L'ultima speranza di Harry

di Teachersnape
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vita da cani ***
Capitolo 2: *** Spezzato ***
Capitolo 3: *** Sogni da Lily ***
Capitolo 4: *** Biscotti e vampiri ***
Capitolo 5: *** Prendersi cura di Harry ***
Capitolo 6: *** Guardaroba ***
Capitolo 7: *** Severus ***
Capitolo 8: *** Ospiti ***
Capitolo 9: *** Magia nera ***
Capitolo 10: *** Una cena formale ***
Capitolo 11: *** Messaggio da Voldemort ***
Capitolo 12: *** Un bel giorno per volare ***
Capitolo 13: *** Assentarsi ***
Capitolo 14: *** Time out ***
Capitolo 15: *** Il compleanno di Dudley ***
Capitolo 16: *** Edvige ***
Capitolo 17: *** Lezioni ***



Capitolo 1
*** Vita da cani ***



Il viaggio di ritorno a "casa" non era abbastanza lungo per Harry. Rimase seduto a guardare tranquillamente fuori dal finestrino per tutta la sua durata. Neanche il cigolio delle ruote dei bagagli riuscivano a distogliere i suoi pensieri da Sirius. Sirius era morto. Non avrebbe più visto il volto del suo padrino. Non avrebbe più visto il grosso cane nero che si rincorreva la coda. La consapevolezza della sua solitudine portò Harry sull'orlo di un attacco di panico.

Riepnsò al suo comportamento rabbioso nell'ufficio di Silente. Tutti quei piccoli, delicati oggetti che giacevano distrutti sul pavimento. Alla fine non importava molto; perchè non aveva nessuno di cui fidarsi. Silente aveva distrutto per sempre la fiduca che riponeva in lui, nascondendogli informazioni che lo avrebbero tenuto alla larga dal Ministero, alla larga dal causare la morte di Sirius.

E Remus...bhè, Remus aveva le sue difficoltà a scendere a patti con la perdita di Sirius, proprio come lui. D'altra parte non si meritava davvero che Remus cercasse di alleviare il suo dolore.

Il senso di colpa per aver causato la morte del suo padrino lo sommerse quasi interamente. Se ci fosse stato un modo per scambiare la sua vita con quella del suo padrino lo avrebbe fatto in un secondo. Si accorse degli sguardi preoccupati dei suoi amici, ma decise di ignorarli. Che ne sapevano Ron e Hermione di dolore e senso di perdita? Non avevano idea di cosa provasse, ad aver perso l'unica famiglia che avesse mai avuto.

Quando finalmente il treno arrivò a Londra, Ron e Hermione gli rimasero accanto finchè Vernon lo strattonò via per ricominciare quell'inferno che era la sua vita. Non si soffermò a osservare gli sguardi di orrore che sapeva essere sui volti dei suoi amici. Durante tutto il viaggio verso casa Vernon non fece altro che urlargli contro la seccatura che rappresentava. Prima ancora che arrivassero in Privet Drive Harry si era preso un rapido manrovescio da suo zio per avergli risposto.

Vernon aveva avuto il coraggio di dire che era contento "che quel carcerato del suo padrino" fosse morto. Adesso non dovevano più preoccuparsi di criminali a piede libero. Harry sbottò e prima ancora di rendersene conto urlò a suo zio di chiudere il becco. Vernon non perse neanche tempo a fermare la macchina da un lato e colpì Harry in pieno viso.

Invece di protestare Harry sentiva di esserselo meritato. Non per aver urlato a suo zio, ma per tutte le altre cose spiacevoli che aveva fatto. Questo pensiero lo calmò abbastanza per entraniarsi del tutto dalla voce di suo zio e concentrarsi ancora una volta sul senso di colpa per la morte del suo padrino.

Una volta giunti a casa, le cose non migliorarono. Dudley sembrava più grosso e forte dell'anno precedente e sfidò apertamente Harry a fare a pugni. Adesso che Dudley era il campione della sua scuola sentiva che era divertente sfidare chiunque. Vernon incoraggiava il comportamento intimidatorio del figlio, e si vantava di lui con chiunque fosse disposto ad ascoltare. Il rifiuto di Harry a combattere portò a persecuzioni e scherni che il ragazzo non aveva provato dai tempi della scuola elementare.

Tutto ciò fece sprofondare Harry in una depressione ancora più profonda, arrivando ad odiarsi sempre di più.

Alla fine era così depresso e triste che la famiglia non voleva avere più niente a che fare con lui. Tutto quello che ci si aspettava da lui era che finisse ogni giorno una lunga lista di lavori domestici; per poi ritirarsi in camera a mangiare l'unico pasto della giornata. Ma anche quel poco cibo era difficile da mandar giù. Iniziò a perdere peso ad una velocità impressionante. Fra i lavori sotto il caldo sole d'estate e il cibo scarso, cominciò ad avvertire frequenti capogiri durante la giornata.

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Vernon aveva fatto in modo di poter passare la giornata con sua sorella Marge. Aveva avuto vita dura ultimamente, con il suo capo che al lavoro gli urlava contro e i conti da pagare che si ammucchiavano a casa. Tutto era cominciato quando quel mostriciattolo era tornato dalla sua scuola di mostri. Non era normale, con quel suo muso lungo e l'atteggiamento abbattuto. Decise di chiedere l'opinione di Marge sullo strano comportamento del ragazzo, sperando che lei potesse dargli un buon consiglio per fargli smettere quella sua continua ricerca di attenzioni.

Marge era molto saggia, e sapeva come trattare certi comportamenti, dal momento che aveva molta esperienza nel trattare i cani che allevava. Il suo consiglio era preciso; fargli passare quel'atteggiamento a suon di botte.

"Marge, non so più cosa fare con il ragazzo. Sembra attirare una nube oscura su tutta la casa", disse Vernon pieno di rabbia, osservando sua sorella che prendeva un altro sorso di brandy.

"Ti dirò Vernon, finirà per avere una cattiva influenza sul nostro Dudley. L'ultima cosa che desideri è che Dudley inizi a comportarsi come quel ragazzo", rispose Marge con autorità versando un altro po' di brandy per lei e Vernon.
"No, no, questo assolutamente non è possibile. Dudley è un tipo felice, e quel ragazzo semplicemente non è a posto, capisci?"

"E' come ho detto prima, quando c'è qualcosa che non va con la femmina c'è qualcosa che non va nel cucciolo. E' un peccato che tu non abbia potuto annegarlo alla nascita, come io devo fare a volte con i miei cani". Marge dette a Vernon una pacca sul braccio.

"Credimi, se avessi saputo che sarebbe diventato così lo avrei lasciato sulla porta di qualcun altro!" Entrambi si misero a ridere di gusto a quell'idea.

"Bhè, Vernon, è rimasta una sola cosa da fare. Aggiustarlo a forza di frustate. Io non credo nell'approccio dolce, con parole gentili e riguardi, per quelli come lui. Devi usare un bastone o una cintura," disse Marge con autorità.

"Oh, Marge, non so come la prenderà Petunia," Vernon pensava fosse una buona idea, ma non era certo che Petunia avrebbe approvato.

Marge si sporse dalla sedia e rispose, con un'ombra di disprezzo nella voce: "Non farglielo sapere. Fai in modo che il ragazzo tenga la bocca chiusa".

Vernon ci pensò su per un momento e giunse alla conclusione che avrebbe dovuto prendere al ragazzo qualcosa di speciale, per fare in modo che non dicesse a nessuno delle loro "lezioni".

"Sì, Marge, può funzionare. Se non altro vale la pena tentare. Sono stanco della mancanza di rispetto di quel ragazzo e della sua malinconia. La prossima volta che oltrepassa la linea dovrà risponderne a me".
Vernon sentì una strana eccitazione al solo pensiero.

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Vernon parcheggiò nel vialetto e si accorse che il ragazzo gli aveva disobbedito, non potando i cespugli di rose come gli era stato detto.
Per un arrabbiato e ubriaco Vernon, questo era abbastanza per dare inizio al suo nuovo metodo disciplinare.

"Mostriciattolo, vieni subito qui!", strillò Vernon dal salotto, sapendo che Petunia e Dudley non c'erano. Adesso che quel criminale del padrino del ragazzo era morto, non poteva scoprire che puniva il ragazzo. Diavolo, non vedeva l'ora!

"Sì, zio Vernon?", chiese Harry arrivando di corsa.

"Hai fatto tutte le faccende, ragazzo?"

"Mi sembra di si", Harry rispose con trepidazione, sentendo che suo zio puzzava d'alcol.

"Piccolo bugiardo" Vernon urlò, mentre colpiva Harry in volto con un manrovescio tanto forte che il ragazzo perse l'equilibrio e cadde contro il televisore. L'apparecchio oscillò e si infranse a terra. Nel vedere il televisore sul pavimento zio Vernon diventò di cinque sfumature di rosso. 'Adesso quel buono a nulla di un mostro la pagherà', pensò, sentendosi stranamente eccitato.

Harry era era seduto sul pavimento massaggiandosi la faccia, nel più completo shock.

"Vai nella tua stanza, ragazzo! Ti darò la punizione che ti meriti!"

"Ehi, aspetta un attimo! Non è giusto! Non puoi farlo!", urlò Harry, con la rabbia che cresceva ma ancora scioccato. Arretrò di qualche passo mentre zio Vernon si avvicinava. Che diavolo sta succedendo?

Vernon afferrò Harry per il collo della maglietta troppo grande e lo spinse su per le scale.

Harry si avviò verso la sua camera con Vernon appena dietro di lui, che lo spingeva ogni passo o due. Harry stava cercando di pensare a come prendere la sua bacchetta dall'armadio chiuso a chiave nell'ingresso. Era preoccupato per quelle che sarebbero state le conseguenze dal Ministero della Magia.

"Zio Vernon, perchè mi stai facendo questo!", Chiese Harry, la voce piena di panico.

Vernon sibilò, "Perchè non sei nient'altro se non un mostro assassino! Sì, so tutto di come hai ucciso quel ragazzo l'anno scorso, e ora anche quel ricercato del tuo padrino è morto".

Il cuore di Harry per poco non si fermò nel sentire queste parole. Il senso di colpa e il dolore erano ancora così freschi e vivi che il cuore gli faceva male per davvero. Tutto quello che Vernon stava dicendo era vero, era un assassino.

Quando finalmente raggiunsero la camera di Harry, Vernon prese il ragazzo per i capelli e lo spinse contro il muro. Divincolandosi, Vernon cercò di togliersi la cintura dal suo più che abbondante girovita mantenendo la testa del ragazzo contro la parete.
Harry spinse la testa contro la mano di suo zio e cercò di voltarsi.
Vernon si avvolse la cintura intorno alla manaccia carnosa, lasciando che la fibbia metallica dondolasse verso il basso; poi alzò la mano in aria. Harry continuò a dibattersi per liberarsi dalla presa di suo zio, ma venne spinto con più forza contro il muro.

"Voltati ragazzo; e se sento anche solo un "pio" quel gufo finirà annegato in un secchio d'acqua! Sta' zitto e mani contro il muro!" sibilò Vernon nell'orecchio del ragazzo.
Harry stava per protestare di nuovo, ma Vernon lo zittì con un pugno nelle costole.

Lanciò un'occhiata a Edvige che se ne stava appollaiata nella sua gabbia, e si voltò verso il muro, appoggiandovi contro i palmi delle mani. Qualunque cosa suo zio aveva in mente di fargli, sarebbe stato meno doloroso che perdere Edvige. Non riusciva ancora ad capire quello che gli stava succedendo.

Improvvisamente si trovò proiettato in un mondo fatto di dolore, quandò la cintura si abbattè sulla sua schiena. Gli si mozzò e si morse il labbro per trattenere un grido. La cintura continuò ad alzarsi e a colpire finchè Harry non ce la fece più e crollò sul pavimento, ansimando alla ricerca d'aria. Era quasi sul punto di mettersi a urlare dal dolore quando suo zio si fermò.

Vernon era finalmente esausto, visto lo sforzo che aveva fatto per punire il nipote. Sapeva che quel mostro si meritava di più, ma al momento era troppo stanco per continuare. Prese di nuovo il ragazzo per i capelli e gli sollevò la testa, costringendolo a guardarlo. Vedere la sua faccia petulante lo fece infuriare ancora di più.

"Non crei nient'altro che problemi, ragazzo! Tu sai di esserti meritato tutto questo! La tua scuola di mostri mi ha fatto sapere di come hai ucciso il tuo padrino. Ti meriti di essere punito, quindi non spiattellare quello che è successo ai tuoi amici o il tuo gufo la pagherà!" Con questo, prese la civetta con la sua gabbia e se ne andò sbattendo la porta e chiudendola a chiave. Harry potè sentirlo salire in macchina e partire, le gomme che stridevano sull'asfalto. Edvige non c'era più.

Harry cercò di salire sul letto, ma il dolore alla schiena era troppo forte. Scivolò lentamente sul pavimento e si sdraiò sullo stomaco, ansimando per lo sforzo. Cercava disperatamente di trattenere le lacrime.

'Zio Vernon ha ragione - pensava Harry - io ho causato la morte di Sirius. E' stata colpa mia'. Un ragionamento ancora peggiore gli attraversò la mente, un ragionamente che avrebbe cambiato il corso della sua vita: 'Mi meritavo di essere picchiato'.

La mattina seguente si svegliò nel sentire dei passi pesanti che si avvicinavano. Cercò di alzarsi più in fretta che potè, ma il dolore alla schiena lo costringeva a muoversi lentamente. Si morse il labbro per trattenere un grido, causando la riapertura di un taglio. La porta si spalancò e zio Vernon lo fissò minacciosamente.

"Ancora a poltrire, pigrone di un mostro!" Urlò Vernon notando il labbro insanguinato.
"Farai meglio a non sanguinare sul pavimento, o tua zia si infurierà!"

Gettò a terra una lunga lista di faccende domestiche e uscì a grandi passi dalla stanza. Harry raccolse la lista e si rese conto che era meglio iniziare subito, o non sarebbe riuscito a finire in tempo.

Aveva fame e sete, ma per il momento doveva dimenticarsene. raccolse una vecchia maglietta e la premette sul labbro per fermare il sangue. Quando alla fine ci riuscì, si avviò al piano di sotto, ogni scalino uno sforzo.
Iniziò a pulire accuratamente la cucina. Zia Petunia e Dudley dovevano essere usciti per tutto il giorno, così sarebbe riuscito a rubare un po' di pane e acqua e qualche avanzo della colazione.
Dopo aver pulito il pavimento fino a farlo brillare, continuò con la prossima voce nell'elenco e scese nel seminterrato. Non riusciva ancora a capacitarsi il perchè suo zio lo avesse trattato così duramente, ma continuò a pensare che si meritava una qualche punizione per aver ucciso il suo padrino.

Harry si accorse che erano quasi le 18:00 quando risalì dal seminterrato e si accorse che il sole stava per tramontare. Zia Petunia e Dudley non erano ancora rientrati a casa. Improvvisamente la porta principale si aprì di scatto e sbattè contro il muro; Vernon entrò a grandi passi, con uno sguardo arrogante.

"Ragazzo! Vieni qui!"

"Sì, signore", disse Harry in tono tagliente.

"Hai fatto tutte le faccende?" La grassa e flaccida faccia di Vernon si chinò verso il ragazzino dall'aria patetica.
"Sì, ho pulito tutto - rispose Harry arrabbiato - Zio Vernon, dov'è la mia civetta?"

"Questi non sono affari tuoi, preoccupati di fare quello che ti dico e quel maledetto uccello continuerà a vivere. Sicuro di aver finito tutti i lavori, ragazzo?"

"Si, ho finito", disse Harry, cercando di seguire suo zio giù per le scale.

Nel seminterrato, Vernon iniziò a cercare ogni possibile dimenticanza del ragazzo. Si accorse subito che le scatole non erano state sistemate con ordine. Non era il numero 4 sulla lista?

"Vieni qui, pigro buono a nulla!"

Harry continuò lentamente a scendere le scale, sapendo cosa stava per succedere. Sapeva che avrebbe potuto evitarlo, ma il suo pensiero era rivolto ad Edvige. Non voleva perdere anche lei. Non gli interessava di nient'altro. A causa sua Sirius era morto. A causa sua lui stesso aveva perso l'unica possibilità, l'ultima speranza di potersene andare da quel posto. Adesso sapeva che ne avrebbe pagato il prezzo.

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Capitolo 2
*** Spezzato ***


Quando Harry si svegliò, vide che si trovava in un piccolo spazio buio, lo sgabuzzino sotto le scale. Non riusciva a ricordare come era finito lì. L'ultima cosa che ricordava era la punizione che aveva sopportato la notte scorsa. Non poteva dire con certezza quanto tempo fosse rimasto lì; ma immaginò tutta la notte, perchè poteva vedere la luce del sole che filtrava dai listelli sulla porta.
L'angusta stanzetta era proprio come se lo ricordava dopo tutti gli anni passati nella sua cosiddetta "camera". Piccola, buia e brulicante di ragni.

Harry non era del tutto sicuro di cosa avesse scatenato il comportamento violento di suo zio, ma sapeva che aveva a che fare con lui. Sapeva che era sbagliato, ma non aveva idea di cosa fare. Non poteva dirlo ai suoi amici senza l'aiuto di Edvige, e l'idea di chiedere aiuto era troppo umiliante. Se i Babbani l'avessero scoperto avrebbe potuto finire dritto in un orfanotrofio. Era l'ultimo posto in cui voleva stare. Meno aveva in comune con Voldemort e meglio era.

Il suono della voce acuta di sua zia che lo chiamava urlando colpì la sua testa dolorante come la lama di un coltello. Poteva sentire ogni contusione e ogni taglio sulla schiena, mentre si voltava verso la porta. Gli servì tutta la forza che aveva per non urlare di dolore.
"Harry! Harry! Dov'è quel mostro?"

"Sarà a poltrire da qualche parte, amore mio - rispose Vernon in un tono 'so tutto io' - probabilmente a creare altri guai. Te l'ho detto che ieri è stato coinvolto in una rissa?"

Petunia scosse il capo e uscì dalla porta principale alla ricerca di quel buono a nulla di suo nipote.

Non appena la porta fu chiusa, Vernon sgattaiolò verso lo sgabuzzino e lo spalancò con violenza. Afferrò rapidamente il ragazzo per i capelli e lo tirò su, facendo ruzzolare uno scioccato e ferito Harry sul pavimento.

"Esci da qui, mostro!", urlò zio Vernon, mollandogli un calcio maligno nelle costole per svegliarlo.

Harry si morse le labbra per non emettere alcun gemito, così non sarebbe stato punito ulteriormente.

"Zio Vernon, ma perchè mi stai facendo questo? Cos'ho fatto?" Avrebbe voluto la sua bacchetta per potersi difendere. A questo punto non gli importava se il Ministero lo avesse accusato di aver usato la magia da minorenne. Almeno sarebbe stato ancora vivo.

"Va' di sopra in fretta, fatti la doccia e cambiati prima che Petunia ti veda, sudicio parassita!" Sibilò zio Vernon nell'orecchio di Harry, appena questo si fu messo in piedi.

Harry inciampò mentre si dirigeva verso le scale, socchiudendo gli occhi alla luce del sole e senza voltare mai la schiena a suo zio. Quando raggiunse le scale si voltò e iniziò a salirle dolorosamente. Poteva ancora sentire, fuori, la voce stridula di Zia Petunia che lo chiamava.

Harry si lavò meglio che potè, di tanto in tanto massaggiandosi le costole dove era stato colpito da suo zio. Quando uscì dalla doccia evitò di guardarsi nello specchio appannato. Lentamente, si vestì con una maglietta di tre taglie più grande e con un paio di pantaloni troppo larghi, entrambi una volta appartenenti a Dudley. Si sentiva totalmente e estraneo e distante da quello che gli stava accadendo, quasi come se stesse guardando la vita di qualcun altro. Sapeva che avrebbe dovuto chiedere aiuto, ma come poteva farlo senza Edvige? Per favore, lascia stare Edvige.

Harry scese lenatmente le scale e andò in cucina, dove trovò una strillante Petunia.

"Oh, Cielo - urlò Petunia qppena lo vide - in quale razza di pasticcio ti sei ficcato stavolta! Abbiamo ospiti stasera!" Petunia si mise le mani sulle anche e scosse la testa "Cielo, questo è proprio...un incorreggibile delinquente davanti agli occhi del vicinato. Non posso permettere che tu ti faccia vedere dagli altri in questo stato, per fortuna c'è solo la Figg".

"Mi...mi dispiace, zia Petunia. Io...sono caduto e non mi sento molto bene", rispose Harry, massaggiandosi le costole e percorrendo con lo sguardo la stanza per essere sicuro che non ci fosse suo zio.

"Non me ne frega niente di come ti senti. Questa cena è stata fissata a causa tua, e quindi ci sarai, che tu ti senta bene o no! Non posso credere che abbiamo speso dei soldi per una cena con quella vecchia gatta matta della signora Figg!" urlò Petunia mentre spingeva suo nipote in cucina perchè iniziasse a preparare la cena.

Harry ripensò alla settimana precedente, prima che suo zio iniziasse a picchiarlo. Ricordò lo sguardo della signora Figg quando lo aveva visto lavorare in giardino.

Aveva lavorato tutto il giorno con nient'altro che quel po' di cibo che aveva mangiato la sera prima. Era affaticato e stanchissimo, quando un'ombra passò proprio davanti alla porzione di prato che stava pulendo.

"Adesso ti fanno lavorare come un elfo domestico, giusto? - chiese la maganò con disprezzo - Ho in mente di scrivere a Silente e fargli sapere come ti trattano. Merlino, se il mondo magico dovesse scoprire come il ragazzo sopravvissuto è davvero costretto a vivere, abbatteranno la porta di Caramell!"

Nel frattempo Harry si era seduto sui talloni e guardava la sua vecchia babysitter, nonchè spia di Silente.

Si asciugò il sudore dalla fronte e scosse la testa "Non è il caso che si disturbi a dirlo a Silente. Sarà fin troppo impegnato con il casino che ho fatto".

"Oh, stai parlando del fiasco al Ministero e di Sirius Black, vero?"
"Sì, ho combinato un bel casino. Non mi dispiace lavorare in giardino. Mi tiene lontano da loro", disse Harry indicando la casa con il pollice.


La signora Figg guardò verso la casa e scorse la faccia appuntita di Petunia che osservava dalla finestra. Petunia si accorse che era osservata e la salutò con il braccio e un sorriso duro. A quel punto Arabella decise di fare una piccola chiacchierata con la zia di Harry e si avviò verso la casa.

Harry la seguì in fretta per sentire cosa si sarebbero dette.

La signora Figg si fermò davanti alla finestra e fece un cenno di saluto con la mano. "Ciao, Petunia cara. Vedo che Harry lavora duramente quest'estate".

Petunia si trattenne dallo sputare fuori un commento sarcastico su suo nipote; per affermare invece "Oh, si. Sai come sono i ragazzi. Se non li tieni impegnati finiscono per cacciarsi in ogni a di guaio".
"Ho visto che Dudley non sta lavorando in giardino oggi", precisò Arabella con un accenno di disprezzo.

"Oh, bhè, Dudley è un tipo così popolare. Il suo calendario è sempre pieno di thè e impegni di tutti i tipi", affermò Petunia orgogliosamente.

Arabella trattenne una sbuffata, ma sentì Harry sbuffare dietro di lei.
Petunia lanciò a suo nipote un'occhiata di avvertimento, prima di forzare di nuovo un sorriso sulle labbra. "E' così bello vederti, Arabella, ma ho davvero fretta. Forse potremo vederci presto per una cena?" Rispose Petunia, sapendo che la cosa non avrebbe avuto seguito. Non era preparata alla risposta della signora Figg.

"Mi sembra magnifico, cara. Che ne dici di venerdi?" Arabella fu divertita dall'occhiata di panico che attraversò il volto di Petunia.
"Oh, bhè, abbiamo già degli impegni venerdì, sarà per un'altra volta", rispose rapidamente Petunia e incominciò ad allontanarsi dalla finestra.

"Allora sabato", disse Arabella e fece per andarsene.

Petunia tornò di corsa alla finestra e cercò velocemente un'altra scusa. Ma non riuscì a inventarne una abbastanza in fretta, mentre vedeva la Figg che se ne andava rapida. Maledizione, adesso erano intrappolati in una cena con un' ospite indesiderata! Era tutta colpa del ragazzo.

Era ormai passata una settimana, e la cena avrebbe avuto luogo entro breve. Il cuore di Harry accelerò al pensiero che questa poteva essere l'unica occasione di far sapere a Silente cosa gli stava succedendo. A questo punto sapeva che doveva chiedere aiuto, non aveva scelta, dal momento che era certo di avere le costole rotte. Non aveva alcuna possibilità di riuscire a svolgere tutte le sue faccende per il resto dell'estate.

Si sentì improvvisamente umiliato al pensiero che Madama Chips avrebbe visto in che condizioni era. E gli altri membri dell'Ordine? Avrebbe dovuto pregare Silente di non dire a nessuno delle sue recenti disavventure. E se Piton fosse stato ancora a scuola? quel bastardo unto avrebbe scoperto tutto, e avrebbe usato la sua scperta contro di lui una volta ricominciata la scuola. Piton non avrebbe esistato a raccontare a tutta la scuola delle sue punizioni. Maledizione, come poteva gestire tutto questo casino?

Comunque, le percosse erano ben meritate. Sapeva che era tutta colpa sua se Serius era morto, colpa sua se era morto Cedric e sicuramente era avvenuta per colpa sua anche la morte dei suoi genitori. Quindi, anche se era Vernon a punirlo, sapeva che si meritava di essere trattato in quel modo.

Venne strappato dai suoi pensieri da un forte schiaffo sul lato della testa. Dudley alzò di nuovo la mano, ma stavolta Harry lo bloccò a mezz'aria, mandando la mano di Dudley a sbattere sul frigorigero.
"Ohhh, papà, Harry mi ha fatto male alla mano!" Si lamentò Dudley rivolgendo a Harry un sorriso maligno.

Harry non cercò neanche di difendersi. A questo punto, sapeva che sarebbe solo servito a farlo punire di più. Invece, indietreggiò più che potè verso l'angolo della stanza, mentre suo zio si avvicinava a passi pesanti.

"E' così, ragazzo! Sei alla ricerca di un'altra punizione, vero?" Urlò Vernon in faccia al nipote, sputacchiandogli in viso.

Petunia arrivò di corsa "Andiamo, Vernon, puoi punirlo più tardi, la Figg sarà qui a momenti!"

Vernon abbassò il pesante pugno e brontolò mentre veniva accompagnato fuori dalla cucina da sua moglie. Dudley rimase dov'era, punzecchiando Harry ogni volta che ne aveva la possibilità.

"Papà ti darà le botte che ti meriti appena la vecchia signora Figg se ne va".

Harry ignorò il bulletto sovrappeso e continuò a preparare il pollo. Sapeva cosa doveva aspettarsi, non c'erano dubbi che sarebbe stato picchiato di nuovo. Odiava ammettere che era davvero spaventato. Vernon lo colpiva duramente, e lui perdeva quel poco senso della realtà, quando si trovava nel bel mezzo delle loro "lezioni", come lui le chiamava.
Harry finì di cucinare proprio nel momento in cui suonò il campanello e Petunia chiamò il ragazzo a tavola. Poichè la signora Figg avrebbe cenato con loro, allora gli era permesso sedersi a tavola e mangiare. Aveva bisogno di un vero pasto, questo sarebbe stato il primo da quando aveva lasciato Hogwarts.

Appena Arabella lanciò un'occhiata a Harry rimase senza fiato per l'orrore. Le condizioni del ragazzo erano decisamente peggiorate rispetto a una settimana prima; con lividi seminascosti e le guance pallide.

"Quand'è l'ultima volta che hai mangiato, figliolo?" chiese Arabella al ragazzo magrissimo.

Harry voltò lo sguardo verso suo zio e vide la sua espressione furiosa, molto simile a quella di un maiale.

"Ehm...non sono stato molto bene questa settimana, signora Figg" Rispose rapido Harry.

"Bhè, per l'amor del cielo, devi mangiare, ragazzo!" disse Arabella facendo sedere il ragazzo a tavola. Lo guardò mentre lui esitava a servirsi.

Harry attese finchè tutti gli altri non ebbero preso le proprie porzioni, prima di prendersene una molto piccola. Arabella afferrò il suo piatto e vi aggiunse altro pollo e altre patate.

La conversazione era stentata, non più di qualche parola ogni tanto. Era ovvio che i loro ospiti abituali non erano tipi come lei, cosa che rendava i Dursley più inospitali del solito.

Appena ebbero finito di cenare Petunia inventò la scusa che doveva alzarsi presto e accompagnò la signora Figg alla porta. Harry entrò nel panico, vedendo la sua possibilità di ottenere aiuto che gli scivolava via sotto gli occhi. Ma di nuovo, aveva Edvige da considerare. Se Silente lo avesse salvato sapeva che Edvige sarebbe morta. No! Non poteva essere responsabile della morte di un altro amico! No!

Arabella avrebbe voluto prendere il ragazzo e portarlo via con sè, ma sapeva che non era il caso. Non vedeva l'ora di uscire da lì e contattare Hogwarts. Il ragazzo sembrava appena capace di stare in piedi, e le sue condizioni erano pessime.

Quando la porta del numero 4 fu chiusa, tutti gli occhi si fissarono sul magro ragazzino. Harry sentì il cuore accelerare e si appoggiò al muro per sostenersi.

"Di sopra! Ora!" Sibilò Vernon.

Petunia fissò don disprezzo il nipote mentre le passava a fianco. Dudley lo colpì alla tempia ghignando. Harry salì lentamente le scale, incapace di sopportare l'idea di essere punito di nuovo. Il cibo che aveva mangiato sembrava una roccia nel suo stomaco, causandogli un senso di nausea e vertigine contemporaneamente.

Appena la porta si chiuse si trovò di nuovo nell'inferno in cui si era trasformata la sua vita. Vernon lo spinse contro il muro e dette inizio alla lezione.

Spesso, durante le punizioni, la fragile filo conosciuto come "senso della realtà" si spezzava. Harry si trovava ossessionato con il fatto che si meritava tutto quello che Vernon gli stava facendo. Ogni volta che la cintura si abbatteva sulla sua schiena ossuta, credeva di essere punito per tutto il male che aveva fatto, per tutte le morti che aveva causato. Non pensava più con razionalità.

Appena il malvagio pestaggio finì, avvenne un episodio che spezzò definitivamente qualcosa nel Ragazzo Sopravvissuto. Fu una cosa così odiosa, così degradante che Harry se sarebbe stato ferito per sempre. Vernon gli prese la mano e la tenne aperta. Prese la sigaretta che stava fumando e la schiacciò nel palmo della mano di Harry, ignorando il ragazzo che lo supplicava di fermarsi.

La mente di Harry si spezzò di colpo, perdendo ogni contatto con la realtà, un attimo prima che lui svenisse.



Nota della traduttrice: Bene, bene, grazie a chi a hellto e a chi ha recensito. Sono contenta che questa traduzione vi piaccia. Vi preannuncio che la storia è molto lunga (53 capitoli!), ma penso che ne valga la pena, perchè ne vedrete delle belle. Intanto, la Signora Figg riuscirà a mettersi in contatto con Hogwarts?
Il terzo capitolo è in arrivo nel fine settimana, si intitolerà semplicemente "Piton".

Starliam

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Capitolo 3
*** Sogni da Lily ***


Grazie di nuovo a tutti dei commenti! Mi fa piacere vedere che la storia sta avendo successo. Sì, Morgana, ho notato anche io la stessa cosa nelle storie straniere: e anche a me fa male, di solito. Personalmente vedo i Dursley come delle persone ignoranti che si comportano così perchè hanno paura di ciò che non capiscono...Ma non li vedo capaci di far del male fisico a Harry (specialmente Vernon, che spesso è una macchietta comica). Però ciò non toglie che molti dei loro comportamenti possano essere considerati abusi psicologici! Ecco il capitolo tanto atteso: è più lungo degli altri. Il titolo è cambiato, perchè ho visto che l'autrice inglese lo ha modificato, e preferisco esserle fedele il più possibile! Buona lettura,
Starliam

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Piton era disgustato dal fatto che le sue vacanze fossero state interrotte, fra tutte le persone, proprio da Harry Potter. Il pensiero di Potter gli aveva tormentato la mente fin da quando il cagnaccio era finito dietro al velo. Faceva strani sogni, occupati dagli occhi accusatori di Lily. Il pensiero di Lily lo irritava ancora di più.

Sì, erano stati amici; e sì, in passato lo aveva difeso contro suo marito e la sua gang, ma perchè doveva tormentarlo in sogno? La promessa di sangue che lo obbligava a proteggere suo figlio era stata fatta solo allo scopo di salvarsi la pelle, quando venne scoperto come Mangiamorte. Silente lo aveva obbligato a stringere quella promessa in cambio della libertà da Azkaban.
Adesso, da quando Black era morto al Ministero, le sue notti erano occupate dai sensi di colpa. Severus sapeva che aveva giocato una parte nella morte di Black, punzecchiandolo con il fatto che era inutile; ma perchè questo doveva farlo sentire così in colpa?
Specialmente dal momento che aveva molto altro per cui sentirsi colpevole.

Erano tornati in superficie anche pensieri sul suo orribile padre, portandolo a ripensare più in profondità alla vita che aveva condotto. Aveva concluso che la sua vita non era tanto migliore di quella di Voldemort. Avrebbe potuto fare ammenda per il suo passato, a questo punto? Sarebbe mai riuscito, alla fine, a fare qualcosa di buono? E tutti quei sogni con gli occhi di Lily che lo accusavano, quei bellissimi occhi verde smeraldo.

Maledetti Potter! Severus finì la pozione alla quale stava lavorando, prima di dirigersi dove avrebbe potuto smaterializzarsi.
Quel ragazzo non aveva fatto già abbastanza danni durante l'anno scolastico? Adesso che cosa stava combinando, probabilmente si lamentava di come andava la sua vita. Piton non poteva sopportare il pensiero di dover andare a casa di Potter. Era già abbastanza brutto dover sopportare la sua presenza durante l'anno. Sapeva che Potter era emozionalmente instabile quando lo avevano rispedito a casa per le vacanze, ma dopo essere stato viziato per tutta l'estate avrebbe recuperato il suo carattere antipatico.

Una volta arrivato in Privet Drive Piton estrasse la bacchetta magica e si fece un incantesimo di invisibilità. Trovò il numero quattro e pensò che fosse una casa molto "babbana". Nessuna immaginazione, tutte le case erano uguali. Lentamente Piton girò la maniglia e la porta si aprì con un cigolio. Non riusciva a credere che dopo tutte le misure di sicurezza che l'Ordine si sforzava di garantire a Potter, i Dursley lasciassero la porta aperta per chiunque. Ovviamente gli zii di Potter erano sciocchi come lui.

Due dei Dursley sovrappeso erano davanti alla televisione, troppo coinvolti per sentire la porta che si apriva. Poi Piton notò una magrissima zia Petunia che lavava i piatti e borbottava qualcosa sui soldi spesi per la cena.

Piton sogghignò, immaginando Potter coccolato come un principe. Si guardò intorno alla ricerca di segni del ragazzo, notando molte dozzine di fotografie con il figlio grasso, ma nessuna raffigurante Potter. Curioso. Prese la bacchetta e mormorò: "Indicami...Harry Potter".

La bacchetta puntò verso le scale e Piton iniziò a salirle in silenzio.
I Dursley erano troppo interessati allo sciocco programma televisivo per sentire la serratura della camera di Harry che si apriva con un click. Strano il fatto che fosse chiusa dall'esterno, e non dall'interno. Piton avvertì qualcosa simile al terrore, e seppe che c'era qualcosa che non andava ancora prima di aprire la porta. I capelli sulla nuca si erano rizzati. Il puzzo colpì Piton appena aprì la porta; sudore, sangue, vomito...paura. Lo stesso puzzo che c'era agli incontri dei Mangiamorte.

"Lumos", disse a bassa voce. Oh, Merlino! Non può essere lui! Una figura raggomitolata sul pavimento si lamentò piano. Solo alcuni suoni smorzati, ma sufficienti da essere sentiti dal professore di pozioni. Era abbastamza per allarmare Piton. Velocemente, si chinò sul ragazzo e iniziò a voltarlo. Al primo tocco il ragazzo iniziò a tremare e si raggomiolò ancora di più, cercando di strisciare sotto il patetico letto.

"S-scusa", fece una vocina piena di panico. Il ragazzo spinse via la mano di Piton e continuò a strisciare sotto il letto.

"Potter, calmati!" disse il professore con voce rigida, poi si ricordò di essere ancora invisibile e tolse l'incantesimo.

Harry tremava, e si copriva il volto con il braccio buono, aspettando l'esplosione. La sua mente non era conscia della realtà, solo del dolore che era la sua esistenza. Delle mani lo toccarono, abbassandogli il braccio dal volto.

"Oh, Merlino", Piton non riusciva a credere che questo fosse lo stesso ragazzo. Lentamente Harry aprì gli occhi e riconobbe il suo insegnante: "P-professore?"

"Sì, Potter. Ancora una volta, sembra che tu abbia bisogno di aiuto". Il duro tono di voce era scomparso, nel vedere l'intensita del danno che il ragazzo aveva subito.

"Sono..sono caduto", disse Harry con voce roca, pensando che avrebbe protetto la sua civetta a tutti i costi.

"Hmmm, non c'è bisogno di false spiegazioni. Suggerisco di andare da Madama Chips immediatamente".

Mentre il ragazzo si distendeva dolorosamente, Piton vide le sue condizioni, e capì che avrebbe dovuto portarlo in braccio. Prese la bacchetta e lanciò un incantesimo di invisibilità su entrambi. Poi pose attentamente un braccio dietro le spalle del ragazzo, e l'altro sotto le gambe. Ogni pensiero di disprezzo per Harry andava svanendo.

Quando Piton cominciò ad alzarsi, Harry lasciò andare un gemito di dolore, ma subito si morse il labbro per evitare di emettere qualunque suono. Il professore sistemò Potter in modo che la sua faccia fosse premuta contro il suo petto, nel caso in cui il ragazzo non riuscisse a trattenere i lamenti. Rimase scioccato nel sentire quanto il ragazzo fosse leggero. La sua rabbia verso quei babbani stava per esplodere.
Piton cercò di non guardare il volto di Harry, mentre scendevano le scale. Non voleva vedere il ragazzo che si mordeva le labbra cercando di non gridare; era piuttosto sconcertante. Potter doveva avere delle ossa rotte nel braccio, a giudicare la strana angolazione che aveva assunto. Con il ragazzo adagiato contro di lui, Piton poteva sentire chiaramente la febbre che emanava. Guardò negli occhi arrossati di Potter. Proprio come quelli di Lily.
Sentì il suo cuore saltare un battito al pensiero di quello che era successo al figlio di Lily. Qualcuno sapeva che la vita del ragazzo era così tremenda? Aveva sempre dato per scontato che Potter fosse al centro dell'attenzione, servito e riverito come un principe. Ma era chiaro che non era a così, anche a vedere dallo stato della sua camera e i chiavistelli sulla porta. Senso di colpa. Qualcuno avrebbe dovuto saperlo.

Porta via il ragazzo, cerca di non pensare troppo. Cerca di non uccidere quei bastardi che guardano la televisione mentre l'eroe del mondo magico muore al piano di sopra. Non guardare: ti rallenterebbe e il ragazzo ha bisogno di aiuto adesso!

In silenzio, Piton uscì dalla casa e corse nel punto dove poteva smaterializzarsi. Tolse l'incantesimo di invisibilità e si materializzò il più vicino possibile ai cancelli della scuola. C'era ancora molta strada prima di poter avere l'aiuto necessario.

Piton sostenne il ragazzo al meglio che poteva senza correre il rischio di causargli ulteriori danni. Notò che Potter si teneva aggrappato alla sua tunica, senza mai lamentarsi, neanche quando Piton inciampò e per sbaglio strinse il braccio rotto del ragazzo. Il suo sentimento verso Harry si stava rapidamente trasformando in rispetto.

Il cammino verso la scuola era decisamente troppo lungo, per i gusti di Severus Piton. Poteva sentire la febbre salire dal ragazzo a ondate; e i denti di Harry battevano nel freddo della notte.

"Da quant'è che hai questa febbre, Potter?"

Harry stava cercando con difficoltà di non svenire. Il dolore era quasi insopportabile, ma fece del suo meglio per rispondere.

"Da qualche giorno, signore"

"Che sfortuna. I tuoi zii ti hanno sempre trattato così male?" Piton era più curioso che mai di scoprire la verità sulla vita di quel ragazzo.

