strinse le labbra cercando le parole adatte per ribattere, ma i movimenti di Elijah attirarono la sua attenzione quando mise le braccia dietro la schiena:

"E io cosa mi sono perso? Ti sei abituata bene alla tua nuova vita?" domandò fingendosi curioso e Briony fu costretta ad assistere ad un altro suo spaventoso sorriso. 

Lei si irrigidì sui suoi stessi piedi, abbassando lo sguardo. Poteva immaginare quanto era stata male invece? Quante volte si era sentita strappare il cuore, quante volte le lame si erano addentrate dentro di lei ferendola a morte, quante volte non era stata capace di respirare per via dolore.

"Direi di sì a quanto vedo" continuò lui rivolgendole un'occhiata verso il braccio.

Solo allora Briony si ricordò che teneva ancora il paletto chiuso nel palmo. Quello sguardo glielo aveva fatto scordare.

Sbiancò quando vide Elijah avvicinarsi con sguardo tetro. La tensione aumentò nella stanza.

"Che sei venuta a fare Briony? A darmi il colpo di grazia?" la provocò lui truce abbassando lo sguardo verso il suo.

Lei scosse nervosa la testa sentendosi tremare. Cercò di nascondere il paletto lontano dagli occhi accusatori di Elijah, ma proprio lui le afferrò con forza il braccio.

"No lasciami" Briony cercò di liberarsi dalla sua presa e di pregarlo con le parole, ma venendo oltre le sue aspettative, proprio Elijah le circondò il polso con forza e le fece puntare l'arma contro se stesso, all'altezza del cuore.

"Avanti fallo" la sfidò con sguardo provocatorio.

Briony non aveva più saliva in gola per deglutire, continuava a scuotere la testa e a stare immobile per paura che la punta del paletto gli incidesse la pelle. Erano così vicini che bastava un niente per ferirlo.. Ma non poteva farlo, non poteva...

Cercò di tirare via l'arma e di soppiantare le lacrime che stavano sopraggiungendo, cosa che fece irritare Elijah ancor di più.

La spinse contro un muro vicino a loro, la velocità dell'impatto costrinse Briony a chiudere gli occhi, ma la presa era ancora ferrea sull'arma grazie alla mano di Elijah sulla sua.

Lui intanto continuava a trafiggerla: "Cosa aspetti?" la incitò di nuovo ma lei restò lì, immobile, carceriera del suo corpo. Ma come diavolo poteva pensare che lei volesse fare una cosa del genere..?

"É la tua occasione" Lui la scrutò e quando lei alzò lo sguardo si poteva vedere un groviglio intricato d’emozione dietro i suoi occhi verdi.. in quelli di Elijah invece c’era una tremenda perfidia. Briony avrebbe tanto voluto fargli capire che non l'avrebbe mai fatto, voleva farlo smettere di sfidarla in quel modo cinico.

La bocca di Elijah assunse una piega amara: "Non ci riesci, vero?" Le chiese con una finta dolcezza che le fece solo più male.

Serrando le labbra, Briony riuscì finalmente a scansare la mano di Elijah e a buttare per terra il paletto mentre si sentiva ribollire. Spostò malamente il vampiro e Briony si portò in un punto lontano da lui, di fronte a un tavolo della stanza, e cercò di tornare a respirare. Elijah invece rimase dov'era, scosse infine la testa mentre nelle labbra aleggiava un sorriso di ironia sottile.

Ancor prima che Briony riuscisse a far tornare quieti i battiti del cuore, Elijah ritornò a trapassarla: le fu dietro, il suo respiro fu come aria burrascosa invernale.

"Perché sei venuta qui stasera?" la voce era calma ma nascondeva ben altro. Briony cercò di inclinare il viso dall'altra parte per evitare che il suo respiro gelido le trafiggesse la pelle. "Ti ho chiesto perché eri qui. Sapevi che sarei venuto"

La sua glacialità tornò a colpirla e Briony non ce la fece più.

"No non é vero. Non lo sapevo" Le unghie scavarono nel tavolo di fronte a lei, picchettando contro.

Il respiro ghiacciato di Elijah la liberò dalla sua morsa, facendole credere di aver ricevuto una benedizione invece ricevette subito un'altra mazzata.

"Ci speravi non è così?" domandò maligno anche se la risposta per lui era chiara.

Briony scosse la testa e si girò verso di lui, sgomenta che la pensasse così su di lei.

Ma ora mentre lo guardava capì che ogni cosa che gli avrebbe detto sarebbe stata vana. Sembrava che la corazza di Elijah fosse contornata da spigoli e a sfiorarli ci si poteva fare solo del male.

"Perché credi tutto questo? Perché mi attacchi? Credo che sia stato facile per me? É stata la scelta più terribile e schifosa che abbia mai dovuto prendere!"

In quel momento davanti a lui, sentiva che il suo dolore era un peso che non si sarebbe mai sgravato dal cuore.. non se Elijah continuava a guardarla in quel modo, a buttarle addosso tutta la sua freddezza senza pietà.

Elijah d’altro canto indossò una linea severa, non mostrando nulla più che indifferenza:

"Il tuo dolore é toccante davvero. Ma non si può tornare indietro, e anche se fosse io non sarei certo lì ad aspettarti"

L’impassibilità sincera e gelida in quella voce costrinse quasi Briony a sgranare gli occhi. Qualcosa in lui si era crepato e attraverso quella crepa sgorgava una crudeltà, un bisogno di ferire e respingere.

Briony sentì un singhiozzo tapparle la gola. “Tu non c’eri. Io ero qui, ho dovuto continuare a lottare senza di te.”

Il tormento nella voce non impietosì Elijah neanche un po’. Infatti un lieve, terribile, sorriso incrinò le sue labbra prima che replicasse:

“E allora lotta. Io non ti fermerò, ormai la tua vita non è più affar mio”

Briony abbassò allora lo sguardo, mordendosi il labbro. Il dolore si stava propagando come un incendio che brucia, mentre Elijah era così avvolto nel ghiaccio che neanche se ne accorgeva.

Elijah… mai avrei voluto questo e invece contro il mio volere è successo.”

Briony alzò il viso contemporaneamente quando lo sentì muoversi: non si era avvicinato, anzi si stava allontanando. Lo sguardo alto e duro, il corpo era girato ma non il viso che continuava a trapassarla. Per lei fu come un alito gelido lungo la schiena.

"Fai ciò che vuoi, non m'importa. Non si può ferire uomo che non ha più debolezze." Le sue parole erano di una tale freddezza che ghiacciava così tanto le sue emozioni da non lasciar trapelare nulla.

Briony sentì il cuore collassarle ma rimase a sostenere quello sguardo inumano. Era sempre stata lei la sua debolezza, e ora che non l’aveva più poteva anche essere forte e indistruttibile, ma così vuoto da far paura. Come se non ci fosse niente in lui; sembrava che un soffio avesse spento la fiamma della sua umanità non lasciandone più traccia. Nemmeno un barlume di fumo per dimostrare che in quel punto, tempo prima, c’era stata una luce che Briony aveva amato con tutta se stessa.

La memoria del passato rese aspra l’espressione sofferta della ragazza quando tentò di fare dei passi in avanti per andarsene. Elijah non la guardava più, sembrava interessato più che altro a guardare fuori dalla finestra anche se appariva sempre vuoto. Nel tragitto Briony gli si avvicinò, lui le dava la schiena, ma qualche secondo dopo la voce di lui la immobilizzò.

“Non ho ancora finito.” Quella minaccia mortale la destabilizzò, Briony sentì di nuovo degli spifferi gelidi avvicinarsi. Lui le si era avvicinato, mettendosi di fianco, le labbra era vicine all’orecchio ma non abbastanza da toccarle con il loro freddo tocco. Quando lei tentò di fare qualcosa, si accorse che una mano di Elijah le serrava il braccio.

“Il tuo continuo dolore mi irrita perché sei stata tu a sceglierlo. Fai qualcosa di utile: dimentica ciò che è successo tra noi, fai davvero in modo che io non sia più niente per te così come la tua scelta ha fatto intendere. Altrimenti rischi solo di apparire ridicola.” Quelle parole pronunciate con una tale indifferenza, così meschine, le congelarono il cuore. Le gambe parvero cedere sotto il suono di esse.

Il cuore cadde a terra e si frantumò; lei cercò di raccogliere i mille pezzi che erano sparsi a terra ma era impossibile perché c’erano troppe ferite.

Per cercare almeno di tamponare le lacerazioni dell’anima che lui le aveva procurato con tanto cinismo, Briony serrò il viso in preda alla rabbia. Si liberò in fretta dalla sua presa micidiale e lo colpì in pieno viso con uno schiaffo.

Questa volta non era stato per un atto involontario o dettato dalla parte oscura di sé. Lo aveva fatto perché era stata lei stessa a volerlo, per fargli provare almeno un po’ del male che lui gliene stava facendo a lei. L’aveva ferita proprio come nel sogno, anzi forse di più.

Il rumore del suo palmo che si era schiantato contro la guancia di Elijah soppiantò il silenzio lugubre della stanza. Ma lei non restò a ricevere ulteriore disprezzo o ripicche, che infatti se ne andò sbattendo i tacchi.

Elijah non si voltò mai, né fece qualcosa per smuovere l’immobilità in cui si era racchiuso per quegli interminabili secondi.

Dopo essere uscita da quella stanza, Briony cercò di tornare a respirare ma fu tutto inutile: il cuore si divise a metà, rovesciando tutto il suo contenuto: dolore, rabbia, frustrazione, tristezza...

Briony ma dov’eri? Ti abbiamo cercata ovunque” Jennifer comparve all’improvviso. Notando il suo stato, aggrottò la fronte “Che è successo?”

La mora fece finta di nulla, alzò lo sguardo verso l’amica e cercò di sorridere. “Niente. Va tutto perfettamente bene” disse mettendo un palmo sotto l’occhio come per sistemarsi il trucco. Ma la verità è che lo fece per impedire a una lacrima di cadere. Provò a sorridere in maniera più convincente.

Il peggior tipo di dolore è quando sorridi solo per impedire alle lacrime di cadere.

Andò poi nel salone principale a godersi la festa anche se non c’era più nulla da godere. Non si può festeggiare quando ti senti unicamente spezzata.

Si mise di fronte a un bancone, sedendosi su uno sgabello. Ormai neanche il vino riusciva a farle sprizzare gioia. Si voltò verso una vetrata che dava al grande giardino dei Lockwood.

Fuori dalla villa c’erano Kol e Elijah: non la stavano guardando nessuno dei due per cui Briony si concesse qualche sguardo in segreto. Si sentiva terribilmente vulnerabile, ormai la sofferenza aveva riempito ogni buco del suo animo. Era sola e persa, soltanto questo era.

Sei sola perché gli hai impedito di restare al tuo fianco. Sei perduta perché ti sei ostinata a stare in un posto al quale non sei mai appartenuta.

Una vocina del suo cuore torturato le sussurrò quelle parole. Quando Elijah si voltò e i loro sguardi si incrociarono, Briony si rese conto che quella severità e durezza era tutta dovuta a lei… alle sue azioni e scelte. Se la prendeva con lui, ma doveva prendersela con se stessa in realtà. Eppure si odiava già abbastanza, non poteva aggiungere altro disprezzo se non voleva soccombere... Non poteva sul serio sopportarne altro.

Ma ciò che mesi prima aveva detto a Elijah per allontanarlo era stato troppo meschino, e ora quelle parole le riecheggiavano nella mente, facendole lo stesso male che aveva provato Elijah.  Ormai si infiggevano solo dolore, e sarebbe stato sempre così in futuro...

Lo sguardo che in quel momento lui le stava rivolgendo aveva il potere di spegnerla, piano piano, come i petali di una rosa rossa che si rinsecchiscono e cadono finchè non viene il gelido vento invernale a trascinarli via.

L’Originario infatti la stava fissando come se fosse quel vento mortale, mostrando solo freddezza.. quella freddezza che aveva raggelato ogni cosa dentro di lui, non facendogli provare più nulla da quel giorno…

Da quando Briony se ne era andata dalla sua vita, aveva lasciato che il vuoto, la solitudine e l’odio fossero il suo nutrimento, il combustibile che lo alimentava e che lo faceva andare avanti. Nelle volte che si concedeva di pensare a lei, un dolore sordo e inarrestabile lo invadeva fino a bucargli quel cuore morto da tempo; così per fermarlo aveva spento tutto.

Non c’era più traccia d’emozione nei suoi occhi, solo gelo. Non c’erano più segnali di umanità nei suoi gesti. Era ritornato quello che era un tempo, a essere il classico Originario freddo e senza scrupoli che ti faceva inghiottire nel suo incubo.

“Fratello, hai ripreso il vizio di strappare i cuori alle tue povere vittime? Credevo che Briony fosse riuscita a farti smettere.. a farti provare almeno un po’ di buoni e cari sentimenti” aveva scimmiottato Kol col suo classico tono ironico. Rebekah lo aveva fulminato con lo sguardo nella loro nuova casa a Los Angeles per farlo stare zitto.

Elijah era su una poltrona a bere un drink con la sua classica eleganza, ma quando aveva sentito il nome di Briony aveva fulminato il fratello con sguardo crudelmente glaciale. Per riprendere il controllo di se stesso, lo sguardo si era perso in lontananza, nel vuoto più assoluto.

Briony.. era riuscita a fare molte cose” Fu la sua risposta fredda e calma. Il ghiaccio che tintinnava nel bicchiere. Ghiaccio come il suo cuore, adesso.

Quella parte di sé che osava provare qualcosa, o ricordare, infondeva più crudeltà nei suoi gesti e nei suoi sguardi. Chiunque che aveva la sfortuna di imbattersi in lui ne aveva paura.

Un giorno Kol aveva fatto l’ennesima entrata in scena e aveva detto a Elijah col suo solito sorrisino che nuovi cacciatori erano arrivati nei pressi di Mystic Falls. Il maggiore dei Mikaelson aveva ricambiato in modo freddo lo sguardo, ma quando Kol aveva aggiunto che anche quel biscottino di Briony aveva cominciato a farne parte e si stava pure allenando con loro, a Elijah era venuto l’impulso di prendere il fratello per il collo e di fargli ripetere con la forza la diavoleria che aveva appena detto.

Fortunatamente aveva ripreso il controllo delle sue emozioni appena riaffiorate, e aveva risposto freddamente. “Può fare ciò che vuole per quel che mi riguarda, non è più affar mio e neanche tuo.” Dopo di che era ritornato a ciò che stava facendo, chiudendo definitivamente il discorso.

Ovviamente Kol non contento di non aver scatenato il putiferio che aveva sperato, era di nuovo tornato all’attacco con altre informazioni; ma Elijah lo aveva letteralmente inchiodato con lo sguardo prima che Kol potesse fiatare. Gli occhi erano pieni di lampi gelidi, micidiali.

“Smettila di coinvolgermi nelle sue questioni, neanche lei lo vuole. Perciò finiscila” aveva sibilato duramente facendo quasi tremare il fratello minore. Per fortuna era intervenuta Rebekah per mettere fine a ciò che stava accadendo e impedire a qualcuno di rompere casa:

Kol lascialo stare”

Il più piccolo dei Mikaelson aveva alzato le mani in segno di resa e con uno sbuffo se ne era andato. Rebekah invece era rimasta a guardare in che modo suo fratello si stava raggelando l’animo, impedendo a chiunque di entrarvi. Neanche lei riusciva a scalfire la sua corazza.

Qualche volta però dei ricordi belli, felici, i loro ricordi, attraversarono la mente corazzata  di Elijah come lampi di luce, ma lui subito richiudeva quel bagliore in una fitta oscurità, immergendolo così nel buio dove sicuramente quei ricordi sarebbero stati inghiottiti. Quando invece delle fitte di tristezza cominciavano a farsi largo, lui si bloccava.. per rafforzare sempre di più la sua corazza di ghiaccio impossibile da scalfire, e mettendoci strati su strati per non farla mai più crollare.

Le sue emozioni si erano tutte spente, lasciando posto solo al vuoto.. e ovviamente al classico cinismo appartenente a un vampiro. Perché era questo che lui era, anzi peggio: era un Antico.

Elijah allontanò di nuovo quei pensieri che non aveva senso rivangare, e ritornò alla realtà. Lo sguardo serio era sempre rivolto a Briony, non aveva fatto niente se non guardarla. Lei che si era fatta amare, che lo aveva spinto a entrare dentro di lei e lui aveva fatto altrettanto... ma poi se ne era andata.

A quella consapevolezza Elijah rafforzò di più la glacialità del suo sguardo;  il vetro che li separava sembrò quasi ghiacciarsi e poi sbriciolarsi in mille pezzi.

Non gli importò di come fosse l'espressione di Briony perché alla fine sviò lo sguardo in silenzio, e noncurante del ghiaccio che penetrava chiunque lo sfiorasse, se ne andò via di lì.. per poter così ritornare a nascondersi dietro alle barriere che aveva eretto attorno al proprio cuore.

 

 

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"Allora come é andata la festa? E non farmi ricredere che non sia stata una stronzata bella e buona."

Briony rise piano per il commento sarcastico di Chuck. Erano seduti sulla veranda della tenuta di campagna appartenente ai cacciatori, ormai lei considerava quella cascina un po’ come casa sua. Anche se non sarebbe mai stata casa come quella con cui aveva condiviso con Elijah.

Si ostinò a lasciare da parte quei pensieri. Se si sarebbe lasciata scivolare nella disperazione, il dolore avrebbe finito per divorarla.

"E perché mai? É stata bellissima, divertente, un vero spasso"

Chuck la guardò perplesso:

"E non si é fatto male nessuno?"

Dal modo in cui la guardava Briony intuì che lui aveva captato qualcosa.. quella che si era fatta più male di tutti era lei. Aveva riportato ennesime ferite nell’animo che faticavano a riassorbirsi, e cancellarle era un’impresa impossibile.

Sviò lo sguardo per far finta di nulla e Chuck continuò:

"Non ci sarei andato comunque. Non mi piacciono le feste, si nota troppo quanto sono piccolo quando si incomincia a ballare" mormorò lui sfregandosi il colletto della maglia ma senza tono di autocommiserazione, semplice ironia.

Briony gli sorrise e gli circondò le piccole spalle da bambino con le sue braccia.

"Sei piccolo ma hai il cervello più grande di qualsiasi altro. Sono sicura che mi dovresti dare anche qualche lezione di danza" mormorò sorridendogli. Non aveva mai abbracciato Chuck, era quasi piacevole. Un po’ strano perché le sembrava di abbracciare un bambino anche se era consapevole che era un uomo ormai fatto, comunque le arrivò lo stesso un calore insperato.

Ma mentre cingeva di più le spalle di Chuck per confortarlo, si ritrovò a pensare a quando lei stessa veniva avvolta dalla braccia forti di Elijah.. quando lei gli metteva la testa sul suo petto, sentendosi la persona più sicura al mondo.

Nessuno poteva capire come si sentiva tra quelle braccia. Era una sensazione indescrivibile.

Si irrigidì ad un tratto e sciolse mollemente l’abbraccio, cercando di non far notare il suo turbamento. Chuck durante l’abbraccio l’aveva guardata come se fosse un’aliena, quasi non se l’aspettasse quel gesto d’amicizia, ma poi scrollò le spalle indifferente:

"Presumo già che il cavaliere con cui hai ballato sia più bravo di me"

Quella frase a doppio senso la colse alla sprovvista e capì subito che si era sparsa la voce di con chi aveva ballato alla festa. Briony deglutì per controllare le emozioni già in tempesta.

"E.. come è andata...?" Uno dei difetti di Chuck era la troppa curiosità, si ficcava sempre nei fatti altrui personali come se fosse proprio un folletto.

Briony comunque finse di indossare una maschera di pacatezza. Si era costretta di non provare più dolore o tormento a causa di Elijah per risparmiarsi ulteriori colpi al cuore, e cercò quindi di sorridere all’amico.

"Bene quanto essere investita da un tir in corsa!" Quel ridere amaro però mascherava inconsolabili ferite. E Chuck  aveva imparato a conoscerla in quel periodo per lasciarsi ingannare da quella falsa ironia.

"Capita sempre di stare male quando ci si rincontra dopo una dura separazione... Posso immaginare che quando l'hai lasciato lui ti si sia lanciato contro e ti abbia gridato addosso... Un classico.”

Vedendo l’espressione vuota di BrionyChuck aggrottò la fronte:

"No? Come si é comportato?"

Briony deglutì. Elijah non era come gli altri, lui aveva fatto proprio l’opposto di ciò che aveva ipotizzato Chuck… questa volta non finse di ridere né di usare l’ironia come scudo contro il mondo, e disse semplicemente la verità.

"Mi ha guardata come se fosse la cosa peggiore che avrei potuto dirgli.” mormorò vuota ma con una tristezza incolmabile nella voce. Gli occhi erano spenti e l’amico provò una profonda pena per lei.

Vedendo quello sguardo, Briony si ristabilì e tornò a essere normale.. anche lei cercò di corazzare il suo dolore per non farlo vedere né agli altri né a se stessa.

"Ma comunque non cambia niente, sono qui ora a testa alta e non ho intenzione di piangermi addosso come una lagna. Per cui si va avanti” disse guardando il panorama davanti a sé e sbattendo le mani sulle ginocchia.

Briony sembrò convincere Chuck a pieni voti infatti cominciarono a parlare del più e del meno, lasciando da parte le inutili discussioni sulla sofferenza, quando sentirono dei passi dietro di loro. Era Jennifer, quella chioma rossa era inconfondibile.

“Ci sono novità. Un gruppo di fanatici è appena arrivato nella tua gloriosa cittadina”

Briony si girò verso l’amica aggrottando la fronte e la spinse a continuare per capirci meglio.

“Non so chi siano. Non li conosciamo.. credo siano i membri del consiglio di Mystery Falls

Mystic Falls” la corresse Briony. “Comunque non c’è da preoccuparsi, sono un branco di capre che passa il tempo a bere bourbon e a escogitare piani contro i vampiri non andando però mai a capo di nulla. E poi c’è Liz tra i membri quindi…” mormorò noncurante alzando le spalle.

“Sarà.. li ho visti e avevano delle facce poco raccomandabili. Della serie ‘adesso che ci siamo noi, spacchiamo tutto’

Briony questa volta guardò l’amica con sguardo preoccupato. Usare l’ironia come scudo aveva anche i suoi contro, visto che vedeva il lato positivo anche quando non ce n’era. Cominciò quindi a far ragionare il cervello e a sentire cosa il cuore le suggeriva.

Colta da mille dubbi, prese il cellulare e chiamò Caroline. Non rispondeva.

Briony si alzò imperterrita. “Vado in città a controllare”

“Vengo con te” Jennifer si fece subito avanti ma Briony la fermò con uno sguardo deciso.

“No posso fare da sola”

Dopo l’alzata al cielo dell’amica, Briony sorrise lievemente in segno di sfida:

“Non sono una buona nulla, Jen. E poi vediamo se gli allenamenti di Chuck funzionano” rispose lanciando un’occhiatina ironica al nano. Dopo aver lasciato i due amici, Briony si catapultò verso la macchina. Ma l’ironia del viso venne subito liquidata dalla preoccupazione.

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L’ultima cosa che si aspettava era che il pastore Young facesse parte del consiglio della città. Liz non glielo aveva mai detto e d’altronde l’uomo non si faceva vedere da un sacco di tempo. Quell’improvvisa apparizione che avveniva proprio quando erano ritornati i Mikaelson in città era terribilmente sospetta. Briony si fece coraggio e andò verso la fattoria appartenente al pastore Young e che era situata in campagna al di fuori di Mystic Falls. Aveva perso tempo nel localizzarla e credeva di averlo fatto anche dopo esserci arrivata.

Non c’era anima viva e la casa sembrava deserta. Comunque decise di scendere dall’auto per dare una controllata e si diresse verso l’abitazione.

Dovette bussare più e più volte alla porta prima che le venissero ad aprire: sul ciglio c’erano due tizi che non aveva mai visto.

“Questa è proprietà privata”

“Sono la figlia di Bill Forbes” proruppe Briony col tono più fermo e deciso possibile. Gli uomini davanti a lei alzarono il sopracciglio e magicamente la fecero entrare come nulla fosse. Briony interiormente ne restò talmente sorpresa da pensare che il suo nome era il lasciapassare per entrare in qualche setta da pazzoidi. Per fortuna non sembravano sapere chi lei fosse veramente e qual’era la sua storia, altrimenti dubitava che l’avrebbero fatta entrare così.

Briony serrò di più la presa sulla borsa ed entrò non mostrando nessun timore, come se fosse davvero una di loro. Si guardò attorno scrupolosamente notando un insolito silenzio, poi chiese: “Dov’è il pastore Young?”

“E’ di là. Ti ha mandata tuo padre visto che lui non può?”

Briony si bloccò un attimo a pensare, poi decise di sottostare al loro gioco per capire cosa stesse succedendo in quel posto strano.

“Sì esatto, mi ha mandato lui. Che cosa c’è da sbrigare?” domandò nel tono più normale possibile. Quasi quasi doveva darsi al teatro.

Uno dei due, quello più grosso e anche più antipatico visto la faccia, disse:

“Non è un lavoro adatto ad una ragazzina. Anche se sei la figlia del buon vecchio Bill”

Briony si infervorò:

“Non sono una ragazzina, ho quasi 27 anni e visto che sono la figlia di Bill farete bene a mordervi la lingua se non volete ritrovarvi in qualche sedia elettrica. “ rispose alludendo alla camera delle torture che Bill usava sulle sue vittime.

La minaccia ebbe l’effetto sperato visto che i due tizi sbiancarono. Strabiliante come tutti avessero fifa di Bill, l’antivampiro nazista.

“Allora, stavamo dicendo?” Domandò lei di nuovo facendo finta di stare dalla loro parte. Si trovava appena dopo la porta di casa, e il silenzio che ci albergava non le incuteva nulla di buono.

All’improvviso arrivò da loro un terzo uomo, che col fiatone disse:

“Abbiamo preso l’Originaria, dovete venire subito” mormorò rivolgendosi ai due uomini.

Briony dopo quell’affermazione aggrottò la fronte e temette di aver capito male.

<< Originaria? >> Un terribile sospetto albergò nella mente della ragazza che sgranò gli occhi in preda a un panico improvviso. Quando vide con la coda dell’occhio i tre uomini filarsela per un’altra stanza, lei ne bloccò uno per un braccio:

“Che sta succedendo?”

Non potè evitare di mostrare preoccupazione o angoscia perché fu più forte di lei. Ma ci fu anche un punta d’ira nella voce, segno che ciò che temeva non era poi tanto lontano dalla realtà.

L’uomo si divincolò prontamente.

“Te l’ho detto ragazzina, non è roba per te. Fa venire tuo padre, è lui che vogliamo”

<< Che altro ha combinato mio padre?? >> si domandò incavolata, mentre dei fumini le salivano al cervello.

Aveva voglia di cavare la testa a tutti quanti ma si costrinse a stare al gioco per capire che cosa avevano realmente fatto quei pazzi.

“Vi dovrete accontentare di me allora.” Mormorò mettendosi le mani sui fianchi e continuando a guardare il tipo davanti a lei in segno che non se ne sarebbe andata via di lì.

L’uomo però non si fece tanti problemi che infatti la lasciò lì e raggiunse gli altri due uomini in un corridoio spoglio e fatto di legno. Briony grugnì in preda alla rabbia e li rincorse.

“Che cosa avete fatto a Rebekah?” gridò imbufalita sul punto di attaccarli.

“Si chiama così quell’oca viziata? L’abbiamo presa e intendiamo ucciderla” mormorò noncurante il tipo di prima girandosi verso di lei ma continuando a camminare.

Briony sgranò gli occhi che sembrarono ribollire da una collera improvvisa. Mentalmente incendiò quegli uomini, li maledì per aver osato fare una cosa simile e si chiese che altro avessero in mente. Proprio per questo strinse i pugni per smaltire la furia e provò a mostrarsi normale per trovare il modo di salvare Rebekah.

Con noncuranza si avvicinò a loro:

“Siete pazzi. E’ un’Antica, non può essere uccisa da dei semplici esseri umani e finirete solo per trovarvi con la gola sgozzata” cercò di metterli in guardia con la paura ma giovò ben poco perché le risposero con un tono di sfida:

“Ci siamo già prevenuti e andrà tutto come previsto nel farli fuori.”

La loro arroganza e disumanità le fece ribollire il cervello. Doveva trovare Rebekah prima di metterli k.o. Non sarebbe servito a niente staccare loro il collo, doveva prima saperne di più anche se faticava a tenere a stento la rabbia, pensando a cosa avevano fatto alla vampira e a chissà chi altri.

“Dove l’avete messa? Potrei darvi una mano. Sapete chi sono no? Non sono una semplice ragazzina” mormorò cercando di convincerli della sua buona fede e che lei era dalla loro parte proprio come doveva essere. Gli uomini si voltarono verso di lei e Briony fece un sorriso di incoraggiamento:

“Allora volete spicciarvi o dobbiamo metterci tutta la mattina?” li provocò fingendosi offesa.

Uno dei tre, quello che aveva l’aria da sbruffone, sbattè ad un tratto le palpebre e la guardò strano:

“Ripetimi il tuo nome per favore”

Briony rimase immobile per un attimo e ripetè ciò che aveva detto all’inizio.

“Sono la figlia di Bill Forbes

Purtroppo quel lascia passare non poteva durare molto se la voce si era sparsa che proprio una delle figlie del cacciatore era innamorata di un Originario. Deglutì mentre l’uomo continuava a tenerla sottotorchio:

“Il nome”

Lei sapeva che avrebbe dovuto darsela a gambe visto i loro sguardi che stavano mutando, ma decise di rimanere lì e di non aver paura di quei bifolchi.

Briony.” disse quasi con orgoglio. Come se lei fosse migliore di loro.

L’uomo di prima sgranò gli occhi, sembrò stesse sputando veleno.

“La puttana dell’Originario!”

Prima che se ne accorgesse, Brony si sentì spingere contro il muro e una mano le premette contro il collo come per soffocarla. Ma lei non si fece trovare impreparata.

Forte come un orso.

Assestò al suo avversario una bella ginocchiata contro lo stomaco, facendolo piegare in due dal dolore. Quando la testa si piegò di più verso il basso Briony gli sferrò un calcio contro il viso con tutta la rabbia che sentiva. L’uomo cadde a terra con un profondo livido sulla fronte. In breve Briony si ritrovò addosso anche gli altri due e cercò di prendere tempo.

Guizzante come un’anguilla.

Quando uno cercò di saltarle addosso, Briony si divincolò dal suo attacco, spostandosi verso destra e sbattendo così la spalla contro il pavimento per scansarlo. L’altro invece aveva già sfilato una pistola pronto a colpirla ma lei riuscì a intercettarlo in tempo.

Veloce come una vipera.

Gli colpì il braccio facendogli deviare all’ultimo lo sparo che andò a conficcarsi nel petto del suo compare. Per fortuna erano proiettili di legno quindi non sarebbe morto ma cadde comunque a terra sbattendo fortemente la testa. L’altro uomo invece balzò addosso a Briony come una furia e l’afferrò per il collo come se volesse romperglierlo. Questa volta lei non usò le tecniche di Chuck ma utilizzò semplicemente il potere che le era stato donato e che le aveva rovinato la vita. Almeno poteva impiegarlo in situazione d’emergenza come quello.

Una scintilla sembrò esplodere dentro il cervello, Briony serrò il viso per sopportare quel potere tremendo che parve espandersi come fuoco nelle vene. L’uomo davanti gridò in preda agli spasmi, si premette dolorante la testa quasi gli stesse per scoppiare e si accasciò a terra. Il petto si alzava e abbassava ritmicamente per cui Briony si fermò in tempo prima di ucciderlo per davvero. L’uomo era rimasto a terra mezzo svenuto e così anche gli altri due, ma ora Briony si sentiva più infuriata di prima perché non sapeva dove diavolo andare a cercare Rebekah.

Rebekah!” gridò a perdifiato il suo nome guardandosi attorno. Non era stata indebolita dallo scontro con i tre uomini ma quel luogo così spoglio e lugubre la metteva in soggezione. Corse lungo il corridoio cercando qualche appiglio ma non trovò niente. Solo corridoi e corridoi come se quella casa non avesse fine.

Gridò ancora il nome dell’Originaria ma nessuno rispose. In fretta Briony prese il cellulare dalle tasche e mandò un messaggio alla sorella dicendole di stare all’erta perché c’erano dei pazzi fanatici in città e di avvertire anche Stefan in caso di pericolo. Sperò con tutto il cuore che non avessero preso anche lei, quando all’improvviso sentì dei rumori.

Rumori strani, sembravano quasi appartenere a una forte caduta o a qualcosa di duro che si strappava. Non poteva essere Rebekah né tantomeno un vampiro perché erano rumori troppo pesanti,  e decise così di prendere un'altra direzione a passi spediti.  Si ritrovò improvvisamente in un altro, lungo, corridoio che però conteneva alte gabbie inferiate. 

Briony aggrottò la fronte  stentando a credere a ciò che stesse vedendo: sia alla sua destra che sinistra c'erano delle gabbie quasi tutte vuote, ma dall'aria dei conduttori veniva fuori una strana sostanza. A Briony ci volle poco per capire cosa fosse: verbena.

Prese una spranga appoggiata lì vicino ad una parete e fece piccoli passi guardando le gabbie una ad una; erano tutte pressoché vuote e una su cui passò accanto era per metà aperta. Dentro c'era un pagliericcio e per terra sporco di sangue.. attenta a non fare troppo rumore aprì di più la gabbia con la spranga, quando sentì all'improvviso del freddo invernale ghiacciarle la schiena.

"Tu."

Ancor prima di sentire quella voce Briony aveva subito captato l'entità di quel ghiaccio; ormai lo conosceva bene. Solo che quel sibilo lento, quasi interrogativo e inquietante, la spinse a deglutire mentre si voltava.

Di colpo tutta la sua forza, determinazione e coraggio, abbandonarono il suo corpo e vennero gettati ai suoi piedi. Perché lui aveva così potere di indebolirla semplicemente guardandola fisso negli occhi?

L'angoscia allora si impossessò del suo cuore mentre vide Elijah avviarsi verso di lei, con sguardo crudo e inquietante. Le mani erano aperte lungo i fianchi come se volessero strangolare l'aria. I vestiti erano più disordinati del solito, quasi avesse appena combattuto.

"Non dovresti essere qui" mormorò lei involontariamente, stringendo la presa sulla spranga.

All'improvviso udirono altri frastuoni, rumori di voci assordanti non molto lontane. Briony istintivamente allungò il collo verso la loro direzione ma Elijah sembrò intuire male il suo gesto, che infatti serrò sorpreso il viso e si catapultò su di lei a velocità smisurata.

Prima che potesse fare qualsiasi cosa Briony si sentì tappare fermamente la bocca, spostare in maniera velocissima e confusionaria all'interno della gabbia aperta. L'impatto contro il muro le fece cadere la spranga dalla mano; faceva fatica a respirare perché il petto di Elijah la spingeva troppo contro la parete, privandola di qualsiasi mossa. Il suo fiato gelido si schiantò contro il suo viso in una trappola.

"Dov'è?" le sibilò lui così a bassa voce da farle venire un brivido di paura.

Cercò di scuotere la testa ma sembrava paralizzata. Elijah sviò poi lo sguardo verso l'uscita della gabbia e rimase in attesa. Forse intuendo che non c'era più nessuno in vista lasciò andare lentamente la mano dalla bocca di Briony, sempre però tenendo quella posizione.

Lei sentì le dita fredde di Elijah passarle sopra le labbra, così leggere proprio come se le ricordava, e la lentezza con cui la liberò dalla loro presa le provocò un fremito.. Ma non di paura.

Scacciò subito via quei pensieri stupidi e cercò di spingere via il corpo di Elijah, che rimaneva ancora a guardare al di fuori della gabbia. Sentendola combatterlo, lui si voltò rapidamente verso di lei afferrandole un braccio.

"Dov'è.mia.sorella?" sibilò con lo stesso tono di prima da far venire i brividi pure a Willas.

"Non lo so" rispose Briony sinceramente e scuotendo la testa, ma la risposta non piacque a Elijah che serrò di più la presa, fino a conficcarle le unghie nella pelle. Il suo corpo marmoreo la imprigionava così tanto da farle venire il fiato corto.

"Non ti conviene mentirmi. Dov'è Rebekah?" La voce sembrò trapassarla come spifferi gelidi.

"Ti ho detto che non lo so. La stavo cercando anche io" replicò lei offesa, abbassando lo sguardo.

"Sì certo, per motivi diversi però. Le cose potrebbero davvero mettersi male se non collabori." Quella minaccia le fece più male di quanto si aspettasse, ma non un male fisico. Un'altra spinta tuttavia la fece risvegliare dai suoi pensieri di dolore.

"Dove l'avete nascosta?" continuò lui col suo solito tono minaccioso. Avendola però fatta spostare all'interno della gabbia, Elijah si era avvicinato alla spruzzo di verbena che subito lo colpì. L'Originario gridò, più per la sorpresa che per il dolore, e lasciò andare il braccio di Briony per tenersi la testa.

La ragazza allora ne approfittò per uscire via di lì: la sua allusione che lei era complice di quei pazzi e che avesse potuto fare del male a Rebekah, l'aveva fatta davvero imbufalire per cui non restò a rimuginare sulle conseguenze.

Purtroppo non fece molta strada che infatti si sentì afferrare da dietro con forza e immobilizzare di colpo da un braccio possente.

Si girò allora con sguardo irritato: la rabbia di Elijah si era abbattuta sul suo viso come un fulmine. Per un momento Briony pensò che le avrebbe staccato la testa o peggio, invece la lasciò poi andare con uno scrollone, sempre fulminandola con lo sguardo.

"Non ho tempo da perdere. Vado a cercare mia sorella e non ti conviene intrometterti" sibilò lui duramente per metterla in guardia. La collera si era impadronita dei suoi lineamenti.

Briony a sua volta fece lo stesso: tentò di riprendersi quella determinazione e forza che aveva avuto fino a poco prima. Aveva già permesso troppe volte a Elijah di renderla debole e le sue allusioni erano davvero il colmo.

L'aveva lasciata cadere in un mondo dove i ricordi più belli diventavano l'incubo più atroce.. E pur di combattere il dolore di quella consapevolezza si chiuse dentro a un'estranea freddezza.

"Fai pure ciò che vuoi" ribatté vuota,  indietreggiando.

Elijah sostenne quello sguardo per qualche secondo poi si girò per andarsene. Ma mentre lo fece, Briony notò che nel fianco portava una brutta ferita da taglio e ormai il sangue  aveva intaccato gli abiti.

Sgranò gli occhi stupita, lasciò da parte l'inutile orgoglio e si avvicinò piano.

"Sei ferito?" La preoccupazione era palpabile nella domanda. Cercò di sfiorargli la ferita, tastando il profilo del fianco. Elijah saettò in avanti, ritraendosi dalle sue dita con un sibilo di rabbia.

Lo sguardo che le rivolse in quel microbo secondo la fece avvampare dalla mortificazione, e Briony si sentì raggelare di nuovo. Il vampiro non le rivolse una parola, ma in compenso accelerò il passo non degnandola più di uno sguardo.

Briony a quel punto sentì la collera montarle dentro il petto per come era stata trattata ingiustamente:

"Io non ho fatto del male a tua sorella né lo farei mai!" gli gridò fregandosene se qualcuno li sentisse.

Elijah si voltò allora verso di lei. Fu come ricevere acqua ghiacciata sulla pelle nuda:

"Non c’è più promessa che tu faccia di cui io mi fidi"  Quelle reali, fredde e sincere parole furono un ennesimo colpo di frusta per il suo cuore torturato.

Briony restò immobile mentre Elijah le diede di nuovo le spalle e se ne andò dal corridoio in silenzio.

Come erano giunti a questo? Si odiavano, si rinfacciavano gli errori del passato, si facevano del male, e non si fidavano più l’uno dell’altra.

Una peggior punizione non poteva capitarle nella vita ma non rimase a contare i danni dei suoi errori, perché i suoi sensi captarono altri rumori: gente che stava venendo dalla sua parte.

C’erano davvero troppe persone in quella casa, forse per questo Elijah l’aveva zittita prima e si era guardato attorno con quel fare circospetto. Quei pazzi avevano delle armi che potevano senza dubbio ferirli, visto la ferita che Elijah aveva riportato, e per evitare che quei manigoldi toccassero sua sorella anche con un dito era necessario agire con furbizia e non d’istinto. Che lui però pensasse che lei stesse dalla loro parte le fece così male da ribollire.

Per rendersi comunque utile e per aiutare la povera Rebekah, prese la spranga caduta per terra e se ne andò da quel corridoio. Cercò di percorrere la scia di quelle voci per permettere a Elijah di trarre in salvo la sorella senza troppi danni. Forse era da stupidi ma si sentiva in dovere di farlo perché Elijah non era l'unico vampiro che amava.. Rebekah non meritava assolutamente di essere ferita.

Si appiattì conto la fine di una parete e con la coda dell’occhio vide due uomini parlare fitto fitto con quello che era il pastore Young.

<< Strana compagnia per un uomo di fede >> pensò lei tra sé e sé chiedendosi cosa diavolo faceva un prete in mezzo a dei cacciatori.

Senza perdere tempo Briony si fece avanti brandendo la spranga.

Rapida come un cervo.

Come se fosse una mazza da baseball, Briony fece ruotare la spranga contro la testa di un cacciatore. L’uomo si accasciò a terra, quasi fosse stato davvero una pallina schiacciata. L’altro però non si fece prendere in contropiede e le balzò addosso. Briony lo colpì in pieno viso con l’altra punta della spranga ma non in modo così forte da farlo svenire. Infatti barcollò appena e ritornò alla carica per balzarle addosso.

Briony provò a colpirlo di nuovo ma l’uomo le bloccò la spranga a mezz’aria e le diede un forte testata.

Lei barcollò all’indietro, vedendo quasi doppio, e l’uomo ne approfittò per infierire su di lei quando incespicò a terra. Ma quando si avventò su di lei, Briony fece leva sulla forza delle gambe e lo colpì con i piedi alla testa con tutta la forza che aveva. Sembrava che stesse pestando non quell’uomo, ma i suoi problemi, tutto il dolore che aveva accumulato e le paure che la inseguivano.

L’uomo cadde questa a volte a terra, esanime. Aveva un profondo taglio sulla fronte dove fuoriusciva del sangue denso. Briony si alzò da terra col fiatone e si accorse solo allora che il pastore Young non aveva mosso neanche un dito, aveva lasciato fare tutto ai suoi aguzzini.

Briony si sistemò i capelli, pensando che doveva pagare a Chuck da bere per tutte quelle cose da piccolo samurai che le aveva insegnato. Adesso però si sentiva profondamente imbarazzata nel dover attaccare un prete che conosceva fin da bambina.

“Buongiorno padre” biascicò lei solamente, pulendosi dalla polvere.

Il pastore non si scompose più di tanto. “Che cosa ci fai qui ragazza? Tuo padre non ne sarebbe molto contento”

“E’ da tutta la vita che deludo mio padre. Una delusione in più non fa differenza. Che cosa state architettando qui?” domandò Briony usando la tattica delle domande più che la forza.

Young però non si scompose. “Non ne farò di certo parola con un trasgressore” mormorò come se fosse lei dalla parte del torto.

La ragazza sbuffò. “Senta. Non voglio farle del male ma mi costringe a farlo se non mi dice cosa avete in mente. Dov’è Rebekah??”

Il pastore non le diede molta importanza infatti prese dalle tasche un telefono satellitare e, come se lei non esistesse, cominciò a parlottare. Briony sgranò gli occhi e gli prese subito il telefono, scagliandolo contro la parete. L’oggetto si sfracellò in mille pezzi provocando finalmente una reazione da parte del pastore che cercò di svignarsela o di chiamare aiuto. Briony lo prese per le spalle e lo spinse contro una stanza lì vicino, ordinandogli di starsi buono. Lo mise giù a terra, frugandogli nelle tasche per vedere se aveva altri cellulari o aggeggi elettronici.

“Ora non si muova e stia qui se non vuole avere una commozione celebrale” lo minacciò lei legandogli i polsi dietro la schiena e chiudendo la porta a chiave. Mise qualcosa di pesante davanti alla porta per impedirgli di fuggire.

Per fortuna Young non gridò aiuto e Briony non perse tempo e percorse un altro corridoio in fretta e furia.

Questa volta non sentiva rumori strani o urla, ma solo un inquietante silenzio che la intimoriva ancor di più. Corse maggiormente col fiatone, quando si ritrovò in una stanza piena di cadaveri col petto diviso a metà in una visione d’orrore e sangue vomitevole. C’era un enorme buco laddove prima c’era stato il loro cuore e tutti i corpi erano immersi nel loro sangue. Sarebbe stato un miracolo trovarne qualcuno vivo.

Ancora sgomenta, Briony notò delle altre gabbie vuote come quelle di prima: una era stata aperta.

Col cuore in gola cercò di non toccare i corpi di quei cacciatori e se ne andò via di lì. Non seppe quanto tempo trascorse ma finalmente trovò un’uscita secondaria in quel labirinto di morte e sangue. Respirare l’aria pura di campagna fu quasi un sollievo per lei che temette di avere un mancamento prima o poi.

Si appoggiò allo stipite della porta, quando mise bene a fuoco il panorama di fronte a sé e notò due sagome che si stavano allontanando: era Elijah che portava in braccio Rebekah.

Dal poco che riusciva a vedere, l’Originaria era parecchio messa male: il sangue le colava tra i lunghi capelli biondi, aveva gli occhi chiusi come se fosse addormentata, e aveva grosse escoriazioni lungo i bracci.

Elijah ad un tratto voltò gran parte del viso verso Briony, come se si fosse accorto di essere osservato.

La ragazza si paralizzò di fronte a quello sguardo vacuo e che non faceva trapelare nulla. Rimase muta come se non sapesse parlare, tutta la forza e determinazione di poco prima vacillò come sempre di fronte al suo sguardo. Quella tanta fragilità che aveva cercato di seppellire nel profondo, ritornò a galla sorpassando lo scudo che aveva usato con Chuck e con gli altri.

Deglutì quando Elijah si girò di nuovo, continuando a camminare come nulla fosse. Sembrava quasi volesse lasciarsela alle spalle come un incubo dimenticato, come un errore del passato che non avrebbe mai più commesso, o come se fosse una minaccia per quel cuore che doveva rimanere sigillato per sempre.

Per Briony fu quasi inaccettabile il modo in cui ormai la realtà appariva ai suoi occhi, crudele e infida, ma sia l’istinto che la razionalità le dicevano che doveva seguire quel disgraziato e schifoso destino che da sola aveva quasi scritto.

Mentre Elijah continuava ad andarsene, quasi a volerla allontanare dal proprio cuore che era già stato distrutto e devastato fin troppo da una persona, un essere, che non avrebbe mai dovuto incrociare la sua strada.

 

-----------*********-------

 

 

Briony si trovava a casa Salvatore.. per fortuna quei luridi fanatici non avevano preso Caroline né nessuno di loro, c’era mancato poco così, ma alla fine erano riusciti a cavarsela.. Ma il problema era sempre persistente: alcuni cacciatori erano sopravvissuti e ce ne erano degli altri, non potevano quindi andare avanti come se nulla fosse.

Era stato Stefan a chiamarla perché se fosse stato per Damon lei sarebbe finita all’altro mondo, visto che anche lui pensava che lei stesse dalla parte dei cacciatori.

“Idiota, secondo te farei del male a mia sorella? Ragiona per una volta invece di farti guidare da crudeli impulsi che appartengono solo a te” aveva detto Briony senza nessuna paura dopo essere entrata in casa Salvatore.

Quella casa… vedere il luogo dove tutto aveva avuto inizio le fece venire un senso di tristezza che andò a svuotare i suoi occhi verdi. Aveva l’impulso di tornare nella cantina dentro la quale molto tempo prima avevano rinchiuso Elijah e lei lo aveva salvato,  facendolo  però catapultare in una realtà che avrebbe annientato entrambi.

Si costrinse però a rimanere immobile, a soppiantare quei desideri che non aveva più il diritto di avere, e seguì i Salvatore nel salone dove c’era anche Elena ad attenderli.

Insomma… quei Buffy al versione maschile non mi piacciono neanche un po’ per cui li troviamo, li mangiamo e la facciamo finita. Cosa c’è di così difficile?” Il solito Damon.

“C’è che forse non è così facile come sembra, Damon. Altrimenti come avrebbero fatto a tenere segregata Rebekah?” domandò saggiamente Stefan.

“Quella finta signora non è un problema mio. Forse potrà darci qualche informazione la signorina qui presente così sapremo che nemico abbiamo di fronte” proruppe Damon guardando Briony e mettendosi le mani sui fianchi.

“Il pastore Young esercitava qui quando ero piccola, per il resto non conosco nessuno né so i loro piani” rispose Briony che si era seduta. In effetti era vero: quando era ritornata indietro non aveva più ritrovato il pastore.

“Inutile come al solito! O forse stai cercando di fregarci?” gridò Damon come un forsennato ma Elena lo calmò.

“Damon sii gentile. Se collaboriamo tutti potremo trovare una soluzione”

Il vampiro sbuffò incollerito mentre Briony gli lanciò un'occhiataccia:

“E quindi… per cosa mi avete chiamata? Avete qualche idea? Oppure avete paura che io vi tradisca?”

“No piccoletta resta pure, così potrò farmi qualche risata. Non mi fido di te né tantomeno mi fido dell’altro ospite che sta per arrivare, ma almeno avremo qualche informazione in più su ciò che sta accadendo” disse Damon con uno strano tono.

Briony aggrottò perplessa la fronte. Di chi stava parlando? Forse di Bonnie ma prima che potesse interrogarsi sentì qualcuno aprire la porta e entrare in casa.

Subito i suoi sensi scattarono, il corpo tremò come se fosse stato raffreddato.

Damon non era così infido da farle quello scherzetto.. No vero?

Ma quando vide una figura statuaria, che ben conosceva, avvicinarsi verso di loro col suo solito passo calmo e elegante, Briony non ebbe più dubbi.

Sentì la terra mancarle sotto i piedi mentre Damon andava ad accogliere Elijah come se fossero grandi amici:

“Elijah! Quanto tempo!” mormorò lecchino aprendo le braccia.

La risposta dell'Originario però fu gelida e distaccata.

“Spero non pretendiate un aiuto da parte mia perché non l’avrete”

La sua messa in chiaro raggelò la stanza ma Damon non demorse:

“Io credo invece che abbiamo parecchie cose di cui parlare.” mormorò fintamente gentile e facendo sedere Elijah su una sedia. Per tutto il tempo l'Originario l'aveva completamente ignorata, notò Briony con sommo rammarico.

Lei comunque si strinse nella poltrona per non attirare troppo l'attenzione mentre Damon continuava a parlare: “Tu sei stato laggiù in mezzo a quei pidocchiosi che si credono la reincarnazione di Van Helsing. Hanno qualche arma speciale? Un crocefisso sacro?”

“Se fosse così non lo verrei a dire di certo a te” replicò Elijah con un lieve sorriso arrogante.

Intervenne allora Elena col suo classico sguardo docile e implorante.

“Elijah ci siamo tutti invischiati in questa storia e vogliamo la stessa cosa che vuoi tu. Proteggere noi stessi e coloro che amiamo. Ti chiedo solo di venirci incontro”

Calò del silenzio mentre Elijah ponderava bene le parole della ragazza, valutando forse che aveva ragione, ma non voleva esporsi troppo.

Fece un ossequioso gesto con la mano:

“Vedremo.  Sono venuto anche per chiedervi espressamente il motivo per il quale Bonnie Bennet è tornata in città anche se io avevo ordinato che stesse via dal padre per un tempo indeterminato. Volete spiegarmelo?” La linea era severa per dimostrare che non si faceva prendere in giro. Di nuovo ci fu silenzio mentre Briony si sentiva sprofondare nella poltrona.

“Beh neanche tu c’eri allora. Te ne sei andato così da un giorno all’altro” biascicò Damon in una saccente giustificazione.

La fermezza gelida con la quale Elijah corrispose lo sguardo del giovane vampiro fece incutere una strana ansia nel corpo di Briony.

“Sì beh.. non c’era più niente che mi trattenesse qui.” La realtà con cui Elijah disse quelle parole fredde fu un ennesimo pugno allo stomaco per lei. Cercò di stare immobile e di non fiatare per lenire il dolore.

Intervenne poi Stefan per la prima volta:

“Abbiamo bisogno del vostro appoggio. E Bonnie può esservi anche utile nella lotta contro i cacciatori.”

“Attento, ce n’è  una proprio lì vicino a te” disse Damon con la sua solita ironia. Briony lo guardò incollerita ma non poté percepire gli occhi di Elijah su di sé, cosa che fece aumentare a dismisura la sua irritazione.

“Vi ho detto che non c’entro nulla con loro!” ribatté di nuovo.

Sentì Elijah tenere lo sguardo su di sé ancora per qualche secondo, così da farle aumentare i battiti. La stava di nuovo accusando attraverso i suoi occhi neri?

Briony ritornò alla realtà quando Stefan si scurì la voce.

“Stavo dicendo che ti diamo la nostra parola che non faremo nulla contro di voi, non tenteremo di uccidere i tuoi fratelli e nemmeno Klaus se ci daremo una mano a vicenda. Sicuramente vorranno uccidere anche Elena per impedire che Klaus faccia ulteriori ibridi”

Dopo aver parlato Stefan aveva avvolto con fare protettivo le spalle della sua ragazza. Nel vederli Briony provò una forte invidia: un tempo anche Elijah avrebbe fatto lo stesso ma ora l'unica cosa buona che poteva darle era un'occhiata gelida.

“Volete protezione quindi.” disse Elijah senza però scomporsi.

“Il vostro aiuto. E noi ti abbiamo dato la nostra parola che non vi nuoceremo.” rispose Stefan in modo diplomatico per trovare un punto in comune.

Elijah indossò uno sguardo fermo:

“Perché dovrei credere alla vostra parola quando voi l’avete disonorata numerose volte?” La sua capacità di farsi rispettare era incredibile ma anche spaventosa.. Briony conosceva bene i rischi che incorreva nel tradire una fiducia con Elijah.. Non glielo avrebbe mai perdonato.

Damon come al solito non riuscì a evitare il solito commento sarcastico:

“Eh  anche tu ci hai fregati quando hai salvato Klaus la notte del sacrificio!”

Briony credette davvero che Elijah stesse per rompergli il collo invece lo guardò calmo:

“Un errore di cui mi vergogno profondamente. Ma vi ho già reso un enorme favore nell’essere venuto qui e di non avervi uccisi in passato anche se di occasioni ce ne sono state molte… sapete che non avete il diritto di esigere nulla da me.” disse senza tentennamenti e Briony fu quasi certa che Elijah l'aveva guardata di sottecchi per un secondo. Ovviamente con l'intento di calpestarla, ormai non poteva aspettarsi nulla di gentile da parte sua. Né adesso né mai.

Elena si inclinò ad un tratto in avanti, sfoderando la solita espressione da vittima.

“Elijah ti prego” bisbigliò con tono implorante.

<< Ma tu guarda come sbatte le ciglia >> pensò Briony improvvisamente irritata. Non voleva il male di Elena anche se ormai i rapporti non erano più quelli di una volta, ma non riuscì a non provare un enorme fastidio. Soprattutto dopo la calma e gentilezza che Elijah dimostrò:

“Vi farò sapere. E’ più di quanto posso dire” rispose lui alzandosi dalla sedia e abbottonandosi dei bottoni della giacca nera. Non aveva più guardato Briony che invece non poteva chiedere altro.

“Noi però manterremo fede alla nostra parola. Non faremo nulla contro di voi anche se non ci darai una risposta affermativa” mormorò Stefan all’Originario, il quale gli rivolse un sorriso lievemente arrogante:

“Mi fa piacere vedere che nel corso dei mesi hai sviluppato un salutare rispetto per la tua pelle, Stefan” rispose freddamente quasi per ordinare loro nuovamente di non fare qualcosa di stupido come loro solito.

Briony non sapeva se alzarsi o non, mentre Damon prese le redini delle situazioni col suo solito sorrisino:

“Bene bene. Allora, andiamo ad uccidere i cattivi!” esclamò trionfante rivolgendo un’occhiata complice a Elijah.

“Andiamo? Non ricordo di averti invitato”

La glacialità con cui lo disse fece quasi congelare le orecchie ai presenti, ma Damon cercò di smorzare la tensione con una pacca amichevole sulla spalla.

“Un drink a un vecchio amico non si rifiuta mai.” Disse invitandolo nell’altra sala.

Elijah scostò la sua presa ma decise di affiancarlo mentre camminava. “Grazie per la chiacchierata, signori” mormorò elegantemente non rivolgendosi a nessuno in particolare. 

Briony tuttavia riusciva solo a vedere la sua schiena mentre se ne andava. Le dava sempre le spalle, non avrebbe mai più ricevuto un suo sorriso gentile né una mano da afferrare in bisogno d’aiuto. Non ci sarebbero mai più stati momenti come quelli.

A quella cruda consapevolezza fu come vedere l’ultimo barlume di luce spegnersi nell’oscurità di una galleria senza fine.

Ogni volta che sentiva un vuoto, cercava con tutte le sue forze di riempirlo. E ogni volta che le sembrava di averlo fatto, eccolo che si riapriva di nuovo e più grande di prima. Forse dovrebbe semplicemente accettare la forza dell'evidenza: Elijah non poteva più fare parte della sua vita e lei doveva fare altrimenti.

Era un destino disgraziato che lei non avrebbe mai voluto ma alla fine si era rovesciato su di lei con violenza e non poteva più combatterlo.

Sentì Elena dire a Stefan che andava a chiamare Caroline per aggiornarla e rimasero così soli lei e il vampiro. Briony cercò di non lasciarsi sommergere dai rimorsi  e di trovare una via di salvezza da quella galleria oscura e senza fine, ma era un’impresa assai difficile anche perché Stefan si sedette di fronte a lei, guardandola attentamente:

“Ehi tutto bene? Ti vedo un po’… stressata”

Briony sorrise per quell’eufemismo. Stefan era il solito cavaliere.

“No tutto bene, grazie Stefan” rispose cercando di essere convincente.

“E’ da un po’ che non ti facevi vedere in giro.. come hai passato questi mesi?” domandò lui gentilmente, intrecciando le mani.

“Un po’ come tu hai passato quei mesi stando con Klaus e lontano da Elena, credo…” mormorò Briony alzando pigramente le spalle e smorzando la tristezza con un sorriso.

Stefan la guardò serio, segno che stava cercando di comprenderla:

“Ma io ne sono venuto fuori alla fine..”

Briony ricambiò lo sguardo:

“Sì tu sì. Ma credo che la mia storia con Elijah sia ancor più complicata di quella fra te e Elena”

Anzi pensava che non esisteva coppia al mondo più complicata e distruttiva della loro. Eppure anche se la fiamma del loro amore si era in qualche modo spenta di fronte a un uragano implacabile, lei si sentiva ancora la parte accesa fra i due.. Briony a contrario di Elijah non aveva spento i suoi sentimenti, non aveva ghiacciato il suo cuore, e non ci sarebbe mai riuscita..

Ma rimanere aggrappata a quel sentimento, quando l’altra parte invece aveva già rotto quel legame, provocava un male incurabile. E piuttosto che sentirlo ogni ora, giorno dopo giorno, preferiresti essere morta.

“Qual è il problema? Non potreste affrontarlo? Per quel che conosco Elijah ho visto con i miei occhi quanto ti amava” disse Stefan ad un tratto.

Briony rizzò la schiena e sviò lo sguardo, perso nei ricordi:

“Esatto. Mi amava. Ora non mi ama più, credo anzi che mi detesti.” mormorò vuota.

Passò del silenzio in cui il vampiro sembrava provare empatia per la sua sofferenza.

“E tu invece?” domandò poi.

Briony credette che era meglio stare zitti o far finta di nulla come faceva con gli altri, ma di fronte allo sguardo compassionevole di Stefan proprio non ce la fece.

Abbassò lo sguardo, girandolo di lato come se non volesse mostrare il suo dolore. Si portò una mano allo zigomo, quasi per soffocare i singhiozzi di agonia.

“Lo amo, Stefan.” Bisbigliò in un sussurro così flebile che quasi non voleva lasciare le sue labbra. “Anche se è passato così tanto tempo, anche se non dovrei.. non mi sono mai disinnamorata di lui”

Lasciar fuoriuscire la verità fu quasi liberatorio se non fosse stato così sbagliato. Sapeva che non doveva ammettere così i suoi sentimenti a cuor leggero col rischio di romperselo di nuovo, ma non ce l’aveva fatta a resistere.

Stefan cercò il modo migliore per confortarla, voleva davvero dimostrarle la sua amicizia perché anche lui c’era passato per quel tunnel. Mise una mano su un ginocchio di Briony e la guardò rassicurante:

“Vedrai che alla fine sistemerete ogni cosa. Te lo meriti.”

Lei girò lo sguardo verso quello del vampiro e dopo qualche secondo di tentennamento, gli sorrise nella sua maschera di tristezza:

“Sai Stefan, vedendo persone come te capisco quanto la missione dei cacciatori sia sbagliata. Hai tanta umanità in corpo che basterebbe per mille esseri umani vuoti. E ho te da ringraziare vedendo come Caroline sia cambiata in meglio, come sia maturata da quando è una vampira…grazie.” Mormorò sincera.

Stefan le sorrise di nuovo, quando all’improvviso vennero interrotti.

Briony si voltò fulmineamente quando vide Elijah irrompere nel salone in silenzio: lo sguardo era vuoto e freddo.

“Tuo fratello vuole parlarti” disse semplicemente a Stefan.

Stava per congedarsi ma prima di farlo però gli occhi neri puntarono sulla mano che Stefan teneva ancora sul ginocchio di Briony. Sembrò comunque non far trapelare nulla in quell'espressione infatti sviò subito lo sguardo, e camminò lungo la stanza in silenzio.

Stefan lanciò un’occhiata a Briony e se ne andò, lasciandoli così soli.

La ragazza teneva le mani in grembo e aveva l’impulso di attorcigliarsele per via dell’ansia che aveva preso possesso del suo corpo. Elijah non le aveva rivolto più un’occhiata, se ne stava vicino a un tavolo a sfogliare un libro in completo silenzio.

Lei invece rimaneva seduta, continuando a guardarlo. Elijah era davvero cambiato, anche nei lineamenti del viso e non solo nel carattere. Era come un libro scritto in una lingua straniera che Briony non aveva mai studiato prima.

Ormai erano quasi due sconosciuti.. era una triste pena pensarlo, ma era davvero così.

“C’è qualcosa che non va? Mi stai fissando.” mormorò Elijah senza alzare gli occhi dal libro.

Briony traballò per essersi fatta accorgere ma subito si sentì irritare da quella sua continua freddezza. “Scusa. Non lo farò più visto che ti irrito” sibilò dura, lanciandogli un’occhiata di traverso che Elijah ovviamente non ricambiò, visto che a quanto pare non gliene importava del suo stato d’animo.

Briony si alzò imperterrita dal divano e percorse a falcate la stanza. Andò a prendere la borsa dove conteneva le chiavi della macchina ma nel farlo fece cadere una bottiglietta di vetro contro il tavolo. A causa del gesto brusco, l’oggetto si scheggiò e un grande pezzo di vetro si era staccato dalla bottiglia, sparpagliando il liquido che conteneva.

Briony sospirò infastidita e cercò di ripulire il tavolo come meglio poteva. Prese il pezzo di vetro fra le mani cercando di metterlo al suo posto ma si sentì all’improvviso affondare da un vortice di agonia terribile. Tutto ciò che aveva tentato di opprimere e nascondere venne fuori proprio in quel momento.. in maniera brutale e disperata. Abbassò lo sguardo, stringendo gli occhi per resistere mentre il respiro si era fatto mozzato. Il cuore batteva a ritmi velocissimi che quasi scoppiò.

Briony” una voce profonda la riportò alla realtà.

Elijah le si era affiancato e le stava trattenendo il pezzo di vetro tra la mano per farglielo lasciare andare. Non si era neanche accorta che a causa di quella forte presa, il vetro le aveva tagliato in profondità il palmo.

Con imbarazzo Briony lasciò andare l’oggetto riarso di rosso e sviò subito il volto per non incrociare quello di Elijah.

Lui intanto teneva lo sguardo su di lei, senza mai scansarlo. Alla fine sospirò mentre gli occhi guardavano un punto indefinito alla sua destra. Prese dalla tasca della giacca un fazzoletto di seta.

“Non è appropriato tagliarsi in una casa piena di vampiri.” Disse porgendole il fazzoletto senza però guardarla.

Briony credette che quelle parole risuonassero arroganti e allora prese con indifferenza il fazzoletto. “Non fingere che ti importi qualcosa di me” sbottò tamponandosi la ferita.

Scese il silenzio, e Briony con la coda dell’occhio vide che anche la mano di Elijah era leggermente ferita. Pensò allora che doveva essersela procurata quando aveva tentato di portarle via il pezzo di vetro e impedirle di farsi ulteriore male..

L’espressione del viso di lei allora cambiò: mentre vedeva quel taglio rimarginarsi grazie alla sua natura pensò che quella inflitta da lei, tempo prima, era troppo profonda da sparire così velocemente e senza gemiti di dolore.. la ferita nel cuore che lei gli aveva provocato era così profonda da far sparire ogni speranza di poter tornare ad amare di nuovo.

Lasciò allora che la colpa le rodesse l’animo e la torturasse, di nuovo.

Ecco perché i ricordi fanno sempre male… i suoi ricordi facevano troppo soffrire perché in lei era morta la speranza di poterli rivivere.

L’agonia si dipinse di nuovo sul suo volto, ma non brutale come prima, bensì scavata e profonda come un precipizio.

“Ti prego accetta l’aiuto di Stefan e Damon… se rimarrete uniti sarà più difficile per quegli uomini colpirvi. Non ti costerebbe nulla farlo” disse dopo aver ripreso almeno un po’ il controllo.

Elijah la guardò per parecchi secondi, utilizzando una potente pressione sul suo sguardo.

“Non sei più nella posizione di pretendere qualcosa da me. E poi non dovrebbe neanche importartene” replicò con semplice freddezza.

<< Ancora pensa che io farei del male alla sua famiglia? Oppure è un’altra provocazione per farmi di nuovo del male? >> pensò Briony con asprezza.

“Sei un’egoista, pensi solo a te stesso e a salvaguardare il tuo onore. Se credi davvero che io sia così diabolica da farvi del male, pensala pure così.” ribattè acida gettando via il fazzoletto.

Il viso di Elijah fu una maschera di completo ghiaccio. Se lei l’ avesse toccata, sarebbe di sicuro scattata all’indietro per evitare quel gelo elettrizzante.

Alla fine lui sviò lo sguardo in lontananza, mettendo le mani nelle tasche.

“Vi avverto, non dovreste fare molto affidamento sulla mia parola data visto che non è più sicura come un tempo.. certe volte anche io faccio degli errori che non dovrei fare..” mormorò serio con la solita punta di freddezza nella voce.

Briony rimase in attesa che lui continuasse.. sicuramente stava pensando che uno dei suoi errori era stato quella di proteggerla sempre. Anche se sulla parola d'onore di Elijah ci avrebbe messo anche lei la mano sul fuoco.

D’altronde la prima cosa a cui pensi, non appena ti accorgi di essere stato ingannato, è l’onore. E questo era una parte integrante dell’animo di Elijah. Forse per questo lui ce l’aveva tanto con lei.. gli aveva ferito tutto, ogni cosa che era importante, perfino l’orgoglio.

La voce di Elijah la riportò alla realtà. Era rimasto sempre perso con lo sguardo in lontananza.

“Sai, una volta ho dato la mia parola a tua madre che se tu fossi diventata come lei un giorno o che mi avresti procurato dei problemi.. ti avrei strappato il cuore con le mie mani” La sua durezza scavò dentro di lei come una lama affilata, soprattutto quando si voltò alla fine verso di lei.

<< Ma lo stai già facendo.. >> pensò Briony piangendo di dolore.

Il suo cuore sussultò e si strappò per quella promessa minacciosa, mentre quello di Elijah era fermo, senza mai un battito.

Lei non osò fiatare mentre Elijah serrò il viso, che divenne affilato.

“E invece.. anche dopo ciò che voi avete fatto a mia sorella, io non ho alzato un dito. Non ho fatto nulla per onorare quella promessa vecchia di 20 anni.” Mormorò duro come se stesse riversando su se stesso quella vergogna di aver mancato la parola data, di aver permesso a quella ragazza di frantumare il suo onore anche dopo averlo lasciato in quel modo.

Briony non seppe allora cosa dire.. si sentì tremendamente confusa che non riuscì a pensare con logicità. Se davvero lui provava tanta vergogna per se stesso, perché non rimediava al suo errore e la uccideva così come aveva giurato? Aveva avuto tante occasioni, e quando lo aveva incontrato nella fattoria di Young aveva davvero pensato che lo facesse, e invece si era fermato.

Aveva mancato alla sua sacra parola data.. solo per lei. Anche se dimostrava ampliamente di odiarla..

Briony avrebbe voluto fargli mille domande ma sentì il cervello tutto sottosopra. Le labbra di Elijah si stirarono in un sorriso aspramente gelido:

“Per cui non dovreste fidarvi poi tanto di me. Neanche io sono infallibile, mi sono spesso sbagliato sull’animo delle persone.”

Quell’allusione però la riportò sulla via del dolore. Ovviamente capì al volo di chi si stava riferendo.. aveva trovato l’ennesimo modo per mortificarla e ferirla. Sempre con quella freddezza unica da farti irritare come una bestia.

“Sai che non merito il tuo trattamento vero?  Fammi pure sentire la cattiva della situazione quando in realtà ho sempre cercato di non ferirti! Mentre tu che stai facendo? Hai idea di come ti comporti in maniera orribile ai miei occhi? Fino a quando continuerai a dannarmi l’esistenza con i tuoi sguardi?” ribattè lei ad alta voce mostrando tutte le sue ferite.

Non le importava se Damon o Stefan la sentissero.. tanto ormai la dignità l’aveva seppellita sotto i piedi e non ce ne faceva un granchè.

Il volto di Elijah invece divenne inespressivo, come una tela da cui era stato cancellato il colore.

Briony la tua scelta è stata fatta, tanto vale non sprecare inutili parole.” Disse con la sua classica glacialità. Poi dopo qualche secondo però riprese a parlare, e l’espressione divenne guardinga e quasi più intensa. Tanto che la inquietò.

“Ma quel che mi chiedo assiduamente è… perché? Perché volevi tanto stare con me se provi tutto questo disprezzo per quel che sono, tanto da non aver potuto più sopportare la mia presenza?”

Le sue parole furono come punte di lancia avvelenate. Soprattutto perché non lui riusciva o non voleva capirla, e perché continuava a buttarle addosso il suo risentimento senza neanche scomporsi più di tanto.

Davvero pensava che lei lo avesse lasciato perché lo disprezzava? Perché non tollerava più la sua presenza e voleva una vita normale senza di lui?

Ne fu così shockata da rimanere impietrita.

Lui però intuì male il suo silenzio che infatti la bocca si distorse in un sorriso amaro e crudele.

“E tu avresti fatto di tutto pur di non ferirmi? Io avrei di tutto per non ferirti.” Il tono di voce era così basso da risultare minaccioso. Aveva deliberatamente sottolineato la differenza tra quello che avrebbe fatto lui e quello che aveva fatto lei. E questa la mortificò ancor di più.

Il viso gelido di Elijah si scavò nella perfidia appena risorta dal nulla delle sue emozioni.

“Ma il mio più grande errore non è stato farti entrare nella mia vita..  no.” Ammise trafiggendola con sguardo duro. “Il più grande errore che abbia mai fatto in 1000 anni è stato provare ciò che sentivo per te.”

Quelle parole attraversavano taglienti le sue orecchie, fino ad arrivarle al cuore. Le facevano male, era inerme di fronte ad esse.

<< Il mio più grande errore invece è stato permettere a me stessa di perderti. Tu guarda che differenza >> pensò Briony amaramente, col cuore a pezzi. 

Elijah continuò a capeggiare sul suo tormento con la perfidia dettatagli dalla sua natura.  La freddezza ritornava sul suo animo ogni qualvolta temeva di provare una benché misera debolezza, perché lo avrebbe costretto a riprendere il contatto con un’umanità che ormai non lo riguardava più e che aveva soffocato insieme all’angolo dei loro ricordi.

Aleggiò sulle sue labbra l’ennesimo sorriso spaventoso.

 “Ma è un errore che non commetterò mai più, stai tranquilla. Partiremo tra qualche giorno, per cui la tua  vita non corre più il rischio di essere macchiata dalla mia terribile presenza”  affermò in modo terribilmente glaciale.

Briony non gli permise oltre di schiacciarla sotto il peso della sua freddezza, che infatti alzò la mano per schiaffeggiarlo di nuovo. Per fargli almeno un po’ di male e per zittire una volta per tutte quella voce che sembrava provenire dal suo inferno personale.

Elijah però anticipò la sua mossa e afferrò a mezz’aria la sua mano che era stata vicinissima a colpirgli la guancia. Il vampiro serrò la presa sul suo polso fino a farle male, lo sguardo era terribile.

“Non rifarlo, Briony. Potrei davvero irritarmi.” minacciò con un tono di voce profondo da liquefarla.

Briony, dopo la sua mossa istintiva, dovette sostenere quegli occhi agghiaccianti a più breve distanza di prima, ma comunque riuscì a liberarsi dalla sua presa con uno scossone.

Si allontanò, guardandolo in segno di sfida.

“Ah si? Irritati pure quanto vuoi, tanto mi stai già uccidendo.”

Non voleva mostrargli quanto potere lui avesse ancora su di lei ma le parole le fuoriuscirono di bocca prima che potesse fermarle. Forse magari sarebbe riuscita a smuoverlo dal suo stato crudele ma invece quel che ricevette fu l’ennesimo sguardo freddo e privo di sentimenti.

“E allora perché sei ancora qui davanti a me?” la incalzò lui non mostrando nessun sentimento.

Ma la fermezza autoritaria imposta dalla circostanza non era nulla se paragonata alla vera crudeltà con cui Elijah aveva cercato di annientare la sua umanità, pur di non sentire l’agonia che lo aveva lacerato, pur di  non risentire le parole di Briony di quel giorno…

Lei purtroppo non riuscì a vederlo perché riusciva solo a scorgere il proprio dolore nel sentirsi calpestare in quel modo orribile.  Tutta la sua sicurezza e forza andarono in frantumi, era soltanto un essere patetico e debole e questo perchè non riusciva ancora a disinnamorarsi di lui.

Briony si sentì assalire dalla vergogna per se stessa in quel momento.

Abbassò lo sguardo e scuotendo la testa si allontanò un  da lui, mentre Elijah non accennava minimamente a confortarla. Sembrava davvero che avesse ghiacciato il suo animo, corazzandolo anche dall’interno.

Poi all’improvviso Briony alzò lo sguardo con un enorme punto interrogativo in testa:

“Se tu potessi, cancelleresti la mia memoria vero? Per liberarti di questo peso lo faresti senza battere ciglio”

Sperava di dare una fine a quell’agonia che sentiva e invece lo sguardo inequivocabile di Elijah fu un’ennesima via del dolore da percorrere.

“Se potessi, lo farei.”  Quelle parole la colpirono più di tutte. Il pensiero che lui volesse privarla di quegli attimi che avevano condiviso, e voleva farlo anche con se stesso ne era sicura, la privò del respiro. Perché non capiva come lui potesse buttare via tutto ciò che erano stati semplicemente con uno schiocco di dita… forse lo faceva per evitare a lei e a se stesso ulteriori ferite, ma non le importò.

In un modo o nell’altro, era comunque riuscito a farle di nuovo sanguinare il cuore.

Strinse i pugni e quasi desiderò colpirlo, percuoterlo, fargli vivere lo stesso dolore che stava attraversando lei in quel momento.

Ma riuscì solo ad avvicinarsi a lui con passi spediti e a mettersi faccia a faccia.

“Se la pensi davvero così allora vuol dire che la nostra storia non ha mai contato nulla per te!!” gridò piena di rammarico e collera.

Per fortuna non pianse perché sarebbe stato davvero vergognoso, ma comunque non gli permise di ferirla di nuovo perché se ne andò senza voltarsi verso di lui né appurare le sue mosse seguenti.

Se in qualche modo lo aveva ferito, anche se ne dubitava, un po’ ci godeva. Almeno non era stata l’unica ad uscire col cuore sanguinante da quella casa.

 

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Briony stava guidando lungo il tragitto verso casa: le lacrime che si addensavano negli occhi le impedivano di vedere bene la strada e cercò di asciugarle col palmo della mano. Il solo risultato che ottenne fu far scendere le lacrime lungo le guance mentre il respiro si affrettava per via dei singhiozzi.

<< Vai al diavolo Elijah >> Ma più lo pensava più si sentiva male perché i suoi pensieri erano tutti rivolti a lui.. Alle sue parole...

Ma perché non poteva essere normale? Perché non poteva amare qualcuno come lei? Era un'impresa angosciante e masochista amare qualcuno che non ti permetteva di farlo.

Ma prima non era sempre stato così... Adesso invece era tutto così spento da non essere mai sembrato reale. L'amore che Elijah provava per lei era stato seppellito insieme alla sua umanità. E non si può accendere una fiamma quando tutto attorno ghiaccia.

E ti sei chiesta perché ha spento la sua umanità? Soprattutto chi é stato...

Briony avrebbe voluto urlare "Sì sono stata io! Siete contenti??" Ma quel pensiero rimase muto.

E se l'animo di Elijah si era irreparabilmente raggelato come soltanto la scomparsa di Briony era riuscita a causare? Lei cosa poteva fare per curarlo?

Niente.

Quando impugni una lama e infilzi la carne di una persona lasci per sempre un segno indelebile. Non importa se poi togli quella lama e provi a tamponare, perché quel segno rimane sempre.

E poi lei non avrebbe potuto aiutarlo anche volendo.. Ormai era troppo tardi e avevano preso strade diverse.  Tornare indietro non sarebbe solo inutile, ma da pazzi.

Le lacrime avevano smesso di scendere ma sentiva ancora il suo cuore lacrimare. Stava per percorrere il ponte di Wikery Bridge e ripensò alla frase di Damon poco prima che lei uscisse di corsa da casa Salvatore: aveva urlato di fare poco baccano perché la gente a quell'ora di solito dormiva.

In effetti era tarda notte e la luna non era luminosa a sufficienza per far risplendere il buio.

Briony mise la mano sulla fronte facendo fuoriuscire un sospiro di agonia, quando all'improvviso vide una sottospecie di missile sorpassarla e bloccarle la strada in un lampo.

Briony inchiodò all'ultimo, non andando a sbattere per miracolo.

<< Porca miseria!! >>

Gli occhi erano sgranati, le mani tremanti sul volante per quell'incidente appena scampato.

Lo shock lasciò spazio a un reale stupore quando identificò la macchina che le aveva sbarrato la strada. Conosceva quell'auto.. E quando vide la portiera aprirsi, ogni dubbio venne dissipato. Lo stupore lasciò spazio questa volta alla rabbia: era forse impazzito?

Briony si slacciò velocemente la cintura e scese dall'auto per incontrare la figura di Elijah che si stava avvicinando. Non c'era follia nei suoi occhi neri come aveva ipotizzato all'inizio, ma solo glacialità e un pizzico d'ira che gli distorceva i lineamenti del viso.

"Ma che diavolo ti é preso??" sbottò lei incollerita mettendosi di fronte a lui.

"Stavamo finendo una discussione." rispose lui tenendo una linea severa e noncurante dell'atto folle che aveva appena compiuto, non assolutamente degno del suo tipico  autocontrollo.

Briony serrò duramente il viso e anche i pugni. "Non ho nulla da dirti" replicò incollerita sorpassandolo.

Sentì che Elijah la seguiva e ciò aumentò la sua irritazione. "Lasciami stare!" gridò andando verso la ringhiera del ponte.

"Briony."

"Ho detto di lasciarmi stare! Vattene!" urlò di nuovo appoggiandosi alla ringhiera del ponte.

Elijah improvvisamente l'afferrò per un braccio facendola scostare dal di lì; Briony lo combatté dandogli dei pugni sul petto e cercando di scansarlo via.

"Lasciami!" Ma più lo combatteva più si sentiva spingere verso di lui.

Si sentì ribollire e gli diede un forte spintone per allontanarlo. Le mani andarono di nuovo sopra la ringhiera ma nuovamente Elijah l'afferrò.

"É una lunga caduta fino a giù nel lago. Vuoi che ci ammazziamo entrambi?"

Briony si irritò ancor di più nel sentire la calma nella sua voce, come se fosse lei la pazza che fino a un attimo prima stava per provocare un incidente in macchina. Cercò di divincolarsi mentre sentiva un lieve sorriso nella voce bisbigliata di Elijah:

"Forse é proprio questo che vuoi."

Briony finalmente si allontanò e lo guardò truce. "Che cosa vuoi da me? Sei stato molto chiaro prima."

Elijah allora la fissò glaciale ma con un'ombra di durezza negli occhi neri.

"Non mi é piaciuto come te ne sei andata"

Briony si infervorò per il suo atteggiamento fintamente calmo.

"Oh certo perché tu vuoi sempre avere l'ultima parola." Gli recriminò in maniera arrogante ma non provocò nessuna reazione plateale da parte sua. Affatto, Elijah si avvicinò lentamente a lei guardandola in maniera distante e fredda.

La sincronia dei suoi passi la inquietò suo malgrado.

"Voglio solo che tu ammetta una cosa. Poi ti lascerò in pace per sempre"  La sua voce profonda la fece tremare dentro ma cercò di non farlo avvicinare troppo altrimenti si sarebbe raggelata.

Elijah abbassò il viso verso il suo. Quando parlò, per lei fu come sentire dei pezzetti di ghiaccio scenderle lungo la schiena.

"Ammettilo che ciò che abbiamo condiviso non valeva niente per te. Ammettilo che non ti bastava e che ti provocava solo e esclusivamente sofferenza, e non di certo amore." Sottolineò in maniera velenosa e tagliente l’ultima parola, come se non sapesse che cosa significasse, o forse perché la riteneva una lurida e sciocca debolezza.

Briony si allontanò da lui incredula per le sue parole. Sgranò gli occhi:

"Non ammetterò mai una cosa del genere!" gridò infervorata.

La sua reazione sembrò irritare Elijah che cercò di far rimanere intatta la sua maschera di freddezza.

"E perché no?" chiese duro mentre il nero profondo dei suoi occhi sembrava avvolgerla nell’oscurità.

Lei fece un ulteriore passo indietro per sfuggirgli. Le parole fuoriuscirono liberamente e senza ostacoli dalle labbra, solo come la sincerità poteva fare:

"Perché non é così! Ho sofferto tanto ma ti ho amato tantissimo!” gridò per farsi udire da lui e per abbattere quella muraglia. Gridò per espellere il suo dolore.  “E almeno non dimostro di odiarti a contrario tuo, e non rinnego ciò che abbiamo passato come fai tu!”

Mentre gridava riconobbe i primi segni della rabbia marcare il volto gelido di Elijah.

"Sei tu l'egoista che fa finta di non provare nulla, anzi forse é davvero così!” Elijah sviò lo sguardo come per bloccare un’imminente irritazione; Briony continuò nel suo sfogo di dolore “Tu vuoi solo punirmi e cosa dimostra allora questo tuo atteggiamento crudele?? Spiegamelo!"

Alla fine, Elijah si voltò repentinamente verso di lei come un fulmine che si abbatteva: lo sguardo era mutato, sembrava irriconoscibile:

"Si può sapere che cosa pretendi ancora da me?” sibilò trattenendo le sue emozioni, ma non ancora per molto. Gli occhi brillavano di luce intensa. “Ti ho dato tutto l’amore che avevo, perfino quello che non sapevo di avere”

Briony si bloccò, smise di agitarsi in quel fiume impazzito di agonia. Anche Elijah si bloccò, sembrava sorpreso quanto lei di ciò che aveva appena detto, come se le sue emozioni fossero fuoriuscite dalla sua corazza senza che lui se ne accorgesse o potesse controllarle.

Elijah divenne rigido, quasi fosse stato infilzato o come se stesse riversando su di sé la collera per essere andato troppo oltre con quelle parole.

Briony invece gli si avvicinò, mossa da una volontà improvvisa. Tutte le parole di Elijah a doppio senso e che nascondevano un significato profondo, adesso per lei avevano un senso.  

Solo che era stata troppo presa dal suo dolore per accorgersene… Elijah in passato era sempre stato lì, pronto a sorreggerla e a raccogliere ogni singolo pezzo di quel che rimaneva di lei. Il suo cuore distrutto così tante volte era sempre stato salvato altrettante volte da lui, anche se ciò poteva costargli caro o nuocere al suo di cuore. Lui pensava sempre a lei, al suo bene, a salvaguardare il suo cuore che gli era così prezioso tanto da non volerne fermare i battiti.

Gli si avvicinò di più, con la speranza dipinta in viso. Voleva confortarlo per quel che le era possibile, voleva fargli smettere di indossare quell’espressione che non lo aveva abbandonato da quando si erano rincontrati.

Gli accarezzò il braccio, sussurrando il suo nome. Ma non appena Elijah sentì il suo tocco, sembrò risvegliarsi e la schivò subito, trafiggendola con uno sguardo gelido. Briony si bloccò con la mano alzata mentre lui sembrava trasmetterle col pensiero che quelle parole non cambiavano niente… non avrebbero mutato il futuro né di certo quella situazione nella quale erano caduti e che non potevano risalirne.

Il suo seguente allontanamento fece irrigidire Brionyche non sapeva come negare quella realtà dei fatti. Abbassò lo sguardo, facendo fuoriuscire un sospiro: il dolore era tutto ciò che le rimaneva, era una continua agonia.

Elijah si era messo di fronte alla ringhiera del ponte come per scrutare il panorama di fronte a sé che non aveva nulla di attraente, ma per lui forse era meglio che tornare a guardarla negli occhi e a riprovare debolezze che non poteva più concedersi.

Briony lo seguì titubante, dando la schiena alla ringhiera e mettendo le mani su di essa. Non poteva cambiare la scelta che aveva fatto in passato né far finta che la realtà andasse bene e fosse piena di luce, quando invece le ombre erano sempre in agguato pronte a perseguitarla.

Ma doveva almeno riempire il vuoto che si erano insediato nell’animo di Elijah.. non voleva che lui soffrisse ancora a causa sua né che mettesse a repentaglio la sua anima.

Cercò di trovare le parole giuste mentre iniziò a parlare:

“Era da molto tempo che non funzionava più.. qualcosa si era spezzato e non era più lo stesso.. e non perché noi non ci amassimo, ma perché c’erano troppi problemi a dividerci..”

“Da quando hai scoperto la verità, no?” disse Elijah osservandola vuoto per un secondo per poi tornare a guardare dritto di fronte a sé.

Briony si sentì ghiacciare. Se solo lei fosse stata normale, se fosse stata una semplice umana a cui veniva rubata l’anima da un vampiro, allora sarebbe stato tutto più semplice e le cose ora sarebbero diverse… ma non era così. Non sarebbe mai stato possibile per loro stare insieme senza la paura di potersi fare del male come era già successo troppe volte.

Anche se lei sentiva di amarlo alla follia, percepiva che comunque la felicità era ben lontana da loro… per dimostrarlo le sembrava davvero di vedere un’ultima, piccola, luce spegnersi nel buio di quel precipizio in cui correva il rischio di ricadere.

“Mi dispiace Elijah…” sussurrò col dolore nella voce, guardando il nulla del buio “Mi dispiace… ma non potevo più mentire a me stessa per questo ho fatto quella scelta… non potevo costringerti a sopportare una situazione del genere che non avrebbe portato a nulla, solo a un altro dolore e a un destino di morte. Non potevo e non te lo meritavi…

Si girò verso di lui per scorgere almeno qualche reazione e notò che Elijah la stava già fissando: aveva le labbra lievemente dischiuse e lo sguardo assorto, quasi vulnerabile nella sua freddezza. Dopo qualche secondo lui tornò a voltarsi e a immergersi in pensieri che Briony non riuscì a tradurre.

Provò un immenso dolore per lui da spingerla ad avvicinarsi. Alzò una mano per toccargli delicatamente il viso e farlo girare verso di lei.

Ascoltami…

Ma lui questa volta la respinse. Le fece abbassare la mano, inchiodandola con uno sguardo di ghiaccio. Gli occhi erano pieni di ombre, il viso serrato. Briony rimase inerme di fronte a lui.

“Non devi fare simili gesti con me, non più.” Sottolineò le ultime parole per dimostrare che era davvero finita, anche se un sottile velo di sofferenza smorzava la fermezza di quelle parole.

<< Non vuole neanche che lo tocchi >> pensò Briony sentendosi sommergere dall’angoscia. Le labbra tremarono per trattenere i singhiozzi, gli occhi si riempirono di lacrime.

Si rigirò e abbassò lo sguardo. Liberò piano le lacrime cercando di non fare troppo rumore, ma il dolore si impossessò del suo corpo e di ogni sua volontà. Il petto le fece male per sopportare i singhiozzi disperati, le lacrime fuoriuscirono a dismisura e faticava a respirare.

Sentì un fiato gelido avvicinarsi di fianco a lei. L’ennesima condanna del dolore: i capelli corti non potevano fare da sipario tra lo sguardo freddo di Elijah e le sue lacrime che non potevano essere più nascoste.  Non voleva che lui la vedesse in quello stato ma non riuscì a non fermare il corso della sofferenza che si espandeva dentro di lei.

“Non piangere.” Quell’ordine quasi gentile poteva trarre in inganno ma Briony ormai conosceva Elijah per capire che c’era sotto qualcos’altro.

In passato le sue lacrime avevano sempre scatenato il lato umano di Elijah, ma ora era tutto cambiato. La sua umanità era stata spenta proprio da lei, fino a non lasciarne traccia. Le emozioni del passato non contavano più nulla per quel presente pieno di agonia, rancore e senza speranza.

“Non hai il diritto di piangere.” La glacialità sorpassò la gentilezza di poco prima. Briony di conseguenza pianse più forte, non riuscendo a trattenersi. Perché doveva abusare del suo dolore? Perché doveva farle pesare ancora il fatto che lei aveva scelto una vita senza di lui, pur non desiderandola? Quella sera non riuscì proprio a frenare il corso delle lacrime.

L’espressione di Elijah divenne irritata per quello spettacolo. Le si avvicinò di più per farle avvertire più da vicino la sua collera gelida:

“Era quello che volevi no? Non era questo ciò che volevi?” sibilò glaciale non mostrando nessuna compassione per il suo dolore.

Poteva anche avere ragione visto che era stata lei a scegliere quel fato mesi prima ma Briony desiderava farlo smettere a tutti i costi; avrebbe tanto voluto gridargli che le stava mandando in pezzi il cuore.

“Ma Elijah...” mormorò tra le lacrime alzando verso di lui il viso, che era ricolmo di quelle gocce di dolore.

“Anche se non stiamo insieme non vuol dire...”

“Cosa?” intervenne lui acidamente “Che cosa?” la incalzò ancor più duro di prima. Lo sguardo era di nuovo irriconoscibile.

Che stava a significare? Per lui le cose erano bianche o nere. Se volevi stare con una persona ci stavi. Punto e basta. Se la lasciavi vuol dire che ciò che provavi non era abbastanza.

Briony cercò di guardarlo senza lasciarsi soffocare dalle lacrime. Ma quegli occhi neri di fronte a lei non l’aiutarono a trattenerle.

“Significa che io ti amo ancora. E questo non cambierà. Almeno per me”

Voleva che lui la capisse.. che la comprendesse… che la smettesse di lasciarsi succhiare dall’odio, e che doveva tornare a condurre la sua vita ma non nel modo in cui stava facendo. Si sarebbe distrutto così.

Lei pensava solo al bene di Elijah in quel momento e non al proprio.. aveva confessato di amarlo ancora ed era stato proprio da pazzi. Razionalmente non avrebbe dovuto farlo perché andava ad annullare tutto ciò che aveva incanalato in quei lunghi mesi di allenamenti...  e ora mandava all’aria ogni cosa, lasciandosi di nuovo precipitare nel baratro.

Quel suo tentativo però fu dispregiato dallo sguardo che Elijah indossò. Sembrava vuoto ma ricolmo di una perfidia unica che solo uno come lui  poteva avere:

“Per te forse. Ma io non sono tanto propenso all’altruismo. Se mi ami ancora dimentica questa sprecata conversazione, perché ti prometto che io farò altrettanto non appena sorgerà il sole.” Disse per nulla rammaricato e privo di sentimenti.

Briony allora sgranò gli occhi, ancora incredula dalle sue parole che la infilzarono nuovamente.

Ecco che cos’era il loro presente e futuro: un rinfacciarsi il male causato, un alternarsi di perfidia e vuoto, e infine solo dolore per lei. Il passato sarebbe rimasto passato. Era così chiaro che si sentì affondare da quel mare di dolore.

Ma poi all’improvviso con le unghie e con i denti riemerse, quasi con ferocia per scrollarselo di dosso.

“TI ODIO!” Gridò all’improvviso drizzando il corpo e rivolgendogli uno sguardo pieno di disperazione e rabbia. Incurante che un attimo prima gli aveva detto di amarlo ancora, Briony continuò in quello sfogo istintivo che se non lasciato fuoriuscire, l’avrebbe fatta scoppiare.

“Sai quanto ti odio? Con una violenza che mi divora come un cancro!” urlò in preda a spasmi di dolore. “Mi hai rovinato la vita fin da quando ci sei entrato!”

Dopo aver finito, Briony rimase immobile col respiro accelerato a ponderare ciò che aveva detto. Non era stata la parte oscura di sé a parlare, ma era stata lei stessa.. era stato un gesto istintivo, dettato dalla rabbia e della sofferenza che pativa.. aveva gridato quelle parole perché si sentiva troppo umana in quel momento. Voleva anche lei un pulsante per spegnere le emozioni in modo tale da non soffrire così atrocemente.

Elijah intanto era rimasto immobile a ricevere i suoi colpi di frusta, a ricevere quello che lui considerava vero odio. Ma lo fece mantenendo intatta la sua freddezza, non si scompose mai.

Gli occhi però non intercettarono quelli di Briony mentre parlò.

“Allora forse è un bene che io ne sia uscito”

Lei non fece nulla, rimase inerme perché tanto non c’era più nulla da fare. Per un attimo però vide qualcosa spezzarsi negli occhi neri di Elijah prima che lui indietreggiasse, ma durò un piccolissimo istante in cui credeva di essersi sbagliata. Perché quando si voltò Elijah riprese la sua tipica e dura glacialità che non poteva essere scalfita da nessuno, le spalle erano rigide ma scattanti mentre tornava alla macchina.

Briony lo vide risalire e mettere in moto bruscamente. Partì a tutta velocità, andandosene da quel luogo oscuro di desolazione.

Lei rimase lì, aspettando l’alba che avrebbe surclassato il buio di quella notte, e sperando che anche lei avrebbe dimenticato quella conversazione piena di agonia. Ma anche se fosse spuntato il sole, anche se avrebbe ricominciato gli allenamenti per allontanare quel baratro, non sarebbe servito comunque ad attutire il dolore che stava per arrivare.

Infatti si sentì uccidere proprio da esso. Le sembrava quasi di sentire l’anima incrinarsi per poi frantumarsi a causa della terribile sofferenza che sentiva.

Perdeva un battito ad ogni lacrima che scendeva dagli occhi e che le rigava il viso, facendolo bruciare di dolore.

Briony si portò le mani alla testa mentre le gambe non resistettero e si accasciarono  a terra. Il corpo non reagiva più, l’auto rimaneva solitaria e abbandonata sul ciglio del ponte.

E dal suo cuore spezzato vi erano solo battiti di tortura e dolore.

 

FINE CAPITOLO

Eh  vedrete che il titolo calza a pennello Ahaha! XD Briony credo che dovrebbe denunciare la sua autrice per farla stare sempre così male! Però voi mica avete pensato che avrei risolto tutto subito… Nossignore sono un tantino cattiva xD anche perché conoscendo il carattere di Elijah non penso che nel telefilm lui avrebbe perdonato tutto con un bel sorrisino. Lui secondo me avrebbe agito così perché non è tipo da perdonare.. soprattutto se quello che lo ferisce è una persona che ama. Poi ovviamente la storia mica è finita ihih Non mi abbandonate please! C’è ancora tanto da scoprire! J

Allora voglio puntualizzare che per quanto riguarda il pastore Young e company ho voluto prendere delle scene della 4x01 ma solo per quanto riguardava Rebekah (finalmente qualcuno che la viene a salvare ahah Elijah è un bravo fratello XD) … quindi Elena e Stefan non c’erano nelle gabbie… e quella combriccola di cacciatori appariranno ancora nel prossimo capitolo per rompere un po’ le scatole.. non vi ricordate del famoso legno di quercia bianca? Eeeee ho già detto troppo! :P

E non pensate male di Stefan… lui voleva solo essere amico di Briony, nulla di più J

Spero non siate tristi per il fatto che Briony e Elijah non hanno risolto ma dopo tutti quegli scontri è ovvio che ci sta l’incazzatura, soprattutto da parte di quella poveretta che ne sopporta di cotte e di crude.. Elijah ha i suoi motivi e anche lei.. diciamo che il cammino è lungo e tortuoso :P

Per quanto riguarda Agnes invece… spero che vi faccia piacere il suo ritorno! Una fans a me cara mi ha implorata di farla ritornare in un modo e nell’altro e allora l’ho accontentata J  Ci sono state poche scene su di lei ma perché non c’era tempo e modo per approfondirle… soprattutto per Ylenia.. se avessi descritto il loro incontro in questo capitolo avrei scritto sì e no due righe, e non volevo perché tengo molto al personaggio di Ylenia quindi metterò un po’ di cosette nel prossimo capitolo J  E anche altre scene con Klaus, lo prometto J

E ora vi lascio.. spero di non avervi delusi! E aspetto come sempre le vostre recensioni per capire se sto andando bene con la storia o se sto facendo un macello… dite pure quello che pensate, non mordo mica :P mi servono i vostri consigli! ^^

Ps: l’immagine sopra l’ho creata io, spero vi piaccia!

E vi consiglio questo video su Elijah, mi ha ispirata in questo capitolo hihihi http://www.youtube.com/watch?v=K2T7Tb3z83k

 

 

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Capitolo 31
*** The Breath of Life ***


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27 CAPITOLO

 

L’amore che brucia più forte è l’amore che lascia la cicatrici più profonde

 

C'erano molte persone all'inaugurazione dei lavori al ponte di Wikery Bridge, il sindaco parlava in maniera impeccabile  mentre alcuni suoi operai erano alla sua sinistra e sua destra.

Ylenia avrebbe evitato molto volentieri quella cerimonia promiscua e inutile ma aveva bisogno di prendere aria, di cercare un po’ di normalità per se stessa e per la sorella appena ritrovata.

Si girò appunto verso Agnes che era al suo fianco con sguardo stranamente spento e disinteressato: aveva insistito per farla uscire e vedere i cambiamenti di cui era stato protagonista il mondo, per conoscere quella città e la gente che ci abitava.

Voleva farla sentire del tutto normale e non come un fantasma illecitamente resuscitato contro il sano volere della natura. Ma gli spiriti potevano anche imbufalirsi o creare l'apocalisse, a lei non sarebbe importato.. Non si sarebbe privata della sorella proprio ora che l'aveva ritrovata e dopo aver sofferto la solitudine per tutti quei secoli maledetti.

"Agnes ti senti bene? Ti vedo stanca, vuoi sederti?" domandò premurosamente e mettendole una mano sulla spalla per farla sentire vicina. La trattava come se fosse un neonato, se ne aveva cura e non la perdeva di vista neanche un minuto.

Dopo averla ritrovata a Ylenia erano brillati gli occhi, quel buio che oscurava la sua felicità si era improvvisamente diramato e sostituito da qualcosa di bello e incancellabile. All'inizio aveva faticato a guardarla dritto negli occhi, aveva così paura che la sorella sarebbe svanita in una nuvola di fumo come in un sogno, e che quel suo desiderio fosse irrealizzabile.

Quando si era resa finalmente conto che non era un sogno, un altro terrore le aveva artigliato il cuore: che Agnes potesse odiarla.

Ma la sua paura fu fatta proprio sparire dalla sorella minore che l'aveva accolta tra le braccia dicendole che non era colpa sua se era morta e che non doveva rimproverarsi di nulla finché erano insieme. A Ylenia non era sembrato vero, quelle emozioni erano straripate in lei come se un fiume avesse sfondato la diga della sua durezza, e le avevano inondato il cuore.

Era rimasta così in balìa di esse che aveva faticato a respirare e a muoversi. Era così fantastico da non sembrare reale ma finalmente ora la vita le sorrideva.

"Ehi Agnes. Mi hai sentito?" le domandò ancora visto che sembrava non l’avesse sentita.

Agnes a quel punto si girò come se prima fosse stata sulle nuvole. "Sisi. Non preoccuparti" poi ritornò a fissare un punto vuoto davanti a sé.

In verità Ylenia non ne era del tutto convinta perché vedeva la sorella un po’ vuota e smarrita, ma forse era normale visto che qualche giorno prima era morta e ora si trovava in un mondo sconosciuto. Non doveva pretendere poi molto, col tempo le cose si sarebbero risistemate come in passato e sarebbero ritornate ad essere due vere sorelle.

Ylenia continuò a guardarsi attorno per cercare una persona e per fortuna la trovò. "Briony!" la strega chiamò l'amica in lontananza alzando il braccio.

Briony rispose al cenno e oltrepassando la marea di gente, si avvicinò subito a Ylenia con un sorriso amichevole.

"Brutta streghetta da quanto tempo non ti fai viva? Credevo ti fossi volatilizzata con la scopa" mormorò con ironia e solo allora si accorse che vicino a Ylenia c'era una ragazza che non aveva mai visto.

"Salve" disse Briony guardandola attentamente e all'improvviso un ricordo riaffiorò nella sua mente. Il ritratto di Klaus...

Ylenia rivolse all'amica un sorriso soddisfatto e mise una mano sulla spalla di Agnes.

"Briony, lei é mia sorella."

Briony la guardò sinceramente stupefatta mentre Agnes ricambiava in maniera disattenta lo sguardo. Briony pensò che le due sorelle non avevano proprio nulla in comune: Ylenia aveva i capelli e occhi neri come una geisha, invece Agnes aveva i capelli biondissimi e gli occhi azzurri. Se una era molto alta, l'altra era di altezza media. Non trovò nessuna somiglianza neanche nei lineamenti del viso ma cercò di mostrare cordialità come poteva.

"Oh ciao! Benvenuta a Mystic Falls" disse porgendole la mano.

Agnes guardò quella mano come se non sapesse cosa fare, ma poi gliela strinse in maniera un pò impacciata.

"Grazie so già chi sei. Ylenia mi ha parlato di te e stranamente molto bene"

La voce di quella ragazza era musicale come un sonaglio, sottolineata da un velo di infantilità.

"Sì beh tua sorella non é nota per il suo carattere espansivo" rispose Briony lanciando all'amica un'occhiata ironica, che subito ricambiò con una smorfia.

"Mi fa piacere vederti qui" mormorò Briony ad Agnes leggermente imbarazzata per come stavano veramente le cose ma la bionda fu calmissima.

"Vuoi dire non nel regno dei morti.. Dovrò farci l'abitudine."

Scese del silenzio in cui Briony si scurì la voce e tornò a parlare con Ylenia.

"Allora é per questo che eri al ballo. Ti ho vista alla villa tutta di corsa come un'invasata"

Ylenia storse il naso:

"Sì, Connor avrà pure mantenuto la parola data ma si é comportato da screanzato. Ha mollato Agnes a villa Lockwood come un pacco postale"

"Credeva che ti avrei trovata lì. Non é stato così maleducato come tu dici" si intromise Agnes guardandosi attorno come in cerca di qualcosa.

Briony allora dedusse che quella biondina aveva un carattere più pacato e spensierato rispetto a quello della sorella maggiore che saltava per ogni minima cosa.

Ylenia lanciò un'occhiata ad Agnes poi guardò Briony:

"E tu Briony.. Hai visto....?" la strega lasciò la domanda in sospeso come se era proibito nominare il nome in questione, ma Briony capì subito di chi si trattava e un battito mancato del cuore parlò per lei, come se avesse espresso tutto ciò che aveva patito dopo l'incontro con Elijah.

La maschera di spensieratezza e lo scudo d'ironia si disintegrarono ai suoi piedi, mostrando cosa ci fosse dietro le crepe: solo dolore, incalcolabile dolore. E non c'era nulla da fare per sanarlo, se non far finta che non esistesse.

Ma dall'espressione triste di Ylenia, Briony provò poi profonda rabbia verso se stessa. Perché bastava che uno semplicemente pronunciasse il nome di Elijah e subito lei si sentiva precipitare dentro il nero dei suoi occhi gelidi? Perché permetteva alla fragilità di riemergere e farla sentire così calpestata, come burro spalmato su troppo pane?

Unica risposta: l'amore.

E l'amore non porta mai la pace se le due parti sono destinate ad odiarsi. Ti divora soltanto, finché non rimane nulla di te mentre la tua voce si era già affievolita fino a spegnersi mentre chiedeva una pietà mai concessa.

"Deduco dalla tua espressione funeraria che Elijah si è comportato da.. Elijah" rispose Ylenia meccanicamente e Briony dal suo tono capì che era vero.

<< Cosa ti aspettavi stupida sciocca? Sorrisi e rose? Elijah non perdona chi lo delude in quel modo, puoi ricevere da lui soltanto del rancore. >>

Ma forse sarebbe stato meglio, poteva combatterlo se lui le urlava contro delle diavolerie. Ma il vuoto e l'indifferenza non sapeva proprio come fronteggiarle.

<< Dannato te Elijah. Perché un minuto prima fai sentire le persone in un paradiso perfetto in cui non gli manca niente, mentre l'attimo dopo le lasci da sole nel girone più oscuro e terribile dell'inferno? >>

"Ylenia, é molto più complesso di così.." cercò di dire lei ma fu subito scavalcata dall'amica.

"Sono dei Mikaelson, Briony. Che ti aspetti? Nessuno in quella famiglia é sano di mente e se vuoi trovare un po’ di gentilezza in loro devi andare indietro di qualche secolo Avanti Cristo"

Briony fece una risatina strozzata visto che anche Ylenia c'era passata, ma ad un tratto Agnes, poco prima immersa nei suoi pensieri, si intromise nella conversazione:

"Parlate di un fratello di Klaus?" chiese stranamente curiosa.

Ylenia grugnì infastidita:

"Anche quello lo ha messo dentro una tomba, si chiama Elijah ed é l'innamorato di Briony. Anche se tutti e due fanno le teste dure"

Le guance di Briony si tinsero di rosso:

"Proprio tu mi parli di teste dure."

Ylenia liquidò la conversazione con un gesto della mano:

"Ok non bisticciamo. L'importante é capire l'antifona: mai farsi invischiare da un Mikaelson se ci tieni alla sanità mentale"

Briony fu tentata di assentire visto che la sua sanità mentale era andata a farsi benedire da molto tempo, mentre Agnes si inoltrò in un insolito mutismo.

Sviando poi lo sguardo, Briony si accorse purtroppo di una presenza non gradita e subito sgranò gli occhi. Anche Ylenia se ne era accorta infatti aveva subito digrignato i denti per la rabbia, mentre Agnes guardava nella loro stessa direzione ma con sguardo totalmente diverso. Briony non la conosceva abbastanza per capire cosa pensasse, ma era ovvio che quella biondina non schifava Klaus come faceva la sorella maggiore.

Briony si accostò all'orecchio dell'amica: "É meglio che me la fili prima che il cervello mi scoppi." Poi incrociò lo sguardo di Agnes  "É stato un piacere" mormorò gentilmente prima di defilarsi. La biondina le rivolse un'occhiata di sfuggita, ricambiando il piacere,  poi tornò a immergersi nel punto stesso che Ylenia stava fissando.

C'era molta gente ma questo non sembrò importare a Niklaus Mikaelson quando si mise di fronte alle due con tutta la galanteria possibile, che risultava però spaventosa.

Ylenia tratteneva Agnes per un braccio mentre continuava a lanciare frecciatine al vampiro.

Klaus sfoderò un ghigno disarmante:

"Le due sorelline Lefévre di nuovo unite. Siete così un bel quadretto che mi verrebbe voglia di disegnarvi. A una però ci taglierei volentieri la testa." nell'ultima frase affiorò la minaccia dritta e puntata verso Ylenia, visto che gli ultimi trascorsi non erano stati dei più felici.

"E da quando ti piace sbandierare così i tuoi ritratti? Non dicevi che erano solo una perdita di tempo?" domandò Agnes noncurante per diminuire l'elettricità che passava tra loro tre come delle spine.

La sua voce indusse Klaus a voltarsi verso di lei:

"Col tempo si cambiano molte cose ragazzina, forse attraverso il tuo tocco angelico mi sono appassionato di più all'arte senza remore" mormorò con un tono di voce stranamente profondo che la fece avvampare suo malgrado, pensando alla volta in cui lei gli aveva fatto il ritratto. Ed era sicura che lui stesse pensando alla stessa cosa, anche se erano passati  secoli.

Ylenia sbuffò, interrompendo quel momento:

"Che vuoi Klaus? Non sei gradito." sbottò lei contribuendo con il suo tono a ricevere l'ennesima occhiata di fuoco dell'Originario.

"Tu." sibilò lui come se stesse rammentando tutte le sue malefatte. "Ringrazia che oggi é il tuo giorno fortunato altrimenti ti caverei quell'aria spocchiosa che hai dipinta sul tuo bel faccino."

Senza badare all'avvertimento, Ylenia quasi gli rise in faccia:

"Minaccia pure Klaus. Tanto non vai mai dritto al sodo con chi ha le palle di tenerti testa"

Agnes si irrigidì al fianco della sorella, temendo che Klaus potesse saltarle addosso invece lui rimase immobile; a fatica ma lo fece.

"Ne sei sicura? Non ti piacerebbe mettermi di nuovo alla prova, Ylenia." L'avvertì lui di nuovo, sottolineando il suo nome in maniera così minacciosa da far venire un brivido.

La folla sembrava non accorgersi nulla di quello scambio di battute ma Agnes, temendo una reazione spropositata della sorella, si fece avanti:

"Finiscila, basta. Dopo tutto questo tempo ti piace ancora fare i giochetti?" gli domandò pungente inarcando il sopracciglio.

Ylenia strinse di più la presa sul suo braccio come per bloccarla mentre Klaus sfoderò l'ennesimo sorriso da canaglia:

"Fare giochetti é la mia specialità, sweetheart. Purtroppo però la tua cara sorella mi ha fatto girare le scatole diverse volte e mi é diventata una fastidiosa spina nel fianco. Che peccato considerando che eravamo così in buoni rapporti. Non si può tornare a essere una grande famiglia felice e disinibita?" mormorò soave unendo le mani.

Agnes si irrigidì mentre il sangue le fluiva denso sulle guance, invece Ylenia guardava Klaus come se fosse pazzo. Ma considerava anche se stessa pazza, ripensando che tempo prima aveva ceduto erroneamente al fascino oscuro di Klaus, e avevano proprio giocato alla bella famigliola dentro casa sua. Ne fu quasi orripilata:

"Per l'amor del cielo. Non tirartela così tanto Klaus. Il sipario del tuo spettacolino é appena calato e non c'é più nulla di interessante da vedere" rispose in segno di sfida e Klaus non ci mise molto a lasciar da parte l'allegria negli occhi.

"Senti un pò, modera i termini. Sono stato fin troppo permissivo con te, cherie, ma come pegno della mia buona fede ti concedo la vita. Per ora. Non voglio certo separarti dalla tua sorellina proprio ora che l'hai appena ritrovata" mormorò con un sorriso affabile guardando prima Ylenia poi Agnes, la quale deglutì.

La mora gli fece una smorfia sarcastica per nulla spaventata:

"Oh ma che caro. Sei davvero gentile. Mi inchinerei per la tua bontà se non avessi i tacchi alti."

L'Originario fece finta di ridere mentre Agnes aveva aggrottato la fronte, dubbiosa sulla veridicità delle parole di lui.

"Dici sul serio Klaus?" chiese come se non fosse del tutto convinta che quel vampiro fosse disposto a sotterrare l'ascia di guerra con chi l'aveva fatto imbufalire.

Klaus la fissò:

"Lo giuro. E quando vuoi fare quel famoso giretto alla mia umile  dimora non hai che da bussare alla mia porta." mormorò affascinante provocandole un brivido. Ylenia lo guardò storto mentre Agnes sviò lo sguardo cercando di non apparire nervosa.

"Grazie ci penserò"

Klaus allargò di più il sorriso:

"Au revoir." mormorò ironico, svignandosela in mezzo alla gente.

Quando finalmente si tolse dai piedi, Ylenia fece un pesante respiro:

"L'erba cattiva non muore mai. Dovresti stare alla larga da lui" disse infastidita.

Agnes allora la guardò con sguardo indecifrabile:

"Non c'é bisogno che mi avverti, so come é fatto Klaus e forse lo conosco meglio di te"

Ylenia sbattè le palpebre per quella risposta improvvisa:

"Ne rimarrai delusa credimi." esclamò poi cercando di metterla in guarda. Lei l'aveva provato sulla sua pelle che era letale giocare col fuoco, e Klaus era fatto di un fuoco maligno. Senza contare che non ci si poteva fidare di lui dopo le sue ultime infamie.

Era preoccupata per la troppa ingenuità della sorella, ma Agnes fece finta di nulla e disse che voleva andare a casa perché si sentiva stanca.

Ylenia la osservò per un momento indefinito poi se ne andarono.

 

-----------***************----------

 

Briony non riuscì a non pensare all'ironia della sorte nell'incontrare Elijah nello stesso luogo in cui la sera prima avevano litigato, come mai prima d'ora. In quel momento, nel scorgerlo da lontano, ripensò a quando aveva dato libero sfogo al suo amore e al suo odio per lui.

Uno lo aveva sussurrato, tra le lacrime e la speranza mai svanita. L'altro l'aveva gridato con rabbia e spasmi di dolore, come se stesse esplodendo dall'interno per tutti i tormenti che aveva dovuto inghiottire a causa sua.

Elijah era appoggiato alla ringhiera del ponte con le mani in tasca e fissava con gelido disinteresse le persone all’evento. Numerose persone si soprapponevano a loro affinché si incontrassero faccia a faccia, ma ci fu un istante in cui gli occhi di Elijah saettarono su di lei. La folgorò con un’occhiata glaciale che le valse l’ennesima perdita di battiti.

Grazie alla profondità e all’incisività dei suoi occhi neri, Briony capì anche da così lontano che Elijah aveva assunto l’ennesima maschera di freddezza per nascondere l’ira che c’era al di sotto. Anche la rabbia era un’emozione e lui aveva deciso di non degnare Briony nemmeno di quella, non avrebbe mai più scorto l’ombra di qualche emozione in lui. Non rivolta a lei almeno.

Era la punizione più atroce, ma d’altronde un’esperienza di mille anni aveva fatto capire al vampiro qual’era la strategia migliore, più subdola e crudele per farla pagare a qualcuno che ti ha tradito. Soprattutto se quel qualcuno lo avevi amato.

In quel caso l’arma di indifferenza che aveva tra le mani si assottigliava ancor di più per diventare maggiormente più affilata e indistruttibile, e per far infierire al malcapitato le pene dell’inferno.

Briony si sentì scuotere dentro e privare del respiro. Un’altra marea di emozioni si impossessò di lei mentre si ostinava ancora a guardarlo, come se l’incubo avesse sovrastato la realtà e non conoscesse fine. La trama di quell'incubo era sempre quella....

Odio e amore.

Come potevano convivere all’interno del suo cuore, concentrarsi insieme in ogni singola lacrima che versava per lui?

Ma per quanto ci sperava, lei non riusciva a odiarlo davvero. Glielo aveva urlato, forse lo pensava, ma non era così. Non lo era mai stato.

Semplicemente il suo era l'odio verso il dolore che lui le provocava, per tutte le sue parole che pesavano su di lei come un macigno. Non odiava Elijah, ma il suo comportamento esasperante, la sua freddezza invalicabile, il suo cinismo nel buttare via tutto ciò che erano stati.

Ricordando ancora ciò lui le aveva detto con parole tanto crudeli, sentì penetrare nel petto una lama intrisa da lacrime insanguinate. Le sue lacrime.

Un botto di applausi la riscosse dai suoi pensieri e Briony sviò lo sguardo per vedere cosa stessero facendo. Ma nello stesso momento notò che qualcuno si stava avvicinando a Elijah, il quale aveva finito per mostrarle l’ennesima indifferenza e non la fissava più.

Briony la riconobbe all’istante: era Rebekah.

Fu così felice di rivederla che non badò alle conseguenze di ciò che voleva fare, infatti si diresse subito verso di lei.

Di sottecchi vide che Elijah la stava studiando con sguardo gelido, che si scavava sempre più ogni volta che si avvicinava alla sorella.

Di nuovo Briony fu ferita. << Non mi impedirai di parlarle >> quei pensieri sembrarono arrivare alla mente del vampiro che continuò a seguirla semplicemente con lo sguardo serio.

Fu Rebekah però la prima ad avvicinarsi e dalla sua espressione si direbbe che non ce l’aveva affatto con l'umana. Briony sospirò di sollievo mentre con la coda dell’occhio vide Elijah folgorarla con l’ennesima occhiata per poi allontanarsi in mezzo alla folla.

Briony lo lasciò perdere e tornò a sorridere a Rebekah. “Bex, mi fa molto piacere rivederti. Come stai?”

La vampira rispose con una smorfia non proprio convinta. “Di certo non mi mancava questa fogna di città. Ma staremo qui poco per fortuna. Prima dovrò sistemare quei bifolchi che mi hanno sequestrata e imprigionata come un animale”

“Mi dispiace per quello che hai dovuto sopportare Bex. Spero che tu non crederai all’idiozia che io ero dalla loro parte. Ero venuta solo per aiutarti anche se tuo fratello non è del medesimo parere” mormorò Briony saccente e se ne infischiò se Elijah poteva ascoltare. Anzi ci avrebbe sperato.

“Lo so lo so. E anche Elijah lo sa fidati, ma orgoglioso com’è figurati se lo ammette. Devi dargli un po’ di tempo, lo hai ferito moltissimo anche se fa finta che non sia così. La delusione brucia ancora” Rebekah come al solito prese le difese del fratello per farle capire il suo punto di vista, anche se finì per inquietare Briony:

“Non mi perdonerà neanche tra un milione di anni e penso che nemmeno la mia morte riuscirà a farmi scusare. Tuo fratello ha un carattere a dir poco egocentrico, non hai idea di come si è comportato in questi giorni”

Rebekah assottigliò gli occhi diventando stranamente dura:

“Briony, mio fratello è sempre stato così. E’ facile al rancore e molto lento al perdono. E prova un sadico piacere nella vendetta che lui considera onorevole, e posso capirlo. Ma non lascerebbe mai qualcuno che ama in pericolo. Farebbe di tutto per proteggerla”

Briony capiva che l'Originaria voleva difendere il fratello col quale era molto legata, e che infatti era stata salvata proprio da lui nei momenti di pericolo.

“Ma tu sei sua sorella. E’ diverso perché non potrai mai ferirlo nel modo in cui ho fatto io, e alla fine ti perdonerebbe comunque perché sei la sua famiglia. Mentre io ai suoi occhi sono come un insetto. ”

Rebekah lasciò da parte la serietà e sbuffò ironica alzando gli occhi al cielo:

“Stare con quella gentaglia ti ha fatta affogare nel martirio. Ti prego riprenditi oppure mi cadrai anche tu. Combatti e riprenditi il tuo uomo! Mai mollare, è così il mio motto”

E dopo aver parlato il suo sguardo vagò in un punto tra la folla; Briony incrociò la sua traiettoria e vide Matt in mezzo alla folla. Lanciò allora all'amica uno sguardo malizioso e le diede una pacca sulla spalla.

“E allora vai da Matt e fatti offrire qualcosa”

Rebekah accettò subito il consiglio con un luccichio negli occhi:

“Ovvio. E tu fai la brava, vai da Elijah e fai gli occhi dolci come un pulcino” Fu Rebekah questa volta a darle una pacca che indugiò sulla schiena nel mentre si defilava verso Matt.

Le sussurrò poi all'orecchio: "É difficile non provare rancore verso qualcuno che ti ha deluso. Soprattutto se lo amavi nella maniera in cui lui ha amato te. Cerca di capirlo.."

Briony stava per risponderle ma si sentì spostare all’improvviso come se un tornado l’avesse spinta alla schiena: credette di cadere  a faccia a terra ma per fortuna riuscì a trovare equilibrio anche se incespicò diverse volte, piegandosi alla fine in due. Restando così si voltò verso Rebekah, che l’aveva spinta con la sua forza soprannaturale dall’altro lato del ponte,  e ora la fissava con una risatina mentre era intenta a parlare con Matt.

Briony sbuffò quando si accorse che Elijah si trovava molto vicino: era di fronte a lei, vestito in maniera impeccabile, un braccio cadeva mollemente lungo il fianco mentre l’altro gomito era appoggiato alla ringhiera del ponte e la mano teneva un bicchiere mezzo vuoto.

<< Maledetta Rebekah >> Pensò Briony fra sé e sé mentre si raddrizzava.

Elijah tenne a lungo lo sguardo su di lei, ma era uno sguardo impassibile e ricolmo del vuoto. Era invalicabile, impossibile da penetrare. Briony non volendo arrossì.

“Strana coincidenza rincontrarci proprio qui. Buona giornata Briony” disse lui seccamente, guardandola con sufficienza  e spostandosi dal di lì per andarsene.

Se ne stava di nuovo andando… faceva di tutto per non parlare… per buttarle addosso la sua freddezza allo scopo di punirla… Forse davvero lei non valeva più nulla per lui, ma Briony non mollò e decise di inseguirlo.

Elijah aveva già oltrepassato il ponte e Briony si sentì di avere il respiro mozzato anche se aveva corso per poco. Il cuore batteva impazzito per la paura di venire respinta e di incrociare di nuovo quello sguardo illeggibile.

Cercò di darsi forza e miracolosamente trovò la voce in quel corpo spezzato:

“Elijah!”

Non riuscì a gridare molto il suo nome perché la voce era così tenue che il vento avrebbe potuto benissimo strapparla via e portarsela con sé.

Elijah però la sentì perché lei lo vide bloccarsi. Dopo un secondo che sembrò eterno, lui girò di poco il viso ma anche così i suoi occhi implacabili sembrarono affondarla. Rimaneva immobile con una postura elegante mentre in quel silenzio inquietante attendeva che lei parlasse, visto che lui sicuramente non avrebbe emesso parola. Bastava il suo sguardo.

Briony deglutì anche se non aveva più saliva:

“Non credi che dovremmo parlare?”

Elijah sbattè le ciglia con disinteresse.

“No non credo” rispose lui meccanicamente senza nemmeno scomporsi o risultare dubbioso.

Briony temette che lui fosse sul punto di liquidarla in quello stesso istante e azzardò così un passo in avanti. Elijah abbassò lo sguardo ma solo per osservarla dall’alto in basso con espressione di condiscendenza.

Quelle freddezza le fece di nuovo male, sembrava che davvero non gli importasse nulla di lei.. Briony cominciò a sentire il rumore sadico dello strappo che stava per crearsi dentro di lei.

Si portò un capello dietro l’orecchio:

“Senti, mi dispiace..” mormorò titubante. “Mi dispiace per quello che ti ho detto..”

Ma Elijah non la lasciò proprio finire:

“Io non ti ho chiesto niente.” affermò lui duro e implacabile. “Ma almeno spero che la conversazione di ieri sia servita qualcosa, non mi piace ripetermi.”

Briony si sentì assalire dalla sua compostezza gelida, ma la mortificazione non fu grande come sperava perché la presenza di Elijah, purtroppo, aveva un effetto devastante su di lei tanto da abbattere ogni forza.

Si scurì la voce facendo finta di nulla:

“Spero comunque che non negherai l’offerta di Stefan e Damon solo perché ci sono di mezzo io”

L’ombra di un sorriso comparve sul volto di Elijah ma che finì solo per raggelarla ancor di più:

Pecchi di presunzione così. Credi di essere ancora così importante per me?”

La sua freddezza questa volta sfiorò la crudeltà. Sembrò che quelle semplici, letali, parole le scorressero nelle vene come acido che lui stesso le aveva iniettato.

Briony si sentì invadere da una rabbia improvvisa; di nuovo l’odio per essere trattata copiosamente in quel modo da una persona che amava, riaffiorò in lei:

“E tu sei un maledetto egoista e presuntuoso. Non puoi trattarmi in questo modo, ho il diritto di dire ciò che penso” ribattè lei decisa serrando i pugni.

Elijah finì per girare tutto il corpo col solo fine di sbatterle in faccia tutta la sua glacialità. E ne scatenò la forza nel suo sguardo su di lei:

“Con me di diritti ne hai persi molti e non ti devo certo spiegare il perchè. Io invece ti ho già graziata troppe volte in passato, se il Cacciatore non fossi stata tu non avrebbe più emesso il benché minimo fiato qualora io avessi scoperto la sua identità. Non farmene pentire allora.”

Tutta la sua perfidia si concentrò su di lei fino a disintegrarla.  Sembrò quasi che Elijah desiderasse infliggerle dolore con ogni mezzo, come se un cancro maligno le si ficcasse in gola e le lacerasse la mente e il cuore. Mentre quel vampiro davanti a lei sembrava non provare più nulla: ogni sentimento buono in lui era stato anestetizzato e poi ignorato volontariamente.

<< E’ il colmo. Dovrei ringraziarlo per essere ancora viva? >> pensò lei sgomenta guardando il vuoto nero dei  suoi occhi.

“Mai avrei pensato di giudicarti ancor più crudele di tuo fratello. Siete più simili di quanto mi aspettassi.” mormorò lei trattenendo le lacrime per non far vedere quanto soffrisse per il suo disinteresse.

Il gelo passò sugli occhi di Elijah, come un’ombra che offusca una luce.

Proprio quando Briony sperò di ottenere almeno una reazione da parte di Elijah, lui disintegrò di nuovo le sue speranze con uno sguardo di totale impassibilità. Sembrava lo sguardo di uno sconosciuto o qualcuno che ha dimenticato il sapore dei sentimenti.

“Offrimi pure qualsiasi espressione d'odio, Briony Forbes. Su di me i tuoi sguardi non avranno il minimo effetto. Anche perché qualsiasi cosa tu potresti dire non varrebbe niente per me.” E sempre con la stessa glacialità, lui le voltò le spalle per chiudere lì la questione e per farla desistere nel parlargli ancora.

Briony avrebbe voluto lanciargli mille maledizioni, lasciarlo perdere così come lui faceva con lei, e giocare l’indifferenza con l’indifferenza. Ma proprio non ce la faceva.. non con il cuore che si strappava di continuo ogni qualvolta lui si allontanava da lei.

Fece dei passi in avanti:

“Così come non valevo niente quando ti stavo accanto? Quando ti facevo sentire umano nonostante il tuo muro invalicabile? Non mi sembra che non valessi niente a quel tempo.” Mormorò stizzita per fargli ricordare quanto lei aveva fatto per lui, quanto di prezioso avevano condiviso e che non si potrà mai cancellare.

Non si meritava un simile comportamento, le doveva almeno uno sguardo che non trasudava solo esclusivamente indifferenza.

Le doveva almeno questo, si ripetè in continuazione mentre Elijah piano piano si rivoltava verso di lei.

Ovviamente l’Originario non fu di tal parere visto che le riserbò uno dei suoi migliori, e più incisivi, sguardi di tenebra:

Questo é stato uno dei tuoi errori. Farmi sentire umano quando in realtà non lo sono più. Hai finito solo per peggiorare le cose perché dopo mi sono reso conto del mio enorme sbaglio, e quindi ho rimediato.”

Facendo cosa? Diventando più diabolico e cinico di prima? Mettendo maggior strati sulla sua corazza per non farla mai più crollare?

Era esattamente questo ciò che aveva fatto.

Un blocco di pietra rimane un blocco di pietra. Ma se riceve dei cambiamenti fino a creparsi e a scorgere all’interno un bagliore umano, allora cambia davvero ma con dei rischi. Quando la magia e il sogno finiscono, tutte le crepe ritornano al loro posto ma non sarà più come prima. Diventerà molto peggio: un blocco di pietra senza cuore, che non conosce sentimenti, che passa dall’impassibilità alla perfidia in un battito di ciglia, e che sussurra parole di morte con la stessa tranquillità di cui si parlerebbe del tempo.

Briony si sentì disintegrare dalla sofferenza, non avendo più nessuna arma da utilizzare per farlo ritornare da lei e smettere di scorgere quegli sguardi duri e implacabili.

Sviò lo sguardo in lontananza per non mostrargli le lacrime che si addensarono negli occhi. Non avrebbe mai creduto che arrivassero a questo punto.. Alla fine quell'amore gli aveva bruciato l'umanità, come se fosse un veleno che gli brucia la vita nel sangue.. Proprio come aveva detto Ester.. Ed era successo.

“Hai dimenticato proprio tutto Elijah?” Le lacrime scesero sulle guance ma non contò nulla. Tanto su di lui non avrebbero avuto nessun effetto.. non più ormai... era proprio vero che Elijah non aveva più debolezze, e d’altronde lui detestava mostrarsi debole.

L'Originario girò di più lo sguardo verso di lei in maniera seccata, come se volesse archiviare una volta per tutte l’argomento facendole rimpiangere di averlo sollevato:

“E che cosa c’era da dimenticare? Un amore falso che tu non hai esitato un attimo nel buttar via? O forse tutte le bugie che mi hai rifilato alle spalle? Ah no, quelle me le ricordo perfettamente.” Il suo sibilo di morte le arrivò fin dentro il cuore che non ne poteva più di essere torturato.

Quello di Elijah invece sembrava essere talmente tanto abituato a cibarsi del dolore degli altri con sadismo sofisticato, come se ne fosse assetato, mentre le sue di emozioni non ne potevi vedere nient’altro se non il loro abbaglio. Che finiva subito per essere inghiottito ancor prima di fuoriuscire dalla sua corazza di ghiaccio.

Briony fu sul punto di perdere la pazienza, di far esplodere il suo odio come l’altra sera, o di scoppiare a piangere. Non sapeva quale opzione fosse la più saggia.

Cercò di mantenere la calma mentre si avvicinava a lui:

 “Elijah ascoltami…”

Ma non appena lui si accorse che lei voleva avvicinarsi e toccarlo, scattò di lato come un fulmine per sottrarsi al suo tocco, quasi avesse il potere di ucciderlo.

“Non farmelo ripetere.” Sibilò lui glaciale guardandola di traverso per poi girare lo sguardo che trasudava gesti di morte; mentre Briony si sentiva così mortificata da non biascicare parola.

Doveva scegliere tra rimanere inerme di fronte al suo comportamento odioso oppure esplodere come l’altra notte e urlargliene di tutti i colori. Sapeva che lui si meritava la seconda opzione, eccome, ma decise di lasciar perdere perché avrebbe solo fatto nascere l’ennesima discussione vuota. Girò anche lei lo sguardo, non badandogli più.

“Rebekah” Elijah chiamò il nome della sorella ad alta voce per attirare la sua attenzione. Briony rimase immobile mentre la biondina dopo un po’ venne dalla loro parte.

“Beh? Ce ne andiamo di già?”

 “Sì abbiamo già sprecato anche troppo tempo qui” rispose Elijah liquidando con finta indifferenza la conversazione appena avvenuta.

Cinse la schiena della sorella per andarsene e senza più degnare Briony di un’occhiata, ma proprio lei non riuscì più a contenersi e sbottò in un sibilo velenoso, nato proprio per colpire:

“E’ difficile sprecare un’esistenza quando è immortale e soprattutto vuota”

Lanciò una marea di occhiatacce a Elijah anche se le dava le spalle, mentre Rebekah si voltò verso l’amica sentendosi parte di una conversazione che era iniziata male e finiva anche peggio.

La cosa che più colpì Briony però fu la reazione di Elijah che non si sarebbe mai aspettata: rise. Ma era una risata vuota, gutturale, maligna, che durò assai poco, e che non fece molto rumore ma nel cuore di lei lo fece eccome.

Elijah si girò verso di lei con le labbra stampate in quel ghigno malefico. Gli occhi erano terribilmente tetri:

“L’eternità non è infinita, Briony. Può essere spezzata da un giorno all’altro, mia sorella ne è stata l’esempio ma per il resto della mia famiglia temo che voi dovrete aspettare ancora un poco, a meno che qualcuno non voglia affrettare i tempi intervenendo personalmente per mandarci al Creatore.”

Quel tono strano di voce, quasi provocatorio, la lasciò perplessa e incapace di replicare. Non aveva idea a cosa si riferisse o perché parlasse in quel modo alludendo a chissà cosa.

Elijah le rivolse un’ultima occhiata, non di certo piacevole, poi le diede di nuovo le spalle, costringendo Rebekah a seguirlo. L'Originaria lanciò all’amica uno sguardo consolatorio.

Briony le fece un sorriso tirato e guardò i due vampiri allontanarsi da lei.

Non aveva risolto niente, anzi forse aveva addirittura peggiorato le cose col suo atteggiamento testardo. Più lei cercava di aprire uno spiraglio nell'armatura di Elijah, più lui si chiudeva dentro se stesso non lasciando trasparire nulla dei suoi antichi sentimenti..

Forse perché non c'erano più.. Si erano spenti, cancellati e sostituiti dal rancore che il suo sguardo le giurava di provare fino alla fine dei suoi giorni.

A quel punto Briony si arrese: le loro vite erano inconciliabili, separati da un sentiero di lava che rappresentava tutto il male che si erano fatti e che non si sarebbe mai raffreddato con un semplice mi dispiace. Anche un sacrificio di sangue non sarebbe bastato, se le fosse successo qualcosa di brutto era sicura che Elijah non avrebbe battuto ciglio e che non si sarebbe scomposto per aiutarla, mai più.

Era finita, proprio come il destino aveva prestabilito. Come tutte le storie d'amore che si rivelano solo una lurida fantasia ingannevole.

Ma quelle parole erano troppo semplici per chi ha bisogno di una vera ragione per convivere con il dolore.. E lei di ragioni ne aveva troppe e non ne aveva nessuna al tempo stesso.

Si sentiva vuota e piena di sofferenza. E avrebbe voluto in tutti i modi liberarsene.. in qualsiasi modo. Anche nel più vigliacco, pur di non essere perseguitata ogni giorno da questo pensiero: l'Elijah che amava non c’era, non c’era più.

Il rumore dello strappo definitivo nel cuore fu più agghiacciante che mai.

 

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"Briony frena frena." A Jennifer per poco non stava venendo un infarto "Uff madonna.. Non ce la faccio più. Mi hai sfiancata"

La rossa si piegò in due per lo sforzo, goccioline di sudore le scivolarono lungo la fronte mentre Briony indietreggiò fino a lei. "Scusa. Ci ho preso troppo la mano"

"Lo vedo! Correvi come se stessi scappando dal demonio"

Le due ragazze infatti erano uscite al mattino per correre lungo la prateria vicino alla cascina dei cacciatori, e Briony aveva corso proprio come se stesse scappando.. Da tutti i suoi problemi e dal mondo.

Si stiracchiarono i muscoli e improvvisamente a Jennifer brillarono gli occhi, un minuto prima sfiancati. "Guarda chi si vede" esclamò con una risatina rizzandosi sulla schiena, mentre Briony vide con la coda dell' occhio Willas venire verso di loro, anche lui in tuta da ginnastica.

"Già attiva di prima mattina? La mia donna ha davvero fuoco nelle vene." mormorò lui affascinante, avvicinandosi a Jennifer e dandole un bacio non proprio casto.

Briony sviò lo sguardo per non essere di troppo di fronte a quello spettacolino ma non poteva non sentirsi un po’ imbarazzata. Quando finalmente Willas si staccò dalla sua ragazza solo allora si accorse della presenza di Briony e la fissò con sufficienza.

"Ah ci sei anche tu"

Jennifer gli diede una pacca sulla spalla ben muscolosa dove poi appoggiò stancamente la testa, mentre Briony fece una risatina acida rivolta all'uomo:

"Beh non sono così piccola da non riuscire a essere notata da un palmo del tuo naso, ma voi fate pure con comodo"

Will le fece una smorfia poi ritornò serio. "Non avrei neanche tempo per allenarmi oggi. C'è stata un'emergenza e per fortuna vi ho beccate"

Jennifer pose l'altra mano sulla sua spalla guardandolo scettica: "Che é successo ancora?"

Briony alzò le antenne per capire meglio mentre Willas continuò.

"Non si può dire che sia un'emergenza perché per me sarà parecchio gradevole... Per altri invece..." il suo sguardo improvvisamente maligno si soffermò un po’ troppo su Briony, che si sentì pervadere da una brutta sensazione.

"Ma non perdiamo tempo. Sù andiamo" Will fece passare davanti Jennifer come se avesse re-imparato le buone maniere mentre invece lasciò indietro Briony, che continuava a pensare che se una cosa era gradevole per Willas allora doveva per forza essere spiacevole per lei.

Sentendo delle schegge affilate che le contorcevano lo stomaco, Briony si mise a seguire i due cacciatori.

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Paletti di quercia bianca? Uccidere in maniera definitiva gli Originari?

Briony si sentiva fischiare le orecchie, il cuore si era inabissato in un punto profondo del petto, mentre suo padre Bill da buon capo qual'era stava spiegando a tutti il suo nuovo piano malefico.

Esisteva ancora un albero di quercia bianca, lo stesso che aveva aiutato a creare i vampiri mille anni fa e che poteva anche togliere loro la vita. Per sempre. Senza la possibilità di risorgere.

La fortuna stava dalla loro visto che quell'albero si trovava nella foresta di Fell's Church, dove cresceva ogni 300 anni. L'unico neo era riuscire a localizzarlo in una foresta così fitta, ma avevano buone possibilità di localizzarlo grazie agli studi intrapresi da Robert e che per fortuna erano riusciti a recuperare senza che quel mostro d'Originario se ne accorgesse. Quindi erano persino a dieci passi avanti ai Mikaelson visto che loro non ne sapevano assolutamente niente, sarebbe stata una vera sorpresa.

<< Poveri sciocchi >> pensò Briony ricordando la conversazione con Elijah. Sicuramente l'Originario aveva captato qualcosa visto che lui non si lasciava ingannare da chicchessia, e le sue frasi allusive ora avevano un senso per lei.

Mentre gli altri erano stra convinti che i Mikaelson fossero ignari di tutto, e comunque lei taceva pur sapendo il contrario.

Traditrice. Scacciò subito quella vocina perché lei non faceva parte di quel team di cacciatori, l’aveva sempre messo in chiaro perché non voleva farne parte. In realtà non si sentiva parte di nessun posto in quel momento.

Il suo vero e unico posto si era allontanato da lei, richiudendo ogni possibile via per tornare ad unirsi.  Anche lei avrebbe dovuto chiudere quella porta, per iniziare una nuova esistenza, ma quella porta non sapeva proprio chiudersi.

Mentre gli altri finivano di architettare il piano per ripescare il legno di quercia bianca, la mente di Briony saettò di nuovo nella conversazione con Elijah come se non riuscisse a farne a meno. Le aveva fatto capire che lui sapeva cosa loro avessero in mente ma non solo..

Qualsiasi cosa tu potresti dire non varrebbe niente per me.

L’eternità non è infinita, Briony. Può essere spezzata da un giorno all’altro, mia sorella ne è stata l’esempio ma per il resto della mia famiglia temo che voi dovrete aspettare ancora un poco, a meno che qualcuno non voglia affrettare i tempi intervenendo personalmente per mandarci al Creatore.

Le aveva fatto intendere sotto quel profilo freddo, duro e arrogante, che non poteva più fidarsi di lei dopo che gli aveva giurato che i suoi nuovi amici cacciatori non avrebbero  fatto nulla contro la sua famiglia. Le riversava il suo immenso rancore perché si era sottostata al mostro che aveva ucciso sua sorella, perché stava dalla parte delle persone che volevano ucciderli tutti, diventando così ciò che il destino voleva che lei fosse e mettendosi così contro di lui.

A quella nuova scoperta Briony si sentì delle stalattite di ghiaccio conficcate nel cuore.

Non sarebbe bastato nulla se avesse detto che lei non ne sapeva nulla di quel nuovo piano,  perché Elijah nella sua mente credeva già di aver capito tutto, e il suo infinito orgoglio gli impediva di tornare indietro perché forse era meglio pensarla così. Gli aveva già strappato il cuore in mille modi diversi, che differenza c’era se l’avesse anche ucciso con un paletto di legno? Per lui non c’era secondo il suo modo di vedere la vita; perché era più letale essere traditi, delusi, piuttosto che essere uccisi.

Briony si sentì perduta in mezzo a quel chiacchiericcio che sentiva nelle orecchie, il cuore si inabissava sempre di più in un punto intoccabile.

Erano ormai tutti decisi nell’agire entro la notte e quello più esaltato era ovviamente Willas. “Che piacere enorme sarà strappare i loro cuori neri dal petto.”

“Avrei una mezza idea di mandarvi tutti al diavolo”

Le parole le fuoriuscirono di bocca senza che le fermasse. Tutti si girarono verso di lei, Will la fissò contrariato. “Che cosa sei tu? Una semplice stupida o una stupida innamorata? Credo entrambe le cose”

Briony ricambiò l’occhiataccia:

“Il problema non è questo. Il problema è che mio padre credo si sia dimenticato che la sua figlia minore è un vampiro ma non pensavo che voi, un gruppo di così brave persone, accettaste il figlicidio” mormorò con tono acido guardando poi di traverso suo padre, che continuava a lanciare frecciatine alla figlia per farla stare zitta.

Ma ormai il vortice di parole non voleva placarsi in lei. Si sentiva ardente di rabbia nei confronti di tutti loro:

“Allora papà? Non parli?”

Visto come la figlia lo stava sfidando davanti a tutti i suoi amici, Bill fu costretto a ingoiare il rospo e farsi avanti:

“Per quello abbiamo un altro piano in mente, devi avere fiducia in me”

Briony avrebbe tanto voluto ridergli in faccia o sputargli addosso critiche velenose, ma gli altri cacciatori cominciarono a parlare fra di loro dicendo che dovevano anche mettersi in contatto col pastore Young, visto che dirigeva lui le ricerche nella foresta di Fell’s Church.

Briony allora alzò gli occhi al cielo, non riuscendo a trattenersi:

“Immaginavo che foste in combutta anche con quei pazzi e quel falso prete di Young che hanno rapito Rebekah Mikaelson. A mantenere la parola data non siete poi così tanto bravi visto che avevate detto che non volevate nessuno scontro con i Mikaelson dopo il ballo. Ma forse qualcuno ha preso l’iniziativa di nascosto” I suoi occhi verdi saettarono contro quelli scuri di Willas, certa che lui ovviamente c’entrasse qualcosa visto la sua guerra aperta con gli Originari.

L’uomo non si scompose più di tanto infatti fece un ghigno divertito:

“Sì certo sono stato io. Kennedy, l’11 settembre, il terremoto in Giappone. Ho fatto tutto io.” Esclamò ironico come per prenderla in giro. Jennifer gli diede una pacca contro il fianco per farlo smettere di fare il cretino, mentre gli altri continuavano ancora a parlottare tra loro.

Alla fine si decise di andare entro qualche ora nella foresta di Fell’s Church per localizzare l’albero di quercia bianca e usarlo  per farne un’arma contro i vampiri. C’erano già alcuni cacciatori sul posto ad attendere.

“Io purtroppo non posso venire. Devo andare a Denver, ci sono stati alcuni attacchi sospetti di animali e mio padre vuole che vada a controllare entro la giornata” disse Jennifer all’improvviso e Willas stranamente ne fu quasi sollevato come se non la volesse vicino alla linea di fuoco. Le raccolse alcuni ciuffi rossi tra le dita, sfoderando un bel sorriso, poi alzò subito lo sguardo verso Briony.

“Tu vieni invece. Non mi fido a lasciarti girare da sola, chissà quali pensieri idioti ti entreranno in testa. Voglio tenerti d’occhio”

La ragazza lanciò un’occhiata omicida a Willas che ricambiò con un sorriso furbetto, visto che ovviamente non si fidava di lei.

Anche Bill continuava ad osservare la figlia con uno strano sguardo.

<< Andiamo bene >> Pensò Briony tra sé e sé deglutendo l’ansia che le ribolliva la gola.

 

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Camminarono a piedi lungo la foresta, ogni sentiero era inagibile se entravi con la macchina quindi dovevi fare tutta la strada a piedi. Briony camminava tra i fitti arbusti e le radici robuste, cercando di non incespicare.

Non le era mai piaciuta quella foresta fin da piccola, sembrava piena di pericoli o stregata, senza contare che doveva passare il tempo fianco a fianco con Willas. Indossare un guinzaglio sarebbe stato meglio; l'uomo non la perdeva mai d'occhio e le aveva pure requisito il cellulare scanso equivoci.

Briony borbottava tra i denti, obbligata ad assecondare quella farsa. Finalmente il cammino finì e si ritrovarono di fronte a una cascina di montagna situata proprio nel centro della foresta. Briony sapeva a chi apparteneva: era di un vecchio scorbutico che viveva sperduto e isolato in mezzo a quella jungla da tutta una vita. Quindi doveva sapere ogni cosa sugli alberi piantati lì, anche se Briony stentava a credere che quel vecchio potesse aiutarli.

Bussarono alla porta e subito l'abbaiare di cani li misero in all'erta. Briony rimaneva indietro alla fila sempre con Willas alle calcagna.

Ma cosa stava respirando? Sembrava che l'aria fosse asfissiante, velenosa, come se i rami di quegli alberi morti la stessero risucchiando con i loro artigli. Quell'aria minacciava di soffocarla.

Quando credette di impazzire ecco che la porta della cascina si aprì: un vecchio burbero apparve sulla soglia con un sigaro in bocca e lo sguardo truce, che poi man mano si allargò in un grande sorriso "Ma chi si vede! É un bel po’ di tempo che non ti vedo da queste parti Bill Forbes! Sei venuto a torturare qualcuno nelle profondità delle foresta?"

Briony sentì il padre ridere, cosa che la mandò in bestia "Vecchio Terry. Vuoi avere la cortesia di farci entrare? Vorremmo chiederti delle informazioni"

"Uhmmm. Siete stati fortunati che vi abbia riconosciuto, stavo proprio per ordinare ai miei cani di sbranare gli stranieri.” Mormorò emettendo fumo dalla bocca “Stanno succedendo cose molto curiose di questi tempi. Di solito c’è un andar e rivieni su per questo sentiero, ma individui così strani e misteriosi come quello non ne ho visti in tutta la mia vita. Non attraverserà  la mia terra senza permesso una seconda volta, se riesco a pescarlo" disse il vecchio con voce lamentevole.

"Di chi stai parlando?" chiese Bill perplesso.

"Allora non l'avete visto? É andato sù per quel sentiero a Nord meno di una mezz'oretta fa. Un individuo losco, e faceva domande losche"

Subito Briony si irrigidì mentre Willas le lanciò uno sguardo di puro odio, come se la ragazza avesse avvertito Elijah persino con dei segnali di fumo.

Briony deglutì mentre l'aria non sembrava più così asfissiante come poco prima, quasi che il fatto che Elijah fosse stato lì avesse giovato all'ossigeno che ora le entrava nelle narici.

"E questo individuo losco.. L'ha fatto entrare?" Ovviamente dal tono duro di Bill si capiva che anche lui aveva intuito chi era l’individuo losco. Briony continuava a guardarsi attorno come se da un momento all’altro Elijah  potesse apparire all'improvviso.

"Certo che no. Non mi fido delle persone che non piacciono ai miei cani. E poi quel tipo ti guarda in un modo da incuterti tremiti d'inquietudine sù per tutto il corpo. Era accompagnato da una biondina niente male ma quella sembrava solo interessata a non sporcarsi le scarpe con la terra"

Rebekah ovviamente.

"E che cosa volevano?"

"Delle informazioni su un certo albero che ovviamente non ho dato. Ma venite, entrate che parliamo meglio"

Il vecchio li fece entrare, per fortuna erano venuti solo in sei in quel momento a pattugliare la foresta quindi la casetta era abbastanza grande per tutti. Ad accoglierli però ci fu l’ennesima creatura curiosa:

"Siete per caso arrotolati in mezzo al fango per essere così in ritardo?"

Per la prima volta in quel giorno Briony sorrise davvero quando incrociò gli occhi divertiti di Chuck: stava seduto vicino a un tavolo, le gambette ciondolavano lungo la sedia ed era intento a bere qualcosa.

Willas spinse malamente Briony contro una sedia e la costrinse a starsi buona e zitta. Lei gli ruggì contro:

“Attento che potrei perdere la pazienza, non mi faccio trattare così. Non è colpa mia se hai dei problemi da pazzo schizofrenico o se il vostro piano sta miseramente fallendo”

La sua battuta costò parecchie occhiate torve da parte dei cacciatori ma non le importò proprio un fico secco; si mise vicino a Chuck mentre gli altri parlottavano col vecchio Terry in merito all’albero di quercia bianca.

Briony teneva un orecchio aperto su quella conversazione per non perdersi niente.

Allora… anche tu sei venuta nella jungla vedo.. non ti procurerà qualche problema?”

Ovviamente la domanda di Chuck era retorica visto che il suo problema non era combattere, ma il tormento che lei sentiva ad ogni minuto che passava, al pugno dello stomaco che si allargava sempre più.

“Sono venuta di mia spontanea volontà mesi fa da voi.. perché dovrei tradirvi proprio ora?” disse cercando di apparire normale.

“Perché tu sei l’ultima persona sulla faccia della terra che potrebbe far del male ai Mikaelson. Soprattutto a uno in particolare. Che strano scherzo del destino.”

Lo sguardo di Chuck però non era accusatorio e comunque sembrava disinteressarne dell’esito dello scontro che sarebbe avvenuto entro poche ore. Ma anche così Briony non riuscì a essere sincera o a sfogare il suo dolore per non poter fare niente per impedire quella guerra.

Sviò lo sguardo in un punto in  cui non c’era nessuno, per non farsi così apparire tanto debole da raccontare agli altri come sanguinava dentro.

“Senti.. ci siamo lasciati… non m’importa più niente di lui dopo come mi ha trattata, e non ci sarebbe comunque un futuro tra noi… perché dovrei preoccuparmi per lui quando lui non lo fa per me?”

Una persona egoista avrebbe mandato a Elijah a farsi benedire dopo come le aveva parlato, e se ne sarebbe infischiato visto che lui sembrava tanto invincibile e forte. Forse se lui fosse scomparso, lei avrebbe trovato un po’ di pace… non sarebbe stata così male ogni volta che lo vedeva…

Briony avrebbe solo voluto pensare un po’ più a se stessa e un po’ meno a lui.

Ma con certe persone, con certi occhi, con certe anime, sei costretto a farci i conti per una vita intera.

La voce di Chuck la riportò alla realtà: “Non lo sto dicendo mica per criticarti. Sei umana”

“No non lo sono” rispose lei duramente.

“Lo sei nelle cose che contano. E non posso biasimarti se ora ti senti sull’orlo della disperazione visto che tuo padre sta progettando la morte del vampiro che ancora ami.”

Briony trasalì come se qualcosa avesse schioccato una freccia sul suo tormento interiore. Si vedeva lontano un miglio che lei non era d’accordo con ciò che stava succedendo e si chiedeva appunto come mai i cacciatori non la facessero fuori per levarsela di torno.. forse essere la figlia di Bill l’antivampiro nazista aveva i suoi vantaggi.

“Possiamo non parlarne? Non voglio rodermi il fegato fino a quando sarò costretta a stare qui” mormorò stizzita visto che Will non la perdeva un attimo di vista e la fissava come un falco predatore. Briony si era molto rafforzata grazie agli allenamenti di Chuck ma aveva l’impressione di essere una piccola formica rispetto a Will che sembrava l’incredibile Hulk.

Gli altri cacciatori erano parecchio agitati visto che era chiaro che i Mikaelson li avevano anticipati ma Bill sembrava ottimista perché credeva che i vampiri non avessero ancora localizzato l’albero. Bisognava però agire in fretta prima che qualcuno bruciasse ogni cosa.

Briony fischiettò noncurante e si mise ad osservare i cani del vecchio Terry che ora si erano ammansiti e stavano dormendo sotto il tavolo. Tornò poi a guardare Chuck che stava osservando alcuni vecchi fogli di pergamena parecchio spiegazzati.

Sembravano molto antichi, e sopra c’erano disegnati dei simboli strani che sembravano aztechi. Forse raffiguravano il fuoco o la luna, ma c’erano dei disegni ben precisi e delineati che rappresentavano sette bellissimi e affilati pugnali.

“Che roba è?” domandò Briony letteralmente catturata.

Chuck la guardò noncurante e rispose:

“Questi sono gli strumenti con il quale è stato creato l’incantesimo dei Cacciatori più di mille anni fa”

Briony traballò sulla sedia, stentando a credere alle sue orecchie. Gli occhi si sgranarono mentre osservava il foglio di pergamena nelle mani di Chuck.

“Vedi? Sette pugnali. Uno per ogni Originario. I fratelli Mikaelson e il caro papà. Una notte di luna piena Ayana ha incanalato la magia di quel potere celeste in questi pugnali; e Connor poi col potere del fuoco e un sacrificio di sangue ha fatto in modo di legare l’anima incorporea di ogni Cacciatore a un Originario che era destinato a cacciare e a uccidere”

Briony sentì il cuore pompare in maniera impazzita. Ormai ascoltava solo il racconto di Chuck, niente aveva più importanza per lei. Anche se scoprire le origini della propria natura era assai terrificante.

“Il rito prevedeva che due creature venissero legate tramite oggetti, i pugnali in questo caso, benedetti dal potere degli Dei per rendere il legame indistruttibile e immutabile per l’eternità. Sono attratte come da calamite e persino il subconscio perde ogni controllo. Non è stato un semplice incantesimo, ma un vincolo creato di fronte agli Dei che sarebbe perdurato per i secoli a venire. Ovviamente un vincolo d’odio e di sangue, che può finire solo con la morte”

Briony era rimasta zitta col cuore che pareva districarsi in mezzo ad un mare di fiamme. Di sicuro l’incantesimo nel suo caso non era andato come previsto e aveva fatto cilecca, oppure l’amore che provava per Elijah era così forte da andare persino oltre al volere della natura o della magia, o a quell’inganno del destino di cui era stata vittima. Il fatto che era stata in grado di fronteggiarlo per così tanto tempo la esaltava, ma purtroppo fu conscia anche di una cosa..

La fine della loro storia era sempre stata lì, sin dall’inizio.

Un’ombra era sempre stata in agguato per rubare e sopprimere la fiamma del loro sentimento imprevedibile, e tramutare quell’amore sbagliato nell’odio che dovevano provare.

Il loro intenso legame li aveva spinti in una relazione totalitaria e assoluta, fino però a toccare il limite, tanto da diventare distruttiva. Ecco perché non avrebbero mai potuto essere una coppia normale o felice come le altre… si sarebbero fatti sempre del male, anche quando si amavano.

Per colpa di quel stramaledetto incantesimo l’amore che lei provava per Elijah, e che lui provava ancora per lei negli angoli remoti del suo cuore, sarebbe stato sempre  fatale.

Ma forse se non ci fosse stato quell’incantesimo loro due non si sarebbero mai incontrati.. Briony non avrebbe mai fatto quel sogno e non l’avrebbe mai salvato nella cantina dei Salvatore… Però sarebbe stato meglio così? Non l’avrebbe mai incontrato, ma non avrebbe mai sofferto così atrocemente e l’anima non si sarebbe sbriciolata in mille pezzi come aveva fatto prima di lei il cuore.

In questo modo però stava rinnegando l’amore che avevano provato per tutto quel tempo, e il cuore non si sarebbe mai distrutto ma non avrebbe neanche mai battuto così forte allora.

Briony sospirò rumorosamente, portandosi le mani nei capelli, non sapendo proprio cosa pensare o fare.. Tutto sembravano andare contro di lei.

Tornò a guardare il foglio di pergamena e Chuck indicò un pugnale con un dito: “Questo credo sia il pugnale che è stato usato per legare te e Elijah”

Non poteva essere altrimenti. Era il più bello, regale ed elegante di tutti gli altri: aveva la lama curva in acciaio splendente, fornite da decorazioni argentate nella pomellatura.

“E.. dove sono finiti questi pugnali?”

Chuck scrollò le spalle. “Scomparsi chissà dove… o nascosti. E comunque non ci faresti un granchè perché non possono essere distrutti; sono intoccabili grazie alla magia di Connor e nemmeno il fuoco, il ghiaccio o il ferro può scalfirli.”

“E come si potrebbe fare allora… per spezzare questo legame d’odio che unisce il Cacciatore all’Originario?” domandò lei con un pizzico di speranza nascente.

“La soluzione più semplice di tutte”

Briony sbattè le palpebre. “E cioè?”

Chuck per la prima volta la guardò con uno sguardo ombroso. “Uno dei due deve morire”

Il cuore di Briony si ammutolì insieme alla sua voce. La voragine nel petto ritornò ad espandersi, consapevole che non avrebbe mai scordato quelle parole per il resto della sua vita.

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Erano passate ore e i cacciatori erano già pronti per la marcia: avevano individuato il territorio nel quale era localizzato l’albero, e stavano racimolando tutte le armi disponibili. Asce, seghe, pugnali. Soprattutto pugnali. Ma erano strani, Briony notò che avevano una forma strana, per nulla dritta e la punta colorata di nero. La lama risplendeva come se fosse fatta col materiale della luna.

Fu come se ritornasse indietro col tempo quando Elijah le aveva raccontato di quando si era scontrato con Maggie più di 20 anni prima e di come alcuni cacciatori utilizzassero pugnali speciali in grado di ferire qualunque vampiro.

Briony sgranò gli occhi e temette di avere un attacco d’asma. Sentiva il terrore artigliarle le vene, impedendo al sangue di scorrere fino al cuore. Credette sul serio di sentirsi male non appena fu conscia che entro pochi minuti i cacciatori sarebbero usciti da quella porta, forse dritti a uno scontro letale con gli Originari.

Le ossa le tremavano anche quando Chuck tentò di metterle la piccola mano sulla sua.

“Briony non fare sciocchezze” disse come se le avesse letto nel pensiero.

La ragazza lo guardò a malapena perché non riusciva a non fissare quei cacciatori che forse avrebbero decretato la fine dei vampiri. Non poteva farne a meno, quando si parlava della fine di Elijah allora si parlava anche della sua di fine.

Possibile che dopo come l’aveva trattata, lei non riusciva a spezzare quel legame? A preoccuparsi sempre per lui al di sopra della propria vita?

“Sai, vedo chiaramente due destini scritti davanti ai tuoi occhi” Le parole di Chuck la costrinsero quasi a guardarlo dritto negli occhi. “Vedo la serenità, la tranquillità, la pace. Ma senza di lui.” Briony intuì subito a chi si riferiva. “E poi l’oblio, la disperazione e la morte. Con lui.”

Briony scosse ininterrottamente la testa, mentre il cuore annaspava in mezzo a quel dolore come in cerca d’aria sana. “Di solito ascolto sempre i tuoi consigli Chuck. Ma in questo caso ne faccio volentieri a meno”

“Di cosa hai veramente paura, Briony? Di perdere? O di perdere Elijah?”

Lei stava per fulminarlo con lo sguardo perché più parlava e la realtà diventava più fitta e divorante, più lei si sentiva mancare l’aria in quel cuore soffocato.

Lo sguardo però saettò invece verso gli altri cacciatori che stavano per andarsene… Briony cercò invano di respirare, di riprendere ossigeno mentre si prendeva la testa tra le mani fino a conficcare le unghie nei capelli.

La testa le martellava per colpa dei pensieri contrastanti che la divoravano.. Una parte di lei diceva che Elijah doveva arrangiarsi, che dimostrasse pure che lei non valeva più niente per lui restando quindi da solo; ormai le loro vite si erano separate e lei non doveva intromettersi…

Una parte di lei invece, quella che proprio non riusciva a spegnere, le gridava che non poteva lasciare che Elijah morisse. Doveva salvarlo, costi quel costi. Anche calpestando la propria dignità, anche se ciò avrebbe significato un altro mare di dolore sotto cui affondare.

“Io quella lì non la lascio senza sorveglianza. Non mi fido di lei.”

La voce arrogante di Willas la riscosse dai suoi pensieri e Briony ruggì come un leone imbufalito “Senti, questo non è il mese migliore della mia vita. Quindi risparmiati questi tuoi commenti perché non ho bisogno della balia!”

Lui le sorrise in segno di sfida. “Ma non è per la tua incolumità che lo dico”

Ovvio, lui aveva solo paura che lei corresse dritta dritta fra le braccia degli Originari per difenderli. Si chiese perché non la uccidesse, scanso equivoci. Ma forse Jennifer lo aveva pregato di fare il bravo.

“Resto io qui”

L’affermazione di Bill colse tutti di sorpresa ma c’è da dire che bisognava essere sollevati perché se c’era uno che fermava le persone con ogni mezzo era proprio lui. E anche se doveva mettere le mani addosso alla figlia non avrebbe battuto ciglio.

Briony gli lanciò un’occhiataccia ma contenta perché così avrebbero parlato senza indugi. Tutti gli altri uscirono, Willas per ultimo le lanciò un’occhiata di fuoco, segno che se osava vederla gironzolare in mezzo alla foresta le avrebbe spaccato le ossa una ad una.

Lei fece finta di nulla mentre anche Chuck si dileguava chissà dove in silenzio portandosi dietro i suoi fogli; poi Briony si mise davanti al padre. “Spiegami subito come intendi proteggere Caroline. E spero per te che sia una spiegazione esauriente”

Bill sbuffò:

“Uccideremo Elijah col legno di quercia bianca ma prima che muoia definitivamente faremo un incantesimo di cambio di corpo. Lo sostituiamo nel corpo di un volontario, lo copriamo di calcestruzzo e lo sotterriamo. In questo modo i vampiri nati dalla sua discendenza non moriranno”

Briony aveva ascoltato quella spiegazione che poteva anche sembrare valida visto che Caroline sarebbe sopravvissuta, ma la sola idea di Elijah morto e sotterrato per sempre la privò del respiro.

Lui forse non avrebbe battuto ciglio se ci fosse stata lei, magari lo avrebbe interpretato come un caso fortuito del destino, ma lei non riuscì ad evitare la scossa che sentì al cuore che rischiava di infrangersi per sempre.

“Senti Briony… non dovresti sentirti in colpa perché tu non gli devi niente. Come ti ha trattata da quando è ritornato? Sembra che ti ami ancora? Sai già la risposta quindi se lui ti starà alla larga per sempre tu potrai finalmente essere in pace. E’ molto più semplice così.” disse Bill come se si fosse appena calato nei panni di un padre premuroso.

Briony fece finta di non ascoltarlo e cercò di non badare al tempo che passava. Fuori era già notte, non si sentivano grida né rumori strani. Sembrava una quiete poco prima  della tempesta. E lei aveva la possibilità di tirarsene fuori per una volta. Di pensare solo e esclusivamente per se stessa, per far sì che tutta quella sofferenza se ne andasse....

Però l’amore non va via. L’amore non è un sentimento che si perde come un oggetto caduto in mare o una goccia smarrita sull’asfalto in una giornata di pioggia. Rimane lì, negli angoli più profondi del cuore e lì resterà finchè avrai abbastanza vita in corpo.

Per quell’amore letale doveva però compromettere di nuovo la sua esistenza? Ricominciare tutto da capo anche se non sarebbe servito a nulla?

“Briony hai scelto tu mesi fa di essere dalla nostra parte. Nessuno ti ha obbligata, abbi almeno la decenza di mandare avanti le tue decisioni”

“Di decenza è proprio meglio che tu non parli” ribattè lei decisa.

Si mise poi di fronte agli armadietti dove c’erano le riserve di cibo e ne prese qualcuna. “Ho fame. Vuoi qualcosa?”

Bill inarcò il sopracciglio. “Saranno anni che non cucini per me”

“Dovremo pur passar il tempo no?”

Ma più i minuti rintoccavano nell’orologio, più lei sentiva la sua condanna all’inferno avvicinarsi in maniera spietata.

Alla fine prese la sua decisione e si girò per guardare il padre. << Tanto non ho nulla da perdere. >> Se non la sua vita, che senza Elijah ormai non contava più nulla.

“Non illuderti. Vivo o morto, non lo rivedrai mai più” ruggì il padre all’improvviso.

Briony gli fece un enorme sorriso “Certo papà. Hai ragione” Mormorò prendendo una padella per cuocere qualcosa.

Bill alzò il sopracciglio, davvero sorpreso per quella resa. Girò il viso per guardare fuori dalla finestra. “E’ ancora presto per dirlo ma sono sicuro che la nostra nuova vita sarà..” Ma Bill Forbes non finì mai la frase. Aveva girato lo sguardo verso la figlia che lo aveva letteralmente colpito con la padella in pieno viso; a causa del forte schianto Bill cadde dalla sedia mezzo svenuto.

Briony si avvicinò col respiro accelerato. Il grande Bill Forbes messo k.o da una padella. Da non credere.

Non perse tempo e si diresse subito verso l’uscita: non c’erano più armi disponibili, se le erano portate tutte via, ma follemente non le importò. Vorrà dire che avrebbe usato le mani, i denti, anche il suo oscuro potere per impedire a Elijah di morire. Nessuno l’avrebbe ostacolata.

Corse verso la porta col fiato accelerato, ma qualcuno le sbarrò la strada. Briony si bloccò in tempo, non sapendo cosa fare. Perché fra tutte le persone doveva combattere proprio con lui? L’ultima cosa che voleva era fare del male a quel piccolo amico che le aveva sempre donato una grande forza per rialzarsi.

“Chuck… ti prego. Fammi passare” mormorò lei.

Il nano lo squadrò dalla testa ai piedi con i suoi piccoli occhi asimmetrici. Quando Briony temette il peggio, l’amico si fece da parte lasciandola così andare per la sua strada.

“Vai.” Disse soltanto.

Briony sospirò e gli mimò un grazie con le labbra, e corse fuori dalla cascina a più non posso.

L’oscurità subito la sommerse, le foglie degli alberi sembravano coprire la luna alta in cielo. Un terribile presagio ad un tratto  l’avvolse... che magari era tutto inutile, che erano già morti.. anche lui..

Si rifiutava però di ammettere che potesse essere vero. Correva andando oltre la paura, oltre il coraggio.

Sapeva solo che doveva salvare Elijah oppure morire in quell’impresa.

 

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Verso Nord. Doveva correre verso il Nord, era lì che era stato localizzato l’albero di quercia bianca. Ma dov’era il Nord?

Briony cercò di ricordare le vecchie lezioni di geografia nell’orientarsi grazie alle stelle, ma il cielo era così buio e avvolto dalle nubi che non si vedeva nulla.

Cercò di non farsi prendere dal panico e seguì un sentiero che era percorso da diverse orme, forse quelle dei cacciatori.

Corse, corse e corse, con tutta la rapidità che le sue gambe spossate le consentivano. La luce se n'era ormai andata del tutto e la notte cupa la intrappolava, stringendola come in una morsa. Era assolutamente impossibile orientarsi. Doveva soltanto andare ad occhio e agire d’istinto pregando che non si sbagliasse.

Le sembrava di scalare, salire, inciampare all'infinito. Non poteva nemmeno gridare perché avrebbe attirato anche i suoi nemici e doveva dimostrarsi furba, anche se sentiva il cuore battere fortissimo per l’inquietudine.

Si sentiva stanca e sudava, pur sentendosi congelata. Il buio era pesto.

Dove sei? Invocò Elijah con la mente, al colmo della disperazione.

Ma ci fu solo un silenzio lugubre attorno a lei. Briony rimase immobile per un attimo con le orecchie tese, scrutando le tenebre. Si rese improvvisamente conto che faceva terribilmente freddo. Brandelli e lembi di tetra nebbia le passarono silenziosamente accanto. Il vento incominciò a fischiare nell'erba.

Forse sarebbe stata quella foresta la sua tomba.. Forse il suo aiuto non avrebbe contato nulla ma il cuore sentiva che lei doveva agire lo stesso.

Perché alcune volte gli amori senza speranza conducono a gesti disperati. Devi lottare e rialzarti, anche se sai che cadrai ogni volta dritta nel vuoto o aggraverai la tua condotta.

E poi perché non dovrebbe rischiare la vita se non sarà mai felice per quanti sforzi potesse fare? Senza Elijah ormai la sua vita non contava nulla, non riusciva ad esistere senza di lui. Lo aveva sempre saputo ma se ne era resa veramente conto solo poco prima.

Continuò a camminare guardandosi attorno.

C’era uno strano silenzio attorno a lei ma sentiva comunque il pericolo, quasi lo respirasse come l’aria. Ma non doveva arrendersi, doveva pensare alla ragione per cui aveva resistito così a lungo per tutto quel tempo.

Elijah, Elijah, Elijah.

Mentre riprese a correre la nebbia fu spazzata via, sembrò come se l’oscurità e un nuovo silenzio l’avesse di nuovo sommersa. Aveva il cuore a mille e non sapeva come placarlo.

Sentì all’improvviso dei rumori davanti a lei, distanti ma non così lontani come sembravano. Briony si avviò in quella direzione ma dal buio, all’improvviso, uscirono due mani che la afferrarono con forza e la tirarono verso un albero.

Qualcosa di freddo le tappò la bocca. Il grido le salì nella gola, le braccia avrebbero voluto divincolarsi ma era come se si fossero paralizzate. Briony cercò di respirare,  ma questo le portò alle narici un odore inconfondibile.

Riconobbe subito l’odore di quella pelle, riconobbe senza incertezze il tocco dell’altra mano sulla sua vita.

I polmoni si svuotarono e i muscoli furono sedotti da un’improvvisa tranquillità.

“Non fiatare.”

Era la sua voce, un sussurro basso, profondo e minaccioso che suonava però come una musica celestiale nelle orecchie di Briony.

Era talmente felice che Elijah fosse ancora vivo, di essere arrivata in tempo, che si sarebbe messa a saltellare su un piede solo, gridando dalla gioia. Ma era letteralmente paralizzata dallo shock e dalla sorpresa che la voce non le sarebbe uscita neanche volendo.

Elijah aveva la schiena contro un albero, quella di Briony invece era appoggiata strettamente contro il petto di lui.

Senza farla voltare e senza toglierle la mano dalla bocca, Elijah avvicinò il viso ai suoi capelli e le parlò all’orecchio:

“Non griderai vero?” le bisbigliò terribilmente minaccioso, con un tono di voce così profonda da farle venire un brivido, che le fece capire quanto fosse immenso il piacere di sentire il suo corpo incollato a quello di Elijah. Nulla sembrava più forte di ciò in quel momento, il desiderio di lui sommerse qualsiasi altra realtà.

Briony tentò di riprendere sicurezza e assentì piano con la testa. Sembrò convincere Elijah che infatti le lasciò andare lentamente la bocca: di nuovo quel gesto le provocò un brivido che non voleva finire.

Briony riprese poi debolmente a respirare mentre Elijah la fece spostare e si guardava attorno con fare sospetto: “Credevate davvero che ci avreste gabbati così? Non siamo nati ieri.” disse semplicemente continuando ad osservare il buio e tenendosi dietro all’albero.

Briony tentò di ricomporsi e si mise davanti a lui, sebbene Elijah non la guardasse: “Hanno fatto tutto loro. Ti dico che io non ne sapevo niente prima che ti metti a criticarmi”

Vide Elijah sorridere mestamente nel buio:

“Vuoi farmi credere allora che sei venuta per aiutarci? Perché diavolo hai fatto una sciocchezza del genere, spiegamelo?” disse lui in tono accusatorio senza osare però guardarla.

Briony si appoggiò con una mano all’albero, sentendo le gambe molli dopo tutta quella corsa: “Lo sai già il perché” bisbigliò lei in un soffio.

Nell’oscurità vide Elijah voltarsi finalmente verso di lei: il viso era indecifrabile, così in penombra che era impossibile intuire cosa pensasse. Però Briony sentì comunque il battito del cuore accelerare, come se fosse risorto e emerso da quel mare di dolore.

Il momento non durò molto perché Elijah si rivoltò di nuovo, scrutando l’oscurità.

“Non sarà un bello spettacolo. I tuoi amici pagheranno con la vita e ti assicuro che sarà molto, molto doloroso” La sua voce aveva una nota diabolica, da incutere un lungo brivido di paura.

Briony si fece avanti: “Voglio venire con te. Sono dalla tua parte Elijah, non dalla loro"

L’Originario la inchiodò con uno sguardo gelido, non lasciava trasparire nulla.

“Non lo voglio comunque il tuo aiuto.” Disse duro per poi incamminarsi e lasciandola lì dov’era. Briony serrò duramente il viso e le mani, sopprimendo l’impulso di dargli un pugno e per fortuna riuscì a mantenere la calma.

“Non puoi impedirmi di camminare qui o di seguirti. Fai pure come se io non ci fossi, non dovrebbe essere difficile per te no?” chiese con una punta d’acidità e mettendosi a seguirlo. Questo sembrò infastidire il vampiro anche se lo nascose bene. Infatti lui continuò a camminare come se nulla fosse, guardando con sguardo attento e freddo dritto davanti a sé.  Briony cercò di mantenere il suo passo e per fortuna, dopo molti incespichi, riuscì ad arrivare pari pari al suo fianco.

Scese un lugubre silenzio, la freddezza che Elijah emanava sembrò ghiacciare la piccola distanza fra i loro corpi. Come se si ostinasse a dimostrarle un’indifferenza invalicabile nonostante tutto.

Ma tutte le certezze di lei vennero dissolte quando si sentì afferrare da un braccio di Elijah e strattonare con forza all’indietro. “Stai dietro di me almeno” sibilò lui stizzito come se gli seccasse averla intorno o farle da balia.

Briony lo guardò storto ma si morse la lingua appena in tempo perché si accorse che Elijah dopotutto aveva avuto una reazione… e non così spiacevole come le altre volte, visto che l’aveva fatta indietreggiare dietro di lui allo scopo di tenerla quasi al sicuro.. o forse per farla mortificare ancora di più, ma quel gesto le aveva infuso una strano calore nel corpo e il cuore non le faceva più male come prima.

Quasi per permettere che gli squarci di quel piccolo muscolo torturato venissero tutti  curati, Briony alzò la mano per porla nel braccio di Elijah. Le labbra si aprirono allo scopo di parlargli.

Ma non appena lui sentì il suo tocco si irrigidì, come se delle fiamme avessero tracciato delle linee sul braccio, e così si scansò stizzito ma non con un certo portamento classico.

“Anche se ho accettato la tua presenza non significa che devo farti rapporto ogni 30 secondi.”  le sibilò glaciale, aumentando il passo per farla allontanare di più da lui.

Briony fu mortificata per quel gesto così meschino, il dispiacere si allargò nel petto per la consapevolezza che lui non accettava minimamente che lei lo toccasse. Era stato troppo bello per essere vero. Sentiva anche che parlarle era un enorme fastidio per lui.

Chinò la testa bassa cercando di captare con le orecchie qualche suono o grida. Possibile che lo scontro non fosse ancora cominciato? Quel silenzio però era logorante.

All’improvviso Elijah indietreggiò fulmineamente vicino a lei e l’afferrò come prima per il braccio, facendola indietreggiare con forza dietro di lui. Lo sguardo però si abbassò sul suo orecchio, dove vi respirò sopra col fiato gelido:

"Nasconditi e quando occorre cerca di scappare. Farai bene a darmi ascolto questa volta se ci tieni alla vita.” ordinò lui in modo  autoritario, spingendola poi via dietro a un albero.

Briony gli si aggrappò non capendo cosa stesse succedendo, quando l’oscurità venne diradata e emersero tre  figure. Briony ne riconobbe subito una: Klaus. E gli altri due  dovevano essere dei suoi ibridi.

Niklaus. Che cosa ci fai qui? Dovresti essere con Rebekah, avevo detto che avrei setacciato io i cacciatori.” Disse Elijah con tono freddo guardando il fratello senza scomporsi.

L’ibrido gli fece un sorriso: “Ho sentito uno strano odore provenire da questa parte” Poi il suo sguardo saettò nel punto in cui vi era nascosta Briony, come se avesse sentito la sua presenza.

“Ed eccola qui infatti. Fratello quanto ti avevo detto che bisognava squarciare i cacciatori, non intendevo che dovevi amoreggiarci.” disse in tono ironico e quella risposta, come da prognostico, affilò l’espressione di Elijah:

“I tuoi pensieri sono davvero fuori luogo. Stavo appunto seguendo la scia dei cacciatori, si sono divisi in piccoli gruppi per tutta la foresta quindi mi ci vorrà più tempo. Ma lei non c’entra nulla”

La freddezza con cui elargì quelle parole tuttavia era disinteressata, come se avesse esposto la realtà dei fatti ma non era comunque in obbligo di fare niente per proteggere la “lei” in questione.

Briony decise di uscire dal suo angolino e di farsi avanti, ignorando gli avvertimenti di Elijah: “Invece di star qui a chiacchierare perché non vai a localizzare l’albero di quercia bianca? Sappiamo tutti che i cacciatori vogliono uccidervi”

Klaus le rivolse un’occhiata beffarda mentre Elijah la fissò con la coda dell’occhio, lo sguardo gelido e tetro.

“E tu bambolina non lo faresti mai vero? Certo che no! E tu ancora stai dietro a quella lì? Non avrei mai pensato di definirti ancora patetico Elijah, non dopo ciò che è successo con Katerina” sghignazzò Klaus in segno di sfida, e Briony credette che Elijah dopo ciò girasse il viso e fulminasse il fratello con sguardo di collera. Invece lo sguardo metà girato del moro rimase sempre sospeso su di lei, ma era impossibile decifrarlo perché era pieno di ombre.

“Poche ciance. Tu bambolina ci sei d’ostacolo e non mi sei mai stata simpatica. Perciò.. Tony?” Klaus richiamò l’attenzione del suo ibrido più muscoloso e forte, che subito fece alcuni passi verso di lei con espressione a dir poco minacciosa.

Briony rimase immobile pronta a combatterlo, ma la reazione seguente di Elijah la destabilizzò. Aveva messo una mano sulla spalla della fratello, non in una carezza ma in una forte presa come per far prevaricare un ordine ben preciso:

“Richiamalo” mormorò duramente.

L’ibrido gli rivolse allora una smorfia. “Quale spreco. E dire che ti credevo il fratello meno stupido degli altri. Fate quello che dovete!” L’ultimo ordine era per gli ibridi che subito saltarono addosso a Briony.

Uno non fece molta strada perché Elijah lo bloccò fulmineamente strappandogli il cuore con eleganza inquietante; il secondo stava per afferrare il collo di Briony ma lei non gli badò molto perché tutta la sua attenzione saettò verso Elijah che era stato appena colpito in viso proprio da Klaus. Elijah si riprese subito e stava per servire al fratello la stessa moneta, ma Briony scattò in avanti come impazzita.

Spinse via  con una gomitata l’ibrido che voleva attaccarla, con una velocità impressionante  deviò il suo braccio che voleva ancora afferrarla, e si mise davanti a Elijah per proteggerlo dai colpi pazzoidi del fratello.

Velocemente spinse via Klaus, strillandogli contro con abbia. “Lascialo stare! E’ me che vuoi no? Prenditela con me allora”

Klaus sbattè le palpebre ovviamente stupito per quella reazione, ma il primo a reagire fu Elijah:

Briony. Stanne fuori.” sibilò lui tagliente alle sue spalle e le diede uno strattone, facendola arretrare di mezzo metro. Per poco lei non incespicò a terra ma per fortuna ritrovò l’equilibrio in fretta, perché  l'ibrido di prima si era mosso verso di lei per attaccarla. Stava brandendo un paletto ma Briony gli bloccò il braccio prima che le perforasse il petto: sentiva tra le mani un materiale strano, quasi della cenere.

Le venne in mente un terribile sospetto ma non fece in tempo a fare niente, perché l’ibrido venne all'improvviso scaraventato a terra da Elijah. A causa del colpo Briony cadde sulle ginocchia, l'Originario rimase immobile davanti a lei.

I loro occhi si incontrarono, Briony finì per aggrapparsi del tutto a quel nero profondo, smettendo così di respirare. Quelli di Elijah invece erano distanti, glaciali, quasi non volessero a tutti i costi legarsi a quelli di Briony. La realtà si paralizzò in quell'istante.

Elijah però inabissò quelle emozioni nascenti, raggelandole subito. "Ti avevo detto di andartene" ruggì lui e ritornando ad esercitare l'attenzione sul fratello, il quale parlò:

"Elijah fatti da parte! Per una volta non voglio litigare con te, voglio solo liberarmi della bambolina una volta per tutte."

"Non te lo consento" rispose Elijah in maniera così glaciale da raggelare il vento. "E poi abbiamo altre faccende da sbrigare, é meglio lasciar perdere"

Klaus fece un ghigno in risposta e chiamò Tony che seppe cosa fare. Briony lo vide arrivare verso di lei e subito si alzò pronta ad assestare i suoi colpi. Un rumore pesante però la distrasse: Elijah si era mosso per bloccare l'ibrido ma Klaus l'aveva fulmineamente immobilizzato contro un albero, afferrandolo per il collo.

Briony tornò a badare a se stessa quando sentì gli artigli di Tony lambirle il collo; subito lei si issò sulle sue spalle per farsi leva e lo colpì allo stomaco con una ginocchiata. L'ibrido si piegò in due dal dolore ma un rumore pesante fece distrarre ancora Briony: sicuramente Klaus e Elijah stavano lottando ma lei non poté appurarsi come si erano messe le cose, che infatti si sentì prendere le braccia da dietro e stringere dietro la schiena. Tony le piegò di più gli arti all'indietro, mozzandole il fiato.

"Giù le mani." il ringhio di Elijah era spaventoso, terrificante. Fece paura persino a Briony che le sembrava di non avere più fiato, e intuì che Elijah voleva avventarsi addosso sull'ibrido ma qualcosa glielo impediva.

Lei tentò di calpestare Tony ma i tentavi non valsero per divincolarsi.

L'ordine di Klaus sovrastò ogni cosa: "Uccidila Tony!"

"No!"   

Briony credeva di essere stata lei stessa a gridarlo per invocare pietà, e invece scoprì che non era stato così. Anche se era in pericolo di morte, il cuore da mesi e mesi non si era mai sentito più vivo come allora. Come se quel grido avesse attraversato i meandri oscuri della sua anima come un raggio di luce.

All'improvviso non sentì più quella presenza soffocante alla schiena, non sentì più nulla. Quando si girò vide Elijah col cuore grondante di Tony in una mano, più in là c'era Klaus a terra col collo spezzato, l'albero lì vicino sembrava essere stato graffiato da belve feroci.

Lo sguardo di Briony tornò a posarsi su Elijah che non smetteva un attimo di fissarla con espressione confusa, sgomenta, quasi shockata per aver "ucciso" suo fratello salvando così una persona la cui vita non doveva valere più nulla per lui. Sembrava così esterrefatto da ciò che aveva compiuto che impiegò parecchi secondi per riprendere il controllo e far tornare a gelare le sue emozioni.

Elijah buttò per terra il cuore e con nonchalance prese un fazzoletto dalla giacca per pulirsi il sangue nelle mani: il gesto però nascondeva irritazione. Sembrava infastidito per essersi dovuto sporcare le mani proprio per lei, dopo come aveva giurato a se stesso che non si sarebbe mai più fatto invischiare nelle sue faccende, e perché ormai quella vita non gli apparteneva più quindi non doveva preoccuparsene. E invece….

Aveva fatto tutto il contrario di ciò che si era promesso, aveva di nuovo calpestato il suo onore e permesso alle sue emozioni di fuoriuscire dalla sua corazza. E non doveva succedere.

Conscio di quel pensiero, Elijah gettò seccamente il fazzoletto per terra, non degnando Briony di uno sguardo. La ragazza traballò quando vide Elijah gettarle il fazzoletto  quasi ai suoi piedi, come per farle pagare il fatto che lui aveva versato del sangue per difenderla anche se non doveva farlo, e che di nuovo l'aveva salvata dai guai.

"Elijah.."

Ma lui non la fece finire infatti l'afferrò in modo quasi brusco per il braccio, costringendola a camminare. "Andiamo"

Briony gemette per la sua presa ferrea ma cercò di non opporsi perché l'avrebbe irritato ancora di più.

Camminarono molto velocemente in mezzo all'oscurità, i passi di Elijah erano eleganti come sempre ma i suoi gesti nascondevano rudezza. Briony aveva il respiro accelerato a forza di cercare di stargli dietro e di non cadergli addosso.

Era palese che Elijah fosse arrabbiato con lei, anche se il motivo era davvero stupido. Invece di prendersela con se stesso per aver ucciso gli ibridi di Klaus, se la prendeva con lei perché proprio per lei lo avevo fatto. E si era quindi permesso di essere debole, nonostante tutto.

Il suo viso ora sembrava essere una maschera di affilata freddezza, che andava a congelare tutte le sue emozioni di poco prima.  Quasi quasi il suo umore tetro calzava a pennello con i suoi vestiti.

<< È il colmo >> pensò Briony visto che l'Originario non poteva colpevolizzarla per qualcosa che lui stesso aveva fatto.

"Perché?" la domanda le fuoriuscì improvvisamente, vinta da un desiderio che voleva essere saziato.

Elijah non diminuì il passo e nemmeno il viso cambiò, rimase lo stesso affilato e gelido, e si ostinava a non guardarla.

"Perché cosa?" ripetè lui in maniera disinteressata, ma una nota nella voce le fece intuire che si stava davvero irritando. E il modo gelido in cui si comportava era una maniera per farla desistere nel fargli domande scomode.

Briony si inumidì le labbra e cercò di non far tremare la voce:

"Perché mi hai difesa? Me la sarei cavata da sola"

L'oscurità non le permetteva di vedere appieno l'espressione di Elijah che doveva essersi raggelata ancor di più, ma fu certa di vedere le sue labbra piegarsi in un sorriso che rivelava tutta la perfidia che sarebbe valsa per le sue parole seguenti:

"Vedila così: sarebbe troppo facile per te. Se ti accadesse qualcosa quel senso di soffocamento che so che senti ogni volta che mi vedi, sparirebbe. Non chiederesti niente di meglio vero? Far sparire tutta la sofferenza e i sensi di colpa in un colpo solo. Ma non te lo permetterò, non te la caverai così facilmente"

Quella minaccia perfida e agghiacciante le arrivò fin dentro al petto, causandole un'ennesima lacerazione. Ma non si sorprese più di tanto per quelle parole, cosa poteva aspettarsi da Elijah Mikaelson in fondo? Lui non avrebbe mai ammesso di aver fatto riemergere le sue antiche debolezze, anche solo per un attimo, allo scopo di proteggerla. Non l'avrebbe mai ammesso, perché sarebbe stato come rinnegare ciò che aveva fatto di se stesso per quei 5 lunghi mesi.

Il fatto però che lui volesse augurarle un'esistenza di dolore la ferì. Cos'era, una vendetta? Un modo per ripagarla con la sua stessa moneta? Causarle un dolore intenso, starla a guardare mentre soffriva, così in questo modo crudele avrebbe lenito e annullato il suo di dolore che lei gli aveva procurato?

"Credevo di esserti del tutto indifferente, adesso ti vuoi vendicare?" domandò con una nota allusiva sapendo di infastidirlo con quella cruda verità.

Infatti questa volta le sue parole andarono a segno, scavando quella corazza di ghiaccio. Quella nuova e vera realtà, detta poi con le parole di Briony, finì per irritare Elijah ancor di più. Il fastidio era trasparente nel modo in cui si bloccò e la fece fermare.

Ogni tipo di emozione tuttavia venne crudelmente raggelata per non permettere più a se stesso di perdere il controllo o mostrare debolezze che detestava. Una nuova verità venne scandita dalle sue parole glaciali:

"Infatti non m'importa nulla di ciò che pensi o provi. Sei stata tu a farmi la domanda e io ti ho risposto, se sapevi che non ti sarebbe  piaciuta la risposta non dovevi neanche parlarmi allora"

La stizza era evidente sotto gli strati di ghiaccio e non le permise di parlargli ancora perché ripresero a camminare. Elijah chiuse lì la questione, ma i suoi modi bruschi si erano amplificati infatti non c'era un attimo in cui lei non rischiasse di inciampare.

Anche Briony allora si infastidì e cercò di divincolarsi dalla sua presa.

"Mollami. Ti sarò più utile se non mi porti in giro come una palla al piede"

Elijah non diminuì per nulla il corso dei passi né la presa sul suo braccio.

"Tu non mi sei utile affatto." rispose lui agghiacciante senza nemmeno a provare a risultare ironico. Ce la metteva tutta per buttarle addosso la sua freddezza e seppellirla sotto brandelli di ghiaccio.

Briony pensò davvero che pur di dimostrarle quanto lei non valesse più nulla per lui e per mostrarle tutta la sua glacialità ancora intatta, l'avrebbe lasciata lì a morire in mezzo a quella jungla, senza nemmeno voltarsi indietro.

Come se le avesse letto nel pensiero, Elijah si bloccò all'improvviso e guardò un punto nella foresta in cui non doveva esserci niente. Briony stava per chiedergli se c'era qualcosa che non andava, ma lui non la badò neppure che infatti la liberò dalla sua presa e corse a velocità soprannaturale verso il punto in cui poco prima stava osservando.

Briony rimase immobile, perplessa per qualche secondo perché credette davvero che lui l'avesse abbandonata lì come una stupida, lasciandola da sola al suo destino.

Stava per mandarlo telepaticamente al diavolo, quando sentì dei rumori provenire dallo stesso punto in cui era sparito: grida.

Briony spalancò gli occhi e senza perdere tempo corse in quello stesso punto: sicuramente Elijah aveva captato la presenza di alcuni cacciatori ed era corso per stanarli. Briony aveva il cuore a mille per il pensiero che quei bastardi potessero fare del male a Elijah.

Corse, corse finché non intravide l'Originario in lontananza mietere le sue vittime con eleganza inquietante; sembrava non avesse alcun bisogno di aiuto ma Briony di sottecchi vide un uomo appostato dietro a un albero e con una balestra lungo il braccio.

Briony prese una pietra per terra e si avvicinò all'uomo, silenziosa come un'ombra proprio come le aveva insegnato Chuck, e con forza colpì l'uomo da dietro alla nuca. Questi cadde a terra senza un lamento, del sangue denso gli fuoriusciva dal cranio. La ragazza allora credette davvero di averlo ucciso ma stranamente non provò alcun rammarico per quella vita spezzata, solo una grande furia per quegli uomini che volevano invece spezzare le vite delle persone che amava. Non poteva permettersi di sbagliare se non voleva perdere tutto.

Buttò per terra la pietra e si accorse che Elijah stava camminando lentamente verso di lei: i passi erano calmi, il volto freddo e inespressivo come se non avesse appena ucciso una decina di persone.

"Non ti avevo detto di restare dov'eri?" domandò in tono monocorde, fissandola con condiscendenza.

Briony grugnì per quel suo comportamento odioso:

"Veramente non mi hai detto nulla, te ne sei andato e basta"

Elijah rimase un pò a fissarla con lo stesso sguardo di prima, poi girò noncurante il viso, ricominciando a camminare.

Non mostrò nulla: non la guardò per sincerarsi delle sue condizioni, non le diede più la benché minima attenzione, né la ringraziò per essere corsa in suo aiuto. Ghiaccio più infrangibile di così non si poteva, se desiderava mortificarla o ferirla ci stava ben riuscendo.

La delusione si fece largo in lei, esplose come una miccia e fece breccia come acido sulla pelle. Non avrebbe mai abbattuto la barriera che Elijah aveva retto dinanzi a lei e che le pesava come un macigno sul cuore.

Fu davvero tentata di girarsi e andarsene, lasciare che il destino facesse il suo corso e smettere di logorarsi per una battaglia che lei non poteva vincere.

Il vento in quel momento passò più forte tra loro e sembrò quasi sussurrarle queste parole: Ti ho dato tutto l'amore che avevo, perfino quello che non sapevo di avere.

Briony allora ritornò a guardare nel punto in cui Elijah stava per scomparire nell'oscurità. Giurò allora a se stessa che non l'avrebbe fatto scomparire in un'altra oscurità ancora più fitta e penetrante.

Camminò velocemente verso Elijah fino ad affiancarsi a lui. Il vampiro non si scompose, teneva sempre dritto lo sguardo davanti a sé.

Briony lasciò che il silenzio occupasse quel vuoto che entrambi avevano, ma poi disse:

"Vuoi che resti con te?" mormorò titubante abbassando lo sguardo.

Ma anche così captò i movimenti di Elijah: aveva girato il volto verso di lei, continuava a camminare col suo solito passo elegante, e il suo sguardo sembrava penetrarla come qualcosa che inevitabilmente ti entra nella pelle.

"Non si sa mai. Non mi fido di nessuno" replicò lui come se volesse tenerla d’occhio.

Ma ancora non capiva che lei non avrebbe mai permesso che quei cacciatori lo toccassero? Non capiva quanto lei aveva rischiato per tornare da lui?

O forse dal modo in cui Elijah la penetrava con lo sguardo sembrava arrivare fino ai suoi occhi e scorgerci ancora quel riflesso rossastro sulla pupilla. Erano lontani, quasi scomparsi, i ricordi di quella giornata all’Hotel a Boston, e forse lui in quel rosso vedeva un chiaro segno che lei non fosse più quella di prima, o che non ne era valsa la pena lottare e torturarsi in quel modo per arrivare in quel punto in cui le loro vite erano inconciliabili.

"E se oserai fare qualche mossa falsa... sappi che non mi tratterrò solo perché abbiamo avuto una storia, Miss Forbes.” l’avvertì lui con voce impassibile, senza nemmeno provare a risultare un po’ ironico e ammorbidire quelle parole, che si schiantarono su di lei come un macigno che ti cade dritto in testa.

L’avvertimento sembrava quasi un insulto. Chissà di cosa la pensava fosse capace di fare. Sembrava davvero così potente? Così meschina?

Quando Briony fu sul punto di mandarlo all’inferno, una vocina interiore la fermò e sembrò risponderle a quegli interrogativi nascosti: certo che sì, ai suoi occhi lo era. Solo lei era in grado di far riaffiorare antiche debolezze che lui detestava riprovare e che in quei periodi di vita erano solo una perdita di tempo sprecata. Costituiva un pericolo troppo grande per quell'armatura che non doveva essere mai più abbattuta.

E lui già una volta aveva assaporato, malauguratamente, la sua potenza quando il cuore gli si era strappato pezzo per pezzo. Non glielo avrebbe permesso un’altra volta.

Briony deglutì e volle a tutti i costi scacciare quel peso che avevo deciso di stringerle il cuore per sempre: cercò di avvicinarsi di più a lui per parlargli ma i movimenti successivi di Elijah la distrassero dai suoi intenti. L’Originario si immobilizzò tutto ad un tratto e teneva lo sguardo dritto davanti a sé.

Briony guardò nella sua stessa traiettoria e vide una figura non molto lontana da loro.

Willas.

Era comodamente appoggiato alla corteccia di un albero, le braccia serrate al petto, e un’espressione sul viso tranquillissima come se non avesse davanti un Originario temibile ma una piccola bestiola.

“E’ da un po’ che vi aspetto” disse con un sorrisino audace, fissando poi Briony con sguardo inequivocabile: sapeva che lei non si sarebbe stata buona e che sarebbe corsa da Elijah. E ora gliela avrebbe fatta pagare cara.

Briony rimase immobile, tenendo i pugni chiusi mentre Elijah fece un passo in avanti. Non mostrava la benché minima emozione nel suo sguardo di ghiaccio.

“Tra poco desiderai di voler aver avuto più tempo, perché la morte arriva in fretta e non tarda mai” Quelle semplici, fredde, parole sembrarono raggelare l’ambiente che faceva da cornice a quella scena.

Willas a suo credito non mostrò la benché minima paura per quella minaccia di morte; rimase fermo a sostenere lo sguardo diabolico del vampiro.

“Ti consiglio di fare le tue ultime preghiere. Non permetterò a te o a chiunque altro di danneggiare ancora la mia famiglia” Questa volta la minaccia di Elijah fu più cruda e glaciale, tanto che a Briony le si rizzarono i peli sul braccio.

Lei rimaneva ad osservare la scena, cercando di restare razionale e di pensare al modo migliore per avvantaggiare Elijah contro Will.

Il cacciatore questa volta uscì dalla sua tranquillità ghignosa e si scollò dall’albero, fissando Elijah con un vero sguardo d’odio: “Famiglia?” Ripetè quella parola come se fosse un insulto. “Voi mostri non sapete neanche cosa vuol dire essere una famiglia” Le sue parole erano acide, ricolme di disprezzo. I suoi occhi rossi dardeggiavano.

Elijah a suo dire non si scompose né mostrò il benché minimo tentennamento mentre si cibava del silenzio prima di trasformarsi in un vero predatore: “Perché tu sì invece?”

Questa volta Willas perse completamente il controllo e in uno slancio saltò addosso al vampiro. Elijah lo deviò con eleganza, non ricevendo neanche un graffio. Will ruggì per quel colpo mancato e si apprestò ad avventarsi di nuovo su di lui come un toro impazzito.

Ma durante la semi lotta di poco prima, Will aveva finito per dare la schiena a Briony che subito si avventò su di lui per impedirgli di avvicinarsi a Elijah. “Lascialo stare” gli sibilò lei a bassa voce, tentando di strozzarlo da dietro.

Il cacciatore però si liberò subito della sua presa, le diede una gomitata che le finì dritta nel naso e Briony incespicò a terra sentendo il sapore del sangue sulle labbra.

Poi fu tutto troppo veloce: Elijah si muoveva così velocemente che era impossibile sfocare bene l’immagine. Anche Will sembrava tenere il suo passo, e ogni volta che finiva per avventarsi contro il vampiro alle orecchie di Briony suonava come un rumore di rocce che si spaccavano.

La ragazza tentò di alzarsi in piedi e di inquadrare meglio che poteva lo saettare delle figure che lottavano e si contrapponevano tra loro. Ma qualcos’altro attirò la sua attenzione in mezzo a tutta quell’oscurità: un altro uomo, appostato dietro a un albero.

Non appena lo vide muoversi in direzione delle spalle di Elijah, Briony lo anticipò e gli si avventò contro. Credeva di aver gridato ma riusciva solo a pensare di fermare quell’uomo, anche ucciderlo se necessario. Una fiamma di rabbia le esplose nel petto, un ringhio rabbioso le uscì dalle labbra pensando che quell’uomo volesse uccidere il vampiro che amava.

Il cacciatore era sotto di lei e cercava di scrollarsela di dosso: impugnava un pugnale nella mano ma Briony riuscì a farglielo mollare, finendo per rompergli il polso. L’uomo gridò anche quando lei gli conficcò il pugnale all’altezza della clavicola. Il sangue finì per sporcare anche le sue mani, Briony sentiva il cuore battere in maniera sfrenata, sudava anche si sentiva raggelare, il respiro era accelerato.

Improvvisamente un grido agghiacciante le fermò il cuore.

Briony alzò la testa di scatto, mentre quel suono orribile si era espanso nel vento attorno a loro, sembrava riecheggiare tra i rami degli alberi, finendo poi per pervadere la sua mente in cui quell’eco si ripeté in una sinfonia di dolore acuto.

Elijah.

Il cuore le si era davvero fermato quando le era giunto quel grido terribile, che andava a rinfoderare lo stesso panico che aveva sentito quando aveva visto Klaus uccidere Elijah sotto i suoi occhi molto tempo prima.

Ma questa volta quel panico la paralizzò fino a congelarla in modo tale da non sentire più il suo stesso corpo, come se nemmeno esistesse. Non riusciva a muovere le mani perché non sembravano neanche attaccate al suo braccio, non riusciva a gridare perché il grido si era bloccato in gola finendo per privarla del respiro e dell’uso della parola.

Riusciva solo a guardare la scena orribile che aveva davanti, continuando a ripetersi che era solo frutto di un incubo e che come tutti gli incubi presto sarebbe svanito. Ma l’unica cosa che poi svanì fu la cecità dei sensi: finalmente il cuore riprese a battere, ma solo per darle il tormento di respirare così a fatica da farle male il petto per lo sforzo; tutte le sue ossa tremarono e si sfasciarono a quella vista orribile davanti a lei.

Elijah era finito contro un albero, il viso abbassato era una maschera di dolore e sorpresa mentre guardava uno strano pugnale che gli avevano conficcato nel ventre, e  del sangue bagnava la terra sotto il suo corpo.

Willas era lontano da lui di qualche metro e lo guardava con ripugnanza mista gioia per come l’Originario soffriva. Elijah si portò la mano al pugnale come se volessero toglierselo, ma ogni volta che la mano sfiorava il manico sembrava ardere come a contatto col fuoco, e il vampiro così grugniva per sopportare quel dolore acuto. Alla fine riusciva solo a tenersi contro l’albero con una mano mentre le ginocchia stavano per cedere, e il sangue continuava a dilagare ai suoi piedi come se si stesse dissanguando.

Il panico questa volta arrecò una rabbia incontenibile dentro Briony: vedere Elijah in quello stato, vederlo accasciarsi sulle ginocchia e gemere di dolore, la fece come esplodere lacerando via ogni ragionevolezza e ogni pensiero di paura.

Ogni sua mossa si tramutò in rabbia mentre scattava in piedi per farla a pagare a Willas. Lui si era perfino dimenticato di lei come se non la ritenesse un ostacolo pericoloso, ma alla fine fu preso alla sprovvista quando si sentì cadere di faccia: Briony gli era saltata letteralmente addosso con un ringhio, le sue unghie cercavano di penetrare nella schiena dell’uomo per ferirlo, le braccia si strinsero attorno al suo collo per soffocarlo.

Will però dopo quell’attimo di sorpresa si liberò della ragazza come se fosse un moscerino, e le diede una testata all’indietro facendola scivolare via di lui. Briony si rizzò a sedere pronta ad affrontarlo di nuovo, ma solo allora si rese conto di quanto la sua affermazione di ore prima fosse esatta: una piccola formica che vuole combattere l’incredibile Hulk.

Ed era così: ogni volta che cercava di colpire Willas, lui le assestava il doppio mozzandole il fiato. Il calcio che le diede allo stomaco la piegò in due a terra, facendola urlare. Poco dopo Will l’afferrò per il collo allo scopo di stritolarla; Briony tentò di rizzarsi sulla schiena e di dargli dei colpi sul petto ma non valevano niente contro quel masso di rocce. Il respiro le venne meno tutto ad un tratto.

“Non toccarla”

Quel sibilo lento, soffocato dall’agonia del male fisico, fece distrarre i due che smisero di lottare. Briony fu completamente sopraffatta dal rantolo sordo e terrificante che emise Elijah, ne fu così devastata che le parve di non sentire più il proprio dolore fisico ma solo quello di Elijah che bruciava così forte nella sua anima e a stento lo sopportava.

Willas dopo le parole di Elijah lasciò andare Briony con uno scrollone e si mise davanti all'Originario con un ghigno diabolico. Elijah cercava di tenersi dignitosamente in piedi contro l’albero, e tenne su di lui uno sguardo durissimo anche se era difficile non mostrare l’agonia che gli provocava quel pugnale strano conficcato nello stomaco.

“Vuoi morire prima tu? Ti accontento”

Alla minaccia plateale di Willas si sovrappose un grido di dolore soffocato:

“NO!”

Anche se sapeva che non poteva niente contro di lui, che forse sarebbe morta, Briony si drizzò in piedi e attaccò di nuovo Willas con tutta la forza che aveva.

Lui si preparò per darle un calcio ma lei riuscì a deviare il colpo e gli prese il piede, facendolo finalmente precipitare a terra. In preda a una furia omicida, Briony gli si mise sopra e gli diede un sonoro schiaffo; cercò poi di renderlo debole a causa del potere oscuro che albergava in lei.

Ma quando la scintilla esplose dentro di lei non ci fu nulla: Willas non incominciò a tossire sangue né ad avere spasmi di dolore. Nulla dei soliti sintomi. Capendo a cosa era dovuta quella sua reticenza, Willas scoppiò a ridere:

“Quel potere non può far niente contro quelli come te. Non darti tanta pena ad usarlo visto che è inutile” esclamò lui dandole subito dopo una bella testata da farle andare la testa sottosopra. Briony ebbe le vertigini e capitolò a terra senza; Willas si alzò e l’afferrò per il collo, tendendo un pugno puntato dritto verso di lei. Briony stava per gridare ma un angelo, o forse un demonio, la salvò.

Elijah era spuntato all’improvviso verso di loro e impedì a Willas di farle ancora del male: nonostante continuasse a sanguinare e il viso fosse una maschera di agonia, lui riuscì ad allontanare il cacciatore e a gettarlo a terra con furia omicida.

La mano dell’Originario era avvinghiata al pugnale che gli lambiva ancora perfidamente lo stomaco, come se volesse strappare via la lama ma non ci riusciva inspiegabilmente. Lo sguardo però rivelava tutta la sua ira che non aveva nulla di umano.

“Non mi piace quando qualcuno non obbedisce a ciò che dico” sibilò lui spietato rivolgendosi a Willas, che si stava drizzando da terra.

Briony rimaneva immobile, col volto tremante e tutte le forze intorpidite. Il cuore battè impazzito, impedendole di formulare dei respiri alterni. Cercava di alzarsi da terra ma le gambe sembravano essersi paralizzate dal panico e dallo shock. Provò a guardarsi intorno per trovare una qualsiasi arma che potesse aiutare Elijah.

“Minaccia pure quanto vuoi visto che da morto non potrai più farlo” replicò Will sfidandolo senza paura. 

Elijah non aspettò questa volta e si avventò istintivamente sul cacciatore, sbattendolo contro un albero. Willas cozzò con la testa ma cercò di far leva sul pugnale per indebolire il vampiro; Elijah grugnì per il dolore ma non emise neanche un lamento mentre le ginocchia cedevano. Cercò con tutte le sue forze di tenere ben salda la presa sul collo del cacciatore ma quando Willas esplose il suo potere su di lui, Elijah questa volta si accasciò a terra tenendosi forte la testa. Dalla bocca fuoriuscivano grida agghiaccianti che non volevano finire.

Willas si liberò dalla sua presa con un ghigno malefico in volto, convinto di aver già vinto, ma anche lui si lasciò strappare un grido quando sentì una lama penetrargli un angolo del collo. Briony era saettata veloce come una vipera al suo fianco destro senza farsi notare, e con tutta la ferocia che aveva intrappolata in corpo gli aveva sferrato un colpo, grazie al pugnale che il cacciatore di poco prima aveva usato contro di lei.

Dalla ferita che gli inflisse in un vena del collo, sgorgò un’infinità di sangue denso che Willas cercò di tamponare, invano. Il cacciatore grugnì per il dolore e cercò di darle uno schiaffo, ma Briony evitò la sua mano e con un altro ringhio lo accoltellò al petto, infilzandolo in profondità.

Willas gridò per il dolore ma inaspettatamente ebbe la forza di spintonare via Briony, di togliersi il pugnale dal petto e di serrarlo con forza fra le dita insanguinate. Lo sguardo sembrava quello di un demonio impazzito.

Elijah era a terra in una pozza di sangue, i suoi occhi scavati continuavano a fissare Briony come se ci fosse soltanto lei in quella foresta. Cercava di alzarsi il più rapidamente possibile, ma le sue ossa sembravano scricchiolare ad ogni movimento.

Willas ormai non gli badava più, tanto preso dalla sua vendetta:

“Schifosa bastarda. Avrei dovuto farti fuori molto prima, ma rimedierò adesso” Del sangue gli fuoriusciva dalle labbra mentre parlava ma sembrò non badarci molto. Fece due passi in avanti, più veloce che poteva, brandendo il pugnale in alto.

Briony spaventata cercò di indietreggiare, ma non ne ebbe bisogno. Conscio del pericolo, Elijah aveva sfidato la sua stessa debolezza precaria  e si era alzato fulmineamente, rompendo il collo del cacciatore.

Non era definitivamente morto, ma almeno si sarebbe stato buono per un po’.

Scese il silenzio.

Il vento aveva smesso di strillare fra l’erba, e l’unico rumore che Briony sentiva era quello del proprio respiro accelerato a causa della lotta, e quello del proprio cuore che batteva impazzito quando incrociò lo sguardo grave di Elijah, che cercava di soffocare il dolore che sicuramente pativa.

E poi l’ultima cosa che lei sentì fu il cuore fermarsi di nuovo quando vide Elijah accasciarsi a terra con un gemito di agonia.

Briony sgranò gli occhi, ingoiò il grido che stava per fuoriuscire e che avrebbe devastato ogni cosa, e corse verso di lui col respiro affrettato.

Continuava a ripetere il suo nome, nient’altro che il suo nome, come se stesse mormorando delle preghiere o semplicemente perché aveva bisogno di sentire quel nome che il cuore evocava in ogni ora della sua esistenza. Lo chiamò di nuovo mentre cercava di issarlo contro l’albero per fargli almeno tenere il busto dritto.

Elijah sembrò rispondere alle sue preghiere e aprì gli occhi, scavati come mai prima d’ora. Il respiro era pesante, la pelle mortalmente pallida, e guardava Briony con sguardo spento.

La ragazza cercò di allontanare la disperazione che sentiva, ma era impossibile vedendo Elijah in quello stato: come se quelle ferite bruciassero anche su di lei solo perché era lui a sopportarne il dolore, ma in lei era aggiunta anche l’angoscia di non poter far nulla per curarlo.

Si portò la mano alla bocca, cercando di non piangere, mentre osservava il pugnale ancora conficcato nel ventre del vampiro e che lo sfibrava di tutte le energie. Cercando di non fargli ulteriore male, afferrò l’impugnatura e estrasse la lama il più velocemente possibile.

Elijah serrò le labbra ma non emise alcun gemito di sofferenza. D’altronde lui teneva tutto dentro, non si sarebbe mai abbassato a gridare per il dolore di fronte a qualcuno. Cercava come sempre di controllarsi, dannato lui.

Briony cercò di tamponare la profonda ferita ma sembrava impossibile perché il sangue continuava a dilagare come in un’emorragia. Dannato pugnale magico. Un’ansia primordiale le aspirò l’aria che cercava disperatamente di ingoiare, pur di rimanere calma.

Briony si asciugò malamente le lacrime che volevano fuoriuscire, poi si strappò un lembo della maglia per fare da tampone al sangue. Elijah improvvisamente la bloccò per un polso, tirandola via.

“Lascia stare” disse freddamente, cercando di tirarsi sù. La mano era adagiata sulla ferita al ventre mentre con l’altra faceva leva per alzarsi contro l’albero.

“Non puoi muoverti, devi riposare!” ribattè Briony decisa cercando di fermarlo, ma lo sguardo di Elijah, che si voltò verso di lei, come al solito ebbe il potere di incuterle dei brividi gelidi di paura.

“So benissimo cosa devo fare. E poi sto bene, non c’è bisogno che tu mi aiuti” replicò lui gelido e nascondendo perfettamente la sofferenza che doveva ancora sentire. Senza darle il tempo di replicare, Elijah allontanò lo sguardo da lei e cominciò a muoversi, tenendo sempre la mano sulla ferita.

<< Il solito orgoglioso >> Pensò lei mentre lo vedeva camminare più debolmente di prima.

Alcuni ciuffi gli ricadevano disordinatamente lungo la fronte, la mano sulla ferita si sporcò presto di rosso.

Briony lo raggiunse a falcate e gli mise un braccio attorno al fianco:

“Appoggiati a me almeno” disse cercando di sorreggerlo. Elijah tuttavia si ritirò con sguardo distaccato:

“In vita mia non mi sono mai appoggiato a nessuno e non incomincerò adesso” rispose serio e implacabile,  avanzando di più per privarsi di qualunque aiuto da parte sua.

Briony ebbe sul serio voglia di urlargli addosso ma sapeva che non sarebbe valso a niente. Lo raggiunse in fretta cercando di non inciampare e, incurante dei suoi avvertimenti, cinse delicatamente la schiena di Elijah mentre con l'altro braccio lo aiutò a tamponare la ferita, mettendogli quindi la mano sulla sua.

Elijah si irrigidì all'istante come se il tocco di Briony gli avesse fatto più male della lama che gli aveva penetrato la carne. Si voltò fulmineamente verso di lei e Briony sentì  che il suo sguardo la inchiodava terribilmente, fino a fulminarla. Cercò comunque di far finta di nulla e continuò testardamente a sorreggerlo.

