Author's
note; ciaaao, baldi giovani! Sono Neme e ho deciso di
scrivere la
mia prima fan fiction in ambito D.Gray-man!
Finora
ho scritto su Death note, su Bleach, ma su D.Gray-man è
davvero la
prima volta. E se pensate di trovarci yaoi sbagliate di grosso. Il
mio intento era, al contrario, creare una storia che non fosse yaoi.
Sapete, vado controcorrente... il fandom qui su efp abbonda di yaoi
su DGM, e io vado al contrario. xD
Le
storie su cui scrivo io sono quasi sempre AU e quasi sempre angst, e
questa storia non fa eccezione. Spero che vi piacciano questo genere
di storie, e in particolare amo scrivere storie in cui bisogna
scoprire, scavare, svelare anche il più piccolo mistero.
Spero che
vi piaccia, anche se fa strano vedere i personaggi di DGM muoversi in
un contesto simile.
Come
avete potuto intuire dal titolo, la storia riguarda Lavi. In questa
fan fiction è un ragazzo che vive una situazione davvero
particolare. E la storia riguarda anche Tyki. Sarà proprio
lui a
scavare a fondo nella vita di Lavi, da questo prologo in avanti, per
vari motivi. I caratteri di ciascun personaggio che
comparirà, anche
tramite flashback, verranno analizzati e svelati man mano che la
storia prosegue. Anche se so perfettamente che Tyki avvocato fa molto
strano, ma vedrete che vi abituerete presto. :'D
Ah,
dimenticavo! Uso sempre aprire e chiudere i capitoli con testi di
canzoni. Alcune calzano a pennello col capitolo, altre con un
personaggio particolare che agisce all'interno della fan fic, altre
ancora con un pairing che compare o si accenna. In ogni caso, mi
farebbe un sacco piacere se le ascoltaste per sentire con le vostre
orecchie se calzano a un personaggio in particolare. Anche se per la
canzone di questo prologo non servono molti commenti.
<3<3<3
Cavolo,
che nota lunga. La pianto qui e posto la fan fic. Buona lettura e
spero di leggere presto i vostri commenti! <3
Bad
rabbit
Prologo
Mi
chiamo Lavi, piacere
Owari
mo miezu hashiri nukeru,
yasuraki
tooku sugata mo naku.
Kodoku
wo fujikomete,
tozashi
kakeru manazashi.
(
continuiamo a correre,
verso
la fine che non si vede da nessuna parte,
anche
se la pace è fuori portata e senza traccia
bloccherò
la mia solitudine nel profondo
e
non la mostrerò. )
[
Doubt and trust – Access ]
[
Terza opening di D.Gray-man ]
Quando
era solo un ragazzino, Tyki desiderava cambiare le cose. Nel momento
in cui gli veniva posta la classica domanda “cosa vuoi fare
da
grande?”, lui rispondeva sempre
“cambierò le cose che non mi
piacciono”. I pensieri che venivano fatti riguardo a queste
risposte generiche erano sempre le stesse; è solo un
bambino, è
volenteroso, chissà cosa significa, poi cambierà
idea.
Nessuno
si aspettava che restasse fermo nella sua decisione. E invece eccolo
lì, sempre più vicino al suo obiettivo. Ne aveva
viste e passate
tante prima di raggiungere la posizione che aveva. Tyki aveva
lavorato nei posti più disparati ed erano molti i posti in
cui aveva
messo piede. Era stato un minatore, un cameriere, uno spazzino,
mentre si dedicava anima e corpo allo studio -benché l'idea
di
studiare non gli piacesse neanche un po'- per sorprendere tutti e
diventare avvocato.
In
tutta sincerità, a Tyki non piaceva affatto il sistema a cui
aveva
giurato fedeltà, ma proprio per questo motivo aveva deciso
di
intraprendere quella professione. Per cambiare le cose, secondo la
sua linea di pensiero, non c'era modo migliore che infiltrarsi nel
“nemico” e perseguire così indisturbato
il suo proposito. E di
cose ne aveva cambiate. Superata la soglia dei ventisei anni poteva
vantare un percorso, a suo dire, soddisfacente. Per esempio, aveva
fatto uscire di prigione una quantità considerevole di
persone
destinate all'ergastolo. Perché pensava che fosse molto
superficiale
limitarsi a dividere il mondo in buono e cattivo, anche chi
commetteva errori crudeli e all'apparenza irreparabili aveva il
diritto di difendersi e di spiegare. Aveva deciso di mettere i
giudici in croce -e non poteva negare che si divertiva molto nel
farlo- difendendo quelle persone per cui sembrava non esserci via di
scampo. Perché in qualche modo si sentiva simile a loro,
bisognoso
di dimostrare che la vita non offre un'unica via, che ci sono delle
motivazioni, che anche un “malvagio” resta un
essere umano.
