Di gaie sedute in palestra e rossori di bambolinazzurra (/viewuser.php?uid=86578)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una scoperta sconvolgente ***
Capitolo 2: *** Prima seduta: decidere gli obiettivi ***
Capitolo 3: *** Nuove amicizie e tuffi nel passato ***
Capitolo 4: *** Un ammiratore ***
Capitolo 5: *** Dannata, benedetta discoteca! ***
Capitolo 6: *** Zaffiri e mirtilli ***
Capitolo 7: *** Neve in primavera ***
Capitolo 8: *** Confessioni e gelosie ***
Capitolo 9: *** Una giornata perfetta ***
Capitolo 10: *** Confronti ***
Capitolo 11: *** Ventisei senza Roxas? ***
Capitolo 12: *** Mens sana in corpore... davvero molto molto sano! ***
Capitolo 13: *** Il torneo ***
Capitolo 14: *** Una logica che è tutta una grinza ***
Capitolo 15: *** Campo di sopravvivenza ***
Capitolo 16: *** Seme e uke al sapore di paopu ***
Capitolo 17: *** Xion ***
Capitolo 18: *** Elementare, Naminè... ***
Capitolo 19: *** Got it memorized? ***
Capitolo 1 *** Una scoperta sconvolgente ***
Era ormai
più di un anno che Roxas sapeva di essere gay.
L’aveva scoperto nel modo più imbarazzante
possibile alla fine di una seduta in palestra decisamente spossante.
Stanco che i suoi amici lo prendessero in giro per il suo fisico
così mingherlino, aveva deciso di fare il grande passo e
sborsare quei 400 munny al mese, scoprendo poi che gli piaceva molto.
Il giorno
fatidico, dunque, si era diretto verso le docce massaggiandosi la parte
bassa della schiena e imprecando con sentimento contro
l’istruttore. Mentre il suo corpo veniva accarezzato
dall’acqua tiepida dell’impianto sgangherato, si
accorse che un altro ragazzo, un po’ più grande di
lui, si stava lavando proprio nel cubicolo di fronte al suo.
“Ma
proprio lì doveva mettersi, con tutte le altre postazioni
vuote?!” aveva pensato Roxas, non poco seccato.
Senza
accorgersene si era ritrovato a osservare il corpo di quel ragazzo:
evidentemente era più allenato di lui. Aveva un accenno di
pettorali, una vaga tartaruga e muscoli di braccia e gambe definiti,
anche se non enormi. E un atteggiamento da duro.
Roxas si era
accigliato, a quel punto: avrebbe voluto raggiungere anche lui quello
stadio di allenamento, ma la strada da fare era ancora lunga. Poi era
rimasto sconcertato nell’accorgersi che stava fissando i
glutei tondi e sodi dell’altro e che una parte di lui
mostrava di gradire alquanto lo spettacolo.
Aveva tentato di
nascondere le sue vergogne, ma proprio in quel momento il ragazzo si
era voltato e aveva notato il gesto.
- Ehi,
marmocchio, che stai…? Ma
che cazz…! Sparisci, razza di… -
E il ragazzo se
n’era andato più in fretta possibile, continuando
a borbottare improperi a voce non propriamente bassa.
Pieno di
vergogna e deciso a evitare l’altro, Roxas era rimasto sotto
la doccia fino a farsi diventare le dita rugose e poi si era rivestito
più lentamente possibile, prendendo con riluttanza
consapevolezza della propria omosessualità.
“E ora
come lo dico ai miei?”
Mentre usciva
dalla palestra immerso nei suoi tetri pensieri, una voce maschile
gracchiante lo raggiunse.
- Ehi, Seifer,
è quello il frocetto che ti ha importunato?
–
Risposta secca
da parte dell’altro, dopodiché Roxas si era
trovato la strada sbarrata da un ragazzo grosso come un armadio a due
ante, il classico tipo tutto muscoli e niente cervello.
- Lasciami in
pace – aveva provato a fare lo spavaldo, ma quello si era
limitato a ridacchiare stupidamente e a spintonarlo.
Roxas si era
ritrovato col sedere sul duro asfalto e la mano avvolta intorno a
qualcosa di stretto e duro, di metallo. Si era rialzato a fronteggiare
l’aggressore stringendo quella che scoprì poi
essere una grossa chiave vecchio modello, di una trentina di
centimetri, argentata e con sopra una patina di umidità che
la rendeva opaca. L’aveva calata con tutta la sua forza sulla
testa dell’armadio umano, tramortendolo, ed era scappato via
come una furia, incurante della stanchezza e del borsone pesante, con
le risate di quel ragazzo – così dannatamente sexy
- della palestra che gli echeggiavano nelle orecchie.
Roxas
ritornò al presente con un sospiro. Inutile dire che dopo
quella clamorosa figuraccia aveva dovuto abbandonare la palestra per la
vergogna. Ma aveva deciso che i tempi erano maturi per ricominciare.
“Palestra
nuova, vita nuova” pensò Roxas ed entrò
nell’edificio, respirando con piacere l’odore di
polvere e sudore tipico delle palestre.
- Salve
– disse ad un ragazzo dai capelli rossi dietro il bancone,
che stava ruminando una gomma con aria annoiata – Vorrei
iscrivermi – e abbassò lo sguardo per paura di
compromettersi.
L’altro
sollevò lo sguardo.
- Ma certo, dolcezza!
– trillò battendo le mani.
- Co…
Cosa?! – boccheggiò Roxas, spalancando gli occhi.
- Ho detto che
sono 400 munny al mese e altri 100 per l’iscrizione
– fece quello, sbuffando annoiato e guardandolo ad occhi
socchiusi – Lì ci sono i moduli che devi riempire
–
Roxas
arrossì e distolse di nuovo lo sguardo. Possibile che si
fosse immaginato tutto? Scosse la testa e iniziò a compilare
i moduli, ben attento a non guardare il ragazzo di fronte a lui.
- Vedo che hai
già il borsone con te. Cominci subito, dunque? –
- Oh,
sì – bofonchiò il biondo.
- Io sono Axel,
il tuo istruttore. A-X-E-L, got
it memorized? –
- Certo. Io sono
Roxas. R-O-X-A-S!
– gli fece il verso prima di riuscire a trattenersi,
omettendo solo il finale.
E
scappò a tutta birra verso gli spogliatoi.
Axel rimase
lì a guardarlo allontanarsi, ridacchiando. Era sempre uno
spasso prendere un po’ in giro i ragazzini “gay da
poco” facendo la messinscena della checca isterica, per poi
far loro credere di averlo solo immaginato, ma era la prima volta che
veniva preso in giro da uno di loro.
Si sarebbe
divertito con quel fringuello biondo, c’era da scommetterci! |
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Capitolo 2 *** Prima seduta: decidere gli obiettivi ***
Roxas
scaraventò il borsone nel primo armadietto libero, senza
darsi la pena di chiuderlo a chiave. La prima cosa che fece fu
controllare le docce. Bene, qualche cubicolo aveva
un’economica tendina di plastica semitrasparente
come copertura, per i clienti più timidi.
Fece un
sospirone e affrontò risolutamente le scale per accedere
alla palestra vera e propria.
- Abbiamo un
nuovo iscritto, Lex –
Lexaeus, il
proprietario della palestra, annuì lievemente, dimostrando
di aver capito ciò che l’altro aveva detto.
Era un omone
altissimo e muscoloso, che non amava particolarmente parlare e non lo
faceva se non era indispensabile.
- Se non ti
dispiace, vorrei occuparmene io – cianciò Axel,
che al contrario aveva la parlantina sciolta.
Lexaeus
inarcò un sopracciglio cespuglioso.
“Perché?” sembrava voler dire. Axel lo
conosceva da parecchio, quindi non ebbe particolari
difficoltà ad interpretare.
- Il ragazzo
sembra nuovo di questi posti. Voglio aiutarlo ad ambientarsi. E poi mi
è simpatico –
- Se ci tieni
– buttò fuori Lexaeus con difficoltà.
- Grazie!
–
Roxas
trovò Axel che lo aspettava in cima alle scale. Aveva
stampato in faccia un sorrisetto che non prometteva niente di buono.
- Benvenuto all’inferno!
– sibilò.
Appunto. Non si
degnò di rispondere e si limitò a fissare torvo
lo strano ragazzo, che con quei capelli rossi e appuntiti poteva quasi
sembrare un diavolo. Un
bel diavolo, ma quelli erano dettagli. Non
gliel’avrebbe data vinta, se le cose stavano in quel modo.
- Oh, andiamo
ragazzino, stavo solo scherzando! –
Ma, come a
contraddirlo, la canzone cambiò all’improvviso.
Burn
baby burn!
Disco
inferno!
Burn
baby burn!
Roxas
guardò Axel con un’espressione che sembrava dire
“Mi stai prendendo in giro?!”.
Axel, spiazzato,
si voltò verso il banco poco lontano, dove sedeva Lexaeus,
che li stava guardando. L’uomo sbuffò e distolse
lo sguardo. Ma per un attimo Axel fu certo di aver visto un angolo
della bocca dell’omone che si sollevava leggermente.
“Andiamo
bene, perfino Lex si prende gioco di me!”
Portò
il ragazzo davanti a un tapis roulant.
- Hai idea di
cosa farci con questo? – gli chiese provocatorio.
- Mi prendi per
scemo?! – rispose seccato Roxas, guardandolo negli occhi per
la prima volta – Ti richiamo tra mezz’ora
– e gli fece ciao ciao con la manina.
“Pazzesco,
il nanerottolo mi ha dato il benservito! Sono io
l’istruttore, qui!”. Ma nondimeno si
allontanò.
Allora si
diresse verso il banco all’ingresso, deciso a chiedere
spiegazioni a Lexaeus sullo scherzetto di prima, ma venne preceduto.
- Quindi
è questo il tuo modo di mettere a loro agio i ragazzini? Un
“benvenuto all’inferno”? –
Axel
incrociò le braccia sul petto e piegò la testa
verso destra.
- Non capisco
cosa ci sia di male in una semplice battuta, Lex. E tu cosa avevi in
mente, di grazia? Perché hai messo su Disco inferno?
–
- Volevo aiutare
anch’io il ragazzino ad ambientarsi, nella tua maniera
– rispose derisorio, lo sguardo stranamente puntato al di
sopra delle spalle di Axel, anziché sul suo viso –
E comunque ho come l’impressione che, nonostante
l’aspetto angelico, sarà lui a farti vedere
l’inferno. Buon lavoro! –
Lexaeus
ghignò apertamente e sparì nel suo studio.
Axel non sapeva
cosa pensare, se non che Lexaeus aveva proprio uno strano senso
dell’umorismo. Figuriamoci, uno scricciolo del genere farlo
dannare?
Non
sapeva ancora quanto si sarebbe rivelata azzeccata quella previsione.
Accensione del
macchinario. Riscaldamento a passo svelto. Salita. Corsa.
Fiato corto e
sudore che già scendeva sul suo viso bollente.
Roxas aveva le
orecchie tese al suono della musica stimolante e ritmata che passavano
gli altoparlanti, che si mischiava con il suo stesso respiro. Gli occhi
fissi nel riflesso dello specchio da parete davanti a lui, tramite cui
sbirciava di nascosto il suo nuovo istruttore e quello che aveva
l’aria di essere il proprietario della palestra. Il ragazzo
dai capelli rossi era di spalle e aveva la testa piegata.
"Non guardargli il sedere, Roxas,
non guardarlo affatto se non è assolutamente necessario."
D’un
tratto si accorse che l’omone lo scrutava attentamente, come
per valutarlo. Roxas non sapeva se lo stesse facendo per compilare la
sua scheda o per altri motivi, ma sostenne fieramente lo sguardo.
L’altro invece lo distolse e si dileguò, con una
frase mormorata e un sorrisetto rivolto al più giovane.
Axel aveva lo
sguardo fisso sulle griglie della stufetta davanti alla quale stava
rannicchiato. Fuori stava piovendo a dirotto, mentre poco prima
c’era un sole sfolgorante, per essere pieno inverno.
Inutile dire che
il ragazzo odiava la pioggia e il freddo esattamente come i gatti.
“In
realtà dovrei stare solo al banco a riempire le scartoffie e
incassare le quote degli abbonamenti. Che cavolo mi sono messo in
testa, io
fare l’istruttore?! Spero solo di aver imparato qualcosa da
Lex, in questi anni”
Era talmente
assorto che non sentì il ragazzo che arrivava alle sue
spalle.
- Axel
– lo chiamò Roxas, toccandogli una spalla.
Il rosso si
voltò di scatto con un singulto, una mano premuta sul petto
in maniera molto poco virile.
- Accidenti,
basta così poco per spaventarti? –
ridacchiò Roxas, prima di riuscire a trattenersi.
Axel lo
ignorò.
- Bene, ora che
ti sei riscaldato – disse e gli spiegò gli
esercizi che avrebbe dovuto fare la prima settimana. - Voglio vedere
cosa sai fare, prima di passare agli esercizi seri –
- Quel tipo,
cosa mi dici di lui? – fece Roxas all’improvviso.
- Chi?
–
- Quella specie
di montagna che ho visto prima –
- Oh, Lexaeus?
È il proprietario. Perché, ti interessa?
–
Roxas
arrossì violentemente.
- Non dire
stupidaggini! E poi, come puoi sapere… - ma
s’interruppe di botto, turbato. Era così evidente
il suo orientamento sessuale?
Axel parve
intuire cosa passava per la mente del biondo: abituato
com’era ai silenzi di Lex, ormai non gli servivano molte
parole per capire le persone che aveva di fronte.
- Scusa, non
volevo metterti a disagio. Solo che gran parte delle persone che vedi
qui dentro è gay. Ho imparato a riconoscerli, tutto qui, ma
tu lo nascondi particolarmente bene. Non sei per niente effeminato
– e sorrise gentilmente.
- Sì,
ecco… non me l’aspettavo –
borbottò imbarazzato – Comunque l’ho
chiesto per curiosità, non perché mi interessa
–
- Tanto meglio,
perché Lex è sposato e con prole a carico
–
Passarono molti
minuti in silenzio, mentre Roxas eseguiva le sue serie di esercizi. Poi
passò Lexaeus e chiese a Roxas come stesse andando.
- Bene, grazie.
Ma secondo lei quanto potrò sviluppare i muscoli?
– chiese senza riuscire a trattenersi, salvo poi arrossire
subito dopo.
Lexaeus,
schietto e brutale come le asce indiane che collezionava, lo
esaminò brevemente prima di rispondere.
- Potresti
arrivare a uno sviluppo discreto, ma te lo sconsiglio –
-
Perché? – Roxas sembrava mortificato.
Lexaeus si
ammorbidì un pochino.
- Sei piccolo di
statura. Ho letto sui documenti che hai diciotto anni, quindi potresti
ancora crescere, ma dubito che arriverai al di sopra del metro e
settanta. Poi sei esile e con le spalle piuttosto strette. Lavora
soprattutto sull’irrobustirti un po’ e definire i
tuoi muscoli e, al massimo, datti a qualche pratica di arti marziali.
Così arriverai al livello di Axel –
Roxas sembrava
dubbioso: scrutava il ragazzo più grande come se non gli
sembrasse il massimo a cui aspirare. Infatti lo stesso Axel sembrava
piuttosto esile, pur essendo più alto. In effetti Roxas non
capiva come mai facesse l’istruttore. Tutti gli altri erano
molto più muscolosi.
- Hai ragione
– fece Lexaeus – Così non si capisce.
Axel, togliti la felpa –
- Non ci penso
proprio, Lex, mi fa freddo –
- Adesso!
– il tono dell’uomo non ammetteva repliche.
Axel
sospirò e fece come gli era stato ordinato e rimase in
canotta. In effetti, notò Roxas, i suoi muscoli erano saldi
e scolpiti, seppur non enormi. Lexaeus gli sollevò la
canottiera, ignorando sia l’occhiataccia di Axel che il
rossore di Roxas e rivelò addominali e pettorali che
sembravano disegnati da un abile artista.
Sotto i loro
occhi la pelle lattea del ragazzo si ricoprì di pelle
d’oca.
-
D’accordo, spettacolo finito! – sbottò
Axel, seccato, rivestendosi.
Anche lui era
piuttosto rosso in viso.
Roxas, dal canto
suo, sembrava soddisfatto. Ringraziò Lexaeus e
andò a lavarsi allegramente, pensando che dopotutto quella
palestra era meglio dell’altra.
Axel invece
pensò che non avrebbe dovuto farsi coinvolgere in quella
storia e che il ragazzino portasse più problemi e grattacapi
di quanto valesse realmente.
Ed
ecco qui il secondo capitolo. Non so quando potrò postare di
nuovo, visto che avrò 10 giorni piuttosto pieni (esami in
arrivo), ma alla peggio riuscirò a mettere il nuovo capitolo
entro la prima metà di Marzo, spero che mi perdonerete il
tempo di attesa.
Ringrazio
tutti coloro che leggeranno e quelli che si fermeranno a lasciare un
parere.
Alla
prossima! |
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Capitolo 3 *** Nuove amicizie e tuffi nel passato ***
ATTENZIONE!
Questo capitolo contiene, a partire dalla seconda metà, una
gran quantità di melensaggini che potrebbero cariare i
vostri denti. Si astengano coloro che sono in dieta stretta, i malati
di diabete e coloro che non amano un po’ di sano fluff. Se
fosse così, vi invito a leggere direttamente il prossimo
capitolo (quando uscirà). Grazie.
Per
tutti gli altri, buona lettura!
Roxas
arrivò presto in palestra, quel pomeriggio. Aveva avuto una
brutta giornata e voleva sfogarsi con un bel po’ di sano
esercizio fisico. Non vedeva l’ora di iniziare gli
allenamenti veri e propri che gli aveva anticipato Axel alla fine della
quinta seduta.
Dopo i suoi
esercizi di riscaldamento si buttò a peso morto su una
panca, per riposarsi un po’ prima di cominciare con
l’allenamento vero e proprio, come gli aveva consigliato Axel.
- Ma tu guarda
– arrivò una voce da un punto imprecisato dietro
di lui – Ogni volta che manco per un po’ di giorni
poi mi ritrovo con qualcuno di nuovo da conoscere! –
Roxas si
voltò solo per ritrovarsi davanti un…
una… Ma era un uomo o una donna?! La voce di prima
apparteneva sicuramente
a un uomo, ma era un vocione spropositato per l’aspetto
femmineo del nuovo venuto.
Alto e
abbastanza muscoloso, bisognava ammetterlo, ma il viso era liscio come
quello di una fanciulla e contornato da lunghi capelli rosa. Il sorriso
svenevole che gli stava rivolgendo poteva solo definirsi inquietante.
- Ehm, salve.
Sono lieto… uhm… di conoscerla – disse
tendendo educatamente la mano.
- Oh,
sciocchino, dammi pure del tu! Io sono Marluxia – fece
quello, appropriandosi della sua mano, gli occhi blu che scintillavano.
- Io sono Roxas
–
- Roxas. Che nome incantevole
– gli soffiò sul viso.
Finalmente lo
lasciò andare.
- Allora, Roxas,
come ti trovi qui? –
- Bene, credo
–
“Fino
ad ora” pensò Roxas, rabbrividendo mentalmente.
Desiderò ardentemente di poter andare via immediatamente, ma
avrebbe destato sospetti.
- Scommetto
cinque a uno che se Marluxia inizia a prestargli la sua piena
attenzione, il piccolo Roxas fuggirà a gambe levate!
– si intromise un tipo con i capelli probabilmente
ossigenati, mentre si accarezzava il pizzetto e faceva saltellare una
moneta.
Beccato.
- Ma sentitelo,
il maniaco del gioco d’azzardo! Secondo me il ragazzino
è più tosto di quanto non lo crediamo tutti
quanti – intervenne un uomo maturo con la coda di cavallo
zebrata e una benda su un occhio – Ehi, ragazzo, prendi!
–
E gli
tirò contro una biglia di ferro che Roxas, preso alla
sprovvista, afferrò con una mano sola prima che lo colpisse
in piena faccia.
- Bella presa!
Chissà se la tua mira è altrettanto buona. Un
giorno vieni da me al poligono di tiro, ti insegno a mirare di
precisione! –
- Grazie,
ma… - Roxas esitò.
- Mh?
– lo incoraggiò quello.
- Come fa uno
con un occhio solo ad avere una mira talmente buona da insegnarlo ad
altri? Voglio dire, la tua precisione non è gravemente
compromessa? –
I tre uomini
scoppiarono a ridere.
- È
una buona domanda però, Xigbar – sorrise Marluxia.
-
Perché tu lo sappia, tigre,
un occhio solo, se perfettamente funzionante, vale più di
due miopi – disse gioviale.
- Non chiamarmi
così – s’infiammò Roxas, che
cominciava davvero a irritarsi.
- È
un bel soprannome, invece. Azzeccato, direi – si aggiunse
un’altra voce.
- E tu che ci
fai qui, Axel? – Marluxia sembrava infastidito.
- Non ti
riguarda. Cosa vuoi dal ragazzo? –
- Volevo solo
dargli qualche consiglio – ghignò
l’altro.
- Figurati se
vorrebbe dei consigli da uno con dei capelli così
bizzarri… -
- …
disse quello con un porcospino rosso in testa! –
completò Marluxia.
Axel non si
scompose.
- Almeno i miei
non sono rosa, principessa – lo schernì
– Comunque al momento me lo state distraendo –
accennò a Roxas.
- Te lo stiamo
distraendo? –
- Sono il suo
istruttore –
- TU?! –
esclamarono i tre all’unisono.
- Che
c’è di strano? – chiese Roxas.
- Per quanto mi
riguarda – fece il biondo ossigenato –
L’ho sempre e solo visto al banco d’ingresso.
Ovviamente potrei sbagliarmi –
- Il ragazzo
è il mio primo incarico. Se non ti sta bene parlane con Lex,
Luxord –
E
trascinò via Roxas senza indugio.
-
Uhm… –
Roxas voleva
davvero ringraziare Axel per averlo tratto d’impaccio, ma per
qualche ragione le parole non gli uscirono di bocca. Non fu un problema.
- Non
c’è di che, ragazzino – sorrise Axel
– Vedo che ti sei già fatto dei nuovi amici!
Comunque – si incupì – Stai attento a
Marluxia –
Roxas non aveva
bisogno di un consiglio del genere, gli bastavano le sue prime
impressioni, ma lo tenne prudentemente per sé.
Sollevò un sopracciglio.
- Gli altri due
sono a posto, anche se un po’ eccentrici, ma Marluxia ha
davvero qualcosa di depravato, in lui. Non capisco perché
Lex non lo butti fuori a calci – mormorò in tono
da cospiratore.
- Davvero?
– Roxas si sentiva a disagio.
- Il problema
è che ti ha puntato, sembra, quindi cerca di non dargli
corda –
Roxas
annuì.
- Torniamo a
noi, oggi iniziamo a fare sul serio! – Axel prese un
bilanciere dal suo sostegno – Fammene 15 – disse
con un ghignetto.
Roxas
soppesò il bilanciere con lo sguardo. Era piuttosto grande,
ma Axel lo reggeva con una mano sola e senza sforzo apparente, quindi
sarebbe andato bene anche per lui, giusto?
Sbagliato.
L’aveva
appena afferrato che Axel mollò la presa e Roxas si
sentì trascinare giù come un sacco di patate. Lo
mollò immediatamente e balzò indietro appena in
tempo per evitare che gli cadesse sul piede. Il bilanciere si
schiantò sul pavimento con un gran fracasso.
-
Perché diavolo l’hai fatto?! –
esclamò Roxas infuriato.
Axel sorrise
all’ingenua indignazione del ragazzo. Ci era passato anche
lui, che tenerezza!
- Per metterti
alla prova, ovvio! – rispose serio – Durante i tuoi
allenamenti potrebbe capitare che io ti richieda, senza volerlo, di
fare cose che vanno oltre le tue possibilità. Quindi se
trovi una cosa troppo difficile da fare, se senti che un esercizio ti
mette troppo sotto sforzo, alleggerisci il carico. Io posso
consigliarti gli esercizi e aiutarti con la tecnica, ma i valori che ti
do sono solo indicativi. Tu conosci il tuo corpo sicuramente meglio
di me, quindi fidati dei suoi segnali – e gli
lanciò uno sguardo che a Roxas parve vagamente allusivo,
però il consiglio era giusto.
Nell’altra
palestra il suo istruttore gli aveva detto cosa fare e come e stop.
Axel aveva fatto di più: gli aveva dato il pieno controllo
del suo allenamento. Sembrava poco, ma era molto e Roxas
sentì una specie di nodo alla base della gola, completamente
secca.
Axel si
accigliò: perché il ragazzino sembrava
così meravigliato? Non dicevano una cosa del genere in tutte
le palestre? In realtà Axel non lo sapeva, perché
quella in cui si trovava era la prima e l’unica che avesse
mai frequentato. E quasi senza accorgersene aveva fatto col ragazzino
più o meno la stessa cosa che Lexaeus aveva fatto con lui
anni prima.
Anche Axel era
stato desideroso di allenarsi, fin dai suoi sedici anni,
perché piccolo e magrolino. Era entrato spedito ed
entusiasta nella palestra di Lexaeus per chiedergli di allenarlo.
Quando l’uomo aveva sentito la sua età, si era
rifiutato di accettare la sua iscrizione perché temeva che,
testardi com’erano i ragazzi, potesse esagerare e procurare
qualche danno irreversibile al suo giovane corpo non completamente
sviluppato. L’aveva visto succedere più
d’una volta e l’avrebbe evitato a ogni costo. Aveva
mandato via il ragazzo, esortandolo a presentarsi di nuovo nel giro di
un paio d’anni, quando, presumibilmente, avrebbe avuto un
po’ più di sale in zucca: l’avrebbe
accettato sicuramente.
Axel era andato
via furioso, deciso più che mai a trovare una palestra che
lo accettasse, ma stranamente aveva ricevuto solo rifiuti da tutte le
parti. Era anche deciso a non iscriversi mai a quella palestra, ma
quando, compiuti i diciotto anni, tutte le palestre l’avevano
rifiutato di nuovo, si era visto costretto ad abbandonare i suoi
propositi di vendetta.
Se il giovane
Axel si fosse dato la pena di indagare, avrebbe scoperto che Lexaeus,
già allora molto rispettato nella comunità
sportiva, aveva espressamente chiesto agli altri proprietari in
città di non accettarlo, di lasciare che la sua palestra
fosse l’unica alternativa possibile, per lui. Infatti aveva
istantaneamente preso a cuore le sorti del giovane ribelle e voleva
essere lui a insegnargli il meglio che fosse possibile. Ma Axel non si
era dato la pena di fare quel paio di domande e fu costretto, con sua
somma umiliazione, ad abbassare la cresta, per quella volta.
Nonostante
tutto, Axel si era subito sentito a suo agio, con il silenzioso giovane
uomo e quando gli aveva giocato lo scherzetto del bilanciere aveva
perfino riso e accettato il consiglio con buona grazia.
Più
o meno.
E se in quel
momento, a distanza di sette anni dal suo primo vero allenamento, Axel
avesse veramente ripensato ai primi insegnamenti di Lexaeus, si sarebbe
odiato da solo per il suo comportamento così sentimentale.
Ma non stette lì a pensarci, come invece fece
l’uomo che osservava i due ragazzi, semi-nascosto in un
angolo in penombra, sentendosi piuttosto fiero del suo allievo prediletto,
che sembrava davvero aver imparato qualcosa.
E se Lexaeus
avesse provato a scavare dentro di sé, forse avrebbe
ammesso, almeno a se stesso, che voleva bene a quello sfacciato dai
capelli rossi come se fosse un suo stesso figlio.
Forse.
Non
sapevo di essere capace di scrivere una cosa del genere, davvero. Non
so nemmeno se l’ho scritto bene o no, perché non
sono abituata. Comunque credo di aver inserito gran parte del fluff
della storia in quest’unico capitolo, quindi i prossimi
saranno senz’altro più leggeri.
Come
avrete notato, non parlerò degli allenamenti di Roxas seduta
dopo seduta, infatti siamo passati dalla prima all'equivalente della
sesta. Parlerò da qui in poi solo di quelle più
importanti per qualche ragione, senza più numerarle.
Il
quarto capitolo non è ancora pronto, ma il quinto
sì, quindi penso che li avrete entrambi in tempi ragionevoli.
Ringrazio
tutti voi che leggete questa storia! |
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Capitolo 4 *** Un ammiratore ***
Si
pregano i lettori di leggere le note finali. Grazie e buona lettura!
Era quasi
primavera. Erano passati tre mesi dal suo ingresso lì
dentro. Roxas si sentiva a suo agio e accettato senza riserve nella
palestra “Kingdom Body”. Lexaeus era molto
più gentile di quanto il suo aspetto e modo di fare burberi
potessero far sembrare e ascoltava volentieri quello che Roxas aveva da
dire, anche se di solito non rispondeva: si esprimeva prevalentemente
con alzate di sopracciglia, deboli mugolii e qualche raro sorriso.
Axel
era… beh, Axel. Con le sue battutine e i suoi sprazzi di
gentilezza e soprattutto con il suo modo di stuzzicarlo che, anche se
Roxas non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, lo divertiva
immensamente. Peccato che si ostinasse ancora a chiamarlo
“ragazzo” o
“ragazzino”.
Quella sera,
oberato di compiti com’era, aveva fatto particolarmente
tardi, quindi fu solo verso le otto di sera che si fece vivo per gli
allenamenti. Non vide Axel, ma sapeva ciò che doveva fare,
quindi non se ne preoccupò.
Aveva appena
completato una serie di sollevamenti ed era seduto immobile sulla panca
a riprendere fiato quando sentì la familiare voce del
ragazzo.
-
Ehilà, ragazzino! –
Contemporaneamente
gli arrivò una pacca sulla schiena talmente forte da
mandarlo quasi col naso sulle sue stesse ginocchia.
- Accidenti,
Axel – mugolò senza voltarsi – Chi
l’avrebbe mai detto che quelle manine di fata che ti ritrovi
nascondessero la grazia e delicatezza di un elefante?! –
Un secondo di
silenzio dietro di lui, poi Roxas decise di voltarsi per scoprire cosa
ci fosse di strano: Axel aveva la lingua lunga e la risposta pronta,
non era da lui starsene zitto.
E infatti subito
dietro di lui c’era Lexaeus, il viso impassibile. Axel era
decisamente più distante, almeno tre passi.
- Oh…
- Roxas si sentì arrossire. Da quando era lì gli
pareva di non fare altro che quello.
Le larghe spalle
di Lexaeus tremolarono e le sue labbra si dischiusero lentamente.
Poi…
- Eh…
eh… eh… - ne uscì fuori a stento.
Axel, che dopo
il commento di Roxas aveva iniziato a fissarsi perplesso le mani,
puntò lo sguardo sull’uomo.
- Eh eh eh!
– stavolta il suono era più deciso.
Roxas non
riusciva a crederci: Lexaeus
stava ridendo!
- Eh eh eh!
–
Lexaeus si
ritirò nel suo studio senza smettere di ridacchiare.
Axel invece si
avvicinò e gli rivolse un sorrisetto divertito.
- Manine di
fata, mh? –
- Sì,
esatto! – esclamò scarlatto Roxas,
imbarazzatissimo per ciò che gli era sfuggito di bocca:
aveva un debole per le mani maschili in generale, per quelle di Axel in
particolare. Erano grandi ma sottili, lievemente callose sui palmi, ma
piuttosto curate, per il resto. E forti. Le mani di un uomo. Un
bell’uomo, sì. In effetti l’espressione
“mani di fata” non gli si addiceva, ma in che altro
modo si poteva esprimere il concetto? Si diede un tono – Da
far quasi invidia a Marluxia! –
Axel
continuò a sorridere malizioso.
- Certo,
Marluxia – ghignò, gli occhi scintillanti.
Si stava
decisamente divertendo nel vedere quella specie di bambolotto che
annaspava. Non l’aveva mai visto annaspare parlando con
Marluxia. O agitarsi. Nauseato,
al massimo.
Per fare la
prova del nove portò in modo deliberatamente lento una mano
a massaggiarsi la nuca e vide con piacere che gli occhioni blu la
seguivano rapidamente, per poi abbassarsi all’istante quando
Axel focalizzò di nuovo l’attenzione su di lui.
Sorrise
apertamente: l’ingenuo interesse del ragazzino lo lusingava
più di quanto volesse ammettere. La cosa che più
lo intrigava era che non cercava affatto di nascondere le sue emozioni,
né raccoglieva poi tanto spesso le sue frecciatine.
In altre parole,
con lui i suoi trucchetti non attaccavano. Quindi o era più
navigato di quanto pensasse (ma lo escludeva decisamente) o non aveva
mai avuto un uomo.
In compenso
sicuramente faceva impazzire le ragazze, con quel visino
d’angelo e lo sguardo deciso. In realtà piaceva
parecchio anche ai maschietti in palestra: ne aveva visti diversi che
lo fissavano, mentre si allenava.
Mentre il suo
sguardo vagava per la sala, Axel si ritrovò, come spesso gli
capitava, a riflettere su quanto fossero rumorosi gli uomini mentre si
allenavano. Di solito la palestra risuonava dei loro
“Ouuuff!” e “Waurgh!” e la
musica non riusciva del tutto a coprirli. Invece dalle sue spalle non
giungevano particolari suoni, solo il respiro pesante del ragazzino
sotto sforzo, nella sala ormai quasi deserta. Axel lo trovava quasi
ipnotico e iniziò a rilassarsi, sentendo lo stress della
giornata che gli scivolava via di dosso. Ma poi…
- Axel!
–
“Oh
no! Non lei!”. E invece sì, Larxene.
Perché non lo lasciava in pace?
Sentì
il ragazzino sibilare come un gatto arrabbiato: l’urlo
stridulo l’aveva colto alla sprovvista e aveva perso la presa
sul macchinario.
Axel si diresse
sospirando verso l’irritante fonte di strida.
- Ciao Axel, ti
trovo in forma! –
- Grazie
– Axel non si sforzò nemmeno di essere gentile
– Cosa fai qui? –
- Oh, andiamo,
non sei contento di vedermi? –
- Vuoi la
verità, giusto? – chiese sarcastico.
- Il solito
giocherellone! – disse in tono ingannevolmente dolce,
portando un dito verso il viso del ragazzo, come per sfiorare uno dei
piccoli tatuaggi che aveva sotto gli occhi.
Axel si
scansò e cercò una scusa per mandarla via.
Poi qualcuno
accanto a loro si schiarì la voce: il ragazzo.
Larxene lo
fulminò con gli occhi.
- Fila via,
marmocchio! – disse duramente.
Axel vide gli
occhi di Roxas stringersi leggermente e le labbra assottigliarsi
appena, ma per il resto non fece una piega.
- Avrei bisogno
di parlare con il mio allenatore – disse noncurante.
- Arrivo
– rispose all’istante Axel.
- Oh, che
tenerezza, ti occupi dei bambini, adesso – flautò
la ragazza.
- A proposito,
Larxene, cosa ti sei fatta in testa? –
- Che carino,
l’hai notato! È un’acconciatura
all’ultima moda –
Ad Axel non
piaceva per niente: tutti i capelli erano pettinati
all’indietro con la cera (o con una leccata di mucca), tranne
due ciuffi che si levavano ai lati della testa. Stava per ribattere, ma
per una volta qualcuno aveva la risposta pronta ancor più di
lui.
- Cosa? Adesso
è di moda assomigliare ad un insetto? Perché
quelle sono le antenne, vero? – disse Roxas indicandole.
Larxene lo
schiaffeggiò all’istante con un sonoro
“SCIAFF!”, lanciando un grido.
- MA COME OSI!
–
Il ragazzo
incassò il colpo senza un gemito, né la guancia
gli si arrossò più di tanto, come invece fece la
mano di Larxene.
Roxas
cambiò strategia alla velocità della luce. Si
finse addolorato.
- Le chiedo
davvero scusa, signorina, non era mia intenzione offenderla. Una
fanciulla tanto aggraziata
non dovrebbe mai essere trattata male e ciò che
l’ha disturbata non si ripeterà più
–
Axel era
stupito: il ragazzino aveva parlato in modo talmente realistico che
Larxene non aveva colto il sarcasmo nel suo tono. Lui stesso si era
accorto della recita solo perché aveva visto
l’angolo sinistro della bocca del giovane che tremolava
leggermente (gli occhi di Axel erano estremamente acuti). Poi fu
sorpreso ancora una volta: il ragazzo si piegò in un mezzo
inchino, guardò brevemente Larxene negli occhi, le prese la
mano con cui l’aveva schiaffeggiato e la sfiorò
galantemente con le labbra.
Larxene rimase
senza fiato. Guardò stupefatta il ragazzetto che aveva
davanti a lei, gli posò incoerentemente una mano sulla
spalla e uscì dalla palestra senza dire una parola,
ondeggiando come se avesse le rotelle sotto le scarpe.
“E
bravo il piccolo Roxas! A quanto pare ci sa fare, con le
donzelle!”.
I due si
allontanarono di qualche metro, poi scoppiarono a ridere quasi
contemporaneamente.
- Mai vista una
cosa del genere – sghignazzò Axel.
- Lo rifarei
mille volte! – ansimò Roxas.
Si calmarono
dopo qualche istante. Nel frattempo furono superati da Marluxia, che
ignorò completamente Axel e scompigliò
affettuosamente i capelli di Roxas. Non si accorsero del sorrisino
malizioso e soddisfatto che aveva stampato in faccia.
- Ti ha fatto
male? –
- Chi, Marluxia?
–
Axel scosse la
testa.
- Larxene
–
- Nah,
è stato più rumore che altro –
- Uhm. Allora,
cosa volevi chiedermi? –
- Niente
– rispose semplicemente Roxas.
Axel lo
guardò incredulo e per la prima volta vide una scintilla di
cameratismo negli occhi del biondo, che crebbe a dismisura mentre si
guardavano. Quindi era semplicemente accorso in suo aiuto. Fece per
dire qualcosa, ma…
- Non c’è di
che, mani di fata –
Axel sorrise.
- Sai, sembravi
un filino irritato con Larxene. Certo, è stato piuttosto
sgarbato da parte sua chiamarti ma… -
- NON DIRLO!
– lo interruppe all’istante Roxas, a voce molto
più alta del necessario – Scusa –
aggiunse subito – Detesto quando mi chiamano così,
non succede mai niente di buono –
- Beh, stasera
sei stato schiaffeggiato, che è successo le altre volte?
– Axel era davvero curioso.
- Non mi va di
parlarne, ti basti sapere che è il motivo per cui ho
lasciato l’altra palestra –
- Beh, quando ne
vorrai parlare… - concesse Axel – Siamo amici,
dopotutto. Got it
memorized? – disse picchiettandosi una tempia.
Roxas sorrise
suo malgrado e annuì.
“Peccato
solo che gli amici si chiamino anche vicendevolmente per
nome” pensò, avviandosi stancamente alle docce.
Ma quella sera
le sorprese non erano ancora finite.
Roxas
entrò nello spogliatoio deserto strappandosi di dosso la
maglietta e la canotta, entrambe inzuppate di sudore. Non vedeva
l’ora di essere a casa per riempire la voragine che si era
aperta nel suo stomaco. Ma qualcosa lo costrinse a immobilizzarsi: sul
suo borsone giaceva in bella vista un cartoncino, con accanto una
singola rosa scarlatta.
“A Roxas, il ragazzo
più carino e in gamba della palestra.
Un ammiratore”
Accidenti. Qualcuno lo stava corteggiando!
Rimase molti minuti in silenzio, fissando l’omaggio floreale.
Chi poteva averglielo lasciato? Poi l’immagine di un uomo dai
capelli rosa si affacciò prepotentemente. Roxas
rabbrividì. Nonostante questo, però, non
potè che sentirsi lusingato.
“Le
attenzioni fanno piacere a tutti, ovvio”.
Sperò
contro ogni logica e buon senso che Marluxia non avesse niente a che
fare con quella storia.
Sognò
ad occhi aperti che quella rosa venisse da un’altra persona.
Magari un giovane uomo dai capelli rossi come i petali del fiore.
Magari lo stesso che di lì a poco sarebbe entrato nello
spogliatoio per cercarlo.
- Siamo in
chiusura – borbottò Lexaeus in tono significativo.
- Già
– rispose Axel – Sto aspettando che il ragazzino
torni su per fare il giro di controllo –
- Stai facendo
un buon lavoro con lui – disse inaspettatamente Lexaeus.
- Grazie Lex.
Vado a controllare perché ci mette tanto –
Quando
entrò negli spogliatoi Axel si portò
istintivamente le braccia intorno al corpo: laggiù era
parecchio più freddo che in sala. Eppure scorse il ragazzino
a torso nudo, che indugiava lì immobile ad occhi spalancati.
- Stiamo per
chiudere – disse pacato – Che stai…?
–
Poi vide la rosa
e il cartoncino e Roxas portò lentamente lo sguardo su di
lui. Sembrava ipnotizzato.
-
Sì… uh… io… faccio in un
attimo – concluse.
Afferrò
un asciugamano e saltò nel cubicolo coperto più
vicino.
Protetto dal
suono scrosciante dell’acqua, Axel si avvicinò e
raccolse il cartoncino.
Un ammiratore,
eh? Se lo aspettava che sarebbe successo, era un bel ragazzo. Ma tanto
il biglietto quanto lo stile gridavano “MARLUXIA”
talmente forte da non poterlo ignorare. Probabilmente l’aveva
colto anche Roxas. L’unica questione era: come avrebbe
reagito? Poi chissà, magari il ragazzino aveva i gusti
dell’orrido e condivideva l’evidente attrazione che
Marluxia aveva per lui.
Tornò
di sopra e iniziò la parte finale del suo lavoro, facendo
segno a Lex che era tutto a posto. L’uomo annuì e
spense un po’ di luci.
Alla fine il
ragazzo apparve, trafelato, col borsone in spalla. La rosa a stelo
lungo sbucava di traverso dalla tasca principale.
- Scusa, ho
fatto tardi – mormorò imbarazzato.
- Hai idea di
chi sia? – chiese schiettamente Axel.
Roxas lo
guardò di traverso, serio.
-
Un’idea ce l’ho. Spero solo di sbagliarmi. Ci
vediamo! –
Axel
sospirò sollevato e sorrise.
“Beccati
questa, Marluxia!”
Come
promesso ecco qui un altro capitolo in tempi non troppo lunghi. Ora
avrei da chiedere un piccolo favore a voi che leggete e seguite questa
storia: i prossimi due capitoli saranno essenzialmente lo stesso da due
punti di vista diversi. Ovviamente non è tutto pari pari,
c’è qualcosa di esclusivo in ognuno. Quello che
vorrei sapere da voi è se preferireste averlo tutto in un
unico capitolo, un po’ più lungo, o in due
capitoli separati. Vi pregherei di farmi sapere sotto forma di
recensione o messaggio privato, perché per me non fa
differenza, ma forse per voi sì. Considerate anche che se
doveste richiedere la fusione dei capitoli verrebbe circa lungo il
doppio rispetto ad uno normale, ovvio.
Pubblicherò
il prossimo appena avrò avuto qualche parere, non siate
timidi. A presto! |
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Capitolo 5 *** Dannata, benedetta discoteca! ***
ROXAS
P.O.V.
Sabato sera.
Amici. Discoteca. Niente di strano, giusto?
“Non
nelle prime due!”
Roxas non
riusciva a capire come avessero fatto i suoi amici a convincerlo ad
andare a quella stupida, sordida e seccante serata in discoteca.
Si
lamentò ancora una volta, mugugnando a mezza voce,
insofferente.
- Non puoi
più tirarti indietro, bello, la tua quota l’hai
pagata ormai – fece allegramente Hayner, un passo davanti a
lui.
- Non me lo
ricordare, 120 munny buttati! Avrei potuto prenderci un bel
po’ di ciambelline salate –
- O un sacco di
dolcetti – fece eco Pence, anche lui imbronciato per essersi
lasciato persuadere – Almeno sarebbe valsa la pena spenderli
–
Olette, che lo
trascinava entusiasticamente tenendolo per mano, gli rivolse
un’occhiata di rimprovero, cui lui rispose con una di scuse,
ma non di rimorso.
- Non
lamentarti, Roxy, almeno possiamo passare un po’ di tempo
insieme, non ci vediamo da settimane! – sorrise
Naminè.
- Tutto quello
che vuoi, Nanà, ma non chiamarmi Roxy! –
- Né
tu Nanà! –
Sora, suo
cugino, sorrise ammiccante stringendo Kairi, mentre Selphie li guardava
sognante.
Roxas era
esasperato: era evidente che Naminè aveva una gran cotta per
lui, ma per ovvi motivi lui non ricambiava, quindi non le aveva mai
dato false speranze. Ovviamente, però, tutti credevano che
sarebbero stati una bellissima coppia, entrambi biondi e con gli occhi
azzurri, eccetera eccetera. Ma dato che lì in mezzo
l’unico a sapere delle sue tendenze era Hayner, lui era
costretto a sentirsi chiedere in continuazione perché non si
facesse avanti con Naminè.
Sbuffò
un’altra volta e meditò la fuga, fregandosene dei
soldi spesi, ma ormai erano arrivati a destinazione.
Sotto la luce
stroboscopica si aveva l’impressione di muoversi al
rallentatore.
Roxas, una
bibita in mano, osservò la porzione di pista davanti a lui,
dove si trovavano i suoi amici. Naminè sembrava passarsela
piuttosto bene, c’erano ragazzi che la invitavano a ballare a
destra e a manca, ma di tanto in tanto lei gli faceva segno di
raggiungerla. Lui sorrideva e scuoteva la testa, sollevando il
bicchiere come per brindare alla sua salute.
Olette, le
braccia che ondeggiavano in alto, muoveva i fianchi e il bacino in modo
sensuale, accanto a un impacciato Pence, che cercava goffamente di
muoversi al ritmo di quella “musica” assordante.
Roxas sorrise un tantino sadicamente al palese imbarazzo
dell’amico, contento di non essere al suo posto.
Riku teneva
soprattutto d’occhio Selphie, che ingenuamente accettava
inviti dai ragazzi con molta leggerezza, ma ogni tanto ballava anche
lui. Riku fu davvero una sorpresa, in quel senso: si muoveva a tempo
con incredibile eleganza, oltre ad essere un gran figo. Peccato solo
per i capelli, tinti di un colore così innaturale, per un
giovane. Ma del resto i capelli di colori strani sembravano di moda, in
quella città. Roxas fece una smorfia e cercò di
non pensare a Marluxia, ma posò la bibita e si
allontanò dal tavolo, in preda a un improvviso attacco di
nausea.
Sora e Kairi
sembravano ballare il “Rock del Francobollo”, ma
ogni tanto Roxas poteva vedere Sora pestare i piedi della ragazza. Il solito imbranato!
Eppure si muoveva abbastanza bene, riflettè Roxas,
accigliato, solo dal bacino in giù era scoordinato, come se
avesse imparato a ballare con una coda da sirena o qualcosa del genere.
Hayner
continuava a sbucare a sorpresa dai più svariati punti della
pista da ballo, ogni volta in compagnia di una ragazza diversa, quindi
le ipotesi erano due: o spopolava davvero, con il gentil sesso, o aveva
già preso diversi pali. Conoscendolo, Roxas era
più convinto della seconda.
Proprio in quel
momento Hayner emerse dalla folla e lo portò fuori dalla
sala per chiacchierare un po’.
- Proprio sicuro
di non aver cambiato idea riguardo alle ragazze? – chiese a
un certo punto, ridacchiando – Perché ce ne sono
diverse che ti hanno notato. Oltre Naminè, ovvio –
- Lusingato, ma
continuo a preferire i maschietti –
- Oh, beh, le
condizioni per non perdere la mia amicizia le sai –
scherzò Hayner portando le braccia dietro alla testa.
Roxas se la
ghignò di gusto.
-
L’amicizia non ha condizioni, Hayner – disse Roxas
insinuante, fissandolo dalla testa ai piedi con finta aria di
apprezzamento – Comunque rilassati, non sei il mio tipo:
troppo biondo –
Hayner fece uno
starnuto che suonò stranamente come
“Seifer!”.
Roxas
avvampò.
- Razza di
bastardo, questa la paghi! – e iniziò a picchiarlo
per gioco, provocando l’immediata reazione
dell’amico.
- Ehi, ragazzi!
Interrompo qualcosa? – esclamò Naminè,
comparendo all’improvviso accanto a loro, con il viso
arrossato dal ballo e acceso di entusiasmo.
- Sì
– rispose all’istante Hayner, fingendosi indignato
– Ci stavamo creando un momento romantico –
- Oh, potrei
quasi crederci… Di te intendo, Hayner! – e gli
fece l’occhiolino.
I due ragazzi si
guardarono un istante negli occhi. Poi risero. Risero
incontrollabilmente, le mani l’uno sulle spalle
dell’altro, come a sorreggersi a vicenda e le lacrime che
scendevano sui loro visi deformati dal divertimento. Naminè
li osservava sorridendo, pur non avendo ben capito il senso di tanta
ilarità; ma d’altra parte l’allegria dei
migliori amici per eccellenza era sempre contagiosa.
I
tre non si accorsero del solitario osservatore appoggiato al muro
dietro di loro a braccia incrociate.
Solo diversi
minuti dopo Roxas si calmò abbastanza da chiedere a
Naminè perché fosse fuggita dalla sua miriade di
ammiratori.
- Oh,
sì, l’hanno appena annunciato. Indovinate chi
hanno invitato come ospite della serata –
- Un grosso topo
parlante? – chiese Roxas.
Hayner gli diede
un pugno sul braccio.
- Certo che no,
idiota! È una permalosissima papera magica! –
Naminè
alzò gli occhi al cielo: a volte i ragazzi sapevano essere
così infantili!
- Piantatela,
pagliacci! Il nome Demyx vi dice qualcosa? –
- Chi?!
– fece Hayner.
- Non
è il tipo che ha partecipato a quel programma, “Nemici”*,
dove ti insegnano a cantare e tutto il resto? –
- Proprio lui!
– fece Naminè, in preda all’eccitazione.
- E tu come lo
sai? – chiese Hayner, leggermente schifato.
- Ne parlavano
in palestra –
- Oh, andiamo,
dobbiamo prendere posto, pare che sarà uno spettacolo coi
fiocchi e mancano solo 10 minuti! –
Detto questo,
Naminè si abbarbicò allegramente al braccio di
Roxas, senza dargli possibilità di scampo, mentre Hayner,
dall’altro lato, lo prendeva affettuosamente per la
collottola.
Il
solitario osservatore sparì attraverso la porta riservata al
personale con un piccolo svolazzo del lungo soprabito nero.
- Che ha di
speciale quel tipo, Naminè? – chiese Roxas, una
volta che furono al tavolo con gli altri, in una sala ora
caritatevolmente silenziosa.
- Ha una bella
voce e suona divinamente una strana chitarra indiana, il sitar,
credo… -
- …
che è un grosso fallo blu – completò
Olette – Non mi stupirei affatto se fosse gay –
disse con una risatina.
Naminè
mise su il broncio, ma non replicò.
- Che hai contro
i gay, tu? – chiese invece Hayner bruscamente.
Olette parve
sorpresa.
- Assolutamente
niente! Era solo una semplice considerazione –
- Meglio per te
–
- Ma che ti
prende, Hayner? –
- Niente, non mi
piacciono gli omofobi –
- Comunque
– intervenne Kairi per spezzare la tensione –
Secondo me lo tenevano a Nemici
soprattutto per il suo aspetto e perché fa ridere
–
Una musica molto
dolce li costrinse tutti al silenzio e così fu anche per il
resto della sala.
Gli sguardi, che
fossero eccitati o indifferenti, impazienti o insofferenti erano tutti
puntati sul palcoscenico arrangiato semisommerso da una strana
nebbiolina bianca, sul quale pochi istanti dopo apparve la figura
vestita di bianco di un ragazzo dai capelli di un biondo-castano, con
un buffo taglio, pettinati a spazzola. Questo sorrise dolcemente,
accompagnando la melodia con il suo sitar blu. Sembrava proprio un
angioletto.
Ma ovviamente lo
spettacolo non poteva essere tutto lì. Infatti si
udì all’improvviso una specie di tuono e un uomo
ammantato di nero sembrò comparire dal nulla.
Il nuovo venuto
si volse verso il fondo della sala e tese lentamente la mano destra
coperta da un guanto nero, il palmo aperto verso l’alto, come
ad invitare qualcuno.
Roxas ebbe la
stranissima impressione di essere lui quel qualcuno, perché
si sentiva decisamente osservato e, quindi, a disagio. Improvvisamente
provò molto più interesse per
l’esibizione.
Il silenzio in
sala era palpabile. Molto lentamente l’uomo in nero
riportò l’attenzione sull’angelico Demyx
e lo indicò con la mano ancora tesa, ma portando il palmo
verso il basso.
Quindi
iniziò una musica anni ’70, che Roxas non
riconobbe subito, così come molti altri in sala. Dopotutto
la folla era formata esclusivamente da ragazzi molto giovani.
Ma
poi…
Burn
baby burn!
Roxas
trasalì: ormai aveva riconosciuto la dannatissima canzone.
A perfetto tempo
con le parole si levarono delle lingue di fiamma e l’uomo in
nero si tolse il cappuccio, rivelando capelli rossi appuntiti e
brillanti occhi verdi.
“Axel?! Lui e quella
fottuta
canzone!” pensò con una stretta allo stomaco.
Quella fottuta canzone che tuttavia l’aveva fatto
fantasticare per ore, giorni prima; quella che aveva pensato di
inserire nel suo i-pod, una volta ricevuto per il compleanno. La stessa
che ora probabilmente non avrebbe mai più voluto ascoltare
perché lui la stava per ballare con un altro ragazzo.
Roxas si
lasciò sfuggire un debole rantolo, che per fortuna
notò solo Hayner, che però era troppo assorto da
ciò che vedeva per voltarsi.
“Accidenti
Roxas, controllati! Lui non è mica di tua
proprietà! E probabilmente non è neanche gay. Che spreco!”
Era evidente che
Axel rappresentava un diavolo venuto per corrompere l’angelo.
I due iniziarono un duello a ritmo musicale parecchio movimentato, che
si concluse con Demyx che si strappava di dosso la tunica bianca,
rivelando anche lui un mantello nero, e si chinava sconfitto ai piedi
del vincitore, che guardava la folla ghignando in modo malvagio. Appena
si fu spenta l’ultima nota, Axel proruppe in una risata
satanica.
A quel punto la
folla impazzì e la sala risuonò di applausi e
grida entusiaste. I due ragazzi fecero un piccolo inchino e Demyx
afferrò il microfono.
- Salve a tutti
e grazie per il calore che ci state riservando! Anche se confesso che
di calore qui ce n’è fin troppo – disse
facendosi aria con la mano.
Risatine dalla
folla.
- Ma andiamo con
ordine, prima di tutto devo ringraziare il mio amico Axel per aver
fatto da coprotagonista in questa coreografia – Applausi
scroscianti dalla folla, cui Axel rispose con un cenno disinvolto della
mano.
- In
realtà avrei voluto fare io la parte del diavolo –
proseguì Demyx – Ma non sarei stato credibile,
temo. Qualche minuto di pausa per noi, allora. Voi godetevi la prossima
canzone, ci rivediamo tra poco! –
E Demyx si
diresse verso le stanze del personale.
Axel, invece,
iniziò a vagare per la sala, venendo intercettato
più e più volte, soprattutto dalle ragazze, che
gli si assiepavano attorno eccitate.
“Visto,
Roxas? È pieno di ragazze”
- Ditemi se non
è stato grandioso! – squittì
Naminè.
- Stavolta sono
d’accordo con te, è stata una performance ben
fatta, dopotutto, si sono mossi bene – ammise Olette.
Pence si
accigliò un pochino, ma in fondo pensava la stessa cosa.
Selphie e
Naminè, che erano entrambe single, a quel punto si sentirono
libere di fare commentini maliziosi sulla figaggine dei due che si
erano appena esibiti.
“Ci
mancavano pure loro”
Roxas non aveva
ancora aperto bocca. Non era esattamente sotto shock, in fondo aveva
solo scoperto che gli piaceva il suo allenatore. Anche se qualche
sospetto già ce l’aveva. Ora era solo ufficiale.
- Che ti prende,
amico ? –sussurrò Hayner.
La replica di
Roxas fu sovrastata dagli improvvisi squittii eccitati delle due
ragazze libere e dalle esortazioni degli altri a darci un taglio. La
ragione di tutto quel fermento fu presto chiara: Axel si stava
dirigendo senza alcuna esitazione verso il loro tavolo.
Le ragazze
furono allo stesso tempo deliziate e deluse nel vederlo fermarsi
davanti a Roxas.
- Ehi!
– disse Axel con un vago cenno di saluto alla tavolata
– Bella serata per divertirsi, ragazzi! –
- Già
– fece Roxas.
- Che sorpresa
vederti qui, ragazzino! –
- La sorpresa
sei stato tu a farla a me con quella manfrina –
replicò Roxas, le sopracciglia inarcate al massimo.