Contro le sue aspettative,  Elijah non fece nulla per scansarla via sebbene lo sguardo fosse ovviamente stizzito. Incredibilmente la lasciò fare e tornò a guardare dritto davanti a sé lungo il cammino. La mano che era sotto quella di Briony però venne allontanata con freddezza; lei di conseguenza abbassò lo sguardo con le guance in fiamme per aver osato sperare troppo. Elijah ormai non la fissava più e si era inoltrato nel suo silenzio.

Dopo un po’ di cammino l'Originario si fermò ad un albero per riprendere le forze e guardarsi attorno per captare altre presenze poco gradite. Il viso era sempre pallido, il busto lievemente inclinato mentre Briony continuava a stare al suo fianco col fiato corto. Si morse il labbro per ciò che voleva fare.

La sua mano indugiò di più sulla ferita e azzardò nel tentare di alzargli la camicia per esaminarla più a fondo. Come da prognostico, ovviamente Elijah non la prese bene infatti con un gesto di stizza le allontanò la mano prima che gli toccasse la pelle.

"No" sibilò lui guardandola ma non vedendola davvero.

Briony si sentì mortificare sotto il suo volto di ghiaccio e si allontanò di poco con sguardo deluso.

L'espressione di Elijah allora cambiò quando si accorse della sua. Rendendosi conto di non essere stato educato, cercò di rimediare anche se con una bugia bella e buona.

"Non devi preoccuparti, sto bene"

Briony sviò lo sguardo fingendo di crederci, tanto lui non le avrebbe mai permesso di sbugiardarlo. Si vedeva lontano un miglio che non era in forze, aveva bisogno di sangue visto che ne aveva perso troppo ma sapendo che lei non glielo avrebbe mai potuto offrire, Briony finì per intristirsi ancor di più.

Con la coda dell'occhio scorse un movimento strano di Elijah: stava allungando una mano verso il suo viso, e lei più che altro confusa si spostò per quel gesto che non si aspettava.

Lui rimase rigido per il suo rifiuto, ma poi allungò ancora la mano per sfiorarle la fronte. Non appena Briony sentì le sue dita fredde sfiorarle la pelle, una fiamma dentro di lei divampò come in un incendio. Non riusciva a slegarsi dallo sguardo penetrante di Elijah, il cuore sembrava buttarsi di sua spontanea volontà in un precipizio da cui era arduo risalire per l’elettricità folle che quel gesto le scatenò.

“Avevi del sangue” mormorò Elijah finendo di pulirle delicatamente la fronte e continuando a guardarla negli occhi per un momento indefinito. A quelle parole seguì poi un lungo silenzio, rotto unicamente da sprazzi di vento che ricominciava a soffiare tra loro.

Ma lei sembrava non sentirlo, si era talmente persa in quello sguardo che le parve di non sentire più nulla.

Fu Elijah ad allontanare di nuovo il viso, permettendole così di sradicarsi da quell’incantesimo in cui sembrava essere caduta, e il ritorno alla realtà fu come al solito deludente. Era impossibile salvarsi, quello sguardo era come veleno perché le entrava sempre sotto la pelle e irrazionalmente non ne poteva più fare a meno.

Briony deglutì e tornò a tamponargli bene la ferita mentre lui si sedeva piano contro l'albero per riprendere fiato. Le folate di vento si facevano più insistenti e forti: anche se l’autunno era già passato da un pezzo, comunque in mezzo a quella foresta maledetta faceva un freddo cane. Le temperature erano più rigide del solito, e di certo non l’aiutava il fatto che si fosse strappata la maglietta e così il vento le sembrava che soffiasse con più forza sopra la pelle scoperta.

Briony si strinse nelle spalle e un insano istinto la spinse ad avvicinarsi di più a Elijah: la mano sulla sua ferita quasi lo cingeva in un abbraccio, la testa si adagiò mollemente contro la sua spalla. Respiri ghiacciati le fuoriuscirono dalle labbra mentre socchiuse gli occhi.

“Non dovresti stare tanto vicino a me se tremi così dal freddo”

Le parole fredde di Elijah la scossero da quel sonno improvviso: non si era accorta che le ginocchia si erano leggermente piegate, seguendo così la posizione di Elijah, mentre lo sguardo pallido di lui era sempre rivolto in un punto nella foresta, come se apparentemente fosse disinteressato dalla situazione.

Ritornando alle sue parole Briony si morse imbarazzata il labbro; effettivamente era vero visto che il corpo di Elijah era come sempre ghiacciato e lei tremava a dismisura per il freddo. Ma nonostante tutto, più si sentiva vicina a Elijah più quella fiamma nel petto si espandeva fino a riscaldarla.

Briony tentennò nelle sue mosse seguenti perché il viso lontano di Elijah era indecifrabile, ma aveva notato con sorpresa che l’Originario non si era affatto irrigidito come le altre volte quando lei gli si era avvicinata troppo. L’aveva lasciata fare, pur rimanendo di ghiaccio e non ricambiando il gesto, ma comunque l’aveva lasciata fare.

“Non importa” bisbigliò lei adagiando ancora il viso sopra la sua spalla. Gli occhi erano leggermente socchiusi ma vedevano benissimo come la sua mano si alzava dalla ferita di Elijah, finendo sopra il suo petto. Il sangue di lui aveva smesso di fuoriuscire per fortuna, la mano era sporca di rosso ma non le importava mentre la alzava sempre di più lungo il suo petto, con delicata lentezza.

Ovviamente chi sapeva padroneggiare meglio il proprio autocontrollo era Elijah, che non appena sentì il tocco di Briony estendersi sul suo petto, si irrigidì come se il respiro gli si fosse bloccato, e facendo finta di nulla provò a drizzarsi sulla schiena e si scrollò dall’albero. Briony fu costretta a lasciarlo mentre anche lei si drizzava sulle ginocchia, consapevole che dovevano riprendere il cammino.

Anche se ormai si doveva essere già tutto sistemato… era passato molto tempo, sicuramente i fratelli di Elijah aveva già rintracciato gli altri cacciatori e trovato l’albero di quercia bianca. L’oscurità si era fatta meno fitta, il vento più sereno.

“Ti senti meglio?” gli domandò lei cercando di fissare Elijah in viso anche se in quel momento lui scrutava l’oscurità.

Lo vide assentire anche se era ancora pallido e debole. Poi Elijah si voltò verso di lei, questa volta la penombra gli coprì metà viso.

“E tu?” le chiese.

Briony sbattè le palpebre visto che proprio lui le stava chiedendo come stava. Notando la sua sorpresa, Elijah sorrise freddamente: “Non sono così infimo Briony dal disinteressarmi della tua salute dopo ciò che hai fatto”

Sembrò averle fatto un complimento, ma comunque si sentì ferire ugualmente.

“Cosa credevi? Che ti avrei lasciato solo?”

Lo guardò serrare la mascella, gli occhi incupirsi di più, come per trattenere le emozioni dure che quelle poche e semplici parole gli avevano procurato. Elijah allontanò di nuovo lo sguardo, ma ormai Briony aveva intuito cosa ci fosse dietro la sua freddezza.. I lontani ricordi che ancora non erano scomparsi nella sua anima.

Certo che lei lo aveva lasciato solo, lo aveva abbandonato nel peggiore dei modi..

Abbassò colpevolmente lo sguardo, sentendo una lacrima pizzicarle un occhio.

“Mi dispiace..”

Lui però la scavalcò subito:

“Non mi pare il momento adatto per parlarne” rispose glaciale, evitando qualsiasi ritorno sull’argomento.

Briony si arrese e si portò in avanti per continuare a camminare. Non potevano starsene lì, chissà se Willas si era già ripreso.. in caso positivo, era meglio non perdersi nelle chiacchiere.

Elijah rifiutò con un gesto della mano di ripoggiarsi ancora a lei e continuarono a camminare: la ferita ormai non gli doleva più come prima, e il respiro si era fatto più regolare.

Briony però ad un tratto pensò che Elijah non volesse più il suo aiuto, o che si fosse allontanato apposta, per non essere tentato dal suo sangue.. doveva essere difficile per lui trattenersi in una situazione simile e impedire a se stesso di fare mosse avventate.

Provò allora una profonda tristezza per il vampiro a causa di ciò che doveva sopportare a causa sua. Forse davvero gli stava dannando la vita ed era meglio che lei non ci fosse… ma più ci pensava, più Briony si sentiva strangolare fino a morire dentro.

Decise di lasciare da parte quei pensieri almeno per quella sera, e guardò il terreno per vedere dove metteva i piedi in mezzo a tutto quel buio.

Improvvisamente l’Originario si bloccò e la chiamò con uno strano tono. Briony alzò perplessa il viso verso di lui e vide il pugno di Elijah volare verso il suo viso;  lei d'istinto chiuse gli occhi pensando che fosse impazzito.

Un suono potente risuonò a pochi centimetri dalla sua testa, qualcosa si era accasciato a terra dietro di lei e quando finalmente riaprì gli occhi, abbattendo la paura, vide dietro di lei un uomo a terra col volto insanguinato.

Prima che potesse emettere parola, Elijah le fece fare una giravolta su se stessa e la fece arretrare dietro di lui. Disgraziatamente non si era accorta che altri cacciatori li avevano accerchiati, a prima vista alcuni non li conosceva, forse erano uomini di quel pazzo di Young.

Ma non le importò perché l’unica cosa a cui pensava era difendere Elijah, che si era già indebolito troppo e anche se faceva finta di poter affrontare ogni situazione da solo, certe volte aveva bisogno d’aiuto. E quella era una delle volte. Anche se si ostinava a farla stare dietro di lui e a non chiedere sostegno.

Così senza perdere tempo, Briony si catapultò sul cacciatore che era più vicino a lei; quando gli diede un calcio dritto in fronte con una mossa da maestro, lo riconobbe: era uno degli amici di suo padre, quello che stava dalla schiera degli antipatici. Non ebbe quindi alcun tentennamento mentre gli servì il doppio, che lo fece cozzare dritto contro un albero.

“Tu.. che ne hai fatto di tuo padre?” borbottò lui col volto insanguinato.

“Dorme all’inferno” rispose lei, avvicinandosi per dargli il colpo di grazia. All’improvviso un braccio possente l’afferrò da dietro al collo, cogliendola di sorpresa. L’altro cacciatore cercò allora di alzarsi, ma lei fece leva sulle gambe e gli diede l’ennesima pedata in fronte che lo fece tramortire a terra. La presa da dietro sul suo collo però non diminuiva e stava per strangolarla. Briony cercò di liberarsi infilandoci le unghie ma non servì a niente, solo ad allontanare un braccio che si liberò di sua spontanea volontà.

All’improvviso sentì una punta di gelo sfiorarle la gola, una mano la tirò per i capelli facendola alzare di più la testa. Presa dal panico si immobilizzò con gli occhi sgranati, il respiro si era mozzato: stavano per tagliarle la gola.

Provò a gridare non riuscendo più a far nulla, ma di nuovo venne salvata. L’uomo dietro di lei gridò in preda all’isteria, e la lama che le lambiva perfidamente la gola finalmente cadde a terra.

Briony la prese subito per difendersi e si girò pronta a combattere il nemico.

Ma non c’era più nessuno vivo in mezzo a quella carneficina, c’era solo Elijah: era in piedi, il suo volto era agghiacciante dal gran che appariva pericoloso, una luce fioca della luna sembrò illuminare il suo sguardo di vampiro.

Era davvero terrificante: del sangue gli colava dalle labbra semiaperte, finendo per macchiargli il mento, e delle vene scure gli circondavano gli occhi. Ma il vero simbolo della sua natura erano i denti affilati che fuoriuscivano dalle labbra.

Briony aveva già visto Elijah in versione vampiro, ma in quel momento sembrava così terribile da farle paura anche se sapeva di non doverne avere.

Lui continuava a guardarla con sguardo grave e gelido, il respiro era più pesante del solito. Ad un tratto alzò il viso verso il cielo, e con la mano si pulì con lentezza le macchie dei suoi crimini, ciò che simboleggiava la sua vera natura.

Solo lui aveva l’abilità di mostrare bellezza in un’assoluta carneficina. Persino nell’espressione della morte rimaneva affascinante in maniera innaturale.

Briony finalmente si alzò, non riusciva a distogliere lo sguardo da quella scena. Si avvicinò a Elijah e notò che c’era ancora rimasto un rivolo di sangue che gli scendeva sulla bocca.

Voleva togliere quella macchia, pulirla via e ridonare a quel bellissimo viso la sua purezza. Senza niente che lo marchiasse come un demonio.

Sembrava davvero uno spettacolo terribile per gli occhi di Briony, ma non ne ebbe paura. Si avvicinò di più a lui e solo allora Elijah si rese conto della sua vicinanza. La fissò leggermente sorpreso, ormai i denti affilati erano scomparsi, e il viso sembrava quasi naturale se non fosse stato per quel sangue che gli bagnava il volto, maledicendo la bellezza di quella statua perfetta.

Briony posò alcune dita sulle labbra di Elijah, fissando il proprio gesto senza timore. Il respiro dell’Originario si arrestò di fronte al suo tocco, come colto davvero alla sprovvista da quel gesto che nessuno mai aveva fatto con lui perché non lo aveva mai permesso.

Ma rimase immobile, mentre Briony finì per macchiarsi la propria pelle di quel sangue versato, pur di non vederlo sulla bocca di Elijah.  Di nuovo lei stava cercando l'Elijah umano, la parte che amava di più di lui.

L'Originario restava fermo, con lo sguardo penetrante su di lei. I loro respiri erano così vicini che quasi si schiantavano come onde e non c’era nessuno scoglio per attutire l’intensità della loro esplosione.

Sembrava respirassero il respiro della vita, quello che corre attraverso il proprio cuore fino ai margini dell’anima, quello che non ha niente a che fare con la solita inspirazione del diaframma. Era come respirare una luce divina in mezzo a una fitta oscurità in cui albergavano solo le ombre. Oppure come respirare del sangue che pompava direttamente il cuore.

Era una condivisione più intima di qualsiasi altra cosa, persino di un bacio.

E Elijah questo lo riconobbe perché voltò il viso dall’altra parte, socchiudendo gli occhi. Briony sentì all’improvviso il vuoto dentro di sé, come se avesse davvero smesso di respirare.

Voleva assaggiare di nuovo quel tocco divino ma sapeva che ormai quel momento magico era finito. Elijah si girò di nuovo, ma solo per abbassare lo sguardo verso le dita insanguinate di Briony che rimanevano a mezz'aria: lo sguardo divenne grave e severo ma non disse nulla mentre si allontanò.

Briony deglutì mentre una marea di pensieri si infrangevano in se stessa cercando di capire cosa fossero lei e Elijah.

Dentro di sé si disse che erano tutti e due esseri nati nell’oscurità, la luce ormai era stata soffocata da ciò che erano veramente, eppure tentavano sempre di salvarsi a vicenda. Lo avevano dimostrato quella notte, calpestando il proprio orgoglio o le proprie paure.

Ma la domanda più insidiosa era a che punto stava la loro relazione, se c’era un modo di ricucirla e renderla inossidabile come un tempo.

Qui la risposta non fu chiara perché Elijah ad ogni minimo cenno di attaccamento si allontanava ed ereggeva la muraglia tra loro. Briony strinse le labbra, cercando di ripulirsi da tutto quel rosso che le intaccava le mani ma che non se ne voleva andare.

Si era sempre chiesta perché mai amore e sangue avessero lo stesso colore: adesso lo sapeva.

All’improvviso un rumore attirò la sua attenzione. Anche Elijah si era voltato, i suoi sensi da predatore erano riemersi.

Qualcuno stava correndo verso di loro molto velocemente, si poteva sentire un respiro affrettato anche da lontano. Briony sgranò gli occhi non appena scorse chi era.

Chuck?

Il nano arrivò da loro facendosi largo in mezzo agli arbusti, il respiro era così accelerato che sembrava stesse per avere un infarto. Alla fine della corsa, si mise le mani sulla piccole ginocchia per riprendere fiato.

“Uff.. è da un’ora che ti cerco. Ci sono più cadaveri di cacciatori che alberi in questa maledetta jungla” disse lui prima di raddrizzarsi.

Briony inarcò il sopracciglio per il fatto che l’amico si fosse preoccupato per lei e fosse corso a cercarla. Ma la preoccupazione arrivò dritta in lei quando vide l’espressione corrugata di Elijah mentre fissava quel piccoletto: ovviamente non aveva mai visto un nano faccia a faccia prima d’ora anche se aveva vissuto mille anni.

Chuck solo allora si accorse della sua presenza e drizzò elegantemente la schiena, sbattendo le palpebre degli occhi asimmetrici: “Oh.” Disse solamente.

Vedendo l’espressione del vampiro rabbuiarsi, Chuck alzò le mani con sguardo ironico: “Sono venuto in pace”

Briony deglutì visto che dallo sguardo di Elijah intuì che si stava frenando solo perché quel tipetto sembrava un bambino, ma non si sarebbe frenato a lungo perché nella sua mente si faceva largo la consapevolezza che quel nano fosse nella schiera dei cacciatori. E il ghigno sarcastico di Chuck non aiutava ad alleggerire la tensione.

Briony allora si fece avanti per difendere l’amico: “Lui non c’entra niente, non farà del male alla tua famiglia”

“Ci mancherebbe altro” aggiunse Chuck sempre tenendo le mani alzate e il solito ghigno.

Elijah però non ne fu del tutto convinto infatti fece minacciosamente dei passi in avanti verso il nano, con lo sguardo che diventava sempre più serio.

Briony fu costretta a mettersi davanti a Chuck per fargli da scudo, e implorò il vampiro con lo sguardo. “No Elijah”

Quest’ultimo sostenne il suo sguardo in silenzio, mentre il nano allungò il collo per godersi la vista. “Per la miseria. Credevo che il tuo innamorato fosse un cavaliere dall’armatura azzurra, guarda un po’ che carneficina. Niente di buono, niente di buono” borbottò lui.

Briony cercò di dargli una gomitata. “Zitto”

Elijah dopo le parole di Chuck gli fece un sorriso raggelante. “Vuoi andare a far compagnia ai tuoi compagni?”

Briony si sentì rabbrividire. “Non permetterò che tu gli faccia del male. E’ un mio amico” disse con tutto il coraggio che racimolò.

Elijah questa volta fissò proprio lei con sguardo severo, che andava ad indurirsi.

Ma Briony stava facendo la cosa giusta.. anche se Chuck non era dalla parte dei vampiri, comunque non aveva mai fatto nulla di male. Sebbene Elijah lo potesse ritenere colpevole come gli altri, e il fatto che lei lo difendesse a spada tratta gli faceva indurire di più l’espressione del viso.

“Ti prego..” sussurrò lei per rabbonirlo. Chuck continuava a rimirare il vampiro con espressione abbagliata e attenta, come se volesse dipingerlo.

Alla fine Elijah senza emettere parola decise di indietreggiare di qualche passo,  e Briony ritornò a respirare.

“Fiuuuu. C’è mancato poco. La prossima volta scegliti un ragazzo della porta accanto come fidanzato” sussurrò Chuck a bassa voce.

“Ssssh!” Briony lo zittì come se avesse paura che Elijah si potesse arrabbiare ma il vampiro rimaneva gelido a fissarli.

Ad un tratto qualcosa attirò l’attenzione dei tre, anzi un odore ben definito. Fumo. Fuoco.

Elijah alzò il viso in direzione delle fiamme che squarciavano il cielo, non molto lontano da loro.

“Maledizione Kol.” sibilò l’Originario a denti stretti.

“Oh oh. Fuoco in vista.” Esclamò Chuck mentre Briony osservava perplessa la reazione di prima di Elijah. In effetti era molto più semplice dar fuoco a tutta la foresta, perché Elijah sembrava non condividere? E dall’espressione che aveva in volto sicuramente avrebbe dato una bella lezione a chi aveva scatenato l’incendio, anche se ormai era chiaro chi fosse stato.

Dopo qualche minuto, Briony scorse all’improvviso due figure avvicinarsi velocemente a loro: erano Rebekah e Kol.

“Che cosa è successo?” domandò subito Elijah con espressione intimidatoria.

Fu Kol a rispondere, sembrava parecchio pallido anche lui e aveva il fiato corto: “Un tipo folle mi ha quasi fatti fuori. Per fortuna l’ho messo k.o!”

“Veramente sono io che ti ho aiutato a salvarti il sedere” puntualizzò Rebekah.

“Se vogliamo proprio dirla tutta, comunque quel tipo ci è scappato e si è data alla fuga. Quindi non mi vanterei se fossi in te, sorellina”

Ovviamente stavano parlando di Willas. Il pensiero che fosse a piede libero inquietò molto Briony, immaginandosi la sua espressione feroce.

“Vi ho fatto una domanda. Cosa significa quel fuoco?” domandò Elijah in maniera freddissima, guardando però solamente Kol.

Ovviamente il colpevole era lui visto la sua faccia. “Ebbè? Quei cacciatori erano in troppi, e alcuni ci sono sfuggiti ma non molti. Per fare prima era meglio dar fuoco a tutto così non avrebbero mai avuto tra le mani quel schifoso legno che può ucciderci. Ingegnoso no?”

Dalla faccia di Elijah si direbbe di no. Infatti Kol alzò gli occhi al cielo. “Quello che faccio non va mai bene. Ma ormai quello che è fatto è fatto, é inutile lagnarsi"

Elijah rispose con un sorriso estremamente gelido e decise di chiudere lì la questione. Rebekah lanciò un sorriso a Briony poi si guardò attorno. "Dov'è Niklaus?"

Fu Kol a rispondere:

"L'ho incrociato prima e sembrava parecchio imbufalito"

Lo sguardo di Elijah era inespressivo ma Briony sentì una profonda preoccupazione per lui, perché Klaus si sarebbe sicuramente vendicato per come il fratello gli aveva spezzato il collo.

Cercò di alleggerire la tensione scurendosi la voce: "E Finn?"

"Oh il nostro caro fratello maggiore ha deciso di fare forfait. É ritornato a blaterare sulla idiozia della nobiltà di sacrificio, e che se é giunta la nostra ora dunque.. E sia!" esclamò Kol super convinto come se stesse citando il rosario.

Ad un tratto qualcosa catturò sua l'attenzione da dietro le spalle di Briony: "E quello che roba é?"

Chuck spuntò fuori con la sua testolina: "Chuck, per servirla" disse in un inchino.

Kol lo fissò come se avesse davanti un demente, Rebekah invece si tratteneva nel scoppiare a ridere.

"Che figata. 3 Originari in un colpo solo!"

Rebekah questa volta rise per davvero, Kol dopo un pò la seguì e Elijah invece tenne uno sguardo vacuo. Briony continuava a tenersi davanti a Chuck come se fosse una mamma che protegge il figlio.

"Allora.. Che si fa?" domandò Rebekah sbattendo le mani.

Elijah sviò lo sguardo su Briony, ma era uno sguardo stranamente vuoto:

"Qui abbiamo finito" disse freddamente lanciandole un'ultima occhiata per poi darle le spalle.

Briony rimase perplessa dopo aver visto quello sguardo. Rebekah la salutò ma lei vedeva solo Elijah, solo lui esisteva ai suoi occhi. Ma lui le dava sempre le spalle.

Perché? Perché nonostante quella freddezza apparente, i suoi passi risuonavano tormentati? Perché gli occhi erano così vulnerabilmente vuoti?

La risposta venne da sé, accompagnata dal vento: perché quella notte Elijah si era accorto che non poteva odiarla, che non ci sarebbe più riuscito... La sua perfidia era solo uno scudo per tenerla lontana e fargliela pagare. Perché quando una bella storia d'amore finisce contro la tua volontà ti aggrappi all'odio e al rancore per non soffrire.

Ma nel momento stesso in cui non odi più, soffri. Quando non c'è più l'odio a sostenere quel vuoto che ti divora l'anima, puoi solo lasciarti andare al dolore che ti consuma proprio come fa l'odio quando non puoi stare con una persona che ami. E l'agonia in quegli attimi é terribile, é asfissiante e ti impedisce di respirare.

Briony non sapeva se era più logorante l'odio o il dolore di Elijah.

Mentre lo vedeva allontanarsi sempre più, magari per rinfoderare la sua corazza di ghiaccio, lei non riuscì a trovare un modo per uscire da quel tunnel, per non permettere al passato di ripetersi sul presente e farsi ancora del male.  Eppure Briony lo amava, lo amava come sempre…

Lo amava come l’unica cosa che non poteva appartenerle veramente.

Lo amava con il cuore sveglio, palpitante e lacerato, e la mente che dormiva per soffocare i pensieri contrastanti.

Lo amava perché ogni volta che vedeva quegli occhi tenebrosi non riusciva mai a scappare.

Lo amava come se fosse rapita da mille favole che raccontavano la loro storia travagliata e indimenticabile.

Ma erano solo favole… e senza lieto fine, perché quel respiro di vita si era già spento troppo presto.

E la sua parte razionale, pur dormiente, lo sapeva.

 

 

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Briony camminava vicino a casa sua. Ci era appena ritornata da poco perché ormai non voleva avere niente da spartire con i cacciatori e dubitava che loro le riserbassero delle carinerie dopo come lei aveva difeso i vampiri. Ma sinceramente non gliene importava.. Loro erano il suo ultimo problema, sperava solo di conservare un rapporto con Jennifer che era stata come dire graziata dalla notte di un giorno prima, visto che per fortuna non c'era. E ovviamente anche con Chuck, lei aveva ancora bisogno di lui.

Aveva ricevuto parecchie chiamate private ma non aveva mai risposto per pigrizia. Si immaginava che fosse Connor, il quale sicuramente aveva saputo della sua ultima bravata. Era da un po’ che non si faceva vedere, come se fosse scomparso chissà dove. Non che non le facesse piacere, ma sembrava piuttosto strano visto che entro poco dovevano rifare le sedute terapeutiche per la sua mente travagliata.

Ad un tratto sentì delle presenze dietro la schiena.. scattò subito girandosi: era completamente accerchiata da cacciatori.

Sfortunatamente si direbbe che erano sopravvissuti quelli più antipatici e stronzi, prima fra tutti Gregor che stava in prima linea.

"Che volete?" domandò lei dura guardandoli fisso.

Gregor fece un sorriso da rabbrividire:

"Non c'è per niente piaciuto come ti sei comportata ieri notte. Non pensi di doverci delle scuse?"

"No vi devo soltanto il mio rammarico per aver sprecato tempo con gentaglia come voi" replicò Briony prontamente mettendo le mani lungo i fianchi pronte a scattare al minimo movimento sospetto.

"Un conto é sprecare tempo e vivere una favola d'amore, un conto è uccidere" sibilò il cacciatore come se Briony avesse commesso chissà quale crimine. Aveva ucciso delle persone sì, ma l'aveva fatto per difendere coloro che amava e poi li aveva avvertiti in anticipo della loro sciocchezza.

"Non sei per niente la figlia di Bill Forbes"

"E meno male che non gli assomiglio. Sentite signori, spostatevi che é meglio per tutti" esclamò Briony facendo un passo in avanti per andarsene. Ma venne subito accerchiata, erano almeno una decina.

"Non te la caverai così facilmente"

"Non osate avvicinarvi oppure.." la minaccia non li scalfì perché Briony si sentì tirare da dietro. Subito si divincolò, diede pugni e calci a chi osava avvicinarsi troppo. Nessuno sarebbe corso in suo aiuto e doveva quindi farcela da sola. Sentì qualcuno avventarsi contro di lei come un toro e cercò di liberarsene ma venne strattonata all'indietro. Cercò di sbaragliarli, di deviare le loro mosse ma all'improvviso sentì qualcosa pungerle la base del collo come una piccola puntura.

Poi ci fu solo l'oscurità...

 

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L'ultimo cosa che Klaus si aspettò era vedere Agnes sulla soglia di casa sua. E la accolse subito con un sorriso affabile: "Qual buon vento, angioletto"

Lei fece un passo in avanti ricambiando il sorriso:

"Hai sempre abusato della mia ospitalità, é ora che ricambi il favore"

L'Originario le fece un ghigno di assenso poi si fece da parte per farla entrare:

"Benvenuta nella mia umile dimora"

Umile era un parolone ma ormai Agnes c'era abituata ai suoi capricci. Si guardò attorno spaesata, girando in tondo:

"Mi aspettavo dei fossati o delle camere per le torture"

"Per quelle più a destra"

Entrambi risero alla battuta come se non ci fosse nulla di male o come se non fossero passati secoli dal loro ultimo incontro. Agnes guardò poi Klaus tentennante perché percepì una strana spensieratezza avvolgerli come mai prima d'allora. Sembrava anche strano incontrarsi con abiti e look diversi da come erano abituati a vedersi secoli prima, e ci volle un po’ per abituarsi a quel cambiamento.

Agnes gli diede le spalle continuando a guardarsi intorno,  poi sentì qualcosa di gelido soffiarle sul collo. Con sorpresa notò due mani che le stavano togliendo elegantemente il cappotto da dietro, per poi adagiarlo sopra un attaccapanni. Agnes si girò fissando Klaus col sopracciglio alzato:

"Da quando sei così gentile?"

Lui fu subito da lei, sprizzava una gioia quasi sinistra e da doppio fine:

"Ho imparato molte cose in questi secoli, ad esempio che essere affascinante con le ragazze é molto più divertente che sgozzarle." rispose lui con un sorriso da farle correre un brivido. Agnes si morse il labbro, mettendosi di profilo:

"Mia sorella e la sua amica non sono di tal parere però" disse allusiva per fargli capire che sotto sotto non era così cambiato.

Klaus si rabbuiò per la sua risposta e sentì sulla punta della lingua un mucchio di imprecazioni da lanciare verso a quella saccente di Ylenia e quella saputella di Briony. Ma alla fine decise di tenerle per sé e magicamente si controllò:

"Perché rovinare la conversazione con discorsi così venali? Non intendo uccidere nessuno per il momento" replicò con un sorriso divertito e assai soddisfatto di sé.

"Dovrò approfittarne allora visto che non facevi altro che minacciarmi di morte" replicò subito Agnes tornando a guardarlo.

Klaus allora le si avvicinò di più, incatenando i loro sguardi:

"Oh ma non solo questo se ben ricordo" mormorò affascinante sapendo bene a cosa si riferisse e anche Agnes lo sapeva. Le guance arrossate erano un chiaro segnale e il sorriso di Klaus si allargò.

"Vieni, voglio farti vedere una cosa" disse facendosi da parte per farla passare e allungando il braccio in una direzione. Agnes lo guardò tentennante chiedendosi se doveva fidarsi, e poi quel sorriso che Klaus le rivolgeva non era per nulla raccomandabile. Probabilmente si stava buttando tra le braccia di un demonio ma per quello non c'era pericolo perché era già morta. Come se quella fase della sua esistenza l'avesse rafforzata  e poteva quindi permettersi di prendere dei rischi.

Decise di seguire il suo istinto e seguì Klaus stando però a una distanza di sicurezza. Lui tutto orgoglioso la portò in una stanza piena zeppa di quadri e dipinti. Agnes allora si guardò attorno stupefatta e incredula per ciò che stava vedendo.

"A chi li hai rubati?" domandò perplessa ma ironica mentre si avvicinava a contemplare un disegno.

"Mi ferisci, credevo mi considerassi bravo" rispose Klaus fintamente offeso.

"E io credevo considerassi il dipingere solo una debolezza umana" ribatté Agnes in segno di sfida e guardandolo. Klaus incassò il colpo visto che aveva ragione.

"Infatti mostro questo lato di me solo alle persone speciali." mormorò soave toccando alcuni fogli e non perdendola mai di vista, come se fosse un falco.

Accorgendosi del suo sguardo, Agnes si inquietò ed ebbe l'impulso di indietreggiare.

"Che cosa vuoi da me Klaus?" chiese titubante ma guardandolo coraggiosamente negli occhi.

Lui allora si avvicinò in completo silenzio. Udire i battiti accelerati del cuore della ragazza fu come musica per le sue orecchie. Le rivolse un sorriso affascinante, rompendo poi il silenzio che si era creato.

"Sei tu che sei venuta qui" esclamò semplicemente guardandola nei suoi bellissimi occhi azzurri. Agnes sostenne quello sguardo non biascicando parola mentre il suo animo sembrava in balia di una marea di confusione.

Il suono del campanello fece alzare il viso di Klaus e sobbalzare Agnes per quel momento magico spezzato.

Lui fece un profondo sospiro:

"Scusami. Col passare dei secoli la tecnologia diventa una seccatura" disse quasi infastidito per quell'interruzione ma smorzò con un sorriso. Mentre se ne andava, Agnes rimase lì e si strinse nelle spalle sentendo l'anima evaporare per la confusione e il tormento.

 

Ennesima sorpresa della giornata: Caroline Forbes sull'uscio di casa sua.

Klaus ricordò l'antica infatuazione da stalker per quella bionda vampira, ma in quel presente le rivolse un sorriso fintamente gentile:

"Mi dispiace tesoro ma la mia porta non é più aperta per te. Desolato." sembrò tentato di non farla entrare, ma Caroline fece leva sulla porta infischiandosene se appariva maleducata.

"Finiscila, non sono qui per vedere te." rispose acida spalancando la porta e non degnando più Klaus di un'occhiata, come se fosse lui l'ospite.

L'ibrido la lasciò percorrere l'atrio di casa sua in completa libertà ma non le diede più la benché minima attenzione; da lontano si disse che avrebbe finalmente smesso di correre dietro a chi lo giudicava di continuo o lo voleva morto. Con sguardo deciso ritornò a fare quello che stava facendo.

Caroline invece saettò come un fulmine nel salone, trovando chi cercava: Elijah era seduto vicino alla finestra e stava leggendo elegantemente un giornale. Non appena sentì i passi della biondina cambiò pagina ma non voltò lo sguardo:

"Giovane Forbes, spero tu abbia dei buoni motivi per arrivare così di soppiatto in casa mia" proruppe lui in tono calmo, che si contrappose all'ansia isterica della vampira:

"Ho bisogno del tuo aiuto."

Elijah non si scompose:

"Credevo mi disprezzassi."

Caroline si corresse e fece dei passi agitati verso di lui:

"Ascoltami.. Briony ha bisogno del tuo aiuto!"

Elijah però non ebbe la benché minima reazione, continuava a leggere noncurante:

"Io non credo proprio"

Caroline allora sbraitò impazzita:

"Sì invece! Quei bastardi dei colleghi di mio padre l'hanno presa e chissà cosa possono farle! Se assomigliano a Bill non oso pensarci... Tu glielo devi hai capito??" strillò smettendo persino di respirare.

Non appena Elijah sentì le sue parole alzò lo sguardo dal giornale, come se un lampo gli avesse attraversato le vene. Ma l'espressione rimase gelida, priva di umanità mentre metteva a posto il giornale:

"Io a tua sorella non devo un bel niente" considerò con voce impassibile mentre la sua maschera di freddezza non faticava per niente a rimanere ancora intatta; forse si era talmente abituato a raggelare le sue emozioni da non sentire più nulla.

"Ma é in pericolo! Non t'importa che possono farle del male?"

Questa volta Elijah si voltò verso Caroline, un'ombra gli passò davanti agli occhi ma si comportò come se non fosse accaduto nulla di che. Fissò Caroline con sguardo eloquente:

"Visto che tu sei così tanto brava a risolvere i problemi di Briony perché non lo fai da sola? O magari con l'aiuto dei Salvatore?" proruppe con uno strano tono calmo alzandosi dalla sedia.

Sapendo a cosa si riferiva, Caroline ebbe almeno la decenza di arrossire. Lo sguardo di Elijah non tralasciò dubbi sui suoi pensieri ma la bionda si fece sotto comunque:

"Perché non mi vuoi star sentire?? Ok so che non abbiamo mai avuto dei buoni trascorsi.."

L'Originario inarcò il sopracciglio, guardandola accigliato per quell'eufemismo. Caroline allora arrossì di nuovo e cominciò a gesticolare:

"Va bene sono la peggior cognata che si possa desiderare! Ma ti giuro che se salverai Briony, vi darò il via libera! Non farò più la rompi scatole e non ti screditerò agli occhi di mia sorella mai più! Vi farò pure da testimone di nozze! Ma ti prego.. Salvala!"

Anche dopo quel discorso celebre, Elijah non mostrò la benché minima emozione tranne la glacialità della sua corazza.

"Non mi sporcherò più le mani per lei." mormorò serio girando per la stanza.

Caroline però si fece di nuovo sotto, non lasciandogli tregua:

"Lei é nei guai perché ti ha aiutato! Perché é corsa a difenderti! Lascia stare il fatto che vi siete lasciati, tu hai un debito nei suoi confronti!" strillò puntandogli il dito contro.

Elijah finì per serrare la mascella, gli occhi divennero più tetri per le sue accuse:

"Ti sbagli. La vita di Briony non é più affar mio da molto tempo e non può più vantare dei diritti sul mio aiuto. Se si é di nuovo cacciata nei guai non posso farci nulla" rispose col tono più indifferente possibile pur di non sentire la colpa che lo attagliava dentro.

"Quindi non ti importa se le faranno del male?? Se la uccidono?"

Elijah rinfoderò il ghiaccio sul suo viso, che quasi risplendeva in tutta la sua forza. Poteva anche essere pericoloso sfiorarlo perché saresti potuta scivolare sotto il suo peso. Quel ghiaccio invece non sarebbe stato scalfito da niente.

Accorgendosi del suo sguardo, Caroline indietreggiò alzando gli occhi al cielo:

"Come ho potuto essere così cretina da pensare che la avresti aiutata?" gridò come se se la stesse prendendo con se stessa ma poi tornò ad urlargli contro:

"Tu non sei mai stato degno di mia sorella!! Senza alcun tornaconto non fai niente per nessuno, agisci solo per te stesso! Avevo ragione quando ti definivo un mostro ancor peggiore di Klaus!"

Un'altra ombra di gelo passò sopra gli occhi di Elijah ma continuò a rimanere immobile, assorbendo le accuse della vampira.

Dopo aver sclerato, Caroline andò verso l'uscita a passi spediti ma prima si girò verso Elijah fissandolo con sguardo da pazza:

"Ma non pensare di cavartela così facilmente! Quando salverò mia sorella ti farò terra bruciata intorno! Non ti permetterò di vederla neanche col binocolo!!!"

Dopo l'ultimo strillo Caroline se ne andò sbattendo la porta. Elijah non traballò per il colpo né si scompose. Rimase rigido a contemplare il vuoto davanti a sé, il vuoto che era nel suo petto. Eppure qualcosa lo artigliava in un punto preciso dove in teoria non doveva esserci più niente.

Per non pensarci prese tra le mani un bicchiere di liquido rosso allo scopo di dissetarsi, ma appena bevve un sorso di sangue il viso si serrò terribilmente. Un pensiero fisso lo perseguitava e anche se lo combatteva, questi non voleva proprio smettere. Forse non ci stava mettendo abbastanza forze anche se la sua glacialità sembrava spessissima. In apparenza.

Perché in preda a un'emozione violenta, Elijah serrò il bicchiere tra la mano e l'oggetto si ruppe in mille pezzi. Non si scompose neanche quando il sangue dilagò tra le dita, il volto era sempre livido.

Poi senza nemmeno pulire, Elijah si allontanò dal salone. Verso una direzione che non doveva seguire e che non gli era consentito farlo, ma il destino a volte era davvero strano. E imprevedibile.

 

Fine capitolo!

Allora.... In questo cap. c’è stata più azione rispetto agli altri e spero di non avervi annoiata! Ho fatto finire il capitolo col fiato sospeso ma il prossimo sarà pieno di cosette che forse vi piaceranno.. Ihih J

Perdonate il comportamento lunatico di Elijah, a volte mi scervello per descriverlo perché é davvero difficile  e complicato XD

So che vi starete chiedendo che fine ha fatto Connor ma per ora si sta quieto.. Ovvio poi che il suo ruolo non finisce qui! Diciamo che per le questioni pratiche va in prima linea Willas!

E del racconto di Chuck che ne pensate?

Vi piace Klaus con Agnes?

 

Aspetto dei vostri commenti! Speri di sentire la voce anche di chi non ha mai recensito così per sapere se sto facendo un macello o no XD Non mordo anzi, mi dà uno stimolo in più sapere le vostre considerazioni, sia negative che positive! Quindi battete un colpo se vi va!

Ringrazio tantissimo Kitsune4573 per l’immagine di inizio capitolo! Non è bellissima? *_*

Ps: la frase “Di cosa hai esattamente paura? Di perdere?” proviene dal telefilm Supernatural <3<3

 

 

-Elyforgotten

 

 

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Capitolo 32
*** Never let me go ***


In questo capitolo troverete pezzi della canzone “Never let me go” di Lana Del Rey

28 capitolo

 

L’amore è il più stupendo dei mali.

 

Numerose luci si estendevano dinanzi a lei, accecandola ancor prima di aprire le palpebre. La testa sembrava svuotata di tutto il suo peso ma appena cercava di alzarla, un fardello fortissimo la costringeva ad abbassarsi di nuovo, come se la schiena si fosse paralizzata. Briony vinse la paura e il dolore, e aprì gli occhi. Non riusciva a muovere la testa per cui doveva basarsi sulla poca visuale offertale.

Si trovava in una stanza anonima, quella luce che l'aveva accecata sembrava la solita che trovavi negli ospedali durante un'operazione. Dal modo in cui la schiena era bloccata dedusse che era sdraiata su un lettino non molto comodo.

Non appena riprese la concezione della realtà, sopraggiunse anche il dolore. Un dolore fisico così potente che non aveva mai provato prima: la schiena mezza rotta non le permetteva di fare il benché minimo movimento per scendere, la testa le girava vertiginosamente come se stesse sulle più alte montagne russe, tutti i muscoli le dolevano.

All'improvviso una porta si aprì. 

Briony aprì le labbra per chiedere aiuto ma non appena lo fece, la sete del deserto l'assalì. Sentiva la gola secchissima, lo stomaco vuoto. Non riuscì a formulare nessuna parola, soltanto un flebile fiato le fuoriuscì dalle labbra. Non appena tentò di muovere le braccia, scoprì che erano legate con forza.

Ad un tratto la faccia da schiaffi di Gregor, quel schifoso cacciatore, riempì tutta la sua debole visuale.

"Come andiamo oggi? Il cervello si é finalmente girato nel verso giusto?"

Briony non riuscì a sopportare il peso delle palpebre aperte e infatti le richiuse con delicatezza dolorosa. Tentò di parlare ma le labbra che si muovevano non emettevano il benché minimo suono.

"Ti consiglio di non ribellarti altrimenti finirebbe davvero male per te. Tu non stai bene e stiamo quindi cercando di curarti a dovere"

Briony stava per sghignazzare dicendo che un tipo di cura del genere esisteva solo ai manicomi, ma riuscì solo a dire: "Voglio parlare con mio padre"

Non sapeva quanto ne sarebbe valso visto che Bill Forbes non era nuovo a torturare le figlie, ma pensava che muoverlo a compassione magari sarebbe servito a qualcosa per farla uscire da quel posto.

"Temo non sia possibile adesso. Devi solo fare la brava e non giocarci scherzi come l'ultima volta"

Briony mugugnò. Anche se sentiva un tremendo vuoto allo stomaco, percepiva anche un profondo senso di nausea. Provava a divincolarsi dalla stretta ai bracci ma sembrava non avesse alcuna forza di volontà.

"Ti conviene fare la brava. Il tuo mostruoso potere ha già ucciso tre dei miei"

"Così pochi?" Briony si lasciò sfuggire quel mormorio leggero che non sfuggì alle orecchie di Gregor. Il cacciatore si lasciò pervadere dalla rabbia e le puntò dritto in viso la lama di un pugnale: "Non osare fare del sarcasmo, altrimenti potrei cavarti un occhio"

Assecondando gli istinti di sopravvivenza, Briony cercò di afferrare il pugnale e di scuotere le braccia più che poteva, ma Gregor le strinse duramente i capelli e le diede un manrovescio da arrossare tutta la guancia.

"Credo che non ti piacerà aver aiutato quegli schifosi succhiasangue. La pagherai cara." Le sibilò lui ferocemente tenendola ben stretta per le braccia.

Briony si mosse agitandosi, combattendo il male alla schiena, e cercò di ordinargli di lasciarla andare ma era tutto inutile. I suoi occhi si sfocarono tutto ad un tratto, la testa sembrare girare anche se il collo rimaneva fermo. Si sentiva troppo debole, come se avesse appena capottato con la macchina.

Un rumore assordante di voci le arrivò alle orecchie, miracolosamente ancora buone, invece gli occhi sembravano accecati.

"Mio dio.. Levati subito! Non siamo delle bestie, dacci un taglio con questi esperimenti da pazzoide!"

Attraverso la foschia delle sue vertigini, Briony sembrò riconoscere quella voce: era quella del buon vecchio Tom, sia lodato lui visto che la stava difendendo.

Le arrivò alle orecchie anche un rumore di lotta, di qualcosa che si fracassava. "Levati tu Tom se non vuoi fare la stessa fine!"

"No! Lasciala andare! Non siamo animali!"

Altri rumori, altri suoni che cominciavano a martoriarle la testa. Rimaneva immobile perché era costretta, poi sentì qualcosa avvicinarsi e afferrarle il collo. Briony agì mossa dalla paura, cominciò a lanciare calci senza una meta precisa mentre non riusciva a vedere niente. Un piede affondò dritto nello stomaco di Gregor che grugnì dal dolore:

"Stupida idiota. Mi hai costretto tu." Le sue unghie le penetrarono nel braccio facendola sussultare. Poi Briony sentì una scossa così tremenda da farle inarcare la schiena, poco prima immobile nel lettino, e da strapparle un grido di dolore. Non sapeva a cosa era dovuta quella terribile scossa ma Briony sapeva solo che quando tutto finì, il respiro era acceleratissimo, la schiena si era adagiata pesantemente contro il lettino, i muscoli si erano intorpiditi come se fossero stati carbonizzati.

"Lasciami andare" mugugnò lei cercando di scuotersi e di trovare una benché minima forza. Non la trovò, sembrava svuotata e debole come un neonato appena uscito dal ventre della madre.

“Temo di non poterlo fare. Devo prima curarti tesoro.” sogghignò Gregor con una risata malefica.

Briony sentì la porta richiudersi ma il sollievo non arrivò. Cercava di respirare in maniera più regolare ma si sentiva lo stesso tutta sottosopra. Era inutile ormai anche tentare di muoversi.

Fu facile lasciarsi prendere dalla disperazione, ma non riuscì neanche in quello perché la disperazione comporta sempre della forza fisica. E lei non ne aveva alcuna.

Le fuoriuscì un sospiro flebile mentre le palpebre si chiudevano per l’ennesima volta.

Prima di sprofondare nel buio, prima che anche le sue capacità mentali si annullassero del tutto, un nome le fuoriuscì dalle labbra semichiuse. Un istinto la spinse a sussurrarlo in quella quiete di morte, come se soltanto dire quel nome la potesse aiutare nel suo calvario.

Eppure quando lo pronunciò delle lacrime le scesero dagli occhi scavati, segnandole il viso come lunghe strisce di fuoco che valsero come sale sulle ferite.

Elijah.

Nessuno però poteva sentire la sua voce, se non la sua mente devastata e il suo cuore torturato che batteva, nonostante tutto, ancora per lui.

Elijah…

 

----------------************--------

 

Elijah era intento ad osservare con i suoi occhi scrupolosi e decisi l’edificio che aveva dinanzi a sé. Era una villa parecchio anonima, dipinta di bianco, altamente recintata, e situata in periferia di una provincia non molto lontana da Mystic Falls. Lo aveva rintracciato in poco tempo, appena era fuoriuscito da casa si era fiondato con improvvisa ferocia nella ricerca che il suo cuore gli comandava di perseguire.

Fece alcuni passi intorno a una recinzione che non gli permetteva di entrare; ogni volta che provava a toccare con la mano le mura che circondavano quell’edificio, una potente scossa lo pervadeva e lo costringeva ad arretrare. Elijah alzò gli occhi, puntando verso l'edificio davanti a lui: la scossa perfida che si disegnò nei suoi occhi era ancora più letale di quella che proteggeva quelle mura.

Fece di nuovo un giro per cercare un appiglio per entrare. Lo avrebbe trovato, anche se doveva smantellare il cemento pezzo per pezzo.

All’improvviso una brutta sensazione lo pervase, finendo dritta dentro le prigioni della sua carne. Avvertì una specie di dolore al petto e che stava perdurando fastidiosamente. E non gli dava tregua.

Era strano, perché quei tipi di sensazione avevano smesso di pulsare dentro di lui da molto tempo ed era stato lui stesso a volerlo. Li aveva seppelliti in un angolo remoto della sua corazza, così lontani che non potevano più farsi largo dentro di lui. Invece in quel momento quella sensazione continuava ad esserci, anche se non doveva più esistere.

Era come se il cuore si scontrasse con la gabbia toracica che avrebbe dovuto contenerlo, per poi rimpicciolirsi e cadere in un vuoto profondo nel petto. Quasi lo sentiva precipitare nel buio, ma non avvertiva mai il tonfo della caduta, come se quel tormento dovesse durare all’infinito, per sempre. A meno che non l’avrebbe salvata…

Era lì per questo, e stentava a crederci dopo ciò che aveva pensato.

“Non t’importa quindi se le fanno del male? Se la uccidono?”

Dentro di sé aveva sibilato un no secco che non lasciava spiegazioni, ma non era stata la sua vera voce a dirlo. La sua vera voce era sempre stata rivolta a lei, nei momenti in cui le aveva detto che la amava, in cui aveva sciolto il gelo delle sue parole che ghiacciava sempre e comunque i suoi interlocutori e li faceva tremare di una paura primordiale.

Tuttavia il suo cuore morto e ormai spento non gli permetteva di interessarsi a questioni così umane che ormai non lo riguardavano più; le guardava semplicemente sulla superficie con sguardo di sufficienza, e poi voltava il viso verso la direzione che la sua immortalità maledetta gli imponeva di seguire.

Forse sembrava così cinico perché un tempo aveva creduto troppo in qualcosa in cui non gli era consentito credere e aveva finito nel non crederci più.

Ma comunque il gelido disinteresse continuava a conservarsi, permettendogli di non scalfire troppo la sua corazza. La freddezza del suo sguardo rimaneva intatta perché nemmeno in un momento del genere si sarebbe permesso di perdere il controllo.

Stava semplicemente saldando un debito. E Elijah Mikaelson ripagava sempre i propri debiti. Come aveva detto Caroline, lui era in dovere di salvare Briony visto che lei si trovava in quella situazione a causa sua. Dopo averla salvata, niente però sarebbe cambiato. Sarebbe ritornato di nuovo a rifugiarsi dietro le sue barriere, le sue emozioni si sarebbero ghiacciate lasciando trasparire solo il nulla e avrebbe ricondotto la sua tranquilla, solitaria, immortalità. Come se nulla fosse.

Conscio di quel pensiero razionale, Elijah si mise al centro della recinzione dove c’era l’entrata. Avrebbe potuto sfondarla con facilità ma sicuramente non sarebbe potuto entrare lo stesso. Cercò in fretta di trovare una soluzione senza troppi danni, quando all’improvviso sentì un mormorio. Qualcuno lì vicino lo stava chiamando.

Elijah voltò il viso e i suoi occhi neri incrociarono una chioma rossa nascosta in un angolo: gli stava facendo segno di venire dalla sua parte e dopo essersi guardato intorno, Elijah si diresse verso una ragazza. Gli sembrava di averla già vista, forse alla festa a Mystic Falls ma quella sera i suoi occhi avevano trafitto ogni cosa ma non avevano visto realmente nulla. Solo il nulla, e lei ovviamente.

La ragazza di fronte a lui sembrava avesse la morte nello sguardo, aveva gli occhi azzurri spalancati e quando parlava balbettava persino:

“Sei venuto per Briony vero?”

Elijah rimase a guardare freddamente la ragazza e sviò la domanda con un ordine ben preciso che non voleva essere discusso: “Fammi entrare e facciamola finita”

Jennifer però scuoteva ininterrottamente la testa, era più pallida del solito:

“Se scoprono che sto parlando con te… sono tutti impazziti! O meglio la maggior parte… il povero Tom è stato pestato per bene solo perché ha tentato di difenderla! E io non posso vederla!”

Elijah scosse il viso, cominciando a irritarsi: “Sei capace di farmi entrare o no? Altrimenti dovrò radere al suolo l’intero edificio” sibilò duro e senza tentennamenti.

Jennifer si guardò attorno terrorizzata che qualcuno potesse vederla. Di soppiatto diede a Elijah un bigliettino e glielo infilò prontamente nella mano. “Con la forza non potrai risolvere nulla. Cerca questa strega, è lei che ha attuato l’incantesimo di protezione e sicuramente riuscirà anche a fare il contro incantesimo! Ma fai in fretta!”

Elijah abbassò lo sguardo sul biglietto e alzò poi gli occhi sulla ragazza con sguardo indecifrabile. Jennifer indietreggiò, con ancora il terrore negli occhi: “Ora devo andare. Altrimenti ci finisco anche io sulla sedia elettrica!” I capelli presero più fuoco del solito e Jennifer se le diede a gambe prima che Elijah potesse fiatare. Non appena aveva sentito le parole della ragazza aveva serrato il viso in maniera circospetta, gli occhi si erano fatti più neri e stretti.

Qualcosa nel petto si contrasse,  ancora e ancora, al pensiero di cosa stesse succedendo là dentro. Quella sensazione non voleva proprio lasciarlo in pace, continuava a perdurare dentro di lui.

Elijah alzò il viso terrificante in direzione di quella villa, strinse il biglietto tra la mano, poi si dileguò nel silenzio.

-------------*************************--------

 

 

Il portone si aprì con un boato, le assi si sfracellarono a terra. Qualcuno che era presente avrebbe dedotto che era appena entrato il diavolo in casa e non aveva tempo neanche per gridare perché il cuore gli veniva strappato di netto. Strisce di sangue bagnavano il pavimento prima bianco e adesso di un rosso denso, ma i piedi che lo calpestavano camminavano elegantemente, come se quel rosso non potesse in alcun modo intaccarlo. Visto che ormai viveva in esso.

Un’ombra oscurò le mura dei corridoi, facendoli apparire quasi spaventati e sottomessi al suo arrivo.

Ma quando giunse un uomo, questi fu più terrorizzato di tutti gli altri messi assieme: spalancò gli occhi e si inginocchiò a terra come per chiedere pietà di fronte a quel demonio che regalava morte e sangue al suo passare.

“Io non ho fatto niente alla ragazza, lo giuro!” farfugliò Tom terrorizzato, impallidendo come un cencio.

Quel demonio dinanzi a lui lo guardò come se fosse un insetto appena visto dentro il proprio cibo, come se le sue preghiere penose non potessero valere niente per un’anima corrotta come la sua. Costui alzò arrogantemente lo sguardo, gli occhi neri e diabolici, le braccia si mossero velocemente ma con grazia mentre scuoteva il povero malcapitato e lo costringeva a starsi immobile ad ascoltare.

“Portami da lei se non vuoi perdere il cuore allora.” sibilò col tono più glaciale possibile, tanto da congelare ogni cosa vicina.

Il povero Tom si lasciò strattonare mentre conduceva quell’Originario verso la stanza dove avevano rinchiuso Briony Forbes. Dal modo in cui guardava il suo aguzzino, si direbbe che Tom avrebbe preferito mille volte prenderle a sangue dai suoi amici pazzoidi piuttosto che trovarsi nelle grinfie di quel demonio.

Giunto finalmente, indicò con una mano tremante una porta chiusa a chiave. Per quel demonio fu facile farla a pezzi e entrò subito senza Tom. Il suo sguardo saettò immediatamente verso un lettino che era al centro della stanza buia.  Quella stanza era priva di luce, di vita. Orribile.

Quel demonio di prima si avvicinò a passi lenti, scrutando nell’oscurità - e non appena vide una ragazza dormiente sdraiata su un fianco e legata - ritornò ad essere Elijah. Il vero Elijah che bisbigliò il nome di Briony con una voce talmente lieve da apparire una carezza. Era impossibile provare paura adesso nel vedere lo sguardo di quel vampiro.

Elijah si fece più vicino al lettino, liberò le braccia di Briony, e la chiamò di nuovo.

Briony sembrò allora destarsi dal sonno dopo quel richiamo, che la fece allontanare da un calvario di dolore. Mugugnò mentre apriva debolmente le palpebre, il viso lentamente si girò attirato da quella voce profonda,  ma sentiva un macigno sul corpo che non le permetteva di muoversi come voleva.

Solo dal tenue battito del suo cuore, Elijah fu sicuro che era ancora viva e a quella consapevolezza il peso che gli faceva contrarre il cuore, scomparve. Semplicemente tutto si liberò, non c’erano più catene né prigioni, mentre Elijah si inginocchiava di fronte a lei. La mano si alzò, mossa da una volontà improvvisa e che proveniva da un lato di lui che considerava ormai disperso. Ma non fu così perché quella mano si mosse realmente e andò a raggiungere i capelli di Briony, sfiorandoli delicatamente come se avesse paura di farle altro male.

Fu il suo primo gesto delicato dopo tanto tempo.

Sussurrò ancora il suo nome.

Briony cercò di aprire di più gli occhi ma sembrava ancora accecata: quelle luci bianche non c’erano più, c’era solo buio attorno a sé come fosse già morta. Ma quella voce continuava a richiamarla a sé e allora forse voleva dire che la vita non se ne era ancora andata dal suo corpo, o forse era la voce di un angelo che ti attirava inevitabilmente a sé, lasciando le prigionie di quel corpo umano verso qualcos’altro di spirituale.

Quella era una voce che avresti voluto ascoltare nei momenti prima della morte per rendere questa meno atroce, era una voce che evocava la profondità del mare e Briony avrebbe voluto affogarci dentro per assaporarla sempre più.

Ma quando aprì gli occhi vide solo ombre sfocate, immagini si susseguirono e non riuscì a decifrarle.. non sembrava nemmeno essere reale ciò che stava vivendo.

Elijah rimaneva immobile di fronte a lei, incapace di fare nulla se non guardarla e vegliare su di lei: il cuore gli si strinse in una morsa di agonia mentre vedeva le condizioni di Briony, e quella morsa non voleva lasciarlo andare per nulla al mondo.

La ragazza aveva profondi e violacei lividi dove le braccia erano state legate, il corpo sembrava molle quasi non rispondesse ad alcuna volontà, il fiato era così flebile come se fosse un dolore assurdo anche solo respirare, e i suoi occhi erano contornati da profonde occhiaie scavate quasi avesse vissuto un incubo ad occhi aperti, ed ora quegli occhi vulnerabili stavano fissando lui.

Briony sbattè più volte le palpebre mentre guardava quell’ombra vicino a lei; voleva sentire di nuovo quella voce ipnotica ma questa non suonava più.

“Chi sei tu?”

Quel semplice bisbiglio sussurrato nel silenzio fu come una scossa per lui. Elijah sentì il respiro trattenersi nella labbra dischiuse, e qualcosa di solido e pesante gli stava spingendo giù il cuore.

Sei il mio oscuro angelo. Pensò Briony richiudendo gli occhi e ritornando nell'oblio, non capacitandosi di come l’espressione di Elijah fosse mutata diventando quasi più scavata della sua.

L’Originario riprese in fretta il controllo di se stesso, non badando alla pressione devastante che sentiva nel petto, e tornò ad indossare una maschera di distacco.

“Devo portarti via di qui” disse solamente, sedendosi nel letto per prenderla.

Quando tentò di afferrarla per le spalle, il corpo di Briony si adagiò mollemente contro il suo petto, nascondendoci la testa come se ne avesse bisogno.

Elijah si irrigidì subito, come punto da una spina, e cercò di far finta di nulla. Ma non appena sentì il respiro di Briony farsi più pesante come in un attacco di paura, lo sguardo di Elijah di conseguenza si abbassò su di lei.

Lentamente le sue mani si mossero in un altro gesto delicato, creato esclusivamente solo per lei: una mano si adagiò sulla sua guancia per farla adagiare più comodamente contro il suo petto, mentre l’altra finì sui suoi capelli per aiutarla a regolarizzare il battito.

Piano piano il respiro di Briony si fece più lento e regolare, con un sospiro spinse di più il viso contro il petto di quell'angelo nero.

“Stai tranquilla, ti porto via da questo inferno” le mormorò lui continuando a sostenerla.

Poi Elijah si ritrovò a pensare all’ipocrisia delle sue parole: era stato lui a farle conoscere il vero inferno, quel posto in cui Briony era stata segregata non era nulla a confronto con ciò che lui le aveva fatto con tanta perfidia e crudeltà.

Serrò il viso, conscio di quell’amara verità di cui non si era reso veramente conto se non in quel momento, ma cercò di controllare anche quello perché non c’era del tempo da perdere.

La prese velocemente in braccio: il suo corpo sembrava fragilissimo come fatto di carta, le braccia dondolavano lungo il corpo. Elijah la issò di più e uscì da quella stanza degli orrori.

Non appena varcò lo soglia, Elijah si ritrovò di fronte un uomo che lo fissava con sguardo rabbuiato. Questi lo guardò senza timore, l’ira negli occhi:

“Credo che piuttosto che stare con te, lei preferirebbe rimanere qui. Per cui mollala” sibilò Gregor duramente.

Elijah guardò il cacciatore con freddezza assoluta; sembrava calmo ma l’ombra che gli passò negli occhi dimostrava tutt’altra cosa: “In ogni caso credo che ti strapperò il cuore.” sibilò glaciale.

Avrebbe potuto strapparglielo anche in quelle condizioni, ma decise di mettere Briony a terra per impedire che le venisse fatto alcun male. La ragazza venne adagiata contro la parete, le braccia si stiracchiarono su di essa come se non avesse alcuna forza, lo sguardo rimaneva permanentemente avvolto nel vuoto.

Elijah le lanciò un'occhiata di sfuggita poi la sua attenzione saettò verso Gregor, che si catapultò verso di lui per approfittarne di quella distrazione. Ma non appena il cacciatore si avvicinò troppo, la mano assassina di Elijah si allungò per penetrare dentro il suo petto e afferrargli il cuore ancora dentro la gabbia toracica.

Pervaso da una rabbia improvvisa, Elijah scaraventò il corpo di Gregor contro l'altra parte della parete che venne sprofondata da un enorme buco. Il corpo dell'uomo cadde col petto squarciato in due, gli occhi sgranati e del sangue gli fuoriusciva dalle labbra.

Elijah buttò subito con noncuranza il suo cuore a terra, come se la sua mano non volesse toccarlo un secondo di più.

Poi si voltò Briony. Lo sguardo era assorto mentre la fissava e sembrò far parlare il silenzio. Lei ricambiava lo sguardo in maniera incerta, come se si stesse chiedendo che diavolo ci faceva lì in quel posto. L'espressione del vampiro si raffreddò pensando cosa quei maledetti le avessero fatto. Si mosse lentamente, il suo sguardo non la lasciava mentre le si avvicinò di più, sempre con lentezza, quasi le stesse chiedendo il permesso di farlo.

Briony invece rimaneva immobile, con lo sguardo vacuo e in silenzio. Si lasciò semplicemente prendere da quelle mani che le incutevano uno strano senso di sicurezza, incurante che un attimo prima quelle stesse mani fossero state piene di sangue umano.

Elijah la riprese delicatamente in braccio; chi sopraggiungeva lì vicino se la dava subito a gambe ma ormai non c'era più pericolo perché quell'inferno, per ora, era finito.

Il braccio di Briony alla fine circondò il collo di Elijah; il gelo della sua pelle stranamente non la fece rabbrividire e gli rimase attaccata come se così potesse sopravvivere.

Elijah camminava eretto e sicuro, e mentre stava per uscire incrociò la ragazza dai capelli rossi, Jennifer, che sospirò sollevata nel vedere l'amica.

Lui le fece un cenno cordiale poi finalmente uscì da quel posto maledetto. Un forte vento gelido pervase il debole corpo di Briony fino a stringerla in una morsa, e per combatterlo si strinse di più al petto del suo salvatore. Nessun rumore sembrava risuonare al suo interno, il che era davvero strano perché colui che l'aveva salvata doveva per forza avercelo, un cuore.

Alla fine il sonno cominciò a vincere sul suo corpo e un senso di pace la accompagnò lungo l'abbandono dei sensi. Si tenne sempre stretta al suo oscuro angelo, senza timore di quel vuoto abissale che percepiva, perché fino all'ultimo pensò che quel cuore, seppur silenzioso, esisteva eccome.

 

-------------*************-----------

 

Caroline continuava a fissare la sorella con sguardo attento e premuroso mentre dormiva. Non appena l’aveva vista entrare in casa le era parsa completamente un’aliena, come se Briony non sapesse dove fosse e sembrava non averla nemmeno riconosciuta. Appariva così spaesata e debole da non sembrare nemmeno più lei.

Le mani della vampira si strinsero, fino a far diventare le nocche bianche, pensando a cosa quei bifolchi le avessero fatto. Sicuramente nulla di buono. Lei lo sapeva bene.

Alzò lo sguardo per incontrare una figura che di solito provava repulsione quando la vedeva, ma in quel momento Caroline non provò nulla del classico fastidio mentre guardava Elijah Mikaelson, seduto affianco a Briony nel letto.

Era sempre stato lì accanto a lei, non l’aveva lasciata un attimo e non faceva niente se non guardarla.

“Anche se smetti un secondo di guardarla, non scomparirà mica nel nulla” Disse lei in torno ironico per cercare di fare un po’ conversazione.

Elijah alzò allora lentamente lo sguardo sulla biondina, ma l’espressione era distaccata e fredda proprio come Caroline se la ricordava. Ma dietro la profondità dei suoi occhi intuì la vera verità: soltanto dai suoi occhi potevi scorgere il suo conflitto interiore, ciò che lo lacerava, come se dovesse sopportare un enorme peso per tutta l’eternità che gli era destinata.

Non sembrava provare il classico dolore, d’altronde lei pensava che uno come Elijah non lo provasse affatto, ma era solo e semplicemente stanco. Afflitto da una tristezza che non riusciva a decifrare. Forse Caroline sapeva a cosa era dovuta visto che un secondo dopo Elijah tornò a fissare Briony, ma non ne era del tutto certa visto che la mente di quel vampiro sembrava corazzata da una fortezza inespugnabile.

“Ha bisogno di assoluto riposo.” Disse Elijah in tono calmo.

Entrare in quella casa, quella dove aveva vissuto con lei per tutto quel tempo, non gli aveva provocato il male che credeva, la sua freddezza da quel punto di vista era rimasta intatta, ma questo non comportava la diminuzione della pressione dolorante che sentiva nel petto.

Era da tantissimo tempo che non provava dei sensi di colpa, quasi aveva dimenticato che cosa fossero visto che non si era mai fatto alcun problema per i suoi gesti efferati. Ma il rimorso questa volta l’avrebbe accompagnato in eterno, così come avrebbero fatto le ferite interne di Briony che continuavano a sanguinare proprio perché era stato lui a provocarglierle.

Il disprezzo per se stesso si intensificò fino a scavare i bellissimi lineamenti del suo viso. Come aveva potuto trattarla in una simile maniera? Dirle quelle cose orribili. Proprio a lei.

Credeva che l’odio bastasse a riempire il vuoto che sentiva dentro di sé e per allontanare le persone in una sorta di vendetta, ma l’odio non era un antidoto sufficiente per queste cose.

Alla fine il suo stesso comportamento egoistico gli si stava rivoltando contro.. ma ora non più.

Elijah prese una decisione che avrebbe valso solo e esclusivamente il bene di lei, non importava ormai se lui ne avrebbe sofferto.

Si alzò dal letto di Briony lentamente, come se dovesse per forza farlo ma gli costasse comunque uno sforzo incredibile. La guardò mentre disse le seguenti parole:

“Lei non deve sapere che sono stato io a salvarla. Fai in modo di tenermi all’oscuro di tutto.”

Caroline lo fissò completamente sorpresa, non aspettandoselo proprio. Le parole di Elijah erano risuonate fredde e decise, come sempre, ma qualcosa sotto la superficie le diceva che quelle parole erano valse come una lama per lui.  

Eppure quell’Originario da quando era giunto a Mystic Falls, era apparso sempre così inossidabile da non poter essere schiacciato da niente e da nessuno.

Caroline guardò allora la sorella e poi sviò lo sguardo, mordendosi il labbro.

“Grazie per ciò che hai fatto. Se non ci fossi stato tu forse io sarei arrivata troppo tardi.. ma hai ragione.. questo non cambierebbe nulla” disse infine.

Le labbra di Elijah si distorsero in un sorriso gelido mentre guardava fuori dalla finestra: “Beh.. Giovane Forbes te ne devo dare atto: avevi perfettamente ragione quando dicevi che lei starà meglio senza di me.” Il sorriso però si inabissò in una maschera di freddezza totale.

Lo sguardo si posò di nuovo su Briony, che rimaneva addormentata incurante di ciò che le stava capitando attorno. Elijah fece finta di non sentire la pulsazione dolorante che sentiva dentro il petto, finse che non esistesse per il bene di tutti.

Briony era troppo innamorata e troppo buona che forse gli avrebbe potuto perdonare tutte le cose che lui le aveva fatto. Ma era lui che non poteva perdonarsi. Provava talmente tanta vergogna di sé che faticava persino a starle vicino.

Fece di nuovo inabissare il suo animo nel vuoto più assoluto, dove c’erano anche quelle sensazioni che lo avevano fatto diventare umano al suo fianco. Ma ormai quella magia era finita. Non poteva ricordare quelle sensazioni perché non meritava di averle.

Non aveva il diritto di dannarle ancora l’esistenza, di coinvolgerla nell’inferno che era la sua vita. L’ultimo barlume di umanità si sarebbe intravisto unicamente in quel gesto in cui la faceva allontanare da quello che lui era, perché ciò che era capace di fare lo rendevano uno strumento di morte. E la morte e i mostri avevano già troppo invaso la vita di Briony, non era giusto aggiungerne altri.

Lentamente si avvicinò a lei. Era davvero strano l’effetto che quella ragazza provocava in lui, visto che anche in quel momento gli stava facendo provare la scintilla di quella fiamma  che non voleva più riaccendere dentro di sé.

Elijah chinò il corpo verso di lei, le braccia si allungarono ai lati del suo corpo, il viso le finì sopra i capelli.

In quel momento Briony si riscosse dall’oblio dei suoi sogni; si sentiva terribilmente attratta da un richiamo, come se esso fosse un aroma a cui non poteva resistere.

Teneva gli occhi permanentemente chiusi ma sentì lo stesso un respiro elegante baciarle i capelli, la presenza di qualcosa che era gelido ma che le stava infondendo uno strano calore sotto la pelle.

Le sembrava di riconoscere quel richiamo perché il legame che ne scaturiva era certo come la morte, e da quello stesso dolore lo riconosceva. Ma era troppo buio per vedere.

Di nuovo il sonno cercò di reclamarla ma lei rimaneva aggrappata a quel respiro che le soffiava sui capelli. Si sentì accompagnare all’improvviso nell’oscurità, tutto si annullò ma riuscì a udire una frase, forse appartenente a un sogno:

Mi dispiace.

I’m sorry.

Il corpo di Briony stava lasciando la realtà e raggiungeva i sogni. Non prima di aver udito un’altra frase. Anche quella era un sogno?

Mi dispiace tanto

I’m so sorry.

 

----------------********---------

 

Briony si faceva spazzolare i capelli dalla sorella per sciogliere tutti i nodi: si erano parecchio allungati dall’ultima volta che li aveva tagliati ed era un’impresa spazzolarli tutti. Con un po’ di trucco era riuscita a coprire le profonde occhiaie che ancora le circondavano gli occhi. Il male fisico se ne stava piano piano andando.

Briony non ricordava praticamente nulla del suo “soggiorno” in mezzo a quei pazzi e forse era meglio così. L’unica cosa che ricordava era un dolore immenso, un grande sonno, e quelle terribili scosse che pervadevano i suoi muscoli stiracchiati. Insomma proprio nulla di buono, forse era meglio se non ricordava nulla.

Fece un profondo respiro mentre parlava. “Grazie Caroline per avermi tirato fuori di lì. Dovrò anche chiamare Ylenia. Sono proprio una palla al piede, non sono riuscita nemmeno ad assestare un colpo come si deve a quei pazzi furiosi.”

La vampira si morse il labbro, cercando di far finta di nulla: “Non devi ringraziarmi. Tu avresti fatto lo stesso per noi. L’importante è che stai meglio”

Briony si lasciò pettinare ancora un po’, mentre i suoi pensieri girovagarono in un unico punto che non voleva proprio scomparire.

E lui?

Come se Caroline avesse letto il tormento interrogativo disegnato nel volto della sorella, disse: “Elijah se n’è tirato fuori. Non ha partecipato in alcun modo”

Briony venne privata del respiro mentre l’ennesimo pugno le torceva il petto. Il dolore fisico non era niente in confronto al dolore del suo cuore.

A Elijah non importava niente se avevo bisogno di lui. Se n’è letteralmente lavato le mani.

Quel pensiero doloroso si tramutò in rabbia. Tipico di Elijah ovviamente. Voleva dimostrare quanto odio provasse per lei, come la sua freddezza fosse rimasta intatta anche dopo ciò che lei aveva fatto nella foresta, e l’aveva dimostrato ampliamente.

L’aveva lasciata sola. Se ne era disinteressato.

Briony strinse i pugni, conficcando le unghie nei palmi. Peggio per lui, lei non avrebbe fatto più niente per lui, anzi voleva solo che scomparisse dalla sua vita e che se ne andasse il più presto possibile. Non avrebbe tollerato di rivedere quella faccia di bronzo come se nulla fosse.

Quanto avrebbe voluto odiarlo con tutto l’odio di cui era capace.

Ma decise di esserne indifferente, non avrebbe provato il benché misero rimpianto per lui.

Allungò il braccio per fermare quello di Caroline: “Basta ora, non sono una bambola” disse per farla smettere di pettinarla.

La vampira si arrese subito, provando empatia per ciò che la sorella sentiva. Decise di lasciarla in pace mentre Briony si alzava debolmente dalla sedia e andava a prendere un bicchiere d’acqua. Ma erano gesti semplici, nati solo per non pensare a ciò che faceva male.

Caroline guardava tristemente la sorella, pensando a quanto dovesse soffrire per il fatto che Elijah apparentemente si fosse disinteressato di lei. Quella enorme bugia la faceva sentire sporca e vigliacca ma decise di mandare avanti la recita proprio come aveva detto l’Originario.

Forse era meglio così.

“Ti lascio riposare ora se vuoi.” disse poi avvicinandosi.

“No ho già dormito anche troppo.” Rispose Briony visto che aveva passato tutto il tempo a dormire. C’era qualcosa però che era rimasto incastrato nei suoi sogni, come nascosto dietro una porta, ma lei non riusciva proprio ad arrivarci. Forse non era poi così importante..

Il rumore del campanello la fece ritornare alla realtà e allontanò quegli strani pensieri.

Caroline andò ad aprire e dal nulla apparve Yleniache rivolse a Briony un sorriso radioso per vederla sana e salva: “Come sta la nostra sopravvissuta?” domandò mettendo via la borsa e sedendosi di fronte a lei.

“Si va avanti. Adesso dovrò cercarmi qualcosa da fare visto che non sono ben vista da nessuna parte.” replicò Briony freddamente.

Ylenia inarcò il sopracciglio poi Briony si sedette anche lei: “Grazie Ylenia per avermi aiutata a farmi uscire di lì, volevo chiamarti ma non ne ho avuto il tempo. Se non fosse stato per te e per Caroline…

Ylenia inarcò sempre di più il sopracciglio mentre Briony parlava a mitraglietta. Lo sguardo della strega saettò per diverse volte verso Caroline che se ne stava immobile e rigida ad ascoltare.

“Oh di niente figurati. Ehm Briony dovrei parlare con tua sorella, ti dispiace se ti lasciamo un attimo?” domandò Ylenia col tono più normale possibile, indicando con il pollice la biondina.

Briony assentì non facendole granchè caso, perché tutta la sua mente era rivolta ad un unico fatto che continuava a tormentarla dall’interno e non le dava assolutamente tregua. Non si accorse nemmeno che Ylenia si alzava dal divano e prendeva Caroline per un braccio per portarla in un’altra stanza in fretta e furia.

“Lei non lo sa vero?” domandò subito la strega quando furono lontane da orecchie indiscrete.

Ylenia infatti era stata subito avvertita da Caroline quando Briony era scomparsa ma aveva perso parecchio tempo nel cercare qualche incantesimo adatto, visto che non aveva più il Libro Bianco. Alla fine Caroline le aveva inviato un messaggio dicendo che era tutto a posto e Ylenia aveva tirato un filo di sollievo.

La biondina intanto aveva sviato lo sguardo, colta in fallo: “No, non lo sa. E prima che tu dica qualcosa di acido, è stato lo stesso Elijah a chiedermi di farlo”

Ylenia sbattè le palpebre davvero sorpresa: “Non ha il minimo senso questo. E perché mai?”

“Come perché? Perché tanto non cambierebbe la realtà dei fatti. Elijah deve stare lontano da mia sorella. Punto. E se lei scoprisse tutto, si farebbe delle fantasie bacate in testa e correrebbe di nuovo tra le sue braccia” sclerò Caroline con il tono più basso possibile.

“E’ una sua decisione.” Ribattè Ylenia fermamente, pronta per andare da Briony. Caroline la fermò in tempo, guardandola con sguardo supplicante:

“Ti prego. Se vuoi bene a Briony, devi tacere. E’ molto meglio così perché tra poco potrà finalmente riprendere una vita normale e serena. E con Elijah accanto non potrà mai farlo, lo sai anche tu.”

In effetti Ylenia l’aveva pensata così e i consigli che aveva dato a Briony non erano  propriamente dalla parte di Elijah perché era convinta che lui non potesse renderla felice. La vita che gli Originali si trascinavano dietro, tutto quel sangue, quelle morti, quell’odio, non poteva portare nulla di buono per anime così pure come quella di Briony.

L’immagine di Agnes l’assalì a quel pensiero, ma la scacciò subito perché non era il momento giusto.

“Va bene, fate come volete. Ma io non voglio c’entrarci niente qualora Briony lo saprà.” mormorò facendo un gesto con la mano.

“Non succederà. D’altronde è stato Elijah a deciderlo.”

Ylenia alzò gli occhi al cielo e tornò nel salone dove c’era Briony che sgranocchiava qualcosa da mangiare. Si sedette vicino a lei mentre Caroline diceva che doveva tornare a casa ma che sarebbe venuta presto a ritrovare la sorella.

Briony le fece un sorriso di saluto poi tornò a sgranocchiare le sue patatine fritte: aveva le gambe incrociate sul divano, indumenti comodi come se volesse passare la giornata in casa a fare niente. La testa girovagava in punti della casa come se volesse ritornare a imprimere ogni suo pezzo nella propria mente, visto che l'aveva abbandonata per troppo tempo. E anche perché così avrebbe desistito Ylenia nel farle domande che avrebbero potuto farla tornare a sanguinare dentro.

Ma la strega ovviamente sembrava non sentire le sue preghiere di pietà.

“E quindi… che hai deciso di fare con lui?”

Subito Briony scattò dritta con la schiena. Sapeva a chi Ylenia si riferiva, e la ringraziò per il fatto che non avesse sussurrato quel nome… il nome che albergava nel suo cuore e che lo stava distruggendo, pezzo per pezzo.

“Non me ne importa più. Che vada al diavolo” rispose lei meccanicamente tornando ad abbuffarsi.

Vedendo che Ylenia non sembrava del tutto convinta, Briony sbuffò:

“Beh? Che è quella faccia? Tutti quanti non vedevate l’ora che io lasciassi perdere Elijah e ora che lo faccio non sembrate contenti neanche questa volta.”

“Non è questo… è solo che… ne sei sicura?” domandò Ylenia titubante. Qualcosa le diceva di far leva sui sentimenti di Briony e di non permetterle di farli scomparire. Anche se suonava un controsenso con ciò che aveva detto prima a Caroline.

Una Briony che non amava Elijah non era Briony. Voleva che almeno rimanesse aggrappata alla più tenue speranza per non farla abbattere.

Ma di speranze ormai Briony ne era vuota. Per cosa doveva lottare? Per un amore nato da una relazione che affondava le radici nel dolore? E che era ricambiato solo con l’odio e il disinteresse?

“Non potrei autodistruggermi più di così. Ho smesso di sperare in qualcosa che non accadrà mai e sono stanca di farmi trattare in questo modo. Dovrei inchinarmi di nuovo ai suoi piedi dopo ciò che ha fatto? Ah no dopo ciò che NON ha fatto. Nossignore, non voglio mai più vederlo.” Replicò di nuovo mangiando sempre di più come per soffocare le parole in realtà di disperazione che volevano fuoriuscire.

Ylenia scosse decisa la testa, sapendo che ciò che avrebbe detto era la pura verità:

“Ma qualunque cosa accadrà..  tu non odierai mai a fondo Elijah”

Quelle parole scavarono dentro di lei più di quanto si aspettasse. Era peggio di un pugno che balzava dritto nello stomaco, era qualcosa di profondo e lacerante che non era in grado di lasciarla andare. Perché era la verità. Poteva anche scuotere la testa o negare a parole, ma era la verità. 

Briony poteva anche essere capace di odiarlo, ma non sarebbe mai stata capace di smettere di amarlo.

Il risentimento e rancore che sentiva si sarebbero poco a poco affievoliti non appena avrebbe scorto il suo sguardo magnetico e sarebbe ritornata a provare qualcosa per lui. Esisteva sempre un appiglio affinchè lei lo capisse e non gli voltasse mai le spalle.

Era logorante sapere però che lui non avrebbe fatto lo stesso.

“Proprio perché lo ami al di sopra di ogni cosa, va oltre persino alla tua vita” continuò Ylenia sapendo a cosa si riferiva.

“Un amore sbagliato.” Rispose Briony decisa e  guardandola torva. Stava usando le stesse parole di suo padre, forse per agevolare la propria causa di non autodistruggersi per un vampiro. “E guarda come mi sono ridotta. Ho anch’io un po’ di amor proprio.”

Si alzò fulminea dal divano per andare a prendere qualcos’altro da mangiare e anche per chiudere lì la questione. Non avrebbe sopportato altre allusioni su Elijah.

Ma Ylenia le fu subito vicina, le accarezzò il braccio con fare comprensivo:

“Non fare ciò che non puoi.” disse solamente. Semplice parole ma che avevano un profondo significato.

Briony saltò letteralmente, il suo umore si stava nettamente rabbuiando:

“E’ vero. Forse non riuscirò a dimenticarlo tanto facilmente! Ma prima o poi ci riuscirò, insomma la vita va avanti! E lui si starà godendo la sua bella immortalità adesso, magari con un bel bicchiere di vino e il sorriso tranquillo e rilassato! Farò così anche io” Detto questo, prese con forza una bottiglia di vino e la stappò con violenza.

Quasi se lo immaginava…. Tutto bello comodo a casa sua, intento a sorseggiare un drink d’alta classe, l’espressione imperturbabile e fredda. Quell’immagine fu d’aiuto per aumentare la sua rabbia.

Dopo aver bevuto un sorso, Briony riprese il controllo e si mise a guardare un punto fuori dalla finestra. Il viso divenne limpido, ma un sorriso fintamente sarcastico lo macchiò:

“Certe volte mi domando che cosa ho fatto tanto di male da meritarmi una simile vita spiacevole.”

Sospirò abbassando lo sguardo, maledicendosi per essere apparsa così fragile. Tentò di smorzare tornando a bere. Ylenia le si affiancò, guardandola tristemente:

“Il tuo unico peccato è stato il troppo amare, Briony. L’amore è stata la tua unica colpa. E questa non può condannarti in eterno”

Briony fu talmente colpita dalle parole dell’amica che fu costretta a voltarsi verso di lei. Voleva finire il discorso con una risata e facendo finta di nulla, ma non poteva farlo. Rimase a contemplare seriamente le parole di Ylenia.

Forse era vero, forse aveva sbagliato ad amare troppo Elijah. Ma da quando amare è un errore? Magari da quando l’altra parte non merita il tuo dolore, da quando quel sentimento che provi diventa solo un’arma che ti colpisce dritto al cuore, e perché non devi amare qualcuno che sei destinata ad odiare.

Forse quel stramaledetto incantesimo era così perfido da averli legati apposta in quel vincolo indissolubile, dove solo l’uno può infliggere il dolore più efficace all’altro.

Briony smise di pensarci e si scurì la voce. “Basta pensieri tristi, ne ho già avuti abbastanza. Ne vuoi un po’?” chiese indicandole la bottiglia di vino.

Ylenia assentì subito con la testa e fece morire il discorso.

Mentre Briony sembrava essere ritornata normale, con nulla nella testa se non il pensiero di essere malata di una male che le stava sbriciolando lentamente tutto il corpo.

 

-----********------

 

 

Se c’era una cosa che aiutava a sconfiggere la depressione quella era una festa, a dire di Caroline Forbes. E sua sorella aveva deciso di darle ragione.

D’altronde quando tutti attorno a te gridano e sprizzano gioia, non puoi inquinare la loro felicità col tuo dolore perché sarebbe un delitto e terribilmente ingiusto.

Briony decise di accantonare per una sera i suoi guai ed era andata con sua sorella alla classica festa di Mystic Falls che si teneva nei grandi giardini dei Lockwood. Visto che era una bella stagione si poteva benissimo stare fuori e senza nemmeno un cappotto.

Briony indossava un semplice abito color prugna lungo fin sopra il ginocchio, e si trovava accanto a Caroline a godersi la festa tra i molteplici invitati. Purtroppo i suoi occhi saettarono su una persona che subito le fece salire i fumini al cervello.

Diede a Caroline una gomitata per intimarle di andarsene di lì, visto che con quel pazzo di Willas in giro non c’era da starsi tranquilli.

Briony notò Jennifer farle un cenno con la mano e questa subito andò verso di lei. Willas, al suo fianco, la seguì con noncuranza come se non ci fosse nulla di male in ciò. Jennifer portava i capelli sciolti ed era elegantissima nel suo abito blu, mentre Willas aveva uno smoking scuro. Il tessuto della giacca stritolava i muscoli sodi al di sotto, che sembravano aumentare ogni giorno che passava.

Briony grugnì ricordando che un suo braccio muscoloso aveva cercato di stritolarla e c’era quasi riuscito.. se non fosse stato per…

Ma decise di non pensarci più e aspettò che Jennifer si avvicinasse facendosi largo tra la folla. Willas continuava a stare al suo fianco come nulla fosse. Lo sguardo era alto e freddo.

Briony ehi. Sono contenta che tu stia bene.” Disse Jennifer con un sorriso radioso mettendosi di fronte a lei.

Briony le fece a stento un sorriso e i suoi occhi fulminarono subito il suo cavaliere:

“Di certo non devi ringraziare il qui presente Mister muscolo.” sibilò dura.

Willas a suo volta alzò di più il mento, la bocca era stesa in una linea arrogante:

“Che credevi? Che ti avrei lasciata ad aiutare il tuo succhiasangue come se nulla fosse? Devi considerarmi un’idiota e io idiota non sono. Non credere che sia finita qui.” Nell’ultima frase affiorò un velo di minaccia diabolica e Briony subito gli si fece sotto senza alcun paura. Jennifer d’altro canto si irrigidiva sempre di più per i loro battibecchi e cercava di frenare Willas mettendogli una mano contro il braccio.

“Se hai intenzione di mettere in atto le tue minacce stasera..” l’irritazione di Briony però venne scavalcata dalla risata chiara e arrogante dell’uomo:

“Ehi, anche io ho bisogno di divertirmi una volta tanto! Stasera si deve solo festeggiare e non ho voglia di ammazzare nessun vampiro. Ovviamente se non attaccano briga per primi.” mormorò sprezzante prendendo al volo un drink dal vassoio di un cameriere passante.

Briony strinse gli occhi per quell’atteggiamento presuntuoso. Jennifer continuava a stringergli il braccio e a guardarlo ansiosa per dirgli di starsi buono. Evidentemente Willas sentì le sue preghiere visto che finì il bicchiere senza più minacciare.

“Neanche io stasera ho voglia di menarti, per cui fai il bravo ti conviene.” Disse Briony facendogli un sorrisetto.

Willas buttò il bicchiere chissà dove:

“Conviene a te fare la brava e smettere di sbavare dietro a quell’Originario”

Jennifer allora alzò gli occhi al cielo e con un sospiro pesante si intromise nella conversazione:

“Ok basta, non puoi essere più gentile Will? Ognuno ha il diritto di stare con chi vuole e tu non sei nessuno per dirle cosa fare. Per cui stasera basta parlare di vampiri, sangue o morte. Concordate oppure devo farvi ubriacare?” disse ironica.

Briony non rispose mentre Willas fece un lieve sorriso e si propese verso la sua ragazza.

“Sì tesoro. Mi comporterò bene, non c’è bisogno che tu mi faccia ubriacare” mormorò con voce più profonda mentre Jennifer corrispondeva lo sguardo con un sorrisetto malizioso e si stringeva di più a lui.

Briony li fissò chiedendosi cosa l’amica ci trovasse in quel bellimbusto. Willas era ovviamente bello esteticamente e pieno di muscoli, ma aveva una nocciolina nel cervello.

Jennifer smise di gingillarsi e tornò a guardare l'amica:

"Ah Briony, volevo sottintendere che noi due, sia io che Will, non c’entriamo con ciò che gli amici di tuo padre ti hanno fatto." mormorò rammaricata e davvero dispiaciuta.

Willas invece fu tutto il contrario.

"Infatti. Se volessi ucciderti, ti ucciderei e basta. Non perderei mica tempo a rapirti, rinchiuderti in un bunker, a drogarti o robe del genere. Non è il mio stile" disse fintamente gentile sistemandosi il colletto.

"Sono tranquilla ora che me l’hai detto!" ribatté Briony sarcastica, e all'improvviso sentì una voce terribilmente familiare dietro di lei.

"Signorina Forbes. Da quanto tempo non ci vediamo"

Briony scattò subito e si voltò, incontrando due occhi gialli. Cercò di non far trapelare il suo turbamento mentre fissava Connor, elegantemente vestito come non mai e l’espressione gentile che le faceva incutere ancor più timore.

Briony lanciò poi un’occhiataccia sia a lui sia a Willas:

"Guarda chi si vede.. Il mandante e l'esecutore!" disse a  di provocazione visto che pensava che Will fosse il tirapiedi di Connor e che eseguisse ogni suo ordine malefico.

Il cacciatore d’altro canto le rivolse un’occhiata torva, segno che non si faceva comandare da nessuno e che eseguiva semplicemente solo i propri desideri, e infatti prese Jennifer per un braccio:

"Vieni tesoro. Questa non é roba per te." disse, cominciando a incamminarsi lontano da loro.

Briony non lo guardò neppure infatti i suoi occhi erano tutti puntati verso Connor, e continuava a chiedersi perché diavolo era venuto a quella festa. E perché non le staccasse la testa visto ciò che aveva combinato.

Ma lo sguardo di Connor era normale e distante.

"Mi sono rattristato quando ho saputo ciò che ti é successo. Una situazione incresciosa" disse apparentemente dispiaciuto.

"Ah sì? E tu dov'eri?" replicò subito Briony stringendo gli occhi e mettendo le braccia al petto.

"La vita non sta a Mystic Falls, Briony. Ho avuto affari da sbrigare" mormorò lui semplicemente ma un guizzo che apparve nei suoi occhi le faceva presagire che i suoi affari non erano nulla di buono. Quel sorriso tagliente che poi le rifilò la fece inquietare suo malgrado. Fece comunque finta di crederci.

"Sei venuto a farmi la paternale o peggio per ciò che é successo nella foresta?" domandò lei senza tanti preamboli e stranamente non ne ebbe paura.

Connor si strinse nelle spalle sviando lo sguardo:

"Mi hai davvero deluso Briony ma dovevo aspettarmelo. Era troppo presto per te e forse non dovevo acconsentire al ritorno degli Originari, visto che tu sei tanto vulnerabile con loro”

Quella continua calma di Connor le sembrava fasulla e non le piaceva. Non capiva neanche come le persone alla festa venissero ammaliate da lui visto da come lo guardavano. Ma era inevitabile visto che esercitava un'aura di potere.

“Non è questione di vulnerabilità, ho fatto solo la cosa giusta. I tuoi cari amichetti non hanno mantenuto la parola data e facevano un gioco sporco”

Connor rise e girò il viso su di lei:

“Primo, non sono amichetti miei. Secondo, cosa c’è di male nel far fuori dei vampiri?” Un’ombra attraversò i suoi occhi nell’ultima frase e Briony sostenne dura il suo sguardo. Sapeva che non era saggio mettersi contro Connor e che ormai era inutile vista la situazione, ma qualcosa le diceva che non doveva stare a sentire le baggianate che diceva.

“Strano. Non vuoi punirmi quindi per la mia cattiva condotta?”

“Sei già stata punita abbastanza credo. E comunque sei ancora della mia parte, vero Briony?” Connor sottolineò le ultime parole in maniera più incisiva e guardandola con una strana espressione.

Lei sospirò,  indietreggiando per andarsene di lì.

“Anche se ho accettato il tuo aiuto, ho sempre sottinteso che..” Ma quando la sua schiena sbattè contro qualcosa, si bloccò istintivamente con sguardo allarmato. Briony sentì una mano sfiorarle il fianco come per fermarla dall’indietreggiare ancora, anche se lei si sentiva paralizzata.

“Non le ha mai detto nessuno che è indecoroso minacciare delle ragazze?”

Quella domanda allusiva le soffiò sopra i capelli attraverso un respiro elegante che ben conosceva. Briony sentì una scossa passarle nella schiena e subito si divincolò da quella mano che ancora le sfiorava il fianco. Si mise di lato a chi aveva appena pronunciato quelle parole. Ma sapeva già chi era ancor prima di guardarlo in viso.

Elijah le regalò appena un’occhiata impercettibile solo quando lei si era divincolata, poi il suo sguardo agghiacciante si era soffermato su quello di Connor che rimaneva impassibile di fronte a lui.

“Non ho bisogno di minacciare nessuno io” replicò lui freddamente. Tutti e due erano composti, ma emanavano un’aura di potere e terrore da intimidire chiunque passasse tra loro.

Elijah distorse la bocca in una parvenza di sorriso ma i suoi occhi rimasero freddi e duri: "Così sei tu quello che vuole farmi fuori?" domandò per nulla shockato.

“Veramente avevamo imposto una tregua se non sbaglio. Sebbene non ho mai avuto l’immenso onore di parlare con te faccia a faccia” Anche se dal modo in cui lo guardava, Connor non considerava per niente che fosse un onore parlare con un vampiro, soprattutto uno come Elijah.

Briony se ne stava in disparte in un angolo, guardando qualche volta Connor per verificare le sue intenzioni, ma mai Elijah. E d’altronde anche lui sembrava riserbarle lo stesso trattamento.

L’Originario si fece di più avanti, mantenendo una solida pressione sullo sguardo di Connor.

“Sì infatti voglio ribadire un concetto e spiegarti una cosa che mi sta molto a cuore” Dal tono che usò si deduceva che non avrebbe detto nulla di piacevole “Se osi toccare ancora un membro della mia famiglia, anche solo sfiorarlo, ti farò pentire di essere nato.”

Anche se non doveva, Briony si sentì rizzare i peli del braccio per quella minaccia ad effetto che andava sempre a segno. Ma Connor non si scompose minimamente invece:

"È una minaccia?" domandò impassibile alzando il mento.

"Esattamente, molto intelligente da parte tua dedurlo" rispose Elijah serenamente ma con una fredda linea superba.

Briony con ansia vide Connor serrare il viso ma poi riprese un’espressione tranquilla, come se nulla fosse.

“Il tuo amore verso la tua famiglia, Elijah Mikaelson, è davvero onorevole e anche patetico oserei dire, visto che sei stato pugnalato alle spalle da molti di loro”

Alla tranquilla provocazione del druido venne corrisposta una freddezza unica e indistruttibile. Gli occhi di Elijah erano nerissimi:

“Ci sono cose che si possono perdonare e altre no”

Briony rimase sull’attenti per quella risposta inequivocabile ma non azzardò a guardarlo neanche in quel momento.

"Concordo pienamente ma di sicuro potremo trovare un modo per convivere civilmente" rispose Connor in modo ambiguo mentre Elijah gli corrispose solo uno sguardo freddo.

La festa attorno a loro si svolgeva normalmente, incurante di quella disputa verbale.

Connor alla fine fece dei passi indietro, un sorriso garbato dipinto sul suo volto:

“Continuo a fare il mio giro, sono fuori dalla cerchia delle feste da parecchio tempo. Briony mi farò sentire vivo io per le solite questioni.” disse poi rivolgendole uno sguardo di sfuggita per poi librarsi nel nulla come se fosse stato vento.

Briony non si prese neanche la briga di salutare né di rispondere, che infatti si ritrovò divorata da un silenzio tombale che la percorreva sotto la pelle come adrenalina.

Sentiva che in quel momento Elijah la stava fissando, percepiva i suoi occhi scorrere nella pelle del suo viso e i battiti di conseguenza aumentarono d'intensità.

Invece di urlare quanto lui l'avesse fatta soffrire, preferiva soffocare l’impulso, aspettando che passasse.

"Se mi permetti un'osservazione, mi sembri un po’ un agitata"

La sua voce purtroppo la spinse a venir meno ai suoi obbiettivi. Sentì la rabbia attanagliare la sua anima, mandandola inevitabilmente in frantumi.

Briony si girò con gli occhi durissimi, il viso serrato. Quello di Elijah invece erano tranquillissimo, era la calma e indifferenza in persona. Portava entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni.

"Forse anche io sono stata vittima di incontri sgradevoli." sibilò lei tagliente mostrando tutto il suo rancore.

Elijah questa volta cambiò lievemente espressione, come se non se l'aspettasse, ma in un battito di ciglia ritornò a ricomporre la freddezza del suo viso.

"Sono cose che capitano, soprattutto alle feste. Temo dovrai farci l'abitudine." rispose tranquillamente, guardandosi attorno.

"Invece credo di no. Infatti quando te ne andrai?" domandò lei allusiva come se non vedesse l'ora che lui scomparisse dalla sua vita, che smettesse di raderla a pezzi.

Lo sguardo di lei rimase durissimo e stizzito come non mai. Mentre quando Elijah girò  il viso verso di lei, questi era glaciale ma un guizzo che gli attraversò gli occhi fece trapelare il suo stupore per il tono che Briony gli riserbava.

Il vampiro analizzò con freddo interesse la durezza del suo sguardo e corrugò la fronte stranito:

"Non credo di capire i motivi del tuo comportamento"

Briony cercò di non spalancare gli occhi per quella fredda considerazione. Ma come diavolo poteva essere così insensibile? A mettersi sopra a ogni cosa con quella freddezza invalicabile?

Briony strinse forte i pugni, guardandolo con astio:

"Che cosa c'è da capire? Non osare fare finta di niente, se fosse per te io sarei ancora a marcire in quel posto orribile circondata da pazzi o magari morta." sibilò tagliente come se stesse sputando vetro.

La reazione di Elijah però la stranì: per la tensione lui aveva irrigidito le spalle, il petto si era lievemente alzato come se il respiro gli si fosse bloccato tra le labbra serrate. Il volto era livido, in maniera così strana che lei non gli aveva mai visto.

Ma Briony era troppo infuriata per accertarne le cause, anche perché Elijah in un movimento della testa riprese subito il controllo. Non permetteva ad alcuna emozione di trasparire:

"Credi davvero che ti avrei lasciata lì e abbandonata al tuo destino? Che uomo spregevole mi devi ritenere." replicò mentre le labbra si piegavano in un sorriso beffardo. Gli occhi però erano vuoti, del nulla più assoluto.

Briony aveva una terribile voglia di colpirlo, di fargli del male così come quei bifolchi gliene avevano fatto a lei, e anche se non si ricordava cosa fosse successo in quel posto maledetto sentiva solo del male sotto la pelle. Solo e esclusivamente quello. In un modo egoista voleva che anche lui lo provasse.

"Vedo solo la realtà dei fatti e finalmente l'uomo che sei veramente. Ho sprecato anche troppe lacrime per te."

Briony pensò di aver fatto breccia nell'armatura di Elijah, infatti i suoi occhi si rabbuiarono come un cielo in tempesta.

Dal modo in cui serrò il viso, Briony fu quasi felice per averlo offeso. Ma non provò il piacere che sperò di sentire nel vedere l'espressione di Elijah mutare radicalmente e con lentezza, dopo le sue parole.

In un modo strano Briony si sentì quasi in colpa anche se non gli doveva proprio niente. Sentì di star commettendo un orribile errore ma non ne sapeva il motivo, come se quella conversazione avesse qualcosa di sbagliato ma una folta nebbia sembrava nasconderne la causa.

Elijah intanto aveva sviato lo sguardo, le palpebre degli occhi lievemente abbassate, il viso indecifrabile.

"Già." mormorò solamente.

Il suo tono strano di voce servì ad aumentare il peso che Briony sentiva nel petto, ma era un peso sconosciuto, a cui non sapeva dare un nome né il perché si fosse formato.

All'improvviso un gruppo di ragazzini spuntarono dietro di lei correndo, e inevitabilmente la spinsero in avanti. Briony non sentì la caduta ma due forti braccia che la cingevano per impedirle di scivolare a terra. Non appena lei sentì quelle braccia sostenerla, si irrigidì in preda a una forte ansia.

Qualcosa nella sua mente si spalancò, come se stesse ricordando fatti che non erano mai successi... Due braccia che la sostenevano, la proteggevano e la innalzavano da un luogo di morte. Quel pensiero era sbagliato perché non poteva esistere dentro di lei. Ne fu così intimorita che scattò subito all'indietro per privarsi dal sostegno di quelle braccia.

Elijah rimase immobile come un blocco di marmo, leggermente deluso dal comportamento di Brionyma non si permise di farlo notare perché il volto venne distorto da un ghigno:

"Non solo non tolleri la mia presenza ma ne hai pure paura. Bene, finalmente hai imparato la lezione." disse impassibile.

Briony si infastidì per il suo tono. Non poteva permettere a quello strano vuoto di sventrarla ancor di più.

"L'ho imparata troppo tardi però. Uno dei miei enormi sbagli." ribatté apposta usando le sue stesse parole.

Se aveva ferito Elijah con quella dichiarazione lui non lo dimostrò. Rimase elegantemente in piedi a sentire le sue parole senza darsi pena di rispondere.

Ma poi sviò lo sguardo mentre una mano lasciò le tasche dei pantaloni:

"Come gesto di consolazione ti annuncio che me ne andrò presto. Non ti tormenterò più con la mia presenza." disse gelido ma con sguardo terribilmente incisivo. I suoi occhi saettarono poi su quelli di Briony che si sentì imprigionare da essi:

"Sei libera" mormorò in un flebile soffio mentre le labbra disegnavano un sorriso che non voleva nascere.

Briony suo malgrado sentì ancora il vuoto che scavava dentro il suo cuore, sempre di più. Non sarebbe mai stata libera se la sua sofferenza l'avrebbe perseguitata in eterno, strappandole il respiro.  Si chiedeva di continuo perché stava così male se voleva che lui se ne andasse e scomparisse per sempre.. Era la scelta più sensata, ma perché sentiva di star sbagliando tutto? Perché quel vuoto nella sua mente non si voleva colmare?

Elijah di fronte alla sua espressione aggrottò la fronte:

"Non sei felice? D'altronde sei stata tu a dirmi di andarmene e di non tornare mai più. Sto solo onorando la tua volontà." affermò glaciale e in tono monocorde.

Briony serrò il viso mentre ricordava ciò che infatti gli aveva detto quel dannato giorno. Nella sua mente quelle parole avevano sempre avuto un eco di dolore, ma era nulla in confronto a ciò che stava provando in quel momento. Il senso di colpa di nuovo affiorò, era più forte di lei anche se non doveva provarlo.  In fondo non doveva niente ad Elijah. Proprio niente, se non il dolore che lui continuava a causarle.

"Mi fa molto piacere questo." ribattè lei il più freddamente possibile, non osando però guardarlo negli occhi.

Quelli di Elijah invece non abbandonarono la sua figura nemmeno per un istante. Briony si chiedeva con ansia come fosse l’espressione di Elijah anche se non sarebbe mai riuscita a decifrarla.

"Ti auguro un buon proseguimento di serata, Briony" disse lui freddo mentre cominciò a incamminarsi per andarsene via di lì.

Nella traiettoria i loro bracci fortunatamente non si sfiorarono, ma lei sentì comunque una scossa attraversarle. Deglutì per scacciare l’agonia che la dilaniava.

Come al solito le conversazioni con Elijah finivano per provocarle un insano tormento. Ma perché semplicemente lui non le diceva mi dispiace? Almeno si fosse scusato per come si era comportato... e invece no.. sempre la solita freddezza...

Ma cosa poteva aspettarsi da Elijah? Lui non era tipo da dire mi dispiace perché credeva di non sbagliare mai, superiore com'era.

I'm so sorry.

All'improvviso quella parola saettò dentro di lei, fulminandole il cuore. Briony non capì cosa fosse successo e nemmeno come.. Sentiva solo un buco enorme dentro di , avvolto da una nebbia fitta che non le permetteva di avvicinarsi troppo.

Istintivamente voleva voltarsi per cercare Elijah con lo sguardo, come se in ciò potesse trovare risposta ai suoi interrogativi che la turbavano. Ma non lo vide e allora pensò sul serio d'essersi sbagliata, in fondo non c'era più nulla di cui parlare.

Rigirò il viso, col cuore in subbuglio.

Si sentiva come il tipo di persona che quando vedeva un treno, pensava che doveva andarsene via di lì. Da un posto che offriva solo dolore. Briony avrebbe tanto voluto prendere quel treno e sfuggire alla sofferenza, ma era impossibile perché non aveva nessun altro posto in cui andare. E scappare non sarebbe servito a niente: il dolore sarebbe rimasto, cicatrizzato nel cuore.

Cercò di riprendere il controllo di se stessa e di tornare a godersi la festa senza altri intoppi. Si augurò anche di non incontrare più Elijah perché era sicura che non avrebbe retto un’altra conversazione, visto che quel vuoto che pulsava nella sua testa non smetteva di martoriarla.

Rintracciò Caroline e insieme si inoltrarono nella folla.

Insieme a Elijah, Briony si sentiva un ramoscello sul punto di spezzarsi e sbattuto per troppo tempo dal vento. Ma se si allontanava da lui, il ramoscello cadeva a terra. La solitudine allora l’avrebbe attagliata, non avrebbe avuto più linfa vitale e sarebbe stata vuota dentro, ma almeno non ci sarebbe stato più quel vento che la sbatteva in continuazione facendola stridere dal dolore.

 

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Anche Ylenia era alla festa dai Lockwood e per più di un’ora aveva cercato di convincere sua sorella a venire con lei: se Agnes continuava ad estraniarsi dal mondo per paura di chissà quale minaccia naturale, non sarebbe stata una vera vita. Ylenia non voleva che la sorella si sentisse in questo modo, voleva solo che assaporasse le gioie di quella nuova vita che il destino le aveva offerto. Di non buttar via quella seconda possibilità.

E in una festa c’era sempre occasione di divertirsi e di non pensare ai pensieri negativi. Cosa che serviva tantissimo a Ylenia.

C’era voluto molto tempo per trovare un abito adatto alla figura magrissima ed esile della sorella ma doveva dire che alla fine aveva fatto un buon lavoro. L’aveva truccata con un lieve trucco non molto pesante, le aveva fatto i capelli mossi, e alla fine aveva optato per una semplice canottiera bianca con le pailette e un mini gonna nera. Agnes l’aveva lasciata semplicemente fare visto che dai suoi sguardi si intuiva che non sarebbe riuscita a scegliere tra i mille abiti nell’armadio di Yleniaoppure perché ne era indifferente.

Era questo ciò che maggiormente preoccupava Ylenia.. il fatto che Agnes fosse indifferente a tutto… non aveva più la classica risata cristallina che aveva un tempo, né il luccichio negli occhi che faceva trapelare tutta la sua dolcezza e la sua smania di vedere il mondo. Solo poche volte Agnes la guardava dritto negli occhi, per il resto evitava il suo sguardo.

Ylenia ne era profondamente turbata, chiedendosi se questo non fosse un effetto collaterale per il fatto che fosse morta per più di 300 anni.... o forse aveva bisogno di tempo..  magari era solo quello..

Sospirando, prese la sorella a braccetto e andarono in un angolo per guardare bene come si svolgeva la festa. Agnes guardava tutta la scena con freddo disinteresse, allungando il collo qualche volta. Ylenia le mise un braccio sulla spalla:

"Lo so le feste odierne sono totalmente diverse da quelli dei nostri tempi. Ma vedrai che ti abituerai subito se ti sciogli un po’" le disse per spronarla.

Agnes le fece allora un sorriso incerto e continuò a guardarsi attorno.

Ylenia ad un tratto scorse tra la folla una figura inconfondibile e subito grugnì, pensando che la sfortuna la perseguitava visto che beccava Klaus ovunque.

Agnes si accorse dello sguardo della sorella e seguì la traiettoria dei suoi occhi: diversamente dalla sorella, Agnes non indossò un’espressione sgradita nell’incrociare lo sguardo di Klaus. I suoi occhi azzurri vennero attraversati da un guizzo mentre lui si avvicinava alle due sorelle con un ghigno affabile stampato in faccia.

"Proprio chi volevo evitare" disse Ylenia in tono saccente guardando l’ibrido di traverso.

Agnes alzò gli occhi al cielo con un sospiro: “Non cominciate”

Ylenia però non sfumò l’espressione dura che aveva in volto, mentre Klaus si avvicinava sempre di più tenendo le braccia dietro la schiena. I suoi occhi diabolici passarono sul viso della mora per un nano secondo, e poi indugiarono più a lungo in quello di Agnes con sguardo affascinato e penetrante.

La biondina sostenne il suo sguardo cercando di frenare un possibile tremito del corpo e di rimanere calma, mentre Ylenia a suon di digrignare i denti li avrebbe fatti saltare.

"Ylenia, mia cara, sii gentile. Porta da bere a me e a tua sorella” mormorò Klaus con un tono affabile guardando però continuamente Agnes.

“Non sono dell’umore per essere gentile, mi dispiace” ribattè Ylenia sprezzante e per nulla dispiaciuta. 

Klaus allora si innervosì per la sua arroganza e fece un passo pericoloso in avanti:

"Vai ho detto." Sibilò minaccioso, con occhi fuori dalle orbite.

Agnes allora, temendo uno strappamento di cuori, prese in mano le redini della situazione e prese al volo dei bicchieri che un cameriere stava portando in un vassoio. "Lascia faccio io." mormorò quasi seccata e prendendo anche una bottiglia per riempire un bicchiere.

Dal modo in cui lo stava porgendo a Klaus, lui subito mise le mani in avanti con un ghigno ironico:

"Spero non ti venga la malsana idea di versarmelo nei miei indumenti costosi" L’avvertì lui.

Agnes fece un’espressione innocente mentre brandiva ancora il bicchiere in mano:

"Sarebbe colpa tua perché vuol dire che non sai attaccarti al bicchiere e che ti serve il bavaglino" disse con un tono velato di ironia e subito Ylenia si rabbuiò. Klaus invece fece una sonora risata per quel nuovo sarcasmo spiccato di quella ragazzina:

"Essere morti non é poi così male no?" disse poi guardandola attentamente.

Agnes si strinse subito nelle spalle e porse il bicchiere a Klaus, non versandoglielo sopra i vestiti come lui aveva presupposto. 

Lo sguardo dell’ibrido poi saettò verso Ylenia come per intimarle ancora di svignarsela se non voleva farlo irritare. La strega ricambiò coraggiosamente lo sguardo ma vedendo che Agnes le faceva segno tranquillamente che non c’era alcun problema, decise di alzare bandierina bianca.

Con un sospiro pesante fece un passo indietro e guardò storto Klaus per l’ennesima volta, come per intimargli che se toccava la sorella anche solo con un dito gli avrebbe strappato la mano. Non si fidava di lui, lo aveva fatto in passato e non doveva rifare lo stesso errore. Voleva che anche Agnes lo capisse perché Klaus non aveva proprio nulla di buono dentro di sé e l’aveva provato sulla propria pelle. Nel vederli insieme sembravano il lupo e la pecora. Un legame ancor più sbagliato e pericoloso di quello che legava Briony e Elijah, e Ylenia non ne era affatto contenta. E per di più Agnes non voleva proprio darle ascolto.

Decise però che per qualche minuto avrebbe fatto la brava e se ne andò con i fumini nel cervello, sperando di trovare presto una soluzione.

Klaus intanto si era appoggiato a un muretto dietro di lui, seguendo i movimenti di Agnes e mettendosi fianco a fianco a lei, e le porse gentilmente un bicchiere. Agnes lo prese, sorridendogli appena e si mise a guardare i ragazzini davanti a lei che ballavano e urlavano come impazziti. Klaus avvicinò il viso al suo orecchio, alitandole sopra:

"I rozzi popolani non sono certo roba adatta a te, non meno di quanto lo fosse quello storpio, ma ti consiglio di venire alle mie di feste. Sono molto più sofisticate." Sentendo il suo respiro gelido solleticarle la pelle, Agnes si irrigidì e sviò lo sguardo per sfuggirgli e per impedire al sangue di affluire nelle gote:

"Immagino quale sia il divertimento della serata: cuori infranti" disse ironica in un gesto plateale con la mano e guardandolo di sottecchi. Ovviamente la frase aveva un doppio senso e Klaus se ne accorse, infatti sghignazzò per nulla infastidito. Si propese di più verso di lei, ammaliandola con lo sguardo, ma Agnes colta alla sprovvista sfuggì al suo gesto.

Klaus rimase bloccato, il viso si oscurò come se fosse pronto per il suo solito attacco d’ira, ma invece smorzò la tensione con un ghigno malefico:

"Hai ancora così paura di me ragazzina?" domandò provocatorio.

Agnes ci mise qualche secondo per rispondere: "Tu metti le persone a disagio Klaus"

L’ibrido scrollò le spalle come se non ne fosse ampliamente interessato: "Sono l’essere più espansivo e socievole del pianeta se mi conoscessi meglio" proruppe allargando le braccia, quasi le stesse lanciando una sfida.

Ma la ragazza non la bevve perché guardò Klaus dritto negli occhi senza alcun tentennamento. La voce fu limpida: "Appunto. Io ho cercato di comprenderti e sono finita quasi dissanguata"

Ancora si ricordava come Klaus l’aveva sbattuta ferocemente contro le pareti di camera sua e di come si era nutrito di lei attraverso la forza, definendo la cosa come un regalo di compleanno in anticipo.

"E anche ora non ne sono in grado" continuò lei riferendosi al fatto che non riusciva a comprendere il suo comportamento lunatico. Se ciò che faceva aveva un secondo fine oppure se c’era sotto qualcos’altro di cui anche lo stesso Klaus non ne era consapevole.

L’ibrido intanto si era soffermato a guardare il suo bel viso poi le aveva rivolto un’occhiata maliziosa:

"Beh c'è sempre qualcosa di eccitante nel mistero, non trovi?" domandò con voce suadente, facendole venire un lungo brivido. Agnes cercò di far finta di niente e rimise la schiena contro il muretto: "Io le cose le preferisco chiare e semplici"

"Per certi versi anche io. Non sopporto quando le persone cercano di fregarmi." Ad un tratto lo sguardo di Klaus si affilò duramente e il suo sguardo si perse in un punto della folla. Notando il suo ennesimo cambiamento d’umore, Agnes aggrottò la fronte:

"Che cosa c'è?"

Klaus si mise in una posizione comoda: "Sto meditando su come farla pagare a un certo fratello per avermi rotto il collo"

Agnes allora rise, non riuscendo a farne a meno: "Ma tu hai fatto di peggio, Klaus!"

Lui allora la fulminò con lo sguardo, colpevole di averlo giudicato: "Ma io posso, loro no" disse minacciosamente come se non osasse chi calpestava il suo cammino.

Vedendo l’espressione di Agnes, lui sospirò infastidito: "Non cominciare con le tue lezioncine morali, ragazzina"

Ovviamente la minaccia non andò a buon fine visto che la suddetta ragazzina gli parlò senza remore: "Perché dici tanto di volere una famiglia se poi la distruggi alla prima occasione?"

Se non fosse stata lei, probabilmente Klaus avrebbe zittito il suo interlocutore in men che non si dica e non si sarebbe fatto molte domande. Invece alla domanda di Agnes, lui si ritrovò a pensare alla risposta da dare, a penetrare dentro di sé per cercare un barlume di sentimento: "Perché loro non sono come vorrei che fossero" rispose a bassa voce, socchiudendo gli occhi.

"Fedeltà, unione, rispetto, essere una cosa sola senza niente che ci divida, e così non essere più soli.” Klaus questa volta parlava con un tono di voce diverso, quasi umano nella sua vulnerabilità. Ma subito riprese il controllo delle sue emozioni appena fuoriuscite dalla sua oscurità, e smorzò tutto con un sorriso finto, alzando il calice:

“Il classico sogno impossibile" esclamò plateale finendo il drink.

Agnes lo aveva ascoltato attentamente e chissà perché riuscì a decifrare cosa si nascondeva sotto quel sorriso a tratti diabolico ma anche triste a volte: "Può non essere solo un sogno, se tu ci mettessi d'impegno.” Disse con un tono dolce, guardandolo attentamente.  “Troverai che é molto facile combattere la solitudine se ti apri e ti mostri un po’ più umano"

Klaus subito distorse la bocca alla parola “umano”. Era l’ultima cosa a cui voleva pensare visto che era diventato un ibrido apposta per essere la creatura più forte di tutte e per abbattere ogni più piccolo sprazzo di umanità, che lui considerava solo una debolezza.

"Non so se accettare il tuo quasi disinteressato consiglio" rispose solamente, fingendosi indifferente dal fatto che era stato scottato dalle sue parole.

Agnes gli sorrise: "Però dei risultati ci sono già stati. Il mio disegno l'hai tenuto per tutto questo tempo"  disse come se quello fosse un atto di umanità per lei.

Klaus si strinse nelle spalle, facendo finta di nulla. "Quello scarabocchio.. lo tengo solo per far vedere quanto sia esorbitante il mio talento in confronto ad ogni cosa” mormorò arrogante. Agnes invece rise di più:  "Grazie"

L’ibrido non sapeva a cosa era dovuto quel grazie.. forse era stato detto con ironia o forse per il fatto che lui aveva tenuto il suo disegno e non era riuscito a buttarlo mai via.

Rimase ancora un po’ a contemplare il viso di Agnes, poi sviò lo sguardo in un punto in lontananza. Lei restò a rimirarlo per qualche secondo, poi si fece avanti: “Meglio che vada prima che mia sorella metta a ferro e a fuoco la festa” gli disse sul punto di andarsene.

Klaus le sorrise lievemente in segno di saluto, e lei dopo aver tentennato alla fine gli diede le spalle e si inoltrò tra la folla.

Ma anche così, Klaus non la perse mai di vista.

 

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Briony era riuscita ad appartarsi in un angolino per riprendere fiato: stare sempre a braccetto con la sorella in una festa era davvero stressante e stancante. Soprattutto per i suoi piedi.

Ma almeno era riuscita a non pensare e si augurò di non incontrare più lo sguardo di Elijah. Non solo perché la turbava interiormente e perché la sua presenza aveva sempre un forte impatto su di lei, ma anche perché sentiva un peso enorme nel petto quando lo guardava. Molto più grande del solito… e non ne sapeva il motivo.. come se ci fosse qualcosa di importante che lei doveva assolutamente sapere ma le veniva negato proprio da lui.

Briony scosse la testa, credendo davvero di essere pazza, quando all'improvviso le si parò davanti una figura: Klaus.

Questi le rivolse un ghigno come se si trattasse di un caso fortuito: "Guarda chi si rivede. La donzella dei boschi è alla festa. Non dirmi che stai cercando grane, perchè non ho davvero voglia di arrabbiarmi stasera. E' una serata così magica, non trovi? Non voglio che sanguini come le altre." L'espressione dell'ibrido era tra l'affascinante e l'inquietante. Ormai Briony lo conosceva bene ed era proprio l'ultima persona con cui volesse conversare.

"Proprio perchè non è per niente magica per me, non voglio che peggiori. Quindi lasciami stare Klaus, è meglio." disse senza paura guardandolo di traverso per poi voltare lo sguardo verso la festa.

Klaus allargò il ghigno e non accolse per niente l'offerta della ragazza: "Quella buon samaritana di mia sorella mi ha detto che tu ci hai aiutato quella notte nella foresta e mi ha anche ordinato di non farti niente. Peccato che sui giudizi di Rebekah avrei parecchio da ridire, visto quanto sia schifosamente sentimentale e ingenua."

Briony sbuffò: "La mia incursione non era dovuta a te, proprio per niente. Vorrei poter dire che Rebekah ha ragione ma non me la sento di giustificarmi perchè non varrebbe nulla. Ho imparato bene la lezione da voi Mikaelson." disse rivolgendogli alla fine un sorriso obliquo. "E anche se fosse, non siamo più nella foresta ma siamo ad un ballo.. cerchiamo di essere civili e di ignorarci. Non voglio avere nulla da spartire con te, Klaus." disse incrociando le braccia al petto.

Klaus le sorrise in maniera strana e le si avvicinò pericolosamente; le prese il gomito con forza ma comunque Briony non reagì e rimase pacatamente immobile.

"Tu avrai sempre a che fare con me tesoruccio, visto che ti gingilli dietro al fratello che più amo. Lascialo perdere se ci tieni alla vita. E forse allora darò retta al tuo consiglio." bisbigliò con voce diabolica e pericolosa. Le avrebbe fatto rizzare i peli del braccio ma Briony invece non ebbe alcuna reazione di paura, gli rivolse solo uno sguardo astioso e pieno d'odio. Non avrebbe vissuto secondo i comodi di Niklaus Mikaelson.

Ma perchè se la prese tanto, visto che era uno dei suoi intenti quello di lasciar perdere definitivamente Elijah Mikaelson e di allontanarlo per sempre dalla sua vita? Non riusciva proprio a staccare la sua immagine dalla testa, nonostante tutto, e non seppe chi disprezzare di più tra se stessa o Klaus. Anche se il termine esatto era compatimento.

Klaus le rivolse alla fine un ultimo sorrisetto vittorioso e la lasciò andare, continuando a camminare per la folla. Briony allora si sentì libera e fece un grosso respiro. Quella doveva essere una serata per non pensare a nulla di brutto, per divertirsi, e invece stava succedendo tutto il contrario. Il cuore si stava inasprendo e certi pensieri non volevano proprio andarsene e smettere di attagliarla.

All'improvviso incrociò lo sguardo di Jennifer, la quale accorse subito verso di lei:

"Ehi me ne sto andando e volevo salutarti. Willas é parecchio agitato e sicuramente tra non molto mozzerà qualche testa, meglio evitare" disse lei agitando le mani freneticamente e sistemandosi i capelli disordinati.

Sicuramente Willas voleva fare qualche macello e con Elijah in giro la situazione era imprevedibile.

"Fai bene" rispose Briony in tono secco.

Vedendo l’espressione dell’amica, Jennifer alzò il sopracciglio:

"Che hai?"

Briony riprese il contatto della realtà e smise di pensare a cose che non esistevano. Smorzò la tensione con un sorriso:

"Scusa, non é per te. I drammi dell'amore che non hanno mai fine!" replicò ironica ma il sorriso non arrivò agli occhi.

Jennifer fu davvero stranita dal suo atteggiamento:

"Scusa e perché?"

"Eh perché..” Il viso inquieto di Briony si trasformò in una viso di piena furia:  “Perché per una qualche stupida e ingiusta legge dell’universo sono sempre le donne a soffrire e io casualmente sono quella che sta peggio! Ero legata in quel manicomio mentre Elijah se ne stava bello tranquillo a girarsi i pollici!"

Dopo aver sclerato come mai prima d’ora, Briony si ammutolì in un pieno silenzio guardandosi attorno infastidita da tutto ciò che la circondava.

Jennifer la guardò come se fosse pazza e sbattè le palpebre:

"Beh forse lo faceva prima di sapere cosa ti fosse successo.."

"E’ questo il punto! Lui lo sapeva e se n’é completamente disinteressato!" gridò Briony in un altro attacco di rabbia. E quel che peggio Elijah aveva fatto finta che non ne sapesse niente...

La rossa spalancò totalmente gli occhi e si lasciò andare in una grossolana risata:

"Ma se é stato lui a salvarti!"

Briony allora guardò Jennifer come se la vedesse per la prima volta. Fu tentata di dirle di non scherzare, che si era sicuramente sbagliata… ma rimase muta, col cuore in fiamme, mentre quel peso nel petto si svuotò all’improvviso ma aveva troppa paura di guardarne il contenuto perché sapeva che avrebbe tramortito tutte le sue certezze.

"Come?" la voce era quella di una che si stava per soffocare.

Un ricordo sbiadito dalla nebbia della sua mente devastata risalì improvvisamente in superficie: lui che le sfiorava i capelli… il suo sguardo…

Briony temette sul serio di soffocare.

Jennifer invece la guardava come se fosse davvero pazza:

"Sciocchina chi potrebbe essere stato se non quel gran pezzo di manzo? L'ho visto con i miei occhi  e mentre ti portava via in braccio mi ha quasi sorriso! Uuuuh che visione! Se non fossi già cotta di Will gli sbaverei subito dietro!"

Vedendo l’espressione innaturale di Briony, Jennifer si rifece subito seria:

"We non guardarmi così. Non te lo voglio mica portar via" rispose subito alzando le mani.

Briony scosse allora la testa mentre il mondo le sembrava estraneo più di quanto non lo fosse mai stato prima.

Caroline.

Pensando alla sorella, Briony strinse forte i pugni e dei pensieri omicidi l’assalirono la mente. Questa volta le avrebbe strappato tutti i capelli, se non peggio.

Ylenia.

Altri pensieri omicidi continuavano ad albergare dentro di lei e il viso si serrò in un’espressione di furia assoluta. Non era la prima volta che l’amica le mentiva ma questo era davvero il colmo, visto le sue paroline dolci da oracolo.

Elijah

Questa volta i pensieri si mescolarono e alla fine si annullarono. Briony ascoltò soltanto il suo cuore, solo lui in quel momento vedeva e ascoltava: le parole di Elijah nascoste nel silenzio e nell’ombra, ciò che lui aveva fatto per lei salvandola. E infine il loro ultimo scontro, il suo ultimo sguardo duro e freddo.

Il resto del mondo si annebbiò, non esisteva nient’altro per lei se non il suo sguardo stampato nel cuore.

Jennifer la richiamò alla realtà, e Briony quasi traballò per aver appena rotto il collegamento col proprio cuore che si stava gonfiando e strappando allo stesso tempo:

"No é che.. Io non lo sapevo..." sussurrò stentando ancora a crederci.

"Non lo sapevi? Oh un eroe nell'ombra. Che romantico!"

Ma Briony la fulminò subito con lo sguardo:

"Non c'è niente da ridere" mormorò stizzita.

"Ma perché fai così? Lui ti ha salvata, non sei felice?"

Felice? Sorpresa era l’eufemismo del secolo. Tradita. Delusa. Ingannata. Ecco come si sentiva. La felicità era stata spazzata via e poteva benissimo albergare nel suo animo, se non si ricordasse in ogni secondo come Elijah le aveva negato la verità. Non le aveva permesso di avvicinarsi, tagliandola fuori dalla sua vita, per l’ennesima volta.

"Non é la prima volta che mi rifila bugie del genere" sibilò Briony dura mentre il suo cuore venne costretto a tacere.

"E allora? Suvvia per qualche bugia! Se Will lo facesse per me.."

Ma Briony interruppe subito la frase sognante dell’amica:

"Se tu fossi stata al mio posto, Willas ti avrebbe lasciata marcire" sibilò più dura di quanto volesse. Infatti Jennifer smise di ridere e la guardò stranamente seria:

"Non dovresti giudicarlo visto che non lo conosci.  Può sembrare stronzo ma.."

"Niente ma, Willas é completamente fuori di testa e stava davvero per uccidermi nella foresta. E i nostri prossimi incontri non saranno di certo piacevoli"

Briony fece poi un enorme sospiro e si mise una mano nei capelli, chiudendo gli occhi mentre il suo animo era in pieno tormento.

"Senti.. Fai come vuoi.. Io però devo andare ora!”

Sorpassò Jennifer senza neanche aspettare la sua risposta che le arrivò alle spalle:

"Ringrazialo come si deve!”

Sentì Jennifer sghignazzare in maniera maliziosa ma Briony non era in vena di ridere. Non riusciva a farsene una ragione al fatto che non se ne fosse accorta, che questa volta la sua vera colpa era stata quella di non vedere.

Lasciò che il tormento la travolgesse sempre di più fino a scacciare l'intera realtà. I suoi passi camminavano decisi verso una meta precisa.

Rivederlo era l’unica maniera di uscire dall’oscurità che aveva riempito e divorato il suo animo, non le importava poi quale direzione avrebbe intrapreso.

 

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Lo trovò all’interno di Villa Lockwood nel salone principale: era da solo, lo poteva vedere di profilo, seduto nella sua classica posizione elegante su una sedia a bere qualcosa. Sembrava disinteressato a tutto in apparenza, faceva tintinnare il bicchiere mentre lo sguardo freddo era perso in lontananza.

Briony avrebbe dato qualsiasi cosa per rompere quella corazza che Elijah aveva da sempre costruito attorno a lui, voleva fargli ammettere la verità, cioè che il suo cuore non era così di ghiaccio come voleva far credere.

Il dolore si era affacciato troppo presto, scavalcando la rabbia ma adesso non poteva permetterlo. Non perché volesse provare del rancore, ma perché desiderava una quiete e risposte per il suo animo.

Briony si avvicinò piano ma lui la scoprì subito senza neanche voltarsi:

"La mia presenza non ti é più sgradita?"

Il suo classico tono di voce la paralizzò lì seduta stante. Era incredibile quanto potere avesse una semplice voce, quanto potesse ammaliare anche nei momenti più drammatici e di pericolo.

Briony rimase un altro po’ ad ascoltarla mentre Elijah continuava a parlare senza alcun interlocutore definito:

"Ho intravisto quel cacciatore. Per fortuna siamo in un luogo pubblico e sembra essersi defilato, altrimenti gli avrei strappato il cuore" La minaccia finì con l’ultimo sorso del bicchiere che Elijah bevve.

Sapeva a cosa lui si stesse riferendo, ma Briony non era venuta per parlare di Willas o di Connor… era venuta a parlare di loro due… della loro storia che era destinata a spegnersi fin dall’inizio ma che sembrava, nonostante tutto, non avere fine.

"So tutto Elijah" disse lei semplicemente facendo due passi in avanti.

Lo vide alzare il viso da terra, ma gli occhi continuavano ancora a non guardarla. Come faceva sempre quando non voleva affrontare un discorso o voleva estraniarla dai suoi pensieri.

A suo credito, Elijah non si scompose come sempre e rimase freddo:

"Che cosa sapresti?" domandò impassibile, quasi non sapesse davvero a cosa si stesse riferendo.

Quel suo continuo sviare la irritò. Briony strinse forte i pugni come per abbattere la sua dannata corazza:

"É inutile che te lo dica perché lo sai." Rispose lei fermamente facendo altri passi in avanti.

Dal modo in cui Elijah serrò le dita tra il bicchiere si direbbe che stesse per romperlo da un momento all’altro. Invece lo mise elegantemente sopra un tavolino lì vicino e tornò a guardare il vuoto di fronte a sé.

"Chi é stato?" il tono di voce però non era piatto: era duro, minaccioso.

"A che serve? Dovevi essere tu a dirmelo!"

Elijah spostò il viso dall’altro lato in cui vi era Briony, serrandolo, e si alzò lentamente dalla sedia. Lo sguardo venne girato di nuovo verso di lei in una mossa, i suoi occhi non trasmettevano nulla:

"Non era necessario che tu lo sapessi." esclamò lui freddamente come se stessero parlando di una cosa semplicissima.

Briony stentava a credere alle sue orecchie.

"Certo che sì visto che riguarda me! Sono stanca delle tue bugie come se tu fossi convinto di proteggermi." ribattè lei, avvicinandosi di nuovo.

Cercò di trovare il benché minimo barlume in lui, anche un fremito di emozione che potesse attraversargli il viso. Ma non ci fu nulla, Elijah era bravo a inabissare le sue emozioni ancor prima di provarle. Facendo così dava solo ragione a ciò che gli altri pensavano di lui, ma ovviamente a Elijah non importava. Non gli importava di niente.

Il cuore di Briony si bloccò, tacendo i suoi battiti.

"Ti sbagli. Volevo solo liberarmi la coscienza visto che avevo un debito verso di te. Non volevo poi che tu fraintendessi il mio gesto per qualcosa che non esiste più."

Il tono glaciale e imperscrutabile delle parole di Elijah non lasciava granchè speranza, proprio perché lui non voleva che nascesse, per nessuna ragione al mondo. La stava affondando sotto il peso del ghiaccio della sua anima. Freddo nel suo cuore, freddo nelle sue parole e freddo nel suo animo.

Qualcosa che non esisteva più?

Il loro legame lo si poteva intravedere in ogni cosa, anche quando si lanciavano sguardi d’odio o parole ricolme di male. Briony pensò come diavolo lui poteva sminuire in quel modo ciò che era successo… come poteva chiudere lì il discorso e farla rimpiangere persino di averlo sollevato?

Cercò di guardarlo dritto negli occhi, negli abissi più profondi del suo cuore, come a cogliere le emozioni che potevano celarsi dietro la sua espressione fredda.

Ma sembrava così lontano, così distante, che Briony temette potesse lasciarla lì da un momento all’altro senza neanche guardarla:

"Quindi la chiudiamo qui? Per te é tutto?" disse poi spalancando lievemente le braccia. La delusione si insinuò in lei.

Cercò riparo negli occhi di Elijah ma lui le restituì l’ennesimo sguardo vuoto:

"Sì é tutto." Disse impassibile girando lo sguardo e camminando lentamente nel punto in cui era prima.

Briony era rimasta immobile a sondare le sue parole, non ancora pronta a scrivere la parola fine. Ma la vedeva comunque arrivare, quasi possedeva un ghigno malefico e la obbligava a rendersi conto che era davvero finita.

Il dolore era lì appostato, le comprimeva il torace e impediva al cuore di battere.

Nello stesso momento in cui alzò di più lo sguardo velato di agonia, Elijah lo girò per metà verso di lei. In quell’istante le sue spalle si irrigidirono, qualcosa cambiò nella sua espressione quando lui si accorse di quella di lei, come se la stesse vedendo per la prima volta.

Il volto divenne scavato, livido da apparire quasi umano. Ne sciolse la freddezza:

"Non rivolgermi quello sguardo..” mormorò quasi in una preghiera “Come se tu mi stessi dicendo che hai ancora bisogno di me"

Le sue parole era una dolce e straziante melodia, che le riempì il cuore. Il viso di Elijah era ora abbassato, ma anche così Briony riuscì a vedere nei suoi occhi, per un attimo, il riaffiorarsi e ricomporsi di antiche sofferenze lontane.

Lei fece un consolatorio sospiro ma prima che potesse parlargli, lui la scavalcò prontamente ritornando a riprendere il controllo delle sue emozioni.

Elijah rialzò lo sguardo, ridiventato duro e implacabile:

"Ma tu non hai bisogno di me. Questo é ovvio,  dal momento che hai preso una decisione che mi avrebbe escluso per sempre dalla tua vita."

Briony rimase di nuovo interdetta dalle sue parole, tetre come il suo completo elegante.

Come faceva a non capire? Voleva continuare a punirla?

Forse lui preferiva ignorarla la verità. Come tutti gli altri, come lei stessa aveva fatto. Per non soffrire. Perché altrimenti diventerebbero ciò che avevano paura di essere: completamente vivi. E quando lo sei ogni tipo d'emozione é lecita, ma troppo spesso il dolore scavalca qualsiasi altra emozione. E la felicità rimaneva solo un miraggio.

Ma Briony aveva smesso di aver paura di riempire il suo cuore solo di agonia. Si fece forza nei pochi passi che compì per mettersi di fronte a lui:

"Ancora non hai capito? L'ho fatto perché dovevo farlo, anche se mi faceva stare male. C’erano troppe avversità, troppi pericoli, ed era la scelta più giusta a quel tempo per entrambi." mormorò cercando di fargli capire.

Ma venne di nuovo soppiantata dallo sguardo fermo di Elijah:

"E lo é anche ora. Ma non ti tormenterò più, ho deciso di partire entro domani stesso" Disse infine  allontanandosi ancora, anche se per Briony tutto sembrava allontanarsi ai suoi occhi.

Domani? Così presto se ne sarebbe andato? L'agonia tornò allora a farsi largo in lei, scacciò ogni forza e iniziò a soffocare la speranza, buttandola in un vuoto così profondo in cui Briony non poteva nemmeno allungare la mano.

Ma nella sua disperazione si insinuò la collera.

"Codardo." sibilò dura serrando i pugni.

A quella parola Elijah si voltò, il suo bellissimo volto si distorse in una espressione sbigottita, diabolica e piena di collera.

"Che cosa?" sibilò duramente quelle parole come se stesse frantumando del vetro. Gli occhi stretti in due fessure.

Chiunque con un po’ di sale in zucca avrebbe avuto paura di lui. Dare del codardo a Elijah Mikaelson significava perdere la testa. Lui che non esitava mai nel fronteggiare delle situazioni pericolose, che non abbassava mai lo sguardo di fronte a un nemico più temibile di lui e che faceva rimpiangere coloro che non mantenevano un accordo con lui.. Ma per quanto riguardava i sentimenti...

"Sì sei un codardo. Sei talmente allergico ai sentimenti che appena ne vedi l'ombra ti allontani subito come se fossi stato scottato! E sei anche egoista perché prendi delle decisioni così importanti senza nemmeno consultarmi." ribatté Briony piena di collera e di delusione. Non le importava se qualcuno la stava a sentire.. Tanto erano tutti troppo preoccupati a divertirsi per accorgersi del suo dolore.

Elijah non mosse il corpo ma il viso venne di nuovo distorto da una freddezza unica e diabolica. Stava cercando in tutti i modi di mantenere il controllo.

"Consultarti? Non vedo perché dovrei farlo. Forse non ti ricordi ma ci siamo lasciati. E le cose non torneranno mai più come prima."

La sua crudeltà aumentò il senso di angoscia che Briony sentiva nel cuore. Lei abbassò gli occhi e il viso, mordendosi il labbro. Stava davvero finendo tutto?

Elijah sembrò analizzare più attentamente la sua espressione, e dalla propria scacciò un velo di perfidia.

"La mia presenza qui é solo un tormento per te. É meglio così, fidati"

Ma quelle semplici parole non sarebbero bastate per poter andar avanti. Briony racimolò un'ultima forza non appena lo vide voltarle le spalle e andarsene per sempre.

Alla forza si unì in lei anche un forte impatto di lucidità: l'attaccamento che provava nei confronti di Elijah era così istantaneo da soffocarla. Lo amava, qualsiasi altra cosa era impensabile.

Lo raggiunse e lo fermò, prendendolo per un braccio. Lui non si voltò subito, studiò a lungo un punto davanti a sé e poi decise di guardarla.

L'espressione di Briony era ricolma di malinconia. Si aggrappava a lui come se stesse nel bel mezzo di un naufragio. Non capiva se desiderava che lui la salvasse oppure che annegasse con lei.

"Io ti amo ancora, é questo il mio vero tormento.” mormorò poi.

Vide allora un guizzo negli occhi di Elijah che parvero addolcirsi. Si soffermarono a lungo sulle labbra di Briony che avevano detto tali parole.

Ma poi qualsiasi fossero state le emozioni che lo avevano momentaneamente scosso, svanirono. E Elijah riprese un’espressione fredda, tornando a ghiacciarsi l'animo. Ma non così bene perché quando girò il viso, lei lo vide deglutire. Lo sguardo era di chi aveva bisogno urgentemente di ossigeno altrimenti sarebbe asfissiato.

Briony questa volta lo lasciò andare mentre lui si scansava, chiedendosi se le sue parole avessero avuto invece il potere di allontanarlo ancor di più da lei per un qualche bisogno ambiguo di proteggerla.

Ma Briony era troppo stanca e provata per pensarci. Lasciò che il dolore le tagliasse il petto mentre la mano si adagiava lungo il fianco.

E alla fine lo lasciò andare. Lei stessa si lasciò andare.

Never let me go.  

Just stay.

 

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Briony era a casa mentre il telefono sembrava ribollire a forza delle chiamate che riceveva. Aveva inviato un messaggio a Caroline definendola davvero squallida per averle mentito in quel modo, e la biondina come al solito aveva tirato fuori giustificazioni campate per aria, dicendo che lo aveva fatto solo per il suo bene e che non poteva avercela con lei.

Briony ormai aveva smesso di risponderle perché sapeva che le sarebbero venuti i fumini alle orecchie ed era stanca di ascoltare. Voleva rinchiudersi in casa, fuori dal resto del mondo e dal dolore, e non pensare a niente. Lasciarsi solo andare, come se stesse galleggiando sopra l’acqua del mare e aspettasse che il destino facesse il suo corso.. se lasciarla galleggiare oppure lasciarla affogare.

Un ennesimo squillo fece ribollire il suo telefono. Briony sbraitò tra sé e sé e sul display vide l’ennesimo nome.

<< Che palle Caroline! >> Non ne poteva più della sorella e dei suoi falsi sorrisini. Poteva perdonarle tutto ma adesso basta. Lei non le avrebbe mai fatto una cosa del genere, guardarla mentre moriva dentro e standosene zitta pur sapendo che il peso che sentiva nel petto poteva essere facilmente rimosso.

Spense il cellulare, sbattendolo forte poi decise di vestirsi per andare a affrontare Caroline faccia a faccia. Se doveva almeno infamarla tanto valeva farlo direttamente, scanso equivoci. Non aveva voglia di rovistare nell’armadio così indossò l’abito che aveva portato la scorsa notte e si mise sopra un giubbotto per coprirsi meglio.

Fece un profondo respiro prima di richiudersi la porta alle spalle. Ma poi una violenta scarica di lucidità le percorse il cervello, facendole sobbalzare il cuore.

Che stava facendo?

Non era da Caroline che doveva andare…. Era proprio l’ultima cosa a cui pensare quando la prospettiva che Elijah se ne potesse andare da un minuto all’altro la annientava come nessun altro. 

Si disse che doveva lasciarlo perdere, che ormai ogni più piccola speranza era stata soffocata e che non c’era niente che potesse fare per riportarlo da lei… Ma Briony soffocò subito l’orgoglio risentito, lo buttò come carta straccia perché non le serviva in un momento del genere; avrebbe solo portato altri pezzi di cuore squarciato.

Se c’era una benché minima possibilità di rivederlo prima che scomparisse per sempre, non doveva lasciarla scappare. Costi quel che costi, non l’avrebbe sprecata. E al diavolo tutti e persino i suoi pensieri razionali.

Briony si strinse di più nel giubbotto e entrò in macchina

 

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Briony corse lungo il giardino di casa Mikaelson col fiatone, si catapultò contro il portone bussandoci sopra come se avesse alle calcagna l’inferno e quella porta fosse l’unica speranza di entrare in paradiso.

Non venne nessuno ad aprirle. Briony si lasciò prendere dal panico e bussò di nuovo con più insistenza, il viso era appoggiato alla porta in segno di supplica. Poiché stava vivendo con il cuore in gola, con una sofferenza immensa, amore e dolore si susseguivano e non ce la faceva più.

Doveva trovare il modo di salvarsi.

Si guardò poi attorno cercando qualche segnale di vita… e se se ne fosse già andato? A quella prospettiva la gola della ragazza si serrò, strappandole il respiro per via della disperazione.

No no no no. Continuava a ripetersi quella piccola parola, come se stesse facendo una preghiera che doveva essere ascoltata altrimenti l’unica possibilità era soccombere.

Il cielo era nuvoloso, pronto a scatenare un acquazzone, perfetta scenografia per l’animo di Briony che sembrava lacerarsi in piccoli pezzi che urlavano un nome. Solo un nome.

Non si diede per vinta e cercò di aprire la porta con la forza, magari facendo leva sulla maniglia oppure scassinarla in qualche modo.

Una qualche fortuna doveva essere dalla sua parte visto che ci riuscì, e in un botto aprì la porta facendosi pervadere dal silenzio tombale della casa. Briony temette di farsi fuoriuscire dei respiri gelati a causa della trepidazione disumana: si strinse nelle spalle e si guardò attorno in cerca di qualche segnale di vita.

Era tutto buio, nessun rumore, niente di niente.

Non lasciò comunque che il cuore precipitasse nel baratro perché si diresse nel salone principale, come se qualcosa la stessa richiamando.

Lo trovò lì.

Nel vederlo Briony si sentì un piccolo scoglio, e uno scoglio non può arginare il mare. Era impossibile. Il mare era infinito, come i suoi occhi neri, come il suo sguardo. E Briony si sentiva uno scoglio troppo piccolo.

L’espressione di Elijah era tranquillissima, quasi non avesse sentito nessun colpo impazzito alla porta, oppure aveva fatto finta di niente come suo solito.  Era in piedi, stava sistemando alcune carte in completo silenzio. Da qualche parte c’erano delle candele accese, a quanto pare in quella casa abbandonata non c’era più neanche la luce.

Briony sentì le ombre divorarle l’animo mentre gli si avvicinava di più. Poteva vederlo solo di profilo, lui non si muoveva.

“Perché sei venuta qui?”

La sua voce profonda sembrò rimbombare all’interno della stanza. Elijah continuava a guardare basso, quasi fosse più interessato a fissare quei fogli.

“Dovevo parlarti.” Briony con coraggio fece altri passi in avanti.

“Cosa ci sarebbe di così importante di cui parlare?”

La sua freddezza non aveva limiti, la sua noncuranza la feriva marginalmente perché non doveva farsi abbattere da lui. Non ora.

Gli si avvicinò di più e così Elijah, sentendo il suo continuo sguardo su di sé, finalmente girò metà viso verso di lei.

Briony rimase ammaliata dal suo sguardo, con una tale potenza che quasi non sentiva più la terra sotto i piedi. La mente si svuotò, cominciando a parlare:

“Ti ho lasciato andar via e non ho fatto nulla per fermarti.”

Quella frase era riferite a molte cose, a molti dolori… quando lei lo aveva lasciato, quando lei si era arresa molte volte e lo aveva lasciato andare..

“Non avresti potuto, ormai era troppo tardi.” Mormorò lui con tono freddo, continuando a guardarla.

“Invece sì, avrei dovuto.” Briony azzardò qualche passo nella sua direzione.

Lo sguardo di Elijah era inespressivo, l’oscurità sembrava circondarlo. Briony si morse le labbra cercando di non far risalire l’agonia:

“Ma in ogni caso non posso lasciarti chiedendomi se tu mi odi oppure no...”

Il suo tormento era troppo profondo e lacerante. Non sarebbe sopravvissuta con l’idea che Elijah covasse ancora rancore verso di lei e che questo non si sarebbe mai assopito. Forse era egoista perché voleva a tutti i costi il suo perdono, altrimenti non ce l’avrebbe fatta ad andare avanti.

L’espressione di Elijah quasi cambiò. Divenne più profonda, livida, quasi tormentata:

Briony, io non ti odio” sussurrò piano, scuotendo lievemente la testa. Ma di nuovo riprese il controllo di se stesso, serrò duramente il viso come per oscurare le emozioni che albergavano al di sotto. Sviò lo sguardo: “Ma me ne andrò comunque”

Briony sentì un mancamento nel cuore, il respiro si fermò mentre il corpo venne costretto a bloccarsi. Voleva fermarlo in tutti i modi, anche con la forza, con le grida, ma di fronte a uno sguardo del genere non serviva a niente. Le intenzioni di Elijah venivano manifestate senza equivoci, non gli importava delle conseguenze che avrebbe arrecato sugli altri.

Lui fece poi un cenno verso la porta, lo sguardo era freddissimo:

“Ora vattene” mormorò più autoritario di quando non lo fosse mai stato prima.

Briony ebbe l’impulso di dargli l’ennesimo schiaffo ma una vocina del suo cuore le diceva che quella era solo una messinscena, il classico tentativo egoista di Elijah nel tenere lontane le persone. Per non far scorgere cosa ci fosse dentro di lui…

Invece di obbedire, lei gli si avvicinò guardandolo decisa.

Sentendo i suoi movimenti, Elijah si voltò verso di lei tenendo la testa abbassata:

“Non mi hai sentito?”

La glacialità invalicabile del suo volto avrebbe fatto arretrare chiunque. Ma non lei.

Briony si tolse velocemente il cappotto e gli si fece più vicina:

“Sì ti ho sentito.” Rispose guardandolo con coraggio.

Il volto di Elijah si abbassò attentamente in un punto sotto il suo collo poi si alzò per guardarla in viso in maniera indifferente, come al solito.

Almeno non la scansò via, e Briony prese un profondo respiro per portar aria al suo cuore che stava letteralmente soffocando per via dell’inquietudine che quello sguardo le causava.

“Mi hai chiesto una volta come avessi passato quei mesi senza di te… lontano da te..” cominciò guardandolo con nostalgia. Elijah ascoltava freddamente in silenzio.

“Ho trascorso quei giorni, quelle settimane, cercando qualcosa che potesse placare il mio tormento. Ho provato a saziare la mia sofferenza con qualcos’altro che potesse aiutarmi a liberarmi dal vuoto che avevo dentro, invano. Ho tentato troppe volte di fingere di essere felice, di riappropriarmi di un’esistenza perduta, senza però riuscirci. E alla fine ho capito, Elijah…

Briony pronunciò quelle parole che aveva taciuto per troppo tempo e ora le faceva fuoriuscire senza alcun controllo, forse dettata da quel senso di angoscia che le avvolgeva il cuore: “Ho capito che eri tu. Solo tu puoi porre fine al mio dolore, ridarmi ciò che di più importante ho perso, curare le ferite del mio cuore… Solo tu.”

Briony gli stava mettendo la propria vita, il proprio cuore nelle sue mani… quelle stesse mani che molte volte l’avevano spremuta, scalfita e distrutta. Quasi le poteva vedere mentre le afferravano il cuore sanguinante e palpitante. Ma non provò nessun dispiacere in questo.

Dopo che lei ebbe finito di parlare, il conflitto interiore animò lo sguardo di Elijah. La barriera faticava a rimanere alzata di fronte a quelle parole, nonostante apparisse sempre così indistruttibile.

Briony…” Elijah pronunciò il suo nome, con una dolcezza quasi fuori dal comune. Quella dolcezza che lui aveva sempre riservato solo a lei. Ma questa volta era velata da una cortina di frustrazione.

“Perché mandare avanti quest’assurdità? La nostra fine era già scritta fin dall’inizio…. È passato molto tempo da quel giorno…” disse, faticando a trovare le parole giuste per chiudere quel discorso che lui non desiderava iniziare, perché avrebbe rischiato di fargli provare di nuovo qualcosa.

Briony allora scosse la testa con un lieve sorriso. Quel giorno in cui lei lo aveva salvato nella cantina dei Salvatore, quando tutti quei sogni e incubi avevano avuto inizio.

“Non ho mai smesso di appartenerti da allora.”

La determinazione delle sue parole proveniva dal cuore. La bocca fu più veloce della mente. I suoi occhi limpidi trasmettevano quella verità che aveva sempre albergato nel suo animo fino a sfibrarlo, proprio perché non apparteneva più a se stessa, ma apparteneva a lui. Fin da sempre.

Elijah dopo le sue parole si era bloccato di colpo, come se il respiro non fluisse in lui. Sembrava titubante nel rivelarle ciò che aveva dentro di sé, nel spingere se stesso a esternare le sue vere emozioni cacciate via in precedenza dentro un profondo vuoto:

“Non farlo.” disse all’improvviso come in  una supplica. I suoi occhi non si allontanarono mai da quelli di Briony che si sentì svuotare da essi per la loro profondità:

“Non fare cosa?”

Voleva aiutarlo ad ascoltare il suo cuore, senza temere di essere bruciato dal sentimento che lo aveva portato quasi all’oblio in passato.

Ma Elijah non perse tempo a cancellare la sua smorfia di dolore. Lo vide infatti recuperare la serietà:

“Non peggiorare la situazione” disse meccanicamente, sviando lo sguardo.

 “Peggiore di così si potrebbe? Te ne stai andando e io ti sto perdendo. Che dovrei fare altrimenti?” domandò lei col cuore in gola.

Aveva troppo amore negli occhi per dirgli addio una seconda volta. Non ci sarebbe riuscita perché il desiderio disperato di non lasciarlo andare era più potente di ogni altra cosa. Alle conseguenze ci avrebbero pensato dopo, insieme. Avrebbero combattuto per il presente, come avrebbero dovuto farlo in passato ma erano stati troppo presi dai problemi, dal rancore e dalla sofferenza per accorgersene.

Dopo le sue parole, il viso di Elijah si indurì ancor di più come se qualcosa lo aggredisse dall’interno.

“Non  voglio che tu compia un errore del quale potresti pentirti in futuro.” Disse ancora, allontanandosi un po’. Briony però gli fu subito accanto. Le candele accese creavano strani giochi di luce e ombre su di loro.

“Oh beh io di errori ne ho fatti tanti, anche troppi. Credevo di poter raggiungere un po’ di serenità senza di te e cambiando la scelta che avevo sempre fatto… ma anche così non sono riuscita a essere felice. Io ho bisogno di te per esserlo..” gli sussurrò sincera mettendogli una mano sul braccio.

Aveva bisogno di lui. Aveva bisogno di lui come il cuore aveva bisogno di battere. Lei era diventata parte di lui, e lui era parte di lei. Era impossibile tornare indietro e fare finta che quel legame non esistesse, come se non fossero veramente a casa se non l’uno tra le braccia dell’altro.

Elijah però fu subito pronto a sbugiardare le sue parole, tutte le sue certezze. Si spostò dalla sua presa e la guardò con astio:

“Non mi pare che fosse così quando hai preso la tua decisione molto tempo fa, giustissima direi ora considerando ciò che è successo. Perché vuoi tornare indietro?” sibilò freddo.

Stava combattendo contro di lei, innalzando un muro e dando ascolto alla sua natura di vampiro che lo spronava ad allontanarla per il bene di tutti.

Quanto avrebbe voluto che Briony dimenticasse ogni cosa… quando non lo aveva riconosciuto in quella sottospecie di manicomio, lui si era sentito sprofondare e un dolore sordo lo aveva colpito. Ma aveva pensato che sarebbe stata la scelta più giusta e semplice… se lei si fosse dimenticata di lui sarebbe potuta andare avanti, avere una vita normale, creare una famiglia, niente più di morte o dolore, tutte cose che non avrebbe mai avuto con lui.

E lui in un modo nell’altro sarebbe andato avanti, come sempre.

Briony si spaventò suo malgrado nel vedere la sua tetra e cruda espressione. Come se in qualche modo la stessa odiando o stesse odiando se stesso.

“Perché neanche tu sei felice. Che senso ha continuare in questo modo? Armarti di queste giustificazioni masochiste, di questo onore che fa un danno soprattutto a te stesso, non ti aiuterà a essere felice.” rispose lei riferendosi alla sua domanda di prima.

Elijah le rivolse un sorriso gelido e un’occhiata inequivocabile… segno che la felicità non aveva mai fatto parte della sua personalità.. era sempre stato un tipo inquieto, chiuso, freddo.. non si poteva cambiare una roccia. Briony deglutì per quella prospettiva a cui non voleva credere.

Ma lui come al solito smontò i suoi desideri:

“Non caricarti di un peso impossibile, Briony.” Rispose glaciale come se confermasse le sue teorie, che lui non poteva essere felice nel modo normale in cui lo erano gli altri. Era diverso da chiunque altro, nessuno al mondo gli assomigliava.

Ma Briony dentro di sé sapeva che non era così impossibile… qualche volta lui aveva dimostrato di essere felice insieme a lei… erano tutte bugie? Tutto un sogno ad occhi aperti?

“Lascia perdere.” Affermò lui di nuovo abbassando lo sguardo verso un mobile vicino a lui e appoggiandoci la mano.

“Lasciar perdere… come se potessi farlo mentre ci allontaniamo consapevolmente da quello che era il nostro posto. Perché non vuoi accorgertene? E poi come finirà? Tu sceglierai la tua solita vita solitaria e io forse seguirò il tuo esempio. E quando i nostri occhi si incroceranno di nuovo rimpiangeremo in silenzio di non esserci scelti.”

Elijah inclinò la testa da una parte, mentre lo sguardo assorbiva il vuoto buio della stanza:

“Forse sarà così. Ma le scelte fatte solo col cuore ho imparato a non considerarle ragionevoli, o giuste. Ti distruggono soltanto.” Lo sguardo di tenebra si insinuò poi in lei, scolpendosi nella sua mente, uccidendo ogni suo residuo di speranza.

“Lo abbiamo vissuto, sulla nostra pelle. E’ tempo di tornare alla vita reale, per quel che c’è rimasto.”

Briony si sentì sprofondare in un incubo mentre il sogno che avevano vissuto assieme si allontanava sempre più, un’utopia che non poteva raggiungere. Abbassò la testa, sospirando di dolore mentre cercava qualcosa da dire per combatterlo. Con la mente lo implorò di non farle questo, di non lasciarla. Era un pensiero, una preghiera, che però non le diede conforto ma una fitta di dolore.

Lui invece appariva solido ai suoi occhi. Se in fondo al cuore provava un dolore più acuto di qualunque trafittura di spada, un dolore che lo dilaniava fino in fondo all'anima, non lo dimostrava.

Alla fine Elijah spostò lo sguardo in avanti, poi da un lato, come se lei lo stesse smussando, e sospirò:

“Sai tu meriti di essere felice, e ti meriti qualcuno che ti darà quello che io non posso darti..” rispose freddo come sempre, ma i suoi occhi parlavano chiaramente, soffocati dal rammarico che si creava al loro interno.

Briony scosse ininterrottamente la testa; aveva il fiatone, segno che il suo cuore stava annaspando.

“Ma io non voglio nessun altro..” mormorò più sincera di quanto potesse essere, guardandolo.

Perché mi hai tenuto in vita per poi distruggerla? Pensò con dolore. Avrebbe preferito restarsene in quella gabbia di matti anziché sopportare un calvario simile con lui.

La durezza e serietà del viso di Elijah fu l’ennesimo colpo per lei. La guardava come se la stesse rimproverando:

“Non è possibile, Briony.” rispose serio e immobile.

Lei soffocò il pianto che stava sopraggiungere, ma il corpo reagiva al dolore che lui le stava procurando: si accorse di avere un freddo terribile, ogni cosa pungeva come se tutto il corpo volesse piangere, la mente era lacerata e soffocata da quel mare che l’aveva sommersa.

Nel vederla così, Elijah provò uno strano istinto che lo spingeva ad abbracciarla, a stringerla a sé e sussurrarle che, per qualunque cosa, lui era lì con lei.

Patetico. Gli sussurrò il suo lato cinico, che altro non era che la corazza costruita da sempre per difendersi dal mondo e sentimenti esterni.

L’Originario rimase rigido e teso, combattendo interiormente per soffocare quelle emozioni nascenti e indifferenti alla sua intenzione di allontanarla.

Briony invece aveva lo sguardo basso in quel momento, si stava mordendo il labbro per soffocare il respiro mozzato per via del dolore:

“Quindi te ne andrai per sempre?” domandò con voce flebile, alzando lo sguardo.

Il corpo pronto a sentire la lama che presto lo avrebbe trafitto. Il cuore non in grado di darsi pace nel rendersi conto di tutto ciò che stava per perdere.

Elijah si limitò a guardarla: quello sguardo le disse tutto quello che c’era da dire. Ogni speranza venne soffocata del tutto.

Briony sviò lo sguardo temendo di scoppiare in un urlo pieno di disperazione. Cercò di prendere le redini del proprio corpo distrutto e incapace di vivere.

Tirò su col naso mentre la mano toccava l’altro polso, lo sguardo abbassato verso la sua mossa. Anche Elijah la stava fissando, inquieto e indecifrabile.

Briony delicatamente si tolse il braccialetto che lui le aveva regalato molto tempo prima. Lo prese tra le mani come se fosse la cosa più preziosa che aveva, lo rimirò più volte ricordandosi quando Elijah glielo aveva dato… quante cose erano cambiate da quel tempo…

“Voglio che lo tenga tu.”  Disse all’improvviso, non osando però guardarlo. “So che lo butterai via ma spero con tutto il cuore che non lo farai.” Continuò cercando non di non far tremare la voce.

Elijah cambiò radicalmente espressione quando Briony gli prese la mano e gli mise delicatamente il braccialetto nel palmo. Sembrava che qualcosa in lui fosse morto in quel momento, spezzato come vetro in frantumi. Gli occhi non riuscivano a non guardare il braccialetto intrappolato nella sua mano.

Briony tenne ancora un po’ la mano sulla sua, come per focalizzare quel momento nei suoi ricordi che non sarebbero affievoliti per nulla al mondo. Quell'istante sarebbe rimasto stampato per sempre dentro di lei e lo avrebbe ricordato con tutto il dolore e l’agonia esistente.

“Addio Elijah.” mormorò poi, sapendo di doversene andare prima di perdere la sua determinazione. Gli lasciò lentamente la mano, come se fosse uno sforzo incredibile farlo.

Lui rimaneva silenzioso, gli occhi affranti e scavati come non mai mentre lo sguardo era basso, sempre rivolto alla sua mano che conteneva il braccialetto anche se non ne sentiva assolutamente il peso.

Briony soffocò il pianto prima che fuoriuscisse, e si girò per andarsene. Fece alcuni passi verso l’uscita, ogni passo riecheggiava nel silenzio della casa e nel suo animo.

Non doveva voltarsi, doveva solo andare dritta per la sua strada. Se si voltava sarebbe stata l’ennesima condanna.

Quando lei aprì e chiuse la porta dietro di sé, Elijah non alzò il viso di pietra neanche in quel momento.

Non appena fuoriuscì, Briony si consegnò totalmente al suo dolore. Fece altri passi per il giardino, trattenendo i singhiozzi ma poi li fece fuoriuscire con disperazione.  Si mise le mani sul viso per nascondere il dolore agli occhi degli altri, per fermarlo e smettere così di macchiarle il volto. Ma invece piangeva e piangeva.

Le gocce le bagnavano perfino il corpo ma allora si accorse che le lacrime si stavano mischiando alla debole pioggerellina che era cominciata da un po’. Briony abbassò le mani e tentò di respirare. Ma solo lei sapeva quanto dolore ci fosse in quel semplice sospiro.

La disperazione in cui stava precipitando era più profonda della morte stessa, perché l’amore vero non smette d’esistere. Continuerà a vivere dentro di noi perché le sue emozioni non lasceranno mai il nostro cuore. E quindi per lei il dolore non avrebbe mai avuto fine proprio perché era legato a quell’amore che non avrebbe mai smesso di pulsare dentro di lei.

Briony faceva fatica a respirare, si stava infreddolendo e l’unico pensiero era di andarsene, fuggire in un luogo fuori dal mondo, in un’altra realtà. Ricominciare e risalire da quel baratro ancora più profondo di quello che l’aveva sommersa mesi prima.

Fece un altro debole passo in avanti ma una voce la richiamò, scostando i rumori del vento e della debole pioggia.

La sicurezza con cui andava incontro al suo destino si sgretolò al suono di quella voce.

Briony si bloccò, smettendo di respirare.

Non era possibile…

Anche se forse era stato frutto della sua immaginazione, non doveva voltarsi. Non doveva permettersi di farlo se non voleva affogare di nuovo.

Briony si ripeté di non voltarsi per nessuna ragione al mondo, ma invece lo fece. Vinta da quel richiamo a cui non sapeva resistere.

Ma nell’attimo in cui lo fece, lui la uccise. 

Con l'arma più letale di cui disponeva, e da quello lei non poteva salvarsi. Non c’era una spiegazione razionale perché una volta che colpiva, l’emorragia di quelle emozioni violente era inarrestabile, avvolgente, incontrollabile.

Così lei moriva, adagio, con un veleno che tornava a spargersi nelle sue vene, incapace di salvarsi e costretta a capitolare da quelle labbra che la stordivano.

Elijah, non appena lei si era voltata, aveva adagiato con forza possessiva le labbra sulle sue dando inizio a tutto quel crescere di emozioni violente che avrebbero ucciso subito una persona normale. Le mani erano sotto il viso di Briony, come per intrappolarlo e impedirle di scostarsi.

Briony rimase inerme, stentando a credere che fosse la realtà, le ciglia si erano abbassate per quel sogno che la stava divorando. Risentire le labbra di Elijah sulle proprie era una sensazione indescrivibile, che sarebbe perdurata nella memoria.

Poi lui la lasciò andare, le rimase vicino quanto bastava per far affluire il suo respiro dentro di lei come un’onda implacabile. In balia di esso, lei rimase a occhi chiusi con le labbra ancora dischiuse.

Elijah tenne le mani sotto il suo viso, aprì lentamente gli occhi per fissarla con un’urgenza improvvisa. La stessa che lo aveva spinto a seguirla. Quel muro che lui aveva innalzato era stato scheggiato dagli attacchi della sua umanità che voleva risvegliarsi al suono del dolore di lei, buttando irrispettosamente le sue vere intenzioni. E alla fine era crollato.

Elijah poi pronunciò le parole che le stordirono l’anima:

“Quando immagino me stesso felice… è insieme a te”

Briony si sentì stordire, affogare dalle sue parole e credette sul serio che lui la stesse uccidendo perché non poteva esser reale.. Elijah non avrebbe mai detto simili parole, era la prova che fosse un sogno e che presto sarebbe diventato un incubo per lei.

"Non mi credi?" Elijah le si avvicinò di più, i loro nasi si sfiorarono. Il suo respiro le dava le vertigini e Briony temette di svenire.

Ma perché le gocce di pioggia che sentiva sulle braccia non la svegliavano?

"Allora forse non hai idea dell'effetto che tu provochi in me" le sussurrò profondamente, provocandole un'altra vertigine.

Briony non riusciva a pensare, si sentiva troppo stordita, i nervi fremere, e si lasciò semplicemente andare a quelle sensazioni travolgenti.

Elijah le fece alzare di più il viso e raccolse il suo respiro in un bacio, strappandoglielo nel momento in cui le labbra si appoggiarono sulle sue. Le intrappolò il viso, facendo una lieve pressione sul bacio per far fluire il respiro di lei dentro di , quasi ne avesse bisogno più del sangue.

Tutti i sensi di Briony si annullarono, non sentiva niente se non quel bacio che le strappava il fiato. E finalmente si rese conto che non era un sogno, la pioggia batteva e lui era lì mentre quell'emorragia di sensazioni si espandeva sempre di più.

Nel momento in cui lui si allontanò di qualche millimetro per permetterle di respirare, lei alzò le mani guidate da un istinto a cui non riusciva a resistere e ancora incredula che stesse davvero accadendo.

Le mani si posarono lentamente sul viso di Elijah, gli occhi erano chiusi ma quel gesto venne guidato senza incertezze. Le loro labbra si incontrarono di nuovo, questa volta più ardentemente di prima.

Il rumore dei loro respiri che si rincorrevano, si prendevano, fino a fondersi in tutt'uno, rompeva il silenzio attorno a loro, quella piccola pioggia che batteva piano. Briony ne era completamente indifferente perché ogni suo pensiero era rivolto a lui: alle sue mani che la strinsero nella parte superiore della schiena ma delicatamente, come se volesse darle modo di sorbire quelle emozioni che la sconvolgevano, e in seguito decise di stringerla molto di più. Alla sue labbra fredde che la intrappolavano dal desiderio, aumentando il bacio sempre più d'intensità fino a farla fremere.

La mano di Briony salì avida fra i capelli di Elijah, stringendoli tra le dita come se arrancasse in essi. Sospirò sulle sue labbra, come se quelle mani agognassero da troppo tempo fare un gesto simile e da troppo tempo le sue dita avevano raccolto solo il vuoto.

L'altra mano riprese conoscenza della linea  delle sue spalle, dove cominciò a percorrerla in preda al desiderio di sentire la pelle al di sotto.

Le gocce di pioggia passavano dalle guance di Elijah alle labbra di lei, mescolandosi al sapore della sua pelle fresca.

Briony razionalmente sapeva che doveva staccarsi,  perché da troppo tempo non respirava normalmente ma non poteva farlo. Infatti invece di fermarsi abbassò le mani verso il colletto della sua elegante giacca, rafforzando così il contatto tra loro.

Il viso di Elijah si muoveva contro il suo, le sue mani ora erano su di esso toccandolo in una spasmodico ardore.

Il cuore di Briony stava riprendendo vita, risalendo dalle sue stesse ceneri, come se non stesse più battendo per il dolore o per l'angoscia, ma per le emozioni che lui, lui soltanto, riusciva a provocare in lei.

Ogni bacio era un battito che accelerava, un cuore che rinasceva: tu-tum tu-tum. Tu-tum tu-tum.

Le labbra di Elijah invece catturavano ogni frammento del respiro di lei, come se ne fossero avide e affamate, e cercassero nel suo respiro quella vita che nemmeno il sangue era in grado di dargli, nemmeno l’aria poteva fare qualcosa perché il cuore gli era diventato come morto.  

Tutto all’improvviso sembrava ritornare al proprio posto. Rinascere.

Briony gli si strinse di più fino a rabbrividire dal desiderio che sentiva, mentre le gocce di pioggia le bagnavano i capelli.

Si perse in quel bacio, annegò in quel bacio, ritornò a vivere con quel bacio.

Non aveva mai sentito il cuore battere così impazzito, in maniera sfrenata che quasi fuoriusciva dal petto.

Poi si staccarono. I loro respiri si scontrarono come un'onda d'urto e rimasero vicini, quasi volessero tornare a baciarsi ancora e ancora.

Briony alzò il viso e incrociò gli occhi di Elijah: un’aria divina si mescolava in una fisionomia di profonda umanità, davvero strana in lui, ma Briony lesse nei suoi occhi la conferma che le sue parole erano vere. Non era un sogno.

Non si era mai sentita così bene, così perfetta.

Si liberò dal dolore e in quel momento sentì la forza della felicità come un’esplosione.

Le fuoriuscì un sospiro di gioia, mentre Elijah le scostava i capelli dalla fronte con delicatezza e la asciugava dalle gocce di pioggia mescolate insieme alle lacrime.

Briony chiuse gli occhi, sospirando di nuovo, e sentendosi sciogliere da quella delicatezza.

Non c'era più dolore né paura. Era durato un attimo, un istante, ma quell’attimo aveva riempito il vuoto che sentiva dentro lei da tanto tempo.

Riaprì di nuovo le palpebre ed ebbe voglia di scoppiare a ridere, ma lo sguardo di Elijah la bloccò perchè andava ad approfondirsi sempre più, fino a diventare così magnetico da rimanerne soggiogati.

La presa sul suo viso si fece più sicura, gli occhi divennero quasi famelici mentre di nuovo si fiondava sulle labbra di lei con più decisione.

E i brividi non smisero mai di attraversare il corpo di Briony.

 

I just wanna be yours'
Like I always say
Never let me go


 

Boy, we're in a world war
Let's go all the way
Put your foot to the floor
Really walk away
Tell me that you need me more and more everyday
Never let me go, just stay








 

L'impatto con la parete provocò una mescolanza di dolore e piacere per Briony, che si concentrò unicamente su quell'ultima cosa. Il respiro era già mozzato per via del desiderio, il petto di Elijah la spingeva sempre più contro il muro, il suo respiro sulle labbra le faceva venire l'acquolina in bocca mentre lui l'aveva già presa in braccio, facendole avvolgere le gambe contro la sua vita; le braccia di Briony erano alzate contro il muro.

Il respiro di Elijah si abbassò sotto il suo mento e allora Briony alzò il viso verso il soffitto perché quel fiato gelido sembrava ustionarla. Le mani di Elijah avevano incominciato a sfiorarle le braccia,  e giù, in una lenta carezza che le causò lunghissimi brividi.

Briony girò il viso per riprendere aria, aveva gli occhi chiusi, e non ce la faceva più a sopportare quelle lenti carezze che valevano come linee di fuoco sulle sue braccia.

Se immaginava che quello era solo l'inizio probabilmente sarebbe morta lì contro il muro.

Il respiro le si mozzò di nuovo quando Elijah smise con quella dolce tortura, la innalzò ancor di più contro la parete e iniziò a baciarle il collo.

Briony gli strinse i capelli tra la mano, le ginocchia fecero lo stessero con i suoi fianchi mentre respirare diveniva persino una tortura. Mise la testa contro il muro sentendo il sangue andare in fiamme per l'eccitante tocco delle sue labbra... Quante le erano mancate... Sembrava che dalla vita non aspettasse altro che sentire quelle labbra sulla pelle nuda.

Strinse di più la presa sui suoi capelli mentre Elijah risaliva a baciarle l'angolo di uno zigomo. Briony voltò il viso dalla sua parte e lo abbassò per poter incontrare ancora le sue labbra.

Sembrava ci fosse un'elettricità unica, come se un lampo scorresse tra loro. Briony aprì le labbra contro quelle di Elijah facendo sì che il bacio diventasse più approfondito, alimentato da una passione divorante.

Lo sentì premere contro di lei e Briony non riuscì a non gemere, sentendo che i vestiti stavano cominciando a diventare insopportabili. Provava un fremito crescente, quasi un senso di soffocamento mentre il contatto tra le loro labbra diventava sempre più ardente.

Strinse un braccio sulla sua spalla mentre Elijah diede poi fine a quel piacevole momento, perché la scostò dalla parete velocemente e chiuse la porta ancora aperta dietro di sé, con una mossa  elegante del piede.

Briony adagiò i piedi per terra, togliendogli la giacca nera. Tornarono a baciarsi con urgenza e bisogno, si strinsero forte come se allontanarsi ora causasse degli squarci profondi nella propria carne. Le mani di Briony erano avvolte al collo di Elijah, mentre le braccia di lui le ricadevano sulla schiena, toccando possessivamente il tessuto bagnato del vestito e offrendole così una deliziosa sensazione senza pari.

In quel bacio fortissimo sembravano stessero lottando fra loro, lottando contro tutto ciò che li aveva ostacolati in precedenza.

Briony si sentì spingere contro qualcosa, uno scaffale del salone forse ma era completamente dominata dal desiderio da non capire più niente; veniva comandata da esso tanto da sospirare fremente il nome di Elijah al suo orecchio, così da mandargli il suo stesso desiderio fin dentro il suo essere.

Elijah si chinò su di lei e le baciò alternativamente la bocca più volte, bruciandole completamente le labbra di passione. Poi si bloccò e pose le mani sotto il suo viso, soffiandole contro le sue labbra come per appianare il proprio spirito.

Ma Briony non voleva proprio saperne che infatti si allungò su di lui e lambì di nuovo le loro labbra, facendo scontrare Elijah contro una parete. Gli allacciò le braccia al collo con tutta la forza che aveva e con trepidazione sentì le braccia di Elijah fare lo stesso con la sua schiena, segno che non si pentiva di ciò che stavano facendo. Si soffocavano a vicenda nel bacio, senza mai staccarsi; le loro lingue danzavano perfettamente l’uno contro l’altra mentre il desiderio faceva ardere i loro corpi.

Briony riusciva a sentire il respiro, delicato e irresistibile di Elijah, insieme all’odore della pioggia che si mescolava col profumo della sua pelle, dando così vita a una fragranza senza eguali. Mentre le sue labbra le svegliavano il cuore assopito da troppo tempo; la stavano facendo rivivere come in un incantesimo. 

Tu-tumTu-tum. 

Erano totalmente e indissolubilmente presi l'uno dall'altra: Elijah la teneva stretta a  come se avesse tra le mani il suo stesso cuore, mentre Briony continuava a baciarlo come per dirgli attraverso quell’atto che non poteva vivere senza di lui.

All’improvviso Elijah si spostò di lì e la fece voltare con una velocità fulminea, e la schiena di Briony si ritrovò contro il petto di Elijah. Un braccio la cingeva con forza, il viso di lui si abbassò contro il suo orecchio respirandovi sopra.

Briony chiuse gli occhi e sospirò per quella trepidazione. Un lungo fremito la fece scuotere quando la mano di Elijah si abbassò sulla sua pancia mentre continuava a soffiarle sopra l’orecchio destro. Quell’improvvisa lentezza le fece ribollire ancor di più il sangue e lei strinse di più gli occhi per sopportarne la tremenda attesa.

“Sei sicura che è questo che vuoi?” le alitò lui profondamente, facendole sobbalzare il cuore. “Dopo tutto…” mentre Elijah parlava, la sua mano trovò sicura la cerniera del suo vestito che stava di lato, e cominciò ad abbassarla. Briony temette di svenirgli addosso.

“Hai detto che mi odiavi, vero?” finì lui, abbassando il viso contro il suo collo in quella tremenda tortura. Le sue mani la mandavano in estasi. Il suo fiato la fece rabbrividire.

Lei mugugnò mentre le mani di lui cominciarono a sfiorarle la pelle esposta sotto la cerniera abbassata.

Briony cercò di trovare l’aria per rispondere, ma riuscì solo a tremare per via del lungo brivido di cui venne dominata. Cercò allora di scuotere debolmente la testa, visto che le parole erano morte dentro di lei.

Lo sentì ridere piano contro il suo collo e Briony avrebbe voluto girarsi per cantarglierne quattro, ma rimase dolorosamente immobile col respiro affrettato.

Riuscì però a prendere l’altra mano di Elijah deposta sul ventre e la fece salire  contro il petto, all’altezza del cuore che stava battendo impazzito.

Sapeva che quella sarebbe stata un’adeguata risposta per lui, visto che Elijah intuiva sempre tutto in un battito cardiaco.

Quel cuore che lui aveva fatto appena rinascere.

Elijah ascoltò quel suono in assoluto silenzio per qualche secondo, che a Briony parve eterno. Non poteva non convincere Elijah perché lui più di tutti conosceva il suo cuore e cosa albergava al suo interno.

Infatti lui spostò la mano ancora appoggiata contro il suo fianco, e le toccò una guancia per farla voltare verso di lui. Briony intuì che aveva indossato un’espressione seria ma socchiuse gli occhi, non potendo farne a meno. Il respiro di Elijah le soffiò sulle labbra per diverse volte e in molti modi, tanto che lei non ce la fece più a stare immobile.

Alla fine quel tormento cessò quando lui depose le labbra sulle sue. Fu come se fosse divampato del fuoco attorno a loro e niente avesse più senso.

Briony si voltò completamente verso di lui e gli allacciò le braccia dietro il collo, continuando a baciarlo come se volesse morire in quelle labbra, mentre lui le accarezzava freneticamente la schiena, serrandola di più a sé. La ragazza gli si strusciava contro, alzandosi in punta di piedi per rendere il contatto più intimo. Anche questa volta non riusciva a respirare ma non le importò.

Elijah all’improvviso la prese  con la forza delle braccia, e Briony si sentì appoggiare a velocità impressionante sopra a un tavolo. Il respiro era mozzato quando tirò indietro la testa esponendo la gola alle labbra fameliche di Elijah, che le distribuirono una lunga serie di baci così bollenti da farle credere di bruciare.

Una mano di Elijah era sulla sua gamba, la fece alzare lievemente per sfiorarla da sopra il ginocchio e alzandole così il vestito.

Briony si aggrappò ai suoi capelli e alle sue spalle più che poteva per restare in equilibrio. La schiena era inclinata all'indietro per offrirgli il collo che era continuamente pervaso da baci che la facevano impazzire. Alzò estasiata gli occhi al cielo mentre Elijah scese a baciarle il petto, colorando di fuoco la pelle. 

Le mani di lei arrivarono sopra i bottoni della camicia di Elijah per liberarlo e facendo così scorrere le sue dita frementi sopra quegli addominali scolpiti. Non riuscì a capire come mai i suoi gesti non erano impacciati e frenetici come le altre volte, infatti riuscì a sbottonarli con lentezza senza troppi danni.

Alzò poi lo sguardo per incrociare il viso di Elijah e consumarono il loro desiderio nell'ennesimo bacio. Una mano di lui le finì sul viso, l'altra era sempre sulla sua gamba.

Briony impazzì nel sentire il desiderio del vampiro e cercò di sistemarsi meglio sopra il tavolo, scaraventò tutto gli oggetti che erano sopra di esso per terra, anche alcune candele fecero la stessa fine. Avvolse di più le gambe alla vita di Elijah, la mano di lui le stava già percorrendo una coscia mentre lei lo stringeva di più a sé per sentirlo più vicino.

Continuava a baciarlo mentre le mani scesero sui suoi pettorali esposti dalla camicia aperta, percorrendoli e esplorandoli come se fosse la prima volta.

Elijah si staccò dalle sue labbra, il respiro la ghiacciò lungo tutto il tragitto che finì sulla sua spalla, dove lui le fece scendere una spallina. L’abito era piuttosto attillato per farle scoprire tutta la spalla, così Elijah finì per strappare la cucitura del vestito con un rumore secco, impaziente di averla solo per sé.

Briony non ci fece caso, tutta presa da quell’ondata di desiderio. Intrecciò una mano fra i suoi capelli e con l’altra si tenne in equilibrio sopra il tavolo. Il gesto rude di poco prima di Elijah venne scavalcato dalla lentezza spasmodica con cui le tracciò tutto il profilo della spalla col tocco delle sue mani esperte. Briony non capiva come lui potesse mantenere così il controllo quando lei invece stava in fibrillazione, ma forse era tutta una tortura ben orchestrata.

"Mi mancava respirare la tua pelle" le alitò lui percorrendone i lembi con le labbra in una scia suadente ed efficace da farle scoppiare il cuore. Sospirando in preda all'emozione, lei gli si strinse di più, trasmettendogli quanto lo amasse e abbandonandosi completamente a lui quando cominciò poi a disperdere dei baci roventi sopra la sua spalla e finendo poi sul suo braccio, senza alcuna fretta.

Briony appoggiò la testa contro il suo collo per sentire a sua volta il suo profumo, ci affondò per cercare di frenare tutti quei brividi che la mandavano sull’orlo della follia.

Elijah le circondò poi la schiena con una braccio possente, la mano sulla sua gamba si abbassò con lentezza fino al ginocchio. Il viso era sempre affondato contro la sua spalla, respirandovi sopra. Elettricità in ogni tocco.

All’improvviso lui le mise un mano sotto la coscia e la sollevò di peso, scostandola dal tavolo. Briony gli allacciò le braccia al collo stringendosi a lui mentre insieme salivano le scale. Lei era in forte trepidazione, si sentiva la mente sgombra da qualunque pensiero mentre il cuore scandiva  battiti velocissimi. Elijah teneva quasi il viso appoggiato sopra il suo petto come se volesse sentire quel piccolo muscolo che batteva solo per lui.

L'ennesima spinta contro la parete la fece riportare alla realtà, la testa le doleva ma non le importava. Il corpo di Elijah la incastrò contro la parete del corridoio che dava alle camere da letto.

I loro respiri si rincorrevano lentamente senza però far incontrare le loro labbra per accrescere l'attesa e il desiderio che si faceva largo in entrambi.

Elijah la spinse di più contro il muro, il viso affondò in un lato del suo collo respirandovi profondamente sopra, come per tornare a imprimersi il suo odore delizioso.

Briony intrecciò le dita ai suoi capelli, il respiro era mozzato mentre lui si toglieva dalle spalle la camicia.

La sua pelle era come sempre gelida, ma a contatto con le mani di Briony sembrava scottare. Lei lo liberò poi totalmente della camicia, strappandogli un bacio sulla spalla. La testa poi si appoggiò contro la parete nel sentirlo baciare la pelle sotto l'orecchio. Elijah le cinse i fianchi mentre si abbassava lentamente a baciarle la gola, in una sequenza terribilmente eccitante.

Briony si sentì il respiro completamente spezzato quando sentì i denti di Elijah stuzzicarle un lato del collo; non penetravano dentro la pelle ma quel gesto le scatenò comunque un calore divampante nel petto. Se il suo sangue non fosse stato difettoso glielo avrebbe concesso senza remore fino all'ultima goccia, perché la debolezza del suo corpo non poteva sopportare tutta quella passione.

Briony strinse di più le dita nei capelli di Elijah, per tenergli ferma la testa contro il suo collo al fine di prolungare quella delizia torturante. Con la coda dell'occhio vide la camera di Elijah, la prima del corridoio ma le sembrava così lontana che non sapeva se l'avrebbero raggiunta in tempo, messi com'erano.

Continuando a cingerle i fianchi, Elijah le stuzzicò ancora per un po’ la pelle con i denti sporgenti poi risalì alle sue labbra. Briony accolse il bacio senza timore, come a dirgli che lo voleva in ogni modo, stando comunque attenta a non farsi pungere da quei denti letali.

Le mani scesero ad accarezzargli la schiena mentre lui continuava a baciarla con riguardo. Quando lei gli graffiò piano le spalle e tentò di passargli la punta della lingua sui canini affilati, si sentì spostare a velocità soprannaturale verso la porta della camera da letto. Briony si sentì mozzare il fiato per quella spinta improvvisa ma riprese subito a baciare Elijah, che aveva misteriosamente ritirato i denti, e così entrambi potettero approfondire il bacio senza interferenze pericolose. Le loro lingue erano intrecciate, le labbra scoccavano baci infuocati.

Briony mollò la presa di Elijah sui capelli per scendere sul pomello dietro di lei al fine aprire la porta. Forse era chiusa a chiave perché non riusciva ad aprirla, e così Briony grugnì visto che sentiva che sarebbe morta lì sul posto.

Elijah però si scansò dalle sue labbra e inclinò la testa. "Aspetta" con una mossa aprì la porta e ci si fiondò subito dentro.

Questa volta Briony spinse lui contro la porta chiusa, e riprese a baciarlo. Il contatto si fece man mano più intenso, le mani di Elijah era sulla sua schiena e si propendeva di più verso di lei. Briony spostò via il viso per tornare a respirare, e Elijah la fece indietreggiare verso il letto.

Lei tenne gli occhi chiusi quando Elijah la liberò dall'abito in maniera maestrale. Le sue mani le strinsero i fianchi per farla aderire al suo corpo scolpito. Briony fremeva ogni volta che quelle mani le sfioravano la pelle, creando delle lingue di fuoco. Le dita di Elijah arrivarono  sopra il suo collo e le rubò un piccolo bacio sulle labbra. Briony rimase immobile, completamente alla sua mercè mentre lui scendeva a distribuirle dei baci bollenti sopra il petto. Si abbassò di più fino a baciarle fra i seni, giù fino alla pancia.

Lei sentiva le viscere fremere, la testa era abbassata mentre una mano era fra i capelli di Elijah. Lui strinse di più la presa sulla sua schiena e finalmente la fece sdraiare sopra il letto.

Briony sentì le lenzuola donarle dei brividi gelidi ma si sentiva stranamente surriscaldare. Lo sguardo di Elijah rimaneva su di lei, il corpo non ancora aderente al suo ma distante, gli occhi neri la guardavano così intensamente che sembravano potessero arrivare nel profondo del suo animo.

Briony riuscì a malapena a lasciar fuoriuscire un respiro e, col cuore palpitante, prese la mano del suo vampiro. Con un piccolo sorriso privo di paure lo condusse verso la spallina del suo reggiseno, abbassandola lentamente e portandola poi verso il suo cuore, sempre scendendo. Elijah la fissava penetrante, facendola sentire un’opera d’arte mentre le sue mani la disegnavano.

I loro occhi si legarono a un tratto, non riuscendo a trattenere il desiderio.

Rimpianti?

Non vi erano.

I loro corpi agirono di scatto e le loro bocche si catturarono a vicenda, aumentando la passione. Briony avvertì la potenza del vampiro quando si sentì sposare velocemente al centro del letto e sempre velocemente portare sopra le gambe dell’uomo. Si sentì perdere il fiato ma il bisogno divenne sempre più urgente mentre le braccia gli circondavano le spalle, accrescendo sempre di più i baci.

Sentiva le mani di Elijah percorrere la sua schiena, come a crearne impronte; i loro petti aderivano perfettamente, ghiaccio e fuoco sembravano combaciare alla perfezione formando un unico puzzle.

Scostandosi dalle sue labbra, le mani di Briony navigarono sul petto del vampiro, tastando lussuriosamente la pelle. Decise poi di tendersi di più verso di lui per liberarlo dei pantaloni. Si alzò un po’ col busto per facilitarsi i movimenti, lo sguardo di Elijah su di lei non le creava alcun disagio e l’alchimia cresceva elettrica in mezzo a loro.

Fu una sensazione sublime tornare a fondersi in un tutt’uno, mischiando e attaccando le loro pelli nude e frementi dal desiderio. Elijah non l’aveva ancora fatta sua ma Briony stava già collassando nell’abbracciarlo senza più barriere di alcun tipo, nel tornare a elettrizzarsi con un semplice contatto fisico. Le braccia consolidavano il loro desiderio imprimendosi sotto le dita il tatto della pelle l'uno dell'altra; le loro labbra non cessavano di staccarsi per distruggere tutto ciò che li aveva divisi in precedenza.

Elijah poi le circondò la parte bassa della schiena con un braccio e le portò le gambe a cingergli i fianchi. Briony gemette per quel contatto così intimo e temette di impazzire. Il cuore pompava troppo forte il sangue mentre lui ricominciava a lasciarle una scia infuocata di baci dal collo fino alla spalla nuda. Briony gli si strinse di più alzando gli occhi al cielo, col fiato corto. Le sembrava di andare a fuoco.

Elijah la fece alzare sulle ginocchia, seguendo poi la sua stessa posizione. Fu in quel momento che Briony lo guardò, facendosi così avvolgere dai suoi occhi neri da pensare che stava perdendo se stessa. Le mani automaticamente gli accarezzavano delicatamente il petto, mandando così a se stessa e a lui delle scosse incandescenti che provavano solo l’un con l’altro.

Elijah non cessava di guardarla in maniera profondissima, quasi fosse ritornato quello di un tempo.

Ogni volta che sentiva il cuore di Briony battere sfrenato e irregolare le accarezzava spasmodicamente la pelle fremente; entrambi avvolti in un'aurea di intenso e seducente desiderio.

Lui infine la strinse poi di più a sé e la condusse sopra il letto in un tonfo sordo. Elijah la sovrastò subito col suo solido corpo e Briony non riuscì a non respirare irregolarmente. Il vampiro le diede un lungo bacio poi ridiscese, tornando ancora a deliziarla con baci roventi e sconvolgendole così l'equilibrio mentale.

Sembrava che lui stesse tornando a conoscere ogni centimetro della sua pelle, imprimendolo nella sua infinita memoria.

Briony strinse forte le lenzuola tra le dita mentre lui indugiava nei baci sul ventre e una sua mano le stava sfiorando ora una gamba. Tornò a risalire  per il suo petto, facendo scivolare il labbro inferiore sulla sua pelle, donandole così brividi senza fine.

Briony lo sentì fare una lieve pressione sulla sua gamba ancora toccata da lui, e così gli cinse la vita con le ginocchia stringendolo forte a sé in quel modo.

Elijah portò lentamente metà del suo peso su di lei e le baciò un orecchio. Le mani risalirono  e si misero sopra quelle di Briony, scostando le lenzuola che lei ancora teneva, e intrecciando così le loro dita con forza.

Briony faticava già a respirare, sentiva il fiato gelido di Elijah contro il suo viso. Ad un tratto i loro sguardi si incrociarono, i loro occhi si dissolsero l'uno nell' altra in una brama più intensa di qualunque altro legame fisico.

Quando lui entrò dentro di lei, Briony alzò di poco il viso per baciargli un orecchio. Gli sussurrò: "Bentornato a casa."

Perché era così. Lei non si era mai sentita a casa più di quanto lo fosse tra le sue braccia ed era sicura che fosse così anche per lui. Due anime inquiete, senza una meta precisa, un vuoto invalicabile dentro, che tornavano a vivere.

Perchè niente era come lui e lei insieme.  Niente valeva come lei e lui insieme.

Lo sentì riempirla centimetro per centimetro e Briony chiuse gli occhi, allungando la testa all’indietro. Il suo corpo lo accoglieva liberamente, come se fosse fatta solo per lui. Elijah abbassò le braccia ai lati delle loro teste e iniziò a incombere prepotentemente sopra di lei, quasi affondandole dentro con ritmo deciso e uniforme. Come se non le permettesse di pensare a nient’altro che a loro. Dopo tutto quel tempo ancora non avevano altro che loro stessi.

Briony sentiva il corpo vibrare ad ogni spinta ma si accorse che anche il corpo statuario del vampiro stava pulsando dentro di lei; il respiro della ragazza era già ansante e presto lo sarebbe diventato anche quello di Elijah.

Quando udì un verso roco da lui e lo sentì cingerla con forza per i fianchi, facendole mancare il fiato dai polmoni in una sola mossa, Briony scelse di arrendersi a lui e gli lasciò il controllo di entrambi i loro corpi. Si aggrappò dolcemente a lui, ignorando che quel corpo forte e possente fosse quello di un vampiro millenario. Non le importava più di niente se poteva averlo.

Percepì come una corrente elettrica attraversarle le vene e i nervi, e lei fu subito appagata di un piacere intenso. Sentirlo penetrare dentro di lei la mandava in estasi, la deliziava, la faceva sentire completa.

Elijah scese a sfiorarle il collo e le spinte cominciarono ad aumentare d'intensità; il respiro di lei divenne molto più affrettato, anche quello di Elijah era ansante sul suo collo mentre la prendeva.

Briony inarcò la schiena quando lo sentì sempre di più in profondità, fino quasi a prosciugarle l'anima. Non respirava più ma non si era mai sentita più viva. I loro corpi rimanevano avvinghiati.

Sembrava come se lui andasse a riempire i buchi che avevano annientato la sua anima, come se li stesse curando, facendola tornare com'era prima. La voragine sembrava non essersi mai spalancata.

I pezzi distrutti del suo animo si ricomponevano ogni volta che lui affondava dentro di lei, un antidoto migliore di quello non poteva esistere.

L’estasi cominciò a divenir fin troppo intensa, Briony appoggiò la testa sulla spalla del vampiro per percepire ogni secondo di quell’unione; il respiro spezzato di Elijah sembrava come vino dolce mentre faceva appartenere quel corpo esile al suo.

Briony si sentì girare la testa quando all’improvviso il vampiro la fece rotolare con lui alla sua sinistra, rimanendole sempre sopra ma più intimamente vicini, tanto che Briony riuscì con la gamba a cingergli tutta la linea della schiena. La tensione nell’aria divenne diversa e più pesante; i due amanti si guardarono brevemente da sotto le palpebre e ripresero a baciarsi di nuovo e a stringersi, come se non potessero fare a meno l’uno dell’altra in quel momento.

Briony sentì un cataclisma abbattersi su di lei e percepì indistintamente una vampata di calore correrle sotto la pelle, mentre le spinte aumentavano di intensità con un ritmo spossante che le prosciugava il corpo ma che le stava ricomponendo l’anima.

Briony gli strinse di più di più le ginocchia alla vita e fece scorrere le unghie sulla schiena di Elijah, godendo del suo corpo e dei suoi muscoli che si contraevano ad ogni spinta che sentiva vibrare dentro di sé.

Gli prese ad un tratto il viso fra le mani col respiro affrettato, fondendo così anche i loro occhi. Quelli di Elijah sembravano parlare, come se anche lui sentisse le cose che sentiva lei a modo suo. La sua anima non era più vuota o piena di catene e squarci.

Ma come potevano aver pensato di vivere l’uno senza l’altra? Quello non era vivere.. era sopravvivenza, sopravvivere senza niente per cui lottare, senza niente da amare e credere.

Senza mai terminare il contatto visivo, lui arrivò a cingerle con forza per i glutei e penetrandola quindi in maniera più implacabile. Briony ansimò forte sentendosi quasi al culmine, ma voleva prima dirgli un’ultima cosa.

“Non andartene.. non farlo mai più.” Lo pregò tra un respiro all’altro, come se la sola probabilità di vederlo andarsene di nuovo la distruggesse. Lei lo voleva con sé, lo avrebbe sempre voluto e lo dimostrò nel cingergli la schiena per farla diventare sempre più sua.

Elijah tuttavia dopo la sua richiesta si era irrigidito con lo sguardo, l’aveva guardata indecifrabile e non emettendo fiato. Temendo allora una risposta negativa o chissà cos’altro, Briony sentì il cuore sobbalzare per la paura e l’attirò di più a sé per baciarlo con ardore, come se davvero potesse morire nel caso in cui lui se ne fosse andato.

Elijah sembrò non voler rispondere ma comunque riprese i movimenti con più vigore, come se ne avesse un assoluto bisogno e costringendola così a liberarsi dal bacio per cercare ossigeno. Il vampiro scese con le labbra a deliziarle il collo e Briony sentì un altro colpo da capogiro che la fece sobbalzare. Contemporaneamente lui la fece inarcare ancor di più la schiena in avanti e unire così i loro corpi in un tutt’uno. Nello stesso istante lei si sentì avvolgere da una marea calda e accogliente, e per non gridare dovette conficcargli le unghie nelle spalle.  

Elijah interruppe la sua piacevole tortura di baci sul collo e le mise una mano sul viso, scostandole i capelli. Adagiò le labbra sulle sue in un bacio delicato, le mani scesero sulla sua schiena per non farla allontanare di un centimetro neanche dopo l’arrivo dell’amplesso.

Lei allora si arrese completamente a lui, innalzò di più la testa mentre il bacio prese ben presto ad intensificarsi, portando i due a muoversi l’uno dentro l’altra secondo il ritmo da esso imposto, incuranti della stanchezza perché erano troppo bisognosi l’uno dell’altra.

Briony reclinò il capo all’indietro, le labbra di Elijah subirono andarono all’attacco della sua gola e lei s’inarcò piacevolmente contro il corpo di lui, sentendolo farsi strada in lei con spinte ancor più decise.

L’anima sembrò unirsi a lui in quell’istante.

Briony si sentì sopraffare da un piacere totale e assoluto, molto più intenso e sconvolgente di tutti gli altri. Gli strinse le mani nei capelli per non farsi sommergere, mentre lui le circondava la schiena con le braccia per farla stare più dritta verso di lui. I loro corpi sembravano fremere insieme. Entrambi i loro respiri erano rochi e ansanti.

Elijah alzò il viso dal suo collo e le baciò una guancia, delicato.

Mentre lui le scostava delicatamente i capelli ricaduti sul viso, lei gli sussurrò:

“Ti amo, ti amo tantissimo.” Quelle parole furono liberatore.. come se avesse preso il primo respiro d’aria pura dopo che questo era stato rinchiuso, per troppo tempo, in una stanza buia.

Elijah fermò il suo gesto, la mano si bloccò sui capelli di lei, gli occhi si incatenarono inevitabilmente in quelli di Briony.

La sua espressione così profonda e magnetica le fece accelerare i battiti del cuore, temendo allora la sua risposta. Lo vide però piegare le labbra in un sorriso sincero, un suo braccio le spinse la schiena sempre di più verso di sé.

“Vuole una confessione?” mormorò lui sempre con quel sorriso, gli occhi brillavano di una strana luce di possesso.

Briony rise piano, mettendogli un braccio dietro il collo.

Lo vide protendersi verso di lei e donarle un bacio. Le dischiuse le labbra, il suo respiro le dava nuovamente le vertigini.

“Ti amo Briony Forbes.” le bisbigliò lui sulle sue labbra.

Briony sentì l’anima e il cuore esplodere di felicità. Tutto il dolore, i dubbi, le paure, non contavano più. Vennero tutti scavalcati da quel momento di sublimità perfetta.

Lei rise per la gioia e si avvicinò per dargli un altro bacio. Si staccarono, i loro respiri si scontrarono come onde implacabili da cui venivano sommersi. Iniziarono un altro lungo, intenso bacio, nonostante l’estasi li avesse già appagati.

Briony sentì un calore concentrarsi e poi espandersi dentro di lei. Non sapeva se era dovuto al piacere fisico o a quello dell’anima, forse a tutte e due.

Con la forza delle braccia, Elijah la fece sdraiare di nuovo continuando a baciarla. Lei lo strinse forte a sé e si ritrovò poi sopra di lui: le gambe erano intrecciate tra loro, le mani di Elijah le accarezzavano la schiena facendola sprofondare in un’estasi. Lui si protese per baciarle in maniera lenta il collo e risalendo sulla guancia. Briony scostò il viso di lato, facendo di nuovo fatica a respirare, una mano era aggrovigliata tra le lenzuola.

Lui ritornò di nuovo sopra da lei. La divorò con un altro bacio, con un altro possesso.

Alla fine Briony si sentì sciogliere come un flusso di lava incandescente.

Restarono comunque uniti per protrarre quel momento il più a lungo possibile.

Quelle labbra gelide ed eccitanti su di lei avevano lo stesso effetto di una sostanza stupefacente. Dopo un po’ ne fu assuefatta completamente.

Sembrava che loro due, due mostri leggendari, avevano ritrovato la loro umanità in un’estasi d’amore, in un bacio, in una fusione di anime, dimenticando tutto il passato di morte e sangue.

Inevitabilmente uniti da un amore maledetto.

Honey, you and me and no one
Just believe
Come on

 

If you love me hardcore, then don't walk away
If it's a game boy
I don't wanna play
I just wanna be your's
Like I always say
Never let me go

I remember when I saw you for the first time
You were laughing
Sparking like a new dime
I came over
"Hello, can you be mine?"
Can you be mine
Can you be mine?

Baby it's a sweet 
life
Sing it like song
It's a short trip
Only getting one who can count on my love more than anyone
Never let me go



Never let me go, just stay

 

 

FINE CAPITOLO

Ihihih Sicuramente avrete badato esclusivamente all’ultima parte del capitolo, ormai vi conosco bene ! Ihihih Lo so sono una depravata :P Però spero che in generale il capitolo vi sia piaciuto tutto ^^ Aspetto con ansia le vostre recensioni :D

Spero di non aver fatto troppi casini, di non aver sbagliato nel far fare loro la pace così presto ma avevo pena per quella poveretta di Briony ahah! Ovviamente accadranno altre cose ;)

Spero anche di non essere uscita dal personaggio di Elijah, è il mio tarlo questo…! Anche se nel telefilm non si è mai visto in quest’ambito, quindi io vado di fantasia ihihi

Scusatemi per il ritardo ma da troppi giorni sono in lutto per la morte di Kol e progetto invece la morte della Plec xD Se volete farmi compagnia nei miei scleri, risate ecc, venite nella mia pagina su facebook!! https://www.facebook.com/pages/We-love-The-Vampire-Diaries-Always-and-Forever/283070235115435

 

Ringrazio tantissimo chi recensisce, chi legge la mia storia in silenzio. Spero di sentire tutte le vostre voci un giorno :P Vi adoro!

Alcune parole le ho messe in inglese perché in italiano non mi piacevano :P Pardon!

La frase “Perché altrimenti diventeremmo ciò che abbiamo paura di essere: completamente vivi.” è di Massimo Gramellini tratto da “Fai bei sogni”

La frase è di Oscar Wilde. E Nicholas Sparks

 

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Capitolo 33
*** We found love ***


29 capitolo

Yellow diamonds in the light
And we’re standing side by side
As your shadow crosses mine
What it takes to come alive 

I have found happiness in your smile

 

Si risvegliò con la sensazione di star risalendo da un mondo sommerso, e ad ogni movimento della palpebra che si apriva percepiva i battiti fortissimi del cuore che non si erano assopiti neanche nel sonno.

Briony aveva quasi paura di aprire totalmente gli occhi. Fece un’ultima preghiera, una supplica che doveva essere per forza ascoltata. << Dio, sii buono con me per una volta >>

Se ciò che era successo era stato solo l’ennesimo sogno, allora sì che sarebbe morta sul serio. Non l’avrebbe mai sopportato, di sentire la felicità cadere dalle sue mani proprio dopo averla assaporata con tanta bramosia.

Ma appena aprì gli occhi, un’espressione sorpresa e di beatitudine dipinse il suo volto. Elijah era proprio lì accanto a lei. Il cuore sobbalzò per quella maestosa visione.

Era addormentato, il torso nudo era in bella vista, entrambe le loro gambe erano avvolte tra le lenzuola sparpagliate, metà del suo viso era girato dall’altra parte per cui non riusciva a vederlo bene ma anche così quello sguardo magnetico valse un altro battito accelerato. Un suo braccio le avvolgeva il corpo come se neanche nel dormiveglia lui l’aveva lasciata andare.

Briony gli si fece più vicina, guardandolo come soggiogata. Alzò lentamente la mano per sfiorarlo, attenta però a non svegliarlo e per godere di quegli attimi di pura pace. Per lei era sempre stato così importante toccarlo. Era una cosa per cui era vissuta, e non sapeva spiegarne il motivo.

Gli sfiorò dei ciuffi di capelli ricaduti elegantemente sulla fronte, poi passò al suo viso di marmo. Il cuore sprofondava dalla felicità, in un vortice non più d’agonia e che non avrebbe mai avuto fine.

Quando si era accorta che lui l’aveva rincorsa fin nel giardino e l’aveva poi baciata, era stato come vedersi offrire la grazia davanti a un plotone di esecuzione. Stava per andare a morire dentro, divorata dalla morsa della disperazione e della solitudine, ma lui l’aveva salvata. L’aveva attirata verso la vita che aveva sempre agognato ma che le sembrava impossibile.

Sorrise dentro di sé per la speranza nascente, e si accorse di un movimento impercettibile del volto di Elijah. Lo accarezzò: "Stai dormendo?"

Continuava a guardarlo come se fosse una visione, e quando lui aprì gli occhi e girò lo sguardo verso di lei, Briony sentì una forte emozione espandersi nel petto fino quasi a strozzarla per la sua forza. Fu abbagliata dalla sua bellezza disarmante: lo sguardo era neutro, sovrappensiero. Ma così distante come se non fosse lì veramente e avesse già innalzato l'ennesimo muro.

Briony fu subito colta da un oscuro presagio e tremò impercettibilmente. Ma poi le labbra di Elijah si curvarono in un sorriso lieve e si avvicinò al suo viso, sfiorandolo con un pollice:

"Non sono mai stato più sveglio" le sussurrò profondamente prima di scoccarle un bacio.

Briony si lasciò immergere dal bacio e lui si staccò piano continuando ad accarezzarla. Lei si perse nelle profondità dei suoi occhi come se fosse in un sogno, voleva affogarci dentro e schiacciare l'ombrosa realtà.

Si strinse nel lenzuolo, guardando ad un tratto al di là della finestra. "Sta ancora piovendo" mormorò come se non avesse altro da dire.

Elijah guardò nella sua stessa direzione. "Non può piovere per sempre" Lo sguardo era attirato da qualcosa al di fuori, i suoi pensieri le erano di nuovo nascosti e non sapendoli tradurre la inquietò.

"Infatti. Quando smetterà di piovere, ritorneremo a essere quello che siamo sempre stati.." mormorò lei fissandolo come per trovare una fiducia nascosta nelle sue insicurezze, una prova che dimostrasse che niente li avrebbe ostacolati e che non si sarebbero mai più arresi a quell'infausto destino.

Il piccolo, indivisibile, buco dentro di lei aspettava di essere riempito, dopo essere risorto dalle ceneri della passione, e aspettava proprio uno sguardo di Elijah o una sua parola.

Lui si girò. Il suo sguardo aveva qualcosa di diverso dal solito, così micidiale da risultare contro natura.

La luce nei suoi occhi era intensa, provocatoria e la spinse a deglutire.

Elijah fece scorrere le dita sul viso di Briony fino alle labbra, tracciandole il profilo: "Allora..." cominciò a dire con voce profonda. "Forse ora dovresti dirmi di andarmene e non tornare mai più.. Come pattuito"

Briony però non disse niente. Non era proprio la risposta che si aspettava ma si sentiva comunque fremere di un calore mai assopito.

Lui si chinò, sfiorandole leggermente le guance con le labbra. Fu un contatto leggero, ma bastò per farle saltare ogni pensiero razionale. "Se vuoi che mi fermi, dimmelo adesso." continuò lui prolungando quella tortura. Le sue labbra scesero al suo zigomo, risalendo lentamente al suo naso. Briony fu percorsa da numerose scariche elettriche ma rimaneva immobile.

"O adesso" disse lui più profondamente andando vicino alle sue labbra.

Lei gli rispose attirandolo forte a sé, le labbra si erano attaccate a quelle di lui facendosi strappare subito il respiro.

E al diavolo le risposte razionali.

Le mani di lei erano sulle spalle di Elijah, un braccio di lui si era adagiato sotto la testa di Briony e l'altra mano le accarezzava il braccio, finendo poi contro i fianchi. Il bacio si protraeva ancora, divenendo sempre più forte.

Le labbra di Elijah si spostarono verso la sua guancia, ricoprendola di lenti baci che le provocarono dei brividi elettrici. Briony chiuse gli occhi sospirando, vinta da quel piacere. Una mano si immerse nei capelli di Elijah mentre lui affondava il viso sotto il suo orecchio, respirandovi sopra. Lo sentì ridere piano, la sua mano stava percorrendole il fianco creando disegni invisibili, che la fecero tremare dentro.

"Beh tanto meglio.." disse lui "perché non ho intenzione di lasciarti andare da nessuna parte." Elijah alzò il viso, incrociando quello di Briony. La sua voce era un richiamo seducente, così come il suo sguardo, i suoi occhi, e lei rimase beata a fissarlo sentendo una vibrazione intaccarle le terminazioni nervose. Questa aumentò quando lei lo vide chinarsi verso la sua bocca, soffermandoci sopra come a protrarre l'attesa; il tocco era lieve e accennato, le palpebre erano lievemente abbassate.

Briony sentiva il suo fiato gelido sulle labbra e aveva paura persino di respirare. Non voleva neanche farlo, lasciò che il suo respiro le entrasse dentro. Il cuore tuttavia rimbalzò in gola quando sentì la mano di Elijah invaderle la schiena cominciando a sfiorarla, causando così altri numerosi brividi lungo di essa. Lui si chinò a baciarle dolcemente sulle labbra, prendendole il labbro inferiore e glielo sfiorò con i denti, prudente.

Briony rimase immobile, non respirava più ma il cuore batteva fortissimo fino a scoppiarle dentro il petto. Elijah mollò la sua letale presa e cominciò a baciarla per davvero, la mano era sempre sulla sua schiena ma si stava muovendo più veloce.

Briony si sentiva bloccare il fiato, una fiamma divampante era in procinto di bruciarle nel petto. Strinse forte Elijah a sé poi con un lieve colpo di reni Briony invertì le posizioni, ritrovandosi sopra di lui. Le lenzuola si erano tutte sparpagliate chissà dove.

Elijah la guardava attentamente, con una luce negli occhi che lei poche volte aveva visto in lui. Briony si chinò per dargli un bacio, accarezzandogli le labbra con le proprie. Poi sollevò la schiena, le mani erano sul suo torace percorrendolo come avide. Iniziò a muoversi sopra di lui, dapprima lentamente, poi sempre più freneticamente, mentre lo accoglieva in sé in un crescendo di pura estesi.

Elijah continuava a guardarla abbagliato, con una luce negli occhi che si intensificava. Una mano era sul suo fianco poi l'altra si alzò, toccandola dal collo finendo giù nel petto ansante, creando strisce di lava. Il respiro di lei era sempre meno regolare. Erano occhi negli occhi.

Elijah si sollevò, così da far scontrare i loro petti e lei accorse per allacciargli le mani dietro la testa. Si strinse di più a lui come ad annullare ogni distanza, il respiro di Elijah sul collo era più caldo del solito e la fece rabbrividire.

Elijah le circondò la schiena con entrambe le braccia, in linea verticale, le mani finirono sopra le sue spalle appoggiandovi in esse. La bocca cominciò a percorrerle il collo e lei sentì di ardere viva: era un fuoco che anche se sarebbe divampato comunque non le avrebbe fatto mai del male. Cercava l’aria sufficiente per accrescerlo sempre di più.

Quando lo sentì muoversi sotto di lei, dentro di lei, fu sopraffatta da un ondata di sensazioni indicibili; sentiva ogni muscolo del corpo contrarsi in preparazione del piacere che stava per arrivare. Briony alzò gli occhi al cielo, non riuscendo nemmeno a respirare, il cuore batteva troppo forte nel petto surriscaldandole così il sangue.

Le labbra di Elijah salirono dal suo collo al suo mento, creando altre scie di lava che la scossero dentro. Lui la strinse di più a sé, scandendo un ritmo sempre più forte, mentre insieme raggiungevano le vette del piacere.

