Strahl★Night - Istituto di formazione per vampiri

di Fiamma Drakon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovi arrivi ***
Capitolo 2: *** Difficile integrazione ***
Capitolo 3: *** Vampiri e vampire a confronto ***
Capitolo 4: *** Prima cena insieme ***
Capitolo 5: *** Prima mattina ***
Capitolo 6: *** Bianco e rosso ***
Capitolo 7: *** Sospetti ***
Capitolo 8: *** Immolato ***
Capitolo 9: *** ''Incidenti'' ***
Capitolo 10: *** Maestro di violino ***
Capitolo 11: *** Secondo incontro ***
Capitolo 12: *** L'impalato, la vampira e il mistero ***
Capitolo 13: *** Non voglio, amore mio, ma devo ***
Capitolo 14: *** Una Emily decisamente contesa ***
Capitolo 15: *** Just like the Devil's mind ***
Capitolo 16: *** Consulente per cuori infranti ***
Capitolo 17: *** Is this the way it's gonna be? ***
Capitolo 18: *** Allegro ritrovo ***
Capitolo 19: *** Colloquio alunno-insegnante ***
Capitolo 20: *** L'ombra nell'angolo della sapienza ***
Capitolo 21: *** Il momento della verità ***



Capitolo 1
*** Nuovi arrivi ***


1_Nuovi arrivi Lo Strahl★Night era uno dei più rinomati istituti di formazione vampira di tutta la nazione.
La sua fama si fondava su una secolare tradizione che vantava una ferrea istruzione, insegnanti intransigenti e inflessibili, discipline che comprendevano materie tecniche, scientifiche e liceali che richiedevano un livello d’istruzione precedente non da poco e, ovviamente, corsi completi sulla gestione di poteri, capacità e istinto dei vampiri.
Insomma, lo Strahl★Night era l’obiettivo finale di ogni giovane vampiro con mirabili pretese lavorative per il futuro.
L’unica pecca di quell’istituto altrimenti perfetto era la difficoltà degli esami d’ammissione: su migliaia di esaminandi, solo una ventina o meno riuscivano ad essere ammessi.
E, tra i fortunati, il gentil sesso non era mai stato presente, tanto che lo Strahl★Night era da tutti considerato allo stesso livello di un istituto puramente maschile, esattamente come i suoi studenti.

Era una notte come tante altre all’istituto.
Nei dormitori, i ragazzi si stavano preparando all’inizio di un’altra spossante sessione di studio: chi si affrettava a vestirsi perché in ritardo per la colazione, chi ripassava in vista di un compito, chi si fermava a chiacchierare nella sala comune, incurante dell’orario.
- Ma qui non si riesce mai a trovare un cavolo!! Che fine ha fatto il mio libro di Chimica?! -.
Un biondo, capelli lunghi legati in una coda di cavallo, con due ciuffi ad incorniciargli il viso e l’uniforme già indosso, frugava incessantemente in uno scaffale sopra il suo letto.
Il resto della camera era un caos: libri ammonticchiati un po’ ovunque e vestiti sparsi a terra.
Al lato opposto della stanza, su di un altro letto, un altro ragazzo biondo, poco più basso dell’irascibile compagno di stanza e già vestito di tutto punto, stava beatamente sdraiato, gli occhi smeraldini che guardavano distrattamente il soffitto, spostandosi poi attorno, senza una precisa meta.
Pareva piuttosto tranquillo. Certamente molto più dell’altro.
- Edward, hai già guardato sotto al tuo letto? - chiese il più piccolo al compagno, il tono disinteressato ma divertito.
- È il primo posto dove ho guardato!!! Non c’è! - ribatté aspramente quell’altro, avvicinandosi alla scrivania.
- No, lì non lo troverai di certo: non ricordi la nostra chiacchierata sulla scrivania? -
- Oz smettila di stare lì come un cretino a non fare niente e dammi una mano!!! -.
Oz fece spallucce, mettendosi a sedere.
- Il libro è tuo -
- E quella faccia da schiaffi è tua, quindi, se ci tieni a farla rimanere così com’è, dammi una mano! - lo minacciò Edward, perdendo sempre più la pazienza.
L’altro rise, alzandosi.
- Va bene - acconsentì, allegro.
Attraversò quasi saltellando la stanza, quindi si chinò sul comò del compagno e aprì il secondo cassetto.
Sotto lo sguardo attonito di Edward, Oz estrasse il suo libro di Chimica, facendone bella mostra con un sorriso fanciullesco quasi inquietante.
- Contento? - disse, lanciandoglielo.
Edward lo prese e lo fissò alcuni istanti, allibito, prima di inveire contro l’altro biondo a pieni polmoni: - L’AVEVI NASCOSTO TE!?!? -.
- No, affatto: tu i libri che ti servono li metti sempre in quel cassetto - spiegò semplicemente l’altro.
- Piccolo...! -
- Ehi, ragazziii! Ed, Oz, dobbiamo... -.
La porta si aprì, rivelando un terzo ragazzo, molto simile a Edward, che si fermò ad osservare la scena che gli si parava davanti: Oz, strattonato per il bavero della camicia, paurosamente vicino al viso di Edward, ambedue gli occhi puntati sulla porta.
- Che cosa state facendo? Mica sarete diventati gay pure voi, vero??? -
- Aah! No, ma cosa dici?! - esclamò Edward, lasciando  con un moto quasi di ribrezzo l’altro, che si risistemò la camicia, le guance lievemente tinte di un vago fantasma di rossore.
- Piuttosto... tu che ci fai qui, Alphonse? Non dovresti essere con Pride? - domandò Oz, cambiando repentinamente argomento.
- No: Pride doveva finire una relazione sulla brama di sangue nei vampiri adolescenti, quindi ci aspetta in classe... - spiegò Al.
Edward e Oz presero le borse dei libri e uscirono dalla camera, assicurandosi di chiudere bene la porta.
Si avviarono quindi lungo il corridoio su cui si affacciavano le varie camere degli altri studenti.
- Allora, pronti per l’interrogazione di Chimica? - domandò ad un tratto Alphonse.
Ed mandò uno sbuffo e fu Oz a rispondere: - Siamo stati in piedi fino a mattina inoltrata... nessun risultato -.
- Se non altro c’è stata la buona volontà... - osservò Al.
- Macché buona volontà! Questo qui ha la testa dura! - esclamò Edward, battendo un colpetto in testa ad Oz.
- Parla chi a Drammaturgia Vampira è un genio, eh? - lo rimbrottò Oz, sottraendosi ai colpetti di Edward e zittendolo all’istante.
- Attenzione - li avvertì all’improvviso Alphonse, spostandosi di lato.
Dal fondo del corridoio si sentirono arrivare passi di corsa, seguiti dall’apparizione di una figura che sfrecciava attraverso il corridoio.
- AIDOOOOHH!!! RIDAMMI LA CAMICIA!!! -.
Edward e Oz si fecero da parte appena in tempo per non essere investiti dai due vampiri in corsa.
- Grazie - mormorò Oz.
Alphonse fece spallucce, sorridendo: - E di che? Se posso rendermi utile con quell’abilità che ho, lo faccio volentieri -.
Edward lo guardò un istante: il suo fratellino aveva la capacità di vedere nell’immediato futuro.
Era uno dei pochi “eletti” a possedere una qualche abilità speciale.
- Certo che quando il capo dormitorio Kuran è assente ne combinano di tutti i colori... - commentò Alphonse, perplesso, riprendendo a camminare, seguito a breve distanza dagli altri due.
Scesero quindi le scale che davano sulla sala comune, dove erano radunati vari gruppetti di vampiri.
- Andiamo a far colazione? - chiese Edward.
- Sì! Così mi aiuti con Chimica... un’ultima volta, ti pregoooo!! - lo supplicò Oz.
- Sei una causa persa... uff! E va bene... - acconsentì Ed - Ma esigo il tuo aiuto, Al! -
- Se proprio vuoi... -
- Sì, voglio -.
Attraversarono la sala comune ed uscirono dall’edificio adibito ai dormitori degli studenti, quindi attraversarono il breve tratto di giardino che separava l’edificio principale dagli altri, diretti a mensa.
Qui trovarono gran parte degli studenti già seduti, alcuni a chiacchiera, altri che, infischiandosene altamente della loro pubblica dignità, manifestavano molto apertamente le loro inclinazioni omosessuali.
- Quando ti trovi perennemente in mezzo ad altri maschi, alla fin fine ti riduci a scoprire il lato omosessuale di te che non avresti mai immaginato d’avere... - commentò Alphonse in un soffio, passando accanto a due vampiri intenti ad amoreggiare intensamente.
Edward sospirò.
- Lasciali fare, a te che importa? -
- Un po’ mi dà fastidio... - affermò Al, andando a prendere la colazione.
- In effetti mangiare con gente che ti amoreggia a quella maniera davanti fa passare l’appetito... - convenne Oz.
- Comunque se li beccano i prof sono dolori - osservò Edward.
- Be’, ovvio: ti pare che un professore possa permettere che due si bacino in sala mensa in quel modo? Oltretutto, con certi docenti rigidi... - esclamò Oz, e il pensiero di tutti e tre corse alla medesima persona.
Andarono a sedersi, in mano una bottiglietta di vino: la loro colazione.
La colazione di tutti gli studenti, lì dentro: sui vampiri l’alcool non aveva alcun effetto e, inoltre, la colorazione rossastra non dava a vedere il fatto che dentro ci fosse stato diluito del sangue.
- Allora? Mi aiutate? - supplicò ancora una volta Oz, prendendo il libro dalla borsa.
- Ci vorrebbe un miracolo per farti capire almeno una piccola parte del programma di questi giorni e noi, come puoi vedere, non siamo Dio... - esclamò Edward.
- Daiiii... -.
Edward e Oz si fissarono alcuni istanti: lo sguardo del primo, irritato, era puntato in quello del più piccolo, il quale ostentava un’espressione innocente e supplicante al limite del possibile.
Alphonse affogò una risata in un lungo sorso di vino: quei due formavano una coppia a dir poco comica.
Suo fratello maggiore Edward, oltre ad essere estremamente irritabile, era più testardo di un mulo, ma anche il giovane Oz Bezarius non era da meno: fra tutti e due era difficile dire chi fosse il più cocciuto, ognuno a modo proprio.
Infine, con uno sbuffo di rassegnazione, Edward afferrò il libro, cercando l’ultimo argomento.
Si lanciò quindi in un’articolata e piuttosto esauriente spiegazione dei vari metodi per esprimere la concentrazione di una soluzione, puntellata qua e là da interventi di Alphonse.
- Hai capito? - chiese il biondo alla fine, prendendo la sua bottiglietta di vino lasciata a metà e vuotandola in un lungo, unico sorso, per idratare la gola, rimasta secca per il lungo parlare.
- Ehm... - esordì l’altro, incerto - Sì! -.
- No... - lo contraddisse Ed, scuotendo la testa.
- Ma è difficile! - protestò Oz.
- Ho capito: dovremo riprovarci con più calma a fine nottata, dopo le lezioni. Ergo: altra giornata insonne... sperando che almeno al prossimo compito tu ce la faccia a prendere una sufficienza... - esclamò Edward.
- Grazie! - replicò l’altro, contento.
- Se, se... ma che non ti salti in testa di abbracciarmi, eh! - lo redarguì il più grande, alzandosi.
- Andiamo in classe? - chiese Alphonse.
- E dov’altro vorresti andare? -.
Detto ciò, Edward si avviò verso l’ingresso della sala mensa, fermandosi solo per buttare la bottiglietta di vino vuota, che aveva nel frattempo accartocciato, come fosse un pezzo di carta.
Gli altri due lo seguirono di corsa, per non rimanere indietro.
L’edificio principale, quello adibito alle lezioni, era a dir poco immenso: un totale di cinque piani per sei classi, ciascuna delle quali comprendeva vampiri con un solo anno di differenza, eccetto la Sesta, formata solo da vampiri ventenni, situata al quinto piano assieme ai diciottenni e i diciannovenni.
Il totale di anni d’istruzione era dieci.
Dieci lunghi anni, che tutti gli studenti dovevano passare chiusi là dentro, ad affinare le loro capacità di vampiri e ampliare la loro istruzione, in vista del futuro al di fuori dell’istituto.
Tuttavia, dieci anni da passare interamente ed esclusivamente in compagnia di altri dello stesso sesso erano troppi: tutta l’adolescenza di un vampiro veniva spesa lì, e quello era il periodo più disturbato di tutta la loro vita, oltre che il lasso di tempo in cui affioravano i cosiddetti “primi amori”.
Dato che erano tutti maschi, ovviamente le prime cotte erano da e per i maschi, con la conseguenza che la maggior parte dei vampiri che uscivano dalla scuola aveva tendenze omosessuali che, nel mondo di fuori, non erano molto ben viste.
Edward, Alphonse e Oz erano una delle poche eccezioni, tre dei pochi sopravvissuti ancora con gusti prettamente eterosessuali.
Loro facevano parte della Terza, la classe dei quattordici/quindici anni, situata al terzo piano.
Appena entrati in aula, la prima cosa che videro fu Pride, seduto come di consueto al primo banco davanti alla cattedra, in compagnia di un altro vampiro, sedutogli in grembo, che lo stava appassionatamente baciando.
Il compagno di Pride aveva capelli lunghi e verdi, tenuti lontani dalla fronte da una fascia nera, e gli occhi ametista.
Edward stirò le labbra in un sorrisetto ironico, appoggiandosi allo stipite della porta.
- Ehi, Envy! Non è che hai sbagliato classe? - esclamò, ironico.
Envy si staccò dalle labbra di Pride e si volse verso l’altro.
- Elric, non t’impicciare! - gli ringhiò contro, mostrando i canini affilati.
- Uhuh, che paura! Aspetta, vado a chiamare il nostro docente di Filosofia, magari la scena gli piace! -.
Al sentir nominare il professore di Filosofia, Pride scostò velocemente Envy da sé, mandandogli un’occhiata eloquente.
L’altro si limitò a fissarlo, risentito, quindi si avviò verso la porta.
- Edward Elric... sappi che non finisce qui!! - lo minacciò, uscendo.
- Certo, certo... - fece Edward.
Alphonse scosse la testa.
- Non riesci proprio a non dar fastidio, eh fratellone? - gli chiese.
- Tsk! - si limitò a replicare l’altro, andando a prendere posto nel secondo banco della fila sotto le finestre, dalle quali si poteva benissimo osservare il cielo stellato.
Oz lo seguì, prendendo posto accanto a lui.
Alphonse, invece, si sedette al fianco di Pride, che evitò accuratamente di incrociare il suo sguardo.
Pride era un vampiro diligente, ben educato, il classico “bravo ragazzo”, carino tutto sommato: capelli neri corti, con qualche ciuffetto a coprirgli la fronte, occhi scuri, espressione costantemente mansueta e pacata, anche di fronte alle peggiori situazioni.
Ed era gay.
Ma, in fondo, a nessuno di loro importava: Alphonse, che ci divideva la stanza, non aveva mai avuto nessun problema di nessun tipo.
Era un ragazzo come tanti altri.
- Come fai ad esserti innamorato di quel cretino di Envy, davvero non lo so... - commentò stancamente Edward, scuotendo la testa.
Le guance di Pride si tinsero d’un vaghissimo rossore appena accennato, ma non rispose.
Ben presto iniziarono ad arrivare anche gli altri compagni di classe, entrando alla spicciolata in aula. L’ultimo ad entrare fu il docente di Letteratura, il professor Roy Mustang.
Capelli corvini dal taglio sbarazzino, occhi lievemente allungati, del color del cielo notturno; indossava una camicia aperta a rivelare un piccolo scorcio del petto marmoreo e un paio di pantaloni neri appartenenti senza dubbio all’uniforme del corpo insegnanti.
Si sedette alla cattedra, fece rapidamente l’appello, quindi si alzò, prendendo la consueta posizione di quando faceva lezione: si mise di fronte alla cattedra, una mano poggiata sul piano di essa, a reggerlo.
Si rivolse quindi alla classe.
Stava per parlare, quando qualcuno bussò alla porta.
- Avanti - esclamò, rivolto a chiunque avesse bussato, nel tono un lieve cenno di allegria - Ragazzi, da quest’oggi avrete tre nuove compagne di classe! - continuò il docente, rivolgendosi quindi agli altri studenti.
Questi rimasero allibiti da un unico particolare, che avevano distintamente percepito tutti: il professore aveva parlato al... femminile?






Angolino autrice
Be', eccomi qui, con il primo capitolo di questa fic che, davvero, non so nemmeno io dove andrà a parare XD
Premetto che i personaggi sono tutti vampiri e che, in alcuni casi, ho dovuto modificare le età per conformarli meglio alla trama, come nel caso di Pride, che nel manga ha circa otto/nove anni (il Pride della fic è Selim Bradley, ossia l'Homunculus Pride nel manga e in Brotherhood).
Inoltre, per quanto riguarda il corpo insegnanti, essendo a corto di personale di anime/manga (mi sono accorta che ci sono troppe materie O_O) dovrò inventarne alcuni ^^''.
Be', spero comunque che piaccia! ^^''
Quindi... al prossimo chappy!
F.D.

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Capitolo 2
*** Difficile integrazione ***


2_Difficile integrazione Tutta la classe venne percorsa da sommessi mormorii di stupore: non era possibile che fossero state ammesse delle femmine!
Insomma... non era mai successo! Lo Strahl★Night non era un istituto adatto a delle ragazze!
Il professor Mustang distese le labbra in un sorriso compiaciuto: - Queste vampire, miei cari ragazzi, sono le primissime studentesse che entrano in questa scuola! - spiegò, facendo cenno verso la porta, invitando le ragazze al di fuori d’essa ad entrare.
Gli occhi di tutti i vampiri allora si spostarono sulla soglia, varcata da non una, ma da ben tre avvenenti vampire.
Gli sguardi dei ragazzi si soffermarono su di esse: erano diversissime, sia nell’aspetto puramente fisico, sia in ciò che esprimeva il loro atteggiamento.
La vampira più a sinistra, la prima ad entrare, aveva lunghissimi capelli cremisi che le ricadevano in morbide ed ondulate ciocche ben oltre le spalle, fin quasi al bacino; gli occhi, sormontati da alcuni ciuffi più corti, che spiccavano come fuoco vivo sul marmo della sua carnagione, ardevano di un’inestinguibile fiamma carminio, nonostante lo sguardo fosse una stoccata di puro gelo. Era slanciata, dal fisico atletico e le curve piuttosto accentuate.
Dalla postura e l’atteggiamento, pareva non essere esattamente il tipo a cui piaceva esser presa in giro.
La ragazza al suo fianco era bionda, un biondo acceso, simile all’oro; i capelli, molto corti, arrivavano appena a coprirle la nuca. Alcuni ciuffi appena più corti erano tenuti lontani dalla fronte da piccoli fermacapelli bianchi, così da lasciar ben vedere i suoi grandi, innocenti e teneri occhi azzurri, pieni di timida vitalità.
Al contrario della rossa, la biondina era bassa, esile e poco formosa: una corporatura tipicamente infantile.
La terza ed ultima vampira era anch’essa bionda, ma di un biondo sbiadito, reso quasi inquietante dai riflessi argentei che vi creavano le luci artificiali; la chioma era liscia, appena ondulata, ed oltrepassava di poco le spalle.
Una frangetta scendeva a coprirle interamente la fronte, nascondendo le sopracciglia, ma lasciando ben visibili gli occhi: abissali pozzi d’un blu intenso, resi agghiaccianti dallo sguardo, vitreo e impassibile.
Il suo viso dai morbidi e fanciulleschi tratti era circondato da due ciuffi della frangetta più lunghi, che le arrivavano fin sulle spalle.
Non eccessivamente alta, aveva un seno piccolo, ma fianchi ben accentuati.
Pareva una bambolina di porcellana, completamente priva di vita, e ciò inquietava in modo non indifferente.
Nello squadrare le tre nuove alunne, nessuno poté fare a meno di soffermarsi ad osservare che, effettivamente, esisteva una versione al femminile della divisa scolastica: tutte e tre indossavano un completino sobrio e rigoroso, dai medesimi colori delle uniformi maschili.
L’uniforme femminile era composta da una camicetta di seta viola dalle maniche a campana che andavano poi a stringersi sui polsi e una gonnellina nera ampia abbastanza da non impedire alcun movimento di sorta; le gambe erano rivestite da un sottile paio di calze nere, mentre ai piedi calzavano un paio di scarpe da ginnastica viola, che dava un tocco più quotidiano al tutto.
L’unica particolarità all’uniforme era stata data dalla bionda vampira inquietante: alla sua caviglia sinistra era visibilissima una cavigliera di scuro e pesante ferro, dalla quale pendeva un pezzo di catena che pareva esser stata spezzata.
Da cosa o da chi, nessuno aveva desiderio di saperlo.
Doveva inevitabilmente essere un suo accessorio personale, perché le altre due non avevano nessuna cavigliera.
- Queste sono Fiamma Drakon... - esordì l’insegnante, indicando la rossa - ... Emily Blaze... - continuò, accennando alla piccola bionda - ... e Amethyst De Moon - proseguì, indicando la vampira più inquietante - Sono cugine, appena trasferitesi in città e, con enorme sorpresa di tutto il corpo docenti, sono passate tutte quante con voti a dir poco strabilianti all’esame d’ammissione -.
Seguì un lungo silenzio attonito da parte della classe.
- Sono certo che andrete d’accordo! - aggiunse Mustang - Bene ragazze, andate a prendere posto laggiù in fondo all’aula... ci sono tre posti liberi. Avete già i libri di testo? -.
- Sì - replicò Amethyst, avviandosi dietro alle altre due.
Quell’unica parola fu pronunciata con una freddezza e un flemma tale che sembrò quasi che una bufera di neve si fosse improvvisamente levata in tutta l’aula, spazzandola con un gelido ed impetuoso vento.
Molti le seguirono con lo sguardo, altri preferirono evitare, spaventati dall’agghiacciante impassibilità di Amethyst: era possibile raggiungere un simile livello d’indifferenza e poter essere comunque definiti “viventi”?
Era come se fosse morta, o meglio, che il suo cuore fosse morto, trascinando nell’oblio pure le altre emozioni.
Quando anche Amethyst ebbe preso posto, Mustang afferrò il libro di testo appoggiato sulla cattedra, dietro di sé, quindi ruppe il gelido, inquietante silenzio che era calato, come un velo, sull’aula: - Bene, ora riprendiamo la lettura da dove eravamo rimasti la volta scorsa, prima cantica del Purgatorio. Pride, vuoi leggere...? -.
L’atmosfera, ancora tesa, venne tagliata dalla neutra voce di Pride, che si accingeva a cominciare la lettura.
Alcuni ragazzi ancora lanciavano occhiate alle vampire, di soppiatto, occhiate che Amethyst, nella maggior parte, riuscì ad intercettare, spaventando in modo non indifferente i poveri curiosi.
Fiamma ed Emily, invece, parevano non curarsene: i loro sguardi, fra loro così diversi, erano fissi sulle pagine del libro di testo e solo raramente si alzavano da esso e solo per fissarsi sull’insegnante.
- Uhm... carine - commentò ad un tratto Oz, lanciando loro una fugace occhiata, l’ennesima, da sopra una spalla.
- Credevo che ti fossi arreso alla mancanza di partner dell’altro sesso... - replicò distrattamente Edward: ricordava ancora bene, forse troppo, i primi tempi insieme al piccolo Bezarius.
Era arrivato con la speranza di poter trovare qualche ragazza carina con la quale intrattenersi piacevolmente, e gli ci erano volute un paio di settimane per arrivare a capire l’inevitabile verità: la soglia dello Strahl★Night non sarebbe mai stata varcata da alcun membro del gentil sesso.
Verità divina che, proprio quella mattina, era stata smentita.
Era davvero difficile prevedere i tiri che avrebbe potuto riservarti il Destino per il futuro.
Gli occhi di Oz scintillarono d’eccitazione.
- La speranza è l’ultima a morire! -.
Edward sbuffò, esasperato: già, pareva proprio di sì.
- Sei un caso perso... -.
Detto ciò, riprese a seguire distrattamente la lezione, fingendo di ascoltare.
Alla fine dell’ora, non appena il professore fu uscito, Oz scattò in piedi, raggiante.
Edward, un braccio a reggere il capo, gli lanciò un’occhiata di sbieco.
- Dove vorresti andare? - gli chiese.
- Come dove? Ma dalle ragazze...! -
- Mi raccomando, cerca di tornare vivo per l’inizio della prossima lezione... -.
Oz si volse e si diresse a passi decisi verso i posti occupati dalle tre vampire, intente a parlare a bassa voce tra loro.
- Ciao! - esclamò, non appena fu a portata d’orecchio, facendole voltare di scatto tutte e tre.
- Ehi, voi tre! Non è che avete sbagliato scuola?! -.
L’affermazione fu seguita da un coretto di risate.
Oz si voltò, trovandosi ad osservare Greed e la sua combriccola.
Fiamma si volse a lui, scrutandolo con quel suo ineguagliabile sguardo di fuoco e ghiaccio.
- Già, forse cercavate la scuola per estetiste e parrucchiere, appena fuori città! -.
Negli occhi di Emily iniziarono ad affacciarsi le prime lacrime.
- Ooooh, guardate, la biondina piange...! -.
- Sentite, manica di bastardi, se il vostro smisurato ego maschile vi impedisce di accettare un po’ di sana rivalità femminile, non sono cazzi nostri, chiaro?!?! - sbottò Fiamma, scattando in piedi.
- Ehi, ragazzina, con chi credi di parlare? -.
Greed le si avvicinò con fare arrogante.
- Con un branco di cafoni, mi sembra ovvio! O forse “cafoni” è una parola troppo difficile da capire per il vostro piccolo cervello!? - ribatté a tono la rossa.
- Come ti perm...! -.
Greed non fece neanche a tempo di colpirla che già la vampira gli aveva menato un calcio poderoso tra il collo e la clavicola, scaraventandolo a diversi metri da lei.
- No, Fiamma, che fai...? - singhiozzò Emily, facendo per alzarsi, ma Amethyst la bloccò.
- Non mi piace usare la violenza, ma con gente come voi mi pare l’unico modo d’intenderci! -.
Fiamma si volse, azione accompagnata da una raggiera di capelli cremisi sparsi nell’aria, come crepitanti guizzi di fiamme.
Oz la fissò, meravigliato: caratterino niente male...
Attorno alla scena si erano radunati ora anche parecchi studenti, anche di classi diverse.
Amethyst superò la cugina a passo lento, impassibile come sempre.
Si chinò su Greed, che si stava rialzando in quel momento, ed estrasse un piccolo pugnale dalla cavigliera.
Lo impugnò saldamente e lo premette lungo un braccio del compagno, provocandogli un immediato taglio che scintillava del rosso del sangue.
Con un dito, pallido e delicato, ripulì la ferita, per poi portarselo alla bocca, leccandolo con fare innocente.
Quindi, si rialzò e tornò al suo posto.
Oz le osservò tutte e tre alcuni istanti, prendendo appunti mentali: con Fiamma era meglio non osare mai troppo, se ci tenevi alla tua incolumità fisica; Amethyst, in tutta la sua spettrale inquietudine e innocenza, pareva avere un qualche istinto omicida sopito in qualche parte di sé, lontana ma neanche troppo; Emily, nella sua normalità, era fragilissima.
Un trio vincente.
Sull’uscio, alle spalle del gruppo di spettatori, stavano due figure.
- Hai visto? -
- Sì... l’integrazione non sembra esattamente una passeggiata per loro... -.
L’altro rise.
- Non mi riferivo a quello: hai visto cos’ha fatto la bionda? -.
Il primo rivolse al compagno uno sguardo incerto: era solo una sua impressione o c’era realmente una strana scintilla nei suoi occhi?
- Che ti prende...? - chiese, incuriosito.
L’altro si limitò a sorridere candidamente, con innocenza, un sorriso reso inquietante dallo sguardo sfavillante di pacato divertimento misto a malizioso desiderio.
- Dai, andiamo... -.
Si fecero avanti.
I vampiri, al loro passare, e soprattutto al passare di quello dallo sguardo lucente e pericoloso, si ritraevano e facevano ala, tanto che non fu affatto difficoltoso, per loro, raggiungere il banco delle vampire.
Oz stava per farsi avanti, quando una mano gli si posò su una spalla ed un’altra voce lo interruppe: - Voi dovete essere le nuove alunne, vero...? -.
Lo sguardo del piccolo biondo dapprima si posò su Edward, ora al suo fianco, la mano saldamente stretta attorno alla sua spalla, per poi andare a posarsi sui due vampiri appena arrivati, che tra l’altro conosceva anche abbastanza bene: il più grande aveva capelli corvini ondulati, che gli arrivavano a coprire la nuca e che scendevano lungo la fronte, fino a coprire in parte gli occhi dorati; il compagno, invece, aveva i capelli biondi che gli arrivavano poco oltre le spalle con alcuni ciuffi che gli coprivano interamente la fronte e una parte di viso fra gli occhi, i quali erano il destro cremisi e il sinistro dorato.
Gilbert e Vincent Nightray erano conosciuti in tutta la scuola, per i meriti del primo, che brillava per intelligenza e dedizione, e per alcuni spiacevoli episodi di cui l’altro era stato l’artefice.
Tra loro c’era un anno di differenza, perciò erano ambedue nella medesima classe, ovvero la Quinta, quella dei vampiri di diciotto e diciannove anni.
- Sì... - rispose vagamente Fiamma, nel tono una vena scocciata.
- Be’, piacere. Io sono Gilbert Nightray e lui... -
- Vincent Nightray. Tu, invece? -.
Il biondo si era già avvicinato ad Amethyst, che lo fissava con freddezza inumana, senza batter ciglio.
- Amethyst De Moon - replicò infine, senza nessun tono particolare.
- E voi? - domandò allora Gilbert.
- Fiamma - rispose decisa la rossa.
- Emily... - mugolò timidamente l’altra.
- Amethyst... più tardi hai per caso impegni...? - chiese Vincent, il tono interessato.
Per tutta risposta la biondina gli puntò il pugnale alla gola, limitandosi a fissarlo in silenzio.
Gilbert lo fissò, preoccupato.
- Tranquillo... non ammazza mai senza un motivo... - fece Fiamma, sorridendo di sghembo a Gilbert.
Vincent sorrise.
- Spero di avere l’onore di poter cenare in tua compagnia questa sera... - mormorò, avviandosi verso la porta.
E, nel far ciò, iniziò a far roteare un paio di scintillanti forbici d’acciaio dalla punta insozzata di sangue.
- Amethyst, sei ferita! - esclamò Emily, le lacrime che minacciavano di traboccarle di nuovo dagli occhi.
- Quel...! - esordì Fiamma, facendo per alzarsi.
- No - la fermò Amethyst, fredda.
Si passò un dito sul dorso della mano ferita, quindi lo leccò.
- Perdonatelo: mio fratello non riesce a capire cosa siano le buone maniere... -
- ... e in questo certamente non somiglia molto a te... - osservò Fiamma, scoccandogli un’occhiata quasi allegra.
Gilbert sorrise: forse aveva gradito il commento.
- Devo andare... a presto -.
Se ne andò con un breve inchino, svanendo tra gli altri vampiri ancora riuniti a formare un capannello attorno al banco.
- Bene! Ora che anche il signor Nightray è uscito, perché non iniziamo la lezione, ne ♥? -.





Angolino autrice

Be', ecco il secondo capitolo! ^^'
Ringrazio vivamente chi ha recensito lo scorso capitolo e chi segue ^^'
Quindi... al prossimo! ^^
F.D.

