Demons

di EvelynMorgan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1/ Strani incubi ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2/ Il colore degl’occhi fa la differenza ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1/ Strani incubi ***


Capitolo 1/ Strani incubi
“"Corri prima che la terra t’inghiotta, scappa prima che il fuoco ti distrugga" una voce antica le sussurrava queste parole all’orecchio mentre scappava da qualche creatura misteriosa. Il cuore batteva per la paura mentre sentivo le gambe cedere, doveva scappare eppure non riusciva a correre.”
Urlai. Era l’ennesimo incubo in un mese che sembrava interminabile ma questo sembrava così reale fin troppo reale. Il mondo si stava fondendo troppo con la fantasia.
Mi alzai dal letto mia madre borbottava qualcosa a bassa voce mentre mi affrettavo a correre in bagno.
Erano passate molte notti dalla mia ultima e vera dormita e ora dovevo nascondere le occhiaie che mi solcavano il viso.
Mi guardai allo specchio ma le occhiaie che nascondevo da due giorni erano sparite e i miei occhi verdi si erano dipinti di un azzurro brillante. Urlai di nuovo spaventata da quell’illusione. Doveva esserci un errore, il mio cervello doveva essere andato il tilt.
"Sofia" urlo mia madre per ammutolirmi.
"Scusa "borbottai mentre il mio cuore batteva. Non potevo pensarci ora, era solo uno scherzo dovuto alla stanchezza. Camminai verso il letto per poi sdraiarmi.
Chiusi gl’occhi ora dovevo cercare di governare i miei sogni.
Un ragazzo mi guardava sorridente tendendomi la mano, era un invito silenzioso e io lo sapevo. I suoi occhi verdi m’ipnotizzavano. <> sussurrava ma io non mi muovevo, rimanevo ferma immobile
"Sofia" mi chiamò mia madre. Mi rigirai nel letto, le coperte erano calde e sembravano non volermi lasciare.
"Cinque minuti" borbottai infilando la testa sotto di esse.
"Sei in ritardo Sofi" grido ancora per poi togliermi le coperte con una mossa frettolosa. Mi misi a sedere sul materasso imperlato ancora di sudore per i miei incubi e sbadigliai.
Mi grattai la testa mentre ancora insonnolita camminavo verso la cucina.
Le piastrelle erano fredde a contatto con i miei piedi.
Un pensiero sfiorò la mia mente facendomi correre in bagno. Mi guardai allo specchio ma i miei occhi erano normali. Il loro verde muschio era ancora intatto. Mi toccai il viso cercando qualche segno del mio mutamento nulla. La cascata di capelli scuri e lisci mi accarezzava le spalle come al solito e la pelle perennemente abbronzata non pareva aver subito mutamenti. Mi lasciai scappare un sospiro di sollievo quando mia madre mi richiamò per l’ennesima volta.
"Arrivo " urlai mentre ero appoggiata al lavandino pronta per coprire le occhiaie che cono mia grande sorpresa erano sparite. Meglio così in fondo.
Mi vesti pronta per andare a scuola.
 
 
Le ore passavano lente mentre la noia m’ inghiottiva. Tamburellavo le dita sul banco cercando di ascoltare la lezione ma la mia mente non riusciva a staccarsi dall’immagine del ragazzo del mio sogno. I suoi occhi, era la cosa che mi avevano colpito di più. Profondi e di qualche tonalità più scura dei miei.
Presi una ciocca tra le dita per poi giocarci mentre la mia mente si allontanava da quella stanza troppo piccola e soffocante.
"Sofia" mi riprese il professore. Sobbalzai mentre la mia mente tornava dalla sua piccola fuga. Sembrava che stamattina tutti amassero gridare il mio nome.
"Si?" chiesi con un piccolo sorriso sulle labbra.
"L’hai fatto di nuovo" affermo il professore con un sospiro seccato e allo stesso tempo rassegnato. Guardai un attimo alla lavagna perfetto stavamo parlando di Manzoni e da quanto c’era scritto su di essa deduco che è il capitolo ottavo.