Stremata infine si abbandonò sopra di lui, assaporando la pace che segue l’appagamento dei sensi.

Elijah la strinse contro di sé, tenendola imprigionata fra le sue braccia. Guardava un punto davanti  a sé, il respiro si faceva regolare mentre quello di Briony era ancora spezzato. Lei si chiedeva infatti come diavolo lui potesse essere sempre così smagliante e in forze, ma forse dipendeva dall’essere un vampiro, visto che ogni volta che lui la sfiorava sentiva il cuore balzarle in gola.

Appoggiò la testa sopra il suo petto, socchiudendo gli occhi. Nessuno dei due disse niente per un po’, gustarono insieme quelle sensazioni piacevoli senza farsi troppe domande; Elijah aveva cominciato ad accarezzarle lievemente i capelli tenendo lo sguardo dritto, poi lei ad un tratto disse:

“E’ davvero strano non trovi? Come le nostre vite siano cambiate in un lampo.. credevo che ti avrei perso per sempre”

Le mani di lui sui suoi capelli si bloccarono, ma lei continuò. “A volte la vita prende direzioni davvero assurde o inaspettate che neanche immaginavi. Un po’ come il vento, può essere forte o lieve ma comunque molto spesso porta un futuro impossibile da ignorare. Infatti basta davvero un soffio di vento a cambiarci la vita. Non credi anche tu?” domandò poi alzando la testa e incrociando gli occhi attenti di Elijah.

A prima vista sembrava un discorso privo di senso, campato per aria, ma Elijah l’ascoltò: i suoi occhi divennero più profondi, le labbra si stirarono in un lieve sorriso malinconico. Si chinò per baciarle i capelli.

“Non credevo fossi diventata una filosofa.” disse con un filo di ironia.

Lei fintamente fece un smorfia di disapprovazione: “Che credevi? Non sei l’unico sapientone di Mystic Falls

Lo sentì sorridere e lei alzò lo sguardo, fissandolo con una dolcezza evanescente. Lui le sfiorò lo sguardo delicatamente, sistemandole i capelli dietro, per poi alzare lo sguardo, in sovrappensiero “Durante la mia assenza molti hanno osato prendere il mio posto e vantarsene a tal proposito. Forse potrei far loro sentire che sono tornato per davvero.” In qualcosa nel suo tono di voce si avvertì la minaccia.

Briony si chinò su di lui, sussurrandogli maliziosa.

“Potrai farlo giorno e notte con me, se lo vorrai.” E percorse delicatamente la linea delle sue labbra con la punta delle lingua per poi lasciargli un bacio.

Quando si staccò con uno schiocco, Elijah la stava fissando calmo ma con un luccichio di possesso negli occhi: “Miss Forbes, anche i tuoi accordi a prima vista non sono male.” Le rispose profondamente.

Lei gli sorrise e adagiò la testa sulla sua spalla, lasciandogli un altro bacio. Elijah si chinò su di lei, affondando il viso contro il suo collo. Briony allungò un braccio per stringerglielo dietro la sua testa e per tenerlo vicino a sé: aveva chiuso gli occhi, si crogiolava sul respiro di Elijah e su di lui che inspirava il suo profumo.

Stettero un po’ così, senza alcun problema, quando all’improvviso Elijah alzò di scatto la testa in direzione della porta chiusa. Tutti i suoi sensi erano orientati verso qualcosa che Briony non riuscì a decifrare.. lei stava per chiedergli cosa stesse succedendo, ma lui non gliene diede il tempo che infatti la immerse sotto le lenzuola facendole da scudo.

Briony non capiva proprio cosa stesse succedendo ma all’improvviso sentì la porta aprirsi.

Sentì Elijah sibilare in una maniera così diabolica che poche volte gli aveva sentito: “Niklaus, esci.”

<< Oh merda >> Briony sgusciò fuori con la testa, cercando di coprirsi più che poteva.

L’ibrido subito la notò e fece un bel sorrisetto nella sua direzione: “Bene bene. Mio malgrado credo di aver interrotto qualcosa. Ti stavo cercando fratello, ma credo che tu sia occupato”

“Esci.” Di nuovo il sibilo di Elijah.

Briony tremava sotto le lenzuola, aveva tutto il viso infiammato per l’imbarazzo.

“Ti devo ricordare Elijah che questa è casa mia? E non mi va che mio fratello faccia i suoi porci comodi con una sanguisuga. Soprattutto perché per quella sanguisuga mi hai rotto il collo”

Anche se il clima era assurdo e da film, Briony comunque percepì un’aurea di minaccia nella voce di Klaus: non si era affatto dimenticato che Elijah si era messo contro di lui per proteggerla nella foresta.

Il viso di Elijah divenne sempre più incisivo e scavato, guardava il fratello con un’aria di fuoco ma lui non gli dava la benché minima importanza ora.

Klaus si mise dietro la sponda del letto e fissò Briony attentamente senza alcun pudore, le gote di lei si infiammarono: “Credevo di essermi sbarazzato di te bambolina, ma ecco che ti ritrovo fra i piedi. Sei ancora più testarda della tua sorellina a quanto pare. Pensi che ti darò vita facile? Ho dato la caccia a quelli come te per secoli, non mi fermerò di certo ora visto che uno dei miei fratelli si è completamente rimbecillito”

Briony rimase ammutolita, Elijah intanto si era seduto sopra il letto per mettersi qualcosa addosso velocemente.

Klaus si soffermò sul corpo di Briony malamente coperto e gli fuoriuscì un sorriso malizioso:

“Ehi però guardandoti bene, sei ancora più carina di tua sorella. Ma non preoccuparti.. non sei il mio tipo, in questo periodo preferisco le bionde”

Il viso di lei divenne un peperone mentre Elijah si lanciava contro suo fratello – aveva indossato un fretta e furia dei pantaloni e messo una camicia senza abbottonarla – e prese infine il fratello per la schiena, spingendolo a forza fuori dalla stanza.

“Fuori.” sibilò lui ancora infastidito. Klaus questa volta lasciò perdere mentre Briony rimaneva sopra il letto ancora paralizzata.

Fuori dalla stanza Elijah riserbò a Klaus uno dei suoi sguardi più micidiali. Chiuse la porta, fulminandolo con lo sguardo: “Cosa credevi di fare?” sibilò.

L’ibrido alzò orgogliosamente il mento: “Cosa credevi di fare tu? Non ti ho dato il permesso di portarla qui”

Elijah si mise di fronte a lui, guardandolo duro. Cominciò ad abbottonarsi elegantemente i bottoni della camicia:

“Hai smesso di dettare legge, Klaus”

L’ibrido gli fece un sorriso in segno di sfida, per nulla intimorito:

“La prossima volta che la vedo qui… la sgozzo, è chiaro? Le taglio la gola e poi la taglio pure a te”

Elijah non si mostrò per nulla impressionato per quella minaccia, tutt’altro, rimase immobile e fermo a guardarlo in maniera calma. Sapeva che non doveva mai abbassare la guardia col fratello ma sapeva anche di non dare corda alle sue minacce senza senso.

Vedendo che il fratello non mostrava la benché minima paura, come sempre, Klaus si imbufalì ancor di più:

“Razza di idiota! Non capisci del pericolo che ci stai facendo correre?”

“Vedo un solo pericolo qui” rispose Elijah meccanicamente guardandolo come se non ci fossero dubbi sulla sua risposta.

Klaus grugnì. “Se pensi di poter fare come ti pare, sappi che hai fatto male i tuoi conti. Alla tua bambolina io..”

“No. Briony ha cessato di essere l’oggetto delle tue torture. E questo tu comprendilo bene..” Elijah sibilò in maniera più spietata, con occhi neri che dardeggiavano. Non aveva proseguito la frase perché aveva ancora un minimo di decenza e perché dopotutto quel mostro che aveva davanti era suo fratello. Ma Klaus non gli riserbò lo stesso onore, che infatti gli sorrise spietato:

“Credi che non me ne sia accorto Elijah? Non sono stupido. So perché volevi che l’albero di quercia bianca non venisse incendiato. Vuoi liberarti di me non è così? E vivere la tua bella favola d’amore con la tua bambolina in santa pace”

Elijah sbattè allora le palpebre, forse sorpreso da quella affermazione.

“Io non sono come te” rispose freddamente.

“Ah no? Si direbbe il contrario”

“Primo, io non uccido i miei fratelli. Secondo, io busso prima di entrare” Elijah stava per congedarsi ma Klaus lo trattenne con forza per un braccio.

“E i pugnali? C’è dietro il tuo zampino suppongo.”

Elijah si voltò verso di lui con uno sguardo che non trapelava nulla:

“Non so di cosa parli.”

“I pugnali che uso di solito per farvi stare buoni e mettervi in riga… sono spariti” Gli occhi di Klaus stavano per prendere fuoco dal gran che era arrabbiato. Sapere di non avere più armi per tenere legati a sé i suoi fratelli con la forza lo irritava.

Elijah fece però finta di nulla:

“Io non ne so niente. Probabilmente è stato Kol perché è stanco quanto me di ricevere le tue minacce. E se è stato lui, ha fatto bene” Infine gli riserbò un sorriso arrogante, dimostrando di non avere nessuna paura del fratello.

Klaus si fece avanti stizzito:

“Non osare sfidarmi, Elijah”

“Non lo farò. Me ne vado infatti”

La risposta fredda e secca del fratello lasciò Klaus completamente spiazzato.

“Che cosa?” Sembrava veramente incredulo che il fratello volesse lasciarlo. Si intravide un guizzo nei suoi occhi ma Elijah continuava a guardarlo freddamente:

“Sì, me ne vado. Sono disgustato dai vostri battibecchi e provo solo orrore per quello che fai. Avete più di mille anni ed è ora che iniziate a vivere decentemente senza che ci sia io ad insegnarvi come si fa.”

L’aria dura e gelida del fratello maggiore irritò Klaus come non mai. Storse la bocca in preda ad un attacco di rabbia, ma poi smorzò la tensione con un ghigno:

“Bravo, vattene pure. E sappi che se vedo quella sanguisuga ancora qui… la uccido. E’ chiaro?”

A quell’ultima minaccia Elijah gli corrispose uno sguardo duro e incisivo. Non rispose niente mentre Klaus si defilava via, i suoi passi non riuscivano a mascherare la furia e l’irritazione. L’Originario stette un po’ ad osservare il punto in cui il fratello se ne era andato, poi ritornò sui suoi passi.

Briony stava trafugando in fretta e furia per trovare qualcosa da mettersi: sgambettava qua e là per tenersi il lenzuolo attaccato al corpo – onde evitare altre sorprese di Klaus – e cercava nell’armadio di Elijah qualcosa da mettersi. Ovviamente dovette optare per una sua camicia. La mise e le arrivava sotto la coscia. Almeno la copriva un po’ e cercò di abbottonarsi senza far tremare le mani.

All’improvviso sentì delle mani sfiorarle le spalle da dietro. Briony sobbalzò un po’ per quel contatto freddo e improvviso, ma comunque si rilassò perché capì subito chi fosse l’uomo alle sue spalle.

“Mi dispiace”

Il sussurro flebile di Elijah la tranquillizzò e si girò piano verso di lui.

Gli sorrise, accarrezzandogli il viso per appianare la tensione:

“Non fa niente, ormai il disturbatore è stato sistemato. Vedrai che ha capito l'antifona.”

Vedeva comunque che lo sguardo di Elijah era scavato, come afflitto da un tormento interiore. Gli occhi erano più scuri del solito.

Briony deglutì e lasciò andare la mano.

“Te ne vuoi andare?”

Suo malgrado aveva sentito pezzi della conversazione tra Elijah e Klaus, e quando lui aveva detto che se ne voleva andare aveva sentito mancare diversi battiti del cuore.

Elijah sospirò piano, muovendo lo sguardo in diverse parti della stanza:

“E’ la soluzione più ragionevole, Briony. Una parte di me lo vorrebbe ma la gran parte non se la sente più di restare qui.” Il suo sguardo poi si soffermò a lungo su quello di lei. “Lo faccio soprattutto per te, è necessario che Klaus non ti si avvicini. Mio fratello è pazzo, non oso immaginare cosa stia architettando in questo momento”

Il suo era un bisogno di allontanarsi da tutto quell’orrore, ricominciare da capo anche se così sarebbe rimasto da solo. E soprattutto il bisogno perenne e continuo, mai assopito, di proteggerla.

Lo sguardo di Elijah era così intenso che lei non riusciva a distaccarsi. Interiorizzò quei pensieri e gli mise le mani attorno al collo, sorridendogli maliziosa:

“Quindi.. vuoi che ce ne andiamo via insieme?” domandò speranzosa. Un calore divampò nel petto come in un incendio di felicità.

Elijah inarcò il sopracciglio, tenendo un’occhiata guardinga e fissa.

“Se accetti, ovvio. Non voglio imporre la mia presenza a nessuno. Sta a te decidere se i termini dell'offerta ti soddisfano.” mormorò fintamente indifferente.

Briony rise e alzò il viso per dargli un bacio:

“Accetto volentieri. E' un accordo che mi piace molto.” gli mormorò standogli vicina. Elijah non mosse di un centimetro il viso né disse niente, ma comunque lei vide nei suoi occhi una luce che andava ad intensificarsi.

Si distanziò di poco da lui, massaggiandogli entrambe le braccia:

“Non voglio però che ti allontani dalla tua famiglia”

Elijah si irrigidì:

“Sarebbe accaduto comunque Briony. Sono stanco dei loro comportamenti.”

“E in più Klaus non lo puoi fermare anche volendo” constatò lei, ritornando alla conversazione che aveva sentito.

Adesso per lei era chiaro il motivo per cui Elijah si era arrabbiato dopo l’incendio della foresta, ma non lesse la conferma che pensò di avere da lui. L’Originario infatti serrò sempre di più il viso, rimanendo distaccato e austero:

“Non ucciderei mai mio fratello, Briony. Qualunque sia la sua colpa. Era solo un espediente per tenerlo buono, minacciarlo se possibile. Ma non affonderò mai un’arma letale nel cuore di mio fratello. Anche se questo si chiama Klaus.” A fine frase abbozzò un sorriso per alleviare la tensione, ma lei notava comunque che Elijah era profondamente turbato.

Non avrebbe mai dovuto dar per scontato che lui potesse far fuori suo fratello… non lo avrebbe mai fatto… forse in passato i suoi piani erano quelli… per vendicare la sua famiglia che credeva morta e così non considerava più Klaus come un fratello… ma era ovvio che Elijah non avrebbe mai messo in moto le sue minacce.

Abbassò lo sguardo mentre lui mise poi le mani sui suoi avambracci, cercando di confortarla. Lo sguardo era più limpido, non più velato dalla rigidità di poco prima:

“Concedimi almeno di rimediare ai danni che la mia presenza reca di continuo alla tua vita. Se te ne andassi via, lontano da Klaus e da tutto il resto, sarai al sicuro. Me ne occuperò io stesso” mormorò profondamente e in maniera così ipnotica che lei non potè rifiutare. Pensare che lui volesse rifarsi una vita con lei, lontano da tutto e da tutti, la riempiva di gioia insperata.

Alzò lo sguardo felice eppure Elijah si era poi fatto più scuro in volto:

“Ma lo vuoi?” chiese lui con una nota inquisitoria.

Briony sapeva purtroppo a cosa si stesse riferendo… già una volta Elijah le aveva proposto di andarsene via e sapevano entrambi come era finita. Era ovvio che lui stesse sul chi vive e teneva alta la guardia, onde evitare ulteriori delusioni.

Briony lo rassicurò con un sorriso facendosi più vicina. Le mani finirono appoggiate sul suo collo:

“Dove potrei mai andare senza di te, Elijah?” domandò lei malinconica come se fosse ovvia la risposta. Non sarebbe mai potuta andare da nessuna parte.. solo il nulla e la sofferenza l’aspettava se lui non ci fosse stato. Senza di lui le era impossibile vivere, l’anima si sarebbe subito distorta e spezzata, con altre voragini impossibili da richiudere.

Vide l’espressione dell’Originario intensificarsi sempre di più, i suoi occhi parvero addolcirsi e la freddezza del suo volto venne sciolta da qualcos’altro di più intenso. Il cuore di Briony batteva fortissimo e sapeva che lui riusciva a sentirlo. Bastava quello come risposta, l’amore per lui l’avrebbe sostenuta sempre.

Briony gli mise poi le mani nel petto:

“Forse non ha senso ma sei l’unica strada che voglio prendere. Ai problemi ci penseremo dopo” mormorò convinta perché non avrebbe permesso che qualcos’altro li dividesse e arrecasse dolore alle loro vite.

Lui le sorrise freddamente, si avvicinò di più a lei e le mise una mano dietro la nuca, tirandole piano i capelli per farle inclinare un po’ la testa all’indietro.

Anche così Briony riusciva a guardarlo perfettamente, rimaneva incantata da lui e dal suo sguardo penetrante che incombeva su di lei: “Non permetterò che qualcuno ti porti via da me, Briony Forbes. Non è facile rinunciare a qualcosa che pensi sia tu” mormorò con voce così ipnotica da farle venire più brividi che mai.

Sentire che era completamente sua le provocò un’intensa sensazione da far venire le vertigini, come se il proprio corpo in realtà non appartenesse a lei. Lo aveva sempre saputo che gli apparteneva, fin da sempre. Il cuore smetteva di battere quando lui non c’era, più prova di così non esisteva.

Ma sentirselo dire in quel modo da lui la deliziò terribilmente.

Elijah ad un tratto si avvicinò di più fino a soffiarle sopra una guancia, il suo sguardo si abbassò sul suo collo, la mano era sempre fra i suoi capelli trattenendoli. Quando lei lo sentì baciarle la pelle del collo, indugiando a lungo, fu sicura di svenire. Chiuse gli occhi, sospirando mentre le mani andavano ad aggrapparsi alle sue spalle.

Allungò di più la testa all’indietro per protrarre quel bacio che la mandava in escandescenza, poi le labbra di lui risalirono al suo viso. Lei fu veloce allora ad alzare la testa e le loro bocche si incontrarono subito come se fossero state attirate o bisognose l’uno dell’altra.

Briony dischiuse le labbra per approfondire di più il bacio; mentre Elijah le metteva un braccio intorno alla vita stringendola a sé. Quando lei percepì che il fiato stava per mancarle del tutto e aveva bisogno d’aria, Elijah la trattenne all’ultimo non facendola staccare. Le labbra rimasero appoggiate sulle sue, le mise le mani sul collo per non allontanarla da sé e continuare quel momento.

Poi lentamente la lasciò, rimanendo comunque vicinissimi e le respirò dentro le labbra dischiuse per donarle quel respiro che poco prima le era mancato. Briony rimase a occhi chiusi, assaporando quel delizioso ossigeno che l’appagava sempre e che arrivava dritto al cuore.

Poi riaprì gli occhi e gli riserbò un sorriso dolcissimo. Elijah rimase ad osservarlo poi le sorrise anche lui e fece scorrere gli occhi sul suo corpo. Alzò il sopracciglio con approvazione: “Ti dona la mia camicia”

Lei rise mentre lui si propendeva per donarle un bacio sulla fronte e adagiava poi il viso contro il suo, tenendola stretta. Briony sospirò piano, abbracciandolo.

Quando era tra le tue braccia sparivano tutte le paure per il loro futuro, ogni cosa sembrava sistemarsi come se andasse al suo posto e niente mancava per perfezionare quel momento.

Elijah la stringeva forte a sé e univa i loro corpi, come se avesse passato troppo tempo lontano dalla sua ragione di vita. Curioso perché anche lei si sentiva così. Durante quei mesi di lontananza sentiva che non aveva mai abbastanza aria per respirare, e invece adesso…

Era incredibile come lei e Elijah fossero così affini nonostante ciò che erano… Uniti dalla loro maledizione, da quel sentimento che aveva sfidato ogni cosa, anche loro stessi.

Perché il vero amore era un atto di totale abbandono. Il mondo poteva anche bruciare ma lei sapeva che quelle braccia l’avrebbero sostenuta, protetta, e non l’avrebbero mai lasciata.

Non le importava dove tutto questo l’avrebbe portata, sapeva soltanto che non voleva perderlo.

Appoggiò metà viso sulla spalla di Elijah, come se stesse per addormentarsi. Lui era suo, e lei era sua. E così sarebbe stato per sempre.

 

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“E’ così quindi. Torni indietro a disperarti e a rovinarti la vita. Fai pure con comodo”

La voce di Connor le rimbalzò nelle orecchie cogliendola alla sprovvista, proprio perché non se l’aspettava. Si aspettava grida, rinfacciate, addirittura uno scontro fisico ma invece da parte sua ricevette solo della calma. Ma era quel tipo di calma che la rendeva irrequieta.

Elijah e Connor sicuramente sarebbero andati d’accordo se solo la situazione fosse stata diversa.

Guardò il druido di sottecchi: “Quindi non mi fai una delle tue solite scenate? Niente minacce di alcun tipo? Hai smesso con le manipolazioni?”

Si trovavano nella foresta di Mystic Falls, luogo adatto per reclamarlo e parlare a quattr’occhi; non appena Briony aveva detto a Connor della sua intenzione di lasciare il paese e di tornare con Elijah, lui non aveva battuto ciglio. Non si era mosso neanche, si era solo limitato con quella battuta di poco prima.

“Ti ho mai obbligata a fare qualcosa che non volevi? I miei erano solo consigli, volevo offrirti il mio aiuto e spiegarti qual’era il tuo destino. Certe volte ho perso il controllo perché tu mi hai fatto arrabbiare” le riserbò un sorriso maligno, gli occhi gialli luccicavano. “Ma ho sempre tenuto un profilo basso con te. I miei erano sempre e solo avvertimenti a fin di bene, spero che tu l’abbia capito” mormorò poi guardandola tranquillamente.

Il vento soffiava tra loro e Briony si strinse nelle spalle:

“L’ho capito infatti. Ti sono grata per il tempo che mi ha dedicato” rispose cercando di fingersi gentile. In verità il ribrezzo che provava per quel tipo era ritornato ma non doveva farlo irritare un’altra volta perché sapeva che era pericoloso. Decise di tenere alta la guardia mentre lui parlava:

“Tu non mi devi niente e io non devo niente a te. Il mio debito verso la tua famiglia si è istinto” Il suo tono era fermo e deciso. Poi le riserbò un ghigno tetro: “Ma credi davvero che ce la farai? Cosa ti fa credere che non avverrà come in passato? Che tornerai a darmi retta e a guardare in faccia alla realtà come dovresti fare anche adesso?”

Briony si irrigidì cercando di combattere la tentazione di indietreggiare:

“Non rifarò lo stesso sbaglio. Allontanare Elijah è stato un errore, l’errore più grande della mia vita. E ho da incolpare solo me stessa, non starti a crogiolare credendo di aver fallito con me. In fondo… avete sempre una tregua tu e i Mikaelson, vero?” sottolineò lei alla fine, accorando ogni parola.

Gli occhi erano attenti, ma lo erano di più quelli di Connor che vennero attraversati da uno strano guizzo:

“Certo, come dimenticarlo. Ma ha delle controindicazioni”

La calma gelida che Connor trapelava continuava a inquietarla, ma cercò di non darlo a vedere per non farsi sottomettere:

“Elijah e io non faremo del male a nessuno in ciò che stiamo facendo”

“No, solo a voi stessi.”

Briony alzò gli occhi al cielo e Connor allora le sorrise gelido:

“Ho capito. Sei tornata ad essere la ragazzina sorda e ceca. Dovrò abituarmici e sarò pronto ad aspettarti quando il cervello ritornerà al verso giusto”

“Il mio cervello è già sano, grazie” rispose lei stizzita come per chiudere il discorso.

Poi la voce divenne tentennante:

E… per quanto riguarda il lavoro che facevi su di me.. per aiutarmi..”

Intuendo a cosa si riferiva, Connor scosse la testa:

“Scordatelo. Non aiuto chi sta dalla parte dei succhiasangue. Le regole dell’accordo valgono tuttora”

Briony si strinse di più nelle spalle con un sorriso amaro:

“Lo supponevo.” In effetti già lo sapeva. Ma non si sarebbe fatta manovrare dalla paura questa volta, era forte quanto bastava e l’unico aiuto necessario per andare avanti era avere Elijah al suo fianco. Solo quello contava.

Connor continuava a fissarla attentamente:

“E non sperare nemmeno di avere l’avuto di Chuck come in passato. Lui farà ciò che dico io. Se stai col tuo Originario, stai contro di noi. Non potrai avere il nostro aiuto, dovrai arrangiarti da sola”

Udire che anche Chuck, il suo piccolo amico, l’avrebbe abbandonata la fece traballare. Aveva sempre sperato che lui non seguisse la via di Connor, che rimanesse dalla sua parte.. e non solo per gli allenamenti, ma anche perché aveva bisogno dei suoi consigli, di quei piccoli occhi asimmetrici che la squadravano con un’occhiata divertita, di quella testa grande che conteneva un gran cervello.

Le dispiaceva tantissimo per questo, ma non lo lasciò trapelare pur di non mostrarsi debole davanti al druido:

“Non ho bisogno di nessun aiuto, so cavarmela da sola e non mi serve niente”

“Tu credi?” chiese lui con un sorriso perfido. Il vento soffiava ancora tra loro, gelido. “Avrai sempre bisogno del mio aiuto, Briony Forbes. Tu sei così, è inutile che neghi ancora la realtà. Ma lo capirai presto e il mio aiuto non ti verrà dato finchè scegli Elijah al di sopra di tutto. Torna pure nella tua gabbia d’oro e a rattristarti come in passato.”

Connor finì la frase con un’occhiata altezzosa e glaciale.

Briony cercò di trattenere dentro di sé la rabbia e la stizza per le sue parole che non avrebbero mai più inquinato il suo animo.

“Grazie comunque. Spero oltretutto di essere stata chiara, non sono disposta a ricevere altre minacce” disse lei guardandolo determinata.

Connor la fissò privo di emozioni, e prima di voltarle le spalle le disse:

“Che gli Dei ti benedicano.” I suoi occhi gialli brillarono.

Briony non gli rispose minimamente mentre il vento si portava via il corpo del druido. Sorrise poi sprezzante al nulla di fronte a sé per quell’augurio che di certo non le avrebbe portato molta fortuna. E augurò a sua volta anche a Connor di essere benedetto da qualche potere superiore.

 

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Ovviamente non tutto poteva filare liscio, i problemi sarebbero rimasti ancora, anche se Briony sentiva che niente le avrebbe tolto la felicità che aveva tra le mani.

Con Chuck era successo ciò che purtroppo aveva previsto: con sguardo tentennante e pieno di vergogna il nano le aveva detto che non poteva più seguire i suoi allenamenti.

"Credevo fossi mio amico, Chuck"

Lo sguardo di Briony era severo, deluso, ma la voce non trapelò nessun tono d'accusa come se sapesse che lui non poteva fare altro.

Chuck dal basso si attorcigliò le mani, le orecchie erano del tutto rosse: "Mi dispiace darti un dispiacere.. Sono contento che tu abbia trovato un po’ di equilibrio ma comunque non puoi avere il mio aiuto nel caso in cui ti trovi...”

Caso…. Sembrava fosse innamorata di Hannibal Lecter.

"Cos'è, Connor ti tiene al guinzaglio?" domandò lei puntigliosa.

Il nano sospirò rumorosamente, come se ce l’avesse con se stesso:

"Tu non hai idea di cosa quell'uomo sia capace.. Ha una furbizia molto sottile e diabolica, é un folle divorato dall'orgoglio. Sto solo facendo la scelta più sensata e non voglio diventare più piccolo di quanto lo sono già"

Briony gli sorrise, riuscendo in qualche modo a capirlo. In fondo Chuck non si era mai schierato totalmente da una parte o dall’altra, aveva sempre tenuto un profilo basso. Come un vero folletto scompariva  e appariva a suo piacimento.

"La scelta più folle che io abbia fatto, invece, é stata sottostare a Connor. Ma non preoccupatevi, me la caverò bene anche da sola" rispose lei fermamente per farsi valere.

Chuck assentì con la testa, ovviamente rammaricato per la perdita di quell’amica che aveva imparato ad apprezzare.

"Buona fortuna, Briony" le disse col cuore.

E lei a sua volta ricambiò non riuscendo a farne a meno. Gli scompigliò i riccioli biondi:

"Spero di rivederti, piccolo grande uomo."

Anche con Jennifer le cose si erano stoppate.. Briony sapeva che non poteva avere entrambe le cose, ma era dispiaciuta nel perdere un'altra amicizia  a cui si era attaccata nel corso dei mesi.

"Briony capiscimi... Sono contentissima che tu abbia riottenuto il tuo uomo, Dio solo sa quanto tu sia fortunata.. insomma quel tipo basta guardarlo e ti viene tutto un scossone interno." La mora aveva poi bloccato le fantasticherie depravate dell’amica e allora Jennifer era ritornata seria: "Briony... Non posso frequentare qualcuno che è fidanzato con un Originario, verrei etichettata come una lebbrosa e sono pur sempre una cacciatrice. E poi c’è Will, quella gran testa calda…" Dalla sospensione della sua voce, Briony capì che l’amica stava preservando il suo rapporto con quel pazzo, e sicuramente Willas non avrebbe gradito che la sua “fidanzata” frequentasse i succhiasangue e i suoi amichetti.

In qualche modo poteva capirla per il suo desiderio di mettere sopra ad ogni cosa il rapporto con l’uomo che amava. Anche se Biony sperò con tutto il cuore che Jennifer non fosse arrivata a quel punto… per il suo bene… Willas era davvero pazzo, cosa mai ci trovava in lui?

Jennifer smorzò il tutto con il suo sorriso solare e euforico: "Ma sappi che sono felice per te e ti auguro ogni bene. Goditi quel fustacchione anche da parte mia!"

Briony ritornò in quel momento alla realtà: non aveva senso crogiolarsi su ciò che aveva perso, ma su quello che aveva ottenuto.. E a quella prospettiva le si riempì il cuore di gioia. Il solo pensiero di lui le permetteva di vivere.

Le si formò un sorriso naturale mentre si girava per incrociare lo sguardo di Elijah, il quale era attento a guardare una casa davanti  a lui: l'Originario infatti l'aveva portata nella villa dentro la quale lui e la sua famiglia avevano vissuto più di un secolo prima a New Orleans. Era un'abitazione piuttosto antica, ma dalla linea nobile ed elegante. Chissà perché era la classica casa che sentivi fosse abitata da entità soprannaturali.

"Credo che avremo bisogno della servitù.. É piuttosto grande da starci solo in due"  disse ironica rimanendo al suo fianco. Anche il cortile era enorme e regale.

Elijah piegò le labbra  in un sorriso, continuando a fissare la casa:

"I miei fratelli sono abituati alla servitù. Io preferisco avere un po’ di intimità"

A quelle parole le gote di Briony inconsapevolmente si infiammarono. Elijah le cinse poi la schiena per farla camminare verso l'entrata.

"Vieni"

Elijah le cedette il passo da bravo gentiluomo e la fece entrare per prima. Briony si ritrovò subito spiazzata stando ancora sul ciglio della porta: aveva un atrio regale e maestoso, non appariva vecchia infatti sembrava arredata da poco. Poco più lontano dall'entrata c'era una scala che si vedeva solo nei castelli.

Elijah le fu dietro, le sue mani leggere le sfilarono il giubbotto dalle spalle, il suo fiato gelido la fece rabbrividire.

"Devi stare attenta perché adesso sei nelle mie mani" le sussurrò lui fintamente  minaccioso.

Come al solito la profondità della sua voce le fece venire un lungo brivido nella spina dorsale. Briony si crogiolò sotto il suo tocco, poi si scansò con un sorrisetto divertito. “Correrò il rischio perché non c’è nessun altro con cui voglio vivere” gli disse cominciando a percorrere la sala.

Elijah stava dietro di lei camminando lentamente nel suo smoking scuro. Si fece poi avanti, mettendole una mano dietro la schiena e le fece vedere il resto della villa: si comportava da vero padrone di casa, elencò egregiamente ogni dettaglio di una stanza, le fece notare il più piccolo particolare o aneddoto per farla sentire davvero a casa propria. 

Briony stava ad ascoltarlo incantata, i suoi occhi saettarono sulle sue mani che si muovevano elegantemente e poi sul suo sguardo che osservava diversi punti della villa man mano che parlava.

Elijah la portò poi in una stanza diversa dalle altre; sembrava vuota, le pareti erano bianche ma Briony notò qualcosa in fondo alla stanza: un pianoforte.

Si voltò verso il vampiro, con sguardo entusiasta e sorpreso.

Lui si limitò a sorriderle e lei accorse subito ad avvicinarsi al piano. Ero uno di quei classici pianoforte antichi, molto più grande di quello che aveva lei. Aveva un filo di polvere sulla superficie ma si sarebbe sistemato sicuramente.

“Era qui già da tempo ma ho deciso di conservarlo. So che ti avrebbe fatto piacere” Elijah le fu all’improvviso dietro, un braccio le cingeva la schiena. Lei si voltò verso di lui e gli sorrise felice, accarezzandogli grata il viso.

Lui stette a guardarla in silenzio, fissando quel sorriso che sembrava appartenere ad un angelo. Lo guardava come se si fosse arrancato ad esso per tanto tempo, aspettando che alla fine giungesse. Contraccambiò anche lui con un sorriso più lieve, e le sfiorò leggermente i capelli.

Briony gli sorrise ancora e tolse la mano dal suo viso per metterla tra i tasti del piano: alcuni suoni riecheggiavano nel silenzio della casa e cominciò a creare una semplice sinfonia esclusivamente grazie al movimento delle sue dita.

Elijah stava ad osservarla in silenzio, poi lei smise col suo lavoro e appoggiò le mani dietro la schiena, chiedendogli di continuare la visita nella nuova casa.

Lui fu subito disposto ad accettare ad ogni sua richiesta infatti continuò a mostrarle il resto del primo piano; fu quasi una faticaccia per lei visto che la villa era enorme e doveva ancora vedere il piano di sopra. Ma Briony notò con sommo piacere che era tutto perfettamente in ordine e pulito, come se si fosse tutto risistemato al meglio. Ovviamente Elijah doveva aver chiamato qualcuno per mettere a posto la casa prima del suo arrivo.

Si fermarono in cucina, Elijah le chiese se voleva qualcosa da bere ma lei rifiutò con un gesto della mano. Lui la invitò comunque a sedersi in maniera cordiale e lei infine decise di sedersi su una sedia, intenta a guardarsi attorno.

Era un pochino imbarazzata.. per quella grande casa, quella nuova vita che l’attendeva, Elijah poi in quel momento sembrava più composto del solito, come se stesse mostrando la villa ad un semplice compratore.

Ma Briony comunque si strinse nelle spalle  credendo di avere delle traveggole. Ovviamente anche per lui doveva essere una cosa nuova e inaspettata, anche se avevano già convissuto assieme prima.. Ma di certo non era nei programmi di Elijah, lui aveva sempre preferito una vita solitaria e per i fatti suoi, senza una pianta stabile.

Quando lei incrociò lo sguardo di Elijah notò che era più attento del solito, come se le scavasse dentro la mente rimanendo comunque a una distanza di sicurezza.

Briony lo fissò titubante. Credeva forse che sarebbe fuggita via a gambe levate come la volta scorsa?

Smorzò la tensione scurendosi la voce: “Non mi fai vedere il piano di sopra?”

Lui inclinò la testa da un lato come se non avesse capito.

“Di sopra. Le camere” rispose lei tranquillamente alzandosi dalla sedia e andando fuori dalla cucina. Girò il viso per aspettare Elijah, ma notò che lui era rimasto dov’era: la guardava calmo, compito, come se stesse ben analizzando le proprie azioni seguenti.

Briony rimase in attesa, quando finalmente lui si mosse e si diresse verso di lei. Le mise leggermente una mano sulla schiena per invitarla a proseguire, ma il suo sguardo non venne posato sul suo neanche per un secondo. Briony rimase a guardarlo scettica e chiedendosi se aveva fatto qualcosa che non andava.

Si guardò: era perfettamente normale, forse era un po’ casual visto che indossava un vestitino colorato da portare di giorno. Alzò le spalle dicendosi che non era nulla, poi insieme salirono le grandi scale.

Di sopra ovviamente c’erano le camere da letto: Elijah le mostrò le camere di Rebekah e Kol, non facendola però entrare direttamente, e successivamente c’erano le altre dei suoi fratelli. Briony si fece avanti a lui, percorrendo il corridoio. All’improvviso sentì un’afa di calore e raccolse i capelli con un semplice concio in un gesto istintivo.

Elijah da dietro aveva guardato i suoi movimenti in maniera attenta, gli occhi si erano soprattutto soffermati sulla delicata linea del suo collo esposto.

Sentendosi osservata Briony si girò verso di lui: “Cosa c’è?” domandò interrogativa vedendo che Elijah aveva uno strano sguardo.

Lui ricambiò l’occhiata in maniera distaccata. “Nulla” E la sorpassò come se niente fosse.

Briony lo seguì titubante finendo poi nell’ultima camera. Ovviamente quella di Elijah.

Lui intanto si era appoggiato alla parete del corridoio, fissandola noncurante. Lei percepì i suoi occhi addosso e il cuore pompò veloce; gli occhi saettarono poi dentro la camera aperta e che stava al buio. Vedendo che Elijah rimaneva immobile e continuava a fissarla in silenzio, lei prese l’iniziativa e entrò senza di lui.

A prima vista sembrava una camera piuttosto grande, dalle persiane entrava un filo di luce e Briony notò un letto matrimoniale a baldacchino al centro della stanza. Anche quello dell’altra casa a Mystic Falls era matrimoniale, si chiese infatti come mai Elijah avesse questa mania visto che lui aveva passato le notti da solo per secoli e secoli.

Fece altri passi. Dietro di lei c’era solo silenzio, segno che Elijah non si era mosso ma sentiva comunque i suoi occhi sulla schiena.

Briony si avvicinò a un interruttore per accendere la luce ma sembrava non funzionare. La stanza rimaneva infatti in penombra.

“Credo che non vada la luce” disse poi guardandosi attorno.

Una voce profonda e bassa dietro di lei la fece tremare visibilmente:

“Non c’è bisogno che accendi la luce”

Briony deglutì anche se aveva la gola secchissima.

Delle braccia forti la avvolsero da dietro, stringendola forte. La schiena di Briony si scontrò contro un petto marmoreo, riconoscibile all’istante, e subito chiuse gli occhi facendo già fatica a respirare normalmente.

Le braccia di Elijah la incastrava in una dolce trappola, sentiva il suo respiro sopra l’orecchio come in un invito e subito lei inclinò la testa da una parte per offrirgli il collo. Il cuore batteva fortissimo quando sentì le labbra gelide di Elijah scivolare lungo tutta la linea del suo collo. 

Briony gemette poi si ritrovò di fronte a lui, appena spostata a velocità fulminante.

Il respiro di lei era sempre meno regolare, nel buio si sentì attirare con forza da un braccio che ben conosceva. “Ti piace qui?”

Anche se non riusciva a vedere con chiarezza, sentiva comunque le labbra di Elijah vicinissime alle sue… le sentiva come se ne fosse attirata come una calamita. E le sue parole… da capogiro.

Il suo profumo era invitante e fresco, non c’era cosa che Briony vorrebbe di più in quel momento che baciarlo e per questo non riuscì a rispondere. Elijah però non ne sembrò risentito perché fece risalire una mano sulla sua schiena e le sue labbra all’improvviso si fiondarono su quelle di Briony.

E lei subito perse il respiro. Gli allacciò le braccia al collo, risalendo sui suoi capelli. Contro le sue aspettative di poco prima, Elijah la strinse così forte a sé da stritolarla, chiaramente preso quanto lo era lei.

Briony si lasciò trasportare da quel bacio sempre più intenso, come se fosse una droga necessaria per entrambi, come se solo in quel momento si fossero resi conto di quanto avessero bisogno l’uno dell’altra e non avrebbero più permesso di allontanarsi.

Il bacio continuava a protrarsi, le strette si amplificarono sempre di più, accendendo e alimentando un desiderio inesauribile.

All’improvviso Briony si sentì spostare verso qualcosa di duro. Intuì che forse era un’asta del letto a baldacchino ma non ci fece granchè caso, perché tutti i suoi sensi erano orientati unicamente verso la mano di Elijah che andava a sfiorarla verso la fine del vestito, accarezzandole la gamba.

Briony riprese quel po’ di fiato quando lui scese a distribuirle dei baci roventi sul collo, mentre la sua mano le sollevava sempre di più l’orlo del vestito.

Lei lo desiderava con una tale veemenza che il corpo le doleva, sentiva il sangue ribollire ad ogni suo tocco.

Tentò di ricomporre il controllo sul proprio equilibrio mentale e gli strinse le spalle per cercare di togliergli la giacca.

Elijah indugiò a lungo nei baci sul suo collo, schiudendovi le labbra, e lei alzò di più la testa per tornare a respirare. Con la bocca lui risalì seguendo il contorno del suo mento, e lei temette sul serio di svenire. Il vampiro le sciolse delicatamente il concio dei capelli.

“Elijah?” lo chiamò con una vocina flebile.

“Sì?” la voce di lui era così bassa e roca da scuoterla. Non aveva mosso le labbra da quella posizione.

Lei intanto riuscì a liberarlo della giacca, si propose verso di lui per annidare le dita ai suoi capelli e inspirando il loro odore. “Sono felice di essere qui con te” gli sussurrò.

Lui allora rimase immobile contro il suo collo, interiorizzando quelle parole.. come se avesse bisogno di sentirle, come se dovesse convincersi che non stava tornando a dannarle la vita come credeva invece di fare. Lei lo strinse di più a sé per dimostrargli che fosse davvero sincera.

Ad un tratto si sentì spostare piano verso un lato del letto; Elijah continuava a tenere affossato il viso sul suo collo e a stringerla.

Questa volta lui la fece sdraiare solamente col busto, gran parte delle gambe rimasero ai piedi del letto. Briony aveva il fiato corto, lo guardava abbagliata mentre lui si sdraiava sopra di lei, mantenendo la sua posizione.

Il volto di Elijah le finì sopra il suo, sentiva quel respiro delizioso su di sé e Briony andava  in iperventilazione ogni volta che lui muoveva il viso contro il suo.

“Ora é il mio turno di dirti una cosa.” Mormorò lui a bassa voce, percorrendole il corpo con le sue dita esperte. Briony rimase immobile, completamente in balia di lui.

Le mani di Elijah finirono sulle sue braccia, creando un’elettricità unica mentre parlava:

“Non ho mai desiderato niente in tutta la mia vita nella stessa intensità con cui desidero te.” Il suo respiro ipnotico le solleticava la guancia, e le labbra di Briony furono tentate dal prenderlo ma voleva anche che continuasse. Lo lasciò fare mentre lui scendeva ad accarezzarle una gamba, provocandole altri brividi.  “Non ho mai..” le regalò un bacio sopra il collo “mai bramato così la compagnia di qualcuno che non fosse un membro della mia famiglia. “

Briony sentì il cuore bruciare per quelle parole incendiarie: sapere che lui la voleva oltre ogni dire, che la desiderava più di ogni altra cosa, sfidando persino se stesso e tutto in ciò in cui aveva creduto per secoli, la fece scoppiare come una miccia che entra in contatto con la polvere da sparo.

Inaspettatamente si sentì invadere dalla felicità: era una sensazione perfetta, indistruttibile e effimera come l’attimo stesso in cui le aveva confessato di amarla ancora.

Tutti i dubbi di poco prima svanirono, e quando lui alzò il viso per tornare a baciarla, lei lo accolse subito stringendolo di più per unirlo a sé.

Elijah si sistemò bene fra le sue gambe mentre le loro bocche avevano preso a cercarsi in un ritmo continuo. Lui le alzò di più il vestito e lei inarcò un po’ la schiena per aiutarlo a svestirla. Rimase in intimo e lei lo vide fissarla in maniera così ipnotica da arrossarle le guance; i suoi occhi neri erano magnetici.

“Che c’è?” chiese lei guardandolo con calma per diminuire i battiti impazziti del cuore. Allungò una mano per toccargli il viso ma lui le afferrò prima il polso e le baciò deliziosamente il palmo.

Lo vide poi protendersi piano su di lei, una mano le tracciò il viso con la punta delle dita gelide:

“Ti sto guardando.” rispose lui semplicemente ma con voce così profonda da farla fremere. La fissò ancora come lui solo sapeva fare, poi ritornò a far combaciare alla perfezione i loro corpi, appoggiandosi però sui gomiti.

Lei col fiato spezzato si sganciò il reggiseno, gettandolo via da qualche parte. Elijah osservò magnetico i suoi gesti, come se si trattasse di un'opera d'arte inqualificabile. Quando lei ebbe finito, lui scese con la testa a baciarle lo sterno, percorrendone ogni parte con le labbra facendole così venire insaziabili brividi. Quando lo sentì arrivare vicino al suo seno, Briony strozzò un sussulto sorpreso ma non potè non lasciarsi andare, letteralmente sciogliere, da ciò che lui riusciva a provocarle: come un fuoco del peccato che divampava in paradiso.

Briony adagiò il viso contro la sua testa, soffocando nei capelli setosi del vampiro il suo respiro reso affrettato dalla passione, mentre le dita gli stringevano alcuni ciuffi, aumentando sempre di più la presa col passare dei secondi mentre il basso ventre sembrava un accumulo di vibrazioni intense.

Quando Elijah le liberò il seno fu straordinariamente svelto a togliere a entrambi il resto dei vestiti che erano solo un ostacolo in quel momento. E Briony non poteva chiedere niente di meglio, visto come il suo cuore palpitava e come le mani agivano in simbiosi con quelle del vampiro.

 Briony rimaneva sempre nella posizione di prima, voleva sdraiarsi completamente lungo il letto ma l'Originario l’intrappolava fra le sue gambe.

Quando lo sentì penetrare dentro di lei, lo accolse come se fosse la cosa che più aspettava da tempo immemore: il fiato divenne subito accelerato, le mani non lo lasciavano andare un attimo e le gambe già si tendevano. Perfino Elijah non era riuscito a trattenere un lieve gemito all’inizio.

Bastarono pochi movimenti affinchè il piacere si facesse soverchiante, prepotente, mentre le dita di lei gli affondarono nelle spalle come artigli. Era una sensazione strana e eccitante allo stesso tempo. Briony sentiva delle violente terminazioni nervose vibrarle per tutta la parte superiore del suo corpo, tirandola verso l’alto in maniera inverosimile e concentrandosi su quei punti incandescenti. Le ginocchia invece erano intorpidite, non aveva la forza nemmeno di muoverle.

Briony si aggrappò a lui con gemiti rauchi, con il bacino che si inarcava ad ogni spinta e scontrandosi con quello di Elijah che le stava sopra. Con piacere gustava la sensazione di essere posseduta da lui, in maniera così forte da chiedersi se sarebbe mai riuscita a distaccarsi.

I muscoli della gambe si stavano contrando come in una pozza d’acqua, poteva soltanto restare inerme di fronte a quell’estasi divina.

Alzò il viso quanto bastava per incontrare le labbra di Elijah; i loro respiri spezzati si confondevano tra loro, unendosi. Lui scese poi  a cercare il suo collo pulsante mentre continuava a farla sua. Lo percorreva con le labbra, deliziandosi e venerandolo come se fosse l’unica cosa che non potrebbe mai  violare.

Briony si arrancò a lui incitandolo a continuare anche se si sentiva esplodere. Come due fuochi che si alimentavano a vicenda, così le loro passioni davano forza l'uno all'altra per un momento lunghissimo e dall'intensità quasi insopportabile.

I movimenti di Elijah erano così vigorosi e profondi da farle mozzare il respiro, rabbrividiva dall’intensità che sprigionavano. Briony sentiva sempre di più le sue spinte tirarla verso l’alto, come se lui le stesse dividendo il corpo a metà. Ma non provava dolore, Elijah era fin troppo esperto del suo corpo e come fare a deliziarla senza farle male.

Briony sentì un flusso di sangue nel basso ventre andare sempre più a fuoco e allungò all’indietro la testa per resistere; udiva il suono del respiro di Elijah ad ogni sua spinta, le sue mani le artigliavano i fianchi per sferzarla meglio in un appagamento per entrambi.

Quando lo sentì affondare dentro completamente in spinte sempre più forti, Briony sentì il corpo sciogliersi come lava incandescente e l’orgasmo trapassò entrambi con un ansito soffocato. Le mani di Briony si erano aggrappate alle spalle di lui con le unghie, come per sopportare quel piacere intenso appena esploso.

Elijah invece rimase sopra di lei, il viso sul suo collo e quel respiro che la ghiacciava.  Non lo vide muoversi ma sentì le sue dita toccarle i capelli disordinati sulla fronte. Appoggiò poi la guancia contro la sua, rimanendo dentro di lei.

Erano in armonia perfetta, come se non si fossero mai lasciati e non servivano parole in quel momento. Si nutrivano del loro silenzio, dei loro respiri e del sentimento che consumava i loro cuori.

Briony gli si strinse di più non lasciandolo mai andare, ed era ovvio che era completamente appagata e felice dalla visita iniziale di quella casa.

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Agnes stava bussando a casa Mikaelson ma non riceveva alcuna risposta. Sapeva che non era una buona idea, se Ylenia l'avrebbe saputo sarebbe sicuramente andata fuori di testa e glielo avrebbe vietato. Intuiva che la sorella aveva dei buoni motivi ma anche lei ne aveva altrettanti.

Il suo corpo sentiva che doveva trovarsi lì.

Suonò anche il campanello ma ancora niente.

Decise di farsi coraggio e entrò senza essere invitata: la villa sembrava vuota, ricolma di un silenzio lugubre.

Agnes fece dei passi e alla sua destra notò proprio Klaus seduto nel salotto.

Lui non alzò nemmeno lo sguardo dal bicchiere nella sua mano che presto sarebbe stato svuotato: "Che cosa vuoi?" domandò tagliente sul punto già di irritarsi.

Agnes rimase immobile e titubante lì dov'era:

"Non sei in vena di fare il buon padrone di casa a quanto vedo" replicò lei semplicemente.

"Ci vedi benissimo e ti consiglio quindi di andartene"

Agnes intuì che Klaus stava passando uno dei suoi brutti momenti, nei quali era meglio stargli lontano se ci tenevi alla pelle.

Ma lei non ebbe paura di lui e si fece più avanti:

"Qualche problema?" le dite erano intrecciate tra lo loro, lo sguardo su di lui era guardingo e perplesso per cercare davvero di capirlo.

Ma Klaus non la guardava, rimaneva a far tintinnare il bicchiere. Il silenzio si fece più lugubre:

"Non ce l'ho con te angioletto, ma se continuerai a parlare rompo il collo pure a te"

Quella minaccia ben ponderata e tagliante la fece trasalire. Il cuore le balzò in gola ma riprese subito il controllo dei battiti perché ormai era abituata alle minacce di Klaus.

Si mise noncurante un ciuffo dietro l’orecchio:

"A chi altri l'hai rotto?"

Vide Klaus sorridere mestamente. Gli occhi chiari erano densi:

"Vorrei romperlo a un certo fratello. E poi desidererei metterlo nella misera bara che lo attende"

In un lampo d’ira Klaus scagliò il bicchiere lontano a terra, e questo si ruppe in mille pezzi. Agnes trasalì di nuovo, inavvertitamente le mani si alzarono come se avesse avuto il timore che Klaus glielo volesse rompere in testa.

Il pavimento venne sporcato dal liquido versato, l’ibrido invece erano tornato a guardare perfettamente tranquillo un punto davanti  a sé. Agnes sapeva che era sul punto di esplodere, e il tasto sulla famiglia era il più dolente di tutti per lui, ma si fece comunque avanti con coraggio:

"Stai esagerando. Se i tuoi fratelli si fanno una vita diversamente da come la vuoi tu, non significa che devi ucciderli" mormorò lei cercando di fargli capire il suo punto di vista, per fargli ammettere che non doveva essere per forza così, e in un lampo di follia gli si avvicino di più.

All’improvviso lui l’afferrò per un polso con rudezza, facendole così inclinare la schiena verso di lui. Agnes gemette per la paura, i loro visi si incrociarono a distanza ravvicinata. Gli occhi azzurri di lei trapelavano paura, timore e sorpresa. Quelli di Klaus erano famelici, pieni d’odio e ira.

"Ti ho detto di stare zitta" Le sibilò lui faccia a faccia, senza un minimo di compassione. Gli occhi dardeggiavano come se stessero per prendere fuoco.

Agnes deglutì non osando fare niente. Il polso cominciava a dolerle per quella stretta ferrea, e il corpo tremava tutto.

Rendendosi conto della paura nel suo sguardo, Klaus riprese quel minimo di controllo e la lasciò andare con un sospiro infastidito.

"Taci per favore altrimenti va a finire che litigo con mezzo mondo" sibilò lui incollerito.

Agnes traballò sui suoi passi dopo quello scossone. Il cuore batteva fortissimo per la paura di prima ma si costrinse a deglutire per cacciarla via.

Era da folle ma sapeva che doveva andare avanti e non mollare la spugna proprio ora. Contro ogni istinto di sopravvivenza, lei gli si avvicinò ancora guardandolo titubante.

"Hai bisogno di qualcosa, Klaus?"

Quel tono dolce lo lasciò di stucco. Lui alzò il viso per incrociare gli occhi sinceri della ragazza e non credeva davvero alle sue orecchie. Ma era stupida? Non si rendeva conto quanto fosse pericoloso e come la sua presenza nuoceva agli altri? Addirittura gli faceva quelle domande idiote che lui poco sopportava perché lo faceva sentire vile.

Klaus grugnì, guardandola di traverso:

"Non sono un cucciolotto bisognoso d'amore, mettitelo bene in testa" disse sul punto di romperle ancora il polso. Quel giorno non aveva proprio il controllo dei suoi istinti, si sentiva pieno di rabbia e di furia per l’abbandono di Elijah. Se qualcuno gli avrebbe detto anche una parolina di troppo, sicuramente si sarebbe scatenato l’inferno.

Si sentiva ribollire il sangue mentre Agnes aveva messo le mani sui fianchi, guardandolo grave e severa. Davvero strano in lei.

"Se ti comporti sempre così, non lamentarti se rimani da solo. Perché per te é così difficile accettare l'aiuto di qualcuno?"

Klaus perse completamente la pazienza e si alzò di botto, scaraventando il divano dietro di sé. Il suo sguardo da pazzo celava male la rabbia che presto si sarebbe scatenata in lui. Non sopportava quel genere di discorsi, non sopportava la pietà di nessuno, e soprattutto non accettava di essere debole.

Ma vedendo l’espressione di Agnes, come era indietreggiata, come i suoi occhi azzurri si fossero sgranati per la paura, il respiro bloccato tra le labbra socchiuse, le spalle rigide come se si ostinasse a restare dopo tutto, lo fece infine arretrare sui suoi intenti omicidi.

Klaus serrò duramente le labbra, prese un profondo respiro per placare l’ira che gli divorava il corpo e si mise poi una mano sulla faccia per calmarsi.

Alzò un braccio, ma non per farle del male ma per farla arretrare.

"Senti.. Vattene. É meglio che mi stai lontana, fidati. Finiresti davvero male" sussurrò lui guardandola deciso.

Per una volta faceva una scelta giusta, anche se considerata sbagliata secondo il suo punto di vista razionalmente malefico. La stava allontanando proprio per il suo bene… sapeva che sarebbe andato tutto a rotoli comunque, e come in passato decise di doverla lasciare andare per la sua strada che era troppo diversa dalla sua. Per il bene di tutti.

Ma la mossa di Agnes lo lasciò completamente sorpreso, e lui così sorpreso in mille anni non lo era mai stato. Invece di dar retta alla ragione, alla sopravvivenza, Agnes fece un passo in avanti e lo guardò decisa ma con dolcezza.

"Però io non voglio allontanarmi da te" disse poi in un soffio.

Klaus la guardò allora come se fosse un’aliena, una creatura che non poteva esistere in quel mondo fatto esclusivamente d’odio e paura. I suoi occhi erano lievemente sgranati per quell’affermazione irreale, il respiro gli si era bloccato come se qualcosa dentro di lui avesse bisogno di battere in quel momento.

Accadde tutto in un istante. Klaus l’attirò con forza a sé, incatenando le labbra alle sue. Agnes completamente presa alla sprovvista si lasciò semplicemente afferrare da lui, le braccia di Klaus erano forti sulla sua schiena e l’attirarono sempre di più a lui come se la stessero soffocando. Poteva sentire il sapore del brandy sulle labbra di Klaus, rese stranamente morbide in quel bacio soffocante. Le braccia di lei era scivolate mollemente lungo i fianchi di lui, ancora sorpresa da quel gesto improvviso.

Klaus intanto continuava a tenerla stretta a sé, le labbra incollate a quelle di lei. Non ricordava di aver mai dato un bacio più forte, più voluto o più dolce di quello. La strinse ancora un po’ a sé poi la liberò dal bacio.

Agnes rimase inerme a fissarlo, ancora in balia degli attimi intensi di cui era stata protagonista poco prima. Le guance arrossate, il fiato era mozzato.  Anche Klaus rimaneva a guardarla, e questa volta era lui ad essere ammaliato. Non aveva mai visto niente di più bello o innocente in tutta la sua vita.

Con quanta facilità poteva macchiare quell’anima pura, macchiarla col sangue che era l’unica cosa che gli dava piacere, che lo inebriava fino a farlo sentire quasi vivo. In fondo il sangue era facile da prendere, e facile era odiare.

Ma mentre guardava quella ragazza di fronte a lui, mentre sentiva il suo respiro fresco avvicinarsi e le sue dita affusolate toccargli il viso, Klaus sentì che quel piacere sanguinario non gli bastava più. Il sangue poteva dargli tutto ma non ciò che voleva realmente. Un bisogno d’amore, e non riuscire a trovarlo per secoli lo aveva reso più bestia di quel che era.

Ma ora mentre sentiva di più il tocco delle dita di Agnes sul viso, si sentì quasi rinascere. Vivo. Il bisogno d’amore venne saziato quando le loro labbra si incontrarono, agendo contemporaneamente.

Questa volta Agnes non rimase inerme, infatti gli allacciò le mani ai capelli intrecciando alcuni ciuffi, mentre Klaus la stringeva sulla schiena assaporando il sapore delle sue labbra. Non ci fu alcuna dolcezza nel bacio che lui le restituì, ci fu solo voracità.

Quando sentì l’aria mancare, Agnes si staccò piano. Le mani finirono sul collo di lui per distaccarsi meglio e tornare a respirare regolarmente.

Lui la guardava con le palpebre lievemente abbassate, gli occhi erano più intensi del solito e non per la brama di sangue.

Agnes alla fine sviò lo sguardo, cercando di respirare. “E’ meglio che vada” disse non osando però guardarlo visto che le gote erano in fiamme.

Klaus allora le fece un sorriso malizioso. “Sì forse è meglio.” Rispose mollando la presa sulla sua schiena. Forse quel momento era finito, ma per lui non lo era. Era stampato nei suoi occhi e nel ghigno nella sua bocca. E perché sapeva che sarebbe accaduto ancora.

Agnes indietreggiò con gli occhi abbassati ma prima di dileguarsi lo guardò, facendogli un  sorriso. “E cerca di non arrabbiarti troppo come una furia e di non uccidere nessuno. Almeno oggi.”  Gli fece promettere.

Klaus la guardò mentre si dileguava e un sorriso gli increspò le labbra. Tornò a bere un pizzico di brandy.

Decise di fare il bravo per una volta. Almeno quel giorno, non avrebbe pianificato piani di vendetta.

 

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La vita a New Orleans divenne come una favola per Briony. Come un fiore che si era schiuso davanti a lei e che non si appiattiva nemmeno alle ombre più oscure del cuore.

Il suo desiderio fin troppo grande, che per questo aveva paura che non si avverasse, improvvisamente cominciava ad esistere. I suoi occhi erano sempre brillanti ogni giorno, ogni ora che passava con Elijah.

New Orleans era una città piuttosto caotica, ammaliava con i suoi colori vivaci, il sapore dolce dei cocktail. Non era strano se era chiamata “la città dimenticata dai problemi”. E sebbene avesse una reputazione ben meritata per eccessi e sregolatezza, Briony si sentiva molto bene lì e più frizzante del solito. Di notte ovviamente non era saggio uscire da soli con la gente che c’era ma stando vicino a Elijah di sicuro non c’era nulla da temere.

Briony respirava quel profumo di felicità nuova, di vita nuova, sperando che non finisse mai.

Con Caroline le chiamate erano al minimo, le aveva semplicemente detto che aveva bisogno di cambiare aria e che se ne andava da Mystic Falls. Punto. A nulla erano valsi gli scleri della sorella mentre la convinceva a restare a Mystic Falls; e i suoi soliti bla bla bla su quanto Elijah fosse dannoso per lei ormai non irritavano quasi più Briony. Semplicemente la stancavano, quindi aveva evitato al minimo i contatti con la sorella onde evitare la formazione anticipate delle rughe.

Anche con Ylenia i rapporti si erano limitati. Ci era rimasta troppo male per il fatto che lei le avesse taciuto il coinvolgimento di Elijah di quando era stata rapita da quei pazzi cacciatori. Non se lo sarebbe mai aspettato, non dall’amica, e inganni così erano duri da mandare giù.

Ma Briony non si sarebbe fatta rodere il fegato per quello. Col tempo magari si sarebbe risistemato tutto, ma in quei momenti voleva solo godersi la libertà e l’euforia che quella nuova vita con Elijah le offriva. Solo quello contava.

Aveva persino trovato un lavoro part-time in una libreria, giusto per passarsi il tempo nei momenti in cui Elijah non c'era.

Un giorno Briony trovò Elijah seduto sopra una sedia intento a guardare qualcosa fuori dalla finestra. Lei gli si avvicinò piatta piatta alle sue spalle, senza farsi notare.

Allungò un braccio per cingergli il collo da dietro. "Ehi" gli sussurrò all'orecchio.

Elijah fece un lieve sorriso, massaggiandole il braccio. "Mi fai gli agguati?" domandò lui ilare.

"Non sia mai, ho saputo che gli Originali non li gradiscono." Briony gli diede un bacio sull'orecchio poi gli si mise di fianco. Portava una vestaglia di seta bordata di raso. Elijah la osservò attento, indugiando a lungo sulla sua figura anche se rimase composto.

Briony lo fissò innocentemente:

"Oggi ho la giornata libera. Per cui starei un  con te"

Elijah la guardò profondamente, sorridendole:

"Direi che sono d'accordo" rispose prendendola per una mano e attirandola verso di sé.

Briony si fece guidare con sommo piacere e si mise sulle sue gambe. 

Lui affondò il viso sotto il suo collo, respirandovi sopra. Briony rabbrividì sorridendo dentro di sé. Girò la testa e istintivamente prese un bicchiere mezzo pieno che era lì vicino a un tavolino.

Ma appena cercò di farlo Elijah anticipò la sua mossa, trattenendo il suo polso e così fermandola. Briony allora si voltò verso di lui interrogativa, e notando lo sguardo scuro di Elijah capì perché l’avesse fermata dal prendere il bicchiere.

Le guance si arrossarono per quella gaffe visto che credeva fosse del semplice vino:

“Oh, scusa" mormorò imbarazzata mettendo via la mano.

Erano sempre soli in casa, e Briony non poteva chiedere di meglio anche perché se voleva invitare qualche sua collega era meglio evitare visto che erano tutte delle curiose ficcanaso, ancor peggiori di Caroline. Sicuramente se qualcuno per sbaglio avesse aperto il frigo, si sarebbe chiesto perché era pieno di sacche di sangue. Onde evitare simili problemi, bisogni di soggiogare ecc, Briony preferiva non avere gente intorno.

Elijah intanto aveva raccolto meticoloso alcuni ciuffi dei suoi capelli castani, i suoi occhi indugiarono sulla linea esposta del suo collo bianco. Sentendosi osservata su quel punto, Briony avvampò mettendosi a posto i capelli.

"Mi dispiace se la mia vicinanza ti pesi in qualche modo" bisbigliò rammaricata, rammentando che più volte Elijah si era soffermato a guardare la vena pulsante del suo collo in completo silenzio, per poi distogliere lo sguardo facendo finta che i pensieri che albergavano nella sua mente corazzata in realtà non ci fossero.

Eppure era strano visto che Elijah aveva sempre avuto perfettamente il controllo.

Dopo le parole di Briony, gli occhi di Elijah divennero più scuri, ma la bocca si rilassò in un lieve sorriso per tranquillizzarla:

"Non dirlo nemmeno per scherzo" rispose tranquillo sistemandole un altro ciuffo per poi sviare lo sguardo verso qualcosa al di fuori della finestra.

Briony tentò di alleviare la tensione che si era creata:

"Beh ci sono tante ragazze normali là fuori che aspettano solo un'occasione per saltarti addosso, signor Mikaelson. E non ti daranno di certo i problemi che ti provoca questa dannata ragazza" mormorò ironica scostandosi di proposito.

Elijah si voltò allora verso di lei con sguardo ilare, gli occhi vennero attraversati da un guizzo mentre la prendeva saldamente per i fianchi per avvicinarla di più al suo corpo.

"Peccato che a me interessi solo tu" le sussurrò profondamente prima di rubarle un bacio. Una mano finì sul suo ginocchio.

Briony gli strinse i capelli sulla nuca poi si staccò:

"Peccato eh." Ripetè lei sarcastica dandogli un finto pugno nel petto "Non sarà mica che stai con me solo perchè sono una preda impossibile e tu sei abituato a prenderti tutto con facilità?”

Ovviamente stava scherzando, il suo sorriso era lampante ma il viso di Elijah era terribilmente serio. I suoi occhi neri vennero addensati, magnetici come quelli di nessun altro. Briony deglutì non sapendo se esserne eccitata o averne paura.

Briony, per nessuno al mondo avrei fatto quello che ho fatto per te.”  Le disse.

La loro situazione non era un gioco e nemmeno un divertimento, era sempre una strada in salita dove più volte c’era il pericolo di cadere, e salire portava sempre ferite inimmaginabili. Era facile arrendersi, mollare tutto, dimenticare e ricominciare stando lontani. Ma ormai non era più possibile, non per loro.

Il loro sentimento era qualcosa di ben più grande di loro, a cui erano assoggettati e che li portava sempre l’uno verso l’altra.

Qualunque cosa fosse  accaduta non si sarebbe mai spento.. Sarebbe sempre stato una fiamma che bruciava alta nel cielo.

Una dolce ossessione.

Briony gli sorrise dolcemente, cingendogli di più il collo:

"Lo so. Riesci ad arrivare a me come non lo fa nessun altro"

Di colpo le vennero in mente le parole di Chuck riguardo all’incantesimo creato più di mille anni prima. Era stato creato un legame d’odio e di sangue destinato a ripetersi in eterno.. forse anche loro l’avevano provato, l’odio. Ma era stato poi soppiantato da qualcosa di più intenso e vitale, che forse nessuno mai si sarebbe aspettato.

Ovviamente non era nei piani di nessuno che lei si sarebbe innamorata di Elijah, non era nemmeno nei suoi.. lei non lo aspettava, ma si era fatta inevitabilmente travolgere.. come la sabbia da una forte marea.

Era un legame che poteva esistere soltanto fra due come loro. Erano uniti, si appartenevano in un modo così inarrivabile che chiunque faceva fatica a comprendere appieno. E causava anche paura, perché per farlo vivere potevi decidere anche di morire per quell’amore.

Briony appoggiò stancamente il viso sulla spalla di Elijah, assaporando quell’improvvisa tranquillità. Lui iniziò a giocherellare con qualche ciuffo dei suoi capelli:

"Tra poco é il tuo compleanno" disse poi sovrappensiero.

Briony si scansò subito:

"Non voglio nessuna festa. Guai a te se ordisci qualcosa alle mie spalle" rispose determinata.

Elijah alzò accuratamente il sopracciglio:

"Non sono tipo da fare scherzi"

Briony assentì solo, guardandolo decisa. Lui dopo un po’ rise fra sé e sé.

“Devi spiegarmi perché ti ostini sempre ad essere così testarda” mormorò ilare guardandola.

Briony sospirò facendo finta di nulla:

“Lo so sono un disastro.” E tanti altri aggettivi negativi se li appioppò da sola. Ma quando Elijah la guardava si sentiva così libera, fiera, in grado di poter fare qualunque cosa.

Lei gli si avvicinò di più, guardandolo dolcemente:

“Ti piace vivere con me?” Gli chiese a bassa voce. Il cuore sembrò cantare alla risposta di lui:

“Lascia che te lo dimostri” le rispose lui profondamente. La prese, cingendola per la vita in un gesto automatico, e si avvicinò al suo viso facendo sì che posasse la bocca perfetta sulla sua. Fu un bacio lento, desiderato. Briony si sentì sciogliere in esso.

Gli cinse di più il collo con entrambe le braccia, la mano di Elijah sul suo ginocchio risalì su tutta la gamba, l’altra l’attirò per la schiena.

Dopo di che fu tutto un raccogliersi di sensazioni, eccitazione e desiderio. Una fame d’amore, da sempre in lei pronta ad essere saziata.

In lui era nascosta, quasi inarrivabile, e per questo considerata inesistente come se non ne avesse assolutamente bisogno. In quello stesso angolo remoto della sua anima c’era anche la sua umanità che, dopo secoli di oblio e silenzio, s’era svegliata e agognava a vivere.

E con lei poteva farlo.

La credenza del salotto aveva traballato all’impatto con la schiena di Briony. Lei rise sulla labbra di lui poi tornò subito a immergersi in quella passione divorante. Elijah la portò a cingergli la vita con le gambe. La vestaglia venne abbassata lentamente dalle sue spalle. Il respiro di lui le ghiacciò la pelle nuda ma le infuocò l’anima.

Erano come una lama di scaglie d’argento, fusi insieme e rifoggiati dal fuoco in modo che non verranno mai divisi.

 

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“Dacci dentro, non trattenerti solo perché sono una ragazza” borbottò Jennifer mentre si allenava con Willas coi guantoni e le tute da ginnastica.

Il ragazzo però recepì il suo colpo in anticipo. “Oh ma io ci do sempre dentro, tesoro.” Rispose con malizia.

Jennifer non riuscì a non farsi scappare il rossore nelle guance che combaciò coi suoi capelli, e Willas ne approfittò per metterla definitivamente k.o.

Non le fece male ma Jennifer aveva intuito che il suo uomo non amava perdere, in nessuna occasione. Perlomeno aveva imparato qualche buona maniera visto che le porse una mano per farla alzare da terra, ma lei dignitosamente rifiutò. “Non ne ho bisogno. Se pensi che ne abbia, tu non sai davvero niente Willas.” Sentenziò categorica.

Lui però non se la prese e infatti sghignazzò divertito. Lo diceva sempre lei, con la sua vocina ironica. “Tu non sai niente, Will.”

La prima volta l’aveva guardata duramente perché non accettava simile rimproveri gratuiti, e anche se non si riteneva un cervellone, non li accettava comunque. Poi però si era abituato alla freschezza delle conversazioni che univa lui e quella ragazza.

Ammetteva di essere troppo cupo, indisponente, stronzo e troppo fissato con la caccia e quindi su nient’altra cosa. Non ci aveva dato molto peso negli anni precedenti ma ora voleva godersi tutto.

“Ma so che anche se mi sto dimostrando buono, almeno ci provo, comunque non ho perso di vista i miei obbiettivi. La realtà è sempre quella, Jen, e io non sono ceco come qualcun altro.” Disse sollevando un peso senza alcuno sforzo e aumentando così di giorno in giorno i suoi muscoli possenti.

All’interno della cascina dei cacciatori, Jennifer si limitò un attimo a guardare la sua imponente figura. Will sembrava uno di quei adoni greci, quelli che combattevano nelle grandi guerre epiche… con i capelli mossi e lunghi fin sopra le spalle, lo sguardo affascinante ma che sapeva di antico, i muscoli da gladiatore, i suoi modi di fare un po’ rudi e mascolini…

Stava incominciando ad adorare quell’uomo, anche se aveva un pessimo carattere, anche se tutti e il suo buonsenso l’avvertivano che Will non era proprio raccomandabile. Tutt’altro. Pazzo e folle. Ma le piaceva comunque.

Smise di pensarci e gli rispose, bevendo un sorso d’acqua. “A cosa ti riferisci? Vuoi ancora sterminare tutti i vampiri dalla faccia della terra? Perché non ti attieni a ciò che ho detto. Uccidi quelli che se lo meritano e intanto ti godi la vita come meriti.” Gli disse alla fine con un sorrisino malizioso.

Willas però non era di tal parere. Jennifer, anche se era sbarazzina e aveva il fuoco nelle vene, aveva anche un buon cuore. Lui no.

Uccidere solo quelli che se lo meritavano? Perché non uccidere tutti? Sarebbe stato molto meglio.

Lasciò da parte comunque quella conversazione pesante e l’attirò a sé con un luccichio negli occhi. “Non sarebbe meglio fare entrambe le cose? Uccidere chiunque e a sua volta godersi la vita senza rimpianti.”

Jennifer si lasciò incantare da quello sguardo felino e maledettamente intenso. Doveva aborrire delle simile parole perché in fondo loro non erano mica degli assassini, ma con Willas si lasciava attirare come una calamita o un animalino in trappola.

Willas amava uccidere. Lo sapeva. Pensava sul serio che potesse possederla con passione con ancora le mani e il corpo sporchi del sangue versato. E senza alcun problema poi.

“Perché parlare sempre di morte? E’ stancante.” Gli disse cingendogli il collo e scoccandogli un bacio.

Willas stava per rispondere con più audacia ma lei si scansò furbamente. “Oppure hai qualcosa di nuovamente malefico in mente? Non ti stanchi proprio mai di pensare alla caccia.”

Uno strano guizzo passò negli occhi scuri, a tratti rossi, dell’uomo. Ma Jennifer non seppe a cosa fosse riferito. Ipotizzò per la malizia della sua frase perché lui la attirò con più decisione a sé.

“Ma in questo momento non voglio proprio pensarci.” E così dicendo le catturò la bocca e la sollevò istantaneamente per le cosce, stringendola di più al suo corpo scolpito. Jennifer si aggrappò subito a lui, togliendogli velocemente la cannottiera sudata e facendo quindi morire il discorso in una passione rovente.

 

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Trascorrere le ore a New Orleans era assai piacevole. C’era sempre qualcosa da fare, il tempo passava veloce e indistinto, non facendo però mai perdere un minuto prezioso.

Qualche volta Briony e Elijah scendevano giù a fare un giro per il paese a braccetto. Dopo l’uragano Katrina che aveva distrutto gli argini della città, l’euforia si era dimezzata fra gli abitanti ma col passare del tempo era tornata ad essere una città splendente e piena di vita.

Briony guardava ogni cosa con incessante curiosità, gli occhi brillavano in ogni momento. Elijah molte volte si voltava semplicemente per guardarla. Quando lei sorrideva, lui sapeva esattamente dove trovare la felicità. Anche se non l’aveva mai cercata né desiderata, forse perché non sapeva cosa fosse.

La pace che sentiva quando era con lei, era qualcosa che infatti non aveva mai conosciuto prima. Diversa da tutto ciò che aveva assaporato, vissuto e detestato in mille anni.

Briony invece si teneva sempre stretta al suo braccio, sentendo che il suo corpo era affamato di momenti come quelli. Sembrava che l’anima respirasse quei granelli di felicità e grazie a quello viveva.

Anche se per le sue scelte insensate fosse andata all’inferno, per lei sarebbe stato sufficiente avere Elijah vicino per addolcire la pena.

Un giorno mentre camminavano tra le vie rumorose della città, Briony si era istintivamente messa a guardare una coppia. Sembrava felice e spensierata proprio come lo erano loro. Con una sola differenza: avevano i capelli bianchi. Una coppia di anziani che avevano passato tutta la loro esistenza insieme, invecchiati insieme e sarebbero rimasti uniti fino alla fine dei loro giorni. Così come doveva essere.

Una triste nostalgia albergò negli occhi di Briony, abbandonando ogni luce, mentre si rendeva conto che per lei e Elijah non sarebbe mai stato lo stesso. Lei sarebbe invecchiata, come quella dolce signora che si teneva al braccio del marito per tenere il passo. Invece Elijah sarebbe rimasto sempre così… bello, giovane e affascinante.

Il tempo già passava veloce, ricordandole quel terribile fato. Il loro sentimento, è vero, li avrebbe sempre uniti in maniera indissolubile. Superando anche la morte. Ma la realtà dei fatti avrebbe comunque segnato la loro vita insieme.

Vedendo che si era bloccata e che nei suoi occhi c’era della tristezza, Elijah la guardò interrogativo: “Briony?” la scosse un po’ per riportarla nella realtà.

Lei allora tornò a guardarlo e a lasciarsi alle spalle quella coppia di vecchietti.

“Scusa ero sovrappensiero” rispose con un sorriso facendo finta di niente.

E con tutte le forze cercò di scacciare le ombre che avevano ottenebrato il suo cuore.

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Era notte fonda, chiara e limpida. Non c’era nemmeno un filo di vento.

Briony era sul letto, la testa appoggiata sulla spalla di Elijah, un braccio era sul suo petto nudo. Lei aveva gli occhi socchiusi intenta ad addormentarsi; lui invece rimaneva vigile con gli occhi aperti. Una sua mano era su un punto della schiena di Briony, vestita da una leggera sottoveste.

Lei ad un tratto si riscosse dal dormiveglia e si avvicinò all’orecchio di Elijah con un sorriso: “Sai Laura, la mia collega, dice che sei un tipo inquietante. Da far paura”

Elijah scosse lievemente la testa, divertito e contrariato allo stesso tempo. “Allora mi impegnerò a raddoppiare i miei sforzi” rispose lui provocatorio, guardando un punto di fronte a sé.

Briony rise di più, accucciandosi su di lui. Quel giorno c’era stato un enorme falò a New Orleans in onore del solstizio d’estate, chiamata la festa del sole. Briony non sapeva cosa succedeva esattamente ma in poche parole era il giorno più lungo di tutto l’anno, proprio perché il sole raggiungeva la massima distanza dall’equatore, trovandosi così alla sua massima declinazione.

Il classico evento celeste che attira i creduloni.

Al falò Briony aveva intravisto una sua collega, una chiacchierona vera e propria, e subito lei aveva fatto due occhi così alla vista di Elijah. Ovviamente la collega si era fatta rodere dall’invidia, ma chissà perché quella frase di prima Briony pensava l’avesse detta con un fondo di verità.

D’altronde era vero, Elijah in certi momenti incuteva un terrore sconfinato pur rimanendo freddo. Ormai lei lo conosceva e ci aveva fatto l’abitudine.

Restarono sdraiati, respirando l’uno accanto all’altro. Briony si sdraiò bene lungo il letto, come se questo per mille anni aspettasse solo lei per sciogliere la freddezza di chi ci dormiva sopra.

Ad un tratto Elijah si voltò verso di lei, facendo comunque rimanere il corpo immobile: lo sguardo si era fatto scuro, distante e pensieroso. Briony lo guardò perplessa. La stava fissando come se nel suo egoismo avesse macchiato un angelo.

“Che c’è?” gli chiese lei.

Elijah in silenzio e senza cambiare espressione, le raccolse alcuni ciuffi di capelli tra le dita. “Stavo pensando se ciò che sto facendo sia la scelta giusta per te”disse lui ad un tratto.

Lei si accavallò sui gomiti: “Certo che lo è. Credi che sarei stata meglio lontana da te? A fare una vita normale, triste e fasulla?”

Elijah le sorrise freddo senza scomporsi: “No non credo”

Sapeva infatti che lei non sarebbe stata bene, né sicura né felice, e che avrebbe lottato in ogni maniera pur di rimanere con lui. Ma questo non implicava farsi a volte degli esami di coscienza, che in lui erano aumentati nell’ultimo periodo a causa dei rimorsi per le sue azioni a volte deplorevoli.

Il suo gesto di non volerla lasciare, di trattenerla, aveva nature egoistiche. E ne era ben consapevole visto che razionalmente era meglio se le persone stavano lontano da quelli come lui, come la sua famiglia, che avevano unicamente il puro male dentro. Qualche volta si assopiva, si scioglieva, ma rimaneva sempre.

Il conflitto interiore animò il suo sguardo di marmo e Elijah in un gesto automatico issò la schiena contro la ringhiera del letto.

Briony rimase un attimo a guardarlo. Sembrò leggere i pensieri che si nascondevano dietro la profondità dei suoi occhi neri. Sospirò abbassando lo sguardo, mormorando delle parole che erano da troppo tempo rinchiuse dentro di lei. Ma quella sera sembrava si fossero messe le carte in tavola:

“Vuoi bere il mio sangue, non è vero?” domandò in un soffio.

A quelle parole Elijah si voltò fulmineamente verso di lei. Lo sguardo era più duro del solito, gelido e severo.

“Non dovrebbero neanche venirti simili pensieri.” rispose lui come per ammonirla.

E non perché il suo sangue fosse dannoso per lui… anche se non lo fosse stato, Elijah le avrebbe risposto nella stessa identica maniera. Come se per lui fosse un sacrilego cibarsi dalle vene di una persona, soprattutto se quella era qualcuno che amava. Anche se era un vampiro non voleva cedere ai suoi istinti predatori, che forse non considerava affatto onorevoli.

Briony tremò pur rimanendo immobile, ma nonostante la risposta secca di Elijah sapeva che c’era un fondo di verità… molte volte lo aveva visto indugiare con gli occhi sulla linea del suo collo, come se ne fosse tentato.  Si ritrovò a pensare a vecchie parole di Gwendolyn nelle quali diceva che quelli come lei avevano un odore più inebriante e dolciastro degli altri, proprio per attirare i vampiri. E questo aumentava col passare del tempo.

Briony sospirò in maniera colpevole, alzando lo sguardo verso di Elijah. “Mi dispiace.. avrei dovuto pensarci prima…” disse rammaricata.

Lo sguardo di lui però si fece più scuro, ma sembrava che stesse riversando del disprezzo verso se stesso: “Come se fosse colpa tua se io sono un mostro” mormorò glaciale sviando lo sguardo gelido.

Briony sussultò per quella parola. Quante volte l’aveva sentita da lui e dagli altri, e quante volte lei si era detta che non era assolutamente vero. Elijah era un vampiro, ma questo non voleva dire che fosse un mostro. Così come anche se il suo cuore non batteva, non significava che non provasse sentimenti.

Stava per ribattere ma Elijah fece prima un gesto con le mano:

“Non parliamone più.” Disse freddo come per chiudere quel discorso che lo scottava sempre interiormente e che lo faceva scendere a patti con i suoi ideali.

Anche Briony suo malgrado pensò che fosse meglio. Più ne parlavano più doveva fare i conti con quell’amara realtà.

I suoi gesti poi furono tremanti e impacciati, ma non per paura verso di lui.. si sentiva ancora colpevole per ciò che Elijah era costretto a sopportare ogni volta che le stava vicino e respirava il veleno del suo odore.

Lui però intuì male la lentezza dei suoi gesti, e così le prese il viso delicatamente con una mano per farla girare verso di lui. Briony non riuscì a non rimanere ammaliata dall’ipnotismo dei suoi occhi e dal tormento celato dalla sua voce fredda:

“Non devi aver paura di me, non ti farei del male anche se il tuo sangue fosse uguale a quello degli altri.” Sapeva che stava dicendo la verità, glielo leggeva negli occhi, in quel cuore silenzioso. 

Gli prese la mano tra la sua, tornando a sdraiarsi:

“Ma non mi faresti del male. La condivisione di sangue tra persone che si amano è un atto intimo, non un semplice bisogno per soddisfare la fame” disse lei semplicemente come se fosse una cosa normalissima.

Elijah la guardò non facendo trasparire alcuna emozione. Scosse la testa contrariato, ma con un sorriso che gli alleggiava sulle labbra, poi sviò lontano lo sguardo.

“Dormi Briony.” ordinò lui sdraiandosi su un fianco.

Lei obbedì con un sospiro sconfitto e gli diede le spalle. Prima di chiudere gli occhi però disse:

“Non hai ragione comunque. Non sei un mostro, Elijah, non lo sei mai stato”

Briony guardò il vuoto di fronte a sé per qualche secondo, ascoltando il rumore del silenzio.

Poi all’improvviso sentì un braccio cingerle la vita, della labbra gelide le toccarono la pelle sotto l’orecchio in un bacio lieve ma pieno di emozioni che le fecero battere forte il cuore.

Sentì poi un respiro soffiarle sui capelli come se la stesse cullando, il braccio continuava a cingerla forte contro il petto. Briony sorrise prima di addormentarsi.

 

Qualcosa si svegliò a notte fonda. Delle palpebre si aprirono, un corpo si mosse come guidato da un richiamo a cui non poteva disubbidire. Il cielo buio e sereno sembrò aprirsi per un potere celeste e sconosciuto.

Quel corpo si alzò piano sopra il letto dove poco prima dormiva, e adesso tutto si era risvegliato. Ma non scese, si mise sopra a un altro corpo dormiente, lo sfiorò piano per non svegliarlo e con delicatezza come se non volesse fargli del male. Ma un sorriso malvagio dipinse le labbra di quella cosa che si era risvegliata.

Una mano si abbassò sopra un petto in maniera lenta. La luce della luna brillò attraverso gli infissi delle finestre, illuminando due occhi rossi.

L’aria si caricò di tensione disumana, si poteva percepire che stava accadendo qualcosa.. qualcosa di sbagliato..

All’improvviso ogni proposito andò in fumo. Il corpo sotto il suo si svegliò, sbattè le palpebre come sorpreso dalla scena che aveva davanti ma ignaro del pericolo. Stava per sorriderle ma i muscoli del viso si irrigidirono notevolmente, gli occhi vennero sbattuti.

Elijah alzò il busto velocemente, guardando la persona che si teneva sopra il suo bacino come se fosse un’aliena. “Briony?” la richiamò lui allibito.

Lei allora si risvegliò, riprese il controllo di se stessa. Sbattè le palpebre più volte. Il rosso venne scacciato e tornò verde. Briony istintivamente gridò per il terrore e per la paura, e da sola si buttò giù dal letto per allontanarsi da Elijah, per farlo allontanare da lei.

Le braccia si facevano forza per indietreggiare sempre di più. Aveva il fiatone, il cuore batteva fortissimo per l’orrore che stava per compiere.

Un orrore, un vero e proprio orrore. Proprio come lo era la sua natura.

Briony si portò la mano alle labbra, ancora incredula di ciò che stava per fare. Si odiò come non mai, il disprezzo nacque in lei e lo riserbò tutto verso se stessa. Lacrime scesero sulle sue guance copiosamente. Lacrime di dolore, paura e odio.

Elijah le venne vicino, cercando di tranquillizzarla. La chiamò e le accarezzò le spalle per fermare il tremolio del suo corpo. Ma più lui le stava vicino, più lei si odiava. Non meritava il suo conforto e il suo amore.

Si portò le mani al viso pieno di lacrime. Come diavolo era successo? Come diavolo aveva potuto perdere il controllo senza nemmeno accorgersene?

Questa volta non era stato un sogno… era la cruda realtà… perché? Per quel potere celeste che si era creato quel giorno, perché in fondo era inevitabile?

Credeva che Connor l’avesse aiutata.. e in fondo l’aveva fatto.. nei lunghi mesi in cui si era sottoposta all’aiuto suo e quello di ChuckBriony non aveva avuto nessun impulso mostruoso. Forse si era staccata da lui troppo presto.. forse l’aiuto che lui le aveva dato era valso per poco e lei magari ne aveva bisogno per sempre. Fino a quando sarebbe stata in vita.

Pianse come una bambina per l’orrore che era, per quella realtà che si stava stringendo a sangue su di loro e che ritornò a pesare come un macigno.

Elijah era inginocchiato di fronte a lei, le prese la testa fra le mani e gliela baciò per tranquillizzarla. “Briony, va tutto bene…” disse lui standole vicino.

Ma lei continuava a scuotere la testa, a piangere lacrime silenziose.

“Guardami.” ordinò lui più deciso.

Anche in quelle condizioni, non riuscì a non obbedire e Briony alzò il viso velato di lacrime. Lui le guardava in maniera severa, le prese il viso tra le mani:

“Non voglio vedere l’odio nei tuoi occhi riversato su te stessa, mi hai capito? Sei l’ultima persona che si merita un tormento simile.” Le disse lui determinato e senza ammettere una controreplica.

Lui e la sua famiglia erano sempre stati legati al male, per questo era bravo a vedere il buono negli altri. Ma Briony non vedeva nulla di buono in se stessa in quel momento, soltanto la paura di potergli fare del male. Quel sentimento tornò ad essere un’arma a doppio taglio, e la punta di quell’arma si andò a conficcare nel suo cuore.

Elijah la prese per le spalle cercando di alzarla delicatamente da terra. Briony si lasciò sorreggere come un peso morto, ma poi lo allontanò con la forza delle braccia:

“No.. è meglio se dormo in un’altra stanza” disse non osando guardarlo negli occhi. Non meritava la sua comprensione, doveva urlarle addosso o odiarla come ben meritava. E visto che lui non lo faceva, lo fece lei per se stessa.

Briony si scostò dalla sua presa e camminò piano fuori dalla stanza. Si potè scorgere nel viso di Elijah il tentennamento nel doverla lasciare andare, il desiderio di trattenerla ancora. Ma il corpo rimase immobile, si inabissò nel silenzio, consapevole che doveva lasciarla in pace almeno per un po’.

La guardò senza dire niente mentre Briony si richiudeva la porta alle sue spalle, con la morte nel cuore.

 

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I giorni passarono, Briony non parlò più di quell’argomento come se fosse un marchio di vergogna, e Elijah per non metterla sotto stress fece altrettanto. Cercava di starle accanto più che poteva, provando a farle capire che non doveva detestarsi, e che lui non la odiava e che sarebbe stato con lei per aiutarla.

Briony cercò allora di rilassarsi, auto convincendosi che fosse stato solo un episodio isolato. Ma si promise che non sarebbe mai più successo…si sarebbe strappata il cuore da sola altrimenti. Non sopportava che a Elijah venisse arrecato del male a causa sua.

Quel giorno era in casa da sola, tra poco sarebbe dovuta andare a lavorare in libreria ma non ne aveva per niente voglia. Sfogliare poi dei libri di qualche coppietta che aveva sempre il suo lieto fine, la mandava giù di nervi.

Elijah come tante altre volte non c’era, d’altronde ormai lei si era abituata fin dall’inizio alle sue scomparse e apparizioni improvvise.

Si toccò il viso, poi le palpebre. I suoi occhi erano ridiventati normali, verde smeraldo, da un po’ di tempo. Senza sfumature rossastre. E anche se non fosse stato così, avrebbe messo le lenti a contatto. Non voleva farsi vedere così, anche se Elijah l’aveva rassicurata dicendole:

“Dopo aver vissuto più di mille anni, visto e commesso ogni mostruosità, credi che una cosa del genere sia un problema per me?”

Ovviamente no, Elijah era troppo nobile. Semplicemente quando si erano rincontrati dopo la lunga lontananza si era costruito uno scudo d’odio e sfiducia che veniva trasmesso su ogni cosa, trafiggendola con l’indifferenza più agghiacciante.

Lui non avrebbe mai odiato nemmeno un particolare di lei. Nemmeno quel rosso negli occhi.

Ciò la rendeva felicissima, ma comunque era meglio se nessun rosso esistesse nei suoi occhi.

All’improvviso il suo cellulare squillò.

Caroline?

Briony non aveva proprio voglia di sorbirsi una sua ramanzina, i soliti bla bla sul fatto che non dovesse stare con Elijah.. non era proprio l’aria adatta. Rispose lo stesso per bloccarla subito, ma al di là della cornetta non era Caroline. Era sua madre.

Dopo qualche parola iniziale, Briony ebbe l’impulso di far cadere il cellulare per via dello shock improvviso.

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In poche ore Briony corse in macchina come una matta, in direzione Mystic Falls.

Entrò a più non posso a casa di Caroline, corse per la scale con il fiatone e il cuore che batteva a mille.

Erano lì.. nella stanza di Caroline… la sorella era sdraiata sul letto, immobile come morta, gli occhi erano sgranati ma non aveva più il classico colore blu… sembravano bianchi..

Briony fu sicura di strozzarsi a quella visione. “Come diavolo è successo?” bisbigliò stentando a non scoppiare a piangere.

Anche se Liz le aveva spiegato al telefono comunque aveva bisogno di sentirselo ripetere, di trovare una spiegazione a quella realtà folle che si abbatteva sempre su di lei. Nella stanza c’era lo sceriffo Forbes, ovviamente devastata per le condizioni della figlia, e c’era anche Jennifer la quale era intervenuta prima nella conversazione telefonica al posto di Liz.

Briony si avvicinò lentamente al letto di Caroline, facendo fatica a guardarla senza l’impulso di disperarsi. Sembrava davvero morta, il petto si alzava ma troppo debolmente. Ogni forma di vita appariva essersi spenta nell’animo solare della sorella minore.

“Jennifer, io ucciderò il tuo fidanzato” sibilò Briony a denti stretti, continuando a guardare Caroline.

L’amica allora balbettò qualche giustificazione. “Briony mi dispiace… ho cercato di fermarlo ma sono intervenuta tardi… Will dopo tutto è un cacciatore e tua sorella è un vampiro, e oggi aveva voglia di uccidere qualcuno più del solito..”

Ma Briony fermò subito le sue farneticazioni:

“E ti pare una giustificazione questa??” gridò incollerita guardando l’amica con un’occhiata di fuoco come se fosse colpa sua.

Jennifer trasalì, anche il suo volto era pallido:

“No Briony ma… insomma non è totalmente morta.. vedrai che si riprenderà…” cercò di sorridere per tranquillizzarla e per spronarla a pensare in positivo come sempre.

Ma l’ottimismo di Briony era completamente andato in quei giorni:

“E come? Guardala! Sembra una mummia imbalsamata, un vegetale! Che razza di potere orribile ha Willas?” gridò piena di rabbia e di odio, sapendo però che il potere di Willas era anche il suo. E questo la faceva sentire mostruosa proprio quanto lo era quel pazzo di Will.

Poco prima infatti il cacciatore gironzolava per Mystic Falls intento a trovare qualcosa per cacciare e per sbollire la sua classica furia omicida. Purtroppo si era imbattuto in Caroline… si erano scontrati prima verbalmente e poi quando Caroline aveva tentato di andarsene, Willas non si era lasciata sfuggire l’occasione di uccidere un vampiro, fregandosene di tutto, e infatti l’aveva tramortita col suo potere mostruoso.

Caroline aveva gridato come una sirena d’ambulanza, si era accasciata a terra con le mani alle tempie. Willas aveva continuato a imporre su di lei il suo potere psichico con un ghigno malefico e senza nemmeno scomporsi. Gli occhi di Caroline sembravano fossero sul punto esplodere all’interno da una profonda luce bianca, il petto si alzava e abbassava ritmicamente come se stesse soffocando, perdeva sangue dal naso e dalla bocca. Prima che fosse troppo tardi, era intervenuta Jennifer a fermare Willas, che si era difeso con un semplice: “E’ una vampira e ha avuto quello che si meritava.”

Certo, da quel pazzo di Willas ce lo si poteva anche aspettare visto che quasi metteva delle locandine in tv per perorare la sua propaganda antivampiresca.  Ma Briony comunque non riuscì a non soppiantare la paura e l’odio che sentiva.

Purtroppo Caroline non riusciva a riprendersi, il potere di Will era stato troppo forte per lei ed era quasi arrivato al culmine, non uccidendola ma rendendola un vegetale priva di volontà e forze.

Briony aveva già visto Caroline in stato pietoso e prossimo alla morte, come quando Tyler l’aveva morsa, ma la sua condizione di quel momento la superava enormemente.

Liz continuava a stare in un angolo a guardare la figlia con sguardo shockato e mettendosi le mani sul viso. Briony si avvicinò di più alla sorella prendendole una mano tra la sua.

Dio come era gelida.

“Dobbiamo trovare una soluzione… qualcosa.. un incantesimo… ci deve essere per forza qualcosa per aiutarla!” disse cercando di non abbattersi e di trovare il modo per far tornare la sorella quella di prima. Le baciò la mano per infonderle calore, la pregò di perdonarla per averla allontanata così miseramente.

Jennifer si fece poi avanti:

“Potremmo chiamare Connor, se esiste qualche magia lui lo saprà sicuramente”

Briony guardò titubante l’amica. Ma Connor l’avrebbe aiutata? Dopo come si erano messe le cose, difficilmente lui…. Ma questo non importava… doveva almeno tentare… lo avrebbe persino costretto con la forza.

Tornò a guardare il volto cadaverico della sorella, quegli occhi innaturalmente bianchi.

Tirò su col naso cercando di non piangere:

“Ok, va bene.”

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Connor stranamente venne. Briony aveva chiamato anche Ylenia per chiedere un suo parere, visto che per quanto riguardava le sue capacità si fidava ancora ciecamente. Jennifer se ne era andata, forse da WillasBriony aveva poi lasciato anche un messaggio a Elijah ma il suo cellulare era spento. Ma dopotutto il suo aiuto non era importante quanto quello dell’uomo che aveva davanti.

Briony si fece subito avanti con sguardo determinato, gli occhi erano arrossati.

“Aiutala, ti prego”

Connor era vestito elegantemente, i suoi occhi gialli luccicavano mentre si faceva avanti con le braccia dietro la schiena. Si mise davanti il letto di Caroline, guardandola con curiosità fredda:

“Le sue condizioni non sono ottimali, per niente. Willas come al solito ha dato di matto ma c’era da aspettarselo” disse lui noncurante.

“Lo vedo da me questo” ribattè Briony sprezzante. Intuendo che doveva essere il più gentile possibile, cambiò tono implorando Connor in tutti i modi:

“Senti.. farò qualunque cosa ok? Ma ti prego… se conosci la maniera per salvarla.. per farla tornare com’era… dimmelo. Non posso sopportare di vedere mia sorella così.”

Connor girò lentamente il viso gelido verso di lei:

“Ami così tanto tua sorella da essere disposta ad ogni cosa per lei?” chiese lui semplicemente come se volesse appurare quanto vero fosse il tormento di Briony.

La ragazza intrecciò le mani, guardandolo decisa:

“Certo.”

Vedendo però l’ombra che aveva oscurato il suo viso, Connor le fece di conseguenza un sorriso sprezzante:

“Non tremare tutta come una foglia, non ho intenzione di far leva sulla tua storiella d’amore. Non sono così avido”

Briony interiormente fece un sospiro di sollievo, ma teneva alta la guardia perché Connor era comunque un essere infido. E il guizzo che apparve nei suoi occhi non le piaceva proprio. Guardò di sottecchi Ylenia che era rimasta muta per tutto quel tempo ma la strega scosse solamente la testa, come per dirle che non aveva alcuna soluzione per le condizioni della sorella.

Briony tornò a guardare Connor in maniera sbrigativa per farlo parlare. Lui scrollò le spalle noncurante e guardò Briony in maniera gelida:

“Sì. Esiste una maniera per salvare la tua sorellina. Ma sei tu che la salverai.”

Lei di conseguenza sbattè le palpebre:

“E come?”

Connor mise le mani ai lati del letto di Caroline:

“Semplice. Il potere di Willas ha ridotto tua sorella in queste condizioni. Il meccanismo si può invertire, facendola tornare al suo stato d’origine con lo stesso potere. Il tuo ovviamente, visto che Willas non si offrirà volontario di sicuro”

Briony immagazzinò quelle informazioni, continuando però a non capire:

“Credevo che il mio potere nuocesse solamente ai vampiri”

“In certe circostanze se usato con la giusta magia e moderazione, può fare qualcosa di buono. Infatti se darai la giusta pressione al corpo di tua sorella e ti concentrerai, magari lei potrà salvarsi” proruppe Connor tornando a raddrizzarsi con la schiena.

“Potrà?” richiese Briony alzando il sopracciglio. Il druido di conseguenza le sorrise affabile:

“Non l’ho mai fatto, dovrò andare a tentativi. Ti ho mai deluso?”

Briony avrebbe avuto tanto da ridire su quel punto ma decise che non era il momento adatto. Dovevano far presto, più guardava Caroline più la vedeva spegnersi come una fiammella troppo debole.

“E questo cosa comporterà per Briony?” Ylenia per la prima volta parlò, facendosi avanti. Ovviamente la strega pensava sempre alle cose tecniche e razionali, non abbassando mai la guardia.

In effetti Briony non aveva pensato alle conseguenze, ma niente aveva importanza per lei se non salvare la sorella. Qualunque cosa Caroline le avesse fatto alle spalle non poteva valere la sua morte.

Connor alzò il mento, fissando il vuoto:

“Perderà un po’ di potere. Anzi direi un mucchio”

Briony assentì subito visto che non era poi una gran perdita, anzi. Era quello che aveva sempre voluto. Ma poi ragionando bene, sbattè le palpebre circospetta e alzò lo sguardo su Connor con occhi pronti a esplodere:

“Un momento un momento… perdere i miei poteri.. è possibile?” domandò cercando di rimanere calma anche se dentro si sentiva tutta un fuoco pronto a divampare.

Connor non le rispose ma il suo sguardo vuoto non tralasciò dubbi per lei. Briony sentì il fuoco dentro di lei esplodere per via della furia; quasi prese Connor per il colletto della giacca dal gran che era arrabbiata:

“Tu lo sapevi… lo sapevi e non mi hai mai detto niente??” gridò al massimo dell’ira. Gli occhi erano spalancati.

Connor d’altro canto non si scompose come se nulla fosse:

“Cosa avrei dovuto dirti? La situazione si è creata soltanto oggi” rispose semplicemente e innocente come un agnello.

Quella calma però la fece infuriare ancor di più:

“Sono mesi e mesi che mi lamento per il fatto di essere un mostro e che non avrei mai voluto nascere così, e tu ora mi dici con questa tranquillità che esiste il modo per diminuire i miei poteri, assopire ciò che sono realmente?? Perché non l’hai fatto prima invece di perdere tempo con allenamenti, erbe aromatiche e ipnosi??”

“Perché neanche un demente accetterebbe le controindicazioni di ciò che stai per fare.” Replicò Connor quasi infastidito dalle sue accuse, pur rimanendo immobile.

“Quali controindicazioni?” domandò Ylenia sospettosa. Ma Briony ormai non stava più a sentire: era tutta presa dalla rabbia di quella situazione assurda. Lei poteva essere normale, non del tutto ma quanto più normale poteva sperare, vivere serenamente senza il terrore di uccidere qualcuno che amava…. E lo scopriva solo adesso. Quanta sofferenza inimmaginabile avrebbe potuto risparmiarsi…

Intanto il dialogo tra Connor e Ylenia continuava:

“Ovviamente la bilancia deve avere un pari peso. Anche tu, signorina Forbes, dovrai sacrificare qualcosa di importante per salvare tua sorella”

Briony guardò Connor cercando di trattenere tutto il ribrezzo che provava per lui e per come l'avesse fregata.

“Spiegati meglio” disse lei stringendo i pugni anche se sapeva che avrebbe accettato, qualunque fossero state le controindicazioni. Per sua sorella, per se stessa, lo avrebbe fatto senza battere ciglio. D'altronde era ciò che aveva sempre voluto.

Connor stranamente fece un sorriso maligno. Gli occhi luccicarono e parlò.

Quando finì di spiegare scese un inquietante silenzio nella stanza. Connor rimase gelido e composto, Ylenia aveva smesso di respirare e gli occhi erano sgranati.

Briony sembrava portare il nulla nello sguardo. Solo il vuoto. Non provava la paura che doveva provare in quel momento.. non sentiva il senso di soffocamento che doveva sentire.. solo vuoto.

Ma Ylenia non era così, infatti cominciò a blaterare tra sé  e sé:

“Follia. Completa follia.”

Briony rimaneva in silenzio.

“Lo so. Per questo non te l’ho detto prima. Neanche un demente accetterebbe” continuò a dire Connor.

Vedendo l’espressione dell’amica, Ylenia si preoccupò ulteriormente:

Briony, non penserai…

“Non sto pensando infatti. Ho già deciso” rispose lei fermamente, scacciando tutte le sensazioni che doveva provare. Tornò a guardare Caroline come per sincerarsi che stava prendendo la decisione giusta.

“Va bene” disse poi, andando incontro al suo destino.

Ylenia alla sua risposta spalancò di più gli occhi e la bocca:

“Come??”

Connor invece fece un sorriso ilare come se la cosa lo divertisse:

“Davvero?”

Briony lasciò perdere entrambi e pensò solamente a ciò che lei aveva dentro, a ciò che voleva veramente:

“Devo salvare mia sorella, a qualunque costo. Non riuscirei a vivere con questo fardello dopo” disse mettendosi una mano nel grembo.

Ylenia gesticolò con le mani:

“Tu sei pazza, hai idea di che cosa stai facendo??”

Briony la lasciò completamente perdere mentre Connor fece un gesto ossequioso con la mano:

“Non perdiamo altro tempo. Briony sei sicura o no?”

Lei tornò a riguardare ancora la sorella poi ConnorYlenia stentava a credere a ciò che stesse succedendo ma Briony assentì decisa con la testa, anche se era davvero un suicidio.

“Sì.”

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Non appena Briony tornò a New Orleans trovò a Elijah intento ad aspettarla.

"Briony ho trovato il tuo messaggio, ho provato a chiamarti ma il tuo cellulare era irraggiungibile” disse lui guardandola preoccupato.

Il timore che lui temeva di leggerle negli occhi, e che lei doveva provare, non arrivò:

“Non devi preoccuparti, è già tutto risolto” rispose lei con un sorriso convinto, cercando di soffocare la voce della verità che aveva dentro e che sembrava consumarle il cuore.

Elijah la fissò stranito corrugando la fronte:

“Davvero? E’ andato tutto bene con tua sorella?”

Caroline stava bene... Infatti un sorriso sollevato comparve sul volto di Briony, e anche nel vuoto che portava dentro:

“Sì l’ho salvata.” E quella consolazione alleviò anche il senso di soffocamento.

Elijah allora le sorrise piano:

“Sono felice per te, mi dispiace di non esserci stato” si mise a sedere guardandola poi attentamente.

“Raccontami come è accaduto”

Briony serrò il viso ma cercò in tutti i modi di nascondere il formicolio che sentiva.

“Si è scontrata con quel pazzo di Willas… ma con un incantesimo l’abbiamo salvata in tempo”

Sperò con tutto il cuore che venisse chiuso lì il discorso, per non dover essere costretta a negargli ancora la verità, ma ovviamente Elijah non mollò l'osso tanto facilmente:

“E chi c’era a fare questo cosiddetto incantesimo?” chiese Elijah stranamente incuriosito, gli occhi assottigliati per ciò che stava pensando e che corrispondeva alla realtà.

Briony sapeva che era inutile mentire perché Elijah aveva già concluso una parte della storia. Deglutì per non pensare a come lui avrebbe reagito qualora avesse saputo tutta la storia.

Ylenia e… Connor.” rispose titubante guardando di sottecchi l'espressione di Elijah che andava a rabbuiarsi sempre più.

“Lui.” sentenziò in maniera aspra e piena di sospetto.

“Sì lui. Ma ha salvato mia sorella” aggiunse subito Briony

“E cosa ha voluto in cambio?” Elijah fu ancor più veloce con la sua domanda fulminante ma ben fredda e calcolata.

Briony cercò di controllare i battiti impazziti del cuore fin troppo logorroico, ma dal modo in cui la stava fissando, Elijah sembrò sentirlo accuratamente per ogni battito.

“Cioè?” domandò Briony a sua volta facendo finta di nulla.

“Nessuno fa niente per niente, soprattutto quelli come lui o come me. Sicuramente avrà voluto un tornaconto. Da te.” Elijah sottolineò di proposito le ultime parole come se avesse già captato qualcosa dalla tensione nell'aria. Gli occhi erano affilati come la lama da scuoiatore.

Briony cercò allora di non farsi prendere dal panico ma anche se avesse parlato non avrebbe contato nulla, quindi optò per il saggio silenzio.

Elijah comunque continuò a tenere lo sguardo fisso sul suo in maniera inquisitoria.

Qualsiasi negazione lei faceva, lui la smontava.

“Te lo leggo negli occhi che è così.” proruppe lui deciso.

Briony cercò allora di riprendere le redini di quella situazione  che stava precipitando e indossò anche lei un'espressione sicura, accomodando il timore che sentiva dentro.

“Non ha voluto niente, anzi. Mi ha fatto un dono, qualcosa che volevo da troppo tempo” disse trapelando la parte buona.

Elijah alzò il sopracciglio, forse non credendole, e aspettò che continuasse.

Briony incentivata fece un passo verso di lui:

“Con l’incantesimo che ha fatto ho perso tanto del potere che possedevo, sono ancora uno scherzo della natura ma non più un mostro” Il sorriso che fece irradiò la sua felicità, mettendo in ombra quel qualcos'altro che provava dentro di sé.

Elijah ascoltò le sue parole in un freddo silenzio ma quando lei disse la parola "mostro" lui scosse subito la testa, ammorbidendo l'espressione gelida:

“Non lo sei mai stata Briony

Lei gli sorrise grata e gli si avvicinò di più, finendo quasi per toccarlo. I suoi occhi brillarono, anche se qualcosa nel petto continuava a pulsare dolorosamente:

“Il mio sangue non è più dannoso per i vampiri.” disse poi.

Elijah sbattè le palpebre, non aspettandosi di certo un'affermazione del genere.

“Cosa?” La fronte era corrugata, la schiena più raddrizzata.

Briony allargò il sorriso, sfiorandogli il volto.

Dopo che l'incantesimo era stato ultimato, Connor le aveva detto che anche il suo sangue avrebbe perso il suo potere. Briony era stremata sopra il letto della sorella, sudava per lo sforzo dell'incantesimo e aveva davvero stentato a credere alle sue orecchie. Non appena Caroline si era risvegliata, Connor gliene aveva dato ampiamente prova: senza chiedere aveva fatto leva su Briony col potere della magia e la ragazza si era sentita come se il cuore stesse per esplodere; dalla mano era sgorgata una ferita e Connor con la forza aveva fatto bere il suo sangue alla sorella.

Durante quel gesto brusco Briony aveva tentato di divincolarsi e aveva gridato, forse non credendo del tutto alle sue parole. Ma Caroline aveva bevuto eccome e senza remore, giudicando perfino il suo sapore davvero buono.

Vedendo la sorella sana e salva, con gli occhi blu che le brillavano, Briony aveva sospirato dalla felicità e l’aveva stretta a sé in un abbraccio. Dimenticando per un attimo tutto il male che era accaduto.

Briony ritornò alla realtà. Le sue mani accarezzavano ancora il viso di marmo di Elijah:

“Sì è così.”

Lui continuava ancora a studiarla attentamente in silenzio. Briony si morse il labbro:

“Ma non potrò comunque diventare un vampiro. Il mio corpo sembra costruito apposta affinchè io rimanga mortale, forse era chiedere troppo” Quando Connor aveva sottolineato quel punto Briony c'era rimasto male, la delusione aveva scavato dentro di lei. Ma dopo tutto era normale che andasse così visto che...

Briony smise di pensarci quando sentì le parole di Elijah:

“Non dovresti parlare così, l’importante è che sia andato tutto bene” proruppe lui normalmente facendole abbassare la mano.

Gli occhi neri poi si strinsero di nuovo, il suo animo non aveva ancora smesso di indagare come se ci fosse qualcosa che non gli tornava:

“Perché è così, vero?" chiese inquisitorio e con voce gelida.

Briony cercò di allora di respirare normalmente e di indossare una faccia di perfetta pacatezza. Doveva farlo. Si strinse un ciuffo di capelli tra le dita:

”Sono solo sottopressione per ciò che è successo. E’ stato traumatizzante vedere mia sorella in quel modo” cercò di dimostrare che quel qualcosa di pungente che sentiva fosse dovuto unicamente a quello.

Elijah si alzò, tenendo sempre lo sguardo su di lei:

“Glielo farà pagare io a quel cacciatore, stanne certa.” Il tono diabolico che usò la fece sentire un pochino più tranquilla, forse perché pensava che Elijah avesse finito per crederle o per lasciare da una parte il discorso di prima.

Briony gli sorrise incerta e si mise un ciuffo dietro l’orecchio. L’Originario continuava a fissarla in maniera indecifrabile, ma lei riuscì a sostenere quello sforzo disumano. Forse alla fine Elijah decise per una volta di fidarsi di lei e le fece un freddo sorriso, dandole poi le spalle e cominciando a camminare per il salotto. Briony ritornò a respirare, ma si sentì profondamente meschina per averlo ingannato in quel modo.

Ma il silenzio a volte era molto meglio di uno sguardo tradito. Una fiducia falsa era meglio del sospetto perenne e di un macigno pesante sulla schiena.

Briony si scurì la voce, andandogli incontro:

“Ho pensato che forse potrei festeggiare il mio compleanno” disse all’improvviso.

Elijah allora si girò verso di lei, le mani incrociate dietro la schiena e lo sguardo seriamente perplesso:

“Davvero? Come mai hai cambiato idea?” Nel tono della voce c’era un punto interrogativo che la fece presumere che Elijah non le aveva creduto pienamente nella conversazione di prima.

Lei però fece finta di nulla, pensando che fosse solo la sua paura suggestiva:

“Perché no? E’ pur sempre un modo per festeggiare. Sarà divertente” rispose normalmente alzando le spalle. Per diminuire la tensione si mise davanti a un tavolo per prendere qualche da bere. Quando si versò il drink, sentì una presenza inquietante alle spalle e che la raggelò:

Sicura che non c’è nient’altro che tu debba dirmi?”

Quel tono gelido le fece collassare il cuore. Almeno non batteva più così non c’era il rischio di essere udito e scoperto… Briony aveva un’espressione tesa e rigida, ma la distorse subito in un sorriso sereno non appena si voltò verso Elijah.

Gli disse che non c’era niente e lo accarezzò ad una spalla. Lui continò a fissarla per diversi secondi come se volesse penetrarle la mente. Lei stette al gioco cercando di essere forte.

Alla fine Elijah le fece di nuovo un sorriso gelido e un passo indietro, come se volesse chiudere lì la questione. Stette per andarsene ma Briony gli prese la mano tra la sua: lo sguardo era dolce, limpido e pieno di significato. Lui ricambiò in maniera assente, aspettando che parlasse.

“Voglio che tu faccia una cosa” disse lei piano sfiorandogli il viso con le dita.

Elijah non battè nemmeno ciglio, neanche quando la vide avvicinarsi pericolosamente al suo viso. Quando lei adagiò le labbra sulle sue, lui si irrigidì e non si mosse di un centimetro, come se sapeva che ci fosse qualcosa che non andava. Trattenne infatti il respiro, quasi non volesse sfiorarla col tocco del suo fiato.

Lentamente e senza alcuno sforzo, lui le prese i polsi che lei aveva fatto salire sul suo petto. Elijah glieli afferrò e la allontanò da , non con un certa delicatezza.

“Che cosa c’è?” domandò lui freddo ma con una nota di preoccupazione.

Briony a parole non riusciva a dirlo, il cuore batteva troppo forte nel petto che credeva le fuoriuscisse. Lo sguardo di Elijah mutò in una muta sorpresa quando la vide avvicinarsi di nuovo, incurante del suo rifiuto di poco prima. Ma questa volta lei gli cinse le spalle in un abbraccio, e appoggiò la testa su di lui.

Elijah rimaneva immobile, stentava a capire cosa lei volesse fare. Briony gli afferrò poi alcuni ciuffi di capelli da dietro la nuca e, in sospiro, gli fece appoggiare il viso contro il suo collo. L’espressione di lui era tesa, perplessa e carica di sorpresa, ma la lasciò fare come se così potesse finalmente capire che cosa avesse in mente. Una mano automaticamente si adagiò in un punto sulla sua schiena.

Dopo qualche secondo Briony lo sentì inspirare il suo profumo per poi ritirarsi, provando ad alzare il viso come per leggerle negli occhi ciò che era già chiaro ma che lui interiormente si rifiutava di pensare.

Briony però cerco di trattenergli il viso sul suo collo il più possibile.

“Non devi trattenerti..” sussurrò con un fil di voce come se avesse paura che la sentisse.

Lui poteva anche non averla sentita ma aveva capito eccome le sue folli intenzioni. Elijah si divincolò prontamente, osservandola fisso negli occhi con cocente incredulità:

Briony, la tua incoscienza è arrivata al punto limite” sibilò duro, stentando a credere a ciò che lei gli chiedesse di fare con tanta tranquillità.

Briony allora riprese la forza che le era mancata poco prima, e sospirò rumorosamente:

“E tu sei esasperatamente onorevole” rispose calma.

Elijah continuava a guardarla incredulo, preoccupato, ma anche freddissimo e duro come una roccia:

Hai idea di quello che mi stai chiedendo?” domandò lui colpevolizzandola in qualche modo. I suoi occhi neri si addensarono, segno che anche per uno come lui era difficile non cedere alla tentazione.

Si avvicinò con uno sguardo fin troppo tetro, come se volesse farle di conseguenza paura: “Potrei ucciderti.” sibilò lui piano, facendole così entrare quelle fredde parole nel suo animo che si divincolò per un attimo, mosso dalla paura della classica preda.

Ma Briony non permise a quella paura momentanea di scavalcare ciò che desiderava che lui facesse da tempo.

“Mi fido di te” rispose lei sicurissima e andandogli vicina.

Lo sguardo di Elijah continuava ad essere glaciale, la sua espressione inquietante continuava a respingerla.

“Io lo voglio così come lo vuoi anche tu” aggiunse lei di nuovo per nulla intimorita o imbarazzata da come si stava mettendo la situazione. Alzò la mano per sfiorargli il viso delicatamente. Elijah adagiò piano il volto dove c’era la sua mano che lo sfiorava.

Ma resistette comunque al richiamo del sangue perché le fece allontanare la mano, e girò il viso verso una parte lontana della stanza, inspirando piano come per riprendere ossigeno.

“Non sfidare la sorte Briony.”  disse poi con voce indecifrabile, fissandola in maniera strana. Stava per allontanarla, facendo leva sul controllo che lo aveva sempre contraddistinto.

Briony con sgomento lo vide voltarsi con sguardo serio e darle le spalle.

Lei però non demorse, lasciò fuoriuscire ciò che aveva sempre albergato nel suo cuore: “Bere il mio sangue non ti farà sentire un mostro e nemmeno una bestia senza morale. Non sono una tua vittima, Elijah!“ gli disse ad alta voce.

Non sarebbe stato un semplice bisogno per soddisfare la fame, anche perché provando dei forti sentimenti verso di lei il desiderio per il suo sangue diveniva una dolce tortura ed era sempre più difficile trattenersi, anche se si avevano 1000 anni di esperienza che ti dicevano il contrario.

Aveva voglia di viverlo in tutta la sua natura, senza alcuna barriera che li dividesse. Lo desiderava in tutto ciò che era.

Elijah si voltò con lentezza inquietante verso di lei. I suoi occhi si erano oscurati, non brillava nessuna luce al loro interno. Il viso era freddo e distante.

La paura di diventare un mostro assetato di sangue come gli altri lo frenava. Soprattutto per l’enorme preoccupazione di poterle fare del male, di dimostrarle quanto lui fosse letale più di quanto potesse immaginare.

Ma nemmeno lui poteva respingere le sensazioni contrastanti che lo stavano avvolgendo, come in un’aurea oscura e tentatrice.

Elijah così si riscosse da tutti quei pensieri razionali che aveva sempre seguito, e camminò quindi verso di lei, in silenzio. Gli occhi indugiavano continuamente in un punto sotto il suo viso: quegli occhi avevano perso ogni traccia di normalità, erano magnetici come quelli di un felino predatore.

Briony non riuscì a deglutire, si sentiva la gola secca e lo stomaco sottosopra.

Quando lui le arrivò molto vicino, per un secondo esitò sfiorandole la gola con le dita. Briony sussultò per quel contatto gelido.

Fremeva per quella complicità forte e profondamente intima che andava a crearsi. Lo vide abbassare il viso sul suo collo e inspirare il suo profumo. Briony chiuse gli occhi, sospirando per quella lunga attesa.

Lui a un certo punto le afferrò i polsi, ponendoli in alto all’altezza delle sue spalle, mentre il corpo aveva cominciato a spingerla all’indietro.

Briony si ritrovò con le spalle al muro, quella leggera spinta alla schiena le fece sobbalzare il cuore e aprire gli occhi. Il respiro era già accelerato, Elijah le teneva ancora i polsi come se non volesse addirittura farla scappare via in preda a una paura improvvisa e razionale.

Briony però tento di muoversi per toccarlo o stringerlo a sé, ma lui la bloccò di nuovo.

Non… muoverti” La voce roca e il respiro strozzato di lui indicavano quanto fosse debole il suo autocontrollo.

Il corpo del vampiro premeva contro il suo e cominciò a distribuirle baci a labbra dischiuse, assaporando tutta la lunghezza del suo collo. Briony sentì un fremito di piacere addensarsi su di lei e richiuse gli occhi; dei brividi freddi le percorrevano ogni lembo della pelle.

I polsi cominciavano a dolerle per quella stretta ferrea ma lui la liberò, andando poi a toccarle le spalle come per frenarne il tremito e bloccarla di più.

Il suo respiro gelido continuava a scorrere sopra il suo collo, disegnandovi delle linee di ghiaccio.

Briony restava immobile ma tremante, succube di quella lunga e eccitante attesa che la stordiva.

Poi sentì all’improvviso una delicata puntura lambirle profondamente il collo. Istintivamente sussultò, e aprì gli occhi e le labbra sentendo il corpo frantumarsi in brividi d’emozione così intensi che non aveva mai provato in tutta la sua vita.

I denti di Elijah erano penetrati delicatamente nella sua carne, non facendole male ma solo un lieve pizzicore. Quando però lo sentì perforare più a fondo per trovare la vena pulsante, Briony strinse le labbra cercando di non dar peso al dolore lancinante.

Era tutto più intenso rispetto ai sogni che aveva fatto.. più reale e profondo da farla sentire leggiadra e priva di peso.

Man mano che quel contatto erroneamente intimo si prolungava, Briony lasciò andar via il dolore e si concentrò su tutte le sensazioni piacevoli da cui venne dominata.

Cercava di stare immobile come lui le aveva ordinato, ma era difficilissimo perché mentre lui si nutriva di lei, veniva travolta da un piacere mai provato, soprattutto quando sentiva il sangue scorrere via lento dal suo corpo e finire nella bocca di Elijah, che beveva con bramosia.

Le piaceva che qualcosa di suo andasse a dimorare nel corpo del vampiro che amava: era un pensiero moralmente sbagliato, ma inevitabile da pensare a causa di quell’amore totalizzante.

La mano di lui intanto finì sopra la parete, incidendola per controllare il piacere immenso che gli provocava quel sangue dolcissimo e che lo faceva inebriare come nessuno aveva mai fatto. L’altra mano finì sull’altro lato del collo di Briony in un tentativo di tranquillizzarla e per sentirla più vicina.

Il respiro di Briony si faceva sempre più irregolare, gli occhi chiusi, mentre si lasciava trasportare da quel vortice di sensazioni. Disobbedì al suo ordine e, non solo alzò la testa per approfondire quel contatto mortale, ma alzò pure le mani per aggrapparsi alle sue ampie spalle. Elijah di conseguenza spinse di più il corpo verso il suo, intrappolandola.

Il vampiro sentì le dita di Briony insinuarsi tra i suoi capelli, stringendolo a lei in un invito che non seppe rifiutare e così, per un lungo istante, morse ancora.. in maniera più forte. Briony di conseguenza rimase senza fiato e sentì un calo di forza, che finì per rilassare tutto il suo corpo. Il cuore impazzito si arrese a quel vampiro che le stava divorando l’anima.

Sentendo di essere al punto limite, Elijah incise sempre di più la mano sulla parete in un modo tale da farne rimanere pure i segni delle sue unghie. Cercava di riprendere il controllo, di smettere di bere quel sangue fin troppo delizioso e di fermarsi prima di farle costare la vita. Incise di più sulla parete come se la stesse smembrando, bevve ancora per poco poi riuscì a scansarsi.

Quando Briony lo sentì smettere aprì di botto gli occhi, il corpo non era più rilassato o in trans, ma divenne pesante. Quel brivido di eccitazione però era rimasto dentro di lei, era come una fiammata che consumava tutto ciò che le era accanto.

Elijah continuava a tenere affondato il viso sul suo collo, il fiato era sempre gelido ma ansante. Delle gocce di sangue scendevano lungo la ferita ma ormai non erano più una tentazione.

Lentamente lasciò andare la presa dalla parete, che sembrava mutilata da graffi profondi, ma rimase comunque appoggiato sopra di lei.

Briony cercava di rilassare il respiro affrettato e riprese a sfiorargli i capelli, in una strana sensazione di pace. Lo sentì poi muoversi sopra il suo collo, non lasciandola però di un millimetro: “Stai bene?” le domandò lui con voce roca.

In effetti lei si sentiva un po’ scombussolata e tutta sottosopra, ma erano tutti effetti di quella chimica profonda e pazzesca che si era creata tra loro: un legame ancor più indissolubile.

“Sì.” riuscì a dire in un flebile soffio.

Elijah mosse il naso contro la sua spalla, inspirando forte poi allontanò un po’ il viso. Non la fece comunque spostare dalla parete, infatti con sguardo basso le diede un fazzoletto per tamponare la ferita. Briony lo prese con reticenza e si pulì i resti del sangue.

Il corpo di Elijah continuava a premere contro di lei, il suo viso venne poi adagiato di nuovo contro il suo collo, respirandovi sopra. Briony sentiva ripetutamente il suo fiato gelido su quella pelle sensibile e rabbrividì come non mai.

Dopo qualche minuto, Elijah mosse ancora il viso contro il suo collo, inspirò a fondo e poi disse: “Sputa il rospo, Briony

La fermezza delle sue parole la colse davvero di sorpresa. La ragazza sbattè le palpebre, rimanendo muta e immobile.

Elijah non si mosse di un centimetro: “L’ho sentito. L’ho sentito quando bevevo il tuo sangue che c’è qualcosa di importante che non mi stai dicendo… e che non vuoi dirmi” finì lui con una punta gelida nella voce.

Briony deglutì colta in fallo. Questa volta non riuscì a controllare i fremiti di paura del suo corpo e nemmeno i battiti accelerati del suo cuore.

Conscio di aver perfettamente ragione, Elijah si scansò e la guardò dritto in viso. Gli occhi neri erano magnetici e profondi come prima, ma c’era qualcos’altro sotto. E Briony ne ebbe paura tanto che tremò.

Lui comunque non mollò la presa: “Dimmi la verità”

Briony sentì il fiato mancarle e si tenne contro la parete. All’improvviso sentì le ginocchia cedere e si sedette lentamente a terra, priva di forza. Elijah la guardò visibilmente preoccupato, scacciando la freddezza di poco prima e si inginocchiò di fronte a lei.

Briony?”

“Sto bene” rispose lei velocemente. Il solo pensiero di dirgli cosa aveva fatto la riempiva di un terrore assoluto… si sarebbe arrabbiato…eccome si sarebbe arrabbiato… il solo pensiero di vedere la sua furia spaventevole le fece venire voglia di scappare via.

Ma ormai era inutile fuggire… prima o poi lui lo avrebbe saputo… inevitabilmente.

Briony deglutì, cercando di diminuire i battiti impazziti del cuore e di trovare la forza di parlare.

“Per salvare mia sorella… ho dovuto dare qualcosa in cambio.. l’incantesimo era troppo potente e non potevo uscirne normale come prima.” Tentò di dire cercando di trovare le parole giuste. Fargli capire perché lo aveva fatto e soppiantare così la sua ira.

Elijah sbattè le palpebre, guardingo. “Che significa?” domandò con voce pericolosamente calma.

Briony deglutì e pregò qualche Dio di aiutarla ad affrontare la reazione di Elijah.

“Ho salvato mia sorella.. e non sono più un mostro… è questo ciò che conta”

Briony, che cosa hai fatto?” il suo lento sibilo la fece rabbrividire. Non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi perché sapeva che erano percorsi da lampi gelidi.

“Qualcosa che non ti piacerà…” Ma era necessaria.

“Perché non ne sono sorpreso?” replicò lui con una nota ironica ma rimanendo sempre gelido. 

Però la mano le prese poi gentilmente il mento, girando così il suo viso e ottenendo la sua completa vista: “Non sarà di certo peggiore di quello che abbiamo già affrontato… parlamene.” Disse lui con voce ingannevolmente dolce.

Briony deglutì non sopportando di guardarlo negli occhi senza sentirsi colpevole del dolore che gli avrebbe arrecato. Solo adesso se ne rese conto, era stata troppo egoista e aveva solo assecondato i suoi folli desideri. Girò il viso da un lato, sentendo le lacrime pungerle gli occhi.

“Ho dovuto dare a Connor qualcosa in cambio… una controindicazione inevitabile dopo essermi sottoposta al suo incantesimo.”

“Che cosa?” domandò lui gelido.

Vedendo che lei non rispondeva, Elijah le si fece più vicino e le domandò ancora in maniera terribilmente lenta: “Che cosa?”

Briony sentì un groppo in gola, percepiva il macigno dello sguardo di Elijah su di sé. Lo affrontò con tutto il coraggio che racimolò, e voltò finalmente il viso verso di lui.

Lo sguardo del vampiro era guardingo e pronto ad ascoltare. Sembrava scrutarla nell’anima.

Briony lo fissava come se fosse una malata di cancro coi giorni contati:

“L’incantesimo ha diminuito il mio flusso vitale… ognuno di noi ha una durata di vita già prestabilita. E Connor me l’ha ridotta. Ha ridotto gli anni di vita che mi rimangono da vivere.” Disse in un soffio quella cruda verità che aveva di nuovo maledetto il suo destino.

 

Fine capitolo

Ok lo ammetto questo capitolo l’ho finito malissimo ma ammetto anche che non avevo voglia di continuare a scrivere XD Lo so sono una pessima autrice. Ahaha Ma non sapete quante energie ci sto mettendo in questa storia.. Praticamente il mio cervello é andato XD quindi mi sono bloccata qui..

Avrò un po di problemi nel prossimo capitolo perché alcune scene che dovevo mettere in questo capitolo in realtà non le ho messe e le devo inserire quindi nel prossimo... Andando ad allungare di molto ciò che avevo in mente.. Devo quindi decidere come dividere il capitolo o se aggiungerne uno alla mia scaletta di marcia. So che questa storia sta diventando lunga come l'Iliade, perdonatemi xD

In definitiva in questo capitolo non é successo poi molto… praticamente hanno solo copulato XD Che gioia per i vostri occhi Ahahah! xD

Ma nel prossimo… se scriverò come dico io, rimarrete ad occhi così *__* Se non lo divido in due, sarà il capitolo più importante di tutta la mia storia. Per cui non mi abbandonate J

 

Spero di leggere i vostri commenti, non sapete quanto mi servono soprattutto in questo momento J Se c’è qualcosa che non vi è chiara, chiedete pure!

Alla prossima, e grazie per la vostra pazienza. ^^

 

 

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Capitolo 34
*** Rains of Death ***


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Questo capitolo è lungo, questo capitolo è drammatico. Non consigliato ai deboli di cuore xD

30 capitolo

 

 

 “L’incantesimo ha diminuito il mio flusso vitale… ognuno di noi ha una durata di vita già prestabilita. E Connor me l’ha ridotta. Ha ridotto gli anni di vita che mi rimangono da vivere.” Disse in un soffio quella cruda verità che aveva di nuovo maledetto il suo destino.

Elijah alla sua confessione sbarrò gli occhi, il viso divenne pallido come un corpo privato del suo sangue, l’espressione tesa e totalmente incredula a ciò che le sue orecchie erano costrette ad udire. Lentamente si alzò in piedi, con un’eleganza così incredibile dopotutto da far paura. Continuava a guardare Briony con sguardo indecifrabile, troppe emozioni stavano scavalcando la sua tipica freddezza:

“E’ uno scherzo spero” disse lui cercando di trattenersi. L’incredulità era plateale nel suo viso, non riusciva nemmeno a credere alle sue orecchie quasi considerasse quel gesto come una blasfemia.

Briony deglutì. Quello sguardo avrebbe ghiacciato il sangue nelle vene anche agli animi più impavidi:

 “No, sto dicendo la verità..”

Gli occhi di Elijah si sgranarono ancora di più, l’espressione era tra l’infuriata, la sconvolta e la sorpresa. Una mescolanza micidiale, come l’altofuoco:

“Tra tutte le cose stupide, questa è la più stupida che tu abbia mai fatto” disse lui ad alta voce cercando di trattenere la sua collera il più possibile. Ma le spalle erano rigide, scattanti, il viso micidiale nella sua espressione. Le mani stentavano a rimanere ferme come se volesse strappare qualcosa.

Briony traballò restando a terra: “Dovevo farlo. Mia sorella era in pericolo e non c’era tempo da perdere”

“Tua sorella è immortale, tu invece no” sibilò lui duramente mostrando esclusivamente disprezzo per la sua azione. Gli occhi sembravano lanciarle dei fulmini che le fecero collassare il cuore.

Non volendo farsi sottomettere, Briony si alzò imperterrita:

“Proprio tu me lo rinfacci… avresti fatto la stessa cosa se in quel letto ci fosse stata Rebekah o qualunque altro dei tuoi fratelli.” lo sfidò lei, ma ciò non piacque a Elijah che la guardò con glaciale sufficienza:

“Non dirmi cosa avrei fatto io. Io salvaguardo sempre la mia famiglia, ma prima di tutto me stesso. Tu invece sembri praticare le leggi del martirio. La troppa compassione rovina, Briony. E tu ti stai rovinando la vita” sibilò quelle parole reali e diaboliche senza il benché minimo turbamento.

Sviò poi lo sguardo come se volesse riprendere la calma che sembrava svanita all’interno del suo corpo. Si mise una mano alla bocca poi la fece scivolare giù con stizza: “Spiegami a cosa è valso lottare fino a questo punto. Tutta una fatica sprecata.” Ringhiò ancora senza neanche guardarla.

Questa volta Briony non rimase zitta. Il suo orgoglio ferito la intimava di agire per dimostrare le cause di quella sua scelta che perfino adesso non rimpiangeva:

“Non hai il diritto di parlarmi in questo modo, è una mia scelta e l’ho presa liberamente perché era la cosa giusta. Devi rispettarla e non darmi addosso in questo modo!”

Elijah la inchiodò allora con uno sguardo fatale:

“Che ti aspetti? Che mi rallegri visto che entro poco tempo sarò costretto a leggere il tuo necrologio?”

Briony si sentì come attraversata da un pezzo di roccia appuntito. Fu emotivamente colpita da lui perché sapeva che sotto la sua durezza implacabile c'era il dolore per la paura di perderla. Ma sapeva anche che ciò era inevitabile:

“Sarebbe accaduto comunque! Credi che voglia arrivare agli 80 anni sapendo che dovrò passare il resto della mia vita senza di te? Con l’ansia di diventare qualcosa che non sono? E’ ciò che voglio nonostante sembri folle, è così e devi accettarlo” replicò lei pensando a cosa aveva provato quando aveva visto quella coppia di vecchietti.. all'angoscia nel sapere che il rintoccare della vecchiaia pesava su di lei come un eco rimbombante che le si era annidato dentro le vene.

Lui aveva smesso di guardarla ma quando lei finì di parlare, l'espressione di Elijah che si voltava fulmineamente verso di lei la destabilizzò. Vibrò nella sua voce una nota di rabbia che le fece paura:

“Tu non mi hai dato scelta” tuonò lui all'improvviso. Il tradimento splendeva nella sua glacialità, che tentava di nascondere ciò che sembrava agonia.

Poi lui abbassò il viso: l'espressione mutò come il sole quando viene inghiottito da una nube.

“Avresti potuto scegliere di avere una vita normale, di avere una famiglia magari col tempo.. il tempo che non avrai mai..” la sospensione della sua voce fece trapelare di nuovo l'agonia, questa volta più marcata e lacerante da buttare la speranza in un profondo vuoto impossibile da risalire.

Briony rimase sgomenta e intristita nel sapere che lui covava ancora la speranza che lei si facesse una vita normale che ormai non era più possibile. Gli si avvicinò di più, nel tentativo di alleviare il suo tormento e senso di colpa che gli attagliavano l'animo:

“Ho scelto di abrogare la normalità nel momento esatto in cui mi sono innamorata di te“ sussurrò semplicemente.

Quella considerazione di nuovo non piacque a Elijah, che le riserbò uno dei suoi migliori sguardi gelidi e si allontanò molto da lei in un gesto freddo, come se non sopportasse ciò che aveva fatto.

Briony chiuse gli occhi, sul punto di farsi abbattere dal dolore che si stava facendo largo. La faceva soffrire come Elijah mostrasse apertamente la sua delusione e il suo rancore, facendola così squagliare sotto i suoi occhi neri.

Non riusciva infatti ad affrontare quel silenzio gelido da parte sua che la spaventava più della comprensibile rabbia che scorgeva in lui.

Era terrificante il modo in cui Elijah si muoveva, come se fosse pronto a distruggere l'intera casa e ogni altra cosa. Le rivolse poi di sfuggita uno sguardo glaciale e duro, terrificante:

“Ti invito a rifletterci sopra su quanto la scelta che hai appena compiuto sia ridicola" mormorò sornione facendole pagare con freddezza il suo atto sconsiderato.

Briony si sentì montare su tutte le furie per la sua falsa disinvoltura e per il suo tono superiore.

"Perché non cerchi di capire invece di saltare subito alle conclusioni e di punirmi?" gridò in preda alla rabbia che divorava il suo cuore.

Elijah la guardò appena senza disturbarsi nel sapere che la stava mortificando. Aveva indossato l'ennesimo sguardo inquietante che utilizzava per pugnalare le sue vittime senza dover per forza usare le mani. Su di lei ne scatenò tutta la forza proprio perché quella sua scelta lo aveva irrimediabilmente ferito e avrebbe maledetto persino lei, anche se non se ne voleva accorgere.

Elijah si mosse poi elegantemente nella stanza, lo sguardo rigido e cercando di trattenersi nello spaccare qualche cosa. Le mani e lo sguardo indugiarono su alcuni fogli in un tavolo:

"Prepara le tue cose, ce ne andiamo" disse all'improvviso.

Briony traballò un attimo per quell'ordine:

"Andiamo? E potrei sapere dove?"

Elijah alzò lo sguardo in un punto lontano della stanza, con fredda indifferenza come se non fosse in obbligo di dirle alcunché, ma poi disse:

"Torniamo a casa e sistemiamo questa faccenda"

Briony intuì subito che cos'era quella faccenda:

"Credo che ti sia sfuggito il fatto che non si può tornare indietro, ormai é fatta. E anche se potessi non voglio" ribatté lei fermamente.

Elijah si girò dunque verso di lei, facendo pericolosamente dei passi in avanti. La casa era avvolta dal buio, ma nullo era tenebroso quanto la sua espressione.

"Forse non ci siamo capiti" mormorò glaciale e per nulla turbato dalla sua opposizione. "quel folle incantesimo verrà revocato, e basta" finì in maniera autoritaria come se quelli fossero i suoi piani a cui non avrebbe rinunciato per nulla al mondo, e se lei si fosse opposta sarebbero stati guai seri.

Briony corrispose il suo sguardo da serpente:

"Allora forse devo dedurre che non hai ascoltato una parola di quanto ti ho detto?"

Elijah le sorrise freddamente.

"Forse non voglio. Dopo ciò che hai fatto penso che ogni tua parola sia priva di senno."

Dopo quelle dure parole, Elijah la prese all'improvviso per un braccio e la costrinse a seguirlo. Per colpa dell'iniziale sorpresa, Briony rimase inerme senza opporsi ma poi riuscì a divincolarsi dalla sua presa. Lo sguardo che gli diede quando lui si voltò era il più risoluto che avesse mai indossato.

Elijah però cominciava ad irritarsi, lo si poteva notare da come gli occhi neri si addensarono.

"Lo farai senza protestare" disse lui ordinario e temibile.

Briony fece un passo indietro, cercando di non far trapelare paura per  quello sguardo:

"Scordatelo"

Lui allora girò tutto il corpo verso di lei, inchiodandola con lo sguardo.

"Non farmi usare la forza, Briony. Sappiamo entrambi che con te non serve" mormorò lui sicuro, restando immobile.

Lei si infuriò a tal punto che gridò:

"Non sono uno dei tuoi mastini che obbedisce ad ogni tuo ordine! Mettiti bene in testa che non puoi comandare tutto e tutti!" replicò cercando di fermarlo e di non farsi abbattere di lui. Man mano che gridava però Briony sentiva qualcosa martellarle la testa come un trapano, un senso di vertigine annebbiò i suoi occhi ma cercò in tutti i modi di non farlo notare.

Elijah non si scompose minimamente al suo diniego, anzi le fece un mezzo sorriso glaciale che doveva sicuramente mascherare ciò che albergava davvero dentro di lui:

"Io non comando nessuno, mi aspetto solo che gli altri facciano ciò che dico se non vogliono andare incontro a penose conseguenze. Lo capirai presto, se vivrai abbastanza a lungo.” L’ultima frase venne marcata da un tono di serietà diabolica. Gli occhi neri divennero ancor più lugubri. Sul viso di Elijah non c’era altra emozione che il disprezzo per la scelta che lei aveva compiuto.

Lo stava facendo di proposito, la puniva per quello che lui considerava un gesto irresponsabile e stupido che non le avrebbe perdonato facilmente. Ovviamente Elijah si arrabbiava sempre a modo suo.

Briony allora scosse la testa, sbigottita:

"Mi stai mortificando apposta" mormorò lei cercando di non far tremare la voce.

Elijah le rivolse l’ennesimo sorriso freddo e vuoto:

"Non lo farei mai."

Con indifferenza prese la giacca e le diede le spalle, cominciando a camminare con fare elegantemente inquietante.

"Ti aspetto di là, fai in fretta" ordinò lui senza preamboli.

Di nuovo per il suo tono Briony temette di esplodere come un vulcano. Non voleva farsi trattare così, non voleva esporre la sua debolezza anche se Elijah da una parte aveva ragione. Ma lui le sue ragioni non le aveva nemmeno ascoltate, come al solito si era comportato in maniera così ordinaria e glaciale da smembrare ogni cosa per farla acconsentire al suo volere.

Briony si stizzì al limite e quasi si mise sopra a un tavolo a sbraitare come un animale:

"Dovrai portarmi in spalla legata in un sacco perché puoi scordarti che io faccia ciò che vuoi esclusivamente tu!" Gridò a perdifiato ma sentendosi subito la testa girare e il mondo tremare sotto i suoi piedi.

Elijah non si era neanche dato pena di ascoltare le sue parole né di soppesarle; stava per aprire la porta per uscire quando sentì un colpo sordo dietro di lui. Si girò e vide Briony che giaceva sul pavimento come un mucchio scomposto.

Il colore gli svanì dalle guance, gli occhi si spalancarono. Con due balzi le fu accanto, si inginocchiò e la prese delicatamente tra le braccia, chiamandola. Briony teneva gli occhi chiusi e respirava debolmente. Il viso era bianchissimo.

Elijah la prese in braccio come se non pesasse niente e la mise sopra un divano per farla riprendere. Nel vederla in quello stato, il vampiro si sentì afferrare da una paura primitiva che gli strinse le ossa in una morsa.

Fortunatamente Briony rinvenne dopo qualche secondo, sbattendo debolmente le palpebre. Aveva avuto un fortissimo capogiro, la testa le doleva terribilmente e vedeva doppio. Orribile conseguenza di quando hai appena perso molto sangue e ti metti pure a urlare come una pazza.

Doveva averci pensato subito e calmarsi invece si era fatta prendere dagli eventi. Si mise la mano alla tempia bollente con un sospiro mentre Elijah rimaneva al suo fianco. Sapeva che prima di vederlo freddo e calmo, la sua espressione era stata per metà sconvolta credendo che le fosse accaduto qualcosa.

Voleva rassicurarlo e stringersi a lui ma decise di non farlo. Allontanò la sua mano che le teneva la testa nel cercare di drizzare la schiena:

"Sto bene" disse solamente per non mostrarsi troppo debole.

Elijah comunque la cinse per aiutarla nei movimenti e la guardava dubbioso. Vedendo che lei gli corrispose uno sguardo di traverso e stizzito, e che non si era per nulla ammorbidita sulla sua posizione, lui fece un lieve sorriso:

"Non ci posso credere. Sei tu che vuoi fare quella arrabbiata" disse stentando a credere a come si erano messe le cose.

Lei gli fece un broncio:

"Sono arrabbiata perché tu sei arrogante oltre ogni dire"

Elijah alzò accuratamente il sopracciglio:

"Vero. Ma temo che dovrai farci l'abitudine"

Briony sospirò rumorosamente girando il viso. Dopo un attimo di silenzio, Elijah ripartì all’attacco con sguardo serio e indecifrabile:

"Non crederai che io accetti la tua decisione di lasciarti morire."

Ma lei scosse subito la testa:

"Non sto morendo, sono in perfetta forma" rispose semplicemente per non farlo preoccupare troppo. Voleva fargli capire i reali motivi per cui aveva fatto quella scelta folle e perché non poteva più andare avanti così, ma sapeva che le sue parole sarebbero valse come sassolini che volevano abbattere una muraglia.

Girò il viso verso Elijah, guardandolo decisa:

"Non voglio nessun incantesimo. Desidero che le cose rimangano così come stanno e inoltre non potresti farci niente"

Si aspettò che Elijah corresse all’attacco, che subito volesse desisterla dai suoi intenti o magari rinchiuderla chissà dove, invece la sua mascella ebbe un impercettibile guizzo e la bocca si contrasse.

Passarono diversi secondi in cui Briony temette di affogare sotto la pesantezza dei suoi occhi neri. Poi invece Elijah si alzò in silenzio senza avere alcuna reazione. La guardò dall’alto:

"Come desideri." Furono le sue uniche, glaciali, parole.

Briony ne fu talmente allibita che non riuscì ad aprire bocca. Lo osservò mentre Elijah si defilava via di lì e riprendeva la giacca tra le mani.

"Dove vai?" gli chiese preoccupata cercando di alzarsi dal divano.

"A Mystic Falls. Devo fare un discorsetto che mi sta molto a cuore a una certa persona" rispose lui freddamente continuando a camminare.

Intuendo che cos’altro voleva fare, Briony quasi sbalzò fuori dal divano per il terrore:

"Da Connor? Sei pazzo?"

Elijah allora si girò con un sorriso arrogante che gli allargava le labbra tirate:

"Detto da una che ha appena firmato la sua condanna a morte é un bel complimento"

Ma Briony non era in vena di fare del sarcasmo. Cercò di alzarsi in piedi per affrontarlo e fermarlo, ma era come se avesse una pietra legata ai piedi e non riuscì a farlo:

"Connor non é una persona con cui ci si può discutere! É pericoloso"  Il terrore era palpabile nella voce pensando a cosa sarebbe accaduto se Elijah avesse fatto irritare il druido col suo solito modo di fare altezzoso.

Ma Elijah non provava la benché minima paura o preoccupazione:

"Sarò io pericoloso quando lo troverò. Ma non preoccuparti non gli farò male.. Non tanto" finì la frase con un sorriso minaccioso, e noncurante delle repliche di Briony, Elijah si rigirò e camminò verso la porta.

“Elijah!”

Ma al suo grido di supplica venne corrisposta una freddezza implacabile. Una peggior punizione della rabbia istintiva.

Prima di chiudere la porta, Elijah parlò ma  senza voltarsi: “Non aspettarti da me qualcosa di diverso quando tornerò” E chiuse con forza la porta dietro di sé.

"Elijah resta qui!” lo chiamò di nuovo lei, cercando di alzarsi e di rincorrerlo. Ma appena lo faceva la testa le girava su se stessa e sembrava che il mondo scomparisse ai suoi piedi. Briony cercò di combattere quelle tremende vertigini e lo chiamò di nuovo, riuscendo finalmente ad alzarsi. Ma solo il silenzio le rispose.

Lui se ne era andato e chissà se sarebbe ritornato.

La sua sola speranza. L’unico raggio di luce nel baratro nero in cui stava precipitando.

Briony si lasciò assalire dall’angoscia, calpestando infine il suo stesso orgoglio e la sua stessa testardaggine che l’avevano portata fino a quel punto drastico.

Il senso di impotenza era lì, pronto a uscire e a dilaniarla.

 

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Per tutto il tempo in cui lui non c’era stato, un’ immensa desolazione aveva riempito Briony e quella villa stranamente lugubre.

Quando però aveva visto Elijah ritornare, un senso di inquietudine e sollievo aveva preso possesso di lei, come se un fumo nero la soffocasse.

L’Originario come se nulla fosse le aveva dato una leggera occhiata, poi si era diretto in un punto della stanza per prendere un fazzoletto di seta e pulirsi le mani.

In quel gesto elegantemente inquietante, Briony si era alzata dal divano e i suoi occhi si erano sempre soffermati su Elijah, tremanti e aspettando che lui parlasse e le spiegasse cosa aveva fatto.

Ma Elijah ne rimaneva comunque indifferente, il suo sguardo freddo era abbassato e nemmeno per sbaglio si era più adagiato su quello di Briony. Forse era meglio, visto l’ira che lo stava attagliando.

“Stai tremando, Briony?” chiese lui all’improvviso con voce bassa, mettendo via il fazzoletto. Anche in quella domanda lui non alzò mai il viso verso il suo.

Briony allora si riscosse da quelle sensazioni contrastanti, che la stavano divorando nel silenzio, e cominciò ad assalirlo con le domande: “Dove sei stato?”

Elijah girovagò per la stanza con sguardo assente:

“Tu cosa pensi?”

“Da Connor.. e che vi siete detti?” Ogni domanda di Briony tremava, come se fosse sul punto di esplodere.

Dopo le sue parole, Elijah rise lievemente scuotendo la testa:

“E’ esorbitante la preoccupazione che senti verso quell’uomo che ha distrutto le nostre vite. La tua ormai è sull’orlo dello sfacelo” mormorò alla fine con tono truce. Il tutto senza guardarla, ma Briony sentiva comunque quel peso esorbitante sulle spalle che la faceva precipitare sotto terra.

“Credi che me ne importi qualcosa di Connor?! Non me ne importa niente! Sai cosa ho provato quando tu te ne sei andato in quel modo senza lasciarmi alcuna spiegazione? Hai idea del terrore che ho sentito nel pensare che ti poteva capitare qualcosa?” Le sua voce sembrava tuonare ma allo stesso tempo appariva tremante, come se lacrimasse tutta l’agonia che aveva sentito da quando lui aveva sbattuto la porta alle sue spalle.

Combattendo la sua debolezza fisica, Briony aveva smosso mari e monti per cercarlo, per fermarlo. Non sapendo dove fosse Connor e intuendo che Elijah non voleva essere trovato, se ne era ritornata alla villa pregando col cuore in gola che lui ritornasse sano e salvo.

Ed era ritornato per fortuna… ma stava mettendo in scena la sua classica vendetta per farle pagare ciò che aveva fatto, in maniera così crudele da sperare perfino che se ne andasse di nuovo da quella porta.

Elijah infatti restò totalmente indifferente al suo tormento e alla sua agonia, come se non lo sfiorasse neppure:

“Io so badare a me stesso, a contrario di qualcun altro.” Rispose a doppio senso, facendole capire cosa pensava veramente.

Briony si sentì così mortificata che sibilò tra i denti, gli occhi ardevano contro di lui:

“E’ sempre la stessa storia, il tuo ego che straripa. Se le cose non vanno come vuoi tu, cominci a comportarti in questo modo odioso”

Elijah allora si girò verso di lei, fulminandola con sguardo crudelmente glaciale:

“Stai attenta. La mia pazienza ha un limite, e oggi lo hai davvero oltrepassato dopo ciò che hai fatto alle mie spalle.”

Sapeva che Elijah era così ferito da smembrare ogni comprensione per lei, così adirato per quel gesto folle che poteva costarle caro. Ma di nuovo quel tono le fece riscaldare il sangue bollente:

“Perché, anche se te lo avessi detto tu avresti acconsentito? E’ la mia vita e decido io. E non c’era comunque altro modo per sistemare le cose.” rispose cercando di fargli capire perché aveva accettato di sottoporsi all’incantesimo.. era necessario.. forse non per il suo bene, ma per il bene di tutti gli altri.

Elijah serrò duramente il viso, facendolo diventare di pietra. Gli occhi erano vuoti, privi di emozione:

“Bene. Perfetto.” rispose scostante in tono monocorde, girando il viso verso un punto della stanza. Tutto si era ghiacciato in lui, a cominciare dalla sua compostezza. Perfino il suo cuore sembrava ghiacciato in quel momento.

Briony rimase inerme a subire i suoi colpi gelidi e punitivi, come al solito quella finta indifferenza la feriva più di una plausibile rabbia. La feriva più di quanto potesse immaginare proprio perché la situazione era terribilmente drastica.

Involontariamente alcune lacrime la bruciarono gli occhi, le labbra tremarono per tenere i singhiozzi dentro il proprio corpo:

“Tu davvero ti disinteressi di quello che provo. Ho visto con i miei stessi occhi Gwendolyn morire per mano di Connor.. in un modo orribile... per tutto questo tempo in cui tu non ci sei stato ho pensato che potesse capitare la stessa cosa a te. Mi sono sentita squarciare l’anima ma a te ovviamente non importa.” Mormorò con voce tremante e addolorante, facendogli intendere quanto grande fosse stato il suo tormento, quanto poche fossero quelle lacrime in confronto a quelle che le avevano prosciugato l’anima nella tremenda attesa.

Elijah allora si girò verso di lei, ottenendo finalmente la sua attenzione. Ma lo sguardo non trapelò nulla se non durezza e ira spaventevolmente glaciale.

“Forse allora capirai come mi sono sentito io” ribattè a denti stretti, fissandola torvo quasi per punirla di ciò che lei gli aveva arrecato quando aveva scoperto la diavoleria che aveva fatto.

Quella nuova verità lo aveva assalito dall’interno, lo spremeva inevitabilmente fino a non dargli tregua. L’unico modo per far finta che quel dolore assillante non esistesse era comportarsi in quel modo, come aveva sempre fatto per tenere le emozioni fuori dalla sua vita.

Briony rimase a guardarlo sconfitta e abbattuta da lui, dalle sue parole, dal modo in cui stava combattendo per non sentirsi ferito.

Ma il suo cuore risalì dalle sue stesse ceneri per fronteggiare quell’oceano di agonia che voleva affogarla:

“Tu non capisci!” ribattè lei all’improvviso agitandosi. “Tu saresti abbastanza forte da vivere senza di me, se questa sarebbe la scelta più giusta… ma io no. Non ce la farei, non sono così coraggiosa da saper rinunciare a te. Non posso vivere altrimenti.” La voce andava man mano ad affievolirsi, come se non volesse occupare troppo spazio in quel silenzio divorante, come se non volesse far capire così platealmente quanto lei aveva bisogno di lui. Un bisogno che andava al di là del semplice desiderio di avere qualcuno accanto per assopire la proprio solitudine.

Briony era pienamente consapevole di aver bisogno di Elijah, più di quanto avesse bisogno nel sentirsi la pelle intatta sopra le ossa, nel sentire l’aria fluire nei polmoni e il cuore battere regolare per farla vivere. Tutte quelle cose necessarie per qualunque altro essere umano erano influenti per lei se non aveva Elijah accanto. 

Il pensiero di saperlo morto valeva per lei come qualcosa di intossicante che le si ficcava in gola e la privava dolorosamente del respiro, fino a far morire lei stessa.

Non sarebbe mai più riuscita a vivere senza di lui, le era entrato troppo dentro con quello sguardo magnetico e freddo, con quell'espressione che a volte le faceva venire voglia di scappare via a gambe levate ma inevitabilmente rimaneva sempre lì con lui.. con quegli occhi neri, profondi e tristi che dicevano di non credere nell'amore quando invece aveva proprio cominciato a crederci stando con lei.

Lo sguardo che Elijah le rivolse dopo le sue parole la fece distogliere dai suoi pensieri, che potevano anche apparire egoistici ed arroganti visto che aveva appena affermato che lui poteva vivere senza di lei, e lei invece non poteva fare il contrario. Avrebbero vissuto due dolori diversi, sofferto in modo diverso.

Ma l’ira o della traccia di severità non venne fuori in lui per quel doppio senso di parole. Stranamente l’espressione del suo sguardo si intristì un poco, assorbendo esclusivamente la parte in cui lei soffriva terribilmente senza di lui.

Ma poi i suoi occhi si spostarono da un punto all'altro della stanza, spasmodicamente, come alla ricerca di un appiglio dove poter ritrovare la freddezza che aveva mantenuto fino ad allora. Elijah restò in un tetro e divorante silenzio, in cui il suo sguardo poteva significare tutto o niente.

Alla fine disse, senza però guardarla:

“Comunque non c’è modo per eliminare l’incantesimo. E’ irrevocabile. Spero sarai soddisfatta” disse con una punta aspra nella voce. La severità era l’unica cosa che si poteva leggere nel suo viso. Briony deglutì sapendo che non poteva ribattere a tono.

Poi lui si mosse dalla sua immobilità e si diresse verso di lei, lo sguardo accarezzò il suo in maniera distaccata come se realmente non la guardasse: “Se lo desideri puoi darmi delle coordinate per la tua sepoltura. Farò in modo che vengano esaudite al meglio” le sue parole risuonarono glaciali, prive di emozioni se non quella sottile ironia che sfiorava la crudeltà e la cattiveria.

Briony ne rimase talmente interdetta che sgranò gli occhi. Venne perfino privata del respiro da come aveva parlato.

“Come puoi parlare in questo modo così freddo? Sei senza cuore” gli rinfacciò lei impulsivamente, fissandolo dura.

L’unica reazione che ottenne da lui fu uno sbattimento di ciglia. La sua freddezza era invalicabile, la puniva:

“Ancora con questi discorsi.. Voi umani tirate sempre fuori le stesse giustificazioni per difendere i vostri torti.” Replicò lui noncurante e distaccato.

Quel palese rifiuto a voler approfondire qualsiasi conversazione, insieme all'atteggiamento odiosamente distante di Elijah, fece irritare Briony come non mai:

“Mi prendi in giro? Vuoi rendere in maniera plateale quanto io e te siamo diversi? Quanto tu sei superiore a tutto mentre io sbaglio sempre?” mormorò delusa.

Elijah girò di più il viso verso di lei, l’espressione era indecifrabile:

“Le tue considerazioni non sono corrette... dovresti rivederle” Poteva anche apparire presuntuoso a prima vista, ma era davvero così vuoto da non valere nessuna fatica di parlargli perché tanto non sarebbe servito a niente. Lo faceva apposta per ferirla, per mortificarla. Usava le parole e l’indifferenza perché le azioni rudi e violente non erano da lui, anche se Briony piuttosto che essere trattata in quel modo preferiva mille schiaffi a confronto.

“Non puoi trattarmi così. Che cosa sono, una tua marionetta? Non dopo ciò che abbiamo passato..”

Elijah come risposta le fece un ghigno glaciale:

“Beh, tu hai il dono di tirare fuori il mio lato peggiore” rispose lui come se fosse una cosa semplicissima e non giustificandosi affatto.

Briony allora credeva davvero che fosse così… Se nella sua perfezione Elijah aveva dei difetti, lei li faceva venire fuori nel modo più inaspettato e crudele. I svantaggi nel voler conoscere e amare una persona sotto tutte le sue sfaccettature.

Serrò duramente i pugni come se volesse colpirlo o urlargli contro:

“Ne faccio volentieri a meno. Non sei l’unico che sta male qui dentro. E col tuo permesso, me ne andrei in camera ora. Da sola.” commentò acidamente alla fine corrispondendogli lo sguardo di pietra con coraggio.

Il viso di Elijah questa volta ebbe un impercettibile guizzo, la bocca si serrò in una linea severa  e dura:

“Fai come vuoi. D’altronde è quello che fai sempre” ribattè secco lanciandole uno sguardo truce, non facendole quindi dimenticare l’ira non assopita per il suo insensato gesto di diminuirsi il flusso vitale.

Briony questa volta non ebbe nulla di giustificato da dirgli, proprio per lo sguardo che le rivolse prima di darle le spalle. Deglutì nel sentirsi mancare un battito proprio perché una parte della ragione, forse gran parte, ce l’aveva lui proprio perché il suo era stato un gesto suicida.

Ma la situazione era andata troppo in là, e si era lasciata guidare dalla delusione e dalla rabbia in contrapposizione alla glacialità di lui.

Vide Elijah camminare per la stanza e andarsene in completo silenzio. Lo stesso silenzio tombale che pervase il suo cuore.

 

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Nei giorni a venire le cose non andarono meglio, tutt’altro… Elijah evitava la compagnia di Briony come se non sopportasse averla vicino; gli unici sguardi che le regalava erano di severità, fino a sfiorare l’odio.

Briony non riusciva a credere che di nuovo quelle tetre emozioni stessero dipingendo il viso di ghiaccio di Elijah.. poteva capirlo se lui fosse totalmente arrabbiato ma facendo così si peggioravano solo le cose.. non dovevano sprecare quei giorni se davvero le rimaneva poco da venire, oppure magari sarebbe morta tra decine e decine di anni. Nessuno poteva saperlo  ma d’altronde ogni uomo non immortale doveva morire. Lei aveva solo preceduto gli eventi in un modo necessario.

Quel giorno Briony si mise contro la parete del salone ad osservare Elijah seduto su una poltrona a bere qualcosa: sembrava assorto nei suoi pensieri, distante come sempre.

Probabilmente si sarebbe ritrovata a dire qualcosa di sbagliato, a cedere di nuovo a delle insulse debolezze, ma voleva tentare. Si avvicinò piano a lui: “Elijah…” cominciò a dire “Non ha senso continuare in questo modo..”

Lui però non alzò il viso dal bicchiere né diede segno di aver udito. Briony si morse il labbro, andando avanti: “Vuoi farmi preoccupare ancor di più? Parlami.”

“Ah sì, hai dei buoni motivi per essere preoccupata” rispose lui all’improvviso non muovendosi neanche. Ma quella risposta si abbatté comunque su di lei, senza che fosse necessario un suo sguardo inquietante. Ma poi Elijah continuò:

“Vuole essere Rebekah a organizzarti la festa di compleanno”

Briony allora rimase sorpresa per quella scoperta e stava per assentire, continuando così una plausibile conversazione ma lui come al solito la anticipò:

“Anche se non vedo cosa ci sia da festeggiare” rispose freddo mettendo il bicchiere sopra un tavolino.

Briony abbassò lo sguardo. “Per me comunque va bene.”

Non appena lo vide alzarsi e dirigersi verso l’uscita senza degnarla di un’occhiata, lei lo raggiunse in fretta e lo prese per un braccio, costringendolo a fermarsi:

“Elijah aspetta..”

“Cosa dovrei aspettare, Briony? Cosa…?” le sibilò a denti stretti, lanciandole un’occhiata cupa.

Quella perfidia la scottò, tanto che Briony lasciò andare la presa fissandolo con dispiacere. Sperò di ottenere un minimo di comprensione da parte sua, invece Elijah se ne andò non aspettando una benché minima risposta che lui non voleva sentire.

Briony sospirò sconfitta nel lasciarlo andare, sapendo che non poteva fare niente per trattenerlo. Si stavano lasciando divorare dai dubbi, dagli errori, dal risentimento.. e non potevano fare nulla per impedirlo questa volta.

Lei avrebbe tanto voluto il suo perdono, la sua comprensione.. il cuore rivoleva il suo amore.

Era lì che aspettava, lì tra il dolore e il rimpianto, nell’attesa che quel limbo trovasse fine.

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Casa Mikaelson era maestosa quella sera, sembrava fosse più elegante delle altre volte in cui c'era stata. L'atmosfera era intima sebbene Agnes fosse lontana da Klaus, entrambi a capotavola. L'ibrido aveva invitato la ragazza a cena con tutti gli onori, si era comportato come un signore d'altri tempi, e infatti Agnes continuava a guardarlo di sottecchi chiedendosi come mai si comportava in quel modo così carino e la cosa la preoccupava.

"Mi sto chiedendo come mai di questo invito" disse lei giocherellando con la forchetta.

Klaus dall'altro lato del tavolo la fissò con un ghigno divertito, mettendo le mani sotto il mento:

"Non mi dire love che non ti senti a tuo agio"

"No più che altro mi domando perché ti sia limitato ad invitarmi.. tu di solito obblighi e costringi le persone"

Klaus scrollò le spalle per quella dura verità:

"Che male c’è a voler fare il cavaliere per una sera?"

Agnes assottigliò gli occhi, non ancora convinta della sua buona fede. Cercò di portare la sua attenzione nel cibo che doveva mangiare ma la voce di Klaus la bloccò:

"E poi tu hai corso il rischio senza tanti problemi.. devo dedurre che io ho vinto e tu hai ceduto come al solito?" domandò con una punta di vittoria decisa nella voce.

Agnes alzò gli occhi al cielo, scegliendo di non badarlo. Tornò a guardare il piatto ancora pieno, non che non avesse un aspetto prelibato ma sentiva tutto lo stomaco sottosopra. Nervosamente si mise un capello dietro l'orecchio e con disagio si accorse che Klaus non aveva smesso un attimo di fissarla col suo solito sguardo sornione e malizioso.

“Smettila di guardarmi così.” disse lei non alzando lo sguardo dal piatto e cercando di non far affluire il sangue nelle guance.

Anche se non riusciva a vederlo in viso, intuiva che Klaus aveva inarcato il sopracciglio in modo innocente come se non sapesse di cosa stava parlando. Agnes allora decise di alzare lo sguardo per incrociare il suo.

“Così come?” domandò lui a sua volta quasi innocentemente.

“Con quel sorrisetto come se facessi intendere che mi leggi la mente”  replicò lei non scostando mai gli occhi dai suoi, anche se erano a lunga distanza.

Klaus alla sua risposta scrollò le spalle:

“Forse so farlo, ma non mi va di svelare tutti i miei trucchi in una sera” mormorò bevendo un goccio di vino.

Agnes era piuttosto sul chi vive nel scoprire quali fossero i trucchi di Klaus, visto che alcuni li aveva già assaporati in passato e molti dei quali l’avevano fatta arrotolare dalla paura. Cercò di non pensarci e di badare al cibo che si stava nettamente raffreddando.

Scese un imbarazzante silenzio in cui nessuno dei due parlò per un po’. Poi fu l’Originario a prendere in mano le redini della situazione, picchiettando alcune dita sopra il tavolo:

“Comunque non c’è bisogno di essere poi così tesi e nervosi.. ci siamo baciati, non abbiamo fatto nessun crimine né siamo andati contro le leggi divine” disse lui noncurante e distaccato.

Agnes traballò sulla sedia e cercò in ogni modo di impedire al sangue di scorrere veloce nel ricordare il bacio di Klaus che le aveva dato, così all’improvviso da toglierle il respiro e ogni razionalità. Questa volta lo sguardo venne sviato in un altro punto della stanza per via del disagio nascente:

“Ne parli come se fosse una cosa normalissima come allacciarsi l’orologio. Quante altre ragazze hai portato alla tua tavola?” domandò cercando di non far salire nella voce una insana e ingiustificata gelosia, visto che il modo di vivere di Klaus le era stato da sempre chiaro, anche sua sorella c’era passata dopotutto.

Nel pensare a Ylenia, Agnes sentì l’ansia artigliarle le vene. Sicuramente se avesse saputo che era lì, in compagnia di Klaus, da sola in una cena tecnicamente romantica, sarebbe andata su tutte le furie.

Klaus alle sua risposta scrollò le spalle, come se fosse una cosa che non gli importava granchè:

“Tante. Ma la maggior parte stavano nel piatto oppure mi servivano da dessert.” Disse con una punta di sadismo nella voce.

Agnes di nuovo tremò e credette di aver capito male. Ma visto che ormai conosceva i modi di Klaus, era sicura che fosse serio e che quasi quasi quella diavoleria maligna era la verità.

Si guardò nervosa il piatto credendo che lì in mezzo ci fossero dei resti di cadavere. Scrollò la testa cercando di non pensarci:

“Per avere 1000 anni le buone maniere ti sono lontane anni luce. Anzi penso che tu faccia apposta per mettere le persone a disagio” disse per buttare via dalla sua mente quella frase di cattivo gusto.

Klaus le sorrise affine, come se lo avesse appena premiato con un titolo d’onore. La candela al centro del grande tavolo ad un tratto finì per spegnersi del tutto, e Klaus stava per alzare la mano per ordinare a qualche suo ibrido di mettere a posto ma all’improvviso la luce nella candela si riaccese come se nulla fosse.

Klaus guardò Agnes perplesso con la coda dell’occhio e lei gli sorrise semplicemente:

“Ti sei dimenticato che sono anche io una strega?”

Klaus di rimando aggrottò la frase, assumendo un’espressione diabolicamente seria:

“Ho una pessima opinione di loro, mi hanno sempre procurato delle grane. Tua sorella in primis”

Agnes cercò di non arrabbiarsi e rimase calma, ponendo i gomiti sopra il tavolo:

“Perché rovinano i tuoi piani giusto? E adesso non mi dire che non hai nessun diabolico piano in mente per passarti il tempo?”

Klaus allora le fece un ghigno misterioso, alzando il calice come in un brindisi:

“Ne ho qualcuno, sì.” Mormorò non facendosi però scappare nulla visto i suoi grossi problemi di fiducia.

Un rumore alle loro spalle li fece desistere dal prolungare quella conversazione; lo sguardo di Klaus si alzò verso qualcuno che stava arrivando alle spalle di Agnes.

 “Quando si parla del diavolo” mormorò tra sé e sé lanciando degli sguardi di fuoco a Kol, impeccabile nel suo smoking e col suo classico sorrisetto da canaglia. Il più giovane dei Mikaelson si avvicinò alla sedia di Agnes, guardando il fratello con uno sguardo furbetto:

“Nik stiamo andando a New Orleans. Nostra sorella ha organizzato una festa per la nostra cara cognata che adori tanto. Ma credo che non sei stato invitato, sbaglio?” domandò ilare sapendo che l’avrebbe fatto arrabbiare.

Klaus infatti lo guardò di traverso:

“Ho altro di meglio da fare” rispose secco per chiudere la questione.

Kol allora lanciò un’occhiata ad Agnes, che era rimasta sulla sedia in silenzio:

“Vedo.” Mormorò lui con un sorrisino come se avesse capito tutto. Si presa la libertà di sfiorarle un ciuffo dei capelli, il sorriso era sempre stampato sul suo bel faccino: “Non sciuparla troppo, è così un bel fiorellino.”

Agnes si scansò da lui con freddezza e Klaus lo guardò con un’occhiata bollente, quasi stesse per alzarsi dalla sedia e afferrarlo per il collo:

“Perché non sloggi Kol?” domandò solamente, trattenendosi.

Il fratellino allora alzò le mani in segno di resa, mantenendo comunque il sorriso da canaglia:

“Sloggio sloggio. Ma ti ricordo che non puoi più darci ordini. Pugnali spariti, libertà per noi.” puntualizzò col suo solito tono.

Klaus grugnì, intuendo che era stato davvero Kol a far sparire i pugnali chissà dove, ma sapeva che non poteva estorcergli nessuna confessione poiché il fratello era più testardo di un mulo quando ci si metteva.

Kol alla fine se ne andò, raggiungendo sicuramente gli altri suoi fratelli. Scese un silenzio imbarazzante nella sala: Agnes intuì che Klaus si era messo di cattivo umore dopo l’apparizione del fratello e ne sapeva il motivo vista l’espressione rabbiosa. Mise i pugni sotto il mento, fissandolo con calma:

“Puoi tenere legati a te i tuoi fratelli anche senza pugnali.”

L’ibrido grugnì con stizza, guardando basso:

“Zitta.” sibilò tra i denti come se stesse per scoppiare.

Agnes rizzò la schiena e serrò il viso per il suo tono:

“Quanto riguardo per il tuo ospite.” Proruppe con finta calma e ironia, guardandolo di traverso. Vedendo che lui non la degnava più della benché minima attenzione e che si era assorto in pensieri non proprio pacifici e giusti, Agnes sospirò rumorosamente:

“So che nonostante il tuo caratteraccio vuoi bene ai tuoi fratelli. Perché non fai uno sforzo?”

Di nuovo Klaus grugnì per la sua intromissione:

“Devono fare loro lo sforzo di non mettersi sempre contro di me se non vogliono fare una brutta fine.” rispose duro e implacabile.

“Li uccideresti davvero?”

Alla domanda titubante di Agnes, Klaus alzò lo sguardo su di lei rimanendo in silenzio come se ci stesse davvero pensando. Ma poi alla fine fece un sospiro, liquidando subito quella questione che lo turbava troppo:

“Non voglio sciupare la serata con questi discorsi, mangia le verdure che fanno bene”

Agnes alzò il sopracciglio e cercò di mangiare ma aveva davvero lo stomaco chiuso per troppi motivi. Decise di deporre le posate sopra il tovagliolo e bevve un sorso di vino per riprendere il controllo sulla sua agitazione:

“E comunque se non puoi avere i tuoi fratelli… puoi avere degli alleati o degli amici.” disse all’improvviso.

Klaus aggrottò la fronte, sinceramente perplesso:

“E chi sentiamo? Nell'ultimo periodo ho poco da divertirmi visto che il tuo amico mago ci tiene col fiato sul collo. A chi dovrei affidarmi allora? A te?”

Inaspettatamente disse l’ultima parola con acidità ma Agnes non risposa alla sua provocazione perché sapeva quanto lui fosse perversamente lunatico.

La ragazza scrollò solamente le spalle con fare assente poi si mise a giocherellare col coltello, creando disegni immaginari contro il tessuto fine della tovaglia. Vedendo le sue mosse strane, Klaus aggrottò la fronte:

“Che stai facendo col coltello?” domandò quasi stizzito, come se gli avesse appena rotto qualcosa di valore.

Agnes alzò lo sguardo con un sorrisino:

“Vuoi vedere?” domandò alzando il coltello contro il palmo. Visto che Klaus rimaneva in silenzio, lei decise di alzarsi dalla sedia tenendo sempre il coltello fra la mano. Fece dei passi verso di lui con uno strano sguardo:

“La magia è molto strana, quando ne usufruisci non sai mai fino a che punto potrai spingerti. Esistono così tanti incantesimi che nemmeno ti immagini.”

Arrivò fino a lui, così vicini che quasi potevano guardarsi dentro la pupilla. Klaus non badò più nemmeno al coltello che lei brandiva in mano.

“Conosci qualche incantesimo che possa tagliare le lingue ai miei fratelli?” domandò lui scherzoso, guardandola dal basso.

Lei rise e scrollò poi le spalle:

“Può darsi che esista ma è meglio che non te lo dica. Finiresti per tagliare pure la mia.”

Klaus le lanciò un’occhiata eloquente e l’afferrò per un braccio per avvicinarla di più a sé. Agnes si lasciò guidare stranamente senza la paura negli occhi, i loro respiri sembrarono schiantarsi l’uno contro l’altro.

“Non credo proprio.” replicò lui con un sorriso audace ma facendolo subito scomparire in un’espressione profonda e magnetica. Agnes rimaneva immobile, il cuore fermo mentre aspettava che lui facesse qualcosa. Non appena Klaus cominciò ad avvicinare il viso verso il suo, lei sbatté le ciglia continuando a rimanere immobile.

Klaus si bloccò non appena sentì all’improvviso un dolore acuto nel braccio e si scansò subito come se fosse stato appena fulminato da lei. Lo sguardo di Agnes era normale, neutro mentre teneva il coltello alzato sulla mano; quello di Klaus invece era assorto sulla ferita al braccio che lei gli aveva provocato senza alcuna ragione.

Gli occhi cominciarono a dardeggiare:

“Che diavolo..” mormorò completamente preso alla sprovvista, continuando a guardare quelle piccole ferite che sembravano formare degli strani disegni.

Agnes gli sorrise noncurante come se nulla fosse, degli schizzi di sangue gocciolavano lungo la punta del coltello:

“Ti ho fatto vedere cosa stavo facendo sopra il tavolo.. sono segni che simboleggiano la vita, giudizio e prosperità.” disse semplicemente avvicinandosi ancora a lui.

Klaus però la guardò di traverso per quell’atto che non gli era affatto piaciuto:

“Non mi serve la capacità di giudizio.. che ti è venuto in mente?” sibilò a denti stretti come se volesse strozzarla.

Agnes inclinò la testa da un lato:

“Non mi dire che senti dolore per una così piccola ferita?”

In effetti non poteva soffrirne visto che era un ibrido ma comunque gli aveva dato fastidio. L’aria si caricò di adrenalina mentre Klaus continuava a guardarla con occhiate cupe. Capendo di non poter andare molto lontano, Agnes alzò gli occhi al cielo e depositò il coltello sul tavolo:

“Ti chiedo scusa allora.” disse cercando una risposta da lui con lo sguardo. Klaus però le rivolse un'occhiata indecifrabile:

“Torna al tuo posto.” replicò autoritario, facendole così serrare il viso. Agnes stava per andarsene senza dargli più un'occhiata.

Klaus però sembrò cambiare idea all'ultimo minuto e l'afferrò all'improvviso per un polso. Agnes allora si voltò con sguardo sbigottito non sapendo forse cosa volesse fare; ma lo sguardo di Klaus era inequivocabile:

“Anzi no rimani qui.” ribatté lui cambiando di nuovo idea. Si alzò mantenendo sempre lo sguardo su di lei, Agnes era immobile come in attesa. L'ibrido la guardò immensamente come se fosse un tesoro: alzò entrambe le mani verso il suo viso, deponendole sui lati e accarezzandole la pelle.

Agnes lo guardava con la stessa intensità, sempre in attesa che lui si avvicinasse. Alzò un pò la testa per sentire meglio le sue dita gelide sulla pelle, gli occhi sembravano brillare.

Klaus assalì le sue labbra con le proprie, fiondandosi su di esse. Le mani le intrappolavano dolorosamente il viso. Agnes alzò una mano per stringere i capelli di lui fra le dita mentre l’altra la mise sul suo fianco, prolungando quel bacio.

Klaus si staccò all’improvviso e la guardò dritto negli occhi azzurri. Sembrò leggervi dentro una conferma che attendeva e sperava da tempo, e questo lo inebriò ancor di più fino a fargli bollire il sangue per una causa diversa dall’odio o dalla rabbia.

Velocemente le circondò la schiena con il braccio e la spostò con altrettanta velocità contro il tavolo, intrappolandola con il suo corpo. Le loro labbra erano sempre incatenate fra loro come a scandire dei battiti impazziti, il bacio divenne man mano più appassionato e Agnes faceva fatica sul serio a respirare. Klaus le liberò all’ultimo le labbra e scese a divorarle il collo che aveva sempre bramato; sentiva che il suo odore dolciastro lo inebriava fino alla follia.

Agnes teneva gli occhi chiusi, le mani erano fra i capelli di Klaus come se ci stesse aggrappata. Sentiva che il corpo dell'ibrido la soffocava contro il tavolo ma non oppose alcuna resistenza. Lui indugiò a lungo su un lato del suo collo, come a prepararla con delicatezza alla mossa violenta che stava per fare. Agnes rimase tremante ma immobile contro di lui mentre il cuore le batteva con troppa forza nel petto.

Klaus rimase un attimo fermo come ad allungare quella tremenda attesa, le dita aveva cominciato a sfiorarle il collo con venerazione. Un senso di familiarità gli si strisciò nell'anima e sorrise, pregustando il momento in cui quel delizioso sangue, dolce come il miele, gli avrebbe bagnato le labbra.

“Hai sempre avuto un odore squisito, sweetheart. Perfetto per me.” le alitò lui contro il collo un secondo dopo prima di morderla.

Agnes traballò su di lui, sentendo l’anima spezzarsi. Avrebbe voluto gridare per il dolore momentaneo ma rimase immobile, assecondando ciò che lui le stava facendo per la seconda volta. Solo che in quell’istante la paura sembrava diramata, la abbandonava proprio come il sangue abbandonava il suo corpo per filtrare nella bocca bramosa di Klaus.

Lui la strinse di più a sé, come se la stessa abbracciando e volesse sentirla intimamente più vicina mentre continuava a bere quel sangue che lo inebriava; i denti sembrarono affondarono delicatamente nella sua carne. Agnes appoggiò poi entrambe le mani sul suo petto come se volesse scostarlo via oppure stringerlo a sé.

Klaus ebbe per fortuna il potere di fermarsi in tempo, il viso era sempre incollato contro il suo collo. Le baciò gli ultimi residui di sangue rimasto, ripulendole la ferita e saziandosi ancora. Agnes strinse le palpebre, deglutendo e cercando di non tremare più.

Klaus rise piano contro il suo collo: “Meglio che torni al tuo posto questa volta prima che ti rovini del tutto.”

Agnes accolse con fatica la minaccia di Klaus e cercò di ridere anche lei per ammorbidire i battiti impazziti. “Devi lasciarmi andare però” disse lei, visto che le mani di Klaus le intrappolavano i fianchi contro il tavolo, impedendole di muoversi.

L’ibrido allora riprese il controllo e la liberò da quella dolce prigione, lanciandole un’occhiata divertita che Agnes non raccolse visto che si dileguò più dignitosamente che poteva verso il proprio posto.

Si sedette cercando di coprirsi il collo con tutti i capelli, mentre Klaus continuava a non staccarle gli occhi di dosso col suo solito sorriso beffardo.

“Vogliamo brindare? La serata è ancora lunga.” mormorò lui fissandola.

Con una risatina agitata, Agnes alzò anche lei il calice in risposta e bevve tutto d’un fiato.

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Rebekah era venuta ore prima per sistemare la casa e rendere tutto perfetto per la festa. E in effetti lo era: la villa sembrava addobbata come se fosse la Casa Bianca, Rebekah aveva aiutato Briony a scegliere il vestito da indossare e aveva soggiogato qualcuno per preparare una cena da multimilionari. La ragazza aveva passato tutto il pomeriggio con l’Originaria, scherzando e divertendosi, come se non avesse nessun problema per la testa e avesse lasciato tutto il passato alle spalle.

Sarebbe stato perfetto se non fosse stato per una presenza lugubre.

Non che Elijah non fosse impeccabile: portava il suo classico smoking nero, i capelli erano perfetti come sempre e non aveva provocato alcun problema… proprio perché se ne stava sempre in silenzio. Un così tetro e cupo silenzio che Briony credeva di non aver mai udito.

Se ne stava appoggiato con la schiena contro la parete, le braccia conserte e l’espressione in sovrappensiero e fredda. Qualche volta parlava con Rebekah ma lo faceva rigidamente e senza entusiasmo, spesso sorrideva in maniera così agghiacciante da far rabbrividire anche un iceberg.

Briony cercò di non darci peso e di passare una serata tranquilla per una volta senza troppi pensieri, quindi forse erroneamente, non gli dava granchè peso.

Era scesa la sera, entro poco sarebbero venuti anche gli altri invitati e Rebekah era più eccitata di una bambina. “Vedendoti in questo stato sono super felice di averti dato l’onore di organizzare la festa” le disse Briony mettendole una mano sulla spalla.

L’Originaria gongolò pensando di aver fatto davvero un buon lavoro, mentre Elijah si avvicinò alle due ragazze: l’espressione distante era gentile, ma nascondeva sotto qualcos’altro che Briony ben conosceva.

“Hai fatto un buon lavoro, sorella. Dovremmo rimembrare questo compleanno visto che potrebbe essere l’ultimo.” mormorò lui guardando un punto davanti a sé con freddo disinteresse.

Briony sentì il sangue in fiamme e sospirò per riprendere la calma. Sapeva che Elijah era ancora arrabbiato e questo era il modo per fargliela pagare con la tattica più feroce, ma comunque per una sera poteva risparmiarsi il suo malumore. 

Rebekah invece alzò le braccia al cielo ma non commentò visto che ormai conosceva il fratello ed era meglio lasciarlo in pace in quei momenti.

Il campanello suonò a vista d’occhio nei minuti a seguire. La prima che arrivò fu Caroline, che subito lanciò un’occhiataccia a Rebekah per aver organizzato la festa della sorella al suo posto. Briony l’abbracciò subito non dandole tempo di iniziare uno stupido litigio.

“Ben arrivata sorellina. Sono felice di averti qui” le disse dandole un bacio sulla guancia. Caroline a dispetto delle sue condizioni di giorni addietro era in perfetta forma e splendente come sempre. Interiormente Briony fece un sospiro di sollievo perché non avrebbe mai sopportato di rivedere la sorella in quello stato orrendo.

Caroline stranamente fece anche un cordiale saluto a Elijah, il quale iniziò ad analizzarla come se fosse una cavia da laboratorio. Gli fuoriuscì un sorriso estremamente freddo: “Sono felice di vederti sana e salva. Tua sorella era molto in pensiero per te..”

Briony gli lanciò in segreto un’occhiata di traverso per quelle parole falsamente gentili. Caroline non sapeva cosa l’incantesimo aveva comportato per la sorella ed era meglio così perché si sarebbe solo sentita schifosamente in colpa. Elijah tenne ancora lo sguardo gelido su Caroline, che non sapeva cosa dire, poi in silenzio alzò l’angolo della bocca in un altro sorriso agghiacciante e se ne andò nell’altra sala.

Briony lo guardò in tutta la sua scia con sguardo apprensivo ma poi tornò a badare ai nuovi ospiti: erano arrivati anche Matt – dopo il suo arrivo Rebekah si era comportata nel modo più carinamente possibile e dava tutte le sue attenzioni al ragazzo, che stranamente non sembrava dispregiare il suo intento gentile – e poi arrivò anche Ylenia.

“Ehi streghetta.” Briony la accolse con un enorme sorriso e così fece anche l’amica, ma subito questa le rivolse l’ennesimo sguardo preoccupato che sembrava in simbiosi con quello terrificante di Elijah. 

Briony allora alzò gli occhi al cielo pregandola di non fare inutili storie: sapeva che avevano tutto il diritto di sentirsi preoccupati o arrabbiati, ma almeno quella sera non avrebbe voluto proprio pensarci.

“E tua sorella… non è venuta? Te lo avevo detto che poteva venire anche lei, per me non c’era alcun problema.” le disse Briony fissando fuori dalla porta come se si aspettasse di vedere una chioma bionda apparire all’improvviso.

Ylenia distorse il viso eternamente abbronzato in una smorfia orripilante. “Mia sorella sembra gradire di più la compagnia di qualche altro Mikaelson.” disse solamente per poi avviarsi dentro la villa.

Briony alzò il sopracciglio in risposta. A chi si stava riferendo? A Klaus? Possibile? Provò a immaginarsi il fratello di Elijah con la sorella di Ylenia. Il lupo e l’agnello. A dir poco surreale.

Cercò comunque di non commentare per non mettere troppa ansia a Ylenia che già di per sé sembrava scoccare fulmini.

Venne anche Finn che fu subito invitato a entrare. Nonostante fosse un Originario, a Briony sembrava più innocuo di un semplice vampiro.

“Buon compleanno Briony. Grazie per l’invito.” le disse lui gentilmente sfoderando un bel sorriso.

“Grazie Finn. Entra pure.” Chissà perchè lo sguardo di Briony saettò da una parte per cercare Ylenia. La trovò subito visto che era nel pianerottolo, lo sguardo era fisso su quello di Finn.

L’Originario sembrò bloccarsi alla sua vista ma poi uscì dalla sua rigidità: “Buonasera Ylenia.” disse gentile.

La strega gli fece un sorriso in risposta: “Ciao Finn”.

Lui rimase un po’ bloccato sul da farsi per qualche secondo, ma poi raggiunse sua sorella nel salone principale a sguardo basso. Ylenia non smise mai di guardarlo anche quando fu scomparso dalla sua vista.

Briony stava per dirle qualcosa per confortarla, ma una voce acuta e ironica le risuonò da dietro le spalle.

“Ed ecco l’invitato più affascinante del secolo. Ovvero io.”

Briony sorrise tra sé e sé intuendo subito chi fosse: ovviamente era Kol. Elegantissimo e splendente nel suo smoking, durante la sua battuta si era lisciato i capelli con la punta della dita, il suo sorriso era così smagliante da far capitolare centinaia di ragazze.

“Kol.”

Non fu Briony a parlare, ma fu Elijah che in silenzio e all’improvviso le si era affiancato. Il suo sguardo attento non lasciava mai quello del fratello.

Kol aggrottò la fronte:

“Che è quello sguardo ombroso? Che cosa ho fatto stavolta?”

Elijah gli sorrise freddamente. “Niente. Quello che mi preoccupa è ciò che farai.” appoggiò la spalla allo stipite della porta, continuando a fissarlo scrupolosamente.

Briony, che tutto il tempo era rimasta in silenzio, partecipando imbarazzata a quello scambio di battute, si ritrovò a pensare che dopotutto Elijah non aveva granchè torto sulle sue reticenze visto che Kol non era Finn ed era invece una bomba a orologeria.

Kol però sembrò non badare agli sguardi che gli lanciavano: “Perché? Non ispiro forse fiducia? Do la mia parola d’onore che non combinerò guai, almeno per questa sera.” replicò ironico mettendo una mano sul cuore e alzando il braccio in un perfetto teatrino.

Elijah mantenne lo sguardo su di lui. “Briony?”

Aveva richiamato la sua attenzione per farla scegliere se invitare Kol o no. Lei girò il viso verso di lui ma notò che nemmeno in quel momento Elijah la stava fissando. Si morse nervosa il labbro:

“Entra pure Kol.”

Il più piccolo dei Mikaelson allargò di più il sorriso, facendole quasi rimpiangere la sua scelta. Ma d’altronde non poteva mica lasciarlo fuori… anche se dallo sguardo che Elijah gli lanciò non sarebbe stata la prima volta che il fratello maggiore cacciava di casa il fratello minore per qualche sua bravata.

“E adesso finalmente inizia il divertimento!” esclamò Kol ad alta volta andando subito a prendere qualche bottiglia da scolarsi.

Arrivarono anche Elena e Stefan, che subito augurarono a Briony buon compleanno e le porsero un regalo. Lei li accolse con un gran sorriso e li fece entrare.

Avrebbe tanto voluto che ci fossero anche Chuck e Jennifer, ma era meglio evitare visto che aveva un gruppo di vampiri a cena.

In breve i presenti si misero a tavola, Briony si mise al centro e Elijah come al solito l’aiutò elegantemente a sedersi, spostandole la sedia. Lei alzò gli occhi verso di lui come per ringraziarlo ma aveva già notato che Elijah non la guardava più… e chissà perché ebbe l’impressione che non l’avrebbe degnata di uno sguardo per tutta la serata.

Iniziarono tutti a mangiare e a parlare tra loro, e poco dopo la voce sonora di Kol scavalcò tutte le altre. “Ehi avete finito il vino.” In verità se l’era scolato tutto lui. “Cameriere, perché non vai a prendercelo un altro po’?”

Matt come se fosse abituato a quei tipi di richiami stava per alzarsi, ma Rebekah che si era messa apposta vicino a lui, lo fermò bloccandolo per la mano: “No, lascia perdere. E tu Kol impara per una volta a essere gentile.” disse L’Originaria fulminando il fratello con lo sguardo.

Kol le fece una smorfia: “Mia sorella che muore dietro a un plebeo… in che epoca sono finito?”

Per dissipare gli animi Briony scelse di alzarsi: “Vado io a prendere il vino, non scomodatevi.”

“Invece dovrebbero essere il plebeo a farlo! Non è per questo che ti paghiamo? Ma credo che dovrai scavare tutta una miniera d’oro prima di essere degno agli occhi di mia sorella.” Kol come al solito fece la sua classica battuta sarcastica, facendo sollevare un polverone.

“Kol sei entrato da nemmeno dieci minuti e ho già l’impulso di sbatterti fuori. Abbi un po’ di contegno per piacere.” proruppe Elijah ad un tratto sistemando il suo tovagliolo.

Chissà perché non appena lui parlò tutti si ammutolirono, come se la sua voce avesse il potere di piegare gli animi delle persone. Perfino Kol si zittì e si mise buono.

Briony comunque scelse di andare lei personalmente a prendere il vino onde evitare altri problemi.

Per fortuna tutto filò liscio per un po’, quando cominciarono ad ammassarsi i piatti Briony cominciò a portarli in cucina per far spazio.

Rebekah si staccò da Matt col quale stava cercando di flirtare, e la fissò perplessa: “Briony ma che fai? Ho chiamato la servitù apposta.”

La ragazza le sorrise furbamente: “L’ho mandata via. Sinceramente non mi piace avere servi in casa e mi piace invece rendermi utile”

Prese alcuni piatti e li portò dritta in cucina, dando le spalle agli altri. Qualche secondo più tardi avvertì una presenza al suo fianco e si girò guardinga: era Elijah. Stava anche lui deponendo dei piatti, forse per aiutarla, lo sguardo era basso e indecifrabile.

Briony allora colse la palla al balzo per parlargli: “Ehi.. stai bene?” gli domandò tentennante.

Elijah alzò lo sguardo su di lei: “Certo. Perché me lo chiedi?” domandò con tono distaccato.

Lei istintivamente saltò su tutte le furie. Come sempre lui sviava le cose che gli facevano male con una freddezza e impenetrabilità tipica di chi non prova alcuna emozione. Il punto ancor più subdolo era che riserbava tutto il suo ghiaccio a lei, facendola precipitare poi di sotto nel buio più nero.

Briony si sentiva il cuore troppo torturato dai suoi colpi di frusta e così reagì con stizza: “Perché per una sera non sciogli il ghiaccio della tua anima? Non sarebbe poi così drammatico e non intaccherebbe il tuo solidissimo onore.” Gli lanciò uno sguardo truce, che lui ricambiò con glacialità e serrando il viso in una maniera ambigua.

Prima di dileguarsi però Briony si sentì afferrare all'improvviso il braccio: si voltò verso Elijah, il quale la stava fissando con uno strano sguardo che non riuscì a decifrare.

Il momento di tensione durò pochi attimi perché Elijah, con la stessa noncuranza con cui l'aveva afferrata, la lasciò anche andare. Solo che questa volta i suoi occhi si allontanarono da lei senza spiegarle nulla.

Briony gli diede una leggera occhiata ma decise orgogliosamente di non curarsene, e infatti ritornò dai suoi ospiti come se nulla fosse successo.

Ylenia e Finn durante tutta la cena si erano guardati di sottecchi ma mai nello stesso momento e mai dritto negli occhi, come se avessero paura di scorgere qualcosa dentro le loro iridi che non doveva più esserci, in teoria.

Kol era già ubriaco marcio ma riuscì comunque a biascicare qualche parola logica.

"Ehi prima che vi alziate da tavola... É usanza della nostra famiglia raccontare una storia quando si festeggia a una cena! Però io sono a corto di storie e anche se volessi credo che sarebbero un pochino sconvenienti." ridacchiò a fine frase prendendo un pezzetto di pane.

Briony intuì subito il doppio senso di quelle parole... Anche al compleanno di Gwendolyn la vampira aveva raccontato una storia che le aveva distrutto una vita che in realtà non le apparteneva, facendola precipitare in un profondo baratro nero.

Deglutì per scacciare i ricordi mentre tutti si misero sull'attenti. "Allora.. Rebekah vuoi avere tu l'onore?" domandò Kol  con un semplice ghigno.

La bionda si allontanò dal fianco di Matt e alzò lo sguardo: "Se ci tenete proprio"

Briony allora era pronta ad ascoltarla, sapendo che da lei non aveva nulla da temere. Con la coda dell'occhio vide la sedia vicino alla sua spostarsi e Elijah che si risedeva senza guardarla.

Quasi spasimava di ricevere le sue attenzioni tanto da soffrirne, ma decise di far finta di nulla almeno in quel momento.

L'attenzione venne poi rivolta a Rebekah che si scurì la voce: "Non saprei però se l'argomento convenga a tavola."

"In verità non penso nemmeno che tu sappia delle storie passabili." commentò Caroline acidamente.

Rebekah le rivolse un'occhiata di traverso poi parlò. "Ok. Tra tutte le storie lugubri e tetre che ci hanno sempre raccontato durante i falò di notte.. c'é n'é una a fin di bene nonostante il tema." iniziò mettendo le braccia sul tavolo "Una volta tanto tempo fa mi hanno detto che dopo la morte.. La vera morte.. Quella da cui non hai scampo, c’è qualcosa di buono ad attenderci. Non il buio o il nulla che tutti pensano. Lì puoi incontrare le anime morte delle tue persone care e trovare finalmente un po’ di pace..” sussurrò quelle parole mestamente come se lei non sapesse minimamente cosa fosse la pace, quella vera, e agognasse così a viverla.

Ad un tratto i suoi occhi bassi brillarono dalla tristezza: “Vedi delle bianche sponde.. e al di là di queste un verde paesaggio, sotto una lesta aurora..."

Da come Rebekah se lo immaginava non era un posto poi così male.. tutti ascoltavano ammaliati anche se stava praticamente raccontando cosa fosse la morte. Tutti la fissavano incuriositi, Elijah aveva indossato un’espressione scrupolosamente seria ascoltando la sorella in silenzio.

"E puoi anche riabbracciare le anime perse per sempre, come quelle dei vampiri."  disse ad un tratto diventando più malinconica. "Dicono che quando uno diventa vampiro non possegga più un’anima da quel momento.. Che scompaia in un luogo buio, oscuro e introvabile.. E molte volte accade, per la maggior parte, perchè molti vampiri accettano la loro vera natura sanguinaria e si levano di dosso la loro vecchia anima umana, che finisce nel baratro. Viene dimenticata, non risale più in superficie.. ma altre, rare, volte non accade così.. L'anima umana non accenna a soccombere oppure riesce a risalire dal baratro e a riemergere.. e giunge lì, in quel luogo coperto di vetro argentato.. Sopravvive, assapora la pace anche se dovrebbe essere dannato.. un suo riflesso si innesca nel corpo del vampiro dall'altra parte, se riesce a entrare. Ci vuole molta forza d'animo e nobiltà. Cosa molto rara per un vampiro. Ma alla fine non ci sarà più nessun vuoto nel petto."

La tristezza nella voce di Rebekah era palpabile, come se la solitudine fosse parte della sua vita immortale e volesse a tutti i costi scacciarla via con ogni mezzo. 

Briony si mise a guardare Elijah, che teneva lo sguardo dritto davanti a sé: non sapeva quali fossero i suoi pensieri, se il racconto della sorella fosse solo una storia senza un fondo di verità o una semplice sciocchezza.. conoscendolo credeva fosse la seconda opzione.. Lui da sempre portava il rimpianto delle sue azioni deplorevoli e il fatto di non essere più nemmeno umano da considerarsi così un mostro.

All’improvviso anche lui si voltò verso di lei, come se avesse sentito il suo sguardo addosso.

La sua espressione era impenetrabile, ma magnetica nel suo mistero. Anche quando Rebekah continuò a parlare, lei non smise mai di guardare la sua espressione che la affascinava a tal punto da rimanerne incantati per sempre.

“Alla fine di tutto non esiste alcun cuore gelido privo di sentimento che possa far soccombere la propria anima umana. Ti insegue in ogni momento della tua immortalità per farti ricordare come eri una volta.. e rimpiangere quel tempo..” Di nuovo la malinconia nella sua voce. Rebekah voleva essere umana, voleva rinnegare ciò che era veramente pur di tornare a essere felice. Matt provò empatia per il suo dolore e le mise una mano sulla sua per confortarla.

Dopo il discorso finale di Rebekah, Elijah aveva abbassato gli occhi come se quella considerazione premesse dentro di lui come una ferita. Briony invece lo fissava sempre, ricordando che aveva visto tante volte l’anima di Elijah trasparire dai suoi occhi, in gesti delicati che rivolgeva soltanto a lei.

La sua anima non era del tutto scomparsa, né se ne era andata in qualche altro luogo soprannaturale. Lei l’aveva vista, nei suoi occhi. Quegli occhi erano stati creati per lei, per ammirarli, per innamorarsene, per far scorgere a lui e agli altri cosa realmente trasparivano dietro di essi.

Sviò piano lo sguardo mentre Rebekah sembrò riprendere il controllo di se stessa e scacciare quelle emozioni dolorose che l’avevano assalita:

 "Ma sicuramente é una favola da mercante come la storia dell'Altro Lato.. Suppongo che non lo scopriremo mai." disse ironica per sdrammatizzare il silenzio pesante che si era creato.

Briony si ritrovò a pensare che forse era davvero una storia come un’altra.. lei era morta ed era precipitata in un luogo buio, fatto di ombre in cui lei voleva solo scappare.. era stata la voce di Elijah a ricondurla nel vero paradiso che desiderava, lasciandosi alle spalle tutto ciò che l’attendeva.

"Questa storia é deprimente." borbottò Kol ubriaco, stentando a reggere il bicchiere in mano.

Rebekah alzò gli occhi al cielo ma non gli diede corda. Briony cercò di riprendere il controllo del suo cuore sussultante e andò a prendere il dolce.

La serata andò avanti con tranquillità, tranne qualche battutina di Kol sempre rivolta al povero Matt che veniva sempre a sua volta difeso da Rebekah. Quando fu l’ora di alzarsi e di andare in salotto, Briony portò con sé i regali per aprirli insieme agli altri.

Non appena però si mise a sedere sulla poltrona notò che Elijah si era volatilizzato nel nulla. E anche Ylenia pareva scomparsa. Sospirò tra sé e sé, pensando che voleva davvero che quella serata fosse diversa. Ma ovviamente era stata stupida a crederci. Come per Rebekah, anche a lei era preclusa un senso di pace, vero e proprio.

Rebekah come al solito le aveva regalato un vestito molto bello e elegante, ma a Caroline sembrava non piacere visto come storse il naso e il modo in cui si avvicinò fulmineamente alla sorella per porgerle il suo regalo, quasi stesse prevaricando un diritto di precedenza.

Briony sorrise tra sé e sé e schiuse il regalo: era una bellissima collana d’oro bianco, contornata da una pietra preziosa e splendente. La ringraziò subito con un bacio sulla guancia e Caroline rivolse quindi uno sguardo vittorioso all’Originaria, quasi le stesse dicendo che Briony aveva solo una sorella e se l’Originaria non ne aveva più una, doveva arrangiarsi.

Briony scosse la testa, fissando truce la sorella minore per quell’atteggiamento superficiale tipicamente suo.

“E tu Kol?” domandò Rebekah all’improvviso fissando il fratello.

Kol fissò tutti come se si fosse appena accorto di essere in quella casa.

“Io? La mia sola e fascinosa presenza non è abbastanza come regalo?” domandò come se la cosa fosse ovvia.

Rebekah lo guardò storto mentre Briony sorrideva tra sé e sé.

“Non è gentile andare in casa altrui senza un dono.” proruppe Finn con tono diplomatico.

“Non mi pare che tu sia venuto con un regalo grande come un albero di Natale.” aggiunse Kol sorridendo vittorioso.

“Veramente io ho contribuito al regalo con Rebekah.” Questa volta fu Finn a sorridere e Kol stranamente si ammutolì.

“Ma non fa niente comunque. I regali non erano d’obbligo, io non volevo neanche farla la festa.” disse Briony agitando le mani per non creare i soliti litigi stupidi e inutili.

Stefan si alzò per porgerle il regalo suo, di Elena e di Matt, e in quello stesso istante apparve Elijah in perfetto silenzio al suo fianco. Sentendo la sua ineguagliabile presenza, Briony alzò il viso verso di lui ma sembrava piuttosto calmo e rilassato. Tornò ad aprire il regalo e vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettata.

Era un portafoto: ritraeva una foto vecchia ma visibile ancora in modo eccellente, e ritraeva lei da ragazza – avrà avuta sì e no 18 anni – insieme a Jenna, John – che a quei tempi era assai amato dalla zia di Elena nonostante il suo perenne caratteraccio – e le piccole Caroline e Elena ai loro piedi mentre giocavano in casa Gilbert.

A Briony vennero le lacrime agli occhi dalla commozione mentre rivedeva i visi dei suoi due migliori amici, entrambi morti in un modo ingiusto.. lei sorridente e spensierata, ancora inconsapevole della vita dura che avrebbe avuto davanti.. le mille lotte, le paure, il dolore, scoprire una verità che a quel tempo non immaginava nemmeno lontanamente l’esistenza. Caroline a quell’età sembrava un angelo, capriccioso ma un angelo. Adesso invece era più un diavoletto ma l’amava comunque. Elena invece era sempre la stessa.

Briony abbracciò forte sia Stefan, che Elena e Matt ringraziandoli di cuore per quel regalo semplice ma che contava più di tutti gli altri.

Stranamente anche Elijah li ringraziò a nome suo e sembrava davvero sincero dal tono. Briony però non alzò lo sguardo su di lui perché sentiva una scossa elettrica che l’attraversava tutto il corpo, che divenne più potente quando sentì la mano gelida di Elijah sfiorarle la spalla. Il cuore di lei fece due rimbalzi, avvertiva lo sguardo elegante del vampiro su di sé ma per un strano senso di inquietudine non ebbe l’impulso di guardarlo dritto negli occhi.

Per fortuna Kol salvò la situazione: “Mi sono stancato di tutti questi piagnucolii. Perché non facciamo un giro per la villa? Biscottino, sicuramente Elijah ti ha tenuto nascoste alcune stanze che usavamo personalmente io e Nik per divertirci con le nostre insaziabili prede.” sottolineò le ultime parole con fare malizioso, provocando un brusio per la stanza.

Briony aggrottò la fronte visto che aveva visitato personalmente tutte le stanze e non aveva fatto caso a nulla di strano, ma per Kol ogni cosa era divertente se usata alla giusta maniera. Si alzò dal divano per mostrare ai presenti quella villa che sembrava grande quanto un intero Stato.

La mano gelida di Elijah smise di premere sulla sua spalla e lasciò una scia infuocata quando abbandonò la sua pelle. Non seppe se lui li stava seguendo ma il blocco di prima le impediva di voltarsi per accertarsene.

Si trovavano lungo il corridoio del primo piano, e Briony si trovò affiancata a Matt. Decise di fare un po’ di conversazione con lui:

“Ehi Matt. Grazie per essere venuto, mi ha fatto molto piacere.”

“Figurati Briony. Il piacere è stato mio.” rispose lui gentilmente.

Briony si ritrovò chissà perché a fissare Rebekah, poco più avanti di loro:

“E.. come va con Rebekah?” Non era tipo da farsi gli affaracci degli altri, ma in cuor suo voleva spezzare una bandiera per l’amica.

Il silenzio di Matt valse più di 1000 parole. Briony sospirò:

“Matt.. da quanto ti conosco? Da sempre. Chi è che faceva da balia a te, Elena, Bonnie e Caroline? Io. Chi vi portava al parco? Io. Chi è che vi aiutava a fare i compiti? Sempre io. Ti conosco e so che sei reticente nei confronti di Rebekah soltanto per fifa e perché dai ascolto a chiacchiere del tutto infondate. Lei è una ragazza splendida e lo sai anche tu.”

A fine frase si accorse che si erano bloccati a metà corridoio, immersi in quella conversazione mentre gli altri andavano avanti seguendo le farneticazioni di Kol su eventi raccapriccianti che erano avvenuti in quella villa.

Matt intanto deglutì e abbassò lo sguardo: “Lo so Briony.. ma..”

“Ma che? Matt sei giovane e Rebekah si vede lontano un miglio che è cotta di te. Perché vuoi sprecare un’occasione del genere? Se qualcuno fosse al tuo posto sarebbe alquanto felice.” replicò lei decisa quasi invidiando il fatto che Matt fosse umano e normale, perfettamente libero di scegliere di diventare un vampiro se lo voleva.

Una cosa che dal profondo del cuore gli invidiava. Soprattutto in quel momento della sua vita in cui le ore battevano come presagi di morte o vecchiaia.

Matt stava per replicare quando arrivò dulcis in fundo Rebekah:

“Perché state qui? Che è successo?”

Briony scrollò le spalle noncurante e si mise a camminare. Anche Matt seguì il suo esempio facendo finta di nulla, ma Briony senza lasciarsi scoprire gli fece uno sgambetto facendolo praticamente cadere tra le braccia di Rebekah. Alle sue spalle sentì delle scuse imbarazzate e dei ringraziamenti, e allora Briony sorrise felice dentro di sé pregustando già il formarsi di una nuova coppia che meritava di essere felice.

 

Ylenia si stava mettendo il cappotto in completo silenzio pronta per andarsene. Aveva lo sguardo vuoto ma sofferente allo stesso tempo. Mentre si sistemava i capelli, una voce che ben conosceva la riscosse dai suoi pensieri:

“Te ne stai già andando?”

Ylenia si bloccò ad un tratto, e solo dopo qualche secondo riuscì a muoversi. Girò il viso come se fosse una costosa forzatura.

“Sì sono un po’ stanca..” disse solamente, non guardando negli occhi il suo interlocutore.

Finn assentì gravemente con la testa, poi prese coraggio e disse: “Mi ha fatto piacere vederti stasera.”

Ylenia allora lo fissò completamente sorpresa: “Davvero? Credevo che ti ripugnasse la mia presenza.”

Vide Finn irrigidirsi: “Non è più così, e lo sai. Ho deciso di mettere una pietra sopra al passato. Era inutile continuare a rinfacciarti vecchi errori di secoli fa.”

La strega continuava a guardarlo sinceramente perplessa e fuori posto: “Quindi non mi odi più? Sul serio?”

L’Originario si inumidì le labbra, come se stesse soppesando le parole che stava per dire: “Io non ti odio davvero, avevo solo il bisogno di farlo… come una sorta di giustizia o punizione per ciò che mi avevi fatto..”  Ylenia lo guardò tristemente sapendo che non poteva giustificarsi in quel frangente, lui aveva tutti i diritti di odiarla ma ovviamente Finn era il solito signore. Soltanto da poco la strega si era resa veramente conto quanto valesse quel vampiro, quanto fosse buono e meritasse una vita felice che lei gli aveva strappato con l’inganno.

“Ma tutti noi facciamo degli errori.. anche io ne ho commessi… per cui non pensiamoci più.” replicò lui infine, drizzando di più la schiena.

Ylenia allora gli sorrise: “Amici quindi?”

Finn di rimando alzò il sopracciglio: “Non credo che lo saremo mai. Però mi impegno di trattarti nel modo migliore possibile d’ora in poi..” finì la frase con un timido sorriso.

Ylenia gli si avvicinò senza tentennamenti, guardandolo dritto negli occhi scuri che l’avevano incantata secoli prima: “Grazie Finn. Non sai quanto conti per me il tuo perdono.” gli sussurrò sincera, non staccando mai gli occhi da lui.

Finn rimase ad osservarla in maniera intensa, come se stesse rimembrando i loro lontani ricordi felici e che in lui dopotutto non si erano spenti. Alla fine assentì con la testa e le sorrise, come se avessero appena chiuso un capitolo della loro storia.

Stava per dirle qualcos’altro ma si bloccò quando sentì un rumore dietro le sue spalle.

“Ylenia? Te ne stai andando?” Briony era apparsa sul pianerottolo tenendo una mano sul muro e un’espressione interrogativa sul volto.

Ylenia cercò allora di ricomporsi: “Sì scusami sono un po’ stanca e volevo tornare a casa.”

“A controllare tua sorella.” ribattè Briony con un sorriso incerto, avvicinandosi.

Ylenia fece un insolito ghigno in risposta, scegliendo di non esprimersi a tal proposito.

Vedendo che aveva appena interrotto qualcosa, Briony si attorcigliò le mani nervosa e imbarazzata: “Ehm allora lascio che vi salutiate. Ci sentiamo Ylenia ok? E grazie per essere venuta.” Si propese per darle un bacio sulla guancia ma Ylenia non rimase a prolungare la conversazione con Finn come aveva pensato, che infatti se ne andò subito dopo non dicendo più nulla.

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La festa era ormai finita. Briony aveva salutato tutti gli ospiti e li aveva ringraziati per essere venuti; Kol si era praticamente portato via tutti i drink che avevano in casa ma non se l’era presa, visto che almeno era ritornato ad essere il fratellino sarcastico e non quello inquietante che ricordava dopo la morte di Gwendolyn.

Briony era in camera ora, seduta sopra il letto. A prima vista sembrava felice e serena, ma non lo era… non del tutto… sentiva un buco nel petto che agognava ad essere cancellato perché non era giusto che esistesse.

Per tutta la sera Elijah sembrava averla ignorata oppure scompariva chissà dove senza dirle niente… ormai lo conosceva, quello era il suo tipico atteggiamento ma non riusciva comunque a non provare una sorta di amarezza per quella serata, che avrebbe voluto finisse in modo diverso.. se non ci fosse stato lui, con lei, al suo fianco, niente era perfetto. Una vita semplice ma macchiata dall’imperfezione.

Sospirò mentre toccava il portafoto che le avevano regalato, quando sentì dei rumori. Qualcuno aveva aperto la porta della camera.