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Capitolo 3
*** Vampiri e vampire a confronto ***


3_Vampiri e vampire a confronto Gli astanti si volsero tutti quanti quasi nello stesso istante, quando sentirono una ben nota voce richiamarli all’ordine: l’insegnante dell’ora successiva era entrato e stava attendendo che gli alunni si sedessero.
Stava con la schiena appoggiata alla lavagna e le braccia incrociate sul petto, con un’espressione rilassata stampata in faccia, o almeno era quello che pareva dallo sguardo dell’unico occhio visibile, color cremisi. L’altro era caparbiamente nascosto da un ciuffo di capelli bianchi che gli copriva trasversalmente quasi tutto il pallido viso.
Xerxes Break era uno degli insegnanti più strambi che potessero esistere al mondo.
Come a dare ulteriore prova di ciò, si staccò dalla lavagna e sorrise ampiamente e in modo inquietante, facendo sì che i piccoli canini acuminati biancheggiassero sotto la luce artificiale.
- Su, su ragazzi, a posto! Avrete tempo poi per conoscere le nostre graziose vampire! - esclamò in tono cantilenante e allegro.
I ragazzi ritornarono velocemente ai propri posti: sapevano bene che, sotto quell’apparenza sempre così ingenua e allegra, quasi infantile, si nascondeva un carattere tutt’altro che permissivo.
Fortunatamente, quel lato usciva solo in rarissime occasioni e a loro non era ancora capitato d’esserne spettatori.
- Bene! Ora che siete tutti ai vostri posti, iniziamo la lezione! -.
Detto ciò, il docente prese un gesso e scrisse sulla lavagna, in grafia leggibilissima ed impeccabile, una frase che lasciò gli alunni di sasso: “Vampiri e vampire: poteri, istinti e inclinazioni a confronto”.
- Visto che ora non siete più solo ed esclusivamente maschi qui dentro, penso che sia giusto informare sia voi maschietti che le femminucce di quali siano effettivamente i vostri limiti e le vostre capacità... - spiegò allegramente Xerxes, rivolgendo un ampio sorriso a tutta la classe.
Iniziò quindi a spiegare di come i poteri dei due sessi erano andati differenziandosi nel corso dei secoli.
Da qui in poi il discorso verté sui poteri e gli istinti dei vampiri maschi, per poi finire con quelli delle femmine.
Con quel suo modo pratico e sbrigativo di spiegare, senza tuttavia lasciare niente al caso, Break riusciva sempre a conquistarsi l’attenzione della platea, che pendeva letteralmente dalle sue labbra finché queste non si chiudevano, per lasciar spazio alle domande.
- Infine, voglio che sappiate tutti quanti un’ultima cosa - l’insegnante fece una pausa, creando un vago effetto di suspense che acuì maggiormente l’interesse degli studenti - Le vampire, fra i loro poteri più pericolosi, hanno anche quello di riuscire a soggiogare i membri dell’altro sesso, siano questi umani o vampiri... tuttavia occorre molta pratica e forza per riuscire ad utilizzare a comando questa capacità... -.
Seguirono istanti di agghiacciante silenzio, che s’insinuò, subdolo, fra i giovani vampiri.
Xerxes batté le mani, tramutando istantaneamente l’espressione da seria ad allegra, quasi infantile.
- Bene! Ora, andiamo in giardino ~! - esclamò, avviandosi verso la porta.
I suoi studenti lo seguirono, incerti: dopo una spiegazione così interessante e macabra, uscire per andare a fare esercizi in modo tanto allegro pareva quasi un controsenso.
Ma, in fondo, Xerxes Break era una contraddizione vivente, quindi... che c’era da meravigliarsi?
Uscirono in ordine dall’aula, ultime le tre vampire, rigorosamente silenziose.
Edward e Oz si riunirono ad Alphonse e Pride, camminando fianco a fianco.
- Voi dite che loro ce la fanno? - chiese Oz ad un tratto.
- Metti un soggetto e un verbo che faccia comprendere meglio... e già che ci sei aggiungi anche un complemento oggetto... - esclamò Edward, fissando il compagno di stanza con fare perplesso.
- Dite che Fiamma, Amethyst e Emily sanno soggiogare le persone? - domandò ancora l’altro.
- No, non credo: avranno quindici anni... - intervenne Alphonse.
- E il professore ha detto che ci vuole tanto perché una vampira impari a farlo... - aggiunse Pride.
- Ah... okay... -.
Detto ciò, il ragazzo fece marcia indietro e, sotto gli occhi degli altri tre, andò a raggiungere le ragazze.
- Che dite? - domandò Pride.
- Be’... non mi pare una cattiva idea andare a parlarci... - osservò Alphonse, annuendo con fare saggio.
Edward si strinse nelle spalle.
- Se non mostriamo intenzioni ostili, a regola di mondo non dovrebbero trattarci come Greed... -.
Così, imitarono Oz.
- Ciao - le salutò cordialmente Alphonse.
Sul viso di ciascuna balenò un sorriso allegro, anche se Amethyst si limitò soltanto ad incurvare impercettibilmente gli angoli della bocca.
- Alphonse -
- Edward... -
- Pride -.
- Piacere - replicò, allegra, Emily, mostrando loro un gran sorriso gentile ed educato.
- Voi che cosa sapete già fare di quello che ha spiegato poco fa il professore? - chiese Oz.
- Della forza sapevamo già... - rispose Fiamma, riflettendoci su.
Amethyst annuì.
- Sì, e io ho imparato a suonare dieci strumenti diversi in pochissimo tempo... - disse Emily, con tono candido e fanciullesco, arrossendo.
- E della cosa del soggiogare i maschi? - chiese Pride.
- No, non lo sapevamo... - risposero ad una voce Fiamma e Emily.
- Io sì... -.
L’attenzione degli altri si spostò allora su Amethyst.
- Davvero? - chiese Edward.
- Sì - si limitò a ribadire lei.
- E ci sei mai riuscita? - insistette Pride.
- No - replicò Amethyst, fredda.
- Forse è meglio così... - disse Emily.
- Sì, forse è meglio - le fece eco Fiamma.
- Stasera ceniamo insieme, vi va? - domandò Oz all’improvviso.
- Se non vi danno fastidio tre donne al tavolo... -
- Che, scherzi? Figurati! Siamo imparziali: a stare in mezzo agli omosessuali ti passa la voglia di fare pregiudizi... - esclamò Alphonse.
- Ci sono coppie omosessuali? - chiese Emily, perplessa.
Edward rise.
- Non sai quante... -
- E gli insegnanti che dicono? - domandò ancora la biondina.
- Basta che non si mettono a far sesso nei corridoio o in sala mensa... poi non succede niente... - rispose Oz.
Pride arrossì un po’ e Alphonse gli cinse le spalle con fare amichevole.
- Anche Pride non è etero... e siamo compagni di stanza. Non c’è niente di male, dato che non ci sono mai stati problemi, vero? -.
Timidamente, Pride assentì.
Emily gli fece un gran sorriso, come a volerlo tirar su di morale.
Lui ricambiò.
- Bene, ragazzi, eccoci arrivati! -.
La voce di Break dal capo della classe li raggiunse tutti.
Il giardino era immenso, l’erba tagliata che frusciava appena, smossa dalla frizzante brezza notturna.
Dato che serviva una zona dove fare Educazione Fisica e gli esercizi legati a Vampirismo e anche dello spazio ricreativo, il giardino era stato diviso: nell’area vicina agli alloggi dei docenti era stato lasciato lo spazio per le lezioni all’aperto, che era stato recintato, in modo che agli alunni più vivaci ai quali fosse saltato in mente di andare a distruggere gli attrezzi non avessero avuto modo di arrivarci.
Nell’area adibita agli esercizi sul Vampirismo, gli attrezzi erano già disposti: forse il professore si era curato di sistemarli per la lezione prima di arrivare in classe.
- Okay, disponetevi a semicerchio qui! - ordinò Break in tono ancora allegro, indicando un arco sul terreno, lungo il quale gli studenti si disposero senza proteste.
- Allora, per quel che resta dell’ora sperimenteremo la vostra aggressività istintiva, che in voi maschi dovrebbe essere potente ma controllata, mentre nelle nostre ragazze più selvaggia e impulsiva... chi comincia? -.
Non una mano o una voce si levò dalla classe.
Break scosse il capo, sconsolato, quasi imbronciato.
- Perché nessuno si offre...? Devo decidere io allora... ehm... vediamo un po’... ah! Fiamma, per favore, vieni! -.
La vampira si fece avanti, un sorrisetto di sfida ad incresparle le labbra.
- Bene cara, vedi quel manichino...? Mordilo! -.
Fiamma si fece avanti, sicura, fino a che non si trovò dinanzi al manichino indicatole dal professore.
Si acquattò, piegando lievemente le gambe, inarcando la schiena, pronta al balzo.
Il suo viso venne distorto da un ghigno aggressivo che lasciavano bene scoperte le zanne, sfavillanti anche nel buio della notte.
Scattò, repentina, un salto agile e fluido.
In un istante fu addosso al manichino, le zanne piantate nel collo di quest’ultimo.
Con un volteggio dei capelli rossi e un rapido e deciso movimento del collo, la testa del fantoccio si strappò con un sonoro strap e fu scaraventata a diversi metri di distanza.
Fiamma osservava la testa della sua finta vittima con orgoglio quasi animalesco, il petto che s’innalzava e s’abbassava a ritmo veloce a causa della respirazione accelerata.
Nel silenzio che aveva preso possesso dell’aria circostante, si sentì riecheggiare un applauso, che attirò l’attenzione della vampira, che si volse, fissando il professore: Break le stava venendo incontro battendo le mani, in viso stampato il solito sorriso inquietante.
- Complimenti! Davvero strabiliante! - esclamò, compiaciuto - Allora, il prossimo? - domandò poi agli altri.
- Tsk! Posso fare di meglio ad occhi chiusi...! - borbottò Edward, facendosi avanti, lanciando un’occhiata di sfida a Fiamma, che rispose con un sorrisetto.
“Il tempo vola quando ci si diverte” diceva un detto, e così fu: in men che non si dica giunse la fine della lezione, con grandissimo rammarico di tutti quanti.
Le uniche lezioni divertenti erano quelle con Break, perché il suo modo di fare non era affatto noioso.
Forse quel termine neanche esisteva nel suo vocabolario.
La classe riprese la strada che conduceva di nuovo in aula, scortata dall’insegnante.
Quando arrivarono, in aula non c’era ancora nessuno.
Oz e Edward tirarono un sospiro di sollievo: in quell’ora avevano Filosofia, ergo il più rigido, esigente, intransigente professore che mai avesse varcato la soglia di quell’aula.
Break prese il suo registro e le sue scartoffie, quindi uscì dall’aula, silenziosamente.
Appena fuori, incrociò il docente di Filosofia.
Gli rivolse un sorriso, che sarebbe parso casto, se non fosse stato per lo sguardo da cui era accompagnato.
- Abbiamo dei nuovi elementi, caro il mio Barma... divertiti ♥! - esclamò Break, in quel suo consueto tono allegro e cantilenante.
- Evapora, Xerxes... - ribatté, rigido, l’altro, la voce intrisa di rabbia e velata da quello che Xerxes intese come un soffuso imbarazzo.
Quest’ultimo ridacchiò, quindi s’inoltrò a grandi passi nel corridoio.
- Ihih... credo che “quella faccenda” inizierà a farsi più interessante d’ora in avanti... -.





Angolino autrice
Ecco postato anche il 3° capitolo! ^^
Mi scuso profondamente per la lunga attesa.
Ringrazio coloro che hanno aggiunto la fic alle seguite e/o alle preferite, con la speranza che anche questo capitolo vi piaccia.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 4
*** Prima cena insieme ***


4_Prima cena insieme - Seduti -.
Una voce fredda e imperiosa gelò l’atmosfera nella stanza ancor meglio di come era riuscita a fare Amethyst solo due ore addietro.
Lungo la schiena di Oz si propagò un brivido, lo stesso che scosse Edward, anche se con meno violenza: il Professore-Incubo-Vivente era arrivato.
Come al suo solito, indossava una versione piuttosto elegante dell’uniforme del corpo docenti, che evidentemente era troppo volgare per la sua persona.
I capelli carminio erano come sempre sciolti e gli cadevano ordinatamente sulle spalle, con l’unica eccezione di un ciuffo che stava dritto sul capo; un ciuffo gli circondava l’occhio sinistro.
Rufus Barma non era un vampiro con il quale si potesse scherzare: dietro quell’aspetto freddo e controllato c’era qualcosa di talmente pericoloso che era meglio per tutti che rimanesse celato.
Il docente prese posto dietro la cattedra, iniziando quindi a fare l’appello, soffermandosi appena pochi istanti in più sui tre nuovi nomi, innegabilmente femminili, presenti nell’elenco, alzando infine gli occhi color nocciola sulle tre vampire sedute in fondo alla classe, tutte e tre perfettamente in silenzio e composte, simili a statue marmoree.
Fiamma e Amethyst sostennero coraggiosamente e come mai nessun’altro aveva fatto lo sguardo inquisitorio del professore, al contrario di Emily, che ne venne intimorita quasi all’istante.
- Avete mai studiato Filosofia...? - chiese Barma, inarcando un sopracciglio in modo eloquente, quasi minaccioso.
- Sì - replicò glacialmente Amethyst, l’oramai consueto sguardo di ghiaccio fisso in quello di Barma, impassibile ma non altrettanto freddo.
Il vampiro non si scompose minimamente né fece ulteriori domande: aprì il libro di testo e iniziò a fare lezione.
Spiegava in tono piatto, monotono, tuttavia, nonostante sortisse un effetto quasi soporifero sugli studenti, non uno solo osava andare in catalessi, anzi, se ne guardavano bene: le conseguenze avrebbero potuto essere assai gravi.
Alla fine dell’ora, quando Barma fu finalmente fuori della porta, Edward si abbandonò contro lo schienale della sedia, mandando un sospiro di sollievo: - È finita... -.
- Sì... - concordò Oz - ... ma adesso c’è Chimica... -.
Edward lanciò un’occhiata al compagno, cogliendone un brivido di evidente paura.
- Dai! Vedrai che il prof sarà magnanimo! - cercò di rincuorarlo.
- Ma io non so niente!! - piagnucolò Oz, disperato.
Edward fece spallucce.
- Non credo che il professore ti mangi... -
- Tutto è possibile qui dentro... -
- Buonasera ragazzi! -.
La squillante voce del docente colse Oz di sorpresa, facendolo sobbalzare dallo spavento.
- Calmati... - gli ringhiò Edward.
Il professore di Chimica era bassino, pallido, coi capelli nerissimi e ben pettinati e fissava la classe allegramente coi suoi vispi occhi smeraldo, ben visibili oltre le lenti squadrate degli occhiali da vista.
Il professore non aveva un cognome, come si era premurato di riferire durante la prima lezione: si era presentato semplicemente col nome, Marcel.
Al contrario di Barma, Marcel era più permissivo e divertente, pur mantenendo quel clima di rispetto che è solito vigere in un’aula.
Oz, al fianco di Edward, si stava lentamente struggendo per la preoccupazione come cera al sole: l’interrogazione si avvicinava secondo dopo secondo, sempre più.
Edward, vedendolo sul punto di collassare, gli sferrò un calcio allo stinco.
- Sta’ calmo! - gli sibilò di nuovo.
- Bene! Allora... Oz, vieni? - lo invitò gentilmente il professore.
Quello sgranò gli occhi, spaventato e atterrito.
Gli sguardi del resto della classe si concentrarono tutti sul piccolo Bezarius, in attesa.
Edward, vedendolo immobile, gli sferrò un altro calcio, che lo fece sobbalzare.
- Vai! -.
Oz si alzò di scatto, come fosse seduto su una sedia di spine, quindi avanzò lentamente verso la cattedra, con un’espressione che pareva dire: “ecco, è giunto il Giudizio Universale”.
Effettivamente, la sua interrogazione fu un totale ed ineguagliabile disastro, tanto che Edward si chiese seriamente se avesse sbagliato a passare una giornata in bianco a ripetere e ripetere nomenclature, molarità e concentrazioni varie, che tutto ciò fosse stato completamente inutile.
Anche l’ipotesi che il suo compagno avesse la capacità d’apprendimento di un criceto gli sfiorò la mente.
Quando Oz tornò al posto, alla fine dell’ora, sembrava che gli fosse appena crollato il mondo addosso.
Edward, nonostante provasse un forte desiderio di fargli una sfuriata esemplare, pensò bene di rimandarla alla cena: per l’ultima ora di lezione era meglio lasciarlo in pace.
L’ultima lezione fu Fisica, tenuta dal professor Gabriel.
Il docente era alto, capelli corti e castani, occhi celesti, occhiali dalle lenti riquadrate e la montatura metallica sottile; corporatura robusta e carnagione ineluttabilmente pallida.
Anche lui, esattamente come Marcel, non aveva nessun cognome, e ciò faceva in qualche modo pensare che ci fosse una qualche parentela o relazione tra i due insegnanti, ma nessuno si era mai preoccupato di appurarlo.
A fine lezione, Emily e Fiamma, seguite dall’altra, si avvicinarono a Edward, Oz e Alphonse.
- Vi spiace se mangiamo con voi stasera...? - chiese gentilmente Emily, le guance pallide tinte d’un vago accenno di rossore.
- No, anzi... volevamo chiedervelo - rispose Alphonse, sorridendo alla vampira, che distolse lo sguardo, a disagio.
- Pride, vieni con noi? - chiese Edward.
Il vampiro rivolse loro un’occhiata, quindi scosse appena il capo.
- Envy mi aspetta... - si limitò ad aggiungere, quindi si dileguò oltre la soglia.
- Be’... andiamo? - domandò Fiamma.
Il gruppetto si mosse.
- Ehi, Oz... - mormorò Edward ad un tratto, mentre percorrevano il corridoio, cercando di non farsi sentire dagli altri.
Il minore gli rivolse uno sguardo interrogativo e triste, al che Edward gli affibbiò un colpo sulla testa.
- Ahio! - esclamò Oz, massaggiandosi il punto colpito.
- Cosa devo fare con te?! Neanche a stare in piedi tutto il giorno sono riuscito a farti capire qualcosa! - gli sibilò in risposta l’altro.
- Non è colpa mia! Io ci provo! -
- E fallisci... inevitabilmente fallisci... -
- Io ci ho provato! -.
Edward emise un sospiro.
- Mi fai passare la voglia di aiutarti... - gli rivolse un’occhiata - Però poi a vederti quell’espressione da vittima mi fai quasi pena... -.
- Quindi mi aiuterai? - chiese Oz, speranzoso.
- Se non mi addormento sì... -
- Ehi, voi due! Che state facendo? -.
La domanda di Fiamma li distrasse dal loro discorso, facendoli voltare verso il resto del gruppo, pochi passi più avanti.
Con la coda dell’occhio, Edward colse un sorrisino del fratello minore, che si affrettò a dargli di nuovo le spalle.
La cosa gli parve strana, o quantomeno sospetta: conosceva quel sorrisino.
Era il classico sorriso che gli appariva in viso quando prevedeva qualcosa.
Senza dare a vedere che ne fosse intenzionato, il biondo gli si affiancò.
- Che hai visto...? - gli sussurrò all’orecchio.
- Cosa ti fa credere che abbia visto qualcosa, fratellone...? - domandò Alphonse, l’aria e il tono candidamente innocenti.
- Quel sorrisino... - replicò Edward e, prima che l’altro potesse ribattere, aggiunse: - Oz prenderà un buon voto a Chimica? -.
Le labbra di Alphonse si incresparono ancora.
- Può darsi... -.
Be’, già un “può darsi” era abbastanza per convincerlo a passare un’altra giornata insonne.
Arrivarono in sala mensa, dove già quasi tutto il corpo studentesco era riunito.
Mentre passavano, Edward, Alphonse e Oz non mancarono di notare gli occhi di molti saettare alle ragazze, osservarle, studiarle: c’era chi le guardava con disgusto, chi con sorpresa, chi con sguardo ebete da classico pervertito.
Non era affatto educato da parte loro fissarle a quella maniera, tuttavia i tre notarono che le vampire parevano non curarsene, o almeno, Fiamma e Amethyst: Emily camminava a sguardo chino, ma era chiaro che era a disagio per tutta l’attenzione che attiravano.
Arrivarono all’altro capo della mensa, dove presero le loro bottigliette di vino e sangue, quindi si volsero a cercare un tavolo libero.
Quando gli occhi di Amethyst si posarono sulla folla, gran parte le diede le spalle, inquietata.
Trovarono un tavolo vuoto in un angolo piuttosto appartato della sala e si affrettarono a raggiungerlo, onde evitare di mangiare in piedi o, peggio, insieme ad altri, che certamente avrebbero colto l’occasione per fare scherzi e dispetti alle nuove venute.
Arrivati nei pressi del tavolo, incrociarono Gilbert e Vincent, anche loro diretti allo stesso tavolo.
I due gruppetti si guardarono.
- Vi diamo fastidio se mangiamo con voi? - chiese Gilbert, mentre suo fratello era tutto preso dall’osservare Amethyst, i cui occhi di ghiaccio ricambiavano le sue attenzioni, ma con uno sguardo che voleva dire “toccami e ti spezzo le braccia”.
- No, affatto - rispose immediatamente Fiamma, prendendo posto al tavolo.
Gilbert si sistemò davanti a lei, mentre gli altri li imitavano.
Come era facile da prevedere, Vincent insistette per sedersi tra Gilbert ed Amethyst, in modo da poter prestare a quest’ultima tutte le attenzioni che voleva e che, soprattutto, lei scansava o ignorava.
Se avesse voluto essere veramente estrema e risoluta, avrebbe potuto mutilarlo con il pugnale nascosto.
- Come vi trovate? - chiese Gilbert, ignorando palesemente il biondo seduto accanto a lui, che aveva tirato fuori il suo amato paio di forbici di metallo.
- Bene - replicò Fiamma, sorridendo all’indirizzo del moro - Credevo che non vi insegnassero le buone maniere con le signore in questo pseudo-collegio maschile... - aggiunse in tono sarcastico.
- La maggior parte non sa trattare con elementi dell’altro sesso... - ammise Gilbert.
- Te ne sei escluso, vero? -.
Il giovane Nightray si strinse nelle spalle.
- Faccio quel che posso per restarne fuori -
- Si vede -.
Fiamma e Gilbert si fissarono alcuni istanti.
Intanto, lì accanto, Edward, Alphonse e Oz si stavano intrattenendo a parlare con Emily: per una fortuita serie di discorsi, erano arrivati a parlare di musica.
- Ma davvero sai suonare dieci strumenti? - domandò Oz, meravigliato.
Emily annuì timidamente.
- Ho imparato durante l’infanzia: mio padre è un direttore d’orchestra e mia madre ha aperto un negozio di musica... - rispose la vampira.
- Wooow! - esclamò Oz, scioccato.
- E li sai suonare bene tutti? - s’intromise Edward.
Emily annuì di nuovo.
- Wow! Sei geniale! - osservò il piccolo Bezarius.
Infine, Amethyst era alle prese con il suo problema peggiore.
- Amethyst, più tardi sei libera? -
- Per stare con te, no -
- Perché no? -
- Lasciami in pace -.
Lo allontanò un poco, ma lui le si appiccicò addosso in modo, se possibile, ancora più insistente.
- Sei bellissima... - le sussurrò Vincent all’orecchio, in tono suadente.
- Tu no - ribatté freddamente lei.
Il biondo si piegò sul suo collo e allora la mano della vampira saettò alla cavigliera, dalla quale estrasse prontamente il suo pugnaletto, che puntò alla giugulare del Nightray, il quale sorrise.
- Proibita, eh? - mormorò.
Portò il paio di forbici a contatto con la pelle scoperta del collo di lei.
Quest’ultima gli tagliò di striscio la guancia, dalla quale iniziò a fuoriuscire sangue rosso scuro, molto più intenso della tonalità del sangue umano.
Lui leccò un rivolo che gli era sceso vicino alle labbra.
- Vattene... - sibilò la vampira, glaciale, voltandosi da tutt’altra parte, prendendo la sua bottiglietta e bevendo un lungo sorso di vino/sangue.
Vincent sorseggiò a sua volta, senza staccarle gli occhi di dosso: certe volte il sadismo aveva modi di manifestarsi così attraenti da essere irresistibili.
Era impossibile trovare un modo per descriverla: semplicemente, sentiva di esserle legato in qualche profonda e oscura maniera.
Non riuscì a resistere perciò all’impulso di strisciarle di nuovo vicino e strusciare la guancia contro la sua, provocando in lei un ringhio sommesso e il repentino scatto della sua sottile lama fino alla gola di lui.
- Vincent! -.




Angolino autrice
Eccomi qui con il quarto (forse atteso) capitolo! *-*
Ringrazio sentitamente Sachi Mitsuki, che  ha recensito lo scorso capitolo, e coloro che semplicemente seguono.
Grazie ^^
Al prossimo chappy!
F.D.

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Capitolo 5
*** Prima mattina ***


5_Prima mattina Una voce maschile piena di stupore attirò l’attenzione non solo del biondo, ma di tutto il tavolo, su un vampiro immobile lì vicino, gli occhi sgranati a fissare il più giovane dei Nightray.
Ribelli e folti capelli neri che gli arrivavano appena fino alla nuca, occhi blu oltremare al di là di un paio di lenti da vista squadrate, bassino e gracile di corporatura, dava esattamente l’impressione di un bravo ragazzo, uno che si dedicava anima e corpo allo studio.
Vincent alzò perplesso gli occhi su di lui.
- Matthew! - esclamò, il tono pieno d’innocenza e perplessità.
- Dovevamo cenare assieme stasera! - protestò il nuovo venuto.
- Davvero? Non mi sembrava... - affermò il biondo, assorto.
Il vampiro parve atterrito da quell’esclamazione, quindi spostò il suo sguardo su Amethyst.
- Te ne approfitti subito perché sei nuova, vero?! Ma ti avverto, non la passerai liscia! Osa solo sfiorarlo e te la farò vedere io! -.
Mentre Matthew parlava era visibile un certo shock, sottolineato soprattutto dal fatto che stava tremando e che i muscoli delle spalle e del collo erano contratti, rigidi.
Lanciò un ultimo sguardo a Vincent, che ostentava una perplessità così innocente da essere addirittura oscena, quindi, con un ulteriore sguardo di sfida e odio ad Amethyst, si girò e se ne andò a grandi passi, gli occhi di tutto il tavolo meno quelli della suddetta puntati addosso.
Non appena si fu allontanato, Fiamma si volse di nuovo verso Gilbert: - Scusa, ma chi era quello? -.
- Ah, era Matthew Thenard, uno della Seconda, oltre che una delle tante vittime dei giochini sessuali di mio fratello - spiegò sinteticamente il moro, lanciando un’occhiata di traverso al fratello minore, che a quanto pareva era troppo occupato con Amethyst per prestargli la benché minima attenzione.
- Effettivamente l’ho visto molto... - Fiamma si interruppe un attimo, cercando il termine adatto.
- ... rancoroso? - le venne gentilmente in aiuto Emily, che aveva prestato silenziosamente attenzione allo scambio di battute degli altri due, assieme a Edward, Alphonse e Oz.
- Sì, esatto - concordò la rossa.
Gilbert increspò le labbra in un leggero sorriso.
- Matthew sembra provare qualche cosa di davvero profondo per Vince, cosa che lui non ricambia, come non ha mai fatto con nessun altro. Per lui esiste solo il sesso. Il fatto che abbia iniziato ad interessarsi ad Amethyst deve averlo fatto sentire tradito... e Matthew non è esattamente il tipo di persona che perdona facilmente... - spiegò il moro.
Fiamma sorrise a sua volta.
- Com’è che sai tante cose su di lui...? - chiese, una punta di malizia nella voce, inarcando un sopracciglio con fare assai eloquente.
Lui non si scompose minimamente: si limitò a stringersi nelle spalle con fare innocente, quasi rassegnato.
- Se avessi passato tutte le giornate che ho passato io sentendoli battibeccare e fare sesso nella mia stessa camera sapresti più cose di quante vorresti su di lui... - replicò semplicemente.
Emily emise un sommesso mormorio di disgusto.
- Non c’è un briciolo di decenza qui dentro? - domandò Fiamma, disgustata.
Gilbert scosse la testa: - Le camere sono a coppie e non tutti hanno lo stesso livello di pudore nel fare certe cose... -.
Detto ciò, prese a sorseggiare tranquillamente dalla bottiglietta, rimasta fino ad allora intoccata.
- Già... - sottolineò Edward e Oz al suo fianco aggiunse: - C’è chi pomicia pure in mensa o nei corridoi, prima delle lezioni o anche nei bagni. Certe persone non capiscono proprio il significato della parola “pudore” -.
- Per alcuni non esiste nemmeno quel vocabolo - sentenziò Alphonse.
- Che maleducati...! - esclamò debolmente Emily.
- Non tutti hanno ricevuto un’educazione sufficientemente adeguata... - riprese Gilbert, quindi si alzò, la bottiglietta vuota in mano.
- Dove vai? - gli chiese Fiamma.
Il moro le rivolse un’occhiata allegra.
- È quasi l’alba, quindi è meglio avviarsi in dormitorio... - spiegò.
- Come fai a saperlo? - chiese la rossa.
Gilbert accennò un po’ di imbarazzo.
- Iniziano a farmi male i muscoli del collo quando si avvicina l’alba... è una strana sensazione, ma ci ha sempre azzeccato... -.
Si volse a quel punto verso suo fratello.
- Ehi, Vince, dobbiamo andare - esclamò, dando un colpetto sulla spalla del minore, che alzò lo sguardo verso di lui quasi dispiaciuto.
- Sì, vengo... - replicò - A presto, Amethyst... - aggiunse in ultimo rivolto alla vampira, alzandosi nel frattempo.
- Speriamo di no... - mormorò lei a mezza voce, distogliendo gli occhi, puntandoli sulla sua bottiglietta, ancora mezza piena.
 Fiamma si alzò e andò a fianco di Gilbert, la bottiglietta vuota e accartocciata stretta in mano.
- Veniamo anche noi, così magari puoi aiutarci a trovare il dormitorio femminile... - esclamò la vampira.
Emily si alzò a sua volta, imitata da Amethyst e Vincent.
Edward, Alphonse e Oz si scambiarono un rapido sguardo.
- Meglio se andiamo anche noi: io e te, Oz, abbiamo del lavoro da fare! - esclamò Edward, cone se stesse per affrontare una delle prove più difficili della sua esistenza, ed effettivamente in parte era così.
Oz assunse un’espressione abbattuta.
- Già, è vero... - esclamò.
- Vi accompagniamo - disse Alphonse, rivolto alle ragazze.
- Però non credo che ci siano dormitori femminili... - affermò Oz, assorto, rivolgendosi ad Emily.
- Come? E noi dove dormiremo? Non possiamo stare nel dormitorio maschile...! - mormorò la bionda, già disperata, mentre le lacrime minacciavano di fuoriuscire ancora.
- A-aspetta, non piangere! Se vi hanno preso vorrà dire che avete un posto dove stare! - si affrettò a rassicurarla il giovane Bezarius.
- Sì, certo. C’è un dormitorio femminile a poca distanza da quello maschile, solo che dagli studenti è creduto un edificio abbandonato e pericolante, di conseguenza non ci si è mai avvicinato nessuno... - spiegò Vincent, rivolto più ad Amethyst che agli altri.
Gilbert gli rivolse uno sguardo stranito, poi scosse il capo: - Non voglio sapere come fai a saperlo. Ci sai arrivare? -.
- Certo -
- Okay, allora conduci... -.
Con un gesto spiccio, Gilbert lo invitò a precederli.
- Vieni, Amethyst... - mormorò il biondo, cingendole gentilmente un polso.
Lei gli rivolse un’occhiataccia, quindi si sottrasse alla sua presa con un gesto stizzoso.
Vincent le sorrise, quindi si avviò.
A breve distanza dietro di lui camminava lei, muta e impassibile; al loro seguito gli altri.
Oz, ultimo del gruppetto insieme a Edward, osservava di soppiatto Emily, che gli camminava dinanzi, chiacchierando con Alphonse.
Al vederla sorridere arrossiva, al vederla arrossire e abbassare gli occhi per l’imbarazzo si sentiva scuotere nel profondo.
Era una strana sensazione, bella sì, ma ugualmente strana.
A Edward, tuttavia, non sfuggivano i suoi sguardi estasiati e quel suo continuo passare da imbarazzo a disagio a gioia, il tutto repentinamente, nell’arco di pochi attimi.
Al più grande veniva quasi da ridere nel vederlo così interessato ad Emily.
Gli faceva quasi tenerezza.
Il gruppetto uscì nel cortile, incamminandosi sulla via che portava al dormitorio maschile.
All’orizzonte il cielo iniziava ad essere rischiarato dai primi chiarori dell’alba.
Gilbert e Fiamma si parlavano a mezza voce e con fare intimo, come se si conoscessero da anni.
Le occhiate che si scambiavano erano molto significative: spesso e volentieri esprimevano in modo molto più incisivo e immediato ciò che provavano.
In breve arrivarono al dormitorio maschile e dinanzi ad esso si fermarono.
- Il dormitorio femminile è a dritto, il primo edificio che trovate, anche perché è l’unico - esclamò Vincent, sorridendo ad Amethyst, la quale gli restituì lo sguardo, ma glacialmente.
- Okay, grazie - rispose Fiamma in tono spiccio, quindi si rivolse di nuovo a Gilbert: - Allora... ci si vede domani - esclamò, increspando le labbra in un sorriso che lasciava intravedere i canini acuminati.
- Certo - replicò il moro, mostrando a sua volta i canini.
- A domani - salutò Emily.
Amethyst si era giò silenziosamente incamminata e attendeva le cugine ad una decina di metri di distanza.
Fiamma ed Emily si congedarono dai ragazzi e la raggiunsero.
I cinque, rimasti soli, si avviarono verso il dormitorio; appena giunti nella sala comune, salirono le scale, quindi si divisero ed ognuno si diresse verso la propria camera.
Edward e Oz, non appena arrivati, iniziarono a prepararsi: mentre il primo sistemava l’occorrente per lo studio, l’altro si metteva il pigiama.
Quando anche Edward fu a posto, raggiunse l’altro biondo alla scrivania e iniziò a spiegare.

Intanto, le tre vampire erano arrivate al loro dormitorio, un edificio che, a vederlo, dava esattamente l’impressione di una costruzione dalla quale girare a largo.
Vincendo il timore iniziale, cosa di cui Amethyst non dovette preoccuparsi, erano entrate, trovando un arredamento interno praticamente perfetto e gradevolissimo alla vista, in netto contrasto con l’aspetto esteriore dell’edificio e che le aveva non poco confortate.
Salite al secondo piano, avevano trovato le loro cose addossate contro una porta, che con ogni probabilità era quella della loro camera.
- Avrebbero anche potuto prendersi la briga di portarle dentro, le valigie! - esclamò Fiamma, indignata, afferrando i propri bagagli e aprendo la porta con una spallata.
- Sì, ma altrimenti come avremmo potuto riconoscere la stanza? - domandò timidamente Emily, issandosi in spalla la custodia del suo carissimo violino.
- Avrebbero potuto comunicarcelo a inizio serata, oppure un biglietto... oppure avrebbero potuto incaricare un insegnante di... no, Amethyst, il letto sotto le mensole lo prendo io! -.
Amethyst appoggiò allora le sue cose vicino al letto posto sulla parete della porta, mentre Emily andava ad occupare quello diametralmente opposto a quello di Fiamma.
- I vestiti di ricambio penso che andranno tenuti nelle valigie: l’armadio mi sembra un po’ troppo piccolo per tenerci dentro tutto - osservò la rossa, tirando fuori da una borsa a parte una cinquantina se non più di volumi dai colori e le dimensioni più diverse, che andò a sistemare con cura quasi maniacale sugli scaffali.
Le altre due, invece, stavano sistemando nel comò i libri di testo, che vi entravano perfettamente, dato che ognuno dei due cassetti era piuttosto grosso e profondo.
- Sempre te la prerogativa degli scaffali... - mormorò Emily, ridacchiando, rivolgendo uno sguardo divertito alla cugina.
- Ho bisogno dei miei spazi... secondo voi c’è una biblioteca qui dentro? - replicò Fiamma, sistemando gli ultimi libri.
- Penso che Gilbert ti accompagnerebbe volentieri... -.
- Emily! - esclamò la rossa, indispettita.
La biondina entrò in bagno con il pigiama, ridacchiando, chiudendo la porta.
- Scusami, ma la tentazione era troppa! - si giustificò dall’interno del bagno.
Fiamma abbandonò i suoi intenti vendicativi e si accostì al letto, quindi iniziò a spogliarsi.
Ripose l’uniforme nell’armadio e s’infilò un pigiama bianco con fiocchi di neve neri.
Amethyst, innocentemente seduta sul suo letto a gambe incrociate, indossava una camicia da notte nera sulla quale era disegnato un teschio con le orbite orlate di sangue, nelle quali scintillavano due pailette; sotto ad esso era riportata la scritta: “I LOVE DEATH”.
Macabra senz’altro, ma coerente con il suo modo di essere, senza alcun dubbio.
Emily uscì dal bagno con un pigiama azzurro cielo di una taglia più grande e i capelli legati in un piccolo codino alla base della testa.
Andò a sedersi sul suo letto e Fiamma spostò gli occhi su di lei.
- Emily, quello scriccioletto biondo non ti attira affatto? - esclamò all’improvviso, sorridendo.
L’altra arrossì.
- Di chi parli? -
- Oz Bezarius - spiegò Amethyst, atona.
La biondina si raccolse le gambe al petto.
- No... - replicò, incerta.
- Se lo dici te... comunque, sembra che tu a lui piaccia... - la informò la rossa e a quell’affermazione Emily avvampò.
- Come? -
- Be’, è solo un’impressione... invece il fratello di Gilbert sembra più convinto, eh Amethyst? -.
Fiamma si sistemò sul letto, in modo da poter osservare bene ambedue le cugine.
Amethyst le rivolse un’istantanea occhiata carica di quella che pareva ira, suscitando nella rossa una lieve risata.
- Dai, non te la sarai presa? -
- È solo uno scocciatore... -
- Già, uno scocciatore dannatamente ossessivo... - puntualizzò Fiamma, senza riuscire a smettere di ridere.
- Già - confermò Amethyst.
- Comunque, quel Matthew dite che faccia sul serio? Mi è sembrato... arrabbiato per l’infatuazione di Vincent per te, Amethyst, e non vorrei che ti facesse qualcosa di male... - esclamò Emily, il tono lievemente venato di timida preoccupazione.
- Ahahah! Ti preoccupi per lei? Io piuttosto mi preoccuperei per quel poveretto! - commentò Fiamma - Amethyst non è certo tipo da lasciarsi cogliere impreparata! Lo lincia vivo se solo prova a guardarla storto! Ahahah! - soggiunse.
La diretta interessata tacque, ma in cuor suo effettivamente progettava di togliersi dai piedi quella seccatura appena se ne fosse presentata l’occasione.
Se poi tutto quello che voleva era semplicemente “riappropriarsi” di Vincent, lei era più che d’accordo che se lo riprendesse: non era altro che una gran rottura quel ragazzo.
- Meglio dormire: a momenti sorgerà il sole... - intervenne Emily, andando a tirare le tende delle finestre.
- Sì, meglio... - convenne Amethyst, rintanandosi sotto le coperte.
Fiamma imitò le cugine, quindi si volse su un fianco, dando le spalle alle altre.
- Notte! - esclamò.
- Notte - replicò Emily.
- Buonanotte... - aggiunse Amethyst.
Dopodiché, soggiunse il silenzio.





