Resident Evil Chronicles

di Rain79
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultima missione ***
Capitolo 2: *** Il bersaglio ***



Capitolo 1
*** L'ultima missione ***




Non è facile vivere in una famiglia con un fratello polizziotto della BSAA e una sorella attivista membro di Terra Save. Entrambi sopravvissuti in qualche modo al disastro di Raccoon City. Guardati da tutti con rispetto neanche fossero due super eroi.
E io?
Rain. La sorella piccola di Chris e Claire Redfield. Che Raccoon City l'hà vista solo in televisione. Che non sa niente dell'orrore che hanno vissuto gli altri. Che si lamenta per cose inutili e non apprezza ogni singolo giorno come dovrebbe.
Bè, scusate tanto se non ho preso parte anche io a quel terribile incidente, ma cosa posso farci? Avevo 14 anni. E anche se non ero con mio fratello e mia sorella, ho passato notti intere insonne preoccupata, ma questo non conta.
Ecco perchè finito il liceo, sono entrata nella RED STAR. Che non ha niente a che fare con la BSAA o Terra Save. La Red Star è una piccola organizzazione privata. Brevi missioni, paga alta. Perchè di solito si tratta di recuperare materiale importante, o meglio, top secret. In breve, ci pagano più per il nostro silenzio che per il fatto che rischiamo le nostre vite.
Ne Chris ne Clair erano felici della mia scelta, ma questo fu solo uno dei motivi in più che mi spinse ad entrare.
Il primo anno fu durissimo. Pensavo che avrei mollato prima di arrivare alla fine. L'addestramento era pesante, non solo fisicamente, ma anche mentalemente. Per mia fortuna, finisco sempre quello che inizio. Nonostante tutto.

I due anni di addestramento li passai km e km lontana da casa. Qualche telefonata di Chris. Tanto per sapere se ero ancora viva. I soliti saluti da parte di Claire, sempre troppo impegnata a salvare gli altri.
Le prime missioni erano abbastanza semplici. Piccole squadre da non più di 5 agenti. Assetto stile armati fino ai denti, perchè non si sa mai. Si entra, si recupera e si esce. Il record in questioni di tempo, ce l'hà la mia squadra, 11:45 Nessun civile coinvolto. Neanche uno sparo. Un semplice recupero dati da un computer. Anzi, direi che è stato il computer a rallentarci.

Mio fratello mi manca. La mia famiglia mi manca. O meglio, mi manca il nostro stare insieme nella stessa casa. Svegliarmi presto e fare i dispetti a Chris. Fregare i vestiti di Claire e vederla impazzire perchè non riesce a trovarli.
Forse dovrei tornare. Almeno per una visita veloce. Giusto il tempo di dire ciao, passavo di qui. Un caffè, e poi via, di nuovo tutti alle nostre vite.
Ma la mia si può chiamare veramente vita? Tante, troppe volte me lo sono chiesto. E sempre la risposta non cambia.
Sopravvivo.
Può davvero il lavoro essere l'unico motivo che mi fa alzare dal letto?
Diciamo che vestirmi in assetto operativo mi piace. Portavo gli anfibi anche prima. I pantaloni militari neri, mille tasche sono comodi per una che non porta la borsetta. Giubbotto antiproiettili. T-shirt Red Star. E poi, fondina ascellare doppia e infracosciale destra. Coltello a sinistra. Torcia e bussola nel marsupio dietro. Orologio tattico, guanti di pelle, ginocchiere e gomitiere. Auricolare per tenersi in contatto con la squadra e la base. E poi.. poi io, che per recuperare dati da un Pc, vestita così, mi sembra un'esagerazione, però mi piace.
Il fatto è che ci infiltriamo spesso in ambienti dove non abbiamo i permessi.
Giusto un paio di volte è capitato di puntare le armi. Scappare correndo. Usare uscite alternative. Nascondersi in bagno o sotto la scrivania. Tutte cose che fanno ridere, a confronto dell'addestramento. Però sono contenta di non aver mai dovuto fare uso delle armi. Uccidere una persona, buona o cattiva, credo cambi molto le cose.

- Operativi in 3 ore a partire da ora.
Un'altra incursione, stavolta in uno stabilimento ad alta tecnologia. Oltre al solito equipaggiamento, abbiamo le maschere antigas, e passiamo tutti dll'infermeria, dovo ci inettano qualcosa. Nessuno chiede cosa sia. Nessuno ce lo dice, sappiamo solo che è per il nostro bene.
E diciamo anche che siamo pagati abbastanza per toglierci il vizio di fare troppe domande.

