Blast

di SmokingRum
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 ***
Capitolo 8: *** Chapter 7 ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 ***
Capitolo 10: *** Chapter 9 ***
Capitolo 11: *** Chapter 10 ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


 Prologue.


Adrenalina. Nella mia pelle, adrenalina

Ansia. Nella mia testa ansia.
Siamo arrivati fin qui, non posso lasciare che vada tutto a puttane.
Sto aspettando di salire su quel palco, e ce la farò.
Salirò lì e canterò come non ho mai cantato.
Lo farò assolutamente.
Mi tocco la cicatrice sulla faccia, e sorrido.
Ce la faremo. Lo so che ce la faremo. Siamo troppo in gamba per non riuscirci.
Lui mi stringe la mano, pronto come me a sentire di nuovo quella energia e quell’emozione che da molto aspettavamo. Tutto inizia da qui, ma allo stesso tempo può finire.
-Facciamoli andare in paradiso, Chris. –mi dice, sorridendo.
Anche io sorrido. Pochi passi e sono lì. Urla di gioia, mi sembra addirittura di scorgere una ragazza piangere commossa.
Mi metto davanti al microfono. Sono pronta. Sto per sbocciare.

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Capitolo 2
*** Chapter 1 ***


Chris





Note di musica nella mia mente. Parole di una canzone scritte, incollate sul mio quaderno.
Respirai, quasi rumorosamente,e chiusi il quaderno.
Mi misi la testa fra le mani tirandomi indietro i capelli rossi troppo lunghi.
Mi guardai intorno: un ragazzo in bicicletta mi sfrecciò davanti, un cane correva scodinzolando inseguendo il suo padrone, una ragazza con le cuffie nelle orecchie correva nel parco.
Villa Sciarra, alle dieci di mattina, era sempre cosparsa di una nebbia così fresca che non si poteva fare a meno di sorridere. O almeno era così per me.
Una folata di vento dispettosa mi fece ricadere di nuovo i capelli sul viso. Sbuffai. Avrei dovuto tagliarli, lo sapevo. Ma ci tenevo troppo, per dargli un taglio decisivo.
Mi alzai e feci per andarmene, ma poi mi bloccai. Nell’ aria sentii le note inconfondibili di “Wish you were here”. Chiunque la stesse suonando era bravo, molto bravo. Ma poi mi resi conto di quanto scordata fosse la chitarra. Ma nonostante questo la canzone procedeva armoniosa. Mi incuriosii, perché non ero una persona paziente.




Ren




Tenevo gli occhi chiusi, per riuscire ad assaporare quella canzone che in molti continuavano a portare nel cuore e che altri avevano dimenticato.
Sapevo che la chitarra era scordata, ma sinceramente non mi interessava. Poi tutto quel suono che nella mia testa equivaleva ad una vita intera, venne distrutto da un semplice Dling.
Aprii gli occhi con disappunto. Lanciai uno sguardo veloce alla custodia della chitarra che avevo lasciato aperta accanto a me sulla panchina. Vidi una moneta da due euro troneggiare fieramente e sicura al suo interno.
La presi e corsi dietro a un uomo poco lontano da me che si allontanava.
-Mi scusi! –dissi.
-Che vuoi? –mi chiese l’ uomo, con aria scocciata.
- E’ stato lei a mettere questa nella mia custodia? –chiesi, facendogli vedere la moneta.
-Sì.
-Se la riprenda, io non suono per soldi.
Per tutta risposta, l’ uomo mi scoppiò a ridere in faccia e se ne andò dicendo fra se e se “roba da matti”.
Rimasi a lungo a guardare quell’ uomo che se ne andava. Poi, sentii una risata dietro di me.
Una ragazza appoggiata a un albero rideva. Era semplicemente bellissima. Di corporatura minuta, con i capelli rosso sangue lunghi fino alla vita perfettamente lisci. Una frangetta para le incorniciava il viso pallido e elegante. Gli occhi azzurro ghiaccio mi trafiggevano, come pugnali.
Indossava dei jeans stretti neri, una maglietta dei Franz Ferdinand e una felpa grigia. Portava una tracolla sommersa di spille di band Rock e Punk.
-Sei qui per prendermi per il culo? –le chiesi, già scocciato di mio.
-Assolutamente no. Mi fa piacere che ci sia ancora gente che suona per se stesso. –si avvicinò alla panchina e prese la chitarra –Ma mi piacerebbe che quando suoni la accordi.
Si sedette e, senza che io potessi dire niente, si mise ad accordare la mia chitarra con velocità e esperienza.
In pochi secondi, sempre senza che io potessi dire niente, si mise a suonare.
Di nuovo, l’ intro di Wish you were here riempì la villa. Poi si mise a cantare. Non era la solita voce da ragazza talentuosa che si sente ogni giorno alla radio. Era roca, graffiata e, allo stesso tempo, melodiosa. 
I suoi occhi azzurri erano concentrati sulle corde della chitarra che sembravano quasi sorridere mentre venivano pizzicate da quelle dita così lunghe e sottili.
Smise di suonare e si alzò.
-Beh, ti saluto. –mi disse –Visto che non hai orecchio ti consiglio di comprarti un accordatore.
Fece per andarsene, ma io la fermai.
-Aspetta!
Lei si girò.
-Senti… -cominciai, prendendo due biglietti dalle tasche –Se ti va e se non hai impegni passa al mio concerto, stasera.
Le porsi i biglietti, ma lei non si mosse.
-Suonerai solo tu?
-No, ho una band. –le risposi.
-Accorderai tu la chitarra?
-No, io lì non suono la chitarra.
- D’ accordo.
Si avvicinò e prese i biglietti.
-A stasera.
Camminò velocemente e se ne andò. Quando la vidi scomparire dietro l’ angolo, il cellulare mi squillò.
-Pronto? Ah… Chiara, ciao… Tutto bene, tu? …Okay… Stasera puoi venire? … Ah, hai una cena con quelli della ditta di tuo padre? Allora non ti preoccupare…. Sì, ti amo anch’io. –attaccai il telefono e me lo ficcai in tasca.
Lanciai un ultimo sguardo nella direzione in cui se ne era andata la ragazza. Poi scossi la testa scettico.






Chris


Guardai i biglietti che quel ragazzo mi aveva messo in mano, chiedendomi chi avrei potuto invitare. La risposta venne da sola.
Presi il cellulare e digitai il numero.
-Pronto, Marta? Sono Chris. Senti, sei libera stasera?… Come sarebbe a dire no? Andiamo, ho due biglietti di un concerto, andiamoci! … Non so chi siano, me li ha dati un ragazzo al parco… No, non lo so come si chiama… Se è figo?… Direi di sì. Assomiglia a Sid Vicious, però più sexy… Lo sapevo che ti avrei convinta, ci vediamo a casa fra un’ oretta.





Marta


-Chi era?
Guardai il ragazzo sdraiato accanto a me.
-La ragazza che vive con me. –risposi.
Mi alzai senza coprirmi e, completamente nuda, andai in cucina. Lui mi seguì.
-Dovresti metterti qualcosa addosso e andartene. –cominciai io.
-Perché? –mi chiese, imbronciato.
-Perché non mi ricordo nemmeno come ti chiami e fra un po’ arriva la mia coinquilina. Non mi va che ti veda.
-Come sarebbe a dire?!
-Sarebbe a dire che non voglio che la mia coinquilina ti…
-No, questo l’ ho capito! –mi interruppe –Non ti ricordi come mi chiamo?!
-Già.
-Ma abbiamo appena fatto sesso!
-Sì, ma io ero sbronza. Anzi, io sono sempre sbronza. E dire che reggo bene l’ alcool… -dissi fra me e me.
-Sei una stronza!
Mi appoggiai al muro, guardandolo con noncuranza e sorridendo, accorgendomi che non riesce a non lanciare uno sguardo al mio corpo nudo.
-Sì, sono una stronza. Ora sparisci.
-Ma… Marta…
-Ah, non piagnucolare! Che razza di uomo sei? Gli uomini non devono piagnucolare, quello è compito nostro. –feci un sorriso compiaciuto –Ti assicuro che ho passato una bella nottata. Addio.
Il ragazzo di cui non ricordavo il nome stette ancora un po’ a guardarmi incredulo, poi girò i tacchi, prese i suoi vestiti e se ne andò sbattendo la porta con forza.
Sospirai. Andai verso l’ armadio e mi infilai una felpa larga dei Ramones e un paio di jeans.
Dopo qualche minuto sentii la porta venire aperta. Chris, così piccola e carina come una bambola, entrò quasi correndo in camera mia.
Fece per salutarmi, poi lanciò uno sguardo al letto.
-Marta, per la miseria! –iniziava la ramanzina.
-Andiamo, che ho fatto di male!
-Hai fatto che di nuovo non hai rispettato le regole!
-Da quando non si può fare sesso in questa casa?!
-Guarda che si può fare sesso quando si vuole, ma solo con gente di cui ricordi il nome!
-Come fai a sapere che…
Chris mi interruppe indicando una bottiglia di vodka gettata a terra.
-Ah… -dissi.
-Già! Sai bene che non reggi l’ alcool!
-Non è vero, lo reggo benissimo!
-Ma non dire minchiate! Piuttosto, vestiti decente, che oggi usciamo.
-A fare cosa?
-Te l’ ho detto prima al telefono, abbiamo un concerto.
Sbuffai. L’ idea non mi entusiasmava granché, ma vedendo la espressione supplichevole di Chris cedetti.
-Questo tipo suona bene?
-No. Suonava la chitarra più scordata del mondo.
-E allora perché ci andiamo?
-Perché è bello.
-Sid Vicious non è il mio tipo.
-Beh, è il mio. E poi mi sembrava di conoscerlo… Quindi andremo.
-Ma lo conoscevi?
-No, ho detto che mi sembrava di conoscerlo.
-Non ti capisco…
-Neanche io capisco me stessa la maggior parte delle volte.
-Come si chiama questo tipo?
La vidi bloccarsi.
-Non dirmi che non lo sai…
Abbassò lo sguardo.
-Chris, se te lo porti a letto senza sapere il suo nome giuro che ti sbatto fuori di casa. Non ribattere, bellezza! Lo hai detto tu, no? Sono le regole!




Chris

Mi passai la matita nera sopra gli occhi e sorrisi soddisfatta. Poi mi squillò il cellulare. Sorrisi.
-Pronto? Sì, sto bene… Tu? Ah, mi dispiace. Sbaglio o stai perdendo colpi ultimamente?… No, io stasera vado a un concerto… Un tizio che ho rimorchiato a villa Sciarra mi ha dato i biglietti… Ma tu non sei troppo vecchio per stare ancora a capo di quella gang di idioti? … Lo so che ti manca. Ma a lei non mancheresti, devi fartene una ragione… Lo so… Salutamela… Sì, ci sarò al matrimonio. Buona serata “boss”.
Attaccai. Chiusi gli occhi per cacciare dentro lacrime impertinenti.
“ So che lei non avrebbe voluto, lo so benissimo. Eppure ho bisogno di contatti. Ho bisogno di capire come era veramente e, per quanto disgustoso lui potesse essere e per quanto lei lo abbia odiato… sa tante cose.” Pensai.
Sentii bussare alla porta della mia camera.
-Entra, Marta.
Marta entrò scalpitando con i tacchi. Le sorrisi.
-Però, sei particolarmente sexy. –dissi –Ma Sid me lo porto a letto io!
-Lo vedremo. –mi disse, facendomi l’ occhiolino.
Invidiavo i capelli corti e mossi di Marta… Le conferivano un’ aria sbarazzina. Il corpo alto e slanciato era circondato da un tubino nero, le gambe snelle e lunghe erano fasciate da calze a rete. Ai piedi due stivali dai tacchi vertiginosi, che io non sapevo portare.
-E comunque tu non sei da meno. Hai messo il vestito di Vivienne!
-Mi piace il vestito di Vivienne! –dissi, carezzando con una mano il tessuto rosso del vestito di Vivienne Westwood -Mi è costato parecchio, sai?


La mia moto, comprata con i sudati risparmi del mio vecchio lavoro, sfrecciava nella notte di Roma. A un semaforo ci accostammo ad un ragazzo in moto anche lui. Ci guardò e stralunò quando vide le nostre gambe nude nell’ aria fresca di Agosto. Mi lanciò uno sguardo e mi fece l’ occhiolino. Poi guardò Marta e le sorrise.
Infine partì ignorando il semaforo rosso ed evitò per miracolo due macchine.
-Lo conoscevi? –urlai a Marta, per superare il rumore del motore.
Marta scosse la testa.
Arrivammo al locale. Era grande e c’era molta gente in coda. Troppa gente.
-Marta, guarda quanta gente! –esclamai, sfilandomi il casco.
Notai parecchi sguardi posarsi su di noi.
-Cavolo… che facciamo? –mi chiese.
-Usiamo la strategia B?
-E strategia B sia.
Marta si avvicinò barcollando ad uno dei butta fuori, con un sorriso idiota sulla faccia.
-Ma salve! –urlò, simulando una sbronza con classe –Salve signor… ehm… com’ è che si chiama?
Marta si poggiò all’ uomo ridendo come una stupida. Spinse sul petto dell’ uomo il seno e con una gamba sfiorò la mano del buttafuori.
-Mi ascolti… mi ascolti mooolto attenta… attentam…attentemn… insomma, ascoltami! Io non mi sento tanto bene… e mi sembra di avere lo stomaco che va sulle montagne russe! Io non ci sono mai stata sulle montagne russe… solo su quelle tedesche! Non so se mi spiego… -avvicinò il suo viso ancora di più a quello dell’ uomo che cominciò a sentirsi a disagio –E quindi volevo sapere se potevo usare la toilette! Perché altrimenti…
In quel momento arrivò la mia parte. Mi precipitai correndo verso Marta e la presi per le spalle allontanandola dall’ uomo. Poi le sussurrai “adesso”.
Marta si piegò in due e emise un suono distorto, come se non riuscisse a respirare.
-Marta! Marta, che ti succede?! –mi rivolsi poi all’ uomo –Oh mio Dio, non riesce a respirare!
-Come sarebbe a dire? –mi chiese l’ uomo, chinandosi verso di me.
-Deve vomitare ma non ci riesce e il vomito le sta ostruendo la trachea! Deve assolutamente bere! Mi faccia entrare, dobbiamo andare ai bagni!
L’uomo, dapprima sospettoso, si convinse quando dai miei occhi cominciarono a uscire lacrime di disperazione.
Ci fece passare e io, trainandomi dietro quasi a peso morto Marta, corsi verso i bagni per non destare sospetti.
Appena entrate, Marta si alzò e mi sorrise felice. Scoppiammo a ridere e ci avvicinammo agli specchi.
-Sei sempre la migliore a fingere le sbronze! –dissi, asciugandomi le lacrime che mi uscivano ormai a comando.
-E tu sei la migliore nel fare la parte della preoccupata! –Marta si sistemò i capelli corvini, poi mi guardò entusiasta- Allora, andiamo a vedere questo concerto oppure no?
Uscite dal bagno ci guardammo intorno. Il locale era grande, a più piani.
Le luci erano rosse e blu elettrico e davano una sensazione onirica, rendendo surreale volti e corpi che si muovevano a ritmo della musica. Scendemmo le scale mentre parecchi sguardi si posavano su di  noi. Un ragazzo alto e muscoloso si avvicinò a Marta, sorridendole.
-Salve, meraviglia.
-Salve. Il tuo nome? –chiese Marta.
-Perché me lo chiedi?
-Perché non posso portarti a letto con me se non so il tuo nome. Regole della casa!
Mi avvicinai a quella pazza e la presi per un braccio, lanciando uno sguardo al ragazzo.
- Un’ altra regola della casa è che non voglio tamarri fra le mie mura. - Dissi.
Mi allontanai in fretta con Marta, lei mi strattonò.
-Perché?! Mi piaceva!
-Oh, ti prego! Era orrendo!
Marta abbassò lo sguardo, demoralizzata.
-Ehi, guardami. –Le presi il mento e lo alzai verso di me –Ti troverò un ragazzo bellissimo che rispecchi i tuoi gusti… Okay?
Marta sorrise. Scendemmo al piano di sotto, dove si teneva il concerto. La sala era ampia, gremita di gente dai venti ai quarant’anni.
Il palco dove la band si esibiva era grande, spazioso. Era come quello di un teatro, con tanto di sipario. Solo che era un tessuto simile alla pelle nera e strappato in molti punti. Teatrale.
Notai un guizzo veloce dietro le quinte. Sorrisi.




Ren
 

-Oh mio Dio! E’ venuta!
-Chi?
-Quella di oggi!
-E non sei contento?
-No! Cioè, sì!
Un uomo sulla trentina, seduto dietro una batteria, si passò la mano sulla testa pelata. Indossava un completo elegante e un paio di occhiali da sole nerissimi e stretti.
-Fammi un po’ dare uno sguardo… Chi è? –chiese, affacciandosi da dietro le quinte.
-Quella con il vestito rosso. E’ davanti al palco.
-Però, davvero un bel bocconcino! Oh… E l’amica è semplicemente perfetta! –lo vidi stringere gli occhi da dietro gli occhiali –ehi, ma io quelle le ho incrociate in moto prima!
- L’amica?
Incuriosito, mi affacciai anche io. Accanto a… alla ragazza di cui ancora non sapevo il nome (ma che presto avrei scoperto, mi dissi) c’era una ragazza alta e con i capelli corti e nerissimi. Davano uno strano senso messe vicine.
Una con i capelli rosso sangue lunghi fino ai fianchi e con gli occhi di ghiaccio, piccola e minuta, l’ altra con i capelli neri corti e gli occhi scurissimi, alta e formosa.
-Si è bella… Ma te la lascio volentieri. Non è il mio tipo. –Dissi.
Vidi sbucare dalla porta di servizio il chitarrista e il cantante… in ritardo di due ore!
-Si può sapere dove cazzo eravate?! –sbraitai, furioso.
-Che hai, bello?
-Che ho?! Ho che non avete nemmeno fatto il checksound perché non c’ eravate!Oh… lasciamo perdere! Mettetevi ai vostri posti, attacca quella baldracca di chitarra e vaffanculo! Mi sono stufato di voi due! Questa è l’ ultima volta che suoniamo insieme!





Chris



Marta, che intanto si era presa una birra, stava flirtando con il ragazzo al bancone degli alcolici.
Io, dal canto mio, mi stavo sorbendo un tipo meno tamarro di quello che aveva adocchiato Marta prima.
Aveva iniziato la conversazione con un banalissimo “Sei da sola?” e ,nonostante io gli avessi risposto di no, si era messo a fare conversazione.
Avevo smesso di ascoltarlo dopo le prime tre parole: “Sei davvero bellissima”.
La mia attenzione era rivolta al ragazzo del parco. Perché avevo l’ impressione di conoscerlo? No… non era quello… Era come se mi ricordasse qualcuno. Ma chi?
Poi sentii delle parole che non capii al volo, ma che attirarono la mia attenzione.
-Scusami, che hai detto? –chiesi interrompendolo.
-Ho detto che io la notte vado in giro a menare gente. Sai, no? Sono una specie di picchiatore!
Il resto del discorso che iniziò prese una piega… come dire… spiacevole per il mio orecchio.
Picchiatore… picchiatore… picchiatore… picchiatore… picchiatore…
Layla.
-SPARISCI DALLA MIA VISTA! –Strillai con tutta la voce che avevo in gola.
Sentii sguardi su di me. Mi venne il fiatone. Cominciai a sudare freddo e a tremare. La stanza cominciò a girare vorticosamente e sentii il terreno sotto i miei piedi mancare.
Poi sentii delle mani fredde sulle mie spalle.
-Non l’ hai sentita? Levati dai coglioni.
Mi lanciai fra le braccia di Marta, continuando a tremare violentemente.
Marta riuscì a cacciare quel… quel mostro. Mi abbracciò forte e mi chiese cosa non andasse.
- E’ come lei…
-Come lei chi?
-Come lei.
Le luci si spensero e il sipario si aprì.
Lanciai uno sguardo veloce al palco e lo vidi. Un solo sguardo al suo viso e i tremore sparì. Mi districai dall’ abbraccio di Marta e le dissi che stavo bene. Ora stavo bene.
Il concerto cominciò e, a mio parere, sia il chitarrista che il cantante erano a dir poco mediocri.
Invece il ritmo della batteria era buono… ottimo. Scandiva perfettamente il tempo della canzone. E la canzone, se solo la chitarra fosse stata migliore, sarebbe stata molto bella.
Un buon sound, bello il testo, cantato però in un terribile inglese.
Poi, sentii un riff. Un semplice riff di basso che mi entrò dentro le orecchie.
Lanciai lo sguardo su di LUI. Si muoveva quasi con eleganza sul palco. Illuminato da luci azzurre e verdi, con gli occhi chiusi.
Io, invece, gli occhi li avevo spalancati. Non solo suonava divinamente, era anche… splendido. Possibile che non me ne fossi accorta al parco? Era diverso… lui era qualcosa di lontano anni luce da me e da qualsiasi altro essere umano sulla terra.
Cosa era ciò che provavo? Attrazione? Desiderio? Amore?
Non lo sapevo… o almeno non riuscivo a capirlo. So solo che non riuscii a staccargli gli occhi di dosso per tutta la durata del concerto.
-Chris…
Mi girai verso Marta, che guardava dritta verso la batteria.
-Mi sono innamorata.

 

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Capitolo 3
*** Chapter 2 ***


 Chapter 2


Chris.


-Chris, mi sono innamorata.
-Me lo hai già detto.-poggiai il bicchiere di vodka con ghiaccio sul bancone e mi voltai verso Marta –E non sto parlando di adesso. Quando sei sobria, e ti assicuro che sono rari momenti, dici di amare qualsiasi uomo ti intrighi. E soprattutto, hai “amato” uomini mille volte più belli del batterista e che magari avevano i capelli.
Recuperai il mio drink e diedi un breve sorso. Poi mi girai verso Marta e la vidi accorciare il vestito e scoprirsi la coscia chiara circondata da calze a rete.
Alzai gli occhi al cielo.
-Non dirmelo, sta arrivando.
-Oh, si.-rispose lei, sorridendo.
-E scommetto che Sid è con lui.
-Oh, si.- mi guardò ammiccante -Ho visto come lo stavi fissando…
-Mi ero incantata… -la guardai con scherno –Ha un bellissimo basso.
-Non è che stavi immaginando cosa ci fosse dietro quel basso?
Feci per risponderle, ma i due ragazzi arrivarono a noi.
-Ciao, non ci siamo ancora presentati. –il pelato prese la mano di Marta e le fece un ridicolo baciamano –Mi chiamo Dave, incantato.
Roteai gli occhi e mandai giù tutto d’un fiato.
Marta si alzò e mi guardò, sorridendo.
- D’ accordo. –dissi io.
Marta rise felice e lo trainò con se fuori dal locale.
Mi girai verso Sid e lo guardai.
Indossava una maglia bianca strappata e dei pantaloni neri. Ai piedi aveva degli scarponi di pelle nera.
I capelli nerissimi erano scompigliati e tagliati fino a metà del collo. Gli occhi erano di un verde chiarissimo, mi ci potevo addirittura specchiare.
-Sei venuta. –mi disse, sedendosi su uno sgabello accanto a me.
-Già, avevo la serata libera. –mi rivolsi poi al barista –Uno sherry lungo con ghiaccio.
-Se vuoi ti faccio vedere io qualcosa di lungo… -mi disse il barista, sorridendomi sghembo.
-Ne dubito… -lo guardai dall’ alto in basso, poi sorrisi –Uno sherry.
Il barista mi diede le spalle, evidentemente nervoso.
-Non ci siamo ancora presentati… -mi disse.
-Oh… stop. –lo interruppi, ridendo –Azzardati a farmi il baciamano e giuro che prendo e me ne vado. E ti faccio pure pagare i miei drink.
-Se vuoi te li pago. Ma non ti preoccupare, niente baciamano…
Lo guardai intensamente, tentando di non perdermi in quel verde così vivido. Intanto, la musica intorno a noi mi rimbombava nella testa. Corpi dimenanti accanto a noi sembravano essersi resi cono che non dovevano avvicinarsi troppo.
-Allora… il tuo nome?
-Ren.
-Piacere Ren. Io sono Chris.
Arrivò il mio drink e, poggiando il bicchiere sulle labbra, lo guardai.
-Hai una macchina, Ren?
-Sì, è parcheggiata qui fuori.
Mandai giù il mio Sherry e gli presi la mano.
-Allora dobbiamo sbrigarci, non credi?



Ren


Nella mia macchina, così piccola e calda, i nostri respiri sommessi si univano al silenzio della notte.