"Mi odiano", affermò Harry prima di rendersi conto che gli stava dicendo più di quanto voleva. Stava così male che avrebbe voluto piangere. Cercò di trannenersi, finchè un singhizzo soffocato gli scappò dalle labbra.

Piton lo sentì, e si fermò per guardare il ragazzo tremante. L'aria notturna era piuttosto fredda, specialmente per qualcuno debole come era Potter in quel momento.

Tenne accuratamente in equilibrio il ragazzo mentre si sganciava il mantello. Con un movimento armonioso, coprì il ragazzo ferito,poi tornò a stringerlo di nuovo.

Harry sentiva l'odore di menta e di erbe del mantello caldo. Non riusciva a credere che Piton fosse così...premuroso. Le suo costole pulsavano a ogni passo del professore di pozioni; aveva bisogno di tutta la forza per trattenersi e non piangere di dolore.

Piton poteva vedere che Potter si sforzava di trattenersi, sicuramente perchè non voleva piangere davanti a lui. Che poteva fare? Confortare i ragazzi non era esattamente una delle sue capacità migliori. Comunque, era dispiaciuto che il ragazzso stesse soffrendo così tanto.

"Potter, non hai bisogno di nascondere a me il tuo dolore. - gli fece presente benevolmente - ti assicurò che non racconterò niente a nessuno".

Harry guardò il suo professore, cercando la sincerità sul suo volto. L'uomo sembrava veramente preoccupato per lui. Trovava strano sentirsi confortato da Piton, ma si rese conto che era così. Solo quel breve momento di compassione sembrò spezzare la sua ultima ombra di riserva. Prima ancora di rendersi conto di cosa stava facendo, premette il volto nella tunica del professore e iniziò a piangere in silenzio. Cercava di smettere, prendendo piccole boccate d'aria.

Piton non era preparato all'effetto che le sue parole avevano avuto sul ragazzo. Lo strinse di più e continuò a camminare. Non aveva idea di come poteva consolarlo, così non ci provò neanche. Sentiva le lacrime di Potter inzuppargli la camicia. Distrattamente gli sussurrò: "Shhh, vedrai che si sistemerà tutto".

Harry ai augurava che queste parole corrispondessero al vero, e vi si aggrappò con un barlume di speranza.

Arrivati ad Hogwarts, Piton chiamò urlando Madama Chips e Silente, mentre si dirigeva all'infermeria. Si chinò per sistemare Harry su un letto e si accorse che il ragazzo stava di nuovo trattenendo ogni segno di dolore. Guardò verso di lui, ancora aggrappato alla sua tunica, e vide gli occhi verdi che lo fissavano con sguardo implorante.

"Cosa, cosa c'è, Potter?" chiese il Professore di Pozioni.

Gli rispose un leggero sussurro: "Devo tornare indietro"

"Di cosa stai parlando? Non puoi tornare là!" Rispose Piton con sdegno, al pensiero di Potter che viveva come un animale.

"Se non torno indietro uccideranno Edvige - rispose il ragazzo con voce roca, tenendosi sempre aggrappato alla tunica di Severus - per favore, mi riporti indietro".

"Potter, lascia che Maadama Chips ti curi, parleremo più tardi", Piton non aveva idea del perchè gli aveva risposto così, voleva solo dare al ragazzo un po' di speranza.

"Ma, ma non se ne vada...per favore", le parole gli uscirono dalla bocca prima che avesse il tempo di pensare. Piton era il suo legame con Edvige.

Madama Chips cominciava a spazientirsi, e spinse Harry sul letto dal lato opposto.

Piton guardò giù e vide gli occhi verdi di Potter che lo fissavano, implorandolo di rimanere. Il ragazzo tese la mano verso il professore. Snape guardò quella mano e si sentì a disagio, non sapendo bene cosa fare. Il ricordo di un altro ragazzo in cerca di conforto gli balenò nella mente. Piton non potè farne a meno, tese la mano e prese quella martoriata e piena di lividi di Harry. Senso di colpa, ammenda, Lily.
Piton vide come Potter adesso si stava rilassando. Il ragazzo chiuse gli occhi e sembrò quasi sollevato.

Madama Chips sfilò lentamente i vestiti di Harry, rivelando un orrore di ferite. Piton voleva guardare da un'altra parte, ma finì per fissare la mano di Harry, cercando di non sollevare gli occhi sul corpo martoriato. Qualcosa catturò la sua attenzione. Vide una piccola vescica all'interno della mano di Potter, sotto il suo dito. Lentamente aprì la mano del ragazzo e vide con orrore la bruciatura di sigaretta. Una piccola vescica circolare, non più grande di una mosca. Per qualche ragione Piton non riusciva a distogliere lo sguardo da quel segno. La sofferenza che questo ragazzo aveva vissuto, la sofferenza che aveva vissuto dalle mani della sua stessa famiglia. Prendere la mano del ragazzo e schiacciare una sigaretta accesa sulla pelle morbida. Di nuovo, il flash di una memoria infantile gli balenò nella mente, e subito scomparve. Questo ragazzo deve essere stato cresciuto un po' come me

Il ragazzo cercò di voltare la mano, in modo che fosse di nuovo stretta in quella di Piton. La bruciatura faceva venire a Piton la voglia di uccidere il colpevole. Era come se fosse stato premuto un bottone che aveva dato libero sfogo alla rabbia repressa. Sentiva la rabbia pulsare dentro di lui, come quando era un giovane Mangiamorte. Il suo volto doveva averlo mostrato, perchè quando guardò Potter negli occhi, ci vide la paura. Paura di lui. Il ragazzo lentamente ritirò la mano e voltò la faccia dall'altra parte. Di nuovo si raggomitolò su se stesso, escludendo il mondo.

Piton non riusciva a muoversi. Si sentiva come se una parte di lui fosse morta. Più di ogni altra cosa al mondo avrebbe voluto che quella mano, quella mano martoriata, con la bruciatura di sigaretta all'interno, si tendesse di nuovo a cercare la sua. Si sentì come se qualcuno lo avesse preso a pugni sul cuore. La voglia di fare ammenda scivolò via.

Harry era spaventato non solo dalla rabbia del professore, ma soprattutto dall'idea di essere di nuovo solo. Era già stato spaventato in passato, ma adesso era un sentimento diverso. Non voleva dormire, per la paura di svegliarsi di nuovo in Privet Drive e trovare Edvige morta, ma non voleva neanche stare qui, da solo. Quando Piton lo aveva salvato aveva sentito una profonda connessione con lui, come se avesse capito la sua solitudine. Adesso si sentiva semplicemente solo. Il pensiero di salvare Edvige gli occupava di nuovo la mente.

Madama Chips lavorò rapidamente con l'aiuto di Albus. Dette a Harry numerose pozioni per rimpolpare il sangue, guarire i tagli, i lividi e le ossa rotte. D'altra parte, la febbre non accennava a diminuire. Per quanto ci provasse, quella brutta febbre non scendeva. Finalmente, non sapendo più cosa fare, chiese a Severus di preparare una nuova pozione per Harry.

Piton andò subito nel sotterraneo e lavorò instancabilmente per ore.

Harry stava sdraiato a letto a guardare il soffitto, mentre quelle persone lavoravano su di lui. Sapeva di essere la ragione della rabbia di Piton. E dentro di sè, sapeva di meritarsi di essere punito anche così. Aveva ucciso Sirius, e anche Cedric: cosa poteva aspettarsi dalla vita?

Madama Chips gli fece bere la pozione Sonno Senza Sogni, poi lo lasciò da solo nella grande infermeria. Il sonno venne troppo lentamente per Harry. Ebbe troppo tempo per pensare. Sentiva le mura che si chiudevano su di lui e desiderò sentirsi di nuovo al sicuro, come quando Piton lo teneva stretto. No! Non va bene. Piton mi odia e io odio Piton.
Poi in un attimo gli giunse il ricordo di quegli strani sogni. Sogni in cui c'erano sua madre e Piton che ridevano. Lei stava cercando di mandargli un messaggio: fidarsi di Piton. Harry aveva rifiutato quell'idea fin dal primo sogno. E adesso? Non era più tanto sicuro.
Ma per essetre sinceri, sapeva che Piton non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male, quando lo stringeva a sè in quel modo.
Semplicemente, sapeva di essere al sicuro con Piton, e questo superava ogni brutto sentimento che aveva provato per lui. Era confuso, e pensava che forse avrebbe dovuto smetterla di aspettare che il Professore lo aiutasse.

Proprio mentre era preso in questi pensieri Piton entrò silenziosamente nell'infermeria e si avvicinò al suo letto.

Harry non lo vide finchè il professore non fu quasi sopra di lui. Si schiacciò nei cuscini e si coprì il volto con il braccio, alla vista dell'ombra che gli si era avvicinata all'improvviso. Un ricordo tremante del passato.

'Merlino, cosa hanno fatto a questo povero ragazzo?' pensò Piton. Non gli era mai piaciuto Potter, credendolo troppo simile al padre James. Ma adesso non ci vedeva neanche la più piccola somiglianza, nel suo comportamento. Sapeva che i metodi di allevamento totalmente diversi con cui erano cresciuti non potevano fare di Harry una copia carbone di James. Rallentò i suoi movimenti e abbassò gentilmente il braccio di Harry dalla sua faccia.

"Sono solo io. Ho preparato questa pozione per te; per mandare via quella febbre alta". Piton vide il volto del ragazzo che si rilassava e prendeva di nuovo il controllo della realtà.

"Ehm, non doveva, lo sa. Mi..mi dispiace che abbia dovuto buttare via il suo tempo, signore - disse Harry in un sussurro - la ringrazio per essere venuto a prendermi. So che sono le sue vacanze, e non voglio che sprechi ancora il suo tempo con me. Troverò il modo di salvare Edvige da solo".

Piton sentì una fitta al petto. Il ragazzo era sincero, lo vedeva nei suoi occhi. Guardò la faccia livida, con un occhio nero e il labbro che minacciava sempre di riaprirsi e sanguinare di nuovo. Perchè non me ne sono accorto prima? Perchè nessuno ha capito che veniva cresciuto in questo modo?

"Pensavo che Madama Chips avesse guarito quelle ferite, Potter?"

"Beh, ci ha provato, ci ha provato davvero; ma immagino che il mio corpo abbia smesso di reagire agli unguenti e a tutto il resto. Ha detto che il mio corpo ha già assorbito tutto quello che poteva dalle gambe e dalla schiena. Anche la pozione Sonno Senza Sogni non sta funzionando", Harry voltò lentamente la testa lontano dal professore di pozioni, senza aspettarsi alcun aiuto.

"Non importa, Potter, potremo provare ancora domani", disse piano Piton. Quando vide che Harry non lo stava più guardando Piton appoggiò lentamente la mano sulla spalla del ragazzo. Potter tornò a guardarlo con una strana espressione in volto. Cos'è questa? Speranza?
"Tieni Potter, prendi questa per la febbre. Non sono sicuro che funzionerà meglio della precedente; ma è comunque un tentativo".
Harry lasciò che Piton gli avvicinasse la fiala alla bocca e ingoiò la pozione. Piton rimase lì ad attendere che la febbre scendesse. Venti minuti dopo Potter era ancora perfettamente sveglio e molto febbricitante. Piton decise di rimanere con lui, almeno finchè il ragazzo non si fosse addormentato.

Prese la bacchetta e la puntò contro la sedia all'altro lato della stanza. La sedia superò Harry volando e atterrò dolcemente accanto al letto. Il professore si sedette e attese che il sonno arrivasse e la febbre scendesse.

Harry si sentiva molto più tranquillo, adesso che il professore era con lui; e si lasciò scivolare in un meritato sonno.


Piton non riusciva a dormire, i suoi ricordi lo assillavano. Quando Potter aveva cercato la sua mano gli era tornato in mente un episodio della sua infanzia: lui, bambino, che cercava la mano del padre, solo per essere respinto. Questa era una possibilità per Piton di fare ammenda per tutte le cose malvagie che aveva fatto. Era una possibilità per cambiare e diventare una persona migliore, più di suo padre. Piton decise che avrebbe fatto tutto quello che poteva per aiutare Potter a guarire dai gravi abusi che aveva sofferto per mano delle persone che avrebbero dovuto prendersi cura di lui.

Se Potter glielo avesse permesso, Piton sarebbe stato pronto. Il suo cuore si sentiva più leggero, mentre reclinava la testa all'indietro sulla sedia e si lasciava prendere dal sonno.

La mattina seguente Harry si svegliò coperto di sudore e caldo come se fosse nel deserto. La testa pulsava e le ossa gli dolevano. Le costole gli facevano così male che faceva fatica s trattenere le lacrime di dolore. Sentiva che stava per rigettare. Si gurò intorno rapidamente e vide il professore addormentato nella sedia accanto a lui.

"Signore - gracchiò - Professore?"

L'insegnante di svegliò guardandosi intorno, come per capire dove si trovasse. Guardò Potter e mosse rapido una mano verso la sua fronte. A quel movimento improvviso, Harry si ritrasse e chiuse gli occhi, aspettandosi un pugno. Piton rallentò il movimento e appoggiò delicatamente una mano sulla sua fronte. Merlino, la febbre era aumentata.

"Ehm...Penso di stare per vomitare". Fu l'unico avvertimento che ebbe Piton.

Harry vomitò violentemente quel poco che aveva nello stomaco, tutto sulle coperte. Le costole erano in fiamme e vomitò di nuovo dal dolore. Il professore pulì rapidamente le coperte con un incantesimo e appoggiò una mano sulla nuca del ragazzo, mentre Harry si mordeva il labbro per trattenere i gemiti.

"Mi fa male, per favore...mi fa tanto male"

"Cosa, cos'è che ti fa male, Potter?" Disse Piton con troppa foga, nella sua voglia di aiutare.

Harry guardò il professore con circospezione e rispose: "E' la mia testa, e sento le costole bruciare"

Che diavolo stava succedendo, pensava Piton. Tutte queste cose dovevano essere in via di guarigione, e non peggiorate.

In quel momento Madama Chips entrò nella stanza, aspettandosi di trovare il suo paziente quasi guarito.

"Dove sei stata, Poppy?" La aggredì Severus, allontanandosi di qualche passo dal ragazzo.

"Non usare quel tono con me, giovane! Potter non ha bisogno di un'infermiera a tempo pieano!" Con questo, rivolse l'attenzione a Harry e si bloccò, sconvolta.

"Che ti sta succedendo. Sembri stare peggio oggi di ieri" Prese velocemente la cartella clinica e ci scrisse alcune cose.

"Severus, gli hai fatto quella pozione ieri notte?" Gli chiese lei con tono accusatorio.

"Sì, Poppy, l'ho fatta; e non è servita a un accidente!"

"Dobbiamo mandarlo al St. Mungo. Non so più cosa fare e ho paura che stiamo perdendo tempo. Li chiamerò e li avviserò di chi sta arrivando. Avviserò anche Silente", e dopo questo uscì di corsa dalla stanza.

Harry rimase a sedere sconvolto. Non voleva che lo portassero da nessuna parte. L'ultimo posto dove voleva andare era un ospedale dove la gente lo fissava, ficcava il naso e lo infastidiva. Non avrebbe lasciato che accadesse.

"Non ci vado", disse con disperazione.

Una voce proveniente dal corridoio lo informò con calma: "Ho paura di sì, signor Potter. E la cosa migliore". Harry e Piton notarono in quel momento il Preside fermo sulla porta.

Madama Chips corse nella stanza un po' agitata: "Professor Silente, abbiamo un problema. Il St. Mungo non accetterà Harry senza l'autorizzazione dei suoi tutori. Sono stati chiari in proposito".
"Bene, allora dovremo affidare la custodia del signor Potter a qualcun altro. Tanto doveva essere fatto comunque, dal momento che non tornerà dai Dursley".

Il cuore di Harry si fermò a quel pensiero, sapendo che lui DOVEVA tornare. La vita di Edvige dipendeva da questo.

"Che ne pensa di Remus? - disse il ragazzo dal suo letto, sapendo che Remus lo avrebbe aiutato - Lui mi prenderebbe. Me lo ha detto lui".
"Vorrei Poterlo fare, Harry, ma le nostre leggi non permettono ai lupi mannari di avere bambini in affidamento", rispose Silente con tono di scusa.

"Non abbiamo tempo per questo - Madama Chips era nel panico per via dell'alta temperatura del ragazzo - Harry deve essere ricoverato al più presto!"

"Chiamerò la famiglia Weasley e chiederò loro se possono prendere Harry", disse Silente.

"Signore, si troveranno in pericolo se lo faranno?" sussurrò Harry. Non voglio che qualcun altro muoia per colpa mia.

"Beh, ho paura di sì, ma abbiamo molti Auror che vigileranno", rispose allora il preside.

"Signore...non voglio andare da loro. Non posso fare questo alla famiglia di Ron. Per favore, non glielo chieda".

Ci fu una lunga pausa, quando...

"Lo prenderò io".

Tutti si voltarono a guardare Piton.

"Lo voglio", disse calmo. Non poteva credere a quello che stava dicendo, ma sentiva che era giusto. Sapeva che il ragazzo aveva un disperato bisogno di lui. E, per dire la verità, questo gli piaceva.
In qualche modo gli sembrava giusto.

Dal suo letto, Harry lanciò uno sguardo diffidente e svenne.

Silente usò la metropolvere per mettere in moto l'iter per ottenere la custodia di Harry. Usò tutte le sue conoscenze per avviare un ordine restrittivo contro i Dursley e far ottenere a Piton i documenti legali che gli avrebbero attestato l'affido temporaneo di Harry. In non più di 20 minuti Piton aveva le carte in mano e stavano preparando Harry per la trasferta.

Fortunatamente non si svegliò durante il viaggio. Quando arrivarono in ospedale furuno immediatamente accompagnati in un'ala privata con una camera singola. Venne garantito che nessuno avrebbe saputo che il Ragazzo Sopravvissuto era stato ricoverato per serie ferite infertegli dai parenti babbani. La temperatura di Harry continuava a crescere a velocità allarmante.

Piton sapeva che il suo dovere era proteggere quel ragazzo, ma al momento non c'era nulla che potesse fare, tranne guardarlo mentre lottava per la vita.

Harry non si svegliò mai. Si agitava nel letto urlando di dolore, mentre aggravava le condizioni del braccio rotto. Alla fine giunsero alla conclusione che avrebbero dovuto legarlo. La piccola infermiera che sorvegliava Harry estrasse la bacchetta, e delle bende magiche per i polsi e per le gambe apparvero saldamente assicurate al letto. Scivolarono intorno a un inconscio Harry, tenendolo fermo.

Per tre lunghi, terribili giorni, mentre Harry combatteva contro le bende che lo legavano, la febbre continuò a salire. Continuava a rivivere in sogno gli stessi incubi: Cedric che moriva, Sirius che cadeva dietro il Velo, Vernon che gli bruciava la mano e lo picchiava, ancora e ancora.

Piton non sapeva cosa fare. Rimase al suo fianco. Gli metteva dei panni freschi sulla fronte, ma non serviva a niente. Non si era mai sentito così impotente in tutta la sua vita. Alla fine, decise di entrare nel subconscio di Harry e aiutarlo a svegliarsi. Si pose davanti al ragazzo e gli mise la bacchetta alla testa, mormorando "Legilimens!"

Piton si trovò in una piccola stanza con Harry disteso sul pavimento e Dursley che lo picchiava con una cintura. La scena fece ricoltare lo stomaco al professore, riportandogli alla mente i suoi stessi ricordi.
Subito dopo, Piton potè vedere Harry che assisteva alle morti di Diggory e Black e di nuovo Harry picchiato da suo zio. Ma la parte peggiore venne quando Dursley gli schiacciò lentamente quella sigaretta nella mano, con un lampo di gioia maligna negli occhi, la sua faccia così vicina che Piton poteva vedergli la saliva agli angoli della bocca. Piton poteva aiutarlo proprio ora. Camminò verso Harry, nel sogno, e gli si chinò accanto mentre Dursley premeva la sigaretta.
"Potter! Harry, riesci a sentirmi?"
Harry si bloccò e si guardò intorno, riconoscendo Piton.

"Cosa...cosa sta facendo qui. Se ne vada prima che la veda. Farà del male anche a lei", disse in fretta.

"No, Harry, questo è già successo, devi lasciartelo alle spalle. Niente di quello che è successo è colpa tua".

Harry si guardò la mano ustionata: "Ma è colpa mia. Me lo merito sul serio. Lei sa che non voglio che le venga fatto del male. Se ne deve andare ora. Mio zio non ha ancora finito". Harry cercò subito di nascondere alcune memorie dal professore.

"No, Potter; io non me ne andrò a meno che tu non venga con me".

"Ma io devo essere punito per aver ucciso il mio padrino..e Cedric".
"TU NON HAI UCCISO NESSUNO! NON TI MERITI TUTTO QUESTO! ADESSO, VIENI VIA! E' UN ORDINE!"

Forse fu il tono che Piton aveva usato, o forse era solo il momento giusto, ma Harry lasciò che i ricordi scivolassero via. Zio Vernon stava per prenderlo a calci sul braccio, il suo piede era già sollevato, quando Harry si spinse di nuovo alla vita, con Piton che lo seguiva molto sollevato.

Servirono altri giorni perchè Harry guarisse. Lottava contro le bende più duramente di prima. Implorò Piton di togliergliele, ma fu decisoc he finchè avesse avuto quella febbre alta, le avrebbe tenute.

Harry era arrabbiato. Come potevano queste persone prendere il controllo della sua vita, dopo tutto quello che aveva sofferto da solo. Si sentiva tradito e ferito dagli adulti che aveva conosciuto nella sua vita. Provava vergogna per tutto quello che aveva lasciato che gli accadesse. Come aveva potuto cadere nella trappola di Voldemort e causare la morte di Sirius? Come poteva aver lasciato che Vernon si spingesse così in là?

Harry vedeva Piton accanto al suo letto come se fosse davvero preoccupato per lui. Non poteva permettersi di cadere anche nell' inganno di Piton. Sapeva di essere ormai solo al mondo, e di doversi abituare all'idea per non rischiare di essere ferito di nuovo. No, non avrebbe accettato di essere ferito da un altro adulto.

"Non ha bisogno di starsene qui ancora, Piton", brontolò Harry.

"Occhio a come parli, Potter", brontolò Piton in risposta, tornando nel suo ruolo di professore più odiato. Ricacciò subito indietro la rabbia per l'insolenza del ragazzo, ricordandosi che Potter non era abituato agli adulti che si preoccupavano per lui.

Harry girò la faccia dall'altra parte e fissò il muro. Passarono cinque minuti buoni prima che Piton parlasse.

"Signor Potter, basta con questo comportamento infantile".

"Mi lasci in pace, Piton! Non ho bisogno che lei faccia finta che le importi di me! Lei non rappresenta niente per me!" urlò Harry, la testa che pulsava dolorosamente.

Piton era deluso dalla mancanza di fiducia del ragazzo, ma non lo incolpava. Non si sarebbe lasciato respingere da una ragazzo che aveva chiaramente bisogno di qualcuno che si occupasse di lui. Non fallirò con questo ragazzo!

"Potter? - disse il professore con voce più calma - Io sono qui. Non andrò da nessuna parte".

Harry cominciò di nuovo a lottare con le bende che lo legavano, sbattendo la testa sulla barriera di metallo ai lati del letto. Piton corse al letto e tenne saldamente la testa di Harry fra le braccia. Harry Lottò con tutta l'energia che aveva. Finalmente si stancò e si fermò. Ma Piton continuò a tenergli la testa. Presto Severus sentì qualcosa di bagnato sul braccio e guardò giù, per vedere Harry che piangeva di frustrazione in silenzio.

Piton sciolse le bende e lasciò che Harry piangesse. Harry non si era mai permesso di piangere sul serio, quando si trovava dai Dursley. Non aveva mai avuto nessuno che rimanesse con lui mentre si lasciava prendere dai ricordi. Alzò la mano per coprirsi il volto mentre prendeva grandi boccate d'aria e le lacrime gli scorrevano sulle guance.

Severus sentì il bisogno di conforto che il ragazzo sentiva, e si costrinse a fare l'impensabile: pose il suo braccio attorno alle spalle di Potter. Era una sensazione strana quella di offrire conforto a qualcuno, specialmente a Harry Potter. Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe sentito così protettivo verso il ragazzo. Sapeva che era dovuto ai sogni che lo tormentavano dalla morte di Black. Lily lo aveva colmato di una magia che non aveva mai sentito prima di allora. Quel sentimento gli aveva aperto il cuore indurito, e lo aveva addolcito fino a provare compassione.

Il Professore di Pozioni rimase scioccato quando Harry adagiò la testa contro il suo petto e lasciò che la tristezza lo avvolgesse. Severus abbracciò il ragazzo in modo che sentisse che lui c'era. Rimasero seduti sul letto così, finchè Harry si sentì esausto e si addormentò con la testa appoggiata sul torace del professore.

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Capitolo 4
*** Biscotti e vampiri ***



Eccoci al nuovo capitolo! Chiedo scusa per l'attesa ma questi giorni sono stati davvero pieni per me. Sembra proprio che il nostro Harry non riesca a trovare un attimo di pace...Grazie a tutti per la costanza con cui mi seguite!
Starliam




Harry aprì gli occhi e trovò il professore addormentato su una sedia accanto al suo letto d'ospedale. Gli tornò in mente il suo comportamento della notte scorsa, e sentì il rossore salirgli alle guance per la vergogna. Non aveva mai mostrato il suo dolore davanti a nessuno, e non sapeva come il professore avrebbe reagito all'imbarazzante esplosione che aveva avuto di fronte a lui.

Ripensò ai sogni che aveva fatto la notte precedente e seppe che venivano da sua madre. Sentiva chiaramente che lei stesse cercando di dirgli che poteva fidarsi di Piton. Non sapeva se sarebbe stato ancora in grado di guardarlo in faccia dopo quello che era successo quella notte. Perchè lo aveva fatto, perchè si era permesso di piangere davanti a Piton?
Adesso il professore aveva il potere di schiacciarlo in ogni momento. Gli sarebbe bastata una semplice parola in riferimento a quell'imbarazzante momento. Strinse la coperta fino a farsi sbiancare le nocche, mentre la vergogna tornava a sommergerlo.

Venne strappato ai suoi pensieri quando Piton parlò.

"Potter, stai male?" Severus aveva visto il modo in cui il ragazzo stava stringendo la coperta e aveva pensato che provasse dolore. Harry scosse la testa prima di guardarsi le mani. Accarezzò con il pollice la piccola bruciatura sulla mano e si ricordò della punizione di zio Vernon.

Piton alzò la mano per sentirgli la febbre, ma il ragazzo, ancora traumatizzato, si ritrasse come se avesse voluto colpirlo.

"Potter, non sono qui per farti del male. Calmati e riprendi il controllo. Smettila di guardarmi come se fossi il Signore Oscuro".
Harry si voltò di nuovo dall'altra parte, pieno di vergogna per il suo comportamento.

"Potter, guardami mentre ti parlo. Non hai motivo di provare vergogna per la situazione in cui ti trovi".

"Non deve stare con me tutto il tempo, sa - disse Harry quasi in un sussurro - La capisco se se ne vuole andare. E' piuttosto deprimente qua, e so di essere una bella scocciatura".

Piton afferrò saldamente il mento di Harry tra le dita e gli voltò il viso, in modo che si guardassero negli occhi. Il ragazzo sembrava a disagio, e Piton allentò un po' la stretta. Lo spavaldo Grifondoro era sparito, e al suo posto c'era un ragazzino profondamente ferito da eventi che non dipendevano da lui.

"Io sono qui per mia volontà. Inoltre, mi aspetto che tu ti attenga a ciò che ti dirò".

"Sì, signore", sussurrò Harry, e cercò di voltarsi. Piton strinse ancora la presa e tornò a guardare il ragazzo negli occhi. Aveva bisogno che Potter capisse.

"Signor Potter, tu non hai colpa della morte di nessuno. Sei un ragazzino di quindici anni che è passato attraverso esperienze che un uomo adulto non sarebbe stato capace di sopportare. Dobbiamo strapparti a tutto questo e permetterti di guarire, fisicamente e psicologicamente. Capisci?"

Piton stava pensando alla Tenuta Snape, e alle colline che la circondavano. Anche se non ci tornava da diversi anni, sapeva che era un posto tranquillo e adatto alla guarigione del ragazzo.

Harry non rispose. Si sentiva già abbastanza in colpa per far sprecare a Piton tanto tempo. Comunque, perchè il professore era lì? Si comportava come se si preoccupasse per lui, ma non poteva essere così. Quel sogno con sua madre tornò nella mente di Harry. Fidarsi di Piton non sarebbe stato facile, viste le loro passate esperienze insieme. Ma forse sua mamma ne sapeva di più; avrebbe dovuto cominciare a fidarsi di qualcuno, giusto?

Piton lasciò il mento di Harry e vide il profondo segno rosso che vi aveva lasciato. Avrebbe davvero dovuto controllarsi. Troppi anni di rudi contatti con altre persone lo rendevano diffidente nel toccare di nuovo il ragazzo.

Piton estrasse un libro dall'aspetto logoro e chiese a Potter se gli sarebbe piaciuto che gli leggesse qualcosa. Harry annuì mentre gli tornava in mente sua madre. Un ricordo a lungo dimenticato, in cui era bambino e gli venivano lette delle storie, gli balenò alla mente.
"La storia tratta di un vampiro che una volta ho conosciuto. I babbani hanno cambiato un po' i fatti, ma ci sono ancora degli aspetti eccezionali".

Harry appoggiò la testa sui cuscini e chiuse gli occhi stanchi. Si sentiva davvero al sicuro adesso, e non gli importava se era merito di Piton. Avrebbe fatto del suo meglio per non fare qualcosa che avrebbe potuto rovinare tutto questo. Era successo qualcosa a Piton, adesso era quasi umano. Harry si perse nei suoi pensieri ascoltando la profonda voce di seta del suo nuovo tutore.

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Più tardi arrivò in visita Silente, con una scatola di biscotti magici da parte di Dobby. Bastava pensare a un sapore, e i biscotti lo assumevano. Harry ne prese uno dalla scatola e cominciò a pensare al burro di noccioline. Poteva sentire il caldo sapore del burro quando se lo mise in bocca.

"Mmm, sono ottimi!" disse Harry, masticando lentamente il biscotto. Ne offrì qualcuno a Piton e Silente, ma loro si sentivano soddisfatti a vederlo mangiare.

"Professore, se c'è qualcosa di cui ti vuoi occupare sarei felice di rimanere io con Harry" si offrì il Preside con un accenno di divertimento all'improvviso comportamento protettivo di Severus nei confronti del ragazzo. Era rimasto scioccato, quando aveva saputo che durante la settimana Severus non aveva mai lasciato il capezzale del ragazzo, tranne che per lavarsi e cambiarsi. Era deliziato da questo nuovo sviluppo.

"Beh, adesso che mi ci fai pensare - rispose Piton - vorrei dare un'occhiata alla Tenuta Piton ed essere sicuro che gli elfi domestici siano pronti a riceverci. Vorrei anche aggiungere alcuni incantesimi per tenere lontani gli... indesiderati".

"Molto bene, molto bene, prenditi il tempo che ti serve, Severus".

Piton rimase un attimo in piedi a fissare Harry. Il ragazzo non sembrava preoccupato, impegnato com'era a gustare i biscotti. Il Professore di Pozioni sentì una fitta di preoccupazione nel lasciare l'ospedale.

"Signor Potter, questo è l'ultimo - ordinò l'insegnante - tornerò il prima possibile".

Si tese verso Harry per mettergli una mano sul braccio; poi si voltò per andarsene. Colse il piccolo sorriso sul volto di Silente e lo guardò torvo.

Harry aveva molte domande per il Preside, su Edvige e su quello che gli Auror stavano facendo per trovarla. Voleva che l'Ordine costringesse Vernon a rivelare dove l'aveva nascosta. Ma a questo punto il Ministero non avrebbe permesso alcun contatto con la sua famiglia babbana.

Silente si sentiva il cuore pieno di dolore per quel ragazzo. Sapeva quanto fosse importante per lui la sua civetta bianca. Dopo l'anno precedente, provava il forte desiderio di fare tutto il possibile per rendere più facile la vita a Harry. Era chiaro che il ragazzo stava ancora soffrendo molto.

Proprio in quel momento la porta si aprì, ed entrarono nella stanza il Ministro Caramell, Percy Weasley e due uomini che non avevano mai visto prima. Silente si alzò in piedi per affrontarli.

"A cosa dobbiamo l'onore di questa visita?" Silente aveva abbastanza chiara l'idea che fosse per la custodia di Harry.

"Salve, salve Professor Silente, e buona giornata a lei, signor Potter - disse Caramell con l'usuale educazione - siamo qui per avere una dichiarazione dal giovane Signor Potter riguardo i recenti avvenimenti con i suoi zii".

L'ultima cosa che Harry desiderava era parlare dei Dursley, e sapeva che dire la verità avrebbe significato danneggiare ancora di più Edvige. Guardò Percy che stava in piedi accanto al Ministro con in mano una penna e un blocco note. Caramell stava presentando a Silente il Signor Henry Stanton e il Capo dei servizi sociali per bambini maghi, il Signor Arnold Ketchum; quando Percy si avvicinò al letto di Harry; e gli sussurrò: "Ron e Mamma ti salutano. Sono molto preoccupati per te".

"Dì loro che sto bene e che gli scriverò appena possibile, ok?" Harry sentiva la mancanza dei suoi amici, ma non voleva che Ron lo vedesse in quelle condizioni. E non voleva neanche pensare a quello che avrebbe detto Hermione.

In quel momento tutti si voltarono a fissare Harry. Lui si schiacciò contro i cuscini, desiderando essere da qualunque altra parte.

"Allora, Signor Potter: abbiamo bisogno di avere il suo racconto di cosa è successo nella sua casa di Privet Drive. Il Signor Ketchum si occuperà del caso e il Signor Stenton lo aiuterà. Conosce già il Signor Wasley, raccoglierà le informazioni per noi. Cominciamo dal giorno in cui sono iniziati i presunti abusi". Caramell si tolse il cappello e si sedette nella sedia lasciata libera da Silente.

Harry era senza parole. Non aveva ancora avuto tempo di ripendare a quei terribili giorni, e sicuramente non avrebbe messo in pericolo la vita di Edvige. Gli uomini lo guardavano fissi, attendendo una risposta.

"Uhm...Non mi sento davvero bene oggi, possiamo parlarne un altro giorno?"

"Signor Potter, abbiamo visto le foto che testimoniano le sue condizioni e dobbiamo sentire direttamente da lei cos'è successo - disse l'imponente signor Ketchum, prendendo un mucchio di fotografie: la prima ritraeva la bruciatura nella mano di Harry - Adesso Harry, rilassati e dicci com'è successo tutto questo", continuò in tono caldo.
Harry fissò Silente prima di rispondere: "Sono caduto dalle scale".

Gli uomini si guardarono a vicenda, e Percy smise di scrivere. L'espressione di Silente era scioccata e sorpresa. Harry odiava mentire, ma odiava ancora di più dire la verità su cos'era avvenuto.
"Andiamo Signor Potter, non ha bisogno di inventarsi storie per proteggere la sua famiglia. Saranno capaci di inventarsele anche da soli. Ricominci da capo, e pensi alla prima volta in cui è stato colpito", disse Ketchum.

"Sono caduto dalle scale, tutto qui" rispose Harry debolmente. Senza pensare, si massaggiò la piccola bruciatura all'interno della mano.
Silente si avvicinò a Harry e appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo, stringendolo leggermente. "E' tutto a posto, Harry, queste persone sono qui per aiutarti".

Harry non si fidava più di Silente, dopo quello che era successo l'anno prima. E soprattutto, non pensava che Silente lo avrebbe lasciato andare a salvare Edvige.

"Io...io sto dicendo la verità. Sono caduto. La testa sta ricominciando a farmi male. Potrei mettermi a dormire?"

A questo punto fu Percy a parlare: "Harry, questi lividi non sembrano derivati da una caduta. Se non ci dici la verità dovrai tornare dai Dursley".

Silente intervenne subito: "Non permetterò a Harry di passare neanche un altro giorno con i Dursley. Adesso è affidato al Professor Piton e rimarrà a lui".

Percy sembrò a disagio ma guardò verso il Ministro per avere conferma.
Caramell scostò la sedia e si schiarì la gola prima di dire: "Adesso, Harry, è molto importante che tu dica la verità. Mi capisci?"

"Sì, signore. Sono caduto e non voglio più parlare di questo" Harry voltò la testa verso il muro e chiuse gli occhi. Perchè questi non possono lasciarmi in pace e basta?

Per la prima volta parlò Stenton: "Se il ragazzo afferma di essere caduto non abbiamo motivo di passare ancora tempo su questo caso". Raccolse la sua borsa e si avviò alla porta.

Il Ministro si alzò in fretta e fece un cenno di saluto verso Silente, poi seguì Stenton, seguito da Percy e Ketchum. Harry continuò a tenere la testa voltata verso il muro con gli occhi chiusi. Poteva avvertire gli occhi di Silente che lo scrutavano. Poi sentì una mano che si appoggiava sul suo braccio e lo stringeva delicatamente.

"Lo sai, Harry, se avessi saputo cosa stava succedendo non ti avrei mai lasciato là", disse piano Silente.

Harry non voleva sentire il patetico tentativo di scusarsi di Silente. Comunaue, era troppo tardi. La fiducia che aveva nel Preside era svanita tempo prima.

All'improvviso la piccola infermiera entrò di corsa: "Mi scusi, Professore, il Ministro vorrebbe parlare con lei. Stanno aspettando nell'atrio al piano terra".

"Oh, Cielo - disse il Preside - Chissà cosa vogliono ora". Alzò gli occhi al cielo e si avviò rapidamente fuori dalla stanza.

Harry era stanco e non riusciva a scacciare dalla mente l'immagine di suo zio che lo bruciava con la sigaretta. Si sentiva la testa piena di caos.

Improvvisamente sentì un gran frastuono proveniente dal corridoio. La porta della sua camera si splanacò di scatto e un gruppo di reporter entrò dentro. Le macchine fotografiche sparavano flash mentre i giornalisti si spintonavano per avvicinarsi a lui, urlando domande.
"Quindi è vero, sei stato davvero maltrattato dalla tua famiglia?"

"Perchè non li hai maledetti?"

"Con chi stai adesso?"

Le domande continuavano ad arrivare, di quando in quando Harry si sentiva spingere e urlare di guardare verso le macchine fotografiche. Harry non poteva muoversi, era allibito. Una mano lo prese per i capelli per farlo voltare nell'altra direzione per una fotografia. Gli fece ricordare di quando suo zio lo prendeva per i capelli prima di iniziare a picchiarlo. Non sapeva come farli smettere ed entrò nel panico.

La piccola infermiera entrò correndo e e urlò a tutti di uscire, ma nessuno la ascoltò. L'odioso reporter lo afferrò di nuovo per i caplelli e gli voltò la testa da un lato. Harry perse totalmente il controllo e iniziò a spingere via, tremando incontrollabilmente, cercando Piton con lo sguardo. Perchè si trovasse di nuovo da solo, non se lo ricordava. Iniziò a sudare e la testa iniziò a fargli male.
La temperatura gli schizzò in alto, con lo stress a cui era sottoposto. Prima che l'infermiera potesse intervenire, Harry aveva perso conoscenza.

L'altro suono che udì fu la porta che veniva sbattuta e una voce che gridava: "FUORI! ADESSO!"

Tutti gli occhi si puntarono sul minaccioso mago e subito tutti si affrettarono ad andarsene. Il fotografo che aveva preso Harry per i capelli fece un lungo giro intorno a Piton guardandolo nervosamente.
Piton corse al fianco di Harry, e un basso lamento gli sfuggì dalle labbra quando vide il giovane.

Harry stava tremando senza controllo. Piton pose una mano sulla sua fronte e rimase scioccato nel sentirlo così caldo. Questo ragazzo avrebbe mai avuto un attimo di pace? Chi aveva informato i giornalisti, e perchè non c'era nessuno con Harry?

Si guardò intorno rapidamente e realizzò che Silente non c'era.
Dannazione! Pensava di aver lasciato Harry in mani responsabili. Era arrabbiato con se stesso per essersene andato, ma ancora di più con Silente che aveva lasciato il ragazzo da solo.

Il Preside entrò rapidamente con un'espressione arrabbiata in volto.

"Vogliono rimandarlo indietro!" urlò a Severus.

"Di che diavolo stai parlando! Perchè non eri qui per proteggere Potter? Guardalo!" Urlò di rimando Piton.

