Don't wanna close my eyes

di mavi
(/viewuser.php?uid=9612)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Cap

Cap. 1

 

“E così, Harry è… è…”

“No! Non sappiamo se è… morto!”

“Ma il velo, Ron…”

“No Hermione! In fondo, chi l’ha detto? Nessuno sa cosa succede a chi cade dietro quel velo, quindi… quindi perché dobbiamo dire che Harry è morto? Forse sono solo finiti in un qualche luogo sperduto e… e poi…”

La voce di Ronald Weasley sfumò, assieme alle sue ultime parole. Abbassò gli occhi iniziando a fissare il pavimento bianco e si rese conto che la verità, raccontata in una maniera o nell’altra, era sempre terribile.

Hermione, stesa sul suo letto, tra le lenzuola bianche del San Mungo e ancora con gli occhi chiusi, sospirò.

“E poi, se è così… torneranno. O tornerà solo uno… il più forte.”

“E se questo fosse stato tutto un tranello di Tu-Sai-Chi? E se Lui avesse organizzato tutto, in modo da scontrarsi da solo con Harry ed essere in vantaggio?”

Ron stringeva le mani attorno alla spalliera della sedia accanto al letto, e si mordeva il labbro inferiore nervosamente. Guardava la sua amica, che sembrava vivere una calma surreale per quella che era la situazione, la sua situazione.

Una voce pacata e stanca rispose alla sua domanda.

“Non credo signor Weasley. La signorina Granger non era cosciente e non ha potuto vedere, ma io c’ero… e anche se non ho fatto in tempo ad intervenire, ho visto l’espressione quanto mai meravigliata di Tom, quando Harry è riuscito a farlo barcollare nei pressi del velo. Forse lui era l’unico a sapere cosa lo aspettasse, una volta oltrepassato quel confine, e ha voluto portare con sé anche il suo rivale. Comunque, noi ora non possiamo far altro se non indagare su quel oggetto e aspettare un possibile… ritorno.”

Albus Silente era entrato nella stanza immacolata del ospedale e, parlando, si era avvicinato ai due giovani che lo ascoltavano attentamente. Hermione annuì alle parole dell’anziano saggio e poi sospirò ancora.

“Come si sente signorina Granger, tutto bene?”

Le labbra della ragazza si incurvarono in un sorriso triste.

“Sì… tutto bene” aprì gli occhi e volse il viso verso la finestra, verso quella fonte di luce che era l’unica cosa che poteva distinguere.

I suoi occhi color nocciola erano arrossati, segno delle molte lacrime piante e di quelle ancora trattenute, e stranamente più opachi.

Come un velo bianco, una patina opaca era calata sul suo sguardo e rendeva più spenti e assenti i suoi occhi.

Non brillavano più come una volta. Sempre belli, per niente deformati o cambiati nella fisionomia, ma molto, molto più tristi e… scolorati. Non vi era termine migliore per definirli, privati del loro colore e dello loro vitalità.

Erano passati due giorni, le avevano detto, dalla battaglia nell’Ufficio Misteri. Harry e Voldemort erano caduti entrambi dietro a quel velo misterioso, che si trovava lì, nel luogo in cui la battaglia infuriava, e nessuno aveva più avuto loro notizie.

La maggior parte dei Mangiamorte lì presenti erano stati arrestati. Invece Luna, Neville e Ron, per fortuna, se non si teneva conto di qualche graffio o di qualche fattura innocua, stavano bene. Lo stesso si poteva dire per l’Ordine della Fenice, ma non per lei.

Forse non si doveva lamentare tanto come faceva, solo con sé stessa però, davanti agli altri mai!

In fondo era viva.

Dopo essere stata colpita da un potente quanto sconosciuto incantesimo scagliato da Lucius Malfoy, per impedirle di andare ad aiutare Harry, in netto svantaggio contro Lord Voldemort, Hermione era svenuta. Si era poi ritrovata, due giorno dopo, in un letto del San Mungo e… cieca.

Sì, non riusciva più a vedere.

Il prezzo per essere ancora viva, si potrebbe dire.

Sentì i passi di Silente che si allontanavano verso la porta, dopo aver detto sottovoce qualcosa a Ron. Non dovette neanche domandarsi cosa, perché subito il mistero fu svelato.

Il suo amico parlò con voce allegra e sentì che un grande sorriso, tutto per lei, era spuntato sul suo viso.

“Hermione, ci sono visite!”

La famiglia Weasley al completo entrò nella stanza che d’improvviso si riempì di voci, di passi e di allegria. Hermione sorrise e lo fece ancora di più quando riconobbe, tra quel vorticare di voci, quella di sua madre.

 

                                                           ***

 

King’s Cross pullulava di studenti, come al solito. Come ogni primo settembre.

Hermione era ferma accanto ad una delle possenti colonne della stazione, la più vicina al passaggio dalla Londra Babbana a quella magica.

Quell’anno non era andata alla Tana per trascorrere gli ultimi giorni delle vacanze. Dopo quello che era successo, i suoi genitori la volevano con loro il più possibile e gli addii non erano stati facili. Ma era felice di tornare ad Hogwarts, almeno quella sarebbe stata una costante. Qualcosa che quell’anno non sarebbe cambiata, quando tutto il resto, invece, era diverso.

Il carrello pieno delle sue valige era davanti a lei e, stringendo le mani attorno al manico di questo,  si concentrò sulle voci assottigliando lo sguardo.

La situazione, da quella mattina quando si era svegliata al San Mungo, non era gran ché cambiata. Tutte le cure magiche e Babbane non erano servite a nulla. C’era stato solo un piccolo miglioramento, ad opera della magia naturalmente, e ora riusciva a distinguere le ombre.

Finalmente, in quel miscuglio confuso di suoni, riuscì a riconoscere una voce famigliare.

“Hermione da questa parte, siamo qui!”

Si rese conto che Ron era arrivato da lei, solo quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla e il respiro del ragazzo, affannato per la corsa, vicino al suo orecchio. Subito si voltò verso il suo amico e lo salutò con un sorriso.

“Ciao Ron...”

 “Hermione! Come stai, cara?”

Un abbraccio soffocante la colse alla sprovvista, ma sorrise comunque cercando di divincolarsi.

“Bene, grazie, Signora Weasley.”

Finalmente riuscì a fare un passo indietro e a respirare.

“Hermione siamo felici di vederti, hai passato un’estate serena?”

“Certo… grazie, Signor Weasley.”

Erano frasi di circostanza e tutti lo sapevano, ma andava bene così… Per ora, andava bene così.

Un improvviso peso sulle spalle e il formicolio di un leggero respiro sul collo, la travolsero. Ricevette quindi un altro abbraccio, sempre molto caloroso ma meno soffocante.

“Ginny!”

“Hermione, che bello vederti!”

La piccola di casa Weasley lasciò l’amica e con qualche passo le si posizionò davanti.

“Già… anch’io vorrei vederti…” le sue parole furono un sussurro, ma tutti sembrarono sentirle o per lo meno capirle, perché subito scese tra loro un silenzio imbarazzante.

Poteva sentire il senso di colpa di Ginny che stava cercando di trovare le parole giuste da dire, per scusarsi. Ma non voleva creare disagio e si maledisse subito per quello che aveva detto, perciò sorrise alzando la testa.

“Ron, che ne dici di aiutarmi con Grattasinchi? Il mio carrello è pieno e la sua gabbia è troppo grande…”

“Ma perché proprio quel gatto abominevole? Prendo volentieri a bordo sul mio carrello una delle tue valige, ma quella palla di pelo proprio no!”

“Non ti preoccupare per le valige, cara. Ci penseremo io e Arthur a portare sul treno i tuoi bagagli e quelli di Ron, così lui potrà accompagnarti nel vagone senza impedimenti.”

“Oh beh, grazie…”

“Forza Ron, fate strada. Noi vi seguiamo con i carrelli.”

“Emh… sì…”

Sentì Ron avvicinarsi di nuovo a lei e prenderla per mano, iniziando  a trascinarla via.

“Andiamo, Hermione.”

Poteva immaginarsi Ron, tutto rosso come un peperone, che la guidava tra le centinaia di studenti, imbarazzatissimo. Sorrise divertita e si lasciò trasportare.

Di tanto in tanto si scontrava con qualcuno, ma Ron poteva essere reputata una buona guida.

“Ci siamo quasi…”

Ron parlò alzando la voce, per sovrastare le altre, e lei annuì.

Sentì lo sbuffare del treno e poi Ron fermarsi di scatto, strattonandole così il braccio mentre continuava a camminare.

“Cosa c’è?”

“Li abbiamo persi! Mia madre e mio padre non sono dietro di noi!”

Il ragazzo parlò spazientito.

“Li andiamo a cercare?”

Era sicura che il suo amico fosse ancora accanto a lei, perché gli stringeva la mano… ma allora perché  non rispondeva?

“Ron?!”

“Malfoy.”

“Eh? E che c'entra ora…?”

“Weasley, sempre tra i piedi.”

A sentire quella voce fredda e strascicata Hermione irrigidì le spalle e guardò nella direzione da cui, probabilmente, parlava il loro interlocutore.

Draco Malfoy, con alle spalle Tiger e Goyle e accompagnato da Blaise Zabini, guardava con astio le due figure che gli erano di fronte. Lo sguardo del ragazzo cadde poi sulle due mani unite, sollevò un sopracciglio e un sorrisetto beffardo accompagnò la sua voce.

“Però non è giusto, povero Potter… si sentirà tradito. Non avete proprio perso tempo, vedo. Ma sì, d’altronde, in questo momento sarà bello che morto… quindi…”

Contemporaneamente i due Grifondoro strinsero l’uno la mano dell’altro e odio puro traboccava dai loro occhi. Ron stava per rispondere, ma la voce del Serpeverde lo interruppe.

“Forza, andiamo.”

Hermione li sentì passare accanto a lei, e subito dopo arrivarono i signori Weasley.

“Tra la folla vi avevamo persi… tutto bene? Ho visto allontanarsi da voi quei ragazzi…”

“Sì tutto bene, papà.”

Sentì nella voce del suo amico una nota di rabbia, e la poteva capire. Anche lei covava rabbia. Rabbia verso quel ragazzino viziato il cui padre l’aveva ridotta in quello stato e rabbia verso sé stessa, per non essere stata capace di rispondere, di reagire a quelle parole ingiuste e infide. Tutto solo per la paura di puntare i riflettori su di sé, e svelare al mondo la sua nuova condizione.

Il viaggio verso Hogwarts fu stranamente tranquillo e silenzioso. Durante l’estate, durante tutto il tempo che era rimasta a casa sua, lontana dalla magia, era stato facile ignorare ciò che era successo. Era stato facile non notare l’assenza di Harry. Ma ora che tutti erano tornati ad Hogwarts, era impossibile non rendersi conto di quanto le cose fossero cambiate.

Le mancava Harry, e sapeva che anche a Ron mancava. La cosa più brutta, era però non sapere dove il loro amico fosse, se stava bene o se… non c’era più.

Era inutile prendersi in giro, ed Hermione lo sapeva, niente sarebbe stato più come prima.

La sua vita si sarebbe complicata e se non si fosse trovato un rimedio alla sua cecità, avrebbe avuto sempre bisogno di qualcuno al suo fianco.

Erano cambiati addirittura i suoi adorati libri, la grafia elegante era diventata ruvida e in rilievo. Aveva passato l’intera estate a studiare l’alfabeto braille. Era stato semplice per lei, e con un veloce incantesimo tutti i libri si erano adattati alla nuova Hermione Granger. Per scrivere, invece, le sarebbe stato permesso di usare una Penna Prendi Appunti.

Dovette  inoltre rinunciare ai compiti di Prefetto, di certo non era più in condizioni di fare la guardia vigile tra i corridoi della scuola o quant’altro. Si sentiva inutile e non riusciva a sopportarlo.

Nessuno aveva capito di quale incantesimo si fosse servito il suo avversario, e nessuno ne conosceva la cura. I Medimaghi, in un primo momento, avevano parlato anche di un incantesimo di Invalidazione Momentanea, sarebbe scomparso da solo se fosse stato così. Ma erano passati mesi… e ancora niente.

 

La Sala Grande era come al solito rumorosa, ed Hermione aveva appena finito di mangiare il suo pranzo. Quasi tutta la Casa Grifondoro era venuta a conoscenza della suo “problema”, altrettanto non poteva dire delle altre Case. In fondo, quello era solo il secondo giorno di scuola.

“Ron, per favore, quando finisci di mangiare, potresti accompagnarmi in biblioteca?”

“Certo Hermione, non ti preoccupare.”

Caro Ron, come avrebbe fatto senza di lui? Era sempre disponibile e cercava di non farla sentire a disagio.

Per la verità, tutti Grifondoro si stavano comportando molto gentilmente con lei e le portavano sempre lo stesso rispetto di una volta. Era felice di questo… ma non poteva nascondere di temere un po’ il momento in cui tutti avrebbero saputo.

Ma lei doveva essere superiore, come al solito, e non doveva curarsi delle stupide battutine maligne. Avrebbe fatto così e ci sarebbe riuscita.

 

 

“Hermione la biblioteca è deserta a quest’ora, sei sicura che vuoi che ti lasci qui?”

“Certo, Ron. Non ti preoccupare, non è di certo la prima volta che resto sola in biblioteca. E poi, anche se non vedo, non sono un impedita…! Vai pure da Seamus, ti stava aspettando vero?”

“Sì… è il nuovo Prefetto e vuole sapere un po’ di cosa da me.”

“Cose tipo… i 1000 modi per infrangere le regole con il potere da Prefetto?” corrugò la fronte e sentì Ron ridacchiare.

“Sì, più o meno. Io vado, Ciao ‘Mione.”

“Ciao” si piegò sui suoi libri e decise di concentrarsi solo sullo studio.

Con Ron non aveva voluto ammetterlo, ma ora che la sua vista non era più quella di una volta, aveva un po’di timore a restare da sola. Comunque non aveva nulla da temere, era nella biblioteca della scuola… era protetta.

Dopo qualche minuto sentì dei passi veloci e arrabbiati entrare nella biblioteca e a seguire un tonfo, il rumore di un libro che veniva sbattuto su di un tavolo dall’altro lato della stanza. Una sedia strisciò a terra senza molte cerimonie e uno sbuffo esasperato le indicò che il suo occupante non era molto felice di essere lì, in quel momento. Hermione sorrise distrattamente e poi tornò ai suoi compiti.

Draco Malfoy era anche lui chino sui libri, o meglio, sul suo libro di Trasfigurazione, e ogni trenta secondi dedicava qualche bel pensiero alla professoressa McGranitt che, già al secondo giorno di scuola, aveva pensato bene di assegnargli una ricerca speciale sulla trasfigurazione uomo-animale magico.

Infatti, secondo lei, durante la prima lezione di introduzione a tale trasfigurazione, lui  non aveva prestato la minima attenzione a ciò che si stava dicendo in classe.

Sbuffò un’altra volta e ruotò gli occhi all’aria. Non c’era nessuno a quell'ora in biblioteca, naturalmente, e quindi si sarebbe annoiato il doppio. Stava per tornare alla noiosissima lettura quando un rumore lo distrasse, proveniva dal fondo della stanza e quando si voltò vide che si era sbagliato, non era solo.

Seduta su di un tavolo e circondata dai libri, c’era Hermione Granger. Solo lei si poteva incontrare a quel ora, in quel posto.

Sollevò le sopracciglia e decise di lasciar perdere l’idea di attaccare discorso, o meglio, battaglia. Voleva solo finire presto il compito ed uscire fuori, come tutti gli altri, a godersi un po’dell’aria autunnale.

Il rumore che aveva sentito era stato provocato dalla boccetta d’inchiostro, chiusa, che era caduta sul pavimento dal tavolo della Granger.

La vide mordersi il labbro inferiore e guardarsi intorno. I suoi occhi si posarono velocemente anche su di lui, ma non fece una piega. Strano.

Sembrava spaesata e indecisa sul da farsi, alzarsi o meno? Aveva un comportamento decisamente bizzarro e si concesse la possibilità di continuare a guardarla, tanto, non aveva niente di meglio da fare … O meglio, qualcosa c’era, ma avrebbe potuto aspettare…

Lentamente la Granger allungò il piede da sotto il tavolo e iniziò a muoverlo segnando un semicerchio. Sondando così ogni centimetro di pavimento che potesse raggiungere da quella posizione.

Cercava di prendere l’inchiostro ma, purtroppo per lei, la boccetta era di poco più distante e così, era chiaro non ce l’avrebbe mai fatta.

Draco inclinò leggermente la testa quando la vide ritornare seduta compostamente sulla sedia e prendere un grosso respiro.

“Madama Pince?”

Aveva una voce ansiosa e leggermente… stridula.

“Madama Pince, la prego, avrei bisogno di una mano.”

Non parlava ad alta voce, ma negli ambienti della biblioteca le parole rimbalzarono sui muri e furono amplificate.

Il Serpeverde guardò velocemente la scrivania dove di solito sedeva la bibliotecaria, ma non ce ne era traccia. La Granger nel frattempo aveva sospirato pesantemente e di nuovo si preparava a parlare, forse a voce più alta questa volta.

“Non c’è, non lo vedi?”

La vide sussultare, ma non si voltò a guardarlo. Continuava a fissare il vuoto davanti a sé.

“A-Ah… scusa, potresti per favore… Mi è caduta la boccetta d’inchiostro e non posso… prenderla.”

Sembrava in difficoltà mentre parlava e quando Draco sentì ciò che la ragazza gli stava chiedendo, sgranò gli occhi e non nascose la sua sorpresa.

Ma era impazzita? Forse non si era accorta con chi stava parlando, beh certo, se non lo guardava neanche in faccia! Però prima l’aveva visto, ne era sicuro… aveva incontrato i suoi occhi.

Stava per risponderle che mai avrebbe raccolto qualcosa per una Sangue Sporco come lei, ma qualcosa lo fermò. La vide passarsi velocemente una mano sugli occhi e poi, una volta alzatasi dalla sedia, scendere a terra titubante, rimanendo appoggiata con una mano alla scrivania. Appena poggiato il palmo della mano a terra portò anche l’altro, e subito si mise a cercare a tentoni, come se fosse immersa nel buio, l’inchiostro perso.

Le sarebbero bastati non più di cinque passi verso destra per raggiungere quella boccetta, ma la Granger si voltò a cercare verso la sua sinistra. Silenziosamente le si avvicinò e continuò ad osservare la sua ricerca disperata, in silenzio. Draco era distante circa tre passi dalla ragazza, ma lei sembrava non accorgersi di nulla.

Vedeva che i suoi gesti erano sempre più stizziti ed impazienti. Ora era ancora più vicina all’inchiostro, ma niente. Si chinò per raccogliere la boccetta e poi parlò.

“E’ qui, possibile che tu non l’abbia vista?”

Quando Hermione sentì quelle parole alle sua spalle, ma soprattutto, quando si accorse di conoscere il proprietario di quella voce, restò immobile e spiazzata, a terra e a carponi.