Briony alzò gli occhi sorpresa e vide Elijah sul ciglio della porta, la spalla appoggiata contro lo stipite. La stava fissando nell’intensità del buio, senza dire niente.

Inspiegabilmente Briony sentì il cuore battere più forte.

“Ehi.” Gli sussurrò debolmente come per invitarlo a entrare.

Dopo qualche secondo che a lei parve eterno, lui si decise a entrare nella stanza e a dirigersi verso di lei. I suoi passi eleganti riecheggiavano nel silenzio, Briony li sentiva benissimo ma non riusciva però a scorgere l’espressione del suo viso che era circondato dal buio della stanza.

Non lo vide muoversi ma sentì le sue dita toccarle delicatamente il viso: “Tutto bene?” domandò lui quasi gentilmente.

Briony deglutì, intuendo quanto fosse magnetica la sua espressione anche senza vederla.

“Benissimo.” mentì, scostando la sua presa con freddezza.

La mano di Elijah restò a mezz’aria, come ferito da quel rifiuto. Tentennò mentre la lasciò ricadere lungo il fianco.

“Che cosa c’è?” chiese lui con tono molto pacato, andando verso il comodino e versandosi da bere.

Briony si scurì la voce, cercando di non esplodere in mille schegge impazzite per il suo distacco:

“Niente. Ho passato una serata gradevole, mi sono divertita, non ho pensato a tutti i problemi che ci sono capitati.. sarebbe stata perfetta se qualcuno magari cambiasse atteggiamento di tanto in tanto e provasse a mettersi nei panni degli altri.”

Sperò che le sue parole avrebbero scosso il vampiro o avesse qualche reazione in risposta, ma invece Elijah rimase sempre immobile nel darle le spalle. Il vampiro alzò la testa al cielo, bevendo un sorso di drink, e rimanendo assorto in pensieri come sempre sconosciuti a Briony e che facevano compagnia al silenzio pesante che era sceso.

Elijah mantenne la compostezza fredda, ripose il bicchiere sul comodino e poi si girò:

“Vieni con me.” disse all’improvviso avvicinandosi a lei.

Anche in quel frangente Briony non riuscì a decifrare l’espressione impenetrabile del suo viso. Aggrottò la fronte: “E dove?”

Elijah si mosse un po’ nella sua posizione. “Vieni.” ripetè solamente offrendole la mano, come in un invito elegante o per farla alzare.

Briony era tentata di urlargli un secco no e che non poteva cambiare umore quando e come gli pareva, ma decise di assecondarlo pur di vedere dove si sarebbe spinto. Comunque non accettò la sua mano e si alzò da sola dal letto. Si sistemò con noncuranza i capelli mentre lui l’aspettava sul ciglio della porta, col suo giubbotto in mano. Glielo porse gentilmente.

“Fuori fa freddo.” disse solamente guardandola calmo.

Lei rimase a fissarlo come se non ne avesse la minima idea di cosa volesse fare. Elijah era un mistero sotto tutti i punti di vista, persino i suoi occhi le sembravano estranei in quel momento.

Prese il giubbotto e in completa confusione se lo infilò, uscendo dalla villa.

 

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Ed era vero infatti. Anche se era estate di notte tirava un vento fresco che le fece accantonare la pelle. Briony camminava lungo le vie solitarie e silenziose di New Orleans, fianco a fianco con Elijah. Lui passeggiava elegantemente, tenendo una mano in tasca e l’altra ricadeva lungo il fianco. Teneva lo sguardo dritto davanti a sé, restando in silenzio mentre Briony si stringeva nervosamente nel giubbotto.

Perché non parlava? Più si faceva delle domande più non capiva niente.

All’improvviso Elijah finalmente parlò.

“E’ una bella nottata.” Mormorò alzando gli occhi al cielo stellato. Girò poi il viso verso di lei e le sorrise, guardandola. Istintivamente Briony arrossì non aspettandoselo.

Elijah poi continuò, girando di nuovo il viso e camminando elegantemente:

“Ho vissuto tanti di quelle notti, nei miei lunghi anni, chiedendomi perchè era capitato tutto questo a me e alla mia famiglia, e se ci sarebbe stato un modo per uscire dall’oscurità che la nostra immortalità ci imponeva di vivere. Alla fine non c’erano risposte a sufficienza quindi ho smesso di farmi delle domande e sono andato avanti senza troppi indugi.. e alla fine passavo le notti, notti come questa, solitario senza nessuno al mio fianco. Con solo il vuoto ad accompagnarmi.”

Mentre parlava, sottolineando ogni lettera col tono profondo della sua voce, Briony non smetteva mai di fissarlo come se fosse soggiogata dai suoi discorsi che apparivano così duri, fatalisti, ma anche malinconici.

Elijah tenne uno sguardo più rigido:

“La famiglia è importante. Morirei per i miei fratelli ma… mi sono ritrovato a credere che non è abbastanza e che a causa loro provo tanti di quei grattacapi da perderci la ragione.”

Briony sospirò capendo a cosa si riferiva. Molte volte Elijah aveva aborrito le azioni dei suoi fratelli, ma li amava comunque. Lo avrebbe sempre fatto, anche se gli provocavano del male.

“E’ la tua famiglia, Elijah. Se non fosse stramba non sarebbe la tua famiglia. Ma questo non significa che non ti amino anche loro.” gli sussurrò lei per confortarlo.

Lui sorrise mestamente:

“Lo so. L’unico sentimento buono che ho provato per tanti lunghi secoli era il mio affetto per loro. Esclusivamente quello.” A fine frase si girò verso di lei e indugiò nell’osservarla. Briony per quello sguardo sentì il cuore battere impazzito, ma non intuiva minimamente a che punto sarebbe finita la serata.

“Ti penti di ciò che è successo?” domandò lei timorosamente non sapendo dove lui volesse andare a parare. Un’antica paura si insinuò in lei, scavando un cratere di sensazioni contrastanti.

Lui alla sua domanda sorrise in maniera ambigua, alzando gli occhi al cielo, e si fermò mettendosi di fronte a lei. Anche Briony si bloccò, col cuore in gola e pensieri che volevano essere del tutto assopiti prima di farla impazzire.

Elijah la osservò poi con uno strano sguardo per qualche secondo interminabile.

Le sue parole le rimbombarono nella mente, causandole un forte urgano burrascoso di emozioni:

“Certe consapevolezze ti fanno aprire gli occhi, tu quando li aprirai?”

Briony rimase confusa a fissarlo ma interiormente sapeva a cosa lui si stesse riferendo, come se la voce nel vento glielo avesse suggerito... la consapevolezza di perderla aveva fatto aprire gli occhi a Elijah, più e più volte, fino a cambiare se stesso e a mettere in discussione tutto ciò in cui credeva. Quella consapevolezza che era da poco affiorata aveva premuto un bottone emotivo, che raramente Elijah lasciava premere. Ma quel pulsante scattava soprattutto quando si parlava di lei.. della sua vita.

E tu quando aprirai gli occhi?

Briony si costrinse a deglutire, pensando che gli aveva egoisticamente rinfacciato che lei avrebbe sofferto di più nel caso in cui lui fosse scomparso, e questo doveva averlo scottato molto.

Il suo subconscio sapeva che non era così, lei già da tempo aveva aperto gli occhi anche se certe volte faceva finta che fossero chiusi per andare avanti.

Si maledisse di nuovo, pensando di avergli fatto credere che il suo amore per lei non fosse reale o autentico.

“Sono stata una perfetta codarda e dico molto spesso cose che non penso.. Molte volte la nostra storia ci ha recato solo dolore e tormento. Se tu non volessi più saperne di me, lo capirei..” sussurrò riuscendo solamente a sviare lo sguardo, come se non sopportasse di sentire il silenzio o vedere il suo viso mentre lui rispondeva.

Ma di nuovo le sue parole le stordirono l’anima:

“Beh, sono stanco di fingere di poter vivere senza di te.. quindi direi che non sono quelle le mie intenzioni.”

Briony spalancò gli occhi, fissandolo esterrefatta.

L’amore che condividevano sembrò scorrerle nelle vene al posto del sangue, bruciando ogni dolore.

Lei non poteva vivere senza di lui. E lui, l’eterno onorevole Elijah che non aveva bisogno di nessuno, a sua volta non poteva più vivere senza di lei. Il loro sentimento era perfettamente uguale nella sua intensità, forte e inossidabile come la terra, l’aria e il fuoco. Bruciava e ardeva come un ossigeno che ti disseta dopo aver rischiato un soffocamento.

Briony sentì il cuore a mille, aprì le labbra ma le fuoriuscì solamente un debole sospiro. Pateticamente non riuscì a parlare, quelle parole l’avevano talmente destabilizzata da non riuscire a formulare una frase logica a causa dell’emozione provata.

Elijah, tenendo lo sguardo su di lei, prese qualcosa che aveva in tasca e glielo porse. Solo dopo aver sbattuto le palpebre più volte, Briony capì cosa Elijah teneva fra le dita.

Era un anello.

Si sentì mozzare il fiato, il cuore gridava nel petto tutta la sua felicità sublime.

Elijah abbassò lo sguardo sull’anello che le mostrava con perfetta grazia:

“E’ un gioiello molto antico, credo persino che risalga all’epoca in cui ero umano. Dicono che era di proprietà di un sacerdote che adorava il Sole e le Stelle nell’antichità. E quando lo guardo istintivamente mi ritrovo a pensare a te, perché so che ti ricorderò sempre come qualcosa che ha illuminato l’oscurità della mia vita.”

La voce di Elijah era profonda, magnetica come gli abissi dell’oceano e lei sembrò affogarci dentro senza la possibilità di rivedere il sole. Guardava l’anello incantata, ogni parola era morta in lei perché sembrò far parlare esclusivamente la felicità che aveva negli occhi.

Era un anello prezioso a prima vista, molto antico, a forma circolare che rinchiudeva una grossa pietra preziosa color oro che sembrava risplendere ogni tipo di luce. Nella parte più bassa sembrava costituita dalle luci bellissime che contornavano l’alba.

“Mi faresti un immenso onore se accettassi di portarlo.”

Elijah la fissò dagli occhi abbassati, l’emozione evidente e bellissima nelle profondità dei suoi occhi. Non era un gesto melenso, era un gesto nato dal cuore, da chi aveva appena accettato di credere nell’amore più totale.

Briony alzò gli occhi quasi piangendo dalla gioia. “Oh Elijah…” sussurrò col cuore nella voce palpitante. Delle semplici parole non potevano esprimere quanto lo amasse. “Certo che sì. Sono io ad esserne onorata.”

Non riusciva  a trattenere le emozioni; la vista venne appannata da un velo di lacrime originate non dal dolore ma dalla gioia. Perché non tutte le lacrime sono un male.

Elijah a quella dolce visione le sorrise e le prese la mano sinistra in un gesto delicato:

“Se mi permetti...” le chiese il consenso in un maniera così elegante che le si sbriciolò il cuore dall'emozione. Briony assentì con la testa perché ormai le parole non le fuoriuscivano più dalla bocca.

Rimase in attesa, le dita lievemente tremanti mentre lui le infilava l’anello nell’anulare sinistro. Dove sarebbe rimasto per sempre.

“E conservalo bene. Ci sono molto affezionato." proruppe lui guardandola affascinante e tenendo ancora la mano tra la sua.   

"Grazie. Lo farò" sussurrò lei ammirando ancora l'anello al suo dito. Era come se quel gioiello portasse con sé un frammento di lui, come se ci fosse il suo nome inciso sopra.. E Elijah l'aveva proprio donato a lei. Si sentì travolgere dalla felicità.

"Ho parlato con Ylenia." disse lui all'improvviso.

Briony lo fissò allora perplessa: "A che proposito?"

"Conosce il modo per rendere la tua vita immortale.. Senza che diventi un vampiro"

Briony sgranò gli occhi per la completa sorpresa.

"Cosa?" Più volte aveva chiesto a Ylenia se conosceva una magia per renderla immortale, ma lei aveva sempre negato.. Come era possibile?

Ma tutte le sue domande avrebbero aspettato la risposta a un altro giorno perché Elijah, usando semplicemente la voce, le fece allontanare tutti i pensieri.

"É così, me l'ha garantito lei stessa alla festa e non potevo chiedere niente di meglio"

Briony si sentì mancare il fiato quando lui l'afferrò improvvisamente, circondandole le spalle e avvicinandola di più a sé. Il suo respiro delizioso le dava già le vertigini e le solleticava la fronte.

"Ti amo Briony. Non potrei sopportare di vivere altri mille anni senza di te." E quelle parole rischiavano sul serio di farla svenire. Briony non riusciva a reggere la loro potenza né il suono profondo della sua voce che l'attirava come in un ipnosi.

Con un sorriso  si aggrappò alla sua spalla con la mano, guardandolo dolcemente negli occhi non più diabolici.  Sembrava che lei avesse donato una carezza ai vuoti oscuri del suo cuore, sciogliendone il gelo.

 "Ora questa serata é davvero perfetta, la più bella che abbia mai vissuto in tutta la mia vita. Grazie."

Elijah le sorrise gentilmente e le sistemò dei ciuffi di capelli dietro il viso, sempre tenendola stretta.

"Ora dovrai sopportare la mia arroganza per l'eternità. Hai idea del guaio in cui ti stai cacciando?" la provocò lui in maniera terribilmente affascinante.

Lei gli sorrise in segno di sfida: "Nemmeno tu"

Elijah abbassò il viso, stipulando quella promessa non appena intrappolò le sue labbra in un bacio.

E lei si sciolse contro di lui, come se si stesse perdendo. L'unica cosa che poteva fare era tenersi stretta, la sua mano gli stringeva forte il tessuto della giacca arrivando fino al collo.

Dischiuse le labbra contro le sue, rendendo così il bacio più passionale tanto da desiderare di immergersi in lui. Elijah le mise una mano contro la nuca per avvicinarla di più e per un singolo, lungo, istante il bacio crebbe di vigore intenso.

Briony si scostò a fatica quando venne il momento di separarsi; era stata una dura lotta come se quel bacio avesse marchiato una parte di lei: il suo cuore gli era rimasto sulle labbra.

Elijah ormai le era entrato dentro l’anima e ci sarebbe rimasto per sempre, senza lasciare spazio a nessun altro.

Briony rise di felicità e gli diede un altro dolce bacio prima di appoggiare la testa contro il suo petto, come in un invito a non lasciarla mai più sola. Lui le sfiorava delicatamente i capelli, il mento sopra la sua testa mentre il respiro la rilassava nella notte.

Briony sentiva il peso di quell’anello nell’anulare sinistro come se fosse una presenza viva. Quanto era buono il gusto della felicità.. dopo averlo assaporato non riuscivi mai a esserne sazio e ne volevi sempre di più.

In fondo non chiedeva molto.. voleva solo essere felice. In quel momento desiderava accogliere ogni singolo respiro che lui gli aveva e avrebbe regalato. Anche se fossero stati gli ultimi attimi di felicità della sua vita.

 

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Agnes camminava lungo la foresta di Mystic Falls con lentezza disarmante. I capelli svolazzavano per via del vento che sembrava diramarsi attorno a lei. Lo sguardo era vuoto, così come i suoi occhi azzurri. Vuoto, spento come da quando era ritornata in quel mondo che non le apparteneva più e lei non apparteneva più ad esso.

Si bloccò ad un tratto perché si accorse di essere arrivata nel luogo esatto dell’incontro. Aspettò per pochi secondi, e una figura alta comparve all’improvviso come teletrasportata dal vento.

Agnes incrociò quegli occhi strani e luccicanti senza alcuna emozione. Questi domandò:

“Hai fatto ciò che dovevi?”

La biondina assentì gravemente con la testa. Era venuta lì per quello. “Sì.” Rispose a Connor che sorrise in maniera maligna.

--------------************************ 2 Parte ------------------

 

Briony aveva invitato Ylenia nella villa a New Orleans per parlare a quattr’occhi di come avrebbe potuto diventare un immortale, visto che era parecchio curiosa sulle modalità. La ragazza faceva trasparire l’euforia da ogni parte del corpo:  pensare che fino a qualche giorno prima era lì depressa e triste, sul punto di lasciarsi morire.. il destino era davvero strano e cambiava in un soffio di vento. E per fortuna stava soffiando dalla parte giusta.

Fece accomodare la strega in salotto e subito le rivolse un bel sorriso: “Che dire streghetta… un miglior regalo di compleanno non potevi farmelo.” disse mettendosi a sedere.

“Beh non direi constatando quel pezzo prezioso che porti all’anulare sinistro.” commentò Ylenia lanciando un’occhiata attenta sull’anello che le aveva regalato Elijah.

Briony arrossì: “Ma è grazie a te se potrò portarlo per l’eternità. Siediti e dimmi tutto. Come mai hai scoperto solo adesso di quell’incantesimo? Prima non ne eri a conoscenza?” Con lo sguardo Briony la invitò a parlare e subito Ylenia divenne rigida e scura.

La ragazza aggrottò la fronte. Già un brutto segno.

“E’ venuto fuori così all’improvviso.. che differenza fa?” replicò la strega scrollando le spalle.

Ma ormai Briony la conosceva bene per capire quando recitava alla perfezione o voleva nascondere qualcosa. “Sii sincera Ylenia… è qualcosa di brutto vero? Non dobbiamo mica sterminare un gruppo di persone?” domandò Briony allarmata.

Ylenia scosse subito la testa, non incrociando però gli occhi della ragazza: “No no figurati.. sta tranquilla, penserò tutto io.”

Briony la fissò attentamente: “E come dovremo procedere. Insomma che mi farai?”

La strega si mise il pugno della mano alla bocca per scurirsi meglio la voce e comporsi: “La mia energia magica. Sai quanto sia potente. L’ho raccolta, sperimentata in molti molti anni. Il potere che ho mi è costato parecchio, ma alla fine qualcosa di buono l’ho ottenuto.. grazie alla mia potente magia posso rimanere giovane, invecchiare molto molto lentamente.”

Briony assottigliò gli occhi: “Quindi mi darai un po’ della tua magia..? Ma è possibile che funzioni? Io non sono una strega, non saprei come canalizzarla o come..”

“Per quello è molto più semplice di ciò che sembra. L’energia di una strega, soprattutto di quelle che hanno coltivato magie non proprio.. ortodosse, è molto potente.. vive dentro noi streghe, alimentando la nostra linfa vitale. E’ come una sfera argentata da cui pullula luce e lunga vita. Se messa in un contenitore sterilizzato con la dovuta magia può passare anche in un altro essere umano.. E dopo quell’energia funzionerà da sola, adattandosi col tuo corpo che già di per sé è forte. Col passare degli anni però l’energia deve essere ricaricata con altri incantesimi per permetterti di invecchiare sempre più lentamente, ma ci può pensare Elijah ad obbligare qualche stregone nel compito..”

Briony rizzò la schiena: “Che significa? Potresti farlo anche tu.. insomma non è pericoloso no?”

Vide Ylenia deglutire e sviare gli occhi. Altro brutto segno. “No per te non sarà pericoloso.”

“E per te?” domandò Briony agitandosi come se il suo subconscio stesse cominciando a capire.

Ylenia rimase muta e ciò confermò i sospetti di Briony che cominciarono a formulare un terribile, reale pensiero logico.

“Se tu mi darai la tua energia magica che ti permette di vivere per l’eternità.. ne rimarresti privata tu alla fine e così morirai.” A fine frase Briony temette di strangolarsi e si tenne con le mani sopra il divano.

Ylenia stranamente non era poi così shockata e infatti sospirò rumorosamente.

“Senti… non è poi così grave..”

“Non è poi così grave?! Sei pazza? Stai praticamente facendo la stessa cosa che ho fatto io con Caroline! Ma se credi che ti lascerò morire per permettere di vivere a me, ti sbaglio di grosso Ylenia Lefevre.” urlò Briony non potendo credere alle sue orecchie che Ylenia fosse così tanto folle da accettare una cosa del genere.

“Perché devi essere così melodrammatica.. sai quanti secoli ho vissuto? Ho già visto il mondo, sperimentato ciò che c’era da sperimentare.. alla fine è stancante e diventa noioso.” replicò Ylenia in tono pacato e monocorde come se non si stesse parlando della sua di morte.

Briony sgranò gli occhi per la sua tranquillità. Almeno lei aveva avuto la sanità di preoccuparsi quando aveva accettato l'incantesimo di Connor:

“Mi prendi in giro? Come puoi pensare che io ti permetta di fare una cosa del genere? Hai appena ritrovato tua sorella, vuoi lasciarla da sola in un mondo che non conosce?” domandò Briony esterrefatta cercando di farla ragionare.

Ma ciò non ottenne l'effetto sperato, tutt'altro: Ylenia si rabbuiò come se qualcosa la stesse logorando da dentro.

“Mia sorella… non… è stato un errore chiedere a Connor di riportarla indietro” bisbigliò stentando a parlare.

“Perché dici così?” chiese Briony preoccupata.

Ylenia deglutì:

“Non è più la stessa.” rispose freddamente.

“Senti può essere normale in fondo è rimasta morta per non so quanti secoli.. dalle tempo.. e se ti stai riferendo al suo legame con Klaus.. ti capisco benissimo perché anche io ai tempi dei tempi andavo fuori di testa al pensiero che Caroline provasse qualcosa per lui.. ma questo non giustifica che tu voglia lasciarti morire.”

“Ho già deciso Brony. La mia vita non è poi così speciale.”

Briony sentì il cuore mancarle. Non era da Ylenia parlare in quel modo.. Lei era sempre stata forte, coraggiosa... Adesso sembrava una di quelle regine straniere e tristi che erano sul punto di giungere alla ghigliottina.

“E Finn? A lui non pensi?” Briony cercò di giocare tutte le carte che aveva.

“Finn?“ Ylenia pronunciò quel nome come se fosse qualcosa di estraneo "Con lui non può funzionare. E mia sorella… non ha più bisogno di me a quanto pare, non é più la stessa quindi non serve che io vivi ancora.”

Briony volle a tutti i costi costringerla a buttar via quella tristezza e senso di sconfitta che aveva macchiato i suoi occhi. Da quando era così vulnerabile? Forse da sempre ma nessuno era andato oltre le apparenze.

“Ma ti ascolti quando parli??” Briony era sul punto di sclerare per il fatto che Ylenia fosse convinta di fare una diavoleria del genere.

Poi all'improvviso serrò i pugni:

“Elijah lo sapeva? Te l’ha chiesto lui di sacrificarti?” domandò sospettosa ma Ylenia scosse subito la testa:

“No figurati.. non sa questa parte dell’incantesimo..”

Briony si lasciò scappare un sospiro di agonia:

“Non posso permetterlo Ylenia… il tuo sacrificio può sembrare onorevole ma per me non lo sarà.”

“Ma perché Briony? Passano i secoli e persone come te è sempre più raro che vengano al mondo. Tu meriti di vivere più di chiunque altro e io ormai ho già vissuto. Non ho più niente per cui lottare.” il viso di Ylenia era così triste, malinconico e perso che Briony fece fatica a trattenere le lacrime. Non ci sarebbe stata alcuna vittoria se Ylenia l'avrebbe aiutata in quel modo orribile.

La strega le fece un sorriso così umano da spezzarle l'animo:

"Lo faccio col cuore Briony e più che volentieri. Io voglio davvero donarti la vita che desideri con Elijah… voglio che tu sei felice perché te lo meriti e anche per commemorare la memoria di tua madre… in fondo, non è poi così terribile”

Di nuovo quel sorriso e Briony dalla pena riuscì solo a dire:

“Mi rifiuto di essere la causa della tua morte, Ylenia. Non posso sopportarlo.”

Se avesse passato l'eternità a discapito di Ylenia, come sarebbe andata avanti? Come sarebbe riuscita a sopportare quel fardello, pensando ogni volta che la sua migliore amica si era sacrificata per lei e la prova ce l'aveva dentro il petto? Mai.

“E’ così che andranno le cose punto e basta.” ribattè di nuovo Ylenia come se non volesse sentire ragioni.

“No! Mi taglio le vene qui adesso se osi farlo è chiaro?!” gridò Briony a perdifiato e la minaccia ebbe effetto su Ylenia, che si tirò indietro.

Bene, almeno così faceva capire all'amica quanto assurdo fosse il suo gesto e che piuttosto che acconsentire a quella blasfemia, Briony si sarebbe lasciata morire proprio come doveva essere.

Ylenia ebbe il coraggio di guardarla di traverso:

“E poi dici a me che sono pazza…” bofonchiò scuotendo la testa.

Briony ricambiò lo sguardo in maniera più rabbiosa, come a farle capire che non si sarebbe arresa.

Si fissarono in cagnesco per qualche minuto poi Ylenia sospirò infastidita.

“Forse…  se proprio vuoi usare un metodo alternativo puoi chiedere a Connor.” disse all'improvviso.

Briony temette di aver capito male:

“A Connor? Mi ha già fatto un favore enorme salvando Caroline, non penso mi aiuterà a rendermi immortale per vivere accanto a Elijah. Non lo farà mai.” E ne era sicura. Connor aveva sempre disprezzato la sua storia con Elijah come se fosse un oltraggio. Anche se avesse il potere necessario da rimanere anche illeso, non l'avrebbe aiutata.

“Sarebbe esaltante però che per una volta lui si sottomettesse.. fa tanto il superiore ma anche lui non è invincibile.. tu potresti fargli gli occhi dolci, io potrei fargli capire che con me non si scherza visto che ha già assaggiato le mie unghie, e poi dall’altra parte ci sono gli Originali..” sussurrò Ylenia tra sé e sé con un luccichio negli occhi che sembrava malefico.

“Sì ma Connor è un druido.. molto potente e.. ha ucciso Gwendolyn.” rispose Briony come per palesare l'imbattibilità di Connor.

“Lo scherzo dell’ombra.. lo conosco, è uno degli incantesimi più letali da ogni punto di vista. Qualora pratichi più e più volte quell’incantesimo c’è il rischio che diventi anche tu un’ombra e così non potrai più riappropriarti della tua forma fisica. E Connor ci tiene troppo al suo bell’aspetto per diventare un’ombra.”

In effetti se era così.. Il druido una volta le aveva confessato che la magia era una spada senza impugnatura, non c'era un modo sicuro per afferrarla... E di certo non avrebbe compromesso la sua virilità o l'equilibrio mentale per gli Originali.

Ma anche così, Briony scosse la testa in preda a forti dubbi.

“Sembra tutto facile e già non mi fido.. Connor è spietato, è crudele.”

Aveva ucciso Gwendolyn in modo orribile.. Però non che se la fosse andata a cercare..  Aveva poi ucciso Esther.. E anche lì però le aveva fatto un bel favore.. Ma le sue minacce malefiche se le ricordava eccome... Anche se nell'ultimo periodo sembrava che il suo carattere fosse quasi migliorato, di solito non la trattava più con sdegno.. Aveva pure detto a Robert di interrompere le ricerche sul legno di quercia bianca.. Troppo tardi però..

Forse Connor non era più cattivo di tanti altri ma la mente fu assalita comunque da forti dubbi.

Ylenia disse:

“E’ spietato sì ma è intelligente. Ci vuole tanta magia per uccidere un Originario. Ma non ricordi la vecchia canzoncina? Qualora usi troppa magia, muori per il troppo potere. E il legno di quercia bianca è andato. Potrebbe farvi a pezzetti ma ovviamente voi siete in superiorità numerica e sarebbe saggio quindi abbassare la cresta. Secondo me vale la pena tentare.”

“Dici? Sei sicura?” domandò Briony incerta.

Le sembrava strano che Connor abbandonasse la sua fantomatica giustizia ma come le aveva detto tempo prima, lui aveva aiutato Ayana a creare quelli come lei per convenienza.. Semplici affari.

Magari avrebbe potuto funzionare se avessero però mantenuto alta la guardia.

“Vorrei vedere quel verme strisciare..” affermò Ylenia all'improvviso con sguardo disgustato. Cambiò poi subito espressione, diventando quella di prima: “Se poi non funziona, usiamo il vecchio sistema.”

“No!” Briony di nuovo la fissò come se fosse pazza e sorda.

Ma Ylenia sembrò disinteressarsene:

“E allora.. è meglio che contatti subito Connor. Le lancette della tua vita si muovono in continuazione.” disse freddamente svanendo da casa sua.

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La coincidenza ancor più strana era che anche Elijah voleva parlarle di quello stesso problema, anche se per motivi diversi.

“Mio fratello vuole che torni a casa. Che torniamo a essere una famiglia come prima.”

L’espressione di Elijah era austera e rigida nell’oscurità della stanza. Dal suo tono di voce Briony intuì la scarsità di fiducia nei confronti di Klaus.

“La cosa ti stupisce? Anche se ha manie folli ha sempre avuto il desiderio di tenervi attaccati a lui. Credi che è una mossa per nuocerti?” gli chiese sedendosi fianco a fianco a lui nel letto dove stava.

“No. Ma nel dubbio è meglio non dargli questa possibilità” rispose lui freddo come il ghiaccio. E Briony non poteva dargli torto.. Elijah da un po’ di tempo aveva smesso di credere alle volgari promesse del fratello e faceva quindi a modo suo. Ma dall’incisività dei suoi occhi, Briony poteva dedurre che una parte di Elijah, una modesta parte, voleva ancora bene a Klaus. E quel sentimento non sarebbe mai svanito.

Lui continuò a parlare:

“E’ stanco anche di vivere assediato e con delle regole. Klaus vuole vivere a suo modo, come sempre. Non vuole un collare al collo per colpa dell’orgoglio di uno stregone.”

Briony intuì subito a cosa si stesse riferendo:

“Uccidere Connor?” Inspiegabilmente sentì una morsa nello stomaco. Cercò di scacciarlo perché non era il momento di parlare dei suoi problemi.

Fissò Elijah nell’ombra, il quale indossò un’espressione quasi feroce. Le dita si serrarono:

“Gli strapperei volentieri il cuore io stesso. Ma temo che sia come mia madre. Anche quando muore, non si decide a restare morto. Non ho mai incontrato esseri come lui ed è difficile sapere se riesci a scamparla o no.” Il silenzio occupò gran spazio tra loro per un po’, e Briony non ebbe nessuna idea in mente perché aveva sempre pensato a Connor come qualcosa di indistruttibile come il ferro.

All’improvviso Elijah disse: “La maniera meno sanguinaria per uscire da questa situazione sarebbe la stessa..” Lasciò la frase in sospeso, carica di ira e glacialità.

Briony lo sorpassò: “Un accordo”

Un altro accordo più resistente e permanente. Più vantaggioso del primo visto che era Connor a tenere il coltello dalla parte del manico. Ovviamente tipi come gli Originali, soprattutto Klaus, si sarebbero ben presto stancati di rendere conto alla superbia di uno stregone.

Capì anche che Elijah avrebbe acconsentito all'accordo solo per il bene della sua famiglia… Klaus sicuramente aveva già da un po’ perso le staffe di essere controllato a vista e chissà cosa stava escogitando.. sicuramente avrebbe fatto immischiare anche Rebekah e Kol.. in qualche modo losco avrebbe fatto includere anche Finn, e Elijah non li avrebbe mai lasciati nelle sue mani. E forse non avrebbe lasciato neanche Klaus affogare nella sua stessa follia.

E qualora lui avesse saputo dell’idea di Ylenia, sicuramente Elijah avrebbe avuto un motivo in più per stipulare un accordo conveniente col druido.

Anche se la cosa non gli andava a genio, per niente. Lo si poteva notare dalla sua rigidità:

“E’ l’ultima cosa che vorrei fare. Ha ucciso un membro della mia famiglia. Non esiste che io gli stringa la mano.” ribatté lui fermamente.

Briony allora si ritrovò a pensare alla morte di Gwendolyn.. la reazione di Elijah aveva fatto trapelare un totale shock, come se lui si fosse preso tutte le colpe in quanto l’ultimo incontro con la sorella non era stato dei migliori.

Briony gli si avvicinò per cercare di confortarlo:

“Quello che è successo a Gwendolyn non dipende te.. so che non ci crederai ma.. non è stato un atto così meschino come sembrava.. so che era tua sorella ma... non spremerti dal dolore perché non lo meritava.” mormorò lei titubante stringendogli il braccio.

Elijah si voltò verso di lei. Nell’oscurità Briony sentì i suoi occhi osservarla attentamente:

“Voleva ucciderti non è così?”

Briony deglutì pensando quale fosse la scelta migliore da intraprendere. La verità era che molte volte Gwendolyn le aveva dato l’impressione che la volesse uccidere, ma alla fine non lo aveva mai fatto, non di persona comunque… o forse se non fosse intervenuto Connor quella sera, sarebbe lei ora sottoterra... Si mise nervosa un ciuffo dietro l’orecchio:

“Le solite minacce.. non ha mai fatto nulla di concreto.” decise di dire esclusivamente quello per non turbarlo ancor di più.

Non gli aveva mai detto che Gwendolyn aveva venduto la sua famiglia a Connor per avere la testa sua e di Charlotte. Se glielo avesse detto gli avrebbe sicuramente spezzato il cuore.

Un altro membro della sua famiglia che lo tradiva e lo pugnalava alle spalle.. sarebbe stata la fine e Elijah avrebbe cominciato a non nutrire più fiducia nemmeno nei confronti del resto della sua famiglia, perché il sospetto perenne alla fine avrebbe ottenebrato ogni tipo di legame.

L’agonia era già stata palese sul volto di Elijah, non avrebbe aggiunto altra sofferenza. Quali menzogne diciamo in nome dell’ amore.

Come se riuscisse a vedere il tormento sul suo viso, lei gli si fece vicina e posò una mano sulla sua guancia:

“Devi lasciarti il passato alle spalle.. e non perché voglio che tu stringa un accordo con Connor, ma perché non voglio che questo peso ti assalga ogni volta. Non lo meriti.” Gli sussurrò sincera per confortarlo e per cancellare l’ombra che si portava dietro da mesi.

Elijah la guardò serio per qualche momento poi mise il viso nell’incavo della sua mano, accarrezzandola con la propria, come se volesse nascondersi dentro.

Voltò poi il viso e Briony si allungò per posargli un bacio sulle labbra, allo scopo di cancellargli il tormento dal volto.

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Dopo giorni di contrattazioni, tensione, chiamate, incontri segreti, Elijah andò da Briony la quale si trovava seduta nel salotto a leggere. Si era immersa nella lettura per scacciare l'ombra persistente del sogno che faceva da alcune notti.

Aveva sognato tamburi e corni, e musica e urla. Ma il suono più triste di tutti era quello delle lacrime.

Piangeva, ma nessuno era lì a udire la sua sofferenza.

Oltre a quel sogno incomprensibile, ne aveva fatto un altro che lo seguiva. Aveva sognato di camminare sopra dell'erba morta e dal colore spento, i cieli erano grigi e minacciosi, e lei camminava e camminava con una sottoveste di seta bianca come se fosse una sonnambula.

Ridicolaggini perché a dispetto degli altri, questi sogni non avevano un sens... Sembrava nascondessero un significato che lei non poteva capire.

Briony ritornò a fissare Elijah, che stava elegantemente in piedi. Dal modo in cui lui la stava fissando, lei intuì che erano giunti a una conclusione. Non sapeva se buona o cattiva però.

Lei si era esclusivamente limitata ad esporre l’idea di Ylenia, ma non aveva mai fatto leva sui suoi bisogni, premuto su quel pulsante o incentivato ad accettare un accordo con Connor solo per i suoi desideri personali. Non sarebbe stato giusto, in fondo era stata lei ad essersi immischiata in quel tunnel senza fine e nessuno l’aveva costretta.

Qualunque decisione Elijah e la sua famiglia avessero preso, lei la avrebbe accettata e ne avrebbe pagato poi le conseguenze.

Elijah tuttavia le sgravò quel peso che assillava il suo cuore da giorni, semplicemente con un sorriso: “Sono riuscito a trovare un punto in comune con Klaus, la mia pazienza deve essere arrivata fino ai margini dell’universo ma ce l’ho fatta a tenerlo buono. Non farà mosse false con Connor per ucciderlo o altre diavolerie, anche perché non servirebbe a niente. Noi siamo immortali ma a quanto pare anche lui lo è. La decisione più saggia è ignorarci a vicenda e non calpestare l’ombra l’uno dell’altra. E questo pare che l’abbia capito anche il tuo stregone.”

Briony si agitò sul divano in preda a un’emozione crescente: “E quindi sul serio lui ha accettato? Vi lascerà liberi? Non vi nuocerà con qualche tranello?”

Elijah le sorrise in maniera enigmatica: “Teoricamente non abbiamo stipulato ancora nessun accordo ma ormai è cosa fatta. E ha anche promesso di aiutare te..”

Il suo sguardo divenne magnificamente più intenso, poi il sopracciglio venne accuratamente alzato: “E’ diventato piuttosto bendisposto nei tuoi confronti. Avete condiviso molto nel tempo in cui io non ci sono stato?” La domanda era allusiva e provocatoria, ma Briony sapeva che era un bluff e che lui si fidava ciecamente di lei sulla fedeltà.

Briony infatti rise noncurante. “Se devi essere preoccupato del lungo tempo che ho passato con un uomo allora dovresti essere geloso di Chuck. Ma non mi pare il caso, per me equivale a come un piccolo fratellino o a uno strambo maestro d’armi.”

Elijah tenne noncurante lo sguardo su di lei, ma poi cambiò discorso in una mossa della testa. “Klaus desidera comunque che torni a Mystic Falls. Stranamente non mi ha costretto, è piuttosto removibile. Rebekah dice che si è innamorato ma stento a crederci. Klaus ha sempre considerato l’amore una lurida debolezza e dubito di questo cambiamento improvviso.” Incrociò le braccia al petto assumendo un’espressione fredda, e Briony allora si alzò: “Però tu vorresti credergli non è vero? Te lo leggo negli occhi.”

Elijah allora voltò di più il viso verso di lei, facendo diventare di proposito i suoi occhi più impenetrabili: “Questo non vuol dire che abbia dimenticato le sue malefatte o non provi disgusto per le sue azioni. So per certo che più sono reticente verso Klaus, meglio è.”

In effetti anche lei era ancora dubbiosa verso Connor.. Era strano che avesse accettato ancora di aiutarla, proprio per quel punto poi, ma forse era sceso dal suo trono e aveva capito che i suoi nemici non erano da sottovalutare, che erano forti quanto lui e in superiorità, quindi bisognava starsi un attimino buoni.

Briony gli si avvicinò ancora:

“E quindi non sarebbe saggio controllarlo più da vicino in modo che si rabbonisca del tutto?” chiese lei pensando a un Klaus redento. Da non credere, ma in fondo certe persone definivano Elijah letale quanto Klaus, però lei era riuscita comunque a vedere il buono in lui nonostante lo avesse nascosto. Forse c’era anche in Klaus… magari la sorellina di Ylenia dopotutto aveva fatto un miracolo.

Elijah indossò poi un’espressione più seria: “E tu ti senti sicura nel tornare a Mystic Falls?”

Mystic Falls…. Un luogo che Briony da piccola aveva ripugnato perché non offriva niente, un piccolo paesino lontano dalla civiltà in cui non c’era nulla di interessante da fare, e i biglietti da visita più usuali erano le morti per mano dei vampiri.

Ma comunque era casa sua.

New Orleans era bella, caotica, alla moda, affascinante, divertente… ma non sarebbe mai stata casa sua. E lo stesso valeva per Elijah.

“Finchè ci sarai tu so che non devo preoccuparmi di nulla.” rispose sincera allacciandogli la braccia al collo.

Elijah la analizzò attraverso le profondità dei suoi occhi neri: “Allora preparati. Perché è in luogo una festa.”

Briony inarcò il sopracciglio: “Strano!” rispose ironicamente.

“E’ un’occasione per concludere quel dannato accordo con Connor. Un luogo informale e pieno di gente. L’ideale, sebbene alle feste di Mystic Falls non bisogna mai abbassare la guardia.”

Briony gli sorrise: “Forse finalmente potremo smontare questo mito.”

Elijah le sfiorò i fianchi, abbassando lo sguardo:

“Dunque prepara le valigie e organizza ogni cosa. Torniamo a casa.”

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Respirare l’aria di casa propria era un toccasana fantastico. Sembrava che Briony non l’avesse mai abbandonata neanche per un giorno perché era rimasto tutto com’era, in attesa che lei ritornasse a scacciare la solitudine di quelle mura.

La festa era prevista per quella sera ma stranamente non a villa Lockwood come al solito. Era stata costruita a tempi record un’altra residenza lussuosa, nuova dimora dei Lockwood proprio per organizzare feste di classe e di un certo livello, non le solite per gli studenti. Briony era proprio curiosa di vedere come Carol aveva addobbato la nuova villa, e conoscendo i suoi standard sicuramente doveva essere bellissima.

Sarebbe venuto anche Chuck con Connor, il che le faceva molto piacere perché le dava modo di allentare quel nodo allo stomaco che si sentiva stringere ad ogni minuto che passava. Ma era la classica ansia prima di un evento importante.. nulla di più…

Purtroppo Jennifer non sarebbe potuta venire perché a quanto pare si era rotta una gamba durante degli allenamenti con Willas e ora portava il gesso. L’amica si era dimostrata molto dispiaciuta nel non poter esserci alla festa ma sarebbe stato alquanto squallido venire con le stampelle. Briony si chiese allora che razza di allenamenti le aveva fatto fare quel pazzo di Willas fino a ridurla con una gamba rotta, ma almeno il cacciatore non si sarebbe fatto vedere.

Briony stava lungo il letto a guardare Elijah che si preparava. Era già impeccabilmente vestito ad arte: giacca e pantaloni scuri, cravatta di medesima colore e sotto una camicia bianca. Perfetto.

Sarebbe rimasta a crogiolarsi su quella divina perfezione per l’eternità.

Elijah, che era davanti allo specchio, si girò ad osservarla intento a sistemarsi la cravatta.

“Non ti vesti?” domandò dubbioso.

Lei scrollò le spalle. La verità era che quella festa le metteva una strana ansia in corpo, sciocchezze da bambini ma il nodo allo stomaco si stringeva sempre più. La verità era che voleva solo che quegli incubi scomparissero e poi sarebbe tornata a vivere con serenità.

“E’ ancora presto.” si giustificò lei allungando le gambe contro il letto. Portava una camicetta e una gonna bianca lunga di tessuto molto fine.

Elijah si diresse all'improvviso verso di lei, stringendo bene il nodo della cravatta. “Tieni.” disse con un tono di voce più basso, porgendole un oggetto.

Briony lo riconobbe subito: era il braccialetto che lui le aveva regalato tempo prima e che lei gli aveva donato in segno di un ricordo per un possibile addio.

Il viso di Elijah si era fatto stranamente dolce: “Devi tenerlo tu.”

Briony gli sorrise e si alzò per prenderlo e metterselo. Un altro dono che avrebbe conservato col cuore. “Mi vuoi viziare?” gli domandò lei maliziosa.

Lui sostenne lo sguardo con dignità impeccabile. “Direi di no. Non sono il tipo.” rispose semplicemente tornando a guardarsi allo specchio.

Lei gongolò elegantemente sulle gambe, poi l’espressione si fece seria: “Non hai anche tu una brutta sensazione su questa festa?”

Non voleva fare l’uccello del malaugurio ma desiderava capire se non fosse l’unica a pensarla in quel modo. Elijah si voltò verso di lei, guardingo:

“Perché? Temi che possa accadere qualcosa?”

“No.. solo che non credo alle cose così facili.”

“Credimi..” mormorò lui avvicinandosi “Se Connor dovesse escogitare delle idee sinistre, gliene farei pentire subito.”

“Come siamo feroci.” scherzò lei alzando il mento.

Lui le fece un sorriso enigmatico in risposta:

“Il mio brutto carattere sta migliorando, ma non fino al punto di essere tanto buono e altruista da perdonare del tutto.”

“Io ti amo come sei.”

“Singolare debolezza per una donna sensata come te” replicò lui ironico con un velo di minaccia, prendendo qualcosa dal comodino.

“Abbiamo tutti dei difetti." replicò lei fissando dolce "Il fatto è che tu mi hai travolta all’improvviso senza che io che potessi fermarti, non c’è stato verso.. non potevo respingerti.” Rispose lei all’improvviso come se il cuore le fosse risalito alle labbra e avesse parlato. Parlava come se quello fosse un modo per dirgli quanto lo amava, come se da un momento all'altro si aspettava che lui scomparisse dalla sua vita e non potesse più ascoltare le sue parole.

Briony scosse la testa per annullare quei pensieri negativi mentre si accorse che Elijah la stava osservando: il volto quasi del tutto girato verso di lei, la schiena inclinata verso il basso mentre prendeva un piccolo bicchiere per bere un aperitivo.

“Sono così di un’attrattiva persistente?” domandò lui affascinante versandosi poi un drink.

Lei alzò gli occhi al cielo per la sua superbia:

“Lo sai. Non c’è bisogno di risposte.”

Lui le chiese se voleva anche lei da bere ma rifiutò. Elijah si avvicinò al letto, quasi sedendosi per prendere qualcosa dal cassetto e allora lei lo fece sedere per bene, mettendogli una mano sulla spalla.

Lui la fissò interrogativo mentre lei lo guardava decisa:

“E il perdono nei miei confronti però non l’ho ancora ricevuto.” disse all’improvviso.

Elijah aggrottò sincero la fronte come se non capisse a cosa si stesse riferendo.

“Per non aver lottato abbastanza, per averti lasciato andare e anche per lo shock della mia ultima bravata.” rispose lei elencando quasi tutte le cose di cui doveva dispiacersi per avergli fatto del male.

Lui scosse contrariato la testa:

“Sono cose passate, Briony.”

“Ma non ti ho mai sentito dire che mi perdonavi.”

Lui la fissò allora perplesso, gli occhi indagatori:

“Perché è così importante per te?”

“Perchè? Perché tu alla prima occasione rispolveri i torti passati e li fai scontare amaramente alle tue povere vittime.” Rispose lei quasi ironica, descrivendo quanto fosse complicato il suo carattere. Si sedette sulle sue ginocchia, mettendosi a cavalcioni e circondandogli il collo con un braccio. “E perché sei uno che si tiene tutto dentro ma il tuo cuore non dimentica facilmente.”  finì guardandolo negli occhi.

Quando avrebbero finalmente incominciato la loro nuova, eterna vita, voleva che tutti gli errori se li lasciassero le spalle, come un incubo dimenticato e così non avrebbero potuto tornare più come ombre malefiche pronte a perseguitarli.

Lui indugiò un istante ad osservarla nei suoi occhi pieni di dolcezza, come se stessero cercando qualcosa al loro interno, trapassandole lo sguardo. Con immensa sorpresa si ritrovò a pensare che era lui a doverle chiedere perdono per non averla capita molte volte, per non aver cercato di capire le sue motivazioni, per averla trattata in un modo a volte così crudele da sembrare un mostro.

Ma adesso non aveva più importanza, solo una cosa contava.

Elijah le sorrise sincero, gli occhi neri sembravano un cielo stellato:

“Ti perdono Briony. Se avevi bisogno di sentirlo, l’ho detto.”

Lei allora ricambiò soddisfatta e felice, e si propese verso di lui per baciarlo. Gli si strinse più mentre la mano di lui vagò sopra la sua schiena.

Elijah le liberò le labbra e nascose il viso tra i suoi capelli, aspirandone il delicato profumo che sapeva di rose.

La lieve pressione delle braccia di lei attorno al suo collo divenne un dolce peso, un inebriante promessa di un bacio, un inizio di un desiderio intenso.

Mentre le labbra cercavano il suo collo, Elijah iniziò a sbottonarle la camicia. Briony sentì subito il sangue scorrere veloce nelle vene e gli si strinse di più per sopportarlo. Sentì le mani di Elijah liberarla dalla camicia e esplorarle la pelle esposta. Il suo tocco gelido la fece rabbrividire.

“Siamo in ritardo, Briony. Dovresti andare a vestirti.” le alitò lui sul collo.

Lei mugugnò non capacitandosi di come perdesse il senso della realtà mentre stava tra le sue braccia.

“Hai ragione.” bisbigliò lei flebilmente non staccandosi però di un centimetro e continuando ad assaporarlo.

Lo sentì ridere sul suo collo mentre le cingeva la vita. Lo sentì anche baciarle il punto in cui l’aveva morsa e ciò le causò un fremito bollente.

“Sei petulante. Petulante e testarda, l’ho sempre detto.” le sussurrò lui con voce profonda, facendo salire le labbra dischiuse contro il suo zigomo.

“Mi scuserò del ritardo con Connor una parola sì e l’altra no.” replicò Briony alzando di più il collo, rivolgendo gli occhi chiusi e trepidanti al soffitto dando così libero accesso alle labbra eccitanti di Elijah, che risalirono sù per tutto il collo.

Il cuore accelerò i battiti e Briony si accorse di non ricordare più come si faceva a respirare. Una profonda vertigine e un senso di impotenza si impadronirono di lei quando si sentì schiacciare sotto il peso di Elijah. Non si era nemmeno accorta che lui l’aveva fatta sdraiare sul letto sotto di lui, con irruenza improvvisa e veloce.

Lo guardò affascinata mentre lui scendeva a distribuirle una lunga serie di baci così intensi per lei da imprimerle sotto la pelle. La mano di Elijah scese a alzarle il tessuto fine della gonna, sempre con lentezza come se in realtà non avessero alcuna fretta. Le labbra di lui salirono a sfiorarle il punto in cui c’era il suo cuore come se volesse così placare i battiti impazziti, ma ebbe l’effetto opposto che infatti quel piccolo muscolo cominciò a palpitare ancor di più.

Le mani di Briony vagarono sulla sua giacca, esplorando poi sotto la camicia e godendo di come sentiva guizzare i suoi muscoli al di là del tessuto bianco. Sarebbe stato un peccato rovinare quel completo perfetto che gli stava d’incanto ma le mani di Briony agirono d’istinto, mosse da una violenta passione.

Gli afferrò poi la cravatta per spingergli il viso verso le sue labbra, le quali cominciarono a scontrarsi con ardore violento tale da sembrarle che persino la sua anima lo stesse baciando fin nelle profondità.

Briony lo strinse di più a sé mentre Elijah la possedeva come altre numerose volte, andando a solidificare un unione d’amore che avrebbe preceduto la pioggia, la quale aveva già incominciato minacciosamente a far sentire il suo profumo di morte e desolazione fuori da quella casa.

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Che dire… la nuova residenza dei Lockwood era ancor più lussuosa dell’altra, da far sgranare gli occhi. Non sembrava più grande ma aveva un’eleganza tutta sua che sembrava appartenere a qualche riccone asiatico.

Alla fine Briony e Elijah non erano poi giunti così in ritardo alla festa, visto che anche gli altri ospiti come da prognostico lo erano: Elijah aveva indossato un altro completo della stessa staffa dell’altro, mentre Briony indossava un vestito blu elegante e a mono spalla, che le aveva regalato Rebekah per il suo compleanno. (http://cdn2.stbm.it/pianetadonna/gallery/foto_gallery/matrimonio/abiti-da-damigella-vera-wang-2013/monospalla-blu-elegante.jpeg?-3600)

Le ci era voluto un po’ per metterselo perché già era stato arduo staccarsi da Elijah, poi se lui ci si metteva nel starle dietro, con le labbra dietro l’orecchio e fingendo di aiutarla a scegliere il vestito, non l’aiutava di certo a rimanere sana di mente. Briony gongolava all’idea di passare con lui ogni giorno, ogni notte dell’eternità fino all’ultima era dei tempi.

Una cosa che però offuscava la sua gioia e le incuteva una nuova e infima ansia era il comportamento di Ylenia. Le aveva telefonato ore prima dicendole che non sarebbe potuta venire alla festa. Briony subito si era messa in allarme perché intuiva sempre dal suo tono quando le nascondeva qualcosa, e le aveva chiesto il motivo.

La strega aveva biascicato qualche giustificazione non proprio convincente anche se sembrava seria come non mai, quasi si trattasse di vita e di morte. Alla fine Briony aveva dovuto cedere e lasciarla in pace.

Ipotizzò che forse l’amica aveva avuto uno scontro con la sorella… sapeva quanto lei ci tenesse e al posto suo sarebbe stata sul serio in pensiero, considerando le avances di uno come Klaus.

Decise di mettere da parte gli strani comportamenti di Ylenia perché non voleva passare per una fifona.

<< Devo essere forte >>

Elijah le cinse la schiena e la condusse all'entrata della villa, dove c'era ad attenderli Carol Lockwood che li invitò cortesemente ad entrare e a godersi la festa.

Subito vennero affascinati da una sala che sembrava in stile medievale ma non troppo opaca in quanto le pareti erano dipinte col color porpora, lungo cui c'erano lunghe tende del medesimo colore e che coprivano le eleganti finestre.

C'erano molti musicisti, moltissimi. Pifferi e flauti risuonavano da un galleria sul fondo della sala a destra. Lì invece c'erano persino i violinisti ma era  il pianoforte a guidare la musica che riecheggiava contro le pareti. C'erano anche alcuni tamburi fra i violinisti ma il loro ritmo non era rimbombante o frastornante, cercava di apparire consono ai violini.

Al centro della sala c'era un enorme tavolo non del tutto orizzontale che offriva un banchetto da re. Agli angoli c'erano altri tavoli più piccoli dove servivano i drink e per far posto alle borsette delle signore.

Inutile dirlo, Carol Lockwood non aveva badato a spese.

Persino Elijah era compiaciuto dalla vista, ma Briony intuiva che il buonumore si sarebbe nettamente oscurato non appena avrebbe incontrato Connor. Accordo o non accordo, quel tizio non gli andava a genio.

Arrivò poi anche Kol e non era solo: con lui c'era una ragazza alta, molto carina dai lunghi capelli neri.

"Eccoci qui. Dov'è la festa?" esclamò Kol tutto euforico.

"É qui." rispose Elijah meccanicamente.

"Qui?!" Kol si guardò attorno come se avesse intorno un gruppo di dementi. "Ma é un mortorio! Beh vorrà dire che rimedieremo noi." disse lanciando un'occhiata divertita alla sua compagna.

"Kol che cosa ti avevo detto?" L'espressione di Elijah divenne austera. "Contegno."

Una parola che difficilmente il piccolo Mikaelson conosceva. Briony sorrise tra sé e sé.

Elijah rivolse poi un'occhiata gentile all'accompagnatrice di Kol: "Come al solito mio fratello scorda le buone maniere. É un piacere." mormorò elegantemente, presentandosi e porgendole la mano. La ragazza fece altrettanto e così anche Briony.

Kol si mise le mani in tasca: "Ho creduto fosse opportuno portarci dietro qualche compare, non si sa mai che quel mago si trasformi in un'altra ombra assassina. Così ho trovato questa deliziosa fanciulla e l'ho trasformata" mormorò con un sorrisetto come se fosse una cosa normale.

Briony con preoccupazione vide il ghiaccio del viso di Elijah serrarsi terribilmente: "Hai trasformato un'ignara passante e poi l'hai portata qui?" sibilò fra i denti.

In effetti i Mikaelson per quella sera dovevano avere un profilo basso onde evitare problemi, ma ovviamente Kol ne aveva già creati.

"Qual'é il problema stavolta? Avevo voglia di fidanzarmi anche io, dici sempre che devo mettere la testa a posto."

Briony non sapeva se Elijah era più tentato dal rompergli quella cosiddetta testa o sventrargli lo stomaco.  Ma come al solito diede immagine di sé del suo perfetto autocontrollo e si limitò a sorridere freddamente.

Kol prese la palla al balzo per portarsi via la sua accompagnatrice, che non sembrava affatto dispiaciuta dall'averlo accanto.

Briony tentò di rilassare Elijah accarezzandogli il braccio. Vennero poi anche Rebekah e Finn.

"E Niklaus?" domandò Elijah, ma Briony era stata la prima a notare l'assenza dell'ibrido.

"Sarà in ritardo come al solito. Oppure starà aspettando la sua biondina.'' rispose Rebekah storcendo il naso.

"É stato lui ad avere l'iniziativa di venire a questa festa. Ma come al solito Klaus vive secondo le sue regole." replicò Elijah glaciale.

"Forse sarebbe un bene se non venisse considerando la sua testa calda. Ma più siamo meglio é." si intromise Briony non riuscendo a scacciare quel senso d'ansia che le stringeva il collo come un serpente.

"Dov'è Kol?"

Si guardarono attorno e videro il fratello che aveva malamente mandato via un musicista e si era messo a suonare un tamburo a più non posso.

Tutti e 4 scossero la testa ma mentre Briony sorrideva sotto i baffi, l'espressione di Elijah era infinitamente più seria.

"A me ha detto che sarebbe stato soave come un prete." mormorò Finn guardando il fratello minore.

Elijah lasciò perdere Kol con un gesto noncurante della mano e i fratelli cominciarono a parlare su come muoversi con Connor.

Briony intervenne visto che lo conosceva meglio di loro:

"Quell'uomo non sembra ma ha la lingua avvelenata. Quindi meglio soppesare le parole."

Quindi meglio non farlo parlare con Kol.

Briony sapeva quanto le parole diabolicamente sottili di Connor ti entravano nell'animo, ed era meglio non irritarsi quella sera.

"A quello posso pensarci io. Ma non voglio permettere che quel tipo faccia passi falsi. Non intendo permetterlo." precisò Elijah con voce decisa e autoritaria da far rizzare i peli a chiunque.

"Di che ti preoccupi Elijah? L'albero di quercia bianca é stato bruciato." mormorò Rebekah noncurante. E per quello c'era da ringraziare Kol il piromane.

Elijah ascoltò in silenzio senza aggiungere altro. Briony intuì che l'Originario non avrebbe abbassato la guardia comunque.

La festa cominciò in quel momento a svolgersi: tutte le famiglie fondatrici erano presenti, anche altre persone dabbene che Briony non aveva mai visto e che forse erano amici lontani dei Lockwood. Non c'era nessun studente giovane a parte Caroline che come al solito metteva a posto ogni cosa. Da una parte c'erano anche i Salvatore visibilmente annoiati.

Briony e Elijah si misero fra la folla mentre Carol Lockwood saliva su un piccolo palco con un microfono in mano. Iniziò a fare il classico noioso discorso da cerimonia mentre da dietro alcuni addetti al lavoro sistemavano un alto scranno di quercia nero, schienale elegantemente scolpito, e la signora Lockwood in merito fece una battuta mentre si sedeva per provarlo.

Briony però non riuscì a udire la battuta che infatti la sua attenzione si riservò esclusivamente a una figura che si era affiancata a Elijah. 

Connor.

L'Originario comunque tenne una compostezza fredda e elegante come se nulla fosse, mentre Connor guardava dritto davanti a sè nel punto in cui Carol parlava ancora. Briony deglutì la bile che si sentiva in gola.

"Elijah Mikaelson. Che piacere rivederla  di nuovo." disse Connor all'improvviso fissandolo con innato sarcasmo.

Sentendosi preso in causa, Elijah voltò il viso facendo comunque rimanere immobile il busto:

"In tempi diversi." rispose con semplice freddezza.

Vedendo che era scesa una naturale tensione per ovvi motivi, Briony si fece avanti scurendosi la voce:

"Ciao Connor. Grazie per aver accettato di venire. Una festa sarebbe stato un luogo più consono per parlare civilmente"

"Non ne dubito." replicò Connor guardandola con gentilezza. Briony lancio un'occhiata incerta a Elijah, che rimaneva in silenzio con sguardo freddo, e decise quindi di parlare ancora:

"E grazie anche per il tuo aiuto. Anche se l'hai fatto per dovere o obbligo, questa non é stata la prima volta che mi hai aiutata. Grazie, non lo dimenticherò."

Di nuovo Connor le sorrise con garbo. Era anche lui elegantissimo e molto affascinante:

"E neanche io."

Carol finì il suo discorso e già la folla si stava diramando. Kol come al solito si stava dando alla pazza gioia insieme alla sua compagna, e lanciava qualche offesa qua e là ai camerieri.

"É così che fate ammenda voi Mikaelson? Comportandovi come delle bestie?" domandò Connor rivolgendo un'occhiata a Elijah. Lo sguardo di quest'ultimo fu ghiaccio:

"A nessuno é stato fatto alcun male e non c'è bisogno di fare ammenda di nulla. Se ben ricordo manca un mio familiare alla festa e non può non venire solo perché non ha un vestito da mettersi." Ovviamente le parole glaciali di Elijah nascondevano un doppio senso che Connor e Briony colsero subito. Quest'ultima si irrigidì sapendo che quello era un argomento spinoso per tutti e due gli uomini.

Infatti Connor indossò un'espressione perfettamente seria, priva di sorriso:

"Non sei l'unico che ha perso un membro della propria famiglia. Ed ecco appunto che mi sembra giusto chiudere la diga dei fiumi di sangue."

Elijah e Connor si guardarono negli occhi senza mai abbassare lo sguardo, come due iceberg dalla pari altezza che si fronteggiano, e Briony che già stava sudando freddo cercò di smorzare la tensione con un sorriso:

"Perché non parliamo degli argomenti più leggeri dell'accordo e evitiamo questi discorsi?" domandò pacifica lanciando un’occhiata a entrambi.

"Proporrei invece di farlo a fine festa. Perché rovinarla?"

Elijah mosse fulmineo la testa:

"Invece direi di mettere subito le cose in chiaro e eliminare ogni possibile problema." replicò calmo ma deciso. I suoi occhi neri ebbero un guizzo impercettibile.

Connor gli corrispose con un sorriso furbo:

"I problemi sono amici della fretta. Perché averla? Concederci qualche ora di svago per rabbonirsi gli animi, non fa male a nessuno. E poi credo che la pazienza sia una virtù, dovresti saperlo visto che sei tanto virtuoso a quanto mi dicono.”

A Briony non era sfuggita l’ira negli occhi di Elijah ma comunque aveva incassato con tutta la cortesia che disponeva. Forse l’Originario era ben consapevole di aver bisogno di Connor per i suoi scopi quindi decise di adottare un comportamento pacato, seppellendo i suoi reali istinti.

Briony finalmente tornò a respirare normalmente visto la tregua imposta, e lei e Elijah tornarono a godersi la festa.

 

Il tempo passò indistinto. Fuori era una giornata grigia, umida, aveva cominciato a cadere una pioggia esile.

La maggior parte degli ospiti era seduta attorno al banchetto che offriva ogni genere di prelibatezza: dalla carne arrostita al pesce, al caviale e altri piatti strani di cui Briony non conosceva il nome. Non aveva molto appetito perché lo stomaco era troppo stretto e chiuso per sopportare del cibo, ma comunque rimaneva seduta.

Poco prima le si era affiancato Chuck, splendente come se fosse un piccolo principino. Non sembrava stonare in mezzo a tutta quella gente alta anche se le occhiate insistenti di alcune persone si notavano eccome, ma Chuck sembrava non badarci visto che c’era abituato da tutta la vita. Briony almeno aveva lasciato da parte quella tetra inquietudine e si era messa a parlare col nano con sommo piacere. Le era mancato tanto, con le sue battute taglienti e sarcastiche era impossibile pensare a qualcosa di brutto.

Quando però si era congedato da lei, Briony era ritornata ad essere inquieta. Come se le nubi del suo animo avessero spento ogni luce. Era caldo all’interno della sala ma sentiva un insolito freddo dentro.

Fuori la pioggia intanto batteva sempre di più, come in una tempesta d’estate. Quella pioggia malefica sembrava gelarle il cuore proprio quando aveva bisogno di essere rovente.

Briony bevve un altro sorso di vino e permise a un cameriere di riempirle il bicchiere. << Ancora un altro po’ di tempo e il peggio sarà passato >> Pensò cercando di trovare coraggio e di scacciare quelle brutte sensazioni.

Si giustificò pensando che fosse agitata proprio perché era una serata troppo importante e tutto dipendeva da quello.. la classica agitazione di una studentessa che deve fare un esame difficile. Nulla di più.

Bevve ancora un po’, ascoltando il suono della musica che era diventata più accesa e rimbombante tanto da fracassarle la testa. Elijah in quel momento non era lì con lei, l’aveva visto con la coda dell’occhio raggiungere Klaus e da quel momento non l’aveva più intravisto nella folla.

Stranamente e davvero stranamente, si era sentita sollevata dall’arrivo di Klaus. Poteva pensare tante cose maligne di lui ma l’ibrido non avrebbe mai permesso che succedesse qualcosa di male alla sua famiglia per mano d’altri, e in più era molto forte il che non guastava.

Caroline dava ordini a destra e a manca ai camerieri, ed era uscita fuori dalla villa verso i padiglioni che erano nell’enorme giardino, ovviamente coperti per non bagnarsi. Vide anche Stefan e Damon avviarsi fuori come se ormai non avessero più nulla da fare lì.

In effetti la festa non era travolgente come le altre, l’unica cosa buona era il cibo ma per chi non aveva appetito come lei c’era ben poco da fare. Inoltre quella musica era un frastuono continuo, i tamburi martellavano troppo per i suoi gusti. Che Kol si fosse di nuovo cimentato nella musica?

Alcuni invitati bevevano e ridevano tra loro a squarcia gola, aumentando il chiasso e facendole quasi dimenticare che fossero gente dabbene.

Ad un tratto la sedia vicino alla sua si spostò e Elijah si sedette accanto a lei. “Tutto ok?” le domandò lui calmo fissandola.

Briony fu sorpresa di vederlo e le brillarono gli occhi, dimenticando per un attimo la sua ansia divorante. “Ora sì. Anche se questo rumore mi sta rompendo la testa”

Elijah guardò dritto davanti a sé: “Ancora un po’ di tempo e questa farsa si sarà conclusa.” disse a bassa voce. “Una volta tanto Klaus è stato docile e maneggevole. Ha ascoltato ciò che avevo da dire senza opporsi come al solito. Mi domando se Rebekah non abbia davvero ragione.”

“Ora dov’è?”

“L’ho perso di vista da un po’. Come Kol del resto, ma nessuno si è fatto male quindi non c’è bisogno di preoccuparsi.” replicò bevendo un sorso di vino.

Passò loro davanti Carol Lockwood che si fermò: “Ancora buona serata. Spero che vi stiate divertendo.” mormorò gentilmente.

Briony le sorrise educata, assentendo con la testa e facendo finta che le orecchie fossero sorde dinanzi a quella musica frastornante. Anche Elijah sorrise garbato: “Certamente. E’ un onore partecipare alle feste di Mystic Falls organizzate da lei. Ma non vedo tutti i membri del consiglio..” mormorò alla fine dubbioso guardandosi attorno con un’occhiata.

“Alcuni impegni improvvisi. E come vede non ci sono i soliti studenti, abbiamo deciso di cambiare un po’ ambito questa sera.” replicò il sindaco semplicemente.

“Capisco.” L’espressione di Elijah era gentile ma era anche inquisitoria. Lasciò comunque cadere l’argomento non appena il sindaco si rifilò dagli altri invitati.

 Elijah ritornò a fissare Briony, prendendole la mano: “Gradiresti un ballo?” domandò col suo solito tono affascinante.

Per Briony fu un enorme sforzo rinunciare: “No grazie, sto bene qui.” Ballare era l’ultima cosa di cui aveva bisogno con quella testa che le pulsava di continuo.

Lui non se la prese affatto e si portò poi la sua mano alle labbra: “Sei incantevole stasera.” sussurrò profondamente con un sorriso che le baciò la pelle della mano.

Briony sentì il sangue infiammarle le gote e il cuore sussultare. Era divino il comportamento di Elijah: anche in situazioni problematiche o di rischio, lui riusciva sempre a mantenere il suo spirito cavalleresco e affascinante. L’anima divenne ebbra d’amore in quell’istante.

Gli sorrise mentre lui si alzava in piedi: “Vado a fare un giro per controllare la situazione. Posso lasciarti ancora da sola?” chiese educatamente.

Lei lo invitò a non farsi problemi con un movimento della testa e gli lasciò andare la mano, guardandolo fino a quando non fu scomparso in mezzo alla folla.

Le dita stavano giocherellando con l’anello che le aveva regalato Elijah e che non toglieva mai. Era il suo portafortuna adesso. Anche se era meglio tenerlo nascosto da sguardi indiscreti visto che doveva valere un sacco di soldi e poteva perdere qualche dita in un tentativo di furto.

Il suo sguardo saettò verso lo scranno che era ancora deposto sul piccolo palco ed era l’oggetto di molte attenzioni, visto che poteva essere un pezzo di antiquariato. Ai suoi occhi sembrava come un trono monumentale che avrebbe fatto apparire dei bambini chiunque vi si fosse seduto.

Sentì poi delle risate così alte da sovrastare la musica del pianoforte. Kol.

Chissà come si stava divertendo a giudicare dal suono delle sue risa, e da come rimbombava doveva essere nell’altra sala dopo la galleria.

Qualcuno attirò all'improvviso la sua attenzione e Briony sgranò gli occhi: “Tom?”

Il vecchio cacciatore si girò verso la voce che lo chiamava e anche lui sbarrò sorpreso gli occhi e si sedette subito vicino a lei. “Briony non sapevo venissi.” mormorò lui ancora sbigottito.

“Invito all’ultimo minuto. Come stai?” gli chiese lei gentilmente. Non ce l’aveva con lui, si era sempre comportato in maniera gentile e non era violento come gli altri cacciatori, anzi era il più diplomatico. Inoltre non si era dimenticata il fatto che lui avesse tentato di difenderla quando Gregor e la sua compagnia di pazzi l’avevano rapita.

Tom si guardò attorno perplesso e lei gli accarezzò la mano: “Se sono i Mikaelson a preoccuparti non devi farlo. Non ti faranno niente, promesso.” gli garantì lei.

L’uomo le accennò un sorriso e poi Briony chiese: “Hai notizie di mio padre? Sembra scomparso nel nulla”

Vide Tom irrigidirsi e ciò la inquietò. “Non saprei dirti, piccola. Davvero ne so quanto te. Ora scusami ma..” in maniera goffa cercò di congedarsi senza risultare offensivo.

“Oh certo.. fai pure, ci vediamo.” gli disse lei ma assumendo un’espressione grave subito dopo che Tom le ebbe dato le spalle.

Di nuovo quella sensazione di inquietudine le assalì lo stomaco fino a salire nella gola, strozzandola. Il cuore gonfio di un’ansia contraddittoria.

Briony scosse la testa ripetutamente, definendosi paranoica.

I tamburi martellavano, quasi sorpassando il suono dei violini adesso. Ma era il pianoforte a tenere sempre l’andatura.

Col passare del tempo la folla si diramò, la festa era quasi giunta al termine, i cieli fuori erano grigi con ombre minacciose. Non smetteva mai di piovere. Alcuni invitati uscirono dalla porta principale forse chiedendosi se nei padiglioni esterni ci si divertiva di più visto il chiasso che si sentiva anche al di fuori.

Briony vide Elijah apparire in un punto molto lontano da lei, quasi opposti, ma anche così riuscì a vedere il suo sorriso complice diretto a lei. Gli fece un cenno con la testa in risposta mentre lui andava da Rebekah per parlare.

Carol Lockwood andò di nuovo a parlare nel palco ringraziandoli di nuovo per essere venuti alla festa che stava per giungere al termine.

La sala quasi divenne vuota col passare dei minuti salvo per i camerieri, musicisti, alcuni ospiti che Briony non conosceva e i Mikaelson. Kol era ancora nell’altra sala, si potevano sentire le sue risate. Klaus invece non c’era mentre Finn si sedette in un punto vicino a Briony per versarsi da bere.

Con sorpresa, la ragazza vide anche Connor in un punto della sala ed era insieme a una donna mentre entrambi ammiravano lo scranno regale. La donna in sua compagnia non l’aveva mai vista ed era alquanto bizzarro visto che Connor di solito girava da solo.

Elijah aveva rivolto al druido una dura occhiata ma scegliendo forse di aspettare la fine della festa e di rimanere soli per concludere definitivamente l’accordo. Anche perché venne da lui e da Rebekah un membro del consiglio che cominciò a parlottare con loro.

Arrivò poi ad un tratto anche l’accompagnatrice di Kol, i capelli erano disordinati ma anche così era bellissima. Se fosse stata umana sicuramente i suoi passi sarebbero stati malfermi sui tacchi visto che era mezza brilla.

“C'è bisogno di vino rosso negli altri padiglioni esterni! Che vi paghiamo a fare se poi state con le mani in mano? La gente ha sete!” berciò la ragazza con tono sarcastico e quasi offensivo rivolto ai camerieri. Ecco perché andava così d’accordo con Kol.

I camerieri però non si mossero dai loro angoli e rimasero in posizione diligente. “Ognuno ha il suo lavoro signorina. Sono sicuro che gli altri nostri colleghi adempiranno al meglio alle esigenze degli ospiti.” disse uno con tono quasi arrogante.

La fidanzatina di Kol finse di non prenderla ma blaterò tra sé e sé che quel tipo avrebbe avuto la gola sgozzata a fine serata. Si avvicinò al tavolo dove era seduta anche Briony – che continuava ad osservare attentamente la situazione con un nodo allo stomaco – e si avvicinò a un uomo chiedendogli cinguettando di invitarla a ballare. L’uomo si scostò subito come se fosse stato punto da un’ape, con ingiustificata brutalità, e rispose un “no” secco.

Essendo vicina, Briony lo sentì e fu percossa da una nuova, estranea e insaziabile agitazione che sembrò circondarle l’anima. Non riusciva a mandarla via nemmeno racimolando tutte le sue forze. Intanto l’accompagnatrice di Kol aveva lasciato perdere quell’ospite e ancheggiava per la sala immersa nel silenzio.

La pioggia sbattè invece con forza inaudita contro le finestre nello stesso istante, come se il mondo stesse per crollare.

La brutta sensazione di Briony aumentò insieme al ritmo della musica del pianoforte. Quelle non erano sinfonie dolci o soavi.. sembravano mostruose, orribili, fino a incutere paura come nei film. Erano note che parevano sanguinare nell’aria.

Lentamente Briony si alzò in piedi, come se le gambe non le reggessero per colpa della tensione. Quella similitudine terribile di poco prima le riportò alla mente un antico ricordo che l’aveva traumatizzata, ma sembrava avvolto da una nebbia per individuarlo chiaramente. Tuttavia la paura rimaneva la stessa, vibrante e insormontabile.

Fino a un istante prima, nella sua mente c’era stata inquietudine e cautela. Ma adesso c’era dubbio, un dubbio terribile.

<< Non è nulla >> cercò di rassicurarsi interiormente. << Vedo pericoli ovunque anche quando non ce ne sono. Sto diventando una pazza ossessionata dal sospetto e dalla paura. Qui non c’è nulla, sono tutti calmi. >>

Ma quei pensieri non servirono ad acquietarle l’animo, e un pezzo della sua paura trapelò dalla sua espressione e perfino Finn se ne accorse: “Qualcosa non va?” le chiese restando comunque seduto. Briony non rispose, lo guardò soltanto con una debole occhiata.

L’unica che sembrava cadere in un attacco di panico era lei visto che erano tutti calmi, ma la sua mente cominciò a ragionare in silenzio.

Il suo sguardo puntò dritto su Tom che era rimasto in un angolo con espressione grave e braccia conserte. Briony si diresse verso di lui mentre i musicisti passarono a una musica diversa, ancora più terrificante per le sue orecchie. Elijah da lontano si voltò verso di lei, aggrottando la fronte come se non sapesse cosa le passava per la testa.

Ma lei continuava a pensare e a pensare mentre camminava a ritmo di musica. I terribili presentimenti ritornarono più forti e reali di prima.

Un banchetto regale. Una grande sala lussuosa con pareti color rosso, un lungo fastoso tavolo al centro. Una festa piena di risate e musica, ma questa cambiava diventando meno allegra fino all’essere inquietante. Vino rosso. Fuori soffiava il vento gelido in un cielo in tempesta.

Una sensazione simile al terrore le strinse la gola.

No... non poteva essere... avevano partecipato a un migliaio di feste prima d’allora e mai aveva avuto il sospetto che quel sogno che aveva fatto mesi prima potesse avverarsi.

Una festa maledetta in cui banchettava con i morti.

Era impossibile.. Connor le aveva detto che se avesse fatto ciò che lui diceva, i suoi sogni non si sarebbero avverati.. glielo aveva giurato.

Briony pronunciò il nome di Elijah ma non sapeva se le corde vocali lo avessero realmente urlato oppure era stata esclusivamente la sua mente. La paura le stringeva la gola fino a paralizzarla.

Finì per afferrare il braccio di Tom come mossa da un istinto improvviso.

E alla fine sentì il gelo scenderle dentro.

Legno, paletti di legno e altri aggeggi di tortura sotto la manica del cacciatore.

Briony lo spinse contro il muro offrendogli un doloroso schiaffo, colpendolo con tale forza da spaccargli il labbro. Stava per gridare il nome di Elijah per avvertirlo ma Tom la spinse da parte, interrompendo il suo urlo. La musica copriva qualsiasi altri suono, echeggiando nelle pareti della sala.

Elijah lanciò a Tom una sguardo inferocito per ciò che aveva appena fatto. Si mosse veloce ma aggraziato per sbarrargli la strada.

Ma ad un tratto barcollò... Aveva un dardo piantato in un punto sotto la spalla, la punta di legno era fuoriuscita da una parte all’altra. Un altro arrivò, schioccando. Se Elijah aveva urlato dalla sofferenza, il suo urlo venne inghiottito dai violini, dal pianoforte che continuavano a intonare quel canto di morte.

Briony si era letteralmente bloccata dalla shock, aveva persino smesso di lottare con Tom e non si dimenava più. Tutti i suoi nervi, il suo cuore si erano immobilizzati dallo shock più distruttivo che aveva mai sentito in tutta la sua vita.

Vide velocemente un terzo dardo perforare una gamba del vampiro che amava; lo vide crollare. Questa volta niente poté interromperle l’urlo shockato che le fuoriuscì dalle labbra.

Nella sala e nell’altra galleria metà dei musicisti avevano abbandonato gli strumenti, raccogliendo qualcos’altro sotto i loro mantelli e le loro maniche. Adesso imbracciavano delle balestre.

Briony diede uno spintone a Tom e corse verso Elijah. Anche Rebekah lo fece. Solo che la corsa dell’umana venne fermata quando sentì un dolore lancinante alla schiena e alla gamba sinistra. Cadde rovinosamente a terra in piena faccia.

“Elijah!”

Le avevano trafitto la schiena con qualcosa di tagliente, sembrava che le avessero sparato a una gamba dal dolore terribile che sentiva. Boccheggiò. Non c’era tempo da pensare al dolore o a curarsi, non gliene importava niente delle sue ferite, potevano anche averla condotta in punto di morte ma lei doveva raggiungere Elijah e salvarlo.

Cominciò a gattonare con l’aiuto delle braccia mentre il pavimento veniva insudiciato dal suo stesso sangue.

Vide Rebekah difendere il fratello da altri attacchi, numerosi dardi volarono nella sala ma lei li afferrò in tempo a velocità soprannaturale. Uno però le si conficcò nello stomaco, facendola boccheggiare. Elijah si stava alzando debolmente, ma con ferocia naturale mise da una parte la sorella e staccò la testa di netto a un cacciatore che stava per sopraggiungerle alle spalle con un paletto di legno.

Sembravano legni diversi da quelli normali.. quelli erano bianchi.

Altri mostri assassini sopraggiunsero alle finestre, dalla galleria, dalle uscite secondarie. Finn era stato accerchiato: volarono altri dardi che lui non riuscì a evitare e uno gli finì in pieno petto, facendolo crollare.

Elijah aveva strappato già 2 forse 3 cuori dal petto dei cacciatori, anche se era visibilmente sfiancato da un dolore incontenibile. Come se una scossa gli avesse attraversato la mente in quel momento, si girò verso il punto in cui stava Briony che tentava di aggrapparsi a un tavolo. La sua gamba sinistra era tutta colorata di rosso.

Il viso di Elijah divenne una maschera di orrore shoccante, urlò il suo nome dimenticandosi di se stesso. Stava per avanzare verso di lei ma venne bloccato contro il suo volere.

Sembrava fosse scattato l’allarme anti incendio, dell’acqua scese a dirotto dall’alto del soffitto bagnando l’intera sala. Ma da come Elijah e Rebekah gridarono si intuì che non era normale e semplice acqua.

La schiena di Briony era come divorata da un incendio ma combatté fino allo stremo per sopportarlo. Come se sentire le grida di Elijah avesse fatto scattare qualcosa dentro di lei, Briony si alzò dritta e, incurante della sua stessa sicurezza, uccise due cacciatori rompendo loro il collo. Venne un altro, gli diede una forte spinta ma dopo lo sforzo immane fu costretta a reggersi contro il tavolo per non cadere. Con un gemito di dolore si strappò via l'arma che le avevano lanciato alla schiena.

Rebekah era stesa sul pavimento tra continui urli; Elijah cercava di alzarsi da terra tenendo una mano sulla faccia, come se la verbena gli stesse recidendo la pelle. Con la forza dell’altro braccio strappò il cuore di un cacciatore che si stava avvicinando alla sorella; deviò altri dardi con un ringhio.

L’accompagnatrice di Kol aveva la pelle in fiamme ma cercava di correre verso l’uscita per salvarsi. Purtroppo dei cacciatori le ostruirono la via con le balestre in pugno, le affondarono i dardi in pieno cuore.

La verbena intanto aveva smesso di fluire, Briony sentì qualcuno afferrarle il braccio ma lo spinse malamente da una parte perché cercava in tutti i modi di reggersi in piedi contro il tavolo.  A passi malfermi cercava di raggiungere Elijah, le sue labbra sussurrarono debolmente il suo nome ma voleva gridarlo.

Rebekah venne trafitta da un dardo nel fianco, Elijah uccideva cacciatori quanti ne poteva nonostante la sofferenza visibile nel volto a causa di quelle armi che, stranamente, lo ferivano quasi a morte.

Sbaragliò un cacciatore  semplicemente spingendolo da una parte e facendogli cozzare la testa contro il muro. Dopo quel gesto violento avanzò verso Briony per portarla via di lì. Ma qualcos’altro glielo impedì: il suo corpo spingeva per proseguire in avanti ma era come se una barriera invisibile lo bloccasse.

Elijah serrò il viso rabbioso e duro a causa di quella magia, restò immobile per qualche attimo tenendo le braccia alzate sul muro invisibile, e poi incrociò gli occhi verso Briony. Lei non avrebbe mai dimenticato la sua espressione: aveva paura per lei.

Briony cercò di avanzare di più, le gambe erano tremanti e malferme, così come le braccia che si aggrappavano al tavolo. Ma la sua forza di volontà era enorme, il sentimento che provava per lui sembrava spingerla in avanti anche quando il suo corpo era spezzato.

“Briony vattene.” quello di Elijah voleva suonare un ordine, ma fu un sussurro impercettibile come manovrato dallo shock di quella vista. Lei scosse di rimando la testa, biascicando un “no” e continuando dolorosamente ad avanzare verso di lui.

Con la coda dell’occhio vide qualcuno dalla sua parte avvicinarsi a Elijah. La rabbia fu tremenda come se gli occhi ardessero di furia. Sapeva che non poteva saltare addosso al nemico messa com’era, così prese un vaso dal tavolo e glielo lanciò sulla testa. Il cacciatore cadde inerme. Elijah a sua volta si era voltato quando aveva sentito un'altra lama infilzargli la schiena ma aveva già staccato la testa al nemico.

Rebekah cercava di evitare che altri paletti di legno le sfiorassero la pelle, si muoveva aggraziata ma dolorante: “Dobbiamo uscire di qui!” gridò con voce malferma.

Altri due cacciatori le vennero addosso e ripose la sua attenzione su di loro, sfoderando gli artigli.

Elijah intercettò altri dardi di balestra ma ogni sua percezione saettò poi in un altro punto: Briony era riuscita a scavalcare altri cacciatori, spingendoli via lungo la sua marcia, era quasi ad un passo da lui per oltrepassare quella barriera invisibile che li divideva. Ma un dardo di balestra arrivò anche su di lei, colpendola alla schiena. Briony boccheggiò così in preda al dolore, si accasciò sulle ginocchia.

Elijah invece aveva sbarrato gli occhi e le labbra, perdeva moltissimo sangue dalle ferite inflitte ma non era quello a provocargli dolore in quel momento. Non appena vide Briony accasciarsi, saettò fulmineo in avanti:

“No!” gridò con un tono di voce alto, così temerario da spezzare le mura. Il suo corpo si scontrò contro la parete invisibile, le braccia in avanti.

Briony ansimava a terra, il pavimento si stava riempiendo del suo sangue. Sentì qualcuno tirarla da dietro per i piedi e allora racimolò un’ultima forza e scalciò per liberarsi. Si diede leva con i gomiti per strisciare in avanti, e all’improvviso sentì delle braccia che agognava sentire e che sembravano offuscare tutto quello spirito di morte che albergava dentro quella sala.

Elijah, anche se debole, la prese in braccio e lanciò un’occhiata a Rebekah: “Vai!”

L’Originaria saettò allora in avanti per dirigersi a una porta che stava dietro di loro. Un’ennesima barriera sembrò bloccarli all’interno della sala. “Ma che diavolo.” Rebekah cercò di spingere, di dare dei pugni contro l’invisibile ma non servì a nulla.

Un forte tonfo all’improvviso li fece tutti distrarre. Kol era stato letteralmente scaraventato come un missile impazzito contro la parete adiacente alla loro. Il corpo si accasciò nell’ennesimo tonfo. “Porca puttana!” biascicò tra sé e sé tentando di alzarsi.

Dalla galleria emerse Willas. A Briony per poco venne un colpo.

“Ti sbatterò quei dannati violini contro la testa e poi ti farò ingoiare l’arco.” mormorò Kol rizzandosi in piedi e rivolgendo al cacciatore un’occhiata di fuoco. I denti in bella vista.

Briony con una mossa cercò di mettersi giù a terra. Non badò più al dolore, solo alla paura. E non per la sua vita.

Elijah comunque rimase al suo fianco per proteggerla. “Tu.” Sibilò l'Originario con uno sguardo di pura furia.

Willas gli diede uno sguardo di sufficienza poi tornò a rivolgere la sua attenzione su Kol, che stava per incombere su di lui con uno sguardo da folle. Con uno sbuffo di noia, il cacciatore prese una balestra e incoccò: “Facciamola finita.” e scoccò il grosso dardo che finì dritto nel petto di Kol all’altezza del cuore. Il colpo fu così potente che lo scaraventò di nuovo contro il muro.

Nello stesso istante un dardo colpì Rebekah che cadde a terra senza un grido. Briony allora in preda al terrore cercò di sollevarla e di farla rinvenire, senza alcun successo. L’arma le aveva perforato il cuore.

Elijah invece era avanzato inferocito contro Willas allo scopo ucciderlo per ciò che aveva fatto, ma un’altra barriera lo bloccò. Il cacciatore lo fissava con disgusto e lanciò con una mossa da maestro un lungo pugnale, che si conficcò sotto la gola del vampiro il quale lanciò un grido soffocato.

Anche Briony dietro di lui gridò e afferrò Elijah quando stette per cadere all’indietro.

Non riuscì a reggere il suo forte peso e anche lei fu costretta ad accasciarsi maldestramente a terra, mettendogli un braccio sul petto per tenerlo stretto a sé. L’altra mano cercava di estrargli il pugnale, lo stesso pugnale strano e diabolico che Willas aveva usato non poco tempo prima nella foresta di Fell’s Church.

Quando lo fece, Elijah serrò le labbra in una smorfia di dolore ma rimase dignitosamente in silenzio. Era debolissimo anche se non voleva farlo notare ma Briony lo intuì comunque, facendola così precipitare in un vortice di terrore.

Non sapeva se la pozza di sangue sotto di loro apparteneva a lei o a Elijah, ma c’era un’unica ragione se le si formarono delle lacrime dentro gli occhi.

Prima di quel momento non le aveva versate, anche quelle paralizzate dallo shock ma la sofferenza indescrivibile in quel momento si fece sentire in maniera così forte da smembrarle l’anima.

Cercò di tamponargli il sangue dalla brutta ferita, la mano tremava vistosamente: “Andrà tutto bene.” sussurrò a voce tremante, continuando a tenere Elijah stretto a sé a terra.

La pelle del vampiro era ghiacciata come non mai, quasi uno spirito di morte stesse andando a prenderselo. “Vai. Scappa” riuscì a dire lui con la voce più debole che lei gli avesse mai sentito. Il viso era una maschera di pena e agonia fisica. Terribilmente pallido.

Briony scosse la testa mentre vistose lacrime scendevano lungo il suo viso, causandole così dei singhiozzi di dolore mentre sussurrava dei “no”.

Solo allora si accorse della presenza di Connor. Per tutto quel tempo se ne era rimasto in silenzio, verso la parte più lontana della sala vicino al trono.. vigile ad analizzare la situazione che ovviamente pendeva dalla sua parte in quel momento, e non scomponendosi più di tanto a quella vista macabra di morte e sangue di cui lui aveva tessuto i fili, per tutto quel tempo, come un ragno. Aveva aspettato che le sue prede venissero nella trappola e lui le aveva intrappolate nella ragnatela.

Al suo fianco c’era la donna di prima, ovviamente una strega. Briony non si era accorta in mezzo a tutto quel casino che quella tipa aveva sussurrato frasi incomprensibili per creare le barriere.

La ragazza si sentì assalire da un istinto omicida, più furiosa che mai. << Lo uccido. Ucciderò Connor. Li ucciderò tutti >> La rabbia, il tradimento, il desiderio disperato di salvare Elijah si accumularono in un unico punto che divampò nel petto. Briony aspettò che la scintilla del suo potere esplodesse per farli fuori tutti.

Aspettò… ma non accadde niente.

Lei aveva perso i suoi poteri. Non poteva avvantaggiarsi in alcun modo.

Se lo shock non avesse preso il sopravvento su tutto, probabilmente sarebbe morta per colpa delle grida che voleva far fuoriuscire. Grida di dolore per non poter far niente per salvare l’uomo che amava, grida di vendetta per come era stata raggirata, grida di furore per aver permesso a quel bifolco di manovrarla e farla sentire pure in debito.

Quell’avvoltoio, quell’arpia aveva previsto ogni cosa.. aveva macchinato ogni cosa fino ad arrivare a quel punto… sicuramente era stato lui a dire a Willas di assalire Caroline.. si era presentato a casa Forbes come se fosse il loro salvatore miracoloso, perché sapeva che Briony avrebbe acconsentito a fare quel dannatissimo incantesimo per salvare Caroline.. e così in una mossa furba, così furba da risultare meschina, le aveva tolto i poteri facendole credere di essere un benefattore.. l’aveva resa inutile, inerme… così non li avrebbe ostacolati in quella carneficina…

Briony avrebbe voluto strozzarsi con le sue stesse mani. Aveva permesso a quel bastardo di vincere e non se ne era minimamente resa conto.

Bastardo! 

Connor sembrò averle letto la mente e infatti le sorrise diabolico.

Briony grugnì: ma dove diavolo era Klaus?? Lui era il più forte di tutti loro ed era letteralmente scomparso nel nulla. Forse anche lui era d’accordo con Connor, Briony non si sarebbe sorpresa del contrario.

Si erano fatti prendere in giro da quei due bifolchi, fatti della stessa pasta. Delle urla le arrivarono alle orecchie ma provenivano dal di fuori. Anche nei padiglioni doveva essere avvenuta una lotta.

Caroline!

Si maledì per aver pensato solo adesso alla sorella, ma lo shock l’aveva praticamente sovrastata.

<< Dio mio ti prego, abbi pietà. Ti prego ti prego… Fa che si salvino >>

Non fece una preghiera per se stessa… non era per sé che aveva paura e lo dimostrava nel sempre stretto a sé il corpo di Elijah, non lasciandolo mai.

Allora… quali minacce tirerai fuori ora che sei riempito di legni di quercia bianca dappertutto nel tuo corpo? E’ terribile sentirsi impotenti.” disse Willas in tono spregevole.

Quercia bianca? Era impossibile. L’albero era stato bruciato. Briony fu sommersa di nuovo dallo shock.

Quante volte un cuore può sopportare dei blocchi angosciati prima di smettere di battere?

Elijah sembrò ristabilirsi a quella presa in giro e digrugnì, cercando di alzarsi.

Briony provò a sorreggerlo per aiutarlo. La mano nel suo fianco si era tutta bagnata di rosso. Le venne di nuovo da piangere dalla disperazione: sentire il sangue di Elijah tra le mani in forme così grandi le collassava il cuore, facendo nascere lacrime in un richiamo disperato di aiuto.

Lo sguardo di Elijah saettò verso la sorella, che era rimasta per tutto quel tempo a terra senza svegliarsi. Era stata colpita nel cuore, il viso sembrava irriconoscibile come se la morte fosse sopraggiunta in un cancro letale.

Il viso del vampiro divenne una maschera di shock totale, intuendo che anche Kol e Finn avevano fatto quella fine. L’aver perso la sua famiglia contribuì ad aggiungere dolore.

Lo sguardo che lanciò poi a Willas era ghiaccio e fuoco:

“Ti sentirai tu impotente quando ti staccherò la testa” sibilò duramente per fargliela pagare. Ma il sangue gli usciva di continuo dal corpo, quasi le vene stessero straripando come un fiume in piena.

Con la coda dell’occhio Briony vide tre cacciatori incoccare in lontananza delle balestre. Mossa dal terrore afferrò un tavolino lì vicino, strappandolo dal pavimento e usandolo come scudo su di loro mentre cadevano a terra per proteggersi. Dardi sibilanti si conficcarono nel legno. Due, tre, quattro. Uno di questi riuscì a trapassare il legno, Briony gridò ma fortunatamente non aveva colpito né lei né Elijah.

Lui l’afferrò all’improvviso per il braccio; il viso era una maschera di dolore e decisione mentre le stava vicino:

Briony..” sussurrò quel nome come se fosse più importante della sua stessa vita. “Io li trattengo, tu corri via.” finì a bassa voce.

Lei però scosse subito la testa in segno di diniego: “No no no” balbettò in tono implorante temendo di scoppiare a piangere di nuovo. Non l’avrebbe mai lasciato solo, lo avrebbe difeso fino allo stremo.

“Basta ora.” Fu Connor a parlare per la prima volta.

All’improvviso Briony sentì una forza potentissima che la costrinse a staccarsi da Elijah e la sbalzò fuori di lì, spingendola dall’altra parte contro il muro. La velocità di quel colpo la lasciò senza fiato, Elijah la chiamò allarmato ma la barriera gli impediva di muoversi come voleva.

Le sue dita sembravano voler artigliare un blocco invisibile davanti a lui; dal suo viso terribilmente agghiacciante si intuiva che voleva smembrare l’intera villa pezzo per pezzo. Lanciò un’occhiata di ghiaccio ribollente a Connor:

“Scendi dal tuo piedistallo e vieni qui ad affrontarmi se hai un briciolo d’onore.”

“Onore?” Ripetè Connor. “Ce l’ho ma credo che resterò comunque qui a godermi la vista. Ti posso dire che è meravigliosa.” E gli regalò un ghigno malefico.

Briony era costretta a rimanere immobile, lontana da Elijah, come se una magia manovrasse il suo corpo. Guardò la donna che era vicina a Connor e che appunto la stava fissando intensamente, blaterando col pensiero magie blasfeme.

Briony ansimò di nuovo in preda al terrore:

“Pietà ti prego, abbia un briciolo di pietà..” La stava chiedendo per Elijah, pregava Connor sottomettendo i suoi desideri di vendetta e il suo orgoglio.

“Non esiste pietà verso i Mikaelson perché loro non ne hanno alcuna” affermò Willas all’improvviso scaraventandosi su Elijah. Anche se debole, questi riuscì a parare il colpo come se Will fosse un toro, ma anche così il colpo scaraventò entrambi contro il tavolo, che si spaccò in due.

Però Willas, che era più  in forma, si alzò per primo e recise lo stomaco di Elijah con un altro affilato paletto di legno. Elijah gridò, cercando di bloccare il suo braccio.

A Briony le si mozzò il respiro. Cercò di muoversi per aiutarlo ma pateticamente non poteva; riuscì solo a pregare Connor col suono disperato della sua voce: “Ti prego fallo smettere, fallo smettere!” Le lacrime rendevano la sua voce quella di una bambina che stava guardando uno spettacolo mostruoso, inammissibile ai suoi occhi.

Willas però continuò come un toro impazzito e estrasse il paletto solo per conficcarglielo nel petto, vicino al cuore. Elijah digrugnì ma non gli diede di nuovo la soddisfazione di sentirlo gridare. I suoi occhi dardeggiavano mentre guardava per terra il cacciatore, come se avessero il potere di ucciderlo.

Ma era un potere immateriale perché Willas non ne restò affatto ferito. Elijah fece un piccolo suono gorgogliante con la gola mentre cercava di tamponare le innumerevoli ferite, il viso era distorto dal dolore e sembrò svenire perché i muscoli scricchiolanti si stirarono a terra, in mezzo ai resti del tavolo e alla pozza del suo sangue.

Briony singhiozzava, boccheggiava, ansimava per il dolore divorante che le squarciava il petto nel vedere Elijah in quello stato terribile. Aveva i gomiti alzati contro la parete, non sentiva nemmeno più il dolore delle sue ferite.

Cercò comunque di impedire alle lacrime di strozzarle la voce per poter parlare:

“Basta Connor. Basta così. Hai ripagato morte con morte, che sia finita”

Lui la guardò con sufficienza glaciale e lei deglutì. Doveva far ragionare quel pazzo, doveva farlo. Altrimenti sarebbe morta e non perché un pugnale le avrebbe trapassato il cuore.

“Ti prego” riprese “Lascialo andare. Lascialo andare e io.. io ti giuro che noi dimenticheremo, dimenticheremo quello che hai fatto qui.. Non faremo del male al sindaco Lockwood né a nessun altro.. Te lo giuro… noi non cercheremo vendetta..”

Parlava in maniera ragionevole quasi per fare un altro stupido accordo, e se lui non avesse acconsentito allora sarebbe scoppiata a piangere ai suoi piedi, muovendolo a compassione. Avrebbe sotterrato la sua dignità, la sua stessa vita per salvare Elijah di cui non udiva più il respiro.

Quasi sentiva gli sguardi morti di Finn, Kol e Rebekah addosso. Avrebbe voluto vendicare la loro morte ma la vita di Elijah era più importante, più importante di tutto.

Connor la scrutò, fissandola astioso: “Solo un’idiota crederebbe al tuo balbettio. Mi prendi per un’idiota?”

Briony scosse ripetutamente la testa poi non riuscì a non scoppiare di nuovo in lacrime. Lacrime che chiedevano pietà. Salvezza.

“Ti prego Connor. Farò tutto quello che vuoi.” La sua voce era leggera e vulnerabile come qualcosa che si infrangeva sott’acqua.

All’improvviso il tavolo sopra cui era stato gettato Elijah venne spostato da una parte; il vampiro emerse spostando malamente l’oggetto come se fosse una piuma.

Cercò di sollevarsi in ginocchio ma il viso faceva trapelare debolezza disumana. Il corpo era tutto ricoperto di ferite da cui fuoriusciva sangue denso, aveva ancora un dardo piantato nel petto, un altro nella gamba. Era una statua perfetta e sublime martoriata dai vandali.

Dolorosamente Briony ricordò il suo sogno terribile. E il suo corpo sanguinava da cento orribili ferite.

Ebbe voglia di correre da lui e abbracciarlo per far smettere al sangue di fuoriuscirgli dal corpo. Voleva fargli da scudo da armi assassine e curarlo per permettergli di stare bene.

Ma quei desideri si estinsero come una candela nella tempesta.

Connor beffeggiò il vampiro teatralmente: “Eccovi gli Originari. Quelle sanguisughe che hanno rovinato il nostro mondo. Ora non più per fortuna. Ma non preoccuparti, potremo fare un accordo in cui sarai tu a decidere il luogo della tua tomba.”

Elijah lo fissò con puro odio, la schiena inclinata verso il basso. “Non mi hai ancora ucciso.”

“Sì beh con te ho voluto infierire di più, vorrei tanto che il tuo corpo bruciasse miseramente ma abbiamo ricavato il legno dall’insegna del ponte Wikery Bridge. Sapevi che secoli or sono casualmente un albero di quercia bianca era stato usato a tale scopo? Robert lo scoprì e per fortuna io feci scomparire in tempo quel punto di ricerca che voi succhiasangue non dovevate per niente sapere.” Di nuovo a Briony mancò il respiro, mentre il senso di colpa le divorava la pelle in un modo più letale di quanto potrebbe mai fare un’arma.

Bastardo lui ad aver orchestrato una simile messa in scena facendole credere di aver fatto un’opera buona, quando in realtà aveva solo usato Robert e lasciato poi nella bocca del leone. Stupida lei ad aver creduto alla sua buonafede nel chiedere il suo aiuto quella volta.

<< E’ tutta colpa mia. Sono io la causa di questo inferno >> Il cuore di Briony lacrimò quel pensiero mentre Connor continuava a spiegare:  “Il fatto però che abbia ricavato il legno non direttamente dalla radice dell’albero.. non crea il fuoco di morte ma vi uccide soltanto, fermando per sempre la vostra schifosa vita. Non si può avere tutto. Tornando a prima, la tua storiella d’amore mi ha fatto perdere un sacco di tempo e in più mi ha irritato come nessuno ha fatto in tanti secoli. Ed ecco la punizione.”

Elijah allora si voltò per fissare Briony, gli fuoriuscì un debole gemito, la preoccupazione gli macchiava gli occhi neri: “Lasciala andare” disse poi guardando Connor “Lei non c’entra nulla.”

“C’entra eccome invece, fin dal principio” berciò Connor sedendosi comodo sopra lo scranno. A dispetto di ciò che Briony aveva pensato prima, il druido non sembrava per niente un bambino sopra quel trono regale.

“Te lo farò pagare.” Anche nel suo pieno stato di debolezza, con quel legno letale che gli recideva la pelle, facendogli esplodere il sangue e recidere i nervi come un veleno, Elijah saettò in avanti.

Willas però lo fermò pur rimanendo immobile. Bastò il suo potere mostruoso. Elijah cercò di resistere dignitosamente ma un ginocchio cedette, la bocca era stirata in una linea di dolore acuto. Il sangue diluiva a vista d’occhio, dissanguandolo.

Briony a sua volta sgranò gli occhi per il terrore, l’anima si divise a metà accartocciandosi su se stessa. Lo spettacolo più terribile per i suoi occhi: l’immagine della sofferenza rappresentata sul volto della persona che amava di più al mondo...

Rivolse allora a Connor uno sguardo disperato e pieno di supplica:

“Perché lo stai facendo? Ti prego smettila, smettila!” Gridò fra le lacrime.

Connor la fulminò con lo sguardo: “E tu puttana che credevi? Di sfidarmi e sopravvivere?” tuonò incollerito con la sua voce potente.

Briony impallidì come un fantasma. Le labbra tremolanti sembravano cercare dei respiri impossibili da trovare in mezzo a quella disperazione:

“No no no.. Ti prego, ascoltami! Ti giuro che farò tutto quello che vuoi, non ti deluderò stavolta e ti obbedirò in ogni cosa! Prendi la mia vita, prendi ogni cosa di me ma lascia andare lui! Diventerò come Charlotte e come Willas, ti soddisferò in ogni cosa, farò tutto quello che desideri senza tradirti mai più! Te lo giuro!”

L’anello pulsava nel dito come a ricordare che lei non poteva essere di nessun altro se non di colui che le aveva dato quel dono.. ma era meglio rinnegare se stessa che veder morire Elijah.

Connor intanto la stava fissando con attenzione, allungò il braccio come per dare un segnale a Willas che infatti smise di torturare Elijah col suo potere. L’Originario gemette, lasciando cadere le braccia a terra.

Spinta da una tenue speranza, Briony continuò a muovere Connor a compassione:

“Se non ti interesso più allora spezza la mia vita, distruggila come vuoi, perforami il cuore, ma lascia andare Elijah.”

“No..” La voce di Elijah era un rantolo quasi impercettibile. Afferrò il bordo del tavolo e si costrinse a mettersi in piedi “Briony no…

Lei lo fissò. Avrebbe voluto permettere alle lacrime di creare fiumi sul suo viso, ma scelse di non farlo per essere più decisa:

“Sì Elijah. Alzati e vattene, ti prego.. salva te stesso. Fallo per me, per la tua famiglia.” ribattè implorandolo di non pensare a lei. Non sarebbe mai sopravvissuta senza di lui, la sua vita non le importava se non poteva viverla accanto a lui.

Qualcosa tagliò l'aria nella stanza anche se tutti restavano fermi. Briony sbattè le palpebre e venne poi presa per un braccio da Willas, che la scosse rudemente facendola spostare dalla parete.

Briony si lasciò guidare colta troppo in contropiede. La magia su di lei era stata liberata, forse allora anche le barriere avevano fatto lo stesso. La speranza le fece quasi illuminare il volto, che venne però subito distorto quando Willas le si mise dietro, premendola col braccio sulla ferita che aveva riportato prima. Briony cercò di non dar peso al dolore, offuscato per il solo intento di salvare Elijah.

“Lasciala..” Di nuovo un altro rantolo dell’Originario che faticava a rimanere in piedi. Sembrava che quel legno gli succhiasse la linfa vitale, ogni energia.

Briony scosse la testa, rimanendo imprigionata da Willas:

“Non pensare a me, vai via di qui! Non ci sono più le barriere, puoi metterti in salvo! Ti prego… se tu morissi io ne morirei.. vattene!”

“E perché dovrei permetterglielo?” intervenne Connor all’improvviso come se volesse vederla fondere sui carboni ardenti.

Briony cercò di divincolarsi ma la stretta di Willas era troppo ferrea. Era piena di un terrore disperato perché sapeva che entro pochi secondi sarebbe giunta la fine o la salvezza…

“Perché ti prendo per un uomo che in passato ha amato. Se mi capisci, se comprendi il mio bisogno di salvarlo, se provi un minimo di compassione ti prego… Fai questo per me e non ti chiederò nient’altro”

Connor tacque assumendo un'espressione grave. Tutti gli altri sembravano quasi aspettare un suo ordine. Alla fine disse:

“Ho amato? Sì forse, ma è stato tutto distrutto a causa loro. E la compassione non mi serve a niente.”

Il terrore disperato esplose dentro di lei come fuoco perché capì che era sopraggiunta la fine da quelle parole. La paura divenne una cosa viva in lei e forse per questo riuscì a scansarsi da Willas per andare verso Elijah, per pararsi di fronte a lui.

La gamba ferita però ad un tratto cedette oppure venne spinta per terra, non lo sapeva, sapeva solo che i suoi occhi tremolanti videro un paletto di quercia bianca alzarsi a mezz’aria.

“No!” Briony sentì il suo grido prendere largo dentro il suo petto, espandersi attorno a lei così alto e così disperato, che avrebbe superato il frastuono della musica alla festa.

Elijah in un momento di lucidità deviò il colpo e spinse via con un ringhio il tizio che brandiva il paletto. Ce ne era un altro, quello che lo avrebbe ucciso.

A velocità fulminea Briony si alzò da terra avanzando verso di lui, e gridando ancora quella piccola parola che racchiudeva le sue uniche forze.

Ma Willas agì troppo velocemente, sia per lei che per Elijah che si voltò troppo tardi.

Will si piazzò minacciosamente di fronte a lui, fissandolo negli occhi nerissimi.

“La mia famiglia manda a te e ai tuoi fratelli i suoi saluti” E conficcò il paletto nel cuore di Elijah. Girò dentro l’arma per colpire di più.

Briony gridò. Gridò perché non poteva fare nient’altro, perché solo così poteva sfogare la sua sofferenza troppo grande e perché quel grido proveniva dalle profondità del suo cuore, offrendogli un’ultima voce  prima di morire.

Il viso di Elijah divenne del color grigiastro, piccole venature gli circondarono gli occhi, non riusciva più a respirare.

Cadde in avanti ma Briony accorse impazzita e lo sorresse in tempo, prendendolo tra le sue braccia come se così avrebbe potuto scacciare quelle della morte.

Cercò di ridargli la vita con quel abbraccio, tra piagnucolii e una lunga serie di bisbigli che pronunciavano “No no no no”.

Le ginocchia alla fine cedettero, la forza fisica e il cuore non potevano nulla contro lo spirito della morte e della disperazione.

Elijah cadde col viso sulla spalla nuda di Briony, esalando il suo ultimo respiro tra i suoi capelli castani che odoravano ancora di rose. Rose e sangue. Cercò di dirle qualcosa, le bisbigliò qualche parola che lei non comprese perché tutto il suo essere si era immobilizzato dal dolore più atroce che avesse mai sentito e che le faceva annebbiare il mondo dinanzi a lei, credendo che fosse solo un incubo.

Ma non lo era… Briony sentì perfettamente la mano gelida di Elijah lasciarle la spalla, delicatamente abbandonò la sua pelle e il suo cuore, come in un saluto di morte.

Briony per qualche secondo rimase immobile, con gli occhi sbarrati, le labbra tremanti che cercavano di afferrare il respiro.

La sua vita finì in quel momento, sebbene nessuna lama le aveva perforato il cuore. La lama più mortale di tutte le era stata inficcata nel momento stesso in cui l’avevano fatto con Elijah.  Avevano reciso il loro legame, le avevano tolto la roccia sopra la quale era stata costruita la sua vita, il suo punto fermo che le permetteva di affrontare ogni tempesta, le avevano negato il suo amore immortale che avrebbe voluto vivere e assaporare per l’eternità.

Lacrime si formarono dentro i suoi occhi, spezzandole il respiro e lacerandole l’animo. Le braccia continuavano a stringere il corpo di Elijah ma all’improvviso divennero molli, come se non sopportassero tutto quel peso che le inabissava il cuore.

Senza nemmeno accorgersene lasciò cadere delicatamente il corpo di Elijah, il viso di lei era sbarrato e rivolto in un punto di fronte a sè, gli occhi erano morti perché troppe lacrime vi si addensarono rendendoli quasi bianchi e trasparenti.

Avvertì la disperazione strapparle il fiato e formare dei gemiti di dolore che le dividevano in due il petto, che sembrava avere degli spasmi. Si portò le mani al viso come se volesse strapparsi la pelle e forse lo fece perché sentì nelle unghie il liquido denso del sangue.

Alzando un po’ il viso, conficcò sempre di più le unghie per spegnere quel dolore interno o per dimezzare l’urlo esplosivo che stava per arrivare. Malgrado tutto, il suo grido emerse.. più potente e disperato di tutti gli altri, sembrò aleggiare nell’aria. Il suo tormento si trasformò in un urlo senza fine.

Solo lei poteva sapere quanto dolore ci fosse in quel grido, quanto volesse precipitare in un baratro dove la morte l’avrebbe spinta. Per una volta tanto, voleva cadere in quel baratro.. voleva la morte senza più il dolore.

Le lacrime scendevano lungo le guance di Briony, brucianti come aceto. Le gocce trasparenti si mescolarono con le lacrime rosse fino a quando il suo viso, quel dolce viso che Elijah aveva tanto amato, fu un’unica devastazione.

Lacrime e sangue, uniti in una combinazione agghiacciante.

Briony continuava a gridare, le note dei suoi urli di disperazione si abbassavano, tremavano, si alzavano, riecheggiavano come le note di un pianoforte.

Le fitte di dolore le spaccavano a metà l’anima.

Voleva che spegnessero la sofferenza, era troppo terribile. Come se fosse un vampiro senza anello di protezione, e la sofferenza le bruciasse la pelle come il sole.

<< Fate cessare questa sofferenza, spegnetela >> gridò dentro di sé mentre bruciava di dolore.

Il suo urlo man mano si spezzò, teneva le unghie contro il viso macellato mentre gli occhi si abbassarono nel vedere la morte nel viso di tutto ciò che aveva amato. Non rimaneva più niente per lei. Perché allora non veniva da lei, la morte? Perché non veniva a prenderla? Perché le negava il suo abbraccio di pace?

L’espressione di Briony era devastata dal dolore, le lacrime affogavano la sua anima mentre i singhiozzi le spezzavano il petto dolorante.

Ricordò ciò che Elijah le aveva detto prima di esalare il suo ultimo respiro: aveva pronunciato il suo nome, semplicemente il suo nome. Come se quel nome fosse la cosa più importante per lui e alla proprietaria avesse donato tutto se stesso.

Briony stava fissando il viso del vampiro attraverso il velo della disperazione: il loro amore disintegrato per sempre in quei tratti irriconoscibili.

Perché, morte, non vieni? Perché non spegni il mio cuore che non ha più motivo di battere?

Abbassò il viso, chinandosi verso il corpo di Elijah fino a mettere il viso sopra il suo petto devastato. Continuava a piangere ininterrottamente fino al dolore fisico, bagnando il corpo di Elijah non solo dal sangue ma dalle lacrime.

In quel momento la realtà si riaccese, tutti gli altri si mossero, poteva sentire le loro voci ma l’unica voce che lei voleva sentire era quella della morte.

Elijah, Caroline.. non c’era più nessuno.. Elijah, Elijah, Elijah. Continuava interiormente a gridare quel nome come se volesse farlo rivivere.

“E’ impazzita.” disse qualcuno.

“Che scenetta patetica.”

“Mettete fine.” disse qualcun altro.

Briony si sentì all’improvviso afferrare i capelli da dietro e trascinare via di lì. Sembrò riscuotersi e gridò più pazzamente di prima, in preda alla follia, perché non voleva che la allontanassero da lui.

Cercò di scuotersi e urlare il nome di Elijah, ma un pugno alla schiena le bloccò in gola gli urli.

Briony rimase col viso dritto e spento. C’era silenzio. La pioggia là fuori era cessata. Una calma apatica si impossessò di lei.

Le lacrime si infrangevano silenziose sul pavimento, unendosi al sangue che sporcava il freddo marmo.

Chiuse gli occhi perché voleva trovare il buio dove sarebbe precipitata. Nel tempo di un sospiro in cui invocava un nome, una lama si aprì la strada in lei.

L’ultima cosa che Briony sentì fu una morsa gelida e tagliente che la condusse nell’oblio.

 

FINE CAPITOLO

*Cof cof* So che mi ucciderete, in primis per la lunghezza del capitolo e poi per quello che ho fatto. Uahahah sono stata crudele XD O meglio Connor lo è stato, io non c’entro xD

So che piangerete a dirotto ma la mia drammaticità non ha limiti purtroppo… So che è un po’ strano vedere i Mikaelson uccisi visto che sono imbattibili, ma nel telefilm fanno fare il lavoro sporco a un vampiretto neonato e a un ragazzino di 16 anni; qui invece ho mescolato un migliaio di cacciatori con armi letali, streghe, verbena e druidi. Spero quindi di essere stata credibile nella lotta!

Alcune cose ovviamente non vi saranno chiare perché non potevo spiegare tutto altrimenti si sarebbe smorzata l’azione. Ho scelto di non creare il fuoco che di solito spunta fuori quando muore un Originario, perché non volevo veder bruciare tanta bellezza. Ho sconvolto un po’ la trama del telefilm quindi, ma spero mi perdonerete!

Nel prossimo capitolo spiegherò il ruolo di Klaus in tutto questo, e scriverò principalmente le trame dei personaggi secondari come Ylenia,Willas e Agnes.

So che vi focalizzerete sull’ultima parte ma spero di ricevere dei vostri commenti anche su quella iniziale. Non ho fatto apparire Elijah un dolce melenso nella dichiarazione vero? xD

La descrizione di Rebekah della morte corrisponde a quella in cui viene narrata nel “Signore degli anelli.”

Se non avete capito il sogno terrificante che è venuto in mente a Briony, tornate a leggere il capitolo “In the Shadow”

Vi avviso anche che la storia sta per finire, ci siamo quasi. Ora sicuramente griderete dalla gioia perché vi sbarazzerete di me! Ahahah Ma ho una sorpresa per voi. :P

Spero di leggere i vostri commenti, che saranno tutti disperati e pieni di angoscia, ma farò un mea culpa. xD Spero anche di sentire le voci di chi non ha ancora commentato per dirmi così le sue opinioni :P Non mordo anche se può sembrare xD

Se avete facebook, chiedetemi l’amicizia perché ho creato un profilo dove parlo della fanfic, faccio spoiler e metto foto ecc ecc. Mi chiamo “Elyforgotten Efp”, se volete chiedetemi l’amicizia!

Rigrazio vivamente l’utente Kitsune4573 per l’immagine sopra in alto! ^^

Alla prossima e… spero comunque che proseguirete nella lettura perché ci sono altre cose da svelare. J

Bacioni.

 

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Capitolo 35
*** Revenge ***


31 CAPITOLO

 

 

Alle spalle di Caroline c'era la festa. Ma quella festa si stava trasformando in un massacro.. Era riuscita a difendersi dai colpi dei cacciatori per miracolo; spinta dall'istinto di sopravvivenza aveva combattuto fino allo stremo anche se non ne sapeva neanche il motivo. La sorpresa di quell'attacco l'aveva colta alla sprovvista, lasciandola inerme come una bambina spaventata.

E la musica... Quel richiamo mortale percorse il suo corpo come una lama, un fendente fatto di tortura e sofferenza. Altri uomini continuavano a emergere con le balestre ma Caroline roteava sempre su se stessa per sfuggire loro. Vide avvampare delle fiamme in un padiglione come se ci fosse l’inferno in terra, e altri paletti sollevarsi nell'aria ricoperta da pioggia e cenere.

Caroline sentiva le urla così alte e così disperate da superare il frastuono di quella musica mortale. C'era caos intorno a lei, troppo caos che quasi ebbe l'istinto di chiudere gli occhi e immergersi in un buio silenzioso. Sperò che l'incubo finisse come nei classici sogni in cui ti svegli di soprassalto, ma quando riaprì gli occhi la realtà rimaneva dolorosamente tale e quale.

C'erano cacciatori ovunque che inseguivano e trucidavano vampiri. << Non ha senso!  >> pensò gridando dentro di sé. Quella gente la conosceva da tutta una vita, la signora Lockwood non avrebbe mai potuto ordire una trappola del genere. << Non ha senso!! >> i suoi pensieri folli furono distorti quando vide un cacciatore dirigersi verso di lei con un paletto in mano. Subito Caroline sfoderò i denti e lanciò per aria quel tizio come se fosse stato un sacco di patate.

All'interno dell'unico padiglione rimasto in piedi in giardino, Chuck stava dando prova della sua improvvisa forza, mettendo k.o numerosi cacciatori più alti di lui. Anche lui si era fatto prendere alla sprovvista perché non si sarebbe mai aspettato un simile attacco dai suoi ex soci. Ma poco importava ora perché stava combattendo strenuamente dalla parte in svantaggio, ma che era quella più giusta. Si era arrampicato ad un lampadario grazie alle braccia e aveva lanciato numerosi calci in testa ai suoi nemici. Dopo di che con un urlo di guerra si era lanciato contro la mischia.

Caroline intanto cercava di difendersi dai numerosi attacchi, un dardo le si era piantato nel fianco. All'improvviso qualcosa sovrastò l’atmosfera, rendendo più agghiacciante quell’inferno: un urlo. Il grido più disperato che Caroline avesse mai udito.. Così forte come la tempesta di un uragano, ma anche così vulnerabile come foglie che si sgretolano a terra.

Il grido riecheggiò attorno a lei: Briony. Il nome di sua sorella prese forma nella sua mente e Caroline sentì il panico strozzarle la gola. Saettò in avanti per correre in aiuto di Briony che doveva trovarsi nella villa, ma un'altra voce la immobilizzò.

"Che diavolo sta succedendo qui?!?"

Caroline si girò e al suo fianco vide Klaus: sembrava shockato e devastato quanto lei, ma la  rabbia cavalcava ancora tutte le altre emozioni sul suo viso. Sembrava parecchio messo male anche lui: aveva tutti gli indumenti stracciati, il corpo ricolmo di sangue. Caroline non sapeva se fosse suo o quello dei cacciatori, ma non perse tempo che infatti lo raggiunse in un lampo, prendendolo ad un braccio:

"Fa qualcosa! Aiutaci!" lo incitò in preda al panico. Klaus sembrò fissarla come se fosse un'estranea apparsa lì per caso; guardò poi davanti dove c'era la villa e luogo dove si stava tenendo il maggior massacro.

"C'è anche la tua famiglia là dentro! Klaus mi stai ascoltando?!" Caroline lo scosse maggiormente perché sembrava che l'ibrido non la stesse udendo: continuava a fissare il vuoto di fronte a sé, con occhi sgranati ma rimanendo immobile come una statua.

"No." rispose lui in un ringhio voltando il viso abbassato.

Caroline non sapeva a cosa si stesse riferendo ma l'attenzione fu doverosamente rivolta a un cacciatore che stava per sopraggiungere da loro. La bionda vampira gli squarciò in due la gola, facendolo cadere a terra.

"Klaus!" tornò a invocarlo per ottenere il suo aiuto ma lui rimaneva inspiegabilmente immobile. "No.. Non riesco.. C'ho provato.. Non.." sembrava stesse combattendo una lotta contro se stesso dal modo in cui curvava la schiena, in cui serrava il viso digrignando i denti, e soprattutto dal modo in cui si teneva il braccio destro come se volesse tagliarselo dal proprio corpo.

"Cosa non puoi? Aiutaci, non posso farcela da sola!" E infatti subito un cacciatore le saltò addosso.

Klaus continuava a rimanere immobile con uno sguardo da invasato. Lo sguardo era sempre rivolto alla villa, come se la cosa che volesse di più fosse andare lì dentro ma qualcosa di fortissimo gli impediva di farlo, fino a spremerlo di tutte le forze.

Le urla della sua famiglia gli arrivarono alla mente in una preghiera di aiuto, e Klaus digrignò più i denti come se li volesse spaccare da un momento all'altro. Le unghie incidevano sempre di più il braccio e i piedi combattevano per camminare in avanti. Ma una statua non può sperare di muoversi.

Ci fu un istante in cui la pioggia battè più forte fino a lanciare fulmini e nello stesso istante Klaus gridò, combaciando con il rumore terribile del cielo: "No!"

Caroline intanto era riuscita a liberarsi da alcuni cacciatori e stava correndo verso Klaus: "Andiamo dentro e uccidiamoli!" L'unica reazione però che Caroline ottenne fu il nulla.

"Sono morti." La voce e lo sguardo di Klaus erano vuoti come le profondità della morte.

La razionalità stava bisbigliando a Caroline con voce malefica il senso di quelle parole, e soprattutto di chi si stava riferendo, ma il cuore negò con tutte le sue forze:

"No! No no! Possiamo ancora salvarli!"

"Sono morti." ripeté Klaus con la stessa identica voce di prima.

"Basta! Smettila di parlare così! Fai qualcosa!"

"Guarda! Maledizione, guarda!" la voce di Klaus ringhiò ma il corpo continuava a rimanere immobile.

E Caroline allora si guardò attorno. Le gocce delle pioggia le bagnarono il viso, nascondendo le lacrime nascenti.

La festa di Mystic Falls si era tramutato in un campo di battaglia.. O meglio ancora, nell'antro di un macellaio.

La morte si estendeva in mezzo a loro, le fiamme avvolgevano i padiglioni e si levavano alte nel cielo fino a formare vapore di cenere. Dovunque risuonava il canto di morte.

Caroline saettò in avanti ma Klaus l'afferrò per un braccio. Per un attimo vide proprio nel braccio dell'Originario qualcosa che brillava ma poi tutto si fermò attorno a lei: le grida, la musica... Tutto era cessato.

"Vieni. Dobbiamo andarcene." disse la voce sconosciuta di Klaus.

Il cielo nero piangeva, il vapore formato dal fumo sembrava creare un suono stridente e agghiacciante, anticipando il triste epilogo. La faccia di Caroline era bagnata dalla pioggia e dalle lacrime.

"No...  No!" la sua voce era debole, come quella della ragazzina studentessa che era. "Mia sorella é là dentro! Devo salvarla, dobbiamo salvarla! C'é anche la tua famiglia!"

I cacciatori avevano cessato di combattere. Per un solo motivo...

"Dobbiamo andare a prendere mia sorella." Caroline continuava a ostinarsi ma la voce di Klaus era immobile e tagliente:

"Morta pure lei."

Caroline sentì il cuore fermarsi per davvero, senza possibilità di ripresa.

"Non possiamo fare più niente ormai. Se andiamo là dentro non torneremo mai più fuori." la voce di Klaus era inumana e fredda. Ma il viso era ricolmo dallo shock che sembrava perforarlo in due metà, quasi potesse sentire ancora le grida dei suoi fratelli però non potesse fare nulla per loro. Voleva salvarli anche in quel momento in cui non c'era più nulla da fare, voleva vendetta, ma qualcosa di potente lo bloccava.

"Rimani qui o vieni via, la scelta sta a te.."

Ma Caroline schizzò di lato, non ascoltando il proseguimento della sua frase. Corse verso la villa, per andare a salvare sua sorella. Non correva per se stessa perché tanto se il creatore della sua stirpe era morto, non c'era più nulla da fare. Corse e nessuno sembrava badare a lei. Forse era troppo tardi, alle sue orecchie sopraggiungeva solo il silenzio e il rumore del vento che si portava dietro per la corsa selvaggia.

Stava per arrivare alla porta principale.

Ma poi qualcosa la colpì e Caroline perse i sensi.

Oblio…

 

------------*************------------------

 

Vuoto. C’era solo vuoto in lei, non avvertiva più nulla dentro di sé. Un arido deserto di vuoto.

Non c’era rimasto più niente per lei, nulla da aspettare né da amare. Se tutto attorno a lei era vuoto, allora anche dentro sarebbe stata vuota.

Il cuore batteva ma solo per non morire. Non c’erano pulsazioni vitali perché Briony Forbes non voleva più averle. Se si sarebbe concessa il benché minimo lusso di ricordare o provare, si sarebbe lasciata divorare dalla disperazione. Conosceva bene quanto profondo fosse quel baratro e non voleva ricaderci mai più… e non perché volesse vivere serenamente.

Non desiderava la felicità né il dolore. Non voleva sentire niente perché niente batteva dentro di lei.

Continuava a fissare il vuoto, l’eterno vuoto di fronte a lei senza mai stancarsi perché tanto di sensi la sua vita ne aveva perduti molti.

Era sdraiata su un fianco in un lettino d’ospedale, coperta da un classico camice bianco. Il volto doveva essere deturpato e irriconoscibile, chissà quanto avevano scavato il sangue e le lacrime dentro di esso, ma non voleva guardarsi allo specchio pur di non annegare di nuovo.

Il bip bip del monitor dimostrava che la paziente era sana e quel rumore continuo significava vita. Ma lei non era sicura di volerla. Aveva invocato la morte di venirla a prendere, di permetterle di abbandonarsi al suo abbraccio di pace, di aiutarla a non soffrire più quel calvario eterno di agonia.

Tecnicamente Briony non aveva nulla che non andava. Era quel vuoto continuo che non andava bene, che l’avrebbe lasciata marcire dentro fino a spremerle le ossa e svuotare gli occhi.

Sentì un pizzicore alla gola, segno che non poteva evitare i suoi bisogni all’infinito. Era pur sempre un essere umano e così Briony accennò a muovere il braccio per prendere un bicchiere d’acqua e così dissetarsi. Per poi tornare al vuoto.

Il braccio non si allungava abbastanza quindi dovette inclinare un po’ la schiena. Durante quel gesto una scintilla di un ricordo le assalì la mente, così forte da provocarle un’emicrania di dolore alla testa. Lei che cercava di allungare la mano per cingere il corpo di Elijah in un caldo abbraccio, così da scacciare la fredda morte che stava per venire a prenderlo.

Ma la sofferenza aveva fatto capolinea su tutto, l’aveva privata di ogni cosa e quelle braccia umane non avevano potuto fare niente per contrastare quelle della morte.. anche se le sue erano piene di amore e speranza. Due sentimenti che non contavano nulla in quel mondo fatto di morte.

La mano di Briony tremò nel prendere la bottiglia, barcollava perché i residui dei ricordi si stavano prendendo tutto di lei fino a corroderle ogni pezzo d’anima. Alla fine il braccio si arrese nell’allungarsi di più e la paziente tornò a sdraiarsi con un sospiro.

Non voleva chiudere di nuovo gli occhi… se l’avesse fatto le urla sarebbero ritornate ad annientarla. Quel buio le faceva troppa paura e i ricordi ne facevano parte.

Provava troppo dolore affinchè riuscisse a muoversi e allora continuava a rimanere immobile. Voleva che oltre le forze, si spegnesse anche il cervello ma quello col tempo cominciò a crearle delle immagini che le perforavano gli occhi e le bruciavano il cuore.

Il bip bip del monitor fece un rumore strano e preoccupante ma a lei non gliene importò. Che la morte venisse pure a prenderla, era quello che voleva di più al mondo. Come avrebbe vissuto senza Elijah, senza Caroline? Senza niente?

Ogni speranza di vita era morta quando questa aveva lasciato il corpo di Elijah mentre era tra le sue braccia… lui che le sussurrava il suo nome tra i capelli, la sua mano gelida che le lasciava la spalla, il suo corpo così pesante da farla precipitare nel baratro… il suo ultimo sguardo in cui ordinava a Willas di lasciarla andare…

In un istante Briony si ritrovò sola e immersa in quei ricordi, con l’unica compagnia di una lacrima che le rigava il volto.

Più ricordava, più il cuore si faceva male e più il bip bip del monitor fremeva impazzito.

Perché la morte tardava ad arrivare? Connor le aveva portato via tutto, che venisse pure a finire il suo lavoro… ma probabilmente non aveva senso privarla del cuore, quando già lo aveva perso. Eccola la punizione più grande, la morte sarebbe stata soltanto una soluzione di pace.

Immobile e sfiancata, si stringeva le mani tra loro, come nell’arrancarsi ad un ultimo appiglio per sopravvivere. Ma anche nelle mani c’era il vuoto.. non c’era niente... Colta da un brivido di allarme Briony si rizzò sulla schiena, incurante del dolore fisico.

Si guardò attentamente la mano: non c’era più… non c’era più!

<< Dov’è l’anello? >> pensò in un attacco di panico, guardandosi attorno come in cerca di un salvagente che l’avrebbe aiutata a non affondare.

<< DOV’E’ IL MIO ANELLO? >> Sembrò gridare come una pazza invasata ma quel pensiero gridò soltanto nella sua mente. 

Non potevano toglierle l’ultimo ricordo più caro che aveva di Elijah… se lo avesse perso, si sarebbe uccisa lei stessa con le proprie mani.

Armeggiò con uno dei cassetti lì vicino e quando aprì il primo, lo vide.

Era proprio lì… solitario e bellissimo, in attesa che la sua proprietaria lo reclamasse perché solo una persona aveva il diritto di portarlo.

Il più importante frammento dell’animo di Elijah… quella piccola pietra che sembrava illuminare e portare luce in ogni cosa. Ma quando lo prese in mano, Briony fu sommersa non dal sollievo ma dalla tristezza: quell’anello non avrebbe illuminato un bel niente perché lei stava precipitando in un baratro oscuro in cui non era prevista alcuna luce… non meritava persino di possederlo… non dopo ciò che era successo…

<< Lui è morto, perché io non lo sono? Dov’ero quando aveva bisogno di me, perché non ho potuto fare niente per salvarlo? Perché non ho combattuto di più? E invece cosa ho fatto? Niente. Sarei dovuta morire al suo fianco. >>

Briony non riuscì a sostenere il vuoto ancora per molto, perché il mare di sofferenza stava per giungere con tutte le sue onde per farla affogare. E alla fine andò giù e non riemerse.

Lasciò liberamente che le lacrime scendessero lungo il suo viso, fino a che il petto non ebbe degli spasmi per via dei singhiozzi. Si sdraiò mollemente, mettendosi una mano alla fronte. L'altra racchiudeva l’anello portandoselo al petto, mentre il viso era l’immagine del suo dolore.

Era un grande vuoto. 
Era cumuli di cenere. 
Era lacrime.

Briony era tutte queste cose e non era niente allo stesso tempo.

Immersa dal tormento, non si era nemmeno accorta che era entrata un’infermiera per controllare i dati del monitor e per darle un calmante, visto che le onde del dolore stavano già facendo il loro mostruoso effetto e stavano per soffocare il suo cuore.

L’infermiera si raccomandò di nuovo di stare calma ma Briony continuava a non ascoltare, perdurava nel suo pianto di agonia. Non si accorse neanche che erano entrate altre persone nella stanza, ma non avrebbero mai ottenuto la sua piena attenzione perché lei voleva vedere solo due distinte persone passare per quella porta… e sapere che era impossibile contribuì ad altre lacerazioni nel suo cuore.

L’infermiera si raccomandò con i due visitatori di non farla stancare troppo viste le sue condizioni precarie. Briony stava per mandare al diavolo quell’insulsa infermiera perché le condizioni precarie ce li aveva chi aveva una costola rotta… lei aveva qualcos’altro di ben più rotto…

Quando il silenzio finì per sommergere ogni cosa, Briony si decise di alzare gli occhi e di far smettere alle lacrime di scendere: c’erano Chuck e Jennifer lì con lei, e i loro sguardi dovevano essere impietositi per qualcosa che scorgevano nel suo viso.

Chuck aveva una benda al braccio che doveva essersi rotto, mentre Jennifer portava sempre il gesso alla gamba e si teneva in piedi con le stampelle. Briony sapeva razionalmente che non doveva avercela con loro, ma la rabbia sembrò penetrare dentro di lei e voleva un bersaglio per farla esplodere.

“Che cosa ci fate voi qui?” domandò acidamente.

Jennifer sospirò in maniera grave: “Dio Briony… ti giuro, mai avrei pensato che succedesse una cosa del genere… non me l’ero neanche immaginato..”

“E’ questo che servono le feste di Mystic Falls no? Creare sorprese.” La voce di Briony sputava continuamente acido pur di non versare altre lacrime.

Chuck si fece avanti, l’espressione impietosita nella sua piccola grande faccia: “Ti giuro che non accadrà mai più una cosa del genere..”

“Oh beh certo… anche perché tutti i vampiri sono morti. Ripeto, che cosa volete? Vedere con i vostri stessi occhi chi è l’unico superstite di quella carneficina?”

Briony… so che adesso non riuscirai a crederci e fatichi a sopravvivere, ma vedrai che col tempo… riuscirai a farcela come prima, con un po’ di terapie tornerai come nuova.” la voce di Jennifer era piena di speranza e amicizia, ma Briony ribattè in maniera molto più violenta. La rabbia l’assalì fino a darle una forza strana:

“Non è di questo ciò che ho bisogno! Non capite? Ciò che voglio è vedere quei luridi vermi di cacciatori strisciare a terra e pagare per quello che hanno fatto! E visto che voi fate parte del club, direi che è meglio se vi togliete dalla mia vista!” Gli occhi sputavano sangue, la lingua sembrava sibilare come un serpente e le braccia si muovevano convulsamente, incurante degli aghi della flebo.

Briony… noi non ne sapevamo niente altrimenti sicuramente avremmo potuto fare qualcosa prima. Ho cercato di combatterli più che ho potuto..”

“Anche io non ne potevo sapere niente, ero incollata nella poltrona con la gamba rotta. L’unica cosa che devi fare è non lasciarti divorare dal rancore perché sei davvero viva per miracolo, Briony.”

Chuck e Jennifer cercavano in tutti i modi di far sollevare l’amica, di infonderle coraggio e il loro sostegno, ma era come domare un fuoco implacabile.

“Viva..?” ripetè Briony facendo intravedere quanto dolore avesse dentro e che le scavava i lineamenti del viso, dentro l’anima. “Io non voglio nessuna esistenza, non voglio essere viva in questo modo e non senza di lui!” Ogni sensazione non le provocava altro che sofferenza, la quale sembrava scivolarle dentro come un cancro letale. Non poteva più sopportarla dal gran che era terribile.

“Non potete aiutarmi, nessuno di voi può! E ora lasciatemi in piace!” Gridò le ultime parole con una determinazione tale che le si contorse il collo. Le lacrime le incendiavano gli occhi scavati, indeboliti dalla troppa sofferenza emergente in essi.

Chuck e Jennifer arretrarono quindi sui loro passi, come sorpresi dall’ira montante di quella ragazza che faticava a sopravvivere.

Lo sconcerto però apparve in Briony quando vide qualcuno affacciarsi alla porta della sua camera. Per poco le parole d’odio non le si strozzarono in gola.

“Avete finito di fare schiamazzo? Vi fate sentire per tutto il corridoio dell’ospedale, e io che vi credevo così civilizzati!”

Con quanta semplicità e arroganza Willas si era appoggiato allo stipite della porta e guardava i presenti con glaciale sufficienza.

Briony tremarono le labbra per fermare le bestemmie rivolte a quell’essere rivoltante, mentre anche la sua fidanzata faticava a rimanere calma: “Will? Che diavolo ci fai qui? Ti avevo detto..”

“Lo so Jen. Ma in fondo la tua amica è viva quindi è inutile tergiversare sul passato. Chiamalo un mio gesto di commiserazione.” rispose lui semplicemente abbottonandosi i polsini della giacca.

“Veramente Briony non è stata risparmiata dalla vostra cosiddetta commiserazione. E’ riuscita a sopravvivere perché i termini della sua morte rimangono gli stessi, anche senza i suoi poteri. Altrimenti ora sarebbe già crepata.” replicò Chuck acidamente e fissando di traverso il cacciatore.

Willas fece uno stizzito gesto con la mano: “Sia come sia. Sono proprio venuto qui per porgervi i miei saluti visto che me ne vado. Il mio compito qui è finito e finalmente posso definirmi in pace.” Mormorò soave e quasi allegro.

Jennifer lo fissava come se fosse pazzo o appena uscito da un circo, mentre Briony faticava a credere che quel tipo potesse stare in sua presenza in maniera così menefreghista.

“Pace..?” sibilò lei duramente. “Non avrai pace, non con me. Avresti dovuto uccidermi a quella stramaledetta festa perché io non ti darò pace fino a quando tu e il tuo padrone finirete sotto terra.”

Willas inclinò il capo da un lato con sguardo ilare: “So cosa provi... la voglia di vendetta, mi avete fatto rimanere solo al mondo, eccetera eccetera. Ma non sono disposto a soddisfarti visto che ci tengo alla mia pelle. E in fondo... era l’unico finale per questa storia.”

“Il finale ci sarà quando voi assassini sarete morti, quando sarà fatta giustizia per il massacro che avete ordito alle nostre spalle.” Le nocche di Briony stavano diventando bianche a forza di serrare le mani, il bip bip del monitor stava cominciando ad impazzire.

“Assassini?” Willas ripetè quella frase come se non la conoscesse nel suo vocabolario. “Io ho solo fatto ciò che era giusto, mischiando il mio fine alla vendetta. I Mikaelson dovevano morire, la morte non ripagherà per tutto il male che hanno fatto ma almeno l’inferno è il posto che a loro spetta. Non mi dispiacerò per questo perché aspettavo questo momento da troppi anni.”

“Will ora basta, non incominciare con la solita storia. La tua vendetta non può giustificare il vostro atto feroce!” replicò Jennifer in maniera scandalizzata.

Willas stranamente la guardò storto. Guardò storto tutti i presenti:

“Feroce? Ve lo dico io cosa è feroce… perdere la propria famiglia per mano di luridi mostri.. vederli con la gola sgozzata e i loro corpi tagliati a metà quando si è solo dei bambini.. quando si è inermi per tentare anche solo di difenderli. Questa è ferocia. E i Mikaelson hanno avuto quello che si meritavano.”

Jennifer scuoteva la testa con compassione e sospirava:

“Dopo così tanti anni la gente cambia..”

“Non mi interessano i tuoi motivi.” Ribattè Briony all’improvviso con sguardo da invasata. “Ti sentirai meglio adesso, ma non quando ti taglierò la testa.”

Willas le sorrise in segno di sfida.

“Provaci. Non ti conviene. E tu che ti definisci tanto buona e pura, ma poi dici che non ti interessa quanta morte e sangue si portano dietro i Mikaelson da millenni! Dovevo lasciarti in mano a Connor, la tua stupida vita è uno spreco per chi non può più viverla.” finì in maniera feroce e dura.

Briony allora grugnì, stringendo i pugni delle mani sopra il lettino. Il cuore stava per scoppiarle nel sentire tali parole rivolte al vampiro che aveva tanto amato:

“Non Elijah! La tua famiglia potrebbe essere morta per mano di Klaus o di Kol.. loro ne sarebbero capaci, ma non Elijah! Lui non c’entrava niente, lui…” il tono di voce si abbassò come se la corde vocali avessero perso le forze. Il respiro si stava spezzando, quasi i polmoni si fossero otturati. “Lui non era un mostro.” Una lacrima le fece compagnia in quella frase.

“Sì, e le favole esistono.”

“Ora basta Will! Non hai un briciolo di pietà? Lasciala in pace altrimenti dimenticati il mio numero!” Jennifer era sul punto di lanciare una stampella al suo ex ma lui la fulminò prima con lo sguardo, faticando a riconoscerla:

“Dio mio Jen.. proprio tu che sei una cacciatrice dovresti pensarla come me! I vampiri sono vampiri! Non cucciolotti da redimere e da amare! Noi potremmo essere crudeli e dei mostri dopo l'attacco alla festa, ma i veri mostri erano loro. I Mikaelson e anche il tuo Elijah.” Disse poi guardando Briony “Più bestia che essere umano, quel mostro gonfio di superbia e sete di sangue. Ed era anche pericoloso dalle prove che ho riscontrato: si nascondeva dietro la facciata dell'onore e poi faceva i suoi luridi comodi senza troppi problemi di coscienza. Elijah Mikaelson? Era un ignobile mostro, e come tale é morto."

Scese un gelo silenzioso. Briony guardava Willas con gli occhi sbarrati come se stesse per calpestarlo come un insetto. Nel tempo di un ringhio acuto di rabbia, Briony si avventò sul cacciatore. Insieme a lei caddero anche le flebo e altre aggeggi, ma non le importava. L'unica cosa che desiderava era cavare la pelle dal viso di quel bastardo; le braccia si muovevano convulsamente e dalle labbra uscivano dei sibili rabbiosi.

Willas sotto di lei non riusciva a parare i suoi colpi perché preso troppo alla sprovvista. Ma in breve Briony venne divisa a forza da lui e portata verso il letto disfatto: continuava a calciare, a lanciare grida di rabbia e sguardi da invasata.

"Lo sapevo che eri pazza." biascicò Willas rimettendosi in piedi.

"Will ora vattene!" Jennifer si impose nella maniera più autoritaria che tutti ricordassero e questo lasciò sbigottito il cacciatore, in maniera tale che quasi perse il controllo delle sue emozioni, ma poi in due secondi liquidò la tensione con una smorfia:

"Vi auguro di vedere la vostra famiglia macellata sotto i vostri stessi occhi. Poi vedremo quanto troverete belli e buoni i Mikaelson." ribatté lui durissimo prima di dileguarsi fuori dalla stanza.

Intanto Briony faticava a rimanere calma e immobile, continuava a scalpitare come una pazza tanto che accorse la dottoressa Fell:

"Ha bisogno subito di un sonnifero."

"No!" gridò Briony cacciando via la siringa che la dottoressa Fell brandiva. "Non ho bisogno di questo! Ho bisogno di pistole, fucili e proiettili! E di magia che mi aiuti a trovare quel bastardo di Connor! E poi.. Ho bisogno di armi.. Di.." la voce di Briony poco prima folle ai limiti dell'umano, adesso si stava indebolendo fino a tremare come quella di una bambina spaventata. La sua follia era tutta dovuta alla sofferenza troppo terribile che rischiava di annientarla.

Si portò le mani ai capelli, la bocca era distorta per il richiamo d'aiuto che voleva che fuoriuscisse ma sentiva di avere un'enorme groppo in gola. "Ho bisogno di..." la voce tremò e si spezzò, le ginocchia cedettero mentre le lacrime avevano ricominciato a scendere senza che se ne accorgesse.

Non aveva le forza di finire la frase perché era già plateale di chi avesse bisogno, ma ammetterlo sarebbe valso come l'ennesimo sale sulle ferite, altre lame pronte a inciderle l'anima. Perché era impossibile che ciò avvenisse.

"Non posso.. Non ci riesco.. Non ce la faccio.." continuava a bisbigliare con voce strozzata dal pianto, senza più le forze in grado di fronteggiare quel mare di dolore da cui venne investita irrimediabilmente.

Il viso era rivolto verso l'alto, come se volesse guardare il cielo perché quel mondo non le apparteneva più, e perché poi uno spirito di vento le aveva portato via la persona che più contava per lei portandola lontano.. dove lei ora guardava. Era lassù il paradiso? Non ci poteva essere l'inferno perché quello ce lo aveva proprio attorno. Le sue fiamme sembravano artigliarle la pelle così dolorosamente che fu costretta a piantarsi le unghie nei capelli.

"Briony, calmati. Che cosa ti ho sempre insegnato? La paura uccide più del.."

"Non ho paura Chuck" replicò Briony rimanendo a terra, le lacrime formavano laghi infuocati nel suo viso "E’ la verità! E questa mi uccide! Non ho più niente! Elijah non c'è più, si é portato via anche Caroline.." i singhiozzi le impedivano di parlare, gli occhi faticavano a rimanere aperti come se l'agonia l'accecasse nella sua grandezza.

Voleva provare odio per soppiantare la sua perdita, anche verso il vampiro che le aveva portato via il sangue del suo sangue, ma come sempre la sofferenza fece capolinea su tutto.

Qualcuno la issò poi in piedi, conducendola nel lettino. Briony stranamente si lasciò trasportare senza opporsi, le lacrime erano diminuite perché non voleva che degli sconosciuti venissero bagnati dalle gocce del suo dolore, perché quelle potevano essere condivise solo da lei e da chi aveva il potere di spegnerle. Tutte illusioni e speranze che svanirono, portate via da un crudele vento.. Con un debole sospiro Briony si lasciò sdraiare lungo il lettino.

"Starai bene. Presto tornerai a casa." disse una voce.

E rieccolo il vuoto.. lui che le stava strappando via l'anima sempre di più, riducendo il suo corpo ad un involucro privo di vita.

La risposta in Briony venne automatica e facile: si formò prima nella mente poi a parole.

"Io non ho più una casa."

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Ombre. Le ombre albergavano infime in quel luogo piccolo, desolato e fuori dal mondo. Albergavano in ogni cosa, in ogni essere, in lui

"Non potremo stare qui per sempre." mormorò Ylenia a bassa voce come se avesse paura che qualcosa si risvegliasse. Era seduta in un angolo mentre vicino a lei una figura alta stava in piedi a guardare fuori dalla finestra, l’unica luce che permetteva di illuminare quella fitta ombra.

"Lo so." rispose quella figura non muovendosi di un centimetro.

"Molte vite sono state spezzate in  quella maledetta festa. Ma tutto questo continuerà a esistere finché tutto andrà per il meglio.  Molte cose possono sembrare morte, ma sono solo spezzate."

"Come loro." disse la figura misteriosa voltando il capo e fissando un punto preciso che stava in ombra. Poi tornò a guardare la strega. "Come me. Nemmeno io sono ancora morto"

Ylenia provò un brivido freddo nel fissare gli occhi neri, agghiaccianti, di Elijah Mikaelson.

 

 

 

Willas si trovava nella vecchia cascina, un tempo luogo dei cacciatori. Stava seduto a contemplare il disegno che aveva fatto lui stesso e che ritraeva l’anello dell’assassino di suo padre e di sua sorella. Finalmente la sua famiglia era stata completamente vendicata, aveva svolto il suo compito, e un senso di audace appagamento lo invase.

Gli fuoriuscì un sorriso perfido mentre ricordava la fine dei Mikaelson. Avevano avuto quello che si meritavano, per lui erano solo dei mostri da combattere e aveva aspettato anche troppo tempo per vendicare la sua famiglia... ora potevano essere in pace.

Innalzò un bicchiere per un brindisi tutto per sé e svuotò il drink in un solo sorso. Non era ancora finita però: Klaus Mikaelson era ancora in vita, se vita la si poteva chiamare visto che a causa di quel trabocchetto che avevano escogitato era adesso una marionetta in mano di Connor. Appena finito lui, Willas si sarebbe allora sentito davvero in pace e avrebbe deciso cosa fare della sua vita…

Sicuramente avrebbe lasciato quel posto schifoso, avrebbe ricominciato una nuova vita lasciando da parte i tetri ricordi e tutte quelle morti… Non ne provava rimorsi, in fondo lui era un cacciatore e il suo destino era stato scritto più di mille anni fa. Inutile combatterlo e inutile avere sensi di colpa quindi. Anche perché non ne voleva proprio avere, si sentiva troppo inebriato quel giorno.

Bevve un ultimo sorso e all’improvviso comparve Jennifer: la ragazza sembrò alquanto sorpresa nel vederlo lì, infatti spalancò gli occhi.

“Non credevo fossi qui.” disse dura e mostrando un’espressione ostile. Non aveva più le stampelle, solo una piccola fasciatura.

“Fai pure quello che devi, in fondo questo posto non appartiene a me.” rispose Will semplicemente. Jennifer stava per congedarsi, non avendo alcuna intenzione di rivolgergli la parola ma lui si alzò fulmineamente.

“Senti Jen, non possiamo parlarne?”

“E di cosa? Di come mi hai rotto la gamba di proposito affinchè non andassi a quella dannata festa?” ruggì lei voltandosi.

Willas allora sospirò: “Era l’unico modo per tenerti al sicuro.. volevo tenerti fuori da tutto quel casino e se tu ci fossi stata..”

“Vi avrei ostacolati.”

“No saresti rimasta uccisa per la tua tremenda istintività e il tuo malsano desiderio per i vampiri.” sibilò Willas duramente.

“Quindi adesso sono in debito con te?” Jennifer rise amaramente “Non provarci nemmeno. Quello che avete fatto è sbagliatissimo! Vi siete messi al loro pari livello!”

“Ma ho ottenuto quello che volevo. Non mi convincerai a provare dei rimorsi. Volevo i Mikaelson morti da secoli e ora lo sono. Ciò che è giusto è giusto, fine della discussione.”

“Certo.. credi che la tua famiglia sarebbe contenta se ti vedessero come un feroce assassino?” Jennifer azzardò troppo, soprattutto nel tono, e questo Willas non glielo perdonò dal modo in cui la guardò in maniera terribile.

“Non osare parlare di loro. Tu che ne sai? Hai sempre avuto una vita facile.” Sibilò lui tetro fissandola come se fosse un nemico. Andò dritto al tavolo e gli sferrò un pugno come per placare l’ira che lo stava assalendo: “Dovevano morire! Se sono diventato un assassino è a causa loro! Per colpa di ciò che hanno fatto!”

Diede un altro pugno e Jennifer allora traballò per la sua tremenda furia. A causa dei colpi, il disegno cadde a terra e la ragazza si abbassò per prenderlo: “Dovresti calmarti, questo tuo caratteraccio ti porterò alla rovina Will. E lo dico per il tuo bene perché sono talmente stupida che ci tengo ancora a te! Quindi..” Ma all’improvviso si bloccò e le parole le morirono in gola mentre guardava il disegno dell’anello.

“E questo.. perché l’hai tu?” domandò tentennante.

Willas le lanciò una debole occhiata: “E’ l’anello che uno dei Mikaelson teneva quando ha sterminato la mia famiglia… ma ora non mi serve più visto che loro sono all’altro mondo.. anche se mi sarebbe piaciuto sapere chi fosse precisamente il proprietario perché allora gli avrei dato una morte più..”

“Ma quest’anello non appartiene ai Mikaelson.” disse Jennifer improvvisamente.

Quelle parole furono come una freccia scoccata per Willas, che si paralizzò di colpo. Non aveva mai avvertito una voragine così profonda provocata per una ferita invisibile: “Cosa?”

“Sì.. l’ho visto da un’altra parte..”

“E come? Quando?!” Willas riprese il senso della realtà e gridò quelle parole non riuscendo a farne a meno. Possibile che si fosse sbagliato? Era sicuro che fosse stato un Mikaelson.. forse un altro vampiro allora… Ma dopotutto tutta la razza dei vampiri presto sarebbe stata estinta quindi si era vendicato comunque.

“L’ho visto da Connor.”

Quella risposta contribuì alla freccia di penetrare sempre più nel suo petto, apparentemente muscoloso e infrangibile.

“Che cosa?” Willas sembrava sputasse del vetro dal tanto che non ci credeva.

Jennifer traballò non sapendo se parlare o meno, visto lo sguardo di fuoco dell’uomo.

“Parla! Che cosa sai?!” Willas ruggì come non mai, faticava a rimanere calmo e stringeva i pugni fino a far diventare bianche le nocche.

Jennifer deglutì: “Eravamo qui… lui era in una stanza e io sono entrata senza bussare perché credevo non ci fosse nessuno… c’era un portagioielli aperto e mostrava un sacco di aggeggi.. tra cui alcuni anelli… lui si è giustificato dicendo che erano anelli magici e mi ha ordinato cortesemente di uscire… non c’ho dato molto importanza, in fondo Connor è sempre stato un tipo strano..”

“Strano?! Non può essere una coincidenza strana il fatto che lui porti l’anello che ho visto indosso all’assassino della mia famiglia!!” Willas gridò come un forsennato e agitò le braccia. Gli occhi erano rossi come il sangue e Jennifer avrebbe tanto voluto fuggire via a più non posso, ma la gamba le pizzicava dolorosamente, impedendoglielo.

Il cacciatore si mise poi una mano alla bocca per tentare di calmarsi e di ragionare: “Deve essere per forza uno sbaglio… sicuramente ti sei sbagliata! Era un altro anello!”

“No.. no no, è quello dipinto nel disegno. Ne sono sicura!”

Willas deglutì la bile che aveva in gola. Guardava Jennifer come se fosse un’aliena, qualcuno che gli aveva sputato appena addosso… il suo cuore non riusciva a crederci… possibile che Connor fosse coinvolto nel massacro della sua famiglia? E perché poi? Per quale motivo..? L’uomo che gli aveva fatto da maestro, che lo aveva guidato in tutti quegli anni… Si sentì stringere in una morsa e avrebbe tanto voluto gridare dalla rabbia per essere stato vittima di un tradimento tanto vile.

Strinse invece i pugni delle mani fino a farle sanguinare. “Ne sei certa Jennifer? Devo esserne sicuro prima di..”

“Prima di.. che cosa? Non fare sciocchezze!” ribattè subito Jennifer perché aveva capito che il cacciatore aveva intenzioni folli. Bastava guardare il suo sguardo da invasato.

Willas però non le diede retta e si avviò come un toro impazzito verso la porta. Jennifer cercò malamente di bloccarlo: “Will aspetta..”

Il cacciatore agì d’impulso e senza pensarci, troppo preso dall’ira che lo divorava: sbattè la rossa contro il muro lì vicino, afferrandola prepotentemente per la gola. L’unica cosa che Jennifer fece fu sbarrare gli occhi per via dello shock.

“Non intralciarmi.” sibilò Willas semplicemente e lasciandola poi andare con uno scossone.

Jennifer tossì, e senza poter fare niente per impedirlo lo vide andarsene in fretta e furia. Sapeva che erano in arrivo altri guai ma questa volta, anche volendo, non poteva evitarlo.

 

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La porta si chiuse dietro di lei con un cigolo. Briony non lo sentì neanche, si era lasciata sommergere dal silenzio e dal vuoto. Camminò a passo di fantasma lungo la sua casa.. anche se non la considerava più tale... l’avrebbe smantellata pezzo per pezzo, magari bruciata perché non voleva più viverci..

Ogni cosa intorno a lei le faceva capire che Elijah le mancava, era una continua persecuzione: come uno spirito che alleggiava attorno a lei, facendole ricordare quanto aveva amato e quanto aveva perso. Quello spirito malvagio si stava insediando dentro di lei, conducendola alla pazzia e doveva fare qualcosa per scacciarlo…

Avrebbe rotto ogni ricordo, ogni pezzo della sua vita che riguardava Elijah Mikaelson perché il dolore era troppo grande da affrontare per una persona sola. Se avesse ricordato ogni singolo momento bello passato con lui, si sarebbe lasciata affondare da quel mare di agonia e per adesso doveva vivere… vivere almeno per vendicarlo, per vendicare tutti quanti.

Con un sospiro Briony lasciò cadere mollemente la borsa e si massaggiò le gambe nude: portava una maglia e una gonna, ma si sentì comunque la pelle d'oca anche dopo il massaggio. C’erano voluti dieci giorni prima che la dimettessero dall’ospedale.. dieci giorni infernali e pieni di veleno che lei digeriva ogni volta che ricordava.

Si diresse poi in salotto. Lo sguardo spento e sconosciuto perfino a se stessa. Si versò un drink per cercare di rimettersi in piedi e di smettere di deprimersi: il primo sorso non valse niente e nemmeno il secondo. Tutto l’alcool del mondo avrebbe riempito il suo stomaco ma non il buco che aveva nel cuore.

Un sorriso forzato le increspò le labbra: lo strano scherzo del destino era che voleva lottare ma non aveva più nessuno per cui farlo.. era stata abbandonata persino dalla morte che il destino si era rifiutato di concederle.

Qualcun altro sano di mente lo avrebbe ringraziato per questo, ma lei no. Si mise davanti a uno specchio ma ciò che vi trovò era una sconosciuta. Non era lei: le cicatrici erano andate via, non c’erano quasi più i segni delle sue unghie sul viso ma Briony poteva sentire le ferite lambirle ancora la pelle, come piccoli segni bianchi. Chiuse gli occhi e nel buio della sua mente tornò a rivivere i momenti in cui l’avevano attaccata alla festa, colpi su colpi e sangue.

L’ultima lama le fece male come se fosse davvero reale, e Briony si portò le mani alla testa, scuotendola di continuo per spegnere i ricordi.

Andò a passi spediti verso alcuni scaffali del salone, dove per fortuna erano rimaste alcune armi. Le prese fuori tutte, quasi con foga perché era troppa la rabbia ed aveva urgente bisogno di sfogarsi.

Fece il giro della sala per prenderne altre ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che catturò la sua attenzione. Si voltò con enorme sforzo: c’erano troppe foto lì, troppi ricordi che rischiavano di farla ricadere nel baratro. Non riusciva ad affrontare tutto quel tremendo dolore, quella solitudine assillante senza morirne, e per questo velocemente gettò per terra tutte le foto che ritraevano lei e la sorella, i suoi amici, tutte le foto che le capitavano a tiro. Le lanciò via per rompere tutta la sua vita: dei gemiti di rabbia e di dolore le fuoriuscivano di continuo dalle labbra per la consapevolezza orribile che la stava attagliando.

La casa era tutta sottosopra, anche i libri erano stati tirati fuori dalla libreria a causa del suo attacco di disperazione.

Si staccò poi la collana che Caroline le aveva regalato per il suo compleanno, la buttò da qualche parte, e si tolse anche un gioiello che portava all’anulare sinistro. Ma quando stava per gettarlo, la sua mente si bloccò nel fissarlo e così anche il suo corpo. Il suo cuore sembrò rinascere.

I suoi occhi scavati osservarono l’anello che le aveva regalato Elijah. Persino adesso sembrava risplendere... ma quella luce stava aggiungendo in lei una desolazione inaudita. Non riusciva a buttarlo, non riusciva a tenerlo.. se ne stava in un limbo e non trovava la via di fuga.

Soffocò il singhiozzo nascente e decise di rimettere l’anello al suo posto, dove doveva stare per l’eternità… quello non sarebbe cambiato.

Si portò poi le mani al viso, come se volesse nascondersi dal mondo... prendere il suo dolore dagli occhi e cacciarlo via… tutti tentativi vani perché fini per piangere, ancora e ancora.

Ti amo Briony. Non potrei sopportare di vivere altri 1000 anni senza di te.

Ricordare quelle parole contribuì a farsi aumentare il dolore, che valse come una mitragliatrice. Non avrebbero mai passato l’eternità insieme…nemmeno un secolo… nemmeno un giorno… i loro sogni erano stati tutti strappati via e trasformati in un incubo.

Pianse tanto forte da chiedersi come avrebbe fatto a sopravvivere anche solo per 10 minuti senza di lui, figuriamoci per il resto della giornata. Per il resto della vita.

Stava per crollare a terra, per chiamare un nome prima che tutto il dolore lo potesse anche solo sbiadire.

Ma ad un tratto qualcosa le toccò la spalla da dietro e lei saettò come un animale in gabbia. Prese fulmineamente un paletto e si girò rabbiosa per affrontare il nemico.

Una mano le bloccò il braccio a mezz'aria, ancor prima che lei identificasse il volto del suo avversario. Ma quando lo fece, quando osservò quegli occhi, tutto in un lampo improvviso cambiò.

Il respiro le si inchiodò in gola, il cuore fece un rimbalzo poi affondò di nuovo, lo stomaco si contorse come assalito da un pugno.

Presa dal terrore lasciò cadere di sua spontanea volontà il paletto a terra. Il rimbombo non fece alcun effetto su di lei perché rimase impietrita, tutte le ossa ghiacciate.

Era lui. Lui era proprio di fronte a lei. Il suo sguardo la ammaliava, la immobilizzava come aveva sempre fatto. Gli occhi neri erano più profondi del solito e la pelle più raggrinzita, ma sempre lui.

Incredula e fuori da ogni comprendonio, Briony gemette per la privazione del respiro e si portò le mani alle labbra, sconvolta da quell'apparizione.

Elijah fece un passo in avanti, incatenando gli occhi ai suoi. Briony al tempo stesso si portò giù le mani lentamente, il viso bianco come un cadavere e gli occhi tremolanti mentre guardava la persona che più aveva amato e che credeva persa. Mossa da una smania urgente, le dita tremanti vagarono lente  per tutto il petto dell'Originario, per testare la pelle al di sotto e far sì che non fosse solo un'illusione. Gli occhi guardarono la sua mossa, incapace di crederci, il respiro era mozzato per via della troppa emozione.

"Già una volta ti ho detto che non ti avrei più lasciata. E io le promesse le mantengo sempre." Il suono profondo di quella voce, profonda quanto gli abissi dell'oceano, contribuì a gonfiarle il cuore che fu sul punto di esplodere.

Non potendo reggere una tale potenza, Briony si adagiò debolmente contro il suo petto, il respiro era sempre mozzato e gli occhi chiusi come se fosse in un sogno.

Ma la mano di Elijah che le sfiorò i capelli la sentì benissimo, il suo dolce respiro accarezzò la sua nuca come per voler allontanare il freddo dal suo corpo.

"Grazie a Dio stai bene." le sussurrò lui a voce bassa.

Briony singhiozzò sgomenta: "Non é possibile... Tu eri morto.." bisbigliò con voce spezzata.

"Lo sono da molto tempo"

Sentire il sorriso nella voce di Elijah non contribuì a farla stare meglio. "No no.. Non é possibile... É un sogno.." le lacrime sopraggiunsero di nuovo ma nonostante le sue parole lei gli si strinse di più, avvolgendogli le spalle come per non lasciarlo andar via e far perdurare il sogno.

"Briony.." Elijah cercò di scansarla per guardarla dritto in viso, ma lei lo serrò di più nel suo abbraccio disperato, continuando a scuotere la testa e a bagnargli il petto con le sue lacrime.

"Sono tornato solo per sincerarmi che stessi bene... É pericoloso per te che io stia qui." disse lui ad un tratto.

Le sue parole destabilizzarono Briony che si fece subito assalire dal panico. "No..." mormorò spostandosi di poco per guardarlo in faccia. Il suo sguardo era così serio che perse troppi battiti. "No no... Pure in sogno mi devi abbandonare?"

Elijah sorrise lievemente scuotendo la testa: "Non é un sogno.. Sono davvero qui."

 Briony indietreggiò istintivamente quando lui stette per avvicinarsi:

"No no… Sono pazza.. Questo non può essere reale, é solo un'illusione o una qualche magia perversa di Connor." farfugliò tra sé e sé aspettandosi quasi che quell'Elijah fosse sul punto di tramutarsi in un'orrida bestia a tre teste.

A sentire il nome del druido,  il viso di Elijah si serrò freddamente: "Se fosse una sua magia sarei il primo a ribellarmi a una scelleratezza del genere."

Briony continuava a scuotere la testa: "Allora vuol dire che sono pazza… Dovevano rinchiudermi in un manicomio.."

Elijah fece un passo in avanti, propendendo le braccia per cingerla e sussurrando il suo nome, ma Briony si divincolò ancora come se avesse delle furie dentro: "Stai lontano! Vuoi maledirmi ancora??" urlò dannandosi e portandosi agitata le mani nei capelli. Elijah allora si immobilizzò, fissandola serio e indecifrabile.

Colta da un lapsus Briony abbassò piano le mani con gli occhi ancora sgranati: "Se non é un sogno.. Allora sei rimasto vivo per tutto questo tempo?" In preda al gene della follia stava quasi per colpirlo. "E dove sei stato?! Perché ti fai vedere solo adesso?! Hai idea di quanto sia stata male? Quanto sia stata dura per me? Se avessi tardato un altro giorno mi avresti trovato nelle vesti di un fantasma e di una larva umana! Valgo così tanto disturbo per te da aspettare 10 giorni che sono stati i più infernali della mia vita?” le sue corde vocali gridarono per il dolore che le stava scendendo dentro il cuore, che la attraversava inesorabilmente fino al punto della pazzia.

Il viso di Elijah si era fatto talmente indecifrabile tanto da apparire incolore e privo di emozioni, mentre Briony continuava a sputare fuori la raffica dei suoi pensieri e delle sue lacrime amare:

“Non ti importava di come io stavo!” Sbottò e riuscì a malapena a terminare la frase, perché la bocca di Elijah arrivò a posarsi sulla sua, impedendole così di parlare ancora.

Briony non riuscì a definire le emozioni che la attraversarono in quel momento, era impossibile.. troppo devastante anche solo pensarci. Le mani di Elijah si erano posate sul suo viso come per non farla scansare più via, le sue labbra premevano con decisione sulle sue.

Il cuore di Briony era come impazzito e quasi temeva che potesse fuoriuscirle dal petto da un momento all’altro, proprio ora che non accettava la benché minima idea di morire perché quel solo momento sarebbe valso come una vita intera e lei voleva assaporarlo sempre più.

Mano a mano la sua mente si assopì, smise di formulare pensieri folli e si lasciò andare a quel bacio che le rubava il respiro. Sorprendente, visto che l’ultimo respiro doveva essere esalato dalla morte ma Briony invece avrebbe tanto voluto che il suo ultimo respiro lo ricevesse lui.

Quando Elijah fu sicuro che lei non si sarebbe scansata, abbassò le mani per cingerle la schiena e attirarla così di più a sé. Briony sentì il cuore cantare gioia dentro il petto, e accorse a stringerlo a sua volta in una maniera così disperata che si arrancò a lui, e Elijah la sorresse in alto fino a farle alzare i piedi da terra.

Non le importava di avere la mente devastata, sul punto di sfracellarsi a terra per tutte quelle sensazioni esplosive e impossibili da sopportare. L'unica cosa che voleva era stringere di più Elijah a , baciarlo fino a rimanerne completamente sazia e consumarsi in lui.

Continuava a rimargli aggrappata, il respiro era affrettato dalle lacrime quando le loro labbra si separavano brevemente per iniziare un altro bacio intenso e forte e nei momenti in cui lo faceva sussurrava il nome di Elijah, come se fosse una preghiera esaudita.

Elijah invece ricambiava la stretta come se avesse la morte di nuovo alle calcagna e intendesse assaporare più che poteva un unico momento con lei.

Le loro labbra si consumavano a vicenda, i loro respiri erano una cosa sola e i baci continuavano a ripercorrersi incessantemente, come se volessero imprimersi dentro il sapore l'uno dell'altra che valeva molto più del sangue o di qualsiasi altro cibo.

Le dita di Briony accorrevano imperterrite su ogni parte disponibile del corpo di Elijah in una tale posizione: sui capelli, sul viso, sulle spalle.. il suo corpo dipendeva da lui e finchè vi rimaneva attaccato non aveva bisogno di nessuna urgenza umana.

Il cuore batteva più veloce, le farfalle svolazzavano nel suo stomaco come se fossero pipistrelli.

Quando venne il momento di staccarsi, lei trattene il suo ultimo respiro al sicuro dentro di lui. Aveva il fiato mozzato ma la sofferenza era svanita dai polmoni.

Si guardarono negli occhi, in un’emozione sorprendente e liberatoria. A Briony sembrava di non sentire più il proprio peso, perché troppa attaccata nel farsi sommergere dallo sguardo di Elijah che non aveva perso nulla del suo magnetismo. Forse non era limpido come le altre volte a causa della morte prematura, ma quando Briony lo sfiorò amorevolmente lo trovò perfetto. Non chiedeva altro dalla vita.

Elijah la guardò attraverso i suoi occhi profondi, in maniera talmente intensa come se le stesse proclamando il suo sentimento senza bisogno di parole. Si allungò poi su di lei a darle un altro bacio e le fece appoggiare i piedi a terra.

Briony comunque non si allontanò, continuava a fissarlo estasiata. Lui si chinò poi su di lei, appoggiando la fronte sulla sua e il respiro le soffiò sulle labbra. Briony tremò allora, troppo tentata dal prenderlo di nuovo.

L'Originale poi sorrise, scostandosi un po’ mentre le accarezzava il viso: “Perdona il mio gesto poco galante” disse fermando una mano sul suo zigomo destro. “Ma non sono riuscito a trattenermi.”

Il suo sorriso affascinante contribuì a farle salire il sangue alle guance, infiammandole. Il grande Elijah che non si trattiene… se non fosse stata tanto scombussolata, Briony avrebbe riso.

Elijah le sfiorò ancora delicatamente il viso per eliminare le ultime lacrime che le bagnavano il viso, come se non volesse vederle mai più.

Quel gesto era reale, intimamente reale che quasi Briony sentì il cuore schizzarle fuori.

Guardò quel vampiro come se fosse una visione celestiale: “Mio dio… non può essere..” sussurrò ancora non staccando gli occhi da lui. Voleva crederci ma era devastante il pensiero che fosse tutto frutto di una sua follia mentale.

“Ancora con questa storia?” Elijah le sorrise ilare e si propese per baciarla ancora, come per dimostrarle che non fosse  solo un sogno. Briony questa volta non riuscì a trattenersi e gli allacciò quasi violentemente le braccia al collo per spingerlo di più verso di lei. Lo sentì sorridere sulle labbra per poi cingerla a sua volta.

Per Briony poteva anche essere un maledettissimo sogno ma non si sarebbe fatta sfuggire quell’occasione. Il suo desiderio sembrava tinto di violenza mentre lo stringeva di più, nel modo in cui dischiudeva le labbra contro le sue, stuzzicandole per assaggiare di nuovo il loro sapore. Elijah fece la sua parte nel medesimo modo, strappandole il fiato ad ogni contatto, mentre quel bacio diveniva sempre più profondo e intimo.

Briony istintivamente inclinò la schiena all’indietro e lui seguì la sua direzione, portando entrambe le braccia a cingerla fortemente.

Lei si sentiva soffocare, stritolare, ma non le importava. Non c’era alcun male esistente che potesse fermare quel momento.

Briony portò le mani al suo viso mentre lui scendeva per baciarle il collo. Le labbra seguirono poi i contorni del suo mento mentre Briony per assaporarlo si metteva in punta di piedi.

“E se questo è un sogno..” le sussurrò lui con voce rauca. “Ucciderò chiunque dovesse provare a svegliarti.”

Briony sentì allora le ginocchia tremare ma non per quella minaccia. Era una sensazione troppo stupenda, troppo avvolgente da sprofondare nell’amore più totale. Non era un sogno, se ne rese benissimo conto in quel momento e avrebbe voluto ridere dalla gioia immensa.

Invece con un sospiro appoggiò il viso sulla sua spalla, in balia di lui che l'attirava a sé in un forte abbraccio. Elijah le mise una mano fra i capelli, fermandola in essi, e stringendola a sé come a saziare un bisogno umano.

Briony amava quei gesti, quegli abbracci di quelli stretti che la incantavano e che non la lasciavano spazio per muoversi. Come se il suo corpo smettesse di essere uno solo e divenisse un tutt’uno con quello di Elijah. Non c’era bisogno di cercare una nuova casa.. era già a casa.

Sospirò di nuovo, scuotendo la testa: “Siete tutti vivi..? Come..”

Elijah non la lasciò finire. “Sì lo siamo tutti.. merito della magia perché altrimenti ora non sarei qui.”

Briony sgranò gli occhi: “Ylenia.”

“Sì.”

Briony si sentì invadere dall’euforia e alzò lo sguardo con gli occhi che brillavano. C’era tempo per spiegare i dettagli ma voleva godersi quel momento senza troppe parole.

Elijah però si fece più scuro in volto, quasi tenebroso che per un attimo Briony faticò a riconoscerlo. Era molto più fatale del solito da quando era riapparso.

L’Originario lasciò ricadere la mano: “Briony, come hai potuto anche solo pensare di dare la tua vita per salvare la mia?” domandò in tono severo.

La ragazza si aspettava una simile ramanzina, d’altronde non sarebbe stato Elijah se non si fosse opposto a una simile diavoleria, ma lei non riuscì a non deglutire.

“Dovevo restare a guardare mentre ti uccidevano?”

“Non oso pensare a cosa sarebbe successo se Connor avesse accettato. Non hai idea dei pensieri che ho fatto allo scopo di proteggerti.”

Il suo sguardo divenne più profondo, quasi letale. Briony dolorosamente ricordò gli attimi orribili in cui lui tentava di alzarsi nonostante le numerose ferite, quando lui si opponeva al suo sacrificio noncurante della propria debolezza.

Quei ricordi sarebbe sempre valsi come sale sulle ferite aperte, ma in quel momento voleva proprio scacciarli via.

“Ma non è successo… non devi pensarci..” gli sussurrò dolcemente toccandogli il viso.

Elijah sostenne gravemente il suo sguardo poi le prese la mano, abbassandola. I suoi occhi all’improvviso scorsero l’anello che ancora teneva sull’anulare sinistro, e allora un flebile sorriso venne disegnato sulle sue labbra.

Briony ricambiò e gli si avvicinò, sussurrandogli che lo amava.  Gli accarezzò le labbra con le proprie e lo attirò a sé, stringendogli la giacca sulle spalle.

Elijah si scansò per darle un bacio sul collo: "Fingerò di non pensarci per adesso." le sussurrò lui fintamente minaccioso. Briony tremò per la sua voce ma quando lui stette per rialzare il viso, lei fu veloce ad appoggiare le labbra sulle sue.

Elijah si scostò poi veloce da lei, osservandola di sottecchi. Briony si sentì incendiare letteralmente le viscere. Sempre guardandosi così, avvicinarono contemporaneamente le labbra l'uno all'altra. Fu uno scambio breve, tornarono a guardarsi ad una piccola distanza e lo rifecero più volte, trattenendo un sorriso. Quando arrivò al punto limite della sopportazione, Briony gli prese il viso tra le mani e lo baciò per davvero, selvaggiamente come non aveva mai fatto.

La reazione di Elijah non si fece attendere che infatti Briony sentiva sotto la lingua i denti affilati del vampiro sferzarla, usciti per via dell'istinto predatorio e di quella mancanza di controllo.

Accorgendosene, Elijah si irrigidì e tentò di scansarsi da quel bacio violento, ma Briony non ebbe paura che infatti lo attirò per il tessuto della giacca e indietreggiò, portandoselo con .

Briony si sentì cozzare contro il ripiano della libreria, ma per il movimento fulmineo del vampiro che aveva abbandonato in quel momento la razionalità.

Un gemito della ragazza le morì sulla labbra di lui, che sembrò invaderle la bocca. Non sembrava risentito in quel momento per quell'approccio pericoloso e così Briony gli allacciò un braccio sulla spalla mentre i loro corpi aderivano perfettamente. Sentiva il rumore dei cocci dei pezzi buttati sotto i piedi, il fastidio degli spigoli di legno contro la schiena ma l’unica cosa che veramente avvertiva era il suono delle loro labbra che si scontravano, dei loro respiri che si rincorrevano fino a fondersi totalmente. Elijah muoveva il viso contro il suo, afferrandole avido ogni singolo fiato e deliziandola col suo fare esperto.

Istintivamente Briony si appoggiò col braccio ad un ripiano superiore della libreria, alzandosi di più per cingergli la vita con le gambe. Lui spinse di più il corpo verso il suo, le mani si muovevano sulla sua schiena mentre continuava a baciarla, cercando di allontanare i suoi istinti predatori pur di non fermare quel momento delizioso.

Briony sentì il desiderio trapassarle ogni fibra, il braccio alzato le doleva e finì per aggrapparsi alle spalle di Elijah con entrambe le braccia. Non c’era pericolo di cadere, lui non lo avrebbe mai permesso.

I baci divennero sempre più divoranti e intensi, come se ci fosse un fuoco tra loro che non si sarebbe spento nemmeno alla folata di vento più forte.

Una mano di Elijah si insinuò sotto il suo vestito, toccandole una gamba per aiutarla a reggersi e per il rendere il contatto fisico più intimo.

Sospirando dal desiderio, Briony gli infilò una mano sotto la giacca, spinta dall’urgente bisogno di toccare la sua pelle. Lui intanto era sceso a divorarle il collo con dei baci eccitanti che le diedero forti vertigini. Briony finì per alzare di più il collo, gemendo e desiderando che bevesse il suo sangue.

Voleva appartenergli di nuovo in maniera più tangibile, anche se poteva sembrare folle. "Puoi farlo se vuoi..." gli bisbigliò rauca, avvertendo il desiderio nascosto del vampiro.

Elijah non appena la udì si irrigidì, come punto da una spina. Alla fine lei lo sentì sorridere, scuotendo la testa: “Rischiare la morte non ti ha fatto riappropriare della ragione.”

Briony sentì l’imbarazzo colorarle le gote e poi un’altra strana vertigine quando lui le prese le mani che gli lambivano il petto.

Briony.. devo andare ora.” Le bisbigliò lui scostandosi di poco.

<< Cosa? >> La ragazza sgranò gli occhi mentre appoggiava i piedi a terra col cervello in tilt.

Lui continuava a cingerla ma si vedeva che si era allontanato. Lo sguardo era indecifrabile, perfettamente padrone di sé.

Connor potrebbe essersi accorto delle mie tracce.. se sto qui non sei al sicuro..”

Briony avrebbe voluto chiedergli se aveva voglia di scherzare ma rimase muta. Il corpo invece reagì e si spostò per andare al centro della stanza.

“Ritornerò, Briony. Non devi allarmarti.” Le disse lui quasi freddo.

Lei invece pensava che se lui se ne fosse andato da quella porta sarebbe morta sul serio questa volta.

Ma se fosse caduta in una crisi di panico e di angoscia sarebbe stato anche peggio. Non voleva apparire una stupida indifesa.

“Devi andartene subito?” domandò lei voltandosi verso Elijah e fingendosi normale.

Lui sostenne il suo sguardo: “Sono stato morto per un po’ di tempo, Briony.” Spiegò lui grave e ombroso, come se fosse quella la giustificazione reale per il desiderio di allontanarsi.

Lei si avvicinò tentando di rimanere calma: “Ma puoi comunque restare qui..” sussurrò mentre lui non cessava di fissarla col suo solito sguardo.

“Se sono con te corro molto meno pericoli. Lo sai che io sono una calamita per i guai.”

Elijah alzò il sopracciglio e sorrise freddamente, non scomponendosi più di tanto.

Lei si morse il labbro avvicinandosi piano: “Resta qui.” Gli bisbigliò fintamente innocente,  mettendosi in punta di piedi per avvicinarsi al suo viso. Lui rimaneva immobile, con sguardo indecifrabile attaccato al suo. “Se resti qui con me potrai sincerarti che non mi succeda niente di male.”

Il suo respiro gli soffiò delicatamente sul viso ma Elijah apparentemente non battè ciglio. Briony gli sfiorò il volto freddo, ustionandosi, e lui allora abbassò lo sguardo sulle sue labbra che si stavano pericolosamente avvicinando. L’elettricità nell’aria.

“Non andare, resta con me..” gli sussurrò un’ultima volta.

E prima che se ne rendesse conto, Elijah l’attirò prepotentemente a sé. Briony si sentì mozzare il fiato per quel gesto irruento, non tipicamente suo, ma non ne rimase affatto sconvolta. Sentì il piacere vibrarle lungo la schiena mentre le loro fronti si sfioravano. Le labbra erano dolorosamente vicine, separate solo dai loro respiri.

E il freddo autocontrollo di Elijah venne abbattuto per la prima volta, sconfitto proprio da lei. Ma non c’era alcuna amarezza in quella sconfitta.

Velocemente aveva appoggiato con bramosia le labbra su quelle di Briony, attirandola di più a sé. Lei sentì le braccia spingersi istintivamente in avanti e arrivarono poi ai capelli del vampiro.

Non riusciva a staccarsi, come se dipendesse da lui per ogni respiro. Il cuore rimbalzava dalla felicità come non mai. Elijah la strinse ancor di più a sé, costringendola a sollevarsi sulle punte dei piedi per avvicinarsi a lui e pressando sul bacio fino quasi a soffocarla. Briony si spostò per riprendere il respiro mentre le mani toccavano spasmodicamente il petto del vampiro, immaginandosi come fossero state le sue condizioni.

“Avrei dovuto esserci io al tuo fianco, non Ylenia.” Gli bisbigliò, accarezzandolo come se volesse curarlo, proteggerlo, cancellare via tutto il sangue che gli aveva macchiato gli indumenti quella sera orribile. L’immaginazione il più delle volte peggiora i sentimenti, perché amplifica sensazioni che avremmo voluto vivere sulla nostra pelle, le rimpiangiamo e le consideriamo nostre, le tramuta in un desiderio effimero.

Briony portò le labbra sul collo dell’Originario, disperdendo baci pieni di calore, per poi dirigersi più giù, stuzzicandolo maliziosamente. Elijah tirò leggermente la testa all’indietro, mantenendo l’autocontrollo in quei secondi.

“Non ti avrebbe aggradato, cara.” Le rispose in un sospiro trattenuto, per poi tirarla a sé e riprendere il possesso delle sue labbra.

Il desiderio parve non poter essere contenuto in quella stanza, i vestiti bruciavano d’attesa mentre i due amanti si stringevano l’uno all’altra con ardore.

Non resistendo oltre, Briony si spostò solamente per togliersi di dosso la maglia col respiro affrettato, mentre le labbra dell’Originario arrivavano al suo collo che sembrava pulsare sotto il loro tocco freddo e urgente.

Briony era stata all’inferno senza di lui. Con lui ritornava nel solito paradiso maledetto dove c’èra il rischio di cadere ma lui l’avrebbe sempre sostenuta.

Con velocità incredibile lei si tolse anche la gonna mentre lui non smetteva mai di sfiorarle il corpo, disegnando invisibili strisce di calore. Quel povero collo sembrava traumatizzato dai baci roventi che riceveva ma dai gemiti sommessi di Briony si intuiva che lei ne era estasiata. Si focalizzava solo sulle sensazioni che lui le accendeva nel corpo, il suo tocco la liberava dall’incubo dentro il quale era stata risucchiata, e gli si aggrappava sempre di più col respiro spezzato.

Elijah si abbassò a baciarle il petto, colorandolo di fuoco. Si accinse a togliersi la giacca e poi via la camicia aiutato da lei.

Briony si sentiva già la testa sottosopra quando si sentì spostare a velocità sovrumana verso il divano. La passione si era completamente impossessata di lei perché non aveva mai sbottonato i pantaloni di Elijah con tanta fretta e bramosia. Lui riusciva a dominare meglio di lei quell’istinto ma il bagliore intenso e bramoso nei suoi occhi nel guardare le sue mosse era ben evidente. Quando ebbe finito, Briony si arrancò desiderosa a lui e Elijah la sorresse contro di sé, cominciando un bacio impetuoso che testimoniava un desiderio e passione mai così esplicitati in passato.

In uno scatto improvviso, Elijah la fece voltare contro di sé, schiena contro petto, mentre le mani le adoravano la linea sottile del corpo e le labbra le stuzzicavano il lobo dell’orecchio. Briony si sentiva completamente frastornata, tutti i sensi erano dolorosamente all’erta e il desiderio l’accecava. Voltò il viso quanto bastava per incontrare le labbra del vampiro, la mano gli sfiorò delicata e amabile il volto, come nello stesso modo fecero i loro respiri.

Il cuore dal gran che le pareva gonfio le sembrava di sprofondare in un punto remoto del petto; le sembrava di lievitare. “Mia cara… se davvero lo è, potremmo far durare più a lungo questo sogno e a modo nostro.” Le bisbigliò lui all’orecchio, prendendo in seguito il possesso della bocca della ragazza.

Briony si sentì sovreccitare al limite, si lasciò guidare dal vampiro mentre la distendeva sul divano, sempre protraendo il bacio, fino a quando lui non le fece capovolgere la posizione, facendole aderire il petto al tessuto del divano.

Briony si sentì ribollire il sangue ardente per quel gesto, e si aggrappò con le unghie al poggia testa e ai cuscini per sopportare l’eccitazione. I polmoni erano in fiamme per il bisogno urgente di respirare.

Elijah si mise ad accarezzarle delicatamente la schiena, quasi fosse un piccolo tesoro da proteggere. Le sue dita la sfioravano come piuma, e Briony non potè fare a meno di tremare.

L’Originario si sdraiò poi su di lei facendole aderire la schiena al suo petto, i suoi muscoli si contraevano continuamente. Si appoggiava di più alla schiena di lei come a rassicurarla, non interrompendo il contatto fisico tra loro. Briony si sentiva incendiare, la pelle di Elijah la solleticava in modo delizioso e faticava a restare immobile sotto di lui.

Elijah scese a baciarle lentamente la schiena, le sue mani trovarono il gancio del reggiseno e la liberò facilmente insinuando poi una mano contro il suo petto per gettarlo via. Briony aveva i polmoni in fiamme, il respiro era mozzato e una scarica di adrenalina le percorreva tutta la schiena dove si sentiva liquefare sotto il peso di Elijah.

Lui le spostò lentamente i capelli da una parte, scoprendo così la linea del suo collo e lei istintivamente inclinò la testa da un lato per dargli così libero accesso. Briony si sentiva già fuori di testa quando lo sentì deliziarla con baci bollenti per poi morderla piano dal collo alla spalla, attento però a non penetrare la pelle con i denti.

Il respiro divenne più affrettato, Briony inclinava sempre di più il collo per permettergli di baciarla ancora in quella maniera terribilmente eccitante.

Mentre lui continuava a stuzzicarla, le sue mani scorsero lungo i fianchi di lei fino a far scorrere via abilmente i suoi slip. Briony si sentiva sul punto del collasso ma quando lo sentì spingersi deciso dentro di lei, allora fu davvero sul punto di impazzire: gli occhi si aprirono, la bocca in cerca d’aria, mentre le unghie si aggrappavano ai cuscini per sopportare quella dolorosa eccitazione.

Sentiva le mani di Elijah percorrerle i fianchi, le sue labbra baciarle le spalle nude per poi ritornare al collo facendola così surriscaldare di più. Continuava ad addentrarsi lentamente dentro di lei, facendole venire il respiro ansante in un misto di sensazioni del tutto sconosciute, intense e inesplorate fino a quel momento.

All’improvviso il vampiro le tolse dalle mani il cuscino per posizionarglielo sotto la pancia, e lei sentì in maniera efficace il respiro inchiodarsi in gola e lo maledisse tra sé e sé per l’incandescenza che aveva pervaso il suo sangue.

Elijah intrecciò poi la mano destra alla sua, intrappolandole insieme, e prendendo dei movimenti più forti e implacabili, come se volesse soddisfare quell'eccitazione che ardeva in entrambi. Briony reclinò il capo all’indietro, accompagnando il gesto a un gemito affannoso.

Elijah prese a lasciar scivolare le labbra dischiuse lungo il collo di lei, continuando a farla sua, e questo contribuì a farle nascere dei gemiti sempre più rauchi. Sentiva la forza del vampiro sovrastarla fino quasi a spezzarla in due per i suoi movimenti secchi e virili che aveva intrapreso, ma lei si focalizzò più sul piacere che sul dolore. Briony inclinò la schiena all’indietro, sentendo un piacere enorme pervaderla lungo di essa, e Elijah la accolse nello slacciare le loro mani e insinuarla contro il suo petto, all’altezza del cuore dove palpitava impazzito.

I suoi movimenti audaci avevano preso un ritmo regolare ma Briony si sentì quasi al limite; era totalmente sopraffatta da lui mentre per un attimo i loro respiri si erano scontrati in quella vibrante e assoluta alchimia che stavano condividendo.

Non riuscendo però a sostenere quella potenza, il suo corpo si accasciò di nuovo lungo il divano, accogliendo comunque l’eccitazione del vampiro e le sue labbra. I capelli le ricadevano tutti sopra la testa, si teneva stretta al divano per farsi forza mentre sentiva i muscoli delle spalle di Elijah contrarsi maggiormente sopra di lei, come a riappropriarsi della sua anima.

Briony inclinò di più la testa all’indietro, soffocando il grido che era quasi sopraggiunto quando Elijah era aveva colpito un punto sensibile con un soddisfatto gemito sommesso. Mise anche lei una mano su quella del vampiro, come un piccolo incastro che simboleggiava quanto i loro cuori si appartenevano. Nessuna lama avrebbe mai reciso il loro legame che stava per esplodere in mille piaceri in quell’istante.

Quando sentì di essere al culmine, Briony si aggrappò al poggia testa, le dita dei piedi si contorsero, e un grido venne di nuovo soffocato da una scarica di adrenalina che le squassò il cuore. Briony gemette debolmente, in preda a un’estasi così violenta che le gambe non ressero e si sciolsero lungo il divano.

La mano abbandonò la presa su quella di Elijah, il quale restava sdraiato sopra di lei. Il suo respiro spezzato la cullava e la deliziava, le sue mani non avevano smesso di sfiorarla.

Anche se si sentiva totalmente sovrastata, Briony rabbrividì quando lo sentì baciarle la schiena verso il basso. Tremò ancor più violentemente quando lo sentì risalire, le labbra sulla sua pelle sensibile, giungendo di nuovo al suo collo pulsante.

Elijah le scostò delicatamente i capelli e la baciò da sotto la spalla:

“Sei bellissima.” Le sussurrò profondamente andando a baciarle l’altra spalla.

Briony interiormente tremò anche se Elijah non era nuovo a farle simili complimenti e sapeva che il suo non era dovuto solo a un fattore fisico. Si sentì così speciale e appagata, che non riuscì a resistere al tocco delle sue labbra e tentò di girarsi.

Le ossa erano tutte indolenzite, la mente sovrastata, ma riuscì comunque a farlo. Il respiro era tremolante mentre Elijah aveva alzato lo sguardo su di lei: appariva uno sguardo pieno di promesse ma anche di una malcelata agonia per ciò che era successo e che forse non avrebbe potuto evitare un’ennesima volta.

Briony si sentì troppo emozionare dal suo sguardo e il cuore pompò più veloce. Elijah la guardò ancora, con la schiena rialzata, per poi farsi più scuro come se gli fosse venuto in mente qualcosa. Abbassò lo sguardo, toccando il corpo della ragazza come per appianare i pensieri.

Briony, io…

Ssssh.” Lo anticipò lei alzando due dita, continuando a volersi dissetare la vista di avere l’uomo che amava accanto.

Elijah rimase in silenzio mentre lei combattè la stanchezza che aveva circondato il suo corpo febbricitante e si chinò in avanti per dargli un dolce bacio; una mano sul suo viso.

Per sostenerla a sé, l’Originario le circondò la schiena con un braccio e corrispose il bacio. Sentendolo, Briony sospirò contro le sue labbra e lo abbracciò per le spalle, come un’ancora che viene attraccata finalmente alla sua reale dimora. Elijah affondò il viso contro l’incavo del suo collo, come a nascondersi dall’ombra oscura del mondo nel posto più lieto.

“Resta sempre con me.” Gli bisbigliò lei in una dolce richiesta mentre perdurava a fondere i loro corpi.

Sentì il sorriso del vampiro e lo vide alzare lo sguardo. “Non posso farti promesse che non posso mantenere.” Disse lui maturo, badando al lato tattico della questione.

Briony mugugnò come fosse d’accordo tuttavia una scintilla, non del tutto assopita, albergò nei suoi occhi quando rispose: “Il tuo potenziale non può esprimersi solo attraverso l’onore.”

“No.” Replicò lui misterioso come in una domanda o provocazione, raccogliendole il viso con un mano mentre lei lo abbassava, non permettendosi di pensare a niente che non fossero quelle sensazioni che riempivano il suo animo.

Non aveva mai conosciuto così bene se stessa come quando stava con lui, e allo stesso tempo non vi era nessun altro a tenerla in pugno, nelle sua rete, come lui.

Alzò la testa e simultaneamente Elijah lambì le sue labbra, approfondendo il contatto come per dimostrarle qualcosa. Briony gli intrecciò le mani nei capelli e lo ricondusse contro di lei, pelle contro pelle, il delicato tessuto del divano provocava un bell’effetto per la sua schiena febbricitante.

Elijah la sovrastò col suo corpo scolpito, avvolgendole i lati del viso con le braccia mentre il bacio si protraeva ancora. Le ginocchia di Briony gli cinsero fianchi come in una dolce richiesta. Distrutta e sovrastimolata com’era, agognava ancora dal possederlo e da essere posseduta da lui. Sentiva il bisogno di avere sempre di più, di non lasciarlo mai andare e farsi sopraffare dalle sensazioni travolgenti che solo lui era in grado di provocarle.

Lui era la droga dalla quale non aveva alcuna intenzione di disintossicarsi.

Sentendo il corpo di lei incitarlo, Elijah alzò la testa mostrandole il desiderio nel suo sguardo e lo abbassò subito per baciarle suadente una guancia. Non la lasciò quindi attendere e si mosse sul divano per posizionargli meglio; i muscoli delle spalle flettevano quando penetrò di nuovo dentro di lei. Briony aprì le labbra per respirare, la schiena subito si inarcò.

Era stato molto più irruento del solito tanto da sconvolgerla, ma non le dispiaceva affatto. Era disposta a donargli tutto quello che voleva. Si aggrappò alle sue ampie spalle mentre l’aria divenne carica dei suoi respiri pesanti e accelerati.

Il corpo di Elijah la intrappolava completamente, impossessandola ma impedendole di muoversi troppo, il che era un supplizio. Sembravano imprigionarla in un bellissima gabbia d’orata da cui lei non aveva intenzione di uscire.

Man mano i suoi movimenti virili e forti le diedero il capogiro, ma troppo ubriaca di lui non riusciva a non incitarlo tramite le mani che esploravano la sua schiena.

Elijah le morse delicatamente un lobo dell’orecchio, strappandole l’ennesimo gemito, e fece leva coi gomiti premendoli sul divano per darsi stabilità, incrementando così il ritmo.

Entrambi i loro occhi erano pieni di desiderio senza limiti, lo sguardo di Elijah anche appena tornato dalla morte era talmente seducente che lei lo desiderò semplicemente guardandolo. Briony gli toccava ora avida i pettorali poi salì ad aggrapparsi al suo collo,  guardandosi negli occhi e muovendosi insieme a lui in quell’erotica danza che parve intrappolarli per non farli dividere più.

Il sopraffarsi di ogni forza non le impedì di inclinare da un lato la testa per baciargli la spalla fino al braccio. Elijah non cessava di lasciarla, il ritmo delle sue spinte era travolgente. Il suo respiro però non era più lento come sempre, ma vibrante della passione che colpiva anche lui. 

Briony sapeva che non avrebbe resistito molto in quelle condizioni, infatti perse il conto di quante volte raggiunse il culmine del piacere.

Elijah era sceso in seguito a baciarle il petto, indugiando a lungo in quei baci bollenti e tenendole lievemente la schiena inarcata con un braccio. Il cuore di Briony stava agonizzando, cercava di respirare proprio come cercava di fare di lei, invano. L’anima si dispiegava per lui, allargandosi per assorbirlo. Si sentiva completamente avvolta, stretta e piena di brividi caldi.

In preda alla passione gli graffiò forte le spalle quando lui risalì a divorarle il collo e travolgendola anche con una spinta poderosa da farla gridare. La tensione era così alta che sembrava che le vene del suo sangue pulsassero; Elijah aveva il fiato quasi pesante sul suo collo come se quell’odore delizioso lo richiamasse ma tentennasse lo stesso.

Capendo il suo desiderio nascosto Briony inclinò di più il collo verso l’alto e lasciò che i denti di Elijah le penetrassero nella carne, affondando sul collo in un morso che non le causò dolore, ma le trasmise l’intensità del suo piacere. Non era stato un gesto premeditato, né controllato e senza avvisaglie come la prima volta. Il sangue scorreva via da lei e si stupì dello stato d’estasi in cui venne sopraffatta.

Mentre Elijah beveva, con una spinta profonda e con un brivido insaziabile, la condusse al limite fino ai margini di un universo in cui c’erano soltanto loro due e tutti i problemi venivano allontanati. Briony lasciò che l’ondata del piacere la sommergesse, e con un gemito soffocato si lasciò ricadere sul cuscino.

Si sentiva completamente esausta ma beata di quegli attimi intimi che avevano condiviso. Elijah si staccò velocemente dal suo collo, respirandovi sopra col suo respiro gelido. Briony gli teneva ancora le mani sulle spalle come in un abbraccio, non avendo intenzione comunque di lasciarlo andare.

Era così debole che non sentiva più le ossa, l’ondata d’eccitazione l’aveva lasciata priva di difese.. era stato decisamente troppo ma l’avrebbe rifatto consenzientemente.

Il respiro man mano si regolava, rimanevano attaccati l’uno all’altro mentre Elijah la teneva ancora imprigionata a sé. Lui poi la fece rotolare delicatamente su un fianco verso l’interno del divano, un suo braccio le cingeva la spalla come in una sorta di scudo. Il suo sguardo profondo osservava il viso rilassato di lei come se gli occhi non potessero farne a meno, come se volesse imprimersi quei dolci lineamenti come un affresco nella sua mente.

Briony invece scorse in lui qualcosa di strano, di celato, ma forse era tutto dovuto alla stanchezza di quella eccitazione non ancora svanita. Mise poi la testa sul suo petto marmoreo, adagiandovi sopra con un sospiro. Lo tenne stretto anche con un braccio, come se volesse davvero intrappolarlo e non lasciarlo mai più.

Le loro anime si erano unite di nuovo, lui aveva bevuto la sua, e lei gliela avrebbe donata come e quando voleva.

 

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Connor si trovava nel pianerottolo di una serie di appartamenti a Los Angeles. Indossava il suo classico impermeabile grigio, aveva svolto alcune faccende e stava per salire le scale per filare in una camera per trovare riposo, quando all’improvviso scorse una figura alla fine della rampa di scale: Willas.

Il druido corrugò la fronte, ovviamente stranito: “Willas. Che ci fai qui?”

Il cacciatore gli fece dall’alto un sorriso ilare: “Volevo farti visita. Perché? E’ vietato? O c’è bisogno di un invito per entrare in casa d’altri?”

Connor salì le scale, guardando il suo protetto: “Potevi anche chiamarmi o avvisarmi. Che è successo?”

Will scrollò noncurante le spalle: “Semplice chiacchierata. La solitudine pesa a volte e tu sei la persona che mi conosce di più al mondo e di cui io mi sono sempre fidato, nonostante alcuni dissidi.”

Lo sguardo che il cacciatore gli lanciò non piacque molto al druido anche se non ne intuiva l’origine. “Lo sai che non sono mai propenso a delle chiacchierate infruttifere. Il tempo è sacro, te l’ho sempre detto. Cercami quando ci sarà qualcosa di urgente di cui parlare. Hai una bella ragazza Will perché non dedichi il tuo tempo a lei?”

Finì le scale e si mise faccia a faccia con Willas, il quale non staccava mai gli occhi ombrosi da quelli gialli di Connor. “Seriamente Willas… è stata una giornata lunga e pesante. Gradirei rilassarmi, le camere da letto sono fatte apposta. Quindi, sentiamoci domani se proprio devi.”

Stava per scostarsi con indifferenza ma Willas stranamente non glielo permise: teneva uno sguardo duro e inflessibile. Connor allora ricambiò e parlò più deciso per farsi ascoltare:

“Buona serata, Willas.” disse imperativo per chiudere definitivamente il discorso.

Ma quando stette per andarsene, il cacciatore fermò bruscamente il suo tragitto mettendo un braccio contro il muro, e bloccando così il sopraggiungere del druido.

Connor sbattè le palpebre e fissò astioso Will in cerca di risposte esaurienti per quel comportamento. Ma lo sguardo del cacciatore sembrava sputare proiettili e veleno:

“No, non è così buona.” Sibilò come un serpente. “Non per te.” A fine frase i suoi occhi divennero del color del sangue.

Senza tanti preamboli spinse il druido contro la parete, puntandogli una pistola alla fronte.

Connor rimase rigido e teso, mentre Willas si imponeva su di lui a forza:

“Che cosa sai sullo sterminio della mia famiglia? E ti conviene rispondere, figlio di puttana. Perché io non sono permissivo né fiacco come le altre tue creaturine. Ti farò sputare la verità, con le buone..” Il rosso dei suoi occhi si espanse “O con le cattive.”

 

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Willas stava facendo camminare Connor sotto minaccia, poco più avanti di lui per tenerlo sotto tiro. Si trovavano in un vecchio parco della città in cui a quell’ora tarda di notte non passava nessuno. Il buio stava inghiottendo ogni cosa ma Will non si sarebbe fatto spaventare da niente, né sarebbe retrocesso dai suoi intenti di vendetta che stavano per esplodere.

“Ero solo un bambino sai?” cominciò con voce tagliente. La pistola era puntata alla testa del druido. “Quante volte te l’ho raccontato e tu hai sempre fatto finta di ascoltare. Assentivi e dicevi che avrei avuto giustizia. E ora la giustizia me la prenderò da solo ma a te non piacerà.”

“Che cosa hai intenzione di fare, Willas?” domandò Connor in maniera calma come se non fosse affatto spaventato da quella pistola alla testa.

“Zitto! Ora parlo io!” Urlò Willas in preda alla collera. “Era una sera come tante… mia sorella mi stava conducendo nello studio di mio padre per nascondermi.. perché un figlio di puttana aveva appena messo piede in casa nostra. Quel figlio di puttana prima ha ucciso mio padre poi ha sgozzato mia sorella, davanti ai miei occhi. Solo un fottuto anello rosso mi riconduceva al mostro che aveva fatto tutto ciò. E anche dopo questi secoli, quell’immagine è rimasta impressa nella mia testa! E non se n’è mai andata, mi ha torturato e torturato per notti intere.” La voce di Willas era minacciosa e sibilante, si era indicato la testa con fare pazzoide nella frase riferente come per dimostrare quanto ne fosse uscito devastato da quell’episodio orribile.

“E alla fine ti ho trovato… Non i Mikaelson. Tu. Perché figlio di puttana? Perché?!”

Che fossero stati i Mikaelson a uccidere la sua famiglia era solo un sospetto, un indizio, ma è sempre stato Connor a incentivare quella convinzione fino a che Will non aveva finito per crederci davvero. Perché l’aveva manipolato fino a tal punto? Perché?

“Tu mi servivi.” Rispose Connor glaciale e senza troppi problemi “Eri il primo Cacciatore, una mia creatura e una mia pedina. Ed eri finito in una famiglia perbenista di babbei: tuo padre invece di fare il suo lavoro di cacciatore, studiava quadri e arte. Solo un intralcio per il mio scopo.”

Willas in preda alla rabbia gli afferrò una spalla da dietro, facendolo arretrare. La voce gli arrivò tagliente all’orecchio: “So chi era mio padre, e questo mi basta. Mi fai così schifo che non hai diritto a parlamentare su di lui. Se lo fai un’altra volta, ti taglio la lingua.”

A fine minaccia gli diede uno spintone e lo spinse ad avanzare. “Mi hai chiesto tu di spiegarti.” Replicò Connor perfettamente tranquillo “Tuo padre non voleva cederti a me… non voleva lasciarti diventare un cacciatore… desiderava che tu crescessi e diventassi un ragazzo normale come tutti gli altri… non capiva che era impossibile e visto che era duro di comprendonio, ho dovuto dargli una dimostrazione di forza.”

“E mia sorella?” Willas con uno scatto fece tenere pronto il proiettile.

“Non era nei miei piani uccidere la fanciulla ma lei si è messa contro di me e ha tentato di combattere. L’amore umano è davvero stupido. Il suo desiderio di proteggere l’abominio che aveva come fratello le ha fatto costare la vita.”

Willas grugnì cercando di non spaccargli la testa seduta stante. “E mia madre invece? C’entri anche tu lì?”

“Stranamente no. E’ stato davvero un vampiro a ucciderla. Ero venuto quella sera per prenderti ma non ti ho trovato. La tua sorellina ti aveva nascosto bene ma non così bene. Perché dopo qualche giorno ti ho trovato comunque.”

Il sorriso soddisfatto che sentì nella sua voce contribuì a far salire una rabbia montante e crudele nell’animo di Willas.

“E ora è tutto finito. Sei stato scoperto, figlio di puttana.” Con un ringhio gli diede uno spintone, facendolo avvicinare a una fossa scavata nel parco.

“In ginocchio.” gli ordinò ma Connor comunque non si scompose.

“Che cosa vuoi fare? Uccidermi non riporterà indietro la tua famiglia.”

“Ma non mi dire! Peccato che ho voglia di ucciderti lo stesso!” Willas preparò la pistola per colpirlo.

“E come mi ucciderai.. sentiamo?”

“Ti riempirò il corpo ti questi preziosi e ingegnosi proiettili. Poi ti immobilizzerò col mio bel potere che tu mi hai donato. In seguito ti taglierò in piccole fettine proprio come un bello spettacolo macabro. La tua testa la seppellirò qui, chiamalo un regalo di buon funerale. Gli altri pezzi del tuo lurido corpo li nasconderò in diverse parti del mondo così distanti e remote tra loro che faticherai molto a resuscitare con tutto il corpo intero.” Il sorriso soddisfatto e famelico gli increspò le labbra, agognando quel momento.

Connor invece sorrise furbamente: “E credi davvero che basterà? Molte persone hanno avuto la sfortuna di sottovalutarmi e ne hanno pagato il prezzo. Non farlo anche tu, sii furbo.”

“Silenzio!”

Con un mossa delle gambe Willas lo costrinse a mettersi in ginocchio. “Dì le tue ultime preghiere.” sibilò puntandogli la pistola alla nuca.

Connor finse di pensarci . “Sì.. ho un’ultima preghiera.. un ultimo favore da chiederti..” rispose calmo e rimanendo immobile.

Willas rimase a guardia alta: “Sentiamo, ma fai in fretta. Non ho molta pazienza come ben sai.”

In meno di un battito di ciglia, Connor si alzò fulmineamente da terra. Will però fu subito pronto a farlo atterrare a terra con una mossa da samurai che avrebbe spezzato il collo a una persona normale. Il druido stava per rimettersi in piedi ma il cacciatore gli diede una ginocchiata così potente da farlo capitolare a terra. Cadde di schiena e rimase immobile senza fiatare.

Willas vittorioso gli si avvicinò con un sorriso diabolico:

“Credo che incomincerò dagli occhi... quei tremendi occhi gialli che sinceramente non mi sono mai piaciuti.. Occhi da serpente, proprio come te.” Willas stava per alzare il pugno della mano per sfoderare il suo attacco ma Connor fu velocissimo come il vento.

Nascosta dentro il suo impermeabile, prese una piccola arma e sparò.

Willas si immobilizzò di botto. Più preoccupato del colpo di quell’arma che dal pizzicore al petto che sentiva. Abbassò gli occhi e vide che era stato colpito con una piccola siringa, come se quell’arma fosse una pistola giocattolo.

Allora rise in maniera divertita: “Volevi farmi fuori con questo?” se la staccò senza troppi preamboli e lo guardò con compatimento. “Sei davvero senza speranza allora.”

“Sei tu senza speranza, caro figliolo.” ribattè il druido stando a terra. Gli occhi gialli luccicavano maligni.

“Ti ho iniettato tre milligrammi di cenere di vampiro. Inutile dirti che tipo di vampiro.”

Willas questa volta perse un battito e il sorriso gli si congelò sulla faccia.

“Consideralo un piccolo regalo, visto che non sei ancora morto.” continuò Connor col suo solito sguardo vittorioso e deciso. Si alzò lentamente senza il benché minimo graffio:

“Il veleno agisce sui tessuti muscolari. Per prima cosa, le mani non ti rispondono più.” Il druido continuava a parlare, spiegando i dettagli del suo nuovo losco piano mentre Willas rimaneva immobile, troppo shockato per muoversi.

“Poi le braccia… le gambe… Connor prese da una tasca un cronometro continuando con la sua voce canzonatoria.

“E poi finalmente il cuore.”

Gli lanciò il cronometro che Willas prese di riflesso, anche se ormai la sua anima era totalmente orientata sulla sua fine.

“Hai 24 ore di vita.” Willas deglutì continuando a fissare glaciale il druido. “Ma esiste un antidoto… potrei aiutarti a sopravvivere anche se hai minacciato di staccarmi la testa.” Connor gli riserbò un bel sorriso “Se lo vuoi…. Devi uccidere gli Originari.”

Willas allora sbattè le palpebre, preso in contropiede: “Hai problemi di memoria, serpente? I Mikaelson sono morti..”

“Purtroppo per me e per te… non è così… qualcuno ci ha messo i bastoni tra le ruote ma per fortuna io ho avuto l’accortezza di accorgermene… non amo chi mi inganna.” La voce di Connor era seria e risoluta, tanto che quasi Willas se ne convinse anche se era tecnicamente impossibile.

“Tu uccidili. Ma uccidili sul serio, senza rischi di resurrezione. Hai il potere di farlo e io in cambio di darò l’antidoto.”

“Figlio di puttana!” Ripreso il controllo del proprio corpo, Willas si avventò su di lui con ferocia per fargliela pagare. Ma appena tentò di farlo si sentì spingere via da una potente magia che lo fece cozzare contro un albero. Fu costretto a rimanere immobile e riuscì solamente a grugnire per la furia di aver fallito.

Ma in qualche modo avrebbe rimediato… guardava Connor con sguardo di sfida, mentre questi lo fissava in maniera calmissima. Il vento svolazzava attorno a lui:

“Ti conviene fare presto. I secondi passano e non vorrei che ci rimanessi secco prima di avermi fatto questo favore. Conviene anche a te. Quindi datti da fare.”

Gli diede tranquillamente le spalle, l’impermeabile volteggiava dal basso.

“Ah..” disse poi voltandosi mentre Willas cercava di divincolarsi da lì. “I cari Mikaelson si trovano sempre a Mystic Falls. Credo ci siano affezionati. Quindi comincia da lì.”

Will comunque non lo ringraziò per quel dannatissimo indizio che infatti gli urlò di andare all’inferno. Troppo tardi, Connor era già sparito nel nulla.

Willas si staccò con un ringhio dall’albero e faticava a reprimere la furia che lo assaliva.

<< Ho fallito >> pensò duro con se stesso mentre guardava i secondi passare nel cronometro.

Ma c’era ancora una speranza… aveva poco tempo e doveva usufruirne nella maniera migliore senza troppi problemi… prima avrebbe ucciso i Mikaelson… e dopo di che avrebbe dato la caccia a Connor.

E così quell’incubo finalmente sarebbe cessato.

 

----------*******************------------------------

Briony si era rivestita da poco, ora si stava mettendo a posto i capelli mentre fissava in maniera adorante Elijah che si stava specchiando.

Il vampiro si stava rimettendo la camicia, abbottonandosela con la sua classica eleganza. Venne poi il turno della cravatta.

Briony restava ammaliata a guardarlo. Davvero incredibile come una persona potesse essere sempre così controllata, fredda, perfetta e pacata.. mentre in altri momenti… il cuore le galoppò estasiato nel petto nel ricordare nel modo in cui l’aveva posseduta poche ore prima.

Forse era un talento di chi vive da più di mille anni.

Elijah si accorse di essere osservato e si voltò verso di lei: le regalò un sorriso gentile per poi rivoltarsi.

“Andrai da tua sorella?”

“Certo. Ho troppa voglia di rivederla e di stringerla, e sia ringraziato il cielo che sia accorsa Liz alla festa per bloccare il fuoco altrimenti non ci sarebbero proprio più speranze... Dovrò fare un monumento a Ylenia anche se avrei preferito esserne informata per tempo.” Nel pensarci Briony pensò che la strega non si era fatta ancora viva. Aveva provato a telefonarle ma non rispondeva… forse era occupata in qualche incantesimo o a nascondersi di nuovo..

Sapeva che doveva avere fiducia in lei e che sapeva cavarsela egregiamente anche da sola, ma un brivido l’assalì comunque.

Si scurì la voce, cercando di far finta di nulla e prese la giacca nera del vampiro. Gli si avvicinò da dietro e gliela mise sulle spalle, scoccandogli un bacio sul collo.