I suoi capelli rossi sfioravano il mio braccio mentre io le carezzavo la schiena, cominciando a sbottonarle il vestito. Lei mi tolse la maglietta, non senza qualche difficoltà, data la misura ridotta della macchina.
Riuscii a sbottonare il vestito. Appena lei se ne accorse se lo sfilò veloce e mi baciò quasi violentemente.
Le morsi un labbro e sentii il suo viso schiarirsi in un sorriso compiaciuto.
Misi la testa nel suo grembo e lei mi morse un lobo.
Sentii un brivido lungo la schiena.
-Oh… Non dirmi che ho beccato il tuo punto debole? –mi chiese.
Sorrisi.
-E il tuo qual è?
Le chiesi serio, guardandola.
Lei si fermò e si mise seduta sulle ginocchia.
-Sei tu.
-Lo dici a tutti?
-No. Lo dico a chi mi piace. E tu… -mi si avvicinò –Tu mi ricordi Sid Vicious.
In quel momento, davvero, non riuscii a trattenermi. Io non sono mai stato una persona paziente. Io quella notte non la dimenticherò mai.



-Quel vecchietto ci sta guardando.
Chris si mise seduta, completamente nuda, e sbirciò attraverso il finestrino appannato.
Lo abbassò e sorrise tranquilla al signore che aprì la sua bocca rugosa appena la vide.
-Salve. Noi avremmo appena finito di fare sesso quindi… come dire… potrebbe lascarci un po’ di privacy? Gliene saremmo molto grati.
L’ anziano signore, scioccato, girò i tacchi borbottando qualcosa.
Chris si sdraiò vicino a me e mi guardò seria.
-Mi dispiace.-iniziò.
-Per cosa.
-Per questo.
-Non mi lamento, te lo assicuro.
-Nemmeno io. Non voglio una relazione stabile con te ne altro. Per questo non ti dirò il mio vero nome e non ti darò il mio numero di telefono. E tu farai lo stesso non dicendomi il tuo vero nome.
Feci per risponderle, ma lei si rimise seduta e cominciò a rivestirsi.
La guardai meglio… Assomigliava a qualcuno che avevo visto da qualche parte ma… non riuscivo davvero a ricordarmi chi fosse.
Chris prese la borsa e aprì la portiera.
Prima di chiuderla si girò verso di me e mi sorrise.
-Sai, sei il primo che mi ha portata all’ orgasmo.
Detto questo chiuse la porta con forza, lasciandomi con mille domande e con la bocca spalancata.
Rimasi così per altri dieci minuti, fissando il nulla. Poi un ticchettio sul finestrino mi fece risvegliare.
Con mio grande stupore era lei.
Abbassai il finestrino.
-Senti, il tuo amico di prima… quello pelato ha la macchina?
-Si. Perché?
-Ah, allora ho la moto. Sennò ti dovevo chiedere un passaggio.
Detto questo girò i tacchi. Non mi disse né ciao, né arrivederci. Nemmeno un addio. Fu come se la prova della sua esistenza fosse scomparsa per sempre. Non mi restava che il suo profumo dentro la mia macchina.
 

Chris



Arrivai a casa dopo mezz’ora, e entrai senza fare troppo rumore. Mi accorsi che non si sentivano né gemiti né altro… Ma qualcosa era successo di sicuro.
Cuscini sparsi per tutto il salotto, il vestito di Marta gettato a terra e le sue scarpe un po’ più in là. Agguantai il suo reggiseno, che giaceva tristemente abbandonato su una poltrona, e andai verso la sua stanza. Non bussai ed entrai direttamente.
La vidi sdraiata sul letto, con un drink in mano e il corpo nudo avvolto dalle lenzuola.
-Allora… -cominciai io, sedendomi accanto a lei –com’è andata?
-Oh… -disse lei, con lo sguardo perso nel vuoto –parecchio bene… Sai… è andata PARTICOLARMENTE bene…
-Bene.
Le presi il drink dalle mani e ne bevvi un sorso.
Lei mi sorrise.
-E te?
-Io cosa? –le chiesi, tentando di essere vaga.
-Come è andata?
-Oh… bene.
-Gli hai detto come ti chiami?
-No. E lui non lo ha detto a me.
-Quindi niente?
-Niente. Sai che non voglio storie serie.
-Si… lo so.
Seguì un lungo silenzio.
-Sai… Dave mi ha dato il suo numero.
-Oh… quindi è serio.
-Può essere.
-E tu?
-… può essere.
-Ma Dave è il suo vero nome?
-Si. E’ di Londra.
-Ah.
-Sai… è un assatanato a letto.
Scoppiai a ridere, poi mi ricomposi.
-Sai… -dissi io –Mi ha fatto venire un orgasmo.
Marta si rigirò un po’ nel letto e mi guardò con gli occhi spalancati.
-Wow… forse dovrei farci un giro anche io…
Le diedi una spinta e lei scoppiò a ridere.






Dave

Mi passai una mano sulla testa pelata e mi rigirai fra le dita la sigaretta. Ispirai e decisi che in fondo, avevo fatto bene a darle il mio numero.

Era una bella donna, matura, sapeva farci. Ma cos’era che non mi piaceva? Nulla. Non riuscivo a darle un solo difetto. Forse era proprio quello che mi bloccava.
Buttai la cicca e salii lentamente le scale che portavano alla mia palazzina.
Aprii la porta e mi si presentò davanti un disastro.
-HOLY SHIT! –urlai.
Guardai il terribile disastro che giaceva a terra. Cartacce di merendine, una scatola di pizza con il cadavere della pietanza un tempo contenuta lì, almeno sette lattine di birra vuote, che però sgocciolavano sul tappeto.
Poi, sulla MIA poltrona davanti alla MIA televisione mangiando una delle MIE merendine… stava lui.
-Ren! Che cazzo è successo qui?! –gli sbraitai in faccia.
-Dave… è successo un casino!
-Oh, lo vedo, damn it! –cominciai a raccogliere le lattine di birra –se devi fare questo casino ogni volta, perché non te ne vai a casa tua?!
-Sei tu che mi hai dato le chiavi di casa tua.
-Sì, per le emergenze!
-Mi ha dato il bidone.
-Ma come ti esprimi?!
-Non mi vuole. Non mi ha dato il suo numero. Non mi ha nemmeno detto il suo vero nome. Non è mai successo prima! Le donne mi cadono ai piedi, pregano di avere anche solo una sveltina con me! E mi ripagano dandomi il loro numero!
-Beh, comincia a capire che esistono donne che non sono donne.
-Che vuol dire?
-Che lei non è una donna. E’ LA donna. Quella forte, che vuole essere cercata, che sa farsi desiderare. Diciamocelo, se ti avesse dato il suo numero tu non te la saresti più nemmeno fatta passare per l’ anticamera del cervello. invece guardati ora! Sei uno spettacolo orripilante. E tra parentesi… tu hai una ragazza! Una bella ragazza! Una ricca ragazza!
-Ho deciso di lasciarla.
-Sì, lo dici ogni volta che vai a letto con un’ altra! Povera Chiara…
Ren si incupì per qualche istante. Io ne approfittai per fare pulizie. Quando tornai nella stanza vidi che sulla faccia del mio amico regnava un sorriso quasi beato.
-E adesso che c’è? –gli chiesi, mentre mi sedevo sul divano.
-Ha detto che le ho fatto venire un orgasmo…
-Buono a sapersi. Piuttosto, posso chiederti perché racconti a ME delle tue gesta sessuali? –mi accesi una sigaretta e sospirai.
-Beh, mica posso raccontarle a quel fallito di mio fratello! –dicendo quelle parole, fu come se un velo di delusione coprisse la faccia di Ren.
-Ren, se devo essere sincero a me non interessa granché della tua nottata… Abbiamo un problema più grande.
-E cioè?
-Come sarebbe a dire?! Hai mandato a fanculo il nostro cantante e il nostro chitarrista!
-Beh, erano delle teste di cazzo.
-Beh, ora siamo senza band!
Seguì un lungo silenzio, durante il quale Ren si mise a pensare profondamente. Dal canto mio, mi sentii in colpa per avergli detto di tornarsene a casa sua. Sapevo quanto difficile fosse la situazione con suo fratello, ma non mi veniva mai in mente nel momento giusto.
Decisi di osare.
-Tuo fratello… come sta?
Ren esitò, in difficoltà.
-Sta come al solito. Credo.
-Credi?
-Non so cosa gli passa per la testa. Non riesco a capirlo.
-Però…
-Lo sai, no? –mi interruppe –La vittima in questa storia non sono io. E’ lui. Si può concedere di stare male. Capisci?
-Si, certo.
No, non capivo. Non riuscivo a perdonare il fratello di Ren, non ci riuscivo davvero. Perché si era lasciato andare così? Non lo capivo. Io non volevo che Ren soffrisse inutilmente. Volevo bene a quel ragazzo come se fosse stato mio fratello.
Ren si alzò in piedi e mi guardò ottimista.
-Io ho una soluzione a uno dei nostri svariati problemi.
-Quale soluzione per quale problema?- chiesi.
-Per la band. Dobbiamo fare delle audizioni.

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Capitolo 4
*** Chapter 3 ***


Chapter 3



Marta


Mi svegliai di botto, al suono del mio cellulare. Assonnata e piuttosto incazzata guardai l’ orologio. Con mio enorme disappunto segnava solo le otto di mattina.
Quasi bestemmiai. Poi agguantai il cellulare, scoprendo così un messaggio di Dave.


Good Morning, sweetheart! Cosa fai oggi?  


Sorrisi, poi risposi al messaggio dicendo che avevo la giornata libera. In quel momento si svegliò Chris, che stava dormendo accanto a me.
-Che è a questa fottuta ora?! –si stropicciò gli occhi, contrariata.
- E’ Dave!
-Oh mio Dio…
-Mi chiede cosa farò oggi!
-Emozionante.
-Mi ha chiamata sweetheart!
-Stomachevole.
-Che sia amore?
-Speriamo di no!
-Non c’è cosa più bella dell’ amore!
-Assolutamente d’ accordo. Ora scusami, ma vado a vomitare. – detto questo si alzò e fece per andarsene.
Io presi un cuscino e glielo tirai sulla schiena, mentre lei borbottò un qualche insulto.
Intanto arrivò la risposta al mio messaggio.

A voi belle fanciulle va di venire a vedere le audizioni per la nostra band? Ci servirà un buon orecchio! C’è anche Ren, magari sarà un motivo in più per far venire Chris!


Poggiai il telefono sulle labbra e sorrisi soddisfatta di come le cose andavano per il verso giusto.
Andai in cucina e mi sedetti sul divano accanto a Chris, che guardava la televisione sorseggiando un caffè amarissimo.
-Ehi, Chris! –esclamai, con troppo entusiasmo.
Lei mi guardò dubbiosa.
-Ehi, Marta!-disse facendomi il verso - Cosa devi chiedermi?
-Io?! Niente! Assolutamente niente!
-Marta…
-Ti va di venire a vedere le audizioni della band di Dave?
-No.
La risposta fu immediata e mi lasciò di stucco. Ma decisi di non arrendermi.
-E dai! Dice che gli serve il nostro aiuto.
-Non voglio sorbirmi musicisti incapaci che strimpellano tutto il giorno accordi di canzoni storiche che vengono uccise con le loro cover. Ma soprattutto, non voglio sorbirmi tu e Dave fare i piccioncini tutto il dannato giorno.
-Bugiarda! La verità è che tu non vuoi vedere Ren perché hai paura!
La sua espressione si indurì.
-Non sai nemmeno quello che dici.
-Si che lo so! –mi faceva infuriare quando si comportava così –Hai soltanto paura di restare ferita e di illuderlo! Sei una codarda! Vedi di svegliarti, ragazzina! Gli uomini non sono tutti come lui!
Chris si alzò di botto e fece cadere la tazza di caffè a terra, frantumandola.
-Ma tu che cazzo ne sai?! –urlò –Tu che cazzo ne sai di quello che ho passato, eh?! Sei solo una puttanella che si fa ogni uomo le capiti sotto gli occhi.
In quel momento fui io ad alzarmi e ad urlarle contro.
-So tutto di quello che hai passato perché ero lì con te! Dici che sono una puttana, ma ti sei dimenticata di una cosa importante! Mentre lui ti spezzava il cuore era questa puttana che ti asciugava le lacrime!
Chris tacque. Sapevo di aver colpito nel profondo, ma ormai non potevo più tornare indietro.
Lei era tutto per me. La mia unica amica. La mia unica ancora di salvezza. Era come la sorella che non avevo mai avuto. Ma ciò che mi faceva stare male era che io sapevo di non poter sostituire la VERA sorella di Chris. Non avrei mai potuto.
Continuò un lungo ed imbarazzante silenzio, ma non sarei stata io a chiedere scusa. Non potevo viziarla per sempre.
-Scusa. –disse lei, dandomi le spalle.
Aprì il frigo, prese una mela e la addentò. Poi mi guardò, con gli occhi pieni di lacrime.
-Davvero scusa.
Mi avvicinai a lei e le carezzai la testa, come se fosse stato un cane.
-Ammetto che ci sono andata pesante. –dissi io –E sarai perdonata solo se verrai con me alle audizioni.
Chris sbuffò, ma poi mi sorrise.
- D’ accordo. Ma prima devo fare una cosa. ti raggiungo dopo.
Io la guardai dubbiosa.
-Te lo giuro! –esclamò.  
Poi si allontanò da me e saettò nella sua stanza.
Andai sul balcone e accesi una sigaretta. Poi digitai il numero di Dave, sorridente.
-Pronto? Dave, sono Marta… Senti… sei davvero sicuro che oggi Ren venga? Bene… allora diamo il via alla seconda parte del piano.







Chris


-Buongiorno, mia cara. Come va la vita? Ops, mi sa che non è il massimo per cominciare. Non so da te che tempo fa, ma qui c’è un sole insopportabile. Oh, dannazione! Ogni volta che vengo qui mi rendo conto di quanto questa foto non ti doni. Non sei affatto felice! Ti giuro, quando mamma e papà hanno bruciato le foto volevo ucciderli. Sai, credo che Marta stia tentando di farmi mettere insieme a Ren. Ah, ma tu non sai chi è! E’ un bassista. L’ ho rimorchiato a Villa Sciarra. Si… è un bassista anche lui. Credo sia un fattore genetico. Somiglia a Sid Vicious. Però è più bello. Sai, mi ricorda qualcuno… però non mi ricordo chi. Senti, salutami tutti i tuoi… amici di lassù. Amici? Si potranno definire così? Io devo andare. Ti ho portato altri fiori, altri papaveri. Era il tuo fiore preferito, no? Allora, cambio l’ acqua ai fiori e me ne vado. Buona giornata. Torno fra due giorni. Ti voglio bene.

Detto questo mi asciugai una lacrima che silenziosamente mi aveva rigato il viso. Feci per cambiare i fiori ma rimasi interdetta.
Qualcun’ altro lo aveva già fatto. Ma chi? In un altro vaso, comprato da poco, c’erano altri papaveri che non potevano avere più di due giorni. Mi alzai in piedi e mi guardai intorno. Chi, oltre a me, si ricordava ancora di lei?
Sospirai e me ne andai. Ma prima di lasciare il cimitero lanciai uno sguardo alla sua tomba.
-Buona giornata, sorellina.





Ren


Mi mordicchiai le unghie mentre aspettavo. Dave, accanto a me, sorseggiava tranquillo un bicchiere d’ acqua. Io non riuscivo a calmarmi, terrorizzato all’ idea di incontrarla di nuovo. Voglio dire, mi aveva scaricato la sera prima… con che faccia l’ avrei salutata?
In quei momenti mi sentivo debole come un gatto.
Sentii la porta aprirsi. Sentii il mio cuore fermarsi. Era Marta. Era da sola. Sentii il mio cuore bestemmiare.
-Buongiorno, miei cari. –a me rivolse a malapena uno sguardo, perché subito si fiondò su Dave, che felice la abbracciò.
Sentii un conato di vomito salirmi lentamente per la gola, ma decisi di trattenerlo. Aveva notato che Dave era particolarmente felice accanto a lei, e questo avrebbe dovuto rassicurarmi. Ma non era così. Non riuscivo a tranquillizzarmi.
Non mi sarei mai tranquillizzato. Mai. E la colpa non era mia.
-Non fare quella faccia! –mi disse lei –Guarda che Chris viene! Aveva solo un impegno.
-Ah… -sentii che il mio cuore ricominciava a battere.
-Un impegno? –chiese Dave, che poi mi lanciò uno sguardo eloquente –Probabilmente ha un altro uomo!
-Magari… -disse Marta –Niente uomini. Aveva un impegno un po’ più triste.
Non disse altro. Si aprì la porta ed entrò un ragazzo sui sedici anni, piccolo di statura e con una chitarra in spalla.
- E’ qui l’ audizione? –chiese, guardando interdetto Marta che stava avvinghiata come un avvoltoio a Dave. Appena lei lo vide, però, sembro volersi dare contegno e si alzò a prendere un’ altra sedia.
Dave si accese una sigaretta, l’ ennesima, e fece cenno al ragazzo di cominciare a suonare.


Tre ore. Erano tre ore che stavamo lì. Tre ore che ascoltavamo musicisti e cantanti mediocri tentando di non bestemmiare quando ci dicevano che stavano per suonare i Beatles e poi sembrava di ascoltare l’ ultimo singolo di Cristina D’ Avena.
Era il turno di un cantante che ormai da qualche minuto stava letteralmente uccidendo Under Pressure dei Queen.
Mi avvicinai a Dave che guardava il ragazzo con divertito interesse.
-Senti… -gli sussurrai –questo qui sta facendo rigirare nella tomba Freddy Mercury. Possiamo mandarlo a fanculo?
Il giovane decise di lanciarsi nella notevole e onorevole, per carità, impresa di fare anche la parte di Bowie. Al cambio di toni che adottò dovetti per forza tapparmi la bocca per non urlargli contro una bestemmia. Mi trattenni dal tapparmi le orecchie.
-E se continuiamo così schiatta anche David Bowie! –conclusi.
Dave si mise a ridere, ma non lo fermò né nei suoi occhi ne vidi la più piccola intenzione.
Vidi che Marta guardava il ragazzo con uno sguardo misto tra l’ odio e il disgusto.
Intanto, la porta si aprì. Scattai in piedi. Era lei. Si, proprio lei. Diversa da quando la avevo vista l’ ultima volta. I lunghissimi capelli rosso sangue erano raccolti in una coda alta e indossava un paio di jeans con una canottiera con stampata la lingua degli Stones.La vidi restare ferma qualche secondo a guardare il ragazzo, indecisa sul da farsi. Mi lanciò un’ occhiata che però non durò neanche mezzo secondo. Disse qualcosa ma non la sentii, perché la sua voce era coperta da quello strazio musicale. Ma da quello che capii leggendole le labbra mi sembrò che dicesse: io questo lo castro.
Andò a passi veloci verso il ragazzo e gli strappò dalle mani il microfono. Poi andò verso lo stereo e staccò la spina.Lei si girò di scatto verso il ragazzo e gli si avvicinò minacciosamente.
-Tre cose. Tre cosa e poi te ne vai a fanculo! –parlò con il microfono vicino alla bocca, il che la rese ancora più minacciosa
Il ragazzo fece di sì con la testa.
-Uno: come cazzo ti viene in mente di cantare una canzone di Freddy Mercury se a malapena riesci a fare un si bemolle?! Due: Stai cercando di offendere la memoria di Freddy Mercury, di profanare la sua tomba?! No, perché ti assicuro che ci stai riuscendo! Terzo: vuoi per caso che Bowie ci faccia causa perché gli stai distruggendo una grande performance?! E poi, mi devi togliere una curiosità: cos’erano quei gesti mentre canta… mentre ci spaccavi i timpani?
-Gesti? –chiese lui, spaventato.
-Si… dai, mi hai capita! –cominciò a muovere le mani a destra e a sinistra per poi alzarle entrambe con il palmo alzato.
-Ah! Quelle sono per ricordarmi a chi tocca cantare. –sentenziò quasi orgoglioso.
Chris non disse niente.
-Freddy canta e io muovo la mano sinistra. Bowie canta e muovo quella destra. E le mani aperte –aprì le mani e le mosse sopra la testa –le uso quando cantano anche gli altri membri della band!
Seguì un lungo silenzio, durante il quale tutto ciò che si sentiva era il respiro di Chris che diventava sempre più rado e tagliente. Mi passai una mano sulla faccia, ormai disperato!
La mia attenzione fu catturata dal braccio di Chris che si alzava molto lentamente e indicava la porta.
-Fuori di qui. –il suo tono non lasciava pensare ad altre opzioni.
Il ragazzino se ne andò quasi correndo, terrorizzato. Chris ci guardò, incredula.
-No, dico, ma siete impazziti? Perché diavolo lo avete lasciato cantare?! Ci vuole coraggio! Santissimocristodiddio, siete così santi da non riuscire nemmeno a mandare via a calci in culo un ragazzino che mette tutte le sue forze e speranze in un’ audizione distruggendo quindi tutti i suoi sogni?!
Marta alzò la mano e Chris tacque.
-Prima di proseguire con il tuo monologo, che devo ammettere è illuminante, hai visto se ce ne sono altri di quei ragazzi pieni di speranze e aspettative?
-No, Dio ha avuto pietà di voi ma soprattutto di me.- La vidi sedersi sul tavolo esattamente davanti a me, senza però degnarmi di uno sguardo.
Dave si passò una mano sulla testa pelata e sospirò.
-Siamo fottuti. Non verrà più nessuno e… ti dispiace? –sbottò, lanciando uno sguardo a Chris che, senza troppi complimenti, si era presa una sigaretta dal pacchetto di Dave.
-Colpa tua che lo lasci aperto, sembra praticamente un invito a prenderne una. Comunque grazie. –Detto questo se la accese.
Dave decise di non combattere per quella sigaretta.
-Comunque non siete fottuti. –continuò Chris –Nella vostra band da chitarrista ci suonerà Marta.
Seguì un lungo silenzio, durante il quale nessuno osò muoversi. A parte Chris, ovviamente. Lei si mise a cercare per tutta la sala un posacenere per poi trovarlo esattamente dove doveva essere: sul tavolo. Fece qualche battuta sul suo essere sempre distratta e si mise a raccontare di quando, una volta, era sicura di essersi persa gli occhiali da sole e per poi accorgersi di averli sulla testa. Io avrei voluto ridere (e nella mia mente risi, perché era successo anche a me) ma ancora dovevo capacitarmi di quello che aveva detto su Marta.
Marta aveva l’aria di essere… beh, aveva l’aria di poter essere ogni cosa tranne una chitarrista. Le lanciai uno sguardo dubbioso: ignorando il fatto che la sua espressione era tanto incredula quanto la mia, era vestita in modo elegante, con l’ ombretto abbinato alla maglietta e la borsa dello stesso colore delle scarpe (due tacchi esorbitanti, era in questi momenti che le donne avevano tutta la mia ammirazione).
Decisi di farmi coraggio visto che i due pomicioni (ho deciso di chiamare Marta e Dave così) non sembravano intenzionati a spiccicare parola.
-Ehm… Chris? –mi venne quasi un infarto al pronunciare il suo nome –Marta sa suonare la chitarra?
-Certo che sa suonare la chitarra, altrimenti perché vi dicevo di prenderla come chitarrista? Cosa sei, stupido? –si bloccò dopo l’ultima parola –Certo che è stupido, che razza di domanda…
-No, credo di non essermi spiegato… -tentai di mantenere la calma –Voglio dire, sa suonarla bene? E’ in grado di mandare avanti un concerto? Non so nemmeno che tipo di musica ascolta! Noi siamo una band Punk-Rock!
Chris mi si avvicinò.
-Stai mettendo in dubbio la mia parola?
-Certo che sto mettendo in dubbio la tua parola! Non ti conosco nemmeno!
-Mi ferisci! Pensavo che dopo la NOSTRA chiacchierata nella TUA macchina avessi imparato a conoscermi!
Mi agitai e feci per controbattere (alzai persino l’indice verso di lei in modo accusatorio, ma tutto ciò che ne uscì fuori fu un movimento insensato). Alla fine mi passai una mano fra i capelli e sospirai. Sul viso di Chris apparve un’espressione di vittoria.
Vidi che Marta alzò la mano.
-Posso parlare? –chiese a Chris.
-Certo che puoi parlare. –le rispose.
-Io nella loro band ci posso pure suonare…
-Ehi! –la interruppi io –Nessuno ha detto che ci puoi suonare! Non ho idea di come suo…
-Non sto parlando con te. –esclamò lei, guardandomi freddamente –La mia presenza nella band sarebbe solo una benedizione per voi due. –si rivolse di nuovo a Chris –Io ci suono solamente se tu ci canti. Stanno anche senza un vocalist. Lo farai tu. Altrimenti io non ci suono.
Questa volta fu Chris a tacere. La cenere le cadde sulla mano, ma lei non si mosse di un millimetro. Poi ci guardò.
-Mi dispiace, siete fottuti. Niente chitarrista! –disse lei, alzando le spalle.
-Aspetta… -disse Dave, entrando nella conversazione –Tu canti?
Chris si mosse nervosamente.
-Un pochino. E mediocremente…
-Non so nemmeno cosa significhi mediocremente! –esclamò Dave, con un bel sorriso in faccia –Basta che canti!
-Marta, posso parlarti un minuto? –disse Chris –In privato.
Marta si alzò e seguì Chris lontana da noi. Le vidi confabulare ma non riuscii a capire granché. Leggendo le labbra alle due capii solo “Col cazzo”, “Non me ne frega un benemerito cazzo”, “io con quel cazzone non voglio avere niente a che fare”. L’ eleganza di Chris mi lasciava sconcertato. E rimasi ancora più sconcertato quando mi venne il dubbio che con cazzone si riferiva a me.
-Ehi, Dave. -dissi io, avvicinandomi al pelatino (ogni tanto lo chiamo così) –Tu pensi che con cazzone si riferisca a me?
Lui mi guardò, con gli occhi spalancati.
-Certo che si riferiva a te! A chi altri sennò? A me? –concluse la frase con una risata beffarda e un “Unbelievable”.
Intanto le due avevano finito la conversazione e si avvicinarono a noi. Marta era piuttosto poco soddisfatta.
-Chris dice che ci deve pensare. –disse.
-Sì. –affermò la diretta interessata –Ci devo pensare.
-Okay. –dissi io –Pensaci. A noi piacerebbe averti nella band.
-Giusto. –confermò Dave –Ma non perché tu mi interessi particolarmente, ma perché ci voglio Marta.
-Bene! –disse Chris –Mi piace il tuo essere diretto, Dave. Se continuerai a trattarmi in questo modo sei a un passo più vicino all’ avere Marta nella band.
Detto questo girò i tacchi e se ne andò senza dire una parola. Fino all’ ultimo sperai che si girasse per lanciarmi uno sguardo ma non accadde. Capii che era impossibile per me sperare di avere anche una delle più remote speranze con lei.






