Just before the sunset

di formerly_known_as_A
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Redemption ***
Capitolo 2: *** Home sweet home ***
Capitolo 3: *** Avviso ***
Capitolo 4: *** Puppet ***
Capitolo 5: *** Pioggia ***
Capitolo 6: *** Darkness full of Light ***
Capitolo 7: *** BrOKeN ***
Capitolo 8: *** Shytry ***
Capitolo 9: *** Sunrise... Not yet! ***
Capitolo 10: *** Innuendo ***
Capitolo 11: *** Spilled Blood ***
Capitolo 12: *** The Final ***
Capitolo 13: *** Heautontimorumenos ***
Capitolo 14: *** I'm not dead ***
Capitolo 15: *** In the dead of the night... ***
Capitolo 16: *** Misunderstood ***
Capitolo 17: *** I can't... ***
Capitolo 18: *** I'm in the basement ***
Capitolo 19: *** Hero ***
Capitolo 20: *** Gomen nasai... ***
Capitolo 21: *** Broken ***
Capitolo 22: *** I'm a Rock ***
Capitolo 23: *** Pain and happiness are the two sides of the same sweet despair ***
Capitolo 24: *** The END ***



Capitolo 1
*** Redemption ***


Just before the sunset

My redemption

 

Stava rannicchiato nella stessa identica posizione da ore...

Il suo sguardo era fisso sulle proprie bende. Ma non le vedeva. I suoi occhi erano vuoti, privi di qualsiasi sentimento.

Una pozza di sangue.

 

Scosse la testa, evitando di tornare sull’argomento.

 

Sembrava un bambino piccolo. Un bambino solo. Ma non era quello che era sempre stato?

Anche crescendo, nel posto più profondo della sua anima era rimasto il vuoto che rimane quando si perdono poco per volta le persone che si amano... E il suo sguardo era una finestra aperta su quel luogo.

 

Sospirò ed avanzò di un passo.

 

-Vincent?-

 

Non battè ciglio. Non sembrava aver notato la sua presenza.

O forse, l’ignorava soltanto...

 

Un altro passo, questa volta più deciso. Seguito da un altro. Ed un altro ancora.

Sembrava un soldato di stagno, tanto era irrigidita.

 

Posò un mazzo di fiori bianchi sul comodino e si sforzò di sorridere.

 

Gigli.

Un giorno le aveva confessato che gli piacevano molto. Perché erano puri.

 

-Come stai, oggi? L’infermiera mi ha detto che non hai mangiato, ancora! Ti ho portato dei dolci! Ecco!- esclamò, appoggiando la scatola accanto ai fiori, con cautela, sperando che non si fossero rovesciati.

 

Sapeva che non li avrebbe mai sfiorati. Allora, perché preoccuparsi?

La forza della disperazione, pensava...

 

S’inginocchiò davanti a lui e gli accarezzò il viso. Era freddo.

 

Sbattè per un attimo le palpebre, ma non accennò altro movimento.

Era frustrante.

 

-Dovresti provare a mangiare, sai?- sussurrò.

 

Nessuna risposta. Sentì le lacrime formarsi nei propri occhi e si alzò immediatamente.

Doveva essere forte. O, almeno, evitare di piangere proprio in quel reparto.

Davanti a lui.

 

-Oggi mi ha telefonato Reeve, sai? Mi ha chiesto di salutarti! Sta facendo così tanto, per Midgar! Lui e Barret stanno lavorando come pazzi su quel nuovo progetto! Uhm... Pozzo di petrolio... Sì, ha detto proprio così! Dovresti vederla, quella roba! E’ viscosa, puzza e...- s’interruppe.

 

Perché stava parlando? Tanto non l’ascoltava...

In fondo, cosa poteva importargli di Barret, di Reeve o qualsiasi altra cosa?

Era nel suo mondo...

 

Sperava fosse un pò più felice.

Era sicuramente così...

 

-Vincent... Più ti guardo, più...- sentì la porta aprirsi. Il dottore.

 

-Allora, non mangia?- chiese. –Vincent, Vincent, fai preoccupare questa bella ragazza!-

 

E la faceva piangere, anche... Ma non poteva di certo dirgli ciò che pensava realmente.

Non poteva...

 

Doveva occuparsi di lui e farlo guarire, nonostante non accennasse a voler tentare di stare meglio.

 

Lui controllò la flebo. –Signor Valentine, devo controllare i punti. Si volti, per favore.-

 

Vincent alzò lo sguardo ed incontrò il suo. Gli diede immediatamente le spalle.

Un rettile. Nessun sentimento. Nessun rancore, ovviamente. Ma neppure qualcosa di più positivo.

 

Era ancora peggio di prima.

 

Non serviva a niente piangere...

Ma ne aveva così bisogno...

 

Aveva bisogno dell’abbraccio di qualcuno. Qualcuno qualsiasi. Si sarebbe accontentata persino di Jenova. Anche se non aveva delle braccia, ma dei tentacoli...

 

-Si sente bene?- si sentì chiedere.

Il dottore aveva una voce calma e dolce... Cominciava a pensare che fosse psichiatra solo per quel motivo.

 

-Sì, certo, dottore!- esclamò, sforzandosi di sorridergli. –Pensa che potrà andare presto a casa?-

 

-Tra poco. Dovrà comunque continuare ad essere seguito qui all’ospedale. Ha bisogno di riposare, in un ambiente famigliare... Senta... Abbiamo una dottoressa che si occupa dei parenti dei pazienti che...- iniziò.

 

-Sto bene, dottore!- lo interruppe, fingendosi allegra. –L’importante è che lui sia ancora qui, no?-

 

Doveva esserne felice... Però...

Però non poteva evitare di pensare che LUI non ne era felice. Che si era comportata da egoista proprio quando lui aveva più bisogno che qualcuno gli dimostrasse... Che cosa? Pietà? Amicizia?

 

Abbassò la testa.

Era un crimine se voleva averlo ancora vicino?

 

-Può farmi visita in qualsiasi momento...- sussurrò lui, uscendo dalla stanza.

 

Si sedette pesantemente su una sedia.

 

Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi.

Inutilmente.

 

La pozza di sangue che si allargava, lei, ferma, immobile, completamente priva di volontà.

Non sapeva cosa fare...

 

Da quanto tempo era perseguitata da quell’immagine? Da quanto tempo non riusciva a dormire?

Le sembrava fosse trascorsa un’eternità... Invece...

 

Era passata solo una settimana.

 

Li riaprì di scatto e percorse con lo sguardo la figura davanti a sé. Una bambola dalla pelle diafana e gli occhi cremisi.

Una bambola vuota. Abbandonata su un letto.

 

Una bambola che avrebbe voluto recuperare, ma non sapeva come...

Non era giusto abbandonarla così...

 

-Perché? Perché, Vinnie? Me lo spiegherai, un giorno? Uscirai da questo silenzio? Anche solo per mandarmi a quel paese, perché sono una stupida e non ho capito niente di te... Non mi sono accorta in tempo di quanto fosse profonda la tua cicatrice... Scusami... Scusami...- mormorò.

 

Aveva avuto la faccia tosta di pensare che avrebbe potuto sostituire lei, l’altra...

Ma l’altra era perfetta.

Era un angelo.

E lui ne era sempre innamorato.

 

E lo sarebbe sempre stato.

 

Gli afferrò una mano e gliela strinse.

 

-Quando i tuoi tendini staranno meglio, riuscirai a fare un sacco di cose, come prima... Il dottore mi ha consigliato di comprarti una piantina... Così potrai occupartene... Fa parte della terapia... La metterò in camera tua... Vicina alla finestra... Ho cambiato le tende... E volevo anche ridipingere! Però, ultimamente, non ne ho il tempo... Ah... Spero che non ti dispiaccia, se mi occupo un pò della casa, in tua assenza... Dormo sul divano, comunque... E’ comodo...- raccontò, cercando di farsi coraggio.

 

Passò le dita sulla benda che fasciava il polso.

Si chiese se provava dolore.

Se, al contrario, fosse insensibile a tutto ciò che succedeva intorno a lui.

 

Si trovava in fondo al pozzo e stava cercando di risalire? O si accontentava di galleggiare?

 

Non pensare più a niente. Eliminare il dolore. Eliminare ogni ricordo.

Forse ne aveva bisogno.

Forse non avrebbe dovuto fermarlo.

 

Forse era ciò che desiderava anche lei...

Quello che ognuno desiderava.

 

Valeva veramente la pena di vivere?

 

Valeva la pena di scegliere un mondo in cui si era ignorati e calpestati? In cui i nostri migliori sentimenti dovevano essere soffocati nel profondo del nostro cuore per non essere disprezzati?

 

Ma cosa avrebbe dovuto fare? Lasciarlo morire?!

 

Non poteva permetterselo.

C’era andata vicino. Per poco non aveva ceduto al suo ricatto.

 

Ma non aveva potuto andare fino in fondo.

Era debole.

Era egoista.

Lo sapeva.

 

Ma non voleva perderlo.

Non poteva.

 

Ormai faceva parte della sua vita, in un modo o nell’altro.

Finché pensava di dover morire, toccava a lei occuparsene.

 

A quale parte di sé appartenevano quei sentimenti?

Quella di amica?

Di madre?

 

O, semplicemente, era così egoista da voler soltanto redimere sé stessa?

 

Una campana risuonò per i corridoi dell’ospedale, annunciando la fine delle visite.

 

Si chinò su di lui e lo baciò sulla fronte: -Ti prego, non odiarmi perché non ti ho lasciato morire...-

 

 

 

 

-Vincent! Che diavolo stai...?!-

 

S’inginocchiò accanto a lui, affannata, cercando il cellulare in borsa.

Sentì qualcosa di caldo e viscido afferarle il polso, per poi scivolare.

 

La sua mano.

 

Ci riprovò, ma scivolò miseramente.

 

I tendini non erano in buono stato...

 

-Yuffie... Ti prego... No.-

 

-No cosa?! Vuoi forse che ti lasci morire?!- urlò, con le lacrime agli occhi.

 

Lui annuì. –Altrimenti non l’avrei fatto. Và via...-

 

-Non ci penso nemmeno!- protestò, sentendo un gusto metallico in bocca.

Sangue.

 

Le aveva posato la mano sulle labbra, delicatamente. –Vattene. Se davvero vuoi fare qualcosa per me. Vattene.-

Non si era mai comportato così. Non era mai stato gentile. Mai.

Perché proprio in quel momento?

 

La ninja serrò gli occhi e si alzò di scatto.

 

-Grazie.- lo sentì sussurrare.

 

 Egoista bastardo.

 

Chiuse la porta dell’appartamento dietro di sé, completamente svuotata.

Non poteva lasciarlo morire. Nonostante non l’avesse mai considerata un’amica, nonostante gliel’avesse chiesto, nonostante forse fosse l’unica cosa che l’avrebbe fatto felice.

 

Voleva che vivesse. Voleva che fosse felice in vita.

 

- Ho bisogno di un’ambulanza al numero 7 di Silence Street. E’ urgente.-

 

Sperò che non la odiasse troppo, dopo.




Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno commentato le mie precedenti fanfiction!!! Vi adoro!!! Spero che vi piaccia anche questa, nonostante sia particolare...

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Capitolo 2
*** Home sweet home ***


Home sweet home

Home sweet home

 

Un altro gemito.

Stava facendo un incubo, di nuovo...

La spaventava, a volte... Il più delle volte, ad essere sinceri.

 

All’inizio riusciva a calmarlo, non sapeva ancora per quale miracolo divino, almeno un pò...

Con il tempo aveva perso quel potere. O, forse, i suoi incubi erano peggiori dei precedenti...

 

Non poteva far altro che stringergli una mano ed aspettare.

Che si risvegliasse di scatto, cercando aria come se stesse soffocando e, a volte, sussurrando il suo nome.

Come un bambino.

 

Era l’unico momento in cui riusciva ad avere il coraggio di sfiorarlo...

 

 

 

Sollevò lo sguardo dal libro su cui stava cercando inutilmente di studiare e controllò per l’ennesima volta che cosa stesse facendo.

 

Guardava semplicemente il soffitto, immerso nei propri pensieri.

Non era né migliorato né peggiorato.

 

Era sempre muto, apatico, privo di volontà.

 

Lei, al contrario, era terrorizzata. Non voleva lasciarlo solo. Non poteva.

Anche il dottore le aveva detto che avrebbe potuto avere delle ricadute.

Aveva detto che il cervello è un meccanismo complesso, pieno d’ingranaggi che, per funzionare bene, non devono assolutamente subire ripetuti urti o altri shock.

Spesso la persona subiva questi “urti” ma continuava a comportarsi normalmente.

A volte, però, un ingranaggio saltava e si poteva arrivare a tentare il suicidio.

E riuscirci, quasi sempre.

 

Ammettere che era qualcosa di sbagliato, pensare di porre fine alla propria vita, era necessario per avviarsi verso una guarigione più o meno completa, ma quasi mai definitiva.

E, per prima cosa, bisognava parlare.

 

Ciò che era più frustrante, per lei, era che Vincent parlava con lo psichiatra. Ma non apriva bocca a casa.

 

Le avevano ripetuto che era molto fortunato. Perché era sopravvissuto.

Ma lo era?

L’unica cosa che desiderava era morire e lei gliel’aveva impedito. L’aveva fatto diventare un’automa. Un sacco vuoto.

Solo perché voleva vederlo vivo.

 

Era sicura che i suoi pensieri oscuri lo stessero tormentando molto più di prima.

Che si sentisse ancora più solo.

Che volesse morire, più di prima.

 

Tornò a fissare, senza però vederle realmente, le lettere ordinatamente allineate sul suo libro.

 

Le era impossibile riuscire a concentrarsi.

Si massaggiò le tempie, accorgendosi che il suo cellulare stava lampeggiando.

Si chiese se fosse giusto rispondere al posto suo...

Era Shelke, dopotutto.

Tra lui e la ragazza c’era un buon rapporto e non se la sentiva d’insinuare in lei qualunque dubbio sulla sua fedeltà...

 

Sempre che stessero veramente insieme...

Erano usciti insieme parecchie volte e Vincent sembrava così felice... Come se le ombre del suo passato non riuscissero più a raggiungerlo.

 

Il telefono smise di lampeggiare.

Cinque chiamate senza risposta.

 

Un pò la invidiava... Le riusciva semplice farlo felice...

Per lei era così difficile...

Non avrebbe saputo da dove iniziare.

Al contrario, tutto ciò che faceva per il suo bene sembrava agire in modo inverso.

 

Un flash la riportò nuovamente alla realtà.

Un nuovo messaggio.

 

Shelke.

 

Osservò la figura immobile dell’ex Turk e, sospirando, lo lesse.

 

Ciao. Se non sentirmi, dimmelo, non c’è bisogno di evitarmi in questo modo, non mi sembra di averti fatto nulla di male. Dove sei sparito durante questo mese? Ho provato ad andare a casa tua ma le luci erano spente. Hai cambiato casa? Ti prego, Vivi, rispondimi...

 

Vivi... Che ironia...

 

-Vincent, c’è Shelke che cerca di chiamarti da un’ora, vuoi almeno rispondere al suo messaggio? E’ preoccupata per te.- annunciò, stizzita, mostrandogli inutilmente il cellulare, con una gran voglia di tirarglielo in faccia.

 

Non la degnò di uno sguardo.

 

Credeva che avrebbe reagito, sentendo il nome dell’amata...

Non gl’importava neppure di lei.

 

Come poteva essere tanto egoista?!

Come poteva solo pensare che a nessuno potesse importare se viveva o moriva?!

 

Il suo pensiero fisso era Lucrecia...

...Andare da lei.

...Morire.

 

Afferrò la propria borsa ed uscì sul terrazzino della cucina, accendendosi una sigaretta e componendo il numero di Shelke.

Che rispose quasi immediatamente.

 

-Vivi?!-

 

Sospirò:-Shelke, sono Yuffie, devo dirti una cosa...-

 

L’altra scoppiò improvvisamente a piangere. Rimase a bocca aperta.

Ma non era una mocciosetta idiota che chiamava la gente per nome e cognome e se ne fregava altamente di tutto e di tutti?

 

-Ho capito, non c’è bisogno che aggiunga niente. Sì felice con lui.- rispose, tra i singhiozzi.

 

@_@

Che razza di paranoica...

Credeva veramente che potessero stare insieme?

 

-Shelke, non hai capito niente, aspetta!- la fermò prima che riattaccasse. –Vincent non mi parla nemmeno, come vuoi che sia possibile una relazione tra noi?!-

 

Silenzio.

 

-Non state insieme?-

 

-No... E’ successo qualcosa di grave, è per questo che non ha potuto risponderti personalmente... Ecco... Vedi... Vincent ha...- si schiarì la voce ed aspirò profondamente il fumo della sua sigaretta.

 

Sentì il cellulare scivolarele dalle mani.

 

-Ciao Shelke. Sì, scusa, sono stato occupato. No, niente, sai com’è fatta... No, no, certo... Ok... Senti, avrò da fare anche questo mese, quindi non potrò chiamarti. Ti chiamo io. Sì...-

 

La voce di Vincent...

Alzò lo sguardo.

Stava meglio?

 

Lo osservò sedersi su una sedia, in cucina e discutere tranquillamente con la ragazzina.

 

Finì la sigaretta, la spense sul proprio palmo e andò a sedersi dall’altra parte del tavolo.

 

-Ti amo anche io...- lo sentì sussurrare, con la solita voce monotona.

 

Ti amo anche io...

Quanto c’era di vero in quella frase tanto falsa?

E, poi, perché aveva tanta voglia di finirsi il pacchetto di sigarette seduta stante?

 

Si sentiva triste.

Per Shelke, principalmente. Ci credeva veramente?

 

Lo sentì alzarsi.

E poi avvertì un bruciore intenso alla guancia.

Le aveva tirato uno schiaffo.

 

-Perché?!- esclamò, alzandosi a sua volta. –Perchè ho detto la verità? Perchè non faccio finta come te? Quel ti amo era davvero patetico, lo sai?-

 

La ignorò e tornò in camera.

 

Prendersela con lui non ne valeva la pena, anche se l’avrebbe volentieri preso a pugni.

Soprattutto perchè non aveva pensato a dosare la sua forza sovrumana, dandole quello schiaffo. Le aveva fatto dannatamente male.

 

Voleva piangere.

Sedersi in un angolino buio e piangere.

 

Ma non poteva. Se avesse pianto, sarebbe saltata tutta la terapia...

E lo psichiatra l’avrebbe ammazzata di sicuro.

 

-Egoista bastardo. Egoista bastardo. - sibilò.

 

 

***Note***

 

Grazie molte per i vostri commenti... Come avrete notato, non è una One shot.

Non so se riuscirò a finirla, perché non è semplice, per me, scrivere su questo tema. Ma ci proverò, se v’interessa sapere come finisce.

Assistere una persona che ha tentato il suicidio non è molto semplice... E la ninja purtroppo non è iron woman...

Credo che noterete un progressivo crollo della salute mentale di Yuffie... Anche in questo capitolo, quando si spegne la sigaretta sulla mano... (cosa che, per me, è diventata un’abitudine... Per fortuna ho smesso! ^_^)

In realtà non so bene dove voglio arrivare, se avrà un lieto fine o meno...

Quindi, ho bisogno dei vostri commenti!

 

Comunque, non scriverò dal punto di vista di Vincent, mi dispiace... Ciò che pensa rimarrà un mistero... Almeno per un pò!

Sto cercando di mettermi nei panni di Yuchan!

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Capitolo 3
*** Avviso ***


Ve l'avevo detto, no? Mi spiace, al momento non riesco ad andare avanti...
Il fatto è che rivangare il passato non è semplice come credevo...
Aggiornerò tra qualche settimana, se ce la farò...
Vi ringrazio per il vostro sostegno, siete veramente troppo gentili con me... Anche se la mia opera non è il massimo...

Grazie.

Amélie Elektra Lerajie

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Capitolo 4
*** Puppet ***


Direte: Finalmente

 

Direte: Finalmente!

Mi dispiace da morire!!! Il momento di acuta depressione è passato, giuro!!! Andare a Lucca mi ha fatto più che bene!

Credo che d’ora in poi, salvo crolli psicologici o gravi attacchi di pigrizia, aggiornerò una volta a settimana! Tanto per premiare i miei cinque lettori fedeli, che mi sostengono da tanto tempo... Sob... Grazie...

 

Kayx: grazie per la strigliata, mi ha fatto bene! Purtroppo questo è un argomento che riesce a deprimermi da matti e se nessuno mi sprona, sprofondo nell’accidia... (Yuffie: saremmo tutti più felici ¬_¬’’’’)

 

Lady Blackmoon: Salve!!! Chissà se leggi... Mah... Certo che mi ricordo di te!!! Come potrei dimenticarmi di una mia ammiratrice? Lol... Grazie per aver commentato Anemone, significa molto per me... I commenti sono il mio più grande sostegno!

 

Yuffie Valentine: I salti mortali che fai per leggere la mia fic mi commuovono... ç_ç So già che odierai questo capitolo a causa della presenza di una certa... SR... Metto solo le iniziali, và...

 

Sevichan: Ho deciso di usare il Vinnie POV per l’ultimo o penultimo capitolo!!! ^_^ Grazie per il suggerimento!

 

Dark Magician: Danke!!! ^_^ da quest’anno non faccio più tedesco, comunque!!! Ero stufa dei 3!!!! Sto iniziando russo! (sono masochista)

 

Enjoy!

 

 

Puppet

 

 

Di nuovo in quella casa... Perché? Che cosa ci faceva lì dentro? Sapeva fin troppo che era nel posto sbagliato. Sapeva anche che l’unica persona ad abitarci la odiava.

Ma non riusciva ad andarsene. Semplicemente, non poteva.

Si sarebbe sentita troppo in colpa a lasciarlo solo... Anche se la odiava.

 

Era più forte di lei.

 

E, quindi, stava lì, seduta sul suo letto, nella fattispecie il divano di casa Valentine, segretamente in attesa che quella situazione finisse.

Segretamente in attesa che lui la facesse finita definitivamente.

 

E vergognandosene.

 

Chiedendosi per quale ragione non è ancora fuggita da quella casa maledetta... E riuscendo persino a rispondersi da sola...

 

E non staccando gli occhi da quella maledetta macchia sul pavimento che non ne voleva proprio sapere di venire via...

 

 

Accese il cellulare.

Un messaggio in segreteria.

 

Sapeva già chi poteva essere.

 

O Zhukov o Zhukov.

Maledetto strizzacervelli. La perseguitava con la scusa che aveva subito un grave trauma e blablabla...

 

Grave trauma un cazzo.

Non era niente, dopotutto. C’era chi stava peggio.

 

Però... Poteva anche chiamarlo, per una volta...

Tanto doveva chiaccherare delle solite cazzate con Vincent... Il suo VERO paziente.

 

Non era pazza.

 

Posò il telefono e si sdraiò nuovamente.

 

 

Aveva dormito, perché, quando riaprì gli occhi, si sentiva estremamente intorpidita e intontita...

E aveva addosso lo sguardo del suo coinquilino.

 

-Bensvegliata! Io e Vincent abbiamo appena fatto una bellissima chiaccherata!- esclamò il dottore, entrando nel suo campo visivo. –Vero, Vincent?-

L’altro si limitò ad annuire.

 

Grazie, stronzo.

Perché doveva farle pesare la situazione in quel modo?

Perché doveva ricordarle in continuazione che l’ex Turk parlava con TUTTI, persino con la propria pianta (un’altra cazzata ideata dagli strizzacervelli), ma non con lei?

 

-Vero Vincent?- ripeté lo psichiatra, insistente.

-Sì. Stai meglio, Yuffie?- le domandò Vincent, freddo e distaccato come al solito.

Come un automa.

 

Zhukov scosse la testa. Evidentemente non era il risultato da lui sperato.

Lo fissò per un istante, indecisa tra il piangere, ridere o picchiarlo e poi andò a chiudersi in bagno con un libro.

 

Si sedette sul gelido pavimento di marmo e tentò di studiare qualcosa per un’ora circa.

Era inutile.

 

Continuava a pensare ad altro...

Si appoggiò al muro ed ascoltò le voci di Vincent e del suo medico mescolarsi... Erano così diverse...

Quella del padrone di casa aveva un tono grave, profondo, ma completamente privo di sfumature... L’altra era calda... Affettuosa...

Da psichiatra.

 

Ma che terapia di merda...

Parlavano di banalità...

Del tipo: Che cos’hai fatto di bello, oggi?

Potato pianta.

 

Non credeva neppure che Vincent si sforziasse per fare delle frasi sensate...

 

 

Si sbatté il libro aperto sulla fronte, piano, sbuffando...

Forse, in quel modo avrebbe imparato qualcosa...

 

 

 

Appoggiò la testa sul tavolino, completamente svuotata.

Che vita di merda.

 

Aveva voglia di dormire... E non svegliarsi...

Almeno per un pò...

 

I suoi sogni erano distrutti, ormai...

Aveva perso l’occasione di iscriversi all’ultimo anno della scuola che le piaceva, in modo da potersi laureare entro l’anno e poter avere un lavoro, con un pò di fortuna, in poco tempo...

Ed essere così indipendente dal proprio paese...

Dal proprio destino.

 

Quella era solo una delle conseguenze di un lento e doloroso processo che la stava divorando dall’interno, come un cancro... O un parassita.

Sarebbe stato più semplice se fosse stata una malattia fisica...

Avrebbe saputo come affrontarla.

 

Ma contro quello era disarmata. Impreparata. Sola.

 

-Victor, fammene un’altra. Doppia.-

 

-Dalle dell’acqua, piuttosto...-la contraddisse una voce femminile, proprio accanto a lei.

 

Alzò la testa, ben intenzionata a far passare un brutto quarto d’ora a colei che aveva osato disturbarla.

E vide l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare in quel momento, Shelke.

Vestita da ragazza normale, con un abito celeste a collo largo, adagiato delicatamente sulle spalle.

 

Rise. Amaramente.

 

Alcool e delusioni non vanno d’accordo.

Avrebbe voluto piangere. Non ne aveva il coraggio, nonostante la vodka che, pensò con ironia, ormai doveva essersi sostituita all’emoglobina...