"Eppure so che siamo al capitolo ottavo dei promessi sposi quindi mi chiedo cosa io possa aver fatto" dichiarai con il mio solito tono di sfida mentre la classe cercò di trattenere a stento una risata.
Me la cavavo sempre, il professore aveva spiegato a mia madre che i miei voti potevano essere altissimi per il mio livello intellettivo e che se solo mi fossi applicata non avrei preso dei sette striminziti. Ma in realtà non m’importava. Quella era io e sinceramente preferivo passare le giornate in compagnia di Lidia che di un libro scolastico.
Lidia era la ragazza perfetta. I capelli biondi e mossi erano sempre perfetti e gl’occhi azzurro cielo erano grandi dandogli l’aria di una cerbiatta. Lei è la ragazza più dolce che conosco, riusciva a trovare il buono nelle persone, era riuscito a trovarlo persino in me.
Il professore rimaneva muto incassando l’ennesima sconfitta mentre io mi rilassavo contro lo schienale della sedia e sorridevo fiera di me.
La campanella suonò dopo qualche minuto, mi alzai sistemando la cartella era finita finalmente.
Il professore usci guardandosi piedi dalla classe che pochi minuti prima l’aveva deriso.
"Sofia"disse Lidia mentre appoggiava il suo braccio sulla mia spalla.
"Un altro punto per me non credi?" le feci notare con voce divertita.
"Ha quanto sei?"mi chiese ridendo.
"Per in tanto sei a zero per me se continuiamo così perderò il conto" dichiarai, questa era la sesta volta che il nostro caro professore era stato imbarazzato davanti alla classe.
Usci dalla scuola mentre il centro si risvegliò.
"Lidia devo correre se no perdo il pullman" dissi velocemente per poi stamparle un bacio sulla guancia e cominciare a correre verso la fermata.
Il pullman mi passò davanti mentre mi lasciavo uscire un grido di rabbia. Era l’ennesima volta che succedeva e ora mi ero stancata. Camminai con passo veloce verso la pensilina quando senti una risata. Mi voltai di colpo incontrando lo sguardo di un ragazzo che doveva avere più o meno la mia età. Tratteneva una risata mentre mi guardava con i suoi occhi neri, senza fondo e arroganti.
Lo fulminai con lo sguardo e lo vidi stringersi nelle spalle.
"Perso qualcosa?" mi chiese divertito.
"No, stavo solo cercando il tuo cervello" risposi cercando di colpirlo ma lui non sembrava smuoversi.
"Allora buona fortuna" disse per poi ridere ancora fra se e se.
Mi voltai e feci un bel respiro, non avrei dato corda a quel ragazzo avrei camminato fino a un'altra pensilina e avrei aspettato il pullman lì.
Cominciai a incamminarmi mentre sentivo il suo sguardo puntato sulla mia schiena.
Arrivai alla pensilina in dieci minuti e il pullman arrivò dopo poco tempo. Mi sedetti in un posto singolo mentre accendevo l’ipod e scomparivo nel mio mondo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2/ Il colore degl’occhi fa la differenza ***


 
C’è chi dice che l’aspetto estetico non fa la differenza ma io credo che questi si sbagliano quando i tuoi occhi da verdi diventano azzurri.
La casa era vuota e la domenica invernale era silenziosa. Vivevo in un piccolo paesino montano che contava pressa poco mille abitanti, troppo pochi per i miei gusti. Quel posto mi soffocava come lo faceva il liceo e mia madre.
Se avevo amici qui? Beh qualcuno che non chiamerei proprio amico, amico. L’unica che poteva vantarsi di questo nome era Lidia gli altri erano conoscenti con cui uscivo per passare il tempo.
Ma ora come potevo fare? Non potevo uscire con questi occhi. Camminai avanti e indietro per la casa cercando di trovare una soluzione ragionevole. In fondo avevano detto che ero un specie di genio no? Ma allora perché tutto questo era irrazionale? Stavo forse impazzendo? O era la vendetta del mio “amato” professore di italiano e latino?