Certo,
anche lui nutriva, come tutti, i suoi dubbi a riguardo. Tyki era una
persona che viveva in bilico tra due “io”. Non si
trattava
affatto di doppia personalità, ma di una coscienza che
trovava dei
pregi e dei difetti in qualunque cosa. Ma era questo il bello. Buono
e cattivo, bianco e nero. Se ci fosse solo il bianco, o solo il nero,
non sarebbe divertente. Non si vivrebbe appieno. E Tyki la vita se la
godeva.
Anche
cercando i casi più complicati. Tanto lui l'innocenza delle
persone
la dimostrava sempre. Lui credeva fermamente a chi gli diceva
“sono
innocente”, e alla fine lo dimostrava sempre. Qualsiasi
accusa
fosse stata mossa.
Eppure
quella mattina, il collega che gli porse un fascicolo contenente un
nuovo caso, non sembrava entusiasta. Per quell'occasione calzava a
pennello la frase “avvocato delle cause perse”.
«
Questo caso è stato sottoposto già a tredici
persone, e tutte e
tredici hanno rinunciato. »
«
Perché, di chi si tratta? »
«
Ha ucciso cinque persone quando aveva sedici anni. Adesso ne ha
diciotto, ha confessato lui stesso, e poi... non sembra neanche
umano. »
«
Esagerato. »
«
Con tutta la buona volontà che si può avere,
è un ragazzo
indifendibile. »
«
Questo lo dirò solo dopo averlo incontrato. Dove l'hanno
rinchiuso?
»
Quello
in cui capitò non era certo un posto dove si poteva tenere
prigioniero un ragazzo di soli diciotto anni, anche se era un
assassino. Era fatiscente, in ogni angolo si poteva sentire una puzza
incredibile di qualcosa che Tyki non voleva neanche immaginare, e i
detenuti erano il peggio del peggio. Tyki si era immaginato
molteplici facce mentre, seduto nella stanza per i colloqui che aveva
richiesto per l'incontro, sfogliava il fascicolo sul caso a cui solo
uno come lui poteva interessarsi. Il fatto che ben tredici persone
avessero rinunciato a seguirlo, lo affascinava. Avrebbe cambiato
ancora una volta le cose.
Dato
che nel fascicolo non vi erano foto di questo ragazzo,
l'immaginazione gli aveva aperto infinite vie. Ma il ritrovarselo
davanti, addirittura sorridente, lo aveva spiazzato completamente.
Non seppe tirare a indovinare le origini di quel ragazzo
così
appariscente, dai capelli di un rosso piuttosto acceso, spettinati, e
solo un occhio di un verde chiaro lo guardava incuriosito. Il destro
era coperto da una benda nera. La corporatura era nella media. E a
differenza degli altri detenuti e addirittura dei secondini, emanava
un buon odore. Non era sporco, né sembrava impossibile da
gestire.
Tyki cominciò a capire il perché quel caso fosse
stato definito
“impossibile”, ma era preparato. E quando si
ritrovò solo col
ragazzo, gli fece un sorriso accomodante.
«
Io sono Tyki Mikk. »
L'altro
sorrise cordiale. Escludendo il fatto che indossasse una tuta da
detenuto, sembrava un ritrovo tra vecchi amici in un bar.
«
Mi chiamo Lavi, piacere. »
«
Ti hanno assegnato un numero bello lungo, eh. » disse
l'avvocato
dando un'occhiata alla targa posta sulla parte destra del petto.
«
Siamo tanti, qui. »
«
Ti dà fastidio se fumo? » posò una mano
sulla tasca dei pantaloni,
prima di estrarre il proprio pacchetto.
Quel
tale, Lavi, sorrise di nuovo, sinceramente divertito. «
È la prima
persona che mi chiede una cosa del genere. Comunque non mi
dà
fastidio, faccia pure. »
Fu
la prima volta per Tyki che accendersi una banale sigaretta lo
metteva a disagio. Perché c'era quell'unico occhio verde che
lo
fissava con un sorriso sghembo, quasi da presa in giro. Non gli era
sfuggito come quel ragazzo avesse seguito, senza battere le palpebre
una singola volta, ogni movimento, da quando aveva posato tra le
labbra la sigaretta a quando cercava di far funzionare il suo vecchio
accendino. Sembrava quasi che non avesse mai visto un fumatore da
vicino.
«
Cos'hai da fissare? » gli chiese alla fine, cercando di
risultare
indifferente.
«
Il suo neo. » rispose il ragazzo, indicando con l'indice
quell'imperfezione stampata sul viso di Tyki, un piccolo neo posto
sotto l'occhio sinistro.