 

Era anche carina. Bella.

E sembrava decisamente più adulta di lei.

 

Osservò sé stessa attraverso gli occhi dell’altra... Aveva un aspetto dismesso, quella mattina non aveva pensato più di tanto a cosa indossare... Le prime cose che le erano capitate a tiro erano state quelle che aveva indossato: un maglione troppo largo appartenuto a qualcuno di molto largo della sua famiglia e dei pantaloni... Grigi...

 

I suoi capelli erano un casino e avrebbe potuto riempire le borse che aveva sotto gli occhi con una scorta tale di cibo da potervi sfamare tre famiglie intere per due settimane...

 

Insomma, uno schifo.

 

Ecco perché l’esaminatore l’aveva guardata male...

 

Aveva la voce impastata dall’alcool. Se ne accorse quando tornò nel proprio corpo e impiegò quasi tre minuti a bofonchiare:-Che cazzo vuoi, Shelke?-

-Credo che la risposta sia sbronzarmi finché non sbatto per terra o non mi cacciano, Yuffie Kisaragi.- rispose la minore, ordinando un fuoco.

-Credo anche che, se ti ponessi la stessa domanda, la risposta che otterrei sarebbe la medesima.-

 

Era persino truccata.

 

Scacco matto.

Una pre-adolescente bastarda di un metro e venti scarso e piatta come una tavola, che, apparentemente avrebbe dovuto dimostrare si e no 9 anni, con un pò d’impegno era riuscita a raggiungere un livello di sex appeal che manco Tifa, a momenti...

 

E lei sembrava uno scopino da cesso.

Dopo quella poteva anche bere fino al coma.

 

-Cos’è successo a Vincent?- le chiese Shelke, senza tanti preamboli.

 

Vide qualcosa nei suoi occhi azzurri, che non aveva mai notato prima.

Umanità?

Possibile che quel computer avesse un cuore?

 

Eppure aveva pianto, quel giorno, al telefono...

Aveva pianto perché...

 

Yuffie strinse i pugni. No.Non era innamorata.

Era solo un computer, un essere senza ricordi o sentimenti umani...

 

-Yuffie, guarda che non sono cretina...- sibilò l’altra, deglutendo l’alcolico. –Victor! Uno! –ordinò, sempre fissando la principessa, che la osservava a sua volta bere senza scomporsi.

Come faceva?

 

Ok, Shalua era sua sorella e reggeva benissimo l’alcool, ma era un semi droide!

 

-Vincent ha decisamente qualcosa che non và... Essere espansivo non è da lui... E dirmi che mi ama e che vuole iniziare una relazione con me, oltre ad essere decisamente insperato... E’ anche OOC...-

 

OOC?

Che lingua era?

 

E, poi, che storia era, quella?

Non stavano già insieme?

 

-E... Tu? Insomma... Che gli hai detto?- le chiese la ninja, in un misto di aspettativa e paura.

Paura di cosa, poi?

Non riusciva a capire...

 

Sentiva perfettamente il proprio battito cardiaco rimbombarle in modo frenetico nelle orecchie...

Probabilmente era ubriaca fradicia.

 

Shelke si accese una sigaretta ed aspirò brevemente, completando il tutto con un lungo sorso di fuoco.

-Continua a ripetermi che mi ama e io tento stupidamente di crederci. Mi sento in colpa... Mi sento in colpa per essere due persone allo stesso tempo. Ma, soprattutto, perché per lui io sono Lucrecia. Vorrei che lui mi vedesse come Shelke, semplicemente Shelke. E’ così complicato da capire? Non sono altro che questo, Shelke Rui. Nessuno sembra capire. Così mi spavento ed indosso in tutta fretta una delle mie maschere... A volte mi sento come un burattino a cui sono stati tagliati i fili. Non so come muovermi, come agire, come parlare... Ho paura... Ho paura che tutto questo finisca, un giorno, di ritrovarmi senza un’identità definita, completamente sola...- le confessò, accendendosi un’altra sigaretta.

 

Pietà.

Era quello l’unico sentimento che riusciva a provare per lei. Nonostante tentasse di scacciarlo in ogni modo, ripetendosi che quella che aveva davanti era una macchina, un computer... Una marionetta...

 

Forse aveva ragione...

 

-Mi manca Shalua...- la sentì sussurrare.

 

Un senso di déja-vu la pervase.

Anche lei aveva provato questa situazione...

Quando aveva perso la sua mamma.

 

Qualcosa di bagnato le scivolò lungo il polso. Lacrime.

 

Alzò il viso verso di lei e fece qualcosa che stupì persino sé stessa. Abbracciò la bambina-soldato, la marionetta.

 

E la marionetta pianse fino al mattino.

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Capitolo 5
*** Pioggia ***


Rain

Rain

 

Chiuse gli occhi e si appoggiò alla porta metallica, abbracciandosi le ginocchia.

Ormai non percepiva più il gelo della pioggia.

Era stanca.

 

-Ehi... Che ci fa una principessa al freddo?-

Conosceva quella voce, ma era troppo debole per poter alzare la testa.

 

Tese una mano con il palmo rivolto verso il cielo.

Non pioveva più?

Eppure riusciva a vedere le gocce cadere dentro le pozzanghere... E ne sentiva il rumore.

Era un rumore lontano, ovattato...

 

-Sei fradicia... Alzati, ti offro qualcosa da bere...- propose la voce maschile.

 

Sentì qualcosa che l’avvolgeva e riuscì ad alzare la testa quanto bastava per scorgere un paio di profondi occhi azzurri. Aveva i capelli lisci, bagnati, incollati al viso.

 

Reno...

 

-Il turk perennemente ubriaco...- sussurrò, tossendo.

-La mocciosa che si caccia sempre nei casini...- replicò lui, con un sorriso.

 

La ragazza chiuse gli occhi. –Grazie...-

 

 

 

 

Si risvegliò in una camera celeste, arredata in modo semplice, ma completamente in disordine.

Si sentiva ancora molto debole, ma meglio di prima.

 

Il problema era: dove si trovava?

 

Tentò di alzarsi, ma un dolore lancinante alla testa le fece cambiare in fretta idea.

 

-Calma, calma, principessa! Hai avuto la febbre alta per due giorni! Non mi sembra il caso di affrettare i tempi!- esclamò Reno, entrando nella stanza.

 

Si ricordò di quello che era successo... Dopo la chiaccherata con Shelke era tornata in quella prigione che si ostinava a chiamare casa... Ma non vi era rimasta molto.

Aveva perso ogni speranza.

 

E se n’era andata, abbandonando l’ex Turk al suo destino.

 

Si rannicchiò su sé stessa.

Si sentiva terribilmente in colpa...

 

-Ti senti meglio?-

 

Osservò l’uomo, studiando il suo viso. Non ci aveva mai riflettuto... Ma come si era fatto quei segni rossi? Sembravano quelli che si disegnavano i demoni delle leggende...

 

-Sei un demone?- gli chiese.

 

Lo vide chiaramente trasalire e guardare altrove, per poi sorridere e guardarla.

Aveva deciso d’ignorare la sua domanda.

D’altronde, l’aveva posta con un tono così distaccato...

 

-Hai un posto dove stare?- le domandò, accarezzandole i capelli.

 

Sembrava preoccupato.

 

Ci rifletté un momento.

Non aveva alcuna intenzione di tornare in quella casa. Non avrebbe mai più potuto andarsene, in quel caso.

 

-No...-

-Per il momento, puoi restare a vivere da me.-

 

 

 

 

Lei aveva accettato, come se fosse la cosa più natuarale del mondo.

Ma di certo non lo era. Al contrario.

 

Aveva vissuto a lungo sotto lo stesso tetto di un uomo e, per lei, quella era una proposta come un’altra.

 

Finì di leggere un libro che aveva trovato nella sua camera incasinata e preparò la cena, esattamente come aveva sempre fatto. Si sedette a tavola ed aspettò.

 

Alle dieci non era ancora arrivato...

 

Era abituata alla solitudine, in fondo... Non c’era migliore compagnia, per lei...

 

-Mi hai aspettato?-

 

Aprì gli occhi, confusa.

Una voce...

 

Era Reno... Giusto, abitava con lui...

 

-Ciao... Che ore sono?- gli chiese, assonnata, stiracchiandosi.

-Mezzanotte passata... Ti senti bene?-

 

Una conversazione. Doveva far parte della normalità, quello...

 

Annuì.

 

-Hai mangiato?- si sforzò di chiedergli.

In fondo, lui era molto gentile...

 

-Mi dispiace!!! Hai preparato tutte queste cose e io ho già mangiato!!!- ribatté il Turk, analizzando il contenuto del pentolame. –Wow... Però, ora che ci penso, i panini del capo fanno schifo... E tutto questo...-

 

Sembrava contento, mentre spolverava quasi tutto ciò che lei aveva preparato.

Una bella differenza, rispetto alla situazione in cui si era trovata con i suoi due precedenti coinquilini...

 

-E’ buonissimo!!! Grazie!!!- esclamò. –Non mangi?-

 

Sembrava un bambino... Per poco non sorrise...

Ma le passò subito.

 

L’aveva ringraziata...

Nessuno l’aveva mai ringraziata... Ok, Vincent, una volta, ma doveva essere mezzo suonato a causa degli antidolorifici... Non l’avrebbe mai ringraziata nel pieno delle sue facoltà mentali.

 

-Grazie...- sussurrò, con un fugace sorriso.

 

-Rilassati, principessa! Mica ti mangio!- tentò di rassicurarla il rosso, scompigliandole i capelli e sparecchiando.

 

Sì... Quella doveva essere la normalità.

 

-Buon appetito...-

 

Mangiò qualcosa, per poi sparecchiare.

 

-Come mai così nervosa?- l’interrogò, guardandola fisso negli occhi.

 

Si concentrò sul piatto che stava lavando, tentando d’ignorare il ragazzo.

 

Come spiegarglielo?

Non avrebbe mai capito... Lui era sempre così allegro e spensierato...

 

Strinse la spugna.

 

-Ho capito!!!- annunciò.

 

Tornò a guardarlo, spaventata.

Non c’era nulla di cui aver paura...

 

Allora perché era terrorizzata dal suo sguardo limpido?

 

-Tu, principessa, sei follemente innamorata di me! Hai ceduto al mio fascino misterioso da Turk, vero?-

-Scemo!-

Scoppiò a ridere.

 

Non le succedeva da fin troppo tempo...

 

-Come osi darmi dello scemo?!-  esclamò lui, tappando il rubinetto con le dita e dirigendo il getto verso di lei.

 

Ottenendo il risultato sperato: in un attimo fu bagnata dalla testa ai piedi.

Lo fissò, interdetta.

 

Che diavolo stava facendo?!

 

Afferrò il barattolo della farina e glielo rovesciò in testa, lasciandolo per un attimo sotto shock.

Non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere.

 

-Yuffie! Allora sai scherzare!-

-Cosa credevi, rosso, che fossi una donna angelicata?!- sbuffò lei, non riuscendo più a trattenersi e scoppiando di nuovo a ridere.

 

-Comunque sei molto più bella quando sorridi, te l’hanno mai detto?-

 

Arrossì violentemente.

Che stupidaggine.

 

 

 

 

Note:

 

Reviewers, vi adoro tutti!

Dunque, questo capitolo non è deprimente! Il che è molto strano! Cercherò di rifarmi nei prossimi!!!

 

Una cosa non ho detto! Zhukov è un mio compagno di classe!!! Solo che non fa lo psichiatra! Ha già passato la maturità russa e mi chiedo ancora cosa ci faccia qui... Secondo me non ne ha tanta voglia... E’ sempre in giro per la scuola a bere Coca Cola.

 

Questa fic è destinata a diventare una Yuffentine oppure una RenoYuffie?

Riuscirò a non far morire Shelke in circostanze misteriose? Ma mi sà che questo sarà difficile...

Riuscirò a finire questa fic?

 

Ma, soprattutto, perché non ho abbastanza soldi per comprarmi Dirge of Cerberus?

 

Vincent: Perché te li sei spesi tutti a Lucca...

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Capitolo 6
*** Darkness full of Light ***


Reminescences

...reminescences of a tainted past...

...visions of a future full of light...

 

 

Non aveva mai sperimentato la normalità.

 

Era figlia unica in uno stato in cui tutti avevano più di un figlio.

Era orfana della madre.

Era una principessa, anche se avrebbe preferito di gran lunga essere un principe.

Aveva salvato il mondo tre volte. La prima volta aveva 16 anni.

 

No. La normalità le era decisamente estranea.

 

E, allora, che ci faceva in un Luna Park?!

 

-Avanti, Yuffie!!! Tira quella palla!!!!- la incitò Reno, felice come un bambino.

 

Desiderò ardentemente nascondersi da qualche parte.

Però lanciò la palla.

 

E buttò giù tutti i barattoli.

Per la terza volta consecutiva.

 

-Vai!!! Sei grande!- esclamò il rosso, abbracciandola e sollevandola di una buona ventina di centimetri da terra.

 

Il proprietario dell’attrazione le consegnò una gabbia contenente un minuscolo coniglio bianco.

Aveva gli occhi rossi.

 

Vincent.

 

-Che carino! Come vuoi chiamarlo?- le domandò il Turk.

-Non lo voglio. Non mi piacciono i conigli.- sibilò lei, posando la gabbia a terra ed andandosene.

 

Per quanto cercasse di allontanarsene, trovava sempre qualcosa che glielo ricordava.

Doveva sentirsi solo...

 

Sbuffò.

 

Che idiota.

Come se lui potesse interessarsi a lei.

E come se non gli dispiacesse stare da solo.

 

 

-Che hai?- le chiese un bastone di zucchero filato, parandolesi davanti.

Sobbalzò, spaventata.

 

Da dietro al dolce sbucò Reno.

 

Che voleva?

 

-La povera Blanche si è offesa, sai?- sussurrò, mettendole il coniglio in grembo.

 

Era morbido... Ed impaurito.

 

Lo afferrò da sotto le zampe anteriori e lo portò a livello dei propri occhi.

Erano proprio rossi... Però, era così tenero...

 

-Yuffie... Smettila di far finta di niente... C’è qualcosa che non và... Un tempo eri sempre così felice!-

 

Ignorò il Turk, assaggiando lo zucchero filato. Banana.

Il suo preferito.

 

Come Reno facesse sempre a sapere quali erano i suoi gusti rimaneva un mistero...

Ma non la portava mai in posti che non le piacevano o dove servivano cose che non le piacevano.

 

E i suoi gusti erano piuttosto difficili.

 

-C’è la ruota panoramica!!!- esclamò l’altro, afferrandole la mano e correndo verso la ruota illuminata.

 

-Reno!!! Odio le cose che volano, dondolano e mi fanno star male!- ribatté lei, cercando di non perdere l’equilibrio o il coniglio.

 

-Quante storie! Ci sono io a proteggerti, no?-

 

-Ma cosa c’entra?!- protestò.

 

Troppo tardi. Ormai erano saliti. E la porta era ben chiusa.

 

Si era messo in testa di farle passare la sua fobia per i mezzi di trasporto...

Senza risultati, fino a quel momento...

 

Appena partirono, la cabina iniziò a dondolare pericolosamente.

 

-Reno!!! Ti ucciderò, te lo giuro!- urlò, riuscendo solo a spaventare a morte Blanche, che protestò mordendole un dito ed andandosi a rifugiare in braccio al Turk.

 

Lui rise: -Yu, rilassati... E’ solo una ruota panoramica... Non può cadere...- le spiegò, mangiando tranquillamente il suo zucchero filato.

 

-Non m’interessa!- sbraitò la ragazza, sentendo iniziare la sua solita nausea. –Sto per vomitare!-

 

-Non stai per vomitare... E’ solo un fatto psicologico...-

 

La sua improvvisa freddezza la colpì.

Ammutolì e smise di lamentarsi.

Tutti gli uomini erano uguali, alla fine. Bastardi ed egoisti.

 

Come Vincent... Come Vincent che aveva sempre e solo pensato a sé stesso. Anche quando aveva tentato il suicidio. Anche quando l’aveva pregata di lasciarlo morire.

 

La nausea aumentò. Era come un peso sullo stomaco. Un blocco.

 

Singhiozzò. Una, due volte.

Poi, iniziarono le lacrime.

 

Non poteva piangere... Non poteva...

E, soprattutto, non doveva...

 

-Ecco cos’era...- lo sentì sussurrare.

 

Percepì un nuovo calore... Un calore mai provato...

La stava abbracciando.

 

-Yuffie, io... Ci sarò sempre, d’accordo?-

 

Annuì tra le lacrime. –Grazie...-

 

Lasciò che tutta la sua tistezza scivolasse via con le lacrime.

Quando si calmò si sentiva molto meglio.

 

-Devi piangere, quando ne senti il bisogno... Non puoi sempre tenerti tutto dentro così...-

 

Annuì nuovamente, scoprendo che le si era seduto accanto e che il coniglio li stava fissando, incuriosito.

 

-Ho appena scoperto che non tutti gli uomini sono dei bastardi, grazie a te...-

 

-E’ sempre un piacere!-

 

Guardò oltre il finestrino... Era tutto così calmo...

Erano fermi!

 

-La ruota si è fermata! La ruota si è fermata! La ruota si è fermata!- esclamò, in preda al panico, tentando in ogni modo di farla ripartire.

 

-Sembri lo scoiattolo dell’Era Glaciale...- le fece notare.

 

Sì fermò di colpo. Non era proprio un complimento...

Stava ridendo...

 

-Grazie, eh?!- sbottò Yuffie, offesa.

 

Le afferrò il braccio e l’attirò a sé. –Sei bellissima.-

 

Arrossì violentemente. Cosa voleva fare?!

 

Ebbe la risposta alla sua domanda cinque secondi dopo...

 

 

 

 

 

Quella sera l’aveva accettato nella propria vita.

Ed aveva scoperto che non le sarebbe stato tanto semplice allontanarsene.

 

Nonostante la stanchezza e lo stress del lavoro, riusciva sempre a trovare un momento riservato ad entrambi...

Che fosse quello essere innamorati?

Lei aveva subito messo in chiaro le cose: non provava il suo stesso sentimento.

 

Ma lo adorava, come amico... Era sempre estremamente gentile, con lei... Un vero angelo.

 

Si sentiva serena, dopo tanto tempo...

 

-Yu! Com’è andata, oggi? Sei uscita un pò?- lo sentì chiedere, entrando nella stanza.

Scosse la testa, abbracciandolo:- Sono stanca...-

 

-E io che volevo invitarti a cena!-

 

Lo fissò, stupita: era un appuntamento ufficiale?

-Non avrei avuto nulla da mettermi.-

-Ed è per questo che ho chiesto un piccolo prestito alla vicina!-

 

Le mostrò un vestito nero, semplicissimo, come portavano le donne del sud di Wutai, con un modesto spacco. Sfiorò il tessuto. Sembrava seta...

-Allora, che ne pensi?-

 

-E’ stupendo! Ma.. Insomma... Trovo che mi si addica poco... Non è troppo femminile per me?-

-Ah, perché, sei un uomo? Da quando?-

 

-Ok... Lo provo...-

 

 

-Dove andiamo a cena?- chiese attraverso la porta chiusa del bagno, pettinandosi.

Raccoglieva sempre i propri capelli in uno chignon che stava diventando sempre più voluminoso...

Non aveva ancora capito perché aveva deciso di scioglierli... Con i capelli lunghi si sentiva a disagio.

Le ricordavano fin troppo quelli di sua madre...

 

-Non lo so ancora, il capo ha detto che offre lui!-

 

Ah...

Quindi non erano soli... E quello non era un vero appuntamento.

In un certo senso, le dispiaceva...

 

-Chi viene?-

-Reeve, Rude, Elena, Tseng... Tutti i superstiti della Shinra... Ti dispiace?-

-L’importante è che non ci sia Shinra Sr o Hojo...-

 

Uscì dal bagno, scoprendo che Reno era in quello attiguo.

A che servivano due camere e due bagni?

-Reno, non è che hai cacciato qualcuno per farmi spazio?-

 

-Ehm... No, se n’è andato da sé... Insomma... Dopo che gli ho finalmente trovato una ragazza...- le spiegò, uscendo dalla stanza.

Perché ci metteva sempre un eternità per infilarsi una maglietta e un paio di jeans?

Però... Da quando andava in palestra?

 

Di che si stava parlando? Aveva dei vuoti di memoria?!

No, era semplicemente distratta...

 

Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.

 

 

 

 

Omg... Calo d’ispirazione tremendo...

La fic fa schifooo!!! Omg, omg!!!

Questo cap fa pietà (veramente!!!) non l’ho neppure riletto perché altrimenti mi veniva un coccolone e cancellavo tutto...

Dovete capirmi, mi metto i vestiti stretti e poi non ci capisco più niente, l’ossigeno non arriva più al cervello!!! Anossia!!!!! Argh!!!

Sto impazzendo...

 

Ok, rispondiamo alle review!!!

 

Ma volete farmi morire?! Che vuol dire 16 commenti?! Me muore... Siete troppo buoni...

Grazie!!!

 

Kay: Ma no, Reno è mio!!! Grazie tante, cara!!! (chiamo tutti “cara”, ultimamente) Il fatto d’indurre altre persone a scrivere e diffondere in tal modo il morbo dello Yuffentine mi riempe di una gioia pantagruelica! (oggi scrivo così, non chiedetemi perché!!!) (Tks anche per gli altri commentini...)

 

Sensei: No, Shelke non morirà... Fa parte della mia terapia non avere pensieri omicidi verso di lei... Sto cercando di renderla più simpatica... Ci sto riuscendo?

 

Kayx: Non leggere le prime righe delle mie note, please... Non voglio morire così giovane... Ti ringrazio comunque per non avermi uccisa via cavo... (o via fibra ottica, a scelta..)

 

Dark Magician: Bisognerebbe denunciare gli organizzatori per frode... Riesco a comprarmi le cose più inutili, a quella fiera... Tipo 100 carte di X1999... A che servono?! Il migliore acquisto, fin’ora, è stato un pupazzo a forma di ciste...

 

Anansy: Sempre commossa da chi mi segue da così tanto tempo... La tua fic è veramente bella...

 

 

-Ora basta, me piange... Mammi!!!-

 

Artemisia: E basta!!! Zitta e scrivi qualcosa di decente!

 

-Ok... Snif... Alla settimana prossima!!!-

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Capitolo 7
*** BrOKeN ***


Broken Glasses

Broken Glasses

 

Mia cara Yuffie,

ti chiedo di perdonarmi per ciò che sto fare, per causarti questo dolore, per non essermi fidato a sufficenza di te e perché mi manca il coraggio di affrontarti.

Un giorno sono tornato a casa prima, sai? E’ stata la prima volta che ti ho vista uscire dal palazzo furtivamente, come una ladra.

Ti ho seguita.

 

Perdonami. Non ho avuto fiducia in te. Ma neppure tu ne hai avuta in me.

Forse, con il tempo, mi avresti parlato di lui. Ne dubito fortemente.

 

Sei entrata in un appartamento.

 

Anche lì ti ho seguita.

Ti ho sentita parlare. Sembravi allegra.

Non ricevevi nessuna risposta.

Ho pensato subito che stessi parlando al telefono e che quella fosse casa tua...

 

La tua telefonata è durata un’ora, poi sei uscita.

E’ stato in quel momento che l’ho visto, finalmente.

E’ uno di Avalanche. So esattamente chi. Lo stronzo che si crede chissà chi, quel bastardo che non capisce mai un cazzo, il quasi-padre di Sephiroth. Ho pensato alle cose più assurde, in quel momento.

 

Poi ho visto il suo sguardo vuoto e freddo. Ti guardava come se fossi... Come se non sapesse che quella che aveva di fronte Non ti vedeva.

L’hai abbracciato. Perché?

Cosa provi quando abbracci una colonna di marmo?

Almeno respira? E’ vivo? Capisce che non sei una bambola? Capisce che sei un essere umano che soffre?

 

Avrei potuto fermarti e chiederti spiegazioni. Offrirti il mio aiuto...

Ma ho avuto paura che ti arrabbiassi perché ti avevo seguito. Di perderti.

Ho lasciato stare.

 

Ho capito dopo che ti stavo già perdendo.

 

Non mi hai amato, vero?

Mi hai amato veramente, Yuffie?

 

Non avrei mai dovuto seguirti, perché, dopo quell’episodio, ho iniziato a guardarti sotto una luce nuova.

Ho visto i tuoi occhi diventare come i suoi.

Gli occhi di un rettile, privi di ogni espressione umana.

 

Non diventare come lui. Non rovinarti la vita. Soprattutto per uno che neanche ti ama.

 

Non so cos’abbia, ma di sicuro non merita il tuo sacrificio. Non ti apprezza. Non ti vede. Pensa solo a se stesso.

Non trovo giusto che un essere talmente disgustoso stupido da non accorgersi che spendi il tuo tempo e distruggi la tua vita per lui.

Non è giusto che io debba essere sia meno importante.

 

Sono egoista ed infantile, lo so.

So di non averti mai meritata, di non essere mai stato sul tuo stesso livello.

So che sei diversa dalle altre donne che ho incontrato durante la mia vita. Sei independente, energica, incredibilmente testarda, hai le idee chiare su ciò che desideri... Ma sai essere dolcissima.

 

Sei una perla rara. E non posso che pregarti di non finire tra le braccia di quel tipo d’uomo.

E’ un vampiro. Un vampiro psichico. Le persone come lui ti divorano l’anima, i pensieri. Si nutrono della tua disperazione. E se ne deliziano. Bastardi come

 

Non posso sopportare l’idea di perderti in questo modo. Osservarti impassibile mentre ti trasformi in un essere diverso dalla donna che amo mi distrugge.

Ho provato a rallentare questo maledetto processo. Ma so che appena giro lo sguardo il tuo sorriso svanisce. Che è finto.

Quando mi sono innamorato di te era più che reale.

 

Ricordi il nostro primo appuntamento?

Ecco, allora i tuoi sorrisi erano reali. A quel tempo eri felice. O non mi ero accorto di niente? Sono veramente così scemo? Non mi sono accorto di niente, dei tuoi falsi sorrisi, della tua immensa tristezza... Vero? Perdonami. Perdonami. Ti prego, parlane. Con qualcuno. Qualsiasi persona. Anche se non sono io... Salvati.