Chris

-Sai, Marta… credo di odiarti.
Marta rise e si sedette accanto a me. Entrambe eravamo sedute sulle poltrone della nostra amata piccola sala ricreativa. Questa era in realtà un piccolo studio di registrazione che con i nostri soldi eravamo riuscite a farci costruire in casa. Passavamo molto tempo lì a suonare e ascoltare musica.
La nostra conversazione venne interrotta dal mio telefono che vibrò, avvertendomi di un nuovo messaggio.

Ciao, sono Ren. Se hai preso una decisione mi piacerebbe che tu venissi a casa mia domani e me la riferissi. Qualunque sia mi piacerebbe che me la dicessi in faccia. L’ indirizzo ce l’ ha Marta.

 Rimasi in silenzio e lessi e rilessi quel messaggio.
-Chi è? –mi chiese Marta.
La guardai con gli occhi spalancati.
-Chi è? –dissi io –Chi è?! Hai il coraggio di chiedermelo?! E’ Ren, chi vuoi che sia! Quindi due domande: come fa ad avere il mio numero? La risposta viene da sola, gliel’ hai dato tu!
-Non è vero! –mi interruppe –Io il tuo numero l’ ho dato a Dave!
-Ah! Beh, questo cambia ogni cosa! –esclamai, quasi scioccata –e come mai lo hai dato a Dave?
-In modo che lo desse a Ren, che domanda!
-Okay… Okay, lasciamo perdere! E perché tu hai l’indirizzo di Ren?
-Me lo ha dato lui.
-Ah. Perché mai?
-Perché così te lo avrei dato.
Decisi di tacere e mi misi a strimpellare con la chitarra accordi improvvisati per scaricare la tensione.
Il giorno dopo, mi trovavo davanti alla casa di Ren. Ebbene sì, ci ero andata. Ci ero andata per rifiutare. Per declinare. Per non accettare. Non sarei entrata nella loro band. Ma volevo rassicurarli che Marta avrebbe comunque suonato, tanto era pazza di Dave. Rimasi ferma davanti alla porta chiedendomi come mai Marta fosse così fissata con quel pelato. Sospirai.
Sul biglietto dell’ indirizzo c’era scritto che viveva al terzo piano. Prima di entrare, però, la mia attenzione fu catturata da una moto parcheggiata davanti all’ appartamento.  Era nera. La avevo vista da qualche parte. Si, ne ero sicura, ma dove? Mi rivenne in mente come fosse stato un flashback, quella stessa moto correre via da me. Ma non ricordavo dove e quando la avevo vista. Alzai le spalle e entrai.
Arrivai fino al terzo piano a piedi, facendomi le scale. Da quando in un appartamento del genere non c’era l’ascensore?! Davanti alla porta rimasi dubbiosa. Alzai la mano e la chiusi a pugno e, con un incredibile sforzo da parte mia, bussai. Rimasi pietrificata quando mi resi conto che, pur avendoci messo tutta la forza del mondo ne era uscito solo un flebile suono. Mi guarda la mano e la vidi tremare. Di cosa avevo paura?
-Ho paura di Ren… -sussurrai.
Ci furono due secondi di silenzio poi dei passi veloci. La porta si spalancò. Mi trovai davanti un Ren assonnato con i capelli scompigliati e addosso soltanto i pantaloni del pigiama. Lanciai uno sguardo al suo torso nudo e mi rivenne in mente della prima notte che avevo passato con lui in quella squallida macchina da due soldi. Tra parentesi, anche l’ unica notte.
-Chris… Sei… sei in anticipo. –disse lui, quasi arrossendo.
Aggrottai le sopracciglia.
-Come faccio ad essere in anticipo se non mi hai nemmeno dato un orario. Piuttosto, ancora dormivi? E’ mezzogiorno!
-Mi piace dormire! –disse lui –Vieni, entra pure.
Entrai nella casa. L’ingresso si diramava in molti corridoi. Mi feci strada fra di essi e notai che era grande, come abitazione, e luminosa. Arrivai fino alla cucina e capii che quella era il centro della casa. Nella stessa stanza c’era un divano e una televisione. Poi altri tre corridoi che portavano a tre porte chiuse.
-Potresti metterti qualcosa addosso? –chiesi io a Ren.
-Che c’è, ti vergogni? –mi chiese speranzoso.
Io gli sorrisi.
-No, è che rischio di saltarti addosso se resti così. Sai, anche io ho i miei impulsi.
Vidi Ren arrossire violentemente e allontanarsi in silenzio verso una delle tre porte. Io mi misi ad esplorare la stanza, ma prima che potessi rendermi conto di come era la casa vidi una delle porte aprirsi. Uscì un ragazzo di colore che appena mi vide stralunò.
-E tu chi sei? –mi chiese con una voce effeminata.
-La compagna di sesso di Ren, credo.
-Ah! Piacere, io sono Jonathan. Vivo qui. Ogni tanto.
-Ogni tanto?
-Preferisco dormire a casa del mio ragazzo, non so se mi spiego.
Io sorrisi.
-Credimi, ti capisco.
Jonathan mi sorrise e mi disse che doveva andare e mi pregò di tornare. Io ripresi a guardare per la stanza. Le pareti erano tappezzate di poster di film e band. Riconobbi moltissimi titoli fra i film. Buffo, perché erano proprio i preferiti di…
Sentii una porta aprirsi e mi girai. Mi aspettai di trovarmi davanti Ren, ma non fu così. Davanti a me c’era un uomo sulla trentina. Sotto gli occhi nerissimi giacevano delle occhiaie scure e profonde, come se non dormisse da anni. Il viso pieno di eleganza, pallido e con dei lineamenti forti. I capelli erano nerissimi e ribelli, senza ordine. Il fisico slanciato. Era identico a Ren, solo più adulto e con una leggera barba. Ma il mio sguardo veniva catturato dai suoi occhi nerissimi che mi risucchiavano. Qualcosa però non quadrava. Lo vidi immobile,quasi pietrificato. Lo sguardo era quello di chi vedeva… di chi vedeva un fantasma. Mi si avvicinò con passi tremanti.
Quando mi fu a pochi centimetri allungò una mano e mi prese una ciocca di capelli.
-Layla… -sussurrò

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Capitolo 5
*** Chapter 4 ***




 Chapter 4
 

 
Chris

 
Il fiato mi si mozzò quando disse quel nome.
-Cosa? –chiesi, incredula.
-Layla! –disse, ora con voce più alta –Layla!
Lo pronunciava con una tale veemenza, con una tale passione che io rimasi immobile mentre mi prendeva fra le braccia e mi stringeva forte.
-Sei viva! –urlò –Sei ancora viva!
Le sue gambe cedettero e il suo peso mi buttò a terra insieme a lui.
Mi guardò e mi si avvicinò al viso. Compresi le sue intenzioni e cominciai a scalciare. Non riuscivo a scrollarmelo di dosso e mi stava cominciando a fare paura.
Continuò a chiamare il nome di Layla. Alla fine cedetti.
-REN! –urlai con tutto il fiato che avevo in gola –REN!
I passi veloci di Ren arrivarono fino a me e vidi il suo viso completamente deturpato dalla rabbia.
Prese quell’ uomo per le braccia e con molto sforzo riuscì a togliermelo di dosso. Quello si allontanò con uno sguardo perso, come se avesse perso la memoria.
-Dico, sei impazzito?! –urlò Ren, che intanto mi aiutò a rimettermi in piedi.
Io guardai dritta negli occhi quell’ uomo e mi chiesi cosa aveva. Perché mi aveva chiamata così? Come faceva a conoscerla? Chi diamine era?
-Ehi, Stefano! Rispondimi! –urlò ancora.
Stefano… dove avevo già sentito questo nome?
Ren intanto mise le sue attenzioni su di me.
-Chris stai bene?
-Chris? –chiese intanto l’ uomo.
Io mi girai verso di lui. Vidi che mi si avvicinava di nuovo. Ren mi spinse dietro di lui e mi si mise davanti.
-Piantala. Che cosa ti sei bevuto, eh? –gli chiese Ren.
-Tu hai gli occhi azzurri? –mi chiese scioccato l’ uomo –Che fine hanno fatto i tuoi occhi neri? Perché lui ti chiama Chris? Tu sei ….
Regnò il silenzio a lungo. Poi mi rivenne in mente una scena. Ero al SUO funerale e un uomo mi si era avvicinato dopo la cerimonia. Aveva la SUA chitarra in spalla e me l’ aveva data, dicendomi che LEI  avrebbe voluto così…
-Tu… -dissi –Tu sei il ragazzo di mia sorella.
Lui mi guardò con occhi tristi.
-Tu non sei Layla. Tu sei Chris... Tu sei sua sorella.
-Sì…  Sono sua sorella.
 
 
Stefano
 

 
 
Mi sedeva davanti. Lì, proprio lì davanti a me. Stava seduta sul divano. Sul MIO divano. Lo stesso divano dove lei si sedeva. Ha il suo stesso modo di non guardarti in faccia quando è in difficoltà. Lei, però, era più adulta… Quanti anni aveva ora?
-Scusami? –le dissi.
Lei sussultò per un attimo e mi guardò senza dire niente. Fece solo un cenno con la testa.
-Quanti anni hai?
-Venti.
Sorrisi.
-Sei più grande di tua sorella.
-Mia sorella è morta. –disse, seria –E io non so perché. Tu sì. Tu c’eri. Tu… te lo ricordi no?
Risi. Come avrei potuto dimenticarmi di quella notte. Dell’ ultima volta in cui io la potei abbracciare.
In un istante mi passarono nella mente immagini sporche che mi insozzavano l’ anima. Il suo sangue così scuro, dello stesso colore dei capelli della sua sorellina.
-Sei cresciuta. –dissi io.
-Sono passati dieci anni. –disse severa –E’ ovvio che io sia cresciuta.
-Sei molto bella.
Tacque.
-Le somigli così tanto… Però Layla aveva gli occhi neri come la morte.
-Per questo la morte se l’ è portata via? –mi chiese con freddezza –Per invidia?
-Come non si poteva essere invidiosi di lei? Lei era perfetta. Così bella e pura.
-Lei non era pura.
-Ai miei occhi era la creatura più pura del mondo. Nei suoi occhi non ho mai visto l’ombra dei suoi peccati, solo rimorso.
Seguì un lungo silenzio. Il suo modo di parlare era come il suo: freddo, tagliente. Sicuro di poter lasciare il segno, qualsiasi cosa dicesse.
-Suoni la chitarra, vero? –le chiesi.
-Si, la suono.
-E canti? Diceva che avevi una voce meravigliosa…
Le ciglia le si aggrottarono. Io risi brevemente.
-Anche Layla aveva il vizio di aggrottare le ciglia quando non le tornava qualcosa. E aveva un sacco di espressioni. Io avevo dato un nome ad ogni sua espressione.
-Tu… -mi interruppe–Ti ricordi tutto alla perfezione?
-Io mi ricordo ogni singola parola che è uscita dalle labbra di tua sorella.
-Sei strano.
-Sono uno stalker.
-Questa conversazione l’ abbiamo già avuta.
-Hai una buona memoria. –convenni –Ti sei fatta spiegare da tua madre cos’è uno stalker?
-Sì. Anche tu hai una buona memoria.
Feci spallucce. Nel vederla così dubbiosa mi si strinse il cuore.
-Tu non ti fidi di me, vero?
-Per quanto ne so potresti essere stato tu a uccidere mia sorella.
Quelle parole mi pugnalarono.
-Come? –chiesi.
-Quando l’ hanno ritrovata era piena di ferite che non erano causate dalla collisione con l’ auto. Aveva due costole incrinate, una gamba rotta e una ferita alla testa.
Seguì il silenzio. Io quasi trattenni il respiro, mentre una lacrima mi rigò una guancia. Avrei voluto ricacciarla dentro, ma non mi era possibile.
-Mai e poi mai le avrei fatto del male. Mai. Sono stato chiaro? Io ho fatto di tutto per salvarle la vita. Tutto. Ero disposto a morire per lei. Se la avesse resa felice mi sarei addirittura tagliato le vene. Io amo tua sorella.
-Ami?! –urlò –Mia sorella è morta! Tu amavi mia sorella! Amavi! Detesto chi parla di lei come se fosse ancora qui!
-Le volevi bene, vero?
-Io amavo mia sorella più di chiunque altro, maledetto stronzo!
-Perché mi odi?! Pensi davvero che io la abbia uccisa?!
-No, penso solo che tu sei stato con lei per molto più tempo di me! Tu eri con lei quando è morta! Io l’ ho saputo il giorno dopo!
Vidi che dai suoi occhi azzurri volevano uscire delle lacrime, ma lei era più forte di me, le trattenne lì.
-Layla mi lasciò una lettera. Mi scrisse che dovevo dimenticarla e trovare la felicità con un’ altra persona…
-E tu che hai fatto?
Cominciai a piangere come un bambino mentre il suo odio nei miei confronti sembrava affievolirsi. Cominciava a capire?
-Io non riesco a dimenticarla! Non riesco a dimenticare tua sorella! Non ci riesco!  L’ ho amata troppo!
Intanto una porta si aprì e si richiuse, ma io non ci feci caso. Chris sì.
-Stefano… -disse. Mi prese un colpo nel sentirmi chiamare così con la stessa voce di Layla.
-Cosa?
-Dalla tua stanza è appena uscita una donna nuda.
Io mi girai e vidi la ragazza con cui avevo passato la notte completamente nuda bere un caffè.
“Merda” pensai.
-Quella… non è la mia stanza. E’ di Jonathan.
-Jonathan è gay, Stefano.
-Senti! Io ci sto provando a dimenticarmi di tua sorella! Se poi non ci riesco non è colpa mia! Ma ti giuro che ci provo!
-Beh, meno male! Pensavo che fosse una da una botta e via, una puttanella! Senza offesa, ovvio! –disse rivolgendosi alla ragazza –E dimmi, come si chiama?
“Merda”.  Quella notte ricordavo solo di essermi sbronzato.
-Camilla. –azzardai.
-Non è vero. –disse.
-Sei uguale a tua sorella.
Lei si irrigidì. Frugò nella borsa e prese un pacchetto di sigarette. Ne accese una e prese un posacenere che era poggiato davanti a lei sul tavolo. Sorrisi. Fumava nello stesso identico modo di Layla. Era come se fosse lì.
-Seven Stars. –dissi, mentre lei mi lanciò uno strano sguardo –Anche tua sorella le fumava.
-Io ho trovato un diario nella camera di mia sorella. –disse, interrompendomi.
Intanto “Camilla” si era rivestita e se ne andò senza dire una parola sbattendo la porta di casa.
-Un diario? –chiesi.
-Sì. Ci ha scritto tutto l’ ultimo anno della sua vita. E quando intendo tutto intendo proprio tutto. - Mi lanciò un’ occhiata eloquente. Io capii e mi si gelò il sangue.
-Ah.
-Già.
-E tu cosa hai fatto?
-Ovviamente ho cercato altre notizie. Mi sono informata. Ho indagato. Sono riuscita a entrare nel giro di informazioni grazie a Cheza. Non so il suo vero nome. Ma mi ricordavo di lei perché ogni tanto la avevo vista con mia sorella. Allora tre anni fa, quando ho trovato il diario, sono riuscita anche a scovare il numero di telefono di Cheza che è stata felice di darmi notizie su Layla. Da lì sono risalita a Kain. Io e lui continuiamo a sentirci. Ormai ha lasciato il giro ma ogni tanto alcuni vecchi compagni che nutrono rancore verso di lui lo sfidano a duello. Si sta per sposare. Ma io non sono sicura di potermi fidare di me. Lui mi sembra colpevole. Mia sorella lo odiava, era disposta ad ucciderlo per ciò che le aveva fatto.
-Perché, cosa le aveva fatto? –chiesi.
Lei tacque e si guardò i piedi. Sentii una rabbia salirmi dentro, ma non capivo perché.
-Che cosa le ha fatto?
-Se non te lo ha detto allora non credo di avere il diritto di dirlo a te. –disse quel “te” con un tale disprezzo che la mia rabbia si mutò in tristezza.
 Calò di nuovo il silenzio. Io cercavo di non cedere alla tentazione di chiederle cose di Layla. Se lo avessi fatto avrei lasciato un doloroso solco nel suo cuore. Non potevo costringerla a tirare fuori ricordi di sua sorella e di sputarmeli in faccia come se niente fosse.
Lei spense la sigaretta nel posacenere e si alzò.
-Stai con mio fratello? –le chiesi.
Lei si girò e sembrò pensarci.
-No, non sto con lui.
-Non ti piace?
-Non è questo. Non lo so… -spostò il peso su una gamba.
-Ah! –esclamai, rivedendo una scena veloce nella mia mente –Anche Layla spostava il peso sulla gamba destra quando pensava a qualcosa che non le tornava.
Mi sembrò di intravedere un sorriso illuminare il viso di Chris. Ma sparì subito.
-Ren! –urlò.
Lui arrivò in fretta e furia.
-Cosa?
-Accompagnami a casa. Qui ho finito.
Senza degnarmi di uno sguardo, lei se ne andò.
Mio fratello mi guardò serio.
-Devi dirmi qualcosa? –gli chiesi.
-No.
-Tienitela stretta.
-Perché?
-perché se è come Layla, allora è la donna che ti renderà felice.
Lui andò verso la porta e prima di uscire mi guardò.
-Se è davvero come Layla allora mi ridurrà ad una merda ambulante come te.
Detto questo, se ne andò.
 
 
 
 
Chris

 
 
 
Mi resi conto che mi tremavano le mani. Provai a  prendere fiato ma l’ aria mi graffiava i polmoni.
Dovevo calmarmi. Dovevo calmarmi. Dovevo riprendere il controllo del mio corpo. Non avrei mai dovuto incontrarlo. Non ci potevo credere. Era assurdo incontrarlo di nuovo. E la colpa era sua. Solo sua.
-Chris? –Ren mi chiamò.
Mi girai verso di lui con gli occhi ancora lucidi, ben decisa a non cedere alla mia tristezza. Lui mi si avvicinò e mi prese la mano.
-Ti giuro che io non lo sapevo che eri sua sorella.
-Lo so. Ne sono sicura. Mi devi accompagnare in un  posto.
Sembrò spiazzato.
-In che posto?
-Al cimitero.
 
 
 
Ren
 
 
 
 
Di  nuovo, ci ritrovammo nella mia macchina piccola e vecchia. Ma questa volta nessuno di noi due era in procinto di mostrarsi come mamma ci aveva fatti. E ancora più soprattutto non stavamo certo andando in un locale a divertirci… Bensì ad un cimitero. Io, tutt’ora, detesto i cimiteri. Odio andarci e odio pensarci. Ma per lei, pensai, sarei disposto ad andare ovunque. Quel piccolo pensiero mi balenò in testa e mi sorprese. Decisi di tacere e diedi una rapida occhiata a Chris. Lei stava….   sorridendo.
-Perché ridi? –le chiesi.
-Stavo pensando che hai pulito qui dentro…
Io strinsi le mani sul manubrio e tentai di non arrossire. Ma non avevo ancora imparato a controllare il sangue nelle mie vene.
-Beh, mica potevo lasciare tutto incasinato. Guarda che io ho un…
Mi bloccai pensando alla grossa cazzata che stavo per dire.
-Tu hai un.. cosa ?
-Un fratello che si fa spesso e volentieri i cazzi miei. –nella mia mente tirai un sospiro di sollievo.
Arrivammo al cimitero. Lei scese e sospirò. Io la seguii in silenzio. Mi porto esattamente al centro del cimitero. Cimitero che risultava quasi piacevole: la giornata era bellissima e una leggera brezza faceva frusciare le fronde degli alberi.
Indicò la lapide davanti a noi.
-Questa è la tomba di mia sorella.
Guardai la foto. Era come vedere Chris. Erano davvero due gocce d’acqua, solo che Chris era più grande di almeno due anni della ragazza raffigurata nella foto. E poi Chris aveva gli occhi azzurri, non neri.
-Era davvero bellissima. –dissi.
-Sì, lo era. Ma questa foto non le rende giustizia. Io ne volevo mettere una in cui era felice, ma non ne ho trovata nemmeno una. E poi i mia madre ha bruciato tutte le altre.
Chris si sedette e io mi misi accanto a lei a gambe incrociate.
-Mi chiamo Christine Saverio. Mia madre è francese, mio padre italiano. Io e Layla abbiamo sempre vissuto in Italia, non siamo mai andate in Francia e non sappiamo una sola parola di francese. Io so dire solo Je m’ appelle,  Nemmeno il nome.  Quando seppi che mia sorella era morta piansi tutte le lacrime del mondo. Poi al funerale incontrai Stefano. In quel momento non lo odiai. Poi però lessi il diario di mia sorella. Gli ultimi sei mesi della sua vita non c’erano scritti. Questo mi fece infuriare. Pensai che si era completamente dimenticata di me.  Fu in quell’ istante che cominciai a provare puro odio per Stefano. Cosa facevano insieme? Come passavano le giornate? Stefano la trattava bene, come lei si meritava? Era diventata un’ ossessione ormai, e siccome non riuscivo a trovare tutte le risposte, decisi di continuare a odiare Stefano.  Ma nella mia mente sapevo bene che non dovevo… Sapevo che lui era una vittima in questa storia, proprio come Layla. Mio padre, che non mostrava mai le sue emozioni, cominciò a disperarsi. Lui era un chirurgo ed era stato lui ad operare Layla per riuscire a salvarla dopo l’ incidente. Non ci riuscì. Si lasciò andare di brutto e troncò con mia madre. Mia madre che era terribilmente debole e stupida cominciò a bere. Io me ne fottevo, della sua vita poteva fare quello che voleva. Bruciò tutte le foto di mia sorella e distrusse ogni oggetto che le apparteneva. Quando compii diciotto anni tornai da scuola e la vidi supina a terra. Si era tagliata le vene, ma non era morta. Tutt’ora si trova in un centro di recupero. Appena potei lasciai scuola e mi trasferii con Marta nella casa dove abitiamo attualmente. I soldi non furono mai un problema: la mia famiglia è ricca sfondata e tutto il patrimonio è finito dentro le mie tasche. Io e Marta abbiamo lavorato per parecchio tempo come barista io e come commessa in un negozio di Prada lei. Abbiamo messo su un bel gruzzolo e poi ci siamo rese conto che potevamo anche smetterla di spaccarci il culo quando i soldi ce li avevamo. Quando ce lo chiedono suoniamo a cerimonie tipo matrimoni o anche in piccoli pub. Pensavo che avrei potuto continuare a vivere così all’ infinito. Poi ho incontrato te. Tu mi hai stravolto l’esistenza. In mezzo secondo sei riuscito a far vacillare ogni mia sicurezza. Per questo ho deciso che non farò parte della tua band.
 
Rimasi in silenzio. Cosa voleva dire che non avrebbe fatto parte della band. Io ero sicuro che sarebbe stato il contrario, che mi avrebbe detto di sì. E’ buffo quando sei sicuro di una cosa e poi qualcuno riesce subito a riportarti con il culo per terra e a dirti “Ehi, chicco, questa è la realtà, non un sogno ad occhi aperti! Quindi se non ti sta bene bestemmia o fai come ti pare”. La realtà… ma se la realtà è troppo dura da affrontare allora… no okay, basta, mi sto perdendo nei miei ragionamenti…
-Ah… -riuscì a bofonchiare.
-Ma non ti preoccupare, Marta vi farà da chitarrista.
-No, tu non ci sei, quindi non ci farà da chitarrista.
-Ma io ci sarò nella vostra band.
-Hai appena detto che non ci sarai!
-La pensavo così prima di incontrare tuo fratello. –disse, abbassando lo sguardo –Ho cambiato idea appena siamo usciti da casa tua. Ci sarò.
Mi venne l’impulso di abbracciarla, ma sapevo che se l’ avessi fato mi sarei solo preso un pugno in faccia.
-Grazie. –le dissi.
-Bene, ora accompagnami a casa.
Si alzò e ci avviammo verso la macchina. Prima di allontanarmi troppo mi girai per l’ultima volta verso verso quella tomba e guardai Layla. La ringraziai. La ringraziai perché capii che se non fosse stato per lei, se non si fosse innamorata di mio fratello, io Chris non la avrei mai incontrata.
 