Cercò con la mano il tavolo e per sua fortuna lo trovò. Vi si appoggiò e velocemente si rialzò, voltandosi verso quello che doveva essere Draco Malfoy.

“Eri tu, prima?”

“Già.”

La ragazza si schiarì la voce nervosamente.

“Non ti avevo riconosciuto.”

“Non mi hai visto, eppure mi hai guardato.”

“Ma che dici Malfoy, piantala. Ora dammi il mio inchiostro per favore!”

Detto questo allungò la mano decisa verso il ragazzo, sperando di riavere presto ciò che le apparteneva e, soprattutto, sperando di essere stata abbastanza convincente.

“Mi sono spostato…”

Sentì la voce provenire da dietro di lei e il salire di un rossore incontrollabile alle guance. Dopo che si fu calmata e che ebbe ripreso in parte il suo colore naturale, si voltò un’altra volta.

“Sei qui?”parlò con tono stizzito.

“Sono qui.”

Hermione annuì e poi parlò ancora.

“Allora? Mi vuoi ridare il mio inchiostro?”

Draco si rigirava la boccetta tra le mani mentre guardava attentamente gli occhi della Grifondoro, che vide opachi e spenti.

Ora capiva perché, alla stazione, aveva avuto la sensazione che la ragazza non lo stesse in realtà guardando. C’era odio nei suoi occhi, dopo aver sentito le sue parole, ma in effetti sembrava stesse guardando qualcosa dietro di lui.

Non lo vedeva.

Appoggiò la boccetta d’inchiostro sul tavolo, provocando un piccolo ma chiaro rumore, e poi le voltò le spalle.

“Prendilo, è sulla scrivania.”

Sarebbe andato in Sala Comune a studiare, magari si sarebbe anche divertito di più.

Quando Hermione ebbe la certezza che Malfoy se ne fu andato, chinò il capo e poi, non abbandonando mai il contatto con il tavolo, tornò a sedersi.

Draco Malfoy lo sapeva, presto l’avrebbero saputo tutti i Serpeverde e poi l’intera scuola. Hermione Granger era cieca. Hermione Granger non era neanche più capace di raccogliere da terra una stupida boccetta d’inchiostro da sola.

Si portò una mano sugli occhi e si lasciò sfuggire un singhiozzo, poi respirò profondamente e rialzò il viso.

No, doveva essere forte. Lei era forte e non avrebbe pianto.

Non più, non ancora.

Iniziò a cercare sulla scrivania la dannata boccetta. Ovviamente, sarebbe stato troppo generoso da parte di Malfoy  evitarle il disturbo di cercarla ulteriormente. Lui, inoltre, non toccava le Sangue Sporco e mai avrebbe favorito un qualsiasi tipo di contatto con lei. Doveva per forza, sempre, renderle le cose più difficili

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Forte dei vostri commenti più che positivi , eccomi qua con il secondo capitolo (anche prima di quanto avevo previsto)

Forte dei vostri commenti più che positivi , eccomi qua con il secondo capitolo (anche prima di quanto avevo previsto).

Il secondo è un capitolo piuttosto corposo che delinea meglio l’aspetto generale della storia ma, davvero, questo non è ancora nulla. J

Ringrazio tutti quelli che hanno commentato e quelli che lo faranno (spero)… Buona Lettura ^^

 

Cap. 2

.

Quando, dopo qualche ora, Ron la venne a prendere dalla biblioteca, Hermione si mostrò piuttosto silenziosa e le domande che il suo amico taceva alla fine vennero fatte.

Erano seduti su delle poltroncine, il fuoco era acceso e la stanza era quasi vuota. Nonostante l’aria autunnale fosse piacevole la mattina o comunque nelle ore di sole, la sera il freddo si faceva sentire, ma Hogwarts era ben attrezzata e subito tutti i camini erano stati attivati.

Hermione guardava assorta il fuoco. Guardava quella fonte di luce, quel colore rossastro che spezzava il nero a cui, in qui mesi, si era abituata.

“Come è andato lo studio, Hermione?”

“Bene.”

“Voglio dire, hai… hai avuto qualche problema? non so, magari con la nuova…”

“No, va tutto bene Ron. Davvero, grazie.”

“E allora… cosa c’è che non va Hermione?”

Sentendo quel tono serio e preoccupato subito la ragazza si voltò verso di lui. Aveva ancora quei riflessi naturali che la portavano a voltarsi quando una persona le parlava, per guardarla negli occhi, possibilmente… Ed anche se ora non poteva più farlo, voleva che le persone capissero che lei stava ascoltando, che avevano tutta la sua attenzione, che non era una bambola persa nei propri pensieri, come poteva sembrare guardandola.

Lei aveva perso la vista era vero, ma non voleva chiudere i suoi occhi. Non voleva isolarsi dal mondo.

Voleva farne parte al massimo delle sue possibilità.

“Credo che… No, Malfoy lo sa.”

“Lo sa?!”

“Sì, sa che non vedo. Era in biblioteca oggi, io non sapevo che fosse lui e quando mi è caduto l’inchiostro… insomma, quando mi ha parlato l’ho riconosciuto.”

“Non capisco cosa c’entri l’inchiostro, comunque… che ti ha detto? Giuro  che se si è azzardato a prenderti in giro o a ferirti in qualche modo io…”

“No… non mi ha detto niente. Mi ha solo fatto capire che se ne era accorto e poi se ne andato. Credo fosse rimasto sorpreso.”

“Meglio per lui…”

Ron aveva incrociato le braccia sul petto e poi si era appoggiato, poco elegantemente, con le spalle contro il dorso della poltrona.

“Ora io andrei a letto. Notte, Ron.”

Hermione si alzò stiracchiandosi e sbadigliando.

“Vuoi che ti dia una mano?”

“Magari solo fino alle scale, da lì in poi farò da sola. E poi, anche volendo, non potresti fare altro…”

“Quelle maledette scale! Ieri mi sono scordato dell’incantesimo e ho provato a salirle di nuovo…”

“Quindi era tuo quell'urlo, ieri notte? Scusa se te lo chiedo, ma che ci venivi a fare nei dormitori delle ragazze.. di notte?”

Ron arrossì mentre si avvicinavano sempre di più alle scale dei dormitori.

“Non era proprio notte… e comunque volevo vedere se per caso avevi avuto qualche problema e se mia sorella aveva fatto il suo dovere…”

“Sì, sì. Tutto bene… di balie ce ne sono tante.”

Hermione si allontanò da Ron e iniziò a salire i primi gradini.

“Oh Hermione…”

“Notte, Ron.”

 

La prima settimana di scuola era passata e tutti gli studenti, chi meglio chi peggio, avevano ripreso il ritmo scolastico. La voce che Hermione Granger fosse diventata cieca si era diffusa velocemente, e d’altronde, non era una cosa che poteva passare inosservata.

Si narravano diverse storie su come questo fosse accaduto e le più accreditate, erano proprio quelle che parlavano di un incidente nella battaglia a cui la ragazza aveva partecipato, intrufolandosi nell’Ufficio Misteri. La stessa battaglia in cui Harry Potter, il Preselto, era scomparso assieme al temibile Signore Oscuro.

Hogwarts era diventata, in quel periodo, come un enorme salotto in cui i pettegolezzi e le chiacchiere altrui erano all’ordine del giorno.

Diversamente non poteva essere però, quello era un periodo di festa per il Mondo Magico…

Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato era scomparso e le storie delle imprese encomiabili di Harry Potter, eroe e martire, erano affiancate dalle diffamazioni dei Mangiamorte catturati e di quelli sospetti, ma sfuggiti alla cattura.

Erano in pochi a credere che Voldemort sarebbe tornato, ancora. E così, pur conservando un animo perverso, anche i cattivi per eccellenza volevano salvarsi la pelle da possibili accuse.

I capri espiatori di tutto erano quindi diventati per tutti, coloro che già erano sotto i riflettori. I più facili da incolpare, quindi.

La famiglia Malfoy, ad esempio, si era legata a quella Black dando origine ad un’unione tra le più acclamate e rispettate da secoli. Lucius Malfoy era però stato fatto prigioniero ad Azkaban, con pesanti accuse di attività Mangiamorte, e i precedenti della evasa Bellatrix Balck Lestrange, avevano fatto sì che la reputazione di uomini ricchi, integri e generosi fosse sostituita a quella di infidi, criminali e oscuri.

I giornali come La Gazzetta del Profeta erano pieni di articoli riguardanti tutto questo e agli studenti di Hogwarts piaceva leggere gli articoli, discutere, esporre le proprie opinioni su quello che succedeva nel mondo…

La Sala d’Ingresso del castello era occupata da gruppetti di studenti che, qua e là, dopo essere tornati dalla gita ad Hogsmeade, discutevano e facevano comunella.

Draco Malfoy  attraversava, in quel momento, l’ampia sala a passo sicuro e sostenuto ed era strano capire come i ruoli, nella vita, potessero essere invertiti così facilmente.

Stava ancora pensando all’ora precedente, Difesa Contro Le Arti Oscure, e si convinceva sempre di più che quella nuova professoressa lo odiasse.

Non che la cosa lo toccasse più di tanto, in fondo. Anche lui non nutriva nei suoi confronti tutta questa simpatia, ma c’era qualcosa nel modo in cui lo guardava che… lo infastidiva, lo metteva in soggezione.

Ad un tratto qualcosa urtò la sua caviglia e lo fece fermare all’incirca al centro della stanza.

Portò gli occhi verso il basso e vide una pagina di giornale appallottolata che giaceva a qualche centimetro da lui.

La sala si riempì di bisbigli che man mano scemarono, per lasciar spazio solo al silenzio. Draco alzò lo sguardo ed esaminò tutti gli studenti che erano lì, quasi tutti Grifondoro… manco a dirlo.

Lo guardavano, ed evidentemente volevano che leggesse quel giornale.

Quella non era una scena nuova per la verità e sapeva di doversi abituare alla cosa.

“Andiamo Draco, lascia perdere.”

Zabini, che era dietro di lui, ricominciò a camminare non curante e voleva che lo seguisse, ma qualcosa lo spinse a fare il contrario.

Probabilmente, quella del suo compagno, sarebbe stata la scelta migliore da fare e invece Draco restò lì, fermo, finché l’altro Serpeverde non si voltò a guardarlo lanciandogli uno sguardo esasperato.

Si piegò a raccogliere quel foglio spiegazzato con un sorrisino ironico. Mai si sarebbe mostrato debole, o anche solo minimamente toccato, da quelle accuse indirette che gli venivano fatte.

Apri con cura la carta, che si accorse appartenere alla Gazzetta del Profeta, e iniziò a leggere.

L’ articolo non era molto grande, dato che, la maggior parte della pagina, era occupata da un paio di foto in bianco e nero di suo padre.

Una lo ritraeva alla cena che era stata organizzata, circa un anno prima, in onore delle donazioni pervenute per l’ampliamento dell’Ospedale Per Ferite Magiche, il San Mungo. L’altra, invece, era più recente.

Lucius Malfoy indossava una tunica nera, una maschera argentata a forma di teschio giaceva ai suoi piedi, e incatenato per i polsi era affiancato da due minacciosi Auror.

Draco non si soffermò molto sulla seconda foto, ma bensì sulla prima.

Mille flash illuminavano la stanza, la targhetta che gli era stata consegnata (in quanto donatore più generoso e sensibile ai bisogni dei malati), e il suo volto.

Suo padre sorrideva discretamente e con gran classe. Restava sotto le macchine fotografiche con una naturalezza incredibile e tutto, dall’abbigliamento al portamento, alla maniera in cui teneva in mano il suo riconoscimento in argento, diceva chiaramente che Lucius Malfoy era un uomo dalla nobiltà più pura e antica e dalla potenza incomparabile.

Sorrise guardando quella immagine e l’espressione dell’uomo ritratto.

Sapeva recitare benissimo la sua parte, era uno tra i più astuti e bravi giocatori che prendevano parte a quel gioco che è la vita. Suo padre stesso l’aveva definita così… Ora che ci pensava, faceva persino filosofia. E che filosofia…

“Sei felice, Malfoy?”

 Dio… quegli idioti. Quasi se ne era scordato.

Cambiò subito espressione e guardò chi aveva parlato.

“Finnigan” usò il suo solito tono strascicato e parecchio scocciato questa volta.

“Sorridi… Non credevo fosse questo l’atteggiamento di un figlio che vede suo padre portato in prigione. Oh ma certo, che stupido! Sto parlando con un Malfoy, il cambiamento di bandiera è una pratica molto usata e ben conosciuta nella vostra famiglia… Non è vero?”

Calma. La calma è la virtù dei più forti.

“Finnigan, ti conviene tacere.”

“Perché, altrimenti? Nessuno ha paura di te, Malfoy. In più, ora tuo padre e ad Azkaban…”

Mezze parole di approvazione salirono dalla folla che si era riunita nella sala.

“Già…”

“Infatti…”

“Ora che farà… suo padre non c’è’?”

In effetti, in tutti quegli anni, si era sempre appoggiato alla figura di suo padre, per qualunque vendetta, per qualunque minaccia.

Ora sarebbe bastato lui solo. Sarebbe dovuto bastare.

Diede un altro sguardo al gruppo di studenti e quando i suoi occhi si posavano su qualcuno, subito questi taceva o smetteva di fissarlo.

E loro non avevano paura?Andiamo, lui era un Serpeverde subdolo e spietato, il rappresentate migliore della sua Casa… e non avevano timore?

La sua vendetta poteva essere terribile, ed è questo che la gente teme di più.

Una persona può fare la spaccona e la coraggiosa quanto vuole, ma poi deve fare i conti con le sue azioni. E si sa, la vendetta di un Serpeverde promettente Mangiamorte, a quanto si diceva in giro, è temibile e tremenda.

Draco Malfoy scoppio in una risata priva d’allegria e gettò di lato l’articolo, che era stato riappallottolato.

“E voi, voi sareste quelli che non hanno paura? Ma fatemi il favore…”

Detto questo, ancora con il sorriso di scherno sulle labbra, si girò, lasciando rotare attorno a sé il mantello nero, e si avviò verso l’uscita della scuola.

“Aspetta Malfoy, non hai letto cosa dice l’articolo… la cosa più interessante…”

Si voltò ancora e questa volta era stato un Corvonero a parlare, Michael Corner.

“… Lucius Malfoy ha dimostrato d’essere l’ipocrisia fatta persona, il Ministero è rimasto sconvolto da ciò che è accaduto e ha detto, d’ora in poi, di voler assicurarsi sulle persone con cui collaborerà e a cui darà la propria fiducia. In realtà accuse contro questa “ illustre” persona furono già state avanzate, tempo fa, molto chiaramente, da Harry Potter ma nessuno sembra aver preso anche solo in considerazione le parole detto da un ragazzino, dal ragazzino che ci ha salvato e…

“NO, no, per favore. L’encomio a Potter vorrei risparmiarmelo.”

“Certo, ma aspetta ancora un po’. Qui parlano anche di te e di tua madre, senti… Narcissa Malfoy si dichiara estranea a quanto accaduto, tuttavia, secondo testimonianze e voci attendibili, sembra non aver assolutamente avuto alcuno scontro in questione con il marito. Né tanto meno si risparmia le visite ad Azkaban che anzi, sono molto, molto assidue. A questo punto, anche credere alla buona fede di una madre di famiglia, nonché donna nobile, sembra essere difficile. Ricordiamo che la famiglia Balck ha, anche lei, avuto le sue pecche. Bellatrix Balck Lestrange, Mangiamorte dichiarata e per nulla pentita, è tutt’ora un’evasa…

“Corner, mi sapresti dire chi ha scritto questo articolo?! Mi sembra che più di un testo d’opinione, qui si facciano accuse e diffamazioni. Sono cose perseguibili e norma di legge…”

“Ma no aspetta. Avete sempre desiderato finire sui giornali ed essere al centro dell’attenzione, voi Malfoy, e ora che finalmente vi dedicano tutto un articolo ti lamenti? Comunque senti… parlano anche di te.”

Draco si iniziava ad alterare, ma non fece in tempo a bloccarlo che già il ragazzo aveva ripreso a leggere.

“… ciò che può risultare strano è che, in corrispondenza delle continue visite della moglie, non una volta il loro figlio si è fatto vedere nei pressi dell’isola d’Azkaban. Il ragazzo sedicenne frequenta Hogwarts, rinomata scuola di magia e stregoneria, e pare che siano stati non pochi gli episodi che l’hanno visto coinvolto in vicende poco chiare…

“Piantala Corner! Mi dici che cosa vuoi, ora?”

Michael Corner lo guardò serio, ripiegò in due il giornale e iniziò a parlare.

“Ci tenevamo a farti sapere il nostro parere. Dato che voi vi permettere sempre di criticare gli altri e non vi risparmiate, mai, di renderci partecipi dei vostri ideali e delle vostre opinioni sul nostro conto, ora tocca a noi parlare.

Siete dei doppio giochisti, dei falsi e degli spregevoli snob con la puzza sotto il naso…”

La voce del Corvonero fu interrotta da quella di una ragazza, Grifondoro se non sbagliava.

“Se c’è qualcuno che in questa scuola dovrebbe essere cacciato via a calci, quelli siete proprio voi e tutti quelli come la tua famiglia...”

Altre voci sopraggiunsero e le frasi si mischiarono, si confusero, ma il significato era comunque ben chiaro.

Una rivolta di massa.

Alzò la voce per farsi sentire e mano a mano l’attenzione di tutti tornò su di lui.

“Sappiamo benissimo che qui i Serpeverde non sono i ben accetti, ma sappiate che questa scuola è nostra quanto vostra e neanche voi siete accolti a braccia aperte… e mai lo sarete. Per quanto lo vorreste non riuscirete mai a cacciarci di qui, siamo in questa scuola da secoli e ci resteremo. In oltre non vi conviene parlare tanto, mi ricorderò di voi… di ognuno di voi.”

“Ci stai minacciando, Malfoy?”

“Fai un po’ te, Weasley.”

Ronald Weasley, aveva finalmente preso parola e stranamente la mezzosangue non era con lui. Draco non ci badò comunque più di tanto, e si voltò un’altra volta per andar via.

Non fu seguito da Zabini, per fortuna, ma mentre si allontanava, sentiva di lasciarsi alle spalle un mare di insulti non molto moderati o leggeri.

Appena fu abbastanza lontano dal castello abbassò le spalle ed ammorbidì i muscoli, sospirando. Quello era stato uno tra gli scontri più feroci e diretti che aveva avuto sin ora e se, comunque, agli altri faceva capire che la cosa non lo interessava più di tanto, in realtà, tutte quelle parole lasciavano un segno anche dentro di lui.

A volte desiderava solo di chiudere gli occhi, e fare finta che tutto quello che lo circondava non esistesse. Le voce, le persone, i giornali

Solo il buio e la tranquillità dell’essere soli, con i propri pensieri. O neanche loro, forse.

Draco stava passeggiando distrattamente tra il manto di foglie autunnali che ricoprivano il terreno, e ogni tanto lanciava qualche sguardo verso il castello, come per decidere se era il caso di rientrare o meno.