 

A quel tempo eri innamorata di me, forse...

In quattro mesi una situazione si può capovolgere in questo modo?

 

Yuffie, sai che hai una qualità rara? Ami anche senza amare realmente... Ami senza riflettere, in modo incondizionato.

Sbaglio a dire che non mi hai mai amato realmente. Mi hai sempre amato. Come ami il resto del mondo.

 

Sono sicuro che, un giorno non molto lontano, troverai una persona speciale e riverserai tutto il suo amore su di essa.

 

Io ti ringrazio soltanto per quello che hai fatto.

Ti amo.

Addio,

 

Reno Alleghenies

 

 

 

Corner-chan (angolino)

 

Allora, vi piace? Certo che no! ^_^ E’ cortissima!

Non ho ancora deciso se Renuccio è uno stronzo o una semplice vittima... Insomma, non puoi lasciare la tua tipa in un momento così!

Che ne pensi, mamma?

 

Arty: Scrivi, su... E non chiedermi cose sulla malvagità, cosa vuoi che ne sappia?

 

Uh, ora che ci penso... Sei Rinoa?! Puah!!! Posso ripudiarti?!

 

Arty: Apocaly...

 

...Ok, mammy, sei bellissima!! Lasciami finire questo romanzo, su! ^_^’’’

Appunto, questa storia avrà una fine? E, soprattutto, come finirà?

 

Sto ascoltando tutto ciò di più allegro e frivolo possa esistere nel panorama musicale...

Tipo Billy More... (Dance... Ugh...)

Tra l’altro devo avere fatto un sacco di errori grammaticali, la prof di francese ci sta massacrando di compiti in classe e interrogazione... Ormai capisco solo quello...

Non ho ancora aperto un libro dall’inizio dell’anno... E si nota solo in Lateinish... Omg, si dirà così? Ormai sono partita...

 

Ho voluto tenere le correzioni, sperando che su efp si vedano... Spero in questo modo di poter rendere la “lettera” autentica, più verosimile...

 

Ditemi cosa ne pensate, mi raccomando!

 

 

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Capitolo 8
*** Shytry ***


Shytry

Timido tentativo

 

Un’altra giornata immersa nell’anormalità.

Silenzio, come sempre.

Dei passi, l’acqua che cade a lente gocce nel lavello.

Un rumore che fa diventare pazzi, a volte.

 

Come l’assordante silenzio che cercava di riempire come poteva...

 

Si era comprata dei cd, così, a casaccio, fidandosi solo delle copertine...

Alla fine aveva scelto solo album di musica rock... Probabilmente la musica che più si adattava a descrivere i suoi sentimenti in quel periodo.

O forse era solo l’influenza di Vincent...

 

 

 

 

 

-Buongiorno, sono la psicotearapeuta, Mi manda il dottor Zhukov.- si presentò l’ospite, con un ampio sorriso.

Psicotearapeuta... Forse Vincent stava migliorando...

In ogni caso, non le sembrava affatto. Era sempre uguale.

 

-Potete chiamarmi Shytry-

 

Shytry... Un nome molto strano...

 

La osservò attentamente: era elegante, alta e slanciata. Indossava un completo giacca e pantaloni neri, gessati, che la facevano sembrare ancora più magra.

Aveva i capelli estremamente lunghi, le scendevano in tante piccole cascate ramate lungo la schiena, fino alla sua fine.

Aveva i lineamenti dolci e intensi occhi azzurri, uno di una tonalità più scura dell’altro...

 

Yuffie la fissò con invidia... Oltre ad essere bella era anche molto più alta di lei...

Sospirò...

 

Una delle poche cose che aveva ricevuto da sua madre...

I capelli erano come quelli di suo padre. Tutte le cose peggiori erano sue...

 

Ricordava perfettamente sua madre... Era sparita per chissà quale motivo (probabilmente era tale e quale a lei) ed era tornata a casa solo per morire... Aveva i capelli morbidi e lisci come la seta, rossi.

Le avevano causato un sacco di problemi, durante gran parte della sua vita, ma poi aveva deciso di ostentarli con orgoglio...

 

Ammirava il suo coraggio...

 

-Allora, iniziamo sì o no? Sedetevi sul divano, così vi spiego tutto!-

 

I due eseguirono, stupiti, badando a non rimanere troppo vicini.

La ninja non aveva idea di quali sentimenti provasse Vincent nei suoi confronti, ma era sicura dei suoi: non lo sopportava.

L’avrebbe schiaffeggiato 24h/24.

 

La dottoressa puntò l’indice contro il moro: -Tu. Scordatelo. Il tuo grande sogno di scrivere una nuova versione delle Confessioni di Sant’Agostino è ufficialmente infranto. E scordati anche lo psichiatra che ti dà l’estrema unzione. Quello non è lo scopo degli psichiatri. Zhukov ti ha viziato come un porco domestico. Scordati le sue stronzate.- sbottò la donna.

 

Yuffie sorrise, impegnata ad immaginarsi un porco domestico vestito come Vincent.

 

-E tu, invece... Scordati le gite al cesso per più di 10 minuti senza certificato medico.- sibilò, rivolta alla brunetta.

 

Dopo lo shock e il conseguente silenzio di entrambi, la donna riprese: -D’ora in poi, da voi mi aspetto un intenso impegno e collaborazione.-

 

-Cominciamo.-

 

 

 

 

 

Tema: odio

Chi odiate? E perché?

 

Era sempre stato molto difficile, per lei, odiare seriamente qualcuno.

 

Il primo tentativo, a 6 anni, era stato con sua madre, ma, alla fine, si era detta che avrebbe fatto lo stesso, al suo posto. Ed era partita.

 

Aveva provato ad odiare suo padre, accusandolo della morte di sua madre. Ma sarebbe stato come definirlo Leviathan... Solo il dio poteva decidere chi fare ammalare...

 

Aveva odiato Sephiroth... Però poi aveva capito che avere una madre tarda e miope e un padre pazzo e gobbo, imbottito di Mako dal mattino alla sera, non aiutava a crescere sani di mente...

 

Provare a odiare Lucrecia era stato molto più facile...

Ma poi... Poverina, era tarda, non era mica colpa sua...

 

Aveva odiato anche Shelke, perché era una voltagabbana maniaca, ma dall’episodio del bar, il loro rapporto era decisamente migliorato.

 

Forse l’unica persona che odiava era se stessa.

Non era stata mai capace di salvare Vincent.

E nemmeno di tenersi un ragazzo.

 

Che stupida...

 

 

 

 

 

-Allora, chi odiate?- chiese Shytry, allegra. –Vincent?-

La fissò intensamente, ma tacque.

 

-Avanti, non farti pregare!-

-Yuffie.-

 

Alzò lo sguardo, stupita.

-E perché?- chiese tranquillamente la rossa, come se se lo aspettasse.

 

Sembrò rifletterci un attimo, ma poi scosse la testa.

-Non la capisci, vero?-

-Perché non se ne và... E’... Stupida...-

-Stupida...- ripeté Shytry, pensosa.

 

Non sapeva neppure perché la odiasse tanto!

-Più cerco di cacciarla più si attacca a me... Però... Insomma... Nessuno...- si zittì, abbassando la testa: -Che perdita di tempo.-

 

Yuffie si alzò di scatto: -Ah, certo, ora sono stupida! Dimmi, chi si è occupato di te in questi mesi?! Chi è stato escluso dall’università, perché era troppo occupato a pensare come evitare il tuo suicidio per studiare? Mi sono fatta il sangue marcio fin’ora e tutto quello che hai da dirmi è che mi odi?!! Lo sai che il mio ragazzo mi ha lasciata perché stavo trasformandomi in una tua copia?! Lo sai tutto questo?! Lo sai?! Certo che no, perché te l’ho nascosto fin’ora! Non intendevo fartelo pesare! E tu come mi ricompensi?! Odio! Odio! Odio! Tu vivi di odio! Non provi nessun altro sentimento! Non t’interessa niente e nessuno, solo te stesso! Cosa ci guadagni a fingerti un mostro, a ferire la gente che tiene a te, ad allontanarti dal mondo?!-

 

Si fermò, ansante, con le lacrime agli occhi.

 

-Sai quante volte ho provato ad andarmene? Ti voglio troppo bene per lasciarti di nuovo solo...- sussurrò, sedendosi pesantemente sul divano, completamente svuotata.

 

-Sei stata bravissima, Yuffie... Ti senti meglio?- mormorò la dottoressa, accarezzandole i capelli e sorridendole: -Ora parlate pure tra voi...-

 

Se ne andò in silenzio.

 

 

La ninja si abbracciò le gambe. Si sentiva incredibilmente bene. Sollevata.

 

-Ma io sono un mostro...-

-Che palle, Vinnie, con questa storia! Quando dici queste stronzate io non t’ascolto nemmeno...-

-Yuffie, ascoltami... Ho ucciso tant...-

- Another love, another loneliness, another passion, another pain...- canticchiò la ragazza, ad alta voce, tappandosi le orecchie.

-Yuffie!- esclamò lui, cercando di staccarle le mani dal cranio. –E’ importante!-

-You are my love, you are my loneliness, the other passion, the other pain.- continuò lei, imperrita.

 

-Yuffie, ti prego!-

 

Le afferrò i polsi tenendoli, con qualche sforzo, visto che lei si dibatteva ferocemente, sopra la sua testa.

-Ascoltami, dannazione! Come puoi definire un ex Turk senza scrupoli?! Uno che si trasforma in un mostro e perde il controllo delle proprie azioni?! Quando ero nei Turk ho ucciso, torturato, rubato, picchiato...! Con che coraggio riesci ancora a definirmi umano?! Con quale criterio?!-

 

-Con il tuo, idiota! Quando c’è una persona a cui tieni tanto, a volte dare la propria vita per lei è il minimo che tu possa fare. E, forse, è questo a renderci umani. E qui cito!-

 

-Scusate, ho dimentica...- iniziò Shytry, bloccandosi immediatamente nell’atto di afferrare la propria borsa.

-Speriamo sia femmina!!!- urlò la dottoressa, scappando via.

 

Yuffie rimase un secondo interdetta. “Speriamo sia femmina”?!

 

Sentì la presa di Vincent diminuire d’intensità e lo fissò. Non ci mise molto a trovare i suoi occhi.

Cosa ci facevano in quella posizione?!

Che ci faceva a cavalcioni su di lei?!

Che ci facevano su un divano?!

 

-Vaccaro!!!!- urlò, mollandogli un sonoro schiaffo e scivolando a terra, per poi correre nella propria camera.

 

 

 

 

 

 

 

L’angolino dei malati di mente!

Alla fine è successo... Stando sempre accanto ad un ragazzo fissato con Billy More ho imparato a memoria i testi delle sue canzoni... E ho pure inserito Loneliness nella mia fic!

Però devo dire che mi mette di buon umore, per cui le ascolto mentre scrivo JBS... (non hai alcun rispetto per la mia sofferenza!!! NdYuffie)

 

Che ne pensate di Shytry?

Che nome strano!!! Ho aperto a caso un vecchio libro e l’ho trovato... E’ una specie di demone... Io ho aggiunto la h per motivi tecnici che spiegherò poi... ^_^ Diciamo solo che Shy è parente di qualcuno che noi amanti di Vivi (o Vinci, come nella versione Italiana) odiamo profondamente... Di solito, almeno...

 

Come si pronuncia Shytry? Me lo chiedo anche io! Di sicuro non Sciaitrai, per motivi che spiegherò tra due capitoli... Anche se è carino, così! “Timido tentativo” in inglese! Io opterei per Scitrai o Scitri, ma preferisco il primo...

 

D’ora in poi, Yuffie reagirà sempre!!! E’ tornata la Yuffina di sempreeee!!! Evviva!!!

Vincent, aspettati nuovi sconvolgenti schiaffoni!!!

 

Vincent: che fortuna!!!! (con una bellissima guancia blu)

 

Il tono, sopratutto alla fine, è un pò più rilassato...

Shy dice tutto ciò che vorrei dire ai miei personaggi... @____@

 

Allora, che ve ne pare? Sono felice che la lettera vi sia piaciuta!!!! E sì, alla fine si sono lasciatiiii!!! (No, perché?? riprenditelaaaaa!!! ndVinnie)

E’ dispiaciuto anche a me!!! Ma io sono una Yuffentineress (è un neologismo... Presto sarà su tutti i dizionari!!! Speriamo...) e Reno appartiene solo a... Bè, è come per il discorso di Dante... E’ di tutte le videogiocatrici!

 

Another love, another loneliness, another passion, another pain...

 

La frase sopra sembra un pensiero di  Vincent...

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Capitolo 9
*** Sunrise... Not yet! ***


The Path that lead to the Sunrise

The Path that lead to the Sunrise

 

-Come và, Vinci? Hai fatto quello che ti ho detto di fare?- chiese Shytry, sedendosi sul tavolino di fronte al divano, sorridente, come sempre.

Yuffie si fermò un secondo, con il ferro da stiro a mezz’aria.

 

Cosa si era persa?

 

L’uomo scosse la testa: -E’ perfettamente inutile...- sussurrò, abbassando lo sguardo.

-Ah. Perché, sei laureato in psicologia?- chiese la dottoressa, alzando un sopracciglio –Non lo sapevo... E da quando?-

Vincent rimase in silenzio, ignorandola.

 

-Vinci, Vinci, almeno spero che avrai aiutato un pò Yuffina! Nelle sue condizioni... Non vorrai mica farla affaticare, per caso?- lo rimproverò la rossa.

 

In quali condizioni?! Non era incinta!

 

-Quali condizioni?- domandò, stupito l’ex Turk, visibilmente turbato.

-Oh, sai, lo stress si doverti accudire come un bambino, lo studio, il dover soddisfare le tue fantasie...- rispose lei, con aria di sufficenza.

 

A Yuffie cadde la mascella a terra.

Di che fantasie parlava? Probabilmente Vincent era rimasto all’impollinazione delle cicogne...

 

Arrossì violentemente.

 

Ma, soprattutto, che cos’aveva capito?!

Cercò di balbettare una scusa.

 

-Mah, quello che fate sul vostro divano non m’interessa...- continuò la donna, con un’alzata di spalle.

 

L’ex Turk si alzò di scatto ed andò a chiudersi nella sua stanza, senza proferir parola.

 

-Shytry, come ti salta in mente di fare allusioni... Allusioni... Di dire certe cose?!- sbottò la principessa.

-Non è colpa mia se l’altro giorno sono entrata in questa stanza con animo puro ed immacolato e ne sono uscita con la visione di voi due che copulavate sul divano!- ribatté l’altra.

-Non stavamo copulando, stavamo litigando!-

-I gusti sono gusti...-

 

Appoggiò il ferro da stiro sul suo supporto, per non cedere all’impulso di lanciarglielo.

Si sentiva ribollire di rabbia.

-Se sei qui per curarlo, allora fallo, ma se sei qui per aiutarlo a trovare un ulteriore motivo per suicidarsi, allora vattene! Non ho nessuna intenzione di lasciarlo morire!-

 

La donna si appoggiò allo stipite della porta del salone, sospirando: -Non farti illusioni, non guarirà mai. Se con “guarire” intendi “non tenterà mai più di uccidersi”, allora, non guarirà mai. Mai. Avrà sempre delle ricadute. Tenterà sempre di mettere un termine alla sua sofferenza... Non perché non gli interessa se le persone che lo amano soffrono, ma perché qualcosa, dentro di lui, lo induce a cercare un’esistenza più facile. Ha già avuto un assaggio della pace che lo attende... Ne vorrà sempre di più... E’ sempre così, Yuffie... Quindi, non illuderti...-

 

Scosse la testa, cacciando indietro le lacrime. Non doveva piangere.

Poteva essere felice. Tutti avevano la possibilità di esserlo.

Bastava... Cosa? Un pò di buona volontà? Fortuna?

 

-Yuffie... Voglio solamente metterti in guardia. Anche a me è successo...-

-Vattene.- sibilò la mora.

-Io...-

-Acci e ike!-

 

-D’accordo.-

 

Aveva i nervi a fior di pelle.

Ed era esausta.

Disperata.

Sconfitta.

 

-Sei troppo debole per affrontare tutto questo...-

 

Sentì la porta chiudersi...

Di certo quello non era il modo più delicato per dilaniare le sue speranze, già infime, per altro...

Ma di sicuro era il più efficace.

 

Si trascinò fino alla sua camera per prendere un libro... Pensare ad altro...

 

La stanza era buia e fredda.

Non c’era traccia di Vincent...

 

Lo cercò meglio... Era dietro la tenda, sotto la finestra...

Gli s’inginocchiò accanto, spostando la stoffa pesante.

 

Era rannicchiato su sé stesso e dondolava, come un bambino...

Aveva il respiro incostante, come qualcuno che si trattiene dal piangere ma non può smettere di singhiozzare.

 

Gli accarezzò i capelli: -Puoi piangere, sai? Nessuno ti prenderà in giro. Nessuno ti sminuirà, per questo.-

Si rannicchiò ulteriormente, stringendosi le braccia con le mani, ignorando il braccio meccanico.

O forse, proprio per quel motivo...

-Vincent, smettila...-

 

Sembrò non sentirla.

 

-Vincent!-

Gli afferrò le mani e gliele strinse con forza: -Non farlo. Ti prego. Fallo su di me, piuttosto... Ma non farti del male...- sussurrò, appoggiando la testa sulla sua spalla, esausta.

Aveva una gran voglia di piangere...

-Sono sicura che ce la faremo...-

 

Sentì le sue braccia circondarla: -Anche tu puoi piangere...-

 

 

 

 

 

L’aveva lasciata dormire nel suo letto ed era andato a dormire sul divano...

Sorrise dolcemente, osservandolo: dormiva tranquillamente, nonostante avesse praticamente solo le gambe sul divano... Erano cadute a terra anche le coperte, che, nella penombra, sembravano un animale mitologico...

 

Notò che aveva un taccuino rosso tra le mani. Probabilmente era quello che Shytry gli aveva consigliato di fare: tenere un diario. Era un modo per analizzarsi ed osservare i propri progressi...

-Vincent?-

 

Mugolò qualcosa e aprì gli occhi, assonnato.

-Volevo solo farti notare che sei per terra...-

Si alzò, controvoglia, con la ferma intenzione di rimettersi sul divano e continuare a dormire...

 

Le scappò una risatina. Non l’avrebbe mai detto, fino a qualche mese prima, ma Vincent impiegava il venerabile tempo di un’ora per svegliarsi completamente, di solito...

La guardò torvo e sbuffò, buttandosi sui cuscini.

 

-Che c’è da sbuffare? Non sono di tuo gradimento?- chiese, sempre ridacchiando.

 

Le mostrò il braccio destro teso, facendole notare che la fasciatura al polso stava inesorabilmente cedendo.

-Ho capito... Ora ti tocca alzarti e rifarla... Che ti devo dire, c’est la vie!- ribatté lei, con un’alzata di spalle, afferrandogli l’avambraccio e scuotendolo leggermente. Producendo un armoniosissimo movimento delle bende e della mano. –Che bambino...-

 

Lo vide chiaramente sorridere, per una frazione di secondo.

 

Iniziò a srotolare le bende, sotto il suo sguardo divertito.

Non servivano a molto, solo a coprire le cicatrici...

 

Si bloccò. –Te ne vergogni?-

Guardò altrove, ma lei rimase in attesa.

 

-Quando sono con te sì...-

-E perché?-

-Non sono normale... E questa lo testimonia...-

-Vincent, perché vuoi sempre fare la pecora nera?-

-Yuffie... Hai sentito quello che ha detto la dottoressa...-

-Lasciala stare, quella!-

-Vorrei non essere come sono... Vorrei avere il tuo coraggio...-

 

Lo fissò, stupita.

 

-Sei scemo?! Io, coraggiosa?!-

 

Momento di silenzio imbarazzante.

 

-Mi sminuisci sempre quando ti faccio un complimento...-

-Ah, perché, era un complimento?-

-Sì.-

 

Continuò a togliersi la fascia da solo, con i denti.

-Non sarebbe ora di levare quell’artiglio?- propose la moretta, afferrandogli il braccio sinistro ed iniziando a separarne i pezzi, nonostante le proteste dell’uomo.

-Non voglio che ti faccia male... E poi, è gelido, sai? Quando lo sfioro per sbaglio mi viene un colpo!-

Vincent lasciò stare la fasciatura: -Yuffie, smettila!-

-Vincent, piantala!-

-Mi stai staccando il braccio!-

-Ma figurati se riesco a staccarti il braccio!-

 

Finì di levare l’ottone e fece per rimuovere il guanto. L’uomo nascose il braccio dietro alla schiena.

-Vinnie, sei esasperante...-

-Non voglio che tu lo veda...-

-Sei un capriccioso, stupido bambino!-

 

L’ex Turk la fissò negli occhi, con uno sguardo assassino e levò il guanto.

Mostrandole un braccio martoriato e ustionato in più punti. Era come se la pelle non ci fosse... Era trasparente... Le vene erano in rilevo e s’intravedeva qualcosa di molto somigliante ad un osso che sporgeva tra l’ulna e il radio.

 

-Ora non lamentarti se te lo sogni di notte.- sibilò, cercando d’infilarsi nuovamente il guanto.

-Ti fa male?- gli chiese, fermandolo.

La fissò, stupito. Poi scosse la testa.

-Perché è così?- domandò, accarezzando quell’osso di troppo.

-Decomposizione... E gli esperimenti di Hojo, ovviamente.-

 

Decomposizione?

 

-Sei morto?-

Annuì, tentando di nuovo di coprirsi il braccio, ma venendo fermato immediatamente dalla ragazza.

-Hai una strana attrazione per il macabro o sbaglio?- le chiese, stizzito.

 

Sapeva quello che poteva pensare: “mi sta usando come una bestia da circo”... O cose del genere...

Invece...

 

-Perché?-

-Perché sei interessata in modo morboso ad un esperimento del genere.-

 

Stava parlando di sé stesso?

E, comunque, non le piaceva particolarmente fissare il suo braccio sinistro... Lo trovava estremamente triste.

-Mi dispiace...- sussurrò, con gli occhi pieni di lacrime.

 

-Yuffie, non è il caso di piangere!-

-Lo so, ma mi dispiace lo stesso!-

-Ma perché?! Non è colpa tua!-

-Dovevo picchiare più forte Hojo!-

-Guarda che non cambiava niente!-

 

Si asciugò gli occhi, facendo un respiro profondo. –Ok, mi calmo...-

-Brava, calmati...- sussurrò l’uomo a disagio.

 

Stavano chiaccherando come se nulla fosse... Dopo non essersi rivolti la parola per mesi...

Era una situazione assurda...

 

-Che utilità avrebbe?- gli chiese, ricominciando a fissare insistentemente l’arto.

-Ah, bè, con un braccio si fanno un sacco di cose...- replicò lui, sarcastico.

-Ma no! Sicuro che Hojo non avesse intenzione di farti diventare Spiderman?-

-Cosa c’entra, scusa?-

-Insomma... Magari serve a sparare le ragnatele...-

 

Momento di silenzio imbarazzante.

 

-Le ragnatele?-

 

Fissò un secondo il braccio, interdetto. Poi scoppiò a ridere.

 

Lo osservò, quasi spaventata. Non l’aveva mai sentito ridere. A volte sorrideva per un millesimo di secondo, ma tornava immediatamente serio.

Invece... In quel momento sembrava che non avrebbe mai smesso.

 

Cercò di reprimere un singhiozzo, ma non riuscì a trattenere le lacrime.

Lui tornò serio: -Che cosa...?!-

 

-Non ti ho mai sentito ridere...-

-Ti ho spaventata così tanto?-

-No... Sono solo... Solo felice...-

 

 

 

 

 

L’angolo dei malati di mente

Nihao!!! Che brava, visto, so anche due parole di Cinese!!! E due di russo: dasvidania e zvet! Sapevo anche verità ma non me la ricordo...

Bene, dopo aver appurato che vado al linguistico e ho un casino mentale al posto del cervello, passiamo alla fic!

 

Che bell’altalena di situazioni, eh? Allegria, tristezza, depressione, schifo...

Hojo è un genio, ha pensato proprio a tutto!!!

Ho finito DoC giovedì (comprato domenica) e, dopo aver pianto per tutto il gioco (c’è da spararsi...) ho anche acquisito nuove informazioni sulla vita privata di Vinsento!

Quindi potrò inserirle nella storia!

 

Già il fatto che Vinnie sia mezzo putrefatto (non si direbbe, eh?) è un’info che Lucrecia dà durante il gioco... Fin troppe volte... Checchifo!!!

 

Non c’è molto da dire... Acci e ike vuol dire vattene in giapponese...

Probabilmente qualcuno mi odierà perché la simpatica Shytry è diventata una stronza... In realtà, purtroppo, gran parte di quello che dice è vero... Yuffie non dovrebbe farsi tante illusioni... Voi neppure... Non si sa mai...

 

Shytry tornerà? Può darsi... Chi lo sa?

 

D’ora in poi, solo un capitolo a settimana! Se ci riesco... Probabilmente continuerò a pubblicare tremila cose a settimana come sempre... ^_^

Vorrei aspettare di avere almeno 4 recensioni per questo capitolo, prima di continuare... Ma perché non riesco a minacciare i lettori come tutti?! (perché sai che ti boicotterebbero... ndVinci, sadico) (e, in tal caso, inizierebbe a pubblicare quella yaoi di te e Hojo che ha scritto quando aveva 15 anni... Non ti conviene... ndYuffie)

 

Ancora quattro capitoli e tutto finirà... Sob sob... Già tre mesi! Insomma... Quasi due... Finirò prima di Natale? E, soprattutto, riuscirò a non cambiare il finale per la quarta volta?

 

...alla prossima settimana!!!

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Capitolo 10
*** Innuendo ***


-Sicuro di farcela

Innuendo

 

-Senti, Yuffie... Per farmi perdonare... Che ne diresti di vedere Reno per parlare un pò?- chiese Shytry, tentando di riconciliarsi con la ragazza.