Lo
guardò come se lo vedesse per la prima volta. Gli spinosi
capelli rossi, i brillanti occhi verdi, i piccoli tatuaggi viola sotto
gli occhi. Colori che contrastavano terribilmente tra loro, ma erano
suoi. Colpiva come un pugno in un occhio: l’unico pugno che
Roxas trovasse piacevole.
Gli altri,
ammutoliti, seguivano avidamente gli scambi.
Axel sorrise
compiaciuto, sventagliandosi con la mano, piuttosto rosso in viso.
- Almeno stasera
non hai freddo – commentò sarcastico Roxas
offrendogli la sua bibita per rinfrescarsi. Sapeva quanto il rosso
fosse freddoloso, ma ora sembrava davvero accaldato.
Axel bevve
d’un sorso.
- Grazie,
ragazzo, ci voleva proprio. Ops! – aggiunse poi, accorgendosi
di avergliela finita tutta – Te ne devo una! –
- A buon
rendere, allora! – Roxas sperò che non fosse solo
un modo di dire - Ehm… Che ci fai con quel tipo? –
- Io e Demyx ci
conosciamo da quando eravamo bambini e per la musica abbiamo sempre
avuto una certa sintonia- spiegò Axel - chi meglio di me per
lo spettacolino? Ci siamo allenati parecchio ultimamente –
- Questo spiega
molte cose – ribattè mordace Roxas: non si erano
visti per ben quattro sedute e Marluxia era stato piuttosto difficile
da tenere a freno, in sua assenza.
Axel scosse la
testa con condiscendenza, sorridendo divertito.
- Buona serata a
tutti, ragazzi e signorine! Ci si vede presto, Roxas! –
E se ne
andò dopo avergli dato una piccola pacca sulla spalla. Roxas
lo seguì con lo sguardo finche potè, assorto: era
la prima volta che lo chiamava per nome.
Naturalmente le
ragazze assalirono subito Roxas e anche, con sua gran sorpresa, i
ragazzi.
- Calmatevi
– borbottò lui, seccato – è
il mio istruttore in palestra –
- Beato te,
Roxas! – sospirò Selphie.
“Già”
pensò lui con un mezzo sorriso “Beato me”.
Qualcosa
nell’espressione di Hayner gli disse che quel pensiero era
stato in qualche modo intercettato.
* Chiara
caricatura del programma "Amici". Non ho niente contro il programma in
questione, ma non mi piace e non lo seguo. Non me ne vogliano quindi
quelli che lo apprezzano. Ho solo pensato che fosse adatto allo scopo.
Bene,
ecco a voi il capitolo dal punto di vista di Roxas. A tempo di record,
aggiungerei!
Posterò
tra qualche giorno quello di Axel, il tempo di scrivere qualche altro
capitolo: voglio averne sempre almeno un paio di riserva, in caso
avessi qualche imprevisto e non riuscissi a scrivere per un
po’. Così voi non rimarreste a bocca asciutta per
troppo tempo.
Spero
che questo vi sia piaciuto.
Grazie
a tutti quelli che mi leggono e a chi si ferma sempre a commentare, vi
adoro!
Alla
prossima! ^^ |
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Capitolo 6 *** Zaffiri e mirtilli ***
AXEL
P.O.V.
Erano
già tre settimane che provavano quel dannato spettacolo. Il
“gran giorno” era alle porte e lui non aveva
lavorato per un’intera settimana, anche se col benestare di
Lexaeus. Ma non aveva potuto prendere in giro Roxas, pensò
mettendo su un piccolo broncio.
- Andiamo Axel,
non fare quella faccia, sarai perfetto! –
- Questo lo so,
Demyx, è l’idea della discoteca che non mi garba
affatto. Mi ripeti come mi hai convinto ad aiutarti? –
- Ho un grande
ascendente su di te, ecco come! –
- Ringrazia che
ti devo un favore da quella volta che mi riaccompagnasti a casa ubriaco
fradicio –
-
Già. La cosa migliore è che ti sei tolto il vizio
–
Ridacchiarono.
Quella serata a casa di Saïx era stata memorabile, soprattutto
quando Axel era salito ballando sul tavolo, aveva dichiarato amore
imperituro al cane-lupo che dormiva sbavando sul tappeto e aveva
improvvisato un tango con la bambola gonfiabile che avevano regalato a
Saïx per scherzo, inciampando su una bottiglia vuota e finendo
con la faccia sugli avanzi della torta di compleanno.
Inutile dire che
il tutto era stato filmato e che le prese in giro da parte di Demyx e
Saïx, soprattutto, si erano sprecate.
- Non mi hai
ancora detto come hai avuto la fantastica idea di usare quella canzone.
È parecchio azzeccata –
- Segreto! Ti
basti sapere che parte tutto da uno scherzetto che mi ha giocato Lex
–
- Chi
l’avrebbe mai detto che sa anche scherzare - Demyx si
gettò un’occhiata dietro le spalle.
In quel momento
di Lexaeus non c’era traccia alcuna. Demyx era sempre un
tantino in soggezione davanti a lui, eppure l’uomo era stato
molto gentile a concedere loro di usare la palestra durante il giorno
di chiusura settimanale, la domenica; ogni tanto, quando Demyx non era
impegnato, anche dopo la chiusura in giorni feriali. Si rimisero
all’opera senza sprecare una parola di più.
Era arrivato il
momento. Come c’era da aspettarsi non esisteva nessun
camerino e Axel e Demyx furono costretti ad indossare i loro costumi di
scena semplicemente dietro le quinte del piccolo palcoscenico
improvvisato. Non era un granchè ma, come aveva detto Demyx,
per cominciare va bene qualsiasi cosa. E in fin dei conti, se stava
bene a lui che era il diretto interessato, Axel che diritto avrebbe
avuto di lamentarsi? Alla fine a lui di quella serata non importava
niente, per se stesso. Voleva solo che il suo amico si divertisse e
avesse successo. Il suo unico problema era che si stava annoiando terribilmente.
- Non
c’è proprio niente che si possa fare, Dem? Non
possiamo, che so, provare o qualcosa del genere? –
- Sei pazzo?!
Provare subito prima di andare in scena rovina la performance!
–
Axel
sbuffò con enfasi e diede una sbirciata attraverso le
“quinte”. Le luci stroboscopiche gli fecero dolere
gli occhi sulle prime. Per fortuna durante lo spettacolo non ci
sarebbero state.
Di ragazzi ce
n’erano tanti, in sala, belli, brutti, che ballavano, che
cercavano – spesso invano – di rimorchiare.
C’erano quelli e quelle che sulla pista parevano esserci
nati, quelli che pur essendo goffi ci provavano lo stesso. Infine
c’erano quelli che sembravano assolutamente fuori luogo.
Più o meno come quel ragazzotto che, seduto da solo ad un
lungo tavolo in fondo alla sala, guardava pensoso verso la pista,
salutando qualcuno di tanto in tanto. D’un tratto il suddetto
ragazzo si avvicinò, probabilmente per avere una visuale
migliore, e Axel potè scorgere, sotto una zazzera di capelli
biondi, due intensi occhi azzurro scuro.
Roxas.
Un altro
ragazzo, con i capelli di un biondo sporco, si avvicinò a
lui e gli disse qualcosa all’orecchio, passandogli
confidenzialmente un braccio intorno al collo. Roxas sorrise e
annuì immediatamente.
Il suo cuore
mancò un battito. Dunque era così che stavano le
cose? Axel si sentì stranamente deluso. Pensava di essere
lui a piacere a Roxas.
“È
davvero così importante, Axel? È solo un
ragazzetto alle prime armi”
- Taci, cervello
– disse ad alta voce.
- Parlavi con
me? – chiese Demyx.
- No, pensavo -
I due ragazzi
uscirono dalla sala, presumibilmente diretti all’ingresso.
Axel si
avviò a sua volta verso la porta che portava fuori dalla
zona del personale. Voleva esserne sicuro.
- Dove vai?
Ormai manca poco! – strillò Demyx, eccitato e
nervoso come una primadonna.
Davvero, a
vederli così, tutti e due, non si sarebbe mai detto che
quello gay fosse lui e Demyx fosse etero.
- Sta’
calmo, mi sgranchisco solo un po’ le gambe –
Demyx fece per
parlare di nuovo, ma fu subito messo a tacere da un:
- No, non mi
faccio vedere da nessuno – sulle note del quale Axel si
tirò sulla testa il cappuccio del lungo soprabito nero.
Ritrovò
i due ragazzi nell’androne. A poca distanza l’uno
dall’altro, chiacchieravano amabilmente. Axel si
avvicinò silenziosamente e li spiò
dall’ombra.
- Lusingato, ma
continuo a preferire i maschietti – stava dicendo Roxas.
Buono
a sapersi.
- Le condizioni
per non perdere la mia amicizia le sai – Quindi
l’altro ragazzo non era interessato a Roxas come aveva
pensato.
-
L’amicizia non ha condizioni, Hayner – ad Axel
servì molto autocontrollo per non scoppiare a ridere alla
finta occhiata libidinosa di Roxas, sottolineata
dall’espressione vagamente ansiosa dell’altro
– Comunque non sei il mio tipo: troppo biondo –
A quel punto
Axel non riuscì a capire ciò che
seguì. L’altro ragazzo starnutì, o
almeno così sembrava, e all’improvviso Roxas era
tutto rosso. Era adorabile quando arrossiva, per questo gli piaceva
tanto fargli dei piccoli dispetti, in palestra.
Poi apparve una
ragazzina bionda. Hayner disse qualcosa su un momento romantico che
stavano vivendo (perché in effetti picchiarsi a vicenda era
mooolto romantico!) e quella rispose che se lo aspettava, da Hayner.
I due ragazzi
risero, appoggiandosi l’uno all’altro in maniera
così spontanea che Axel riuscì a intuire la lunga
e profonda amicizia che c’era dietro, un po’ come
quella che condividevano lui, Demyx e Saïx , che
però era molto più serio e posato degli altri
due. Tranne quando si trattava di prenderli in giro, ovvio.
Lì dava il meglio di sé.
Finalmente la
ragazzina, eccitatissima, spiegò il motivo
dell’interruzione, che si rivelò essere lo
spettacolo di Demyx.
“Ora
di tornare!”
Axel
esitò solo quel tanto che bastava per vedere i tre rientrare
in sala, con la bionda appiccicata al braccio di Roxas.
“Mi
dispiace, caschi male, bambolina!” pensò con una
certa soddisfazione.
- Finalmente!
– sbottò Demyx, irritatissimo – Dove diavolo sei stato?!
–
- La parola
è azzeccata, sai – rispose Axel indolente.
- Siamo in
ritardo sul programma! –
- Pensi che
quelli lì fuori abbiano fretta? –
sbuffò Axel.
Poi
notò la tensione sul viso dell’amico e si
addolcì. Era evidente che, nonostante non fosse niente di
speciale, ci teneva davvero a quell’ingaggio.
- Scusami, Dem.
Vedrai che andrà benissimo, siamo o non siamo perfetti,
insieme? – gli posò un bacetto sulla tempia, come
faceva quand’erano bambini.
Demyx
ridacchiò.
- Sai Ax, se non
ti conoscessi direi che ci stai provando! –
- Allora
è una fortuna che tu mi conosca davvero bene. Ora
va’! –
Demyx fece un
cenno al tipo che curava gli effetti di scena, che fece partire la
musichetta che avrebbe accompagnato la primissima parte
dell’esordio del suo amico. Poi sentì il tuono: il
suo segnale.
“Si va
in scena!”
Una volta sul
palco, Axel gettò una rapidissima occhiata verso il tavolo
di Roxas. Le ragazze erano ammaliate, i ragazzi interessati; solo Roxas
sembrava piuttosto distaccato, ma Axel era sicurissimo che presto
avrebbe cambiato registro. Gli piaceva guardarlo, no? Lui avrebbe fatto
in modo di attirare la sua attenzione da subito.
Guardò
apertamente verso di lui e gli tese lentamente una mano in un gesto di
invito. Gli annoiati occhioni blu ritornarono alla vita con un guizzo.
Ecco, quel gesto
era un fuori programma, ma sapeva che Demyx non avrebbe obiettato,
perché era un accanito sostenitore
dell’improvvisazione. Il piccolo intoppo fu che, una volta
stabilito il contatto visivo con Roxas, concentrarsi di nuovo gli
richiese un grande sforzo: quello sguardo era magnetico. Alla
fine, però, riuscì di nuovo a puntare lo sguardo
su Demyx e lo indicò.
Quello era il
segnale per il ragazzo dietro le quinte, che fece partire la musica.
Da quel momento
in poi non ci fu più spazio per le distrazioni: aveva
promesso a Demyx che l’avrebbe aiutato al meglio, glielo
doveva.
Mentre si
guardavano negli occhi, Axel capì che Demyx era tornato nel
suo elemento. Si sorrisero a vicenda: sarebbe andata alla grande.
Quando alla
fine, più o meno cinque minuti dopo, concluse il numero con
la sua migliore risata satanica di sempre e la sala rimbombò
di applausi, Axel si sentì davvero soddisfatto.
Demyx ormai
aveva ritrovato la sua disinvoltura, non aveva più bisogno
di lui.
Si fece largo
tra le gente, ma le ragazze continuavano ad accalcarsi intorno a lui
con le scuse più disparate: evidentemente era piaciuto tanto
quanto Demyx, se non di più. Axel era sicuro che se ne
avesse scelta una a caso, quella sarebbe stata disposta a mollare tutto
e ad andare via con lui. Davvero, spesso chi aveva il pane non aveva i
denti!
Ma lui non
voleva essere adulato, voleva solo andare dal suo giovane amico. Quando
si avvicinò al suo tavolo, finse di non sentire gli squittii
eccitati delle ragazzine.
Salutò
Roxas, finalmente, sentendo molto caldo. Di solito era il contrario, ma
quella sera si era mosso parecchio.
Sì,
doveva essere per quello che aveva il viso bollente, non aveva niente a
che fare con i due grandi zaffiri concentrati su di lui. Il cuore non
gli stava battendo furiosamente. Non stava desiderando intensamente di
essere a tu per tu con Roxas. Assolutamente
no.
“Accidenti,
Axel, è appena maggiorenne e tu sei il suo
istruttore!” urlò di nuovo la ragione. Come se lui
non fosse comunque giovane abbastanza da non doversi sentire in colpa.
Non era mica un pedofilo, che cavolo!
“Se non sei sicuro di cosa fare
ascolta il tuo cuore, non le voci nella tua testa!”
Era quello che
gli diceva sempre suo padre, morto cinque anni prima mentre cercava di
salvare dei dispersi in una bufera di neve. Motivo per cui Axel non
sopportava il freddo. Ma si era sempre trovato bene con quel consiglio.
Si fece aria,
non si respirava lì dentro.
- Almeno stasera
non hai freddo – commentò Roxas e gli porse la sua
bibita.
Axel
l’afferrò con riconoscenza e bevve. Accidenti, il
ragazzino aveva scelto bene: mirtillo, arancia e zenzero. Forse era un
po’ troppo buona, perché la finì in un
solo sorso.
- Ops! Te ne
devo una! – esclamò e lo intendeva sul serio.
- A buon
rendere, allora – gli rispose indifferente, mordicchiando il
ciuffo di menta che aveva tolto dal bicchiere prima di porgerglielo.
Poi gli chiese
di Demyx. Mentre Axel raccontava guardava di sottecchi
l’amico di Roxas, che spostava lo sguardo dall’uno
all’altro come per valutare la situazione.
- Ci siamo
allenati parecchio, ultimamente – concluse Axel.
- Questo spiega
molte cose – lo sguardo di Roxas ora era lievemente
accusatore: l’aveva lasciato solo.
Axel sorrise,
sentendosi incredibilmente allegro.
- Ci si vede
presto, Roxas
– si congedò.
Era la prima
volta che lo chiamava per nome e lo sapevano entrambi.
Mentre si
allontanava, sebbene fosse di spalle, Axel riuscì a sentire
lo sguardo del ragazzo fisso sulla sua nuca. E chissà, forse
anche un po’ più in basso, pensò con un
ghigno, ignorando le tre ragazzine ridacchianti che cercavano di
attirare la sua attenzione.
- Ti ho
visto, sai? – disse Demyx, che si stava cambiando.
- Mh?
– Axel si tolse la mantella nera, indifferente –
Ovvio che tu mi veda, Dem, sono proprio qui davanti a te –
- Intendo
prima, con il biondino –
- Oh,
Roxas? È uno dei clienti di Lex, me ne sto occupando io.
Dovevo ben salutarlo, no? –
- Immagino
di sì –
Demyx sorrise
malizioso. A chi credeva di darla a bere? L’unica cosa che
gli veniva da chiedersi era se il giovane sarebbe stato per Axel una
fiammella, un falò o un vero e proprio incendio.
Perché, lo sapeva, Axel era fatto per bruciare col suo
entusiasmo chiunque gli stesse attorno, subito o un po’ alla
volta che fosse. In senso buono, certo, solo che pochi potevano
resistere.
E
anche questo è concluso, ne ho altri due già
quasi pronti, solo da revisionare.
Se
vi state chiedendo perché il capitolo sembri essersi
concluso un po’ bruscamente con la riflessione di Demyx,
sappiate che era intenzionale: lascia – o almeno dovrebbe lasciare
– al lettore la possibilità di continuare il
ragionamento come più gli garba, spingendolo a immaginare
come potrà evolversi la situazione, per poi trovarne
conferma o esserne smentito.
Grazie
a tutti voi che seguite e che vi fermate a lasciare un commento, mi
avete commossa il capitolo scorso, cinque recensioni! Veramente, non
pensavo di arrivare a tanto, in questo fandom, solo con la mia prima
storia!
Nel
caso vi chiedeste che razza di abbinamento fosse, mirtillo, arancia e
zenzero, l’ho trovato su internet, cercando dei cocktail
analcolici e mi è piaciuto. Spero di riuscire a inserire il
link, in caso contrario vi metterò l'indirizzo della pagina.
Cranberry
Crush |
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Capitolo 7 *** Neve in primavera ***
Era
martedì pomeriggio, dopo il famoso sabato sera in discoteca.
Roxas era annoiato e assetato, dopo oltre venti minuti di cyclette.
Sì, cyclette, visto che delle ragazze senza nessuna seria
intenzione di allenarsi avevano occupato tutti i tapis roulant
disponibili, usandoli per andare a passo di lumaca, chiacchierando
incessantemente. Ogni tanto si giravano verso di lui e lo guardavano
ridacchiando. Ecco, in quei momenti era contentissimo di essere gay,
assolutamente!
Mentre Roxas,
davanti alla macchinetta, si frugava pigramente nelle tasche in cerca
di spiccioli, una voce dietro di lui lo interruppe.
- Ti
dispiace se prendo io qualcosa, mentre tu decidi? –
Roxas si fece da
parte senza rispondere. Axel gli sorrise in segno di saluto, prese due
succhi di frutta e gliene posò uno in mano.
- Per
l’altra sera – biascicò con la cannuccia
già in bocca.
Poi si
voltò e fece qualche lentissimo passo in direzione dello
studio di Lexaeus.
Roxas, che nel
frattempo aveva trovato gli spiccioli, rimase di sasso. Si sentiva
terribilmente deluso. Esitò un istante, ma solo uno, non
poteva lasciarsi sfuggire un’occasione che probabilmente non
gli si sarebbe più presentata.
- Non
penserai mica di cavartela così, vero? – lo
affrontò, deciso.
Axel si
voltò lentamente, cercando di nascondere un sorriso
soddisfatto: il cucciolo tirava fuori gli artigli…
Così sì che gli piaceva giocare!
- Mh?
– fece il finto tonto.
Roxas gli
lanciò una moneta che corrispondeva al prezzo del succo.
- Voglio
una bibita vera, non una presa dal distributore! –
scandì, ghignando sfacciatamente.
Axel sorrise e
lo guardò negli occhi. Poi intascò ostentatamente
la moneta.
- Conosco
un posto niente male, che fa degli ottimi cocktail di frutta. Che ne
dici di domenica sera alle otto, qui davanti alla palestra? –
Roxas fece del
suo meglio per rimanere impassibile, anche se dentro di sé
stava alternativamente gridando dalla gioia e urlando dal disappunto:
domenica gli sembrava troppo lontana!
- Beh,
ecco, perché no? – il suo tono disinvolto non
suonò convincente neanche alle sue stesse orecchie, ma Axel
non parve farci caso.
- Ottimo
– e, dimenticatosi di Lexaeus, si avviò verso la
sua postazione dietro il banco di ingresso.
Roxas, invece,
si buttò a capofitto negli esercizi del giorno, per
scaricare la tensione accumulata in quella manciata di minuti.
Poco distante da
lui, tra la solita combriccola di “amici” della
palestra, si stava svolgendo un’animata conversazione che il
ragazzo non potè ignorare.
Parlavano di
conquiste amorose e regali poco azzeccati.
- …
E quindi ho aperto il pacchetto e mi sono ritrovato con in mano un paio
di slip rossi,
nientemeno! – stava dicendo Luxord – Come se avessi
voglia di mettermi una roba del genere! –
-
Perché? – chiese Xigbar – Non ti piace
il rosso? –
- Stai
scherzando, vecchio?! Io uso solo boxer! –
- Oh?
In effetti ti ci vedo proprio con un paio di boxer bianchi a cuoricini
rossi – lo sbeffeggiò il più anziano
– Beh, se ti sta bene che le palle ti ballonzolino nelle
mutande io non ho niente da ridire –
- Bene,
amici, ora che abbiamo assodato che Luxord è un tipo da
boxer e Xigbar da slip, suppongo di dovermi unire alle vostre
confidenze: io preferisco i tanga – fece Marluxia.
- Porti
intimo femminile?
–
- Ma
certo che no, sciocco, esistono quelli da uomo! – poi si
voltò verso Roxas, che ora seguiva la conversazione in corso
asciugandosi il viso madido – E tu, piccolo mio? Che intimo
porti? –
Marluxia si
leccò leggermente il labbro superiore.
Roxas in un
altro momento si sarebbe allontanato, fingendo di non aver sentito, ma
non aveva fatto i conti con il tasso di adrenalina estremamente alto
che gli scorreva in corpo, quella sera.
- Non
vedo che importanza possa avere, Marluxia, visto che non ti ci
infilerai mai – gli uscì detto, contro ogni
aspettativa.
Risero tutti,
Marluxia compreso.
- Bella
risposta, tigre!
–
- Quando
cambierai idea, dolcezza,
mi troverai qui ad aspettarti –
- Roxas
cambierà idea? Se sì, entro quanto tempo? Si
accettano scommesse! – declamò Luxord a gran voce.
- 300
munny che non cambia idea nemmeno sotto tortura! –
esclamò subito Xigbar.
Roxas lo
gratificò con un sorriso radioso e l’uomo rispose
strizzandogli il suo unico occhio.
Iniziò
un giro di battibecchi tra i presenti, accompagnato da puntate varie,
chi in favore dell’uno, chi dell’altro.
Marluxia si
accarezzò i capelli con fare seducente, prima di parlare.
- 1000
munny che cadrà ai miei piedi entro due o tre mesi
– disse in tono teatrale, lanciando uno sguardo languido a
Roxas.
Questo
impallidì e fece un passo indietro, sentendo subito dopo una
mano sulla spalla: Xigbar. Rassicurato, rispose per le rime.
- Solo
se dovessi inciampare, Marluxia –
La stretta sulla
sua spalla si strinse improvvisamente, avvisandolo di non andare oltre.
Marluxia
andò via con un bacio volante al biondo.
Quest’ultimo si voltò verso Xigbar.
- Non
tirare troppo la corda, tigre –
- Perché,
che potrebbe fare? Violentarmi? –
- Macché.
Semplicemente non è piacevole quando si intestardisce. Ora
è niente. Ma non preoccupartene troppo –
I giorni
seguenti trascorsero lenti e spossanti, tra interrogazioni
pressoché quotidiane a scuola e sedute in palestra. Roxas
aveva la testa perennemente tra le nuvole. Messo alle strette da
Hayner, gli confessò che sarebbe uscito con qualcuno, ma che
non voleva che pensasse a qualcosa di serio, perché non
c’era niente di ufficiale. Hayner si limitò ad
avvisarlo che dopo avrebbe dovuto raccontargli tutto.
- In
fondo sono la tua best!
–
Roxas gli diede
un pugno in testa, facendogli passare la voglia di prenderlo in giro.
Era domenica
sera. Le 7.30, per la precisione.
Roxas
cercò nervosamente di sistemarsi i capelli, con
un’imprecazione mormorata di tanto in tanto. Voleva apparire
in forma, certo, ma anche noncurante, come se non lo considerasse un
vero appuntamento.
In quel momento
passò sua madre.
- Ehilà!
Chi è la fortunata? –
- Cosa?
Chi?! – chiese Roxas senza capire.
- La
ragazza con cui stai uscendo –
- Nessuna
ragazza, mamma, mi vedo con un amico –
- Allora
perché sei così nervoso? –
Colpito e affondato.
- Perché
i capelli non vogliono stare al loro posto, non lo sopporto!
–
- Mmm.
Beh, copriti e portati l’ombrello. Fa freddo e sta per
piovere –
“Altro
che piovere!” pensò Roxas, uscendo di casa. Il
cielo era invaso da grosse nuvole grigie. Sarebbe stato un
bell’acquazzone.
La palestra era
a quasi venti minuti a piedi da casa sua e, com’era
prevedibile, di tram neanche l’ombra. Per fortuna la
camminata lo aiutò a scaricare un po’ della
tensione.
Axel era
già lì ad aspettarlo, quando finalmente
arrivò.
- Yo,
Roxas! – esclamò con la consueta allegria.
- Ciao
– ansimò lui.
- Come
mai quest’aria affannata? –
Mentre si
avviavano, Roxas iniziò a spiegare.
- …
quindi me la sono fatta a piedi quasi correndo – concluse.
- Pensavo
abitassi nei dintorni. Strano che tu venga fin qui, con
un’altra buona palestra a poca distanza da casa tua
–
Roxas
scrollò le spalle ed evitò il suo sguardo. Non
gli avrebbe certo spiegato l’imbarazzante verità.
Alla disperata ricerca di qualcosa che distogliesse
l’attenzione del rosso dall’argomento scabroso,
Roxas tirò in ballo la serata in discoteca.
- Giusto,
Roxas! Che ci facevi lì? Non sembravi divertirti
granchè –
- Mi
avevano costretto, che domande. Lì in mezzo siamo solo io e
Pence a detestare serate come quella, ma la maggioranza vince. Per
quanto riguarda te?
Fai spesso quel genere di cose? –
Axel fece una
smorfia.
- Diamine,
no! Stavo solo ripagando un debito, per così dire. Sono uno
di parola, io! E a proposito di debiti… -
Roxas si
accigliò: non gli piacque affatto l’ultima parte.
Non voleva pensare a quell’uscita come a uno
“sdebitarsi”. Erano amici, no?! Glielo disse senza
mezzi termini.
- Ehi,
vacci piano fringuello, è solo un modo di dire! Accidenti,
siamo nervosetti… - Axel lo spinse gentilmente dentro il
locale, aggiungendo in tono casuale – Si direbbe che sia la
prima volta che esci con qualcuno! –
Roxas
trasalì e Axel lo sentì irrigidirsi appena sotto
la sua mano, ancora posata mollemente sulla sua schiena;
capì di aver fatto centro: non era mai uscito con un altro
ragazzo. Beh, questo indubbiamente complicava un po’ le cose.
Il locale era
quasi vuoto e Axel potè sedersi con Roxas al suo tavolo
preferito, ad angolo, accanto ad una finestra. Da lì la
vista era magnifica, si poteva vedere tutta la strada acciottolata che
scendeva dolcemente fino all’area del tram, meravigliosamente
illuminata dalla luce arancione che diffondevano i lampioni, piacevole
contrasto contro il cielo cupo. Solo che quella sera era più
interessante ciò che c’era all’interno
del pub.
Roxas si stava
guardando nervosamente in giro, ignaro degli occhi del rosso fissi su
di sé. Si sentiva molto a disagio, non sapeva assolutamente
come comportarsi: questa non era una delle sue uscite con Hayner.
Accorgendosi del
suo disagio, Axel tirò fuori le solite domande di
circostanza, come la scuola, gli amici e cose del genere. Roxas ci si
aggrappò con sollievo e passarono quasi due ore parlando
degli esami di stato in arrivo e della tesi di laurea in fase di
completamento di Axel, finchè il discorso scivolò
sulle questioni private, dando modo ad Axel di scoprire che Roxas, una
volta superata la prima timidezza, era più loquace di quanto
chiunque potesse immaginare.
- …
e perciò non so come fare, capisci. So che dovrei essere
sincero con lei, anche se tecnicamente non si è ancora fatta
avanti, ma come si fa a dire a una così brava ragazza una
cosa del genere senza ferirla? –
- Situazione
delicata, senza dubbio. Potresti dirglielo come l’hai detto
ai tuoi –
Roxas rise senza
allegria. Abbassò lo sguardo sul suo piatto, diede un morso
alla piadina e masticò lentamente, come intento a soppesare
le parole. Alla fine inghiottì e sospirò.
- Altro
tasto dolente, loro non lo sanno. Non posso mica entrare saltellando in
cucina, domani, esclamando “Buongiorno famiglia, mi piacciono
gli uccelli!”. Sarebbe un terribile spreco di cibo
–
Axel stesso
sputacchiò un po’ per la scelta di parole
così esplicita dell’amico e soffocò
malamente una risata.
- Io lo
farei – rispose cautamente – Sarebbe una scena
molto interessante –
E in effetti era
più o meno così che Axel aveva annunciato a sua
madre di essere omosessuale, riflettè con un ghigno.
Era stato
all’incirca tre anni prima, quando era ormai passato un bel
po’ di tempo dallo “shock” della scoperta.
Era entrato col
suo passo molleggiato in cucina, dove sua madre era ai fornelli, si era
seduto al tavolo e aveva esclamato in tono casuale:
- Yo,
mamma! Non ti aspettare nipotini da parte mia, perché mi
piacciono i ragazzi –
Sua madre si era
limitata a spanciarsi dal ridere, facendo cadere il mestolo che aveva
in mano. Axel invece ci era rimasto un po’ male.
- Non
stavo scherzando – aveva detto arrossendo, indignato.
- Lo
so, ma avresti dovuto sentirti! – aveva risposto lei. E con
gran sorpresa di Axel aveva accettato la cosa senza la minima riserva,
come se già lo sapesse.
Axel
tornò a concentrarsi su Roxas, ancora ghignando.
- Non
fa ridere – mormorò quello. Ma sorrideva anche lui.
In quel momento
si udì un suono: era il promemoria che Roxas aveva impostato
sul telefono per ricordarsi di non fare troppo tardi.
- Domani
c’è scuola – disse con disappunto.
- Lo
so. Meglio andare, allora -
Axel fece segno
alla proprietaria di mettere tutto sul suo conto – tra le
proteste di Roxas, che voleva pagare almeno la sua
consumazione solida – poi uscirono in strada.
Furono subito
investiti da un vento gelido, che scaraventò su di loro una
miriade di piccoli pallini bianchi.
Neve in primavera.
La strada ne era già ricoperta da chissà quanto
tempo, visto che i loro piedi affondavano completamente nel soffice
manto bianco e intorno a loro continuava a fioccare con grande
intensità.
- Come
abbiamo fatto a non accorgercene? – chiese incredulo Roxas.
- La
conversazione era più interessante delle previsioni meteo,
suppongo – e in realtà per tutta la serata
entrambi non avevano avuto occhi che per l’altro, anche se
nessuno dei due l’avrebbe ammesso tanto facilmente.
Muoversi era
molto difficoltoso. Il tempo di fare qualche passo e i due erano
già completamente congelati, con i pantaloni fradici fino ai
polpacci.
- Vieni
con me – intimò Axel – Casa mia
è dietro l’angolo. Dobbiamo aspettare che smetta
–
Roxas
obbedì senza discutere e in men che non si dica si trovava
già nel minuscolo bilocale in cui viveva il rosso. Sembrava
un classico appartamento da studente squattrinato, a prima vista,
tuttavia l’ambiente era caldo e confortevole, tenuto in
discreto ordine. Si respirava aria di casa.
Axel gli fece
cenno verso il divano e i due si accomodarono e ripresero il discorso,
tenendo d’occhio la finestra.
Roxas si sentiva
allo stesso tempo ansioso ed euforico: stare con Axel gli piaceva da
matti, come allenatore andava benissimo, come amico anche meglio! Ma
non voleva farsi altre illusioni, andare oltre con la fantasia
l’avrebbe portato ad una cocente delusione.
Da parte sua,
Axel non riusciva a smettere di sorridere come un idiota: vedere Roxas
comodamente seduto sul suo vecchio divano era una soddisfazione enorme.
Tuttavia, pur sapendo che se ci avesse provato con lui Roxas probabilmente
ci sarebbe stato, non voleva assolutamente fare il primo passo, per
diverse ragioni. Prima di tutto per la poca esperienza del biondo. Non
aveva intenzione di saltargli addosso col rischio di spaventarlo e
passare per un pervertito al pari di Marluxia. Per di più
Roxas era ancora un po’ in contrasto con la propria natura,
quindi non era proprio il caso di gettargli addosso altri problemi.
Altro motivo, non meno importante, la complicata questione del loro
rapporto – per così dire – lavorativo.
Si era sempre attenuto alla regola che si era autoimposto,
cioè di non legarsi a nessun cliente della palestra, per
rispetto a Lexaeus. Ma Roxas gli piaceva e non sapeva assolutamente
come comportarsi.
Ad un certo
punto Roxas saltò su come se una vespa l’avesse
punto.
- Accidenti,
è tardissimo! Devo tornare, Axel! –
Prima che Axel
potesse fare alcunché, Roxas si era infilato il giaccone. Il
rosso lanciò uno sguardo verso la finestra: la neve
turbinava ancora, se possibile più fitta di prima.
Roxas si
avvicinò alla porta e improvviso, velocissimo, Axel ebbe un
flashback: suo padre che usciva di casa in una sera
come quella, per non fare più ritorno.
Prima di
rendersene conto, Axel si ritrovò davanti alla porta
d’ingresso, le braccia spalancate e la schiena premuta
dolorosamente contro la maniglia gelida.
- TU
NON VAI DA NESSUNA PARTE! – gridò, pallido come un
cencio.
Roxas si
immobilizzò, colto alla sprovvista.
- Non
posso permetterti di uscire con questo tempaccio –
proseguì Axel, ritrovando la calma.
Per sicurezza
mise il catenaccio alla porta. Poi afferrò il cordless e lo
passò a Roxas.
- Chiama
per avvisare che rimani da me, stanotte –
- Ma…
ma… Passare la notte qui? –
Di fronte
all’occhiataccia dell’altro, Roxas
telefonò a casa. Subito rispose la voce ansiosa di sua madre.
- Roxas,
è un sacco che cerco di rintracciarti, mi stavo preoccupando
–
- Scusa,
forse il cellulare si è scaricato –
- Dove
sei? –
- A
casa… -
Prima che
potesse finire la frase, Axel gli sfilò il telefono di mano.
- Signora,
salve, le dispiace se Roxas passa la notte qui da me? –
- Con
chi parlo? – la madre di Roxas sembrava parecchio confusa.
- Un
amico di suo figlio –
- Oh,
io in realtà pensavo… una ragazza,
sai… -
- Ragazza?
No, Roxas ha passato la serata con me –
Axel
cercò disperatamente di non scoppiare a ridere alla vista
dello sconsolato facepalm del ragazzo e proseguì come se
niente fosse.
- Ci
siamo ritrovati nel bel mezzo di questa specie di bufera e casa mia era
la più vicina. Dato che è tardi non vorrei che
tornasse a casa a piedi con questo tempo –
La madre del
ragazzo non sollevò obiezioni.
Axel si volse
verso Roxas.
- Bene,
ora leviamoci di dosso questa roba bagnata, che ne dici? –
Senza aspettare
risposta lo guidò nella camera da letto occupata solo da una
libreria, una scrivania e un letto da una piazza e mezzo. E un vecchio
cassettone nell’angolo. Come se niente fosse si tolse il
maglione pesante e sbottonò i jeans.
- Ehm…
Se vuoi esco – mormorò Roxas, distogliendo lo
sguardo nel più completo imbarazzo.
- Nah, non
c’è bisogno. Perché invece non ti
spogli anche tu? –
- Cosa?!
–
- Andiamo,
non penserai mica di dormire vestito! Ecco –
Axel, il
pantalone del pesante pigiama blu infilato solo a metà sopra
i ridottissimi boxer neri aderenti, gli lanciò una specie di
tuta grigia, ridendo del suo rossore.
Roxas si
spogliò a sua volta, cercando di non guardare troppo Axel,
che pareva non avere nessuna fretta di coprirsi. Dov’erano
finiti i brividi e la pelle d’oca? Se non fosse stato sicuro
del contrario, Roxas avrebbe pensato che Axel volesse mettersi in
mostra.
Nel frattempo
Axel fissava Roxas con la coda dell’occhio. Non andava bene
così, niente affatto: si stava comportando troppo da
cacciatore. Scosse la testa e finì di vestirsi, per poi
girarsi e guardarlo in modo più oggettivo. Era evidente che
l’allenamento stava cominciando a dare i suoi frutti. Il
corpo di Roxas non era più disperatamente magro come
all’inizio. Ora il ragazzo, piuttosto che un filo
d’erba, aveva più l’aspetto di un
giunco: snello, robusto e flessibile al tempo stesso. Si
soffermò con lo sguardo sul ventre vagamente incavato, sotto
la canotta aderente: qualche altro mese e si sarebbero notati dei
lievissimi bozzi, in quel punto. Passò al petto,
contrastando con un gesto autoritario della mano il movimento di Roxas,
che cercava di infilarsi la felpa. Lì aveva toppato
completamente, a quanto pareva: gli aveva prescritto gli esercizi
sbagliati.
Roxas si era
stufato di essere esaminato in quel modo.
- Fai
una foto, durerà più a lungo! –
sbottò acidamente.
Axel sorrise e
ignorò la provocazione. Anche se una foto
gliel’avrebbe scattata volentieri, in effetti.
- Stavo
valutando quali esercizi sostituirti – spiegò
paziente – A quanto pare dobbiamo cambiarne alcuni, se vuoi
sviluppare anche i pettorali –
Roxas
lasciò cadere all’istante l’aria
infastidita e non protestò quando Axel lo fece voltare e una
mano gentile andò a saggiare i muscoli della schiena.
- A
posto, bambino – lo prese in giro alla fine – Ora
puoi anche andare a fare la nanna –
- Sì,
nonno! –
- Nonno?
Di solito per situazioni del genere si dice
“papà” –
- Scusa,
papà, ti avevo scambiato per il nonno. Dev’essere
colpa del pigiama da vecchio… -
- Oh
cribbio, Roxas, mi deludi! Questa scenetta per una battuta
così scadente… -
- Beh,
ho imparato dal maestro – fece Roxas, il tono provocatorio
che non lasciava dubbi su chi fosse il cosiddetto
“maestro”.
A quel punto
iniziarono a lottare scherzosamente, accapigliandosi sul pavimento
senza esclusione di colpi. Inutile dire che Axel ne uscì
irrimediabilmente vincitore.
- Non
ho neanche usato tutta la mia energia – fece in risposta alle
proteste di Roxas, rimanendo comodamente seduto sulla sua schiena.
- LEVATI!
Non respiro più –
- Stai
dicendo che sono grasso?
– disse Axel in finto tono lacrimoso.
- Sì.
ORA ALZATI! –
Alla fine si
calmarono. Axel propose di andare davvero
a dormire, l’indomani avevano entrambi una giornata faticosa
da affrontare.
- Ma
dove vai? – chiese Roxas, quando Axel si accinse ad uscire
dalla stanza.
- Sul
divano –
- Ma
non posso spodestarti dal tuo letto! Al massimo vado io di
là –
- Nah,
non posso mica far dormire un ospite sul divano –
- E
allora dormiamo insieme, c’è spazio per due!
– esclamò Roxas, per poi arrossire subito dopo,
realizzando ciò che aveva detto.
Axel
lanciò uno sguardo tentato al suo letto, così
soffice e caldo, reso ancor più irresistibile dal biondino
che ci era seduto sopra a gambe incrociate. Ma si costrinse a
distogliere lo sguardo.
- Passo,
per questa volta. Non preoccuparti, il divano è comodo. Lo
uso anche quando vengono Demyx e Saïx. Buona notte –
- ‘Notte
– sospirò Roxas, sollevato e deluso al tempo
stesso.
Quando non
giunsero più rumori dall’altra camera Roxas si
decise a infilarsi sotto le coperte. Tutto si sarebbe aspettato, quella
sera, tranne di finire nel letto di Axel. Dopo quell’ultimo
pensiero razionale, Roxas scivolò dolcemente nel sonno.
E
rieccomi, un filo in ritardo, forse, ma spero che il capitolo mi abbia
fatto perdonare. Lo so, è un pochetto più lungo
dei precedenti, proprio per questo la revisione mi ha portato via
più tempo…
Ringrazio
calorosamente tutti voi che continuate a seguirmi e tutte le persone
che dedicano un po’ del loro tempo a lasciarmi un parere. ^^ |
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Capitolo 8 *** Confessioni e gelosie ***
Il mattino dopo,
Roxas si svegliò presto e si stiracchiò,
sentendosi in corpo una meravigliosa sensazione di beatitudine. Un
caldo raggio di sole lo accecò momentaneamente mentre le sue
orecchie registravano il sonoro cinguettio degli uccelli. Non riconobbe
subito il luogo in cui si trovava e in un primo momento
pensò che si trattasse ancora di un sogno. Questo almeno
finchè non udì il rumore di qualcosa di pesante
che cadeva e un’imprecazione soffocata. A quel punto
balzò a sedere, ricordandosi improvvisamente
dov’era.
Axel si
voltò al suono ovattato dei passi in avvicinamento di Roxas:
quello sciocco era a piedi nudi. Non si era accorto di quanto fosse
freddo il pavimento? Ma un attimo dopo il ragazzino fece il suo
ingresso e Axel non potè fare a meno di sorridere per la
tenerezza.
Il viso di Roxas
era arrossato, gli occhi socchiusi per il sonno da cui era uscito da poco.
La tuta gli penzolava di dosso, lasciandogli scoperta una spalla: era
decisamente troppo grande per lui, sembrava quasi un bambino con
addosso i vestiti di un adulto. Si affrettò a distogliere lo
sguardo per resistere alla repentina tentazione di scompigliargli i
capelli sconvolti. E posare un piccolo bacio su quelle labbra
imbronciate.
Quando Roxas
entrò nella stanza che fungeva da cucina-salotto,
trovò Axel che, già completamente vestito, si
affaccendava tra tavolo e credenza. Gli rivolse un breve sorriso e si
voltò di nuovo.
- Buongiorno,
dormiglione! – disse pimpante - Mi dispiace di aver fatto
rumore, ma sarei comunque venuto a svegliarti nel giro di pochi minuti
–
- Mmm
– grugnì Roxas, rendendosi conto che Axel doveva per forza averlo
visto addormentato, se era entrato in camera sua per vestirsi.
Per Roxas questa
era una cosa più intima di cambiarsi nella stessa stanza.
Axel gli fece
allegramente segno di raggiungerlo al tavolo, dove li attendevano due
grosse tazze di latte, biscotti, marmellata, fette biscottate e cereali.
- Forza,
forza, al cervello servono zuccheri per attivarsi, soprattutto se hai
davvero intenzione di farti interrogare in scienze! –
- Quante
persone hai invitato a colazione, Axel? – si
informò Roxas, fissando tutta quella roba con tanto
d’occhi.
- Che
domanda stupida, Roxas, ho semplicemente messo a tavola un
po’ di tutto, non so mica cosa preferisci –
Roxas,
scoprì subito il rosso, preferiva indubbiamente le fette
biscottate con la marmellata. Sembrava avere una smodata passione per
la frutta, quel ragazzo, poco importava che fossero ciliegie, arance o
albicocche.
Dopo colazione
Axel volle a tutti i costi riaccompagnare personalmente a casa Roxas.
- Altrimenti
non arriverai mai a scuola in tempo –
- Ma
non sono neanche le sette! –
- Sbaglio
o devi lavarti, vestirti e fare la cartella? –
- Sembri
mia madre, quando fai così – sbuffò
Roxas, ma senza riuscire a evitare di sorridere – Comunque
grazie di tutto – mormorò poi, talmente piano che
Axel quasi non lo sentì.
- È
stato un piacere – rispose nello stesso tono.
E quando
arrivarono sua madre era sul balcone ad aspettarlo. Fece segno a
entrambi e rientrò.
- Nel suo gergo
quello significa “Sali, che ti offro un
caffè” – disse Roxas – Rivolto
a me invece vuol dire “Stai per vivere un momento davvero
imbarazzante, giovanotto” –
Axel rise.
- Sento
che tua madre e io andremo molto d’accordo –
Roxas si
limitò a sbuffare.
Come previsto
Axel fu accolto con tutti gli onori a casa di Roxas, nonostante
l’orario. Mentre il rosso chiacchierava allegramente con i
suoi genitori, Roxas filò dritto a prepararsi, sperando di
non dover subire davvero
delle scene imbarazzanti.
In meno di un
quarto d’ora tornò in cucina vestito di tutto
punto.
- Buongiorno,
famiglia! – esclamò allegramente.
Axel si
immobilizzò, ricordando ciò di cui avevano
parlato la sera prima. Quello scemotto non aveva mica intenzione di
dichiararsi proprio in quel momento, vero? Con lui lì
davanti?
Roxas
intercettò il suo sguardo e gli sorrise divertito: sapeva
perfettamente, all’apparenza, cosa stava passando per la
testa del rosso. Ma fortunatamente Roxas continuò a parlare
come se niente fosse, dicendo qualcosa che aveva a che fare con Hayner.
- Ah, eccolo
– fece poi, passando davanti alla finestra ancora aperta.
L’amico
si avvicinava sempre di più e sorrideva malignamente:
l’aveva visto, ma aspettò di arrivare proprio
lì sotto, prima di parlare.
- Oh,
quale luce vedo sprigionarsi lassù? – giunse
chiara e forte dalla strada la voce di Hayner – È
l’oriente, lassù, e Giulietta è il Sole
– continuò imperterrito con voce da attore
consumato. Evidentemente si era preparato ad esibirsi.
I genitori di
Roxas lo guardarono sghignazzando pieni di aspettativa, evidentemente
avvezzi alle scenette dei due.
- Oh,
povero me! – esclamò Roxas, rosso in modo
spettacolare e senza alcuna pretesa di recitazione. Stavolta quel
sadico bastardo del suo migliore amico stava esagerando.
Ma Hayner
l’aveva sentito – era quello lo svantaggio di
abitare al primo piano – e colse la palla al balzo.
- Lei
parla! Parla di nuovo, angelo
di luce! – e si udì una risatina
soffocata.
A quel punto
Roxas, davvero stufo, si affacciò al balcone.
- Oh
Romeo, Romeo – declamò ad alta voce, in tono
languido – Perché non vai a cag***? –
Mentre il padre
di Roxas e Axel scoppiavano a ridere, sua madre gli diede una botta sul
braccio.
- Non
era una cosa molto gentile! – esclamò, nascondendo
anche lei un gran sorriso.
- In
qualche modo dovrò pur difendermi, no? Se gli do corda ci
ritroviamo entrambi stecchiti –
Poi Roxas
afferrò la cartella.
- Ci
vediamo a pranzo! – si congedò.
- Aspetta,
anche io devo andare –
Axel
salutò educatamente i genitori del biondo, ringraziandoli.
Gli parve di sentire il ragazzo borbottare qualcosa che
suonò molto come “ruffiano”, mentre
scendevano, ma fece finta di niente.
- Ehi,
Rox – esclamò Hayner nell’istante in cui
Roxas aprì il portone – Non pensavi mica di
scamparla, vero, mi devi ra… - ma si interruppe di botto
quando vide Axel dietro l’amico e lo fissò
curiosamente.
- L’attore
shakespeariano in persona! – sorrise il rosso con calore,
sopprimendo una risatina e afferrando la mano di Hayner, che
ghignò in risposta, con un’occhiata a Roxas.
- Tu
sei il tipo di sabato scorso, eh? Non avevo idea che Roxas avesse
ospiti –
- Che
differenza avrebbe fatto? – chiese quest’ultimo.
- Beh,
semplice! Se l’avessi saputo ci sarei andato giù
molto più pesante! –
Axel rise
fragorosamente.
- Mi
piace molto questo ragazzo! –
Roxas mise su un
adorabile piccolo broncio.
- Ridi,
ridi pure, prima o poi arriverà il mio turno –
Roxas gli mostrò la lingua, gettando
un’occhiataccia a Hayner, che continuò a ghignare.
Axel sorrise e
gli tirò giocosamente una ciocca di capelli.
- Io
vado, fringuello. Noi quando ci vediamo? Va bene domenica prossima?
–
- Ma la
palestra è chiusa, la domenica! –
esclamò Roxas senza riflettere.
Il sorriso di
Axel si allargò di fronte all’ingenuità
del ragazzino.
- Appunto
– disse semplicemente, guardandolo in attesa di una risposta.
- Va
bene alle sette, sempre lì? –
- Perfetto.
Buona giornata, ragazzi! –
Axel si
allontanò lentamente col suo caratteristico passo
molleggiato e saltò in macchina con un ultimo cenno. Mentre
guidava in direzione della palestra, il rosso cercò di non
sentirsi in colpa nei confronti di Lex, con scarsi risultati. Anche se
non riuscì ad evitare di sorridere per tutto il tempo.
- Ehi
Roxas – bisbigliò Hayner, una volta che
l’auto fu scomparsa alla vista.
L’interpellato
lo guardò in attesa: per una volta l’amico
sembrava serio.
- Nel
caso, ha la mia approvazione. Nel
caso, eh – sottolineò, prevenendo le
proteste dell’altro.
Roxas
arrossì e gli sorrise.
- Oggi
hai battuto ogni tuo record, Lex. Perché farmi addirittura
assistere all’apertura se dovrei iniziare il doppio turno
alle 10? – disse Axel, ma il suo tono non era davvero
dispiaciuto.
Al contrario, il
giovane sembrava di ottimo umore. Lexaeus sembrò
accorgersene, perché sorrise lievemente.
- Volevo
semplicemente fare una chiacchierata con te –
Axel
sgranò gli occhi.
- Sai
davvero come si fa?! – rise incredulo, impertinente come
sempre – Ti ascolto – aggiunse subito dopo,
tornando serio.
- Hai
imparato molto in questo periodo – esordì Lexaeus,
facendogli cenno di sedersi di fronte a lui – E ho sempre
apprezzato la tua dedizione –
- … ma?
– incalzò Axel, nervoso. Strinse forte i braccioli
della sedia, trattenendo il respiro.
- Nessun
“ma”, ragazzo. Allenare Roxas ti ha fatto bene;
penso che dovresti farlo anche con altre persone, a tempo pieno. Se sei
d’accordo cercheremo un’altra persona per il banco.
E ovviamente dovremo metterci d’accordo per i dettagli
tecnici –
Axel lo
fissò sbalordito. E non solo per la lunga frase che
l’uomo era riuscito a mettere insieme, tutta in una volta.
- Cioè
una promozione?
Davvero? –
- Sei
un vero allenatore, ora. Te lo meriti –
Un sorriso
gioioso si allargò incontenibile sul volto di Axel.
- Grazie,
Lex! –
- Grazie a te
– rispose burbero.
- Per
cosa? –
Lexaeus lo
guardò con l’aria di chi la sapeva lunga, non
senza sorridere.
- Da
quando lavori qui ne ho viste tante e tanti metterti gli occhi addosso.
So che a volte avresti voluto ricambiare, ma non l’hai mai
fatto. Non serve un genio per capirne il motivo –
Axel si
agitò sulla sedia, a disagio.
- Per
quanto ne so è successo solo una volta che tu sia uscito con
un nostro cliente. Ed è stato ieri –
Axel sembrava
una statua di cera: non si aspettava certo che Lexaeus lo sapesse.
- Non
fare quella faccia, Axel, ti sembra forse che non abbia gli occhi? Lo
guardi nello stesso modo in cui lui guarda te. Forse potrai ingannare
altri, ma io ti conosco –
- Mi
dispiace, Lex – mormorò Axel, arrossendo.
- A me no. Quello che
fai nel tuo tempo libero riguarda solo te, purché tu sia
professionale mentre sei qui –
Axel si
grattò la nuca, come faceva sempre quando era nervoso o
imbarazzato.
- Come
sapevi di ieri? –
- Le
voci girano e io ascolto ciò che si dice. E a proposito di
questo: Marluxia ha ufficialmente scommesso che entro un paio di mesi
conquisterà Roxas –
L’espressione
di Axel si indurì.
- Lui lo
sa? – chiese aspro.
Lexaeus
annuì, sorridendo leggermente.
- Pare
che gli abbia detto chiaro e tondo che non entrerà mai nelle
sue mutande –
Axel non
potè trattenersi dal ridacchiare: era proprio da Roxas,
adorava la grinta che tirava fuori di tanto in tanto!
- Xigbar
lo appoggia –
Il rosso
sorrise, molto più tranquillo. Si fidava di Xigbar, era un
tipo in gamba.
- Ora
metti a riposo le tue povere corde vocali, Lex, fa male parlare troppo,
se non si è abituati. A dirla tutta è anche un
po’ inquietante – aggiunse irreprimibile.
- Lo
è anche vederti fare la persona seria, una volta tanto,
quindi dacci un taglio, eh? –
E Lexaeus gli
diede una gran manata sulla schiena, facendolo barcollare.
- Che
mi venga un colpo, Roxas aveva ragione quando ha detto che hai la
delicatezza di un elefante! –
Durante la
mattinata scolastica, Roxas aveva attentamente riflettuto ed aveva
deciso cosa fare per risolvere una piccola parte dei suoi problemi.
Perfino mentre
parlava del Sistema Solare, delle fasi di Venere e delle lune di Giove,
il ragazzo racimolava il coraggio di fare ciò che andava
fatto. A malapena si accorse di ritornare al proprio banco con un 8
pieno sul registro.
- In
bocca al lupo, amico – gli augurò Hayner, una
volta suonata la campanella che segnalava l’ultima ora.
Roxas
annuì meramente e si fece largo a spintoni nella calca.
Finalmente trovò la persona che stava cercando.
- Naminè
– le disse all’orecchio – Posso
accompagnarti a casa? –
I due
camminarono in silenzio fino a che non furono a debita distanza
dall’istituto.
- Cosa
volevi dirmi, Roxas? – chiese allora lei.
Roxas prese un
respiro profondo.
- Sei
una ragazza speciale, Naminè, dico sul serio… -
- …
ma non ti piaccio in quel modo – concluse lei, rassegnata.
- Esatto
– Roxas abbassò lo sguardo – Mi dispiace
–
Ci fu un momento
di silenzio, poi Naminè gli prese la mano.
- Non
ce n’è bisogno –
Roxas
azzardò un’occhiata al suo viso. Gli occhi chiari
di lei erano un po’ più brillanti del solito, ma
sorrideva coraggiosamente.
- Lo so
da tanto tempo, cosa credi? Non mi sono mai davvero illusa –
- Penso
che tu ne debba sapere il motivo, Na' –
Naminè
annuì, un po’ tesa questa volta.
Roxas
sospirò pesantemente, cercando le parole giuste. Poi la
guardò e capì che doveva dire la
verità. Così aprì il suo cuore,
semplicemente.
- Io
penso che mi sarei innamorato di te, Naminè, se solo mi
piacessero le ragazze –
- Quindi
è per… questo? – esalò
Naminè.
Roxas
annuì.
- Solo
che non mi sento ancora pronto a parlarne con gli altri, lo sa solo
Hayner.
- Capisco.
Questo rende senza dubbio le cose più semplici da accettare,
Roxas, almeno so esattamente
cos’è che non va in me – la ragazza
azzardò un sorrisino complice.
Il pomeriggio
successivo Roxas entrò allegramente in palestra, ma si
fermò appena oltrepassata la porta, allarmato. Seduta dietro
al banco c’era una ragazza un po’ più
grande di lui, bassina ma atletica, che lo salutò
allegramente. Lui ricambiò il saluto, sconcertato:
dov’era Axel? Perché c’era quella lì
al suo posto?
Scaraventò
il borsone nel suo solito armadietto, senza far caso a un ragazzo che
gorgheggiava sotto la doccia, evidentemente credendosi solo. Fece i
gradini due alla volta e, uscendo, andò a sbattere contro
Luxord, anche lui appena arrivato.
- Ciao,
Roxas! Carina la nuova banconista, eh? Meglio di ciò che
c’era prima – sghignazzò. Evidentemente
Luxord era uno dei pochi uomini in palestra a cui le donne piacevano.
- Oh,
beh… – e senza finire la frase scrollò
le spalle e si diresse all’area fitness.
Prima che
potesse arrivarci, tuttavia, scorse un lampo di capelli rossi.
Tirò un sospiro di sollievo: allora Axel non era stato
licenziato. Anzi, sembrava parecchio in forma. In quel momento stava
parlando con una signora robusta di mezza età e di tanto in
tanto indicava un macchinario. Sollevato, iniziò il suo
programma.