Era l’imbrunire e tra poco sarebbe stata pronta la cena, tra poco si sarebbe fatto buio. Decise di fare ancora qualche passo, pochi minuti e poi sarebbe rientrato. Di certo, in ogni caso, non avrebbero sentito la sua mancanza....

Passeggiando serenamente si era reso conto di essersi allontanato parecchio da Hogwarts, ma la cosa non lo spaventava. Sapeva come tornare indietro e, in oltre, il lago là vicino era una garanzia di ritorno.

Appoggiò il piede su di un'altra distesa di foglie verdi e gialle, ancora non erano del tutto secche, e non poteva sentire lo scricchiolio che tanto gli piaceva ogni volta che calpestava, tuttavia successe una cosa che non aveva previsto. La terra mancò sotto i suoi piedi…

 

 

Ma cosa le era venuto in mente? Avventurarsi da sola, per il parco! Era una stupida, stupida, stupida! Avrebbe dovuto chiedere a Ron di accompagnarla a fare una passeggiata, ma non voleva disturbarlo.

No, la verità è che voleva fare da sola.

Era stanca d’essere guidata manina manina dappertutto, sempre. Voleva dimostrare a sé stessa e agli altri che ce la poteva fare. Ora però, aggrappata ad un albero, non riusciva più a capire dove si trovava e non sapeva neanche come ci era arrivata lì!

Be’, a dir la verità, sì. Lo sapeva.

 Era piuttosto umiliante e non l’avrebbe raccontato ad anima viva ma… con tre cadute, cinque brutali scontri contro alberi dalla corteccia di ferro, e con un po’ di imitazione fantasma, assieme alla ricerca a gattoni dell’albero... era arrivata lì.

Sospirò e cercò di tornare indietro, tra poco si sarebbe fatto buio e non voleva che nessuno scoprisse della sua…emh … avventura solitaria e sconsiderata.

Iniziò di nuovo a camminare a tentoni, andava a naso. Aveva un fiuto infallibile per l’inganni e per le risoluzioni dei problemi, allora perché non doveva avercelo anche per il senso dell’orientamento? Fece qualche passo con le mani tese in avanti e la positività la invase. Ma durò poco, perché tutto ad un tratto iniziò a scivolare verso il basso.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ringrazio tutte le persone che mi hanno recensito, sono sorpresa e felicissima di tutte le vostre recensioni :D

Ringrazio tutte le persone che mi hanno recensito, sono sorpresa e felicissima di tutte le vostre recensioni :D

Buona lettura J

(Ora che la storia si farà più interessante inizierò anche a rispondere ad ognuna di voi singolarmente, se questo vi farà paciere…)




Cap

Cap.3

 

Dopo aver rotolato fra la  terra, essersi graffiata le ginocchia, e aver avuto l’impressione di morire, Hermione a quattro zampe e a terra prese un grosso respiro.

Si sedette sul terreno e palpò con le mani ciò che la circondava: solo terra e foglie.

“Ma cosa…?”

“Granger?”

Sussultò vistosamente, impaurita e meravigliata.

“Chi sei?”

“Draco Malfoy.”

“Che cosa ci fai tu, qui?!”

“Datti una calmata… Secondo te cosa ci faccio in un buco sotto terra?!”

“Sei caduto anche tu?”

“Le “E” sono proprio meritate, vedo…” disse ironicamente.

La stava prendendo in giro e questo la innervosiva parecchio, ma ora non era quella la cosa a cui doveva badare.

“Vuoi dire che siamo bloccati qui?”

“Per quanto si vende la McGranitt?”

“Piantala di fare dello spirito, Malfoy! Che cos’è questo postaccio?!”

“Un buco schifoso e sporco, ecco cos’è. Comunque sappi, che neanche io mi sto divertendo! No, non puoi far nulla con la bacchetta… in questo posto non funziona.”

Hermione depose la bacchetta, che aveva preso pochi secondo prima, per terra.

“Come non funziona?”

“Ho già provato ad usarla per chiamare la mia scopa, ma niente… C’è una sorta di barriera, o comunque un incantesimo che annulla qualunque tipo di magia. Se non ci credi prova.”

“No, no… ci credo. Questa… potrebbe essere una trappola!”

“Una trappola? E perché mai qualcuno vorrebbe catturarci?”

“Non per noi! Per gli animali… magici.”

Sentì un basso grugnito e capì che forse avrebbe fatto meglio a tacere.

“Quel bestione, era ovvio c’entrasse lui! Dannato Mezzogigante!”

“Non te la prendere con Hagrid, Malfoy!”

“A no? E con chi me la dovrei prendere?”

“Magari con la tua sbadataggine per non aver visto una buca tanto grande!”

“Era nascosta, coperta da un manto di foglie… Sì, sono stato proprio un incosciente distratto!”

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, nei quali Hermione avrebbe avuto tanto bisogno scoppiare in un pianto isterico, ma si astenne.

“Quanto ci metterà Weasley a mettere a soqquadro la scuola, per cercarti, e a capire che non ci sei?”

“Perché ti interessa?”

“Perché così mobiliterà tutto il corpo insegnanti per le ricerche, e magari ci troveranno!”

“Tu sei qui da più tempo, no? Chi ti dice che già non ti stiano cercando… Non possiamo contare sui tuoi compagni?”

“Non credo proprio…”

Hermione non proseguì oltre, e ritornò il silenzio. Sperava con tutto il cuore che Ron si sbrigasse a capire che era nei guai.

Era passata ormai una mezz’ora buona e fuori le prime stelle si facevano vedere. Hermione sentì uno sbuffare pesante e poi il rumore di passi.

“Ma quanto ci mette quell’idiota!”

“Ti riferisci a Ron?”

“Maledetto Weasley, è un ritardato anche su queste cose!”

“Non permetterti mai più…”

“Inizia a fare freddo… Maledizione!”

Sentì il rumore di un sassolino scagliato a gran velocità contro la parete, e si ritirò di scatto quando avvertì la collisione tra i due corpi non molto distante da lei.

“Calmati Malfoy.”

Lo sentì sedersi pesantemente a terra e restare in silenzio.

Poi sorrise ironicamente.

“Ti rendi conto che aspetti di essere salvato da Ronald Weasley?”

Draco si voltò a guardarla e assunse un’espressione imbronciata, molto buffa a dir la verità. Peccato che Hermione non potesse vederla.

“No, tu sarai salvata dalla donnola. Io sarò salvato da chi accompagnerà il tuo fidanzato, quindi da qualche insegnante…”

“No. Puoi rigirarla come vuoi ma nessun insegnante passerebbe di qui se non fosse Ron a chiamarlo, mi dispiace Malfoy. E comunque, Ron non è il mio fidanzato!”

“Ti dico di no, invece. Lui vuole trovare te. Non sa che io sono qui, quindi non mi vuole aiutare e non lo farà.”

“Certo… Gli dovrai un favore.”

Se qualche ora fa avrebbe detto che l’inverno era ancora lontano, adesso Hermione non poteva negare di sentirlo più vicino che mai. Strofinò le mani e abbracciò le ginocchia avvicinandole di più al petto. Era passato un quarto d’ora, e ancora niente…

“E’ bello avere amici deficienti, vero Granger?  A quest’ora Wealsey si starà rimpinzando in Sala Grande.”

“E’ bello non avere nessun amico, vero Malfoy? A quest’ora staranno facendo festa perché non ti hanno visto tornare.”

Ci fu qualche secondo di silenzio, non sapeva se il Serpeverde avrebbe risposto e non l’avrebbe mai saputo, perché una voce interruppe il silenzio della notte.

“Draco? Draco, sei qui?! Dai, non te la puoi prendere così tanto per quello che la gente dice! Non te ne mai fregato niente… e poi, oh ti prego salta fuori! La tua fidanzata va in giro per Hogwarts a minacciare chiunque incontri, per chiedere di te, con uno Schiantesimo sulle labbra! Ha iniziato anche con i Serpeverde! E mi tortura perché sono stato l’ultimo a vederti… Ti prego!”

Benché non avesse capito a pieno il significato delle parole del ragazzo che stava urlando nel parco, Hermione si tratteneva a stento dal ridere. Sembrava davvero disperato.

 “… Se hai deciso di mollare tutto, okay. Te ne vuoi andare? Bene! Ma almeno lasciale un biglietto…”

“BLAISE!”

“Draco?!”

“Sì…” disse con fare strascicato e stanco.  

“Dove sei?”

“Prova… prova a guardarti in torno, sono in una buca.”

“Una buca?” rispose l’altro ragazzo con ilarità mista a stupore.

“Sì, ci sono caduto dentro” rispose in tono scocciato.

Dopo alcuni secondo Hermione sentì la voce di Zabini molto vicina. Era arrivato sopra di loro.

“Eccoti! Ah ma non sei solo…” nelle ultime parole la sua voce assunse un tono malizioso e molto lascivo, tanto che Hermione si sentì arrossire leggermente.

 “Come vedi, ci è caduta anche la Granger. Vai a chiamare qualcuno. La magia, almeno la nostra, non ci può aiutare in questo caso.”

“Ma certo, ho capito!”

Zabini parlò come se avesse appena trovato la soluzione ad un mistero inspiegabile, e l’altro Serpeverde storse il naso.

“Che c’è da capire?”

“Non hai sentito cosa ha detto l’altro giorno a lezione Hagrid?”

Draco non rispose, ma gli lanciò un occhiata molto eloquente.

“Già… neanche io di solito lo ascolto ma questo l’ho sentito. Siete in una trappola per non so quale assurdo animale, i confini del parco ne sono pieni. Ci aveva avvertito di non avvicinarsi…”

“Be’ no, non ho sentito. Avrebbe dovuto essere più chiaro, o comunque…”

“Non è colpa di Hagrid, se tu non segui la sua lezione!”

“Io dico di sì, Granger. Se sapesse parlare, io non sarei costretto a fare di tutto per non ascoltarlo e non farmi venire mal di testa.”

“Ma smettila! Ogni scusa è buona per scrollarti le responsabilità di dosso…”

“Emh… scusate? Io allora che faccio?”

“Che fai ancora lì, Zabini! Vai a chiamare la professoressa McGranitt ed Hagrid!”

“No, Balise! Chiama Piton, così troverà il modo di togliere qualche bel punto a Grifondoro.”

Hermione strinse i punti e balzò in piedi posizionandosi di fronte a Malfoy, se non sbagliava.

“No! La McGranitt, così potrà tranquillizzare Ron e far venire Hagrid, che probabilmente è l’unico in grado di liberarci da qui!”

“Io direi che resto qui, ma non vi preoccupate. Stanno arrivando tutti.”

Blaise si era voltato a guardare alla sua destra.

“Tutti chi?”

“Allora… Arriva Piton, come volevi tu Draco, poi c’è anche la McGranitt, Hagrid e a capo gruppo, che corre come un forsennato, c’è Weasley.”

Hermione sorrise a sentire dell’arrivo di Ron e degli altri insegnanti.

“Hai visto, Malfoy? Ron mi stava cercando.”

“Ma io non gli dovrò niente, è arrivato prima Blaise. Mi sarei salvato comunque.”

 

 

Era passata circa una settimana da quella disastrosa avventura a lieto fine. Ron le aveva chiesto per cinque giorni di fila, incessantemente, se là sotto fosse successo qualcosa. Se Malfoy le avesse fatto qualcosa e ogni volta, sempre con più pazienza, Hermione gli rispondeva che no, non era successo nulla e che Malfoy, se non per qualche insulto rivolto a lui (ma questo non  glielo aveva detto) era troppo impegnato a pensare a come uscire da lì che a farle del male.

In quei giorni Hermione si rese conto di quanto il suo amico potesse essere soffocante e comprese, come mai aveva fatto prima, che non era un caso se Ron era figlio di Molly Weasley.

La ragazza era seduta in Sala Grande, al suo solito posto nella lunga tavolata rosso e oro, e stava consumando tranquillamente la sua colazione già pensando e programmando la sua giornata di studio.

Come prima ora avrebbero avuto Difesa Contro le Arti Oscure con i Serpeverde, a parte la compagnia, le andava di iniziare la giornata proprio con quella materia.

La nuova professoressa, Linda Waag, era molto brava e capace, una donna dalla voce calma ma profonda. Ron l’aveva descritta con una persona con non più di trentacinque anni, dai capelli lunghi, lisci e neri. Dagli occhi altrettanto scuri, ma dal sorriso facile. Rigorosa e seria nel suo lavoro ma affidabile e socievole nella personalità. Anche Harry sarebbe stato felice di avere finalmente un insegnante come lei, con cui studiavano la pratica e facevano esercizio.

Quell'anno sarebbe stato molto interessante, avrebbero studiato le tre Maledizioni Senza Perdono.

Sì, Harry ne sarebbe stato felice.

Una tristezza che sapeva di malinconia scese sui suoi occhi, e un po’ della vitalità di quella mattina di sole sfumò con il suo arrivo.

Hermione stava giocando con delle briciole di pane, le spezzava e le riassemblava ogni volta che poteva, quando fu distratta dalla voce di Ron che parlava con Seamus.

“Guarda, Seamus.”

“Brutte notizie tra le Serpi...”

“Di che parlate?”

Hermione chiese informazioni al suo amico, ma il ragazzo la ignorò.

“Sembra proprio di sì, se ne và. Cavoli che occhiata.”

“Ti ha visto?”

“Già. E’ proprio un brutto tipo quel Malfoy… Chissà dove finirà, anzi no… lo sappiamo tutti dove finirà.”

“Mi spieghi che succede, Ron?”

“Niente. A quanto pare al Furetto sono arrivate brutte notizie con la posta del mattino, si è alzato bruscamente e se ne è andato!”

Ron le parlò con tono scocciato, forse tentò di nasconderlo ma non ci riuscì.

“Capisco, be’ scusa. Continua pure a parlare con Seamus, la prossima volta chiederò a qualcun altro di rendermi partecipe a quello che succede nel mondo.”

“Dai Hermione, era una cavolata!”

“Anche se era una cavolata, sai che se avessi potuto vedere l’avrei visto!”

Si girò nervosamente e continuò a sbriciolare il suo pane. Ron era… era… era uno scriteriato! Un giorno era soffocante e premuroso fino al volta stomaco, e l’altro era superficiale e strafottente.

Sapeva però che ce la stava mettendo tutta per aiutarla, e lo ringraziava infinitamente, solo che non le piaceva essere trattata come una palla al piede.

Probabilmente sbagliava a reagire così male ma proprio non riusciva a trattenersi.

Sospirò. Gli avrebbe chiesto scusa.

 

Hermione era ferma davanti alla porta dell’aula della professoressa Waag, mancava mezz’ora all’inizio della lezione ma si era fatta “lasciare” lì da Ron.

La porta era ancora chiusa e, in tutta sincerità, si stava annoiando.

Là vicino doveva esserci la Sala Riunioni dei Prefetti. Ora, fosse stato un anno normale, si sarebbe recata in quella saletta, si sarebbe seduta in una delle comode poltroncine, quella rossa da brava Grifondoro, e avrebbe atteso lì l’inizio della lezione.

La mattina, a quell’ora, non si incontrava mai nessuno. Tutti erano in Sala Grande e non c’era motivo, per un Prefetto, di recarsi in quella stanza se non quello di essere stato convocato. Peccato, perché lei la riteneva una tra le stanze più comode e belle di tutta Hogwarts.

Immersa in tali pensieri non si accorse nemmeno di aver mosso dei passi e di essere arrivata proprio davanti a quella bassa porticina in legno.

Capì di esser lì solo quando toccò con le mani la stoffa morbida dell’arazzo appeso sulla porta e, spostando di poco le dita, la porta ruvida e vergata dai nodi del legno. Ma la cosa che le fece capire con certezza che quella era la Sala Riunioni dei Prefetti, era l’aver sentito quel odore particolare ed unico del fuoco che ardeva nella stanza.

Una leggera fragranza di vaniglia le invase le narici e fu come vedere quel legno, comune ad una prima occhiata, scoppiettare tra le fiamme e spargere quel odore.

Stava per allontanarsi e tornare su i suoi passi quando la porta davanti a sé si aprì di scatto.

Di certo Draco non si sarebbe aspettato di trovare qualcuno fuori la porta, né tanto meno qualcuno che non fosse un Prefetto.

La Granger era lì, davanti a lui, in piedi ed immobile con un espressione che non le portava proprio onore. Imbarazzata e spiazzata erano gli aggettivi che meglio le si addicevano in quel momento.

Si schiarì la gola e poi parlò.

“Dovrei passare.”

La vide arrossire e spostarsi immediatamente di lato.

“Certo.”

Stava oltrepassando la soglia della porta con il suo fare altezzoso, guardando sempre avanti, quando qualcosa, o meglio, qualcuno pestò il suo piede. Andò quindi a sbattere contro un massa cespugliosa e… profumata di riccioli castani.

Lo scontro inaspettato, fece cadere dalla tasca della sua divisa la lettera che aveva ricevuto quella mattina, e alla ragazza scivolò la pesante borsa dei libri dalla spalla.

Si allontanarono subito e Draco cercò di ignorare il non indifferente dolore al piede.

“Granger, non ero ancora passato!”

“Se sei lento, Malfoy, non è colpa mia!” era arrossita ancora e lo sentiva.

“Non sono io ad essere lento, sei tu che evidentemente hai fretta.”

Si piegò a raccogliere la busta e la conservò velocemente. Ci mancava solo che la perdesse…

“Che ci facevi davanti alla Sala Riunioni dei Prefetti? Tu non lo sei più.”

“Lo so. Io cercavo Ron.”

Hermione si piegò per raccogliere la borsa e si accorse che i libri erano finiti a terra.

“Certo, come no. A quest’ ora la stanza è sempre vuota, non c’è speranza di incontrare qualche Prefetto…”

“Tu eri dentro, e poi non potevo sapere che la stanza era vuota!”

Contando i libri Hermione si accorse che ne mancava uno all’appello e, nascondendo la sua disperazione, lo iniziò a cercare sul pavimento. Era la seconda volta che si trovava in quella situazione. Piegata a terra e di fronte a lei Draco Malfoy! Chissà come ci godeva quella Serpe!

“Credo invece di sì, è per questo che sei venuta.”

“Ma zitto Malfoy, cosa ne vuoi sapere!”

“Niente. Non ne voglio sapere niente delle tue nostalgie, Granger.”

Hermione rimase piuttosto sorpresa da quella risposta, lui aveva capito? Gli era bastato vederla sulla porta di una stanza che non aveva più il permesso di frequentare, e già parlava di nostalgie…

Ma dovette concordare che era proprio questo ciò che stava vivendo, nostalgia.

Non seppe che rispondere, e infatti non lo fece.

“Hai visto, Mezzosangue, cosa succede ai ficcanaso? Guarda cosa ti è successo per esserti intrufolata in posti e affari che non ti riguardano… Ah! E di’ al tuo amico Weasley  di farsi i fatti suoi d’ora in poi. Portagli il tuo esempio, dovrebbe capire…”

Hermione si alzò sulle ginocchia e smise di cercare il suo libro.

“E già, tu sai bene come mi è successo questo” si indicò gli occhi con un dito e poi proseguì.