"Mi stai ascoltando, Severus? Vogliono rimandarlo dai babbani. Pensano che sia più sicuro lì...che con te. Voglio che il Servizio Sociale per Ragazzi Maghi lo porti via da qui. Qualcuno al Ministero sta cercando di farlo rimandare da loro, severus. Qualcuno vuole Harry morto" ruggì Silente, composto come al solito.

"Io..Io non ci credo, non possono farlo. Non hanno visto la relazione sulle condizioni in cui era Potter quando lo abbiamo trovato? Non hanno visto le foto?" Domandò Severus.

La piccola infermiera corse fuori dalla stanza, poi tornò dentro urlando: "Muovetevi, stanno arrivando! Prendeterlo, portatelo via di qui! Io ho visto come si comporta con lui - disse a Severus - So che starà bene con lei! Via, uscite dal retro, ORA!

Non ebbero bisogno di farselo ripetere. Severus raccolse Harry tra le braccia e Silente tenne la porta laterale aperta. Corsero verso le scale e poi fuori alla luce del giorno. In pochi attimi si erano Materializzati alla Tenuta Piton.

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Capitolo 5
*** Prendersi cura di Harry ***


Anche questo è un capitolo corto, di transizione. Dal prossimo, vedrete l'inizio di una nuova avventura per Harry e Severus.
Grazie ancora a tutti di seguirmi; so l'egffetto-dorga che fa questo racconto: lo stesso effetto che fece a me quando la lessi in inglese!
Enjoy!
Starliam






Silente sistemò immediatamente degli incantesimi sulla tenuta per tenere lontani gli uomini del Ministero e i Mangiamorte. Gli incantesimi avvolgevano la tenuta come una grande bolla, tenendo al sicuro chiunque vi si trovasse all'interno. Non avrebbe potuto essere localizzata da nessuno a meno che Piton o Silente non fornissero la parola d'ordine per entrare via camino, o Severus non permettesse l'entrata di sua volontà.

Quando il lavoro fu finito Silente si Materializzò di nuovo a Hogwarts per cercare di sistemare il pasticcio col Ministero.

Piton portò Harry in casa e lo sistemò premurosamente nella sua nuova camera. Aveva appena finito di cambiare tutti i colori col rosso quando era tornato all'ospedale. Adesso c'era un copriletto con sopra un grande Grifondoro. Le lenzuola erano di seta rossa e i mobili di un caldo color nocciola.

Harry cominciò ad agitarsi di nuovo, con brividi e trmiti lungo tutto il corpo. La febbre stava andando fuori controllo. Si contorse mandano a sbattere la testa contro la testiera del letto con un rumore sordo. Anche se avrebbe preferito non farlo, Piton sapeva che doveva di nuovo legare Potter al letto. Appena estrasse la bacchetta apparvero le corde magiche che assicurarono al letto le braccia e le gambe di Harry. Il povero ragazzo iniziò a piangere e a lamentarsi.

"No, basta, per favore!" Gemette Harry ripetutamente.

Piton era disturbato dall'idea che Harry avesse di nuovo flaschback sul suo abominevole zio. Dannazione, doveva far scendere quella febbre e subito. Proprio in quel momento il fuoco nel camino della stanza di Harry diventò verde e il signore e la signora Weasley capitombolarono fuori.

"Oh, Merlino, cos'è successo, in nome del cielo? - gridò la signora Weasley. Vide gli orribili lividi sul petto e sul volto di Harry - Dev'essere stato terribile per il povero ragazzo".

"Ho appena visto la Gazzetta del Profeta e i titoli di testa di stamattina recitano 'Il ragazzo Sopravvissuto in fin di vita per colpa della sua famiglia babbana!' L'intera comunità magica chiederà il loro sangue!" Affermò con enfasi Arthur.

Molly camminò fino al letto di Harry e gli passò i capelli con un asciugamano freddo.

"E' troppo caldo, Severus", dichiarò.

"Lo so che è troppo caldo! Niente lo aiuta. Ho paura che dovremo utilizzare un vecchio rimedo babbano e piazzare il povero ragazzo nel ghiaccio", le rispose aspramente Severus.

Piton prese di nuyovo la bacchetta e trasformò il letto di Harry in una larga vasca da bagno piena di ghiaccio. Harry era ancora legato alle sue coperte tremante per il nuovo letto freddo.

"Perchè è legato, Severus? Non andrà da nessuna parte, lo sai", ammonì Molly mentre allentava delicatamente le strette cinghie sul braccio di Harry.

"Si stava facendo del male, Molly - rispose Piton con irritazione - forse non sono esperto di ragazzi con la febbre, ma so riconoscere quando uno sbatte la testa fino a farla sanguinare".

Proprio allora Harry iniziò ad agitarsi di nuovo, lottando contro le cinghie e sollevando la schiena. Tirò con tanta forza che Molly lasciò andare il braccio che sbattè contro la vasca di metallo. Sentirono bene lo sgradevole rumore dell'osso che si rompeva. Poi un tremendo lamento dal povero ragazzo e pianti strazianti che avrebbero svegliato i morti.
Molly si sentì malissimo! Si allontanò rapidamente dal letto per lasciare che l'insegnante di Pozioni potesse occuparsi del ragazzo.

Severus era al fianco di Harry e teneva in mano con attenzione il braccio del ragazzo. Scostò i capelli bagnati del ragazzo dal viso e gli appoggiò una mano sul volto. La febbre era troppo alta, Severus aveva bisogno di aiuto. Poggiò delicatamente il braccio rotto di Harry sul suo torace e desiderò avere la capacità di guarirlo. Non voleva correre il rischio di mettere in pericolo l'uso del braccio del ragazzo per il suo stupido orgoglio. Lanciò nel camino un po' di metropolvere e chiamò Madama Chips.

Poppy arrivò immediatamente dal camino e si mise a lavorare su Harry. Guarì il suo braccio rotto per la seconda volta in pochi giorni. Poi versò in bocca al ragazzo una pozione per abbassare la febbre na non servì a nulla. Provò di nuovo a guarire i brutti lividi che Harry aveva sul petto e sul volto.

"SEverus proviamo di nuovo con la pozione gli gli avevi fatto prima che la febbre si alzasse così tanto. Potrebbe funzionare, adesso che non ha preso tutte le altre pozioni", disse Madama Chips in tono preoccupato.
"Non possiamo, Poppy. Si può somministrare solo una volta in sette giorni, o potrebbe provocare il coma. L'unico modo possibile per dargliela ancora è tenerlo sveglio finchè la febbre non scende, ma non possiamo sapere quanto ci vorrà", disse Severus dopo aver osservato il ragazzo febbricitante.

"Non abbiamo scelta. Se il cervello viene sottoposto a questa temperatura ancora a lungo, non si sa quale danno cerebrale potrebbe causare. Ci daremo il cambio per tenerlo sveglio", rispose Madama Chips con autorità.

Severus stappò la fiala della pozione e la accostò alla bocca del ragazzo. Harry non era conscio di quello che stava succedendo. Sentiva il dolore e la febbre, e non poteva sopportare l'idea di dover ingoiare altre pozioni. Strinse le labbra e voltò la testa da un lato.

"Potter, cosa ti ho detto sul fatto di seguire le mi e indicazioni! - brontolò Severus - Non tollererò la tua disobbedienza!" Odiava usare quel tono di oce con il ragazzo malato, ma almeno adesso Potter era sveglio.

Harry aveva la mente annebbiata ma capì che stava deludendo Piton...di nuovo, e aprì la bocca per ingoiare obbedientemente.

Ore dopo, la testa gli faceva così male che vedeva a malapena. Severus continuava a fargli domande, e doveva davvero sforzarsi di stare sveglio e rispondere. Non voleva disobbedire di nuovo al Professore di Pozioni, ma aveva bisogno di dormire.
Perchè Piton non lo capiva?

"Potter, come sta il tuo braccio?" Chiese Piton con impazienza per la seconda volta.

"Ehm...mi fa male...Sono stanco, okay?" Sussurrò Harry. Ho bisogno di qualche minuto di sonno.

"Potter, Harry, guardami mentre ti parlo!" Severus stava facendo una fatica del diavolo per tenerlo sveglio.

"Mi spiace...Mi dispiace - gracchiò Harry, la gola gli faceva male per quanto aveva gridato poco prima - S-stanco".

Severus prese Harry per le spalle e lo svegliò scuotendolo.

Gli occhi di Harry si spalancarono, pieni di paura. Per il flash di un secondo, aveva pensato di essere di nuovo con zio Vernon.

"DEvi stare sveglio Harry. Questa pozione potrebbe essere pericolosa. Smettila di guardarmi così! Non ti farò del male!" Brontolò Severus.
Molly li raggiunse e pose una mano sulla spalla di Piton.

"Mi lasci sedere un po' qui con lui? Sei stato in piedi per ore. Prenditi una pausa". Era più un ordine che una domanda. Piton si alzò e rivolse a Harry un piccolo sorriso tendendosi lentamente verso di lui e poggiandogli una mano sulla guancia. Harry sobbalzò e guardò da un lato. La paura ancora presente nei suoi occhi.

'Cosa c'è che non va in me? - Pensò Piton - Devo calmarmi. Quel ragazzo si merita tutto questo!'
La sua mancanza di controllo e le emozioni che provava erano incomprensibili per lui. Piton uscì dalla camera scuotendo la testa, dirigendosi verso le proprie stanze.

Due lunghe ore dopo...La febbre di Harry scese di colpo. Sarebbe guarito. Molly iniziò a piangere; Piton la sentì e arrivò di corsa.

"Cosa c'è, cos'è successo!" Urlò correndo da Harry.

Harry lo guardò, sorridendo alla vista dei capelli scompigliati di Piton e dei suoi vestiti in disordine. Severus fu così sollevato nel vedere il ragazzo sorridere che non gli importò che stesse ridendo di lui. Prese la mano del ragazzo e la strinse forte. All'inizio Harry era teso, ma poi si rilassò e strinse la sua mano intorno a quella del suo tutore.

Molly finalmente smise di piangere e pose la mano sulla schiena del ragazzo. Harry non si era mai sentito così protetto in tutta la sua vita. Si sentiva bene, al sicuro. Forse quei sogni che sua madre gli aveva mandato erano reali.

A Harry fu finalmente concesso quel sonno di cui aveva così bisogno. In pochi istanti dormiva tranquillo.

Molly informò Severus dell'incontro che gli uomin i del Ministero avevano avuto con Harry in giornata. Piton era arrabbiato con Silente per non avergli raccontato tutto l'accaduto prima. Non sapeva davvero cosa pensare delle false spiegazioni che Harry aveva dato al Ministro. Pensò che forse il ragazzo fosse troppo spaventato per dire la verità. Il professero sapeva che Harry aveva molte cose da cui guarire, e si promise che sarebbe stato lì ad aiutarlo.
Quando finalmente i signori Weasley si preparavano a tornare a casa, Molly si fermò e voltandosi a guardare Severus gli disse: "Se la persona più adatta per stare con Harry. Lo sai, vero? Non lasciare che lo portino da nessuna parte. Conto su di te".
Con questo, entrò nel camino e tornò a casa per dare la notizia a due ansiosi Ron e Hermione.

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Capitolo 6
*** Guardaroba ***


Eccoci di nuovo qua! In questo capitolo comincia a prendere avvio una nuova avventura. Immagino che quando arriverete alla fine vorrete sapere le ragioni del comportamento di Severus...Ma devo lasciarvi nell'attesa!
Un bacio a presto
Starliam





Harry si sentiva alla grande dopo l'abbondante colazione a letto. La febbre era sparita, il braccio era guarito e il sole splendeva. Si alzò sulle gambe tremanti e camminò lentamente verso la finestra. Non poteva credere ai suoi occhi, quel posto era enorme e davvero bellissimo.

Si guardò ciò che aveva addosso e si chiese cosa avrebbe dovuto indossare. Aveva ancora il pigiama dell'ospedale e dubitava che gli avessero portato i suoi vestiti - non che fossero un granchè.

Proprio in quell'istante Piton entrò nella stanza e scattò: "Chi ti ha detto che potevi alzarti, signor Potter?"

"Io...Io mi sento molto meglio signore", disse Harry, sentendosi leggermente ansioso per il fatto di essere ospite di Piton.

"Beh, non vogliamo una ricaduta; ora fatti la doccia e vestiti, poi vedremo come ti senti". Piton alleggerì il suo tono di voce abitualmente aspro, sapendo perfettamente l'effetto che aveva sul ragazzo.

"Ehm...Non ho vestiti qui, signore", Harry guardò a terra, imbarazzato.
"In questo caso, è una bella cosa servirsi da un sarto superbo", commentò Piton in tono malizioso.

Harry si sentì stupido a dire la frase seguente, ma non si vedeva a girare per Hogwarts tutto l'anno con addosso raccapriccianti completi neri: "Uhm, ho solo bisogno di un paio di jeans e due magliette, signore. I miei soldi sono alla Gringott's, posso ripagarla appena ricomincia la scuola". Harry alzò lo sguardò per incontrare due occhi scuri arrabbiati, e fece un passo indietro verso la finestra.

"Prima di tutto, signor Potter: sei sotto la mia responsabilità adesso, quindi sarò IO a pagare per qualunque cosa di cui tu abbia bisogno. Come se avessi bisogno dei tuoi patetici soldi - disse Piton incrociando le braccia - Secondo, indosserai quello che io ti dirò di indossare senza lamentarti. E terzo, non voglio vederti vagare per la Tenuta Piton con addosso dei JEANS!"
Harry rimase immobile, nell'umiliazione più totale. Avrebbe dovuto immaginarlo che avrebbe messo Piton in imbarazzo. Zio Vernon gli aveva sempre detto quanto la sua presenza fosse imbarazzante per lui.

"Io...Non volevo imbarazzarla signore. Mi dispiace", balbettò Harry arrossendo.

Piton si rese conto di quello che aveva fatto al ragazzo. Aveva davvero bisogno di controllarsi, con Potter. L'ultima cosa che voleva era che Harry si sentisse indesiderato e provasse vergogna di se stesso. Piton non riusciva a credere nel drammatico cambiamento del ragazzo. Che era successo al Grifondoro spavaldo e sicuro di sè? Questo ragazzo balbettava, arretrava, sussultava e si comportava come se da un momento all'altro Piton dovesse trasformarsi in un Dissennatore.

"Non hai bisogno di scusarti tutte le volte, signor Potter. Chiamerò il mio sarto immediatamente. Vai a fare la doccia, ti farò portare alcuni indumenti da Kinsey, il mio elfo". Detto questo si voltò e uscì dalla porta, con la tunica che fluttuava dietro di lui.

Harry uscì dalla doccia e trovò sul lavandino una morbida tunica e della biancheria intima. Quando tornò in camera vide un basso ometto grassoccio, con in mano un metro per le misure e un rotolo di tessuto steso sul letto.

"Ehm, salve. Sono Harry".

L'uomo si bloccò di colpo, con la bocca aperta, incapace di dire una sola parola. Pensa, prendere le misure per dei vestiti a Harry Potter. Aspetta che lo dica a mia moglie, non ci crederà!
Piton fece scorrere lo sguardo lungo la stanza con un sogghigno sul volto: "Lotus! Datti una calmata"

Vedendo lo sguardo del professore, Lotus tornò subito attento.
Piton iniziò col dargli una lista di articoli: "Abbiamo bisogno di due tuniche eleganti di alta qualità, tre tuniche scolastiche, camice, magliette, diversi maglioni di lana, biancheria intima, dieci pigiami, alcuni completi maglia-pantalone sportivi, calzini, due paia di scarpe eleganti, due paia di scarpe per la scuola, due di scarpe da ginnastica e tre pantaloni eleganti, sette uniformi scolastiche complete e...due paia di jeans", disse alla fine, guardando Harry con un sorriso beffardo.

Harry non sapeva cosa dire...In vita sua non aveva mai avuto più di due paia di pantaloni contemporaneamente, per non parlare di tutto il resto.

Lotus si avvicinò a Harry e iniziò a prendere le misure. Cercò misurargli la vita, ma la tunica era troppo spessa: "Le dispiace togliersi la tunica, signor Potter?", chiese gentilmente.

Harry esitò, sapendo che la schiena e il torace erano in brutte condizioni, anche con tutte le pozioni e gli unguenti.
Piton vide la sua esitazione, e gli mise un braccio sulla spalla mentre lo aiutava a togliersi lentamente la tunica. Sentì il ragazzo irrigidirsi alla vista della reazione del sarto.

Lotus era rimasto senza fiato, e guardava Piton con occhi pieni di rabbia. Che diavolo sta succedendo qui!

A Piton ci volle un momento per capire che Lotus pensava fosse stato lui stesso a fare questo a Harry. Il ragazzo cercò di riprendere la tunica dalle mani di Piton, ma lui la lanciò sul letto.

"Lotus, prendi le misure che ti occorrono e fai in fretta", ringhiò Piton. Pensava che non valesse la pensa spiegare le ferite di Harry al sarto.

Harry si sentiva umiliato e si sforzò di pensare a qualcos'altro. Sembrava che fosse anche l'intenzione di Piton, perchè andò all'armadio di Harry e ne estrasse un regalo avvolto in carta dorata, dalla forma di una scopa.

"Signor Potter, questo è un regalo di compleanno in anticipo, da parte del Professor Lupin. Non sarà in grado di vederti per il tuo compleanno, così ha chiesto a me di dartela da parte sua. Non voglio che tu la usi senza il mio permesso. Chiaro?"

Harry prese il regalo e lo aprì lentamente. Dentro vi era la Firebolt 5000 Mega Sweep! Quella nuova, la più veloce e più costosa. Non poteva credere ai suoi occhi.

"Grazie, signore - mormorò Harry - come crede che sia riuscito a pagarla?" Harry non riusciva a smettere di passare le mani sulla scopa, cercando di toccarla tutta. Aspetta che Ron la veda!Avrebbe voluto saltarci sopra e provarla subito.

Il sorriso di Harry fece sentire Piton contento di avergli dato il regalo in anticipo.

"Non lo so, penso che Black abbia fatto la sua parte. Forse aveva lasciato a Lupin una somma di denaro".

Harry guardò Piton. Stava per ringraziarlo di nuovo, quando la cicatrice iniziò esplose di dolore. Hary cadde a terra urlando e tenendosi la testa, prima di iniziare a mordersi le labbra.

Lotus saltò indietro, terrorizzato dalla scena che aveva davanti agli occhi. Vedeva il sangue scorrere sulla mano del ragazzo, e sapeva che nessuno lo aveva toccato.

Piton si chinò accanto a Harry, massaggiandogli la schiena e invitandolo a respirare. Assistere a uno di questi attacchi di Voldemort era piuttosto snervante, dal momento che non si poteva fare nulla per aiutare il ragazzo. Qualche minuto più tardi il dolore diminuì e Harry crollò addosso al professore.

Harry era ancora addosso a Piton, cercando di riprendere fiato, quando sentì che stava per rimettere la colazione. "La testa...Sto per vomitare". Immediatamente vomitò sulla tunica nuova di Piton. Era mortificato!

Lotus si sentì spaventato per il ragazzo, pensando che Piton lo avrebbe colpito.

Il professore prese la bacchetta e pulì lo sporco. Prese su il ragazzo, e vedendo che il letto del Grifondoro era coperto di tessuti lo portò nelle sue stanze. Harry si sentiva svuotato e non protestò. Severus lo depose sul letto e andò in bagno a prendere una pozione per il mal di testa.

"Tieni, figliolo, prendi questa e dormi un po'", disse Piton con voce calma.

'Figliolo...' Pensò Harry. Era lo stesso professore di Pozioni che gli toglieva punti ogni volta che ne aveva la possibilità? Harry bevve la pozione e appoggiò la testa sul cuscino.

"Potter, puoi dirmi cosa voleva il Signore Oscuro?"

"Penso che Voldemort sia arrabbiato. E' come se avesse perso qualcosa, e questo lo rende furioso", rispose Harry in un sussurro. Guardò Piton e rimase scioccato nel vedere la paura nei suoi occhi.

"Che c'è, signore?"

"Credo che sia furioso perchè ha perso te", mormorò il professore misteriosamente.

Piton si sedette accanto a Harry e incominciò ad accarezzargli i capelli sulla fronte. Lo fece senza neanche pensarci; e quando guardò il volto di Harry, vide che aveva chiuso gli occhi e stava per addormentarsi. Prese una coperta appoggiata sulla sedia e coprì il corpo contuso del ragazzo. Proprio allora notò il sarto fermo sulla porta e uscì in corridoio.

"I vestiti saranno pronti domani, signore"

"Non è abbastanza presto, Lotus, fammeli avere oggi", sbottò il Professore di Pozioni.

"Si signore - Lotus dette un'occhiata a Harry che si era rapidamente addormentato - Per quel ragazzo, sono certo di poterlo fare. Starà bene?"

"Sì, ma le devo chiedere di non divulgare quello che ha visto qui oggi", disse Piton in tono minaccioso.

Il sarto annuì con la testa e guardò ancora una volta il ragazzo addormentato.


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Harry si svegliò in una stanza piena di vestiti. Non poteva credere che qualcuno avesse davvero sprecato del tempo per confezionargli dei vestiti. Piton stava iniziando a comportarsi come se davvero gli importasse di lui. Quest'idea lo faceva sentire un po' a disagio, ma il ricordo del sogno con sua madre lo rassicurò . Chi avrebbe mai pensato che Piton potesse davvero essere migliore dei Dursley?

Harry andò in bagno, si lavò il viso e i denti con lo spazzolino nuovo. Guardò tutti i vestiti appesi magicamente in aria con le loro grucce e scelse dei pantaloni neri e una maglia blu. Gli stivali neri fatti a mano erano molto belli, così mise anche quelli.

Uscì in corridoio, alla ricerca del professore. La casa era enorme, davvero. Si sarebbe perso, se non stava attento a ricordarsi dov'era. Tutto era decorato molto finemente, così Harry fece particolare attenzione a non sbattere contro qualcosa. Scese le scale e sentì delle voci provenienti dalla grande stanza a sinistra con quel camino gigantesco. Entrò nella stanza e si bloccò per la meraviglia. Seduta sul divano non vi era altri che la signora Figg.

Arabella esclamò subito: "Oh, Harry, ero così preoccupata per te!"
Piton sbottò: "Chi ti ha detto che potevi alzarti? Vuoi sentirti male di nuovo? Vieni qui e siediti!"

Harry provò una leggera punta di fastidio nel sentirsi trattato come un bambino di due anni. Nessuno si era mai occupato di lui tanto da preoccuparsi per la sua salute, gli ci sarebbe voluto un po' per abituarsi.

"Sto bene signore, mi sento davvero molto meglio".

"Sarò io a giudicarlo", ribattè Piton con la sua fredda voce di seta.
Harry si avviò esitante verso la poltrona di pelle accanto al fuoco. Piton gli sentì la fronte. Non trovando tracce di febbre gli offrì con riluttanza un bicchiere di succo di zucca, invece di spedirlo di nuovo a letto.

Harry prese il suo drink e si rivolse alla signora Figg, notando che indossava abiti da casa e ciabatte.

"Non posso credere che tu sia qui", disse Harry, vedendo la sua vecchia babysitter che si guardava intorno con meraviglia.

"Ho fatto impazzire Silente, per il fatto che ti aveva lasciato con quelle orribili persone! Ero scioccata quando mi ha detto che Severus si stava occupando di te! Dalla padella nella brace, gli ho detto. Albus finalmente ha ceduto e ha accettato di lasciarmi vedere con i miei occhi che sei al sicuro", disse Arabella, notando il sorriso beffardo sul volto di Piton.

Ci fu un silenzio pesante dopo questa frase. Piton non era abituato ad avere ospiti e non sentiva il bisogno di colmare questa lacuna.
"Sai che cosa dicono i giornali di te, vero?" Chiese la signora Figg, come se l'intero fiasco fosse un grande segreto.

"No, signora. Non mi è permesso leggere i giornali", ammise Harry.
Arabella lanciò un'occhiataccia a Piton prima di continuare: "L'intero mondo magico vuole sapere come stai e chi ti ha fatto tutto questo".
"Basta così - disse Piton irritato - Potter non ha bisogno di essere tormentato con altre preoccupazioni".

"Penso che dovremo lasciare la decisione a Harry", sbottò Arabella.
"No, io non penso. Sono il suo tutore legale e prenderò io le decisioni che lo riguardano".

Arabella si sistemò a sedere con la schiena dritta, indignata per il rimprovero: "E quando finirà questa tutela, signor Piton?"

"Non sono affari suoi. In ogni caso, potrebbe anche essere permanente", replicò Severus in tono sprezzante.

Harry guardò il professore, questa era una novità per lui: "Permanente?"

Piton ignorò la domanda del ragazzo, non volendo rivelare niente di più alla maganò.

"Non se io avrò voce in capitolo! - protestò Arabella - Non lascerò che un ex-Mangiamorte faccia del male a Harry!"

"Lei ha perso tutto i diritti e i privilegi riguardanti il signor Potter. Credo che fosse compito suo vigilare sul suo benessere quest'estate, giusto? Ha fatto davvero un bel lavoro, Arabella".
Questa risposta impedì ogni ulteriore commento da parte della signora Figg. Prese la sua borsa e andò al camino. Si fermò davanti a Harry e gli diede un'affettuosa pacca sulla testa: "Scusa, figliolo". Senza un'altra parola, gettò la metropolvere verde nelle fiamme e scomparve.

Harry rimase in piedi e si volto per fronteggiare il professore: "Che bisogno c'era di parlarle in quel modo!"

"Signor Potter, occhio a come parli", lo ammonì Piton in tono sinistro.
"No! Lei ha fatto del suo meglio per me!" Urlò Harry.

A quel punto a Piton accadde qualcosa di strano. Spesso, da quando si trovava in infermeria, aveva sentito un malvagio filo di rabbia avvolto intorno all'anima. Qualcosa che era sicuramente sbagliato, ma in quel momento ne aveva perso il controllo.

Sentì una rabbia sorda e qualcosa di oscuro avviluppargli il cuore. Non riuscì a controllarlo, per quanto ci provasse. Cercò di respingerlo ma non ci riuscì. Era come una magia...una magia nera.

Prima che Harry si potesse rendere conto di cosa stava accadendo, Piton gli afferrò il braccio e lo spinse con forza contro il muro, facendogli sbattere la testa con violenza.

"Non ti permettere mai più di parlarmi con quel tono, ragazzo! Sono stato chiaro?" ringhiò rabbiosamente Piton. La rabbia era stata improvvisa e sembrava arrivata dal nulla. Cercò di nuovo di soffocarla, ma non riusciva ad avere controllo della misteriosa ondata d'ira che gli scorreva lungo il corpo.

Harry si gelò, tutto questo era familiare. Non riuscì a rispondere, aveva paura della reazione del professore. I ricordi di Vernon e delle sue punizioni gli saltarono alla mente.

Piton afferrò Harry per i capelli. Era così arrabbiato, così furioso verso il ragazzo. Non riuscì a controllare le emozioni. Era esperto di occlumanzia, e tentò con tutte le forze di soffocare questo sentimento.
Harry aspetto il colpo. Aveva ancora troppa paura per parlare.

"Ho detto, sono stato chiaro?"

"S-sì signore", balbettò Harry.

Piton lo sbattè sulla sedia, voleva solo metterlo seduto; ma Harry perse l'equilibrio e cadde sul tavolino da caffè di cristallo. Cadde con tanta violenza che il tavolo esplose intorno a lui. Schegge di vetro gli entrarono nel petto e nel braccio. Era incapace di muoversi.
Stava succedendo ancora! Proprio quando credeva di aver trovato una persona che si occupasse di lui. Doveva davvero essere in grado di tirare fuori la rabbia delle persone. Harry pensava che sarebbe stato al sicuro con il Professor Piton, ma ora vedeva arrivare la sua punizione. Non gli aveva disobbedito alzandosi dal letto...due volte? Harry non pensava lucidamente, aveva subito danni fisici, ma soprattutto morali. Nella sua mentalità, stava solo avendo quello che sentiva di meritarsi per la morte di Sirius, Cedric e dei suoi genitori. Nella sua personalità danneggiata, accettava quello che stava accadendo. La sua mente si chiuse come succedeva quando Vernon abusava di lui. La bolla della realtà era scoppiata.

Piton corse da Harry appena la rabbia improvvisamente lo abbandonò. Il ragazzo alcò un braccio per proteggersi il volto dai colpi che sarebbero sicuramente arrivati. Ma Piton lo sollevò attentamente dal pavimento stringendolo a sè, con un'espressione di puro orrore in volto. Il ragazzo sanguinava da centinaia di minuscoli tagli. Il più grave era sul labbro.

Piton era senza fiato per l'orrore! Si stava comportando da Mangiamorte con il ragazzo che stava per diventare suo figlio. Cosa gli stava succedendo? Sentiva che la rabbia non era sparita del tutto. Ciò che era rimasto era sboigottimento per il suo comportamento e per come non era riuscito a controllarsi. Per lui, non era accettabile.

Gli occhi di Harry erano spalancati come se non fosse in sè. Lo stomaco di Piton si contorse, e cominciò a spaventarsi.

"Potter, figliolo, mi senti?" Piton iniziò a salire la scala con il ragazzo catatonico fra le braccia.

"Io-io non volevo che succedesse, è stato un incidente. Mi dispiace". Severus era sincero. Voleva diventare un padre per questo ragazzo, ma l'influenza di quello che era stato suo padro continuava a infiltrarsi nel suo modo di agire. Forse era stato per quello che aveva perso il controllo?

Sistemò Harry sul letto e si occupò con attenzione delle ferite. Quelle sul corpo del ragazzo erano superficiali, ma il taglio sul labbro era profondo. Tolse tutte le schegge e spalmò su tutte le ferite l'unguento apposito. Tutti i tagli guarirono all'istante, tranne quello sul labbro. Piton rimase accanto a Harry tutta la notte, tenendo d'occhio la ferita. Harry continuò a fissare il soffitto a occhi spalancati, finchè finalmente scivolò in un sonno agitato.

Piton era agghiacciato da quello che aveva fatto al ragazzo. Non aveva alcun controllo sulla sua rabbia. Non gli era mai successo prima, ed era terrorizzato all'ida che potesse capitare di nuovo. Il ragazzo non aveva detto niente di strano, ma lui l'aveva preso come se acvesse detto qualcosa di malvagio. Non era giusto, e Severus sapeva che doveva trovarne la causa. Per amore di Harry e per il suo futuro.

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Capitolo 7
*** Severus ***


Harry si svegliò sentendosi molto confuso. La testa gli martellava, sentiva dolore ovunque e il labbro sembrava molto più grande. Sollevò il lenzuolo per guardare cosa aveva addosso. Come sono entrato in un pigiama? Gli sembrava di essersi perso qualcosa. Ripensò alla violenta reazione che Severus aveva avuto la notte precedente.

Non riusciva a immaginare cosa avesse spinto Severus a comportarsi così. Sapeva che era stato lui a causare una reazione simile, ma non capiva come aveva fatto. Adesso era più apprensivo che mai a vivere con il suo nuovo tutore.

Lo sguardo negli occhi di Piton era così strano. Erano così spenti, così distanti. Perchè Piton era gentilissimo cinque minuti prima e poi si comportava come un pazzo subito dopo? Si rivide mentre cadeva sul tavolino, e i piccoli e affilati pezzi di vetro che gli pungevano la pelle. Piton era sembrato molto sorpreso, come se non riuscisse a credere a ciò che era appena successo. Harry ricordò che sembrava molto addolorato. Vernon non gli era mai sembrato dispiaciuto alla fine delle loro punizioni.

Harry fece scorrere lo sguardo sulla sua nuova camera, e pensò a quanto fosse bello avere qualcuno che si occupava così tanto di lui al punto da decorargli la stanza secondo i suoi gusti. Neanche Sirius lo aveva fatto per lui. Era arrabbiato per come Severus lo aveva trattato, ma sapeva di esserselo meritato. Il senso di colpa per la morte di Sirius e Cedric era ancora troppo forte.

Harry rivoltò la situazione e si sforzò di darsene la colpa. Andò in bagno e si guardò nello specchio. Il suo labbro aveva un taglio profondo. Lo toccò; e quello ricominciò a sanguinare leggermente. Le altre ferite che aveva sul corpo erano quasi scomparse. Si fece la doccia e si vestì con un nuovo paio di pantaloni neri e una maglia verde scuro. La maglia nascondeva la maggior parte dei tagli. Scese al piano di sotto per fare colazione con gli elfi dmestici: l'ultima cosa che voleva era imbattersi in Piton. Vegò per i corridoi cercando di trovare la strada per la cucina.

Severus era seduto nel suo studio, guardando fuori dalla finestra e pensando al modo in cui aveva trattato Potter il giorno prima.

Che diavolo era successo? Aveva avuto come l'impressione di stare guardando qualcun altro e di non avere alcun controllo sulla situazione. Non poteva essere sotto la Maledizione Imperio, era stato troppo coerente. Alla fine pensò di farsi un incantesimo per essere sicuro di non avere maledizioni sopra di sè.

La notte in cui aveva preso Potter sotto la sua protezione, aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai alzato una mano sul ragazzo. Ripensò a come suo padre lo picchiava e lo maltrattava quando era bambino. Questo nuovo inizio con Harry era davvero importante per lui: non voleva invecchiare e morire senza aver fatto nient'altro che la spia per l'Ordine. Voleva essere davvero importante per qualcuno, e sapeva che il ragazzo aveva bisogno di lui. In più, quei maledetti sogni da parte di Lily continuavano a tornargli in testa.

Quando aveva deciso di prendersi cura del ragazzo, era soprattutto per redimersi davanti ai suoi stessi occhi, per diventare qualcuno di diverso da suo padre, in tutti i sensi. Adesso questo sentimento non c'era più, si era affezionato sul serio al ragazzo. Era la persona più coraggiosa che avesse mai conosciuto, e non era affatto arrogante.
Ripensò alla bruciatura sulla mano di Potter, e si ricordò di quando suo padre lo aveva punito nello stesso modo. Aveva deciso di dare al ragazzo una vita migliore, che non includesse torture; eppure la scorsa notte non era stato in grado di tenere sotto controllo la sua rabbia. Era stata una cosa così strana, così potente...incontrollabile.

Il modo in cui la rabbia si era fatta strada all'interno del suo corpo e aveva portato allo scoperto quelle emozioni era del tutto estraneo per lui. Aveva sentito la magia nera dietro tutto questo.

Severus ricordò lo sguardo sul volto di Potter quando gli aveva tenuto la mano in infermeria, e l'espressione di pura felicità che aveva quando aveva scartato la sua Firebolt. Quei momenti erano veri, e si erano fatti strada dentro di lui spezzando la dura corazza che lo avvolgeva, e toccandolo nel profondo. Adesso doveva sistemare il guaio che aveva combinato col ragazzo.

Doveva dimostrare a Potter che non lo avrebbe ferito o abbandonato; e che avrebbero superato tutti i brutti momenti. Aveva deciso di adottare il ragazzo e renderlo suo figlio. Appena era arrivato a questa decisione, aveva sentito un grosso peso scivolargli via dalle spalle. In qualche modo, era la decisione più giusta che avesse mai preso. Sapeva che i suoi giorni di spia erano finiti, adesso che i giornali avevano spietatatmente rivelato la storia di Potter in prima pagina: il fatto che era diventato il guardiano di Potter con la benedizione di Silente era ormai di dominio pubblico.
Rendere il tutto ufficiale era il suo modo per pprovare al ragazzo la serietà delle sue intenzioni. Adesso aveva solo bisogno dell'assenso di Potter.

Sarebbe riuscito ad abbassare la guardia e a fidarsi di nuovo di lui? Doveva fare qualcosa.

Proprio allora vide Potter nel corridoio che si guardava intorno con circospezione.

"Buon giorno, signor Potter".

Harry si fermò e si guardò indietro, da dove era venuto: evidentemente pensava di voltarsi e andarsene. Non si sentiva ancora pronto per parlare con Piton.

"Signor Potter, so che sei arrabbiato con me. La scorsa notte ho perso il controllo. Io...non sono sicuro di quello che mi è successo".

Harry si guardò i piedi, per evitare che i loro occhi si incontrassero.

"Per favore, vieni a parlare con me". Era chiaramente un ordine, non una domanda.

"Signor Potter, sto parlando con te". Il tono di voce di Severus non lasciava spazio a obiezioni. Harry si voltò verso la porta, e si diresse nello studio rivestito di legno color nocciola. Guardò Piton che si sedeva dietro la scrivania, e sostenne il suo sguardo per un momento. Gli risultava molto difficile non mostrare la rabbia che provava verso il professore di pozioni.

Piton guardò il ragazzo che entrava nello studio, vedendo chiaramente che si dibatteva nelle proprie emozioni.

"Siediti, signor Potter".

Harry rimase in piedi ma rivolse lo sguardo a terra. Le mani erano strette a pugno, il suo corpo tesissimo.

"Signor Potter, non te lo chiederò di nuovo. Ci sono molti modi che posso usare per farti sedere anche senza la tua collaborazione".

Harry non aveva voglia di fare esperienza di questi metodi, e si sedette in punta della sedia color cammello davanti a Piton. Rivolse a Piton un'occhiataccia: "D'accordo, cosa vuole?"
La voce di Harry era più calma di quanto in realtà si sentisse.
Piton ignorò il tono sgarbato che il ragazzo stava usando: "Devo...scusarmi per il mio comportamento di ieri. Non avevo intenzione di farti cadere sul tavolino - attese un attimo prima di continuare - E penso di essere stato un po' duro con te riguardo al modo in cui mi hai parlato".

Harry rimase sbalordito. Piton si sta davvero scusando con me? Non sapeva cosa dire, e non si sentiva ancora pronto per parlare con lui. Il suo labbro aveva ricominciato a pulsare e sentiva che stava per sanguinare di nuovo.

"Hai bisogno di una pozione contro il dolore per il tuo labbro?" Chiese Piton piano.
Harry scosse la testa e strinse le labbra nel tentativo di bloccare il sanguinamento. L'ultima cosa che voleva era prendere un'altra pozione di Piton. Chissà che cosa gli aveva dato la notte scorsa, visto che non riusciva a ricordare nulla.

"Devo quindi capire che stai bene". Il professore di pozioni guardò il ragazzo che sedeva rigido sulla sedia, cercando di far smettere di sanguinare il suo labbro. "Rilassati, signor Potter, non ti farò di nuovo del male. Non sono sicuro di quello che mi è successo, ma ti posso assicurare che non capiterà più. Per favore, vieni qui, in modo che possa guardare meglio quel labbro. Sembra che ci sia bisogno di qualche punto babbano, dal momento che le pozioni hanno smesso di nuovo di funzionare su di te".
Harry guardò rapidamente il professore con la paura negli occhi: "Sto bene, signore".
"Ho cercato di guarirlo la notte scorsa, e di nuovo all'alba; ma resiste alle cure magiche. Penso che il tuo corpo ne abbia già sopportate troppe in un periodo di tempo troppo breve. Per favore, vieni da me e fammici dare un'occhiata". Severus girò la sedia di lato.
A Harry non importava niente del labbro, voleva solo andarsene da quella stanza. Sapeva tutto sui punti di sutura babbani, e non gli andava giù l'idea che Piton gli si avvicinasse con un ago.

"Professore, potrebbe semplicemente lasciarmi stare? Posso andare in cucina per fare colazione?"Piton si irrigidì sulla sedia e però con voce calma: "Tu mangerai con me, non come un elfo domestico. Ti chiedo per l'ultima volta di venire qui, o ti costringerò con altri mezzi".
Harry guardò Piton con ostilità ma si alzò e camminò lentamente verso di lui. Arrivato accanto alla sedia di Piton, si mise le mani in tasca, sentendo il sangue colare dal labbro non appena spostò le dita. Piton prese delicatamente il volto di Harry fra le mani e sollevò leggermente il labbro per vedere quanto era profondo il taglio. Harry trasalì ma non emise un suono, mentre Piton stringeva la presa. Piton si accorse che la ferita era davvero troppo profonda, e avrebbe continuato a sanguinare senza cure.

"Signor Potter, forse non ti piacerà, ma ho paura che dovrò metterci un punto babbano in modo da chiuderlo. Dovrei fare piuttosto in fretta, comunque".

Harry si sentì nel panico. L'idea di Piton che lo cuciva con un ago gli dava la nausea. Si sottrasse alla presa del professore e indietreggiò fino al muro, guardando Piton che si alzava e lo superava.
"Seguimi nel laboratorio di pozioni", il tono di voce di Piton era duro, ma privo di rabbia o malizia. Sapeva che il ragazzo era nervoso all'idea di doversi mettere i punti. I maghi di solito non hanno bisogno dei metodi arcaici della medicina babbana.