- Ehi,
Axel – sbuffò Roxas alla fine del riscaldamento.
- Ciao!
Dov’eri finito ieri? –
- Troppi
compiti – Roxas si mise l’asciugamano intorno al
collo e lo guardò incuriosito.
Axel si
limitò a ghignare.
- Sì?
–
- Muori
dalla voglia di dire qualcosa – disse Roxas.
- Muori
dalla voglia di sapere ciò che ho da dire –
rispose l’altro.
- Uno
pari, palla al centro. Dai, spara –
- BANG!
– esclamò gioviale Xigbar, spuntando davanti a
loro.
Roxas rise.
- Ciao,
tigre! –
- Ciao,
zebra!
–
Xigbar gli
scompigliò i capelli.
- Finalmente
cominci a rispondere, eh? Ottimo, ragazzo. Beh, vi lascio alla vostra
conversazione di
allenamento –
E se ne
andò con un gran ghigno stampato in faccia.
- Allora,
Axel? –
- Non
hai notato nessuno all’ingresso? Non ti sei chiesto chi
è quella ragazza? –
Roxas si
sentì come se gli avessero appena tirato un pugno alla bocca
dello stomaco.
- È
la tua fidanzata?
–
Axel lo
fissò, scioccato: il ragazzino credeva davvero…?
Non aveva capito…? Provò un piccolo spasmo,
insieme di lusinga e dispiacere nel vedere l’espressione
ferita che il biondo non era riuscito a nascondere.
Gli diede un
buffetto sulla testa.
- Certo
che no, sciocco. Lei mi sostituisce e basta –
Gli
raccontò brevemente.
- Wow,
Axel! Sono davvero contento per te! –
- E lo
devo tutto a te, ragazzino, se non avessi tanto voluto prenderti in
giro Lex non avrebbe mai notato le mie potenzialità
–
- Idiota,
sai che non è vero. Se è successo è
perché lo meritavi –
- Beh,
ora vado, eh? – memore degli avvertimenti di Lexaeus sull'essere
professionale, finchè era lì, Axel si
allontanò con un cenno.
Lui e Roxas
avrebbero avuto tutto il tempo di parlare domenica sera.
Axel
guardò pensieroso la busta di cartone nascosta nelle
profondità del suo armadietto. Si chiedeva se quel giorno
sarebbe riuscito a vedere Roxas. Ultimamente, oberato di impegni
com’era, non era riuscito a dedicargli molto tempo.
D’altra parte aveva dovuto star dietro ai suoi nuovi
“allievi” e contemporaneamente istruire Yuffie,
ancora un po’ goffa con i suoi incarichi, anche se erano
passate due settimane.
Ma almeno quel giorno sperava
di poter parlare con lui e dargli il suo regalo, sperando che gli
sarebbe piaciuto. Il guaio era che mancava poco più di
un’ora alla fine del suo turno e Roxas non si era ancora
visto. Forse non sarebbe venuto, dopotutto.
Axel
sospirò deluso, poi si voltò verso la ragazza che
lo chiamava timidamente, sorridendo incoraggiante e facendola arrossire.
Nella
mezz’ora che seguì Axel fu così
indaffarato che non si accorse del biondo che entrava e si allenava
proprio alle sue spalle. Quando alla fine il giovane si
voltò spalancò la bocca per l’orrore,
poiché vide Roxas immerso in una fitta e, a quanto pareva,
interessata conversazione con nientemeno che Marluxia, che non riusciva
a trattenere un sorrisetto compiaciuto.
“Roxas,
come puoi fare una cosa del genere? Come puoi cascarci dopo
così poco tempo? E perché proprio lui tra
tutti quelli che avresti potuto avere?!”
Fortunatamente
poco dopo Marluxia si congedò con un sorriso e Roxas si
diresse verso la zona pesi, pensieroso. Axel lo aspettava appoggiato al
muro con le braccia incrociate.
- Ti ha
dato di volta il cervello? – chiese noncurante.
- Sono
contento anch’io di vederti, Axel! –
- Mhf. Ti
ho avvisato di starci attento, bambino, poi fai come ti pare. Se ti
piace, alla fine, sono fatti tuoi –
Con enorme
sorpresa di Axel, Roxas scoppiò a ridere.
- Di
che diavolo stai parlando?! Ci sto molto attento al signor Principessina Fatata!
Ma quando si rivela capace di sostenere anche lui una conversazione
interessante, o quanto meno sensata, bisogna approfittarne, ti pare?
–
E senza indugi
iniziò a fare gli addominali.
- Che
tipo di “conversazione interessante”? –
- Denti
– borbottò Roxas, senza sprecare altro fiato.
Axel non ci
aveva capito molto, ma si sentì senza dubbio sollevato.
Quando Roxas si tirò su ansimando scoprì con suo
enorme disappunto che il rosso non era più lì.
Non l’avrebbe rivisto fino alla fine
dell’allenamento, con ogni probabilità.
Ultimamente si era sentito quasi… abbandonato. Ora che Axel
era un vero allenatore aveva sempre altra gente intorno, visto che
Kingdom Body era molto frequentata.
Poi
notò che il rosso si stava spostando verso la zona pesi con
un altro ragazzo che Roxas ricordava vagamente come uno dei nuovi
iscritti. Riuscì a cogliere le parole “fare sul
serio” e sorrise, pronto a godersi la scena: si aspettava che
Axel gli giocasse lo scherzetto del bilanciere, ma il rosso si
limitò a dargli una spiegazione rapida ed efficiente, prima
di dirigersi verso lo studiolo del personale.
- L’allievo
speciale è uno solo – borbottò Lexaeus,
facendo sobbalzare Roxas.
L’uomo
era sorprendentemente silenzioso nel muoversi, quando voleva.
- Di
cosa stai parlando? –
Lexaeus non
rispose e lo piantò in asso.
Quella sera
Roxas uscì dalla palestra sospirando pesantemente. Strana
giornata. E uscendo non aveva nemmeno visto Axel… Si
incamminò verso casa mugugnando.
- Ehi,
musone! – lo richiamò una voce ben nota.
- Axel!
Accidenti, mi hai quasi fatto prendere un colpo! –
- Scusa.
Ti accompagno a casa? –
- Non
disturbarti – Roxas arrossì – Hai
sicuramente di meglio da fare -
- In
effetti ho un appuntamento… -
Roxas
sentì il suo cuore sprofondare.
- …
ma Demyx e Saïx non si arrabbieranno certo per qualche minuto
di ritardo –
Mentre erano in
macchina, Axel lottò contro la tentazione di accarezzare la
mano di Roxas, negligentemente posata sul suo ginocchio mentre Roxas
gli raccontava con entusiasmo della conversazione che aveva avuto con
Marluxia.
- …
E ha detto che l’estrazione è durata
più o meno dieci secondi e il dentista non ha dovuto nemmeno
usare la pinza –
- Ma
dì un po’, perché sei così
interessato al dente del giudizio di Marluxia? –
- Ai
denti in generale, piuttosto! Vorrei fare il dentista –
- Oh,
sei un sadico! –
Nel frattempo
erano arrivati di fronte al palazzo del biondo.
- Aspetta
un po’, Roxas – lo fermò Axel quando
questi diede segno di volersi congedare.
Gli tese il
regalo che aveva conservato gelosamente nel suo armadietto per
più di una settimana. Roxas non la prese.
- Cosa
diamine…? –
- Buon compleanno!
– esclamò allegramente Axel – Non fare
quella faccia, quanto pensi che ci voglia a sbirciare i documenti della
tua iscrizione? Era il 13 aprile, no? – gli fece
l’occhiolino.
Roxas
annuì. Poi arrossì e aprì timidamente
la busta. Era piuttosto semplice in realtà: un libro, un
famosissimo thriller, divenuto best seller. E un segnalibro in legno
con un’estremità intagliata in modo da
rappresentare una tigre. Lui adorava
leggere, quindi non poteva sperare in un regalo migliore.
Sentì
un sorriso farsi prepotentemente strada sul suo viso e dovette
resistere all’impulso di slanciarsi contro Axel e…
“Calmati
un po’, Roxas!”
- Grazie,
Axel! – disse semplicemente – Mi piace molto,
davvero! E Xigbar approverebbe di sicuro –
Prima che Axel
potesse fare qualunque cosa, Roxas gli posò un rapidissimo
bacio sulla guancia e lo salutò, dandogli appuntamento per
la domenica dopo.
- E
niente scuse! – aggiunse perentorio.
Ma Axel non
aveva certo intenzione di lamentarsi. Guardò il biondo
entrare in tutta fretta nel portone.
Per il resto
della serata Axel si sfiorò la guancia destra, uno
stupido sorrisetto stampato in faccia.
Ritardo,
ritardo, ritardo. Scusate!
Beh,
questo capitolo è piuttosto denso e spero che non sia
risultato troppo pesante, dato che era piuttosto statico. Ma ho
ritenuto necessario inserirlo perché, come ho già
accennato nella risposta ad una recensione, volevo far vedere
l’evoluzione del rapporto tra i nostri cari protagonisti e,
visto che non mi piace che in un rapporto del genere si faccia tutto di
corsa, ho dovuto dedicarci un po’ di tempo, nonché
di spazio.
Ebbene
sì, in questo capitolo Lexaeus parla! Quasi quasi
non ci credo nemmeno io.
Per
il momento è tutto, prometto che il prossimo capitolo vi
farà aspettare mooolto di meno e vi piacerà
mooolto più di questo.
A
buon intenditor… |
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Capitolo 9 *** Una giornata perfetta ***
ATTENZIONE!
Elevate quantità di zucchero e miele sono presenti in questo
capitolo. Buona lettura!
*L’autrice,
inseguita da uno sciame di api furiose, se la dà a gambe*
Era finalmente
estate. Con gli esami di maturità ormai alle spalle, Roxas
sperava solo di potersi finalmente rilassare. Peccato per quel
trascurabile dettaglio: non aveva ancora controllato i risultati. Ed
era proprio quello che lui e i suoi amici stavano per fare in quel
momento, dato che erano nel cortile della scuola, tutti molto nervosi.
Roxas strinse da
un lato la mano di Hayner, dall’altra quella di Sora. Era
sempre stato uno studente piuttosto mediocre, rispetto i suoi desideri,
aveva la media del sette scarso, ma da quando aveva capito cosa voleva
fare della sua vita ci aveva messo l’anima e il corpo.
Quell’anno era stato durissimo per lui, soprattutto con gli
esami di stato in avvicinamento, visto che per poter accedere alla
facoltà di odontoiatria doveva conseguire un voto finale di
almeno 80/100 alla maturità. *
- Novantacinque
– disse Naminè.
- Cento!
– squittì Olette.
- Settantasette.
Non male – osservò Hayner.
- Settantotto
– sospirò sollevato Sora.
Roxas
trovò il suo nome, lesse il piccolo numerò
lì accanto e si afflosciò, pallidissimo. Non
era possibile…
Hayner si
voltò immediatamente per sorreggerlo.
- Che
c’è Rox? Non dirmi che… -
Roxas
annuì, poi scosse la testa. Aprì e richiuse la
bocca più volte senza che ne uscisse alcun suono.
Indicò il foglio dei quadri e rise istericamente. Hayner si
avvicinò, lesse anche lui e buttò un grido che
fece girare i loro amici.
- Chi?
Cosa? –
- Roxas!
NOVANTUNO! Roxas! –
- Questo
sì che è inaspettato! – Sora sorrise,
un po’ provocatorio e un po’ felice per il cugino.
Hayner, da bravo
migliore amico, strinse in un fortissimo abbraccio un Roxas tremante
per il sollievo. Quest’ultimo gli buttò le braccia
al collo… e scoppiò in lacrime; e rise ancora.
Rideva e piangeva. Tutti loro sapevano cosa significasse per lui e si
affrettarono a portarlo via di lì, lontano dagli occhi
indiscreti degli altri studenti, e finalmente ci fu
l’esplosione di gioia.
- Oggi
Axel aveva un esame, ora che ci penso – disse alla fine Roxas.
- Cosa
c’entra questo? –
- Gli
avevo promesso di fargli sapere –
I cinque amici
stavano giusto passando davanti all’ateneo.
- Allora
noi ti aspettiamo qui mentre controlli se c’è, eh
Rox? Anzi, magari ci prendiamo un gelato! –
Roxas non ebbe
difficoltà a trovare Axel: stava appunto uscendo da
un’aula in compagnia di una ragazza riccia e di un energumeno
muscoloso dalla testa rasata. Si spintonavano gioiosamente
l’un l’altro. Poi Axel lo vide e si
illuminò.
- Yo,
Roxas! Che ci fai da ‘ste parti? –
esclamò tutto contento, facendo per andargli incontro. Ma
l’energumeno si mise tra i due.
- Guarda
guarda che bel funghetto! – rise gioviale.
Roxas rispose al
sorriso, mentre la ragazza canticchiava “Un
funghetto trallallà!” facendogli
pensare che ne avesse mangiato uno, sì, ma allucinogeno.
- Io ci
andrei piano coi soprannomi, zucca
pelata!
–
Axel rise e gli
scompigliò i capelli.
- Allora
vi lascio soli piccioncini, come vedete ho trovato di meglio da fare
–
Si allontanarono
insieme.
- Appena
finito – disse il rosso allegramente – Un bel 28!
Peccato solo per la terza domanda… -
Roxas si
alzò in punta di piedi e gli diede uno scappellotto.
- Non
lamentarti, Rosso Malpelo, è andata bene! –
- Che
ti aspettavi, Puffo! E tu perché hai gli occhi rossi?
–
Si sedettero
davanti a una fontana nel cortile. Roxas gli raccontò mentre
il sole picchiava sulle loro teste.
- Accidenti,
bravissimo! Ora potrai entrare nella facoltà di aspiranti
torturatori –
In quel momento
li raggiunsero gli altri e fecero una rapida presentazione, tranne che
per Hayner, impresso spassosamente nella memoria del rosso.
- Gelato?
Ne voglio uno anch’io! – esclamò Axel,
goloso ed entusiasta come sempre – Tu Roxas? –
- No,
io preferisco le cose salate. O la frutta fresca -
- Cose
salate, eh? Uhm… ragazzi, vi dispiace se ve lo rubo, per il
momento? –
- Fa’
pure – rispose Hayner che era a conoscenza della mostruosa
cotta dell’amico per il “Porcospino
Rosso” ed era più che felice di lasciarli soli
– Noi ci vediamo oggi pomeriggio in spiaggia, Rox. Se ti va
puoi venire anche tu, Axel –
E se ne
andò senza aspettare risposta. Axel e Roxas risalirono lungo
la Via del Mercato.
- Sono
contento che tu sia venuto a cercarmi –
- Davvero?
– Roxas non osò sperare.
- Certo.
È una noia in palestra senza nessuno da poter prendere in
giro. Per colpa di quei dannati esami non ci vieni da un bel po'
–
- Sono lusingato, Axel –
- Lo
so. Ora va’, aspettami in cima alla torre
dell’orologio –
Axel si
allontanò correndo, diretto chissà dove. Roxas
borbottò a proposito delle sue stranezze, ma salì
sulla terrazza completamente deserta. La vista era magnifica, tutta la
città si snodava ai suoi piedi nel trionfo della luce
rossastra del perenne tramonto di quella città.
“Perché
non ci sono mai salito prima?” si chiese il ragazzo e
passò diversi minuti perso nella contemplazione, fino
all’arrivo di Axel.
- Ecco
qui! – Axel gli porse una specie di ghiacciolo azzurro
pallido.
- Che
cos’è? –
- Un
gelato al sale marino – rispose orgogliosamente Axel
– È il mio preferito –
- Un
gelato al sale?! È la cosa
più balorda che abbia mai sentito –
- Assaggialo
prima di dirlo – rise il più grande, guardandolo
con aria di attesa.
Poco convinto
Roxas leccò uno degli angoli dello strano ghiacciolo con la
punta della lingua. “Dolce?” altra leccatina
“Salato?” altro assaggio “Che
strano!”.
Axel nel
frattempo faceva finta di ammirare il panorama, ma in realtà
si gustava le strane espressioni del biondo insieme al proprio gelato,
che aveva già praticamente finito.
Roxas raccolse
in fretta con la lingua una goccia che scivolava lentamente,
minacciando di finirgli sulle dita, per poi risalire per tutta la
lunghezza del gelato fino a lambirne la punta, succhiando un
po’, tutto concentrato. Axel deglutì a vuoto: il
ragazzino si rendeva conto di quanto fosse dannatamente eccitante
quella scena?!
Apparentemente
no perché continuò imperterrito, mentre il rosso
sentiva sempre più caldo, fino a che tirò su le
ginocchia fino al petto per nascondere il proprio… turbamento.
Tuttavia la sua
fantasia erotica fu bruscamente interrotta quando il biondo diede un
morso secco al dolce, scoprendo finalmente perché fosse
chiamato “gelato” e non
“ghiacciolo”.
- OUCH!
– si lasciò sfuggire Axel mentre Roxas si godeva
ad occhi chiusi il cremoso ripieno nascosto dal sottile strato di
ghiaccio.
- Cosa
c’è? – chiese alla fine Roxas, ancora
immerso in chissà quale fantasticheria.
- Uh?
Oh, niente. Mi sono morso la lingua – improvvisò
l’altro.
- Che
imbranato! – esclamò Roxas, buttando il bastoncino
nella spazzatura.
- Che
impertinente! –
Finsero di
tenersi il muso guardando in silenzio l’orizzonte, le loro
mani appoggiate a pochi centimetri di distanza l’una
dall’altra. Entrambi lo sapevano, ma nessuno dei due
colmò quella distanza infinitesimale.
- Axel
–
- Mh?
–
- Grazie
per il gelato – era stato una rivelazione, pensò
Roxas.
- Di
niente. Meritavi una piccola ricompensa per l’impegno che hai
dimostrato, no? –
Roxas si
voltò a guardarlo.
- E tu?
Quale ricompensa vorresti per l’esame che hai dato?
–
Axel
spostò lo sguardo dall’orizzonte al ragazzo seduto
alla sua sinistra. Il sorriso che gli stava rivolgendo era sicuramente
il più bello che gli avesse mai visto in viso. Era
quasi… invitante.
- Direi
che la mia ricompensa l’ho già avuta quando sei
venuto a cercarmi – mormorò – Tutto
quello che vorrei adesso è un piccolo extra –
Senza ulteriori
indugi Axel si sporse verso Roxas e posò le labbra sulle sue.
Roxas si
sentì sommergere da una marea di sensazioni: sentiva uno
strano torpore e una specie di vuoto nello stomaco, che
diventò un piacevole risucchio quando Axel mosse un
po’ le labbra, come a mordicchiare le sue.
Le sue labbra
formicolavano, il suo cuore batteva impazzito, il cervello pareva
essere completamente andato in vacanza; ma se Roxas fosse riuscito a
formulare un qualche pensiero avrebbe probabilmente desiderato che quel
momento non finisse mai.
Peccato solo
che, preso da ciò che provava, dimenticò di
ricambiare il bacio.
Le labbra di
Roxas avevano conservato il sapore del gelato al sale marino, che ora
Axel adorava più che mai. Dolce e salato, proprio come il
bel biondino.
Ma
all’improvviso Axel avvertì una sensazione di
allarme crescente: Roxas non stava rispondendo al suo bacio!
Si
allontanò pian piano, riluttante, per valutare la sua
reazione. Il biondo era lì, immobile, quasi pietrificato,
gli occhi spalancati che fissavano il vuoto. Solo il ritmo lievemente
accelerato del respiro tradiva che si era accorto di quanto era appena
successo.
Che
idiota!
Evidentemente il ragazzo non era ancora pronto! Axel si
rimproverò aspramente. Cosa gli era preso? Un piccolo
sorriso e lui perdeva la testa in quella maniera?! Un altro pensiero
agghiacciante lo colpì: e se tutto quel tempo avesse
semplicemente frainteso? Forse Roxas dopotutto non provava alcun
interesse per lui, forse era solo troppo amichevole. In quel caso lui
aveva appena rovinato tutto. Magari se correva subito ai ripari poteva
salvare qualcosina del loro rapporto.
Mentre pensava
tutto questo gli occhi di Roxas tornarono lentamente a focalizzarsi su
di lui e il ragazzo divenne rosso come un pomodoro.
Axel
portò una mano alla propria nuca, ma proprio quando stava
per aprir bocca e scusarsi furono le labbra del biondo a premere sulle
sue con una dolce e irruenta inesperienza che Axel trovò
assolutamente adorabile.
E tutto il resto
svanì. Per un po’ non ci fu più la
torre, né il meraviglioso panorama cittadino, né
il sole cocente. Soltanto le loro labbra impegnate in una lieve
esplorazione reciproca, la mano di Axel delicatamente posata su quella
di Roxas.
Questo almeno
finchè la campana suonò in modo assordante per
avvisare che era mezzogiorno e i due furono costretti a separarsi,
tenendosi le mani premute sulle orecchie fino all’ultimo
rintocco.
- Roxas…
- cominciò Axel, riluttante.
- Devi
andare, vero? –
- Sì,
Lex mi ha chiesto il turno anticipato. Pranziamo insieme e poi lui si
prende il pomeriggio libero –
- Ultimamente
ti lascia spesso a gestire la palestra in sua assenza –
- Sa
che può fidarsi ciecamente. Tu che farai? –
- Penso
che raggiungerò gli altri, ormai ci saranno tutti. Poi
pranzo a casa e in spiaggia nel pomeriggio –
Al momento di
separarsi erano entrambi un po’ a disagio dopo quanto era
successo: bacio o non bacio?
- Beh,
ci vediamo – si risolse Roxas, scrollando le spalle.
- Sì,
ci… vediamo – Axel sembrava interdetto: si sentiva
lui stesso come un adolescente alla prima cotta – Roxas!
–
Il biondo si
voltò.
- Ti
chiamo –
- Accidenti,
Axel, non sono una ragazzina in cerca di rassicurazioni! – lo
sbeffeggiò Roxas – Dovrebbe essere uno dei
vantaggi di uscire con i maschietti – continuò
sfacciatamente, strizzandogli l’occhio.
Poi corse via
ridendo, lasciando Axel rosso come ben raramente gli succedeva.
- Beh,
me lo sono meritato – commentò Axel, una volta
rimasto solo.
- ‘Giorno!
– esclamò Roxas entrando nel ritrovo con un
sorriso da un orecchio all’altro.
- Cos’hai
da essere così contento, Rox? – chiese Olette.
- Forse
dimentichi, cara mia, che ho preso 91. N-O-V-A-N-T-U-N-O! –
fu solo con estrema difficoltà che il biondo non aggiunse il
“Got it memorized?” tanto caro ad Axel.
- E
quelle labbra rosse e gonfie? – chiese Riku – Sono
labbra da pomiciata? –
- AH!
Ho capito! Roxy
ha una ragazza!
– esclamò Sora.
E tutti
iniziarono a cantilenare.
- Roxy
ha una ragazza, Roxy ha una ragazza! – Hayner e
Naminè compresi, ridendo più degli altri (la
cotta di Naminè era passata da un pezzo).
- Niente
affatto, idioti, io sono GAY! –
sbottò Roxas prima di accorgersene.
Un istante di
silenzio gelido. Due. Ma poi tutti ripresero, ancor più
allegramente di prima.
- Roxy
ha un ragazzo, Roxy ha un ragazzo! –
Un altro istante
di silenzio, molto più divertito, mentre tutti arrivavano
contemporaneamente alla stessa conclusione.
- Roxy
sta con Axel, Roxy sta con Axel! –
- Piantatela
di fare i bambini! Comunque no –
- Questione
di tempo – cinguettò Selphie, sognante, mentre gli
altri continuavano a prenderlo in giro.
Roxas si
lasciò cadere sul divanetto polveroso accanto a Pence,
sorridendo imbarazzato. La spiaggia sarebbe stata la ciliegina sulla
torta, ma prima aveva un’altra cosa da fare. E non poteva
più rimandarla.
Axel era seduto
di fronte a Lexaeus nella tavola calda a due passi dalla palestra per
un pranzo anticipato. Con un piccolo sorriso sulle labbra gli
raccontò il proprio esame nei dettagli, per poi scivolare
sull’argomento della tesi e sui progetti a lungo termine che
aveva per “dopo”.
- Ma
non pensare minimamente che abbandonerò il lavoro, Lex, non
ti libererai di me tanto facilmente – ghignò
– Non mi sarei mai aspettato che lavorare in palestra fosse
tanto piacevole, sai? –
- Roxas?
–
- Non
solo, ma anche, sì
–
- Come
va? –
Axel
ridacchiò davanti all’evidente – per
quanto silenziosa – curiosità di Lexaeus. Era
quello che gli piaceva dei loro occasionali incontri fuori da contesto
lavorativo: per un po’ non erano più datore di
lavoro e dipendente, ma due semplici amici che passavano un
po’ di tempo insieme.
Axel provava una
strana sensazione, con lui, che non riusciva del tutto a spiegarsi. Un
profondo affetto per quel gigante buono che andava ben oltre
l’amicizia: era a lui che correva a raccontare i suoi
successi, sempre a lui che chiedeva consiglio se aveva qualche dubbio.
- Che
male c’è, hai trovato una nuova figura paterna
– gli aveva detto una volta sua sorella.
Axel aveva
scosso la testa, ammutolito, gli occhi pieni di lacrime: era davvero
molto legato a suo padre.
- Non
fare così, Axel – l’aveva consolato
Aerith – Papà non l’avrebbe considerato
un tradimento, sarebbe stato contento di vedere che
c’è qualcun altro che si prende cura di te come
avrebbe fatto lui –
E Axel sapeva
che quella era la pura verità. Tornò al presente
e allungò il braccio per toccare quello di Lexaeus che
continuava a guardarlo interrogativo, senza fare una sola mossa per
interrompere il suo filo di pensieri.
- Va
molto bene, solo che ci sto andando piano, con lui: voglio fare le cose
come si deve –
Lexaeus sorrise:
un vero, largo sorriso.
- Meglio
per te, Axel. Ma non farlo aspettare troppo –
- Ciao,
mamma! –
- Oh,
Roxas! Com’è andata? –
- Te lo
dico tra un momento. Chi c’è in casa? –
- Tutti.
Tuo padre è nello studio e Tidus è appena
tornato, sarà in camera sua o al computer –
- Ottimo
–
Roxas prese una
campanella di ottone dalla credenza e la scosse, facendola tintinnare
ininterrottamente per circa un minuto. Quello era il richiamo alla
“riunione di famiglia”. Lo usavano quando dovevano
parlare di qualcosa che richiedeva l’attenzione di tutti.
Nel giro di
cinque minuti erano riuniti intorno al tavolo della cucina. Roxas aveva
la campanella davanti a sé, a simboleggiare che era stato
lui a chiamarli lì; gli altri lo guardavano in silenzio. Era
una delle regole più sentite della loro famiglia: rispetto
assoluto per chi chiedeva una riunione.
Roxas
sospirò profondamente, facendo scorrere lo sguardo su di
loro. Suo fratello Tidus, che gli assomigliava solo per colore di
capelli e occhi, sembrava incuriosito, che evento! E dire che
l’aveva costretto a schiodarsi dall’amato computer.
Sua madre sorrideva incoraggiante, nascondendo a stento
l’impazienza. Suo padre lo fissava con un sopracciglio
inarcato.
- Ho
una notizia buona e una… non è cattiva,
è solo… beh, lo deciderete voi –
- Prima
quella spinosa, allora – decise suo padre.
Roxas
deglutì: era arrivato il momento. Incrociò
mentalmente le dita e si costrinse a non abbassare lo sguardo.
- Ecco,
io… sono gay – sussurrò.
Aspettò ansioso la reazione, che non tardò ad
arrivare.
Se in quel
momento qualcuno fosse passato lì davanti avrebbe sentito
una giovane voce maschile che urlava istericamente:
- COSA
DIAVOLO VUOL DIRE “FINALMENTE”?! –
I suoi stavano
ancora ridendo per il suo grido.
- Vuol
dire, idiota – spiegò inaspettatamente Tidus
– che lo sappiamo da
una vita.
Forse addirittura da prima che lo scoprissi tu. Insomma, guardati, sei
un figo (o almeno così dicono le mie amiche) e non ti
abbiamo mai visto, né tantomeno beccato, con una ragazza
–
- Più
altri piccoli segnali qua e là – aggiunse suo
padre.
- Allora
perché, nel
nome dei cavoletti di Bruxelles, fingevi di pensare il
contrario? – Roxas puntò lo sguardo accusatore
sulla madre.
- Per
farti uscire allo scoperto –
Roxas si nascose
il viso tra le mani. Aveva mai vissuto un momento più
imbarazzante? Perché davvero non se lo ricordava. Prima di
accorgersene si ritrovò a ridacchiare come uno scemo.
“Fanculo! Tanta paura per niente!”
Tornato nella
sua camera, Roxas prese dal comodino il libro che Axel gli aveva
regalato per il suo compleanno, guardandolo con affetto e ripensando a
quella sera. Si era accorto solo una volta arrivato a casa che
all’interno, sulla prima pagina, c’era una piccola
dedica.
Roxas lo
aprì e lesse le brevi frasi per quella che
immaginò essere la millesima volta.
“Ricordati
che i libri non sono fatti solo per studiare: ti regalano
un’emozione.
Ed
è quello che io vorrei regalare a te, indipendentemente
dalla storia che stai per leggere.
Spero
che capirai…
Axel”
Roxas non aveva
capito quelle parole, nonostante gli avessero spedito un brivido su per
la schiena. La domenica sera al bowling gli aveva chiesto spiegazioni
su cosa avrebbe dovuto capire. Axel aveva riso e scosso la testa.
- Se
non l’hai capito non sei ancora pronto a saperlo. Lascia
perdere, per ora –
Roxas aveva
messo il broncio.
- Sei
assolutamente impossibile, Axel! –
- Può
darsi, ma sono anche molto paziente, ragazzino –
- Ah,
ora devo meditare pure sulla tua pazienza? –
- No,
per ora devi solo accettare la sconfitta! – aveva esultato,
facendo un altro strike.
- Non
è ancora detta l’ultima parola! –
Quella sera
Roxas aveva perso. Due settimane dopo si era preso la rivincita. Tre
settimane dopo si erano impelagati in una discussione stupida quanto
scherzosa sul motivo per cui il tramonto fosse rosso, senza smettere un
attimo di ridere. Cinque settimane dopo avevano parlato diffusamente di
Demyx e Saïx e degli amici di Roxas. Quest’ultimo
pareva non essersi accorto che stavano ufficiosamente uscendo insieme;
non ancora.
Axel era in
macchina, diretto contro ogni previsione in spiaggia. Aveva una voglia
pazzesca di rivedere Roxas, di guardarlo negli occhi e assicurarsi che
fosse successo davvero. Accidenti, sperava di essersi lasciato alle
spalle quell’insicurezza adolescenziale. E in
realtà non si sentiva così da anni. Rise
spensierato appena il mare fu in vista: il posto non poteva essere che
quello, non c’erano altre spiagge libere per chilometri e
chilometri. Per fortuna, dato l’orario tardo –
erano quasi le sette, dopotutto – non c’era molta
gente.
Li
trovò quasi subito, un po’ discosti da tutti gli
altri per non dare fastidio con la loro esuberanza. Infatti
c’erano due ragazzi che giocavano a fare la lotta, uno bruno
e uno coi capelli argentei. Il bruno somigliava parecchio a Roxas ed
era sicuramente più agile dell’altro, che
però aveva dalla sua una maggiore forza fisica. Era una
bella sfida e una coppietta bruna faceva il tifo mentre li guardava.
Due ragazze
erano sedute vicine su un grosso telo colorato e chiacchieravano
ridacchiando. Quella coi capelli castani lo vide. Spalancò
la bocca e fece per urlare qualcosa, ma la bionda le mise prontamente
una mano sulla bocca per zittirla e gli fece l’occhiolino.
Axel la riconobbe, era Naminè, la ragazza che una volta
faceva il filo al suo Roxas. Ma ora lo stava
aiutando, pareva. Le fece un gran sorriso. “Nessun rancore,
bellezza!”
E poi,
finalmente, eccolo lì. Roxas ed Hayner erano distesi sulla
pancia l’uno di fronte all’altro, in modo da
potersi guardare negli occhi. Roxas era di spalle rispetto ad Axel, che
colse un frammento della loro conversazione bisbigliata, che
comprendeva parole come “sorrisino idiota” e
“ingoiare una manata di sabbia".
Hayner vide Axel
e ghignò. Il rosso si avvicinò silenziosamente,
si tolse le scarpe e si mise a sedere… sulla schiena di
Roxas.
- Ouf! –
esalò il biondo, col fiato corto – Ma chi
cavolo… -
Allungò
una mano per capire chi gli stesse schiacciando la colonna vertebrale e
tastò una spalla solida e un braccio piuttosto muscoloso. La
sorpresa lo fece balzare in piedi malgrado il fardello.
- Axel!
–
- Non
si dimentica facilmente il mio dolce peso, vero fringuello? –
Axel lo squadrò compiaciuto – Vedo che sto facendo
un buon lavoro, con te, questa volta sei riuscito ad alzarti
–
- Smettila
di darti tante arie, sono stato io a lavorarci!
–
Si sorrisero.
Poi Roxas arrossì e distolse lo sguardo.
- Credevo
che avresti lavorato fino a tardi –
- Lo
credevo anch’io, ma poi Lex è tornato e mi ha
buttato fuori a calci. Così ho pensato di accettare
l’invito di Hayner e venire a darvi fastidio –
Il sorriso del
rosso si allargò e lui andò a salutare gli altri.
Per fortuna nessuno fece commenti su quanto sapevano di quella mattina.
- Dai
ragazzuoli, andiamo a fare il bagno! – propose Axel, che
sembrava essersi ambientato subito.
Sora,
prevedibilmente, accettò l’invito con entusiasmo,
seguitò da Riku, Kairi e Naminè.
- Roxas,
se non vieni di tua spontanea volontà ti ci porto io di peso
– minacciò allegramente il rosso.
Roxas si
alzò e li raggiunse, ignorando Pence e Olette che
scommettevano sottovoce le loro ultime ciambelline salate su
ciò che sarebbe successo una volta in acqua. Si
buttò in mare con uno slancio, spruzzando leggermente Axel,
ancora fermo sulla riva.
- Vacci
piano, piccoletto,
l’acqua è ghiacciata! –
Il biondo
ghignò sadicamente e iniziò a schizzarlo,
facendolo tremare dal freddo.
- Piantala,
Roxas, o giuro che vengo lì e te ne faccio pentire!
–
- Che
paura! –
Axel si
tuffò a sua volta, riemergendo completamente zuppo. Roxas lo
guardò con tanto d’occhi mentre avanzava verso di
lui. Piccole gocce salate gli scendevano lentamente lungo il petto
scolpito, attraversando con calma la zona degli addominali. Inutile
dire che Roxas stava mentalmente accendendo un cero in favore
dell’inesistente dio del mare, ringraziandolo che
l’acqua fosse davvero molto fredda, ottimo antidoto ai suoi
bollenti spiriti.
Sora e Riku
intercettarono Axel prima che potesse raggiungerlo per ingaggiare con
lui una battaglia acquatica, cui il rosso aderì volentieri.
Roxas invece iniziò a “giocare” con le
ragazze, facendo gare di apnea e tuffi dal banco di scogli
lì vicino e dirigendo scherzosamente
l’improvvisato nuoto sincronizzato delle due, che erano
inaspettatamente coordinate.
E poi
all’improvviso c’era solo Axel. E il banco di
scogli li nascondeva alla vista. E Axel era arrossito incredibilmente.
Roxas pensava che quella fosse una sua prerogativa.
Ed
erano troppo vicini.
- Axel…
-
Il
più grande lo guardava intensamente, il respiro aspro e
irregolare. Roxas allungò una mano tremante e la
posò sul suo viso, coprendo con il pollice uno dei piccoli
tatuaggi viola. Axel chiuse gli occhi al contatto, lasciandosi sfuggire
un piccolo sospiro.
- Non
riesco a farti uscire dalla mia testa, Roxas –
sussurrò con voce roca.
Roxas
rabbrividì, ma non per il freddo. Rimase in silenzio e
continuò a guardare il ragazzo che era costantemente nei
suoi pensieri da mesi e mesi, il ragazzo che aveva frequentato senza
sapere di avere una possibilità con lui.
- Ho
provato a uscire con altri, ho provato ad essere professionale, ho
provato di
tutto
– confessò.
- Dall’inizio,
vuoi dire? – il biondò sgranò gli occhi.
- Sì,
più o meno dall’inizio. Ora lo sai –
- Sei
stato stupido – Roxas sorrise – Ma sono contento
che tu abbia aspettato –
Axel lo
baciò di nuovo, come quella mattina. Roxas rispose
immediatamente al bacio, ma si staccò quasi subito e
abbassò lo sguardo.
- Cosa
c’è? –
- È
troppo, per me. È tutto talmente bello da spaventarmi, Axel.
Ci deve essere una fregatura – la voce del ragazzo era dura,
ma i suoi occhi tradivano tutte le emozioni che provava in quel
momento: gioia, euforia, insicurezza e infine sì, proprio
quella. Paura.
Axel rise amaro;
fece un passo indietro, incrociò le braccia e
parlò schiettamente.
- Hai
ragione, Roxas. Dovrai lottare contro i pregiudizi, là
fuori, contro l’omofobia e la sensazione di inadeguatezza,
come tutti noi… - la sua espressione si addolcì
di nuovo mentre gli tendeva la mano – Lotta al mio fianco,
Roxas, non da solo –
Roxas sorrise.
- Solo
se mi prometti di non essere troppo smielato –
- Affare
fatto –
Roxas gli
buttò le braccia al collo e si baciarono di nuovo, con molta
più passione questa volta. Axel si sorprese non poco quando
il biondo dischiuse le labbra e chiese il permesso di approfondire il
bacio: lo credeva più timido. Comunque era un baciatore
niente male, pensò, con un po’ di pratica sarebbe
stato perfetto.
Ma Axel non era
intenzionato a lasciargli condurre il gioco, niente affatto.
Spostò la loro piccola battaglia nella bocca
dell’altro, accarezzandogli dolcemente la mandibola.
Roxas
sentì le ginocchia diventargli di gelatina mentre Axel
iniziava a guidare il bacio e non riuscì a capire
più niente. Emise un fievole gemito, sopraffatto
dall’emozione: se Axel l’avesse baciato
così sulla torre lui sarebbe sicuramente caduto
giù – morendo felice, tra l’altro.
Quando si
separarono Axel sorrise malizioso, sorreggendo il biondo.
- Lo
so, faccio quest’effetto – disse.
- Idiota
– Roxas lo spinse via – Andiamo dagli altri
–
- Pronto
a dichiararti agli amici? –
Roxas rise.
- Già
fatto. E comunque aspetta e vedrai, si accorgeranno da soli di cosa
è successo –
- E
come? –
Roxas
indicò le proprie labbra: rosse e gonfie, decisamente
invitanti. Axel sorrise e ci posò un altro bacio.
- Visto?
Le tue non sono messe meglio. Non mi stupirei se ci accogliessero con
un coro di “Labbra da pomiciata” o di
“Roxy sta con Axel” come stamattina –
- È
così che è andata, allora? –
Axel rise, Roxas
pure.
- Sì,
ti sarebbe piaciuto assistere –
La spiaggia era
ormai deserta, a parte loro, il sole stava tramontando, ma sul serio.
Appena furono a
riva Roxas scrollò la testa come un cane bagnato. Pence e
Olette li guardarono subito in faccia con un sorriso malandrino.
- Labbra
da pomiciata!
– gridò Pence, facendo accorrere gli altri.
La mano destra
di Axel volò a grattare la sua nuca bagnata mentre Roxas gli
lanciava un’occhiata in stile “Che ti
dicevo?”.
- Allora,
cosa avete da dire a vostra discolpa? – Naminè
puntò scherzosamente il dito contro di loro.
- Non
lo so, Na’, io sarei più interessato a sapere se
stanno insieme oppure no – fece Sora.
- Accidenti,
Rox – esclamò Axel – Non abbiamo potuto
tenercelo per noi nemmeno cinque minuti! –
- Benvenuto
nel mio mondo. Fai ancora in tempo a scappare –
- Non
sono così vigliacco, sai –
Gli altri
assistevano agli scambi ridacchiando.
- E
allora vogliamo un bacio! Datemi una B; datemi una A; datemi una C;
datemi una I; datemi una O! Un B-A-C-I-O! – gridò
Selphie, saltellando come un’invasata.
- Got
it memorized?
– si lasciò sfuggire Roxas.
Axel
ridacchiò appena, prima di sollevargli il mento con due dita.
- Diamo
al popolo ciò che chiede, cosa ne dici? –
sussurrò.
E mentre il suo
nuovo ragazzo gli dava l’ennesimo bacio e i suoi amici
ridevano e li festeggiavano, Roxas si rese conto di aver vissuto una
giornata perfetta.
* Non
ho idea se serva un voto base per entrare a odontoiatria,
l’ho scritto perché mi faceva comodo ai fini della
storia, quindi potrebbe tranquillamente essere frutto della mia
fantasia.
Passiamo
alle note conclusive del capitolo. Inizio col dire che ho iniziato a
pensare a come sviluppare questa parte della storia da quando ho
incominciato a scriverla, solo che mi sono accorta che man mano che la
componevo mi venivano più idee che non potevano essere
inserite in un capitolo successivo, né potevo dividerlo in
due per non incorrere nella vostra ira funesta, quindi questo
è probabilmente il più lungo che abbia mai
scritto.
Ora
ho una piccola confessione da fare, o meglio una dedica.
È
per la da me stimata autrice Sick,
che mi ha ispirato la scena del gelato con la sua magnifica raccolta su
Axel. Non posso mettere il titolo perché sarebbe considerato
spam, ma ehi, cara, questo capitolo è per te!
Spero
che sia piaciuto anche a tutti voi che mi seguite, grazie
mille! |
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Capitolo 10 *** Confronti ***
- Allora,
amico, come vanno le tue conquiste? – chiese Demyx.
Lui, Axel e
Saïx erano seduti nel suo salotto impegnati in una pigra
partita a Risiko.
- Non
c’è malaccio – rispose Axel,
indifferente – Ma come vedi è Saïx che
sta vincendo –
Infatti
Saïx in quel momento era in possesso di tutta
l’Europa, l’Asia e gran parte
dell’America del Sud. Il ragazzo alzò lo sguardo.
- Ovvio,
sono lo stratega migliore, qui dentro. Ma in realtà il
nostro artista ti chiedeva quanto culo ti sei procacciato negli ultimi
tempi –
Axel scosse la
testa.
- Sono
parecchi mesi che non vado a letto con nessuno se non con me stesso,
ragazzi –
- Cosa?
Come mai, Ax? – chiese Demyx, mentre Saïx ghignava a
ciò che l’affermazione dell’amico
implicava.
- Che
tu ci creda o no, Dem, non ne avevo voglia –
- E
quel tipo con cui sei uscito ultimamente? Non ci hai mai fatto niente?
–
- No
–
- Ok,
sputa il rospo, Axel – Saïx sembrava indifferente,
ma in realtà era curioso: aveva subodorato qualcosa
– Sei uscito sempre con lo stesso ragazzo e non per andarci a
letto. State insieme o cosa? –
- Il
tuo intuito è buono come sempre, caro –
- E
QUANDO PENSAVI DI DIRCELO?! –
- È
successo appena l’altro ieri. Secondo te perché ho
insistito tanto per vederci? –
- Pensavo
a una rimpatriata o qualcosa del genere – Demyx mise il
broncio – Avresti potuto anche farcelo conoscere, prima!
–
- Non
fare così, sono sicuro che vi piacerà. Anzi,
volete conoscerlo adesso? Posso vedere se è disponibile
–
Detto fatto,
Axel prese il telefono e chiamò Roxas.
- Ehi
fringuello, dove sei? –
Si
allontanò per parlare, un leggero sorriso in volto.
- Accidenti,
è disgustoso – sussurrò Saïx
scuotendo la testa – Non so se riuscirò a reggere
nel vederli tubare –
- Oh,
sì che lo farai, mio caro –
Il tono di Demyx
fece sollevare un sopracciglio all’altro.
- Perché
dici questo? –
- Perché
poi potremo divertirci il doppio a prenderlo in giro! –
Un sorriso
scherzosamente malvagio comparve sul volto di Demyx, per poi
riflettersi su quello di Saïx, che si rivolse
all’amico.
- Lo
sai, vero, che ti adoro fottutamente tanto quando fai la piccola merda
sadica? –
- Lo so
–
In quel momento
ricomparve Axel, che guardò dall’uno
all’altro in completa confusione. Poi sorrise.
- Interrompo
forse un momento magico? –
- Sì
– risposero in coro.
- Oh,
ragazzi, sono così orgoglioso di voi, finalmente avete fatto
il grande passo! I vostri posti nel mondo dei finocchi erano pronti da
anni – fece in finto tono sognante. Poi rivolse loro uno
sguardo di divertita ferocia: li conosceva bene – Ma se
scopro cosa state tramando sono cazzi amari –
- Non
succederà, Ax –
Venti minuti
dopo i tre erano in centro ad aspettare Roxas, che aveva detto di
essere da quelle parti. Era stato più che felice della
chiamata di Axel, visto che in qualche modo Naminè e Olette
erano riuscite a costringerlo ad andare per negozi con loro.
- Oh,
eccolo –
Saïx
guardò in quella direzione e…
- Fai
il baby sitter, Axel? –
Axel si
voltò, accigliato. Poi capì: l’amico
doveva aver pensato che fosse il ragazzino bruno che camminava
assentemente nella folla leggendo un fumetto. Sbuffò.
- Un
filo più a sinistra, genio –
- Fai
il baby sitter, Axel? – ripeté Saïx, che
stavolta aveva visto la persona giusta.
- Falla
finita, non è così piccolo –
- Lo
sembra, però –
Roxas si fece
largo verso di loro, palesemente a disagio: chiaramente non aveva idea
che ci sarebbero stati anche gli amici di Axel.
- Ommioddio,
è assolutamente adorabile! –
esclamò Demyx nell’istante in cui Roxas fu davanti
a loro e li salutò con un sorriso timido.
Le guance del
biondo, già arrossate dal caldo e dall’imbarazzo,
si scurirono ulteriormente all’affermazione.
- Ehm…
- fu tutto quello che riuscì a dire.
- Andiamo,
Roxas, non ti mangiano mica –
- Roxas?
Lo stesso della discoteca? – al cenno affermativo di Axel,
Demyx strinse il biondo in un abbraccio esuberante – Piccolo,
è un piacere conoscerti! Io sono… -
- …
Demyx – lo interruppe Roxas, la voce soffocata dal petto
dell’altro.
- Fallo
respirare, Dem – rise Axel – Non farci caso, Rox,
è molto espansivo –
Roxas si
voltò verso il ragazzo dai capelli azzurri, che non aveva
ancora spiccicato parola.
- Quindi
tu sei Saïx, giusto? –
- Infatti
–
Saïx
guardò Roxas con espressione indecifrabile. Il biondo
deglutì. Quegli occhi di ghiaccio lo rendevano nervoso. Alla
fine il ragazzo parlò in tono piatto, senza smettere di
fissare il più piccolo.
- Te ne
sei scelto uno inesperto per evitare le critiche? Mi deludi, Axel
–
Axel rimase
senza parole all’atteggiamento dell’amico. Vide
Roxas lanciargli una brevissima occhiata prima di tornare a
fronteggiare Saïx, che lo guardava in attesa di una reazione.
Poi vide il volto del ragazzo farsi ancora più rosso,
ammesso e non concesso che ciò fosse possibile,
notò che si irrigidiva e stringeva le mani a
pugno. Le sue spalle tremavano e l’espressione piatta del suo
viso sembrava preannunciare un’esplosione imminente.
Axel era allo
stesso tempo preoccupato e contrariato. Da un lato era irritato con
Saïx per il commento quantomeno inopportuno;
dall’altra sperava che i suoi amici sarebbero piaciuti al suo
biondo preferito. E viceversa.
Roxas alla fine
scoppiò. A
ridere.
Era davvero divertito, incredibilmente, aveva già le lacrime
agli occhi!
- Penso che sia
un talento riuscire a prendere in giro due persone con una sola frase,
potrebbe davvero tornarmi utile – ansimò
– Me lo insegneresti? –
Finalmente
Saïx sorrise.
- Andremo
d’accordo – concluse.
- …
e dato che la palestra chiude per tutto agosto puoi semplicemente
pagare metà quota e frequentare due settimane per poi
riprendere a settembre –
- Grazie,
Yuffie, penso che farò così –
La ragazza
lasciò cadere il tono professionale.
- Sei
masochista o cosa, Roxas? Seppellirti qua dentro ora che potresti
riposarti e fare quello che ti piace… -
- Ciò
che mi piace è venire qui e allenarmi, non riesco a restare
troppo tempo senza far niente –
- E
immagino che i bei ragazzi non c’entrino niente con la tua
decisione… -
Roxas si
allontanò senza degnarsi di rispondere. O lui era
decisamente ovvio, nelle sue preferenze, o Yuffie era una ragazza
inopportunamente acuta. O semplicemente inopportuna, una delle due.
- Ciao
Roxas! – lo salutarono in coro i suoi tre amici della
palestra. Beh, due più la Principessina Fatata, comunque.
- È
da un bel po’ che non ti vediamo, tesorino –
- Il
mio nome mi piace così com’è, Marluxia
–
- Oh,
Roxy caro, mi hai fatto già perdere 1000 munny, non ti
basta? – Marluxia sbuffò in modo poco elegante.
- Non
è mica colpa sua se tu hai scommesso, Marl –
- A me
invece ne hai fatti guadagnare 300, tigre. Ricordami di offrirti un
caffè uno di questi giorni –
- Mi
sembra giusto – sorrise Roxas.
Quando venti
minuti dopo Roxas si avviò verso la sala attrezzi Marluxia
lo seguì, chiacchierando amabilmente e iniziando una
conversazione ragionevolmente interessante sulla gestione dei canili e
sul randagismo in generale. Sorprendentemente Roxas si trovava
d’accordo con gran parte delle opinioni dell’altro,
nonostante l’uomo fosse un po’ troppo drastico,
ogni tanto: per esempio pensava che ci volesse l’ergastolo
per chi abbandonava un animale per strada. Secondo Roxas era
sufficiente una multa molto mooolto salata, seguita da qualche
centinaio di ore di servizio sociale, magari a contatto con animali
feroci e supervisori molto stronzi.
Proprio mentre
il biondo esprimeva la sua “pacata” opinione
passò Axel. Marluxia gli lanciò
un’occhiataccia, Roxas gli rivolse un sorriso radioso, un
po’ rosso in viso. Marluxia spostò lo sguardo
dall’uno all’altro, pensieroso: a quanto pareva
Axel era un ostacolo tra lui e Roxas… Decise quindi di
correre ai ripari e fare qualcosa allo stesso tempo.
- Axel,
che gran rubacuori – sospirò estatico quando il
rosso fu fuori portata.
- Ah
sì? – l’espressione di Roxas era
indecifrabile.
- Oh,
sì! Pensa, proprio l’altra sera l’ho
visto in compagnia di una brunetta decisamente niente male. E sembrava
molto preso, sai? Che carini! –
Roxas
scoppiò a ridere.
- Sì,
me l’immagino, gli sono sempre piaciute le brune! –
- A me
invece sono sempre piaciuti i biondi, Roxas – disse piano
l’altro.
Con uno scatto
improvviso Marluxia intrappolò Roxas contro il muro tra due
macchinari, mettendogli le braccia ai lati della testa. Il biondo
sgranò gli occhi, allarmato.
- Che
diavolo fai?! Lasciami andare! – disse ad alta voce.
Qualcuno si
voltò a guardarli.
- Non
credo proprio, carino. A quanto pare non sono ancora riuscito a
convincerti che mi piaci, e tanto. In qualche modo riesci sempre a
sfuggirmi. Ma io sono stanco di giocare –
Roxas vide con
la coda dell’occhio che Axel si stava avvicinando. E sembrava
furibondo. Sporse in fretta una mano dietro la schiena di Marluxia e
gli fece cenno di fermarsi, di non intervenire. Le persone in palestra
bisbigliavano; Lexaeus si fermò alle spalle di Axel e
guardò la scena a occhi socchiusi.
Mentre Marluxia
abbassava la testa per cercare di baciarlo, Roxas gli piazzò
in fretta un gomito appena sotto lo sterno, dritto alla bocca dello
stomaco. Il più alto indietreggiò un
po’, col fiato mozzo, e il biondo non esitò ad
approfittare del vantaggio. Gli fece un rapido sgambetto portando il
piede dietro la sua caviglia e Marluxia incespicò e
indietreggiò più in fretta per cercare di
mantenere l’equilibrio, andando però a sbattere
con le gambe contro un vogatore, finendoci seduto sopra.
Roxas si
chinò per guardarlo dritto negli occhi.
- E a
quanto pare io non sono riuscito a convincere te che non
sono affatto interessato –
ringhiò sottolineando il concetto – Smettila una
buona volta di provarci con me, sono già
impegnato!
Chiaro? –
Marluxia
spalancò gli occhi, inorridito: fino a quel momento aveva
pensato che il ragazzo fosse solo un po’ – un
po’ tanto – timido. O che gli piacesse giocare.
- Roxas,
io… davvero, non avevo idea… -
balbettò.
Ma Roxas non lo
stette a sentire. Con passo rigido si avviò verso le panche
situate nella parte opposta della palestra e vi si lasciò
cadere con uno sbuffo, gli occhi chiusi e il viso rivolto al soffitto.
Gli altri
avventori stavano ancora commentando l’accaduto, ma Axel non
li stava ascoltando. Seguì Roxas dopo appena un paio di
minuti; non lo sfiorò neanche l’idea di andare da
Marluxia e dirgliene quattro, la sua lezione l’aveva
già avuta. Il suo sangue stava ancora ribollendo per le
avances fatte al suo ragazzo, ma si costrinse a ignorare quei pensieri.
In realtà era anche un po’ arrabbiato con Roxas:
gli aveva deliberatamente impedito di difenderlo. Perché?
Axel era il suo ragazzo, dopotutto, era suo diritto – oltre
che suo dovere – prendersi cura di lui.
Il biondo era
stravaccato su una delle panche, gli occhi stretti come se fosse stanco
morto. Il cuore di Axel accelerò incredibilmente i battiti e
il rosso provò i due forti istinti contrastanti di riempirlo
di baci e scuoterlo finchè la testa non gli fosse caduta
dalle spalle. Dominò entrambi e si limitò a
guardarlo fissamente.
- Ehi,
Axel – disse Roxas, senza disturbarsi di aprire gli occhi.
- Perché
l’hai fatto? –
- Cosa?
–
- Impedirmi
di… -
- Impedirti
di prenderlo a calci e
perdere il posto? – Roxas rise
incredulo – Lo so che potresti mangiartelo a colazione, Ax,
ma anche se stiamo insieme qui non puoi permetterti di fare passi
falsi, dico bene? –
Axel non ci
aveva pensato affatto. batté in fretta le palpebre con
un’espressione perplessa e Roxas sorrise.
- Torna
al lavoro, oh mio eroe, prima che ti ci spedisca io volando!
– lo prese in giro – Io invece andrò a
raccogliere le lodi di tutti quelli che volevano vedere la
“principessa” mandata a quel paese –
Axel
ricambiò il sorriso, sentendo un piacevole calore nel petto
e un piccolo groppo in gola. Come gli era capitata la fortuna di
trovare un ragazzo del genere, che gli impediva di fare stupidaggini
avventate? Promise a se stesso che, se mai avesse incontrato il tipo
che aveva in qualche modo spinto Roxas tra le sue braccia, gli avrebbe
stretto la mano e ringraziato di cuore.
Non
aveva la minima idea che avrebbe avuto la possibilità di
mantenere quella promessa entro un paio d’ore.
- Roxas
– chiamò una voce cavernosa.
Il diretto
interessato si voltò e vide Lexaeus.
- Scusa
– gli disse subito – Non avevo intenzione di dare
spettacolo –
- Legittima
difesa, ragazzo, frena il cavallo. Volevo chiederti se saresti
interessato a imparare qualche tipo di arte marziale –
- Ehm…
veramente non saprei. Non credo di essere molto portato, per questo
–
- Stai
scherzando, Rox? Hai steso Marluxia che è praticamente il
doppio di te (e anche molto preparato, se è per questo)
senza nemmeno un filo di allenamento – si intromise Axel.
- Forse
l’ho preso alla sprovvista. Comunque senza allenamento non
direi, in fondo sono cresciuto facendo la lotta con Hayner, Sora e
Riku. Ma vere arti marziali? Dici che va bene per me, Lexaeus?
–
Lexaeus
annuì serio.
- Pensaci
– gli disse – Axel, il tuo turno è
finito, oggi –
- Ma
Lex… -
- FINITO
– l’uomo lo guardò storto come per dire
“Non farmelo ripetere o saranno guai”.
- Uff!