«
Non ti piacciono i nei? »
«
Si figuri. Anzi, quelli sotto il labbro o sotto l'occhio sono i nei
“strategici”, no? Molte persone li trovano sexy. Mi
chiedevo se
fosse una di quelle persone che appena si svegliano si disegnano il
neo per sembrare più affascinanti. »
Tyki
fece una risatina. Non gli era mai capitato qualcuno così
schietto.
Lo trovava persino divertente, e aveva anche indovinato. Aveva perso
il conto di quante ragazze avevano fatto apprezzamenti su quella
piccola imperfezione nera.
Inumidì
un dito con la saliva, per poi passarsela più volte sotto
l'occhio.
«
Non c'è trucco, non c'è inganno, ragazzo.
»
«
Forte! »
Il
ventiseienne approfittò del lungo attimo di silenzio che si
era
appena creato per osservare meglio quello strano ragazzo. Era anche
troppo tranquillo. Eppure si trovava in prigione, da quanto leggeva
sul fascicolo, da tre anni, come faceva a sorridere in quel modo e a
parlare di nei strategici o quel che fosse? Non era minimamente
sciupato, né di malumore. Come se trovasse divertente quella
situazione. Come se si trovasse a casa
sua.
«
Posso chiamarla per nome? »
«
Eh? Sì, certo. »
«
Perché continua a sfogliare il fascicolo su di me, Tyki?
»
«
Ah, è un abitudine, non badarci. Ora... ragazzo. Veniamo al
motivo
della mia visita. Sono venuto qui perché il tuo caso mi
interessa.
Voglio capire meglio il tuo incidente. »
«
Lei è la prima persona che considera la mia situazione un
incidente.
»
«
Mi è difficile credere che un ragazzo come te abbia ucciso a
sangue
freddo delle persone senza alcun rimorso. »
Tyki
aveva molteplici metodi di lavoro. Usava sempre fare discorsi di poco
conto, domandine all'apparenza ingenue che gli servivano a capire
quanto si poteva effettivamente fidare del cliente. Quando accennava
al reato commesso, solitamente il cliente sfornava una sequela di
giustificazioni, frasi sconnesse, contraddizioni. Ma mai, in tutta la
sua vita, gli era capitato di avere a che fare con un ragazzo come
quel guercio, che con quel sorriso divertito, disarmante -a detta di
Tyki falso-
rispondeva in un modo che non ci si aspetterebbe mai da una persona
che teme anche solo di poco l'ergastolo.
«
Eppure è così. »
Indifendibile,
gli avevano detto. E Tyki finalmente capiva perché gli altri
colleghi fossero scappati via.
«
Hai ucciso cinque persone? »
«
Sì. »
«
Di tua spontanea volontà? »
«
Omicidio premeditato. »
«
Addirittura... »
«
Sa, lei è proprio strano, Tyki. Gli altri tredici avvocati
che sono
venuti a parlare con me mi guardavano come se fossi un mostro. E in
effetti la loro reazione è normale. Lei invece... non crede
affatto
che io sia colpevole, vero? »
«
Io credo che tu non sia capace di far del male neppure a una mosca,
che ti hanno incastrato e che per qualche strano motivo ti stai
assumendo colpe che non hai. »
«
Che vantaggio avrei a dire che ho ucciso cinque persone quando non
è
vero? »
«
Questo me lo devi dire tu, ragazzo. »
Lavi
inclinò di poco la testa, sbalordito da una simile risposta.
Quell'uomo era totalmente diverso dagli altri tredici con cui aveva
conversato. Era rimasto letteralmente senza parole, mentre Tyki, dopo
aver sfogliato per l'ennesima volta il fascicolo, si era fermato alla
prima pagina.
«
Qui c'è scritto che la tua prima vittima è
stata... »
«
Linalee Lee, sedici anni, allora mia compagna di scuola. Era il
ventuno dicembre del 2004, ore ventidue e cinquantasei. Eravamo
appena usciti dalla festa della scuola, prima delle vacanze di
Natale. L'ho pugnalata. »
Fu
difficile per Tyki trattenere la sigaretta tra le labbra, ma era
altrettanto difficoltoso non spalancare la bocca di fronte a quel
riassunto impeccabile. Buttò l'occhio più volte
sulla pagina, e
Lavi non aveva sbagliato neanche l'ora. Da una parte era
comprensibile e in parte gli era anche d'aiuto: significava che
quell'omicidio gli aveva segnato qualcosa nel profondo, era pur
sempre un appiglio.