Harry trascinò i piedi seguendolo lentamente. Perchè io? Una volta scesi nel laboratorio, Piton fece cenno a Harry di stendersi sul tavolo.
Harry si ritrasse e rimase a fissare il lungo tavolo che Piton aveva coperto con un lenzuolo bianco. Il laboratorio sotterraneo aveva scaffali pieni di creature dentro i vasi che coprivano i muri, e file e file di calderoni e bottiglie di pozioni. Faceva così freddo che Harry desiderò essersi portato il mantello.

Piton si voltò e lo guardò. Lo raggiunse e lo prese per un braccio, portandolo verso il tavolo. Harry era spaventato, odiava ammetterlo, ma aveva paura di perdere il controllo. Piton gli tese una pozione per il dolore, ma Harry rifiutò di berla.

"Signor Potter, se non bevi questa pozione sentirai l'ago bucarti la pelle, mi sono spiegato?"
Harry scosse la testa e rispose: "Farò del mio meglio, signore". "Molto bene, signor Potter, allora facciamo le cose nella maniera più complicata. Per favore, mettiti giù e tieni le braccia lungo i fianchi".
Harry si stese e mi se le braccia lungo i fianchi. Appena le mani furono posate sul tavolo, Piton estrasse la bacchetta e legò le braccia e le gambe del ragazzo al tavolo con bende magiche.

"Che sta facendo! Mi lasci andare!" Urlò Harry, cercando di divincolarsi.
"Stai fermo, signor Potter. Hai un'ultima possibilità di prendere quella pozione".
"No, Piton, non prenderò niente che mi faccia dimenticare tutto...di nuovo!"
"Molto bene". Piton prese un ago e vi sistemò un filo nero rivestito di cera.
"Stai molto fermo, allora".
Piton prese il labbro di Harry e vi fece lentamente passare l'ago attraverso.
Harry avrebbe voluto urlare, non tanto per il dolore, quanto per il fatto di sentirsi inerme. Giurò che non avrebbe pianto, mentre le sue emozioni lo sommergevano, unite al dolore per l'ago. I suoi occhi lo tradirono e iniziarono a versare lacrime.

Piton guardò il ragazzo negli occhi, con un'espressione quasi triste. Io ho fatto questo al ragazzo.
Di nuovo l'ago entrò nel labbro e Piton lo spinse dall'altra parte. Harry si fece scappare un singhiozzo che non sarebbe riuscito a trattenere più a lungo. Piton finì in fretta, chiuse la ferita e tolse le bende che legavano il ragazzo. Appena si vide libero, Harry si coprì il volto con le mani, pieno di vergogna.

"Harry, non hai niente di cui vergognarti. Sei stato molto coraggioso..Stupido e ostinato...ma davvero coraggioso".

Harry non tolse le mani dal volto, si girò dalla parte opposta a quella del professore. Non stava piangendo per il dolore, ma perchè si sentiva esausto e confuso. Voleva solo tornare sè stesso e smetterla di essere così spaventato da tutto e tutti.

Piton sentiva forte il bisogno di aiutare il ragazzo in qualche modo. Cosa aveva che non andava? Non poteva avergli fatto così male. Forse quello di cui aveva bisogno era...rassicurazione. Pioton si sentì inutile, non aveva mai consolato nessuno dopo...beh, dopo Lily. Desiderava più di ogni altra cosa che Molly Weasley fosse lì. Cosa avrebbe fatto lei per aiutare il ragazzo? Mise una mano sulla schiena di Harry e cominciò a massaggiarlo. Raccontò a Harry di quando lui stesso, da ragazzo, aveva dovuto mettersi i punti. Ma evitò la parte che coinvolgeva suo padre.
Harry iniziò a calmarsi e a rilassarsi un po'. Era stanco di sentirsi svuotato. Era come se qualcosa gli fosse piombato addosso all'improvviso impedendogli di avere il controllo della sua stessa vita.
"Pofessore, pensa che adesso potrei avere un po' di quella pozione contro il dolore?"

Piton sollevò un sopracciglio, ma non disse niente. Prese una fiala dalal tunica e la stappò. Poi la dette a Potter, e lo guardò mentre beveva. Ci volle un minuto perchè facesse effetto, e Harry chiuse gli occhi e respirò più facilmente. 'Sono così stupido - pensava - perchè non ho preso subito la maledetta pozione?'

Piton vide Harry rilassarsi e disse: "Dai, andiamo a fare colazione. Probabilmente hai bisogno di avere qualcosa nello stomaco".
Harry si sedette con le gambe fuori dal tavolo e si guardò le mani. "Grazie, professore, per avermi curato e...per il resto. Mi dispiace di averle parlato in quel modo ieri notte. So che avermi intorno è un vero castigo".

Piton non sapeva cosa dire. Aveva davanti a sè questo ragazzo, a cui aveva fatto del male; e lui lo stava ringraziando. Se Dursley fosse stato nei paraggi, non aveva dubbi che lo avrebbe ucciso. Il cambiamento nel ragazzo, rispetto all'anno precedente, era scioccante.
Piton si avvicinò al Grifondoro, gli mise le mani sulle spalle e gliele strinse leggermente.

"Harry, puoi chiamarmi Severus. E tu non sei un castigo, come ti ho già detto. Tu sei il cambiamento nella mia vita che io stavo aspettando. Ho bisogno di sapere che posso essere ben altro rispetto a una persona che tutti evitano. Voglio che tu sia...felice, qui alla Tenuta Piton".

E' Piton questo che sta parlando? Harry non riusciva a credere che queste parole fossero uscite dalla bocca del professore. Non sapeva cosa dire a riguardo. Neanche in un milione di anni avrebbe pensato di avere una conversazione come questa proprio con Piton.

"Harry, non voglio che tu te ne vada, voglio rendere definitiva questa situazione. Voglio che tu diventi legalmente mio figlio".

Harry non sapeva come rispondere. Il suo cuore si mise a battere più velocemente, al pensiero di una seconda possibilità per avere una famiglia.

Piton continuò: "Non lo farò, se non sarai d'accordo. Ma voglio che tu sappia che non andrò da nessuna parte. Negli anni passati siamo sempre stati ostili l'uno contro l'altro; ma devi capire che ti credevo uguale a tuo padre. Non avevo idea che tu fossi stato cresciuto quasi come me. Vedi questa casa così grande? - alzò la mano - Beh, questa casa è stata una prigione per me. Ho odiato la mia vita da bambino. Voglio un nuovo inizio, voglio che ci sia felicità in questa tenuta. Capisci?"

"Sì, signore...io non me ne voglio andare - Harry si leccò il labbro ferito - Mi sento al sicuro qui con lei", sussurrò.

Il cuore di Piton saltò un battito. Non era troppo tardi, Harry aveva un animo molto comprensivo.
Il ragazzo lo fissò, assicurandosi della sua sincerità. Soddisfatto, annuì.
Piton osservò il ragazzo sperduto, e seppe che questa era la strada giusta.
"Facciamo colazione, poi ti mostrerò la tua nuova casa. Sai che un giorno sarà tua? Spero che tu possa guardare questa casa e averne dei bei ricordi...un giorno o l'altro".

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Capitolo 8
*** Ospiti ***


Grazie a tutti delle recensioni!
Per questo capitolo mi ha aiutato nella traduzione Remusetonksforever..che ringrazio perchè mi ha tolto un bel po' di lavoro!
Ecco che fa ilò suo ingresso un nuovo personaggio, che diventerà sempre più importante nella trama...
Divertitevi!
Starliam




Harry era stanco sia per il gran pasto appena consumato, sia per la lunga camminata che stava facendo attraverso Piton Manor.
La grandezza del castello lo sbalordiva sempre di più.
Mentre camminava Harry desiderò ardentemente avere il tempo per fare un pisolino, ma Piton stava aspettando sua zia Vespa per una visita di cortesia, e voleva che lui la incontrasse.
Il pensiero di incontrare i parenti di Piton fece sentire Harry più nervoso di quanto pensasse.
Gli era stato ordinato di mettersi per pranzo il vestito migliore con tanto di cravatta; quindi immaginava che questo avvenimento fosse molto importante per il professore.
Non voleva deluderlo, dopo gli immensi sacrifici che aveva fatto per lui.
Iniziò a scendere la grande scala, ma arrivato a metà si sentì mancare l'aria. Era caldo e stordito; la stanza iniziò a girare. Si sedette in fretta e si prese la testa fra le mani, cosa che lo aiutò appena.
Il pensiero di apparire sempre come una persona malaticcia e stanca gli diede il coraggio di rialzarsi.
Non voleva assolutamente che Piton pensasse di lui che era debole, così decise di andare in bagno per lavarsi e cambiarsi. Ancora prima di entrare in bagno senti una forte contrazione allo stomaco e dovette correre al WC per liberarsi della sua colazione.
Iniziò a sudare freddo mentre il suo stomaco si contraeva. Si rialzò lentamente e decise che era il caso di fare un'altra doccia. Dopo la doccia fredda Harry si guardò allo specchio e si chiese se Piton avrebbe notato che non era ancora al massimo delle forze. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era essere rimandato di a letto davanti a Zia Vespa.
La nuova tunica gli calzava a pennello, e dopo ultima aggiustata con la magia i capelli di Harry erano perfettamente ordinati.
Se non avesse fatto in fretta a scendere avrebbe fatto tardi. Una regola che Piton aveva imposto gli chiedeva di essere sempre in orario per tutto.
Harry arrivò nel soggiorno nel momento in cui l'orologio appartenuto al nonno di Piton suonò l'una, mentre Piton si voltò verso di lui e lo guardò con disappunto.
"Appena in tempo. Non lasciare che ti veda di nuovo correre in una stanza. Devi camminare come un gentleman, non correre come un cane". "Si signore", rispose Harry, sentendo ancora lo stomaco in subbuglio.

Proprio mentre Piton stava rimproverava Harry per il suo comportamento ineducato, si sentì una forte esplosione proveniente dal camino. Il fuoco diventò improvvisamente verde e due elfi domestici, un maggiordomo, una ragazza adolescente e un'anziana signora fecero la loro comparsa nel soggiorno.
Piton immediatamente si fece avanti e abbassò la testa per baciare la mano tesa dell'anziana signora.
"La tua visita è molto gradita. Poterti ospitare ci fa sentire onorati", sentenziò Piton.
Era rimasto molto sorpreso quando un vecchio gufo color lavanda gli aveva consegnato una lettera che annunciava l'arrivo della sua vecchia zia per quello stesso giorno. L'ultima volta che l'aveva vista era stato otto anni prima ad un thè molto strano, a cui lei aveva insistito per partecipare. Il thè era il peggiore che avesse mai bevuto: vi aveva sentito un chiaro sapore metallico.
La zia aveva insistito che lo finisse lo stesso perché altrimenti sarebbe parso molto maleducato. La zia non era la persona più accomodante che avesse mai conosciuto, ma essendo una sua parente anziana Piton si era sentito in dovere di obbedire.

"Si, si, è da molto che non vengo. Sembri molto invecchiato, Severus, e i tuoi capelli sono un po' sfibrati, non è così?"
Poi rivolse lo sguardo a Harry.
"E tu devi essere il famoso Harry Potter, vero? Sei pallido e denutrito". La zia alzò il naso, come se avesse sentito un cattivo odore.
Piton si avvicinò a Harry e gli mise una mano sulla spalla: "Zia, gradirei presentarti mio figlio, Harry".

Il ragazzo guardò scioccato il professore. La zia guardò Severus severamente: "Non è ancora tuo figlio Severus, sarò io a giudicarlo". Harry guardò Piton, chiedendosi che cosa intendeva dire Zia Vespa, ma Piton scosse leggermente la testa e lo strinse a sè.

"E' un piacere fare la sua conoscenza", disse Harry con un perfetto inchino.

"Sì, si, voglio farti conoscere mia nipote da parte di mio marito, Charlet. Vieni, vieni, ragazza; e non trascinare i piedi", disse la zia, prendendo la ragazza per un braccio.
"Piacere di conoscervi!", fece di rimando la ragazza.
Harry rimase senza fiato per la sua bellezza. Aveva capelli neri corvini e splendenti occhi blu, per non parlare della sua figura alta e snella che le donava un aria molto regale.

Severus fece accomodare tutti e fece servire degli aperitivi prima della cena.
Harry era ancora sconvolto per essere stato presentato da Piton come suo figlio. Il pensiero di avere una vera famiglia lo fece ripensare al fatto che quell'uomo seduto vicino a lui era la stessa persona che aveva reso la sua vita un inferno durante l'anno scolastico. D'altra parte, non era proprio Piton che lo aveva salvato e curato? L'idea di avere un padre era troppo bella per poter essere vera. Sicuramente era meglio che vivere con i Dursley.
La cena continuò piuttosto tranquillamente, senza che i giovani parlassero molto.
Zia Vespa sembrava aver qualcosa da dire su ogni cosa sulla quale posava gli occhi, e non era mai niente di buono. Non le piaceva il modo in cui Kenzi aveva cotto il cavolo, odiava i drappeggi, trovava spaventoso l'antico tappeto e si lamentava del troppo caldo nella stanza.
Nel camino erano stati aggiunti dei ciocchi di legno, e Harry si sentiva svenire dal caldo. Gli faceva male la testa e sapeva di aver di nuovo la febbre.
Vespa si rivolse al ragazzo proprio quando quest'ultimo si stava servendo di acqua ghiacciata.

"Ragazzo perché non mangi? Devi finire tutto quello che hai nel piatto!" - affermò con vigore l'anziana signora - "Severus, devi avere controllo su di lui, prima che ti prenda la mano. Che razza di padre sei se gli permetti di cenare solo con un po' d'acqua?"

Severus si schiarì la voce prima di rimproverarlo: "Harry mangia tutto".
Il ragazzo prese la forchetta e scelse un piccolo pezzo di agnello. L'odore gli dava il vomito, e non riusciva a inghiottire quel poco che aveva in bocca. Iniziò a sudare copiosamente, e desiderò potersi strappare via dal collo la cravatta. Spostò un po' il cibo nel piatto, sperando che avessero smesso di guardarlo.

Piton non sembrava molto entusiasta di come andavano le cose: "Signor Potter, ti chiedo di mangiare tutto quello che hai nel piatto". Merlino, parlo come mia madre.

Harry gli lanciò un'occhiataccia, arrabbiato perchè gli aveva parlato come se fosse un bambino. Prese un altro piccolo pboccone di agnello e lo mise in bocca.

Charlet lo stava guardando dall'altro lato del tavolo, con espressione sdegnosa.

"Uhm, posso alzarmi, Severus?" sussurrò Harry fissando il piatto. Aveva bisogno di sdrairasi un po' per far smettere la testa di girare. Sentì un respiro soffocato e vide Vespa che scuoteva la testa.

"Vedi Severus, ti avevo detto che era stato cresciuto come un animale e che non sarebbe stato in grado di reggere la responsabilità di essere un vero Piton", disse Vespa altezzosa.
Si stava riferendo alla breve conversazione che avevano avuto quella mattina stessa via Metropolvere. Aveva solo detto che sarebbe venuta a trovarlo, ma Severus sapeva che in realtà voleva qualcos'altro. Lei non andava mai a trovarlo.

Piton guardò Harry con attenzione, cercando di capire cosa ci fosse che non andava. Si accorse del sudore che aveva sulla fronte, e si chiese se fosse malato.

"Harry, ti senti male?"

"No, signore, io..uhm..". Si bloccò, non sapendo come rispondere.
"Allora no, signor Potter, non ti puoi alzare. Finisci di mangiare e inizia a comportarti come si deve", rispose Piton in tono tagliente. Harry arrossì, desiderando sprofondare nel tappeto. Inforcò un altro pezzo di agnello e pregò di riuscire ad arrivare alla fine del pranzo senza vomitare!

"Harry, sei al corrente di quello che scrivono su di te i giornali?" Chiese Charlet in tono affettato.
"No, al momento non leggo i giornali".
"Sì, Charlet, i giornali pubblicano molte cose false su Harry", spiegò Severus.
"Quindi non è vero che venivi rinchiuso e picchiato?" "Io...ehm..." Balbettò Harry con una rapida occhiata a Piton. "Harry non ha bisogno di parlare con nessuno della sua esperienza, signorina Charlet", sbottò Piton.
"Oh, mi dispiace cugino, stavo solo cercando di supportarlo, sai", spiegò la ragazza dolcemente.

Charlet aveva qualcosa che ha Harry sembrava stonato. Non poteva dire con precisione cosa fosse, ma lei sembrava divertirsi nelk vederlo a disagio. La guardò, e notò di nuovo quel sorrisino lezioso. Che cos'ha contro di me. All'improvviso, non gli sembrava più tanto bella.

Tutto a un tratto Vespa indicò la finestra: "Cosa ci fa ancora là quell'orribile statua di tuo nonno? Ti avevo detto di liberartene!" Era proprio il diversivo di cui Harry aveva bisogno. Spinse quello che rimaneva dellagnello fuori dal piatto e lo avvolse nel tovagliolo, nascondendolo velocemente nella tunica.
Piton e Vespa continuarono a discutere sulla statua fino alla fine del pranzo.

"Ho bisogno di un pisolino prima dell'arrivo degli altri, Severus" - disse Vespa - "Forse potresti insegnare a quel tuo figlio un po' di galateo da tavola, prima che mangiamo insieme di nuovo!"

Setto questo, schioccò le dita verso Charlet. La ragazza corse al suo fianco; l'anziana signora si appoggiò al suo braccio e iniziò a salire le scale.
Piton guardò Harry, mentre entrambi si alzavano.
"Che cosa avevi durante il pranzo, signor Potter?" chiese Piton avvicinandosi a lui. Harry arretrò di un paio di passi, pensando a come rispondere. Sapeva come si arrabbiava sempre Vernon quando lui diceva di stare male; e non voleva che il professore di pozioni scoprisse come si sentiva.
Piton lo raggiunse e lo prese per una spalla: "Potter, mi aspetto di più da te. Guardami mentre ti parlo". Harry si irrigidì al tocco del professore, ma continuò a guardarsi le scarpe. Aveva la gola secca, e la testa gli girava. Non aveva idea di come Piton avrebbe reagito alla sua malattia, e non voleva una punizione proprio ora.
"Mi dispiace per ciò che è successo a pranzo. Posso andare adesso, signore?"

Piton afferrò bruscamente il mento di Harry e gli alzò la testa, poi si bloccò. Il ragazzo stava bruciando. Poteva sentire il calore sulla sua mano appena gli lasciò andare il mento; e si accorse che aveva gli occhi rossi e le guance colorite per la febbre. Ecco perchè non mangiava. Perchè non mi ha detto niente? Cosa c'è che non va? Non credo che mi prenderò cura di lui?

Severus si sentiva arrabbiato: con sè stesso, e con Harry per non aver parlato: "Vai nella tua stanza".
Harry non sapeva cosa aspettarsi, e non si immaginava cosa avesse in mente Piton. Cercò di tenersi in equilibrio mentre saliva le scale, ma la testa continuava a girargli. Subito Severus lo sostenne per le braccia, e lo portò quasi di peso in camera sua.

Piton spinse Harry verso il letto e gli ordinò: "Spogliati". Harry rimase immobile, mentre il ricordo degli abusi subiti da suo zio gli tornava in mente. Gli tremavano le mani, mentre armeggiava con i bottoni.
Piton gli si avvicinò e iniziò a sciogliergli la cravatta, e gliela tolse rudemente dal collo. Poi iniziò a sfilargli la veste, ma il ragazzo gli spinse via le mani.

"Che diavolo stai facendo?"chiese Harry impaurito, arretrando verso il letto.
Piton cercò di ignorare il modo in cui il ragazzo lo guardava: "Ti sto mettendo a letto, signor Potter. Hai una febbre che potrebbe appiccare il fuoco a questa casa, e hai sbagliato a non dirmi nulla". A Severus non piaceva quando gli venivano nascoste le cose. Specialmente quando riguardavano il ragazzo di cui doveva prendersi cura.
"Vai a letto prima che ti ci sbatta io".

Harry finì di togliersi i vestiti mentre Piton frugava nell'armadio alla ricerca di un pigiama. Dove diavolo erano finiti tutti i pigiami? Visto che non riusciva a trovarli, lanciò a Harry un paio di pantaloncini e una maglietta: "Guarda di farti trovare a letto quando torno", disse Piton, in un tono che non lasciava spazio a repliche. Voltò i tacchi e uscì.

Harry si vestì e salì lentamente a letto. Si sentiva molto male, e aveva bisogno di qualche minuto per schiarirsi la mente. Gli girava la testa e ogni centimetro del suo sorpo doleva per la febbre. Era così stanco che non riusciva a pensare.
In quel momento ebbe un conato, così si alzò in fretta per andare in bagno a vomitare. Piton entrò mentre attraversava la stanza.

Il professore perse totalmente la pazienza quando vide Harry fuori dal letto. Lo prese per il davanti della maglietta ruggendo: "Quando ti dò un ordine mi aspetto che tu obbedisca!"
Piron respirò a fondo e lasciò anare la maglietta di Harry. Quello strano sentimento di rabbia era tornato. Controllati, non lasciare che lui controlli te. Severus arretrò di qualche passo e guardò il ragazzo. Aveva un aspetto orribile. Piton si concentrò sugli occhi di Harry e ricacciò indietro la rabbia. Era difficile, davvero difficile da controllare. Sapeva che c'era qualcosa, qualcosa che aveva a che fare con la magia nera.
Si avvicinò nuovamente a Harry, con l'intenzione di aiutarlo a mettersi a letto. Proprio in quel mentre, Harry ebbe un conato. Senza nessun avvertimento, vomitò tutto il pranzo sulla veste di Piton.
Harry era totalmente mortificato. Oh, no. Non sta succedendo di nuovo. Guardò in viso Piton, aspettandosi di venire picchiato; ma non riuscì a credere a ciò che vedeva. Piton stava...sorridendo?

"Harry" - sogghignò l'insegnante - "Quando ho deciso di adottare un ragazzo, pensavo che la fase del vomito fosse ampiamente passata!" Detto questo, esptrasse la bacchetta e ripulì entrambi, poi spinse delicatamente Harry a letto. Gli porse una pozione per la febbre e un bicchiere d'acqua, poi sistemò una sedia accanto al letto.

Harry bevve qualche sorso d'acqua e ripose il bicchiere sul comodino. Inghiottì il contenuto della fiala senza avere idea di cosa si trattasse, ma sapendo che il professore voleva aiutarlo. Era strano avere qualcuno che gli faceva compagnia. Lo faceva sentire bene il fatto di essere sorvegliato e curato, come i Dursley facevano con Dudley quando stava male.

"Professore, mi dispiace per come mi sono comportato a pranzo". Piton scosse la testa, ma senza essere arrabbiato: "Harry, ti chiedo solo di farmi sapere quando stai male o sei ferito. E' mio dovere occuparmi di te, e io prendo molto seriamente i miei doveri. Capito?" "Si, signore. E' solo che i Dursley si arrabbiavano sempre quando stavo male, e non volevo deluderti di nuovo".

Harry vide un'ombra di rabbia passare rapida sul volto dell'insegnante. Si chiese se avesse sbagliato a parlare dei suoi zii. Forse era meglio evitare certi ricordi, facendo finta che niente di tutto ciò fosse mai accaduto.

Severus si sforzò di calmarsi, al ricordo della famiglia di Potter. "Si, ma io non sono i Dursley". Piton vide il volto del ragazzo che diventava inespressivo, e smetteva di mostrare le sue emozioni. Senza dubbio era il caso di affrontare presto quell'argomento. Harry si tolse gli occhiali e mise anche quelli sul comodino. Si sdraiò sui soffici cuscini, contento di essere lì, e di sapere che c'era qualcuno che si occupava di lui.

"Grazie, professore".

Piton non disse niente, ma si rese conto che il suo cuore, una volta duro, era ormai sciolto. Prese il libro sui vampiri e iniziò a leggerlo a Harry, finchè il ragazzò si addormentò.

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Capitolo 9
*** Magia nera ***


Grazie a tutti per le recensioni!!
Mi scuso per l'aggiornamento: sono stata molto lenta, ma mi sono presa una breve vacanza in Belgio e ho perso un po' di tempo.
Il prossimo è un capitolo importante, e contribuirà a spiegare diverse cose. In quanto alle tue domande, casa Giulietta, posso dire che troveranno presto una risposta.
Sul comportamento di Severus mi sento di precisare una cosa: è così duro con Harry perchè lui non è abituato a provare simili sentimenti per le persone. Non ha mai avuto uan vera famiglia, proprio come Harry. Deve imparare piano piano. Ma non preoccupatevi che ci riuscirà.
Ricordo anche che si tratta di una traduzione: non sono io che ho scritto questa storia, la sto solo traducendo. Grazie comunque dei complimenti a tutti!
Starliam




Zia Vespa era furiosa! Come aveva osato Severus cancellare la cena in suo onore perchè quel disgustoso marmocchio aveva la febbre! Quanto la faceva arrabbaire suo nipote!
Se avesse potuto fare a suo modo, avrebbe portato il marmocchio di sotto dopo una buona frustata e lo avrebbe obbligato a unirsi a loro per la cena. Severus si stava trasformando nel peggior padre che lei potesse pensare. Stava viziando il ragazzo!

Oh si, poco prima era passata davanti alla camera di Potter e aveva visto Severus seduto accanto al letto che teneva la mano del moccioso come se fosse un re. Severus era cambiato molto dall'ultima volta che lo aveva visto, e non per il meglio. Vespa non riusciva a credere che il suo piano stesse fallendo.

Il piano che lei aveva impiegato anni a tessere e costruire, tutto nella speranza di rendersi immortale. E adesso quel Potter arrivava a rovinare tutto. Se Severus lo avesse adoottato, avrebbe perso per sempre l'eredità di Piton ton Manor. Aveva lavorato troppo duramente e troppo a lungo per permettere che ciò accadesse.

Riepnsò al comportamento del padre di Severus quando era ragazzo. Vespa amava il padre di Severus come se fosse figlio suo, e aveva in programma di lasciargli tutti i suoi averi. Dopo la nascita di Severus, aveva sempre adoperato un comportamento fermo con il bambino malaticcio, senza mancare di picchiarlo. Ma Severus era stato una delusione per entrambi: non importava quanto venisse picchiato, non faceva mai la cosa giusta. Quando Sebastian morì, Vespa decise di cercare un altro erede per la sua immensa fortuna.
Finalmente riuscì a pensare a un piano da cui avrebbe tratto molti benefici. Ma perchè funzionasse, doveva trovare un giovane erede in salute.

Seppe di avere trovato quello giusto il giorno in cui incontrò Charlet. Charlet aveva atraversato la stanza come una piccola principessa, chiedendo chi aveva interrotto i suoi giochi. Quando raggiunse Vespa le porse la mano perchè gliela baciasse!
Vespa la adorò subito, le ricordò lei stessa da bambina. Obbligò i genitori della piccola a cederle la sua custodia screditandoli e utilizzando le sue conoscenze all'interno del Ministero.
Charlet l'aveva seguita sorridendo, senza neanche un ultimo sguardo ai genitori in lacrime. Ragazza adorabile - pensò Vespa - Proprio come me.

Adesso quel rammollito di suo nipote rischiava di rovinare tutto. Sapeva che Severus era un Mangiamorte, e a lei stava benissimo: c'erano speranze che morisse prima di lei, così l'eredità di Sebastian sarebbe passata nelle sue mani, che l'avrebbe poi lasciata a Charlet. Ma se Severus avesse adottato quell'inutile parassita di un ragazzo, sarebbe stato lui a ereditare tutto, e questo Vespa non poteva accettarlo. Dannatissimo Sanguesporco!

Aveva già usato le sue conoscenze per cercare di rimandare il ragazzo dalla sua famiglia; ma Silente "il benefattore" era intervenuto rovinando tutto. Non aveva idea di quali incantesimi fossero stati messi a protezione della tenuta, ma il Ministero non era stato più in grado di trovarla. Si era fatto un gran parlare sul fatto che i Dursley avrebbero dovuto subire un processo, e diventava sempre più difficile riuscire a rimandare da loro il ragazzo.

Vespa sapeva che avrebbe dovuto trovare un modo per rompere le barriere e informare il Ministero su dove si trovava Potter. Aveva anche provato a far entrare gli uomini del Ministero tramite la Metropolvere, ma c'era una qualche magia che continuava a respingerli.
Forse una parola d'ordine?
Severus è uno stupido, non immagina neanche che sono stata io a cercare di rimandare il ragazzo nel posto che gli compete. Come si permette di adottare un ragazzo senza il mio permesso! Probabilmente non ha la minima idea del perchè sono andata a trovarlo dopo 8 anni.

Forse avrebbe dovuto spingere Potter a lasciare la tenuta di sua spontanea volontà, senza che Severus lo scoprisse. Una volta che lui avrebbe oltrepassato le barriere, avrebbe potuto avvisare i suoi amici. Sì, potrebbe funzionare. Avrebbe potuto farsi aiutare da Charlet per spingere Harry ad andarsene subito. Era una ragazza molto affascinante, e poteva spingere qualunque uomo a fare quello che lei chiedeva.

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Harry si svegliò stanco ma affamato. Ripensò alla notte appena trascorsa, a come, ogni volta che si svegliava, vedeva Severus seduto accanto a lui, che gli metteva dei panni bagnati sulla fronte. Quindi è questo che significa avere un padre. Gli piaceva, e anche se aveva ancotra paura di Severus quando lo vedeva arrabbiato, era certo che il professore fosse davvero affezionato a lui. Era strano il fatto che fino a pochi mesi prima non sopportavano la presenza l'uno dell'altro, e adesso erano quasi una famiglia.

Il professore gli aveva detto di scendere a colazione alle otto. Dopo aver mangiato Severus voleva testare le sue abilità magiche. Dopo essere passati attraverso un trauma come quello vissuto da Harry, c'era la possibilità che ciò si riflettesse sulle capacità di eseguire incantesimi.

Dopo aver fatto una doccia ed essersi vestito, ricordò alla conversazione che aveva avuto con Silente riguardo Edvige. Gli aveva detto che gli Auror la stavano ancora cercando. Il suore di Harry saltò un battito al pensiero di perdere la sua amica. Piton gli aveva detto di non perdere la speranza, che continuavano a cercarla. Avrebbe voluto cercarla lui stesso. Aveva una sorta di sesto senso per capire dove fosse, e di certo se si fosse trovata vicino a lui l'avrebbe saputo. Ma sicuramente non c'era alcuna possibilità che Piton lo lasciasse andare vicino a Privet Drive.

Harry entrò in sala da pranzo e si bloccò. Zia Vespa stava puntando il dito contro il volto di Severus.

"Se non la smetti di viziare quel ragazzo, diventerà peggio di te!" Sibilò Vespa.

"E se tu non mi togli quel dito da davanti alla faccia, ti troverai con un artiglio in meno!" Sinbilò Piton di rimando.

Proprio in quel momento Charlet notò Harry, e disse in tono falsamente dolce: "Vai sempre in giro a origliare, Harry?"
Tutti si voltarono verso di lui. Si guardò i piedi imbarazzato e balbettò: "Io...mi dispiace di essere in ritardo per la colazione".
"Allora non mangerai, signor Potter! - sbottò Zia Vespa - "A Piton Manor tu non sei un eroe. Non tolleriamo il tuo comportamento viziato e l'abitudine di venire a mangiare quando ti va."

Harry si voltò verso Piton, ma il professore distolse lo sguardo. Aveva avvertito il ragazzo di non fare tardi, due volte. Forse la prossima volta Harry sarebbe stato più attento.

"scusate", mormorò il ragazzo, e uscì in giardino.
Harry entrò nel labirinto d'edera, pensando ai suoi amici e a quello che avrebbero pensato del suo nuovo rapporto con Piton. Era sicuro che Ron sarebbe impazzito all'ida che Piton diventasse suo padre.
Dall'altra parte, Hermione avrebbe solo voluto il meglio per lui. Charlet si scusò in fretta e corse alla ricerca di Potter. Aveva visto lo sguardo depresso sul volto del patetico ragazzo, e aveva pensato che fosse una buona occasione per spingelo a lasciare la tenuta.
Vespa era stata chiarissima in proposito: il giovane Potter non doveva essere adottato da un Piton, e Charlet era ben disposta a dare una mano.

Trovò Potter che si aggirava nel labirinto e sembrava immerso in profondi pensieri: "Ehi, Harry, stavo solo scherzando sul fatto che origliavi. Pensavo che l'avresti trovato divertente". Charlet prese una ciocca dei lunghi capelli neri e iniziò ad arricciarla fra le dita.
A Harry non piaceva il modo in cui lo guardava, e si sforzò di igborarla.

"Harry, ti andrebbe di fare una passeggiata fino al lago?". La ragazza si avvicinò a Harry più che potè, sfiorandolo appena ne aveva occasione.
"Charlet, adesso vorrei stare un po' da solo, ti dispiace?" Harry non voleva essere scortese, ma la ragazza voleva ovviamente passare del tempo con lui, e non gli andava di parlare con nessuno.
"Sei sicuro che non ti va di fare una piccola nuotata?" Chiese Charlet, aprendosi i primi due bottoni della maglietta.
Harry distolse rapidamente lo sguardo: "Scusa, non adesso".
La ragazza cambiò rapidamente tattica: "Bene! Un sacco di ragazzi ucciderebbero per essere al tuo posto in questo momento! Ma come sai, stasera verranno le mie amiche, e mia zia Vespa vuole che tu ti comporti come un gentleman per l'intera serata. Quindi farai meglio a non metterci in imbarazzo comportandoti come stai facendo ora".

Oh, grandioso! Un'intera serata da passare in compagnia di ragazze come Charlet! La giornata non poteva concludersi in modo peggiore.

Prima che Harry potesse rispondere, sentì Severus che lo chiamava. Entrambi i ragazzi uscirono dal labirinto e raggiunsero il professore in veranda. Charlet si piantò davanti a Severus con uno sguardo torvo: "Tuo figlio è un gran maleducato, e andrò subito a dire a Vespa che orrribile aggiunta rappresenterebbe per la famiglia!"
Severus sollevò un sopracciglio e rivolse lo sguardo a Harry. Vide che il ragazzo sembrava a disagio, teneva le mani in tasca e lo sguardo basso.
"Potter, spiegati", disse Piton in tono noncurante.
Harry guardò l'arrogante ragazza prima di rivolgersi al professore: "Lei voleva fare una nuotata, ma io non ne avevo voglia".
"Non ha la minima educazione, e se vuoi saperlo, dovrebbe essere rimandato da suo zio per essere picchiato ancora!" Sbottò Charlet, sapendo di aver colpito un nervo scoperto quando vide Harry sobbalzare. Voltò la schiena e attraversò la sala per la colazione con un sorriso in volto.
Harry respirò a fondo e scosse la testa. Quella ragaza era malefica!
Severus pose un braccio sulle spalle di Harry e lo condusse in casa: "Non fare caso alle sue parole sgarbate".
"Spero che le sue amiche non siano come lei. Pensi che andrebbe bene se non venissi alla cena, stasera?" Chiese Harry, speranzoso.
Severus avrebbe voluto che entrambi potessero evitare di presenziare, ma sapeva che dopo aver cancellati la cena della sera precedente, erano obbligati a partecipare.
"Vespa ha delle idee particolari riguardo ai doveri sociali, penso che un'altra assenza ci metterebbe in una misera situazione".
Harry guardò il professore, confuso: "Stai dicendo che avremo dei problemi, se non partecipassimo?"
"Precisamente".

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"Mi piacerebbe testare le tue abilità magiche, per vedere come gli ultimi avvenimenti possono averle influenzate. Quando avremo finito inzierai i compiti di scuola", disse Severus, mentre apriva il lucchetto alla porta del laboratorio. L'aria fresca li colpì mentre entravano nella stanza umida.
Severus mise una mano sulla testa di Harry e appoggiò la bacchetta sulla fronte del ragazzo. Harry sobbalzò leggermente, non sapendo cosa avesse in mente il professore. Arrossì quando si accorse che le sue paurte non avevano fondamento, e si sforzò di stare immobile.

"Calmati, Potter. Voglio solo vedere la tuaabilità nell'eseguire magie senza bacchetta. Adesso cerca di spiengere via la mia bacchetta solo con la tua volontà. Devi concentrarti e..."

Severus smise di parlare, vedendo la sua bacchetta volare attraverso la stanza e colpire il muro, sparando scintille in tutte le direzioni.
"Mi...Mi dispiace, signore. Non volevo farlo!"
"Potter, devi smetterla di scusarti per ogni minima cosa. Io volevo che tu facessi proprio questo".
"Oh". Harry si sentì stupido. Ma era compiaciuto nel vedere che era stato in grado di fare un incantesimo senza bacchetta così facilmente. Non si era mai riuscito così bene, prima.
Severus alzò di nuovo la bacchetta: "ADesso vediamo com'è il tuo Patronus".
"Non ho la mia bacchetta, signore".
"Lo so, infatti ti presterò quella di mio padre finchè andremo in città a comprarne un'altra". Severus tese a Harry una lunga bacchetta nera tutta graffiata.
Appena Harry la sollevò, gli sembrò di sentire un brutto feeling, come se ci fosse qualcosa di malvagio.

"Mi spiace, professore, ma non mi sento a mio agio a usare questa bacchetta. Non mi pare il caso". Severus sollevò un sopracciglio e precisò: "Harry, quando ti trovi in una battaglia contro il Signore Oscuro potresti dover usare qualunque bacchetta ti capiti di prendere da terra, non importa se ti fa sentire a tuo agio o no".
"Lo so, signor, ma non voglio usarla adesso, se per lei va bene". Pose delicatamente la bacchetta sul tavolo e si sentì subito meglio. Piton non era contento: "Potter, non è una scusa che sono disposto ad accettare. Prendi quella bacchetta senza altre discussioni". Harry si limitò a fissarlo: non voleva disobbedirgli, ma non voleva neanche toccare ancora quella bacchetta.
"Non lo chiederò un'altra volta, Potter" Disse Piton con voce ferma, vicina alla rabbia.

Harry guardò la bacchetta sul tavolo, trepidando. D'accordo la bacchetta sembrava avere qualcosa di sbagliato, ma forse stava solo esagerando. La toccò appena e ritrasse in fretta la mano. La bacchetta sembrava maledetta, o malvagia, o forse solo impregnata di magia nera. Piton osservava attentamente il ragazzo, pensando che stesse fingendo. Potter aveva sempre esagerato in passato. Forse il ragazzo stava solo mettendo alla prova i suoi limiti.

Una rabbia improvvisa sommerse completamente Severus. La magia nera scorreva dentro di lui con la forza di una saetta, e dirigendo la sua rabbia contro il ragazzo.
In breve, il tutto andò fuori controllo. L'unico modo che Severus conosceva per obbligare Harry a evocare un Patrono gli balenò subito alla mente. Sapeva che era sbagliato, ma non potè trattenersi dal levare la bacchetta e gridare: "Dissennatori!"

Una grande figura incappucciata di nero scaturì fuori dalla bacchetta e si diresse verso Harry con la spaventosa bocca aperta.

Harry rimase scioccato all'idea che Piton potesse avergli fatto una cosa del genere: sapeva benissimo che era terrorizzato da quelle cose, dalle lezioni di Occlumanzia dell'anno precedente. Iiniziò ad arretrare, andando a sbattere contro gli scaffali dietro la sua schiena. Vi sbattè la testa, mentre le bottiglie e le fiale si infrangevano ai suoi piedi. L'aria era così fredda che i polmoni gli dolevano.

Il Dissennatore si avvicinò ancora di più, era quasi addosso a lui quando Harry teste la mano e gridò: "Accio bacchetta!"
La bacchetta bera volò dal tavolo dritta nella sua mano tesa. La sollevò, ma rimase impietrito dalla paura quando il Dissennatore estrasse dalla tunica la mano ossuta per toccarlo.
Harry non riusciva a prendere abbastanza aria per riuscire a gridare la formula, ma subito un grande cervo argenteo uscì dalla bacchetta. Il cervo si sollevò sulle zampe posteriori e colpì il Dissennatore con le corna. Il Dissennatore scomparì, e il cervo galoppò lungo il perimetro della stanza prima di dissiparsi un un vapore argentato.

In quel preciso istante Harry sentì un dolore bruciante alla mano. Lasciò cadere la bacchetta e la afferrò su. Il dolore era più forte di qualuneuq altro mai provato prima. La pelle stava bruciando, e il sangue iniziò a gocciolare sul pavimento di pietra. La mano bruciava, ma non c'erano fiamme. Harry cadde in ginocchio, urlando di dolore e dondolandosi avanti e indietro.