Vado a raccogliere la mia roba, tu va’ a farti la doccia, ti
aspetto all’ingresso –
Roxas
annuì e si allontanò a testa alta; quando
passò davanti a un gruppetto di ventenni o giù di
lì i ragazzi applaudirono e fischiarono: apparentemente
anche alcuni di loro avevano subito le attenzioni di Marluxia, che si
erano totalmente interrotte con l’arrivo di Roxas.
Il biondo
arrossì violentemente, sorrise imbarazzato e fece un piccolo
inchino, solo per venire sommerso di chiacchiere amichevoli e pacche
sulla schiena, mentre il gruppo lo seguiva nello spogliatoio.
Poco dopo, nella
sala del personale, Axel stava raccogliendo le sue cose, come al solito
sparpagliate in giro, quando avvertì lo sguardo di Lexaeus
perforargli la nuca. Si voltò. L’uomo non
parlò – non che quella fosse una novità
– e lo guardò intensamente. Axel sostenne lo
sguardo per un po’, mentre un largo ghigno gli compariva
lentamente in viso. Oh sì, sapeva perfettamente
ciò che Lexaeus gli stava silenziosamente chiedendo:
l’uomo era avido di notizie.
Si chiese
pigramente se dovesse tenerlo sulle spine e costringerlo a parlare per
ottenere le informazioni che voleva. Esitò un altro paio di
minuti, poi decise di darci un taglio. Tanto comunque non avrebbe mai
battuto quell’uomo nel gioco del silenzio.
- Sì,
è proprio come sembra – disse con disinvoltura.
Lexaeus sorrise
e lo spinse fuori sbuffando. Quella dannata testa rossa otteneva sempre
quello che voleva, in un modo o nell’altro. E lui ne era
contento.
- Che
giornata per la principessa, eh? – fece Axel mentre lui e
Roxas si incamminavano verso casa sua per lasciare le borse –
Prima ha dovuto sborsare 1000 munny a Luxord, poi si è preso
un palo dritto in… ehm… faccia – Axel
rise.
- Come
sapevi…? –
- Della
scommessa? Le voci girano, ti stupiresti di sapere chi me
l’ha detto –
- Oh,
risparmiami allora. Ehi, hai presente quei tipi che mi hanno seguito?
Al momento sono il loro idolo, a momenti mi chiedevano
l’autografo –
- Non
ti hanno seguito fin sotto la doccia, vero? –
- Fai
il geloso, ora? Comunque io uso sempre quella coperta –
- Meglio
così, quella palestra è piena di gay –
- Noi
compresi, non dimenticartene –
Axel
sbuffò e aprì la porta di casa, gettando senza
tanti complimenti la sua borsa a terra.
- Vado
a cambiarmi, tu fai come a casa tua, eh –
“Non
andare a sbirciare, Roxas, anche se è il tuo ragazzo. E no,
non importa quanto sia sexy”. Per resistere alla tentazione
Roxas parlò.
- Hayner
mi ha appena mandato un messaggio per dire che tra un’ora
saranno tutti al ring di sabbia –
- Per
fare cosa? –
- Per
valutare se iscriverci a quel torneo di Struggle che
c’è ogni anno a fine estate –
- Oh,
quello. Saremo lì per tempo. Certo, non si aspettano anche
me, forse, ma ho intenzione di autoinvitarmi –
Roxas rise
mentre Axel ricompariva a torso nudo e con una maglietta in mano. Prese
due bottigliette d’acqua dal frigo e bevve qualche lungo
sorso dalla sua, lasciando l’altra sul tavolo per Roxas che,
inutile dirlo, in quel momento se lo stava mangiando con gli occhi.
- Ti
piace ciò che vedi? – il ghigno di Axel era
evidente dalla sua voce.
- Ovvio
che sì – rispose il biondo senza scomporsi
– E del resto tu volevi farti guardare, altrimenti non
saresti venuto qui mezzo nudo –
- Touché
–
Finalmente Axel
si voltò, le braccia incrociate sul petto.
- Mi
hai fissato per tutto il tempo, vero? –
Roxas
inarcò un sopracciglio come a dire “E se anche
fosse?”.
- Andiamo
Rox, lo so che sono irresistibile, non cercare di negarlo –
Risero.
- Smettila
di darti tante arie, sono figo almeno quanto te! –
- Dannatamente
vero –
Axel si
gettò famelicamente sulle labbra di Roxas, mordicchiandole e
succhiandole. Roxas si lasciò trasportare e
ricambiò con entusiasmo, non ne avrebbe mai avuto abbastanza
dei sublimi baci del rosso, delle sue bellissime mani che gli
accarezzavano pigramente i capelli, vagavano sulla sua schiena, si
insinuavano lentamente sotto la sua maglietta…
Un momento, cosa?!
Caldi brividi di
piacere percorsero il corpo di Roxas, che si accorse solo in quel
momento che le sue mani stavano vagando a loro volta sulla schiena nuda
di Axel.
Quest’ultimo
era stregato dal sapore delle labbra di Roxas, dal profumo della sua
pelle, dalle piccole dita forti che sembravano voler scavare dei solchi
sulla sua schiena. Quasi non si accorse del proprio respiro accelerato
mentre posava una scia di piccoli baci umidi lungo la mandibola del
ragazzo, giù fino alla gola, per poi arrivare a premere le
labbra su una zona sensibile tra il collo e la spalla.
Mordicchiò e succhiò leggermente quel punto.
Roxas emise un
lungo sospiro tremolante e Axel parve tornare in sé,
accorgendosi che aveva le mani sotto la maglia di Roxas, su i suoi
fianchi, le dita che tendevano pericolosamente verso l’alto.
Il ragazzo lo guardava ansimando leggermente, le guance deliziosamente
arrossate e le labbra dischiuse.
Axel
ritirò di scatto le mani, come se si fosse scottato, e fece
un passo indietro, grattandosi nervosamente la nuca.
- Iniziamo
ad andare, che ne dici? –
Senza aspettare
risposta raccattò la maglia che gli era caduta sul pavimento
e se la infilò in fretta, voltandosi nella manovra per
permettere a Roxas di recuperare a sua volta il controllo di
sé.
Il biondo
guardò Axel, incerto se sentirsi sollevato o deluso. Da una
parte aveva paura di andare troppo oltre,
dall’altra… lo desiderava, ovvio. Era un essere
umano e la carne, si sa, è debole.
- Sì,
andiamo. Fammi solo usare un attimo il bagno –
Axel
annuì e qualche istante dopo sentì
l’acqua scorrere. Probabilmente si stava buttando
dell’acqua fredda sul viso. Il ragazzo ricomparve in meno di
un minuto, visibilmente tranquillo.
- Potrei
provarci, sai? – disse pensieroso Roxas quando erano ormai
nei pressi del ring di sabbia.
- A
fare cosa? –
- Il
torneo. Voglio dire, se si iscrivono anche gli altri sarà
divertente –
- Immagino
di sì. Per il momento diamo un’occhiata alla fauna
locale, eh? –
Lo spiazzale non
era molto affollato; proprio nel centro era stato costruito un grande
palco, come ogni anno, solo che Roxas non lo sapeva perché
non aveva mai assistito personalmente al torneo. Un grande tabellone
poco più avanti recitava in caratteri cubitali
“Grande torneo annuale, le iscrizioni sono aperte!
Let’s Struggle!”.
Poi sentirono
una voce arrogante parlare alle loro spalle.
- Ah,
eccone altri due. Pensate forse di iscrivervi? Perché non
avete speranze di vincere contro di me, questo è il mio anno
–
Axel si
voltò e guardò colui che aveva parlato piegando
leggermente la testa di lato.
- Non
abbiamo ancora deciso, amico, comunque dovresti sapere che non si
sottovalutano gli avversari – rispose in tono calmo e
leggermente cantilenante – Got
it memorized?
–
Roxas rimase
immobile, ancora di spalle: aveva riconosciuto quella voce.
“Merda
merda merda merda MERDA!”
- Ehi,
biondino! Parlo anche con te, quindi non ignorarmi, marmocchio! –
Axel si
pregustò lo spettacolo: Roxas non accettava quella parola da
nessuno. Il biondo si voltò lentamente, gli occhi ridotti a
fessure. Seifer spalancò i suoi. Evidentemente
l’aveva riconosciuto anche lui, nonostante ormai fossero
passati due anni da quel giorno.
- Ma
che cazz…?! –
- È
la stessa identica cosa che hai detto l’ultima volta.
Dovresti davvero aggiornare il tuo repertorio –
sibilò Roxas.
- Tu!
–
- Io
–
- Roxas,
lo conosci? – chiese Axel, aggrottando le sopracciglia.
- Non
esattamente –
- E
quello chi è, frocetto, il tuo ragazzo? –
- Come
l’hai chiamato? – la voce di
Axel era bassa e pericolosa. Sembrava un lupo pronto ad attaccare.
- L’ho
chiamato frocetto. Ora che vuoi fare, rosso, sfidarmi? O lascerai che
il piccoletto si difenda da solo? –
Seifer
lanciò una mazza da Struggle a Roxas, che
l’afferrò al volo, ma
l’abbassò subito.
- Non
combatto contro di te, Seifer – disse.
- Paura?
– lo provocò l’altro e Axel
notò che una ragazza dai capelli argentei e un ragazzo moro
e abbronzato si avvicinavano per fiancheggiare il gradasso.
- No,
è che non ho niente contro di te. E poi non voglio togliere
a lui – indicò Axel, che stava praticamente
fremendo di rabbia repressa – il piacere di darti una lezione
–
Roxas
ghignò a dispetto di tutto, poi proseguì.
- Del
resto ho un conto in sospeso con il tuo amico, lì. Dagli una
mazza, che giochiamo –
Axel vide
l’aspirante teppista consegnare la propria mazza al ragazzo
abbronzato, che era un po’ più basso del rosso e
decisamente più muscoloso, anche se i muscoli non erano
sempre garanzia di potenza. Tuttavia…
- Rox,
sei sicuro? – sussurrò con urgenza –
Possiamo sempre scambiarci gli avversari e… -
- No, lui
è mio! –
Axel tacque e si
fece da parte, subito affiancato da Seifer.
- Noi
siamo i prossimi – disse. Poi alzò la voce,
evidentemente per farsi sentire anche da Roxas – Te
l’ha detto? Ci siamo incontrati in palestra e lui si
è fatto pensieri sconci su di me sotto la doccia –
- Non
è andata esattamente così, Seifer –
ringhiò Roxas e Axel si ritrovò a pensare che
quella voce bassa e rauca fosse terribilmente eccitante.
- Può
darsi, eppure non ti ho più visto in palestra dopo quella
volta –
- Ne ho
trovata una migliore –
- Vedo
–
In quel momento
si avvicinò un uomo panciuto, guardando da Roxas al suo
avversario e viceversa.
- Una
sfida? Permettetemi di arbitrarla, adoro le lotte di allenamento. Bene,
chi di voi, in tre minuti, riuscirà a far cadere in
ginocchio o di schiena l’avversario sarà il
vincitore –
- Ehi,
buon uomo. Noi siamo i prossimi, se non le dispiace –
- Beh,
buona fortuna a te, ragazzo. Seifer è arrivato in finale nel
torneo per quattro anni consecutivi. Pronti? –
Cenno di assenso
dai due.
- Let’s
Struggle! – tuonò l’uomo, attirando
l’attenzione dei pochi presenti, che si avvicinarono per
guardare.
Roxas non se ne
accorse, i suoi occhi erano concentrati sull’armadio a due
ante che aveva davanti. Era piuttosto lento, quindi scansò
gran parte dei suoi attacchi. Parò un colpo, che si
spedì vibrazioni per tutto il braccio per la sua potenza.
Abbassò un po’ la guardia senza volerlo e
l’altro ne approfittò per spingerlo quasi in
ginocchio. Ma Roxas finse di cedere e si scansò
all’ultimo momento e gli diede un colpo sulla nuca e, quando
questi si voltò, mezzo intontito, utilizzò il
lungo della mazza di gommapiuma per farlo cadere, con un preciso colpo
sullo sterno.
Axel
applaudì esclamando qualcosa in inglese che suonava molto
come “Roxas, alright! Fight fight fight!”. Poi gli
posò una mano sulla spalla, mentre Roxas ansimava, le mani
sulle ginocchia.
- Non
male, ragazzo, due minuti netti. Spero che vorrai iscriverti!
D’accordo, ora Seifer e… uhm… -
- Axel
–
Seifer si
avvicinò all’amico, che si stava rialzando.
- Stai
bene, Rai? –
- Sì,
il ragazzino mi ha solo stordito. È più forte di
quanto sembri – gli tese la mazza.
Axel
sfoderò un sorriso storto mentre puntava
l’”arma” contro Seifer, che fece
oscillare la sua.
- Let’s
Struggle! –
Axel aveva uno
strano stile di combattimento, molto molleggiato. Si muoveva con
leggerezza, come se danzasse e questo confondeva
l’avversario. Ben presto Seifer cadde in ginocchio, lasciando
cadere la mazza con un piccolo sbuffo quasi divertito. Rai si mise in
mezzo.
- Seifer
è solo stanco, oggi! Si sta allenando molto per il torneo
– esclamò.
- Non
lo metto in dubbio – rispose Axel.
E, con gran
sorpresa di Roxas, tese la mano a Seifer per aiutarlo a rialzarsi,
scuotendola leggermente e borbottandogli qualcosa molto piano, in modo
che solo lui potesse sentire. Di seguito, seguendo il buon esempio,
anche Rai e Roxas si strinsero la mano. Poi gli si avvicinò
Seifer.
- Non
fraintendere, questo non vuol dire che siamo amici – gli
disse freddamente.
- Certo
che no – concordò Roxas.
Lui e Axel si
allontanarono.
- Cos’è
successo quella volta? – chiese Axel.
- Più
o meno quello che ha detto lui. Ci stavamo facendo la doccia, lui era
nel cubicolo di fronte al mio e io guardandolo senza volerlo mi sono
eccitato – buttò fuori Roxas – Non ci ho
certo fantasticato sopra, è semplicemente successo. Che
figuraccia! È per questo che ho cambiato palestra ed
è così che ho scoperto di essere gay. ecco, ora
puoi ridere –
Axel fu felice
di non doversi trattenere e ridacchiò.
- Ora
capisco perché non avessi voglia di parlarne. Comunque
poteva andare peggio – poi spalancò gli occhi
– Ma tu guarda chi si vede! – esclamò.
Davanti a loro
c’erano Demyx e Saïx.
- Ciao
Tinto! Ciao Spazzolone! –
- Ciao,
Puntaspilli – risposero in coro.
- Siamo
venuti a dare un’occhiata –
- Anche
noi, ora stiamo aspettando gli amici di Roxas –
- Piccolo,
che bello vederti! – disse Demyx con entusiasmo.
- Roxy!
– esclamò contemporaneamente un’altra
voce e Naminè gli si buttò tra le braccia.
- Cosa
avevamo detto di questi soprannomi, Nanà? –
Naminè
rise; poi vide Demyx e arrossì. Nel frattempo li raggiunsero
gli altri e decisero di passare la serata tutti insieme.
- Allora,
Rox, ci iscriviamo? – Sora era eccitatissimo e aveva una gran
voglia di mettersi alla prova.
- Noi
pensavamo di partecipare, in effetti – rincarò
Riku.
- E va
bene – sospirò Roxas.
- Grande!
Così chiunque di noi vinca il trofeo sarà esposto
nel ritrovo! –
- Potremmo
anche non vincere noi, Hay –
Roxas
guardò apertamente verso Axel, che sorrise.
- Io
non partecipo, Rox, però potrei aiutarti ad allenarti
–
- Certo,
allenarsi. Si dice
così, adesso, vero? – insinuò Demyx,
facendo arrossire i diretti interessati.
- Taci!
– sbottò Axel. E gli diede una manata sulla nuca.
- OW!
–
A poca distanza
due ragazzi e una ragazza guardavano con diffidenza il gruppo che
rideva e scherzava.
- Cosa
ti ha detto quello svitato, Seif? – chiese piano la ragazza.
- Testuali
parole, Fuu: “Grazie per essere stato un tale imbecille,
amico. Te ne devo una” –
Quando Roxas
tornò a casa, Tidus gli si avvicinò porgendogli
un succo di frutta.
Roxas lo
fissò in attesa.
- Cosa
ti serve? – chiese. Suo fratello non era mai gentile e
servizievole, a meno che non volesse un favore.
- Ecco,
domani sera vado al cinema con Rikku… -
- Buon
per te! E quindi? –
- Non
è che mi presteresti la tua camicia nera di lino?
–
Roxas
alzò gli occhi al cielo.
- D’accordo,
prendila pure –
- Grazie,
Rox, sei il fratello maggiore migliore del mondo… Ehi,
aspetta, ma quello
lì è un succhiotto? - fece
Tidus, gli occhi fissi sul colletto della maglia allentata del fratello.
- Ehm…
no? –
Roxas si
eclissò in fretta in camera sua, ridendo sotto i baffi per
l’espressione di Tidus.
Quest’ultimo
rimase lì impalato per un attimo, poi scosse la testa e si
allontanò.
- Credo
di non volerlo sapere, dopotutto… -
Qualche
piccola precisazione per questo capitolo:
-
Tidus nella mia storia ha 17 anni, quindi due meno di Roxas.
- Marluxia
non è poi perverso come sembra, ma questo lo vedrete in uno
dei prossimi capitoli.
- Saïx
ha l’aspetto di Isa, non del suo Nessuno. Così mi
è più facile renderlo simpatico o almeno
sopportabile.
Credo
che questo sia tutto, a meno che non abbiate altre domande, nel caso
fatemi sapere. Piccolo avvertimento, questa storia passerà
dal rating giallo a quello arancione ^^
Avrei
aggiornato prima, ma purtroppo ho dovuto subire un piccolo intervento e
non avevo molto la testa di rivedere la storia, quindi vi chiedo di scusarmi. Grazie a
tutti voi che seguite questa storia! :D |
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Capitolo 11 *** Ventisei senza Roxas? ***
Sono
tornata! Questo capitolo sarà dal punto di vista di Axel,
nonché dedicato interamente al nostro rosso preferito. In alcune parti è un po' descrittivo, ma spero che vi piacerà lo stesso!
Fermatevi a leggere le note, alla fine!
Enjoy!
^^
Era
l’8 Agosto.
Fino a quel
momento Axel aveva trascorso una pessima giornata. Roxas era partito
per una breve visita fuori città con i suoi, quindi non
avrebbe potuto passare il suo compleanno con lui. Non che il ragazzo
sapesse che era proprio quel giorno, Axel non gliel’aveva
detto. Quando Roxas glielo chiedeva, lui rispondeva sempre in modo
evasivo con un “Ad Agosto”. E Roxas
s’imbronciava. Poi ridevano.
Axel era
abbattuto per aver passato tutta la mattinata da solo. Certo, Lexaeus
l’aveva buttato giù dal letto alle 7 per fare
colazione insieme – e gli aveva regalato un telefonino ultimo
modello, visto che il suo era mezzo rotto - poi aveva
pranzato coi parenti e si era un po’ distratto. Ma il suo
biondo non si era fatto sentire e aveva risposto ai suoi messaggi a
monosillabi, lasciando intendere di essere molto occupato.
Ora era tardo
pomeriggio e Axel stava cercando di distrarsi con un buon libro. Che
tristezza… Ma almeno era ancora attiva la tradizione della
serata con Demyx e Saïx. Chissà dove
l’avrebbero portato quella sera. Di solito per il compleanno
di ognuno di loro gli altri due cercavano di trovare l’idea
più strampalata possibile per divertirsi tutti insieme.
Proprio mentre ci pensava il suo telefono prese a squillare.
- Pronto!
–
- Oh,
beh, lo spero bene! – disse la voce di Demyx, molto
più acuta del solito per via dell’eccitazione
– Alle 20.30 sono da te per prepararti alla serata
più… ehm… più
e basta!
– evidentemente il ragazzo temeva di farsi sfuggire qualcosa
aggiungendo un qualsiasi aggettivo.
- Non
vedo l’ora, Dem! –
- Festeggiato,
com’è andata la tua giornata? –
- Uno
schifo quasi totale, credimi… Per di più Roxas
è fuori città, quindi non possiamo nemmeno
coinvolgerlo nella serata come avevi sperato. In realtà ci
avevo sperato anch’io –
- Oh…
- Demyx gli sembrò davvero deluso –
Vorrà dire che sarà per un’altra volta,
immagino. Non hai intenzione di lasciarlo presto, vero? –
- Certo
che no!
– Axel era scioccato al solo pensiero di perdere il suo Roxas.
- Bene,
allora avremo altre occasioni. Tanto il mio compleanno è il
prossimo –
- Già,
anche se mi sarebbe piaciuto passare il mio anche con lui –
- Una
serata con noi e ti passerà la tristezza, vecchio mio! Ma
bando alle ciance, ora devo proprio andare. A dopo! –
E chiuse. Ora
Axel era eccitato e un po’ preoccupato alla prospettiva:
quando Demyx era così esagitato succedeva sempre qualcosa di
molto imbarazzante. Ma anche divertente, bisognava ammetterlo.
Sospirò con impazienza e riprese il suo libro.
Quando alle
20.30 suonò il campanello Axel era già vestito di
tutto punto e in attesa. Spalancò la porta e si
lasciò abbracciare da un Demyx molto su di giri, che aveva
in spalla un borsone molto sospetto.
- Puntaspilli,
sei in forma smagliante, per essere già così
vecchio! – trillò.
Axel rise e gli
diede un pugnetto sul braccio.
- Dov’è
Tinto? Dove andiamo? –
- I
dettagli a tempo debito e Saïx ci aspetta sul posto. Ora vieni
–
Axel si
lasciò guidare senza proteste nella propria camera da letto.
- Spogliati – fece Demyx
in tono suadente.
- Dem,
che diavolo…?! –
Fu zittito da un
lungo dito sulle proprie labbra e sgranò gli occhi,
soprattutto alle parole che seguirono.
- Se
non lo fai da solo ci penso io, Ax – minacciò
– Ma non costringermi o faremo tardi – aggiunse.
Un po’
più tranquillo, Axel si spogliò fino a rimanere
con addosso un paio dei suoi ridottissimi boxer, che era verde scuro.
Guardò l’amico, in attesa, con atteggiamento
vagamente minaccioso.
- Quelle
te le puoi rimettere – Demyx indicò le sue scarpe.
Quando ebbe
finito, Demyx gli legò strettamente una spessa benda nera
intorno agli occhi e ridacchiò come un pazzo.
- Che
razza di scherzo è questo?! –
- Oh,
avanti Axel, non ti fidi di me? –
Axel non
rispose, anche perché sentì il rumore di una zip
che scendeva.
- Che
stai…? –
- Taci,
scemo. Devo ben cambiarmi anch’io. Tu non toglierti quella
benda o saranno guai, sono stato chiaro? –
- Cristallino.
Sai, per un attimo ho temuto che volessi sedurmi –
Demyx rise.
- Mio
Dio, no! Sei tu quello dell’altra sponda qui! E poi sei di
Roxas –
- Già
– Axel s’incupì al pensiero del suo
piccolo biondo.
- Oh,
non iniziare a mettere il muso, vedrai che ti divertirai un
sacco!
–
Dopo un paio di
minuti di fruscii, Axel si sentì avvolgere in qualcosa di
morbido e le sue braccia furono dolcemente guidate in maniche lunghe e
strette. Sui suoi capelli fu posato qualcosa di tondo e duro, fissato
in loco con quelle che sembravano grosse forcine.
- Perfetto,
sei magnifico! Ora andiamo, ti guido io –
- Demyx,
dimmi che questa che ho addosso non è una fottuta gonna
–
- Ok.
Quella che hai addosso non è una fottuta gonna –
ripeté allegramente il ragazzo.
- Molto
rassicurante – fece Axel in tono rassegnato – So
già che me ne pentirò –
Demyx
guidò Axel giù per le scale, poi in macchina e
partirono, col castano che cianciava vivacemente di quanto fosse
contento di vederlo e di altre cose assolutamente senza senso,
chiaramente cercando in tutti i modi di distrarre Axel da
ciò che stava per succedere; Axel glielo permise e risero
insieme di cose stupide, come due bambini troppo cresciuti.
Una volta a
destinazione, Demyx guidò l’amico lungo quello che
ad Axel sembrò un grande portico, perché i loro
passi rimbombavano nel silenzio. Rimasero un minuto immobili, come in
attesa di qualcosa, poi fecero qualche altro passo e si udirono tre
colpi netti, come di un batacchio su una porta di legno massiccio.
In tutto quel
tempo Axel aveva dovuto esercitare una notevole pressione su se stesso
per impedirsi di sbirciare sotto la benda, ma conoscendo quei due
sapeva che ne sarebbe valsa la pena.
Una porta si
aprì, riversandogli addosso uno sbuffo di aria fresca che
compensava – e in un certo senso spiegava – le
maniche lunghe. Dopo qualche passo sentì la benda
scivolargli via dagli occhi, lasciandolo comunque nel buio
più assoluto. Demyx si allontanò in fretta e lui
fu accolto solo dal silenzio.
- Dem?
– chiamò incerto – Saïx?
–
Udì
un lieve respiro accanto a sé, ma non vide nessuno. Poi mani
sorprendentemente delicate gli afferrarono il braccio e lo guidarono
lungo una specie di corridoio, o un passaggio, o qualcosa di simile.
Tutto ciò sempre in un buio tanto fitto da spaventare una
talpa.
- Cos’è,
una specie di casa del terrore? – chiese apparentemente al
nulla – Non riuscirete a spaventarmi! –
In quel momento
si diffuse nella stanza la musica di uno strumento a corde pizzicato
dolcemente. Poi la voce di Demyx parlò, costringendolo a
voltarsi completamente, impacciato dalla gonna – o tunica, o
quello che era – lunga fino ai piedi.
- Madame
e messeri,
Contadini,
nobili e soldati,
Che
siate servi o siate signori, restate con me
E
vi racconterò la storia
Di
una fiera e focosa regina
E
del suo quieto e ardito re –
Le luci si
accesero per rivelare Demyx che, vestito da menestrello, pizzicava
sorridendo il suo amato sitar. Chinò la testa in segno di
rispetto quando incrociò lo sguardo di Axel. Questi, la
bocca dischiusa, guardò il proprio abbigliamento, che si
rivelò essere un abito color rubino con un’ampia e
vaporosa gonna e un corsetto aderente dotato di seni finti di
gommapiuma, ricoperti da stoffa dello stesso colore della gonna.
Intontito, si voltò lentamente per fronteggiare il resto
della sala, trattenendo il respiro.
Tutto rispettava
lo stile di una corte medievale. C’erano Kairi e
Naminè, vestite da dame di corte, Selphie e Olette in
costumi da sguattere di cucina, i capelli coperti da fazzoletti
colorati. C’era Hayner, perfetto ciambellano. C’era
Riku, nelle vesti di un ricco feudatario. C’era
Saïx, alto dignitario di corte, seduto alla destra di quello
che sembrava un trono regale. E su questo, fasciato da un sontuoso
abito blu marino, che rispecchiava perfettamente il colore dei suoi
occhi, c’era Roxas. E aveva un aspetto
decisamente regale, mentre gli sorrideva con calore e condiscendenza.
- Mia
diletta consorte, venite e prendete posto, vi attendevamo tutti con
ansia –
Hayner si
inchinò e gli porse il braccio con fare discreto e
professionale. Sorridendo selvaggiamente, Axel accettò
l’invito i si lasciò scortare fino al piccolo
trono alla sinistra di Roxas. Tutti si alzarono dalle rispettive sedie,
inchinandosi al suo passaggio, tranne il “re”,
ovvio.
Quando i
presenti ripresero posto, Roxas batté le mani con
autorità e subito comparvero Selphie e Olette, spingendo
carrelli carichi di cibo, che depositarono sul tavolo con
rapidità ed efficienza, seguite da Pence, nel ruolo di chef
di corte. Anche loro sedettero al lungo tavolo.
- Ciambellano
– Roxas si rivolse ad Hayner – Siamo pronti. Fate
entrare il giullare –
E Sora fece la
sua comparsa, saltellando, ridendo e facendo capriole, per poi iniziare
un piccolo spettacolo più cabarettistico che giullaresco,
facendo battute – non sempre divertenti, ma Axel ne rise lo
stesso, apprezzando l’impegno – e caricature dei
vari presenti.
Alla fine anche
lui si accomodò.
Saïx
invece si alzò e tutti focalizzarono l’attenzione
su di lui.
- Facciamo
gli auguri alla nostra amata regina –
ghignò – Per il suo ehm-ehm-esimo compleanno
–
Applausi e
fischi a cui Axel, rosso e impacciato, rispose annuendo e sfoderando un
sorriso radioso.
- E ora
suggerisco che per comodità ritorniamo tutti a comportarci
normalmente – concluse Saïx.
- Finalmente!
– esclamò Axel – Grazie a tutti,
davvero, non mi sarei mai aspettato… - si interruppe,
chiaramente incapace di esprimere ciò che pensava a parole.
Così
indicò tutto ciò che aveva intorno con un ampio
gesto del braccio. Iniziarono a mangiare.
- L’8
Agosto, eh? – fece Roxas, incrociando le braccia con un gran
sorriso – Perché diavolo non volevi dirmelo?
–
Axel
inghiottì un boccone di insalata di mare - ovviamente per
comodità erano tutti piatti freddi – e gli diede
un casto bacio sulle labbra prima di rispondere.
- A
dire il vero non lo so nemmeno io, ma sono contento che i miei due
amici idioti te l’abbiano detto e vi abbiano coinvolti, visto
che il risultato è stato tutto
questo
–
- In
realtà, Ax – intervenne Demyx, seduto alla sua
sinistra – Si può dire che sia stato Roxas a
coinvolgere noi. Inutile dire che è cascato a fagiolo,
eravamo a corto di idee –
- Ma
allora… -
Roxas rise
all’espressione curiosa e sconcertata di Axel.
- Sul
serio, quanto pensi che ci sia voluto a corrompere Lexaeus per dirmelo?
–
- Corrompere
Lex? Cos’è, stregoneria? Devo mandarvi al rogo,
mio regale consorte? –
- Macché,
era anche fin troppo contento di spifferarmelo! –
- Raccontatemi
il resto –
Saïx si
sporse verso di lui mentre gli altri intorno al tavolo ascoltavano
interessati la storia che già sapevano, senza smettere di
lavorare di mandibole.
- Il
tuo fringuello, qui –
iniziò, guadagnandosi subito una scherzosa occhiataccia da
Roxas – Ci ha contattati due giorni dopo
l’iscrizione al torneo di Struggle per chiederci che piani
avessimo per il tuo compleanno –
- Ci
siamo incontrati il giorno dopo e gli abbiamo raccontato della nostra
tradizione di fare qualche cavolata per i nostri compleanni. Ovviamente
gliene abbiamo raccontate alcune… -
- …
e mi hanno chiesto qualche idea. Al momento ho potuto solo chiedere
perché non avessero mai pensato a una festa a sorpresa, ma a
quanto pare è troppo cliché per i vostri gusti
–
- Almeno
finchè non hai suggerito di farla a
tema,
Rox. Quella è stata una chicca – sorrise Demyx.
- Ma
quanto ci avete messo? Tempo, lavoro, pazienza, organizzazione. Tutto
in segreto poi! –
- Beh,
abbiamo dovuto iniziare subito a lavorarci – rispose Hayner
– Dopo che Demyx e Saïx ci hanno proposto di unirci
alla combriccola. Dandoci da fare tutti insieme non è stato
troppo difficile. Saïx ha preso il controllo dei lavori e ha
organizzato i dettagli tecnici; Naminè si è
occupata degli sfondi e ha disegnato i modelli. Pence è
stato un grande con il taglio dei vestiti e nel montaggio del filmato
che vedremo più tardi –
- Io ho
pensato ai sottofondi musicali, naturalmente – fece Demyx.
- Abbiamo
lavorato tutti insieme per cucire i costumi e fare gli sfondi di
cartapesta – Riku sorrise al pensiero.
- Selphie
ha ideato il piano principale di farti credere che Roxas fosse fuori
città. Sai, per rendere la sorpresa
più… sorprendente. Nel frattempo ha
stabilito la disposizione di mobili e illuminazione e Olette e Kairi
hanno organizzato i dialoghi, la recitazione e hanno cucinato quasi
tutto ciò che stiamo mangiando – aggiunse Sora.
- E
Roxas – Saïx diede al ragazzo un amichevole pugno
sul braccio – Si è dato davvero da fare, bisogna
ammetterlo. Ha trovato le stoffe e gli accessori, si è
procurato gli attrezzi per la costruzione e li
ha usati
– batté una mano sulle decorazioni rimovibili
delle sedie-trono, che non erano di cartapesta come il resto, ma di
legno intagliato – Ha anche impedito a Sora di inserire nel
suo numero alcune delle battute più atroci, che non
è poco –
Il diretto
interessato rispose con un divertito “Ehi!”. Roxas
invece scrollò le spalle, come a dire che non era stato un
grande sforzo.
- È
stato zio Cid ad aiutarmi con gran parte dell’intaglio, io ho
fatto poco o niente –
Ma Axel si
ricordò di aver notato, ultimamente, che le mani del ragazzo
erano spesso piene di piccoli tagli e graffi, anche se il biondo ne
aveva incolpato un gattino randagio vicino casa sua, amichevole solo in
apparenza. Axel strinse Roxas in un mezzo abbraccio e fece scorrere lo
sguardo su tutta la tavolata.
- State
cercando di farmi commuovere, eh? Beh, non vi darò questa
soddisfazione – scherzò, ma la voce tremolante lo
tradì.
- Figuriamoci
– sbuffò Saïx – Piuttosto ci
sarà da ridere quando si arriverà al video, vero
Pence? –
Pence
sghignazzò.
- Mi
servirà solo qualche minuto per integrare le ultime cosucce,
più tardi – disse allegramente.
Nel frattempo
stavano finendo con entusiasmo le pietanze che avevano preparato
insieme quella mattina, provocando non poco scompiglio nella cucina di
Demyx.
Quando la torta
fu in tavola, Axel si lasciò sfuggire un
“Wow” di ammirazione. Era grande e rettangolare e
rappresentava la copertina di un libro su cui era illustrato in primo
piano un Axel vestito da regina e circondato da alte fiamme e, sullo
sfondo, un castello e delle piccole figure umanoidi che presumibilmente
rappresentavano gli altri invitati. Il tutto disegnato con glasse
colorate su una base di panna montata.
- Dove
siete andati a pescare una torta così figa? –
Guardò
i visi sorridenti e arrossati degli amici e capì.
- Oh,
non è comprata. Chi l’ha fatta? –
Tutti distolsero
lo sguardo dal suo, tranne i suoi due migliori amici, che di certo
però non potevano essere stati, visto che non avevano nessun
talento culinario.
Hayner e Sora
fischiettarono per cercare di distogliere l’attenzione del
rosso dal resto della tavolata.
- Insomma,
la mangiamo o no questa torta? – intervenne allegramente
Selphie, porgendo la paletta ad Axel che si arrese mentre partiva
l’immancabile coro di “Tanti auguri”,
pesantemente remixato e guidato da Demyx col sitar.
- Vi
torchierò tutti per costringervi a parlare, più
tardi – ghignò, per poi spegnere le candeline che
mostravano con decisione il numero 26 e dare il primo taglio.
- Veeecchio!
– gli canticchiò dietro Demyx.
- Senti
chi paaarla! – rispose Axel a tono.
- Beh,
non aspettarti regali, Ax – lo prese in giro Saïx.
- Non
me lo sogno nemmeno, Tinto, non so se riuscirei ad essere
più felice di così –
E in effetti
Axel non aveva smesso di sorridere e ridere neanche per un istante, da
quando era lì: solo vedere quanto tutti si fossero dati da
fare per lui lo faceva sentire come sul punto di esplodere. E si
sentì ancora meglio quando Roxas gli si adagiò
contro, sorridendogli da sotto in su, la testa sul suo petto. Il biondo
di solito non si lasciava andare a piccole tenerezze se non erano soli.
- Fate
attenzione con quella corona, Maestà –
scherzò Axel ricambiando il sorriso.
- Avete
ragione, mia diletta, ma il vostro seno è molto comodo,
sembra quasi un guanciale –
Un CLICK
improvviso li informò che quell’attimo di allegra
dolcezza era stato immortalato. Roxas sbuffò divertito e si
rimise seduto composto, lasciando che Axel assaggiasse finalmente la
torta.
Mhm…
soffice e cremosa. Forse un po’ meno dolce di quanto ci si
potrebbe aspettare, pensò aggrottando la fronte. A chi
è che non piacevano i dolci?
- ROXAS!
– tuonò.
Il ragazzo
sobbalzò e quasi soffocò con il suo boccone.
Tossì e lo guardò con aria di rimprovero.
- Cosa
c’è? – chiese indignato.
- Non
dirmi che… -
- Ok,
non te lo dico – sembrava parecchio confuso.
Pence era
sparito insieme a Saïx, presumibilmente per finire il video.
Demyx si stava letteralmente rotolando sul pavimento con Hayner, mentre
Sora e Riku facevano il tifo. Le ragazze avevano formato un allegro
capannello intorno a Naminè, che aveva in mano una specie di
album e una matita.
- Che
stanno facendo? –
- Probabilmente
preparano i giochi, ma tu non farci troppo caso, eh? –
- Non
siamo tutti un po’ cresciuti per il gioco della bottiglia?
–
- Infatti,
ma a me non dispiacerebbe affatto vedere Riku baciare…
Saïx, tanto per dirne una. Sarebbe perfetto fare una foto e
ricattarli se esagerano a fare gli stronzi –
- Sai,
questo è un piano molto alla Saïx. Quanto tempo
avete passato insieme? –
- Parecchio
– Roxas sorrise – Vieni con me –
Lo condusse
nella cucina, in un angolo dove giaceva il suo vecchio zaino di scuola.
- Roxas,
perché hai fatto tutto questo? Non è come se ci
conoscessimo da una vita, stiamo insieme da poco. Non che io mi stia
davvero lamentando, sia chiaro. Semplicemente non capisco –
- Non
sono stato solo io – ma il ragazzo arrossì e
distolse lo sguardo, aggiungendo qualcosa a voce talmente bassa che
Axel non riuscì a distinguere le parole.
- Ti
spiacerebbe ripetere? –
Roxas lo
guardò negli occhi con determinazione.
- Ho
detto che volevo che il primo compleanno passato con me ti rimanesse
impresso, ok? Lo so che è stupido e infantile, visto che non
sono il primo e probabilmente nemmeno l’ult… -
Ma Roxas non
riuscì a finire la frase perché mani forti gli
circondarono il viso e le labbra di Axel coprirono in fretta le sue.
- Nessuno
– disse infine – Nessuno si è mai
preso il disturbo di coinvolgere i suoi e i miei amici, lavorare sodo
per una festa a sorpresa e prepararmi perfino la torta. No, taci, so
che sei stato tu. E non considero la tua idea né stupida
né infantile, anzi è dolcissima –
Roxas sorrise e
gli fece chiudere gli occhi.
- E va
bene, ho preparato io la torta, ma non da solo. Kairi l’ha
farcita e ricoperta di panna, io non sarei stato capace. E
Naminè ci ha disegnato sopra con le glasse, è lei
l’artista –
Mentre il biondo
parlava Axel sentì qualcosa di freddo e sottile scivolargli
intorno al collo e due piccole mani calde posarsi sulla base della sua
nuca; poi, dopo un “A proposito, buon compleanno!”
fu coinvolto in un bacio dolcissimo e a dir poco bollente che gli fece
dimenticare tutto il resto.
- Wow –
commentò la voce di Demyx quando i due si separarono per
riprendere fiato – Un altro paio di minuti e mi avreste
mandato a fuoco la cucina –
Difficile dire
se in quel momento fossero più rossi i capelli di Axel o il
suo viso. Ma Roxas prese il controllo.
- Non
è questo il modo di rivolgersi ai propri sovrani,
cantastorie –
Demyx
filò via a tutta velocità con in mano quella che
sembrava una fotocamera. Gli altri due invece rimasero lì
abbracciati per un po’, guardandosi semplicemente negli
occhi, senza parlare.
Qualche minuto
dopo qualcuno si schiarì dolcemente la gola.
- Chiedo
scusa, Altezze Reali –
- Sì,
Lady Naminè? -
- Il
video è pronto e i giochi sono stati scelti –
Si diressero
tutti in salotto mentre Axel commentava:
- Figo,
non vedevo l’ora di farmi mettere in ridicolo! –
- Quanto
hai ragione, Puntaspilli – sorrise Saïx mentre i
“sovrani” prendevano posto vicini su un divano
– Stasera il nuovo gruppo vedrà qualcosa di molto
interessante –
- Oh,
no… - cominciò il rosso.
Ma il video
stava già partendo con una diapositiva che recitava
“Axel: la sua pazzia dalle origini ad oggi”. Il
resto era composto prevalentemente da foto montate con un sottofondo
musicale e raccontate dalle voci registrate dei suoi amici
d’infanzia.
- Axel
è sempre stato un bambino allegro e sincero –
cominciò la voce di Demyx – Come dimenticare le
prime parole che mi ha rivolto il primo giorno di scuola… -
- Oh,
me le ricordo anch’io. Sono state “Trattieni il
respiro, le scarpe della maestra puzzano di cacca!”
–
Risatine mentre
l’immagine cambiava per mostrare la foto di tre bambini nei
loro grembiulini blu che si tenevano per mano. Fu sconcertante vedere
un piccolo Saïx con i capelli neri che sorrideva spensierato.
La voce di quello adulto proseguì.
- Insieme
ne abbiamo passate tante e abbiamo sperimentato cose che avrei sperato
di dimenticare, ma purtroppo non è andata così
–
- Comunque
uno dei miei ricordi preferiti è quando dicesti a tutti che
volevi diventare un vigile del fuoco, Ax. Sai, dopo quella gita alle
elementari in cui ci portarono in caserma… -
Qui apparve
l’immagine di un Axel di otto o nove anni che guardava rapito
un alto uomo in divisa nera e gialla che gli sorrideva gentilmente.
- Chi
l’avrebbe mai detto che nel giro di pochi anni saresti
piuttosto diventato un piromane – ridacchiò
Saïx, mentre l’immagine cambiava ancora per mostrare
un Axel sedicenne in un laboratorio che rideva mentre cercava invano di
spegnere un miscuglio di sostanza chimiche che aveva misteriosamente
preso fuoco.
Qui Pence fu
costretto a mettere il filmato in pausa perché tutti
ridevano troppo forte per concentrarsi.
- Te
l’ho raccontato, Rox. Ti ricordi? –
- È
da lì che mi è venuta l’ispirazione per
quella – Roxas
puntò il dito contro il collo di Axel, che solo in quel
momento si accorse della sottile catena che effettivamente il biondo
gli aveva infilato mentre erano in cucina.
Una semplice
collana argentata da cui pendeva un ciondolo a forma di fiamma. Axel la
guardò e fece per parlare, ma Demyx gli diede una forte
gomitata che lo costrinse a concentrarsi sul resto del filmato. Questo
comunque non gli impedì di stringere a sé il
piccolo biondo.
- Hai
avuto tanti amori, Axel – proseguì la voce di
Saïx e il rosso sentì Roxas irrigidirsi appena nel
suo abbraccio – Alcuni davvero molto strani… -
Ci fu
l’improvviso spezzone di un filmato che mostrava un Axel
molto rosso e chiaramente ubriaco che ondeggiava e barcollava su un
tavolo ingombro e biascicava parole d’amore a un grosso cane
lupo che non lo degnò nemmeno di un’occhiata.
Tutti risero di nuovo mentre l’Axel sul divano si copriva gli
occhi con una mano per l’imbarazzo e scuoteva la testa.
- Ma
siamo felici di poter affermare – disse allegramente la voce
di Demyx – Che col tempo i tuoi gusti sono decisamente
migliorati!
–
Apparve
lentamente la foto di Axel vestito da regina che guardava con dolcezza
un sorridente Roxas con la testa poggiata sul suo petto e, pochi
istanti dopo, quella del loro bacio nella cucina di Demyx. Le ragazze
fecero partire un coro di “Ooohh!” e il
Saïx seduto accanto a Demyx fece finta di vomitare, facendo
scoppiare a ridere Riku. Axel non sembrò troppo contento di
questo, ma per qualche motivo Roxas gli sussurrò
all’orecchio che Riku sceglieva sempre
“sfida”.
- E
immagino che tutto questo sia per augurarti un felice compleanno, Axel,
da tutti noi – aggiunse la voce amichevole di Pence, mentre
scorrevano le foto finali, con nomi correlati.
Hayner e Sora
che pasticciavano con la cartapesta; Saïx che diceva qualcosa
a Olette, tenendo in mano una cartellina, le teste vicine mentre
confabulavano; Demyx tutto pensieroso con il sitar alla sua sinistra e
una penna in bocca; Roxas che lavorava su un grosso pezzo di legno con
uno scalpello, troppo concentrato per accorgersi
dell’obiettivo, il viso rosso e sudato; Selphie e Riku che
lavoravano ai vestiti, l’una con un metro in mano,
l’altro che teneva la stoffa tesa, con alcuni spilli tra le
labbra; Kairi e Naminè che pitturavano delle sagome di
cartone; infine Pence che strizzava l’occhio e salutava con
la mano.
La stanza
piombò nel silenzio e Axel si asciugò
furtivamente una lacrima fuggitiva. Gli altri fecero finta di niente
– anche se il gesto non sfuggì a nessuno
– e iniziarono a parlottare allegramente dei giochi.
- Pff
– fece Saïx – Siamo un po’
cresciuti per queste cose preadolescenziali –
- Non
fare il guastafeste, Tinto! – lo rimproverò Demyx
– Non c’è niente di meglio di qualche
giro di “Verità o Sfida” per conoscerci
meglio –
- È
chiaro che ti stai offrendo volontario! – saltò su
Sora – Verità o sfida? –
- Verità
–
- Si
vocifera in giro che sei gay. È vero? –
- Mi
dispiace deluderti ma è una bugia, mi piacciono le
fanciulle. Kairi! –
Proseguì
su questo tono per un po’, finchè
Naminè si rivolse ad Axel, che scelse verità. Il
festeggiato si aspettava una domanda sulla serata, invece…
- Raccontaci
cos’hai pensato quando hai conosciuto Roxas – a
quanto pareva la ragazza era molto curiosa di scoprire gli sviluppi
della loro storia dall’inizio.
- Oh…
Sono una brutta persona se dico che lo volevo avvicinare per prenderlo
un po’ in giro? Perché è
così che è andata, all’inizio
–
Pence e Hayner
risero e Axel si grattò la nuca.
- Nah,
non scherzo. Ho visto arrivare questo piccoletto, presumibilmente gay e
ho pensato “Evviva, carne fresca!”. E mi sono messo
nei guai da solo –
- Ben
ti sta! – Roxas gli mostrò la lingua.
- Comunque…
Riku, a te la scelta –
- Sfida
– il ragazzo sembrava impassibile, ma si ritrasse alla vista
del ghigno malizioso di Axel.
- Molto
bene – risatina malvagia – Bacia Saïx,
tenendo gli occhi chiusi, per non meno di trenta secondi –
- COSA?!
–
- Festa
mia, mie le regole. Avanti –
Riku e
Saïx si guardarono vagamente disgustati, poi il più
grande sospirò.
- Forza,
facciamola finita. Ma lingua a posto –
- Non
chiedo di meglio – mormorò Riku prima di eseguire
gli ordini.
- Yuppie!
Yaoi! – esclamò Selphie.
Mentre i due si
baciavano Pence e Roxas scattarono delle foto e tutti loro
ridacchiarono e bisbigliarono. Alla fine, senza fiato, Riku e
Saïx si separarono.
- I
trenta secondi più lunghi della mia vita –
biascicò Riku, passandosi il dorso della mano sulla bocca.
- Prova
con due
minuti,
‘Ku – sghignazzò Sora e Riku
inorridì.
- Perché
non ci avete avvisati? –
Naminè
si portò solennemente una mano sul cuore e
spalancò gli occhioni azzurri.
- Pensavamo
che avreste tenuto voi il conto! Come potevamo sapere che vi sareste
lasciati trasportare in quella maniera? – e poi se ne
uscì con un ghignetto assolutamente non da lei.
- È
così che si gioca, ragazza! – esclamò
Demyx con ammirazione, offrendole il “cinque”.
Naminè
sorrise. Lavorando a stretto contatto con lui si era accorta che il
Demyx di Nemici non era un personaggio
costruito, come spesso succedeva in programmi del genere; il ragazzo
aveva sempre mostrato la sua vera personalità. Ed era
divertente passare del tempo con lui.
Con gran
sorpresa di tutti Saïx fu il primo a ridere, nonostante fosse
stato uno dei bersagli dello scherzo. Posò una mano sulla
spalla del suo compagno di sventura.
- Riku,
ce lo siamo meritato. E comunque baci bene –
scherzò.
Riku sorrise e
scosse la testa. Di solito era lui a fare lo stronzetto, ogni tanto era
anche giusto assaggiare la sua stessa medicina.
- Grazie,
anche tu – rispose quindi, prima di ridere a sua volta.
Quella serata,
riflettè Axel mentre giaceva ad occhi aperti sul suo letto,
era stata decisamente una delle più memorabili che avesse
mai potuto associare al suo compleanno. Sospirò contento e
scivolò serenamente nel sonno, accarezzando con dita
delicate la piccola fiamma argentata della sua nuova collana.
Lo
so, non ho scuse per questo ritardo atroce. A mia discolpa posso dire
solo che non è facile trovare il tempo per scrivere e
aggiornare mentre si studia per gli esami universitari e
contemporaneamente si lavora… :(
Comunque
questo era il nuovo capitolo, il prossimo non vi farà
aspettare così tanto e sarà a rating arancione
(finalmente, direte voi XD).
Nei
prossimi giorni risponderò alle recensioni che mi avete
lasciato la volta scorsa, che sono tantissime (yay!) e vi ringrazio
tantissimo per questo.
Appena
dato il prossimo esame mi dedicherò anche a recensire le
storie che sto seguendo e di cui non ho avuto proprio il tempo di leggere
gli ultimi capitoli. In particolare quelle della mia adorata autrice
Sick e di Eugenia Psyche Rox. Scusatemi… *Fa la faccia da
cucciolo*
Grazie
per la pazienza, un bacio a tutti! ^^ |
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Capitolo 12 *** Mens sana in corpore... davvero molto molto sano! ***
ATTENZIONE! Questo
capitolo è a rating arancione. Avrei voluto modificare le
caratteristiche della storia (e, credetemi, questo sarà
fatto quanto prima), ma il sito sta facendo delle modifiche e mi ha
momentaneamente reso impossibile riadattare le caratteristiche della
storia. Io vi ho avvisati, ora potete leggere in pace. ;)
Non saltate le note a fine capitolo!
Enjoy!
^^
- Rox,
ora di merenda! – disse allegramente Axel un pomeriggio di
fine agosto.
Lui e Roxas
erano a casa del rosso a studiare, l’uno per un esame che
avrebbe dovuto dare a metà settembre, l’altro per
il test d’ingresso della facoltà di odontoiatria.
- Cosa
ti andrebbe? –
- Una
mela, per favore –
- Ecco
a te –
Roxas tese la
mano senza sollevare lo sguardo dal libro dei test. Sul suo palmo fu
posata una banana. Il biondo guardò il suo ragazzo e
inarcò ironicamente un sopracciglio.
- Beh,
questa è senz’ombra di dubbio la mela
più strana che abbia mai visto –
- Il
cervello ha bisogno di zuccheri per funzionare e una banana matura ne
contiene di più di una mela, lo sai –
- Oltre
ad essere una buona fonte di potassio – sospirò
Roxas – K sulla tavola degli elementi. Urgh –
- Bravo
bambino! –
Roxas
guadagnò qualche pacchetta sulla testa, come se fosse un
cane e si scansò roteando gli occhi. Poi gli venne
un’idea perversa e nascose un ghigno.
- Hai
ragione – disse ad Axel – Vada per la banana
–
E
abbassò di nuovo lo sguardo sul libro, giocherellando
distrattamente con l’estremità della buccia giallo
scuro, facendoci scorrere sopra il pollice.
Axel gli
lanciò un’occhiata, ma scrollò le
spalle e si dedicò al proprio yogurt. Roxas
sbucciò lentamente la banana, segnando ogni tanto una
risposta, valutando e facendo calcoli a mente o su un foglio
scarabocchiato, molto assorto, all’apparenza.
Portò lentamente la banana alla bocca e la lasciò
qualche attimo lì, a sfiorare a malapena le sue labbra
mentre fingeva di accigliarsi di fronte a una domanda complessa. Vide
con la coda dell’occhio che Axel lo guardava e di nuovo si
costrinse a sopprimere un ghigno. Premette dolcemente la punta del
frutto contro la propria bocca semiaperta e vide Axel spalancare gli
occhi e abbassare la testa sul libro più in fretta
possibile. Si sforzò intensamente di non cambiare
espressione quando il rosso lo guardò di nuovo.
“Ora
arriva il bello!” pensò maliziosamente e
mordicchiò delicatamente l’estremità
della banana usando solo le labbra.
Un cupo rossore
inondò le guance di Axel, che ormai fissava il biondo come
ipnotizzato.
Ridendo
internamente, Roxas sferrò il colpo di grazia:
leccò assentemente la punta della banana mentre segnava una
risposta e Axel lasciò cadere la testa
all’indietro, gli occhi serrati, mordendosi le labbra. Era
evidente che stesse cercando invano di calmarsi. Il biondo non sapeva
se quella scena fosse più comica o più erotica,
ma decise comunque di spingersi un pochino oltre.
Sollevò
lo sguardo.
- Ti
senti bene, Ax? – chiese innocentemente – Sei tutto
rosso e sudato –
- Sì,
io… Sì. Ho solo caldo – la sua voce
tremava appena – Sai cosa? Penso che andrò a farmi
una bella doccia. Fredda
–
Detto questo
uscì dalla stanza, avendo cura di voltare la schiena al
biondo mentre si alzava, probabilmente per nascondere il palese
gonfiore nei suoi pantaloncini piuttosto aderenti – e ora
anche un po’ stretti sul davanti.
Appena
sentì l’acqua scorrere Roxas scoppiò a
ridere: la faccia del suo rosso era stata impagabile. Anche se forse
aveva un po’ esagerato, ma si sarebbe fatto perdonare in
qualche modo.
Axel
rabbrividì mentre l’acqua ghiacciata gli scorreva
su tutto il corpo. Così andava meglio, molto meglio.
Sospirò pesantemente; quel ragazzino lo stava facendo
impazzire di desiderio e questo, pensò, non andava affatto
bene: il rapporto uomo-uomo era completamente diverso da quello
uomo-donna e Axel non voleva forzare Roxas. Del resto i suoi baci da
soli erano così dolci da fargli quasi esplodere il cuore per
l’emozione. Ma il suo corpo bramava quello del biondo.
La sua erezione,
che si era un po’ attenuata a contatto con l’acqua
fredda, tornò suo malgrado. Axel non se ne sarebbe
sbarazzato tanto facilmente, a meno che…
Fece scorrere
lentamente la mano lungo il suo addome scolpito, avvolgendola attorno
al suo sesso e accarezzandosi con vigore. Non sarebbe durato molto, lo
sentiva.
Buttò
la testa all’indietro quando raggiunse il culmine con un
gemito soffocato.
Ansimò
per qualche secondo, pensando a ciò che gli aveva detto
Lexaeus quando il biondo si era iscritto in palestra: “Ho
come l’impressione che, nonostante l’aspetto
angelico, sarà lui a farti vedere
l’inferno”.
“Che
io sia dannato”
pensò Axel “Aveva ragione!”.
Comunque quando
il ragazzo si fosse sentito pronto Axel sarebbe stato lì per
lui e allora…
Roxas, che era
ritornato a esercitarsi in chimica, si interruppe all’arrivo
di Axel, che si presentò di nuovo in pantaloncini, ma a
torso nudo, come faceva quasi sempre in casa, anche quando
c’era Roxas. Il rosso fu sollevato nello scoprire che la
maledetta banana non era più in vista. Si lasciò
cadere sul divano. Roxas si alzò e lo raggiunse.
- Scusa
– disse piano, afferrandogli una mano.
Axel si
guardò sospettosamente intorno. Sembrava tutto in ordine.
- Che
hai combinato? –
- Alla
casa niente. A te, piuttosto. Ho un po’ esagerato eh?
– lo guardò in modo significativo e Axel
spalancò la bocca.
- L’hai fatto apposta?
Perché?! –
Roxas scosse la
testa come per scacciare un pensiero molesto.
- Diversi
motivi. Te ne dico qualcuno. Prima di tutto –
ghignò – Sei stato tu a darmi quella
banana al posto di ciò che ti avevo chiesto. Già
questa è stata una provocazione –
Axel fece per
parlare, ma Roxas lo zittì con un bacio mozzafiato e tutto
ciò che uscì dalla bocca del rosso fu un lieve
mugolio di approvazione.