Lui le sorrise di nuovo nello specchio e finì di vestirsi. Briony rimase dietro di lui e gli cinse il petto: “Incredibile davvero ma neanche la morte ha scalfito la tua eterna eleganza.” disse prendendolo in qualche modo in giro per il suo portamento regale.

Elijah sorrise insieme a lei e si voltò nella sua direzione. Gli occhi si oscurarono nel vedere i fori del suo morso e Briony lo intuì subito dalla serietà del suo sguardo. Imbarazzata cercò di far finta di niente mentre lui manteneva il suo sguardo cupo. Si voltò di nuovo verso lo specchio:

"Mi dispiace. Non avrei dovuto farlo." disse duro con se stesso.

"Ma non mi hai fatto del male." rispose  lei toccandogli il braccio, rincuorandolo sincera. In fondo Elijah era pur sempre un vampiro che si nutriva di sangue, e usciva da un momento difficile.

Lui però si scostò dalla sua presa con freddezza: "Sia come sia, sono atti che disprezzo fare. Mi inquieta davvero che tu non ne riconosca il pericolo." disse infine in maniera distaccata.

Briony sospirò sapendo che Elijah era troppo onorevole anche per sfoderare un dente, ma non si sarebbe dispiaciuta per ciò che avevano condiviso.

Vedendo tuttavia che sotto quella facciata fredda qualcosa angustiava il vampiro, rendendolo fin troppo serio, Briony lo guardò perplessa:

“E ora…. Che cosa farai?”

A quella domanda Elijah si bloccò. La mano ferma sul nodo della cravatta.

Se la strinse di più in un movimento distratto e sviò lontano lo sguardo: “Farò ciò che devo.”

Il tono fatale con cui lo disse valse come uno schiaffo in piena faccia per Briony. La ragazza si sentì il fiato corto, capendo dove volesse andare a parare. Eccola la realtà che non aveva tardato ad arrivare:

Senti… anche io avevo tanti propositi di vendetta… pensavo solo a quello… ma adesso… perché tentare di rovinarci di nuovo la vita? Siamo vivi, è questo che conta. Possiamo andare avanti e voltare pagina.”

Elijah si ostinò a non rivolgerle lo sguardo: rimaneva freddo e distaccato. Mentre lei, ancora nel suo sogno.

“Se tu ti metti di nuovo contro Connor.. lui ti ucciderà ancora.” mormorò Briony piena di angoscia.

“Questo è da vedere. Non mi faccio uccidere una seconda volta.” replicò Elijah determinato fissandola questa volta per far valere la sua autorità.

Briony subito agitò le mani in preda a un panico improvviso:

“Stai sottovalutando la situazione perché ti credi invincibile!”

“Che cosa dovrei fare secondo te? Lasciarlo vivo dopo ciò che ha fatto? Ci ha uccisi, Briony. O te lo sei dimenticata?” Il tono duro con cui lo disse le fermò il cuore.

Mai avrebbe dimenticato, ma per il quieto vivere e per la propria sicurezza avrebbe fatto una marcia indietro. Il solo pensiero di veder Elijah morire una seconda volta la neutralizzava.

“Appunto perché non voglio rivivere lo stesso dolore, che è meglio stare tranquilli e non giocare alla guerra!”

“Non è un gioco. E ho già deciso.” replicò Elijah freddamente e dandole le spalle. Un gesto tipico di quando voleva chiudere una conversazione e non farla più riaffiorare.

Briony però non voleva farti sottomettere. Strinse i pugni:

“Io non voglio che tu combatta di nuovo. Metti da parte il tuo onore una buona volta! E’ così difficile per te abbassare il capo e vivere una vita tranquilla e serena?”

La sua era una richiesta urgente, una preghiera perché davvero non ce la faceva più a vivere così… quella era una storia per i forti, per gli eroi, per quelli che combattevano sempre… lei non era forte, lei era debole senza di lui. Non era nemmeno un’eroina perché non era stata capace di salvare le persone che amava. E di combattere ormai era troppo stanca.

Alle sue parole, Elijah si irrigidì e le sue spalle divennero tese. Si voltò lentamente verso di lei: lo sguardo era più fatale e tenebroso di quanto lei ricordasse. Come se la Morte fosse ancora dentro di lui e gli squarciasse ogni benevolenza.

“Questo è ciò che sono, Briony. E la descrizione che dai di me non combacia con quella reale.”

Quelle parole glaciali la fecero sobbalzare. Parlava come se lei non lo conoscesse veramente, come se non lo capisse davvero per quel che era realmente. Ma invece era così, nessuno al mondo lo conosceva più di lei perché sembrava fossero legati a doppio filo che li univa indissolubilmente.

Però la voglia che la realtà cambiasse era troppo forte… Lei l’avrebbe fatto per lui, perché lui non poteva farlo per lei? I sacrifici erano concepibili in una storia…  ma forse per una persona normale… per Elijah Mikaelson magari era impossibile.

“Non posso permettermi di lasciar perdere. E non lo farò.” Disse poi sicuro e retto sulle sue intenzioni.

Le venne un nodo alla gola nel vedere come il suo sguardo tenebroso non diminuisse neanche di poco:

“E io non posso credere che tu stia parlando a me in questo modo... non è contato niente ciò che è successo fra noi? Cos’è, sei venuto qui a darmi il bacio d’addio e poi te ne vai come un soldato che va alla guerra? E io da brava mogliettina dovrei stare a casa ad aspettare il tuo ritorno o la tua bara!” Sbottò in preda alla collera ma di nuovo Elijah la immobilizzò col suo sguardo tetro e freddo:

“Basta Briony.

“No basta tu! Prima la vendetta per Klaus, poi quella per Esther, poi quella di Connor! E’ tanto chiederti di non essere… ciò che sei… di cambiare almeno per poter vivere un po’ di anni insieme in pace?” Aveva iniziato gridando e scalpitando perché ricordava quanti malesseri aveva sofferto e patito dall’inizio di quella storia. Ma poi la voce si era affievolita, quasi impercettibile. Come se si sentisse in colpa per le sue stesse parole ma doveva comunque pronunciarle per far capire il proprio punto di vista.

Elijah la guardò in maniera impenetrabile. Briony vide un guizzo passare sopra i suoi occhi neri ma scomparve troppo presto.. venne nascosto dietro la freddezza del suo sguardo che si ricaricò al massimo:

“Forse non posso più permettermi di essere quello che sono con te.”

La noncuranza con cui disse quelle parole funeste furono una lama per il suo cuore che era appena risorto dalle sue ceneri… neanche un giorno,  e già si stavano riaprendo le ferite. Più dolorose che mai.

Briony faticava a capire su come fossero arrivati a quel punto dopo ciò che avevano condiviso… Ma forse era inevitabile che si scontrassero sempre per le loro diversità, per quel legame maledetto che li univa dall'inizio dei tempi. Avrebbe dovuto dare retta alle brutte sensazioni che aveva sentito poco prima, ma combatté con tutta se stessa per non far salire le lacrime pur di mantenere un briciolo di dignità.

“Sono solo un peso quindi per te? Il tuo onore vuole quindi vincere sui sentimenti che provi per me? Avrei dovuto aspettarmelo, prima o poi.” mormorò cercando di mantenersi fredda, sebbene il cuore si stesse lacerando.

Elijah sviò lo sguardo, quasi si sentisse colpevole del dolore che scorgeva nel viso di lei ma comunque non retrocedette sulle sue intenzioni. Se mostrava del rammarico per come si stavano mettendo le cose, non lo dimostrò. Il dovere di ciò che era in obbligo di fare gli imponeva di indossare l’ennesima maschera gelida, appesa senza alcuno sforzo dopo l’impronta recente e tangibile della Morte.

“Hanno usato i nostri sentimenti come arma contro di noi. Per questo è successo quel massacro alla festa… hanno fatto leva sulle nostre debolezze, e noi ci siamo caduti dentro. Non deve ricapitare più.” Il tono fermo e inflessibile. Gli occhi apparentemente vuoti e nerissimi.

Briony non poteva guardarlo in viso da quella posizione ma non voleva neanche farlo. Se lo avesse guardato probabilmente gli avrebbe rifilato uno schiaffo, gliene avrebbe date di santa ragione e gli avrebbe gridato che non poteva farle questo proprio ora che l’aveva ritrovato.

Forse era a causa del loro sentimento che era successo tutto quel disastro… ma l’amore non è una debolezza, è una forza e se rimanevano divisi avrebbero soltanto dannato ancor di più la loro vita. Lui non poteva proteggerla standole lontano… questo proprio no…

Elijah le rivolse una debole occhiata: “Ritornerò presto.”

Forse lo avrebbe fatto… o forse sarebbe di nuovo rimasto ucciso.. Ma la risposta non le importò in quel momento perché Briony disse:

“Vai, esci pure. Ma forse io non sarò qui ad aspettarti.” gli sibilò dura e tagliente.

Elijah si bloccò sulla soglia della porta aperta, ma durò un attimo che infatti disse:

“Non fare mosse stupide, lo faccio per tenerti al sicuro.” disse solamente per poi chiudersi la porta alle spalle.

E in quella casa piombò il silenzio… un silenzio avvolgente che sapeva di agonia irrisolvibile.

 

-------------*********************************-------------------

Ylenia camminava in fretta e furia per andare nel suo piccolo nascondiglio dove fino a quel giorno aveva tenuto i Mikaleson. Li aveva tenuti in vita con la magia, aveva fatto il possibile affinchè non si essiccassero e alla fine c’era riuscita. Ormai il suo potere era debole come un granello di sabbia ma non le importava… aveva fatto la cosa giusta…

Aveva avuto giorni prima una visione in sogno riguardante la festa… capendo che cosa volesse fare Connor era meglio correre ai ripari…preparare il tutto per fregarlo sotto il suo stesso naso… non poteva avvertire nessuno del suo piano perché qualcuno si sarebbe sicuramente scoperto, e la reazione delle vittime non sarebbe stata così autentica da convincere Connor di aver vinto. Solo lei aveva orchestrato quel piano in ogni dettaglio e aveva fatto in modo di non venire notata alla festa… quando i Mikaelson erano stati uccisi, due scagnozzi di Connor aveva avuto l’ordine di portare via i loro corpi e di bruciarli.

Ylenia però li aveva intercettati e li aveva costretti a farsi da parte col metodo fortissimo della persuasione mentale. Li aveva convinti a tornare da Connor dicendo che il lavoro era ben fatto e di dimenticarsi ciò che era appena avvenuto. Così facendo si era appropriata dei cadaveri dei Mikaelson e li aveva portati in un luogo sicuro… Tecnicamente erano morti ma alla festa lei si era nascosta e aveva costruito una piccola barriera di protezione attorno a loro, affinchè sembrassero morti ma una particina vitale esisteva ancora in loro.

Una fiamma non ancora spenta del tutto ma in procinto di esserlo se lei non li avesse aiutati a tenerli in vita per quei giorni di calvario.

Ora era tutto finito per il meglio ma si sentiva così sfiancata da avere persino le occhiaie. Se qualcuno l’avesse assalita in quel momento probabilmente non sarebbe riuscita neanche ad alzare un dito.

Stava per entrare nel suo nascondiglio, al sicuro, ma una figura le comparve fulmineamente a fianco.

Ylenia sobbalzò in preda alla paura. Era Klaus.

Quello sguardo non prometteva nulla di buono ma la strega non riuscì a gridare nonostante tutto. Peccato che lui non fosse morto, lo avrebbe lasciato volentieri alla mercè di Connor. Ma cosa voleva da lei adesso? Istintivamente tremò.

L’ibrido inclinò la testa da un lato con un sorriso abbietto e feroce: “Noi due dobbiamo farci una bella chiacchierata” disse semplicemente prima di avventarsi contro di lei.

 

FINE CAPITOLO

Prima di tutto perdonate il mio mostruoso ritardo ma come vedete mi sono fatta perdonare… credevate che fossi così cattiva da uccidere Elijah? Uahhaha diciamo che vi ho fregati ;) Ma rimango comunque perfida visto che i due piccioncini hanno già litigato Uhaahah uno vuole vendetta, l’altro pace. Si amano, si odiano, litigano, fanno l’amour…. Insomma sono sadica con questa coppia Uaahha!

E c’è un’altra sorpresa.. di cui vi parlavo la scorsa volta! Sto scrivendo un’altra storia! Sempre sugli Originals <3 E’ appena all’inizio ma mi farebbe piacere se ci deste un’occhiata J Eccola: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1658517&i=1

 

Ritornando al capitolo…. Vi ho lasciati di stucco con la verità su Willas? Alla fine era Connor il tremendo assassino. Quell’uomo è feroce e diabolico. Ho creato una mente perversa XD E ora a Will che succederà? I minuti corrono :P

Spero di non essere stata volgare nella scena d’amore ma visto che sclero di continuo nella mia pagina facebook, gridando ai 4 venti che voglio vedere Elijah darsi da fare, allora lo faccio io.. Uahhah qualcuno deve pur fare il lavoro sporco e quando si tratta di lui io perdo il lume della ragione XD

 

E niente, spero di ricevere come al solito dei vostri commenti che mi aiutano tanto ad andare avanti! Grazie mille a chi mi sostiene sempre ^_^

Alla prossima!

 

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Capitolo 36
*** Time of Dying ***


32 CAPITOLO

 

I minuti passavano come un macigno in pieno petto, e se si convertivano in ore la paura scavava fino a formare un cratere per quella corsa contro il tempo.

Willas sembrava un invasato, con occhi da pazzo e comportamento ancor più da pazzo. Era corso in tutte le farmacie d’America a minacciare i farmacisti per dargli un antidoto, qualunque cosa potesse curarlo dal veleno che Connor gli aveva inflitto. Ma nessuno gli aveva saputo rispondere e per la rabbia Will aveva sparato in testa a un medico senza pensarci due volte. Aveva chiamato chiunque conoscesse in una richiesta d’aiuto ma era stato vano. Definitivamente spacciato.

 Non c’era cura al di fuori di quella che poteva dargli Connor… ma ad un prezzo.

Willas aveva messo sottosopra la sua stanza, scaraventato per aria tutti i mobili per via del lurido tradimento di cui era stato vittima.

Ma alla fine si era deciso... l’orologio andava avanti velocemente e l’uomo sentiva già perline di sudore scendergli sulla fronte a testimoniare ciò che gli stava accadendo al fisico. In fretta e furia andò alla tenuta dei cacciatori per prendere tutte le armi che gli sarebbero servite. I cacciatori che incrociarono la sua via subito girarono al largo perchè avevano intuito che Will quel giorno era fuori di sé più del solito. Lui d’altronde non biascicava parola e guardava sempre dritto con occhi scavati tipici di un malato terminale. Era mortalmente pallido, la fisionomia di un fantasma in delirio.

All’improvviso lì dentro si udì la voce sonora di Jennifer che parlottava tra sé e sé. Non appena la rossa si accorse della presenza di Will subito lo guardò storto:

“E tu che fai qui? Non hai più persone da torturare?”

Willas però le diede una occhiata fugace, troppo intento a racimolare le armi.

Jen sospirò: “Allora… mi dici che cosa hai combinato? L’altra volta sei andato via come un toro furioso.”

“La cosa non ti riguarda.” Will col dorso della manica si asciugò le perline di sudore e per cancellare l’inquietudine di cui era vittima.

“Fai come vuoi. Ne riparleremo in un altro momento, quando sarai più calmo e meno stronzo!” borbottò Jennifer agitando le mani per aria.

Willas allora si bloccò.

Non avrebbe mai avuto il tempo.. quel vitale pezzo dell’esistenza che veniva segnata con le sue lancette era proprio quello che gli mancava.. il tempo di parlare e di mettere tutto a posto, forse, non ci sarebbe stato mai…

Rendendosi conto di quel fatto allora si scurì la voce nel momento stesso in cui Jen si propendeva verso di lui per prendere qualcosa.  Vedendo che lui era intenzionato a parlarle, lei si bloccò a fissarlo seria:

“Beh? Che c’è?”

Per la prima dopo tanto tempo Willas indossò non una maschera feroce o da pazzo, ma un espressione serena, quasi dolce… come quando era normale.. umano.

Gli sembrò da stupidi comportarsi bene l’ultimo giorno della propria vita, ma si sentiva in dovere di farlo.

“Sono davvero fortunato di averti incontrato. Non te l’ho mai detto né fatto capire e mi dispiace molto di questo.. ma sei davvero una persona speciale, anche solo per avermi sopportato.”

Jennifer sbattè le palpebre ovviamente presa alla sprovvista. Non se lo sarebbe mai aspettata, non da Will.. ma lui in quel momento la stava fissando in maniera sincera, quasi vulnerabile e non vi erano inganni. Adorava quell’espressione, come quando le aveva confessato che gli piacevano i suoi capelli rossi.

Non riuscendo a contenersi, si avvicinò a lui e gli diede un bacio a fior di labbra. Lui chiuse solamente gli occhi, accogliendo il bacio come se in quello scambio potesse raccogliere le forze. Jen si distaccò poi con un sorriso:

“Quando vuoi, sai essere così gentile…” gli sorrise di nuovo allontanandosi.

“Dico sul serio” disse lui voltandosi verso di lei. “Davvero, ora mi rendo conto che mi sono comportato male con te.” Jennifer si girò ancora spiazzata da quella confessione non tipicamente da Will.

“E visto che potremmo non chiarire più… volevo che lo sapessi.” Il tono di voce dell’uomo era sincero,  ma trasudava anche debolezza. Era così pallido da apparire un fantasma.

Wey ma che ti sei fumato?!” domandò Jennifer guardandolo attentamente negli occhi.

“No niente.” Will smorzò con una risata. “Forse perché dormo male la notte..”

“O magari perché senti la mia mancanza” Mormorò lei maliziosa ritornando al periodo in cui si sentiva spensierata con quel tipo misterioso.

Lui le sorrise affabile e stava per accarezzarla, ma notò con la coda dell’occhio che la mano stava tremando visibilmente. La nascose dietro la schiena come nulla fosse. Uno degli effetti collaterali del veleno... doveva fare in fretta.

Si scurì la voce: “Ora devo andare.”

Jen si fece da parte con sguardo perplesso, ma lui non le diede modo di indagare che infatti la spiazzò con un affascinante sorriso.

“Ci vediamo dopo.” E in cuor suo ci sperò davvero.

Jennifer gli sorrise di rimando, sperando davvero di poter chiarire visto che quel sentimento sembrava non essersi per nulla affievolito dentro di lei nonostante tutto. Decise quindi di aspettarlo.

Willas uscì con tutto l’arsenale e guardò il timer con visibile preoccupazione.

10 ore, 21 minuti e 47 secondi.

Passati quelli, sarebbe stata la sua fine o quella dei Mikaelson.

 

----------------**********************--------------

Briony era appena stata a trovare la sorella, un incontro avvenuto nella massima segretezza perché non si doveva venire a sapere che i Mikaelson erano ancora in vita. Ne andava della propria incolumità. Ma nonostante questo il profondo vuoto dal quale Briony era stata buttata in precedenza sembrava non esistere più. Riabbracciare la sorella, ritrovare Elijah… aveva tutto ciò che le serviva e desiderava che questo restasse immutato per molto molto tempo.

Ma c’era qualcosa che la graffiava, come un fastidioso prurito che non cessava ad andarsene… Ylenia.

Non sentiva la strega da giorni e anche se era solita fare così, Briony si sentiva più preoccupata che mai. Sentiva la tensione continuare a spremerla, stringerla in una morsa che rischiava di soffocarla.

Già una volta era successo e lei aveva ignorato le avvisaglie. Ora non più. Cercò quindi di contattare l’altra persona che sapeva essere vicino a Ylenia.

Il cellulare squillò a vuoto per diversi secondi.

“Pronto?”

Finn? Scusa il disturbo, sono Briony.”

Briony?” la sorpresa nella voce di solito piatta nell’Originario. “Cercavi Elijah?”

“No.” Briony ingoiò il magone che si stava formando dopo come si erano lasciati, ma le sembrò un macigno enorme da digerire “Volevo parlare con te… hai visto per caso Ylenia?”

Ylenia? No. Ci ha aiutato a riprendere i sensi e poi si è dileguata. Tipico.”

“E non sai dove posso rintracciarla?”

“Perché queste domande?”

Briony si inumidì le labbra: “Temo possa essere successo qualcosa..”

“Se è per Connor che temi… non devi farlo. Elijah è sulle sue tracce e se conosco bene mio fratello gli starà col fiato sul collo incessantemente. Quindi non credo che Connor abbia tempo e modo di vendicarsi su una persona… soprattutto se questa persona è Ylenia.”

“Lo so che lei sa cavarsela sempre e comunque… ma ho una bruttissima sensazione. Come alla festa. Tu mi avevi chiesto se c’era qualcosa che non andava e io ho fatto finta di niente credendomi paranoica.”

Udì Finn sospirare: “Terrò gli occhi aperti nel caso.”

“Ok grazie Finn.” Dopo quella telefonata Briony si sentiva un pochino più positiva. In fondo mica tutte le calamità potevano perseguitarla.

“In effetti… se Connor al momento è fuorigioco mi sento più sicura. D’altronde non esiste uomo più malefico di lui al mondo.”

 

---------------*************-----------

Ylenia sentiva le viscere accartocciarsi come se avesse davanti il demone più temibile dell’inferno. Lei lo aveva assaporato, l’inferno, e ne era rimasta scottata tanto che le bruciature la stordivano ancora. E dunque non voleva che ricapitasse più. Ma come fare senza armi? Senza vie di salvezza?

Rimaneva inerme, legata a una sedia, di fronte a quel demonio. Non sapeva nemmeno dove si trovava: era tutto buio attorno a lei e rimanere legata le metteva un senso di impotenza addosso che aborriva.

Decise di combattere perlomeno a parole: “Il cervello ti ha dato di matto più del solito, Klaus?”

L’ibrido comparve nella penombra col suo solito sorriso inquietante.

“Forse sono folle.. non ho mai dimostrato il contrario.. ma mi sento perfettamente lucido in questo momento.” Mormorò fintamente calmo, giocherellando con un pugnale. “Perché ogni parte del mio essere vuole a tutti i costi sapere cosa la tua mente perversa stia architettando… e userò ogni mezzo perché non mi fermerò davanti ai codici di cavalleria.” Sibilò lui come un serpente, facendo volteggiare il pugnale di fronte al viso di Ylenia a un palmo dal suo naso.

“La mia mente perversa dici?” Ylenia soffocò una risatina. “Non sono io che ho rapito una donna e legata senza una minima spiegazione. Mi dispiace caro ma io stavolta non ho fatto niente e tu sei il solito pazzo.”

Klaus le sorrise nello stesso modo di prima. “Ancora vuoi negare streghetta? Di solito chi viene messo alle strette saggiamente sputa il rospo, ma vedo che la saggezza l’hai mandata a farsi benedire.” Finendo la frase in modo ambiguo, Klaus le sistemò un ciuffo dietro il viso grazie all’aiuto della lama. Ylenia sussultò nell’avvertirne il gelo.

“Non so proprio di che cosa stai parlando.”

Klaus così perse definitivamente la pazienza. Il sorriso si trasformò in un ringhio, le mani le bloccarono le sue, incastrandole nei braccioli della sedia e serrandole con le unghie. I visi faccia a faccia.

“Così non va bene Ylenia. La prima volta  che mi inganni devi vergognarti tu, ma alla successiva devo vergognarmi io. E questa volta non la scamperai perché ho capito il tuo gioco, lurida sanguisuga. Volevi fotterci tutti, come hai fatto in Francia secoli fa. Ingannarci proprio sotto il naso mentre tu ci facevi addio con la manina e scappavi in una carrozza d’oro. Ma ora non mi sfuggirai perché metterò fine ai tuoi luridi inganni.” Così dicendo lascio andare la presa sulle sue mani mentre Ylenia rimaneva costretta all’immobilità. La mente era più confusa che mai e dietro le parole enigmatiche di Klaus non c’aveva ricavato niente, se non che fosse sul serio uscito di senno.

I suoi occhi saettarono sul braccio sinistro dell’ibrido, solcato da una profonda ferita che andava a infettarsi e dal gran che era profonda si vedeva quasi il tessuto muscolare. Ylenia continuava a capirci sempre meno mentre la testa girava in preda a una forte vertigine.

“Che stai guardando? Un altro dei tuoi misfatti? Davvero abominevole visto che ti sei servita della tua stessa sorella per fare il lavoro sporco.” sbottò Klaus trattenendo la collera.

Ylenia sgranò gli occhi, stentando a respirare. “Agnes? Che c’entra lei? E di che cazzo stai parlando?? Klaus giuro su Dio che..”

“Non le ho fatto niente. Così come a te… per adesso…” Il sorriso di Klaus però non la faceva stare tranquilla. “Visto che tu non ti discolpi.. farò da solo il giudice e emetterò la sentenza a modo mio.” borbottò mettendo il pugnale sopra la spalla.

“Ma di che diavolo parli??”

“Parlo!” Klaus si spostò velocemente su di lei inchiodandola con i suoi occhi fumanti. “Parlo di come tu e il tuo padrone ci avete presi tutti in trappola, maledetta sgualdrina! Tu hai organizzato tutto facendoci entrare nella tana del lupo! Hai mandato quel delizioso fiore di tua sorella a mantenermi buono e a rammollirmi. E poi il colpo finale alla festa!” Klaus strinse i legacci che incatenavano Ylenia, facendola gridare dal dolore come se contenessero acido.

“Cosa?? No ti sbagli!”

“Ti ho vista!” Klaus sembrava letteralmente un invasato. “Ti ho vista alla festa! Tu cercavi di non farti notare e di agire nell’ombra, ma io ti ho notata eccome cherie! Trasportavi i cadaveri dei miei fratelli chissà dove.. dove li hai messi?? LI RIVOGLIO!”

A fine frase la afferrò rudemente per il collo. Ylenia temette di stritolare. Quel pazzo per colpa della sua mente perversa aveva travisato tutto!

“No ascolta! Non è così! Io ho solo nascosti i corpi dei tuoi fratelli per farli rivivere! Grazie a me non sono morti! Idiota ascoltami!”

“Sì certo..” Klaus la prese in giro con un ghigno. “Sei andata dritto all’inferno per riprendere le loro anime non è così? Li ho sentiti morire.” Sibilò di nuovo stringendole il collo come se fosse una matita. “Uno per uno. Li ho sentiti gridare, invocare aiuto e morire. Ma per colpa tua e di quel bifolco sono rimasto immobile, come il più stolto degli stolti. Non potevo fare niente per aiutarli e nemmeno staccare le vostre teste. Ti sei divertita a vedere compiuto il tuo lurido piano? D’altronde ci volevi tutti morti da secoli. E stranamente la tua amica del cuore è l’unica che ne è uscita indenne dal massacro. Che strana coincidenza!” Un luccichio maligno gli balenò negli occhi; strinse sempre di più la presa sul collo di Ylenia fino a farla soffocare e impedendole così di giustificarsi.

“Ma metterò fine io stesso alle tue malefatte. Questa me la pagherai davvero cara. Solo io posso toccare la mia famiglia, nessun altro.” Così dicendo mollò in un lampo la presa sulla strega, che boccheggiò in cerca d’aria pura. Tentò di sfilarsi i legacci che la legavano, ma inutilmente.

Klaus fece un passo indietro sempre tenendo lo sguardo fisso sulla sua preda. “Ma prima di divertirmi con te… voglio che mi spieghi questo.” E le indicò il braccio maciullato “Anche volendo non potrei staccarmi il braccio… ho cercato in ogni modo di espellere quel simbolo che lampeggia e perfora la mia pelle assiduamente, ma anche adesso continua a infastidirmi come un persistente prurito… dimmi a che serve e soprattutto come fare a eliminarlo.”

Ylenia era così debole e priva di forze che non riusciva nemmeno a scuotere la testa.

“Io non lo so…

Un sonoro ceffone le fece voltare la guancia dall’altra parte, infiammandola come se la mano di Klaus fosse un carbone ardente. Sputò un rivolo di sangue mentre Klaus la fissava per nulla rammaricato. “Il termine non lo so non è previsto in questo interrogatorio. Allora.” E le mostrò lo scempio che aveva arrecato al braccio di sua stessa mano. “Come posso far andar via la magia che voi bastardi avete imposto su di me?” La voce tratteneva a stento la collera e la furia. 

Ylenia sembrava un malato terminale tanto che non riusciva ad aprire bene gli occhi.

“Non lo so, come diavolo te lo devo dire? In aramaico forse?”

Klaus sogghignò: “Resterai stupita di sapere che conosco quella lingua morta. E non sarà l’unica cosa morta qui dentro fra poco.” E ad un tratto immerse il pugnale in una polverina brillante che resta lucida la punta della lama. Ylenia stentava a capire cosa quel demonio volesse fare. Rimaneva inerme alla sua mercè, priva di qualunque potere.

“Preferisci che me la prenda con la tua adorabile sorellina? Egoista da parte tua visto che sono certo che c’è la tua mente diabolica dietro tutto questo. Hai sempre voluto contrastarmi, mettermi i bastoni tra le ruote..” mormorò lui con tono fintamente pacato mentre faceva roteare il pugnale. Si avvicinò pericolosamente e fece saettare delicatamente la punta della lama lungo il braccio della strega.

Fu quasi una carezza, ma Ylenia strillò come se le avesse appena iniettato dell’acido.

“Non strillare che mi innervosisci.” sbottò lui diabolico facendo scivolare la lama lungo tutto il braccio della strega, la quale non cessava di gridare per via del tormento fisico. Le mani si aprivano lungo i braccioli per sopportare il male.

“Non strillare, rispondi invece.”

“Ti ho detto che non so nulla delle tue farneticazioni!” sibilò Ylenia tra i denti sputando schiuma e sangue.

“Così come non sapevi niente della vera natura di Briony Forbes, non è così?” Sogghignò lui come se già sapesse la risposta.

“Puoi anche non crederci… ma le mie intenzioni sono pure perché sono sempre state dettate dall’auto sopravvivenza, dall’amicizia o dall’amore… cosa che tu non capirai mai.” Borbottò Ylenia stancamente.

Preso dalla furia, Klaus le inficcò il pugnale all’interno della coscia sinistra. Ylenia gridò dalla sorpresa e dal male cane; sentiva i muscoli accartocciarsi.

“Figlio di puttana!”

Eeek risposta non pertinente. Anche se sono nato dal frutto di un adulterio.” Klaus ghignò e levò via la lama dalla carne ferita di Ylenia, che boccheggiava di continuo per il dolore. A quel punto solo le corde riuscivano a tenerla ditta con la schiena.

Non… non è con me che devi prendertela.” bisbigliò priva di forze mentre il sangue diluiva dalle brutte ferite.

“Questo si vedrà.”

Il sorriso perfido di Klaus però le fece presagire che quel tipo di inferno era solo l’inizio e quello meno pericoloso.

 

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Rebekah si stava avviando furtiva verso la macchina. Portava quatta quatta della sacche di sangue appena rubate dall’ospedale: Elijah si era raccomandato di non fare gesti azzardati, ma Kol come al solito scalpitava come un pazzo perché si sentiva assettato e se non si nutriva al più presto sarebbe saltato addosso a qualcuno. In assenza di Elijah era stata Rebekah a prendere in mano la situazione ed era uscita dal loro nascondiglio per prendere delle sacche di sangue.

Stava per infilare la chiave nella portiera, ma un vento improvviso e gelido le fece rizzare i peli del braccio e voltare di colpo.

Di fronte a lei c’era il cacciatore, Willas. Gli occhi rossi ardevano come fuoco e sangue.

“Tu.” sibilò lei cercando di nascondere la paura. Willas le sorrise affabile:

“In carne e ossa.” E senza nemmeno esitare la afferrò per la testa e la spinse con forza contro il finestrino della macchina. Dal colpo, il vetro si ruppe in mille pezzi e la vampira cadde svenuta a terra. Willas fischiettò soddisfatto e poi trasportò senza nemmeno troppe grazie quel corpo dentro in macchina.

 

 

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La sedia su cui era legata Ylenia cadde a terra, portando lei con sé. Sbattè fortemente la testa, rischiando di svenire… magari sarebbe stato meglio visto che il dolore era asfissiante. Aveva lividi e tagli ovunque perchè Klaus non si era per niente risparmiato. Sembrava che dentro di lui fosse germogliato il seme della follia e questo cresceva sempre di più, fino a inaridirgli ogni lucidità.

“Non ci siamo. Proprio non vuoi collaborare… vuoi proprio che faccia una visitina alla tua sorellina?” domandò lui maligno pulendosi la giacca da qualche chiazza di sangue versato.

Ylenia mugugnò cercando di pensare a una via di fuga.

“Le streghe mi provocano sempre dei guai. Con i vostri tranelli ci avete messi nel sacco. Ma manca un Mikaelson a completare la vostra opera del massacro… un enorme sbaglio lasciarmi in vita perché sono un tipo piuttosto vendicativo.” E così dicendo prese una spranga di ferro che aveva lasciato bollire nel fuoco per qualche tempo. La punta dell’arma era rosso ardente e scottava terribilmente.

Ylenia sussultò in preda al terrore mentre Klaus le si avvicinava tenendo tra le mani quella falce.

“E adesso mi spiegherai ogni piccolo particolare dei tuoi piani diabolici altrimenti…

All’improvviso il suo cellulare squillò, interrompendo così la minaccia. Infastidito prese il cellulare e rispose senza neanche vedere chi fosse: “Spero sia urgente perché altrimenti ti infliggerò la stessa tortura che...”

“La vita di tua sorella credi sia abbastanza urgente?”

La voce dall’altro capo della linea lo prese in contropiede, letteralmente. Klaus ci mise un secondo buono per rispondere. “Che cosa hai detto?”

“Hai capito bene, mostro. Ho in mano la tua sorellina e sì, è viva, ma non per molto se tu non fai come ti dico.” La minaccia di Willas ebbe chiaro effetto.

Klaus lanciò un’occhiata a Ylenia: “Come faccio a sapere che non è una delle vostre luride trappole?”

“Oh dalla tua alta esperienza credo che tu posso capire i pro e i contro.. o forse il vostro cervello col passare del tempo si è talmente rimpicciolito da non capire cosa temere o no?”

Klaus ringhiò. “Che cosa vuoi?”

“Da te? Nulla. Ho inviato lo stesso avviso ai tuoi fratelli mostri, ma con te sarebbe più divertente lasciarti vivere visto come ti abbiamo nel sacco.”

Il sogghigno di Will fece andare Klaus su tutte le furie e pensò di infilzarlo con la lama ardente che aveva in mano. “Spiegati meglio e magari non ti scuoierò vivo.”

Altro sogghigno. “Siamo noi che ti teniamo appeso per le palle, non il contrario. Comunque sembri perspicace nonostante tu ti sia fatto fregare da una biondina come il peggiore dei coglioni. E dire che credevo che i vampiri non nutrissero più alcuna emozione umana. Beh nel tuo caso Connor c’aveva visto giusto, e sei stato beffato.”

Klaus serrò sempre di più il viso fino a farlo apparire irriconoscibile.

“Non abbasserò la guardia una seconda volta e comunque anche voi avete fatto un buco nell’acqua visto che la mia famiglia è viva. Dimmi subito che cosa vuoi.”

“Non mi hai davvero capito o sei così idiota come appari? Tu non sei un mio problema, voglio concedermi un piccolo sfizio di vendetta… uccidi Connor, e spezzerai pure il collare che ti tiene legato a lui.”

Klaus drizzò la schiena per quella informazione, ma tenne comunque alta la guardia. “Perché tradiresti il tuo caro padrone?”

“Per ragioni mie e perché ho smesso di farmi sfruttare come un cane. Fai qualcosa di utile per rendere immacolata la tua fedina penale. Uccidi quel figlio di puttana di Connor, se ne sei capace.”

“Certo e poi verrò a cavarti il fegato.”

“Le minacce non sono gradite.” E alle orecchie di Klaus arrivò un grido appartenente a una voce che ben conosceva. “Recepito il messaggio? Avanti non mi costringere a fare la parte del cattivo. Quella è roba per Connor che manipola persino i fantasmi. Beh problemi tuoi questi.”

“Non t’azzardare a riattaccare!” Ringhiò Klaus che dalla furia stava quasi per distruggere il cellulare.

“Tu non puoi manipolarmi, lurido mostro. Questa prerogativa la lascio a Connor ed è molto più bravo di te, visto che ha manipolato persino la mente della tua adorabile biondina e reso te un suo burattino. Che pena mi faresti… se non ti disprezzassi tanto!”

“Ascoltami bene..”

“Tempo scaduto e il tempo per me è prezioso. Fai bene il tuo lavoro e nessuno si farà male. Adios.”

Klaus stava per urlargli di andare all’inferno ma sentì solo il bip bip della mancata linea. Sbattè il cellulare contro un tavolo poi rivolse la sua attenzione a Ylenia, che nonostante la sua debolezza aveva ascoltato tutto.

“Visto che non ti mentivo? Quando uno ti dice la verità pensi sia una bugia mentre quando uno ti mente gli credi. Sei proprio un idiota.”

“Zitta.” Sibilò Klaus stizzito camminando a falcate per sbollire la furia. “Non credere che per te sia finita qui. La tua mente diabolica può aver escogitato tutto insieme a quell’infido del tuo padrone. Da quando sei entrata nella mia vita mi hai sempre procurato rogne!”

“Perché? Perché ti ho fatto conoscere Agnes?”domandò Ylenia capendo il tasto dolente.

Klaus le lanciò un’occhiata di fuoco:

“Taci!”

Mentre l’ibrido continuava a camminare e a pensare su possibili soluzioni, Ylenia sospirò nel ricordare ciò che aveva vissuto con Agnes nell’ultimo periodo:

“Sapevo che non era più quella di prima… lo avvertivo… sentivo che non aveva più la stessa luce di un tempo.. né la stessa morale… Connor mi ha mandato un involucro vuoto.” Mormorò con una lacrima agli occhi capendo di aver perso per sempre la sorella. La morte ripagava solo con la morte.

Klaus allora si voltò verso di lei con sguardo da folle:

“Ecco che c’entri tu. Sei stata tu a mandarla qui a maledirmi la vita per la seconda volta!” ringhiò furioso e continuando a camminare.

“Dovrei sgozzare te, tua sorella, Connor…

Ma mentre finiva le sue minacce, Klaus sentì un male incurabile invadergli il braccio sinistro fino a svilupparsi in tutto il corpo. Sapeva che cos’era e non poterlo contrastare lo mandava ancor di più in bestia. Non si sarebbe fatto manovrare dalla magia… lui doveva uccidere quei traditori e riunirsi alla sua famiglia… ma più ci pensava più sentiva una violenta scossa attraversare tutto il suo essere.

Gridò a perdifiato, sbattendo la schiena contro il muro. Il desiderio di staccarsi il braccio era continuo.

Ylenia a sua volta lo guardava come se fosse posseduto dal demonio. Cercò di slegare i legacci che la tenevano stretta, ma Klaus fu da lei in un lampo.

I suoi occhi luccicavano di luce malefica: “Toglimi questo coso di dosso o giuro che ti scuoio viva.”

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Briony stava guidando a più non posso fuori Mystic Falls. A nulla erano valsi i pensieri di positività che per un po’ avevano abitato il suo animo dopo la telefonata a Finn, poiché erano stati tutti scavalcati dai suoi brutti presentimenti. E questa volta non sarebbe rimasta a guardare.

Ma comunque erano ore che girava a vuoto. Era come trovare un ago in un pagliaio. Aveva iniziato dal luogo in cui Ylenia aveva nascosto gli Originali, ma poi il nulla supremo. Non sapeva proprio dove rintracciarla e al cellulare non rispondeva mai.

Briony chiamò così un’altra persona che aveva sempre le risposte a tutti i suoi problemi.

“Sei appena scappata dal manicomio?”

La voce sarcastica di Chuck la costrinse a sorridere. “No nanetto. Ho bisogno di aiuto e tu sei un tuttofare quindi devi aiutare la tua allieva preferita.”

Uhm… mi sembri di umore migliore rispetto all’ultima volta. Meglio assecondarti. Che cosa c’è?”

“Ho bisogno che tu rintracci una persona. Credo che tu l’abbia vista gironzolare nella cascina dei cacciatori. Ylenia, la mia amica strega. Presente?”

“Quella spilungona. Non posso che ricordarla per la sua prosperosa altezza e decolté.”

Briony sogghignò. “Vedo che te la ricordi. Rintracciala per favore.”

“E come scusa? Con una sfera magica?”

“Tu sei il maestro tuttofare! Chiedi in giro, fai qualcosa ma devo trovarla!”

Sentì Chuck sospirare: “Questa cosa c’entra con Will per caso?”

Briony sbattè le palpebre sconcertata. “Willas? Che c’entra quel pazzo scusa?”

“Stamattina presto si è preso tutto l’arsenale dei cacciatori e chi l’ha visto ha detto che sembrava avesse lo sguardo da posseduto.. ma posseduto non da un semplice demonio ma da Satana in persona.”

Briony rimase allibita. Cosa c’entrava Willas in tutto questo? E perché doveva avere a che fare con la scomparsa di Ylenia?

Un terribile sospetto le chiuse lo stomaco… che Will fosse a conoscenza del tranello della strega e della non dipartita dei Mikaelson? In quel caso tutto avrebbe avuto un senso…

Ritornò a parlare al telefono:

“Cerca anche Willas allora. Blocca tutto quello che stavi facendo, non mi importa se mi urlerai addosso ma ho urgente bisogno che tu mi rintracci quei due. In cambio ti farò dare un autografo dei Mikaelson, contento?”

Udì Chuck sbuffare ma la vibrazione del telefono la colse in contropiede. Un’altra chiamata in arrivo.

Elijah?

Se la stava chiamando vuol dire che era successo un bel guaio. “Chuck scusa rimani in linea.”

“Sarò anche piccolo ma non sono un sottoposto!”

Allo sclero di Chuck si sovrappose il tono freddo e autoritario di Elijah: “Dove ti trovi?”

<< Che calda accoglienza >>

“Sono fuori in macchina per..”

“Ti avevo detto di rimanere in casa, buona e al sicuro.” Ribattè Elijah fulmineamente inchiodandola col tono della voce.

Briony deglutì come se avesse il suo sguardo ombroso davanti:

“Tu hai i tuoi piani loschi da mandare avanti. Io ho i miei.”

“Non è il momento. Ho appena saputo che la nostra presenza è stata scoperta e infatti i tuoi ex soci si sono già dati da fare. Willas ha preso Rebekah.”

Per poco Briony non finì in un fosso: “Come??”

Il pensiero di Ylenia le balenò nella mente. “Dobbiamo trovarla subito!”

“Infatti sto andando a uccidere quel morto che cammina.” La risposta di Elijah e il rumore dei sui passi erano così decisi da risaltare la sua fermezza.

“Ma devi stare attento… quel pazzo può giocare dei brutti scherzi a tua sorella.”

“Sarà pericoloso ma devo farlo. E appunto per questo ti voglio lontana dalla linea di fuoco, quindi voglio che tu torni a casa e ci resti.” L’ordine impartito così fermamente quasi la costrinse a obbedire… quasi.

“Scherzi? Non posso stare tranquilla mentre so che sei in pericolo! Puoi dettar legge riguardo i tuoi piani, anche se non sono d’accordo, ma non sulle mie intenzioni!”

Briony udì dei movimenti in sottofondo e un lungo silenzio, segno che Elijah aveva riposto il cellulare nell’altro orecchio per placare quel dibattito.

“Fai come ti ho detto Briony.” rispose lui solamente.

Lei sospirò continuando a guidare. “Dimmi almeno dove Willas tiene Rebekah.”

“Così tu accorri subito lì vero?” Il sorriso furbo di Elijah le fece intendere che non si sarebbe fatto giocare. “Voglio che tu sia al sicuro. La situazione è molto pericolosa e potrebbe addirittura peggiorare se non pensiamo in maniera lucida. Spero che questa volta tu sia d’accordo con me.”

Il tono era calmo e ragionevole come sempre, non supponente. E non gli si poteva dare torto vista la situazione… Briony si limitò ad ascoltare e pensare tra sé e sé.

“Ok..” Replicò poi cercando di controllarsi. “Mi raccomando, stai attento.” mormorò più premurosa.

“Anche tu.” E così Elijah chiuse la chiamata.

Briony ritornò alla chiamata con Chuck. “Sei ancora lì?”

“Per le tue telefonatine intime non puoi aspettare? Capisco che Elijah Mikaelson abbia una voce davvero da sbavo ma…

Sssh! Ascoltami! Sei riuscito a trovarmi intanto Willas?” Briony incrociò le dita sperando in un sì, e Chuck non si fece pregare.

“Mi devi due bigliettoni, non solo l’autografo. Si trova a qualche miglio da Mystic Falls, dopo la foresta di Fell’s Church. Ora ti mando le coordinate. Per la spilungona non so niente invece.”

“Sei un tesoro!” Briony se avrebbe potuto lo avrebbe fatto volteggiare per aria. “Grazie ancora e tienimi aggiornata.”

Chiuse la conversazione e con un movimento brusco del volante fece inversione a U. Le ruote dell’Alfa Romeo fischiettarono lungo l’asfalto ma lei diede lo stesso gas.

La turbava mollare così la ricerca di Ylenia ma forse se avesse trovato anche quel pazzo di Willas avrebbe trovato anche lei… lo sperò con tutto il cuore mentre guidava.

Non poteva lasciarli nel pericolo mentre lei si stava buona a casa. Nossignore.

Elijah si sarebbe chiaramente infuriato. Ma a quello c’era abituata.

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Willas teneva Rebekah sottotorchio: l’aveva imprigionata in una gabbia inferriata, dove attraverso un interrotture veniva sputata delle verbena proprio per farla indebolire. E ai minimi accenni di attacco da parte della vampira, il cacciatore subito la sottometteva col suo potere psichico rendendola così inerme, come se fosse lei per la prima volta la preda.

“Spero che brucerai all’inferno.” ringhiò Rebekah stentando a rimanere in piedi.

Willas fece una smorfia scrutando fuori dalla finestra della piccola cascina. “Ci sono già stato e sono stato buttato fuori anche di lì.”

La sicurezza che però esternava non era così veritiera… Willas sentiva le mani tremare visibilmente e incontrollate. Segno che il veleno stava facendo effetto… aveva fatto passare troppo tempo, e i fratelli Mikaelson sembrava dovessero fare l’aperitivo prima di venire a salvare la sorella visto l’enorme tempo che ci mettevano.

Si asciugò una gocciolina di sudore. “Lo vedi questo?” E mostrò a Rebekah il timer che procedeva famelico di vite. “Se il tempo passa il limite prestabilito e non ho le teste mozzate dei tuoi fratelli tra le mani… saranno davvero guai per te. Quindi prega che arrivino presto.”

Rebekah ringhiò tra i denti: “La pagherai.”

Willas sogghignò: “Ho pagato per anni e anni… e la ruota gira per tutti, anche per voi Mikaelson.”

La vampira grugnì di nuovo, cercando una qualche via di fuga.

Ma i Mikaelson erano già giunti al luogo.

Stavano perlustrando il territorio, cercando il metodo migliore per entrare lì dentro e salvare la sorella senza far costare la vita a uno di loro. Finn faceva da vedetta in caso di altri nemici, mentre Elijah era a fianco di Kol con sguardo vigile e attento.

“Non dovremmo fracassare la porta e uccidere chiunque sia all’interno?” borbottò Kol fra sé e sé.

Elijah sospirò, mantenendo la sua classica calma. “E come fratello? Non possiamo entrare lì dentro senza invito e non possiamo essere sicuri delle reali condizioni di Rebekah.. Non intendo cadere nell’ennesima trappola.” E così dicendo fece dei passi in avanti in direzione della cascina, attento a non fare il benché minimo rumore. Kol stava per seguirlo ma Elijah lo liquidò freddamente. “Vado io. Tu stai di guardia insieme a Finn.”

“Cosa? Stare nelle retrovie? Neanche per sogno! Dove c’è da spassarcela, ci sono anche io!” Kol sfoderò l’ennesimo sorriso malefico che venne però raffreddato dallo sguardo invalicabile di Elijah.

“Tu mi procureresti solo problemi perché non agisci mai razionalmente ma d’istinto. E quindi faresti mosse azzardate che potrebbero mettere in pericolo la vita di Rebekah.”

Kol stava per ribattere con prontezza ma Elijah sviò lo sguardo in maniera indifferente a qualsiasi replica. “Ed è inutile che neghi. Cerca di contenerti per una volta e intervieni solo se necessario.”

Kol sbuffò. “E Nik? Perché non l’hai avvertito? Non lo vediamo da quella maledetta festa. Che sia morto stecchito?”

Elijah guardò il fratello freddamente. “No, in qualche modo è sopravvissuto visto che ci sono i suoi ibridi ancora in giro. Ma non è il momento giusto per parlarne.”

Kol aveva l’impulso di sbraitare nuovamente come un bambino infantile, ma vedendo che Elijah cominciava a camminare senza dargli più la benché minima attenzione, decise di fare il bravo per una volta. Si mise le mani in tasca, aguzzando bene la vista.

Willlas intanto aveva avvertito la presenza di vampiri intorno alla casa… lo aveva sentito.. infatti stava all’erta perlustrando ogni uscita e tenendo alto un fucile e dei lunghi pugnali nella cinta. Non si sarebbe fatto cogliere impreparato. Aveva il talento di uccidere quegli schifosi, che anche se erano innocenti riguardo la morte della sua famiglia, rimanevano sempre dei mostri da eliminare… il suo obiettivo non era cambiato, si era soltanto aggiunta la vendetta per Connor. Rendendo così Willas più smanioso di morte che mai.

Forse era davvero uno scherzo della natura, visto che non indietreggiava di fronte a nulla per perseguire il suo destino sanguinario tracciato più di mille anni prima… ma ormai le cose stavano così.. lui era così. Ormai era impossibile tornare indietro.

Si mise retto, aspettando per prima cosa la reazione dei Mikaelson. Come aveva sospettato il primo che si era fatto avanti pronto a concordare fu Elijah, quello che si credeva superiore a tutti.

Bene, a Willas non era mai stato particolarmente simpatico per quell’aria altezzosa. Sarebbe stato un piacere ucciderlo.

“Vuoi nasconderti dietro le mura? Non sei così coraggioso come vuoi apparire.”

La voce determinata e sicura di Elijah riecheggiò attorno a lui, infuocandogli l’animo.

“Dovremmo pur usufruire dei vostri limiti per sopravvivere. Ma tranquillo, voglio ucciderti faccia a faccia giusto per gustarmi la tua morte ancor di più. L’ho già fatto mi sembra.” mormorò Will trionfante affacciandosi alla porta principale e aprendola. Lì ci trovò Elijah con un portamento elegante come sempre: una mano era nella tasca, l’altra lungo il fianco.

 Willas preparò i proiettili: “E se non fosse stato per l’intervento della magia… voi ora sareste morti. Quindi quell’aria di superiorità non ti si addice.”

Elijah d’altro canto gli sorrise freddamente in segno di sfida. “Non sono venuto qui per fare un colloquio. Ridammi mia sorella e facciamola finita.”

“Non credo tu sia nella posizione di dettare condizioni. Anche perché…” Willas appoggiò un braccio allo stipite della porta con fare arrogante. “Dopo la morte, e credimi io ne so qualcosa, si è piuttosto deboli.. come dei bambini neonati. Quindi le vostre forze sono teoricamente dimezzate.” Il suo ghigno malefico arrivò nello stesso momento in cui Elijah sentì un rumore sordo non molto lontano da lui. Voltò lo sguardo e vide il corpo di Finn cadere a terra tra gli arbusti col collo rotto.

Elijah serrò il viso, imperterrito da quei nuovi fatti. Poi un rumore di urla gli arrivò alle orecchie facendogli voltare la testa dall’altra parte. Kol era in ginocchio con una mano che premeva sulla tempia e l’espressione dolorante; vicino a lui c’era una strega che infieriva su di lui con la magia. La stessa strega che era vicina a Connor alla festa.

Elijah contrasse la mascella nel rivolgersi di nuovo a Willas, il quale teneva un’espressione da bastardo sul viso.

“Credi di vincerci con questi mezzucci?” domandò Elijah non scomponendosi più di tanto e pronto a contrattaccare.

“Io non credo.. posso.” Replicò Willas determinato con un luccichio negli occhi. “Sono nato per uccidere quelli come te. Così come la tua fidanzatina. La vostra epopea amorosa è davvero uno scandalo! Mi domando come tu faccia a sopportare questo fardello, facendo finta che lei non sia come me… Perché in realtà è così eh, sono sincero dopotutto. Ed è davvero strano come dei vampiri di tale esperienza si facciano beffare da delle giovani donne.” Willas finì la frase con una grossolana risata, pensando anche a come si era ridotto Niklaus Mikaelson.

Elijah come risposta gli lanciò un’occhiata di traverso talmente gelida da far rabbrividire una statua immobile e priva di vita.

“Smettila di parlare e fatti avanti.” sibilò fra i denti mentre gli occhi si oscurarono sempre di più.

Un movimento dietro di lui lo costrinse a voltarsi fulmineamente all’improvviso. La mano fu velocissima a intercettare un paletto di legno che stava per balzargli dritto in mezzo alla fronte.

Ma non riuscì a identificare chi fosse stato perché sembrò che il cervello stesse per esplodergli. Elijah si portò la mano alla tempia cercando di soffocare le grida e il dolore, ma pareva impossibile. L’espressione fu micidiale mentre incrociava lo sguardo divertito di Willas, che stava infliggendo su di lui il suo potere psichico.  

Elijah portò la mano sullo stipite della porta per smembrarla o forse per appoggiarsi, al fine di non cadere a terra e di tenere duro. Ringhiò tra le labbra serrate per il dolore atroce e disumano.

Rebekah gridava all’interno della casa per quello che quei farabutti stavano facendo alla sua famiglia.

All’improvviso Willas fece un lieve pressione sul suo potere e lasciò andare temporaneamente Elijah, che si raddrizzò col respiro irregolare.

“Voglio proprio vedere se sarai capace di uccidere il padre della ragazza che dici di amare.” mormorò Willas ad un tratto guardando un punto al di là della spalla di Elijah.

Questi si voltò e infatti incrociò la figura di Bill Forbes che tendeva una balestra nella sua direzione.

Il viso dell’Originario allora si serrò in maniera durissima fino a scavarsi.

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Le grida di Klaus non cessavano. Da tempo non faceva che scontrarsi contro le pareti spoglie della stanza, urlando impazzito e tenendosi stretto il braccio sinistro, nel quale le dita scavavano a fondo fino a sventare l’arteria. Il sangue diluiva a vista d’occhio ma quel simbolo magico non gli dava tregua, come si fosse scolpito dentro le ossa.

Colpire degli oggetti non bastava a placare il suo tormento fisico o a spegnere quella voce che si sentiva nella testa, come se fosse diventato all’improvviso davvero un burattino incapace di lottare.

Ylenia se ne stava dritta con la sedia in quel momento a guardare con sguardo spento e scavato. Le urla di Klaus e il suo bisogno di togliersi di dosso quella magia non facevano alcuna leva su lei; non provava alcuna compassione per lui. Anzi credeva che se lo meritasse dopotutto. Stava soffrendo atrocemente, così come aveva sofferto lei. Senza via di fuga. Ben gli stava a quel maledetto.

Avere la certezza che la Agnes che aveva avuto davanti per settimane non era la vera Agnes, la sua dolce sorellina, l’aveva spenta come una candela in procinto di estinguersi. Non aveva più scopi né traguardi da portare a termine in quella vita…. Niente sembrava avere più senso: si sentiva vuota come un tronco disabitato e arido da carestie di emozioni.

Quel bastardo di Connor l’aveva fregata. Le aveva sì riportato Agnes dal regno dei morti… ma solo il suo corpo.. non la sua anima. Un guscio vuoto pronto da manipolare e usare a suo piacimento. Senza volerlo gli aveva dato un'altra marionetta da usare in quella guerra contro i vampiri.

La vendetta per il tradimento di cui era stata vittima però non arrivava… si sentiva vuota sul serio. Non gliene importava più di niente mentre le forze le venivano meno. Da quanto tempo non beveva e mangiava?

Un grido acuto la riscosse

“Fa qualcosa maledizione! Non riesco a combattere! Devo uscire di qui e uccidere quel figlio di puttana. Ma non riesco, fai qualcosa!” Ringhiò Klaus tenendosi stretto il braccio maciullato mentre perline di sudore gli disegnavano il viso a fiumi.

Ylenia capì allora che Connor manovrava persino l’ibrido. Non le dispiacque per niente.

“Non ho più energie. Le ho tutte mandate a quel paese quando ho aiutato la tua dannatissima famiglia a risorgere dal regno dei morti.” borbottò lei stancamente.

“Maledetta!” Le urlò Klaus come se fosse colpa sua.

Ylenia chiuse gli occhi facendosi vincere dal buio.

“E’ inutile che fai la parte della vittima..” la beffò Klaus con sguardo da folle. “Tu sei colpevole in questa storia tanto quanto quel fedifrago. Tu l’hai portato qui dritto nelle nostra braccia e ti sei poi alleata con lui. Se ti avessi uccisa secoli fa sarebbe stato meglio.”

Ylenia non gli diede corda perché aveva capito che quel tipo aveva perso il lume della ragione.

“E poi… non contenta di come mi avevi fregato per ben DUE VOLTE, mi hai sguinzagliato dietro pure tua sorella. Mi hai fatto abbassare alla debolezza dei sentimenti. Dannate streghe!” Ruggì di nuovo. “E’ colpa tua perché sei tu che hai chiesto di riportarla qui… e questo ha nuociuto alla mia lucidità… quindi pagherai…” Dagli occhi di Klaus si formò un scintillio diabolico e malvagio.

“E allora fallo bastardo!” Urlò Ylenia all’improvviso. “Tanto non ci perdo niente mentre tu vivrai invece d’ora in poi con questa doppia personalità che ti rende una bomba a orologeria. Me ne tiro fuori finchè sono in tempo perché non ci tengo proprio. Quindi avanti, che aspetti?”

Klaus rimase di fronte a lei con sguardo apparentemente calmo e sbiancato.

“O non ti manca il coraggio? Hai bisogno dei tuoi ibridi per questo?” Ylenia aveva la sola forza di beffarlo come se non potesse farne a meno. Da tempo aspettava quel momento per sfidarlo faccia a faccia, senza alcuna paura della morte.

“Fallo perché io non ti aiuterò in alcun modo né ti pregherò di risparmiarmi.” L’orgoglio smisurato della strega stava prevalendo sulla ragione.

“E sai una cosa… sono contenta che la Agnes che era riapparsa nell’ultimo periodo non fosse la vera Agnes.” Disse ad un tratto guardando Klaus negli occhi. “Perché sarebbe stato impossibile e una vergogna che mia sorella potesse provare qualcosa di vero nei tuoi confronti. In Francia era troppo impaurita e docile per mandarti al diavolo; non credere di aver mai meritato il benché minimo affetto da parte sua perché non è così! La sua era solo tristezza e compassione nel vedere come un essere disgustoso come te poteva ridursi.”

Klaus serrò la mascella, pronto a far esplodere la rabbia assassina che sarebbe presto arrivata a scavalcare quel momento di apatia.

Ylenia continuava a sputare fuori ciò che sentiva. “Dovevi arrivarci prima sai? Perché la vera Agnes non avrebbe mai nutrito un sentimento verso di te, verso la cosa che sei! Se fosse stata davvero lei si sarebbe inorridita davanti alla tua presenza dopo ciò che hai fatto; ti avrebbe schivato come la peste per non far marcire la sua esistenza come tu hai fatto con altre migliaia di vite. Ti avrebbe allontanato proprio come si allontana il male. Non si sarebbe mai concessa a te, mai! Non ti avrebbe mai amato, nessuno può farlo! Povero illuso.” Lo derise con tutto l’odio che aveva provato nei suoi confronti per tutto quel tempo e che ora lo stava facendo esplodere… la rabbia, la vendetta… Klaus l’aveva ferita più e più modi e lei lo stava ferendo con la stessa moneta.

“Persino la tua stessa famiglia ti detesta!”

In quell’ultimo affondo sparì ogni lucidità, ogni cosa. Klaus in preda alla rabbia disumana preso il ferro bollente di poco prima e ficcò l’arma nello stomaco di Ylenia. Ci affondò in maniera feroce fino a fuoriuscire la punta dall’altra parte della schiena.

Ylenia gorgoglio, finendo così di dar voce al suo odio. Dalla sua bocca fuoriuscirono sangue e respiri strozzati. Il petto venne attraversato da degli spasmi quando Klaus tolse l’arma e se ne andò da quella stanza ancora furibondo.

Ylenia finì a terra e la sedia roteò con lei, finendo per allentare i legacci che le avvolgevano i polsi. Ma tanto non sarebbe contato nulla scappare… il sangue eruttava a vista d’occhio, non bastava nemmeno tamponare. Fu impossibile persino respirare; tutti i pensieri rivolti ad un unico punto pressante e indelebile… stava per morire...

Per anni aveva sfuggito alla morte… per anni l’aveva evitata anche se odiava la vita… e alla fine eccola che stava per venire a prenderla… ed era stata un po’ lei stessa a volerlo… quasi non provava nemmeno tristezza, come se un senso di pace le annebbiasse tutto il male che aveva sentito e che aveva a sua volta procurato…

Si sarebbe lasciate alle spalle tutto quanto, tutti gli errori… i sensi si annebbiarono e rimase a terra, aspettando la fine… finalmente un epilogo per porre fine a una vita che non avrebbe mai dovuto essere immortale.

Ma all’improvviso Ylenia riaprì gli occhi di botto. Non poteva andarsene senza prima aver fatto una cosa importante, che doveva fare da tempo…. Un ultimo regalo che doveva concedere alla più cara amica che avesse mai avuto. Un addio per farsi perdonare gli errori e bugie commessi.

L’ultimo gesto di Ylenia Lefévre.

Si guardò attorno con sguardo debole, cercando qualcosa che potesse aiutarla… la stanza era in ombra e spoglia, ma in uno scaffale c’erano degli oggetti che potevano esserle utile. Gattonò allora, strisciando sopra il suo stesso sangue e soffocando il male atroce.

Raccogliendo le ultime energie, riuscì nell’impresa. E in mezzo alla sofferenza, un barlume di felicità.

 

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“Non le conviene fare mosse sconsiderate. Lei non è niente per me, non proverei nulla a staccarle la testa.”

La minaccia che Elijah puntò a Bill Forbes fu ben reale e precisa, ma l’uomo non perse il controllo.

“Sono certissimo che non proveresti nulla, maledetto mostro. Ecco perché sei sbagliato per mia figlia.” proruppe lui tenendo alta la balestra.

Finn rimaneva svenuto a terra, Kol cercava in tutti i modi di alzarsi e di fronteggiare il nemico con le unghie e con i denti ma era troppo debole. Guardando la scena di sottecchi Elijah cercò di pensare a cosa fare.

“Allora... cosa vogliamo fare? Un duello a singolar tenzone?” sogghignò Willas restando dentro la casa, quando all’improvviso un dardo gli si conficcò nel petto senza alcun preavviso. Non provò nemmeno male, solo un gran stupore. Elijah si voltò sorpreso verso chi aveva appena ferito il cacciatore.

Doveva esserne lieto per quell’aiuto ma sentì la preoccupazione tramutarsi in spine che gli avvolsero il cuore con i suoi aghi, stringendoglielo nella sua morsa.

Briony.

Ne fu così sconcertato che rimase immobile per parecchi secondi, mentre Briony avanzava tenendo anche lei una balestra in mano. Anche Bill fu così sorpreso da quella apparizione da spalancare la bocca come un baccalà.

Willas però ebbe una reazione impulsiva che gli costò la lucidità. “Tu.” Sibilò fra i denti gridando vendetta e uscendo dalla casa. Elijah così riprese il controllo e non perse tempo: gli balzò contro, facendolo schiantare contro la parete della casa. Willas però non si fece cogliere alla sprovvista e magistralmente si avventò sul vampiro come un toro impazzito.

“Lascialo!” gli gridò Briony cercando di riprendere la mira, ma i due combattevano così velocemente che era difficile farlo.

Briony… che diavolo stai facendo? Fai subito ciò che devi! Non devi uccidere Willas ma Elijah! Come da sempre dovevi fare! Uccidi quel mostro sanguinario!” Bill non stava più in sé dalla furia che lo montava, ma la figlia non aveva tempo di dargli corda.

Quelle parole non contavano nulla per lei, il destino poteva avere sottoscritto tutto ciò ma lei e il suo sentimento avevano combattuto allo stremo fino a vincere. Non c’era forza più potente e assoluta al mondo quale l’amore. E a quei livelli poi si poteva annientare perfino se stessi.

“Taci papà e non intralciarmi.” sibilò lei cercando di vedere bene come si stavano mettendo le cose tra Will e Elijah.. sembravano in parità.. ma ora Willas aveva afferrato l’Originario per il collo, spingendolo rudemente contro un albero. Il terreno tremò sotto di loro e Will stava per prendere un pugnale dalla cinta.

“Fermo!” Briony lasciò perdere la balestra e agì istintivamente, saltando addosso al cacciatore sopra la sua schiena. Elijah ne approfittò per rompergli il braccio in una mossa e farlo così ricadere sulle ginocchia.

Willas digrignò per il dolore, ma riuscì a scrollarsi la ragazza di dosso e a spingere via Elijah per poi balzare velocissimo dentro casa.

Vigliacco! Briony avrebbe tanto voluto urlarglierlo, ma un grido che si espanse all’improvviso attorno a lei le fece ruzzolare il cuore come da un burrone e stava quasi per precipitare giù. Quando sentiva Elijah gridare succedeva sempre così… per lei era terribile... Si voltò e vide Elijah che si teneva contro l’albero, una mano sulla tempia e stentava a trattenere dentro di sé le grida di dolore, come sempre.

Briony allora notò la strega che stava imponendo la magia su di lui con tutte le forze che aveva. Con un ringhio di rabbia allora la ragazza si avviò per riprendere la balestra a terra e per uccidere quella serpe con le sue stesse mani.

Qualcosa però la bloccò alle spalle. “Ora basta! Ho sopportato anche troppo questo oltraggio!” Il padre stava cercando di fermarla ma Briony si fece assalire dall’ansia di perdere di nuovo Elijah, il terrore prepotente come non mai, e senza mezzi termini si tolse il padre di dosso e scoccò subito il dardo con tutti e due gli occhi aperti. Il dardo colpì la strega a una spalla, non ferendola a morte ma questa decise per il suo bene di svignarsela in tempo.

Briony non ce la fece neanche a tirare un filo di sollievo che si sentì di nuovo tirare all’indietro. “Ora vieni qui signorina!” Di nuovo quel farabutto del padre, che le stava piantando le unghie nel braccio e tirandola per i capelli per farla avvicinare di più. Briony gridò istintivamente.

Ma Bill non fece più nulla. Un rumore di qualcosa che scricchiolava lo fece sobbalzare per poi rendersi conto che erano le proprie ossa che facevano quel rumore. Elijah gli era arrivato fulmineamente a fianco, afferrandolo con forza per il braccio. Fu un miracolo se l’Originario non glielo staccò.

La lasci. Subito.” Sibilò Elijah molto lentamente per far soppesare bene quella minaccia, prima di perdere per davvero il controllo.

Bill questa volta scelse di fare il bravo e lasciò andare la figlia con uno scrollone. Questa incespicò sui suoi stessi piedi, sentendosi la testa girare vertiginosamente.

Poi un odore delizioso e un petto familiare la avvolsero tutto a un tratto, come se questi fossero l’unico riparo per proteggerla da una tempesta di fulmini. Finchè restava lì, al sicuro, niente avrebbe potuto abbattersi su di lei.

Briony si strinse al petto di Elijah, guardando timorosamente il padre che grondava ancora rabbia disumana per quello spettacolino. Un braccio del vampiro, riposto possessivamente sulla schiena di Briony, si spostò fino al suo polso facendola indietreggiare al sicuro dietro di lui.

“Dov’è andato quel maledetto? Kol!” Elijah chiamò il fratello guardandosi attorno, e subito questi accorse col fiatone.

“C’è ancora qualche testa da mozzare spero.” fu l’unica risposta del piccolo Mikaelson. Subito i suoi occhi famelici saettarono su Bill Forbes, pronti per saziare la sua sete.

Ma la voce che uscì dalla bocca di Elijah era ordinaria come al solito. “Qui non ci saranno morti al di fuori di quel maledetto che ha rapito nostra sorella.” Disse solamente facendo dei passi in avanti.

Kol sbuffò per quella preda mancata, ma quand’ecco all’improvviso comparire proprio Willas dinanzi a loro. Teneva in ostaggio Rebekah, un suo braccio la serrava da sotto il collo, l’altra la teneva ben salda per impedirle di muoversi. E su un polso c’era una lieve ferita dalla quale sgorgava sangue.

“Fate solo un movimento sbagliato… e le faccio bere il mio sangue. Basta una goccia ed è fottuta.” Sibilò lui davvero in tono convincente.

Elijah serrò duramente il viso mentre Kol era impaziente di uccidere. Briony invece rimaneva attonita non sapendo come trovare una via di fuga… il polso di Will era così vicino alla bocca di Rebekah… bastava un attimo…

“E tu, sciocca stupida. Smettila di stare dalla loro parte e fai ciò che devi! So che hai perso i tuoi poteri ma sei ancora come me! Io non ho saputo contrastare il mio destino nonostante abbia vissuto più di te, perché dovresti riuscirci tu?!” sbottò lui rivolgendosi a Briony in preda a una collera quasi umana.. come se si stesse rendendo conto di essere anche lui un mostro ma non poteva fare nulla per porvi rimedio.

“Sai perché ci sono riuscita? Per merito di qualcosa che tu non capirai mai perché sei troppo pieno d’odio.” replicò lei sinceramente. E quando uno si lascia divorare dall’odio dimentica ogni concezione d’amore.

Willas invece le rise in faccia, forse giudicandola una stupida, ma all’improvviso proprio lui fece una mossa falsa. Per colpa del veleno che si stava diffondendo rapidamente, il braccio gli tremò convulsamente contro il suo controllo e dando così a Rebekah una via di salvezza. L’Originaria con velocità si liberò del cacciatore mentre subito Kol saettò contro di lui per staccargli la testa.

Willas stentava a riprendere il controllo dei propri tessuti muscolari impazziti, ma riuscì nonostante tutto a rompere il collo del giovane Originario in una mossa. Però c’era anche Elijah, che in una mossa veloce e brutale lo fece saettare giù contro il terreno, afferrandolo per il collo. Willas gridò ma cercò di resistere e di bloccare la mano dell’Originario che voleva strappargli il cuore.

Briony era rimasta troppo spiazzata da immobilizzarsi, il cuore galoppava velocissimo per via dall’ansia. Ma i suoi sensi ripresero vita quando vide Bill prendere da terra una balestra, pronto per avvantaggiare il suo socio nella lotta.

Allora Briony non ci vide più. Fu come se rivivesse gli stessi attimi in cui alla festa avevano trafitto il cuore di Elijah, quando lei non aveva potuto far altro che urlare dal dolore e sorreggere il suo corpo prima che cadesse nel baratro della morte. Ma lei avrebbe impedito che riaccadesse, con ogni mezzo.

La paura montò in lei, la rabbia scavò a fondo, l’odio si impossessò di lei.

“NO!” Con un grido afferrò il padre come se fosse stato un semplice nemico, e lo spinse con violenza contro un albero tenendolo ben fermo. Gli occhi gli mandavano lampi di furia.

Bill cozzò dolorosamente la testa e stentò a credere che sua figlia gli avesse messo le mani addosso. “Briony levati!”

“Tu non lo toccherai!” ringhiò lei infuriata stentando a rimanere calma e gli strinse di più il collo in una morsa. Bill boccheggiò allora in cerca d’aria per la potenza disumana della figlia, mai dimostrata su di lui.

La ragazza allora, vedendo la reazione del padre, riprese il controllo e sbattè le palpebre, lasciandolo andare col fiatone.

Indietreggiò stentando a credere che avesse messo le mani addosso al padre con un tale odio… L’unico genitore che aveva amato durante l’infanzia.

“Papà..” sussurrò lei rammaricata per il suo gesto, ma non per il suo desiderio. Avrebbe sempre difeso Elijah da tutto e da tutti, persino dalla sua stessa famiglia perché era una parte irrinunciabile di se stessa.

L’averlo perso troppe volte aveva contribuito a rafforzare l’attaccamento che provava nei suoi confronti, a non tollerare la benché minima lontananza come se una cellula fosse sul punto di abbandonare il suo corpo e renderlo così distrutto.

Ma Bill ringhiò, segno che non voleva sentire alcune scuse per quel suo atto irrispettoso. Si alzò debolmente e se ne andò senza dir nulla. Briony lo guardò per un attimo ma poi si voltò subito per accertarsi che Elijah stesse bene. Willas sembrava essersi volatilizzato nel nulla, Kol era in piedi a scalpitare insieme a Rebekah mentre Elijah si teneva una mano alla bocca, pulendosela col dorso.

Briony sgranò gli occhi, lo shock le fece collassare di nuovo il cuore già in brandelli e gli si avvicinò correndo. “Hai bevuto il suo sangue?” domandò a perdifiato sorreggendolo per le spalle.

Elijah la guardò per un istante, il viso era pallido…. ma sembrava tranquillo. “No, stava per farlo ma per fortuna Kol ha deviato il suo braccio e mi ha sporcato soltanto il mento.” E così dicendo prese un fazzoletto dalla giacca e si pulì da quel sangue velenoso. Briony ritornò a respirare.

“Ma è riuscito a scappare.” Sibilò Elijah in modo glaciale mettendo via il fazzoletto in maniera stizzita.

Briony gli accarezzò la spalla. “Non preoccuparti per adesso. L’importante è che sia finita.”

Lui la fissò allora in maniera indecifrabile. Sembrava più scuro dei suoi indumenti.

Briony temette allora una ramanzina, negli occhi di Elijah passò un’ombra gelida, ma poi il viso si rilassò in movimento impercettibile. “Stai bene?” domandò lui gentilmente toccandole un piccolo taglio che si era procurata sulla fronte.

“Sì, non ho nulla di rotto. E ingoia le tue paternali perché se non fossi arrivata io magari Will vi avrebbe uccisi. Volevo aiutarvi e difendervi, non potevo starmene a casa col cuore in gola ad aspettare la notizia di un’altra tua morte.” mormorò lei in un soffio abbassando lo sguardo.

Sentì la pressione dello sguardo freddo di Elijah scavare sul suo viso a lungo, fino quasi a sentire dei tagli invisibili e così si inquietò. Ma poi tutte le rigidità vennero sciolte. Elijah le sfiorò semplicemente la testa con una carezza lieve, poi tornò a guardare i fratelli.

“State bene?”

“Sì per fortuna. Ma quel bastardo è veloce come un razzo ed è scappato prima che io potessi dargli un sonoro calcio nel sedere!”ribattè Rebekah incollerita.

“A chi lo dici! Io non ho ammazzato nessuno!” disse Kol a sua volta in preda alla noia.

Elijah sospirò contrariato sviando lo sguardo, mentre arrivò poi anche Finn che camminava a stento. “C’erano numerosi cacciatori nelle vicinanze. Quel bastardo non era venuto da solo. Mi dispiace di essere arrivato tardi.”

“Non fa nulla. Ora però dobbiamo pensare a rintracciare quel cacciatore.” mormorò Elijah in maniera risoluta.

“Giusto. Meglio non correre più rischi.” ribattè Briony subito avvicinandosi ai vampiri.

“Ma.” Elijah fu più veloce di lei e la inchiodò con uno sguardo che non ammetteva repliche. “Ci andremo solamente io e i miei fratelli a dargli la caccia.”

Briony fu subito pronta a replicare a tono, ma di nuovo il suo intervento venne raffreddato dallo sguardo di Elijah. “Togliti quest’idea dalla testa.” Il tono non era arrogante, anzi era così calmo che costringeva chiunque ad abbassare la cresta.

Briony stava ancora fremendo per quell’ordine perché non voleva essere trattata come un aggeggio da comodino, e allora Elijah le rivolse un sorriso ilare prima di incamminarsi con i suoi fratelli. “O vuoi che ti porti sulle spalle io stesso fino alla macchina?”

La ragazza allora sbuffò tra sé e sé e agitò le mani, come per dire che lui aveva vinto. Elijah le sorrise di nuovo e poi scomparve dalla sua vista.

“Ma non sperare che non riprenderò il discorso non appena tornati a casa!” ribattè lei testardamente mettendo le braccia al petto. Non le arrivò nessuna risposta perché tanto non serviva a niente, visto che Elijah aveva sempre la meglio. E poi Briony sarebbe stata così entusiasta nel vederlo sano e salvo che non avrebbe sprecato tempo a recriminargli il suo orgoglio.

Sospirò tra sé e sé quando all’improvviso il cellulare vibrò. Era Chuck.

“Ehi, non indovinerai mai l’ultima bravata perfida di quel pazzo di Willas.” disse lei subito.

“Immagino che abbia ucciso qualcuno, niente di nuovo. Volevo solo avvisarti che credo di aver rintracciato la tua amica spilungona.”

Ylenia!

Briony si maledisse nel ricordarsene solo adesso. Credeva di trovarla lì ma ciò che non era capitato… e si fatta stravolgere dagli eventi, dal difendere Elijah che si era dimenticata della sua amica quando non doveva proprio farlo.

<< Stupida idiota! >> urlò a se stessa e subito non perse tempo.

“Dimmi tutto!”

Chuck le disse un luogo disabitato non molto lontano di lì e subito Briony si precipitò alla macchina per fiondarsi lì all’istante a più non posso.

Aveva il cuore a mille. Per la preoccupazione o per qualcos’altro che la attagliava?

Non voleva saperlo… non voleva pensarci… doveva solo arrivare in quel posto e pregare che anche Ylenia fosse sana e salva.

Se così non fosse stato…

Briony deglutì l’enorme macigno della colpa che non si sarebbe presto riassorbito, e mise in moto alla svelta.

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Willas correva a stento, tra respiri mozzati e ginocchia cedenti. I suoi muscoli stavano per arrendersi, non rispondevano più agli ordini del cervello. La vista si era appannata e solo il cuore batteva all’inverosimile. Perché presto si sarebbe spento.

Willas non ebbe più forza di correre lungo la foresta e si appoggiò ad un albero, inginocchiandosi poi a terra. Il cielo tuonò, si stava riempiendo di oscurità.. come se la natura stesse preparando l’avvento di qualcosa di malvagio.

Cercò di guardare il timer ma non vedeva più niente... sembrava tutto buio, come l’inferno in cui era vissuto per secoli.. cercò comunque di aguzzare la vista e notò che mancavano pochi minuti allo scadere del timer…

Boccheggiò cercando una via di salvezza che non c’era… era finita… ma doveva arrendersi? Lui che aveva sempre lottato con ferocia, facendosi passare per un bastardo ma che era l’unico modo che conosceva per sopravvivere.

Cercò di prendere il cellulare dalle tasche e di chiamare Connor. Doveva dargli la cura.. doveva dargliela anche se non aveva ucciso i Mikaelson. Doveva per forza!

A tentoni digitò i numeri ma il druido come al solito non rispondeva. L’avevo lasciato solo al suo destino.

Willas bestemmiò tra i denti, poi le forze gli vennero meno in un calo di pressione. Era atroce quella sofferenza fisica, come se tutti i muscoli si stirassero in un colpo solo. Si sdraiò lungo il terreno, cercando di trovare un po’ di sollievo. Non venne.

Deglutì nel pensare a ricordi lontani che lo avevano spinto in quella caccia sanguinaria. I ricordi della sua famiglia. Una famiglia che aveva davvero amato e per quell’amore si era dato all’odio per i mostri che credeva i loro assassini.

Sua madre, suo padre, sua sorella… li aveva amati anche se il destino non gli aveva concesso alcuna umanità ed era già un traguardo. Forse allora non era un mostro al 100%... Gli venne fuori un debole sorriso nel ricordare le giornate passate insieme al padre mentre gli insegnava a identificare i quadri d’arti. E lui da bravo esperto rispondeva sempre in maniera esatta. Un normale e rimpianto quadretto familiare.

I ricordi svanirono poi col sopraggiungere della sofferenza prima della fine.

Almeno forse li avrebbe rivisti… si sarebbe ricongiunto con loro… Non aveva adempiuto alla sua missione ma aveva cercato di farlo con tutte le sue energie, rinunciando così a tutto… sperava con tutto se stesso di rincontrarli… Non avrebbe sopportato di ritornare in quel luogo buio ricolmo del nulla.

All’improvviso il cellulare vibrò. Scorse appena il nome di chi lo stava chiamando.

Jennifer.

Con un ultimo sforzo, Willas cercò di raddrizzare la schiena e il braccio per rispondere. Voleva con tutte le sue forze farlo, lo desiderava… parlarle almeno per dirle che gli dispiaceva, che non avrebbero potuto mai più rivedersi...

Ma più cercava di farlo più si sentiva abbandonare le forze.

Alla fine si arrese e si accasciò a terra. Il cellulare vibrava nella sua mano tremante, il viso pallidissimo di Willas rivolto al cielo buio ma ancora desideroso di rispondere a quella chiamata… Il corpo ebbe un sussulto, il respiro gli si mozzò in gola… I ricordi si susseguirono velocissimi come fulmini e colpirono in mille scintille.

Poi la mano tremante non sentì più la vibrazione di quella agognata chiamata, che avrebbe tanto voluto essere effettuata da ambedue le parti.

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Briony stava guidando a tutto gas verso il luogo prestabilito e che si trovava in aperta campagna. I cieli si erano oscurati in vista di un tremendo temporale. Il corpo della ragazza era tremante, desideroso di vedere l’amica e di assopire quella bruttissima sensazione che le lacerava il petto.

Cercò di respirare normalmente e di concentrarsi sulla guida.

Andrà tutto bene, andrà tutto bene. Così si ripeteva sempre.

Mentre stava per sopraggiungere, le orecchie udirono un suono….. un suono di campane… strano, lì attorno non c’erano cattedrali né chiese… Briony si guardò attorno credendo di essere impazzita e in effetti non c’erano luoghi sacri lì… ma quelle campane riecheggiavano nell’aria in un suono stridulo, quasi agghiacciante…  come il preannuncio di qualcosa… avvolsero l’aria fino a inaridirla e renderla letale…

Briony scosse la testa cercando di non pensarci. Scese dall’auto ma quel suono rimaneva persistente alle sue orecchie… orribile… E non vedeva nessun tipo di chiesa attorno a quel luogo desolato…. Deglutì provando a far finta di nulla e pensando che fosse solo frutto della sua immaginazione.

Si avviò velocemente alla porta di una piccola casetta di campagna abbandonata. Scassinarla non fu difficile e entrò senza permesso. Subito chiamò il nome di Ylenia.

Nessuna risposta. Nessun accenno di vita.

Fece il giro dell’atrio ma anche lì niente. Una sensazione di terrore la pervase, agghiacciandola fin nelle ossa.

Si diresse verso un salone.

E lì il cuore cessò di battere.

Briony sussurrò il nome di Ylenia a stento, e in un balzo fu da lei. Ma le gambe erano pesantissime e lente nonostante i suoi impulsi, quasi andasse tutto a rallentatore per aumentare la sua agonia. Voleva arrivare subito dall’amica, sdraiata a terra in una pozza di sangue, ma le gambe erano pesanti come macigni così come lo era la stretta attorno al cuore.

Riuscì ad arrivare da lei. Briony spalancò la bocca in un grido ma non fuoriuscì nulla a prima vista. Cercò di sentire se c’era battito… non c’era.. La pelle era freddissima come quella di un morto.

Il panico la avvolse e tentò di scuotere la strega per farla rinvenire, ma era come muovere una bambola di cera.

Cercò di fare pressione sul petto e darle ossigeno, ma ogni movimento era impacciato e tremolante per via dell’enorme paura che l’assaliva.

Briony sapeva che non avrebbe potuto fare niente per l’amica, quindi non perse tempo e la sorresse fino alla macchina per portarla in ospedale.

<< Ylenia resisti, resisti. >> Pregò interiormente fino a disperarsi.

Con la coda dell’occhio, prima di richiudere la porta, vide nel salone un piccolo contenitore di vetro dove era raccolta una piccola luce splendente che sembrava sprigionare energia. In quel momento non ci diede peso perché non era importante. La vita di Ylenia lo era e pregò il Signore che non fosse troppo tardi.

 

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Il geme malefico in Klaus stava ancora germogliando a vista d’occhio per dare i suoi frutti e mettere più radici nel suo animo.

Stava rientrando a casa a tentoni perché il suo corpo appariva sfibrato.

Voleva fare tante cose… chiamare la sua famiglia, andare a uccidere quel bastardo di Willas... ma non gli riusciva niente… per secoli aveva usato gli umani come burattini… erano strano come la situazione si fosse invertita.

L’ibrido grugnì perché non voleva mollare e così la furia divampava in lui. Chiunque avesse contribuito a fargli una cosa del genere sarebbe morto fra atroci pene.

Salì lentamente le scale e andò dritto in camera. Cercò con la coda dell’occhio delle tracce della sua famiglia ma non c’era nessuno in vista. Forse erano davvero morti ed era stato tutto uno scherzo di cattivo gusto.

Alla fine era rimasto sul serio da solo.

Entrò nella stanza e vide una chioma bionda sul letto. Si bloccò come colto alla sprovvista.

Agnes non appena lo sentì entrare si raddrizzò. Era vestita ma i capelli un po’ disordinati per via del sonno.

“Ehi. Tutto bene? Ho provato a chiamarti.. non dovresti stare fuori a lungo dopo ciò che è successo alla festa.” disse lei in tono premuroso.

Dio, sembrava davvero che le importasse. Klaus scavò di più i lineamenti del viso e avanzò con passi lenti.

“E tu sweetheart hai dormito sonni tranquilli? Constatando che tu e il tuo amico avete orchestrato un massacro.” disse lui semplicemente senza nemmeno scomporsi.

Agnes allora si bloccò, non aspettandoselo. Ma non vi era alcuna paura in lei, come se anche quell’emozione le fosse preclusa. Klaus pensò come diavolo aveva fatto a non accorgersene… persino un cieco si sarebbe accorto del cambiamento che era avvenuto in lei… ma forse lui era stato davvero cieco… cieco perché voleva sul serio che qualcuno lo amasse senza tentare di cambiarlo né di giudicarlo continuamente.

Ma amare Klaus per ciò che era poteva risultare impossibile. C’era troppa oscurità dentro di lui e non si poteva cancellare con una piccola luce o speranza. Perché veniva schiacciata dalla dura realtà.

Agnes prese un bel respiro e si risedette. “Sai tutto non è così?”

La sua compostezza e il suo sguardo vacuo ferì Klaus, anche se pensava di non poter essere più ferito dopo aver perso la sua famiglia. Il dolore al braccio non pulsava più… ma qualcos’altro faceva male.

“Non temere tesoro. A te non farei mai nulla.” rispose lui in maniera saccente avvicinandosi ancora.

Vide Agnes rabbrividire, ma forse era stato solo un riflesso. “Vorrei dirti che mi dispiace…. Ma non sono io che governo questa situazione né a decidere… la vera me stessa non c’è più… non c’è mai stata da quando questo corpo è stato fatto ritornare con la magia nera. I ricordi c’erano ancora, così per rendere questa recita più plausibile agli occhi degli altri e rendere la mia esistenza quasi normale… per un solo fine.”

<< Sì quello di uccidermi >> A quella consapevolezza Klaus sentì un punto nel petto stringersi e strapparsi a morsi dovuti a quelle parole.

Agnes sospirò. “Connor manovrava questo corpo e i suoi pensieri. Io potevo solo obbedire perché non sono realmente viva quindi era impossibile combattere la realtà. Ma se ti può consolare….” Abbassò lo sguardo quasi con fare dispiaciuto. “Se fossi stata veramente io, con la mia anima e la mia coscienza impiantate in questo corpo… non avrei mai fatto una cosa simile… anche se tu hai fatto delle cose spregevoli nel corso dei secoli…

Klaus sorrise amaramente ricordando il disegno che lei gli aveva fatto… si erano lasciati con la vana promessa che un giorno lui avrebbe visto qualcosa nel suo specchio personale… qualcosa di cui non vergognarsi… ma il suo riflesso era rimasto sempre lo stesso… immutato e malvagio… ogni speranza spaccata in pezzi di vetro.

“Oh sì certo… d’altronde un animo buono e gentile come il tuo non recherebbe mai del male no?” mormorò lui ironicamente stando ancora in piedi.

“Ma l’hai fatto, angioletto. A tua insaputa l’hai fatto anche in Francia. Perché le debolezze umane finiscono solo col distruggere.. e infatti guarda il risultato.” Il tono era duro e spietato.

“Il mio fine a quel tempo era sincero… anche se non sarebbe valso a nulla.” rispose lei tentennante.

“Infatti. Non è valso a niente, solo a un altro destino di morte. La morte rincorre me e i miei fratelli da sempre, ti era sfuggito questo?” domandò lui guardandola feroce.

Agnes sviò lo sguardo. “Lo sapevo invece. Ecco perché volevo provare a capirti e a cercare un po’ di umanità in te… ma non trovandola sotto i tuoi strati di odio, l’ho considerata una battaglia senza vincitori. Per questo me ne sono andata via quella sera nella carrozza. Non sei tu ad avermi lasciata andare, me ne sono andata io. Perché volevo vivere… ma vivere veramente. Non morire stando al tuo fianco.”

Quelle parole vere e sincere furono come un colpo di frusta. Non bastava neanche giustificarsi che quella davanti a lui non era la vera Agnes, che era solo un corpo vuoto privo di anima… perché alla fine quella era davvero la verità e lui se ne rendeva conto senza indugi. Perché bruciava come veleno.

Gli antichi ricordi fecero da testimone a quelle parole fatte fuoriuscire perché ormai nessuno lì dentro aveva più nulla da perdere.

“Che cosa farai ora?” domandò poi Agnes ritornando gelida.

La bocca di Klaus si distorse in un ghigno. “Non ti torturerò come ho fatto con tua sorella, tranquilla.”

A quella provocazione Agnes alzò lo sguardo verso di lui. Ma nemmeno un barlume di emozione attraversò il suo viso angelico. Il nulla assoluto. Era davvero vuota. Se si disinteressava così delle condizioni della sua amata sorella allora voleva dire che era tutto perduto e che quella conversazione non serviva a niente.

“Il tuo braccio è messo male. Ma non basterà a cancellare il marchio che ho indotto su di te grazie alla magia di Connor.” constatò Agnes con glacialità disumana.

“Questo l’ho notato, grazie mille per l’ovvietà. Ma rimedierò stanne certa.” rispose lui determinato, sedendosi vicino a lei.

Quando lui alzò una mano per accarezzarle i capelli, lei provò a scansarsi via ma lui le disse:

“Di solito un essere vuoto non prova neanche paura, sweetheart. Ne hai?” la canzonò lui con tono vellutato.

Lei scosse la testa. “Mi chiedo solo perché stiamo continuando questa conversazione visto che la verità è venuta fuori.”

Klaus fece un ghigno accarezzandole quel delicato collo da cui spesso aveva bevuto.. quel sangue dolcissimo che lo aveva inebriato… tutta una menzogna.

“Non temere angioletto. Mi conosci ormai, nonostante questa lurida farsa. Ti prometto che non sentirai dolore.” le bisbigliò lui col suo canto di morte.

Agnes stava per voltarsi verso di lui in segno di allarme ma non fece in tempo a fare niente, che sentì le mani di Klaus serrarle il collo e spingerla di più contro il letto.

La ragazza boccheggiava in cerca d’aria, gli occhi azzurri sgranati ma pur sempre vuoti. Perché lui non l’aveva mai capito? Perché si era fatto beffare dalle debolezze? Perché aveva permesso a se stesso di cascare su quell’errore comune?

Quelle domande con una risposta che odiava contribuirono a montare dentro Klaus una furia incontenibile. Torreggiava sulla ragazza da cui credeva di ricevere amore. Quello stupido e potente sentimento che lui le stava piano piano concedendo… ma l’odio scavalcò tutto..

Le mani si serrarono di più su quel fragile collo, dando un’altra torsione. Mentre le mani ormai fredde di Agnes gli colpivano il volto rigato di lacrime

--******************************----

 

La barella correva lungo il corridoio dell’ospedale e Briony la inseguiva come in una corsa contro il tempo. Aveva lo sguardo pallidissimo, ancor più bianco di quello di Ylenia che rimaneva immobile mentre i dottori ispezionavano le numerose ferite.

La sofferenza di perdere la sua migliore amica quasi stritolò Briony e la colpì come un pugno.

Si avvicinò delirante alla dottoressa Fell. “Dalle il sangue!”

La dottoressa capì subito e infatti assentì dicendo. “Gliene ho già dato quando è entrata in ospedale ma ancora non ha fatto effetto…non c’è battito, dovremmo quindi optare per le tecniche tradizionali.”

Briony si sentì soffocare dopo quelle parole… Non riusciva a guardare l’enorme ferita che Ylenia aveva riportato sullo stomaco…non riusciva a vedere quel corpo bellissimo così devastato dal sangue..

“Portiamo subito in sala operatoria!” I dottori trasportarono la barella in un’altra sala e Briony li seguì spedita.

“Signorina non può stare qui.” un’infermiera cercò di bloccare Briony ma lei subito scattò.

“E si levi! Io rimango!” Si puntellò fino a scavare il terreno, spingeva via tutti gli infermieri che volevano mandarla via mentre a Ylenia veniva data una maschera d’ossigeno.

All’improvviso una voce dal corridoio la riscosse. “Briony! Elijah ha ricevuto il tuo messaggio e sta arrivando! Che cosa è successo?”

Finn le arrivò subito a fianco con sguardo visibilmente preoccupato. Briony lo fissò con labbra tremanti.. doveva dirgli ciò che era accaduto, implorarlo di fare qualcosa per salvare Ylenia… ma l’unica cosa che fece fu scoppiare in lacrime.

Tutte le forze che aveva racimolato quel giorno si spezzarono come argini distrutti da un fiume in piena. Un fiume di agonia.

Si portò le mani al viso continuando a piangere e dandosi la colpa di quell’inferno.

Finn capì subito il motivo di quelle lacrime e infatti si voltò verso la sala operatoria. Il viso del vampiro era ricolmo di shock, quasi non respirava più nel vedere la donna che aveva amato alla follia ridotta in quel modo…. Le aveva augurato più volte ogni male, l’aveva maledetta… ma ora quello non sembrava avere importanza e disintegrarsi del tutto.

Tutti e due pregarono che Ylenia ce la facesse.

Il monitor delle pulsazioni vitali però era nullo, la linea dei battiti del cuore era retta senza alcuna curvatura o rialzo. Briony maledisse quel monitor perché doveva per forza non funzionare.

L’ennesimo infermiere venne da loro per dire che non potevano stare lì, ma Finn senza tanti preamboli lo soggiogò ordinandogli di non rompere e di fare il suo dovere.

Briony stava in attesa, pregando e piangendo.

Ylenia ti prego ti prego..” sussurrava a stento, mani incrociate contro il viso.

Finn sembrava una statua immobile e morta.

Non potevano pensare che quella donna forte, un’amica e una donna amata, stava per andarsene… Si rifiutavano di accettarlo e sperarono fino all’ultimo per un miracolo.

Briony pregò di nuovo ma le sue preghiere non vennero ascoltate per l’ennesima volta. Un destino che si abbatteva su di lei come un colpo d’ascia.

I dottori si stavano radunando lungo il lettino per firmare alcune scartoffie. Poi un velo bianco.

“Ora del decesso: 14 e 20.”

 

FINE CAPITOLO.

Dopo quasi un mese di assenza vi appioppo questo capitolo drammatico…. E te pareva XD

Prima di tutto scusate per il ritardo ma ho dovuto mandare avanti l’altra fanfic su TVD e tra impegni vari ecc., non posso aggiornare quotidianamente quindi abbiate pazienza please J Intanto ripassatevi i miei poemi ahah XD Dai che ormai la storia sta per finire e non vi assillerò più!

Ritornando al capitolo… YleniaWillas e Agnes sono morti. Ma questa volta, ahimè, per davvero. Nessuna resurrezione. Morti sul serio. Mi sono commossa in tutte e 3 le morti per ragioni diverse… mi è costato tanto farlo ma l’ho fatto per dare una svolta prima della fine… Far morire Ylenia è stata la scelta più tremenda e dolorosa che abbia mai dovuto prendere. C’ho pensato più e più volte, fino a fracassarmi il cervello… e alla fine ho deciso così anche se è ingiusto. Ma da quando io faccio cose giuste? XD

Mi sono intristita anche per la morte di Will… ok che tutti l’odiavate, per ovvi motivi, ma a me piaceva molto… non solo perché è un mio personaggio ma perché è uno dei “cattivi” in cui però vedo un barlume di bene… il suo odio era tutto dovuto al suo passato doloroso che aveva dovuto affrontare… lui non vede i Mikaelson come li vediamo noi… belli, fighimaestosi… a lui non importa, lui DEVE ucciderli. A contrario di Briony lui non si fa grossi problemi, anche perché crede che la sua missione sia giusta. Valsa per vendicare la sua famiglia, anche se alla fine scopriamo che i Mikaelson non c’entravano nulla… Non dico che non dovete odiarlo ma almeno di capirlo L

Agnes… beh capitela anche lei… la vera Agnes è quella dei flashback. Quella di adesso era solo una montatura, il suo corpo ma senza la sua anima dolce di cui vi siete tutti innamorati. Se fosse stata veramente lei non si sarebbe mai comportata così con Klaus né si sarebbe sottomessa a Connor. So che ho fatto una bastardata… insomma.. potevo riportarla sulla Terra col corpo integro + l’anima. Ma sarebbe stato prevedibile. E un lieto fine per Klaus-Agnes non ce lo vedevo proprio. Alla fine vi ho fatti dannare ancor di più XD Sorry!! Spero non mi odierete ma la mia vena sadica-drammatica non ha limiti xD

 

Briony e Elijah non si sono visti molto ma insomma si sa che quei due si amano, che farebbero di tutto l’un per l’altro bla bla bla.. c’è bisogno di ripeterlo? No xD Dai che tra poco non vi seccherò più Ahah xD

 

Infine… spero che questo capitolo vi sia piaciuto nonostante tutto! E se avete qualcosa da chiedere, chiedetemi pure! Aspetto con ansia le vostre recensioni per capire i vostri pensieri. Non fate i timidi :P

 

L’immagine qui sotto l’ha creata la mia cara Kitsune4573 ed è praticamente un’immagine cross-over tra la mia fanfic e la sua (ElijahxNuovo personaggio). Con questo non è che stiamo per fondere le due storie, è solo un modo carino per evidenziare le fanficsu questo grandioso e bellissimo personaggio quale è Elijah <3

 

Se volete aggiungermi su facebook, dove spesso rilascio news ecc, chiedetemi l’amicizia. Sono “Elyforgotten Efp”.

 

 

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Capitolo 37
*** Black is the colour of my love's heart ***


33 CAPITOLO

 

 

Take this breath 
For the lives we waste 
For the hollow souls we own 
Give me hope 
For a restless heart 
Where we'll go no one will follow, close.




Il vuoto era un baratro persistente; bastava un niente affinché ti ci buttassero, lasciandoti precipitare senza la benché minima possibilità di aggrapparsi alle sue rocce ripide.

Pochi giorni prima Briony credeva di aver superato quel vuoto, lasciandosi il ciglio di quel baratro alle spalle e continuando a camminare a testa alta. Ma ora quel vuoto rischiava ancora di risucchiarla: più si aggrappava, più le redini del precipizio la facevano scivolare giù con più violenza. Perché doveva essere tutto così doloroso? Perché la vita era così crudele?

Il destino si divertiva a prendersi le anime più nobili, più oneste, mentre permetteva che quelle più feroci maledissero il mondo. Solo chi viveva senza regole, venendo a meno ai propri ideali, riusciva a cavarsela in quel mondo funesto.

Briony era seduta sopra un divano a casa Mikaelson. Solo qualche ora prima Ylenia era morta in un lettino d’ospedale e lei ancora non riusciva a rendersene conto. Teneva continuamente gli occhi sbarrati, immobile come una salma e pallida. Se non si fosse sentito il cuore, la si sarebbe data per morta.

Poi ci fu un rumore accanto a lei, la presenza di qualcuno che si avvicinava per confortarla. Di solito Briony traeva sollievo da ciò, era come un riparo sicuro da ogni tempesta, un abbraccio forte dentro il quale abbandonarsi. Ma questa volta neanche la presenza rincuorante di Elijah poteva servire molto... il dolore in certi casi non si può essere curato dalle parole.

Briony sentiva lo sguardo sconsolatorio e rammaricato dell’Originario su di sé, ma lei restava immobile. Forse se lo avrebbe fissato, una piccola parte di quel vuoto si sarebbe staccato dal suo animo, permettendo così di riparare tutto il resto.

Ma lei si sentiva di meritarlo… si dava la colpa persino di quella disgrazia.

Se fosse arrivata prima… se solo avesse capito….

Briony Forbes rimaneva un fantasma apatico, mentre Finn Mikaelson stranamente sembrava tutto il contrario. Camminava in tondo da minuti, sputando ingiurie con sguardo da assatanato.

“Dobbiamo subito andare a fondo su questa storia. Dobbiamo farlo.” sibilò lui a denti stretti.

Kol, che rimaneva sdraiato comodamente su una poltrona, disse:

“Ci siamo appena liberati del cacciatore, non credi che dovremmo prenderci un po’ di relax? Vacanza ben meritata per stiracchiarsi i muscoli in santa pace.”

Finn gli lanciò un’occhiata di traverso, mentre Rebekah col suo tono pacato mormorò:

“Non possiamo lavarcene così le mani. E’ grazie a quella donna se ora siamo vivi. Dobbiamo almeno scoprire chi è stato.”

Kol alzò le braccia con fare annoiato. “Forse non è così brutto come sembra…”

“Ma cosa credi, cieco imbecille? Che sia morta per cause naturali?” sbottò Finn incollerito riuscendo a malapena a contenersi.

Elijah allora prese in mano le redini della situazione e li guardò con sguardo autoritario.

“Non è discorrendo in questo modo che scopriremo la verità.”

Tutti gli altri si ammutolirono mentre Briony ebbe uno scatto impercettibile.

“Tu credi che sia opera di Connor?” chiese Finn al fratello. Elijah sospirò mettendosi le mani sulle ginocchia:

“Non saprei.. ho cessato di dargli la caccia quando ho scoperto che il suo segugio aveva preso Rebekah. Può anche darsi.”

Finn serrò duramente i pugni, livido in volto per la sete di vendetta.

Poi fu Rebekah a cambiare discorso. “Scusate ma… qualcuno di voi ha visto Nik per caso?”

“Probabilmente starà formando nuovi ibridi… la sua nuova famiglia.” cinguettò Kol sottolineando l’ultima parola.

“Elijah tu che ne pensi?” domandò la bionda rivolgendosi al fratello. Ma l’Originario non stava più fissando loro… continuava a fissare Briony intensamente, come se nella forza del suo sguardo lui potesse penetrarle dentro la pelle e arrivare fin dentro i meandri della sua anima per curarne la sofferenza. Voleva con tutto se stesso spegnere il vuoto dai suoi occhi verdi ma non riuscirvi lo faceva sentire per la prima volta impotente.

“Elijah?” lo richiamò Rebekah.

Lui subito si mise sull’attenti, riprendendo il controllo.

“Credo che lui stia meglio di noi adesso, ma quando lo troverò avrò diverse domande da fargli.” E dal tono gelido della sua voce si aspettava che le risposte fossero davvero esaurienti.

“A che stai pensando scusa?” domandò Rebekah corrugando le fronte stranita.

A Elijah bastò un semplice sguardo serio e glaciale per far parlare i suoi pensieri: si riferiva ovviamente alla festa del massacro, in cui loro si battevano per la vita mentre Klaus era nascosto chissà dove a non fare nulla.

“Non penserai…”

“Penso.” La interruppe lui “che ci sono tante domande senza risposta.” Poi Elijah tornò a fissare Briony. “Ma non è il momento di risolvere simili enigmi.”

Briony allora si riscosse dal suo stato catatonico e di fantasma in pena, riuscendo infine ad alzarsi. Elijah guardava i suoi gesti con sguardo interrogativo, mentre lei cercava di soffocare gli sbalzi di sofferenza.

“Non dovete stare in ansia per me.. riuscirò a superare anche questo momento.” A quella probabilità il cuore rimbalzò dentro il petto con l’intenzione di fuoriuscire “E a andare avanti come Ylenia avrebbe voluto.” Deglutì il groppo che le serrava la gola “Ma vi aiuterò con ogni mezzo a scoprire chi è stato a fare un atto così..” fece una pausa che rifletteva il silenzio del suo dolore. “Innominabile. E metteremo fine a questi eventi feroci.”

Rebekah la fissò con tristezza, quasi fosse in sintonia col suo senso di perdita. Elijah si alzò affiancandosi alla ragazza e donandole uno sguardo complice, come per farle capire che l’avrebbe aiutata a far luce su quel mistero buio e a infonderle come sempre sicurezza.

Finn assentì in maniera decisa, smanioso di sapere la verità quasi quanto lei.

L’unico che sembrava fregarsene era Kol: “Possiamo metterci poco? Non ho tutta la giornata a disposizione.”

Rebekah sbuffò mentre Elijah gli lanciò un’occhiata fulminante ma decise di non metterlo in riga perché non era in vena quel giorno. Finn uscì all’improvviso dalla stanza mentre Briony si mise una mano sul viso, quasi a voler nascondere il dolore in cui sembrava smarrirsi.

Ylenia… non faceva che pensare alla sua amica… così forte e coraggiosa… come poteva essere morta? Perché sentiva la morsa terribile della solitudine schiacciarla?

Ma alla pena di Ylenia si affacciò un sollievo, una fune che le veniva lanciata all’improvviso affinchè non cadesse per sempre in quel baratro.

Briony sentì allora con chiarezza il tocco della mano di Elijah accarezzarle il braccio. Quel calore sembrò offuscare il gelo dell’angoscia.

“C’è qualcosa che posso fare per te?” Era fuori dal comune per uno come lui preoccuparsi così, ma solo a lei poteva riserbare una simile attenzione e umanità così divina da renderti inerme alla sua bellezza.

Briony lo fissò, legando suo malgrado gli occhi a quelli di Elijah: “No... non puoi fare nulla..” sussurrò tristemente ma non sentendosi almeno più sola. Lui la teneva stretta e in salvo senza bisogno di tante parole.

La ragazza cercò con tutte le sue forze di aggrapparsi a quella fune, le mani la stavano quasi prendendo per tirarsi sù… Ma all’improvviso rientrò Finn:

“Briony? C’è qualcosa che dovresti vedere.” Disse lui avviandosi verso di loro.

Lei allora si fece sospettosa in volto e solo all’ultimo vide che Finn stava portando un oggetto, ma non le sembrò tanto importante. Era solo un piccolo contenitore di vetro come tanti altri, ma guardandoci bene Briony sgranò gli occhi. All’interno c’era una piccola e splendente luce che sembrava irradiare energia da tutti i pori.

Ricordava di averla vista dove aveva trovato Ylenia morta, ma che senso aveva? Briony strinse gli occhi; pensieri si incastrarono tra di loro per formulare una risposta plausibile. Anche Elijah teneva un’espressione interrogativa al suo fianco.

“Credo sia per te.” Sussurrò poi Finn in modo tentennante.

Il cuore della ragazza mancò diversi colpi mentre Elijah a parole riuscì per primo ad arrivare alla verità da cui Briony provò solo sconcerto.

“E’ la sua energia vitale. La sua fonte di immortalità.”

 

-------***************----------------

Briony teneva il contenitore con mani tremanti; un pezzo così fragile che poteva spezzarsi da un momento all’altro. Ma Elijah sembrava così concentrato al suo fianco che sicuramente avrebbe impedito che quella luce - quella fonte di sopravvivenza per la donna che amava - venisse fatta a pezzi.

“Non posso crederci… anche prima di morire c’ha pensato…” Sussurrò Briony con voce tremante. Non sapeva se essere più angosciata di prima.

Durante quel duro calvario, mentre perdeva sangue, Ylenia aveva pensato a lei… alla sua vita… Le aveva fatto un dono che lei non avrebbe mai voluto ricevere; Briony non si sentiva assolutamente degna di un tale dono perché se lo avesse accettato era come se aspettasse la morte di Ylenia per essere immortale. Lei non lo avrebbe mai voluto, non a quel prezzo.

Briony si mise la mano alla bocca, consumando il pianto imminente dentro se stessa. Si sentì portar via il contenitore e forse era meglio perché c’era il rischio che lo buttasse a terra per via della rabbia. Il destino l’aveva di nuovo maledetta con un’altra morte.

La mano di Elijah ad un tratto trovò la sua in una stretta forte, facendogliela abbassare dal viso, ma lei neanche lo sentì. La fune era sospesa in alto tuttavia lei stava precipitando nel baratro, sempre più giù:

“Briony, lascia che ti aiutiamo.”

“E come vorresti farlo?” domandò lei debolmente con gli occhi lucidi. L’espressione di Elijah divenne grave e ombrosa, e lei subito capì: “No…no no..” rispose scuotendo la testa.

“So che non è il momento più adatto.. ma non è colpa tua se è accaduto questo a Ylenia. Non fartene un peso ingiusto.” disse lui determinato, guardandola in sintonia con la sua voce.

Briony sviò lo sguardo, sentendo la nausea chiuderle lo stomaco. Da poche ore Ylenia era morta e sembrava fossero già sul punto di festeggiare per il fatto che lei sarebbe stata salva.

Avrebbe goduto in futuro di una felicità troppo grande ma c’era un orrendo conto da pagare. Sebbene fosse già stato pagato ma Briony non riusciva comunque ad accettarlo.

Elijah continuava a fissarla incessantemente, tuttavia Briony sperava quasi che la smettesse. Aveva solo voglia di lasciarsi andare alla malinconia, di piangere per la morte di Ylenia. Ma non riusciva nemmeno in quello, si sentiva troppo tesa.

Percepì Elijah scostarsi – forse intuendo i suoi pensieri tumultuosi - ma anche la voce di Finn che attirò suo malgrado la sua attenzione. Teneva lui il contenitore in mano:

“Briony, Ylenia avrebbe voluto che tu accettassi.. che prendessi il suo dono e continuassi a vivere. Non stai facendo nulla di male.”

Per una ragione oscura, o forse perché dopo di lei Finn era quello che soffriva di più, Briony si sentì quasi meno dolore in corpo. Smise di tremare, il cuore martellava con meno violenza lasciandole un po’ di tregua.

Gli sorrise debolmente, stringendosi nelle spalle e appartandosi in una angolo della stanza per trovare un po’ di sana solitudine per qualche minuto. Ma non riuscì a levarsi di dosso quel peso sulle spalle né a non pensare agli attimi orribili in cui aveva visto Ylenia stesa a terra in un lago di sangue… si sentì sprofondare.

Però poi all’improvviso sentì due mani fredde, riconoscibili all’istante, circondarle il viso e farla girare. Briony si sentì allora priva di difese: si lasciò sommergere e attirare nel nero degli occhi di Elijah, come un piccolo animale preso in trappola.

“Briony..” cominciò lui col suo solito tono di voce profonda “Ylenia ormai non c’è più… ma tu non devi perderti.” Le sue parole la facevano sentire vicina a lui, in un altro mondo sospeso in cui c’era più vita. “Anche se è difficile bisogna sempre trovare la forza di lottare per se stessi e non arrendersi alla realtà, per quanto spiacevole sia. Lo hai sempre detto tu.” Le disse in tono più carezzevole per confortarla.

Briony fece un profondo respiro, rimanendo intrappolata dalle sue mani. Era vero che aveva sempre cercato di essere forte, di trovare una luce in quel tunnel buio. Ma in quel momento proprio non ce la faceva.

“Ylenia è morta… in un modo orribile…” sussurrò soltanto.

“Troveremo il suo colpevole, te lo giuro.” le rispose Elijah in maniera serissima da non lasciarle dubbi. Lui si girò poi nel punto in cui vi erano i suoi fratelli e lasciò andare delicatamente la presa sul viso di Briony.

Rebekah intanto stava armeggiando col cellulare: “Ho sentito Nik adesso.. e… credo che stia dando i numeri più del solito.”

Elijah corrugò la fronte.

“Parlava a vanvera, sembrava addirittura che non gli importasse di sentire la mia voce.” Sussurrò la vampira in preda allo sconforto.

Elijah serrò allora duramente il viso, mentre Briony si fece più forza. “Se vostro fratello non si preoccupa per voi, voi dovreste fare altrettanto. Mentre stavate morendo, mentre Connor vi stava massacrando, lui era da un’altra parte a disinteressarsene di voi o peggio.” Briony ricordò infatti di aver pensato che Connor e Klaus si fossero alleati per farli fuori tutti. Non sarebbe stato poi così strano.

“Se per caso lui c’entra qualcosa con quel maledetto massacro, sarò io cavargli il fegato!” gridò Kol incollerito per quel plausibile tradimento. Elijah drizzò il braccio per riportare l’ordine:

“Parlerò con Klaus faccia a faccia e poi sistemeremo Connor. E’ ora che questa storia si chiuda.”

Finn subito assentì: “Ma per quanto riguarda Ylenia..” fissò Briony “Dovremmo far presto perché se la sua energia magica continua a stare in questo contenitore, che è un attrezzo molto temporaneo, potrebbe esaurirsi e andare perduta.”

Briony ebbe così un tremolio ma Elijah rimase fermo dentro il suo indumento elegante.

Prese allora Rebekah in mano la situazione. “Facciamo così… io porto Briony dalla streghetta Bennet e la costringo a effettuare l’incantesimo. Elijah, tu sei l’unico che riesce a parlare civilmente con Nik. Finn tu indagherai sulla morte della tua ex amata, e tu Kol… beh tu non volevi andare in vacanza?” L’ultima frase fu totalmente ironica.

Kol però le rivolse un’occhiata rabbiosa “Prima voglio sapere che c’entra Klaus in tutta questa infamia storia!”

“Klaus è il solito pazzo.” proruppe Briony “ma è Connor il vero problema, maledirà le nostre vite se non lo fermiamo” Gli occhi si scavarono dall’odio e dalla sete di vendetta. “E giuro su Dio che si pentirà di tutto quello che ha fatto.”

 

-------------************----------

Avere dentro una parte di vita di Ylenia era una sensazione indescrivibile, impossibile da razionalizzare. Era come avere due cuori, quattro polmoni, due esistenze nello stesso corpo. Solo che era solo lei a sentirsene il peso e il formicolio: l’incantesimo non le aveva fatto male, solo una lieve pressione… e poi una forza splendente dentro il petto… la forza vitale di Ylenia, come se la strega dopotutto fosse ancora viva, reale…

Aver dentro di sé quel dono d’addio provocava sia gioia che tristezza nell’animo di Briony, e non sapeva proprio quale delle due avrebbe scavalcato l’atra. Si sentiva troppo frastornata.

Stava camminando nei corridoi dell’ospedale, luogo che aveva segnato un altro fatto drammatico nella sua vita. Ricordare i momenti in cui Ylenia moriva valse come un pugno in pieno stomaco ma lei miracolosamente continuava a camminare, sentendosi svuotata.

Ad un tratto scorse Jennifer venire dalla sua parte: aveva il viso affranto, gli occhi arrossati, una mano tappava i singhiozzi che le squassavano il petto.

All’improvviso la rossa alzò gli occhi e sussurrò flebilmente il nome di Briony non appena la vide. Lei le venne vicina:

“Jen…”

“Ho saputo..” Jennifer tirò su col naso per poter parlare. “Ho saputo di Ylenia. Mi dispiace.”

“Grazie..” Briony sapeva che anche Willas era morto ma non riusciva a dispiacersi per lui né a fare l’ipocrita con commenti di circostanza. Aveva più volte augurato a Willas la morte e ora che era accaduto non si sentiva affatto rammaricata. “Mi dispiace per te..” Disse alla fine accarezzandole il braccio. “Posso capire quanto stai soffrendo… ma il dolore non vale la candela in questo caso.”

Jennifer alzò lo sguardo diventando più dura. “So che odiavi Will… ma ora che è morto non potresti seppellire il tuo odio?” domandò stizzita.

“Io non devo seppellire nulla perché non provo assolutamente niente per lui. Mi dispiace solo per te perché non meriti di stare male.” Rispose Briony stringendosi nelle spalle.

Jennifer prese un profondo respiro, gli occhi erano dolorosamente lucidi. “Siamo sommerse dal caos e dalla morte… e non è giusto… per quanto desideriamo una vita normale alla fine non l’abbiamo mai.. non se abbiamo a che fare con questo genere di cose..” il groppo in gola le impediva di parlare chiaramente ma Briony non trovò alcun modo di confortarla. Non ci riusciva nemmeno con le proprie ferite, figuriamoci con le altre.

Jennifer si scostò i capelli via dal viso macchiato di agonia. “Quello che ci sta succedendo secondo te è una specie di punizione?”

Briony la guardò perplessa: “Punizione, perché?”

Jennifer alzò le spalle, rimembrando Will: “Collezioni di bugie, segreti nascosti…”

“E chi sarebbe a punirci?”

“Il destino.” fu la chiara risposta cupa di Jennifer.

Briony si ammutolì, sentendo delle stalattite di ghiaccio avvolgerle il cuore. Sempre quel dannato bastardo.

“Allora il destino è davvero ingiusto. Molti di quelli che muoiono meritano la vita, e molti di quelli che vivono meritano la morte. E questo è proprio lampante nel caso di Ylenia.”

“Mentre di Will no vero?” sibilò Jennifer duramente più di quanto avesse mai fatto.

Briony sospirò, non avendo alcuna intenzione di litigare in quel momento. “Non ho mai nascosto il mio disprezzo per lui e dopo quello che ha fatto non puoi criticarmi per non essere dispiaciuta della sua morte. Proprio no.”

“Will ha sbagliato, come tutti noi! Ma anche in lui c’era del buono e se lo avessi conosciuto veramente lo sapresti.” Nella sofferenza di Jennifer veniva fatto trasparire il suo desiderio di riconciliarsi con Willas, di sperare in un futuro insieme, il voler risentire la sua voce che quella chiamata maledetta le aveva negato. “Tu hai Elijah, tua sorella e tanti amici. Lui non ha mai avuto nessuno. E’ vissuto cibandosi di odio e diventando ciò che il destino gli imponeva di essere, proprio come te. Solo che tu nel tuo caso avevi amore, lui non l’ha mai avuto anzi glielo è stato strappato.”

Briony intanto cominciava ad innervosirsi. L’ultima cosa che le serviva era appiopparsi i problemi di uno come Willas e provare rammarico per lui. Se lo avesse fatto, la diga dentro di lei si sarebbe rotta.

In più non doveva proprio nulla a Willas, diamine!

“Ognuno ha il proprio fardello da sopportare... e oltre al dolore per la morte di Ylenia devo anche pensare a vendicarla. E ti assicuro che Connor con me non avrà scampo. Può essere immortale quanto vuole ma non si salverà.”

“E fai bene. Tu almeno puoi avere vendetta mentre io posso solo autocommiserarmi”

“I Mikealson dovevano farlo altrimenti sarebbero morti di nuovo!” ribattè Briony senza neanche pensare al dolore che scorgeva negli occhi dell’amica. “Capisco che stia male ma Willas se l’è cercata eccome. E non so neanche come è morto poi, l’unica cosa a cui penso è che quel gruppo di malvagi hanno ucciso Ylenia!” Purtroppo non era riuscita a trattenere il vomito di parole; sentiva una rabbia fremente nel petto che scalpitava di essere saziata.

Jen a sua volta indossò un’espressione durissima. Il dolore che si combatteva con un altro dolore. Solo che c’era anche la rabbia in mezzo… e quell’emozione fa dire cose  che faresti meglio a non dire.

“Io ho perso il mio uomo, tu hai perso la tua migliore amica. Solo che a te è lecito soffrire e vendicarti, mentre a me no perché Will faceva parte dei cosiddetti malvagi? Non ti sembra di star esagerando Briony? Chi fa cose orribili è esclusivamente una persona orribile? Stai ragionando in assoluti ed è ingiusto e sbagliato!”

Briony si portò una mano ai capelli tentando di calmarsi. Non voleva proprio parlarne, desiderava solo rintanarsi in casa sua e chiudere fuori il mondo esterno.

“Mi dispiace solo per te perchè non meriti di soffrire, che altro posso dirti? Per quel che mi riguarda non verserò lacrime sulla tomba di Willas né dirò frasi da perbenista per perorare la sua memoria, di un maledetto schizofrenico che ha tentato di uccidermi non so quante volte!”

Incredibile che stavano proprio litigando nel bel mezzo di un ospedale ma nessuno sembrava accorgersene: loro due prese a sfogare il proprio dolore, definendolo più sofferto dell’altro, mentre i medici si davano da fare per salvare vite e quindi diminuire le sofferenze.

Jennifer alla fine serrò duramente i pugni in una smorfia di dolore. “Certo va benissimo così.”

E senza dare il tempo a Briony di rispondere si dileguò fulmineamente fuori di lì. Briony allora alzò gli occhi al cielo con un sospiro di sconfitta. Non voleva che le cose andassero così, ma non riusciva a rammaricarsi…. Non per Will. Lui avrebbe sempre tentato alle vite delle persone che amava e almeno un po’ di sollievo stava acquietando i battiti di agonia del suo cuore.

Purtroppo aveva detto parole così aspre alla povera Jennifer da sembrare un’egoista menefreghista ma forse dopo aver sempre pensando agli altri, era ora di esserlo. Si era sempre concentrata sul dolore, sul tormento, poche volte aveva lasciato che la rabbia fuoriuscisse.

Però ora era lì in agguato, oscura e implacabile, e stava per esplodere. Sembrava prendere il sopravvento su di lei e sulle sue corde vocali.

Prima di andarsene Briony pensò che non appena avesse avuto l’assassino di Ylenia tra le mani lo avrebbe ucciso a sangue freddo.

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Briony si trovava a casa Mikaelson, Elijah l’aveva fatta venire perché aveva novità e lei voleva subito esserne informata. Nel salone c’erano gli altri suoi fratelli, trepidanti quasi quanto lei. Sebbene nel caso di Briony ci fosse un insaziabile voglia di vendetta che serviva a rinchiudere il dolore in un angolo.

Entrò all’improvviso Elijah col suo solito passo elegante: era rigido e scuro come non mai. Ma finchè non avrebbe parlato era impossibile individuare ciò che pensava nella sua mente corazzata.

Briony si fece tesa sul divano mentre si accorse che Elijah non l’aveva mai guardata dal momento che era entrato nella stanza.

La situazione era così grave?

Lei sentì la gola secca mentre Finn lo incitò a parlare. “Allora? Hai scoperto qualcosa da Klaus?”

Elijah si mise le mani in tasca tenendo uno sguardo tetro. “Sì ho parlato con nostro fratello. E avevi ragione tu Rebekah, è fuori di sé più del normale. Non ha il controllo delle sue azioni, di ciò che pensa. Ha raccontato un certa storia bizzarra ma non sono sicuro di credergli.”

Briony strinse gli occhi circospetti. “E cosa ha a che fare con la situazione che stiamo vivendo?”

Elijah guardò allora nella sua direzione ma non nel suo viso. Come se si rifiutasse o fosse troppo arduo farlo. La ragazza sentì mancare dei battiti perché intuì che dietro lo sguardo gelido di Elijah qualche tempesta stava per scatenarsi.

“C’entra perché lui ha a che fare con tutto. Con tutto quello che è successo alla festa e a Ylenia.” Disse con tono controllato nonostante quella bomba appena sganciata.

Rebekah spalancò la bocca totalmente shockata. “No.. Nik per quanto sia crudele non può aver ordito la nostra morte.”

Nello stesso momento Kol grugnì i denti completamente imbufalito. “Ah maledetto! Me lo sentivo che c’entrava lui!”

“Te l’hai confessato lui stesso? E come si è discolpato quel farabutto?” si fece poi avanti Finn cercando di contenere il furore.

Briony sembrava l’unica a rimanere immobile oltre a Elijah. Quella notizia l’aveva scossa nel profondo…

Klaus…. Aveva ucciso Ylenia?

Aveva più e più volte immaginato il volto dell’assassino della sua amica, ma non Klaus. Credeva al 100% che fosse Connor…. Non che Klaus non avesse avuto dei motivi in passato per prendersela con la strega… ma in quel tempo non era successo nulla di nuovo che giustificasse il suo atto efferato. Numerose domande le si inchiodarono in testa mentre gli altri continuavano a parlare l’uno sopra l’altro.

“Se mi lasciate parlare con calma, vi spiegherò ogni cosa.” disse Elijah in tono diplomatico, alzando una mano per far acquietare gli animi imbufaliti e traditi dei suoi fratelli. “A quanto sembra, Connor ha indotto un incantesimo su di lui. Un incantesimo di controllo sulla mente. E’ irrevocabile e non gli permette di lottare anche se è un ibrido. Attraverso questa magia Connor si è servito di lui per attirarci nella sua trappola a cuore aperto e senza che noi sospettassimo nulla.”

“E cosa ha a che fare con Ylenia… perché se l’è presa con lei..?” mormorò Briony con un fil di voce restando a sguardo basso. Gli occhi sgranati per via dello shock.

Elijah guardò quindi nella sua direzione. “Credeva che lei fosse dalla parte di Connor. L’ha vista alla festa e ha travisato le sue intenzioni… credo che dopo l’abbia rapita per interrogarla e deve in qualche modo aver perso il controllo..” il modo tentennante e lento in cui lui parlò non bastò a raffreddare il fuoco che Briony si sentiva nelle vene.

“Ha perso il controllo?? Uno perde il controllo quando sbatte un oggetto e urla ai quattro venti! Non quando uccide una persona che non gli ha fatto niente!” sbottò incollerita.

Elijah tenne su di lei uno sguardo serio ma in sintonia con ciò che lei era in obbligo di provare. “Klaus ha compiuto un atto innominabile e verrà punito per questo… ma non è lui il colpevole in prima persona, deve essere stato Connor a manipolarlo.” A fine frase si rivolse di nuovo ai suoi fratelli.

“Sì per forza deve essere andata così! Nik non ucciderebbe mai la sua famiglia!” Rebekah come al solito era pronta a difendere Klaus ma Finn intervenne subito per smontarla. “Dimentichi che ci ha rinchiusi dentro delle bare.”

“Ma col paletto di quercia bianca saremmo rimasti morti per sempre! E’ diverso!”

Quel continuo chiacchiericcio fece fischiare le orecchie di Briony, che continuava a pensare a un’unica cosa.

“Balle, tutte balle! Klaus ha inventato queste scuse per difendersi e per non andare incontro alla vostra ira! Ma si sbaglia se crede che pure io mi faccia ingannare dalla storia della persuasione mentale!” gridò in preda alla furia e alzandosi dal divano.

“Pure io dico che sono tutte prese per il culo. Niklaus ha dimenticato ogni lealtà che deve nei confronti della sua famiglia, ma ora gli farò vedere io!” sbottò anche Kol in cerca di vendetta.

“E cosa vorresti fare Kol?” domandò Elijah con un sibilo freddo. “Ucciderlo? Ti metteresti al suo pari livello e se lo vedessi in che stato è, proveresti perfino pena. Ha ucciso anche la sorella di Ylenia, la ragazza che stava con lui.”

Briony sgranò gli occhi. Un omicidio dietro l’altro!

“Vostro fratello è pazzo e deve essere fermato!”

“E lo sarà, Briony.” Commentò Elijah in modo deciso guardandola questa volta negli occhi. “Farò in modo io stesso che simili episodi indegni non accadano più. Gli metterò pure il collare al collo per tenerlo d’occhio da altri attacchi di Connor, così ci sentiremo tutti più al sicuro.”

“Tenerlo d’occhio?” ripetè Briony frastornata. “Qui non c’è bisogno di tenere d’occhio nessuno perché tuo fratello è soltanto un mostro in preda alla follia omicida. Ciò che bisogna fare è renderlo inoffensivo una volta per tutte!” E le sue parole erano così palesi che Kol assentì soddisfatto, mentre Rebekah la guardò sconcertata senza dire nulla.

Questo però non le importava... continuava a venirle sù il vomito di parole.

“L’unica cosa da fare è una sola! Non abbiate paura di ferirlo perché Klaus proverebbe solo dispiacere di non poter creare ibridi, del resto se ne frega! Merita di essere punito dopo quello che ha fatto.”

Scese un silenzio pesante in cui forse lei sarebbe uscita vincitrice o sconfitta, ma Briony non lo avrebbe mai saputo perché fu Elijah a prendere la parola.

“Potreste lasciarci soli? Voglio parlare da solo con lei.” disse lui in maniera calma rivolgendosi ai suoi fratelli. Subito loro se ne andarono con la mente ancora confusa; l’ultimo a uscire fu Kol che lanciò uno strano sguardo a Briony.

Lei neanche se ne accorse perché continuava a guardare un punto nel pavimento, quasi non volesse incrociare lo sguardo di Elijah. Non sapeva perché ma provava un nodo fortissimo allo stomaco al pensiero di guardarlo dritto negli occhi. Quando sentì i suoi passi avvicinarsi, una tremenda inquietudine prese possesso su di lei.

Elijah manteneva di continuo un'espressione seria sulla ragazza. Lo sguardo non permetteva di svelare nulla di ciò che provava. Il suo essere era insondabile.

“Parlavi sul serio prima?” domandò lui all’improvviso non cambiando nemmeno di tono la voce monocorde. Aveva tutte e due le mani dentro le tasche ma quella galanteria sembrava ingannevole.

Briony decise di alzare lo sguardo. Sapeva che lui soprattutto aveva tradotto ogni senso delle sue parole, ma dal suo sguardo non sapeva se lui le dava il suo pieno appoggio o se la stesse colpevolizzandolo. Era invalicabile come una muraglia.

“Tuo fratello non può passarla liscia.” disse soltanto.

“E non succederà.” rispose lui subito, avvicinandosi questa volta per tranquillizzarla. “Non passeremo sopra a ciò che ha fatto, e rimanere abbandonato da tutti sarà la punizione più terribile per lui, peggiore dell’inferno.”

“Forse… ma non mi basta.” Ribattè lei fermamente.

Questa volta Elijah ricompose la maschera intraducibile. “Uccidere Klaus non sarebbe la soluzione più giusta. Uccidere Connor lo è perché c’è lui dietro a tutte queste macchinazioni.”

“Fare la cosa giusta non ti fa sentire meglio. E Connor magari può c’entrare una minima parte ma è stato il tuo maledetto fratello a provocare la morte di Ylenia.”

Elijah abbassò lo sguardo impenetrabile: “Capisco il tuo desiderio di vendetta perché l’ho spesso provato. Ma la morte di Klaus non ti ripagherà della vita di Ylenia né ti ammorbidirà quel peso che senti, anzi finirà solo per aumentare.”

“E come?? Sarebbe impossibile perché mi sembra di essere al punto limite!” ribattè Briony spalancando le braccia e facendo trasparire tutta la sua impotenza di fronte a quel destino tremendo.

La bocca di Elijah ebbe un guizzo mentre rialzava la testa: “La vendetta può essere tua se è questo che vuoi. Ma sarebbe un grosso errore che rimpiangeresti. Klaus ha provocato la morte di Ylenia, tu provocherai la morte di Klaus. Non ci sarà mai una fine e tutto questo spargimento di sangue non porterà proprio a niente.”

Briony stava quasi odiando la perenne diplomazia di Elijah. “E quindi dovrei starmene bella tranquilla a lavarmene le mani? Perdonare il povero Klaus e stringergli la mano in segno di una pace che durerà meno di un’ora??”

Elijah le mise delicatamente le mani sulle spalle per tranquillizzarla. “Non ti chiedo di perdonare Klaus perché è impossibile. Ma lui è già condannato, anche senza la morte. Mi occuperò io di lui, farò in modo che non torcerà più un capello a te o a qualcuno che ami. E non avrà nessuna comprensione, nemmeno da parte mia.”

Le parole confortevoli del vampiro però non bastarono a diminuire il peso che Briony si sentiva nello stomaco. Lei doveva vendicare Ylenia, doveva farlo! Per le conseguenze ci avrebbe pensato dopo. Si allontanò dalla presa di Elijah, scostandosi con freddezza.

Le mani del vampiro rimasero a mezz’aria poi si abbassarono. “Non mi credi?” domandò lui comunque calmo muovendo la testa.

“Credo che tu voglia trovare una soluzione diplomatica quando tutto intorno a te impazzisce. Questa volta le buone maniere non conteranno nulla e proprio tu che giudichi la vendetta onorevole me la stai privando.” lo giudicò lei con occhi delusi puntandogli l’indice contro.

Dio stavano litigando per Klaus. Briony sapeva che doveva fare marcia dentro e fermare la rabbia che aveva dentro di sé però non riusciva a farlo.

“Ma tu mi hai sempre detto che la vendetta non porta a niente, che per vivere in maniera serena e in pace bisogna farne a meno e abbassare le armi di guerra. Tu mi volevi convincere a lasciar perdere la vendetta contro Connor per il bene di tutti, nonostante sia pericoloso tutt’ora.” replicò Elijah in tono freddo ma calmo, sapendo di avere ragione su ciò che diceva.

Briony si sentì allora intrappolata. “Mi stai chiedendo di lasciar perdere la mia vendetta contro Klaus?”

Ci fu un lungo e pesante silenzio che gridava di essere smantellato per la disumana tensione. Lo sguardo di Elijah era profondissimo e sincero. “Te lo sto chiedendo.” disse lui.

Briony deglutì sentendo qualcosa infuocarsi nel petto, forse la forza vitale di Ylenia che si ribellava alla salvezza del suo assassino. “Ma anche Klaus è pericoloso per le nostre vite.”

“Non lo sarà, ti do la mia parola. Me ne occuperò io personalmente e fuori Connor anche l’incantesimo su di lui svanirà.”

“Parli così perché è tuo fratello! Se ci fosse qualcun altro tu non batteresti ciglio sulla mia decisione!” ribattè lei ad alta voce stringendo i pugni.

Elijah le fece un sorriso lieve ma triste. “Se non ho fiducia nel sangue del mio sangue allora non ha senso nemmeno avere speranza di essere una persona migliore, o in un futuro diverso da quello che ci spetta.” mormorò con medesima calma contrastata da quella dura realtà.

Briony però non riusciva a pensarla come lui.. non riusciva neanche a pensare all’idea di lasciar perdere tutto quanto… “Non posso credere che tu me lo stia chiedendo.” rispose con angoscia sviando lo sguardo.

“Non ti sto chiedendo di perdonare Klaus né di dimenticare.” Elijah si avvicinò, il tono più dolce. Tuttavia lei non ne ricavò alcun conforto. “Ma la morte di Klaus non sazierà il dolore che senti.”

Quando lui stette per sfiorarle il viso, lei si spostò con forza. “No! Non posso accettarlo!”

Elijah la guardò questa volta ferito. “Anche senza l'ombra della morte, Klaus la pagherà. Non ti ho dato alcuna ragione per dubitare di me.” rispose più glaciale di quanto non volesse essere.

“Me ne stai dando una adesso.” Ribattè lei fermamente fissandolo dura. “Stai rendendo una cosa patetica e da nulla la mia perdita, come se non ti toccasse nemmeno sulla superficie.” Nella durezza dei suoi occhi si intravidero delle lacrime di amarezza.

Quelli neri di Elijah vennero allora attraversati da un bagliore di umanità sincera. “Non è così. Stai travisando ciò che voglio dire.”

“No sei tu che metti sempre sopra a un piedistallo le tue decisioni. Quelle degli altri se sono opposte alle tue non contano nulla per te!” La voce era tremante e discordante per via della sofferenza e della rabbia mescolate insieme.

“E’ così se non porteranno a nulla di accettabile. Si tratta della mia famiglia Briony, e non posso nemmeno considerare una simile idea, tantomeno accettarla.” Sibilò Elijah come se avesse fatto riemergere la diabolicità che contraddistingueva una parte del suo animo oscuro. Rendendosi conto del tono che aveva usato erroneamente, sciolse un po’ i lineamenti scavati del viso nel parlarle di nuovo:

“Ti farai solo del male in questo modo.”

“Lo fai a te visto che quando si tratta di tuo fratello sei totalmente cieco. E non mi farebbe alcun male mettere in atto ciò che voglio!”

“Sì invece. Sei tu che non te ne accorgi.” Il tono definitivo con cui Elijah disse quelle parole non lasciò spazio ad altre repliche.

Briony allora lo guardò quasi sconvolta. Davanti a lei ora vedeva solo l’Originario inflessibile e freddo che conoscevano tutti, quell’altra personalità di Elijah che indossava sempre in situazioni d’emergenza e di pericolo. Una personalità così persistente e reale da farla affondare sotto il peso dei suoi occhi neri e invalicabili.

Ma lui questa volta non aveva il diritto di prendere decisioni per tutti né di farle sopravvalere. Ylenia era amica sua, una parte di lei che viveva dentro il suo petto e che le permetteva di sopravvivere.

“Tu mi hai una fatto una richiesta enorme. Ma non sono pronta ad accettarla, nemmeno per te.” disse lei alla fine.

Aveva affrontato di tutto per lui, ogni sfida inimmaginabile, ogni lotta che il cuore il più delle volte non può sopportare. Per lui si era cibata di quel tipo di dolore che faceva sprofondare l’animo in un vuoto nero, aveva rinnegato se stessa, mandato al diavolo la sanità mentale, e superato persino la morte per poter stare di nuovo al suo fianco. Avrebbe accettato di fare qualsiasi cosa per Elijah, anche il più grande sacrificio, ma non questo… non poteva farlo.

Alla sua risposta Elijah serrò il viso, diventando di ghiaccio. Briony diede fine a quella conversazione, spalleggiandolo per poter uscire. Durante quello scontro Elijah aveva provato a trattenerla, ma le sue braccia si erano mosse o troppo lente contro la velocità di Briony o con poca convinzione.

Alla fine lui rimase immobile mentre Briony sbattè la porta alle sue spalle.

Allora un forte silenzio invase l’animo dell’Originario, abituandosi però al suono di un tormento interiore.

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Klaus vagava per Mystic Falls come uno zombie assettato di follia e sangue. Quel seme malefico aveva già dato i suoi frutti e stava crescendo a vista d’occhio, cercando sempre di inquinare il suo animo già nero. L’ibrido stava quasi accogliendo con gioia quella malvagità spietata dentro di sé; ne rimaneva inebriato anche se doveva combatterla per non farsi sottomettere anche da essa.

Ma almeno quei lampi di follia non gli permettevano di pensare… di ricordare... né di provare stupidi rimorsi per aver strozzato il collo di quel piccolo angioletto che sembrava aver portato un po’ di luce nella sua vita, finendo per oscurarla ancor di più. Gli effetti negativi di un amore falso o non corrisposto.

Almeno aveva buttato via ogni debolezza, non c’era più pericolo di provarne. Ogni emozione buona fu quindi bandita dentro di lui.

Il braccio quel giorno gli stava dando un po’ di tregua e cercava quindi di riprendersi il senno… almeno fino a quando non avrebbe trovato una soluzione. Avrebbe ucciso anche Connor, questo si giurò. Non tollerava chi lo manovrava o credeva di usarlo.

Mentre camminava distrattamente all’improvviso si ritrovò davanti l’ultima persona che pensava di incontrare… almeno coscientemente da parte sua.

La sua cara quasi cognata e mostro abbietto da abbattere.

“Mia cara, posso fare qualcosa per te? Hai sbagliato Mikaelson credo. Oppure Elijah non è riuscito a salvarsi dal macello e quello che ho visto era il suo fantasma?” domandò Klaus fintamente disinteressato, mettendo le mani lungo i fianchi.

Briony aveva le braccia serrate al petto, lo sguardo austero e duro. Sembrava fosse in posizione di un predatore che voleva saltare addosso a qualcuno da un momento all’altro.

“Tuo fratello è riuscito a salvarsi dal massacro che tu hai contribuito a mettere in atto. E la persona che l’ha aiutato a ritornare in vita, tu l’hai uccisa a sangue freddo.”

Klaus fece uno sbuffo di superiorità. “Quella strega aveva comunque vita corta perché odio chi mi mette i bastoni tra le ruote. E puoi anche negarlo ma molti dei problemi sono derivati a causa sua… Se magari lei non si fosse immischiata in questa brutta faccenda, neppure il suo ex capo lo avrebbe fatto.”

Briony serrò duramente il viso perché non le garbava per niente il fatto che Klaus sputasse così sopra sulla memoria di Ylenia. Non doveva neanche nominarla quel farabutto.

“E per fortuna la mia famiglia è viva così potrò finalmente riunirla e vivere insieme come un tempo. Manca solo un ostacolo.” E Klaus la guardò non tralasciando dubbi sui suoi malefici pensieri.

Lui aveva sempre considerato quella ragazza come un’odiosa spina nel fianco, come qualcosa di pericoloso che gli poteva mettere contro la sua famiglia, soprattutto uno dei fratelli che più amava. Per non parlare di ciò che rappresentava: un nemico naturale. E lui i nemici li schiacciava sotto le scarpe.

Briony invece gli fece un ghigno per nulla intimorita, e si fece avanti sempre tenendo le braccia al petto. Un leggero venticello passò tra di loro, alzando le foglie verdi dall’asfalto. Non c’era anima viva in quella strada in quel momento.

“Continua pure a crearti delle giustificazioni egoistiche campate per aria per giustificare i tuoi crimini. Io ti avrei lasciato in pace, mi saresti stato completamente indifferente anche dopo tutto quello che hai fatto… ma l’ultima tua diavoleria è davvero imperdonabile, Klaus.” Briony si avvicinò, facendo legare i loro occhi in una elettricità diabolica che passò come un fulmine. “Credi che io passerò sopra alla morte di Ylenia e non cercherò di fartela pagare?”

Klaus le fece il solito sorrisetto beffardo. “Tu puoi ragionare e ragionare quanto vuoi, bambolina. Ma non potresti mai farcela contro di me e sei più debole. Non ti stacco un arto per fare un piacere alla tua adorabile sorellina ma alla prossima minaccia passerò subito ai fatti, chiaro?” sibilò minaccioso.

Briony sorrise per nulla intimorita. “Si può trovare sempre un mezzo per renderti la vita un inferno proprio come tu hai fatto coi tuoi fratelli. Ti credi invincibile ma ogni tanto spunta fuori qualcosa a tuo sfavore; sei tu che non devi abbassare la guardia e starti calmo.”

Non sopportando quell’affronto Klaus le balzò addosso in preda all’ira. Ma Briony se lo aspettava e gli prese velocemente il braccio, storcendoglielo in maniera innaturale fino a farlo cadere in ginocchio dal dolore. C’aveva visto giusto, era lì dove era stato impostato il marchio mentale di Connor. Briony in preda alla furia vendicativa strinse di più la presa fino quasi a stritolargli le ossa del braccio.

Klaus gridò e cercò di scansarsi con tutta la forza che possedeva. Quando fu sul punto di farlo Briony gli serbò un colpo sonoro al viso che gli fece quasi roteare la testa di 360°, in seguito gli sferrò un calcio ben assestato contro il petto da fargli disintegrare le costole. Klaus cadde a terra respirando a fatica.

“Sai quanto ti odio?” Briony era piena di un furore omicida. Gli occhi brillavano di luce malefica. “Ogni livido che potrò arrecarti non sarà nulla in confronto a ciò che ha subìto Ylenia. Quando volte l’hai torturata? Quando tempo c’ha messo prima di morire in mezzo a un lago di sangue?”

Klaus si fece una grossa risata nonostante la debolezza precaria. “Credimi… non potresti immaginartelo neanche nei tuoi peggiori incubi.”

Briony ruggì in preda alla rabbia e gli si avventò contro. Quel gesto istintivo però le valse caro perché Klaus si alzò a velocità sovrumana, afferrandola per il collo.

La ragazza manteneva comunque della freddezza invidiabile, non mostrando paura. Si teneva in equilibro serrando il braccio di Klaus con entrambe le mani, cercando di scostarlo via.

“Hai voglia di morire subito bambolina? Non vuoi dire addio al mio caro fratello? O la vendetta è più importante di tutto?” Klaus la schernì col suo sorriso diabolico. “Anche l’impeccabile Briony Forbes non è poi così buona e immacolata.”

“Faccio il tuo stesso gioco.” Borbottò Briony cercando di non strozzarsi con la sua stessa voce. “E tutti staranno meglio senza di te e senza le tue continue minacce. Stai rovinando persino la vita della tua famiglia e non te lo permetterò mai più!” Una forza primordiale si scatenò dentro di lei e lo spinse via come se fosse stato un piccolo animaletto.

Connor l’aveva privata dei suoi poteri ma lei restava quello che era… uno scherzo della natura forse, ma quella forza che le era stata donata fin dalla nascita, prescritta mille anni prima da un incantesimo di magia nera, sarebbe sempre esistita dentro di lei fino alla morte.

Non ebbe però tempo di fare ulteriori mosse che Klaus scomparve improvvisamente dalla sua vista. Ma non se l’era filata come suo solito. Era stato sbalzato via da una forza potentissima.

Finn.

L’Originario se ne stava immobile ma era plateale che non avrebbe frenato la rabbia ancora per molto. Klaus si stava drizzando anche se era ovvio che si sentiva sfiancato dai colpi subìti; il braccio aveva cominciato a dolergli e a tormentarlo.

“Stavi mettendo in atto un’altra delle tue infamie, Niklaus? Non contento di non aver sterminato la tua famiglia ci riprovi di nuovo?”

“Perché? Quella lì non mi risulta che faccia parte della nostra famiglia.” borbottò Klaus con noia.

“Tu non hai nemmeno idea di cosa significhi esserlo. I tuoi pensieri diabolici ti si stanno rivoltando contro.” Finn si avvicinò pericolosamente mentre Briony stava in guardia cercando di pensare a come agire. Voleva essere lei a fare del male a Klaus, anche il minimo male, ma decise per il momento di starsi in disparte da quel dibattito fraterno prima di passare all’azione.

Klaus intanto aveva rivolto un ghigno perverso al fratello. “Sei così arrabbiato perché ho fatto fuori la tua innamorata? E non ho ucciso solo lei in un giorno, ho avuto una giornata difficile e movimentata.” proruppe lui come onorato, sistemandosi la giacca.

Finn non ci vide più dalla ragione e gli sbalzò contro. Klaus se lo aspettò e fu più veloce del fratello nello spingerlo contro la corteccia di un albero.

Briony corse subito da loro e con ira piantò le unghie nel braccio martoriato di Klaus. Subito questi gridò fortemente e lasciò andare la presa dal fratello. Briony lo spinse a terra con forza ma l’ibridò la sbalzò lontano da lui con la sua forza sovrumana; la ragazza sbatté i ginocchi sull’asfalto ma non badò al bruciore perché la sete di vendetta gridava di essere saziata fino all’ultima goccia. La luce dentro di lei, la scintilla vitale di Ylenia, sembrava sul punto di esplodere.

Finn invece aveva tentato di sferrare al fratello dei colpi ma erano stati tutti intercettati. Klaus era molto più forte di lui e ora il maggiore dei Mikaleson era a terra con la bocca sanguinata.

“Se ci tieni a fare una brutta fine allora sarò felice di accontentarti.” ruggì Klaus in preda all’odio.

“Non ti darò un’altra occasione per uccidermi.” rispose Finn a sua volta drizzandosi in piedi. Klaus però gli ruppe il collo in un nano secondo senza scomporsi più di tanto.

“Ecco la fine che fanno i folli innamor-“

Ma non finì la frase che Briony gli balzò addosso sulla schiena, stringendogli la presa sul collo allo scopo infatti di romperglierlo. Klaus ringhiò cercando di strattonarsela via ma Briony reggeva con determinazione.

“Eh no bambolina. Non ti farò avere la meglio su di me.” In uno sbalzo di furia gettò Briony a terra cogliendola alla sprovvista, stava per assestarle un duro colpo ma un urlo lo fermò istintivamente.

“Briony!”

Con la coda dell’occhio, Klaus scorse Caroline correre verso di loro con sguardo shockato. “Klaus, lasciala andare subito!” gli ordinò lei.

Con un ringhio di stizza, l’ibrido fece ciò che la vampira gli aveva chiesto e liberò Briony dalla sua presa. Lei comunque lo spinse via durante quel gesto, non ancora disposta a sottomettersi. Si rialzò col respiro affrettato, aiutata dalla sorella che continuava a guardare Klaus con shock.

“Che cosa diavolo pensavi di fare?? Non ti è bastato uccidermi il fidanzato, ora mia sorella!”

“E’ stata lei a cominciare, sweetheart.” si giustificò Klaus con noncuranza mentre Briony gli lanciava sguardi d’odio.

“E’ meglio che tu abbassi la cresta chiaro? Hai osato fin troppo bambolina e con me il gioco dura poco.” Mormorò Klaus con voce diabolica.

Briony storse la bocca per nulla impaurita. “E mi metterai a tacere così come fai sempre con i tuoi fratelli? Loro sono stanchi di vivere a discapito delle tue minacce, tutti noi lo siamo!”

“La mia famiglia la comando io. Se non ti sta bene, stanne fuori.” replicò Klaus gelidamente, sparendo all’improvviso dalla loro vista.

Caroline allora fece un sospiro di sollievo mentre Briony era piena di delusione dell’essere uscita sconfitta da quello scontro. Ma purtroppo era senza armi… priva di poteri… come poteva inventare qualcosa per farla pagare a quel bifolco? Elijah non vedeva il pericolo reale perché si rifiutava di credere che Klaus fosse un mostro. Doveva salvarlo da quella fiducia malriposta, salvare tutti loro da quel pazzo.

Guardò Finn ma la sua condizione non era grave, si sarebbe svegliato entro poco. Anche lui aveva cercato vendetta, proprio come lei.

“E’ meglio che ce ne andiamo di qui.” disse Caroline ad un tratto.

“E Finn? Non possiamo lasciarlo qui per strada.”

“Me ne occupo io. Tu intanto anticipami al Grill. Ho bisogno di un drink forte.”

<< A chi lo dici >> Pensò Briony fra sé e sé.

 

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Al Grill c’era poca gente per fortuna quindi Briony poteva starsene buona e in pace a bere un drink. Ma non aveva voglia di fare neanche quello, continuava a girare la cannuccia dentro il bicchiere, pensando a come uscire da quella situazione drastica.

Senza l’appoggio di Elijah poi era come nuotare in un mare sconosciuto che abbatteva violentemente le onde su di lei. Di solito affrontavano ogni genere di situazione insieme, bella o brutta che fosse, ma in quel caso purtroppo era diverso… la sensazione di sentirsi sola arrivò prepotente ma la allontanò quando finì il drink in un sorso.

“Affoghi i dispiaceri nell’alcool? Benvenuta nel club!”

Briony allora si girò sorpresa. Vicino al bancone di fianco a lei c’era Damon e pure Stefan.

“E voi.. voi che ci fate in giro?” domandò lei circospetta.

“Ormai tutti sanno che i Mikaelson sono vivi quindi è inutile restare nascosti.” disse Stefan.

“E poi io non ho alcuna voglia di rinunciare al mio solito Bourbon per la fifa che mio fratello prova di continuo.” replicò Damon invece col solito sorrisetto.

“Si tratta di precauzione, Damon.” sottolineò Stefan alzando gli occhi al cielo.

“Fate come volete. Ma tenete gli occhi ben aperti. Klaus è uscito fuori di senno.” mormorò Briony a bassa voce.

“Niente che già sappiamo. E’ pazzo dal giorno in cui è nato.” replicò Damon finendo il suo drink.

“Questa volta la situazione è seria, ha già ucciso due innocenti e chissà quanti altri ne ucciderà.”

“Pensi sia un pericolo?” domandò il minore dei Salvatore facendosi scuro in volto.

“Lo è da sempre Stefi! Noi avevamo il modo di farlo fuori ma la signorina perbenista qui presente e il suo uomo d’onore ci hanno proibito di fare mosse false, a meno che non volessimo vederci i cuori strappati dal petto!” Proruppe Damon lanciando a Briony un'occhiata di fuoco ma lei si stava già immergendo in ricordi del passato.

“Intendi.. l’incantesimo che Bonnie ci aveva esposto.. l’essicazione?” domandò dubbiosa.

“Bingo! Ma ora come ora è impossibile metterlo in atto.”

“Forse no.. “ borbottò Briony fra sé e sé fissando un punto qualsiasi davanti a lei.

“Ci stai offrendo il tuo aiuto?” Stefan come al solito faceva il gentile mentre Damon il mascalzone.

“Attento Stefi. L’ultima volta che glielo hai chiesto ci siamo trovati Elijah in versione strappa cuori e lancia matite in casa nostra, e voglio evitare visto che in primis lui se la prende sempre col sottoscritto.”

“Ma Elijah non è stupido... deve capire che Klaus è un pericolo pubblico e non può gironzolare come nulla fosse dopo quello che è successo.” aggiunse Stefan in maniera sicura. Intanto il Grill si stava già svuotando.

“Purtroppo Elijah ha subìto un trapianto di personalità totale e non capisce di cosa può essere capace il fratello.” disse Briony con un sospiro.

<< O forse lo capisce ma non vuole mettersi al suo pari livello >> pensò fra sé e sé ma la voce di Stefan la riportò alla realtà.

“Tu Briony sei molto forte.. più forte di noi.. se avessimo il tuo aiuto potrebbe anche funzionare.” Ovviamente i Salvatore non sapevano che lei aveva perso i poteri ma Briony comunque rimase in silenzio. Damon invece lanciò l'ennesima occhiata fulminante al fratello:

“Sul serio le stai chiedendo il suo aiuto??”

Briony questa volta intervenne:

“Non avere pregiudizi Damon. Vi ho negato il mio aiuto la scorsa volta perché volevo mantenere unita la famiglia di Elijah, ma Klaus è diventato una minaccia reale per la sua stessa famiglia. Per tutti noi. É ora di darci un taglio e fermarlo. Direi quindi di comunicarlo a Bonnie e non perdere altro tempo.” disse sicura e senza tentennamenti, tanto che sembrò convincere Damon perché infatti brindò:

“Finalmente l’ibrido cattivo verrà messo fuori gioco!”

“Puoi ben scordarti una simile idea.”

A quelle parole glaciali Damon quasi si strozzò col drink. Briony invece sentì un artiglio di ghiaccio scivolarle sù e giù lungo la schiena, facendole venire la pelle d’oca. Cominciava ad avere paura senza ancora sapere di cosa.

Ma l’avvisaglia era ben chiara visto che un gelo la invase in tutta la sua scia: Elijah le passò a fianco senza darle la benché minima attenzione e tenendo lo sguardo gelido fisso sui Salvatore. Era fatale e temerario, impossibile da vincere.

“Elijah, è la soluzione più ragionevole lo sai.” mormorò Stefan cercando di placare gli animi.

“La soluzione più ragionevole invece sarebbe strapparvi il cuore solo per semplice fatto di aver minacciato un membro della mia famiglia.” rispose subito Elijah in maniera pericolosa. Briony stava in piedi stentando a respirare, e ogni volta che guardava il profilo dell'Originario il cuore sobbalzava. Deglutì per mantenere la calma mentre Damon fece come al solito una delle sue battute per salvarsi la pelle.

“Un fratello però pazzoide e che cerca di ucciderci tutti! Dovresti rivedere le tue prerogative.”

Lo sguardo di Elijah si rafforzò nel ghiaccio.

“E’ una cosa che non vi compete. Chi oserà provocare la morte di uno dei miei fratelli la provocherò io a lui, intensi?” Chiaramente convincente. Non si muovere una mosca, nessun battito.

Elijah fece un passo minaccioso verso i due vampiri, lo sguardo glaciale.

“Sono stato abbastanza chiaro questa volta? Non amo ripetermi.” Quel sibilo freddo e trattenuto non creò alcun equivoco, infatti Damon cercò di sorridere nella sua solita maniera.

“Cristallino!”

Briony era rimasta paralizzata da quel gelo, mentre Damon prese per le spalle il fratello minore.

“Ora togliamo il disturbo. Vieni Stefi!” E in fretta e furia i due se la filarono alla velocità della luce.

Quando rimasero soli, Briony sentì quasi il rintoccare del cuore che si sprofondava a terra. Aveva il respiro mozzato, gli occhi bassi solo per non scorgere l’espressione che dipingeva il viso di Elijah rivolto a lei in quel momento. Ma non vi era odio, rabbia, delusione come altre volte in cui avevano litigato… c’era solo un vuoto incolmabile… e lei soffriva di più nel vedere quel vuoto che ogni altra possibile emozione. Lo temeva e ne soffriva.

“Tu non capisci…” mormorò poi cercando davvero di fargli capire il suo bisogno.

Elijah tenne alto lo sguardo austero. “Io non ti capisco.. ma vedo che tu neanche ascolti quello che ti dico. Ti ho solo chiesto tempo, tempo e fiducia. E tu complotti insieme ai Salvatore invece?” L’altra frase fu un sibilo agghiacciante.

Briony ebbe un sobbalzo: sapeva che Elijah non aveva mai avuto fiducia nei Salvatore e disdegnava ogni possibile alleanza… ma in quel caso era necessario per vincere.

“Quello che tu chiami complotto è un tentativo per sopravvivere.” rispose lei decisa alzando finalmente lo sguardo.

Elijah scrutò per un attimo i suoi occhi mantenendo un’espressione decisa; poi sospirò trattenendosi:

“Comprendo il tuo dolore per la morte di Ylenia, ma se metterai in atto questa catena di eventi non ci sarà mai una fine. Klaus ha ucciso Ylenia. Tu ucciderai Klaus. E io e Rebekah uccideremo il suo assassino.”

Quelle parole gelide la colpirono pur sapendo che non doveva averne timore. Più che altro la ferì quella amara verità… la vendetta non portava a niente, solo ad altro sangue sparso sulle strade. Ma lei si sentiva in dovere di far giustizia a Ylenia dopo tutto quello che l’amica aveva fatto per lei.

“Mi uccideresti davvero?” domandò con un lieve sorriso.

Anche lui le sorrise, ma molto più freddamente.

“Sai che non lo farei, questo no.” Furono le sue parole inequivocabili. Elijah sapeva ben dannare una persona che aveva amato ma da cui era stato ferito. Lei ne aveva subìto gli artigli molte volte, finendo insanguinata dentro e fuori.

Capì allora su quale cammino tortuoso stava camminando… Elijah non avrebbe mai potuto ucciderla.. ma se lei avesse ucciso Klaus, per qualunque ragione, tra loro non sarebbe mai stato più come prima… lo avrebbe ferito irrimediabilmente e lui alla fine l’avrebbe allontanata, non sopportando nemmeno più la sua vista.

“Ma non mi guarderesti più con gli stessi occhi.” mormorò lei più che altro a se stessa. Se lei avesse ucciso Klaus, avrebbe perso Elijah. A quella prospettiva sentì una lama trapassarla da parte a parte, infierendo più volte su di lei.

Lui infatti non negò. Sviò semplicemente lo sguardo, che era diventando più livido.

“Non puoi chiedermi di accettare una cosa del genere… Klaus è il fratello che più ho amato quando ero umano.” disse lui con turbamento.

Lei allora istintivamente si infervorò.

“Roba di mille anni fa! Ti sei dimenticato che vi ha rinchiusi tutti dentro delle bare, che vi ha lasciati marcire lì dentro? Quando Connor ti teneva in pugno alla festa lui non ha mosso un dito per difenderti!” L’angoscia del ricordo di quegli attimi atroci rendeva alto il volume della sua voce.

Ma Elijah fu subito pronto a intervenirle contro:

“Era sotto il controllo di quel dannato stregone, altrimenti avrebbe reagito. Niklaus non condannerebbe mai la sua famiglia.”

Lei allora lo guardò sconsolata, con dispiacere per il fatto che lui tenesse così tanto alla sua famiglia da essere quasi cieco. Non si rendeva conto che Klaus non meritava un fratello nobile e onesto come lui?

“Tu ami una persona che non esiste più.”

Elijah sorrise amaramente nella sua maschera di ghiaccio.

“Forse sono ingenuo a concedere alle persone delle seconde occasioni. O forse sbaglio a giudicare delle persone migliori più di quanto non siano.” Nell’ultima frase la guardò di sfuggita prima di voltarsi, ma le bastò quel semplice sguardo per farsi fermare il cuore.

Come al solito temeva il suo giudizio, quasi per lei fosse sacro. Forse perché lui aveva sempre definito la sua compassione un dono, una virtù umana da portarsi in eterno. Non vedendola più nei suoi occhi, sembrò che Elijah stentasse a riconoscerla o a ammirarla come sempre in segreto aveva fatto.

Lei allora sospirò…. Forse era vero che anche lei non era migliore delle persone che la circondavano, ma la sua causa era ben diversa e più importante di tutto.

“Non puoi criticare questa mia scelta… ti sono sempre stata accanto, anche soffrendo ogni tipo di dolore che un essere umano può provare. Io ho bisogno di te in questo momento.” sussurrò col cuore in mano, che veniva quasi dominato da lui.

Elijah spostò tutto il corpo verso di lei. “E cosa ti aspetti che io faccia esattamente a riguardo?” domandò freddamente ma con provocazione nella voce.

Lei parlò istintivamente senza mezzi termini:

“Il tuo appoggio. Da soli non potremmo mai farcela e nessuno te lo recriminerebbe visto che ti sei spesso macchiato le mani.”

Quando finì di parlare, e dopo aver scorto l’espressione di Elijah, Briony capì realmente quale torto gli aveva arrecato ingiustamente, ferendolo come una lama affilata. Lui ovviamente non dava a dimostrarlo, gestiva le sue emozioni col contagocce.

Ma Briony ormai lo conosceva così bene da interpretare le espressioni del suo volto di ghiaccio, il modo in cui spostava gli occhi e come serrava la mascella.

Da codarda temeva di scoprire la delusione che gli stava infliggendo.

"Non intendevo.." mormorò sbattendo le palpebre.

"So cosa intendevi.” replicò lui automaticamente in maniera vuota.

Forse Elijah sapeva ma non era vero… lui si era spesso macchiato le mani di sangue ma sempre per una data ragione, mai ingiustamente.. anche lui aveva commesso degli atti feroci e ancora adesso ne portava il rimpianto... sottolinearlo così senza importanza e per farsi appoggiare era da ipocriti e da crudeli.

Il colpo finale, quello più autentico, era stato quando lei gli aveva chiesto di appoggiarla nell’uccidere Klaus, suo fratello…. Come era potuta a giungere a una simile meschinità? Elijah non l’avrebbe mai fatto… si sarebbe ucciso lui stesso prima di fare una diavoleria del genere…

Ricordò le sue parole. “Non ucciderei mai mio fratello, Briony. Qualunque sia la sua colpa.” E non lo avrebbe mai fatto… nemmeno per amor suo.

Briony sentì le spine pungerle la gola mentre stava per parlare. L’unico appiglio per non farsi sottomettere era combattere per le sue scelte, anche se si sarebbe infranta il cuore.

“Ho sbagliato a parlare così ma quello che hai in mente di fare tu non ha il minimo senso.” Si giustificò lei sorpassandolo per tornare a respirare. Quello sguardo glielo vietava.

Apparentemente il corpo di Elijah non si mosse durante lo spostamento di Briony, ma il suo braccio destro lo fece eccome: la ragazza si sentì afferrare all’improvviso da una forza stritolante e fu costretta a girarsi.

Anche lo sguardo invalicabile di Elijah contribuiva a paralizzarla, finendo così dentro la sua morsa. I loro sguardi sembrarono schiantarsi, nel silenzio i loro pensieri si fusero tra loro senza tanto bisogno di parole ma inquietarono allo stesso modo.

Briony dopo qualche secondo uscì dal suo stato di sorpresa e spostò via il braccio di Elijah: “Non ti rendi conto di quanto Klaus sia fuori dai binari? La mia vita e la tua è in pericolo!”

Il viso inespressivo di Elijah ebbe un guizzo:

“Perché avete fatto andare le cose troppo oltre. Ho visto nel vicolo il corpo di mio fratello che stava per rivenire, dopo l’ennesimo scontro suppongo.” Il tono glaciale con cui lo disse la costrinse ad abbassare lo sguardo.

“Non ho chiesto il suo aiuto, Finn è comparso da solo. Anche lui la pensa come me.”

Sentì Elijah fare un lieve sospiro e allontanarsi di un passo, come se fosse stanco di proseguire quella conversazione. Quando lei sollevò la testa per parlargli, Elijah aveva lo sguardo perso in lontananza.

“Può apparire mostruoso ma se le cose fossero invertite, se ci fosse Caroline al posto di Klaus, tu gliela avresti già fatta pagare.”

A quella provocazione Elijah voltò lo sguardo verso di lei, letale.

“Forse l’avrei fatto.” Replicò lui in tono monocorde e sguardo vuoto.

Lei allora deglutì, sentendo un pugno che incideva su di lei.

“E io magari sarei stata al tuo fianco perché ho anteposto persino la mia famiglia a te.” Ed era sbagliatamente vero.

La risposta di Elijah però la prese in contropiede: il suo viso si contrasse maggiormente, i suoi occhi si fecero più scuri come dei pozzi neri:

“Ma non te lo avrei mai chiesto.”

Il suo tono restò distante quanto il suo sguardo, freddo e gelido, come la stretta che si era racchiusa attorno al cuore di Briony.

Certe volte è l’amore che uccide più di quanto faccia l’odio. Di nuovo quei sentimenti si stavano tramutando in una lama pronti a colpirli al cuore.

Lei lo aveva ferito... lo aveva ferito più di quanto avesse mai fatto.. la delusione per la sua richiesta egoistica si rifletteva sugli occhi glaciali di Elijah, e lei ne fu così tramortita da volerlo fermare per trattenerlo vicino a sé.

Ma come era successo a lui, nemmeno lei riuscì a farlo. Forse le mani di Briony furono troppo lente o forse non c’aveva provato con tutta se stessa, ma alla fine Elijah le diede le spalle e se ne andò via senza dire una parola.

Briony rimase a fissare il punto in cui l’uomo che amava se ne era andato… ma non aveva dimostrato di amarlo in quel frangente, aveva pensato solo a se stessa e alla sua vendetta.

Se le parti fossero state invertite, forse lei non li avrebbe ostacolati nel fermare una Caroline omicida e fuori di testa. Ma ucciderla lei in prima persona? Ce l’avrebbe mai fatta? Mai. Probabilmente avrebbe regalato a Elijah l’ennesimo schiaffo se glielo avesse chiesto.

Briony si sentì quindi morire nel pensare a quanto la famiglia per Elijah fosse importante, quanto veniva prima di tutto... E lei stupida voleva metterlo contro suo fratello, anche se pensava fosse la cosa giusta... ma per uno come Elijah non lo sarebbe stata.

Briony finì per andarsene col tormento in volto, chiedendosi cosa diavolo dovesse fare.

Le ferite sembravano non estinguersi mai.

 

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Briony non era mai stata in Francia, e andarci per seppellire un’amica era alquanto strano. Ma almeno quello si sentiva in dovere di farlo: Mystic Falls non era la casa di Ylenia, Orleans era il suo passato e dove aveva vissuto con sua sorella. L’unica sua vera casa.

C’erano due tombe davanti a Briony, una vicina all’altra. Aveva fatto seppellire insieme le due sorelle Léfevre, proprio come doveva essere. C’era voluto l’intervento del potere mentale di Finn affinchè ciò avvenisse ma andava bene così.

Briony si girò appunto per incrociare lo sguardo di Finn, il quale stava contemplando la tomba di Ylenia. Quell’Originario era di carattere molto chiuso e lei lo conosceva poco ma poteva intuire quanto stesse soffrendo interiormente. Aveva il viso scavato, pieno di ricordi e tormenti.

Briony sospirò. “Eravate riusciti a chiarirvi.. prima di..?”  La parola le si mozzò in gola mentre Finn alzò il mento cercando di trattenere ciò che lo assillava.

“Avevamo messo una pietra sopra al passato.. per non dover più rinfacciarci gli antichi errori al quale mi sono sempre arrancato… speravo però che potessimo…” Non riuscì nemmeno lui a terminare la frase e abbassò lo sguardo. Briony allora lo fissò con tristezza mentre lui ritrovò la forza di riparlare. “Ma non c’è stato il tempo.. forse questa è solo una scusa perché avrei potuto provarci di più e fermare prima il mio rancore.. si vede che non era destino.” disse amaramente.

“Che tu ci creda o no… lei ti amava sul serio. Non ha salvato i Mikaelson solo per me ma anche per te.. in precedenza ti aveva lasciato andare credendo che così fosse meglio per entrambi... una tattica che anche io ho usato ma non è servito a molto.” Mormorò Briony sinceramente.

Finn si scurì la voce, calciando via un sassolino per far finta che il dolore non ci fosse. “L’ultima volta che l’ho vista è stato quando ci ha aiutati a ritornare in vita. Io sono sempre stato il più debole e lei mi è sempre stata a fianco, non lasciandomi mai solo in quei momenti.. tra la debolezza acuta ricordo i suoi occhi neri e tristi fissi su di me.” La sua voce era malinconica mentre ricordava.

Si portò una mano al viso quasi per scacciare un’emozione nascente. “Fin dall’inizio il suo aspetto fisico mi aveva affascinato e catturato come in un sortilegio. E sembrava riaccadere in quei momenti..  come se fossi rinato due volte.”

Briony ascoltava in silenzio, provando profonda empatia per il suo dolore.

“L’ultimo contatto che ho avuto con lei è stato quando mi sono completamente risvegliato.. e lei mi ha sfiorato delicatamente la fronte, continuando a guardarmi, mentre io stentavo a comprendere che stesse succedendo..” Scosse la testa. “Avevo mille domande per la testa ma rimasi zitto per tutto il tempo a contemplarla. Anche quando lei improvvisamente se ne andò, per non tornare mai più.” Rispose alla fine cupo.

“La ami ancora?”

Ci fu un attimo di tentennamento. “Credo di non aver mai smesso di farlo… nonostante tutto.” disse in un soffio.

Briony gli sorrise poi depose una rosa sulla tomba dell’amica. Non c’erano date iscritte sulla lapide; Ylenia aveva vissuto tanti secoli senza averli mai assaporati per davvero.

Ad un tratto il viso di Briony si scavò. “Cosa pensi di fare ora?” domandò a Finn restando inginocchiata.

“Non perdonerò mai Klaus ma ho spesso provato a ucciderlo e non è servito a nulla… forse mi sentirei meglio a cavargli il cuore ma cosa ne ricaverei dopo? Ylenia rimarrà sotto terra.. tanto vale che Klaus viva un’eternità abbandonato da tutti… è quello che merita.”

Briony sospirò. “Io sono ancora convinta che debba pagare con la vita… ma chi sono disposta a ferire e cosa disposta a perdere in cambio?” Ricordò il volto deluso di Elijah nell’ombra dei suoi pensieri. “Elijah non mi perdonerebbe mai e io non potrei vivere senza.” Purtroppo il bivio era ben delineato e la scelta una sola.

<< Scusami Ylenia >> pensò tristemente. Klaus meritava la morte ma lei era troppo malata d’amore per andare fino in fondo alla sua vendetta, perché questa avrebbe ferito mortalmente chi più amava.

Malgrado tutto le fuoriuscirono delle lacrime. “Credi che mi perdonerà?” La sensazione di deludere Ylenia era forte e asfissiante. Quasi non sentiva più risplendere la sua luce dentro il petto.

Finn però le sorrise sincero. “Certo. E poi Ylenia non fa fare il lavoro sporco agli altri. Sicuramente ovunque sia starà orchestrando un malocchio contro Klaus!”

Briony sorrise piano e si alzò sentendo in quel momento diminuire il fardello sul cuore. Quasi più serena prima dell’ultimo addio. Guardò la lapide di Ylenia non permettendo a se stessa di bagnarsi il viso di lacrime perché sapeva che la strega non avrebbe voluto piagnistei al suo funerale. Tipico suo, voleva dimostrarsi sempre forte.

Briony diede le spalle alla tomba, camminando per il cimitero. Finn era rimasto di fronte alla lapide con sguardo provato, tra sensi di colpa e rimpianti. Poi alla fine anche lui le diede l’ultimo addio. Si voltò e si diresse nella direzione di Briony; si incamminarono per andarsene e all’ultimo lei si voltò per guardare la tomba dell’amica in lontananza.

L’avrebbe ricordata per sempre.

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Quel tasto era troppo dolente per essere premuto di nuovo, ma Briony decise di rischiare e di riprovarci, anche se le sarebbe costato l’ennesimo sguardo glaciale di un certo Originario.

Stava a casa Mikaelson aspettando trepidante e col cuore in gola che lui rientrasse. Doveva farsi capire e ricucire quello strappo che stavano creando al loro rapporto.

Fuori era fine estate e quindi poteva permettersi di indossare un mini abito dal tessuto sottile, ma si sentiva comunque il ghiaccio nelle vene.

Aspettò poco perché all’improvviso nel salone comparve proprio Elijah, sempre con la sua solita eleganza. Portava un completo nero con sotto la camicia bianca. Subito il cuore di Briony scalpitò per quella visione, e al solo pensiero di poterlo perdere quel muscolo rischiava di sfracellarsi.

Elijah le diede un’occhiata fugace come una carezza gelida, poi andò al tavolo dei liquori per versarsi da bere. “Com’è andato il viaggio?” domandò lui distaccato, non alzando lo sguardo.

“Lungo e stancante.” rispose lei sospirando e avvicinandosi. Elijah si voltò verso di lei, facendo tintinnare il bicchiere sul palmo.

Briony si inquietò per quello sguardo illeggibile ma si avvicinò comunque: “Avevi ragione.” Disse velocemente alzando una mano.

Elijah allora si girò completamente verso di lei pronto ad ascoltarla. “Sono ancora convinta che Klaus sia un enorme pericolo ma anche se riuscissi a ucciderlo, ti perderei.”

L’Originario nel mentre teneva un’espressione controllata ma rigida. “E non voglio che questo succeda..” finì di dire Briony guardandolo fisso.

Elijah voltò allora leggermente lo sguardo serio, umettandosi le labbra. “Come faccio a sapere che non sono solo parole vuote e che appena uscita non farai esattamente il contrario?”

Briony cercò di guardarlo negli occhi nerissimi. “Devi fidarti di me.”

Gli sguardi rimasero sospesi tra loro per diversi secondi, in silenzio. Briony gli prese la mano fredda, lui non reagì. “Non potrei mai ferirti in questo modo.” Gli sussurrò lei.

Elijah stava per risponderle ma furono interrotti da Rebekah, che entrò a passi spediti nel salone. “Non indovinerete che cosa ha fatto quel pazzo di Kol!”

Elijah si liberò subito dalla presa di Briony e lei così lo fissò di sottecchi. “Cos’altro ha combinato?” domandò lui alla sorella, che scalpitava come una pazza. “Ha voluto vendicarsi di Nik perché crede ancora che lui c’entri con ciò che è successo alla festa! Anche se l’idea non è partita dalla sua mente pazzoide.” L’Originaria guardò quindi Briony col fiatone. “Briony, la tua emotività a volte supera persino la mia.”

La ragazza rimase di sasso dalla confessione della vampira. Che diavolo c’entrava lei adesso?

Elijah aveva corrugato la fronte nel guardare la sorella. “Spiegati meglio.”

“Kol ha privato a Nik definitivamente dei suoi ibridi, proprio per farlo imbufalire.”

A Briony le si mozzò il respiro per quella successione di eventi.

Lei infatti aveva detto che Klaus avrebbe sofferto veramente solo se avesse perso i suoi dannati ibridi… e quel pazzo di Kol doveva averla presa in parola.

“Ha ucciso Elena?” domandò in un soffio soffocato.

“Beh veramente… l’ha trasformata in vampiro, così da far ricordare per l’eternità a Nik cosa ha perso.”

Briony si sentì aggrovigliare lo stomaco e tutto il suo essere in subbuglio. Dannata lingua lunga e dannata emotività.

Kol non era un 100 in quanto a furbizia e se lei si fosse stata zitta, se avesse represso il suo desiderio di vendetta… forse ora Elena sarebbe viva.

“Mio dio…” sussurrò sgomenta con gli occhi sgranati. Elijah si voltò verso di lei ma rimase in silenzio; anche quando lei si andò a sedere su un divano tenendosi una mano sulla pancia, come se temesse di svenire. Il volto in pena e incredulo.

Briony in seguito non udì suoni o movimenti attorno a lei perché era troppo occupata a vedersela coi propri sensi di colpa… possibile che tutto attorno a lei si sgretolava, che quando pregava di morire nessuno veniva a farlo ma la falce della morte invece mieteva altre vittime a lei care?

John era morto per niente e lei non aveva mai mantenuto la sua promessa perché troppo occupata a preoccuparsi dei propri problemi. Lacrime di tristezza si affacciarono sui suoi occhi e si portò una mano alla bocca per non esternare i suoi lamenti.

Se ne stava da sola a contemplare ciò che aveva fatto: aveva trattato la povera Jennifer in un modo ingiusto, costretto Elijah a fare una scelta tra lei e suo fratello, e ora a causa della sua istintività Elena era morta.

D'altronde era troppo difficile essere all’altezza dell’essere perfettamente buoni e nemmeno lei lo era stata, anche se presumeva di esserlo.

Sembrava che qualcosa le stesse risucchiando tutto, lasciando posto solo alla colpevolezza. E solitudine.

Quando Elijah congedò la sorella e si avvicinò al divano sopra al quale era seduta Briony, non fu affatto sorpreso dell’espressione persa e addolorata che dipingeva il suo volto, nemmeno dalla sua immobilità, e neanche di quale fosse la fonte del peso che le piegava le spalle.

Vedere come quel peso le precipitava addosso, provocò in lui della tristezza nonostante si sforzasse ad apparire distaccato e nonostante la sua fredda armatura. Ma tutte le difese del mondo non avrebbero retto contro il sussurro di Briony, nato dal cuore spezzato.

“Mi dispiace.”

Elijah dopo quello si sedette lentamente vicino a lei, guardandola rammaricato e non sapendo come alleviare quel peso che le gravava addosso. Poteva anche essere ancora ferito ma gli dispiaceva; proprio perché aveva sempre sperato che almeno lei sarebbe stata lontana dal male, dal lato oscuro che consumava ogni genere di animo, anche quello più puro, finendo quindi per affogarlo dai rimorsi. Di certo una simile speranza non poteva vivere a Mystic Falls ma lui ci aveva sperato comunque, per lei.

Allungò un braccio lentamente verso Briony per sfiorarla e per farle capire che avrebbero superato anche questa. Non appena Briony sentì la mano di Elijah, uscì dalla sua immobilità e si aggrappò velocemente al petto del vampiro, versando calde lacrime e tenendosi stretta a lui.

L’Originario rimase un attimo sorpreso e rigido, poichè non era affatto abituato a esternare troppo le sue emozioni o a concedere tanto di se stesso. Ma per lei faceva sempre un’eccezione.

L’accolse tra le braccia, in una promessa muta di conforto. “Lo so.” Le disse sui capelli, accarezzandoglieli con la mano.

Briony si accucciò sul suo petto, respirando a fatica. “Lo so” non “Va tutto bene” o altre frasi di circostanza. Con quelle poche parole riuscì a impedirle di cadere quando attorno a lei tutto si sgretolava.

Briony si spostò poi piano, restando a sguardo basso. “Non sei costretto a consolarmi visto che sei ancora arrabbiato.” Mormorò timorosamente.

Elijah alzò elegantemente il sopracciglio. “Rabbia? Non credo che questa emozione mi appartenga. Al massimo te la faccio pagare.”

Lei sorrise mentre lui aveva ripreso la sua maschera di pacatezza.

“Dicevo sul serio prima… su Klaus. Non potrei mai arrecarti una simile delusione.” Disse lei guardandolo.

Lui rimase a fissarla in silenzio senza esternare i suoi pensieri, mentre lei si umettò le labbra. “So che le mie intenzioni ti hanno deluso molto. Ma ora non saprei che altra prova darti se non la mia parola.”

“Non serve.” rispose Elijah alzandosi dal divano. Lei lo seguì perché sapeva che lui intuiva sempre tutto dall’espressione del viso, dal modo in cui sfuggivi ai suoi occhi o da un semplice battito cardiaco.

Elijah però si mise di fronte a un tavolo picchiettandoci sopra con le dita. Dopo quel secondo passato a pensare, lui si voltò verso di lei con sguardo così profondo da immergersi in esso. “E’ una situazione critica, Briony. E mi sta fuoriuscendo dalle mani.” Era la prima volta che lo vedeva così tormentato mentre voltava il viso, come per nasconderle ciò che albergava in esso.

Ma Briony lo conosceva bene, più di quanto lui pensasse.

“Lo so.. lo so. Pensavo che si sistemasse tutto dopo il massacro alla festa.. tu eri vivo e io non chiedevo altro. Ma sembra che i problemi ci perseguitino ovunque.. anche in situazioni in cui vorremmo che ci fosse un po’ di pace. Io non riesco a rimanere calma, mi sembra di scoppiare.. e tu...” si bloccò quando stava per parlare del vampiro che aveva di fronte, perché non voleva affossarlo pure per le sue paure e angosce. Si morse il labbro mentre la stanza scese uno strano silenzio immobile.

“Alcuni problemi sono insormontabili.” Disse Elijah all’improvviso abbassando lo sguardo livido. Poi lo girò verso di Briony: “Voglio solo che tu stia attenta. Continuare a farti del male non ti renderà immune al dolore.”

Lei rimase allora a guardarlo sorpresa, come se lui quelle parole ben sapeva cosa significassero perché c’era passato. In un modo diverso e più letale.

Briony si avvicinò di più fissandolo dolcemente. Sembrava che quel loro rapporto totalitario scandagliasse l’amore nelle sue vette più sublimi e nel male più buio. Ma quel peso ormai non faceva più male.

E loro erano ancora lì, dopotutto, insieme.

“Quindi…” gli sussurrò prendendogli la mano per alleggerire la tensione. “Non me la vuoi far pagare?” domandò fintamente innocente e lui ricambiò con un sorriso affascinante.

“Devo pensarci.” Rispose profondamente, prendendo con l’altra mano un bicchiere di cristallo mezzo pieno.

Briony gli sorrise di rimando cingendolo per le spalle. “Non credere di essere così imbattibile però.. ho rinunciato per la questione di Klaus, non perché temo per la mia vita, ma solo per te. Quindi non dovresti sottovalutarmi.”

Lui continuava a scrutarla con i suoi occhi attenti; nel bere un sorso non li staccò mai da quelli di Briony. Fece un mormorio:

“Ma potrei soggiogarti. Sbaglio o qualcuno ha perso i suoi poteri?” mormorò fintamente minaccioso, facendo roteare ancora il bicchiere contro il volto.

Lei invece sbattè le palpebre, sentendo comunque un brivido per quello sguardo magnetico. “Non lo faresti mai perché non è onorevole privare qualcuno della sua libertà di scelta, e comunque questo è un altro discorso.”

Lui le sorrise leggermente con occhi stuzzicanti, e lei allora fece per dargli un colpo sul petto per farlo smettere con la sua altezzosità. Ma lui la deviò prontamente, afferrandole il braccio e facendole fare una mezza giravolta. Il corpo di Briony gli finì contro il suo petto, e lei si sentì mozzare il fiato non aspettandoselo proprio: il braccio le era stato incastrato contro il petto, sentiva il respiro gelido di Elijah sull’orecchio… ed era riuscito comunque a mantenere il drink intatto nell’altra mano. Stupefacente.

“Sei troppo prevedibile.” Le sussurrò lui provocatorio all’orecchio.

Lei per la stizza si divincolò ma non riuscendo a non sorridere. “E tu sei arrogante.” gli rispose tornando a essere l’uno di fronte all’altro. Ma durante quel gesto Briony fece scontrare per errore la mano di Elijah contro il suo petto e così facendo il drink si riversò sulla sua giacca elegante.

Elijah restò per qualche attimo a contemplare con sguardo serio il fattaccio che era successo. Briony rimase invece con gli occhi sgranati.

Oh oh. Mai rovinare un completo o i capelli di Elijah Mikaelson. Lui che era sempre così impeccabile.

Briony taceva, il liquore continuava a scendere a gocce e macchiare quella giacca costosa. Alla fine Elijah alzò leggermente lo sguardo su di lei, fissandola di sottecchi.

“Scusami, te la ripulisco.” Mormorò lei quasi con noncuranza anche se quello sguardo prometteva guai.

Lui invece dopo un pò le rivolse un’occhiata ilare. “Ti libererò da questa incombenza, anche perché non ti ci vedo a ripulire i miei abiti. Sono un po’ intollerante in queste cose.” Replicò calmo ma nascondendo male il sorriso mentre si girava per prendere un fazzoletto.

Briony invece rise. Era da troppo tempo che non rideva in quel modo; dopo la morte di Ylenia si era persino dimenticata il suono della risata, credendo di non poterlo creare mai più. Elijah l’aveva risollevata anche in questo, l’aveva salvata in tutti i modi in cui una donna può essere salvata.

Alla fine nemmeno le ore più buie potevano distruggere l’amore.. loro ne erano la prova.

Gli si avvicinò guardandolo dolcemente e allacciandogli le mani al collo. Lui rimase in silenzio di fronte a lei a contemplare il suo viso con perfetta disinvoltura.

“Sei la persona più nobile che conosca” gli sussurrò lei, fissandolo per fargli capire che in lui non c’era solo del fascino o della bellezza immortale. “Proteggi tuo fratello nonostante ti abbia ferito e deluso, ma perché gli vuoi bene. Ti prendi cura di me, anche quando mi sembra di essere sola o procuro problemi, ma comunque non ti sei mai arreso nel difendermi. Dai a tutti seconde possibilità, cosa che nessun altro farebbe perché hai speranza che possano essere migliori di così. Molte persone non sono orgogliose di essere innamorate di qualcuno, perché ci trovano sempre dei difetti o perché hanno paura di ciò che provano. Io invece sono orgogliosa di esserlo.”

Elijah l’aveva fissata per tutto il tempo con un bagliore negli occhi che andava a intensificarsi, rendendolo magnifico, come se le parole di Briony oltrepassassero la sua corazza mettendo a nudo ogni crepa.

Lui poi le fece un sorriso quasi minaccioso. “Cosa ti fa credere che ti ho davvero dato una seconda chance?” domandò non spostandosi di un millimetro.

“Lo so e basta.” Replicò lei sicura. Ed era vero, a Elijah era bastato vedere e sentire la sincerità del suo cuore per capire che non mentiva; quanta nobiltà d’animo possedesse nonostante ciò che di brutto le era successo.

Briony appoggiò il viso sul suo collo, abbracciandolo di più per riunire di nuovo le loro anime tormentate.

Lo sentì poi accarezzarle i capelli e cingerla leggermente. L’Originario appoggiò il viso fino quasi a far aderire le loro guance.

In quell’abbraccio Briony si ricompose, si ritrovò, senza di lui non sarebbe nulla ormai.

Dopo quel momento infinito Elijah si staccò piano, lo sguardo su di lei con gli occhi chiusi, le mani che le accarezzavano delicatamente il viso. Di nuovo Briony sentì la completa alchimia fra loro, come se stessero fondendo non solo le loro anime, i loro corpi ma anche i pensieri, i più tortuosi e problematici pensieri per combatterli assieme. E dopo quel momento la pace ritornò.

Si staccarono definitivamente e Briony indietreggiò. “Vado a cambiarmi.” Disse lui fissandosi accuratamente la giacca e sistemandosela più che poteva. Briony finì per sedersi: “Io mi rilasso un po’ qui, queste notti sono state un vero inferno.”

Elijah le sfiorò delicatamente la guancia con la punta delle dita e stette per congedarsi; ma poi all’improvviso si voltò, restandole comunque di spalle.

“Non volevo che ti vendicassi solo per il bene di Klaus.” mormorò a bassa voce. Briony restò in guardia stando in ascolto, mentre lui rimase livido:

“Non volevo che il senso di colpa e i rimorsi ti distruggessero in seguito. Uccidendo Klaus non avresti ottenuto nulla se non la sua morte e di tutti i vampiri che ha creato. Poteva anche essere per una giusta causa ma si tratta sempre di assassinio. E quando ti lasci dietro dei simili atti ti possono venire strappate le cose più importanti che ti rendono umano. Se la morte perde significato, l’esistenza diventa un tormento tangibile che perdura in eterno. Alla fine non resta più nulla.”

Quelle parole vere e tetre colpirono Briony più di quanto si aspettasse. Rimase immobile col cuore che pompava veloce per quella dichiarazione che sapeva dell’amore più altruista e nobile che il mondo avesse mai visto.

Semplicemente lui non voleva che lei si sporcasse le mani, che diventasse una cosa che odiava e che avrebbe rimpianto per sempre… lui ammirava le sue virtù e prima di tutte la sua generosità. Perché ormai aveva vissuto abbastanza da sapere quanto fosse rara quella qualità. E non voleva che Briony fosse privata della vera se stessa.

Lei lo guardò con dolcezza, non sapendo proprio cosa dire per ringraziarlo e per fargli capire quanto fosse importante ciò che lui aveva detto. Ma quando Elijah stava per voltarsi lei si fece  assalire da un campanello d’allarme. “E…” disse propendendosi verso di lui. “Per quanto riguarda Klaus?”

Non voleva ritornare su quell’argomento spinoso ma era ovvio che l’ibrido fosse pericoloso.

Elijah si voltò. “Ci penserò io a lui, non devi preoccuparti. Gli farò praticamente imporre di darmi l’opportunità di vivere come voglio, a me e ai miei fratelli.”

“Vuoi dire” sussurrò lei maliziosa “Che sarai libero di girare il mondo, di strappare i cuori alle donne e di far vedere a tutti i signorotti che contano quanto sei elegantemente impeccabile?”

Lui le fece un sorriso misterioso. “Quasi.” E poi se ne andò dal salone.

Briony aveva scherzato prima, ma così su due piedi non pensò quale fosse la vera opportunità che Elijah avrebbe chiesto al fratello.

 

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Sentiva l’acqua scrosciare dentro il bagno. Briony si era rilassata per una mezz’ora, cercando di far riposare la mente; si sentiva tutta indolenzita per essersi stiracchiata troppo sul divano. In quel momento stava cercando Elijah e da alcuni rumori si intuiva che fosse in bagno.

Istintivamente entrò, trovandosi di fronte uno spettacolo che aveva già idealizzato nella mente, ma vederlo coi propri occhi era un vero spettacolo della natura. L’acqua riempiva la vasca situata tra due blocchi di marmo, e dentro l’acqua vi era Elijah. Evidentemente voleva ripulirsi come si deve.

Lui accorgendosi di lei si voltò nella sua direzione: la testa era sul poggiatesta, il petto ampio e ben delineato era in bella vista, e non c’era molto spazio per l’immaginazione. Elijah le rivolse un sorriso distratto e lei gli venne vicina con uno malizioso.

“Quando dicevi che ti dovevi pulire, non credevo in termini così ampi.” esclamò ironica.

Elijah a sua volta allargò gli angoli della bocca e sviò lo sguardo. “Non mi sembra di commettere un crimine.”

“Un crimine sarebbe bagnare quei bei capelli.”

Briony si sedette sul bordo della vasca, continuando a guardare quel dono di madre natura: non era solo esteticamente bello, era molto di più…. Era così affascinante da poter conquistare chiunque semplicemente non facendo nulla.

Fece scorrere distrattamente la mano sull’acqua. “Prima non sono riuscita a dir niente prima perché mi hai completamente spiazzata. Sei davvero un mistero.”

“Dove sarebbe il fascino altrimenti?” proruppe lui non muovendosi.

“Ma accennavi anche te stesso in ciò che hai detto.” Briony non voleva demordere anche se si sentiva troppo tentata da quella visione. “Tu ti vergogni di alcune cose commesse nel tuo passato, ma ciò che sei ora è più importante… perché per quanto tu ti sia sforzato non hai potuto nascondere il buono che c’è in te, e io lo so che c’è.” Gli mormorò accarrezzandogli il braccio muscoloso.

Elijah questa volta la fissò, finendo dopo qualche secondo per drizzare il busto verso di lei e tenendo le braccia sui bordi della vasca. Briony tentava di guardarlo unicamente in viso ma sentiva un languore cocente che si espandeva in tutto il suo essere. Perfino il modo in cui il corpo di Elijah muoveva l’acqua era eccitante.

“Intendi restare lì?” le domandò lui con voce così suadente da farla fremere. Le venne l’acquolina in bocca nell’averlo così vicino. Nudo perfino.

Lei non riuscì a resistere e si propese verso di lui per depositare le labbra sulle sue. Il vampiro non si mosse, nemmeno quando lei lo baciò piano una seconda volta. Briony sentiva il suo sapore deliziarla come un vino prelibato e lei ne fa catturata letteralmente, proprio come se fosse una dipendenza.

Lui questa volta agì e le restituì il bacio; anche le sue mani si mossero visto che andarono sui fianchi di Briony e l’afferrò contro di sé. La ragazza si sentì così trascinare proprio dentro la vasca e le uscì una risata mentre l’acqua la bagnava a spruzzi.

Eluijah le mise una mano sulla guancia abbassando il viso verso il suo e tornarono a baciarsi. Lui però si staccò troppo presto per dirle: “Ora dovresti uscire altrimenti ti prenderai un malanno.”

Sembrava un consiglio saggio ma figurati se lei accettava. Briony con un sorriso sicuro si sedette bene sopra di lui, mettendosi a cavalcioni, e si tolse di dosso il vestito. Elijah la cingeva, rimanendo a fissare penetrante i suoi gesti. Briony poi si tolse il reggiseno e tornò a baciarlo; gli si strusciò contro mentre si impegnava anche a far scivolare via gli slip.

Elijah le accarezzava spasmodicamente la schiena mentre lei si spostò per baciargli il viso e le spalle, e si mise poi comoda su un fianco contro il suo petto marmoreo. Elijah le cinse infine la spalla, guardando un punto davanti a sé.

L’acqua scrosciava fra i loro corpi mentre qualche goccia tintinnava fuori dal rubinetto. Briony si accovacciò su di lui, sentendosi in pace.

“Stavo pensando..” disse mettendogli una mano sul petto. “Che appena finita questa brutta storia potremmo andarcene.. Mystic Falls è la nostra casa ma è un luogo nefasto. E visto che siamo entrambi immortali potremmo ricominciare da capo e lasciarci alle spalle tutte le cose brutte che ci sono successe.” Ripensò a Ylenia ma cercò almeno in quel momento di scacciare la tristezza.

Lui le rispose con un mormorio e incominciando ad accarezzarla sù e giù in un braccio. Briony sentì allora un’elettrica vibrazione passare su di esso e tremò.

“A che pensi?”

Elijah scosse impercettibilmente la testa per dire che non era nulla, ma lei si alzò piano col busto andando a cingergli la vita con una gamba per poi mettersi sopra di lui, quasi all’altezza dell’inguine. Se il suo cuore galoppava impazzito, Elijah comunque rimase immobile contro lo schienale a sguardo alto.

Lo guardò: “Ti senti stressato dopo che sei ritornato dalla morte vero? L’ho percepito.”

Elijah non rispose, continuava a esternare una calma apparente. Briony comunque era certa su ciò che diceva perché aveva notato un repentino cambiamento… come se lui dovesse convivere con la sua natura dannata in maniera più insistente e insidiosa. In fondo affrontare la morte non era una cosa facile. E lei non voleva che lui si portasse dentro l’ombra fatale del suo gelo.

Cominciò a toccargli il petto marmoreo per infondergli calore, la sua vicinanza. Lui rimaneva apparentemente impassibile dopo la sua domanda; come al solito evitava gli argomenti che potevano scottarlo.

La mano di Briony andò più giù, i suoi occhi fissarono trepidanti le sue mosse per poi posarsi sul volto di marmo del vampiro. Sentì il cuore battere impazzito.

Gli toccò il volto, tenendo a freno il desiderio: “Sei davvero un mistero su tutti i punti di vista ma voglio sul serio capirti.”

Lui allora si chinò lentamente su di lei, guardandola in un modo fin troppo profondo da soggiogarla.

“E’ davvero necessario?” le domandò a pochi centimetri dalle sue labbra e accarezzandole il collo.

<< In effetti no >> pensò lei nel momento esatto in cui lui appoggiò le labbra sulle sue, aprendole delicatamente. Briony da subito sentì un forte capogiro, forse a causa dell’ambientazione, ma non si diede modo di pensare a nulla perché troppo concentrata sulle sensazioni che solo lui le provocava.

Gli intrecciò le mani ai capelli, approfondendo il bacio in cui le loro lingue sembravano darsi la caccia a vicenda e stringersi insieme. E misero dunque da parte le fastidiose conversazioni senza troppo rammarico.

Lui aveva ricominciato ad accarezzarle la schiena, stringendola sempre di più a sé mentre lei in un impeto gli morse il labbro e si scontrò maggiormente col suo bacino:

“Direi proprio che mi hai sul serio perdonata.” Gli sussurrò maliziosa mentre lui le sorrise ilare, portando le mani al suo viso e ritornando a baciarla: “Ne sarai sicura solo quando avrò finito con te.”

Il freddo dell'acqua ormai non importava perché Briony sentiva una fuoco trapassarla; ogni volta che lui la toccava per lei era come una liberazione e un desiderio inesauribile prendeva il sopravvento su tutto.

Mentre le loro labbra si muovevano in sincrono, Briony provò un deliziosissimo brivido provocato dalle mani di Elijah che si erano avvicinate pericolosamente alla sua coscia.  Così con cautela avvicinò la punta della lingua sui suoi denti, afferrandogli i canini col labbro inferiore. Si strusciò contro di lui, alzandosi di poco e facendo rimanere sospeso quel momento fin troppo intimo.

Elijah si bloccò un attimo temendo di farle del male, e del sano buon senso gli impose di scostarsi da quella presa dominante, ammonendola chiamandola per nome. Briony si arrese controvoglia ma doveva intuire che bere il suo sangue già due volte era una macchia sull'onore per lui.

Però quando le labbra di Elijah trovarono il lobo del suo orecchio, finendo poi giù, dimenticò quel piccolo imprevisto e gemette.

Come a imporle un'ulteriore trepidazione lui cominciò a lasciarle dei piccoli e delicati morsi sulla linea del suo collo, senza però affondarvi dentro con i denti. Il cataclisma che si abbatté su di lei fu comunque intenso.

<< Che bastardo >> pensò fra sé e sé mentre lui mandava avanti quella tortura. Entrambi sovraeccitati, con le pelli che si mandavano scosse elettriche al minimo tocco.

Briony gli strinse di più i capelli fra le dita mentre il cuore galoppava nel petto nel sentire l'erezione di Elijah premere contro il suo bacino. Lo voleva, lo voleva con tutta se stessa e il desiderio a lungo andare fu quasi una dolente tortura.

Elijah le stava accarezzando una gamba dentro l'acqua finendo poi per accarezzarle la linea dei fianchi, provocandole insaziabili brividi a causa del gelo delle sue mani bagnate. Continuava a perdurare in quei piccoli morsi e lei stava quasi per sciogliersi dentro la sua stessa pelle. Ansimava col respiro spezzato che divenne più mozzo del solito quando Elijah la fece issare di più sul suo bacino, facendo scontrare maggiormente i loro corpi.

I loro occhi ricolmi di desiderio irrefrenabile si schiantarono l'uno contro l'altro, l'animo di Briony si accese ancor di più e gli baciò il viso con bramosia:

"Non sarebbe meglio spostarci sul letto?" gli sussurrò tra un gemito e l'altro.

Lui all'improvviso si bloccò, fissandola in maniera misteriosa. Lei fece lo stesso, sentendo continui fremiti per quello sguardo. Per un momento si chiese che cosa volesse fare.

E lui come risposta le cinse la schiena con un braccio, sollevandola appena e penetrandola in un solo colpo. Briony sentì una scarica così forte che dovette aggrapparsi alle spalle di Elijah per non urlare dall'eccitazione. "Vuoi ancora raggiungere il letto?" le mormorò lui a bassa voce contro le sue labbra e rimanendo dentro di lei.

Briony non ebbe il tempo di abituarsi a quel senso di pienezza, che lui subito penetrò dentro di lei in un secondo affondo più forte. A Briony si mozzò il respiro, le sembrava che lo stomaco avesse avuto una fitta fino a farla pulsare. Non riuscendo a tenere bada quell'eccitazione si aggrappò a un bordo della vasca, reggendosi; mentre lui aveva cominciato ad addentrarsi dentro di lei, stringendola possessivo a sé, con movimenti più uniformi che le diedero comunque la testa, tanto da inclinare la schiena all’indietro tra continui ansiti. Elijah si accinse quindi a distribuirle un seria di baci sul collo che le fecero ribollire il sangue e impazzire fino al limite.

Avrebbe dovuto darsi un freno e calmarsi, perché mentre lei stava godendo delle gioie della vita magari qualcun altro stava morendo e perché in fondo era ancora in lutto per la morte di Ylenia. Ma in quel momento non riusciva proprio a badare alla realtà. Ogni volta che lui la toccava, la baciava o la possedeva non pensava a nient’altro se non lui; e sperava che quei momenti non avessero mai una fine. Era unicamente vittima dell’ebbrezza che le provocava la sua vicinanza, impossibile tenere a bada l’eccitazione in una situazione del genere.

Il respiro di Briony era sempre affrettato, così come i battiti del cuore e riuscì a non soccombere a quel violento desiderio perché fece di nuovo aderire i loro corpi, pregandolo di continuare con i movimenti delle mani e i continui sospiri.

Elijah la teneva stretta per la schiena, quasi affondandoci con le dita; anche il suo respiro si era fatto ansante sulla sua spalla. Briony insinuava le mani nei suoi capelli fino a scendere per le sue spalle e giù fino alla schiena, come per godere di come sentiva guizzare quei muscoli sotto le dita.

Quando sentì una potente pulsazione, Briony non riuscì a resistere e dovette alzare di più il busto contro il petto di Elijah per schiacciare l’urlo nell’aria pesante e sovraccarica.

In mezzo alle vertigini del piacere, Briony percepì un movimento dell’acqua e poi sentì la mano di Elijah accarezzarla dal collo fino a sù ai capelli. Le sue labbra sembrarono prendere la stessa direzione e di nuovo ne fu estasiata. Briony gemette debolmente e si abbassò di nuovo contro il suo bacino, mentre le loro labbra avevano cominciato un bacio profondo e vorace che allontanava tutti i problemi che si erano schiantati sul loro rapporto.

Il braccio di Briony si alzò fino ai capelli di Elijah e lui si chinò per baciarne avidamente la carne della parte superiore. Il desiderio fu talmente incontrollato che Briony gli si strinse di più, fondendosi in un tutt’uno che infatti si mossero l’uno dentro l’altro all’unisono dentro l’acqua.

In quel momento i loro visi erano vicini e di fronte all’altro, facendosi invadere dai loro respiri spezzati. Con gli occhi chiusi sembrarono dimenticare ciò che succedeva fuori al mondo esterno; erano troppo presi dalle emozioni che stavano catturando e imprigionando i loro cuori in una dolce armonia.

Elijah ad un tratto si propese verso di lei per baciarla di nuovo, le mise una mano sui capelli e la spinse all’indietro contro lo schienale.

Il gelo della vasca contro il calore che si sentiva nel corpo contribuì a rafforzare le sensazioni che sfociavano in lei in una adrenalina potentissima.

Briony appoggiò la nuca al poggia testa con un sospiro mentre Elijah la sovrastava completamente col suo corpo marmoreo fino a farla sentire intrappolata. Il cuore di lei sprigionò battiti accelerati in confronto ai movimenti lenti che Elijah aveva intrapreso ancora dentro di lei, così lenti e calmi, come se avesse tra le mani un tesoro prezioso.

Le fuoriuscirono dei sospiri di piacere e allungò di più la testa all’indietro. Le labbra di Elijah sembravano raccogliere ogni goccia d'acqua presente nel suo corpo e parvero lasciare al posto del gelo un fuoco dirompente che la incendiava.

Se era un peccato farlo in un momento del genere, Briony era ben felice di commetterlo. Perchè anche se lo era, si sentiva beatamente in pace in quel mondo ricolmo d’inferno.

In seguito il lento scorrere delle labbra di Elijah lungo il suo collo le trasformò il sangue in un liquido incandescente, che fluì nel seno fino a giù nel basso ventre facendola bruciare di passione. Si premette di più contro di lui, avvolgendogli la schiena con le braccia, e poi istintivamente Briony aprì gli occhi verso il basso. Erano quasi accecati ma riusciva a vedere come il corpo magnifico di Elijah si muoveva contro di lei in una movenza affascinante e persino elegante. Un simile dono di madre natura doveva essere illegale.

Il cuore le esplose dentro il petto e tornò ad alzare la testa, richiudendo gli occhi. Schiava di quel piacere non riusciva a non stringersi a lui per sentirlo meglio dentro di sé, mentre lui continuava a tenere affossato il viso sul suo collo e a non smettere di farla sua. I loro respiri ormai non si contavano più dal che gran che erano frequenti.

L’acqua era da pelle d’oca ormai ma nessuno dei due se ne rese conto, presi da quell’estasi da cui vennero inebriati.

 

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Elijah era comodamente seduto su una poltrona a sorseggiare un drink con espressione vagamente annoiata; le gambe erano allungate sul poggiapiedi e sembrava non avere nessun pensiero per la testa. Eppure ce lo aveva, e ben più di uno. Per questo era lì ad aspettare una persona per chiudere una questione importante, una volta per tutte.

Ancor prima che la presenza richiesta si materializzasse, lui ne udì i passi col suo udito sopraffino. “Buonasera Niklaus.” Disse con la sua solita freddezza.

L’ibrido invece manteneva il suo passo arrogante ma sembrava trascinarsi lungo il corridoio, come se un grosso peso gli gravasse sulle spalle. Appariva ammalato anche se era impossibile per un Originario ammalarsi; il pallore sul viso di Klaus però era evidente così come le profonde occhiaie. Non si era neanche degnato di pulirsi del sangue sulla sua giacca e nei pantaloni.

Elijah tuttavia gli diede una fredda occhiata senza badarci troppo.

“Vado subito al dunque, non ho intenzione di tergiversare.” disse col suo solito tono diplomatico mettendo via il bicchiere e incrociando le gambe.

Klaus ebbe comunque la forza di sorridere fra quell’espressione mezza devastata.

“Dimmi pure Elijah, elargiscimi pure le tue richieste e esponi i tuoi dubbi. Quale fratello lo negherebbe?” domandò lui con uno strano tono, mettendosi a sua volta seduto su una sedia.

Elijah fece un movimento impercettibile con la testa. “Farò in modo che Connor venga cancellato sulla faccia del pianeta così potrai riavere indietro la tua libertà.”

“Questo si chiama ragionare. Sapevo di poter contare sul tuo aiuto.” esclamò Klaus soddisfatto.

Elijah non si scompose e l’ibrido continuò a parlare. “Non augurerei questo tormento neanche al mio peggior nemico. E’ un duro fardello da sopportare.”

“Beh hai sopportato ogni genere di tormenti in questi mille anni, saprai affrontare anche questo per il tempo che impiegherò a uccidere a Connor. Ma in cambio… te ne andrai.” Disse Elijah improvvisamente guardandolo fisso negli occhi senza alcun tentennamento per quella richiesta. Klaus a suo avviso non sbattè nemmeno le palpebre, come se se lo aspettasse.

“Pensi che sarà così facile? Tu mi aiuti a disfarmi di Connor ma in cambio mi vuoi fuori dalla tua vita e quella della tua bambolina?” domandò lui fintamente calmo e indicandolo con l’indice.

“Non ti voglio fuori dalla mia vita, Niklaus. Voglio solo che certi episodi incresciosi non si ripetano più.” Replicò Elijah in tono freddo guardando un punto basso del pavimento. Poi tornò a fissare il fratello. “E desidero anche che tu non comandi più a bacchetta la vita dei nostri fratelli. Si meritano la vita che vogliono loro, non quella che vuoi tu per loro.” Mormorò questa volta in tono più serio, riferendosi anche a se stesso mentalmente.

Klaus in risposta gli fece un ghigno mentre Elijah manteneva la sua pacatezza non mostrando apparentemente alcuna emozione.

“Sei cambiato Elijah.. anche tu ti sei fatto ingannare dalla magia dei sentimenti? Non ti credevo così stolto. Queste sono robe per persone poetiche come Finn e Rebekah. Kol lasciamolo perdere perché vede tutto quanto come un gioco e dopo la sua ultima bravata…”  Klaus serrò le labbra per smontare l’ira che lo stava invadendo. Cercò di riprendere il controllo, sviando lo sguardo in un punto qualsiasi della stanza.

“Ma tu mi hai fatto una promessa, Elijah. Mille anni fa ricordi? Sulla tomba di nostra madre. Always and Forever. O te ne sei dimenticato?”

“Sei tu che ti sei dimenticato il valore di quella promessa.”

“Ma a dispetto tuo sono ancora qui a voler riunire la nostra famiglia, come una volta.” Replicò Klaus guardando questa volta Elijah, il quale teneva sempre un’espressione calma in viso.

“Sei disposto a perdere tutto questo, Elijah?” lo incalzò di nuovo per far leva sul suo senso della famiglia. Il problema era che Klaus non capiva che la famiglia si basava su radici solide come unione, sincerità, lealtà, sacrificio… parole che lui ormai non conosceva più.. la buona volontà non bastava. Comunque il moro decise di optare per il silenzio.

Klaus intanto si era messo alcune dita contro le labbra a sguardo alto, come se stesse pensando fra sé e sé. “Sai a volte mi chiedo se c’è qualcosa di più importante dell’onore per uno come Elijah Mikaelson. Niente direbbero alcuni. Ma ti conosco come le mie tasche ormai, caro fratello.” Mormorò soave fissandolo in maniera furba. “E quindi la mia risposta alla domanda è… sì, credo di sì.” Finita la frase prese il cellulare dalle tasche, sempre con quel sorriso furbetto.

Elijah fissava le sue mosse con perfetta calma, ma tenendo alta la guardia perché capiva che Klaus aveva in mente qualcosa. Decise però di mantenere il controllo e aspettare la mossa del fratello, che infatti si alzò dalla sedia venendo verso di lui; giocherellava col cellulare come se stesse cercando qualcosa. “Sai la tecnologia è un vero tesoro. Ti sembra di vivere una realtà anche solo vedendola attraverso lo schermo di un cellulare. Magnifico.” cinguettò l’ibrido mostrando poi al fratello il proprio cellulare. “Ti garba questa visione?”

Elijah guardava incerto lo schermo del telefono, non sapendo dove il fratello volesse andare a parare. Forse era davvero pazzo.

Ma mettendo più a fuoco la vista e stringendo gli occhi, notò che quel congegno gli stava mostrando un video. Il panorama era quello di Mystic Falls senza dubbio, infatti in lontananza si vedeva il Grill. E in primo piano a destra, c’era una ragazza che stava camminando verso l’auto. La riconobbe all’istante e subito serrò il viso per la sorpresa e per un orrendo dubbio. Cercò comunque di non far trapelare alcuna emozione e di rimanere vigile, mentre Klaus lo guardava con un ghigno beffardo.

“E’ il mio fedele Tony quello che sta filmando. Si trova appena a due passi dalla tua bambolina. Ci metterebbe un attimo a strapparle il cuore con un bel paletto, e lei ora è tutta sola e indifesa. Un grande peccato.”

Il sorriso di Klaus però svanì in un istante perché fu sbalzato a velocità potentissimo contro il tavolo, che quasi si sfracassò per il colpo. Elijah lo teneva in pugno, serrandogli il colletto della maglia con le dita che si erano quasi trasformate in artigli. L’espressione era terribilmente diabolica e minacciosa; gli occhi gli mandavano lampi gelidi.

“Che cosa hai intenzione di fare?” sibilò lui lentamente tenendolo sotto di sé.

Non era riuscito a mantenere il controllo e a restare immobile. Quella minaccia reale era stata troppo per lui ed aveva reagito senza neanche rendersene conto.

Klaus però non mostrava alcuna paura per quella situazione. “Credo che sia ovvio no? Entro dieci secondi darò il mio ordine a Tony affinchè uccida la tua bambolina sotto i tuoi stessi occhi.” Gli mormorò per nulla rammaricato. “A meno che tu non voglia tornare indietro suoi tuoi passi.. 10, 9, 8..”

Elijah lo fissava trattenendo la furia, gli occhi erano sospettosi per quella strana richiesta. “7, 6… Ehi ti consiglio di fare in fretta perché il tempo è tiranno. 5, 4..”