Il capo squadra ci spega i dettagli della missione. Ci stiamo avvicinando ad Harvardville. Dobbiamo introdurci nell'edificio della WilPharm, una multinazionale che ricerca vaccini. Si sospetta faccia esperimenti sugli esseri umani, e questo non va bene.
Il nostro compito è trovare le prove. Se esistono. Tutto il resto non è di nostra competenza.
E' per questo che siamo pagati. Abbiamo tutti accettato queste condizioni il giorno che ci siamo arruolati. Dopotutto, contribuiamo ad arrestare i cattivi, no?!
E' sera quando arriviamo nei pressi dell'edificio. Con il Pc del furgone sono appena entrata nel sistema di sicurezza. Devo bloccare le telecamere, ma non posso spegnerle, scatterebbero degli allarmi secondari. La soluzione più veloce e semplice, è quella di registrare il precorso della telecamera, e poi mandarlo in loop. Proprio come nei film. Anche se è un pò più complicato.
Per disattivare invece i sistemi di protezione interni, devo arrivare al generatore centrale, che si trova al fianco destro all'edificio. E mentre gli altri prendono posizione vicino l'entrata, io mi faccio una bella camminnata al chiaro di luna.

Avrei preferito un'altro ruolo nella squadra, ma durante i test, era evidente. Troppo magra per avere la meglio in un corpo a corpo. La vista è buona, ma la mira è pessima. Nulle le capacità organizzative. Evvabè, ero comunque in squadra. Davo comunque il mio contributo.
Avevo studiato attentamente la mappa dell'edificio e le varie foto scattate dall'alto. Raggiunsi l'obbiettivo senza difficoltà.
- Disattivazione delle protezioni interne iniziato.
Collegai il generatore al mio piccolo palmare destreggiandomi meglio di un elettricista esperto. Con un buon programma, e i codici giusti, avevo il pieno controllo di tutti i sistemi di sicurezza dell'edificio.
- Via libera.
Mi trovai una posizione comoda, dal palmare, potevo vedere i miei colleghi attraverso le telecamere, in modo da disattivare i sistemi solo dove serviva. Mi era stato vietato di disattivarli tutti, in quanto c'era il rischio di disattivare quelli dove la WilPharm conservava i vaccini. E quelli, a qualsiasi cosa servissero, andavano protetti, anche se ottenuti con la sperimentazione umana.

I ragazzi erano dentro. Davo loro l'accesso appena manomettevo le telecamere. Arrivata all'ultima però, notai un problema. C'erano due persone all'interno. Col palmare era difficile riconoscerle, fermai la squadra. Cercai di ingrandire le immagini il più possibile. Quando riuscii ad identificare chi ci fosse nella stanza, rimasi pietrificata.
In quella stanza c'era mia sorella.
Che ci faceva e perchè, erano domande che potevano aspettare. Ora ero impegnata in come evitare che la mia squadra entrasse nella stanza stabilita.
E mentre cercavo una soluzione, ci fu un boato con una luce improvvisa.
Persi immediatamente l'immagine dal palmare. Guardai verso l'edificio, e quando il fumo si dissolse abbastanza, si vedeva chiaramente che una parte dello stabilimento non c'era più.
Lanciai il palmare e mi precipitai verso l'entrata.

- Missione annullata, missione annullata. Tutti gli agenti devono rientrare immediatamente.
Il comando veniva direttamente dalla base. Era un ordine, lo sapevo, ma sapevo anche cosa avevo visto. Mia sorella.
La stanza dove si trovava era vicina alla parte di edificio mancante, ma non sapevo quanto.

L'entrata era semicoperta dalla polvere che l'esplosione aveva alzato. Per fortuna avevo la maschera, e non avevo problemi di vista o respirazione. Cercando di orientarmi senza palmare provai a contattare la mia squadra.
- Mike, ci sei? Rispondimi Mike, siete ancora li?
Nessuna risposta.