Severus corse al suo fianco, sostenendolo quando il ragazzo svenne dal dolore. Che diavolo è successo?
Piton era rimasto impietrito ad osservare la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi. Tanto per cominciare, non riusciva a credere di aver evocato un Dissennatore. Non avrebbe fatto una cosa del genere a nessuno, e sicuramente non al ragazzo che stava per diventare suo figlio. Il sentimento di odio verso Harry lo aveva lasciato senza fiato. Stava per riscuotersi e liberarsi dal Dissennatore nello stesso momento in cui Harry aveva evocato il suo Patronus.

Severus prese Harry e lo distese sul divano accanto alla parete. Vide il sangue che inzuppava la veste di Harry e cercò da dove provenisse. Aprì velocemente la mano di Harry e vide con orrore che la pelle del palmo mancava. Proprio davanti ai suoi occhi, la pelle continuava a bruciare e a consumarsi, scoprendo muscoli e ossa.

Cosa diavolo ha causato tutto questo?

Severus era nel panico. Come poteva fermarlo! Arrancò fino al punto in cui Harry aveva lasciato cadere la bacchetta e la vide: luccicava di luce rossastra. Stava per raccoglierla, ma fu fermato dall'intenso calore che emanava. Quel bastardo di suo padre doveva avere maledetto quella bacchetta in modo che nessun altro potesse usarla.

Severus si voltò in fretta e iniziò a cercare la fiala dorata che conteneva la pozione che avrebbe fermato l'ustione sulla mano di Harry. Non riesco a trovarla! Guardò Harry, e vide che il sangue aveva cominciato a colare giù dal divano. Proprio quando era ormai in preda al panico, vide la lunga fiala dorata che era rotolata sotto il tavolo. Corse da Harry e gliela rovesciò sulla mano. Immediatamente la pelle smise di bruciare, ma la ferita era ancora aperta.

Harry si svegliò di scatto e si afferrò la mano, lamentandosi per l'intenso dolore. Ma si calmò subito, trattenendo i lamenti come gli era stato insegnato.
Severus vide quanto il ragazzo stesse soffrendo, e corse all'armadio. Aprì di scatto le porte e afferrò un calderone. Prese una bottiglia piena di un liquido argentato e ve la versò. Corse di nuovo da Harry, con la pozione che rischiava di tracimare oltre il bordo del calderone; prese la mano del ragazzo e ve la immerse.

Il bruciore cessò immediatamente, e Harry iniziò a rilassarsi. Gli servirino alcuni secondo per tornare in sè e rendersi conto che non era con lo zio Vernon a Privet Drive. Si gurdò intorno e gli tornò tutto in mente: la bacchetta, il Dissennatore e l'atroce bruciore alla mano. Si sedette e guardò Severus.

"Orribile bastardo!! Mi hai lanciato contro un Dissennatore! Stai lontano da me! Ti odio! Rimandami a Hogwarts, subito!" Harry ansimò, riprendendo aria.

Estrasse la mano dal calderone per vedere cosa fosse successo. Appena la mano non fu più immersa nel liquido calmante, ricominciò a bruciare. La rimise nella pozione, sentendosi intrappolato e arrabbiato per il fatto di dover rimanere lì nel sotterraneo con la persona che gli aveva causato tutto questo. Era confuso e frustrato: questa sofferenza gli capitava proprio quando credeva di aver finalmente trovato un padre.
Severus non sapeva cosa fare. Tutto questo era avvenuto per causa sua. Dalle lezioni di Occlumanzia dell'anno precedente, sapeva della grande paura che Harry aveva per i Dissennatori, e l'aveva usata contro di lui. Non sapeva neanche come impedire a sè stesso di comportarsi così. Forse doveva mandare via Harry, prima di fargli davvero del male.
Non riesco a controllare la mia rabbia, qualcuno mi sta attaccando! Devo mandare via Harry prima di rischiare di ucciderlo. Il solo pensiero lo rendeva profondamente triste.

Si alzò lentamente e si avvicinò al caminetto. Vi lanciò una manciata di polvere volante e chiamò Silente.

"Harry deve tornare a Hogwarts, Professore". Disse solo questo, senza nessuna spiegazione.

Silente sapeva che qualcosa non andava, ma aveva bisogno di più tempo per capire chi stava cercando di rimandare Harry dai Dursley. La zona era piena di uomini del Ministero, e non era sicura per nascondere Harry.

"Al momento non posso acconsentire a questa richiesta. Mi serve più tempo. Per favore Severus, fà che fra voi due funzioni...per il bene di Harry".
Prima che Piton potesse rispondere, Silente sparì. Severus sapeva che era sbagliato, ma si sentì sollevato.
Harry non poteva credere alle sue orecchie. Ho fatto tutto quello che Silente mi chiedeva, e ora lui non alza un dito per aiutarmi. Era ferito, e sentiva di essere stato tradito da tutti. Era più solo di quanto non fosse mai stato. Non poteva stare con Ron o Hermione, per loro il pericolo era troppo grande. Lupin era fuori questione e Sirius...Se n'era andato anche lui.

Un crescente sentimento di frustrazione e paura lo sommerse, e Harry nascose il volto contro il divano per non mostrare le lacrime. Severus era ancora davanti al camino con la testa bassa, quando sentì Harry piangere. Gli si spezzò il cuore, sapendo che era colpa sua. Doveva ricolvere la situazione, doveva superare questa rabbia che lo colpiva improvvisa. Lo doveva ad Harry, e dentro di sè sapeva che se il ragazzo se ne fosse andato, per lui non ci sarebbe stata un'altra speranza di cambiare.

Si alzò lentamente e raggiunse il divano. Si sedette accanto al ragazzo addolorato: "Harry, dammi un'altra possibilità. Ho bisogno che tu me la dia. Mi sta succedendo qualcosa, e non so di cosa si tratti. Non ti ho scagliato contro quel Dissennatore di proposito. Per favore, Harry, rimani".
Piton mise una mano sulla spalla del ragazzo, e gli voltò lentamente la testa verso di lui perchè lo guardasse.
Harry lo guardò con gli occhi arrossati: "Io non voglio più essere solo, ma non so cosa sto facendo che ti fa arrabbiare così. Se me lo dici prometto di non farlo più".

Queste parole toccarono profondamente Piton. Erano parole di un ragazzo che aveva subito abusi. Era stato così traumatizzato in vita sua, che continuava ad incolparsi per gli abusi subiti.

Severus prese Harry per le spalle: "Harry, non è colpa tua. Niente di tutto questo è colpa tua".
Harry non aveva altra scelta che fidarsi delle parole del professore. E a dire la verità, non voleva per davvero essere mandato via. Dopo tutto, Severus era la sua ultima speranza di avere una famiglia.

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Capitolo 10
*** Una cena formale ***


Salve! Vi chiedo scusa per il ritardo nell'aggiornamento... Ho avuto diversi imprevisti, fra cui un breve guasto al pc. E dire che questo capitolo non è lungo come gli altri! Spero comunque che vi piaccia, si inizia a spianare la strada per i prossimi avvenimenti.
Grazie ancora a tutti delle recensioni, sono contenta che questa storia piaccia così tanto.
Starliam





Piton salì al piano di sopra per prendere un po' di cibo per Harry, in modo che il ragazzo potesse continuare a tenere la mano immersa nella pozione argentea. Stava uscendo dalla cucina quando Vespa lo vide con il piatto di cibo in mano. Bene, proprio quello di cui ho bisogno in questo momento!

"Immagino di non aver bisogno di chiedere per chi è" - disse lei con un ghigno - "Adesso quel ragazzo ha te che ti affanni per lui come un elfo domestico e stai ai suoi ordini. Tsk, tsk, lo stai viziando, diventerà marcio dentro! Davvero Severus, non ti accorgi che ti sta ridendo alle spalle mentre tu sei sempre pronto a servirlo e riverirlo?"

Severus ne aveva già abbastanza di quella vecchia megera, desiderava più di ogni altra cosa che se ne tornasse alla sua tenuta, ma sapeva anche che non era il caso di dirglielo. Avrebbe potuto causare molti problemi a lui e a Harry, con tutte le cosiddette "amicizie" che aveva al Ministero.

Sapeva tutto della strana adozione ci Charlet e delle minacce ricevute dai genitori della ragazza. Aveva sentito che erano rimasti così traumatizzati da quell'esperienza da non voler più apparire in pubblico. Molti credevano che fossero genitori orribili che tenevano rinchiusa la figlia in uno stanzino e non le davano altro che pane e acqua. Severus sapeva la verità. Sapeva che tutto quello che Zia Vespa voleva, Zia Vespa otteneva. Non avrebbe permesso a niente di ostacolarla.

Era questo il motivo per cui Severus doveva essere sicuro che Harry si comportasse al meglio quando c'era lei intorno. Non voleva darle alcuna scusa per punirlo. Aveva subito la sue punizioni in prima persona, e sapeva che lei gioiva nel distribuirle. Non avrebbe mai lasciato Harry nelle sue mani.

Così si limitò a dire: "Buona giornata anche a te, Zia Vespa. Se non ti dispiace, ho delle faccende molto importanti di cui devo occuparmi". La superò con la veste nera che ondeggiava dietro di lui, e si diresse di nuovo nei sotterranei. Accidenti a quella vecchiaccia!

Vespa guardò suo nipote sorpassarla e si trovò a non essere per nulla sorpresa nel vederlo agire come un elfo domestico.
Aveva già messo in imbarazzo la famiglia diventando un insegnante. Immagina un Piton soffiare il naso dei mocciosi.
Era contenta che il suo Sebastian non potesse vedere tutto questo!
Giù nel sotterraneo, Harry era ancora disteo sul divano con la mano nel calderone. Stava sfogliando il libro di Pozioni che Piton gli aveva dato e cercava di capire come preparare una Pozione dell'Invisibilità per poter recarsi di nascosto a Privet Drive a cercare Edvige. Il problema era che, essendo minorenne, gli era proibito distillare quel tipo di pozione. Quando vide arrivare Severus voltò rapidamente pagina. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era finire nei guai per aver preparato una pozione illegale!

Severus sistemò il piatto con il cibo su un tavolino vicino a Harry e lo incortaggiò a mangiare. Harry non aveva bisogno di sentirselo ripetere due volte. Non aveva mangiato per giorni, e la torta di zucca era il miglior cibo che avesse mai mangiato. Severus si sedette e osservò il ragazzo mangiare con gusto. Ripensò a come Harry era denutrito e al perchè era ridotto in quello stato. Il modo di crescere i ragazzi dei Dursley e di sua zia avevano molto in comune.

Finito di mangiare, Harry decise di vedere come stava la sua mano. La estrasse dalla pozione e vide il muscolo sotto un sottile strato di pelle. Iniziò a bruciare intensamente appena si trovò fuori dalla pozione.
"Professore? Cosa pensi che abbia fatto tuo padre alla bacchetta? Voglio dire, le bacchette non passano di generazione in generazione nelle famiglie di maghi? Almeno, è quello che mi ha detto Ron".

"Beh, signor Potter, se non mi sbaglio, quella bacchetta era stata stregata per me. Mio padre e io non ci potevamo vedere. Penso che abbia usato un incantesimo molto antico e molto illegale. Non era un uomo molto comprensivo", spiegò il Professore di Pozioni, mentre versava ancora un po' di pozione argentata nel calderone dove Harry teneva la mano.
"Lui sapeva che.. ehm... che eri un Mangiamorte?"
"Oh, sì, ed era davvero contento che lo fossi diventato. Lui è stata la ragione principale che mi ha spinto a unirmi al Signore Oscuro. Non aveva alcun riguardo per la vita umana, a meno che non gli servisse".
"Avete iniziato ad andare d'accordo, dopo che ti sei unito a Voldemort?" Harry era assolutamente intrigato dalla famiglia Piton. Che razza di padre poteva mettere su una bacchetta un incantesimo come quello allo scopo di far del male a suo figlio? Non c'era da stupirsi che Piton fosse sempre così scontroso e antipatico.
Piton dette a Harry uno sguardo di disapprovazione per aver pronunciato il nome del Signore Oscuro, ma gli rispose comunque: "Beh, per un po' abbiamo ricominciato a parlarci, ma dopo poco abbiamo rotto di nuovo". Non aggiunse altro, guardò la bottiglia che teneva in mano e scosse la testa.
Harry non sapeva cosa dire. Sembrava che l'infanzia di Piton fosse stata peggiore della sua. Severus tornò al calderone e ricominciò a lavorare alla pozione che stava preparando per la mano di Harry. Avrebbe fatto un bendaggio da avvolgere intorno alla mano, imbevuto di Ricrescipelle. Così Harry non avrebbe dovuto tenere per tutto il giorno la mano nel calderone aspettando che la pelle ricrescesse. Harry aprì di nuovo il libro e ricominciò a leggere la parte sulla Pozione dell'Invisibilità. Avrebbe dovuto mescolarla per cinque ore. Severus non lo avrebbe mai lasciato solo per così tanto tempo senza andare a controllarlo. Se severus avesse scoperto che stava preparando una pozione illegale, non osava neanche immaginare quanto si sarebbe arrabbiato. Forse poteva sgattaiolare fuori dal letto e farlo stanotte stessa? Avrebbe funzionato?

Dopo che Severus ebbe avvolto la mano di Harry nel bendaggio, tornarono di sopra a prepararsi per la cena. Zia Vespa aveva invitato alcune amiche di Charlet. Sarebbe stata una cena formale.
Harry era nervoso all'idea di fare qualcosa di sbagliato durante la cena, e chiese di nuovo se doveva davvero partecipare: "Vespa mi odia comunque, quindi perchè le dovrebbe importare se vado o no?" "Credo che questa cena sia stata organizzata proprio all'idea di presentare te. Immagino che le amiche di Charlet rimarranno impressionate nel vedere che lei conosce "il Famoso Harry Potter".
Harry impallidì. Quindi loro lo volevano lì per pavoneggiarsi e impressionare la gente? Adesso davvero non voleva andare! "Io non vengo, Severus".
"Tu parteciperai a questa cena come mio figlio e ti comporterai come si deve per tutto il tempo. Adesso vestiti prima che si faccia tardi", ordinò Piton.
Harry voleva insistere che non sarebbe andato, ma Piton uscì dalla stanza così in fretta che non ne ebbe il tempo. Odiava essere guardato come se fosse un fenomeno da circo. Aggrottò la fronte al pensiero della serata che avrebbe dovuto sopportare.
Dopo la doccia, si mise di fronte allo specchio nella sua camera. La sua veste elegante era molto bella, non aveva mai avuto qualcosa di così costoso prima di allora. I suo capelli stavano un po' dritti sul dietro della testa, ma non riusciva a metterli in ordine. Usò un po' di gel incantato che aveva trovato in bagno, riuscendo a tenerli sotto controllo. La sua mano prudeva, ma almeno non bruciava più. Perchè doveva essere così nervoso?

Scese la lunga scalinata ed entrò nel grande soggiorno. Si fermò sulla porta e guardò dentro: vicino al camino, c'erano tre ragazze ridacchianti in lunghi abiti da sera. Severus era in piedi accanto al bar con un bicchiere di Whiskey incendiario in mano. Harry lo raggiunse.
"Ah, Harry, come stai bene" - disse Severus - "Entriamo nella fossa dei leoni?"

Si diressero verso il gruppetto di ragazze. Immediatamente le giovani smisero di parlare e si misero a fissare Harry. Lui avrebbe voluto trovarsi da qualunque altra parte tranne lì. Si guardò le scarpe.

Severus lo presentò: "Questo è mio figlio, Harry". Pose il braccio dietro la schiena di Harry e lo spinse verso le ragazze. Charlet parlò per prima: "Queste sono le mie migliori amiche, Aleena e Alix".

"E' un piacere fare la vostra conoscenza", disse loro Harry, mentre con le dita cercava di allentarsi la cravatta.
Immediatamente le ragazze iniziarono a bombardarlo di domande. Domande che odiava, come i suoi incontri con Voldemort. Aleena addirittura si sporse e gli toccò la cicatrice. Harry voltò la testa e vide Severus che lo osservava con un ghigno. Harry gli rivolse uno sguardo duro e si rivolse di nuovo alle ragazze sperando che la cena iniziasse e finisse al più presto.

Una acuta voce penetrante intervenne all'improvviso: "I tuoi modi non sono migliorati, signor Potter".
Harry si voltò rapido e vide, per la prima volta da quando era entrato, Zia Vespa seduta in una sedia con l'alto schienale. Severus fece un passo verso Harry.
Vespa osservava il ragazzo come se fosse un dannato insetto.

"Uhm, non sono sicuro di cosa.." Balbettò Harry, prima di essere interrotto da una Vespa dallo sguardo severo.
"quando fai il tuo ingresso in una stanza, devi sempre salutare la padrona per prima. Trovo il tuo comportamento davvero vergognoso, ma di nuovo, non dovrei esserne sorpresa". Voleva rimettere Harry al suo posto, maledetto Sanguesporco. Metterlo in imbarazzo davanti a delle giovani Purosangue.
Harry si costrinse a trattenere una risposta tagliente che stava per scappargli di bocca. Severus non riusciva a credere che Vespa volesse intenzionalmente umiliare Harry di fronte alle ospiti.

"Zia Vespa, anche tu sembri aver perso la buona educazione per strada". Voltò i tacchi e chiese a Harry di aiutarlo con i drink. Harry sentì un forte suono sbigottito provenire da Vespa, ma decise di non guardarla. Seguì rapidamente Severus al bar e iniziò ad aiutarlo a servire i drink.

Alix e Aleena non sapevano cosa dire. Charlet, dal canto suo, aveva un sottile sorriso sulla faccia. Era stanca morta di sentire le sue amiche parlare di Harry Potter, il Ragazzo Sopravvissuto. Questa cena era stata organizzata proprio per farle ingelosire e far parlare tutta la scuola di quanto fosse fortunata. Le sue compagne di scuola sarebbero diventate verdi d'invidia!

Fortunatamente il maggiordomo venne ad annunciare la cena, e tutti si diressero in sala da pranzo. Harry tenne indietro la sedia di Zia Vespa perchè si sedesse, come Severus gli aveva insegnato poco prima. Dovette sforzarsi di non spingerla via mentre lei si stava sedendo, facendola cadere a terra sul suo grasso sedere! Harry si sedette e guardò la stanza. C'erano lunghe candele argentate che galleggiavano nell'aria, con fili di perle che le tenevano unite. Fra una candela e l'altra erano stati sistemati larghi prismi di cristallo, che proiettavano piccoli arcobaleni lungo le pareti.
Altre candele erano al centro della tavola con piccole fatine che volavano intorno. L'effetto era ipnotico, e Harry iniziò a rilassarsi un po'.

Poi un bruciore iniziò a spandersi dalla cicatrice, intensificandosi sempre di più...

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Capitolo 11
*** Messaggio da Voldemort ***


Ecco l'undicesimo capitolo! E' un po' corto... Spero che vi piaccia lo stesso ;)

Starliam



La cicatrice di Harry iniziò a bruciare. Era seduto alla cena formale con l'odiosa zia Vespa e tre ragazzine ridacchianti, e sapeva che non sarebbe finita bene.

Charlet continuò a rivolgergli sguardi arroganti mentre le sue amiche lotavano per ottenere la sua attenzione. Le altre ragazze lo avevano fissato per tutto il tempo. Non era facile nascondere la sofferenza, sotto un tale scrutinio.

Si strofinò la cicatrice, premendoci sopra le dita, sperando di fermare il dolore, sperando che stavolta sarebbe passato in fretta. Il bruciore gli faceva lacrimare gli occhi, e iniziava a girargli la testa. Respirò profondamente cercando di rimanere in silenzio, mentre il dolore si intensificava. Immagini non sue cominciarono ad affacciarsi alla sua mente. Sapeva che non manvaca molto prima che il dolore diventasse insopportabile.

Severus osservava lo strano comportamento di Potter, comprendendo subito che il ragazzo si trovava nel bel mezzo di un attacco da parte di Voldemort. Vide Potter strofinarsi la cicatrice con gli occhi pieni di lacrime. Oh, Merlino! Non adesso, Harry!
Il ragazzo stava nascondendo molto bene la sofferenza, ma Severus sapeva che sarebbe andata ad aumentare. Sentiva che anche il bruciore sul suo Marchio Nero stava crescendo.

"Harry, mi serve immediatamente il tuo aiuto nei sotterranei. Devo controllare una pozione su cui ho lavorato prima. Per favore, scusateci per qualche attimo", disse Piton alle signore. Raggiunse in fretta Harry, tirò indietro la sua sedia e lo prese per il braccio. Il che andava benissimo, dal momento che Harry aveva iniziato a perdere la vista dal dolore.

"Severus, siediti immediatamente! E' inaccettabile quello che stai facendo alle tue ospiti!", ringhiò Vespa.

Severus la ignorò e spinse Harry oltre la porta. Sentiva dietro di sè i suoi rimbrotti e i sussurri delle ragazze.
Severus spinse Harry oltre la porta che conduceva al sotterraneo e la chiuse in fretta. Appena si voltò vide che Harry era caduto sul pavimento e si teneva la testa fra le mani. Non poteva fare altro che guardare il ragazzo che si mordeva le labbra per non piangere. Severus prese la bacchetta e effettuò un incantisimo di silenzio.

"Ho fatto un incantesimo di silenzio. Non c'è bisogno di trattenere i lamenti", gli disse, in tono circospetto. Era snervante assistere a questi attacchi che subiva il ragazzo.

Harry vedeva attraverso gli occhi di Voldemort. Voldemort era arrabbiato, stava distruggendo una stanza e lanciava maledizioni ai Mangiamorte lì intorno che guardavano. "Piton, Piton, Piton... Voldemort è arrabbiato con Severus!" Harry lo sentiva. Il dolore iniziò a diminuire, e si lasciò scivolare sul pavimento, prendendo ampie boccate d'aria quando sentì il freddo pavimento di pietra sotto la guancia.

Voldemort era arrabbiato con Severus a causa sua. Un'altra persona si sarebbe trovata in pericolo, e tutto a causa sua.

Severus era in piedi a fissarlo. Si chinò accanto a lui e gli toccò il braccio: "Va meglio adesso?", chiese, togliendo l'incantesimo.

"Severus, lo sa, lo sa, Voldemort lo sa!" Esclamò Harry alzando la faccia dal pavimento, chiaramente spaventato dall'informazione che aveva avuto.

"Controllati, Potter!" Sbottò Piton, incapace di confortarlo.

"Sa di te, Severus. Sa che mi aiuti, mi fai vivere qui e mi proteggi. Sa tutto. Non sei al sicuro, Professore!" Ansimò Harry, il dolore negli occhi.

Sul volto del professore si disegnò un sottile ghigno: "Ma certo che lo sa, Potter. Ogni giornale del mondo magico ha spiattellato la tua storia sulla pagina principale. Appare anche il mio nome. Era inevitabile, dal momento che ho in programma di adottarti".

Harry appoggiò la schiena al muro, guardando scioccato il suo custode: "Non ti importa il fatto che dovrai smettere di fare la spia?"
Piton allargò le braccia e rispose: "Ci sono modi più importanti per aiutare il lato buono che fare la spia".

"Intendi occuparti di me, vero?" disse Harry in tono triste. Odiava l'idea che Severus dovesse cambiare tutta la sua vita per lui, e solo per trovarsi più in pericolo di quanto già non fosse.

"Presto lo scopriranno tutti. Speravo solo che..." Severus si interruppe e si afferrò il braccio. Chinò la testa e cercò di fermare il dolore che si irradiava dal Marchio Nero sul suo braccio.

"Professore! Che succede?" Chiese Harry, spaventato per l'aspetto che aveva il professore.
"Mi sta chiamando". A Harry occorse qualche secondo per capire esattamente chi è che chiamava Severus. Guardò il professore ricomporsi.
"Stai meglio?" Chiese Severus, realizzando che era più preoccupato per il ragazzo che per qualunque minaccia Voldemort poteva fargli.

"Io, io... ho solo bisogno di stare sdraiato per un po'. Come stai? Ti sta ancora chiamando?" Chiese Harry, guardando il braccio di Severus. Voleva vedere il Marchio Nero, ma pensava che la sola vista gli avrebbe provocato una fitta di dolore.

"Sto bene, e credo che adesso andrò ai confini della proprietà a rinforzare gli incantesimi di protezione. Credo di non essere molto popolare fra i miei amici Mangiamorte" - sogghignò Piton - "Scendi nei sotterranei e stenditi sul divano. Tornerò il prima possibile".

Harry annuì, desiderando di non aver mai messo il professore in una posizione così difficile. Si appoggiò al muro mentre scendeva nel sotterraneo; allentandosi la cravatta e sfilandosi la veste. Gettò entrambe sulla panca e arrivò al divano. Appena la testa toccò il cuscino si sentì meglio, più rilassato. Era rimasto sorpreso dal fatto che Severus non si era innervosito all'idea che Voldemort avesse scoperto tutto.

La sua testa ancora girava, alla sola idea che Piton lo trovasse abbastanza meritevole da decidere di adottarlo. Qual era l'idea del professore? Non riusciva a pensare a nessun aspetto di cui il professore potesse trarre beneficio dal loro rapporto. La sua mente scivolò nel sonno, accompagnata dalla preoccupazione di essere rimandato dai Dursley non appena Piton avesse scoperto che stava facendo uno sbaglio.

Severus tornò mezz'ora dopo e gettò la sua tunica sulla panca a ccanto a quella di Harry. Guardò il ragazzo addormentato, provando nuove emozioni che non aveva mai provato prima. Il suo cuore si strinse all'idea di quel ragazzo costretto a salvare il mondo magico dall'oscurità. Potter avrebbe pagato un prezzo pesante, per tutti loro. Aveva già iniziato a pagare, con la perdita dei suoi genitori e del suo padrino.

Dopo aver riflettuto a lungo Severus sapeva che toccava a lui, come padre del ragazzo, dare a Harry bei ricordi che lo accompagnassero in quella maledetta guerra. Lo doveva al ragazzo, lo doveva a Lily.

Spinse una sedia accanto al divano e si sedette accanto al Grifondoro distrutto. Pochi minuti dopo si era addormentato anche lui. Non avevano intenzione di dormire per tutta la cena e fino alla mattina dopo; ma entrambi sembravano averne bisogno.

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Capitolo 12
*** Un bel giorno per volare ***





Harry e Piton rimasero entrambi addormentati fino alle prime ore della mattina dopo. Avevano dormito tutta la sera e tutta la notte. Piton si sevgliò nel sentire un leggero lamento di Potter. Guardò il ragazzo addormentato agitarsi sul divano, in preda a un altro incubo.

Severus ripensò ai tempi in cui non riusciva neanche a sopportare la vista del ragazzo. Era difficile credere che gli era stato così avverso. Poi ricordò il momento in cui i suoi sentimenti verso Harry erano cambiati. Quel giorno in infermeria, quando Harry aveva teso la mano martoriata alla ricerca della sua, perchè lo confortasse. Perchè questo insopportabile ragazzino aveva pensato che io potessi confortatlo?

Severus fece correre la sua mente al giorno in cui un altro bambino aveva teso la mano in cerca di conforto...

Un Severus di dieci anni era nella sua camera a giocare con l'unico compagno che aveva a Piton Manor, il suo piccolo serpente.
Avvertì i pesanti passi dirigersi verso la sua stanza, prima ancora di sentirli. Severus prese in fretta il serpente, lo sistemò nella sua scatola e la spinse sotto il letto proprio mentre la porta si apriva.
Sebastian era in piedi nel corridoio che guardava il suo patetico figlio, desiderando che non fosse mai nato: "Hai osato disobbedirmi!" Sbottò dirigendosi verso il bambino.

Severus alzò lo sguardo verso di lui, pieno di terrore. Sapeva che sarebbe stato picchiato per non aver eseguito l'oridine che gli era stato dato e che non era stato in grado di portare a termine.

Quella mattina il suo seprente era fuggito dalla sua camera e aveva trovato sua zia nella sala da thè. In qualche modo il serpente era riuscito a entrare nella sua borsetta; e quando zia Vespa aveva messo la mano in borsa il serpente l'aveva morsa.
Il padre di Severus gli aveva ordnato di uccidere il serpente annegandolo. Aveva fatto apposta a scegliere il procedimento più lungo, per essere certo che suo figlio ne avrebbe sofferto. Severus non era riuscito a farlo, e aveva deciso di nascondere il suo animaletto sotto il letto. In qualche modo Sebastian l'aveva scoperto, e ora Severus avrebbe pagato un caro prezzo.

Sebastian prese il bambino per iul colletto e lo sollevò da terra, in modo che si trovassero faccia a faccia, le gambe del ragazzo ciondolanti. Guardando il bambino con disprezzo ringhiò: "Sei stato una grande delusione, per me e per tua zia. Non sei il figlio che avrei voluto sei debole proprio come tua madre. Non mi farai sprecare tempo. Non ti considero più mio figlio".

Il cuore di Severus saltò un battito. Cosa significa?

"Rimarrai qui finchè non comincerai la scuola, da quel momento non mi contatterai per nessun motivo, e non mi chiederai mai niente. Non venire a casa per le vacanze". Lasciò andare il ragazzo sul pavimento e si voltò per uscire dalla stanza.

"Aspetta papà!! Posso cambiare!" Severus era in ginocchio sul pavimento; e tendeva la mano verso suo padre, sperando che non lo lasciasse solo.

Sebastian si voltò verso suo figlio e gli afferrò la mano. Estrasse la bacchetta dalla tasca e sulla punta si accese una piccola fiamma. Con un sussurrò maligno disse: "Questo è per ricordarti di non chiamarmi mai più ". Con questo, premette la punta della bacchetta sulla mano di suo figlio.

Severus cercò di non piangere, di non essere debole, ma quasi subito non riuscì a trattenersi. Un urlo che non riusciva più a trattenere squarciò l'aria, cadendo su orecchie sorde.

Migi, il loro elfo domestico, entrò di corsa e rimase bloccato a quella vista.

"Non toccare il ragazzo - ringhiò Sebastian all'elfo - "Sto per partire per un lungo viaggio e mentre io non ci sono, tu non ti occuperai del ragazzo in alcun modo. Baderà lui a se stesso". Gurdò il suo patetico figlio raggomitolato sul tappeto e disse: "Accio serpente!" Il serpente volò attraverso la stanza e gli atterrò in mano. Andò al camino e gettò il serpente nel fuoco. Poi, senza un'altra parola, uscì dalla stanza.
Da quel momento, Severus chiuse il suo cuore, e gettò le basi per quell'individuo freddo che sarebbe diventato in futuro. Visse nella tenuta prendendosi cura di se stesso, lavandosi i vestiti, procurandosi e cucinandosi il cibo; finchè finalmente non partì per Hogwarts. Una volta lì non scrisse mai a suo padre e non lo vide neanche durante le vacanze. Suo padre non mandava i soldi per i vestiti o per ciò che gli serviva, ma in qualche modo Severus riuscì a provvedere: iniziò a preparare pozzioni e a venderle, per guadagnare quello che gli serviva a comprarsi le cose per la scuola. Durante l'estate stava a Piton Manor, sentendosi molto solo.

Adesso, molti anni dopo, aveva l'occasione di fare per qualun altro quello che avrebbe voluto fosse stato fatto per lui. Aveva l'opportunità di diventare qualcuno di diverso da suo padre. Quando in infermeria aveva preso la mano di Harry, gli era successo qualcosa.
La dura corazza si era incrinata, appena un po'; ma era sufficiente per cambiare. La reazione violenta che aveva avuto il giorno prima continuava a tornargli alla mente. Quelle azioni non erano sue, non avrebbe mai neanche pensato di trattare il ragazzo in quella maniera. Magia nera: era questa l'unica spiegazione. Finchè non avesse capito cosa stava succedendo, doveva allontanare il ragazzo.

Piton si alzò e andò davanti al camino, prese una manciata di Polvere Volante e ve la gettò. "Hogwarts... Professor Silente". Infilò la testa nel camino e guardò intorno. La stanza era vuota. I ritratti lo stavano guardando e Severus disse: "Per favore, informate il Professor Silente che c'è un'emergenza e deve contattarmi il prima possibile". Piton tornò alla sua sedia accanto a Potter e appoggiò il capo sul tavolo da lavoro; in attesa della chiamata di Silente. Quasi subito gli occhi si fecero troppo pesanti per restare aperti.


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Quando Harry si svegliò vide severus appoggiato al tavolo, addormentato. Il ragazzo decise di esplorare un po' in giro prima di svegliarlo. Doveva trovare tutti gli ingredienti che gli servivano per preparare la Pozione dell'Invisibilità. Prese il libro di Pozioni e iniziò a frugare nell'armadio. Trovò tutto ciò di cui aveva bisogno.
Sapeva che gli Auror stavano cercando di trovare Edvige, ma non riusciva a smettere di pensarci. Non poteva perdere un altro amico. Aveva sopportato fin troppe perdite nella sua giovane vita, e non era in grado di sopportarne altre. Era questo il motivo che lo spingeva a non pensare ai rischi che correva a sgattaiolare a Privet Drive usando una Pozione dell'Invisibilità.

Sapeva che se fosse stato scoperto da Zio Vernon era praticamente spacciato; se invece veniva scoperto dal Ministero sarebbe stato rimandato dai Dursley comunque. Harry cercò di non pensare al momento in cui sarebbe rientrato a Privet Drive. Il solo pensiero bastava a spaventarlo, ma se c'era anche una sola possibilità di salvare Edvige, valeva la pena tentare.

Si voltò a guardare Severus, e si sentì in colpa per il gigantesco inganno che progettava. Forse avrebbe dovuto dargli una possibilità, forse avrebbe dovuto parlargliene? Ma se Piton si arrabbia? Non voglio che succeda di nuovo. Infine,decise di non rischiare e di fare tutto da solo.

Si mise accanto a Piton e tossicchiò. Gli occhi del professore si spalancarono ed estrasse di colpo la bacchetta mentre scattava in piedi.

Harry indietreggiò di qualche passo: "Ehi, Professore, sono solo io!"
Piton si guardò intorno e disse, com voce roca: "Di sopra, Potter, fatti la doccia e scendi per la colazione. Non mangerò con te stamattina". Non posso correre il rischio di fargli del male di nuovo

"Okay... stai bene?" gli chiese Harry, mentre lui lo fissava.

"Si, si, fai quello che devi fare, Potter". Rispose Piton infastidito. Non avrebbe corso mai più il rischio di far del male al ragazzo. Lo avrebbe tenuto a distanza finchè non avrebbe scoperto di quale incantesimo si trattava.

Zia Vespa e Charlet stavano facendo colazione nelle loro stanze, così a entrambi era risparmiata i brontolii di Zia Vespa riguardo alla mancata partecipazione alla cena della sera precedente.

Harry si lavò e si cambiò prima di scendere in sala da pranzo. Si sentiva a disagio a starsene seduto lì mentre gli elfi lo servivano. Finì la colazione più in fretta possibile. Appena ebbe finito di mangiare, Piton entrò nella stanza.

"Hai mangiato abbastanza?" Gli chiese, sapendo quanto il ragazzo fosse magro.
"Penso di aver mangiato più questa mattina che in tutta l'estate".

Piton osservò il piatto vuoto, soddisfatto che Potter avesse mangiato molto, poi disse: "Avrai bisogno di esser ein forze per quello che ho pensato per te".
Harry alzò il volto a guardarlo, con la trepidazione dipinta nello sguardo.
"Non preoccuparti, Potter, credo che ti piacerà".

Condusse fuori il ragazzo fino al giardino. Severus aveva una sorpresa per Harry. Arrivarono al grande prato; e lì, ad aspettare Harry c'era la sua Firebolt nuova fiammante.

"Fantastico!" urlò Harry, prendendo la scopa con entusiasmo. Era già pronto a saltarci sopra e a partire, quando severus lo fermò: "Rimani nella zona di sicurezza, Potter. Non sappiamo chi ci può essere al di fuori che ci cerca, ma non importa di chi si tratti, sicuramente non vogliono il tuo bene. Capito?"

"Non preoccuparti così tanto, professore!" Harry rise con entusiasmo... finchè non vide Severus negli occhi. Oops, forse non avrei dovuto rispondergli in quel modo!
"Uhm, si, signore, starò attento".
Severus voleva sorridere, nel vedere che finalmente il ragazzo stava iniziando ad abbassare la guardia con lui, ma si sforzò di mantenere il suo sguardo severo. "Bene, vai!" E gli fece cenno con la mano.

Harry non aveva bisogno di sentirselo dire un'altra volta. Saltò su e si sentì inghiottire dalla pura felicità. Scese in picchiata e passò accanto a Severus con un sonoro SWHHOOSHH! E subito risalì a una velocità incredibile. Il vento gli frustava la faccia e gli scompigliava i capelli. Si sentiva così bene a quella velocità. Si guardò intorno per cercare di capire meglio il luogo in cui si trovava. Doveva vedere come poteva fare per riuscire a uscire quando sarebbe stato pronto a salvare Edvige.

Il luogo era pieno di boschi e cespugli, con molte praterie. L'unico modo per scappare senza essere preso era proprio usare la sua Firebolt. Una volta fuori, avrebbe dovuto cercare la città più vicina e sperare in un treno; o forse avrebbe potuto prendere il Nottetempo anche dove si sarebbe trovato. Sì,era un piano che avrebbe funzionato.


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Nel frattempo, Piton era tornato nei sotterranei e si era messo davanti a un alto specchio. Proclamò un complicato incantesimo: una piccola luce blu si accese sull'estremità della sua bacchetta. Si avvicinò la bacchetta alla testa e guardò nello specchio l'incantesimo che prendeva forma. La luce blu iniziò a avvolgergli la testa, producendo un ronzio e facendo calare una nebbiolina scura. Il cerchio di luce inizio a scendere verso il suo collo e il suo torace. Piton continuò a guardare la luce che ronzava rumorosamente. Improvvisamente, appena la luce gli passò sopra il cuore, il colore diventò verde per un flash durato un secondo. Se Piton avesse sbattuto le palpebre se lo sarebbe perso. Ma c'era stato, e quella luce indicava che, senza ombra di dubbio, gli era stato fatto un maleficio. La luce blu continuò a scendere lungo il suo corpo, fino ai suoi piedi. Una volta toccata terra, scomparve.

Piton si diresse in fretta allo scaffale d'angolo, e prese un antico libro dall'aria malandata. Sfogliò "Pozioni oscure e malefici" fino a trovare cosa cercava. Una luce verde indicava un maleficio scagliato da un parente di sangue. Poteva essere stato quel vendicativo di suo padre a fare una cosa simile?

Continuò a leggere e scoprì che l'unico modo per scoprire esattamente quale maleficio fosse era mischiare un po' del proprio sangue con una pozione di complessa preparazione. Sì, posso farlo!

Piton iniziò a prendere gli ingredienti per la pozione, mentre si chiedeva che cosa potesse trattenere Silente così a lungo, impedendogli di ricontattarlo. Sapeva che era necessario rimandare Harry a scuola fino a che non fosse riuscito a risolvere la situazione. Continuò con il lavoro, preoccupato da quello che avrebbe potuto scoprire.

Mentre cercava l'ultimo ingrediente ("lingua di rospo") trovò il suo libro di pozioni aperto e appoggiato al tavolo. Sapeva per certo di non avercelo lasciato lui.
Voltò il libro per vedere a quale pagina fosse aperto. Pozione dell'invisibilità? Non aveva in programma di prepapare qul tipo di mistura. Potter, poteva essere stato Potter a volerla preparare? Era illegale per un minorenne! Quale piano stupido aveva in mente Potter, adesso? Dannazione, voleva forse scappare?
Sarebbe stato proprio degno dei suoi capricci peggiori!

Piton sentì la rabbia salirgli. No, combattila! Decise di non uscire a cercare quell'imprudente di un adolescente prima di aver preso una pozione calmante. Nel frattempo, prese gli ingredienti necessari a preparare la Pozione dell'invisibilità e li chiuse in una cassaforte segreta che si trovava in corridoio, dietro il ritratto del suo bisnonno. Prese la pozione calmante e uscì a cercare Potter.

Harry doveva aver volato per diverso tempo, perchè quando abbassò lo sguardo vide Piton che gli faceva cenno di scendere.
Atterrò dolcemente e saltò giù dalla scopa sentendosi rinato.

"Wow! E' stato incredibile, dovresti vedere quanto vado veloce su questa scopa!"
"Potter, ho bisogno di parlarti", disse Piton in tono brusco.

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Capitolo 13
*** Assentarsi ***





Harry era appena saltato giù dalla sua Firebolt, sentendosi finalmente sè stesso, finchè non vide lo sguardo sul volto di Piton. Il professore era in piedi ai bordi del prato, vicino alla sofisticata fontana, con le braccia incrociate. Il suo volto aveva l'espressione severa che Harry riconobbe come fonte di guai.