Elijah rimaneva immobile e in silenzio con sguardo micidiale. Gli occhi invece saettavano contro il cellulare: l’ibrido si stava avvicinando e Briony gli dava le spalle intenta a cercare le chiavi nella borsa. Alla prospettiva di ciò che sarebbe potuto accadere il cuore gli si strinse in una morsa ferrea. “3,2..”

“Fermalo.” Mormorò Elijah con tono durissimo. Klaus però rimaneva immobile con un sorrisetto stampato in faccia. Il moro lo scosse, trattenendo a stento la pazienza. “Fermalo.” sibilò di nuovo.

Klaus questa volta portò il cellulare all’orecchio. “Tutto a posto, Tony. Per ora è tutto.”

E con enorme sollievo Elijah vide l’ibrido passare dritto e Briony voltarsi con un’occhiata distratta verso di lui, incurante del pericolo che aveva appena corso. Ma adesso era salva.

A Elijah sembrò di poter respirare di nuovo. La facoltà di farlo gli era stata negata dal momento in cui Klaus aveva iniziato quel perfido timer, facendogli così stringere la gola. La stretta attorno al cuore si allentò un poco ma comunque ci rimasero dei segni indelebili.

Con un sospiro lasciò andare il fratello con un scossone mentre questi si rialzava tutto soddisfatto. La tentazione di dargli un pugno era tanta ma Elijah cercava di mantenere il controllo il più possibile per capire meglio le intenzioni del fratello e su come fare per vincere contro di lui.

Si mise anche lui dritto e guardava il fratello con fredda severità. “Che cosa vuoi? Parla chiaramente.”

“Io?” domandò Klaus innocentemente. “Voglio che torniamo ad essere una famiglia. Senza inganni e distanze. Voglio che siamo uniti. Ma soltanto noi, non sono ammessi membri esterni.. soprattutto se questi membri esterni non mi piacciono e sono un pericolo per la mia vita.”

Elijah serrò il viso. “Briony non..”

“La tua bambolina è una seccatura pericolosa e una spina nel fianco. Non permetterò che ti rammollisca in maniera definitiva, e per di più è da tantissimi anni che do la caccia a quelli come lei… perderei la faccia se la accogliessi a braccia aperte nella mia famiglia.”

“Nessuno te l’ha mai chiesto.” replicò Elijah in maniera glaciale.

“Ancora con questa storia che io debba andarmene? Credo che dovrete tollerare la mia presenza.” mormorò Klaus a sua volta con tono arrogante.

Elijah continuava a fissarlo con severità austera mentre l’ibrido con un sorriso beffardo, quasi non temesse per niente il fratello perché lo conosceva troppo bene.

Sembrava che Klaus fosse arrivato al punto limite della follia e dal momento che non poteva avere ciò che amava, faceva quindi del male alle persone che amava. Credendo follemente di essere nel giusto.

“Sai… non voglio sempre far la parte del fratello crudele perché davvero lo faccio per il tuo bene. Quella lì non va bene per te. Rebekah cerca sempre affetto da chiunque e tu l’hai cercato in una persona sbagliata, in un nemico mortale. Non può finire bene e lo sai... Il nero è il colore dell’amore nei vostri cuori.” Sussurrò lui con fare provocatorio come se sapesse di avere ragione.

Elijah contrasse duramente la mascella, quasi si sentisse sul serio colpito da quelle affermazioni, sfreccianti come frecce. Klaus ricaricò la dose: “Tu credi di essere l’unico che può veramente proteggerla ma questa è solo un’illusione. La cosa peggiore per Briony Forbes sei tu.”

Il moro teneva una postura dritta ma era solo una montatura, così come la sua espressione gelida.

Per tanto tempo l’aveva pensato.. che la stesse privando di una vita migliore, o di una luce che avrebbe illuminato le sue giornate prive di male.

A volte purtroppo fai cose che non ti rendi nemmeno conto di poter essere capace… forse quelle parole erano vere, ma il punto fondamentale era che lui credeva appunto di non poter essere capace d’amare, di aver ormai smesso di credere in quel sentimento da secoli e secoli… e invece era accaduto il contrario. Proprio grazie a lei.

Elijah fece una smorfia, distogliendo lo sguardo che sembrava inabissarsi dentro se stesso. Sfortunatamente non credeva nemmeno che Klaus potesse arrivare a tanto, ma decise di giocare un’ultima carta prima della fine.

“Dimostrami tu che sei disposto davvero a riconciliarti con la nostra famiglia. Che non ripeterai lo stesso errore.”

“E cioè? Potrei anche fare il bravo con voi ma cosa ti fa pensare che risparmierò la tua bambolina?” domandò Klaus mettendosi faccia a faccia con lui.

“La risparmierai perché ti sto chiedendo di farlo.” rispose l’altro senza remore. “Come tuo familiare, come il tuo unico fratello che è disposto ancora a crederti, ti chiedo di darmi questa possibilità di sentire, di provare affetto..” ripetè quelle parole provenienti dal fondo del suo animo umano che stava rinascendo. Klaus rimase ad ascoltare serio e così Elijah finì: “di amare.”

Era una prova difficile da superare soprattutto per degli animi oscuri come i loro... perché dopo i lividi che gli altri avevano arrecato ai loro cuori, uno dei due voleva rischiare ancora. Nonostante i numerosi pericoli e l’incertezza di un futuro roseo. L’amore in fondo è pericoloso come la fune che ti tiene sospeso a mezz’aria.

Ma Elijah aveva già superato quelle sfide, rimanendo anche fulminato a sangue e tradito per giunta, però era disposto ad andare avanti, non rinunciando. Ma mettendo prima di tutto la salvaguardia e il bene della persona che amava. Questo era amore.

Quella sincera richiesta però fu smontata in un lampo da Klaus. “Avevi già provato a intraprendere quella strada con Katerina e ti sei messo contro di me.. perciò lo stesso sbaglio io non lo faccio due volte.”

Elijah serrò il viso, ovviamente offeso per quel rifiuto. All’improvviso l’ibrido prese dentro la giacca un lungo pugnale d’argento e lo mostrò trionfalmente al fratello, il quale a suo credito non si scompose. “Lo riconosci? E’ uno dei pugnali che Kol mi aveva rubato.. ma dopo ciò che ha fatto a Elena ho deciso di darmi più da fare nella ricerca e così li ho ripescati per tenervi buoni.”

Si avvicinò di più al fratello maggiore puntandogli contro il pugnale. Elijah continuava a rimanere fermo con sguardo vuoto. “E se tu e Briony vi concederete di passare l’eternità felici e insieme… io perseguiterò lei.” Quella minaccia fu come uno scoppio a polvere da sparo. Elijah abbassò lo sguardo, non emettendo fiato.

“E come tuo familiare, la mia causa sarà che tu non conosca neanche un attimo di felicità.” Mentre Klaus pronunciava quelle parole diaboliche picchiettava il pugnale contro il petto di Elijah, ma lui sembrava far finta di niente anche se interiormente faceva leva sul suo autocontrollo per non cedere in un attacco, che comunque non sarebbe servito a nulla.

Klaus dopo aver finito rivolse al fratello un’occhiata vittoriosa, come se sapesse di averlo in pugno. Elijah poi sollevò lentamente le palpebre, non mostrando praticamente nulla di ciò che doveva provare. Elegantemente tirò via il pugnale: “Questa tua follia ha a che fare con Connor?” domandò con il massimo della calma.

“Mi dispiace ma proviene da me. Ho sempre voluto la bambolina fuori dai piedi visto che è un pericolo, e dopo quel tiro che mi ha rifilato ai danni di Elena, suggerendo quell’ingiustizia a Kol... credo di non poter fare altrimenti che dannarle la vita.. a meno che io non abbia la tua parola che la lascerai definitivamente perdere e ti comporterai da vero fratello.”

Elijah gli fece un sorriso assolutamente glaciale. “Certo.” Mormorò più che altro a se stesso. “Volevo solo sentire quali scuse avresti tirato fuori per le tue ultime infamie. Sono ancora più ridicole di quanto mi aspettassi.” In poche parole gli stava dicendo che poteva benissimo tenersi quel marchio mentale e diventare un verme ai piedi di Connor. Lui se ne sarebbe lavato le mani.

“Attento Elijah. Io ho molte persone al mio servizio. I miei ibridi rimasti, molti vampiri, streghe, e tante altre persone di cui neanche immagini… quindi mentre io sto parlando con te, qualcuno magari sta tagliando la gola alla tua ragazza. Ma se tu ti farai da parte con lei e mi aiuterai sul serio a sbarazzarmi di Connor, io non le farò nulla.”

Elijah gli rivolse un’occhiata dura e gelida, e si allontanò dal fratello in silenzio. La mente era aggrovigliata in mille pensieri.

“Ma fai presto però. La mia pazienza è poca come ben sai e sono comunque più forte di tutti voi messi assieme. Non ti conviene metterti di nuovo contro di me per una donna.” gli rinfacciò di nuovo Klaus andandosene infine.

E lasciando Elijah, che riconobbe il tormento farsi di nuovo strada in lui e liberarsi feroce all’improvviso, non potendolo però mascherare dietro la sua armatura come aveva sempre fatto.

E alla fine a quel tormento diede una risposta.

 

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Briony era sdraiata sul letto a cercare di prendere sonno. Non era stata una dura giornata rispetto alle solite, ma si sentiva comunque indolenzita. Stava aspettando da ore Elijah ma sembrava essersi volatilizzato nel nulla; non l’aveva più rivisto da quella specie di agguato che lei gli aveva fatto nella vasca… anche se poi erano finiti anche nel letto.

Briony sghignazzò dentro di sé nel ricordare come Elijah l’aveva infine avvolta in un grande asciugamano, stringendoglielo contro il corpo quasi stesse riscaldando una bambina. Lei però l’aveva attirato a sé e non aveva cessato nel lasciarlo andare. La fine era stata ben palese.

Si sentì davvero in pace in quel momento, libera da pensieri negativi che potevano assillarla. Si portò poi le mani al petto e sentì quasi la presenza della luce di Ylenia dentro di sé. Non avrebbe sprecato quel dono, ora più che mai ne era consapevole di quanto fosse importante… avrebbe vissuto proprio come Ylenia voleva che facesse... in suo nome.

Si girò sull’altro fianco per bere un bicchiere d’acqua e quando tornò alla posizione di prima, quasi sobbalzò. Una figura nell’ombra era comparsa improvvisamente senza preavviso, ma dopo aver sfocato bene la scena si accorse che era solo Elijah: immobile come una statua ad un lato del letto accanto a lei, le mani rigorosamente nelle tasche.

“Ehi.. ti aspettavo..” gli mormorò lei, non intravedendo nell’ombra di che genere d’espressione avesse indosso Elijah. Non lo fece neanche dopo, perché lui si mise di fronte alla finestra a scrutare il cielo notturno. La luna gli illuminava metà viso.

Briony fu così stupita di quello strano e ingombrante silenzio. “Tutto bene?”

Elijah scosse impercettibilmente la testa. “Volevo godermi un po’ il silenzio.” Disse soltanto. “Non ci sono più abituato.” Si giustificò infine come se qualcosa gli urlasse dall’interno.

Briony lo fissava alle spalle non riuscendo a capire. Ad un tratto lui girò metà viso. “Però..”

Lei inclinò curiosa la testa: “Però?”

Elijah si girò completamente verso di lei, avvicinandosi lentamente. Lo sguardo rimaneva sempre misterioso. “Voglio ascoltarti parlare.” Le sussurrò con voce magnetica. “Voglio riempirmi la testa della tua voce.”

Briony rimaneva distesa su un fianco col busto alzato e con un’espressione sorpresa, mentre lui immobile e misterioso di fronte a lei. “La mia voce non ha nulla di speciale. Dovrei essere io a fare una richiesta del genere, una perfetta cura per l’insonnia.” gli rispose lei dolcemente, visto che aveva sempre amato il timbro di voce di Elijah.

Lui però non se ne curò e si sedette vicino a lei. “Credo che tu stia sbagliando.” disse misteriosamente.

“Su cosa?”

“Su di me.” Replicò lui subito. “Non credi che io non sia veramente la persona che tu pensi?”

Quella strana conversazione la stava mettendo a disagio e vedere il viso di Elijah così oscurato non l’aiutava di certo. Già di per sé le sue espressioni erano illeggibili, anche se quella sera erano unicamente ambigue. “Queste sono sciocchezze.”

“Lo credi adesso.. ma magari col tempo ti renderai conto che hai fatto una scelta sbagliatissima a scegliere me.”

Non c’era dolore o rammarico in lui.. nemmeno ironia… solo vuoto mixato a inquietudine che aleggiò intorno a loro, fino ad insediarsi dentro di lei.

“Che cosa è accaduto?” domandò Briony guardandolo bene in viso.

“Niente.”

“Bugiardo”

Un sorriso amaro: “Sono tante cose ma non quello.”

“Ehi..” Briony allungò una mano per toccargli il viso. Quasi scattò all’indietro perché era freddissimo come il ghiaccio; ma si intestardì comunque a toccarlo. “Cos’è questo pessimismo?”

Lui in una mossa si allontanò dal suo tocco, girando lo sguardo alto.

“Dovresti rivedere le tue priorità.”

Quelle frasi misteriose sembravano trapassarle come coltelli. Le mani di Briony rimasero a mezz’aria, come ghiacciate da lui.

“La mia vita con te è la mia priorità.”

Nessuna emozione colorò comunque il viso di Elijah:

“Potrebbe non essere più così.”

Vedendo che lui rimaneva invalicabile, lei si agitò:

“Spiegami che è successo? Perché ora parli in questo modo?”

Lo vide serrare il viso, quasi il collo si raggrinzò. L’Originario si impegnava a dovere a nasconderle i suoi pensieri.

“Eh no! Non sviare lo sguardo e non stare in quel cupo silenzio! Ho diritto a una spiegazione e questa volta non ti lascerò andare.” Con forza Briony lo prese per le braccia costringendolo così a voltarsi: ma lo sguardo che le regalò fu così vuoto e sconosciuto da farle paura.

Briony deglutì, in preda all’inquietudine che tentava di catturarla:

“Parlami.” gli bisbigliò dopo numerosi secondi. Ma lui non reagiva.

Lei si fece più vicina per dimostrargli la sua tenacia:

“Ti terrò qui anche con la forza.”

Lui allora sembrò riscuotersi e le rivolse un sorriso accennato:

“Sono più forte di te Briony, anche per quanto riguarda l’essere disposti a rinunciare a qualcosa.”

Quelle parole scavarono ancora la voragine che si accingeva a riaprirsi. Briony non riusciva a capire perché lui la stesse guardandosi così e perché si comportasse in quel modo. Sembrava che il cuore stesse perdendo l’orientamento.

“Noi non dobbiamo più farlo. Abbiamo una vita già tracciata davanti a noi, tra poco non ci saranno più ostacoli e non ho mai avuto più speranza come adesso.” lo rassicurò lei cercando tuttavia di rassicurare per lo più se stessa contro le parole nefaste di Elijah.

Vedendo l’amore limpido che sgorgava in quei bellissimi occhi verdi, quanto fosse determinata a non lasciarlo andare, Elijah la guardò questa volta in maniera diversa… solo che lei non sapeva se esserne sollevata o meno.

“Hai ragione, sono solo sciocchezze...” si giustificò lui alla fine riprendendo la sua pacatezza tipica.

Briony però non riuscì a convincersi.... c’era qualcosa di strano… lo percepiva proprio come uno spirito maligno che veniva a strapparle tutto ciò che amava. Ma si rifiutò di pensare a una simile idea… poiché non c’era alcun pericolo, con Elijah sapeva che non ne avrebbe mai corsi.

Poi all’improvviso lui le prese il viso tra le mani, legando lo sguardo al suo come ad un filo. Lei ne sembrava incatenata e non riusciva a liberarsi, quasi fosse tutto il frutto di un sortilegio. Gli occhi di Elijah si fecero di un nero più intenso e lei fu costretta a immergervi non solo per un semplice fascino.

 “Voglio che tu abbia una vita bellissima, il futuro che meriti.” Quelle parole profonde arrivarono ai pensieri della ragazza fino a soffocarli e piegarli così alla sua volontà. Lei però sapeva che c’era qualcosa di sbagliato...  ma non riusciva a capire cosa e le era impossibile muoversi, tanto meno formulare pensieri perché costretta a sentire solo le parole di quel vampiro.

“E lo avrai, te lo giuro.” Continuò lui.

Il petto di lei ebbe un sobbalzo: il cuore, sfuggito a quel controllo mentale, aveva causato ciò e si era per un attimo liberato da quelle catene. E la causa fu tutta dovuta a un terribile sospetto che avrebbe distrutto la sua intera vita se fosse stato reale.

Il suo cuore angosciato voleva urlare tutti i suoi battiti sfrenati ma quello sguardo glielo impediva con tutte le sue forze.

Il viso di Elijah si fece più duro: “Andrai avanti con la tua vita. Una vita in cui io non potrò esserci più.” Persino in quelle circostanze in cui lui sviluppava il suo potere di vampiro come non aveva mai fatto prima, lei non lo aveva mai visto tanto umano come in quel momento.

Appariva logorato, diviso da qualcosa che lo tormentava perché sapeva che da quella lotta non sarebbe uscito né vincitore né vinto. Sembrò dovesse anche dirle qualcos’altro ma Elijah serrò di più lo sguardo, perché forse era troppo anche per lui.

Intanto il panico per quelle parole ingiuste assaliva l’animo di Briony, che sembrò contorcersi e avere delle convulsioni in preda alla pazzia della sofferenza. Avrebbe voluto gridare, muoversi o fermarlo… ma rimaneva dolorosamente incatenata nel nero di quegli occhi, dove si sarebbe immersa per l’ultima volta. Per finire poi affogata.

Briony sentiva gli occhi bruciare dal pianto, un piccolo riflesso anche quello fuoriuscito dal controllo mentale di Elijah. Liberare lacrime sarebbe stato facile in quel momento per mostrare quanto soffrisse e si sentisse tagliata in due. L’emorragia non aveva fine, si sentiva morire in quella morsa.

Lui a sua volta le fece un triste sorriso mentre le dita le asciugavano alcune lacrime lucenti.

“E tieni lontana la sofferenza. Ha già troppo riempito i tuoi occhi.” Le mormorò in un altro ordine, che sapeva più di una dolce richiesta per poter andare avanti.

Briony sentiva una vocina dentro di sé che singhiozzava, che implorava, ma lei all’esterno pareva immobile come una statua alla mercè di quel vampiro. Solo le lacrime dimostravano quanto il tormento la lacerasse, ma ben presto anche quelle smisero di fluire a causa di quell’ordine a cui non poteva opporsi.

Elijah affilò poi il viso divenendo quasi tetro, perché sapeva che doveva andare fino in fondo: “Dimenticati che ci siamo riconciliati.. voglio che tu ritorni a ricoltivare quell’odio che anche per un solo momento hai nutrito nei miei confronti.”

La gabbia toracica non conteneva più il cuore lacerato di quella ragazza; rischiava di fuoriuscire dal petto e urlargli di guardare cosa le stesse facendo. Ma Briony rimaneva  dolorosamente immobile, succube di quell’orrendo ordine che lei mai avrebbe voluto eseguire. Forse in quel momento lo odiava, ma perché le stava facendo questo… la peggiore delle torture.

Un altro singhiozzo interiore.

Elijah intanto sembrava titubante nel lasciarla andare, le sue mani rimanevano incollate al viso di lei e non davano segno di spostarsi. Ma doveva farlo.

La guardò negli occhi un’ultima volta:

“Dormi ora.” le sussurrò accarezzandole piano la testa.

Dopo quello lei divenne apatica, facendosi avvolgere dall’oscurità e abbandonandosi al sogno che presto l’avrebbe presa. Un sogno che aveva le sembianze di un incubo.

Briony sospirò piano per tornare a respirare, ma non ne ebbe alcun sollievo. Il macigno di quell’ordine la soffocava, sul punto di ucciderla dall’interno.

Quando udì Elijah spostarsi e alzarsi dal letto, un antico istinto dettato dal cuore le fece sollevare le mani fino ad aggrapparsi al suo petto, pregandolo in quel modo supplichevole di non lasciarla.

Le mani tremavano perché si stavano ribellando agli ordini del cervello, ma il cuore voleva rimanere aggrappato a un ultimo appiglio prima di spezzarsi del tutto.

Elijah allora la fissò con un altro strano sguardo: di nuovo appariva lacerato ma era remissivo sulla sua scelta. Poteva farle del male in quel momento ma per il futuro sarebbe stato il suo bene.

Prima di farsi soccombere dall’oscurità, Briony vide qualcosa luccicare all’interno di quegli occhi neri, i quali l’avevano poco prima soggiogata. Ma durò un attimo perché lui si scansò e lei finì per chinarsi sopra al letto molto lentamente, ritornando alla posizione di prima.

Stava per chiudere gli occhi, abbandonandosi all’oscurità senza opporsi. Ma prima di farlo ebbe ancora per un momento il potere di sopraffare la mente. Riuscì infatti ad aprire un po’ le palpebre e le sembrò che Elijah stesse ancora accanto a lei, osservandola come se stesse perdendo in quel momento un pezzo della sua anima. Ma il suo volto non lo scorse perché alla fine si addormentò.

E una pace la avvolse con la promessa dell’oblio.

FINE CAPITOLO

*Cof cof* Adesso mi chiederete se non sono capace di fare i lieto fine.. beh in effetti è così, ho sempre avute tendenze maligne xD

Non ho molto da dire ma se siete voi che avete qualche dubbio non esitate a chiedere! Aspetto i vostri commenti!

Spero di non essere passata per la solita maniaca nella scena della vasca ma non ho resistito Ihih XD Perdonatemi!

Ringrazio la mia fedelissima Iansom per aiutarmi in certe scene :P:P

Per il dialogo tra Jennifer e Briony mi sono ispirata al telefilm Lost, e la frase “Molti di quelli che muoiono meritano la vita, e molti di quelli che vivono meritano la morte.” proviene dal film “Il signore degli anelli”

Dai stringete i denti perché la storia sta per finire! *Era ora ahah*. Il prossimo capitolo lo dividerò in due parti perché se no mi viene troppo lungo. Ma sarebbe quello il vero e proprio capitolo finale… quello dopo è solo l’epilogo dell’epilogo XD. E poi alla fine ci sarà un piccolo epilogo, in cui ringrazio tutti voi J

Vi ricordo di aggiungermi su Facebook! Mi chiamo “Elyforgotten Efp”. Lì metto un sacco di news sulla fanfic e altre cosette J

Questo video mi ha ispirato molto per la scena finale. Da brividi. http://www.youtube.com/watch?v=WD_SmLH-1Xo

Alla prossima!

 

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Capitolo 38
*** The Deception - 1 parte - ***


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NB: ALCUNE SCENE DEL CAPITOLO POTREBBERO SUPERARE IL RATING.

 

34 capitolo – 1 parte

 

Il corso del vero amore non è mai agevole

W. Shakespeare

 

 

 

Il panorama di fronte a Briony Forbes era sconosciuto, perfino lei si sentiva sconosciuta a se stessa. Le sembrava che qualcosa dentro di lei le mancasse, qualcosa che prima era stato indelebile e ora glielo avevano strappato contro la sua volontà. Era vuota proprio perché le mancava quel qualcosa… una privazione orribile che non avrebbe mai voluto… come lo staccarsi la carne dalle proprie ossa.

Ma quel vuoto la faceva sentire anche piena di rabbia, di rancore. I suoi occhi verdi scintillarono contro il vetro della finestra.

“Cosa conti di fare?” le domandò la vocina schietta di Chuck, il quale stava con lei dentro quella  sconosciuta stanza. “Insomma qualcosa dovrei fare oltre che crogiolarti…”

Briony sorrise mestamente: lei non si stava affatto crogiolando, stava solo aspettando il momento opportuno. “Allora?” la incalzò il nano avvicinandosi.

Lei dunque si girò. Lo sguardo appariva così indecifrabile da far paura.

“Voglio che non la passi liscia, che le sconti tutte… La promessa della sua sofferenza schiaccerà la mia.”

Chuck drizzò la schiena con espressione imperturbabile per quel tono non proprio tipico di quell’innocente ragazza. Ma le cose, a suo dire, si erano incasinate parecchio tanto da diventare surreali.

Quella era tutta una storia strana…

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MOLTE ORE PRIME

 

Il cervello non era in funzione anche se Briony cercava di farlo lavorare. Quella mattina si era svegliata tutta scombussolata, con i pensieri che vorticavano tra loro e incontrollati. Non aveva mai avuto problemi di memoria ma stentava a ricordare ciò che era successo il giorno prima.

<< Avrò bevuto troppo, come al solito >> pensò tra sé e sé.

Il dolore per la morte di Ylenia ancora scavava a fondo dentro di lei, incapace di fermarsi. Anche lì però era tutto annebbiato come se mancasse un pezzo della storia. Ma tanto cosa importava? Ylenia era morta e non c’era nessuno lì a consolarla per dimezzare la sofferenza.

Un simile calo di memoria però era strano e si disse di chiamare Caroline per chiederle se la scorsa notte avessero fatto baldoria. Quando però accese il telefono notò un messaggio non letto. Era di Rebekah.

Briony strabuzzò gli occhi cercando di ricordare l’ultima volta che aveva visto l’Originaria: anche lì buio totale... a una festa? La sera del suo compleanno? Doveva essere passato tanto tempo o sicuramente doveva ancora riprendersi da una storica sbronza.

Decise di leggere il messaggio, d’altronde Rebekah non le aveva mai fatto nulla di male, era sempre stata dalla sua parte nonostante qualche dissidio, e le voleva molto bene. Su questo era sicura.

“BRIONY VIENI SUBITO DA ME! ORA!!!”

La ragazza sbattè di nuovo le palpebre. Cosa mai era successo?

Non riuscì nemmeno a pensarci sopra che le arrivò subito un altro messaggio.

“E’ UN ORDINE!!”

“Ok ok arrivo.” Sbraitò Briony tra sé e sé, cominciando a vestirsi.

Troppo presa dai suoi pensieri caotici si ricordò che aveva dimenticato di pensare a qualcosa di importantissimo… a qualcuno in particolare che non poteva essere dimenticato… come un marchio sul cuore.

Ma non riuscì a ricordarsi quel qualcosa, tutto andò perso nel buio incessante della sua mente e dimenticò persino di averlo pensato.

Anche il suo cuore si dimenticò di battere.

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Scavi e altri scavi: profanare la sacra terra non era nel suo stile, ma Connor aveva altro a cui pensare oltre al volere della natura. Ora la storia era ai ferri corti e voleva essere lui a scrivere la parola fine, a modo suo: con l’inchiostro maledetto del sangue.

Charlotte e Willas erano andati; Briony neanche a parlarne… una che era persa dietro a un Originario non era utile ai suoi fini. Ma forse in qualche altro modo lo sarebbe stata.... con un sorriso famelico Connor raccolse ciò che aveva appena trovato.. qualcosa che era rimasto sepolto per secoli nella roccia, indistruttibile e dimenticato come una leggenda.

L’ennesimo sorriso vittorioso gli allargò le labbra crudeli mentre la sua collega strega gli porgeva ciò che gli serviva.

“Ecco mio signore.”

Gli occhi gialli di Connor brillarono nel vedere così da vicino ciò che millenni prima lo aveva aiutato nel forgiare l’incantesimo di fuoco e sangue. Le sue armi.

E alla fine tra tutti gli oggetti ripescati, prese in mano un lungo pugnale. Aveva la lama curva in acciaio splendente, fornita da decorazioni argentate nella pomellatura.

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Briony andò a casa Mikaelson a piedi. Voleva risolvere in fretta quella questione con Rebekah, o magari era meglio fuggire via subito perché intuiva che forse l’avrebbe turbata, come già stavano facendo i suoi confusi pensieri. Tuttavia non era una semplice perdita di memoria.. era come se davanti a lei ci fosse una porte chiusa e lei non ne avesse la chiave.. e anche se l’avesse avuta, qualcosa di profondo le diceva che non doveva aprirla per nessuna cosa al mondo, che doveva starle lontana.

Quella tetra sensazione prese vita quando si ritrovò davanti a casa Mikaelson: le parve che la porta di quella villa fosse la stessa della sua mente, quella che non doveva essere aperta per nulla al mondo, perché se ti inoltravi dentro di essa saresti finita dritta tra le braccia del diavolo in persona.

Presa da un brutto presentimento Briony optò per la tattica più semplice, ovvero voltare le spalle e dimenticare persino quello. Ma prima che lo facesse sentì la voce di Rebekah chiamarla.

Briony!”

La diretta interessata si morse nervosamente il labbro e si girò. “Ciao Rebekah. Come vedi sono venuta subito.”

L’Originaria sospirò di sollievo. “E meno male.”

Briony la guardò interrogativa in attesa che parlasse, quando però all’improvviso la porta di casa Mikaelson si aprì. Il cuore della ragazza subito ebbe un sobbalzo, appena sfuggito all’ordine dei pensieri piegati da una volontà ferrea.

Ma nessuna ragione può piegare la danza che il cuore faceva quando sfoggiava i suoi battiti armoniosi: il cuore di Briony riprese quindi a battere, come inconscio di quella precedenza dimenticanza.

Elijah.

Bastò quel nome a cancellare lo stato di apatia dentro il quale si era racchiusa. Sembrò come se dell’aria pura fluisse nei polmoni che stavano boccheggiando in cerca d'ossigeno. Ma durò un breve attimo, perché non appena lei scorse chiaramente il viso serrato dell’Originario, i suoi occhi neri come pozzi che facevano sprofondare chiunque si rifletteva in essi, e come teneva lontane le emozioni dal proprio volto come faceva sempre, riprese il controllo di se stessa e fece ciò che doveva fare: odiarlo. E il cuore smise di battere.

Il viso di lei si serrò terribilmente, gli occhi scintillarono per il rancore, e ogni sua fibra le ordinava di odiarlo con tutta se stessa perché non poteva fare altro che questo. Era un ordine a cui non poteva disobbedire.

Il viso di Elijah invece era stato velato da un confuso stupore non appena si era accorto della presenza di Briony: aveva sbattuto circospetto le palpebre, poi si era voltato verso Rebekah fissandola con cruda glacialità. La biondina aveva fatto finta di nulla per quell’escamotage di farli parlare, visto che non era per niente d’accordo con la scelta di Elijah.

Il moro comunque riprese perfettamente il controllo e cancellò quel barlume di stupore nel volto, riprendendo la tipica freddezza. Si avviò poi con le mani dentro le tasche verso Briony, non tralasciando trasparire alcuna emozione.

Lei teneva lo sguardo astioso fisso di lui: con quell’aria distaccata e altezzosa, gli abiti neri e eleganti, sembrava proprio il demonio che l'attendeva oltre quella porta che doveva rimanere chiusa a chiave. Quello stesso demonio che l’aveva ingannata, causandole il male più effimero nel farle credere di trovarsi in un paradiso, quando invece l’aveva sempre trascinata all’inferno alla fine. Beh era ora di dire basta, basta al dolore e alla sofferenza. L’unico rimedio era l’odio. Doveva per forza provarlo.

“Non credevo tu fossi qui.” disse lei schietta onde evitare qualsiasi fraintendimento.

Rebekah intanto se l’era svignata quatta quatta. Elijah invece raggiunse Briony trovandosi a qualche metro di distanza. Lo sguardo era sempre austero e distaccato.

“La tua presenza invece non era prevista. Ce ne stiamo andando e siamo tutti occupati con i preparativi.” Disse lui in tono piatto e soprattutto privo di emozioni, come stesse dando indicazioni a una passante.

Briony allora strinse i pugni: non sopportava quell’indifferenza, quell’aria altezzosa che aveva sempre dipinta. Dopo ciò che avevano passato era chiaro che lei non contasse alcunché per lui: l’odio era quindi necessario.

“Non preoccuparti, non ti ruberò altri minuti del tuo prezioso tempo. Sono venuta qui solo perché me l’ha detto Rebekah.”

“Mia sorella si intromette come al solito in faccende che non le competono.” Rispose lui semplicemente senza neanche scomporsi. Briony grugnì. Ma perché anche lei sprecava il suo tempo? Lui l’aveva abbandonata alla mercè di quei cacciatori-torturatori, l’aveva lasciata sola senza il minimo ripensamento… e visto che ciò che lo riguardava in seguito era solo un enorme buio, doveva essersene fregato per tutto quel tempo. Ovviamente.

“Hai deciso di andartene a quanto vedo. Perlomeno le promesse le mantieni.” Ribattè lei secca non sopportando ulteriormente la sua presenza. Le causava solo male, anche semplicemente il suo sguardo, come una pianta carnivora che si nutriva di lei, lasciandola priva di forze e vita.

Lui in risposta le fece un sorriso glaciale e obliquo: “Lieto che ti faccia piacere la mia dipartita, e io non sto mantenendo alcuna promessa ma solo eseguendo le tue volontà.”

Da come lo diceva sembrava quasi che gli dovesse un favore. Era il colmo. Lei avrebbe fatto di tutto per lui ma così facendo aveva annientato se stessa, ogni altra cosa. E lui la ripagava con l’indifferenza e quell’aria di supponenza.

L’animo si accese così di odio, ogni pensiero era comandato da esso.

“E che cosa pretendi? Che cosa mai mi hai offerto se non dolore? Sei tu che hai buttato via tutto, riducendolo a pezzi! Mi hai lasciata sola in quella gabbia di matti, mi hai trattata nel modo più meschino possibile, mi hai..” La lista delle rinfacciate era lunga ma lei si bloccò col fiato accelerato. La mente era ancora confusa e non avrebbe retto un altro litigio con Elijah.

“Lo so Briony, ti ho rovinato la vita in ogni modo possibile e me ne prendo atto.” Furono le chiare e fredde parole del vampiro. Aveva accarezzato lievemente il cancelletto del giardino con la sua classica eleganza, come di solito faceva quando una conversazione gli era semplicemente indifferente e ragionava in sovrappensiero, su codici interiori impossibili da tradurre.

Briony serrò di più i pugni imbestialita e fu quasi tentata di piazzarsi davanti a lui per fargli vedere che lei era lì e non poteva negarle la sua attenzione in quel modo. La stava trattando come se fosse una qualunque altra persona e questo era troppo logorante per il suo animo. Nemmeno l’odio era un antidoto sufficiente per riuscire a mettere un freno a quelle continue delusioni.

“Ma ti è mai importato qualcosa di me? Di desiderare anche solo per un istante di vivere un’esistenza insieme, diversa da quella solitaria che vivi?”

Stava uscendo fuori controllo, il corpo tremava perché si stava ribellando agli ordini del cervello. Non doveva parlargli così, mostrargli così apertamente tutto il suo dolore come una fiamma in procinto di spegnersi. Stava andando tutto male perché doveva riserbargli solo odio, solo questo doveva fare.

I nervi tremarono, il cuore combatté una strenua lotta con la ragione e sicuramente l’unica che non ne sarebbe riuscita vincitrice era lei perché si stava frantumando come il più fragile dei vetri.

La risposta di Elijah la riportò alla realtà: “Certo che sì Briony, come puoi dubitarne. Ma molte cose cambiano.” Il freddo della sua voce smentiva però le sue educate parole. Come se ci fosse sotto qualcos’altro, come se gli costasse mantenersi in una posizione tranquilla mentre le mani giocherellavano ancora sulla superficie del cancelletto.

Briony lo fissò in maniera sperduta. Se lei si sentiva estranea a se stessa, persino lui le pareva estraneo. Non riusciva a penetrargli nella mente, non riusciva a tradurre i suoi pensieri, quasi fosse un libro scritto in una lingua intraducibile che nessuno conosceva.

Di nuovo quella sensazione confusionaria prese possesso di lei.. come se ci fosse qualcosa di sbagliato, qualcosa che non andava… il cuore continuava a ribellarsi dentro di lei, a fremere contro il suo petto per farsi ascoltare ma lei non riusciva a udire. Era immobile, completamente dilaniata dall’ordine mentale che gli diceva di odiare quel vampiro.

“Hai altro da dirmi? Devo occuparmi di alcune cose.” Disse poi Elijah muovendosi nella sua postazione e inclinando il viso impenetrabile nella sua direzione. I suoi occhi erano vuoti, con niente al suo interno. Pareva un cielo che era stato oscurato da una cupa ombra senza la benché minima luce ad illuminarlo.

Ma lei non scavò a fondo su quella questione, nel tentare di oltrepassare di più quei confini, perché la mente riprese possesso su tutto.

Replicò seccamente e senza esitazione:

“Sì. Voglio che tu sparisca dalla mia vita per sempre, che tu non ne faccia mai più parte.”

Elijah a quella affermazione irrigidì la mascella, ma il suo sguardo rimase così vuoto e indecifrabile tanto che Briony si chiese se ciò che aveva appena detto lo avesse scosso, anche solo un minimo. Da ciò esternava pareva di no, come sempre ogni reazione umana gli era preclusa.

Lui infatti liquidò il tutto con un freddo sorriso che gli allungava solo un angolo della bocca. Il resto era invalicabile: “E io spero che tu avrai tutto ciò che desideri.”

Briony di nuovo non riuscì a spiegarsi quel tono di voce.. non era semplicemente freddo, nemmeno ironico o crudele… forse sembrava un profondo desiderio che lui voleva con tutto il cuore che si realizzasse.. ma come poteva esserne certa se lui sembrava neanche ce lo avesse, un cuore? Come poteva essere vivo con tutta quell’indifferenza al suo soffrire? Non provare assolutamente nulla durante quell’addio irrimediabile?

Fu il suo di cuore a parlare e la ragione di Briony non ne ebbe scampo in quel momento, come in una partita impari. Alzò infatti tentennante la mano, come se volesse toccarlo, come se volesse fargli sentire che era vicina anche se era lei che ne soffriva. La alzò come un drogato in punto di overdose che aspetta di assaggiare la sua ultima droga, quella più prelibata e inebriante da cui farne a meno era impossibile.

Ma quando si accorse di star commettendo un enorme sbaglio, di andare contro i voleri della ragione e di un ordine ben più grande di lei, la mano tremò e a fatica ritornò contro il fianco.

Elijah per tutto il tempo aveva osservato il movimento della sua mano, restando in un cupo silenzio e con lo sguardo scavato, ma immobile. Se si sarebbe scansato o meno, Briony non lo sapeva. Il fiato era spezzato come se qualcosa avesse posseduto il suo corpo e lei a fatica c’era rientrata. Lei doveva odiarlo e cosa faceva invece? Stupida.

“Fai buon viaggio.” Rispose più fredda di quanto non fosse mai stata. Lo sguardo era sviato in un punto in cui non correva il rischio di incrociare gli occhi di Elijah, come se avesse paura anche del pensiero di incrociarli. Ma l’udito funzionava lo stesso e infatti sentì bene la risposta di Elijah:

“Abbi cura di te.”

Briony allora deglutì e di sottecchi vide l’espressione di Elijah affilarsi, come travagliato da qualcosa, e soffermarsi a lungo sul suo viso prima di girarsi totalmente e darle le spalle. Non appena lo fece Briony si sentì mancare. Come se le avessero appena tolto un pezzo di se stessa.

Non riusciva a mandar via quella sensazione… vedere il profilo delle spalle di Elijah, come si allontanava da lei, il tono profondo e quasi tormentato della sua ultima frase, le provocava un male atroce. Il cuore sobbalzava come se volesse a tutti i costi uscire dal petto ma lei rimaneva obbligatoriamente immobile.

Quasi quasi si sentiva simile a una stella che ha appena perduto il suo cielo notturno che la avvolgeva sempre e la proteggeva. Non aveva più nulla perché dipendeva da esso… senza il suo cielo vasto e buio di quella stella non ne rimaneva più traccia. Semplicemente scomparsa e priva di casa. Non ci sarebbe stato più alcun posto per lei nel mondo senza di lui, perché niente era comparabile a lui.

Ma era così che doveva andare… non c’era mai stata molta speranza in fondo… era una storia impossibile.

Di sottecchi lo vide anche prendere delle valigie, appena portate lì in giardino da degli ibridi, e Elijah ora le stava mettendo nel baule come se avesse fretta di andarsene. Lei rimaneva immobile a guardare senza fiatare mentre lui non la degnava più di un’occhiata.

Capendo come stavano le cose, Briony si girò con un sospiro. Aveva fatto la cosa giusta, si disse. Ma allora perché il cuore si stava opponendo dentro di lei? La ragione però assentiva orgogliosamente ed era meglio dar peso a quello. Seguire sempre il cuore è letale e da sciocchi. A volte devi far tacere le sue grida.

Fece dei passi per andarsene…

 

Nello stesso momento Connor brandiva il pugnale, benedetto di fronte al potere degli Dei secoli prima, e gli stava trasmettendo una forte magia col potere della mente. La pomellatura argentata brillò di luce soffusa mentre la lama arse come fuoco… Altre parole intraducibili…

 

In quell’istante la mente di Briony venne attraversata da un fulmine che la paralizzò di colpo e la costrinse a chiudere gli occhi. Quando questi esplose fu attaccata da un’enorme emicrania e Briony stentò a non gridare. Sembrava che la testa le stesse scoppiando, non riusciva a respirare, il marchio del braccio da tempo invisibile parve illuminarsi…

E poi vennero delle immagini… immagini nella mente, proprio davanti agli occhi, come se stesse ripercorrendo dei ricordi che però non rimembrava… Lei e Elijah nella convivenza a New Orleans, la dolce e normale quotidianità, lei che si sentiva così felice da toccare il cielo con un dito, il momento inaspettato e splendido di quando lui le donava l’anello nella sera del suo compleanno, quella festa maledetta e sanguinaria in cui aveva rischiato di perderlo per sempre, il momento in cui l’aveva ritrovato e abbracciato, quando lui le era stato vicino per la morte di Ylenia, le loro notti insieme, le loro passioni sconvolgenti….

Tutto equivalse come un’emorragia... un emorragia di emozioni che la colpiva in maniera inarrestabile, avvolgente e incontrollabile, senza darle alcuna salvezza. Le sembrava di capitolare in preda a un veleno che stordiva… quell’emorragia continuava a espandersi fatalmente dentro di lei…. La stessa emorragia che l’aveva colpita quando lui l’aveva rincorsa nel giardino di quella casa e l’aveva baciata, facendo ritornare tutto al suo posto.

Il bacio sotto la pioggia fu l’ultima sequenza che invase la sua mente, facendola esplodere poi in mille scintille. E in seguito ci fu il silenzio, la totale confusione e shock.

Cosa diavolo era successo? Perché aveva dimenticato quegli attimi così importanti per lei? Come aveva potuto anche solo permetterlo?

Il suo tormento le comprimeva il petto, nascondendole l’aria. Ricordò quando Elijah l’aveva soggiogata.

Perché? Perché perché perché?

Questo Briony stava urlando dentro di lei, e sentì il cuore precipitare a quella terribile consapevolezza… ma non c’era tempo per l’orgoglio ferito, per la delusione… doveva prima fermarlo… si voltò così verso Elijah col fiato accelerato, la terra parve sgretolarsi sotto i suoi stessi piedi: lui si stava mettendo nella posizione di guida in macchina per andarsene via, proprio come aveva promesso.

Non seppe come ma soffocò il grido che le stava per fuoriuscire dalla gola, e fece agire solo le gambe. Corse verso di lui, rincorrendolo quasi fosse la sua unica salvezza e ragione di vita. Si aggrappò con forza alla portiera chiusa della sua auto, una Mercedes Benz C .

Quel gesto improvviso colse Elijah completamente alla sprovvista, che infatti sbattè le palpebre in modo dubbioso e corrugò la fronte nel girarsi verso la ragazza, la quale sembrava totalmente devastata.

“Perché lo hai fatto?” cercò di gridare lei ma in realtà le uscì un debole soffio, soffocato dai battiti accelerati del cuore.

Elijah analizzò attentamente la disperazione che dipingeva gli occhi verdi di Briony ma lo fece solo per capire a cosa si stesse riferendo. Il continuo parlare di lei gli rispose a quell’interrogativo a cui non avrebbe mai voluto rispondere, come un torbido segreto da custodire per l’eternità.

“Perché mi hai cancellato la memoria? Perché?”

Il tormento angosciato era palpabile in lei, quasi non riusciva a reggersi in piedi; ogni suo fibra tremava e gli occhi erano il chiaro riflesso delle sue emozioni contrastanti. Vedendo come Elijah si irrigidì e come affilò di più lo sguardo, diventando maggiormente invalicabile, lei serrò di più la presa sulla portiera chiusa per farsi ascoltare.

“Non puoi andartene senza una spiegazione!” gli gridò angosciata col cuore che si stava nuovamente strappando, torturato dai colpi che lui e solo lui gli infliggeva. Strinse di più la presa sull’auto per impedirgli di fuggire via, tenendosi così ben stretta l’unica droga che le permetteva di vivere.

Lui però non le diede ascolto, sembrò che il suo dolore non lo intaccasse minimamente, nemmeno sulla superficie della sua corazza più spessa e alta che mai.

“Vattene Briony.” Replicò lui severo non esternando nessun rammarico per le sue condizioni e mettendo poi in moto l’auto.

Briony sgranò gli occhi sconcertata, e in preda alla disperazione gli picchiettò sul finestrino. “Ascoltami, possiamo risolvere tutto quanto come abbiamo sempre fatto! Possiamo parlarne, urlarci addosso, ma non puoi lasciarmi così! Perché diavolo mi stai facendo questo??”

Tutta la tristezza, il dolore, lo sconcerto e la delusione erano uniti nel suo sguardo che sembrava infrangersi per via delle lacrime che, come acido, lo devastavano come tante altre volte. La poca forza che aveva era racchiusa nelle sue mani che erano sul finestrino.

Elijah però non la guardava neppure né sembrava dar segno di aver udito le sue parole ricolme d’angoscia a causa sua. Lo sguardo era serrato, freddo e non si permetteva di cedere. Questa volta nessuna emozione avrebbe disobbedito alle sue vere intenzioni.

Con semplicità mise la prima di marcia e si preparò a partire. Vedendo che lui si comportava come al suo solito, Briony si angosciò ancor di più per via della paura di perderlo questa volta per sempre.

“Ma che cosa ho fatto? Che cosa ho fatto per meritare un simile trattamento?!” Le lacrime le facevano tremare la voce, cercava di guardarlo per fargli scorgere ciò che lui le stava facendo. Ma la verità era che quel finestrino le permetteva solo di guardare ma non di giungere oltre… pareva davvero una barriera invisibile che li divideva.. e lei non avrebbe mai potuto oltrepassarla perché era lui a non volerlo…

Capendo come stavano le cose Briony si portò una mano alla bocca: “Ma come puoi comportarti così?”

La sua sofferenza era così atroce da non considerarla nemmeno umana; si sentiva come sprofondata in un orrendo incubo, uno di quelli da cui non c'era risveglio.

Elijah era rimasto per un attimo fermo, tentennante sul da farsi, ma era durato solo un debole attimo perché riprese di nuovo il controllo, tenendo quindi nascosti e lontani i suoi sentimenti. Mise ancora per bene la marcia e si preparò a dare gas.

“Elijah fermati! Resta qui!” gli gridò lei aggrappandosi di nuovo.

“Te lo dirò un’ultima volta, Briony.” Ribattè lui freddamente e in maniera severa, guardando ancora dritto di fronte a sé. Poi si voltò verso di lei, facendola inabissare nel vuoto nero dei suoi occhi crudeli e insensibili alla sua sofferenza. “Dimenticami.”

Il cuore di Briony precipitò di nuovo, questa volta in un vuoto da cui era impossibile risalire. Quasi ne sentì il rumore mentre si spaccava durante la discesa contro le rocce, insieme al fruscio inquietante del suo continuo precipitare.

Senza attendere la sua reazione Elijah partì per davvero, andandosene di lì a tutto gas e guardando solamente la strada. Briony cercò di bloccarlo come poteva, di urlargli di non andarsene, ma non valse a nulla se non un rischio di investimento.

Alla fine rimase sulla strada, la polvere che si innalzava da essa sembrava nasconderla e Briony parve sul serio un fantasma devastato e dimenticato. Rimaneva lì, immobile e sconvolta, mentre fissava il punto in cui l’uomo che amava se ne era andato senza una plausibile spiegazione.

Un singhiozzo le spezzò in due il petto, dividendolo a metà. Tutto il suo animo si rovesciò a causa della terribile ferita. Si portò le mani alla bocca mentre sprofondava in un vuoto interminabile.

Sentiva il dolore farsi strada attraverso innumerevoli ferite che dovevano rimanere cicatrizzate, perché il soggiogamento doveva far questo. Tenerla lontano dai pericoli, da tutto. Ma come poteva Elijah averlo fatto… nessun pericolo mortale poteva eguagliare il dolore asfissiante che sentiva.

Non avrebbe mai potuto dimenticarsi di Elijah, era come dimenticarsi di se stessa. E invece lo aveva fatto. Il tradimento valse doppio per lei e l’angoscia contribuì a disintegrarle le ossa.

Briony si mise le mani nei capelli nel tentare di pensare a cosa fare, a come rimediare a quel casino… ma la troppa devastazione del suo animo non le permetteva di pensare con lucidità… perché troppo occupata a lasciarsi sommergere da quell’abisso che la reclamava.

 

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Nascose in un angolino la delusione, lo shock e il senso di tradimento e si rimboccò le maniche. Non avrebbe mollato tanto facilmente, non se si trattava di Elijah. La sua testardaggine sfiorava il limite della pazzia ma non le importava… doveva almeno vederlo, farsi spiegare tutta la verità, e tentare di farlo retrocedere sulle sue intenzioni perché senza di lui ormai le era impossibile vivere.

Che diamine aveva pensato quell’Originario? Che facendole dimenticare, lei sarebbe stata meravigliosamente bene? Già dal primo giorno si era sentita estranea a se stessa, come se un tassello che doveva essere indivisibile dal suo animo si fosse staccato. Era chiaro che non sarebbe sopravvissuta per molto.

Briony pretendeva la verità e un chiarimento lecito anche se poteva intuire la causa… Klaus, quel perfido doppiogiochista. Sicuramente aveva minacciato il fratello in qualche modo e così Elijah aveva optato per la soluzione più drastica di tutte.

Beh potevano andarsene tutti all’inferno perché lei non si sarebbe fatta sottomettere dai loro giochi di dominio. Non sarebbe stata la marionetta di nessuno e avrebbe deciso per sé. Non importava se Elijah le diceva egoisticamente che non la voleva più, perché non poteva aver finto di costruire tutto quel sogno insieme a lei per poi l’attimo dopo tramutarlo in un incubo senza troppi giri di parole e con sguardo totalmente glaciale. Sicuramente c’era sotto qualcos’altro al di fuori di loro… forse Klaus, Connor o magari ben di peggio.. forse quel diabolico destino li aveva riuniti solo per separarli di nuovo.

Pazzesco. Ma lei non ci sarebbe stata. Nossignore.

Anche se si sarebbe fatta sotterrare la dignità, lei lo avrebbe ritrovato.

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Aveva tartassato Rebekah di chiamate e finalmente dopo mille silenzi l’Originaria le aveva risposto. Questa volta però la bionda era irremovibile sul non darle una mano, forse perché il fratello le aveva ordinato categoricamente di non intromettersi. Ma Briony si era intestardita e le aveva detto di dirle subito dove si trovavano. Rebekah non le aveva risposto, forse perché anche lei conscia che se quella ragazza si fosse fatta ancor più sommergere dall’oscurità di quella famiglia, ne avrebbe pagato caro le conseguenze alla fine. E per garantire la felicità a una persona amata non potevi permetterlo.

Briony però non aveva dato retta a simili sciocchezze e c’aveva quindi pensato da sola. E infatti aveva rintracciato Elijah nel giro di pochi giorni: si trovavano tutti a New Orleans. Ovvio e semplice. Ma difficile sarebbe stato incontrare Elijah da solo e farsi ascoltare senza che lui la schivasse come se fosse stata un moscerino fastidioso.

Ma diamine doveva almeno tentare… le doveva almeno una spiegazione e una possibilità di riconciliarsi… poi però lei si sarebbe fatta sentire… ma la cosa più importante era un’altra adesso. Al risentimento ci avrebbe pensato in seguito.

Seguiva attentamente gli spostamenti di quell’inquietante famiglia, cercando di non farsi scoprire. Si camuffava sempre, portando grossi occhiali da sole e un fazzoletto in testa coprendosi più che poteva i capelli.

Era riuscita ad appuntare alcuni comportamenti quotidiani dell’Originario che le interessava: la mattina lui usciva presto per fare una passeggiata lungo la piazza principale della città, semplicemente camminando e non facendo alcunché. Forse aveva bisogno di schiarirsi le idee o di non pensare a nulla.. i suoi pensieri dovevano essere per forza intricati, dilanianti e in lotta fra loro… magari in mezzo al nulla di quei viali si lasciava andare a un silenzio interiore che contribuiva a formare l’ennesimo vuoto nel suo animo, dentro il quale abbandonarsi pur di non sentire nulla.. neanche il benché misero sentimento per ciò che aveva fatto, perché altrimenti avrebbe mandato tutto a rotoli.

Briony sentiva un magone formarsi al centro della gola nel vederlo… non sapeva perché ma provava tristezza anche per lui, non solo per se stessa. Forse era da sciocchi e stupidi ma poteva anche solo immaginarsi quanto quella sua azione di soggiogarla, anche se meschina e crudele, lo avesse logorato dall’interno.

Doveva per forza essere stato costretto a farlo per proteggerla… cercando in qualche modo di offrirle una vita che lui aveva sempre voluto per lei… poteva apparire nobile da un punto di vista ma lei non lo avrebbe mai accettato perché non era quella la sua scelta… 

E poi in caso contrario non avrebbe mai creduto che fosse tutta una bugia, che il loro amore non era mai realmente esistito e fosse solo frutto di qualche capriccio… fingere l’amore a quei livelli era impossibile, fuori dalla realtà soprattutto per uno come Elijah che non si concedeva mai a nessuno. Se si era lasciato andare in maniera così totale e intensa, facendo scorgere anche il più piccolo angolo del suo cuore, allora era tutto reale.

Briony doveva quindi combattere per esso, per il futuro che voleva.

Un giorno si appostò in un vicolo laterale del viale che di solito percorreva Elijah al mattino. Quel giorno non sarebbe stata un’eccezione, infatti in lontananza lo vide dirigersi proprio verso la sua direzione. Lui sembrava non averla neanche notata, troppo occupato a sprofondare nel vuoto arido che aveva di nuovo messo in costruzione dentro di sé.

Briony si tolse il cappuccio e si morse la lingua, agognando avida il momento in cui l’avrebbe avuto faccia e faccia e avrebbe potuto toccarlo. Quei giorni erano stati un vero inferno senza di lui, se ne avesse passati molti altri non ci sarebbe rimasto più nulla di vitale in lei. Stupidamente non le importava in quel momento quanto male lui le avesse procurato, il suo più grande desiderio era stargli accanto e avrebbe messo a rischio tutto pur di ottenerlo.

In amore si lotta per la persona che ami, non contro.

Quando si accorse che Elijah era a meno di due passi da dove stava lei,  Briony sentì il cuore martellarle dentro il petto e fare una serie di capriole sia per la felicità che per la paura; una combinazione che sfortunatamente non la faceva rimanere lucida come avrebbe voluto essere. Cercò però di darsi forza e non appena lo vide passarle accanto, lo toccò lievemente per un braccio, giusto per attirare la sua attenzione.

Non appena lui si voltò con espressione interrogativa, i suoi occhi neri incatenarono subito i suoi in un filo elettrico, e Briony sentì il corpo del vampiro irrigidirsi sotto la sua presa: fu sicura che il tempo si fosse fermato in quel momento e lei paralizzata insieme ad esso. Non riusciva a contenere una tale intensità così breve ma trascinante, come un uragano che si abbatteva su di lei.

Un solo attimo e poi la realtà si accese: Elijah sbattè le palpebre ovviamente confuso e sbalordito, la sua espressione era una maschera di stupore e anche di fredda stizza. Rendendosi conto che lei non aveva mollato nonostante gli avvertimenti, lo incalzò ad instaurare l’ennesima maschera glaciale e pericolosa.

 “Credo di non essermi spiegato bene allora.” disse lui in maniera affilata, guardandola di traverso e sciogliendo la presa, ma avvicinandosi comunque a lei per far prevaricare il suo prossimo e temibile ordine. 

Briony però cercò di non retrocedere e di non farsi soccombere dalla sua espressione agghiacciante.

“No tu ti fai sempre capire benissimo.. ma non puoi obbligare le persone ad accettare una scelta che nemmeno tu desideri.”

Elijah continuava a fissarla in maniera dura, lasciando trasparire solo freddezza usata per i suoi scopi:

“Cosa te lo fa pensare che non lo voglia realmente?” domandò glaciale e privo di emozioni, perfettamente irremovibile sulle sue intenzioni.

Briony si morse il labbro: erano apparentemente vicini ma troppo lontani per i suoi gusti perché non poteva toccarlo e forse lui lo faceva apposta pur di evitare un qualsiasi contatto. Aveva innalzato la solita barriera per tenerla lontana.

Stava per ribattere testardamente ma l’azione fulminea di Elijah le bloccò il respiro in gola: l’aveva tirata da una parte ancor di più contro il muro del vicolo, incastrandola col suo corpo come per farle da scudo. I pensieri della ragazza furono incerti su quella mossa, il cuore già pompò più veloce per quella vicinanza che tanto bramava, mentre gli occhi si accorgevano di come Elijah teneva il viso verso la parte sulla strada, come se avesse captato un rumore sospetto. 

Capendo che non c’era pericolo di essere scoperti, Elijah si rivoltò verso di lei con sguardo indecifrabile e lasciandola subito con freddezza, per non farle provare così la benché misera speranza che le sue intenzioni fossero diverse.

Dall’espressione che prese posto sulla sua maschera si capì che lui stesso disapprovava ciò che aveva appena fatto, una mossa del tutto improvvisa che poteva essere equivocata con qualcosa che non doveva esistere più; ma ci pensò il suo buonsenso a mettere bene in chiaro le cose, anche se correva il rischio di essere crudele.

“Venire qui è stata una mossa sciocca. Non ci tieni neanche un po’ alla tua vita? O hai bisogno di toccare con mano la paura per capire chi hai realmente di fronte?” domandò in tono perfido e misterioso, facendo poco sottintendere le sue intenzioni se non in quei pochi passi che fece verso di lei per intimarle il suo volere con ogni mezzo.

Briony sapeva che quell’eleganza e calma erano ingannevoli, che Elijah avrebbe anche fatto qualcosa di aborrevole per farsi lasciare andare una volta per tutte. D’altronde il suo sguardo era così inarrivabile da non sembrare nemmeno umano, più glaciale di quanto non lo fosse mai stato. Come se fosse stato lui in primis a dimenticare tutto ciò che avevano condiviso.

Briony però non si lasciò sottomettere da quegli avvertimenti. “Non ho paura di te.”

Lui avrebbe anche potuto sfoderare gli artigli, attaccarla al muro, ma non si sarebbe mai arresa perché lo conosceva troppo bene. Lui era migliore di così, non avrebbe permesso che quella stupida scelta gli rovinasse l’animo per sempre.

I suoi tentativi di riportarlo da lei però furono subito smontati dallo sguardo di disapprovazione e supponenza che Elijah le lanciò:

“Miss Forbes continui a fare sbagli, uno dopo l’altro.” Sussurrò con voce ingannevolmente dolce e scuotendo la testa per farle capire che stava sbagliando sul suo conto, che non c’era più un amore da salvare e che la paura doveva provarla eccome visto che persino su di lei lui aveva esercitato il suo potere di vampiro.

Una scintilla minacciosa infatti gli attraversò gli occhi neri glaciali mentre fece un altro passo verso di lei. Il buonsenso di Briony riprese il controllo e si appiattì contro il muro per cercare una soluzione a quell’atteggiamento agghiacciante che lei in quel momento non sapeva come affrontare.

“Non costringermi a soggiogarti totalmente.” La minacciò lui con calma incredibile, considerando la diavoleria che stava dicendo.

Briony però alzò il mento con coraggio. “Non lo faresti mai.”

E una parte di lei ci credeva… cancellare tutto ciò che erano stati? Ne sarebbe stato capace? Farle credere che lui non fosse mai esistito? Il cuore si oppose a quella scelta perché nemmeno Elijah poteva essere così crudele ma lo sguardo che le lanciò di nuovo, e soprattutto il suo mezzo sorriso glaciale, la fecero traballare sulle sue certezze.

“Non ti piacerebbe provare.” le sussurrò in un soffio agghiacciante a troppa breve distanza,  che quasi lei pensò che da quella minaccia sarebbe sopraggiunta presto la fine a portarla via.

Perché se davvero dimenticava tutto di Elijah, di lei sarebbe rimasto solo un guscio vuoto, un’anima sola con niente per cui vivere.  Ancor più terribile era che voleva essere lui a sottoscrivere quella fine che l’avrebbe svuotata. E con quanta freddezza magari lo avrebbe fatto… le si inaridì il cuore in quel momento nel scorgere chiaramente quell’espressione priva di quel sentimento che li aveva legati.

Forse lui aveva spento ogni tipo di emozione, dimenticando ogni cosa di loro, o forse lo faceva apposta per tenerla lontana, ma era troppo doloroso mandare avanti quella conversazione. Le maniere e gli sguardi di quell’Originario erano troppo glaciali e insensibili che lei provò quasi rammarico per la sua tremenda testardaggine di volerlo accanto a sé per sempre.

Elijah sembrò intendere che i suoi colpi di frusta l’avevano colpita fin dentro l’animo, facendola quindi retrocedere sui suoi passi se non voleva sanguinare di nuovo, e così si allontanò di un passo con calcolata freddezza e distacco. Non avendo più nulla da dirle si portò le mani nelle tasche e si accinse ad andarsene.

Ma aveva di nuovo sottovalutato la forza d’animo di quella ragazza. Non appena si sentì afferrare di nuovo per un braccio, Elijah si irrigidì notevolmente e contrasse la mascella, consapevole che non solo doveva colpire l’amore di Briony per sgretolarlo a pezzi ma doveva farlo anche con se stesso se voleva farla rimanere in vita. Non importava se si sarebbe fatto odiare e si promise di riuscirci per farla andare via così una volta per tutte. Quindi rimase immobile e glaciale mentre lei tentava ancora di fermarlo sui suoi intenti:

“Vuoi davvero mollare tutto così? Fare finta che tra di noi non sia mai successo niente? Certo per uno come te sarebbe semplicissimo provarci ma sarebbe la tua solita recita!” Affermò lei con testardaggine, forse con la tenue speranza di fargli riaffiorare la sua parte umana che molto spesso era risorta proprio per via dei suoi intenti.

Ma lui non l’avrebbe permesso, la sua umanità era stata disintegrata non appena aveva soggiogato Briony quella maledetta notte, come se anche quella fosse andata dimenticata insieme ai ricordi. Era lui ad averlo scelto.

L’Originario aspettò qualche secondo in un pesante silenzio per preparare al massimo la sua maschera di ghiaccio che non doveva per niente al mondo cadere, non di fronte a lei, e per sottolineare bene le parole indifferenti al suo dolore:

“Guardiamo in faccia alla realtà, non c’è mai stato alcun futuro. Ho fatto una scelta Briony. Ho scelto la mia famiglia, tu vai avanti con la tua vita.” Mormorò lui inflessibile e freddo, continuando a non guardarla.

Briony si sentì affogare sotto il peso di quelle parole, cercò di trovare il minimo appiglio per riemergere e vincerle, ma lo sguardo di Elijah che questa volta le rivolse fu una totale sottomissione ai suoi voleri. Non poteva far nulla contro quegli occhi così neri, perfidi e vuoti: 

“Se non vuoi che te la distrugga come altre volte.” disse ancora in un sibilo spietato e senza compassione.

Briony serrò il viso per contenere il grido di supplica che stava per fuoriuscire, cercò di contenere le sue emozioni in bilico se non voleva farsi abbattere pure da esse. Non voleva credergli, non poteva farlo… come poteva lui stesso pensare quelle cose? Sembrava che volesse farle del male di proposito, facendola annegare definitivamente ma molto lentamente, in modo che potesse sentire il dolore ogni secondo, ogni minuto che passava con lui… perché non avrebbe potuto offrirle altro che questo, solo questo.

La presa della sua mano che lo tratteneva cominciò a indebolirsi sempre di più, consapevole che non c’era nulla da fare.

Ma poi un sobbalzo del cuore le diede la forza di non arrendersi e si fece di nuovo sotto:

“Se fosse solo questo lo accetterei ma tu sei stato costretto sotto minaccia, ne sono sicura di questo! Tu non vuoi questa vita, sei molto meglio di così e non puoi perdere ciò che più ti sta cuore solo per l’egoismo di tuo fratello!”

Lui irritato si divincolò con fermezza dalla sua presa. Il suo sguardo si insinuò dentro di lei, recidendole ogni speranza:

“Questo non cambia la realtà, tu devi star fuori dalla mia vita.” Ribattè di nuovo in maniera secca.

La sua espressione feroce quasi le provocò un pizzico di paura perché lei traballò di mezzo passo, continuando a guardarlo impotente. Lui le rivolse un ultimo sguardo vuoto ma potente nella sua essenza, e si accinse ad andarsene di nuovo.

“Ma io non voglio lasciarti andare!” All’ennesima richiesta di Briony e al suo tentativo di fermarlo, lui permise a se stesso di perdere un po’ della calma che lo aveva sempre contraddistinto. La paura a volte era l’unica sistema per far ragionare le menti testarde.

Così, velocemente, le afferrò il polso arrivando quasi a torcerglierlo in una stretta ferrea. Briony mugugnò più per la sorpresa che per il dolore.

“Quanto più chiaro posso essere? Devi tornartene a casa.” Le sibilò come un serpente a un palmo dal suo viso. Briony si sentì scuotere da quell’ordine feroce che non riuscì nemmeno a replicare; gli occhi erano sgranati e il respiro mozzato di fronte a quello sguardo micidiale che faticava a riconoscere.

Elijah la lasciò poi senza il benché misero rimpianto per come l’aveva trattata: continuava a fissarla con sguardo diabolico e grave. Briony però ci mise solo qualche secondo per placare il bruciore che sentiva al polso:

“Non lo farò!” gli disse con coraggio “Non puoi chiedermi di rinunciare, non con te. Stai sbagliando come sempre, scappi! Ma io non lo accetto. Dopo tutto quello che abbiamo passato pensi che mollare in questo modo sia giusto? Che ci renderà felici?”

Elijah come risposta fece solo un freddo sogghigno che non intaccò minimamente il vuoto dei suoi occhi. Lei però non si arrese:

“Farmi dimenticare di te è stata la cosa più sbagliata e terribile che avresti mai potuto fare. Ma abbiamo ancora un’occasione, possiamo ricominciare e lasciarci tutto questo alle spalle. Tu non devi nulla a Klaus e hai già perso troppo della tua vita per colpa sua.”

Vedendo che lui rimaneva in silenzio, senza replicare o darle contro come prima, lei fece rinascere dentro di sé la speranza e gli si avvicinò senza timore con un lieve sorriso.

Gli cinse le spalle, lui non fece nulla:

“Io ti voglio con me, ti prego non rinunciare a tutto… non ora…” gli bisbigliò dolcemente, lasciando perdere tutto l’orgoglio.

Quando vide Elijah socchiudere gli occhi e abbassare debolmente lo sguardo, il suo cuore cominciò a battere più veloce, quasi credesse di avere appena fatto leva sul ferro di quell’animo. Briony ci sperò sul serio, soprattutto quando lo sentì bisbigliare il suo nome.

Lui ad un tratto alzò lo sguardo su quello di lei e le prese il viso con una mano, avvicinandosi in un completo silenzio. Il cuore di Briony continuava a battere velocissimo, le labbra si stirarono in un debole sorriso mentre gli toccava la mano con la propria per infondergli un po’ di calore a tutto quel gelo.

Quando lo vide avvicinarsi di più, sempre con espressione indecifrabile, Briony non riuscì a resistere e socchiuse gli occhi.. semplicemente aspettando.

Le loro ombre, in quel vicolo stretto, parevano essersi unite in una sola. Briony sentì poi il respiro fresco di Elijah spostarsi verso l’orecchio e metterle dietro un ciuffo di capelli. Un lungo brivido la percorse nel sentirlo così vicino.

Poi lui parlò:

“Vattene.”

Quel sibilo lento, spietato e freddo le giunse al cuore, stringendoglielo in una stretta mortale. Le sembrava di annaspare dentro un dolore cupo quando riaprì gli occhi, facendosi invadere dalla realtà.

Lui si spostò velocemente con indifferenza e non la degnò più di uno sguardo, come se non se non volesse abbassarsi di fronte a quella spirale di emozioni che voleva reclamarlo. Si mise infatti le mani dentro le tasche e cominciò a camminare verso la via principale, lasciandosi tutto alle spalle.

Briony invece era rimasta immobile con il cuore che si stava squarciando per l’ennesima volta, mentre la speranza ricadeva in un profondo vuoto intonando perfino una melodia amara.

Proprio in preda al dolore di cui fu vittima, Briony riuscì a spostarsi dall’immobilità e a sussurrare il suo nome:

Elijah…

Alla sua debole supplica lui si fermò. Ma non per semplici scrupoli di coscienza, ma solo per rafforzare le sue intenzioni che non dovevano essere scavalcate da niente al mondo.

“E’ finita Briony.” disse lui meccanicamente, dandole le spalle. “Quella parte della mia vita è finita.”

Così con quelle fredde e inequivocabili parole lui se ne andò. Lasciandosi dietro solo silenzio e solitudine.

Briony allora provò una sofferenza che non era fisica, era una sofferenza orrenda e profonda che riempiva il suo essere. Non ce la faceva più mentre un altro pezzo del suo cuore si frantumava miseramente.

Perché tutto le remava contro? Perché non poteva avere ciò che più amava? Perché il destino era così crudele?

Per un lungo tempo cercò di trovare la figura di Elijah con la capacità della vista ma era già troppo lontana… lui era distante anche quando erano apparentemente vicini, poteva solo guardare fino alla barriera invisibile che aveva costruito, ma non oltre, e non poteva neanche oltrepassarla.

Lui non la voleva.. e anche se lo faceva per il suo bene, anche se in fondo al cuore non desiderava questo, non si sarebbe tirato indietro. Troppo nobile da farle rischiare la vita, troppo crudele nell’infliggerle una simile sofferenza con cotanta indifferenza. Troppo meschino nel compiere una scelta per entrambi.

Così piano piano lei se ne andò, inoltrandosi nella folla mattutina, nascondendosi e smarrendosi, mentre le parole di Elijah laceravano nella sua mente il ricordo dell’amore che aveva vissuto.

Quando assapori troppa felicità, alla fine ne paghi sempre il prezzo. E non é mai un prezzo dolce.

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E’ terribile quando sai di doverti arrendere ma una parte del cuore ti induce a non mollare, perché comunque vada c’è sempre una via d’uscita. Soprattutto in amore.

Ma di certo quell’amore non era il classico che si leggeva nelle fiabe… non era a lieto fine, non donava solo felicità, comportava delusioni, rabbia, rammarico, odio. Troppo distruttivo da distruggere entrambe le parti. Ma la lontananza era ancor peggiore: ti uccideva come se fossi al centro di un rogo e ogni fiamma che bruciava era un giorno che passavi lontano da lui.

Almeno così si sentiva lei, su di lui Briony aveva qualche dubbio in proposito.. Quasi sorrise tra sé e sé, schernendo se stessa. Si sentiva ridicola e stupida a lottare ancora, ad essere tanto dipendente da lui, e provare sofferenza per ciò che le faceva e non il normale e semplice odio. Sarebbe stato tutto molto più semplice.

Una delle tante leggi stupide dell’amore… più soffri, più ci stai male, più lo ami di più. Anche se non dovresti. L’odio potevi magari dimostrarlo a parole, davanti agli altri come prova che sei andato avanti, ma in verità non ti appartiene completamente. E’ una cosa estranea, che usi al momento opportuno per sentirti meno debole.

Briony passò i giorni in un remoto motel fuori New Orleans con un nome falso. Non usciva praticamente mai per non farsi notare e non faceva che rimuginare e rimuginare. Pensava sia a una maniera per liberarsi di Connor e Klaus, e per riportare Elijah a sé. Ma quei pensieri la snervavano e la consumavano senza via di fuga… soprattutto se riguardavano lui.  

Con tutta se stessa avrebbe voluto fermarsi, smettere di combattere, smettere di logorarsi. Ma il pensiero che ci sarebbe stato un domani, e poi un dopodomani, e poi una settimana non le era mai sembrato tanto insopportabile. Figuriamoci l’eternità, sapendo che lui era da qualche parte nel mondo, tenendola distanza solo per ragioni egoisticamente a fin di bene. Non avrebbe retto. Era come non poter assaporare il calore del sole e nemmeno farsi avvolgere dalla luce splendida della luna.

Il colmo però era stato quando erano venuti da lei due vampiri, due sgherri di Elijah ovviamente soggiogati. Quando aveva aperto la porta della sua stanza Briony aveva faticato a credere alle proprie orecchie… praticamente quei due tipi le avevano detto che dovevano condurla personalmente lontano di lì per ordine dell’Originario, farla rimanere a forza a Mystic Falls e sorvegliarla per quel fine. Tutto però senza torcerle anche solo un capello, su quello Elijah era stato intransigente. Gli occhi di un vampiro infatti si erano sgranati per la paura nel ricordare l’espressione del suo signore quando glielo aveva ordinato.

Ma Briony non li aveva neanche ascoltati, non le importava nulla se Elijah la riconduceva a casa con tanto di cagnolini al seguito, perché lei avrebbe fatto a modo suo. Aveva voluto gridare, far mandare un messaggio a Elijah in cui gli diceva di andare all’inferno e che era un gran bastardo, ma invece era rimasta apatica. In quattro e quattrotto aveva rotto le gambe a quei due poveri tizi e li aveva impalettati senza tanti ringraziamenti quando avevano tentato di rabbonirla. Forse non era stata un’azione giusta ma l’emotività era il suo punto debole. Che tutti andassero al diavolo.

Lei non era un vampiro come tutti loro, purtroppo. Era una persona, un essere umano con dei sentimenti che non poteva spegnere con un interruttore. Sentimenti talmente forti e intensi da metterle in subbuglio il cuore. Sentimenti che stavano lacerando il suo animo e che stavano consumando la sua già scarsa forza di volontà… quella forza che dovrebbe utilizzare per convivere con l’assenza di Elijah che le pesava come un macigno.  La stessa forza di volontà che le servirebbe per incartare tutti i loro ricordi di un passato ormai distrutto, e per mandarlo finalmente al diavolo.

Ma una tale forza non l’avrebbe mai avuta.

Poteva solo fare una cosa… mettere da una parte quel pensiero e concentrarsi su qualcos’altro, anch’esso importante.

La vendetta su Connor e Klaus. Quei due avevano contribuito a maledirle la vita, avevano ucciso Ylenia e tenevano in pugno le persone che amava. Non potevano passarla liscia.

Passava quindi le giornate su continue ricerche, isolandosi dal mondo e pensando a un piano per liberarsi di tutto quel male. Ciò che le serviva era quello.. un bel piano risolutore… che magari l’avrebbe ricondotta di nuovo da lui.

 

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Certe volte i tranelli nei piani ci devono essere ma quello era a fin di bene… Briony sapeva che uno degli scopi di Elijah era farla pagare a Connor e visto che era  anche uno dei suoi, non vedeva motivo per cui non potevano collaborare… anche se lui non ne sarebbe stato a conoscenza.

Solo la magia poteva fare qualcosa in quel caso… e dopo Ylenia, Briony conosceva solo una strega molto forte in grado di contrastare un’entità sovrannaturale. Bonnie Bennet. L’aveva contattata, e così anche per i Salvatore e Caroline. Dovevano rimanere tutti uniti per liberarsi di quel pericolo mortale che incombeva su di loro. Connor non voleva fare del male ai Mikaelson ma a tutti, visto che se uccidevi un Originario uccidevi anche tutta la sua discendenza. Ciò aveva fatto leva su Bonnie per aiutarli a cercare una via di fuga, solo per il bene dei suoi amici.

Briony li avevi così contattati per collaborare, insieme. Proprio come una volta. Se esisteva un modo losco per eliminare un nemico sicuramente l’avrebbero trovato, strambi e ingegnosi com’erano.

Il turno per coinvolgere Elijah era il più difficile ma andò meglio del previsto. Sebbene fosse reticente nel fidarsi dei Salvatore, era pienamente consapevole che da solo non avrebbe ottenuto molto contro Connor. Era più saggio fare fronte comune ma senza inganni e voltafaccia come già accaduto in passato. Su questo non avrebbe sorvolato. Anche se di certo avrebbe avuto da ridire se avesse saputo che c’era Briony dietro tutto questo, ma ovviamente Stefan aveva omesso quel particolare al telefono.

In sua vece, il giovane vampiro prese appuntamento con l’Originario in una cittadina sperduta della Pennsylvania dove potevano trattare indisturbati della disfatta di Connor. Stefan aveva fatto intendere a Elijah che Bonnie aveva forse trovato una magia per contrastare il druido ed era necessario parlarne faccia a faccia.

Ovviamente non ci sarebbero andati né Stefan  Bonnie né chiunque altro all’appuntamento.

Era stato tutto organizzato di notte, protetti dall'oscurità, dentro a un loft che si trovava in quel piccolo paesino. L’incontro sarebbe avvenuti alle 11 di sera.

L’Originario si stava dirigendo nel luogo prestabilito col suo solito passo elegante e una mano dentro le tasche dei pantaloni. L’espressione era invalicabile e seria come al solito, ma non appena si accorse della presenza di Briony gli fuoriuscì un sospiro di fredda stizza e stava sul punto di cambiare direzione. Lei lo fermò in tempo.

“Credo che ascoltare i consigli altrui non sia una delle tue più alte qualità.” disse lui con una finta ilarità e sguardo lontano, decidendosi a fermarsi anche se con un certo sforzo.

“Ma i tuoi non erano consigli.” ribattè lei giudiziosa mettendosi di fronte a lui.

Elijah spostò quindi lo sguardo per poggiarlo su quello di lei, fulminandolo duramente.

“Infatti.” Erano ordini, ma Briony non voleva ripetere lo stesso errore. Se avesse continuato a piangere e a pregarlo avrebbe solo peggiorato le cose e lui si sarebbe sentito ancor più in dovere di allontanarla. Doveva giocare d’astuzia, con la mente, facendogli credere che era forte, e che non era solo una sciocca speranza quella di voler stare con lui ma un desiderio vero e proprio che avrebbe potuto realizzarsi senza troppi danni.

Elijah spostò poi tutto il corpo verso di lei in una mossa elegante: “Devo presumere che l’incontro, questa cosa di contrastare Connor insieme, fosse tutta una messinscena?” domandò in maniera gelida.

“L’idea è partita da me in effetti..”

Elijah non la lasciò concludere e sospirò irritato. “Vuoi sul serio condannarti allora? Ascoltami molto bene, é l’ultima volta che te lo spiego…” cominciò in maniera calma ma minacciosa, avvicinandosi: “Devi stare lontana. Il mio posto non è il tuo.” le mormorò sibilando e inghiottendola nelle sue fessure nere e intransigenti.

Chiunque avrebbe acconsentito al suo volere vedendo quello sguardo, però lei non si lasciò smuovere.

“Prova pure a soggiogarmi. Ma mi sono premunita di verbena in ogni modo, potresti anche cavarmela dal corpo e sarebbe l’ultima tortura che potresti infliggermi.” mormorò lei in maniera sarcastica fissandolo di traverso. Elijah corrispose con un ghigno gelido che si spense subito nella sua maschera.

Lei scosse la testa, riprendendo il controllo:

“Non sono venuta qui per rinfacciartelo ma solo per farti capire che esiste un modo..”

“Forse sono io a non volerlo più.” Rispose lui crudo fissandola vuoto.

Vedendo poi che stava per allontanarsi, lei lo trattenne con audacia:

“No ascoltami. Per il bene di tutti devi ascoltarmi… ho fatto tutto questo perché voglio sbarazzarmi di tutto il male che ci circonda, voglio che tutti noi viviamo le vite che ci meritiamo.”

Elijah si soffermò a lungo sul suo sguardo, rimanendo in un insolito silenzio. Lei continuò, come sollecitata. “Non dovrà più essere così difficile.” Gli disse più dolcemente.

Quello che ottenne però fu l’ennesimo sguardo severo e irremovibile.

“Non tutti otteniamo ciò che vogliamo. Bisogna solo arrendersi alla realtà dei fatti, come hai detto tu una volta.” Replicò lui in maniera glaciale.

Briony deglutì nel ricordare come aveva lasciato Elijah tempo prima, quando credeva che la realtà si sarebbe presto abbattuta su di loro e non c’era speranza di essere felici. Sembrava che la situazione si fosse capovolta.. in maniera più subdola.

Voleva trovare una maniera per uscire da quel tunnel buio proprio come avevano fatto in precedenza, ma lui scavalcò subito i suoi stupidi desideri che non potevano avverarsi:

“La nostra fine era sempre stata lì, sin dall’inizio.. solo che noi l’abbiamo ritardata soltanto per un’inutile testardaggine, un insano desiderio, e facendoci così solo del male.” Rispose lui in maniera ferma e incredibilmente convincente, visto la calma con cui parlava della loro ormai destinata fine. “Non ci sarà mai serenità, né tranquillità, potrò solo offrirti degli enormi pericoli con la mia vicinanza.. vuoi questo per la tua vita, per il tuo futuro? Io non credo.”

Nell’ultima frase ci fu un velo di provocazione per farle accettare quella cruda realtà e spegnere così tutti i suoi sogni. Senza soggiogamenti o minacce, ma semplici parole che andavano a colpire dritte al cuore.

Briony però non permise a quella lama di trafiggerla ancora, perché combattè contro quell’emorragia fino allo stremo:

“Sarebbe comunque una mia scelta. E lascio a te la scelta di decidere se stare dalla nostra parte o no.”

Ormai parlare solo della loro storia non sarebbe valso a niente visto gli sguardi invalicabili di Elijah; doveva fare ciò per cui era venuta.

L’Originario così si allontanò con distacco, sviando lo sguardo freddo:

“Parla dunque. Ma non ti prometto nulla.”

Briony allora si inumidì le labbra, consapevole che Elijah non avrebbe preso bene ciò che aveva da dire:

“Bonnie non è ancora in grado di capire quale sia la magia che può mettere fuori gioco Connor..”

Elijah la guardò completamente stupefatto e scosse la testa, quasi si sentisse preso in giro e ciò non gli piaceva per niente. Sospirò di nuovo fra sé e sé e stette per andarsene per non perdere di nuovo il suo tempo con quelle futilità.

“Ma..” Briony lo intercettò in tempo per spiegare tutta la situazione velocemente.

“Siamo a buon punto e col tuo aiuto potremmo fare in tempo, prima che qualcun altro ci vada di mezzo. Come Ylenia ti ricordi di lei? E’ morta dopo avervi salvati.” Stava giocando sporco per costringerlo a stare dalla loro parte, visto che i debiti lui li ripagava sempre, e infatti Elijah irrigidì la mascella in maniera impercettibile e decise di restare sul posto, almeno per il momento.

Lei continuò:

“Ho coinvolto Chuck perché solo lui può avvicinare Connor senza sospetti. Di lui mi fido ciecamente e quel bastardo pensa che lui sia ancora una sua creatura. Chuck ci aiuterà perché lo conosce molto bene. Può arrivare a lui e a tutti i suoi segreti.”

Elijah però non lo ritenne abbastanza dal modo in cui si allontanò:

“In pratica non avete nulla in mano, solo tante chiacchiere.”

“Ma almeno stiamo combattendo per la nostra felicità e non molliamo davanti agli ostacoli! Ci serve il tuo aiuto però… Da soli non potremmo farcela contro Connor, ci serve qualcuno che sia potente tanto quanto lui.”

Scese del silenzio pesante tra loro che ambiva ad essere smembrato perché l’attesa era troppo grande. Elijah aveva il volto girato e distaccato mentre lei deglutiva in continuazione, sperando in un qualche miracolo di averlo convinto.

“Accetti di aiutarci?”

Elijah mosse le mani dentro le tasche, non spostando comunque lo sguardo invalicabile:

“Prenderò in considerazione la cosa.” Disse solamente.

Per Briony quello era già un traguardo, infatti sospirò di sollievo. Il cuore subito riprese vigore, e si preparò a curare gli squarci.

Elijah poi si voltò per guardarla in viso. Ma sembrava completamente vuoto.

“Se è tutto..” disse sul punto di congedarsi.

Il corpo di Briony quindi ebbe un sobbalzo, consapevole di dover lottare per la sfida più importante di tutte. Quella da cui dipendeva la sua salvezza, la sua felicità.

Si fece di nuovo sotto:

“No.. “

Lui allora la guardò in maniera obliqua:

“Cosa vuoi rinfacciarmi?“

“Niente.” Mentì   “Voglio solo che tu sia sincero con te stesso, che tu ascolti per un attimo il tuo cuore.”

A quell’ultima parola lui le fece un debole e glaciale sogghigno, come se le facesse intendere che ormai il cuore lo aveva perso e comunque non avrebbe più funzionato perché non voleva sentire più niente. Era quello il suo obbiettivo; la barriera cercava a tutti i costi di rimanere intatta.

“Se una parte di te spera ancora in una possibilità..” disse lei ancora, incurante delle sue intenzioni.

“Non ci sono altre possibilità.” Rispose fulmineo lui. “Mio fratello ti ucciderà in men che non si dica quando scoprirà tutto.”

Stupidamente Briony non provò la paura che doveva sentire. Con lui accanto sapeva che non doveva temere nulla, che avrebbe potuto affrontare ogni pericolo.

“Ma quando tutto questo inferno verrà spazzato via, perché succederà, non voglio che tu ti isoli ancor di più e non concedi una chance alla nostra storia per scrupoli di coscienza. Possiamo combattere tutto questo, fare in modo che non ci divida un’altra volta..”

Elijah rimaneva immobile, rigido, col viso serrato ma tormentato.

“Non sono una sprovveduta, so che tuo fratello cercherà la benché minima scusa per farmi fuori, infatti dovremo agire in maniera cauta e senza che nessun altro se ne accorga finchè non avremmo messo fuorigioco Connor.”

L’Originario rimaneva ad ascoltare in silenzio, lottando con una parte di se stesso mentre la barriera continuava a rimanere integra. Ma per quanto ancora?

Briony intuiva che forse era inutile ma fece poi un sospiro e prese dalla propria borsa un biglietto.  Elijah osservò attentamente i suoi gesti, non capendo dove volesse andare a parare.

“Ho affittato una casa in Tenesse proprio nel bel mezzo del nulla, non è nemmeno sulla cartina il posto e credo che neanche tuo fratello potrebbe mai arrivare fin lì con le sue spie. Lui non mi vuole tra i piedi e così farò. Ma non può pretendere che io sacrifichi ciò che ho più di caro.” Ribattè lei fermamente e fissandolo negli occhi.

Elijah stava per ribattere che doveva smetterla subito, che si sarebbe resa conto troppo tardi che non ne sarebbe valsa la pena, ma lei lo colse alla sprovvista prendendogli una mano. Lui cercò di scansarla ma lei tenne forte la presa:

“Ho preso ogni precauzione, ho controllato ogni cosa e qui spiego il modo in cui arrivarci senza farsi notare.”

Lui si divincolò di nuovo ma con meno forza di prima, come se la barriera stesse cedendo contro la sua volontà e incurante dei suoi sforzi.

“Briony è una completa follia.”

Lei non ascoltò l’avvertimento e gli riprese la mano:

“C’è anche il mio numero di telefono. Nessuno ha questo e potrai contattarmi..” lo guardò dritto negli occhi “se accetterai di riprovarci ancora.”

Elijah serrò di più il viso facendolo apparire quasi innaturale dal gran che era livido. Sapeva che doveva allontanarla, farsi di nuovo odiare, ma il silenzio gli faceva ingoiare le sue giustificazioni egoistiche.

Briony osservò quell’espressione, non intuendo neanche per un attimo quale decisione lui avrebbe intrapreso; ma lei gli dimostrò in ogni caso ciò che sentiva:

“Io non ho ancora perso la speranza e nemmeno la fiducia.” Strinse di più le loro mani quando Elijah abbassò lo sguardo. “La sto riponendo tutto in te.” Finì più sincera di quanto potesse essere. La speranza era l’ultima a morire di solito e la sua speranza di poterlo amare per sempre non sarebbe mai morta. Lui alzò lo sguardo abbassato, afflitto da sensazioni contrastanti che non gli permettevano di parlare lucidamente.

Briony incrociò quello sguardo da cui non avrebbe mai voluto più separarsi: desiderava toccarlo, anche solo sfiorarlo per un attimo per imprimersi la sua pelle fredda sotto il suo tocco nel caso che lui non accettasse.

Ma optò per la soluzione più saggia. Non doveva fargli ulteriori pressioni solo perché si sentiva debole senza di lui.

“Nonostante tutto io non pretendo nulla.” Disse solamente mettendosi sulla spalla la borsa. Si umettò le labbra capendo che era sopraggiunto la fine di quella conversazione. Se ci sarebbe stato un vero inizio, il cuore avrebbe cantato per la felicità, ricucendo tutte le ferite come se non fossero mai esistite. In caso contrario… non voleva neanche pensarci.

“Lascio a te decidere la strada che prenderemo.”

Si guardarono negli occhi un’ultima volta. Elijah strinse di più la linea della bocca ma i suoi occhi parlavano per lui, trasmettendolo un senso di logoramento che poteva considerarsi quasi umano. Come se un calore improvviso e inatteso gli avesse intaccato il gelo contro la sua volontà.

Lei poi  gli lasciò tutto lo spazio e il tempo per riflettere e gli passò accanto per dileguarsi. Eljah si spostò da un lato come se avesse paura di toccarla. Non era mai stato vile ma in quel momento non poteva fare altro per mantenersi lucido e razionale; l’unico appiglio che aveva perché la barriera si stava sgretolando. E la prova la si ebbe quando lui non riuscì a resistere e si voltò verso di lei, guardandola andarsene nella notte buia e deserta.

La guardò come se volesse rincorrerla, la guardò come se la stesse vedendo per l’ultima volta…

Quella decisione sarebbe stata la più difficile che avrebbe mai intrapreso perché in ogni caso si sentiva spezzare comunque. Qualsiasi scelta poteva risultare sia giusta che sbagliata allo stesso tempo, ma la felicità dipendeva da un’unica cosa se ti permettevi di affrontare ogni rischio e abbattere tutte le armature di difesa. Se eri pronto a farlo.

Elijah abbassò così lo sguardo, stringendo fortemente il biglietto dentro il palmo.

Le possibilità sono come il vento, devi acciuffarle prima che queste scompaiono via,  lasciandoti quindi un vuoto incolmabile in quella mano che voleva afferrare un secondo prima quel soffio di felicità. Ma talvolta quel vento ti può tagliare a metà, fenderti come se fosse composto di spine taglienti, e il prezzo da pagare per mandare avanti quella scelta era di infiltrarti in fitti rovi dove potevi costarci la vita.

Malauguratamente le conseguenze non le puoi mai sapere… puoi solo buttarti a capofitto o allontanarti e lasciarti tutto alle spalle. E tutto dipendeva se avessi dato ascolto alla mente, al buon senso, o al cuore.

Elijah serrò sempre di più il viso indecifrabile mentre gli parve di sentire una morsa stringerlo in un punto preciso nel petto. Cercò di ignorarlo, di far finta di nulla, e l’unica depositaria dei suoi pensieri contrastanti e dilanianti fu quella notte opaca in cui lui si abbandonò.

 

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La cosa più terribile era aspettare, attendere col cuore in gola una risposta che avrebbe cambiato per sempre la tua vita, decidendola se farla continuare o spezzarla definitivamente.

Elijah non si era fatto sentire per giorni interi, niente di niente, solo silenzio. Con ansia Briony guardava il display del cellulare, attendeva in camera del suo motel girandoci in tondo, senza alcun pensiero che non fosse dominato da lui.

Quel silenzio la inquietava troppo perché poteva valere tutto o niente nel caso di Elijah, visto che per lui le parole erano sempre state superflue. Ma lei aveva bisogno delle sue parole… voleva conferme e niente incertezze.

Di giorno cercava di mantenersi impegnata nelle sue continue ricerche con l’aiuto di Chuck in un telefono protetto, ma il peggio veniva da notte. Come se quell’oscurità le incutesse ancor di più il senso della sua solitudine al ricordo di lui. Il corpo diventava pazzo di nostalgia o di dolore nel non scorgere l'ombra di Elijah accanto a lei. Il suo corpo che l’abbracciava nel sonno, il suo profumo che l’avvolgeva, e quelle labbra che le risvegliavano il cuore dormiente.

Al solo pensiero di non poter avere più quelle cose, le sembrava sul serio di impazzire e di capitolare lungo una scalinata spigolosa senza fine.

La risposta ai suoi tormenti venne un giorno, quando il display del suo cellulare si accese e lei quasi con noia lesse il messaggio, inconsapevole che le avrebbe accelerato il cuore all’inverosimile.

Era parecchio misterioso e breve, e dovette sbattere più volte le palpebre per comprendere a che punto Elijah volesse arrivare. Ma di certo un messaggio così ambiguo non poteva aiutarla di certo. Le diceva solo di incontrarsi l’indomani al mercatino di giorno nello stesso paese della Pennsylvania in cui si erano visti l’ultima volta. Punto. Nient’altro.

Briony temette che la stesse prendendo in giro e che fosse solo un occasione per ripeterle che doveva stargli lontano una volta per tutte.

Ma il cuore invece si riaccese, infuocato da una tenue speranza a cui volle credere a tutti i costi. Briony si lasciò così sommergere da quel calore e un sorriso spontaneo le comparve sulle labbra, che da giorni non formavano più veri sorrisi.

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Briony venne con largo anticipo all’incontro ma solo perché ero troppo impaziente di sentire cosa Elijah avesse da dirle. Voleva che gli stesse lontana? Voleva ricominciare? Quegli interrogativi le fracassavano la testa e per dare pace al suo cuore in tempesta aveva bisogno di risposte, di lui.

Aveva lasciato passare il tempo, inoltrandosi in mezzo alle bancarelle del mercato dove offrivano cibo, vestiari e accessori. C’era persino dell’antiquariato e si fermò proprio di fronte a un’esposizione per dare una leggera occhiata. Il sole era debole e poco luminoso quel giorno ma comunque c’era abbastanza gente a occupare le strade di quel piccolo paesino. Numerose chiacchiere e gridolini le arrivarono all’orecchio ma lei appariva apatica agli occhi dell’altri, perché c’era solo una voce che voleva sentire, solo una avrebbe davvero attirato la sua attenzione.

Ed ecco all’improvviso che sentì un’ambigua presenza alle sue spalle.

Accorgendosene, Briony subito si irrigidì. Doveva comunque stare all’erta, magari era un segugio di Klaus o di Connor e per questo serrò il viso in preda a un tremendo sospetto. Tutti i suoi sensi erano in guardia, eppure qualcosa le diceva che il suo cuore aveva una sola ragione per battere così forte.

Prese coraggio e si voltò.

Per un tempo incalcolabile non vide nulla se non degli occhi neri, non sentì nulla al di fuori dei brividi che le provocavano quello sguardo, e non mosse un muscolo a parte il cuore.

Briony sentì di avere il fiato corto mentre incrociava lo sguardo impenetrabile e profondo di Elijah. Era così affascinante, regale e maestoso da desiderarlo al punto di poter morire. Eppure non aveva niente di insolito visto che indossava il suo classico completo nero e la pettinatura elegante era sempre uguale, ma forse tutto dipendeva dal fatto che le era mancato così tanto da squarciarsi l’animo in sua assenza.

Rimase comunque immobile mentre lui si avvicinava lentamente, tenendo lo sguardo profondo e inquisitorio legato al suo. La ragazza così fece un profondo respiro e cercò di riprendere lucidità.

“Sei in ritardo.” disse rivoltandosi verso la bancarella.

Lo sentì avvicinarsi al suo fianco, quella presenza era inequivocabile.

“Ottimo posto per parlare indisturbati.” Disse lui sovrappensiero prendendo un aggeggio d’antiquariato in una mano. Si guardò poi attorno con noncuranza “Carino.” Replicò sovrappensiero.

Quell’aurea misteriosa e di ambiguità non le permetteva di certo di capire come stavano le cose. Elijah sembrava più inarrivabile del solito, sebbene fosse stato lui a decidere quell’incontro.

Briony lo guardò di sottecchi ma l’Originario pareva distaccato come nulla fosse, come se stesse lì per caso e per passarsi semplicemente la giornata.

La ragazza sospirò cercando di mantenere la calma:

“Non mi hai fatto intendere nulla dal messaggio.” disse continuando a guardare i negozi sia a destra che a sinistra.

“Era proprio quello il mio intento. E’ sempre meglio non lasciar trasparire troppo le proprie intenzioni.” Le replicò lui in maniera enigmatica rimettendosi le mani nelle tasche e cominciando a camminare lungo la strada. Lei lo seguì a distanza cercando di non attirare troppo l’attenzione. Lo sguardo vagava su tanti punti indefiniti del mercato per agire in maniera cauta, anche se più di ogni altra cosa lei sentiva il bisogno di immergersi in quegli occhi neri, di toccarlo almeno per un istante. Seguirlo in quel modo era snervante.

“Io però ho diritto a una spiegazione chiara, se no anche io sto perdendo il mio tempo.”

Elijah non rispose e si fermò davanti a un'altra bancarella. In silenzio e con semplicità prese tra le mani un oggetto da soprammobile. Briony apparentemente faceva finta di nulla ma dentro di sé fremeva.

“E’ affidabile la tua abitazione?” domandò lui all’improvviso continuando a non guardarla. Lei fece lo stesso.

“Sì.”

“Ci vivi da sola?”

“Con mia sorella.”

A quell’informazione lo sentì grugnire e irrigidirsi, e lei allora lo guardò storto:

“Con Klaus in versione pazzoide non voglio che resti a Mystic Falls priva di difese. La voglio con me dove posso proteggerla.” Replicò lei decisa e tornando poi a far finta di osservare le bancarelle.

Sapeva che Elijah aveva pessimi rapporti con Caroline, che non si fidava minimamente di lei soprattutto per questioni così delicate che dovevano rimanere segrete. Lo capiva ma di certo lei non avrebbe abbandonato la sorella al suo destino.

“E anche Chuck.” Altro grugnito silenzioso fra i denti e lei allora alzò gli occhi al cielo:

“Un aiuto in più non fa mai male.”

Lo vide allora sorridere sotto i baffi:

“D’altronde se ti affidassi un po’ di protezione credo che non l’accetteresti, come già è successo.” Disse lui con semplice ilarità.

Briony capì a cosa si stesse riferendo e l’animo si infervorò: “Quella protezione era una scemenza, non avrei mai accettato.”

Stavano continuando a parlare apparentemente da soli e dando la loro fugace attenzione alle bancarelle. Nessuno sembrava accorgersi di loro due e della tensione elettrica che li legava a doppio filo spinato.

Briony però si accorse che già parecchie volte una stessa persona era passata loro davanti in mezzo alle bancarelle e li aveva fissati, seppur di sfuggita ma li aveva osservati per diversi secondi. Briony strinse allora sospettosa gli occhi nel guardare quel tizio percorrere la sua strada.

Forse era stata solo un'impressione ma quando sentì un alito di vento passarle contro il braccio sobbalzò inavvertitamente. Elijah si era solamente propeso verso di lei, allungando la mano verso una bancarella a cui lei stava vicina. Era stato solo un semplice contatto ma era bastato per mandarle tutto l’animo in subbuglio. Il fiato era corto mentre alzava lo sguardo per incrociare quello profondo di Elijah. Erano vicini questa volta, i loro occhi erano legati e sembravano riflettersi l’un nell’altro.

Se lui avesse fatto durare ancor di più quella trepidazione lei era sicura che non avrebbe contenuto i battiti accelerati del cuore, che rischiavano di sfracellarlo per quella potenza micidiale. La voce poi che Elijah usò, così profonda e magnetica, non aiutò il suo equilibrio mentale.

“Voglio sapere se sei pronta. I pericoli da adesso in poi potrebbero anche aumentare, lo sai questo no?”  Le chiese lui ad un palmo dal suo naso. Briony sentì il suo respiro delizioso invaderle le narici e rimase lo stesso attaccata a quegli occhi neri dove non aveva la forza di riemergere.

Si inumidì le labbra per parlare:

“Lo so, e ho preso apposta precauzioni. Ma quello che voglio è questo.”

Lui allora le fece un freddo sorriso e si allontanò di poco dal suo viso, ma per lei la distanza fu talmente grande che le sembrò di prendere grossi respiri dopo essere stata in apnea. Era incredibile l’effetto che Elijah faceva su di lei.

“Non ti ricordi quando ti ho detto che bisogna stare attenti a ciò che si desidera?” le domandò lui in maniera enigmatica con occhi altrettanto enigmatici.

Sembrava giocare con lei e sfidarla, come per ammonirla e avvertirla, ma lei rimase in silenzio.. troppo impegnata a torturarsi coi suoi pensieri e ricordi.

Il viso di Elijah poi si indurì:

“Te ne potresti pentire nel migliore dei casi.”

Briony sviò lo sguardo per non dover più ascoltare quelle raccomandazioni che troppo spesso aveva dato retta in passato. La paura per il futuro, il bisogno di sicurezza e di allontanarsi da possibili mali l’aveva indotta a lasciarlo, proprio perché ciò che si desidera si rivela sempre un'arma a doppio taglio che sarà poi la lama più affilata e feroce che ti sventrerà crudele il petto.

Ma rifare quegli sbagli, ripercorrere gli stessi errori, sarebbe stato deleterio e ingiusto. Lei non avrebbe rinunciato, avrebbe lottato con le unghie e con i denti questa volta.

All’improvviso sentì l’ennesimo brivido scuoterla, ma provenne dall’altro lato del braccio. Elijah si era spostato, affacciandosi alla sua sinistra. Guardava basso toccando il materiale delle bancarelle. Poi si mise dietro di lei mentre la mano toccava un oggetto davanti. Lei però si focalizzò solamente sulle sensazioni che le provocava quella stretta vicinanza. Si sentì scoppiare il cuore.

“Se vuoi stare di nuovo con me, dovrai rischiare tanto, davvero tanto.” Di nuovo la sua voce sembrò toglierle ogni ragione, ogni respiro. L’avvertimento era chiaro, tanto da toglierle la vita stessa, ma irrazionalmente non le importò. Per un momento ebbe l'impressione che la mano gelida di Elijah le avesse sfiorato la sua delicatamente, quasi apposta.

Briony si sentì mozzare il fiato e chiuse gli occhi:

“Ne sono consapevole.” Rispose lei decisa pur sapendo di aver traballato nell’aver percepito il respiro di Elijah sopra l’orecchio.

Lui poi l’affiancò di nuovo a sinistra, fissandola in volto: i suoi occhi era più neri e micidiali che mai.

“Ne sei sicura?”

Suonò come una minaccia, e se lei non fosse stata tanto irrazionale in quel momento avrebbe provato un barlume di paura perché sapeva ciò che c’era in ballo e che con uno come Elijah i rischi erano doppi e letali. Ma non si lasciò pervadere da quelle orribili sensazioni perché qualcos’altro catturò la sua attenzione: lo stesso tizio di prima passò loro accanto e li guardò per qualche secondo con uno strano guardo. Non poteva essere una coincidenza, li stava veramente sorvegliando.

Colta da quel reale sospetto, Briony si spostò dalla bancarella e fu sul punto di afferrare quel tizio per un braccio e fargli un tremendo quarto grado o di spaccargli qualche ossa; ma non ebbe neanche il tempo.

Si sentì a sua volta spostare a velocità fulminea e si ritrovò in un battibaleno in un vicolo isolato. Briony strabuzzò gli occhi incredula, pronta a lottare di nuovo, ma si accorse che era stato Elijah a spostarla senza dire una parola. La teneva ad un braccio, lo sguardo su di lei era calmo e composto come niente fosse.

Non capendo a che gioco giocava, farfugliò nervosa:

“Ma che diavolo..”

“Volevo vedere se eri attenta.” Replicò lui calmo, lasciandola andare.

Briony allora lo guardò confusa e inclinò il collo per guardare lo svolgersi del mercato: appariva tutto normale, il tizio continuava a camminare come niente fosse.

“Ma è..”

“Sta ai miei comandi. Sorveglia la zona in caso di qualche spia di mio fratello.”

Quella spiegazione tranquilla e semplice la irritò. Cos’è, voleva assicurarsi che lei si rendesse conto dei rischi, che ogni momento che avrebbe passato con lui sarebbe stata in pericolo e che non poteva mai abbassare la guardia? E magari infonderle pure paura se lei non se ne fosse accorta in tempo… Lo guardò quindi storto per come stava remando quella situazione a suo favore.

“E’ davvero nauseante il fatto che Klaus vi tenga tutti al guinzaglio. E’ ora di farla finita, e se volevi assicurarti che non sono una stupida martire spero ti sia convinto. So i rischi che corro e sono disposta a correrli tutti prendendomi le mie responsabilità. Quindi smettila.” disse incollerita e agitata.

Il volto di Elijah però si indurì. “Non ho mai pensato che fossi stupida.”

Lei comunque sviò lo sguardo, facendo finta di nulla.

“Ma tu non mi hai risposto.”

E in effetti quell’incontro non stava portando a nulla se non a un Elijah che voleva a tutti i costi farla retrocedere sui suoi passi, all’apparenza. Fino alla fine non voleva dimostrare alcuna emozione, tenendola sopra un filo spinato in cui era meglio sanguinare un po’ che morire del tutto. Forse lui in questo modo credeva di proteggerla, di metterla in guardia, ma lei non sopportava quel senso di mistero… non sopportava di non poter leggere i suoi pensieri né di non scorgere le sue emozioni come fossero un divieto.

Elijah intanto aveva indossato un’espressione fredda e imperscrutabile, non muovendosi di un millimetro.

“Voglio una risposta chiara, non questi sguardi misteriosi.” Ripetè la ragazza agitando una mano.

Forse era lei che stava sbagliando a intestardirsi. Con uno come Elijah niente era mai facile perché si concedeva poco o niente; dovevi sempre tirare a indovinare perché lui non ti faceva mai capire nulla dei suoi pensieri, a meno che non fosse lui stesso a volerlo.

Stava sbagliando perché ci stava sperando troppo, correndo il rischio di essere ferita troppo profondamente da un suo ennesimo rifiuto e chissà se mai sarebbe riuscita a guarirne da quella ferita.

All’improvviso lui fece dei passi in avanti, tenendo le mani nelle tasche e scrutandola attentamente: “Dimmi una cosa.. come hai  fatto a riappropriarti dei tuoi ricordi?”

Lei serrò il viso in maniera dura:

“Perchè, ci vuoi riprovare?”

Lui però parve non averla sentita perché inclinò la testa da un altro lato, come se volesse penetrarle dentro:

“Davvero strano il fatto che non mi vuoi lontano per questo o non mi detesti. Dovresti farlo, sarebbe la scelta più saggia.”

E doveva farlo, eccome. Ma quello non era il momento adatto per i rimproveri, considerando che lui la teneva a debita distanza solo per un bisogno ambiguo di proteggerla.

“Non sono saggia quanto te forse. Hai deciso di tenermi lontana per sempre quindi? O sì o no. Ma in entrambi i casi dobbiamo fare qualcosa contro Connor e tuo fratello.”

Lui assunse un'espressione grave e si allontanò di nuovo, liberandola dalla sua presa mentale soffocante. Andò a guardare al di là del vicolo con sguardo apparentemente vuoto e freddo:

“Decisioni, decisioni. La più semplice era che tu ricominciassi da capo e che io e la mia famiglia sparissimo.”

Da come parlava sembrava che fosse la sua parte morale, razionale, a pronunciare quelle parole. Perché era teoricamente giusto così e lui ne era consapevole, per questo glielo ripeteva di continuo. Ma a volte la decisione giusta non coincide con ciò che vuoi davvero. Con ciò che la tua parte più importante desidera.

Lei infatti gli si avvicinò, fissandolo intensamente.

“E quello che vuoi tu però, qual è?”

Sentendola vicino, lui si voltò, fissandola in maniera severa e invalicabile. Briony deglutì ansiosa perché non riuscì a scorgere quale sarebbe stata la sua prossima mossa.

Lo squillo di un cellulare sembrò destabilizzare entrambi. Elijah rispose subito, non rivolgendole più un’occhiata e avanzando persino di qualche passo per parlare liberamente.

Briony allora si infervorò. Era così quindi? Le dava un appuntamento, la metteva in guardia come se fosse solo una bambina, giocava a fare il misterioso e con le persuasioni mentali. E ora si metteva a parlare al telefono, non dandole più alcuna attenzione e nessuna risposta plausibile perchè non era oggettivamente onorevole ciò che stava facendo?

Che andasse al diavolo. Vorrà dire che non solo non gliela avrebbe fatta passare liscia per ciò aveva fatto, ma non le avrebbe permesso di toccarla neanche con un dito. Gli avrebbe fatto sopportare l’astinenza per settimane così imparava. Almeno avrebbe capito come ci si sentiva a colpire un muro di pietra senza possibilità di scheggiarlo.

“Adesso vengo.”

Lo sentì dire al telefono.

<< Ecco bravo, vai >> pensò lei arrabbiata.

“Un momento solo.” E Elijah abbassò lentamente il cellulare dall’orecchio e dandole ancora le spalle.

Briony così sospirò e abbassò lo sguardo, sentendo il proprio cuore ammutolirsi in un cupo e doloroso silenzio. Ma poi qualcosa lo rianimò prima ancora che il suo corpo se ne accorgesse. Sentì tutto accadere troppo velocemente che ebbe quasi l’impressione che un uragano si fosse abbattuto su di lei senza alcuna avvisaglia.

Si sentì afferrare da una mano che le inchiodò il viso per immobilizzarlo come voleva lui e subito il respiro le venne rubato da delle labbra fredde.

Quel bacio fu come un’esplosione, una totale liberazione per entrambi.

Riconoscere chi aveva dato il via a tutto questo fu istantaneo e facile per lei, impossibile sbagliarsi, ma non riusciva a muoversi.. troppo presa da quelle emozioni travolgenti che la stordivano come un lento veleno, come se stesse precipitando da una montagna.

Elijah continuò a premere sul bacio, tenendola ferma e strappandole il respiro. Dopo qualche secondo dalla sua mossa improvvisa, lui spinse il corpo contro quello di Briony verso il muro, come se quell’uragano di emozioni si fosse anche abbattuto su di lui, spezzando ogni barriera e dando il via libera ai suoi desideri nascosti.

Briony si sentì cozzare contro il muro e mancare il respiro per come il petto di Elijah la inchiodava, come se non volesse che qualcun altro là fuori la vedesse o toccasse. Le labbra del vampiro rimanevano incollate alle sue, come per trasmettersi parole che la mente non poteva concepire.

Al di là del vicolo il mercato continuava a svolgersi, la gente parlava e rideva, incurante di quello che stava succedendo in quell’angolo buio.

Briony riuscì poi a recuperare quel poco di volontà che le era rimasta e mise le mani su quelle di Elijah, sempre deposte sotto il suo viso; però non lo fece per farlo scansare, ma solo per immobilizzare quel bacio e imprimere il suo sapore nella loro infinita memoria.

Poi lui la lasciò andare, ma solo di poco perché le diede un bacio a fior di labbra molto delicato. Briony sospirò per quel gesto perché non voleva che lui si staccasse e pensò che nemmeno lui volesse farlo da come l’imprigionava ancora.

Aprì poi gli occhi. Erano così a breve distanza che entrambi i loro occhi si immersero l'un nell’altro, quasi per coglierne ogni segreto e aprirlo come un fiore che sboccia.

Briony, come ogni volta, si sentì incantare da quegli occhi ed il sospetto che il cuore stesse per fuoriuscirle dal petto ritornò a farle visita. Ma poteva anche farlo, lei sarebbe rimasta incantata a guardarlo non potendone fare a meno. E per fortuna che si era promessa di fargliele pagare tutte con l’astinenza.

Elijah le passò il pollice sul suo mento e le fece un affascinante sorriso, impossibile resistere.

“Ci vediamo presto.”

Se la metteva così, ogni parola era superflua. Si era fatto capire benissimo quale scelta aveva appena intrapreso, anche se avrebbe potuto benissimo farglielo intendere subito. Ma ovviamente non sarebbe stato nel suo stile, d’altronde quell’Originario la coglieva sempre alla sprovvista nel bene e nel male. La suspense era stata più che reale, così come le incertezze e i dubbi fino alla fine, ma sembrò esserne valsa la pena perché Briony in caso contrario non si sarebbe mai sentita così leggiadra dal sollievo mentre il cuore cantava gioia.

Gli rivolse anche lei un timido sorriso, poi lui si defilò velocemente, lasciandosi dietro solo una folata di vento. Ma Briony non provò alcun gelo perché la speranza era più rovente che mai. E di nuovo sorrise.

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I giorni passarono lentamente come se il tempo fosse diventato improvvisamente crudele. L’ansia cresceva ma così anche la speranza che tutto andasse per il meglio. Per una volta il destino poteva anche andare a farsi benedire perché avrebbero fatto a modo loro e avrebbero lottato fino alla fine.

La situazione era calma per adesso, non c’erano state lotte e guerriglie e anche se era un bene da una parte, Briony sapeva che quella era la tipica quieta prima di una potente tempesta. Per questo si velocizzava nelle sue ricerche al fine di trovare un modo di contrastare in maniera definitiva quei perfidi di Klaus e Connor. Per Connor la questione era chiara e tonda. Doveva morire. Ma per Klaus… quello era un argomento spinoso perché Elijah non avrebbe mai permesso che il fratello morisse, nonostante come si era comportato.

Non ucciderei mai mio fratello, qualunque sia la sua colpa.

Quella frase le rimbombava sempre nella testa e così cercava il tutto per tutto per rendere inoffensivo Klaus senza fargli costare la vita.. sebbene da una parte non fosse una mossa furba visto che il suo hobby era minacciarla di continuo, ma Briony non poteva agire solo per se stessa; già stava facendo correre dei rischi al povero Chuck che l’aiutava assiduamente.

Si trovavano nella sua villa segreta in Tennessee nel grande salone dove discutevano sempre dei piani da mettere in atto. Fuori praticamente c’era il nulla, la villa era situata in mezzo alle colline e senza nessuna civiltà. Il panorama infatti era verde e per nulla moderno. Anche se riserbava sorprese sgradite visto che attorno alla villa c’era uno stagno di acquitrini che somigliava a delle sabbie mobili. Per fortuna Briony ormai sapeva il percorso a memoria.

“Trovato niente?”

Chuck comparve nello studio trasportando del caffè caldo. Briony scosse gravemente la testa mentre scrutava attentamente degli strani fogli che avevano disegnati dei simboli e parole illeggibili.

“Niente. Nada de nada. Sto trasmettendo a Bonnie alcuni incantesimi che non riesco a tradurre e da cui non ci ricavo niente di sensato.”

Briony era ben consapevole che gli incantesimi ordinari non avrebbero potuto niente contro Connor, e dovevano sfruttare un vantaggio che spesso il druido aveva utilizzato contro tutti loro. Il Libro Bianco. Ylenia se l’era tenuto stretto per secoli perché era un libro che se finito in mani sbagliate sarebbe risultato molto pericoloso. Lì c’erano scritti migliaia di incantesimi andati perduti col passare dei secoli e in mezzo a quelle pagine sicuramente ci sarebbe stato un appiglio che potevano utilizzare a loro vantaggio.

L’intervento di Chuck era stato provvidenziale visto che era in confidenza col druido, e con un piano ingegnoso era riuscito ad arrivare al libro in assenza di Connor, disattivando ogni allarme. Aveva poi fotografato tutte le pagine del libro e stampate poi da poterne studiare con calma. Davvero un nano tuttofare.

Briony stava facendo ora lo stesso per inviarle a Bonnie col cellulare.

“Che cosa starà facendo Connor? C’è troppo silenzio nel mondo.” disse poi continuando col suo operato.

“Connor è un tipo piuttosto silenzioso.” Rispose Chuck sorseggiando il suo caffè a mettendosi seduto.

“Sì e subito dopo attacca come un serpente.”

Briony si sentiva piena d’ansia a tal proposito. Voleva porre una fine a tutta quella disastrosa storia, e subito.

“Dovrei sorvegliarlo.” Disse in un sospiro accovacciandosi allo schienale della sedia.

Chuck però si mise subito in allarme.

“No Briony. Connor non si fa infinocchiare da finti travestimenti.”

“Vorrà dire che non mi travestirò. Andrò da lui faccia a faccia. Ha avuto più volte occasioni di uccidermi ma non l’ha mai fatto. Vuole solo maledirmi la vita perché mi sono innamorata di Elijah e ho scombinato i suoi piano malefici del grande destino che deve compiersi.” rispose Briony in maniera plateale rimembrando ciò che Connor aveva attuato mille anni prima pur di sbarazzarsi degli Originali.

“Ma ora io e Elijah apparentemente abbiamo rotto. Posso avvicinarlo senza farmi del male.”

Chuck però era ovviamente contrario visto come scuoteva la testolina e la guardava di traverso con i suoi occhi asimmetrici. Briony però mise le mani avanti:

“Non dire niente. Non voglio che tu rischi ancora. Ci sono io dentro questo pasticcio e lo risolverò da sola senza che nessuno si faccia male al posto mio.”

“Sei troppo buona Briony. Mettere gli altri sempre al primo posto perché pensi di essere la causa di ogni loro tragedia è davvero onorevole. Ma è anche da stupidi. Pensa un po’ a te stessa e alla tua pellaccia.” bofonchiò Chuck bevendo un sorso di caffè.

“Ci penso infatti.” Replicò lei sovrappensiero e giocando con la penna che aveva in mano. Rimuginò per diversi secondi:

“Credo che sia rimasto ancora un pugnale di quercia bianca. Connor a quella dannata festa non l’ha usato su Klaus. Deve quindi tenerlo nascosto da qualche parte…”

“Non avevi detto che non volevi Klaus morto?” domandò il nano mettendo scomposto le gambe sopra il tavolo.

Briony sospirò. In effetti è così, l’aveva detto. Ma più il tempo passava più si sentiva la rabbia montare dentro: quel bastardo le aveva rovinato la vita in più modi, aveva allontanato Elijah da lei sotto minaccia, e aveva ucciso Ylenia.. non meritava alcuna compassione. Ma nonostante questo non sapeva proprio come fare per liberarsene senza andare contro ai sentimenti di Elijah.

Si alzò dal tavolo e si diresse verso la finestra con un pesante sospiro. Il panorama non l’aiutava granchè nel pensare a qualcosa di divertente.

“Che vuoi fare allora? E smettila di gingillarti.” Le arrivò da dietro la vociona impaziente di Chuck.

“Non mi sto gingillando. Voglio che non la passi liscia, che le sconti tutte… La promessa della sua sofferenza schiaccerà la mia.” Replicò lei in maniera durissima, sentendo scavare dentro di sé un cratere di rabbia che stava per esplodere.

Vedendo come Chuck la guardava, come se fosse una pazza invasata, lei si sentì in diritto di giustificarsi: “Insomma, ha costretto il fratello a passare un’eternità di sofferenza solo per tenerlo legato a sé per egoismo! Gli sta rovinando la vita con le sue continue minacce e facendo leva sul senso della famiglia che Elijah prova. E’ ignobile! Un mostro e un assassino.”

Di certo Chuck non poteva darle torto, quella ragazza aveva tutte le ragioni per avercela con Niklaus Mikaelson, ma voleva solo che stesse attenta visto che doveva già affrontare enormi pericoli.

Briony sospirò di nuovo e ritornò al tavolo per studiare i fogli del Libro.

“Magari un bel proiettile di quercia bianca nel cervello lo terrà buono e gli farà abbassare la cresta. Gli starebbe proprio bene.”

Chuck scrollò le spalle con noia. “Possiamo provare anche l’essicazione.”

Briony assentì con poca voglia visto che ormai tutti quei piani omicidi le mandavano il poltiglia il cervello. Quasi non dormiva più la notte. E non solo per tutti i suoi problemi ma anche per qualcos’altro…. Era da diverse notti che un incubo strano era ritornato a infestarle i suoi sogni… ma non era un vero e proprio incubo visto che non succedeva niente.

In pratica c’era lei che vagava con un pigiama bianco, come fosse uno spirito, in un giardino che conteneva dell’erba grigia e dei fiori spenti e appassiti. E poi basta solo quello… camminava e camminava con sguardo spento e non dicendo nulla.. ma ogni sera si avvicinava sempre a qualcosa, lo sentiva... ma non riusciva ancora a scorgerlo… dopo l’incubo poi veniva pervasa da un suono inquietante di campane. Suonavano la loro agghiacciante sinfonia nella sua mente, come se le stessero fendendo l’ossigeno e fracassando i suoi timpani. E poi finiva tutto in pochi secondi e il silenzio tombale tornava a dimorare nella camera da letto, quasi fosse stato tutto frutto della sua immaginazione.

Sicuramente era lei che aveva le traveggole o soffriva di qualche disturbo, visto che aveva chiesto a Chuck se nelle vicinanze delle colline ci fosse una chiesa. Lui l’aveva guardata come se gli avesse chiesto se era mai andato in uno shuttle e aveva risposto ovviamente di no. Nessuna chiesa. Quindi niente campane reali.

Forse stava diventando pazza visto ciò che era realmente, ma Briony sapeva che non doveva banalizzare troppo sui sogni che faceva… in passato aveva fatto quell’errore purtroppo.

I suoi pensieri vennero allontanati quando sentì la voce di Chuck richiamarla alla realtà:

“Briony te lo devo dire… penso che questo sia tutto inutile e che andrai incontro a un destino ben peggiore di quelli che hai già subìto.”

La ragazza allora lo guardò sconcertata:

“Ma io devo per forza contrastare Connor e Klaus.”

“Non parlo di questo… Parlo di Elijah.” Rispose il nano con tono buio e tetro.

Briony allora deglutì rumorosamente. Purtroppo Chuck non era nuovo a fare discorsi in cui spiegava alla grande quanto fosse fatale per lei stare con Elijah, che erano erroneamente compatibili, che il loro legame maledetto li avrebbe distrutti a vicenda... quei discorsi a volte la inquietavano perché il nano era sempre diretto e chiaro. Sferzante proprio come quelle campane.

“So che non ti piace sentirtelo dire ma è così… dianime mi ritengo una persona intelligente e so riconoscere quando uno deve mollare altrimenti rischia di fottersi la salute mentale.” Replicò Chuck evidentemente stizzito, come se davvero avesse tutte le risposte del mondo.

Briony però sospirò, non avendo nessuna voglia di ascoltare.. molte volte aveva mandato al diavolo la salute mentale, sofferto oltre l’inimmaginabile arrivando addirittura ad essere annientata dal suo stesso dolore… ma come aveva detto Ylenia una volta, niente che abbia valore è facile… e l’amore che sentiva per Elijah era più sacro per lei più di qualsiasi altra cosa... se lo sarebbe sempre portato con sè, anche se avesse dovuto attraversare l’inferno.

Chuck però non mollò la presa e volle a tutti i costi che lei lo ascoltasse. Le prese una mano tra la sua, stringendola.

“Briony… ascoltami… un rito si è tenuto mille anni fa attraverso la magia nera, creando un legame maledetto fra due creature sovrannaturali che può finire solo e esclusivamente nel sangue. Altra via d’uscita non esiste. Questi sotterfugi ritarderanno solo l’inevitabile.”

Briony sentì una lama attraversarle il petto, uguale e potente come quando aveva sentito la storia su come erano nati le creature come lei. Ne era rimasta talmente shockata da sapere il racconto a memoria. Il destino aveva sottoscritto che lei e Elijah dovevano odiarsi, vincolando quel castigo in una certezza immutabile.

“E che cosa? Sentiamo! Che io e Elijah finiremo per odiarci? L’odio l’abbiamo già provato e l’abbiamo anche sconfitto perché ciò che proviamo l’un per l’altra è più forte e reale di tutto quello che ci è capitato.” replicò lei con decisione visto che per quanto avrebbe potuto odiare Elijah per alcune cose che aveva fatto, lei non avrebbe mai smesso di amarlo. Quello sarebbe sempre stato più forte di tutto.

“Non parlavo di odio, Briony.” rispose Chuck gravemente, fissandola con una strana occhiata.

Anche se non aveva continuato, la ragazza aveva intuito ciò voleva dire… la lama di prima si stava avvicinando pericolosamente al cuore, portandogli un gelo di morte.

“Credi che metterei a rischio la vita di Elijah? Credi che sia solo un’innamorata egoista che vuole a tutti i costi il suo uomo accanto? Io faccio tutto questo anche per liberarlo dalle angherie di Klaus perché è la persona migliore che conosca e si merita la vita che desidera e di concedersi un minimo di vera felicità!” replicò lei alzando il tono di voce per farsi valere.

Abbassò poi lo sguardo con un sospiro, cercando di calmarsi:

“Noi ci meritiamo quest’occasione dopo quello che abbiamo passato pur di arrivare fin qui. Mi rifiuto di rinunciare solo per un dannato destino che io non ho mai voluto. Gli ostacoli li abbiamo sempre rimossi.” disse più per convincere se stessa.

“Ci sono alcuni ostacoli che non possono essere saltati. Troppe cose vi remano contro, cose che vanno al di là di voi, di qualsiasi sentimento o forza d’animo. Non potrai mai andare oltre a questo inganno della vita di cui sei stata vittima. Perché la realtà è questa, bambina mia, e i sogni non si avverano sempre. Questo è un sogno sbagliato e irreale.”

Chuck le si avvicinò di più mentre Briony negava interiormente quelle parole perché troppo a lungo si era fatta affliggere da quelle paure e insicurezze. Ora doveva lottare strenuamente, cosa c’era di male in questo? Qualche volta il Bene trionfava sul Male e lei aveva speranza che quella battaglia non sarebbe andata persa finchè ci avrebbe creduto.

 Chuck però continuò a farle pesare il suo punto di vista: “Chi crede di poter decidere che vita fare e di avere libertà di scelta è un cretino. Perché alla fine il conto si paga sempre e il destino lo reclama prima o poi. Nulla è casuale. Non esistono coincidenze. Il libero arbitrio non esiste, è solo un illusione.” Quelle parole così nefaste sembrarono tramutarsi in un mostro pronto a divorarla.

Se le cose stavano così allora niente aveva avuto senso in quella storia, avevano tutti sofferto per niente…. No. Non l’avrebbe accettato.

Testardamente Briony spostò via la mano da quella di Chuck per interrompere quel discorso; ma lui dopo un attimo di tentennamento proseguì ancora sorseggiando il caffè: “Seguire i propri cuori e credere che per questo atto di altruismo ci sarà una ricompensa divina, beh è da sciocchi, perché non sarà così.. perché accade solo nelle favole. Se continuate così, finirà davvero male.”

Briony sbuffò, non sopportando più quelle paranoie apocalittiche.

“E di nuovo pensi che metterei a rischio la vita di Elijah? Sul serio?” Non l’avrebbe mai fatto, anche se era nata per ucciderlo, non l’avrebbe mai fatto… per nessuna ragione al mondo.. piuttosto...

Chuck però interruppe il suo pensiero:

“Non parlavo della vita di Elijah infatti.” Fu la sua chiara e ombrosa risposta.

Briony lo guardò non sapendo per un attimo cosa dire, come se si fosse smarrita in mezzo a una spaventosa oscurità. Non ebbe neanche il tempo di chiedergli spiegazioni che sentì sbattere alla porta. Dalla sorpresa sussultò ma subito si alzò dalla sedia, dimenticandosi così di quella negativa discussione.

Aveva bisogno di liberare la mente, di nascondere da una parte tutti i problemi almeno per una volta, per questo andò ad aprire col cuore palpitante.

Non appena scorse quella maestosa visione che Elijah sempre rappresentava, subito si sentì completa e con niente fuoriposto all’interno del suo animo.

La sua assenza aveva svuotato anche se stessa, e sopportare quei giorni di lontananza era stato asfissiante, terribile come ingoiare acido ad ogni risveglio.

Subito quello sguardo penetrante e bellissimo la aiutò a lenire l’inquietudine che aveva dentro, scacciando via un po’ d’angoscia.

Lui le rivolse all’istante un flebile sorriso che la fece inconsapevolmente arrossire le gote. “Davvero un posto carino e alla mano.” disse il vampiro poi con noncuranza, guardandosi attorno col suo solito modo garbato.

Briony sorrise tra sé e sé. “Grazie, entra.”

Col suo permesso Elijah entrò col solito passo elegante e soprattutto non togliendole mai gli occhi di dosso; lei si sentì subito penetrare da quello sguardo come se le arrivasse fin dentro l’animo e ne fu elettrizzata per tutto il corpo.

La magia di quel momento però venne spezzata quando sopraggiunse Chuck col suo solito modo dondolante. “Eccolo il nostro eroe.” bofonchiò lui mentre sorseggiava un drink che Briony non riconobbe. Quest'ultima sorrise sotto i baffi mentre Elijah alzò accuratamente il sopracciglio, rimanendo in un pacato silenzio.

Chuck alzò il boccale come in un brindisi e decise di dileguarsi per lasciare loro un po’ di privacy. "Rivoglio tutto intatto al mio ritorno!"

Elijah lo guardò uscire in maniera perplessa, non ancora abituato a quella stramba presenza. Briony fece lo stesso e salutò l’amico, raccomandandosi di star attento.

Dopo che il nano ebbe chiuso la porta dietro di sé, l’atmosfera della villa si addensò in un pesante silenzio. I due rimasero ancora l’uno di fronte l’altro, Elijah continuava a scrutarla in silenzio mentre Briony si accorse suo malgrado di essere nervosa e si morse il labbro.

Da tanto tempo non aveva questa sensazione di disagio con lui, perché le emozioni che la turbavano in quel momento avevano radici che non si dirigevano nella direzione dell’amore o del perdono; c’erano appunto tante cose che voleva dirgli e lasciar fuoriuscire, ma ogni pensiero era così intricato e tormentato da stringerle la gola.

Fece un respiro per placarsi e con disagio si incamminò da sola verso il salone. Elijah rimase immobile a scrutarla con sguardo indagatore, poi decise di seguirla.

Briony era andata al centro della sala, stringendosi nelle spalle per fare ordine nei suoi pensieri, ma parve perdere completamente lucidità quando sentì le mani di Elijah accarezzarle delicatamente le spalle e il suo respiro soffiarle sopra l’orecchio destro.

Lei subito socchiuse gli occhi, colta in fallo da quei brividi a cui non sapeva opporsi.

“Credo…” cominciò lui con voce profonda continuando ad accarezzarla “che dovremmo parlare.”

Briony allora riaprì gli occhi, tornando a rendersi lucida. Poteva anche essere da stupidi mandare all’aria quei momenti che potevano condividere in santa pace, ma era impossibile ignorare quel senso d’oppressione che Briony sentiva al petto. Soprattutto perché lei aveva bisogno di sfogarsi e sentiva di aver ragione nel farlo nella maniera che voleva lei.

Così si fece forza e si divincolò dalla presa di Elijah, non riportando qualche graffio al cuore, ma fece dominare la ragione in quell’istante. “Sì dobbiamo parlare.” Disse freddamente camminando in avanti.

Elijah rimise le mani lungo in fianchi, continuando a guardarla freddo e aspettando educatamente che parlasse, pur sapendo fin dove sarebbero andati a parare.

“Hai idea di cosa ho provato quando l’ho scoperto?” Domandò lei dandogli ancora le spalle e sentendosi suo malgrado tremare le mani nel ricordare quel doloroso e amaro momento.

Sentì Elijah abbassare seriamente lo sguardo in un silenzioso sospiro:

“Hai tutte le ragione per recriminarmi quello che ho fatto, ma anche io ho le mie.” disse lui per far valere le sue ragioni e per non far sì che i suoi sforzi risultassero pienamente inutili.

Lei allora alzò gli occhi in maniera spazientita. Non le piaceva il fatto che lui prendeva segretamente decisioni senza il suo consenso solo per la convinzione di poterla proteggere. Si voltò verso di lui velocemente, incrociando il suo sguardo imperscrutabile:

“Sì lo hai fatto per proteggermi. Un’altra mania che io non sopporto perché so farlo da sola, e se abbiamo fatto questo sbaglio in passato è da stupidi ripeterlo altre volte. Se non siamo sinceri l’un con l’altro e non abbiamo fiducia, questa storia che mandiamo avanti non avrà largo futuro.”

Lui allora serrò il viso. Simili discorsi erano per i romantici, per chi credeva nelle storie d’amore senza troppe complicazioni, ma lui era più per le cose pratiche e razionali.

“Il futuro non l’avresti nemmeno avuto se fossi morta.” Ribattè fermamente nel ricordare quando Klaus gli aveva messo in faccia il video in cui lei rischiava di essere trucidata alle spalle da un ibrido. Quell’immagine ancora gli inchiodava il respiro in gola, torcendogli il petto in una morsa. E chi l’avrebbe protetta allora mentre lei mandava avanti le sue decisioni suicide?

Briony alla sua fredda risposta restò a bocca aperta e col corpo che tremava per via della rabbia. Lei in prima persona poteva capire benissimo quanto forte fosse la paura che la persona che più si ama potesse morire per causa tua, tanto da doverla allontanare da te a tutti i costi… lo capiva… ma farle dimenticare, rubarle i ricordi.. era ben peggio della morte. La condannava a un ergastolo di dolore in cui non c’era nessuna grazia.

“Farmi dimenticare è stato anche peggio!” ribattè lei ad alta voce “Come se qualcosa mi fosse stato strappato contro la mia volontà e senza che io potessi far nulla per impedirlo!”

Elijah teneva lo sguardo lontano, dove non c’era il pericolo di incrociare quello di Briony, e percorrendo invece alcuni tratti dalla casa come per trovare la freddezza invalicabile che aveva mantenuto fino in quel momento. Sapeva nel suo inconscio che lei aveva tutti i diritti di parlare così ma anche lui si sentiva a sua volta ferito.. Non solo lei si era sentita accoltellare al centro del petto. E odiava sempre sentirsi così, per questo lo mascherava.

“Mi hai praticamente maneggiata come fai con gli altri, mettendomi nello stesso piano di un oggetto di cui ti devi disfarre!” continuò Briony scalpitando per via della rabbia che sentiva.

Lui allora sentendosi colpito la inchiodò con uno sguardo duro e terrificante.

“Non sei in diritto di pensarla così.” ribattè in maniera grave e severa. Gli occhi le stavano mandando dei lampi per come lei gli dava contro senza capirlo. Soggiogarla è stata la cosa peggiore, più orribile che abbia dovuto fare nella sua intera vita e che probabilmente non rifarebbe più.. ma era la cosa giusta. Aveva rinunciato a tutte le cose preziose che avevano vissuto, solo per il suo bene, andando anche così contro se stesso. Non aveva permesso che i suoi sentimenti ostacolassero ciò che era la cosa migliore per lei. Aveva solo pensato alla sua sopravvivenza.

Ma Briony sembrava troppo presa dal rancore per capirlo, e dall’orgoglio perché perfino adesso lui voleva aver ragione e farsi prevalere. “Perché, non è vero? Non fai prevalere sempre le tue opinioni, non costringi le persone ad acconsentire al tuo volere se non vogliono andare incontro alla tua incredibile ira funesta?” La voce era sarcastica e amara proprio perché voleva ferirlo proprio come aveva sofferto lei.

Credeva davvero che avrebbe perdonato tutto così su due piedi, che gliela avrebbe fatta passare così liscia per quell’atto tanto crudele?

Lui a sua volta si irrigidì mentre un fuoco gelido gli stava attraversando le vene. Gli occhi vennero addensati da un nero opaco e terribile.

“E’ una questione ben diversa. Per proteggere le persone che amo sono disposto a calpestare gli altri, me stesso e persino i miei principi.” ribattè lui fermamente.

Briony si fermò un attimo ad ascoltare le sue parole. Colta in confusione sbattè le palpebre e di nuovo lasciò sfogare tutto il marcio che aveva dentro:

“Non ci credo.. Sembra che sia tu la vittima perché sei venuto meno alla tua morale quando mi hai privata della libertà di scelta. Quale scelta nobile di sacrificio.” Il tono di voce lo accusava terribilmente, lo faceva scendere a patti con la sua freddezza che si stava piano piano sgretolando per poi scoppiare in mille pezzi. Quasi quasi lei voleva proprio farlo arrabbiare e infatti gli occhi neri di Elijah furono attraversati da una scintilla diabolica e di rabbia gelida.

“Briony.” Sibilò lui come per ammonirla e farla smettere subito.

“No! Sono io la vittima, quella che ha subìto la tortura più atroce! Farmi dimenticare ciò che abbiamo condiviso, farmi provare odio contro la mia volontà??” Al solo ripensarci le si formò un squarcio nello stomaco che faticava ad essere riassorbito. Era peggio che abbandonare una persona, molto peggio… era come privarla di tutto ciò che amava, lasciandola con un senso di vuoto arido. Un guscio vuoto e sconosciuto perfino a se stesso.

“Hai idea di come ci si sente? Come un burattino senza vita che non può far altro che eseguire gli ordini anche se non lo vorrebbe per nessuna ragione.” Le parole cominciavano a lacrimare, Briony sentiva il dolore negli occhi e se la prese con se stessa perché doveva dimostrarsi forte in quel frangente.. se si sarebbe indebolita se si fosse fatta calpestare di nuovo. Doveva mantenere un minimo di dignità e amor proprio.

L’espressione di Elijah invece questa volta sembrò sciogliere un pò la propria glacialità e plasmare della nera tristezza nel vederla così. Aveva la sensazione di aver appena infranto qualcosa di prezioso e ora ne stava trasportando i frammenti, che chissà se mai sarebbe riuscito a riparare del tutto. Il senso di colpa riemerse dal suo abisso, scavalcando la fermezza e l’orgoglio di prima. Si irrigidì nella sua postazione.

Briony a sua volta si mise una mano sopra il viso, scuotendolo per far ordine fra le sue emozioni esplosive:

“No che non sai come ci si sente. Nessuno ha il potere di soggiogarti e farti sentire in suo potere. D’altronde tu vuoi sempre avere tutto nelle tue mani, tutto sotto il tuo controllo, e trattieni gli altri a distanza.”

Elijah serrò sempre di più il viso, divenendo quasi innaturale. Non si era mai fatto accusare in quel modo, calpestando ciò che era e senza aver alcun diritto di replica. Se ci fosse stato qualcun altro gli avrebbe strappato il cuore per aver anche solo osato mettere in dubbio il suo onore e per aver fiatato su subdole calunnie.

Ma con lei rimaneva immobile e severo. Perché con lei non riusciva ad essere totalmente un mostro, non più ormai. Si intravedeva sempre un barlume di umanità risalire in superficie per fargli rendere conto, con artigli feroci e ghermenti, di che colpe crudeli si fosse macchiato.

Per questo non replicò, ma comunque lasciò che tutte quelle emozioni contrastanti che gli stavano nuocendo la corazza venissero imprigionate e nascoste dietro una maschera glaciale. Era molto meglio non sentire niente; quelle emozioni erano troppe nocive per uno come lui.

Soprattutto perché era ancora incredulo interiormente di aver mandato miseramente all’aria tutti i suoi sforzi nel tenerla lontana, e di aver fatto crepare di nuovo la sua armatura. Sentì la voce del buonsenso ammonirlo di nuovo.

“Sei arrabbiata e hai tutto i motivi di esserlo.” Disse lui con semplice freddezza, sviando lo sguardo.

Briony si sentì allora ribollire per come si comportava. Prima voleva aver ragione, poi capendo che era lei ad averla si comportava in quella maniera fredda per chiudere la questione senza troppi giri di parole.

La sua amarezza quindi si allargò del tutto:

“Non è solo rabbia! Perché posso capire che tu l’abbia fatto sotto minaccia, altrimenti non mi avresti mai allontanata, ma è il modo in cui l’hai fatto! Mi hai mancato di rispetto!”

Il tono fu alto, proprio per farsi prevalere, per mantenere intatta la sua forza. Non sarebbe stata un delicato soprammobile che lui poteva usufruire come e quando gli pareva. Sapeva che lui l’amava ma a tutto c’era un prezzo e non sempre potevi perdonare le azioni fatte per un amore egoistico.

Quando guardò negli occhi Eljah, quello che ricevette fu il nulla.

Briony tentò di decifrare una qualsiasi emozione sul suo volto: non ne trovò nessuna. Ma ciò che lesse al di sotto nella sua maschera, per quanto poteva scorgere, la intimoriva.

“Mi dispiace che la pensi così.” La liquidò lui di nuovo con freddezza e rimanendo composto. Dio era insopportabile quando faceva così. Testardo come un muro e non chiedeva mai scusa anche se era nel torto.

“Ma non ti dispiace averlo fatto però?”

Vedendo che lui taceva ed era irremovibile sulle sue scelte, lei si portò le mani alla fronte. Era terribilmente accaldata, quella conversazione l’aveva spremuta come un limone e non avevano nemmeno trovato un punto d’incontro perché tutti e due testardi sulle proprie convinzioni. Ma non voleva essere sempre lei a fare un passo indietro per venirgli incontro e capirlo, a tutto c’era un limite. E poi era lei quella che aveva subìto i maggiori torti.

“Ho bisogno di una doccia, devo sgranchirmi un po’ e non pensare a queste cose che farebbe ammattire chiunque.” ribattè lei con flebile voce e cominciando a camminare per andarsene. Gli passò accanto nella traiettoria ma lui non si scompose né la fermò in alcun modo.

Rimase rigido, racchiudendosi in un gelo invernale per non dover più sentire quelle aspre parole e accuse che gli graffiavano l’animo. Odiava anche solo la sensazione di sentirsi messo in discussione. O di far trasparire troppo ciò che provava.. per lui era sempre un tabù. Anche con chi diceva di amare.

Aveva solo mostrato a Briony le sue ragioni, col suo classico comportamento distante e gelido. Ma non le aveva mostrato ciò che aveva provato… quando se ne era andato con la macchina mentre lei lo implorava con le lacrime di restare. Il suo atto di soggiogamento era stato crudele ma non era nulla se paragonato alla crudeltà con la quale lui aveva annientato la sua anima, pur di evitare che quelle lacrime tramutatesi in pugnali affilati e mortali potessero sventrargli il cuore in mille pezzi, come se fosse stato una semplice stoffa.

E alla fine quell’armatura non aveva retto molto a quei colpi implacabili e infilzanti.. perché il cuore comunque si era distrutto ogni volta che l’aveva lasciata andare.

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Mettere chiarezza in quel cervello fuso era necessario, e dopo averlo fatto Briony si sentì come al solito assalire dai sensi di colpa. Era dall’incontro al mercato che non vedeva Elijah e chissà per quanto tempo non lo avrebbe potuto vedere per il pericolo che entrambi correvano e per mantenere salde le precauzioni. Gli ci era voluto già molto a Elijah per venire lì quel giorno, senza incutere sospetti a Klaus e senza farsi scoprire da Connor, e lei lo accoglieva con una scenata.

Subito arrossì per come si era comportata… ma aveva tutti i diritti di prendersela, stavolta quell’Originario tanto onorevole aveva esagerato. Capiva che voleva proteggerla da tutto e da tutti, e che non avrebbe mai sopportato che vivesse nel pericolo a causa sua, ma lei non poteva comportarsi come nulla fosse, fare un sorriso e godere di quella serata insieme. O forse sì?

Presa da quei dubbi asfissianti Briony andò in camera sistemandosi i capelli: indossava una nuova vestaglia da notte bianca estiva, di tessuto parecchio sottile. Nel comodino trovò il suo anello, quello che le aveva regalato Elijah, e se lo mise subito al dito. Lo aveva sempre portato, nonostante tutto. Ormai era una parte di lei, un tesoro prezioso.

Scese poi in salone. Caroline quel giorno non c’era, di certo non gradiva un ambiente così remoto dove la linea era spesso irraggiungibile. Non di certo un posto adatto a lei e quindi per una volta era uscita, ovviamente con tutte le raccomandazioni da parte della sorella maggiore.

Non appena la ragazza oltrepassò la soglia del salone, subito si immobilizzò. Elijah era di fronte a una finestra, una sua mano scostava le tende e guardava al di fuori. La luce della luna era debole e mai troppo illuminante in quel posto, per cui con la presenza di Elijah quel luogo diveniva ancor più oscuro e tetro.

Briony si morse nervosamente il labbro, attorcigliandosi un ciuffo mentre camminava. Elijah non le rivolgeva lo sguardo, manteneva un’espressione neutra ma distaccata nel visualizzare il panorama di fronte a sé.

Briony provò così il bruciante desiderio di toccarlo, di baciarlo, di dimenticare tutte le cose brutte che erano successe e di lasciarsi andare totalmente senza alcuna incertezza.

Ma rimaneva dubbiosa sulle sue mosse, forse perché vedeva tutto questo come uno sbaglio, come un’ennesima ferita da rimarginare non appena lui se ne sarebbe andato; la paura che quella felicità che voleva assaporare durasse solo un attimo e poi finisse via come cenere. Per di più l’orgoglio di lei bruciava ancora per il tradimento subìto.

Andò verso un tavolo della stanza, cercando di apparire normale.

“Qui c’è la chiavetta con tutte le informazioni sugli incantesimi.” Disse prendendo un oggetto. Fu come se Elijah non l’avesse neanche udita visto che non ebbe alcuna reazione.

Un classico.

Briony così sospirò per cercare almeno di chiarire la situazione che stava al di fuori di quella casa, anch’essa drastica:

“Con Klaus come sta andando?”

A quella domanda, lui si voltò ma mantenendo comunque un’espressione neutra e non lasciando trasparire alcuna emozione, se non la semplice e incredibile freddezza:

“Non ho intenzione di tergiversare su discussioni che possono benissimo essere rimandate.”

“Ma io ti ho già detto tutto.” Replicò lei solamente, guardandolo.

Elijah allora si scostò dalla finestra e le venne vicino, con le mani nelle tasche. Nel sentire il fruscio della sua giacca, come camminava elegantemente verso di lei, Briony sentì una scossa in tutto il corpo che le pizzicò i nervi.

“Ma non abbiamo finito.” Rispose lui fissandola.

Briony allora deglutì, temendo suo malgrado quell’espressione cupa.

“Senti.. sia chiaro.” Disse congiungendo le mani “Io voglio stare con te Elijah, ti amo come prima.. ma non posso passarci sopra così su due piedi a ciò che hai fatto…. Voglio solo che tu capisca come mi sono sentita e che lo comprenda, non con questo tuo modo distaccato. Mi hai procurato un danno enorme che solo col tempo credo che svanirà.”

Aveva parlato piano, tentennante, proprio per fargli capire senza dare di matto cosa lei avesse provato. Ma lui non reagì bene a quel nuovo confronto, che infatti serrò duramente la mascella:

“Credi che io sia rimasto indifferente e gelido alla mia stessa azione? Che abbia così il cuore di pietra?” domandò duramente.

Briony traballò interiormente… No, certo che non lo credeva… sapeva che anche lui ne aveva sofferto e ne avrebbe portato il rimpianto per sempre… ma questo non cambiava la realtà e il fatto che lui non si scusasse e volesse comunque avere ragione.

Elijah abbassò lo sguardo, scuotendo rigidamente la testa:

“E’ stato un atto vile, non mi sono mai comportato così in 1000 anni per mettere a posto una situazione disastrosa… ma era la scelta giusta da intraprendere.”

<< Di nuovo crede sul serio di aver fatto bene?? >> pensò esterrefatta.

Così non sarebbero andati da nessuna parte se nessuno dei due voleva fare un passo indietro.

Briony si strinse nelle spalle mentre lui la stava inchiodando con uno strano sguardo: “L’ho fatto per la tua sicurezza, andando contro anche a ciò che volevo per me, e commettendo un’azione spregevole che ti avrebbe mancato di rispetto e tolto tutto. Ne sono consapevole.” Il tono era freddo ma celava anche qualcos’altro sotto le sue profondità. Socchiuse lievemente la palpebre “E proprio per questo mi fa ancor più male guardarti coi miei stessi occhi piuttosto che saperti lontana.”

Il suo tormento sembrava angustiarlo, come uno squarcio.

Briony allora lo fissò intristita e sconsolata. Voleva in qualche modo lenire quel tormento ma come poteva farlo se era lei che glielo causava secondo le sue parole? Che lo faceva abbassare a scendere a patti con i suoi ideali e addirittura facendogli rischiare enormi pericoli essendo lì con lei.

Forse era tutto uno sbaglio, forse era lei che ci sperava troppo in un sogno sbagliato e irreale come diceva Chuck… L’amarezza si fece di nuovo strada in lei e divenne stranamente fredda:

“Se metto così a repentaglio la tua solida morale allora è davvero meglio non vederci fino a quando quest’inferno non sarà finito. Magari ti passerà questa tua fissazione.” disse più dura di quanto non volesse essere e camminando per la stanza.

Lui allora le rivolse un’occhiata indecifrabile, la linea della bocca era tesa.

“Vuoi che me ne  vada allora?” domandò lui in segno di provocazione ma non scomponendosi.

Lei allora si fermò a guardarlo con voce esasperata e ferita:

“Tanto quella che fa la prima mossa sono sempre io! Non sei cambiato affatto, dici di provare la stessa cosa che provo io ma ci trovo una gran netta differenza tra me e te, visto che tutto quello che dimostri è questa odiosa freddezza e il fatto che la nostra storia non conti più di tanto per te!”

Forse aveva esagerato a parlare così a causa della sua tremenda istintività e lingua lunga, ma almeno si era sfogata a dovere. La fulminata buia che però Elijah le lanciò la privò del respiro, consapevole che togliendo il “forse” aveva davvero esagerato. Temendo un’altra dura litigata o chissà quale punizione agghiacciante, Briony decise di andarsene per far riprendere a tutti e due la calma.

Ma non fece neanche due passi che si sentì per la seconda volta privare del respiro. Una forte fitta le arrivò alla schiena dove era stata sbattuta, il petto si sentiva soffocare dalla troppa vicinanza corporea di un vampiro che era ben più forte di lei e che era solito farle scontare tutte a chi gli mancava di rispetto.

Ma ciò che la privò veramente del respiro fu lo sguardo di Elijah, vicinissimo al suo: era micidiale, diabolicamente serio, e maledettamente invitante.

Nonostante la situazione Briony provò un enorme desiderio e volle con tutto il cuore che fosse solo lui a soddisfarglielo.

Elijah si avvicinò di più col volto, tenendola ancora imprigionata alla parete, e a causa di quella tremenda lentezza un brivido di timore le percorse la spina dorsale, immobilizzandola.

“Allora.. “ cominciò lui con voce vellutata soffiandole contro una guancia. Briony socchiuse gli occhi, dominata da fortissimi brividi. “vuoi che sia a fare la prima mossa?” finì lui con tono più profondo mentre lei non si rese conto di cosa lui volesse farle se non quando sentì una sua mano tracciarle un percorso provocante all’interno della coscia.

Lei quindi riaprì gli occhi colta alla sprovvista, il cuore rimbombava fortissimo mentre lui si abbassava col viso, iniziando piano a baciarla come una dolce provocazione. Briony richiuse di nuovo gli occhi, sapendo interiormente che non avrebbe mai saputo vincere quella sfida né di non poter soccombere alla sua provocazione.

Tremò visibilmente quando lo sentì baciarle la clavicola e ogni parte di pelle esposta al di sotto della vestaglia. La sua mano continuava ancora a sfiorarle la coscia verso l’alto, facendola andare su di giri.

Le sue mani, le sue labbra.. Dio, c’era da morirne.

“Non provare a soggiogarmi di nuovo, non osare farlo più.” Replicò lei con voce soffocata cercando di riprendere lucidità. Non doveva arrendersi così, in fondo lei si sentiva ancora arrabbiata, ma quando lo sentì sorridere piano e baciarle lo sterno in modo così eccitante da pensare che avesse appena risucchiato il tessuto della veste, non riuscì più a biascicare mezza parola.

“Conosco metodi di persuasione più convincenti.” Replicò lui al suo ordine mentre la bocca le respirava sulla pelle. 

Briony rabbrividì per quell’ennesima dolce minaccia, e temette di sobbalzare fino al soffitto quando lo sentì scendere fino alle gambe e sollevarle leggermente la coscia per baciarne l’interno pelle. Una marea di scintille così esplose dentro di lei, scatenata da una fortissima scarica elettrica che le attraversò ogni nervo e si concentrò maggiormente sul punto in cui le labbra fredde di Elijah la stavano provocando in maniera veloce ma studiata ad arte.

Il respiro della ragazza si fece subito incontrollato, il corpo ovviamente deliziato da quei metodi di persuasione molto più convincenti di un semplice soggiogamento. Sentì le labbra di Elijah risalire sul fianco e poi le sue braccia cingerla possessivamente nel farla raddrizzare di più contro la parete, arrivando a farle avvinghiare le ginocchia al suo bacino. Per quella mossa che sapeva di un'indomabile bramosia, Briony spense il cervello e si lasciò andare completamente nell’inarcarsi contro di lui e nell’affondare una mano nei suoi capelli, come se lo stesse obbligando a non staccarsi mai, mentre lui aveva ripreso a baciarle il collo pulsante.

Aveva desiderato tantissimo assaporare quei momenti, Dio solo quanto lei avesse pregato di ritornare ad averlo tra le braccia, di assaporare le sue labbra e le sue mani. Lo aveva talmente desiderato da spegnere completamente i pensieri, di vivere solo per quello. Ma da una parte sapeva che non avrebbe potuto assaporare al 100% quei momenti eccitanti se non si fosse levata quel senso di oppressione al petto.

“Dovremmo parlarne.” Cercò di dire provando a mantenersi calma e mettendogli le mani sulle spalle. La voce però le era uscita flebilissima, proprio perché prima di parlare lui le aveva marchiato la linea delicata del suo collo con la punta della lingua, gelida come ghiacciolo che rabbrividisce la pelle e infuoca l’animo allo stesso tempo.

Quelle parole sembrarono comunque attirare l’attenzione del vampiro che infatti si spostò, andando a scrutarla attentamente in viso senza alcuno sforzo o respiro accelerato per ciò che avevano già assaporato. Manteneva sempre il freddo controllo e non provava nemmeno disagio a continuare a tenerla in braccio contro il muro:

“Non ho intenzione di ritornare sull’argomento.” rispose lui con tono serio.

Briony si sentì legare contro il nero dei suoi occhi micidiali e subito cercò di deglutire per l’ansia. Non riuscì però a mandare avanti quella conversazione perché lo vide chinarsi contro il suo orecchio, dove ci soffiò.

“Mi sto mettendo contro mio fratello per te. Dovresti essermi riconoscente.” Le alitò lui con provocazione. Le sue dita le passarono leggiadre sopra il petto, sui seni, finendo giù al ventre, soffermandosi a lungo.

Briony cercò di trovare un sano equilibrio e scosse la testa. Vedeva tutto annebbiato: “Niente affatto.” rispose provando ad apparire decisa e forte.

Lo sentì ridere piano e sentì anche la sua mano accarezzarle i glutei, finendo più giù, sconvolgendola totalmente.

“Allora, vuoi che me ne vada?” le alitò di nuovo lui non spostandosi però di un centimetro.

Briony mugugnò. Che bastardo. Nessun sano di mente avrebbe voluto che se ne andasse, qualunque fosse la sua colpa.

Provò a dire di nuovo, giusto per mantenere almeno intatta la sua promessa interiore: “Giurami che non mi terrai più nascosto niente.”

A quelle parole lui sviò il viso per incrociare quello di lei. Il tempo parve bloccarsi, l’attesa invase quei corpi stretti l’uno all’altro, tutti i pensieri annullati, non si sentiva un solo rumore che non fosse il respiro spezzato di Briony e il battito incessante del suo cuore. E chissà perchè lei pensò che non fosse solo il suo di cuore a battere mentre udì le seguenti parole di Elijah:

“Te lo giuro.” Fu la sua unica e chiara promessa, suggellata non appena si fiondò sulle sue labbra, trapassando ogni resistenza e afferrandole il respiro come un pegno da pagare per quel giuramento solenne.

E lei finalmente si arrese: quelle sue ultime parole, il suo sguardo penetrante e intenso, le erano arrivati al cuore, prendendolo e stringendolo in una morsa così potente che lo sentì quasi sanguinare. Ma non esisteva alcun dolore, sembrò anzi rinascere e tornare veramente a vivere come non aveva mai fatto prima.

Così lei ricambiò con passione ardente, così impetuosa da sconvolgere pure lei stessa: artigliò i capelli di Elijah tra le dita, lasciò che quel bacio si approfondisse sempre più fino ad esserne consumata e pensare che sarebbe morta su quelle labbra se non si fosse staccata per prendere un po’ d’ossigeno.

Le era mancato così tanto, davvero troppo, che voleva imprimersi il suo tocco dentro la pelle e non lasciarlo mai andar più via.

Accarezzò il tessuto della sua giacca nelle spalle e, presa da una smania improvvisa, mise i piedi a terra e si accinse a slegarsi velocemente i lacci della propria vestaglia. Lui però stranamente non glielo lasciò fare e le afferrò i polsi, stringendoglieli dietro la schiena mentre aveva cominciato a stuzzicarle nuovamente il collo.

Briony si lasciò così fuoriuscire un forte sospiro e inclinò la testa all’indietro per assaporare quel tocco incandescente. Elijah continuava ancora a tenerle i polsi dietro la schiena e lei arrivò a inarcarsi contro di lui tra deboli gemiti, non sopportando più il desiderio. Sembrava che lui volesse farla sentire esclusivamente sua, in proprio potere, senza darle alcuno scampo, e facendole sentire appieno la profondità del proprio desiderio senza che lei potesse combatterlo e rimanendone così tramortita.

Lei infatti respirava a fatica per quella malefica tortura e ne era totalmente estasiata, ma rimanere imprigionata era davvero un supplizio. Si sentì però liberare quando lui le circondò la schiena, stringendole possessivamente le natiche e la premette contro di sé, sollevandola lievemente intorno alla sua erezione perché ne sentisse il calore e per farle provare quanto solo con lei tutto il controllo si annullasse e un desiderio ardente si fiondasse su di lui come non accadeva da secoli, spezzando così il freddo della sua anima.

Briony si sentì allora mancare il fiato, si aggrappò alle sue ampie spalle mentre il cuore pareva impazzito. Lo strinse di più a sé, mordendogli il labbro e strusciandosi sinuosamente su di lui. Il gemito rauco che fuoriuscì da Elijah le arrivò come una freccia infuocata al basso ventre e non perse più tempo: di nuovo le mani arrivarono svelte alla propria vestaglia per liberarsene.

Lui nuovamente la bloccò, questa volta più delicatamente di prima e ciò la costrinse a non opporsi più di tanto a quel silenzioso ordine. I loro sguardi così si agganciarono mentre lei tentava di capire i pensieri che dimoravano in quella mente misteriosa.

Lo sguardo che Elijah le rivolse fu così intenso e profondo da scioglierla. Gli occhi neri sembrarono brillare di mille stelle.

“Lascia fare a me.” Le bisbigliò lui mentre le sue mani stavano già andando a spogliarla.

Di nuovo il respiro le mancò, numerose scariche elettriche le attraversarono il sangue bollente, mentre Elijah con lentezza magistrale e senza alcuna fretta le slegava i lacci che tenevano legata la vestaglia da notte.

Non la denudò però del tutto, lasciò semplicemente aperta la vestaglia sul davanti mentre le dita cercavano la sua pelle, tracciando un sentiero incandescente. Briony si sentì fremere, succube di quel tormento eccitante che solo lui poteva causarle.

Poi il vampiro la guardò negli occhi, facendo scorrere le dita lungo il contorno del suo viso; si avvicinò piano alle sue labbra:

“Sei incantevole.”

Un flusso di sangue ardente le arrivò alle guance e sembrò bruciare persino lui che le stava attaccato. Briony voleva muoversi, tornare a baciarlo, ma si sentiva totalmente in suo potere da non poter far nulla che non fosse iniziato da lui. Si sentiva completamente inerme, priva di difese mentre lui continuava a soffiarle sopra le sue labbra e a sfiorarla con delicatezza.

Poi dopo un tempo interminabile lui indietreggiò portandola con sé; liberò la presa sulla sua mano ben prima che lui si sedesse su una sedia appoggiata al tavolo, sempre col suo modo composto e elegante. Lei invece rimase in piedi, immobile ma fremente a tre passi di fronte a lui.

Il vampiro rimaneva serio e in silenzio ad osservarla, come se fosse lui quello ipnotizzato. I suoi occhi non persero il minimo dettaglio di quel corpo che bramava come non aveva mai fatto con nessun altro in mille anni, nemmeno il sangue gli donava tanto piacere. Briony sentì di nuovo il sangue fluirle nelle guance per come lui la guardava, come se fosse davvero perfetta nella sua innocenza e nella sua umanità. Come se lei fosse tutto ciò che lui volesse e non avrebbe più permesso che nessuno gliela portasse via.

Lo sguardo di Elijah si posò poi sul viso di lei, accarezzandoglielo con gli occhi, quasi fosse quello la parte fisica più bella di lei e che lo aveva sempre attirato.

“Credi che io avrei potuto facilmente rinunciare a tutto questo?” le domandò lui in tono neutro continuando a scrutarla e facendo vibrare quindi l’elettricità nell’aria.

Il suo onore gli imponeva di proteggerla da tutto, anche da se stesso, e talvolta il senso di colpa prevaleva quando il desiderio di averla andava a discapito della sua sicurezza e della sua stessa vita. La sua solida e infinita forza di volontà si affievoliva di fronte all’esigenza di volere accanto quella donna e farla appartenere solo e esclusivamente a lui.

Talvolta ne rimaneva pure sbalordito da quei pensieri perché non erano proprio da un tipo come lui e perché potevano renderlo debole, finendo per ridurre in mille pezzi la sua fredda corazza che aveva costruito per secoli. Talvolta accettava invece quei pensieri con semplicità, scalfendo la terribile freddezza che era parte di lui, e prendeva quindi ciò che gli spettava.

L’ennesimo sguardo che le lanciò non lasciò alcun dubbio su quanto la volesse.

Briony deglutì sentendosi lo stomaco tutto sottosopra mentre la tensione nell’aria l’avvolgeva. Non potendo più aspettare gli si avvicinò piano mentre lui rimaneva elegantemente e perfettamente seduto, senza scomporsi, e continuando a far scivolare lo sguardo su di lei.

La tentava come il peccato, e Briony sapeva di non potergli resistere.

I suoi passi riecheggiarono nel silenzio e lei gli arrivò finalmente vicina, tenendo gli sguardi legati. Anche lei indossava uno sguardo stranamente serio, quasi pacato nonostante la vibrazione che passava tra loro.

“Non lo so.” Rispose lei alla sua domanda non permettendo alla voce di tremare. “Puoi dimostrarmi il contrario?” gli domandò innocentemente accarezzandogli il viso; lui non si mosse e rimase freddo.

Ma poi in pochi secondi Briony si sentì tirare e afferrare da una forza sovrumana, e a causa di quel gesto irruento le si spezzò il fiato in gola: Elijah l’aveva velocemente portata su di sé, mettendola a cavalcioni senza neanche darle il tempo di capacitarsene.

Ancora presa alla sprovvista e completamente dominata dai brividi, Briony lasciò che lui la tenesse contro di sé e odorasse per un attimo il suo profumo che lo tentava sempre.

La ragazza gemette e poi contemporaneamente le loro labbra si trovarono, scatenando un incendio di desiderio che non poteva essere raffreddato neanche dal più tagliente dei ghiacciai.

Elijah la spogliò del tutto mentre le labbra gelide le percorrevano il petto, sconvolgendola per quei baci eccitanti che la risucchiavano. Le mani di Briony invece vagavano smaniose sui bottoni della giacca del vampiro, bramando il momento in cui avrebbe sentito i muscoli dei suoi pettorali tendersi sotto il suo tocco. Ci volle più tempo del previsto nel farlo, quell’uomo era sempre troppo vestito e la cravatta gli stringeva ancora il collo quando lui scese con la mano alla parte bassa della sua schiena per farla aderire di più contro il suo corpo. 

Briony ansimò per quel gesto e venne di nuovo catturata dalle labbra di Elijah; si lasciò intrecciare liberamente la lingua alla sua mentre le mani intanto percorrevano avide la linea del suo petto esposto, anche se non lo aveva liberato del tutto dalla camicia perché troppo impegnata a lasciarsi sommergere da quel bacio che la divorava, dove staccarsi era come commettere un delitto.

I due continuarono a stringersi, a baciarsi, a toccarsi con forza e passione sempre crescente come se facessero a gara tra chi due desiderasse più l’altro. Elijah aveva la forza fisica dalla sua parte ma Briony aveva tutte le angosce alle spalle, tutte le paure di perderlo da un momento all’altro e l’ansia persistente che quei momenti di felicità potevano avere una fine. Così lo strinse con forza a sé, quasi stritolandolo e spingendolo di più contro lo schienale della sedia.

Entrambe le loro mani si misero sul volto l’uno dell’altra, come a voler scavare di più nel bacio: le loro lingue si intrecciavano fameliche e danzavano bramose, scoprendo e ispezionando ogni recesso delle loro bocche.

Briony si sentì infuocare solo per quello, mai si erano scambiati un bacio così privo di inibizioni. Era appagante come una droga prelibata.

Quando ormai il fiato venne a mancare del tutto, Elijah si staccò con un debole gemito e l'aiutò poi provocatoriamente a spogliarlo, disfandosi di quei vestiti eleganti a cui era tanto affezionato. Sovraeccitata, Briony non perse un minuto e corse a toccargli baciargli le spalle con fremente desiderio.

Lui tuttavia la colse nuovamente alla sprovvista e le circondò le natiche con la mano per farla premere di più contro il suo bacino. Briony respirò in maniera accelerata e si aggrappò così alle sue spalle mentre dei forti brividi già la percuotevano. Quando lo sentì penetrarla, le gambe si divaricarono di più per mettergli una maggiore accessibilità; sollevò il busto e gli mise un braccio dietro le spalle per rendere quel momento più elettrizzante possibile per entrambi. I due infatti rimasero col fiato sospeso l’uno di fronte all’altra, mentre i corpi riprendevano conoscenza l’uno dell’altro e le anime finalmente si saziarono di quell’attimo di intensa familiarità che era tanto mancato in quei lunghi giorni di lontananza.

Poi tutto accelerò, andando a soddisfare il piacere fisico che doveva essere per forza placato se non volevi impazzire sul serio. I movimenti di Elijah dentro di lei le davano alla testa ma sembravano limitati, come se volesse protrarre quel supplizio e tenerla di continuo sul ciglio del precipizio del piacere prima di farla tuffare dentro. Quell’incessante tortura le incendiò il sangue, non le permise di controllarsi come faceva lui e si aggrappò di più alle sue spalle con un braccio mentre l’altro fece una forte pressione sulla mano di Elijah, riposta sul suo fondoschiena, incrementando così il ritmo in una sola mossa.

Una scarica elettrica arrivò inaspettatamente ad entrambi, i loro respiri spezzati sembravano ustionarsi mentre una forte tensione cresceva. Elijah la guardò dalle palpebre abbassate e lei si lasciò fuoriuscire una flebile giustificazione innocente:

“Scusa, non mi piace andare per il sottile.” E così dicendo si inabissò di nuovo su di lui, instancabilmente, velocizzando il raggiungere del traguardo del piacere che tanto bramava. Se a Elijah poteva dar fastidio questo scambio di posizione, il suo corpo lo sbugiardò così come il livello dei suoi respiri che Briony sentiva sul proprio viso. I loro corpi reagivano l’uno all’altro, era una constatazione che non era mai stata reale quanto in quel momento.

Quando Briony sentì la mente aprirsi, percepì Elijah chinarsi su di lei e mettendole le braccia contro la sua schiena, rallentando per un attimo il ritmo accelerato che avevano intrapreso. A fatica Briony riprese il controllo sul suo corpo, i polmoni a corto di ossigeno mentre avvertiva ancora la tensione elettrica nella vene come una cosa viva.

“Non ho aspettato tanto a lungo per finire così in fretta.” Fu l’affermazione misteriosa di Elijah.

Briony prese cognizione della realtà solo quando notò il vampiro spostare velocemente la sedia in direzione del tavolo lì accanto, in modo tale da spingere la schiena di Briony contro di esso. Lei sgranò gli occhi, ancora colta alla sprovvista: la testa si era inclinata istintivamente all’indietro tra deboli gemiti mentre lui continuava a tenerla imprigionata a sé, costellando ogni centimetro del suo passaggio con continui baci lievi e una tortura di denti sul collo e petto bruciante della ragazza.

Briony si sentì invadere completamente da lui e gli strinse forte i capelli tra le dita, non riuscendo più a resistere, soprattutto quando lui le allargò di più le gambe con l’aiuto del ginocchio e incrementando così la potenza dei suoi movimenti virili che aveva intrapreso.

Totalmente sovrastata cercò di mettersi sulla schiena sopra il tavolo, come per trovare un debole aiuto per diminuire le scariche elettriche che le gonfiavano le vene del sangue col rischio di farle esplodere. Lui sembrò assecondarla ma solo per offrirle una maggiore estasi da farle perdere la ragione: l’aveva aiutata a mettersi col busto sopra il tavolo, continuando a rimanere appoggiato alla sedia e potendo così tracciarle numerosi baci languidi nel basso ventre, sottolineati anche dalla punta della sua lingua gelida ma scottante per lei.

Briony a causa di questo si sentì pervadere da una forte adrenalina e ansimò più forte, inarcando il bacino e non potendo resistere a come Elijah continuava a torturarla con quei baci e affondandole allo stesso tempo dentro di lei. Si aggrappò al tavolo e rimase di nuovo senza fiato quando una freccia di desiderio scoccò dal suo petto, vagò nel ventre, fermandosi tra le gambe proprio nei momenti esatti in cui Elijah accentuava le spinte nette e decise, non dandole margine di tregua.

Briony si inarcò di nuovo dalla passione, il respiro era accelerato e le ustionava le labbra semi aperte da cui fuoriusciva; per non impazzire del tutto cercò di mettersi con tutto il corpo sopra il tavolo, magari per avere un po’ di fiato per un misero secondo.

Qualcuno però aveva anticipato la sua mossa e la mise per primo sopra la superficie del tavolo, usufruendo involontariamente della propria forza e velocità vampiresca. Il tavolo traballò; Briony fu completamente meravigliata e non provò alcun dispiacere nel sentirsi sovrastare da un corpo perfetto e marmoreo che poteva benissimo soffocarla.

Per Elijah controllarsi era divenuto quasi impossibile; il piacere aveva offuscato completamente anche la sua di mente e aveva abbattuto ogni tipo di barriera o tipica compostezza. La desiderava come non mai, quella lontananza obbligatoria era stata una tortura non solo per lei, e il fatto di non poterla avere per chissà quanto altro tempo non gli impose di essere delicato. Così affondò di nuovo in lei, con una stoccata così poderosa che lasciò Briony boccheggiante.

Sentì i muscoli della ragazza sotto di lei contrarsi a dismisura ma non diminuì comunque la presa su di lei e non sprecò neanche un solo secondo per sentirla completamente sua.  Intrecciò la mano di Briony alzata sopra il tavolo come per bloccarla sotto di lui, e continuò a infiltrarsi dentro di lei con movimenti più profondi e avidi, con il solo e unico permesso degli ansiti di piacere che fuoriuscivano dalla ragazza.

Briony sentiva sempre di più i muscoli in tensione ma non cessava di desiderare che lui continuasse, che facesse perdurare quell’estasi all’infinito. Con la mano libera gli circondò le spalle, le gambe lo strinsero di più a sé, appagandosi di quell’eccitazione che scioglieva ogni controllo e soddisfaceva un senso di lussuria che non aveva mai sentito se non nei confronti del vampiro che la stava dominando e impossessando completamente.

Entrambi i loro arti sembravano forti come l'acciaio perchè riuscivano solo a sentire la pressione dei loro corpi avvinghiati possessivamente dal desiderio, il resto non esisteva. Le loro mani congiunte si strinsero di più, l’anello che lei indossava sembrò incidere e graffiare entrambe le loro pelli, come per lasciare un marchio indelebile che testimoniava quanto si stavano appartenendo.

Le spinte di Elijah dentro di lei si stavano facendo più forti e incisive, avvicinandosi al culmine. Il fiato era corto e teneva il viso affossato sul suo collo, rendendo quell’intero corpo schiavo del suo.

Briony sentì il tavolo traballare e non solo questo: il suo cuore batté all’improvviso così veloce che quasi lo sentì sfondare il torace per il piacere che era appena sopraggiunto. L’orgasmo la travolse, le mozzò il fiato, quasi annaspò e poi si lasciò sommergere liberamente quasi fosse sul fondo dell’oceano. Elijah sembrava davvero un oceano che la cullava, la proteggeva, e poteva anche farla affogare.

Ma dopo interminabili secondi lei ritornò in apnea, a respirare, ma solo quando lui spostò il viso contro il suo e le respirò sopra ad occhi socchiusi. Solo dopo aver sentito il suo respiro a diretto contatto con le proprie labbra, lei ritornò a respirare. E poi riaprì gli occhi, appannati ancora dal piacere e dal desiderio.

Si sentiva quasi sconvolta dalla potenza carnale che l’aveva colpita, l’amplesso aveva sottratto forza ai suoi muscoli e le era impossibile muoversi o alzarsi.  Ma sentì con precisione le dita di Elijah accarezzarle delicatamente il viso, come se la stesse dipingendo col pennello, e poi sentì anche le sue labbra sfiorare delicatamente le sue.

Briony riprese forza solo da quello e ricambiò il bacio, stringendolo a sé. I loro corpi erano ancora pulsanti e tremolanti per via della scarica elettrica che li aveva pervasi con violenza.

Elijah continuava ancora a sovrastarla col suo corpo, incapace di tenerla lontana a lungo. Cercò però di muovere Briony via di lì, forse per metterla più comoda e farla stare meglio, ma lei lo fermò trattenendogli il viso. Si guardarono negli occhi, curiosi e interrogativi.

Poi lei si piegò su di lui e lo baciò piano. Elijah tenne gli occhi socchiusi per tutto il tempo e quando lei tornò a guardarlo, lui continuava a scrutarla nella solita maniera indecifrabile. Ma lei comunque intuì quali fossero i suoi pensieri, quanto profondamente la volesse con sé e che non l’avrebbe mai più allontanata. E che il piacere gli aveva attraversato l’animo tanto quanto lei, anzi forse di più, perché in lui aveva smantellato la barriera che aveva intenzione di dividerli.

Si chinò di più in avanti: “Voglio creare dei ricordi nuovi. Solo bei ricordi. Così non sembrerà che tutta la nostra felicità risalga al passato, o che sia ora irraggiungibile come polvere al vento.”

Elijah rimase serio a scrutarlo, esaminando le sue parole. Lei gli accarezzò il braccio. “Basta guardare indietro, agli errori e ai momenti bui. Niente più deve andare storto da ora in poi.”

Elijah sbattè le palpebre, rimanendo a osservarla indecifrabile. Le accarezzò delicatamente un braccio in sovrappensiero, e lei lo strinse a sé, assaporando quei preziosi momenti che permettevano loro di stare insieme in un mondo privato in cui nessuno poteva intromettersi.

 

 

"Pensi ancora che tu non conti niente per me?"

Quell'ennesima provocazione la fece tremare dentro e per la vergogna Briony desiderò nascondersi sotto le lenzuola sottili. Si trovavano sul letto in quel momento, i corpi nudi erano avvolti tra le bianche lenzuola che odoravano di fiori e lavanda. Le mani di Elijah scorrevano liberamente sul corpo di Briony, sdraiata su un fianco, disegnando strisce di calore che le attraversarono la pelle fin nelle ossa.

Lei si stiracchiò piacevolmente facendo le fusa e si sdraiò dall'altro lato, dandogli la schiena. Sentì subito le dita di Elijah passarle sulle spalla, delicate come ali di farfalla.

"Non sei ancora convinta?" le bisbigliò il vampiro mordicchiandole maliziosamente il lobo dell'orecchio e mettendole una mano sul seno, facendolo subito indurire. Briony si lasciò uscire un sospiro, vinta dalle sue carezze che le mandavano in confusione il cervello. Mugugnò di nuovo quando sentì le labbra di Elijah scendere sulla spalla, finendo nel braccio, in una scia di baci seducenti che le fecero capire quanto ancora la volesse e  che non aveva finito con lei.

Da quanto tempo lui non si liberava della sua fredda armatura, esternando ciò che vi era realmente affossato, e non si lasciava andare a simili sensazioni travolgenti, bramose, umane? Scopriva di possederle solo con lei e quindi aveva il giusto diritto di fargliele assaporare fino  alla fine, facendo inebriare entrambi.

La sua mano le lasciò il seno e percorse un delineato sentiero fino al basso ventre dove Briony rabbrividì violentemente. Non riuscendo a resistere si girò verso di lui, allacciandogli un braccio al collo e arrivando a baciarlo. Lui corrispose il bacio, partecipando a un gioco di lingue in cui lei volle dilettarsi e dando così inizio a baci più lunghi, profondi, intrecciati dai loro respiri fusi insieme.

Si separarono con un rumoroso schiocco, lei aveva il viso accaldato mentre lui calmo. Si teneva sollevato su un gomito e la teneva stretta per i fianchi, disegnando a volte cerchi invisibili; ma poi ad un tratto il viso perse la serenità quando si spostò in un punto in lontananza.

Lei allora lo guardò accigliata e gli sfiorò il viso: "Che c'é?" gli sussurrò dolcemente.

Lui le prese la mano e ne baciò il palmo. "Nulla." rispose tornando a guardarla. Briony però corrugò la fronte mentre lui le diede un altro bacio sul palmo. Tornarono a scrutarsi negli occhi: lei sapeva che qualcosa lo assillava dall'interno, magari un pensiero brutto su Klaus o forse qualcos'altro, e volle così scacciare tutti i suoi malumori e farlo star meglio.

Si piegò su di lui e lo baciò, mentre le unghie tracciavano maliziosamente i suoi pettorali in bella vista. Si chinò di più alzandosi lievemente col busto per cingerlo con le ginocchia, facendosi così sfiorare l'apertura sensibile contro il suo membro: "Ti amo. Voglio che resti qui con me." gli bisbigliò abbracciandolo per la schiena. Lo vide sorridere di sfuggita mentre un guizzo gli attraversò gli occhi neri:  "Non vado da nessuna parte stanotte." le rispose accarezzandole il viso.

Lei gli sorrise audace facendosi aderire di più: "E allora non pensiamo a niente." gli morse maliziosa il labbro e così lui non si trattenne e le catturò la bocca. La tenne ferma con una mano mentre sembrava esplorarle ogni angolo della bocca, stuzzicandole audacemente il palato come se ci stesse facendo l'amore.

Briony fu così catturata da enormi brividi che la scossero e sentì i nervi pulsare. Quando lui la lasciò andare, disseminando baci sensuali nell'incavo del suo collo, lei provò a dominarlo e lo gettò di schiena sul letto. Gli si mise subito sopra facendogli ricadere tutti i capelli sul viso mentre lo baciava appassionatamente.

Ma in breve lui riprese il controllo e si riportò su di lei a forza, tenendola quasi obbligata sotto di sé da come la serrava col bacino e gli avambracci. Briony quindi scelse di non divincolarsi e restò poi incantata a causa dello guardo micidiale del vampiro. Sentiva il rumore del suo respiro, le sue mosse erano state dominanti, rapide e decise, come se volesse impadronirsi di lei, corpo e anima.

Lo vide chinarsi per prenderle tra i denti il labbro inferiore, e lei rimase allora immobile, succube di quella dominanza. Sospirò quando la lasciò per scendere verso la sua gola dove ci soffermò, alternando dei baci schiusi e bollenti a lievi morsi. Briony si lasciò sfuggire diversi ansiti mentre tentava di non divincolarsi troppo. Le dita alzate in alto cercarono la stoffa del lenzuolo come appiglio per non cadere troppo presto in quel vortice di piacere. Lo sentì tracciare una scia incandescente fino giù alla pancia, le sue mani durante tutto il tragitto la sfiorarono e non riuscì a non rabbrividire.

Le labbra di Elijah continuarono in quel gioco, percorrendola, assaggiandola e mordendola dolcemente. Il petto della ragazza parve muoversi al ritmo del suo cuore palpitante.

Sebbene l'estesi l'avesse già sopraffatta in precedenza non riusciva a fare a meno di desiderarlo ancora, di imprigionarlo dentro di sé e di assaporarlo sempre più, come se ne avesse bisogno più dell'aria nei polmoni.

Lo guardò poi affascinata mentre scendeva a baciarle languidamente una coscia. Una vibrazione le attraversò la spina dorsale e cacciò la testa all'indietro per cercare di salvarsi da quel fuoco che la dominava. Persino i polmoni scottavano.

Poi lui risalì, si incastrò tra le sue gambe e l'afferrò con decisione per i glutei per farla aderire di più al suo bacino, e lei quindi si velocizzò a circondargli le spalle con le braccia, come un invito a farla sua di nuovo e nel modo che preferiva.

Elijah rimase un attimo a guardarla nei occhi, dissetandosi di quella beatitudine. Poi lui entrò in lei, e il respiro di Briony si spezzò. E non per semplice passione, aveva poco a che fare col piacere carnale come invece era accaduto prima.

Sentirlo dentro di lei, sentirlo in un tutt'uno con lei era una sensazione indescrivibile. Non solo una fusione di corpi. Lui era andato a incidere dentro di lei, incastrandoci e dimorandovi fin nel profondo dell'anima. Non si sarebbe mai potuta più staccare da lui, non avrebbe mai più potuto togliere i segni indelebili del suo amore per lui, neanche se si fosse strappata la pelle a unghiate e nemmeno se si fosse squarciata il cuore. Ormai Elijah faceva parte di lei nel modo più assoluto.

Così, quasi fosse una liberazione, gli si aggrappò incrociando le gambe dietro la sua schiena mentre continui sospiri aleggiarono nell'aria. Elijah la sovrappose col suo peso, come a farle da scudo da tutto il mondo, e si immerse completamente dentro di lei: un suo gemito morì naufragato tra i capelli della ragazza, e altri lo accompagnarono come una dolce sinfonia che inebriava quella notte.

Le unghie di Briony incidevano sulle spalle di Elijah, respirava come al solito a fatica, mentre il viso era piegato di lato come a cercare la freschezza del cuscino che avrebbe raffreddato tutto quel fuoco bruciante. Non ci riuscì neanche volendo, anche perché Elijah l'afferrò di più per i glutei spingendosi più a fondo in lei nei movimenti. Briony allora si inarcò, colta da insaziabili fremiti mentre le unghie affondavano nella pelle di Elijah come artigli, e contenersi era oramai impossibile.

Sentì i denti di Elijah lambirle un orecchio, le braccia tenerla stretta e spingendosi nel frattempo dentro di lei in continuazione, con calma e senza fretta. Inconsapevolmente le fece incendiare di più il sangue così, o forse ne era ben consapevole: sprofondato tra le pieghe della sua anima, padrone del suo corpo. Non era rimasto niente di lei, assolutamente niente, che non fosse stato preso, invaso, conquistato da lui.

Briony gemette in maniera più rauca e cercò le labbra di Elijah per rendere il contatto più intimo. Le trovò subito, come se Elijah stesse per fare lo stesso. Le loro labbra quindi presero a scontrarsi, a unirsi incessantemente mentre i respiri si mescolavano l'uno all'altra. Elijah cessò il bacio solo per guardarla in viso mentre aumentò il ritmo delle spinte rendendole più profonde, esigenti e irruenti, con lei che si aggrappava alle sue braccia sospirando di beatitudine.

L'immagine di Briony era il ritratto della pura estasi: sembrava un angelo disteso nel bianco lucente, con le labbra rosee, i capelli mossi e scuri sparsi lungo tutto il cuscino e la pelle candida e bellissima. Gli occhi stretti per il piacere erano verdi come lo smeraldo.

Mentre lui... Lui era come un demonio che la dannava, rubandole il paradiso per gettarla insieme a lui all'inferno.

Ma questa non era un'amara sconfitta né la nascita di un incubo. Loro erano due universi opposti ma complementari, destinati l'uno all'altro.

Il vampiro scese ad addentarle la pelle in basso alla spalla per rubarle un pò della sua purezza, ma solo per distribuirla un pò a se stesso, in modo tale da non sentirsi così dannato  e oscuro al suo fianco.

Briony intanto continuava a stringersi a lui, a godere di come lui la faceva sentire completa, e sempre più sospiri le uscirono dalle labbra. Elijah affondava in lei in maniera continua e decisa, cercando però di ritardare il culmine totale del piacere per non accelerare i tempi di quei pochi momenti in cui potevano stare insieme. Perseverava a guardarla e a farsi scuotere interiormente da sensazioni che credeva non gli appartenessero. La cinse per i fianchi e ad un tratto una scintilla gli attraversò la mente, sfondando il muro d'acciaio che aveva costruito, e illuminando un desiderio remoto che si liberò proprio in quell'istante in cui lui guardava la beatitudine di lei.

Così fermò all'improvviso le spinte, bloccandosi dentro di lei.

Briony sgranò gli occhi per il fatto che lui si fosse fermato quando il piacere stava diventando enorme. Lo guardò interrogativa non riuscendo a capire, mentre lui non smise mai di fissarla nella sua solita maniera.

"Passa con me il resto della vita, Briony Forbes." le bisbigliò con voce rauca e profonda.

Lei aprì di più gli occhi con un lieve tremore. "Come?"

"Hai capito."

Le si spezzò il respiro tra le labbra, un presagio fece breccia nella sua mente confusa, il cuore anch'esso ammutolito e sbalordito.

Lo vide protendersi verso di lei e accarezzarle delicatamente il viso, le labbra stavano a un lieve contatto: "Non vorresti sposarmi, Briony Forbes?" le bisbigliò di nuovo con voce ipnotica e penetrante.

Lei ebbe l'impulso di deglutire ma non ci riuscì. Non ci aveva mai pensato.. Orrenda bugia, dato che sì amava così tanto Elijah che lo avrebbe dimostrato in ogni modo ma pensava che lui non fosse minimamente il tipo da fare queste cose... Già darle l'anello le era sembrato anche troppo.

Ma quando lui ritornò a guardarla, il senso di sbalordimento scemò e si fece invadere da un senso di appartenenza totale. Lo guardò con occhi luccicanti e pieni d'amore.

"Sì." gli sussurrò flebilmente toccandogli il viso "Lo voglio."

E gli sorrise. Un sorriso che lo colpì dritto al cuore.

Elijah in quei brevi e interminabili istanti sentì cedere pezzo per pezzo la sua corazza di ghiaccio, non brancolava più nell’oscurità tetra come faceva da tempi immemori. Non c’era bisogno di chiedere a Klaus di dargli possibilità di sentire, di provare affetto, di amare… se le stava già prendendo, assaporandole una ad una senza troppe domande.

Si sentì elettrizzare come non succedeva da secoli e donò a quella ragazza un lungo bacio, come se non le stesse solo dimostrando quanto la amasse ma che la ringraziava per tutto ciò che gli aveva dato, offerto senza chiedere troppo in cambio, mostrandogli la porta di un’altra vita che valeva la pena di essere vissuta.

Briony ricambiò il bacio con ardore, stringendolo a sé per fargli capire quanto grande fosse la sua felicità. Il cuore prese un ritmo così armonioso e splendido che non gli aveva mai sentito prima, ed era tutto dovuto a lui.

Si lasciò invadere dal respiro di Elijah, in balia di esso come un’onda implacabile quando le aprì le labbra durante il bacio; e poi si discostò ma solo per prendergli il viso tra le mani e guardarlo negli occhi.

“Always and forever?” voleva risuonare una domanda ma era più una conferma, l’ennesima promessa che andava a marchiarle il cuore.

Lui allora la fissò per un attimo in maniera indecifrabile, facendo soppesare l’attesa. Poi anche lui le afferrò, con più forza, la testa e le rispose:

“Always and forever.” E suggellò quel giuramento in un bacio profondo che la risucchiò di nuovo, celando quegli attimi alla realtà al di fuori ma che loro non avrebbero mai dimenticato.

Briony si lasciò sfuggire un gemito di beatitudine quando lui riaffondò dentro di lei con foga, riprendendo da dove avevano lasciato ma con più irruenza e bisogno l’un dell’altro.

Briony rispose ai suoi movimenti che parvero collegati alle pulsazioni del suo sangue e al battito affretto del cuore, come se quelle spinte fossero davvero collegate dalle loro vene e arterie.

Non si concedevano nemmeno un attimo di respiro, si stringevano e le loro bocche si esploravano e si stuzzicavano a vicenda, come in una lotta che nessuno dei due era intenzionato a perdere.

Prima di raggiungere l’apice del piacere, Briony si lasciò sollevare, come se una sola unione non potesse bastare quella notte che sarebbe durata per sempre.

Si trovarono l’un di fronte all’altra in ginocchio, continuando a baciarsi e a stringersi quasi fosse una questione di vita o di morte. Il corpo di Briony si sentiva ancor più accaldato a diretto contatto con la pelle fresca e levigata del vampiro. Lui poi la cinse di più, infilando le cosce tra quelle di lei per non fermare la possessione di quel corpo che gli apparteneva. Briony si aggrappò con più forza a lui, osando a malapena respirare, e si appoggiò col viso sopra la sua spalla per gustare con calma il piacere che sentiva.

Si lasciò poi sfuggire un gemito quando Elijah le fece divaricare di più le cosce mentre le sue stoccate entravano in lei in una sequenza tremendamente eccitante, e in preda a un forte delirio gli morse la spalla. Lui non cessò a far scorrere possessivamente le mani sul suo corpo e a baciarle il collo, provocandole così ennesime fitte d’eccitazione. Ogni centimetro del loro corpo era pressato l’uno contro l’altro e non c’era sensazione più bella.

Briony alzò poi gli occhi al cielo tra respiri spezzati, sentendosi sciogliere in una calda ondata di piacere che la fece galleggiare ancor più vicina alle sponde del paradiso.

Ma poi sentì la possente forza dell’Originario sovrastare la sua e si sentì spingere velocemente contro il letto. Non ebbe il tempo di meravigliarsi molto perché si sentì anche girare su un fianco senza alcun preavviso; dalle sue labbra però uscirono dei sospiri di consenso quando sentì i denti di Elijah avventarsi su di lei e morderle piano la pelle sotto l’orecchio e scendere giù nell’incavo. Le sue braccia la imprigionavano, facendo aderire petto e schiena.

Briony sentì i muscoli delle spalle di Elijah tendersi e gonfiarsi, il cuore le martellò di più mentre lui si faceva largamente spazio tra le sue gambe e la faceva di nuova sua, con una foga che di solito reprimeva e controllava meglio. Briony cominciò a inarcarsi, il suo corpo si tese come una corda di violino ma non diede segni di volerlo fermare. Elijah iniziò a portare entrambi all’estasi con spinte ferme e secche mentre lei stringeva le lenzuola tra le dita per non gridare.

Lo sentì scendere per baciarle la schiena tenendola sempre stretta a sé, e lei sentì una vibrazione elettrica intaccarle i muscoli tale da spingerla a circondargli a sua volta la schiena con una braccio, e persino a farlo scavalcare sotto di sé in seguito.

Questa volta fu lui a guardarla interrogativo, con dei ciuffi che gli scendevano disordinati sulla fronte e gli occhi soffusi di luce intensa. Briony lo fissò stando sdraiata sopra di lui e col respiro irregolare, ma non permise al rossore di colorarle la guance o di farsi scoppiare il cuore. Si chinò per baciargli il viso. Si sentiva completamente provata, stremata da doversi frenare ma appena sentì i muscoli del vampiro tendersi e guizzare sotto le sue mani che gli percorrevano il petto, non riuscì proprio a farlo. Aspirò il suo profumo come un drogato che aveva finalmente la sua dose.

Perché Elijah questo era per lei.. un'ossessione da cui non riusciva a liberarsi, una droga che l’aveva intossicata e di cui non poteva più farne a meno.

Una dolce tortura.

Tornò a baciarlo e non appena sentì le sue braccia volerla riportare sotto di sé, cercò di immobilizzarlo per farlo sentire in suo potere almeno una volta. Per questo lo baciò con più ardore continuando a percorrergli il petto con la punta della dita. Quando si staccò per guardarlo negli occhi, tutti e due sembravano stranamente tranquilli con nessuna barriera a dividerli.

Briony cercò di tenere a freno i battiti impazziti del suo cuore mentre si sentiva accaldare un punto del petto. Si sollevò col bacino mentre Elijah rimase immobile e calmo, decidendo almeno per il momento di assecondarla. Briony piegò le ginocchia e scese a baciargli tutto il petto percorrendolo anche con le mani, assaporando quel dono di madre natura che veniva sempre coperto da abiti neri e eleganti. Sentì Elijah trattenere un sospiro e ricucire la sua compostezza tipica socchiudendo gli occhi.

Lei risalì sempre baciandolo e si sollevò sul suo bacino, cominciando a spingersi dentro di lui. Con meraviglia vide gli occhi di Elijah accendersi man mano che lei si addentrava su di lui ritmicamente; i loro sguardi erano agganciati e il respiro di lei era già pesante. Le mani di Elijah salirono su per i suoi fianchi, questa volta non per mandarla via, e così lei le strinse a sé cercando un ritmo che potesse soddisfarlo pienamente. Col passare dei secondi lei vide l’espressione perfetta e calma del viso del vampiro cedere finalmente al piacere e scomporsi in un’espressione meno ordinata del solito. Lei azzardò a spingere in una stoccata ben ponderosa e la risposta di lui fu un lieve gemito in segno di approvazione e l'inclinarsi leggera della testa.

Briony sentiva la pressione crescere, numerose fitte incendiarle i suoi punti più sensibili, mentre gli occhi accesi del vampiro si fissarono sul viso di lei con meraviglia e il livello dei respiri cresceva.

Briony si piegò su di lui per sentirlo più vicino e gli allacciò le braccia al collo, baciandogli il viso e protraendo quell’estasi. Fu in quell’istante che la forza sovrumana di Elijah prese il sopravvento su di lei e la fece distendere obbligatoriamente di nuovo sotto di sé, quasi  tenendola imprigionata col suo peso. Colta alla provvista da una sua repentina spinta prepotente, Briony gli si aggrappò con le unghie e respirando a malapena, mentre lui le distribuiva numerosi baci bollenti sul collo come per farla fremere di più apposta.

Briony soffocò il respiro contro il suo petto mentre lui mandava avanti quella frenesia che non voleva cessare, accelerando i forti movimenti insaziabili. Durante quegli attimi Briony sentì quasi dei timidi battiti provenire dal petto sul quale era affossata. Forse era la sua immaginazione, la poca lucidità, ma le sembrava davvero di sentire il cuore di Elijah che batteva contro di lei, riprendendo vita.

Qualcosa infatti stava cambiando anche in lui:  non riusciva a frenarsi come faceva sempre, il freddo controllo era crollato miseramente e si stava facendo inondare dal calore di quel desiderio che sentiva. Si ritrovò a unirsi ai gemiti di piacere di lei, fondendoli in una sinfonia che albergava in quella stanza e inebriava quella notte che era solo la loro.

“Non voglio più stare lontana da te, mai più.” Riuscì a sussurrargli lei col respiro affrettato.

Lui la tranquillizzò stringendola di più e scoccandole un lungo bacio sul collo, versando in lei il suo cuore e la sua anima in un'unica spinta che la fece gridare.  Il  culmine allora dell’orgasmo venne, sovrastando entrambi tramite i loro respiri spezzati e le pulsazioni violente dei loro corpi premuti insieme.

Dopo un tempo illimitato si guardarono nello stesso istante, appagati e in pace come non lo erano da tempo. Elijah le diede poi un bacio a fior di labbra, delicato, ma bastò a farla accaldare. Il vampiro scese un attimo a baciarle fra i seni, non resistendo a  stuzzicarne uno in un gioco di denti e baci, come ultimo atto di godimento. Briony sospirò forte mentre altre goccioline di sudore le contornavano la fronte. Elijah le lasciò il capezzolo turgido, poi si incastrò contro il suo collo continuando a sovrastarla, mentre lei faticava a rendere regolare il respiro. Ma non si era mai sentita così in pace, il cuore così pieno di armonia da traboccare.

Socchiuse gli occhi beata e frastornata piacevolmente, quando sentì Elijah odorare per un attimo il suo profumo e ciò la risvegliò. Capendo il suo desiderio nascosto, sottolineato dall’intimità che avevano appena condiviso, gli accarezzò i capelli come per incitarlo.  Lui però si irrigidì, quasi avesse sentito il suo consenso per un desiderio che lui stesso considerava deplorevole.

“Non mi devi dimostrare niente.” Disse il vampiro con voce seria non muovendosi e tentando di combattere il suo stesso istinto.

“Lo so.” replicò lei debolmente non lasciandosi però sfuggire un tremito.

Elijah allora cominciò a far scorrere le dita sulla linea della vena pulsante del suo collo, creando linee di ghiaccio. Non aveva bisogno di sangue, non era nemmeno assetato da quel punto di vista. Ma una parte di lui la voleva, sentiva che solo quello non gli bastava, come se volesse assaporare il loro legame fino in fondo, facendo vivere anche la sua vera natura che lei stranamente non aborriva.

Così lui alla fine le tirò i capelli da una parte, facendo quindi esporre tutto il suo collo e odorando così il suo buonissimo profumo che lo tentava.

Ma prima di affondare i denti voleva il suo completo consenso, voleva che lo vedesse realmente così da non lasciarle nessun dubbio o incertezza su ciò che stava per fare; un atto che lui consapevolmente considerava non onorevole e repellente. Ma quando lei lo guardò, per come era realmente, con gli occhi circondati da venature scure e lo sguardo terribile, non provò la paura che Elijah si aspettava di scorgere nei suoi occhi. Nessun dubbio o incertezza di volersi dare totalmente a lui, di amarlo a modo suo e di viverlo appieno.

Briony con un lieve sorriso amorevole gli toccò il volto. Lui non si nascose. Tra tutte le cose orribili che i vampiri erano capaci da fare, questa era la cosa più meravigliosa e gratificante perché dopo aver condiviso il sangue ti sentivi un tutt’uno con lui, senza alcuna distanza o barriera.

Così lui senza esitazione affondò i denti affilati nel suo collo, pungendone la carne e sentendosi subito inebriare dal sapore dolciastro del suo sangue. Briony soffocò un gridolino per quell’incisione e lo tenne stretto a sé, intrappolandolo per non lasciarlo più libero di andarsene. Un insaziabile brivido la scosse, colandole in tutto il corpo come se fosse davvero sangue. Ansimò inclinando di più il viso all'indietro.

La stava di nuovo marchiando, rendendo indelebile e materiale ciò che li univa. Il loro amore che diveniva immortale.

Elijah le teneva ancora tirati i capelli, gustando quel nettare delizioso che soddisfaceva il suo palato e avrebbe voluto non fermarsi. Ma alla fine trovò la forza di volontà di non farle del male e si staccò, permettendole di respirare.

Baciò il punto dove l’aveva morsa come per cancellare il suo peccato. Briony rabbrividì per il gelo delle sue labbra ma non provò mai paura. Si guardarono negli occhi, consapevoli che avevano reso il loro legame più indissolubile che mai quella notte, più profondo e intimo di quanto avessero mai osato sperare nella loro vita.

Elijah le sorrise, assopendo per un attimo il ribrezzo della sua natura, e accarezzandole i capelli. La fece sdraiare su un fianco come a prepararla al sonno. Lei si fece guidare come una bambola nelle sue mani, si lasciò stringere dalla sua schiena e braccia forti, e un bacio che lui le donò delicatamente sulla spalla fu il suo ultimo brivido.

Prima di addentrarsi nel mondo dei sogni, Briony potette quasi sentirlo.. sentirlo nelle sue labbra, nei suoi abbracci quello che le parole non potevano esprimere.. Incastrò le loro mani intrecciate nel petto dove batteva il suo cuore. Quel cuore che batteva per un amore immortale, senza fine, un amore che bruciava ardenti nei loro corpi e che neanche la morte avrebbe potuto spegnere, perché la fiamma che li consumava avrebbe arso per sempre.

Always and forever.

 

 

Briony si svegliò ma non per via dell'ennesimo incubo. Era stato solo un riflesso involontario e le fuoriuscì un sospiro di pace nel pensare che quando aveva Elijah accanto non veniva mai divorata dagli incubi: la sua sola presenza rassicurante li scacciava tutti. Fuori era l'alba, avevano praticamente passato tutta la notte a manifestare il loro incessante desiderio. Se qualcuno si fosse affacciato alla finestra della camera da letto avrebbe visto due corpi avvinghiati e eccitati, le lenzuola sparpagliate e i continui gemiti e ansiti che facevano da orchestra a quella scenografia.

Briony si voltò per incrociare lo sguardo addormentato di Elijah. Era così affascinante anche in quel frangente che Briony sentì un brivido. Sorrise per quanto lo amasse e si spostò per mettere il viso contro il suo ampio petto, le braccia gli circondarono la schiena in cerca di protezione. Chiuse gli occhi e poi sentì delle braccia forti avvolgerla a sua volta, senza bisogno di tante parole.

Cullata da quelle mani si addormentò, in pace.

 

Fu lei la prima a svegliarsi di nuovo. La forza dell'abitudine; doveva controllare che nella villa fosse tutto in ordine e nessuno di sospetto nei paraggi. Ma non appena cercò di alzarsi venne subito pervasa da numerose vertigini.

Traballò come se i muscoli si fossero affossati tutto a un tratto; provò di nuovo ma niente. Le gambe sembravano gelatina e le faceva un male cane alla schiena. Ecco le conseguenze dopo una notte di sesso sfrenato con un vampiro millenario. Guardò Elijah ancora addormentato: se l'avesse vista in quelle condizioni chissà che avrebbe pensato.. Sicuramente non l'avrebbe più toccata con un dito perché tutto ciò non era molto onorevole.

Sbuffò cercando di farsi forza e riuscì almeno a mettersi una sottoveste. Dopo altri tentativi riuscì finalmente ad alzarsi, anche se imprecò dopo essere andata a sbattere contro uno spigolo. Si strinse nelle spalle e si diresse alla finestra. Fuori era sereno, le colline facevano da contorno e non c'era alcuna presenza maligna. Alla sua destra in lontananza c'era un piccolo laghetto. Briony mise le mani sulla finestra, scostando le tende. Quella camera stava all'ultimo piano della villa, poco più in basso c'era una tettoia.

La ragazza ritornò a pensare al sogno che faceva ogni notte e se avesse un qualche significato plausibile... teoricamente no.. O forse non ancora... Le intimorivano solo le campane che sentiva alla fine: quel breve suono agghiacciante che fendeva l'aria attorno a lei. Non le erano mai piaciuti quei suoni fin da piccola, perché sembravano il ritoccare di qualcosa di funesto, non di divino. Aveva avuto persino la sensazione di averle udite prima di ritrovare il cadavere di Ylenia immerso in un lago di sangue. Scosse la testa cercando di non pensarci.

All'improvviso sentì delle mani gelide accarezzarle le spalle da dietro e poi una voce ipnotica all'orecchio: "Buongiorno."

Briony gongolò tra sé e sé, dimenticando i brutti pensieri. "Spero tu abbia dormito bene." le disse di nuovo Elijah.

Briony arrossì. << Sì come no. >>

Cercò comunque di sorridere mentre si voltava verso il vampiro. Si era già perfettamente vestito, gli mancavano solo la giacca. Sublime e magnifico.

Gli allacciò le braccia al collo: "Grazie. Spero anche tu."

Lui le sorrise gentilmente e la cinse per i fianchi "Spero che il mattino non ti abbia resa lucida come dovresti essere." Disse con uno strano tono enigmatico.

Lei infatti lo guardò confusa ma poi capì. La proposta di matrimonio.

"Sono lucida ma non mi pento di niente."

Elijah allora le sorrise con fare affascinante e fiero: "A tuo rischio e pericolo, ma ne sono onorato."

Briony allora lo fissò dolcemente, mettendogli le mani sul petto e assaporando il tocco della sua camicia. "Sono io ad esserne onorata. Ma pensavo che uno come te rispettasse la tradizione e me lo chiedesse come si deve." Replicò fintamente giudiziosa.

Elijah alzò il sopracciglio. “E’ stata una mia triste mancanza, ne sono consapevole. Ma sei sempre stata tu a disdegnare i voleri calcolati o tradizionali a vantaggio dell’istinto. Spero non te ne pentirai ora.”

Briony rise piano. “Niente affatto. A parte che questo non sarebbe nemmeno un luogo da tradizione. Sulla neve. C’ho sempre praticamente immaginato sopra. Io che, incurante del freddo, aspetto con ansia e trepidazione la proposta e accetto con un sì sincero, stringendomi al mio promesso e cominciando a volteggiare per aria felici mentre i fiocchi cadono su di noi.”

Elijah l’ascoltò in silenzio poi le passò un dito su un ciuffo di capelli.

“Ovviamente non mi aspetto una cosa così romantica da mister anti-romanticismo. E’ un sogno solo mio.”

Il vampiro alzò di nuovo il sopracciglio, ma senza ironia.

“Non pensarlo invece.”

Briony stette a guardarlo, immaginando quella scena da sogno nella sua mente. Sì, non solo lei sarebbe stata felice come non mai. Nella sua immaginazione, erano entrambi veri.

Acquietò la tensione picchiettando con la mani sul suo petto:

"Dove vorresti farlo?"

Elijah scrollò le spalle sviando silenziosamente lo sguardo.

"A me é sempre piaciuta l'Italia." rispose lei per lui.

Lo vide sorridere abbassando lo sguardo, e prendere le mani tra la sua delicatamente: "Ci sono stato in Italia. Nel 1114.”

Briony allora inarcò divertita il sopraciglio "E che facevi? Il Don Giovanni?"

Elijah sorrise leggermente, scuotendo bonariamente la testa. "La vita ecclesiastica non ti si addice. E nemmeno il poeta romantico." continuò lei scherzando.

Lui allargò di più gli angoli della bocca ma poi quando alzò lo sguardo si fece scuro in volto. Briony cercò di intuire i suoi pensieri: "Pensi a Klaus?"

Doveva aver centrato il bersaglio visto che Elijah contrasse il viso in maniera più seria. Si allontanò da Briony in silenzio, ma lei lo seguì. "Pensi che lui sappia qualcosa?”

"No non penso questo." replicò lui girando solo metà dello sguardo indecifrabile. Ritornò a darle completamente le spalle:

"Ma credo sul serio che debba essere fermato."

Elijah, anche se amava il fratello, era consapevole che doveva prendere provvedimenti e che non potevano andare avanti così. Nessuno di loro se lo meritava ma quei pensieri gli dilaniavano troppo la mente, rendendogli l’espressione del viso più ombrosa. L’unica cosa di cui era certo era che doveva risolvere questa situazione disastrosa, e subito. Sulle modalità purtroppo si sentiva angustiare terribilmente.

Briony capendo il suo tormento interiore gli si fece vicina e gli accarezzò il braccio:

"Non devi farti assalire dai sensi di colpa se accadrà il peggio. Klaus non merita nessuna comprensione da parte tua e poi non é il solo fratello che hai. Devi anche pensare a Rebekah, Finn e Kol. Rebekah si merita tutto il bene di questo mondo, Finn ha appena perso la donna che amava, e Kol anche se é un pazzo scatenato non ti ha mai fatto nulla di male.”

L’espressione del viso di Elijah però non si ammorbidì né diede segno di voler rispondere o confidarsi. Briony sospirò potendo benissimo capirlo quanto quella situazione gli pesasse, anche se fingeva il contrario.

“Comunque qualsiasi scelta tu farai, ti starò accanto.” Gli mormorò facendosi sentire vicina e non mettendogli pressioni di alcun tipo.

Elijah alzò di più la testa con un lieve sospiro, poi si girò completamente verso di lei prendendole la mano tra le sue:

“Mi sono premunito anche per te. Qualsiasi cosa accada non voglio che ti capita nulla, su questo non transigo.” La sua espressione era severissima e solenne, che quasi quasi lei non ebbe più paura di nulla.  “Se qualcosa dovesse andare storto avrai sempre della protezione, Rebekah è disposta a..”

“Che vuoi dire?” gli domandò lei all’improvviso allarmata da quelle sue parole. Un oscuro presagio si fece largo dentro di lei, facendo breccia come una punta d’acido. L’espressione di Elijah non ammorbidì quella morsa ferrea:

“Briony, voglio parlarti chiaramente. Non credo andrà a finire bene per tutti. Numerosi pericoli flagellano questa storia e molti stati i morti.”

Lui voleva essere leale e sincero come sempre, per avvertirla di ciò che poteva accadere così per prepararla fin da subito. Briony infatti si sentì colpire da quella breccia che andò dritto a fondo nel petto, squarciandole la carne come un pugno crudele e assassino. Le mancò improvvisamente il respiro.

“E se dovesse succedere qualcosa a me...”

Elijah tradusse alla perfezione l’origine del suo incessante tormento, e Briony sentì alcuni battiti del cuore mancarle.

“No..” sussurrò lei in maniera impercettibile come se quell’amara prospettiva fosse una bestemmia “Non ti accadrà nulla, nulla!” mormorò questa volta con più forza, come per farsi ascoltare da qualcuno lassù che doveva per forza obbedire al suo ordine e preghiera allo stesso tempo.

Se fosse successo qualcosa a Elijah… di nuovo e in maniera definitiva… sarebbe impazzita. Non avrebbe più voluto vivere.

Lui però cercò di tranquillizzarla con un’occhiata sicura:

“Non intendo morire per la terza volta, Briony.”

“E io non intendo permetterlo.” replicò lei con fermezza non riuscendo neanche a sopportare una simile prospettiva, crudele e atroce come se stesse morendo lei stessa.

Il solo pensiero di vedere il manto nero della morte portar via quel vampiro che amava, la faceva cadere in un vortice nero di agonia, torturandola così per sempre.

Di nuovo le sue paure tornarono a farle visita, tutti gli avvertimenti che gli altri le avevano dato nel corso della storia, ma che lei aveva sempre cercato di combattere.

Si sentiva egoista, egoista a volerlo ad ogni costo accanto a sé, una stupida debole perché senza di lui ormai non poteva far altro che soccombere. Era troppo attaccata a lui in maniera indissolubile, per questo nemmeno il suo corpo e la sua mente riuscivano a lasciarlo andare, non solo l’anima. Posseduta completamente.

Con angoscia ricordò tutte le maledizioni che Connor aveva inflitto su di lei.

Sei stata travolta da una corrente molto più forte di te. Ma se ti opponi ad essa, non farai annegare solo te stessa ma anche chi cercherà di starti vicino

Il corso degli eventi non si può cambiare.. al massimo lo si può deviare verso un destino peggiore.

La tua esistenza é una condanna per chi ti sta accanto, chi si prenderà il lusso di amarti patirà delle pene che neanche immagini. L’amore per te sarà la loro rovina.

Aveva tentato di cancellare quelle parole dalla sua mente, di annebbiarle dietro una folta nebbia per farle smarrire totalmente così da non lasciarne più traccia.. magari così non si sarebbero avverate… ma la paura tornava a schiacciarla sotto il suo peso, facendo così risalire quelle maledizioni.

Briony così abbassò lo sguardo, con gli occhi pieni di dolore e tormento:

“Mi dispiace. Forse avevi ragione tu.. La soluzione più semplice era che io ti lasciassi andare..” sussurrò debolmente sentendosi in colpa di tutto ciò che stava accadendo e perché stava maledicendo la vita della persone che diceva di amare. Ma come poteva lasciar perdere tutto? Arrendersi alla dura realtà e sottomettersi a quei maledetti che nuocevano alle loro esistenze? Anche quella prospettiva le spezzò il respiro.

Alle parole della ragazza, Elijah le fece un dolce sorriso, davvero strano per lui, e le fece alzare il mento con le dita per fissarla dritto negli occhi:

“Briony..” sentire la voce di Elijah pronunciare in maniera tanto vellutata il suo nome, come il suo tesoro più prezioso, contribuì al suo bruciore negli occhi.

Non volendo fargli scorgere le sue lacrime deviò lo sguardo, cercando di far assopire tutti quei brutti pensieri e di non farglieli pesare.

Vedendola così, così fragile ma che voleva dimostrare una grande forza per aiutare gli altri e non sentirsi un peso, Elijah provò un enorme commozione umana che gli fece rilassare di più i lineamenti del viso.

Le circondò il volto con entrambe le mani, accarezzandoglielo con le dita e avvicinandosi di più. Briony teneva lo sguardo basso e così fece anche lui per farle arrivare maggiormente le sue parole all'orecchio e poi al cuore.