 
 
 
 
 
Chris 
 

Arrivammo davanti a casa mia. Ren spense il motore dell’ auto ma  non mi guardò. Io mi tolsi la cintura di sicurezza ma sentii nell’ aria una certa tensione. Lo guardai.
I suoi occhi verdi guardavano le sue mani, ben piazzate sul volante. Provai a tranquillizzare l’ atmosfera, a sdrammatizzare.
-Non ho mai pensato di poter incontrare il fratello del ragazzo della mia defunta sorella in una città grande come Roma! Soprattutto, non avrei mai immaginato di poterci andare a letto.
A quell’ultima frase lui sembrò sofferente. All’ improvviso si girò e mi guardò dritto negli occhi.
-Chris, ti devo dire una cosa.
-Sei incinto.
-Cosa? No! NO! E’ assolutamente impossibile e…
-Calmati, dotto House, stavo scherzando. Dai, dimmi.
-Lo so che mi odierai o mi reputerai un essere meschino, ma devo dirtelo. Ho una fidanzata.
Non sentii più niente. Mi svuotai. In un secondo, con una semplice frase. Ma lo shock non mi avrebbe impedito di dire ciò che pensavo… oh no, non lo avrebbe impedito.
-Che cosa sono io per te? –gli chiesi.
-Come?
-Sono una trombatina di turno? La ruota di scorta quando la tua ragazza non te la da? La povera fanciulla da consolare perché ha perso una persona cara quando era piccola?
-No! –lui sembrò quasi offeso –Assolutamente no! Tu sei…
-Io non ti reputo meschino. Per me sei solo come tutti gli altri uomini. –Aprii la portiera della macchina –Un grosso figlio di puttana!
Scesi e chiusi la portiera con tutta la forza che avevo in corpo. Lo sentii chiamarmi ma io non mi girai, gli lanciai solo un vaffanculo e corsi dentro casa mia.
Appena entrai nell’ appartamento vidi Marta che beveva un bicchiere d’acqua. Dalla mia espressione capì subito che c’era qualcosa che non andava.
-Chris?
-Sei innamorata di Dave?
-Come?
-E’ la prima volta da quando ti conosco che una tua storia con un uomo dura più di due giorni, quindi te lo chiedo di nuovo: Dave ti piace davvero?!
-Sì…
-Allora va bene. Starà nella band con te e tutto quanto ma non ti aspettare che io e Ren diventeremo amici o altro, chiaro! Ringrazia solo che ti voglio molto ma molto bene.
Non diedi nemmeno il tempo a Marta di chiedermi cosa mi fosse successo perché ero già corsa in camera mia, sbattendo con fragore la porta tra parentesi.
Mi buttai sul letto e accesi la televisione su mtv. C’era il world stage di Mika e decisi di guardarlo, perché le canzoni di Mika ti infondono allegria. E poi perché Mika è un figo.
 
“When you’re young and you’re handsome!”
 
-Young lo sono, non c’è dubbio, ma handsome proprio no!- Urlai.
 
“Everybody can love today can love today can love today”
 
-Non c’è dubbio che he can love. He can love e pure troppo, mortacci sua! –Urlai.
 
“I wanna be like Grace Kelly!”
 
-Pure io, lei non si sarebbe mai fatta inculare in questo modo!-urlai.
 
“Uohohohoho Lollipo Lollipop!”
 
-Vedi il lollipop dove glielo infilo! Non lo posso dire perché tu sei troppo carino Mika e perché mi rilassi particolarmente! –Strillai con tutta la voce che avevo in gola.
Sentii Marta che bussava violentemente alla porta e abbassai il volume.
-Che c’è? –chiesi io..
-Piantala di ascoltare Mika, lo sai che ti fa incazzare di più perché dalle sue canzoni sembra che tutto vada a gonfie e vele mentre invece a te va tutto una merda! –mi disse Marta.
Oh, voce della verità! Marta aveva ragione! Fu per questo che mi alzai, spensi la televisione, aprii la porta, mi avviai in cucina e mi resi conto che dovevo fare solo una cosa in quel momento per ristabilire la mia dignità.
-Marta, fammi un drink. Doppio. Doppio e lungo. Anzi, no. Dammi tutta la bottiglia. Se devo affogare il mio dolore  nell’ alchool devo farlo con stile. Che alchool abbiamo?
-Abbiamo lo cherry, che è il tuo preferito.
-Oppure?
-Oppure la vodka, che è la mia preferita.
-Oppure?
-Oppure abbiamo il Rum, che fa schifo a tutte e due.
-Ah. E perché ce lo abbiamo?
-Perché quando mi porto a casa un uomo quello mi chiede sempre il rum.
-Dammi quello.
-Ma ti fa schifo.
-Dammi il fottuto Rum.
Marta mi mise in mano la bottiglia con riluttanza e io mi sedetti sul tavolo della cucina. Stappai la bottiglia e mandai già un lunghissimo sorso, mentre mi sembrò quasi che alla mia testa spuntassero due ali e cominciasse a volare. Le labbra mi si seccarono e lo stomaco mi bruciò. Poggiai la bottiglia e mi resi conto che la mia espressione era tirata, tesa, disgustata e incazzata nello stesso momento. Guardai Marta.
-Wow, fa davvero schifo. –la mia voce era quella di un rospo che fumava sigari cubani.
Marta mi sorrise dolcemente e mi diede un bacio sulla fronte.
-Non dirmelo… ha una ragazza. –disse lei.
-Non dirmelo… Dave lo sapeva e te lo ha detto.
-Esattamente.
-Perché non me lo hai detto?
-Perché… non lo so… -Marta abbassò lo sguardo. Lo faceva sempre quando si rendeva conto di aver fatto una cazzata.
-Passiamo oltre. –dissi, passandomi una mano fra i capelli –Sai che Ren ha un fratello?
-No. E’ figo?
-Sì… cioè no. Non lo so, non posso fare commenti su di lui.
-Perché?
Guardai Marta.
-E’ Stefano.
Marta aggrottò le sopracciglia.
-Il ragazzo di mia sorella.
Spalancò gli occhi e portò la mano alla bocca.
-Oh mio Dio.
-Mi ha scambiata per Layla.
-Non è possibile.
-Tutto mi sarei aspettata tranne rivederlo. Davvero. Ma soprattutto, non mi sarei mai aspettata che avrei scopato con suo fratello. Credo che l’universo stia cercando di dirmi qualcosa.
-Ah. E cioè?
-Fatti suora.
 
 
 
 
 
 
 
 
Dave
 

 
-You really are an idiot...- dissi, lisciandomi immaginari capelli.
-Non è vero…
-Imbecil.
-Non è vero.
-Stupid.
-Non è vero!
-A fucking motherfucker…
-La vuoi smettere!- scoppiò Ren
Eravamo a casa mia, come ogni volta che lui aveva un qualsiasi tipo di problema, anche il meno grave. Intanto continuava a sbraitare scuse di ogni genere per il suo comportamento e cose varie, ma io smisi di ascoltarlo. Già, erano proprio dei problemi ridicoli i suoi. Il più assurdo fu quello di due anni fa. Io ero a casa mia che mi facevo allegramente i  cazzi miei. Anzi no! Quella era un’ altra volta! Quella sera avevo invitato una donna a casa! Mi ricordo che alla fine lei si invaghì di Ren che si lamentava del fatto che il fratello non gli lasciava usare la sua moto. Mi pare che alla fine siano anche andati a letto insieme. “Shit, mi frega sempre le donne.” mi dissi. Poi però mi corressi subito. Marta no. Marta lo odia. Forse una delle uniche donne al mondo che odia con tutto il cuore Ren. E dire che nemmeno lo conosceva… Non mi ha mai spiegato il perché di tanto odio. Credo che Chris lo sappia, per cui sicuramente ve lo racconterà lei… Comunque, torniamo al racconto. Al pensiero di Marta mi spuntò uno strano sorriso sul viso. Il suo viso, il suo copro e i suoi capelli mi causavano sempre quell’ espressione. Per non parlare della sua voce e della sua risata (la maggior parte delle volte strafottente). 
-Ehi, Dave! Mi stai ascoltando? –la voce di Ren mi riportò sulla terra.
-What?
-Che diavolo di faccia stai facendo?
-Perché, che faccia ho?
-Quella di uno che ha raggiunto la pace dei sensi.
-Ah. Sorry, my fault.
-A chi stavi pensando?
-A nessuno.
-Sì, come no! E magari quel nessuno inizia per “m” e finisce per “arta”.
-Sai, stavo pensando al fatto che tu, facendo incazzare a morte Chris lei non vorrà più stare nella band e che quindi also Marta lascerà perdere tutto.
-Stai dicendo che è colpa di Chris?
-Assolutamente no. Lei ha tutte le ragioni del mondo per volerti picchiare a sangue, l’hai presa per il culo. Sto dicendo che è colpa tua.
-Mia?! –si alzò e cominciò a fare avanti e indietro per la stanza, passandosi la mano fra i capelli –Che dovevo fare, non dirle che avevo una ragazza?
Anche io mi alzai e diedi quasi un pugno al muro per quanto mi stava dando i nervi il suo comportamento.
-No, razza di idiota!  Dovevi lasciarla la tua ragazza! Prova a pensare anche solo per un attimo a come si sarà sentita Chris! Maledizione, te la sei scopata e poi semplicemente l’ hai buttata via come se fosse un tovagliolo usato! E Chiara?! Damn it, con tutte le corna che le hai messo mi stupisco ancora che riesca a passare oltre le porte!
Gli diedi le spalle borbottando qualche imprecazione in inglese. Lo capivo dal suo silenzio che si sentiva in colpa. Probabilmente ora si stava grattando la nuca come faceva ogni volta che si accorgeva della grossa cazzata da lui commessa. Ovviamente, un uomo come me (cioè saggio, intelligente, attraente e pelato) non sarebbe mai riuscito a tenergli il muso a lungo. Mi girai verso di lui e quasi mi prese un colpo.
-…Ren? –esitai, incredulo di quello che vedevo. Me lo stavo immaginando, non c’era alcun dubbio.
-Dimmi. –lui alzò gli occhi verso di me. Una fitta dolorasa come una lama mi trafisse il cuore. No. Non me lo stavo immaginando.
-Are… are you okay?
-Certo che I’m okay. –si alzò e si grattò la nuca –Comunque, non credo che Chris lascerà la band, vuole troppo bene a Marta per farle una cosa del genere.
Camminò verso la porta e fece per prendere le chiavi. Mi allarmai subito.
-No, resta a dormire qua per stanotte. –dissi.
Lui rimase immobile e la sua espressione fu quella della persona più incredula del m0ndo.
-Davvero?
-Si.
-Ah. Bene. Il letto matrimoniale è il mio.
Lo vidi saettare verso una delle stanze del mio appartamento. Io poggiai la mia testa pelata sul muro e sospirai. No… no, non me lo ero immaginato. Ren non aveva mai pianto in vita sua, ma non me lo ero immaginato. Aveva gli occhi di chi sarebbe scoppiato a piangere da un momento all’ altro. Perché?
-Maybe he really loves her. –dissi, fra me e me.
Poi alzai la testa di scatto. Letto matrimoniale?
 –Ehi, il letto matrimoniale è il mio, stronzo parassita!
 
 

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Capitolo 6
*** Chapter 5 ***


Chapter 5
 
 
 
Marta
 
 
 
Era mattina e quel giorno dovevamo andare alle prove della band. Era passato un giorno da quando Chris  era arrivata a conoscenza della presenza ed esistenza di una presunta fidanzata nella vita di Ren. Sospirai e mi passai una mano sul viso, per poi avvicinarmi alla porta della stanza di Chris. Bussai, ma non ebbi nessuna risposta.
-Chris? –chiamai.
Nessun suono.
-Andiamo Chris, esci di lì.
-No! –mi rispose con il tono di una bambina e mi venne da sorridere.
-Forza piccoletta, abbiamo le prove oggi e non voglio arrivare in ritardo.
-Così non mi invogli affatto ad uscire di qui.
-Ci sarà Ren.
-Di male in peggio.
-E ci sarà Dave! Dave ti piace,  no?
-Mi sa che ti tocca prepararti a cucinare cibo e a passarmelo sotto la porta se vuoi che io sopravviva.
-Andiamo, esci.
-Ho detto di no! Non voglio vedere quel cazzaro!
Mi poggiai alla porta e bofonchiai qualche imprecazione e diverse maledizioni: tutte rivolte a Ren.
-Fallo per me, Chris… -era rimasta la mia ultima possibilità e usai il tono più implorante che conoscevo.
Seguì solo il silenzio. Mi arresi all’ evidenza che Chris, di vedere ren, non ne aveva nemmeno la più minuscola voglia. “Forse dovrei lasciare la band…” pensai. Dopo quel pensiero sentti dei passi leggeri da dietro la porta, che si aprì. Guardai Chris, che si metteva in spalla la sua chitarra.
-Muoviti, stronza. –mi disse, arrossendo.
La abbracciai con forza e lei cominciò a dimenarsi, imbarazzata come una bambina a cui un estraneo fa un complimento.
 
 
 
 
 
 
Ren
 

 
-Non verrà.  –dissi, aspirando rumorosamente dalla sigaretta.
-Verrà. –mi disse Dave.
-No, non verrà. –aspirai di nuovo.
-Verrà.
-Ti dico di no!-ancora, aspirai con ansia.
-E io ti dico di sì!
-E io ti dico di no! –la sigaretta, ormai, stava per finire.
-Santo cielo, piantala!
-Ma io sono preoccupato!
-Ma che hai capito, piantala di fumare facendo tutto questo rumore! Sembri un aspirapolvere, my God. –disse, con una lggera inclinazione isterica nella voce.
-Scusa, non avevo pensato che anche tu eri in ansia.
-Non preoccuparti, so che Marta verrà. Mi preoccupo solo per te.
-Stai tranquillo, ieri mi sono sfogato e ora sto bene. –a quelle parole mi lanciò un occhiata strana, come pensierosa.
-Certo. –disse alla fine.
Intanto mi squillò il cellulare e sorrisi.
-Lo vedi. Questa è Chris che ci manda a fanculo. –risposi senza nemmeno guardare il numero –Pronto? …. Ah, ciao…. Davvero? …. No, non ti preoccupare, ci ero arrivato appena hai chiamato…. No, non ti preoccupare, non è un problema…. Okay, ciao.
Chiusi la chiamata e continuai a guardare il display del cellulare con gli occhi sbarrati.
-Dai non te la prendere tanto, hai ancora una bellissima ragazza che saprà come consolarti… -disse Dave, ridacchiando. Ma da ridere non c’era proprio NULLA.
-Dave chiama Marta! –urlai, mettendomi in piedi.
-Che fuck è successo?! –mi chiese allarmato, mettendosi in piedi anche lui.
-Devi dirle che non può venire. Assolutamente non deve venire. - cominciai a mettermi le mani fra i capelli e a spettinarli.
-Perché diavolo dovrei farlo? –la cosa più buffa è che anche Dave lo fece, imitandomi. Mi resi conto che se si passava le mani fra i capelli anche se non ce li aveva voleva dire che la situazione stava degenerando.
-Ma soprattutto non deve venire con Chris!
-Mi spieghi che diavolo è successo?!
Mi fermai. Smisi si camminare per la sala, di mettermi le mani fra i capelli e lo stesso fece Dave, guardandomi negli occhi.
-Dopo una rapida riflessione mi sono reso di due cose. All’inzio pensavo semplicemente che la voce di Chris al telefono fosse un po’ diversa ma poi è accaduto qualcosa di strano. Mi ha detto che sarebbe venuta qui.
-Che c’è di male scusa?! Anzi, è perfetto! Quindi perché dovrei chiedere a Marta di non venire, soprattutto con Chris se è stata proprio quest’ ultima a dire che sarebbe venuta?!
-Perché poi, durante la conversazione, lei mi ha salutato dicendomi “ciao amore”.
Dave impallidì.
-E allora ho pensato di essermelo immaginato perché mai Chris mi chiamerebbe amore dopo quello che è successo e… e allora ho guardato fra le chiamate ricevute e…
-E era la tua fottuta ragazza! –strillò –Ma quale rapida e rapida riflessione, tocca essere proprio imbecilli per non riconoscere la propria ragazza al telefono! Coglione!
-Ho capito, ma ora che faccio?!
-Ora chiami Chiara e le dici che non può più venire!
-Ma ha detto che non vedeva l’ora.
-Usa la fantasia, dille che si annoierebbe, che lei odia il punk e che quindi non ha ragione per venire a vederci! Dille che io sono terribilmente raffreddato e che rischio di starnutirle in faccia o sulla sua borsa di Prada! Quello che vuoi ma sbrigati!
Intanto, la porta della sala si aprì ed entrarono Marta e Chris.
-Merda! –urlai proprio nel momento in cui Chris varcò la soglia. Quella prima guardò me, poi Marta. Vidi che una sfumatura di pura ira le attraversò il viso. Poggiò la chitarra con cura e poi venne verso di me con passi felpati. Mi si mise a pochi centimetri dal viso e respirò profondamente.
-Che cosa voleva dire quel merda?! Qui l’unica csa che si avvicina ad una merda sei tu! Merda ambulante che non sei altro! Dopo quello che hai combinato, lurido doppiogiochista, tutto quello che devi fare è solamente prostrarti ai miei piedi, leccarmi le scarpe e chiedermi scusa in lacrime!
Dopo la sfuriata di Chris, che intanto aveva il fiatone, seguì un semplice suono che fece bestemmiare (in inglese) Dave.
La vidi lì sulla soglia della porta, con un sorriso felice sul viso.
-Ciao, amore! –disse con la sua voce squillante.
A quelle due semplice parole, Chris chiuse gli occhi dolorante. Poi mi guardò. Il suo sguardo mi spaccò il cuore in due. “Mi dispiace!” volevo urlarle “Mi dispiace, mi dispiace!”. Non lo feci e me ne pentì subito perché era proprio questo che avrebbe reso felice Chris. E io… io volevo solo che fosse felice.
Ma perché?
 
Ah.
 
Merda.
 
Ho capito. Chiara mi si avvicinò e mi abbracciò felice. Io non ricambiai l’ abbraccio e continuai a guardare Chris.
 
Lei si stava allontanando da me. Andò a sedersi sul tavolo dove anche l’ altra volta si era poggiata e si accese una sigaretta. Ogni suo gesto io lo seguivo con lo sguardo. Lei non mi guardò ma sapevo che sentiva il mio sguardo sulla pelle.
 
“Ho capito. Io la amo. Io la amo. Io… io la sto facendo soffrire.” E appena quella immensa verità mi balenò nel cervello, niente sarebbe stato più come prima.
 
Niente.
 
 
 
 
 
 
 
Chris
 
 
“E’ assurdo.” pensai “Questa situazione è assurda. Ma soprattutto LEI è assurda. Ma da dove cavolo è uscita, da un film delle Barbie?!”
Perché a tutto somigliava, quella ragazza, tranne a una persona normale. La versione umana di una Barbie. Era… era davvero inquietante ma soprattutto frustrante. La volevo picchiare a sangue. Lo so, lo so… perché ero gelosa se lui non mi piaceva? Ma era questo il punto: in quei giorni i miei sentimenti erano davvero confusi. Non sapevo come diamine comportarmi… non tanto con lui quanto con me. Non avevo ancora capito il motivo per cui mi veniva una fitta particolarmente dolorosa al petto ogni volta che mi passava davanti agli occhi.
In realtà era c0me se mi stessero mandando dei chiari segnali… come se un uomo mi passasse davanti con un cartellone su cui c’era scritto “svegliati, chicca, sei gelosa!”. Capirai, io nemmeno lo capivo che ero gelosa. Semplicemente pensavo che fosse un puttaniere e che stesse prendendo in giro la ragazza. O almeno, mi ero convinta di tutto ciò. In realtà ero io quella che si sentiva presa per il culo ma mai lo avrei ammesso. Ma ora è meglio tacere, altrimenti vi rovinerò il resto degli avvenimenti.
 
Torniamo al racconto. Lei, la sua fidanzata (l’androcchia, ho deciso di chiamarla così) era una specie di modella avvolta in abiti chiari e delicati. Il viso era dai lineamenti morbidi e dolci, come quelli di una bambola. Gli occhi, di un azzurro chiarissimo, erano grandi e luminosi. Il colpo, longilineo e nello stesso tempo con curve mozzafiato, mi stava davvero facendo incazzare. Le gambe praticamente ce le aveva in bocca per quanto erano lunghe… Per non parlare del seno! Santo cielo, Pamela Anderson le avrebbe stretto la mano. Ma la cosa che più mi faceva incazzare, oltre a tutto il resto, erano i capelli: biondi.
Era bionda, santa miseria, bionda! La sua ragazza era bionda! Mi sentii prendere dallo sconforto. Diedi una rapida occhiata al mio riflesso nelle grandi finestre. Era il mio esatto contrario. Ignorando il fatto che io ero rossa… io ero minuta, avevo pochissime curve. Anzi, ero particolarmente piatta! E bassa! E poi la Barbie aveva questa risata così cristallina, dei modi così eleganti… e una pelle praticamente d’avorio!
“Non posso competere con lei” mi dissi. Una strana espressione avvolse il mio viso. Perché mi veniva in mente di dover competere con lei?
Sospirai. Lanciai uno sguardo verso il gruppetto, che se la rideva e se la cantava (mi sembrava che anche Marta la adorasse). Guardai Ren e vidi che anche lui guardava me. Distolsi immediatamente lo sguardo. Io che distolgo lo sguardo? Ebbene sì. Non ce l’avevo fatta a sorreggere quello di Ren. Ren, che mi stava guardando da almeno mezz’ora. Ren, che mentre la sua ragazza lo abbracciava, guardava me. Ren, che mentre la sua ragazza gli parlava, lui le rispondeva senza staccarmi lo sguardo di dosso. E tutte quelle attenzioni… non potevano che rendermi felice.
 
Iniziammo le prove e mi dissi che non avrei fatto trasparire dal mio comportamento quello che era successo fra me e Ren. Mentre Marta e Dave strimpellavano e mettevano su qualche accordo di base, io mi chiedevo perché diavolo mi dovevo preoccupare di ciò che era successo fra me e lui. Voglio dire, avevamo scopato. E allora? Io non provavo nulla per lui e lui non provava nulla per me. Fine. Lui amava la sua ragazza. Appena finii di pensarlo scoppiai a ridere. Tutti mi guardarono dubbiosi, io non diedi spiegazioni. Dio, quanto suonava irreale.
-Chris?
Infarto. Ictus. Menopausa. Tutto insieme.
-Dimmi, Ren. –la voce mi uscì roca, provai a rifarmi –Spiegati…
“Spiegati?! Cosa sono, cogliona?!” mantenni la calma.
-Questa è una canzone che ho scritto io. Leggila, e dimmi che ne pensi.
Io feci per agguantare il foglio in fretta e furia, ma qualcosa andò storto. Lui con le sue dita sfiorò le mie… Io lo ignorai, ma mi sentii avvampare. Appena mi sembrò di riavere aquistato un colorito normale mi arrivò dritto dritto al cervello uno stordiemtno di sensi completo: vedevo chiaramente che c’era un testo scritto ma attaccato con un attache a quel foglio ce ne era uno più piccolo.
 
Mi dispiace.
 