Angolino autrice
Ecco finalmente il quinto capitolo! ^^
Ringrazio sentitamente Sachi Mitsuki per la recensione allo scorso capitolo, augurandomi che anche questo ti piaccia; inoltre, ringrazio coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/seguite/ricordate.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 6
*** Bianco e rosso ***


6_Bianco e rosso Il tramonto tingeva delle sue meravigliose tonalità il cielo, striando l’orizzonte d’arancio, rosso e giallo, i quali andavano poi a mischiarsi e sovrapporsi, colorando anche gli stralci di nubi nelle vicinanze.
Il crepuscolo era ormai alle porte: avanzava, minuto dopo minuto, senza tregua.
Nell’istituto già iniziavano ad esserci i primi movimenti: gli studenti particolarmente “mattinieri” iniziavano già a prepararsi in vista della notte di studi, mentre altri ancora erano nel bel mezzo dei loro sogni.
Oz e Edward erano tra questi ultimi: avevano studiato fino a ora tarda, almeno dal punto di vista di un vampiro, finché, esausti, si erano addormentati sulla scrivania, dove tutt’ora erano appisolati, beatamente immersi nel sonno.
Il Bezarius stava con il capo appoggiato sulle pagine del libro, stropicciate in basso dalla postura in cui il vampiro si era addormentato; di fianco dormiva Edward, scompostamente appoggiato sulla spalla del compagno, le labbra semidischiuse a rivelare parte dei canini.
Un leggero picchiettio sull’uscio non disturbò affatto il loro sonno, e neppure quando colui che aveva bussato si fece avanti domandando permesso, i due si mossero.
Alphonse li osservò, distendendo le labbra in un amorevole sorriso: ambedue apparivano molto, decisamente più innocenti di quando erano svegli, ma forse era una mera e soggettiva constatazione.
Era palese, dalla posizione in cui si erano addormentati, che avessero studiato fino a tardi, a tal punto da assopirsi senza neppure andare a letto.
Però, che avessero dormito o meno, dovevano comunque svegliarsi per le lezioni.
Si accostò loro e li scosse lievemente per le spalle.
- Fratellone! Oz! Dovete svegliarvi! -.
Un mugolio indistinto da parte di ambedue, ma nessun segnale che avessero inteso.
Li scosse allora con più forza.
- Dovete svegliarvi! - ripeté a voce più alta.
Oz sbatté confusamente le palpebre e Edward alzò la testa.
- Che...? - domandò il Bezarius.
- È già sera? - chiese l’altro.
- Già! - replicò allegramente Alphonse - Forza, pigroni, meglio se iniziate a vestirvi: il crepuscolo sta per cedere il passo alla notte! -.
Quelli allora si misero seduti di scatto, guardandosi, per poi guardare Al.
- Di già?! - esclamarono all’unisono.
Il minore degli Elric annuì.
Oz e Edward scattarono improvvisamente in piedi e corsero verso l’armadio, dove tenevano riposte le divise.
Alphonse si sedette tranquillamente alla scrivania e prese a sfogliare con nonchalance il libro, mentre gli altri due velocemente si spogliavano e altrettanto velocemente indossavano l’uniforme.
Infine, si lasciarono crollare sui loro letti.
- Già stanchi? - chiese Al, sorridendo.
- Non sei spiritoso. Siamo stati svegli fino a tardi... e francamente dormire ancora un po’ non mi dispiacerebbe - esclamò Edward, esibendosi in un gran sbadiglio.
- Sì... - convenne Oz, sdraiandosi sulla coperta.
- Spiacente per voi, ma dobbiamo andare. Dovremmo già esser scesi da cinque minuti: Gilbert e Vincent saranno giù ad aspettare le ragazze -.
Alphonse si alzò dalla sedia e si accostò all’uscio.
- Venite o preferite fare tardi? Alla prima ora abbiamo Barma... -.
- Veniamo!! - risposero all’unisono gli altri due, correndo fuori della stanza.
Edward la chiuse a chiave, quindi seguì il fratellino e il compagno di stanza lungo il corridoio, superando le varie coppie di studenti intenti a discutere, a salutarsi, scambiarsi consigli per compiti o interrogazioni e, come poteva non essere, pomiciare.
A passo svelto, il trio raggiunse la sala comune e da lì il giardino, dove la notte ancora si stava infittendo.
Spirava, tra le fronde degli alberi che orlavano il cortile, una brezzolina fresca e leggera, che contribuì senz’altro a svegliare ulteriormente Oz e Edward.
In mezzo al vialetto, a qualche decina di metri dall’ingresso, due figure stavano immobili nelle semitenebre.
Dal contrasto biondo-moro dei loro capelli li riconobbero per i fratelli Nightray, perciò si avvicinarono a loro.
- Salve! - li salutò allegramente Alphonse.
- Salve... Alphonse, giusto? - lo salutò a sua volta Gilbert, sorridendo all’indirizzo dei tre.
- Le ragazze sono arrivate? - chiese Oz.
- No, non ancora - rispose garbatamente il moro, scrutando il fondo del sentiero dinanzi a loro.
Vincent fremeva: era chiaramente impaziente. Per cosa, era intuibile.
Fissava costantemente ed insistentemente, quasi senza batter ciglia, il punto dal quale, prima o poi, sarebbero spuntate le tre sagome delle ragazze, fra le quali c’era quella che più desiderava vedere.
Si sfiorò nostalgicamente il taglietto che aveva sul viso, ormai cicatrizzato, e una nuova ondata di impazienza lo travolse.
Dietro di loro passarono Aidoh e suo cugino Kain, accompagnati dal capodormitorio Kuran, il quale si fermò a rivolgere due parole al gruppetto in attesa.
- Mi hanno detto che sono arrivate delle studentesse... le state aspettando? - chiese: era uno dei pochissimi, insieme a Vincent, a sapere del dormitorio femminile.
- Sì - rispose Edward.
- Bene, spero che le tratterete con riguardo -.
Nel tono di Kaname Kuran fu percepita da tutti una nota di lieve minaccia, ben mascherata.
- Certo, capodormitorio - replicò pacatamente Oz.
Kaname annuì.
- Capodormitoriooo! -.
La squillante voce di Aidoh interruppe il discorso, mentre il vampiro appariva dapprima alle spalle di Kaname, poi al suo fianco, un braccio stretto attorno al suo.
Kuran fece assolutamente finta di niente.
Si volse senza aggiungere altro e s’incamminò, con Aidoh aggrappato al suo braccio.
Somigliavano ad una strana e inquietante imitazione di una coppietta diretta a lezione.
Kain, rimasto indietro, si limitò a scuotere il capo e a seguirli mandando uno sbuffo rassegnato, dal quale era comprensibile che non era poi molto contento del comportamento piuttosto femminile di suo cugino.
Gli altri rimasero indietro, in attesa.
I minuti iniziarono a scorrere, scivolando via ad un ritmo impossibile, e ancora delle ragazze nessuna traccia.
Infine, quando stavano per desistere e andarsene, eccole apparire in fondo al sentiero, incedendo a passo sicuro e calmo.
Gli occhi di Vincent si puntarono allora sulla ragazza dai capelli dorato-argentei che fiancheggiava la rossa, in posizione centrale.
- Amethyst... - sussurrò, adorante.
- Oddio, Vince... aspetta che sia arrivata... -.
Oz aveva occhi solo per Emily, che avanzava con quel suo candido portamento innocente e puro, castissimo.
Edward e Alphonse osservavano in silenzio.
Quando furono dinanzi ai vampiri, le tre si fermarono.
Fiamma andò da Gilbert e Vincent da Amethyst, la quale prontamente estrasse il suo fidato pugnale per puntarglielo contro; Emily fu avvicinata da Alphonse, Oz e Edward.
- Andiamo? Altrimenti facciamo tardi per l’inizio delle lezioni - esclamò Alphonse, affermazione alla quale tutti si mossero.
Entrarono nell’edificio principale e si diressero in mensa, dove consumarono velocemente la loro colazione, tra reiterate minacce di Amethyst indirizzate a Vincent, il quale immancabilmente le prendeva come velate allusioni sessuali, che gli altri preferirono ignorare: ci tenevano a conservare un certo grado di pudore psicologico.
Gilbert e Vincent furono i primi ad allontanarsi.
A breve, anche il resto si mosse, diretti in classe.
Tuttavia, ad un tratto, Fiamma iniziò a sentir male alla testa e si fermò.
- Fiamma, tutto okay? - chiese Edward, voltandosi non appena si accorse che era rimasta indietro.
Lei annuì lievemente.
- È solo un po’ di mal di testa, non preoccuparti. Avviatevi... - esclamò.
- Sei sicura? - intervenne Emily, preoccupata.
- Sì... andate -.
La biondina rimase ferma ad osservare la cugina alcuni istanti, prima che Amethyst le cingesse le spalle e l’accompagnasse via.
Fiamma si appoggiò contro una parete del corridoio, respirando profondamente: le era presa una strana nausea e il mal di testa si era accentuato ancor di più.
A che cosa fosse dovuto, non ne aveva la minima idea: non le era mai capitata una cosa simile.
Era forte, inusuale.
Mai provato un malore del genere.
Appoggiandosi alla parete, proseguì lungo il corridoio, continuando a respirare forte.
La testa le pulsava sempre più forte, tanto che ad un certo punto temette esplodesse.
Si staccò dalla parete per il poco tempo necessario a superare l’imboccatura di un corridoio secondario, ma mentre era a metà una fitta più acuta delle altre le trapassò il cranio, strappandole un gemito.
Fu a quel punto che sentì come un refolo di vento provenire dal corridoio dinanzi al quale stava passando e il suo primo istinto fu di voltarsi a guardare.
Rimase immobile dov’era: c'era una donna in fondo al corridoio o almeno, era quello che a lei pareva.
Era china sul pavimento, i lunghi capelli argentei che fluttuavano nell'aria, come smossi da un vento invisibile, ed indossava un vestito bianco, immacolato.
Un pensiero le attraversò, fugace, la mente: ma lei e le sue cugine non dovevano essere le uniche femmine in tutto il collegio...?
Eppure, oltre a ciò, c'era qualcos’altro di quella sconosciuta che non la convinceva affatto, qualcosa che ancora le sfuggiva.
Fece un passo verso di lei, decisa a parlarle.
Tuttavia, a quel movimento, la donna si alzò a fissarla.
Fu a quel punto che capì cosa c'era di sbagliato in lei: la sua pelle era mortalmente pallida, le sue pupille rosse come il sangue e il suo vestito, che all'apparenza le era parso immacolato, insozzato proprio di quella dolce linfa rossa.
Scioccata e terrorizzata, la vampira represse a fatica un grido: chi o cosa era quell’essere?
Di certo, quella non era né una vampira, né tantomeno un’umana.
- F-Fiammaaaa... - esalò, come in punto di morte.
La vampira arretrò: come faceva a conoscere il suo nome?!
- F-Fiammaaaa...! - la chiamò, a voce più alta, ma di poco.
- C-chi sei?! - domandò la rossa, arretrando ancora.
La nausea era sparita, sostituita totalmente da un’emicrania lancinante, che le stava spaccando in due la testa.
La sconosciuta si avvicinava ancora e la vampira arretrava.
Infine, giunse a ridosso della parete, e ormai l’altra le era quasi addosso.
La donna piegò il viso sul suo, tanto che Fiamma poté notare le venature più scure delle pupille vermiglie.
Poi, inaspettatamente, lacrime di sangue presero a scenderle lungo le guance diafane.
- Fiammaa... -.
- FIAMMA!!! -.
La rossa volse di scatto la testa, staccando gli occhi dalla donna ignota dinanzi a sé: Emily e Oz le stavano correndo incontro lungo il corridoio.
La vampira li osservò alcuni istanti, rimanendo immobile dov’era.
- Fiamma! Come ti senti? - chiese la bionda, apprensiva, accostandosi alla cugina.
Oz le cinse le spalle, aiutandola a rimettersi in piedi, ma lei si sottrasse alla sua presa: il mal di testa era improvvisamente cessato e adesso riusciva a rimanere in piedi anche da sola.
- L-l’avete vista? - domandò, scioccata.
Emily e l’altro si scambiarono un’occhiata.
- Chi? - chiesero, perplessi.
- Quella donna... - continuò Fiamma, stravolta.
La cugina le pose una mano su una spalla con fare preoccupato.
- Fiamma... non c’è nessuna donna qui - disse.
La rossa si volse allora verso il corridoio nel quale l’aveva intravista: vuoto, deserto.
Non c’era traccia di lei da nessuna parte.
- C-come può essere? Era... qui -.
Non riusciva a capire: perché loro, arrivando, non l’avevano vista? Le era davanti!
- Forse l’hai immaginata... - intervenne Oz, cercando di rassicurarla.
Infine, Fiamma desisté: non poteva costringerli a crederle.
Inoltre, desiderava dimenticare quell’incontro, fingere che non fosse mai avvenuto.
- Sì... forse hai ragione... - convenne, nonostante fosse fermamente convinta del contrario.
- Come ti senti? Ce la fai a venire in classe? - chiese Emily.
L’altra annuì e, tutti e tre assieme, si diressero verso l’aula dove li attendeva la prima lezione della notte, la “tanto amata” Filosofia.





Angolino autrice
Well, finalmente eccomi con il sesto capitolo! ^^
Ci tengo a ringraziare particolarmente Sachi Mitsuki, che ha recensito lo scorso capitolo, e tutti coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/seguite/ricordate.
Thanks.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 7
*** Sospetti ***


7_Sospetti L’ora di Barma trascorse con una lentezza a dir poco allucinante e all’insegna del “regno del terrore” per chiunque non prestasse la sua totale ed incondizionata attenzione all’interrogazione che ben cinque poveracci stavano conducendo, tra l’altro in modo disastroso.
Barma non era molto transigente durante le prove orali: le domande erano complesse e richiedevano una proprietà di linguaggio che nessuno aveva, salvo i furbi che si esercitavano per ore, anche con l’ausilio del dizionario, a ripetere e ripetere e ripetere capitoli interi del libro di testo e ragionamenti che, nella maggioranza dei casi, neppure riuscivano a cogliere in pieno.
I cinque furono mandati a posto con un’occhiata di disgusto da parte dell’insegnante, che si premurò di elencare le lacune e addirittura gli errori dell’esposizione di ciascuno con ineccepibile cura, come se da ogni sbaglio dei suoi alunni traesse la forza per continuare a vivere e insegnare.
Sì, era evidente che provasse una soddisfazione immensa nel distruggere l’ego dei suoi poveri studenti.
Le vampire erano le uniche realmente “a loro agio”: quella parte del programma di Filosofia loro l’avevano già studiata.
Nonostante provenissero da famiglie diverse, anche se imparentate, a causa del lavoro dei loro genitori erano state affidate tutte e tre alle cure di una tutor, la quale, dopo numerosi tentativi, era riuscita a convincere il corpo docenti dello Strahl★Night a far sostenere alle “sue ragazze” l’esame d’ammissione.
- Così avrete modo di formarvi in modo più completo di quanto possa fare io - aveva spiegato loro, quando le aveva informate della cosa.
Quella parte di Filosofia che avevano già fatto, l’avevano studiata con la loro tutor, Vivianne, una vampira dalle spiccate doti intellettuali che le aveva accudite come fossero figlie sue.
- Siete qualcosa di assolutamente riprovevole. Non riuscite a mettere in fila più di due parole che abbiano tra loro un senso logico. Non riesco a pensare ad un modo abbastanza efficace e incisivo per esprimere il mio disappunto. Come potete anche solo sperare di superare il corso di Filosofia se devo anche insegnarvi a parlare correttamente? -.
Oz avrebbe voluto sprofondare dieci metri sotto terra.
Sarebbe stato molto più piacevole che sentirsi offendere in modo tanto pacato e per questo più profondo.
Insomma, non era come gli antichi oratori romani, però sapeva parlare! E come lui anche altri.
Non c’era bisogno di offendere gli studenti perché alle sue interrogazioni non riuscivano ad esprimersi secondo il suo concetto di “corretta esposizione”:  già la sua materia era complicata, poi anche lui spiegava in termini che il più delle volte dovevano segnarseli e andare a cercarli sul dizionario a fine lezione. Se poi pure pretendeva la perfezione nell’esposizione, allora era naturale non aspettarsi granché, ma lui era Rufus Barma, quindi era nella sua natura pretendere il massimo della sua perfezione, anche se impossibile da raggiungere per degli studenti.
Mentre Oz stava per collassare sotto il monotono soliloquio dell’insegnante, e come lui pure qualche altro, la campana che annunciava la fine della lezione squillò, con immenso sollievo da parte di tutti quanti, la maggior parte dei quali rivolsero a quell’oggetto molte e profonde preghiere di ringraziamento.
Barma uscì dall’aula con il suo solito portamento altezzoso, rivolgendo ai suoi studenti un ultimo “arrivederci” dalla porta.
- Finalmenteeee! - esclamò Oz.
- Io non so te, ma un giorno o l’altro quello lo faccio fuori! Non può darmi dell’ignorante e passarla liscia così!!! - ringhiò Edward.
- Fallo! - lo supplicò il Bezarius.
- Puoi scommetterci -
- Buongiorno! -.
L’insegnante dell’ora dopo entrò nell’aula e tutti quanti ritornarono ai propri posti.
Lezione di Matematica, tenuta da nientemeno che il professor Light Yagami, un altro su stampo Barma, ma che non si divertiva a distruggere l’ego delle persone, e questo senz’altro contribuiva a farlo risultare ben più gradito dell’altro.
Come al solito, indossava l’uniforme del corpo docenti, tenuta in modo impeccabile; i capelli castani pettinati e ordinati secondo il normale e lo sguardo che prometteva una lezione severa.
Sempre meglio calcoli e equazioni che cercare di capire ragionamenti filosofici: almeno in Matematica c’erano leggi che dovevi seguire sempre e comunque.
La lezione iniziò come di consueto con l’appello.
Durante questo, il docente si soffermò anch’esso pochi attimi sui nomi delle nuove studentesse, poi, una volta finito, chiese loro fino a che punto del programma erano arrivate.
Più o meno erano in concordanza con quello cui erano arrivati loro.
Mentre la lezione iniziava, Fiamma iniziò a ripensare a ciò che le era accaduto in corridoio solo un’ora addietro: il ricordo di quella donna spettrale e insozzata di sangue ancora la perseguitava.
Quegli occhi rossi erano fissati a fuoco nella sua mente, come le lacrime sanguigne che aveva improvvisamente iniziato a versare.
E... come faceva a sapere il suo nome?
Lei, ne era più che certa, quella donna non l’aveva mai vista.
Inoltre, c’era il fatto che Oz e Emily, nonostante la sconosciuta fosse dinanzi a lei, a pochi centimetri dal suo viso, loro non l’avevano vista.
Come era possibile?
Era forse stata veramente un’allucinazione?
- Signorina Drakon! Le spiacerebbe prestare un po’ della sua attenzione alla lezione?! -.
Il richiamo dell’insegnante la distrasse dalle sue preoccupazioni.
Notò che tutti quanti si erano girati a guardarla, perplessi.
Si affrettò ad assumere un’espressione meno sorpresa.
- Perché non viene a svolgere l’esercizio? - la chiamò Light.
Si alzò e attraversò l’aula a passo deciso, senza mostrare un briciolo di timore: sarebbe stata la via più breve perché tutti pensassero di poterle mettere i piedi in testa.
Arrivata alla lavagna, afferrò il gessetto che le porgeva l’insegnante e si mise tranquillamente a svolgere l’esercizio, che tra l’altro aveva già avuto modo di fare con la sua tutor.
Appena l’ebbe finito, si volse a fissare il professore, il quale guardava scioccato la lavagna: non si era neppure accorta che quello era l’esercizio che lui stava per spiegare, ma aveva saputo risolverlo brillantemente e senza fare un fiato.
Lei continuò a tacere, finché Light non comprese che stava aspettando che lui parlasse e le desse il permesso di tornare al suo banco.
- Vai a posto - disse.
Fiamma eseguì, seguita dagli sguardi di alcuni che, come il professore, si erano resi conto che l’esercizio non era ancora stato spiegato.
Se ne tornò a posto con un portamento naturale e rigido al tempo stesso che la faceva sembrare più... inavvicinabile, selvaggia.
Insomma, un elemento pericoloso.
In effetti, in parte era l’impressione che lei per prima voleva dare di sé stessa: odiava venir considerata inferiore solo per il fatto di essere una donna anche da chi non riteneva affatto superiore a lei.
E l’unico modo per potersi guadagnare del rispetto, per lei, era dimostrarsi pericolosa a tutti coloro che avrebbero voluto metterle i piedi in testa.
Pareva funzionare, o almeno, fino a quel momento aveva funzionato.
La lezione riprese tranquillamente e Fiamma si concesse un ultimo pensiero allo stranissimo e inquietante incontro della mattina, prima di rivolgere tutta la propria attenzione all’insegnante.
Quando la campanella squillò e l’insegnante si congedò dalla classe, Edward si rivolse al compagno di banco, che stava prendendo i libri per la lezione successiva.
- Ehi, Oz -
- Sì? Che c’è? - chiese il Bezarius, rivolgendo all’amico uno sguardo perplesso e incuriosito.
- Non ti sembra che Fiamma sia stranamente... distratta? Forse è solo un’impressione... ma sembra con la testa altrove... -.
Oz abbassò lo sguardo sul piano del tavolo, assorto: che stesse ancora pensando a quella cosa accaduta prima delle lezioni?
Effettivamente, gli era parsa vagamente distratta anche a lui, nonostante non le avesse prestato poi tante attenzioni.
Avrebbe dovuto parlarne con Edward? Sarebbe stata la cosa migliore, così avrebbe potuto sentire anche la sua opinione in merito.
- Può essere... - esordì il ragazzo - ... vedi, prima di venire in classe, io ed Emily siamo tornati a vedere come stava, se aveva bisogno d’aiuto, e... - s’interruppe, incerto su come procedere.
- E...? - lo incalzò l’altro.
- ... e, be’... parlava di una donna che a quanto sembrava era con lei, nonostante fosse sola nel corridoio... mi è sembrata parecchio sconvolta... - spiegò Oz.
Edward lo fissò alcuni istanti, perplesso.
- Una donna...? - chiese infine.
L’altro annuì.
- Ma lei e le sue cugine sono le uniche femmine di tutto l’istituto... -
- Sì, infatti è strano. E poi era completamente sola. Che pensi che sia? - domandò Oz.
- Mmh... non saprei... - iniziò l’altro, assorto, gli occhi del compagno fissi addosso - Potrebbe essere soltanto un’allucinazione... - azzardò.
- È quello che le ho detto anche io, ma lei sembra non esserne così convinta... - obiettò il Bezarius.
In quel momento entrò l’insegnante di Lingue, interrompendo il discorso.
- Ci penseremo più tardi - promise l’Elric, spostando poi lo sguardo sul professore.
Questo si era già sistemato dietro la cattedra e fissava la classe con sguardo serio, come suo solito.
I capelli scarmigliati e neri gli coprivano la fronte e in parte anche gli occhi, neri anch’essi, circondati da occhiaie ben evidenti; di un pallore allucinante anche per un vampiro, stava rannicchiato sulla sedia con le ginocchia ripiegate verso il petto.
Era eccentrico senz’altro, il professor Lawliet, ma era anche incredibilmente bravo nella sua materia, dannatamente: riusciva a parlare inglese, francese, tedesco e spagnolo senza sbagliare neppure una pronuncia né una parola.
Parlava spigliatamente, come fosse consuetudine, per lui, parlare in straniero.
Si soffermò ad esaminare con particolare attenzione le ragazze e le fece presentare in ciascuna lingua che conoscevano: tutte e tre in inglese, poi Fiamma in francese, Emily in spagnolo e Amethyst in tedesco.
Se non altro avrebbero potuto darsi una mano a vicenda con le lingue che mancavano loro.
Dopo Lingue fu nuovamente il turno di Letteratura.
Oz, in quelle due ore, continuò ad osservare di soppiatto Fiamma, cercando di cogliere nel suo modo di porsi o nella sua espressione un qualsivoglia cenno di cosa stesse pensando, inutilmente: il suo sguardo era impenetrabile e stava seduta compostamente, come aveva fatto nelle ore precedenti.
Niente di anomalo da poter lasciar trapelare indizi, sfortunatamente.
Avrebbe potuto continuare ad osservare quegli occhi anche tutta la notte, se voleva, ma non ne avrebbe cavato niente.
Quando la campana suonò, Edward si alzò.
Allo sguardo interrogativo del compagno, si limitò semplicemente a rispondere: - Musica -.
Quella semplice parola bastò a far alzare Oz, il quale si diresse verso il tavolo delle ragazze, le quali erano ancora sedute in mezzo agli altri alunni, che si stavano avviando alla porta.
- Che succede? - chiese Amethyst, non appena il Bezarius fu a portata d’orecchio.
- Dobbiamo andare all’aula di Musica - spiegò semplicemente il vampiro, sorridendo.
Fiamma e Emily si scambiarono un’occhiata.
- Ma non viene il professore? - domandò la rossa.
- No: per le ore di Musica le varie classi dello stesso anno vengono mescolate... e poi nell’aula ci sono gli strumenti. Non si può fare qui - spiegò Edward, sopraggiunto alle spalle di Oz.
Sul viso di Emily si dipinse istantaneamente un’espressione estatica.
- Strumenti? - chiese, in cerca di una reale conferma.
- Certamente. A Musica si fa soprattutto pratica. Principalmente ci esercitiamo nel suonare, però alcune volte il professore ci fa provare a suonare come un’orchestra, con alcuni che cantano - aggiunse Alphonse.
- Andiamo! - esclamò la vampira, alzandosi.
Fiamma sorrise, imitandola; Amethyst si alzò e si avviò verso la soglia, seguita dagli altri.
Pride attendeva fuori della porta, in disparte.
Appena gli altri furono usciti, lui si accodò al gruppo, camminando al fianco di Alphonse.
- Tu Pride che strumento suoni? - chiese Emily, entusiasta dell’imminente lezione.
Il vampiro si prese qualche istante per rifletterci, prima di rispondere: - Il flauto traverso -.
- Bello! - esclamò la biondina, sorridendo allegramente.
Oz era anche lui in estasi, ma per un motivo totalmente differente da quello della ragazza: il vederla così eccitata lo esaltava oltremodo.
Cercava di non manifestarlo in modo troppo evidente, ma per chi, come Edward, era sempre a stretto contatto con lui, era in qualche modo estremamente palese quel suo entusiasmo.
Seguiva Emily senza perderla di vista un solo istante, come se da quel contatto visivo dipendesse tutta la sua vita.
Era una maniera senz’altro particolare di mostrare interesse verso qualcuno, ma se lo rendeva felice, Edward non aveva niente in contrario: finalmente aveva trovato qualcuno con cui soddisfare le sue tendenze decisamente eterosessuali.
Avrebbe perlomeno smesso di lamentarsi sotto quel punto di vista, cosa che non gli dispiaceva affatto.
- E tu, Oz? Tu che strumento suoni? - chiese all’improvviso Emily, rivolta al biondino.
Fu senza dubbio esilarante la reazione sorpresa di quest’ultimo a quella domanda: dapprima la fissò perplesso, poi avvampò improvvisamente d’imbarazzo e tacque.
La vampira lo fissò, incuriosita da quel silenzio.
- Oz non suona - gli venne in soccorso Alphonse, ridacchiando.
- Eh? Come? - domandò lei.
- Già - confermò Edward, accompagnando l’affermazione con un cenno del capo - Lui canta -.
Oz arrossì ancora di più sentendo l’attenzione della vampira puntata su di sé.
- Davvero? - chiese.
Lui annuì, puntando gli occhi un po’ ovunque, tranne che su di lei.
- Be’, ma è bello! - esclamò Emily.
- Lui fa parte del coro insieme con qualche altro - continuò Pride.
- Invece noialtri suoniamo e basta, ma non siamo niente di eccezionale... tranne Pride. Lui fa scintille al flauto traverso, eh? - esclamò Edward, ammiccando in direzione dell’altro, il quale si affrettò a distogliere gli occhi.
- Comunque vi troverete bene: il professore non è severo - riprese Alphonse.
- Menomale: qui non siamo tutti geni musicali... - esclamò Fiamma, a disagio.
- Voi due che cosa sapete suonare? - chiese Edward.
- Io suono il pianoforte a coda - disse la rossa.
- La viola - aggiunse Amethyst.
- Siamo arrivati - esclamò Pride, fermandosi in mezzo al corridoio, dinanzi ad una porta, che tra l’altro era già aperta.
Dall’interno proveniva un confuso chiacchiericcio, segno che gli altri studenti erano già arrivati.
Entrarono: gli alunni erano sparsi qua e là per l’aula, raggruppati a chiacchierare fra i vari strumenti, che Emily si prese cura di esaminare con entusiasmo.
Alla loro entrata, tuttavia, seguì un silenzio di tomba, mentre tutti gli occhi si puntavano sulle tre vampire.
Almeno in quel frangente, Emily parve non curarsene minimamente, troppo occupata a contemplare gli strumenti musicali per pensare a qualsiasi altra cosa.
L’occhiataccia che rivolse Fiamma alla platea bastò a far riprendere le ciarle.
- Noi che facciamo? Il professore dovrà assegnarci gli strumenti, suppongo... - esclamò, rivolta ad Alphonse.
- Ah, be’... suppongo di sì... credo... - rispose lui, colto di sorpresa dalla domanda.
- Ehi, Oz! -.
Un sopravvenuto si fermò vicino al gruppetto, salutando il Bezarius con un cenno della mano.
- Ah, Kaito! - replicò l’altro, sorridendogli.
Il vampiro aveva corti capelli blu e iridi del medesimo colore.
- Immagino siate le tre ragazze arrivate ieri... piacere, Kaito Shion - si presentò, sorridendo alle vampire.
- Fa parte del coro, insieme a Oz - spiegò Edward.
- Piacere mio, Emily - si presentò la biondina.
Anche le altre due si presentarono, ma in modo molto più stringato: non avevano in simpatia le presentazioni articolate.
- Ragazzi, coraggio, andate ai vostri posti -.
L’insegnante entrò in quel momento e tutti eseguirono, lasciando Emily, Fiamma e Amethyst da sole vicino alla porta.
Il professore aveva i capelli viola e lunghi fino alla vita, tenuti raccolti da una coda alta fermata con un fermaglio decorato con un paio di bacchette legate da una catenella.
Sotto l’occhio destro aveva tatuata una fiammata verticale viola che gli arrivava fino allo zigomo; gli occhi erano di un viola intenso, più scuro di quello dei capelli.
Era oltretutto muscoloso, come ben mostrava l’uniforme del corpo docenti.
- Voi suppongo che siate le tre nuove alunne. Io sono Gakupo Kamui, il docente di Musica del vostro corso - si presentò, in tono educato e formale.
Le tre si presentarono a loro volta, quindi il professore s’informò delle loro conoscenze musicali, per poi assegnare a ciascuna uno strumento e un posto nella classe: Amethyst andò nel gruppo delle viole, Fiamma fu messa al pianoforte a coda, che fino a quel momento non era stato ancora assegnato a nessuno, Emily, invece, fu messa tra i violinisti.
L’ora passò velocemente e, prima di quanto ciascuno si aspettasse, la campanella che ne annunciava la fine squillò.
Emily fu l’ultima ad uscire dall’aula, a malincuore.
- Uffa...! Perché la lezione è già finita? Non è giusto! -
- Dai, Lily non fare così. Non hai fame? - esclamò Fiamma, sorridendole.
Era solita chiamare la cugina Lily solo quando era particolarmente di buon umore, cosa che non accadeva esattamente tutti i giorni.
- Io volevo suonare ancora! - continuò Emily, infantilmente imbronciata.
Oz s’incantò ad osservarla: con quell’espressione era carina oltre ogni dire.
- Non preoccuparti per questo - soggiunse Alphonse, alle spalle del Bezarius - L’aula di Musica è accessibile anche fuori l’orario di lezione. Diversi alunni più grandi la usano dopo la cena, prima del coprifuoco - spiegò.
- Davvero? -
- Sì, certo -
- Evviva! Allora potrò tornare più tardi! -.
Con quel clima d’allegrezza che vigeva tra di loro, il gruppetto si mosse compatto verso la mensa, chiacchierando con leggerezza del più e del meno.
In mensa si ricongiunsero con Gilbert e Vincent, assieme ai quali consumarono la cena.
Quando arrivò il momento di far ritorno al dormitorio, di comune accordo decisero di andare tutti assieme.
- Allora, Emily, quando hai intenzione di andare all’aula di Musica? - chiese Alphonse all’improvviso, mentre attraversavano un corridoio praticamente deserto.
- Già, devo andare! - esclamò la biondina, fermandosi - Quanto manca all’alba? - domandò poi.
- Non così poco, vai - la rassicurò Fiamma.
- Allora, ci si vede! -.
Si volse e corse via allegramente.
- Si vede proprio che le piace tanto suonare... - commentò Alphonse, sorridendo.
- È cresciuta in mezzo alla musica - replicò pacatamente Fiamma.
- Forza, andiamo - esortò Gilbert.
Fu nell’attimo in cui si volsero che l’acuto grido di panico della biondina li raggiunse, spezzando la quiete che vigeva nel corridoio.
- È Emily...! - gridò la rossa, voltandosi.
Amethyst era già corsa dietro alla cugina, al seguito, pochi istanti dopo, il resto del gruppo.
La videro ferma all’imboccatura di un andito più stretto, secondario, impassibile come sempre.
- Amethyst, che è...? - fece per chiedere Edward, ma quando tutti giunsero alle spalle della vampira dallo sguardo di ghiaccio, compresero perfettamente perché si fosse fermata lì.





Angolino autrice
Finalmente dopo tanto tempo riesco a trovare il tempo per aggiornare questa fic.
Chiedo sinceramente venia ai lettori per la lunga attesa, sperando che non vogliate linciarmi ^^''

Per chi non lo sapesse (e suppongo siate in tanti), Kaito e Gakupo fanno parte dei Vocaloid. Chi sia interessato, può andare a cercare in Internet.