“Non mi sono pentito della mia scelta, anche se può sembrare folle o farmi rischiare delle debolezze. Non importa dove questo ci porterà ma dovunque sia... sarà la decisione migliore che abbia mai preso.”

Quelle parole profonde e penetranti le soffiarono sul viso, arrivandole al cuore e purificandola da ogni paura e logoramento. Briony sentì il respiro più affrettato e la speranza scacciare via i brutti pensieri, nascondendoli in un angolo buio. Non riuscì però ad alzare lo sguardo per la trepidazione che le immobilizzava le ossa, e allora fu lui ad abbassare di più lo sguardo verso di lei, facendo di nuovo scoccare su di lei una freccia ardente:

“Tu sei tutto quello che voglio e di cui ho bisogno per sentirmi vivo.”

Briony sentì allora il cuore galoppare e un tremendo rossore incendiarle le gote, il quale rischiò di catturare persino la freddezza della dita di Elijah che le accarezzavano ancora il viso.

Parole del genere erano rare, soprattutto se uscite da una bocca come la sua, e lei cercò a tutti i costi di afferrarle e non far indebolire la loro potenza a causa di brutti e stupidi pensieri

“Ne sei certo?” domandò flebilmente.

Elijah allora le fece alzare il mento con alcune dita e le sorrise di nuovo con fare affascinante:

“Di quanti metodi di persuasione hai bisogno?” le domandò avvicinandosi pericolosamente.

Briony lasciò che lui depositasse la labbra gelide sulle sue, schiudendole appena, e spense allora la mente.

“Non saprei.” replicò lei con poca forza mentre le labbra di lui la stavano già lambendo, rubandole il fiato. Briony si lasciò completamente sopraffare dalle emozioni e avvinghiò le mani ai capelli di Elijah, protraendo quel bacio che crebbe sempre di intensità.

Muovevano i visi ritmicamente l’uno contro l’altro, come ad approfondire ogni angolatura del bacio e non lasciando alcuno spazio per respirare. Briony gli si strinse di più, il cuore era ritornare a gioire nel petto mentre le braccia di lui la cingevano per la schiena, nel tessuto sottile della sottoveste, e una mano poi saliva sui suoi capelli.

Dopo settimane passate insonni e popolate da tetre angosce e tormenti, Briony si sentì di nuovo a casa, integra.

Le sue mani si abbassarono per sorpassare  la camicia di Elijah e toccare la pelle al di sotto. Poi lui lasciò le sue labbra, rimanendole comunque vicino e con occhi chiusi. Briony sapeva che si era fermato perché era venuto purtroppo il tempo di andarsene, ma la delusione si cancellò quando sentì di nuovo le sue labbra catapultarsi di lei, non ancora intenzionato a lasciarla subito. Briony allora aprì le labbra contro le sue per rendere il bacio più profondo, si mise in punta di piedi e le mani salirono istintivamente sui capelli del vampiro per stringerlo a sé e pensare esclusivamente a quel bacio che uccideva i loro respiri.

Briony sentì una tremenda vertigine e i suoi piedi istintivamente traballarono all'indietro, ma Elijah la sorresse con forza mettendole il suo stesso braccio dietro la schiena e tenendola così aderita contro di sé, mentre il bacio si prolungava all’infinito.

Sembrava un’esserci un’armonia in tutto questo, dal modo in cui le loro labbra si muovevano l’uno contro l’altra. Il ritmo era il quello dei loro cuori innamorati.

Poi fu il momento di staccarsi realmente. Briony si tenne ancora stretta a lui mentre il respiro di Elijah cominciava a regolare il suo. Si sentiva completamente frastornata ma intristita per il fatto che dovevano separarsi.

“Devo andare.” le disse lui infatti, liberandola.

Briony si sistemò i capelli, cercando di non mostrare troppo la nostalgia che già la stava pervadendo. Non appena lui si allontanò da lei però sentì già qualcosa mancarle dentro, come un buco che andava a formarsi. Cercò di far finta di niente e di tenersi forte:

“Subito?” domandò cercando di mascherare la delusione. Elijah stava intanto raccogliendo le cose che aveva lasciato e le diede una leggera occhiata: “Klaus sicuramente avrà già drizzato le antenne.”

Briony interiormente ribollì. Perché diavolo quel maledetto non lasciava vivere i suoi fratelli come volevano loro? Sembrava quasi che se lui non fosse felice allora per dispetto non permetteva neanche che gli altri lo fossero, rubando con crudeltà ogni loro pezzo di felicità.

Sospirò silenziosamente e lo accompagnò per le scale. Ogni passo che Elijah faceva sembrò rimbombare nel suo animo, rendendo ancor più asfissiante e dura il fatto che lui si stesse allontanando e che per lungo tempo non lo avrebbe rivisto... magari fino a quando le cose non si sarebbero sistemate totalmente.. Briony sentì di nuovo una fitta allo stomaco ma cercò di far finta di nulla.

Arrivarono all’entrata principale della villa, Briony per prima cosa disattivò le trappole a prova di vampiro, onde evitare guai proprio in quel momento, e scostò via coi piedi il sale davanti alla porta d’ingresso, ennesimo rimedio per tenere fuori o intrappolati dei vampiri. Elijah guardò le sue azioni con occhiate scrupolose e il sopracciglio alzato ma rimase comunque elegantemente composto.

Briony allora gli disse con un sorriso: “Chuck è un tuttofare.”

Elijah corrispose freddamente il sorriso e si guardò attorno:

“Come hai fatto a prendere questa casa?”

E in effetti addobbarla in quel modo comportava parecchi costi e così Briony arrossì colta in fallo.

“Ho giocato a poker.”

Elijah la guardò con espressione tra la sorpresa, confusa e la divertita e allora lei farfugliò:

“Mi servivano apposta dei soldi e comunque ho rispettato tutte le regole.”

L’Originario alzò così gli angoli della bocca e si guardò di nuovo attorno:

“Ne é valsa la pena. Senza le tue indicazioni non sarei mai riuscito a trovare questo posto da solo.”

Briony si strinse nelle spalle e poi la villa calò in un pesante silenzio; anche l’espressione di Elijah si fece terribilmente seria. Briony si morse nervosamente il labbro consapevole che era davvero giunta l’ora di separarsi. Il buco nello stomaco si allargò di più.

Abbassò la testa non sapendo più cosa dire.

“Allora...”

Fortunatamente poi ci pensò lui a rendere non necessarie le parole, propendendosi per darle un bacio sulla fronte e tenendola stretta per la testa. Briony chiuse gli occhi, bloccando un sospiro.

Di nuovo ritornò la paura, una divorante paura perché con una felicità così grande si correva sempre il rischio di perderla dopo averla provata.

Ma cercò di pensare che non stava perdendo la felicità.. la stava solo rimandando.. e non avrebbe ceduto di nuovo.

Elijah si scansò e la guardò profondamente negli occhi, come se scrutasse  nel profondo del suo cuore, forse cercando di raggiungere l’inquietudine che vi stava annidata e di strapparla via.

 Lei si lasciò inabissare dentro il suo sguardo senza alcuna resistenza.

“Promettimelo.” Disse lui solamente.

Non ci fu alcun bisogno di prolungare la frase perché Briony intuì subito i suoi pensieri. Voleva che lei non si arrendesse, che non si lasciasse andare qualunque cosa sarebbe accaduta… Nel bene e nel male.

Fu arduo per lei assentire. Il buco nello stomaco si contornò da spruzzi di agonia.

Lui sorrise lievemente ma poi ritornò subito ad indossare una maschera seria; le lasciò il viso e aprì la porta.

“A presto.” Gli sussurrò lei affacciandosi. Lui si voltò un’ultima volta e le regalò un brillante sorriso prima di darle definitivamente le spalle e incamminarsi.

A quella visione, mentre lo vedeva allontanarsi sempre di più, Briony traballò. Come se quell’immagine la facesse rabbrividire come mai prima d’allora.

Voleva sentirsi speranzosa e ottimista ad ogni costo, ma sepolto più profondamente nel suo cuore c’era un presentimento funesto che non le dava tregua.

Ebbe l’impulso di oltrepassare la soglia e di fermare Elijah, di costringerlo a rimanere lì con lei o di mollare tutto. Ma cercò di non fare la figura della sciocca e di non farsi catapultare in un’oscurità che voleva divorarla e spezzarla in due.

La mente la spinse a rigettare quelle continue sensazioni che sentiva e così fece; seppur un rimbombo che provenne dall’alto nel cielo la fece di nuovo trasalire senza alcuna spiegazione razionale.

E quando alla fine chiuse la porta alle sue spalle, un singolo suono di campana trafisse puntuale l’aria.

 

FINE CAPITOLO

 

Buongiorno miei cari ^^ Forse sono in ritardo con la pubblicazione ma almeno spero di essermi fatta perdonare con questo super mega lungo capitolo in cui finalmente spero di avervi soddisfatte XD Spero di non essere stata volgare in alcun modo né troppo pesante nelle scene ma se è così.. pardon… siamo alla fine della storia e mi sembrava giusto. Spero però davvero di non essere stata volgare perché non era mia intenzione.

Tanto per farvi capire… Elijah aveva cancellato i ricordi di Briony esclusivamente riguardanti lui e la loro riconciliazione.. tutto il resto lei se lo ricorda se non con qualche buco nero.

Nel prossimo ovviamente ci sarà l’azione perché sarebbe il capitolo conclusivo di questa saga millenaria. Il capitolo dopo è più come l’epilogo dell’epilogo… quindi spero attenderete con pazienza e ansia :--)

Nel prossimo capitolo ovviamente verranno mostrati Klaus e Connor e le loro intenzioni. Che faranno mai? Booh xD

Spero di non essere uscita dal personaggio di Elijah e davvero prego di non averlo fatto ma ho cercato di scavare più in profondità dentro di lui, proprio perché siamo arrivati alla fine. Vedere uno come lui innamorato è parecchio strano anche per me quindi spero di averlo rappresentato al meglio.

E niente… molte scene le ho riprese dalla 4x18. L’immagine sopra in alto l’ho fatta io e spero vi piaccia. :--P

 

Spero anche di leggere i vostri commenti sulla storia, non abbiate paura o imbarazzo di dire ciò che pensante perché assolutamente io ascolto tutti e mi fa un enorme piacere dialogare con voi :---)  Questa storia è ormai giunta al termine e sono davvero onorata di aver conosciuto persone squisite come voi e spero di conoscerne tante altre. Grazie ancora per il vostro supporto. ^__^

 

E adesso passiamo a un altro punto (e dopo la smetto di rompervi). Una mia cara amica ha scritto una OS su questa fanfic in onore di Briony e Elijah (che coppia epica ahah XD) e ci terrei davvero molto che la leggesse! Non ve la consiglio solo perché è dedicata alla mia storia o perché voglio bene all’autrice, ma perché è scritta benissimo e perché c’entra davvero il punto di questa coppia che ho creato dal nulla.

Il link è questo, mi raccomando! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1841075&i=1

 

Ringrazio anche la mia fida socia Iansom per avermi aiutata e supportata in “certe” scene. Uahhah XD Tesoro sai di che parlo, ti ho fracassato le palle ogni giorno ma spero che i risultati siano stati ottimali ;)

E ora vi lascio! Commentate in molti 

 

La frase di Chuck: "Il libero arbitrio non esiste, è solo un'illusione" proviene dal telefilm Supernatural che amo tanto

 

 

 

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Capitolo 39
*** The Deception - 2 parte ***


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She danced with you last night so you will

remember

All you have shared, a lifetime.

The angels were watching and death will be

waiting

Until the time is right.

Within Temptation – The Last Dance.

 

 

Alle mie care lettrici,

che senza il loro entusiasmo e sostegno questa storia sarebbe rimasta incompiuta.

 

34 Capitolo – 2 parte

 

 

"Cara Ylenia, non passa giorno che non pensi a te e che non creda che se tu fossi qui sarebbe tutto più facile.. Non fraintendermi, stare con Elijah vuol dire essere in una botte di ferro, maniaco del controllo qual'é, ma io mi riferivo a un altro tipo di sostegno.. La tua amicizia.

Non sai cosa darei per averti qui e impedire a quel bastardo di Klaus di farti del male. La pagherà, te lo giuro.

Non so tu dove sia ma sono sicura che ci stai guardando e stai provvedendo a noi come un buon angelo custode. Ma spero tu non mi spii di continuo. Sarebbe imbarazzante, soprattutto in certe scene." Briony si fermò a scrivere e le spuntò un sincero sorriso. "So che é un paradosso visto che stiamo per sopraggiungere alla fine di questa lotta e quindi stiamo correndo numerosi rischi mortali, ma non sono mai stata più bene con Elijah di quanto non lo sia ora. Pur sapendolo lontano, ma questo non fa che aumentare il mio attaccamento a lui, ossessionando completamente i miei pensieri. Sto agognando un futuro, una vita con un uomo che non avrei mai immaginato di avere. È molto di più di quanto il mio corpo e la mia anima potessero desiderare.

Certe volte mi sembra di aver vinto alla lotteria stando con lui, e tutti i problemi e le sofferenze passano in  secondo piano rispetto alla gioia che nutre il mio animo quando sto con lui, sapendo di appartenergli e che lui appartiene a me.

Non nego che nella solitudine a volte i brutti pensieri mi assillano e ho il cattivo presentimento che i miei sogni resteranno solo sogni o forse ben di peggio.. che si tramuteranno in un incubo che prenderà il posto della realtà.

Ma non essere troppo preoccupata per me, Elijah lo é già abbastanza.. Io mi sento al sicuro sotto al cuore che batte per lui. Sono gli altri che possono andarci di mezzo a preoccuparmi. La loro vita é troppo preziosa affinché venga sacrificata per la mia faida personale.

Ora sicuramente mi starai criticando per il mio buonismo o il romanticismo di poco prima, ma sai sono fatta così. Quando mi faccio catturare da qualcosa non c'è modo di liberarmi.

Avrei voluto che fossi presente al mio matrimonio. Non sto più nella pelle. Non abbiamo ancora deciso la data né il luogo ma so già che Elijah sarà meraviglioso, al limite del divino. E io di certo gli cadrò sopra come una pera cotta.

Rebekah e Caroline sicuramente faranno la guerra per accaparrarsi il ruolo di damigella d'onore e per organizzare la festa del secolo. Ho già l'emicrania.

I conflitti infuriano ma presto, quando tutto sarà finito, potremo finalmente vivere. Non dico senza dolore e sofferenza perché sarebbe impossibile, ma vivere. Insieme e senza ostacoli.

Tu non potrai più farlo ma ho letto che muore veramente chi viene smesso di essere ricordato.

Forse é una magra consolazione ma io ci credo.

Briony."

 

Briony smise di scrivere e depositò la biro sopra il tavolo con un sospiro. Era da un pò che si cimentava in quell'impresa e anche se poteva essere da stupidi non le importava. Aveva letto nel Libro Bianco che potevi contattare i morti con parole proprie che anelavano a essere ascoltate, e l'opera poteva andare a buon fine quando avresti bruciato un oggetto appartenente al defunto insieme alla lettera.

Briony stava da molto tempo lì in mezzo al nulla e aveva portato alcune cose da casa, tra cui dei ricordi di Ylenia e di questi le era rimasto solo un braccialetto a cui era stata legata tempo prima.. Le dispiaceva bruciarlo e sicuramente Ylenia avrebbe avuto qualcosa in contrario. Ma Briony comunque sperò che quelle parole nate dal cuore bruciassero in una flebile fiamma che le avrebbe trasportate ad un soffio di vento sempre più in alto, fino a portarle a chi erano destinate.

Briony rimase così in attesa aspettando che finisse. Poi si lasciò sommergere dal silenzio: era deprimente stare in una camera da letto da soli, sapendo a priori che l'uomo che amavi non sarebbe venuto a scalfire la tua solitudine.

Sapeva che Elijah aveva i suoi buoni motivi per rimanere lontano, ma ciò non diminuiva il peso che sentiva.. Se solo quella guerra fosse finita presto.. Non chiedeva altro.. Di avere la vita che agognavano e di lasciarsi alle spalle tutto il male e l'ombra della morte che li perseguitava.

I temporeggiamenti le incutevano ansia, i brutti presentimenti scalpitavano e la bombardavano, ma Briony sapeva che volenti e nolenti era tempo di arrivare all'ultimo capitolo e chiuderlo per sempre. Per incominciare una nuova storia.

E doveva essere ciò che lei voleva.. Doveva... Non avrebbe mai smesso di nutrire speranza.

Ma in momenti del genere la nostalgia diveniva troppo forte, cristallizzata nelle cavità della sua anima in attesa che venisse il suo vampiro a scacciarla e riempire tutte le crepe con la sua forte presenza.

Briony si stropicciò gli occhi andando a letto per dormire, sperando sul serio di ritrovare pace e di non rifare lo stesso sogno che la perseguitava da molte notti al suon di campane spettrali.

 

Si svegliò nel bel mezzo della foresta di Mystic Falls, completamente frastornata e incredula nel trovarsi proprio lì. Forse era in un sogno, la giustificazione più ragionevole era quella anche se sentiva fosse tutto reale;  non avvertiva la sua presenza extracorporale in un angolino come uno spettatore teatrale. E non era vestita col pigiama ma con una camicetta  e jeans che aveva indossato prima di andare a letto.

Cominciò a camminare, lasciando comunque vagare la mente, immergendosi in quel luogo che sapeva di casa sua. Sentiva l'odore della natura, dei fiori, lo scricchiolare dei rami sotto i piedi. Pareva tutto reale e la sensazione di voler programmare il suo futuro crebbe a dismisura, così come il voler cessare quella lotta infinita.

Il vento all'improvviso salì su di lei, svolazzandole i capelli. E poi una voce la chiamò da dietro, penetrandola.

Briony così si girò spaventata in uno scatto. Un'aurea però di sollievo piacevole la avvolse, rigettando via le sensazioni negative che facevano breccia dentro di lei nella realtà.

Il cuore batté fortissimo a quella visione celestiale che riempiva sempre il suo animo di effimera  felicità. Le si mozzò il respiro senza neanche accorgersene nell'incrociare lo sguardo magnetico di Elijah. Era in uno sogno, di certo lo era, solo in un sogno poteva esistere un tale essere perfetto.

Era vestito elegantemente non stonando per nulla con l'ambiente circostante, lo sguardo era affascinante oltre ogni limite mentre si avvicinava lentamente, incatenandola ai suoi occhi neri. Lei rimaneva imbambolata a fissarlo, non riuscendo a non capitolare dentro la profondità del suo sguardo. Lui continuava ad avvicinarsi in silenzio e con calma, sicuro e disinvolto come sempre.

L’eleganza dei suoi passi non faceva nemmeno scricchiolare le foglie sotto i suoi piedi. Aveva le mani dentro le tasche.

“Dio mio. I tuoi doni inquietanti hanno superato il limite.” esclamò Briony con un sorriso, intuendo che lui si fosse insediato nei suoi sogni.

Lui le sorrise leggermente. Sempre bellissimo. “Spero tuttavia di non essere una sgradevole visione.”

Sgradevole? Non si sarebbe mai abituata a una visione del genere. Era inumano un simile fascino.

Lui si fece più serio quando le fu vicino:

“Dovevo parlarti.” Parlò meccanicamente facendo divenire lo sguardo più freddo.

Lei si rizzò con la schiena, fissandolo all’erta e trattenendo a freno le sue emozioni nell’averlo così vicino dopo tanto tempo.

Lui poi sciolse un po’ lo sguardo nell'inclinarlo, un sorriso leggero gli increspò le labbra sottili: “E volevo vederti.” Mormorò con un tono più carezzevole sfiorandole delicato i capelli, come se fossero dei fili di un armonioso strumento musicale.

Briony sentì le gote colorarsi e il cuore palpitare. Si era sempre sentita affondare sotto lo sguardo di Elijah, facendosi così immergere nei suoi neri abissi ma cullata anche da quella quiete che le rilassava i sensi e la proteggeva da ogni insidia, a meno che non fosse lui stesso. Ma ora le cose erano cambiate… lui non era più un veleno che inquinava la sua vita, uccidendola lentamente e dannandola con le sue spine. Non rappresentava più un pericolo, non l’avrebbe mai fatta affondare se non per annientarla dentro se stesso, facendo diventare l’uno parte dell’altra.

Gli sorrise dolcemente, prendendo la mano tra la sua.

In un modo o nell’altro ritornava sempre in apnea grazie a lui, riprendendo il respiro e tornando alla vita, più forte di prima.

Gli doveva tutto…. Tutto ciò che aveva sofferto, imparato, messo in dubbio e assaporato in quel percorso pieno di insidie. Origine di sofferenze e gioie mai conosciute, che riempivano e consumavano allo stesso tempo un’anima.

Elijah si accorse di come lo stava guardando, in sovrappensiero e con un velo di amore-tristezza:

“Che c'è?” domandò aggrottando la fronte e rimanendo immobile.

Lei allora scosse la testa e sospirò, abbassando la mano:

“É un'illusione. Non sei veramente qui.”

“Mi sono infiltrato nei tuo sogni ma tutto questo é reale.” Replicò lui sincero muovendosi elegante attorno alla radura e toccando delicatamente la superficie di alcune rocce, sotto le quali c’erano delle grotte sotterranee.

Lei inarcò il sopracciglio, sarcastica.

“Mi sei entrato nella testa quindi. Non hai mica usato questa tecnica di abbordaggio anche all'inizio spero. Non sarebbe rispettoso.” gli mormorò maliziosa avvicinandosi.

Lui scosse la testa con un freddo sorriso, non guardandola.

“Se devo entrare nella testa di qualcuno lo faccio solo per crearci incubi.”

Dopo questo lui si voltò con sguardo serio, che venne di nuovo ammorbidito da un ambiguo sorriso. Le prese le mani fra le sue, delicatamente come se le chiedesse il permesso. "Ma se consideri un oltraggio il fatto che mi sono sostituito al sogno che stava venendo da te, farò con piacere ammenda." le bisbigliò con fare affascinante, accarezzandole i dorsi con alcune dita procurandole dei brividi.

Briony allora pensò che se non ci fosse stato lui, l'ennesimo incubo l'avrebbe perseguitata quindi era più che appagata.

Comunque lasciò le sue mani per cingerlo a sé con un bel sorriso: "Sì hai un sacco di cose da farti perdonare."

Elijah corrispose lo sguardo con disinvoltura e facendo finta di niente, aumentandole così il languore al petto. Lo vide girarsi in silenzio, scrutando assorto il panorama, e lei accucciò la testa sulla sua spalla. "Ti ricordi qui?" gli bisbigliò dolcemente.

Elijah alzò di più lo sguardo: "Mi ricordo"

E Briony ebbe l'impressione che lui ricordasse ogni momento che avevano passato insieme, ricordi indelebili nella sua memoria immortale. Tutti.

"Mi avevi portata qui tempo fa. Poco più lontano c'é quella cascina che tu e i tuoi fratelli avete costruito.” Il loro rifugio fuori dal mondo.. lontano dall’odio degli altri, dal disprezzo verso la propria natura, lontano dal mondo sanguinario che il destino ed altri avevano tessuto per loro. “Avevamo litigato."

Lo sentì ridere. "Strano."

Briony avvertì un calore nelle guance: "Non dare sempre la colpa a me."

"Non lo farei mai. Ma non mi piace per niente il dono che hai di farmi andare fuori di testa." replicò lui con semplicità, facendole intendere che solo con lei perdeva il controllo criptico di mantenere al di fuori le emozioni dal suo animo e di raffreddarle al limite.

Ma per lei era cambiato, iniziando dall'interno. Briony non avrebbe mai dimenticato quanto lo avesse trovato bello quando lui aveva permesso di aprire uno spiraglio della propria corazza, facendo vedere un pallido ma consistente barlume della sua umanità. E di lì erano iniziate le crepe. Pezzi su pezzi. Dolore su dolore. Lotta su lotta. E per finire quel sentimento travolgente e intenso aveva smantellato la sua armatura che gli proibiva di provare sentimenti.

Non lo aveva cambiato nel senso da cattivo a cagnolino addomesticato, ma aveva finalmente liberato ciò che vi era nascosto in lui, abbassando ogni maschera di difesa e dandogli così la possibilità di nutrire sentimenti, nel bene e nel male... Lo aveva fatto ritornare alla vita, vivendola per davvero.

Briony sorrise tra sé e sé ricordando quel giorno in cui aveva avuto paura di lui per la sua natura. Ma quella paura non aveva lontanamente diminuito l'amore che provava per lui, e alla fine grazie a quella forza aveva sconfitto quella paura, accettando Elijah per come era e arrivando ad amare anche ciò che poteva farle del male.

Gli si strinse di più guardandolo con amore.

"Ma comunque alla fine é finita bene. E finirà bene anche adesso."   La speranza infatti era forte e potente in lei, nonostante i brutti presagi. E come poteva la speranza non avverarsi se quell’amore era così forte? Dopo tutto quel tempo, quelle lotte sanguinarie e quel dolore atroce, era ancora lì, pulsante e vivo come un cuore che batteva anche dopo la morte.

Elijah si voltò verso di lei, scrutandola in silenzio e indecifrabile. E di colpo lei si sentì al sicuro, protetta.

Elijah si voltò poi completamente verso di lei rimanendo nella sua postura elegante. Lo sguardo ad un tratto si era fatto più serio e incisivo.

“Come sta andando la situazione?”

Lei sbattè le palpebre per quel repentino cambio di argomento. Ma era tipico di Elijah, voleva per prima cosa parlare delle questioni pratiche e razionali.

Stava per rispondere ma lui la bloccò.

“Non entrare nei dettagli. Non so chi potrebbe stare a sentire.”

Lei quindi si morse la lingua per quel pericolo che correvano di continuo. Non sapendo come dire, lui le venne incontro:

“Bene o male?”

“Benino.”

Di fronte alla sua risposta tentennante, lui aggrottò la fronte.

“Novità?”

Lei scrollò le spalle in silenzio ma lui continuava a scrutarla col suo solito sguardo indagatore.

“Vorrei proprio sapere che stai combinando. Sei pericolosa da sola.” Mormorò lui in tono enigmatico.

“Appunto sono da sola. Non hai niente di cui preoccuparti.” Replicò lei sorridendo a quel doppio senso di parole.

Lui allora le si avvicinò di più, tanto che i vestiti si sfiorarono. Un pollice di Elijah le percorse delicatamente il mento.

“Meglio per te. Non sai allora che ti farei.” Le soffiò lui con voce ipnotica e fintamente pericolosa.

Briony si attirò nel nero dei suoi occhi, il cuore battè fortissimo contro il suo petto per tutti e due.

“Perché che mi faresti?” domandò lei con un fil di voce per il fiato appena mancato. Ebbe la certezza che Elijah le avrebbe sempre procurato l’effetto da stordimento anche dopo 1000 anni. Quando uno ha un potere simile, non lo perde mai.

Sentì l’acquolina in bocca nell’avvertire il suo respiro delizioso avvicinarsi alle sue labbra e temette sul serio di svenire. Sentì la pelle d’oca, non solo per il vento freddo che soffiò fra loro.

Lui però sorrise tra sé e sé e si allontanò piano da lei, sbottonandosi poi lentamente la giacca nera con fare elegante. Lei rimase a fissare i suoi gesti con occhi sgranati, pensando a chissà cosa, e il cuore battè sfrenato in linea coi suoi pensieri.

Ma lui si tolse la giacca con incredibile portamento, rimanendo in camicia bianca, solo per poterla porgere sulle sue spalle così da combattere il freddo. Ovviamente. Quell’atto cavalleresco le fece nascere un timido sorriso e così lei accettò, mettendosi di spalle per permettergli di metterle la giacca sopra di esse.

Briony sentì il suo respiro vicino, le sue mani sfiorarla leggiadre. Fu percorsa da enormi brividi.

“Sei sotto la mia protezione quindi niente dal punto di visto fisico, non mi permetterei.” le rispose lui standole dietro, troppo vicino.

Briony sentì un improvviso caldo pervaderla ed ebbe l’impulso di togliersi la giacca nonostante gli indumenti leggeri. Lui sembrò leggerle la mente e la tenne ferma:

“Mi sto semplicemente prodigando per il benessere della mia famiglia.” continuò lui a soffiarle all'orecchio, penetrante.

“E questo che significa?” chiese lei con voce debole, deglutendo.

“Tra poco diventerai un membro della famiglia e voglio che tu stia bene.”

Quella promessa la eccitò fin nel profondo. Sarebbe diventata anche lei la sua famiglia. Sua moglie. Sigillando e marchiando i loro cuori per sempre, includendo una smisurata protezione e amore infinito.

Briony si sentì fremere e riuscì a togliersi di dosso la giacca con occhi chiusi. Lui stranamente la lasciò fare, anzi le venne ancor più vicino cingendole con possessività la vita e alitandole sul collo. Lei inclinò di più la testa con un debole sospiro mentre la mano di Elijah sbottonò gli ultimi bottoni della sua camicetta, facendosi strada sotto di essa in una serie di carezze brucianti.

Lei temette di sobbalzare nel sentire la sua mano possessiva premere sulla pelle, indugiando in tocchi sempre più eccitanti, mentre l’altra mano le saliva su e giù delicata sul suo braccio nudo, creando continue scosse. Le labbra del vampiro avevano cominciato a percorrerle schiuse la linea del collo, respirandovi sopra. Briony si sentì mancare all’improvviso.

“Stai bene?” le domandò lui rauco continuando in quel dolce supplizio.

Che domanda retorica. Meno male che con gli altri membri della sua famiglia non avrebbe mai potuto comportarsi così. Lei sarebbe sempre stata l’unica, per lui.

Briony rispose con dei gemiti sommessi e l’inclinarsi della testa verso il cielo. Sebbene la stessero conducendo sull’orlo della pazzia non riusciva a fare a meno di quelle carezze che la incendiavano, e si spinse di più contro il petto di Elijah pregando che quel sogno non finisse.

“Non direi dal rumore assordante che fa il tuo cuore.” disse lui sicuro sfiorandole delicato lo zigomo mentre l’altra mano saliva su per l’addome, creando strisce di fuoco su tutto il percorso.

Briony si sentì in trappola e il cuore non cessava di urlare tutta la sua eccitazione. Cominciò a respirare a deboli tratti.

“Sei tu che lo tiene in pugno, la colpa é tua.” Inclinava sempre di più il collo, i fremiti crebbero nel suo corpo facendole quasi sciogliere le ginocchia.

La mano di lui arrivò sopra un suo seno, toccandola accuratamente sopra il tessuto del reggiseno e andando sù per farle scendere leggermente una spallina. Briony fu sul punto del collasso e temette di svenirgli tra le braccia.

“Mi sei mancata.” Le alitò lui profondamente baciandola sul collo.

Lei rispose con altri gemiti incantati, non riuscendo a formulare nemmeno una parola. Dannazione la rendeva sempre inerme, succube delle sue mani e delle sue labbra.

Il vento svolazzava leggero tra loro, facendo da scenografia a quell'unione ricca di sentimenti che di per sé la natura non tollerava.

Ma questa volta una minima pace era stata loro concessa: Elijah continuava a baciarle l'incavo del collo, l’altra mano le stava percorrendo la pancia piatta, sfiorandole leggermente il tessuto dei jeans. In cuor suo lei voleva che scendesse sempre più giù, ne sentiva il bisogno fino alla follia.

Ma alla fine lui si fermò e una mano strinse la sua. "Stringimi bene la mano."

Al suo ordine lei obbedì, stringendo forte la presa come se stesse per sbriciolarsi la terra sotto di loro ma si sarebbe sorretta a lui, sempre e comunque.

Ci fu uno spostamento d'aria e poi una tremenda vertigine, come se il mondo girasse tra loro.

Quando finì, Briony aprì gli occhi e si ritrovò davanti un'enorme sala vuota dalle pareti color porpora. Lei non indossava più gli indumenti di prima ma un abito elegante e sofisticato. Rimase sbalordita e notò che Elijah era ancora al suo fianco, con la camicia bianca che metteva in risalto i muscoli possenti. Lui senza guardarla fece un giro per la sala, camminando a passi lenti e eleganti.

"Perché mi hai portata qui?" gli domandò ammirata rimanendo immobile.

"Il potere che si usa per manipolare i sogni si indebolisce man mano che passi molto tempo nello stesso luogo" le spiegò lui girando ancora intorno alla sala per poi voltarsi verso di lei, guardandola serio in lontananza. "E se ti sposti di continuo nel sogno diminuisce così il potere di altri di potersi intromettere."

Briony allora indurì lo sguardo pensando a quanto potere avesse quel bastardo di Connor. La tensione nell'aria tuttavia cambiò quando Elijah inclinò la testa da un lato nel continuare a fissarla, e incominciò poi a camminare verso di lei. Briony si sentì accartocciare sotto un simile sguardo.

"Vuole concedermi un ballo, Miss Forbes?" le chiese lui galantemente porgendole la mano.

Briony si sentì estasiare da quella proposta tanto che il cuore rimbalzò, e accettò con enorme piacere. "Tra poco non sarò più Miss Forbes." gli sussurrò prendendogli la mano e facendosi attrarre da lui da una sua mossa gentile del braccio. I loro nasi si sfiorarono, i respiri baciarono l'aria sospesa tra loro e i corpi si premevano l'un l'altro.

"É da tanto tempo che non balliamo" gli disse lei di nuovo mentre l'Originario la stava inoltrando in quel lento.

Non c'era un apparente musica reale ma Briony la sentiva nelle orecchie, arrivandole da lontano. Si mossero leggiadri, in pace e in silenzio, senza dir nulla e annullando tutti i pensieri.

Il viso di Briony ora era appoggiato sulla spalla di Elijah così come un braccio, mentre le mani erano intrecciate tra loro. Il profumo del vampiro era un aroma irresistibile che lei non poté non inalare, facendola sentire leggiadra tra le sue braccia. Avvertiva costantemente la pressione forte delle dita di Elijah sulla vita, il suo muoversi elegante e sicuro insieme e a lei.

Era proprio come un sogno in cui nessuno poteva intromettersi, e nel quale tutti i problemi venivano messi in un angolo per concedersi quei puri attimi che valevano come una vita intera.

La dolce musica risuonava in lontananza, i loro occhi ad un tratto si incrociarono legandosi nelle profondità per attimi infiniti: il silenzio che vibrava parve comprendere il loro legame che molte parole non avrebbero potuto esprimere; non c'era una spiegazione razionale a tutto ciò perché non esisteva, era al di fuori del tempo e ogni logica.

Continuarono a ballare e a guardarsi negli occhi, i pensieri piegati esclusivamente alle emozioni che sentivano. Gli occhi di Briony erano incantati da lui, totalmente pieni d'amore come se non avesse mai potuto dimenticare il suo sguardo. Quelli neri di Elijah osservavano i suoi, occhi illuminanti che gli avevano punto nel cuore aprendo una breccia nella sua oscurità.

Lei ad un tratto gli sorrise appena e si avvicinò socchiudendo gli occhi; lui non fece una mossa e la lasciò esclusivamente fare. Briony gli appoggiò le labbra sulle sue imprimendo una sottile pressione, un marchio su quel cuore gelido che solo lei era riuscita a raggiungere. Un sole che baciava le orme del gelo che si era ormai sciolto, in una battaglia priva di amarezza e sconfitta, se non la cessione della promessa di non credere più nell’amore.

Briony si allontanò piano sentendo quasi i residui sulle labbra del gelo che aveva dissolto; se le umettò interiorizzando così tutto di lui, senza la benché minima possibilità di rigurgitarlo.

Elijah la fissava con palpebre lievemente socchiuse ma ciò non diminuiva la potenza del suo sguardo magnetico; fece una mossa veloce nel ballo cambiando postura e cominciò a parlare.

“Ho ormai sistemato la faccenda di Klaus.”

Alle chiare parole di Elijah, Briony alzò di più lo sguardo verso di lui. “Intendi che hai trovato un’arma contro di lui senza ucciderlo?”

“Sì ma non voglio vantarmi su questo perché c’avevate pensato già tu e i tuoi amichetti.”

Briony inarcò confusa il sopracciglio poi ricordò. “L’essicazione. Ma urge comunque l’intervento ravvicinato di una strega e Klaus è parecchio paranoico sulla fiducia.”

“Me ne occuperò io. Non potrà svolgersi subito il rituale ma ti prometto che avverrà entro breve.” Replicò lui sicuro e determinato sulle sue intenzioni.

Briony lesse risolutezza indissolubile in quegli occhi neri, sapeva di potersi fidare ciecamente di lui ma un nodo le serrò dolorosamente lo stomaco, proibendole di deglutire.

“Mi dispiace… so che ti sta costando molto questa scelta..” mormorò timorosamente, sentendosi per lo meno in colpa della situazione estrema in cui si era messo Elijah.

“Doveva accadere prima o poi e non si può dire che io non abbia offerto a Klaus delle scappatoie più giuste e pacifiche. Ma lui non ha saputo né voluto ascoltare. E’ ora che quest’incubo finisca.” Replicò lui glaciale e irremovibile, allontanando lo sguardo austero.

Da un certo punto di vista aveva proprio ragione… si meritavano di vivere nella maniera che volevano e senza più incubi di morte… loro due soprattutto dopo ciò che avevano passato per arrivare fino a quel punto.

Lui all’improvviso le rivolse un sorriso sghembo e le fece fare una leggiadra giravolta. “Non dovremmo parlare di questo adesso. Sei in un sogno ricordi?”

Lei non potè che obbedire e sorridere al suo ordine fascinoso, e si mise di nuovo stretta a lui facendo così combaciare i loro corpi alla perfezione, come se si stesse formando una seconda pelle per entrambi, impossibile da staccare né da rimuovere.

Si fecero avvolgere dal ballo, quando Briony alzò lo sguardo su Elijah: “Voglio aiutarti con Connor però. Con lui sarà molto più difficile e con me sarebbe più removibile.”

Subito l’Originario la fulminò con sguardo duro che non ammetteva repliche. “Non se ne parla neanche.”

Lei quasi tremò per quell’ordine imperioso e solenne, ma l’orgoglio resistette perché stava per controbattere. Lui come al solito la precedette, con più calma. “Non ho intenzione di discutere, Briony.” Replicò lui scostante allontanando via lo sguardo.

La ragazza sbuffò: “Vuoi sempre decidere tutto tu. Poi meravigliamoci pure del fatto che sia stato single per mezza eternità.”

“Forse perchè la persona giusta che reggesse il mio stesso caratterino perchè lo possiede anche lei doveva ancora arrivare al mio fianco." alla sua risposta in segno di sfida lei stette per aprir bocca per contraccare, ma lui subito si rimise sotto: "E dunque proprio perché così posso impegnarmi al meglio per proteggere le persone che amo.” Replicò lui con noncuranza.

Sentendola irrigidirsi e sospirare tra sé e sé, lui all’improvviso le fece inclinare la schiena verso il basso in un elegante caschè. Colta alla sprovvista, lei poté solo aggrapparsi a lui, facendosi legare suo malgrado gli occhi in quelli neri di Elijah che parevano soffocarla e smarrirla dentro di lui.

“La tua sicurezza per me è tutto, non c’è motivo per cui tu non ti affidi totalmente a me.” Le bisbigliò profondamente, ammaliandola in modo totale con le sue parole e la sua voce che scaturivano sempre uno strano effetto su di lei.. come la più dolce delle droghe.. quella che ti permetteva di continuare a vivere, non di morire.

Rimasero tutti e due immobili, appesi a quell’istante intenso che legò i loro occhi in un filo invisibile ma infrangibile. Briony si sentì mancare il respiro quando lui la fece drizzare, scontrandola col suo petto.

Elijah le tracciò il mento col pollice con un sorrisetto. “Convinta?”

Briony  non rispose subito.. troppo immersa in quelle emozioni devastatrici.

Certo che si sarebbe affidata a lui, gli avrebbe persino consegnato l’anima nelle sue mani che avevano strappato ogni tipo di cuore, e la fiducia che riponeva in lui era immensa. Ma questo non voleva dire che poteva anche lei dare una mano.. non si sarebbe mai perdonata se sarebbe successo qualcosa a Elijah a causa sua.

“Ma voglio aiutarvi perché ci sono dentro anche io in questa storia.” Replicò solennemente.

Elijah scosse piano la testa con un sospiro ma lei gli si fece più vicina, sorridendogli sicura.

“E poi non avrei nulla da temere.. perché ci sarai tu lì a proteggermi.” Gli sussurrò dolcemente, affidando la sua stessa vita a una persona che sarebbe stato il carnefice di chiunque ma di lei no…  C’era stato un tempo in cui si era sempre trovata a metà tra la condanna e la salvezza, Elijah stava da una parte e la porta dall’altra.. aveva spesso sfidato la sorte e le sue certezze, sopportato sfide ai limiti dell’umano e quel tipo di dolore che era in grado di annientarti.. tutte queste prove davano per scontato che Elijah fosse la sua condanna e che doveva sfuggirgli…

Ma lui era stato anche la sua salvezza.. colui che era in grado di eliminare in un battito di ciglia tutto ciò che poteva essere un pericolo per lei, quello che la proteggeva sempre e voleva allontanarla dal male sebbene così avrebbe ferito anche se stesso, colui che considerava così sacro il suo cuore tanto da non volerne fermare mai i battiti anche se andava a discapito di un immortale futuro che voleva.

Era amore. Dannato, ma sempre amore.

Elijah a quel punto la fissò con un diverso sguardo, risvegliando le sue emozioni ma cacciando via quelle negative.

Si avvicinò piano, continuando a inoltrarla in quel lento e infrangendole il respiro col proprio. Quella stretta corporale le dava la sensazione più bella del mondo, e Briony avrebbe voluto che quel sogno non finisse mai, che i dubbi della realtà tetra non lo inquinassero.

Per alcuni istanti calò il silenzio, interrotto solo dalla musica e dal rumore dei loro cuori.

 

Ci fu in seguito un’altra vertigine e un altro spostamento d’aria. Briony si ritrovò così nella sua stanza, vestita con la sottoveste con la quale era andata a letto. Credeva di essersi sul serio svegliata ma stava ancora sognando..

Elijah era appunto lì con lei. Quella prospettiva avvolse il suo cuore di beatitudine. Capì davvero che non avrebbe mai potuto fare a meno di lui.

“Tra poco devo andare.”

Le parole di Elijah però la fecero ricadere nella tristezza, i brutti pensieri ritornarono più forti di prima.. il solo pensiero di vederlo di nuovo allontanarsi la fece rabbrividire, come se qualcosa dentro di lei la stesse avvertendo.

“Quando potrà finire tutto questo?” domandò lei alzandosi coi piedi scalzi.

“Presto, molto presto.” La rassicurò lui accarezzandole delicatamente la guancia. Briony gli prese la mano ancora sul suo viso e la baciò. “Non voglio restare a guardare mentre tu corri enormi pericoli...  senti, nemmeno emotivamente potrei starmene in disparte con tutte queste brutte sensazioni che continuano a perseguitarmi.”

Avrebbe voluto non confessargli dei suoi timori e dei cattivi presagi ma non era riuscita a farne a meno in quel momento.

Briony, non permetterò che ti accada nulla.” Ribattè lui più che altro a se stesso. Il suo viso però si trasfigurò da un tormento che sentiva nascere da dentro: la maledizione che sua madre aveva lanciato su di lui e sui suoi fratelli. Quella che condannavano loro e quelli che gli stavano accanto, gettandoli nella rovina più totale.

Elijah però serrò il viso, segno che avrebbe combattuto fino allo stremo per difenderla e eliminare quelle parole maledette una volta per tutte dalla loro vita.

Le fece quindi un lieve sorriso per farla stare meglio. “E nel bene e male io me la sono sempre cavata.” Mormorò fiero alzando lo sguardo.

Briony allora corrispose, cercando di essere ottimista e allontanare quei presagi che sapevano di rintocchi nefasti. Forse era lei che voleva fare per forza l’uccello del malaugurio. Ma proprio in quel momento sentì un suono in lontananza… un leggero rintocco di campana... subito rabbrividì.… forse era il segno che stava per svegliarsi, magari non era niente di male.. Elijah poi parve non aver sentito nulla perché non aveva cambiato espressione.

Ma quel rintocco le si incastrò dentro il petto, scuotendole il cuore e spremendolo al suo ritmo.

Alzò così le mani per accarezzare il tessuto sottile della camicia di Elijah e per sentirlo più vicino al fine di allontanare quei suoni. “Ti amo. Qualsiasi cosa accada. Mi hai regalato un per sempre e non lo cambierei per niente al mondo.”

Alle sue dolci parole che lo colpivano sempre, promettendogli dolci ricordi del futuro, lui intensificò l’espressione magnetica e le toccò il volto con un sorriso accennato.

Lei corrispose facendosi avvolgere dal torpore del sogno. “E in fondo dobbiamo per forza credere che questa storia avrà un lieto fine e non ci saranno mai più ostacoli. Perché l’amore move il sole e l’altre stelle. Forte come la morte é l'amore.” Esclamò convinta.

Elijah di fronte alle sue parole poetiche inarcò il sopracciglio. “Conosci Dante?”

Briony gli diede un pugno per scherzo. “Nel girone più profondo dell'inferno ti metto se mi prendi di nuovo in giro. Smettila di far sentire gli altri come degli asini di fronte alla tua enorme sapienza.”

Lui allora non riuscì a trattenersi e rise piano. “Mi ferisci. Ogni parola che tu abbia mai detto la reputo importante.” Il tono però con cui disse quelle parole era serio e profondo, privo di ironia o scherno.

Briony allora si bloccò, perdendosi come al solito nei meandri dei suoi occhi neri e da lì non ne usciva mai.

Gli credeva sul serio, anche se era strano detto da uno come lui, ma gli credeva. Ogni attimo che avevano trascorso, anche il più doloroso e terribile, era indelebile.

Quante ne avevano passate insieme? La reticenza iniziale, la paura di lei, la poca fiducia di entrambi, il non volersi aprire né lasciarsi andare per motivi personali, l’ostinazione di Elijah nel non voler credere in sentimenti come l’amore e il rinfoderarsi a sua volta della sua impenetrabile e fredda armatura, gli errori di Briony nati dalla sua fragilità e dubbi, i numerosi pericoli di morte, le lotte sanguinarie, la morte che li perseguitava come ombra, la verità orribile sulla natura di lei che aveva sconvolto e distrutto le loro vite.. i litigi, l’allontanamento doloroso, continui cuori strappati e lacrime sfoggiate a causa del loro sentimento che troppo spesso si era tramutato in una lama pronta a colpirli.

Ne avevano passate tante… troppe… fino a far diventare il loro rapporto tormentato, travolgente, rendendosi poi conto di quanto poco fosse ricca e completa la loro vita senza l'uno e l'altra.

Ormai Briony non sarebbe riuscita ad amare mai più nessuno come amava Elijah. E lo stesso valeva per lui.

La ragazza gli avvolse le braccia al collo, stringendosi a lui e allungando la testa verso di lui per fissarlo bene. “Non vedo l’ora di vivere la mia vita con te, per sempre.”  E lo circondò di più nel collo, nello stesso modo con cui lui aveva circondato la sua vita.

Elijah la cinse per la schiena con un sorriso fascinoso. “Una donna sensata come te non dovrebbe prendere a cuor leggero l’idea di avermi sempre accanto e sopportare il mio tremendo carattere, che il più delle volte l’hai definito arrogante.”

A quella muta sfida lei corrispose con un sorriso malizioso e si allontanò piano da lui, muovendosi aggraziata verso il letto. “Ho anche io i miei vantaggi.” Gli sussurrò con un luccichio negli occhi, sdraiandosi sul materasso come in un invito a stringerle e divorarle la pelle, il cuore.

Lui rimase ad osservarla attento come un predatore che sa di avere in pugno la sua vittima, senza scampo alcuno. Si mosse anche lui lentamente, con un espressione che rendeva evidente le sue intenzioni. Briony sentì allora il cuore scalpitare mentre lui si sdraiava sopra su di lei, appoggiandosi sui gomiti per non pesarle. Lo sguardo pareva penetrarla come una lama affilata da cui sgorgava il tanto bramato sangue.

Lei si sentì già il respiro affrettato per il desiderio. “Cosa farai?” gli domandò alzando il mento in un’altra sfida.

Lui allora le sfiorò la guancia con la punta delle sue dita delicate, rendendola bellissima sotto il suo sguardo predatore; mentre l’altra mano le accarezzava la coscia arrivando al tessuto degli slip, facendola tremare vistosamente. E all’improvviso lui colmò la breve distanza che li separava, catturandole la bocca in un bacio famelico.

Briony si stupì per la sua irruenza e istintivamente aprì subito le labbra conto le sue, assaporando il respiro di Elijah che le entrava dentro, come se quella fosse l’unica aria che le permetteva di vivere.

Gli cinse il bacino con le gambe mentre lui le lasciava la bocca per distribuirle baci sul collo, scavando sempre più giù. Briony cercava di non contorcersi sotto di lui per l’incandescenza che aveva pervaso il suo sangue.

“Se è questa la tua idea per il futuro non ho nulla su cui discutere.” bisbigliò lei ansante con poca voce mentre lui le faceva scendere una spallina della sottoveste, baciandole languidamente lo sterno. Briony allora non resistette e si inarcò sotto di lui: quei baci si poggiavano sopra la sua pelle e si scioglievano dentro di lei, non freddi ma caldi, come carezze d’aria.

Il respiro era accelerato ma divenne completamente spezzato quando lo sentì sfilarle gli slip e scendere col viso verso il basso ventre, sempre più giù. Briony quindi aprì gli occhi, fremendo per l’ansia e col cuore che pareva esplodere dall’interno.

Quando sentì Elijah soffiarle veneratore sul monte di Venere e le sue labbra arrivare alla sua parte più sensibile, ove non si era mai spinto, Briony trattenne il fiato. Elijah vi premette superficialmente sopra mentre le gambe di lei parvero tendersi per le numerose scosse più violente del solito, e così la mano di lui arrivò ad avvolgerle forte la coscia per tenerla più in suo potere e cominciando con stoccate poco profonde che le diedero alla testa. Fu quasi un miracolo che lei non gridò.

Briony artigliò le lenzuola, non avendo il coraggio di farlo coi suoi capelli perché così l'avrebbe incitato di più e allora il piacere sarebbe stato soverchiante, fino alla completa follia. Ma nonostante quelle sensazioni indicibili, aumentate man mano che la bocca di Elijah diveniva più audace e sicura, lei si sentiva bene.. Beata. Perché era completamente sua, non gli stava negando niente, quel rapporto non era solo carnale o sesso; era intimo e speciale. L'amore che gli stava dando era tutta la sua anima.

Il piacere cominciò a salire, il cuore stava smarrendo la capacità di battere regolarmente per la potenza del sangue ardente nelle vene. Ai movimenti della lingua di Elijah dentro di lei, studiati per tormentarla e farla beatamente impazzire, Briony rabbrividiva terribilmente; fremiti convulsi e ondulanti le scuotevano il corpo e il respiro usciva mozzo dalle labbra.

Non avrebbe sopporto ancora a lungo ma riuscì comunque a mettere una mano fra i capelli di Elijah, ansimando per le sue sferzate che la facevano raggiungere il paradiso.

Alla fine un calore divampante si concentrò nel basso ventre per poi esplodere. L'arrivo del culmine la lasciò priva di fiato, tutti i muscoli erano intorpiditi, gli occhi aperti e increduli per quell'esperienza intima che avevano condiviso.

Elijah rimase fra le sue gambe, assorbendone le ultime pulsazioni, e poi risalì. Non indugiò oltre sui baci che infatti si sdraiò contro il suo fianco e la prese tra le braccia, incastrandola contro il suo petto dove lei vi affondò, ancora tramortita dall'estasi.

Briony gli si strinse di più con un sospiro, accucciandosi di più su di lui come a chiedere un riparo dalla tempesta che stava per scatenarsi, l’unico antidoto in grado di curare il cuore ricolmo di spaccature, provocate da quei rintocchi.

Elijah a sua volta la cinse per la spalla, vivendo il torpore di pace del sogno quasi a sfidare il tempo che, veloce, correva via.

Rimasero in silenzio, apatici, a contemplare ciò che stavano vivendo dentro di loro.. a idealizzare un futuro da difendere e da vivere, così delicato come un fiore che stava sbocciando in un clima invernale pieno di tempeste. Sarebbero riusciti a salvaguardarlo? A vincere su tutto? Il battito sfrenato del cuore di Briony gridò la risposta. Avrebbe lottato fino alla fine e non si sarebbe arresa.

Ma poi all’improvviso un rintocco di campana le aprì il petto in un doppio movimento. La mente allertata si risvegliò, piena di spavento e dubbi atroci. Il suono era durato un attimo, ma riecheggiava ancora nell’atmosfera, spezzandole il respiro e riempiendo l’animo di incertezze tetre.

Così si alzò piano, staccandosi da Elijah. Lui vedendo le sue mosse turbate si sollevò col busto, guardandola interrogativo e confuso.

Lei si girò verso di lui, tentando di non far trapelare il suo tormento pur di non farlo avverare sul serio. Elijah la osservò per qualche secondo poi abbassò il viso, in silenzio e indecifrabile, e le prese poi la mano baciandola. Quando allontanò le labbra dalla pelle e la guardò magnetico dritto negli occhi, Briony sentì appieno il sentimento che li legava indissolubilmente e non riuscì a non sorridere.

Tra brividi di paura e brividi di amore, avvinghiò le labbra a quelle di Elijah in un forte bacio voluto, mormorando in quel contatto tutto il futuro che voleva e che non poteva rimanere sepolto ancora a lungo.

Elijah l’accolse subito, cercando il suo calore in un bacio che non sapeva di lussuria ma di forza, il coraggio di voler mandare avanti quell’amore costi quel che costi.

Briony lo strinse per le spalle, facendosi divorare il respiro e lasciando colar via i pensieri. Obbligò alla paura di tacere in quel momento e solo al cuore di agire. Ma magari tutto ciò era dovuto anche alla paura, visto come si teneva stretto Elijah.. Quasi si aspettasse da un momento all’altro che glielo portassero via.

Fino a che punto era stata consumata? Totalmente. Non sarebbe mai potuta vivere in un mondo senza di lui, sarebbe esistita veramente solo al fianco di Elijah, anche in una dimensione d’oblio.

Elijah l’attirò maggiormente a sé per un attimo, come se averla vicina fosse la sutura migliore con cui cucire il suo cuore pieno di fratture. Un cuore che, sebbene ricolmo di ceneri di gelo, per lei aveva ripreso a battere.

Si staccarono, accarezzandosi coi respiri l’uno dell’altro. Si guardarono, con negli occhi la promessa di rivedersi, che sarebbe andato tutto bene.

Rimasero così, appesi a quell’istante, e il mondo parve zittirsi all’improvviso.

 

“Sveglia signorina!”

Briony si svegliò di colpo, stentando a non gridare per lo spavento. Sgranò gli occhi dalla sorpresa e notò che era nel suo letto, ritornata alla dura realtà. Sbuffò delusa e guardò con ira il disturbatore del suo sogno. Chuck ovviamente. E sembrava imbufalito.

“Che avete combinato al mio tavolo??”

Briony ancora assonnata e avvolta dalle emozioni che aveva provato nel sogno, stentò a capire e si grattò la testa. “Non ti capisco…. Che tavolo?”

“Il tavolo nel salone principale! Quello in stile rinascimentale! Che avete combinato lì sopra??? Ha tutte le gambe storte e numerose crepe dappertutto! Un danno irreparabile, un così raro oggetto!” Il nano sbraitava e scalpitava per la perdita del suo cimelio, ma Briony in risposta alla sua ira gli sbuffò in faccia.

“Che noia. Te lo ripago, va bene?”

“Con che soldi che sei sempre in bolletta? E comunque ormai il danno è fatto, è impossibile ripararlo ed era unico nel suo genere! Ora cosa mi dici, signorina?” Il modo in cui Chuck mise i pugni sui fianchi era davvero buffo, e Briony si sforzò per non ridergli in faccia.

“Che dovevi prendere un tavolo più resistente.”

Il nano ruggì come un bisonte e le lanciò in testa il cuscino. “Così impari.” Briony urlò un ahia e glielo lanciò di rimando, colpendo tutta la sua piccola figura. Chuck ruggì di nuovo e le balzò addosso per prepararsi alla lotta. Briony gridò, stentando a non ridere e a non prendere parte allo scherzo. Si beatificò della sua stessa risata nel sentirla, come se in quel momento ebbe sul serio l’impressione che niente sarebbe potuto andare storto.

Alla fine della lotta tra cuscini, lei cadde giù dal letto come un sacco di patate.

Non si era accorta che nel comodino vi era una lettera.

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Cadevano foglie secche, ricoprendo il terreno di colori d’autunno e silenzio.

Cadevano così come le sue parole ancor prima di pronunciarle, ghiacciandole e lasciandolo preda dell’inverno che stava per arrivare.

Il tempo era passato davvero veloce, senza che Elijah se ne accorgesse. Forse non gli importava, l’unica cosa a cui dava peso era mettere la parola fine a quella situazione una volta per tutte.

Accolse di più il gelo dentro di sé per trattenere la calma quando sentì i passi di Klaus avvicinarsi nella villa a New Orleans. Era facile per lui disinteressarsi, trattenere le sue emozioni, ma nell’ultimo periodo era difficile di fronte al fratello.. la collera stava ribollendo, preda di una furia dettata dalla sua natura.

Si girò comunque con totale calma e freddezza verso il fratello.

Non sapeva perché in passato avesse rifiutato di odiare Klaus, ma adesso lo odiava.. in quel momento sarebbe stato lieto di infilarlo in una bara e lasciarlo a marcire per sempre.

Elijah non doveva avere simili pensieri perché Klaus era suo fratello dopotutto, ma non si sarebbe limitato a dargli una pacca sul viso e a dirgli che aveva una vita vuota per poi filarsela.. era giunto il momento di porre fine, non avrebbe mai più tollerato i colpi di testa dell’ibrido. Aveva sopportato anche troppo e i tempi dei dialoghi fraterni era finito… da molto tempo.. solo che c’era voluto un motivo importante, più importante della sua stessa vita, per accorgersene veramente.

Niklaus.” Disse solamente a mò di saluto.

“Elijah. Fuori le foglie cadono, al nostro nemico quando succederà?” domandò Klaus provocatorio.

“Ci sto appunto lavorando sopra e sono ormai giunto al termine. Tranquillo fratello, non ti deluderò.” E gli rivolse un sorriso glaciale.

“Sarà meglio. Perché se non mi aiuti in questa lotta…” Klaus gongolò sovrappensiero con espressione da bastardo. “Potrei prendermela con qualcuno che conosci.”

Elijah serrò duramente il viso. “Non c’è bisogno che me lo ripeta. Farò ciò che devo, tu fa lo stesso.”

Klaus si soffermò di più sull'espressione del moro:

“Ti ho promesso che non avrei tolto un capello alla tua bambolina, perché ti scaldi tanto?” replicò con un sorriso plateale.

Peccato che alle sue volgari promesse ormai Elijah non credeva più. Si era fatto già beffare troppe volte.

“Perfetto. Ora se non ti dispiace ma voglio restare solo.” Disse liquidando con freddezza il fratello e accogliendo dentro di sé un velo di oscurità mentre tornava a guardare fuori dalla finestra.

Klaus gli rivolse un tetro e agghiacciante sorriso, oscurato di più da un barlume strano negli occhi; “Come vuoi fratello. E mi raccomando.. pensa alla tua vita perché se ti concedessi le ennesime debolezze sciocche, non sarebbe un bene per nessuno.”

E così dicendo l’ibrido si dileguò, lasciando l’animo oscuro di Elijah a contorcersi per l’ira gelida e scalpitando per venire fuori.

Da quando era morto in quella festa maledetta, Elijah più che mai aveva sentito riaffiorare più prepotentemente la sua natura demoniaca che ambiva ad essere saziata come abbisognava... forse la Morte gli aveva ghermito le ossa in più maniere, rendendo più tenebroso il suo animo e le sue intenzioni. Per questo non si faceva poi tanti scrupoli a voler disfarsi del fratello… per questo si era comportato molte volte in maniera insensibile e crudele senza troppi giri di parole…

Solo quando era con lei si sentiva normale, lo stesso di sempre, vivo. L’oscurità dentro di lui non si faceva così densa perché ci sarebbe stata lei a far luce ove il buio si fosse fermato per mettere radici. Solo grazie a lei il cuore era ritornato a prendere vita, liberandosi dalle catene.

L’Originario si rendeva anche conto che l’Elijah umano era ancora dentro di lui, nonostante lo avesse spento più volte, perché Briony si era ostinata a trattenerlo nell’anima di uno dei vampiri più temuti di tutto il mondo, come se lo spingesse a tornare indietro e a riaffiorare. E lui a volte non riusciva a respingere il suo lato umano, perché non riusciva a respingere la donna di cui si era innamorato.

Pazzesco l’effetto che gli faceva quella ragazza… Si stupiva persino lui per come lo facesse sentire, nonostante avesse sempre prediletto la solitudine. Ma non avrebbe tollerato di perderla, mai.

In quel momento passò Rebekah nel salone e scrutò Elijah senza farsi vedere. Tanto il fratello era come al solito immerso nei suoi pensieri distanti e intraducibili. Sapeva cosa lo assillava, sapeva cosa avesse in mente e albergasse nel suo animo…

E con terrore, Rebekah si rese conto che se Briony fosse morta avrebbe portato con sé tutto ciò che di umano c'era in Elijah…

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Connor stava rientrando nel suo alloggio a passi pigri. Portava il solito impermeabile grigio e i capelli ricadevano disordinati lungo le spalle. Ormai aveva messo in atto ogni cosa… il piano era ben delineato e poteva permettersi di prendere tempo.

Con un sorriso obliquo dedusse che tutto stava andando come previsto, aveva organizzato ogni cosa da più tempo di quanto si immaginasse: aveva tenuto d’occhio Briony Forbes ben prima del suo plateale arrivo, la sua stessa famiglia lo aveva cercato per chiedere i suoi favori e lui non poteva chiedere niente di meglio.

E’ vero, c’erano stati numerosi intoppi durante il percorso ma ora niente sarebbe potuto saltare…

All’improvviso però gli occhi gialli scintillarono, i sensi da druido si misero in allarme… qualcuno era nella sua stanza, lo percepiva da dietro la porta.

Ma non ebbe alcun timore, anche se aveva riconosciuto chi fosse. Un leggero sorriso gli tirò gli angoli della bocca perché comunque sarebbe andata, aveva il suo asso nella manica…

Così sicuro di sé Connor entrò nella stanza, trovandosi davanti Elijah Mikaelson in persona, seduto elegantemente su una sedia.

"Ti stavo aspettando." disse il vampiro in tono calmo come nulla fosse.

Connor però non si fece intimidire dalla aurea oscura di potere che quell'Originario emanava.

"Come sei entrato?" chiese facendo dei passi in avanti.

"Credi che mi faccia ostacolare da un semplice divieto d’abitazione? Non immagini chi hai di fronte allora." rispose Elijah gelido rimanendo composto sulla sedia.

Connor non si fece intimorire. Teneva gli occhi diabolici fissi nei suoi.

"Che cosa vuoi? Sei venuto a cercare la morte?"

Altri passi in avanti. Un vento invisibile passò sotto di lui, svolazzandogli l'impermeabile.

Elijah a quel punto si alzò nel suo solito modo elegante, non facendo trasparire alcuna emozione.

“Sono venuto per avere il tuo sangue, la tua vita.” Un velo perfido di minaccia sottolineò le parole secche dell'Originario. Gli occhi si oscurarono per il tremendo desiderio di vendetta.

“Davvero? Non ti conviene sottovalutarmi.” replicò Connor freddamente facendo predominare un'ennesima minaccia.

“Non lo faccio. Ma come tu hai i tuoi assi nella manica, io ho i miei..” mormorò Elijah in tono misterioso, facendo continuare la spiegazione nell'atmosfera carica di pericolo.

Connor stava per controbattere ma sentì dei passi dal corridoio. Fu per la prima volta colto alla sprovvista non appena sentì una forte emicrania che quasi gli spappolò il cervello. Soffocò un grido nel tastarsi la tempia dolorante, e all'improvviso apparve BonnieBennet. La strega aveva un braccio allungato verso il druido, sprigionando la sua potente magia.

"Il male è un nemico leale ma il bene è un guerriero migliore." pronunciò quelle parole in lingua latina continuando a trapassare l'uomo col suo potere.

Connor ringhiò un "no" trattenuto fra i denti e la schiena si tese dolorosamente verso il basso, mentre una profonda ombra oscura si dilagava attorno a lui, minacciando di artigliare i presenti. Ma le sue forze diminuirono col continuo dell'incantesimo, e Connor non riuscì a trattenersi dallo cadere a terra con un tonfo rumoroso.

L'ombra si richiuse su se stessa, mentre Elijah stava di fronte a Connor con un'immobilità impeccabile e un'espressione di fredda soddisfazione dipinta sul volto nel vedere il nemico k.o.

Bonnie si avvicinò di più e ogni pensiero del druido si annullò, con la mente nell'oblio.

 

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La luce del sole penetrava dalla finestra, illuminando la stanza e la sedia su cui stava Briony. Non era di cattivo umore quel giorno, nessun presagio maledetto, né campane nefaste al suo risveglio. Si sentiva bene, come se tutto stesse per tornare al suo posto senza alcuna crepa. E come poteva la speranza non essere così forte con quelle parole che le riempivano la mente e le illuminavano il cuore, squarciando ogni buio?

Elijah le aveva lasciato una lettera quando il sogno era finito e ormai Briony conosceva le sue parole a memoria, tanto che se le ripeteva incessantemente, come fossero sacre.

Briony, il mio più grande intento è quello di tenerti al sicuro da ogni cosa, ma so anche che, testarda come sei, faresti qualsiasi cosa per dare una mano e proteggere gli altri, anche a discapito di te stessa e ti metteresti così nei guai; quindi ogni tuo aiuto è ben accetto purché me ne informi in largo anticipo e non procuri un danno a te. Presto sarà tutto finito, ti do la mia parola.”

Poi c’era stata una pausa, Briony lo aveva intuito da come Elijah aveva distaccato il punto e lo spazio seguente, come se la penna avesse tentennato dallo scrivere i pensieri da cui colavano forti emozioni che lui era abituato a nascondere dietro i recessi del suo animo. Ma alla fine la penna aveva continuato, dando voce a quelle parole sussurrate dal suo cuore chiuso.

“Una volta mi hai detto che basta un soffio di vento a cambiarci la vita, che quando meno ce lo aspettiamo porta un futuro impossibile da ignorare. Tu, Briony, sei il vento che non mi aspettavo, il vento che ha soffiato più forte di tutti, più di quanto potessi immaginare. L’errore più grande che abbia mai fatto in 1000 anni è stato difendermi da esso e negarlo a me stesso, per il destino oscuro verso il quale la mia natura mi conduceva. Avrei dovuto rendermene conto prima per non darti tutti i dolori che ti ho dato, ma in questo presente ho finalmente deciso di dare ascolto al mio cuore, che mi riporta sempre da te.

La prossima volta che ci rivedremo, nella realtà, potremo vivere la nostra vita insieme, questa volta per sempre.”

La luce del sole illuminò il sorriso di Briony, che andava a formarsi all’interno del suo viso dolce. Non aveva mai sentito il cuore scalpitare così dalla gioia e non solo perché il suo più grande desiderio stava per avverarsi, ma perché era orgogliosa dell’uomo che aveva come compagno per la vita.

Era così fiera di lui, Elijah era diventato esattamente l’uomo che credeva che fosse sotto quegli strati di freddezza e cinismo. Perché Elijah non era solo l’Originario che le sue povere vittime avevano conosciuto nei loro incubi e che temevano fino al midollo. C'era qualcos’altro, di umano e nobile in lui, e lei l’aveva visto e raggiunto. Aveva scorto in lui un uomo da amare, aveva visto oltre il mostro e aveva scoperto l'amore.

Il loro percorso era stato travagliato certo, ma ne era valsa la pena.

Questo pensò mentre rivolgeva lo sguardo alla finestra. “Sarebbe andato tutto bene”

All’improvviso entrò Chuck nella stanza e la distolse dai suoi pensieri. “Sempre con la mente sulle nuvole eh? Forza al lavoro!” disse mettendo alcuni fogli sopra il tavolo.

Briony allora con un sospiro ritornò alle sue ricerche. Dopo qualche minuto si affacciò una chioma rossa dall’atrio. “State sempre a studiare voi due ma non vi stancate mai?”

Briony rise sotto i baffi alla battuta di Jennifer.

L’amica era venuta per una dare mano in più, cosa che Briony aveva accettato più che volentieri. Avevano rafforzato la loro amicizia e messo una pietra sopra sulla discussione che avevano avuto in ospedale. Se c’era una cosa che Briony proprio detestava era avere dolorosi conti in sospeso.

Aveva offerto anche a Elena il suo aiuto e sostegno. Si sentiva ancora in colpa per ciò che le era successo e visto che la Gilbert non era più utile a Klaus da vampira poteva correre dei pericoli, quindi si era Briony si era ben offerta di darle asilo tramite Caroline se sarebbe stato necessario. Lo doveva a John e al sacrificio che aveva compiuto.

Mystic Falls era ormai allo sfacelo da quando il sindaco Lockwood era scomparso chissà dove, forse per sfuggire dall’ira degli Originali a causa del suo plausibilissimo coinvolgimento alla festa del massacro.

Jennifer intanto si defilò portando in braccio alcuni scatoloni che sicuramente portavano trappole antivampiro. Di sopra c’era invece Caroline che si dannava a far funzionare la tv, visto che la ricezione in quel luogo sperduto era pessima, o più probabile stava organizzando il matrimonio del secolo.

Dopo aver studiato alcuni fogli del Libro per nulla utili, Chuck li mise via con uno sbuffo. “Tutto questo per un dannatissimo amore.”

Briony allora alzò lo sguardo su di lui, punta da quella battuta. “Non è solo per quello che lo stiamo facendo ma per tutti noi. Inoltre se ci proibiamo di amare per quale altra ragione dovremmo vivere? Dà retta a me, piccolo grande uomo, così non sarai più così scorbutico: l'amore non é sempre la cosa più saggia, e io l'ho imparato. Può condurci a commettere gravi follie, eppure seguiamo sempre i nostri cuori.. Dovunque essi possano condurci. Perché solo così siamo realmente vivi."

"E lo sai che invece alcuni amori portano alla morte?"

Come al solito Chuck smontava i suoi buoni e dolci propositi con i propri presagi nefasti, l’altra faccia della medaglia.

Briony ebbe un forte brivido, come quando aveva visto Elijah allontanarsi via da lei l’ultima volta, facendola inghiottire nel vuoto dietro di lei.

Cercò comunque di ironizzare. “Sei diventato Shakespeare per caso?”

Chuck fece un ennesimo sbuffo e un gesto con la mano come per dirle di non scherzare. Infatti Briony non scherzò più. Gli occhi si incupirono, inghiottendo la luce che poco prima li aveva fatti brillare. Una volta Ylenia le aveva detto che nessun amore viveva solo di felicità, che solo attraversando la sofferenza potevi arrivarci per davvero.

Il loro esempio era stato lampante, reale più di tutti gli altri.. la felicità l’avevano assaporata solo in pochi momenti brevi, lei e Elijah, perché attorno a loro vi erano a inghiottirli e dividerli ogni genere di tormento e agonia psicologica.

Ma appunto per questo il loro sentimento era reale e più forte di ogni altra cosa. Era nato un rapporto così straordinario che nessuno dei due probabilmente si aspettava nascesse. E seppur dopo tutti quegli ostacoli, abissi impossibile da superare senza la certezza di non cadervi dentro, non avevano mai smesso di amarsi. 

Divisi da quella maledizione pericolosa che incombeva su di loro; uniti da quel sentimento totalitario e assoluto che aveva saputo andare oltre all’inganno della vita di cui erano stati vittima, andare oltre a tutto ciò che poteva annientarli. Perché nessuno dei due, giunti a quel punto della storia, poteva rinunciare all’altro. Troppo tardi e troppo impossibile.

Era un fuoco che non poteva estinguersi, il loro sentimento, e che dava una ragione per vivere. Un’unica vera ragione che non abbisognava di tante spiegazioni o razionalità.

Briony sorrise allora tra sé e sé, sentendosi più forte e sicura.

Elijah era ciò che il suo cuore desiderava, non ha mai cercato altro, perché lui era ciò che la sua vita aveva sempre atteso. Cosa c’era di sbagliato in questo? Perché dovevano punirla solo per il fatto che si era innamorata della persona sbagliata che era destinata a uccidere e non ad amare?

Sicuramente ora come ora avrebbe evitato di fare un sacco di errori che aveva commesso nel corso della sua vita, ma Elijah era quello che non avrebbe mai cancellato, di cui non si sarebbe mai pentita.  

L’animo così si rafforzò, ma le lame per distruggerlo erano ancora appostate dentro di lei perché ci pensò la voce della ragione a metterle in moto.

“Ti sei dimenticata ciò che ti ho raccontato in quella vecchia cascina nella foresta di Fell’s Church?”

Briony sobbalzò allora sulla sedia ma cercò in tutti i modi di non farlo notare. Certo che si ricordava quelle parole maledette ma il metodo migliore per andare avanti era nasconderle in un angolo buio della sua mente, così non avrebbero mai trovato il suo cuore per marcirlo.

Ma ora ogni cosa di lei fu sommersa dai presagi che il destino aveva tessuto per lei molto tempo prima.

Non è stato un semplice incantesimo, ma un vincolo creato di fronte agli Dei che sarebbe perdurato per i secoli a venire. Ovviamente un vincolo d’odio e di sangue, che può finire solo con la morte”- “Sai, vedo chiaramente due destini scritti davanti ai tuoi occhi.. Vedo la serenità, la tranquillità, la pace. Ma senza di lui. E poi l’oblio, la disperazione e la morte. Con lui.”

Briony deglutì più volte cercando di ignorare il dolore per come il cuore le saliva in gola, impazzito. Non voleva ascoltare quelle parole… proprio quel giorno che si sentiva così in pace, ottimista che sarebbe andato tutto bene…

La sua parte razionale sapeva che c’erano enormi rischi ma non erano dovuti al fatto che lei amasse Elijah e perciò una cruda maledizione era scesa a incombere su di loro… i rischi mortali erano stati causati da altro… dalla malvagità di Klaus, dall’orgoglio superbo di Connor e da tanto altro che era successo… ma non dal loro amore.. non da quello…. Era impossibile che un amore così vero e intenso potesse distruggere ogni cosa, anche loro stessi. Era impossibile e ingiusto. E non poteva crederci proprio per questo.

“Sai perché l’amore è pericoloso? Perché metti il cuore nelle mani di qualcun'altro. E non penso che il tuo Elijah sia adatto a custodirlo perché non potrà mai proteggerlo sul serio, visto ciò che è veramente.”

Questa volta le parole di Chuck la fecero infuriare. Poteva anche tollerare l’amara prospettiva che il loro rapporto fosse un dolce veleno che accompagnava le loro vite ma che comunque le uccideva; o che lei fosse un totale disastro e una portatrice di guai; ma non tollerava il fatto che si paragonasse Elijah a un mostro.

“Non ti permetto di dire simili cose. Tu hai conosciuto me, ma non hai conosciuto lui. Elijah non metterebbe mai a rischio la mia vita!”

Alle parole tumultuose della ragazza, Chuck traballò come se non lo aspettasse, ma in breve riprese il controllo delle sue affermazioni.

“Non voglio far la parte dell’uccello del malaugurio ma qui stiamo andando tutti dritti dritti verso un dirupo, verso la strada del disastro. Cazzo!” Il pugno che il nano diede al tavolo fece saltare alcuni fogli e anche il corpo di Briony tremò, insieme alla sua anima.

“Te l’ho ripetuto mille volte Briony ma tu continui a rimanere sorda. Ti credi coraggiosa e forte a mandare avanti questa storiella, ma sicuramente non la penserai allo stesso modo quando..” Chuck fece una dolorosa pausa e un profondo respiro per calmarsi, altrimenti c’era il rischio che sarebbe esploso. 

Briony poteva solo guardarlo con sguardo scavato, altro non poteva fare in quel momento.

“Ascoltami..” disse Chuck stando più calmo questa volta e alzando un braccino. “Tu non dovevi amarlo. Non era previsto. E ciò ha scatenato molte cose… cose che forse neanche immagini ma saranno ben reali prima che questa storia si chiuda… e non finirà bene.”

Briony a quel punto sentì l’ennesimo rintocco agghiacciante riempirle le orecchie, facendo saltare alcuni battiti. Scosse la testa per annullare quei suoni e negare tutti quegli avvertimenti.

“Questo lo dici tu ma non devo per forza pensarla allo stesso modo. Fanculo il destino. Io farò a modo mio e lotterò fino allo stremo.”

Così dicendo sbattè alcuni fogli sul tavolo e tornò a studiarli, facendo così capitolare la discussione in un pesante silenzio. Chuck la guardava di sottecchi con ancora la lingua fumante e tagliente, ma decise per il momento di starsi zitto e di darle tregua.

Briony con un sospiro prese in mano un foglio più spiegazzato rispetto ad altri e lo esaminò da cima a fondo, incuriosita tutto a un tratto. Riconobbe quegli strani oggetti antichi, quelli che avevano contribuito a dannarle l’esistenza e a legare lei e Elijah in un vincolo distruttore e di morte. Sotto c’erano alcune didascalie che non aveva mai letto.

“Dannati pugnali… chissà dove saranno nascosti in questo momento..” borbottò tra sé e sé.

“Non darti pena per quello… non c’è modo di cancellare il filo maledetto che lega un cacciatore vivente all’Originario che è destinato a uccidere. Puoi anche immergere il pugnale nel fuoco ma non si scheggerà minimamente. Eterni e vincolabili proprio come l’incantesimo che è stato fatto.”

Briony ascoltò con un orecchio le lezioni di storia di Chuck ma da una parte si era immersa completamente nella lettura. A fine paragrafo le si chiuse dolorosamente lo stomaco, come annodato da un bruttissimo presagio che lei tentò di nascondere nei secondi seguenti.

Ma un osservatore attento, quale era Chuck, scovò la preoccupazione primordiale dietro ai suoi occhi verdi.

“Questo fardello non deve pesare tutto su di te. In fondo non hai mai fatto nulla di male…” mormorò per rincuorarla e mettendole una mano sulla sua.

Briony deglutì il groppo che aveva in gola. “Invece mi sento responsabile… Anche io ho le mie colpe per questo. Se io fossi un semplice essere umano, se non fossi così..” si indicò quasi fosse un qualcosa di indegno. “Se non fossi nata come un abominio e uno scherzo della natura, magari tutto questo male e quelle morti non sarebbero capitate..”

Briony abbassò lo sguardo, nascondendo così al mondo il tormento che da sempre albergava in lei; solo non l’aveva mai fatto pesare agli altri perché non voleva essere un peso per nessuno… sopportava quel tormento da sola, al buio, come era solita fare.

Chuck però la rincuorò subito con un bel sorriso. “Tu non sei un abominio, cara. Sai perché? Perché a tue spese hai conosciuto il vero valore dell’essere umani, hai combattuto per il tuo futuro mantenendo comunque i tuoi principi morali e la tua bontà. E questo è un fattore incoraggiante.” Il nano strinse forte la presa, e Briony non potè far altro che guardarlo con un tenue sorriso di ringraziamento per il fatto che la stesse rincuorando dopotutto.

“Ma comunque non cambia la realtà dei fatti. Io sono così. Un essere con natura non specificata, nata dalle arti della magia nera proprio come Charlotte e Willas.”

“Tu non sei affatto come Charlotte e Willas.” Il tono di Chuck fu terribilmente serio. Briony stava per replicare ma lui la bloccò. “E non per via dell’amore.. certo anche per quello… ma il lavoro più forte l’hai fatto tu stessa, da sola. Ti ricordi la prima volta che tuo padre ti ha indotta a intraprendere la strada della caccia? Bill me l’ha raccontato.”

Briony aggrottò la fronte e, andando a scavare nelle vecchie memorie, ricordò… un altro fatto doloroso della sua vita… era successo ancor prima che salvasse Elijah dalla cantina dei Salvatore.. prima ancora che si trasferisse a Seattle… suo padre dopo la faccenda di Ivan l’aveva condotta nelle grotte sotterranee di famiglia e lì aveva trovato una bambina-vampiro legata e imprigionata. Bill le aveva ordinato di fare ciò che doveva, di uccidere quel mostro dalle sembianze umane. Lei però si era tirata indietro dal destino che la reclamava, aveva aborrito quell’atto feroce ed era scappata.

Briony osservò guardinga l’amico mentre lui continuava la spiegazione con occhi pieni di dolcezza. “Hai avuto pietà e misericordia. Stai pur certa che se sei stata grandemente risparmiata dal male, riuscendo infine a scappare e a trarti in salvo, é proprio perché all'inizio del tuo percorso che doveva essere sanguinario, vi é stato un atto di compassione."

Briony ebbe così un tuffo al cuore, ma non per un brutto presagio bensì a causa di una breccia di gioia che fece capolinea su quel muscolo, riempiendolo fino all'orlo.

La ragazza fu talmente grata all'amico per le sue parole che le vennero le lacrime agli occhi. Chuck cercò di sdrammatizzare come suo solito:

"O forse questo bel visino non é propriamente adatto a stare sotto l'elmo da guerriero." esclamò storcendole scherzosamente il naso.

Briony rise e se lo levò di torno con una manata. Tornarono a guardarsi con occhi più libertini. Lei si sentì quasi rinfoderare nella sua sicurezza: avrebbe dimostrato al mondo che non era la propria natura a decidere del proprio destino, ma erano solo loro stessi a farlo. Avrebbe affrontato tutto ciò che il fato le avrebbe riservato, a testa alta e con l'aiuto delle persone che amava.

Sorrise all'amico, ricolma di gratitudine: "Grazie Chuck".

Lui le fece un gesto noncurante con la mano per dirle che non aveva fatto nulla di che, e lei gli sorrise di nuovo, mettendo poi le mani sui braccioli per alzarsi. Aveva voglia di ritornare a scrivere, le immetteva un senso di pace. Percorse la sala con calma quando la voce di Chuck la fece irrigidire.

"Chi si illude di poter governare il destino é condannato a pagare con lacrime di sangue. I suoni della morte arrivano sempre, dagli abissi."

Una scossa la trafisse effimera la spina dorsale, ma nonostante questo Briony riuscì a voltarsi. Questa volta non ci volle un osservatore attento per scovare l'inquietudine celata dietro i suoi occhi. Briony sentiva dei perfidi artigli alle sue calcagna per attanagliarla, mentre il forte disagio cupo impregnava l'atmosfera, rubandole l'aria.

Chuck stava con lo sguardo sopra un foglio ma accorgendosi dello sguardo dell'amica, sollevò la testa e smorzò la tensione con un sorriso: "Parole insensate del Libro della sfiga! Questa volta non sono io l'uccello del malaugurio." esclamò facendo sventolare il foglio.

Briony allora corrispose, anche se con un sorriso meno convinto. Si rivoltò e tornò a camminare. Un'ombra offuscò la luce che proveniva dalle sue parole interiori.

"Sarebbe andato tutto bene."

Ma quella considerazione non arrivò agli occhi.

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L’odore di cenere e putrefazione si insinuò nelle sue narici, stringendogli poi la gola in una morsa repellente. Connor cercò di muoversi e di tornare a respirare normalmente senza qualche veleno che lo intossicasse, ma fu tutto inutile.

Era imprigionato in un piccola stanza anonima in cui non era mai stato. Fuori percepiva il rumore degli animali e della natura, ma questa stranamente non venne in suo soccorso, come se lo avesse abbandonato proprio in quel momento disperato di bisogno.

Connor grugnì imbufalito e cercò di spezzare le catene che lo tenevano totalmente legato.

Inutile. Non si spezzavano neanche se usava il suo potere. Il ferro gli stringeva così tanto la pelle da farlo sanguinare vistosamente, ma non ne provò dolore, solo un senso di stizza perché mai prima d'ora aveva permesso di farsi trattare in quel modo. Gliela avrebbe fatta pagare… a tutti loro. Parola d’onore.

Non sapeva come diavolo erano riusciti quei poppanti a metterlo k.o per il momento, ma avrebbe trovato una via d’uscita alla prima occasione utile. Connor, il druido, non si faceva beffare da nessuno… e anche se lui non ci sarebbe riuscito da solo… aveva pur sempre un asso segreto nella manica.

Un sorriso diabolico gli increspò le labbra spaccate ma venne subito spazzato via quando sentì la porta della stanza aprirsi. Ricompose la serietà del viso per non mostrarsi debole e gli occhi gialli luccicarono quando vide chi aveva di fronte.

Quel tetro individuo riusciva a risultare elegante persino in un ambiente simile.

“Spero vivamente che tu ti stia godendo il soggiorno.” Mormorò Elijah Mikaelson nel tono più calmo possibile ma con un ghigno arrogante dipinto nel volto. Camminò in tondo con passi lenti e eleganti.

 “Non manca ancora molto, presto sarai ridotto in polvere.”

Il viso duro dell’Originario era sempre rivolto al druido, gli occhi inespressivi ma dietro quel nulla vi era una voglia insaziabile di vendetta.

“Non sai chi ti stai mettendo contro, Mikaelson.” lo rimbeccò Connor non muovendosi di un millimetro.

Elijah rise silenziosamente e tornò a mettersi faccia a faccia con stoica sicurezza:

“Se c’e' una cosa in cui non pecco é abbassare la guardia. So che sei pericoloso e che puoi dannare le nostre esistenze. Ma tu non sai che io sono doppiamente più pericoloso e che il dannare le esistenze altrui é un mio mestiere. Sei andato troppo oltre, hai osato metterti contro gli Originari e questo é il conto da pagare.” La voce intonava una minaccia ben riuscita e voluta, come se aspettasse solo il momento più propizio per mostrare a chi gli si metteva contro di cosa potesse essere capace.

Connor però gli rivolse un ghigno noncurante. La fronte era contornata da croste di sangue.

“Tu non puoi uccidermi. Nessuno di voi può. Sprecate il fiato.”

“Forse hai ragione ma la forza illimitata della natura può farlo.”

All’improvviso entrò Bonnie Bennet nella vecchia cascina che si trovava nella foresta di Mystic Falls, quella in cui pullulavano le anime defunte delle streghe, sue amiche che già un tempo la avevano aiutata. “Tramite alcuni speciali incantesimi abbiamo trovato la chiave per metterti fuori gioco. Abbiamo pensato.. Perché basarci sui tuoi punti deboli che paiono non esistere, e non sui tuoi vantaggi? Questi possono risultare una debolezza talvolta. Tu sei un druido, un servitore fedele e potente della Natura, più forte di qualsiasi strega. Non hai alcun limite nel tuo potere ma in ogni categoria soprannaturale ce n’é uno.. Tu hai disonorato la natura stessa, Connor. Sei andato oltre ai sacri divieti delle leggi della natura portando in vita Charlotte e Willas, e per tutte le scelleratezze che hai fatto. Tu hai creduto molto ai tuoi dèi e saranno loro stessi a punirti.”

La sicurezza con cui la strega aveva elargito quei dettagli lasciò Connor di stucco, come se per la prima volta in vita sua fosse stupito. Ma riuscì comunque a guardare i due che aveva davanti come se fossero due insetti rognosi, non ancora pronto a proclamare la sua disfatta.

Elijah si fece di nuovo avanti con sguardo freddamente sicuro:

“Hai parlato troppo stregone. Ti sei vantato dei tuoi pregi di fronte a una persona, lasciandoti scappare alcune cose. Sei una creatura furba ma non tanto quanto pensi. Hai usufruito troppo della magia più oscura che esistesse, convinto di farlo senza conseguenze… Ma la magia talvolta non é sicura, é come una spada senza impugnatura.” Il sorriso asimmetrico e diabolico che l’Originario gli lanciò non avrebbe incusso nessun timore in Connor, se non per le parole che aveva pronunciato.

Capì che si stava mettendo male, molto male… aveva detto una simile frase a quella stolta innamorata di Briony Forbes, la sua terza pedina, ma non avrebbe mai immaginato che come la magia lo aiutasse, potesse in qualche altro modo danneggiarlo.

“Voi.. Come potete..” grugnì lui trattenendo a stento la furia per come era stato incatenato.

Elijah scrollò le spalle con perfetta noncuranza.

“Che posso dirti.. Non mi sono innamorato di una sprovveduta.”

Gli occhi dei due uomini si legarono poi in un fulminata: il gelo del nero più buio contro il giallo di un belva assetata.

“Ti abbiamo in pugno e non potrai far più male alle persone che amiamo.” Proruppe Bonnie avvicinandosi con fierezza. Lei col suo enorme potere aveva contribuito a mettere il druido fuorigioco, anche se una parte di merito bisognava darla anche a Briony. In segreto e lontano da occhi indiscreti, la maggiore delle Forbes le aveva donato una parte del potere che risièdeva dentro di lei, la forte sfera magica che tempo prima le aveva dato in dono Ylenia.

Elijah subito era stato contrario a quell’idea perché non voleva che in quello scambio potesse nuocerci la donna che amava, ma Bonnie gli aveva assicurato che la vita di Briony non sarebbe stata in alcun modo messa in pericolo e nemmeno il suo flusso vitale. Sarebbe tornato tutto com’era entro poco e inoltre Briony non poteva e non sapeva come servirsi della magia, quindi era stato uno scambio fruttifero.

E così, insieme all’incantesimo che la Forbes e il nano avevano pescato nel Libro Bianco, Bonnie aveva avuto il potere adatto per tenere in pugno Connor. Era lì rinchiuso da cinque giorni, con l’anima che si decomponeva pezzo per pezzo senza che lui potesse far niente per impedirlo. Passati altri due giorni, di lui non sarebbe rimasta nient’altro che polvere e cenere. Quell’incantesimo lo aveva vincolato a dovere.

Elijah all’improvviso disse, abbottandosi alcuni bottoni:

“Mi occuperò personalmente di ripulire il mondo dalla feccia che ti porti dietro, e tra non molto la strega Bennet e le sue parenti si occuperanno definitivamente di te, riducendoti in polvere e non potrai mai più manifestarti su questa Terra. E io vorrò esserci in quel momento per essere sicuro che stai marcendo all'inferno.”

A fine frase l’Originario gli rivolse un sorriso glaciale, gli occhi luccicanti di bramosa vittoria che sapeva di vendetta. Anche Bonnie sorrise fiera.

“I giochi sono finiti Connor.” Continuò Elijah alzando il mento.

Scese un silenzio pesante, sovraccarico dall’aria di morte e dal senso di immobilità.

Elijah fece un ultimo e impassibile ghigno rivolto verso il druido, e stette per congedarsi quando la voce di quest’ultimo lo bloccò:

“Credi di aver vinto, Mikaelson? Credi di avere tutta la situazione sotto controllo? Credi di scamparla?” Le provocazioni terrificanti di Connor furono accentuate dal sorriso che gli tagliò in due la faccia: “La tua sicurezza é una farsa che non esiterà ad essere smascherata. Stai facendo male i tuoi conti se credi che per te filerà tutto liscio e ti verrà dato l'accesso al paradiso.”

Elijah grugnì con sguardo di ghiaccio:

“Le parole di un condannato a morte che farnetica.”

“Illusioni le tue. Lascia che ti ripeta una cosa che ho detto alla tua amata. La fine non è mai chiara e semplice, perché di colpo la tua gioia può tramutarsi in cenere quando un secondo prima eri convinto di poter essere felice, nonostante il tuo essere un mostro. E allora in quel momento sarà il fato che ti farà scontare il prezzo più amaro di tutti, facendoti così rendere conto che quelli come te non meritano alcuna felicità.”

Quelle parole furono crude e maledette, così maledette che Elijah sentì una nuova maledizione della sua vita rincorrergli addosso per insidiarsi dentro il suo animo, che cercò in tutti i modi di fronteggiare quelle gratuite angherie.

Alla fine Elijah non gli diede la soddisfazione di rispondere né mostrare incertezza di fronte a quelle frasi, che infatti si dileguò nel nulla non mostrando apparentemente alcuna emozione.

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Fu con un grido represso con cui Briony si sollevò dal letto, svegliandosi all’improvviso dall’incubo. Era stato un verso straziante, agonico, graffiato da sembrare che appartenesse a una creatura ferita a morte.

Il tipo di grido che rappresentava un dolore che non si può sopportare, che non si rassegnava ad annientare totalmente la sua vittima prediletta.

Briony l’aveva urlato, quel dolore tormentato, graffiandosi la gola come se avesse dei rovi all’interno, appostati fino a quel momento in segreto per poi pungerla in un sol colpo in tutta la loro effimera potenza.

Incapace di reagire, piegata dalla tormenta dell’incubo, si lasciò inghiottire dal solito suono che la perseguitava anche nel dormiveglia: il rintocco d'una campana a morte. 

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Il risveglio alla realtà fu l’affrontare l’incubo, cui non poteva più illudersi che avesse una fine e che non potesse artigliarla nel mondo reale, perché ormai ogni cosa era stata decisa, archiviata prima ancora che lei avesse scelto di lottare.

Il libero arbitrio non esiste, è solo un illusione. Così aveva detto Chuck, e aveva ragione. Era stato tutto prestabilito.

Ma anche se ormai aveva la piena certezza di come sarebbero andate le cose, come poteva lei arrendersi come una foglia caduta a pezzi in inverno? Come poteva lasciarsi spazzare via dal vento tagliente del destino senza tentare di ribellarsi e di sperare ancora?

Semplicemente non riusciva più a farlo. Dopo l’incubo dell’altra notte ogni cosa si era frantumata, così come lo specchio dell’illusioni di cui lei si era cibata, autoconvincendosi che presto sarebbe stata ripagata della sua forza e audacia, e avrebbe così potuto vivere come voleva lei.

Illusioni.

Non poteva urlare contro quelle ingiustizie, non c’erano parole perché gli artigli della sofferenza  parevano avergliele strappate tutte, come un uncino che la penetrava dentro per privarla di ogni sogno di speranza.

In quel momento era seduta nella salotto della villa, ristretta nella vestaglia per tentare di combattere il freddo che aveva invaso le sue ossa, ma non riuscendo più a contenere il tremendo dolore era assai inutile ciò: quella sofferenza era atroce come l’inverno più crudo che ti impedisce di vedere il sole, quello che ti si annida dentro lasciandoti privo di difese.

La luce del sole in quel momento creava strani riflessi sull’agonia indesiderata nei suoi occhi, beffandosi di come il volto di quella ragazza si fosse tramutato in un arco di tempo così breve.

Lei non avrebbe mai voluto apparire così, sentirsi talmente fragile da non sperare più in niente, ma il corpo pareva devastato: le mani si attorcigliavano nervose tra loro, le ossa tremavano, le pupille parevano dilatate a causa della mente caotica.

Era come se tutto quell’incubo avesse preso il potere su di lei; sembrava possederla come un demone che la stava trascinando in un profondo buco nero. La mente non riusciva a ragionare, i pensieri cadevano in quel buio lasciandola nuda e in balia di tutte quelle ombre che l’avrebbero assediata.

Dio, odiava sentirsi così, come uno scoglio che non poteva far altro che farsi investire dalle onde del mare in tempesta perché la sua natura era di rimanere immobile a farsi colpire.

Briony serrò tuttavia le unghie nei palmi, la bocca stretta in una linea dura mentre la luce degli occhi scemava alla continua ricerca di un’entità che potesse aiutarla. Illusioni anche quelle.

Si tastò la fronte con i pugni, dondolandosi col corpo investito da quelle onde, la gola era riempita da tutti i singhiozzi e grida che voleva far fuoriuscire, ma un ultimo orgoglio glielo impediva.

La parte fiacca di lei le diceva che magari non doveva traumatizzarsi tanto, che era solo un incubo, che forse non si sarebbe avverato se ci avesse messo più impegno… che era unicamente una sciocca a lasciarsi suggestionare.

Ma la verità era una sola. E lei si era talmente rafforzata in quel periodo che aveva smesso di non guardare in faccia alla realtà quando era così talmente ovvia. Ormai non c’era più niente da fare, la verità sanguinava e tamponare l’emorragia era inutile come il voler salvarsi da un cancro con una semplice aspirina.

Briony sospirò gutturalmente, alzandosi dal divano e tenendosi sempre le mani piantate sulla tempia. Pensava e rimuginava ad una soluzione, anche se sapeva che non ve ne era alcuna.. stentava persino a camminare correttamente, quasi le avessero donato delle spine che le pizzicavano ogni movimento. Al ricordo dell’incubo le faceva male persino respirare, come avere un coltello piantato in pieno petto.

 Dannati incubi, dannata natura maledetta, dannato destino. E dannato tutto quanto.

Briony avrebbe tanto voluto spaccare qualcosa, qualsiasi cosa che potesse sfogare la sua rabbia e frustrazione, avrebbe voluto gridare per tutte le cose brutte che le erano successe... avrebbe solo voluto.. essere diversa.

E non per quanto riguardava la sua natura, ma per il carattere… perché non poteva essere egoista una volta tanto? Perché doveva sempre rinunciare tutto lei?  Non aveva forse il diritto di vivere come voleva e come tutte le ragazze delle sua età, di fare i suoi progetti per il futuro senza questa inconsistente minaccia alle spalle? Perché non poteva far sacrificare ad altri la loro felicità anziché la sua?

Semplicemente perché non sarebbe stato da lei. Non ci sarebbe mai riuscita. Il cuore piangeva già lacrime invisibili se solo avesse messo in atto il suo egoismo, sarebbe stato ancor più terribile. Il male minore sarebbe stato uno solo, quello prescelto da tempo.

Ma quella certezza razionale non la rese più inflessibile come il ferro, perché Briony si portò la mano al viso devastato, come se volesse nascondersi e negare a se stessa quella dura realtà che le distruggeva il cuore. Sarebbe riuscita ad andare avanti fino in fondo? A non tentennare e ribellarsi?

Mentalmente si disse che l’unica cosa giusta da fare era quella ma si sentiva troppo debole e provata; solo una cosa magari avrebbe potuto frenare il corso del suo fiume di agonia che rischiava di annegarla.

Così si fece forza, prese un bel respiro poi un altro, facendo così entrare sano ossigeno che le permetteva di far sgorgare via tutto quel veleno che le aveva inquinato e spremuto l’anima.

Aprì poi gli occhi, facendo inoltrare in lei un senso di apatia opposto a ciò che aveva provato prima. Un espediente per poter fare ciò che voleva fare senza correre troppi rischi.

Rese muto il suo cuore, serrandone i singhiozzi agonici e indossò una maschera sul viso perfettamente calma. Il modo di affrontare quell’incubo nel modo giusto era far finta che il suo sogno esisteva ancora, perfetto e integro.

Combattè il tremore alla mano mentre compose dei numeri al cellulare. Ogni squillo a vuoto corrispondeva a un battito accelerato e distruttivo; la presa della linea corrispose invece a un battito del cuore mancato e perduto, colato via non appena aveva sentito il suono di quella voce.

“Pronto?”

La gola della ragazza era secca e dilaniata. “Elijah?”

Briony? Che succede?”

Lei sospirò con un filo di sollievo, il cuore in frantumi pareva aver trovato un po’ di pace. “Ehi.. come stai?”

Una dubbiosa pausa dall’altra linea. “Mi hai chiamato per sapere questo?

“Volevo sentire la tua voce.” Briony fortunatamente mostrò più titubanza che paura.

Briony, lo sai che devi chiamare solo in casi d’emergenza.”

Elijah… sempre il solito razionale e che programmava tutto con la sua statica calma.

Inconsapevolmente le fuoriuscì un debole sorriso. “Sì scusami.. è che non ce la faccio più ad aspettare. Stare segregata qui è un tormento.”

Briony fermò la voce del cuore che gridava fortemente qual’era invece il suo vero tormento che la dilaniava. Non poteva dirglielo…  il fine giusto lo doveva ottenere con quei mezzi illeciti.

“Ti do la mia parola che entro stanotte sarà tutto finito. Per quell’ora è prevista la completa disfatta di Connor tramite l’incantesimo che finalmente farà totale effetto.. dopo di che mi occuperò di mio fratello. E’ tutto calcolato affinchè non vi accada nulla di male.”

Briony sentì di nuovo il sorriso piegarle le labbra. La tristezza però le corrose quel poco di pace che le era rimasta… fingere fu così difficile che dovette serrare la bocca, perché aveva il sospetto che anche un singolo sospiro di sofferenza Eliah lo avrebbe avvertito anche a chilometri di distanza.

Ma tutte le sue precauzioni vennero smantellate.

Briony... sicura che mi stai dicendo tutto?”

Il tono sospettoso e indagatore di Elijah, lo stesso che aveva quando intuiva che qualcosa non andava, la bloccò col cellulare ancora attaccato all’orecchio.

Perché era così difficile parlare? Forse perché doveva farlo, visto che lui aveva il diritto di sapere. Ma mai come in quell’istante le parve così difficile articolare la verità: le sembrava di avere un pugno giù in gola, e alla prima parola le avrebbe squarciato la trachea per soffocarla.

“Sì.. è che ho tante cose per la testa.” riuscì a biascicare alla fine, inventando una qualche scusa possibile.

Sembrò averlo convinto dato che lo sentì sorridere piano e muoversi nella stanza in cui si trovava.

“Già, immagino che organizzare un matrimonio deve essere difficoltoso, sopratutto per due menti sofisticate come le nostre.” replicò lui galante e fiero.

Il matrimonio….

Il pugno in gola scese, quasi fino ai polmoni e l’aria cessò di circolare.

Briony cercò di riprendere il controllo e si scurì la voce: “Esatto. Spero che tu non abbia cambiato idea come fanno tutti gli uomini che vengono presi da attacchi di panico.” mormorò sfoderando una innocente ironia.

“Io non sono quel genere di uomo.”

“E io non sono quel genere di donna che è confusa sui suoi sentimenti.”

La risposta sicura e fiera del vampiro, mescolata a quella dolce e sincera della ragazza creò un’atmosfera diversa, meno pesante. Illusoria.

Briony si crogiolò su quei momenti perché non avrebbe mai più potuto assaporarne altri, non con lui.

“C’è altro? Devo andare, ci sono parecchie cose da organizzare per questa notte.” Affermò l’Originario dopo qualche secondo di silenzio.

“Ok. State attenti mi raccomando, tutti voi.” Briony si sentì tremare le mani a quella richiesta ma cercò di far in modo che non succedesse anche alla voce. La recita riuscì perché Elijah non indugiò oltre e stava per riattaccare.

Intuendo che era finita, Briony sentì un affondo più irruento a causa del pugno che la squarciava. Le sembrava che il cuore fosse andato in frantumi.

“Ah Elijah?” disse con affanno.

“Sì?”

E fu proprio in quel momento che gli occhi iniziarono a bruciare… e una lacrima le rigò il viso.

“Ti amo.” sussurrò con quella piccola lacrima che andava a scendere, marchio indelebile della sua agonia che sapeva già di sconfitta. Colava giù, proprio come le sue speranze.

Era sceso il silenzio dopo quella frase, come se quelle poche lettere simboleggiassero un significato che pochi potevano comprendere davvero.

Scavalcate le sue tremende sensazioni, Briony si rese conto che forse aveva mostrato troppo tormento agonico in quelle parole, infatti Elijah era rimasto zitto in un cupo silenzio.

Rimase in attesa, temendo che lui avesse capito qualcosa, quando però lo sentì rispondere in maniera normale.

“Dimmelo a fine nottata.”

Briony gli sorrise in risposta, con la lacrima che era ormai scivolata giù dal viso ma il sentiero che aveva scavato era ancora visibile... lo sarebbe stato sempre.

La telefonata si chiuse.

Fu un attimo, in cui tutta la compostezza crollò, come se un’onda improvvisa avesse infranto l’ultimo mattone della diga che lei aveva formato. E questa si infranse, facendo sgorgare ogni cosa. Briony tremò tutta e si coprì il viso con le mani, come a nascondere il suo incessante tormento che la risucchiava.

Non pianse perché le lacrime si nascosero tutte dentro gli occhi, i singhiozzi erano affanni soffocati e tentava di lottare per non dare una forma a quella terribile sofferenza. Ma quella era sempre lì, come un ronzio fastidioso che la perseguitava, e lo squarcio che Briony aveva nel cuore urlava pietà e compassione.

Strinse di più la presa delle mani quando arrivarono ai capelli per placare le sue angosce; ma il corpo pareva sul punto di sciogliersi nell’acido. Le fitte le dilaniavano lo stomaco e le spezzavano la schiena, sentiva le vene in fiamme e le incendiavano ogni pezzo di carne, il viso sfigurato dall’agonia.

Cercava di tenere duro, di stringere i denti, e di respirare e respirare ancora. Sperava e pregava in quella strenua lotta. Ma la sofferenza sembrava non voler avere pietà di lei, e Briony si sentiva accasciare sotto il peso di pugnalate invisibili che la facevano soccombere.

Un nuovo incubo era ritornato su di lei, quasi a forma di voragine che avrebbe divorato tutti i suoi sogni e le sue speranze. Le stava già divorando.

Briony avrebbe voluto lasciarsi andare al pianto, ma così avrebbe dato larga dimensione a quel dolore che non poteva ancora accettare… perché non lo voleva, non voleva che un simile fardello pesasse su di lei, togliendole ogni possibile libertà di scelta.

In breve cercò di ricomporsi, di riprendere il controllo dell’emorragia delle sue emozioni per tamponare almeno in superficie: fece un grosso respiro, si portò le mani ai lati delle tempie con gli occhi chiusi per cercare di racimolare le ultime forze e il coraggio che l’aveva sempre contraddistinta. Il cuore ormai era in frantumi, spacciato, ma non avrebbe permesso che quel dolore si tramutasse in una lama che l’avrebbe colpita prima del tempo.

La necessità venne quando sentì dei passi per le scale e subito Briony accorse a mascherare la sua agonia per non farla trapelare a nessuno. Nessuno doveva sapere… Non avrebbe sfogato il suo dolore davanti a nessuno, come sempre.

Comparve Chuck nel salone e Briony cercò di essere in soprappensiero nel percorrere la sala.

“Che cavolo avevi fatto ieri sera? Metterti a gridare a quell’ora della notte? Tienili per te i tuoi urletti altrimenti dovrò mettermi i tappi nelle orecchie. Chi stavi sognando? Dal modo in cui ti sei fatta scappare l’urlo...” Un sorrisetto malizioso dipinse le labbra sottili di Chuck mentre andava a versarsi da bere.

Proprio un nano. Vedeva i doppi sensi dappertutto.

Briony utilizzò quella battuta per cercare di non far notare ciò che albergava nel suo animo. “Non sono cose da chiedere a una ragazza. Fatti gli affaracci tuoi.”

Chuck di nuovo sorrise e poi depose il boccale sul tavolo. “Lo so che ti sarai stancata a stare qui… ma secondo il tuo eroe si direbbe che sia quasi tutto finito. Orsù beviamo alle sfighe che volevo portarti e che fortunatamente non si realizzeranno.” esclamò lui alzando un calice.

Briony gli fece un sorriso non proprio convincente in risposta. “Avremo tempo per festeggiare. Inoltre ti voglio sobrio fino a quando tutto questo non finirà.”

“Sobrio io? Bah!” Così dicendo si scolò tutta la bottiglia.

Briony gli diede poca attenzione perché si avvicinò alla grande finestra della sala. Il sole sembrò quasi riflettere ciò che albergava sotto la maschera di calma di Briony, ovvero tanto senso di perdita, di sconfitta. Erano insediati bene sotto la maschera ma bastava poco per artigliarla e salire così in superficie. L’inquietudine si fece spazio in lei quando sentì un altro rintocco nelle orecchie, poi un altro.

Il gelo trafisse le sue ossa e Briony non riuscì a non abbandonarsi ai pensieri contrastanti, sotto i quali era piegata e spezzata. “Ma non le senti anche tu?”

Fu il suo soffio flebile, rivolto a qualcosa che stava al di fuori della villa, come se quei suoni che la perseguitavano giocassero a nascondino prima di mostrare totalmente il loro messaggio.

Chuck però aveva udito la domanda, infatti corrugò la fronte. “Di nuovo le campane? Ma ti sei bevuta il cervello? Non ci sono chiese nei paraggi. Dovresti dormire un po’ di più alla notte, sei stressata.” Rispose non facendo caso all’atmosfera asfissiante in quella stanza.

Briony cercò di riprendere il controllo di se stessa, poco prima mancato. “Hai ragione, dovrei prendermi sul serio una vacanza.”

Chuck assentì con la testa e bevve un altro sorso. Rimuginò tra sé e sé. “Ho sempre odiato le campane. Suonano per terrorizzare. Una città sotto assedio, un funerale…

Briony sentì le lame invisibili di poco prima sbriciolarle l’ultima determinazione che le era rimasta. Restò comunque dignitosamente immobile.

“Oppure per un matrimonio. Lì va molto meglio.” Finì di dire Chuck.

Briony sorrise debolmente e si girò verso l’amico. La maschera era perfettamente intatta, non sapeva nemmeno lei come riusciva a fingere così bene. “Già..”

Scesero all’improvviso anche Caroline e Jennifer che stavano allegramente chiacchierando, e allora Briony prese la palla al balzo per dire quello che doveva.

“Devo comunicarvi una cosa..” disse facendo dei passi in avanti e mantenendo un’espressione seria. “Non c’è più bisogno che restiate qui.”

Tutti e 3 rimasero ammutoliti e sorpresi da quella richiesta. “Qui me la posso cavare benissimo da sola e non voglio che stiate lontani ancora dalla vostra vita e abitudini per colpa mia.”

“Ma Briony..” replicò Jennifer basita. “Siamo venuti appunto per assicurarci che tu sia al sicuro, dopotutto non è ancora finita e quindi non sarebbe saggio abbassare già le armi.”

“Infatti!” Fu Caroline con la sua voce stridula a intromettersi. “Credi che ti lasceremmo qui da sola in questo remoto paese? Inoltre lo facciamo più che volentieri!”

“Ma non serve!” ribattè Briony cercando di essere convincente ma di non far trapelare alcun problema sospetto attraverso un sorriso di noncuranza. “Davvero ragazzi, apprezzo il vostro appoggio ma oramai questa storia è finita. Elijah e gli altri stanno già provvedendo a tutto e non c’è alcun bisogno che voi rimaniate a farmi da babysitter.”

“Questo non ci crea alcun disturbo! Non fare la sciocca! Io resterò al tuo fianco sempre a comunque, Briony.” Affermò Caroline sicura avvicinandosi alla sorella e guardandola dritto negli occhi.

Per la mora costò un enorme sforzo non andare a rifugiarsi tra le sue braccia e sfogare tutto il veleno che la turbava, così da farlo andare via grazie al suo sostegno. Ma non poteva farlo… era sua sorella e per questo doveva mentirle…

La mia piccola Caroline.

“Lo so, sorellina.” Disse invece con un sorriso che era il chiaro opposto del suo grido interiore. “Ma non devi sentirti in obbligo perché io voglio così. Cos’è, credi che non abbia visto come ti lamenti per il fatto che qui c’è poca linea, che non si vede la tv, che non ci sono negozi per fare shopping?” mormorò sentenziosa inarcando un sopracciglio.

Caroline a sua discolpa si imbarazzò e all’ennesima opposizione di Jennifer, Briony alzò le mani: “Dai basta! Poche storie! Sarete molto più utili altrove che qui a girarvi i pollici!”

Caroline e Jennifer allora si guardarono con incertezza, mentre Briony con disagio si era accorta che Chuck non aveva emesso parola e continuava a fissarla con uno strano sguardo. La ragazza deglutì, temendo di non essere stata convincente nel suo intento, quando all’improvviso sentì bussare alla porta.

Circospetta e sorpresa andò ad aprire. Era Bonnie.

Bonnie? Che ci fai qui?” le domandò Briony totalmente incredula visto che non se lo aspettava.

La strega entrò con un bel sorriso. “Mi manda Elijah. Vuole essere certo che tu sia ben sorvegliata e al sicuro prima che tutto questo casino finisca. Ed eccomi qui.”

Briony interiormente sbraitò perché stava andando tutto storto. Da dietro sentì i gridolini euforici di Caroline per l’arrivo dell’amica.

“Scusa Bonnie ma non dovresti essere a Mystic Falls per mettere fuori gioco Connor con la tua magia? Anzi, non dovreste andarvene tutti proprio per questo? Sarete molto più utili lì.” Esclamò Briony seccata stringendo le braccia al petto.

La strega si strinse nelle spalle. “Purtroppo ho esaurito molte energie con la prima parte dell’incantesimo… è davvero potente e non avrei potuto fare molto questa notte perché avrei rischiato sul serio un collasso.. ma non preoccuparti ci sono delle mie cugine e amiche di mia madre a ultimare l’ultima parte dell’incantesimo. Ce la faranno benissimo anche senza di me.”

Quella spiegazione poteva anche soddisfarla, sebbene fosse ancora dubbiosa di quell’arrivo improvviso, ma Briony non voleva Bonnie lì per altri motivi… non voleva proprio nessuno attorno…

“Ma io non ho bisogno dei babysitter né delle guardie del corpo!” disse la ragazza ad alta voce mettendosi sopra il primo scalino della scala per farsi valere sopra a tutti. “Apprezzo davvero la vostra disponibilità ma non me la sento di usufruirne ancora, soprattutto perché state perdendo tempo! Non c’è nulla di cui preoccuparsi quindi vi prego ritornate a casa e date una mano dove ce n’è bisogno.”

Tutti i presenti si guardarono attoniti e dubbiosi per quella richiesta, e Briony allora spazientita alzò gli occhi al cielo. “Ciò che ho bisogno io invece è di starmene un pochino tranquilla senza il vostro continuo chiacchiericcio. Vado di sopra a riposarmi e al mio risveglio non voglio vedervi gironzolare. Questa è pur sempre la mia proprietà.” disse giudiziosa alzando l’indice per farsi ascoltare.

Aveva cercato di mantenere il tono sul semplice e sull’ironico per non far nascere sospetti, ma per la sua salute mentale non indugiò molto a pensarci sopra perché diede le spalle ai presenti e salì le scale.

Lontano da sguardi indiscreti, quello di Briony finalmente abbassò la sua fintissima maschera per scorgere veramente cosa vi fosse nel suo viso. Tormento, agonia, paura.

Perché la verità che si teneva dentro era come un tappeto di vetri spaccati, su cui correva il rischio di inciampare così da farla sanguinare. Quei pezzi infranti sfilavano via ogni pezzo delle sue illusioni, patetiche menzogne e false speranze, ma lei continuava a camminare.

Perché quella verità non era ancora riuscita ad accettarla.

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Damon Salvatore fischiettava annoiato nelle vie di Mystic Falls. Anche se la sua vita non era più in pericolo visto che gli eroi della storia si stavano dando da fare per mettere fuori gioco i cattivi, tutto comunque stava andando a puttane per lui. Elena era una vampira, sebbene non avrebbe mai desiderato esserlo, e anche così lei non lo voleva. Sarà sempre Stefan, ormai quella metafora la sapeva a memoria. Lo stomaco si contorse.

Cosa aveva ormai da fare in quel maledetto posto? Niente. Ormai suo fratello avrebbe vissuto la sua bellissima e felicissima vita piena di unicorni e arcobaleni con Elena, e quindi non c’era spazio per lui. Avrebbe dovuto continuare la vita da un’altra parte.. da solo. Una smorfia gli trasfigurò il viso, quando si accorse che aveva una figura davanti.

Si bloccò, questa volta con un ghigno arrogante. Era Klaus.

“Che ci fai qui? Tuo fratello non ti tiene al guinzaglio a causa delle marachelle che potresti di nuovo compiere?” lo beffeggiò col suo solito tono strafottente.

L’ibrido gli sorrise di rimando e si avvicinò. “Nessuno può tenermi al guinzaglio. Dovresti saperlo, Salvatore.”

Damon sbuffò scrollandosi le spalle. “Che diamine vuoi Klaus? Non ho voglia di giocare agli indovinelli con te.”

“Sarò velocissimo e convincente, non preoccuparti.” Gli rispose Klaus di rimando con un sorriso diabolico che non faceva presagire nulla di buono. “Tu dovrai fare una cosa per me Salvatore e nel minor tempo possibile.”

Damon in risposta gli fece una smorfia. “Mi hai preso per il tuo tirapiede? Chiedilo a qualche tuo ibrido rimasto.”

Stava per dileguarsi ma Klaus glielo impedì, mettendogli una mano forte sul petto. “Lo farei ma loro non mi sarebbero utili al mio fine. Tu sì invece, sei quello adatto e so che potresti aiutarmi se ci mettessi un po’ di buona volontà.”

Quella conversazione gli stava piacendo poco e aveva già l’umore nero per i fatti suoi. Damon aveva altro da fare che complottare insieme a quel maledetto. “Credo che rifiuterò. Desolato!”

“Sì sarai molto desolato nel vedere le teste mozzate sia di Stefan che di Elena.”

A quella plateale minaccia Damon si bloccò e guardò Klaus come se si fosse bevuto il cervello. “Tu cosa?” sibilò duramente, lanciandogli dei fulmini negli occhi. Poteva anche pensare pesta e corna del fratello o di Elena, oppure pregare che tra di loro le cose si mettessero male, ma non avrebbe mai permesso che succedesse loro qualcosa… mai.

“Ho avuto la tua attenzione finalmente. Credi che non ne sarei capace? Elena non mi serve più da vampira e Stefan un tempo era mio amico sì ma ora non lo è più.” La voce di Klaus divenne più cruda. “Non mi importa più di nulla e di nessuno quindi ti conviene fare ciò che ti dico se non vuoi che te la faccia pagare amaramente.”

Damon avrebbe voluto sputargli in un occhio o dargli un pugno, ma capì che non era una mossa saggia… non con un Klaus più folle del solito.

E inoltre immettersi in un situazioni pericolose in cui bisognava sporcarsi le mani era il suo mestiere prediletto. Così con costrizione sospirò.

“E va bene bastardo. Ti ascolto.”

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Era ormai giunta l’ora. Elijah si trovava nella villa di famiglia, coi suoi pensieri in contrasto tra loro che gli dilaniavano la mente, attagliandola.

Non riusciva a fronteggiarli e furono più forti persino della sua determinazione ferrea: qualcosa infatti lo stava attagliando, qualcosa di potente, facendolo così venire meno ai suoi propositi.

Bonnie gli aveva spiegato come doveva essere fatto l’essicazione. Molto semplice, una goccia di sangue di Klaus, l’incantesimo al momento giusto, e lui che premeva con forza nell’arteria che andava dritto al cuore, e questo si spegneva per sempre riducendo così il corpo privo di vita.

Ma ora che era giunto il momento… Elijah non sapeva se sarebbe riuscito ad andare fino in fondo col fratello. Perché Klaus questo era. Subdolo, egoista, perfido, maligno, ingannatore.. ma era suo fratello.

La famiglia per Elijah era sempre stata sacra e ora stava per contribuire all’eliminazione di un familiare.. certo, l’essicazione non era una vera e propria morte, gli avrebbe dato un'ultimissima chance qualora non avesse più avuto il marchio di influenza di Connor anche se al 99% era inutile.. poteva anche farlo risorgere quando voleva, ma comunque stava venendo meno ai suoi principi… aveva rinfacciato Klaus di aver tenuto lui e la sua famiglia dentro delle bare… e lui ora stava per fare la stessa cosa.

Tecnicamente era la scelta giusta, quella che gli avrebbe permesso di vivere come voleva lui, e avrebbe protetto la donna che aveva sempre proclamato di amare… ma perché allora tentennava, perché si sentiva bloccato come se un nodo gli avesse ristretto lo stomaco?

Elijah cercò di deviare quei pensieri intricati passeggiando per la casa, che in quel momento era inoltrata in un silenzio tombale. Lo stesso silenzio che avrebbe tanto voluto far zittire i pensieri che gli tartagliavano la mente.

Aveva dato la sua parola che sarebbe andato fino in fondo e così sarebbe stato. Ma il senso di colpa non prevaricò per quanto riguardava Klaus.. ma per Briony, la donna che dopo tanto lotte e dolore lo stava aspettando per vivere il loro futuro insieme. Avere quei tentennamenti, quei dubbi atroci, pareva come un mancarle di rispetto, come un voltafaccia da cui poteva scaturire un tradimento..

Decise di porre fine a quei pensieri e dunque Elijah uscì dalla villa.

 

Si stava dirigendo nel luogo in cui avevano imprigionato Connor; entro breve sarebbe stata la fine per quel maledetto ma prima Elijah voleva dei chiarimenti e lo avrebbe dannato ancor di più se quello stregone non avesse parlato chiaro. Le parole del druido, anche se non l’aveva mostrato apparentemente, lo avevano toccato e turbato come se un presagio avesse fatto breccia dentro di lui, andando a sfiorire antiche maledizioni.

Avrebbe però posto una fine a tutta quella storia, finchè gli sarebbe rimasto sangue nelle vene e finchè non avrebbe vinto una volta per tutte.

Entrò nella cascina col solito passo elegante nonostante l’ambiente sudicio. Vi erano alcune streghe che si stavano preparando al rituale, e Elijah chiese loro di lasciarlo qualche minuto da solo col druido per parlare a quattrocchi.

Così i due uomini rimasero soli: Connor aveva praticamente le sembianze di una mummia putrefatta, il viso era scavatissimo e quasi si scorgevano le ossa, i capelli erano quasi tutti caduti e il corpo era debole e sfiancato contro le catene. L’incantesimo stava facendo il suo effetto.. piano piano di lui non sarebbe rimasto che un cumolo di polvere privo di vita. Solo gli occhi gialli brillavano ancora.

Elijah di fronte a quel tetro spettacolo mostrò una semplice e fredda impassibilità.

“Spero tu abbia fatto le tue ultime preghiere.” Esclamò senza beffeggiarlo ma con una freddezza unica che forse era anche peggio.

Connor alzò piano il viso verso di lui e concentrò tutto l’odio negli occhi. “Che sei venuto a fare Mikaelson? A gloriarti della vittoria?”

“Non sono tipo da godere della morte altrui.” Replicò Elijah semplicemente camminando intorno alla stanza con sguardo distaccato. “Semplicemente faccio ciò che ritengo più sensato. E liberarmi di te era una necessità.”

“Chiamalo come ti pare. Omicidio sempre è. Ma tranquillo, non pretendo che tu abbia dei sensi di colpa perché quelli come te non ne hanno.”

Elijah gli corrispose solo un nulla totale. Capendo che stava ritardando troppo, decise di andare al nesso della questione. “Sono venuto qui per dei chiarimenti. Non mi è garbato il modo in cui hai pronunciato quelle parole..” disse con una fiamma di minaccia nel ghiaccio dei suoi occhi.

Connor riuscì a fargli un sogghigno, anche se ormai non aveva più pelle plastica in viso. “Ah.. vedo che le mie parole ti hanno toccato, vampiro. Forse perché in fondo a quel cuore morto credi che siano vere dopotutto?”

Elijah non cascò a quella provocazione. “Parla chiaro e in fretta. Se non vuoi che la tua dipartita sia più dolorosa del previsto.”

Connor fece una mossa col corpo, quasi avesse voluto alzare le mani in segno di tregua. “Le mie parole sono sempre chiare e semplici, anche se talvolta spiacevoli. Ma ahimè la vita è così e ogni destino è già scritturato e non può essere modificato per nulla al mondo. Chi ha l’arroganza di pensare il contrario avrà di cui pentirsene.”

Elijah rimase a ascoltare in un apatico silenzio con le mani nella tasche.

“Una volta ho detto alla tua amata che l’amore degli altri nei suoi confronti sarebbe stato la loro rovina…. Un po’ ho mentito…perché volevo fargliela pagare per il suo affronto.. ma vedi… la vera rovina… è il vostro sentimento che vi lega.”

Alle oscure e tetre parole di Connor, Elijah serrò di più lo sguardo di ghiaccio e fissò il druido come se non sapesse proprio niente di ciò che stava dicendo. Ma in verità il suo animo era stato avvolto da una morsa stretta nel sentire quelle parole, che parevano così vere come quelle di Klaus e che si intricavano in una combinazione terribilmente perfetta con la maledizione che la madre aveva inflitto su di loro.

Il nero è il colore dell’amore nei vostri cuori. E il nero è il colore simboleggiante della paura, dell’odio, della rovina, della morte.

Elijah serrò lo sguardo nel ripercorrere quei vecchi ricordi che avrebbe desiderato allontanare, mentre Connor continuava a parlare:

“Se Briony si fosse innamorata di un semplice commesso o pescatore, niente di male sarebbe accaduto. Non ci sarebbe alcuna dannazione, l’amore che avrebbero sentito l’un per l’altro non sarebbe stato una rovina per nessuno dei due. Viceversa se tu ti fossi innamorato di una vampira o di qualunque altro essere umano.”

Elijah, risentito da quella blasfemia che sapeva troppo di verità negata, sviò lontano lo sguardo affilato. 

Non voleva ammetterlo perché era troppo orgoglioso e remissivo, ma provava il tipico senso di colpa che si instaura quando ci si rende conto che la propria esistenza è solo un danno per le persone che ti stanno accanto, e si quindi è consapevoli di star commettendo un peccato mortale nel volere quelle persone accanto, bramandole a ogni costo, nonostante gli enormi pericoli di cui le affliggeresti.

Il tormento interiore afflisse anche l’animo dell’Originario mentre le parole di Connor continuarono a immergerci acido.

“Ma no.. voi due testardi e fieri avete continuato in questa folle epopea amorosa pur sapendone i rischi.”

Questa volta il sarcasmo del druido lo irritò e quindi Elijah scavalcò la sua finta indifferenza e lo incendiò con gli occhi neri:

“Stai percorrendo un cammino tortuoso, stregone. Attento alla lingua.” sibilò duro e tagliente.

“Perché, me la strapperesti? La verità rimarrebbe tale e quale. Tu e la deliziosa Forbes siete sbagliatissimi l’un per l’altro, aveva minato il volere sacro della natura e contrastato il destino che era in serbo per voi. E certe cose non possono non essere punite.”

“Punite. Voi streghe e stregoni rinfacciate sempre a noi vampiri che non sappiamo amare, che siamo delle bestie. Quando invece vi proviamo che può non essere così, voi trovate il marcio anche in quel caso.” Replicò Elijah gelido come se si fosse riappropriato della sua calma insensibile.

“Non è una questione personale, te l’ho detto se tu ti fossi innamorato di qualcun altro sarebbe stato tutto diverso. Ma ormai che senso ha discutere? La scacchiera è pronta e i pezzi si sono mossi.. e l’impresa per la fine di questa partita esigerà qualche vita.”

“Molte persone sono morte.”

“Non quelle necessarie e giuste per riportare equilibrio.”

Quella conversazione non stava portando a nulla se non a un'irritazione che poteva nuocergli di lucidità. Elijah si mosse quindi dalla sua immobilità e fu pronto a dileguarsi:

“Stai parlando per enigmi e il tuo tempo è scaduto.” ribattè freddo, dando le spalle a Connor e cominciando a camminare.

Il druido giocò le ultime carte della perfidia per vincere almeno quella partita a due. Parlò ad alta voce, ripescando così l’attenzione dell’Originario.

“L’incantesimo che ha legato il cacciatore all’Originario mille anni fa prevede sangue. Sangue, odio...” Mentre Elijah si voltava lentamente, Connor finì. “E morte. Non può essere messo in discussione, non può essere combattuto né annullato. In quel caso c’è anche lì un prezzo da pagare.”

Elijah si sentiva di dover uscire di lì prima di perdere la calma o di rischiare tutto, ma qualcosa gli diceva di rimanere a ascoltare, a farsi sanguinare di nuovo l’animo per quelle parole ricolme di veleno alla verbena.

“Due esseri come voi non possono coesistere per molto tempo insieme.. uno dei due finirà per distruggere l’altro. Oppure soccomberete entrambi. Di certo il vostro tormento per tutto questo periodo sarà stato come una lama affilata che trafiggeva i vostri poveri cuori innamorati. La stessa lama immortale e indistruttibile che vi ha uniti e sancito il vostro legame maledetto nel tempo.”

Elijah serrò di più lo sguardo di ghiaccio, i palmi si strinsero fino a inciderli con le unghie. Quelle parole pesavano troppo, come un macigno. Perché risvegliarono la sua coscienza, i suoi antichi dubbi… una parte di lui aveva sempre saputo che quel rapporto sarebbe stato distruttivo per lei. Non per lui. Quello no, mai. Briony aveva risvegliato un barlume di luce nel suo animo pieno di oscurità, quella luce non lui stesso non vedeva più da troppo tempo.

Se c’era qualcuno che era un cancro letale tra i due quello era lui..

Perché lui era il buio, la tenebra, l’incubo che perseguitava le sue vittime, ma lei così piena di luce non lo aveva temuto. Gli era stata accanto, sopportando tutto il suo male e annegando con lui nel suo abisso; mentre lui invece aveva trovato sulle sue labbra il calore che mancava al suo cuore da troppo tempo gelido.

Per certi versi non gli importava dei rischi letali e pericolosi come roghi dell’inferno, perché lui la desiderava troppo, andando contro persino ai motivi per i quale aveva eretto la sua barriera. Bastava che lei gli scaldasse il cuore e l’animo gelidi, facendogli provare sensazioni come non era capace di fare da secoli.

Quella ragazza che il destino aveva fatto nascere per ucciderlo aveva mosso le corde del suo cuore morto, come mai nessuno aveva fatto prima, con la stessa cura e grazia con la quale lei suonava il pianoforte.

Se l’avesse persa non l’avrebbe sopportato.. non solo perché non era giusto ma perché Briony aveva risvegliato tante cose importanti in lui… l’amore, l’umanità, cose che non avrebbe mai potuto ritrovare senza di lei. E ora non voleva più perderle, non voleva che nessuno gliele portasse più via.. non poteva tollerare che allontanassero Briony da lui perché si era ritrovato ad aver bisogno di lei, un bisogno primordiale.

Come si poteva spiegare tutto questo? Egoismo. L’amore può essere egoista? Certe volte poteva superare persino se stessi, ogni cosa, ogni barriera e limite.

Questo però non lo fece sentire meglio perché la voce della coscienza gli recriminava quell’egoismo possessivo, mentre Connor mandava avanti la sua manipolazione.

“Come vedi tutto ha un senso, tutto ha un significato..”

Elijah però fece un movimento con la testa per riprendere il freddo controllo:

Briony ha perso i poteri, non è diventata ciò che voi speravate che fosse.”

Connor era ormai privo di vita, un guscio, ma aveva ancora la forza di sorridere in maniera affilata:

“Illuso. Briony resta quel che è. E contrastare la sua natura vale doppio il prezzo da pagare. Perchè se si è nati per un determinato scopo, allora devi portarlo a termine. Perché altrimenti senza quello scopo non saresti mai esistito.”

Ci fu silenzio dopo quelle parole. Elijah non dava segni di voler rispondere e Connor così continuò.

“Un bel voltafaccia non ti pare?”

Elijah ribattè stizzito e ormai stanco da quel berciare:

“Lei non l’ha chiesto, io non l’ho chiesto. Ma fortunatamente stanotte metteremo fine ai giochi di potere di voi stregoni. Tutto questo finirà… ma a discapito vostro.”

Altro silenzio, Connor sembrò quasi guardarlo storto attraverso gli occhi e così Elijah gli rivolse un sorriso asimmetrico e impassibile, come se stesse dicendo che era finita.

Si girò e ritornò a camminare sui suoi passi, quando la voce di Connor lo riportò di nuovo indietro.

“Ormai non puoi più preservare Briony dall'ombra della morte poiché questa le é stata consegnata dal tuo amore!”

Elijah si bloccò, come fulminato. Se Connor avesse detto qualcos’altro ne sarebbe stato indifferente e se ne sarebbe andato, come da programma, ma invece non riuscì a farlo. Il cervello gli diceva di non dargli corda ma l’animo si stava ristringendo nella sua morsa assassina.

Così ritornò indietro, restando distante dal druido solo da alcuni passi. Gli occhi gli mandavano dei lampi d’ira e mortali.

“Prova a ripetere.” Sibilò duramente e in modo agghiacciante.

Connor gli sorrise di nuovo nella sua maschera di ossa. Elijah rimase all’erta.

“E’ così. Fin da quando lei ha accettato di vivere quest’amore per te, il manto nero della morte l’ha seguita, passo dopo passo, incessantemente. A volte si allontanava, si nascondeva dietro un angolo per offrire una pace illusoria. Ma rimaneva lì, alla sua calcagna, come un fantasma in preda a un’ossessione. Ora più che mai si avvicina... Perché come dici tu la storia sta per finire.”

Quella considerazione beffarda gli fece ribollire l’animo ghiacciato, e Elijah perse la sua classica calma nell’afferrare il druido per il collo, stringendo bene la presa. Il volto era sfigurato dall’ira terribile.

“Dovrei non solo strapparti la lingua ma gli occhi. E poi il cuore.” sibilò tagliente come vetro frantumato che feriva ogni cosa.

La mente continuava a negare una simile mostruosità atroce, ma Connor a suo dire ricaricò la dose con un ghigno malefico, per nulla turbato:

“E credi che pure per te finirà bene? Forse non morirai, non so prevedere il futuro al 100%, ma patirai delle pene che neanche immagini e preferiresti essere morto pur di non sopportarle.”

Elijah ebbe il reale impulso di smembrare quel corpo con le sue stesse mani, gli arti faticavano a rimanere immobili, gli occhi si stavano plasmando in un ghiaccio bollente. Alla fine riuscì a smontare l’ira e lo lasciò andare con stizza, riuscendo finalmente ad andarsene a passi veloci.

“Ma chi ti ama merita la tua stessa fine.”

Gli riecheggiò quella frase alle spalle ma lui questa volta non si fermò né ritornò nella sua rete di manipolazione. Continuò a camminare con sguardo sfigurato dall’ira e i suoi movimenti eleganti erano fin troppo ingannevoli.

Ritornò dalle streghe con sguardo affilato:

"Potete venire. Lo stregone ha fretta di finire all’inferno." affermò terrificante, sentendo però che quella piccola vendetta non lo nutriva abbastanza.

Cercò di non darci peso e lasciò che le streghe entrassero nella stanza in cui risiedeva Connor. Elijah guardò il loro sopraggiungere con impassibilità quando qualcosa lo colse alla sprovvista.

"E Bonnie Bennet?" chiese aggrottando la fronte.

"Non è venuta." disse una sua collega.

Elijah si corrugò di più:

"Non mi ha avvisato di questo cambio di programma." rispose freddo non ammettendo quel genere di cose.

"Si sentiva provata.. una strega dopo simili incantesimi ha bisogno di riposo ma penseremo tutti noi qui." replicò la medesima strega.

Elijah fece un silenzioso sospiro e mosse stizzito le mani nelle tasche:

"Lo spero bene. Abbiamo un accordo, altrimenti farete tutti la sua stessa fine. Vi conviene non fare mosse false." sibilò gelido e autoritario andandosene via di lì.

Avrebbe voluto restare in prima fila davanti alla disfatta di Connor, ma si accorse che non era quello ciò che voleva adesso. Si sentiva un senso di pesantezza all'altezza dello stomaco, il sangue raggelarsi.

Lasciò quindi l'energumeno nelle mani delle streghe e si defilò via di lì; alle sue spalle riecheggiò il rituale che stava avvenendo nella cascina.

"L'inferno ti ha portato dalla sua profondità ma la terra non ti accetterà. Perché il tuo posto non è questo. Cancelliamo la tua carne, il tuo sangue e tutto il resto."

Un vortice nero si abbatté all'improvviso in quel luogo, un vento impetuoso soffiò violento intorno alla cascina. Grida, altri rumori agghiaccianti che Elijah decise di non curarsene. Aveva altro per la testa in quel momento.

 

L'Originario si era diretto nella villa, alla cerca di Klaus. Chiese a un suo servo dove fosse e questi gli rispose che era fuori al momento. Il dubbio in Elijah crebbe, più terribile che mai. Non vedeva nemmeno gli altri suoi fratelli nei paraggi.

Congedò il servo con una mano e prese svelto il cellulare. Digitò alcuni numeri e chiamò un suo sgherro ovviamente soggiogato, che aveva messo come guardia vicino alla villa di Briony per controllare la situazione. Questi gli rispose che era tutto a posto e che non capiva tutta questa urgenza.

"Forse non mi sono spiegato." sibilò Elijah ai limiti della pazienza "tu adesso vai a controllare la casa e ti premunisci se l'abitaria sia al sicuro o meno. Attendi fino al mio arrivo, e se non hai fatto ciò che ti ho ordinato ti strapperò il cuore, sono stato chiaro?" sibilò glaciale mantenendo saldo il telefono all'orecchio.

Il suo uomo fu svelto a dire “Sisi” e a richiudere. Di nuovo la casa si inabissò nel silenzio. Elijah si teneva in una postura rigida, sull'attenti.

Forse non doveva esporsi troppo.. Magari era questo il piano dei suoi nemici.. Manipolarlo, fargli credere l'invisibile e condurlo dritto verso Briony così da offrirla su un piatto d'argento. Non sarebbe stata una trappola niente male ma lui non ci cascava in quei giochini.

Per sciogliere almeno quel nodo che sentiva, digitò altri numeri. Rispose la segreteria telefonica di  Briony. Dopotutto era normale.. In quel luogo c'era sempre poca linea, nulla di strano.

Peccato che quella morsa non cessava di ristringerlo sempre più, i brutti presentimenti lo infilzavano e la mente era un groviglio di pensieri. Uno su tutti lo colpì dritto in petto, quindi alla fine decise: prese le chiavi della macchina pronto per andare in Tennessee.

Stava per uscire quando all'improvviso tutte le luci della casa si spensero in un colpo. Il buio penetrò nella villa e con esso uno strano silenzio. Fuori c'era la luna piena.

Elijah si guardò attorno circospetto. Niente, nessun’anima viva. Si girò pronto per fare ciò che stava per fare quando all'improvviso una misteriosa figura lo bloccò seduta stante. Elijah stentò a credere a chi avesse davanti.

 

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Briony stava scendendo le scale, la villa era in completo silenzio e al buio. Sembrava che i suoi coinquilini avessero seguito i suoi consigli.. Meglio così... Ma la mente era piena di dubbi, di sensi di colpa che l'attagliavano con l'anima straziata da angosce atroci. 

Non credeva nemmeno lei che sarebbe finita così, che sarebbe stata lontana da tutti.. Ma una parte del suo cuore lo aveva sempre saputo, una fatalità prevedibile che lei si era intestardita a combattere.

Scese le scale con sguardo scavato e corpo stanco. Fuori il tempo era violento, incrollabile, spietato e distruttivo, proprio come il destino che avevano tessuto per lei. I rami degli alberi si muovevano impazziti a causa del vento, gli animali correvano via e il cielo era oscuro.

La ragazza provò ad accendere la luce ma la linea elettrica non funzionava. Con dei sospiri andò ad accendere alcune candele per illuminare almeno il salone. Un fulmine colpì proprio sopra la villa e Briony traballò istintivamente. La natura era proprio fuori di sé quella notte.. La ragazza deglutì il nodo che aveva in gola, che pareva cosparso da vetri taglienti, e andò al portone principale per controllare che tutto fosse a posto.

Mise un candelabro su un tavolino quando un oscuro presagio fece breccia su di lei, bloccandola e  aumentando i suoi brutti presentimenti. Si accorse di respirare a bocconi ben prima di girarsi verso il portone: il sale che di solito metteva all'entrata per tenere fuori gli intrusi, era stato tirato via.

Al suo cuore mancò il primo battito e Briony non riuscì nemmeno a muoversi: le brutte sensazioni la paralizzarono, la mente la metteva in guardia costantemente.

Riprese lucidità e si guardò attorno senza emettere fiato. I passi erano leggeri per non far scricchiolare i pavimenti, gli occhi fissarono in ogni angolo, e con sommo orrore si accorse che le trappole antivampiro erano state disattivate.

Un brivido gelido salì su per la sua schiena come un ragno quando fuori dalla finestra si accorse che uno sgherro di Elijah era a terra con la testa fracassata.

Briony deglutì a malapena e prese la prima arma che le capitò a tiro, una specie di spada appesa al muro, e continuò a camminare lentamente e all'erta.

Sentiva aleggiare un'atmosfera gelida, foriera di sciagura. Le fuoriuscì un sospiro ghiacciato.

Ad un tratto davanti a lei comparve una figura e Briony scattò: nulla di che, era solo Bonnie Bennet.

Briony le fece semplicemente segno di stare zitta e di stare attenta perché c'era qualcuno in casa. Ma Bonnie non ascoltò l'avvertimento che infatti parlò.

"É da tanto tempo che volevo vederti faccia a faccia piccolo mostro."

Briony strabuzzò gli occhi, incapace di capire, ma non ebbe il tempo di far nulla che sentì una potente forza invisibile balzarla dall’altro lato della stanza. Sbattè forte contro il muro ma Briony riuscì a inghiottire il grido di sorpresa in gola; stramazzò a terra privata dell'arma e potè solo guardare Bonnie perché il suo potere la stava letteralmente immobilizzando, impedendole qualsiasi movimento.

“Bonnie, ma che diavolo fai..?” borbottò con poco fiato cercando di alzarsi, invano.

Bonnie sorrise malefica, ma quella non era Bonnie, la ragazza che era cresciuta insieme a sua sorella. Era qualcun altro… Briony lo capì perfettamente quando vide gli occhi della strega diventare di un bianco splendente, inumano, come se l’orbita si fosse rivoltata.

Era posseduta.

Brony deglutì, capendo che la fine che aveva sempre ritardato era giunta.

“Esther?”

L’odio si impossessò di lei a quella prospettiva.

Ma Bonnie sorrise di più, scuotendo lievemente la testa.

“No.”

La ragazza allora sbattè le palpebre incredula, col cuore a mille. Fuori il tempo era peggiorato, più violento come se stesse preparando il mondo a qualcosa.

Ci fu un tuono.

“Ayana?”

Briony lo disse con poca voce, rimanendo immobile.

Questa volta Bonnie avanzò verso di lei con sguardo vuoto. Aveva fatto c’entro.

Alla fine i pezzi della scacchiera erano stati tutti mossi, con ognuno il proprio ruolo da interpretare e la propria grande partita da vincere a ogni costo.

E Briony sapeva in anticipo come sarebbe finita la sua.

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Elijah era rimasto letteralmente pietrificato, lo sguardo perplesso e incredulo.

“Che fai qui madre?”

La voce tuttavia fu gelida e seria, poco incline ai sentimenti che si doveva provare nei confronti di una madre.

Esther camminò verso di lui con sguardo ingannevolmente dolce. Pareva sul serio reale, non un fantasma. Il vento là fuori correva a raffiche.

La donna pose una mano sulla guancia del figlio, come in una semplice carezza. Lui rimase di pietra e privo di emozioni.

“Figliolo… sono venuta per portare a termine il volere della natura come avrei dovuto fare da tempo.” Gli disse semplicemente.

Elijah la fissò diffidente e fece abbassare la sua mano. “Non accadrà ciò che tu vuoi.” le disse gelido sorpassandola noncurante.

“Oh sì invece. Anche se non lo avrei mai voluto nel mio cuore.. ma è così che doveva andare.. perché niente è casuale nella vita… ti ricordi ciò che ti ho detto il giorno in cui tu e i tuoi fratelli avete tentato di uccidermi?”

Le parole di Esther lo bloccarono e Elijah si voltò dunque per inchiodarla con uno sguardo gelido e ombroso.

Certo che si ricordava le sue parole.. o meglio le sue maledizioni… lo avevano torturato per molto tempo… ma le aveva infine combattute e vinte dentro di sé.

Non diede poi ulteriore modo alla madre di parlargli perché lui doveva fare ben altro di più importante e non sprecare il suo tempo. Infatti serrò di più lo sguardo pronto a voltarsi e andarsene.

Ma all’improvviso qualcos’altro lo bloccò. E non furono delle parole… ma una tremenda emicrania che rischiò di spappolargli il cervello, di fargli incendiare il sangue e esplodere i tessuti muscolari. Elijah quindi si accasciò sulle ginocchia con un ringhio trattenuto e premendo la testa dolente con una mano.

Cercò di rialzarsi e di mantenersi in forze per non farsi sottomettere ma il potere della madre, anche da morta, pareva invincibile.

La fissò dal basso, trasmettendogli un genuino disprezzo e ira per ciò che stava facendo.

“Tu..” sibilò tra i denti tentando di tenere duro contro il potere di Esther, e cercò di farsi leva su un tavolo per alzarsi.

“Mi dispiace figliolo ma devo farlo.. Questi eventi terribili devono avere una fine." disse Esther non mostrando comunque molta compassione nell'infliggere al figlio il suo potere.

Elijah tentò di combatterla ma non ci riuscì. Le forze gli vennero meno, il corpo cadde a terra e il respiro era mozzato. Ma prima che venisse totalmente sopraffatto, una forza gli venne dal cuore e allo stesso tempo un presagio si affacciò alla terribile realtà nel pronunciare con voce flebile un singolo nome... La mano si allungò debolmente come se così potesse stringere e raggiungere l'oggetto dei suoi pensieri.

Ma alla fine ogni forza fu vana, gli occhi si chiusero e Elijah si sentì sprofondare nell'oscurità.

 

Briony sentiva il respiro accelerato per via della paura, ogni cosa sembrava girare attorno a lei per quanto gli eventi erano caduti nel drastico. Tutto ciò era impossibile ma lei aveva provato sulla sua stessa pelle quanto ogni cosa inimmaginabile potesse essere reale.. E quello lo era.

Fu costretta a rimanere immobile mentre Ayana le girava attorno con uno strano sguardo.

"Per mille anni ho dovuto vedere cosa la mia follia aveva creato... Volevo eliminare dei mostri ma così facendo ne ho creati altri. I vampiri e quelli come te sono una maledizione in terra, cose contro natura. Ed é giunta finalmente l'ora di epurare la terra."

L'orrore si affacciò su Briony a causa degli intenti di quella strega pazza, che aveva contribuito a creare quelli come lei.

Avrebbe voluto fermarla grazie all'aiuto formidabile della paura ma Briony in quel momento pareva non averne. Manteneva una gelida compostezza nel restare appiccicata al muro, come se si aspettasse questa orribile successione di eventi.

"Ma tu questo lo sai vero? Cosa hai visto nel tuo ultimo sogno maledetto?" intervenne Ayana osservandola con sguardo soddisfatto.

Briony allora sentì una botta al cuore come se fosse stato colpito da una forza irrefrenabile. La mente cadeva giù nel conosciuto buco nero, l'abisso dal quale proveniva il suo incubo...

Stava camminando nel solito paesaggio spettrale, l'erba era grigia e morta sotto i suoi piedi scalzi; l'aria sembrava avvolta da qualcosa di decomposto, e un venticello gelido le fece accantonare la pelle. Briony si era stretta nelle spalle nude, coperta dalla solita sottoveste bianca e fine. Pareva un incubo avvolto da una fitta nebbia perché non vedeva niente oltre quella radura morta. All’improvviso poi si immobilizzò,anestetizzata da un silenzio quasi irreale.

C'era qualcosa davanti a lei.. Qualcosa di lugubre... Un cimitero.

Spinta da una volontà estranea Briony era camminata verso quel luogo agghiacciante, ma senza alcuna paura. Camminava silenziosamente passando attorno alle lapidi che parevano avere occhi fissi su di lei e volerla risucchiare sotto terra. Il vento sferzava attorno a lei.

Quand'ecco che aveva trovato due tombe familiari, i loro nomi erano impressi nella sua testa. Jenna e John.

Briony si era inginocchiata davanti a loro con un sorriso triste; era da tempo che non andava a trovarli e si sentiva un po’ in colpa. Aveva salutato i suoi due vecchi amici, quando si era accorta che accanto a loro  vi era una terza tomba... Strano... Briony non l'aveva mai vista prima...

Si era avvicinata incuriosita, mantenendo un'espressione dubbiosa. Era una tomba spoglia e isolata nel silenzio. Lesse il nome sulla lapide. Il cuore le morì dentro, avvisato.

"Briony Callaghan-Forbes."

Briony si era alzata da terra con un grido di terrore, lo stesso grido che l'aveva accompagnata anche nel risveglio dagli inferi...

La ragazza ritornò alla realtà, con ancora l'orrore dipinto negli occhi causato dall'incubo che stava per prendere vita.

Sì lo sapeva.. Sapeva a cosa sarebbe andata incontro.. E questa volta non c’era niente che poteva evitarlo perché la morte era l’unica cosa sicura e inevitabile in quel mondo caotico. Questa volta non l'avrebbe scampata.. Non ci sarebbe stato nessuno a sacrificarsi al posto suo perché lei non l'avrebbe permesso.. aveva imparato a sue spese che il destino non può cambiare, al massimo può essere deviato verso fati peggiori..

La lezione era stata dura da digerire ma era necessario farlo.. Combattere non sarebbe valso a niente.. Doveva andare così, anche se più volte si era intestardita nel ritrovare un'altra via.. Una via inesistente che portava sempre e comunque a quel punto.. Lei tra le braccia della morte..

Il cuore si era inabissato nella disperazione, la mente tartagliata nel trovare un’altra soluzione.. Ma alla fine aveva deciso.. Si sarebbe lasciata andare verso il fato già tracciato ai suoi piedi.

Così alzò lo sguardo con fierezza cercando di non aver paura.

"Puoi anche uccidermi se vuoi. Ormai mi sono resa conto che niente può ritardare la mia morte.. Ma tu non potrai nuocere ai Mikaelson, non gli toglierai neanche un capello perché moriresti prima di emettere fiato." esclamò determinata come in una sorta di minaccia per far desistere quel fantasma dal far del male a chi amava.

Per questo aveva allontanato via tutti e non aveva detto nulla a nessuno.. non voleva che chi a lei caro pagasse per la sua malasorte e si sacrificasse al posto suo. Perché sicuramente Caroline, Elijah e i suoi amici avrebbero combattuto fino all’ultimo sangue per salvarla, anche mettendo a rischio la loro stessa vita e ricadere nell’inferno che era riserbato a lei.. Ma Briony non poteva permetterlo, sarebbe andata solo lei in prima linea in quella partita finale a rischiare tutto… Per amor loro.

Ayana alla sua minaccia inclinò la testa da un lato come per compatirla.

"Ah si? Questo é da vedere."

Briony serrò duramente lo sguardo e cercò di alzarsi per essere almeno alla pari:

“Sì invece. I pugnali d’argento sono in mano loro, l'ultima paletto di quercia bianca é stato rintracciato da Elijah nella camera di Connor. Non avete nulla in mano.”

Ayana le lanciò uno sguardo impassibile e Briony si sollevò di più contro la parete, cercando di contrastare la sua magia.

“Arrenditi e finiamola qui.” Disse ancora con una durezza unica, come se non avesse affatto paura per ciò che la attendeva.

Ayana allora fece un sorriso obliquo, gli occhi sembrarono cosparsi da fiamme.

“Sì, per te finirà.” Disse un secondo prima di lanciarla nell’altro lato del salone a velocità sovrannaturale. Briony ingoiò di nuovo il grido in gola e il corpo si accasciò dolorosamente a terra. Le faceva male la testa, le orecchie fischiavano dal dolore e sentiva il sapore acre del sangue in bocca.

Alzò il viso per fissare con durezza la strega davanti a lei. Non poteva fare nulla per contrastarla, la sua magia la bloccava di continuo o forse perché ormai si era rassegnata al suo fato. Dolorosamente e con uncini che la infilzavano di continuo per quella sciocchezza deleteria, ma l’aveva fatto.

Ayana fece diversi passi verso di lei con enorme calma.

“Klaus e i suoi ibridi stanno arrivando.” Disse all’improvviso.

Briony allora sbattè le palpebre completamente sorpresa. “Io di certo non lo farò entrare.”

La strega di rimando le rivolse un ghigno malefico. “E’ davvero facile togliere la proprietà di una persona con qualche firma.”

Briony quindi rabbrividì fin dentro le ossa.

Perfetto, Klaus le avrebbe dato il colpo di grazia. Almeno avrebbe potuto avere la soddisfazione di sputargli negli occhi prima della fine.

Ayana fece un sospiro tra sé e sé e guardò la luna fuori dalla finestra, come se attendesse qualcosa:

“Notte piena di sorprese..  tutto quell’utilizzo di magia nera in un colpo solo, in una notte di una luna piena, ha aperto parecchie porte e io ed Esther siamo molto ingegnose nel materializzarci su questa terra anche da morte.”

Briony sentì il gelo di poco prima annidarsi più in profondità, pungendola a morte.

Esther….

Elijah poteva essere in pericolo..

Quella considerazione le fece mancare diversi battiti, il cuore traballò su se stesso offrendole una sensazione di agonia fisica.

Ayana tuttavia non le diede modo di rimuginare ancora sulla paura che sentiva per la vita di Elijah, che infatti le si avvicinò rapida e le afferrò una mano. Briony provò a tirarsi via ma prima di farlo Ayana le aveva già preso un po’ di sangue, grazie alla ferita che le aveva riportato alla mano con un coltello. La ragazza si divincolò in un strattone mentre la strega fece diversi passi indietro, pronunciando parole strane.

Di colpo del fuoco emerse dal pavimento, formando un cerchio proprio intorno a Briony che trasalì notevolmente. Anche la fiamma delle candele pareva riarsa per il potere della strega.

“Tu mi servi ora, viva. Poi potrò darti in pasto a Klaus.”

All’improvviso  Ayana mise in mostra una serie di pugnali strani nascosti in una sacca scura, e ne prese in mano uno.

Briony si teneva in piedi, col braccio che le copriva la bocca per sopportare meglio il fumo che la intossicava, ma quando vide quello scenario davanti a lei abbassò lentamente il braccio con occhi spalancati.

“Che vuoi fare?” domandò in un soffio tremolante. Il sangue parve essersi ghiacciato nelle vene nonostante il fuoco.. non riusciva a credere ai suoi occhi… quel pugnale era identico a quello raffigurato nella pergamena che raccontava la storia dei mostri come lei… non era possibile, non poteva essere…

L’orrore le strinse la gola, di nuovo contornata da spine affilate.

Nonostante ciò riuscì a gridarle contro:

“Parla!”

Ayana di rimando le sorrise in maniera affilata e malefica.

Aveva persino gabbato quel bastardo di Connor, un colpo da maestri. Era stato un gioco da ragazzi prendere i pugnali prima che li utilizzasse lui. Ormai quel druido pazzo non le serviva più.. anche lui era un male per quel povero mondo.

“Sono i pugnali magici benedetti dal potere degli dèi che hanno sancito il legame tra cacciatore e Originario mille anni fa. Sono infrangibili. E’ grazie a questo che sei stata creata.” Disse sbandierando il pugnale dalla forma elegante che aveva in mano.

Briony sentì l’aria risucchiarsi dai polmoni. Aveva avuto l’orribile sensazione che quel pugnale fosse quello che aveva legato lei e Elijah ma aveva sperato che non fosse così… che il destino non volesse giocarle l’ennesimo brutto scherzo che la faceva gridare dal piangere.

Ayana all’improvviso si fece cupa di espressione:

“Ma non lo vedi..? Sei una lurida cosa che non é nemmeno nata in situazioni umane. Senza la magia nera e il desiderio di noi streghe di uccidere gli Originali tu non saresti mai venuta al mondo.”

Briony si ammutolì, privata di qualunque replica. Non sapeva perché sentisse qualcosa bruciarle gli occhi, e dire che il fuoco era lontano da lei abbastanza dal non farle del male… ma dentro di sé sapeva il motivo di quel bruciore doloroso... aveva tentato di combattere il disprezzo per la proprio natura e credeva di esserci riuscita, ma era rimasto sempre lì… le ronzava intorno alla prima occasione utile che le ricordava quanto male lei potesse fare, quanto fosse sbagliata..

Il cuore si ristrinse in una morsa contornata da lame, mentre Ayana mandava avanti i suoi crudi rimproveri.

“E tu invece di adempiere al tuo sacro dovere che fai? Ti innamori di uno di loro. Proprio quello che eri destinata a uccidere!”

Briony serrò duramente la bocca per contrastare il tremendo bruciore che sentiva agli occhi. Non sentiva neanche le lame inciderle il cuore perché ormai era già stato troppo frantumato.. dei pezzi così piccoli non erano un grande pericolo ma chissà perché sentiva sempre una sofferenza micidiale all’animo, causata da minuscole infilzature che andavano comunque a fondo.

“Due abomini uniti non sono tollerabili in tali circostanze, siete la condanna l’uno dell’altra. Non può esservi amore tra voi.”

Briony allontanò via lo sguardo per far lo stesso con quelle parole che più spesso l’avevano annientata come se fossero veleno. Alla fine la forza per combatterle e andare avanti come desiderava l’aveva avuto.. ma cosa contava a quel punto quando tutto stava per avere una fine proprio per quella maledizione?

Cercò di deglutire e di riprendere le poche forze che le erano rimaste.

“Sì esatto sono colpevole. Sono colpevole di essere nata, di essere vissuta, di aver amato.” Ribattè duramente sconfiggendo egregiamente il bruciore agli occhi perché comunque sarebbe andata, lei aveva fatto tutto quello che aveva potuto, aveva seguito il cuore... era riuscita comunque a conquistare la felicità e a tentar di lottare per il proprio futuro nel tempo che le avevano concesso.

Scosse la testa per combattere in quel presente.

“Ma tu che vuoi fare ora? Metti via quei pugnali e prenditela con me soltanto! Non sono scappata, non ho tentato di combattere il mio sogno, ho persino allontanato tutti quelli che potevano essere d’ostacolo!” Disse in un grido di supplica per non far ricadere in quel dramma anche quelli che amava.

La visione di quel pugnale nelle mani di Ayana le incuteva un’orribile ansia, un oscuro presagio scalpitava dentro di lei e temette che il peggio dovesse ancora arrivare.

Cercò di fermarla in qualche modo ma il fuoco la accerchiava troppo, al minimo suo movimento questo si avvicinava imperterrito per farla stare buona.

Ayana sorrise in maniera cattiva brandendo ancora il pugnale:

“Questa notte il potere della magia é arrivato al culmine e possiamo ricomporre l’incantesimo del cacciatore.”

Briony si sentì tranciare il corpo in una geometria terrificante, le sembrava che l’unica parte che si fosse salvata da quel colpo di boia fosse l’animo spirituale, che però era sul punto di sbriciolarsi per l’angoscia totale.

Come era possibile una simile blasfemia? Era senz’altro una beffa… Briony pareva impossibilitata a respirare e a emettere la benché minima sillaba. La shock l’aveva paralizzata, quasi non sentiva più il calore del fuoco.

“Esatto. Coi pugnali, la magia potente della mia discendenza, il potere calamitato della luna piena e col tuo sangue sono in grado di farlo.”

Briony si riscosse da quell’orrore, combattè la sua stessa debolezza fisica per scalpitare come un’ossessa; lo shock di quello che poteva succedere la rese folle dall’angoscia.

“Tu sei pazza! Non puoi farlo!”

“Sei stata tu a dire infatti che non abbiamo armi contro i vampiri. I tuoi predecessori sono morti e tu preferiresti raggiungerli piuttosto che uccidere i Mikaelson, per cui bisogna creare altri mezzi.. stanotte, ora.” Replicò Ayana determinatissima nel suo intento.

Briony sentì le ennesime pugnalate infilzarla, le facevano più male del fuoco che rischiava di bruciarla. La realtà più orribile mai vissuta si aprì come la bocca di una voragine, mentre qualcosa di ben più doloroso di qualche ossa rotta rischiava di ucciderla, assorbendola per sempre in quel tormento.

Degli altri essere come lei… in grado di uccidere gli Originari…. Elijah…

Dov’era finito il cuore? Non lo sentiva più battere.

“Finalmente gli umani non patiranno più per mano dei vampiri.” Fantasticò di nuovo Ayana, cominciando a preparare l’incantesimo. Prese un boccale strano e lì ci versò le gocce di sangue della ragazza, mischiandolo all’interno.

Briony consapevole di come si stavano mettendo le cose spalancò gli occhi dall’orrore e allungò il braccio, farfugliando dal terrore. Lo stesso terrore che non si era permessa di provare prima con la propria vita in pericolo, ora lo mostrava apertamente per le sorti di chi amava più di se stessa:

“No no no.. fermati! Non puoi, quelli come me nascono ogni 300 anni!”

“Cambiato le regole. Li creerò tutti subito.” Disse Ayana semplicemente, noncurante di spremere così tutta l’energia della sua discendente.

Briony sentì di nuovo l’aria risucchiarsi dai polmoni. Le sembrava di essere in bilico sopra a un dirupo, col perenne pericolo di venire gettata senza alcuna salvezza.

Cercò di sorpassare il fuoco, scalpitando, ma le fiamme la fermavano di continuo.

“Poi quando il loro compito sarà svolto finalmente, andranno all’inferno anche loro. Proprio come te. Bisogna riportare l’equilibrio.” Continuò a dire come se fosse lei la pazza.

Briony cominciò per davvero a rendersi conto dell’inferno che si stava per scatenare, ben peggiore delle sue aspettative… come poteva fare a fermare tutto questo? Non aveva alcuna idea, tutti i pensieri le martellavano la testa riducendola in brandelli, la continua angoscia non le permetteva di escogitare qualche buon piano.

“No..” sussurrò in un bisbiglio terrorizzato, guardando come Ayana stava mandando avanti la sua pazzia.

Fuori il vento correva più forte e quasi ululava, la luce della luna era più splendente che mai in mezzo all’oscurità.

“Inizierò dal tuo innamorato. Quante ne creerò di abomini in grado di ucciderlo e che soprattutto non siano fiacchi come te? Minimo 3.” Disse Ayana fra sé e sé, cominciando a esercitare la sua magia.

Per Briony quella atroce consapevolezza valse come una pugnalata che, velocemente, le apriva in due il petto e non contenta del suo operato arrivava feroce anche al cuore. Briony si sentì accartocciare per quel colpo terribile, non aveva più sano ossigeno e il terrore sembrava scioglierla nell’acido.

Quella pazza stava per creare armi viventi in grado di uccidere Elijah, l’uomo che amava, l’uomo a cui aveva dato tutta se stessa, senza resistenze o eccezioni.

La paura per la sua vita la rese folle, invincibile nel suo terrore, e in preda alla disperazione gridò: “No!”

Senza pensarci due volte agì.

Il fisico poco prima immobilizzato dalla magia riuscì ad annullarla per la sua grandissima forza di volontà, combattè coraggiosamente contro il dolore nel sentire le proprie ossa scricchiolare e balzò contro il fuoco, incurante del pericolo, per saltare addosso a Ayana e fermarla.

Ci riuscì. Fu un miracolo ma ci riuscì.

Briony non badò al dolore insopportabile del suo corpo nell'aver fronteggiato la magia potente di Ayana, al sangue che pareva bruciare nelle vene ardenti e ribollire come un vulcano in eruzione… pensava solo a fermare quella strega che stava tentando alla vita di Elijah, di Caroline, di tutti quelli che amava.

Non le importava se poteva rimetterci lei, ormai si era rassegnata al fatto che fosse giunta la fine del suo tempo, che il suo destino era quello. Ma se prevedeva anche le morti di chi amava, beh, lo avrebbe fronteggiato con i denti e le unghie fino a vincerlo. Avrebbe ucciso chiunque le si sarebbe parato davanti senza problemi, ma lo avrebbe vinto alla fine. Tanto la dannazione eterna la stava già aspettando.

Così con attacchi violenti e disperati cercò di prendere il pugnale dalle mani di Ayana, che era stata messa completamente a tappeto da quell’attacco improvviso. Il fisico di Bonnie era molto magro e minuto ma resisteva ai colpi forsennati di Briony.

“Togliti dai piedi!” gridò Ayana cercando di levarsela. Sfortunatamente ci riuscì ma Briony colse l’occasione per spingerla con violenza contro la libreria. Ayana cozzò con la testa e Briony si fece subito sotto con un rabbioso schiaffo e non ebbe alcun tentennamento nel cavare con violenza inaudita una gamba di una sedia e ficcarla dritto nello stomaco della strega. Questa gridò dal dolore e sputò sangue quando Briony le spinse contro il tavolo per intrappolarla contro il muro e non farla così muovere.

Ayana boccheggiò mentre Briony faticava a respirare per la violenza inaudita di cui si era macchiata. Non perse altro tempo e prese in un balzo il pugnale finito a terra e spinse via con un piede gli altri 6.  Aveva il fiato grosso, i capelli tutti scompigliati e lo sguardo da invasata ma comunque era in una situazione di vantaggio: sfoderava il pugnale e guardava titubante il fuoco ancora acceso in un cerchio.

“Che vuoi fare? Puoi anche buttarlo nel fuoco e non servirebbe, nasconderlo neppure perché con la magia lo si ritroverebbe in men che non si dica!” disse Ayana come per beffeggiarla di aver sprecato le sue forze. Cercò di tirarsi via il tavolo e allo stesso tempo parlò:

“E’ finita! Se non lo farò io lo farà Esther o magari Connor se non è ancora giunto all’inferno, ma comunque per voi è finita! Non puoi salvare il tuo Originario!” Gridò Ayana trattenendosi dallo sputare sangue e dal ridere per la vittoria nelle mani delle forze della natura.

Briony allora si guardò attorno col fiato accelerato pensando a cosa fare.. gli occhi erano annebbiati e la mente troppo frastornata. Ma poi all’improvviso un fulmine le passò nel cervello, illuminando una possibilità.. tragica ma pur sempre una possibilità.

Così impugnò di più il manico del pugnale e cercò di fermare l’accelerazione del respiro per l’adrenalina di cui era vittima. “Lo credi sul serio?” domandò con un fil di voce rimanendo immobile in quella posizione. Il cuore batteva sfrenato per ciò che stava per fare.. quasi per la paura.. e certo che ne doveva avere… ma non vi era altra soluzione.. Per Elijah sarebbe stata disposta a tutto, senza reticenze.

Capendo che la ragazza aveva qualcosa di losco in mente, Ayana impallidì e si bloccò dallo tentare di liberarsi da ciò che aveva nello stomaco: “Che vuoi fare?” domandò titubante e circospetta.

Briony inghiottì un pugno di paura e rafforzò di più la presa sull’arma, cercando di prendere coraggio. Il fulmine passato prima nella mente le riportò alcuni ricordi, fondamentali per capire ciò che stava facendo.

“I pugnali non possono essere distrutti; sono intoccabili grazie alla magia di Connor e nemmeno il fuoco, il ghiaccio o il ferro può scalfirli.” aveva detto Chuck nella cascina del vecchio Terry nella foresta di Fell’s Church.

“E come si potrebbe fare allora… per spezzare questo legame d’odio che unisce il Cacciatore all’Originario?” aveva domandato lei con un pizzico di speranza nascente.

“La soluzione più semplice di tutte”

 “E cioè?”

Si sarebbe sempre ricordata la sguardo ombroso di Chuck.

 “Uno dei due deve morire.”

Capendo ciò che doveva fare, Briony si rivolse la punta dell’arma in un punto fra lo stomaco e il fianco destro. Il fiato era inchiodato in gola, tutti i sensi all’erta e che la sconsigliavano di non fare una diavoleria del genere.. ma ormai lei aveva già deciso dentro di sé.

Sapeva che se non avesse amato Elijah non si sarebbe trovata di fronte alla morte. Per quanto avesse paura però non riusciva a pentirsi di quella scelta, neppure in quell'istante in cui stava per finire tutto.

Rivolse ad Ayana uno sguardo debole ma determinato, prese profondi respiri per prepararsi… Nel petto battiti furiosi del cuore che la stava condannando.

In amore non accade come nei telefilm dove é tutto rosa e fiori, in cui ti gonfi dalla felicità. Ciò che ami ti distrugge.. Ne ha il potere perché gli dai il cuore. Lo concedi, lo offri come il tuo dono più prezioso. E per farlo, devi estirpartelo dal petto.

E lei lo fece.

Serrando le labbra alzò il pugnale e in un gesto deciso se lo conficcò nello stomaco.

Fu più doloroso di quanto immaginasse, le ferite riportate nel corso del tempo non erano niente a ciò che sentiva ora. Briony boccheggiò per il dolore e le ginocchia subito cedettero, piegandosi a terra. La mano comunque rimaneva ferma nell'incidersi il corpo per salvare le vite di chi amava.

Aveva letto infatti giorni prima nel Libro che il pugnale magico può perdere il suo potere se su di esso veniva tolta di conseguenza la vita del cacciatore designato.. Davvero strano a come si erano successi quella serie di eventi.. Come se fosse stato tutto prestabilito per arrivare a quel punto.

Briony stentò a non gridare, sentiva troppo male ma strinse i denti per tenere duro. Dal pugnale sembrò emergere una luce, come se si stesse prendendo la sua vita.. La stessa che le aveva donato per uno scopo preciso ma che lei aveva rinnegato, andando contro così alle sue ragioni di vita. Forse la stavano punendo per questo. Aveva dato a Elijah tutto, troppo, quando invece non doveva concedergli niente, se non la morte.

Il loro sentimento era proprio un fuoco che non aveva saputo estinguersi ma era costituito da fiamme di un inferno da cui non erano riusciti a scappare, facendo così rimanere solo ceneri e rovine.

Ayana per tutto il tempo aveva sbraitato come una pazza, tentando di filarsi via ciò che la inchiodava.

"No! Stupida fermati o morirai!" gridava come se ci tenesse alla vita di Briony quando invece era solo preoccupata per la perdita di una delle sue preziose armi.

Ma lei anche volendo non riusciva a togliersi quel pugnale, pareva conficcato fin dentro il suo essere  come se davvero le stesse estirpando via il cuore.

Briony stramazzò di più sentendo la vita fluirle via come un soffio.

Sanguinava troppo. Il marchio inequivocabile della sconfitta, o successo se visto da un altro punto di vista. Dalla brutta ferita venivano vomitati tutti i residui della sua luce, della sua forza.

Ma non le avrebbe strappato via l'amore in lei, perché anche se l'aveva condotta alla morte non si pentiva di averlo vissuto. Stava cedendo la sua vita in cambio della salvezza di quella di Elijah; quella prospettiva le diminuì notevolmente la paura per il suo fato e assopì i pensieri dilanianti.

Stava per soccombere, il corpo non reggeva alla forza implacabile del pugnale, gli occhi rischiavano di chiudersi per cedere il passo all’oblio.

Poi all'improvviso Ayana riuscì a cavarsi di torno il tavolo e allo stesso tempo il portone si aprì bruscamente:  la mente di Briony era ormai ricaduta nell’oscurità ma riuscì a riconoscere le sagome di Caroline, Jennifer e Chuck che in uno stato confusionale cercavano di bloccare la porta dietro di loro, che veniva costantemente sbattuta dal di fuori come se delle bestie volessero entrare.

La loro forza non servì a molto perché il portone venne spalancato con violenza e i tre caddero rovinosamente a terra. Briony riprese lucidità e riuscì finalmente a cavarsi il pugnale dallo stomaco con un gemito di dolore.

Il corpo le pesava come se avesse addosso una montagna, gli occhi erano annebbiati da una fitta nebbia e il sangue sgorgava di continuo dalla ferita, procurandole enorme dolore fisico. Non riuscendo a sopportarlo si accasciò a terra, di schiena; il pugnale era stato allontanato dal suo corpo, colpevole del misfatto che aveva compiuto. La lama si era arrugginita vistosamente come un ferro da buttare, non brillava più di luce propria, sembrava fosse un comune coltello privo di poteri speciali. La sua stessa forza assorbita da quella di lei.

Briony si lasciò uscire un sospiro di stanchezza, assaporando ciò che anticipava la fine di tutto. Non riusciva a muoversi, i sensi parevano assopiti come se stesse in apnea prima di affogare totalmente nell’abisso della morte. Però riusciva ancora a vedere e a sentire… ma debolmente, come se stesse davvero sott’acqua, rinchiusa in una bolla, e le forze venivano mancare sempre meno.

Caroline e Jennifer combattevano con degli ibridi mentre Chuck correva velocemente nel salone con le sue gambette, tenendo un foglio tra le mani e si avvicinò a Bonnie, quasi si aspettasse che fosse già posseduta. Il nano senza perdere tempo pronunciò delle parole in latino e subito il corpo della strega ebbe delle convulsioni, come se stesse rigettando lo spirito del fantasma.

Jennifer e Caroline cercavano di tenere a bada gli ibridi e di non farli oltrepassare la soglia ma erano in netto svantaggio.

Briony avrebbe tanto voluto correre in loro aiuto ma si sentiva priva di qualunque volontà; se avesse tentato di muoversi anche solo di un millimetro aveva il pensiero che sarebbe affondata in men che non si dica verso l'abisso che la stava reclamando. Poteva solo guardare inerme con la mano che tentava di tamponare l'orribile ferita, ma il sangue defluiva incessantemente.

Chuck finì di togliere la possessione dal corpo di Bonnie e questa cadde a terra con un forte grido. Il nano accortosi poi delle condizioni dell'amica riversa a terra cercò di precipitarsi da lei, ma venne bloccato velocemente da un ibrido, che si catapultò su di lui. Briony emise un gemito di preoccupazione per le sorti dei suoi amici, ma sentiva che ormai per lei era finita... Il corpo non agiva più secondo i suoi bisogni, tutto in lei era una tempesta di dolore che poteva solo sopportare con l'immobilità.

Il fuoco  era ancora pericolosamente riarso e sentiva le sue scintille arrivare vicine alla sua pelle, cadendole sopra come stelle cadenti. Tutto parve perdere di velocità ai suoi occhi: il ritmo in cui Caroline lottava con degli ibridi per correre da lei e da Bonnie era rallentato, non le arrivavano neanche più le sue grida, poteva solo percepirle nell'atmosfera carica di morte e sconfitta.

Un tuono sconvolse ancor di più la scenografia nella villa, e dopo quello rimase solo il rumore del silenzio per lei. Stava per scivolare in un luogo buio, privo di suoni.

Elijah...

Dov'era? Era in pericolo? Stava bene? Il suo cuore anche se distrutto lo reclamava ancora, lo avrebbe sempre fatto.

La sua immagine si materializzò nella sua testa, rendendo meno dolorosi gli attimi che precedevano quella fine, offrendole così un'ultima pace.

Ma poi qualcosa si riscosse... Come se fosse evaporato un fuoco impetuoso che l'aveva fatta traballare e riappropriarsi dei suoi sensi. Briony riaprì gli occhi: Jennifer cercava di issarla sù e di portarla via di lì, Caroline stava dando il suo sangue a Bonnie e allo stesso tempo cercava di allontanare gli ibridi con dei calci, Chuck lottava ancora da buon maestro d'armi.

Alle orecchie di Briony arrivarono tutti i rumori della battaglia, quel fracasso le tartagliava la testa ma cercò di non darci peso per riprendere le forze. Jennifer la issò sù molto delicatamente, Briony si teneva ancora la mano sulla ferita consapevole però che non c'era più nulla da fare, non per lei...  

Stava per morire.

La vista infatti le si appannò ma riuscì a ritrovare le labbra per parlare: "I pugnali.. Gli altri pugnali.." balbettò per avvertire l'amica del pericolo ancora reale. Jennifer però le disse che li aveva recuperati tutti e la cinse per la schiena per sorreggerla.

Briony purtroppo non riusciva ad essere d'aiuto, vedeva tutto nero davanti lei come se fosse appena diventata cieca.. L'abisso stava per arrivare.

"Dobbiamo andarcene. C'é quel pazzo di Klaus nei paraggi." gridò Jennifer all'improvviso. Briony al suo fianco continuava a emettere gemiti di debolezza non facendocela più.

"Il mio signore é già arrivato per voi, bellezze. Vi avrebbe già staccato la testa se non fosse arrivato il suo fratello moralista per fermarlo." disse un ibrido parandosi di fronte a loro con un sorriso feroce.

Briony ebbe allora un sobbalzo, si rianimò sfuggendo così all'oscurità, ma sperò con tutta se stessa di aver capito male.

Elijah era lì? Dove? Stava combattendo contro Klaus? Non ce l'avrebbe mai fatta! Il terrore di nuovo le scese dentro, scuotendola con violenza e Briony finalmente si riscosse. Una luce di vita era stata riaccesa dentro di lei, nata solo dal pensiero di Elijah.

La bocca scalpitava dal parlare ma Jennifer la sorpassò con le sue mosse "Levati di mezzo!" urlò alzando la gamba atletica in un colpo da maestro.  L'ibrido però la deviò e la spinse via contro il muro.

Briony traballò per la mancanza di sostegno ma non perse tempo che il suo corpo, anche se dilaniato, si spinse in avanti alla ricerca di Elijah. L'ibrido però la bloccò malamente, schioccando la lingua: "Niente fretta mostriciattolo. Il mio signore non desidera rogne ma ti vuole uccidere lui stesso.

"E dov’é??" gridò Briony a perdifiato dibattendosi come se stesse cercando di nuotare sopra a quel mare di morte prima di affogarvi dentro.

L'ibrido fece uno sbuffo e se ne liberò con noia: "Di sopra. Gli piacciono le lotte private." e così dicendo offrì tutta la sua attenzione ad un altro bersaglio.

Briony incespicò in avanti e si appoggiò a qualcosa per tenersi in piedi. Aveva il fiatone grosso, perdeva di continuo sangue e il corpo non poteva reggere altri sforzi.. Debole com'era cercava solo la pace dell'oblio ma lei lo avrebbe allontanato fino a quando non avrebbe rivisto Elijah e salvato dalle angherie di Klaus. Doveva farlo..

Se fosse morto, l'inferno l'avrebbe accompagnata in eterno, ancora peggiore di quello a lei destinato, con catene che le dilaniavano la carne e lacrime che chiedevano una pietà impossibile da concedere. Ormai per lei era la fine ma non avrebbe mai sopportato di vedere la morte negli occhi di Elijah, era una visione intollerabile per lei. Che si prendessero pure la sua vita.. Ma quella di chi amava no.. Mai.

Cercò di muoversi a tentoni, la scala purtroppo era dall'altro lato e non ce l'avrebbe mai fatta a raggiungere in tempo. Strinse però i denti combattendo con tutta se stessa.

All'improvviso qualcuno le si affiancò, sorreggendola di più: "Briony stai bene? Briony??" era la voce stridula di Caroline.

La ragazza tirò un filo di sollievo nel saperla sana e salva ma di nuovo la preoccupazione ritornò a galla: "Devi andartene.." sussurrò a bocconi.

"Non senza di te." replicò la vampira decisa virando gli attacchi degli ibridi. Non poteva passare dal portone, ancora circondato da nemici, così Caroline si dileguò velocemente verso un'altra uscita.

"Come avete fatto..?" le domandò Briony stentando a camminare.

"Chuck aveva capito che stava per succedere qualcosa e tu non mi avevi convinta molto" replicò Caroline defilandosi via dì lì con la sorella.

Finalmente poi la fortuna si affacciò sullo stato penoso di Briony, anche se quella a cui sarebbe andata incontro era un'altra condanna, ma almeno era giunta dove voleva. Si arrancò alla rampa delle scale, facendo fatica a respirare e col corpo che chiedeva pietà per il tremendo dolore che sentiva.

Accorse anche Jennifer, correndo e sostenendo malamente il povero Chuck che era piuttosto malridotto. La cacciatrice cosparse la porta di sale per tenere almeno un pò a bada i loro nemici, e disse che Bonnie era rinsavita ma era rimasta indietro per tener libera loro la fuga.

"Dovete andarvene." bisbigliò Briony con poca voce vedendo di nuovo il buio davanti agli occhi.

"Sì infatti ora ce ne andiamo! Ehi nano svegliati, non abbiamo tempo di portarti in spalla." disse Caroline col solito modo di fare.

"No andatevene voi.. Correte via.." puntualizzò Briony cercando di tenersi in piedi.

Caroline allora la fissò con sguardo shockato. "Puoi scordartelo, noi non ti abbandoneremo. Ti porteremo in ospedale e starai di nuovo bene." replicò tenendola per le spalle e auto convincendo più che altro se stessa.

Briony però scosse la testa bonariamente: ormai non c'era più nulla da fare per lei, era spacciata.. Ma la sua condizione non avrebbe messo a rischio le persone a cui voleva bene e non le avrebbe costrette a percorrere l'ennesima strada della morte.. Doveva farlo da sola.

"No Caroline non posso.. Ma voi potete salvarvi.." Sussurrò pallida come un fantasma, a bassa voce perché temeva di scoppiare a piangere.

Sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto la sorella.. Quella sorellina che più volte l'aveva fatta diventare pazza e che puntualmente le causava problemi.. Quella sorellina che aveva sempre anelato a proteggere fin da bambina, a cui aveva sempre voluto bene e niente avrebbe modificato quel dato di fatto.

Le fece un debole sorriso in mezzo alla maschera di agonia come per incoraggiarla e farle capire che era giusto così. Caroline a suo dire spalancò di più gli occhi per lo shock:

“No no..!” gridò impazzita, e Briony dovette allora mantenere lucidità e scacciare indietro le lacrime. "Jennifer, portali via.” chiamò l’amica volutamente.

La rossa infatti aveva già capito i suoi intenti: anche col pericolo della morte proprio a un palmo dal suo naso quella ragazza pensava sempre a una cosa sola, che le governava corpo e anima. Sapeva che non poteva farle cambiare idea, che comunque era inutile parlare ancora perché la realtà era ben evidente..

Le vennero però le lacrime agli occhi nell’afferrare Caroline che ancora scalpitava.

“Briony non puoi farlo!” gridava la biondina tra le lacrime implorandola di salvare se stessa.

Briony fu costretta a rimanere immobile a farsi colpire dalla disperazione della sorella, che venne portata via a forza. Sapeva che Caroline non avrebbe capito, che l’avrebbe definita una sciocca, ma prima di vederla svanire Briony non poté non riservarle un ultimo sguardo ricolmo di tutto l’affetto che le portava, come in segno di addio. Le sue lacrime furono una delle tante lame che le squarciarono il cuore.

Era giusto così tuttavia… lei sarebbe stato solo un peso ingombrante nella fuga.. e inoltre il suo posto era lì.

“Chuck muoviti!” gridò Jennifer dal di fuori della villa.

Il nano infatti si era ristabilito un po’, del sangue gli colava dalla fronte e fissava Briony in maniera ombrosa. Questa corrispose con sguardo debole e scavato: le vennero in mente tutti gli avvertimenti che l’amico le aveva dato ma che lei aveva sempre rifiutato per amore.

"Avevi ragione Chuck." disse mentalmente,  ma ormai era tardi per tornare indietro e per le recriminazioni. E anche se Chuck aveva avuto ragione... Briony avrebbe rifatto ogni singolo passo che aveva compiuto, identico. Neanche in quel momento, ad un passo dalla morte, definiva il suo rapporto con Elijah un errore. Le avrebbe fatto costare la vita ma gliela aveva riempita di significato, di un amore assoluto che mai avrebbe sperato di provare.. L'aveva resa completa, libera, ma schiava di quel sentimento.

E Chuck proprio come nella foresta di Fell’s Church la lasciò andare.

Serrò il viso in una maschera di agonia, troppo dolorosa a vedersi che a Briony le si strinse il cuore.

Lei sussurrò un addio col pensiero a quel piccolo amico, mentre lui si dileguava verso la salvezza.

Briony, rimasta sola e col rumore attorno della battaglia che ancora si compiva, si girò verso la scala.. Verso la sua condanna... E lei la salì coscientemente.

Senza pensare, senza alcuna razionalità, perché la paura e il desiderio erano due cose che spezzavano ogni limite, che facevano fare cose che in situazioni normali non avresti fatto.

Briony si mantenne coraggiosa nel tentare di salire ma la forza fisica la stava abbandonando, le gambe si accasciavano a ogni passo, le braccia non riuscivano nemmeno a sorreggersi alla rampa, e i polmoni erano in fiamme per la voglia di respirare ancora per un po’.

Tutta quella forza di volontà derivava da una cosa sola e il solo pensiero di Elijah in pericolo le incuteva una carica potentissima che sfidava persino la morte. Voleva raggiungerlo prima che fosse troppo tardi... Ancora pensava che fosse Klaus o Connor il pericolo maggiore, ma invece non era così.. Era il loro amore così profondo e distruttivo da sembrare quasi una maledizione, una tortura. Il loro boia era il loro stesso sentimento. 

Di certo se non si fossero permessi di provarlo, molti dolori sarebbero stati risparmiati.. Ma era stato impossibile da negare.

Ora però non poteva permettere che gli accadesse qualcosa, per questo arrancava fino allo stremo e si batteva per lui. Anche se quel desiderio le spremeva il cuore, comprimendole il respiro e ammazzandola mentre camminava ancora. Ancora, incurante del buio che le stava sotto i piedi per farla sprofondare.

Non era neanche arrivata a metà che incespicò rovinosamente lungo gli scalini col fiato mozzo. Il peso della morte si faceva sentire, la voleva come una cosa di sua proprietà e l’afferrava all’indietro con artigli affilati. Ma lei prima doveva finire la scala, sentiva il bisogno disperato di rivedere il volto di Elijah.

 Arrancò di nuovo, non badando a come stesse insudiciando la scala del suo stesso sangue, e strinse i denti per sopportare ancora un po’ il dolore asfissiante. Lei dopotutto era un essere speciale e doveva dimostrarlo per le cose che valevano davvero.

<< Io sono più forte di Charlotte e Willas perché non è l’odio a mandarmi avanti. E’ l’amore. E l’amore move le stelle e l’altre stele. Forte come la morte é l'amore. >>

La sicurezza rinacque in lei e si rialzò con tutte le forze rimaste, puntando unicamente al suo obbiettivo.

In fondo era meglio morire con le persone che si ama piuttosto che vivere senza. Avrebbe tentato il tutto per tutto per Elijah, anche se ogni percorso che aveva seguito con lui l’aveva condotta a quella strada.. Con lei che si portava dietro una scia di sangue, il marchio indelebile di una tragedia annunciata. Ma non importava di questo perché finalmente era arrivata alla fine della scala.

Non riuscì però a dar nemmeno un sospiro di sollievo che si sentì pesare troppo, e con un debole soffio il corpo cadde a terra riverso sul suo stesso sangue. Non ce la faceva più, non aveva alcun appiglio per alzarsi.. non riusciva nemmeno a chiamare aiuto... Quasi quasi pensò di lasciarsi andare dentro la voragine della morte per farla finalmente finita.

Un rumore sospetto all’improvviso la riscosse... Elijah...  Non doveva mollare, non ancora.

Strinse così i denti e tentò di ritrovare il respiro nel rialzarsi. Ormai non sentiva più le gambe quindi incespicava di continuo in avanti, aggrappandosi al muro. Seguì l’istinto e entrò nulla sua camera da letto con passi disordinati tra loro e il fiato debole.

Ci mise un po’ a mettere a fuoco la scena perché la mano della morte era sempre su di lei per offuscare ogni cosa, ma ci riuscì. La camera era in perfetto ordine, la grande finestra era spalancata, in un angolo c’era Klaus tutto bello composto e splendente con le braccia serrate al petto, e… Poi niente. Nessuna traccia di Elijah.

Briony sbattè le palpebre e temette di non vedere bene. Non era possibile…

Aprì le labbra come per invocare l’Originario ma l’unica cosa che poteva rispondere era il silenzio dell’inganno, del tradimento, della morte che stava arrivando da lei.

“Eccoti finalmente. Ti ho aspettata a lungo. Volevo fare una chiacchierata con te.” Disse Klaus ad un tratto e sorridendole come nulla fosse, come se non si fosse accorto dello stato pietoso in cui era la ragazza.

Briony ci mise un po’ per capire, la mente era affollata da continue tempeste di dolore acuto e il corpo non avrebbe retto ancora per molto.

Presa com’era dal terrore di sapere Elijah in pericolo non aveva nemmeno pensato ai rischi o che fosse una trappola; aveva solamente agito d’impulso, come era solita fare quando voleva qualcosa a tutti i costi.

Ma ora la razionalità si riaccese, spegnendole l’ultima luce negli occhi.

“Lui non é qui.” sussurrò con un fil di voce. E anche il cuore si spense, amareggiato e abbattuto dal non poter abbracciare il suo amato almeno un’ultima volta.

Spremuta da ogni forza dovette appoggiarsi a un tavolino per non cadere a terra.

Klaus intanto guardava le sue condizioni con freddo interesse e un sorriso di noncuranza.

“No, desolato. Sapevo che ci saresti cascata. Appena si nomina Elijah tu drizzi le antenne.”

Briony sentì lo stomaco chiudersi e temette di avere un mancamento. Nemmeno lo contrastò perché ormai tutto il suo essere si era arreso alle più brutte delle realtà e quindi si lasciò accasciare a terra.

Il destino davvero non l’aveva punita abbastanza ma comunque non aveva avuto pietà di lei fin da quando era nata. Aveva aspettato il momento opportuno per farle scontare il fatto che non avesse seguito il suo stesso destino, ed ora era giunto. Il momento in cui credeva di poter essere felice, di vincere ogni battaglia e di poter vivere finalmente accanto all’uomo che amava.

Era in momenti come quelli che si perdeva tutto.

Klaus inclinò la testa da un lato, guardandola dall’alto in basso. “Sei parecchio messa male.” Disse come se ne fosse accorto solo ora.

Briony grugnì tra sé e sé e avrebbe voluto dargli un pugno se solo fosse riuscita ad alzarsi. La ferita si era infettata e il sangue si era seccato ma ormai era prossima alla fine.

Il volto di Klaus poi si indurì notevolmente, ritornando alla crudeltà che lo contraddistingueva.

“Non amo chi mi prende in giro e mio fratello l’ha fatto. Ha finto di essere dalla mia parte per poi pugnalarmi alle spalle alla prima occasione utile.” Stentò a ringhiare in preda alla furia per come il fratello l’aveva beffato. L’ibrido lasciò da parte la calma che aveva finto per tutto quel tempo e lasciò ribollire gli occhi, assetati di vendetta.

“E questo per colpa tua. Mi ha mentito per te.” E la guardò come se fosse lei la colpevole di tutto.

Briony di conseguenza lo fissò, restando a terra. Sicuramente lei era stato l’incentivo per allontanare Klaus fuori dalle loro vite ma Elijah lo avrebbe fatto anche se non ci fosse stata lei probabilmente.. era da troppo tempo che l’ibrido schiavizzava la sua famiglia, che li obbligava a vivere come voleva lui e alle sue regole, altrimenti c’era la bara ad aspettare.

Elijah, col suo smisurato orgoglio, non lo avrebbe tollerato ancora a lungo. Klaus era sì suo fratello ma lo erano anche Rebekah, Kol e Finn. E doveva preservarli dalla follia che Klaus si lasciava dietro, rinnegando lui stesso il senso della famiglia. Briony gli aveva soltanto aperto gli occhi, fatto vedere come cruda fosse la realtà e che c’era un altro modo per viverla.

Klaus le si avvicinò con un sorriso maligno. “E ora cosa dovrei farne di una tale palla al piede?”

Briony rabbrividì, consapevole che non avrebbe retto ulteriori lotte. Sperava soltanto che fosse indolore…. Era stata troppo torturata e nonostante tutto credeva di non meritarselo.

Ma Klaus non conosceva compassione alcuna. “Credevate di poter vivere la vostra vita felici e contenti? I miei fratelli devono vivere a modo mio altrimenti sono il primo a spezzare loro la felicità. Avevo intuito che Elijah nascondeva qualcosa, che non tollerava la mia presenza… e capivo che era tutto dovuto a te… lo hai rammollito, fatto provare inutili debolezze.” Mormorò lui duramente sibilando quelle parole.

Briony rimaneva inerme a terra, come un povero fantasma e facendo fatica a respirare.

All’improvviso le parve di vedere l’ombra oscura di un teschio gigante con denti marci e affilati sulla parete. Sbattè gli occhi per lo spavento. La morte si era palesata per un attimo, lampeggiando.

Briony tremò di paura, mentre Klaus continuava con le sue sentenze:

“E se elimino te… cancellerò ogni sua debolezza.” Disse infine come se in quel perverso pensiero credesse di avere in pugno il fratello, convinto che sarebbe diventato come lui.. ormai Klaus era troppo preda dell’odio, della rabbia per vedere la realtà…l’essere buoni e lasciarsi prendere dall’amore nuoceva solo… lui lo sapeva, ne aveva assaporato gli artigli.

Ormai era così vicino alla sua vittima che poteva quasi toccarla. Briony rabbrividì di nuovo e scorse di sottecchi il marchio che Klaus aveva ancora sul braccio. Tentò di pensare a una via di fuga, come fronteggiarlo fino alla fine per non mollare, quando all’improvviso tutti e due vennero presi alla provvista da dei passi rumorosi.

Qualcuno era appena entrato nella stanza col fiatone.

Jennifer.

Briony riconobbe subito quella chioma rossa ma aveva sperato in cuor suo che fosse Elijah.. non che avesse speranza di essere salvata ma provava ancora il bisogno disperato di rivederlo, di stringersi a lui un’ultima volta…

Le venne allora un terribile sospetto… dov’era? Possibile che non sapesse niente di tutto quel casino?

La prospettiva che gli fosse successo qualcosa la privò di ogni respiro, sentiva la schiena piegarsi da colpi di spada, il corpo tramortito da ennesime lame che non le davano pietà. Le fuoriuscì anche un sospiro di sofferenza per quei pensieri terribili, gli occhi si inondarono di lacrime.

“E tu che vorresti fare?” Aveva detto Klaus con un sorriso minaccioso rivolgendosi alla cacciatrice.

Jennifer rizzò lo schiena fissandolo con odio e con un senso di sfida.

Briony ritornò allora alla realtà e cercò di muovere le mani per bloccare l’ibrido.

“No.. lasciala stare..” 

Klaus però se la tolse dai piedi senza troppa fatica e camminò verso la rossa. Lei sosteneva orgogliosamente lo sguardo, non distogliendolo mai senza alcuna paura.

“Tu non le farai del male.. non te lo permetterò, lurido mostro.” Ribattè decisa.

Klaus allora rise in segno di compatimento. Briony cercò di far segno all’amica di non badare a lei, di salvarsi finchè era in tempo. Ma Jennifer era sempre stata una tipa piuttosto testarda e che non fuggiva mai. E inoltre anche lei aveva poco da perdere.. anche lei aveva perso in un modo orribile l’uomo che amava. E doveva fino alla fine adempiere al suo compito.

Così si fece avanti con coraggio, o con pazzia, e tentò di balzare addosso all’ibrido. Lui però era forte, il più forte di tutti,  e riuscì a contrastarla e a tramortirla con un duro colpo. Infine l’afferrò per il collo con ambedue le mani, restando in silenzio per diversi secondi.

Jennifer boccheggiò in cerca d’aria e tentò di allontanarlo da sé. Briony voleva gridare di lasciarla ma l’unica cosa che le usciva dalla bocca erano dei mugolii di agonia e di paura; cercava di strisciare fino a loro e di fermare Klaus.

Ma il male vinse ancora.

L’ibrido infatti rivolse un sorriso di scherno alla sua vittima. “Come ho sempre detto.. l’amore e gli affetti…. Non portano a nulla.” E non appena finì di parlare, ruppe il collo della cacciatrice che cadde a terra senza un lamento.

E Briony riuscì a gridare di fronte a quell’orribile visione.  Un piccolo grido, ma valse come un uragano.

Era rimasta impietrita, con gli occhi lucidi e il respiro che le usciva a sprazzi dalle labbra semiaperte. Non riusciva a crederci… non poteva credere a ciò che era appena successo… pianse dentro di sé per la morte ingiusta dell’amica e non poteva far altro se non guardarla con enorme sofferenza.

Gli occhi azzurri di Jennifer erano ormai chiusi mentre lo spirito della morte se la veniva a prendere. Era finita anche per lei, ingiustamente.

Klaus finita la sua opera aprì le braccia in un gesto teatrale, come se facesse capire al mondo cosa portava l’amore… a niente… se non a soccombere.

Ritornò serio, quasi, quando fissò Briony ancora paralizzata a terra.

“Ehi adesso che ci penso ti ho ucciso ogni amica che avevi… prima la zia di Elena.. come si chiamava? Non mi ricordo, d’altronde era solo un mezzo per arrivare ai miei scopi. Poi la cara e bellissima Ylenia.” A quel nome gli fuoriuscì un sorriso da bastardo e allora Briony non riuscì a contenersi e ringhiò nell’alzare il viso verso di lui. Negli occhi luccicava un odio a stento sconfinato. “E poi adesso questa qui… sei proprio una maledizione, bambolina.” La scherniva di continuo con quel sorriso affilato, che lei non potè fare a meno di odiare con tutta se stessa. Aveva voglia di ucciderlo, avrebbe voluto sgozzarlo con le sue stesse mani.

“Ti odio.” Sibilò duramente.

Lui le sorrise di nuovo e scrollò le spalle: “Lo fanno tutti. Non è una novità. Ma chissà perché solo quelli odiati vincono sempre. Le regole ingiuste del gioco.” Mormorò fintamente dispiaciuto e afferrandola per farla alzare.

Briony lo lasciò fare, serrando le labbra per cancellare i gemiti di dolore, e Klaus poi le prese il viso con due dita per guardarla bene. Poteva anche essere bello ma Briony aborriva ogni cosa di lui, anzi meglio dire che lo schifasse.

“Nulla di personale, bambolina. Sei solo un ostacolo e una pedina da rimuovere.” Le disse lui faccia a faccia.

Briony grugnì. La verità era che Klaus aveva completamente perso il senno e aveva la natura più malvagia che avesse mai visto. “Vai all’inferno.” Disse un secondo prima di dargli un sonoro ceffone.

Klaus si fece prendere alla sprovvista e mollò quindi la presa. Briony alzò il braccio per assestargli il doppio ma lui questa volta la bloccò e la spinse lontano di lì. La ragazza stramazzò, sentendo ogni ossa smembrarsi. Non aveva più fiato né energie; il suo orgoglio le diceva di lottare ancora ma non vedeva alcuna luce alla fine di quel tunnel buio. Perché solo quello vedeva... buio.

Riuscì poi a percepire Klaus che la drizzava da terra, tenendola per il collo in una morsa, e lei potè solo dargli dei piccoli pugni sul petto e graffiarlo. Questo sembrò infastidirlo e infatti Briony si sentì nuovamente spingere contro qualcosa a velocità sovrannaturale.

Le si mozzò il respiro per la botta, i capelli ricadutele sul viso le schiacciavano il respiro debole, e la realtà parve riprendere colore ai suoi occhi: davanti a lei c’era il cielo, più sereno e limpido rispetto a prima. Ogni oscurità sembrava essere stata scacciata, vi era un silenzio apatico nell’aria. Tutto si era immobilizzato, anche il tempo. E lei rimaneva appoggiata, o meglio sbattuta, contro la finestra aperta dal quale non entrava alcun tipo di vento. Tutto immobile.

Briony si lasciò inconsciamente sommergere da un senso di pace che sfiorava l’oblio, non avvertiva più nulla e il corpo pareva inconsistente.

Poi la realtà prese il sopravvento e il tempo tornò a lavorare con le sue lancette di morte.

Briony subito dopo la botta fortissima sentì le forze venirle meno e il corpo istintivamente si piegò in avanti a peso morto, scavalcando così la bassa ringhiera.

Briony allora riprese lucidità nell’avvertire il vuoto sul punto di inghiottirla e tentò disperatamente di appigliarsi a qualcosa che le impedisse di cadere giù: le gambe però lottavano solo col vuoto e scivolarono, solo le mani riuscirono all’ultimo ad afferrarsi alla tenda della finestra come un appiglio di salvataggio.

 Gridava. Aveva gridato quando aveva capito di rischiare di cadere giù dalla finestra, e gridava ora mentre si teneva aggrappata al tessuto delicato della tenda. 

Gli occhi erano puntati in alto, vedevano solo gli agganci della tenda sfilarsi uno ad uno per il troppo peso. Ad ogni sfilamento il suo cuore perdeva un battito per la paura, per la terribile certezza della morte che stava per sopraggiungere. Quasi la sentì ridere attorno a lei per i suoi patetici tentativi.

Perché era così.. tutti i suoi appigli erano sempre stati deboli.. gli appigli per tentare di non cadere negli abissi più oscuri, appigli deboli come le sue speranze, come l’ultimo gancio che venne infine spaccato in due.

Briony gridò nel sentire il vuoto spingerla verso di sé, ma il grido venne mozzato quando sentì la schiena abbattersi duramente contro la tettoia del primo piano. Il corpo dilaniato finì la sua caduta quando scivolò copiosamente a terra.

Gli abissi della morte avevano davvero un fondo... e lei l’aveva raggiunto.

 

 

 

Gli occhi si aprirono di botto e con essi si riaffacciò un dolore incontenibile e intollerabile. Briony avrebbe tanto voluto gridare per il male che sentiva in tutto il corpo, soprattutto alla schiena che pareva essersi sfracellata durante la caduta. Avrebbe dovuto essere morta visto l’altezza dalla quale era precipitata ma invece quel calvario non era ancora finito.

Respirava a tentoni e non sapeva per quanto tempo era rimasta svenuta.. non sapeva più niente ormai..

Perché le era stato fatto questo? Una simile punizione era feroce persino per uno come Klaus… che cosa aveva chiesto dalla vita se non poter essere felice?

Perché tutto questo male?

Perché ti ho amato e ti amo anche adesso, Elijah Mikaelson.

Rispose lei a quella sua stessa domanda. Amava la persona sbagliata, e aveva sempre saputo che la morte sarebbe sempre stata un’ombra cupa e persistente qualora avesse accettato di vivere quell’amore totale e distruttivo. E infatti eccola lì… distesa di pancia contro la terra e dei sassolini, del sangue aveva formato un piccolo cerchio sulla sua testa.

La morte era gelida, le ghermiva le ossa, e portava con sé il nero.. il nero degli occhi di Elijah.

Si lasciò fuoriuscire un sospiro…

Avrebbe voluto morire accucciata sul suo petto, respirando il suo profumo.

Avrebbe voluto sentire le sue labbra sfiorarle i capelli per assaporare quel senso di delicatezza che le offriva sempre la pace, anche se il mondo poteva finire in cenere.

Avrebbe voluto dirgli che lo aveva sempre amato anche con la minaccia di odio che le soffiava addosso.

Avrebbe voluto dirgli di non spegnere mai il suo cuore, nonostante tutto, anche se non sarebbero bastate le sue parole.

Avrebbe voluto fare tante altre cose, ma ormai la clessidra aveva finito i suoi filtri di sabbia. Non c’era più tempo.

E questo lo capì quando sentì in lontananza risuonare un cupo riecheggio di una campana, il cui suono tagliò in due il vento gelido.

Sapeva per chi suonava la campana. Era venuta per lei.

L’aveva udita quando aveva ritrovato Ylenia morente… e ora accadeva anche a lei. Il suono più funesto di tutti.

E anche in quel momento le labbra cercarono di pronunciare un nome, fino all’ultimo respiro. Aveva sempre cercato lui, sempre. Una lacrima testimoniò quella certezza immortale.

Elijah.

Dicono che un istante prima di morire tutta la tua vita ti scorra davanti, un’ultima concessione del cuore. L’infanzia con Caroline, l’amicizia forte con Jenna e John, il suo ritorno a Mystic Falls e tutti i problemi derivati, le lotte, i pianti, la felicità, la comparsa di Ylenia nella sua vita, la sorellanza con Rebekah, Chuck e Jennifer durante gli allenamenti, e di nuovo Caroline, e infine Elijah... tutte le immagini riguardanti lui le correvano davanti agli occhi, ma lei le inquadrava tutte e non se ne lasciava sfuggire nessuna.

Alla fine un’ultima immagine si bloccò, restando sospesa nella sua mente.

Always and forever? Gli aveva chiesto lei l’ultima notte che aveva passato assieme.

Always and forever. Aveva replicato lui suggellando quella promessa in un forte bacio voluto.

Un sorriso si formò e la lacrima finì per bagnarlo, ma non lo cancellò. Perché nonostante tutto la morte non avrebbe spento quel sentimento, mai.

Sarebbe perdurato nell’eternità.

All’improvviso qualcosa la riscosse e Briony sentì dei passi avvicinarsi. Rimase immobile, la schiena era stata completamente spezzata.

“Hai fatto un bel volo bambolina. Scusa non volevo questo. Sei caduta giù come un falco prima che me ne rendessi conto.”

Klaus. Quel maledetto.

Briony avrebbe voluto cavargli occhi ma era costretta all’immobilità. L’ibrido poi la prese, stendendola piano di schiena. Anche se lo fece con delicatezza, Briony sentì un enorme dolore espandersi. E poi la rabbia.

<< Non toccarmi! >> Avrebbe tanto voluto gridarlo. Le uniche braccia che voleva sentire attorno a sé per diminuire la sofferenza erano altre. Quel bastardo non aveva il diritto di starle accanto negli ultimi preziosi attimi di vita.

Briony lo fissò con tutto l’odio di cui era capace, cercando di non dargliela vinta.  Lui la ricambiò con freddezza e noncuranza.

“Presto sarà tutto finito bambolina.. la morte non è dolorosa come la vita..” le disse con tono carezzevole sfiorandole piano il viso.

La ragazza avrebbe voluto mordergli le dita ma una stanchezza le avvolse le ossa, intorpidendole. E poi vi fu solo silenzio, con le porte dell’oblio che stavano per aprirsi.

L’attenzione apatica di Briony non era più rivolta a Klaus ma a qualcosa in cielo. Era davvero limpido, quasi azzurro.

Uno stormo di uccelli all’improvviso prese il volo e riempì la sua visuale. Come incuriosita Briony voltò il viso verso la loro direzione, come se si stessero portando via qualcosa di importante. Il vento seguiva la loro medesima scia, un vento calmo e non più tagliente, diverso da tutti gli altri.

Briony aveva gli occhi straziati dal dolore, gli ultimi respiri erano deboli come quelli di un moribondo.

Poi qualcosa di indefinito tagliò l'aria sopra di lei.

Non seppe perchè ma le venne voglia di chiudere gli occhi quando gli uccelli sparirono dalla sua vista. Il loro volo era finito.

E il nome di Elijah era ancora fissato sulle labbra di Briony.

 

And already over…

 

FINE CAPITOLO

*Silenzio stampa*

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Ok beh che dire, non prendetemi per pazza ma sapevo già come sarebbe andata a finire fin dall'inizio. Diciamo che avevo dato parecchi indizi e non sono brava a coltivare speranze XD

Vi prego non lanciatemi pomodori ma comunque siete autorizzati a dirmi ogni vostro commento. In fondo siamo alla fine della storia, quindi é normale voler sentire i vostri pensieri sia belli che brutti. Non fate i timidi! ^^

 

Il capitolo prossimo é l'epilogo, poi ci sarà l'epilogo dell'epilogo e finalmente questa odissea sarà finita. Yeeeee stappiamo lo champagne!! Finalmente vi libererete di me! XD ma non dimenticatemi perché c'ho messo davvero l'anima in questa storia. Spero che anche per voi sia lo stesso :__)

 

Ogni dubbio sarà chiarito nel prossimo capitolo, nel frattempo siate liberi di fare le vostre domande/considerazioni.

 

In teoria la prima parte non doveva esserci ma mi sembrava doveroso fare un piccolo riassunto dell'epopea che questa coppia ha vissuto.

Ringraziamo la mia cara Iansom per avermi aiutato a scegliere l’incantesimo per eliminare Connor. Se non fosse stato per lei sarei ancora qui a cercare ahah XD

Grazie anche alla mia fedele Lelahel per l’immagine sopra in alto e per gli aiuti che mi ha dato nella stesura!

La frase “Sapeva soltanto che la Morte sarebbe sempre stata un’ombra cupa e persistente qualora avesse accettato di vivere quell’amore totale e distruttivo” è stata ripresa dal primo capitolo della 1 parte della storia. Così ho legato fine e inizio. Sono complessa lo so XD

La frase invece “l'amore non é sempre la cosa più saggia, e io l'ho imparato. Può condurci a commettere gravi follie, eppure seguiamo sempre i nostri cuori” è di Game of Thrones.

E la frase “ “ è di Nicholas Sparks.

 

Che posso dire… spero che nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto! Aspetto con ansia i vostri commenti, e intanto vi auguro buone vacanze ^^ 

 

 

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Capitolo 40
*** Dying of the Light ***


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Dedicato a una persona che non c’è più, che è sempre nel mio cuore anche se la mente è chiusa.

 

35 Capitolo

The acoustic funeral for love in limbo.

 

La caduta sarebbe stato uno schianto tremendo per Briony ma fu assopito da un leggero tappeto di foglie verdi e terra umida. Rimase immobile per diversi secondi interi.

Dove si trovava? Non riusciva a vedere niente perché teneva gli occhi chiusi e il suolo sotto di lei le pareva sconosciuto, estraneo. Azzardò e aprì gli occhi, guardandosi attorno confusa.

Non sentiva più male, la schiena parve non avere alcun dolore quando provò ad alzarsi da terra. Che si fosse sognata tutto? La battaglia, il sangue, la caduta dalla finestra… era stato tutto un sogno?

Ma anche quella lo era? Quel panorama poteva appartenere solo a un quadro, era impossibile che esistesse davvero una bellezza simile nella realtà. Briony si guardò attorno ammaliata, non osando emettere parola per paura che il sogno andasse in fumo.

Era troppo bello… troppo evanescente.. troppo irreale.…

Il panorama era verde, immerso totalmente in una natura che ti faceva innamorare a prima vista. Numerosi fiori erano sotto di lei ma non venivano calpestati dai suoi passi, si piegavano leggermente per poi raddrizzarsi senza nemmeno una sbavatura.

Briony continuò a camminare, priva di dolore o pensieri. Gli occhi sognanti nel vedere il cielo di un azzurro splendente, mentre in lontananza c’erano delle bianche sponde dove una luce albeggiava. Meraviglioso. Non aveva mai fatto sogno più bello.

Briony camminò ancora un po’ in sovrappensiero quando all’improvviso si bloccò. Gli occhi furono sgranati dall’incredulità.

“Jenna! John!”

Il suo urlo di giubilo si espanse nell’atmosfera, e Briony saltò addosso ai suoi amici abbracciandoli nello stesso momento tra continui sorrisi felici.

Qualche buona sorte l’aveva graziata. Non aveva mai sognato i suoi amici d’infanzia prima d’ora.

I due la ricambiarono e lei dopo un po’ si staccò da loro, guardandoli con felicità immensa.

Ma poi gli occhi verdi si intristirono: “Mi mancate tanto..” sussurrò fissandoli con nostalgia.

Anche Jenna e John serrarono lo sguardo da una malcelata rigidità.

All’improvviso Briony sentì una voce dietro le spalle chiamarla.

Si voltò. Caroline?

Sbattè le palpebre confusa. Mai così tante persone avevano affollato i suoi sogni.

“Caroline? So che i vampiri hanno il dono di entrare nei sogni altrui. Ma pensavo mi portassi ad una festa” affermò Briony mettendosi le mani sui fianchi.

La biondina sorrise, ma non il classico sorriso solare che la contraddistingueva. C’era infatti un’ombra di tristezza negli occhi blu di Caroline… una tristezza così profonda che Briony non aveva mai visto nella sorella.

“Caroline? Tutto bene? Qualcosa non va?” domandò Briony mettendole una mano sul braccio.

Ma la vampira non rispose. Nemmeno John e Jenna fiatarono.

Briony incominciò a incupirsi. Il panorama era ancora perfetto e armonioso, da apparire però surreale. Non le piaceva la sensazione che le stava correndo addosso.

Un’altra voce la chiamò. Briony si girò da una parte per vedere chi fosse stavolta.

Ylenia?

Una parte di lei era felice di rivedere l’amica ma una brutta sensazione la costrinse all’immobilità e al non esternare molta gioia. Rimase ferma, titubante mentre gli amici e la sorella le stavano attorno, continuando a fissarla in silenzio.

Briony cominciò ad agitarsi. Non le piaceva restare lì, non le piaceva la sensazione che sentiva dentro. Cominciò sul serio ad aver paura delle persone che le stavano vicino ed ebbe l’impulso di indietreggiare, di ritornare alla realtà.

Ma come può una figura uscire dal quadro nel quale è stato dipinto?

Deglutì a vuoto, quando Ylenia le si avvicinò. “Sai dove ti trovi Briony?”

Le classiche domande d’oracolo della strega non le erano mai piaciute molto… e Briony stentò a capire dove volesse andare a parare. “Siamo in una specie di radura incantata. Un classico sogno.”

Vide John abbassare lo sguardo con un muto sospiro, e l’espressione di Jenna e Caroline intristirsi a dismisura. Briony sentì degli aghi pungerle ambedue i bracci.

“Perché siete qui? Voi siete morti.” Disse fissando gli amici e trattenendo l’impulso di  indietreggiare.

“Infatti. Ma è reale.” Proruppe Caroline non smettendo di fissarla.