Non c’era scritto nient’ altro, ma una tale rabbia mi percorse il corpo che con fare vago presi il foglietto, lo accartocciai e lo gettai a terra con tutto lo sdegno possibile.
Lui sembrò parecchio mortificato, ma decisi di fottermene allegramente. Lessi il testo che stava scritto sul foglio e ad ogni riga i miei occhi si spalancavano. Non riuscivo  acrederci… davvero aveva scritto una cosa de genere?
-Allora… ti piace? –mi chiese Ren.
Io alzai lo sguardò lentamente e lo guardai a lungo.
-E’ incredibile…-Dissi, con un filo di voce.
-Davvero?! –gli si illuminarono gli occhi.
-E’ incredibilmente brutta! –urlai –Santo cielo, ma come cazzo ti è venuto in mente di scrivere una cosa del genere! E’… è senza senso! E anche cacofonica!
Ren si alzò in piedi, mettendosi sull’ attenti.
-Non è senza senso!
Anche io mi misi in piedi e lo guardai quasi disgustata.
-Andiamo, parla di un tipo che rimorchia una al bar e che alla fine non gliela dà! E’ orribile e maschilista!
-Non è così! E’ una metafora della vita!
Questo era il colmo.
-Della tua vita?! –scoppiai, non riuscii a trattenermi –Magari però a te almeno la danno! Ma non è ancora più triste vivere così? Hai ragione, è una metafora della tua vita: tutto ti va come vorresti ma poi non hai più niente da rincorrere!
Seguì un lungo silenzio che venica scandito dal rumore dei miei respire affannati. Solo dopo mi resi conto di cosa avevo detto. Ren mi guardava inespressivo, come se gli avessi detto di morire. E alla fine il senso era un po’ quello: era come se gli avessi detto che la sua esistenza era inutile.
Lui mosse goffamente un piede e si spettinò la testa, in evidente imbarazzo. Mi guardò serio e mi sorrise.
-Touchè.
Non disse altro. Prese il pacchetto di sigarette che aveva poggiato poco prima sul tavolo e se ne andò in tutta furia. Dave lo seguì a ruota. Io invece rimasi lì impalata come una cretina. Marta mi si avvicinò e mi diede una pacca sulla spalla.
-Su, non… non ti preoccupare. Non è successo niente! Prova a… a… pensare questo: Tu sei luminosa!
A quelle parole io alzai un sopracciglio e la guarda.
-Ma sì! E’ risaputo che chi ha i capelli rossi porta la luce con sé! Pensa ad Anna dai capelli rossi, che illumina tutti con il suo buon umore!
-Marta… -la interruppi e una risata isterica mi faceva tremare la voce-Tu mi stai prendendo per il culo, vero?
Marta tacque e mi guardò qualche istante.
-E’ una domanda a trabbocchetto? –chiese infine.
-Ah, vaffanculo! –io mi allontanai e mi sedetti a gambe incrociate su una poltrona poco distante.
Mi accesi una sigaretta e, fra la piccola nube di fumo, vidi lei. L’ androcchia.
-Ciao. –mi disse.
-Ciao. –risposi.
Maledii lei e le sue gambe e la sua stature così elevata. Io invece stavo seduta a gambe incrociate su una poltrona e ci stavo tutta, senza dover poggiare i piedi per terra… Lei a malapena sarebbe riuscita ad accavvallarle, le sue gambe chilometriche. Maledetta sia l’ androcchia…
-Secondo me hai fatto bene a dare una lezione a Renato…- disse, mettendosi una ciocca di capelli biondi dietro un orecchio.
Renato… allora si chiamava così! Capirai, io nemmeno lo sapevo! Lo sconforto prese possesso di me…
-Lui è sempre così preso da se… a volte credo che non mi pensi mai!
“Infatti lui non ti pensa, maledetta stronza”
-Non so, ho come l’impressione che non mi ami in realtà!
“Ma infatti non ti ama, l’androcchia!”
-Ma ci sono dei giorni in cui è così dolce e romantico!
“Quelli devono essere i giorni in cui una tipa che rimorchia non gliela dà…”
-Non so mai come comportarmi con lui. Il nostro rapporto è diventato così scostante…
“Un attimo… ma perché mi sta parlando della loro vita amorosa?”
-Ti dico una cosa che non ho mai detto a nessuno.
“Perché?!”
-Credo che io e lui siamo giunti al limite…
“Ah sì? Allora è il momento di provare il tutto e per tutto.”
-Senti, anche io ti dico una cosa. –dissi, interrompendola –Lascialo.
Lei tacque con l’ombra dell’ ultimo sorriso che piano piano svaniva.
-Cosa?
-Lascialo. –buttai la cenere a terra e diedi un’ altra aspirata –Non è un uomo adatto… Anzi, è un uomo pessimo.
-Ah. E perché?
-Ha scopato con me.
Lei guardò per terra. “Come ti senti ora, l’ androcchia?! Ora che sai la verità?! E la cosa più bella è che io non mi sento nemmeno in colpa!” E in effetti non mi sentivo affatto in colpa. Anzi, ero contenta.
-Ah. –riuscì a dire alla fine.
-Io lo odio. –eccome, se lo odiavo –E credo che tu dovresti fare lo stesso.
Le mie erano parole sante. Alzò lo sguardo e mi sorrise.
-Hai ragione.
-Davvero? –chiesi sorpresa.
-Sì. Sapevo già che mi aveva messo le corna tante e tante volte. Erano tutte troie stupide e in genere ubriache. Il sapere che almeno mi ha tradita con una bella ragazza mi rende quasi felice. E poi… con tutte le corna che gli ho messo io mi stupisco ancora che riesca a passare dalla porta!
Io la guardai per qualche secondo, poi scoppiai a ridere. L’ odio verso L’androcchia scomparve in pochi istanti.
-Lo lascio. Alla fine ero venuta qui per capire perché non mi chiamava più. E credo di sapere perché.
-Ah, e perché?
-Lui è innamorato di te. Cosa credi che io sia stupida? Mi ero accorta che mentre io mi strusciavo contro di lui… il suo sguardo era diretto verso di te. Poco male, vuol dire che me ne troverò un altro. –Diceva così, ma a me sembrava piuttosto abbattuta.
-Non so se ti farà stare meglio, ma io non lo amo.
Mi sorrise. Poi prese la sua borsa griffata e se ne andò lasciando nella stanza soltanto l’eco del rumore dei suoi tacchi.
Io mi alzai e andai verso dove stavano Ren e Dave. Quest’ ultimo stava borbottando qualcosa nell’ orecchio di Ren, ma io non lo sentii. Appena mi videro, Dave si allontanò da Ren.
-Io vado a pomiciare un po’ con la mia ragazza. –disse, congedandosi.
Io mi avvicinai a Ren e mi appoggiai accanto a lui sul muro.
-Senti, alzami una sigaretta. –dissi, per cominciare il discorso.
-Perché dovrei? –disse.
-E’ il minimo dopo il casino che hai fatto.
Trafficò qualche secondo nella sua tasca e poi mi allungò una sigaretta. Io la accesi e poi seguì il silenzio.
Cosa dovevo fare? Io non sapevo nemmeno cosa volevo.
-Ascolta… -cominciò lui –Credo che Chiara mi abbia appena lasciato.
-Lo so. Glil’ho detto io di farlo.
-Quindi noi… insomma… potremmo…
-No. Qualsiasi cosa tu stia pensando è no!
Fece per ribattere, ma lo bloccai subito.
-Ahah! No! Leggi attentamente le mie labbra: NO!
-E allora perché le hai detto di…
-Perché sei uno stronzo! Sei un doppio giochista! Hai preso in giro lei e me! E io non posso accettare una cosa simile, chiaro?! Io… io ti odio!
-Allora che fai? Lascerai la band?
-No, devo restare. Marta ha bisogno di me e anche di Dave. E io… io ho bisogno di tuo fratello. Ci devo parlare ancora molto.
Lui capii che ero sincera. Gettò a terra la sigaretta e la schiacciò col piede.
-E ora noi due che facciamo? –mi chiese.
-Io non ti parlerò più. Dimenticati di me. Io mi dimenticherò di te. Tutto qui. Evidentemente non siamo fatti per essere una coppia.
-Neanche scopamici?
-Soprattutto scopamici.
-AH.
-Addio, Ren.

 
Fu così che io diedi il mio personale addio a quel ragazzo. Ma la storia non è finita. Ah, no! Ancora no… Abbiamo ancora molto da raccontare…

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Capitolo 7
*** Chapter 6 ***


Chapter 6
 
Ren
 
-Ren, per la miseria possibile che tu non sappia scrivere altro al di fuori di scopate, sveltine e rimorchi vari?!
-Che ci posso fare se è una metafora della vita?!
-Non me ne frega niente che è una metafora della tua vita!
-Della vita, Chris! Della vita in generale!
-Non della mia, poco ma sicuro!
-Quindi mi stai dicendo che non va bene?!
-Certo che non va bene! Fa schifo a dir poco!
-Che palle!
-Questo lo dovrei dire io!
-Che succede gente?
-Dave, di a quell’idiota del tuo amico che deve smetterla di scrivere canzoni così orride!
-Le mie canzoni non sono orride!
-Beh, Ren… mi dispiace ma devo dare ragione a Chris. Le tue canzoni sono orride. Holy shit, non ho mai letto testi più brutti se devo essere sincero.
-Grandioso, Bonnie e Clyde!
Mi alzai e mi allontanai da quei due traditori. Intanto vidi Marta avvicinarsi sui suoi soliti tacchi vertiginosi.
-Ciao Marta.
-Ciao cretino.
-Dillo che vi siete messi d’accordo tu e quei due!
-Quei due chi?!
-Gomez e Morticia, chi sennò?
-Non erano Bonnie e Clyde?
-Ora li chiamo Gomez e Morticia.
-Bipolarismo? Guarda che è un serio problema! Dovresti farti curare…
-Ah, adesso basta! Fanculo!
-A chi?
-A tutti!
Uscii dalla sala di registrazione e andai a sbattere contro Malik.
-Ehi, Ren? Dove vai?
-Malik, Chris ha di nuovo detto che le mie canzoni sono orride.
-Le tue canzoni sono orride.
-… Fanculo.
 
Okay, vi starete chiedendo che cosa è successo e chi diavolo è Malik. Dall’ ultimo pezzo di racconto che avete letto sono passati sei mesi e in quei sei mesi erano successe un po’ di cose. Prima di tutto, io e Chris non ci parlavamo da un po’. Cioè da molto. Mi diceva solo insulti. Tanto per cambiare. Dunque, avevamo deciso che i testi delle canzoni le avrebbe scritti Dave, che almeno l’inglese ce lo aveva corretto. Dunque, decisi i testi e tutto il resto accadde una cosa meravigliosa. Facemmo un live. Non è questa la cosa meravigliosa, ma quello che accadde durante il live. No, Chris non mi baciò. Un manager, Malik, ci adocchiò. Ci disse che avevamo un buon sound ma che i testi sembravano scritti da una scimmia, ma che proprio questo avrebbe fatto scalpore. Dave non la diede a vedere, ma ci restò parecchio male. Ci propose di fare qualche live in giro per Roma e… SPAM! Facemmo il botto! Raggiungemmo un numero di fan indescrivibile in nemmneo due mesi. Lo so, sembra un miracolo. Ma io ai miracoli non ci credo, quindi mi piace dire che abbiamo avuto culo. E in effetti, giusto di culo si poteva trattare. Incidemmo un disco che riuscì a vendere moltissimo e, cosa ancora più incredibile… In America ci cominciarono ad apprezzare quasi più che in Italia! Ed era proprio l’ che ci trovavamo… In America! Eravamo a New York, la grande mela! Mi piacerebbe dire che vivevamo nel Upper Side con i Thirty Second to Mars come vicini e che ogni domenica io e Jaredd andavamo a farci un giro in bicicletta, ma non era così. Ma compensavamo vivendo in quattro in un adorabile casa a Manhattan. Eh già, vivevo sotto lo stesso tetto di Chris ed era la cosa più ardua che io abbia mai dovuto affrontare.  La mattina per il bagno, che era uno solo, era un dramma! Un volta per sbaglio entrai mentre c’era lei: non l’avessi mai fatto! Mi picchiò a sangue… Che poi non è che stava facendo granchè! Si stava solo facendo i peli delle gambe! Quando glielo dissi mi arrivò un ennesima sberla. Bah! Uscii dall’edificio e mi stiracchiai. In quel momento si aprì la porta. Pensai che fosse Dave, che sentendosi in colpa mi aveva seguito, quindi iniziai a parlare.
-Perché mi tratta così male?! Voglio dire, okay! Non sono Dante ma ci so fare! Meglio di lei che non sa scrivere nanche una frase di senso compiuto! Mi fa imbestialire quella ragazza!
-Scusami tanto se ti faccio imbestialire e non so scrivere neanche un frase di senso compiuto.
Mi bestemmiai da solo. No davvero, mi bestemmiai! Nella mia mente urlai “Porcaccio Ren!”
-Io.. io non… -tentai di rimediare ma Chris mi interruppe.
-Non dire che non stavi parlando di me perché sarebbe la cosa più idiota che tu possa dire.
Mi passò davanti e poi si girò verso di me. Mi prese un infarto quando mi accorsi che mi stava sorridendo.
-Dai, andiamo a prenderci un caffè.
 
 
Nello Starbucks c’era molta gente. Una più assurda dell’ altra. Guardai Chris e un sorriso mi si formò sul viso. Le guance erano arrossate a causa del freddo. Il naso era un po’ spellato. Le ciglia lunghe coprivano i suoi bellissimi occhi azzurri. I capelli rosso sangue uscivano dal cappello verde mela. Si strinse nel cappotto nero e sospirò.
Arrivò il nostro turno, un uomo grasso sulla quarantina ci servì.
-What do you take, guys?
-two coffes, thanks. –rispose Chris, in un ottimo inglese.
Intanto altra gente entrò nello Starbucks. Una donna sulla sessantina varcò la soglia: era orrenda e la cosa che più mi disturbava erano le sopracciglia orribilmente dipinte.
-Mamma mia, i nuovi mostri… -disse Chris, avvicinandosi a me.
-Davvero. –dissi io –Guarda quello, sembra un wrestler mancato.
-E perché, quello? Che mi rappresenta quel tatuaggio orrendo?
In quel momento dal giardino collegato entrò un cliente abituale che più volte avevamo visto quando andavamo a prendere un caffè. Aveva una sigaretta accesa in bocca, alla faccia del divieto che troneggiava fiero come fosse stato un crocifisso.
-Ma che fa quello, prima s’ accende la sigaretta e poi entra?! Ma che è scemo?Io non ho parole! –disse Chris, passandosi una mano sul viso.
Arrivarono i caffè e io li presi.
-Usciamo da qui, sembra di stare in mezzo ai Freaks.
 
Per le strade di Manhattan, Chris stringeva il contenitore di plastica. Le nocche erano rosse e livide, la pelle tirata per il freddo. Affondò più di metà del viso dentro la sciarpa. Mi si strinse il cuore. Mi tolsi i guanti e glieli porsi.
-io sto bene, mettili tu.
-Grazie…
 Camminammo ancora un po’.
-Sembravamo amici prima. –disse lei all’ improvviso.
-Sembravamo? –chiesi.
-Si, sembravamo. Io non so cosa fare con te. Ti voglio bene o ti odio? Ci sono dei momenti in cui vorrei che i minuti che passo con te fossero infiniti, altri in cui ti strozzerei.
Chris aveva smesso di camminare, e anche io. La guardavo negli occhi mentre il vento le faceva ondeggiare i capelli lunghissimi. Cosa stava cercando di drimi?
-Che cosa mi hai fatto? –mi chiese.
Che cosa le avevo fatto?
-Io non lo so. –risposi –Ma so quello che mi hai fatto tu.
-Cosa ti ho fatto io?
-Mi hai fatto innamorare di te.
Chris abbassò lo sguardo e si morse un labbro. La sua espressione era dubbiosa. “Cosa dovrei dirgli adesso” sembrava dire. La volevo aiutare.
-Non mi devi rispondere, sai…
-E cosa dovrei fare?
-Niente. Ogni tanto, magari, abbracciami e dimmi che andrà tutto bene.
Detto questo mi allontanai da lei, lasciandola da sola in mezzo alle strade di Manhattan, mentre io mi confondevo fra la gente e lei invece, spiccava sempre di più.
 
 
 
 
 
 
Chris
 
Rimasi qualche secondo ferma mentre lo vedevo allontanarsi da me. Si stava confondendo fra la folla… e io rimanevo lì. Sentivo l’impulso di correre sìda lui e di abbracciarlo, di dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma rimanevo ferma. In una fase di stasi, come le statue dell’ età arcaica. Ma io non ero una statua, io avevo ancora un cuore, io potevo ancora fermarlo, farlo mio… Ma la mia stupidità me lo impediva. Il mio orgoglio, poi, stava lottando con il mio cuore. “Resta ferma!” mi urlava “ Se davvero ti ama vedrai che tornerà!” Ma era proprio perché mi amava che non sarebbe tornato. Sapeva che mi stava confondendo, che mi faceva stare male… per questo si stava allontanando da me.
Avevo bisogno di parlare con qualcuno. Qualcuno che lo capisse.
Presi il cellulare e digitai l’unico numero che mi era balenato in mente.
-Pronto… -rispose assonnato…
-Stefano? Ti ho svegliato?
-Si…
-Perché dormivi?
-Perché… perché non si può dormire?
-Da voi è pomeriggio, no…
-Pisolino pomeridiano.
-Stefano c’è qualcuno là da te?
-Cosa?! NO!
Sentii dall’ altra parte della cornetta una voce femminile chiedere con chi stava parlando Stefano.
-Stefano, manda a fanculo la Troia di turno.
-Va bene. Scusami, cara, puoi andare ora?
Passarono dei secondi durante i quali tutte le porte di casa di Stefano vennero chiuse con eccessiva forza.
-Ora posso parlare. Dimmi.
-Tu conosci tuo fratello?
-E’ una domanda a trabbochetto?
-tu rispondi.
-Direi di sì. Dimmi. Cosa ha combinato mio fratello?
-Ecco… è piuttosto imbarazzante da dire… diciamo che mi ha chiesto di fare una cosa…
-Se ti ha chiesto di scopare preferirei che non accettassi.
-Meno cazzate e più fatti, Stefano! Non mi ha chiesto di scopare, ma solo di… di fare una cosa. -Mi vergognavo di dirgli che mi aveva chiesto di abbracciarlo.
-Beh, se non è niente di scandaloso rendilo felice.
-Dici?
-Si.
-Ma io non s0no brava ad a… a fare quella cosa.
-Impara.
-Wow, sei davvero utile.
-Io ti dico solo quello che renderebbe più felice Ren. Tutto qui.
-Lo vuoi felice?
-Certo, è mio fratello e io gli voglio bene.
-Beh, allora diglielo ogni tanto.
Stefano non rispose.
-Saluti da Manhatta, Stefano.
Chiusi la chiamata e socchiusi gli occhi.La confusione nella mia testa non voleva sparire, anzi! Mi tamponava i pensieri con una prepotenza particolarmente studiata. Sospirai e mi guardai intorno. Avevo bisogno dicamminare un po’, di schiarirmi le idee. Anzi, no… mi serviva altra confusione… Una confusione così incredibile da far sparire la mia.
-China town mi salverà! –esclamai.
 
 
 
 
 
Marta
 
 
 
 
 
-Dici che quei duoi si daranno una svegliata?- mi chiese Dave accarezzandomi i capelli.
Io mi strinsi di più fra le sue braccia e sospirai.
-boh… Quelli sono completamente stupidi. Ren in modo particolare.
-Già, basta leggere le sue canzoni… Dear God, quanto sono brutte.
Risi.
Sentii il suo viso avvicinarsi al mio.
-Dovresti ridere di più.
-Perché?
-perché mi fai scoppiare il cuore quando lo fai.
Io girai il mio viso verso il suo. Lui mi baciò e io mi abbandonai a quella sensazione di estasi che solo i suoi baci riuscivano a darmi. Lo so, sono eccessivamente romantica a volta, ma che ci posso fare? In quel perioso dpecialmente ero terribilemente sdolcinata. Colpa dell’età, probabilmente.
Intanto, mentre convenivo del mio essere così amorevole e tutto il resto, non mi accorsi nemmeno che il bacio si stava tramutando in una pomiciata in grande stile. Le posizioni cambiarono: lui mi prese per le gambe e mi mise in braccio a lui. Strinsi le gambe intorno ai suoi fianchi. Mi alzò e mi mise seduta sul tavolo delle registrazione; sentii che il mio… sedere stava smuovendo dei tasti ma non ci feci caso. Non mi importava. Lui strinse le sue mani nei miei capelli e io, che ero impossibilitata al fare lo stesso visto che era pelato, strinsi la sua giacca. Le nostre labbra si astaccarono per un momento, ripresi fiato, e subito tornai a baciarlo con foga.
-Ehi… -disse lui quasi con il fiatone, fra un bacio e un altro- e se lo facessimo qui?
-Qui? Ma che sei scemo? E se entra qualcuno?
-Chiudo a chiave la porta. Tanto ci siamo solo noi, Malik è fuori a fare delle commisioni!
-Dici che abbiamo tempo per una sveltina?
-Oddio, non sono proprio un fulmine… But i can try.
Sorrisi maliziosa.
Lui capì al volo e mi lasciò seduta lì, mentre andava verso la porta... porta che si aprì all’ improvviso e andò proprio a sbattere contro la faccia di Dave.
-Holy shit!- urlò, portandosi le mani al naso.
Io mi alzai e corsi verso di lui.
-Che cazzo fai? –chiese Ren, spuntando fuori dalla porta.
-Fuck you, Ren!
-In effetti, vattene a fanculo! –urlai io. Tempismo di merda.
-Che ho fatto? –chiese offeso.
-Tralasciando il fatto che mi hai praticamente spezzato in due il setto nasale hai interrotto quella che sarebbe stata la sveltina più bella di tutto il mondo!
Io scoppiai a ridere.
-Ragazzi, am davvero volevate farlo qui?! –chiese inorridito.
-Si! –rispondemmo in coro io e Dave.
-Siete indecenti!
-Sempre meglio di te che con Chris l’hai fatto in quella merda della tua macchina! –sbottò Dave.
-Crepa, pelatino! A proposito di Chris! Mi sa che ho fatto una cazzata!
-Un’ altra? Stai diventando ripetitivo. –dissi io, mentre mi riandai a sedere sulla poltrona.
-Smettila di fare l’acida! –disse –Allora, vuoi sapere o no che ho fatto.
-Se devo essere sincera no. Ma tanto me lo dirai comunque quindi…
-Le ho detto… una cosa. –Arrossì.
-Ren, stai arrossendo? Che diavolo le hai detto se stai arrossendo? Oddio, non le avrai mica chiesto di scopare nella sala di registrazione?! Sarebbe indecente!
-Ma se voi due stavate per…
-Era una battuta ironica! Perché nessuno capisce le mie battute ironiche?!
-Beh, my love, hai uno humour molto inglese. –disse Dave.
-Per questo solo tu e Chris mi capite?
-Beh, sì.
-Che palle… e dire che il mio sogno era quello di fare la cabarettista…
-Davvero?
-Sì, da piccola non facevo altro che inventarmi battute orrende.
-Yuhuu! –urlò Ren.
-Che vuoi? –chiesi.
-Stavo cercando di sfogarmi.
-Ah, sì. Scusa. Dai, dimmi.
-Le ho detto che… che la amo.
Calò il gelo. Silenzio. Anche i rumori che venivano dalla strada sembrarono sparire.
-Sei serio? –chiese alla fine Dave.
Ren annuì, imbarazzato. Io mi alzai e lo abbracciai. Lui si immobilizzò, in evidente stato confusionale.
-Alleluhia! Finalmente uno dei due ha smosso la situazione che stava diventando insostenibile.
Lui mi guardò e abbozzò un sorriso.
-E lei ora dov’è? –chiesi.
 

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Capitolo 8
*** Chapter 7 ***


Chapter 7
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Chris
 
 
Alla fine c’erano più americani che cinesi a China Town… ma la confusione era quella giusta. Mentre camminavo per le vie sovrastate dalle lanterne rosse mi sentii più rilassata. Intorno a me gli innumerevoli cinesi mi si avvicinavano cercando di vendermi cianfrusaglie inutili. Vidi un piccolo chiosco di noodles e mi ci avvicinai. Finalmente riuscii a coronare il mio sogno di alzare un poco la tendina rossa e di sedermi ad uno degli sgabelli e ordinare un ramen in un autentico chiosco.
Mi ingozzai di noodles fino a scoppiare per pagare solamente 7 dollari. Il cinese poi mi porse un biscotto della fortuna. Lo ringraiziai e mi alzai. Camminai qualche metro mentre scartavo il biscotto. Ingoiai le due parti spezzate e poi lessi il foglietto. Cominciai a tossire rumorosamente e il biscotto quasi mi strozzò quando finii di leggere l’oracolo.
 
Someone will confess his/her love to you.
 
 
-Oh merda.
In pieno stato confusionale corsi verso il primo ristorante cinese che vidi. Entrai e punati verso la ciotola dove davano in omaggio i biscotti in omaggio. Ne presi uno e lo scartai.
 
 
You will receive a confession of love.
 
 
-Oh, merda.
Uscii di corsa dal ristorante e, sempre correndo per le strade di china town entrai in un altro ristorante. Presi ben tre biscotti e li aprii.
 
Someone will open his/her heart to you.
 
Something about love will happen.
 
Mentre nella mia mente inveivo verso tutti i cinesi che scrivevano quelle cose del cavolo spezzai l’ ultimo biscotto.
 
A confession will change your life forever.
 
 
Senza che potessi fare niente per impedirlo cominciai a piangere. Cosa dovevo fare? Perché mi stava succedendo questo? Perché era entrato nella mia vita in modo così prepotente, così maleducato… così meraviglioso?
 