Ringrazio Sachi Mitsuki per la recensione dello scorso capitolo e quanti seguono semplicemente.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 8
*** Immolato ***


8_Immolato - C-che cosa...? - esalò Oz, scioccato e orripilato ad un tempo, facendo qualche lento passo avanti, ma Amethyst glielo impedì.
Fu lei a procedere per prima all’interno, che adesso somigliava più ad un mattatoio che ad un corridoio: ovunque c’era sangue di vampiro, sul soffitto, sul pavimento e sulle pareti.
Nessun angolo era stato risparmiato.
Dal modo con cui il liquido era schizzato, si poteva ipotizzare che fosse esploso un corpo.
Effettivamente, circa a metà dell’andito, sul pavimento, era rannicchiato quello che doveva essere il cadavere cui apparteneva tutto il sangue sparso in giro, del quale lui stesso era ricoperto.
Stava raggomitolato in posizione fetale, accucciato ai piedi della parete.
Emily era ferma a pochi metri di distanza, le mani sulla bocca in un’espressione a metà tra il sorpreso e l’inorridito.
Le tremavano le gambe e negli occhi stralunati era percepibile un terrore profondo, un orrore inesprimibile e scioccante.
- Emily! -.
Fiamma si fece largo tra i compagni e corse a sostenere la cugina, che le si afflosciò tra le braccia, in lacrime.
- Fiamma...!  - esalò, tra i singhiozzi.
- Che cosa è successo? - le chiese garbatamente Gilbert, corso dietro all’altra.
Nel suo tono di voce era distinguibile una nota d’impazienza di sottofondo.
La biondina scosse il capo.
- N-non lo so... quando so-sono arrivata era... era... -.
Nuove lacrime e singulti le impedirono di terminare la frase, ma la parte mancante aleggiava nell’aria attorno a loro.
Gli altri che erano rimasti indietro si avvicinarono.
- Ehi, Gil guarda chi è! -.
La voce quasi allegra di Vincent richiamò l’attenzione di tutti: si era scostato un po’ dal gruppetto e si era avvicinato al cadavere, che osservava con vivo interesse.
- Chi è, Vince? - chiese suo fratello, spostandosi.
- Ma... quello è... è Envy! - intervenne Alphonse, allarmato.
- Questo era Envy: è stato praticamente maciullato vivo e il ventre è privo di organi - commentò Vincent, piegandosi sulle ginocchia per osservare meglio - No, non del tutto: c’è rimasta una parte di... -.
- Ti prego Vince, tieni la tua analisi per te - disse Gilbert, notando il pallore di Emily, innaturale anche per un vampiro.
Se suo fratello avesse proseguito il suo esame, era più che certo che la ragazza si sarebbe sentita male.
Amethyst si piegò vicino al biondo, osservandolo con il suo consueto sguardo freddo, ma anche con un rinnovato interesse.
- Hai studiato anatomia? - chiese.
Lui si volse verso di lei.
- Certo, sui cadaveri -
- Anche io... -.
E, in quell’attimo, Amethyst si sentì complice nei confronti di Vincent nel profondo e molto più vicina a lui di quanto avrebbe mai sperato prima.
In linea con quella sensazione del tutto nuova per lei, la vampira osò protendere una mano in cerca di quella di lui, che trovò e strinse delicatamente, cosa che venne piacevolmente ricambiata dal minore dei Nightray.
Si scambiarono un fugace sguardo d’intesa, prima che i loro occhi tornassero ad ispezionare il cadavere.
- C’è un tale fetore di sangue qui dentro...! - mormorò Oz, mettendosi una mano a coppa sul naso.
- Dobbiamo chiamare qualcuno - esclamò Edward, esaminando uno schizzo di sangue con fare piuttosto serio.
- Sì, un docente - puntualizzò Gilbert.
- Bene, bene... che sta succedendo qui ~? -.
Tutti sobbalzarono all’udire quella cantilenante voce allegra alle loro spalle e si volsero: Xerxes Break era immobile a pochi metri dietro di loro, in viso un’espressione allegra di cui non capivano affatto la ragione.
Come faceva a sorridere a quella maniera in mezzo a quel macello?
- Professore...! - disse Alphonse - Abbiamo trovato Envy così e... - cercò di spiegare, ma l’albino lo fermò con un cenno della mano.
In un istante mutò espressione in una seria e composta, che lo rendeva assolutamente irriconoscibile.
- L’avete trovato così, da solo? - chiese.
Fiamma sentì una strana fitta al petto alle parole “da solo” e notò che il docente aveva soffermato l’occhio su Emily.
No, non su Emily: su di lei.
Si sentiva terribilmente a disagio sotto quello sguardo indagatore, con il quale pareva che il vampiro volesse penetrarle nella mente e nell’anima.
Si affrettò a distogliere gli occhi.
- Sì... così... - esalò timidamente Emily.
Xerxes annuì.
- Credo che sia quasi l’ora del coprifuoco... è meglio che andiate -.
Con ciò, si scostò, appiattendosi lungo una parete, per farli passare.
I vampiri non attesero oltre e si diressero verso l’imboccatura del corridoio.
- Ah, signorina Drakon -.
Fiamma si fermò e si volse verso l’insegnante, che le rivolse un fugace sorriso.
- Forse lei e la signorina De Moon dovreste accompagnare vostra cugina in infermeria: mi sembra un tantino scossa... - aggiunse.
Le due vampire rimasero ferme alcuni attimi, perplesse.
- Sì... - replicò infine la rossa, riprendendo a camminare.
- Bene, bene... - sussurrò Xerxes, non appena il gruppetto di studenti si fu allontanato - ... e così adesso ti trovi qui dentro, in giro per la scuola... fuori controllo - sussurrò, piegandosi ad osservare il cadavere dello studente.
Sul suo viso si dipinse un’espressione dai tratti vagamente furbi e maliziosi.
- Interessante... -.

Il gruppetto procedeva unito lungo il corridoio che portava all’infermeria: dopo quello che avevano visto, i ragazzi si erano rifiutati in modo categorico di lasciar andare le tre da sole.
- E se capitasse a voi quello che è successo a Envy? Noi veniamo - aveva risposto con tono deciso Edward quando Fiamma aveva loro detto di tornare in dormitorio.
Erano arrivati a destinazione pochi minuti più tardi e si erano fermati innanzi alla porta.
- Allora... ci vediamo domani - disse la rossa, rivolta alla scorta.
- Certo - rispose prontamente Alphonse, rivolgendole un triste sorriso: la vista del cadavere aveva scombussolato tutti, e a ragione.
Anche la vampira tentò, inutilmente, di apparire più allegra.
- Amethyst, andiamo... - esclamò poi, rivolta all’altra, ancora tenacemente unita a Vincent per la mano.
Parve intristirsi nello spezzare quel contatto.
- Potrei rimanere io al suo posto - s’intromise Gilbert, notando l’impercettibile mutamento d’espressione della vampira - Così potrà stare ancora un po’ con Vince... - si affrettò a soggiungere quando lo sguardo inquisitorio e perplesso di Fiamma si posò su di lui.
- Oh... - sussurrò a mezza voce la rossa, lanciando un’occhiata di traverso alla cugina, che non la stava neppure guardando.
Decise che forse era meglio lasciarla con la sua nuova metà.
- Okay... - acconsentì.
- A domani! - esclamarono gli altri, avviandosi verso i dormitori, lasciando così da soli Gilbert, Fiamma ed Emily, ancora tra le braccia dell’altra.
- Okay, allora... entriamo -.
Gilbert, palesemente a disagio, si rivolse verso la porta e bussò.
Attese alcuni istanti, poi schiuse l’uscio e fece capolino all’interno.
- È permesso? - chiese.
- Mmh...? Avanti, avanti! - esclamò l’infermiere, andando all’entrata - Che cos’è successo? - domandò poi, quando i tre furono all’interno.
Fiamma e Gilbert si scambiarono uno sguardo.
- Ha subito uno shock in mensa, mentre due ragazzi... beh... - esordì il moro accennando ad Emily, lasciando volutamente in sospeso la frase, che parlava già da sé.
- Questi studenti non hanno il minimo pudore! Vieni cara... -.
L’infermiere sottrasse dolcemente la bionda alle braccia della vampira e la condusse via, verso l’altro lato dell’ampia stanza, dove erano allogati molti letti.
- Dove hai pescato una bugia simile? - mormorò la rossa in tono furbo.
- Dovevo dirgli la verità? -
- In effetti... senz’altro l’avremo traumatizzato... -
- ... oppure ci avrebbe presi per pazzi e cacciato -.
La ragazza tacque alcuni istanti.
- Allora... grazie. Ti devo un favore - disse infine.
- Niente di che, davvero - replicò lui, stringendosi nelle spalle.
Erano nel frattanto arrivati ai letti, fermandosi ai piedi di quello dove era stesa Emily, attualmente sotto l’attenta analisi dell’infermiere.
- Allora...? Come sta? - domandò Fiamma.
- La vampira è sotto shock, non c’è dubbio - sentenziò lui, alzandosi dal materasso e avvicinandosi agli altri due - Temo che dovrà passare qui il dì - aggiunse.
- Possiamo restare anche noi? - chiese precipitosamente il Nightray, prima che l’altra potesse dire o fare alcunché.
- Certamente - rispose l’uomo - Solo... vi pregherei di lasciar riposare la vostra amica -.
- Sì, non si preoccupi - disse Fiamma.
L’infermiere si allontanò.
La rossa si sedette allora sul bordo del letto accanto a quello della cugina, mandando un sospiro.
- Grazie di nuovo - mormorò.
- Niente, di nuovo - rispose l’altro, in tono velatamente divertito.
Caddero minuti di silenzio, disagiato e teso, che si prolungò per un tempo per loro indefinito.
Fiamma si ostinava a lasciar vagare tristemente lo sguardo a terra, mentre Gilbert osservava con apparente interesse la parete opposta alla loro.
Infine, la rossa prese la parola: - C-che cosa credi che possa averlo ucciso...? -.
La voce era increspata di paura e orrore assieme e sembrava esserle costato uno sforzo enorme l’essere riuscita a mettere insieme quelle poche parole.
A Gilbert parve più che giusto, perché anche lui provava esattamente la stessa sensazione.
- Non lo so, ma qualsiasi cosa sia, spero vivamente di non incontrarla mai - rispose il vampiro.
Chiunque avesse fatto un simile scempio, non poteva essere niente più che una “cosa”.
- È stato... terribile - riprese lei - Di norma cose del genere non dovrebbero accadere in una scuola e non capisco come sia potuto succedere -.
- Infatti, ma non è neppure la prima volta che accadono degli “incidenti”, in questa scuola -.





Angolino autrice
Finalmente aggiorno! *-* Era da tanto che volevo farlo, ma gli impegni scolastici mi hanno impedito è-é
Spero vogliate concedermi un po' di pietà.
Ringrazio Sachi Mitsuki e sofia_stella per le recensioni dei capitoli precedenti, augurandomi che pure questo vi piaccia, e inoltre ringrazio coloro che leggono e basta.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 9
*** ''Incidenti'' ***


9_''Incidenti'' Fiamma rimase silente e attonita ad osservare il suo interlocutore, come se avesse appena proferito la parola finale, che avrebbe dato inizio all’Apocalisse.
- Altri... “incidenti”...? - ripeté lei, confusa e incuriosita - Che genere di “incidenti”? -.
- Mortali: alcuni anni fa furono ritrovati due ragazzi carbonizzati legati ad un albero; un altro fu trovato morto in un ripostiglio, con il torace sfondato, un altro ancora prosciugato di sangue abbandonato in biblioteca - raccontò Gilbert.
- Oddio - commentò la vampira, orripilata.
Gettò una fugace occhiata a sua cugina, constatando con suo immenso sollievo che si era addormentata. Una vera fortuna: se avesse sentito di quegli avvenimenti, era certa che avrebbe fatto le valigie immediatamente e se ne sarebbe andata.
- Ma... non si è mai scoperto il colpevole? - chiese la rossa.
Il Nightray scosse la testa.
- Comunque, gli incidenti passati non sono mai stati sanguinosi quanto questo, che sembra esser stato più un vero e proprio omicidio - continuò il moro.
- Perché, gli altri che vi sembravano, scherzi? -
- No, ma tra il macello del corridoio e due ragazzi trovati carbonizzati c’è un po’ di differenza, anche se in definitiva poi sono tutti morti -.
Fiamma rimase in silenzio, riflettendo.
- Non potrebbe essere stata sempre la stessa persona? -
- Ci sta, ma chiunque fosse, è ancora a piede libero -
- Accidenti! E pensare che la mia unica preoccupazione a venir qui era di dovervi mettere in riga tutti quanti! Se sapevo che c’era un assassino in libertà all’interno dell’istituto, me ne sarei stata ben lontana... -
- Ci avresti lasciati morire tutti? -
- Che posso fare io che voi non siate in grado di fare...? -.
I due si scambiarono un lungo, intenso sguardo, quindi Gilbert le si avvicinò.
- Non so... ma sento come se ci fosse qualcosa di più in te, qualcosa di particolare e strano... - le sussurrò.
Lei lo allontanò un poco.
- Non è che semplicemente ti sei invaghito di me? - esclamò.
- Può essere, ma non si tratta di quello -.
Lui abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo su di lei completamente mutato in uno concentrato e serio che la colpì per l’incredibile intensità.
Si sentì come strappare l’anima da quegli occhi, e capì che non era più veramente o solamente Gilbert.
- Sento che nel profondo, tu hai qualcosa che a me e a noi tutti manca, qualcosa di arcano e potente, ma anche inquietante e pericoloso. È un qualcosa che è sepolto nel tuo inconscio, di cui tu non riesci a percepire la reale esistenza, un potere che va al di là di tutti gli altri poteri - sentenziò il vampiro, con voce solenne e mistica, diversa dalla sua normale. Era più profonda, echeggiante... misteriosa.
Per tutto il tempo che aveva parlato, Fiamma non era riuscita a togliergli gli occhi di dosso: era come stregata da quelle parole e da quello sguardo magnetico e lugubre ad un tempo.
Pendeva letteralmente dalle sue labbra.
Si riscosse bruscamente poco dopo che aveva smesso di parlare e si pronunziò: - C-che cosa stai dicendo? -.
Era vero: tutto ciò che le aveva detto l’aveva non solo confusa, ma anche ampiamente spaventata.
Che cosa mai poteva avere lei di così particolare che anche altri non possedessero?
Notò che lui ancora la fissava, immobile.
- Gilbert! Gilbert! Che cosa ho io che non va?! - gli chiese, afferrandolo per le spalle e scuotendolo.
Il ragazzo istintivamente scosse il capo e la fissò: nelle sue polle dorate non c’era più alcun segno della misticità e della fredda serietà che aveva fino ad un momento prima visto in esse.
- Che cosa c’è? - chiese il moro, perplesso della ristretta vicinanza tra loro.
Fiamma arrossì, constatando che il suo seno era praticamente schiacciato contro il suo petto.
- N-niente! - si affrettò a rispondere.
Fece per staccarsi, ma lui le afferrò dolcemente i polsi, bloccandola.
- Aspetta... - le sussurrò, in affanno.
Lei rimase a guardarlo, catturata dal suo sguardo, che si era fatto improvvisamente cosciente, come se avesse appena appreso qualcosa di nuovo e di vitale importanza.
Stregato dai suoi occhi, sembrava incapace di liberarsi dall’invisibile catena che lo vincolava indissolubilmente a lei.
- Gil... bert? - mormorò quest’ultima.
Le guance del vampiro s’imporporarono fiocamente.
- Non allontanarti, per favore -.
Fiamma sentiva un’attrazione irrefrenabile per quel ragazzo, qualcosa di vincolante e profondo.
- Va bene... - sussurrò, ricadendo tra le sue braccia, che prontamente la circondarono.
Affondata nel suo petto, la vampira ripensò alle parole che il moro le aveva detto poc’anzi: “un potere che va al di là di tutti gli altri poteri”.
Che cosa voleva dire con quella frase? Che cosa c’era... dentro di lei?
- Gilbert... - lo chiamò flebilmente.
- Sì? -
- Quegli “incidenti”... se ne sono più verificati di recente? - chiese di getto.
- No... fino a stasera -.
E se lei...?!
La vampira alzò il viso verso quello del suo interlocutore, il quale scorse, nella sua espressione, una decisione che ardeva come fuoco vivo.
- Che cosa c’è? - domandò lui, improvvisamente preoccupato.
Doveva dirgli del barlume che le si era appena acceso nella mente grazie a quel suo mistico discorso di poco prima?
Probabilmente non si ricordava neppure d’essere caduto come in trance, perciò era meglio non farlo angustiare inutilmente.
Scosse il capo lentamente, quindi si protese verso il suo viso. Il vampiro si chinò su di lei come ad una risposta spontanea al movimento e, delicatamente, le loro labbra entrarono in contatto, i canini si urtarono con dolcezza, sfiorando le labbra dell’altro senza affondarvi o lasciarvi ferite.
Era amore, senza dubbio: Gilbert, in quel momento, si sentiva un tutt’uno con Fiamma, che ricambiava pure quella sensazione così possente e profonda, talmente forte da scombussolarla da capo a piedi.
Quando si separarono, il sapore del Nightray le aleggiava ancora in bocca: profumava di fiori di ciliegio e pesche. Inebriante oltre ogni dire.
Il ragazzo mandò un’occhiata al letto occupato.
- Forse è meglio se ti lascio da sola con Emily... - disse, all’improvviso: in quel piccolo quadretto familiare ci si vedeva di troppo.
- No, per favore resta! - lo supplicò Fiamma, ma si accorse subito d’aver osato troppo e si discostò da lui.
Prese uno sgabello lì vicino e lo avvicinò a sé. Vi prese posto e distolse lo sguardo dal vampiro. Questo prese un altro sgabello e lo sistemò vicino a quello della rossa.
- Posso? - chiese timidamente.
- Se vuoi andare fallo -
- No, voglio stare con te... ancora un po’ -.
Non se la sentiva, in verità, di andare: sarebbe potuto sembrare da codardo, ma aveva timore di tornare da solo al dormitorio.
Rimanere lì era l’opzione migliore che potesse pensare, anche perché sarebbe potuto stare in compagnia della vampira che più di tutti, attualmente, attirava la sua attenzione e il suo interesse.
La mano di Fiamma scivolò in cerca della sua e la trovò, forte e fredda. Lei strinse e lui rispose con un’altra lieve stretta.
- Emily supererà la cosa, secondo te? - mormorò la vampira, afflitta.
- Se da sola non ci riuscirà, l’aiuteremo noi, tutti insieme - le promise il moro.
- Sì... - sussurrò Fiamma, gli occhi lucidi e stanchi - ... tutti insieme... - ripeté.





Angolino autrice
Oki, intanto chiedo venia per la lunga attesa, poi... chiedo umilmente perdono pure per Gil-kun, che penso di avere fatto dannatamente e orribilmente OOC ç____ç spero non vogliate linciarmi. Avevo bisogno di qualcuno con una vista "particolare" per certe cose... e quello più vicino a Fiamma era lui! X3
Comunque, ringrazio moltissimo sofia_stella e Sachi Mitsuki per le recensioni allo scorso capitolo e perché continuano accanitamente a seguirmi... in quasi tutto! XD Inoltre, ringrazio quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite e chi legge e basta.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 10
*** Maestro di violino ***


10_Maestro di violino Fiamma si risvegliò con il capo adagiato sul materasso dove ancora dormiva Emily, il viso lievemente contratto in un’espressione angosciata: chissà che cosa stava sognando...
Accanto a lei c’era Gilbert, anch’esso appisolato, il capo appoggiato sulle braccia conserte, l’espressione rilassata.
Quell’aspetto così docile e innocente le strappò un fugace sorriso, che scomparve dal suo viso nell’attimo in cui rievocò alla mente quel suo stato di mistica trance razionalmente inesplicabile.
Lei era una vampira come tanti. Viveva la sua vita tranquillamente e non andava in cerca di guai.
Perché allora si sentiva come designata da quelle parole? Perché, all’improvviso, si sentiva così diversa?
Un altro ricordo si sostituì prepotentemente a quello, scacciandolo: rivide quella donna di bianco vestita e insozzata di sangue, rievocò i suoi sussurri strozzati e il continuo ripetere il suo nome, fino a quando Emily e Oz, trovandola, avevano affermato che con lei non c’era nessuno.
Indugiò alcuni istanti su quell’ultima parte.
- Non l’hanno vista anche se era innanzi a me. Che sia questo il potere di cui Gilbert parlava...? Può essere, ma ciò non spiega chi sia quella misteriosa e lugubre donna - mormorò tra sé e sé, completamente assorta - Eppure ho l’impressione che, in qualche modo, sia coinvolta in... -.
- Fiamma...? Sei già sveglia? -.
La voce impastata di sonno di Gilbert la sottrasse ai suoi pensieri, riportandola nell’infermeria, seduta accanto al letto dove sua cugina riposava.
Il Nightray la fissava, sereno, i segni del sonno in parte perso ancora sul viso.
- Buonasera - esclamò la rossa.
- Buonasera. Dormito bene? -
- Abbastanza -.
La vampira lanciò uno sguardo alla biondina.
- Dici che dovrei svegliarla? - chiese Fiamma.
- Forse dovremmo semplicemente lasciarla riposare - disse lui.
- Sì, forse hai ragione... - convenne l’altra, alzandosi.
Il vampiro la imitò e, assieme, si diressero verso la porta.
- D-dove... andate? -.
Ambedue si girarono di scatto al sentire la flebile voce di Emily, che li fissava dal letto, le palpebre in parte calate sugli occhi ancora gonfi di sonno.
- Sei sveglia! - esclamò Fiamma, avvicinandosi a lei di nuovo - Come ti senti? Tutto okay? -.
- Meglio di... ieri - ammise la biondina, abbassando lo sguardo, improvvisamente triste.
Non c’era motivo di biasimarla: aveva trovato il cadavere di uno studente in un corridoio. Sarebbe stato strano se non ne fosse stata minimamente turbata.
Persino Amethyst si era fermata al vedere la scena, il che era tutto dire.
Cadde un pesante silenzio, che permeò l’atmosfera per alcuni istanti, prima che la rossa si alzasse e si decidesse a romperlo: - Dai, andiamo a lezione... e cerca di non pensarci -.
Tese la mano alla cugina, per aiutarla a rialzarsi.
Quest’ultima la prese con una certa insicurezza e si tirò su.
Gilbert si era già alzato e allontanato di qualche passo.
Le due lo seguirono a poca distanza, mano nella mano.
- Volete andare a far colazione? - chiese, con garbo, il moro.
Ambedue le vampire apprezzarono moltissimo la gentilezza del chiedere: dopo quello che avevano visto la sera antecedente, era stato molto galante da parte del ragazzo chiedere se avevano voglia di mangiare o, nel loro caso, di bere.
La rossa lanciò un’occhiata alla bionda, che pareva a disagio.
- Forse è meglio di no... - concluse la Drakon.
- Sì, hai ragione... nemmeno io ho molta fame... - aggiunse il Nightray, incamminandosi.
Uscirono silenziosamente dall’infermeria e presero la strada che portava ai piani superiori, dove stavano le aule.
Nel guardarsi intorno, notarono una calma generale, in totale discordanza con quello che sentivano agitarsi dentro di loro e ciascuno se ne domandò il perché, anche se tacque il quesito agli altri due.
- Fiamma, Emily! -.
Un richiamo che voleva essere allegro, ma nel quale per le due non fu affatto difficile percepire un che di volutamente fasullo, giunse all’udito del terzetto, che si volse in contemporanea all’indietro.
Scorsero Edward e Oz correr loro incontro, precedendo gli altri.
E con loro c’era pure Pride.
Una fitta di tristezza colpì Emily al petto nel vedere lo sguardo del vampiro così sereno e pacato, mentre in realtà il suo fidanzato era... era...
- Ciao! Come va? - chiese Oz immediatamente, non appena fu davanti alla bionda.
Al notare il suo sguardo triste e accoratamente costernato, il suo impulso primario fu di abbracciarla, ma si contenne e, piuttosto, le sussurrò: - Pride non lo sa ancora. Per favore, fa’ finta di niente... -.
La vampira allora, per quel che poté, cercò di mutare espressione in una più tranquilla, cosa che le riuscì solo in parte: i segni dell’angoscia per l’accaduto erano ancora visibili sul suo viso, anche se solo ad un attento esame.
- Buongiorno! - esclamò, con voce lievemente incerta, quando anche il resto del gruppo arrivato con Edward e Oz li ebbe raggiunti.
Alphonse le sorrise e il fratello maggiore pure.
Pride distese appena un poco le labbra in quello che doveva, o poteva, essere interpretato come un sorriso.
Fiamma tacque e rimase com’era, mentre il suo sguardo si soffermava sui due profili, così diversi eppure, in quel momento, tanto simili, che scorgeva in un esile spazio tra i due fratelli Elric: Amethyst e Vincent parevano essere completamente disinteressati alla discussione, ma molto interessati l’uno agli occhi dell’altra, come pareva dallo sguardo che si stavano rivolgendo.
Era felice che il fatto della sera prima fosse servito ad avvicinarli, anche se pensare una cosa del genere le sembrava in tutto e per tutto un qualcosa di perverso e distorto.
- Andiamo, altrimenti faremo tardi - disse Gilbert, riprendendo a camminare, imitato da tutti gli altri.
Al piano della classe di Fiamma, i due Nightray si divisero dal resto del gruppo e proseguirono verso i piani più alti.
Gli altri andarono in classe, senza accennare minimamente al ritrovamento di Envy e cercando, ciascuno meglio che poté, di celare la tristezza che, chi in misura maggiore e chi minore, tutti provavano in cuor loro.
Le lezioni furono come le due notti addietro: mortalmente noiose ma tranquille e furono un modo, anche se non definitivo, di distrarre l’attenzione dal ricordo della scena osservata all’alba.
Quando terminarono, Oz fu il primo ad alzarsi per dirigersi al banco delle ragazze, che si stavano preparando ad uscire.
- Andiamo a mangiare? - chiese immediatamente.
- Sì, andiamo. Stasera ho un certo appetito... - esclamò Fiamma.
Amethyst parve d’accordo, a giudicare dalla lugubre rapidità con cui si andò a posizionare sulla porta.
Emily, invece, parve titubare.
- C’è... qualcosa che non va? - le chiese Edward, sorpreso.
La biondina parve esitare ed essere sul punto di negare il tutto, quando un caldo rossore le invase il viso e i suoi occhi si spostarono sul pavimento, in cerca di qualcosa su cui fissarsi.
Oz rimase ad osservarla, rapito.
- Ecco, be’... - esordì lei, incerta - ... io preferirei andare all’aula di Musica... -.
Fiamma, senza essere scorta dalla cugina, sorrise dolcemente: sembrava che lo shock dell’alba precedente si fosse dissolto, o almeno, pareva intenzionata a superarlo.
E quale modo migliore di superarlo, per lei specialmente, se non dedicandosi alla cosa che più le piaceva fare?
E poi, chi era lei per impedirglielo?
- Okay, se vuoi va’ pure - acconsentì la rossa - Ma ricorda che devi tornare in dormitorio prima del sorgere del sole - l’ammonì poi, in tono un po’ materno.
Emily annuì, quindi salutò il gruppetto e se ne andò, con grande rammarico del giovane Bezarius, il quale rimase a contemplarne la figura finché non fu scomparsa oltre la soglia.
- Dai, Oz ammettilo: hai una cotta per Emily... -.
La voce di Fiamma lo fece sobbalzare e voltare a un tempo.
- C-che? Ma no...! -
- No...? - ripeté la rossa, inarcando con fare eloquente un sopracciglio - Strano, dal tuo sguardo mi era parso il contrario... va be’, capisco: Emily è una vampira così fragile e dolce che può non piacere ad alcune persone proprio per il suo essere così... -.
- Ehi, non è vero! - esclamò di getto il biondo.
Arrossì violentemente quando si rese conto d’essersi tradito con le sue stesse parole.
- Beccato...! - disse Fiamma - Comunque, non andrò certamente a dirglielo, se è questo che temi: sono dell’opinione che chi è innamorato deve esprimere da solo i propri sentimenti alla persona amata, senza intermediari - aggiunse, incrociando le braccia al petto.
- Ah... grazie - soffiò Oz, sollevato.
- Bene, allora che ne dite se adesso ci avviamo in mensa? - intervenne Alphonse.
- Concordo! - si aggiunse Edward.
- Okay, andiamo - rispose la rossa, seguendo gli altri.

Emily, da sola, si era intanto avviata verso l’aula di Musica.
Camminava con un certo fare sospettoso e timoroso insieme, lo sguardo basso che di tanto in tanto vagava, rapido, all’intorno, come se temesse di veder sbucare la morte stessa da dietro un angolo in qualsiasi momento.
Effettivamente, tutta quella sua paura non era da biasimare: dopo quello che aveva visto l’alba avanti, era da considerarsi un miracolo se osava ancora girare da sola per i corridoi.
I suoi pensieri, nonostante i suoi notevoli sforzi, non si allontanavano molto dai ricordi del ritrovamento di Envy e spaziavano semplicemente tra questi ultimi e sporadici accenni di una triste musica che le ronzava nella mente.
D’un tratto, giunta nelle vicinanze della sua meta, iniziò a sentire una dolce e melanconica nenia che, non ci fu bisogno di molto per capirlo, era suonata da un violino.
La vampira si sentì come rincuorata dall’abilità del violinista: c’era qualcun altro, all’interno dell’istituto, che amava suonare come lei.
D’istinto accelerò, ma giunta davanti alla porta tentennò: non era affatto sicura di voler disturbare l’esecutore.
Rimase lì, ferma, perfettamente immobile, per quelli che le parvero minuti interminabili, finché non sentì una voce provenire dall’interno: - C’è qualcuno al di là della porta -.
Presa dalla sorpresa, non riuscì a spostarsi e la porta si aprì mentre lei era ancora lì.
- Buonasera... - esclamò il vampiro che le aveva aperto, fissandola.
Almeno, era quello che Emily pensava stesse facendo: non riusciva a vedere gli occhi, dato che erano coperti da un grosso paio di occhiali dalle lenti rotonde e spesse.
Aveva i capelli neri che gli arrivavano fin sulle spalle e diversi ciuffi ribelli, ma dal contegno sembrava proprio un bravo ragazzo.
Tuttavia, non era lui l’esecutore di quella bellissima melodia che aveva udito, perché all’interno della stanza c’era un’altra persona, che teneva in una mano un archetto e con l’altra reggeva il violino in posizione.
I capelli erano castani, chiarissimi, con un ciuffo particolarmente buffo che stava dritto sul lato destro della frangia che cadeva trasversalmente sulla sua fronte.
Gli occhi, azzurri, erano sgranati in un’espressione sorpresa ma anche lievemente infastidita e, notò la biondina, sotto il sinistro aveva un punto nero, che contrastava con la carnagione pallidissima in modo molto spiccato.
- Chi è, Reo? - chiese il violinista sconosciuto, in tono irritato.
- È una delle nuove studentesse... - disse semplicemente l’altro, in tono pacato.
- M-mi chiamo Emily... Blaze - si presentò timidamente la vampira, avvampando.
- Che cosa vuoi? - le domandò direttamente il musicista, avvicinandosi alle spalle del compagno.
- Eliot, sii più educato! -
- Non sopporto le persone che mi interrompono! - ribatté Eliot, iniziando ad arrabbiarsi.
La vampira abbassò gli occhi, a disagio, cercando di celare le lacrime che stavano iniziando a pungerle ai lati degli occhi.
- L’hai fatta piangere... - constatò tranquillamente Reo, chinandosi su di lei.
- IO?! Ma che ho fatto?!?! - esclamò l’altro.
- Se fossi più garbato con gli altri... -.
A quell’affermazione, Eliot arrossì e tacque.
- Coraggio, non piangere... che cosa volevi? - chiese, con infinito garbo e dolcezza, Reo, porgendole un fazzoletto, che lei accettò e con il quale si terse le lacrime.
- Ero venuta per... suonare... - mormorò, timorosa.
- Sai suonare?! - esclamò Eliot, aggredendola nuovamente, ma stavolta con sorpresa.
L’effetto su di lei, tuttavia, fu comunque di paura.
- S-sì... suono da tan-tanto tempo... -.
- E cosa? -
- Un po’ t-t-tutto... ma pi-più di tutto i-il violino... - rispose Emily.
Eliot lanciò uno sguardo allo strumento che teneva in mano e poi alla vampira, incontrando successivamente quello del suo compagno, estremamente eloquente.
- C-che c’è? - chiese, a disagio.
Reo tacque, rimanendo in quell’atteggiamento e quel silenzio che volevano dire più cose di migliaia di parole.
- Ehm... - balbettò infine il vampiro, cogliendo finalmente il senso del silenzio dell’altro - ... vorresti... suonare il mio... violino? -.





Angolino autrice
Ecco finalmente a voi il decimo capitolo, che penso fosse ampiamente atteso! ^^'
Da qui in poi... o-ò *cerca di non fare spoiler* ... le cose potrebbero farsi più complicate - anzi, sicuramente XD per cui... ba', spero di riuscire a continuare senza annodarmi il cervello.
Ringrazio Sachi Mitsuki e sofia_stella, che instancabilmente leggono e recensiscono ogni benedetto capitolo di questa fic - e di molte altre - coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite e quanti leggono e basta.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 11
*** Secondo incontro ***


11_Secondo incontro Emily fissò Eliot per alcuni istanti, negli occhi un misto di molte cose che erano indefinibili tant’erano miscelate.
Era una sensazione strana, quella che provava il vampiro nell’osservare quella ragazza: era fragile e dolce. Infinitamente dolce.
Era la prima volta che si riferiva ad un membro dell’altro sesso con quell’aggettivo, ma era vero: non riusciva a descrivere il suo atteggiamento e il suo aspetto in altri termini. Decisamente inusuale per lui.
- S-suonare... il tuo violino...? - ripeté la vampira, perplessa.
L’idea l’allettava in modo esagerato, ma ancor di più le piaceva lo sguardo imbarazzato, visibilmente a disagio, che le stava rivolgendo lo studente: lo faceva somigliare in maniera incredibile ad un bambino che facesse qualcosa contro ogni aspettativa.
Era adorabile.
Reo passò lo sguardo dall’uno all’altra: avvertiva un certo feeling nell’aria. Molto più forte e presente di quello che, tacito, legava lui al suo padrone.
O almeno, che li aveva legati. Adesso sembrava stranamente troppo preso dalla vampira per pensare alla loro pseudo-relazione. Be’, un sacrificio del genere era pur disposto a farlo, se Eliot lo voleva tanto e, soprattutto, se avrebbe contribuito a farlo crescere un po’.
Ci fu del silenzio, imbarazzato, da parte di entrambi.
Era la prima volta che Eliot trovava una femmina seriamente interessata alla prospettiva di suonare con lui: tutte le donne che aveva conosciuto, al di fuori dell’istituto, s’intende, non facevano altro che pensare all’aspetto fisico.
Estremamente deprimente.
Una ragazza appassionata di musica, per giunta in quella scuola, era una novità che per lui sapeva d’eccezionale addirittura.
- Allora? Accetti? - s’intromise il moro, sorridendo ad Emily.
Questa rimase immobile e muta alcuni attimi, a disagio, tesa e imbarazzata.
- ... va bene... - rispose infine, con un fil di voce.
Reo la invitò all’interno con un garbato cenno della mano, quindi la fece avvicinare ad Eliot, che attendeva poco più in là, anche lui fortemente a disagio. Era intuibile dal pallido rossore che gli tingeva le guance.
Si fermò dirimpetto a lui e attese, in silenzio, senza sapere che cosa aspettarsi da quel ragazzo appena conosciuto. Abbassò lo sguardo, incapace di lasciarlo vagare senza meta per la stanza.
Eliot spostò invece il proprio sul servitore, cercando un qualsivoglia aiuto per quella situazione così nuova e orribilmente imbarazzante per lui.
Reo mimò il gesto di porgerle lo strumento, senza riuscire a fare a meno di sorridere: era così adorabilmente impacciato con le femmine...
Il vampiro arrossì un po’, quindi fece come suggeritogli.
- T-tieni... - disse, porgendole il violino.
Emily s’illuminò lievemente, troppo a disagio per farlo in modo più aperto.
Lo prese con cura infinita tra le sue mani e se lo portò alla spalla.
- Grazie... - mormorò debolmente.
Lui si mosse e attraversò la stanza, diretto al pianoforte a coda sistemato nell’angolo opposto, innanzi al quale prese posto.
Sollevò il coperchio, rivelando i tasti, lucidi e senza polvere, che sfiorò con delicatezza.
Altro silenzio. Reo iniziava ad esserne un po’ stufo, ma doveva ammettere che gli sguardi che quei due si scambiavano erano pieni di faville.
- Ehm... comincia tu - esordì Eliot, abbassando lo sguardo, concentrandosi sullo strumento musicale davanti a sé.
Emily esitò alcuni attimi, poi posizionò il violino sulla propria spalla e posò lentamente l’archetto sulle sue corde.
Iniziò a suonare una melodia lenta, vagamente melanconica, alla quale poco dopo l’altro vampiro si aggiunse con il piano.
La musica si fece sempre più forte e veloce, intensa, un rincorrersi frenetico di note di violino e di pianoforte, una danza leggiadra di musica intensa, passionale, fino alla nota estrema, che decretò la fine del pezzo.
All’unisono, Eliot ed Emily alzarono gli occhi e li concentrarono in quelli dell’altro.
Reo applaudì, mettendoli ambedue a disagio.
- È stato bello... - commentò lei.
- Per essere un’improvvisazione... - proseguì lui.
Poi, osò aggiugere un rapido: - Sei molto brava -.
L’appunto fece arrossire la vampira, che replicò: - Grazie... anche tu sei bravo -.
- Ti piacerebbe provare di nuovo a suonare con me? - si gettò Eliot, sorprendendo il suo servo con tutta quell’audacia.
Emily venne presa un po’ alla sprovvista da quella proposta, comunque gli sorrise e annuì.
- Mi piacerebbe tanto...! -.