Briony allora guardò circospetta la sorella, non capendola. Caroline stava bene… ne era sicura, l’aveva messa nella villa accanto a lei apposta per proteggerla..

“Non capisco.. perché.. come fate a essere qui?” domandò con un fil di voce, sentendo tutto il suo essere raggelarsi.

Ci fu un pesante silenzio prima dell’ennesima domanda misteriosa di Ylenia:

“E tu come fai a essere qui?”

Il cuore di Briony si paralizzò. Ma era stata troppo presa dagli eventi, dal panorama meraviglioso, per accorgersene che quel muscolo si era già fermato da parecchi minuti. Le vene nel sangue si ghiacciarono anche se questo non pompava più.

La normalità passiva in cui disse le seguenti parole fu totale, priva di paure. Ogni espressione venne sciolta nel vuoto.

“Sono morta.”

A quella consapevolezza Briony non seppe come riemergere, non c’era possibilità di risalire questa volta.

Era morta. Per davvero. Nessuno aveva sacrificato la vita al posto suo come aveva fatto sua madre in passato per farla rivivere. Il suo tempo sarebbe dovuto finire allora.. aveva solo ritardato gli eventi, lottato inutilmente perché ora era davvero finita. Non c’era alcuna possibilità di portare indietro le lancette del tempo.

La morte era chiara e sicura. Non dava seconde occasioni perché alla fine se è la tua ora ti prende sempre. E il suo manto nero ti schiaccia, ti ruba di tutte le illusioni.

Briony si lasciò sfuggire un sospiro agonizzante. Non poteva crederci che fosse finita così…

Ma la realtà anche in quel mondo parallelo era reale, non potevi tornare indietro.

Non sentiva dolore ma quando abbassò lo sguardo Briony vide una grande macchia di sangue all’altezza dello stomaco. E poi un foro nel cuore. Morta quasi due volte. Aveva tentato di sopravvivere ma non c’era riuscita, neanche aggrappandosi ad ogni forza esistente.

Si voltò poi piano, come richiamata da qualcosa… sentiva gli appelli dall’altro mondo, quello terreno, vivo.

"Resisti Briony, resisti!” Erano le urla disperate di Caroline.

Briony sospirò di nuovo malinconicamente: non aveva fatto altro per tutta la vita, resistere. Ma a cosa era valso?

Altre grida, altri invochi.

Ma nessuno poteva riportarla indietro.

Briony sentì le lacrime agli occhi, non potendo combattere quel fato.

Ma poi un grido disumano spezzò ogni cosa, trafisse gli argini di quel mondo paradisiaco e quasi i fiori si chiusero su se stessi dalla paura. Briony si sentì morire, il cuore mutilato e le sembrava di inghiottire vetro. Sanguinò.

Elijah.

Lo sentiva… sentiva il suo dolore, la sua sofferenza paralizzante, il suo shock atroce.

Le vennero degli affanni, il suo corpo tremava tutto.

No no.. Non poteva essere lì, non doveva essere lì! Doveva ritornare dalle persone che amava, doveva farlo!

Cominciò ad agitarsi in maniera nevrotica, si mise le mani sulla testa continuando a scuoterla.

"No no! Non é possibile!"

I suoi amici spiriti tentarono di calmarla ma lei si allontanava da loro. "Andate via! Voi non siete reali, lasciatemi stare!"

"Briony non devi lottare, calmati." Ylenia cercava di trattenerla ma la ragazza si dibatteva con furia, non ancora pronta a sottomettersi a quel fato orribile. "Non posso non posso, devo tornare indietro!"

Sentiva la voce di Elijah, di Caroline dall'altra parte, come una maledizione... Voleva raggiungerle con tutto il cuore, voleva spegnere la loro sofferenza e dimostrare loro che sarebbe andato tutto bene. Ma tutto sembrava girare attorno a lei; non riusciva a trovare la via giusta.

Sentì i suoi amici bloccarla ma lei si dimenava come impazzita. Diede un pugno a qualcuno, forse a John, e automaticamente la voce strozzata bisbigliò un nome come per aiutarla a sopravvivere in quel calvario.

Altre strette e Briony non ce la fece più. Gridò ad alta voce quello stesso nome e le parve di cadere, con il grido che si prolungava all'infinito.

Cadde di nuovo, questa volta su una superficie dura. Il suo grido riecheggiava ancora attorno a lei, così alto per non sentire il rumore del suo cuore che si sfracellava, questa volta per sempre.

Briony si guardò attorno, non respirando. Buio solo buio. Il nulla supremo.

Eccolo il suo limbo, quello predestinato a lei da tempo. Si ricordò le parole maledette del Libro Bianco.

A queste creature non verrà riservato  il Paradiso  l’Inferno dopo la morte. Saranno destinate a vagare nel Nulla, solitarie e prive di forma fisica. I visi delle persone a loro care saranno una persecuzione, invece che beatitudine o gioia. La loro anima verrà incatenata nel buio, dove l’ombra più cupa scenderà.

Ed era quindi giunta la fine.

Magari avrebbe potuto fare un incontro di wrestling con Charlotte e Willas per passarsi il tempo.

Briony rise automaticamente ma quella risata venne subito mescolata da una serie di singhiozzi disperati che le tagliavano in due il corpo.

Non era giusto.. Perché dovevano riserbarle una simile condanna? Cosa aveva fatto di sbagliato se non amare? Era un peccato?

Il troppo attaccamento conduce al lato oscuro come diceva il saggio yoda. Per lei invece quell'amore simboleggiava qualcosa di profondo, di grande, in grado di riempire un guscio vuoto e cambiare una vita intera. Amori così non capitavano tutti i giorni e lei non si sarebbe pentita di averlo provato, anche se ne moriva.

Che la etichettassero pure come una maledizione... perché di tutto si poteva dire di lei ma non che avesse amato con tutta stessa fino a consumarsi.

Si guardò attorno con espressione impaurita, anche se ebbe la strana sensazione di non avere la pelle addosso.

"E’ questo l'inferno?" vuoto totale, nessuno parve aver udito. "E lui dové?"

L'immagine di Elijah si insinuò dentro di lei, cercandola in quel luogo desolato, come se fosse una principessa che aspetta il suo oscuro principe. Ma non si aspettava di essere salvata, ormai per quello non vi era rimedio, ma lo voleva solo accanto e stringerlo a sé.

Briony non può vivere in un mondo senza Elijah, non può e non lo vuole.

Lo cercò di nuovo ma le sembrava di rimanere ancora immobile a terra, non sentiva alcun muscolo per facilitarle i movimenti.

Sapeva bene dove era e non le importava. Non poteva redimersi, poiché era convinta di non aver peccato nell’amare Elijah.

Lo cercò questa volta con la forza del cuore, provando ad invocarlo con i battiti che erano stati sfoggiati solo e unicamente per lui. Ma non riusciva a farlo neanche in questo.. il cuore aveva smesso di battere, non emetteva più i suoi suoni.

Non si era mai sentita più vuota come in quel momento, senza speranza, imprigionata in quella landa buia e desolata. Dipinse quel suolo inumano dalle sue lacrime, frantumando così lo specchio illusorio nel quale si era riflessa per tutto quel tempo, in cui credeva che sarebbe andato tutto bene.

Che cosa sarebbe stato di lei? Sarebbe diventata un’anima in pena? Tormentata dai ricordi e afflitta dalla solitudine?

Questa era la sua pena.. si era innamorata di un vampiro, una creatura del male, e il buio dell’inferno la stava reclamando, scottandola con le sue fiamme..

Aveva fatto magari degli sbagli irrimediabili, magari se lo meritava essendo ciò che era, eppure a lei sarebbe bastato amarlo e stare con lui, nient'altro. Non aveva peccato di ingordigia, visto che chiedeva così poco mentre il suo cuore dava tutto quello che poteva, e forse anche di più.

Briony rimase inerme, debole e immobile contro il suolo, a bagnarlo con le sue lacrime ma non sentendo neanche più il proprio peso. Era un essere inconsistente, stava diventando un’ombra.

Una voce poi la riportò alla vita.

Stava sempre in quel luogo desolato ma Briony sentì un palpitazione dentro il petto, come se qualcosa stesse sul punto di nascere.

Alzò piano lo sguardo, gli occhi erano svuotati e persi per via delle lacrime, l’espressione sconvolta non solo per quello che le era accaduto ma per quello che aveva davanti. O meglio chi.

La tenebra che aveva avvolto la sua vita, stringendola con i suoi artigli che molto spesso procuravano del male. La luce che accecava ogni suo dolore.

Elijah.

Stava davanti a lei, in piedi con la sua solita postura elegante. E lo sguardo… uno sguardo che Briony non aveva dimenticato neanche da morta, quando tutto era spento.

Briony emise un sospiro soffocato, come una speranza appena rinata, e il corpo ebbe il desiderio di muoversi. Sentì la pelle attaccata alle ossa a dispetto di prima, sentiva i muscoli frementi dal desiderio di toccarlo, sentiva il cuore riprendere ritmo.

Elijah. Tutto il resto del mondo svaniva con lui accanto.

L’Originario si inginocchiò, chiamandola di nuovo e fissandola intensamente.

Lei rimaneva ancora a guardarlo sbalordita, non sapendo cosa pensare.

La mano finalmente riuscì a muoversi, tremando per lo sforzo ma il desiderio di tornare a toccarlo era troppo potente. Lui vedendo le sue mosse le venne lentamente incontro, facendo incontrare le loro mani che parvero dar inizio a un’elettricità unica, un calore inconfondibile. Si strinsero forte, tornando a rivivere i sentimenti che provavano l’un per l’altra.

Briony emise un altro gemito soffocato e provò ad alzarsi col busto per il desiderio disperato di stringerlo a sé. Ce la fece, contro tutte le aspettative, e riuscì ad abbracciarlo, a tornare a unirsi in un tutt’uno.

Briony lo teneva ben stretto a sé, come se si aspettasse che lo portassero via da un momento all’altro; il respiro era irregolare per via dei piccoli singhiozzi che però non mostravano sofferenza. Elijah contraccambiava, affondando il viso nei suoi capelli e al tempo stesso toccandoglieli con delicatezza, come a volerla tranquillizzare.

L'amore era davvero un cancro.

Un gruppo di cellule maligne che avvelenavano ogni ragione, ogni volontà, ogni senso.

Perché Briony si sentì priva del fardello enorme che prima le gravava addosso, si sentiva integra, salva nel stare stretta a lui. Nonostante le circostanze le dimostravano il contrario e come era giunta lì, ma a lei bastavano quei momenti per riempire il suo corpo di effimera gioia.

Follia avrebbero detto alcuni... o stupidità.. ma ormai non lo si poteva più negare né ignorare.

Elijah era dentro di lei e l’anima di Briony ardeva in sua presenza, spinta dal sentimento che provava per lui. 

Rimasero ancora stretti l’uno all’altra per un tempo indefinito, ad assaporare quella pace genuina, poi Elijah si distaccò piano facendola alzare con delicatezza. Gli occhi neri non perdevano un dettaglio del corpo della ragazza, ma si focalizzarono di più sul suo viso ove ci soffermò con una dolcezza fuori dal comune. Briony gli sorrise, non volendo che la malinconia macchiasse quel momento.

Poi l’espressione di Elijah si fece seria: “Sai perché sei qui?”

“Sì..” Briony deglutì il groppo che aveva in gola e abbassò lo sguardo, come se non volesse mostrargli la sua sconfitta.

Ma lui le prese il mento con alcune dita e le fece alzare il viso. I loro occhi si legarono di nuovo intensamente.

“E’ un’illusione?” domandò poi Briony. Le sembrò che la sua stessa voce provenisse da molto lontano.

“No è reale.” Replicò lui con serietà. “Tutto quello che è successo è reale.”

Briony sentì l’agonia assalirle lo stomaco: “Ma come? Come fai a essere qui allora?” domandò preoccupandosi più per lui che per lei. La prospettiva che fosse rimasto ucciso nella stessa notte in cui era morta lei, le fermò il cuore.

Lui tuttavia le fece un sorriso, come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi. “Grazie a te sono qui.”

Briony aggrottò la fronte, sinceramente perplessa e con i pensieri che le dilaniavano la mente.

A causa di tutto quello che era accaduto si sentiva troppo frastornata, e quel luogo non l’aiutava poi molto.

Il sorriso malinconico di Elijah continuava a persistere. “Quando sono morto io?”

Briony strabuzzò gli occhi. “Mai! Cioè ti hanno ucciso numerose volte ma poi sei sempre ritornato! Tu non puoi essere morto!"

Gli occhi di Elijah si incupirono più del solito. “Io ero già morto prima di incontrarti.”

Briony rimase col respiro spezzato tra le labbra, non riuscendo ancora a comprendere.

“La mia anima, la mia umanità, se ne sono andate la notte in cui mia madre mi ha trasformato in vampiro.”

Da quella deduzione Briony un po’ riuscì a capire.. i vampiri erano effettivamente dei morti, rimanevano ancora in vita a camminare sulla terra, ma erano comunque morti. Il cuore non batteva più e non erano più umani sotto l’etichetta.

Il sorriso di Elijah si rilassò, divenendo più dolce.

“Ma poi… un giorno tutto è cambiato.”

Anche se non poteva farlo, Briony si sentì colorare le guance, il cuore palpitava come afferrato da un fuoco dirompente.

Il giorno in cui si era reso conto di amarla, in cui i suoi sentimenti finalmente si erano riaccesi dopo tutto quel tempo, in cui la sua anima era trasparita dai suoi occhi troppo spesso diabolici. Come se fosse nato veramente nell’istante in cui ha iniziato ad amarla: non era più un essere senza vita, con un vuoto incolmabile dentro.

“E la conseguenza… la stai vedendo ora coi tuoi occhi.” Le disse infine.

Briony però si sentì ancora smarrita: “Non capisco…

Ma poi un lampo le passò nella mente e molte cose oscure le furono chiare.

Ricordò la festa del suo compleanno… quando Rebekah ha raccontato quella leggenda sulla morte… era rimasta così toccata da quel racconto perché in un certo senso poteva infondere speranza, anche se il tema era quello che era.

Dicono che quando uno diventa vampiro non possegga più un’anima da quel momento.. Che scompaia in un luogo buio, oscuro e introvabile.. E molte volte accade, per la maggior parte, perchè molti vampiri accettano la loro vera natura sanguinaria e si levano di dosso la loro vecchia anima umana, che finisce nel baratro. Viene dimenticata, non risale più in superficie... ma altre, rare, volte non accade così.. L'anima umana non accenna a soccombere oppure riesce a risalire dal baratro e a riemergere.. e giunge lì, in quel luogo coperto di vetro argentato.. Sopravvive, assapora la pace anche se dovrebbe essere dannato.. un suo riflesso si innesca nel corpo del vampiro dall'altra parte, se riesce a entrare. Ci vuole molta forza d'animo e nobiltà. Cosa molto rara per un vampiro. Ma alla fine non ci sarà più nessun vuoto nel petto.”

Briony ricordò pezzo per pezzo di quel racconto, e poi guardò Elijah con sguardo diverso.

Aveva i lineamenti più sciolti e meno duri del solito, gli occhi non le sembravano più neri neri come petrolio ma quasi stellati. Non era il vampiro che era abituata ad avere accanto, quello con cui si era confrontata numerose volte, e che aveva imparato ad amare alla follia.

Quello era il suo spirito umano. Quello scacciato via non appena era stato tramutato in un vampiro.

Briony sentì di nuovo il respiro spezzarsi. “Ma... non può essere..”

E invece era così vero da sembrare reale… quell'anima, quella parte nascosta che nessuno al di fuori di lei o della sua famiglia conosceva, era ritornata in superficie dopo tanto tempo passata in isolamento... l’Elijah umano aveva cominciato ad esistere dentro l’Originario, il vampiro, coabitando e facendo parte di lui. Si erano contrastati, combattuti, a volte il suo lato più perfido l’aveva prevalso e messo a tacere.

Ma come aveva detto Rebekah: “Alla fine di tutto non esiste alcun cuore gelido privo di sentimento che possa far soccombere la propria anima umana. Ti insegue in ogni momento della tua immortalità per farti ricordare come eri una volta.

E a lui, all’eterno e inafferrabile Elijah, era successo grazie a lei. Era stata la luce che aveva illuminato il suo mondo buio, cancellando ogni gelo uccisore di sentimenti. Gli aveva fatto accendere l'umanità, col pulsante dell'amore.

Briony si ricordò le tante volte che aveva visto l’anima umana di Elijah trasparire dai suoi occhi, dai suoi gesti, dalle sue parole amorevoli…. Non potè che sorridere alla persona che aveva davanti.

Era rimasta così intrappolata da lui, come perline infilate in una collana; era impossibile spezzare quel filo indistruttibile.

Ma poi un brutta sensazione le pervase il corpo. “Però io devo stare qui…. Il mio posto non è in quel luogo bellissimo e verde… è qui. Sono condannata a restare da sola, avvolta dal nulla.”

Elijah però le sorrise tranquillo, accarezzandole i capelli:

“Tu hai me. Ci sarò sempre.”

Briony si sentì illuminare di una luce evanescente.

Come si poteva spiegare l’amore? A parole era difficile dirlo ma lei l’avrebbe descritto così... donare tutto se stesso all’altro, accettarlo così com’era, non abbandonarlo mai, e imparare a superare tutte le sfide che il mondo ti poneva davanti.

Protese la mano verso di lui, come un drogato verso il suo terribile veleno, e gli toccò delicatamente il viso, tornando a imprimersi quella sensazione avvolgente, diversa dal solito ma sempre intensa. Lo amava, non avrebbe mai smesso di amarlo, neppure da morta.

Sentì però contro la sua volontà gli occhi riempirsi di lacrime. Perché una parte di lei le ricordava che era tutto finito, che non avrebbe vissuto la vita che aveva sempre sognato.

Non riuscì a parlare ma non c’era bisogno. Quegli occhi verdi sapevano dire di cosa avevano bisogno. E Elijah arrivò a soccorrerla, a stringerla forte nel suo abbraccio, inondandola di un profumo indefinito.

Briony ricambiò con urgente bisogno, non importandosene che fossero solo spiriti in un limbo. Ormai era affogata in lui talmente a fondo da non aver più identità o volontà.

Si sentì così avvolta da un po’ di pace, la prima dopo ciò che era avvenuto.

Si staccarono piano e poi Briony ebbe l’istinto di voltarsi indietro, come se stesse sentendo nella sua mente ancora il grido di Elijah dall’altra parte, nel vero mondo. La tristezza penetrò ancora nei suoi occhi, desiderosa di ritornare da lui e di cancellare il suo tormento.

Azzardò un passo in quella direzione ma lo spirito di Elijah la trattenne per una mano: capì dalla sua espressione che non c’era nulla da fare purtroppo… era impossibile tornare indietro… anche l’Elijah umano avrebbe tanto desiderato che lei ritornasse in vita, che assaporasse il suo futuro limpido perché quello non era il posto per lei.

Ma non tutte le cose possono andare come speriamo, bisogna solo accettarle e farsene una ragione.

Elijah strinse di più la presa, attirandola verso di sé, e all’improvviso lo scenario attorno a loro cambiò. Non era più buio né ricolmo del nulla. Briony era ritornata dov’era in precedenza, il quel paesaggio da sogno, un vero paradiso.

Si guardò attorno illuminata e vide Caroline mangiucchiarsi un’unghia di fronte a lei. Un terribile vizio che aveva quando si sentiva nervosa, anche se da quando si era trasformata non l’aveva più fatto.

Briony le sorrise. Caroline, anche se era una vampira nella realtà, aveva il diritto a un posto nel paradiso... ci avrebbe organizzato le feste più sublimi. I cancelli eterei non potevano proibire di certo l’ingresso a Miss Mystic Falls.

Rivide i suoi amici in un angolo mentre camminavano in quella beatitudine di posto. Se lo meritavano, si meritavano la pace dopo la morte… tutti e tre dopo la vita travagliata che avevano vissuto... John anche se era uno stronzo a volte, aveva fatto il gesto più nobile che esistesse alla fine... e questo l’aveva redento... Jenna era morta da vampira ma aveva mantenuto il suo cuore puro… e Ylenia… non era sempre stata una brava persona, non sempre aveva fatto la cosa giusta... ma Briony non pensava a una persona più meritevole di lei di quella pace eterna, di quel paradiso dopo aver vissuto l’inferno in terra.

Briony si girò e notò che Elijah le era sempre rimasto accanto. Anche lui lo meritava sul serio... la sua anima umana non poteva annullarsi nonostante fosse un vampiro millenario, perché un animo così nobile era molto raro.

Si guardò poi attorno. Poteva davvero rimanere lì? Lasciarsi alle spalle quel luogo tetro? Non era destino che accadesse così ma in quel caso non vi era alcuna amarezza in quello sbaglio…

Briony Forbes si meritava la pace e non l’oblio, a dispetto della sua natura, perché non era importante cosa fosse ma chi fosse… chi era stata durante la sua breve vita. Con quanto amore si era dedicata agli altri, quanta generosità e bontà d’animo possedesse e quante volte lo aveva dimostrato. Se lo meritava per tutto ciò che era stata.

Le vennero le lacrime dalla commozione per essere accettata, per essere stata compresa e almeno premiata per i suoi sforzi fatti in terra. Il peso venne di netto diminuito, era una consolazione, magra ma pur sempre una consolazione. Sarebbe in fondo rimasta con le persone che amava, sarebbero rimasti insieme in un luogo in cui non vi era alcun male né dolore… non ci sarebbero state più fratture né divisioni, finalmente.

Briony ritornò a guardare Elijah, l'anima che era riuscita a trattenere dentro il vampiro che amava. Quell'umanità che lei aveva fatto risalire dall'oblio oscuro.

Sentì come se si stesse riversando sangue nuovo nelle vene.

Erano legati per la vita. Non riusciva ad immaginare la sua esistenza in un altro modo. Morirebbe per lui... e infatti lo aveva fatto.

Gli sorrise e si mise in punta di piedi per depositargli delicatamente le labbra sulle sue, come se gli stesse dando il suo primo e ultimo respiro. La morte ormai aveva accalappiato la sua esistenza, ma il suo cuore sarebbe rimasto al sicuro.

Elijah la accolse a sé, prendendo ciò che gli apparteneva più del cuore stesso. Sentì una strana sensazione pervaderlo. La gioia vera. Quella umana gliel’avevano strappata via nel giro di un secondo, senza che lui potesse far nulla per combattere quel dato di fatto. Ma ora si sentiva diverso, privo di armature e totalmente privo di freni.

La serietà scavata però ritornò poi a incombere sul suo sguardo. Quel senso di libertà non sarebbe mai stato del tutto completo perché ciò che voleva di più per quella ragazza era che vivesse… si sarebbe anche dannato l’animo umano per farla ritornare indietro. Ma purtroppo non poteva... Il sipario che divideva quei mondi era molto sottile, per questo alcune anime umane non soccombevano ma comunque non potevi combattere l'inevitabile.

Briony si accorse di come Elijah la stava guardando e si fece anche lei seria. Ritornò a guardare alle sue spalle, in un punto preciso, come se al di là ci fosse il vero mondo reale.

Una parte ben importante di lei avrebbe sempre voluto ritornarvi, a vivere il suo futuro e assopire il dolore di chi amava per la sua perdita. Non voleva abbandonare soprattutto una persona che ora stava patendo le pene dell’inferno…. Ma non poteva far altro se non sperare che lo avrebbe superato, prima o poi, con l’aiuto della sua famiglia. Lei in cuor suo e nei ricordi gli sarebbe sempre stata accanto, non l’avrebbe mai lasciato realmente.

Tornò a guardare lo spirito di Elijah, l’espressione era ancora seria in ambedue i volti ma consapevoli che ormai la via da percorrere era quella. Ma questa volta senza sangue o ricadute che potevano sconvolgere.

Briony gli prese quindi la mano in un sorriso più sicuro e cominciò a camminare.

Sentì Caroline avvicinarsi dopo che ebbe capito che sarebbe rimasta lì e non in quel buio da manicomio.

“Oh bene perfetto, ora che ci sei tu ogni giornata sarà tutta dedicata alle feste per non piangerci addosso!” esclamò solare come era sempre stata.

Briony sorrise piano, camminando su una via del destino che per una volta non le aveva voltato le spalle. Avrebbe trascorso la pace eterea con le persone con le quali aveva trascorso la parte più importante della sua vita. Aveva bisogno di loro come loro di lei. Andare oltre a ciò che era successo sarebbe stato difficile, ma la forza e il sostegno non le mancavano.

Elijah e Briony si cinsero entrambi per la schiena, lei appoggiò il viso sulla spalla di lui, e cominciarono a camminare verso il paradiso che li attendeva.

Come giurato tempo prima sarebbero rimasti insieme, anche se in una dimensione d’oblio, anche se non era tutto a posto, vi sarebbe stata pace nei cuori e niente li avrebbe più divisi.

Non erano state solo parole.

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Elijah si risvegliò di soprassalto, prendendo grossi respiri. Si trovava nel soggiorno di casa sua, la luce della prima mattina penetrava dalle finestre e sembrava essere tutto a posto in quel luogo.

Ma dentro di sé seppe che non era così, qualcosa lo mordeva e stritolava in un punto del petto e non riusciva a identificare l'origine. La mente era troppo attagliata da riuscire a comprendere appieno cosa fosse successo, come se un uragano improvviso si fosse schiantato su di lui. Cercò di alzarsi portando la mano alla testa dolorante. L'espressione era corrucciata in un misto di preoccupazione e freddo stupore.

All'improvviso sopraggiunse Rebekah a passi veloci e col volto dilaniato dallo shock:

"Per fortuna ti sei svegliato! Credevo che quella malefica ti avesse fatto qualcosa!"

Elijah guardò la sorella ancora confuso. "Rebekah? Che é accaduto?" domandò riuscendo ad alzarsi in piedi.

"Nostra madre si é materializzata questa notte con i suoi soliti intenti deleteri e anti materni! Senza tanti preamboli ci ha infilato nel cuore a me, e a te, e Kol e Finn il pugnale d'argento, come se volesse tenerci buoni o bloccarci dal fermarla! Per fortuna é arrivato Stefan tutto delirante e mi ha liberata dicendo che Damon aveva fatto un casino con Klaus e che dobbiamo andare subito dove si trovano Briony e Caroline!"

Rebekah aveva parlato a raffica, mangiandosi a volte le parole per la fretta, ma quando aveva nominato Briony, Elijah si sentì schiacciare da un macigno che si appesantiva sempre di più quando si ripeteva mentalmente il nome della ragazza e allontanava tutti gli altri pensieri che potevano offuscargli la ragione.

Briony..

Un terribile presentimento gli perforò lo stomaco e lo ristrinse a sua volta in una dura morsa. Ogni parola si era ammutolita in un inquietante silenzio.  

Qualcosa si agitò al centro del suo petto, un gelo rovente che somigliava più alla lama della morte. Il presentimento crebbe fino a rendere quasi viva l'espressione turbata del vampiro.

"Andiamo subito allora. Non c’e' un secondo da perdere." affermò fingendosi calmo e risoluto. Si diresse a passo spedito verso la porta, mascherano ciò che sentiva, mentre Rebekah continuava a parlare ripetutamente. Ma lui sembrava non ascoltarla.

La paura che prima aveva affondato i denti dentro di lui ora si contorceva, gelida.

 

Per tutta la durata del viaggio Elijah aveva costruito una solida corazza per tenere a freno quei colpi che, implacabili, volevano abbatterlo. Ma doveva mantenersi lucido, doveva riprendere la sua classica calma, poiché nulla di male poteva essere accaduto e se anche fosse lui avrebbe posto rimedio in un modo o nell’altro.

Quelle convinzioni però valsero poco con la paura che gli si annidava in corpo, mescolandosi imperterrita su se stessa. Cercò di plasmare il suo animo dentro una bolla per non pensarci.

Sapeva soltanto che doveva salvare Briony, non vi era scelta alternativa. Era matematico, si rifiutava di pensare a qualsiasi altra probabilità...

Ma irrazionalmente il cuore stava già perdendo gocce di sangue.

Giunse a destinazione. Quando Elijah scese dalla macchina subito l’aria sembrò soffocarlo. Non gli piaceva l’atmosfera che albergava lì attorno, non gli piaceva nemmeno il significato che trasmetteva e che lui si rifiutava di accettare.

Avanzò imperterrito dentro la villa, non chiedendo a parole spiegazioni ai presenti ma bastò la sua espressione micidiale. Vi erano Stefan e i suoi fratelli Finn e Kol, e quando lo videro materializzarsi all'interno della villa, subito si ammutolirono in uno strano silenzio.

Elijah era rimasto fermo all'entrata, a scrutare con espressione dura i presenti esigendo delle risposte. Non ricevendone alcune lui si guardò attorno in maniera scrupolosa, camminando su alcune macerie. Pareva che il tetto stesse per cadere loro addosso, numerosi muri erano stati sfracellati, una parte del pavimento si era carbonizzato.

Un orribile sensazione galleggiò nell'aria e gli si incollò addosso. Ciò nonostante la voce che gli fuoriuscì apparve incolore.

"Che é accaduto qui?'

Nessuna risposta. Persino Kol non riusciva a trovare una battuta ironica. Finn non riusciva a guardare in volto il fratello e Stefan tentennava di continuo.

Elijah dentro di sé cominciò ad infervorarsi: voleva delle risposte, voleva che gli dicessero dove fosse Briony così per tranquillizzargli l'animo in pena. Ma avrebbe accettato la verità? Avrebbe voluto sentirla?

"Ebbene?" li incalzò di nuovo con sguardo più ombroso, come se stesse colpevolizzando i presenti.

Ma il loro silenzio raccontava più di quanto Elijah volesse ascoltare. Un pensiero fisso gli infettò la mente, e la verità aveva appena cominciato a sanguinare.

L’animo di Elijah si ristrinse di più, la bolla che si era costruito per proteggersi non era in grado di soffocare le fitte che quel silenzio gli recava. Non riusciva a sopportare quel senso di indecisione preoccupante ma era anche incapace di controllare le spirito che tremava dalla paura per ciò che poteva essere successo.

Si rifiutava di ammetterlo a se stesso, per cui la voce che fuoriuscì mentre si avvicinò deciso a Stefan risultò imperiosa, implacabile.

“Lei, dové?”

Un lento sibilo che sembrò raggelare il corpo del povero Stefan, che non riusciva a formulare alcuna parola.

Il volto agghiacciante di Elijah si serrò ancor di più. “Lei dov’è?”

Lo scosse ad un braccio e allora vide che cosa Stefan aveva in mano. Capì che cos’era: glielo strappò e lo fissò ammutolito.

Per un istante che gli parve un eternità, Elijah restò immobile, senza reagire. Il tempo non aveva alcun rapporto con lui, riusciva solo a guardare l’oggetto e il cuore pregò che fosse tutto un errore, un orribile sbaglio.

Senza emettere il benché minimo respiro, Elijah guardava la collana di Briony, quella che le aveva regalato Caroline al suo compleanno e che portava quasi sempre. E quella collana era marchiata dal sangue.

Il cuore sembrò ricevere i primi colpi che l’avrebbero annientato, ma Elijah li sopportò in un duro silenzio, quasi parve non sentirli perché troppo concentrato a guardare la collana. Non si concesse nemmeno una qualche illusione di pensare che quello non fosse il sangue del quale si era cibato e che lo aveva inebriato più di ogni altro. Non pensava a niente, non diceva niente. La realtà si era tutta chiusa in quell’istante che presagiva la fine di tutto.

Elijah non battè ciglio e sempre in silenzio si voltò: guardò verso l’ala che dava ai giardini della villa. Sapeva che lei era al di fuori.

Serrando di più lo sguardo, abbassò la mano che teneva ancora in pugno la collana e si mosse verso quella direzione, in una strana sensazione di passività mista a fredda agonia. Gli sarebbe servito respirare ma non voleva evocare alcun respiro perché altrimenti tutte le sensazioni che erano sul punto di salire in superficie lo avrebbero annientato totalmente.

Altre persone vi erano nella villa ma lui non si accorgeva della loro esistenza, non si curava degli altri.. solo lei contava.

Appena ebbe messo piede fuori, notò di sfuggita Rebekah che teneva una mano contro la bocca per soffocare i singhiozzi. Lei non appena scorse il fratello cercò di fermarlo, trattenendolo per la mano per non fargli vedere. Ma lui andò avanti lo stesso, come se non avesse nemmeno sentito la presa della sorella.

Elijah teneva lo sguardo indecifrabile, scavato, le labbra serrate in una linea tesa.

Camminò, spinto in avanti da una forza invisibile, ma lo fece per poco perché si ritrovò davanti Caroline, Elena, Chuck e Bonnie che gli erano praticamente in mezzo. La bionda vampira era accucciata sul petto di Elena a versare calde lacrime disperate, ma gli altri due si accorsero della presenza dell’Originario e così si fecero da parte.

Lo scenario che si abbattè sulla visuale di Elijah fu il più terribile che lui avesse mai visto in 1000 anni. Quella visione si tramutò in un proiettile, che feroce tagliò l’aria, e andò a perforare il suo cuore già sanguinante. Elijah sentì quel colpo bloccargli il respiro, spingere con forza contro le pareti della barriera appena costruita e le fece tremare, sbriciolare senza alcuno sforzo. Come l’onda anomale più alta e potente esistente. Sentì l’acqua assassina infiltrarsi con violenza dentro la bolla, gli entrò nei polmoni fino a riempirli, lasciandolo così senza vita, senza scampo. Bruciò del dolore più forte che avesse mai sentito e che era impossibile tollerare anche con l’animo più corazzato.

Il dolore per la perdita di Tatia, per il tradimento di Katerina non era nulla, un niente, in confronto a ciò che stava provando ora. Perché non aveva mai amato nessuno come aveva amato lei.

Davanti a lui c’era Briony, distesa a terra come una bambola, un cerchio di sangue le si era formato attorno alla testa e anche la maglietta era sporca di rosso. Gli occhi verdi erano aperti… Elijah moltissime volte aveva visto la morte affacciarsi sugli occhi delle sue vittime, ma non aveva mai provato la sensazione stritolante che sentiva adesso… perché mai avrebbe voluto vedere la figura crudele della morte materializzarsi in quegli occhi verdi che aveva iniziato ad amare senza neanche accorgersene.

E così un solo cadavere fece quello che molti altri, trascinati dietro per 1000 anni, non erano riusciti ad ottenere: spezzare quel vampiro.

Non respirava neppure. L’apnea della sofferenza gli impediva di farlo.

Come era potuto accadere una simile meschinità?

E fu il vento gelido del rimorso a strappargli la risposta. Era stata colpa sua.

Lei aveva pagato per le sue colpe, per un amore che l’aveva tradita e portata alla morte. E lui l’aveva abbandonata, lasciata alla sua mercè. Non aveva fatto nulla per impedirlo. Non l'aveva protetta.

Quell’atroce verità si scagliò su di lui, lo assalì per distruggerlo. Un dolore così forte che lo sfiancava a tal punto da renderlo un pezzo di carne senz'anima; lo uccideva lentamente prosciugandolo goccia per goccia.

Quella visione che non accennava a modificarsi lo ossessionava, sventolandogli sul volto la gravità e il dolore di ciò che era successo. Di ciò che non avrebbe mai potuto riavere.

Un buco profondo, sullo stomaco di Briony. Sul cuore di Elijah.

E dentro quel foro, un vuoto che scavava e scavava, non accennando a fermarsi.

Il vampiro si accorse di essere sul punto di soffocare, e si rese anche conto che in fondo alla gola vi era un nodo stretto e vi giaceva un grido, sepolto in lui e che restava prigioniero, shockato anche lui da quella realtà.

Elijah rimase per un tempo indefinito paralizzato, sconvolto, con lo strazio che gli dipingeva il volto e gli segnava l’anima, come un pugno che si divertiva a stringere il suo cuore in una morsa sempre più forte.

Mai il dolore lo aveva colto con un'intensità così sconvolgente.

E poi lui si mosse, debolmente, a fatica, come se avesse un coltello piantato nella schiena: aveva fatto un debole e silenzioso sospiro, facendo entrare ossigeno tinto da veleno che lo aiutò a non annaspare, ma rese ancor più intollerabile il dover affrontare tutto questo.

Si mosse piano verso di lei, non facendo alcun rumore, quasi avesse paura di svegliarla. Ma Briony rimaneva dolcemente addormentata. E lui non si sarebbe mai più svegliato da quell'inferno.

Si inginocchiò e le prese la testa con una mano, rivolgendola verso di lui. Lei si lasciò guidare da lui come aveva sempre fatto, ma questa volta lo fece senza vita.

Elijah udì benissimo il vuoto nel suo petto; il cuore che lui aveva voluto difendere a tutti i costi ma che aveva anche torturato, non batteva più. Quel rintocco vuoto sovrastò tutto il resto, nello sguardo e nello spirito di chi la stava guardando.

 Il senso di apatia fu lavato da una muta disperazione, che iniziava a squarciargli l’anima.

"Briony…" riuscì a sussurrare. Gli fece male sussurrare il nome della ragazza di cui aveva provocato la morte. Il nome gli graffiò la gola, spingendo il nodo a sciogliersi e a far risalire l'urlo che avrebbe squarciato ogni cosa.

Elijah fissò gli occhi verdi della ragazza e odiò guardarli a causa della morte che vi era dipinta. Le sue palpebre si sarebbero abbassate per sempre sui suoi meravigliosi occhi, come un crudele sipario. Lui non avrebbe mai più visto le luce splendere nel suo sguardo. Mai più.

Le lacrime salirono amare ad irritargli la gola, spezzando di dolore il grido che scaturiva dal suo cuore. Semplicemente Elijah rimaneva immobile a contemplare il delitto che aveva commesso, il più atroce di tutti e a cui non vi era via d’uscita.

Lui, il demonio dalle ali nere aveva ucciso l'angelo, facendole pagare il suo errore di aver amato un mostro.

E ora ciò che gli rimaneva del suo amore era solo questo: un continuo e spietato rimbombo di pugni al centro del petto, la consapevolezza di aver perso la cosa più importante, la più essenziale per lui, e non aver fatto niente per impedirlo.

Continuava a guardarla con la strazio che gli deformava il volto, lo scavava e pungeva a fondo nel suo tormento. Fissava quegli occhi così vuoti che solo la morte poteva donare, volendo suo malgrado sentir battere quel cuore che avrebbe dovuto essere legato al suo per sempre. 

Ma la realtà non cambiava, Briony non si muoveva, se ne era andata, la morte l'aveva trasportata nell'ignoto e non l'avrebbe mai più potuta avere accanto. Una artigliante sensazione di freddo, il freddo più terribile che Elijah avesse mai sentito, andò ad insinuarsi e a dilagarsi nel suo petto.

Attorno a lui intanto il dolore pareva aver contagiato tutti: Caroline continuava a piangere sul petto di Elena che la teneva stretta a sé, Chuck teneva lo sguardo basso non mostrando a nessuno il suo grande dolore in un corpo così piccolo, Rebekah si era avvicinata piangendo silenziose lacrime per la morte dell'amica, e Bonnie teneva uno sguardo angosciato segno che non si poteva fare nulla per aiutare quella ragazza che mai aveva meritato un destino simile.

Elijah non si smuoveva dal fissarla con occhi distrutti dal dolore, consapevole che più guardava la luce in lei spegnersi più sentiva quel dolore farsi più tagliente, lacerante.

Ma quando un'anima é afflitta dal senso di colpa si fa afferrare dal masochismo, così avrebbe pagato per ciò che aveva fatto. Anche se Elijah sentiva che non avrebbe mai equilibrato il danno che aveva provocato a quell'unica persona che lo aveva accettato e amato per come era.

"É stato Klaus."

Non sapeva chi lo avesse detto, non aveva importanza, ciò che importava davvero era il contenuto di quelle parole irte di spine.

Klaus... Suo fratello.. Gli aveva fatto questo? Gli aveva portato via la persona che più amava al mondo?

Fu come una lama che andò a conficcarsi nel suo cuore già distrutto.

Elijah sentì un'ira disumana montargli dentro, gli fece ribollire le vene e come non mai sentì la bestia agitarsi dentro di lui.

Lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.

In preda alla voglia di vendetta rimise Briony a terra e si alzò, dandole le spalle e facendo dei passi scanditi tutti dal suo odio per il fratello.

Di tutti gli atti di cui si era macchiato questo era il più innominabile e il più atroce. Gli occhi neri di Elijah luccicarono dall'ira, dal desiderio maligno di togliergli la vita.

"L'ha uccisa lui." Non suonò come una domanda ma come la promessa solenne che gliela avrebbe fatta pagare.

Rebekah tentò di prendergli la mano ma lui con un ringhio si scansò, non volendo che nessuno lo toccasse.

Con che disumanità l'aveva uccisa.. Cosa le aveva fatto prima di... Ma quei pensieri terribili rischiavano di soffocarlo, non sapeva nemmeno come riusciva a reggersi in piedi visto che il suo organismo era completamente dilaniato; non c'era niente che non fosse andato distrutto.

Il dolore fu troppo intenso da trattenere e scavalcò persino l'odio. Elijah avvertì, per la prima volta in tutta la sua lunga vita, il timore di non poter controllare e gestire quell'emozione perché ormai aveva preso possesso di lui.

Non poteva pensare alla vendetta, non adesso. Tornò a voltarsi verso Briony. Il dolore che gli provocava sempre quella visione smantellò ogni traccia di diabolicità, ogni luccichio maligno. L'agonia ritornò a colpirlo.

 Elijah provò la sensazione di sprofondare e da quell'abisso, ne era sicuro, non sarebbe mai più potuto riemergere.

Caroline si sciolse dall'abbraccio di Elena e stette per accarezzare la sorella, anche Elena stava per farlo. Ma il viso di Elijah si affilò in una linea agghiacciante:

"Non toccatela." sibilò  lentamente come in una minaccia. 

Parvero tutti aver sentito, infatti si bloccarono. Elijah non diede loro più alcuna attenzione che infatti camminò verso Briony in silenzio e la prese infine in braccio.

Caroline rimase ammutolita da quel gesto: "Dove.. dove la porti?" domandò con l'angoscia che ancora le dipingeva il volto e le smorzava la voce.

Ma Elijah sembrò non averla neanche ascoltata, non gli importava di nessuno di loro. L'Originario  aveva lasciato che il dolore vorticasse, che lo colpisse violentemente e lo lasciasse infine in quello stato. Incapace di comprendere, di lottare, di spegnere la voragine delle emozioni in cui il dolore non ha alcun limite.

Così la issò , il dolore di centinaia di spine bruciò in ogni arto per come il peso di Briony fosse così inconsistente.

Incurante delle proteste sclerotiche di Caroline in cui gli gridava che cosa volesse fare, cominciò a camminare senza alcuna meta. Non ne avrebbe mai più avute nessuna nella vita, né alcun futuro. Il presente era tutto racchiuso lì, con lui che perdeva sangue di continuo dalla ferita del cuore, macchiando il terreno sotto di lui a ogni passo, come se privandolo di quell'amore gli avessero inferto un colpo mortale.

Moriva per lei, moriva per quell'amore, per quella fine.

Il silenzio portato all'improvviso dal vento coprì tutto tranne un suono: il battito straziato di un cuore che di lì a poco avrebbe smesso di battere. Senza colei che lo aveva riportato alla vita non c'era alcun motivo perché funzionasse ancora. Sarebbe diventato morto come la sua espressione.

Briony pareva una piccola statua di marmo e sangue, il vessillo della sua disfatta.

Giunto alla fine del percorso, davanti al laghetto, Elijah si fermò e con un sospiro si inginocchiò a terra, come se il corpo di Briony fosse diventato pesantissimo. Ma Elijah ebbe l'oscuro presagio che quel peso era destinato a diventare sempre più opprimente.

Non mise Briony a terra, la fece restare tra le sue braccia, incapace di lasciarla. Voleva restare solo con lei e non voleva che nessun altro la toccasse, come se lei doveva essere sua perfino nella morte.

 Voleva dannarsi con quella vista orribile, voleva torturarsi e imprimersi quei momenti con lei che non avrebbe mai potuto riavere.

La guardò negli occhi; sembrava che anche lei lo guardasse. Le sfiorò per un attimo il viso con alcune dita, sospirando di dolore. Quella era la voce di una creatura perduta, come un viaggiatore che arrivato alla fine del viaggio si era reso conto che la cosa che contava di più l'aveva già persa e tornare indietro a riprendersela era impossibile. Il dolore risultò intollerabile.

Serrando lo sguardo per combatterlo, lui le chiuse gli occhi, finalmente addormentata. Ma quell'incubo per lui non svaniva.

Elijah alzò lo sguardo al cielo per riprendere l'ossigeno e le energie mancate per combattere il bruciore terribile agli occhi. La accomodò poi contro l'incavo del suo collo, tenendola stretta a sé e infondendole tutto il calore possibile per non far arrivare il gelo nel suo corpo. I suoi tocchi parvero avere lo scopo di tranquillizzarla, come se sapesse che il suo spirito nell'aldilà fosse in preda alla disperazione, e allora cercava in quel modo di placare il suo tormento, di dirle che lui era con lei e ci sarebbe sempre stato, anche se nel momento del bisogno lui era stato lontano.

Elijah ormai era sull'orlo di un'esplicita emozione che non sarebbe stato in grado di controllare, ma continuava a sfiorarle la testa con tanta delicatezza, come se avesse avuto paura di romperla.

La collana gli era scivolata a terra senza accorgersene ma non voleva che altro sangue venisse aggiunto a quel corpo dilaniato.

Continuava a cingerla in silenzio, con espressione scavata, mentre l'altra mano le scendeva sul braccio. Non avrebbe mai più potuto ripetere simili carezze, non si sarebbe mai più sentito vivo nel toccarla o baciarla.

Scese all'addome e gli occhi si chiusero dolorosamente nell'accorgersi quanto profonda fosse la ferita. Quanto doveva aver sofferto... Sviò lo sguardo da quell'oscenità, non riuscendo a sopportare altro.

Affondò il viso sul suo petto come per pregarla di ritornare, di non lasciarlo. Avrebbe tanto desiderato risentire il battito di quel cuore che molte volte aveva riempito il suo, ricolmo di vuoto, battendo così per entrambi.

Non si era mai sentito più logorato come in quel momento, tutto in lui si stava spezzando, scheggiando.

Ricordò la risata cristallina di Briony, le sue mani che lo avvolgevano in un dolce abbraccio, i suoi occhi vispi e dolci che lo avevano sempre fermato dai suoi intenti maligni; il suo sorriso puro e angelico che aveva sempre riserbato solo a lui, scaldandogli il cuore. Le promesse eterne che si erano fatti, di una vita migliore. Le numerose volte in cui lei gli aveva detto che lo amava.

E a quei ricordi, Elijah Mikaelson squarciò la terra con un grido agghiacciante, invase l’aria e la trafisse.  Un urlo che riecheggiava nell'eternità, assordante proprio come il dolore che provava. Un devastante urlo che proveniva dalle viscere del suo essere, un grido che se non avesse fatto fuoriuscire l’avrebbe distrutto.

Urlò di rabbia contro se stesso, colpevole di non aver tenuto salda la mano di Briony per non farla cadere nel baratro della morte, contro di lei che se ne era andata.

Crepe si aprirono nel suo cuore. L'anima si fessurò, si spaccò.

Quello era un suono disperato che nasceva dalle profondità del suo cuore spezzato, prigioniero in una gabbia di dolore dal quale non sarebbe mai più uscito.

E poi proprio come quel grido aveva squarciato con forza la terra, scemò fino a diventare un sospiro spezzato contro il petto di Briony. L’atmosfera però sembrava ancora sconvolta da quel grido che aveva invaso ogni cosa.

Elijah sospirò di nuovo contro di lei, il soffio agonico di un cuore che moriva. E i suoi aghi penetravano a fondo nell’animo, senza pietà.

Il suo dolore veniva testimoniato sul corpo della ragazza, senza però placare alcuna pena, un inutile sforzo che non le avrebbe restituito la vita.

Alla fine Elijah spense qualsiasi suono e rimase affossato sul petto della ragazza, come a chiederle perdono del male che le aveva arrecato, di non averla saputa proteggere.

La fine di quell’incubo era stata come un’esplosione. Prima il silenzio, poi l'onda d'urto, e infine il crollo di cocci di vetro a trafiggere ciò che non era stato ancora distrutto.

E nessuno avrebbe trovato i suoi resti, Elijah ne era sicuro. Non si può aggiustare qualcosa che si è spezzato totalmente.

Di nuovo si domandò con rabbia il perché fosse accaduto tutto questo, ma capì che al dolore non vi era alcuna ragione né spiegazione perché era sempre il cuore a sanguinare. 

E alla mente gli restarono solo le memorie di un presente vuoto, d'un futuro annientato. 

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C'è solo un modo per combattere il dolore, solo un modo per riparare a un errore irrimediabile a cui non vi era via d’uscita. La vendetta. L’odio.

Quei sentimenti scavarono dentro Elijah, infondendo un’energia maligna che bramava ad essere saziata. Sentiva il mostro dentro di lui scalpitare come non mai per venire fuori, per mostrare finalmente il vero vampiro che albergava dentro.. quella parte assopita di lui che aveva sempre aborrito nel corso dei secoli, l’avrebbe fatta fuoriuscire perché solo quella avrebbe potuto saziare la sua pena e rendere giustizia alla donna amata. Quello non era il tempo né per il perdono né per la bontà.

Anche se uccidere il proprio fratello era pur sempre un delitto scabroso, ma mai come in quel momento Elijah voleva qualcosa di così ardente… desiderava sentire il cuore palpitante di Klaus nella sua mano come per ripagare il fatto che quello di Briony non batteva più. Desiderava sventrargli le viscere, colpirlo in più modi per fargliela pagare. La violenza non si era mai abbattuta così forte nel suo animo freddo.

Forse perché Elijah non amava nulla più di Briony e sarebbe stato capace di sterminare l'intero mondo per lei. La famiglia era sempre stata esclusa da ciò ma per Klaus…. Quell’essere indegno di vivere non era più suo fratello.

Ma Elijah non si lasciò prendere troppo dall’odio perché sapeva che doveva giocare d’astuzia. L’ibrido ormai aveva ripreso il controllo di se stesso e non si sarebbe fatto uccidere facilmente. Klaus aveva la forza da ibrido dalla sua parte, ma Elijah aveva qualcosa di più importante… perché la vendetta non invecchia mai.

Così per lui non fu difficile indossare una maschera di totale vuoto nella faccia, e anche per gli occhi ricolmi del nulla. Ghiaccio totale. Come se non sentisse niente… e in effetti avrebbe voluto spegnere tutto pur di non patire il dolore asfissiante che lo aveva annientato.

Si trovava ora nella villa di New Orleans. Sapeva che Klaus, orgoglioso com’era, non avrebbe lasciato la sua casa. E sapeva anche che si credeva di essere dalla parte del giusto, come se avesse fatto un favore al fratello nel togliergli quella spina nel fianco, quindi gli doveva un favore.

A una simile meschinità Elijah si sentì ribollire le vene e fremere di sentire il sangue di Klaus colargli tra le dita con un ghigno gelido soddisfatto. Gliela avrebbe fatta pagare, parola d’onore.

Elijah stava guardando il cammino acceso nel salotto quando sentì dei passi. Sapeva bene chi fosse, non gli serviva voltarsi.

Klaus ebbe almeno la decenza di bloccarsi nel vederlo e mostrare un'espressione quasi sbigottita. Elijah invece non gli offriva il benché minimo sguardo, stava a fissare in maniera vuota il fuoco.

Klaus fece un grosso sospiro per appianare la tensione e si fece avanti. “Beh.. suppongo che hai molte cose da rinfacciarmi…oppure hai capito che ho fatto ciò che andava fatto da tempo?”

Elijah apparentemente non mostrò alcuna emozione ma dentro sentì la rabbia arrovellarsi su se stessa, implacabile. Strinse forte le dita nel palmo delle mani, custodite dentro le tasche dei pantaloni.

Klaus vedendo che il fratello non rispondeva si fece di nuovo avanti, con la stessa espressione con cui aveva visto Elijah risorgere dopo che lui gli aveva infilato il pugnale nel cuore. “Hai tutti i diritti di essere arrabbiato ma se tu tenevi fede al giuramento, queste brutte cose non sarebbero accadute.”

Elijah sentì qualcosa insinuarsi nello stomaco con dita gelate. Ma fece di nuovo finta di nulla, il silenzio agghiacciante perdurava.

Klaus a sua volta continuava a fissare il fratello, come se sperasse che lo guardasse o gli dicesse almeno una parola. L’espressione sul suo viso si scavò, quasi si fosse reso conto che aveva oltrepassato il limite o che magari si era fatto guidare troppo dalla follia malsana, ma smorzò quell’accenno di debolezza con un sorriso plastico:

“Non hai per nulla una bella cera. Che ne dici di bere un drink?”

Elijah a quell’invito si girò lentamente a guardarlo, sempre in un inquietante silenzio. Klaus non mostrò alcun cedimento né paura per quell’espressione. E perché doveva? Lui era un ibrido e aveva padronanza di sé dopo la dipartita di Connor. Sapeva che il fratello era arrabbiato con lui ma aveva ottimi motivi per pensare che non poteva nuocergli in alcun modo.

<< Gli passerà. >> Pensò Klaus stupidamente.

Elijah accettò con un freddo sorriso e andò al tavolo dei drink, versando da bere a se stesso e al fratello. Sempre in silenzio. Portò un bicchiere pieno al fratello e lo fissò mentre stava per bere. Di fronte alla sua espressione Klaus tentennò.

Elijah allora gli rivolse un ghigno glaciale. Davvero credeva che volesse metterlo k.o con della semplice verbena? Avrebbe usato altri metodi molto più dolorosi..

Per dissipare ogni dubbio bevve lui il primo sorso, e così anche Klaus lo fece con un bel sorriso. Dopo aver finito, l’ibrido lo guardò bene e disse: “Sai dovresti prenderti una vacanza… per dimenticare tutta questa faccenda… non ti fa bene quell’aria cupa e i rimorsi finiranno solo per corroderti l’anima. Credimi.” e gli diede una pacca amichevole sulla spalla, come se gli stesse dando un buon consiglio, e si allontanò.

Elijah si dovette trattenere per non saltargli subito addosso e recepì il colpo con stoica dignità.

Alzò gli occhi al cielo con un glaciale sorriso mentre le mani si muovevano nelle tasche: “Sai invece cosa dovrei fare per placare i miei rimorsi?” domandò misteriosamente.

Klaus allora si voltò verso il fratello ma Elijah lo colse alla sprovvista, balzandogli alle spalle con velocità sovrannaturale e gli conficcò alla schiena, a un centimetro dal cuore, alcuni pezzi appuntiti di quercia bianca tramite un aggeggio da cacciatori. Klaus gridò più per la sorpresa che per il dolore, ma Elijah lo tenne fermo per fargli sentire secondo dopo secondo come l’arma incidesse a fondo nella sua carne… proprio come era successo a lui.

Klaus con un ringhio riuscì a divincolarsi ma finì solo in ginocchio per il dolore esplosivo che si stava espandendo in tutto il corpo. Faticava a respirare ma Elijah non dava segni di compassione per il fratello: lo fissava dall’alto con austerità glaciale.

“Che cosa pensi di fare? E dove l’hai trovato quello? Un altro tuo inganno?” sputò Klaus a denti stretti cercando di tastarsi la ferita.

Elijah gli rivolse un freddo sogghigno. “Non accetto rimproveri dal re degli inganni.”  E così dicendo lo issò su.

Klaus non si lasciò sfuggire l’occasione per attaccarlo al muro ma Elijah, molto più motivato e mandato avanti da una desiderio irrefrenabile di vendetta, riuscì a sbaragliarlo e lo balzò con forza contro la vetrata che si spaccò in due per il duro colpo.

L’ibrido però si rimise subito in piedi, sfidando il fratello con uno sguardo di fuoco.

“Non pensare di potermi vincere Elijah. Nessuno può farlo.”

E così dicendo balzò addosso al fratello, che però riuscì ad anticipare la sua mossa nell'afferrare con maestria l’attizzatoio del camino già bollente, e  ne conficcò la punta all’interno della spalla del fratello. Questi gridò di nuovo, e Elijah con ira disumana lo sbattè contro la parete, tenendo ancora l’arma conficcata nella carne del fratello per indebolirlo. I due si guardarono negli occhi, con un’ira furibonda che sfiguravano i loro volti, per motivi differenti.

“Credo di potermi fare fuori così? Stai sprecando energie fratello. E dopo questo ennesimo affronto avrai come un’unica compagna la tua bara.” Sibilò Klaus tagliente cercando di non soccombere.

Elijah serrò duramente lo sguardo. “Dillo.”

“Dire che cosa?” richiese Klaus non smettendo di dibattersi dal dolore che gli provocavano i pezzetti di quercia bianca.

“Dì che cosa hai fatto.” Ripetè Elijah in un sibilo terrificante, continuando a penetrare con l’arma nella carne già dilaniata della sua vittima.

Klaus strozzò un grido. “Io non dirò proprio nulla. Sei tu che hai osato sfidarmi e questo è il conto da pagare.” E cogliendolo alla sprovvista lanciò il fratello all’indietro contro il tavolo, che si ruppe a terra. Elijah rimase tra i resti del tavolo senza emettere alcun gemito di dolore. La rabbia straripava dalle vene.

Klaus a velocità vampiresca prese un pezzo distrutto del tavolo per mettere k.o il fratello e si avventò su di lui; Elijah però non si fece cogliere impreparato e con un gesto stizzito allontanò via l'arma. Col desiderio di distruggerlo scaraventò il fratello di nuovo contro la parete, provocando un profondo buco. Klaus scemò a terra, mentre Elijah camminava verso di lui in maniera terrificante.

“Non ti farò morire prima che tu non abbia confessato il tuo crimine. E se non oserai farlo ti verrò a inseguire fino in fondo all'inferno per questo.” Furono le sue parole agghiaccianti ma così vere da far tremare.

Klaus invece gli rise in faccia, reso folle dall’adrenalina e dal dolore.

“Magari andremo all’inferno insieme.” Cercò di nuovo di combattere il fratello ma appena si alzò una fitta dolorosa alla schiena lo bloccò. Elijah ne approfittò e lo spinse contro un tavolino, tenendogli la gola stretta in una morsa.

“Confessa.” Gli sibilò di nuovo con occhi che ardevano.

Klaus cercava di toglierselo di dosso, ne avrebbe avuto la forza se solo non avesse avuto quei dannati paletti di quercia bianca conficcati vicino al cuore. Maledetto fratello.

“Ok sì confesso.” Replicò con un luccichio maligno negli occhi. “Ho attirato la tua bambolina nella mia trappola. Ho ucciso la sua amica rossa davanti ai suoi occhi, mi sono divertito a torturarla e a scaraventarla giù dalla finestra. E per finire le ho trafitto il cuore con un bel paletto. Fino alla fine quella povera stupida ha sempre pensato a te, ti ha persino invocato prima di morire.”

Elijah si fece assalire dalla rabbia come mai prima d’ora, la violenza fece scalpitare il mostro dentro di lui che fuoriuscì come un rimbombo di tuono.

Con un ringhio premette l’arteria che andava dritto al cuore, con una tale forza che finì per spappolargliela. Klaus gridò.

Era il tono più alto che Elijah avesse mai udito dal fratello, ma non era rumoroso abbastanza come il grido che aveva lanciato lui o come la spaccatura del suo cuore.

Klaus all’improvviso si bloccò, stentando a capire perché il cuore battesse così veloce. Lesse la verità negli occhi vuoti del fratello: l’essicazione si stava mettendo in atto.

Avrebbe voluto scostarsi dalla sua presa ma Elijah lo bloccava fermamente, uccidendolo secondo dopo secondo.

Il moro persisteva nel fissarlo privo di alcuna compassione.

"Non ucciderai mai mio fratello, Briony. Qualunque sia la sua colpa."

Ma quella colpa, quella morte, valeva più di qualsiasi vita. Un gesto imperdonabile che Elijah mai avrebbe dimenticato.

Ma non l’avrebbe solo ucciso e basta. Sarebbe stato troppo facile. Gli avrebbe fatto rimpiangere la vera morte perché Klaus sarebbe stato rinchiuso dentro una tomba, morendo ogni attimo ma con un accenno di vita che gli faceva scontare la sua pena che sarebbe durata per sempre.

Le vene di Klaus cominciarono a rinsecchirsi, a diventare di uno strano colore grigiastro. Gli occhi sempre fissi in quelli del fratello, quasi nello shock. E poi cadde.

Elijah non lo trattenne neanche, restava a guardare il corpo del fratello.

Era morto... Proprio come lei…

Lanciò quel pensiero a Briony nella sua mente, come per dirle che l’aveva almeno vendicata.

Elijah se ne andò poi dalla stanza, lasciando che fossero Stefan e Bonnie ad occuparsene. Si rifugiò nell’oscurità, col cuore che non batteva più. E non l’avrebbe mai più fatto.

 

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Gli obitori erano posti molto semplici nonostante le lacrime disperate di cui venivano dipinti ogni giorno. Fuori vi erano delle panchine per rendere il dolore più comodo da sopportare. Ma per chi ha perso tutto, la persona amata, un fratello, un genitore, un amico, abbisogna di più di quel semplice sostegno… non era abbastanza, niente era abbastanza per assopire la disperazione che afferrava il tuo cuore nel dover dire addio per sempre a una persona.

Non bastava neppure dirsi "sarò forte, non cederò" perché non appena mettevi piede nel luogo, potevi solo scoppiare a piangere per l'addio imminente che sarebbe arrivato. Avanzavi a tentoni facendoti sorreggere da altre persone che stavano meno male per quella perdita, ma quando ti affacciavi alla camera dell'obitorio non riuscivi neanche a tollerare la sola idea di vedere una persona che avevi amato stare terribilmente immobile e fredda dentro una bara, simbolo della morte.

Non potevi concepire che non avresti mai più rivisto viva quella persona, e di nuovo piangevi disperata nascondendoti in un angolo per dire al mondo che non potevi farcela, che era troppo per te.

Così fece Caroline Forbes. Quando era stata sul punto di oltrepassare la camera dell'obitorio era scoppiata a piangere, come se volesse gridare al mondo intero di quell'ingiustizia. Era entrata solo per firmare alcune carte e poi l'avevano fatta uscire per sistemare il corpo prima della sepoltura.

Caroline non smetteva di tremare tutta nonostante si fosse ripetuta di essere forte. Ma le lacrime scendevano copiose sulle guance, suo unico sfogo per la morte della sorella.

Se Caroline era l'emblema della disperazione, Elijah lo era del nulla.

Pareva una statua immobile e morta da cui non trasudava la benché minima emozione. Gli occhi erano vuoti. Teneva la schiena appoggiata al muro con le mani dentro le tasche. E non emetteva il benché minimo fiato.

Molti vennero ad onorare le spoglie di Briony Forbes: Elena e Bonnie cercavano di consolare Caroline più che potevano, Stefan era in un angolo con espressione seria e addolorata, Finn era all'esterno come al solito in solitudine, e Rebekah cercava di rimanere il più possibile vicina a Elijah.

Ma lui non voleva nessuno accanto, nemmeno lei. Si diceva che non meritava alcun conforto, bensì la tortura più atroce da sopportare in solitudine. Aveva ucciso Klaus ma ora cosa contava? Lei non c'era più. Avrebbe dovuto salvarla quando ne aveva il potere.. Lei gli aveva detto che Klaus era pericoloso, lo aveva avvertito più volte.. E lui che aveva fatto a tal proposito? Niente. Solo in nome di una famiglia che non esisteva più ormai.

Elijah prima a casa era stato seduto su una poltrona, immobile come una salma e lo sguardo perso nel vuoto, con il completo nero adatto all'occasione... il nodo alla cravatta era così stretto che pareva soffocarlo. Rebekah gli si era messa dietro, comprendendo appieno il suo dolore perché lei in 1000 anni aveva solo sofferto, e quindi voleva fargli sentire la sua vicinanza. Gli aveva messo una mano sulla spalla per dirgli che non era solo in quella lotta contro il dolore.

Ma Elijah si era scansato. Non voleva il benché minimo aiuto da nessuno e non tollerava avere gente intorno.

Così si era alzato con un' impassibilità inumana e se ne era andato via senza dir niente.

Ma ciò che aveva fatto più paura a Rebekah erano stati i suoi occhi: quegli occhi non li aveva mai visti sul volto di suo fratello. Erano inanimati ma vi albergava una nera coscienza, impregnati di un rancore profondo verso se stesso. Erano bui, come una notte oscura senza una stella, senza luce, senza speranze.

Tale espressione Elijah l'aveva anche in quel momento ma Rebekah continuava a rimanergli vicina in silenzio, a piangere silenziosamente per ciò che era accaduto.. A Briony, a Klaus, per tutto.. Possibile che nessuna felicità era scritta nel loro destino? Erano davvero dannati?

Di certo la risposta l'aveva Elijah perché si colpevolizzava di tutto. Non era bastato far morire Klaus a sistemare le cose e vendicare Briony, perché si era reso conto che l'unico colpevole era lui. E  il senso di colpa lo sopraffaceva.

Klaus poteva anche aver dato il colpo finale ma era stato lui a permettere questo col suo egoismo, ad attirarla in quel mondo di tenebra in cui potevi solo affogare.. Come un veleno l'aveva avvelenata fino alla morte perché l'aveva fatta restare al suo fianco e non se ne era privato, sapendo quanto fosse letale per lei... Semplicemente l'aveva uccisa col suo amore.

Quella certezza gli trafisse il cuore.

Quello era un amore da fermare e condannare fin da subito ma lui, mostro di egoismo, non l'aveva fatto. E ora cosa rimaneva? Niente. Solo le briciole di un passato che non tornerà mai.

Quei pensieri aggiungevano al deserto della sua anima una desolazione inaudita; si era annullato per non affrontare di nuovo il dolore, si allontanava anche dai sostegni perché indegno di meritarli.

Come si cura un'anima ferita a morte?

Caroline intanto stava seduta immersa tra le braccia di Elena che la confortavano, ma quando gli occhi puntarono su Elijah smise di piangere e lo fissò con rancore. Tutti lì soffrivano, perfino la diavolessa, mentre lui pareva svuotato di ogni emozione. Inconcepibile.

"Mia sorella ti amava più di ogni altra cosa al mondo. Potresti dimostrarlo un  di dispiacere." ribatté secca mentre Elena le faceva segno di non parlare.

Elijah sembrò non averla neanche udita, e all'improvviso comparve Kol... Con stuzzichini e pasticcini.

"Un modo per mettere un po’ di allegria a questo mortorio. Ho saputo che é un'usanza." disse Kol con un sorrisetto.

Caroline spalancò la bocca inorridita: se non fosse stata tanto distrutta lo avrebbe preso a calci nel sedere.

"Questa é un'usanza per i funerali." sottolineò Finn guardando ombroso il fratello minore.

Kol sembrò cader dalle nuvole: "Beh non bisogna neanche sprecare simili prelibatezze. Se voi non volete favorire.." E così dicendo si mise in bocca un boccone.

Rebekah guardava storto il fratello per quella sceneggiata mentre Elijah non aveva alcuna reazione, non mostrava niente. Nulla totale.

"Dai una calmata alla tua famiglia, visto che loro sono una delle cause di tutto questo."

Rebekah incendiò Caroline: "Ti sembra il momento di litigare per queste stupidaggini?"

Caroline allora la fulminò con lo sguardo:

"Stupidaggini?? Mia sorella non sarebbe lì se non fosse stato per lui!"

Elijah non si mosse neanche di fronte a quell'accusa, all'apparenza, poiché morte e agonia avevano i loro uncini conficcati dentro di lui, non in fondo, di più. Sentiva l'urlo interiore graffiargli la gola ma stringeva i denti per trattenerlo perché era così potente che avrebbe potuto distruggerlo se l'avesse lasciato uscire.

Rebekah d'altro canto si parò davanti al fratello per difenderlo.

"Ora basta! Non intendo sentire simili offese rivolte mio fratello!"

Caroline tuttavia si alzò con gli occhi infuocati; Elena cercò di trattenerla e di chiamarla ma la biondina sembrava posseduta dalla rabbia per la perdita ingiusta della sorella.

"Può difendersi da solo ma non lo fai vero? Perché sai che é tutta colpa tua se Briony è morta!" gridò a Elijah che rimaneva con lo sguardo sviato altrove e rigido.

Non vedendolo reagire apparentemente, Caroline ricaricò la dose:

"É colpa tua e lo sai!"

La mano si mosse involontaria e colpì violentemente la guancia dell'Originario.

Tutti si ammutolirono: Rebekah perse il respiro, Kol era rimasto con un dolcino per aria shockato da quella scena, e anche Finn pareva sconvolto perché nessuno mai si sarebbe azzardato a dare uno schiaffo a Elijah se ci teneva alla pelle. Elena, Stefan e Bonnie rimanevano in una tremante immobilità in attesa della reazione dell'Originario.

Ma Elijah non aveva fatto nulla: non aveva contrastato la mossa di Caroline, aveva liberamente accolto lo schiaffo come se si sentisse di meritarlo, e rimaneva con la guancia girata con espressione vuota, per nulla furibonda.

Quando finalmente si girò, e incontrò gli occhi rabbiosi di Caroline: anche lì non emise fiato né mostrò l'ombra di emozione.

Caroline allora serrò ancor di più lo sguardo. Come faceva a non reagire? Come poteva non mostrare il suo dolore e essere così... vuoto?

Ma nel dolore, muori anche senza essere colpito.

Lei sfogava il dolore nella disperazione esplicita, quella che urlava. Lui lo dimostrava uccidendo se stesso dall'interno.

Rebekah si mise tra i due per impedire l'ennesimo disastro.

"Ora basta! Stiamo tutti soffrendo qui, per cui questi tuoi comportamenti non servono a niente!"

Anche Stefan si fece avanti per riportare la calma.

"Ha ragione, dovremmo stare uniti in queste situazioni."

Caroline lo fissò respirando a fatica mentre Elijah rimaneva livido e silenzioso.

"Tu non sai come ci si sente." disse lei all'amico tornando dov'era.

Stefan indossò un'espressione corrucciata e guardò di sottecchi Elijah, come che avrebbe capito presto come Caroline si sentiva se Damon non avesse seguito il suo consiglio di sparire dalla circolazione. Elijah sembrava un essere senza vita ricolmo del nulla, ma quanto ci avrebbe messo a ricordare che Damon era invischiato con Klaus in tutta quella faccenda? Se suo fratello non gli avesse detto precisamente dove si trovasse Briony, magari quella tragedia sarebbe stata evitata.

Ma Elijah non dava segni di vita in quel momento e si abbandonò soltanto alle fredde sferze del vento che volteggiò in lui.

 

Era freddo, così freddo da sentirsi ghiacciare le ossa.

I vampiri non temono il freddo, ma Elijah sentì il gelo serrargli il cuore in una morsa nel vedere Briony davanti a lui: sembrava addormentata come un angelo in procinto di andare in paradiso. Ma non era semplicemente addormentata, e quella certezza lo disintegrava.

La guardava e pensava solo che non l'avrebbe mai più avuta al suo fianco, non avrebbe mai risentito la sua voce né rivisto il suo sorriso.

Elijah si seppellì sotto le macerie del suo cuore mentre continuava a guardarla in piedi: il corpo era vestito da un abito bianco e interamente coperto da un telo sottile trasparente, contornato da ricami di fiori. Aveva le mani congiunte in grembo con i capelli sciolti sulle spalle. Il candore dei petali attorno alla testa faceva risaltare lo splendore del suo volto.

Tremendamente bella anche ora che era stretta nel crudele abbraccio della morte.

Elijah ripensò a ciò che gli aveva detto Caroline e sentì delle marcature a fuoco sulla pelle a causa di quelle parole.

Non aveva replicato perché sapeva che avesse ragione. E come poteva non averne? Aveva  pensato solo a se stesso e così aveva tradito chi diceva di amare.

In passato aveva sempre cercato di proteggerla, di metterla al sicuro, ma aveva fallito perché sapeva che sarebbe stato lui il suo veleno mortale, il pericolo peggiore.

Briony era talmente rimasta vittima del suo sentimento, che piuttosto che privarsi di lui, aveva scelto la morte.

Era proprio vero allora.. Era stato l'amore per lui a ucciderla. E ciò teneva la ferita perennemente sanguinante.

Elijah serrò lo sguardo e propese il braccio per abbassare il velo sul volto di Briony. Nello stesso modo il dolore si propendeva per trafiggerlo, come aghi.

Elijah riuscì comunque a farlo e gli si formò un nodo alla gola nel sentire quanto la pelle di Briony fosse dura e gelida come la pietra. Lui che non aveva nemmeno sopportato di vederla come una vampira... Che strano scherzo del destino.

L’amarezza gli corrose l'animo mentre fissava la donna che amava, il calore che rendeva vivibile la sua vita vuota.

E non l’avrebbe mai più avuta… una volta che  il sole è tramontato, nessuna candela può sostituirlo. Non sarebbe mai più esistito quel calore umano in grado di sciogliere il suo ghiaccio immortale. Nessuno avrebbe più potuto far breccia nella sua oscurità. Non ci sarebbe stato mai più amore nella sua vita perchè lui non avrebbe mai più amato.

La mano di Elijah trovò la guancia fredda di Briony e la toccò delicatamente per tutta la linea, come se le stesse dicendo un ultimo addio.

Nei suoi gesti, nel suo dolore, un passato a cui non poteva ritornare.

Poi Elijah fece abbassare la mano con sguardo sempre distrutto. Non era riuscito a proteggere la persona che amava, quindi con quelle mani sporche di sangue non poteva più stringere nessuno a sé.

Mise le mani contro i bordi, continuando a guardarla ma senza dar mostra del suo dolore nelle lacrime. In fondo aveva tutto il tempo del mondo per piangere Briony, perché il dolore per la sua perdita non si sarebbe mai placato.

All’improvviso sentì la porta dietro a lui aprirsi in un cigolo.

“Fuori di qui.” sibilò senza guardare chi fosse entrato.

“Adesso mi vuoi vietare di vederla?”

Elijah allora girò metà viso e incontrò lo sguardo duro di Caroline.

Abbassò quindi le palpebre e si fece da parte senza alcun rumore né parola. Caroline aveva più diritti di lui di restare lì…. Anzi, lui di diritti non ne aveva proprio nessuno... non più.

Si sedette su una sedia con lo sguardo rivolto verso Briony. Caroline invece mise dei fiori vicino alla sorella, stringendole la mano e piangendo lacrime silenziose. Si mise poi a sedere anche lei, opposta a dove stava Elijah, con gli occhi che si riempivano sempre di lacrime.

Scese il silenzio per un po’. Nessuno dei due disse niente né sviò lo sguardo da ciò che avevano davanti, fino a quando Caroline non sospirò:

“Mi dispiace per la scenata di prima.. non era davvero il caso..”

Le labbra di Elijah allora si piegarono in un freddo sogghigno: “Ne avevi tutti i diritti.”

“Non era comunque uno spettacolo da fare… non con lei qui…

Caroline faticava a parlare, la gola sembrava tappata da un grosso nodo che non voleva sciogliersi.

Di nuovo silenzio. Entrambi si trovavano ancor più soli al mondo di quanto fossero stati fino a quel momento.

“Sai che ci dovresti essere tu al posto suo. Sai che è colpa tua, che tu l’hai mandata dritto a questo destino di morte.” Disse Caroline all’improvviso. Ma non c’erano accuse nella sua voce.. era un tono piatto, inumano.

Elijah si irrigidì tenendo puntato lo sguardo su Briony. Di nuovo non replicò perché Caroline aveva pienamente ragione.

L'origine di tutto il vero male era lui. Per la sua debolezza di non aver voluto rinunciare a lei, quel rifiuto di compromettere una moralità, quell'orgoglio. Per questo aveva permesso che ciò accadesse, quando sapeva che era sbagliato. Sapeva che era sbagliato tenerla accanto a , che era la cosa che l'avrebbe portata alla rovina, e non l'aveva impedito.

"Merito tutto il dolore inimmaginabile per quello che le ho fatto." replicò duro con se stesso.

"Ed é così." rispose Caroline guardandolo torva "ti meriti di bruciare nell'inferno più terribile e atroce e di patire le sue pene.  Tu non eri giusto per mia sorella, non meno di quanto lo fosse Klaus per me. Se avessi un po’ di ritegno ti infileresti il paletto di quercia bianca nel cuore."

Elijah serrò di più lo sguardo, sentendo degli aghi trapassarlo da parte a parte per via della colpa.

"Fai bene a odiarmi. Io lo sto già facendo." replicò secco non spostando mai lo sguardo da Briony.

Caroline fece un grosso respiro e si alzò: "Comunque questo non cambierà le cose.. E in fondo lei ti ha amato tantissimo, un amore che non ho mai visto in nessun'altra coppia." Andò dalla sorella a sistemarle bene il telo e i fiori. Come se volesse che fosse perfetta.

Guardò poi Elijah di sottecchi. Tutti  definivano quel vampiro di grande valore, morale e nobiltà e talvolta lei poteva aver visto quegli aspetti in lui, anche se non aveva mai pensato che Elijah avesse un cuore capace di spezzarsi. E invece poteva vedere che era così.

Si scurì la voce:

"E poco importa se é nata per ucciderti, senza di te lei non sarebbe mai vissuta."

Elijah si stupì per quel cambio di atteggiamento ma non si diede modo di ammorbidirsi:

"Torna a odiarmi giovane Forbes, é meglio."

Caroline lo guardò scuotendo la testa in maniera sconsolata. Si diresse alla porta per uscire.

"No non ti odio... Briony non lo avrebbe voluto." gli disse prima di chiudere la porta.

Elijah allora capitolò in un asfissiante silenzio. Interiorizzò quelle parole ma gli fecero ancor più male di una frustata tinta da verbena, perché aumentavano il suo senso di colpa.

Lui aveva infranto la promessa più importante di tutte, la più vitale della sua esistenza. Non esistevano discolpe.

In quel momento aveva meno desiderio di vivere di quanti ne avesse mai avuti.

Girò lo sguardo e vide in un lato la bara di legno pronta a contenere il corpo della donna che amava. Si ritrovò a odiare quell'oggetto che simboleggiava la sua natura, la morte. Ma quella cosa avrebbe posseduto lo spirito di Briony, l'avrebbe nascosta al suo sguardo. Era il simbolo della fine.

All'improvviso una porta laterale si aprì e entrò un addetto dell'obitorio.

Era giunto il momento di lasciarla andare.

Elijah sentì il cuore spaccarsi  in mille pezzi e quei pezzi incidevano a forza sull'animo. Era impossibile curarlo.

Elijah si alzò e si mise da una parte mentre entravano Caroline e gli altri a dare l'ultimo saluto a BrionyRebekah lanciò uno sguardo dispiaciuto al fratello ma sapeva che non voleva avere nessuno accanto, nemmeno lei.

Elijah infatti si era immobilizzato, dando le spalle ai presenti ma col viso girato verso Briony: non aveva bisogno di guardarla per ricordarla perché neanche l'eternità sarebbe bastata per far svanire quel viso dalla sua memoria.

Ma lo sguardo di lui rimaneva scavato, perso, come se fosse sul punto di abitare in un abisso in cui non poteva trovarla.

Sarebbe finito tutto entro poco.

Caroline si era chinata ad abbracciare la sorella, piangendo su di lei e non decidendosi a lasciarla fino all'ultimo.

Mentre Elijah, per evitare di morire di nuovo, se ne andò.

Uscì dalla stanza, camminò via, lontano. Aveva bisogno di accogliere ossigeno ma non tentava neanche. L'addio lo aveva prosciugato, consumato dall'interno.

Gli uomini intanto si misero al lavoro nel depositare il corpo di Briony nella bara e di chiudere.

Elijah sentì come se quei chiodi glieli stessero piantando in testa.

 

 

 

Non ti rendi conto di aver perso una persona fino a quando la realtà non viene sbattuta in faccia. La realtà era quella: un panorama spoglio e lugubre, riempito da gelo e foglie di un color autunnale che cadevano lente e solitarie a terra, sottraendosi alla linfa vitale, proprio come alcune esistenze in quel giorno.

Le foglie avevano creato un manto di molti colori, fino a rendere un'opera d'arte la morte stessa. E in quel giorno vi era un funerale, l'addio definitivo.

Era quella la realtà proprio perché questa non rispecchia mai i lieto fine. Quelli sono riservati esclusivamente alle favole, alle illusioni viste da lontano.

E il dolore toglie e toglie ancora, scavando feroce finchè non rimane più nulla dentro di te.

Il funerale nonostante la stagione avveniva all'aperto, tutte le persone che avessero mai conosciuto o amato Briony Forbes erano venute. Molta gente si era riunita in un cerchio ad ascoltare sofferente la messa del pastore: alcuni piangevano, altri sorreggevano e davano conforto ai cari della defunta per mostrare la propria comprensione, altri restavano in silenzio non sapendo cosa dire per rendere muto il dolore.

In lontananza, lontano dal gruppo, vi era una figura appostata contro un albero. La vista potente gli permetteva di vedere cosa stava succedendo, come se fosse sul serio lì.

Elijah si era isolato da tutti, piccola e solitaria figura rimasta lontana da tutto quel dolore, perché il suo di dolore era immane e lo sopportava così. Senza contare che si diceva di non meritare di essere lì, visto che era stato lui a provocare tutto questo, la causa scatenante.

Ma comunque non era riuscito a non andarci, a non dare un ultimo sguardo alla donna che amava, anche se ora era chiusa dentro la bara con sopra moltissimi fiori. Se lui gliene avesse regalato uno, avrebbe finito col far marcire tutti gli altri visto come aveva avvelenato la vita di lei, quindi non aveva portato niente. Solo il suo silenzioso dolore.

Qualche minuto prima Bill Forbes gli aveva rivolto la sfavillante battuta se era per caso soddisfatto del risultato che aveva ottenuto. Elijah lo aveva fulminato con uno sguardo ombroso, di quelli che strappano la carne, ma erano intervenute fortunatamente Rebekah e Caroline per evitare l'ennesima discussione.

Ora il funerale si stava svolgendo e alcune persone dicevano un'ultima parola per Briony. Si fece avanti per primo Stefan, avvicinandosi alla bara dell'amica:

 "Briony é stata buona fino all'ultimo. Non siamo degni di lei." E così dicendo le porse un fiore.

Venne anche Caroline, sorretta da Elena e con espressione devastata in viso. Tuttavia cercava di tenersi il più retta e dignitosa possibile, come sempre.

Disse ai presenti, tentando di mascherare le lacrime con un sorriso.

"Briony é sempre stata una sorella perfetta nonostante alcune volte io non l'ho aiutata nel compito. Adesso sicuramente sarà un pochino contenta di essersi levata l'impiccio." fece una risata strozzata e si asciugò le lacrime con una mano.

Quando squarci di felicità passata si intrecciano alla morte, nel vano tentativo di addolcirla, le ossa tremano e il cuore precipita, scoppia.

"Briony da piccola mi ricamava alcuni vestiti perché ero sempre stata fissata con l'idea di essere la regina delle feste. Era davvero brava con l'ago, col pianoforte, con tutto." un forte singhiozzo risuonò più alto, come un lamento. I presenti abbassarono il capo in segno di rispetto; Rebekah si teneva stretta all'abbraccio di Matt, che quel giorno le era sempre rimasto accanto per consolarla per la perdita dell'unica amica che avesse  mai avuto.

Caroline riprese a parlare con la voce strozzata: "Mi aveva detto.. Ti confeziono io l'abito del diploma se mai ci arriverai..!"

Caroline non resistette e scoppiò in lacrime.

Un altro cuore da lontano si serrò.

"E ora non potrà più farlo, non potrà venire al mio diploma, né alla festa del dopodiploma, né.." Caroline non riuscì più a parlare, si attorcigliava agitata un fazzoletto, e i singhiozzi le tamponavano i polmoni. Le venne in aiuto Elena che la condusse dal resto del gruppo, ricolma da tutto il conforto che poteva ricevere.

Elijah era rimasto lontano, il volto serrato in sintonia con ciò che provava Caroline, anche che se in maniera diversa.

Venne anche Chuck, piccolo nella sua statura ma grande nel suo dolore:

"Briony é sempre stata un'ottimista, una donna forte che non si arrendeva mai. Trovava la luce anche nel buco più nero. Era davvero incredibile.. lei incarnava il meglio di ciò che é umano. Anche nelle avversità non ha mai avuto paura.. Paura di amare, di vivere, di credere.." il nano serrò lo sguardo rattristato e si chinò per porgerle un fiore. "Mi mancherà bisticciare con lei." disse per poi ritornare al suo posto. "Ci mancherà tutto di lei."

Altri vennero ma Elijah non li ascoltò più perché ogni parola era una lama che lo pugnalava.

Che poteva dire lui? Che Briony gli aveva insegnato l'importanza dei valori come l'amore, una parola che non conosceva più? Che gli aveva dato tutto e quel tutto lo aveva perso?

Elijah ebbe voglia di strappare qualcosa ma tanto non avrebbe contato nulla. Giorni addietro si era macchiato di crimini, di sangue pur non ricavandone alcuna soddisfazione. Aveva setacciato il 90% degli stregoni sulla terra ordinando loro di trovare il modo per riportare un'anima defunta nel mondo dei vivi e non aveva accettato alcuna risposta negativa. Uno stregone gli aveva detto che era tecnicamente impossibile se non per un druido e l'ultimo rimasto era Connor, che era definitivamente polvere quindi... Elijah si era sentito talmente beffato che aveva strappato il cuore di quel tizio senza un briciolo di dispiacere.

Niente avrebbe potuto far riportare indietro Briony; lui avrebbe continuato ad amarla e il rimorso lo perseguiterà in eterno.

Elijah emise un debole sospiro, simile al guaito lamentoso di un animale ferito.

Perché non l'aveva allontanata? Perché aveva accettato di mandare avanti una simile follia? Perché l'aveva oscurata col suo mondo pieno di tenebra? Ormai quegli interrogativi non servivano a nulla se non a sottolineare l'evidenza, che era vero ciò che dicevano sugli orribili Mikaelson. E ad aumentare in maniera ossessiva il suo tormento.

Tutto quel dolore pareva fatto di ghiaccio solido: gli impediva di respirare, gli serrava il corpo, artigliandogli la mente e rendendola una poltiglia di immagini: la vita che avrebbe voluto avere, il futuro che non era riuscito a difendere. Tutto ciò lo assillava, irrimediabilmente.

All’improvviso venne il momento di seppellire il corpo.

Il cuore sembrò battergli contro le costole, come se volesse spezzare le ossa e balzargli fuori dal petto a prova della sua immortalità. E magari lo facesse.. Sarebbe stata una morte facile e veloce rispetto a quello che lo attendeva.

Iniziarono a calare la tomba nel buio della terra; Elijah sembrò raggiungerlo, in un abisso senza fine e senza sbocchi di salvezza. Quel buio era come un soffio di vento sull'ultima fiamma della sua umanità. Tutto fu spento quando iniziarono a seppellire. Ogni palata di terra era per lui un peso che lo affossava, lacerazione della pelle e l'affossamento della sua anima.

E poi tutto finì. Il buio aveva seppellito anche lui.

La morte di Briony era la causa della fine di ogni cosa.

I presenti si abbracciarono in segno di consolazione. Le campane suonarono, coi loro funesti suoni. Il rintocco che aveva ossessionato Briony era divenuto infine realtà.

Rebekah abbracciava Matt, il quale le sfiorava delicatamente i capelli per confortarla: si guardarono poi negli occhi con un'emozione ben evidente in entrambi.

Una cosa buona era almeno avvenuta in un giorno tanto terribile.

Elena abbracciava forte Caroline: "Lo supererai... Ti aiuteremo noi.. So che é terribile ma l'unica soluzione é andare avanti.. Briony non vorrebbe vederti così.. Ti augurerebbe la miglior vita possibile anche se la sua si é spezzata."

Caroline sciolse l'abbraccio, sorridendole:  "Lo so... É solo che.. Non é giusto. Non mi sarei mai aspettata che finisse così."

Elena la guardò sconsolata: "Nessuno mai se lo aspetta."

La vita infatti ti impone sempre di seguire percorsi difficili e talvolta impossibili: sarebbe facile impazzire dal dolore, arrendersi, ma é la forza e il carisma in simili momenti che definiscono ciò che sei.. E alla fine avrai il potere di sopportare ogni situazione difficile che la vita é solita riserbare.

All'improvviso Caroline vide una figura passare davanti a lei, quindi si dileguò da Elena e si diresse verso chi gli interessava. "Ehi piccoletto."

Chuck sentendosi chiamato, si voltò. Vide davanti a sé la sorella di Briony, vestita perfettamente ma col viso che stonava un  con quella perfezione. "Ti devo chiedere una cosa."

Chuck corrugò la fronte, aspettando. Caroline invece si morse il labbro, evidentemente nervosa.

"Bonnie mi ha detto una cosa.. Sull'aldilà che attende Briony.. So che può sembrare una scemenza ma.. É vero ciò che dicono? Che le anime come le sue sono dannate per sempre?"

Chuck sbatté gli occhi asimmetrici: "Non tutto ciò che dice il Libro Bianco corrisponde al giusto.. Io credo che quella storia sia solo un'idiozia. Briony nonostante tutto non è mai stata il mostro che tutti dicevano che lei fosse. É una persona buona e ha fatto tutto ciò che doveva con devozione e lealtà. Vedrai che sarà ripagata per questo." E le rivolse un sorriso convinto.

Caroline allora fece un sospiro di sollievo: "Non credo di aver mai incontrato un'anima pura come la sua, e non lo dico solo perché é mia sorella."

Chuck condivise:  "Sarà sempre nei nostri cuori."

Caroline sentì la positività rinascere e si guardò attorno, sicura che la sorella era da qualche parte a vegliare su di lei, a volere il meglio per il suo futuro. In modo o nell'altro Caroline Forbes si sarebbe risollevata e sarebbe andata avanti, come era solita fare. Avrebbe vissuto ricordando la sorella senza abbattersi.

Ad un certo punto alzò il viso e incrociò una figura lontana che stava in solitudine. Ebbe allora il pensiero che qualcuno invece non sarebbe riuscito ad andare avanti e a tollerare quell'assenza che aveva lasciato Briony.

La gente stava tornando alla propria vita. La vita di Elijah invece era svanita.

Non poteva immaginare il futuro perché il suo futuro era stato vincolato al passato, e adesso quel passato divampava e andava in rovina proprio davanti lui. E aveva come prova la lapide sopra la tomba della donna che aveva amato più di quanto potesse esprimere.

Per cosa doveva lottare? A cosa gli serviva l'umanità?

Lei era morta.

La luce che voleva accendersi alla fine dell'oscurità era solo un inganno. Perché qualora l'avesse colta, avrebbe dovuto fronteggiare lo stesso dolore che lo aveva annientato, fare i conti con i dovuti rimorsi, spremersi a sangue, ricordare ancora ciò che aveva perso e che non avrebbe mai più riottenuto.

E poi tutte quelle emozioni umane ormai non gli servivano più, per chi doveva provarle?

Così diede le spalle a tutto, a una speranza che aveva fatto presto a spegnersi, e si consegnò quindi al buio più nero.. all'oscurità che lo sottraeva a ogni cosa.

 

Si può solo andare avanti.. E per certi versi, per certe persone, per certi dolori, si va avanti corrazzandosi d'indifferenza e vuoto, riducendo il cuore in un pugno di cemento.

Sentire, provare emozioni era sopravvalutato.. Ti spremeva ancor di più l'animo, seppellendolo pur di non soffrire, pur di non ricordare...

Ricordare ciò che lo faceva stare bene gli avrebbe provocato solo male in quel presente, una dura amarezza che gli avrebbe sventrato il corpo.

Elijah voleva solo distruggere quel peso e lasciarsi andare all'oscurità, dove i suoi tormenti sarebbero sempre stati più lontani. Il potere della sua natura demoniaca sarebbe stato un buon anestetico, una pozione capace di annebbiare ogni pensiero e accecare le memorie. Poteva anche apparire abborrevole tutto ciò... Far fuoriuscire ciò che lui aveva sempre represso per il suo dilagante onore, ma ora era indifferente a tutto. Sia che le sue mani fossero sporche di sangue o pulite.

E poi cosa importava?

Aveva già perso l’unica cosa a cui teneva. Potevano prendersi tutto il resto.

Non gli interessava nulla, se non i conti in sospeso e il saziare sempre di più il bisogno di vendetta.

Per questo Elijah  fece un ghigno diabolico nel vedere di fronte a sé Damon Salvatore. Ai suoi occhi un morto miserabile che camminava.

Il corvino si mostrò esterrefatto nel trovarsi di fronte l'Originario. Lo aveva pescato pure in California, maledizione. Doveva imparare da Katherine il dono della fuga. Ma Klaus con lei non era stato motivato tanto quanto Elijah in quel momento.

In fondo Damon sapeva che prima o poi sarebbe successo ma non voleva lasciare quel mondo senza le sue solite battute ironiche.

"Sei venuto a bere cocktail nelle spiagge? Non ti facevo un tipo così moderno."

Elijah però non abboccò all'amo. Rimase nella solita postura elegante con le braccia conserte e le labbra tirate in una linea fredda:

"Credevi che mi saresti sfuggito?"

Damon gli rivolse un ghigno arrogante, anche se non aveva alcun appiglio per scappare in quel momento:

"Per la verità sì!"

Elijah corrispose in maniera glaciale e si pulì via un filo invisibile di polvere dal braccio:

"Detto con tutta sincerità io non ho nulla contro di te, solo.. C'e' una spina nel mio fianco persistente che mi fa ricordare certe cose e che non vuole proprio andarsene."

Damon analizzò attentamente gli atteggiamenti dell'Originario, più glaciali del solito. Non c'era più la vita in quella voce e non vibrava più come una voce umana. Era come un colore una volta vivido, pieno di sfumature,  e che poi fosse sbiadito. Spento.

Potette infatti vedere come la sua umanità si era spenta, non vedeva nemmeno di più i resti del fumo della fiamma. Vuoto completamente.

Comunque non si diede modo di provare molta tristezza per lui. In fondo se l'era cercata visto che da sempre lui stesso diceva che Klaus doveva essere eliminato e invece definivano lui il cattivo. Pazzesco.

"Posso levartela io quella spina." replicò noncurante.

Lo sguardo di Elijah allora si schiantò su di lui, ombroso:

"Potrei farlo io stesso con le mani zuppe del tuo sangue."

Damon ingoiò quella minaccia ma dura da digerire, perché sapeva che Elijah non stava scherzando.

"Tu non mi puoi recriminare niente perché avresti fatto lo stesso al mio posto."

Elijah lo guardò però vuoto e indifferente, come se non gli importasse nulla delle sue ragioni e non valeva nemmeno la pena ascoltarle. Ormai la sentenza era già stata emessa dentro di lui.

Elijah si avvicinò lentamente, ritardando in maniera macabra la sua fine:

“Che ti ha promesso Klaus in cambio di venderci tutti a lui?"

Damon aggrottò la fronte come se avesse davanti il più stolto degli stolti: "Klaus non promette, Klaus minaccia. E io non ho venduto nessuno."

"Hai condotto molte persone alla morte per la tua lingua lunga e la tua natura di colpire alle spalle." ribatté Elijah deciso scandendo ogni parola.

Se quel verme non avesse rivelato a Klaus dove fosse nascosta Briony... Non gli importava niente delle sue giustificazioni, non gli importava nemmeno ascoltarle perché non valevano nulla per lui. Doveva pagare.

"Mio fratello e Elena stanno bene, non chiedo altro." disse Damon oscurandosi il volto.

Elijah lo fissò con la medesima espressione di prima, facendogli ben intendere che le preghiere non lo avrebbero salvato dal salire sulla ghigliottina.

Doveva provare empatia per lui? Pietà? Commiserazione? Ormai Elijah non ne era più capace. Non conosceva più alcun sentimento: il dolore se li era divorati tutti, come se fosse un cancro maligno.

Gli girò attorno in maniera felina, non guardandolo però.

“Queste tue parole non ti salveranno.”

Damon sorrise tra sé e sé. Sapere che era di fronte alla morte non gli faceva mordere la lingua lunga che sputava sempre veleno.

“Non voglio commiserazione. Anzi non devo neanche sentirmi in colpa perché ho fatto ciò che dovevo fare, e Briony non era affar mio. Io amo Elena e l’ho salvata dalle minacce di Klaus, e posso comprendere benissimo ciò che hai provato, eccome se lo capisco. Ma non me ne farò un mio fardello perché era un dovere tuo proteggere Briony e se non ci sei riuscito fatti due domande con i dovuti rimorsi.”

Quella frecciatina si tramutò in una breccia che capitolò dentro l’animo dell’Originario: lo colpì, nonostante la sua armatura d’indifferenza.

Damon sembrò non capire il reale pericolo che aveva vicino, o forse lo capiva e gli piaceva giocare duro.

“Se ci riesci ancora, ovviamente.” Mormorò sfidandolo.

Elijah non ci vide più dall’ira e questa ribollì, fremente e implacabile. Afferrò Damon per il collo, in un'altra mossa gli spezzò le ossa delle gambe. Damon gridò per il dolore e cercò di rialzarsi, ma l’Originario gli ruppe anche le ossa del braccio destro. Il corvino cercò di ingoiare il grido con orgoglio ma fu tutto inutile.

Elijah lo guardò privo di rimorsi e dispiacere mentre lo teneva in pugno. Totale glacialità.

“Miserabile. Ho ucciso il mio stesso fratello, credi che mi importi della vita di un insetto come te?”

Quelle parole erano terrificanti e Damon sapeva che doveva essere più accondiscendente, ma come al solito il suo tremendo carattere ebbe la meglio persino in quella situazione. Non aveva intenzione di farsi sottomettere da nessuno, nemmeno da mister Originario in persona. Soprattutto se credeva di aver ragione.

“I miei complimenti, sei riuscito finalmente a uccidere Klaus. Ce ne è voluto di tempo, dovevi darti una mossa prima.”

Gli occhi neri di Elijah ribollirono di una strana fiamma pericolosa e strinse ancora di più la presa sul suo braccio.

Damon strinse i denti, restando in ginocchio.

“E comunque è inutile che te la prendi con me… perché anche se non ci fosse stato Klaus.. la tua fidanzata sarebbe morta comunque da ciò che mi hanno riferito.. quindi se c’è un colpevole tra noi due non sono di certo io.”

Elijah serrò il viso in una linea terrificante.

I ricordi rimbalzarono su di lui, affollandogli la mente che era piena di desiderio di morte. Bonnie gli aveva riferito ciò che era successo quella notte orribile.. o almeno una parte visto che la possessione di Ayana le impediva di ricordare con chiarezza, ma di una cosa era sicura… Briony stava già morendo prima dell’arrivo di Klaus. Ayana aveva minacciato in qualche modo la vita di Elijah e lei allora si era sacrificata per salvarlo… sarebbe morta comunque, con o senza Klaus, con o senza Damon.

Ma quella verità non contribuì a sciogliere la pietra che aveva plasmato il suo animo, non contribuì minimamente a farlo retrocedere da quei pensieri di morte e sangue. Anzi finì solo per aumentarli. Perché solo la certezza che Briony fosse morta per colpa sua poteva veramente dannarlo. Elijah si sentiva un essere degli inferi in quel momento.

Così una folle voglia di infliggere dolore si impossessò di lui, come un demone che gli si ficcava dentro e gli lacerava qualsiasi coscienza, lenendogli così il suo di tormento. Quindi con un ringhio simile a quello di una bestia, spinse rudemente il corpo di Damon a terra in un duro colpo, per afferrarlo poi per il collo mentre la mano si insinuava feroce dentro il suo petto.

Damon si bloccò un attimo nell’avvertire quella presa stritolante, ebbe il pensiero di invocare una qualche preghiera finta, ma Elijah non gliene diede il tempo e anche se lo avesse implorato per lui non sarebbe contato niente. Ormai il desiderio di vedere il sangue di Damon o di chiunque altro nella mano, lo aveva accecato.

Così in una mossa veloce Elijah gli prese il cuore e glielo strappò fuori dal petto.

Damon gorgogliò prima di scemare a terra, privo di vita. Il silenzio proveniente da quel corpo morto combaciava alla perfezione con quello che vi era nel cuore di Elijah.

Silenzio. Nessun battito. Nessuna contrazione vitale.

Con distacco l'Originario gettò il cuore a terra, non sentendosi però un minimo soddisfatto. Non provava niente, assolutamente niente. Il desiderio di vendetta se ne era andato proprio come era venuto.

Ormai Elijah era un essere vuoto, senza vita. Se gli fosse rimasta un’anima sicuramente ciò che aveva fatto a Damon lo avrebbe colpito duramente. Ma Briony si é portata via tutto ciò che era suo, perfino l'anima.

Per lui era arrivato il buio ed era sceso verso la notte più infida e priva di luce, in cui non ci sarà mai più un'altra alba. Mai più.

Elijah se ne andò da quel luogo, in perfetto silenzio. Che venne però sopraffatto da un pianto lontano, inudibile per il vampiro, e non smetteva di logorarsi. Il dolore che proveniva da qualcuno che aveva fatto parte di Elijah e che ora non riusciva più a riconoscere.

 

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Sotto i suoi piedi c'erano macerie, Elijah ci camminava incurante sopra con la sua classica postura elegante. L'indifferenza non gli faceva rendere conto che quelle macerie somigliavano ai cocci della sua vita andata in pezzi.

I passi comunque erano decisi, nella stessa maniera in cui la sua natura aveva calpestato rudemente la sua umanità, ripassandoci persino sopra con gli artigli per essere sicuro che fosse stata smantellata a dovere.

Elijah si guardò attorno: si trovava nella villa in Tennessee in cui si era nascosta Briony con la sorella. Non sapeva bene il motivo per cui ci era venuto, forse un senso di amarezza, non lo sapeva precisamente.

Elijah non ebbe modo di pensare a niente mentre passava il salone ridotto in brandelli, aveva la mente perfettamente corazzata.

Fuori dalla finestra la giornata stava finendo. Luce ingoiata da ombre sempre più allungate, come nel suo cuore.

Arrivò poi alle scale: avevano una linea semplice ma gli parvero inquietanti, come se lì vi avesse camminato la morte..

Elijah non si fece però prendere da stupidi pensieri e cominciò a salire. A metà percorso sentì una sensazione balzargli addosso come una miriade di pugni.. Un fulmine gli passò nella mente, arrestandola.

Qualcuna che arrancava a stremo nelle scale, portandosi dietro una scia di sangue.

Elijah si irrigidì notevolmente. La ragione gli consigliava di non proseguire oltre, di tornare indietro se non voleva che quei ricordi lo imprigionassero.

Ma Elijah testardamente andò avanti, affrontando ciò che doveva affrontare.

Arrivò nel corridoio e istintivamente andò nella camera di Briony, come se una forza lo attraesse lì.

Nel medesimo momento in cui entrò sentì il cuore stringersi, una voragine si allargò nel petto facendogli credere di sanguinare. Ma era quella stanza che sanguinava, i ricordi che si portava appresso.

Con un sorriso amaro Elijah andò avanti. Tanto non aveva nulla da perdere. Fece il giro della stanza e cercò di non permettere a se stesso a quella voragine di spalancarsi di più, a quella morsa di stringersi. Ma non riuscì nemmeno con tutte le sue forze. Perché ogni cosa riconduceva a lei, a ciò che aveva patito prima di morire..

Ogni sensazione, ogni flash era terribile per lui: uno strappo gli si aprì nel cuore, come se due mani stessero tenendo le redini. Le mani della colpa, i suoi artigli non l'avevano lasciato ancora andare.

Elijah cercò di allontanare quelle sensazioni perché avrebbe rischiato di perdere il controllo, di renderlo debole, ma sapeva anche che non poteva tornare indietro dalle sue responsabilità.

Così restò fermo a vedere e sentire come Briony veniva schiantata a terra da suo fratello. Il rumore delle ossa che si rompevano combaciava col crack di un'ennesima spaccatura del suo cuore.

Per ultimo sentì come Briony veniva sbattuta contro la finestra, la sua caduta, il suo grido. Elijah chiuse gli occhi straziati dalla visione più insopportabile esistente; il cuore venne stroncato.

Il grido di Briony soprattutto gli rimase talmente impresso nella mente dal marchiarla a fuoco e scendere giù nell'animo. Il grido si incastrò dentro di lui, torturandolo.

Elijah aprì gli occhi e cercò di riprendere il controllo, di fingersi calmo, e di chiamare perfino l'oscurità a sé pur di non sentire ciò che stava sentendo. Voleva rifugiarsi nelle ombre ma stava inchiodato nel pavimento.

E alla fine capì: era venuto lì per pagare. Un crimine talmente efferato poteva avere giustizia solo col tormento eterno. Elijah richiuse gli occhi, irrigidendosi. Era stato preparato a questo, se lo meritava.. Ma era stato già distrutto.

Perdendo lei aveva lasciato il paradiso per l'inferno.

Per andare avanti non chiedeva altro che lasciarsi andare al senso di vuoto. Ma non sarebbe stato un prezzo equo. Elijah aprì gli occhi scavati e tormentati, quando si accorse di qualcosa sopra a un comodino. La notò perché era rimasta perfettamente intatta.

Era una lettera.

Elijah sbattè le palpebre circospetto, camminando verso di essa, pur consapevole che quella cosa avrebbe contribuito a sbalargare la voragine fino a ucciderlo.

Presa la lettera in mano e in un gesto l’aprì: all’istante riconobbe la calligrafia di Briony e alzò allora gli occhi al cielo, tentato dal non leggere per non farsi ustionare dal contenuto di quella lettera. Ma da un’altra parte, voleva leggere… voleva sentire le ultime parole della donna amata, come se fosse una dolce cantilena di morte.

Decise e abbassò lo sguardo sulla lettera, cominciando a leggere pur sapendo che sarebbe stato l’ennesimo colpo di boia:

“Mio caro Elijah,

Se adesso stai leggendo questa lettera, significa che io non ci sono più. Provo profondo dolore nel lasciarti e in questo momento Dio solo sa quanto mi stia logorando per ciò che mi aspetta… avrei tanto voluto dirti la verità ma non potevo perchè da questa sarebbe uscita soltanto la tua rovina, la tua morte. E io non avrei non mai potuto sopportarlo. Andrei dritta all’inferno pur di impedire che ti succeda qualcosa.

Per questo ti dico che sono consapevole di ciò che accadrà… lo so, e non devi sentirti responsabile di nulla.. perché sono io che l’ho scelto, sono io che ho deciso di andare avanti su questa strada e solo io mi faccio carico di questa colpa, che non deve essere tua per nulla al mondo.

Tu non mi hai portata alla morte, Elijah. So che ora lo stai pensando, che ti stai torturando nel credere che il nostro amore sia stata solo una condanna per me. Ma non è così. Mi sacrificherei in ogni momento per te, ma questo non significa che me ne sono pentita o che tu mi abbia dato solo sofferenza e morte. Tu mi hai fatto sentire viva e amata come nessun altro avrebbe mai potuto fare.

Mi provoca enorme dolore scrivere questa lettera ma questo non è un addio. Perché io rimarrò sempre con te, anche se non potrai vedermi né sentirmi... io ci sarò e continuerò ad amarti.

Ti scrivo questo per dirti che il mio non è un abbandono. Lasciarti una volta è stato intollerabile, lasciarti una seconda volta sarebbe stato impossibile… avrei dovuto lacerarmi per farlo. Farò ciò che devo fare per prodigarmi che le persone che amo vivano serene e senza più pericoli. Lo faccio consapevolmente e non mi tirerò indietro. Ma non vi abbandonerò. Né te, né Caroline, né Rebekah, né Chuck né tutti gli altri a cui ho voluto bene. I miei pensieri saranno sempre rivolti a voi.

Dì a Caroline che l’amo, che l’ho sempre amata fin da quando ha aperto gli occhi su questo mondo. Deve continuare a fare ciò che le piace, non deve spegnersi.

E se a volte i miei ricordi ti recheranno dolore, allora dimenticali, perché alla fine io voglio che tu sia felice. Tanto quanto io ho potuto esserlo con te. E lo sono stata tanto, davvero tanto…

Ti amo.

Spero che sia abbastanza perché è tutto quello che ho. Ti ho amato tantissimo, e non saprei immaginare come si possa amare di più.

E ti prego di non perdere mai fiducia in questo, mantienila sempre. Spero che con questa lettera riuscirai a capire, ad andare avanti e a dare un freno al tormento che so che ti sta uccidendo.

Non mi devi essere debitore di niente perché sono io a ringraziarti. Grazie dei ricordi che mi hai dato e che custodirò per sempre nel cuore. Grazie di avermi amata e di aver accettato il mio amore.

Ti amo.

Adesso e per sempre.

Briony.”

 

Per tutta la durata della lettura, Elijah aveva trattenuto il respiro inchiodato in gola, sapendo gli avrebbe trafitto la trachea come un pugno rovente e gli avrebbe scuoiato la carne. Ma invece non fu così. L’espressione era imperturbabile e spenta, il respiro era fluito via e non era sceso a distruggerlo in mille schegge affilate. Semplicemente se ne era andato. E Elijah avrebbe tanto voluto morire insieme a quel respiro, desiderava che tutto finisse per sempre in quel momento.

Come diavolo poteva andare avanti, dimenticare, far finta di non sentire quel peso? La mancanza di Briony ora si faceva sentire più che mai dopo le sue parole, sussurrategli all’orecchio come un dolce veleno che aveva il potere di annientarlo. Sentiva la sua mancanza come se avessero reciso una parte importante di se stesso.

All’improvviso Elijah avvertì qualcosa di tangibile nel palmo ma non riuscì a identificarla che cadde per sbaglio a terra: era un oggetto rifilato dentro la carta; non se ne era accorto visto che le lettere di Briony avevano avuto le sembianze di una lama affilata, che effimera, gli aveva colpito il cuore.

Stupito da quell’oggetto Elijah si chinò per prenderlo e lo raccolse. Si rimise in piedi e lo analizzò.

Il cuore ricevette l’ultimo colpo che avrebbe potuto subire. Un colpo più atroce, e impossibile da sostenere, non esisteva.

No…

Elijah non voleva credere ai suoi occhi, non poteva credere a ciò che aveva in mano.

Anche quella era una collana… ma era una collana diversa dalle altre, era speciale… Briony ne aveva raccontato la provenienza un giorno… gli aveva detto che era stato un regalo di Jenna e che lei avrebbe dovuto donare quella collana all’unico vero amore della sua vita, a chi sarebbe stato degno di custodire il suo cuore.

Elijah si sentì accartocciare su se stesso, seppur l’espressione spenta e indefinita.

Lui degno? Di cosa era degno? Non era mai stato degno di lei né dell’amore che gli aveva portato. Aveva ragione Caroline, se avesse avuto un po’ di ritegno si sarebbe infilato il paletto di quercia bianca nel cuore, pur di cancellare lo sdegno e lo macchia repellente e disonorevole di cui si era macchiato.

Aveva lasciato alla morte la persona che aveva sempre detto di amare…  dunque di cosa doveva essere degno? Si sentì un essere ignobile, immeritevole di respirare.

Strinse la collana nel palmo, la serrò duramente. Il metallo era freddo. E non appena ebbe la gemma in pugno, gli parve un inferno di ghiaccio e i ricordi si fecero lame. Il pugno rimase chiuso, il dolore oltrepassò il freddo che lo intorpidiva.

Briony era morta in quel posto, assieme all’anima e al cuore di Elijah.

E lei aveva sigillato il suo di cuore in quella lettera, in quel ciondolo. Un dono immeritevole per lui, che quasi odiò per il suo significato.

Elijah strinse ancora il pugno e in un impeto improvviso, implacabile, di rabbia lanciò il ciondolo dritto contro una parete. Il colpo fu perfetto, agghiacciante, pieno di tutta la brutale sofferenza che Elijah sentiva. La collana venne spaccata, il suo simbolo si disintegrò. A terra c’erano solo dei resti, resti come le macerie giù in salone, resti infranti del suo cuore.

Elijah si sentì diventare cenere dello stesso amore che era stato consumato, niente pareva vivo in lui. Se non qualcosa… qualcosa che da tempo non lasciava sgorgare.

Dopo il duro colpo ebbe il fiato pesante come se aveva lanciato una montagna, gli occhi sembravano un cielo in tempesta, pareva fuori di controllo. Sentì un oceano alla gola, sentì le sue acque strozzarlo e riempirlo fino a ucciderlo. Era troppo potente il suo avvenire. Elijah si mise una mano sul viso per controllare ciò che gli stava succedendo dentro, qualcosa che non riusciva a identificare e che suo malgrado temeva.

E il dolore, troppo a lungo trattenuto, sgorgò.

Elijah allontanò la mano dal viso e la scoprì bagnata. Ne fu stupito, perplesso. Non si era nemmeno reso conto di cosa fosse successo.

Qualcosa di umido gli scivolò sul viso. Gocce di mare, lacrime? Il sapore era lo stesso, bruciava, era come sale su una ferita aperta.

La prima lacrima gli era caduta senza che avesse nemmeno il tempo di accorgersene. Era accaduto così velocemente e inconsciamente da non riuscire a capacitarsene.

E poi non riuscì a mandarle più via, come se quelle gocce abituatesi al suo stato emotivo debole potessero finalmente uscire allo scoperto e venire alla luce. Da quanto tempo Elijah non sentiva le lacrime scavare dei sentieri di fuoco sul quel viso troppo spesso di ghiaccio? Colavano giù come sangue, come se avesse dentro un’emorragia.

Doveva fare qualcosa per frenarle ma quelle gocce scivolano anche nel deserto nella sua anima, contaminandolo con la terribile sofferenza.

In un gesto stizzito riuscì togliersele con l’altra mano asciutta, riprendendo un minimo di contegno, ma la realtà non si era abbastanza scagliata su di lui.

Sembrava quasi la ripresa di un film, in cui la visuale si concentrava maggiormente sul suo viso, specialmente sull’occhio destro che venne rivolto verso la finestra. La luce debole del tramonto illuminò una goccia trasparente di dolore, che scese lentamente giù e poi fu accompagnata da un’altra.

Quella visione sarebbe stata struggente per ogni telespettatore perché anche se non vedeva tutta l’espressione del viso, comunque poteva riconoscere la sofferenza che traspariva esclusivamente dagli occhi, dalla loro profondità, da ciò che dicevano nel silenzio.

E Elijah per la prima volta si arrese, lasciò semplicemente che quelle gocce scivolassero lungo il suo viso ricolmo di bruciature. Rimase in silenzio, apatico, privo di forze mentre teneva le braccia lungo i fianchi. Lo sguardo rivolto in un punto impreciso della stanza.

Dicono che la vita va avanti ma qualcosa dentro di te si ferma, per sempre.

E lui non si sarebbe mai risollevato da questo, mai. Sentiva una sofferenza così atroce da non considerarla nemmeno umana… e infatti lui non era umano, ma allora perché avvertiva un tale dolore nel cuore che mai avrebbe dovuto esistere?

Perché il sentimento che sentiva per Briony non voleva proprio lasciarlo… non avrebbe mai abbandonato il suo ricordo, qualsiasi cosa lui facesse. Perché lei faceva parte di lui nel modo più assoluto, gli risiedeva nel petto proprio come faceva il cuore, che anche se era spento riusciva ancora a fremere e avvilirsi per lei.

Ma questo doveva farlo sentire meglio? Che lei in fondo non era scomparsa del tutto? Elijah non ne aveva idea, per la prima volta in vita non era sicuro di niente, si sentiva troppo scombussolato.

Fece un grosso respiro e andò a sedersi sul letto. Lo stesso letto che aveva fatto da scenografia alla loro ultima notte di passione, all’ultima volta che era stato dentro di lei, che l’aveva posseduta anima e corpo, senza mai esserne sazio. Se i vampiri avevano fame di sangue, lui sentiva il bisogno famelico di tutt’altra cosa.

Ma ora non si diede modo di pensarci né di ricordare. Altrimenti sarebbe sul serio impazzito.

Fece un sospiro. Di solito la morte era silenziosa, come un’ombra cupa… e allora qualcuno doveva spiegargli perché l’assenza di Briony faceva un rumore così assordante. Forse non era stato punito abbastanza.

Con la manica della giacca si pulì il viso degli ultimi residui abbondanti delle lacrime e capitolò in un senso di passività.

Il nero manto della solitudine avvolgeva ogni cosa. Occultava ogni suo pensiero. Il suo animo pareva un’ombra errante nel vuoto, non aveva forma né ragione in quel momento.

Ad un tratto, avvertì qualcosa… una flebile presenza insieme a lui nella stanza. Una luce opaca profumata di ricordi.. alcuni meravigliosi, altri terribili.

Elijah si immobilizzò, come se fosse stato rinchiuso dentro una prigione. Non osò alzare lo sguardo ma sapeva già cosa avesse davanti. Si sentì pungere da centinaia di spilli che gli perforarono la pelle quando udì una voce.

“Ciao Elijah.”

Quella voce sembrò provenire da molto lontano, al di là del mondo. Ma l’avvertì vicina e Elijah si paralizzò ancor di più, non osando muovere gli occhi.

Briony si mise delicatamente a sedere di fianco a lui. La luce che l’aveva illuminata ora si era spenta, sembrava una normale ragazza che era venuta a far visita al suo uomo. Portava lo stesso abito bianco col quale era stata seppellita.

Elijah continuava a non guardarla, sembrava una salma.

Briony invece persisteva a fissarlo, speranzosa che lui si sarebbe voltato.

“Guardami.”

“Se lo facessi, morirei di nuovo.” Rispose Elijah dalle profondità del suo animo.

Briony si fece intristire dal suo stato d’animo ma non poteva aspettarsi nulla di diverso. Gli prese il viso con un mano per farlo voltare verso di lei delicatamente.

Voleva guardare i suoi occhi ma Elijah li chiuse. Briony sentì ad un tratto delle lacrime bagnarle la mano e nel sentirle si commosse profondamente. Non voleva vederlo così, ne soffriva troppo. Lui non se lo meritava.

Elijah si era mosso di poco verso di lei ma rimaneva ancora col volto distante, gli occhi chiusi. Briony lo richiamò di nuovo,  e lui questa volta si mosse.

Ma lei non si aspettò questo… Elijah la stava fissando con uno strano sguardo: il pianto gli rigava le guance, l’espressione era scavata e livida, e gli occhi… occhi ricolmi di durezza, di ghiaccio plasmato. Come se la stesse colpevolizzando di ciò che gli stava appunto facendo.

Incredibile come sofferenza e durezza fossero unite in un unico sguardo che l’avrebbe fatta sobbalzare, se non fosse stata solo e un semplice fantasma.

“Vuoi che me ne vada?” domandò lei timorosamente.

Lui non rispose, rimase con quella linea dura permanente e poi si voltò di nuovo dall’altra parte, non concedendole più alcuno sguardo.

Non la voleva vicino, non desiderava la sua vicinanza, la colpevolizzava di essersene andata, di averlo lasciato senza avergli dato scelta… questo Briony captò dal suo allontanamento.

Si sentì male dentro ma non poteva biasimarlo… cosa si aspettava, un comitato di benvenuto? Era ovvio che Elijah si sarebbe chiuso in se stesso, che avrebbe aderito alla fiacca solitudine.

Briony con un sospiro si alzò, sempre guardandolo. Lui non accennava a muoversi, rimaneva immobile.

Capendo che doveva lasciargli il suo spazio, che non doveva fargli ulteriori pressioni, lei gli diede le spalle e stette per ritornare dall’altra parte.

Era stata una brutta idea venire, non avrebbe mai dovuto farlo… aveva finito solo col farlo soffrire ancora di più…  lui non la voleva più vicina.

Fece un altro passo, ma poi qualcosa la prese in contropiede. Anche se era un fantasma sentì perfettamente un braccio afferrare il suo, farla voltare velocemente e affondare in uno schianto contro un petto. Briony si sentì mozzare il fiato per quella mossa improvvisa e urgente.

Elijah la teneva ancora stretta per il braccio, una mano era deposta sulla testa di lei per farla immergere nel suo petto sempre di più, gran parte del suo viso era stato affondato nei capelli di Briony. Un abbraccio ferreo, bisognoso, stretto, che pronunciava tutto il suo tormento, il suo amore, la sua disfatta. Un abbraccio che gridava, sovrastava ogni altra cosa.

Briony si era fatta cogliere così alla sprovvista da non sapere reagire in alcun modo, teneva gli occhi aperti, le narici vennero assuefatte dall’odore di Elijah che le era tanto mancato nella vita reale.

“Sei tu?” domandò Elijah in un tono che lei non aveva mai udito da lui.

Le vennero le lacrime agli occhi, bruciarono proprio come era successo a lui.

“Sì.” riuscì a dire.

E lui non ebbe bisogno di altre risposte in quel momento. L'agonia lo aveva bruciato, lasciandolo come un guscio carbonizzato. Ma ora si sentì diverso, ristorato.

Le fece sollevare la testa e lui ritrovò il respiro proprio dalle labbra che glielo avevano rubato in modi diversi, trascinando con esso persino il cuore che Elijah non pensava di poter sentire battere ancora. Illusione forse, ma non importava.

La baciò con voracità, pressando sulle sue labbra per trovare un contatto così passionale da risultare distruttivo. Briony si strinse a lui, contraccambiando quel bacio divoratore che le avrebbe lasciato le labbra in fiamme. Si sentì stordire e perdere i sensi, come se lui volesse catturarla e intrappolarla. Come se avesse fame di lei.

Ma non voleva e non poteva fermarlo. Ormai il loro futuro era stato strappato ma non poteva lasciar andar via anche quel momento.

Briony sentì il sapore salato di una lacrima sulle labbra. Non avrebbe saputo dire a chi appartenesse dei due, ma voleva cancellare il sale di quella ferita così da renderla meno dolorosa. Premette quindi di più la bocca su quella di Elijah, distorcendo ogni plausibile dolore. 

Briony non resistette e gli baciò il viso, accarezzandoglielo. Non si accorse se c'erano lacrime, voleva solo sentire il tepore della sua pelle.

"Ah amore mio.." gli bisbigliò drogandosi del suo odore e ispirò forte contro di lui. Sentì Elijah muovere la testa e baciarle i capelli; il vampiro riprese il comando, la baciò sulle palpebre, su una guancia, sul collo e poi risalì sulla sua fronte. Lì vi soffermò respirandovi sopra. E Briony si crogiolò del suo respiro.

Si sentivano in armonia con se stessi, indiscutibilmente privi di peso.

Elijah poi riabbassò il viso e si riappropriò delle sue labbra in un bacio per nulla casto, come se fosse un bisogno fisico. Poi si staccarono e lui appoggiò la testa di Briony sul suo petto.

"Che succederà ora?"

La ragazza tremò alla domanda del vampiro. Lui aveva il viso rivolto alla sua sinistra, lei alla sua destra. Apparentemente vicini, stretti in un unico corpo ma con direzioni opposte da perseguire.

Briony sapeva cosa affliggeva Elijah, per questo il tremolio non cessava. Era intimorita dal dolore che gli stava infliggendo:

"Ritornerò indietro.”

Elijah senti allora dei fili metallici incandescenti tirargli il cuore.

"No." ribatté solenne stringendo la presa su di lei.

Briony scosse la testa, afflitta da ciò che gli stava procurando:

"Elijah..."

Lui però rafforzò la presa sul suo gomito. Non ammetteva alcuna replica:

"No. Tu devi restare. Il tuo posto é qui. Troveremo un modo. Chiameremo Bonnie Bennet, chiunque possa aiutarti."

"Non c’e modo. Sono morta Elijah. Non puoi combattere questo dato di fatto. E anche se in qualche modo ci riuscissimo non sarei più io.. non posso correre il rischio di fare la stessa fine della sorella di Ylenia.."

Elijah allora la fece scostare e la guardò dritto negli occhi. Non crollò, Elijah, questa volta rimase ritto e austero proprio come tutti lo conoscevano. Briony trovò il suo viso asciutto da sentimenti ma nell'ombra dei suoi occhi scorse l'abisso della delusione e dell'abbandono. 

"Quindi vuoi farti lasciare andare? Perché la realtà non si cambia." affermò lui duro ripetendo alcune sue parole del passato con una punta di glacialità.

Briony rabbrividì e gli toccò il viso, sussurrando il suo nome per fargli capire.

Ma lui le prese le mani per allontanarle dal suo volto, e così fece anche col proprio corpo. Stava soffrendo nel sentire la sua vicinanza, il cuore si stava gonfiando ma non doveva permetterlo perché razionalmente sapeva che non doveva dar credito a quelle sensazioni, poiché gli avrebbero dato la dolce e velenosa illusione di curar le sue ferite per poi scomparire in breve tempo e sarebbe così caduto di nuovo nell'abisso, ma più profondo di prima.

Briony gli fissava la schiena dispiaciuta ma con un luccichio speranzoso negli occhi:

"Sono venuta qui per te, ho poco tempo."

Suo malgrado Elijah si sentì restringere l’animo. Avrebbe tanto voluto toccarla, riabbracciarla, ma avrebbe solo intensificato il suo tormento e non ci sarebbe stata fine.

Vedendolo irrigidirsi, lei proseguì:

"Volevo vederti, stringerti a me, alleviare il peso che senti."

Elijah allora fece una fredda smorfia prima di girarsi. Apparentemente aveva lo sguardo vuoto, come se non volesse mostrare il cuore perché così profondamente ferito da non sembrare umano; sanguinava.

"Non é un peso che si può alleviare se tu scomparissi. " replicò lui facendo intravedere dalle parole come avesse bisogno di lei nonostante il tono neutro.

Briony sospirò:

"Elijah ascoltami.. Non fare questo a te stesso." disse come se sapesse verso cosa lui stava andando incontro. Un destino buio, fatto solo di vuoto e morte pur di sopravvivere alla sua assenza. Non poteva permetterlo, era lì per questo.

Ma lui non la lasciò continuare; alzò la mano con espressione rigida:

"Quindi dovrei lasciar perdere, voltare pagina, dimenticarti." disse mestamente non guardandola negli occhi.

"Voglio solo che tu non soffra."

Lui allora alzò lo sguardo su di lei. Non voleva mostrare così apertamente la sua tristezza, non voleva far risalire ciò che lo aveva già annientato ma fu impossibile nelle seguenti parole, che apparivano come una delicata richiesta.

"Per farlo allora devi rimanere.."

Briony si trattenne dal rispondere, notando il suo tormento. Elijah si avvicinò piano a lei con un'emozione ben evidente negli occhi che lui non riuscì a controllare come vorrebbe:

"Non.. Non andare."

Quelle suppliche le formarono un terribile nodo in gola che le ostruì le vie respiratorie, anche se non aveva bisogno di respirare. Ma in quel momento Briony ne aveva.. Niente la distruggeva quanto la sofferenza di Elijah. In quel momento le stava rivelando il suo dolore, innegabile dolore.

"Se dipendesse da me resterei qui con te per sempre. Ma non posso farlo, non posso proprio." mormorò rattristata.

Questo comunque non cambiava la cose. Elijah tornò ad indurirsi l’espressione.

"Tutto ciò che mi rimane è questo allora. Non puoi defraudarmelo." disse facendole intendere com’era diventato il suo stile di vita e che non poteva tornare indietro, a meno di non voler soccombere sotto il peso di sentimenti assassini.

Briony infatti scorse in quegli occhi scuri una strana luce, una di quelle scintille che offuscavano la luce della umanità per poi spegnerla e catapultare tutto il suo essere nel buio più tetro della notte.

Ma Briony non riusciva a vederlo così, voleva combattere per riportarlo indietro. Gli si fece vicina e gli raccolse il viso in una dolce carezza:

"Ma questa umanità, la tua umanità, non è morta. Se non fosse viva,  non ci sarebbero lacrime nei tuoi occhi. Non ci sarebbe collera nella tua voce."

Elijah abbassò il viso con un sorriso mesto. Non era sicuro che fosse vero, c’erano troppe cose in ballo e gli sembrava di percorrere solo i meandri dell'oscurità dove ogni luce era preclusa.

Allontanò delicatamente le sue mani per riprendere il controllo e tornò a guardarla in viso. Fu impossibile allora per lui trattenere le emozioni dal colorargli il volto. Lei era l'unica ragione per cui restare in vita. E l'unica ragione per cui morire.

Sentì il respiro affievolirsi dinanzi alla sua figura:

"Sembri un angelo."

Briony gli sorrise dolcemente.

"Che cosa ti é successo?" domandò lui aggrottando la fronte ma lei lo interruppe.

"Ssh ora non ha importanza. Devi fare una cosa per me." disse fissandolo dritto negli occhi. "Ti chiedo di continuare a vivere.. Fallo per me, per la tua famiglia."

Nelle sue parole vi era il tentativo di salvarlo perché aveva già intravisto come Elijah si stava annullando, come non era più lui... Negli occhi verdi si affacciarono le stesse lacrime che aveva versato nel vederlo così.. Logorato, vuoto e solo.

"Vederti in questo stato mi angustia, non posso sopportare di vederti così. Mi fa male il cuore anche che se non batte più." gli mormorò in tono commovente.

Elijah abbassò lo sguardo severo,  scuotendo la testa. Di nuovo non si riteneva degno, non poteva abbracciarla con quelle mani sporche di sangue e di crimini perché non si poteva cancellare il passato. Non voleva di nuovo contaminare l'angelo.

"Dovresti odiarmi."

Briony sospirò e gli diede un delicato bacio sulle labbra, per dimostrargli invece tutto il suo amore.

"Non dire queste cose." gli sussurrò restandogli vicina.

Elijah così si sentì di nuovo affliggere, come se  una lama gli entrasse dentro ogni volta che lei gli dimostrava di amarlo. Come poteva farlo ancora? Perché lo consolava? Le aveva dannato l'esistenza con la sua natura maledetta e avrebbe dovuto insultarlo, arrabbiarsi, e invece gli dava dimostrazione di fedeltà fino all'ultimo. Non se lo meritava, si disse di nuovo serrando il viso.

"Ti chiedo di fare ciò che ti ho detto una volta." disse Briony all’improvviso.

Elijah la fissò allora sospettoso:

"Cosa mi stai chiedendo?"

Ma in realtà lui aveva già capito. Le preghiere che lei gli aveva fatto la notte in cui era morta la prima volta.

Non buttare via la tua umanità anche se io non ci sarò più. Non devi farlo ti prego. Non aggiungere al tuo dolore altro odio, altra glacialità… promettimelo ti prego. Promettimi che non tornerai a far spegnere il tuo cuore, promettimelo.

Elijah avrebbe tanto voluto non rimembrare quel fatto doloroso, soprattutto perché non era in grado di adempiere alla promessa senza prima o poi tradirla.

Ma Briony si fidava ciecamente di lui.

"Devi farlo per te stesso. Ti stai distruggendo. Non spegnerti né mollare tutto quello che hai conquistato in tutto questo tempo." disse stringendolo nelle braccia per infondergli forza.

"Che altro mi dovrebbe rimanere? Tu e mio fratello non ci siete più, per colpa mia." ribattè lui crudo per dimostrare che non aveva niente di buono e bello per cui vivere. Sarebbe ritornato lo stesso essere senza vita e senza emozioni prima che lei lo incontrasse, anzi peggio dopo aver perso ciò che di più caro aveva.

"Hai l’immortalità davanti e l’affronterai come hai sempre fatto in questi secoli, anche se ora ti risulterà molto più doloroso. Ma non sarai solo.." Briony a un certo punto vide i resti del suo ciondolo. Ciò nonostante le fuoriuscì un reale sorriso:

"Sei ancora così testardo che ogni mia parola non ti vuol entrare in testa."

Elijah udì il suo sorriso: un suono tristemente familiare. Anche lui lo fece, ma imprigionato in una smorfia di dolore.

Briony sembrò leggere i suoi pensieri dilaniati e che non gli permettevano di lasciarsi andare:

"Non fartene una colpa. Era l’unico finale possibile per noi, Elijah. Ma questo non vuol dire che ciò che abbiamo passato sia stato inutile, uno sbaglio o una perdita di tempo. Ora posso offrirti solo questo, ricordi e i miei pensieri. E’ triste ma è così... la speranza che io torni finirà solo per tormentarti, devi conviverci e andare avanti."

Elijah sollevò lo sguardo con la stessa espressione di prima, ma più scavata e nostalgica.

"Davvero triste." ripeté lui.

Briony lo fissò con tutta la delicata innocenza del mondo, e lui davanti a un simile sguardo sentì tutte le macchie dei suoi crimini corrodergli la pelle. Lei alzò le mani e lui ebbe l’impulso di scostare la testa all’indietro perché non voleva macchiarla.

Ma lei non ebbe paura di lui, non lo rifiutava, e gli prese quindi il viso tra le mani. Glielo accarezzò  delicatamente, come se stesse calmando l’ira di una bestia in procinto di fuoriuscire.

E Elijah a quel gesto delicato, pieno di ricordi, si arrese: socchiuse le palpebre e le venne persino incontro, adagiando le guance di più nei suoi palmi. E nel petto un battito solitario, uno spasmo agonica della sua umanità.

Si chiese tuttavia come avrebbe fatto a sopravvivere senza gesti simili.

Briony gli si fece più vicina, guardando con dolcezza il volto tormentato di Elijah:

 "Quel sogno é stata la cosa più bella che mi sia mai capitata. Mi ha portato a te.." La voce tremava sulle malinconiche note della triste nostalgia; le lacrime luccicanti scendevano giù anche se le labbra formavano dei sorrisi. Perché dalla sua natura maledetta Briony  aveva ricavato la cosa più importante, la più essenziale.

“E non lo rimpiangerò mai. Non devi farlo neanche tu.”

Elijah scosse piano la testa, non aprendo le palpebre:

“Non rimpiango ciò che siamo stati.  Ma ciò che ti ho causato.”

"Smettila di rimpiangere il passato. Non allevierà le tue pene, anzi, le aumenterà soltanto…

Briony gli fece sollevare di più il viso per guardarlo negli occhi e trasmettergli così tutto quello che voleva dirgli. Elijah accolse in silenzio il suo desiderio e la fissò, facendosi cogliere da emozioni molto più umane di quanto il suo essere in realtà fosse.

Non riuscì però a negarlo né a nasconderlo dietro alla sua fredda barriera perché fu letteralmente catturato da lei.

“Quando un soffio di vento ti accarezzerà il viso o quando un raggio di luce attraverserà la finestra della tua casa, sarò io, capito? Io non me ne vado.” Gli sussurrò lei con la dolcezza tragica più umana esistente. Le lacrime le facevano ancora brillare gli occhi verdi.

Elijah la guardò, non riuscì a fiatare. Si sentì commuovere dentro.

E infine lasciò che le loro anime entrassero in contatto, trovandosi ed unendosi in un legame indissolubile. 

Fu come se Briony avesse sfondato una porta oscura e la luce si riversasse fuori dalla breccia.

Elijah questa volta non la allontanò né la combatté, ma si fece attrarre senza resistenze o barriere.

E cercò, di nuovo, la sua bocca in un altro bacio. Diverso, più dolce, più desiderato, più nostalgico, più attento e confortevole come una coperta di lana che ti riscalda dal gelo dell’inverno.

Il vampiro la strinse di più a sé, attento a non farle male perché Briony gli sembrava una cosa fragile che poteva benissimo schiacciare come un fiore.

E lei si abbandonò a lui come sempre, condividendo ogni battito e respiro. Elijah sentì la sensazione più sublime e magnifica che avesse mai sentito nel vedere che lei accettasse che quelle stesse mani, che l’avevano condotta alla rovina, ora le stessero toccando delicate la pelle.

L’angelo ritornò a fondersi in tutt'uno col demone, senza paura che lui la marchiasse. Bianco e nero non più separati da una linea sottile ma uniti e mischiati a vicenda. Tante emozioni parlarono in quel bacio, uniche nella loro essenza e prive di inganni. Perché il demone non stava corteggiando l’angelo con il suo potere oscuro e tentatore: la stava tenendo a sé in una dolcezza che non avrebbe mai per nessun'altra, in un timore di poterle fare del male.

Si erano amati, scontrandosi a vicenda, graffiandosi a sangue, e poi divenendo l’uno parte dell’altro, un pezzo intoccabile della propria anima.

Elijah lasciò le labbra di Briony per sfiorarle il collo col suo respiro, e il profumo di quella pelle lo colpì con la forza e la fragranza di un veleno. Ma non per la sete, era affascinato da tutto di lei e non avrebbe mai potuto farne a meno col rischio di pensare che la propria vita era finita.

Tra poco non l’avrò più. Pensò e desiderò solo stringerla, senza parlare. Aveva sempre trovato piacere in quella semplice cosa.. le sue braccia attorno a sé, la sua mano che gli stringeva alcuni ciuffi di capelli, le sue labbra che gli davano pace e scioglievano il suo inferno interiore.

Si tennero stretti stretti l’uno all’altro, assaporando quel momento, il più lungo degli addii.

Briony sentì il respiro di Elijah a diretto contatto col suo orecchio e sentì come se un flusso vitale stesse rinascendo in lei. Strinse le palpebre, maledicendo quella fantasia che agognava e sospirando per via di quella perdita che faceva più male di tutte.

Si accucciò su di lui, non volendo mai allontanarsi, ma poi sospirò di nuovo e si allontanò piano dal vampiro, toccandogli il viso con una mano.

Elijah cercò di tenere a freno il dolore che scaturiva da quella separazione, un dolore di carne squartata e sangue versato.

Briony guardò ogni punto del suo viso mentre pronunciava le seguenti parole:

"Promettimi che sopravvivrai, che lotterai, che non cambierai te stesso, qualunque cosa accada…” Lo guardò infine negli occhi neri, dove si immerse per l’ultima volta. 

“Promettimelo adesso, e non dimenticare mai questa promessa.”

Elijah serrò il viso, nutrendosi di quella vista celestiale usufruendo non i denti ma gli occhi.

“Te lo giuro, Briony.”

Fu l’ultimo sorriso che l’Originario vide su quel volto. Il più bello fra tutti i sorrisi che potesse ricordare. Lei gli aveva creduto, e non perché Elijah era un uomo d’onore ma perché quella promessa proveniva dal profondo del cuore.

All’improvviso una piccola luce apparve dietro di lei e Briony si girò. La malinconia la avvolse: era arrivato il momento, Ylenia le aveva concesso anche troppo tempo. I morti non possono restare nel mondo dei vivi. Ma in fondo muore davvero qualora chi lo ama smette di ricordarlo.

Elijah si accorse di quella luce e serrò ancor di più il viso in maniera livida.

“Te ne andrai?”

Lei si girò, guardandolo con serenità. “No.” Gli rispose “Resterò qui.” E gli toccò il cuore, in un gesto inequivocabile.

Elijah la fissò in maniera quasi nostalgica, ma non con la stessa potenza del dolore di poco prima. Aveva accettato suo malgrado quel destino, che anche se li stava apparentemente dividendo, non avrebbe mai cancellato il sentimento che avevano provato e che sarebbe durato per l’eternità. Un sentimento che andava oltre a tutte le forze del male.

Briony si mise in punta di piedi e gli sfiorò le labbra con le sue: fu un bacio leggero e dolce, scandito dal loro legame inscindibile, e che si impresse nella mente dell’Originario come un marchio a fuoco. Rispose a quel bacio delicato, sfiorandole il viso con una mano come se le stesse dicendo per l’ultima volta addio; mentre un leggero venticello entrava dalla finestra aperta e mosse lievemente i capelli della ragazza.

“Ti amo Elijah, ti ho sempre amato.” Gli disse lei in un soffio, un secondo dopo essersi staccata.

Entrambi avevano gli occhi chiusi, fronte contro fronte, e poi tutto svanì… trasportato via dalla luce fatta all’improvviso più brillante e estesa.

Elijah aprì gli occhi di scatto quando non avvertì più la vicinanza di Briony vicino a sé. Non c’era più nessuno nella stanza, nessun segno. Era stato un sogno?

Ma non poteva essere.. Elijah sentiva ancora quelle sensazioni dentro, il candore innocente sulle sue labbra.

Avvertì una stretta dolente in un punto preciso nel petto, e poi ci fu rumore leggero, un tocco portato dal vento. E mentre quella stessa brezza gli scostava i capelli, Elijah sospirò con occhi socchiusi.

Sentiva di nuovo il cuore vivo dentro di sé e si chiese se avrebbe sopportato il suo fardello, il peso che ne avrebbe ricavato da quelle sensazioni contrastanti.

Ma almeno l’oscurità si era diramata dentro di lui, non aveva più forma.

Elijah si rinchiuse dentro se stesso, cogliendo gli ultimi istanti passati con la donna che aveva perforato, di nuovo, le nubi che oscuravano la sua anima.

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Di solito quando non si possiede più nulla, si è pronti a diventare niente.

Elijah certe volte lo aveva pensato nella sua lunga immortalità. I tempi in cui si ha tutto e in cui si perde ogni cosa si rincorrono in una scia agghiacciante, e dura sempre di più il secondo perché la realtà non è mai perfetta né giusta.

Tuttavia Elijah non si sentiva così in quel presente… non così vuoto come prima.. esistevano sempre delle fitte che rischiavano di spezzarlo, di bloccarlo seduta stante, mentre la mente diveniva un groviglio di pensieri tortuosi. Ma in un modo o nell’altro riusciva a tenere tutto ciò a bada, a conviverci, a crearsi una seconda pelle sotto quella ricolma da orrende ferite e bruciature indelebili.

Alcune volte però il controllo gli veniva meno. Vivere senza Briony, la donna che aveva fatto nascere in lui il bisogno di essere un uomo migliore, era difficile… difficile come respirare quando si ha la trachea costituita da un nodo stretto, impossibile da sciogliere. Difficile  come cercare di non provare dolore quando ti gettano senza pietà del sale su ferite sanguinanti e che non riescono a cicatrizzarsi.

Da un certo punto di vista era impossibile… gli mancava troppo, come quando ti manca la vita scorrerti dentro... si sentiva diviso a metà, senza più scopi.

Ma c’era una cosa che gli rendeva più facile tutto questo, quello che lo faceva andare avanti. Il giuramento.

Talvolta tra sé e sé si pentiva di averlo fatto perché sarebbe stato molto più semplice disinteressarsene di tutto e di tutti e spegnere ogni cosa. Ma non poteva farlo... e non perché non voleva rimangiarsi la parola data.

Sospirò piano nel bere un sorso di vino rosso, mentre una parte di lui temeva che quella specie di normalità fosse una momentanea tregua prima di un nuovo buio.

Finì il drink in sovrappensiero quando arrivò Kol in salone. Si trovavano tutti nella villa a New Orleans, anche se Rebekah passava la maggior parte delle sue giornate col suo nuovo fidanzato, Matt Donovan.

Elijah non si sarebbe stupito della presenza di Kol, se solo non avesse tra le sue grinfie una donna che piagnucolava di continuo.

Il moro corrugò la fronte in maniera circospetta ma rimase immobile mentre il piccolo di casa Mikaelson trasportava la donna con poca grazia al centro del salone. Lei provò a divincolarsi ma Kol la strattonò per i capelli.

“Vuoi spiegarmi Kol.” Disse Elijah in tono diplomatico, non scomponendosi.

L’altro gli fece il classico sorriso da pazzo. “Ti sto facendo un favore. Visto che tu non sei solito a lasciare un lavoro a metà, fratello. Hai vendicato la morte del tuo biscottino, per filo e per segno. Non ti manca più nessuno alla lista se non… questa qui.” E finendo la frase gettò la donna piagnucolante ai piedi del fratello maggiore.

Elijah corrugò di nuovo l’espressione mentre attendeva che gli fosse fatta chiarezza sulla questione.

“Io non ho fatto niente..” balbettò la donna cercando di alzarsi.

“Balle! Credi di fregarmi forse? Non la riconosci fratello? Era una delle streghe al servizio di Connor, una volta mi ha pure spappolato il cervello. Bastarda.” sibilò Kol guardando in maniera terrificante la donna, che ansimò dalla paura.

Elijah comunque rimase fermo senza emettere parola, mentre la strega cercava di giustificarsi.

“Non è vero.. sì sono stata al fianco di Connor ma l’ho fatto perché ero costretta. Una volta uno spirito potente si è pure impossessato del mio corpo e ha rubato i pugnali che lui nascondeva.. Ma é successo contro la mia volontà, io non c'entravo niente."

"Niente? Ti sei alleata con un viscido stregone nel metterti contro gli Originari. Tutti quelli che hanno avuto l'ardire di farlo sono morti urlando tra urla agonizzanti." ribatté Elijah in tono agghiacciante, fissandola dall'alto con sufficienza.

A ripensare a Connor si sentì ribollire le viscere. Quel bastardo ci aveva messo un lasso di tempo assurdo prima di morire definitivamente.. Aveva stretto i denti fino alla fine per mandare avanti i suoi loschi piani. Magari era stato proprio lui ad aiutare Esther ad  affacciarsi sul mondo terreno allo scopo di bloccare i suoi figli in quella dannata notte.

Così Elijah si ritrovò a fissare quella strega col solito sguardo che faceva rabbrividire fin dentro le ossa.

La donna tremò a vista d'occhio: "Vi prego signore.. Abbiate pietà."

"E perché dovrei averla?"

La strega piagnucolò mentre Kol invece sghignazzava nell'attendere la feroce esecuzione.

"Abbiate un  di cuore." supplicò di nuovo la donna in ginocchio.

Elijah stava per ribattere nella solita maniera terrificante, quando qualcosa si insinuò all'improvviso dentro di lui. Come una lama fu il volto di Briony a trapassargli la mente, spremendo il suo cuore.

Quel volto, le parole di lei...

Elijah quindi si bloccò, mille punture di spilli lo trafissero ma all'esterno mostrò sempre il controllo distaccato.

Non vedendolo reagire, Kol lo incitò. "Allora? Non hai qualche trucchetto da sfoderare? Posso aiutarti io ma questa qui deve pagare."

"Infatti. Deve." replicò Elijah facendo spezzare il respiro alla sua vittima.

Lui doveva ucciderla, voleva farlo anche se non si era mai permesso di mettere le mani addosso a una donna, ma davanti a sé vedeva solo l'ultimo membro della sua lista e poi la vendetta sarebbe stata completata.

Era in obbligo di farlo, non poteva farsi abbindolare da stupide debolezze o farsi nuocere la razionalità. Il suo tremendo orgoglio glielo impediva, ma fu il cuore a tradirlo.

Il nome di Briony correva lento nelle sue vene, era affacciato davanti ai suoi occhi.

La parte cinica di lui si diceva che comunque lui era un vampiro e andare avanti nella vita non significava rammollirsi né sottomettersi alle debolezze. In fondo non stava per compiere nulla di più e nulla di meno di ciò che era solito fare.

Ma di fronte alle lacrime disperate della donna, le sue preghiere, quel gesto sarebbe stato ignobile...

Elijah riprese il controllo della realtà e sviò lo sguardo. "Dovrei fartela pagare amaramente, strapparti il cuore sarebbe troppo facile." disse glaciale mentre la strega aveva cominciato a pregare tra sé e sé.

Elijah intanto stringeva i pugni: stava combattendo con il fantasma di qualcuno che aveva amato ma anche perso, qualcuno che lo stava facendo retrocedere dai suo intenti.

Combattere? Pensò in un lapsus di lucidità. Doveva combattere la donna che amava e ciò in cui credeva, contro le sue promesse?

Elijah serrò forte la mascella e senza guardare la strega, ordinò: "Alzati."

Quest'ultima si alzò tremante mentre Kol attendeva da dietro con occhi brillanti.

Elijah invece finì per guardare la vittima quasi con noia. "Non voglio mai più vederti da queste parti e se farai una mossa contro di noi ti spezzerò come un ramoscello secco, mi sono spiegato?"

La donna assentì debolmente mentre Elijah continuava a fissarla gelido. Almeno non stava perdendo la faccia; dava seconde chance se opportune e con le dovute minacce.

"Ora vattene prima che cambi idea." I due presenti sgranarono gli occhi; ma se la strega si dileguò velocemente, Kol scalpitò come un pazzo: "Perché diavolo l'hai fatto??"

Elijah però lo interruppe subito nell'alzare una mano:

"Discorso chiuso, non intendo riparlarne." E  si defilò disinteressato via di lì per ritirarsi nell'accogliente solitudine, dove ordinare i pensieri o annullarli.

Aveva fatto bene a lasciar libera quella poveretta, o forse aveva fatto la mossa più sbagliata.  Era ancora in tempo per uscire a cercarla.. D'altronde aveva l'eternità davanti.. Forse non gliela avrebbe fatta passare così liscia..  Forse...

D'altronde Elijah era pur sempre un Originario che conosceva bene la diabolicità e vedeva la vendetta a modo suo.. Soprattutto i sentimenti...

Forse doveva contrastarli perché gli toglievano il sano controllo, gli facevano dimenticare la sua vera natura.

Ma quell'amore immortale lo aveva rapito e reso prigioniero.

Non era in grado di lasciare Briony e quindi nemmeno la sua parte umana, da sempre legata a lei..

Né il trascorrere del tempo, né la sua morte potevano cambiare i suoi sentimenti. Anche se delle volte i ricordi avevano il potere di annientarlo e di rimando quel sentimento si tramutava in un'arma a doppio taglio.

Doveva solo avere la forza di sopportare il tutto, perché sotto la sua pelle, sotto il suo lato cinico, si trovava un'ultima speranza di riscatto. Una possibilità di vita. Seppur minuscola e priva di gioie.

Elijah appoggiò la schiena alla parete, sentendosi la gola secca in quel momento mentre la diabolicità in lui ancora si arrovellava: era assettato, per di più poco convinto di come stava mandando avanti la sua inutile esistenza.

Il baratro del vuoto e dell'oblio era sempre lì , pericolosamente vicino, con le fauci spalancate per accoglierlo come altre volte.

Briony..

Gli bastava il suo nome, avvertire il suo respiro, e Elijah sentì il mostro dentro di lui addormentarsi e rifugiarsi in un angolo buio, lasciandolo così in pace.

Per un po’

Per un po’...

 

We are bound to adore to a nightmare within a nightmare.

 

 

 

 

Fine capitolo

Prima che mi facciate domande si capisce già che questo é un finale aperto ma nel prossimo epilogo (una piccola cosuccia più i ringraziamenti) si vede un'altro pezzettino di come il nostro amato Elijah sta passando l'eternità, ma in un arco di tempo futuro. Non l'ho inserito in questo capitolo perché non ci stava bene con tutto il resto.. Senza contare che devo fare i ringraziamenti + gli omaggi e quindi mi serviranno tante pagine per quello XD

E sì Briony è morta. Non ho voluto usare la scorciatoia della resurrezione  tirarmi indietro dalle mie idee. E’ stata una scelta difficile, ho corso il rischio di spezzare i vostri cuori e di ricevere mele marce in testa, ma ho sempre pensato che dovesse finire così, fin dall’inizio. Eh sono per i finali tragici io. xD

Ah sì ho ucciso anche Klaus e Damon. Mea culpa, sono cattiva. xD

Ma niente paura! Non c’e' stato il lieto fine? Beh non sia mai detto che io sia senza cuore, quindi mi é venuta in mente un’idea recente.. Di fare una one shot a parte (storia di un solo capitolo) che racconti come sarebbero andate le cose se Briony non fosse morta. Siete contenti ora? Non mi lanciate più i pomodori? Ahah Ma attenzione, questa storia parallela non verrà messa in Over theDeception of life, perché dopo il piccolo epilogo questa storia sarà completa. Infatti metterò la one shot alternativa, con un nuovo titolo ecc insomma sarà diviso da questa fanfic.. Quindi per chi fosse giunto fino a qui ed è interessato a leggere, qualora la pubblicherò, mi faccia sapere tramite un commento così gli invierò un messaggio privato col link della fanfic!.

E ho ancora un altro annuncio da farvi quindi orecchie alzate!  :--)

La mia carissima Iansom ama così tanto Briony (Non ho mai visto qualcuno amare la mia protagonista come fa lei) che ha deciso di inserirla nella sua storia! Una bellissima fanfic crossover tra tvdsupernatural e Buffy! Quindi per chi vuole vedere Brionyancora in azione, legga questa meraviglia che già merita di suo!

Eccovi il link-à http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1492313

Mi raccomando! Fatevi sentire, nel bene e nel male, questa storia è finita e mi farebbe davvero piacere sentire il parere di tutti; non pensate di scrivere cavolate perché io ascolto ogni singolo pensiero! Accetto ogni tipo di commento e non mangio nessuno :--)

Oppure contattatemi su facebook. Questo è il mio profilo e possiamo parlare quanto vogliamo J -à https://www.facebook.com/elyforgotten.efp.9

Grazie a Anne Rice, Sephenie Meyer e Nicholas Sparks che mi hanno ispirata nella scrittura in questo capitolo.

E scusate se in alcune scene magari ho straripato nello scrivere. Purtroppo non sono riuscita a farne a meno perché ho vissuto in prima persona certe cose…quindi ho messo un po’ di mio in questa storia che ho mandato avanti con tutto il cuore e che ormai fa parte di me.

Grazie a chi legge e recensisce. E soprattutto grazie a Iansom, Briony96 e Nefrit93 per aver chiesto all’amministrazione di mettere questa storia tra le scelte del sito. Un grande onore che io non penso di meritare ma che mi farebbe tanto piacere se si realizzasse. Grazie ancora!

E grazie anche a chi ha messo la storia tra le preferite, seguite, ricordate. Ho scoperto solo da poco, e per non merito mio, che la mia fanfic è tra le più popolari di TVD per il numero dei preferiti, quindi GRAZIE! E ora non dovrete più togliere la storia dai vostri preferiti altrimenti… Aaaa scherzo XD Davvero mi ha fatto molto piacere grazie, spero che crescerete ancor di più anche se siamo alla fine!

Per ora è tutto. Se dovete chiedermi qualcosa come sempre sono qui, le immagini le ho fatte io (infatti si vede XD) e vi auguro buone vacanze!

ALL’EPILOGO FINALE!

E finalmente potrete liberarvi di me xD

Bacioni.

-Elyforgotten

 

 

 

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Capitolo 41
*** Epilogo - In Memoriam ***


video fanfic ---> https://www.youtube.com/watch?v=XdD-22IPz28 & https://www.youtube.com/watch?v=gxR4RC3vfIY

Per tutte le mie lettrici, per tutte quelle che mi hanno sostenuta e condiviso la mia pazzia. Per chi mi ha reso felice con le sue recensioni e per chi devo ancora conoscere.

Grazie!

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EPILOGO – IN MEMORIAM

 

Never stop hoping

Need to know where you are

But one thing’s for sure

You’re always in my heart

 

I’ll find you somewhere

I’ll keep on trying

Until my dying day

I just need to know

Whatever has happened

The truth will free my soul

-          -Somewhere di Within Temptation




Il rumore delle onde del mare che si infrangevano l'un nell'altra, creando un boato di frastuoni battagliero, e i colori lucenti del tramonto rosso che bagnavano l'orizzonte blu, facevano da cornice al panorama che due occhi neri, vuoti come solo il buio sa essere, ammiravano.

Delle folate di vento trascinarono con sé i ricordi che quel luogo offriva a quella mente vuota, stanca, afflitta da ciò che aveva dovuto penare. Una nuova orbita di fitte frustarono il corpo del vampiro nel ricordare cosa quel luogo simboleggiava per lui... Era un luogo speciale, prezioso.. Non ci era più tornato dall'ultima volta che c'era stato con lei.. E non sapeva perché quel giorno il suo cammino immortale lo aveva fatto giungere lì. Un'ennesima punizione, ulteriore sorda sofferenza che lo tagliava pur non tralasciando prove del suo arrivo, visto che ormai non c'era più nulla da ferire nel suo animo?

Non aveva però paura di affrontare il passato, aveva sopportato ben di peggio.. La sua corazza era l'unica cosa che gli rimaneva dentro e i vestiti neri e eleganti nascondevano ferite che nessuno a occhio nudo poteva vedere.

Quindi con noncuranza e con espressione svuotata, Elijah avanzò nella sabbia, attento a non farla entrare nelle scarpe. I suoi occhi osservarono l'albero che Briony gli aveva mostrato durante la loro vacanza ad Aspen. Era ancora in piedi dopo tutto quel tempo.. Ancora vivo e con linfa vitale. Le qualità che a Elijah mancavano da quando Briony non c'era più. 

Lui poteva apparire come sempre come un uomo affascinante e elegante, con i lineamenti freddi e imperscrutabili. Ma non era un essere umano. Non aveva pulsazione, non respirava, non viveva.

Quell'esistenza immortale l'aveva reso un guscio vuoto.

Vuoto.. Quella sensazione lo perseguitava. Non era fame né sete. Vi era un vuoto laddove un tempo c’era stato il suo cuore, dove un tempo dimorava Briony. Il vuoto dentro di lui rimaneva sempre uguale. E non andrà mai via, mai più.

Ma da qualche parte, là dentro, lui sentì un rumore proprio in quell'istante. Un battito alimentato solo da un ricordo. Il ricordo di una ragazza fantastica, che aveva portato speranza nella sua vita buia.

Briony gli aveva confessato che quello era il suo posto preferito, che era una parte di lei.. Gli sembrava di sentirla, di percepire il suo sorriso angelico mentre gli mostrava i fiori dell'albero che lei e la sua famiglia avevano fatto sbocciare. E lui quindi si avvicinò, accarezzando delicatamente un fiore di gelsomino e toccando i suoi petali, proprio come aveva fatto lei. Gli sembrò che fosse lo stesso fiore che aveva accarezzato lei durante la vacanza, ma dopo qualche secondo questi si sbriciolò come sabbia tra le sue dita.

Si era sbagliato, l'albero non era più vivo e i suoi fiori si erano rinsecchiti; stavano cadendo giù come lacrime.

Tutte le sue speranze ambite, curate e poi frantumate. I resti di un sogno ormai divenuto polvere, proprio come quel fiore. Deboli illusioni che si sbriciolano.

E il vuoto ritornò nel suo petto, come un buio senza fondo che ingoia le sue emozioni.

Ormai era divenuto anche lui un nulla, spremuto come lo si fa con un frutto per togliergli la polpa e con lui lo avevano fatto, togliendogli ogni scintilla, ogni cosa importante. Tutto quello che rimane ora é il fantasma di ciò che era stato, una visione distorta.

Perché quando ti senti morto dentro,  il gelo di una vita priva di colori si appropria di te riportandoti tutta la malinconia per i giorni passati ma mai dimenticati.

Se si poteva definire quell'esistenza era proprio così: tristezza e vuoto, essi erano i confini del mondo di Elijah. Per molto molto tempo non esistette nient’altro.

Dalla morte di Briony è nata la sua. La sua rovina,  la sua solitudine.

Perché niente di ciò che ha distrutto si sarebbe potuto riparare.. Niente di ciò che aveva perso lo avrebbe potuto riottenere.. anche esercitando ogni caparbietà e forza d'animo. La sua natura d'Originario freddo non gli serviva granché perché non c'era alcun rimedio, non era in grado di reprimere il rammarico per la perdita di Briony, del suo calore che elettrizzava il suo cuore freddo, del futuro che avevano programmato insieme.

Quando in passato credeva che la sua famiglia fosse morta si era cibato di vendetta contro Klaus, vivendo per quello. Ma anche se aveva vendicato Briony ora cosa gli rimaneva? Non aveva più nessuno scopo di vita, si sentiva più afflitto di quanto fosse mai stato perché l'eternità era un fardello duro da sopportare... Soprattutto se sai che non ci sarà alcuna speranza, nessuna luce.

Il giuramento aveva solo finito per l'affossarlo ancor di più, perché non volendo venir meno alla parola data aveva cercato di guardare avanti, di non spalancare le porte al male effimero.. Ma era stato difficile, e col passare del tempo impossibile.. 

L’eternità non basta a dimenticare ciò che si è perso, non basta a sperare in un nuovo futuro.

Perché ci si rende conto che non si torna indietro, che non puoi raccogliere le fila di una vecchia vita che brami più di ogni futuro. Ci sono ferite che il tempo non può accomodare, ferite che lasciano un segno. Elijah ne portava più di uno e il dolore aveva finito per congelare le normali sensazioni.

La solitudine infine era diventata la sua corazza, la sua fedele compagna, muta e rigida come l'espressione distaccata di Elijah.

L'Originario si allontanò dall'albero, osservando i resti dei fiori a terra. Ecco qualcos'altro che doveva durare in eterno che invece si appassiva. Elijah lo osservò con distacco non provando alcuna emozione in apparenza. Si guardò attorno cercando forse qualcosa nell'orizzonte e poi si guardò addosso, abbottonandosi meglio la giacca con noncuranza.

Aveva visto Caroline poco tempo prima, passava l'eternità con Elena e Stefan. Non si erano detti una parola ma si erano soltanto guardati. Nelle segrete profondità dei loro occhi vi era ancora il dolore che li accumunava e che non li avrebbe mai lasciati. Ma non potevano dividerlo insieme, erano dolori troppo diversi e senza contare che non erano mai andati molto d'accordo.

Elijah fece un sorriso amaro mentre il vento gli volteggiava la cravatta. Poteva, Caroline, pensare che era lei la ragione per la quale lui era ancora in vita?

Alcune volte il tormento si era affacciato così prepotentemente su di lui, come un coltello che gli trapassava gli organi, che aveva pensato che era meglio non vivere più. Non si meritava una lunga immortalità dopo il peccato più mostruoso di cui si era macchiato, si meritava invece di morire, col desiderio egoistico di lasciarsi alle spalle quei tormenti terreni e mettere la parola fine a tutto.

C'era rimasto un paletto di quercia bianca, pronto a essere usato. Certe volte lui lo fissava, come segretamente attratto nella solitudine buia, e pensava che doveva ficcarselo dritto nel cuore.

Ma non lo faceva mai.

E non per il giuramento, ormai anche l’onore si era affievolito - definendolo non abbastanza perché si era reso conto che era solo un’illusione di poter condurre una vita dignitosa che a lui non poteva essere riserbata – ma perché così avrebbe ucciso anche Caroline Forbes.

Lui era il signore della sua discendenza. Se moriva lui, moriva anche lei. E come poteva fare quel torto abominevole alla donna che amava? Sarebbe morta due volte e avrebbe sofferto, ovunque fosse, per la morte di Caroline.

Si sentiva già responsabile della morte di Briony, doveva uccidere anche sua sorella?

Non sarebbe stato così egoista e sarebbe vissuto per permettere al sangue di Briony di vivere, per non deluderla, per non infangarla di nuovo. Avrebbe quindi sopportato l’inferno in terra con cui l’eternità lo puniva a dovere. Avrebbe sopportato la lama dei ricordi infierirsi su di lui, come punture d’aghi, per sempre. Avrebbe continuato a vivere solo perché non poteva morire, in memoria di altri.

Il suo tormento eterno, alla fine, avrebbe vendicato il male che aveva fatto.

E quel tormento punitivo stava già facendo il suo grande lavoro: ogni flusso vitale pareva essersi stoppato in quel vampiro, come un orologio che ha smesso di funzionare.

Ormai Elijah viveva di ricordi, l’unica forma di vita che gli rimaneva.

Poiché la sua felicità era stata calpestata per sempre senza poter risorgere. Il cuore era una massa di carne sanguinata e dilaniata, e le mani erano private di ogni carezza.

Non era più stato con altre donne da allora, non si era concesso a nessuno e avevo chiuso definitivamente ogni spiraglio.

Elijah ritornò improvvisamente alla realtà e fece dei passi, guardando più da vicino il panorama con le mani in tasca. Le onde continuavano a scontrarsi, il vento si muoveva a raffica al loro ritmo mentre parve sollevare alcuni resti di foglie e petali sconosciuti.

Rimase a guardare, pensando a Briony, al suo esile e delicato corpo che chiedeva sempre protezione da lui, proprio da lui che poteva far del male a un migliaio di persone semplicemente schioccando le dita e rimanendo a guardare privo di interesse.

Ricordò le lunghe e buie notti passate da solo, senza più il familiare peso della testa di Briony sul suo petto come alla ricerca di un cuore che pareva defunto senza di lei. Ripensò alla dolorosa abitudine di cercarla al suo fianco anche se il letto sarebbe stato vuoto per sempre. Ripensò alla terribile illusione di poter incrociare nella folla il suo bellissimo viso, che gli era stampato nella mente ma non si raffigurava mai nella realtà. Una volta si era voltato perché gli era parso di avere visto una ragazza terribilmente simile a lei fisicamente. Ma la realtà non l'aveva graziato e l'illusione si era sfracellata col rabbuiarsi dei suoi occhi e l'irrigidimento della mascella. Spettri di ricordi ad ogni passo.

Elijah in quel momento fece un sorriso amaro. Stava vivendo sul serio in un limbo, niente lo avrebbe rianimato. Chi lo avrebbe mai detto che si sarebbe ridotto così, lui che aveva sempre proclamato di non credere nell'amore ora si faceva pungere dai suoi artigli per la sua mancanza.

Cercò di non pensarci ulteriormente, onde evitare di lasciarsi sommergere da emozioni ritenute spente, e così osservò di nuovo il mare.

Quel luogo però era fin troppo pieno di ricordi rimpianti e percepì indistintamente un pugno di ferro serrarlo all'interno, bloccandogli il respiro carico di agonia segreta. Si sentì tirare verso il fondo come un'ancora nel mare. Il suo era il mare del tormento.

Il vento si fece all'improvviso più forte. Gli parve di sentire Briony accanto a sé, che gli scostava i capelli dal viso. Avvertì di nuovo la sua carezza. Elijah chiuse gli occhi.

"Mi manchi Briony Forbes." Per un attimo gli parve che lei lo avesse udito, anche se era stato presso più un pensiero però il vento si fece più quieto, una leggera brezza tranquilla. 

Elijah sorrise mestamente volendo rivivere con tutto se stesso quegli attimi di pura felicità per sentirsi vivo di nuovo; ma non poteva.

A quella inviolabile certezza Elijah aprì gli occhi oscurati: lui non era proprio il tipo da lasciarsi andare alle smancerie per via della freddezza del suo carattere. Certe volte aveva pensato di soffocare i rimpianti nel sangue senza alcun codice. Perché un mondo senza Briony era indegno d'esistere, una massa orribile di nullità.

Di solito per i grandi amori dovevi essere grato alla vita, ma lui non ne era più sicuro perche dopo averlo perso, andavi in rovina.

Il dolore, infatti, aveva reso un deserto la sua anima.

Un altro soffio di vento passò da lui, diverso ma familiare. Elijah sospirò muovendo le mani nelle tasche.

"Che cosa fai qui?"

Ci fu per un attimo un silenzio indeciso, come se l'interlocutore fosse incerto di invadere il suo spazio.

"É da molto tempo che non parliamo, fratello."

Rebekah gli era accanto che lo guardava, rimirando i lineamenti di Elijah che non erano cambiati affatto ma allo stesso tempo diversi. Più marcati, più duri e inumani.

"É successo qualcosa?" domandò Elijah continuando a fissare il panorama ma non sentendosi in quel momento attratto.

Rebecca sospirò: "C'è bisogno che succeda un guaio affinché io possa parlare con mio fratello?"

E in effetti era così. Se aveva bisogno di aiuto o c'era un problema, Elijah appariva come un soffio di vento silenzioso e se ne andava nel medesimo modo. Basta così. Niente interferenze personali o parole amichevoli di troppo.

Non ci fu risposta ma Rebekah sapeva che era così, anche se Elijah non confermava alcunché. Era come un risarcimento o un prezzo da pagare per lui. Non si sentiva degno di vivere felice e contento; in maniera masochista desiderava quell'inferno in terra che gli donava solitudine e che gli ricordava ad ogni momento che aveva fallito.

Vedendo che lui non era intenzionato a parlare,  lei si sedette sulla sabbia raccogliendo le ginocchia fra le braccia. "Sto con Matt ora."

Elijah allora la fissò e lei sentendo il suo sguardo addosso continuò: "Sto passando con lui l'eternità, viaggiamo di continuo nei paesi più romantici."

Sentì Elijah sedersi al suo fianco, tenendo un ginocchio alzato in maniera elegante. Rebekah lo guardò di sottecchi.

"Sei felice?" domandò lui continuando a non guardarla.

"Sì lo sono molto."

"Te lo meriti."

Rebekah sospirò pensando alla sua vita con Matt: dopo la morte di Briony si erano avvicinati molto, lui era stato il suo sostegno più forte e sicuro. Si erano messi insieme poco dopo, vivendo alla giornata. Rebekah non aveva mai preteso che lui diventasse un vampiro né gli aveva fatto pressioni. Le piaceva proprio perché era umano. E Matt sotto sotto provava ancora timore verso il mondo soprannaturale. Gli anni erano passati senza  neanche accorgersene, Rebekah gli restava fedelmente accanto e amandolo come il primo giorno in cui lui le aveva deposto la giacca sulle spalle alla sua festa; senza badare alla differenza d'età. Ma poi Matt si era ammalato gravemente e non esisteva cura né magia in grado di sconfiggere il cancro. Lei gli era stata affianco giorno e notte a vegliare su di lui in ospedale, a pregare che vivesse. In fondo c'era ancora tempo, Matt aveva a malapena sorpassato i 30 anni e non poteva andarsene così.

Ma poi lui aveva deciso: la scelta che non era stato in grado di fare quando erano ragazzi.

Aveva accettato di trasformarsi. In fondo se Elena e Caroline avevano mantenuto intatta la loro umanità perché non poteva farlo il buon caro Matt. E quindi era avvenuto, e lui e Rebekah non sarebbero mai stati separati.

Ma quando la bionda posò lo sguardo su Elijah capì che le mancava qualcosa. Seppur avesse trovato l'amore, niente sarebbe stato perfetto se non avesse avuto accanto il suo amato fratello. Senza Klaus aveva bisogno di Elijah più che mai.

"Ti prego Elijah smettila di angustiarti. Avevi promesso che saresti andato avanti."

"Ognuno ha il suo modo di andare avanti, questo é il mio." rispose lui freddamente.

Era infatti ritornato ciò che era un tempo, quando non si apriva a nessuno e la sua scorza d'acciaio copriva interamente chi fosse davvero. Tuttavia non si era macchiato di male ingiusto, non si era più sporcato le mani di sangue. Su questo aveva mantenuto fede al giuramento.

Rebekah però non sopportava di vedere il fratello così.. Come lasciato a marcire e impolverare in uno scantinato buio che non verrà mai aperto.

"Briony non vorrebbe vederti così ora, pensa a come si sentirebbe vedendoti morire anno dopo anno."

Questa volta Elijah si voltò verso la sorella ma per fulminarla con sguardo crudo. Come poteva usare Briony per i suoi scopi e farlo sentire colpa? E ci riuscì malauguratamente. Il pugno di ferro lo stavo opprimendo, era insopportabile. Cercò di far finta di nulla perché non voleva mostrarsi sconfitto.

 I primi tempi magari c'era riuscito, ma poi.. Più passavano gli anni più si sentiva inaridire, come una scheggia che non riesce a trovare il pezzo originale dal quale si era staccata e dovendo quindi a rimanere a marcire in solitudine, senza vita. Come diavolo poteva pensare a un futuro se lo vedeva disfatto davanti a sé? Come poteva far finta di niente e vivere felice come nulla fosse? Forse avrebbe deluso Briony ma più di così non poteva fare, sarebbe dovuto andare contro se stesso e già non gli rimaneva niente.. Se perdeva le sue convinzioni di vita sarebbe stata la fine.

"Se sei venuta solo per questo hai sprecato tempo. Torna da Matt e vivi serena. Caricarti del mio fardello sarebbe un peso inutile e non voglio farlo."

"Perché ti senti così in colpa per la morte di Briony? Non è stata colpa tua."

Elijah sentì allora la morsa stringersi di più dentro di lui. Forse il dolore non era forte come un tempo ma era sempre pronto a squarciargli l'animo.

Era inevitabile: Briony aveva toccato la sua vita, era impossibile cancellarne l’impronta.

“Invece sì. Klaus può anche aver dato il colpo finale ma.." Il vampiro fece una dura pausa. Tanti anni di distanza non aveva scalfito il ricordo di quegli attimi terribili. Premevano dentro la sua testa, dentro il suo corpo, dentro il suo cuore. "Mi sono fatto odiare con lei." mormorò infine dopo essersi inumidito le labbra.

"Questo non vuol dire che non la amavi, e lei lo sapeva."

Nonostante le parole confortanti di Rebekah, lui continuò a esibire una freddezza imperscrutabile.

La vampira si zittì per cercare le parole giuste.

Non avrebbe mai potuto comprendere appieno ciò che tormentava Elijah, perché l'amore che legava lui e Briony non nasceva tutti i giorni ed era indescrivibile. Molti amori a confronto apparivano piccoli e insignificanti, persino quello suo e di Matt, anche se loro avevano un futuro roseo davanti mentre Briony e Elijah solo la nostalgia del passato e l'amarezza di non poter essere insieme.

Ma forse, proprio perché la loro storia era così irta di ostacoli e tragicità appariva leggendaria. Come se il loro amore fosse in grado di elevare in mondo intero alla gloria o a ridurlo in cenere.

Rebekah lo chiamò all'attenzione, ma richiamarlo dal vuoto in cui pareva abitare era come provare a trattenere lo spirito di un morente.

"Tu devi venire con me,  sei in obbligo." disse all'improvviso come colta da un lapsus di genialità.

Elijah questa volta la guardò fisso ma ancora indecifrabile. Rebekah sostenne il suo sguardo.

 "Sei mio fratello, sono tua sorella. Siamo una famiglia e dobbiamo prenderci cura l'uno dell'altro."

Sapeva che avrebbe premuto un tasto dolente per Elijah infatti questi serrò il viso. Ma lei comunque, con tutto il  suo affetto fraterno, poteva alleviare il terribile dolore che lo opprimeva? Avrebbe potuto tamponare la ferita che sanguinava di continuo e cicatrizzarla?

Elijah tuttavia smontò i suoi intenti lodevoli.

"Sei grande abbastanza da poter badare a te stessa da sola." replicò sviando lo sguardo.

Rebekah si alzò infervorata: "Non é per questo! Noi dobbiamo rimanere uniti, sempre e comunque, e non mi basta vederti solo quando c'é una situazione d'emergenza e poi torni a isolarti. Voglio che siamo una famiglia vera. Always and forever."

Elijah fece un silenzioso sospiro e si alzò elegantemente, non riportando alcun grumo di sabbia. Sembrava una statua greca in quel panorama naturale, lo sguardo asciutto da sentimenti e increspature.

Ma Rebekah sapeva che era solo apparenza. Ci sono lacrime che dal cuore non arrivano agli occhi.

"Parli come se io avessi dimenticato il significato di quella promessa. Always and forever." mormorò Elijah solennemente e guardandola come se fosse lui a impartire una lezione per farle capire. "Quelle parole sono importanti per me oggi come lo sono sempre state" gli sguardi malinconici dei due fratelli si legarono, ma la linea della bocca di Elijah a un certo punto si tese, come se stesse ricordando che non aveva fatto quella promessa solo riguardo alla famiglia. Appariva dibattuto dal dolore che quei ricordi gli procuravano. Così belli, così lontani.

Sviò lo sguardo altrove, più scavato: "Anche se magari non lo sto dimostrando ma é così."

Rebekah gli si avvicinò per impedire che quel tormento lo inghiottisse fino a bruciarlo.

"Lo so e appunto per questo lascia che ti aiuti. Torna a vivere."

Elijah tuttavia alzò lo sguardo, aprendo le labbra senza proferir parola e rimanendo irremovibile.

Tornare a vivere.. Fosse stato facile, quando ti senti morto dentro inevitabilmente dei precisi aguzzi ti strappano tutto ciò che ti rendeva umano. Recuperare quelle sensazioni era impossibile, o forse aveva paura di ricordare cosa si provasse ad amare. Le ferite pulsavano. O magari non ne era neanche più capace.. Non si sarebbe stupito del contrario.

Qualcosa però catturò l’attenzione dell’Originario che infatti alzò lo sguardo su un punto dietro le spalle di Rebekah. Il viso si serrò in una linea dura:

“Credo che sia in atto un comizio ai miei danni.” affermò freddo mentre quella situazione gli piaceva sempre meno.

Finn e Kol. Anche loro lì.

“Danni? Vogliamo solo sostenerti e aiutarti.” disse Finn, come se capisse come si potesse sentire il fratello.

“Infatti. Non dirmi che non hai sentito la nostra mancanza!” Ed ecco il solito Kol.

Elijah però non ebbe alcuna reazione esplicita infatti elargì unicamente freddezza. Si voltò dall’altra parte, mostrandosi indifferente.

“Ogni tanto mi prende il desiderio di stare in solitudine. Lo facevo anche in passato quindi non dovreste preoccuparvi. L'eternità é lunga.”

“E te la vuoi sprecare così?” borbottò Kol con una smorfia.

“É una scelta mia, rispettatela.” replicò Elijah solennemente. Non voleva fare del male alla sua famiglia, ci sarebbe sempre stato per loro, ma niente poteva più tornare come prima… e si diceva tra sé e sé di non meritare alcuna felicità.

Cercò di non mostrare quanto il suo cuore e la mente fossero frantumati, come sempre, mentre Kol sbraitò tra sé e sé:

“Per la miseria tutta questa depressione mi sta già inquinando e deprimendo anche me. Mi rendo conto che Briony era davvero graziosa ma la vita va avanti e ci sono tante altre donne in giro! Non dirmi che la ami ancora?”

Ancora… sempre.

Il sentimento per lei lo avrebbe sempre accompagnato ad ogni passo, lambendolo e distruggendolo come un groviglio di spine. Elijah avrebbe dato qualsiasi cosa per riaverla accanto ma anche se non ce l’aveva, quell’amore non se ne era mai andato via.

Cercò di non dar peso alle parole di scherno di Kol, altrimenti sarebbe sbottato, mentre Rebekah guardò Elijah più tristemente di prima.

Sembrava avergli letto nella mente e ora per lo meno riusciva a comprenderlo… Elijah non aveva mai espresso i suoi sentimenti a cuore aperto ma questo non voleva dire che non si sentisse l’animo squarciato.

Perché i vampiri si attaccavano tanto agli umani, a quella concezione romantica di vita che avevano perso secoli addietro? Perché invece di provarne orrore sentivano una sensazione molto simile alla gioia, alla speranza nascente dal buio?

Ad Elijah era successo con Briony, a Rebekah con Matt, a Stefan e Damon con Elena…

Perché contro tutte le aspettative e i rischi mortali, erano opposti ma complementari. L’uno non poteva più vivere senza l’altra. Quei vampiri amavano quegli umani perché erano i loro angeli, la cura in grado di estirpare ogni veleno, in grado di guarirli dal male. L’unica aria pura che potevano veramente respirare.

Briony era stata questo, e molto di più per Elijah. E Rebekah capì  quanto la sua ferita non fosse solo profonda ma infettata.. inguaribile.

E quel sentimento non potevano spegnersi con un semplice interruttore perché anche la sua anima vampiresca, dannata, la amava. A volte era risalita proprio per proteggerla.

Briony era rimasta sempre lì, incisa in ogni memoria, nel suo cuore e forse anche più a fondo, dove nemmeno il buio poteva arrivare.

Non sarebbe mai finita una volta per tutte. Non dimentichi mai le persone che ami in quel modo.

Scese il silenzio per qualche attimo, come se tutti avessero trovato un po’ di pace ristoratrice in quel luogo. Poi all’improvviso Kol alzò di più lo sguardo verso il cielo:

“Perbacco, questo panorama non è dei migliori. Dite che c’è da preoccuparsi?”

Gli occhi dei presenti puntarono allora verso il cielo, squarciato da una cometa dal color rosso sangue. Era visibilissima anche di giorno, la sua coda era lunga miglia e miglia.

Erano infatti passati 300 anni dalla nascita di Briony Forbes. Un nuovo cacciatore come lei, Charlotte e Willas, stava per nascere. Il piano folle di Ayana di quella notte orribile era stato sventrato, Connor era all'inferno, ma non si poteva fermare la forza della natura e la ruota girava per tutti.

Elijah serrò il viso, gli occhi erano oscurati da un senso di vuoto nel sapere cosa quella cometa rappresentava.

“Non desidero morire e spero che il nuovo Van Helsing non dia la caccia proprio a me. Sarebbe davvero una bella gatta da pelare! Ma se siamo fortunati, magari spunta fuori un esserino buono come Briony.” esclamò Kol.

“Ne dubito fortemente.” rispose Elijah d’istinto con un sorriso velato di amarezza.

A questo mondo un’altra Briony non c’era e non ci sarebbe mai stata. E con lacrime amarissime e nascoste lui l’avrebbe rimpianta: lei, la dolce, la buona, che aveva persino tentato di amare coloro che doveva uccidere andando però così incontro alla morte.

Era l’unico finale possibile per noi, Elijah.

L’Originario deglutì, ingoiando un cumulo duro e amaro di verità impossibili da digerire. Forse era vero… troppe forze remavano loro contro… ma avrebbe desiderato morire lui al posto suo. Sarebbe stato giusto così. Ma il mondo non era giusto, altrimenti un male così effimero e crudele non sarebbe mai esistito.

I ricordi avvolsero il suo cuore in una nebbia di rimpianti, ma Elijah si sforzò di trattenere il dolore, ghiacciandolo.

Riconoscendo il tormento malcelato dietro la freddezza imperscrutabile del suo viso, Rebekah si fece di nuovo sotto:

“Elijah siamo stanchi. Senza di te, la guida morale, la nostra famiglia é allo sfacelo. Sembriamo un branco di sconosciuti, anche se ora Klaus è rinchiuso dentro una tomba. So che è quello che vuoi.”

Elijah si voltò verso di lei, fissandola con accurato sguardo: “Hai sempre posseduto l’arroganza di sapere ciò che gli altri vogliono, ancor prima che se ne accorgano.”

“Ovviamente.” rispose Rebekah con un sorriso furbetto.

Ma Elijah non corrispose. Non era che non li amasse ma non poteva più ritornare quello di un tempo. Sul suo animo erano perennemente visibili le cicatrici della battaglia più importante che aveva perso e di cui non poteva perdonarsi.

Non aveva mai amato nulla con una simile intensità e per questo stava pagando caro per aver perso l’oggetto dei suoi desideri, la protagonista dei suoi sogni perduti.

Girò quindi lo sguardo, rivolgendolo in un punto vuoto all’orizzonte. Rebekah lo fissò tristemente. Sembrava quasi lui dicesse: “Non posso, lasciatemi solo.”

Poche volte aveva sentito il tormento profondo nella voce di Elijah.. come quando le aveva detto che non era stata sua madre a trasformarli in mostri ma che erano stati loro a farlo… Rebekah provò profonda pena per lui perché era un suono troppo triste da udire:

“Non ti chiedo di dimenticare o di fingerti felice.. Ma di sopravvivere, di non perdere quel poco di buono che ti é rimasto e di non lasciarti sopraffare dalla nostalgia fino a non riconoscerti più allo specchio.” Gli mormorò accarezzandogli il braccio.

Elijah si girò, sempre con sguardo indecifrabile. Lei lo pregò con gli occhi:

“Ti prego..”

Il moro però rimase a scrutarla in silenzio, con occhi seri e freddi.

Alla fine in uno scatto sviò altrove lo sguardo con le mani riposte nelle tasche.

“Andate.”

Rebekah ebbe un sobbalzo ma poi Elijah aggiunse, cominciando a incamminarsi: “Qualcuno deve pur riprendere le redini della famiglia in mano, sarebbe ora.”

Rebekah sgranò gli occhi in preda alla sorpresa e felicità. Non se lo sarebbe mai immaginato, credeva che Elijah l’avrebbe combattuta all’infinito. E invece… sembrava che proprio lui stesse combattendo.. ma non contro di lei.

Il cuore sembrò battere nel suo petto mentre Finn faceva un lieve sorriso e Kol scalpitava gioioso:

“Hai richieste?”

Elijah si mise di fronte al fratellino con il solito sguardo calmo che ben ricordava:

“Non tante, se non quella di contenerti, Kol."

Il minore dei Mikaelson fece le spallucce come se accettasse o non ci fosse nulla da fare in quel punto.

“Ah Rebekah, se ti sei portata dietro il tuo plebeo gli rompo il collo. Non lo voglio in casa mia.” Borbottò Kol in maniera saccente.

“E’ il mio sposo, ne ha il diritto!” ribattè Rebekah decisa e solenne. Infatti i due si erano sposati qualche anno prima in una piccola chiesa in Italia.

A quel pensiero, Elijah ricordò che anche lui e Briony avrebbero dovuto sposarsi e invece aveva festeggiato un funerale. L'ironia crudele della situazione lo centrò come una freccia dritto al bersaglio.

I due fratelli biondi intanto avevano cominciato a bisticciare come al solito, e Elijah quasi si pentì di aver ripreso le redini del capo famiglia e pensò di ritornare a isolarsi nel suo inferno privato.

Sicuramente avrebbe avuto un gran lavoro da fare. I suoi fratelli non erano affatto cambiati… lui invece...

Lo sguardo si fece di nuovo serio e incrociò poi lo sguardo di Finn, anch’esso serio. Quest'ultimo gli diede poi una pacca sulla spalla, segno che ce l’avrebbero fatta insieme a superare tutto. In fondo erano una famiglia, nel bene e nel male. E quella realtà non si poteva cambiare.

Elijah rimase dunque immobile mentre Rebekah tornava al suo fianco, borbottando tra sé e sé che se Kol non accettava Matt come cognato lo avrebbe cotto al forno.

Si misero quindi tutti in marcia, lontano dalla spiaggia. Il sole stava ormai tramontando sulle acque del mare.

Rebekah era ancora al fianco di Elijah, quando lui ad un tratto le cinse le spalle con un braccio e le diede un bacio sui capelli:

“Grazie.“ sussurrò a bassa voce, ma la biondina lo udì perfettamente. Alzò lo sguardo e gli rivolse un sorriso sincero, felice di come sarebbero andate le cose in futuro. Aveva sentito in quel bacio lieve una sfumatura d’umanità, un’incrinazione nella sua corazza.

Sarebbe servito tempo, lavoro e comprensione… Elijah aveva rinchiuso il suo dolore così in profondità da non poterci arrivare nessuno; ma Briony era lì, nel suo cuore. Finché ci sarebbe stata, Elijah non sarebbe mai stato del tutto un essere senza vita.

Lui l'avrebbe ricordata per sempre anche se sarebbe cambiato tutto. Solo una cosa, una soltanto sarebbe stata indelebile perché quei ricordi avrebbero accompagnato ogni istante della sua vita, rammentandogli il periodo migliore e più felice della sua esistenza immortale.

Avrebbe tenuto il suo ricordo nella parte più importante del cuore, e da lì non andrà mai via. Lì si sarebbe rinchiuso nei momenti di malinconia, isolandosi dal mondo nel suo ricordo, dove poteva amarla in segreto e sentirla ancora sua.

Era impossibile che tutto si sarebbe risolto, che sarebbe stato normale, ma l’appoggio della sua famiglia era sempre stato necessario per lui e averla ancora a fianco portò via un po’ di veleno dalla ferita.

All’improvviso una brezza leggera gli soffiò sulla guancia e fu come se Elijah sentisse nelle narici un frammento di Briony, della sua essenza. Come se fosse davvero lei, il suo spirito che entrava nella sua mente per assopire gli orribili e brutti tormenti, per fargli capire che stava facendo la scelta giusta e per fargli sentire la sua eterea vicinanza.

Elijah si voltò verso la spiaggia: c’era un leggero venticello che sventolava le foglie dell’albero. Alcune erano verdi e non secche. Forse non era morto del tutto.

Diede un’ultima occhiata al mare; di mattina era verde color dello smeraldo e lì ci rivedeva gli occhi di Briony che avevano portato una ventata d’aria fresca e profumata nel suo cuore morto.. stelle che brillavano anche da lontano.. luccichii che lui portava impressi nella sua anima e che difficilmente si potevano dimenticare.

Sentì anche l’odore del gelsomino, del geranio e dell’orchidea nell’atmosfera… avrebbe sempre associato quegli odori alla felicità. Ma se lo sarebbe tenuto per sé, gli altri non avrebbero mai capito. Solo lui sarebbe stato il custode di quelle memorie.

Elijah era rimasto immobile con sguardo indecifrabile e pensieroso, immerso in quel panorama speciale. Anche Rebekah si era fermata più in là ad attenderlo e lui, con un lieve triste sorriso, si decise a dar le spalle a quel luogo, a incamminarsi verso un nuovo futuro.

E mentre Elijah si allontanava con la sua famiglia, il vento improvvisamente cessò di soffiare. In quel luogo, ma attorno a lui ci sarebbe sempre stato.

Quando un soffio di vento ti accarezzerà il viso o quando un raggio di luce attraverserà la finestra della tua casa, sarò io, capito? Io non me ne vado.

Un po’ di serenità soffiò su di lui, sentendo quel pugno di ferro ammorbidirsi dentro di lui e tornare a respirare un po’. Camminò a passi sempre eleganti, al fianco della sua famiglia, e avrebbe vissuto l’eternità senza mai dimenticare.

Elijah aveva già trovato quelli che tutti quanti cercano e che soltanto pochi trovano.. E che lui non si era mai sentito degno di avere... la sola persona al mondo che era destinato ad amare per sempre. Briony Forbes, una persona ricca di sentimenti, di calore, un porto in cui lui si sarebbe sentito a casa per sempre. E nessun vento, nessun ostacolo e neanche la morte potranno mai distruggere quel sentimento.

Conoscere questo genere d’amore è un sinonimo di estrema fortuna, perché ti capita all’improvviso quando mai te lo aspetti,  non lo puoi cercare di tua spontanea volontà perché è lui che ti sceglie: ti afferra e ti sovrasta come un fulmine a ciel sereno, come un uragano che lascia del suo passaggio le orme di quella persona che non si staccherà mai dalla tua vita. E a volte fa paura proprio per questo, si teme una cosa così grande e potente in grado di cambiarci l’esistenza.

Ma nonostante le sofferenze e i pericoli mortali, per lui quel periodo passato con lei è stato tutto. Il più bello e significativo della sua vita, pieno della semplicità umana di Briony e del  suo sorriso che mai smetterà di vivere in lui… anche adesso che lei ha preso una strada che non è la sua.

Perché amori così non finiscono neanche con la morte.

E questa storia esisterà per sempre.

Always and Forever.

 

FINE

 

Questa fanfic mi ha fracassato il cervello, mi ha spremuta, mi ha fatto fare le nottate in bianco ed è stata davvero dura riportarla su carta senza fare dei grossi macelli. Ma mi è entrata nel cuore, è una parte di me, la mia creatura, la mia storia preferita che non rimpiangerò mai di avere scritto e pubblicato su questo sito. Nonostante le crisi, i dubbi, la mancanza di ispirazione, la negatività e la lunghezza olimpionica, sono riuscita a finirla. E con grande rammarico la chiudo qui.

Certo prima o poi bisogna dare una fine a tutto, ma provo profondo rammarico nel sapere che non potrò mai più scrivere su questa meravigliosa coppia che ho creato (Bando la modestia, Briony e Elijah sono fantastici :P). Ma sono anche contenta di averla finita in questo modo. So che voi tutte volevate il lieto fine, e Briony e Elijah se lo meritavano eccome, ma fin dall’inizio ho sempre saputo come sarebbero andate le cose e non ho voluto farmi condizionare dal parere altrui che andasse ad intaccare le mie idee.

Spero non ne resterete delusi. Ci ho lavorato tanto e dato il massimo a questa storia, e nel bene e nel male, spero che vi sia piaciuta e che tornerete a rileggerla in futuro quando vi sarà smaltita la depressione a causa mia XD A proposito sto revisionando i vecchi capitoli e ho modificato e aggiunto qualcosina :--)

Mi mancherà davvero scrivere questa storia. Mi mancherà riportare su carta le emozioni che provo, i miei bla bla bla mentali e sentire le vostre parole confortevoli.

Ma prima di fare i ringraziamenti a voi, miei cari lettori, trovo doveroso ringraziare loro: J.R.R Tolkien, Anne Rice, Isabelle Allende, Italo Svevo, Nicholas Sparks, Charles Dickens, Oscar Wilde, Stephenie Meyer, Lisa Jane Smith, Cassandra Clare e soprattutto la mia anima gemella George Martin per avermi guidata, ispirata e aiutata nella scrittura per tutto questo tempo. Forse se non conoscessi questi scrittori non sarei ciò che sono oggi, non mi sarei appassionata così tanto alla scrittura e non avrei migliorato dove sbaglio.

 

E per finire…. Ringrazio voi, uno per uno, per avermi sostenuta e seguita per tutto questo tempo. Se non ci foste stati voi, con i vostri preziosi commenti, probabilmente avrei mollato la storia per pigrizia o per scarsità di autostima. E invece sono andata avanti, anche grazie a voi. Avete impedito alla mia storia di affogare come il Titanic e non sapete quanto conti per un autore il supporto dei lettori e anche i consigli/aiuti.

Ps: l’ordine dei ringraziamenti non conta poi granchè, io vi amo tutte. <3

Ringrazio con amore:

-          Ariel Winchester: Se avete letto questa storia è solo grazie a questa persona fantastica e meravigliosa. E’ stata lei a convincermi a pubblicare questa storia, è stata lei a spronarmi ad andare avanti quando non ero convinta e mi facevo prendere dagli attacchi di panico. Quindi se avete amato Briony e Elijah e letto su di loro è solo grazie a lei, al suo aiuto, devozione e amicizia. Non dimenticherò mai cosa hai fatto per me. Onorata di esserti amica e di essere entrata nella tua vita. Proprio come tu nella mia.

-          Iansom: Tesoro mio, cara, cucciola, mia lettrice depravata preferita. Su di te devo spendere più di qualche parola perché lo meriti non solo per gli aiuti tangibili che mi hai dato ma per l’affetto, l’amicizia autentica che è nata giorno dopo giorno. Sono felicissima di aver conosciuto una persona speciale e divertente come te; non mi vergogno a dire che fai parte della mia quotidianità anche se non ci siamo ancora conosciute faccia a faccia. Tu sei la lettrice che più di tutti ha amato Briony, l’ha amata sempre e giustificata in ogni modo. Eri sempre dalla sua parte, manco fosse tua sorella o un personaggio reale. Ho avvertito davvero la tua passione per il mio personaggio e non posso che esserne contenta. Grazie per le recensioni chilometriche in cui ci spendevi dietro ore di sonno (Matta ma ti adoro per ogni singola frase folle), grazie per essere sempre in prima fila. Grazie per gli aiuti che mi hai dato, per aver condiviso la mia insanità mentale e per aver scalpitato con me in “certe scene.” Gli ormoni volavano insieme XD Grazie per aver amato questa coppia, per averla tifata fino alla fine, anche se so che Elijah non è il tuo preferito in assoluto. Ma hai amato questa coppia in maniera totalizzante e spero continuerai a farlo. Non potrò mai ringraziarti abbastanza per aver scelto di mettere Briony nella tua fanfic. E’ un grande onore per me. Mi dispiace solo di averti fatto bollire nelle mie scene hot. La doccia gelida funziona ancora? XD Chi dice che non si può voler bene a una persona senza averla conosciuta faccia a faccia… beh si sbaglia. Grazie per tutto. Ti adoro :*

-          KristinGillies: Tu per me rimarrai sempre Kitsune e spero davvero in tuo ritorno sul sito perché mi manchi tantissimo. Tutte e due amiamo Elijah follemente e penso che sia questo ad averci legate all’inizio. Ma poi è nata una conoscenza e poi un’amicizia, che spero di non perdere mai. Mi sei stata d’aiuto nel corso della storia, e ti ringrazio per aver amato questa coppia. Grazie tantissimo anche per le immagini che mi hai regalato, e scusa se ti rompevo sempre. Purtroppo io non sono brava come te :--) Ah la bellissima immagine all'inizio é sua! Grazie di nuovo!

-          Sere Le Fay: Tesoro, piccolina, non mi sarei mai aspettata di affezionarmi tanto a una lettrice e invece è stato così. Ogni tuo commento è stato indispensabile, da quando hai conosciuto la mia storia sei sempre stata velocissima a leggerla in maniera trepidante. Era sempre la prima a recensire, insomma devo darti una medaglia :P Ti sei affezionata tantissimo alla mia storia e questo l’ho percepito. Eri triste al pensiero di non leggerla più e uno scrittore non può chiedere di meglio. E grazie oltretutto per aver capito le mie scelte, per aver amato ogni singolo personaggio. Hai fatto bene a paragonarmi a Martin, anche se lui è un genio mentre io una ciabatta a suo confronto, ma hai capito che io sono sadica e lo hai accettato, non con qualche lacrimuccia XD Ma essendo anche tu fans di Game of Thrones sai cosa intendo e anche questa passione ci unisce. Quindi grazie per aver seguito la mia storia e per averla amata fino alla fine, ogni mia scena e ogni mia frase. Grazie davvero tesoro ^^

-          Taisha:  Di te che devo dire? Che sei pazza di Elijah tanto quanto me? Ahah Due pazze perverse che non vedono l’ora di saltargli addosso XD Ormai ci conoscono tutti quindi possiamo parlare liberamente della nostra passione che abbiamo in comune.  Tu volevi il lieto fine nella mia storia perché credevi con tutto il cuore che Briony e Elijah se lo meritassero. Ti sei mezza disperata quando non l’hai ottenuto ma questo non ha diminuito il tuo amore per la mia storia. Ed è davvero importante per me… sapere di avere lettrici che ti seguono e sostengono, nel bene e nel male.  Che sai che ci saranno sempre. Ti adoro sappilo. Grazie per avermi seguita!

-          Winner_: Lodiamo le lacrime di costei XD Ebbene sì hai detto che nessun lettore ha pianto come hai fatto tu quindi lodiamo le lacrime, che hanno reso la tua espressione così drammatica da convincere tua mamma a farti andare alla Convention ahah Scherzo dai :P Prima di tutto grazie per avermi seguita. Mi ha fatto davvero piacere, anche perché è Klaus il tuo personaggio preferito, non Elijah, quindi doppiamente piacere che ti sia piaciuta tanto la mia storia! Amavi tantissimo Briony e questo l’ho davvero percepito, così come la coppia che formava con Elijah. Mi hai dato della sadica, mi hai minacciato di affogarmi in piscina ma l’hai fatto in preda al dolore del mio sadismo cronico quindi ti perdono :P Anche perché essere sadica per me è un complimento ahah Amo troppo George Martin e lo sai! Ti devo anche ringraziare per avermi lodata a causa del finale. Anche se volevi un lieto fine, anche se sei disperata, hai capito la mia scelta e mi hai ammirato per essere andata contro il parere degli altri per esaudire ciò che volevo io. Questo davvero conta molto per me quindi infinite grazie :--P Sei la mia socia in pagina e nel gruppo di TVD, sarai la mia accompagnatrice alla Convention…. Non credevo di legarmi così tanto a una lettrice e di condividere la realtà oltre che la fantasia. Ma invece è successo e sono doppiamente contenta per questo :=) E spero davvero di non averti fatta piangere XD Essù dai che tornerò a maledirti la vita con l’altra fanfic sugli Originals uahahah XD Ti lovvo:*

-          Lelahel: Non so davvero cosa dire, ormai ci diciamo tutto, pare che tu mi legga nella mente quindi ogni mia parola sarebbe vana e superflua. Ma sento che devo farlo. Voglio farlo. Sei una delle mie lettrici preferite, e non solo per avermi aiutato e sostenuto in ogni momento, ma per le tue considerazioni chilometriche che facevi nei miei capitoli. A te non bastava un “bel capitolo, aggiorna.” No facevi tutto il contrario. Ad ogni scena esprimi un tuo giudizio, la analizzi, capisci ciò che intendo senza bisogno di tante parole, a volte sembra che capisci più tu i miei personaggi che io. I tuoi commenti mi sono stati davvero d'ispirazione perché si vede che tu assapori i bla bla bla che scrivo, che li fai entrare nel cuore e li reputi importanti e scritti benissimo secondo il tuo parere, che per me è sempre stato importantissimo. Sei sempre stata chiara e sincera con me, e non ti ringrazierò mai per questo perché sono davvero migliorata grazie a te nel corso della storia. Grazie davvero perché si vede che hai amato ogni mio personaggio, in ogni singola sfumatura. Grazie per essere stata obbiettiva, grazie per tutti i complimenti che mi fanno arrossire e sentire a 3 metri sopra il cielo. Grazie per aver capito ogni mia scelta, anche la più drammatica e sadica. Grazie appunto per avermi sostenuto e aiutata a prendere la mia strada senza voltarmi indietro. E soprattutto sono felice di aver trovato un’amica come te. Non solo una lettrice. E spero che continuerai a esserlo perché ormai non passa giorni senza che io non ami romperti le scatole XD Grazie per le chiacchierate, le risate, i divertimenti, gli sfoghi.. per tutto. Un bacio.

-          Jess chan: Per tutte le camicie strappate di Elijah! Ahah questo é una delle tue tante battute che mi hanno fatto spataccare dalle risate. Tu hai un umorismo nato, non c’è stata una sola tua recensione in cui non sono morta dal ridere. E anche nei messaggi su facebook, non riuscivo a non trascrivere nella mia home le battute che mi dicevi; sapevi ironizzare perfino quando mi minacciavi Ahah mi dispiace di averti fatta deprimere in ogni mio capitolo e di averti fatto allagare la casa dalle lacrime, perché la tua spensieratezza non la devi mai perdere così come la tua ironia pazza che mi ha contagiata molte volte. Sei la lettrice più divertente che abbia mai conosciuto e spero non ci perderemo di vista perché due semplici chiacchiere con te mi fanno ritornare il buon umore :-P

-          Freedom111: Io con te sono sempre stata una sorella maggiore, mi veniva voglia di urlarti addosso perché le piccine non devono leggere le mie scene depravate. Ma non ce la facevo mai. Perché con te mi diverto troppo e mi sento a mio agio proprio come se fossimo coetanee. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, vediamo molte cose nello stesso modo, soprattutto “certe cose”. XD Abbiamo riso e goduto insieme di questa storia, anche se negli ultimi capitoli ti ho fatto solo piangere e rimanere sotto shock. Spero ti riprenderai perché mi mancano troppo le nostre conversazioni folli che mi facevano andare a letto con un sorriso. Inutile dire che sei una delle mie lettrici preferite :--)

-          Briony96: A te ringrazio particolarmente per le risate epocali che mi hai fatto fare, per la tua disponibilità e il tuo sostegno incondizionato. Tu sei una delle lettrici che porterò dentro il cuore, per tutte le cose belle che abbiamo condiviso e i numerosissimi elogi che mi hanno colorato le guance. Ho portato avanti questa storia insieme a te, sei stata una delle prime ad amarla e non lo dimenticherò. Abbiamo la stessa passione per Elijah e lo stesso umorismo; non potevo trovare di meglio in una lettrice. Grazie di cuore.

-          Buffy46:  Mia cara, le nostre telefonate sono impresse nella mia mente e soprattutto le risate che ci facevamo insieme. Sei stata un sostegno, un’ancora. Una delle poche che mi ha seguito fin dall’inizio ed è arrivata alla fine. Diciamo che sei davvero una veterana e ti spetterebbe un premio XD Non ho niente da offrirti perché abitiamo lontane, se non la mia continua pazzia e amicizia. Grazie davvero! Sei sempre stata gentilissima e importante.

-          Daime: Cara, tu mi hai tirata su di morale molte volte, mi hai fatto sentire apprezzata come scrittrice e mi hai elargito complimenti che io credo di non meritare, ma che mi hanno fatto tantissimo piacere perché sentivo che eri sincera, che amavi così tanto la mia storia tanto da spenderci il sonno  e la salute mentale. Le tue recensioni, sappilo, me le stamperò prima o poi. Mi hai gratificata come pochi hanno fatto, mi hai fatto sentire speciale e anche se di solito i complimenti non li accetto molto, i tuoi li accetto col cuore aperto. Grazie davvero, spero di risentirti! :)

-          Lady Elizabeth: Ringrazio tantissimo anche te per esserci sempre stata, da quando ti sei appassionata alle mie storie fino alla fine. Il tuo sostegno mi ha aiutato molto e spero continuerai a seguirmi :--) Grazie per tutto!

-          DenyDF: Hai letto questa fanfic alla velocità della luce e mi chiedo in che condizioni siano i tuoi occhi per aver letto la mai epopea in un periodo così breve XD Pazza sei! Ma nonostante tutto sono contenta che ti sia piaciuta enormemente, che hai amato tutto dall’inizio e alla fine. Mi dispiace di averti fatto allagare la casa per via delle lacrime ma spero che comunque ti porterai nel tuo cuore la mia storia :P E grazie per aver capito le mie scelte, anche quelle più drammatiche!

-          Fiori di loto: Un ringraziamento speciale anche per te. Anche se eri impegnata in mille cose trovavi sempre il tempo per leggere la mia epopea amorosa e per amarla incondizionatamente. Per cui grazie! Grazie per le tue belle parole, per avermi lodata e resa felice con i tuoi commenti sempre positivi.

-          Vitamina: Sul serio non so come fare a ringraziarti per le belle parole che mi hai sempre elargito. I complimenti detti da te valgono doppio perché lo sai quanto ti stimi. Sentirti dire che il mio stile di scrittura é meraviglioso, non banale, che sembra di stare in un film, e che ti ho persino fatto amare Elijah più di quanto avessi mai fatto nel telefilm, mi ha reso enormemente felice. Davvero non te ne rendi conto. Io scrivo proprio per questo. E sono contenta di aver raggiunto il mio obbiettivo. Quindi grazie per questo, per esserci stata e per avermi fatto sentire più brava quanto io non sia.

-          Nefrit93: Grazie per ogni consiglio, anche al di fuori della fanfic e per l’entusiasmo che hai portato alla storia sempre e comunque. Grazie inoltre per aver messo la storia tra le scelte del sito. E’ stato davvero un onore che spero si avverrà :--) Grazie di tutto!

-          Stellinapiccolina: Cara, grazie per aver aspettato ogni santo giorno i miei capitoli extra mega lunghi, sono contenta che la mia storia ti sia piaciuta così tanto e spero di non averti mai deluso :=) Grazie di tutto!

-          Esmeralda91: Ciocca ciocca. La mia ciocca che adoro tanto <3 Tu mi hai seguito fin dall’inizio quasi, le tue recensioni mi facevano sempre sbellicare dalle risate e credimi quando ti dico che mi manchi. E non per far numero ma perché portavi ventate d’aria fresca in alcune mie giornate a volte grigie e buie. Grazie per il sostegno e per aver reputato la mia storia validissima e bellissima. Ad ogni modo, grazie!

-          Polo: tesoro grazie anche a te per l'affetto che mi hai dimostrato, per l'amore che hai provato per questa coppia. Quando loro stavano soffrendo soffrivi anche tu, se erano felici tu eri al settimo cielo. Questo mi fa molto piacere perché si vede che eri in profonda empatia verso la coppia che ho creato. Dovrei farti una ramanzina perché invece di studiare e fare i compiti, tu leggevi i miei poemi, ma non la farò. Segno della mia bontà XD Spero che ti porterai dentro i momenti che Briony e Elijah hanno condiviso, come hai sempre fatto. Grazie!

-          Deademia: tu e io vediamo Elijah allo stesso modo ed é davvero un peccato che hai mollato la tua fanfic perché non ho mai visto nessun Elijah come il tuo. I tuoi commenti mi sono sempre stati utili, li ho apprezzati perché mi fido molto del tuo giudizio, e sapere che la mia storia ti piaceva così tanto non può che rendermi felice. Scusami se ti ho angustiata a causa dei miei capitoli e so che ti dovrei pagare le visite dallo psicologo ma credo che ti dovrai abituare al mio sadismo XD ormai mi conosci e forse mi hai stimata proprio per questo…. Chi lo sa! Grazie di esserci stata, nel bene e nel male!

-          Darling99: Piccina, ti adoro lo sai. La contentezza che mi hai dato tu me l’hanno data in pochi. Sono felice che la storia ti sia così entrata nel cuore, che l’hai amata incondizionatamente donandomi tanti complimenti e belle parole. Grazie davvero ^^

-          Mrapi85: Monica grazie per le nostre chiacchierate folli, per i tuoi commenti nella mia pagina e per aver speso tempo a leggere e sopportare questa speudo autrice. Grazie per ogni commento!

-          Clau_: I tuoi complimenti sia su Facebook e sia qui mi hanno creato enormi sorrisi perché è bello sapere che una fans accanita degli Originals ami tanto la mia storia e la consideri fenomenale. Un vero onore. Grazie davvero!

-          Daniela_97: So che probabilmente mi lancerai solo pomodori o ciabatte, o peggio, ma voglio comunque ringraziarti. A volte non é utile avere solo lettori che ti dicono “Sisi é bellissimo” quindi grazie per ogni singolo commento, sperando che non ti venga voglia di uccidermi  XD

-          Debby_88: Anche con te, Debby, ho condiviso la mia grande passione folle e morbosa per Elijah. Diciamo che ci capivamo al volo e sono davvero felice di averti conosciuta. Anche se ora sei assente dal sito sappi mi sei stata davvero d’aiuto, che mi hai rafforzato e incitato ad andare avanti. Grazie davvero!

-           

Grazie anche Maya96, GaiMe95, ELENA, VerocryAlessialalaJosephineAntoniette per essermi state accanto durante questo viaggio e per avermi resa felice con i vostri complimenti e considerazioni. Molte di voi sono state d’ispirazione e ne sono davvero orgogliosa! Quindi grazie davvero a tutte voi! Vi adoro!

 

Inoltre ringrazio anche Anna veronica, Gre90, Tyene, Cate96, Beth Petrova, Alice Sartori, Anghy95, Helen_162, Pecki,AlmeisanKlarolineNiannian, Katherine, BitemeIanSomerhalder, Serpentina1991, cuore_-pirata per avermi espresso le loro opinioni e resa quindi speciale :--)

 

Un ringraziamento grandissimo anche a chi sta leggendo per ora la prima parte della fanfic che ha una dura marcia da percorrere e che spero ce la faccia fino alla fine a scalare :P

-          Vivian Darkbloom

-          Lady klaine

-          Lucy stoker

-          TheSensitiveGirl94

-          Sunset

-          Sherlocked21

-          Silviaarena

-          Masychan

-          AngelCruelty

-          Siochana

-          Bily

 

Grazie inoltre alle 61 persone che hanno messo questa storia nelle preferite, alle 12 nelle ricordate e alle 39 nelle seguite. Grazie anche alle 44 persone che hanno messo nelle preferite la prima parte della fanfic, le 26 nelle ricordate e le 23 nelle seguite. Grazie! Spero aumenterete anche se siamo giunti alla fine. E spero sul serio che non diminuirete… questa fanfic infatti è arrivata nella lista delle storie più popolari del fandom grazie al numero dei preferiti. Quindi.. THANK YOU SO MUCH!

L’amministrazione non ha ancora accettato la vostra richiesta di mettere la mia storia tra le scelte del sito, ma ringrazio solennemente per questo Iansom, Nefrit93 e Briony96 per averlo anche solo domandato. Grazie!

E grazie a chi mi ha contattata su facebook e fatto i complimenti lì. Grazie a tutte voi, per me siete speciali in egual misura e credetemi che senza di voi non sarei andata da nessuna parte. Grazie per aver amato la mia storia e resa quindi felice perché vuol dire che allora qualcosa di buono l’ho fatto XD

 

Non ci posso credere che sia finita…. Mi porterò questa fanfic nel cuore e spero che anche per voi sia lo stesso. E ricordate laone shot sul finale alternativo di Briony e Elijah! Non è ancora pronta e per chi fosse interessato a leggerla e a essere avvisato quando la pubblico, commenti pure!

Progetti futuri:

Non ho intenzione di abbandonare la scrittura anche se il mio cervello ormai è completamente fottuto XD

-          Vi avverto che non so quando tornerò a scrivere la long sugli Originals “White Darkness” perché sto un po’ in alto mare ma mi impegno al massimo per portarla avanti nel minor tempo possibile. Mi dispiace farvi attendere ma spero abbiate pazienza perché non mi va di fare le cose coi piedi.

-          Una one shot Kalijah già pubblicata -à http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2070695&i=1

-          Un’altra Kalijah in cantiere quindi se vi va andate a spulciare nel mio profilo di tanto in tanto, o ancor meglio chiedetemi la mia amicizia su facebook. Eccovi il link. à https://www.facebook.com/elyforgotten.efp.9?ref=tn_tnmn

-          Come ho detto prima il finale alternativo di questa storia (Briony e Elijah sposati)

-          Altri lavori ma su Game of Thrones, la mia droga e la mia fonte d’ispirazione.

-          poi…. Si vedrà xD

 

 

E ora…. Con tante lacrime ma lo spirito rilassato chiudo definitivamente questa storia, mettendola completa. Non riesco ancora a crederci.

Grazie per essere stati con me!

 

 

 

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