Avevo il cuore che batteva sempre più forte. L'anzia che iniziava a stringermi lo stomaco. Mi pulsavano le tempie mentre a passo svelto mi addentravo tra le macerie. Ero preoccupata per Claire. Non avevo la mia squadra di supporto. Stavo disobbedendo ad un ordine.
Senza il palmare non ero sicura di aver preso la direzione giusta. Continuavo ad avanzare, percorrevo ogni coridoio controllando stanza per stanza. E più andavo avanti, più aumentava la tenzione. Perchè non riuscivo a trovarla? Era li, l'avevo vista pochi attimi prima.
Ero vicina o ero dalla parte sbagliata?
Mi tormentavo pensando al panico che cercavo di controllare. Durante le esercitazioni, la paura che provavo ora non c'era, e la lucidità non è la stessa. Sentivo le mani sudare nei guanti di pelle. Puntavo la pistola senza sapere perchè. C'era solo stato un crollo, a chi avrei dovuto sparare?? Il sangue che pulsava nelle tempie rimbombava nello stomaco.
Un'altra stanza.
Stesso scenario delle precedenti. Mancava l'intera parete che la separava dall'esterno. Ed era vuota. Mi affacciai calpestando vetri e calcinacci. Il panorama ai miei piedi non era confortante. Presi il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Rubrica. Claire.
- Fermo dove sei!
Prima che potessi schiacciare il tasto verde, rimasi paralizzata da una voce. E da qualcosa che premeva tra le mie scapole.
Avevo una pistola puntata alle spalle.
In addestramento, mi sarei voltata di scatto, e con il braccio avrei colpito l'altro costringendolo a puntare la pistola altrove, così da non essere più sottotiro e almeno provare a scappare.
- Voltati lentamente!
Pensando invece di agire, avevo perso l'attimo. Non sentivo più la pressione della pistola alla schiena. Con le mani alzate, e ancora il cellulare in quella destra, mi voltai. Se prima ero anziosa, adesso ero ad un altro livello che non so definire. Sudavo freddo. Respiravo veloce con la bocca. Valutavo ogni possibilità per togliermi da quella situazione, ma nessuna sembrava essere possibile.
Non riuscivo neanche a distinguere chi avevo davanti, era vestito di nero e mi puntava una pistola contro.
- Getta la pistola a terra, e togliti la maschera.
Continuava a darmi ordini. Aveva una voce neutra. Seria, lineare. Distinguevo appena i capelli biondi. Nessun simbolo o scritta sulla giacca scura. Avevo i sensi un pò appannati, dalla frenesia di trovare Claire, dalla paura di non sapere cosa fosse accaduto, e cosa stava per succedere.
Poggiai la pistola sulla scrivania che mi era a fianco. Tolsi la maschera con la mano sinistra, perchè nell'altra, avevo ancora il cellulare con il nome di Claire selezionato.
Un'agitazione così forte non l'avevo mai provata. Anche perchè non ero mai stata sotto tiro. Non sapevo che sarebbe successo. Ero sola, e avevo paura. L'uomo mi avrebbe sparato? Sarei riuscita a trovare mia sorella? Dove erano finiti gli altri?
- ..Claire?!
Finalmente riuscivo a vedere l'uomo in faccia. Aveva abbassato la pistola e mi guardava sorpreso.
- Leon..
Lo avevo visto un paio di volte anni fa con mia sorella. Quello era Leon Scott Kennedy. E mi aveva appena chiamata Claire..
- Rain, che diavolo ci fai qui?
Io e Claire ci assomigliavamo. Ma non credevo così tanto da essere scambiata per lei.
- Hai visto Claire? Dovè, sta bene?
- Si, sta bene, ma tu che ci fai qui?
Leon aveva rinfoderato la pistola e aspettava una risposta.
In quel momento, dall'auricolare:
- Recupero tra 5 minuti al punto di arrivo.
Nella stanza c'era un computer, mi ci piazzai davanti, ignorando le varie domande di Leon. Volevo portare a termine la missione, perchè non avevo rispettato l'ordine di rientrare. E anche se ero in torto, almeno avrei avuto qualcosa con cui provare a salvarmi.
- Devo solo recuperare dei dati. Non ci vorrà molto.
- Aspetta un momento..
Leon non finì la frase che una nuova esplosione fece tremare l'intero edificio.
Ancora polvere e calcinacci. Stavolta su di me, che ero caduta a terra e mi stava tornando l'anzia.
Il bip del computer mi avvisava che aveva finito di scaricare i file che cercavo. Mi rialzai appoggindomi alla scrivania, dovevo solo riprendere la chiavetta e la missione poteva dirsi conclusa con successo.
- Dobbiamo andarcece da qui!
Disse Leon prima di afferrarmi per un braccio.
- Aspetta, solo un secondo..
- Non c'è tempo, l'edificio potrebbe cedere, o la prossima esplosione ucciderci entrambi!
Voce ed espressione di chi non ammette repliche. E la presa sul mio braccio, era così stretta che sembrava avesse una tenaglia al posto della mano. Opponevo resistenza, perchè davvero mi bastava un secondo per finire il mio lavoro. Ma Leon continuava a tirarmi costringendomi a camminare verso il coridoio.
- Cazzo Leon lasciami, mi stai facendo male!!
Visto che a forza non potevo competere, tentai la carta della pietà con voce languida. Anche se non ci speravo. Leon lasciò la presa. Mi tenni il braccio con l'altra mano, mi faceva male davvero, ma era più per scena che altro.
- Sono qui per un motivo, devo portare a termine una cosa. Vattene se vuoi.
E mentre parlavo, entrai di nuovo nella stanza con il Computer e ripresi la chiavetta. Oggi avevo la mia preferita, quella a forma di Ninja, tutta nera, che si apre a metà l'omino. La richiusi e l'assicura nella tasca dei pantaloni con la zip.
Quando mi voltai, Leon era sulla porta. Stava a guardarmi con aria inespressiva.. bè, un pò come sempre, ma stavolta sembrava diverso.
- Ora possiamo andarcene.
Uscimmo dall'edificio senza più rivolgerci la parola. Senza neanche guardarci. Leon camminava davanti a me. Forse era preoccupato davvero che l'edificio ci crollasse addosso. Con due esplosioni, era rimasto metà palazzo ancora in piedi, ma quello che vedevo seguendo le spalle di Leon non era rassicurante.