- Secondo
– proseguì Roxas, indicando il petto nudo
dell’altro – Ogni volta che siamo qui da soli a
studiare tu ti presenti così
“per stare fresco”. Hai idea dell’effetto
che ha su di me? Beh, te ne ho appena dato una dimostrazione
–
Tracciò
con una mano il petto nudo di Axel, sfiorandone i capezzoli, che si
irrigidirono all’istante. Il rosso si morse ferocemente le
labbra per non farsi sfuggire alcun suono.
- Ultimo,
ma non meno importante. Trovo davvero molto dolce che tu non voglia
correre perché ho… poca esperienza –
Axel notò che aveva detto “poca
esperienza” invece di “non ho esperienza”
e sollevò un sopracciglio, ma decise di non indagare oltre
– Ma,
solo perché il sesso vero e proprio non è
previsto nell’immediato futuro, ciò non vuol dire
che dobbiamo astenerci completamente.
Ti ricordi com’è avere diciannove anni?
–
- Ti
assicuro che averne ventisei non è poi tanto diverso
– Axel sorrise debolmente. Poi inchiodò Roxas allo
schienale del divano – E tu hai idea di cosa mi hai costretto
a fare? L’acqua fredda non è stata di grande
aiuto, sai. Quindi, dato che abbiamo assodato che tu non vuoi andarci
troppo piano… -
Lasciò
la frase in sospeso e si avventò sulle labbra del suo
ragazzo. Le loro lingue iniziarono un appassionato duello per la
dominanza, che Axel vinse senza troppe difficoltà. Quando si
separarono per riprendere fiato il rosso ne approfittò per
sfilare la maglietta a Roxas, buttandola senza riguardi su un
bracciolo. Il ragazzo trasalì arrossendo, ma non si fece
scoraggiare.
- Era
ora – mormorò invece, concedendosi più
che volentieri a un’altra serie di baci furiosi, tra i quali
Axel mormorò parole sconnesse come
“letto”, “comodi” e
“inferno”.
I due si fecero
strada incespicando fino alla camera da letto, dove Axel spinse il
biondo sul materasso piuttosto rudemente e si limitò a
fissarlo per qualche momento, col fiato corto.
- Cosa
c’è? – chiese Roxas.
- Niente,
mi piace guardarti –
Axel si
avvicinò lentamente al ragazzo, fissandolo, come chiedendosi
da dove cominciare. Poi ghignò e gli pizzicò un
fianco. Roxas trasalì. Un altro pizzico. Roxas gli
afferrò i polsi e lo tirò a sé con
forza. Axel atterrò sopra il biondo e gli sorrise malizioso.
- Ehilà,
baby! – mormorò in tono seducente, baciandogli la
clavicola.
Roxas
affondò entrambe le mani nella criniera rossa e strinse
leggermente tra i denti il lobo dell’orecchio
dell’altro, facendolo rabbrividire.
Le mani di Axel
vagarono dolcemente sul petto del biondo e le sue labbra si chiusero su
uno dei capezzoli già tesi. La schiena di Roxas si
inarcò e Axel sorrise tra sé.
- Siamo
sensibili eh? – sembrava molto compiaciuto.
Continuò
ad occuparsi dei capezzoli del ragazzo con le labbra, mentre con una
mano riprese l’esplorazione di quel giovane corpo, fino a
sfiorare in modo delicato la protuberanza sul davanti dei suoi
pantaloni.
Roxas trattenne
bruscamente il respiro e chiuse gli occhi, tenendoli stretti.
- Sì,
esatto, Roxas. Tieni gli occhi chiusi e goditi le sensazioni che stai
per provare, perché questo è solo
l’inizio –
- Ma
io… vorrei anche… - la voce di Roxas era molto
roca e si spezzò quasi subito, ma Axel capì lo
stesso.
- Ci
sarà tempo per quello. Ore, giorni… mesi, se
necessario, non vado da nessuna parte –
Mentre gli
parlava quietamente all’orecchio, Axel si adoperò
a sbottonargli i pantaloni e Roxas sollevò i fianchi in modo
collaborativo per permettergli di toglierli. Dopo un attimo di
esitazione l’intimo fece la stessa fine.
Axel rimase
qualche istante in contemplazione. “Chi l’avrebbe
mai detto?”. Considerate le dimensioni del suo corpo, Roxas
era ben messo, lì sotto. Non che avesse importanza, ma Axel
era abbastanza sicuro che la differenza tra loro fosse minima.
- C’è
qualcosa che non va? – chiese il biondo senza aprire gli
occhi.
Axel sorrise
guardando il viso arrossato da imbarazzo e desiderio del suo ragazzo.
Gli piaceva troppo metterlo a disagio, ma non era quello il momento dei
giochetti. Li avrebbe riservati per un’altra volta.
Gli
sfiorò il viso con le labbra e salì per leccargli
leggermente la parte esterna dell’orecchio, circondando
finalmente con le dita il suo membro eretto, strofinandolo dolcemente.
Quando Roxas aprì leggermente la bocca per emettere un
sospiro tremolante, Axel non riuscì a trattenere una domanda
curiosa.
- È
la prima volta che qualcun altro ti tocca così, Rox?
–
Roxas
mormorò qualcosa di indistinto e Axel fermò il
suo movimento.
- Cos’hai
detto? –
Roxas
sollevò appena la testa.
- È
importante che mi sia già successo oppure no? –
- Nah,
solo curiosità. Allora, hai intenzione di rispondere?
–
- No
– il più piccolo si lasciò cadere di
nuovo sul materasso.
- No
“non è mai successo” o no “non
ti rispondo”? –
Roxas
ghignò e richiuse gli occhi.
- Non
te lo dico –
Anche Axel
ghignò.
- Per
me è abbastanza come risposta –
“Non
saltare troppo alle conclusioni” pensò il biondo.
Axel
ridacchiò e tornò al
“lavoro”, tracciando il petto del più
piccolo con la mano libera e lasciando una scia di morsetti verso il
basso.
Poi
all’improvviso Roxas avvertì qualcosa di caldo e
bagnato scorrere sul suo sesso e aprì gli occhi di scatto.
Axel lo guardò innocentemente dal basso – malgrado
la situazione, per ovvi motivi, fosse tutt’altro che
innocente – la lingua ancora in movimento. Sollevò
un sopracciglio interrogativamente.
- Ti
dà fastidio? Smetto? –
- Nooo
– gemette Roxas – Continua –
Axel
ridacchiò e questo, dato che il rosso aveva scelto proprio
quel momento per accogliere il biondo fra le proprie labbra,
spedì vibrazioni lungo tutta la lunghezza di Roxas,
facendolo gemere più forte. Poco dopo Axel iniziò
a fare qualcosa di davvero incredibile e Roxas fremette e si contorse,
artigliando strettamente la trapunta leggera.
- Axel
– la sua voce era molto roca – Spostati, sto
per… -
Ma Axel emise
una specie di ringhio e incrementò il ritmo.
Roxas non
riuscì a trattenersi. Raggiunse l’apice del
piacere con un basso mugolio e rimase lì ad ansimare, sempre
ad occhi chiusi. Li riaprì lentamente quando
sentì Axel spostargli delicatamente i capelli dal viso e
dargli un bacio sulla fronte sudata, distendendosi accanto a lui.
- Grazie
– mormorò allora il biondo, nascondendo il viso
contro il petto nudo dell’altro in un improvviso attacco di
timidezza.
Axel lo strinse
a sé e rimasero qualche minuto in silenzio,
finchè Roxas si accorse che il rosso era ancora eccitato:
ciò che gli premeva contro il basso ventre non poteva certo
essere il suo ginocchio, pensò divertito. Si accorse che i
capezzoli dell’altro erano a poca distanza dal suo viso e ne
stuzzicò uno con la lingua, mentre con la mano scendeva
verso l’elastico dei suoi pantaloncini.
Axel, preso alla
sprovvista, emise un gemito più sonoro di quanto entrambi si
sarebbero potuti aspettare.
Roxas si stava
avventurando in un campo sconosciuto: prima di allora non aveva mai
toccato un altro ragazzo in modo così intimo, ma quando le
sue dita si chiusero attorno al calore pulsante
dell’eccitazione di Axel e lui sentì il cuore del
rosso battere all’impazzata contro il suo viso, Roxas
capì che il più grande era emozionato dal suo
tocco incerto non meno di lui.
Ciò
lo rese un po’ più sicuro di sé e si
prodigò a rimuovere completamente i fastidiosi indumenti
superstiti. Poi, dopo un’occhiata al corpo nudo del suo
ragazzo, ridacchiò senza riuscire a trattenersi.
Axel lo
guardò stranamente e arrossì.
- Cosa
c’è? Mi trovi divertente? O ciò che
vedi non ti soddisfa? – sembrava un po’ preoccupato.
Roxas gli
sorrise dolcemente e gli diede un bacio appassionato, riprendendo la
sua precedente attività.
- Niente
del genere, anzi hai un corpo semplicemente perfetto e dovresti
saperlo. Semplicemente non mi aspettavo un colore
così… acceso… anche quaggiù
– strizzò leggermente la zona interessata.
- Oooh!
Sì, lo so. Uhmf!
È piuttosto imbarazzante – rispose ansimando
leggermente.
- Perché?
A me piace – sussurrò Roxas, muovendo la mano un
po’ più in fretta.
Axel
sibilò e inarcò il bacino e il biondo ne
approfittò per afferrare con la mano libera una delle
natiche marmoree dell’altro, stringendola con una certa forza
mentre gli mordicchiava i capezzoli. Quanto aveva sognato questo
momento! Finalmente una delle sue fantasie stava diventando
realtà.
Axel
mugolò e si strinse a Roxas, che notò che il
rosso era molto vocale
in quei momenti; gli piaceva, gli dava una sensazione di controllo e
“dominanza” che di solito non aveva.
Sollevò appena lo sguardo e, senza interrompere il movimento
delle sue labbra sul petto dell’altro, lo portò
all’orgasmo. Axel mugolò vagamente il suo nome, il
viso rosso e sudato, gli occhi chiusi e l’espressione
stravolta. Era lo spettacolo più dolcemente erotico che
Roxas avesse mai visto.
Dopo essersi
ripuliti con un paio di salviette, i due si addormentarono
l’uno tra le braccia dell’altro.
Roxas si
svegliò un’oretta più tardi. Si sentiva
intontito e tenne gli occhi ben chiusi. Era molto consapevole del corpo
del suo ragazzo accanto al suo e della loro completa nudità
a causa di tutto quel contatto di pelle bollente contro pelle rovente.
Aprì
gli occhi lentamente. Come già detto Axel era lì
accanto a lui, ancora nel mondo dei sogni, tenendolo stretto come un
orsacchiotto. Gli venne da sorridere guardando il viso sereno del
ragazzo, semi rannicchiato su un fianco. Era proprio dolce.
Roxas si
rigirò cautamente nell’abbraccio in modo da
poggiare la schiena contro il petto dell’altro, imitandone la
postura.
Axel
mormorò qualcosa, ma non si svegliò.
Axel fu destato
dal suono di un telefono che squillava, seguito quasi subito dalla voce
di Roxas, che parlò piano nella speranza di non disturbarlo.
Peccato che la persona dall’altra parte non avesse simili
scrupoli. Roxas si irrigidì appena.
- Mamma,
quante volte ti ho detto di non urlare al telefono? Ci sento lo stesso
–
Axel strinse
più forte Roxas e gli diede qualche leggero bacio su una
spalla. La zona si ricoprì subito di pelle d’oca e
il ragazzo, sempre al telefono, gli si rannicchiò contro.
- Sì,
sono a casa di Axel, finiamo di studiare e poi mi aiuta ad allenarmi
per il torneo di Struggle. Aha. Aha. Aha… no, aspetta, TIDUS
COSA?! –
Axel
trasalì al grido improvviso.
- No,
non si può. Ma mam… mamm… MAMMA! Siamo
ad agosto, la palestra non è nemmeno ufficialmente aperta.
È diverso, io sono cliente e sono stato invitato. Non sono
così sfacciato da chiedere… - Roxas emise un
sospiro esasperato.
Axel si mise a
sedere e parlò ad alta voce.
- Che
succede, Rox? –
- Mio
fratello vorrebbe assistere e partecipare al nostro allenamento. Sai,
si è iscritto anche lui al torneo –
- Perché
no… -
- Eh?!
–
- Ma
sì, fallo venire, mi prendo io la responsabilità
con Lex –
- Uff!
digli di farsi trovare davanti a Kingdom Body tra mezz’ora.
Può prendere il mio skate, ma se mi ci fa anche solo un
graffio me lo ricompra nuovo –
Sua madre disse
ancora qualcosa. In risposta Roxas sospirò di nuovo, scosse
la testa e passò il telefono ad Axel, che lo prese
perplesso, ascoltò per qualche istante e sorrise.
- Anche
per me è un piacere sentirla. Come? Ma…
uhm… d’accordo Cynthia. Nah, non disturbarti,
avrei comunque accompagnato Roxas, sarà un piacere avere
anche Tidus –
Roxas
spalancò la bocca. Sua madre aveva appena incoraggiato Axel
a darle del tu? Sul serio?
Poi Axel
boccheggiò e Arrossì. Sì, con la A
maiuscola. E iniziò a balbettare.
- Ecco,
io… sì, insomma… Va bene, a dopo
allora. Ciao –
Axel chiuse la
conversazione e si lasciò cadere sul letto a peso morto,
ancora molto rosso in viso.
- Che
succede? –
- Roxas,
hai detto ai tuoi di… noi?
–
Il biondo
assunse un’aria imbarazzata.
- Beh,
no. Non è che mi vergogni di te, solo non mi è
sembrato il caso visto che mi sono dichiarato da poco e anche se non
voglio fare le cose in segreto… -
Una mano
bollente interruppe il suo pigolio agitato.
- Sora?
–
Roxas scosse la
testa e borbottò qualcosa che gli sembrò un
“Sa come la penso”.
- Ok…
quindi l’invito a cena non è la scusa per un terzo
grado –
Roxas
strappò via la mano di Axel dalla propria bocca.
- Ti ha
chiesto di darle del tu e restare per cena! Dovrò ricordarle
che è sposata –
- O
semplicemente farle notare che questo corpo meraviglioso –
indicò la propria nudità in tutto il suo
splendore – è tuo –
Roxas
arrossì, ricordandosi solo in quel momento di ciò
che era successo tra loro. Axel sghignazzò, ma si
preoccupò enormemente quando anche l’altro emise
una risatina maliziosa e quasi malvagia.
- Mio,
eh? Giustissimo! –
E
all’improvviso un Roxas molto nudo e davvero molto
determinato si lanciò su Axel in modo giocoso.
Quest’ultimo, credendo che volesse fare la lotta,
cercò di divincolarsi, ridendo, ma la risata
s’interruppe bruscamente quando le mani di Roxas iniziarono a
vagare su tutto il suo corpo e il rosso sentì una specie di
piagnucolio emergere dalla propria gola, mentre le labbra
dell’altro – e i suoi denti – erano
impegnate sulla suddetta zona.
- Roxahhs!
Se continuiamo così l’allenamento va a farsi
benedire completamente. Lo sai che “sesso” e
prestazioni sportive non vanno d’accordo –
esclamò, cercando di stroncare sul nascere una nuova
erezione.
Roxas
ridacchiò e lo lasciò libero, raccattando i
propri vestiti e infilandoseli come se niente fosse.
- Hai
ragione. Tu fa’ pure con calma, io torno a studiare nel
frattempo –
Quando il
ragazzo uscì dalla stanza Axel si grattò
pensosamente la testa.
Roxas gli era
sembrato piuttosto timido all’inizio, ma quando aveva preso
l’iniziativa pareva avere un’idea piuttosto precisa
di come muoversi; certo, la tecnica andava perfezionata, ma…
forse Roxas aveva
un po’ di esperienza, dopotutto.
Axel
cercò di sopprimere una fitta di gelosia. Chi era lui per
lamentarsi, in fondo? Aveva certo avuto molti più amanti di
Roxas, con sette anni di “vantaggio”.
Già… sette anni e Roxas riusciva comunque a farlo
sentire come un ragazzino alle prime armi.
Sospirò
e si vestì.
- Sei
in ritardo! – sbottò Roxas.
- Dammi
tregua, ho rallentato per non rovinare il tuo prezioso skate
–
Roxas
sbuffò e trascinò Tidus all’interno,
dove Axel e Lexaeus li stavano aspettando. Dopo aver presentato il
più giovane a Lex – Axel aveva conosciuto Tidus il
giorno dopo il suo primo appuntamento con Roxas – il rosso si
fece avanti.
- Bene,
io e Lex stavamo pensando che, visto che Tidus vuole allenarsi con noi,
dovresti prima di tutto combattere contro di lui –
- Vuoi
che io mi batta con Tidus? Non se ne parla! –
- Paura
di perdere, Rox? –
Roxas
roteò gli occhi con un sospiro impaziente, ma per il resto
ignorò il fratello.
- Sarebbe
una lotta impari – disse invece.
- Fallo
e basta, Roxas – lo rimbrottò Lexaeus in tono
severo – Potrebbe comunque capitarti di doverlo affrontare
durante il torneo –
Roxas
ammutolì e scrollò le spalle.
Axel
aprì l’armadietto dove tenevano le
“armi” di allenamento e Tidus si fiondò
su un lungo bastone; Roxas prese la sua solita spada di legno, facendo
ridacchiare il fratello, che borbottò qualcosa a proposito
di “giocare a fare l’eroe”, mentre invece
quella era quanto avessero di più simile a una mazza da
Struggle e Roxas voleva farci l’abitudine.
Tidus era
più alto e robusto di Roxas e presentava una struttura
fisica che sembrava predisporlo per il combattimento, per questo i due
istruttori avevano deciso di far lottare quei due uno contro
l’altro.
Ma effettivamente il
duello non era alla pari.
Tidus aveva
costretto Roxas a una posizione di difesa e il ragazzo pareva in
difficoltà.
- Roxas!
– lo rimproverò Axel – Smettila di
trattenerti! –
- Cosa?!
– sbottò Tidus, facendo emergere quella
somiglianza così rara col fratello – È
per questo che sei così deludente? Avanti fammi vedere
quello che sai fare veramente, posso reggere! –
- Per
quanto tu sia un cretino, Tid, non vorrei farti male. Ma se
è questo che vuoi… -
Nel giro di un
minuto Tidus era seduto sul pavimento a deprimersi per la sconfitta
subita, perché in fin dei conti “Anche io sono
cresciuto facendo la lotta con te e gli altri”.
Axel prese due
cerchi spinati in legno, con al centro due maniglie a forma di croce e
li fece roteare, reggendoli mollemente.
- Spero
che Axel ti dia una bella lezione –
- Oh,
lo farà sicuramente –
E cominciarono.
Tidus seguì l’allenamento a bocca aperta. Non si
aspettava certo che quel piccoletto di suo fratello (un
“orgoglioso” metro e sessantasei contro
l’1,75 di Tidus ancora in fase di crescita) potesse tener
testa – anche se con una certa difficoltà) a una
forza della natura come Axel. Si voltò verso Lexaeus, che
guardava i suoi allievi sorridendo con un certo orgoglio.
- Axel
si sta trattenendo, vero? –
Lexaeus scosse
la testa.
- Se lo
facesse non sarebbe certo di grande aiuto, visto che Roxas vuole un
vero allenamento –
E comunque quei
due sembravano spassarsela alla grande, lanciandosi reciprocamente
affettuosi insulti e ansimando, interrompendosi solo quando uno dei due
non riusciva più a trattenere una risata idiota; di solito
l’altro seguiva a ruota.
Ciò
per qualche motivo sembrava mettere di buon umore Lexaeus,
riflettè Tidus, di sicuro c’era un nesso che lui
non conosceva.
Alla fine i due
decisero di essere troppo stanchi per continuare.
- Oggi
abbiamo fatto davvero schifo – disse Axel –
Chissà perché… -
- È
vero – rispose Roxas – Ma tu hai fatto
più schifo di me –
- Sarà,
ma io ho due “scuse”, tu solo una –
- Credevo
che scherzassi quando mi hai accennato alla prima –
Axel
sembrò imbarazzato.
- Avrei
preferito anch’io che fosse uno scherzo quando è
arrivata la seconda –
Strizzò
l’occhio a Roxas, facendolo arrossire e guardare altrove.
Tidus
seguì gli scambi incuriosito; Lexaeus invece sembrava
piuttosto divertito, soprattutto perché quei due avevano
combattuto davvero al di sotto delle loro possibilità, ma in
compenso sembravano più complici che mai. Erano una gioia
per gli occhi e il modo in cui si guardavano gli fece tornare in mente
il periodo in cui lui e sua moglie, dopo sette lunghi anni di amicizia
fraterna, si erano accorti di essere pazzamente innamorati
l’uno dell’altra.
Lexaeus sorrise
al pensiero del loro primo bacio al campo di sopravvivenza: erano
sfiniti e sporchi di terreno, ma gli occhi scuri della sua Rita
scintillavano come pietre preziose.
Il suo sorriso
si allargò. L’indomani sera avrebbe lasciato i
bambini a qualcuno per portare sua moglie fuori a cena, decise.
Aprì
gli occhi che non ricordava di aver chiuso e si ritrovò a
guardare tre giovani visi curiosi a poca distanza dal suo.
- Sei
impegnato domani sera, Axel? –
L’interpellato
si portò una mano alla nuca e ghignò.
- Oh,
Lex, lo sai che sono già fidanzato! –
Roxas fece una
piccola smorfia a quelle parole: da quanto tempo Lexaeus sapeva che lui
e Axel stavano insieme? Lui aveva lasciato solo intendere che erano
buoni amici, quando gli aveva chiesto del compleanno di
Axel… Imbarazzante.
Tidus si accorse
della strana espressione del fratello e spalancò gli occhi
scioccato a quello che credeva di aver capito: a Roxas piaceva Axel,
però lui era già impegnato, quindi Roxas doveva
accontentarsi della sua amicizia.
“Sì,
ma allora quel succhiotto che aveva l’altra volta?
Un’avventura?”
Tidus
rabbrividì disgustato e decise di concentrarsi di nuovo
sulla conversazione.
- …
con Dem e Saïx – stava dicendo Axel in tono
apologetico.
- Io
però sono libero, se hai bisogno – si
offrì Roxas.
Lexaeus
annuì e ringraziò e in men che non si dica i due
fratelli erano sotto le docce dello spogliatoio maschile (Axel era
andato nel bagno del personale per non mettere a disagio Roxas).
- Ehi,
Rox? –
- Mh?
–
- Mi
dispiace che… sì, insomma… che
Axel… -
Roxas lo
guardò stranamente.
- Di
cosa stai parlando? –
- Uhm…
niente, lascia stare –
- Siamo
a casa! – gridò Tidus nell’istante in
cui Roxas aprì la porta.
Axel prese un
respiro profondo, cercando invano di rilassarsi. Non capiva nemmeno
perché fosse così nervoso, in fondo era una
semplice cena, i genitori di Roxas non sapevano che erano una coppia.
Che
fosse proprio quello il problema?
Roxas
sembrò captare il suo nervosismo, perché sorrise
incoraggiante e gli accarezzò dolcemente un braccio.
- Oh,
non preoccuparti per me, fringuello. Vedrai che farò di
tutto per metterti in imbarazzo! –
Roxas si
limitò a ghignare sadicamente mentre sua madre faceva
capolino dalla porta dello studio.
- Ricorda
che sei nel mio territorio – bisbigliò di rimando.
Cynthia si
avvicinò con un gran sorriso. Era una donna bassina, con
capelli biondo scuro e gli occhi azzurri che aveva passato a Roxas, ma
non a Tidus, che li aveva più chiari.
- Axel,
da quanto tempo! –
- Yo,
Cyn… -
Prima che
potesse finire, però, l’energica donna
l’aveva preso per il davanti della maglia, tirandolo con
forza e costringendolo a piegare la schiena per potergli stampare un
bacio sulla guancia.
- Whoa! –
- Scusami,
ma sei così alto! Non capisco come faccia Roxas a guardarti
negli occhi senza prendere il torcicollo –
Roxas e Tidus si
scambiarono un’occhiata, ma distolsero subito lo sguardo per
non scoppiare a ridere alla faccia sconvolta di Axel.
- È
lui che deve piegarsi per guardare me, mamma – disse Roxas
impassibile.
Cynthia lo
guardò confusa, ma si strinse nelle spalle e
lasciò perdere.
- Mio
marito non è ancora arrivato e manca un po’ per la
cena, quindi avete un po’ di tempo da perdere – poi
guardò meglio il rosso e gli sfiorò un punto
sotto la mandibola – Axel, devi stare più attento
quando ti radi –
- Uh?
Perché? –
Cynthia
frugò in un cassetto e gli porse un piccolo specchio. Axel
esaminò il proprio riflesso. Il punto indicato da Cynthia
presentava una piccola macchia circolare di un rosso-violaceo. Era
proprio la zona in cui…
“Bastardo.
L’ha fatto
apposta!”
- Oh…
eh eh eh… pare proprio di sì. Devo avere la pelle
delicata – disse imbarazzato.
- Solo
a me sembra un succhiotto? – chiese sfacciatamente Tidus.
Axel si
portò una mano alla nuca e la grattò
furiosamente, sempre più rosso. Roxas guardò
altrove borbottando “Tu i succhiotti ce li hai in
testa” e “Saranno pure fatti suoi”, cosa
che fece inorridire Tidus, chiaramente convinto di aver rigirato il
coltello nella piaga.
- Hai
ragione, non sono fatti miei. Scusa Axel –
Il rosso sorrise
e scosse la testa e Cynthia riprese allegramente.
- Tid,
vieni ad aiutarmi con la cena e la tavola –
- Io?
Perché non può farlo Roxas? –
- Roxas
deve intrattenere il suo ospite –
La donna fece un
brusco cenno con la mano per zittire tanto le proteste di Tidus quanto
quelle di Axel, che si era offerto di aiutare anche lui. Roxas lo prese
per il polso.
- Vieni,
ospite, ti intrattengo – ridacchiò aprendo una
porta e trascinandolo dentro.
Axel si
guardò intorno: così quella era la camera di
Roxas. Era tanto interessato che si dimenticò di dare al
biondo una tirata d’orecchie per lo scherzetto che gli aveva
giocato lasciandogli addosso i segni delle loro precedenti
attività.
Una scrivania
ingombra di fogli, pezzi di legno semi intagliati e strumenti da
falegname – probabilmente presi in prestito da “zio
Cid” e mai restituiti – era posizionata contro un
muro laterale, su cui erano appese delle foto incorniciate di Roxas con
i suoi amici; la foto centrale, sviluppata in formato leggermente
più grande delle altre, lo vedeva ritratto con Hayner in una
stradina.
I due non erano
rivolti verso l’obiettivo, ma si guardavano negli occhi, gli
avambracci destri posati l’uno sull’altro e
un’espressione insieme intensa e complice sui loro visi.
Sulla cornice di legno scuro era inciso a lettere verniciate
d’oro, con scrittura un po’ incerta “È una promessa”.
In quella foto non dimostravano più di quattordici o
quindici anni.
Axel si
ritrovò a sorridere accarezzando le lettere irregolari.
- La
mia prima incisione – disse Roxas.
- Ne
hai fatta di strada – commentò Axel, spostando lo
sguardo sul resto della stanza.
Non si
soffermò sul piccolo televisore piuttosto impolverato,
scegliendo invece di dare un’occhiata alla libreria. In uno
scatolone aperto sul pavimento c’erano i vecchi libri di
scuola di Roxas, forse in attesa di essere rivenduti o qualcosa del
genere. Due mensole centrali erano vuote, probabilmente destinate a
libri universitari fotocopiati, da sottolineare e riempire di appunti
sulle lezioni e scarabocchi annoiati durante le stesse.
Tutte le altre
mensole erano stracolme dei libri più disparati. Libri di
fiabe usurati, romanzi fantasy, avventurosi, storici, gialli. Qualche
manuale scientifico come astronomia, informatica e, tanto per gradire,
psicologia. Alcuni classici della letteratura e alcuni volumi
decisamente più strani e inquietanti come “I
classici del sovrannaturale”, “I classici
dell’occulto” e “I classici della magia
nera”. Da tutti i libri, nessuno escluso, spuntavano
foglietti e post-it.
Axel si
voltò verso Roxas, una domanda che gli bruciava tra le
labbra. Fu sorpreso di riceverne la risposta senza nemmeno dover aprire
bocca.
- Sono
dell’idea che qualsiasi libro, per quanto bizzarro o
apparentemente noioso, meriti di essere letto per intero almeno una
volta. Gli altri lo sanno e spesso mi regalano qualcosa di decisamente
fuori dalle righe – Roxas ridacchiò e
indicò i tre volumi che avevano turbato Axel –
Hanno pensato che sarebbe stato divertente regalarmi quelli il giorno
del mio diciassettesimo compleanno, convinti che non li avrei mai
aperti. E dato che non prendevano le mie convinzioni sul serio sai cosa
ho fatto? – mormorò cupamente.
- Cosa?
– sussurrò Axel, stregato dal racconto. Era
affascinante ascoltare gli aneddoti del piccolo biondo.
- Mi
sono impegnato a leggerli solo nei giorni
“sfigati”, nelle ore più buie. Il che
vuol dire ogni giorno 13 e 17 del mese, dopo il tramonto. A qualsiasi
ora se era di venerdì. E non dimentichiamo il 31 ottobre e
il giorno dei morti. Ci ho messo un bel po’ a finirli
–
Axel
aprì a caso “I classici
dell’occulto” e vi trovò una serie di
foglietti con appunti e commenti come “Non ho mai letto tante
stronzate in vita mia!” o un più sarcastico
“Affascinante, ora sì che ho voglia di buttare in
un pentolone code di lucertola e ali di pipistrelli”. Su un
foglio giallo c’erano le date e gli orari di lettura dei vari
capitoli.
Axel scosse la
testa divertito e rimise il volume al suo posto, voltandosi e scorgendo
l’ennesimo libro sul comodino di Roxas. Lo riconobbe, era
quello che gli aveva regalato lui stesso e dalle pagine spuntavano un
sacco di foglietti di colori diversi. Il segnalibro a forma di tigre
era tra le pagine di un altro volume lì accanto. Un block
notes e una penna erano posati su una cartellina rigida, pronti
all’uso.
- Wow,
sei un lettore molto accanito. Quali altri segreti nascondi?
–
Roxas
scrollò le spalle e sorrise.
- Mens sana in corpore sano,
giusto? E comunque nascondo segreti – la sua voce
calò di un’ottava e diventò piuttosto
roca – davvero
molto oscuri. Vorresti scoprirli? –
Axel lo
guardò con gli occhi pieni di un desiderio malamente celato
e gli si avvicinò con fare seducente.
- Oh,
sì, voglio
scoprirli tutti – sibilò, leccandosi
le labbra.
Proprio quando
erano a meno di mezzo metro di distanza l’uno
dall’altro, Tidus aprì di scatto la porta, senza
degnarsi di bussare.
- Rox,
papà è arrivato, muovete i vostri culi muscolosi
– disse allegramente.
E se ne
andò, lasciando la porta aperta, ignaro della situazione che
aveva appena interrotto. Roxas sospirò.
- Tre
hurrà per i fratelli minori. Hip hip… -
- Hurrà! –
esclamò Axel con entusiasmo.
Lui era un fratello
minore, dopotutto.
- Sì,
sì, moltiplichiamo per tre… Ora vieni, ci tocca
andare, papà ci aspetta –
Improvvisamente
Axel si sentì molto meno allegro.
Da-da-dan!
Suspense! Sì, vi ho fatti aspettare, ma questo capitolo
è stato un parto, un parto molto sofferto per di
più. Scrivere scenette yaoi è molto
più difficile di quanto sembri, spero di non essere sembrata
troppo banale o – ancora peggio – troppo volgare,
considerando che il rating è arancione e non rosso. Comunque
come vedete quei due non riescono a starsi lontani. E Roxas
è un bel birbantello quando ci si mette. Perché
sì, questo è il mio Roxas, nella mia fantasia lui
è così.
Comunque
sono arrivata a una conclusione: questa storia ha una
volontà tutta sua e si scrive da sola nella mia testa,
perché anche se la trama è quella e non la
cambio, certe cose si aggiungono senza che io le abbia mai pensate.
Amiche autrici e amici autori (se ci sono maschietti che mi seguono), a
voi è mai capitato?
Tanti
sentiti ringraziamenti a tutti voi che mi seguite, soprattutto per la
pazienza che state dimostrando. Siete davvero tantissimi a leggere
questa mia sciocchezzuola e vi adoro tutti!
Baci
e abbracci, ci vediamo presto col prossimo capitolo, stavolta per
davvero, la stagione è quasi finita e smetterò
con gli orari impossibili. Comunque il prossimo capitolo è
già tutto scritto, aspetto solo di leggere i vostri pareri
su questo, quindi non siate timidi, fatemi sapere! ^^ |
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Capitolo 13 *** Il torneo ***
La cena fu,
tutto sommato, abbastanza tranquilla. “Quasi
noiosa” pensò Roxas “Rispetto agli
standard di Axel, comunque. Non voleva mettermi in imbarazzo? Beh,
potrei sempre farlo io, mi serve solo un’occasione”.
- E la
tua ragazza cosa ne pensa del tuo lavoro, caro? – sua madre
non era il massimo della discrezione.
- Ehm…
- Axel sembrava incerto su come rispondere: se avesse detto che era gay
i genitori di Roxas sarebbero subito saltati alla conclusione
più ovvia (e veritiera) – In che senso?
–
Cynthia gli
sorrise.
- Un
bel ragazzo come te è sicuramente pieno di ammiratrici
–
“Perfetto!”
- E
anche di ammiratori – disse Roxas con un ghigno.
Axel rispose con
uno dei suoi.
- Ti
stai inserendo nel numero, Roxy? –
Roxas
arrossì appena. “Accidenti alla sua risposta
pronta!”. Ma non mollò.
- Ti
piacerebbe, eh? –
Axel gli
strizzò l’occhio.
- Lo
sai! –
Tidus, che
vedeva chiaramente confermati i suoi sospetti, seguì la
scena con vaga preoccupazione: non voleva che il suo fratellone
soffrisse ancor di più. I loro genitori invece sembravano
piuttosto divertiti, soprattutto Eric.
- Questo
dovrebbe essere il momento in cui dico “Se fai soffrire mio
figlio ti ammazzo” o qualcosa del genere, non
è vero? – scherzò allegro,
evidentemente ignaro della situazione.
- Ehm…
- fece Axel grattandosi la nuca.
- Mi
spiace di darti questa notizia, pa’, ma quello si fa con le
figlie. Con le femmine –
Tidus non
riuscì a trattenersi.
- Perché,
tu cosa sei? – scherzò.
Roxas non si
scompose, al contrario, il suo sorriso si allargò.
- In
tal caso non dovresti proprio andar fiero dell’allenamento di
oggi – disse malizioso.
Tidus smise
immediatamente di ridere, con grande soddisfazione di Roxas che, senza
smettere di sorridere trionfante al fratello, allungò una
mano verso la ciotola della frutta e afferrò la prima cosa
che gli capitò in mano, che era, ironicamente, una banana.
Axel gliela tolse e la rimise al sicuro nella ciotola, sudando freddo.
Tutti lo
guardarono perplessi e Roxas trattenne un sorriso sadico. Axel
arrossì leggermente.
- Uhm…
eh… Rox, niente frutta troppo zuccherina, la sera.
È dannosa per l’allenamento, lo sai. Ecco, questa
è meglio – fece, posandogli in mano una mela.
Roxas la
fissò per dieci secondi buoni prima di ridere e mormorare un
“Signorsì!”.
Dopodiché
l’addentò con entusiasmo.
Quella sera,
dopo essere andato via, Axel chiamò Roxas.
- Ehi
– lo accolse la voce preoccupata del ragazzo –
È successo qualcosa? –
- No,
sono a casa sano e salvo. Volevo solo parlarti e non potevo farlo
liberamente a casa tua –
- Oh
–
- Roxas,
credo sia meglio che tu lo dica ai tuoi –
Silenzio
dall’altra parte e Axel fece una smorfia. Accidenti,
ciò non prometteva bene.
- Roxas,
dì qualcosa –
- Perché…
perché tanta fretta? –
- Voglio
sapere se gli sta bene che tu stia frequentando un… un uomo
più grande di te –
- Non
sei tanto più grande e io sono comunque maggiorenne
–
Axel
esitò.
- Ma
sono pur sempre sette anni. E io sono un adulto e tu un ragazzo
–
- Ci
stai… ripensando? –
- Cosa?
No! No, assolutamente! Lo sai, se ci stessi ripensando non suggerirei
di dirlo ai tuoi. A meno che non sia tu ad avere dei dubbi
–
- No!
Io… sono solo nervoso, immagino. Non ho mai parlato delle
mie storie a casa –
- Capisco.
Ma non potrà essere più difficile di dichiararsi,
no? Voglio dire, ormai se lo aspettano –
- Già
–
- Rox
– mormorò dolcemente Axel – Di norma non
insisterei, ma non mi sono mai… uhm… non sono mai
stato con un ragazzo (né una ragazza, per quello che
importa) così tanto più piccolo. Non sono due o
tre anni e… beh, sono spaventato anch’io. Ma non
voglio nascondermi –
- Lo
so. Glielo dirò prima possibile. Axel? –
- Mh?
–
- Ti…
- pausa significativa - … ti faccio sapere quando glielo
dico –
Quella notte
rimasero entrambi insonni a lungo, pensando alla loro conversazione,
chiedendosi se quella fosse davvero la decisione migliore o se alla
fine li avrebbe allontanati, in caso la reazione dei genitori del
biondo non fosse stata delle migliori. Nessuno dei due voleva davvero
prendere in considerazione una simile eventualità, in fondo
i genitori di Roxas avevano reso chiaro che Axel gli piaceva.
Si
addormentarono entrambi alle prime luci dell’alba, uno
stravaccato con un braccio a coprirgli gli occhi, l’altro
rannicchiato nel punto in cui Roxas aveva dormito il pomeriggio prima.
- …
e se hai problemi chiamaci pure – si raccomandò
Rita.
Roxas sorrise e
li rassicurò. Lexaeus fece un cenno di ringraziamento e i
due uscirono.
La piccola
Claire, che aveva i capelli di un castano rossiccio come quelli del
padre, gli chiese immediatamente di poter guardare un dvd. Roxas le
arruffò i capelli e le mise su “Aladdin”.
Nel frattempo
Ienzo, otto anni appena compiuti e occhi chiari e indagatori, lo
scrutò in sospettoso silenzio.
- Non
mi piaci – disse alla fine.
Roxas lo
guardò perplesso.
- Uh?
–
- Dov’è
Axel? Perché sei venuto tu? –
- Axel
era impegnato e io sono… un suo buon amico –
Ienzo strinse
gli occhi e incrociò le braccia.
- Rispetto
la decisione di mio padre, quindi rispetterò te, ma non mi
piaci comunque –
- Mi
sta bene – Roxas represse una risatina: mai visto un bambino
così serio e compunto – Cosa vorresti fare?
–
- Mi
piace studiare. Axel mi fa fare dei temi quando viene qui –
- Se
proprio ti diverte… Ma mi sembri troppo intelligente per un
tema a piacere, quindi facciamo così: pensa
all’ultimo libro che hai letto, scrivine un breve riassunto,
cosa ti è piaciuto, cosa non ti è piaciuto e
perché. Che ne pensi? –
- Penso
che tu sia davvero amico di Axel, ma lui
mi piace di più –
Roxas si
limitò a ridacchiare e ad accomodarsi in poltrona con un
libro il cui titolo recitava “L’arte di avere
sempre l’ultima parola”.
Quando Lexaeus e
Rita tornarono a casa trovarono i bambini placidamente addormentati e
Roxas che ridacchiava come un matto mentre scarabocchiava furiosamente
qualcosa su un post-it arancione.
- Anticipato!
Di solito li spostano a data successiva, non precedente! Mancano
solo cinque giorni! –
Demyx si mise
una mano sul cuore e iniziò a cantare.
- Cinque
giorni che ti ho perso, quanto freddo in questa vita… -
- Falla
finita, è una cosa seria! –
- Sei
proprio una primadonna, Axel – commentò
Saïx, scuotendo la testa.
- Che
dici, Tinto! Io sono un vero uomo! –
I tre si
guardarono negli occhi per qualche attimo.
I vicini
mandarono la polizia da Saïx con una lamentela di
“Schiamazzi notturni sotto forma di risate”.
Axel e Roxas
erano a metà strada tra il ring di sabbia e
l’università, entrambi molto tesi.
- Mi
spiace di non poter essere lì a fare il tifo per te
– disse Roxas.
- Questo
è precisamente quello che dovrei dire io –
ribattè Axel – Ma almeno togliendomi
l’esame oggi sarò sicuro di poter assistere al
resto delle tue gare –
- Nel caso
superassi le eliminatorie, vuoi dire –
- Ho la
massima fiducia in te –
- E io
in te –
- In
bocca al lupo! – esclamarono all’unisono.
Dopodiché
uno, tracolla in spalla, si diresse verso l’ateneo mentre
l’altro si avviò dalla parte opposta, pronto a
sgomitare per emergere tra la folla dei partecipanti al torneo.
Axel
guardò scoraggiato la folla in aula. Non poteva crederci,
volevano dare tutti l’esame quel giorno? Si
afferrò la testa con entrambe le mani: di questo passo si
sarebbe davvero perso tutte le eliminatorie, erano lì
già da due ore e adesso il professore aveva avuto la geniale
idea di fare una pausa caffè e fumarsi anche una sigaretta.
Non che non ne avesse il diritto, povero diavolo, anche Axel si sarebbe
stancato a morte a sentirsi ripetere sempre le stesse cose, ma la
tensione lo stava uccidendo. Strizzò gli occhi e si
massaggiò con vigore le tempie.
- Sembri
nervoso – fece una voce pacata accanto a lui e il rosso
sospirò, senza aprire gli occhi.
- Puoi
scommetterci, amico, ho un sacco per la testa, non vedo l’ora
di togliermi questo esame. Sai, per quanto la materia possa essere
affascinante e il prof un mito mi sto comunque consumando lo stomaco
per… ma tu come mai sembri
così tranquillo? –
- Forse
perché io non devo preoccuparmi
delle domande e del voto, solo guardarvi sudare freddo –
rispose la voce, decisamente divertita.
Axel
spalancò gli occhi e guardò terrorizzato
l’insegnante.
- Professore,
mi scusi, se avessi saputo non mi sarei mai permesso di… -
- Di
fare cosa? Darmi del tu o parlare in tutta franchezza? Rilassati, amico. Tu sei il prossimo, ma
sappi che non ci andrò leggero… uhm… -
- Axel
Flame –
- Ma tu
guarda, proprio lo statino che avevo pescato –
ridacchiò l’uomo, mentendo spudoratamente e lo
sapevano entrambi.
L’esame
fu effettivamente molto impegnativo e il
professore gli fece un paio di domande a trabocchetto, cui Axel rispose
quasi rabbiosamente, ma andò piuttosto bene e il giovane
uscì in tutta fretta dall’aula, cercando di
ricordarsi la strada più breve per il ring di sabbia.
Quando
finalmente arrivò, trovò l’area stipata
di persone che chiacchieravano, ridevano, gridavano e incoraggiavano
– o sbeffeggiavano – i partecipanti. Si fece largo
tra la folla per arrivare vicino al palco, ignorando alcune rumorose
proteste, troppo impegnato nella ricerca di qualche viso conosciuto.
Fortunatamente furono gli altri a trovare lui.
Tidus e Sora gli
corsero incontro – o, per meglio dire, sgusciarono come
anguille nel mare di gente – con aria molto eccitata.
- Sora,
Tidus! Datemi notizie! –
- Abbiamo
superato le eliminatorie, siamo nei quarti di finale! –
sbraitò Tidus, mentre Sora gli saltellava accanto, incapace
di star fermo.
- Tutti?
–
- Beh,
tranne Roxas e Riku che… -
- NON
CI CREDO, NON È ASSOLUTAMENTE POSSIBILE CHE ROX SIA STATO
ELIMINATO! –
- No,
Axel, non è così! È solo
nell’ultimo turno delle eliminatorie, tra poco ci saranno gli
incontri finali! –
Axel
sospirò sollevato.
- Chi
altro è passato oltre voi ed Hayner? –
- Un
tipo coi capelli rossi, un bruno enorme e un biondo che passa ogni anno
– rispose Tidus mentre raggiungevano gli altri.
Axel fece per
chiedere se gli ultimi due fossero Rai e Seifer, ma in quel momento un
familiare uomo panciuto salì sul palco e le chiacchiere si
spensero.
- Per
favore, i concorrenti rimasti del gruppo D mi raggiungano sul palco
–
I cinque ragazzi
lo raggiunsero cautamente, tutti evidentemente perplessi.
- Vi
chiederete dove sia il sesto sfidante dell’ultimo gruppo.
Ebbene, sono spiacente di annunciare che per problemi di natura
personale si è ritirato, appena pochi minuti fa –
Mormorii
sdegnati eruppero dagli spettatori. Roxas e Riku si scambiarono
un’occhiata interrogativa.
- Ovviamente
– proseguì l’uomo – questo ci
porrebbe in difficoltà, perché uno di questi
baldi giovani rimarrebbe senza avversario. Quindi anticiperemo la fase
del “Tutti contro tutti”. Ciò vuol dire
che ne rimarranno solo due. Siete pronti? – Cinque cenni
d’assenso – E allora let’s… -
- STRUGGLE!
– urlò la folla.
Axel fu
sconcertato nel rendersi conto che Riku e Roxas si erano gettati
l’uno contro l’altro, gli occhi che sprizzavano
scintille. Non si sorprese che gli altri se ne tenessero alla larga e
lottassero tra loro. Si guardò intorno; gli altri del gruppo
non sembravano minimamente sorpresi del comportamento dei due e Axel
capì: gli amici, sapendo di essere in inferiorità
numerica, stavano prendendo tempo per poter ingaggiare un duello alla
pari e si “scontravano” tra loro tenendo al minimo
le proprie forze. Infatti appena uno degli altri concorrenti fu
dichiarato fuori gioco, Riku e Roxas si posizionarono fianco a fianco
per fronteggiare i due rimasti, che fecero due smorfie identiche e
decisero a loro volta di allearsi.
Parvero
concentrarsi soprattutto su Riku, che a quanto pareva era visto come la
minaccia maggiore; ma Roxas intercettò alcuni dei colpi che
avrebbero potuto farlo cadere dal ring, rispedendoli agli avversari.
Finalmente sul
palco rimasero solo lui e Riku e l’arbitro
annunciò il risultato e i concorrenti partecipanti alle fasi
successive del torneo, mentre la folla ruggiva impazzita.
- Roxas,
Riku! Ben fatto! – esclamò Axel con un gran
sorriso quando finalmente il grosso della folla si disperse.
Roxas parve
piacevolmente sorpreso e, incurante di tutto e tutti, gli
saltò al collo e iniziò a blaterare.
- Ax!
Sei qui, non posso crederci! Com’è andato
l’esame? È stato difficile? Quanto hai preso? Che
domande ti hanno fatto? Quanta gente c’era in aula? Ci hai
visti lì sopra? Sai che siamo passati tutti, anche Tidus?
È stato grande, il mio fratellino! Ma
insomma, perché non dici niente?! –
Axel aveva avuto
a malapena il tempo di ricambiare l’abbraccio e sollevare il
biondo esagitato come fosse un bambino piccolo, prima che il fiume in
piena di domande lo investisse.
- Whoa,
whoa, Rox! Calmati, mi sembri Sora! –
- Ehi,
sono proprio qui! – fece il diretto interessato, come se lui
non si fosse comportato nella stessa identica maniera con Kairi, appena
sceso dal palco.
Tidus invece
spostò lo sguardo dall’uno all’altro,
decisamente contento della reazione di Axel e di come si stava
comportando nei confronti del fratello e non riuscì a
resistere alla tentazione di prenderli in giro. E, chissà,
forse perfino dare una mano a Roxy… a modo suo, ovviamente.
- Voi
due siete così gay – commentò con un
sorrisetto.
Roxas
aveva ancora le gambe avvolte intorno alla vita sottile di
Axel, ma si guardò cautamente intorno: tutta la folla era
sparita da quella zona e la gente rimasta non stava facendo caso a loro.
Sorrise
malandrino al fratello e baciò appassionatamente il suo
ragazzo che, dopo un attimo di incertezza, iniziò a
ricambiare.
Tidus dovette
combattere contro l’impulso sempre più forte di
sedersi in un angolo, le ginocchia contro il petto e dondolarsi avanti
e indietro mormorando “Fateli smettere, fateli smettere, fateli
smettere!”.
Invece tutto quello che uscì dalla sua bocca fu un
“Oh. Mio. Dio!”.
Axel e Roxas si
separarono con un piccolo rumore umido, imbarazzati e Axel mise
giù il suo piccolo biondo, che borbottò tra
sé qualcosa riguardo ai suoi e a qualcosa da dover fare al
più presto.
Quella sera
stessa, a cena, Roxas decise di prendere il toro per le corna. Ora che
si era deciso niente l’avrebbe fermato. No, neanche il
potenziale spreco di cibo.
- Ehi,
mamma, papà? –
- Mh?
–
- E
se… ehm… e se vi dicessi che mi piace qualcuno?
–
Tidus
tossicchiò e Roxas gli diede un calcetto sotto il tavolo.
- Beh…
uhm… Buona fortuna, credo – fece suo padre, a
disagio. Come ci si comportava con un figlio gay adolescente che
confessava una cosa del genere?
- E se
vi dicessi che non ho bisogno di fortuna perché lui mi
ricambia? –
- Allora
buon per te, Rox –
- Grazie.
E… ehm… se vi dicessi che è un
po’ più grande di me? –
Sua madre
posò la forchetta e lo guardò con apprensione.
- Quanto
più grande? –
- Un
po’ –
- Un
po’ quanto? –
Roxas
fissò il proprio piatto e non rispose. Ecco che si arrivava
alla parte difficile.
- Roxas.
Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Stai uscendo con un adulto?
Oh, ti
prego,
dimmi che non stiamo parlando di quell’uomo con un occhio
solo che abbiamo incontrato al ristorante, quello che ti ha chiamato
“tigre” –
Questo riscosse
Roxas dal suo torpore.
- Xigbar?
Oh, no! Diamine,
no!
–
- Roxas!
– sibilò Tidus – Falla finita e diglielo
prima che ci ritroviamo orfani di madre! –
- D’accordo.
Sette anni di differenza –
Roxas chiuse gli
occhi e aspettò l’esplosione, che però
non venne.
- Beh
– disse lentamente sua madre, pur sembrando ancora
preoccupata – Suppongo che sette anni siano una differenza
d’età ragionevole, considerando che sei
maggiorenne e tutto. Cerca solo di assicurarti che lui non voglia, sai,
usarti –
- Mamma!
– esclamò Roxas, indignato – Axel non mi
farebbe mai una cosa del… - ma il ragazzo
spalancò gli occhi e si schiaffò entrambe le mani
sulla bocca: non aveva intenzione di dire chi era il suo ragazzo. Non
ancora, almeno.
I suoi genitori
lo fissarono a bocca aperta. Eric scosse la testa e continuò
ad aprire e chiudere la bocca come un pesce fuor d’acqua.
- Axel?
– sussurrò infine, sgomento.
Cynthia
ghignò trionfante.
- Visto?
Axel è gay. Mi devi 500 munny –
- Dannazione!
– esclamò Eric. Ed estrasse il portafogli.
- …
e mia madre era tutta “Ah! Te l’avevo
detto!” e “Almeno Axel sembra un bravo ragazzo,
approvo”. E mio padre era tutto “Accidenti, i miei
500 munny!” e “Ma
è così virile!” –
Lacrime
scendevano copiose dal viso di Axel mentre rideva, accasciato sulla
panchina del parco in cui erano seduti. Gli faceva male la pancia e
sperò che Roxas non avesse altre imitazioni dei suoi da
fare, perché era già senza fiato.
Gli ci volle
qualche minuto per calmarsi, comunque: la risata isterica non era
dovuta solo allo strano scambio di battute tra i genitori del biondo e
al fatto che avessero scommesso sulla sua sessualità, ma
anche dal sollievo stesso della loro reazione pacata – senza
contare il fatto che Cynthia avesse pensato a Xigbar, in un primo
momento, anche quello faceva sbellicare! Xigbar con Roxas, quella
sì che era bella!
Axel camminava
allegro per le vie del centro, in cerca di ispirazione per un regalino
a Roxas, un pensiero di congratulazioni da dargli in caso di vittoria.
O da dargli in ogni caso, non lo sapeva ancora.
All’improvviso
una voce sgradevolmente familiare attirò la sua attenzione.
Marluxia gli
andava inconsapevolmente incontro, immerso in una fitta conversazione
telefonica. Una volta stabilito un riluttante contatto visivo entrambi
si immobilizzarono e Marluxia chiuse di scatto il cellulare, senza
preoccuparsi di dare preavviso al proprio interlocutore.
- Marluxia
–
- Axel
–
- Morivo
dalla voglia di fare due chiacchiere con te a tu per tu –
disse Axel in tono pericolosamente dolce.
- Scusa,
Rosso, non sei il mio tipo –
- No,
non lo sono. Pare che il tuo tipo siano i ragazzini biondi quindici
anni più piccoli di te… Come
Roxas –
Con sua gran
sorpresa Marluxia fece una smorfia sentendo quel nome e
sospirò pesantemente.
- Credo
di essere stato punito abbastanza per il mio debole nei suoi confronti.
E comunque a te cosa importa se ci provo con lui? – fece un
sorrisetto – Certo mi sarebbe piaciuto togliermi lo sfizio di
portarmelo sotto la doccia e… -
Ma Marluxia non
potè finire la frase perché si ritrovò
inchiodato al muro più vicino con un avambraccio muscoloso
che gli premeva dolorosamente contro la gola.
- Accidenti,
stavo solo scherzando! –
mormorò rabbiosamente, cercando invano di scrollarsi
l’altro di dosso – Mi credi davvero così
perverso da violentare qualcuno?! –
- In
ogni caso – ringhiò Axel con malcelata ferocia
– Lascia stare Roxas. E per la cronaca, hai presente quando
ti ha detto di essere già impegnato? –
Marluxia
annuì, anche se con una certa difficoltà.
- Parlava
di me!
Quindi stagli alla larga e se proprio devi parlare con lui, mi aspetto
un tono rispettoso e niente battute a doppio senso o nomignoli. Sono
stato chiaro? –
Marluxia
annuì freneticamente e Axel lo lasciò libero, ma
per buona misura gli diede un gran pugno nello stomaco che lo fece
piegare in due, lottando per riprendere fiato. Dopodiché il
rosso se ne andò senza voltarsi indietro, canticchiando
qualcosa che assomigliava a “We all live in a yellow
submarine…”, facendo seriamente pensare al
più grande che fosse bipolare o qualcosa del genere.
Era
un’assolata domenica di metà settembre e quel
giorno si sarebbe concluso il torneo annuale di Struggle. I concorrenti
erano riuniti davanti al tabellone principale e stavano guardando
increduli gli abbinamenti.
- Io
sono il primo contro Seifer – commentò Sora
sottovoce – Chi è Seifer? –
- Il
biondo che arriva ogni anno in finale. Sei sfortunato, So –
rispose Roxas, che sembrava piuttosto abbattuto: lui avrebbe affrontato
Hayner.
- Beh,
farò comunque del mio meglio –
- Lo
stesso vale per me! – esclamò grintosamente Tidus,
occhieggiando il suo avversario dai capelli rossi.
- Quel
Rai sembra un osso duro – Riku sembrava nervoso.
- Non
farti intimidire, per essere forte lo è, ma è
anche lento e si lascia cogliere di sorpresa facilmente –
spifferò Roxas.
- E tu
come lo sai? –
- L’ho
battuto una volta –
Gli incontri di
quelle ultime fasi avrebbero avuto un tempo massimo di 10 minuti ognuna
e 30 minuti di pausa tra un incontro e l’altro per permettere
ai partecipanti di riprendere fiato. Ciò voleva dire che se
non ci fossero stati ritardi il tutto si sarebbe concluso entro
mezzogiorno o giù di lì.
- Non
trattenerti, Roxas – disse Hayner – Ricorda il
nostro obiettivo: quel trofeo nel nostro ritrovo. Ciò vuol
dire che solo i più in gamba di noi devono passare, se
vogliamo avere possibilità –
- Puoi
scommetterci, quel trofeo deve essere nostro!
–
Axel
guardò i quarti di finale insieme ai suoi amici e a quelli
di Roxas, anche se ormai era piuttosto inutile fare quella distinzione,
dato che passavano tutti un sacco di tempo insieme, nonostante la
differenza d’età.
Sora fu
sconfitto da Seifer, con suo grande disappunto. In compenso Riku
eliminò Rai senza troppe difficoltà, grazie alle
utili dritte di Roxas.
Ogni incontro
era di norma preceduto da una stretta di mano tra gli sfidanti, ma
Hayner e Roxas preferirono appoggiare i propri avambracci destri
l’uno contro l’altro, con identiche espressioni
intense e complici sul viso, entrambi estremamente determinati. E ad
Axel, che li stava guardando con attenzione, venne in mente quella foto
appesa in camera di Roxas e si ritrovò a sussurrare
sorridendo.