 
Un paio d’ore dopo mi ritrovai davanti alla sala di registrazione. Mi feci coraggio ed entrai. Nella saletta c’erano Dave, Marta e ovviamente Ren.
Aprri silenziosamente la porta e salutai tutti, tentando di apparire il più rilassata possibile, ma fallii miseramente.
Mi sedetti sulla poltrona libera e accavvallai le gambe in modo innaturale.
Marta tossì e Dave ridacchiò.
-Beh! –esclamai ad un certo punto –che si dice?
-Niente. –disse Dave.
-Già niente. –convenne Marta.
-A parte che questi due volevano scopare nella saletta. – disse Ren.
-Oh mio Dio! –mi rivolsi a Marta –Per l’amor del cielo, frenate i bollenti spiriti!
-La situazione richiedeve del sesso, Chris. –sentenziò Marta –Se ci fossi stata anche tu avresti capito.
-Beh, meno male che non c’ero, allora.
Dave si alzò e si stiracchiò.
-Beh, io vado. –disse.
-Dove vai? A farti tagliare i capelli? –chiesi io.
Marta scoppiò a ridere e Ren si lasciò scappare un sorriso.
-Spiritosa! ahah, sto morendo dalle risate.
-Devi ammettere che era carina. –disse Ren.
-Ah, Fuck it! Io me ne vado a casa!
Detto questo si mise la giacca pesante ed usci dalla saletta.
Noi tre, invece, cazzeggiammo per qualche ora poi, verso le nove e mezzo di sera decidemmo di uscire e tornarcene a casa.
Forse ancora non me ne ero resa conto ma stavamo unendoci. Una cosa sola, una soltanto. Inseparabile, ma allo stesso tempo immiscibile, come olio e acqua.
Eravamo amici.
Davanti a casa, Ren mi prese per un braccio, impedendomi di entrare. Marta ci guardò per qualche istante poi sorrise e si chiuse la porta alle spalle.
Intanto il mio cuore cominciò a battermi all’ impazzata.
-Tieni. –mi disse, porgemi un foglio.
-Cos’è?
-Una mia canzone. L’ ho scritta qualche giorno fa.
-Un’ altra?! Tu mi vuoi davvero morta!
-Leggila. –mi guardò intensamente, con una tale forza che mi sentii piccola al suo cospetto.
Io, un po’ scettica, spianai il foglio sgualcito e cominciai a leggere. Prima lo feci con un pregiudizio sciocco, convinta che si trattasse di un’ altra canzone su una sveltina o su una bottiglia di Whisky.
Alla fine della prima strofa mi fermai. Ritornai al primo verso e ricominciai a leggerla questa volta con più concetrazione. La rilessi almeno tre volte poi le bracci mi cominciarono a tremare. Confusa e sorpresa cercai gli occhi di Ren che, anche nel buio brillavano.
-Come hai fatto?
-A fare cosa? –mi chiese.
-A scrivere una cosa… una cosa simile… una cosa così assurda, una cosa così inaspettabile… -mi avvicinai a lui di un passo –una cosa così bella.
Sì, lo so… sembra assurdo. Ma quella canzone era una delle più belle e più poetiche che io avessi mai letto.
-Lo so. –disse lui –E’ bellissima.
-Si, lo è.
-Lo so.
-A cosa… a cosa pensavi per scrivere una cosa simile? A uno spinello?
-A te.
Sentii il mio cuore scoppiare mentre una lacrima mi rigò il viso.  Lui si allarmò.
-Non… non devi piangere, non farlo! –mi strinse una mano.
-Perché fai così? –chiesi, con una leggera nota di disperazione nella mia voce. mi allontanai di quache passo, spaventata.
-Fare cosa?
-Perché sei cos’ sleale?! Perché scrivi una canzone così bella per me?! Perché mi hai fatta diventare la tua ispirazione?! Perché?
-perché ti amo! –urlò. Si mise le mani fra i capelli e si morse un labbro –E tu perché non capisci quanto sei… indispensabile per la mia felicità? Perché non capisci che senza di te io non saprei cosa fare?!
Le sue parole mi stavano facendo impazzire. Mi pugnalavano incandescenti e sentivo che la mia anima fremeva di voglia. Di voglia…
-E’ dal primo momento che ti ho vista che ho capito che noi due siamo destinati! Io… io ti ho amata da subito! Da quando hai preso la mia chitarra e ti sei messa a suonare! Da quando ti ho vista in quel locale! E da quel giorno il mio amore per te è solo cresciuto! Quando ti ho baciata per la prima volta, quando abbiamo fatto l’amore nella mia macchina, quando sei venuta a casa mia, quando mi hai raccontato della tua vita, quando mi hai mandato a fanculo perché ti ho detto che avevo una ragazza tu hai cambiato e stravolto completamente la mia vita! –finì di parlare e strizzò gli occhi, come per fremare delle lacrime.
E l’impulso crebbe. Crebbe sempre di più. Io volevo toccare Ren. Volevo accarezzare la sua pelle fredda e screpolata dal freddo. Io volevo lui.
Mi avvicinai a lui e alla fine tutti i miei desideri presero il comando del mio corpo. Lo abbracciai con tanta forza che lo spinsi contro il muro di un appartamento che stava a pochi metri da noi. Lui rimase immobile, quasi incredulo, sprofondando il suo viso nei mei capelli. 
Lo strinsi fra le mie braccia, rendendomi conto di quanto io lo deisderassi. Gli sfiorai il collo con le labbra causandogli un brivido che arrivò fino a me e mi attraversò il corpo.
-Andrà tutto bene. –sussurrai nel suo orecchio.
Lui sorrise e mi strinse con una tale forza che quasi mi fece male. Rimanemmo così: abbracciati davanti a casa nostra. Sembravamo abbastanza scemi in realtà, visto che faceva un freddo di cristo. Ma nessuno dei due pensò di muoversi o di entrare in casa. Rimanemmo così. E visti da lontano, probabilmente, sembravamo una persona sola.
 
 
 
Sentii un raggio di sole cadermi su una guancia. Controvoglia aprii un occhio ma tutto mi sembrò sfocato, quindi lo richiusi per stroppicciarlo. Mi misi a pancia in su e mi passai le mani sul viso, sospirando. Mi allungai stiracchiandomi e poi sbadigliai. Alla fine mi girai sul fianco destro e guardai davanti a me. E davanti a me, nel mio letto, vidi Ren.
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola e lui si svegliò di soprassalto, saltando in piedi e cadendo fragorosamente dal letto. Dopo un paio di secondi vidi la sua mano appoggiarsi sul materasso e la sua faccia ancora addormentata fare capolino da dietro un cuscino.
-Che cosa cazzo ci fai nel mio letto?! –chiesi in preda alla disperazione.
-Non… non lo so! Non mi ricordo! AH! –urlò di dolore portandosi una mano alla testa.
In quel momento anche io mi resi conto che la testa mi faceva davvero molto male. Ren guardò per terra accanto a se e sospirò incredulo. Prese qualcosa da terra e me la sventolò i faccia: era una bottiglia di  vodka.
-Oh mio Dio… non avremo mica… -biascicò.
Io alzai le lenzuola.
-Qui sotto è tutto pulito…
Ci lanciammo un’ occhiata strana. Poi, molto lentamente, entrambi lanciammo uno sguardo alle nostre… ehm… parti intime. Lui si allargò un po’ i boxer e ci sbirciò dentro. Lo stessi feci io, tirando un po’ l’elastico dei miei shorts e allargandomi gli slip.
-Mi… mi sembra di no… -dissi io.
-Anche a me… sembra tutto a posto. 
-Si, ma allora perché sei in boxer?
-Non me lo ricordo!
-Io sì.
Entrambi ci girammo verso la voce di Marta, che stava appogiata alla porta con una tazza di caffè fra le mani.
-Ieri quando siete rientrati in casa vi siete entrambi messi il pigiama e poi avete pensato bene di scolarvi una bottiglia di vodka. Lui ha cominciato a spogliarsi e a fare una specie di balletto sexy e tu gli ballavi intorno e a denudarti. Alla fine sei rimasta in slip e canottiera. Io allora ti ho portata a letto, ti hoinfilato un paio di shorts e alla fine sei praticamente svenuta lì. Dopo un  po’ lo spogliarellista mancato ha cominciato a sbraitare che voleva dormire con te e ha rotto così tanto i coglioni che lo abbiamo lasciato fare. Si è infilato nel tuo letto e tu lo hai abbracciato. Poi vi siete addormentati. –bevve un sorso di caffè, poi ci guardò –E questo è quanto.
Finito il riassunto ci diede le spalle e si stropicciò, sparendo dietro uno dei corridoi.
Io e Ren rimanemmo in silenzio. Ci guardammo e mi sorrise. Io arrosii violentemente e mi guardai le mani.
-Mi hai abbracciato… -disse lui, quasi orgoglioso.
-Si, sai che cosa incredibile.
-Per la seconda volta in una giornata sola. Ce ne vuole sai?
-Si? Beh, allora per un po’ non ne riceverai altri. E ora sparisci, mi voglio rivestire.
Lui si alzò poi però, invece di uscire dalla porta, salì sul mio letto e mi si avvicinò pericolosamente. Senza che potessi fare niente mi ritrovai sdraiata sul letto mentre lui mi sovrastava. I suoi occhi, che mi guardavano così intensamente e le sue labbra, così vicine alle mie, facevano crescere nel mio corpo l’impulso di saltargli al collo e chissà che farci poi!
Lui sfiorò le mie labbra con le sue dita e mi carezzò una guancia.
-Adesso tu non te ne rendi conto… ma il tuo amore per me è così grande che fra poco scoppierai.
Detto questo si alzò e mi lasciò lì, come una cretina.
-Meditaci sopra! –urlò Ren da un’ altra stanza.
Io ridacchiai.
-Però… -dissi fra me e me –è bravo.

 
 
 
 
 
Ren

 
Guardai il mio viso paonazzo riflesso nello specchio del bagno. Oh, mio Dio! Che cosa mi era saltato in mente prima in camera di Chris?! Dovevo essere completamente rincoglionito per aver fatto una cosa simile! Oddio, oddio, oddio… l’avevo sedotta! Ci ero riuscito! Per la seconda volta! Ed eravamo anche passati da un locale di merda al suo letto! Dalle stalle alle stelle! Evviva me!
Mentre osservavo la mia espressione fiera e orgogliosa sentii qualcosa vibrare. Guardai verso destra e vidi il mio cellulare abbandonato sul water. Preferii non ricordare come la scorsa notte ci fosse finito e lo presi. Era Malik.
-Buongiorno, Ren! -esclamò.
-Buongiorno, Malik. Posso chiederti un favore?
-Tutto quello che vuoi, mio caro! –disse di nuovo a voce alta.
-Non urlare. –risposi.
-E perché non dovrei urlare? –disse alzando il tono della voce.
-Perché ho un doposbronza assurdo, ecco perché! –strillai io, poi portandomi una mano alla tempia.
-Ah… beh, scusami! Senti, ci sono gli altri?
-Si, ci sono.
-Allora riuniscili in salotto e poi mettimi in vivavoce.
Feci come mi era stato detto. Una volta tutti riuniti, mi accorsi che nessuno era proprio interessato a ciò che Malik ci doveva dire. Marta e Dave stavano come sempre coccolandosi e cose varie, mentre Chris faceva cerchi di fumo con la sigaretta appena accesa.
-Allora… -disse Malik dall’altro capo del telefono –mi state tutti ascoltando?
Ci fu un sì corale che, per chi si trovava lì, sarebbe risultato più falso delle tette di Pamela Anderson.
-Bene! –continuò Malik –Allora è bene che sappiate che fra un po’… avrete il vostro primo live.
Seguì un lungo silenzio durante il quale Marta e Dave smisero di pomiciare e Chris quasi si strozzò fumando.
-Vi ho sconvolto? –chiese Malik.
-Non lo so, tu che dici?! –chiesi io –Non abbiamo neanche finito di incidere il disco!
-Il disco lo finiamo di incidere in un mese, non preoccupatevi! E il live sarà fra un mese e mezzo qui in uno degli auditorium di Manhattan!
Chris si alzò e si avvicinò al telefono.
-Scusami Malik, ma chi vuoi che venga? Si, abbiamo un discreto numero di fan ma non credo che verranno più di cinquecento persone. Forse anche di meno! –disse lei.
Tutti annuimmo in silenzio.
-Ragazzi… -disse Malik – E’ questa la mia sorpresa. Cosa credete, che mi sia girato i pollici mentre voi incidevate il disco? Ovviamente mi sono dato da fare per farvi conoscere in tutta l’europa! Ho fatto un gruppo su Facebook su di voi e…
-Aspetta un attimo! –disse Chris –Ma noi non abbiamo neanche un nome!
-Infatti, il nome non c’è. –disse Malik –la pagina è della casa discografica e voi avete uno spazio tutto vostro. Dovreste sentirvi onorati! Comunque, ogni canzone che finivate di registrare io la mettevo sulla pagina, e poi le passavo per radio.
-Aspetta un’ altro attimo! –disse di nuovo Chris –Perché noi non le abbiamo mai sentite?
-Perché, mia cara, le facevo passare solo in orari in cui voi eravate impegnati a lavorare. Ma ora fammi finire. Piano piano i vostri fan hanno cominciato a far girare le vostre canzoni per tutto il network, da youtube a Twitter e… ora siete molto conosciuti.
Nell’ aria non c’era altro che tensione... Sentivo il fiato di Chris aumentare sempre più di velocità, Mentre Dave e Marta guardavano il telefono come estasiati.
-Allora ho avuto un’ idea. –continuò Malik –Di vedere cosa succedeva se facevo un evento su Facebook di un vostro live. La data del concerto è prevista per il 7 gennaio… e in due giorni abbiamo accumulato settemila novecento trentadue partecipanti. -Il silenzio diventò insostenibile. Fu Chris che si fece coraggio a dire quello che tutti noi pensavamo.
-Non vuol dire nulla! Si sa che i partecipanti che dicono che ci saranno sono sempre più di quelli che partecipano davvero!
-Su ticket one abbiamo già messo in vendita i vostri biglietti e… volete sapere quanti ne abbiamo venduti finora?
Nessuno fiatò.
-Seimila novecento ventitre.
Vidi Marta che si portava una mano alla bocca, trattenendo un grido di eccitazione. Dave cominciò ad accarezzarsi la testa luccicante. Chris invece rimase seria.
Malik continuò a blaterare per qualche secondo dicendo quanto questa cosa potesse essere incredibile e che mai aveva ricevuto un risultato così ottimo da una band italiana. Poi finalmente arrivò al punto che tutti stavamo aspettando.
-Allora… -disse –per prima cosa dovete trovarvi un nome. Poi farete la vostra pagina di facebook e poi i vostri account su twitter e anche quello della band, ovviamente.
Calò il silenzio più totale. Non avevamo mai pensato ad un nome. Il che è assurdo, visto che dovrebbe essere la prima cosa a cui si pensa in questi casi. Marta cominciò a tirare fuori nomi assurdi, tipo : the four italians goes to New York e cose simili. Io le dissi che se avessimo usato un nome simile saremmo stati accusati di plagio. Dave voleva chiamarci The skinheads, ma l’unico che aveva la testa pelata era lui, quindi non poteva essere possibile. Malik continuava a tirare fuori nomi italiani, che i fan americani non sarebbero riusciti a pronunciare, oppure nomi indiani che solo Malik avrebbe potuto pronunciare. Chris continuava a tacere. A me venne il colpo di genio.
-Io lo so! Lo so io! –tutta l’attenzione fu rivolta a me –che ne dite di chiamarci con il nome di una marca di sigarette? Voi che ne pensate?
-Lucky Strike! –urlò Marta –Sono le sigarette per eccellenza!
-No, sono troppo conosciute! –disse Dave –Che ne dite di Pall Mall!
-Vuoi chiamarti Pall Mall solo perché le fumi tu! –disse Marta.
-C’è una marca di sigarette indiane che sono incredibili! –cominciò Malik, ma venne interrotto da tutti noi.
-Allora… Gauloises! –dissi io –Non le conosce nessuno!
-Fanno schifo le Gauloises, le fumi solamente perché costano poco!
Continuammo a tirare fuori nomi di sigarette. Marta disse Black Stones, ma a me non piacevano perché sapevano di ciliegia. Allora Dave disse Black Devil, ma a Marta non piaceva per niente il loro aroma alla vaniglia.
Alla fine finimmo tutte le marche che conoscevamo. Ci stavamo seriamente scoraggiando quando alla fine Chris parlò.
-Che ne dite… -disse girandosi la sua sigaretta fra la dita –di Seven Star? Non le conosce nessuno ma sono davvero buone. Le fumava Sid Vicious. E le fumo anche io. A me piace.
Tutti ci pensammo su.
-Ma si… non è per niente male! –disse Malik dall’altro capo del telefono.
-Anche a me piace. –disse Dave.
-A me piaceva di più Lucky Strike, però… va bene, mi piace.
-Per me è perfetto. –dissi io alla fine –Malik, che ne dici?
La conversazione durò ancora qualche minuto mentre  Malik diceva che il nome era meraviglioso e bla bla bla. Noi intanto ci stavamo guardando elettrizzati. C’era tensione nell’ aria, emozione, eccitazione, paura e impazienza… tutto insieme. Alla fine Malik disse che potevamo avere il resto della giornata libero e chiuse la chiamata complimentandosi di nuovo. Tutti noi restammo in silenzio qualche secondo. Poi ci guardammo. Tutti stavamo pensando la stessa cosa, ma nessuno aveva il coraggio di pronunciare quelle parole. Nessuno… tranne Chris.
-Il computer con il wi fi è mio! –strillò, correndo verso la stanza dove stava riposto il nostro computer portatile con il wi fi.
-Merda! –esclamò Marta- Allora io prendo quello fisso con il modem!
-Io quello con la pennetta internet!-urlò Dave
-Io allora resto inculato! –dissi io. Presi il mio cellulare android abbastanza scassato e andai verso la stanza di Chris. Lei, trionfante con il suo computer, stava creando l’ account per la band su Twitter.
Mi guardò e scoppiò a ridere.
-Perché ridi? –chiesi.
-Perché sei rimasto inculato. Ti voglio vedere con quel telefono ad andare su internet.
-Beh, sempre meglio di niente.
Lei sorrisse e poi ammirò il suo lavoro. Aveva appena finito l’account della band…
-Manca ancora una foto. –disse.
-Già. Chissà quando faremo un servizio fotografico… -non finii la frase che sentii il mio telefono vibrare. Era un messaggio da parte di Malik.
-Credo che Malik mi legga nel pensiero. –dissi –Abbiamo un servizio fotografico… proprio stasera.
-Davvero? Forte… a proposito, Malik credo abbia inviato a tutti gli inviti per diventare amministratori della pagina facebook dei Seven Star.
-Ma chi l’avrebbe fat…? –venni interrotto da un altro messaggio,  sempre di Malik, che ovviamente mi scriveva di aver appena creato la pagina Facebook della band.
Intanto lei riandò su twitter e fece un account per lei.
-Quindi… -cominciò –io che sarei?
-In che senso?
-Io suono la chitarra d’accompagnamento ma… sarei la cantante, no?
Io le presi il computer dalle gambe e lo poggiai davanti a me. Scrissi al posto suo Vocalist e poi le rivolsi uno sguardo allegro.
-Vocalist suona molto meglio di Singer. –le dissi.
Lei mi sorrise. Fece clic su salva modifiche e poi mi passò il computer.
-Divertiti.
Fece per andarsene. Io però sentivo qualcosa di strano. Ebbi l’impressione che se ne stesse andando… per sempre? Non mi accorsi nemmeno che la mia mano saettò sul suo polso. Lei mi guardò sorpresa, io la tirai verso di me. Strinsi Chris il più forte possibile, ebbi addirittura paura di farle male, ma lei non si mosse. Si lasciò abbracciare. Dopo qualche secondo si mise in braccio a me e mi cinse i fianchi con le gambe. Mi guardò negli occhi e capii che cosa voleva. Lentamente, come se fosse stata una tortura, avvicinai le mie labbra alle sue. Sentii il suo respiro cessare e i suoi occhi lanciarmi occhiate prepotenti.
-Chris… -sussurrai –io…
-Ragazzi ?! –strillò Marta, poco lontana dalla stanza dove ci trovavamo.
Chris si alzò troppo in fretta e inciampò nel mio piede. Mentre vedevo che perdeva l’equilibrio io feci per prenderla ma tutto quello che ottenni fu cadere insieme a lei.
Intanto la porta si spalancò e una Marta sovraeccitata entrò con il cellulare in mano.
-Malik ha detto che dobbiamo andare a fare un servizio fotografico e… -piegò la testa di lato guardando me e Chris supini per terra –che diavolo sate facendo?
-Niente! –disse Chris scocciata –Assolutamente niente.
Detto questo se ne andò lasciando me e Marta da soli.
-Che ho fatto? –mi chiese.
-Usa l’immaginazione. io avrò anche un tempismo di merda ma non è che te scherzi.
Lei sembrò pensarci un attimo poi capì e spalancò la bocca.
-Oh mio Dio, mi dispiace.
-Lascia stare, che è meglio.
Io lasciai la stanza con uno dei sorrisi più tronfi e idioti del mondo. Ormai ce l’ avevo fatta! Oh, sì! Ce l’avevo proprio fatta! Ormai Chris era mia!
 
Che idiota che ero… pensavo che tutto sarebbe andato per il meglio, invece tutto sarebbe andato allo scatafascio. Da lì ad un mese io avrei rovinato tutto…  ogni cosa per cui noi avevamo lottato, io l’avrei distrutta. Semplicemente perché non ero riuscito aproteggerla. Avrei dovuto fermarlo quell’ uomo appena lo vidi, appena mi resi conto che qualcosa non andava… invece io avevo lasciato stare, avevo ignorato quel pericolo incombente.                                                                    Ma non temete… questa storia non è ancora finita. Neanche nel presente. Nulla è terminato.   

 

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Capitolo 9
*** Chapter 8 ***


Chapter 8
 
Marta
 
 
Quando arrivammo allo studio fotografico nessuno sapeva cosa aspettarsi.
“Se mi tingono i capelli di un colore indecifrabile li ammazzo” continuava a ripetere Ren.
“Ah, io non ho di questi problemi…” diceva ogni tanto Dave.
Io invece, mi preoccupavo di come mi avrebbero vestita. Avevo uno stile tutto mio e se mi avessero costretta ad indossare qualcosa che non mi piaceva mi sarei sinceramente incazzata.
“Se si azzardano a mettermi un vestito da puttana faccio ricorso.” era il chiodo fisso di Chris.
Io mi accesi una sigaretta per scaricare la tensione. Tutti mi imitarono. 
-Ragazzi, ma perché siamo così agitati? –chiese ad un certo punto Dave –cosa vi spaventa? Al massimo vi arricciano i capelli!
-Eh, certo! –esclamò Chris –A te che ti frega, i capelli tu non ce li hai!
-Non è vero che non ce li ho! Semplicemente ho deciso di adottare un look skinhead!
-Ci credo! –disse Ren –Hai perso tutti i capelli!
Chris e io scoppiammo a ridere. Dave mi guardò offeso e io gli diedi un bacio. 
Intanto la tensione saliva.
-Ma dove cazzo è Malik? –sbottai io –Aveva detto di aspettarlo qui fuori…
Sospirammo tutti e quattro e, insieme, portammo le sigaretta alle bocche. In quel momento vedemmo un flash.
Ancora storditi guardammo avanti a noi. C’era un uomo sulla trentina che ci guardava attraverso l’ obiettivo di una reflex.
-Sorry, guys! –disse –E’ che eravate perfetti!
Aveva un forte accento americano, quindi capimmo che non era italiano.
Si presentò ad ognuno di noi.
-Mi chiamo Alexander Hudson. Tu sei Ren… Tu Marta… Tu Dave… e tu… -si soffermò su Chris –tu sei Chris…
Chris rimase in silenzio qualche secondo e si guardò intorno. Poi rivolse di nuovo lo sguardo su Alexander.
-Si… sono Chris. –disse allungando molto le parole. Sorrisi. Sapevo che quando faceva così era perché la persona che le stava davanti le dava al cazzo.
-Sei… sei davvero wonderful! I tuoi capello sono incredible… Sono natural?
Ren guardò male il fotografo e sbuffò.
-Si… sono … natural, come dici tu. –disse Chris, in evidente disagio.
In quel momento, per la gioia di Ren e Chris, arrivò Malik che ci portò dentro. 
Il servizio durò ben quattro ore. Grazie al cielo ci lasciarono sceglier sia vestiti che make up. Le foto andarono bene. Ne facemmo ventisei per la band al completo e per ognuno, in media, dieci. Dico in media perché quando fu il turno di Chris, Alexander gliene fece almeno una trentina. Ren voleva strangolarlo e anche Chris: lei odiava quelli che ci provavano così platealmente per far vedere a tutto il mondo che erano interessati a lei.
Lo odiava… infatti ancora non capisco come abbia fatto Ren a conquistarla, visto che lui era ancora più plateale di Alexander. 
Dopo il servizio fotografico volevamo tutti andarcene a casa ma Alexander aveva altre idee. Con la scusa che così avrebbe potuto farci altre foto ci propose di andare a berci qualcosa. Tentammo in tutti i modi di rifiutare ma alla fine ci convinse: ci disse che avrebbe pagato lui. Una bevuta gratis non va mai mandata a fanculo.
 