“Ma sappi che aiutare un mio amico e far imprigionare dei bastardi come tuo padre, sono eccome affari miei! E poi se te ne esci dalla Sala Grande, dove ci sono una miriade di studenti, come un pazzo, non puoi pretendere che nessuno ti noti o ti rivolga un’occhiata dubbiosa!”

“Sinceramente non so di cosa tu stia parlando. In giro si dice che la vostra baldanza, il vostro coraggio, che io chiamerei più stupidità, ti ha procurato la cecità e la morte a Potter… Per quanto riguarda Weasley, è un avvertimento per il futuro.”

Hermione scoppiò a ridere, una risata che tante volte aveva sentito fare al ragazzo che le era di fronte. Una risata non allegra e che si fatica a chiamarla tale.

“Non lo sai, eh? Di’ piuttosto quanto ti sei pavoneggiato con i tuoi compagni Serpi o di quanto sei stato perversamente felice!”

“Ora davvero non ti seguo, Granger. Forse i danni non sono stati limitati esclusivamente alla vista, di cosa esattamente mi sarei dovuto “pavoneggiare”?”

Hermione si alzò in piedi furiosa, mentre Draco assumeva una espressione di sincera confusione e incertezza sulla salute mentale della ragazza.

La stava osservando attentamente, ora che non poteva vedere, era più facile osservarla senza dover dare spiegazioni. Aveva i pungi chiusi e abbandonati lungo i fianchi, gli occhi stretti e le guance arrossate. I capelli, come al solito voluminosi e ricci, erano leggermente disordinati e Draco si concentrò ad osservarle le lebbra. Erano… morbide, si capiva, e rosate. Le aveva arricciate in una posa che, faceva chiaramente intendere, quanto in quel momento fosse adirata.

I suoi occhi scesero man mano più verso il basso, esaminando per intero il corpo della ragazza. La Mezzosangue Zannuta era piuttosto aggraziata, non le mancava niente. Peccato fosse una sangue sporco e questi, erano pensieri che avrebbe tenuto per sé.

Non poteva evitare di farli, era pur sempre un ragazzo, lui. Ma mai sarebbe andato oltre.

Si concentrò, quindi, su quello che stava dicendo.

“… Be’ non so se gli atti di umiltà rientrano nei tuoi canoni, ma non credo. Visto che si parla di tuo padre…”
“Che c’entra ora mio padre?!”

Hermione iniziava a non capire. Rimase colpita dal tono agitato con cui il ragazzo pronunciò quelle parole e anche dalla ostinazione nel voler far finta di non capire. E se davvero lui non sapesse? Possibile?

“Ma… vuoi dire che non lo sai?”

“Cosa, Granger?! Mi stai innervosendo! Di-cosa-stai-parlando?!” sentì il ragazzo avvicinarsi.

“E’ stato lui, è stato Lucius Malfoy. La sua ultima magia prima di venire catturato.”

Ottenne come risposta il silenzio. Poi lo sentì ridere sommessamente.

“Ti diverte? Ne sono felice!” si ripiegò a terra e ricominciò a cercare il libro perduto.

Draco si era appoggiato al muro, questa era una rivelazione che gli mancava. Rideva perché non sapeva cosa altro fare, suo padre non si smentiva mai. Ecco perché la Granger non era guarita, e poverina, non sapeva che non avrebbe rivisto mai più la luce del sole.

Si iniziò ad allontanare, ma prima di andarsene definitivamente le lanciò un ultimo sguardo.

“A tre passi… alla tua sinistra.”

Non sapeva bene perché l’aveva aiutata in quella maniera, forse solo per vederla in soggezione...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ho visto che i vostri dubbi e le vostre domande sono un po’ tutte uguali, quindi vi risponderò globalmente, ma partiamo con ordine

Ho visto che i vostri dubbi e le vostre domande sono un po’ tutte uguali, quindi vi risponderò globalmente, ma partiamo con ordine.

Sì, è una Draco/Hermione (mi dispiace Killer… gioite voi altri!)

Se Hermione resterà cieca ed Harry è davvero morto?... Non posso parlare… (Continuate a leggere e tutto sarà svelato, in particolare il primo quesito tra breve)

Vi ringrazio ancora per tutte le stupende recensioni e spero di continuare ad appassionarvi così… Buona lettura :)

 

 

Cap. 4

 

L’aula di Difesa era aperta. In classe non c’era ancora nessuno, neanche la professoressa,  ma entrò lo stesso. Aveva bisogno di riflettere un po’, come aveva cercato di fare nella Sala Riunioni.

Strinse inconsapevolmente la lettera che aveva nella tasca e sospirò.

Era finita.

Quella lettera così formale e fredda diceva una cosa così enormemente importante e orrenda, che non gli sembrava vero stesse accadendo.

Pensò di nuovo all’incontro di prima, la Granger ne sarebbe stata felice. Tutti in quella scuola ne sarebbero stati felici, ed era per questo che avrebbe nascosto tutto il più possibile. Pensò anche a sua madre, probabilmente aveva pianto. Sicuramente l’aveva fatto, di nascosto… assicurandosi di non esser vista nemmeno dagli Elfi Domestici.

Man mano la classe si riempì ed arrivò anche Hermione Granger, abbastanza contrariata per la verità, con accanto un Ronald Weasley altrettanto alterato.

La professoressa Waag entrò in classe, salutò i suoi studenti ed ecco l’occhiata che ad ogni inizio lezione gli lanciava. Lo faceva di sfuggita, di nascosto, era brava ma lui lo era di più. Riusciva a cogliere tutte quelle piccole cose che gli avevano fatto chiaramente capire di non essere ben visto da quella donna. Non riusciva a capire il perchè, all’inizio, ma poi comprese che la professoressa si comportava semplicemente come tutte le altre persone.

Tutta quella storia era iniziata, precisamente, da quando aveva letto per la prima volta l’appello. La voce della donna era cambiata impercettibilmente quando lesse il suo nome e il primo sguardo che gli lanciò, fu il primo di una lunga serie. Una lunga serie che ancora stava scontando.

Lui era Draco Lucius Malfoy, non c’era altro da dire.

La lezione iniziò normalmente, la professoressa introdusse l’argomento Maledizioni e poi distribuì ad ognuno di loro delle pergamene sull’argomento. Sosteneva che il libro era poco esauriente su tale discorso.

“Signor Malfoy, le dispiace leggere?”

Avrebbe risposto di sì, che gli dispiaceva molto dover leggere e che aveva altro a cui pensare. Ma non gli sembrava il caso di peggiorare ulteriormente la sua situazione, in più, era oltremodo chiaro che quella fosse una domanda retorica.

Blaise, l’unico a cui aveva parlato dei suoi sospetti, gli lanciò un’occhiata ma lui non la ricambiò e si piegò sul libro.

Appena letto in silenzio le prime righe della pagina, Draco fu più che sicuro che non era una caso il fatto che la Waag gli avesse chiesto di leggere.

Iniziò la lettura con tono neutro e nella normalità più assoluta.

Le tre Maledizioni Senza Perdono sono state chiamate tali in quanto bandite dalla Costituzione Magica, queste tre Maledizioni sono, come sappiamo, la Cruciatus, l’Imperius e infine, l’Anatema che uccide: l’Avada Kedavra.

L’uso di una di queste Maledizioni ha come pena la prigionia a vita ad Azkaban.

E’, come si può facilmente capire, reputata Magia Oscura l’utilizzo di tali poteri e questi sono, purtroppo, di gran uso nelle schiere dei Mangiamorte* . Le tre Maledizioni Senza Perdono furono reputate illegali al tempo di…

“No, no. Aspetti, giù a pie pagina c’è un approfondimento sulla parola “Mangiamorte”. Leggiamolo.”

Assottigliò leggermente gli occhi, mentre guardava il falso sorriso sulle labbra della professoressa e sentiva i bisbigli dei suoi compagni. Anche loro avevano capito che cosa stesse facendo la Waag.

“Certo… I Mangiamorte sono i fedelissimi sostenitori di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Chiamato da questi con l’epiteto di Signore Oscuro, egli è il fautore della Prima Guerra Magica e della Seconda Guerra Magica ancora, terribilmente, in corso. I Mangiamorte vestono una tunica nera e coprono il loro viso con una maschera argentata che riporta le fattezze di un teschio…

“Sì, sì… ma saltiamo. Credo che queste cose le sappiate bene, alcuni più di altri…” e qui lo guardò apertamente con il risultato che tutti gli occhi gli furono puntati addosso.

“… Andiamo alle cose più interessanti. Più giù di cinque righi, grazie.”

“… Vanno seminando terrore tra i maghi Mezzosangue e i così detti Babbanofili. Seguendo gli ideali portati avanti dal loro Signore, i Mangiamorte compiono stragi di Babbani,  in quanto ritenuti da essi creature inferiori. Sono questi i criminali più ricercati da tutti gli Auror del Mondo Magico, tuttavia, l’astuzia che alcuni di loro dimostrano nel crearsi una perfetta maschera sociale, rende difficile questo compito ai Collaboratori della Giustizia Magica.

Molti Mangiamorte sono stati catturati e rinchiusi ad Azkaban, prigione sorvegliata dai Dissennatori*… Professoressa, c’è l’asterisco. Leggo l’approfondimento anche su questo?”

Interruppe la lettura e parlò in maniera dolciastra e molto educata, inclinando leggermente il capo.

“Oh no, no. Non credo ce ne sia bisogno, voi avete visto da vicino dei Dissenatori. Non è vero?”
La classe annuì.

“Credo li conosciate più che bene. Proceda pure con la lettura, signor Malfoy.”

“Come vuole… I Mangiamorte rinchiusi ad Azkaban sono condannati a sottostare all’effetto dei Dissennatori…Posso farle una domanda? Non stavamo parlando delle Maledizioni Senza Perdono?”

Sentiva che nella classe vi era agitazione mista ad eccitazione. Blaise, accanto a lui, era nervoso e tentò di richiamarlo alla calma.

“Draco...”

“Non le avevo dato il permesso di fare la sua domanda, signor Malfoy.”

“Oh mi scusi.”

“Comunque, qui siamo a Difesa Contro Le Arti Oscure e se questa non lo è! Ogni approfondimento è buono, voglio prepararvi al massimo. Lo faccio per voi. Ora continui la lettura, grazie.”

“Ho mal di testa, non posso continuare.”

Spostò il libro allentandolo da sé e vide Blaise socchiudere gli occhi, mentre la professoressa si girava verso si lui non molto felice della sua risposta.

“Draco… ti prego, almeno cerca di essere più convincente. Non la sfidare, non ti conviene.”

Non ascoltò per niente il suo compagno e guardava dritto negli occhi la professoressa, attendendo una risposta.

“Davvero? Fino ad adesso hai letto senza problemi, però. Ma non voglio insistere, non vorrei avere responsabilità nel caso si sentisse male. Le conviene passare da Madama Chips, a fine lezione. Signor Thomas, continui lei.”

Il Grifondoro Dean Thomas iniziò a leggere e Draco si rilasso sulla sedia, incrociando le braccia e continuando a guardare le professoressa Waag concentrata sulle righe della pergamena.

 

“Grazie signor Thomas.  Come avete potuto sentire da quello che abbiamo appena letto, i Mangiamorte sono tre le creature più orribili e pericolose in cui potreste imbattervi. Forse usare il termine “creature” sembra non essere adatto, sono sempre esseri umani, è vero, ma se voi sapeste cosa sono in grado di fare, allora forse capireste perché io uso questo termine e non arriccereste il naso. I Mangiamorte usano le Maledizioni Senza Perdono, lo fanno con piacere e la loro preferita è la Cruciatus…”

“Che ne dici Blaise, ha fatto un sondaggio?”parlò sottovoce e si avvicinò di più al suo compagno, che scosse la testa sogghignando.

“Ora voglio aprire un dialogo con voi, voglio che mi dite quale è il vostro parere su tutto quello di cui abbiamo trattato oggi. Abbiamo un quarto d’ora, e dobbiamo farcelo bastare. Coraggio, non siate timidi. So per certo che ognuno di voi ha una idea ben precisa a riguardo.”

La classe si riempì di bisbigli mentre la professoressa aspettava e Draco la fissava sempre più torvamente.

“Allora faremo così, inizierò io. Vi dirò cosa ne penso dopo aver vissuto una vita a contatto con certe cose. Certe cose che mi hanno convinta a diventare insegnante di Difesa, qui ad Hogwarts.

Ragazzi, prima di tutto sappiate che l’apparenza inganna. Le persone che dovete tenere più di tutte non sono quelle con una bacchetta in mano, ma quelle che tramano dietro. Quelle dalle “buone azioni” e dai sorrisi che sono più falsi e menzogneri dell’oro dei Lepricani.”

Draco sorrise. Oh quanto aveva ragione. Aveva appreso bene la professoressa.

“Non vendetevi mai al migliore offerente, a chi dice di darvi qualcosa come il potere in cambio. Non credete in sciocchezze come la diversità tra i maghi, e riponete attentamente la vostra fiducia…. Altrimenti, potreste capitare come il nostro Ministero. Ministero che si ripromette di non far capitare più cose del genere, ma che non si è accorto di niente per anni e che non si deicide a prendere delle soluzioni drastiche ma giuste. Credo che Azkaban sia fin troppo piena, i Dissenatori potrebbero anche non essere più numericamente all’altezza…”

Draco sentì qualcosa crescergli dentro e soffocargli il petto, rabbia e dolore per quelle parole. Sbattè lentamente le palpebre, per essere sicuro di aver sentito bene ciò che quella donna stava dicendo e si mosse sulla sedia.

“Ha qualcosa da dire, signor Malfoy?”

Rimase zitto per qualche secondo con le labbra socchiuse e poi si decise a parlare.

“Se ho qualcosa da dire? Forse lei ha qualcosa da dire, in più… perché ormai ha detto quasi tutto. Qui nessuno è stupido e l’abbiamo capito tutti, persino i Grifondoro, che fin dall’inizio lei voleva insinuare qualcosa con le sue parole, come anche la lettura… Io sono stato zitto fino ad adesso perché, anche se probabilmente non ci crede, la buona educazione non mi manca ma ora, mi scusi, credo che abbia davvero esagerato. Non credevo che un insegnante potesse arrivare a tanto. Perché non so se si rende conto che lei sta portando avanti un’opera generale di convincimento verso taluni principi, e ne sta insultando deliberatamente degli altri che, per quanto qui dentro molti possano ritenere sbagliati, sono comunque degli insegnamenti che le nostre famiglie ci tramandano. Lo sa benissimo che in questa classe, metà crede in quelle “certe cose”. E se ho capito bene, lei sta inoltre dicendo: “ammazziamoli tutti, sono troppi!”. Mi dica lei, ora, non vuole forse fare la stessa identica cosa che i sostenitori di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato cercano di fare da anni?”

Mentre la classe restava in silenzio, come anche l’insegnante, Draco si alzò.

“Ora, mi scusi, ma mi sono sentito insultato personalmente e credo che questa sai una cosa non permessa nel codice di comportamento di un insegnante, come è nei diritti dell’alunno di essere rispettato. Che ne dice, sono un bravo scolaro?

Con permesso me ne andrei, perché non ho intenzione di sentire altro e i miei compagni dovrebbero fare lo stesso, ma non dico niente.”

Si avvicinò a grandi falcate verso l’uscita.

“E non critichi così duramente il Ministero, sono certo che diverrà un suo grande amico! Buongiorno.”

Sbattè la porta dietro di sé e se ne andò per il corridoio, contento della su opera e sorprendentemente più… leggero.

Nella classe ci fu qualche secondo di silenzio, in cui tutti restarono immobili. Poi, i primi Serpeverde ad alzarsi e ad imitare Malfoy, furono Zabini e la Parkinson. Seguiti a ruota da Tiger e Goyle, che non sapevano se seguire o meno il loro “capo”.

Man mano tutti gli appartenenti alla Casa verde-argento abbandonarono l’aula e restarono solo i Grifondoro e i loro sussurri.

“Wow… però…”

Questo fu il commento di Ron, mentre Hermione continuava a guardare dritta davanti a sé, ripensando alla scena incredibile a cui aveva appena assistito.

Era certa che tutti i suoi compagni stessero pensando la stessa cosa, anche se di mala voglia. Il ragionamento di Malfoy non faceva una piega.

La Waag aveva in effetti esagerato, mai lasciarsi andare a commenti così liberi in una classe.

 Non era permesso fare quel tipo di “costrizione” né tanto meno insultare così personalmente un alunno. Be’ Piton lo faceva, anche più direttamente a volte, ma sempre per qualcosa che riguardava lo studio, la sua lezione. Mai aveva detto, in classe per lo meno, che i Puro Sangue erano migliori di altri o cose del genere, glene doveva dare atto.

Linda Waag  restava in silenzio, con le mani strette al bordo della cattedra e le labbra sottili. Questo le era stato detto da Ron ma Hermione ancora ripensava al comportamento di Malfoy e si chiedeva se lei, al suo posto, avrebbe reagito alla stessa maniera.

Aveva capito che il ragazzo era molto suscettibile all’argomento “padre”, se ne rese conto ricordando il tono che aveva usato poco prima, durante il loro incontro. O anche ragionando su quello che le era stato raccontato a sommi capi da Ron.

Il pomeriggio in cui cadde in una delle trappole di Hagrid, incontrando il Serpeverde nella stessa situazione, vi era stato uno scontro verbale tra Malfoy e un folto gruppo di studenti. L’argomento era ciò che i giornali trattavano, precisamente, un articolo dedicato completamente alla famiglia Black-Malfoy. E sia chiaro, non ne parlava un gran ché bene.

Ricordò quindi le parole di Zabini, “…non te la puoi prendere così tanto per quello che la gente dice…”, ed ora iniziava a comprendere il loro significato.

A quanto pare, Malfoy ne soffriva più di quello che voleva dare a vedere. La situazione non era delle migliori per lui.

“Bene ragazzi, la lezione per oggi è finita… Il rettore della Casa Serpeverde è Severus Piton , vero?”

La Waag ostentava una calma che non c’era e sentendo il tono della professoressa, gli studenti si limitarono ad annuire e restare in silenzio.

 C’era però una insana soddisfazione, o contentezza, nel sapere che la loro Casa da sempre nemica avrebbe probabilmente avuto delle grane. Era bello avere, ogni tanto, una figura importante come un professore dalla “loro parte”.

Il loro Piton? Forse…

“Bene, perché ho intenzione di parlare di questa storia con lui e anche con il preside…”

Dicendo questo, la donna gettò pesantemente un libro sulla scrivania.

“E’ inammissibile che metà classe abbandoni l’aula senza il consenso del insegnante!”

I Grifondoro restarono in silenzio ad ascoltare l’evidente sfogo nervoso della donna, tuttavia Hermione aveva la tentazione di alzare la mano e di dire la sua. Non per difendere Malfoy o i Serpeverde, no. Però questa volta non erano in torto… non completamente, diciamo. E sinceramente, la professoressa doveva rendersi conto anche di questo, a suo parere.