- È
una promessa –
- Sì,
è quello che dicono sempre quando assumono quella posizione
– disse Olette, tutta intenerita – E se non lo
dicono è comunque quello che intendono –
E forse fu
proprio per questa loro complicità che Hayner non
sembrò affatto deluso quando fu sconfitto dal proprio
migliore amico.
Tidus invece
sembrò decisamente scornato quando il suo rivale, un tipo di
nome Wakka, fu dichiarato vincitore in sua vece per una manciata di
punti. Ma il ragazzo non era affatto tipo da tenere il muso,
tutt’altro; i due si presero subito in simpatia e
parlottarono allegramente per tutto il tempo fino all’inizio
delle semifinali.
- Il
mio prossimo avversario è il piccoletto? – si
lamentò scherzosamente il rosso –
Dov’è il gusto della sfida? –
- Ti
troverai davanti un boccone anche troppo saporito se lo sottovaluti
– rise Tidus, difendendo Roxas – E credimi, parlo
per esperienza personale! –
- Perché,
lo conosci? –
- È
mio fratello –
Riku era deciso
a “vendicare” Sora, ma Seifer si limitò
a parare molti dei suoi colpi come se fosse un gioco da bambini.
- Sei
più in gamba di quanto pensassi – disse ansimando
leggermente – Ma questo non ti farà vincere
–
E con un gran
fendente della sua mazza, Riku era fuori combattimento.
- Accidenti
– sibilò rialzandosi e raggiungendo gli amici, che
cercarono di tirargli su il morale – Roxas farà
meglio ad arrivare in finale, ormai è la nostra ultima
risorsa! –
Axel
guardò preoccupato verso il palco: sapeva che il suo biondo
era in gamba, ma Seifer sembrava decisamente in splendida forma ed era
effettivamente più forte di quanto avesse mostrato il giorno
dell’iscrizione.
Roxas
schivò un colpo diretto alla sua testa e tre delle palline
che ricoprivano il suo elmetto caddero rumorosamente. Sorrise
divertito: il suo avversario aveva uno stile molto interessante. Si
concesse tre interi, preziosi minuti giocando in difesa e tenendo le
sue forze sotto controllo per studiarlo, perdendo un’altra
manciata di sfere , mentre quelle arancioni di Wakka erano ancora tutte
al loro posto.
- Niente
male – disse in tono di sincera ammirazione al suo avversario
– Ma non posso permettermi di lasciarti vincere. Guarda
questo, eh? –
E con pochi,
delicati colpi di mazza tutte le palline arancione scuro erano per
terra. L’arbitro fischiò.
- Amico,
è stato forte! – esclamò Wakka ridendo
e porgendogli una manona, che Roxas strinse sorridendo –
Buona fortuna per la finale! E, detto tra noi, meglio tu che io, non
ero così ansioso di vedermela con Seifer –
Wakka si
allontanò, diretto verso Tidus. Roxas continuò a
sorridere, gli piacevano le sfide.
Dato che i
concorrenti ancora in gioco non erano autorizzati ad andare in mezzo al
pubblico, Roxas fu costretto a passare il tempo di ripresa con Seifer,
che non perse occasione per stuzzicarlo, usando frasi provocatorie come
“Mi sono proprio divertito ad eliminare i tuoi
amichetti” o “Spero che tu valga qualcosa con
quella mazza in mano. Ma d’altra parte dovresti ben saperci
fare con le mazze, non è
così?”.
Roxas sorrise
divertito all’ultima battuta – se non fosse stato
così ottuso e stronzo, Seifer non sarebbe stato male da
frequentare, seppur solo platonicamente – e rispose per le
rime.
- Beh,
può darsi. Comunque per essere arrivato fin qui vuol dire
che anche tu hai una certa familiarità con le mazze. Ma forse, per essere
così acido, tu usi solo la tua personale da troppo tempo
–
I due udirono
una risatina e si voltarono, ma non videro nessuno. Poi qualcuno
strillò “Setzer!” e
all’improvviso il nome fu ripetuto ancora e ancora, in una
sorta di cantilena che si trasformò ben presto in un coro da
stadio, mentre il giudice di gara annunciava che il finalista vincitore
avrebbe avuto la possibilità di affrontare il campione in
carica, Setzer.
Una volta sul
palco, i due biondi si strinsero la mano.
- Vinca
il migliore, Seifer –
- Lo
farò di certo* -
E Seifer avrebbe
potuto giurare di aver sentito qualcuno tra la folla mormorare
“Che razza di sbruffone!”, ma non se ne
curò. Né diede granchè credito alle
capacità del più giovane, nonostante fosse
riuscito ad arrivare in finale durante il suo primo torneo. Era troppo
sicuro di sé, per questo.
E gli
andò anche piuttosto bene, all’inizio,
perché costrinse quasi subito l’altro in una
posizione di difesa, ma quando si buttò a capofitto in un
attacco, Roxas lo schivò all’ultimo momento, con
una repentina capriola all’indietro bilanciata solo sulla
mano sinistra, un trucchetto che aveva impiegato settimane per
perfezionare, facendosi aiutare da Sora, all’insaputa di Axel.
Quest’ultimo
sentì improvvisamente il proprio viso diventare bollente
perché la flessibilità del suo ragazzo gli aveva
fatto venire in mente pensieri che di casto e puro non avevamo
assolutamente niente. Ma non ci si soffermò a lungo
perché il piccolo biondo era scattato in avanti con
agilità felina e aveva fatto cadere gran parte delle palline
gialle dall’armatura di Seifer, che ringhiò e si
gettò di nuovo all’attacco. Peccato solo che il
tempo a disposizione per il combattimento fosse scaduto…
L’arbitro
annunciò a gran voce il risultato – in tono
decisamente incredulo – e gli amici del biondo gridarono
ripetutamente il suo nome, spingendo altri in mezzo al pubblico a fare
lo stesso.
- Roxas, Roxas,
Roxas! –
Tutto il resto
successe molto in fretta. In men che non si dica Roxas era di nuovo su
quel palco, faccia a faccia con il campione.
- Ehi,
pesomorto, che ne dici di regalarmi l’incontro? Lasciami
vincere e non te ne pentirai – sussurrò Setzer, un
uomo dai capelli argentei sui trent’anni.
- Ma
fammi il piacere! – sbottò Roxas.
Anche se non
avesse promesso ai suoi amici di dare il massimo non si sarebbe mai
abbassato a una cosa del genere. Se davvero doveva perdere, preferiva
che ciò accadesse in un vero combattimento.
- Tutto
ciò che pensi sia giusto è sbagliato –
Ma Roxas non si
lasciò confondere e l’uomo fu battuto con una
facilità che lo sbalordì. Setzer scese dal palco
rosso e decisamente umiliato mentre la folla tuonava il nome di Roxas e
l’organizzatore del torneo gli consegnava il trofeo e un
cinturone.
Dopodiché
i suoi amici invasero il palco e Roxas si ritrovò sollevato
a un metro da terra, sostenuto da più braccia di quante ne
riuscisse a contare, la folla urlante ai suoi piedi, la Cintura Master
legata in vita e le braccia alzate in segno di trionfo che reggevano il
pesante trofeo dai quattro cristalli lucenti.
Si accorse solo
vagamente che Demyx, Hayner, Sora , Axel e Pence stavano cantando a
squarciagola.
- You
are the champion, our friend! And you kept on fighting ‘till
the end! You are the champion, you
are the champion! No time for losers,
‘cause you are the champion… of
the town!
–
- Come
promesso – disse Roxas più tardi quel giorno.
Posizionò
il trofeo nel ritrovo, su una mensola davanti alla piccola finestra. I
quattro cristalli brillarono alla luce del sole.
* Chi ha capito
questa citazione? Non viene dal gioco (anche se in KH2 c'è
una battuta simile da parte del tipo panciuto), ma da un film della
Disney-Pixar. se lo indovinate avrete la mia stima a vita! ^^
Ecco
il capitolo del torneo e la vendetta di Axel nei confronti di Marluxia.
So che alcuni di voi c'erano un po' rimasti male che Axel non avesse
ridotto il pedo-gay a una polpetta, ma non l'aveva fatto su richiesta
di Roxas e per rispetto a Lexaeus. E dato che in quest'occasione non
c'era nessuno dei due il nostro rosso preferito ha colto la palla al
balzo! Del resto questa scena mi è venuta in mente ancor
prima di quella in cui Marluxia cerca di baciare Roxas, quindi non
potevo non inserirla da qualche parte...
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere!
A
presto! ^^ |
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Capitolo 14 *** Una logica che è tutta una grinza ***
Lexaeus
ascoltò divertito Axel, che blaterava già da
venti minuti abbondanti di come Roxas avesse vinto il torneo. Ormai
l’omone era a conoscenza di tutto fin nei minimi dettagli e,
pur avendo assistito di persona agli incontri, ben nascosto tra la
folla – né Axel né Roxas lo sapevano
– si ritrovò a fare domande sullo stile del biondo
e dei suoi avversari.
Axel era
visibilmente orgoglioso di Roxas e non si curò del
capannello di curiosi che aveva intorno, che stavano correntemente
ascoltando la conversazione. Alcuni di loro avevano assistito
all’evento, ovviamente, e visto come Roxas aveva combattuto
erano piuttosto fieri di poter in qualche modo vantarsi di aver visto
tutto, anche se in realtà nessuno di loro si aspettava una
vittoria.
All’improvviso
si udirono fischi e grida, nonché un coro entusiasta di
“Roxas, Roxas, Roxas!” e Axel e Lexaeus si
voltarono di scatto appena in tempo per vedere un biondo molto
imbarazzato che, borsone in spalla, si faceva largo verso di loro,
ringraziando timidamente le persone che si complimentavano con lui e
gli davano pacche sulla schiena e schivando le ragazze che lo
guardavano battendo le ciglia e ridacchiando stupidamente.
Finalmente
arrivò davanti ai suoi istruttori e per un po’ i
tre non fecero altro che guardarsi sorridendo. Poi, molto lentamente,
Roxas aprì il borsone e ne tirò fuori la Cintura
Master.
Il sorriso di
Lexaeus si allargò.
- Lex,
ti dispiace tenerla esposta qui in palestra fino al prossimo torneo? Ho
come l’impressione che sia questo il suo giusto posto, non
casa mia –
- Temo
che sia impossibile, Roxas – rispose Lexaeus e Axel lo
guardò come se fosse impazzito. Ma l’uomo fece
finta di niente e continuò – Per farti questo
favore voglio prima ricevere qualcosa in cambio –
- E
sarebbe? –
- Una
tua foto da appendere al muro accanto alla vetrina dei trofei
–
- Consideralo
fatto! – esclamò Axel – Te ne procuro
una al più presto! -
Roxas lo
fissò tra l’esasperato e il divertito, ma prima
che potesse controbattere fu praticamente assalito da Luxord e Xigbar.
Anche Marluxia era lì, come spesso accadeva. I tre parevano
essere inseparabili durante gli allenamenti, ma l’uomo dai
capelli rosa si tenne prudentemente in disparte.
- Eravamo
lì, tigre! Sei stato grande! Perché non ci hai
detto che avresti partecipato? –
Dato che Roxas
era chiaramente immerso nella conversazione con i due uomini, la folla
si disperse.
- Beh, zebra, non volevo quel genere
di pubblicità. E se poi fossi stato eliminato al primo
turno? Che figura ci avrei fatto? –
- Non
è andata così, però –
interloquì Luxord – Nella vita comunque
è tutto questione di abilità e fortuna, non puoi
mai sapere quando la signora Sorte smetterà di sorriderti.
Prendete come esempio il buon vecchio Setzer: spodestato dal suo trono
da un ragazzo che ha poco più della metà dei suoi
anni – rise di gusto e poi spiegò il motivo della
sua ilarità – Io e Setzer siamo amici da parecchio
tempo e proprio il giorno prima del torneo lui si stava lamentando che
ogni anno gli toccava affrontare qualche bamboccio che non aveva idea
nemmeno di come tenere la mazza. E di come quel Seifer, che pure
è molto promettente, non riuscisse mai a sbaragliare i suoi
avversari e ad arrivare a sfidarlo. Così ho deciso di
proporgli una scommessa per rendergli come minimo le cose
più interessanti: se le cose fossero andate di nuovo male,
se non fosse riuscito a trovare un avversario alla sua altezza, gli
avrei offerto il pranzo una volta alla settimana in un ristorante a sua
scelta per un anno intero –
Axel, Xigbar e
Marluxia ridacchiarono. Roxas si strofinò il naso per
nascondere la propria ilarità.
- Cosa
ti ho fatto vincere, invece? –
- Oh,
ci sono andato leggero, perché avrebbe anche dovuto
sopportare l’umiliazione. Dalla settimana prossima, per tre
mesi, lo vedrete qui in palestra con me. Così, giusto per
vederlo un po’ a disagio. Questa è una piccola
vendetta per tutte le volte che lui ha messo a disagio me con delle
belle signorine –
Lexaeus
ghignò e si allontanò a passi pesanti.
- Mi
dispiace di darti questa notizia, Lux, ma il tuo amico ha cercato di
convincermi a lasciarlo vincere. Non so se fosse per paura di essere
effettivamente spodestato o perché voleva davvero un anno di
pranzi gratis. Effettivamente ora che lo so ha tutto più
senso –
Luxord rise e
non parve affatto sorpreso.
- Mio
giovane amico, è così che Setzer misura i suoi
avversari, dalle risposte che gli danno. Se la persona cede
è un debole, arrivato in finale solo per pura fortuna. Se la
persona risponde in tono spavaldo è troppo sicura di
sé e Setzer sa già di avere in mano
l’incontro. Poi ci sono le persone che hanno davvero voglia
di mettersi alla prova e con quelle ci si diverte, prova a giocare con
la loro testa –
- Beh,
non è molto abile, in questo –
ridacchiò Roxas – Forse gli andrà
meglio l’anno prossimo -
Xigbar e Luxord
andarono via ridacchiando per occuparsi delle proprie faccende.
Marluxia invece era ancora lì.
- Posso
parlarti, Roxas? –
Sia Roxas che
Axel s’irrigidirono e quest’ultimo
lanciò a Marluxia un’occhiataccia di avvertimento.
Ma l’uomo scosse la testa e alzò le mani in segno
d’arresa.
- Se
vuoi puoi restare, Axel, ho di sicuro tanti difetti, ma non attento ai
ragazzi già fidanzati. Non quando ne sono consapevole,
comunque. Volevo parlargli anche di questo –
Roxas lo
fissò in attesa e Axel incrociò le braccia e si
fece un po’ indietro, appoggiandosi al muro.
- Vi
devo le mie scuse – disse l’uomo umilmente
– A te, Axel, per averci provato con il tuo ragazzo. So che
tra noi non corre buon sangue e non mi ricordo più nemmeno
il motivo, ma non avrei mai cercato di rubare ciò che
è tuo – distolse lo sguardo dagli occhi penetranti
del più giovane e parve deglutire un boccone molto amaro:
scusarsi con il rosso era decisamente umiliante, seppur necessario
– E ovviamente a te, Roxas, per il mio comportamento a dir
poco inadeguato. Non dovrei nemmeno cercare di giustificarmi,
ma… confesso di non sapere mai come comportarmi nelle
relazioni. Quando qualcuno mi piace, prima o poi finisco per fare
qualcosa di stupido che spaventa il malcapitato di turno. E tu mi
piacevi veramente, Roxas, nonostante la… differenza
d’età –
- Forse
dovresti provare ad essere più te stesso, sai –
disse Roxas, pensieroso – Voglio dire, a parte quei tuoi
comportamenti un po’… beh, non
c’è niente che non vada nella tua vera personalità,
quella amante della natura e degli animali e quella che… -
Roxas esitò e si grattò la testa, lanciando
un’occhiata fugace ad Axel, come per scusarsi di
ciò che stava dicendo - … quella che ti spinge a
lasciare rose negli armadietti degli altri –
Per la prima
volta a memoria d’uomo, Marluxia arrossì.
- Quindi
sapevi che ero io. Credevo che avessi pensato a qualcun altro
–
- No,
l’ho capito subito. Avrei anche voluto ringraziarti del
pensiero, ma era difficile e decisamente scoraggiante, visto che
tu… -
- Oh,
capisco… Quindi mi stai dicendo che dovrei essere me stesso
se voglio conquistare quel biondo del laboratorio di ana… -
Marluxia s’interruppe bruscamente quando vide Axel roteare
gli occhi e Roxas seppellirsi la faccia tra le mani, scuotendo la testa
– Ops, questo non dovevo dirlo ad alta voce. Comunque
rilassatevi, stavolta non è un ragazzino, anzi, credo che
sia qualche anno più grande di me. In ogni caso complimenti
per la tua vittoria, Roxas! – e lasciò i due da
soli.
Roxas si
voltò verso Axel incrociando le braccia.
- Posso
chiederti come fa Marluxia a sapere che sono il
tuo ragazzo? –
- Puoi
chiedermelo – rispose Axel – Solo che non ti
prometto di risponderti –
- Axel!
–
- Scusa,
ora devo tornare al lavoro – cinguettò il rosso. E
scappò via.
- Sappi
che non finisce qui! – sbraitò Roxas, agitando le
braccia e facendo ridere alcuni ragazzi che si allenavano lì
vicino.
A quanto pareva
diverse persone avevano origliato la conversazione, perché
gli furono rivolti parecchi sorrisini di apprezzamento e un ragazzo
arrivò fino al punto di avvicinarlo.
- Ehi,
Roxas! –
- Ehm…
ciao? –
- Mi
chiamo Terra – si presentò il ragazzo –
Non ho potuto fare a meno di ascoltare e… beh – si
guardò in giro, come per assicurarsi che nessuno stese
prestando loro attenzione e abbassò la voce in modo che solo
Roxas potesse sentire – Tu e Axel siete una bella coppia.
Sai, entrambi sexy da morire, vi siete scelti proprio bene. Poi, un
biondo e un rosso… ecco, non vorrei farti pensare che voglio
provarci con te o con il tuo ragazzo… -
- Per
quello è già troppo tardi, amico –
- Ops…
quello che volevo dire è che se mai aveste il desiderio
di… uhm… trovare un “compagno di
gioco” io sono disponibile. Sai, il biondo, il rosso e il
bruno. Beh, niente pressioni, eh? Nel caso sai dove trovarmi
–
Roxas lo
fissò accigliato. Poi strinse gli occhi in modo pericoloso.
- Stai
attento, Terra, Axel non è
l’unico ad essere geloso –
- Beh,
come ho detto, non punto solo uno dei due, ma se me lo chiederete verrò da voi. O, ancora
meglio, con voi. Solo se richiesto,
però. Ci vediamo, bellezza! –
Roxas rimase
lì a guardarlo allontanarsi. Poi si affrettò
verso la stanza del personale.
- Che
ci fai qui dentro, soldo di cacio? – gli chiese Xaldin, uno
degli altri istruttori.
- Ecco,
io… -
- Credo
sia qui per me, Xal –
Xaldin
sbuffò e tornò al lavoro. Con grande sorpresa di
Axel, Roxas si chiuse la porta alle spalle e gli si avvicinò
fino a ritrovarsi a non più di cinque centimetri di distanza
da lui.
- Ehm…
per quanto mi piaccia l’idea, temo che dovrai aspettare fino
alla fine del mio turno. Poi se vuoi ti trascino a casa mia per i
capelli per fare sesso selvaggio contro il frigorifero, facendoti
urlare talmente forte da scandalizzare i vicini –
sussurrò Axel in tono seducente.
Roxas
arrossì con tanta intensità da far avvertire il
suo calore perfino a quella (seppur minima) distanza.
- Ottimo,
la seconda proposta indecente nel giro di un minuto. Anche se devo dire
che la tua mi piace molto di più –
- Bene!
– esclamò allegramente Axel – Allora
sulla via di casa mi procuro… aspetta, aspetta un
po’… chi altro ha osato farti una proposta
indecente? –
- In
realtà era rivolta a entrambi. Sai, del genere “il
triangolo no, non l’avevo considerato” –
- Però,
sai, in quella stessa parte Renato dice “d’accordo
ci proverò, la geometria non è un
reato” –
Insieme
cantarono “Garantisci per lui. Per questo amore un
po’ articolato, woo!”
Poi Roxas si
accigliò.
- Il
tipo è quel ragazzo alto e bruno. Si chiama Terra. Non
vorrai mica prenderlo in considerazione, vero? Perché nel
caso puoi anche trovarti un altro ragazzo… -
Axel
sbuffò.
- Macché!
Può anche andarsene a masturbarsi con un porno, quel
pervertito, non ho nessuna intenzione di dividerti con lui –
- Ottimo,
nemmeno io ho intenzione di dividere te con lui. Né con
altri –
Roxas
lasciò la stanza senza aspettare una risposta e si rifece
vivo solo alla fine del suo allenamento, grondante di sudore, per
ricordare ad Axel che quella sera avevano appuntamento con
Saïx e Demyx.
- Uffa,
proprio oggi che mi avevi dato il via libera per intrufolarmi nel tuo
intimo – si lamentò scherzosamente il rosso,
sollevando lo sguardo da una scheda che stava compilando –
Nah, scherzo. Ti dispiace chiamarli e avvisarli che oggi sono stanco e
che quindi non ho energia per altro che non sia vedere un film tutti
insieme? –
- Casa
tua? –
Axel
annuì e gli lanciò le chiavi.
- Fatti
la doccia direttamente lì, ok? Oggi non mi fido affatto
degli spogliatoi, soprattutto perché ho visto che anche
Terra ha appena finito di allenarsi –
- Ricevuto.
Ci vediamo più tardi –
Axel
guardò Roxas andare via rigirandosi le chiavi tra le dita e
sorrise tra sé. Quella volta che era stato a casa del
biondo, mentre uscivano dalla sua camera per andare a cena, Axel aveva
notato una grossa chiave vecchio modello appesa ad un chiodo vicino
alla porta. Era di dimensioni abnormi, come se fosse stata creata per
aprire un lucchetto gigante o qualcosa del genere.
- Quella
cos’è? – aveva chiesto.
Roxas era
scoppiato a ridere e, stranamente, aveva guardato alternativamente da
lui al pezzo di metallo, come soppesando la risposta.
- Quella
è la Chiave del Destino – aveva risposto infine,
senza smettere di ridacchiare.
Da quel momento
in poi Roxas aveva iniziato a collezionare oggetti a forma di chiave
– un astuccio che aveva trovato in un mercatino
dell’usato, una lente d’ingrandimento, perfino un
piccolo peluche di Topolino che ne brandiva una come se fosse una
spada. Quando si parlava di strane abitudini…
Eppure Axel si
era scoperto sempre più spesso a curiosare nei mercatini
delle pulci in cerca di altre cosucce del genere, fino ad allora senza
successo.
Roxas
sospirò mentre impastava con vigore. Come si era ritrovato
in questa situazione? Perché stava “giocando alla
piccola massaia”?
“Stupido
Axel e stupidi amici che ti fanno gli occhi dolci attraverso un
telefono!” pensò bonariamente.
Proprio
così, Demyx l’aveva costretto a promettere che, in
cambio della loro mancata cena in pizzeria, ci sarebbe stato comunque
qualcosa da mangiare. Un pasto vero, non dei semplici stuzzichini. E
Roxas aveva promesso. Dopo aver approfittato della doccia di Axel
– con annessi e connessi – aveva dato
un’occhiata a frigorifero e dispensa, sospirato profondamente
e deciso di fare un salto al supermercato, dove aveva preso farina,
lievito, formaggio e carne macinata.
Una volta
ritornato all’appartamento aveva deciso che sarebbe stato lui
a preparare tutto. Certo, Axel era un cuoco più che decente,
come aveva avuto modo di scoprire in parecchie occasioni, ma il rosso
era ancora al lavoro e probabilmente sarebbe stato completamente
spossato alla fine del suo turno. Era in quel modo che Roxas era finito
con le mani affondate nel morbido impasto con cui avrebbe preparato una
pizza alla carne.
Sì,
certo che Roxas sapeva cucinare. Non che gli piacesse fare queste robe
da casalinga, semplicemente era stato costretto a imparare. Proprio
così, un bel giorno, quando Roxas aveva diciassette anni e
Tidus quindici, Cynthia li aveva portati in cucina e aveva cominciato
con le lezioni. Il motivo era semplice: c’erano occasioni in
cui entrambi i loro genitori erano costretti a partire per lavoro anche
per diversi giorni di seguito e la donna si era stufata di dover
lasciare parecchi pasti pronti, né poteva permettere che i
suoi bambini mangiassero solo schifezze in sua assenza.
Roxas non amava
cucinare. Tidus lo detestava con tutte le sue forze, nonostante il
fatto che, se solo avesse voluto, sarebbe stato un cuoco molto migliore
del fratello. Ma vista la situazione i due avevano fatto il patto che,
se fosse stato sempre il maggiore a cucinare, sarebbe stato sempre
Tidus a preparare la tavola, sparecchiarla e fare i piatti.
Così Roxas non si era mai lamentato.
Quando Axel
tornò a casa, intorno alle otto, trovò la tavola
apparecchiata per quattro e una grossa teglia posata sul fornello,
coperta da uno strofinaccio. Annusò soddisfatto e non
riuscì a trattenere un sorrisetto.
- Tesoro,
sono a casa! – annunciò ad alta voce.
- Lo
so, idiota, ti ho aperto io! – sbottò Roxas,
fingendosi estremamente irritato.
Axel
ghignò, ma gli diede un dolcissimo bacio sulle labbra.
- Sto
scherzando, mi fa piacere vedere che hai preparato qualcosa. A
proposito, come mai? –
Roxas
spiegò.
- Oh,
giusto, hai dovuto comprare la roba per cucinare, io non avevo niente
in casa. Quanto hai speso? –
- Niente
– rispose Roxas, determinato – Ho sedotto la
cassiera e lei si è dimenticata di farmi pagare –
Axel sorrise e
scosse la testa. Non si degnò nemmeno di insistere
perché Roxas era testardo e lui non aveva la forza di
discutere per sentirsi parlare di
“ospitalità”, “rapporto
paritario”, “fare un po’
ciascuno” e “solo perché sei
più grande di me non vuol dire che devi essere solo tu a
viziarmi, ogni tanto posso farlo anch’io con te!”.
Non avrebbe mai potuto vincere, stanco com’era.
Si
lasciò cadere sul divano con un sospiro e attirò
il biondo con lui, abbracciandolo stretto. Roxas annusò con
piacere l’odore caldo e pulito che il rosso aveva sempre
addosso. Questa volta c’era anche un accenno di profumo di
bagnoschiuma al muschio bianco. Evidentemente si era fatto la doccia
sul lavoro.
- A
proposito di seduzione… -
- Mh?
–
- Ho
convinto Terra a lasciarci in pace –
- Come?
–
Axel
ghignò soddisfatto.
- Gli
ho detto che ci piace il sadomaso. E che cercavamo da tempo un nuovo
compagno di giochi da seviziare, visto che il nostro ultimo giocattolo
si era rotto troppo in fretta. Poi l’ho invitato a seguirmi
–
Roxas
scoppiò a ridere, seguito a ruota da Axel. I due si
divertirono per un po’ a immaginare possibili scenari con cui
far spaventare ulteriormente il bruno – che cattiveria!
– poi cianciarono di altri stupidi argomenti, completamente
irrilevanti.
I due
ridacchiarono per l’ennesima volta, scambiandosi un bacio di
tanto in tanto, godendosi gli ultimi attimi di beata solitudine: ormai
Demyx e Saïx sarebbero arrivati a momenti.
- Ti
amo, Axel – sospirò Roxas, guardandolo sognante,
la testa poggiata pigramente sullo schienale del divano.
L’altro
fissò il biondo con espressione decisamente confusa. Poi i
suoi occhi si dilatarono appena mentre Axel arrossiva, solo per
impallidire a velocità impressionante subito dopo. Senza
dire una parola si alzò, afferrò le chiavi e
uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle con un click soffocato.
Roxas rimase
lì immobile, chiedendosi che diamine fosse successo.
Perché se n’era andato così? Forse
l’aveva detto troppo presto? Ma non avrebbe dovuto fargli
piacere? E comunque, che motivo c’era di reagire in quel modo?
Mentre il biondo
si rigirava queste domande nella testa, suonò il campanello.
Roxas
balzò in piedi e si fiondò ad aprire, convinto di
trovare sulla soglia un Axel che si grattava nervosamente la nuca,
mostrandogli un sorrisetto imbarazzato.
- Ax,
che cosa…? –
Invece si
trovò davanti Demyx e Saïx.
- Ehilà,
interrompiamo qualcosa? –
Roxas scosse la
testa e si fece da parte. Chiuse la porta alle loro spalle e
tornò a sedersi sul divano, mentre Demyx chiamava
allegramente l’amico assente.
- Ehi
Ax! Axeeeeeeel! -
Saïx
invece prese posto accanto a Roxas e lo fissò con sguardo
penetrante.
- Lui
dov’è? –
- Non
ne ho idea –
Roxas aveva
un’aria piuttosto ferita e Saïx gli si
avvicinò e gli circondò le spalle con un braccio.
- Cos’è
successo? –
Nel frattempo
Demyx si unì a loro, stranamente serio.
- Non
ne sono sicuro. Eravamo qui, stavamo chiacchierando, eravamo
così tranquilli… Poi lui si è alzato
ed è andato via –
I più
grandi si scambiarono un’occhiata significativa.
- Gli
hai detto qualcosa di sentimentale? Hai pronunciato la parola con la
“A”? –
- Sì,
l’ho fatto. E con questo? –
- Ad
Axel non piace sentire frasi del genere, ne è a dir poco
terrorizzato… -
- …
questo perché ogni volta che una persona davvero importante
per lui gli ha detto quelle parole, poi l’ha lasciato in modo
particolarmente doloroso o senza un valido motivo poco tempo dopo
– concluse Saïx.
- Gli
è rimasto il trauma – spiegò Demyx
– Ma non devi prenderla sul personale, il fatto che lui non
lo dica non vuol dire… -
Ma Roxas lo
interruppe.
- Non volevo che
me lo dicesse anche lui, Dem, so che ci tiene a me, me lo dimostra ogni
giorno, semplicemente mi andava di dirlo e l’ho fatto
–
- E lui
è scappato. Questa è una cosa che di solito non
fa, qualunque sia la circostanza –
- Ma
non sono altro che parole. Voglio dire, nonostante tutto, che senso
aveva andarsene così? Ferire per non essere feriti? Questa
logica è tutta una grinza! –
- Roxas…
-
- No,
ragazzi, è tutto a posto. Beh, più o meno. Penso
che me ne andrò a casa. Sul tavolo c’è
una pizza di carne, non fate complimenti, eh –
E, senza
aggiungere parola, Roxas fece un piccolo cenno di saluto agli
altri due e uscì a sua volta.
- Aerith,
dimmi che sono un idiota –
- Sei
un idiota – rispose prontamente sua sorella.
- Grazie
Aer… - cominciò Axel, ma la ragazza
proseguì.
- …
un cretino, un imbecille, deficiente, uno scimun… -
- Grazie,
sorellona – interruppe Axel, trattenendosi a stento dal
riagganciare – Mi fanno sempre piacere le tue dolci parole di
conforto –
- Figurati,
quando vuoi. A proposito, come mai? –
- Temo
di aver fatto una cazzata stratosferica e avevo bisogno che qualcuno me
lo dicesse. E so di poter sempre contare su di te, per quello
–
- Ma
certo che puoi! Comunque, se dovessi aver bisogno di parlare di questa
cazzata che hai fatto, vieni a trovarmi un pomeriggio di questi,
d’accordo? –
- Lo
farò, grazie –
E si salutarono.
Dopodiché Axel entrò nel suo appartamento, carico
di determinazione. Non fu affatto sorpreso di vedere Demyx e
Saïx sul suo divano.
- Dov’è
Roxas? –
- Sul
tuo letto ad aspettarti, Ax – rispose seccamente Demyx che,
nonostante il carattere gioviale, non si tirava affatto indietro se
c’era da bacchettare qualcuno – Lo troverai
lì nudo e con le mani in tasca –
- Capisco
– disse piano Axel, accettando il vago rimprovero a testa
bassa.
Poi
afferrò il telefono e inviò una nuova chiamata.
Naturalmente gli rispose l’odiosa vocetta registrata che lo
tormentò con il suo “L’utente da lei
chiamato non è al momento raggiungibile. La invitiamo a
riprovare più tardi, grazie”.
Alla fine,
numerosi tentativi più tardi, Saïx insistette
perché tutti loro mangiassero qualcosa.
- Non
ho fame – rispose prevedibilmente Axel.
- Ma
è la pizza che ha preparato Roxas – lo
incoraggiò Saïx con voce insolitamente dolce.
- Ancora
peggio –
- E
vuoi lasciare che il suo lavoro vada sprecato, Ax? Sono abbastanza
sicuro che l’abbia preparata più per te che per
noi, come minimo dovresti sforzarti di apprezzarla. Per lui –
E Axel ci
provò. Boccone dopo boccone la pizza passò dal
piatto nel suo stomaco e non fu nemmeno lontanamente difficile come
aveva immaginato, tanto che ne prese anche una seconda porzione.
Dopotutto, otto ore di lavoro mettevano un certo appetito, qualsiasi
cosa pensasse e provasse la persona in questione e non si
può davvero dire di no alla pizza. Ma il rosso
continuò a battere in fretta le palpebre per tutta la durata
del pasto, come se gli fosse entrato qualcosa in un occhio. I suoi due
amici non commentarono e non provarono a rassicurarlo. Nessuno di loro
sapeva esattamente cosa sarebbe successo e la politica del trio era
“essere sinceri e non dare mai false speranze, né
fare promesse che non si è sicuri di poter
mantenere”.
Alla fine Axel
si chiuse in camera sua, invitando gli amici a fare con calma, ma
chiedendo loro di lasciarlo solo perché “aveva
bisogno di pensare”. I due si scambiarono uno sguardo quando
sentirono emergere dalla porta della camera da letto del rosso un
singhiozzo soffocato, seguito da qualche altro suono del genere e
diverse imprecazioni. Ma rispettarono i desideri dell’amico e
lo lasciarono stare. Se ne andarono subito dopo aver messo in ordine.
Ed
eccomi di ritorno con un nuovo capitolo. Sì, lo so, sono in
un ritardo a dir poco spaventoso e non inizio nemmeno a scusarmi
perché mi pare di non avere scuse. Mi sono semplicemente
lasciata sommergere dai progetti dell’altra mia long in corso
(no, non spammo XD) e, lo confesso, dall’ispirazione
travolgente di una nuovissima long, che però ho promesso a
me stessa di non pubblicare finchè non avrò
finito questa e sarò arrivata a più della
metà dell’altra. Nel frattempo godetevi questo
nuovo pezzo di storia (e possibilmente non odiatemi troppo per aver
interrotto il capitolo in questo modo). Prometto che
pubblicherò un altro capitolo nel giro di pochi giorni,
perciò, vi prego, mostratemi che – a differenza
mia – ci siete e mi avete perdonata (vi prego! :’( )
Ottima
notizia, comunque, vi adoro tutti, perché siete tutti
meravigliosi e, lo so che non ho risposto alle vostre recensioni e ve
ne chiedo umilmente perdono, ma sono davvero tantissime.
Ringrazierò di nuovo tutti uno per uno ripartendo dalle
recensioni per questo capitolo, ma sappiate che tutti i vostri
commenti, dal primo all’ultimo, mi hanno fatto sorridere. Ma
non solo i commenti, anche la lettura silenziosa dei capitoli, dai
più datati ai più recenti, senza contare il
silenzioso apprezzamento di tutti voi che mi avete messo questa storia
tra le preferite.
Grazie
di cuore, a tutti voi! |
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Capitolo 15 *** Campo di sopravvivenza ***
Nei giorni
seguenti la situazione non cambiò. Il telefono del biondo
era sempre spento e, quando non lo era, squillava a vuoto. Poi entrava
in funzione la segreteria. Anche perché Roxas aveva preso
l’abitudine di non rispondere a numeri sconosciuti o privati,
temendo che fosse Axel. E aveva ragione.
- Rox,
sono di nuovo io. Quando la smetterai di evitarmi? Andiamo, dovremo pur
chiarire questa situazione, prima o poi. E mi rifiuto di farlo per
telefono, soprattutto tramite messaggio registrato! Urgh…
Diamine, Roxas, è già passata una settimana.
Accidenti, spero che tu stia continuando ad allenarti, nel frattempo,
visto che non stai venendo in palestra. Beh, in realtà
questo non c’entra. Senti… richiamami, ok?
–
Roxas
sentì il messaggio, ma non richiamò. Si
limitò a prendere a pugni un cuscino.
“Ah,
adesso vuoi parlare? E perché non l’hai fatto
quando ne avevi la possibilità? Perché non mi hai
detto prima
di evitare certe frasi, con te? Perché te ne sei andato, se
secondo i tuoi amici tu non scappi mai? Perché, Axel?”
Tidus lo
guardò con aria apprensiva dalla porta socchiusa, attento a
non farsi scorgere. Il fratello non era un tipo violento, dopotutto,
anche se gli piaceva lottare. E il fatto che si stesse sfogando
così piuttosto che intagliando pezzi di legno –
cosa che faceva quand’era molto stressato – era
indicativo. Poi chiamò Sora e gli raccontò tutto,
come il cugino – all’insaputa di Roxas –
gli aveva chiesto di fare.
Un paio di
giorni dopo Axel decise di chiamare Hayner per chiedergli
“udienza”. Forse avrebbe dovuto farlo prima, ma
sperava che la situazione si sarebbe risolta da sola. Soprattutto
perché temeva la reazione di Hayner se fosse venuto a
conoscenza dell’accaduto. Ma d’altra parte a mali
estremi, estremi rimedi, giusto? Il ragazzo lo invitò nel
loro ritrovo. Quando Axel arrivò lì
scoprì che anche Sora era presente.
- Lui
che ci fa qui? – chiese il rosso, ma non era infastidito,
solo sorpreso e confuso.
- Beh,
ti farà comodo anche lui, visto che è uno dei
pochi che conoscono Roxas davvero a fondo. Come me –
- Come
sai che si tratta di lui? –
- Per
quale altro motivo mi avresti chiesto di vederci, altrimenti?
–
- Ehm…
il piacere della tua compagnia? – ghignò Axel, per
nascondere il proprio disagio.
- Cazzate
– sbuffò Hayner – Sappiamo che
c’è qualcosa che non va, ma lui si è
rifiutato di parlarcene -
- Ma so
da fonte certa che è a dir poco furioso – aggiunse
Sora.
- D’accordo,
carte in tavola: Roxas mi sta evitando perché mi sono
comportato da cretino e io voglio chiarire –
Sora e Hayner lo
fissarono interrogativi e Axel raccontò riluttante
ciò che era successo – usando un lungo giro di
parole per non dover ripetere quelle che Roxas aveva pronunciato
– temendo che Hayner da un momento all’altro gli
avrebbe urlato contro, testa calda com’era, soprattutto
quando si trattava di Roxas. Ma il ragazzo lo sorprese scuotendo il
capo e commentando con un vago “Gli
passerà”.
- Non
cercarlo più – aggiunse Sora.
Axel
aprì la bocca per protestare, ma Hayner scosse di nuovo la
testa e lo fissò torvo. Ecco una piccola parte della
reazione che temeva.
- Rox
non è una ragazza, non ti sta ignorando per ricevere
attenzioni. Ti sta ignorando per non dire o fare cose di cui potrebbe
pentirsi. Non che non abbia ragione ad essere arrabbiato con te
–
Axel si morse le
labbra e abbassò la testa con aria colpevole.
- Infatti
– rincarò Sora, ignorando le ultime parole di
Hayner – Non avrai mica pensato che Roxas fosse tutto pregi,
vero? È una testa calda, proprio come Hayner. Scusa, Hay, ma
è così. Solo che mentre Hayner si arrabbia
facilmente ma dopo dieci minuti gli è passata, a Roxas ci
vuole molto per perdere la pazienza e molto di più per
sbollire la rabbia. Soprattutto se è anche ferito. Quindi
dagli tempo e lascia che sia lui a cercarti. Lo farà, alla
fine, credimi –
- Grazie,
ragazzi –
- Figurati
– fece Hayner in tono burbero e scontroso
– Si vede che ti dispiace sul serio. Beh, mi sembra il
minimo. Ma comunque Rox non si affeziona a chiunque, quindi se lui
decide di darti un’altra possibilità come penso,
posso benissimo farlo anch’io. Ma vedi di non sprecarla
–
E Axel
seguì il consiglio, anche se con una certa
difficoltà.
I giorni
passavano lenti e ovviamente anche Roxas sentiva la mancanza del suo
ragazzo e dei bei momenti che avevano sempre passato insieme. E si
ritrovò a pensare al giorno che aveva trasformato la loro
amicizia in qualcos’altro.
Ma ora Axel
aveva smesso di farsi sentire e Roxas cominciò a temere che
avesse rinunciato a far pace. Il pensiero gli fece mancare il respiro:
e se Axel dopotutto non avesse avuto più intenzione di avere
pazienza con lui? Forse Roxas aveva perso la sua possibilità
di riavere il suo dolcissimo rosso. E se poi magari qualcun altro
avesse preso il suo posto? Qualcuno come Terra? Non poteva permettere
una cosa del genere, doveva fare qualcosa! Sì, ma cosa?
Roxas
pensò che una passeggiata l’avrebbe aiutato a
schiarirsi le idee e a decidere sul da farsi.
Fu questo che lo
spinse ad abbandonare i libri in cui si era rifugiato per recarsi alla
torre dell’orologio, combattuto tra il desiderio di chiamare
Axel e la paura di dirgli qualcosa che non pensava sul serio.
Sospirò pesantemente.
Mentre era
ancora sugli ultimi gradini verso la terrazza, sentì una
voce conosciuta. Ops…
“Ce
l’hai con me, vero Karma?!”
- …
no, non ancora. Credimi, sto facendo del mio meglio. Sì,
così mi hanno detto! Di aspettare, dargli il suo
spazio… -
Roxas
capì che Axel parlava di lui. E che i suoi stessi amici
avevano consigliato al rosso come comportarsi per costringere Roxas a
cercarlo per chiarire la situazione. Sapeva che avevano agito con le
migliori intenzioni, ma lo visse lo stesso come un tradimento. Ma il
tono di Axel era stanco e dolente e il biondo sentì
l’improvvisa ondata d’irritazione che
l’aveva sommerso abbandonarlo all’istante.
- Sono
i suoi migliori amici, mi fido di loro. Posso solo sperare che lui ci
tenga abbastanza da perdonarmi per la cazzata che ho fatto, alla fine.
Grazie, Dem. Ci sentiamo –
Roxas diede una
sbirciata alla scena: Axel era solo sulla terrazza deserta, seduto al
suo solito posto sul davanzale, un ginocchio contro il petto come al
solito e lo sguardo vacuo fisso all’orizzonte. Lo
udì sospirare. Poi parlò di nuovo, in tono un
po’ amaro.
- Ehi
Roxas, scommetto che non sai perché il tramonto è
rosso – fece una pausa, come per attendere una risposta, che
però non venne. Sospirò di nuovo e
proseguì - La luce è formata da molti colori e il
rosso è quello in grado di arrivare più lontano
–
Roxas ricordava
bene quella conversazione: risaliva ad una delle loro prime uscite.
Quanto avevano riso quella sera! E Axel, tra le altre cose, gli aveva
detto quelle esatte parole. E Roxas aveva risposto…
- Chi
te l’ha chiesto?!? Sapientone – si sentì
parlare ancora prima di rendersene conto.
Axel
sobbalzò visibilmente e si voltò di scatto.
- Roxas! –
- È
bello vedere che ti ricordi il mio nome, ma se hai solo quello da dire,
allora è meglio se stai zitto –
Il rosso assunse
un’espressione ferita e Roxas si grattò la testa.
- Accidenti,
mi è uscito di bocca in modo sbagliato. Dimentica tutto,
okay? –
Axel
annuì e il biondo prese posto accanto a lui.
- Mi
dispiace, Rox –
- Lo so
–
- Quando
me l’hai detto mi sono… fatto prendere dal panico.
Non sapevo cosa fare, capisci, quelle parole per qualche motivo hanno
sempre decretato la fine delle mie relazioni e non potevo e non potrei
sopportare se questo accadesse anche con te. Mio Dio, non ho grammaticalmente
senso! –
- So
anche questo. Uhm, non la parte grammaticale, quello che hai detto
prima –
- Puoi
sopravvivere senza sentirmi dire cose del genere? –
- Solo
se non scappi più quando te le dico io –
Axel lo
guardò interrogativo e Roxas sospirò.
- Non
mi importa se tu non mi dici cazzate romantiche, Ax, ma ogni tanto io avrò voglia
di dirle a te. Non sempre, solo ogni tanto e non
significherà mai che sto per lasciarti. A meno che io non ti
becchi con un altro, mi sembra ovvio. Per quello non
c’è amore che tenga. Ma non mi metterei a comporti
poemi in una circostanza del genere, non ha senso, mi limiterei a un
semplice “Vai a cagare, stronzo!” –
- Non
c’è pericolo che succeda una cosa del genere
–
- Comunque
non mi aspetto affatto che tu mi risponda, in quei casi. Nemmeno con un
“anch’io” o “idem” o
cose del genere. Credimi, non è necessario, basta molto meno
per capire se per te è lo stesso oppure no. E io
già so ciò che mi serve sapere –
Axel fece un
mezzo sorriso ed entrambi rimasero a lungo in silenzio a guardare il
tramonto, godendosi la reciproca compagnia. Ad un certo punto una testa
munita di una folta chioma rossa si adagiò contro una
piccola spalla, come in cerca di protezione.
Roxas sorrise e
affondò il viso in quei capelli soffici – malgrado
le apparenze – e vaporosi, che odoravano sempre come di pane
appena sfornato.
- Axel
– sussurrò infine – Sono entrato ad
odontoiatria. Le graduatorie sono uscite tre giorni fa. E adesso che
abbiamo risolto tra noi direi che è il caso di festeggiare.
Mangiamo fuori, domani sera? –
- Solo se offro
io! – esclamò allegramente il rosso,
raddrizzandosi di scatto e sorridendogli in modo piuttosto goffo.
Roxas rise,
contento che fosse tornato tutto alla normalità.
C’era
un gran fermento quella sera, in palestra. Yuffie stava affiggendo dei
poster nei punti strategici del locale, saltellando con aria
soddisfatta.
- Quasi
vacanza, quasi vacanza, quasi vacanza! – canticchiava tra
sé nel frattempo.
Roxas si
avvicinò e lesse.
“Campo
di sopravvivenza: un’esperienza unica a contatto con la
natura. Pensate di poter sopravvivere tornando alle origini o quasi?
Combattere per il vostro cibo, accendere un fuoco, respirare aria pura,
dilettarvi con la vita nella foresta e ritornare a casa sani e salvi?
Siete davvero all’altezza?
Organizzatore:
Lexaeus Humus
Capigruppo: Xaldin
Wind, Rude Turks, Axel Flame.
Quota clienti: 200
munny
Quota esterni: 350
munny
Equipaggiamento consentito:
sacco a pelo, coltellino svizzero, borraccia, fionda/cerbottana/fiocina
vestiti, cassetta di pronto soccorso (consigliata), oggetti per
l’igiene personale (da NON disperdere
nell’ambiente. NO prodotti chimici quali bagnoschiuma,
shampoo e simili) fiammiferi, libri e/o uno strumento musicale.
Equipaggiamento NON consentito:
apparecchi elettronici, stufe o fornelli elettrici, cibo, alcol,
attrezzature professionali da caccia/pesca.
Ai partecipanti saranno forniti:
una bussola ciascuno (da restituire alla fine del campo), uno specchio
per segnali luminosi per gruppo, dei cestini per la raccolta di generi
alimentari, dei sacchetti per i rifiuti inorganici, una mappa per
gruppo, una fotocamera per gruppo (per immortalare gli istanti
più significativi), varie ed eventuali.
Partenza: 5 ottobre
Ritorno: 9 ottobre
Per maggiori
informazioni contattare il titolare”
Roxas si
grattò la testa: sembrava divertente. Chissà cosa
ne avrebbero pensato i suoi amici. Di sicuro sapeva che Riku, Sora e
Hayner sarebbero stati interessati, quei tre erano sempre pronti
all’avventura. E Pence forse sarebbe stato perfino
più entusiasta di Sora. Le ragazze? Era abbastanza sicuro
che avrebbero preferito restare a casa: Naminè e Selphie
detestavano il campeggio, figuriamoci un campo di sopravvivenza e le
altre due, sebbene tentate, non avrebbero mai lasciato indietro le
amiche.
- Interessante,
vero? – gli mormorò una voce
all’orecchio.
Lui si
voltò è vide una ragazzina dai capelli di un
biondo ramato e gli occhi molto scuri.
- Oh,
sì, decisamente – le sorrise in modo gentile.
Con sua grande
sorpresa e sollievo la ragazzina non ridacchiò. Ma le sue
amiche sì, appena più dietro. Fecero loro un
cenno di saluto malizioso e si allontanarono starnazzando.
- Lasciale
perdere, pensano che io abbia una cotta per te. E quasi tutte loro ne
hanno una per quell’istruttore dai capelli rossi. Quanto
è cliché avere una cotta per un istruttore?
–
- Ehm…
già – ridacchiò il biondo con aria
imbarazzata. In fondo anche per lui era cominciata così, no?
“Questa
situazione mi sta proprio stancando” pensò Roxas
“Perché non trovano degli altri bersagli? Axel è mio!”
- Allora
tu perché sei qui? Hai fatto una scommessa o qualcosa del
genere? – le chiese cauto.
- Qualcosa
del genere. Ma già che ci sono vorrei chiederti se pensi che
il signor Humus lasci partecipare anche noi ragazze al campo di
sopravvivenza –
- Non
vedo perché no. Non ne sono proprio sicuro, ma non penso che
alle ragazze sarebbe negata la possibilità –
- Potresti
chiederglielo da parte mia? Quell’uomo mi intimidisce
–
- Uhm…
certo, perché no? –
La ragazza gli
rivolse un sorriso smagliante e gli afferrò una mano.
- Grazie,
Roxas! –
- Ehm…
forse è una domanda stupida, ma… come sai il mio
nome? –
- Ero
nella folla al… -
- …
torneo, già, avrei dovuto immaginarlo. E tu sei? –
- Lidia
–
- Va
bene, Lidia, questo sarà un po’ rude, ma devo
dirti da subito che non sono esattamente… -
Lidia rise e lo
interruppe.
- Stai
tranquillo, non mi interessi. Non che tu non sia un bel ragazzo, sia
chiaro, è che ho messo gli occhi addosso a qualcun altro.
Hanno pensato che fossi tu perché ho detto che è
biondo, ha gli occhi azzurri e ha partecipato al torneo –
- Non
stai parlando di Seifer, vero? –
- Cosa?!
Quel pallone gonfiato? No! Sto parlando del ragazzo che ha superato le
eliminatorie ma poi ha perso contro quel tipo dai capelli rossi
–
“Wakka
e Tidus. Ha una cotta per Tidus!”
Roxas sorrise e
si congedò con la scusa di andare a parlare con
“il signor Humus”. E andò effettivamente
a parlare con lui, ricevendo la conferma che le ragazze potevano
partecipare eccome – Lexaeus sorrise sognante e Roxas non ne
capì il motivo.
- A
proposito, Lex, pensavo che non lasciassi che i minorenni si
iscrivessero qui, eppure ci sono delle ragazze che non sembrano affatto
avere diciott’anni –
Lexaeus
ridacchiò.
- Le
ragazze, a differenza dei loro coetanei maschi, non cercano di strafare
–
Roxas non
riuscì a cavargli altro di bocca.
Nei giorni
seguenti Roxas si ritrovò a parlare con Lidia sempre
più spesso, era una ragazza simpatica e intelligente e non
voleva avere sempre ragione. Axel iniziò a lamentarsi
scherzosamente di essere stato rimpiazzato, quando li vide scambiarsi
il numero di telefono, ma il biondo alzò gli occhi al cielo
e borbottò qualcosa a proposito di “essere un
bravo fratello”.
Solo diversi
mesi dopo il rosso avrebbe scoperto che il suo fringuello stava
giocando a fare il Cupido. Infatti Tidus era straordinariamente
incapace quando si trattava di scegliersi una ragazza e puntualmente
prendeva il due di picche. O peggio, era costretto ad essere rude per
liberarsi dell’arpia di turno.
Ma in ogni caso
la scoperta sarebbe arrivata dopo. Per il momento Axel si
limitò a prendere in giro il suo piccolo biondo.
Sull’autobus,
Roxas si sedette per la prima ora vicino a Lidia, con cui
chiacchierò animatamente. Axel non se la prese, era troppo
occupato a parlottare con Pence ed Hayner di chissà che cosa.
- Mio
caro buon vecchio fratellone – lo redarguì Tidus,
scuotendo la testa – Chi l’avrebbe mai detto che ti
avrei mai visto flirtare con una bella ragazza.
C’è forse speranza anche per te? –
Roxas
ghignò, ignorando il rossore di Lidia.
- Farai
meglio a non farti sentire da Axel, oh mio odioso fratellino, potrebbe
rimanerci molto male –
- Ho
capito bene, Roxas? Tu e Axel? –
- Temo
che Tidus si sia beccato tutti i geni etero –
confessò Roxas con un sorriso – E io rientro nel
nutrito gruppo di persone che si innamorano del proprio istruttore -
Poi lui e Lidia
risero pensando alle amiche di lei, fino a che Roxas si
scusò per andarsi a sedere vicino ad Axel, raccomandando a
Tidus di tenere compagnia a Lidia.
- Lo
chiederei a Yuffie, in quanto l’unica altra ragazza ad aver
avuto il fegato di partecipare, ma al momento sta flirtando con Luxord
–
E Luxord ne
sembrava estremamente compiaciuto, dato che erano mesi che cercava
invano – o almeno così credeva – di
attirare l’attenzione dell’iperattiva ragazza.
- Oh,
beh – stava dicendo Yuffie in quel momento – Gli
uomini primitivi affrontavano bestie feroci con rozzi strumenti per
conquistare e sfamare la loro dolce metà. Mi aspetto di
vederti competere con loro! –
- Sono
debole alle richieste di una soave fanciulla –
sospirò Luxord, strizzando un occhio in direzione di Xigbar
(Marluxia aveva deciso di non partecipare).
Yuffie, che
tutto era fuorché soave, ridacchiò compiaciuta.
- Potrei
vomitare – commentò Xigbar.
- Fallo
nell’apposito sacchetto – gli consigliò
Xaldin.
- La
Giungla Profonda? Perché questo nome mi è
familiare? – chiese Hayner, picchiettandosi il mento con un
dito.
- Mi
sembrerebbe strano se non
ti fosse familiare – rispose Saïx – Si da
il caso che questa sia una foresta vergine a poche decine di chilometri
da Crepuscopoli ed è come un’oasi nel deserto.
Natura incontaminata, un labirinto di alberi e liane, abitato da ogni
sorta di animali –
- Senza
parlare di Tarzan – aggiunse Xaldin, allontanandosi col suo
gruppo, che comprendeva Luxord e Yuffie.
Il gruppo di
Rude, che aveva al seguito Tidus, Lidia e Xigbar, era già
sparito in lontananza.
- Chi o
cosa è “Tarzan”? – chiese Sora.
- Magari
lo incontreremo mentre siamo in giro – esclamò
Axel, entusiasta – Non sarebbe certo una novità!
–
- Sei
già stato qui? –
- Oh,
molte volte, insieme a Dem e Saïx, ma mai come capogruppo. Un
vero peccato che Demyx non sia potuto venire –
- Il
lavoro è lavoro, non è vero? Anche se secondo me
c’entra più un certo interesse per… -
iniziò Riku.
- Taci!
– esclamò allegramente Axel – La natura
selvaggia ci aspetta! La nostra meta sono le cascate degli elefanti,
tirate fuori la mappa e mettiamoci in cammino –
Fu
un’esperienza diversa da quella che chiunque di loro
– salvo chi aveva già partecipato –
avesse mai potuto immaginare. Il gruppo era fortunatamente formato solo
dal gruppo di amici, ma raccogliere il cibo e cacciare piccoli animali
non era un lavoro affatto semplice. C’era poi il fatto di
dover uccidere e sventrare gli animali catturati e questo mise i
più giovani a dura prova. Tuttavia nessuno di loro si
sottrasse. Fortunatamente la gran parte del cibo reperibile era frutta
– con gran delizia di Roxas – ma si sperava che
presto avrebbero avuto pesce in abbondanza.
- Tutto
bene lì dietro, Roxas? – chiese Saïx il
secondo giorno – Da che parte dobbiamo andare ora?
–
Roxas si
riaccomodò lo zaino sulle spalle e guardò di
nuovo la cartina che Lexaeus aveva dato loro.