Fiamma stava tornando in dormitorio da sola. Gli altri erano già arrivati al loro dormitorio, Emily era ancora, con ogni probabilità, all’aula di Musica e Amethyst era uscita con Vincent subito dopo aver mangiato per andare chissà dove. Probabilmente in un luogo appartato, romantico e inevitabilmente macabro, dato il peculiare carattere di entrambi.
Così, procedeva da sola verso il dormitorio femminile, avvolta dal silenzio e sovrastata dalla volta celeste che iniziava a schiarire per lasciar posto all’alba.
Non aveva paura delle ombre che vedeva sotto gli alberi, ma andare da sola le metteva un po’ di soggezione. Cercò con tutta sé stessa di neutralizzare quel timore, di farlo svanire dal suo inconcio, ma era praticamente impossibile: persisteva, come una sottile foschia che aleggiava dentro di lei, sempre e comunque.
Era estremamente fastidioso e indesiderato: lei era Fiamma Drakon. Non poteva avere paura di girare per il giardino da sola! Era semplicemente inammissibile!
Accelerò involontariamente il passo: iniziava a vedere il profilo del dormitorio.
All’improvviso venne colta da una fitta alla testa che la fece barcollare, ma riuscì a rimanere in piedi.
Si guardò intorno: avvertiva qualcosa di insolito in giro, qualcosa che non doveva esserci.
Qualcosa di innaturale.
Spostò lo sguardo attorno a sé, senza riuscire a distinguere alcunché, poi...
- Fiamma...! -.
Un richiamo a metà tra il pronunciato e il pensato raggiunse il suo cervello e il suo udito, facendola rabbrividire: che cos’era stato a chiamarla?
Quella voce era strozzata, inquietante, qualcosa che non avrebbe potuto esistere se non in gola a qualcuno che stava soffrendo in modo allucinante.
Si guardò ancora intorno, cercando di capire da dove provenisse, ma non c’era niente.
Una fitta più acuta le trapassò le tempie, strappandole un gemito e facendola crollare in ginocchio.
- Fiamma... Drakon... -.
Era più vicina, incredibilmente... era... era...
Alzò gli occhi e il suo cuore si fermò: sopra di lei c’era quella donna, quella che aveva visto nel corridoio e che Emily ed Oz non erano, a loro detta, riusciti a scorgere.
Torreggiava su di lei con portamento quasi regale, gli occhi iniettati di sangue fissi su di lei.
Le venne improvvisamente voglia di gridare, lacerare l’aria con un urlo agghiacciante tale da lasciarla senza voce, ma questa pareva già essere sparita.
Un forte vento prese a turbinarle intorno, scuotendo la sua folta chioma rossa, alzandole la gonna e facendola rabbrividire.
Fu costretta a socchiudere gli occhi per poter guardare ancora la sconosciuta, immobile come una statua nonostante i suoi capelli vibrassero poderosi e maestosi attorno a lei, come il suo vestito.
Notò un bagliore istantaneo baluginarle nello sguardo, prima che si chinasse su di lei.
- Devi aiutarmi... siete... siete...! -.
Ma non riuscì a terminare: con un grido dilaniante, la donna si rialzò, tenendosi la testa come se stesse per esplodere.
Fiamma chiuse gli occhi, cercando di distogliere l’attenzione da quella vista e dimenticarsi di quell’urlo, seppellirlo dove non l’avrebbe più potuto trovare, ma la circondava. Le grida di quella donna ignota erano tutt’intorno a lei, ululavano nel vento che sembrava divenuto estremamente più forte, quasi tempestoso, penetrandole fino nelle viscere.
- Che cosa succede? Cosa vuole questa donna da me?! Basta, basta! - gridò tra sé, presa dal panico.
- ... in pericolo... -.
Alzò di scatto la testa.
Il vento era cessato. Della donna, nessuna traccia.
Si rialzò, cercando di scacciare l’impellente bisogno di sciogliersi in lacrime, girando la testa a guardarsi intorno.
Aveva detto “in pericolo”? Perché? Che genere di pericolo correvano? E perché aveva parlato al plurale?
Quella storia non le piaceva. Puzzava di scabro e di mistero.
Si guardò intorno ancora un paio di volte. Una volta appurato che la donna non era nei paraggi, si mosse velocemente verso il dormitorio, decisa.
Voleva andare a dormire, riposarsi e preoccuparsi dell’avvertimento solo al risveglio, quando il suo cervello fosse stato senz’altro più pronto a ragionare su certe trame oscure e sinistre.





Angolino autrice
Finalmente posto... u.u'' confesso che ero così presa da altri lavori che quasi me ne scordavo XD
Però me ne sono ricordata u____u per cui eccomi qui ad aggiornare! ^^ Il capitolo come sempre cortissimo = ='' ma vedrete che i prossimi saranno meglio! *annuisce convinta*
Ringrazio Sachi Mitsuki e sofia_stella - che sono sempre felice di sentire - per le recensioni allo scorso capitolo, chi ha aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite e coloro che leggono e basta.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 12
*** L'impalato, la vampira e il mistero ***


12_L'impalato, la vampira e il mistero - Fiamma! Fiamma svegliati! -.
Il suo sonno, estremamente sensibile alle influenze esterne, venne spezzato da quel richiamo così pieno di foga e allarmismo, anche se non aprì subito gli occhi.
- Fiamma, per favore, apri gli occhi! È un’emergenza!! -.
Riconobbe la voce per quella di Emily. Che ricordasse, non l’aveva mai sentita così forte e così spaventata da quando erano là dentro, anche se non poteva certo dire che fossero nella scuola da chissà quanto.
Quando la cugina iniziò a scuoterla per le spalle, continuando a chiamarla per nome, finalmente si decise ad ascoltarla ed aprì gli occhi.
Si ritrovò a fissare le iridi cristalline della bionda da pochissimi centimetri di distanza, fatto che la indusse, come un riflesso condizionato, a distanziarsi un poco.
- E-Emily... che c’è da essere così agitati? - domandò, perplessa.
Quando vide quelle che innegabilmente erano lacrime far capolino ai lati dei suoi occhi, capì che era successo qualcosa. Qualcosa di estremamente grave.
Si mise seduta e afferrò la più piccola per le spalle, sorreggendola, dato che le sue ginocchia parevano sul punto di cedere.
- Cos’è successo, Emily? Perché piangi?! - esclamò la rossa con voce potente.
- In mensa... i-in mensa... - singhiozzò l’altra, lasciandosi poi andare in un pianto dirotto senza riuscire né a contenersi né a proseguire.
- Hanno trovato un altro cadavere - sentenziò apatica Amethyst.
Solo allora Fiamma si rese conto della sua presenza: stava appoggiata contro lo stipite della porta, lo sguardo serio fisso su di lei, le braccia incrociate al petto.
Fiamma saltò su, dimenticandosi di reggere Emily, che cadde in ginocchio, travolta dal dolore.
- Come?! N-non è possibile! -.
Dallo sguardo dell’altra vampira però, capì che era possibile, anzi, che era accaduto.
Amethyst non accennò altre spiegazioni: attraversò silenziosamente la stanza e andò ad accovacciarsi vicino ad Emily, per poi tirarla su e sorreggerla.
Fiamma corse all’armadio, né estrasse l’uniforme e la infilò in tutta fretta. Nel risollevarsi dopo essersi allacciata le stringhe, raccolse un gommino per capelli dal comò e vi racchiuse la chioma in una coda alta, quindi si alzò.
- Emily, puoi rimanere da sola? Ho bisogno di Amethyst... - chiese la rossa, già sulla porta.
La piccola Blaze annuì, tirando su col naso.
- V-vai pure. P-p-posso riman-nere anche d-da s-so-sola... - rispose, tra un singhiozzo e l’altro.
A quel punto, l’altra si alzò e raggiunse velocemente la cugina.
Uscirono di corsa e si diressero velocemente verso l’edificio principale. Sull’orizzonte, il crepuscolo stava rapidamente lasciando il posto alla notte.
Fiamma aveva il cuore in gola e le pulsazioni a mille: un altro era stato ucciso? La notte non era neppure arrivata del tutto. Chi poteva aver fatto una cosa del genere, alla luce del giorno per giunta?
Mentre ragionava su quell’interrogativo, una domanda fece violentemente irruzione nel suo cervello, gelandole il sangue nelle vene, facendola fermare di botto.
- Amethyst... - chiamò, gli occhi sgranati e vacui.
La vampira si fermò e si volse verso di lei, senza tradire alcuna emozione.
- C-chi è... morto? - domandò, deglutendo nervosamente.
Gli occhi di Amethyst incrociarono i suoi: vi lesse freddezza e apatia, niente di più.
Poi lei riprese a correre, lasciando la rossa indietro senza una risposta.
Infine, questa decise di riprendere la corsa, nonostante la paura fosse tanta e la stesse per sovrastare. Chi era stata la vittima? Qualcuno che conosceva?
Pregava che non fosse così: aveva legato con poche persone, era vero, ma le sarebbe dispiaciuto moltissimo se qualcuno di loro fosse... fosse...
Non riusciva nemmeno a trovare il coraggio di formulare quel pensiero: per lei era semplicemente troppo crudele.
Dopo dieci minuti, giunsero finalmente in vista della meta.
Attorno alla porta, un nugolo di studenti spintonava per farsi largo all’interno, ovviamente senza risultati.
Amethyst, la più veloce delle due, precedette l’altra e si fermò alle spalle del gruppo. Molti ragazzi, al vederla arrivare, si fecero da parte, lasciandole un varco, nel quale Fiamma s’infilò.
- F-Fiamma! Fiamma! -.
Una voce, familiare.
La ragazza girò il capo e incrociò il profilo di Oz, che sventolava in aria una mano per farsi vedere. La rossa si allungò a prenderla e lo tirò a sé, estraendo sia lui che Edward dalla calca.
- Avete già visto, voi? - chiese immediatamente lei, scura in volto.
- No, ma ci siamo precipitati appena abbiamo saputo - rispose Edward.
- Amethyst ci ha trovato dei posti in prima fila, a quanto pare... - commentò Oz.
Gli altri due si voltarono: l’altra vampira era ferma a qualche metro da loro, circondata da uno spazio vuoto laddove i ragazzi si erano spostati per farla passare.
La raggiunsero e, immediatamente, la loro attenzione fu attirata da ciò che c’era davanti a loro.
Fiamma temette che le ginocchia le cedessero per il sollievo: non era stato ucciso Vincent, o Alphonse, o Pride... o Gilbert. Era sollevata che nessuno di loro fosse la vittima, ma una punta di dolore s’insinuò nel suo petto comunque, a quella vista a dir poco riprovevole: sul muro davanti a loro era stato impalato uno studente. Il suo sangue era schizzato tutt’attorno a lui, a corona, le braccia inchiodate alla parete da chiodi fissati nei suoi polsi sanguinanti. Ma la cosa peggiore, era che la testa non c’era, almeno, non era sulle sue spalle, bensì ai suoi piedi, sul pavimento. Gli occhi erano rivoltati e l’espressione era una smorfia di puro dolore.
Riconobbe quel viso per quello del bulletto a cui aveva dato una lezione appena arrivata. Se non ricordava male, il suo nome era Greed.
Non le era stato particolarmente simpatico, né lui aveva più tentato di avvicinarla o essere gentile con lei, però non avrebbe augurato quella fine orribile nemmeno al suo peggior nemico.
Era tante cose, ma non malvagia. Almeno, non fino a quel punto: quello era vero e proprio sadismo.
- È assolutamente orribile... - osservò Edward, turbato.
- No, è peggio - aggiunse Oz, indietreggiando di un passo.
Fiamma, al contrario, ne fece uno avanti, assorta nell’analisi di quel cadavere e nei suoi pensieri.
Prima avevano trovato Envy, ora Greed... era da escludere che fosse uno studente a fare tutto ciò: nessuno, là dentro, avrebbe potuto girare con un paletto senza essere visto, oltretutto di quelle dimensioni. Sembrava più un grosso ramo troncato e rozzamente intagliato a mo’ d’arma.
No, quell’idea era da escludere.
Gli insegnanti? Fuori discussione anche quello: loro mangiavano in una mensa a parte ed era risaputo che non mettevano piede fuori dei loro appartamenti prima dell’inizio delle lezioni.
Che altre ipotesi poteva contemplare...? Non ne rimanevano molte plausibili, e tutte non erano possibili.
Infine, come per uno strano scherzo del destino, la sua mente le ripresentò il raccapricciante incontro della sera prima e le parole di quella donna le riecheggiarono dentro terribilmente vere, facendole sprofondare il cuore in un abisso ghiacciato.
“Fiamma... devi aiutarmi...! Siete... siete... in pericolo”.
Si stava riferendo a quello? Agli omicidi? A quelle trucidazioni di cui, ne era più che sicura, quella non sarebbe stata l’ultima?
Abbassò gli occhi, mentre una nuova consapevolezza le scivolava come un macigno nello stomaco: quella donna sapeva qualcosa ed era intenzionata ad aiutarla.
Voleva essere d’aiuto... per questo era andata a cercarla! Per questo continuava a perseguitarla!
Un groppo le ostruì la gola, mentre iniziava letteralmente a sudare freddo.
C’era qualcosa che stava ammazzando gli studenti, là dentro, e quella cosa, qualsiasi essa fosse, non era né umana né vampira. Tutti loro erano papabili vittime di quel carnefice ignoto e spietato. Quella sconosciuta, però, sembrava essere a conoscenza della sua identità, o almeno del suo piano. Così, cercava di mettersi in comunicazione con lei, per cercare di far luce sulla questione.
Però quella spiegazione, per quanto macabra e in un certo senso esauriente fosse, lasciava un sacco di falle: perché cercava proprio lei? Perché non gli insegnanti? O altri studenti...?
E poi, chi era quella donna? Perché era così bianca e sporca di sangue? Perché i suoi occhi erano così rossi e sembrava soffrire terribilmente? E come mai ogni volta che le era vicina le scoppiava un tremendo mal di testa?
No, decisamente: quella non era la miglior spiegazione che potesse trovare ai fatti recenti, però era la migliore che il suo cervello riusciva a partorire con quelle scarse informazioni e una buona dose d’intuito.
Come un dardo incendiario, un altro ricordo riapparve nella sua memoria: era in infermeria, e Gilbert le stava davanti, lo sguardo fisso su di lei e la voce totalmente irriconoscibile.
“Sento che nel profondo, tu hai qualcosa che a me e a noi tutti manca, qualcosa di arcano e potente, ma anche inquietante e pericoloso. È un qualcosa che è sepolto nel tuo inconscio, di cui tu non riesci a percepire la reale esistenza, un potere che va al di là di tutti gli altri poteri”.
Che pure quella specie di “predizione” fosse inclusa nella faccenda?
- Se non altro si spiegherebbe perché quella donna cerchi sempre e solo me - si disse, in un impeto di logica ferrea, ma solo in un secondo momento si rese conto del pensiero appena formulato: aveva ipotizzato che lei possedesse sul serio dei poteri!
No, non era possibile! Lei era una vampira comune, non c’era niente di eccezionale in lei, niente di così eclatante da attirare addirittura a lei una perfetta sconosciuta.
- Una perfetta sconosciuta dall’aspetto inquietante - si corresse, tra sé.
- Qualcuno ha chiamato i professori? - domandò ad alta voce, rientrando nella realtà dalla quale si era estraniata.
Oz fece per risponderle, quando l’arrivo di Barma, seguito a ruota da Xerxes e da un altro docente ancora a lei sconosciuto le diede la risposta che cercava.
Il professore di Filosofia la spostò bruscamente da parte come se lei non fosse niente più che un intralcio sul cammino di Dio.
Accidenti, quanto le dava suoi nervi quello!
- Faccia attenzione, signorina Dra~kon ♥! - esclamò il professor Break, sorreggendola prima che andasse a sbattere contro quelli che le stavano dietro.
L’aiutò a rimettersi in piedi e le sorrise in quel suo classico modo affettato, mettendola un po’ a disagio.
- Grazie, professore -
- Niente! - fece quello in risposta, raggiungendo poi il docente dai capelli rossi.
Il terzo insegnante, lo sconosciuto, la stava fissando con sguardo severo e arrogante.
Lei rimase a fissare quegli occhi con la medesima espressione scura, finché il vampiro desisté con un mezzo ghigno e raggiunse i colleghi. Solo allora la ragazza si concesse il lusso di dargli una bella occhiata da capo a piedi: i capelli gli scendevano fin sulle spalle ed erano neri, folti e sembravano incapaci di stare al loro posto, come evidenziavano dei ciuffi scarmigliati qua e là. I suoi occhi erano nerissimi.
Aveva una corporatura imponente che avrebbe potuto mettere in soggezione chiunque tranne lei: al momento, era concentrata su ben altri pensieri e l’inquietante presenza fisica di quello sconosciuto era relegata a livelli di priorità troppo bassi perché potesse anche solo prenderla in considerazione.
Dopo alcuni minuti, Barma si pronunciò: - Con questo sono già due i corpi di studenti ritrovati senza vita, e a distanza di tempo così breve. L’autore di questi delitti è pericoloso, pertanto nessuno deve uscire dal dormitorio dopo il coprifuoco... e nessuno deve andare in giro da solo -.
Gli occhi del docente, che fino ad allora avevano vagato sulla folla di studenti, si soffermarono infine su Fiamma, la quale vi lesse uno scintillio alquanto sinistro.
Fu solo un attimo, poi se ne andò.
Nel seguirlo con lo sguardo mentre usciva, la vampira ebbe come l’impressione che l’ultima frase fosse rivolta solo a lei, e non a tutti gli studenti. Ma perché Rufus Barma avrebbe dovuto rivolgere solo a lei un simile avvertimento?
E perché nei suoi occhi aveva avuto la sensazione di vedere... una scintilla di tacito trionfo?
- Ehi, Fiamma, tutto okay? -.
Era la voce di Edward.
- Sì, va tutto bene - mentì, con spontaneità, rivolgendogli uno sguardo sereno, che non rispecchiava affatto il suo stato d’animo.
- Amethyst! Ti stavo cercando! -.
Vincent sbucò dalla folla e si avvicinò alla bionda, che ricambiò la sua attenzione con uno sguardo che lasciava trapelare un briciolo di sentimento, mentre gli prendeva la mano e vi intrecciava le dita.
- Spero che questo spettacolo non ti abbia traumatizzata troppo... -
- Eccitata, piuttosto - replicò lei.
Lui le baciò le mani.
- Ah, Amethyst... - sospirò il biondo, quindi la scortò via.
- Ah~ah...! Ragazzi! -.
Il richiamo di Xerxes Break giunse forte e chiaro a tutti, che si zittirono e gli prestarono massima attenzione.
- Oggi le lezioni sono sospese - annunciò, prima di eclissarsi oltre la porta.
La folla iniziò a scemare.
- Dove andiamo? - chiese Oz agli altri due.
Fiamma notò qualcuno di estremamente familiare fermarsi fuori della porta e, prima che Edward potesse aggiungere qualcosa, disse: - Mi spiace, non posso rimanere con voi. Ho un impegno -.
E, prima che le rispondessero, corse via, uscendo dalla mensa e fermandosi in mezzo al corridoio, dirimpetto alla persona che, a braccia conserte e sguardo serio, la fissava.
- Gilbert... - esclamò, gettandosi contro il suo petto.
Lui l’abbracciò forte, stringendola a sé, affondando il viso nei suoi capelli.
Il Nightray era così vero, così reale che tutto quello che aveva in mente l’abbandonò per alcuni minuti, il tempo in cui stette stretta a farsi coccolare da lui.
Però dovette poi sottrarsi.
- Gilbert... ti va di fare una passeggiata fuori, io e te da soli? -.
Lui parve sorpreso, ma assentì e la seguì.
Le dispiaceva immensamente usarlo, ma doveva riuscire a trovare il modo di farlo cadere di nuovo in quella strana trance dell’altra sera. Aveva bisogno di informazioni e lui era l’unico che, al momento, potesse fornirgliele.
Era accaduto quando erano soli, in intimità, per cui se avesse ricreato l’atmosfera...
Una morsa le serrò il petto, mentre un pensiero le si formava nella testa: sfruttare il suo amore in quella maniera per delle informazioni.
Era una persona orribile.





Angolino autrice
*guarda il capitolo* oki, questo mi sembra quantomeno guardabile o__o *grave: inizia a stimare quel che scrive*
Coooooomunque ^^ ringrazio Sachi Mitsuki e sofia_stella - come al solito XD - per le recensioni allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 13
*** Non voglio, amore mio, ma devo ***


13_Non voglio, amore mio, ma devo Fiamma non aveva mai ancora avuto il piacere di contemplare il cielo nero trapunto di stelle nel pieno della notte da quando era arrivata nella scuola, men che meno mano nella mano con il vampiro di cui era innamorata, il giovane, gentile e dannatamente sexy Gilbert Nightray.
Passeggiavano lentamente, osservando a tratti il cielo e a tratti gli occhi dell’altro, in un silenzio carico d’amore.
Però, la vampira sapeva bene che, prima o poi, avrebbe dovuto interrompere quel silenzio per cercare di far materializzare il “Gilbert-in-trance”, quello che sembrava avere tutte le risposte che lei cercava su se stessa e su cosa poteva celarsi nei recessi più oscuri e reconditi del suo essere. Eppure si sentiva schifosamente male solo pensando di dover rovinare tutto quanto: non voleva sfruttarlo per quella strana dote di cui neppure lui sembrava essere a conoscenza.
Non voleva farlo, ma doveva. La questione degli omicidi e le spaventose apparizioni di quella donna di bianco vestita la stavano angosciando molto più di quanto dava a vedere. Se c’era un ipotetico collegamento con qualche suo strano potere nascosto, lei doveva saperlo. Forse sarebbe stato d’aiuto alla risoluzione di tutta quanta la faccenda.
- Fiamma... - la chiamò il moro, distogliendola dai suoi orribili sensi di colpa.
- Sì...? -
- Hai visto... com’è bella la luna, stasera? -.
Gli occhi della vampira si alzarono, seguendo quelli del vampiro, incontrando la luna, una bellissima falce d’argento dal sapore di favola e amore.
- Sì, è meravigliosa... - commentò.
Era alla luce di quella splendida falce che avrebbe dovuto sfruttare tutto il suo fascino per ricreare l’atmosfera necessaria al suo scopo.
Dio, si faceva sempre più schifo ogni istante che passava...
- Come te -.
Ecco, il primo commento, quello che dava il via alla sua orribile, riprovevole, meschina messinscena.
Se l’avesse scoperto e l’avesse lasciata? Se si fosse accorto dei suoi propositi? Se l’avesse scacciata in malo modo gridandole contro di odiarla e di non volerla vedere mai più?
Niente, ne sarebbe semplicemente uscita con dignità. Distrutta, ma con dignità, o almeno quel briciolo che le sarebbe potuta rimanere in corpo.
Gli strinse la mano, sorridendogli, ma lui si fece scuro tutto d’un tratto.
- Quello che è successo stasera è stato orribile... - disse.
- Sì, è vero... -.
Ma io potrei arrivare a capire chi è stato, se tu ti decidessi a entrare in trance! aggiunse mentalmente, frustrata e disgustata ad un tempo.
- Non immaginavo che si sarebbe giunti a questo. Non credevo esistessero persone capaci di fare un simile scempio... - proseguì il Nightray, pensieroso.
- Forse... chi ha fatto tutto questo non è propriamente... umano... né vampiro - osservò lei.
Gilbert si fermò e così l’altra.
- Stai dicendo che c’è... qualcos’altro dietro a tutto questo? -.
Il tono con cui lo disse era palesemente stupito e spaventato.
Che cosa doveva fare? Parlargli dei suoi sospetti, delle sue congetture? Dirgli cosa le stava passando per la mente?
Più fissava quelle iridi dorate, più ne veniva assorbita e il desiderio di rivelargli tutto cresceva a dismisura, divenendo un vero e proprio bisogno di sfogarsi con qualcuno, di caricare di quel fardello anche le spalle di qualcun altro.
Poi, all’improvviso, mentre stava per aprire bocca e parlargli di tutto, notò che il suo sguardo si stava spegnendo e le iridi stavano scomparendo, inghiottite dal biancore circostante.
- Gilbert? - lo chiamò, preoccupata - Gil...? -.
- Sta cercando te -.
Fiamma trasalì al sentir uscire dalle sue labbra la stessa voce con cui le si era rivolta in infermeria. Un brivido le corse lungo la schiena, un misto di paura ed eccitazione: era caduto in trance.
Però, quelle non erano le parole che avrebbe voluto sentirsi rivolgere. Lo afferrò per le spalle e lo scosse.
- Gilbert! Devi dirmi cosa intendevi dire in infermeria, l’altra sera! Che potere ho? - esclamò, in preda ad un’urgenza e un allarmismo sconcertanti.
Doveva sapere, prima che fosse troppo tardi.
Lui continuava a fissarla con occhi vacui, non suoi.
- Quella cosa sta cercando te... vuole la tua vita... -.
Era una minaccia? Una premonizione? Non lo sapeva, ma la stava spaventando. Tuttavia, non era intenzionata a desistere.
- Dimmelo, Gil! Chi mi cerca? -
- Vuole... te... -.
Lo scosse ancora, poi crollò in ginocchio a terra, assieme a lui, stringendolo con tale forza che le unghie le si conficcarono nelle sue spalle. Era sul punto di piangere.
- Gil... ti prego, rispondimi! Che potere... ho?! - ripeté, sull’orlo di una crisi isterica.
Lui la fissò alcuni momenti senza apparentemente vederla, poi un sorriso gli increspò le labbra, ma era inquietante, vuoto, freddo... e carico di scherno.
Lo scherno di un pazzo. Così somigliava a suo fratello Vincent, anche se quell’espressione faceva più paura.
- Fiamma è strana... - disse, cogliendola completamente di sorpresa - ... Fiamma non è come le altre due vampire. Loro non possono vedere quella donna. Oh, noi non possiamo vedere quella donna... ma lei può, perché lei è strana. È diversa. Lei può... - s’interruppe.
- ... può? Cosa posso?! - lo incalzò lei, illuminandosi, nonostante lacrime di dolore le solcassero le guance: l’aveva chiamata strana. Faceva così male sentirlo dire proprio da lui, in quelle condizioni, con quella voce che sembrava fatta su misura per prenderla in giro.
Sembrava quasi divertirsi.
- Non è il vero Gilbert. Non devo prendermela, non devo... - si ripeteva, ma era inutile: ci soffriva comunque.
- ... cosa può? - ripeté lui, sempre guardandola con occhi assenti.
Una risatina sommessa gli sfuggì dalle labbra, mentre il suo sguardo assumeva un cipiglio vagamente cattivo, poi ritornò com’era all’inizio.
- Lei è così strana perché... sente i morti... -.
Proferì quell’affermazione con la mistica voce solenne che aveva avuto anche in infermeria.
Fiamma sgranò gli occhi, allibita da ciò che aveva appena detto.
Sentì le forze abbandonare ogni muscolo del suo corpo e una voglia matta di scoppiare in un pianto isterico ricolmarla da capo a piedi.
Sentiva i morti...? Come poteva sentire i morti?! Era quello il suo potere, parlare con le persone morte?!
Se l’avesse posseduto davvero, avrebbe potuto vedere o sentire Envy e Greed, ma quando aveva ritrovato i corpi non aveva percepito niente di anomalo. Solo dolore e tristezza.
- Fiamma! Fiamma, cosa c’è? Perché piangi? -.
Si era ripreso: sentiva le sue mani cercare di allentare la presa ferrea e dolorosa delle sue dita sulle sue spalle, dove erano ancora conficcate, ma non le importava.
Non le importava più di niente, neppure della preoccupazione che poteva causargli piangendo in quel modo.
Alla fine abbandonò la stretta su di lui e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, chinando il capo.
- Fiamma...? - la chiamò ancora Gilbert, dolorosamente in ansia: che cosa le era successo? E perché adesso erano inginocchiati a terra? Che fossero caduti?
Eppure, non lo ricordava.
Lei scosse la testa e si gettò contro il suo petto, cercando disperatamente di non affogare in un mare di angoscia e incredulità.
Mentre lui la circondava con le sue braccia e le accarezzava i capelli, mormorandole dolci stupidaggini nel tentativo di calmarla, la vampira non poté fare a meno di pensare che il Gilbert-in-trance aveva ragione. Lei era strana ed era diversa, non era né come lui, né come Emily o Amethyst, non era come Edward, Oz e Alphonse, né come Break o Barma.
Nessuno era come lei, lì dentro, forse nemmeno al di fuori di quelle mura, perché lei possedeva quel potere.
Si costrinse a calmarsi, o almeno a calmare i singhiozzi, a cercare di tranquillizzarsi e di guardare la cosa oggettivamente, dato che, a seguito di quella traumatizzante rivelazione, una cosa era divenuta ormai più che lampante: quella donna che aveva già incontrato due volte era morta. Anche il Gilbert-in-trance l’aveva detto. Solo lei poteva vederla, lei e nessun altro.
In più, e a pensar ciò si sentì le spalle improvvisamente pesanti, come se caricate con un immenso macigno invisibile, lei era l’unica capace di fermare le aggressioni. La donna voleva collaborare, ma poteva farlo solo con lei.
Per questo, era una prescelta, La Prescelta.
Doveva andare avanti, doveva accettare cos’era e il dono che possedeva e passare oltre, impiegando quel potere per fermare le aggressioni.
Tanto per cominciare, doveva saperne di più, ed era certa che in biblioteca ci fosse qualcosa che potesse fare al caso suo.
Obbligò le sue gambe a rialzarsi, sottraendosi alla dolce presa di Gilbert, che la fissava, ancora confuso e preoccupato.
- Sto meglio, grazie... - disse, asciugandosi le guance - Scusami, Gilbert, ma devo andare -.
- A-aspetta! È troppo... -.
Ma lei lo interruppe con un bacio, un contatto intimo e prolungato che sapeva ancora di disperazione e di lacrime.
- Farò attenzione, promesso -.
Detto ciò, si volse e corse via, diretta verso l’edificio principale.





Angolino autrice
U___U finalmente aggiorno u.u *si riprende* è stata una tragedia òwò 'sto capitolo è stata una tragedia *si fustiga* ma tanto non è né la prima né sarà l'ultima, per cui la prendo come un dato di fatto.
Comunque u.u i ringraziamenti *O*
Sachi Mitsuki
E coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 14
*** Una Emily decisamente contesa ***


14_Una Emily decisamente contesa Emily si acquattò dietro uno scaffale della libreria, cercando nei ripiani più bassi qualcosa che facesse al caso suo: non aveva intenzione di sprecare una nottata in dolce far nulla. Oltretutto, stare senza niente da fare era il peggior modo che avesse d’impiegare il tempo e, soprattutto, la mente, che sapeva per certo sarebbe ritornata a ciò che era accaduto in mensa, subito dopo il tramonto.
Scosse con violenza il capo, chiudendo con forza gli occhi.
- Non devo pensarci, non devo pensarci...! - si ripeté con forza, riprendendo la sua ricerca di qualche libro interessante.
Sfiorò un tomo dalla copertina ruvida e ne lesse il titolo: “Alchimia di un delitto”. No, decisamente, non era adatto a lei. Passò avanti.
“Tramonto di sangue”... “Little Bloody Town”... “Tre amiche e un cadavere”... “Darker than night”... “Zombie City”...
- Certi titoli sarebbero piaciuti tanto ad Amethyst... - commentò tra sé, stizzita, rialzandosi: non c’era qualche libro un po’ più “solare” là dentro?
Passò ad un altro scaffale, più alto.
Lì c’era già qualcosa di meglio, anche se non proprio di suo gusto, come mostrava in modo estremamente lampante il primo titolo che adocchiò: “Skeleton Life - Diario di un morto vivente”.
- Uff... ma proprio niente per me...? - osservò, un po’ amareggiata, alzando ancor di più gli occhi.
Un titolo che l’attirava particolarmente spiccava a vivi caratteri rossi su una copertina bianca: “Run away from me”.
Sembrava interessante, peccato che non era esattamente a portata di mano.
Si guardò intorno: non c’erano scale da nessuna parte, per cui dovette improvvisare. Benché l’idea non le piacesse particolarmente, afferrò il bordo di un ripiano più in alto e si tirò su, appoggiando i piedi su uno più basso. Iniziò quindi una sorta di buffa e alquanto precaria scalata verso il libro che le interessava.
- Ehi, Emily... ti serve una mano? -.
La ragazza sobbalzò al sentirsi richiamare e si voltò.
- Ah... Fiamma, sei tu - sospirò, palesemente sollevata.
- Certo... chi pensavi che fosse, scusa? - chiese la rossa, inarcando con fare perplesso un sopracciglio.
Emily arrossì lievemente, scuotendo la testa.
- Nessuno in particolare! - si affrettò a rispondere - Comunque, no grazie. Faccio da sola - aggiunse, in risposta alla sua domanda iniziale.
- Sicura? -
- Sì, sì, tranquilla! Tu piuttosto... che ci fai qui? -
- Ricerche - replicò sinteticamente Fiamma - Allora... a dopo! - disse, come se avesse all’improvviso fretta, quindi si allontanò.
- Okay... ciao! - disse la biondina, ma l’altra era già lontana.
Riprese ad inerpicarsi coraggiosamente sullo scaffale, decisa a non arrendersi.
Aveva appena afferrato la costola del libro che cercava, quando...
- Emily...? Che cosa stai facendo? -.
La voce che più avrebbe voluto udire in ogni momento dalla sera prima tranne quello la fece sussultare. Per la sorpresa si sbilanciò e cadde all’indietro, ma la persona appena sopraggiunta l’afferrò prontamente prima che toccasse terra.
Dietro di lei cadde pure il suo libro, che le atterrò sul ventre.
- S-stavo... sì, cioè... stavo cercando di... - tentò di spiegarsi, fissando le proprie iridi negli occhi del suo salvatore.
- ... volevi questo libro? - chiese semplicemente lui, lanciando una rapida occhiata al volume dalla copertina bianca.
- Sì... - rispose Emily, imbarazzata, rimettendosi in piedi - Ehm... grazie per avermi presa, Eliot... -.
Il vampiro distolse lo sguardo, a disagio anche lui.
- Figurati - replicò soltanto, con fare un po’ burbero.
La vampira notò che anche lui teneva un libro in mano, rilegato in nero.
- Anche tu eri venuto per un libro? - chiese di getto, senza pensare a quanto fosse stupida quella domanda.
- Ero venuto a restituirlo... - spiegò lui, ben lieto di cambiare argomento.
Emily allora si aprì in un timido quanto mai solare sorriso, che una certa persona, nascosta dietro uno scaffale, colse in modo eccessivamente nitido.
Il giovane Bezarius ardeva di gelosia, quasi fosse un’aura che gli permeava la pelle e arroventava l’aria attorno a lui: non riusciva a sopportare di vederla sorridere così a uno come Eliot. Come poteva piacerle un essere del genere?! Era così presuntuoso, arrogante, pieno di sé, maleducato...
L’elenco di difetti che trovava in quello studente era pressocché infinita, mentre quella dei pregi era nulla.
Se avesse iniziato a dare di matto lì, di certo Emily se ne sarebbe accorta e non voleva sfigurare con lei, anzi, al contrario.
Ma non riusciva a sopportare di vederla con lui! Non ci riusciva per niente!!!
Quando lei iniziò a ridere, le guance lievemente rosse, una furia cieca divampò in lui, bruciando completamente ogni suo buon proposito e briciolo di dignità e discrezione.
Prima che il suo cervello riuscisse a frenarlo, uscì allo scoperto e si diresse a passi veloci e decisi verso i due. Spalle dritte, petto in fuori, espressione seria e composta. Pareva più un militare che uno studente deciso a fare colpo, ma per lui conquistare Emily era la priorità assoluta.
- Ehilà, Emily! - esclamò, appena fu vicino.
Eliot gli rivolse un’occhiata fulminante.
- Ciao, Oz - rispose semplicemente la biondina, sorridendogli, provocandogli un vero e proprio scombussolamento completo.
- Ti va di andare a fare un giro? - le chiese subito, senza perdere un attimo.
Prima che lei potesse dire qualsiasi cosa, l’altro vampiro gli ringhiò contro, mostrandogli un paio di affilati e davvero ben tenuto canini dall’aria poco raccomandabile.
- Sparisci, Bezarius! Non lo vedi che è occupata? -
- A dir la verità mi sembra più che libera! - ribatté Oz, prendendolo palesemente per i fondelli.
L’altro si sporse sul biondo, incombendo su di lui come una minacciosa presenza.
- Non osare parlarmi con quel tono, Bezarius -
- E tu impara a stare al posto tuo, Nightray -.
Emily batté le palpebre, perplessa: Nightray? Ma non era il cognome di Gilbert e Vincent, quello? Significava forse che pure lui era imparentato con loro...?
Lo esaminò: non somigliava affatto agli altri due, ma adesso che ci faceva caso emanava un’aura d’autorità e forza che, segretamente, aveva percepito pure in Gilbert, durante il loro primo incontro.
I due vampiri si fissarono in cagnesco per lunghi attimi, durante i quali la povera sfortunata poté sentire la tensione del momento come un velo palpabile attorno a lei.
Era quasi inquietante.
- Emily, allora? Vieni? - disse Oz, rivolgendole un fugace sguardo felice.
Eliot lo spinse.
- È impegnata con me. Dobbiamo suonare insieme... - si rivolse a lei - vero? -.
Iniziava a sentirsi troppo... schiacciata, in mezzo a loro.
- Verrà a fare una passeggiata con me! -
- Verrà a suonare con me! -
- B... BASTA! -.
Non seppe nemmeno lei dove riuscì a trovare il coraggio e la voce per urlare così, fatto stava che aveva attirato la loro attenzione.
A disagio, iniziò a piangere.
- N-non... devo a-andare... - disse, correndo via.
- Emily, aspetta...! - la richiamò Oz, affranto, ma la vampira non si fermò né si volse indietro.
- È colpa tua! - ringhiò poi, rivolgendosi al suo nemico.
- Mia?! Sei tu che ti sei messo in mezzo! -
- Ti avverto, Nightray: non sono disposto a lasciarti campo libero con lei, per nessuna cosa al mondo! -
- Lo stesso vale per me! -.
E si voltarono, allontanandosi a passi pesanti, in direzioni opposte.