Gli studenti si alzarono, raccogliendo le proprie cose, e andarono via.

Ron la prese per mano, ormai era diventata un’abitudine per facilitare gli spostamenti, e la condusse verso l’uscita.

“Questa volta i Serpeverde avranno un bel da fare per uscirne indenni, e io spero proprio che non ci riescano… Magari li svuotassero la clessidra! Ah che cosa meravigliosa sarebbe! Adorerei quella donna per il resto della mia vita…”

Hermione stava per aprire bocca, ma Ron la interruppe subito.

“Sì lo so, lo so Hermione. La Waag ha sbagliato, cioè, non ha dire quelle cose… che sono giuste, ma a dirle in classe. Ora vedrai Malfoy come se ne approfitterà, per cercare di farla mandare via o non so che altro. Anche se ora che suo padre è ad Azkaban… Be’ comunque, per una volta i ruoli si sono invertiti. Per una volta non era Piton ad attaccare ingiustamente noi Grifondoro, ma una professoressa ad andare contro i Serpeverde. Non è fantastico?! Su Hermione, fai uno sforzo! Metti da parte il tuo senso di giustizia e goditi questo momento, potrebbe essere l’unico…”

La ragazza rimase zitta, pensando che in fondo Ron poteva aver ragione.

“Che ne dici facciamo un salto alle clessidre? No, forse è ancora presto.”

Rise per l’allegria del suo amico e si lasciò trasportare via.

C’erano ancora tante lezioni in programma per quella giornata e tante altre cose da fare.

 

Draco Malfoy era seduto in Sala Comune e fu contento di vedere arrivare, mano a mano, tutti i suoi compagni del sesto anno.

La Parkinson gli si sedette accanto, gettandosi sul divano.

“Piton non ne sarà felice, proprio no. Vedrai che toglieranno dei punti a Serpeverde…”

“Saprà come recuperargli, o meglio, come farci pareggiare con i Grifoni. Sai come funziona. Se noi perdiamo dei punti, il giorno dopo, durante le sue lezioni, ne fa perdere altrettanti ai Grifondoro… E’ geniale il vecchio Piton.”

Sentì Pansy sospirare ancora poco convinta, mentre gli altri studenti si accomodavano sulle poltrone o sui divani.

“E’ proprio odiosa quella Waag…”

Il commento di Blaise diede il via ad una lunga serie di apprezzamenti sulla professoressa, nessun Serpeverde mancava di dire la sua.

“Una Grifondoro, sicuramente. Mi gioco tutto che apparteneva a quella Casa della malora! Sempre se anche lei ha frequentato Hogwarts…”

“Ma ti pare!”

“E’ una zitella acida! Quasi quasi toglie il primato alla McGranitt…”

“L’avete vista la sua faccia, quando abbiamo preso e ce ne siamo andati?!”

“L’avete vista, quando è stato Malfoy ad andarsene?!”

“E’ insopportabile, con quei sorrisini poi!”

“C’è l’ha proprio con tuo padre, eh Malfoy? Cosa gli avrà mai fatto?”

Draco si fermò a riflettere su quella osservazione, forse Nott non sbagliava. Magari suo padre aveva davvero arrecato qualche danno a quella donna, ed ora se la scontava su di lui… Ma erano solo ipotesi, infondo.

Perciò che aveva visto e sentito, il suo “senso della giustizia” bastava e avanzava perché lui, figlio di Mangiamorte sfuggito alla legge per anni, fosse trattato così.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Salve miei amate lettrici

Salve miei amate lettrici! J Questa volta ci ho impiegato meno tempo a sistemare il capitolo e quindi eccolo qua.

Non è tra i più lunghi capitoli della storia e in diversi punti troverete qualcosa che vi farà sorridere (spero), ogni  tanto vi vuole…

Buona lettura^^

 

 

Cap. 5

 

A Hogwarts era arrivato Novembre e i primi freddi, quelli più pericolosi e severi, si iniziavano a sentire.

La voce di quello successo nella classe di Difesa girò per settimane e settimane nella scuola e, in quei giorni, ancora se ne parlava.

Un incontro tra il preside, gli alunni Serpeverde, il loro Capocasa, e la professoressa oggetto dello scandalo aveva però calmato le acque.

Le lezioni erano state riprese regolarmente, la Waag non si permise mai più di dire niente che non fosse concerne alla sua materia e i Serpeverde si comportavano… da Serpeverde.

Tuttavia Draco sentiva ancora quegli occhi indesiderati su di lui, più carichi d’ira di quanto non lo fossero mai stati.

Stava attraversando il corridoio a passo svelto, per raggiungere l’aula della Cooman. Divinazione era una palla, ma ne avrebbe approfittato per copiare i compiti di Trasfigurazione.

Sapeva di essere in ritardo. Tutte le lezioni della quarta ora erano già iniziate, e non si stupiva di essere il solo a camminare per i corridoi.

Mancava poco e sarebbe arrivato a quella botola polverosa, ma una insolita scena lo fermò.

La Granger, tra le braccia tre grossi libri, era ferma nel centro del corridoio e si mordeva nervosamente il labbro inferiore.

Si avvicinò silenziosamente, in modo da non farsi sentire, e osservò la Grifondoro.

La ragazza si voltò risoluta verso sinistra, mosse qualche passo e poi si bloccò. Si girò verso destra e ricominciò a camminare, ma si fermò di nuovo. Un piccolo gemito esasperato lo convinse che, Hermione Granger, si era “persa”.

Si trattenne dallo scoppiare a ridere e si dimenticò completamente dell’ora a cui, in quel momento, avrebbe dovuto presenziare.

“Maledizione!” era stato un sussurro il suo, tuttavia molto chiaro a causa del silenzio che la circondava.

Non c’erano scuse da inventare questa volta, si era persa!

Aveva perso il senso del orientamento quando si era dovuta allontanare dal muro, sentendo il vociare di studenti avvicinarsi. Non voleva fare la figura del topo spaurito e così, a testa alta, aveva preso a camminare. Lentamente però.

Ed ora… non capiva più dove era!

Sperava che arrivasse qualcuno per aiutarla, da un parte. Dall’altra, pregava di no.

Sarebbe stato molto imbarazzate spiegare in quale situazione si trovasse per chiedere aiuto. E se poi a passare di lì fosse stato un Serpeverde? No, no… meglio sola.

Tornò ancora una volta sui suoi passi e sospirò.

Erano tutti a lezione, e anche lei sarebbe dovuta essere ad Antiche Rune.

Non c’era speranza che Ron la venisse a cercare, lui non frequentava quel corso e non sapeva che non era mai arrivata in classe. Se fosse stata meno testarda ed orgogliosa. Se si fosse lasciata accompagnare sino alla porta dell’aula. Se…

Allora, perché no?... Se non fosse mai andata all’Ufficio Misteri!

Sbatté un piede a terra, non sapeva più cosa fare. Da che parte andare?

Magari avrebbe incontrato le scale e si sarebbe precipitata. Oppure sarebbe inciampata in qualcosa, finendo miseramente a terra. Poteva tornare al muro, certo. Ma non sapeva, minimamente, in quale direzione muoversi.

Era completamente smarrita.

Quella che provava era una sensazione bruttissima, si sentiva vulnerabile e stupida. Esposta a tutto e a tutti. Così fece letteralmente un salto quando sentì qualcuno schiarirsi la voce, non molto lontano da lei.

“Chi c’è?”

Tese le orecchie e subito si mise in posizione difensiva, poteva essere chiunque. L’importante era che non fosse…

“Granger, non dovresti essere a lezione?”

Strinse di più la presa attorno ai suoi libri.

Non poteva essere diversamente, la fortuna non era proprio dalla sua in quel periodo.

“Anche tu, Malfoy, dovresti essere a lezione.”

“Chi te lo dice? Magari ho un’ora di buca…”

“Dubito che avendo un’ora libera, qualcuno deciderebbe di passarla da queste parti. E comunque io sto andando a lezione in questo momento.”

“Allora devi fare presto, perché sei in ritardo.”

Hermione incurvò le labbra in un sorriso falsamente gentile.

“Lo so, grazie. Infatti sto andando.”

Bene, ora non poteva più indugiare. Destra o sinistra.

“Be’non ti affretti? E’ gia passato un quarto d’ora dall’inizio delle lezioni…”

“Non dovresti andare anche tu?”

“Mh… No.”

Aveva scelto: destra. Si voltò e iniziò quindi ad incamminare dignitosamente.

Non aveva fatto nemmeno cinque passi, quando la voce divertita del Furetto la raggiunse.

“Granger… non dovevi andare a lezione? No, sai, perché le aule son dall’altra parte.”

Malfoy scoppiò a ridere, mentre lei si tingeva di rosso scarlatto.

Hermione, molto confusa e con la sola intenzione di allontanarsi al più presto da quel individuo,  si voltò e iniziò a camminare nella direzione opposta. Ma Malfoy parlò un’altra volta, non più ridendo.

“Scherzavo... Avevi indovinato, è da lì che si va alle aule.”

Si fermò di scatto e si girò arrabbiata verso il ragazzo, o almeno dove credeva che era.

“Ora basta! Ti stai divertendo? Be’ io no!”

“In effetti sì. Sei un divertente passatempo Granger.”

Riuscì a vederla diventare ancora più rossa, ma per la rabbia questa volta.

“Ma come ti permetti? Con quale diritto giochi con le persone, eh Malfoy? Sai che ti dico, sei insopportabile e non ti lamentare se poi tutti, dagli insegnanti a noi…”

“Non mi interessa sapere quello che pensate di me, Granger. Anche perché ho la sensazione di conoscere già il vostro parere, e non-mi-importa.”

“Davvero? Credevo di sì… invece.”

“Ti sbagliavi.”

“Io dico di no. Dai abbastanza peso a quello che la gente dice, in classe non ti sei risparmiato…”

“Certe cose non si possono ignorare…”

La discussione con quella Grifondoro iniziava a prendere una piega che non gli piaceva.

Credo che Azkaban sia fin troppo piena…”

“…In quanto legato al prigioniero da stretti vincoli di sangue, la avvisiamo che Lucius Malfoy, rinchiuso nella prigione di Azkaban con accuse di attività da Mangiamorte,…”

“Come i pareri scomodi…? Minaccerai anche lei? In fondo la Waag, anche se si è sbottonata un po’ troppo, ha detto solo ciò che pensava …”

“…i Dissenatori potrebbero anche non essere più numericamente all’altezza…”

“…sarà giustiziato con il bacio del Dissenatore, come previsto dalla condanna. Il giorno del esecuzione verrà  scelto più avanti e comunicatole di conseguenza…”

Le scritte fredde di quella pergamena gli ritornarono alla mente e si mischiarono poi alle parole taglienti, che lasciavano poco spazio a qualsiasi dubbio d’interpretazione. Si perse così, per qualche secondo, nel suo mondo di preoccupazioni, paure e ansie.

“Malfoy? Ci sei ancora…?”

“Certo.”

“Bene. Credevo fossi andato via, dato che hai scelto di fare il gioco del silenzio.”

“Stavo pensando…”

“Oh davvero, e a cosa?”

“Ognuno ha i suoi segreti, Granger.”

Pronunciò quelle parole con una lentezza e una enigmaticità così naturale e sincera, che si meravigliò lui stesso di aver parlato così ad un Mezzosangue.

Calò il silenzio e con un leggero movimento, si staccò dal muro a cui si era appoggiato.

“Mi togli una curiosità? Quanti punti sono stati tolti a Serpeverde, per la vostra dimostrazione di “integrità morale”? Nessuno è riuscito a vedere scendere la clessidra.”

“No, questo non te lo dirò mai. Di’a Weasley che può smettere di festeggiare, abbiamo recuperato molto. Ma visto che ancora non lo abbiamo fatto del tutto… tolgo cinque punti a Grifondoro.”

“Cosa?! E perchè?”

“Dunque vediamo: tu, alunna Grifondoro, sei fuori dall’aula durante una lezione. Hai saltato senza motivo un’ora. Ormai è tardi per entrare in classe… e quindi, come vedi, sono costretto a toglierti dei punti. Sai, quando si vedono certe infrazioni delle regole…”

“Tu non puoi…”

“O si che posso, io sono un Prefetto e tu no. Mi sarebbe piaciuto fare questa conversazione guardandoti in faccia, ma è andata così.”

“Che vuoi dire?”

Lo sentì passare accanto a sé, talmente vicino che i loro mantelli si sfiorarono.

“Ero alle tue spalle, cinque passi più lontano e tre più a destra. Appoggiato al muro….Ciao Granger.”

Anche se non lo poteva vedere, era sicura che avesse ghignato.

Hermione restò immobile dove era, nel tentativo immane di non arrossire. Era successo sin troppe volte in sua presenza.

Quando sentì i passi del Serpeverde ormai lontani, furtivamente e velocemente, si precipitò verso la parete. Le indicazioni di Malfoy erano giuste.

Tirò un sospiro di sollievo e appoggiò i libri a terra. Ora iniziava la parte più difficile: tornare a Casa.

“Allora Hermione, come è andata la lezione? Tutto bene…? Ti vedo un po’ stanca. Hai fatto tardi, eh?”

“E sì, sì…”

Sospirò e si abbandonò sul divano, accanto a Ginny.

Il posto in cui si muoveva meglio e senza problemi era la Sala Comune di Grifondoro, sapeva esattamente dove si trovasse ogni singola poltrona ed ogni puff… Be’ quelli erano mobili ma camminando lentamente, come faceva sempre del resto, poteva facilmente individuare gli ostacoli.

“Tu che fai Gin?”

“O niente, leggo un po’.”

“Hai visto Ron?”

“Sì è di sopra, ma credo che tra poco scenderà  per assicurarsi del tuo ritorno. Glielo ho detto che è troppo apprensivo, pensa che voleva venire a cercarti! Cioè, per la verità è venuto. Ma a fine lezione non ti ha visto fuori dall’aula di Antiche Rune e quando è tornato qui, per vedere se eri già arrivata, gli ho detto di tranquillizzarsi. Sicuramente eri già uscita per fatti tuoi. Non sei di certo un’ impedita! E’ questo che gli uomini non capiscono, noi donne siamo piene di risorse! Allora, cos’è che hai fatto in tutto questo tempo?”

La sua cara amica Ginny… voleva saltarle al collo!

Per una volta che Ron ne stava facendo una giusta! Si sarebbe risparmiata tutta quella strada, quel chiedere imbarazzante di indicazioni…

 “O niente, sono passata in biblioteca.”

Sì perché in biblioteca c’era arrivata davvero. Il problema è che lei era diretta da tutt’altra parte…

“Ah, capisco. Sono felice che riesci ad essere l’Hermione di sempre anche ora che.. be’ che…”

“Sì Gin, anche ora che non vedo più.”

Sorrise in direzione dell’amica. Ginny era sempre molto accorta a non dire cose che avrebbero potuto ferirla, in particolar modo dopo l’episodio alla stazione.

“Hermione sei qui!” la voce allegra e tranquillizzata di Ron irruppe nella stanza.

“Già.”

La conversazione non durò oltre perché nella Sala Comune entrò Seamus, che interruppe ogni risposta del rosso.

“Ragazzi, bisogna fare qualcosa!”

“Di che parli, Seamus?” chiese distrattamente Ginny.

“La clessidra! Piton in questo periodo ci sta andando giù pesante e ci ha fatto perdere un sacco di punti, ora non possiamo permetterci di perderne degli altri per demerito o infrazione delle regole. Diamoci una regolata o la coppa ce la sogniamo!”

“E’ giusto, ma perché ne parli proprio ora?”

Fu Ron a parlare.

“Perché sono passato dalle clessidre, e sono stati tolti altri cinque punti! Stiamo scendendo vertiginosamente. Secondo me sono stati i maledetti marmocchi del primo…”

“Sì, sono stati sicuramente loro. Maledetti mocciosi, li odio!”

“Anche tu lo sei stato Ron, e ti ricordo che insieme ad Harry abbiamo fatto perdere a Grifondoro molti più di cinque punti!”

“Ma noi l’abbiamo fatto per cose importanti! E poi… Harry saldava sempre il suo debito prendendo il boccino durante la partita e facendo vincere la squadra.”

Un velo di tristezza aveva invaso le parole del suo amico e si sentì in colpa per aver sollevato quel argomento.

“Da Prefetti parleremo ai primini… e anche agli altri! Non è possibile…”

“Ma scusa Seamus, cinque punti non sono poi questo gran danno.”

Maledetto Malfoy! Guarda in che situazione l’aveva messa!

Non si accorse di aver iniziato a stringere un cuscino con la mano e, naturalmente, che Ginny la stava guardando.

 “Hermione?”

“Sì…?”

“Tutto bene?”

“Certo. Perché?” chiese senza prestarle troppa attenzione.

“Perché stritoli un cuscino che non ti ha fatto niente e non hai salutato Ron e Seamus che andavano via.”

Mollò subito la presa sul cuscino.

“No e che, non ho capito… dove vanno quei due?”

“A parlare a quelli del primo anno, ora vedrai che strigliata li danno.”

“No!”

“Dai Hermione non puoi farci niente, anche a me dispiace un po’ per quei bambini. Sono così teneri a volte…”

 

 

I dormitori maschili dei Serpeverde erano deserti. La maggior parte degli studenti si preparava già per la cena o era in Sala Comune. Solo Draco si trovava nella sua stanza, steso sul suo letto.

Non sopportava il fatto di starsene lì, con le mani in mano, ad aspettare che il Ministero liberasse la sua agenda per fissare, poi, il giorno della morte di suo padre.

Sapeva che sua madre stava provando di tutto per farlo uscire di prigione. Ancora non aveva ottenuto risultati concreti, ma si fidava di sua madre, delle sue capacità. Era una donna in gamba e questo anche Lucius lo sapeva.

Avrebbe quindi lasciato fare a lei, anche perché, pur volendolo davvero molto, lui non poteva aiutare in nessun modo i suoi genitori.

Ora, nel suo piccolo, Draco avrebbe dovuto impegnarsi a risolvere un altro problema. Meno importante, ma molto fastidioso.

Non aveva perdonato alla Waag quello che era successo, quel attacco gratuito che aveva ricevuto. Draco non era certo il tipo che poteva lamentarsi, era vero. Da Serpeverde, per primo lui faceva cose del genere. Ma quelle donna continuava a guardarlo in una maniera che non sapeva descrivere…

Gli era sembrato, una volta, di scorgere puro odio in quegli occhi scuri che lo fissavano di nascosto, durante la lezione.

In più, quando poteva, la professoressa faceva di tutto per metterlo in difficoltà.

Quell’anno Difesa Contro Le Arti Oscure, era la materia che gli stava portando via più tempo e pazienza.

Voleva scoprire il motivo di tanta ostilità. In fondo non era l’unico figlio di Mangiamorte a scuola, ma era il solo a cui veniva riservato quel trattamento (con il conseguente divertimento sfrenato dei Grifondoro).

In quei mesi aveva indagato un po’ ed era riuscito a scoprire che Linda Waag era imparentata ad un alunno della scuola.

A quale Casa apparteneva il suddetto? Grifondoro, ovviamente.