- Dovremmo
continuare per un altro po’ in questa direzione, fino a
trovare una roccia a forma di bocca di alligatore – rispose
accigliato – Poi proseguire per tre chilometri e mezzo verso
nord-ovest –
- Ne
sei proprio sicuro? – chiese Hayner, che era in testa al
gruppo, fermandosi e costringendo tutti gli altri a fare lo stesso
– Perché, amico, il tuo senso
dell’orientamento fa pena. Ti ricordi di quella volta al
parco divertimenti, quando ti offristi di fare da guida
perché ci eri già stato? Invece di andare in
direzione delle montagne russe ci portasti al tunnel
dell’amore –
Risero tutti,
Axel e Saïx per la nuova rivelazione e gli altri nel ricordare
la scena. Ma Hayner non aveva ancora finito.
- E le
ragazze ci costrinsero anche a farci un giro tutti insieme! E
dato che ovviamente si andava a coppie ed eravamo dispari e
“Roxas e Naminè sarebbero assolutamente adorabili
insieme!” io fui costretto a dividere il battello con
l’enorme orango di peluche che Sora aveva vinto per Kairi!
–
Sora e Riku
furono i primi a spanciarsi dalle risate.
- Oh,
andiamo, tu e quella scimmia formavate una magnifica coppia!
– ansimò Pence.
- Sì,
beh, tutto questo per dire che per quanto ne sappiamo quel nord-ovest
potrebbe benissimo essere un sud-est! –
Roxas
s’imbronciò e lanciò
un’occhiata offesa a quello che chiamava migliore amico.
- La so
leggere una fottuta cartina – sbottò –
Ma se sei così diffidente leggitela da solo –
E gli
piazzò rudemente il foglio in mano.
- Uhm…
sembra che Roxy ci abbia dato le indicazioni giuste. Niente male per un
biondo –
- E tu
sei sicuro di aver letto bene? – chiese Sora con un ghigno,
difendendo in parte il cugino. Solo in parte però
– Dopotutto sei biondo anche tu! –
Roxas rise;
Hayner si gonfiò di finta rabbia e passò la
cartina a Pence.
- Beh,
avete sentito i biondi. Cerchiamo la bocca di alligatore e poi tutti a
nord-ovest! –
- Sissignore
–
Si rimisero in
cammino. Axel, qualche passo avanti rispetto al suo biondo preferito,
voltò la testa per dirgli qualcosa – e magari
camminare mano nella mano – ma poi si trattenne, sorpreso.
Gli occhi di Roxas erano fissi sulla parte bassa della sua schiena,
seguendo con palese interesse il movimento dei suoi glutei, attualmente
fasciati in pantaloni di tela comodi ma aderenti. Quando Roxas si
accorse di essere stato scoperto distolse in fretta lo sguardo,
mormorando “Scusa”. Axel guardò altrove
per nascondere il proprio sorrisetto compiaciuto e divertito, ma anche
per non dover mostrare di essere arrossito violentemente. Non capitava
spesso che il suo sedere fosse occhieggiato con tanto interesse, anche
se era effettivamente una gran bella vista. Di solito tutti gli sguardi
che riceveva, sia dai ragazzi che dalle ragazze si focalizzavano sulla
parte anteriore
del suo corpo; sul petto e notevolmente
più in basso. Quella novità gli sembrò
improvvisamente intrigante.
Una volta di
nuovo in controllo delle proprie espressioni facciali, Axel
rallentò quel tanto che bastava ad affiancare il suo ragazzo
e gli circondò le spalle con un braccio.
- Sai
– disse a bassa voce, in modo che solo Roxas lo sentisse
– Non devi scusarti per cose del genere, hai tutti i diritti
di guardarmi, quanto e dove vuoi. Sono tutto tuo, baby.
L’importante è che non guardi così altri ragazzi
–
- E a
che mi servirebbe guardare altri? Nessuno può reggere il
confronto col mio fusto personale – rispose Roxas con un
piccolo sorriso timido, ma sempre guardando altrove.
Axel
arrossì di nuovo. Di solito era lui a fare complimenti ai
suoi ragazzi; non che non ne ricevesse anche un sacco, solo che
preferiva essere lui a far arrossire la gente.
- Beh…
in ogni caso quello che è successo non è niente
di che. Anche io guardo sempre quel tuo bel culetto mentre cammini
– confessò con un ghigno.
Roxas, come
previsto, arrossì.
- Io
non ho un bel culetto! – protestò in un sibilo.
- Ma tu
non puoi guardartelo mentre cammini e io, che sono in posizione per
poter giudicare, dico che ce l’hai eccome! E in
realtà mi fa venire in mente molti pensieri sconci
– gli sussurrò nell’orecchio.
Roxas si
sbatté una mano sulla fronte, rosso come un pomodoro e
accelerò per raggiungere Sora e Hayner.
Quest’ultimo gli punzecchiò gli zigomi.
- Che
ti è successo? – chiese divertito.
- Axel
– rispose semplicemente Roxas.
- Ovviamente
– commentò l’amico. Poi, ad alta voce
– Axel, smettila di metterlo in imbarazzo! –
- Ha
cominciato lui! – rispose il rosso a tono –
Comunque, Roxas, sappi che ho apprezzato molto la tua decisione di
superarmi! –
Roxas
boccheggiò, afferrando al volo il significato nascosto
dietro quella semplice affermazione.
- Vai
subito davanti! – sbottò.
Axel
ridacchiò.
- Ma
certo, Roxy, se vuoi goderti lo spettacolo… -
Sembrava che in
ogni caso Roxas avesse perso la battaglia. Ma d’altra parte,
com’era il detto? Se
non puoi batterli, unisciti a loro. Ed era proprio quello
che avrebbe fatto, decise.
- Spettacolo,
eh? Te lo do io lo spettacolo – sibilò Roxas, le
labbra sollevate in un sorrisetto sadico.
- Che
hai in mente? – gli chiese Sora, sapendo che
quell’espressione non prometteva nulla di buono.
- Niente
di cui tu debba preoccuparti, solo una piccola vendetta –
- Di
che tipo? –
- Oh,
lo vedrai. O meglio, lo vedrai se hai uno specchio a portata di mano
–
Sora
ghignò.
- Ho
quello che mi ha dato Lexaeus per i segnali luminosi –
- Perfetto,
tiralo fuori! –
Sora
eseguì e inquadrò Axel nel proprio campo visivo e
in quello del cugino. Hayner, che non riusciva a vedere il piccolo
specchio, decise di godersi la scena rallentando fino ad affiancare il
rosso.
Fu in quel
momento che cominciò una ripida salita.
“Perfetto!”
pensò Roxas e iniziò ad ancheggiare leggermente.
Hayner, avendo capito il gioco dell’amico, trattenne
malamente una risata. Anche perché Axel ci era cascato con
tutte le scarpe e stava fissando le cosce e il sedere in movimento di
Roxas con aria a dir poco ipnotizzata. La cosa andò avanti
per un bel po’ di tempo e i tre stronzetti guardarono il viso
di Axel diventare sempre più rosso e sudato,
finchè anche lui capì.
- Punirò
presto te e quel tuo culetto impertinente! Aspetta e vedrai!
– sbraitò.
Roxas
scoppiò a ridere e scappò in testa al gruppo per
farsi “proteggere” da Saïx.
- Fermalo!
– ordinò Axel all’amico, ma Roxas evase
alla presa del ragazzo con un’abile schivata.
Poi si
arrampicò su un albero con l’agilità di
una bertuccia. Axel lo seguì di volata.
- Voi
due, noi ci accampiamo sotto quel gruppo di alberi! –
gridò loro Riku.
Tenendosi ben
saldo sul suo ramo con una mano, Axel inchiodò Roxas al
tronco con l’altra e gli baciò il collo,
inconsapevole degli occhi che li guardavano dal basso.
All’improvviso uno strano rumore li distrasse. Sembravano dei
singhiozzi, ma nessuno dei loro amici stava piangendo, ovviamente. Poi
il rosso indicò a Roxas una specie di fagottino che
tremolava sotto un albero lì vicino. I due scesero in fretta
dal loro e si avvicinarono silenziosamente. Era una bambina e non
dimostrava più di quattro anni.
- Ehi,
piccola. Stai bene? – chiese Axel. Roxas si mantenne qualche
passo dietro di lui.
La bambina lo
guardò con dei grandi occhi azzurri e… emise un
gridolino, singhiozzando più forte.
- Aiuto,
mammina! C’è un diavolo che mi vuole portare via!
– pianse.
Axel si fece
indietro, estremamente teso. Come poteva aiutare quel soldo di cacio se
aveva paura di lui? Infine la bambina vide Roxas e si
aggrappò alle sue gambe.
- Tu
sei un angelo, vero? –
Il biondo si
chinò verso di lei con un sorriso.
- Sì,
piccola. Come ti chiami? –
- Aqua
–
- Bene,
Aqua, ti svelo un segreto – sussurrò Roxas
abbastanza forte perché Axel potesse sentirlo, lanciandogli
allo stesso tempo uno sguardo significativo – Lo sai che
c’è un modo molto semplice per rendere un diavolo
buono e inoffensivo? –
- Davvero?
– chiese la piccola, strofinandosi gli occhi per asciugarli
– Quale? –
- Un
angelo deve riuscire a dargli un bacio – rispose solennemente
il biondo.
- E tu
ci riesci? –
- No
che non ci riesce – Axel fece una risata malefica.
A quel punto
Roxas fece finta di atterrarlo e gli baciò la punta del
naso. Aqua batté le manine ridendo e si avvicino ad Axel,
tutta contenta.
- Aqua,
non devi dire a nessuno chi siamo, è un segreto –
si raccomandò Axel.
Portarono la
piccola dagli altri e iniziarono a farle domande. Riuscirono a capire
che era la figlia dell’amica di una certa Jane che abitava
lì e che, giocando con un babbuino si era persa.
- Dobbiamo
trovare… - cominciò Saïx.
Ma in quel
momento risuonò un urlo disumano e Aqua si
rannicchiò tra Axel e Roxas, terrorizzata. Pochi istanti
dopo un uomo abbronzato e molto poco vestito piombò in mezzo
a loro dall’alto.
- Ecco,
questo
è Tarzan – sussurrò Axel a Sora
– Ciao, Tarzan – disse ad alta voce.
- Persone
– rispose quello in tono gutturale – Bambina. Persa
–
Axel
indicò il fagottino al suo fianco.
- Aqua
– proseguì Tarzan – Vieni da tua madre
–
Ma la bambina
scosse freneticamente la testa e si nascose dietro Roxas. Sembrava
avere paura dell’uomo in “perizoma”.
- Tarzan,
dov’è la madre di Aqua? – chiese Roxas.
- Vicino
–
Il biondo si
alzò.
- Vieni,
Aqua, ti ci porto io –
Aqua
balzò in piedi e afferrò la mano tesa di Roxas ed
entrambi seguirono Tarzan, che li agevolò evitando di
arrampicarsi sugli alberi.
Nel giro di
qualche minuto i tre sparirono alla vista. Dopo una
“passeggiata” di quasi due chilometri –
Roxas fu costretto a prendere Aqua in braccio perché era
stanca – giunsero in vista di una radura. Sedute su dei
comodi giacigli di foglie c’erano due donne; una di loro
aveva un’aria molto spaventata e continuava a guardarsi
nervosamente intorno.
- Non
preoccuparti – stava cercando di rassicurarla
l’altra – Vedrai che Tarzan troverà
presto… Tarzan!
– esclamò alla fine.
Roxas
seguì l’uomo e mostrò alle donne la
bambina addormentata tra le sue braccia.
- Mio
Dio – sussurrò la madre di Aqua –
Dov’era? –
- Deve
aver perso la via del ritorno mentre giocava con un babbuino. O almeno
così ho capito. Io e i miei amici l’abbiamo
trovata che piangeva sotto un albero –
Dopo qualche
spiegazione e molti lacrimosi ringraziamenti, Tarzan propose a Roxas di
riaccompagnarlo al suo “accampamento”. Il biondo
accettò, anche perché non avrebbe mai ritrovato
la strada da solo. Dopotutto era vero che il suo senso
dell’orientamento era pessimo.
- È
passata un’ora, non dovrebbe essere già qui?
–
- Non
sembri il tipo che si preoccupa facilmente, Riku – disse
Axel, pigramente disteso con le braccia incrociate dietro la testa.
- Come
mai tu non
sei preoccupato? – rimbeccò Riku – Visto
che il tuo ragazzo è tutto solo là fuori e non
riuscirà a tornare da noi senza una guida? –
- Rilassati,
non è solo, c’è Tarzan con lui,
è sempre pronto a dare una mano –
- Certo,
ora sono molto più tranquillo, Roxas è solo con
un uomo praticamente nudo… -
Axel
ghignò.
- Che
vorresti insinuare, che se lo in… -
Fortunatamente
un altro grido ritmico e sovrumano interruppe la frase non proprio
gentile di Axel e Tarzan piombò di nuovo in mezzo a loro con
un piccolo biondo in spalla. Roxas si raddrizzò e
barcollò un pochetto, aggrappandosi al tronco
dell’albero più vicino. Axel per un attimo
sembrò preoccuparsi per davvero,
finchè…
- È
stato magnifico! – gridò Roxas, ridendo e saltando
come un bambino – Possiamo rifarlo, Tarzan? Possiamo?
–
Tarzan sorrise e
afferrò di nuovo il biondo, arrampicandosi su una liana e
facendolo ondeggiare qua e là, lanciandolo per aria e
riafferrandolo per una caviglia. E Roxas, tutto rosso e sudato, rise
come un matto, spingendo anche Sora e Pence a fare lo stesso. Ma alla
fine Tarzan lo rimise a terra, al sicuro e si arrampicò in
fretta sul tronco, dileguandosi con un altro ululato mentre tutti lo
salutavano dal basso.
- Ouf
– sospirò infine Roxas – Sono esausto,
posso farmi un riposino? –
E, senza
aspettare risposta, si accoccolò contro Axel e si
addormentò. Il rosso lo strinse teneramente tra le sue
braccia e, incurante degli sguardi degli altri, gli diede un bacio su
una tempia e sussurrò “Benvenuto nella Giungla
Profonda, Roxas”.
Ok,
con un po’ di ritardo ma… Felice 2013 a tutti!
Ecco il capitolo che stavate aspettando. L’ultima parte, il
campo di sopravvivenza, è un po’ un in
più, ma porta in qualche modo al prossimo capitolo. In ogni
caso questa storia sta per arrivare alla sua conclusione, fatemi
sentire il vostro amore! XD
Comunque
spero che siate tutti maggiorenni, perché avrei intenzione
di passare questa storia al rating rosso. Oppure no, se qualcuno
dovesse essere ancora un minore mi avvisasse, così la parte
a rating rosso la scrivo a parte, come one shot, così che
tutti possiate arrivare “sani e salvi” alla fine
della fic. Quindi, che altro dire, fatemi sapere in modo che io mi
possa organizzare!
Detto
questo, detto tutto. Vi ringrazio davvero per aver letto fin qui,
questa è la prima fan fiction che io abbia mai scritto per
KH o per un pairing yaoi, quindi sono consapevole che il mio
stile in questo senso sia ancora acerbo, ma avere un seguito numeroso
è una soddisfazione immensa!
Grazie
a tutti! :’) |
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Capitolo 16 *** Seme e uke al sapore di paopu ***
Roxas si
asciugò il sudore dal viso. Forse aveva esagerato con il
riscaldamento, ma cosa poteva farci se si sentiva arrugginito, quel
giorno?
Il suo stomaco
iniziò a brontolare e lui ci premette una mano sopra,
imbarazzato.
- Ehi,
tigre! – lo apostrofò Xigbar – Mangia
qualcosa prima che ti venga la tentazione di sbranare qualcuno -
Roxas sorrise
all’amico.
- Sì,
signor capitano – disse. Poi ci ripensò,
iniziò a ridacchiare, spedì un occhiolino ad
Axel, che lo guardava da poco distante e gli mimò un
“roar” seducente, mimando con una mano ad artiglio.
Sapeva che era una cosa molto gay
da fare, ma ogni tanto ci stava, no? E poi lui era gay. Anche se
non effeminato, ma prendere un po' in giro era diverso, no?
Axel
arrossì e si voltò per rispondere alla domanda di
una signora. Roxas rise apertamente. Quanto gli piaceva vendicarsi per
tutti i momenti imbarazzanti che l’istruttore gli aveva fatto
passare da quando si era iscritto…
Poi
seguì il consiglio di Xigbar e si diresse verso il proprio
armadietto, frugando nel suo borsone per estrarne un piccolo
contenitore a chiusura ermetica che conteneva la sua salvezza.
Roxas
tornò di sopra e si sedette su una panca a fare merenda in
santa pace. L’allenamento gli faceva venire sempre fame,
anche se quel giorno si era limitato al riscaldamento. Doveva essere
una giornata no. In ogni caso per una volta aveva un’ottima
merenda con sé: un grosso, succulento frutto di paopu.
Sora
gliel’aveva portato solo il giorno prima, rientrato da poche
ore da una brevissima trasferta alle Isole del Destino, dove aveva una
villetta. Esatto, il bruno, appena tornato dal campo di sopravvivenza
era subito dovuto partire di nuovo.
Buon per Roxas,
comunque, perché in quel modo aveva potuto costringere il
cugino a portargli una grossa scorta di paopu.
In
realtà Roxas era l’unico a usare i paopu
esattamente come ciò che erano: frutti. Tutti gli altri li
trattavano con i guanti di seta per via della leggenda, quella secondo
cui, se due persone ne avessero diviso uno, i loro destini si sarebbero
legati indissolubilmente, qualsiasi cosa fosse successa. Secondo Roxas
bastava un figlio per arrivare a quel tipo di legame. In ogni caso,
qual era il risultato di quello stupido mito? La stragrande maggioranza
di quelle delizie era destinata a marcire, se c’era carenza
di coppiette che andavano alle Isole in luna di miele.
Ovviamente tutte
le persone che venivano a sapere di questo suo
“scempio” avevano da ridire, era inevitabile.
Roxas non
avrebbe mai dimenticato quella volta che Selphie e Riku avevano
spiegato la leggenda, l’una con aria sognante,
l’altro in tono concreto, come se parlasse di antichi miti
greci. Era successo più o meno quattro anni prima ed erano
tutti sull’isola, ospiti di Sora, riuniti accanto a uno degli
alberi.
Ascoltata la
spiegazione con estremo scetticismo, Roxas si era sporto, aveva
raccolto uno degli splendidi frutti a stella, che gli stava facendo
venire l’acquolina in bocca già da un pezzo,
l’aveva pulito sulla propria maglia e l’aveva
addentato e finito in tre bocconi.
- Buono!
– aveva commentato, mentre tutti gli altri lo fissavano
scandalizzati.
- Ma
Roxas! – aveva squittito Selphie – Avresti dovuto
dividerlo con una persona per te molto, molto
speciale… -
- E
l’ho fatto – la interruppe il biondo –
L’ho diviso con l’unica persona che sarò
certo di amare fino alla fine dei miei giorni –
Silenzio gelido
per alcuni istanti, poi la risata fragorosa di Hayner, seguita a ruota,
con gran sorpresa di Roxas, da quella di Riku. Fu una sorpresa
perché fino a quel momento il ragazzo era sempre stato
più amico di Sora che di Roxas. A dirla tutta, quei due non
si potevano soffrire, ma si tolleravano comunque per i loro amici, che
ci tenevano a frequentare entrambi. Ma da quel momento in poi
iniziarono a trovarsi sempre più simpatici.
E comunque Roxas
era sicuro che avrebbe fatto tesoro per sempre delle facce sconvolte
delle ragazze e della risata di Riku.
Da quel momento
in poi Roxas aveva sviluppato una sorta di “dipendenza da
paopu”.
In quel momento,
sulla panca della palestra, il nostro amico stava giusto masticando con
estremo piacere il secondo boccone. Era un frutto superbo, molto
saporito e sperava vivamente di poterselo godere senza essere
disturbato.
- Che
mangi, Roxas? – chiese Axel.
Come
non detto.
Roxas
scrollò le spalle e non rispose, sperando che il rosso
capisse l’antifona. E ne addentò un altro pezzo.
Che peccato, era già arrivato a metà: finivano
sempre troppo presto.
Axel, curioso e
stanco di essere ignorato, decise di passare all’azione.
Gli tolse
semplicemente la mezza stella mangiucchiata di mano e la morse a sua
volta. Sotto lo sguardo sconvolto di Roxas lo finì tutto con
un certo entusiasmo.
- Buono!
– Axel si leccò le labbra, rese appiccicose dal
dolce succo.
Poi si accorse
che Roxas lo guardava a bocca spalancata.
– Chiudila
se non vuoi che ci entrino le mosche – gli disse allegramente
– Cos’è quella faccia? –
Roxas si
riscosse appena.
- Ti
rendi conto che hai appena mangiato il mio paopu? – chiese
impassibile.
Un paio di
ragazzine dietro di loro trattennero il respiro e Marluxia, che stava
passando di là, sorrise tra sé e tese una mano
verso Luxord, che gli porse prontamente delle banconote, sbuffando. In
quella palestra non c’era un minimo di privacy, davvero!
- E
allora? – fece Axel, senza capire la reazione delle persone
intorno a lui.
- Ti
rendi conto che era l’unico che avevo con me, che ora ho una
voragine nello stomaco e che dovrò aspettare fino
all’ora di cena per poter mangiare, perché
finchè arrivo a casa saranno già le sette passate
e mia madre non mi permetterà di stuzzicare niente?
–
- È
il prezzo che paghi per ignorare una bomba sexy come me –
ghignò Axel.
- Beh, bomba sexy, fai
attenzione a non esplodere nell’immediato futuro, o quel
paopu sarà andato sprecato. A domani! –
E Roxas si
diresse verso gli spogliatoi senza voltarsi indietro. In quel modo non
si accorse di aver lasciato il piccolo contenitore sulla panca. Per
fortuna Axel era rimasto indietro e lo raccolse, fissando la piccola
foglia verde rimasta all’interno e domandandosi ad alta voce.
- Paopu…
paopu…
dov’è che avevo già sentito questa
parola? –
- Ti do
un indizio – gli disse una ragazza con i capelli castani e
grandi occhi scuri – Isole del Destino. Accidenti, uno come
te che divide un paopu con un altro maschio. Che dannatissimo spreco!
–
E se ne
andò anche lei.
“Certo
che in questo posto ce n’è di gente
strana!” pensò Axel, ignorando alla grande il vago
complimento “Beh, poco male, conosco qualcuno che
è appena tornato da quelle Isole. Forse Sora
saprà spiegarmi…”
Era una
bellissima domenica soleggiata e ragazzi erano al parco a fare un
po’ di sano esercizio fisico. Hayner, Demyx, Pence, Roxas e
Saïx stavano facendo una partitina a calcio. Invece Axel era
pigramente seduto su una panca a guardarli, le braccia incrociate
dietro la testa.
Quando gli altri
gli avevano chiesto di giocare pure lui, aveva declinato
l’offerta.
- Ehi!
– aveva protestato quando gli avevano dato del pigrone
– Passo sei giorni a settimana, otto ore al giorno per un
gran totale di quarantotto ore a settimana, in una palestra, facendo anche
attività fisica, avrò pure il diritto di
riposarmi un po’! E comunque il calcio non mi piace -
Sora si era
appena preso una pausa e si stava sventagliando con vigore. Per essere
quasi metà ottobre il caldo era ancora micidiale.
- Ehi,
Sora! – fece Axel, ricordando improvvisamente la domanda che
voleva fare al ragazzo.
L’interpellato
si avvicinò e lo guardò con aria interrogativa,
accettando la bottiglietta che il rosso gli porgeva.
- Cosa
c’è? –
- Come
sono le Isole del Destino? –
- Meravigliose
se ti piacciono le palme, le spiagge e l’oceano, un posto
perfetto sia per allenarsi che per riposarsi. Ma per il resto non
c’è molto altro. Sole, mare e sabbia, tutto qui
–
- Oh…
non era esattamente quello che volevo sapere – fece Axel,
deluso.
- Allora
cosa? –
- Mi
hanno detto che aveva a che fare con le Isole ma tu non ne hai parlato.
E va bene. Sora, che roba è un paopu? –
- Un
frutto – rispose il bruno – Molto raro, oltretutto,
cresce spontaneo solo su quelle isole ed è impossibile da
coltivare in qualsiasi altra zona del mondo, per questo ti hanno
detto… beh, qualsiasi cosa ti abbiano detto. Roxas va matto
per quella roba –
- L’ho
sentito nominare un po’ di tempo fa, ma non credo di averlo
mai assaggiato –
- No,
beh… oltre ad essere raro, nessuno lo mangia come un frutto
qualsiasi. Roxas è l’unico a farlo per quanto ne
so –
- Ma
perché? – chiese Axel, incuriosito. Quella storia
era bizzarra…
- Non
dirmi che non conosci la leggenda del frutto di paopu! –
- Dovrei?
–
- Sì,
è famosissima! –
Sora si
guardò un attimo intorno per controllare che nessuno stesse
origliando. In realtà non sapeva nemmeno lui
perché si sentisse così a disagio. Era stato Axel
a fare quella domanda, in fondo. Però sentiva che quella
conversazione doveva rimanere privata. Ma comunque non c’era
motivo di preoccuparsi, gli altri stavano tutti ancora giocando e
nessuno faceva caso a loro. Sora fissò per un attimo Riku e
il cugino, l’uno che cercava di passare per andare in porta,
l’altro che lo marcava stretto per impedirglielo. Scosse
lievemente la testa. Nonostante ora fossero buoni amici, ci sarebbe
sempre stato un pizzico di rivalità tra loro.
Infine Sora si
voltò di nuovo verso il rosso, che aspettava pazientemente
una risposta.
- Si
dice che se due persone dividono un paopu saranno parte della vita
dell’altro qualsiasi cosa accada. Quindi di solito lo
mangiano le coppie appena sposate, come buon auspicio, o comunque gli
innamorati che vogliono stare insieme per sempre –
Axel sorrise.
- E tu
pensi che la leggenda sia vera? –
- Beh,
non ho prove né in un senso né
nell’altro – rispose il bruno, senza compromettersi.
- Comunque
è una bella storiella. Com’è fatto
questo frutto? – chiese Axel. Voleva conferma.
- È
giallo e a forma di stella. Del sapore non ne so niente, chiedilo a
Roxas –
Axel
fissò il cielo, pensieroso. Quindi quel frutto che aveva
praticamente tolto di bocca a Roxas era effettivamente un
paopu. E loro l’avevano diviso. Non c’era da
stupirsi che le persone lì intorno l’avessero
guardato così.
Roxas comunque
gli era sembrato stranamente tranquillo. Forse era semplicemente felice
di averlo diviso con lui? Ma il biondo non era tipo da credere a quel
genere di leggenda senza fondamento. E poi le credenze popolari che
riguardavano cosiddetti frutti magici erano cavolate, giusto?
Al rosso non
dispiaceva affatto averne diviso uno con il suo Roxas, comunque.
L’unica cosa che gli dispiaceva era non averlo potuto fare
consapevolmente. Ma forse a questo si poteva porre rimedio.
- Ehi,
Sora. Pensi di potermene procurare qualcuno? Mi piacerebbe assaggiarli
–
Sora aveva
l’aria di chi la sapeva lunga.
- Assaggiarlo,
eh? Beh, ultimamente ne ho portati parecchi a Roxas, sono sicuro che
lui sarebbe più che disposto a dividere il suo
bottino con te –
L’enfasi
che il bruno mise sulla parola "dividere" non lasciava dubbi sul
significato di quella frase. Axel sentì le prime avvisaglie
dell’imbarazzo, ma non era disposto a lasciarsi mettere al
tappeto da un Sora qualsiasi. Gli diede uno scappellotto.
- Parla
proprio quello che mormora alla sua ragazza frasi come “Oh,
Kairi, sei bella e pura come una rosa bianca al chiaro di
luna!” quando pensa che nessuno lo stia ascoltando. Mi
sorprende che voi due non abbiate ancora diviso il vostro paopu
– poi ghignò e proseguì, spietato - Ma,
parlando di purezza, davvero la tua ragazza è ancora come
una rosa bianca? E io che credevo che l’avessi già
deflorata
da un pezzo… -
Sora
arrossì violentemente e non rispose e Axel scoprì
con piacere di non aver perso il suo tocco. A patto di non menzionare
mai “cose così
imbarazzanti!” davanti agli altri, il rosso gli
scucì la promessa di procurargli un paio di stelle.
- Ehilà!
Sono qui! – esclamò Roxas, entrando allegramente
nel ritrovo.
- Bene,
vi stavamo giusto… ma dov’è Axel?
– chiese Olette.
- L’ho
lasciato in posta, doveva pagare un bollettino e c’era un
po’ di coda –
- Tanto
meglio – intervenne Selphie –
C’è una parte che comunque non credo Axel abbia
bisogno di sentire –
- Di
cosa stai parlando? E perché non la deve sentire?
–
Roxas si
guardò intorno, accorgendosi per la prima volta di qualcosa
di diverso nel ritrovo: c’erano due sedie sistemate al centro
della stanza, posizionate davanti a un cavalletto per quadri, che il
biondo riconobbe come quello di Naminè, coperto da un telo.
Nella stanza, oltre lui, erano presenti tutte le ragazze,
più Hayner e Sora.
- Lo
capirai presto – rispose Kairi – Allora, questi due
e Pence ci hanno raccontato di quella specie di campeggio che avete
fatto… - Roxas non si curò di correggerla -
… e di come tu e Axel sembravate pronti a saltarvi addosso
–
- LORO
COSA?! –
- Più
chiaro di così non poteva essere, Rox – si difese
Sora.
- Quindi
oggi vi faremo un bel discorsetto sul sesso! –
esclamò Selphie, saltellando e battendo le mani.
Roxas
cercò prontamente di darsela a gambe, ma Hayner e Sora gli
sbarrarono la strada e, approfittando della sua sorpresa, lo
costrinsero a sedersi su una delle sedie e gli legarono gambe e
braccia. Hayner fece anche per imbavagliarlo, per non sentire le sue
proteste – e le sue imprecazioni – ma…
- No!
– lo bloccò Naminè, ridacchiando
– E se avesse delle domande da farci? –
Roxas li
guardò tutti malissimo.
- Andiamo,
Rox, sapevi che sarebbe successo! – esclamò Sora.
Roxas lo
ignorò.
- In
ogni caso voi che ne potete sapere del sesso tra uomini?! –
sbottò.
- Buona
domanda – commentò Hayner – Che ne
sappiamo? –
Olette gli
tappò prontamente la bocca e sorrise innocentemente a Roxas.
- Quanto
basta. Partiamo dalle basi, visto che siamo sicuri che Axel non ne
abbia bisogno –
- E
perché pensate che ne abbia bisogno io?! –
- Sei
mai stato a letto con un uomo? – gli chiese Kairi.
Roxas distolse
rabbiosamente lo sguardo: per qualche motivo a Kairi non era mai
riuscito a mentire senza smascherarsi. Era irritante e imbarazzante.
- Proprio
come pensavo. Attacca Nami! –
Naminè
arrossì, ma fece un ghignetto.
- Quando
due ragazzi si vogliono taaanto bene… -
- Urgh! –
fece Roxas – Ancora peggio del discorso dei miei quando ho
raggiunto la pubertà! –
Hayner rise.
- Me lo
ricordo, c’ero anch’io! Stavamo giocando ai
videogiochi quando ti venne un’erezione e andasti dritto
dritto da tuo padre, in preda al panico –
- Beh,
lo chiesi prima a te, ma ne sapevi ancor meno di me perché
non ti era ancora successo. Eri così giovane e innocente
–
- Zitto.
Il punto è che, dato che me lo sono dovuto sorbire
anch’io, comprendo perfettamente il tuo dolore. Ehi, eravamo
insieme quando ti è successo, non è
che…? –
- No!
Cazzarola, no! –
- Smettetela
di interrompere! – Olette si mise le mani sui fianchi,
minacciosa.
- Comunque
io comincerei da seme e uke – si intromise Selphie.
- Che
che che?! –
Naminè
tolse il panno dal cavalletto, rivelando un disegno di Axel e Roxas che
si tenevano per mano.
- Roxas,
tu sai di
essere l’uke, non è vero? –
- Io
non ho neanche idea di cosa significhi! –
- Parte
tutto dallo yaoi… - cominciò Selphie.
- I
fumetti porno gay?! –
- In un
certo senso… beh, il seme è la figura dominante
della coppia: più alto e in genere più grande
d’età, spesso muscoloso, più mascolino
e stoico. L’uke è il remissivo; più
basso, occhi grandi, tendenza ad arrossire e bisogno di essere protetto
–
Roxas stava per
ribattere riguardo alla dominanza del… ehm… dei suoi stivali,
al fatto che lui non era per niente remissivo e soprattutto che poteva benissimo difendersi da
solo, ma Selphie continuò, implacabile.
- Per
quanto riguarda i ruoli sessuali, il seme è…
ehm… l’insertivo
e l’uke è quello che riceve –
Roxas se ne
stava lì a bocca aperta, rosso come un peperone. Sora
ridacchiò borbottando “Tipico atteggiamento da
uke!”, come se lui fosse un grande esperto. Finalmente il
biondo si riprese.
- E chi
ha detto che io sono il fottutissimo
uke?! –
- Beh,
che tu sia fottuto
o no non lo sappiamo ancora, per questo ti stiamo mettendo in guardia,
meglio prevenire che curare, no? – rise Hayner – Ma
parlando delle altre caratteristiche allora sì, mi sembra
che tutto corrisponda –
Roxas strinse i
denti per non dare una rispostaccia al suo cosiddetto migliore amico.
Proprio in quel momento entrò Axel.
- Scusate
tanto per il ritardo, c’era un sacco di gente alla posta, ma
ora che sono arrivato potete anche dirci che cosa… perché Roxas
è legato alla sedia?! –
Axel si
affrettò a liberarlo.
- Una
volta Dem e Saïx l’hanno fatto anche con me
– disse – È molto scomodo, sapete?
–
- Beh,
se non l’avessimo fatto non ci avrebbe ascoltati –
Una volta
libero, Roxas si alzò e prese Axel per un polso.
- Infatti,
ne ho già avuto abbastanza! Andiamocene di qui, adesso! –
- Perché
tanta fretta? Di che stanno parlando? –
- Sesso
gay – bisbigliò Roxas, mortificato.
Axel
s’immobilizzò.
- Vediamo
cos’hanno da dirci – propose, gli occhi
scintillanti di malizia.
- Stai
scherzando, vero? –
- Nah
– Axel abbassò la voce – Voglio proprio
vedere cosa può saperne un branco di etero e farmi due
risate –
- Ma tu
non capisci! – sbottò istericamente Roxas
– Dicono che io sono l’uke! –
Axel
scoppiò a ridere e lo guardò ben bene.
- In
effetti… -
Il
rosso indurì gli addominali appena in tempo, ma il pugno gli
fece male lo stesso.
- E
dai, Roxy… - fece finta di piagnucolare.
Poi prese posto
su una delle sedie e se lo mise sulle ginocchia, immobilizzandogli le
braccia e mormorandogli frasi rassicuranti all’orecchio.
Roxas arrossì, imbarazzato nel ricevere quel trattamento
davanti a tutti, ma non potè fare a meno di rilassarsi
nell’abbraccio. Proprio
come un perfetto uke.
- Dunque,
il corpo maschile è ovviamente molto diverso da quello
femminile – disse Kairi – Qualcosa in
più, qualcosa in meno e una struttura di base piuttosto
dissimile –
- Se
non prendiamo in considerazione il bacino di Axel –
ghignò Roxas.
La sua battuta
gli fece ottenere diversi sorrisini d’apprezzamento
– il bacino di Axel era effettivamente
piuttosto simile a quello di una donna, dopotutto – e un
forte pizzico sul braccio dal diretto interessato.
- Ad
ogni modo – proseguì Selphie – la
penetrazione è molto più dolorosa
perché, come sappiamo, l’orifizio usato
è creato per l’uscita, non per
l’entrata. Il che vuol dire che non produce liquidi naturali
per facilitare il compito. Quindi, ragazzi miei, il lubrificante
è il vostro migliore amico! –
Axel
annuì con aria di approvazione. Roxas invece era molto
pallido. Si strinse di più contro Axel, come a cercare
protezione da quei discorsi spaventosi e rabbrividì. Proprio come un perfetto uke.
- Per
quanto riguarda il sesso occasionale, anche se sono sicura che non sia
questo il caso – fece Naminè, guardando male Axel,
come per minacciarlo di morte lenta e dolorosa se si fosse azzardato a
ferire così il suo amico – la regola è
una sola: preservativo sempre e comunque! –
- Ovviamente
– s’intromise Kairi – ci sono altri modi
per darsi piacere a vicenda senza arrivare al sesso vero e proprio
–
Axel
ghignò a quelle parole e lanciò uno sguardo
significativo a Sora. Il ragazzo di solito era un po’ lento,
ma in questo caso capì al volo. Arrossì
violentemente e distolse lo sguardo. Il rosso decise di lasciarlo in
pace; era uno che manteneva le promesse, dopotutto.
La
“lezione” proseguì su questi toni per un
po’. Roxas fissò scioccato le sue amiche, che si
erano improvvisate sessuologhe. Axel ogni tanto gli affondava il viso
nell’incavo tra il collo e la spalla per nascondere la
propria ilarità ai presenti.
Roxas
però aveva sentito qualcosa
indurirsi, là sotto, quando Naminè aveva mostrato
delle immagini piuttosto esplicite – e a volte spudorate, pur
senza diventare mai volgari, Naminè aveva troppa classe, per
quello – di loro due in diverse posizioni. E il biondo era sempre
l’uke. In realtà anche Roxas si era scoperto
piuttosto coinvolto
da quei disegni. Fortunatamente, però, indossava una felpa
taglia XL che copriva il suo problema,
causato soprattutto da ciò su cui era seduto. Si era voltato
verso Axel per guardarlo negli occhi, ma questi si era limitato a
mormorare un “Ops!” e a rivolgergli un sorriso
seducente.
- E
questo è tutto ciò che vi serve sapere!
– concluse Olette.
Hayner e Sora
sembravano decisamente disgustati da quei discorsi.
- In
realtà – fece Axel – avete dimenticato
diverse cosucce, ma non preoccupatevi, insegnerò io il resto
a Roxy-chan, è in buone mani – e
ridacchiò.
- Aw,
Axel, solo mani?! – ghignò Hayner.
- Beh,
è uno dei pochi “in” che
otterrà da me, dico bene? –
“Roxy-chan”
si dimenò con energia e riuscì finalmente a
liberarsi.
- Non
scappate, abbiamo qualcosa per voi – disse Sora.
Porse ai sue una
scatola di cartone appena più piccola di una scatola da
scarpe.
- È
solo un piccolo pensiero – Hayner posò entrambe le
mani sulle spalle di Roxas e contemporaneamente gli strizzò
un occhio – Tanti auguri e buona fortuna, spero che riuscirai
a camminare, dopo! –
Roxas
ringhiò e guardò male tanto gli amici quanto la
scatola tra le mani di Axel. Quest’ultimo
l’aprì. dentro c’era una confezione di
preservativi – inutile dirlo – alla banana, un
tubetto di olio profumato per massaggi e due di lubrificante, uno alla
ciliegia e uno che si riscaldava al contatto con la pelle.
- Che
gentili! – rise Axel.
Roxas si nascose
il viso tra le mani, borbottando qualcosa su dove potessero infilarsi i
loro regali. Che
ironia…
- Beh,
andiamo a lasciare a casa mia questa roba, che ne dici? –
- Se
non vi vediamo tornare supporremo il peggio! – disse Hayner,
malizioso.
- Allora
non aspettateci – rispose a tono il rosso, strizzando un
occhio.
- AXEL!
NON INCORAGGIARLI! – giunse dall’esterno la voce di
Roxas.
Axel fece il
saluto ai presenti e seguì il suo ragazzo.
Rimasti soli,
gli amici si scambiarono un’occhiata.
- Pensate
che si siano offesi? – chiese Naminè con aria
incerta – Roxy sembrava piuttosto irritato –
- Secondo
me era più imbarazzato che altro, ma gli toccava, no? Gli
passerà – rispose Sora.
All’esterno
Axel raggiunse Roxas, che si stava allontanando dal ritrovo, il viso
ancora rosso come un peperone.
- Non
te la prendere – gli disse, passandogli un braccio intorno
alle spalle – Sono stati davvero carini, sai, questa roba
è piuttosto costosa, ma ora grazie a loro ci
durerà un bel po’ –
- Lo so
– sospirò Roxas – Ci sono andati perfino
leggeri, con noi. Con gli altri siamo stati un po’
più cattivelli –
- Che
vuoi dire? –
- È
una tradizione, per il nostro gruppo, mettere in imbarazzo le coppie
quando iniziano a mostrare segni di tensione sessuale. Io non
volevo che lo facessero anche con noi, visto il nostro caso
particolare. Ma ovviamente non c’era modo di scamparla
–
Axel si stava
sforzando intensamente di rimanere serio.
- Ah
sì? E come fai a dire che con noi ci sono andati leggeri?
–
Roxas
afferrò la scatola e diede un’altra sbirciata al
contenuto, prima di rispondere a bassa voce.
- Ci
hanno dato olio per massaggi, preservativi e lubrificante –
abbassò ulteriormente la voce mentre entravano nel portone
– A Sora e Kairi abbiamo regalato un dildo e un anello
vibrante – Roxas ghignò – E a Pence e
Olette manette pelose, frustino e bavaglio –
Axel
scoppiò a ridere.
- Geniale,
assolutamente geniale! – si chiuse la porta
dell’appartamento alle spalle e inchiodò Roxas
contro la porta. La scatola cadde e sparpagliò il suo
contenuto sul pavimento.
Il rosso
premette tutto il corpo contro quello del suo ragazzo, facendo
scontrare i loro sessi eccitati. Roxas gemette piano e gli
affondò il viso nel petto, mentre l’altro muoveva
il bacino contro il suo.
- Mmmh…
Axel… spostiamoci. Andiamo sul letto –
- Ottima
idea – ringhiò Axel.
Esitarono solo
per raccattare velocemente gli oggetti caduti.
Nella camera da
letto, i due si spogliarono ferocemente a vicenda, trattando i
rispettivi indumenti come se gli avessero fatto un gran torto
personale.
- Vedo…
che quei disegni… ti hanno davvero… ispirato
– ansimò Roxas, immobilizzato di schiena contro il
materasso.
- Tu mi
ispiri – rispose il rosso – E ora meno chiacchiere
e più azione –
- Con piacere –
Roxas
ribaltò le posizioni e afferrò il primo tubo che
gli capitò sotto le dita: l’olio per massaggi,
perfetto.
Il biondo
strinse gli occhi in modo scherzosamente malvagio e aprì la
bottiglia, versandosi un po’ del liquido sui palmi, iniziando
a massaggiarlo con vigore crescente sul magnifico corpo scolpito del
suo ragazzo, accompagnando a quei movimenti la pressione delle proprie
labbra in zone sensibili, evitando intenzionalmente
l’erezione pulsante di Axel.
Quest’ultimo
ben presto non riuscì più a tollerare quella
piacevole tortura e fece in modo di ricambiarla in tutto e per tutto,
riducendo Roxas a una specie di poltiglia che si contorceva in preda
all’estasi.
- D’accordo,
ora basta coi giochetti – sussurrò Axel, guardando
con una stranissima espressione il suo biondo.
Roxas
deglutì a fatica, chiedendosi cosa l’altro avesse
in mente. Ma per un po’ scivolarono semplicemente nei loro
soliti “modi di darsi reciprocamente piacere”, come
li avrebbe chiamati Kairi, però esplorandosi l’un
l’altro in modo molto più approfondito rispetto al
solito, fino a scoprire che Axel uggiolava
se gli si massaggiavano delicatamente i lati del bacino, in
corrispondenza dell’osso pubico – sì,
quello a dir poco femmineo
– e che Roxas faceva
le fusa (proprio
come un perfetto uke) se anche solo gli si sfiorava con le
labbra la parte esterna del bicipite.
- Roxas
– esalò infine Axel – Tutto
ciò è davvero molto piacevole, ma io non ti
resisto più –
- Davvero?
–
- Sì.
Ti voglio. Ti va di…? –
Axel aveva
un’aria eccitata ma incerta, quasi spaventato di aver detto
qualcosa di sbagliato, di essersi spinto troppo oltre e faceva fatica a
guardarlo negli occhi. Ma Roxas sorrise.
Il dopo. La
quiete che segue la tempesta. Era stato strano, era stato goffo. Era
stato comunque meraviglioso perché erano loro due. Era stato
oltre modo irruento e passionale. E ora l’aria era impregnata
dell’aspro odore di sudore e di sperma, addolcito appena dal
delicato ma penetrante profumo di ciliegia. E i due amanti, assonnati,
giacevano l’uno tra le braccia dell’altro.
- Come
ti senti? – chiese Axel.
Roxas sorrise
divertito.
- Un
po’ indolenzito, ma c’era da aspettarselo. Tu?
–
Axel rise
debolmente.
- Stavolta
credo proprio di essermi slogato qualcosa. Ow… -
Roxas
strusciò timidamente il viso contro il petto del suo
ragazzo. Proprio come
un perfetto uke.
- Mhm…
Ax, siamo sporchi, sudati e appiccicosi e credo che anche le lenzuola
abbiano bisogno di essere cambiate –
- Lo so
– Axel gemette e si tirò il piccolo biondo
più vicino – Però tutto questo
può aspettare, vero? Ora sono stanco –
- D’accordo,
facciamoci prima un riposino –
Mentre Axel si
addormentava, Roxas allungò furtivamente la mano verso il
proprio cellulare per controllare l’orario e magari puntare
la sveglia, accorgendosi così che aveva ricevuto un
messaggio, risalente a più o meno un quarto d’ora
prima. Era di Hayner.
“Allora,
com’è andata? È stato molto
doloroso?”
“Stronzo”
rispose il biondo “Ci sentiamo domani, se proprio devo. Ma
sappi che ce l’ho ancora con te. Ora lasciami
dormire”
E, dimentico
della sveglia e di un nuovo messaggio che faceva ronzare
fastidiosamente il suo telefono (“Dormire?! Allora
l’avete fatto davvero? Dai, voglio i dettagli! Anzi no,
è disgustoso!”), si rannicchiò tra le
braccia dell’uomo che amava e sorrise pensando ai discorsi di
quella mattina. Forse avrebbe convinto Naminè regalargli un
paio di quei disegni da usare come fonte d’ispirazione per la
prossima volta…
Ed
eccovi anche un altro capitolo. Confesso che inizio ad essere
impaziente di pubblicare la conclusione di questa storia, non
perché non mi piace più, al contrario,
semplicemente per vedere le vostre reazioni conclusive e
perché ho in mente progetti di altre long che mi piacerebbe
sottoporre alla pubblica attenzione… ^^’
Vabbè,
in ogni caso l’aggiornamento di oggi è soprattutto
per festeggiare un esame ben riuscito, quindi gioite con me! Yay! ^^ |
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Capitolo 17 *** Xion ***
Ecco
il 17esimo capitolo per voi. Piccolo avvertimento: se possibile si
astenga chi sostiene Xion in modo sfegatato e non accetta critiche a
suo carico, perché in questa storia non ne esce bene. Io ve
l’ho detto. Ora precisiamo, io non disprezzo Xion, ma nemmeno
l’apprezzo particolarmente. Quindi la uso come più
mi fa comodo, a seconda della storia.
Le
parti scritte completamente in corsivo sono flashback.
Buona
lettura!
Anche quel
giorno l’allenamento era finito ma, per una volta, Roxas non
si sentiva minimamente stanco. In ogni caso decise di non forzarsi con
esercizi in più e si diresse verso gli spogliatoi.
Aprì
allegramente il suo solito armadietto, tirò fuori il borsone
e iniziò a spogliarsi, sibilando per il sollievo quando la
sua schiena nuda fu accarezzata dall’aria fresca.
- Ehilà,
bellissimo! – disse una voce alle sue spalle.
Era Terra e
aveva attorno ai fianchi solo un asciugamano. Roxas distolse lo sguardo
senza rimpianti: il corpo di Axel era molto, molto più bello.
- Ehi
– rispose senza compromettersi, frugando nel borsone per
prendere il cambio – Tutto bene? –
Terra, non
visto, fece una smorfia.
- Di
sicuro sto meglio di te. Quei raschi sulla tua schiena sono piuttosto
brutti. E quello che vedo sulla tua spalla è il segno di un
morso?! –
Roxas, anche lui
non visto, ghignò in modo malvagio.
- Oh,
sì, sono piccoli segni di affetto da parte di Axel. Non
è carino? –
- Segni
d’affetto, dici? –
- Mhm…
esattamente –
- Ho
visto Axel zoppicare, oggi. Tu c’entri qualcosa, per caso?
–
Roxas
ripensò al giorno prima e sorrise tra sé,
arrossendo. La sensazione della pelle bollente e sudata di Axel contro
la sua, i suoi gemiti, le parole appassionate che gli aveva sussurrato
nell’orecchio con voce roca: “Prendimi, fammi
tuo”; la vista del suo viso mentre Roxas lo penetrava
lentamente, sentendosi affondare subito dopo i denti del rosso nella
spalla, il calore opprimente all’interno del suo corpo, il
ritmo quasi animalesco della prima volta, la dolcezza infinita della
seconda…
- Roxas?
Ehi, Roxas! –
Il biondo si
voltò e si trovò davanti un Terra completamente
vestito e vagamente preoccupato.
- Stai
bene, amico? Sembravi imbambolato –
- Oh,
sì… pensavo –
- A
cosa, se posso? –
Roxas
ghignò.
- Mi
chiedevo semplicemente come sarebbe fare a te quello che ho fatto ad
Axel per farlo zoppicare – mentì.
- E
sarebbe? –
- Vuoi
scoprirlo? – chiese Roxas in tono seducente, ma con
espressione sadica.
- Uhm,
scusa, Roxas, ma per quanto tu possa essere attraente io non sono
interessato a quel genere di cose –
E se ne
andò. Appena fu sicuro di essere solo, il biondo
scoppiò in una risata fragorosa.
Qualcuno, dalla
cima delle scale, iniziò ad applaudire e Roxas si
voltò di scatto.
- Non
dovresti essere qui, Ax – gli fece bonariamente presente il
biondo.
- Oh,
beh, me ne vado subito. Volevo solo sapere cosa hai detto a Terra per
costringerlo ad avvicinarmi dicendo che siamo entrambi pazzi
–
Roxas si strinse
nelle spalle.
- Ha
visto questi – indicò con il pollice i segni di
unghie sulla sua schiena – E te che zoppichi –
Axel
arrossì, ripensando anche lui al giorno prima. Quasi non
riusciva a credere che fosse successo. Che proprio lui, tra tutti,
avesse ceduto la dominanza ad un ragazzo più piccolo e
inesperto. E, anche se i risultati erano stati decisamente
soddisfacenti (inserire espressione sognante), si era sentito
estremamente vulnerabile. Soprattutto quando Roxas aveva asciugato
dolcemente con il pollice la lacrima solitaria che gli era scesa sul
viso quando era entrato in lui, scusandosi per la propria inesperienza
e goffaggine, nonostante Axel fosse sicuro che il morso che gli aveva
dato fosse stato a sua volta piuttosto doloroso.
- Mhm…
fai presto a farti la doccia, il mio turno è finito e sto
per andar via – disse grattandosi la nuca, prima di sparire
di nuovo, zoppicando in modo piuttosto vistoso.
Quella sera
avevano appuntamento in un piccolo pub con il resto del gruppo,
compresi Saïx e Demyx. Roxas si morse le labbra: aveva notato
già il giorno prima quanto dolorante fosse il suo ragazzo e,
sapendo che avevano appuntamento con gli altri, si era detto che doveva
fare qualcosa per impedire ad Axel di sentirsi a disagio e, per
così dire, sputtanarli clamorosamente.
Così,
una volta arrivati a casa del rosso, tirò fuori una piccola
pochette che conteneva alcuni dei trucchi di sua madre e costrinse Axel
a sedersi (quest’ultimo fece una piccola smorfia),
sfilandogli rudemente una scarpa e sollevandogli l’orlo dei
pantaloni.
- Ehm…
- fece il rosso – Non sapevo che avessi
l’ossessione per le caviglie –
- Non
ce l’ho, idiota. Lasciami fare e fidati di me, ok? Niente
domande, capirai dopo –
Axel
obbedì, per quanto strana gli sembrasse quella richiesta
– e nonostante l’essere, sebbene affettuosamente,
chiamato idiota gli facesse venire una certa voglia di fare
l’esatto opposto di ciò che gli era stato detto.
Incrociò le braccia dietro la testa e si rilassò,
cercando di ignorare un lieve solletico dove il suo biondo stava
“lavorando”.
- Sai
– disse Roxas, senza incrociare il suo sguardo –
sarà complicato nascondere la verità agli altri
tutte le volte che facciamo… beh… una cosa del
genere –
- Nascondere
la verità? – ripeté Axel –
Perché mai? Non siamo mica amanti clandestini –
- Ma tu
sei troppo macho per fare la figura del sottomesso, no? E poi NON VUOI
essere preso per i fondelli a vita dai tuoi due migliori amici,
sentendoti chiamare “uke”,
“mogliettina” e tutti gli altri nomignoli che gli
altri già usano con me – disse il biondo,
decisamente imbarazzato e anche un po’ mortificato.
Axel non
rispose, a questo non aveva pensato affatto. Si sentì allo
stesso tempo commosso e imbarazzato che Roxas volesse proteggere la sua
dignità, nonostante il proprio orgoglio maschile fosse
già piuttosto leso. E Axel aveva contribuito in parte.
- A
proposito, il “dopo” è sempre
così o zoppichi solo perché non stavi sotto da
molto tempo? –
Il rosso si
grattò la nuca.
- Uhm…
Roxas… a proposito di questo c’è una
cosa che forse dovrei dirti –
- Ti
ascolto –
Il rosso
mugugnò qualcosa di incomprensibile.
- Cosa?
–
- Hai
capito –
- Veramente
no – obiettò Roxas – Ti dispiace
scandire meglio le parole? –
- D’accordo.
Devi sapere, caro mio, che io non sto mai sotto per
nessuno
–
Roxas lo
guardò arrossire furiosamente e piegò leggermente
la testa di lato, confuso.
- Ma
con me sei stato sotto –
- È
proprio quello che ti sto dicendo –
Finalmente Roxas
capì. E rimase a bocca aperta, mentre il suo stomaco
cominciava a fare capriole senza apparente motivo.
- Mi
stai dicendo che eri vergine, là dietro?!
–
- Beh,
non ero mai andato oltre alle dita, quindi… - Axel si
grattò di nuovo la nuca.
E Roxas si
sciolse all’espressione timida e imbarazzata del suo ragazzo.
E il fatto che gli avesse donato la sua prima volta, che non aveva mai
consumato prima dei suoi 26 anni? Quanto poteva essere dolce quel
ragazzo dall’aspetto vagamente diabolico?
Il biondo
mollò ciò che aveva in mano e iniziò a
baciarlo con tutta la tenerezza del mondo, accarezzandogli il viso e i
capelli e ignorando il lieve pizzicore che gli pungeva gli occhi dietro
alle palpebre chiuse. Interruppe il bacio e lo abbracciò,
sussurrandogli all’orecchio che lo amava. Non potè
proprio farne a meno, in che altro modo avrebbe ancora potuto esprimere
ciò che stava provando in quel momento?
Axel
trasalì, ma quando Roxas si staccò da lui per
guardarlo, leggermente preoccupato, si accorse che
l’istruttore stava sorridendo timidamente, guardando altrove,
le guance tutte rosa. Per non metterlo ulteriormente a disagio, si
sedette di nuovo sul pavimento e riprese ciò che stava
facendo. Alla fine si alzò e rimirò il suo
lavoro, soddisfatto.
A quel punto
anche Axel guardò in basso.
- Cos’hai
fatto alla mia caviglia? Sembra gonfia ed ammaccata! –
esclamò.
- Infatti
– disse tranquillamente Roxas – Ti sei preso una
storta, ieri sera, inciampando su una delle mie scarpe, ricordi?
–
Axel
ridacchiò.
- Sono
proprio goffo, non è vero? –
- Decisamente
–
Roxas sorrise di
rimando.
Axel
scostò la tenda che si trovava subito dopo il cancello
aperto del ritrovo, segno che qualcuno era già
all’interno.
- Salve,
gente! Sentita la mia mancanza? Oh, e Roxas ha fatto un po’
tardi per un corso all’università, ma dovrebbe
arrivare a momenti – esclamò allegramente.
- Roxas?
Che bellezza, finalmente! –
Axel volse lo
sguardo verso la nuova voce, perplesso. Apparteneva a una ragazza di
bassa statura, con capelli a caschetto neri, grandi occhi azzurri e un
seno che probabilmente non raggiungeva la seconda misura. Tuttavia
aveva un bel visino, illuminato dall’enorme sorriso che gli
stava rivolgendo.
- Tu
sei un nuovo amico? Piacere di conoscerti… -
cominciò, tendendogli la mano.
- Axel
– rispose lui, stringendola – Piacere mio,
ma… tu chi sei? Non per essere sgarbato, ovviamente, solo
che è la prima volta che ti vedo –
- Ero
fuori città. E sono Xion, la ragazza di Roxas –
Axel le
mollò la mano, allontanando la sua di scatto, come se si
fosse scottato.