Misi le mani tra i capelli cercando di sentire se il mio cervello stava funzionando ma sembrava tutto muto.
“scappa prima che il fuoco ti distrugga” quelle parole rimbombavano nella mia mente.
Mi guardai ancora allo specchio. Cavolo perché non ci avevo pensato. Potevo fingere di avere delle lenti a contatto. Era una soluzione ragionevole. E chi avrebbe controllato? Nessuno, avevano una paura inspiegabile del mio sguardo. Mi dicevano spesso che i miei occhi riuscivano ad arrivare al cuore e a strappare l’anima.
Mi morsi il labbro per poi mettere il cappotto e uscire di casa. Camminavo per quelle vie conosciute con sicurezza quasi come se il mondo non avrebbe mai potuto fermare.
Entrai nell’oratorio, avrei trovato qualche ragazza disposta a passare qualche ora in mia compagnia.
I ragazzi parlavano tra di loro. Alcuni giocavano a calcio balilla, altri a carte, delle ragazze spettegolavano su qualche mal capitata.
Nulla. Non c’era nessuno di mio interesse con cui potevo passare il pomeriggio. Non amavo sprecare il mio tempo con delle bambine. Mi voltai e uscii con passo deciso mentre mi scostavo i capelli dal viso.
“Niente d’interessante?” chiese una voce che sembrava provenire dalla mia destra. Mi voltai con occhi gelidi verso la sua parte per poi vederlo. Se ne stava appoggiato al muro con le braccia conserte come l’altra volta tratteneva a stento una risata.
Mi avvicinai a lui puntandogli un dito sul petto. “Non so chi tu sia ma faresti meglio a tenere quella boccaccia chiusa” affermai senza staccare i miei occhi dai suoi. Chissà che effetto faceva vedere il cambiamento di colore di quest’ultimi.
Con un movimento troppo rapido per essere calcolato mi prese la mano avvicinandomi a se.
“Non essere stupida ma cheri”mi sussurrò all’orecchio. Lo spinsi spostandomi da lui mentre sentivo il mio sangue bollire nelle vene.
Lui rise vedendo la mia reazione e si spostò dal muro evitandomi e salutandomi con un cenno della mano. Rimasi davanti al muro con la voglia di tirare un pugno su quest’ultimo. Presi un grosso respiro e ripresi a camminare. Tenevo i palmi chiusi a pugno mentre sentivo la rabbia ardere nel mio cuore bruciando tutto quello che avevo attorno. Qualcuno urtò contro la mia spalla ed io mi voltai per guardarlo cadere a terra. Urlava tenendo le mani sulle tempie.
“la mia testa”urlò mentre si contorceva dal dolore. Io rimanevo lì, impassibile guardando quella scena.
Ci fu un altro urlo da parte dell’uomo seguito da versi gutturali. Chissà come dovevano vederla la gente all’esterno. Un uomo a terra che si contorceva e una ragazza che lo guardava senza muovere un muscolo ma non per paura.
Qualcuno mi prese per il braccio trascinandomi via. La presa era stretta, doveva essere un ragazzo o un uomo molto forte ma qualcosa m’impediva di voltarmi. Non riuscivo a togliere lo sguardo da quell’uomo sofferente che piano piano stava smettendo di contorcersi.
Sentivo le mani di lui toccarmi il viso. Si era un lui e le mani erano troppo lisce per essere quelle di un uomo doveva essere un ragazzo. Ma non riuscivo a vederlo nonostante cercasse di riportarmi alla realtà. Il mio campo visivo, i suoni erano riempiti dall’uomo steso a terra.
“Sarah avanti basta “ mi disse mentre mi dava leggeri schiaffi sul viso.
“Sarah lo stai uccidendo” aggiunse dopo con un tono preoccupato.
Sarah? Chi è questa Sarah? Perché mi scambia con lei?
Mi prese per le spalle scuotendomi ma nulla, non riuscivo a svegliarmi da quell’incubo.
“Matt?”chiamò il ragazzo e due mani diverse mi presero.