Angolino autrice
u__u ad aggiornare (allelujah! XD). Oki, dopo aver tormentato la mia Fiamma-chan v.v dò un po' noia anche a Emily <3 perché mi sembra giusto. Eliot qui mi pare di averlo reso un pochino OOC nella parte finale òwò perciò, chiedo venia.
Ringrazio Sachi Mitsuki e sofia_stella per le recensioni allo scorso capitolo e chi ha aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 15
*** Just like the Devil's mind ***


15_Just like the Devil's mind Fiamma stava ancora percorrendo la biblioteca, cercando una qualche sezione dedicata ai poteri speciali dei vampiri, o alle comunicazioni con l’aldilà... insomma, qualcosa che era definibile paranormale persino per loro.
Per ora non era stata molto fortunata, ma non demordeva: non poteva demordere, dato che la questione la riguardava in prima persona. Forse neppure solo lei, bensì la salvezza del corpo studentesco dell’intero istituto.
- Un bel peso da portare sulle spalle... - commentò distrattamente tra sé, fermandosi un istante ad osservare uno scaffale, per poi scoprire che non c’era niente che la interessava e proseguire.
Dopo altri dieci minuti di ricerca, si fermò e mandò un sospiro carico d’afflizione: possibile che non ci fosse seriamente niente sull’argomento? Era una biblioteca così vasta...
- Non ci credo. Deve esserci qualcosa -.
Infine, i suoi occhi si posarono su un angolo della biblioteca dove l’illuminazione scarseggiava e gli scaffali parevano sistemati in modo diverso.
- Una sezione a parte? - si domandò, perplessa, avviandosi verso di essa, presa da un’istantanea speranza.
Quando si addentrò in essa, notò che c’erano solo due scaffali, immensi, ma erano solo due, segno che, qualsiasi argomento accomunasse quei libri, ce n’erano pochi a riguardo.
Notò, a lato di una delle due scaffalature, una targa coperta da uno spesso strato di polvere. Sicuramente vi era scritto il genere di testi che contenevano quei ripiani.
Si mosse rapidamente verso di essa e vi posò la mano delicatamente, ripulendola alla meglio. Appena ebbe finito, si allontanò un poco per leggere l’iscrizione e il suo cuore sobbalzò: “Poteri vampirici”.
L’aveva trovata! Aveva trovato la sezione che le interessava!
- Lo sapevo che c’era! Doveva esserci! - esclamò tra sé, felice.
Un pensiero improvviso, però, fece sprofondare la sua gioia in fondo alla sua anima, sostituita da una certa ansia: il suo potere era particolare, troppo particolare. L’avrebbe trovato in quei libri?
Non c’era modo migliore per scoprirlo che iniziare a cercare, e così fece.
Iniziò a camminare avanti e indietro tra quegli scaffali, togliere libri dal titolo interessante, far su e giù tra un tavolo poco distante e le scaffalature, finché non fu del tutto certa di aver trovato tutto quello che poteva esserle utile, e in verità non era poco: c’erano ben tre pile di libri di una certa altezza ad ingombrarle il tavolo. Per fortuna era un’accanita lettrice, e non si fece affatto intimorire dall’esorbitante quantità di testi che aveva davanti.
Sedette e, diligentemente, iniziò a sfogliarli tutti, uno per uno, in cerca di qualcosa che facesse al caso suo.
C’era una lampada da lettura nell’angolo più lontano da lei, e dopo quasi un’ora e mezza passata a leggere al buio iniziavano a dolerle gli occhi, così si sporse oltre i libri e l’accese. Tuttavia, nel ritirare la mano, fece cadere in parte una pila. Alcuni tomi rovinarono alla rinfusa sopra quello che stava leggendo.
- Accidenti...! - mormorò a mezza voce, alzandosi e iniziando a sistemarli.
Uno le scivolò di mano e cadde a terra.
Quando si piegò a raccoglierlo, il suo sguardo si fece sbarrato e allibito. Lentamente lo prese e lo avvicinò agli occhi, come se quello che vi era scritto sulla copertina non fosse stato altro che un’allucinazione.
No, c’era scritto davvero. Iniziò a sudare e tremare per l’eccitazione e l’euforia del momento: sulla copertina di quel libro nero c’era scritto proprio “Guida ai poteri pericolosi - psichici e di contatto”.
Non riusciva a credere che potesse esserci un  libro del genere, là dentro. Quando l’aveva tirato giù dallo scaffale non aveva di certo visto il titolo, altrimenti l’avrebbe letto per primo.
Spostò gli altri, senza curarsi di risistemarli, quindi aprì quel libro all’indice e iniziò a scorrere i vari capitoli, sofferandosi sull’ultimo: “Pag. 451 Capitolo 21° - Contattare i morti”.
Sembrava fatto su misura per lei, così corse alla pagina indicata, trovando in alto, in mezzo alla pagina, il titolo del capitolo, scritto con una grafia alquanto lugubre e raffinata, ovviamente in inchiostro nero.
Iniziò così a leggere, avida di sapere:
«Di tutti i poteri vampirici, quello di poter entrare in contatto con i morti è senza dubbio il più pericoloso e al contempo il più interessante.
Solo pochissimi sono i “prescelti” da questo potere. La maggior parte di essi, nel passato, ha preferito togliersi la vita piuttosto che continuare a vivere in possesso di quel potere. Alcuni addirittura impazzirono per il prolungato contatto con persone defunte di morte dolorosa.
Quel dono era ed è tuttora ritenuto e chiamato, da alcuni, il potere del Diavolo.
Ma come funziona?
Il vampiro o la vampira che ne è in possesso riesce a percepire sia visivamente che interiormente la presenza dello spirito del defunto, che solitamente si manifesta quando il possessore del potere è da solo, anche se eventuali terzi non sarebbero in grado di vederlo.
Il primo contatto tra un vampiro e un defunto è sempre il più violento. Viene preceduto da forte nausea ed emicrania, in quanto la parte del cervello adibita alla recezione della presenza dello spirito deve “risvegliarsi” dal torpore in cui era rimasta fino a quel momento. Solitamente, l’età in cui il potere inizia a manifestarsi apertamente è attorno ai sedici/diciassette anni, e perdura per il resto della vita.
Nei contatti successivi si verifica solo mal di testa che non raggiunge mai picchi vertiginosi, tuttavia svanisce non appena lo spirito si materializza.
Il contatto con i morti, tuttavia, funziona solo con spiriti deceduti di morte violenta che hanno più di cento anni.
Inoltre, il potere non può essere utilizzato per richiamare a sé alcuno spirito. Solo questi ultimi possono decidere se rivelarsi o meno. Coloro che tenteranno di forzarli ad apparire, potrebbero andare incontro alla pazzia o, nei casi peggiori, alla morte stessa.»

Fiamma rimase ad osservare il trafiletto che aveva appena letto senza riuscire a non provare paura.
Paura per cosa era e per quello che possedeva.
Scosse la testa.
- Non devo pensarci! È un potere che ho e rimuginarci sopra non servirà certo a cancellarlo da dentro di me! - si disse, decisa.
Doveva trovare qualcosa di utile.
Lo rilesse un paio di volte, giusto per esser certa di non confondersi, poi iniziò a stilare una sorta di lista mentale di ciò che poteva e non poteva fare grazie a quel potere.
I punti negativi erano:
1) il suo potere aveva già condotto più d’uno al suicidio;
2) era considerato “il potere del Diavolo”;
3) ogni volta che uno spirito avesse deciso di manifestarsi si sarebbe sentita male;
4) il suo potere l’avrebbe perseguitata per tutto il resto della sua vita;
5) ultimo, ma non per importanza, non avrebbe potuto evocare mai e per nessun motivo uno spirito. Pena la pazzia o peggio.
I positivi erano:
1) non era una pazza perché vedeva una donna che altri non vedevano;
2) non avrebbe più avuto nausee ed emicranie come quelle che aveva avuto in corridoio;
3) non sarebbe stata “aggredita” né da Envy né da Greed.
Decisamente, i punti a suo sfavore superavano quelli a suo favore, ma doveva farsene una ragione, dato che aveva cose più importanti di cui occuparsi: secondo il libro, e l’autore aveva pure avuto premura di sottolinearlo, non avrebbe mai dovuto nemmeno provare a chiamare a sé uno spirito.
Ma come avrebbe fatto a trovarla, se era lei che doveva decidere quando e se apparire?
Doveva rivederla quanto prima, ma se non fosse stata lei a fare la prima mossa, ogni suo buon proposito andava a farsi friggere.
- Perché deve esserci proprio questo cavolo di limite?! - sbottò tra sé la vampira, mettendosi le mani nei capelli - Possibile che non me ne vada liscia una? -.
Sbuffò, quindi si addossò contro lo schienale della sedia, alzando gli occhi al soffitto: tutto quello che doveva fare era rimanere da sola.
Da sola...
“... e nessuno deve andare in giro da solo”.
Sgranò gli occhi, mentre una folgorazione divina la coglieva, sconvolgendola: che Barma avesse detto quella cosa per...?
No, lo escludeva. Voleva escluderlo.
In caso contrario...
- Anche lui sarebbe coinvolto in questo casino... - commentò tra sé.
Non voleva nemmeno prendere in considerazione un’idea simile: non voleva pensare alle conseguenze che una tale ipotesi potesse avere.
Sapeva che, indipendentemente da quali fossero, sarebbero inevitabilmente state tragiche.
Si alzò e andò a riporre tutti i libri: aveva trovato quel che cercava, perciò rimanere lì era del tutto inutile.
Appena ebbe finito, uscì dalla biblioteca.
Non fece nemmeno due passi fuori dell’uscio che incrociò Oz, accucciato contro la parete, il viso chinato verso il basso, gli occhi coperti in parte dalla frangia.
- Ehi, che ti succede? - chiese la vampira, chinandosi vicino a lui.
Quest’ultimo serrò i pugni con forza, conficcandosi le unghie nei palmi, come per punirsi di qualcosa. La rossa notò sottili righe di sangue affiorare dalla sua pelle.
- Oz...? - lo chiamò, preoccupata.
- Sono un idiota. Ho rovinato tutto... con Emily -.





Angolino autrice
Finalmente ce la faccio ad aggiornare ç__ç chiedo venia per il ritardissimo, ma come al solito tra la scuola e il resto il tempo per sistemare e postare i capitoli si riduce drasticamente ç____ç
Anyway... ringrazio Sachi Mitsuki e sofia_stella per le recensioni allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! (sperando di postare presto ç__ç)
F.D.

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Capitolo 16
*** Consulente per cuori infranti ***


16_Consulente per cuori infranti - Sono un idiota. Ho rovinato tutto... con Emily -.
Fiamma lo fissò, accigliata.
- Cosa è successo? - domandò, posandogli una mano sulla spalla.
Lui tacque e la vampira pensò che non volesse parlarne con lei, così si alzò, ma lui allungò una mano e le afferrò la gonna, tirando appena, come un bambino che stesse disperatamente cercando di attirare su di sé l’attenzione di qualcuno.
Lei si volse a guardarlo: non aveva alzato il viso, ma pareva comunque intenzionato a non lasciarla andare.
Doveva soffrire tanto, perché volesse il suo conforto.
Così si appoggiò contro la parete e incrociò le braccia sul petto, fissandolo.
- Vuoi parlarmene? - chiese, cercando di mantenere un tono di voce basso e gentile.
- Lei... non vorrà più vedermi, dopo la scenata con Eliot Nightray... - disse, semplicemente.
- Eliot Nightray? - chiese la ragazza, perplessa.
- È il terzo fratello di Gilbert e Vincent. Non ci siamo mai piaciuti. Anche lui vuole Emily, ma... -
- Senti, Oz. Mia cugina è estremamente delicata, quando si tratta di queste cose. Non vuole ferire nessuno, ma è inevitabile che qualcuno rimanga sempre ferito. Era già successo, una volta, quando eravamo alle elementari. Due ragazzi si litigavano il suo interesse, a volte anche in modo molto violento. Alla fine, lei ne scelse uno, cercando così di porre fine alla cosa, ma si pentì quasi subito della sua scelta, quando venne a sapere che il compagno rifiutato... era stato investito da un camion. Non si è mai completamente ripresa dallo shock di quell’incidente, che pensava fosse stato causato da lei. Ha continuato ad avere incubi per anni. Quando alla fine ha deciso di mettersi il cuore in pace, si è ripromessa di non far accadere mai più una cosa simile... -.
Oz alzò lo sguardo per portarlo su quello della compagna, stupito: Emily era stata davvero vittima di una simile sciagura?
Quella storia spiegava senz’altro il modo brusco in cui aveva chiesto loro di finire di litigare, prima di fuggire via in lacrime.
- Senti... hai voglia di fare una passeggiata? - chiese d’un tratto la ragazza.
Non avrebbe potuto aggirarsi per l’istituto da sola, ma con Oz sì. Peccato che la donna-fantasma, con ogni probabilità, non si sarebbe fatta vedere.
Be’, attualmente doveva risanare un cuore spezzato.
Se la sua doveva essere un’azione passiva, tanto valeva impegnare la mente in questioni più reali e meno paranormali.
- Mmmmh... - mormorò il biondo, atterrito.
Quell’atteggiamento la innervosiva.
- Allora, mi rispondi? -
- Mmmmh... -.
Stufa di parlare al muro, lo afferrò e lo tirò su come se fosse un manichino di gommapiuma, leggerissimo, quindi l’avvicinò a sé, in modo che il suo viso fosse sollevato e i suoi occhi puntati nei propri.
- Senti, smettila di fare lo smidollato e di abbatterti in questo modo, chiaro?! Fare il depresso con tendenze masochiste non gioverà per niente alla tua situazione, capito?! Vuoi conquistare il cuore di Emily? Intanto inizia col rimettere insieme il tuo e darti un contegno!!! -.
Il ragazzo la fissò con occhi sbarrati.
- O-okay... - disse infine, afferrandole le mani e cercando di allentare la sua presa.
Fiamma lo lasciò andare e lui atterrò con un tonfo sul pavimento, addossandosi alla parete.
Mandò un sospiro.
- Ehi, che ne dici se passiamo a prendere un paio di bottigliette in mensa? Hai un aspetto orribile, Oz... - commentò la vampira, sfoderando un mezzo sorriso splendente.
- Sarà possibile andarci? Insomma, dopo stasera... - il biondo s’interruppe e si strinse nelle spalle, a disagio.
L’altra, per tutta risposta, scrollò le spalle.
- Non è un problema: mi infiltro nella saletta adiacente alla mensa e rubo un paio di bottigliette dal frigo. Hai un bisogno esagerato di bere, credimi. Sembra che tu abbia perso in mezza nottata tre giorni di sonno - commentò.
Il Bezarius abbassò gli occhi, scoraggiato.
- Ehi, non volevo offenderti! Dai, coraggio andiamo! -.
Lo prese per un polso e iniziò a correre, trascinandoselo dietro.
Arrivarono alla mensa pochi minuti dopo. Al contrario di quanto ipotizzato dal ragazzo, la sala era accessibile.
Fiamma andò a recuperare un paio di bottigliette di vino-sangue e gliele porse.
Solo in quel momento il vampiro realizzò quanta sete avesse effettivamente. In modo estremamente rude, strappò letteralmente il tappo della prima bottiglia e ne tracannò il contenuto in un solo sorso.
- Wow... - commentò Fiamma, osservandolo mentre si puliva la bocca sul dorso della mano e accartocciava la bottiglia per gettarla con un solo, abile lancio nella pattumiera.
- Grazie - disse, prendendo a camminare al fianco della rossa, diretta in giardino.
- Figurati. Solo che non pensavo avessi sete fino a questo punto... - disse semplicemente la vampira, occhieggiando l’altra bottiglietta.
Il vampiro notò la cosa, perché si affrettò ad aggiungere: - Sono a posto così, grazie. Bevila tu, se vuoi -.
Con eleganza e forza, Fiamma stappò la bottiglietta e ne bevve un sorso, mentre varcavano l’ingresso.
- Allora, che intendi fare per riappropriarti di Emily? - domandò, spostando lo sguardo sul compagno.
Le guance di quest’ultimo si tinsero di un rosso abbastanza vivido.
- N-non ne ho idea... - rispose infine, distogliendo gli occhi.
Fiamma sospirò.
- Ma perché voi maschi riuscite a realizzare il concetto di “possesso di una donna” senza pensare a “come entrarne in possesso”? Siete sconcertanti! - commentò la vampira.
Poi, proseguì: - Prova ad impressionarla con la tua dote canora, no? -.
- Che?! - esclamò lui, esterrefatto.
Mentre Fiamma stava per rispondergli, notò un improvviso cambio d’espressione sul suo viso.
D’istinto, allora, si volse, incontrando un altro studente, immobile dietro di lei.
La vampira passò lo sguardo dall’uno all’altro, cercando di capire il tipo di rapporto che intercorreva tra loro.
Infine, cogliendo gli occhi dello sconosciuto assottigliarsi in un’espressione minacciosa, si frappose tra i due a braccia conserte.
Sorrise di sghembo e con fare vagamente arrogante, un modo di apparire che aveva lasciato da un po’ e che le venne naturale far riaffiorare in quel momento.
- Tu devi essere Eliot Nightray... giusto? - chiese.
- Certo. E tu chi saresti? - sbottò quello in risposta, rivolgendole solo un’esigua parte della sua attenzione, completamente concentrata sul suo biondo avversario.
- Io sono Fiamma Drakon. Sono la cugina di Emily -.
Nessuna reazione: si limitò a fissare il giovane Bezarius.
- Bene, si direbbe che siete giunti alla cosiddetta “resa dei conti”. Forse anche troppo in fretta - esordì la vampira, camminando su e giù tra loro, guardando distrattamente il suolo sotto i suoi piedi - Be’, se dovete picchiarvi, fatelo qui, ora - continuò, fermandosi e guardandoli.
Si sedette a terra a gambe incrociate e si portò la bottiglietta alla bocca con innocenza, tracannando un lungo sorso di sangue mentre i due vampiri scattavano l’uno verso l’altro digrignando i denti come bestie inferocite.
Vide i corpi cozzare con violenza inaudita, in un groviglio di mani che si stringevano e si agitavano in aria, cercando di strappare e graffiare, le espressioni distorte dall’ira.
Era uno spettacolo come pochi se ne potevano vedere, soprattutto lì.
Oz tentò di azzannare al collo Eliot, ma questo lo respinse con un pugno sullo zigomo destro, catapultandolo a qualche metro di distanza.
Il biondo attutì la caduta con le gambe, quindi scattò nuovamente avanti.
Erano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro, quando Fiamma, nel riportare lo sguardo al centro del campo di battaglia, notò una sagoma in lontananza.
Rimase impietrita ad osservarla: era una donna, ed era bellissima, esotica.
Aveva i capelli di un rosso intenso, raccolti dietro il capo da un elaborato chignon composto da una lunghissima treccia che spariva in un fiocco per capelli, oltre il quale la chioma ricadeva libera sulla schiena e sulla spalla.
Gli occhi erano affusolati, color nocciola, socchiusi in un’espressione piena d’infinita regalità. Le ricordavano molto quelli di un certo professore di Filosofia di sua conoscenza.
Il vestito era lungo, nero, molto semplice, e scendeva in morbide pieghe fino a terra.
Che ci faceva un’altra donna nella scuola?
Era semigirata verso di lei e la fissava con freddezza e compostezza tali da darle i brividi.
Inoltre, era eccessivamente pallida, quasi cerea.
Rimase a contemplarla per quelle che le parvero ore, prima che un cambiamento, subitaneo ma radicale, si verificasse nel suo viso: le sue iridi assunsero un inquietante colore rosso sanguigno e brillarono come braci ardenti, mentre un sorriso malvagio le increspava le labbra.
La ragazza avvertì qualcosa dentro di sé muoversi, contorcersi e, infine, emergere dalle profondità del suo organismo.
Era ormai in piedi, quando una fitta al ventre la fece cadere in ginocchio. Si piegò in avanti e diede violentemente di stomaco, rigettando una quantità di sangue allucinante, tanto da richiamare anche l’attenzione dei due studenti.
- Fiamma?! - chiamò Oz, orripilato.
Eliot si limitò a fissarla, in silenzio, anche se sul suo viso era apparsa un’ombra di preoccupazione.
La ragazza continuò a rigettare sangue, inondando l’erba.
Poi alzò il viso al cielo, portandosi le mani alla gola, sbarrando gli occhi.
Emise rantolii pieni di sofferenza, gorgoglii strozzati mentre cercava di parlare, invocare aiuto, ma non ci riusciva: c’era qualcosa nella sua gola, qualcosa di liquido e vischioso.
Sangue.
La sua vista si appannò, velandosi di rosso, mentre sentiva del liquido bruciarle negli occhi e caderle dalle palpebre.
Sentiva il sapore del sangue in bocca e il suo odore nel naso. Abbandonata la bottiglietta sul prato, si portò la mano al viso e impallidì: stava perdendo sangue anche dal naso e dalla bocca.
- Cosa mi sta succedendo? Cosa succede?!?! - pensò, allarmata.
Riportò brevemente gli occhi sulla donna: la sua vista era confusa, ma riuscì a distinguere vagamente il bagliore di un sorriso tra le sue labbra.
Era un vampiro anche lei?!
Protese una mano verso di lei, stringendo gli occhi in un’espressione che sapeva di rabbia e dolore.
Poi, iniziò a tossire e sputare sangue, quel liquido che sentiva ricolmarle perfino i polmoni.
Sarebbe morta soffocata, affogata nel suo stesso sangue.
Non poteva. Non voleva.
Cercò di nuovo di invocare aiuto, ma la sua stessa linfa le impediva di parlare.
- Fiamma!!!! FIAMMA! -.
Oz si inginocchiò accanto a lei, così come Eliot. Lo guardò: il biondino era in preda al panico, gli si leggeva negli occhi.
- Stai sanguinando, Fiamma! Sanguini dalla bocca, dal naso... dagli occhi! Fiamma, che cosa sta succedendo? Cosa ti sta succedendo?!?! - gridò.
La rossa non riusciva quasi più a respirare e sentiva le forze abbandonarla.
- No, non voglio andarmene così! Non ora, non qui! Voglio continuare a combattere, lottare fino all’ultimo respiro! Non posso permettere che Gilbert... e Oz... e le mie cugine... muoiano qui. Non voglio. NON VOGLIO!!! - pensò, disperata.
- Fiamma...! Fiamma! -.
Gli occhi iniziarono a chiudersi e il buio ad inghiottirla.
Voleva piangere, ma la difficoltà respiratoria non glielo permetteva: era troppo dolorosa.
Ricadde all’indietro e iniziò a dibattersi silenziosamente, come un leone in gabbia, contro il sangue che le stava travolgendo gli organi, che la stava uccidendo lentamente e inesorabilmente.
Voglio combattere per il mio ultimo respiro!!! Non voglio arrendermi e abbracciare la morte così!
E inspirò profondamente, inarcando la schiena.
Poi fu tutto buio, e il suo corpo ricadde con un tonfo sordo sul prato, in mezzo al sangue e alle grida isteriche di Oz.





Angolino autrice
Eccomi finalmente ad aggiornare anche questa °-° con uno schifoso ritardo, ma eccomi.
Questo capitolo è stato una sorta di suicidio da scrivere ç__ç no, un suicidio in piena regola. Perché? Perché far soffrire la mia Fiamma è masochismo all'ennesima potenza. Non avete idea della difficoltà con cui sono riuscita a finire di scrivere questo capitolo... ma alla fine, ce l'ho fatta.
Comunque, da ora in poi cercherò - scuola concedendo +___+ - di aggiornare con più frequenza (anche perché, ormai i capitoli ci son tutti da tempo v.v).
Ringrazio Sachi Mitsuki e sofia_stella per le recensioni allo scorso capitolo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 17
*** Is this the way it's gonna be? ***


17_Is this the way it's gonna be_ Il sole era appena calato oltre l’orizzonte e la volta celeste iniziava a scurirsi, per lasciare il posto alla vera notte, quella dei vampiri.
L’infermeria era illuminata debolmente solo attorno ad un letto, sul quale giaceva inerte il corpo di una vampira, cerea e dall’uniforme coperta di sangue.
Accanto a lei sedeva uno studente, il viso affondato nei palmi delle mani, le dita strette e affondate nei capelli.
Le spalle di Gilbert furono scosse da un violento tremito, un altro, mentre le lacrime riprendevano a scorrere tra i singhiozzi.
Non riusciva a credere che Fiamma... che Fiamma...
Non poteva neppure formulare quel pensiero: il suo cervello non riusciva neanche lontanamente a concepirlo.
Perché? Perché, di tutti, proprio lei?
Perché a distanza di così poco tempo dall’ultimo omicidio?
Quando Oz era andato a chiamarlo, sbraitando sul sangue e Fiamma priva di sensi in giardino, lui si era precipitato. Quando era arrivato sul luogo, suo fratello Eliot gli aveva detto che l’aveva portata in infermeria.
Quando era arrivato là, aveva trovato l’infermiere chino su di lei, intento ad aspirarle qualcosa dal viso, con una mascherina, qualcosa che aveva tutta l’aria di essere sangue.
In quel momento, era stato scacciato.
La notte dopo aveva avuto il permesso di entrare, ma l’infermiere l’aveva avvertito subito che ormai, anche se aveva aspirato tutto il sangue che le ostruiva i polmoni e la gola, non c’era più pulsazione.
Il giovane Nightray alzò gli occhi e li portò sul viso di Fiamma: era così serena, le labbra semiaperte, l’espressione appena sofferente.
Era bellissima, ma era immobile come una statua e fredda come il ghiaccio. Più fredda di qualsiasi vampiro.
Nell’osservarla in quello stato, nella rigida freddezza della morte, una morsa d’acciaio gli si chiuse attorno al cuore, minacciando di spappolarglielo nonostante gli fosse ancora in petto. Il dolore sarebbe certamente stato minore di quello che provava sapendola lì, a così poca distanza da lui, completamente immobile.
Morta.
Gli occhi gli si riempirono di nuovo di lacrime e affondò nuovamente il viso nelle mani, cercando di placare i singhiozzi.
- Ehi, Gilbert -.
Una voce flebile ma sicura, amichevole e confortante attirò la sua attenzione, facendogli alzare il capo: Oz stava in piedi vicino a lui, nello sguardo uno spettro di sofferenza.
In mano reggeva una bottiglietta dal contenuto vermiglio.
- Oh, Oz sei tu... - commentò tristemente il moro, cercando di asciugarsi il viso e rendersi presentabile, almeno un po’.
Non che gliene importasse più di tanto, ormai.
- Che cosa ci fai... qui? - chiese.
Il biondino si sedette sulla sedia accanto alla sua, lasciata libera qualche ora prima da Emily, che se ne era andata piangendo disperata.
- Tieni, ti ho portato da bere. Hai un aspetto terribile... - disse, porgendogli la bottiglietta, che l’altro prese di buon grado.
- Sono giorni che non mangi. Non dovresti buttarti giù in questo modo... - esclamò Oz, guardandolo mentre beveva avidamente: aveva sete ed era fortemente disidratato.
Una bottiglietta sola riuscì solo in piccola parte a saziare il suo bisogno di sangue.
- Non ha senso continuare senza lei... -
- Sono certo che non vorrebbe che tu ti trascurassi in questa maniera. E lo sai anche tu -.
Gilbert tacque un istante.
- È così da una settimana, ormai... - disse infine, come se ciò lo giustificasse.
- L’infermiere ha detto che non ha più pulsazione, però continua a tenerla qui... - esclamò Oz.
- Domani ci sarà il funerale. La seppelliranno in giardino - lo informò cupamente Gilbert, distogliendo lo sguardo: gli faceva immensamente male dirlo. Era come una pugnalata al cuore, con l’unica differenza che se la stava consapevolmente autoinfliggendo.
Oz gli posò una mano su una spalla.
- Forse è meglio se vai. Devi riposarti -
- No, non voglio... -
- Allora posso rimanere a farti compagnia? -
- Se vuoi... -.

Fiamma... svegliati cara.
Si scosse, scoprendo che non era in piedi, come pensava, ma sollevata nel niente: i suoi piedi non poggiavano su alcuna superficie.
Sentiva le palpebre immensamente pesanti, ma con un adeguato sforzo di volontà riuscì ad aprirle.
Si guardò intorno e addosso: si trovava sospesa in uno spazio completamente nero, con il pavimento ricoperto di un liquido nero, probabilmente acqua. In più, era completamente nuda.
Fiamma...
Di nuovo quella voce.
Davanti a lei apparve un globo di luce bianca dalla quale prese forma la donna sconosciuta che aveva già avuto modo di incontrare per ben due volte.
Quella terza, però, i suoi occhi esprimevano tranquillità e serenità. Non c’era la minima traccia di dolore.
La sua voce era calda e affettuosa, rasserenante in un certo senso.
- Cosa ci faccio io qui? Sono... morta? -.
No, non è ancora arrivata: la tua scuola ha bisogno di te.
- Allora... perché sono qui? -
Perché... devo metterti in guardia.
Il suo tono di voce si era fatto leggermente più serio.
Quella donna che hai visto... è come me, in parte. Devi guardarti da lei... e dal tuo insegnante.
- Cosa? Quale insegnante? -
Tutto a suo tempo, mia cara. Adesso devi tornare.
Fiamma si sporse verso di lei, come per correre, ritrovandosi semplicemente ad annaspare nell’aria, protendendosi e basta.
- Aspetta! Come posso ritrovarti?! - gridò.
La sconosciuta sorrise.
Sarò io a cercarti, presto.
Sentiva che stava per scomparire: era la stessa sensazione che aveva provato quando era stata risucchiata dalle tenebre, nel giardino.
Ma quella non era l’impressione di stare andando incontro all’ignoto, bensì di star per fare ritorno alla luce.
Mentre stava per svanire, un’ultima domanda le balenò nella mente.
- Come ti chiami...? - domandò, l’attimo prima di scomparire.
Lilianne...
La risposta le riecheggiò nella testa mentre apriva lentissimamente le palpebre e le spostava di lato, incrociando immediatamente il profilo di due studenti a lei ben noti.
- Gil... bert? - chiamò labilmente.
Il moro alzò di scatto la testa, gli occhi esageratamente grandi, cerchiati in modo spaventoso, le guance solcate di lacrime.
- F-Fiamma...? - sussurrò, incredulo - FIAMMA! - gridò l’istante dopo.
- Sei sveglia! Si è svegliata, si è svegliata!!! - urlò Oz, saltando in piedi e iniziando a saltellare qua e là per la stanza, battendo le mani.
Il giovane Nightray le allungò una mano, che lei strinse.
- Sei così... stanco. Cosa ti è successo, Gilbert? - chiese la ragazza con voce fioca.
- Devo dirlo all’infermiere! - la interruppe Oz, defilandosi.
I due lo ignorarono e il moro si chinò sulla vampira.
- Credevo fossi morta... -
- Anch’io... però ora sono di nuovo qui -.
Gli rivolse un pallido sorriso, al quale lui rispose con un altrettanto orribile sorriso carico di stanchezza.
Lei lo attirò verso il suo petto e lo costrinse a poggiarvi sopra la testa, che prese a carezzare con dolcezza infinita, passando di tanto in tanto le dita tra i suoi capelli corvini, mentre lui le stringeva convulsamente l’altra mano.
- Quanto sono rimasta così? - chiese all’improvviso la vampira.
- Una settimana - rispose lui.
- Una settimana... - ripeté tra sé la rossa, socchiudendo le palpebre.
Si passò la lingua sulle labbra secche, sfiorandosi le punte dei canini quasi con nostalgia.
- Ecco, guardi! -.
Oz e l’infermiere si avvicinarono a passi rapidi e quest’ultimo si fermò al vedere la vampira sveglia.
- Come ti senti? - chiese, chinandosi su di lei, strappandole la mano impigliata nei capelli di Gilbert e tastandole il polso.
Era regolare, incredibilmente.
- Bene - rispose lei semplicemente, mettendosi seduta.
Il vampiro rimase ad osservarla, accigliato: fino al giorno prima era stesa, fredda e immobile, su quel letto, completamente priva di pulsazioni, e adesso era lì che carezzava i capelli del suo compagno, sorridendogli calorosamente e con delle pulsazioni regolari.
Tutto ciò non era assolutamente normale.
- Ne sei sicura? -
- Sicurissima - confermò.
- In questo caso... sei libera di andare -.
- Aaah, Fiamma! Presto, dobbiamo andare a dirlo agli altri! Emily sarà così contenta, e anche Amethyst, e Edward e...! - esclamò Oz, ma s’interruppe ad un cenno della mano di lei.
- Oz... perché non ci incontriamo in mensa tra poco? Così intanto vai a chiamarli... e noi potremo mangiare qualcosa -.
- Sì, certo! Ci si vede dopo! -.
Il biondo si dileguò a velocità supersonica.
Fiamma si sedette sul bordo del letto e scese, quindi si avviò mano nella mano con il Nightray verso la porta.
- Ohoh, signorina Dra~kon! Dunque, dunque... è resuscitata ♥! -.
La delicatezza di Xerxes Break, in certi momenti, raggiungeva apici talmente elevati da suggerirle fortemente una rigida presa di posizione, come poteva esserlo il prenderlo a schiaffi. Purtroppo, la sua condizione di studentessa glielo vietava.
Il docente era in piedi in mezzo alla porta e la osservava con l’occhio visibile mezzo coperto dalla palpebra, che gli conferiva un’espressione ilare, ma anche vagamente minacciosa.
- Sì. Mi sento benissimo, adesso! - esclamò lei, rivolgendogli un sorriso palesemente fasullo.
- Ne sono più che sicuro! - commentò l’albino, poi spostò lo sguardo sul moro - Lei, piuttosto, signor Nightray... mi pare stanco -.
- Ha solo bisogno di mangiare. Niente di che, non si preoccupi - intervenne la vampira.
- Ah~ah, certo, certo! Be’, signorina... - replicò Xerxes, quindi le si avvicinò e si inchinò, prendendole la mano libera e baciandola in modo molto galante - ... che ne dice di venire a parlare con me, più tardi, nelle mie stanze? Primo piano, in fondo a sinistra. L’aspetto... -.
Quel sussurro aveva ben poco di rassicurante, tuttavia Fiamma si lasciò sfuggire in un soffio un “sì”.
- Bene, allora divertitevi ♥! - li salutò Break, d’un tratto allegro, prima di andarsene.
- Quel professore diventa sempre più strano... - commentò Gilbert in tono allegramente scettico.
A quanto sembrava aveva recuperato il buonumore.
- Già... - si limitò ad osservare lei - Andiamo -.
La comparsa improvvisa di un professore le fece ritornare in mente quella frase detta da Lilianne: “Devi guardarti da lei... e dal tuo insegnante”.
No, in quel momento non voleva pensarci: si era appena risvegliata. Si sarebbe concessa a quelle tetre elucubrazioni più tardi.
Con Break o dopo.