-Peccato non mi voglia parlare.-

-Ma dai... Sai com’è fatto... Vedrai che non sarà più arrabbiato...-

 

La fissò di sbieco:- Certo, in realtà anche Vincy si strugge d’amore per me! Vero, Vincy?-

 

Non le rispose, imbarazzato.

 

-In ogni caso, Sabato ci sarà la solita cena della ex-Shinra... Potremmo imbucarci, che dici?-

-Come lo sai?-

-Ci và mia sorella...-

 

Da quando aveva una sorella? Ma, soprattutto, chi era? Non aveva mai detto nulla di sé...

Però, lo ammetteva, era molto più brava di Zhukov.

Vinnie era migliorato parecchio... Il suo rapporto con lui era veramente migliorato...

 

Non usciva spesso, perlopiù l’accompagnava all’università e a fare la spesa... Era pur sempre un inizio.

 

-Perché ti alzi, Vincent?- chiese la psicanalista, sorpresa.

-Stanno per suonare il campanello.- rispose lui, aprendo la porta.

 

-Signora, le ho portato Nikita, mi dispiace, devo andare!- esclamò una donna anziana, entrando.

Yuffie notò il bambino che si portava dietro nel momento in cui egli decise di correre verso Shytry ed abbracciarla.

-Non si preoccupi, vada pure...-

 

La porta si richiuse e calò un silenzio pesante.

Interrotto dalla tosse insistente del bambino.

 

Doveva avere cinque, sei anni... Era piuttosto alto, coperto da ogni indumento possibile...

La dottoressa iniziò a levargli il cappotto e i due maglioni che indossava.

 

Il viso del piccolo era arrossato e aveva gli occhi, di un’intensa tonalità di celeste, umidi.

Febbre.

 

Bagnò un panno con l’acqua fredda e lo posò sulla fronte del bambino, che chiuse gli occhi, abbandonandosi sui cuscini del divano.

-E’ tuo figlio?- azzardò la minore.

La risposta era davanti ai suoi occhi.

-Sì... Nikita. Ha preso freddo tornando a casa da scuola...- rispose Shytry, accarezzando i capelli del bambino: -Perdonate il disturbo...-

-Non disturbi, figurati...-

 

-Che cos’ha?- domandò Vincent, inquieto.

-Niente di grave, solo un pò di febbre...- lo tranquillizzò la rossa. –Puoi anche avvicinarti, non ha ancora morso nessuno...-

L’ex Turk si avvicinò e lui e il bambino si fissarono per qualche istante. Poi Nikita iniziò a piangere.

 

L’uomo s’irrigidì un momento, poi uscì dalla stanza, senza una parola.

 

Lo seguì senza esitare un secondo, recuperandolo in camera.

-Posso... Posso stare un attimo da solo?- chiese, facendo un respiro profondo.

-Posso sapere cosa c’è, prima?-

-Quel bambino... Insomma... Mi ripetete in continuazione che posso rifarmi una vita... Come? Una vita per me significa: una famiglia, qualcosa di stabile... Un’armonia. Hai visto come ha reagito? Io... L’ho spaventato...- spiegò lui.

Gli tirò un coppino: -Idiota! Come fai a demoralizzarti per una cosa del genere? Quando ho la febbre vedo le aragoste sul soffito cantano estuans iterius ira vehementi! E non smettono finché non mi passa! Ci credo che il bambino è spaventato! Come minimo, ti ha visto al contrario!-

-Ma io sono disgustoso! Guardami!-

-No, tu essere un gran bel figliolo! Quindi, piantala. E vieni di là...-

 

 

 

-Ma guardalo! Accidenti, vorrei che guardasse qualche ragazza così!- sussurrò Yuffie, a bassa voce.

-Secondo me sarebbe un buon padre...- mormorò la donna, sospirando e guardando altrove.

-Scusa la domanda... Chi è il padre di Nikita?-

Zhukov? Tanto per rimanere in tema...

-Il mio ex marito...-

-Ah... Immagino che non sia finita benissimo...- azzardò la minore.

-In effetti...- replicò l’altra, esitante. –Conosci il professor Nicholas Hojo, immagino, visto che eri nell’Avalanche...-

 

Annuì, confusa. Nikita era un altro esperimento?

Sembrava un bambino normale.

 

-E’ lui il mio ex marito...-

-Eh?! Ma è un vecchio schifoso pervertito bastardo!-

Shytry scoppiò a ridere. –E’ coetaneo di Vincent, ti farei notare...-

-Sì, ma Vinnie non va a sedurre delle povere e innocenti donzelle!-

Sguardo eloquente della dottoressa.

 

Arrossì violentemente: -Ok, ha uno stuolo di fans che venderebbero l’anima a Hades per portarselo a letto, ma non è lui che corrompe il loro animo puro! Fanno tutto da sole!- si difese.

-Il fascino del Diavolo.- concluse Vincent, probabilmente approffittando del fatto che era fuori dalla portata di uno dei famosi schiaffi di Yuffie.

 

Quando era entrato nella stanza?

E, soprattutto, che blaterava?!

 

-Diciamo che anche Hojo aveva un certo fascino... Ed ecco... Ci siamo sposati... Ma poi è impazzito e... Eccomi qui...- spiegò la rossa. –Insomma, non c’è niente di strano ad essere sposati con Hojo...-

-Nooooooo... Ormai sono già due quelle che l’hanno sposato, sta diventando ordinaria amministrazione! La prossima volta che resuscita e tenta di distruggere il mondo me lo sposo anche io!- dichiarò la ninja, alzando un sopracciglio.

 

Meritandosi un’occhiata omicida da parte dell’ex Turk.

 

 

 

 

-Hai intenzione di rimanere sveglia ancora a lungo?-

-Non ho sonno.-

 

Certo che aveva sonno.

Aveva le palpebre gonfie e pesanti e gli occhi asciutti a causa della crisi di pianto che aveva avuto più di due ore prima.

Aveva bisogno di dormire. E non svegliarsi più...

Di cominciare una nuova vita, una vita molto meno dolorosa.

Più semplice.

 

Che disastro.

Non solo aveva visto Rufus Shinra e Shelke che... Insomma... Le si era alzata la glicemia...

Come poteva Ciuffetto Biondo essere così sdolcinato?

I due non erano certo conosciuti per i loro buoni sentimenti...

Ed amoreggiavano in pubblico in modo disgustoso...

 

Pazzesco.

 

Inoltre, era lei, proprio la signorina chiamo-tutti-per-cognome, la sorella di Shytry.

 

Era la settimana delle rivelazioni...

 

No, tutto ciò non bastava. Aveva anche incontrato Reno in piena incazzatura che aveva portato il suo livello di autostima a –430 965.

 

Non aveva intenzione di iniziare una relazione con lui di nuovo... Voleva solo... Avere un amico come lui...

 

-Che cazzo di Natale!- sbottò, accendendosi una sigaretta.

Da quanto non fumava? Le sembravano anni...

Aspirò, chiudendo gli occhi, sentendo i muscoli rilassarsi... Finché qualcuno non le tolse la sigaretta dalle labbra, spegnendola.

 

Aprì di colpo gli occhi, fissando con astio Vincent. –Ehi! Ti rompo le palle, quando sei depresso?-

-Praticamente sempre.- ribatté l’uomo, sedendosi accanto a lei. –E, proprio ad essere pignoli, non è ancora Natale...-

-Perché cazzo non posso avere un ragazzo?! Perché devo essere sempre la cogliona single?! Shelke che ha la prima ed è più bassa di me si è trovata il suo maniaco, perché io non trovo il mio?!-

-Maniaco?-

 

Lei continuò a divagare, afferrando una seconda sigaretta e iniziando a disintegrarla.

 

-Hojo ha avuto due mogli!!! Dannazione, non una, due!!!! E due belle mogli, oltrettutto! Perché io non posso avere un bel ragazzo al mio fianco? Anche se non è bello non fa niente, l’importante è che sia un uomo! Voglio un ragazzo!!! Mi sento dannatamente sola, porca Jenova!-

 

Porca Jenova? Da dove le era uscita?

 

-Oh, cazzo, Vincent, mi sono dimenticata di comprarti un regalo!- s’illuminò.

 

Era stata fin troppo occupata a pensare al suo futuro incontro con Reno per ricordarsi di fare un regalo alla persona che... L’unica che fosse veramente importante per lei...

 

-Non fa niente... I tuoi monologhi farciti del vocabolario personale di Cid sono sempre... Utili...- replicò, soffocando un sorriso.

-Nonono!!! Devo trovare un regalo!- esclamò la ragazza, pensosa. –Non c’è niente che tu voglia?-

-Niente.-

-Ma dai, non è possibile! Non so, un libro, un nuovo robot da cucina, un letto nuovo?-

-Vuoi un letto nuovo?-

 

Arrossì violentemente. Certo! Le stava venendo un mal di schiena cronico su quel divano! Ma... Come dirglielo? Insomma, stava OCCUPANDO casa sua da mesi... Non poteva pretendere un letto!

 

-Cosa te lo fa pensare?- gli chiese, facendo finta di niente.

-Il fatto che la tua schiena emetta dei rumori inquietanti al mattino? Il fatto che sei sempre di cattivo umore? Il fatto che ti abbia sorpresa più volte a prendere a calci il divano? Oppure il semplice fatto che me lo stai chiedendo in modo indiretto da... Cinque giorni? Scegli tu...-

-Ehm... Davvero?- balbettò, vergognandosi profondamente di sé stessa.

-Le soluzioni sono due... O cambiamo appartamento... O...-

-Sloggio da casa tua?-

 

Abbassò la testa. Forse era giunto il momento di andarsene...

 

-Veramente intendevo proporti di fare cambio.-

 

Fare cambio? Neanche ci stava, su quel divano striminzito!

 

-E magari la terza opzione era: potresti dormire con me.- si lasciò sfuggire, pentendosene immediatamente.

Perché l’aveva detto?! Non intendeva dirlo in quel modo!

Dormire con Vincent?! Nello stesso letto?! Come una coppia?!

Che orrore!

 

..... Insomma.....

Non “che orrore”... Al massimo “sono la ragazza più felice del mondo”...

 

Cercò di scacciare dalla mente il pensiero, ma vi rimase stabilmente.

 

-Perché no?-

-Vincent! Dovresti dire “cosa?!” non “perché... Scusa, puoi ripetere?-

 

-Ora che il problema del letto è risolto, di cos’altro hai bisogno?- le chiese.

-Ho bisogno di un ragazzo... E tu? Hai bisogno di affetto?-

Scosse la testa: -Ne ho abbastanza...-

-Oh, bè, peggio per te, è l’unica cosa che ho sotto mano, al momento...-

-E se invece andassimo a dormire? Sono le undici pasate... E’ stata una giornata pesante...- propose, alzandosi in piedi e tendendole la mano.

-Non ho sonno, ti ho detto...-

 

Non voglio più vederti... Non voglio più rivedere ciò che sei diventata!

 

Che cos’era diventata?

Aveva fatto tutto ciò che era umanamente possibile per non cambiare, per rimanere sempre la solita...

Ma, in cinque anni era cambiata.

Aveva capito che non poteva essere sempre la rompipalle di turno, l’ipercinetica Yuffie, la ladra di Materia. Era semplicemente stufa di essere una bambina. Di fingere di esserlo.

 

-Sei cresciuta, fattene una ragione... E’ un bene, dopotutto... Non credi?- sussurrò Vincent, quasi potesse leggerle il pensiero.

Lo era?

 

Sospirò, affranta.

 

-Yuffie, hai intenzione di farmi rimanere così a lungo?-

Lo osservò: aveva la mano sinistra tesa verso di lei... Non aveva desistito.

Perché proprio quella mano?

Fino a poco prima se ne vergognava al punto di nasconderla sotto qualche strato di pelle animale e metallo... Non l’aveva più rivisto, quel guanto metallico...

 

Sbuffò. Come glielo doveva dire che aveva bisogno di starsene un pò da sola a pensare?

 

Si sentì sollevare dal divano e tornò alla realtà, bruscamente.

L’aveva presa in braccio, senza alcuno sforzo apparente... La portò in camera, posandola sul letto.

Si distese, sentendo la propria colonna vertebrale sospirare di sollievo.

 

-Evviva i letti matrimoniali...-

Percepì chiaramente che le rimboccava le coperte. –Perché sei così gentile?-

-Perché lo sei, tu?-

-Perché, in realtà... Io sono... Tua MADRE!- annunciò la ninja, assonata, tentando di essere teatrale ma riuscendo solo a sbadigliare.

-Wow, mamma, te li porti bene i tuoi novant’anni...- replicò lui, fingendosi impressionato.

 

Novant’anni?! E lui? Di sicuro più di 50... Continuava a dimostrarne venti...

-Vincent?- sussurrò, scoprendolo dall’altra parte del letto. Silenzioso come sempre... Non a caso era stato nei Turk...

Si accontentò di fissarla, incuriosito.

Aveva ragione ad esserlo, non era da lei chiamarlo Vincent...

 

Cosa chiedergli? Quanto anni aveva? Perché non invecchiava? Se era come gli elfi, che morivano solo in battaglia o con il cuore spezzato?

Perché rovinare tutto? Perché doveva essere sempre così stupida?

 

-Perché, se stavi male, non ti sei confidato con nessuno?- azzardò.

Che domanda del cazzo...

-Probabilmente perché ero completamente solo...-

 

Chiuse gli occhi e non disse più nulla.

Forse si era addormentato.

O faceva finta perché ce l’aveva a morte con lei...

 

In entrambi i casi, si sentiva un’idiota.

Stava andando abbastanza bene, tra loro... E lei aveva dovuto distruggere tutto...

Forse era veramente cambiata.

 

Ma, in fondo, era sempre la sedicenne cleptomane e casinista di sempre.

Mocciosa rompicoglioni cleptomane per citare Cid...

 

Cid... Da quanto tempo non lo vedeva? Due anni?

E Reeve? E... Tutti gli altri? Nessuno l’aveva mai cercata.

E lei, invece, era sempre stata colei che si faceva carico di tutti i problemi e cercava di aiutare tutti...

 

-Sì, è così... Non mi fidavo di nessuno... Nessuno mi avrebbe mai capito, pensavo... Avrebbero tutti pensato che fossi solo un vigliacco... Chi si uccide più per amore? E’ decisamente anacronistico... E stupido.

 

Era sveglio?

 

-Ma che dici?! L’unico tuo problema è che ti ci vuole tempo per cambiare idea sulle persone! Quando vedi in modo positivo qualcuno sei cieco davanti ai suoi errori e i suoi difetti! Se si ama qualcuno veramente, si deve cercare di non idolatrarlo...Se riconosci i suoi difetti e i suoi pregi... Allora puoi dire di amarlo veramente... Se quella persona insiste nel farti del male vuol dire che non merita nulla da parte tua...- gli spiegò.

-Io idealizzo le persone?- si stupì l’uomo.

-Com’è Cloud? Due parole.-

-Coraggioso e leale, direi...-

-Pavone antipatico.- replicò la ragazza, con un sorriso mellifluo.

-Tu hai il problema contrario...- ne dedusse l’ex Turk, alzando un sopracciglio. –Tu le persone le distruggi.-

-Ma no, mi succede solo con Cloud! Un giorno ho trovato un lato positivo alla Crescent.-

-Crescent?-

 

Sbuffò, alzando gli occhi al cielo: -La tua ex, Vinnie, ricordi? Quella con cui ce l’hai menata per tutto il viaggio verso il Cratere e oltre? Quella miope e un pò tarda?-

-Non era miope.-

 

Ma tarda sì? Lo ammetteva?

 

Lo guardò di sbieco:- Come ti spieghi, allora, il fatto che la Crescent abbia scelto lui al posto di un certo bel figliolo che la corteggia come un disperato?!-

 

-Come, scusa?- le chiese, imbarazzato.

Lo fulminò nuovamente con lo sguardo, poi fece un respiro profondo e sfoggiò un magnifico sorriso imparato da Bree Van de Camp.

 

-Caro, mi chiedevo soltanto come, se non era veramente molto miope, l’illustrissima signorina Crescent potesse aver sposato Hojo se poteva scegliere te...- tradusse la ninja, sbattento le ciglia –Vincino, hai l’autostima di un adolescente in crisi ormonale davanti allo specchio.- si arrese, sbuffando.

 

Perchè non capiva niente?! Perché non riusciva a capire che lei... Bè... Che lo aveva sempre considerato come qualcosa di più di un amico...

E poi, com’era possibile che nessuno gli avesse mai fatto complimenti?

 

-L’ha fatto per salvarlo...-

Salvarlo da che? Da una vita di self service? Condannando così Vinci all’Inferno?

 

-Ti prego... So che tutto questo è stupido... Non farmi sentire ancora più stupido...- la pregò, distogliendo lo sguardo dal suo.

 

-Scusa...-

 

Lo osservò fissare il soffitto, con aria assorta e depressa. L’orologio segnava mezzanotte, ormai...

 

Perché non provare? In fondo... In fondo cosa? Era un amico. L’unico, fino a quel momento, il più importante... Non voleva perderlo, però...

 

Chiuse gli occhi e li riaprì, cercando di schiarirsi le idee.

 

E lo baciò. In modo quasi materno, dolce. Sulle labbra.

Pochi secondi, poi si staccò e sorrise.

-Buon Natale.... Mi dispiace ma questo è tutto ciò che ho da offrirti...- si giustificò, rannicchiandosi contro di lui, pienamente soddisfatta.

-Questo è perfetto...- le sembrò di sentire, prima di addormentarsi.

 

 

 

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

La strategia: il fumo fa male e, quindi, per tranquillizzarmi, distruggo le sigarette, non funziona tanto... Però dà una certa soddisfazione! ^_^

 

Il mio povero blocco è scritto da tutte le parti! Vi lascio immaginare il casino per ritrovare quello che scrivo! Sopratutto lo sguardo assassino del prof di Diritto quando non so che scrivere e gli propongo le varie versioni della storia... Ma prof, secondo lei, Yuffie e Vincent...? Non proprio così ma più o meno... Non cito i nomi, insomma... Anche se adesso facciamo il divorzio, per cui, non c’entra molto...

 

Bene, bene, come state? Vi piace? E, soprattutto, perché se 26 persone hanno letto, solo 4 hanno commentato? Non va bene!!!

 

Innuendo significa: affermazione diffamatoria. Bello, vero? Stranamente c’entra anche con il capitolo... Ho smesso di ascoltare canzoni frivole e ho iniziato ad ascoltarmi di nuovo i Queen... Molto meglio...

 

Perché Reno fa così? Esigenze di copione!

No... Insomma, lui è solo spaventato da QUESTA Yuffie, che è molto più matura del solito, e molto Vincent-like. E, poi, all’inizio, doveva morire, per cui, ritenetelo fortunato...

 

Hojo e le due mogli!!! Ormai gli occhiali costano... Non è colpa loro... ^_^

Non capirò mai perché Lu abbia scelto Hojie e non Vincent...

 

Nikita... E’ un nome da donna? No... Credo... Il presidente russo si chiamava così... (Krushev) Ed era un uomo... All’Onu si è levato una scarpa e l’ha sbattuta sul leggìo per far fare silenzio... Ha fatto bene! Doveva lanciarla...

Comunque... A me sembra tenerissimo, nonostante il padre sia il Pazzo Furioso... Meno male che ha preso dalla mamma... Omg, che coraggio, fare un figlio con Hojo...

Bè... Magari non quando usa il corpo di Weiß...

 

Finalmente ho quasi finito!!! Mi mancano solo due capitoli! (si sono ridotti dall’ultima volta) Vi prometto che faranno sempre più schifo!

Vorrei finire prima del 23... Probabilmente non finirò, per cui, per circa un mese non pubblicherò un bel niente... Mi raccomando, commentate, perché vado in un posto lontano dalla civiltà, senza pc o internet, con la neve alta tre metri che non spalano manco a morire ecc ecc... quando tornerò voglio potermi rallegrare un pochino...

Già che mi infliggerò due mesi di .... Vuoto siderale? solo perché mi gira di andare per fiere in Francia... Che pirla, lo so...

 

Dunque, la settimana prossima il penultimo capitolo, direi... E poi mi concentrerò un attimo su tutte le altre storie che attendono di essere trascritte a computer e pubblicate... Anche se, alla fine, saranno tre, penso...

Commentate!!! Commentate!!! Almeno in... Sei! No, sette! Vediamo un pò se riesco a convincere qualche lettore dei 22 che non hanno commentato il capitolo 8! ;-P

 

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Capitolo 11
*** Spilled Blood ***


Spilled Blood

Spilled Blood

Hide your bloodveined eyes

Swallow your lonelyness

 

Hide your Crying wrists

Is that love? Mistake?

You lose yourself

And I fall in love with you once again...

 

 

Nascondi i tuoi occhi iniettati di sangue

Ingoia la tua solitudine

 

Nascondi i tuoi polsi sanguinanti

E’ questo l’amore? Sbaglio?

Perdi te stesso

E m’innamoro di te un’altra volta...

Spilled Milk -KYO– Dir en grey

 

 

 

Urlare, senza sapere perché.

Solo perché si può ancora.

 

La disperazione.

E le lacrime.

Tante, amare lacrime.

 

Come se potessero sostituire il suo sangue.

Non l’avrebbe mai salvato reagendo in quel modo.

Ma, forse, avrebbe salvato sé stessa.

 

C’era ancora qualcosa da salvare?

 

 

Yuffie, preferirei non vederti.-

Non preoccuparti, Vincent, me ne vado. Volevo solo avvertirti...- annunciò, con la gola secca.

Si schiarì la voce e ripeté:- Me ne vado.-

Strinse i pugni.

Non doveva piangere.

Non doveva mostrarsi debole.

 

Rabbia.

Era l’unico sentimento che riusciva a provare in quel momento.

E frustrazione.

Ma rabbia e frustrazione sono sempre l’una l’effetto dell’altra.

 

Vide la sua espressione addolcirsi.

Mi dispiace, io...- iniziò a balbettare.

Credi veramente di essere così fondamentale, per me? Io...- ricacciò indietro le lacrime. –Mi spieghi a che cosa è servito buttare al vento un fottutissimo anno della mia vita per farti da baby-sitter, quando tutto quello che ho ottenuto è stato il tuo odio?! Sei un egoista!-

Mi dispiace, mi dispiace! Io non posso farci niente! Non voglio che tu soffra per me! Un giorno sono la persona più felice di questo mondo e quello dopo vorrei morire! Non lo faccio apposta! Perdonami!-

 

Si era rannicchiato su sé stesso più che poteva, quasi volesse nascondersi...

Ma i suoi occhi erano comunque visibili... Erano una finestra aperta su un pozzo di disperazione.

E tremava.

Vincent Valentine.

Dovette ripetere il suo nome un paio di volte per realizzare finalmente che era proprio il freddo ex Turk quello che aveva di fronte.

Si calmò e sprofondò su una sedia.

Credevo sarebbe andata sempre meglio e, invece... Guardami, sono patetica... Non riesco neppure più a fingere di stare bene...-

 

Aveva preso l’abitudine di scoprire sempre di più la sua anima, rendendosi per questo più vulnerabile... Più fragile.

L’aveva fatto perché aveva fiducia nel futuro.

L’aveva fatto perché le sembrava giusto nei suoi confronti.

Yuffie...- iniziò l’uomo, tendendo il braccio verso di lei, per poi lasciarlo cadere sul letto:-Hai perfettamente ragione. Vai.-

L’orario delle visite è terminato... Fa parte della sua famiglia?- domandò l’infermiera, entrando, a voce bassa.

 

La ninja si alzò, uscendo dalla stanza. –No, ho sbagliato camera.-

Si sedette su una panca.

In fondo, gli era mai importato di lei?

 

 

 

 

Se passa un’infermiera con i capelli viola, allora non me ne vado...- sussurrò.

Questa tecnica per prendere le decisioni fa schifo, sai?- la informò Shelke, sedendole si accanto e indicandole un’infermiera con i capelli di un magnifico viola acceso: -Succedono sempre le cose più strane, quando decidi di usarla...-

 

Sembrava stanca e depressa e, stranamente, pallida.

Cosa ti è successo?- le domandò preoccupata la ninja.

Voglio smettere d’immergermi quotidianamente nella Mako e vedere che succede... Probabilmente questo corpo comincerà a sgretolarsi... Oppure riprenderò ad invecchiare? Chissà...-

 

Era la settimana dell’offerta speciale sui suicidi? Prendi due paghi uno?

-Ehm... E quel piccolo e insignificante dettaglio chiamato Rufus?-

-Due essere umani dal corpo spezzato, rinchiusi in una gabbia di carne...-

-Hai frequentato il corso che ha fatto Vincent? Ti rendi conto che morirai, vero?-

-E sia.-

-“E sia” ‘sti cazzi, Shelke! Ci hai pensato a Rufus?! Gliene hai parlato, soprattutto?- si alterò la maggiore.

-Si sarebbe arrabbiato... Per cui l’ho lasciato...-

 

Che razza di scusa era, la sua?

Certo che si sarebbe arrabbiato!

 

“Oh, caro, ciao, volevo dirti che ho deciso di sperimentare un pò con il metodo Hojo!”

“Ma certo, pulcetta, come la vuoi la bara?”

“Con il velluto rosso, coniglietto!”

 

Rufus non era di certo il tipo da lasciar fare certe idiozie alle persone a cui teneva!

Perché i maniaco-depressivi non riuscivano a capire mai un cazzo?!

 

-Fila dal tuo ragazzo se non vuoi che ti dia così tanti calci nel culo da farti somigliare ad Heidegger.- sibilò.

-T’immischi sempre nella vita degli altri, ma chi ti credi di essere? Fai presto a parlare, tu! Non sembri una bambina di nove anni, sei una donna!- sbottò Shelke, alzandosi di scatto.

-Davvero? Anche il cervello deve stagnare a quell’età da un pò, visto che non fai altro che ripetere cazzate! Piantala di fare “La bambina cretina 2: Shelke, la vendetta delle nane bastarde”! Ci saranno interi fascicoli su di te, alla Shinra, leggiteli, prima di usare il metodo Crescent! Credi veramente di non avere il diritto di vivere?! Il passato è passato!-

-L’ho lasciata morire!-

-Dov’è questo corso?! Dimmi! Oppure vi fanno in serie?!-

 

La rossa abbassò la testa.