Passata l'entrata, finalmente, si riusciva a respirare aria pulita, invece di quella polverosa e pesante che c'era dentro.
- Ma dov'è Claire?
Ero sicura che l'avremmo trovata fuori ad aspettarci. Perchè lei mi batte sempre in tutto. E' sempre la migliore in ogni cosa che fa, e anche stavolta davo per scontato che ci avesse battuti entrambi nell'uscire dal palazzo.
- Vedrai che sta bene, dai, allontaniamoci.
Distanti dalle luci che dal basso illuminavano ormai uno scheletro di macerie e vetri, sentii le sirene della polizia.
Il furgone della mia squadra non era dove doveva essere. Ci avevo messo troppo tempo, saranno tutti rientrati. Forse mi daranno per dispersa. Provai di nuovo via radio a contattare Mike, poi la base, ma niente.
Arrivati alla macchina di Leon, sentii qualcuno che tossiva.
Dall'altra parte della starda c'era Claire. Finalmente. Zoppicava e tossiva. Era ricoperta di polvere dalla testa ai piedi.
Sospirai finalmente, felice di vederla sana e salva. Le andai incontro, o almeno, era mia intenzione.
Sentii uno stridio di gomme sull'asfalto, poi vidi le luci accecanti di una macchina scura che mi stava venendo addosso. Nel tempo che ci misi a voltarmi, sentii la voce di Claire che urlava il mio nome, e qualcuno che di peso mi trascinava a terra verso il marciapiede opposto.
Il tempo di rendermi conto che Leon mi aveva appena salvato la vita, e l'auto era già sparita.

Rimossi l'incidente in mezzo secondo, abbracciando mia sorella. Erano anni che non la vedevo. Per qualche minuto avevo pensato fosse rimasta sotto le macerie. Invece stava bene.
- Dobbiamo andarcene, sta arrivando la polizia.
Si, era meglio sbrigarci, se ci avessero trovati li, ci avrebbero portati in centrale e fatto un sacco di domande. Io poi, non dovevano sapere neanche che esistevo!
Ci allontanammo con l'auto di Leon per strade secondarie senza dare nell'occhio.

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Capitolo 2
*** Il bersaglio ***