"Potter, ho bisogno di parlare con te", disse Piton in tono pungente.
Il corroborante volo sulla sua scopa gli aveva restituito un po' di sicurezza in sè stesso. Se non era capace di affrontare il suo Professore di Pozioni, come avrebbe potuto tenere testa a un Mangiamorte? Mentre si trovava sulla scopa aveva deciso che avrebbe salavto Edvige a tutti i costi, e affrontato quell'essere rivoltante di suo zio, se ce ne fosse stato bisogno. Dopo averci pensato, aveva deciso che ne avrebbe parlato con Piton, per vedere se avrebbe potuto aiutarlo.

"Seguimi nel mio laboratorio", gli ordinò Piton, dopo aver osservato il ragazzo. Il colorito di Harry era migliorato, e sembrava stesse meglio, come quando aveva lasciato la scuola per l'estate. Sembrava più in salute, per quanto potesse esserlo dopo tutto quello che aveva passato. Piton si accorse che il ragazzo lo guardava preoccupato; e decise di metterlo a suo agio.

"Come hai trovato il volo, signor Potter?"
"E' stato grandioso! Se potrò giocare ancora a Quidditch quest'anno, questa scopa sarà il mio asso nella manica!" Esclamò Harry, che sentiva ancora tutta l'eccitazione che il volo gli aveva regalato.
"Che cosa significa ... Perchè non dovresti giocare?"
"Ehm... lo sa che sono stato bannato a vita dal Quidditch, vero?"
"Signor Potter, devi sapere che ci sono certi... vantaggi... nell'avere me come guardiano. Uno di questi è che se il prossimo Professore di Difesa deciderà di trattarti ingiustamente, dovrà vedersela con me". Piton gli aveva risposto arricciando le labbra con uno sguardo carico di indignazione. Come si permetteva, quella donna ridicola, di dire al suo protetto quello che poteva o non poteva fare!

Piton si trovò quasi a sorridere, nel notare come lo guardava Harry. Forse il ragazzo stava davvero iniziando a fidarsi di lui.

"Ma come faremo con il bando della Umbridge, signore?"
"Umbridge? Pensi davvero che quella donna sia in posizione di far valere quel bando?"
"Io... non voglio causarti altri problemi", disse Harry; ma sperando ancora in una soluzione.

Piton smise di camminare e fissò Harry negli occhi. "Non lascerò che tu stia seduto sugli spalti a vedere qualcuno che non è bravo neanche la metà di te usurpare il tuo posto. Per quanto mi riguarda, l'interdizione della Umbridge non ha alcun valore. Se tu vuoi giocare, allora giocherai. Non permetterò a qualche personaggio ridicolo di dire a mio... mio figlio cosa può o non può fare!" Con questo, Piton superò Harry con le vesti nere che svolazzavano mentre camminava.

SI! Dopotutto, non sarebbe stato brutto avere Piton come guardiano. Harry stava già progettando una nuova mossa per soffiare il boccino da sotto il naso di Malfoy.

Mentre scendevano la scalinata in pietra, l'aria si faceva più fredda e leggermente pesante. Piton aprì la porta del laboratorio e fece cenno a Harry di entrare, prima di chiuderla dietro di sè. Il professore si diresse alla scrivania e si girò per guardare il ragazzo. Harry lo guardò e vide che teneva in mano una piccola fiala. Raccolse tutto il suo coraggio e decide di confidargli il suo piano.

"Ehm, professore, anch'io ho bisogno di parlare con te".
Piton alzò una mano e rispose: "Aspetta, Potter, devo parlare io per primo". Stappò la fiala i pozione calmante e ne bevve il contenuto. Non voleva interrompere Harry, ma non voleva rischiare di perdere la calma prima di aver parlato al ragazzo della maledizione. L'effetto fu immediato, e si sentì subito più rilassato.

Harry si spostò da un piede all'altro e abbassò lo sguardo, sentendosi svanire un po' di quel coraggio Grifondoro.

Piton parlò in un tono di voce calmo e freddo, reso più lento dalla pozione calmante. "Potter, ho appena scoperto che sono sotto l'influsso di un maleficio. Non sono sicuro di cosa si tratti, ma sto cercando di scoprirlo". Poi, Piton tese a Harry la sua bacchetta: "Prendila, Potter".

Harry esitò; era strano che un professore consegnasse la propria bacchetta a uno studente. Piton afferrò la mano di Harry e vi pose la bacchetta. Harry la strinse esitante, come se fosse un serpente.

"Vedi, Potter; non riesco a controllare la mia rabbia verso di te. Alla minima provocazione perdo completamente il controllo. Non voglio rischiare di farti del male. Non è mai stata questa la mia intenzione, quando ho deciso di prendere la tua custodia... E' per questo che ora te ne devi andare". Piton guardò Harry negli occhi, e ci vide confusione e tradimento.

"Ma, aspetta! Posso provare di nuovo... Non sono certo..."

Piton lo interruppe bruscamente: "No, Potter, non è colpa tua! Non capisci? Si tratta di una maledizione, e io non ho alcun controllo su questa cosa. Ti ho dato la mia bacchetta per evitare di farti del male, nel caso che perdessi la calma. Se vedi che non riesco a trattenermi, devi farmi un incantesimo incatenante e chiamare immediatamente Silente via camino".

Harry non sapeva cosa dire. Si mise in tasca la bacchetta di Piton e sperò che non ci fosse bisogno di arrivare a tanto. Ma era la verità? Oppure Piton si era stancato di prendersi cura di lui?

"Sto cercando di mandarti via di qua il prima possibile, ma il Preside non mi richiama. Non posso mettermi in contatto con nessun altro senza essere individuato dal Ministero. Siamo in una situazione un po' imbarazzante". Piton incrociò le braccia senza smettere di guardarlo. Le emozioni del ragazzo erano così chiare. Poteva dire con certezza che Potter si stava incolpando di nuovo.

"Signore, e se prometto di non farti arrabbiare di nuovo e..." Implorò Harry, scordando ogni dignità.
Ancora una volta Piton lo interruppe: "Stupido ragazzino, ma non mi ascolti?" Si girò sui tacchi, voltando la schiena al ragazzo e poggiando le mani sulla scrivania. Il ragazzo stava facendo l'ottuso o non aveva davvero capito ciò che gli aveva appena spiegato?

Harry si sentì il cuore sprofondare, ma cercò di non mostrare le sue emozioni. Non c'era voluto molto perchè Piton si stancasse di lui. Perchè allora aveva parlato dei "vantaggi di diventare suo figlio"? Si sentiva così stupido; era ovvio che Piton non voleva davvero portare avanti l'adozione.

In tono più tranquillo, Piton continuò: "Harry, devi capire che sei in pericolo".

A Harry sembrava tutta una presa in giro, il Professore stava benissimo adesso. Perchè non gli diceva chiaramente che voleva che se ne andasse? Non aveva bisogno di questi giochini.
Harry respirò a fondo, e desiderò aver avuto il tempo di completare la Pozione dell'Invisibilità.

"Scusa, professore, me ne andrò quando vuoi. Devo solo preparare i bagagli... oppure preferisci che lasci qua i vestiti che tu hai pagato?" Harry aveva sussurrato l'ultima parte guardandosi le scarpe e sentendosi totalmente patetico.

Piton comprese che il ragazzo non aveva capito le sue intenzioni. Si voltò verso di lui e gli vide le spalle curve e la testa bassa. Lui intendeva mandarlo via solo temporaneamente, finchè non avesse annullato il maleficio.
Harry guardò Piton negli occhi e vi lesse falsa preoccupazione. Ne aveva abbastanza di essere preso in giro, e fece una piccola smorfia. All'inferno Piton! Non aveva bisogno di tutti quei vestiti, o di altre cose che venivano da lui.

"Non mi servono tutte quelle cose, comunque. Intendo dire che è piuttosto rididolo avere dieci pigiami, quando dormo solo in maglietta e boxer. Spero che tu non ti arrabbi, ma li ho dati agli elfi domestici. E alcuni di quei maglioni assomigliano a quelli che indosserebbe Zia Petunia", sbottò Harry con rabbia.

"Potter, è ovvio che non hai capito questa conversazione". Piton inclinò il capo e si strinse la base del naso con le dita. Cos'aveva il ragazzo?
"Ah, sì? Non sono così stupido come pensi, Piton!" Harry era stanco di sentirsi umiliato. Che razza di scherzo era?

Piton voleva spiegarsi di nuovo; ma sentì che la pozione calmante non stava funzionando come aveva sperato. Iniziò a sentirsi nervoso e preoccupato all'idea di perdere il controllo se avesse passato altro tempo con il ragazzo. "Prendi quello che vuoi. Ma vai!"

Harry fissò oltre la scrivania, cercando di individuare il libro di Pozioni. Se solo avesse avuto la pozione, il piano per salvare Edvige poteva ancora funzionare. Piton vide in che direzione guardava il ragazzo e ricordò che aveva intenzione di parlare a Harry della Pozione dell'Invisibilità. "Potter, spero davvero che tu non sia così stupido da preparare una pozione illegale. Qualunque piano ridicolo tu possa avere in mente... non funzionerà".

Harry ne aveva abbastanza! Prima il profezzore voleva cacciarlo, poi lo offendeva e demiliva un piano di cui non era neanche a conoscenza. "Sai, Professore, se voleva che me ne andassi bastava che venisse a dirmelo. E per quanto riguarda il mio rididolo piano, non saprai mai cosa significa voler salvare un amico, perchè non ne hai mai avuto uno!".

Come si permetteva il ragazzo di parlargli in quel modo! Insolente, impertinente moccioso! Piton non si concentrò più sulle parole che gli aveva detto, ma sentì solo le emozioni che divampavano in lui. La rabbia scorse in lui più potente e più rapida che mai. Lo sommerse prima che avesse il tempo di mettere in guardia Harry.
Si sporse verso il ragazzo e lo afferrò per il collo della maglietta. Harry non si era spostato abbastanza in fretta; e adesso il professore aveva alzato il pugno in aria. Harry afferrò il polso della mano che lo teneva per il colletto. Il professore si bloccò nel vedere gli occhi di Harry. Occhi verde smeraldo.

"Severus... non farlo... ti prego" Harry guardò fisso gli occhi annebbiati di Piton.

Piton avvertì un debole legame con il ragazzo, attraverso la magia nera che lo aveva sommerso quasi del tutto. Piton spinse via Harry bruscamente e ruccì un'unica parola: "SCAPPA!"

Harry si sbilanciò all'indietro e cadde contro il muro, ma riuscì a mantenere l'equilibrio. Lanciò un'occhiata a Piton senza nascondere l'assoluta sensazione di essere stato tradito. Si voltò e corse su per le cale a due alla volta, attraversò la porta che conduceva ai sotterranei, fece di corsa la cucina e uscì dalla porta principale. Si diresse deciso verso l'unica cosa capace di farlo sentire tranquillo... la sua Firebolt. Con o senza Pozione dell'Invisibilità sarebbe andato a salvare la sua fedele amica, Edvige. Perchè si era fidato di quell'uomo?

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Dopo diversi minuti in cui era da solo nella stanza, Piton utilizzò le sue capacità di occlumante per tornare alla giusta percezione della realtà. Gli servirono molti respiri profondi per sentirsi di nuovo padrone delle sue emozioni. Aveva quasi perso il controllo di nuovo! Il ragazzo doveva essere mandato da un'altra parte! Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia più vicina e si prese la testa fra le mani. Perchè, perchè aveva lasciato che questo succedesse di nuovo... quando era così vicino all'aver ottenuto la fiducia del ragazzo? Lo sguardo che aveva visto sul suo volto lo avrebbe perseguitato per giorni.

Decise di continuare con la preparazione della pozione che gli avrebbe fatto scoprire con esattezza di quale maleficio si trattasse, prima di cercare Harry di nuovo. Non si sarebbe lasciato escludere dalla sua rabbia giovanile. Forse il ragazzo aveva bisogno di un po' di tempo per calmarsi. Severus aveva capito che Harry non aveva compreso le sue intenzioni, e ne era stato ferito. Forse dopo un po' di tempo e un ulteriore spiegazione avrebbe capito che gli stava dicendo la verità.
Severus iniziò a preparare la pozione. Proprio quando stava aggiungendo l'ultimo ingrediente, le fiamme nel camino diventarono verdi.

Era l'ora, Silente

Severus andò al camino e vi si chinò di fronte. Vide il volto del preside affacciarsi fra le fiamme.

"Severus, sei solo? Ho solo pochi minuti, il camino è controllato" "Si. Il ragazzo è fuori in questo momento", rispose Piton; arrabbiato con il preside che lo aveva contattato dopo molto tempo.
"Sembra che il Ministro subisca ancora pressioni da qualche mago potente che vuole che Harry sia rimandato dai Dursley", affermò Albus, andando dritto al punto.
"Com'è possibile? La gente non è rimasta abbastanza sconvolta da quello che è successo a Potter?"
"Sì, Severus, e molto anche; ma il Ministero vuole comunque avere controllo su Harry. Hogwarts è piena di ufficiali, e i camini sono controllati. Anche i Granger e i Weasley hanno i loro camini sotto controllo, e i loro gufi vengono intercettati. Non materializzarti al di fuori della zona protetta: lo scoprirebbero subito".

"Professore, questo ci mette in una situazione delicata". Severus non sapeva come dire al preside del maleficio, ma decise che era meglio essere diretti. "Dopo un attento esame ho scoperto di essere sotto l'effetto di una maledizione di natura oscura, che in questo momento si trova nel mio sangue. Se subisco da Potter anche la più piccola provocazione io perdo la capacità di tenere sotto controllo la rabbia. E' come se le mie emizioni negative fluissero fuori e io non riuscissi a fermarle. Dobbiamo fare in modo che Potter si allontani dalla mia presenza immediatamente!" Piton tentò di controllare il tono di voce ma non ci riuscì. Aveva impressionato Silente con la sua preghiera di portare via Harry in fretta.

"Severus, hai fatto del male al ragazzo?" La voce di Silente era molto vicina alla rabbia. Sapeva che Severus aveva dei problemi a controllare le proprie emozioni verso il ragazzo, ma ora, con questo maleficio, la situazione era molto grave.

"Per ora, niente di irreparabile, ma non posso promettere che la prossima volta non lo sarà".
"E' davvero una brutta notizia" - Silente fece una pausa prima di aggiungere - "Tua zia è ancora lì con te?"
"Sì, la vecchia strega non si è ancora stancata della mia compagnia", rispose Severus con sarcasmo.
"Bene, allora potresti affidare a lei il signor Potter, finchè questo problema non sarà risolto".
"Ah! Professor Silente, ovviamente non conosci mia zia. Sarebbe felice di chiudere il ragazzo nella sua stanza e di gettar via la chiave. No, non posso affidarglielo".
"Severus, qui le cose sono messe male". Silente doveva comunicare altre brutte notizie.
"Severus, le terre vicine alla tua proprietà sono piene di ufficiali del Ministero, e dalla notte scorsa... anche di Mangiamorte. Alcuni dei tuoi vicini sono stati interrogati, ed è comparso il Marchio Nero. Hanno capito qual è la zona in cui ti trovi, e stanno disperatamente cercando di trovarti. Sfortunatamente sia gli ufficiali sia i Mangiamorte ti stanno cercando, soprattutto per trovare Harry. E' impossibile spostare Harry, anche solo farlo passare per il camino senza che venga individuato". Il Preside sembrava assorto, come se stesse cercando una soluzione sul momento.

"Severus, pensi di riuscire a evitare di far male al signor Potter di nuovo?"
"Ho altra scelta?" ghignò Piton.
"Vorrei poterti offrire una soluzione, ma sfortunatamente non è possibile spostare Harry".

"Ho già esaurito la mia scorta di pozione calmante per evitare di fargli del male, e l'unica cosa che sono riuscito a ottenere è un paio di minuti in più prima di perdere il controllo. Non posso stare vicino al ragazzo. Immagino che mi chiuderò nel sotterraneo finchè non sarò riuscito a trovare un modo per annullarlo", rispose Severus, pensando a quanto tempo gli sarebbe servito.
Silente esitò prima di chiedere: "Hai parlato con Harry della notte in cui lo hai salvato dai Dursley?"
"No, non penso che sia ancora pronto a rivivere quell'orrore".
"Beh, dovrai parlare con lui degli abusi che ha subito dai suoi zii. La nostra unica speranza è incriminare formalmente i Dursley alla Corte Magica per quello che gli hanno fatto, altrimenti otterranno la sua custodia. Dobbiamo preparare Harry a raccontare ai Servizi Sociali per Ragazzi Magici le atrocità che ha sofferto. Se deciderà di non parlare di quello che è successo a casa dei suoi zii, rischiamo di perderlo, Severus".

"Albus, io... non posso sopportare l'idea di perderlo. Mi sono molto affezionato al ragazzo", rispose Severus. Che potesse essere dannato se avesse lasciato che i Dursley gli rimettessero le mani addosso!

"Bene, questo dovrebbe darti un incentivo in più per trovare al più presto un antidoto e per spingere Harry ad aprirsi con te". Silente stava cercando di mostrarsi più ottimista di questo si sentisse in realtà.
"Sì, non dormirò finchè non sistemo tutto", rispose Piton, ripensando allo sguardo tradito che Harry gli aveva lanciato poco prima.
"Perfetto, ti contatterò il prima possibile. E Severus, buona fortuna con ciò che ti attende" disse Silente, prima di sparire tra le fiamme.
Piton tornò alla pozione, con la consapevolezza che davvero non avrebbe dormito finchè non avesse risolto questo mistero. Prese il mestolo e mescolò tre volte in senso orario. Poi si arrotolò la manica e prese un coltello affilato. Si punse il braccio con la punta del coltello e del sangue gocciolò lentamente nel calderone. La pozione iniziò a bollire, mentre lui la osservava concentrato.

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Harry corse lungo il prato e saltò sulla sua Firebolt. Era deciso a lasciare quel posto immediatamente. Si staccò da terra e prese immediatamente quota. Rallenta e controllati. Sapeva esattamente da dove sarebbe dovuto uscire. Avvicinandosi alla zona di sicurezza, iniziò a sentire una sorta di scampanio. Che diavolo era? Tornò indietro verso la casa e lo scampanio cessò. Doveva essere una specie di allarme. Tornando verso il confine della zona di sicurezza, vide un bagliore rosastro. Seguendolo con lo sguardo, si accorse che si trattava della barriera sistemata da Piton. Non l'aveva mai vista prima, ma non aveva mai volato così vicino al confine. Costeggiò l'intero confine della proprietà, in cerca di un punto dove poter passare. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era trovarsi alle calcagna un Piton fuori di testa.

Dopo un'ora abbondante, giunse finalmente alla conclusione che avrebbe dovuto sfondare la barriera. Sorvolò il prato, un gruppo di alberi e un'alta siepe. Puntò la scopa verso la barriera e vi corse contro. Più veloce arrivava alla libertà, più forte era il suono. Qualunque cosa fosse quell'allarme, non lo avrebbe fermato dal salvare Edvige. Prese velocità mentre si avvicinava alla barriera rosa. Più veloce, ancora più veloce finchè non riuscì quasi più a respirare, il corpo stretto alla scopa. Il bagliore rosa si avvicinava, Harry chiuse gli occhi; mentre stava per passare l'allarme risuonò al massimo nelle sue orecchie. Slammm!

Harry non sapeva cosa lo aveva colpito. La barriera impediva di entrare nella proprietà, ma impediva anche di uscirne. Scivolò giù dalla scopa e cadde giù, verso terra. Improvvisamente si ricordò di avere con sè la bacchetta di Piton, e effettuò lo stesso incantesimo che Silente aveva usato su di lui quando era caduto alla partita di Quidditch.

"Arresto Momentum!" Urlò nel panico, puntando la bacchetta verso di sè. L'incantesimo lo rallentò a sufficienza; e finì in una siepe che gli evitò gravi ferite. Si mise a sedere con attenzione, e cercò di controllare i danni che si era fatto. Le gambe e le braccia avevano dei tagli profondi, ma per il resto stava bene. E adesso? Uscì dalla siepe e frugò l'erba alla ricerca degli occhiali; per trovarli rotti e piegati. Fantastico, adesso non avrebbe più trovato la strada per il ritorno!

Cercò la scopa tenendo le lenti rotte appoggiate agi occhi e la vide penzolare da un albero.

"Accio firebolt!" Harry tese la mano e la scopa la raggiunse. Guardò la sua firebolt nuova, mentre gli veniva da piangere dalla frustrazione. La bellissima scopa era spezzata in più punti. Era riuscito a sciupare un regalo un regalo da parte di qualcuno che lo apprezzava per quello che era. Remus era sempre stato così gentile. Poi ripensò a Piton e alla bugia che aveva inventato per potersi liberare di lui. Dannazione, perchè non aveva funzionato? Perchè doveva sempre rovinare tutto!

Harry cadde in ginocchio sull'erba, abbracciato alla scopa. L'impatto contro la barriera gli stava facendo girare la testa. Iniziò a respirare profondamente per far passare il malessere, ma non funzionò. Tentò di alzarsi in piedi, facendo peggiorare le vertigini. Finalmente, cadde a terra svenuto.

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Severus osservava il calderone con attenzione, aspettando che la pozione cambiasse colore. Dopo diversi minuti di attesa, divenne di un verde putrido, e iniziò a emanare un leggero fumo giallastro. Aprì il libro di Magia Nera e trovò la risposta che cercava.

Il maleficio era ancora peggio di quello che credeva. Lesse la descrizione:

Familia Destructo - Un maleficio che può essere fatto solo sui propri familiari, con i quali ci sia un legame di sangue. Inizia a manifestarsi alla nascita di un bambino o in occasione di un'adozione. La persona vittima del maleficio inizierà a provare una sottile rabbia, che con il tempo si moltiplicherà, fino a fargli provare desiderio di far del male/uccidere il bambino. La maledizione viene posta sulla vittima facendogli bere del sangue di colui che la vuole effettuare, insieme a un potente incantesimo che resterà sulla vittima per sempre. L'unico antidoto conosciuto è una complicata pozione, che deve essere preparata entro un mese dall'inizio del maleficio. Di solito questa maledizione viene utilizzata per poter ottenere un'eredità...
Piton smise di leggere e si sedette pesantemente sullo sgabello. No, no, non posso crederci! Aprì di nuovo il libro alla ricerca della pozione e iniziò a raccogliere gli ingredienti necessari. Il cuore batteva furiosamente, e si sentiva ancora sotto shock. Come poteva suo padre, avergli fatto una cosa simile? Lo odiava davvero così tanto?

La testa gli girava ancora, quando iniziò a preparare gli ingredienti. Lavorò automaticamente, cercando di mettere da parte le emozioni che provava verso suo padre, senza riuscirci. A chi aveva in mente di lasciare l'eredità? Che fosse maledetto, perchè non lo aveva semplicemente diseredato, invece di fargli un maleficio?

Severus ripensò a Harry e a quello che gli stava per fare. La situazione lo preoccupava più di quanto credesse fosse possibile. Stava davvero iniziando a sentire affetto paterno per il Grifondoro; e non voleva niente che ne ostacolasse l'adozione. La pozione iniziò a bollire, e un odore metallico si diffuse per la stanza. Ho già sentito questo odore metallico, ma dove?

Improvvisamente, l'allarme della barriera iniziò a suonare, riempiendo il sotterraneo con un suono acutissimo. Piton tolse il calderone dal fuoco e cercò la bacchetta. Dove diavolo era? Poi ricordò... L'ho data a Potter.

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Capitolo 14
*** Time out ***




Improvvisamente Piton sentì partire l'allarme della barriera. In fretta, corse su per le scale e uscì dal portone principale. Cercò istintivamente la sua bacchetta, ma si accorse che non l'aveva con sè. L'aveva data al ragazzo!

"Kinsey! Vieni subito!"
Kinsey apparve davanti a Piton con un 'pop'.
"Trova il signor Potter e riportami la bacchetta. Fai in fretta!"
Kinsey annuì e scomparve con un altro 'pop'.

Piton era in ansia mentre aspettava la bacchetta. Qualcosa o qualcuno aveva cercato di penetrare attraverso la barriera; questo significava che qualcuno sapeva dove si trovavano. Doveva assicurarsi che Potter fosse nascosto, e doveva sistemare qualche piano di fuga di emergenza per lui.

Pop! Kinsey riusciva a malapena a prendere fiato: "Signore, per favore, il signor Potter, è ferito, signore!"

"Dove, Kinsey, Dov'è! Portami da lui!"

Piton si aggrappò alle spalle ossute dell'elfa mentre lei materializzava entrambi ai confini della proprietà. Harry era a terra, con la scopa rotta stretta fra le mani. Piton si chinò e prese la bacchetta, abbandonata accanto al ragazzo svenuto. Si guardò intorno, ma non vide nessun intruso; mentre controllava lo stato della barriera con la bacchetta.

Piton si sentiva responsabile per le condizioni in cui si trovava il ragazzo. Si presupponeva che lui lo proteggesse, e invece era ferito di nuovo. Controllando la barriera di nuovo, era giunto alla conclusione che non era danneggiata. C'era qualcosa che non tornava, perchè il ragazzo era ferito, e chi lo aveva attaccato, facendo scattare gli allarmi?

Piton si chinò in fretta accanto a Harry e lo voltò sulla schiena. Toccò con attenzione la contusione viola sulla fronte del ragazzo e ispezionò la testa in cerca di altre ferite. Non ne trovò, e passò la mano sulle gambe e sulle braccia di Harry, in cerca di fratture. Tranne alcuni profondi graffi, le membra del ragazzo sembravano a posto.
Controllò la presenza di ferite interne passando la bacchetta sul corpo del ragazzo. Non trovando niente, decise di portarlo in casa.

"Kinsey, ci materializzeremo nella stanza del signor Potter. Dovrai rimanere con lui mentre io andrò a prendere alcune pozioni curative".
Severus sistemò il braccio intorno alle spalle di Harry e lo tenne stretto; per potersi alzare mentre lo sorreggeva. Proprio allora Harry aprì gli occhi e vedendo chi lo stava tenendo cercò di divincolarsi, tenendo stretta la sua Firebolt.

Piton gli pose una mano sulla spalla. "Harry, sei ferito?"

Harry scosse la testa e si allontanò dal tocco di Severus. Il professore si sentì irritato dalla reazione di Harry. Ovviamente, Potter era ancora arrabbiato con lui e l'idea di essere mandato via lo aveva alterato più di quanto Severus avese creduto.

"Cos'è successo? Sei stato attaccato?" Gli chiese Severus, vedendo il ragazzo che abbassava lo sguardo nuovamente.

"No", rispose Harry mentre si sedeva e si guardava velocemente intorno, come se avesse intenzione di scappare.

No... niente intrusi? Come ha fatto allora Potter a farsi male?

"Potter, dammi la tua scopa".
Harry la strinse di più e fece cenno di no con la testa.

Piton guardò la Firebolt rotta che Potter stava ancora stringendo: sapeva che la scopa non poteva rompersi, grazie a un incantesimo a cui era stata sottoposta. Poi ricordò Silente che, saggiamente, poneva un incantesimo potentissimo sulle barriere che circondavano la tenuta: l'incantesimo avrebbe fatto in modo di rendere inutilizzabile qualunque oggetto avesse tentato di sfondare la barriera. L'unico modo in cui la Firebolt poteva rompersi era con un forte scontro con la barriera. Piton aprì le dita di Harry che stringevano la scopa e la guardò con attenzione. Gli occorse un momento per giungere alla conclusione: Potter stava cercando di andarsene e ha sbattuto contro la barriera. Una delle cose più stupide che anche lui abbia mai fatto! Cosa lo ha reso così disperato da scappare?

"Potter, hai cercato di scappare!" Piton aveva posto la domanda in tono aspro. Stava cercando di respingere la rabbia, cercando di bloccare le sue emozioni; ma fallì miserabilmente.

Harry non sentì il bisogno di giustificarsi: "Che diavolo ti importa? Volevi liberarti di me comunque, così ho pensato di facilitarti il compito!"
Lo faceva arrabbiare, vedere il ragazzo che si rivolgeva a lui in quella maniera. Quel ragazzo aveva davvero dei seri problemi a rispettare le regole, senza pensare un attimo alle conseguenze delle sue azioni. Insolente, sciocco ragazzino! Non aveva diritto di parlargli in quel modo e di mettersi in pericolo!

"Kinsey, prendi il ragazzo e chiudetevi nella sua stanza, prima che gli faccia del male di nuovo. Non aprire la porta"; Piton sentiva a poco a poco la rabbia farsi più forte.
"No!" Urlò Harry. Avrebbe voluto dire di più, ma gettò un'occhiata all'espressione di Piton e chiuse la bocca.

Kinsey tese le braccia e si avvicinò a Harry.
"Ora, Kinsey!" Severus si sentiva sempre più distante dalal realtà. Kinsey afferrò in fretta Harry per un braccio e scomparvero con un forte "POP".

Quell'ottuso ragazzino lo stava portando al limite. Di tutte le cose stupide che poteva fare in questo stato di emergenza. Anche se non avesse avuto il maleficio che faceva effetto, Severus pensava che avrebbe potuto mollare uno schiaffo a Harry per quello che aveva fatto. Era abituato ai comportamenti di Potter, ma questo andava oltre ogni logica.

Piton ricontrollò le barriere, mentre si avviava al suo laboratorio. Si sentiva più calmo, ora che Potter non era con lui. Sperò che l'antidoto non si fosse rovinato, visto che aveva dovuto toglierlo dal fuoco prima di quanto fosse necessario. Sarebbe stato spiacevole: sapeva di non avere abbastanza ingredienti per rifarlo da capo.

Mentre tornava verso casa vide il ragazzo in piedi vicino alla finestra della sua camera al secondo piano, con la testa fra le mani. Quella vista gli causò una leggera stretta al cuore, mentre continuava a guardarlo. Harry ne aveva passate così tante, non c'era da stupirsi se non si fidava più di nessuno. Questo non era assolutamente il Grifondoro sicuro di sè che camminava nei corridoi come se fossero suoi. Gli abusi che aveva sofferto dovevano essere orribili, se avevano causato un così drastico cambiamento in poco tempo.

Piton ripensò al ragazzo scioccato che aveva lasciato sul treno in partenza per le vacanze estive. Anche prima che iniziassero i maltrattamenti di suo zio, aveva bisogno di riprendersi dalla perdita di quel cagnaccio del suo padrino, Black. Una volta arrivato a casa, era stato torturato dalle persone che in teoria avrebbero dovuto occuparsi di lui. Tutto questo aveva spinto il ragazzo al limite. Non aveva idea di cosa avesse trasformato il ragazzo in una persona totalmente diversa. Anche il modo in cui Harry sobbalzava e arretrava quando lui si muoveva di scatto era una grossa differenza da quello che una volta era un ragazzo spavaldo e coraggioso.

Cosa ti hanno fatto?

Severus non voleva saperlo, ma era consapevole del fatto che avrebbe dovuto saperlo, per poter aiutare il ragazzo. Aveva avuto un rapido flash dell'orrore, quando aveva aiutato Harry a uscire dallo stato inconscio causato dalla febbre, ma aveva la sensazione che fosse solo la punta dell'iceberg.

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Harry era mortificato. Non solo il suo piano era fallito miserevolmente, ma Piton lo aveva pure scoperto. Perchè niente funzionava mai come doveva? Ora era come prigioniero, senza nessuna possibilità di salvare Edvige. Di nuovo, sapeva che non sarebbe riuscito a salvare un amico.

Avrei dovuto mandare via Edvige. Sono così stupido, sapevo che i Dursley mi odiavano, e ho tenuto con me Edvige per avere compagnia. L'ho fatto di nuovo, me lo merito.

Ripensò a Severus, e a come aveva cambiato idea sul fatto di tenerlo con sè. In realtà, al Grifondoro sembrava perfettamente normale che il professore avesse cambiato idea. Il senso di colpa gli aveva consumato ogni senso della realtà, facendogli venire voglia di scomparire. La cosa peggiore era che aveva creduto di avere finalmente una famiglia e adesso Piton non lo voleva più. Per quanto strano potesse essere, Piton era stato per Harry l'ultima speranza di avere una famiglia. Harry sentì quella speranza scivolare via in fretta.

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Piton entrò nel sotterraneo, e si rese conto, senza neanche guardare, che l'antidoto era rovinato. Sentiva nell'aria l'odore sulfureo, al posto di quello metallico che la pozione avrebbe dovuto emanare. Con un colpo di bacchetta fece sparire la pozione insieme all'odoraccio. Merlino! Non aveva più radico di elleboro! Per l'antidoto erano necessarie; e l'unico posto dove trovarle era la Foresta Proibita di Hogwarts. E adesso?

Andò al camino e ci gettò della Polvere Volante. Avrebbe chiesto a Silente di prenderli per lui.
"Hogearts, ufficio del Professor Silente", disse Piton. Mise la testa nelle fiamme verdi e la ritrasse immediatamente. L'ufficio era pieno di ufficiali del Ministero! Lo avevano visto? Piton si mise a pensare a un altro piano. Gli serviva per forza quell'ingrediente, perchè la pozione funzionasse. Non ho scelta. Devo materializzarmi ad Hogwarts. Però, cosa posso fare con Potter? Zia Vespa...

Il rapporto fra Severus e sua zia era sempre stato difficile, per minimizzare. Severus ricordava benissimo quando, da bambino, zia Vespa incoraggiava suo padre a punirlo in modo molto duro. Vespa aveva sempre detto a Severus che lo faceva perchè voleva renderlo più forte. Da bambino, non voleva crederlo, ma nella sua innocenza e ingenuità finiva sempre per crederci. Era una persona che suo padre adorava, e di conseguenza, era una persona che il piccolo Severus avrebbe voluto compiacere. Adesso la vedeva per quello che era: una donna viziate ed egoista, senza nessuna pazienza e tolleranza per ogni inconveniente.

Quindi, era con grande trepidazione che Severus Decise che non aveva altra scelta che affidarle Harry. Se tutto fosse andato bene, gli sarebbe servita appena un'ora. Con la sorveglianza di Kinsey, era leggermente rassicurato che Harry sarebbe stato bene. Sapeva che non poteva fare altro.

Piton salì rapidamente le scale in cerca di sua zia. la trovò nella sua suite, con Charlet a farle compagnia. Vespa era seduta su un divano di seta verde, con i piedi appoggiati a uno sgabello di velluto, che sorseggiava del the caldo e osservava Charlet castigare la loro elfa domestica senza pietà.

"Chiedo scusa zia Vespa; posso parlarti un attimo?" Era l'ultima possibilità di Severus.

Charlet e l'elfa alzarono gli occhi a guardarlo; così come Vespa, che alzò lentamente lo sguardo dalla tazza di the.

La zia gli lanciò un'occhiataccia da sopra la tazza di porcellana cinese e replicò con astio: "Come osi venire a chiedermi perdono per la maleducazione che hai mostrato a cena. Tu e quel ragazzino orfano dovreste essere onorati dalla nostra presenza qui a Snape Manor. Invece, mi ha trattata con sdegno, e hai lasciato una cena che per Charlet era importante". Vespa si tese a prendere la mano di Charlet.
La ragazza guardò Severus facendo gli occhioni tristi, recitando la parte della bambina ferita.

Oh, per grazia di Merlino! "Zia Vespa, devo scusarmi per il mio comportamento irrispettoso. Per colpa della mia distrazione avevo dimenticato un'importante pozione sul fuoco. Sai che proprio adesso ci troviamo in serie difficoltà, e quella pozione era molto importante".
"Va bene, di che cosa hai bisogno, Severus?". Vespa aveva notato come il nipote sembrasse impaziente: lo vedeva da come s torceva le mani. E quindi... il maleficio ha già avuto inizio? Molto bene, molto bene davvero!

"Vespa, devo lasciare la tenuta per poco tempo. Ho appena scoperto che ci troviamo in più pericoli di quelli che sospettavo, e devo preparare una pozione che risolverà la cosa. Al momento tutta la proprietà è circondata da 'quelli' che ci vogliono fare del male. C'è una potente barriera, e sarete al sicuro qua dentro".

"Beh, lo spero proprio. Odio l'idea che Charlet possa trovarsi in pericolo". Vespa accarezzò la mano della ragazza per confortarla.
"Questo ci riporta al favore che intendo chiederti. Harry in questo momento è chiuso in camera sua, e ti sarei grato se volessi occuparti di lui nel caso dovesse accadere qualcosa nel periodo in cui sarò assente. Avrei bisogno che facessi smaterializzare Harry lontano da qui, nel caso la barriera venisse compromessa. Gli allarmi partiranno in modo da lasciarvi abbastanza tempo di Materializzarvi a Hogsmeade".
"Perchè il ragazzo è chiuso in camera sua?" Quel Sanguesporco probabilmente ha tentato di rubare l'argenteria.
"Non è importante, al momento". L'ultima cosa di cui Severus aveva bisogno era una ramanzina riguardo Harry Potter.
"E ci siamo di nuovo! Sei sempre più maleducato, Severus, e io non posso sopportarlo!" Vespa sbattè giù la delicata tazza di the, incurante del disastro che provocò sulla tovaglia di seta.

Piton non aveva tempo per le crisi di rabbia di sua zia. "Va bene, te lo dirò. Il ragazzo ha cercato di lasciare la tenuta senza il mio permesso".
"Dove diavolo voleva andare?"
"Beh, lui pensa che la sua civetta sia ancora viva, e che suo zio la tenga prigioniera. Ma non preoccuparti del signor Potter. Starà bene nella sua stanza a rimuginare sul suo comportamento sbagliato. Devo chiederti se sarai così gentile da sorvegliarlo per poco?" Piton era stato attento a a mantenere un tono di voce rispettoso.

Vespa era sopraffatta dalla gioia. Quello stupido di suo nipote le stava consegnando il ragazzo su un piatto d'argento. Troppo bello per essere vero!

"Bene, immagino di poter assistere il ragazzo, se ne avrà bisogno". Vespa riusciva con difficoltà a trattenere un sorriso.
"Non gli è permesso uscire dalla sua stanza, e nessuno può andare a fargli visita" - Piton guardò Charlet per assicurarsi che capisse - "A meno che, ovviamente, non ci sia un'emergenza. Se a sera non sarò ancora tornato, ti prego di avvertire via Metropolvere il professor Silente nel suo ufficio ad Hogwarts. L'unico camino che funziona è quello nel mio laboratorio nel sotterraneo. La parola d'ordine è "Girilacco". Non usarlo a meno che non ti trovi in pericolo di morte. La Metropolvere è controllata dagli ufficiali del Ministero e... dagli altri".

"Si, si, Severus. Sei diventato molto materno, direi". Piton dette un altro sguardo alla donna, notando la sua espressione divertita, poi fece un piccolo inchino e voltò i tacchi, tornando in corridoio.
Piton decise di non dire a Potter che se ne stava andando, temendo che il ragazzo potesse tentare di scappare di nuovo, sapendo che lui non c'era. Sarebbe un'azione in perfetto stile Grifondoro. Quando avrò fatto sparire questa maledizione farò a quel ragazzo un discorsetto sulla disciplina che non si scorderà facilmente!

Piton camminò fino al confine della proprietà portandosi dietro la sua scopa. Una volta davanti alla barriera, ci puntò contro la bacchetta: ci aprì un varco e ci passò attraverso. Poi si voltò in fretta e lo richiuse. Salì sulla scopa e si levò in volo oltre le cime degli alberi. Il professore si fese rapidamente un incantesimo di invisibilità, e percorse con lo sguardo il territorio, accertandosi che non ci fosse nessuno. Forse avevano rinunciato a dargli la caccia? Ma sapeva che non era così. Era sicuro che fossero ancora là da qualche parte intenti a cercarlo.

Una volta che Piton fu abbastanza lontano dalla zona di sicurezza si Materializzò ad Hogsmeade e volò per la rimanenza del tragitto a Hogwarts. Pensò di nuovo all'odore della pozione, ma non riusciva a ricordare dove l'avesse sentito di nuovo. Solo, non riusciva a togliersi dalla testa quell'odore, e sapeva che era importante tenerlo a mente.

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Harry camminava su e giù nella sua stanza, cercando di farsi venire in mente un altro paino per salvare Edvige. A questo punto sentiva di non aver più nulla da perdere. Gettò un'occhiata a Kinsey che se ne stava in un angolo con le braccia incrociate, chiedendosi se forse lo avrebbe aiutato. Proprio mentre stava per introdurre l'argomento, si sentì un lieve bussare alla porta. Sicuramente non è il modo di bussare di Piton.

Kinsey si mosse di scatto correndo alla porta: "Chi è?" Sussurrò nel panico, guardando Harry con la paura negli occhi.