 
 
Chris
 
Lo volevo ammazzare con le mie stesse mani. Mi si appiccicava, mi faceva trecento foto al secondo, mi continuava a fare complimenti sui capelli che continuava a carezzare e a rigirarsi fra le dita.
Ero talmente a disagio che avrei preferito andare a camminare nuda a China town, piuttosto che passare un altro istante con quell’ essere ancora non identificato. Stavo zitta e mi lasciavo fare tutto solo perché ci avrebbe pagato da bere.
Nel locale mi sedetti prontamente fra Dave e Ren. Dave ovviamente si preoccupava di Marta, ma almeno non mi avrebbe rotto i coglioni quel fotografo da due soldi.
Cominciammo a bere e Alexander fece foto su foto. Neanche una birra riuscivo a godermi…. non facevo in tempo a poggiare le labbra sulla bottiglia che lui mi scattava una foto. Lo stesso valeva per Marta. A Dave e Ren ne faceva una ogni tanto, giusto per non destare sospetti.
Alexander cominciò a chiacchierare con Marta, sotto lo sguardo omicida di Dave (aveva coraggio,il fotografo da strapazzo,  glielo consentii).
Ren mi si avvicinò.
-Se ti tocca è morto. –mi sussurrò.
-Se mi tocca è castrato. –dissi io.
-Okay, allora se ti tocca lo castro con le mie stesse mani.
-Contento tu.
-Non deve rendermi contento, ma almeno così ti sta lontano.
Io lo guardai: i suoi occhi scrutavano ogni mio pensiero e le sue mani carezzavano le mie dita. Brividi mi facevano venire la pelle d’ oca ogni volta che il suo corpo sfiorava il mio. Cos’era? Cos’era quel sentimento? Desiderio? Era solo desiderio, vero? Mi venne una gran confusione in testa. Mi alzai facendo sapere che mi andavo a fare una sigaretta. Alexander si offrì di accompagnarmi ma Ren lo fermò. Disse che aveva qualche domanda da fargli riguardo le foto e cazzate varie.
Io lo ringraziai mandandogli un bacio da lontano che gli fece letteralmente drizzare i capelli. Mi augurai che fossero stata l’ unica cosa ad esserglisi drizzata…
 
 
 
Dave
 
 
Ren faceva mille domande ad Alexander pur di non farlo muovere da quel posto. Alexander alla fine disse che in fondo stava bene dentro il locale, che fuori faceva freddo. Capii che lo aveva detto solamente per non far continuare a blaterare Ren che, quando ci si impegnava, sapeva essere davvero insopportabile.
Ren allora si alzò per andare in bagno e la mia attenzione si focalizzò su Marta.
-Allora, sweetheart… -cominciai –Che te ne sembra di questa vita da vip?
-Ma quali vip e vip, siamo quattro idioti che tentano di guadagnarsi il pane con la musica… e dubito fortemente che ce la faremo.
-Non essere pessimista. –dissi –IO invece, sono sicuro che ce la faremo. 
Marta non mi sembrò convinta. Io le presi il mento e la guardai dritta negli occhi.
-Hai visto quanti fan abbiamo? Andrà alla grande! 
-Non mi piace illudermi. –sussurrò lei. Mi sembrò che nei suoi occhi comparissero delle immagini, come dei ricordi.
-Perché, ti sei già illusa in passato?
Lei mi sorrise malinconica.
-Oh, sì…
Smise di guardarmi e la vidi giocherellare con le dita.
Feci per parlare ma non mi venivano le parole. Allora guardai davanti a me e… e … e mancava qualcosa. Ma cosa?
-Marta… -chiamai –Non credi che manchi qualcuno?
-Chris. E’ fuori a fumare.
-No… qualcun’ altro.
In quel momento capii. Dov’era quel coglione del fotografo. Scattai in piedi e guardai nella sala. Non c’era. Non… c’era?
-Oh, shit!
-Dave? -Mi girai verso un Ren che mi guardava dubbioso –Che ti prende?
-Amico, mi dispiace! Mi sono distratto!
Lui non capii, poi guardò il posto di Alexander… vuoto.
Non disse una parola, semplicemente corse di fuori. Io feci per inseguirlo, ma Marta mi bloccò.
-Aspetta. –mi disse –Fallo andare da solo. 
-Cosa?
-Credimi… fallo andare da solo.
Il suo sguardo, così risoluto, mi convinse. Anche se non avevo la minima idea di quali fossero le idee di Marta.
 
 
 
 
Ren
 
 
Dove? Dove diavolo era quel figlio di puttana?! Vidi, un po’ più lontano, un uomo e una ragazza, attaccati ad un muro. Non vedevo la ragazza ma lui… era Alexander!
Corsi verso di loro e presi per una spalla Alexander, lo allontanai da Chris e… e non era lui. Ne la ragazza era Chris.
L’uomo mi guardò scioccato.
-Ehm… sorry, man! –dissi impacciato –I… I thought you were another… And I.. Ah, fanculo.
Okay, non era lui, piccolo errore di percorso. Ma allora dov’erano? Mi venne in mente che c’era un cortile posteriore del locale, ma perché mai Chris sarebbe dovuta andare lì dietro? Forse… forse proprio perché non voleva che Alexander la trovasse! Ormai sicuro di dove potevano essere corsi verso il retro del pub. Sentii una voce ma non la riconobbi. Nelle mie orecchie c’era solo il fischio della paura che sarebbe potuto succedere qualcosa a Chris. 
Di nuovo la sentii. Smisi di correre. Ormai ero al centro del cortile posteriore. Davanti a me c’era solo un muro, e alla mia destra delle panchine e poi il marciapiede che portava al centro. Invece, alla mia sinistra sembrava esserci una specie di boscaglia. Le voci non si sentivano più. Non volevo camminare o fare anche solo un passo per via della ghiaia che avrebbe coperto il suono di altre voci. Rimasi in silenzio. Poi ci fu un solo suono che vibrò nell’ aria: quello del mio nome. Riconobbi quella sensazione… l’avevo già provata qiando eravamo a casa mia… Era Chris. Ormai non mi interessava neanche sapere da dove veniva esattamentela voce, non stavo ragionando, non ci riuscivo. Pensai semplicemente che Alexander non sarebbe stato così idiota da provarci con lei in un marciapiede, dove tutti lo avrebbero visto. Corsi verso uno dei cespugli alla mia sinistra. Dietro al cespuglio, come pensavo, continuava una piccola boscaglia. Dov’erano?! Dov’erano?! 
Di nuovo il mio nome. Questa volta capii da dove arrivava e corsi verso destra. Dietro un albero vidi delle gambe dimenarsi. Nella mia mente saettò solo un pensiero: lui deve morire. Corsi verso Chris. Non volli guardarla in faccia perché, se avessi visto il suo viso, avrei davvero ammazzato quel figlio di puttana. Presi soltanto lui per il bavero della giacca. Riconobbi il suo viso, schifosamente sorpreso, come se quello che stava facendo fosse normale e la mia ira una cosa scioccante. Lo spinsi contro un muro e gli tirai un pugno. Quello mi diede un calcio sulla bocca dello stomaco. Mi piegai e mi tirò una ginocchiata sul mento. In un istante mi ricordai una cosa, l’ unica cosa per cui mio fratello era stato utile: i suoi insegnamenti.
Caddi a terra e cercai un oggetto intorno a me: non trovai altro che un ramo ma non era abbastanza robusto, si sarebbe rotto se glielo avessi dato su una gamba. Punto debole di ogni umano: il viso. Presi il ramo, scattai in piedi e anticipai un pugno. 
“Dopo un pugno arriva sempre una ginocchiata.” Mi balenò nella mente una perla di saggezza che mio fratello mi disse quando avevo dieci anni. Mi tirai indietro, allora. La ginocchiata colpì l’aria, e io corsi verso di lui. Prima gli diedi una spinta con le spalle e poi, solo quando era ancora rincoglionito dalla sorpresa del colpo, brandii il ramo sulla sua guancia destra. Si sentì un urlo e poi il suo corpo cadde a terra. Rantolò qualche secondo portandosi una mano sulla faccia. Io non volli infierire, volevo solo portare Chris via di lì. Sempre senza guardarla in faccia, altrimenti sicuramente sarei tornato a picchiare quel bastardo, la presi in braccio e corsi per strada. Il suo corpo mi sembrava leggero come una piuma, ma forse era semplicemente la mia disperazione a famrela sembrare così lieve. Vidì arrivare un taxi e lo fermai appena in tempo. Salii senza togliere il corpo di Chris dalle mia braccia, diedi l’indirizzo al tassista e poi partimmo. Solo quando ci fummo allontanati di qualche centinaia di metro decisi di guardarle il viso.
Gli occhi di Chris erano sbarrati, come se fosse morta. Quasi mi prese un colpo, ma poi mi accorsi che il suo respiro era accelerato e mi graffiava il collo. Da una gorssa chiazza rossa sul suo viso dedussi che il bastardo la aveva picchiata. Ringraziai Dio che ormai eravamo troppo lontani dal locale.
-Chris? –chiamai il più dolcemente possibile –Stai bene?
Lei non mi rispose. Continuò a guardare fissa il mio petto. Era rigida e fredda. In quel momento squillò il mio cellulare.
-Pronto, Marta? Sì, la sto portando a casa…. Sta bene, a parte il fatto che  è terrorizzata…. Quel pezzo di merda l’ ha picchiata…. No, non è niente di grave… Si trova nel boschetto dietro il pub, fategli capire che se dice anche solo una parola alla polizia è morto stecchito…. Fategli quello che volete, ma io non lo devo avere di nuovo sotto gli occhi…. D’accordo, ci vediamo dopo.-Chiusi la chiamata e baciai Chris sulla fronte. 
 
Arrivammo a casa, pagai il tassista che, molto gentilmente mi fece pagare qualche dollaro in meno visto che la ragazza stava male, poi la portai dentro.
Adagiai Chris sul divanetto e intanto andai in cucina. Misi su dell’ acqua per il teh, poi tornai nel salotto. Non la vidi sul divano. Mi guardai meglio intorno. E poi la vidi. 
In mano aveva la mazza da baseball di Dave, che si portava ovunque andasse e la stringeva fra le mani.
Il suo guardo era strano, come ostile. Ma ostile verso chi? I suoi occhi seguivano ogni singolo movimento io facessi, anche il più minimo. Mi stupii di me stesso ma… ebbi paura.
-Chris? –chiesi.
-Non ti avvicinare. –disse con un tono di voce duro, freddo… cattivo. Un brivido mi percorse tutto il corpo.
-Che ti prende? Guarda che non c’è più alcun pericolo.
-Si invece, ed è qui davanti a me.
-Ma che diavolo stai dicendo?!
-Dove hai imparato?
-Imparato?
-Dove hai imparato a picchiare in quel modo?! –urlò. Io continuai a guardarla. I suoi occhi erano rossi e sempre più lucidi, ma le sue pupille erano dilatate… Le iridi sembravano tremare. Ira?
-Perché…? –chiesi, intontito –Perché hai paura di me?
-Rispondimi! –strillò di nuovo. La sua voce rimbombò nell’ appartamento e fece tremare i vetri.
Deglutii a fatica.
-Non ho imparato… -cercai di rispondere.
-Non mentirmi! Quello che hai fatto…. io… io l’ho già visto! –sembrò perdersi in memorie tutte sue ma subito il suo sguardo tornò su di me –Tu sei… pericoloso.
-Mi ha insegnato Stefano!
Lei non rispose. Continuò a brandire la mazza di baseball. Non riuscivo ancora a crederci: la ragazza di cui ero follemente innamorato, alla quale avrei dato la mia vita… mi stava minacciando con una mazza da baseball!
Io approfittai del suo silenzio per continuare la mia spiegazione.
-Mi ha insegnato un pochino a menare! “Non si sa mai quando dovrai ammazzare qualcuno per preteggere te stesso” diceva. 
-Non ti credo… -disse lei.
Stavo perdendo le speranze quando poi mi ricordai di una conversazione che ebbi con Stefano una notte di dicembre: era tornato a casa ubriaco e pieno di ferite. Gli chiesi cosa gli era successo e lui mi disse che aveva picchiato cinque persone: quattro stronzi che avevano picchiato la sua ragazza e uno che la aveva spinta fra le braccia di coloro che avevano causato la morte del suo unico amore. Sapevo che la sua ragazza era morta, ma non sapevo che era stata picchiata. Gli chiesi perché quattro persone si erano accaniti contro una sola persona, una ragazza per giunta. Lui scoppiò a ridere. “Si accanirono contro di lei perché lei si accanì contro di loro!” mi urlò, sempre ridendo “Lei menava più di loro quattro messi insieme! Solo che ha avuto sfortuna!” Io gli chiesi come era possibile che una ragazza menasse degli uomini. Lui mi guardò disperato. “Perché era come me. Un mostro.” Mi rispose.




Chris
 
 
 
 
 
 
“Lo ammazzo.” mi dicevo in quel momento. “ Lo ammazzo. Lui è pericoloso. Io lo ammazzo. Lui muore. Io vivo.”
Ero impazzita. il terrore mi aveva fatto impazzire. Nel vedere Ren picchiare Alexander mi era rivenuta in mente una sola scena: Kain. La prima volta che conobbi Kain fu proprio sul campo di battaglia. Mi ricordavo come aveva steso una persona con quelle stesse mosse. Mi ricordavo che, quando mi vide, cadde in ginocchio e scoppiò a piangere. E mi ricordavo di quanto quell’ uomo potesse essere letale. Per cui Ren era pericolo. 
 
“Lui mi ucciderà! Ho paura! Mi uccide, mi uccide! Devo scappare. Si, scappo, via dalla finestra, da dove voglio ma devo scappare. Ho paura, lui mi fa paura. Dice che ha imparato da Stefano! Peggio, ancora più pericolo! Perché io lo so… Stefano è come lei. Come lei vuol dire morte. E se Stefano è come lei allora anche gli insegnamenti che ha dato a Ren sono morte. Lo ammazzo. Lui muore. Io vivo. Non voglio. Non la voglio un’ altra copia di mia sorella. NON LA VOGLIO.”
 
Strinsi ancora più forte la mazza da baseball. Sentii che la pelle, troppo tirata, su strappava. Il sangue imbrattò l’ impugnatura della mazza, ma non ci feci caso. Nemmeno lo sentivo il dolore.
Ren mi guardava con gli occhi di uno che non ha capito niente di quello che sta succedendo. Mi sembrava, anzi, che stesse pensando a qualcosa, come se si fosse buttato nel passato. Intanto la paura cresceva. Io credevo che il cuore mi sarebbe uscito fuori dal petto per quanto mi batteva forte e che gli occhi mi sarebbero caduti a terra secchi e aridi… non battevo le ciglia da quando ero entrata in casa.
Passarono dei secondi che io contavo nella mia mente delirante. Alla fine Stefano mi guardò e piegò di lato la testa.
-Non ti preoccupare. –mi disse –Io non sono Layla.
Quelle parole mi salvarono. In quel momento tutto crollò a pezzi, e il mio terrore svanì. Era solo quello che avevo bisogno di sentire, il mio animo lo sapeva. Lasciai andare la mazza,che cadde rotolando ai miei piedi.
Poi accadde una cosa che non mi aspettavo. Una cosa che non mi accadeva da tanto. Le gambe mi cedettero. Caddi in ginocchio e subito mi portai le mani alla gola. 
 
“Sto morendo. Sto morendo! Non di nuovo, non di nuovo, non di nuovo! Datemi l’ossigeno! Datemi l’ossigeno! Fatemi respirare!”
 
L’inferno era ricominciato.
 
 
 
Ren
 
 
 
 
Vidi i suoi occhi come spezzarsi mentre il suo corpo cadeva a terra. Corsi da lei. Provai a prenderle la mano, pensando che stesse semplicemente  piangendo, ma quelle erano piantate alla gola. 
Le dita cominciarono a graffiare il petto, come se volessero strappare via la pelle.
-Chris, che stai facendo?! –urlai ormai in preda al panico.
Lei non mi rispose. Al posto della sua voce tutto quello che sentivo era il suono della sua gola che sembrava stesse graffiando l’aria. La sua schiena si alzava e abbassava ad una velocità impressionante.
All’ improvviso capii.
-Chris, non riesci a respirare?! –chiesi, in pieno stato confusionale.
Lei, per tutta risposta, urlò. Urlò di dolore, di paura… un urlo d’aiuto.
Feci per alzarmi a prendere il cellulare ma lei mi fermò. Le sue mani mi presero il bavero della giacca.
-No… -sussurrò. Intanto il respiro si faceva ancora più veloce e io temetti che fra poco i polmoni le sarebbero scoppiati.
Feci leva sul mio cuore e ignorai la sua richiesta. Corsi in cucina, presi il telefono, composi il numero di Dave e corsi di nuovo da Chris.
Mi prese quasi un attaccò di cuore quando la vidi distesa su un fianco per terra. I movimenti del petto si erano fatti ancora più veloci di prima. La alzai e la misi dritta. Dagli occhi sbarrati cadevano grosse lacrime. Io la strinsi e, con la mia mano destra, tenni ferme le sue che cercavano di raggiungere di nuovo il suo petto.
Dopo troppi squilli, finalmente, Dave mi rispose.
-Ehi, amico. Tutto bene, il coglione non farà parola con la po…
-Passami Marta. –urlai interrompendolo.
Lui avvertii dal mio tono che c’era qualcosa che non andava. Non disse nulla, quella che sentii dopo fu la voce di Marta.
-Ren, che è successo?
-Non lo so, Chris ha una crisi e…
-Una crisi?! –mi interruppe con voce ferma –Descrivimela.
-Non… non riesce a respirare e…
-Solo questo, vero? –mi chiese.
-Come sarebbe a dire solo questo?!
-Non ha dato di matto, vero?
-Invece sì… Prima ha…. ha fatto una cosa senza senso e urlava e … e poi sono riuscito a calmarla ma poi è caduta a terra e… Chris, ferma! –Era riuscita a liberare una mano dalla mia morsa e subito aveva ricominciato a grattarsi via la pelle.
Prontamente io la strinsi di nuovo. 
-Quella di adesso è una crisi di iperventilazione, prendi subito una busta, possibilmente di carta, poi portala alla sua bocca! Al resto ci pensa lei.
Mi alzai e portai con me Chris. La trascinai per il pavimento tenendole immobili le mani, visto che non riusciva a camminare. Preferii questo piuttosto che lasciarla lì da sola a scorticarsi la pelle. 
Arrivammo in cucina: poggiai il telefono (meglio dire che lo lanciai) sul piano cottura e rovistai con la mano libera fra le buste. Ne trovai una di carta che ci dava ogni giorno il panettiere del quartiere. La rovesciai facendo cadere tutte le briciole. Ripresi il telefono e diedi a Chris la busta. Lei riuscì, con una forza disumana, a togliere di nuovo le sue mani dalla mia stretta e prese la busta. La portò alla bocca e cominciò a respirare. Io la strinsi tenendole il busto più dritto possibile nonostante i vari spasmi che la scuotevano. Il respiro sembrò calmarsi.
-Sta… sta funzionando. –dissi a Marta, portandomi il telefono all’ orecchio.
-Va bene, noi stiamo arrivando. Gli spasmi dureranno ancora un po’, tu cerca di calmarla.
-E come?!
-Non ne ho idea! –urlò dall’altro parte del telefono. La telefonata terminò lì.
Ormai Chris respirava normalmente ma il suo corpo continuava ad essere attraversato da brividi e spasmi.
La strinsi e cominciai a cullarla. Pensai a cosa la avrebbe potuta calmare e poi mi venne in mente una canzone. Una sola canzone che sicuramente lei amava.
 
What'll you do when you get lonely
And nobody's waiting by your side?
You've been running and hiding much too long.
You know it's just your foolish pride.
 
 
 
La cantai lentamente, con dolcezza, senza urlarla come faceva invece Clapton. Quasi sussurrandola solo per far sì che Chris la sentisse.
Sentivo ogni vertebra del suo corpo lasciarsi andare e ammorbidirsi.
Io continuai a cantare.
 
 
Layla, you've got me on my knees.
Layla, I'm begging, darling please.
Layla, darling won't you ease my worried mind.
 
 
 
Chris lasciò cadere a terra la busta di carta. Chiuse gli occhi, ancora dolorante. La bocca era ancora aperta e lasciava entrare l’aria, finalmente.
 
 
 
I tried to give you consolation
When your old man had let you down.
Like a fool, I fell in love with you,
Turned my whole world upside down.
 
 
 
Il suo corpo era ormai immobile, solo il movimento del suo respiro leggero. Io affogai il mio viso nei suoi capelli.
 
 
Let's make the best of the situation
Before I finally go insane.
Please don't say we'll never find a way
And tell me all my love's in vain.
 
 
-Mi dispiace... –disse con un filo di voce, spossata.
Io sorrisi.
-Non farmi mai più una cosa del genere.
-Non avrei mai voluto fare una cosa del genere… - la voce sembrava scomparire.
Io ebbi paura che non avrebbe più parlato e ricomiciai a cantare, per tenerla sveglia.
 
 
Layla, you've got me on my knees.
Layla, I'm begging, darling please.
Layla, darling won't you ease my worried mind.
 
 
Please don't say we'll never find a way
And tell me all my love's in vain.
 
 
 
-Ti amo. –dissi –E io farei ogni cosa per te. Tutto. Che cosa vuoi? Dimmi un tuo desiderio e io farò di tutto per esaudirlo.
Per qualche secondo l’ unico suono che sentii fu quello del suo respiro e dei suoi vestiti bagnati di sudore freddo che si strusciavano sui miei. 
-Voglio vedere il mare. –disse alla fine con un filo di voce, quasi stesse parlando fra se e se.
Io le baciai la fronte.
-Va bene.
La canzone, per chi lo volesse sapere, è Layla di Eric Clapton

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Capitolo 10
*** Chapter 9 ***