Angolino autrice
Eccomi, come promesso, con gli "aggiornamenti flash" XD
Il titolo del capitolo è una frase della canzone che ho usato come "base" per l'atmosfera (e la mia personale Ispirazione) del capitolo ^^''
La suddetta è 
"Dear Agony" dei Breaking Benjamin (la metto per non far torti a nessuno ù-ù).
Ringrazio sentitamente Sachi Mitsuki e sofia_stella per le recensioni allo scorso capitolo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 18
*** Allegro ritrovo ***


18_Allegro ritrovo - Cavolo, Gilbert, ne hai già svuotate tre! -
- Gil, avresti dovuto bere di più in questi giorni! -.
Il moro ignorò palesemente i commenti di Alphonse e Edward e stappò la quarta bottiglietta di vino-sangue, tracannandone il contenuto con noncuranza.
Fiamma sorrise e gli sfiorò un braccio: la sua presenza così solida e concreta, al suo fianco, la faceva sentire al sicuro.
Emily stava seduta vicino ad Oz e gli teneva una mano sull’avambraccio, la testa appoggiata sulla sua spalla.
- A quanto pare ci sono stati sviluppi durante la mia pseudo-morte... - commentò tra sé la giovane Drakon, stirando le labbra in un sorriso, mentre portava una bottiglietta alla bocca e ne sorseggiava un po’ del contenuto.
Amethyst, dalla sua postazione un po’ in disparte con Vincent, le rivolse un inaspettato accenno di sorriso, evidente segno che era mancata anche a lei.
Gilbert vuotò la quinta bottiglia, quindi rilassò i muscoli e allungò una mano a stringere quella di Fiamma a lui più vicina.
Lei ricambiò la stretta.
- Come siete carini! - commentò Edward, ridacchiando - Un po’ come i nostri Romeo e Giulietta qui accanto - continuò, accennando vagamente a Oz ed Emily.
- Ehi! - protestò il Bezarius.
- Non arrabbiarti, Oz, non stasera. È tutto okay... - lo riprese con un fil di voce la biondina.
Il biondo assentì, in imbarazzo.
- Eddai, Ed! Lasciali in pace! - esclamò Alphonse, dando di gomito al fratello.
- Com’è che ora voi due siete insieme? - chiese la rossa, guardando Oz ed Emily.
- Quando sei... svenuta... - era percepibile la difficoltà di Oz a pronunciare quella parola che iniziava con la “m” - ... io sono uscita perché avevo sentito dei rumori provenire dal giardino... - continuò Emily - ... e ho trovato Oz, Eliot e te... - s’interruppe - Eliot ti ha portata in infermeria ed Oz è rimasto con me... - rivolse un’occhiata al biondo, che arrossì vagamente.
- Oh, quanto la fate difficile! - sbottò Edward - Lui l’ha consolata e nel farlo si è lasciato “scappare” che le piaceva... il resto è stato abbastanza rapido e consequenziale -.
Oz gli rivolse un’occhiata infastidita.
Fiamma li passò tutti in rassegna con gli occhi, mordendosi un labbro mentre rifletteva se porre l’atroce domanda che le ronzava nella mente da mezz’ora a quella parte oppure ritardarla, riproporla più tardi, così da non rovinare l’atmosfera.
Tuttavia, il dubbio persisteva nella sua mente. Doveva sapere.
Prese coraggiosamente fiato e, finalmente, si pronunciò: - Mentre ero... priva di sensi... - si guardò bene dal dire “morta” - ... c’è stata qualche altra... aggressione...? -.
Come da lei previsto, cadde un silenzio nervoso, agitato, e l’aria attorno a loro si fece di colpo cupa e triste. Si maledisse per l’aver rovinato tutto con una domanda che avrebbe potuto attendere, al contrario della sua sete di sapere.
Edward roteò gli occhi, a disagio, prima di prendere la parola: - Sì... ce n’è stata un’altra... -.
Il cuore della ragazza precipitò in un abisso nero e pieno di tensione. Si diede dell’idiota: aveva posto quella domanda ipotizzando una risposta del genere. Perché allora era tanto sgomenta?
- Perché avevo sperato fino all’ultimo che non fosse vero... - si rispose da sola, mentre i suoi occhi s’inchiodavano sul viso di Edward, sondandolo in modo ossessivo, quasi da esso avesse potuto estrapolare il nome della sfortunata vittima.
Poi, arrivò la tanto temuta risposta, ma non dal biondo, bensì da Gilbert: - Matthew... -.
Matthew...?
Ricordava vagamente quel nome, ma poi la scena della loro prima cena assieme le riaffiorò alla mente, soccorrendola nel ricordare lo studente.
- Oh, no... - mormorò, voltandosi verso il moro.
- L’hanno trovato vicino alla sua classe, senza occhi e con un palo conficcato nel cranio, trapassato da parte a parte... - spiegò Alphonse tristemente.
- I professori hanno detto che inizieranno a fare dei turni di guardia, ma non credo che qualsiasi cosa stia facendo tutto questo si farà fermare da qualche insegnante, per quanto siano forti o determinati... - commentò Oz, serio.
- C’è solo da sperare che lo trovino... prima che uccida qualcun altro... - disse Edward.
- C’è solo da sperare che io lo trovi prima che uccida qualcun altro... - lo corresse tra sé e sé Fiamma, nascondendo le mani sotto il tavolo, dove strinse le nocche al punto da farle sbiancare.
Lilianne le aveva detto che presto sarebbe venuta a cercarla, ma quanto presto? Prima di un’altra aggressione? Dopo?
Non riusciva a sopportare quell’attesa: lei doveva fare qualcosa e al più presto.
Se ci fosse stata un’altra vittima, non avrebbe potuto starsene in silenzio e continuare ad aspettare. Sarebbe andata a cercare...
“Devi guardarti da lei... e dal tuo insegnante”.
Le parole dello spirito le riecheggiarono nella mente, assieme al soffuso ricordo della misteriosa donna da Lilianne definita “pericolosa”.
Poi, le venne in mente il paragone che immediatamente aveva fatto tra la donna e...
- ... Barma! Ma allora... - rifletté, sconcertata, giungendo alla più banale delle risposte: era lui il pericolo, quello da cui doveva guardarsi.
- No, non devo fare conclusioni affrettate, perché potrei comunque sbagliarmi. Lilianne non mi ha dato un nome preciso, per cui devo solo stare in guardia. Però, il primo indiziato è senza dubbio Rufus Barma, per la sua incredibile somiglianza con quella donna... - concluse mentalmente.
Sentì un braccio di Gilbert scivolarle dietro la schiena e cingerla, stringendola a sé. La vampira alzò gli occhi e li puntò nei suoi, sereni e rassicuranti.
Lo abbracciò a sua volta.
- Devo impegnarmi: non posso permettere che facciano del male ai miei amici! - pensò, quindi si alzò.
- Devo andare. Ho un impegno - si scusò, quindi si piegò a posare un fugace bacio sulle labbra del Nightray, prima di allontanarsi.
Lui rimase interdetto ad osservarla mentre se ne andava.
Ricordandosi poi dell’avvertimento di Barma di non girare da soli per l’istituto, si affrettò ad alzarsi e correre via.
- Fiamma, aspetta! -.





Angolino autrice
Sono-in-ritardo ç___ç oddio, tutta colpa della scuola è-é non riesco più a fare niente X3
Anyway, ringrazio Sachi Mitsuki per la recensione allo scorso capitolo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo capitolo ^^''
F.D.

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Capitolo 19
*** Colloquio alunno-insegnante ***


19_Colloquio alunno-insegnante - Fiamma, aspetta! -.
La vampira si volse al sentirsi richiamare dalla familiare voce di Gilbert, vedendolo comparire all’improvviso sulla porta della mensa.
- S-sì? Che c’è? - chiese, stupita.
- N-non puoi andare... in giro... da sola - boccheggiò il moro, appoggiandosi allo stipite.
Fu lei a rimanere interdetta, mentre ricordava l’avvertimento di Barma.
- Già, è vero! Che idiota! - mormorò tra sé - Mi vuoi accompagnare? - chiese ad alta voce.
Senza rispondere direttamente, Gilbert le si affiancò e prese a camminare con lei, guardandola.
- Dove devi andare? - domandò.
- Il professor Break vuole vedermi - disse semplicemente l’altra, stringendosi nelle spalle.
- Oh... -
- Perché? C’è qualche problema? - chiese la rossa, inarcando un sopracciglio con perplessità.
- Be’... - esordì Gilbert, e il suo sguardo si fece all’improvviso più scuro.
- Cosa? - chiese Fiamma.
- In questo tempo che sei stata... be’... - si guardò bene dal dire “morta” - Svenuta... Break ha iniziato a comportarsi in modo bizzarro. Sembrava ansioso, decisamente più irritabile e strano... cioè, più del solito... - spiegò brevemente il Nightray, guadagnandosi un’occhiata perplessa da parte della ragazza.
Che cosa poteva mai significare un comportamento simile da parte dell’albino? Che ci fosse lui dietro tutte le aggressioni?
- No, lo escludo. Sembra troppo... premuroso, con me, perché ne sia capace... - rifletté - ... però può essere che stia nascondendo i suoi veri propositi sotto quel suo comportamento premuroso... - aggiunse un istante dopo.
Con tutto quel pensare, iniziava a farle male la testa.
- Fiamma, tutto okay? Mi sembri... strana - confessò Gilbert, guardandola di sottecchi.
- Eh? No, non è niente! Sono solo un po’ stanca. Tutto qui - mentì, cercando di apparire il più naturale possibile.
Il Nightray parve crederle, perché non insistette oltre.
Procedettero in silenzio attraverso l’edificio, fino a raggiungere la porta d’ingresso.
La varcarono ed uscirono in giardino, dove il vento iniziava già ad essere meno freddo a causa del progressivo avvicendarsi dell’alba, anche se mancavano ancora un paio d’ore al sorgere del sole.
La strada per gli appartamenti dei docenti era quella opposta a quella per i dormitori; inoltre, l’edificio non era neppure troppo lontano, anzi, decisamente meno rispetto ai dormitori.
Gilbert e Fiamma si fermarono davanti alla porta, come di tacito accordo.
- Be’, immagino che da qui in poi andrai da sola... - esclamò il vampiro, abbassando lo sguardo.
- Già - confermò lei - Grazie per avermi accompagnata - aggiunse, posandogli un bacio sfuggente sulla guancia.
Lui si toccò la pelle, guardandola mentre apriva la porta.
- Ci vediamo domani - lo salutò, sorridendogli.
Poi richiuse la porta dietro di sé, lasciandolo fuori nel freddo della notte, da solo.
Rimpianse d’averla lasciata non appena ebbe fatto una decina di metri in direzione del dormitorio: aveva desiderato per una settimana di averla di nuovo vicina e di poter nuovamente udire la sua voce che quella separazione così inaspettata l’aveva lasciato decisamente deluso e triste.
- Sarà meglio che mi sbrighi ad andare in dormitorio: non vorrei che l’aggressore cercasse d’accopparmi proprio ora che sono solo... - mormorò tra sé, accelerando l’andatura.

All’interno della struttura degli insegnanti, dopo un’iniziale soggezione dovuta alla spropositata grandezza del solo atrio d’ingresso, Fiamma si era decisa ad attraversare le grosse mattonelle di marmo, diretta verso l’immensa scalinata posta sull’altro lato della sala.
Be’, non si poteva certo dire che i docenti stessero male, là dentro. La carta da parati era così sfarzosa che al confronto le aule parevano squallide e la moquette tappezzava ogni centimetro quadrato di superficie dal primo scalino in su.
- Okay, Break stava in fondo al primo piano? - si disse, sforzandosi di ricordare, mentre si fermava al centro del corridoio del suddetto piano.
Si guardò intorno: non c’era nessuno, per fortuna. Si avviò allora verso l’estremità opposta a quella da cui era venuta. Non le ci volle molto ad individuare la porta giusta, forse perché non solo era socchiusa, ma anche perché su di essa, quasi alla medesima altezza dei suoi occhi, c’era una targhetta d’argento con su scritto, in grafia raffinata e obliqua: “Xerxes Break”.
La vampira si fermò un attimo davanti ad essa, esitando, poi decise di bussare, anche se l’uscio era già aperto.
- Entri, entri, signorina Dra~kon! - la invitò cantilenante il professore, al che lei ubbidì.
L’interno era dipinto di un bel color lavanda e le pareti erano intervallate regolarmente da colonne di marmo bianco; il pavimento era coperto da una moquette argentata.
Alla destra della studentessa, all’altro capo della stanza, c’era un grosso letto a baldacchino; lungo la parete alla sua sinistra, invece, c’era una scrivania e una libreria, il tutto rigorosamente in legno scuro.
Al centro della stanza erano sistemati due piccoli divani rivestiti dello stesso colore delle pareti, tra i quali era situato un tavolino d’elegante fattura, su cui era appoggiato un set da thé.
Fiamma rimase ad osservare la stanza, sorpresa da quel gusto nell’arredo, semplice e raffinato ad un tempo.
- Prego, prego... si sieda ! - la invitò Break, prendendo posto al centro di uno dei due divani, appoggiandosi allo schienale con fare lezioso e disinvolto.
La ragazza avanzò, un po’ a disagio, quindi prese posto davanti a lui.
Il docente versò il contenuto della teiera in due tazzine di porcellana e ne porse una alla sua ospite, che la prese esaminandone il contenuto.
- È solo del thé corretto con un poco di sangue... - si affrettò a spiegarle il vampiro, bevendone un sorso.
Lei lo imitò, e trovò la mistura davvero buona.
- Professore, di cosa voleva parlarmi? - chiese lei, diretta: non aveva voglia di girare intorno alla questione. Oltretutto era stanca e non aveva intenzione di protrarre all’infinito quella visita.
L’albino sorseggiò lentamente il suo thé al sangue chiudendo l’occhio visibile. Quando lo riaprì, la studentessa riuscì a notarvi qualcosa di radicalmente diverso: il suo sguardo adesso era serio, minaccioso... ed inquietante.
Era lì da poco e aveva avuto modo di assistere ad una sua sola lezione, eppure aveva la netta sensazione che non fosse usuale un comportamento simile da parte sua.
Le sue labbra s’incresparono in uno sghembo sorriso scaltro.
- Non hai voglia di stare alzata fino a tardi, ne? - chiese.
- No, non stanotte -
- Perfetto, allora sarò diretto: ho ragione di credere che tu sia la “prescelta” per salvare questa scuola dallo sfacelo... -.
L’affermazione aveva colto la ragazza totalmente di sorpresa.
- Che cosa glielo fa pensare? - domandò la rossa, cercando di apparire turbata, ma naturale.
- Sono a conoscenza del tuo piccolo “dono” - disse semplicemente - Questo ti rende già una sorta di prescelta. Inoltre, c’è qualcuno che sta cercando di aiutarti... e qualcuno che ha già tentato di farti fuori -.
E va bene, sapeva troppo. Era inutile fingere.
- Come fa a sapere del mio potere? - chiese Fiamma, seria, senza mezzi termini.
Xerxes si strinse semplicemente nelle spalle.
- Riesco a percepire le aure... e la tua è fin da subito spiccata di gran lunga su tutte le altre... persino quelle delle tue cugine. Possiedi il Potere del Diavolo, vero? -.
Fiamma strinse il pugno che aveva adagiato in grembo.
- Sì - rispose, in modo coinciso - E sono già al corrente che qui sta accadendo qualcosa di anomalo. Sto indagando... -
- Non hai le possibilità materiali di scoprire tutto... - replicò immediatamente l’insegnante - ... per questo ti ho invitata qui -.
- Cosa vuole esattamente? -
- Voglio aiutarti -
- E lei cosa ne ricava, se riesco a scoprire cosa...? -.
Fu interrotta dal docente, che scosse un dito in segno di diniego.
- Non solo scoprire, ma fermare cosa sta accadendo. Troppi studenti ci hanno già rimesso la vita... -.
Un brivido scivolò lungo la schiena della vampira, mentre il suo interlocutore parlava: sentirsi riferire i suoi propositi da qualcun altro le faceva un certo effetto.
- Certo che voglio fermarlo! Non voglio che altre persone muoiano! - sbottò, irritata, fulminando l’uomo con uno sguardo.
A quel punto Xerxes rise, alzando in parte il velo minaccioso assunto poco prima.
- Non urlare. Non vorrai che gli altri ti sentano, neee? -
- Mi scusi - disse lei semplicemente.
- Naaa, nessun problema ~! -.
Seguì qualche istante di silenzio, in cui ambedue i vampiri bevvero dalle loro tazzine.
- Professore... -.
Lo sguardo di Fiamma si era improvvisamente fatto scuro, triste, e ciò mise in allarme l’albino.
- Sì? - chiese quest’ultimo, attento.
Lei abbassò il capo, in modo che i ciuffi di capelli le coprissero gli occhi.
- Una settimana fa ho perso i sensi... ma dovevo morire... - s’interruppe un istante, quindi prese un gran respiro e, rialzando la testa di scatto, riprese - ... ma quella volta, io ho visto qualcuno! E penso che sia stato proprio quel qualcuno a tentare di uccidermi! -.
Break sgranò l’occhio, notando l’aggressività e la determinazione che animavano lo sguardo della studentessa.
- Ricordi com’era? -
- Sì, certo! Era una donna... vestita elegantemente, coi capelli rossi e gli occhi chiari -
- Mmmh... - commentò semplicemente il vampiro, aggrottando le sopracciglia - Sei sicura? - chiese, in un secondo momento.
La ragazza annuì.
- Va bene - decretò l’altro, alzandosi.
- Professore! - lo chiamò ancora lei, con voce ferma stavolta - Se vuole davvero aiutarmi, accetto di collaborare, ma deve promettermi che nessun altro morirà! - aggiunse.
Rimase immobile a guardarla, poi le sorrise in quel suo solito modo un po’ affettato e lezioso.
- Non posso promettere una cosa del genere  però m’impegnerò nella mia parte! Che ne dici di incontrarci di nuovo venerdì prossimo, dopo le lezioni? - propose.
La rossa sgranò gli occhi, perplessa: era domenica, e nel frattempo poteva accadere qualcosa.
- Perché così lontano? - chiese, fissandolo accigliata.
Lui alzò un dito e le sorrise di nuovo, inclinando di lato la testa.
- Che domande! Perché mercoledì ci sarà il primo colloquio con i genitori ed io sono impegnato con le valutazioni ! -.





Angolino autrice
Finalmente riesco ad aggiornare! Chiedo immensamente scusa ai lettori per questo ritardo orribile çOç ma avevo altri impegni cui badare e ho abbandonato aggiornamenti vari.
Ringrazio SabbathUndergroud per le recensioni ^^ e coloro che hanno aggiunto la fanfic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo capitolo e buon anno a tutti ^^
F.D.

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Capitolo 20
*** L'ombra nell'angolo della sapienza ***


20_L'ombra nell'angolo della sapienza - Non posso crederci che tra poco meno di un’ora arriveranno i nostri genitori!! - esclamò Edward, scocciato.
- Dai, fratellone! Dici sempre così, ma poi rivedere la mamma ti fa piacere! - lo contraddisse Alphonse in tono di gentile rimprovero, riuscendo a far apparire un grazioso e labile rossore sulle guance del maggiore, che distolse subito lo sguardo.
Emily rise.
- Io ce l’ho fatta a recuperare Chimica! Yuppiee! - esclamò Oz, allegro.
- Sono felice per te! - disse la giovane Blaze, sorridendogli dolcemente.
- Già, ora che ci penso... - intervenne Gilbert, sovrappensiero - ... questo è il vostro primo colloquio genitori-insegnanti qui... - disse, rivolto a Fiamma.
- Esatto - confermò la rossa.
- Quindi avremmo occasione di vedere i vostri genitori! - intervenne il giovane Bezarius, eccitato al solo pensiero.
- No, non credo... - s’intromise Amethyst, pacata.
- Sì, penso che Amethyst abbia ragione... - convenne la Drakon.
L’espressione sul viso di Oz si spense, lasciando il posto ad una forte delusione.
- Come sarebbe a dire, scusa? I vostri genitori verranno a parlare con gli insegnanti, no? O anche solo per rivedervi... -
- Non siamo qui da così tanto... - affermò Emily.
- E poi... - intervenne Fiamma in tono greve, attirando su di sé l’attenzione di tutti gli altri - ... i nostri genitori non vengono mai -.
Seguì un silenzio carico di disagio, decisamente poco allegro.
- C-come...? - chiese Alphonse.
Amethyst aveva gli occhi puntati sulla cugina più grande, ed Emily li aveva incollati al pavimento. La rossa, invece, manteneva saldo il proprio sul suo interlocutore.
- Esatto. I nostri genitori non sono mai venuti a nessun incontro con i nostri insegnanti -
- Siamo state cresciute ed educate da una tutrice - intervenne la giovane De Moon, come sempre indifferente.
- È come una madre per noi... - soggiunse Emily.
- Oh... - commentò semplicemente Oz.
- Mi dispiace - aggiunse Gilbert.
Fiamma scrollò le spalle.
- Non preoccupatevi, non è importante. Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine. E poi... - sorrise, fingendosi contenta - ... Vivianne  è simpatica! -.
Nonostante quelle parole, Edward, Alphonse e Gilbert non riuscirono a non pensare a quanto avessero sofferto le tre vampire nell’essere abbandonate dai loro stessi genitori.
Doveva essere stato estremamente triste.
Per il resto del tragitto fino alla sala dove venivano accolti i genitori, il gruppetto continuò a chiacchierare, tutti tranne Fiamma. La vampira aveva ben altri pensieri per la testa: doveva risolvere il macabro mistero che si celava tra quelle mura prima che qualche altro studente venisse ammazzato.
Prima Envy, poi Greed e Matthew... chi sarebbe stata la prossima vittima, se lei non avesse agito?
Non riusciva a capire perché Break volesse attendere fino a venerdì per parlarle di nuovo. Non aveva calcolato che il killer poteva colpire di nuovo in quell’arco di tempo? Cinque giorni erano sufficienti ad ammazzarne almeno un altro paio, eppure in quei tre giorni non c’era stata alcuna aggressione.
Che Xerxes avesse previsto una cosa del genere...? Che sapesse, o sospettasse, che l’aggressore non si sarebbe fatto vivo fino a venerdì?
Non poteva saperlo: leggere o prevedere Xerxes Break, aveva scoperto, era un’impresa impossibile.
Aveva frequentato altre due ore di lezione con lui, durante le quali aveva avuto modo di sperimentare in prima persona l’assurdità della mente di quel professore, che si comportava da bambino e da minaccioso adulto a tratti.
Era una persona veramente singolare, probabilmente unica nel suo genere.
Seguendo quel filo di pensieri, la sua attenzione cadde naturalmente anche sulla donna-fantasma, Lilianne, che in quei giorni non le si era più presentata.
- Chissà, magari anche lei crede che non ci saranno altre aggressioni in questi giorni... - pensò la giovane Drakon.
Era probabile, ma ciò non contribuiva certo a farla stare più tranquilla, anzi, la innervosiva e basta. Finché quell’assurdità orribile e scabrosa non avesse avuto fine, lei non avrebbe potuto mettersi l’animo in pace.
- Eccoci, siamo arrivati -.
All’affermazione di Gilbert, il filo mentale seguito silenziosamente dalla vampira si spezzò.
Sbatté le palpebre e guardò cos’aveva dinanzi: un’ampia porta a due ante spalancata e una stanza che, da quel che poteva vedere, era altrettanto grande.
- W-wow... è questa? - chiese, perplessa.
- Aspetta di vederla dentro... - rise il moro, prendendola per mano e conducendola all’interno.
Be’, Gilbert aveva ragione: se le appariva incredibile vista da fuori, da dentro era ancora più spettacolare.
Il soffitto era decorato da un intricato e complesso motivo arabescato di un bel color legno scuro, che spiccava vivido sull’ambra di cui erano dipinte le pareti.
In un angolo, e in vari altri punti della stanza, erano sistemati divanetti e poltrone rivestiti di stoffa di un elegante rosso sanguigno. Accompagnati ad alcuni di questi mini soggiorni c’erano dei piccoli tavolini di legno.
Era incredibilmente elegante, Fiamma dovette riconoscerlo, ma mai quanto l’edificio degli insegnanti: nessun’altra ala della scuola poteva reggere il paragone con quello.
- Caspita! - commentò Emily, piacevolmente sorpresa, ammirando il locale.
- È come una sala insegnanti di lusso... - disse Edward.
- Extra lusso - lo corresse Amethyst senza alcuna particolare inflessione vocale.
- La usano solo per i colloqui - intervenne Vincent, stringendo la mano della sua amata.
- Per cui ci saranno tutti gli insegnanti? - chiese Emily.
Alphonse annuì.
- Ma vi assicuro che non sono un numero così spropositato - aggiunse in tono ironico.
- Se non altro riuscirò a tener d’occhio tutti i docenti e forse potrò scoprire a chi si riferiva Lilianne quella volta... - pensò Fiamma, guardandosi intorno: per il momento, all’interno c’era solo il loro insegnante di lingue, Elle Lawliet.
- Oh~oh, buonasera ♥! -.
- Okay, ora ce ne sono due - commentò tra sé la rossa, voltandosi assieme agli altri: Xerxes Break aveva appena fatto il suo ingresso nella sala, con uno dei suoi soliti sorrisini leziosi.
Per l’occasione aveva addirittura cambiato look: nessuna traccia dell’uniforme del corpo insegnanti. In sua vece indossava una lunga camicia viola aderente al torace, un paio di pantaloni neri a mezza gamba e un paio di grossi e buffi stivali bianchi con uno spacco al centro della parte che doveva fasciare la caviglia. In una mano reggeva un lungo bastone da passeggio nero estremamente elegante, che muoveva in continuazione.
- Buonasera professore - replicò garbatamente Gilbert.
L’albino gli tamburellò leggermente la punta del bastone sulla spalla, quindi sfiorò la mano intrecciata a quella di Fiamma.
- Vedo che avete fatto conoscenza, neee ♥? - esclamò con un tono che pareva evidenziare in modo particolarmente efficace il suo intento di prenderli per i fondelli.
- Non dovresti impicciarti delle relazioni interpersonali tra studenti... -.
Una voce fredda e calcolata li raggiunse e Fiamma avvertì una sequela di brividi risalirle lungo la spina dorsale.
Poi, alle spalle di Xerxes, comparve Rufus Barma.
Anche lui, per l’incontro, aveva messo da parte la sua personalissima uniforme e aveva rispolverato un completo così elegante che al confronto quello del collega appariva sciatto.
La sua espressione, al contrario di quella dell’altro, era fredda, distaccata e soprattutto severa.
Quando gli occhi scarlatti di Fiamma incrociarono quelli color nocciola dell’insegnante, un terrore profondo prese a strisciarle sottopelle, mentre il suo cervello rievocava alla memoria la sua quasi assassina. Un vuoto le si aprì nello stomaco quando constatò che... sembravano gocce d’acqua.
Lui era la versione al maschile della sconosciuta e lei viceversa. Era un paragone inquietante, e quello sguardo... era identico, non c’era che dire: regale, arrogante.
Fu a quel punto che non ebbe più dubbi, e i suoi pugni si serrarono: era da lui che doveva guardarsi.
Lui era l’insegnante da cui l’aveva messa in guardia Lilianne.
- Signorina Drakon, c’è qualche problema? - chiese il docente di Filosofia, squadrandola serio.
La vampira si trattenne a stento dall’inveirgli contro a pieni polmoni.
Contraendo in modo quasi doloroso i muscoli, replicò in tono secco ed algido: - No, professore -.
Barma la esaminò ancora qualche attimo, prima di andare a prendere elegantemente posto all’altro capo della sala.
- Ehi, Fiamma, tutto okay? - le domandò Gilbert, posandole una mano sulla spalla.
La ragazza rilassò istantaneamente i muscoli e si voltò.
- Sì, tutto okay! - esclamò, sorridendogli, poi spostò gli occhi su Break, il quale la stava scrutando in modo alquanto enigmatico.
- Gli spiegherò le mie supposizioni al nostro prossimo incontro... - si risolse mentalmente.
A quel punto entrò il professore dai capelli corvini che aveva avuto modo di incontrare di sfuggita diverso tempo addietro, nella mensa dove avevano rinvenuto il corpo martoriato di Greed.
Anche lui era elegante, vestito con un completo nero simile ad uno smoking, e le rivolse un’occhiata sfuggente, per poi superarla. Dall’espressione, o era serio o estremamente arrabbiato, difficile decidere quale delle due.
Allora si rivolse a Gilbert: - Ehi, Gil... ma chi è quel professore? -.
- Chi, quello coi capelli neri sempre serio? - domandò il Nightray in un soffio.
- Sì -
- È Alucard, un insegnante di ginnastica... -.
Be’, cavolo, se quello insegnava educazione fisica, non voleva neppure pensare a come trattava i suoi alunni: due volte su due l’aveva incontrato con un’espressione severa, per cui non le risultava affatto difficile immaginare che genere d’espressione potesse avere durante le lezioni.
- Perché, signorina Dra~kon? - domandò Xerxes Break, in viso un cipiglio accigliato e interessato.
- Niente... semplice curiosità - disse, ma sapeva bene che l’albino non ci avrebbe creduto, infatti quest’ultimo replicò con un allegro: - Non preoccuparti, sembra cattivo, ma è innocuo ♪ -.
Il tono con cui le aveva risposto, oltre ad essere gioioso, nascondeva anche un qualcosa che, a primo impatto, la rossa riuscì a cogliere solo distrattamente, ma poi le apparve più chiaro: Xerxes le stava comunicando che Alucard non era incluso nella “lista dei cattivi”.
- Chissà perché ne è tanto convinto... - si chiese la vampira, lanciando una furtiva occhiata al vampiro in questione, che se ne stava appoggiato alla parete in un angolo.
- Be’, ragazzi... devo lasciarvi! A presto! - si congedò l’albino, quindi andò a prender posto su una poltrona poco distante.
- Allora... che facciamo? Aspettiamo i nostri genitori qui? - chiese Alphonse.
- Noi dobbiamo andare nell’atrio: è la prima volta che Vivianne viene e non saprà certamente orientarsi... - disse Emily, trovando consenso anche presso le altre due.
- Okay, allora andate. Ci si vede più tardi! - le salutò Oz, sorridente.
- A più tardi! -.