 

-Shelke, Shelke... Quando si sveglierà e ti vedrà andare in giro vestita di pelle e con un mantello rosso con un serio bisogno di essere rammendato, come credi che si sentirà? Vai da quel figo del tuo ragazzo, ora...-

Shelke annuì e fece un sorriso tirato:-Grazie.- sussurrò, andandosene.

 

 

 

 

-Signora Valentine?-

 

Si era addormentata in corridoio, come poteva, su un sedile modello Inquisizione Spagnola...

Sentì la schiena scricchiolare in modo inquietante.

 

-Non dovrebbe dormire qui...-

 

Si stiracchiò pigramente e guardò l’ora: un altro esame saltato...

 

-Potrà vederlo tra mezz’ora...-

 

Perché Vincent doveva avere un’infermiera così carina?

Alta, magra, estremamente femminile e con gli occhi di un colore blu dell’India magnifico.

 

Sospirò: -Non sono sua moglie.- rettificò.

 

-Mi scusi! Parla così bene di lei che...

 

Al massimo...

 

-Secondo lei ho una possibilità?-

Tentò di non cedere all’istinto di strangolare la Barbie e la lasciò lì, andando a fare due passi.

 

Di sicuro ne aveva più di una...-

 

 

 

-Ciao...-

 

-Yuffie...-

 

Aveva detto che se ne sarebbe andata... Però, come sempre, c’era qualcosa che le impediva di allontanarsi da lui. Non poteva lasciarlo da solo...

 

-Non mi ero mai accorto che avessi i capelli tanto lunghi...- sussurrò.

 

Li aveva sciolti... Non sapeva neppure per quale motivo... Non li sopportava, erano troppo simili a quelli della madre...

 

-Sei bellissima...-

 

Arrossì violentemente.

Dovevano averlo veramente imbottito di sonniferi...

 

-Oggi non hai lezione?- le domandò, tentando di afferrarle una ciocca di capelli, senza troppi risultati.

 

Chiuse gli occhi.

I tendini...

Sarebbero guariti nuovamente?

 

Riaprì gli occhi e sospirò.

 

-Non hai lezione il Mercoledì?-

-In realtà avevo un esame... Lo recupererò facilmente, non ti preoccupare...- mentì.

-Yuffie...-

-Non cominciare! Sei più importante di uno stupidissimo esame!- sbottò.

-Felice di sapere che per te conto ancora qualcosa, ma quello “stupido esame”, come l’hai definito, ti darà un futuro.-

-Qualsiasi cosa faccia, te ne farai sempre parte, per cui, anche tu sei importante!-

 

Si alzò di scatto, dandogli le spalle, con la ferma intenzione di andarsene.

 

Le afferrò un polso, saldamente:- Cosa... Cosa...?- chiese, lasciando immediatamente la presa, con un gemito.

 

Yuffie osservò il braccio cadere pesantemente sul lenzuolo, tingendolo di rosso.

 

 

 

 

Angolino dei malati di mente

 

Non odiatemi, sono solo una povera autrice innamorata di Kyo che si lascia influenzare da lui...

Se vorrete uccidermi con questo capitolo, non leggete il prossimo...

Il blocco dello scrittore è scomparso... (Poveri noi ndYu e Vin)

Mi raccomando, leggete qualche testo dei Dir en grey, tipo Mazohyst of Decadence... Sono veramente bravi!

Vinnie è stranamente puccioso...

Nel prossimo chappy mi avventurerò nei meandri della sua mente... O forse tra due chappy, non lo so...

So solo che ho un sacco d’idee...

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Capitolo 12
*** The Final ***


The Final

The Final

 

Deep the hell of my heart...

Nel profondo dell’inferno del mio cuore....

I can’t go back.

Non posso tornare indietro.

A self-torture loser, not being able to see tomorrow.

Un perdente auto-lesionista, incapace di vedere un futuro.

Suicide is the proof of life.

Il suicidio è la prova della vita.

 

The final - KYO – Dir en grey

 

La ferita si era rimarginata quasi completamente, ma i punti erano da rifare... Avevano lacerato la carne.

 

-Dannazione, lo seguendo io, Ascepios!- sbottò una voce femminile che identificò come quella di Shtytry.

-Shiva! Non ce l’avrai mica ancora con me perché ti ho rifiutato al ballo?! Ti sembra il caso di torturare i miei pazienti per così poco?!-

 

Yuffie si alzò, stupita. Che aveva da urlare tanto?

 

La vide uscire da una sala, accompagnata da un ometto basso, piuttosto anonimo...

 

-Signorina Kisaragi, lei è la persona più importante agli occhi del soggetto, vero?- le chiese l’ometto.

Soggetto?

 

-Scusi, chi è lei?-

-Uno stronzo.- rispose Shytry, che sovrastava l’uomo di una buona decina di centimetri.

-Hojo, l’ospedale mi ha affidato il signor Valentine, per cui, non influenzi il giudizio della signorina Kisaragi. Sono il dottor Kisaki, il nuovo psichiatra... Mi dica, ora, il soggetto può diventare violento?-

 

Aveva uno sguardo che conosceva bene, ma non ricordava assolutamente a chi potesse somigliare.

 

Vincent poteva diventare violento? Contro sé stesso di sicuro...

Ma, visto che poteva trasformarsi in una bestia, anche contro gli altri...

Non si era più trasformato da molto tempo.

 

-Come tutti...- rispose, titubante.

-Perfetto... Vuole accompagnarmi?-

 

Lo seguì dentro la stanza, senza fiatare.

Alla dottoressa fu galantemente chiusa la porta in faccia, a doppia mandata.

 

La kunoici rabbrividì.

 

-Prego, si sieda.- le ordinò Kisaki, indicandole la sedia più lontana dal letto.

La prese e l’avvicinò a quella su cui era seduto il dottore.

 

Vincent, nel frattempo, li osservava, piuttosto confuso e, probabilmente, sotto antidolorifici.

 

-Buongiorno, Vincent Valentine... Ho voluto che fosse presente anche questa splendida donna al nostro primo colloquio, per il semplice fatto che le saranno negate le visite fino a nuovo ordine.- spiegò il medico, tirando fuori un accendino ed accendendosi una sigaretta.

 

-Perché?- chiese il moro, sempre più confuso.

 

-Perché non sono il tipico psichiatra bonario e amicone... Perché sono convinto che ad ogni azione corrisponda un effetto... Ha tentato il suicidio... Ci pensi... Non l’avrebbe più rivista... E’ questo che vuole? Ebbene, voglio proprio vedere quanto dura senza di lei... Perché è veramente importante, vero?- sibilò il dottore, facendo scivolare una mano lungo la gamba scoperta della ragazza, che, prontamente, lo schiaffeggiò.

 

Di certo non aspettandosi che lo psichiatra le stringesse la gamba e le spegnesse la sigaretta all’altezza del cuore, bruciandole la pelle.

 

-Figlio di puttana!-

Kisaki si ritrovò contro un muro, a venti centimetri da terra, faccia a faccia con un esperimento fallito alterato con una gran voglia di strangolare il primo psichiatra che gli capitava a tiro.

E sorrise.

 

-Ne devo dedurre che è piuttosto importante per te...-

-Certo!-

-Allora perchè tenti il suicidio?-

-Non lo so!-

-Pensa a quel dolore... Ogni giorno, ogni istante... Fino alla sua morte...-

-Sta zitto!-

-Codardo.-

-Taci!-

 

Kisaki scoppiò a ridere e si liberò dalla presa del moro, uscendo dalla stanza.

 

-Yuffie? Stai bene?-

 

Si alzò a fatica... Le tremavano le gambe...

Che razza di psichiatra era, quello?

 

Si sedette sul letto, gemendo.

Quello era malato. Si era divertito a bruciarla, solo per sfizio personale.

 

La fece sedere sulle sue gambe, abbracciandola e cullandola.

Era spaventato.

Il suo cuore batteva all’impazzata.

-Mi dispiace...-

 

Ricambiò l’abbraccio:-Non è colpa tua...-

 

-Non è questo... Non voglio più che tu soffra per me...-

-Lo so! Non sei un sadico come quel... Quel... Non è assolutamente colpa tua! Un giorno starai bene! Ti ricordi, mi hai detto che vorresti avere una famiglia... Sono sicura che l’avrai!- gli assicurò.

 

-Voglio tornare a casa...-

 

Il segnale che annunciava la fine delle visite risuonò in tutta la stanza.

 

Lentamente, si allontanò da lui.

Per quanto tempo non l’avrebbe più visto?

 

-Hai cominciato ad indossare delle gonne, vedo...- sussurrò Vincent, arrossendo leggermente.

 

Si osservò: la gonna era salita di molto, coprendola poco...

Si rimise a posto, imbarazzata.

 

-Yuffie?-

 

Le afferrò un polso e l’attirò a sé, baciandola.

Un vero bacio.

Un misto di violenza e dolcezza.

E disperazione.

E paura.

E solitudine.

 

Non sentì la porta aprirsi, solo un sospiro improvviso.

Interruppe bruscamente il bacio e fissò l’intrusa. Shelke.

 

-Continuate pure, fate come se non esistessi!-

 

Yuffie arrossì violentemente. Si chiese il motivo di quel bacio...

Forse era solo un bacio d’addio...

 

Ma non poteva chiederglielo...

 

-Sono solo passata a trovarti... E’ un pò che non ci si vede, vero? Come và?-

-Bene... Tu?- ribatté l’uomo, educatamente. Era nervoso. Chissà perché.

 

-Benissimo! Quando esci?- gli chiese, avanzando ulteriormente.

-Molto presto!- esclamò la ninja, stringendogli la mano. –Vero, Vincy?-

-Sì...-

 

 

 

 

 

Angolino dei malati di mente

 

Carissimi! Questa è la seconda parte del capitolo che ho pubblicato... L’altro ieri?

Cosa ne pensate? Mi raccomando, ditemelo!

La settimana prossima probabilmente pubblicherò un nuovo capitolo, che vi farà odiare un pò di più il personaggio di Kisaki... E anche un pò me...

Wow, cinque review!!! Le mie minacce funzionano! ^_^

 

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Capitolo 13
*** Heautontimorumenos ***


Heautontimorumenos

Il punitore di se stesso

 

Aveva perso la cognizione del tempo... Da quanto stava lì?

 

In una stanza di un bianco accecante. Un bianco che ispirava disperazione.

 

Che cosa volevano ottenere?

 

Si rannicchiò su se stesso, iniziando a dondolare avanti e indietro. Era infantile, lo sapeva, ma era il solo modo che conosceva per calmarsi, per cercare di non impazzire ed ignorare il dolore.

 

La seconda soluzione... Ci aveva provato. Due volte.

Non voleva morire.

 

Non per il momento.

 

Non aveva visto nessuno da quando l’avevano rinchiuso lì dentro.

Da quanto tempo?

Gli passavano il cibo da un’apertura sulla porta e lui restituiva i piatti dalla stessa fessura, di solito intatti.

 

Non aveva fame. Voleva solo andarsene. Tornare da lei.

 

Aveva provato a comunicare con qualcuno, ma nessuno gli rispondeva.

Gli unici rumori che sentiva erano il battito del proprio cuore, l’acqua che scorreva nelle tubature e qualche topo che grattava nel muro, di tanto in tanto...

A volte sperava che il topo riuscisse a scavare l’intero muro fino a passarvi attraverso.

 

Solo per vedere qualcosa di vivo.

 

Fin troppo spesso aveva delle crisi di... Non sapeva cosa fosse, non era psichiatra. Paranoia?

Si convinceva che tutta la sua vita fosse solo un sogno. Che quella fosse la realtà.

Che non esistesse nulla oltre il muro.

 

I topi lo salvavano.

 

Patetico. Farsi salvare la vita da dei topi...

 

 

 

Gli avevano tolto le bende... Forse tutto ciò che volevano era che si uccidesse.

Ma doveva resistere...

Principalmente perché non era più solo. Da molto tempo, ormai... C’era Avalanche... E poi Shelke e... Avalanche? Da quanto tempo non si facevano più sentire?

 

Osservò i polsi. Cosa gli avrebbero detto? Che la vita era un dono? Che Aeris si era sacrificata per tutti loro? Cosa potevano sapere di quello che provava?

 

Una croce.

Aveva letto, sugli appunti del padre, che alcuni Ancient consideravano il tipo di croce che le sue cicatrici formavano sul suo polso destro come purificatori dell’anima.

 

Non ci aveva mai creduto. Non era il tipo da credere a certe leggende...

Ma era straordinario come la sua redenzione l’avesse portato a tracciare quello stesso simbolo...

 

 

 

Quanto tempo era trascorso, realmente? Non poteva capirlo in nessun modo. Le luci, bianche, manco a dirlo, erano accese tutto il giorno... E i pasti gli erano serviti, a volte, a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, altre, invece, gli sembrava che passassero settimane prima che qualcosa passasse attraverso l’apertura della porta.

 

Perché Hojo non aveva pensato a dotarlo di un orologio interno?!

 

E se fossero trascorsi anni?

E se lei...? Cos’avrebbe fatto se, una volta tornato nel mondo esterno, l’avesse ritrovata sposata o non l’avesse trovata affatto?

 

 

Cercò di scacciare dalla mente la visione di lei tra le braccia di un altro.

 

Tra le proprie.

 

Un peso leggero... Lei, piccola, calda, completamente sua.

 

Si concentrò sulla pace che provava nel percepire il suo calore quando si svegliava...

Sulla felicità che le aveva dato quel loro primo timido bacio...

 

-Voglio andare a casa...-

 

 

 

 

 

 

Jiyuu. Libertà.

 

Aveva un suono così dolce...

 

Era l’ideogramma che aveva tracciato più volte sul suo avambraccio, con le unghie, in principio, per poi passare alla lametta.

Era un calmante ben più efficace di quello che Shytry le aveva dato.

 

Le serviva per dormire, per riuscire a stare calma, per far scivolare via tutti i problemi e le preoccupazioni.

Ormai era diventata una droga.

 

 

Eppure, all’inizio, credeva che ce l’avrebbe fatta...

Ma dopo un mese d’inutile lotta, la sua assenza era diventata insopportabile.

 

La solitudine era ben peggiore del suo silenzio.

In qualche modo, allora poteva ancora vederlo, sapere che era vivo, schiaffeggiarlo perché era un idiota...

 

 

Aveva lasciato l’università.

Oltre ad essere mostruosamente in ritardo sul programma, era inutile.

Tanto aveva già un futuro assicurato come Imperatrice di Wutai.

 

Avrebbe filato la lana, sfornato eredi e, poi, sarebbe morta di parto...

 

Non le sarebbe dispiaciuto avere dei bambini, ma non voleva che nascessero da un rapporto che esisteva soltanto su carta... Voleva che crescessero in un ambiente sereno.

Con una madre e un padre che, possibilmente, non si urlassero addosso dal mattino alla sera...

 

Che non finissero come lei.

 

Le piaceva occuparsi dei bambini... E quello era uno dei motivi che l’avevano spinta a seguire una formazione per diventare maestra elementare.

 

Fino all’incoronazione, almeno, poteva fare quello che voleva...

 

 

Suo padre le aveva scritto decine di lettere in cui le presentava tutta una serie di “buoni partiti” chiedendole più o meno gentilmente di sbrigarsi a sceglierne uno e sposarlo.

 

La verità era che le sarebbe piaciuto continuare a vivere con Vincent.

 

Ma lui aveva bisogno di qualcuno di forte al suo fianco.

A lei restava solo il ruolo di comparsa.

Ma si sarebbe accontentata... Per il suo bene...

 

Ecco, per lei quella era la libertà, la felicità assoluta: diventare maestra e stare accanto a lui.

 

 

 

 

 

 

-Dimmi, provi piacere nel vedere una donna soffrire fisicamente?-

 

Era la domanda stupida della giornata del vostro pervertito personale, Ascepios Kisaki!

 

Perché, semplicemente, non lo faceva uscire, piantandola con quelle domande?

 

-Dottore, perché insiste nel volermi inserire in una determinata categoria di deviati sessuali?-

-Taci, pongo io le domande. Tu limitati a rispondere.-

 

Sospirò. Non era sadico. Non quanto lui.

A dirla tutta, odiava combattere contro le donne. Odiava vedere una donna piangere e, di conseguenza, odiava vederle soffrire. Anche fisicamente.

 

-No.-

-E, allora, perché quando ho bruciato la Wutai il tuo battito cardiaco ha cambiato ritmo?-

-Perché avevo una gran voglia di farti a pezzi.- sibilò il moro.

 

Preferiva evitare di ricordarsi l’episodio.

 

-O forse è stato il fatto che l’abbia bruciata io a farti eccitare?-

-Per niente.-

 

Il dottore optò per un’altra strategia.

-Hai avuto rapporti sessuali con lei, negli ultimi mesi?-

-Non l’ho mai toccata.-

-Ti sentirai obbligatoriamente sessualmente frustrato, vero? Avere una così bella donna in casa e non potersi sfogare con lei...- sussurrò il medico, mellifluo, calcando sull’ultimo verbo.

-Non sono un animale.-

 

Non ancora, ma se continuava a provocarlo, di sicuro, presto o tardi Galian sarebbe emerso.

E Galian era peggio di un animale.

 

-Ciò mi sorprende... Una pelle così morbida... Le Wutai sono famose per essere molto abili...-

-Oh, ma Yuffie è maledettamente abile... E’ una ninja straordinaria... Sa, i ninja, quelli che spuntano all’improvviso dietro le loro vittime e le sgozzano?-

 

Kisaki sorrise: -La vedrò stanotte, lo sai? Siamo giunti ad un accordo... Un accordo molto generoso da parte sua... Avrebbe potuto pagarmi, ma ha preferito... Altro...-

-Sta zitto.-

-E quindi, domani sarai liberato...-

-Sei solo un maniaco... Pretendi anche che ti creda?-

-Non vuoi? Credo che la tua nuova sistemazione ti piacerà...-

 

 

 

 

 

 

Per quanto tempo aveva desiderato avere un calendario ed un orologio?

Li malediceva entrambi.

 

Malediceva sé stesso per la gelosia che lo tormentava. Yuffie...

Non stavano insieme... Certo, si erano baciati, ma quello non significava niente.

Nulla.

 

L’avevano piazzato in una nuova stanza, davanti all’ufficio di Kisaki, una stanza scura, senza luce, con un enorme vetro a rimpiazzare metà parete.

 

Nessuno poteva vedere ciò che vi succedeva all’interno, ma lui riusciva perfettamente a scorgere le persone che passavano nel corridoio.

 

Era strano, vedere nuovamente le persone. Altri essere umani oltre a sé stesso nello specchio e Kisaki.

 

Secondo il medico, lei sarebbe dovuta arrivare verso le otto. E così era stato.

Aveva sperato inutilmente che lo psichiatra mentisse. Invece era tutto vero...

 

Aveva atteso per interminabili minuti che uscisse da quella stanza, invano.

 

 

E, di nuovo, si era rannicchiato in un angolo particolarmente buio.

Spaventato.

 

Spaventato da sé stesso. Da ciò che il suo subconscio gli stava facendo vedere.

 

Non voleva sapere nulla.

Non voleva vedere nulla.

Non voleva provare nulla.

 

Voleva morire, di nuovo.

 

E quella volta non c’era nulla a tenerlo legato alla vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’angolo dei malati di mente

(con sottofondo di jingle bells cantata da marilyn Manson)

 

Terenzio, Terenzio, vedi che ti studio, ogni tanto?

Insomma, non tantissimo, ma è sempre un inizio...

A che serve Latino, qualcuno me lo spiega? E’ una lingua schifida, ancora più difficile dell’Italiano...

Per chi non l’avesse capito, il titolo è preso da un’opera teatrale di Terenzio... Il mio libro di letteratura latina è fatto tanto bene che non segna neppure se è una commedia, una tragedia... Mah... Credo una commedia. Sì, sì, confermo... Che razza di titolo per una commedia...

Ho prestato il cd dei Dir en grey a Federica, una mia compagna di classe... Quindi non ho più i testi sottomano... Ma è abbastanza tetro così, vero?

Ormai Kyo è diventato una guida spirituale...

 

Yuffie: Visto che è Natale, sii buona e dicci cosa ci riserva il futuro!

Tornerà Lucrecia!

 

Yuffie và a buttarsi giù dal palmo di DaChao...

 

Insomma, non ho ancora deciso... Può darsi che la storia duri ancora una decina di capitoli, ma non saprei... Potrei anche uccidere tutti i miei personaggi... ^_^

 

Kisaki è uno stronzo, vero? Diciamo che è Hojo, da psichiatra, però, che è ancora peggio...

Sa come ferire una persona ed individuare i suoi punti deboli...

Anche se individuare quelli di Vincy non è poi tanto difficile...

Me molto preoccupata per la salute di Yuffie, sta perfettamente degenerando, come doveva essere già dall’inizio... Non so perché ho aspettato tanto...

 

Bene, dopo di ciò, vi abbandono per andare in vacanza sui bricchi... Anche se è in pianura, che vado... Se non faccio una strage di parenti prima, dovrei tornare per la prima settimana di Gennaio, o più tardi... Bisogna anche vedere se riesco a studiare e fare tutti i compiti prima... e se riesco a non avere un altro 5 di latino... In tal caso mi farò risentire per gennaio del 2008...

Buone feste!

 

 

 

Vincent: Ora mi dici che cos’è successo tra Hojo2 e Yuffie?

No.

 

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Capitolo 14
*** I'm not dead ***


I'm not dead

...not yet.

And I was never looking for approval

From anyone but you

 

I’m not scared, just changing

Right behind the cigarette and the devilish smile,

You’re my crack of sunlight.

I’m not dead - Pink

 

 

-Vincent?-

 

L’ignorava. Di nuovo.

 

Non riusciva a credere che, dopo tutti i progressi fatti... Erano di nuovo da capo.

Rimaneva di nuovo sul suo letto tutto il giorno, con gli occhi fissi sul soffitto, pensando continuamente a chissà cosa... E non apriva bocca. Neanche con Shytry.

E lei aveva ricominciato a dormire sul divano.

 

-Vincent?- ripeté, scostandogli la frangia da davanti agli occhi. –Ti prego, non ricominciare...-

 

-Sei stata a letto con Kisaki?- chiese freddamente l’uomo.

 

Sussultò, colta di sorpresa.

 

Come poteva sapere...?

 

-Te l’ha detto lui, vero?- sussurrò, tentando di calmarsi.

Fare finta di niente non serviva a nessuno dei due.

 

-Sì. L’hai fatto, vero?-

-Mi ha dato un’appuntamento nel suo ufficio...-

-E ci sei andata.-

-Sì.–

 

-Sei una stupida.-

-Credi veramente che ci sia andata a letto?-

-Sei rimasta molto nel suo ufficio.-

 

Strinse i pugni.

 

-Grazie per la fiducia, davvero!- sibilò la principessa, uscendo sul terrazzo ed accendendosi una sigaretta. L’ennesima della settimana.

Aspirare il fumo con rabbia non riuscì a calmarla. E non potè fare a meno di scoppiare a piangere.

 

-La sai una cosa? Sei un bastardo insensibile! Lo sei sempre stato! Un egocentrico stronzo! Credi sempre quello che vuoi credere! E lo sai, non sei il centro del mio mondo, me ne posso andare quando mi pare!!-

 

Si strappò le bende dalle mani, massaggiandosi le nocche.

Non era servito a niente farsi così male. E neppure nascondere le ferite.

 

Faceva freddo...

 

-L’hai picchiato...- mormorò Vincent, sorpreso.

 

Lo guardò con astio. Ci voleva così tanto per evitare di farsi delle strane idee su di lei?

Credeva che la conoscesse abbastanza da non considerarla una puttana che và a letto con il primo che capita.

 

Evidentemente, si sbagliava.

 

Lo vide annuire e scomparire dalla sua vista, seguito dal rumore della porta d’ingresso che si chiudeva.

Lo shock la calmò.

Se n’era andato.

 

Ma perché doveva sempre reagire in quel modo?

Perché doveva sempre scappare?

 

-VINCENT VALENTINE!- urlò, vedendolo uscire dal palazzo.

Nessuna risposta.

 

-Idiota!-

 

Guardò in basso. Da quanto tempo non saltava da un’altezza del genere?

Scavalcò la ringhiera e si lasciò scivolare, senza esitare.

 

Atterrò con poca grazia, ma relativamente illesa e iniziò a correre dietro l’uomo.

Lo afferrò per il polso, fermandolo.

 

Si limitò a fissarla, impassibile.

Per poi riprendere a camminare.

 

-Sei uno stupido!-

-E un insensibile, egocentrico, stronzo, bastardo. Me l’hai già detto.- rispose lui, continuando per la sua strada.

-Io non sono Lucrecia.- mormorò Yuffie.

 

Annuì, facendosi coraggio. –Io non sono Lucrecia! Mi hai sentito?! Non voglio che mi dimostri chissà cosa! A me vai benissimo così! Lo so benissimo che non sei solo un freddo bastardo! Mi dispiace! Mi dispiace davvero! Ero arrabbiata con me stessa! Ho fatto una cosa orribile e avevo paura di quello che avresti potuto pensare!- confessò. –Ti prego... Non andare via...- aggiunse, afferrandogli un braccio.

 

L’aveva spesso considerato come un essere al di sopra dei difetti umani.

Ma era umano.

 

E, probabilmente, terribilmente geloso.

 

-Yuffie?-

 

Alzò la testa, fissandolo negli occhi, rimanendo in attesa.

L’avvolse nel suo mantello e la strinse a sè. –Sei una stupida. Come ti è saltato in mente di uscire in pantaloncini e maglietta?! Siamo a tre gradi sotto zero! Ti verrà un’ accidente!- sbottò.

 

-La tua voce mi rimbomba nelle orecchie...- si lamentò la moretta, rabbrividendo per il freddo.

Gli cinse la vita con le braccia, approfittando del suo calore.

-Non ti arrabbiare...- sussurrò.

 

-Non ci riesco, in ogni caso...-

 

Sospirò. Tutto era tornato normale, per fortuna...