Era uno del quarto anno, Matt Vertigo.

Poi, sempre cimentandosi a fare l’investigatore, aveva saputo che il ragazzo era un Mezzosangue. Non che la cosa l’avesse stupito più di tanto. Il padre era uno di sangue puro, invece la madre era figlia di Babbani.

Non conosceva tuttavia quale parentela ci fosse con la Waag, ma voleva sapere chi fosse quella donna e cosa volesse da lui.

Intanto le parole di Theodore Nott gli ritornavano alla mente…“C’è l’ha proprio con tuo padre, eh Malfoy? Cosa gli avrà mai fatto?”

Con le sue possibilità, aveva poche speranze di saperne di più a tal proposito. Chiedere informazioni alla diretta interessata era da escludere, quindi, l’unico mezzo da poter utilizzare era quel Matt.

Fosse stato un Serpeverde, erano pochi il problemi, ma un Grifondoro! Un Grifondoro maledizione! Ci sarebbe voluto un collaboratore interno, una spia, un…

Sorrise diabolicamente. Aveva una mezza idea, ma non sapeva come realizzarla. Da solo non ce la poteva fare, gli sarebbe servito “l’aiuto” da persone con cui non voleva avere niente a che fare. Gli sarebbe servito l’aiuto di un Grifondoro, e aveva anche una vaga idea di quale.

Ma non poteva fare nemmeno i conti senza l’oste, quella Mezzosangue non avrebbe mai partecipato di sua spontanea volontà. L’avrebbe potuta ricattare, ma con cosa? Non aveva niente di compromettente in mano, la sua cecità non era nemmeno più questo gran segreto…

Poi all’improvviso, un’altra idea si fece strada nella sua mente. Veloce e inaspettata come un fulmine.

Si alzò di scatto a sedere sul letto e ghignò soddisfatto.

La sua cecità. Non un ricatto, ma un patto.

Si alzò velocemente. Prese calamaio e pergamena, poi, appoggiandosi sulla scrivania, iniziò a scrivere una lettera.

Qualcosa di molto telegrafico, ma efficace. Sperava che sua madre non facesse troppe domande e che gli mandasse ciò che aveva chiesto, senza storie.

 

 

 

Grazie, grazie, grazie a Gemellina (sempre fedele ;), Miss Malfoy (eheheheh vorrei saperlo anch’io cara… XD), Erin, Marty 91, Chiaras e Carillon  per le loro stupende recensioni. :D

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Cap

Ecco il sesto capitolo!! J Grazie a tutti ;) e nient altro…. Buona Lettura^^

 

 



Cap

Cap. 6

 

Oramai il prato di Hogwarts, i suoi camini, i suoi terrazzi, la Foresta Proibita, tutto era stato imbiancato dalla neve. Hermione era fuori nel parco e respirava lentamente per assaporare quell'aria e creare, nella sua mente, l’immagine del paesaggio invernale.

Le mancava non vedere la neve.

Aveva avvertito una sensazione soffocante al petto quando, passeggiando per il corridoio con Ron, una ragazzina aveva urlato ad un suo compagno quella frase già tanto sentita e risentita.

“Guarda, sta nevicando!”

Sentiva la voce di Ron, non molto distante da lei, discutere con gli altri ragazzi della squadra di Quidditch.

Ridevano, scherzavano, e di tanto in tanto si beccavano perché non erano d’accordo sugli orari dell’allenamento. Ma l’ultima parola spettava sempre e solo al capitano. Chi era? Ginevra Weasley!

Ron l’aveva presa  male quando alla Tana era arrivata la lettera che comunicava la notizia. Stava morendo dall’invidia, detto a parole della sorella. Ma doveva capire che lui era già Prefetto, non si poteva avere un tale carico di responsabilità! A nessuno era permesso.

Sentì un fiocco freddo posarsi delicatamente sul suo naso, sorrise.

Alzò la testa verso l’alto e fece qualche passo in avanti.

Aveva la tentazione di aprire le braccia al cielo e imitare alla perfezione quelle scene da film, dove la protagonista si mette a ridere felice. Felice perché l’amore della sua vita le aveva appena chiesto di sposarla. O di andare ad un ballo studentesco, dipende.

Oppure quelle in cui arriva  lui e l’abbraccia da dietro. Lei ricambia l’abbraccio sorridendo e poi, quando la neve inizia a cadere più fitta, proprio come stava succedendo in quel istante, poi…

Si sentì strattonare per un braccio e venir trascinata via frettolosamente.

Non era Ron, non poteva. Sentiva ancora la sua voce in lontananza.

Probabilmente stava per mettersi ad urlare o reagire in qualche modo, ma fu sbattuta in malo modo contro qualcosa di duro. Qualcosa che era certa fosse il tronco di un albero.

“Salve Granger.”

“Malfoy?!”

“Aspettavi qualcun altro che ti trascinasse via così?”

La sua risposta fu un basso grugnito.

 “Ora smettila di sognare ad occhi aperti e ascoltami.”

Tentò di andare via ma la mano del ragazzo premette prepotentemente sulla sua palla, inchiodandola nuovamente all’albero.

“E’ perché dovrei farlo?”

Erano davvero molto vicini. Lei non si preoccupava di parlare a bassa voce, lui invece sembrava tenerci particolarmente.

“Perché è una cosa che ti interesserà, credimi.”

Stava per rispondere, ma il ragazzo fu più veloce e le fece una domanda che la lasciò letteralmente spiazzata.

“Faresti di tutto per riacquistare la vista, vero?”

“Che vuoi dire…?”

“Rispondimi. Ci tieni? Vorresti tornare a vedere…”

“Che domande, certo che voglio tornare a vedere!”

“Non gridare!”

Malfoy abbandonò la presa sulla sua spalla e parlò un tantino più ad alta voce, con tono meno circospetto.

“Be’ io posso aiutarti, so come farti riacquistare la vita. E credimi, è l’unico modo.”

Hermione aggrottò la fronte.

“Scusa se mi viene da ridere, ma non credo proprio che sia tu quello che mi può aiutare. Soprattutto quando non c’è riuscita un ekip intera di Medimaghi e medici! Né tanto meno capisco perchè dovresti fare una cosa del genere.”

“O non ti preoccupare, Granger. Niente si fa per niente…”

“Vuoi qualcosa da me, e in cambio dici di potermi ridare la vista… No, mi spiace ma non ti credo.”

“Mi sembrerebbe strano il contrario. Infatti, sono qui per convincerti.

Chi ha lanciato l’incantesimo che non ti fa più vedere? Esatto, mio padre. Sappi che questi sono incantesimi particolari, è magia antica e occulta. Un incantesimo come il tuo può essere tolto solo da colui che l’ha scagliato…”

La ragazza sussultò.

“Ma sappiamo entrambi bene che non potrei  mai portarti ad Azkaban, né questo basterebbe a scarcerarlo… Comunque, c’è un altro modo. Un unico altro modo, che si dia il caso io sappia.

Nessun Medimago, o non so chi altro, ha saputo come guarirti. Niente di più normale, nessuno può sapere certe cose… se non è di famiglia.”

“Tu mi stai dicendo, che quello che mi ha colpito è un incantesimo che nessuno sa come scagliare o guarire se non è della tua famiglia?”

“Esattamente, ogni famiglia ha una sua storia e le sue… risorse.”

“Questo è assurdo, cosa vuoi Malfoy?!”

 “Be’ Granger, se nessuno è riuscito a guarirti un motivo ci deve essere, e io te ne sto offrendo uno. Nemmeno tanto assurdo se ci pensi. Le tradizioni esistono perché si tramandano e, come loro, si lasciano ai posteri tante altre cose… Questa è la mia proposta: io ti aiuto a riacquistare la vista, e tu aiuti me. Ti dirò poi cosa mi serve.

Pensaci, ma non troppo. E non una parola con la Donnola! Altrimenti non se ne fa più niente. Non tentare di ingannarmi, non ci riusciresti.

Ti do tre giorni, non avremmo abbastanza tempo altrimenti. Mi farò vivo io.”

Così lo sentì allontanarsi.

Quella sì che era una scena da film…

Sotto la neve non con il suo “amore” ama con… con… Ah! Era assurdo!

Restò ferma, appoggiata a quell'albero. Dopo qualche minuto arrivò Ron.

“Eccoti, come mai sei venuta qui? Credevo fossi rientrata a scuola… Forse ti annoiavi? Scusa ma con quei cretini che vogliono fissare l’allenamento di…”

“Non ti preoccupare, Ron. Mi ero solo allontanata un attimo, torniamo dentro?”

“Certo.”

La prese per mano e si avviarono. Ancora nevicava e tra i suoi capelli si erano annidati centinaia di candidi fiocchi.

“Lo sai che ho incontrato il Furetto venendo qui? Sempre con quell'espressione schifata di tutto e di tutti stampata sulla faccia! Questa volta però i due bestioni non erano con lui…”

Hermione non rispose e lasciò cadere lì la conversazione, era troppo impegnata a pensare.

 Il Furetto...

Potevano fare un circo. Il Furetto, la Donnola, i Bestioni, la Zannuta!

Sospirò stancamente ma, dalle sue labbra, dovette uscire un qualcosa che assomigliava più ad un verso d’esasperazione.

“Che c’è? Cosa ho fatto questa volta?”
“Niente, Ron. Niente…”

 

                                                                ***                           

Intorno a lei era tutto buio. Vedeva solo nero, un’unica tinta, niente ombre, niente movimenti.

Dei passi risuonarono nel silenzio più assoluto, e poi quella voce.

“Granger.”

“Malfoy.”

“Allora?”

“Accetto.”

Il ragazzo ghignò e poi una luce accecante la invase. Chiuse gli occhi istintivamente e quando li riaprì, sola all’ombra di un albero, Hogwarts si ergeva davanti a lei in tutta la sua grandezza.

La vedeva, vedeva la sua scuola. Vedeva il cielo, gli alberi, gli studenti passeggiare. Era una sensazione bellissima, era felice. Si sentiva libera…

Una folata di vento freddo le sparpagliò i capelli sul viso e sulle spalle, accanto a lei apparve Draco Malfoy.

“Bene Mezzosangue, ora tocca a te mantenere la tua promessa…”

“Cosa vuoi?”

Il ghignò sul viso del ragazzo si allargò ancora di più. Si voltò a guardarla negli occhi e mosse le labbra, piano, ma lei non sentiva.

Quelle parole non avevano suono e, all’improvviso, tutto quello intorno a lei si dissolse. Lasciando ancora una volta il nero, il vuoto…

Hermione aprì di scatto gli occhi e, dopo qualche secondo, prese a rigirarsi nel letto.

Domani avrebbe dovuto dare la sua risposta, e non sapeva cosa fare. Quel pensiero oramai non la lasciava un secondo, persino di notte era arrivato a perseguitarla!

Non ne aveva parlato a Ron e nemmeno a Ginny. Era rimasto un segreto, come voleva lui…

Quel sogno però, non preannunciava niente di buono.

Lei, in verità, non aveva mai creduto in quel genere di cose. Le riteneva tutte una farsa, come Divinazione, ma quel sogno racchiudeva le sue paure.

Se anche quello che le prometteva Malfoy fosse stato vero, a che prezzo avrebbe pagato la sua vista?

Nel sogno aveva visto, ma poi era ricaduta nel buio…

Si girò un’altra volta tra le coperte e le lenzuola presero ad attorcigliarsi attorno alle sue gambe. Infastidita, si divincolò da quella stretta con dei movimenti abbastanza bruschi e poi, appoggiando seccamente un mano sul cuscino, si alzò sulle ginocchia. Oramai era completamente sveglia e, conoscendosi, non avrebbe più dormito.

Fuori era ancora buio, svogliatamente tirò le tende del suo baldacchino e andò a premere il grosso pulsante in alto sulla sua vecchia e malconcia sveglia, una voce la informò che erano le tre del mattino.

Era ormai questione di ore, quando si sarebbe fatto vivo Malfoy? Magari a colazione! Ma era troppo presto. No, no e no!

Doveva rifletterci e fare la scelta giusta.

Tornare a vedere… Mettersi nelle mani di un Serpeverde…

Si alzò dal suo letto e iniziò a girare per la stanza, poi decise di andare in Sala Comune. Era il luogo più adatto per pensare, e a quell’ora di sicuro non avrebbe incontrato nessuno.

 

Draco entrò in Sala Grande e lanciò uno sguardo al tavolo dei Grifondoro. La Granger era seduta come al solito accanto a Weasley e, mentre il ragazzo le parlava, sembrava non ascoltarlo affatto.

Si sedette al suo tavolo e iniziò a fare colazione. Nell’arco della giornata avrebbe dovuto trovare il momento giusto per paralare alla Grifondoro e, dal canto suo, sperava non facesse la stupida e che accettasse.

A pensarci bene, era poco quello che le avrebbe chiesto in cambio di ciò che lui avrebbe fatto per lei. Ma ormai era andata…

Si spalmò un po’ di Marmellata Tutti Gusti su di una fetta biscottata.

“A che pensi?”

Era Blaise.

“A niente.”

Per fortuna sua madre non aveva fatto troppe domande.

Si era insospettita quando aveva chiesto di inviargli  “il sapere di famiglia”, ma aveva creduto anche a ciò che le aveva raccontato. Studiare certe cose serviva in quel momento come non mai, e prima si apprendevano meglio era.

In realtà, quelle pergamene incantate le aveva divorate tutte in una notte, quando gli era stato concesso di leggerle, tanta era la voglia di sapere. Ma tutto non ricordava, quindi era necessario il supporto cartaceo.  

Non gli andava di raccontare a sua madre quello che aveva in mente e, per la verità, non le aveva detto niente nemmeno della Waag.

Narcissa aveva già tante preoccupazioni di cui occuparsi…

“Dai sbrigati con la colazione, Draco. A prima ora abbiamo Difesa.”

Blaise era in piedi e mentre si occupava di raccogliere la sua borsa piena di libri, Draco alzò gli occhi al cielo sospirando. Iniziava bene la giornata.

 

Era notte, a quell’ora lei sarebbe dovuta essere nel suo dormitorio e non in giro per il castello!

Non poteva scegliere un orario peggiore quel Serpeverde!

“…fatti trovare alle undici e mezza vicino alla biblioteca. Lì ci dovresti saper arrivare, no?”

La cosa la convinceva sempre meno, perché Malfoy le aveva chiesto di incontrarsi di nascosto?

Lei aveva accettato il patto, a pomeriggio, quando lui l’aveva chiamata dopo la lezione di Erbologia e avevano parlato dietro ad una serra.

Voleva tentare, ma aveva paura. Se ne era quasi pentita e aveva avuto la tentazione di raccontare tutto a Ron, ma quel pomeriggio Malfoy aveva ribadito la clausola della segretezza. E così…

Hermione aveva studiato il modo migliore per arrivare alla biblioteca. Era il posto che frequentava di più, ed aveva imparato a riconoscere alcuni punti di riferimento che la guidavano nel tragitto a partire dalla Torre dei Grifondoro.

Malfoy aveva scelto bene, fosse stato un altro posto non ci sarebbe mai arrivata. Appoggiò la mano alla pesante porta chiusa e subito sentì la sua voce.

“Finalmente.”

“Perché mi hai fatta venire?”

“Devo tener fede alla mia promessa, devo farti riacquistare la vista. Non credere che sarà una cosa breve, però. Tutt’ altro. E tu dovrai collaborare…”

“Non capisco.”

“Non devi, non ora… Seguimi.”

Sentì il suono dei suoi passi.

“Aspetta! Come faccio?”

“Se ti aspetti che ti prenda manina manina come fa Weasley, ti sbagli di grosso. Ti darò le indicazioni da seguire.”

“Va bene.”

 “Per ora continua a camminare dritto.”

Malfoy si mosse e lei fece come le era stato indicato.

“Ora gira a sinistra.”

Non che le piacesse molto il tono in cui lui le parlava, sembrava stesse impartendo ordini… e ineffetti così era. Se ne stava approfittando troppo quel Serpeverde, e lei iniziava a pentirsi seriamente di aver accettato.

“Okay, fermati. Ora ci sono le scale per i sotterranei.”

“Perché stiamo andando nei sotterranei?!” chiese allarmata.

“Quando saremo arrivati ti spiegherò”rispose con un po’ d’esasperazione nella voce.

Lei restò ferma sulla soglia delle scale.

“Allora Granger? Non abbiamo tutta la notte, sai? E poi Gazza potrebbe spuntare da un momento all’altro… Ho capito…. Ad un passo da te c’è il primo scalino.”

Però, aveva davvero capito!

Non sapeva tra quanto aspettarsi uno scalino e Malfoy, se pur di contro voglia e adottando quel tono zuccheroso nella voce, tornò accanto a lei per indicarglielo.

“Grazie.”

Scese il primo scalino.

“Uno.”
Scese il secondo.

“Due.”

“Non ce ne è bisogno, ora!”

“Tre. Quattro. Cinque…”

“Malfoy smettila!”

Hermione continuava a scendere le scale senza difficoltà, accompagnata dalla fastidiosissima conta.

“Otto. Nove…”

Batté violentemente un piede a terra per il nervosismo, ma sbagliò a scendere l’altro gradino. Si sentì mancare il terreno sotto i piedi e precipitare ma per fortuna una mano salda l’afferrò per il braccio.

“Ho detto nove, non dieci. Mi servi intera per lavorare alla pozione.”

Si liberò della presa del ragazzo e si rimise in piedi, spazzolandosi i vestiti ed aggiustandosi la gonna.

“E’colpa tua se se sono caduta. E poi, quale pozione?”

“Quella che ti farà riacquistare la vista.”

“Dobbiamo preparare una pozione?!”

“Esattamente Granger. Quindi, sbrighiamoci.”

Riprese a scendere le scale e Malfoy riprese a contare.

Quella cantilena l’accompagnò sino all’ultimo scalino, dove ci fu un piccolo battito di mani che la fece innervosire ancora di più.

Accompagnata dalle indicazioni del Serpeverde Hermione arrivò, assieme al ragazzo, in una stanza vuota.

“E’ qui che dobbiamo preparare la pozione?”

“Già. Questa è la vecchia aula di Pozioni, in disuso da anni. Non c’è pericolo che entri nessuno, comunque l’ho protetta con un incantesimo. Ho già provveduto a portare qui tutto quello che ci occorre. Ho preso gli ingredienti giusti qui ad Hogwarts e ne ho fatto arrivare degli altri che mancavano. Ora, dato che te la cavi tanto bene in Pozioni, dovrai lavorare anche tu alla tua pozione.”

Hermione rimase ferma, pensierosa. Allora era vero, non l’aveva ingannata?

“Cosa vuoi da me Malfoy? Questo ti deve aver arrecato un bel disturbo. L’incantesimo, gli ingredienti… Cosa vorrai in cambio?”

“Devo dire di essermi reso conto che questo, forse non ha lo stesso prezzo di quello che ti chiederò. Ma a me serve… e quindi va bene così.”

Non rispose.

“Avvicinati al banco da lavoro. Fai una decina di passi.”