Una serata da dimenticare. Tutto era andato nel modo sbagliato. Ero solo contenta di rivedere Claire.
Però non ero tranquilla. Volevo sapere se la mia squadra stava bene. E come mai nessuno si era accorto della mia assenza da non contattarmi alla radio? Magari era guasta. Forse nel caos dell'esplosione.. Nessuno mi rispondeva. Nessuno mi cercava. Dovevo assolutamente rientrare il prima possibile alla base.
Non riuscii a rilassarmi neanche un attimo, perchè Leon guidava come fosse inseguito dal suo incubo peggiore.
E mentre schizzavamo per le strade della città, Claire mi raccontò dell'incidente all'aereoporto, del G Virus, e che dovevamo correre a catturare un tizio di nome Frederich.
Ovviamente anche stavolta, lei aveva contribuito a salvare la situazione. Scoperto la verità e trovato il cattivo da arrestare. Io ero capitata nel mezzo del tutto per caso. La storia della mia vita.
Leon non parlava, sapeva dove andare, anzi, sicuramente era quello che sapeva più di tutti. Lavorava per il Presidente, e aveva informazioni riservate. E poi, per quel poco che lo conoscevo, non era un gran chiacchierone.
Rimasi in macchina tutto il tempo, Leon e Clair riuscirono a catturare Frederch. Un'altro disastro sventato.
Cavolo, stavolta c'ero anche io, ma avevo fatto solo presenza. Mi ero fatta catturare come un novellino. Per poco non venivo investita e avevo i crampi della fame.
Ora però, volevo solo rientrare alla base. Avevo perso i contatti dopo la prima esplosione alla WilPharma. Ero in pena per la mia squadra. Anche se non li conoscevo abbastanza da affezzionarmici, erano pur sempre i miei colleghi. Poi Mike, il caposquadra, aveva un debole per me. O forse gli facevo tenerezza, così minuta in mezzo a quegli omaccioni grandi e grossi. Bè i muscoli non erano la mia specialità, ma sapevo farmi valere.
A operazione conclusa, Claire si congedò in fretta, Terrasave doveva essere aggiornata sulle ultime vicende. Un'altra auto era venuta a prenderla. Cavolo, era davvero un pezzo importante da avere anche l'autista. Ci lasciammo con un misero ciao, mentre dentro ribollivo di rabbia.
- Ti serve un passaggio?
Leon sbucava sempre all'improvviso senza che me ne accorgessi. Mi sentivo un pò in imbarazzo. Nella sua missione, io ero il classico imprevisto. Ma ero da sola, e si, avevo bisogno di un passaggio.
- ..neanche mia sorella ha il tempo di riaccompagnarmi, ci credi?!
Lamentarmi di Claire con Leon fu semplice. Io parlavo e lui ascoltava. Ma forse faceva finta. In ogni caso, mi andava bene. Non cercavo consolazione. Sapevo com'era, solo..
- ..mi sarei aspettata almeno un'invito per un caffè, dopotutto non ci vediamo da tanto, e sai? Un caffè mi andrebbe proprio.
- ..
- Leon, hey, un caffè?!
- Siamo quasi arrivati.
- Ah bene.. ma non siamo all'aereoporto?
- No.
Sempre limpido e chiaro. Mai che sprecasse qualche parola in più.
Avrei dovuto prendere un aereo per tornare alla base. Quello di Harvardville non è l'unico aereoporto nelle vicinanza. C'è qualcosa che Leon non mi dice.
- E posso sapere dove stiamo andando?
- Ho motivo di ritenere che il tuo coinvolgimento in questa operazione non sia casuale. Ti hanno mandato a recuperare dei dati poco prima che l'edificio fosse distrutto. Credo che quei dati abbiano un gran valore.
Quando niente e quando troppo.
- Il mio coinvolgimento? Io sono solo un operatore militare, eseguo degli ordini, e devo rientrare alla base il prima possibile.
- Negativo, ho l'ordine di..
- Negativo un cazzo!! Non mi interessano i tuoi ordini, fammi scendere!!
All'improvviso stavo urlando. Ed ero ancora in agitazione. Tutta questa storia non riuscivo a capirla. Il mio coinvolgimento era fuori luogo. Leon però non accennava a rallentare. Guardava fisso la strada buia.
Negativo. Parlava e si comportava come una macchina.
Non sarei mai diventata come lui. Non lo avrei mai voluto. Per quel poco che ricordo, non lo avevo mai visto al di fuori di qualcosa che non riguardasse il lavoro.
Era questo che stavo diventando anche io? Una persoan vuota, che non pensa altro che al lavoro? Che esegue degli ordini senza sapere nient'altro? All'improvviso mi sentivo usata. Anche se ero stata io a sceglierlo.
Anni di duro addestramento, per capire in un attimo che avevo preso la strada sbagliata. Mi buttavo nel lavoro per non rendermi conto di quanto la mia vita fosse infelice. Mi mancava la mia famiglia. Non avevo amici. Ero sola. E rimasi seduta in macchina senza ribattere altro.