"Sono solo io... Charlet. Sono venuta a controllare Harry. Potresti aprire la porta?"
"No, no, il padrone non la vorrebbe qui", disse Kinsey con incertezza. "Sono ospite in casa di mio cugino" - sbottò Charlet con rabbia - "Ed esigo di essere trattata con rispetto!"
Improvvisamente Charlet cambiò tono di voce, come ripensando al comportamento da tenere con l'elfa. "Devo dire a Harry qualcosa di importante, piccola elfa. Per favore, lasciami entrare", continuò con voce mielosa.

L'elfa sembrò incerta.

"Lasciala entrare, Kinsey. Piton non ha detto di tener lontano chiunque". Harry voleva ascoltare cosa la ragazza aveva intenzione di dirgli, e mandarla via subito dopo.
Lentamente, Kinsey fece scattare la serratura e aprì la porta, mettendo in luce la ragazza dall'espressione sdegnosa. Entrò nella stanza andando a sbattare di proposito contro Kinsey.
"Portami del thè, elfa". L'ultima cosa che voleva era che l'elfa domestica di Piton ascoltasse quello che aveva intenzione di dire a Harry.

L'elfa rimase in piedi, guardando nervosamente dall'uno all'altra, indecisa sul da farsi.

"E' andato via, elfa. Severus non c'è, quindi non devi preoccuparti di disobbedirgli. Adesso portami il thè con alcuni biscotti, prima che ti butti fuori a calci". Era così difficile rimanere gentili, quando i sevitori erano così insolenti. Se fosse stata a casa sua, quell'elfa sarebbe già finita giù dalle scale a suon di calci.

"E' tutto a posto, Kinsey", disse Harry rassicurante.

Kinsey uscì voltandosi un'ultima volta.

Charlet chiuse la porta della stanza e si voltò lentamente di fronte a Harry, trasformando il ghgno sul suo volto in una dolce espressione. Aveva un lavoro da svolgere, e il fallimento non sarebbe stato tollerato da sua zia.

"Harry, sapevi che Severus ha lasciato la tenuta?"
Harry non disse niente: si limitò a guardarla con la sfiducia chiaramente dipinta in viso.
Charlet si avvicinò a Harry, usando tutto il suo fascino per convincerlo a fidarsi di lei.
"Il cugino Severus sa essere così duro a volte. Mi spaventa davvero. Spaventa anche te?"
"Spaventarmi? Difficile" Sì, forse un pochino
"Oh, Harrty, mi ha detto che hai cercato di andartene e di come non ti avrebbe aiutato. Ho pensato che fosse così cattivo" - disse Charlet in tono preoccupato - "Ha detto anche che ti avrebbe tenuto rinchiuso per giorni interi, per imsegnarti la lezione".
"Rinchiuso?" Harry fissò la porta.
"Sì, è uscito pre procurarsi alcuni lucchetti magici che non sarai in grado di superare".

Harry era furioso! Come aveva potuto pensare Piton di essere migliore di zio Vernon? Non rimarrò qui un minuto di più. Harry afferrò il mantello e andò verso la porta.

"Aspetta! Forse posso aiutarti. Dove stai cercando di andare?"
"Charlet, non capiresti". Harry voltò la schiena alla ragazza, preparandosi a scendere nei sotterranei per cercare qualcosa con cui spezzare la barriera.

"Aspetta, Harry, forse invece capirei. Forse potrò anche aiutarti. Conosco la parola d'ordine per farti uscire da qui".

Harry si bloccò. Sarebbe stato molto più facile che spezzare la barriera. Si voltò lentamente verso Charlet, Vedendo la sua espressione ansiosa trasformarsi in un radioso sorriso.
"Devo andare a Little Whinging a cercare la mia civetta che ha mio zio. So che sembra stupido, ma lei è tutto quello che mi rimane".
"Non sembra affatto supido" - Cahrlet non riusciva a credere che si fosse fidato di lei così velocemente. Doveva essere proprio disperato - "Possi aiutarti ad andare là!" La ragazza si stava dondolando avanti e indietro dall'eccitazione.

"La parola d'ordine serve a rompere la barriera?"
"No, veramente mia zia conosce la parola d'ordine per la Metropolvere. So che zia Vespa ti aiuterà".

In nessun modo si sarebbe fidato di quello stupido troll. Adesso si sentiva idiota per averlo detto a Charlet.

"Charlet, per favore, non dirle che me ne sto andando, ti prego". Se fosse stato necessario, l'avrebbe implorata.

"Harry, devi credermi. Zia Vespa ama gli animali, e se c'è un modo per salvare il tuo, so che ti aiuterà. Ti prometto che ti farà tornare a Little Whinging. Perchè non ci permetti di aiutarti?"

Harry non poteva credere di stare facendo questa conversazione con la principessina viziata; ma a questo punto non sapeva cosa fare, e non aveva niente da perdere.

"Charlet, se è uno scherzo..."
"Non lo è, Harry, ti dò la mia parola di strega che tornerai a Little Whinging".
Harry sapeva che non avrebbe dovuto fidarsi di lei, ma cosa poteva accadere? Piton lo odiava comunque, e non gli importava quello che Vespapensava di lui. Lentamente, annuì con la testa.

Charlet praticamente corse fuori dalla stanza per cercare sua zia. Harry sarebbe stato lontano dalla sua vita e dalla sua eredità per sempre!
Quando se ne fu andata, Harry ripensò alla decisione di lasciarsi aiutare da Vespa. Dopo pochi minuti, il rospo vestito da donna era entrata nella sua stanza con la veste color porpora che fluttuava dietro di sè.

"Così, hai bisogno di aiuto, ragazzo mio?" Era stato fin troppo facile liberarsi del sanguesporco.
"Ehm, devo tornare da mio zio senza che lui mi veda. Lui ha la mia civetta". Forse mi dirà di no, ma valeva la pena tentare "Si, anche io avevo un gufo per il quale avrei rischiato tutto. Che cosa nobile da parte tua". Manipolare il ragazzo era stato più semplice di quanto avesse pensato.

"Sì, lei conta molto per me". Forse Vespa non era così male. Adesso Harry si sentiva in colpa per aver pensato male di lei.
"Allora non perdiamo tempo, ragazzo. Severus tornerà presto, e di certo non vuoi essere scoperto". E neanche io voglio essere scoperta.
Harry la guardò, stupito.

Vespa si voltò e si diresse verso i sotterranei. "Severus mi ha informato che l'unico camino collegato alla Metropolvere è quello nel suo laboratorio. Aprì la porta che conduceva al sotterraneo e iniziò a scendere le scale. L'aria fredda li investì, mentre scendevano.
"Ma come farò ad andarmene senza essere scoperto?" Chiese Harry, con la mente che lavorava spedita per l'ansia di ritrovare la sua civetta.
"Oh, Severus mi ha dato la parola d'ordine prima di andarsene. Solo in caso che avessimo visite. Potrai andare dai tuoi parenti e prendere la tua civetta; io terrò il camino aperto da qua, in modo che tu possa tornare". Si voltò verso Harry facendogli l'occhiolino.

Aveva senso, ma a Harry sembrava troppo facile. Perchè Piton non lo aveva fatto per lui?

Successe tutto così in fretta che Harry non ebbe il tempo di pensarci su. Prima che se ne rendesse conto, Vespa lo aveva afferrato per il mantello e stava lanciando la Polvere Volante nel camino.

Urlò: "Privet Drive numero 4!" E spinse in fretta Harry nelle fiamme verdi.

Improvvisamente, mentre davanti agli occhi di Harry scorrevano centinaia di camini, si rese conto di non aver mai dato l'indirizzo a Vespa. Come faceva a saperlo? Ma non ebbe il tempo di pensarci. In un attimo, Harry rotolò fuori da un camino e atterò sul pavimento... del numero quattro di Privet Drive!

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Capitolo 15
*** Il compleanno di Dudley ***




Chiedo scusa per la lunghissima attesa, e vi ringrazio per avermi attesa con pazienza. Vedo che avete continuato a seguire la storia e a cercare gli aggiornamenti. Adesso sono tornata, e cercherò di aggiornare più spesso. Grazie ad Anonimo, che mi ha fatto notare come mancasse l'avvertimento "traduzione": lo avevo specificato nel profilo dell'autrice, ma concordo nel fatto che dovrebbe trovarsi anche Qui. Una mancanza a cui ho rimediato. Grazie anche a Cuccussette: se vuoi puoi metterla nel tuo blog, non c'è problema.
Divertitevi!
Starliam - traduttrice



Harry si trovò improvvisamente ad inciampare sul pavimento del numero 4 di Privet Drive. Si alzò in fretta e si guardò intorno alla ricerca dei suoi parenti. Sentiva delle voci provenienti dal cortile sul retro, e sentiva l’odore del barbecue di pollo. Harry si appoggiò sulle mani e sulle ginocchia e strisciò sotto la scala, in modo che i Dursley non potessero vederlo dal cortile. Corse velocemente su per le scale e si diresse verso la sua vecchia stanza.

Quando spinse la porta per aprirla, si fermò sulla soglia e dette un’occhiata alla piccola camera. Il suo stomaco sobbalzò e sentì un’ondata di paura. Era scioccato nel vedere che la stanza non era stata modificata, neanche nel più piccolo aspetto. Il sangue sul pavimento si era seccato ed era diventato marrone scuro, le lenzuola erano ancora ammucchiate sul pavimento accanto al letto.

Un’immagine di suo zio gli si affacciò alla mente, sei un essere inutile e nessuno ti vorrà mai, mostro! Harry iniziò a sudare freddo, e si obbligò a compiere un passo per entrare nella stanza. Voltati contro il muro! Oh Dio,smettila di pensare a lui! Harry si avvicinò lentamente alla scrivania e prese la foto dei suoi genitori, cercando di concentrarsi su qualcos’altro che non fosse suo zio.

Harry si avvicinò alla finestra e sbirciò fra le tende. Poteva vedere Dudley e la sua gang seduti su delle sedie poste sotto l’albero, e zia Petunia e zio Vernon in piedi davanti al barbecue che voltavano il pollo. Tipico. Dudley che sta seduto ad aspettare il cibo e non alza un dito per aiutare. Beh, almeno non sono io quello che quel maiale sta aspettando.

Harry si voltò verso il letto e sperò con tutte le sue forze che il Mantello dell’Invisibilità fosse ancora nascosto sotto le assi del pavimento. Spostò il letto e allentò l’asse che stava sotto. Ad aspettarlo c’era il bellissimo mantello di suo padre e l’album di foto che gli aveva dato Hagrid.
Sì! Se tutto va bene, i Dursley non sapranno mai che sono stato qui, e riavrò indietro Edvige.

Si gettò il Mantello sulla testa e scese nel seminterrato. Si guardò intorno, in cerca di segni della sua civetta, ma sapeva già che non si trovava lì. Se fosse stata in casa da qualche parte, l’avrebbe sentita in qualche modo. Harry sapeva che zio Vernon aveva messo Edvige in macchina e l’aveva portata via. Se Edvige era ancora viva, allora suo zio sarebbe dovuto andare da lei prima o poi, e Harry aveva intenzione di rimanere nascosto fino al momento giusto.

Harry andò in cucina e prese alcune lattine di soda, un po’ di biscotti e un sacchetto di pretzel. Aveva in programma di rimanere nel seminterrato, finché suo zio sarebbe andato al lavoro l’indomani mattina. Edvige doveva essere da qualche parte alla Grunnings. Harry sapeva che se si fosse trovata lì, l’avrebbe scovata. Scese nel seminterrato e nascose il suo cibo dietro alcune scatole. Tornò di sopra, sempre nascosto dal suo Mantello, per prendere dell’acqua. Proprio mentre entrava in cucina la porta si spalancò, e zio Vernon entrò nella stanza con un piatto di pollo.

Il cuore di Harry prese a battere così forte che aveva l’impressione che Vernon potesse sentirlo! Non aveva immaginato che potesse ancora provare terrore nel vedere di nuovo suo zio. Fece un respiro profondo e scosse la testa. No! Non permetterò a zio Vernon di avere quel tipo di potere su di me! Harry decise in quel momento di smettere di essere spaventato da quel grasso maiale in piedi di fronte a lui.

Vernon posò il pollo sul bancone e si voltò verso il congelatore per prendere l’insalata di patate. Harry adocchiò il pollo e il suo stomaco brontolò per la fame. Forse potrei divertirmi un po’ con il vecchio Verny! Harry afferrò il piatto di pollo alla griglia e lo mise sotto il Mantello. Sembra buono! Si voltò di nuovo per osservare la reazione di suo zio. Vernon si voltò con in mano una grande ciotola di insalata e si immobilizzò di colpo. Non vedendo più il pollo, si guardò intorno in fretta; poi tornò verso la porta d’ingresso.

“Petunia! Hai portato il pollo fuori? Pensavo che avremmo mangiato qui!”
Petunia entrò in casa, dicendo: “Non ho preso il pollo, Vernon. Dove l’hai messo? Ti avevo visto che lo portavi”. “L’ho messo qui sul bancone”, rispose Vernon sbattendo la mano sul bancone vuoto. “Dove diavolo è finito?”
Petunia aprì gli sportelli della dispensa e vi guardò dentro. Aprì i cassetti e guardò sotto l’asciugamano. “Dove l’hai messo, Vernon? Dudley e i suoi amici stanno diventando affamati, e non vogliamo agitarli proprio nel suo grande giorno”.
“Petunia, ti ho detto che l’ho messo proprio qui!” Vernon continuò a sbattere la mano sul bancone.

Dudley entrò in cucina e si piazzò con il suo enorme corpo sulla sedia più vicina, chiamando i suoi amici: “mangiamo! Avanti ragazzi, entrate e dateci dentro!”
Petunia sembrava un po’ spaventata, quando rispose: “Didino, papi ha perso il pollo”.
“Non l’ho perso! L’ho messo proprio qui!” Vernon continuava a sbattere la mano sul bancone, come se questo potesse far riapparire il pollo.
“Beh, caro, non è che si sia potuto alzare per andare via”, rispose Petunia con aria infastidita.
“Farete meglio a non cercare di farmi tornare a fare quella stupida dieta! Pensavo che stasera avremmo festeggiato!” “Oh, Didino, stiamo festeggiando. Siamo così contenti che hai perso 10 libbre!” Rispose Petunia, mentre andava a consolare suo figlio.

“Allora dov’è il mio cibo! Avete detto che avremmo mangiato il pollo, la torta e che ci sarebbero stati dei regali! Me l’avete promesso!” Dudley si stava comportando come un bambino di cinque anni, e Harry era piuttosto divertito.

Sembrava che stessero dando una festa per la perdita di peso di Dudley.
Dudley iniziava ad agitarsi, e per poco non sbatté contro Harry. Harry lo prese come un indizio che era arrivato il momento di andarsene, e tornò nel seminterrato più in silenzio che poté, portandosi dietro il piatto con il pollo. Si sedette sull’ultimo scalino, prese una coscia gigante e ne prese un boccone. Era la cosa migliore che avesse mangiato in tutta l’estate! Mangiò l’altra coscia ed entrambe le ali prima di sentire la porta principale che sbatteva. Nascose in fretta il pollo dietro le scatole e salì al piano superiore. Si affacciò alla finestra appena in tempo per vedere zio Vernon e zia Petunia partire in macchina, con Dudley e i suoi tre amici pigiati sul sedile posteriore. Harry si mise a ridere così forte che per poco non cadde sul pavimento. Devono essere andati a mangiare una pizza!

Harry guardò il camino e gli tornò in mente Vespa e il fatto che conoscesse il suo indirizzo senza che le fosse stato detto. Che cosa aveva in mente? Harry non pensava davvero che lei lo avrebbe richiamato a Snape Manor con la Metropolvere, ma si sedette accanto al camino, per essere pronto nel caso in cui lei lo avesse chiamato. Le avrebbe dovuto dire che ancora non era pronto a tornare. Non aveva intenzione di andarsene prima di aver riavuto la sua civetta.

Sperava solo che Piton non fosse troppo arrabbiato con lui. Se aveva una possibilità di trovare Edvige ne valeva la pena, non importava cosa Piton gli avrebbe fatto una volta scoperto. Harry non si era reso conto di quanto fosse stanco, quando si appoggiò al camino e si sistemò il mantello sulle gambe. Scivolò in fretta in un sonno profondo, senza incubi a interromperlo.


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Piton aveva volato sulla sua scopa fino alla Foresta Proibita, sotto un incantesimo di invisibilità. Mentre oltrepassava i cancelli di Hogwarts vide chiaramente gli Auror piazzati strategicamente lungo i confini. Devono essere ansiosi di mettere le mani su Harry. Piton doveva davvero scoprire chi c’era dietro le spinte per riportare Harry dai Dursley. Dopo il modo in cui avevano trattato il ragazzo, Piton dubitava fortemente che Harry avrebbe voluto tornare da loro, anche se ci fosse stato rimandato a forza.

Quando Severus raggiunse il confine della foresta saltò giù dalla scopa e la appoggiò a un albero. Poi si diresse nel punto in cui sapeva che crescevano le piante che gli servivano. La foresta era molto tranquilla, neanche gli uccelli facevano rumore. Questo insospettì Severus, che si mise all’erta. Il sole iniziava a tramontare, e l’aria diventava sempre più fresca. Severus voleva prendere le piante e andarsene il più in fretta possibile. Meno tempo Harry passava con sua zia, meglio era. Non vedeva l’ora di preparare la pozione e liberarsi di quell’orrida maledizione. Il ragazzo era davvero disperato, l’ultima volta che Piton lo aveva visto. Decise di prendere in mano la situazione e andare a riprendere quella dannata civetta per il ragazzo. Non era del tutto sicuro di come sarebbe riuscito a prendere la civetta senza essere individuato, ma sapeva che avrebbe ideato un piano.

Proprio in quel momento adocchiò la punta della rara pianta spuntare dietro un mucchio di foglie. Si chinò e spostò attentamente le foglie, mettendo in luce il perfetto esemplare. Prese dalla veste un piccolo paio di forbici e tagliò la pianta alla base. Non appena la pianta fu tagliata, un forte odore metallico gli arrivò alle narici. Di nuovo! Quest’odore, quest’odore è così familiare! Lo colpì come una mattonata. Ricordò improvvisamente dove lo aveva già sentito: il the, il cosiddetto “the speciale” che prendeva con Vespa anni fa!

Ripensò a quello strano the al quale aveva insistito che lui partecipasse, otto anni prima. Ricordò che lei servì uno strano the dal sapore metallico che lui non voleva bere. Ricordò come lei aveva insistito perché ne bevesse fino all’ultima goccia, rimproverandolo per le cattive maniere. Era l’ultima volta che aveva sentito quel forte odore metallico. Lo stomacò gli sprofondò fino ai piedi, quando si rese conto che era stata Vespa a porre la maledizione su di lui, e non suo padre.

Oh, Merlino! Ho lasciato Harry con Vespa!

Piton si mise in fretta la pianta in tasca e corse fuori dalla foresta alla velocità massima che le gambe gli consentivano. Trovò la scopa appoggiata all’albero dove l’aveva lasciata e vi saltò sopra. La sua mente aveva ancora dei problemi a credere che Vespa gli avesse fatto quella maledizione. Sapeva che non era contenta di lui, ma non avrebbe mai pensato che volesse uccidere ogni suo discendente. Era semplicemente troppo malvagio da credere.

Il professore non avrebbe mai immaginato di poter provare questo forte sentimento per Harry Potter. Voleva davvero bene al ragazzo, e voleva portare avanti l’adozione. Sapeva che aveva molto da fare con il ragazzo, ma una volta liberatosi da quella maledizione, tutto sarebbe andato a posto.

Piton aveva messo il ragazzo in pericolo, gli aveva fatto del male fisico e adesso lo aveva lasciato con Vespa! Che maledetto guardiano che era! Il ragazzo sarebbe stato meglio con i Dursley! Beh, sicuramente non sono così male, ma sono stato troppo duro con lui

Piton si diresse in fretta a Hogsmeade e si materializzò più vicino a casa che poteva. Fece un buco nella barriera e ci passò attraverso. Tutto sembrava tranquillo. Non c’erano segni di estranei ai confini. Piton si tolse l’incantesimo di invisibilità e corse in casa attraverso la porta della cucina. Si diresse in fretta verso la scala principale; e aveva già un piede sul primo scalino quando si immobilizzò di colpo.

Tre Auror erano in piedi nel salotto avevano le bacchette puntate verso di lui. Uno di questi gridò: “Fermo! Butta già la bacchetta!”
Piton si voltò lentamente verso di loro e studiò la situazione. Non sembrava mettersi bene, per lui. Dietro ai tre Auror c’erano Percy Weasley e Sir Stanton.

Ah! I pezzi del puzzle adesso combaciavano. Vespa aveva spinto Stanton a fare pressioni perché Harry venisse riportato dai Dursley, nel caso in cui la sua maledizione non avesse funzionato. Vespa doveva aver usato la parola d’ordine segreta per fare entrare gli Auror in casa. Stanton era il mago potente che voleva fare in modo che Harry gli venisse tolto. Se era così, allora dov’era Harry!

“Dov’è mio figlio?” disse Piton con un tono di voce pericolosamente basso, fissando Sir Stanton.
Stanton si sentì sollevato dall’essere circondato da tre Auror, e parlò con falsa spavalderia: “Lei non ha figli, Piton. Se sta parlando di Harry Potter, il ragazzo è tornato dalla sua famiglia. Non renda le cose più gravi di quello che sono. Butti giù la bacchetta”.

Severus fece scorrere lo sguardo sulla stanza e cercò di pensare a un piano per fuggire. Prima che si rendesse conto di cosa stava succedendo, un Auror gli lanciò un incantesimo immobilizzante, e un altro urlò: “Expelliarmus!”
La bacchetta di Piton volò in aria, e lui cadde pesantemente sul pavimento. Sbatté con violenza la testa, e un largo taglio gli si aprì nella parte posteriore del capo. Rimase cosciente un altro paio di secondi: abbastanza per vedere Vespa in piedi in cima alle scale, con un largo ghigno sul volto malvagio.


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Harry si svegliò nel sentire le portiere dell’auto che sbattevano e Dudley che urlava quanto odiasse la pizza. La porta si spalancò e i tre Dursley entrarono in salotto. Harry si mise il mantello sulla testa e si avvicinò al lato del divano.

“Dov’è la mia torta? Posso mangiare la mia dannata torta o papà ha perso anche quella!” Dudley afferrò uno dei tanti regali incartati sul tavolino da caffè e lo aprì con furia. Non gli dovevano essere piaciuti i nuovi videogame, perché li lanciò verso il camino, rischiando di colpire Harry.

Petunia entrò nel salotto con in mano una grande torta blu con la scritta “congratulazioni, Dudley!”. Sia Vernon che Petunia iniziarono ad applaudire, e fecero le congratulazioni al figlio. Harry non riuscì a trattenersi, era un’occasione troppo bella! Petunia continuò a camminare verso Dudley, ed era quasi davanti a lui; quando “inciampò” in qualcosa, e la torta volò verso la testa di Dudley. La torta atterrò in pieno sulla larga faccia del cugino! Harry s ficcò il pugno in bocca per impedirsi di scoppiare a ridere. Vernon cercò di dire qualcosa, ma le parole non gli uscivano di bocca, e Petunia strillò per l’orrore di quello che aveva fatto al suo bambino! Dudley cercò di urlare, ma la torta era spalmata sulla sua faccia, e non riusciva a respirare. Stava tirandosi via la torta dalla faccia con le mani, cercando aria.

Sembrò che i tre Dursley riuscissero a ritrovare il controllo delle loro voci tutti insieme, perché la confusione divenne insopportabile, e Harry dovette tapparsi le orecchie.

“Ti odio, ti odio!” strillò Dudley ai genitori che lo imploravano, mentre correva su per le scale. Gli zii gli corsero dietro, e Harry li sentì mentre cercavano di calmare il ragazzo prospettandogli una maggior quantità di regali.

Harry avrebbe dato qualunque cosa per poter avere una foto magica della scena della torta. Quanto avrebbe amato farla vedere ai gemelli Weasley! In silenzio, tornò nel seminterrato e si preparò un letto con un mucchio di vecchi vestiti di Dudley. L’indomani avrebbe trovato una risposta alle sue ricerche. Sentì una flebile speranza, all’idea di rivedere il suo animaletto.

Mentre scivolava nel sonno, si chiese perché Piton non lo avesse cercato. Cercò di non sentirsi deluso da quel pensiero, ma era davvero ferito. Desiderò che Piton fosse lì con lui ad aiutarlo a cercare la sua civetta.


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Piton si svegliò per trovarsi su una dura brandina in una fredda stanza, con le sbarre su un lato e una piccola finestra, anch’essa con le sbarre.
Oh, Merlino! Sono in prigione. Si alzò troppo in fretta, e ricadde sulla branda. Sentiva la parte posteriore della testa che pulsava. La prima cosa che doveva fare era portare via Harry dalla casa dei Dursley. Doveva parlare con Silente e mandarlo a riprendere Harry. Si alzò di nuovo e si guardò intorno, alla ricerca di una guardia.

“Guardia! C’è nessuno qui?” Era tutto tranquillo, non c’erano neanche altri prigionieri. Si guardò intorno di nuovo, e capì che doveva essere in una delle celle che si trovavano sotto al Ministero della Magia. Oh, sì, c’era già stato prima. C’era il livello di sicurezza maggiore che avesse mai visto.

Piton si stese di nuovo sulla brandina, e si chiese cosa stava attraversando Harry in quel momento. Severus aveva il terrore di trovare Harry nelle stesse condizioni in cui era quando aveva fatto l’ultima visita a casa Dursley.
Ucciderò quel bastardo, se ha messo una sola mano addosso al ragazzo! Piton pensò a quello che stava per diventare suo figlio, e a come lo aveva mal giudicato in tutti quegli anni. Aveva sempre dato per scontato che Potter fosse come suo padre, ma aveva capito che in realtà Harry era la persona meno sicura di sé che conosceva. Lo zio di Potter aveva trasformato un ragazzo che una volta era spavaldo in un ragazzo spaventato, che aveva perso tutta la sicurezza in sé stesso. Piton aveva sperato che il ragazzo sarebbe riuscito a ritrovarne un po’, ma Harry era più danneggiato emotivamente di quanto avesse creduto. Piton sapeva che li attendeva una lunga strada, se il loro rapporto avesse funzionato. Non c’è alcuna possibilità che io lasci perdere il ragazzo! Tornerà ad essere quello di una volta, fosse l’ultima cosa che faccio!

Improvvisamente sentì una porta che si apriva in fondo al corridoio, e l’aria si fece gelida.


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Harry si svegliò molto presto, salì al piano di sopra e uscì dalla porta. Sgattaiolò nella macchina di Vernon e si sedette sul sedile del passeggero con addosso il suo Mantello dell’Invisibilità. Rimase lì per due ore buone, prima di vedere Vernon che camminava dondolandosi verso la macchina, con Petunia che gli correva dietro portandogli il contenitore col pranzo.

Vernon si sedette al posto di guida e gettò il contenitore del pranzo dove stava Harry. Harry afferrò la scatola al volo e la posizionò accanto a sé sul sedile. Per fortuna Vernon stava riflettendo, mentre si immetteva sulla strada, e non vide il modo in cui il contenitore si era fermato a mezz’aria e si era sistemato diritto sul sedile. Gli ci volle mezz’ora per raggiungere la Grunnings e parcheggiare la macchina nell’ampio posteggio. Vernon si sporse in avanti e prese il contenitore col cibo. Aveva uno strano sguardo sul volto, mentre prendeva la scatola. La aprì e vi guardò dentro.

“Che diavolo sta succedendo?” il contenitore del pranzo era vuoto. Harry si coprì la bocca con la mano per non mettersi a ridere di nuovo. L’intero pranzo di Vernon era sulle sue gambe, coperto dal Mantello! Aveva preso anche il thermos con il caffè caldo.

“Che c’è che non va con Petunia!” sibilò Vernon, lanciando la scatola sul sedile posteriore.
Harry aspettò che Vernon fosse abbastanza lontano, prima di aprire lo sportello ed uscire dalla macchina. Harry sistemò il pranzo di suo zio sotto il maglione e lo seguì da vicino. Il cuore gli martellava nel petto, mentre raggiungevano il portone. Vernon entrò e spinse la sua tessera oraria all’interno dell’orologio sul muro. Poi si diresse verso un ufficio in cima a una ripida scalinata. Harry si guardò intorno nell’ufficio, e vide diverse foto di Dudley che gli sorridevano. Che volgare!

Vernon sembrava in procinto di sedersi nella sedia dietro la sua scrivania, ma improvvisamente cambiò idea. Andò dall’altra parte dell’ufficio e prese le chiavi. Aprì la porta di un armadio, tirò una catenella e si accese una luce. Harry si avvicinò, così da poter guardare all’interno dell’armadio. Non aveva davvero bisogno di guardare, per sapere che lei era lì. La sentiva come se fosse stata seduta vicino a lui. Edvige era lì nell’armadio! Ma perché non fa alcun rumore? Harry cercò di guardarla meglio e si spostò dall’altra parte della scrivania, trovandosi accanto a zio Vernon. Muovendosi intorno alla scrivania, il Mantello rimase impigliato in una cartelletta che sporgeva, e fece cadere il portapenne. Vernon si voltò di scatto, guardando le penne che si sparpagliavano per il pavimento.

“Chi c’è?” chiese, allarmato.

Si guardò intorno, e poi tornò a guardare nell’armadio. Strane cose stavano accadendo ultimamente. Prima il pollo scomparso, poi la torta e adesso il portapenne. Vernon iniziò a sentire i capelli sulla nuca che si drizzavano. Poteva liberarsi di quella civetta e farla finita lì. Ma se il ragazzo fosse tornato, e ci fosse stato bisogno della civetta per costringerlo a stare zitto? Pensò che era meglio tenersela, almeno fino all’inizio della scuola.

Harry si bloccò, e cercò di calmare il suo cuore agitato. L’ultima cosa di cui aveva bisogno a questo punto era essere scoperto da zio Vernon. Rimase ad osservare, mentre suo zio chiuse di colpo la porta dell’armadio e si voltava.


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Piton si alzò dalla branda sentendosi gelare il sangue. Un Dissennatore? Che cosa ci fa qui? Non aveva fatto niente di così grave da essere mandato ad Azkaban. Doveva mandare un messaggio a Silente, doveva far portare via Harry dalla casa dei Dursley prima che suo zio lo uccidesse.
v Il Dissennatore non fece rumore, mentre apriva l’entrata della cella. Piton divenne così freddo che tremava. Non gli importava di tutto questo, bastava che riuscisse a far capire a qualcuno che Harry era dai Dursley. Rimase a guardare, mentre il Dissennatore si fermava dopo aver aperto la cella. Piton sentiva delle persone camminare nel lungo corridoio pieno di celle. Percy Weasley e Sir Stanton si fermarono davanti alla porta e guardarono il professore.

“Allora, Professore, le piace la sistemazione?” disse Stanton con una risatina.
Piton rimase a fissare i sue uomini senza dire una parola. Voleva vedere quale sorta di gioco avessero intenzione di fare.
“Penso che potrebbe aver bisogno di ancora qualche giorno per contemplare gli errori commessi. Che ne pensi, Weasley?” Percy cercò di non guardare negli occhi accusatori del professore. Fece un piccolo rumore mentre indietreggiava di alcuni passi.
“Non ne uscirete senza conseguenze. Vi avverto che pagherete per tutto questo” disse Piton, continuando a fissare Stanton.
“Questo è divertente, dal momento che viene da un uomo rinchiuso, con un Dissennatore come compagno di stanza” rise Stanton.
“Mi sottovaluta. Scoprirà che ho più esperienza di lei, nel trasformare le situazioni a mio vantaggio” rispose Piton a voce bassa.
“Penso che abbia bisogno di un po’ di educazione, Professore” ghignò Stanton.

Quelle parole suonavano come se fossero state pronunciate da Vespa, e Piton si sentì ancora più rabbioso. Si voltò a dedicare la sua attenzione al timido uomo accanto alla porta della cella.
“Weasley, come pensi che reagirà la tua famiglia, quando scoprirà che sei stato parte attiva nel rimandare Harry da suo zio? Sono certo che i tuoi fratelli avranno delle belle parole per te, senza contare tuo padre e tua madre”.
Piton vide come il ragazzo iniziava a tremare.
“Lei… lei ha rapito Harry, Professore. Non può portarsi via qualcuno senza che venga seguita l’apposita procedura”, balbettò Percy.
“Il Professor Silente in persona si è accertato che seguissi la procedura, quando ho preso la tutela del signor Potter. Quest’uomo per cui stai lavorando adesso è stato corrotto da mia zia, che sta cercando di far uccidere Harry!”
Piton si zittì all’improvviso, quando venne colpito da un incantesimo di silenzio.
Stanton afferrò il braccio di Percy, e lo spinse fuori dalla cella, dietro al Dissennatore.
“Non ascoltare il Mangiamorte, Weasley! Neanche la sua famiglia si fida di lui”.
Uscirono dalla prigione e sbatterono la porta all’estremità del corridoio, lasciando Piton solo con il Dissennatore.

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Capitolo 16
*** Edvige ***




Percy Weasley non riuscì a dormire quella notte. Ogni volta che chiudeva gli occhi, la vista di un Harry abusato steso su un letto d’ospedale gli si affacciava nella mente. Gli piaceva Harry, e la sua famiglia lo considerava uno di loro. Si girò di nuovo nel suo letto morbido, e si chiese come Harry stesse dormendo in quel momento. Aveva sentito delle voci, sul fatto che il ragazzo era stato costretto a dormire in un sottoscala per molti anni. Spinse via quel pensiero e cercò di concentrarsi sulla promozione che gli era stata promessa da Sir Stanton. Sir Stanton non gli piaceva molto, ma sapeva che aveva dei saldi contatti al Ministero che lo avrebbero aiutato ad essere promosso. Dopo aver visto Piton chiuso nella sua cella, Sir Stanton gli aveva offerto una posizione molto ambita nella sua area del Ministero.

Adesso Percy non era più sicuro di voler lavorare con Stanton, e di certo non gli piaceva l’idea di dire ai suoi genitori della promozione. Avevano fatto in modo che quello che provavano per Stanton fosse molto chiaro. Percy si girò nuovamente e pensò alle ultime parole di Piton. Harry era davvero in così grande pericolo? Percy lo aveva visto in ospedale, e sapeva che il ragazzo aveva dei segreti. Se la sua famiglia avesse scoperto dell’arresto di Piton e di come si era allontanato dal professor Silente, sapeva che gli avrebbero voltato le spalle per sempre. Dopo un’altra ora passata a rigirarsi nel letto, Percy decise infine di far sapere a suo padre dell’arresto di Piton.

Almeno la sua coscienza sarebbe stata pulita, e poteva lasciare il benessere di Harry a qualcun altro.

Scese dal letto e chiamò suo padre con la Metropolvere, anche se erano le due del mattino.

Arthur era sonoramente addormentato, quando sentì il campanello della Metropolvere. Chi era che lo chiamava a quell’ora? Si affrettò verso il camino e vide la testa di Percy.

“Ciao, papà. Ho bisogno di parlarti in fretta, e non devi dire a nessuno che hai saputo questa cosa da me”. “Va bene, figliolo”. Arthur sapeva che si trattava di qualcosa che aveva a che fare con Harry, e trattenne il respiro nella speranza che fossero buone notizie, anziché cattive. “Piton è stato trattenuto nelle celle del Ministero, e Harry è tornato dai Dursley”. Percy parlò in fretta, prima di perdere la calma.
“Come! Ma sono pazzi a rimandare Harry dalla famiglia che abusava di lui! Quando è tornato da loro?”
“Ieri. Apparentemente è tornato là di sua spontanea volontà. Piton era fuori casa, e Harry ha usato la Metropolvere per tornare a Privet Drive”.

Tutto questo non aveva il minimo senso, per Arthur. Sapeva che il ragazzo aveva subito abusi da parte di quei Babbani. Perché avrebbe desiderato tornare da loro?
“Il Servizio Sociale Magico dice che non può portare via Harry dai Dursley, perché quando lo hanno interrogato, in ospedale, Harry ha detto che non gli avevano fatto nulla di male”.
“Il ragazzo ha bisogno di tempo per guarire dagli abusi che ha sofferto. Non lo si può considerare responsabile della sua salute finché non avrà avuto tempo di venire a patti con ciò che gli è successo. Percy, ho paura per lui”.
“Tutto si risolverà, papà”.
“Percy, sono orgoglioso di te”. Arthur pensò che forse il ragazzo ci aveva sperato.

Appena finito il colloquio con Percy, Arthur contattò i membri dell’Ordine per programmare una riunione d’emergenza.


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Appena Silente seppe che Piton era in prigione, mise immediatamente in moto la procedura per riuscire farlo rilasciare. Chiamò con la Metropolvere Madame Bones, e lei programmò un’udienza urgente. Il Professor Silente si assicurò che Sir Stanton fosse impegnato con una “riunione molto importante” che aveva organizzato lontano dal Ministero, e avrebbe avuto luogo contemporaneamente all’udienza. Alle dieci della mattina dopo, Severus era un uomo libero.

Ma la corte insisté che non poteva portare via Harry dalla sua famiglia senza una testimonianza sugli abusi data dal ragazzo. Piton sapeva che se avesse potuto parlare un’altra volta con Harry, lo avrebbe convinto a denunciare gli abusi.

La prima cosa che Piton fece fu tornare a casa per preparare la pozione e liberarsi dalla maledizione di Vespa. Non vedeva l’ora di mettere le mani su quella megera. Gliel’avrebbe fatta pagare per quel maleficio.

La maledizione aveva davvero sorpreso Piton. Ripensò a quando era iniziata. Secondo il libro di Arti Oscure che aveva consultato, la maledizione avrebbe potuto essere stata fatta anni prima che ne iniziassero gli effetti. Piton sapeva che la maledizione aveva iniziato a fare effetto nel momento in cui aveva deciso di adottare Harry. Non aveva neanche parlato a Harry della possibilità dell’adozione, che la maledizione era già iniziata. Piton si immaginava che sua zia gli aveva fatto il maleficio otto anni fa a quello strano thè che aveva organizzato, dopo aver deciso di lasciare tutti i suoi averi a Charlet. Il maleficio non aveva mostrato i suoi effetti finché non aveva deciso di adottare Harry. Vespa voleva essere sicura che Charlet non ricevesse solo i suoi possedimenti, ma anche quelli di Piton. Grazie alla maledizione, Vespa contava sul fatto che Piton avrebbe ucciso Harry, e il ragazzo non avrebbe ereditato nulla.

Entrando in casa, Piton vide molti piatti e vasi di vetro rotti, e molti dei suoi preziosi libri strappati e ammucchiati in una pila che stava bruciando. Prese in fretta la bacchetta e spense il fuoco. Proprio mentre stava per materializzarsi per chiedere degli aiuti, sentì un rumore proveniente dall’armadio accanto alla porta principale. Aprì lentamente le ante dell’armadio e rimase scioccato nel trovare Kinsey legata e imbavagliata. La liberò in fretta, e l’elfa iniziò a piangere raccontando la sua storia.

“E’ stata quella malefica Vespa a fare questo! E’ una cattiva, cattiva signora, Padrone. Ha urlato a Kinsey e ha gettato i migliori libri del Padrone e i piatti; e ha cercato di bruciare la casa! Era arrabbiata con il Padron Piton perché stava tornando qui!”

L’elfa prese una boccata d’aria e iniziò a torcersi le mani per lo stress.

“E’ ancora qui, Kinsey?” chiese Piton, con rabbia e speranza.
“No, Padrone, ha preso quell’orribile ragazza e se ne sono andate pochi minuti fa. Ho detto loro ‘non rompete le belle cose del Padrone’! Ma loro non mi hanno ascoltato e hanno fatto male a Kinsey”.
“Kinsey, sei al sicuro, adesso. Ho bisogno di scendere nel laboratori, ma per favore fammi sapere se arriva il signor Potter”.
“Oh, Padrone, mi dispiace così tanto che non ho guardato bene Padron Harry. Lo hanno portato nel laboratorio e poi è scomparso. Mi spiace così tanto, Padrone” rispose Kinsey, mentre si picchiava sulla testa per punirsi.
“Kinsey, smettila con questo comportamento in questo istante. Non ho tempo per pensare a te”, rispose Piton, e si diresse verso la porta che conduceva al laboratorio.

Questa volta si assicurò di aver seguito tutte le istruzioni correttamente, mentre preparava l’antidoto per il maleficio. Gli occorse quasi un’ora per finire. Prese il libro e iniziò a pronunciare l’incantesimo per annullare la maledizione. La pozione era più orribile di quanto ricordasse, ma la bevve fino all’ultima goccia per essere sicuro che funzionasse.