Chapter 9
 
 
Marta
 
Praticamente volavo mentre facevo le scale. Il cuore mi stava trapanando il petto e il sangue mi affluiva dolorosamente alla testa.
Non volevo crederci… Non poteva essere! Erano almeno due anni che non aveva una crisi! Ma soprattutto, due insieme! Che diavolo le era successo?!
Finalmente fummo davanti alla porta di casa. Frugai in fretta nella borsa e trovai le chiavi. Feci per metterle nella serratura ma le mani mi tremavano e continuavo a mancare il buco.
-Merda… -mormorai.
In quel momento Dave mi prese le chiavi dalla mano e aprì la porta.
Appena si aprì abbastanza perché il mio corpo vi entrasse saettai all’interno dell’appartamento.
-Chris! –urlai chiamando la mia amica.
Non la vedevo e non mi arrivava nessuna risposta.
-La mia mazza… -disse Dave, indicando un pezzo di legno gettato ad un angolo.
Io corsi verso di essa e la esaminai: c’era del sangue sull’ impugnatura. Il panico si impadronì di me.
Corsi in cucina e a terra vidi solo una busta di carta. Sulla busta altro sangue che si espandeva a forma di mano.
Altre goccie di sangue rappreso erano sparse per tutto il pavimento.
-CHRISTINE! –urlai, ormai fuori di me.
Corsi verso la camera da letto di Chris e scoppiai a piangere dal sollievo.
Stevi su un fianco c’erano Ren e Chris, che dormivano beatamente. Lei stava stretta fra le braccia di Ren, che poggiava il mento sulla testa della mia amica.
Io salii piano sul letto per non svegliare nessuno dei due e carezzai i capelli di Chris, che le incorniciavano il viso ancora rigido e tirato.
Le guardai le mani. Erano fasciate e si vedeva sulle bende, il sangue della ferita. Vidi anche che, sporgendo dalla maglietta, c’erano altre bende. Abbassai un po’ il collo della t-shirt e vidi che anche il petto era fasciato.
Sentii del movimento: Ren si era svegliato.
-Marta… sei arrivata. –disse ancora assonnato ma avvertivo nella voce del sollievo nel vedermi.
-Che le è successo? –chiesi, mentre le lacrime non si volevano fermare –E’ tutta fasciata.
-Lo so… si è ferita da sola. Le mani se le è tagliate stringendo troppo la mazza da baseball.
-La mazza?! –chiesi alzando la voce. Lui mi fece segno di abbassare la voce con il dito.
-Che diavolo ci faceva con una mazza? –gli chiesi.
-Mi ha minacciato con quella mazza. Ti ricordi quando ti ho accennato al fatto che ha dato di matto?!
-Ah… sì, io… Io ti spiegherò tutto dopo. E invece il petto?
-Si è strappata la pelle a graffi. Questo è successo mentre soffocava.
-Okay, si, mi ricordo che lo faceva anche quando le capitava con me.
-Ma dai?! Le succedeva, eh? Che diavolo le era preso?! Mi ha fatto prendere un colpo!
-Se esci di qui te lo spiego. Forsa, andiamo in salotto. Ho bisogno di una sigaretta.
Mi alzai dal letto e vidi Ren che delicatamente si districava dall’ abbraccio con Chris.
Appena entrammo nel salotto io presi una sigaretta e me la accesi. La mano mi tremava e la cenere si stava spargendo un po’ dappertutto.
Dave mi passò un posacenere e io vi misi vicina la sigaretta.
Ren si sedette su una poltrona davanti a me: il suo sguardo esigeva risposte.
-In realtà non sono proprio sicura di poterti… spiegare ogni cosa. Ma ci provo.
-Mi accontenterò.
-Okay. –presi fiato e feci mente locale –Inizio dalla più semplice: la crisi di iperventilazione. Credo che Chris soffra di questo disturbo da molti anni. Più precisamente, i primi sintomi credo risalgano all’ anno della morte di Layla, sua sorella. Il suo respiro… aumenta a dismisura, lo hai visto. Da quello che mi ricordo il ritmo della respirazione si fa eccessivo e… e questo provoca un abbassamento repentino del livello di anidride carbonica nel sangue. –finii la mia spiegazione e guardai Ren. Lui non diceva una parola. Continuava a fissami con i suoi occhioni verdi con un espressione da cane bastonato.
-Hai capito? –chiese Dave, anticipandomi.
-Neanche una parola. –rispose.
-E non dirlo con quegli occhioni da triglia! –dissi io esasperata –Sembri una trota!
-Triglia o trota, deciditi! –esclamò Ren.
-Non è questo il punto! –stavo per mettermi le mani fra i capelli.
-Ren, ascolta me, all right? –disse Dave, salvando la situazione – Praticamente, il respiro diventa più veloce e per questo il livello di anidride carbonica nel sangue si abbassa e questo le causa la mancanza di ossigeno nei polmoni.
-Ah. –disse Ren, spalancando gli occhi –così è più facile!
-E io cosa avevo detto prima?! –non potevo crederci.
-Ma non è questo il punto! –Ren mi guardò serio –Da  cosa è causata questa crisi?
Io mi smossi i capelli e me li misi dietro le orecchie.
-Nei casi più generici è provocato da tensione, stress. Per quanto riguarda Chris è un po’ diverso: a lei capita nei momenti in cui è sottoposta a maggiore tensione e nervosismo. Non deve riguardare per forza lei; anche se le persone intorno a lei sono particolarmente nervose, eccitate o stressate lei ne risente e può avere una crisi. Pensaci: noi stiamo per avere il nostro debutto e faremo un live fra poche settimane, stiamo incidendo un disco, ci sono molte aspettative nei nostri riguardi. Noi siamo nervosissimi e anche Chris. E poi quello che le è capitato oggi con quel porco di merda… Tu eri furioso, lei era spaventata. Ecco fatto che la tensione è troppa e… e lei scoppia. Il petto… lei se lo graffia perché dice che in quel momento non riesce a pensare correttamente e farebbe di tutto per avere ossigeno: preticamete il corpo istintivamente crede che aprirsi a graffi i polmoni le farebbero entrare aria.
-Si riduce in quello stato a causa di questa crisi?!
-Da quello che mi ha detto lei è… terribile. Ci si sente soffocare come se si fosse in fin di vita ma non è mortale, grazie a Dio. –abbassai lo sguardo ripensando a quello che mi disse Chris una volta –Lei mi ha detto che è come patire le pene dell’ inferno.
Ren non disse nulla. Semplicemente si grattò la nuca, socchiudendo gli occhi. Io diedi il mio ultimo tiro alla sigaretta e, sopraffatta dal nervosismo, me ne accesi un’ altra.
-Vacci piano, ciminiera. –disse Dave.
-Lasciami fare, per favore. –sussurrai.
-Quindi per farla smettere… le devo dare una busta? –mi chiese Ren.
-Di carta è meglio. –completai –In quel modo riesce a respirare nuovamente l’ anidride carbonica emessa dai suoi polmoni. E’ molto semplice.
Ren annuì. Io sospirai e mi preparai a quella che sarebbe stata la prossima domanda, quella che ci avrebbe causato guai a livello lavorativo.
La domanda in questione arrivò da Dave.
-Che cosa potrebbe succedere se avesse uno di questi attacchi sul palco?
Non risposi. Dave mi guardò negli occhi.
-Marta, è una cosa seria! Non possiamo rischiare una cosa simile! Dobbiamo dirlo a Malik!
-Assolutamente no! –dissi io, irritata –Se facessi una cosa simile Chris me ne vorrebbe per tutto il resto della mia vita.
-Non ti interessa la salute di Chris?! Guarda che sul palco l’ eccitazione e l’ adrenalina e… e il nervosismo sono a mille! Dobbiamo assolutamente avvertire Malik e…
-Non ti azzardare a fare una cosa simile, mi hai capito?! –scattai in piedi e guardai Dave con astio –Fai una cosa del genere e io ti ammazzo con le mie stesse mani! Se osi anche solo pensare una cosa simile un’ altra volta io ti uccido. Non rovinerai il sogno di Chris! Lei ha sempre voluto guadagnarsi da vivere facendo musica e io non lascerò che la tua logica del cazzo distrugga tutti i suoi sforzi! Per me la felicità di Chris è mille volte più importante della sua salute e lei sarebbe pronta a tagliarsi le vene se questo la rendesse felice!
-Marta ha ragione. –disse Ren.
-Davvero?! –chiesi io stupita.
-Sì. Anche per me è così. Se ucciderla la rendesse felice io la ucciderei. E l’ unica cosa che la renderà felice sarà salire su quel palco e far andare tutti i nostri fan in paradiso con la sua voce. Tutto qui. E poi non credo che esista anche la più remota possibilità che possa avere un attacco sul palco.
-Ah, e chi te lo dice?! –chiese Dave.
-Me lo hai detto lei.
Dave tacque.
-Anche io ho fatto il tuo stesso ragionamento prima che arrivaste a casa. Avevo dedotto che la sua crisi fosse dovuta al nervosiso o alla paura e ho fatto il tuo stesso ragionamento, Dave. “E se sul palco avesse una crisi”. Prima di metterla a letto e che si addormentasse gliel’ ho detto e lei mi ha risposto così: “Non pensare che la musica mi faccia male, che stare sul palco mi farà male. Nulla del momento in cui canto può farmi stare male. Sul palco io sono viva e felice e in estasi e nulla potrebbe causarmi terrore. La musica è l’unico vero amante di una donna.” –Ren finì di parlare e sorrise.
Nessuno osò parlare.
Ren poi mi guardò eloquente.
-Che vuoi?
-Lo sai.
-No, non lo so.
-Cos’era la prima?
-La prima cosa?
-Non evitare il fottuto argomento!
-Quale fottuto argomento?
-Perché mi ha minacciato con una mazza da baseball?!
-Chissà, forse le hai detto qualcosa di sgradevole.
-MARTA DIMMELO!
Il suo urlo risuonò per tutta la casa. Subito si portò una mano allabocce a lanciò uno sguardo verso la camera di Chris.
-Tranquillo, è troppo spossata per svegliarsi. –dissi io, per tranquillizzarlo.
Mi guardò con la solita faccina da cane bastonato alla quale nessuno poteva opporsi.
-Va bene, te lo dico. Cazzo, se sei insistente.
Lui si sedette di nuovo e mi incoraggiò con un sorriso forzato.
-Forza, ti ascolto.

 
 
 
 
Ren

 
Marta si stirò le sopracciglia in evidente tensione. Mise le mani in mezzo alle coscie e rimase zitta per qualche secondo. A me non importava, avrei anche aspettato tutta la notte, ma sarei rimasto lì seduto ad attendere che mi rispondesse.
Alla fine cedette.
-Premessa: domani potrai parlare quanto ti pare con Chris dell’ iperventilazione e quant’altro… ma della crisi iniziale non devi dirle una sola parola.
-Perché?
-Perché tanto non se lo ricorderebbe.
Sentii la mia bocca spalancarsi in una tonda e precisa “o”.
-Non fare quella faccia. –sbottò Marta, che poi accavallò le gambe lunghe- E’ così. Non si ricorda niente. Non sa nemmeno di soffrire di queste crisi emotive. E ora ti devo fare una domanda: hai menato quel tipo?
-Certo che l’ ho menato!
-Appunto. Le sue crisi sono dovute al trauma di Layla. Lei alla violenza, automaticamente, abbina sua sorella e… e impazzisce. Ha paura, una paura folle. La prima volta che le successe con me fu una sera: eravamo uscite a bere qualcosa e c’erano dei tizi che si stavano menando, una rissa legata a un parcheggio, credo. Lei ha cominciato a tremare violentemente e poi ha urlato. Un urlo incredibile, a mio parere impossibile per qualsiasi essere umano. Sbraitava, urlava, si buttava per terra. Sono riuscita a calmarla solo dopo un’ora. Mi inginocchiai di fronte a lei, scoppiai a piangere e le dissi di smetterla, perché mi stava facendo paura. E lei smise. E non si ricordava niente. Mi chiese perché stavo piangendo e perché eravamo per terra. Io le dissi che aveva dato di matto, ma lei semplicemente sgranava i suoi occhioni azzurri e mi chiedeva che cavolo mi ero bevuta. –Marta tacque –La seconda volta fu guardando il telegiornale: parlavano di una babygang, che aveva ammazzato un ragazzo di botte. Lei si è alzata, ha preso una bottiglia di vino e l’ha semplicemente spaccata contro il televisore. Poi mi ha minacciata con quella stessa bottiglia spezzata. Io sono riuscita a calamarla solo dicendole che in quella gang Layla non c’era. Perché Layla era morta. Di nuovo, non ricordava nulla e mi chiedeva perché la bottiglia di vino si era rotta.
-E’ assurdo… -La interruppi, sbalordito.
-La terza volta, la quarta e la quinta furono meno serie. –continuò lei a parlare –Semplicemente si innervosiva a parlare di violenza o di morte e diceva cosa senza senso ma si ricordava di tutto quello che aveva detto. Si scusava, dicendo che il discorso la turbava. La sesta volta, pensa, è stato al vostro concerto, quando ci siamo conosciuti in quel locale. Un coglione le si è avvicinato e ha cominciato a vantarsi delle sue gesta di picchiatore. Lei ha urlato di non avvicinarsi, io l’ ho allontanato. Poi avete inziato a suonare.
–Ah. –dissi, ma lei non continuò a parlare così la incitai –Su, vai avanti.
Marta mi lanciò uno sguardo chiaro ed eloquente.
–Ha visto te. –disse alla fine - E si è calmata.
-Ah. –dissi di nuovo, senza sapere cos’ altro dire.
-Tu sei molto salutare per Chris, sei il primo che riesce a calmarla a parte me. Io sono sicura che lei ti abbia scambiato per K… -si bloccò.
-Per chi, scusa? –chiesi io.
-Per Layla o un picchiatore qualunque. –disse sbrigativa.
Io la guardai diffidente, poi però mi ricordai di come riuscii a calamarla.
-In effeti si è calmata solo quando le ho detto che non ero Layla.
-Appunto. Quindi il discorso è chiaro. Acqua in bocca.
Annuii, ancora scettico. Non potevo credere ad una cosa simile, non potevo credere che una ragazza come Chris potesse avere un disturbo simile… Eppure non era così assurdo, a pensarci meglio. Chris amava sua sorella e la sua scomparsa già di per sé doveva essere stata un grande trauma… aggiungiamoci poi che solo dopo molti anni dalla sua morte aveva scoperto che era una picchiatrice e il gioco era fatto. Eppure io sentivo che mancava qualcosa. Come un passaggio mancante.
-Sii fiero di te. –mi disse Marta, interrompendo i miei pensieri.
-Di cosa?
Mi sorrise e fu incredibile: mi sorrise riconoscente e gentilmente! una cosa che non era mai accaduta prima! Marta mi detestava da  quello che vedevo!
-Sei indispensabile per la felicità di Christine, e anche se ancora non lo ha capito lei è innamoratissima di te. –Terminò la frase con molta, anzi eccessiva, enfasi.
E a me venne quasi un infarto. Marta si alzò e mi si avvicinò poi, inspiegabilmente, mi abbracciò. Dave mi lanciò uno sguardo incazzato, e io feci spallucce.
-Prenditi cura di lei, Ren. 

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Capitolo 11
*** Chapter 10 ***


Chapter 10
 
 
Dave

 

Erano passate tre settimane da quell’ episodio che aveva lasciato il segno in tutti noi. La mattina dopo il fattaccio, Chris venne in cucina e fece colazione con noi come se non fosse successo nulla ma subito dopo ci chiese scusa scoppiando in lacrime.
Tutti noi, me compreso, corremmo ad abbracciarla. In queste settimane mi ero avvicinato molto a quella ragazza: ormai non riuscivo a considerarla semplicemente la donna di Ren (il bello è che nemmeno lo era), ma i miei sentimenti verso di lei erano cambiati e stavo cominciando a considerarla come una sorella. Andavamo sempre a prendere insieme il caffè e piano piano ero riuscito a conoscere il suo carattere in modo più scavato: avevo scoperto che odiava il blu, che adorava cantare sotto la doccia e che il rosso era il suo colore preferito. Tutte queste sue caratteristiche, che a prima vista sembravano sciocche e superficiali, erano legate a una parte della sua vita. Mi disse che odiava il blu perché un uomo che conoscieva e che la aveva preso in giro aveva i capelli tiniti di quel colore. Amava cantare sotto la doccia perché quando Layla si faceva la doccia inziava a cantare con tutto il fiato che aveva in gola e Chris la ascoltava dalla sua cameretta e pensava che quella fosse la cosa più bella che avesse mai udito. Il rosso… beh, il rosso le ricordava Layla. I capelli di Layla e il suo rossetto preferito. Mi disse anche, una volta, che i capelli li lasciava così lunghi perché le sembrava che, tagliandoli, avrebbe tagliato anche una parte di sua sorella. Io allora le dissi che mi sembrava il gesto più bello che potesse fare. Lei mi rispose che semplicemente aveva paura di cambiare e di crescere.
Dal canto suo, Marta si stava avvicinando sempre di più a Ren. A volte mi sembrava quasi che anche lei, come tutte le donne che avevo avuto in passato, si fosse innamorata di lui. E la cosa, se devo essere completamente sincero, riusciva seriamente a farmi incazzare. Detestavo vederla chiacchierare allegramente con lui, detestevo vederla fumare insieme a lui e a ridacchiae alle sue battute. Detestavo l’ idea che Ren la stesse allontanando da me. Lo detestavo.
 
Mi rigirai nel letto e mi carezzai la testa pelata. Sentii accanto a me le lenzuola muoversi. Marta, che dormiva profondamente, mi stava sdraiata accanto. Le carezzai una spalla nuda e le diedi un bacio sulla guancia. Presi la coperta che stava da capo al letto e con quella coprii il corpo nudo della mia donna. Lei si mosse poco e poi aprii piano un occhio.
-Ti ho svegliata, sorry. –dissi.
-No, non preoccuparti. –mi tranquillizzò lei, avvicinandosi a me e scoccandomi un bacio sulle labbra –A cosa stavi pensando?
-Niente di che.
-Non mentirmi, non farlo mai. Capisco sempre se sei sincero o meno.
-E’ un bel problema. In questo modo non potrò mai avere un’ amante tutta mia!
-Oh, sono sicura che già ce l’hai! Sarà minuta, bionda e sensuale! Una Charlize Theron di vent’anni appena compiuti!
-AHAH!
-Non ridere, è una cosa seria!
-Dannazione, mi hai scoperto!
-Dannata Charlize, stai pur certa che ti ucciderò!
-Ma chi è Charlize?! Ahaha! –mi ricomposi e poi guardai Mart negli occhi –Io non ti tradirò mai… Tu piuttosto, riuscirai ad essermi fedele?
Lei non rispose subito, rimase in silenzio qualche secondo.
-Cosa intendi? –mi chiese quasi sussurrando.
-Beh, è chiaro.
-No, non lo è. Io non voglio tradirti. Ti giuro che farò del mio meglio per farlo.
-Ma che dici, così mica mi tranquillizzi!
-Io non sono brava nelle relazioni importanti. Ma ci sto mettendo tutta me stessa. Io ti amo.
Rimasi in silenzio, sbalordito da quella confessione. Mai mi aveva detto che mi amava e quell’ improvvisa dichiarazione fece solamente crescere in me dei dubbi sulla fedeltà di Marta.
-Beh? –disse lei –Non dici nulla?
-Marta, ti piace Ren per caso?
Non rispose. Si mise seduta e mi guardò. Avvertii un cambiamento in lei. Divenne fredda, lontana. Il mio dubbio stava intanto diventando certezza.
-Io non sono la donna che credi io sia. –disse.
Ormai mi stavo arrendendo.
-Ah, no?
-No.
-E allora perché all’ improvviso ti sei avvicinata a lui. Lo detestavi, no?
-Non vorrei dirtelo perché sei il suo migliore amico ma… io lo detesto ancora.
-E allora perché sei così tutta… tutta…. tutta Lovey Dovey?!
Marta rimase in silenzio qualche istante.
-Presumendo che Lovey Dovey significhi… carina e coccolosa… io lo faccio solo per un motivo: lui è utile a Chris. La fa stare bene. E se Chris si metterà con lui allora andrà anche meglio. L’ importante è che lei continui a gironzolare felice e senza preoccupazioni nel mio giardino. Chris non deve allontanarsi da me.
Guardai Marta tentando di essere il più serio possibile. Sapevo che Marta voleva bene a Chris, ma questa sua ultima frase faceva apparire il loro rapporto… quasi morboso.
-Non parliamone più e non dire a nessuno di qeullo che ti ho detto. –concluse lei –Piuttosto, se scopro che mi tradisci io ti uccido.
Ridacchiai.
-Non sto scherzando. –e dal suo sguardo capii che non stava scherzando affatto. Sospirai, almeno certo della sua fedeltà.
-Ma perché non ho mai una donna normale, io? –chiesi –God sake, ho semplicemente bisogno di essere amato, non chiedo niente di che.
Marta si accovacciò fra le mie braccia.
-Tranquillo, io ti amerò per sempre…. A modo mio, però.
-E che modo è il tuo?
-Morboso. E possessivo.
-Anche io sono possessivo, non credere. Anche perchè, se tu morirai… io morirò con te. Non posso essere sicuro che nell’ aldilà gli angeli siano davvero assessuati.
Sentii Marta scoppiare a ridere. Poi ci addormentammo tutti e due.
 
 
 
 
 
 
 
Ren
 

Dormivo felicemente quella mattina, nonostante fosse già mezzoggiorno e mezza. Peccato che quel momento di estasi durò poco. Davvero poco. Infatti, nemmeno pochi secondi dopo le 12 e 42 mi sentii sbatacchiare da una parte all’ altra del letto.
Aprii gli occhi di scatto e mi alzai dritto, sicuro che ci fosse un terremoto o qualcosa di simile. Il terremoto altri non era che Chris.
-Svegliati, svegliati!!
-Co…? Che… Che cosa vuoi? Stavo… dorm… endo…. –sentii che gli occhi mi si chiudevano di nuovo.
-NO! –strillò lei, come intestardita –Oggi abbiamo da fare!
-No, oggi è domenica e abbiamo la giornata libera!
-Esatto! –trillò lei –Andiamo a pattinare sul ghiaccio!
 
 
In pratica, Malik ci aveva dato tutte le domeniche  libere e ce le eravamo divise a turni nei quali uno di noi avrebbe scelto cosa avremmo fatto. A me come regola non piaceva granchè visto che sceglievano solo cosa folli! Per esempio, Marta fu la prima e decise che saremmo andati a vedere l’ opera! No, dico, l’ opera! Iniza alle tre del pomeriggio e finisce alle tre di notte! Per non parlare di Dave! Lui volle andare allo zoo! Cosa eravamo, bambini delle elementari che vanno allo zoo?! Marta ricordo che passò la maggior parte del tempo con le istrici, Dave simpatizzò con le tartarughe e io accompagnai e stetti con Chris nella parte dei pinguini. Rimase lì a tirare pesci a quei… cosi con lo smoking  per tre ore! E rideva come una pazza! Mi confidò dopo che amava i pinguini e che nella sua prossima vita voleva essere trasformata in uno di loro! Per farla contenta, all’ uscita le comprai un cappello a forma di pinguino. Ancora un po’ e mi avrebbe baciato per quanto era contenta! L’unico sano di mente fui io che, quando venne il mio turno, proposi di dormire tutto il giorno e tutto il giorno dormimmo! E invece Chris ci era riuscita! Era riuscita a portarmi a pattinare sul ghiaccio! E in realtà la scena era piuttosto… comica. Tralasciando il fatto che la pista brulicava di gente e che quindi la pressione era tanta… c’erano i bambini che erano peggio di Steven Brudberry! Saettavano da una parte all’ altra senza imperfezioni, senza barcollii! Senza, insomma, fare tutto quello che stavo facendo io! Per me era già un grande traguardo riuscire a rimanere in piedi… ma riuscire a muoversi era chiedere troppo! Facevo qualche centimetro e poi le mie gambe cominciavano ad andare una da una parte e una dall’ altra! Dave, dal canto suo, era riuscito ad arrivare dopo innumerevioli difficoltà al centro esatto della pista e non voleva schiodarsi da lì, tanto era terrorizzato! E poi era anche difficile non notarlo! La sua testa pelata era coperta da un ridicolo cappello con un ponpon di lana e indossava gli occhiali da sole. I bambini che gli giravano intorno scoppiavano a ridere mentre lui non li degnava di uno sguardo e teneva le braccia conserte, con le lame dei pattini praticamente incastrate nel ghiaccio, sapientemente infilzate.
-Andiamo, Dave! –diceva Marta –Ti aiuto io!
-No!
-Ma cosa ti può succedere! Al massimo cadi!
Marta era incredibile… pattinava con agilità e riusciva a farsi il giro della pista anche in pochi secondi! Si avvicinò a Dave e lo prese per mano riuscendo a farlo schiodare un po’ da lì.
Per quanto mi riguardava, io mi trovavo benissimo a stare attaccato alla balaustra a bordo pista. Ma Chris, ovviamente, non era d’ accordo. Eh certo! Lei sapeva pattinare bene, io no!
-Forza, muoviti! –mi ordinò.
-Sto bene qui!
-Abbiamo pagato quindici dollari, adesso tu pattini!
-Mi sono già messo questi strumenti di morte, perché dovrei anche utilizzarli?
-Perché altrimenti io scoppierò a piangere, vuoi farmi piangere?
Sospirai.
-No… -dissi infine.
Lei mi sorrise e mi prese la mano. Cominciai a muovermi ma il mio equilibrio era quello che era. Dopo un po’, però, cominciai a prenderci la mano. Stavo addirittura andando un po’ veloce!
-Ren, stai sudando?! –mi chiese lei.
-Sì, perché?
-Come fai a sudare, si gela!
Le lanciai uno sguardo: lei era davvero infreddolita, con le guance rosse e il naso screpolato. Affondava il viso nella sciarpona di lana. Io invece mi ero sbottonato il giaccone e mi ero anche tolto i guanti per quanto avevo caldo! E lo stesso valeva per Dave, che stava sudando come un mulo da soma! Al contrario, anche Marta si scaldava le mani ed era bianca come un cadavere!
-Voi avete freddo?! –ansimai io.
-Certo!
Scioccamente, lei aumentò la velocità. Io feci per stringerle di più la mano, terrorizzato dall’ idea di rimanere solo in mezzo a quella distesa di ghiaccio e orda di bambini pattinatori provetti! Ma tutto quello che ottenni fu ritrovarmi in mano il suo guanto mentre lei saettava lonatana da me.
-Prova da solo! –mi urlò.
Io cominciai a muovermi con cautela, ma quando alzai gli occhi verso Chris la vidi completamente circondata da ragazzi!
-We know you, we know you! –ripeteva uno.
-Yes, you are the Seven Star’s vocalist! –diceva un altro.
-Yes... i... i am. –rispose Chris. Io intanto cominciai ad avvicinarmi a lei per toglierla da quel circolo di testosterone.
-Oh my God! We love you guys! We also bought the ticket for your concert!
-Thanks...
-Okay, ora fuori dalle palle! –dissi io quasi andando addosso a Chris, cercando di allontanarla. Ma la mia abilità sul pattino non mi concesse di fare molti metri.
-Holy Shit, you’re Ren!- disse uno di loro –You’re one of the greatest bassist I’ve ever heard!
-Ah sì? –chiesi lusingato –Ehm... thank you, dude.
-So there are also Marta and Dave?! Where are them?! And is it true that Dave is part of the Yakuza, the japanese mafia?
Chris scoppiò a ridere. Io indicai Dave, che si faceva trascinare da Marta per la pista. Leggevo dall sue labbra un continuo Fuck it e le sue braccia continuavano ad essere sbatacchiate da una parte all’altra.
-Wow… -disse infine uno dei nostri fan –He’s terrible.
-Yeah… -disse Chris.
Mi passai una mano sul viso, terribilmente imbarazzato.
-Well, Marta is great! And so you are, Chris! –disse uno avvicinandosi a lei.
In quel momento, decisi che i convenevoli erano terminati.
-Well! –dissi io, prendendo per un braccio Chris e mettendola davanti a me-I think that it’s better if we go! Have fun and… see you at the concert!
Chris ricominciò a pattinare trascinandomi verso l’ uscita della pista ma proprio all’ultimo momento il mio pattino destro si incastò nel ghiaccio e facemmo un gran bel tonfo per terra. E fu la cosa più imbarazzante che mi fosse accaduta vedere i bambini pattinarmi intorno.

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