- Awww, Alphonse...! Come sono orgogliosa di te! -
- Mamma, per favore... -.
Edward distolse lo sguardo, un po’ infastidito: non era giusto che solo suo fratello fosse elogiato dalla madre. Anche lui era un po’ migliorato.
- Trisha, considera un poco anche Edward... si è impegnato tanto anche lui... - intervenne il padre, a favore del maggiore.
- Ah, sì! - esclamò la vampira, quindi si chinò sul biondo e gli schioccò un bacio sulla guancia, abbracciandolo.
- Sono contenta di tutti e due! -.
Okay, un po’ di considerazione la voleva, ma non di certo così tanta.
Edward si guardò intorno in cerca di aiuto. Notò un Oz abbastanza felice che galoppava dietro suo padre, intento a fare il giro di tutti gli insegnanti, e Pride, poco più in là, assieme a sua madre.
Magari se fosse riuscito ad attirare l’attenzione di uno di loro, avrebbero potuto sgusciar via insieme ed andare a cercare Fiamma, Amethyst ed Emily: era davvero curioso di vedere la loro tutrice.
- Ho sentito che adesso ci sono anche delle ragazze in questo istituto... - commentò sua madre all’improvviso.
- Sì, sono nostre compagne di classe... -
- Ehi, ragazzi! Ragazzi! -.
Oz corse loro incontro, seguito a breve distanza da suo padre, che iniziò a discorrere con i coniugi Elric.
- Che c’è? - chiese Alphonse, allarmato - C’è stata un’altra aggressione? - chiese poi a bassa voce, per non farsi sentire dagli adulti.
- Macchè! - replicò il biondino - Sono le ragazze! Sono appena arrivate... -.
I tre sgusciarono via tra la folla, abbandonando i genitori a loro stessi, certi che avrebbero saputo cavarsela anche in loro assenza. S’infilarono tra adulti e docenti, attraversando la stanza, diretti verso la porta.
- Ehi, dove andate voi? -.
Gilbert fermò la loro fuga, interponendo un braccio.
- Dove credi che stiamo andando? - chiese Oz, retorico.
- Le ragazze sono appena tornate! - rispose Al con un filo d’eccitazione nella voce.
- Davvero? - s’intromise Vincent.
- Sì, certo! - replicò il Bezarius.
- Allora veniamo con voi - concordarono i due Nightray, imboscandosi assieme al gruppetto.
Percorsero il resto della stanza tutti quanti insieme, finché, arrivati vicino alla porta, udirono distintamente un: - Ragazze, non sapete quanto mi siete mancateee! -.
Riuscirono a distinguere le tre studentesse pochi metri più avanti, strette nell’abbraccio di una donna dai capelli castani raccolti dietro la testa da una crocchia sorretta da due matite incrociate, con un paio di occhiali da vista dalla montatura metallica spessa e nera e con indosso un paio di jeans stretti e una maglietta viola con le maniche corte a sbuffo.
Be’, per essere una donna fatta e finita, si vestiva in modo decisamente giovanile.
- Ehi! - chiamò Oz, al che le tre studentesse si voltarono.
- Oh, sono vostri amici, tesori? - chiese la tutrice, osservando con un misto di sorpresa e piacere il gruppetto di maschi in avvicinamento.
- Sono compagni di classe... - disse Amethyst.
- Be’, non proprio... almeno, non tutti - aggiunse Fiamma, prendendo dolcemente le mani a Gilbert.
- Aaaahn... i primi amori, eh? - domandò la donna - Piacere, io sono Vivianne - si presentò all’allegra combriccola.
Uno dopo l’altro, Gil, Ed, Al e Vince si presentarono.
- Be’, ragazze... vado a sentire i vostri insegnanti... - disse la vampira infine, abbracciandole un’ultima volta - Torno dopo -.
- Okay - replicarono le tre all’unisono.
Vivianne si allontanò, lasciandole sole con i compagni.
- Usciamo da qui? Inizio a soffocare... - propose Edward all’improvviso, trovando consenso negli altri.
Fiamma...
La rossa sobbalzò e si fermò.
- Andate pure, io devo chiedere una cosa al professor Break. Vi raggiungo dopo - disse, quindi s’inoltrò di nuovo tra la folla.
- Proprio ora? Qui, in mezzo a tutta questa gente? - mormorò la vampira tra sé, facendosi largo tra le persone.
Ad un certo punto sentì una leggera brezza alzarle i capelli.
Era vicina.
Fiamma vieni: dobbiamo parlare.
Le forze le vennero meno all’improvviso e tutto il mondo attorno a lei vacillò, prima di venire assorbito dall’oscurità.
L’ultima cosa che vide fu il professore dai capelli neri, Alucard, che si piegava su di lei, gli occhi improvvisamente animati da allarmismo, e una voce familiare, maschile e cantilenante, che la chiamava.

Scusa se ti ho sottratto così bruscamente alla realtà, Fiamma, ma dobbiamo parlare... e là non era sicuro farlo.
La rossa aprì gli occhi, ritrovandosi di nuovo in quell’immenso spazio vuoto e nero dal pavimento coperto d’acqua.
Stavolta, però, era vestita e seduta sul pavimento, stranamente asciutta.
- Lilianne, dove sei? - chiese, guardandosi intorno.
Qui, davanti a te...
La donna comparve dal niente e le si avvicinò, inginocchiandosi innanzi a lei e stringendole le mani nelle proprie.
Posso parlare con calma adesso: il Sigillo è tolto.
- Che Sigillo? - chiese la ragazza.
Serve a tenere noi spiriti che vaghiamo in questa scuola rinchiusi.
- Quindi... anche la donna dai capelli rossi adesso è libera? -.
È lontana da qui, adesso... per cui non devi preoccuparti.
- È il professor Barma quello da cui mi devo guardare, vero? - domandò Fiamma di getto, cercando disperatamente una conferma nei dolci occhi rossi della donna, che si limitò a sorridere.
Devi fidarti di quel che ti dice il cuore, non delle mie parole. Ma posso dirti che quella donna è l’aggressore.
Quella frase lasciò la ragazza di sasso, orripilata.
- Quindi... ha cercato di uccidermi perché sapeva che stavo cercando di saperne di più? -.
No, ha cercato di ucciderti per il tuo potere, perché con quello temeva che avresti scoperto la verità... e che poi l’avresti eliminata per sempre, come non era stato secoli or sono.
- C-come sarebbe a dire? - esclamò la vampira, perplessa: adesso che era ad un passo dalla verità, ecco che questa s’allontanava di nuovo.
Era dannatamente frustrante!
- Spiegami -.
Non posso.
- Perché no? - domandò Fiamma, indignata e delusa.
Io non posso parlarne, ma qualcuno che ti è vicino sa la verità su ciò che si cela nel passato. Lui potrà aiutarti.
La vampira s’illuminò.
- Chi?! - chiese, senza esitazioni: avrebbe potuto avvicinarsi di nuovo alla verità circa quelle orribili aggressioni.
Lilianne si rialzò e la fissò dall’alto con sguardo mesto.
Qualcosa di oscuro grava su questa scuola da troppi anni, qualcosa in cui è invischiato anche un membro del corpo insegnanti. È giunto il momento che questa cosa termini una volta per tutte.
Per secoli ho atteso che la Prescelta arrivasse, e finalmente...
All’improvviso s’interruppe e si ritrasse lanciando un grido che squarciò l’oscurità.
- Lilianne! Cosa succede?! - chiese Fiamma, allarmata, alzandosi a sua volta.
- Il Sigillo... - sussurrò la donna con voce strozzata, gli occhi sbarrati.
Si portò le mani alla testa e lanciò un secondo grido.
- Aspetta!! Aspetta, non andartene ora! - urlò la studentessa, vedendo che stava scomparendo.
Sta... arrivando...
La ragazza non le badò e le corse incontro, afferrandola per le spalle, scuotendola, in lacrime.
- Dimmi almeno se... se... SE POSSO FIDARMI DI XERXES BREAK!!! -.
Poi venne spinta via da una forza invisibile, che la catapultò lontano. Quando si rialzò vide che la misteriosa donna dai capelli rossi stava in piedi davanti a Lilianne e stava cercando di strangolarla.
- No, lasciala!!! - gridò Fiamma, correndole incontro, ma la sconosciuta le rivolse un’occhiata di fuoco che la inchiodò sul posto.
Mentre lentamente la scena svaniva davanti ai suoi occhi senza che lei potesse far niente per salvare la donna-fantasma, sentì riecheggiare nella sua mente il labile sussurro di quest’ultima: “Lasciati guidare dal tuo istinto...”.





Angolino autrice
Finalmente aggiornooo *O*
Ehm-ehm *torna seria* u-u mi spiace aver fatto aspettare tanto <3 ma era un capitolo impegnativo e tra tante cose mi mancava il tempo e la voglia di mettermi lì e rileggerlo tutto ^^''
Ma alla fine ce l'ho fatta *W* così rieccomi qui ùwù
Well, ringrazio SabbathUnderground che mi ha recensita lo scorso capitolo e Furiarossa che ha avuto il tempo e la pazienza (Dio mio, ma come hai fatto? O___O) di recensirli tutti. Poi - ovviamente - ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la fanfic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 21
*** Il momento della verità ***


21_Il momento della verità Al suo risveglio, Fiamma si ritrovò in uno dei letti dell’infermeria: riconosceva il soffitto, che aveva già visto quando si era risvegliata dopo la sua quasi morte e nell’aria percepiva il profumo tipico di medicinali.
Sentiva la testa pesante e aveva voglia di dormire ancora, ma doveva rimanere sveglia e vigile: la sconosciuta aveva aggredito Lilianne, il che voleva dire che, probabilmente, avrebbe mietuto qualche altra vittima, a breve.
Forse addirittura in quello stesso momento, mentre lei era lì semicosciente, qualche ignaro studente stava venendo assassinato.
Solo l’idea di dover assistere alla fine di un altro vampiro, di dover vedere un altro cadavere mutilato e straziato, dentro di lei palpitò un sentimento di rabbia ardente tale da far affiorare un sentore piuttosto forte di istinto, semplice e selvaggio.
- Signorina Drakon? -.
Era la voce di Break. Le giungeva alle orecchie remota, una specie di eco, però cercava con tutte le forze di aggrapparsi ad essa e riuscire a vincere la stanchezza, ritornare cosciente.
Però, non capiva: cosa ci faceva il professore al suo capezzale?
- Ti ha riconosciuto, Xerxes. Adesso... vuole sapere cosa ci fai qui -.
Era una voce, quella, che non aveva mai sentito prima di allora: roca, profonda, innegabilmente maschile.
Un risolino tipicamente femminile sfuggì alle labbra dell’albino.
- Fiamma ti prego, apri gli occhi e mettiti seduta, così possiamo parlare con comodo -.
Non seppe bene nemmeno lei perché eseguì l’ordine con tranquillità, invece che alzarsi e mandarlo a quel paese sbraitando di Lilianne e del fatto che la donna che aveva tentato di ucciderla l’avesse presa. Probabilmente, perché la parte più razionale del suo cervello le imponeva il silenzio su un argomento che avrebbe potuto decretare la sua completa pazzia agli occhi di tutto il resto dell’istituto.
Quando però si mise seduta, incontrò una fila di persone a lei ben note in piedi al fondo del letto, tra le due sedie occupate da Xerxes e... Alucard?
Un sorriso sghembo che la giovane avrebbe definito folle deformò le labbra del secondo docente, mentre affermava: - Si chiede cosa stia accadendo e perché ci sia tanta gente... -.
Sembrava che all’improvviso trovasse il tutto estremamente divertente.
- Come “perché”?! Cavolo, sei svenuta nel bel mezzo dell’incontro!! - sbottò Edward, incrociando le braccia sul petto, irritato.
La rossa lo squadrò con attenzione, per qualche secondo.
- Pensa che non possiamo parlare finché ci sono loro... - proseguì Alucard alzando il tono di voce in quella che sembrava una risata trattenuta a stento.
Doveva divertirsi decisamente tanto a rivelare tutto ciò che le passava per la sua mente, ma Fiamma non lo trovava affatto simpatico. Irritata dal suo atteggiamento, sbottò: - Può smettere di fare la telecronaca in diretta dei miei pensieri? -.
Vide lo sguardo di Alucard lampeggiare pericoloso e le labbra vibrare di un sottile ringhio di minaccia.
- Su, su! Calmatevi - s’intromise Xerxes - Cara signorina Drakon, anzitutto sappi che lui ha il potere della telepatia, per cui può leggere nei tuoi pensieri come in quelli di tutti gli altri - disse, la voce altalenante ed instabile - Secondo, ora basta con i segreti: penso che anche i tuoi amici debbano sapere la verità... circa quello che sta accadendo -.
Il tono cambiò bruscamente, trasformandosi da cantilenante in greve e serio.
Fiamma distolse lo sguardo.
- Non sono sicura delle mie conclusioni. Potrei sbagliarmi... -
- Non importa: dobbiamo rischiare -.
Gilbert fece un passo avanti, negli occhi una chiara confusione.
- Possiamo... sapere di cosa state parlando? -.
La giovane Drakon fece un respiro profondo, attingendo a tutto il suo coraggio che aveva per raccontare di ciò che aveva scoperto e ipotizzato: - Quelle aggressioni, io so chi è stato. Me l’ha detto una donna, un fantasma - alzò una mano per bloccare il primo intervento da parte di un Oz alquanto scioccato, quindi riprese - Io ho il potere di entrare in contatto con i morti. Non ho idea di come possa essere possibile né del perché però... così è. Per questo hanno tentato di uccidermi. La mia assassina è la stessa che ha ammazzato Envy, Greed e Matthew. E... - s’interruppe un attimo, quindi si fece forza e proseguì - ... e poco fa l’ho rivista. Ha messo a tacere Lilianne, la donna che mi ha aiutato, e l’ha portata via. L’aggressore è una copia al femminile di Rufus Barma -.
Alucard scattò in piedi.
- Non è possibile! - ringhiò, gli occhi che lampeggiavano nuovamente, stavolta d’ira - Un docente non può fare una cosa del genere! -.
Sembrava non riuscire a concepire che un membro del corpo insegnanti potesse essere invischiato in una simile circostanza.
- Calmati, Alucard... ti prego - esclamò Break, pacato. Sembrava triste, o comunque turbato.
Il vampiro dai capelli neri si voltò verso l’albino.
- Xerxes, l’hai sentita? Non può accusare un insegnante di un crimine simile! Non puoi accett... -.
- Ne sei sicura? - chiese l’albino, interrompendo il collega.
- Assolutamente - rispose Fiamma, annuendo.
In quel momento la studentessa fu certa di aver visto qualcosa baluginare nello sguardo di Alucard. Sembrava che improvvisamente avesse realizzato qualche cosa che fino ad allora gli era sfuggito e, all’improvviso, parve calmarsi.
Semplicemente, fissò dritta negli occhi la giovane vampira e tacque. Era un tantino inquietante sentirsi addosso uno sguardo attento e concentrato come quello che era comparso in viso al docente di ginnastica.
In quel mentre, Xerxes fece una cosa abbastanza singolare: s’infilò una mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una foto stropicciata che a primo sguardo sembrava anche piuttosto vecchia.
- Di’... somigliava a questa? - domandò, avvicinandola alla studentessa.
Quest’ultima osservò la fotografia, che ritraeva una donna piuttosto giovane vestita in modo elegante.
Fiamma impallidì, ritraendosi leggermente. Impercettibili fremiti le scossero il corpo mentre riaffiorava nella sua memoria il ricordo della figura opalescente vista in giardino, prima di soffocare nel proprio sangue.
- Sì... è lei -.
Il vampiro sorrise di sghembo riponendo la foto: - Okay, grazie... -.
Sembrava essere giunto ad una qualche conclusione; tuttavia, se così era, non poté mai accertarsene, dato che l’uomo tacque.
- È inverosimile, assurdo - decretò Gilbert all’improvviso, scuotendo la testa.
- Vada a domandare a quelli che sono stati aggrediti, signor Nightray... - esclamò l’albino tagliente.
Il moro cercò gli occhi di Fiamma, pieno d’incredulità, ma questa scosse la testa e si protese verso di lui.
- Gil non ti ho mentito: è la verità... -
- Non può essere la verità! Non può succedere! Non si può parlare con i morti! -.
La studentessa avvertì le lacrime pizzicare ai lati degli occhi, ma le trattenne. Non doveva dimostrarsi debole; però, dentro soffriva.
Si chiedeva perché avesse deciso di parlare, perché Xerxes ed Alucard avessero insistito perché rivelasse tutto quanto. Sapeva fin dal principio che nessuno le avrebbe creduto e così era stato.
Emily si staccò dal braccio di Oz e si avvicinò a sua cugina, la fissò alcuni istanti e poi l’abbracciò.
- Fiamma, io ti credo. Quella volta, in corridoio... hai visto quella donna, non è così? - domandò.
La rossa sgranò debolmente gli occhi e annuì, affondando il viso nella spalla della più piccola.
- Fiamma, io ti credo e voglio crederti - esclamò Emily, stringendola.
Amethyst si staccò da Vincent e lentamente si avvicinò ad ambedue, prendendo la rossa per mano e annuendo.
I maschi si scambiarono un’occhiata, poi uno alla volta si avvicinarono, lasciando Gilbert indietro, da solo.
- Allora, signor Nightray? - domandò Break, fissandolo intensamente - Lei è con o contro di noi? -.
Alucard si rivolse a Gilbert, staccando finalmente gli occhi dalla Drakon, parlando con una nota di scherno tangibile nella voce, mista a stizza: - Tu dici che non si può parlare ai morti, eh? Ed invece è possibile -.
- Che cosa? - replicò il ragazzo, allarmato.
La rivelazione parve scuotere tutti.
- Alucard, sai qualcosa di questa storia? - intervenne Break, curioso.
Il vampiro dai capelli neri lo fissò, sogghignando.
- Da tempo si tramanda una leggenda circa un vampiro potente, il più potente di tutti, il “Vampiro Supremo”. Secondo la leggenda, quell’essere racchiude i tre spiriti fondamentali ed avrebbe il potere di parlare con i morti -.
- Non è possibile! Io sono un vampiro normalissimo! - protestò Fiamma: non voleva saperne proprio di leggende e profezie e simili. Si rifiutava di essere invischiata in cose del genere.
- E poi questo cosiddetto potere di vedere e parlare coi fantasmi ce l’ho solamente da quando sono arrivata in questa scuola! Non sono un “Vampiro Supremo”! Non ho alcun potere straordinario! - s’infervorò.
- Però... tu dici di riuscire a parlare con chi è deceduto e quello... è un potere che non ha mai avuto nessun altro -.
Gilbert si fece avanti di mezzo passo e fissò Fiamma per alcuni istanti: una parte di lui voleva crederle perché l’amava e si fidava di lei, ma l’altra parte continuava ad urlargli di non darle retta perché tutto ciò era irreale ed impossibile.
La ragione contro i sentimenti, l’epico scontro che non aveva mai avuto risposta, una lotta che imperversava senza esclusione di colpi dentro di lui.
Non sapeva che partito prendere: tutto era accaduto così improvvisamente ed era così assurdo...! Ma sapeva che Fiamma non gli avrebbe mai mentito.
Più la guardava più la diatriba dentro di lui cresceva e nei suoi abissali occhi rossi non vedeva altro che un dolore profondo, smisurato, che lui sentiva il dovere di colmare e sopprimere.
Per questo, il suo sguardo assunse un cipiglio serio mentre dichiarava: - Ti credo -.
Lo sguardo della giovane Drakon si illuminò mentre il moro la raggiungeva e l’abbracciava.
Ambedue tacquero, vinti dall’emozione del momento.
- Che scena toccante... -.
All’udir riecheggiare quella voce, tutti quanti si voltarono e i due docenti schizzarono in piedi.
Fiamma notò che Xerxes aveva una strana espressione dipinta in viso, mentre osservava l’ospite inatteso.
- Rufus... ma che bella sorpresa, che ci fai qui? - chiese, guardingo.
Rufus Barma scrollò con indifferenza le spalle, sorridendo malevolo.
- Ho pensato di venire a vedere come stava la nostra giovane signorina Drakon... - disse semplicemente.
- Voleva provare di nuovo a farmi fuori, eh? - sbottò la rossa, lo sguardo colmo d’ira.
Il sorriso si spense sul volto del professore di Filosofia.
- Se quella stupida donna fantasma non si fosse messa tra i piedi, lei ti avrebbe uccisa e tutto sarebbe filato liscio. Ma a questo punto... voi sapete troppe cose e non posso rischiare che vada tutto a monte... -.
Un’ombra offuscò tutto e l’ultima cosa che Fiamma scorse furono occhi di brace che si abbattevano su di loro.

La prima cosa che percepì non appena si fu svegliato, furono delle catene che lo sorreggevano per i polsi e qualcosa di viscido contro la schiena.
Gilbert aprì debolmente gli occhi e si guardò intorno: era in una stanza di modeste dimensioni, poco illuminata, ma ciò non gli impediva di vedere bene, anzi, favoriva la sua straordinaria vista notturna.
Le pareti erano costruite con grossi blocchi di pietra che trasudavano letteralmente umidità, assieme ad una sostanza viscida che non riuscì bene a definire.
Cercò di divincolarsi, ma le catene gli stringevano i polsi in modo straordinariamente doloroso.
- Ah...! -.
Un gemito strozzato attirò l’attenzione del moro su un’ombra al centro della stanza, anzi due. Una di esse la riconobbe per certo per Fiamma, e l’altra... dovette sforzare incredibilmente gli occhi per distinguervi i tratti di Barma.
La rossa stava china sul pavimento e pareva soffrire.
- Pensavi davvero che fermarmi fosse così semplice? Credevi che non avessi il potere per sconfiggervi tutti quanti? - rise il professore, quindi affibbiò alla studentessa un calcio nello stomaco, mandandola supina al suolo - Come siete sciocchi! -.
- Non... ti permetterò di uccidere al... tre persone... - sibilò Fiamma tremante, rialzandosi.
Pur nell’oscurità, Gilbert notò che era ferita al labbro e che il suo viso era costellato di lividi, così come il suo petto di ferite. Era una visione atroce.
- Ahah, ma sentila! Credi ancora di avere qualche possibilità contro di me? - chiese il vampiro, ridendo beffardo - Miranda è nella stanza adiacente e sta finendo di nutrirsi col sangue di quello studente, Matthew... presto sarà libera dal vincolo dello spirito, e si aprirà una nuova era per questa scuola! -.
Barma sembrava un folle.
- Miranda? - ripeté la voce di Alucard. Dal tono di voce pareva essere nuovamente arrabbiato.
- Neeee, Rufus ♥! Credi davvero che noi te lo permetteremo? -.
La voce di Xerxes Break fece sobbalzare il Nightray, che spostò lo sguardo sulla parete alla sua destra: l’albino era anch’esso incatenato alla parete e nel suo occhio c’era qualcosa di vagamente malsano.
Barma sorrise e gli si avvicinò a passi lenti, quasi calcolati, facendo riecheggiare il rumore dei suoi tacchi. Quando gli fu dinanzi, gli afferrò il viso con una mano e lo avvicinò al proprio.
- Xerxes... proprio tu, che mi hai voluto nel tuo stesso letto più d’una volta, cerchi di fermarmi? -
- Mi piacevi, Barma... prima che sapessi cosa sta macchinando quel tuo cervello malato ~ ♥ - replicò allegramente l’albino - Adesso spero solo che Fiamma ti apra in due quella zucca vuota che ti ritrovi ♥! - minacciò, in tono così candido da essere ancor più inquietante.
- Hai riposto tutta la tua fiducia in quella stupida vampira? Mi sorprendi, Xerxes - Rufus s’interruppe e camminò di nuovo verso la studentessa, afferrandole i capelli, tirandoli per farle alzare il viso - Ma ti sei illuso: una mocciosa non può sconfiggere né me... né tantomeno Miranda, allo stato attuale delle cose -.
- Questo è da vedere - intervenne Alucard furioso, cercando di divincolarsi, i muscoli che si contraevano per lo sforzo.
- No, caro collega... non c’è niente da vedere, se non la vostra triste dipartita... -.
- Bastardo... lasciami andare! - sibilò Fiamma a denti stretti, graffiandogli il polso.
Il docente mollò la presa, massaggiandosi il punto dolente, fulminandola con lo sguardo.
-  Barma, ti sei messo contro la persona sbagliata... - minacciò Alucard.
- Non blaterare cose insensate! -.
Fiamma era china a terra, ansimante. Ogni centimetro del suo corpo doleva in modo esagerato, come se fosse succube delle fiamme dell’inferno e non riusciva a mettersi in piedi.
- Idiota! - ringhiò Alucard, gli occhi luminescenti.
Una risata sguaiata da parte sua si levò nell’aria: - Quella ragazza è solo un conten...! -.
Un rumore potente sovrastò le sue parole, simile ad una frustata nel vento.
- Cos’è...? -.
La voce di Edward risuonò da poca distanza accanto a Gilbert, che tirò un sospiro di sollievo, sapendo che anche qualcun altro era sveglio e stava bene.
- Ormai è tardi per te, Rufus Barma!! - proferì il docente di ginnastica, riprendendo a ridere.
- Cosa stai dicendo!? - sibilò il vampiro dai capelli rossi, furente.
Il rumore s’intensificò, trasformandosi rapidamente in una brezza sfrigolante. In un certo senso, quel rumore che pareva strisciare tra loro. Creava paura, ma metteva anche in soggezione.
Al centro della stanza, dov’era Fiamma, si levò un turbinio di vaporose fiamme rosse che si innalzò danzando verso il soffitto.
- C-che cosa...? - esordì Barma, scioccato.
Quando le fiamme avvolsero completamente il corpo della giovane, un vento impetuoso iniziò a frustare le sue membra.
La Drakon, di nuovo in piedi, aveva il viso rivolto verso l’alto, gli occhi che scintillavano in un’espressione in tralice. I capelli le ondeggiavano furiosamente intorno, vibrando attorno al corpo e al viso assieme ai vestiti; tuttavia, lei era come una statua, immobile e bellissima.
Da quella sorta di spirito rosso che ancora le turbinava attorno si crearono diverse propaggini, che si diressero verso le pareti.
Il Nightray ne vide venire una verso di sé e chiuse gli occhi, credendo di morire. Invece, l’unica cosa che avvertì fu un dolce tepore attorno ai polsi e il suo peso cadere verso il basso allo svanire delle catene che lo imprigionavano.
Rimase addossato al muro, paralizzato da ciò che Fiamma stava subendo. Si volse allora verso Break, del quale riusciva a scorgere bene il profilo, illuminato dalla luce rossa.
- Professor Break, che cosa sta succedendo? - chiese ad alta voce, per superare il rumore del vento.
- Credo... che si stia trasformando... - fu la risposta che ricevette.
Il vento che rombava nella stanza cessò di colpo e la luce venne risucchiata da un’ombra che stava in piedi, immobile, al centro della stanza.
In essa, Gilbert riuscì a riconoscere il profilo della vampira, ma solo quello: di suo non c’era altro.
I capelli erano bianchi, lunghi fino a terra, liscissimi, tranne due ciuffi che teneva appoggiati sulle spalle, arricciati a mo’ di cavatappi ed ondeggianti lievemente nell’aria, come sospinti da una gentile brezza invisibile.
Indosso aveva un body, se così si poteva definire, di cuoio bianco, sorretto solo da elastici situati sopra e sotto il seno; le gambe erano fasciate fino alle ginocchia da stivali con tacchi a spillo letali e altissimi, così come gli avambracci, coperti da guanti dello stesso materiale dell’abito e delle scarpe.
Le dita, però, erano incredibilmente più lunghe, come se fossero state fuse con artigli di una lunghezza non inferiore ai dieci centimetri. Dalle labbra spuntavano canini simili a sciabole che le arrivavano quasi fino al mento.
Le pupille erano iridescenti e meravigliose, anche se lo sguardo era minaccioso ed inquietante.
- Barma... questa è la tua fine... -.
La sua voce riecheggiava pura come il delicato suono di una campana di vetro ed allo stesso tempo minacciosa come le nubi all’orizzonte che preannunciavano la tempesta.
Gilbert non aveva mai udito una voce tanto melodiosa e terribile.
Il professore arretrò, spaventato.
- C-cosa è? Cos’è quella...! -.
Non riuscì a terminare la frase: Fiamma gli si era materializzata innanzi e gli aveva conficcato con forza un braccio nel petto, perforandolo con gli artigli, che adesso facevano bella mostra di loro appena fuori della schiena, sulla quale stillavano qualche sparuta goccia di sangue. L’uomo doveva essere digiuno da parecchio tempo.
Gli occhi di Barma persero ogni scintilla di vitalità. Un sottile rivolo di sangue gli scivolò giù dalle labbra mentre la ragazza estraeva con un repentino scatto l’arto dal suo torace, riportandolo con altrettanta rapidità lungo il fianco. Nel far ciò tracciò un arco rosso nell’aria.
L’uomo cadde all’indietro, esanime.
- L’ha... ucciso?! - esclamò Alphonse, orripilato.
- Non l’ha colpito al cuore, non può essere morto - asserì Edward.
Fiamma si avvicinò a Break.
- Venga con me... da Miranda - disse semplicemente, senza tono.
Quel modo di parlare ricordava molto quello di Amethyst.
- Tsè! Non c’era neanche bisogno di chiederlo! - esclamò l’albino, sprezzante, estraendo a sorpresa una spada dal bastone.
- Voi rimanete qui. Controllate che non si risvegli - continuò Fiamma rivolta agli altri, quindi se ne andò con Xerxes.
Gli altri vampiri si avvicinarono al corpo di Rufus Barma, circondandolo, anche se la loro attenzione era tutta rivolta alla vampira che svaniva in un cunicolo nell’angolo della stanza.
- Quella... cos’è diventata Fiamma? - domandò incuriosito Vincent.
- È quello il “Vampiro Supremo”...? - chiese Oz, ricordandosi dell’argomento brevemente introdotto dal docente di ginnastica.
- A quanto pare sì - tagliò corto Alucard, piegandosi sul corpo esanime del collega, guardandolo fisso negli occhi.
- Ma chi è questa Miranda? - intervenne Alphonse.
- Miranda è stata la prima preside di questa scuola. Il suo nome era Miranda Barma - spiegò il docente di ginnastica, senza staccare gli occhi dal viso di Rufus.
- BARMA?! - chiesero tutti in coro gli studenti, stupefatti.
- È la sua antenata. Miranda desiderava il potere che adesso custodisce Fiamma, ma si è lasciata corrompere della brama e dall’avidità al punto che quando morì il suo spirito rimase legato a questo mondo e a questa scuola. Il suo fantasma si è insediato nel corpo del suo discendente e lo ha costretto al suo volere, spingendolo a compiere quegli omicidi per darle il sangue necessario al risveglio del suo vero corpo. L’unica che ha cercato di fermarla è stata Lilianne, il fantasma della prima ospite del potere del Vampiro Supremo, ma adesso, a quanto pare, il suo spirito non è più qui. Miranda l’ha distrutto -.
- Professor Alucard, ma come fa a sapere tutto questo? - chiese Emily intimorita.
- È tutto nella sua mente - spiegò il vampiro con una mezza risata, indicando il collega moribondo - Io sto solo leggendo a voce alta -.
- Ma adesso... cosa dobbiamo fare? - domandò Amethyst, rompendo il suo usuale silenzio.
L’insegnante incrociò le braccia sul petto con fare greve, rialzandosi e rivolgendo una generica occhiata a tutti.
- Aspettare... -.
Dal tono con cui lo disse pareva proprio che nemmeno a lui l’idea piacesse granché.
Gilbert voleva andare ad aiutare Fiamma. L’idea di star lì ed aspettare non gli piaceva per niente, però il suo istinto di sopravvivenza gli diceva che lo scontro che si stava probabilmente già svolgendo nella stanza adiacente era su un livello completamente differente da quello che poteva avere una baruffa tra studenti.
Se ci fosse andato di mezzo, non ne sarebbe uscito salvo, poco ma sicuro.
Così...
- Tutto ciò che ci rimane da fare è aspettare... e sperare -.

• ~ • ~ • ~ •

- Fiamma! FIAMMAAA! -.
La vampira si affacciò alla porta dell’infermeria e fu immediatamente investita dalle braccia aperte di Emily, che si strinse a lei con forza, prima di lasciarla andare per fissarla negli occhi.
- Sei ancora tutta piena di lividi... - osservò, sull’orlo delle lacrime, sfiorandole dolcemente lo zigomo destro, sul quale spiccava vivido un ematoma nero dall’aspetto decisamente orribile.
- Non preoccuparti, non mi fa più male... - la rassicurò la cugina, sorridendo.
Gilbert si era fermato dietro di lei e la fissava, sorridendo.
- Come ti senti? - domandò quest’ultimo semplicemente.
Si era materializzato in infermeria non appena aveva saputo che quel giorno sarebbe stata dimessa.
Lo scontro che era avvenuto con Miranda Barma le aveva lasciato notevoli segni addosso: le gambe erano livide e le braccia ricoperte di tagli, i quali per fortuna si erano già cicatrizzati e rimarginati.
Quando erano arrivati lei e Break, Miranda aveva già riacquisito una consistenza corporea quasi completa; per questo si era dilettata enormemente nel riversare quanta più violenza fisica possibile sulla studentessa, arrivando addirittura a spezzarle una gamba.
Alla fine, però, Fiamma l’aveva uccisa senza alcuna pietà, aprendole un buco nel petto e strappandole il cuore, stritolandolo in una presa d’acciaio. Con ciò era stata decretata una volta per tutte la morte di Miranda Barma.
- Ah, sei già fuori? -.
Edward e Alphonse si materializzarono alle spalle di Emily.
Oz, Vincent ed Amethyst arrivarono anche loro in quel momento.
- Fiamma! Va tutto bene? - domandò il Bezarius, squadrandola da capo a piedi.
- Sto bene. Perché tutti vi preoccupate così tanto per un paio di graffi? - fece la rossa, spazientita.
- Se fossero stati solamente un paio di graffi non saresti stata trattenuta in infermeria così a lungo, non credi, signorina Drakon? ♥ -.
Il commento fece sobbalzare tutti quanti.
- P-professor Break! - esclamò Edward allarmato, voltandosi verso l’albino in avvicinamento alla sua destra.
- Che cosa ci fa qui? - chiese Alphonse in tono più educato e composto.
Xerxes sorrise leziosamente all’indirizzo di tutti.
- Sono venuto a vedere come stava Ruffy! ♥ - spiegò, piegando di lato la testa - Ieri l’infermiere ha detto che si sta rimettendo. Presto sarà in grado di lasciare l’infermeria, ma ovviamente non ricorda niente di tutto quello che... -
- Xerxes...? -.
Il gruppetto si volse verso la porta dell’infermeria: appoggiato sullo stipite, più per reggersi in piedi che per atteggiarsi ad arrogante, c’era nientemeno che Rufus Barma.
Guardava Break con un’umanità negli occhi che lo rendeva così diverso da quello che gli studenti avevano visto fino ad allora da farlo sembrare tutta un’altra persona.
- Aaaaah! Ruffy ♥! Stavo venendo a trovarti! -
- Tsk... smettila di chiamarmi così...! - ribatté Barma, distogliendo lo sguardo.
- Ne, neeee ~ non essere sempre arrabbiato! Dai, dai... andiamo! - esclamò Break, afferrando per un braccio Barma per portarselo via, mentre questo inveiva contro di lui a causa del dolore per le ferite.
Di quanto era successo, sembrava non conservare alcuna memoria, e di quello erano tutti felici: anche se sembrava un po’ insensibile, Fiamma era del parere che sarebbe rimasto turbato se avesse ricordato tutti i crimini che aveva commesso per conto della sua antenata.
- Be’, adesso che anche tu finalmente sei uscita dall’infermeria, che avete voglia di fare? - chiese Edward.
- Mmmh... andiamo a fare una passeggiata in giardino? - propose Vincent, prendendo per mano Amethyst.
Fiamma sorrise e annuì, quindi prese sottobraccio Gilbert e lo accompagnò verso le scale.
- Fiamma... non puoi più trasformarti in quella cosa fichissima? - domandò Oz all’improvviso.
La rossa scosse la testa.
- Non credo... non in una situazione normale, penso... -.
In infermeria, qualche giorno prima, aveva ricevuto una visita da parte del professor Alucard, il quale le aveva spiegato come stavano le cose, ricomponendo il quadro generale della faccenda usufruendo anche delle informazioni ricavate dai ricordi di Barma.
Da ciò che le aveva raccontato, Fiamma aveva capito che quel “Vampiro Supremo” era una forma che si poteva usare solo in caso di estremo pericolo e che non era una cosa che poteva controllare. Semplicemente, accadeva quando se ne presentava la necessità.
- Be’, in parte sono sollevato: facevi veramente paura - commentò Gilbert, guadagnandosi un piccolo pugno da parte della ragazza, che rise sollevata.
- Sì, immagino di sì... - concluse, sorridendo radiosa - ... ma adesso è tutto finito, per cui non mi trasformerò più! -.
- O almeno, finché non capiterà un’altra emergenza... ma spero proprio di no...! - aggiunse tra sé e sé mentre varcavano il portone che dava sul giardino, la notte che ormai si era completamente sostituita alle tinte violacee del primo crepuscolo.





Angolino autrice
Avevo l'ultimo capitolo iniziato e abbandonato in un angolo remoto del mio pc e me ne sono accorta solamente ora o-o non ho parole.
Perlomeno ho potuto finire di scriverlo e postarlo in tempi più brevi rispetto allo scriverlo completamente <3
Quindi, questo è l'ultimo capitolo.
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito la fic nonostante l'enorme tempo impiegato per gli aggiormenti e soprattutto quanti hanno recensito.
Grazie infinite, a presto! ^^
F.D.

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