Hermione si avvicinò al tavolo e potè sentire il leggero fruscio del fuoco acceso sotto il calderone e un rumore di boccette che si urtavano e che venivano appoggiate sul tavolo.

Draco prese in mano le pergamene stregate e, pronunciando una formula a bassa voce, quelle, da bianche si riempirono di scritte.

“Iniziamo, se tutto va bene questa pozione sarà pronta tra cinque mesi.”

“Cinque mesi?!”

“Né più né meno. Il tredici Marzo, Granger, è un giorno che devi segnare sul calendario.”

“Allora, da cosa iniziamo?”

“Sangue di Drago, due cucchiai. Da mischiare alle schegge di Ametista, dieci grammi. ”

La ragazza annuì.

“Quando versi il primo sangue nel calderone fallo piano e in senso circolare, in modo che vada a ricoprire tutta la base. Poi aggiungi l’altro, non importa se non si distribuisce egualmente. Aggiungi le scaglie e inizia a mescolare… quante volte dice? Le hai le indicazioni, vero?”

Draco la guardò con un sorrisino, era partita subito con la dispensa di consigli utili.

Era proprio questo ciò che voleva.

“Certo. Dice che bisogna girare tre volte verso destra, prima di aggiungere le radici dell’erba Panacea.”

“Bene. Gira tre volte a destra e una a sinistra, dopo aggiungi le radici.”

“Ne sei sicura?”

“Certo, e poi se sbaglio sarò io a pagarne le conseguenze.”
“Infatti.”

“Hai fatto?”

“Sì… Ehi Mezzosangue, una cosa: cambia tono. Non accetto ordini da nessuno, men che meno da te.”

Hermione non rispose, era inutile farlo. Alzò l’angolo della bocca in un sorriso di soddisfazione.

Si prendeva la sua rivincita.

Restarono circa un’ora e mezza a lavorare su quella pozione, tra battibecchi e frasi taglienti. Hermione era stanca, ma l’euforia batteva la stanchezza. Ancora non le sembrava vero di aver trovato un modo per riavere la vista. Non sapeva come l’avrebbe spiegato a Ron e agli altri, ma in quel momento non le importava. Un moto d’affetto diretto a Malfoy , che venne subito cancellato, la invase.

Draco regolò la fiamma del calderone e si appoggiò di schiena al tavolo, con le braccia conserte.

“Per oggi abbiamo finito, la pozione deve restare a bollire, e gli altri ingredienti vanno aggiunti piano a piano. Ad intervalli e in tempi precisi.”

“Immagino sia inutile chiederti, ancora, quale sarà la mia parte in questo accordo…”

“Immagini bene. Sappi solo che avendo la vista, potrai fare il tuo lavoro cento volte meglio. Quindi

sarai informata quando arriverà il momento.”

“Sappi solo, che non mi stancherò mai di chiedertelo.”

“Fa come credi.”

Le passò accanto e andò ad aprire la porta per spiare il corridoio.

“Andiamo.”

Una volta fuori dalla stanza, il ragazzo pronunciò un incantesimo di isolamento sulla stanza e poi si incamminarono.

Arrivarono quindi davanti alla biblioteca.

“Domani, ci rincontriamo qui alla stessa ora. E cerca di essere puntuale, non mi piace aspettare…”

“Le cose per me sono più complicate e di conseguenza più lente…”

“Non mi riguarda. L’importante e che ti fai trovare.”

Lo sentì andare via e, dandogli un’ultima volta dello stronzo, Hermione si avviò per tornare ai dormitori.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo interessante direi, forse molto più di altri, spero di riuscire a trasmettervi quello che ho provato scrivendolo ;)

Capitolo interessante direi, forse molto più di altri, spero di riuscire a trasmettervi quello che ho provato scrivendolo ;).

Per vale: Hai ragione ;P sono piuttosto imbarazzata, quella è stata una modifica dell’ultimo minuto e, manco a dirlo, sarebbe stato meglio se mi fossi stata ferma… Comunque dopo la tua osservazione (per cui ti ringrazio molto) ho corretto, anticipando anche qualcosa che sarebbe dovuta venire dopo.

Per ElizabethLovelace: Questa volta ho cercato di stare ancora più attenta, la storia è tutta già scritta e si tratta solo di rivedere e perfezionare i vari, appunto, errori. Ma quando posto sono quasi sempre di fretta e purtroppo….

Ti ringrazio molto per i complimenti ;).

 

Grazie mille a tutti i recensori, ma anche ai lettori.

Buona lettura^^

 

Cap. 7

 

“Ti ho detto, mi sembra, che non puoi aggiungere il polline del fiore di Bach assieme al minerale!”

Strinse i pugni e puntò i piedi per terra.

“Infatti, sono separati!”

Le lanciò uno sguardo infuocato, anche se lei non poteva vederlo.

“Certo come no! Li hai mischiati! Ti sei tradito prima, da solo. Se non vuoi che la pozione si rovini irreparabilmente… prendi e ripesa nuovi ingredienti.”

“Mi hai stufato Mezzosangue! Se devi fare tutte queste storie per ogni cosa che faccio, vieni. Lavoraci tu sopra il calderone!”

“Ah! Sai benissimo che non posso!”

 

 

“Sei certo che la Malva vada aggiunta ora?”

Certissimo” sibilò.

“Se sbagli…”

“No, tu sbagli. Guarda… o giusto non puoi… la pozione sta diventando rossa. Proprio come dicono le istruzioni.”

 

 

La ragazza scoppiò a ridere sguainatamene.

“E tu saresti quello che non ha problemi in Pozioni?”

“Taci!” si portò una mano alla fronte e iniziò a liberarsi di quella melma appiccicaticcia di cui si era riempito.

“Non sai nemmeno amalgamare due ingredienti come la…”

“Erano altamente pericolosi. L’Erba Incendiaria non è uno scherzo!”

“E già… Dallo scoppio che ho sentito…”

“Smettila subito di ridere!”

 

Era così arrivato Dicembre.

Per fortuna la preparazione della  pozione non era stata intaccata dai loro litigi, ma le vacanze si avvicinavano.

Hermione e Draco si trovavano nella vecchia aula in disuso. La ragazza era appoggiata con le spalle al muro, mentre il Serpeverde finiva di girare lentamente la pozione.

“Malfoy…”

“Che c’è?!”

Sempre molto gentile e disponibile.

 “Tra qualche giorno prenderemo le vacanze natalizie, chi penserà alla pozione?”

“Noi, naturalmente.”

“Ma come faremo? Non ci saremo.”

“Granger…”

Si voltò a guardarla.

“Noi ci saremo. Resteremo qui per le vacanze.”

“Cosa?!”

“Mi sembrava chiaro.”

“Non lo è affatto! No, no… io non posso. I miei…”

“Senti, la pozione non serve a me. Inventati una scusa qualunque, tu da qua non ti muovi! Altrimenti spengo tutto. E lo faccio.”

“Non ho dubbi.”

“Bene. E’ tutto risolto.”

Draco tornò a lavorare alla pozione, soddisfatto.

Quel Natale era il primo che avrebbe passato ad Hogwarts. In genere tornava a casa e trascorreva delle belle vacanze. Lui e i suoi genitori partivano anche, alcuni anni.

Quell’anno, però, sarebbe stato tutto diverso con suo padre ad Azkaban, e sua madre avrebbe trascorso un Natale completamente sola.

Le aveva chiesto se voleva che lui tornasse a casa, ma Narcissa non aveva opinioni al riguardo.

Molto probabilmente sua madre non avrebbe “festeggiato”. Non dopo le ultime novità.

Per lui, quindi, non era tutto questo gran sacrifico restare ad Hogwarts e occuparsi della pozione, come voleva invece lasciare ad intendere.

Hermione, nel frattempo, restava appoggiata al muro,  rattristata.

Restare ad Hogwarts, da sola…

Sbuffò pesantemente, d’altronde Malfoy non aveva torto. La pozione era per lei, si sarebbe dovuta aspettare di dover fare dei sacrifici.

Di certo non poteva pretendere che restasse solo lui a svolgere il lavoro. Primo, perché non era sicura che al suo ritorno avrebbe trovato qualcosa simile ad una pozione. E secondo, semplicemente perché non era giusto. Anche Malfoy stava rinunciando alle vacanze a casa, per lei… per lei? Ma che le veniva in mente?

Rise di sé stessa per aver pensato una cosa del genere. A volte si scordava che c’era un patto tra di loro.

“Finito.”

La voce, come di consueto strascicata, le arrivò alle orecchie distogliendola dai propri pensieri.

“Bene. Senti Malfoy, dobbiamo parlare un attimo.”

“Ancora? Ti ho già detto che non saprai niente prima del tempo previsto.”

“No, non era del patto che ti volevo parlare…” disse scostandosi dalla parete.

“Ah e di cosa? Sbrigati, io non ho-”

“Gli orari. Non si potrebbero cambiare? Ogni notte, per entrare e uscire dai dormitori, è un problema. Per fortuna le mie compagne hanno il sonno pesante, ma ieri ho rischiato di ritrovarmi faccia a faccia con Ginny, credo, mentre rientrava anche lei…

La settimana scorsa, in Sala Comune, ho incontrato Dean e ho dovuto inventarmi una scusa. Assurda tra l’altro.  In più di sera non riesco a distinguere nemmeno le ombre, e prima di entrare nella Torre devo restare un quarto d’ora fuori per distinguere gli eventuali rumori all’interno.”

“Hai finito?” le chiese con tono indifferente.

“Per me non c’è problema. Anche se la Sala Comune è piena, è normale uscire di notte… a certi orari. Nessuno chiede niente. La gente, a Serpeverde, si fa i fatti propri. La discrezione sarebbe una buona abitudine che dovreste imparare anche voi Grifondoro. E comunque, mi sembra di averti già detto chiaramente che i tuoi problemi non sono affar mio…”

“…è normale uscire di notte… a certi orari…”  

Tsk! E lui è un Prefetto! In quella Casa deve regnare un’anarchia totale.

“Ma se scoprono me, scoprono anche te… Ah e naturalmente non ci scordiamo di Gazza, è un miracolo che ancora non mi abbia scoperto!” continuò inviperita Hermione.

“Non sono io che decido gli orari per lavorare alla pozione. Ci sono dei tempi precisi, a volte può capitare che verremo anche di giorno. Te lo dirò in caso, per ora non mi scocciare.”

Uscirono dalla vecchia aula di Pozioni e, dopo averla sigillata, tornarono verso la biblioteca.

“La scala a tre passi da te” la avvisò in maniera molto scocciata e stanca di ripetere sempre le stesse cose.

Hermione iniziò a salire la scale, non badando minimente al tono del Serpeverde. Oramai, si può dire ci fosse abituata.

Stavano quindi percorrendo la sala che li avrebbe condotti  alla biblioteca, quando Draco sentì in lontananza dei passi, e poi vide la luce di una lanterna farsi sempre più vicina.

Era Gazza, e veniva proprio dalla biblioteca.

Senza pensarci troppo, afferrò la ragazza per  mano e si mise a correre nella direzione contraria. Era quasi certo che il Custode gli avesse scorti, nella semi oscurità.

“Ehi! Ma che fai?”

Il miagolio di Miss Purr, che si lanciava all’inseguimento, gli confermò che aveva ragione.

“Zitta! Gazza ci ha visto!”

Hermione tacque, sbiancando in pochi secondi e assecondando la corsa.

I loro passi creavano nel silenzio notturno un notevole rumore e i miagolii sempre più insistenti della gatta, furono coperti dalla voce di Gazza.

“Chi è là?” aveva gridato correndo e zoppicando.

“Maledetti studentelli… Questa volta, questa volta non avrò pietà. Silente sbaglia, sbaglia!”

Sentirono il Custode farfugliare queste parole tra sé e sé, con un tono poco raccomandabile.
Per nascondersi si erano appiattiti contro un muro, non appena svoltato l’angolo di uno dei tanti corridoi di Hogwarts.

Hermione sentiva il respiro un tantino più affannato del ragazzo, mentre anche lei riprendeva fiato. Intanto Draco sbirciava il corridoio buio e, alla sua sinistra, vide la Grifondoro che si era appena portata una mano sul viso.

“L’abbiamo seminato?”

“Credo di sì…”

Si voltò a guardarla e grazie alla luce della luna, che filtrava dalle alte finestre, riuscì a scorgere un sorriso su quelle labbra morbide.

“Perché sorridi?” chiese scettico.

“E’ che… è che questo è davvero strano…”
“Sì, lo è.”

Draco sentì un fastidioso miagolio molto vicino, troppo. Abbassò lo sguardo e vide che Miss Purr era ai suoi piedi.

Riafferrò per mano la Grifondoro e strattonandola ricominciò a correre. L’unica via di salvezza erano le scale.

La Granger non fece domande questa volta, aveva capito la situazione.

Fecero appena in tempo ad allontanarsi, perché, pochi istanti dopo, dove c’era la gatta c’era anche Gazza.

Salirono di corsa le scale ma, sfortunatamente, queste decisero di “cambiare”.

Hermione, a causa del movimento inaspettato, tirò un piccolo urlo. Si stava appunto portando una mano alla bocca quando Malfoy , avendo risentito dello spostamento, le cadde addosso. La ragazza andò a sbattere contro il passa mano delle scale, al quale si aggrappò, mentre il Serpeverde finì brutalmente a terra.

“Ahi!”

“Malfoy, non puoi stare più attento!”

“Ho battuto la testa, porca-”

“Si sono fermate, andiamo.”

Il ragazzo si rialzò, toccandosi la fronte dolorante e da dove iniziava a colare del sangue.

Hermione sentì Malfoy prenderle di nuovo la mano, e insieme finirono di percorrere le scale.

Era preoccupata, l’ultima volta che le scale l’avevano portata in qualche luogo aveva incontrato un mostro a tre teste.

“Dove siamo finiti?” chiese ansiosa.

“Non ne ho idea…”

“Cerca di fartela venire, allora, e di riportarmi indietro!”

“Sta calma” le disse con il tono di chi fa un minaccia, piuttosto che una rassicurazione.

Stavano ancora camminando quando, d’improvviso, Malfoy si bloccò.

“Che c’è?”

“Niente, credevo di aver sentito ancora quella stupida gatta.”

Realizzando di tenere ancora per mano la ragazza, con un gesto veloce e quasi schifato, Draco ruppe quel contatto. Restarono quindi fermi nello strano posto in cui erano arrivati.

“Credevo che non toccassi le Mezzosangue, Malfoy” gli disse con uno strano sorriso.

“Infatti, ma dubito che sarei riuscito a dirti dove correre, o che tu saresti stata capace di seguire le mie indicazioni, nella foga di scappare…”

“Mi avresti sempre potuto lasciare là…”

“Giusto, ma se scoprono te scoprono anche me. E non è prudente lasciare anche una sola traccia di quello che stiamo facendo.”

Hermione non rispose, e in tanto Draco stava pensando ciò che aveva fatto.

Gli era venuto spontaneo di prenderla e portarla via.

Senza dubbio quello che aveva detto era tutto vero, ma lui l’aveva fatto perché… in realtà non sapeva perché, in quell’istante, avesse deciso di portarla con sé.

Forse il fatto di starle dando delle indicazione su dove andare, l’aveva talmente convinto che dovessero fare quel tragitto insieme, che non aveva pensato neanche un attimo ad abbandonarla.

Qualunque cosa fosse stata, avrebbe fatto in modo che non interferisse mai più con il suo “essere Serpeverde”.

Erano quelli gli effetti collaterali del passare troppo tempo assieme ai Grifondoro?

Decise in ogni caso di abbandonare quei pensieri e di concentrarsi  sul posto in cui erano incappati.

Era di nuovo un corridoio. Delle torce affisse ai muri illuminavano fiocamente l’ambiente e mostravano numerosi quadri, arazzi e porte. All’improvviso capì dove erano…

“Il Corridoi Proibito…”

“Come, scusa?”

Si schiarì la voce.

“Siamo nel corridoio proibito.”

“Ah! Bene. ”

Hermione distinse una luce che all’improvviso si accese davanti ai suoi occhi e capì che il ragazzo aveva usato l’incantesimo Lumos, solo quando anche i quadri si iniziarono a lamentare.

“Ehi Tu! Spegni subito!”

“Ma vi sembra ora?”

“Ah non si può stare mai tranquilli!”

“O mio dio, questa luce è accecante!”

“Ma questo corridoio, non è proibito?”

“E va bene!” sbottò il Serpeverde.

Di colpo la luce cessò.

“Stupidi quadri tarlati…”

“Andiamo via.”

“Paura, Granger?”

“Affatto. E solo che non sono in cerca di guai e ho fretta di tornare alla Torre, è tardi.”

Non le piaceva quella situazione. Il Corridoio Proibito era sempre un covo di guai.

“Devi aspettare un po’, Gazza ora ci starà cercando come un matto. Lascia calmare un po’ la situazione.”

Purtroppo Malfoy aveva ragione.

Draco iniziò a muovere qualche passo in avanti. Non voleva addentrarsi nel corridoio, non ci teneva proprio, ma era incuriosito da quel luogo. Sapeva, in oltre, che non ci sarebbe tornato più. Quindi…

“Non ti allontanare Malfoy, il corridoio è pieno di pericoli. Se ti perdi là dentro, puoi stare certo che non verrò a cercarti.”

“Certo, Granger.”

Sentì la sua voce di nuovo vicina, e questo le assicurò che il ragazzo aveva usato il buon senso ed era tornato indietro.

Draco si sedette a terra, appoggiando le spalle al muro. La ferita sulla fronte iniziava a bruciare e il sangue non accennava a voler cessare.

Sentiva un dolore che circoscriveva tutta la zona sinistra della fronte, nonché l’occhio corrispondente. Con la manica si asciugò nuovamente il sangue che, caldo, gli procurava un fastidioso formicolio sulla pelle.

Socchiuse gli occhi e sospirò.

Anche la Granger si era appoggiata al muro, però rimaneva in piedi, con la testa leggermente reclinata verso l’alto. Restarono in silenzio per alcuni minuti, in tanto, un forte mal di testa aveva iniziato a tormentarlo.

“Allora?!”

“Non gridare!” aveva parlato a bassa voce, iniziando a massaggiarsi le tempie con le dita.

“Non sto gridando e poi non credo passi nessuno di qui!”

“Allora non parlare proprio! Ho mal di testa e non sopporto di sentirti parlare.”

La ragazza sbuffò.

“Senti…”

“Ma allora non capisci?” aveva alzato la voce, sollevando la testa di scatto. Ma si pentì amaramente del suo gesto, quando una fortissima fitta lo costrinse a riabbassare il capo prendendolo tra le mani.

Hermione, nel frattempo, era più che convinta che quella del Serpeverde fosse solo scena. Draco Malfoy era un attore eccezionale quando doveva fare il malato, e questo l’aveva capito dopo il terzo anno.

“A quanto pare…”

“Shhh!”

“Smettila Malfoy! Andiamo via, ormai Gazza si sarà perso d’animo.”

Draco strinse gli occhi e aumentò la pressione che esercitava, con i palmi delle mani, sulle tempie. Quella voce era insopportabile. Ogni rumore lo era.