- Tu
cosa?! – sbottò, resistendo a stento
all’impulso di afferrarle la gola.
- Ex
ragazza,
Xion – la corresse freddamente Hayner – E vedi di
non dimenticartene –
Axel si rese
conto solo in quel momento che tutti i presenti – Hayner,
Naminè, Sora, Kairi e Riku – stavano guardando
male la ragazza.
- Esatto!
– ribadì aggressivamente Naminè,
cogliendo il rosso alla sprovvista – Pensavi veramente che
Roxas ti avrebbe considerata ancora la sua ragazza dopo tutto quello
che gli hai fatto passare?! –
- Non
capisco di cosa tu stia parlando, Nami… -
- Smettila
di fare la santarellina! – gridò la bionda
– Lo abbiamo sempre saputo tutti, fin dall’inizio,
che non andavi bene per lui e ci siamo anche sempre chiesti come
facesse a stare con te in primo luogo. Tu che hai quell’aria
da bambolina innocente e invece sei così esperta e navigata!
–
Era il modo di
Naminè di darle della poco di buono e Xion se ne rese conto.
Strinse pericolosamente gli occhi, ma a parte quello il suo viso non
tradì emozione alcuna.
- Perché
non lasci che sia lui a decidere cosa fare? –
- Non
illuderti, Xion, non sceglierà mai te. Non ora che ha
finalmente trovato una persona che lo rende davvero felice. E che dimostra di tenerci a lui
– si intromise Riku.
- E chi
sarebbe la troietta? –
Axel scosse la
testa, contrariato.
- Così
sboccata, per una bella ragazzina… un vero peccato, direi
– disse severo.
In quel momento
entrò il “pomo” della discordia,
togliendosi la borsa dei libri dalla spalla.
- Buongiorno.
Cosa mi sono per… -
La borsa cadde
con un tonfo sordo mentre l’espressione di Roxas passava a
velocità impressionante da stupore a rabbia, per poi
diventare una di puro disgusto e scivolare infine nella più
totale indifferenza.
- Cosa
fai qui, Xion? – chiese freddamente.
- Sono
tornata, Roxas – rispose dolcemente lei – E sono
tornata per restare –
- Bene.
Ora sei pregata di uscire dal nostro ritrovo –
- Ma
Rox… non sei contento di rivedermi? –
- Sei
una ragazza intelligente. Guardami in faccia, somma la mia espressione
con le mie parole e trai da sola le tue conclusioni –
- Ma io
voglio tornare con te –
- Piccolo
problema: anche se non fossi impegnato non ti vorrei comunque. Sei
storia passata. Ora aria! Via! Sciò! –
Tutti rimasero
sbalorditi della freddezza e della fermezza del ragazzo, di solito
così affabile, anche se a volte un po’
brusco… Ma considerati i loro trascorsi…
- Sei
proprio sicuro di ciò a cui stai rinunciando? –
Xion tentò un piccolo sorriso seducente, spingendo appena in
fuori il petto quasi inesistente.
Il biondo non
fece una piega.
- Non
so nemmeno cosa ci trovassi in te – disse indifferente.
- Sei
un ingrato, Roxas! Sono stata io a renderti ciò che sei
oggi! –
Un minuto
abbondante di silenzio tombale, prima che si scatenasse una vera e
propria esplosione di risate isteriche.
- Che
diavolo avete da ridere! –
- Beh,
Xion – fece Roxas, asciugandosi gli occhi su una manica
– Ridiamo perché su questo hai proprio ragione.
Credo che sia stata proprio tu a rendermi ciò che sono ora.
Beh, forse non solo tu, ma in parte di
sicuro –
- Che
vuoi dire? –
Per tutta
risposta Axel prese il suo biondo tra le braccia e lo baciò
con abbandono, facendo sospirare Roxas di soddisfazione. Ignorando lo
sguardo inorridito di Xion, i due andarono avanti ancora un
po’.
- Ora
lo sai – ghignò infine Axel – Roxas
è il
mio
ragazzo. E non ho intenzione di lasciare che le cose cambino
–
Tutti risero di
lei e Xion corse via, decisamente umiliata.
Roxas fece per
dire qualcosa, ma gli squillò il telefono.
Ascoltò attentamente per un po’,
mormorò un breve assenso e chiuse la conversazione.
- Vado
a prendere Tidus da scuola, non sta bene –
- È
un “non sto bene” per evitare
l’interrogazione? – chiese Sora.
- Stranamente
no. In effetti è il contrario. Ha i sintomi
dell’influenza già da un paio di giorni, ma oggi
è andato comunque per dare un’interrogazione per
cui ha studiato per un paio di settimane. E ora che l’ha
finita vuole tornare a casa, giustamente. Torno appena posso
–
Quando il biondo
fu lontano, Axel si voltò verso gli altri.
- Bene,
ora chi ha voglia di spiegarmi questa faccenda di Xion? –
Gli amici si
scambiarono un’occhiata.
- Sei
proprio sicuro di volerlo sapere? – chiese Kairi.
- No,
ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro. So una piccola
parte della storia e se non ascoltassi il resto probabilmente non ci
dormirei la notte –
- E non
sarebbe meglio chiederlo direttamente a lui? –
Axel fece un
sorrisetto triste e scosse la testa.
- Lo
farei, se potessi, ma non voglio rischiare di perderlo, grazie tante
–
Hayner, alle sue
spalle, annuì con aria di approvazione. Riku lo
guardò perplesso e il rosso cercò di spiegarsi
meglio.
- Se
inizio il discorso della sua ex, lui vorrà sapere delle mie storie passate. E non
sono solo un paio, sapete. Rischierei solo di ferirlo: Rox è
un po’ sensibile per quanto riguarda la mia esperienza. Cerca sempre di non
farmelo pesare, ma si capisce –
Naminè
prese Axel per un braccio e lo costrinse a sedersi su uno dei
divanetti, prendendo posto accanto a lui, mentre Hayner si accucciava
sul suo solito sgabello. Gli altri, con molto tatto, si scusarono ed
uscirono dal ritrovo per andare a prendere qualcosa da mangiare.
- In un
certo senso è iniziato tutto nel nostro primo anno di
superiori – cominciò Naminè –
Lei era già al terzo anno e l’abbiamo davvero
notata solo dopo il terzo mese di scuola. Stava litigando pesantemente
con il gruppo dei “popolari” del suo anno ed
esponendosi al pubblico ludibrio perché quegli idioti
avevano osato fare un commento malevolo su una ragazza costretta in una
sedia a rotelle –
- Beh…
rispetto assoluto –
- In
quella circostanza sì – annuì Hayner
– Tra noi esprimemmo apprezzamento per ciò che
aveva fatto. Beh, fu da quel giorno che Roxas cominciò a
guardarla sempre più spesso quando passava per i corridoi. E a
cercare il suo sguardo. All’inizio si
trattava solo di rispetto. Poi di ammirazione. Alla fine
diventò una vera e propria cotta, ma lui era troppo timido
per avvicinarla –
- Noi
ragazze ci offrimmo di diventare sue amiche e presentargliela, ma lui
rifiutò perché voleva farcela da solo –
- E ce
la fece davvero con le sue forze? –
- Oh,
sì. Ma passò un bel po’ di tempo. Gli
capitò di conoscerla ufficialmente solo durante
un’assemblea d’istituto del secondo anno e
diventarono da subito buoni amici –
- Ma
Roxas era talmente accecato dai suoi sentimenti da non accorgersi che
lei stava cambiando, in peggio – mormorò
Naminè – Xion iniziò a fare amicizia
con gli stessi ragazzi con cui aveva litigato quel fatidico giorno,
dicendo a Roxas che erano cambiati, che avevano capito i loro errori e
ne erano pentiti –
- Cazzate,
ovviamente – sbottò Hayner – Era stata
lei, invece, ad assumente molti dei loro atteggiamenti e si sentiva in
dovere di giustificare i suoi nuovi amichetti. Roxas per fortuna non ha
mai frequentato quel gruppo, sebbene lei l’avesse invitato in
qualche occasione. Intanto continuava a farsi coraggio per chiedere a
Xion di uscire –
E
ce l’aveva fatta. I due avevano cominciato a uscire insieme
come amici durante l’estate, diventando praticamente
inseparabili. Il che voleva dire che anche gli amici del biondo furono
costretti a sorbirsi la ragazza piuttosto spesso. Poi, grazie al cielo,
lei era andata in vacanza coi suoi per tornare appena prima
dell’inizio del nuovo anno scolastico.
- E
poi? – chiese Axel, affascinato dal racconto suo malgrado.
- E
poi, finalmente, Roxas le confessò i suoi sentimenti. Un
classico: lui timido e impacciato che balbettava dicendole di volere
una storia con lei e lei che gli saltava addosso, abbracciandolo. Poco
tempo dopo lei gli chiese di fare sesso –
Axel si morse le
labbra e abbassò lo sguardo.
- Ecco,
questo non lo volevo sapere
– disse infine – Che importanza ha nella storia,
comunque? –
- Tanta
da non poter essere omesso – gli assicurò
Naminè – E poi sei tu che hai chiesto di sapere
–
- Ma
perché è così importante?! –
insistette il rosso.
- Perché
sì! – sbottò Hayner. Poi
sospirò e proseguì – E ovviamente,
cos’avrebbe mai potuto rispondere un adolescente in preda
agli ormoni la cui ragazza chieda una cosa del genere? Beh, lo sai
meglio di me –
- E poi
scoprimmo cosa c’era sotto, anche se per puro caso. Fu grazie
a Olette, che purtroppo quel giorno aveva un forte mal di pancia che la
relegò in bagno per gran parte della giornata –
- L’hobby
di Xion era collezionare verginità maschili –
disse furiosamente Hayner – E Rox era il suo
“gioiello”. Probabilmente perché era il
più appetibile che si fosse portata a letto –
- Cosa?!
Come l’avete scoperto? –
- Olette
era in bagno, giusto? –
Axel
annuì.
Ebbene,
Xion era entrata in bagno con un’amica durante
l’intervallo e, tra una futile chiacchiera e
l’altra, l’amica aveva cianciato allegramente.
- E
così, Xion, hai un altro ex verginello per la tua
collezione? –
- Sì,
ed è anche uno dei più timidi – aveva
ridacchiato lei – Si comporta proprio come un cucciolotto
innamorato. È piuttosto tenero, in realtà, a
quanto pare ci tiene davvero –
- Vuoi
dire che ti dispiacerà doverlo piantare in asso, ora che
l’avete fatto? –
Olette
aveva trattenuto il respiro, inorridita. Come si poteva essere tanto
meschini?
- Uhm…
forse. Di sicuro è uno dei pochi che non mi farebbe fare
brutte figure in pubblico. È oggettivamente carino
–
Versetto
d’assenso della cosiddetta amica.
- E
ogni tanto è anche piacevole sentirsi amate e coccolate
– confessò ancora Xion –
Chissà, forse alla lunga potrebbe diventare noioso, ma per
ora credo che me lo terrò. Anche se non è
più vergine… -
A
quel punto le due erano uscite dal bagno e Olette, furibonda e con gli
occhi inondati di lacrime sia per la tristezza per Roxas che per il
dolore che le trafiggeva ancora il basso ventre, si era precipitata a
raccontare tutto agli amici, che poi avevano cercato il modo
più gentile per riferire tutto al diretto interessato.
Roxas
li aveva ascoltati attentamente, fissandoli con espressione vuota,
senza battere ciglio.
- Devi
esserti sbagliata, ‘Lette – aveva detto infine
– Non penso che fosse Xion. Lei non è
così –
I
suoi amici sapevano per esperienza che insistere sarebbe stato inutile:
il biondo sapeva essere straordinariamente testardo. E,
d’altra parte, non c’è peggior sordo di
chi non vuol sentire. Ma sorprendentemente non c’erano stati
rancori da parte di Roxas per le “insinuazioni”
fatte sulla sua ragazza.
E
poi, un bel giorno, durante le vacanze di Pasqua, Xion era sparita
completamente, all’improvviso. Inutili erano stati i
tentativi del biondo di contattarla. Tornato a scuola Roxas, disperato,
era arrivato ad avvicinare gli amici della ragazza, da cui si era
sempre tenuto alla larga. Quando aveva chiesto informazioni, il gruppo
si era fatto una sonora risata a sue spese, spiegando che Xion si era
trasferita in un’altra città e che “Non
penserai mica che fosse davvero innamorata di uno sfigatello come
te?!”.
Per
una settimana Roxas era stato davvero a pezzi, si era sentito
preso in giro, usato e infine gettato via dalla persona che aveva
considerato la sua prima storia importante. Poi, tirato fuori il minimo
di dignità e amor proprio che, sebbene stropicciati,
possedeva ancora, il ragazzo aveva proseguito la sua vita a testa alta.
Si era scoperto gay pochi mesi dopo ma, figura di merda a parte, era
stato un sollievo sapere di non doversi più mettere in gioco
con il “gentil” sesso.
- E il
resto lo sai – concluse Naminè.
E Axel
capì, capì molte cose. Per esempio la reazione
del biondo al suo laconico andarsene di casa dopo quel primo
“ti amo”. All’epoca l’aveva
considerata un tantino esagerata, ma ora, alla luce di quelle nuove
informazioni, tutto aveva più senso.
Il rosso di
ritrovò a respirare pesantemente dal naso, le mani strette a
pugno.
- Come
ha osato quella… quella…! –
- Sì,
lo sappiamo – mormorò Hayner – Ma ora
lei è davvero storia passata. Quindi con Roxas fai finta di
non sapere niente e non parlare mai di lei, è il modo sicuro
di farlo imbestialire –
Axel
annuì.
- Naminè,
spero tu stia scherzando –
- Nient’affatto!
–
- Ma
sai benissimo cos’ho deciso dopo lei. Dopo Xion. Che non
avrei mai più fatto una cosa del genere con una ragazza. E poi…
beh… Axel… -
- Già,
Axel… Senti, nessuna pressione. Sei uno dei miei migliori
amici e io… non ti obbligherei mai, ovvio. Ma è
da un sacco che vorrei farlo e con te… sarebbe un sogno
– Naminè arrossì e distolse lo sguardo.
- Nessun
coinvolgimento sentimentale, vero? – chiese Roxas, teso come
una corda di violino.
- Nessuno
– gli assicurò la ragazza.
- Allora
lo farò –
Naminè
gli saltò al collo.
Nel
frattempo, altrove…
- Posso
ricordarti che sono il ragazzo di uno dei tuoi migliori amici?
– fece Axel.
- E
allora? I sentimenti non c’entrano niente, è
un’azione puramente fisica –
- Sai,
suona male detto così… -
- Conosci
forse un altro modo per dirlo? –
Axel si strinse
nelle spalle.
- Quello
che sto dicendo è che non mi sembra giusto nei confronti di
Roxas –
- E vuoi forse
dirmi che non ti piace fare cose del genere? –
- No,
anzi. Ma dovresti saperlo che preferisco i ragazzi –
Selphie
ridacchiò.
- Vedrai
che ti divertirai. Non fare il timido! –
- Oh,
non me lo sognerei mai – ribattè il rosso,
sfoggiando un ghigno lupesco – Accetto la tua proposta,
gentil pulzella –
Continua…
(anche se ancora per poco) |
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Capitolo 18 *** Elementare, Naminè... ***
- Roxas! – esclamò Naminè,
ansimando – Così mi fai male! –
- Mi dispiace – sussurrò lui, altrettanto
affannato – Te l’ho pur detto che non sono pratico
–
- Usi questa scusa anche con Axel? –
Roxas distolse lo sguardo.
- Vuoi davvero che pensi a lui in questo momento, Nami? Mi
sento già abbastanza in colpa, ok? Ora, se vogliamo
continuare… -
La ragazza sospirò e si massaggiò stancamente le
tempie, ignorando la parte di lei davvero dolorante; se ne sarebbe
occupata più tardi.
- Axel… per favore, dammi un minuto –
Il rosso guardò Selphie, allontanandosi da lei e incrociando
le braccia contro il proprio petto sudato. La ragazza si sedette
scompostamente sul divano e si sventagliò, anche lei tutta
sudata.
- È stata una tua idea e ora ti tiri indietro?
– le chiese ridacchiando, incredulo.
- No, certo che no… è che non riesco a
starti dietro, sei troppo impetuoso!
Come fa Roxas? –
Il sorrisetto di Axel svanì.
- Che succede? –
- Mi sento un po’ in colpa a fare questo con
te… alle sue spalle –
- Axel – fece Selphie in tono comprensivo ma un
po’ impaziente – Sai anche tu che lui non avrebbe
mai acconsentito a una cosa del genere. Non sa proprio ballare!
–
Il rosso scosse la testa.
- Avrei potuto insegnarglielo! Sarebbe stato magnifico! E
poi… beh, se usa il bacino per muoversi a ritmo come lo usa
quando stiamo… - ma Axel arrossì e non
finì la frase.
Fortunatamente la ragazza non parve aver capito l’ultima
parte del suo farfuglio agitato e sospirò rassegnata.
- Hai cambiato idea? Potrei chiedere a Riku –
- Nah, non preoccuparti – Axel tornò a
sorridere – Te l’ho promesso. Al massimo poi mi
aiuterai a far pace con Roxas. A proposito, ma perché non
posso dirglielo? –
- Perché… resti tra noi, ma so per certo
che ti trova incredibilmente sexy quando balli. Ho sentito che lo
diceva a Hayner una sera. Quindi volevo fargli una sorpresa, capisci?
– rispose la ragazza con un sorriso birichino.
Axel si sentì arrossire. Di nuovo. Doveva
piantarla di comportarsi come una ragazzina innamorata ogni volta che
gli parlavano di Roxas e di cosa diceva di lui… Ma se quello
che gli aveva confidato Selphie era vero… Il rosso
contemplò le possibilità, ghignando.
- Selphie… rimettiamoci al lavoro –
Naminè, rimasta sola, sospirò stancamente mentre
infilava i piedi doloranti in una bacinella di acqua tiepida. Aveva
perso il conto delle volte che il suo amico glieli aveva pestati.
Cercare di ballare con Roxas dopo anni di suo non-esercizio era
un’impresa disperata. Maledetta
Xion. Una volta al suo amico piaceva ballare.
Soprattutto balli di gruppo, ma quelli erano dettagli,
perché ogni tanto con un po’ di abile persuasione
gli aveva strappato qualche lento. Ma dato che la dolce Xion amava
portarlo con lei durante le serate nei club di danza, da quando se
n’era andata Roxas non aveva più fatto un passo
nemmeno per sbaglio.
Certo che anche lei, chiedergli di partecipare a una gara di ballo solo
per attirare l’attenzione di qualcuno che probabilmente non
l’avrebbe mai guardata nemmeno di striscio… scosse
la testa alla propria ingenuità. Cosa aveva pensato? Di
sorprenderlo con le proprie abilità di movimento quando lui
era molto più allenato? Di farlo ingelosire ballando con un
ragazzo gay e fidanzato per cui una volta aveva avuto una cotta?
Iniziò a ripensarci e si chiese se non fosse il caso di
disdire tutto, ma fu interrotta dall’arrivo di un messaggio.
Era di Roxas.
“Non pensare nemmeno di tirarti indietro. Scusa se sono
imbranato, migliorerò. Ma tu non arrenderti. Gli farai
girare la testa!”
Naminè sorrise. All’improvviso i piedi non le
facevano più così male.
Qualche giorno
dopo…
Demyx si grattò la testa, scompigliando la propria
capigliatura attentamente progettata. Ma per una volta non se ne
curò.
- Ultimamente non ti sembra che si
comportino tutti in modo strano? – chiese a Riku.
Il ragazzo parve rifletterci.
- In effetti hai ragione. Selphie e Naminè sono
sparite dalla circolazione e anche la nostra coppia più gaia
si vede in giro sempre meno –
- Perché non iniziamo a chiedere come stanno le
cose invece di stare qui a scervellarci? – chiese
Saïx.
- Dimentichi che quasi non rispondono più al
telefono. E se lo fanno chiudono quasi subito –
- E tu,
Demyx, dimentichi che io
ho una copia delle chiavi di casa di Puntaspilli. Sai, quelle che mi ha
affidato per le emergenze. E non vedere i nostri migliori amici per
quasi due settimane di seguito è
un’emergenza –
- Mi piaci quando hai queste idee da subdolo bastardo
– confessò Hayner con un ghignetto.
I quattro ci misero ben poco ad arrivare all’appartamento del
rosso e, quando si avvicinarono di soppiatto alla porta, udirono dei
rumori soffocati provenire dall’interno.
- Fantastico, Ax sta facendo le pulizie di primavera, non si
accorgerà neanche del nostro ingresso –
ghignò Demyx, mentre Saïx infilava silenziosamente
la chiave nella toppa.
Ma la scena che si aspettavano di vedere – un Axel in tenuta
da casa, magari con uno stupido grembiulino a fiori legato intorno alla
vita sottile, che canticchiava allegramente con uno spolverino in mano
– non fu quella che si parò davanti ai loro occhi
increduli.
Axel non era affatto solo e ciò che stava facendo non si
avvicinava neanche alle “pulizie di primavera” che
si erano immaginati. Il rosso era quasi nudo e torreggiava su un Roxas
altrettanto svestito e semidisteso scompostamente sul divano. Entrambi
erano accaldati e ansimanti, entrambi avevano gli occhi offuscati dal
desiderio. Una mano di Axel era senza alcun dubbio infilata nei boxer
di Roxas, mentre il biondo stringeva il bacino del più
grande con fare possessivo.
I due rimasero pietrificati all’ingresso degli amici, Roxas
probabilmente sul punto di morire dall’imbarazzo, Axel con in
viso un’espressione assolutamente sdegnata.
- No, dico, che razza di modi sono questi? Interromperci
proprio quando la cosa si sta facendo interessante… -
strinse inconsciamente la mano impegnata.
Roxas trasalì ed emise un lieve gemito, che però
non passò inosservato a nessuno all’interno
dell’appartamento. Hayner, che fino ad allora era rimasto
immobile, si coprì il viso con le mani piagnucolando
qualcosa che sembrava molto “I miei poveri
occhi!”. Riku sembrava essere indeciso tra ridere ed esibire
una smorfia disgustata, infatti il risultato fu
un’espressione buffissima. Saïx, completamente fuori
dal personaggio, arrossì e distolse lo sguardo e Demyx,
stranamente, fu quello che si riprese prima.
- Uh… scusate tanto per l’interruzione
– disse – Noi… ehm… andiamo -
- Esatto – fece Axel, irritato – Tornate
più tardi. Ma non prima di un’oretta! E chiudete
la porta a chiave. Se la trovate ancora chiusa quando arrivate, non
disturbatevi ad entrare –
La porta sbatté dietro ai quattro e subito si
sentì il rumore di mandate.
- Non pensi che sia stato un po’ rude? –
chiese Roxas con aria incerta.
- Certo che no! Al massimo lo sono stati loro a presentarsi
qui senza avvisare. E poi… violazione di domicilio, hai
presente? Che gli serva da lezione –
Roxas sorrise.
- Sì, credo che tu abbia ragione – poi
ribaltò le posizioni – Allora, dove eravamo
rimasti? –
I quattro amici, ancora in mezzo alle scale, sentirono un forte gemito
emergere dall’appartamento che avevano appena lasciato.
- Era Axel,
quello? –
Poi sentirono anche la risatina ansimante di Roxas, che disse qualcosa
che suonava spaventosamente
come “Basta davvero così poco a ridurti in questo
stato?”.
Riku si guardò in giro e trascinò via Hayner
più in fretta possibile, facendolo inciampare sugli ultimi
gradini, mentre Demyx e Saïx li seguivano ridendo a crepapelle
per il loro comportamento.
- Non avevo mai visto due maschi in atteggiamenti intimi prima
d’ora – commentò infine Demyx
– Devo dire che è piuttosto sexy –
Gli altri lo guardarono come se fosse impazzito.
- Ci nascondi qualcosa, Dem? –
- Assolutamente no, Tinto! Sono quei due che insieme sono
dannatamente carini –
- “Carini” non è certo il
termine che avrei usato io – interloquì Hayner,
rabbrividendo.
- E poi io credevo che tu fossi interessato a… -
- Io, caro Riku, sono prima di tutto innamorato
dell’amore. E poi “l’amore non ha sesso,
il brivido è lo stesso…” –
iniziò a cantare. *
Delle ragazze che passavano di là si fermarono per ascoltare
e, alla fine della piccola esibizione, applaudirono. Demyx fece un
profondo inchino, evidentemente del tutto a suo agio e si fece
tranquillamente fotografare con tutte le ragazze, a turno.
L’unica cosa che declinò garbatamente fu
l’invito a cena di una di loro, particolarmente disinibita.
- Mi dispiace – le disse – Sono
già interessato a un’altra persona. Ma grazie lo
stesso! –
I tre rimasti si sbatterono contemporaneamente una mano sulla
faccia. Davvero, Demyx faceva il discreto con loro e poi sbandierava la
sua cotta ai quattro venti! Saïx, in particolare, era
piuttosto disgustato da tutto l’amore che volteggiava
nell’aria attorno a lui, nonostante il prossimo arrivo di un
nuovo inverno…
O forse era solo un
po’ d’invidia…
Quando i ragazzi tornarono a casa dell’amico, i piccioncini
stavano tranquillamente guardando la tv, Axel comodamente seduto sul
divano incriminato e Roxas a gambe incrociate sul pavimento, la testa
appoggiata a un ginocchio dell’altro.
I nuovi venuti evitarono accuratamente il divano, ma non furono certo
risparmiati dalle prese in giro.
- Se non vuoi sederti qui è ok, Riku, ma a questo
punto io eviterei anche quella
sedia –
- E vogliamo parlare del tavolo? Credo che l’unico
posto davvero sicuro per voi sia il tappeto –
- Stai scherzando? Non ti ricordi la settimana scorsa?!
–
Alla fine si ritrovarono in pizzeria, fra le risate della coppia e il
vago disgusto di tutti gli altri
Sora sbuffò, sistemandosi la camicia, sul retro della quale
era appuntato il numero 5. L’attesa era troppo lunga e lui
aveva voglia di cominciare, dannazione! Si voltò verso
Kairi, che ingannava il tempo con il sudoku, la gonna
dell’abito rosa che le svolazzava intorno al ginocchio quando
muoveva la gamba in preda al nervosismo. Olette era lì
accanto, accompagnata da Riku piuttosto che da Pence, che aveva
decisamente puntato i piedi, questa volta. Ma la ragazza non appariva
affatto turbata e sembrava invece piuttosto su di giri. Lei aveva il
numero 4 appuntato sul retro del comodo vestito arancione.
In una stanza attigua Selphie si rimirava in uno specchio, vivace e
sbarazzina nel suo completo color girasole, mentre Axel cercava invano
di appuntarle il numero 8 sulla schiena. Il ragazzo ogni tanto le
intimava di dargli una mano come minimo stando un po’ ferma,
ma era come parlare al muro. Lui e Luxord, che aveva un numero 10
attaccato alla camicia e accompagnava un’esagitata Yuffie, si
scambiarono un’occhiata esasperata.
Nell’ultima stanza Roxas guardava Naminè disegnare
con dei pastelli a cera, controllando di tanto in tanto che non si
sporcasse il delicato abitino bianco. Xion, a pochi metri di distanza,
li guardava con espressione torva, piuttosto stupita di trovarli
lì in realtà. Aveva sentito dire che Roxas aveva
appeso le scarpe da ballo al chiodo, da quando lei se n’era
andata. Ma forse non aveva poi davvero lasciato una ferita
così profonda nel cuore del ragazzo. Entrambi i biondi
l’avevano salutata vedendola, ma per il resto non
l’avevano degnata di uno sguardo. E no, non sembrava che lo
stessero facendo per ripicca, semplicemente parevano troppo immersi nel
proprio mondo per prestarle attenzione. La conclusione cui la bruna era
arrivata era che quell’Axel che si definiva il ragazzo di
Roxas era solo una scusa per non tornare con lei e che fosse
Naminè il suo vero interesse. Altro che gay, Roxy era un bel
furbacchione! Anche se quella mezza pomiciata tra i due era stata
abbastanza convincente…
A un tratto il ragazzo si allontanò, diretto al bagno,
guardandosi cautamente attorno per chissà quale motivo. Xion
vide la perfetta occasione per sferrare un nuovo
“attacco” e attese il suo ritorno accanto alla
porta del camerino comune. Il biondo non tardò, rientrando
appena un minuto dopo, asciugandosi le mani ancora umide sui pantaloni
neri della divisa da ballo e imprecando contro sapone e salviette
mancanti e “bagni da autogrill”.
- Ehm… Roxy? – fece la ragazza,
apparentemente esitante.
- È Roxas.
Cosa c’è, Xion? –
- Possiamo parlare? –
- Non credo che abbiamo qualcosa da dirci. Non più
– e fece per tornare da Naminè.
- Aspetta, per favore. Ero giovane e stupida e… non
una brava persona. Ti chiedo scusa. So che può sembrare
strano ma… mi stavo affezionando a te e non sarebbe dovuto
succedere. Ripeto, nella mia immaturità avevo accettato lo
stile di vita che mi era stato imposto, quindi ho avuto paura!
–
Roxas ascoltò le parole della ragazza con entrambe le
sopracciglia inarcate, appoggiato al muro con le braccia conserte
proprio come avrebbe fatto Axel.
- E ti aspetti che io ci creda, vero? Che tu sia sparita senza
nemmeno un biglietto, un messaggio, qualsiasi cosa,
solo perché ti eri affezionata troppo? –
Xion distolse lo sguardo.
- In realtà… ti avevo scritto
una lettera, ma non ho mai avuto il coraggio di spedirtela.
La… porto sempre con me –
- Guarda caso – mormorò Roxas tra
sé mentre la bruna frugava nella borsetta ed estraeva un
foglio piuttosto stropicciato dal portafogli. Più in
là il suo amico Vanitas, uno del suo gruppetto delle
superiori, li guardava con un sorrisetto sarcastico, disegnando piccoli
teschi intorno al suo numero di gara, il 14.
Quando Xion gli porse il foglio Roxas, diffidente, lo prese e lo
aprì. Corrugò immediatamente la fronte, ma non
commentò. Si limitò a leggere in silenzio per
qualche minuto. Poi ripiegò il pezzo di carta sciupato e
sospirò, scuotendo la testa.
- Bel tentativo, ma insulti la mia intelligenza se pensi che
io possa cascarci –
E il biondo se ne andò, lasciando Xion irritata e confusa.
- Cosa voleva? – gli chiese subito Naminè.
Roxas le raccontò brevemente l’accaduto; alla fine
Naminè era perplessa.
- Ma come fai a essere sicuro che fosse solo un trucco? E se
per una volta fosse stata sincera? –
Il ragazzo rise cupamente.
- Sai come si dice, Nami… “Mi imbrogli
una volta, vergogna a te. Mi imbrogli due volte, vergogna a
me” – le si avvicinò con fare da
cospiratore, proseguendo a bassa voce – La cosiddetta
“lettera” era un falso. Certo, era abbastanza
stropicciata e consumata da far pensare che l’abbia portata
sempre con sé per un paio d’anni, ma la sua
scrittura, tanto per cominciare, era molto diversa da quando se
n’è andata, e sappiamo entrambi che ci vuole tempo
perché la calligrafia di una persona cambi in modo cospicuo.
E poi, cosa più importante, la carta da lettere che ha usato
porta lo stemma di Crepuscopoli! –
Roxas aveva l’aria trionfante di chi aveva appena risolto un
complicatissimo enigma. Ma Naminè parve solo confusa.
- Non per fare l’avvocato del diavolo, Roxas, ma lei
abitava qui
a Crepuscopoli, non mi sembra così assurdo che avesse una
carta da lettere del genere –
- Ed è qui che sta l’inghippo!
– il biondo aveva ancora un’aria estremamente
compiaciuta – Perché la carta da lettere di
Crepuscopoli ha sempre avuto il simbolo della città
impresso, questo è vero… ma sul foglio che mi ha
mostrato il simbolo era filigranato, non stampato, e so per certo che
quel particolare tipo di carta da lettere è stata messa in
commercio solo un paio di mesi fa, il che vuol dire che la lettera
è stata scritta senz’ombra di dubbio quando Xion
era già tornata. La furbacchiona non si è accorta
della differenza –
Naminè si portò una mano alle labbra per
nascondere il suo sorriso, ricordandosi improvvisamente di avergli
regalato due libri di Sherlock Holmes per il suo quindicesimo
compleanno. A quanto pareva Roxas li aveva riletti di recente. Strano
che non le avesse spiegato il tutto con la premessa
“Elementare, Watson”. Ogni tanto il ragazzo le
sembrava ancora il bambino dal visetto allegro che aveva conosciuto
quando avevano sette anni.
Demyx sospirò: non vedeva l’ora che quella gara di
ballo finisse. Sì, quello era l’incarico
più noioso che gli avessero mai affidato, ma il lavoro
è lavoro; per di più il secondo ospite della
serata sarebbe stata una sua ex “collega” di Nemici, Aurora**.
Una ragazza bellissima e dolcissima, senza dubbio, ma che lui associava
sempre ai cioccolatini Venus***:
ottimi per uno spuntino, una tantum, ma se ne mangiavi più
d’uno ti veniva la nausea. Il che voleva dire che la ragazza
era piacevole solo a piccole dosi, perché anche se la sua
estrema dolcezza e i suoi modi da principessina delle fiabe erano
gradevoli all’inizio… beh, il troppo
stroppia! Perciò fu contento quando il
presentatore annunciò il ballo iniziale delle prime cinque
coppie. Si aspettava il classico ballo di riscaldamento, non era la
prima gara a cui presenziava. Quello che non si aspettava,
però, furono quattro dei suoi amici che volteggiavano sulla
pista, sorrisi enormi e tutto il resto. Ciò che lo sorprese
di più fu che uno dei quattro fosse Riku. Non gli
sembrava proprio il suo genere!
Aurora, seduta sulla sua poltroncina come una reginetta appena
incoronata sul suo trono, dondolava leggermente la testa a ritmo di
musica, canticchiando sottovoce una melodia sconosciuta che sembrava
dicesse “… so chi sei, di tutti i miei sogni il
dolce oggetto sei tu…”; ma la cosa strana era che
stava seguendo con lo sguardo uno dei ballerini, chiunque fosse. Demyx
roteò gli occhi e scosse leggermente la testa, ricambiando
il sorriso degli amici.
Selphie rivolse un sorrisetto al suo momentaneo compagno di
scorribande, che stava fissando il viso leggermente sudato di Roxas,
che ridacchiava di qualcosa con Naminè. Il biondo non era
stato poi molto sorpreso dalla presenza del suo ragazzo. Probabilmente,
vista la presenza di Demyx come ospite della serata, se lo aspettava.
Altrimenti aveva un’ottima faccia da poker. Al contrario Axel
aveva quasi sbagliato i passi per lo stupore. La ragazza non poteva
biasimarlo, ma lei aveva promesso a Naminè di non dire
niente ad Axel del loro piano, quindi…
Selphie sospirò, un po’ stanca. Ma dopotutto era
soddisfatta di essere arrivata a metà della gara e lo
sarebbe stata anche se fossero stati eliminati subito dopo. Le coppie
ancora in gioco erano solo sette: lei e Axel, Roxas e
Naminè, Xion e il suo ragazzo (o quello che era), Olette e
Riku e altre tre che non conoscevano. Probabilmente avrebbe vinto la
coppia numero 10, che pareva piuttosto male assortita, visto che lui
sembrava un classico gentiluomo inglese e lei la discendente di
un’antica famiglia ninja, ma nonostante questo i due si
muovevano assieme con eleganza e brio, oscurando tutti gli altri.
Ad un tratto Demyx, tenendo per mano Aurora di Nemici, si
inserì tra i partecipanti e i due iniziarono a ballare nel
bel mezzo di quel cerchio. Poi il ragazzo gridò
“Scambio di coppie!” e Selphie si
ritrovò a ballare con il gentiluomo inglese, che le rivolse
un piccolo cenno galante.
- Con permesso, dolce fanciulla – le disse
sorridendo.
La ragazza arrossì lievemente, intimidita
dall’uomo più grande di lei, ma rispose al sorriso
e si lasciò semplicemente trasportare dalla melodia.
Poco più in là Riku si era ritrovato a
volteggiare con Aurora, che stranamente gli fece i complimenti per la
sua bravura, prima di appoggiargli la testa contro il petto
(sì, negli anni era diventato piuttosto alto, più
o meno quanto Demyx, capelli compresi). Il ragazzo rinsaldò
la presa attorno ai fianchi sottili di lei, pensando che avrebbe anche
potuto abituarsi a un trattamento del genere.
Axel fece giocosamente girare su se stessa una ragazza nera che ballava
divinamente, chiacchierando con lei in tono educato; lei rispondeva
ridacchiando e parlottando con un accento molto esotico che fece
pensare il ragazzo al sapore del mezzo paopu che aveva mangiato in
palestra quel famoso pomeriggio.
Roxas non si accorse subito di avere la propria ex tra le braccia e
continuò a ballare per un po’, fissando Demyx con
il sorrisetto di chi la sapeva lunga.
- Oh, Roxy – sospirò Xion – Mi
sei mancato così tanto –
Roxas la guardò con aria di sufficienza e non rispose,
limitandosi a portare tutta la sua concentrazione sui passi che doveva
fare.
- Hai perso un po’ l’allenamento
– fece ancora lei. Fu ignorata di nuovo - Dai, Roxas, dimmi
qualcosa –
- Vivi e lascia vivere, Xion – rispose lui con aria
tranquilla – Soprattutto lasciami
vivere –
All’insaputa dei due, Vanitas ridacchiò alla
battuta del biondo e la ragazza che stava danzando con lui lo
guardò come se fosse matto o stupido. O entrambe le cose.
- Ehilà, Splinder
Sorpresa***! – esclamò Demyx,
afferrando una delle mani di Naminè e portando
l’altra intorno al proprio collo. Lei gli sorrise timidamente.
- Perché mi hai chiamata Splinder Sorpresa?
–
- Beh, dovevo pur trovare un’alternativa migliore
rispetto al Venus,
no? –
Naminè inclinò leggermente la testa, confusa.
- Lascia stare – proseguì Demyx e
portò il viso vicino al suo, in modo che solo lei potesse
sentirlo – Non ho molto tempo prima di dover cambiare di
nuovo partner di ballo. Prima che i giudici prendano la loro decisione
ci sarà una pausa. Ti aspetto fuori. Da sola –
La ragazza arrossì.
- Naminè, mi dispiace – fece Roxas,
mortificato.
I due erano stati eliminati dalla gara quasi subito dopo il secondo
scambio di coppie e il ragazzo era quasi certo che fosse solo colpa sua.
- Non fare così, dai! Siamo andati bene e tu hai
fatto grandi progressi rispetto a quando abbiamo cominciato. In
realtà non mi aspettavo che saremmo durati tanto –
- Ma… -
- Niente ma, ora rilassati e goditi lo spettacolo –
fece Naminè in tono malizioso.
Roxas sorrise e guardò con estremo interesse i movimenti dei
fianchi di Axel, lottando per mantenere i propri pantaloni sempre della
stessa misura. Oh, quanto gli piaceva vederlo ballare…
- Naminè? – chiamò piano
Demyx, chiedendosi se la ragazza fosse già arrivata.
- Sono qui – rispose lei.
Era seduta sul bordo di una delle fontane-laghetto, una mano immersa
nell’acqua. Quando si avvicinò Demyx vide che
stava accarezzando la testa di una tartarughina che si era avvicinata
e, a quelle carezze, ostentava un piacere che un piccolo rettile
pressoché inespressivo non dovrebbe essere in grado di
mostrare.
- Sei stata brava lì dentro –
- Sono stata eliminata, Dem –
- Non prendertela – sospirò il ragazzo
– Se davvero ti piacciono queste gare avrai altre occasioni
per far vedere chi sei. Anche se forse dovresti cambiare compagno, temo
che Roxas non sia ancora al tuo livello –
Naminè sorrise.
- Va capito – disse – L’ho
praticamente costretto. Ma non volevo gareggiare con qualcun altro
–
- Forse – fece lui, esitante – La prossima
volta potresti gareggiare con me –
- Ma poi saresti tu ad essere ostacolato, sei senza dubbio molto
più allenato di me. Ti dovresti far vedere solo con persone
al tuo livello, con qualche collega – ma Naminè
non aveva l’aria di parlare di danza. Demyx se ne rese conto.
Prese la piccola tartaruga che la ragazza stava accarezzando e se la
posò sulle ginocchia, incurante della macchia che
l’acqua stagnante gli avrebbe lasciato sui pantaloni.
- Non hai ancora capito? Non mi interessa passare il tempo con
le mie colleghe, mi interessa passarne con persone che tengono a me, che non mi
vedono come il Demyx di Nemici.
Io so che tu ora vedi solo me, perché siamo prima di tutto
amici, mi conosci ormai –
- Sì, questo è vero. Era per il tuo
futuro che mi preoccupavo, però –
- Lo so. Ma io voglio che ci sia tu nel mio futuro,
prima di tutto il resto – le disse dolcemente.
Poi sorrise al suo rossore e la baciò.
Da un lontano punto del parco due persone, che avevano
involontariamente assistito alla scenetta, si sorrisero.
- Direi che era anche ora – commentò
ironicamente Roxas, giusto per nascondere la sua commozione.
Uno sbuffo divertito da parte di Axel. E dire che loro volevano
semplicemente starsene un po’ da soli in privato. Invece si
erano ritrovati a fare gli spioni.
- Sai una cosa, Rox? –
- Mh? –
- Credo che da adesso in poi le cose fileranno
lisce… -
- È buffo, ma qualcosa mi dice che hai ragione
–
E, mano nella mano, i due rientrarono nell’edificio.
*Allora, mi ricordavo di aver sentito una mia amica che canticchiava
queste parole e, dopo averle cercate su internet, mi sono accorta con
orrore che appartenevano a una canzone di Anna Tatangelo, che
sinceramente detesto. Non me ne voglia chi l’apprezza, sono
gusti miei. Comunque le parole erano azzeccate per la storia, per cui
le ho usate spudoratamente. ^^’
**Sì, l’Aurora che ho citato è proprio
la principessa protagonista di “La bella addormentata nel
bosco”. Nemmeno lei mi piace particolarmente, non
perché sia una brutta storia, ma perché ha una
voce così acuta che non riuscirei mai a imitarla cantando.
XD Più altri piccoli motivi personali quali lo stereotipo
della principessa che aspetta di essere salvata.
***Ho dovuto modificare un filo i nomi di dolci molto conosciuti in
modo da non fare pubblicità a livello ufficiale. Ma
ufficiosamente l’ho fatto lo stesso, quindi consideratelo
solo un modo per dare a quei dolci un tocco personale.
Ebbene
sì, amici e amiche, questo è il capitolo finale,
ma… RESTATE CON ME PER L’EPILOGO! Andiamo, avete
letto tutta la storia e poi vi perdete la vera fine?! :)
Ok, fatemi
sapere se vi è piaciuto, i vostri commenti, tutto quello che
vi passa per la testa.
Piccola nota per
chi, casualmente, lo volesse sapere: nelle mie intenzioni Luxord e
Yuffie sarebbero arrivati primi nella gara, come già
accennato, Vanitas e Xion al secondo posto e al terzo la coppia in cui
c’era la ragazza nera, che ho descritto come una mia compagna
di corso con cui non ho ancora avuto l’occasione di parlare.
Axel e Selphie sono arrivati solo quarti. Non ho inserito i risultati
dei giudici nel capitolo perché ho pensato di aver rotto
abbastanza le scatole con ‘sta storia del ballo. La cosa
divertente? Io detesto ballare… eppure nella storia ho
inserito la discoteca E la gara. Sarò mica masochista?
-.-‘ |
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Capitolo 19 *** Got it memorized? ***
- Non capisco come mai tu sia così capriccioso,
oggi – Roxas sospirò stancamente e si
asciugò il sudore dalla fronte. Erano almeno venti minuti
che cercava di iniziare il suo lavoro e il ragazzo davanti a lui si
dimenava e gli faceva domande, come per distrarlo
dall’attrezzo che aveva in mano.
- Non darmi del capriccioso, non sono più un
bambino! – ribattè il quasi diciassettenne.
- Ma ogni tanto ti comporti come se lo fossi. Dai, Ienzo,
siamo entrambi stanchi e prima finiamo qui, prima potrai tornare ai
tuoi esperimenti scientifici o qualunque cosa tu abbia voglia di fare.
Ora però lasciati anestetizzare o dovrò curare
questa dannata carie “a crudo”! –
Ienzo si finse estremamente riluttante, ma aprì
obbedientemente la bocca, lanciando un’occhiata furtiva
all’orologio mentre si sistemava meglio sulla poltroncina.
- Ehi, Roxas – la testa quasi calva di un uomo di
mezza età fece capolino dalla porta – Che ci fai
ancora qui? Non dovevi smontare venti minuti fa? –
- Lo so – Roxas sospirò di nuovo
– C’è stato un piccolo incidente di
percorso, ma ora torturo un po’ il ragazzo e poi vado a casa
–
La “vittima” guardò di nuovo
l’orologio e sorrise, nonostante l’anestetico, che
aveva già iniziato ad agire, rendesse il suo sorrisetto un
po’ storto e abbastanza inquietante. Ma per quella volta non
se ne sarebbe curato, la sua missione era quasi riuscita.
- Yuna, sei pronta? – chiese Tidus, vestito di tutto
punto.
La giovane comparve all’istante, tenendo per mano un bimbo
biondo che, come lei, aveva un occhio verde e uno azzurro, ma la stessa
aria sbarazzina del ragazzo. Era il loro figlioletto di appena tre
anni.
I due si erano conosciuti tramite Rikku, che era una cara amica di
Tidus. Tra loro non c’era mai stato niente se non una
brevissima attrazione fisica, ma quando Rikku aveva presentato Yuna a
Tidus, era subito scoccata la scintilla e in men che non si dica i due
erano diventati la “coppia del secolo”. Beh,
c’era da aspettarselo: lei allora era una giovane promessa
della danza e lui la scoperta della pallanuoto professionale. Wakka,
già capitano della stessa squadra, aveva subito fatto tesoro
del talentuoso attaccante e Tidus si era trovato con un lavoro stabile
ancor prima di aver concluso la scuola dell’obbligo. E con
una piccola famiglia a soli ventitré anni. Yuna aveva
abbandonato spontaneamente il mondo della danza, confessando che non
era comunque adatto a lei e si era dedicata agli studi universitari,
che certo si conciliavano meglio delle prove con un bambino piccolo da
accudire.
Cosa aveva pensato Lidia di tutta quella situazione? Niente, la storia
tra lei e Tidus non si era più sviluppata, ma lei non ne era
particolarmente dispiaciuta. Anche perché ora faceva coppia
fissa con Hayner.
- Forza, andiamo o saremo gli ultimi – lo
esortò lei – Santo Yevon, ce ne hai messo di
tempo. Poi dicono che siamo noi donne ad essere vanitose –
Tidus, in modo molto maturo, le mostrò la lingua, seguito a
ruota dal piccolo Theo.
Naminè si accarezzò dolcemente il pancione di
sette mesi, guardando con un enorme sorriso suo marito che saltellava
qua e là con aria esagitata. Inutile, non avrebbe mai perso
quell’entusiasmo, ma dopotutto era una delle cose che avevano
contribuito a farla innamorare.
- Demyx! – latrò invece Saïx
– Smettila di sgambettare o nel giro di dieci minuti tua
moglie sarà vedova e il tuo primogenito non ancora nato si
ritroverà orfano! –
- Temo – si inserì la voce sarcastica di
Xigbar – che questo raggelerebbe un tantino i festeggiamenti
–
- Cosa mi tocca sentire – fece Marluxia in tono
teatrale, posandosi il dorso della mano sulla fronte – Un
brutale omicidio tra amici. Una storia di sfrenate passioni, intrighi e
tradimenti… -
- Ehi Mar-Mar! Non siamo mica in “Shina la
principessa guerriera”*! – esclamò
Yuffie, seduta educatamente sulle ginocchia di Luxord.
Alcuni dei presenti ridacchiarono mentre Vexen, compagno di Marluxia da
ormai quasi otto anni, scuoteva la testa con aria divertita.
Dopodiché per qualche minuto gli unici suoni furono quelli
delle risate squillanti dei bambini che giocavano insieme. Theo e
Vidinu, il figlio di Wakka e sua moglie Lulu, erano già
amici per la pelle e crescendo ne avrebbero combinate di tutti i
colori, ma quella era un’altra storia.
Claire si aggiustò nervosamente i capelli e si
stuzzicò un brufolo che aveva sul mento, guardandosi
intorno. La presenza di tutta quella gente più grande di lei
la intimidiva, senza contare che non ne conosceva la gran parte. Si
sistemò più vicina ad Aerith e sperò
che suo fratello arrivasse in fretta.
- Roxas! Ho dimenticato il cellulare in palestra! –
Il biondo aggrottò le sopracciglia.
- Beh, te lo porterà dopo tuo padre. Se vuoi puoi
usare il mio per avvertirlo –
- Ma Roxas! – piagnucolò Ienzo
– Sto aspettando una chiamata importante per uno stage
estivo, ne va del mio futuro! Andiamo, non puoi farmi questo!
–
Roxas si trattenne a stento dallo sbattere la testa sul volante. Era
tardi e tutto quello che desiderava in quel momento era riaccompagnare
la piccola peste a casa e poi correre da Axel. Era forse chiedere
troppo? Ma ovviamente no, doveva andare tutto storto! Ma
perché proprio quella sera? Era il nono anniversario suo e
di Axel e il suo rosso gli aveva detto che sarebbe stata una serata
speciale!
- E va bene, ma sappi che sei in debito! –
borbottò in tono scortese.
Impegnato a guardare la strada, non notò
l’espressione trionfante del ragazzo e continuò a
manovrare l’automobile che lo stava conducendo verso il suo
Destino…
- Ehi, gente! – sbraitò Hayner
– Fate un po’ di silenzio, adesso, sta arrivando!
Non vorremo mica svelare la sorpresa prima del tempo –
- Non saprei, Hay. Potrebbe aver già sentito te
– ridacchiò Pence.
- Taci –
- Allora, dove l’hai lasciato?
Nell’ufficio? Sala del personale? – chiese Roxas,
impaziente, senza notare che nonostante non fosse ancora
l’ora di chiusura non si sentivano attrezzi in uso
né sbuffi e grugniti.
- Non ricordo esattamente, ma è di sicuro qui da
qualche parte –
Roxas sospirò per l’ennesima volta, frustrato.
- Ora lo faccio squillare, così lo troviamo
più in fretta –
- Non serve, ora chiedo a papà –
Proprio in quel momento la voce cavernosa di Lexaeus attirò
la loro attenzione dalla sala principale della palestra.
- Ienzo, da questa parte! – fu il laconico richiamo.
Il ragazzo afferrò Roxas per un polso e se lo
trascinò dietro. Lui emise un gemito sconsolato e lo
seguì a testa bassa. Ma poi udì un grido.
- Sorpresa! –
E sì, il biondo alzò lo sguardo ed erano tutti
lì: amici, famiglia e…
- Axel! Credevo… credevo… -
- Credevi male, evidentemente – rispose il rosso,
sfoggiando un’aria estremamente compiaciuta –
Stasera festeggiamo qui –
- Oh – e Roxas per qualche strano motivo assunse lo
stesso colore di una fragola matura, nonostante il
“vizio” di arrossire come una ragazzina gli fosse
passato almeno sei anni prima.
Ma per un po’ tutti si fecero gli affari loro, mangiando e
bevendo, chiacchierando e scherzando, cercando di tenere a bada i
marmocchi o, nel caso di Ienzo, convincere sua sorella ad essere
più socievole, ricevendo in cambio un furtivo gestaccio
dall'inquieta ragazzina.
- Oh Roxy – flautò Axel – Non
credi che ci sia un piccolo scambio di regali da fare? –
Il biondo scoprì i denti in una smorfia giocosa.
- Solo se smetti di chiamarmi così –
Ma nonostante quello infilò immediatamente una mano nella
sua piccola tracolla e la chiuse intorno a qualcosa, lasciandola
lì dov’era.
- Ehm… - fece timidamente, guardandosi intorno:
ovviamente adesso i piccioncini avevano la piena attenzione di tutti
– Prima tu –
- Neanche per sogno, io devo necessariamente
essere l’ultimo, non vogliamo mica rovinare la suspense, eh?
–
Sospirando ancora una volta, Roxas si lascò cadere su un
ginocchio, facendo emettere alla folla mormorii di stupore e, di
conseguenza, arrossendo furiosamente.
Tirò fuori una piccola scatola di gioielleria e la
aprì. E ora, se vi state aspettando un anello di
fidanzamento con tanto di diamante e una commovente proposta di
matrimonio vi sbagliate di grosso. All’interno giaceva una
semplice fede d’oro e Roxas si limitò a
ghignarsela di gusto.
- Whoa, Rox, per un attimo mi sono davvero preoccupato! Un
viaggio a Las Vegas non è previsto nell’immediato
futuro, sai –
E i presenti risero, spezzando la tensione. Ciononostante Roxas
infilò personalmente l’anello
all’anulare sinistro di Axel, che lo baciò in
segno di ringraziamento.
- In ogni caso – sussurrò il biondo
all’orecchio dell’altro – Per quanto
riguarda quel viaggetto… ne riparleremo –
- Ci puoi giurare, baby! Ma ora direi che è il mio
turno. Roxas… -
Axel tirò fuori dal taschino una piccola busta, di quelle
trovate anche comunemente nei supermercati per confezionare regali non
appositamente incartati nei negozi.
Ecco, Roxas non era affatto un tipo materialista, ma ci rimase un
po’ male: lui aveva fatto un regalo davvero impegnativo, non
solo per quanto riguardava il costo dell’oro di quei tempi,
ma anche per il significato emotivo nascosto dietro un anello: un
impegno affettivo, una promessa permanente che soltanto un qualcosa di
egual misura poteva compensare. E nonostante non fosse una proposta di
matrimonio ci andava abbastanza vicino, no?
Ma d’altronde cosa pretendeva, erano passati nove anni e loro
si frequentavano ancora come due adolescenti, tutto rose e fiori, in un
certo senso, sì, ma poi “io a casa mia e tu a casa
tua”. Non erano esattamente compagni di vita, a differenza di
Vexen e Marluxia, tanto per dirne una. Comunque il biondo si
sforzò di sorridere e, curioso suo malgrado, prese la busta
regalo e la aprì, estraendone una scatolina più o
meno delle stesse dimensioni di quella che lui stesso aveva appena
consegnato ad Axel, ma di legno intagliato con delle minuscole chiavi
incise su tutta la superficie.
Roxas riconobbe senza difficoltà lo stile di suo zio Cid,
anche perché Axel non era mai riuscito ad intagliare il
legno, per quanto lui si fosse sforzato d’insegnarglielo.
Guardò alternativamente da suo zio al suo ragazzo,
interrogativo. Cid incrociò le braccia, senza tradire alcuna
emozione. Axel invece sembrava nervoso, per quanto ghignasse nel vano
tentativo di nasconderlo.
- Aprila e basta, eh? –
E Roxas obbedì, trovando al suo interno un set di chiavi. I
suoi occhi si spalancarono e subito si spostarono su Axel, che si
grattò la nuca, arrossendo a sua volta.
- Non volevo dirtelo prima che fosse tutto pronto,
sai… Sono anni che metto da parte per poterti fare questa
sorpresa. Non è stato facile ottenere quel mutuo per poter
comprare una casa tutta per noi. Certo, non posso comunque farcela da
solo, ma… Beh, che ne dici di trasferirti da me? –
e sorrise speranzoso.
Roxas sorrise a sua volta: aveva frainteso tutto. Si rese vagamente
conto che la folla stava trattenendo il respiro e si voltò a
guardare i suoi genitori e Tidus. Nessuno di loro sembrava in grado di
fare altro che fissarlo, ma lui non aveva bisogno del loro consiglio,
per cui si voltò di nuovo.
- Certo che vengo a vivere con te, Ax, e mi sembra
assolutamente giusto che siamo in due a pagare quel mutuo. Ho solo una
domanda –
- Cioè? –
- Perché non chiedermelo in privato, sapendo che
non amo particolarmente essere al centro dell’attenzione?
–
- È semplice: voglio che tutti lo sappiano
–
- Sappiano cosa? Che andremo a convivere? –
Axel sorrise e scosse la testa. Aveva aspettato nove anni, ma ne era
valsa la pena.
- Non che andremo a convivere, Roxas, ma che ti amo. Got it memorized?
–
* Esatto, "Xena la principessa guerriera"
E
così si conclude la mia prima long fic in questo fandom. Non
so se sentirmi soddisfatta per il successo che ha avuto o triste che
sia finita, pur sapendo che altre sono in arrivo.
Confesso, sono
rimasta un pochetto delusa dalla mancanza di recensioni nello scorso
capitolo, ma il calore che mi avete comunque dimostrato è
notevole e non posso fare altro che ringraziare tutti voi che avete
seguito/ricordato/preferito.
Grazie di
cuore! |
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