Lentamente mi prese il panico stringendomi una morsa alla stomaco. Una sensazione orribile. Di vuoto. Di niente. Di aver sprecato anni della mia vita in qualcosa che le desse un senzo.
Viaggiavamo da quasi mezzora, fuori era buio. L'orologio segnava le 2:45 non sapevo dove stavamo andando, ma sapevo che avevo fame! Non riuscivo neanche a chiudere gli occhi. Agitazione, paranoia, fame. Avevo saltato la cena. Mi stavano saltando i nervi. E Leon non era proprio di compagnia. Se ne stava zitto concentrato sulla strada. Non era neanche rimasto sorpreso che all'improvviso mi fossi zittita. Era davvero un uomo di ghiaccio.
Rimasi a fissarlo. Certo era un tipo strano.
- Ho i crampi allo stomaco, prometto di non fare storie se mi lasci mangiare almeno un panino.
Nessuna risposta.
- Ma qual'è il tuo problema? Siamo in viaggio da quasi un'ora, non mi dici dove stiamo andando, non vuoi farmi mangiare, e pretendi che me ne stia buona senza lamentarmi!! Sei davvero assurdo, parli come una macchina, te ne sei reso conto? Insomma te non hai un pò di fame? Io se non mangio perdo la ragione..
Il mio sproloquio durò qualche altro minuto, poi finalmente, Leon fermò la macchina. Chiusi immediatamente la bocca quando vidi che eravamo parcheggiati davanti ad un Fast Food.
- Il mio monologo è servito a qualcosa.
Aprii la portiera, ma subito Leon mi bloccò l'altro braccio. Sguardo serio.
- Sarà meglio che non entri con tutta quell'armatura addosso.
In effetti aveva ragione. Lasciai gran parte della divisa nel cofano della macchina. Alla fine, restai in T-shirt. Per fortuna era una tiepida notte di settembre. Mi sentivo un pò a disagio svestita delle mie attrezzature, ma Leon pareva neanche vedermi.
Senza aggiungere altro, ci avviammo all'entrata, mi presi un mega panino con patatine e aranciata.
- Non mangi, non bevi.. non parli.. vabene essere estroversi e misteriosi, ma te è difficile considerarti umano! E mentre addentavo il panino, pensai di essere stata un pò troppo diretta. Leon però, sembrava non avermi neanche ascoltata. Guardava da un'altra parte con l'aria totalmente assente. Sembrava privo di un'anima. - Abbiamo poco tempo, il viaggio è ancora lungo. Disse dopo aver guardato l'orologio.
Non potevo credere che quello che avevo davanti, fosse la stessa persona che avevo conosciuto qualche anno prima. Qualcosa lo turbava. Qualcosa di grave, che non voleva dirmi. Forse per non spaventarmi, o forse perchè era top secret. Non doveva essere facile tenersi certi segreti solo per se. In quel momento mi sentii una stronza.
Finii il panino e trangugiai la bibita. Sentivo il panico voler prendere il sopravvento. Tutte le mie certezze erano crollate. E non avevo niente. Non mi ero mai sentita così sola. Volevo tanto far parte di qualcosa, come avevano fatto Chris e Claire, e invece, non avevo ottenuto niente.
In questo momento, volevo solo tornarmene alla base. Quello ormai era divantato il posto che chiamavo casa. La squadra era la mia famiglia. E in questo mondo distorto, credevo di contribuire a qualcosa, ma non mi rendevo conto che in realtà, avevo rinunciato a vivere.
In bagno mi sciacquai più e più volte il viso con l'acqua fredda. Nel riflesso dello specchio, non riuscivo a riconoscermi. Era come se all'improvviso mi fossi fermata. E non sapevo dove stavo andando. Cosa stavo facendo. Perchè.
Stare dalla parte della legge, contribuire alla cattura dei cattivi mi andava bene. Ma era veramente questo ciò che volevo? Continuare a sentirmi sola, sapendo cosè che mi manca e colmando quel vuoto tenendomi occupata?
Un sibilo. E lo specchio che avevo davanti si frantumò in mille pezzi.
Mi gettai a terra e con la mano destra cercai la pistola. Cazzo! Era rimasta in macchina con tutto il resto. Alzai lo sguardo verso la porta. Leon, ancora una volta mi prese per un braccio e mi trascinò via.
- Ma che succede?
- Dobbiamo andarcene da qui immediatamente!
Tra le urla dei clienti del Fast Food uscimmo diretti alla macchina. C'era un sacco di gente che correva e urlava. Tra di loro però, notai tre tizzi vestiti di nero. Non scappavano, ma con gli occhi cercavano qualcuno. Quando mi videro, vennero subito verso di noi.
- Ho tutta la mia roba in macchina - Dov'è la chiavetta usb con i files delle WilPharm? - Quella ce l'ho' addosso.. Saltammo in macchina come due schegge e ripartimmo a tutto gas.

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