 

L’idea di svegliarsi alla mattina e non vederlo la spaventava.

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

 

Questo capitolo è troppo corto, lo so... Ma prometto che i prossimi saranno un pò più decenti...

Prima di tutto, ho recuperato i Diru, anche se Gauze non lo avrò prima di... Un pò di tempo. ^^

Quindi, aspettatevi un bel capitolo su Lucrecia! (Amy uccisa da vari lettori)

Non aggiornerò per un pò di tempo, credo... Ho scritto molto, durante la settimana sui bricchi, ma tutto in disordine... Quindi, anche se JBtS è virtualmente finito (sui miei quadernini), continuerò ad aggiornare poco alla volta...

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Capitolo 15
*** In the dead of the night... ***


In the dead of the night

...it’s my name that you whispered

 

We've seen our share of ups and downs,

how quickly life can turn around.

In an instant.

It feels so good to be alive,

within yourself, and within mine.

 

Creed - My Sacrifice

 

 

 

Sbatté più volte le palpebre, sorpresa nel vedere l’agenda rossa posata accanto a lei.

 

-E’ il mio diario. Shytry mi aveva chiesto di tenerne uno molto tempo fa... Se ti và, puoi leggerlo... – le spiegò Vincent.

Sembrava piuttosto imbarazzato.

 

-Ecco... Insomma... Così, forse, non ci saranno più imcompresioni.- aggiunse, cercando di sembrare calmo.

 

-Ti ringrazio...- mormorò la ragazza, osservandolo chiudersi in camera.

 

Fissò il diario, rigirandoselo più volte tra le mani.

Qualcosa le diceva che non era stata una sua idea...

 

Prese a sfogliarlo, indecisa.

Le sembrava di attentare alla sua anima.

 

D’altronde, chissà quante cose avrebbe capito, leggendolo...

 

 

 

 

-Vincy?-

-Hai già finito?-

-Non posso, scusami... Sai come sono fatta, no? Amo le sorprese!- esclamò, posando l’agenda sul comodino.

 

Lui annuì, sospirando: -Grazie.-

 

Allora era stata un’idea di Shytry!

Si appoggiò allo stipite. Per fortuna non l’aveva letto!

 

-Vado a studiare... Trovati qualcosa e smettila di oziare tra il letto e il divano!-

-Sì, mamma.- rispose l’uomo, guardandola di sbieco.

 

 

 

 

Le mancava solo un esame...

Non aveva idea di chi avesse fatto il miracolo di firmare al posto suo per la presenza... Leviathan?

 

Soddisfatta, richiuse i libri e guardò l’orologio: era mezzanotte passata.

 

 

Le piaceva il silenzio della notte, quando sapeva di non essere sola.

 

Entrò in camera in silenzio.

L’ex Turk sembrava profondamente addormentato e il suo diario era rimasto su un comodino, aperto su un’annotazione del 12 Febbraio.

Il giorno stesso.

 

Non resistette alla tentazione di leggere quelle righe, seppur maledicendosi interiormente.

 

Sarà sempre così?

Trascorri così tanto tempo con una donna che dimentichi che lo è, finisce con l’appartenere ad un genere indefinito.

Diventa un’amica, una confidente.

Finché, improvvisamente, non ti ricordi che è una donna. E cominci a capire che senza di lei non sei nulla. Smetti di sorprenderti ogni volta che noti come il suo corpo s’incastri perfettametne nel tuo abbraccio quando dormite insieme.

Quando semplicemente dormite insieme ed è tutto quello che vuoi.

E scopri che quello che provi per lei l’hai già provato per un’altra. Ma in modo più leggero.

Adesso invece ti sconvolge e ti fa sentire vivo.

 

La cosa più straordinaria è che non lo consideri un altro peccato.

 

E, finalmente, ammetti che sei innamorato, di nuovo. E non ne sei spaventato.

 

 

 

Chiuse il diario e rimase immobile, sicura che prima o poi il proprio cuore avrebbe cessato di battere, stremato dalla folle corsa che quelle righe avevano causato.

 

 

Osservò nuovamente la sua figura addormentata e si distese accanto a lui.

-Grazie...- sussurrò, scostandogli i capelli dal viso e baciandolo brevemente sulle labbra.

L’abbracciò nel sonno:-‘fie...-

 

 

Sorrise e si appoggiò al suo petto.

“Yuffie”.

 

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

Bene, bene, anche questo capitolo è brevissimo, nonostante tutti i miei sforzi!

Che tristezza...

Ma ormai ho trovato la soluzione per scrivere dei capitoli lunghi! Ascoltare Smell like teen spirit a stecca... Sto diventando sempre più sorda, ma le mie fic si sono allungate in modo straordinario!

 

Dalla prossima settimana inizierò a cucire i costumi vari per cui non avrò più molto tempo per pubblicare, credo... Non disertatemi, please!

 

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Capitolo 16
*** Misunderstood ***


Lost within himself,

Lost within himself,

Perso dentro di sé

 in his solitary shell.

Nel suo bozzolo solitario

Temporary catatonic, madman on occasion.

Temporariamente catatonico, pazzo all’occasione

When will he break out,

Quando uscirà

of his solitary shell?

Dal suo bozzolo solitario?

 

Dream Theater – Solitary Shell

 

Perché vale la pena di vivere?

 

L’osservò fissare per l’ennesima volta quel foglietto.

Chinò la testa di lato. Quanto ci voleva a rispondere?

 

-Perché ci sono troppe persone che soffrirebbero a causa della tua morte, ovviamente.- rispose, con un sorriso.

 

-Ma non ho chiesto a nessuno di affezionarsi a me...- ribatté Vincent, confuso.

 

-Ovvio... Nessuno lo chiede mai! Ma come puoi pretendere che qualcuno non si affezioni a te, con quel tuo visino d’angelo e quegli occhioni da cucciolo smarrito che sembrano urlare “coccolami”?-

 

-Posso dire che non mi riconosco nella tua descrizione?-

 

Yuffie sorrise, afferrandogli una mano ed intrecciando le proprie dita con le sue.

 

-Che cosa fai?- le chiese, stupito.

 

Si fermò di colpo. L’aveva fatto quasi senza pensarci.

Probabilmente, quella era solo una delle conseguenze della lettura di quelle righe.

 

-Ti dà fastidio?- chiese, nervosa.

L’ex Turk scosse la testa: -Al contrario... E’ insperato.-

 

Insperato?

Che razza di parola era?

 

Le strinse la mano, continuando a camminare: -Sai, Yuffie... Ultimamente ho rimesso un pò d’ordine nei miei pensieri... Grazie a Shytry, senza dubbio, ma anche grazie a te. Mi hai insegnato molto...- sussurrò.

 

Lo fissò, esterefatta. Era lei che aveva le allucinazioni o Vincent stava veramente per farle una dichiarazione?

 

-Resterai a casa mia per quanto?-

 

No, aveva le allucinazioni.

In realtà voleva sfrattarla.

 

-Bé, ecco... Finché non starai veramente bene...-

 

E, secondo Shytry, mai.

 

-... Ma se ti disturbo perché ti sei trovato una ragazza e vuoi farla venire a vivere con te, posso andarmene anche subito.- rispose la principessa, cercando di stare calma.

 

E cercando di capire qualcosa. Che diavolo voleva da lei?!

 

-Una ragazza?- ripeté lui, confuso.

 

Giusto, una ragazza. Aveva presente com’era fatta o le toccava fare una descrizione?

 

-Ehm... Tutto qui quello che volevi dirmi?-

 

Forse, per sfrattarla, le avrebbe mandato una raccomandata...

 

-In realtà, ecco...- Balbettò l’uomo, fermandosi ed afferrandole anche l’altra mano: -Yuffie, io...-

 

-Ehilà, interrompo qualcosa?-

 

Sobbalzò, spaventata e si allontanò di un metro dal moro, voltandosi verso l’origine di quella voce.

Reno.

Con le mani in tasca e un’aria calma e rilassata.

 

-Ciao! Come và?-

 

Aveva veramente le allucinazioni, allora!

Oppure Leviathan la odiava.

 

Probabilmente stava sognando, o qualcosa del genere...

 

-Yuffie... Devo parlarti...-

-Puoi farlo qui.- sibilò Vincent, incrociando le braccia e cercando di reprimere un raptus omicida.

 

-Ok... Volevo semplicemente scusarmi. Scusa, sono uno stronzo.-

 

-No...- sussurrò lei.

 

-No? Mi hai perdonato?-

 

-Sei un idiota. Esattamente come Vincent. Che ne pensi di venire a cena da noi, domani?-

 

 

 

-Vincent, quando fai i musi somigli terribilmente ad Emily della Sposa cadavere...- gli fece notare, dopo mezz’ora di silenzio.

-Non faccio i musi!- sbottò l’ex turk, continuando a fare i musi.

 

-Che c’è?-

 

Doveva proprio essere così geloso?

E di cosa, poi? Non stavano neppure insieme!

 

-Domani ci sarà Shytry, a casa.-

-Cosa c’entra Shytry con il fatto che sei...?!- s’interruppe e si mise a guardare il piatto.

 

Non era neppure sicura che l’amasse.

 

 

-Cosa sono?-

-Siamo in un ristorante, Vincent.- sibilò, cominciando a mangiare un grissino nervosamente.

-Finisci la tua frase, avanti. Cosa sono? Un suicida? No, questo c’entra con Shytry. Vediamo... Un idiota?- azzardò Vincent, furioso.

-Vincent, abbassa la voce, per favore.-

 

Non era sua intenzione farlo arrabbiare in quel modo.

-Avanti, Yuffie, parla pure senza freni.-

 

-Voglio solo sapere che ti succede, nient’altro... Ho sbagliato ad invitarlo senza il tuo permesso, lo so...-

-Un’altra delle tue scuse...-

 

La ninja si alzò e lo fissò negli occhi, gelida:- Grazie per aver rovinato la giornata, Vincent Valentine.- sibilò, uscendo dal ristorante, di corsa.

 

Un’altra giornata iniziata bene e finita in modo disastroso.

L’ennesima.

 

Ed eccola, nuovamente persa in una città straniera, senza un posto dove andare.

 

 

Sola.

 

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

Nulla d’aggiungere, direi...

A parte, forse, che se continua così, questa love story non avrà alcuno sbocco...

Sia l’uno che l’altra aspettano che sia l’altro/a a fare il primo passo...

Per il momento, non hanno ancora capito che, in realtà, stanno già insieme...

 

Il prossimo capitolo sarà decisamente più lungo, per fortuna!

 

Perdonate eventuali errori di battitura, non riesco più a leggere sul computer... ^_^

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Capitolo 17
*** I can't... ***


It's twilight and I wake up hot

It's twilight and I wake up hot.

E’ l’alba e mi sveglio bollente.

My body's soaked in a cold, cold sweat.

Il mio corpo è fradicio di freddo, freddo sudore

I reenact the lurid scenes,

Ricordo le scene scandalose

and clawed engravings in my head.

e le incisioni fatte con gli artigli nella mia testa.

 

Oh, I can't punch hard enough.

Non posso tirare pugni abbastanza forti.

I can't kick high enough.

Non posso tirare calci abbastanza forti.

I can't shoot straight enough.

Non posso sparare in modo abbastanza preciso.

I can't hold on enough.

Non posso aspettare abbastanza.

I can't stay down enough.

Non posso stare giù a sufficenza.

I can't take pain enough.

Non posso sopportare il dolore a sufficenza.

I can't bleed fast enough.

Non posso sanguinare abbastanza velocemente.

I can't die dead enough.

Non posso morire a sufficenza.

 

Megadeth - Die Dead Enough

 

-Vincent...-

 

Il suo sussurro finale, quello che metteva fine al loro incontro...

 

Si chiese per l’ennesima volta se poteva sopportare ulteriormente quella tortura.

Ma pur di vederla, di parlarle, di sentire la sua voce, il suo calore, avrebbe fatto di tutto.

Non gl’importava sapere che le uniche parole che si scambiavano servivano a fissare il loro prossimo appuntamento clandestino.

 

Aveva quell’unico sussurro. Quello che sanciva che era sua. Quello che preannunciava la sua fuga.

 

C’erano anche le sue scuse, era vero, ma ormai sapeva che quello non sarebbe mai stato il loro ultimo incontro.

 

A modo suo, ne era certo, anche lei lo amava.

 

 

 

 

 

-Lucrecia!-

 

Chiuse di nuovo gli occhi, abbandonandosi sui cuscini.

Sognare Lucrecia non serviva a nulla. Era finita da tempo, ormai.

Si era liberato dal suo fantasma.

 

Si alzò ed errò per l’appartamento.

In quel luogo vi erano fin troppi ricordi. I libri, i suoi vestiti...

Nessuno era venuto a reclamarli.

 

Due settimane.

 

Non aveva neppure chiamato per comunicargli che stava bene...

 

Dove poteva essere andata?

 

Tornò in camera.

 

 

-Ehi...-

 

Si voltò di scatto.

Come aveva fatto ad entrare?

 

La osserò sedersi sul letto e guardare a terra con interesse: -Scusami. Vedere Shytry per me è diventato normale e tendo a dimenticare che è una psicotearapeuta... E che a te potrebbe dare fastidio il fatto di comunicare al mondo intero che stai male.- sussurrò la ragazza, afferrando una scatola di medicinali. –Perché tieni sempre gli antidepressivi a portata di mano? Non ne hai mai presi...-

 

-Non lo so...-

 

Erano sempre rimasti sul comodino...

 

-Avanti, ora puoi dirmi quello che vuoi...-

 

Arrossì violentemente.

Se lo ricordava... purtroppo.

 

-Sto per comprare una casa.-

 

Si prese a pugni mentalmente.

 

-... Più grande! Per... Per... Insomma, così avrai uno spazio per studiare e... Dormire. – concluse.

-Dormire?- ripeté lei, confusa.

-E’ sconveniente... Che una ragazza... Dorma...-

 

Morale della favola: non era riuscito a dirle che provava qualcosa di speciale per lei, nonostante le ore di prove davanti allo specchio e l’aveva cacciata dal proprio letto.

 

-Ma che mucchio di stronzate...- ribatté la ninja, alzandosi di scatto.

 

-Yuffie, devi...- iniziò, interrotto da un sonoro schiaffo.

 

-Questo è quello che dovevo darti l’altra volta.-

 

Al primo ne seguì un secondo.

 

-Questo è per avvertirti che sto preparando il terzo.-

 

Doveva calmarsi ed evitare ulteriori “incidenti”. Quindi, tacque.

 

-Ce l’hai ancora con me per Reno?-

 

Scosse la testa: -No.-

 

Yuffie era molto giovane... E lui molto vecchio.

 

-Bè, se mi cerchi, sono sul divano.-

-Non dormi qui?-

-Non è sconveniente?-

 

Non era sconveniente, era immorale.

 

-E, comunque, non potevi pensarci prima di baciarmi?- sibilò la ragazza, stringendo i pugni, contrariata.

 

Sì, poteva pensarci prima, ma non l’aveva fatto. E, probabilmente, sarebbe stato molto meglio se non avesse iniziato a porsi tutti quei problemi.

Era nella sua natura.

 

Ed era per quel motivo che non si era mai sposato.

 

 

-Perdonami.-

-Sei sicuro di non volermi dire dell’altro?-

-Sì.-

 

-Allora, io dormo un pò...- annunciò Yuffie.

 

Le diede rispettosamente le spalle.

 

-Bè, tra una cosa e l’altra, è trascorso un anno...- la sentì mormorare.

 

 

Si sedette sul letto ed osservò le cicatrici che quell’anno gli aveva portato.

Non osò guardare le sue.

 

Aveva persino fatto finta di non notarle.

Perché?

Semplicemente perché ci era passato.

 

E aveva notato che non c’erano nuovi tagli.

 

Non aveva domande da porle. Sapeva perché l’aveva fatto.

 

 

Percepì il tocco delicato delle sue labbra sui polsi e, poi, sulla bocca, solo per pochi secondi.

 

Non poteva allontanarla. Non ne aveva la forza, la volontà.

 

-Ne siamo usciti, è questa la cosa più importante.- mormorò, circondandogli la vita con le braccia ed appoggiandosi alla sua schiena.

 

Annuì.

 

-Grazie.- rispose, ricambiando l’abbraccio.

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

Ma perché continuano ad essere lunghi da trascrivere, per poi essere così corti?

Comunque...

Scusate l’attesa, ma non trovavo il quaderno... Senza di esso sono persa!

 

Che ne pensate? E’ abbastanza decente?

 

Quattro mesi! (Amy tira fuori ventagli giapponesi e coriandoli)

Credevo che non ce l’avrei mai fatta!!!

E, invece, dovrebbe essere ufficiale, tra qualche capitolo quest’avventura sarà finita e potrò dedicarmi alla mia prima fic avventurosa (kage no moroboshi) e a curare la mia gola!!!

 

Visto, ho inserito Luku! Che brava che sono, eh? Una santa!

 

E’ troppo bella, quella donna... Come ha fatto a sposarsi Hojo?!

Probabilmente aveva anche lei l’autostima di un carciofo bollito...

 

Oppure aveva troppo istinto materno...

 

Vincent, melodrammatico: Quelli come me non avranno mai una moglie che li aspetta alla sera con un drink in mano ed un piatto caldo...

 

Gregory House: E’ per questo che Dio ha inventato i microonde...

 

Yuffie: Che fai, Vincy, ora copi le battute di House?

 

Vincent: Snif, sei sempre cattiva con me...

 

Yuffie: Povero piccolo, aspetta, ora chiamo il WWF.

 

Vincent: ma non è per gli animali?

 

Yuffie: E tu cosa sei?

 

 

 

Ps: ho fatto un rapido calcolo... Me la dovrei cavare con quattro capitoli, ancora... Tre sono già pronti...

 

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Capitolo 18
*** I'm in the basement ***


I'm in the basement… you're in the sky

I'm in the basement… you're in the sky

 

Fall into you, is all I seem to do

When I hit the bottle

'Cause I'm afraid to be alone

 

Tear us in two, is all it seems to do

As the anger fades

This house is no longer a home

 

Don't give up on the dream,

Don't give up on the wanting

And everything that's true

Don't give up on the dream,

Don't give up on the wanting

 

Because I want you too

Because I want you too

Because I want you too

Because I want you

Because I want you

 

Because I Want You – Placebo

 

 

 

-Vincent… Sarebbe… La prima volta che…-

 

-Non ti preoccupare…-

 

Doveva guadagnare tempo.

Era spaventata, ma anche stupita da quella richiesta.

 

-Aspetta un secondo! E se facessi qualcosa di sbagliato? Insomma... So già che mi odieresti!-

 

-Non ti odierei, Yuffie...-

 

Le accarezzò la guancia e le sorrise.

 

-Aaah!!! Smettila, Vinnie, mi confondi! Così non ci capisco più niente!- sbottò, nascondendosi nel suo petto ed arrossendo.

 

Si limitò ad accarezzarle i capelli e sorridere ancora.

 

-Non posso...- mormorò la ninja.

 

-D’accordo...-

 

Silenzio pesante.

 

Si allontanò e lo osservò: sembrava imperturbabile... Forse non se l’era presa...

 

-Se lo faccio da me viene fuori un disastro! Yuffie...-

 

-Non fare quella faccia da cane bastonato, su...- si arrese la ragazza, afferrando le forbici.

 

Certo, si era sempre tagliata i capelli da sola, ma non per quello era una parrucchiera!

Sbuffò, osservando l’oggetto.

 

-Grazie, Yuffie!- esclamò l’ex Turk, dandole le spalle e sedendosi sul bordo della vasca.

 

-Non capisco perché tu voglia tagliarli per forza... Insomma, a me piacciono i tuoi capelli, sono molto più belli dei miei!- ribatté Yuffie, passando le dita tra i capelli umidi.

 

E anche più lunghi dei suoi...

 

-Mi danno fastidio.- sibilò lui, secco.

 

Scoppiò a ridere, ricordandosi di come, spesso, i vecchietti l’avessero scambiato per una donna decisamente molto alta...

 

-E non ridere! E’ imbarazzante!- sbottò Vincent –Avanti, taglia!-

 

-Hail, Weiß!- esclamò la principessa, posando le forbici e continuando a giocherellare con i suoi capelli.

 

-Cosa stai facendo?-

 

-M’immergo nei ricordi...- confessò. –E schiatto d’invidia...-

 

-I tuoi capelli sono splendidi, Yuffie...- ribatté lui, in tono più gentile.

 

Strano... Di solito non le faceva mai complimenti...

 

Tagliò la prima ciocca.

 

 

La bara.

 

La prima volta che l’aveva visto era in una bara.

E il suo sguardo era così disperato da farle male.

 

Aveva lo sguardo di un animale ferito, spaventato e furioso allo stesso tempo.

Ed emanava la luce oscura della vendetta.

 

Ma quando aveva accennato a quella donna, la madre di Sephiroth, quello sguardo duro ed impenetrabile si era addolcito.

 

Aveva pensato che l’amore doveva essere qualcosa di bellissimo.

 

Lui, nonostante la sua disperazione, l’aveva fatto semprare una delle cose per cui valesse realmente la pena stare al mondo, vivere...

 

... e di morire.

 

Alla luce del giorno aveva notato la sua fragilità e la profondità dei suoi occhi cremisi.

 

 

Ma aveva veramente iniziato a comprenderlo solo dopo la sua trasformazione in Galian Beast.

Il suo lato più bestiale e, nel contempo, quello più umano.

 

Il suo grido...

 

Tutto il suo dolore, la frustrazione, la vergogna, la paura...

Nei suoi occhi c’era tutto questo.

 

Senza barriere, senza maschere, senza inutili recite.

Lo aveva visto com’era realmente.

 

Non l’aveva spaventata. Al contrario...

 

 

-Eri così affezionata ai miei capelli?- le chiese, asciugandole le lacrime.

 

Scosse la testa: -I ricordi che vi sono legati fanno troppo male... Ma... Passerà, non preoccuparti... Passa sempre...- mormorò, poggiando le forbici su un ripiano e guardandolo. –Bé, nonostante tutto, non ho fatto così schifo...-

 

Non aveva esagerato... In fondo, le piacevano di più un pò lunghi... Però faceva un pò senso, vederlo così...

Sembrava... Ringiovanito?

 

-Sei contento? Ti ho fatto il taglio di Cloud!- esclamò, scacciando le ultime lacrime e tendendogli uno specchio.

 

-Grazie...-

 

 

Si mise a spazzare via i suoi capelli, che avevano completamente ricoperto il pavimento del piccolo bagno.

 

Prima o poi sarebbero ricresciuti...

 

-Che cos’è che fa male, Yuffie?-

 

Posò la scopa in un angolo e gli si sedette accanto. Fece un respiro profondo e tentò di ordinare le proprie idee.

 

-Non lo so... Da quando ti ho conosciuto... Io... Quando veramente ho capito chi eri... Ecco...- sospirò nuovamente. Era troppo confuso, così... –Mi fa male... Qui.- sussurrò, posandogli la mano sul proprio cuore.

 

Lo vide arrossire violentemente: - Ah. Proprio qui? Perché non un pò più in alto?- balbettò, imbarazzato.

 

-Credo che sia perché c’è il mio cuore, proprio lì...-

 

-Yu? Credo che sia più che opportuno mettere un pò d’ordine, visto...- s’interruppe per baciarla.

 

Un bacio calmo, dolce, ben diverso dall’ultimo che si erano scambiati.

La strinse a sé, semplicemente sorreggendola, senza forzarla.

 

E interruppe lentamente il bacio.

 

-Stai meglio?-

 

Gli sorrise: -Di secondo nome fai Raphael?-

 

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

La luce oscura della vendetta!!!

Vincent: Ora che sai cos’è un ossimoro, non ti gasare...

Uffi...

 

Vincent: E poi, non ci siamo baciati un capitolo fa?

Ma che pignolo! Insomma, non era mica un vero bacio! Non hai neanche partecipato!

 

Di secondo nome fai Raphael?

 

Ovviamente, alludo al fatto che i baci dell’arcangelo Raffaele (in Angel Sanctuary) sono curativi! (personalmente, non ho mai provato...)

Ok, lo so, è un’idiozia, ma non sapevo come finire il capitolo...

Il flashback è scaturito automaticamente dalla mia penna... Trovo che ci stia bene...

La canzone sembra non c’entrare nulla, ma, se l’ascoltate mentre leggete questo capitolo, scoprirete che non è vero!

Ovviamente, fatemi sapere che ne pensate, visto che sapete benissimo che, senza le mie sei/sette recensioni a capitolo non aggiorno!

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Capitolo 19
*** Hero ***


Would you dance

 

Would you dance

if I asked you to dance?

Would you run

and never look back?

Would you cry

if you saw me crying?

And would you save my soul, tonight?

 

Would you tremble

if I touched your lips?

Would you laugh?

Oh please tell me this.

Now would you die

for the one you loved?

Hold me in your arms, tonight.

 

Balleresti

Se ti chiedessi di ballare?

Correresti via

Senza guardarti indietro?

Piangeresti

Se mi vedessi piangere?

E salveresti la mia anima, stanotte?

 

Tremeresti

se io toccassi le tue labbra?

Rideresti?

oh ti prego dimmi di si

Ora moriresti

per l’unica persona che ami?

Tienimi fra le tue braccia stanotte

Hero –Enrique Iglesias

 

-Non ti piacciono veramente, i coniglietti?- gli chiese, intrappolandolo sotto di sé.

 

-No, Yuffie, odio i conigli. Fammi il favore di levare queste lenzuola dal nostro letto.-

 

Osservò uno dei coniglietti rosa accanto a sé e ne tracciò i contorni con le dita.

 

-Uffi... Ho faticato tanto per trovarli della misura giusta...- si lamentò, passando alla sua attività preferita: scompigliare i capelli dell’ex Turk.

 

-Chi vuoi che produca lenzuola a coniglietti per letti matrimoniali?-

 

-E quanto sei pignolo...-

 

-A proposito, dove le hai trovate?-

 

-Me le sono fatte fare su misura...- rispose Yuffie, con un sorriso. –Vinnie, peeeeerfaaavoooreeee!!! Ho dovuto dormire in una camera gotica per mesi!-

 

-Nessuno te l’ha chiesto.- mormorò lui, fissandola intensamente.