Tyki
fece un sorriso, pur mantenendo gli occhi spalancati di stupore. «
Ottima memoria, ragazzo. »
«
Mi piace molto ricordare le cose. »
«
E ti ricordi anche gli altri quattro? »
«
Komui Lee, ventinove anni, fratello maggiore di Linalee, l'ho
pugnalato il ventidue dicembre alle quindici e tre. Reever Wenham,
ventisei anni, grande amico di Komui, aveva casualmente assistito
all'omicidio dell'amico, così alle quindici e ventisette ho
ucciso
anche lui. Poi Miranda Lotto, venticinque anni, l'ho uccisa il
ventitré dicembre alle ore venti e trenta. »
Il
ventiseienne credeva che cose del genere esistessero solo nei
telefilm o nei romanzi. Invece stava davvero parlando con un
diciottenne che ricordava perfettamente persino l'ora in cui aveva
assassinato, a suo dire, cinque persone, con una
tranquillità
disarmante. Fin troppo ostentata.
«
È incredibile che dopo tre anni passati qui dentro ricordi
così
bene tutti questi particolari. »
«
Voleva essere un complimento? »
«
Qualcosa del genere. » tirò fuori dalla tasca
l'orologio, e fece
una piccola smorfia nel vedere che doveva già andare. Era
andato a
parlarci con l'intenzione di restare poco tempo, ma se avesse saputo
prima che quel Lavi era così particolare sarebbe rimasto
più a
lungo. E non gli interessava se quel guercio insisteva a dire di aver
ucciso cinque persone, anche sfornando quei dettagli peggio di un
manuale. Non ci credeva, Tyki non ci credeva proprio che era stato
lui. E non credeva nemmeno che Lavi vivesse così
tranquillamente la
reclusione da tre anni. Un po' di rassegnazione, sì, era
più che
normale, ma vederlo sorridere in quel modo era quasi anormale. Come
se volesse sembrare
quel
tipo di persona.
«
Devo già andare. » disse Tyki rialzandosi dalla
sedia con calma. «
Tornerò tra due giorni. »
Lavi
sbatté più volte le palpebre a
quell'affermazione. Fece un largo
sorriso, alzandosi a sua volta.
«
Tornerà? »
«
Certo. Te l'ho detto, il tuo caso mi interessa. Voglio saperne di
più, da te. »
«
Lei è il quattordicesimo avvocato che viene qui da me.
»
«
Lo so. »
«
Ma è il primo a dirmi che tornerà. »
«
Davvero? »
«
Mh-mh. » il rosso continuò a sorridere, fissando
un punto
indefinito del muro grigiastro. « Sa, di solito se uno
confessa di
aver assassinato un paio di persone non si prendono nemmeno la briga
di procurargli un avvocato. Il primo che è venuto pensava
che fossi
stato mosso da qualcuno, drogato, quelle cose lì che si
leggono solo
nei romanzi thriller. Mi ha sottoposto alla macchina della
verità e
a quel punto ha rinunciato. A tutti gli altri tredici è
bastato fare
un riassunto come quello che le ho fatto poco fa, per farli andare
via. Un po' mi dispiaceva, non mi viene a trovare mai nessuno e
parlare con qualcuno che non sia il secondino che ti fa la guardia
era divertente, stimolante. Però penso che lei sia il
più
divertente, Tyki. Ora, quando rientrerò in cella,
avrò l'ansia che
arrivi il giorno in cui tornerà a parlare con me.
L'aspetterò. È
la prima volta che ho qualcuno da aspettare. Eh eh... è
divertente!
»
L'altro
aveva ascoltato tutto senza fiatare. Non faceva che chiedersi il
perché dell'atteggiamento di quel ragazzo. Lui stesso stava
ammettendo che non era divertente stare rinchiuso lì da tre
anni.
Eppure ci restava col sorriso e sopportava.
Inoltre,
secondo Tyki, una persona che sorrideva in quel modo e che sembrava
così felice di aspettare una persona, non poteva aver ucciso
proprio
nessuno. Però Lavi affermava il contrario. A prima vista
sembrava
proprio indifendibile.
«
Tornerò tra due giorni, voglio parlare ancora con te a
proposito di
Linalee Lee. »
«
La prossima volta porti dei dolci, eh! » e Lavi, ancora una
volta,
sorrise.
Hikari
no moto yami wa umare,
shinjitsu
wa itsuwari ni yureru
kokoro
wo tsukisasu.
Fureta
yoru wo korasete mo,
yume
to yubu yokubo no kage wo
yobi
tsuzukeru.
Kimi
no tsumi to itami wo shinjite yuku.
(
L'oscurità nasce dalla luce,
le
bugie sono le scosse della nostra realtà,
perforano
il mio cuore.
Ma
anche se la notte non passasse mai,
anche
se il mattino non dovesse mai splendere,
l'ombra
del mio sogno mi chiamerebbe per raggiungerlo.
Credere
soltanto nel tuo peccato,
come
nella tua ferita. )
[
Doubt
and trust – Access
]
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Terza opening di D.Gray-man]
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