Si mise davanti allo specchio e proiettò di nuovo la luce blu, per accertarsi che la maledizione fosse scomparsa. Il fascio di luce iniziò a girare dalla sua testa fino al pavimento, senza mai diventare verde.

Era finito! Adesso poteva riprendere Harry!

Più in fretta che poté si materializzò a Privet Drive, e si diresse alla porta principale sentendosi nervoso e agitato.
Petunia aprì la porta, la faccia che si trasformò in fredda pietra nel vedere il tipo di persona davanti a lei. Era ovvio, dalla veste nera, che si trattava di “uno di quelli”.
“Cosa volete adesso! Ve l’abbiamo già detto che non abbiamo fatto del male al ragazzo! Ha fatto a botte al parco giochi, e poi è caduto dalle scale! Adesso vada via prima che qualcuno la veda!”

Piton riuscì a trattenere la rabbia a stento. “Ho bisogno di parlare col signor Potter”.
“Harry non è qui! Non lo vediamo da settimane!”

Piton estrasse la bacchetta e la puntò contro l’odiosa donna. Petunia cercò di chiudere la porta in faccia all’uomo vestito di nero. Piton tenne la porta aperta con il piede e entrò in casa, sempre puntando la bacchetta contro la donna tremante.

“Legilimens!” disse Piton, e iniziò a osservare le sue memorie nelle quali c’era anche Harry.

Harry, sei solo un imbarazzo per questa famiglia! Non ti permettere di dire a nessuno che ci conosci… Harry, vieni qui e pulisci la cucina, non cercare di rubare del cibo perché lo verrò a sapere! Non ti azzardare a guardarmi con le lacrime agli occhi! E’ colpa tua se Vernon ha dovuto punirti… non mangerai per tre giorni, perché hai rubato il cibo… torna in quello stanzino! Nessuno ti vuole intorno… hai rovinato la cena! Perché mai ho accettato di prenderti? Avrei dovuto mandarti in orfanotrofio nel momento in cui ti ho visto!

Piton non poteva sopportare di più, aveva comunque ottenuto le informazioni di cui aveva bisogno. Harry non era lì, e Petunia non aveva visto il ragazzo da quando lui lo aveva salvato. Il braccio gli tremava, mentre cercava di trattenersi dal lanciare una maledizione alla donna. Se avesse fatto qualcosa di impulsivo, avrebbe rischiato di perdere Harry per sempre; e dopo aver visto un accenno di come il ragazzo veniva trattato, non poteva rischiare di essere scoperto.

“Che cosa mi ha fatto! Che cosa ha fatto!” Petunia si toccò le braccia e si passò le mani su e giù per il corpo, alla ricerca di qualcosa di diverso.

La donna arretrò e afferrò il telefono, facendo partire una chiamata mentre osservava l’uomo minaccioso di fronte a lei.

“Vernon, vieni qui in fretta! C’è uno di quegli anormali qui, e sta chiedendo di Harry!”

Piton entrò in salotto. Estrasse la bacchetta e fece in incantesimo che lo avrebbe avvertito quando e se Harry sarebbe tornato in quel posto.
Petunia trattenne il respiro e sembrò sul punto di protestare, ma vedendo lo sguardo di Piton, tornò in cucina ad aspettare l’arrivo del marito.


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Harry non aveva avuto la possibilità di guardare nell’armadio per controllare se Edvige stava bene. Zio Vernon aveva ricevuto una chiamata d’emergenza e era corso fuori dalla porta. Per Harry andava bene, perché gli dava l’opportunità di prendere la chiave della porta chiusa. Si guardò rapidamente intorno alla ricerca di qualcosa per aprire la serratura, e desiderò come non mai avere la sua bacchetta.


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Vernon arrivò a Privet Drive a tempo di record e corse verso la porta principale, aprendola con un colpo secco.

“Chi accidenti è lei! Esca immediatamente da questa casa, prima che chiami la polizia!” Vernon stava ansimando a causa dello sforzo per la corsa.

La mano di Piton tremava, mentre stringeva la bacchetta così forte da avere le nocche bianche. Stai calmo, o potresti finire di nuovo in prigione. Dovette usare le sue capacità di occlumante, per respingere il pensiero degli abusi subiti da Harry, o avrebbe perso il controllo e avrebbe ucciso l’uomo di fronte a lui.

“Dov’è il signor Potter?” Piton si stava aggrappando all’ultimo barlume di controllo.
“Quel mostro non è qui da settimane! Adesso vada all’inferno fuori da casa mia!”
“Sappiamo che Harry è tornato qui, ieri. Dov’è il ragazzo?” Piton usò il suo tono di voce più minaccioso.

Alzò la bacchetta e la puntò alla larga faccia sudata di Vernon, “Legilimens!”

Ragazzo, adesso ti insegnerò una lezione che non ti scorderai tanto presto! Voltati, e se sento anche solo un lamento quell’uccello finirà in un secchio d’acqua! Sta’ zitto e metti le mani al muro! Non fai altro che creare problemi! Sai di meritartelo. La tua scuola di mostri mi ha fatto sapere come hai ucciso il tuo padrino… farai meglio a non sanguinare sul pavimento, o tua zia si arrabbierà moltissimo… farai meglio a non dirlo a nessuno, o quel gufo la pagherà! Accetterai questa punizione senza neanche un suono! La sigaretta scese sulla mano del ragazzo.

Severus interruppe l’incantesimo e indietreggiò fino al muro. Oh, Merlino!

Piton infilò nuovamente la bacchetta nella veste: sapeva che Dursley non aveva visto Harry da settimane. Osservò l’uomo soprappeso mentre iniziava a comportarsi come sua moglie, e si passava le mani sul largo corpo, cercando qualche appendice extra. Con ogni residuo di forza di volontà Piton oltrepassò la porta principale e se la sbatté dietro.

Camminò lungo la strada fino al punto di Smaterializzazione, cercando di calmarsi lungo la strada. Le scene che aveva visto leggendo nella mente dei Dursley lo avrebbero perseguitato per molto tempo. Non si sarebbe mai permesso di sminuire Harry. Il povero ragazzo non aveva fatto altro che sminuirsi per tutta la vita. Non c’era da stupirsi se Harry si scusava sempre per ogni minima cosa. Era un atteggiamento dovuto dalla necessità di non farsi picchiare. Era un miracolo che il ragazzo riuscisse a dormire la notte. Era stupito dal fatto che Harry non si era trasformato in un assassino di massa, dopo aver visto il modo in cui era stato cresciuto. La scena che lo avrebbe perseguitato per sempre era l’ultima. La mano tenuta aperta con la forza mentre la sigaretta vi veniva premuta contro.
Piton si trovò con un groppo in gola che riuscì a deglutire a fatica. Il dolore per il ragazzo era angosciante, un sentimento che non aveva provato da un lunghissimo tempo per nessuno. Piton sentiva il bisogno di assicurarsi che Harry avesse il tipo di casa che meritava. Aveva una disperata urgenza di parlare a Silente e confidargli tutto ciò che aveva visto. Almeno si sarebbe sentito alleggerito dal peso e avrebbe potuto tornare a Hogwarts.

Dove sei Harry? Per favore, speriamo che non sia troppo tardi.


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Vernon e Petunia erano nel panico, dopo la visita di un altro anormale. In qualche modo questo mostro era stato più spaventoso degli altri. Vernon iniziò a chiedersi cosa voleva dire, con “sappiamo che Harry è tornato qui ieri”. Iniziò a pensare a tutte le stranezze che erano accadute. Il pollo sparito, la torta e il pranzo scomparso.

Le penne cadute per terra da sole senza alcuna spiegazione era ciò che fece capire a Vernon che le cose non erano a posto. Aveva dato la colpa al gufo, ma adesso pensava che non c’entrasse proprio nulla. Come faceva il ragazzo a fare tutte quelle cose?

A Vernon venne improvvisamente un’idea per accertarsi se Harry era nei paraggi, nascosto da qualche parte. Salutò velocemente la moglie e corse verso la porta. C’era un solo modo per vedere se il ragazzo era nei dintorni.

Vernon corse nuovamente alla Grunnings, e ansimò facendo il più in fretta possibile le scale che portavano al suo ufficio. Aprendo la porta notò diversi oggetti fuori posto, e il thermos di caffè vuoto sulla scrivania. C’era qualcosa che non andava, e Vernon era determinato a scoprire di cosa si trattasse. Sapeva sembra ombra di dubbio che aveva tutto a che fare con quell’anormale di suo nipote. Vernon corse all’armadio e aprì la porta. L’uccello era ancora nella sua gabbia.

“Non fare neanche un suono, sudicio uccello, o quel ragazzo ne pagherà un alto prezzo. Tu sai che tipo di punizione gli darò”. Vernon afferrò rudemente la gabbia e ci buttò sopra il suo giaccone, in modo da poterla portare alla macchina senza che nessuno la vedesse. Non era certo che il maledetto uccello potesse capirlo, ma dopo la prima volta in cui gli aveva detto che avrebbe fatto del male a Harry se non fosse stato zitto, l’uccello aveva immediatamente smesso di fare qualunque rumore. Adesso ogni mattina entrava e minacciava di far male a Harry, e l’uccello rimaneva zitto.

In quel momento Harry capì perché Edvige stava completamente zitta. Aveva cercato di proteggerlo per tutto il tempo! Harry si sentiva il cuore pesante, per aver messo in pericolo un altro amico. Seguì in fretta suo zio e salì in macchina mentre lui era impegnato a mettere Edvige nel bagagliaio. Il cuore di Harry batteva all’impazzata mentre pensava alle punizioni che suo zio era in grado di infliggere. Per favore, non far del male anche a lei!

Per tutta la strada verso Privet Drive, Vernon mormorò parole incoerenti riguardo a cose strane che stavano accadendo. Quando arrivarono a casa, Vernon andò verso il bagagliaio e estrasse la gabbia. Harry aspettò finché suo zio non fu entrato in casa, prima di aprire la portiera e andare sul retro della casa. Entrò dalla porta di servizio e trovò sua zia e suo zio in salotto, con Edivge nella sua gabbia sul tavolino da caffè.

“Ok, ragazzo, sappiamo che sei qui! Vieni fuori, dovunque tu sia! Vieni fuori, prima che il tuo uccello ne paghi le conseguenze!” gridò Vernon, rivolto all’aria.

Petunia lo osservava con uno strano sguardo sul volto emaciato, e iniziò anche lei a guardarsi intorno.

“Ok, allora utilizzeremo il modo peggiore,” disse Vernon, con un luccichio negli occhi. Prese un fiammifero dalla mensola sul camino e lo accese. Si avvicinò a Edvige e accostò il fiammifero ai giornali sporchi sul fondo della gabbia.

“Petunia, ti va un piccolo barbecue di gufo per cena?” rise Vernon, un suono malvagio che usciva dalle sue labbra.

Oh, Merlino, no! Harry si spaventò e si tolse il Mantello dell’Invisibilità.

“Noooo!” urlò, mentre correva verso la gabbia.


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Capitolo 17
*** Lezioni ***




Sia Vernon che Petunia strillarono di sorpresa.

“Zio Vernon, per favore, non fare del male a Edvige. Sono io che sto causando dei problemi, non lei”, Harry aveva dei problemi a parlare, sentendosi attonito nel vedere di nuovo la sua civetta. Edvige gli restituì lo sguardo, ma rimase zitta.
“Piccolo bastardo! Sapevo che eri tu a causare tutti quegli incidenti e a rubare tutto quel cibo! Pagherai per i tuoi sbagli, ragazzo!” ringhiò Vernon.
“Non… non mi importa quello che mi fai! Solo, lascia andare Edvige, ti prego!” implorò Harry con voce strozzata.

Il solo fatto di vedere Edvige viva, faceva salire le lacrime agli occhi di Harry. Sapeva che non gli era permesso piangere, e fece una terribile fatica a trattenersi.

“Quindi sei tu che hai rovinato il giorno speciale di Dudley? Sei stato tu a farmi lo sgambetto?” chiese Petunia in una nocetta stridula.
“Mi dispiace, zia Petunia. Sono tornato solo per salvare la mia civetta. Non voglio crearvi altri problemi. Per favore, posso prendere la mia civetta e andarmene?” Harry sperò con tutte le sue forze che accettassero di lasciarlo tornare da Piton. A questo punto non gli importava neanche se Piton lo chiudeva nella sua stanza per il resto dell’estate. Adesso che aveva Edvige poteva andare dovunque il professore voleva.

“Pensi davvero che ti permettiamo di venire in casa nostra, creare tutti quei problemi e lasciarti andare?” rispose Vernon, con il volto accigliato.
“Per favore zia Petunia, non permettergli di punirmi di nuovo. Aveva portato via Edvige, per essere sicuro che non avrei parlato a nessuno, e poi mi ha… mi ha picchiato”, Harry sussurrò le ultime parole.
“Ti meritavi di essere punito, Harry. Hai quegli orribili geni di anormalità nel tuo sangue, e fai cose cattive. Tuo zio sta solo facendo ciò che è meglio per te. Devi imparare come ci si comporta”. La voce di Petunia diventava sempre più alta mentre parlava. “Dovresti provare di più a essere migliore”.

Harry lasciò che quelle parole gli penetrassero dentro e iniziò a pensare che sua zia potesse avere ragione. Ma come, come posso cambiare? Non voglio più fare arrabbiare le persone.

Vernon era accanto a Edvige e sollevò la gabbia. “Ragazzo, devi imparare la lezione. Ho cercato di insegnarti, l’altra volta, ma tu rifiuti di capire”.

Vernon iniziò a salire le scale con la gabbia in mano.
“Vieni, ragazzo, sali”, disse Vernon in tono asciutto.

Harry guardò di nuovo Petunia con sguardo implorante.
Petunia abbassò lo sguardo e scosse la testa. Harry salì le scale molto lentamente, temendo quello che stava per capitare. Quando raggiunse l’ultimo scalino sentì Petunia gridare dal salotto. Lui e Vernon scesero di corsa per vedere cosa succedeva.

In piedi nel salotto c’erano Arthur Weasley e Sir Stanton.

Arthur voltò lo sguardo verso Harry e allargò le braccia. Harry non poté trattenersi, si gettò fra le sue braccia e strinse il padre del suo migliore amico.
Arthur premette il volto sui capelli di Harry e sussurrò: “Stai bene, figliolo? Ti hanno fatto del male?” Harry aveva paura che aprendo la bocca avrebbe cominciato a piangere, quindi scosse la testa e tenne il volto premuto contro il petto di Arthur.

“Che accidenti è venuto a fare qui, di nuovo? Non abbiamo dimenticato quello che i suoi figli dai capelli rossi hanno fatto a mio figlio”, urlò Vernon, ricordando quando i gemelli Weasley avevano dato a Dudley la Mou Mollelinga.
“Sono qui per affari ufficiali del Ministero. Devo controllare Harry e per accertarmi che non sia ferito da lei in alcun modo”, rispose Arthur, fissando l’uomo che aveva il volto arrossato. Arthur era stato allertato pochi minuti prima dal professor Silente: l’allarme era scattato; ciò significava che Harry era tornato dai Dursley.

Arthur avrebbe voluto andare da solo a controllare il ragazzo, ma Stanton lo aveva scoperto, e aveva fatto in modo che Arthur sapesse senza ombra di dubbio a chi spettava l’incarico. Arthur sapeva che la Metropolvere doveva essere controllata: altrimenti Stanton non avrebbe potuto sapere che stava venendo a Privet Drive.

Sentì Harry tremare, e allontanò appena il ragazzo per vederlo in volto.
“Harry, ti ha fatto del male?”
Harry pensò a Edvige su nella sua stanza e rispose piano: “No, signore. Sto bene”. Avrebbe voluto poter dire tutto al signor Weasley, ma non pensava che avrebbe potuto andarsene via subito con Edvige. Se il signor Weasley se ne fosse andato senza di lui, Harry avrebbe pagato le conseguenze per quanto rivelato.

Sir Stanton osservò la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi. Era ancora arrabbiato con Weasley per aver intralciato la sua visita ufficiale. Per fortuna il ragazzo non aveva detto che suo zio lo picchiava. Adesso non c’erano possibilità che venisse tolto alla sua famiglia, e per Stanton andava bene così. Più lontano il ragazzo era da Piton, meglio era. Vespa era stata chiara sul fatto che sotto nessuna circostanza Harry doveva essere restituito al professore. Stanton stava facendo una fortuna con questo caso, e non era disposto a rovinare tutto adesso. Avrebbe seguito il piano di Vespa, non importava cosa avrebbe dovuto fare per farlo funzionare.

“Salve, sono Sir Stanton, e verrò qui due volte a settimana per parlare col signor Potter, finché non inizierà il nuovo anno scolastico”, disse Stanton rivolto ai Dursley.
“Dannazione! Significa che dovremo avere a che fare con voi anormali ogni settimana?” A Vernon non piaceva essere controllato in quel modo. Adesso doveva stare estremamente attento a non lasciare segni sul volto del ragazzo.
“Beh, signore, sono solo tre settimane. Ha qualche obiezione al fatto che il ragazzo parli con un ufficiale del Ministero?” Neanche Stanton era molto interessato a queste visite, ma almeno sarebbe stato in grado di iniziare il nuovo piano di Vespa prima che il ragazzo tornasse a scuola.
“Non sto cercando di nascondere niente, se è questo che insinua! Siamo una buona, normale famiglia!” rispose Vernon con orgoglio. “Voglio dire, a parte quel ragazzo”.
“Dursley, se alzi anche solo un dito su Harry, te ne pentirai! Mi accerterò personalmente che tu ne debba soffrire, e questa volta sarà per sempre!” Arthur aveva cercato di trattenere la rabbia, ma l’affermazione sul fatto che Harry non era normale lo aveva fatto scattare. “Arthur, non credo che il ministro apprezzerebbe le tue minacce alla famiglia del signor Potter. Non sono sicuro che approverebbe la tecnica della paura”. Stanton doveva fare in modo che il ministro impedisse al signor Weasley di partecipare alle visite, se voleva che il piano di Vespa funzionasse. Per fortuna Weasley stava facendo tutto il lavoro al posto suo, minacciando i Dursley così apertamente.

Arthur lanciò un’occhiataccia a Stanton, stringendo Harry mentre il ragazzo lo abbracciava più forte.
Vernon era nausato nel vedere il nipote che si comportava come un bambino, aggrappandosi a qualcuno.
“Ragazzo, vieni qui!” disse, afferrando Harry per le spalle e tirandoselo vicino.

Harry sbatté contro suo zio e guardò miseramente a terra. Se solo avesse potuto far uscire Edvige, avrebbe potuto andarsene anche lui. Avrebbe dato qualunque cosa per poter andare a casa col signor Weasley.

Arthur era arrabbiato con Dursley, e ancora di più con Stanton. Come si permetteva di parlagli così davanti ai Dursley?. Tornò a guardare Harry, e sentì stringersi il cuore nel vedere il ragazzo così miserabile.
“Bene, per adesso è tutto. Tornerò fra tre giorni per parlare ancora col signor Potter. Vi auguro una buona giornata. Vieni, Arthur?” disse Stanton, gettando la Polvere Volante nel camino e vi entrò.

Arthur esitò, poi disse: “Harry, ti terremo d’occhio da vicino. Puoi sempre scrivermi se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa”. Osservò per l’ultima volta il ragazzo, che teneva lo sguardo abbassato sulle scarpe, poi tornò al Ministero con il cuore pesante.

Appena i due uomini se ne furono andati, Vernon afferrò Harry per la maglia e lo portò di sopra, nella camera del ragazzo. Chiuse la porta, e Petunia non sentì alcun rumore. Poco tempo più tardi, Vernon scese dalle scale con il volto sudato e arrossato; e le maniche arrotolate.

Si lasciò cadere sul divano e accese la televisione.
Petunia andò in cucina a preparare la cena.

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Severus era tornato a Hogwarts e aspettava l’arrivo di Arthur Weasley nell’ufficio del preside. Gli era di qualche consolazione, il fatto di sapere che Arthur avrebbe controllato come stava Harry. Piton aveva già ricevuto una lettera ufficiale del Ministero dopo la sua visita dai Dursley del giorno prima. Non lasciava nessun dubbio sul fatto che se Piton avesse messo piede a Little Whinging di nuovo sarebbe rimasto in prigione per un bel po’ di tempo. Sapeva quanto Arthur e la sua famiglia volessero bene a Harry; e sapeva che se ci fosse stato qualcosa che non andava, Arthur lo avrebbe saputo.

Pochi minuti dopo Arthur uscì dal camino nell’ufficio di Silente con uno sguardo triste sul volto.

“Beh, l’ho visto, e senza dubbio è dai Durlsey”, Arthur fece un profondo respiro e continuò. “Ha detto che non gli è stato fatto del male, e non mostrava nessun segno che gli fosse stato fatto del male. L’unica cosa…”
“Sì, cosa?” chiese Piton ansiosamente.
“Beh, è solo che sembrava così triste. Mi ha abbracciato e sembrava che non mi volesse lasciare. Credimi, non era l’Harry che conosco. L’unica ragione per cui alla fine mi ha lasciato è che quell’orrido zio lo ha costretto”.

Piton sapeva che Harry era cambiato profondamente in poco tempo, e riusciva quasi a vedere la scena descritta da Arthur. Lo trovava disturbante, ma sapeva che sarebbe stato arrestato se fosse andato a controllare il ragazzo.

Piton sapeva che l’unico modo per risolvere la situazione era far parlare Harry degli abusi che aveva subito per mano di suo zio. Una volta che Dursley fosse stato accusato, Piton avrebbe potuto iniziare nuovamente le procedure per l’adozione. Tre settimane, tre orribili, lunghe settimane passate a chiedersi cosa stava accadendo al ragazzo che un giorno sarebbe stato suo figlio. Piton non riusciva a pensare a una peggior punizione da dover sopportare, tranne quella che Harry stava vivendo in quel momento.

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Tre giorni più tardi, un Sir Stanton vestito in modo Babbano si presentò a casa Dursley. Petunia riusciva quasi a tollerarlo, grazie ai suoi vestiti eleganti e ai suoi modi educati. Salì al piano superiore per avvertire il nipote. Aprì i pesanti lucchetti e guardò dentro. Vide il ragazzo seduto sul letto, con lo sguardo abbassato sulle mani. “Harry, giù c’è Sir Stanton che ti vuole. Sbrigati, non vogliamo farlo aspettare”.

Harry non guardò sua zia, mentre la oltrepassava. Scese in salotto e rimase in piedi dietro una sedia, osservando Sir Stanton. Il gentiluomo lo guardò e gli fece cenno di sedersi. Sir Stanton prese la bacchetta e la agitò di fronte a Harry. Improvvisamente, apparve una tazza di tè fumante.

“Per favore, bevi il tè, Harry”. Era quasi un ordine.

Harry portò lentamente la tazza alle labbra e ne prese un piccolo sorso. Era leggermente dolce, con un accenno di mora. Era molto buono, e poiché Harry non mangiava da giorni, gli sembrava particolarmente delizioso, nel suo stomaco vuoto.

“Ora, dimmi: come va con la tua famiglia?” chiese Sir Stanton.
“Ehm.. bene”.
“Bene, bene. Sai che a volte i genitori devono punire i loro figli, per insegnar loro il miglior modo di comportarsi”. Sir Stanton lasciò che Harry assorbisse quella frase e poi continuò: “Tuo zio e tua zia si sono sacrificati molto per tenerti al sicuro, sai. Non sono così male, vero, figliolo?”

Harry non sapeva cosa dire. Adesso era più confuso che mai. La testa gli cominciò a girare un po’, e sentì la bocca seccarsi. Prese in fretta la tazza e bevve ancora, finché il tè fu finito.

Sir Stanton si alzò in piedi. “Beh, sono contento che tu stia bene, Harry. Ci rivedremo fra tre giorni”. Gli servì solo un momento per tornare al Ministero tramite Metropolvere.

Harry rimase seduto, aspettando che la testa smettesse di girargli. Perché Sir Stanton se n’è andato così in fretta? Non ha neanche chiesto dei Dursley. Non era certo di quanto tempo fosse rimasto seduto lì, ma sua zia venne a dirgli di tornare su in camera sua prima che arrivasse a casa suo zio.

Camminò tremante fino alla camera, e sentì una fitta di panico quando sua zia chiuse i lucchetti.

In questo modo, trascorsero le ultime due settimane delle vacanze di Harry. Aveva iniziato a desiderare le visite di Sir Stanton e le sue dolCi tazze di tè. A volte prendeva dei piccolissimi sorsi, in modo che la visita durasse più a lungo, sapendo che nel momento in cui avesse finito il tè, Sir Stanton se ne sarebbe andato.

Era strano il modo in cui Sir Stanton insisteva sempre che bevesse il tè, e non gli permettesse mai di lasciarne neanche una goccia.

Gli sembrava che il suo stomaco avesse smesso di tollerare il cibo, mentre i giramenti di testa si facevano sempre più frequenti. Era contento di stare nella sua stanza, perché ogni volta che doveva fare dei lavori in casa o scendeva per mangiare, il suo stomaco stava sempre peggio. Suo zio doveva avere notato che qualcosa non andava, perché le “lezioni” di Harry erano meno frequenti. Harry immaginava che suo zio non volesse rischiare di prendere qualunque malattia lui potesse avere. Doveva essere un’influenza Babbana o qualcosa del genere.

La sera prima che Harry dovesse partire per Hogwarts, zio Vernon gli dette un’ultima lezione. Si tirò su le maniche mentre saliva le scale ed entrava silenziosamente nella stanza di Harry, chiudendo la porta dietro di sé.

Venti minuti dopo, Vernon uscì, con la camicia inzuppata di sudore. Decise di farsi una bella doccia rinfrescante prima di cena.

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Nella stazione si sentiva il bisbiglio di studenti eccitati che si recavano a Hogwarts. Gli Weasley e Hermione erano particolarmente emozionati all’idea di rivedere il loro amico. Non lo avevano visto, e non avevano avuto sue notizie per tutta l’estate. Arthur era particolarmente ansioso, dal momento che gli era stato proibito di vedere Harry a casa dei suoi zii, dopo che aveva stupidamente minacciato Vernon. Rimasero accanto al treno fino all’ultimo minuto, quando furono obbligati a salire. Ron e Hermione avevano protestato per il fatto di dover salire sul treno senza Harry, ma accettarono quando i signori Weasley li rassicurarono che avrebbero controllato.

Appena era appena risuonato l'ultimo fischio, un magro, consunto Harry raggiunse il treno. Cercò con difficoltà di portar su il suo baule finché due Tassorosso non lo aiutarono, proprio mentre il treno iniziava a partire. Harry era esausto per lo sforzo. Li ringraziò, poi si incamminò lentamente lungo gli scompartimenti, finché non vide Hermione, Ginny e Ron. Aoprì la porta dello scompartimento e i tre lo fissarono contemporaneamente, quasi senza riconoscerlo. All’improvviso Ginny si alzò e urlò: “Harry! Ti stavamo aspettando”, e gettò le braccia al collo del ragazzo emaciato.

Ron e Hermione si scambiarono sguardi pieni di orrore: riuscirono a mascherarli in fretta e andarono anche loro ad abbracciarlo. Harry era molto contento di essere di nuovo con i suoi amici, ma doveva nascondere il dolore che provava a ogni abbraccio.

“Miseriaccia, Harry, sembri qualcosa che è stato masticato da Grattastinchi!” esclamò Ron.

Hermione lo colpì forte sulla gamba, mentre Ginny gli dava un pugno sul braccio. Harry affondò ancora di più nel suo sedile, cercando di appiattirsi un po’ i capelli. Non si era guardato allo specchio per settimane, e non aveva idea di quanto sembrasse stanco e malato.

“Sta’ zitto, Ronald!” sibilò Hermione.
“Harry, stai bene, non ascoltare Ron”, affermò Ginny, “E’ solo geloso perché non hanno messo la sua foto sul Mensile delle Giovani Streghe”.
Harry la osservò, confuso. “Di cosa stai parlando?”

Ginny frugò nella sua borsa e ne estrasse una copia del giornale, per mostrarla ai suoi amici. In copertina, c’era una foto del Bambino Sopravvissuto. Harry doveva aver appena finito una partita di Quidditch, perché aveva in faccia una smug di sporco, teneva in mano il Boccino e lo agitava con un grande sorriso.

Ginny voltò le pagine piene di orecchie del giornale fino all’articolo che parlava di Harry. L’articolo parlava di come nessuno credesse che Colui Che Non Deve Essere Nominato fosse tornato, e di come Harry fosse grande nel cercare di combatterlo. Faceva riferimento alle voci secondo le quali gli zii Babbani di Harry lo maltrattassero e di come il Ministero lo avesse aiutato. Harry groaned nel leggere quella parte.

“E’ un mucchio di immondizia”, esclamò Hermione continuando a leggere. “Beh, almeno hanno delle tue belle foto, Harry”, affermò, cercando di farlo stare meglio.

Harry osservò nuovamente la foto in copertina: gli sembrava una vita precedente. Non ricordava neanche di essere stato così carefree e felice. Il suo stomaco iniziò a fargli male di nuovo, e gli venne voglia di dormire.

Appoggiò la testa al finestrino e chiuse gli occhi. Dopo pochi minuti, vedendo che si era addormentato, i suoi amici iniziarono a dare voce alle preoccupazioni che provavano per lui.

“Oh, Merlino, cosa gli è successo? E’ così magro e pallido”, disse Ginny, prendendo il suo mantello e coprendo Harry.
“E’ peggio di quello che aveva detto tuo padre. Sembra che non abbia mangiato da giorni, e quei cerchi neri intorno agli occhi sono un po’ spaventosi”, rispose Hermione con la voce piena di preoccupazione.
“Pensi che gli abbiano fatto del male?” chiese Ron.
“Non vedo nessun segno di abusi, ma non significa che non cerchi di nasconderli. Sai com’è Harry”, rispose Hermione, aggiustando gli occhiali rotti di Harry.

I tre amici guardarono Harry, sempre più preoccupati per il loro amico di quanto fossero mai stati. Quando due ragazze del terzo anno chiesero se potevano fare una foto all’eroe addormentato, tutti e tre risposero con un rapido “No!”

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Severus Piton aveva difficoltà a concentrarsi sulle lezioni da preparare. Gli studenti sarebbero arrivati in meno di un’ora, ed era al limite. Non era riuscito a contattare Harry da quando il ragazzo aveva lasciato la sua casa, e Severus temeva che avesse ancora un’idea sbagliata riguardo all’adozione, da quando era andato via. Dopo aver trascorso le ultime tre settimane con una sensazione di sick ogni volta che pensava a Harry a casa dei Dursley. Severus era più sicuro che mai di voler adottare il ragazzo. Ora doveva solo fare in modo che Harry lo capisse.

Severus aveva decorato la stanza in più nel suo sotterraneo, ed era arrivato al punto di mettere un banner Grifondoro nel bagno privato di Harry. Che cosa c’è che non va in me? Sto davvero diventando tenero!

Aveva portato tutti i nuovi vestiti di Harry; ed era anche andato al negozio di articoli per il Quidditch e aveva comprato una nuova scopa per fare una sorpresa al ragazzo.
Severus non era certo di come comportarsi con Harry, ma sapeva che il ragazzo non aveva ricevuto molti regali in vita sua; e pensava che fosse un buon modo per iniziare.

E se non vuole avere niente a che fare con me? Che stupido sarei stato, a sperare in un’altra possibilità.

In realtà, Piton non avrebbe incolpato il ragazzo, se avesse rifiutato la sua offerta di adottarlo. Per quello che ne sapeva il ragazzo, Piton lo aveva lanciato contro un tavolino da caffè di vetro, gli aveva mandato contro un Dissennatore e lo aveva lasciato con una vecchia signora deranged che lo aveva rimandato dai Dursley.

Silente entrò nella sua classe e disse: “Severus, è sul treno. Vuoi andargli incontro?”
Piton scosse la testa, rispondendo: “No, lasciamo che abbia un po’ di spazio. Non voglio forzarlo a fare niente. Sai che cosa deve succedere, perché questa adozione vada avanti. Non sono certo che Harry sia già pronto a parlare di tutto. Dobbiamo dargli un po’ di tempo”.
“Sì, Severus, sono d’accordo con te. Ricordati che Harry ha bisogno di qualcuno che lo aiuti ad arrivare a quel punto. Non dare al ragazzo troppo spazio”.

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Mentre il treno si fermava alla stazione di Hogsmeade, Harry iniziò a stirarsi. I suoi amici lo avevano visto dormire durante tutto il viaggio. Sembrava esausto, e non aveva neanche voluto mangiare.

“Harry, siamo arrivati”, disse Hermione, scuotendogli leggermente una spalla.
Gli occhi di Herry si spalancarono, e indietreggiò sul sedile.
“Scusa, Harry, non volevo spaventarti. Uhm… siamo arrivati”, rispose Hermione, osservandolo preoccupata.
“Oh, grazie”, mormorò Harry con imbarazzo.

Presero le loro cose e andarono verso le carrozze senza cavalli. Harry si era scordato la cravatta sul sedile del treno, e tornò a prenderla dopo aver detto ai suoi amici di tenergli il posto sulla carrozza. Harry scese dal treno legandosi la cravatta attorno al collo, e andò a sbattere contro Malfoy e Tiger.

“Non ti azzardare a toccarmi, mostro!” ringhiò Malfoy. Non ne aveva idea, ma aveva rivolto a Harry una parola che lo aveva colpito profondamente.
“Oh, eh… non volevo farlo”, balbettò Harry.

Malfoy si rese conto che Harry non era lo stesso ragazzo sicuro di sé che era stato fino all’anno scorso, anche dal modo in cui era arretrato e si era fissato le scarpe invece di dargli una risposta tagliente.

“Che cosa c’è che non va, Potter! Dobbiamo chiamare tuo zio per tenerti in riga?” Malfoy rise con gli altri Serpeverde che osservavano la scena.

Il volto di Harry diventò rosso per l’imbarazzo, mentre cercava di attraversare il gruppo di ragazzi.

“Dove vai, Potter?” esclamò Malfoy, mentre spingeva Harry contro il treno. Harry cercò di ricacciare indietro il panico che si sentiva crescere dentro, mentre tentava nuovamente di oltrepassare i Serpeverde. Tiger lo afferrò per il mantello e lo tirò indietro.

“Hai paura di essere picchiato di nuovo, Potter?” Lo prese in giro Tiger, senza lasciare il mantello.

Harry afferrò la bacchetta nella tasca dei pantaloni, e si voltò ad affrontare Tiger, puntandogli la bacchetta alla faccia flabby. “Sta’ indietro, Tiger, prima che tu te ne penta!” disse Harry in un basso ringhio.

Tiger avrebbe lasciato perdere dopo aver visto lo sguardo pieno di rabbia negli occhi di Harry, ma non voleva sembrare spaventato davanti ai suoi amici. Spinse Harry contro il treno con la mano libera, e sfoderò la sua bacchetta davanti agli occhi del ragazzo.

Harry e Tiger stavano per lanciasi maledizioni a vicenda quando la professoressa McGranitt corse verso di loro.

“Bene, gentiluomini, giù le bacchette prima che vi faccia iniziare il nuovo anno con una punizione!Sono sorpresa di voi! Signor Tiger, puoi andare”, la professoressa rimase a osservare Tiger che si allontanava mentre i suoi amici gli davano pacche sulla spalla.

“Signor Potter, sei ferito?”
Harry scosse la testa.
La McGranitt osservò il volto pallido e stanco di Harry, e gli occhi sunken cerchiati di nero. Vide che altri studenti si erano fermati a guardarli, e non voleva imbarazzare Harry più di quanto già non fosse.
“Va bene, andate alle carrozze e poi a cena. Forza, forza”, disse, dopo aver dato a Harry un ultimo sguardo pieno di simpatia.

Oh, Merlino, è questo che dovrò affrontare per tutto l’anno? Odio quando la gente mi fissa in quel modo

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Severus attese al tavolo dei professori mentre gli studenti iniziavano a entrare in Sala Grande. Osservò con attenzione alla ricerca del ragazzo dai capelli neri. La professoressa McGranitt si sedette accanto a lui.
“Severus, penso che dovresti sapere che alcuni Serpeverde hanno già iniziato a prendere di mira il signor Potter, e lo prendevano in giro riguardo alla sua situazione familiare. Ho avuto la sfortunata incombenza di fermarli prima che si maledicessero a vicenda”.
“Harry sta bene?” chiese subito Piton.
“Oh, sono arrivata lì prima che potesse succedere qualcosa, ma ho visto Harry da vicino: sembrava messo male. Credo che la sua famiglia sia responsabile”.
“Di che stai parlando?” Piton vide per primo Weasley, in piedi a fianco di Harry mentre la Granger camminava all’altro lato. Il ragazzo si guardava le scarpe mentre camminava, e Piton non riusciva a vederlo bene in volto. Il ragazzo sembrava più pallido e più magro, e questo gli causò un’immediata ondata di preoccupazione.

Guardò mentre si sedeva, e numerosi studenti iniziarono a indicarlo. Piton non poteva sentire cosa stavano dicendo, ma capiva dalla reazione di Harry, che il ragazzo non gradiva tutta quell’attenzione.

Harry sentiva pronunciare il suo nome, e vedeva che tutti lo fissavano.

Hermione cercò di distogliere la sua attenzione parlando della sua estate in Francia. Harry cercò di concentrarsi su quello che gli diceva, ma il suo stomaco aveva smesso nuovamente di cooperare. Sapeva che nel momento in cui avesse sentito l’odore del cibo, gli sarebbe venuta voglia di vomitare. La sua testa cominciò a girare, e si aggrappò al tavolo con tanta forza da farsi diventare le nocche bianche.

Piton osservò il ragazzo che si teneva aggrappato al tavolo e chiuse gli occhi. Si alzò in piedi con il desiderio di aiutare il ragazzo, ma dovette trattenersi e lasciare che le cose andassero avanti da sole. Con riluttanza, si sedette nuovamente.

Harry non sarebbe riuscito a sopportare ancora a lungo i sussurri e le dita che lo indicavano. Si alzò lentamente mentre la testa continuava a girare e disse ai suoi amici che sarebbe tornato subito. Si diresse verso le porte della Sala Grande e fuori dalla grande lobby. Aveva dimenticato che tutti i nuovi entrati del primo anno erano là fuori aspettando di entrare per la cerimonia dello Smistamento.
“Oh, Merlino! E’ Harry Potter!”
"Aspetta! Sei davvero Harry Potter?”
“E’ Harry Potter! E’ Harry Potter!”
“Ohhh Harry, posso farti una foto?”

Hagrid apparve accanto a lui e gli avvolse un grande braccio sulle spalle.
“Ecco, miei nuovi amici: non è altri che Harry Potter! E’ il nostro eroe, è!” Hagrid gli dette una forte pacca sulla schiena, facendolo sobbalzare dal dolore. Harry desiderò potersi Smaterializzare lontano dagli sguardi di awe che i giovani studenti gli stavano rivolgendo.
“Ehm, salve. Uhm, Hagrid, ho bisogno di andare in camera per una cosa, quindi, beh, ci vediamo più tardi”, balbettò Harry mentre cominciava a indietreggiare verso le scale.

Harry iniziò la lunga salita verso la torre di Grifondoro. Aveva fatto solo una rampa di scale prima di essere costretto a sedersi sull’ultimo scalino. Si prese la testa fra le mani e aspettò che il capogiro passasse.
Nel sentire dei passi che venivano su per le scale, alzò la testa.
“Harry, torni giù?” chiese Ginny, preoccupata.
“No, non me la sento di mangiare, adesso”rispose Harry piano.
“Vuoi che saliamo alla torre di Grifondoro e ci sediamo lì per un po’?” chiese ancora Ginny.
“Non voglio che tu ti perda la festa. Perché non torni là e ci vediamo più tardi?”

Ginny non voleva lasciare solo Harry, dal momento che aveva quell’aspetto. “Va bene così, non voglio mangiare comunque, e stare seduta accanto al fuoco mi sembra carino”.

Harry si alzò, e si diresse lentamente alle scale che portavano alla torre. Una volta arrivato là, riusciva a malapena a stare in piedi, e il suo stomaco protestava in modo orribile.

Ginny lo osservò mentre camminava incerto fino al divano davanti al fuoco. Harry vi si lasciò cadere accanto a lei, e appoggiò la testa allo schienale. Ginny gli si avvicinò e iniziò a parlare degli avvenimenti dell’estate alla Tana. Harry si sentiva rilassato dalla sua dolce voce, e in breve tempo si addormentò.

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