 

-Vinnie, stiamo facendo uno staring contest?- ribatté, continuando a fissarlo.

 

-Se vinco, levi le riproduzioni di Ensor dal comodino?-

 

-Se vinci, Yuffie Kisaragi.-

 

Staring Contest. Perfetto.

Avrebbe vinto sicuramente.

 

Anche perché era in una posizione che le dava un certo vantaggio...

 

-Vinnie... Sono dalla mia parte... Quando mi sveglio di notte e vedo la morte in faccia secondo te non mi viene un infarto?-

 

-Non m’interessa. Non ho nessuna intenzione di far entrare in camera mia dei nudi.-

 

Il letto era il loro e la camera solo sua?

 

-Lo sai benissimo che non amo i nudi di Schiele!-

 

-E la Madonna?-

 

-E’ Munch ed è ben diverso!-

 

-Tanto non vincerai mai, Yuffie...- sussurrò, mellifluo.

 

-Ah, è così?- sbottò la ninja.

 

Continuando a fissarlo, fece scivolare una mano, gelida, lungo il suo maglione, per poi risalire lungo la pelle nuda, in piccole spirali.

 

Distolse lo sguardo quasi immediatamente.

 

Saltò in piedi ed esultò: -Via, via, scheletrini!!!- esclamò, afferrando le riproduzioni di Ensor ed andandole a nascondere.

 

Poi tornò e si risedette sul letto.

 

-Sei subdola!- eruppe Vincent, apparentemente ancora sotto shock.

 

Con un ghigno malefico stampato in viso, lo ignorò deliberatamente ed iniziò ad arredare il comodino conquistato con tanta fatica con le stampe che le piacevano maggiormente.

 

-Vieni un pò qui, tu!- esclamò il moro, afferrandola per un braccio ed attirandola a sé. –Sei stata sleale.-

 

-Bè, ho ottenuto comunque il mio scopo, no?- rispose lei, con un’aria angelica.

 

-Per delle stupide riproduzioni...-

 

-... e, per scoprire se ti restavano degli ormoni!- lo interruppe la principessa, chiudendo gli occhi ed appoggiandosi al suo petto.

 

-Non provocarmi, Yuffie...-

 

-Ah, perché, secondo te potrei pentirmene?-

 

Si lasciò accarezzare i capelli... Era una cosa che riusciva a rilassarla immediatamente.

 

-Vinnie?- mormorò Yuffie.

 

-Dimmi...-

 

Ti amo.

 

Le parole non riuscivano ad uscire... Eppure sembrava il momento giusto...

 

-Volevo solo sentire la tua voce... E poi...-

 

Lo sentì irrigidirsi.

 

Ecco, quella, invece, era una delle cose che la facevano incazzare come una iena.

 

-Hai un’avversione particolare per gli “e poi puntini di sospensione”? Hai avuto un trauma infantile legato a “più sù” di Renato Zero?- sibilò, allontanadosi da lui.

 

-E’ complicato...-

 

-Perché? Ti sembro così immensamente idiota da non capire niente?-

 

-No... Non è così...-

 

-E allora com’è? Ti disgusto, forse?- chiese, pentendosene immediatamente.

 

Quell’argomento non c’entrava, in quel momento.

 

-Yuffie, ti prego...-

 

-E smettila di dire Yuffie, dannazione!- sbottò, tirando un pugno al materasso.

 

-Perché? E’ il tuo nome...-

 

-Lo dici solo quando devi rimproverarmi per qualcosa...- gli fece notare, abbassando la testa.

 

-Sei infantile.- sussurrò Vincent, uscendo dalla stanza.

 

-Detto da uno che ha fatto i capricci per un anno è veramente il massimo.- ribatté la ninja.

 

-Ripeti un attimo?- chiese l’uomo, entrando nuovamente ed afferrandola per le spalle.

 

Normalmente, quegli occhi l’avrebbero spaventata. Quello sguardo duro e freddo l’avrebbe decisamente messa a tacere. Ma aveva imparato a contrastarlo. Ad imitare il suo sguardo. A ferirlo a sua volta.

 

-Perché, forse non hai capito?-

 

-Ho sentito e capito perfettamente, Yuffie Kisaragi. E sono...-

-Credi che non ne abbia le palle piene di questa situazione?! Pensi che sia contenta di... Della nostra relazione? Ebbene no, Vincent Grimoire Valentine, io...-

-Hai il coraggio di definirla relazione, questa?!-

 

No. Non poteva definirla una relazione. Non poteva definirla in nessun modo.

O forse sì: disastro.

 

Eppure ci provava, a renderla migliore... Ma la sua continua mancanza di voglia di rendere ciò che esisteva tra loro qualcosa di definito... ecco, non rendeva certamente le cose facili...

 

-Immagino...- iniziò, a voce bassa, per poi divincolarsi dalla sua stretta e fissare il pavimento. –Immagino che con la Crescent fossero tutte rose e fiori, vero? Strano, perché non mi pare che siate mai stati insieme!-

 

Lucrecia era la sua unica arma. Non aveva una maschera da indossare quando più le andava a genio. Non era preparata come lui.

Era senza difese a causa dell’ex-Turk. Perché si fidava di lui.

 

Per questo pensò subito di essersi immaginata l’insulto successivo. E lo schiaffo che ne seguì.

 

Sorpresa dall’atto, crollò a terra, incredula.

 

Tutta la rabbia scivolò in un istante, sostituita dal senso di vuoto che conosceva ormai bene: l’aveva accopagnata durante i suoi primi mesi di convivenza con Vincent.

Il vuoto che precedeva il pianto.

 

-Puttana?- ripeté, tentando di sostituire le lacrime alla rabbia, un’altra volta.

 

-Mi hai... Mi hai sentito?-

 

-Vattene!-

 

-Perdonami... Io... Sono... Sono mortificato...-

 

-Và via.-

 

-D’accordo.- sussurrò l’uomo, annuendo e scomparendo dalla sua vista.

 

 

 

 

Perchè aveva accettato di uscire con loro?

Shytry era fin troppo brava a capire se qualcosa non andava e, sinceramente, l’invidia per Shelke non le faceva desiderare di rimanere con lei.

 

Come faceva, pur essendo la persona più complicata del mondo, a non avere problemi di coppia?

 

Oltrettutto, odiava andare per locali, probabilmente perché c’era troppa gente... Soprattutto se c’era qualcuno sempre pronto a cantare...

 

Tutto ciò che voleva fare era ubriacarsi.

Ma neppure il suo “arancia meccanica” riusciva a tirarle su il morale.

 

Le due stavano ballando. Probabilmente, divertendosi come delle pazze.

 

Sospirò ed afferrò il cellulare.

 

 

 

Appoggiata al vetro del finestrino, con gli occhi chiusi, immersa nei propri pensieri, la radio era solo un ronzìo sommesso che non la disturbava neppure.

 

Alla fine, era andato a prenderla. In macchina.

Non sapeva neppure avesse la macchina.

 

-Vincent?-

 

Le rispose il silenzio.

 

-Mi dispiace.-

 

-Non devi scusarti. Dovrei farlo io.-

 

-L’hai già fatto...-

 

Aprì gli occhi e guardò oltre il finestrino. Edge le piaceva veramente molto. Durante la notte il flusso di persone sui marciapiedi non diminuiva. Anzi, aumentava.

Era un’esplosione di luci e colori, di suoni e voci confuse.

 

How can you mend a broken heart?

 

-Mi piace questa canzone...- sussurrarono, all’unisono.

 

-E’ un pò vecchia per te... – le fece notare Vincent.

 

-Ci sono cose che sono senza età...- replicò la ninja, con un sorriso.

 

-Piaceva molto anche a...- iniziò, interrompendosi immediatamente.

 

-La Crescent?-

 

-No... Ad un’altra ragazza... Si chiamava Momoko...-

 

Yuffie scoppiò a ridere: -Momoko?!?!-

 

-Cos’ha il suo nome che ti fa tanto ridere?-

 

-Niente, niente! E’ solo che è un nome così infantile!- esclamò, cercando di calmarsi. –Meno male che l’amore della tua vita si chiamava Lucrecia!-

 

-Yuffie. Ti prego.-

 

-Sì, sì, scusa...-

 

Smise di ridere e lo fissò: -E, dunque, con quest’altra ragazza com’è andata?-

 

-Male.-

 

-Male?-

 

-Avremmo dovuto sposarci... Ma... Non è andata come volevo...-

 

-Eew... Intendi dire che c’è stata una pre-Lucrecia? Una con seri problemi di vista?-

 

-Preferirei non parlarne.-

 

-Vinnie, ma tutte le donne di cui di cui t’innamori sono seriamente miopi o cosa?- chiese la principessa, guardando verso l’alto e sobbalzando. –Vinnie, perché non mi hai detto che non c’è il tetto?!-

 

-C’è, ma è di vetro.-

 

Si sentiva estremamente piccola davanti a quello spettacolo... I neon, le stelle, i grattacieli...

 

-Wow!!!-

 

“Darling, I forgive you, after all,

anything is better than to be alone

and in the end I guess I had to fall”

 

La macchina si fermò. Erano arrivati?

 

-Yuffie?-

 

L’osservò: aveva l’aria tesa di quando cercava di dirle quel qualcosa che aspettava da mesi.

C’era l’atmosfera giusta, dopotutto...

 

-Io...-

 

-Ti amo.- concluse la ragazza, con un ampio sorriso.

 

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

 

Vinnie ha detto “nostro letto”, attenzione! E, finalmente, Yuffie ha preso l’iniziativa!

Domani pioveranno cavallette!!!

 

Lo staring contest è la cosa più bella del mondo!

Io, per il momento, mi esercito con il gatto... Quando fisso il gatto negli occhi non distoglie lo sguardo! Che genio, il mio minnu! Però poi si addormenta...

 

Questo capitolo è molto musicale (ma si dirà così?)... Ci sono un sacco di citazioni di canzoni... La musica, volenti o nolenti, fa parte della nostra vita, se abbiamo la fortuna di avere una vita normale... In Just before the sunset non è mai presente neppure una radio!

Ora è comparsa... Vuol dire che la situazione migliora, no?

 

Insomma... (I know, sono sadica)

 

Crederete che ami i litigi... Invece no! Hanno una loro importanza! Perché sia Yuffina che Vinnie hanno le loro personalità ben definite e sono chiusi nel loro piccolo bozzolo... Quando litigano si scontrano ferocemente, ma il loro rapporto viene rinforzato.

Se avete letto attentamente, avrete visto che non scappano più l’uno dall’altra!

 

La psicologia umana è così complicata...

 

How can you mend a broken heart? è dei Bee Gees.

 

Invece, Lithium è degli Evanescence.

 

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Capitolo 20
*** Gomen nasai... ***


Pardonne-moi

Pardonne-moi

Si la douleur remue tout,

Qu’elle me broie

De t’aimer comme un fou

Que tu n’est pas

Pardonne-moi

 

Perdonami,

se il dolore rende tutto più confuso,

se mi strazia

Di amarti come un pazzo

Che non sei

Perdonami

Pardonne-moi – Mylène Farmer

 

 

 

Ecco... Finalmente sembrava aver trovato la felicità...

 

Fissava il cielo per metà coperto da fiori di ciliegio, con un leggero sorriso sulle labbra e un’aria rilassata...

 

-Sono entrato nei Turks a 16 anni, non ho mai avuto l’opportunità di studiare... Ma non so cosa avrei fatto, in alternativa... E ora che vorrei trovarmi un lavoro, non saprei proprio cosa fare...-

 

-Uhm... Sai che ti vedrei bene fare il croupier in un casinò?-

 

-Ma quello più vicino è a Corel... Come faresti con gli studi?- le chiese, voltandosi verso di lei.

-Potrei rimanere qui...- azzardò la ragazza, evitando il suo sguardo.

-Yuffie?-

 

Si era accorto che cercava in ogni modo di allontanarlo?

 

-La vita è tua.- sibilò, cercando di sembrare più neutrale possibile, alzandosi ed appoggiandosi al tronco dell’albero.

C’era qualcosa, in quel paesaggio, che la rendeva triste.

Non era solo il fatto che i ciliegi le ricordavano Wutai...

 

Quell’atmosfera così calma, quasi perfetta non poteva durare in eterno.

 

-C’è qualcosa che non và e non vuoi parlarmene...- sussurrò Vincent.

 

Di nuovo tentò di evitare il suo sguardo.

 

La afferrò per un braccio, improvvisamente e l’attirò a sé, facendola cadere.

Non poté più evitare di guardare quegli occhi.

 

Aveva sempre creduto che potessero leggere la sua anima. Ma forse era semplicemente troppo prevedibile.

 

-Devo andare...-

 

-Non mi sopporti più, vero?-

-Non è questo...-

-Cos’è, allora?-

 

Chiuse gli occhi e si alzò nuovamente.

-Sono in ritardo...-

 

Lo sentì sospirare:-Buona giornata...-

 

Prima o poi avrebbe dovuto rivelargli tutto...

 

Ma non se la sentiva, in quel momento.

Forse non avrebbe mai avuto il coraggio necessario.

 

E sarebbe scappata, come aveva sempre fatto.

 

 

 

 

 

-Buongiorno! Vincy è sempre in ospedale? O sei qui per un test di gravidanza?-

Shytry... E chi altri?

 

Arrossì violentemente, mentre la psicoterapeuta sorrideva, felice di aver colpito uno dei tanti punti deboli della ragazza.

-Che sadica...- sussurrò la minore.

-Come, scusa?-

-Niente, niente... Come sta Nikita?-

 

-Bene, bene... Allora, come mai sei qui?- le chiese.

-Ecco...-

 

-NON CI PENSO NEMMENO!-

 

-Bè, direi che almeno i suoi polmoni sono in piena forma!- scherzò la rossa.

 

-SIGNOR VALENTINE, TORNI QUI IMMEDIATAMENTE!-

 

Si lasciò scappare una risata. Poveretto... Era rimasto traumattizzato dagli aghi...

 

Poi tornò seria: -Shytry...-

-O Shiva! Allora sai già i risultati del test!-

-Shytry!!! E’ una cosa seria!- protestò Yuffie.

 

-Ok, ok... E’ solo che è fin troppo facile farti arrossire!-

 

Abbassò la testa, per poi sospirare. –Ho bisogno di un consiglio serio. Da professionista.-

 

 

 

 

-Signorina Kisaragi?-

 

Alzò lo sguardo e sospirò per l’ennesima volta.

 

-Può darci una mano?-

 

Seguì il medico e trovò la stanza un pò affollata.

-Yuffie!-

 

Lo osservò scivolare e cadere per terra, disteso per bene.

Scoppiò a ridere e lo aiutò ad alzarsi.

 

-Puoi spiegare loro che non ho bisogno di questo coso?- le chiese, mostrandole il gesso. –E neppure dell’antibiotico!-

 

Soprattutto dell’antibiotico, visto che è contenuto in una siringa... Aggiunse la ragazza, mentalmente.

 

-Signori dottori, il qui presente Vincent Valentine è il risultato di non so che processo di modifica del suo codice genetico. Non ha bisogno del gesso, il suo osso sarà a posto in pochissimo tempo... Più o meno un’ora...- spiegò, sorridendo.

 

I dottori e le varie infermiere annuirono, cominciando ad uscire.

 

-E’ anche vero che la ferita, causata dal bambino che gli è venuto addosso con tanta grazia al parco, si potrebbe infettare...- rifletté.

 

-Yuffie! Sei una traditrice!-

 

Lo fissò di sbieco: -Ripeti un’attimo?-

 

-Che cosa? Non ho detto nulla, io...- balbettò, sedendosi sul letto e lasciando che il personale medico facesse il suo lavoro.

 

Un bambino. Un bambino bisognoso d’affetto.

Non si era mai sbagliata, sul suo conto.

 

Però era così carino... E, ormai, era innamorata di lui.

Lo era da un bel pò, a dire il vero...

 

La normalità. Era quella, la normalità. Non era una vita idilliaca e perfetta.

Era un’esistenza costituita da alti e bassi, da disperazione e beatitudine.

La sua vita era normale...

 

...Stava per distruggerla.

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Capitolo 21
*** Broken ***


-Buongiorno

Broken

 

'Cause I'm broken when I'm open
And I don't feel like I am strong enough
'Cause I'm broken when I'm lonesome
And I don't feel right when you're gone away

 

Broken – Amy Lee ft. Seether

 

 

Si rigirò tra le mani la cassetta. Era senza etichetta, ma sapeva benissimo che cosa conteneva.

 

Quando sua madre stava male, quando aveva capito che non faceva più caso alla sua presenza, aveva iniziato ad ascoltare quella cassetta in continuazione...

Cercava di prepararsi alla sua morte, di abituarsi alla sua assenza...

 

La morte della madre l’aveva colta impreparata, senza difese.

 

Ripose l’oggetto nella grande scatola in cui aveva riposto quei ricordi.

E ritrovò le scheggie di memoria che credeva di aver sepolto da tempo.

 

Le foto, un diario ed un persistente profumo di donna.

I suoi tredici anni.

 

Le sue amiche, semplicemente di passaggio, pronte a tirarsi indietro quando la madre era entrata in ospedale, pronte a scomparire durante il funerale.

 

Chiuse la scatola e lasciò che la rabbia scivolasse sulla propria corazza.

 

-Stai... Stai partendo veramente?-

 

-Ho quasi finito d’incartare le mie cose... Non erano poi molte...- mormorò Yuffie, sforzandosi di sorridere.

 

-Credevo che sarebbe trascorso un pò di tempo, prima... Me l’hai annunciato solo ieri...-

 

-Vinnie, è Aprile, hanno bisogno di me ora!-

 

-Passerai subito di ruolo?- le chiese.

 

Chiuse gli occhi, dandogli le spalle.

Voleva soltanto andarsene il più in fretta possibile. Evitare le sue domande.

 

Aveva insitito affinché le affidassero un lavoro a Mideel, un paesino dimenticato dagli dei, con un urgente bisogno di una maestra... Di più maestre...

Ovviamente, la scuola l’aveva accolta a braccia aperte...

 

-Mi hanno pregata in ginocchio...-

 

-E, ovviamente, hai accettato. Non hai potuto dire di no...-

 

Sentì che non riusciva più a bloccare le lacrime e prese nervosamente a ricontrollare le valigie.

 

Tutto ciò che era successo in quella casa presto sarebbe diventato solo un ricordo lontano.

E le loro vite, separate, sarebbero continuate, tranquille, senza ulteriori incidenti. Terribilmennte vuote.

 

Del resto, non poteva neppure continuare a rimanere lì...

 

Nonostante la sua ferita, continuerà la sua vita immortale; ma, un giorno, la sua sofferenza, divenuta veleno, raggiungerà il suo cuore di vampiro...

Allora smetterà di respirare.

Non avete altro da offrirgli che la solitudine...

... accompagnata da un regalo avvelenato denominato ricordo.

 

Quelle poche righe continuavano a tormentarla, per quanto si sforzasse per scacciarle.

 

L’idea di farlo soffrire giorno dopo giorno guardandola avviarsi verso la morte... No, doveva andarsene. E in fretta.

 

 

 

 

Non avevano più parlato per il resto della giornata. Ed avevano cenato in silenzio.

 

-Com’è morta tua madre?- le chiese, improvvisamente.

 

Abbassò lo sguardo. Non le piaceva parlarne.

E, poi, come mai gli veniva in mente proprio in quel momento, di chiederglielo?

 

-E’ sempre stata molto depressa... Quando si ammalò gravemente... La situazione peggiorò... E... Si è suicidata.- sibilò, fissandolo negli occhi.

 

-E’ per questo che ti sei occupata di me?- le domandò, atono.

 

Lo ignorò deliberatamente.

 

Era veramente un idiota o era semplicemente amnesiaco?

 

-Vado in stazione da sola, sai?- lo informò, sparecchiando ed iniziando a fare i piatti.

 

-Yuffie, ti prego... Non essere stupida...-

 

-Perché? Prenderò un taxi.- sibilò.

 

-Solo perché...-

 

-Solo perché sei un pantagruelico pirla non significa che anche io lo sia!- esclamò, puntandogli contro un lungo coltello da macellaio. –Solo perché passi la tua vita a pensare a come redimerti dai tuoi ipotetici peccati non significa che anche io lo voglia fare! Solo perché credi sempre di essere un capro espiatorio non significa che io lo creda! Tu sai esattamente ciò che ho fatto per te. Sai che cosa provo per te. Se non sai fare due più due, ti prego, torna alle elementari!- sbottò la principessa, posando il coltello nel lavandino ed uscendo dalla stanza.

 

-Allora perché vai via?- le chiese, seguendola.

 

-Perchè non riesco più a capirti! Anche quando tutto và a meraviglia riesci a trovarne il lato negativo! Cos’è? Un dono naturale? Che dono di merda! Vincent... Ti prego... Cerca qualcuno che sia più forte di me...-

 

Le asciugò le lacrime che non si era neppure accorta di aver versato e rimase in silenzio a fissarla. Come se le risposte che cercava fossero impresse nei suoi occhi.

 

-Tutto ciò che mi azzardo a sfiorare si rovina irrimediabilemente...- sussurrò l’uomo.

 

-Plin plon! Era la cazzata giornaliera di Vincent Valentine! Rimani sempre aggiornato sulle sue nuove cazzate abbonandoti al nuovo servizio Zero9! Solo 200 gil a cazzata!-

 

La fissò terribilmente serio per qualche secondo, facendole temere che potesse trasformarsi in qualche mostro. Galian, ad esempio... Le piaceva particolarmente, con la sua gonnelina rossa... Le piacevano meno le zanne e gli artigli...

Poi scoppiò a ridere e l’abbracciò.

 

-Sei sicura di non volere che ti accompagni?-

 

-Sicura... Odio le smancerie in stazione... Non che creda che tu possa trasformarti in qualcuno di estremamente melenso...- ribatté la ninja, sorridendo debolmente.

 

Si sciolse dall’abbraccio, prese la valigia e la giacca ed uscì dall’appartamento.

 

 

Non voleva lasciare nulla, in quella casa. Non voleva che si tormentasse ulteriormente pensando a lei ogni qualvolta vedeva qualcosa che le era appartenuto.

Ma aveva comunque appoggiato sul suo cuscino qualcosa, prima di andarsene.

 

Un semplice biglietto.

 

I rasoi fanno male

I fiumi sono freddi

L’acido lascia tracce

Le droghe danno i crampi

Le pistole sono illegali

Le corde cedono

Il gas è nauseabondo

...tanto vale vivere.

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

 

Hello!!!

Troppe citazioni...

La prima, in corsivo, è di Model, un manga...

La filastrocca, in fondo, è di Dorothy Parker e l’ho trovata nella Smemoranda speciale CGL... Come dire... L’ispirazione arriva da ogni cosa!

La canzone... Bè, c’è scritto sotto...

 

Non c’è molto da dire... Volevo che fosse un pò più violento, come distacco, invece... Ormai i personaggi fanno quello che vogliono...

La Yuffie di questo capitolo mi piace molto... Un pò più IC del solito.

Anche se, poveretta, se essere IC significa essere una deficiente alla Rinoa...

Comunque, Yuffie è più allegra, anche se rimane molto malinconica...

 

Invece Vincent... meglio posargli una pietra sopra (poveretto)... Non è pantagruelicamente pirla come dice Yu, è solo MOLTO insicuro...

Omg... Stava ridendo veramente?

 

Ultimo aggiornamento della settimana! Anche se il prossimo capitolo è già pronto... ^_^ Fatemi respirare!

 

 

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Capitolo 22
*** I'm a Rock ***


Quante volte se n’era andata

Quante volte se n’era andata?

Quante volte era crollata, incapace di sostenere il peso del suo dolore?

 

L’unica differenza, in quel momento, stava nel fatto che non sarebbe più tornata.

Mai più.

 

Gli sarebbero rimasti soltanto i ricordi di un anno trascorso con lei, tra disperazione e felicità, tra la vita e la morte.

 

A winter’s day
in a deep and dark December
I am alone
Gazing from my window to the streets below
on a freshly fallen silent shroud of snow
I am a rock
I am an island

 

L’estate ha fatto posto all’autunno e poi all’inverno... Un tempo gli piaceva l’inverno.

Amava l’inverno.

Amava il freddo, la neve, le storie raccontate accanto al fuoco...

 

Amava il Natale, perché aveva qualcosa di speciale... I colori, le luci, i profumi... Erano tutti nella sua mente, in attesa di essere ricordati, rivissuti.

 

Lui era l’inverno.

 

L’inverno è anche la stagione in cui si era innamorato, di nuovo.

Un inverno glaciale, che era stato, per lui, un nuovo inizio.

 

Si era innamorato della Primavera.

 

I’ve built walls
a fortress deep and mighty
that none may penetrate
I have no need for friendship; friendship causes pain
it’s laughter and it’s loving I disdain
I am a rock
I am an island

 

Come l’inverno, con il passare degli anni aveva costruito intorno al suo cuore una fortezza inespugnabile, un muro di ghiaccio, che nessuno era mai riuscito a penetrare...

 

Tutti ci avevano provato, chi con le suppliche, chi con qualche parola affilata come una lama.

Era arrivata la Primavera e aveva semplicemente sciolto quella barriera, con parole di cui non ricordava neppure l’esistenza. Parole che erano riuscite a confonderlo.

 

Poi, era andata via. Con la fine della Primavera, anche Lei era partita.

Per salvare altre anime?

 

No, probabilmente a donare il suo amore a qualcuno che lo meritasse veramente.

Un uomo che non fosse freddo come l’inverno e pungente come il vento ghiacciato.

 

Don’t talk of love
well, I’ve heard the word before
it’s sleeping in my memory
I won’t disturb the slumber of feeling that have died
If I’d never loved, I never would have cried
I am a rock
I am an island

 

Amore...

Sembrava una parola così insignificante, ma aveva un potere enorme.

 

Credeva che non avrebbe mai più sentito il calore di quelle cinque lettere.

Credeva che i propri sentimenti fossero sepolti con Lucrecia.

Credeva di essere morto.

Una bambola senz’anima, un semplice burattino.

 

Credeva di poter continuare a sopravvivere tranquillamente, come aveva fatto per anni...