“Ho metodi diversi dei tuoi Chris” affermò l’altro ragazzo. Le voci mi sembravano famigliari. Il secondo ragazzo mi prese per il bacino spingendomi contro a lui.
“Se mi succede qualcosa è colpa tua Chris” commentò per poi unire le sue labbra alle mie. Volevo liberarmi da quella presa tentando di spingerlo via ma era forte.
“Fai quello che devi senza esagerare” dichiarò il primo.
Sentivo la vista tornare mentre la sua lingua cercava qualcosa nella mia bocca.
Appena vide che stavo per reagire mi bloccò le braccia. Continuando con la sua ricerca sembrò trovare il punto giusto. Proprio dove avevo i canini. Cominciò a stuzzicarli mentre la mia vista tornava. Era il ragazzo stressante del muro. Riuscii a liberarmi un braccio e cercai di spingerlo. Sentivo le sue labbra allargarsi in un sorriso. Doveva lasciarmi, subito, ora. Senti qualcosa lasciare il mio corpo per spingerlo via e sembrava aver funzionato. Mi pulì la bocca con la manica del giubbotto.
“Che cercavi di fare?” gli urlai contro. Mentre guardavo l’altro ragazzo. Aveva l’aria del tutto differente dal ragazzo che doveva chiamarsi Matt. Mi guardava con dolcezza e cercava di calmarmi.
“Matt non conosce le buone maniere” affermò avvicinandosi a me mentre Matt si rialzava.
“Io sono Chris” disse per poi baciarmi la mano.
Matt si stava riavvicinando a me. “Tu stai lontano” urlai. Sembravo un isterica.
“Calma “ sussurrò Chris. Lo guardai cercando di memorizzare i suoi tratti. Aveva due grandi occhi azzurri simili a quelli di un bambino che donavano calma. Il capelli biondi accarezzavano mossi la sua fronte. Sembrava un angelo.
“Avrei preferito liberare io il potere ma era una cosa che doveva fare lui” disse indicando con la testa Matt.
Lui si mise apposto il giubbotto di pelle aperto che lasciava scoperta la maglia nera e aderente.
“Non posso dire che sia stato un piacere” commentò.
Chris alzò gl’occhi al cielo.
“Vogliamo continuare a discutere in mezzo alla strada o andiamo in un posto più tranquillo?” chiese spazientito.
Annuimmo entrambi e Chris mi offri il braccio.
Io lo guardavo incerta.
“errore mio, mi ero dimenticata che tu non sei lei o almeno non ancora” commentò per poi dirigersi verso a un bar.
E ora? Chi erano questi due? Chi era lei? Cosa centrava con me? Entrambi mi guardavano come se fossi un fantasma ma non lo ero, io ero Sofia non Sarah.
Mi fece sedere a un tavolo isolato per poi tirare fuori dalla giacca un panno.
“Non dirmi che li dentro ci sta una pistola” mormorai stufa del comportamento misterioso dei due ragazzi.
“Molto meglio” mi sussurrò Matt.
Una parola, odioso. Il mio odio per lei cresceva ad ogni momento, ad ogni sua parola, ad ogni suo respiro.
“tranquilla è solo un vecchio ciondolo” mi rassicurò Chris mentre me lo avvicinava al viso. Aveva un aspetto antico ed era rotondo con inciso qualcosa e una piccola pietra azzurra dove cominciava la catenina. Lo accarezzai e qualcosa prese vita nella mia mente.
 
-Sarah- mi chiamò una voce. Mi voltai con un sorriso sulle labbra. Un ragazzo biondo mi porse un ciondolo sussurrando –Quello che mi avevi chiesto per il rituale- io lo presi. Sentivo la mia avidità, il potere, la mia sete.”
L’immagine si sgretolò riportandomi alla realtà. Sapevo chi era il ragazzo, l’avevo appena conosciuto.
Era Chris, riconoscevo i suoi occhi anche se quelle immagini erano pallide sapevo che era lui. Mi alzai velocemente dal tavolo per poi uscire con grandi falcate fuori dal locale.

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