 

E, invece...

Lei era entrata nella sua vita, distruggendone le fondamenta ed aiutandolo a costruirne altre.

Più solide.

 

Gli aveva ricordato il significato del verbo vivere.

 

Con la sua gioia di vivere, la sua fragilità e il suo coraggio, l’aveva fatto innamorare una seconda volta.

E gli aveva dato una ragione per vivere, finalmente.

 

 

 

 

 

Era seduta sul divano e guardava la televisione.

Niente di anormale, in tutto ciò.

 

Ma indossava un vestito da sposa. Uno splendido vestito da sposa, candido, con un lungo strascico ricamato con fili d’argento. Senza spalline, il corpetto color avorio sembrava fatto per lei, sottilineava ogni sua linea femminile...

Davanti sembrava piuttosto corto, appena sopra il ginocchio.

 

Ed era scalza.

 

Sembrava molto depressa e aveva gli occhi rossi e gonfi.

 

Cosa le era successo?

 

Si schiarì la voce: -Cosa stai facendo?- chiese.

-Sto guardando la televisione...-

-Questo lo vedo, ma... Come mai indossi quel vestito?-

-Me l’ha mandato mio padre... Era della mamma... Sono già passati 10 anni... Accidenti, come passa in fretta il tempo...- sussurrò, stringendo la stoffa della gonna nei pugni. –Ho 21 anni, sai? Di norma dovrei cominciare a cercarmi un marito con un fottìo di soldi per risanare il disastroso debito pubblico di Wutai... Ah, si, dovrei anche rimanere incinta... Non importa di chi, l’importante è che, poi, lo faccia passare per figlio di mio marito...-

 

La osservò alzarsi in un fruscìo di seta e andarsi a posizionare proprio davanti a lui. –Vuoi favorire?-

 

Deglutì rumorosamente. Era spaventato. Non che la proposta non fosse allettante... Yuffie era semplicemente superlativa. L’aveva sempre pensato...

Era spaventato dal suo sguardo vuoto e gelido.

 

Scosse la testa: -Non sono interessato a questo tipo di relazione.-

-Avanti, Vincent, vuoi forse dirmi che non sei interessato ad avere una storia di una notte? Credevo che fosse l’ideale di vita di voi UOMINI...- sibilò la ragazza, afferrandolo per il collo del maglione e facendolo piegare verso le sue labbra.

 

Vodka.

 

-Sei ubriaca.-

-O Leviathan, non fare quella faccia, ho solo bevuto due bicchierini... In realtà erano sette, ma non importa...- aggiunse, ridendo istericamente.

 

Serrò la mascella. Perchè doveva sempre farsi del male? O fumava, o beveva...

 

Vide gli ideogrammi sul suo avambraccio. Serrò gli occhi, sentendo che il peso dul suo stomaco aumentava.

 

Senso di colpa.

 

Ormai avrebbe saputo riconoscere quella sensazione tra mille...

 

 

 

 

I have my books
and my poetry to protect me
I am shielded in my armor
Hiding in my room
Safe within my womb
I touch no-one and no-one touches me
I am a rock
I am an island

 

Se n’era andata. Se n’era andata per non lasciare che la propria anima bianca marcisse come la sua.

Si accartocciasse come se fosse bruciata.

Morisse.

 

Si era illuso per mesi di poter nuovamente ricominciare a sopravvivere; aveva i suoi libri di poesie, i romanzi che amava tanto... Per un pò era riuscito ad immergersi totalmente nella fantasia di quegli scritti.

 

Poi aveva capito che non sarebbe tornata mai più.

 

All’inizio non ci aveva pensato seriamente.

Poi, in solitudine, ci aveva riflettuto.

 

L’unico motivo per il quale si era occupata di lui con tanta dedizione era perché voleva riparare un errore. L’aver trascurato la madre. Non aver dimostrato a sufficenza il suo amore per lei.

 

Non perché avesse particolarmente a cuore la sua salute.

Solo perché voleva liberarsi dal senso di colpa.

 

In fondo, anche lui, all’inizio, aveva pensato a lei come ad una nuova opportunità.

Un’altra Lucrecia.

 

Avrebbe dovuto essere contento che lei gli avesse detto la verità, che gli avesse raccontato della madre...

 

Tutte le sue illusioni erano scomparse, rimpiazzate dalla cruda verità.

E aveva pensato che non aveva più motivo di vivere.

 

Ma sentiva che i polsi erano ancora tiepidi, percepiva la pressione delle sue labbra sulla pelle sottile, anche sul braccio che aveva tanto odiato...

 

L’unica persona che l’avesse mai accettato interamente per quello che era. Un mostro, certo, ma anche un essere umano dall’animo tormentato, che tentava in ogni modo di ricucire i pezzi del proprio cuore.

 

Con l’arrivo dell’inverno, anche i polsi avevano perso il loro calore.

Con l’arrivo dell’inverno, lei aveva smesso di scrivere.

 

E lui aveva smesso di provare a rispondere alle sue lettere.

 

And a rock feels no pain
And an island never cries...

 

 

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

 

Konbanwa! Se è sera, ovviamente...

Dunque dunque, questo è il primo capitolo di Just Before the Sunset!!!

Ebbene sì, è iniziato tutto da questa vecchisssiiiima ficcy, estremamente corta...

 

I’m a rock di Simon & Garfunkel mi è sembrata sempre molto più adatta a Sephiroth, ma l’ispirazione... Quando arriva arriva!

Oltrettutto, visto che ne ho ben poca, ultimamente, è meglio utilizzarla come si può!

 

Commento finale di Yuffie: Ma che pirla.

Vero che è pirla?

 

L’aneddoto del vestito da sposa l’ho aggiunto molto dopo... Mi sembrava interessante, ma non sapevo dove inserirlo...

 

Yuffie: Mi hai fatto mettere il vestito da sposa di Yuna, dì la verità...

Ebbene sì, ma solo perché mi sta facendo impazzire...

 

 

Ormai siamo agli sgoccioli!

Finalmente!!! (coro dei poveri lettori)

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Capitolo 23
*** Pain and happiness are the two sides of the same sweet despair ***


E ti scorderai di me

E ti scorderai di me

Quando piove i profili e le case ricordano te

E sarà bellissimo

Perché gioia e dolore han lo stesso sapore con te

 

Vorrei soltanto che la notte ora velocemente andasse

E tutto ciò che hai di me di colpo non tornasse

E voglio amore e tutte le attenzioni che sai dare

E voglio indifferenza semmai mi vorrai ferire

 

Tiziano Ferro – Ti scatterò una foto

 

 

Quando pensava all’estate, immaginava  di trascorrerla con la persona che amava.

 

Un’estate serena, felice, senza brutte sorprese.

 

Aveva pensato di andare al mare ogni giorno. Di divertirsi. Di pensare solo al presente.

 

Sì, la sua prima estate con un ragazzo l’avrebbe trascorsa così. Qualcosa di normale e speciale allo stesso tempo.

 

Una sera trascorsa a guardare le stesse sdraiati sotto la volta celeste, ammutoliti dallo spettacolo a cui assistevano.

Le stelle cadenti, il pianto di Leviathan.

 

In un mondo in cui tutto era perfetto, questo era possibile.

Le stelle, i baci benedetti dalla luce della luna piena e tutte le piccole attenzioni che moriva dalla voglia di soddisfare...

Ma nella vita reale, nella sua vita, era impossibile.

 

Per lei, l’amore aveva il colore rosso del suo sangue.

Il gusto agrodolce del ricordo e del rimorso.

Amore e dolore si somigliavano così tanto, dopotutto...

 

Con il tempo, aveva finalmente capito che il mondo perfetto non esisteva.

In un mondo perfetto, la sua mamma sarebbe stata ancora viva.

In un mondo perfetto, lui non avrebbe mai sofferto.

In un mondo perfetto, non si sarebbero mai incontrati.

 

Aveva finalmente dato un significato alle parole più semplici del mondo, ma di cui ignorava ancora il peso.

Amore.

Dolore.

 

Sacrificio.

 

La totale dedizione ad una persona.

 

Soffrire con essa.

Vivere e morire per un suo solo gesto.

 

 

Nella vita reale, quell’estate aveva dovuto trascorrerla da sola.

L’unica compagnia che Leviathan le aveva concesso, gli unici ricordi, erano un telegramma da parte dell’uomo che amava, di tanto in tanto ed il suo mantello cremisi.

I telegrammi erano ormai un ricordo lontano e, con il tempo, anche il suo persistente profumo era scomparso.

 

A volte, vedere l’indumento rosso appeso nell’armadio la faceva piangere. Altre, invece, l’aiutava a superare un momento difficile.

 

Nonappena si era trasferita, aveva avvertito un vuoto e il peso che gravava sul suo cuore era tornato.

Si sentiva persa, sola, spaventata.

 

E preoccupata, terribilmente preoccupata.

 

 

 

Sorrise amaramente.

 

 

Aveva scelto il proprio destino, dopotutto.

 

Si era occupata di lui.

Gli aveva insegnato a vivere, di nuovo.

E si era innamorata di lui. E non della sua immagine. Dopotutto, era perfetto così com’era...

Aveva visto il suo sorriso per prima, dopo anni di stoicismo ostinato.

 

Ed era bello. Fragile, evanescente, certo, ma perfetto.

 

Il suo sorriso era uno di quei ricordi agrodolci che facevano male e, nel contempo, alleviavano il suo dolore.

 

 

Le aveva insegnato ad essere forte e, allo stesso tempo, aveva aumentato il bisogno che provava di rintanarsi nel suo abbraccio.

 

L’aveva resa libera legandola a sé con il filo rosso del destino.

 

 

Dopotutto, non desiderava forse essere una nuova Lucrecia? Un ulteriore passo verso la sua futura felicità.

 

Perché come poteva essere felice con una come lei? Una che non sapeva tenere a freno il proprio caratteraccio, un maschiaccio che, probabilmente, gli aveva fatto più male che bene.

 

 

Chiuse l’armadio e sospirò.

 

Voltare pagina.

 

L’aveva scritto ovunque, pensando che, in qualche modo, potesse convincersi che fosse possibile.

Sapeva di non desiderarlo realmente.

 

Si mise a scrivere, furiosamente.

A chiunque.

 

A Cloud, ad Aeris, a Tifa... A tutti coloro a cui aveva qualcosa da dire, da confessare.

 

Non le piaceva scrivere, ma scrisse comunque. Ad ogni parola, sentiva che il peso di quei mesi scivolava via, lungo il suo braccio, sulla carta.

 

Quando arrivò all’ultimo destinatario, tremava.

 

Non sapeva se per la paura o l’emozione. Probabilmente, entrambi.

 

 

Ciao, Vinnie!

Come stai? Io bene, a parte il fatto che sono ESAUSTA!

Per fortuna, la settimana prossima inizieranno le vacanze! Una settimana!!

 

Vorrei veramente tornare a casa, ma sai, la preside mi odia e mi vuole sottomano nel caso succeda qualcosa... Io proprio non la capisco, è paranoica!!!

 

Oggi, i bambini mi hanno regalato un bigliettino di auguri di S.Valentino fatto da loro... Dovrebbe rappresentare un angelo, ma sembra tanto un piccione schiacciato da un autobus... E, poi, è mezzo verde! Ma sono dolcissimi, non potrei fare a meno di loro!

 

Che ne dici di venirmi a trovare? Mi sento sola, nonostante i miei cinque gatti e Blanche... L’appartamento è della scuola, è molto piccolo, ma un posto per te lo troviamo di sicuro! E poi, devi conoscere i miei bimbi! Sono sicura che ti adoreranno subito. Sei un pò un bambino anche tu, dopotutto...

 

Quanto tempo è passato? Un anno? Meno? E’ tantissimo!

 

Sai bene che mi farebbe veramente piacere vederti... Solo per una settimana, niente più...

 

Fammi sapere al più presto, d’accordo? E non osare non rispondere!

 

 

 

 

 

Yuffie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PS: mi manchi, Vinnie.

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

 

Nuovo cd dei Dir en grey... Ovvio che poi scrivo queste cose...

Ultimamente, mi piace Tiziano Ferro... Anche se quando sento questa canzone evito di guardare il video... Scamarcio... Puh... Moccia... Doppio puh...

 

Sapete che cos’è il filo rosso del destino? E’ una leggenda giapponese (o cinese) che narra di come le anime di due innamorati siano legati da un filo rosso.

 

Dopo ciò, è finita, miei cari... Niente più JBTS...

 

Quindi, come sempre, commentate e, se avete dubbi, domande, minacce, scrivetemi o commentate! Cercherò di rispondere!

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Capitolo 24
*** The END ***


I would hold you in my arms

I would hold you in my arms

I would take the pain away

Thank you for all you've done

Forgive all your mistakes

There's nothing I wouldn't do

To hear your voice again

Sometimes I wanna call you

But I know you won't be there

 

Ohh I'm sorry for blaming you

For everything I just couldn't do

And I've hurt myself by hurting you

 

There's nothing I wouldn't do

To have just one more chance

To look into your eyes

And see you looking back

 

Ti stringerei tra le mie braccia

Farei scomparire il dolore

Ti rigrazierei per tutto ciò che hai fatto

Perdonerei tutti i tuoi errori

Non c’è nulla che non farei

Per sentire nuovamente la tua voce

A volte vorrei chiamarti

Ma so che non saresti lì

 

Mi dispiace per averti accusato

Di ogni cosa che non riuscivo a fare

E ho ferito me stessa, ferendo te

 

 

Non c’è nulla che non farei

Per avere solo un’altra possibilità

Di guardare nei tuoi occhi

E vedere che mi guardi a tua volta

 

 

Hurt

Christina Aguilera

 

 

 

 

 

 

-Vincent?-

 

Shelke. Il suo tono era decisamente preoccupato. La sua voce tremava.

Qualcosa non andava.

 

-Shelke, che succede?-

 

Non chiamava mai, al massimo si auto-invitava in casa sua, per tenergli compagnia. Ormai era abituato a quella ragazzina piena di contraddizioni. Le aveva confessato di essere molto timida. Ma questo non le impediva di participare a tutte le serate karaoke di Edge.

Era un ossimoro vivente. Esattamente come lui.

 

-Si tratta di Yuffie... Si trova all’ospedale di Mideel... Al momento la stanno operando...- sussurrò la ragazza, con voce rotta dal pianto.

 

-TS. Barbiturici.- aggiunse Shytry, appropriandosi della cornetta. –Ci sono poche speranze che si salvi.-

 

TS. Tentato Suicidio.

La strana freddezza con cui la donna aveva pronunciato quella sigla lo terrorizzò. Come se fosse ordinaria amministrazione. Come se un corpo freddo e morto non fosse altro che un ammasso di cellule senza rilevanza.

Non era più abituato al gelido soffio che evocava la parola suicidio.

 

Si sedette pesantemente sul divano. Lo stesso divano su cui aveva dormito per tanto tempo.

Non riusciva a collegare un tentato suicidio a Yuffie. No, Yuffie era forte. E poi, perché avrebbe dovuto suicidarsi? Nella sua ultima lettera affermava di essere felice. Che insegnare era ciò di più bello le era capitato. Allora, perché? Gli aveva sempre detto che era un debole, se voleva suicidarsi, che lo faceva solo per fuggire dalle proprie responsabilità...

O, almeno, all’inizio. Durante la loro prima lite.

 

Perché?

 

Che ne dici di venirmi a trovare? Mi sento sola, nonostante i miei cinque gatti e Blanche...

 

Era sola. L’aveva lasciata da sola, durante più di un’anno. Non le aveva mai telefonato. Le aveva mandato un solo telegramma. Un solo fottuto telegramma per tutte quelle lettere che l’avevano tenuto attaccato alla vita.

 

-Vincent? Io e Shelke siamo a casa sua. Raggiungici al più presto.-

 

-Parto adesso.-

 

 

 

–... Tu sai esattamente ciò che ho fatto per te. Sai che cosa provo per te. Se non sai fare due più due, ti prego, torna alle elementari!-

 

Sapeva cosa provava per lui. Ma non aveva mai capito. Non aveva capito quanto le era costato andarsene. Buttava un sogno per un altro. Ed erano i due più importanti.

 

Non si era accorto delle sue lacrime. Erano lì, invisibili. Come lame d’argento sul suo cuore.

E le sue grida disperate, afone... Perché non si era accorto di nulla? Era così cieco?

 

Perché vale la pena di vivere?

Perché ci sono troppe persone che soffrirebbero a causa della tua morte, ovviamente.

 

Si massaggiò le tempie, cercando di non soccombere ai ricordi. Avrebbe dovuto seguirla. Dopotutto, l’amava. Perché non l’aveva seguita? Sarebbe stato così semplice! Era stato così stupido...

 

Aveva dimenticato quello che aveva provato nella stanza bianca. Quando aveva pensato all’eventualità di perderla per sempre. Di arrivare troppo tardi. Quando pensava che si fosse sacrificata per lui.

 

-Ancora un esame passato con il massimo dei voti!- esclamò, con un largo sorriso. Il sorriso che gli piaceva tanto.

 

Avrebbe voluto dirle quanto la invidiasse. Riuscire a studiare mentre si occupava di lui doveva essere molto difficile.

Avrebbe voluto dirle quanto fosse fiero di lei.

E invece... Aveva perso ogni possibilità di dirle tutto questo.

 

Strinse i pugni. No. Non era morta. Non poteva morire.

 

–Io non sono Lucrecia! Mi hai sentito?! Non voglio che mi dimostri chissà cosa! A me vai benissimo così! Lo so benissimo che non sei solo un freddo bastardo! Mi dispiace! Mi dispiace davvero! Ero arrabbiata con me stessa! Ho fatto una cosa orribile e avevo paura di quello che avresti potuto pensare! Ti prego... Non andare via...-

 

Non voleva che cambiasse, ma avrebbe voluto che, almeno, le dimostrasse un pò di... Affetto. Nemmeno amore. Lei sapeva che non avrebbe mai sentito quella frase uscire dalle sue labbra. Si era rassegnata.

Ma non era giusto. Non era giusto rassegnarsi all’evidenza che la persona che amava non le avrebbe mai detto che senza di lei si sentiva persa, che l’amava come non aveva mai amato nessuna donna, prima di lei.

 

Perché non era riuscito a dirle che l’amava? Era la verità. In tre anni, il pensiero, la frase, era là, incisa nella mente dell’uomo, ma, ogni volta che avrebbe voluto pronunciarla, non riusciva. Era troppo difficile.

 

E poi...

Non andare via... Era la preghiera che lei ripeteva più spesso.

Quanto le era costato strappare sé stessa dal loro appartamento?

Quanto gli era costato rimanere soltanto a guardare, ancora una volta?

 

Nulla. Tutto. Lei.

Lei se ne stava andando.

 

-Non andare via.- ripeté, stringendo ferocemente i pugni.

 

 

 

Osservò la porta dell’appartamento, indeciso sul da farsi. Perché non gli avevano detto di andare in ospedale? Era veramente troppo tardi?

 

Fece un respiro profondo e bussò.

 

La porta si aprì quasi immediatamente. Arretrò, trattenendo il fiato.

 

-Maestra, non è Jeremiah...- sussurrò qualcuno. Non riusciva a vedere chi fosse. A dire il vero, non riusciva a distogliere lo sguardo dagli occhi grigi di chi gli aveva aperto la porta.

 

-No, non è lui, Albert... – pigolò Yuffie, cercando di trattenere le lacrime. –Esco un attimo. Fai attenzione ai miei gatti.- tentò di articolare, socchiudendo la porta.

 

La osservò. Non credeva ai suoi occhi. Aveva i capelli corti, come quando si erano conosciuti. E nei suoi occhi c’era la stessa rabbia, lo stesso orgoglio. Per un attimo credette che fosse un’allucinazione. Un crudele scherzo del suo subconscio. Ma a sedici anni Yuffie non si sarebbe mai vestita in modo così sobrio ed elegante.

 

-Yuffie... Shelke... Shytry... Avevano detto...- balbettò l’uomo.

 

-Che cosa ci fai qui?- sibilò la ninja, a denti stretti.

 

Represse l’istinto di abbracciarla. Sembrava arrabbiata.

Shelke e Shytry avevano mentito. Avevano mentito affinché l’andasse a trovare. Affinché riflettesse sui propri sentimenti.

 

-Sono passati due anni! Con che diritto ti presenti qui?!- sbottò, spingendolo con tutte le proprie forze.

 

Lasciò che lo picchiasse. Se l’era meritato, dopotutto. Quando la donna, in lacrime, crollò sulle ginocchia, s’inginocchiò accanto a lei e l’abbracciò.

 

-Shytry e Shelke mi hanno chiamato. Hanno detto che eri in fin di vita.-

 

-Con che diritto ti presenti qui?! Dimmelo! Non puoi comparire e scomparire dalla mia vita in questo modo! Hai pensato all’eventualità in cui mi fossi trovata qualcun altro?! Ci hai pensato?!- urlò lei, continuando a tirargli deboli pugni sul petto.

 

-Ed è così?-

 

-No... Certo che no! Sono innamorata di te, cretino!- esclamò, dirigendo il pugno verso la sua faccia ma fermandosi a mezz’aria. Gli accarezzò il viso e lo baciò, quasi disperatamente.

 

-La maestra piange?- chiese una vocina.

 

Vincent alzò la testa, osservando un bambino di circa sei anni fissarlo con astio.

 

-Sei stato cattivo con la maestra?- lo minacciò, dall’alto del suo metro e dieci.

 

L’ex turk si alzò ed aiutò la donna a reggersi in piedi. Poi osservò il nano. –Sì.-

 

Yuffie si asciugò le lacrime e si abbassò fino a raggiungere il livello di quello che doveva essere Jeremiah: -Hai dimenticato di nuovo il diario, vero?- chiese, con un sorriso diverso da quello a cui era abituato. Era radioso.

 

Il nano annuì, arrossendo.

 

-Vallo a prendere, è sul tavolo. E porta con te tuo fratello, per oggi la lezione è finita. Mi raccomando, dai il meglio di te, alla partita!- esclamò la donna, con dolcezza, scompigliandogli i capelli.

 

Per un attimo, l’ex Turk tentò di ricordarsi la sua prima insegnante. Gli tornò in mente il suo righello da trenta centimetri e il dolore che gli provocava riceverlo sulle dita.

 

-L’avrebbe voluta anche lei una maestra come lei, vero?- sussurrò una voce femminile grave. Si voltò di scatto. La portinaia, una donna dall’età indefinita e l’aspetto mascolino, appoggiata ad una scopa, ammiccò. –Si vede da come si guarda insistentemente le mani... Ma lo sa, ai nostri tempi lei ancora non era nata, la riforma della scuola era un sogno lontano... Sa, mi sono presa dei colpi di manganello nel sessantotto, dai Turk, quelle bestie! Ah, se ne avessi uno a portata di mano, ora!- sbraitò, combattiva.

 

Vincent si allontanò impercettibilmente da lei, inquieto e le risolse un sorriso nervoso.

 

-Ma se fosse stata la sua maestra l’avrebbe guardata in quel modo? Uhm... Non credo...-

 

Si voltò nuovamente verso di lei, ma era scomparsa.

 

-Allora, cosa vuoi?- chiese Yuffie, fredda.

 

L’osservò. Aveva le mani sui fianchi, esattamente come una maestrina arrabbiata. Trattenne l’urgenza di ridere. Non era da lui. E poi, c’erano situazioni più urgenti da sistemare, in quel momento.

 

Doveva dirle che l’amava. Aveva fatto ottocento chilometri in elicottero, dopotutto. Qualcosa doveva pur dirle. A parte dirle di non tentare mai un’esperienza del genere. I sedili erano dei modelli Inquisizione Spagnola.

 

Scosse la testa e fece un respiro profondo.

 

-Yuffie...-

 

-Vincent?-

 

Lo fissava con sguardo omicida ed un sopracciglio alzato. Ma era tremendamente carina anche così.

 

-Ehrm... Volevo solo... Chiederti... Hai dello zucchero?-

 

-Che cazzo dici, eh?!- sbottò lei, tirandogli un coppino. –Vuoi forse farmi credere che hai fatto ottocento chilometri solo per chiedermi dello zucchero, cretino che non sei altro?!-

 

-Non sei cambiata per niente da quando avevi sedici anni...-

 

-Bè, che ti aspettavi?! Che mi fosse magicamente spuntata una quarta e che fossi una giraffa di un metro e settantotto?! Mi dispiace deluderti, Vincent Valentine, ma...!- iniziò lei, acida.

 

-Sposami.-

 

Oh Shiva! Perché? Perché era così immensamente idiota?

 

-Bè, questo è un buon motivo per farsi ottocento chilometri... Ma mi sarebbe bastato anche lo zucchero...- sussurrò con un filo di voce la ninja, avvicinandoglisi ed abbracciandolo. –Sei una merda.- singhiozzò.

 

-Grazie. E’ un sì?- azzardò l’ex Turk, ricambiando l’abbraccio.

 

-E’ un sì, idiota...-

 

 

 

L’ANGOLO DEI MALATI DI MENTE

 

Allora, questo è per coloro che non amano i finali aperti... Che ve ne pare?

Volevo un finale lieto, l’ho sempre voluto per questa fic, ma non melenso, altrimenti si sarebbe persa l’essenza vera e propria della storia.

La canzone volevo inserirla molto prima, ma poi me la sono completamente dimenticata... Penso che si adatti molto alla situazione e all’atmosfera generale della trama e poi, è molto bella. Vi consiglio di ascoltarla mentre leggete il capitolo...

Spero non vi siate spaventati troppo all’inizio. Per mesi ho tentato di trovare un motivo per il quale Vincent potesse andare da Yuffie. Il motivo dello zucchero mi era piaciuto molto, ma non andava bene... ^_^ Lo scherzetto delle sorelle Rui mi è venuto in mente solo l’altro ieri...

Non volevo inserire il PV di Vincent, perché scrivere al maschile non mi piace molto, ma alla fine mi è sembrata l’unica soluzione possibile.

 

Bene bene... Vorrei ringraziare ancora una volta tutti coloro che hanno letto e commentato in questo anno... E’ grazie a voi che sono riuscita a finire...

 

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