“Malfoy?”
Fece due grossi respiri prima di rispondere.

“Non sai tornare da sola?! la Torre dei Grifondoro non deve essere molto distante, o sei proprio un’impedita?”

Cercò di sembrare sgarbato e scostante come al solito, e ci riuscì anche bene, ma la sua voce era più bassa del solito.

Hermione non rispose subito, poi corrugò la fronte.

“Certo che lo posso fare. Vado, Buonanotte.”

Si voltò e si incamminò decisa verso le scale. Quel ragazzo era sempre irritante, sempre offensivo. Aveva ragione Ron, Malfoy era davvero un brutto tipo.

Aveva appena finito di percorrere le scale che la separavano da quel corridoio, e da quel Serpeverde, quando un grosso sbadiglio premeva per uscire dalle sue labbra.

Si portò una mano davanti alla bocca, spostandola dal passamano, per accogliere con la buona educazione quella richiesta di riposo, ma sentì che qualcosa non andava.

Uno strano odore, che aveva già sentito altre volte, le invase le narici. Un odore forte, che però non sapeva di niente. Un odore i ferro, di…

Avvicinò maggiormente la mano al suo viso. Annusò ancora e poi, per avere la prova del nove, “assaggiò” i polpastrelli della sua mano sinistra.

Non c’erano dubbi: era sangue.

Esaminò bene la sua mano, passando le dita su ogni centimetro di pelle, ma non vi trovò nessun graffio. Né tanto meno sentiva di essere ferita da nessun altra parte. Poi si ricordò di un particolare che le fece voltare il viso verso l’alto della rampa di scale.

“Ho battuto la testa, porca-”

Non era lei quella ad essere ferita, la sua mano era sporca di sangue non suo.

Sangue Puro, pensò per un attimo, trasalendo scioccamente. Malfoy l’aveva presa per mano dopo aver battuto la testa.

Salì di nuovo le scale. Il suo senso del dovere, la sua umanità, la spingeva ad aiutare anche chi non lo meriterebbe a pieno.

Arrivò all’ingresso del corridoio.

“Malfoy?”

Draco, ora in piedi ma sempre addossato la muro, si voltò verso quella voce.

“Sei proprio un’impedita, allora.”

Non subito Hermione capì cosa volesse dire con quelle parole seccate, ma poi ci arrivò.

“So come tornare alla Torre! Non è per questo che sono qui.”

“Allora cosa? Ti manco, Granger?”

Notò che il tono della sua voce era molto più basso del normale. E ascoltandolo bene, potè scorgere sofferenza nelle sue parole.

Sbuffò esasperata.

“No. Ma sono tornata perché sei ferito.”

“Cosa vai dicendo? E abbassa la voce…”

Questa volta la ragazza parlò piano.

“Hai battuto la testa, prima, sulle scale. Ho la mano sporca di sangue, e non è mio.”

Malfoy emise uno sbuffo di resa.

“Dovresti essere onorata…”

“Sì, sì, certo. Non poteva mancare questa osservazione, vero?”

“Non-gri-da-re!”

“Scusa…”

Sentì molto, molto dolore nelle sue parole e così le venne naturale di sussurrare quelle scuse.

“Devi andare da Madama Chpis…” disse facendo qualche passo avanti nella direzione del ragazzo.

“Domani.”

“Domani è tardi!” si avvicinò ancora di più e tese una mano.

“A quest’ora non credo sia disponibile, in più non so cosa raccontarle se… Ehi, ehi ma che fai!”

Hermione aveva posato una mano sul petto del ragazzo e ora risaliva verso la fronte.

“Voglio solo controllare se la ferita è grave, non ti preoccupare… e poi così so per certo dove sei!” disse arrossendo leggermente.

“Non ce ne è bisogno!”

Malfoy tentò di allontanarsi di lato, ma lei lo trattenne.

“Non fare lo stupido! Per una volta, cerca di non essere fissato con quelle… con quelle “certe cose”. Dove è che hai battuto?”

Draco non le rispose, e lei poteva sentire la battaglia interiore che c’era dentro di lui. Scansarsi da lei, o farsi aiutare?

 Intanto le sue mani viaggiavano sul suo viso, e lui veniva attraversato da brividi che non sapeva spiegare.

Hermione sentì l’estremità delle sue dita sporcarsi di sangue, toccare alcune ciocche di capelli, passare sulla pelle liscia e, piano a piano, risalire alla ferita.

Era un taglio non molto lungo ma, dal sangue che fuoriusciva, sicuramente profondo. Situato a pochi millimetri più su della sopracciglia sinistra, poteva davvero essere pericoloso.

 Premette leggermente due dita sulla ferita e subito sentì il ragazzo irrigidirsi.

“Mi fai male!”

“Resisti un po’, è per fermare il sangue.”

Draco le lanciò uno sguardo bieco e la vide estrarre la bacchetta.

“Che vuoi fare?!”

“Conosco un incantesimo che può far rimarginare superficialmente il taglio, così domani potrai andare in infermeria e  farti curare come si deve.”

Hermione puntò la bacchetta contro la ferita, stando bene attenta  a prendere le giuste misure, e pronunciò l’incantesimo di Automedicazione.

Quando abbassò la mano dalla fronte del ragazzo, sfiorò le sue labbra e fece uno strano pensiero. Un pensiero che non avrebbe mai  creduto di poter fare su Draco Malfoy, un pensiero che non avrebbe mai confidato a nessuno, un pensiero assurdo (come tante cose da un po’ di tempo a quella parte):come sarebbe stato baciarlo?

“Fatto.”

Indietreggiò di un passo.

Draco si portò la mano alla fronte e vide, con suo grande sollievo, che non sanguinava più.

Guardò verso la Grifondoro, guardò la sua mano sporca di sangue. Si ricordò delle sensazioni provate quando quelle dita avevano accarezzato la sua pelle, ma subito si riscosse.

Avrebbe dovuto ringraziarla, quindi? Che assurdità! Un Malfoy non ringrazia un Mezzosangue!

“Non mi devi ringraziare, anche se lo so che non lo stavi facendo” disse arricciando il naso.

“Diciamo che così siamo pari” continuò semplicemente.

“Pari per cosa?”

“Per tutte le volte che mi prendi e mi riaccompagni in biblioteca… Questo non era incluso nel patto.”

“Sì, va bene. Mi sembra la soluzione migliore.”

“Ora, andiamo?”

“Non sai tornare da sola” disse in tono piatto.

Era una constatazione che la infastidiva parecchio, quella del ragazzo. Non aveva provato ad arrivare sino alla Torre, ma era convinta di potercela fare!

 Spervava, di potercela fare….

“Certo che lo so fare!”

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Eccomi qui^^ Scusate il ritardo…

Eccomi qui^^ Scusate il ritardo…

In questo capitolo c’è un breve salto temporale, spero che la cosa non vi disturbi ;)

Perdonatemi, e evidenziatemi, gli eventuali errori e… Buona Lettura J

 

 

 Cap. 8

 

Quello fu il primo incontro ravvicinato che ebbero. Be’, ovviamente parlando di incontro nel vero senso della parola, e non di scontro, altrimenti…

Ma di certo né Hermione né Draco si sarebbero mai aspettati che la situazione avrebbe preso quella piega, proprio no...

Fuori il freddo rigido di fine Febbraio gelava anche la punta del naso e, nella vecchia aula in disuso, una piccola fiamma scoppiettava sotto un calderone ricolmo di una pozione verdognola.

Il freddo era penetrante ma l’essere umano è famoso per aver sempre trovato il modo di sopravvivere, anche nelle situazioni più disperate. E così, ognuno sfruttando i mezzi a propria disposizione, si riscaldava combattendo il gelo invernale.

Hermione si era appena svegliata e pigramente si alzò a sedere. Una mano teneva la vecchia coperta di lana a coprirle il seno, e l’altra stropicciava stancamente le palpebre.

Sapeva di non poter pretendere sempre un letto comodo, ma il pavimento era davvero un giaciglio atroce per una persona che voleva riposarsi.

Allungò una mano al suo fianco e sorrise quando toccò il braccio del suo ragazzo. Non aveva mai pronunciato quelle parole, non aveva mai detto a nessuno “lui è il mio ragazzo”, ma solo il pensarlo le faceva ancora effetto.

Non che non ne fosse felice, ma possibile fosse davvero la realtà? Nessuno ci avrebbe creduto, nemmeno lei se non lo stesse vivendo esattamente in quel momento.

Dal respiro profondo e regolare capì che Draco stava ancora dormendo.

Come avrebbe voluto vederlo…

Guardarlo negli occhi quando le parlava, guardarlo lavorare su quella pozione che era stata il loro Galeotto d’amore, guardarlo dormire tranquillamente al suo fianco.

Da quando la loro relazione era iniziata, Hermione non desiderava altro che Marzo arrivasse il più presto possibile.

Erano passati tre mesi dall’loro primo bacio, inaspettato e sconvolgente per entrambi. Era successo durante le vacanze di Natale, in pochissimi erano rimasti ad Hogwarts ed incontrarsi era diventato più facile. Quel pomeriggio, la pozione avrebbe dovuto essere girata dieci volte di seguito verso sinistra alle 15:15 precise. E così fu.

Era stato programmato tutto con enorme precisione, fu quello che successe dopo che non era previsto.

Avevano appena finito di litigare sulla maniera migliore per prendersi cura della pozione, lei stava appunto per correggerlo ancora. Aveva sentito il rumore di erbe che venivano tritate, ma prima doveva aggiungere la Polvere Peperita e poi tagliare. Ed era stato in quel attimo che lui posò le proprie labbra sulle sue, semi aperte.

Per non sentire la sua predica, fu quasi certa lei.

Rimase impietrita quando si rese conto di quello che stava succedendo, di cosa Draco Malfoy stava facendo.

La pressione sulle sue labbra si fece sempre più prepotente ed Hermione fu fatta indietreggiare di qualche passo, sino a ritrovarsi con le spalle al muro. 

Non vi era altro contatto, tra loro, se non quello delle labbra  unite. Quel contatto che lui solo stava contribuendo a creare, esplorando la sua bocca senza pausa.
Iniziò a rispondere a quel bacio, non seppe nemmeno lei bene il perché, ma non osò andare oltre. Forse le sarebbe piaciuto posare le braccia sulle sue spalle. Toccare con l’estremità delle dita il suo volto, un’altra volta. Ma non lo fece.

Quando Draco si accorse della sua timida risposta,  fu come si fosse risvegliato. Indugiò un po’ di più sul suo labbro inferiore, e quel bacio perse tutta la foga da cui era stato caratterizzato prima. Divenne più dolce e  significativo.

Le loro labbra si allontanavano e si riunivano dopo un quarto di secondo. I respiri erano vicini, caldi. Le bocche si cercavano, giocavano e si allontanavano.

Quando quel gioco di intimità, che aveva lasciato spiazzato entrambi, finì, restarono per qualche secondo immobili. Nelle stesse posizioni, vicini tanto da poter sentire uno il respiro dell’altro. Poi fu Draco il primo ad allontanarsi e, incredibilmente, a tornare alla pozione come se niente fosse successo.

Hermione rimase appoggiata al muro ancora un po’ e, per la prima volta dopo la battaglia nell’Ufficio Misteri, era felice di essere cieca. Così, aveva una buona ragione per non guardarlo negli occhi, per non leggere cose che non avrebbe capito, o che non avrebbe voluto capire…

Si schiarì leggermente la voce e tornò anche lei al tavolo.

“Hai aggiunto la Polvere Peperita prima di tritare?”

Non successe nulla per i cinque giorni successivi, ma poi di nuovo un bacio. Voluto da entrambi questa volta.

Erano piegati sul calderone, quando successe. Dovevano verificare se l’odore dell’intruglio che iniziava a bollire e a cambiare colore, era simile a quello della Polvere Peperita mista all’Alga Oculis.

Un rumore l’allontanò dai suoi pensieri, anche Draco si stava svegliando.

Tornò a stendersi accanto a lui, posando la testa sulla sua spalla e creandosi un posticino tra le sue braccia.

 

Draco sentì Hermione di nuovo vicina e socchiuse gli occhi, era sicuramente tardi ed era anche ora di andare.

Purtroppo si sarebbe dovuto separare da quel corpo caldo, da quella massa di capelli che in quel momento gli solleticavano il collo e, quindi, da quella che da qualche mese era divenuta la sua ragazza,

Si sollevò a sedere, scostando il capo riccioluto dalla sua spalla, e si riavviò i capelli che, disordinati, gli oscuravano la vista.

“Dobbiamo andare? Dobbiamo proprio?”

La voce impastata dal sonno della ragazza non nascondeva la malizia di quelle parole. Si inumidì le labbra secche prima di rispondere con un sorriso furbo.

“Un po’ di decoro, Granger. E’ora di tornare ai piani alti, non sei contenta?”

“Dipende...”

“Da cosa?”

“Da cosa si intende per piani alti…”

“Dobbiamo ricominciare con il discorso sulle scelte da fare nella vita. Mangiamorte, Ordine della Fenice, guerra, pace ed anche Elfi domestici… che non so come sei riuscita ad inserire nella conversazione?”

La ragazza si alzò sbuffando e iniziò a cercare i suoi vestiti.

“No, no…”

“Bene, perché non ce la faccio più parlare di queste cose! Anche con te, ora…”

Iniziò anche lui a rivestirsi ed Hermione gli si avvicinò, ancora non aveva trovato parte degli indumenti come la camicetta o le calze.

“Sono discorsi che prima o poi si fanno, è normale che tra due persone…”

“Poi. E’ meglio… Tieni” disse porgendole la camicia.

“Grazie.”

Quei discorsi erano come una bomba ad orologeria per loro. Ognuno fortemente convinto delle proprie idee, entrambi testardi sino all’invero simile, entrambi troppo orgogliosi per concedere all’altro una piccola vincita, un piccolo assenso.

La guardò mentre si rivestiva. Non aveva sbagliato pensando che sotto quella divisa grigia si nascondesse qualcosa di molto piacevole alla vista.

Era strano quello che era successo fra loro, o forse era strano come era successo.

Fu lui a fare la prima mossa.

Da un po’di tempo strani pensieri gli ronzavano per la testa, da un po’ di tempo, troppe volte si fermava a guardarla.

Lei era una Mezzosangue, era l’amica di Potter e Weasley, era la Mezzosangue… eppure, aveva trovato qualcosa in lei.

Che stesse andando contro tutti i principi della sua famiglia, lo sapeva benissimo, e non li avrebbe mai rinnegati… ma Hermione era diversa.

Diversa, sì. Solo questo poteva dire se qualcuno gli avesse chiesto perché.

Tutto, in piccola parte, lo aveva attratto di lei.

Non poteva nascondere che, con tutto quello che stava succedendo alla sua famiglia, quello fosse un brutto periodo per lui. Con Hermione aveva trovato dei momenti di tranquillità, dove non doveva combattere contro sguardi biechi, accusatori, contro mezze parole, contro accuse vere e proprie.

Lei non aveva mai detto una parola al riguardo, anche se Draco sapeva benissimo cosa ne pensasse dei Mangiamorte e di suo padre. Ma non aveva mai accusato lui, ed era per questo che non voleva trattare certi argomenti anche con lei.

Tuttavia, prima o poi…

Si era alzato, aveva dato un ultimo sguardo alla pozione e poi l’aveva aspettata vicino alla porta.

Quando si fu rivestita la vide sbadigliare e voltare il capo prima a destra e poi a sinistra.

“Dove sei?”

Ghignò e lasciò che il silenzio fosse la sua risposta.

“Oh insomma, Draco! Ma non ti stanchi mai di giocare?”

Restò fermo senza fare il minimo rumore, guardandola mentre con aria scocciata si apprestava a muoversi.

Sbuffò infastidita e poi iniziò a camminare con una mano tesa in avanti verso il muro, era piuttosto sicura di dove stesse andando. Ormai aveva imparato bene a conoscere quella stanza, difatti, ecco sotto il suo palmo la fredda pietra della parete.

“Sei uno stupido.”

Hermione si avvicinava sempre di più a lui, ma Draco non aveva intenzione di finirla così. Quindi, molto lentamente, si allontanò.

Sapeva che quel gioco l’avrebbe fatta arrabbiare, ma a lui piaceva anche quando era arrabbiata.

“Draco! Mi sono stancata, dimmi dove sei.”

Le fece fare il giro della stanza forse due volte, e il suo grazioso viso iniziava ad assumere lineamenti sempre più scuri.

Ora Hermione era a pochi passi da lui che, in piedi al suo fianco, la guardava imbronciarsi ogni secondo di più.

“Basta, ti odio quando fai così! Comunque, ti volevo dire che Ronald ieri mi ha baciato…”

“Cosa ha fatto?!”

Subito la ragazza si voltò verso di lui, con un sorriso vittorioso in volto.

“Trovato.”

“Mh.”

Distolse lo sguardo infastidito. L’aveva giocato.

“Non mi piace quando fai così. Non fai altro che ricordarmi che sono cieca!”

Le si avvicinò e, prendendola per i fianchi, elimino la distanza che c’era tra loro.

“Ancora per poco…”

“Non importa, ora lo sono e sai che mi da fastidio.”

“Va bene, allora non lo farò più…” le sussurrò all’orecchio.

Le scostò i capelli dal collo e iniziò a darle dei piccoli e delicati baci. La sentì sospirare e poco dopo, delle braccia sottili circondavano il suo collo.

“Dobbiamo andare.”

Si allontanò da lui, sussurrando quelle parole.

“Sì, andiamo… La porta è qui.”

Hermione sentì il rumore della porta che veniva aperta e, seguita da Draco, uscì dalla stanza.

Era estremamente facile seguire le indicazioni che lui le dava e, ad essere sinceri, questa era una tra le cose che aveva apprezzato maggiormente di lui. Nonostante quello che gli aveva detto poco prima, Draco non l’aveva mai tratta come fosse cieca.

Lui non la prendeva per mano e la scorazzava per Hogwarts, con questo non voleva insultare Ron o screditare tutto ciò che faceva per lei, assolutamente. Ma ogni tanto, questa situazione le pesava.

Draco, sin dal primo giorno in cui aveva scoperto della sua cecità , rendendole le cose doppiamente difficili l’aveva spronata a fare da sola. A non abbandonarsi alla comodità dell’essere servita e aiutata per ogni minima cosa.

“Allora? Mi vuoi ridare il mio inchiostro?”

“Prendilo, è sulla scrivania.”

Ogni volta che l’aveva incontrato, stranamente, l’aveva sempre aiutata capendo ciò di cui aveva bisogno.

L’aveva fatta vedere. Lui, era diventato i suoi occhi…

“HERMIONE?”

“Signorina Weasley, non gridi! Gli altri studenti dormono e, per carità, che nessuno li svegli!”
Hermione sussultò.

Ginny, la professoressa McGranitt? Che ci facevano in giro di notte? Perché la chiamavano?

Tutto quello che le era sembrato confuso, in un attimo fu chiaro. L’avevano scoperta.

Avevano scoperto che Hermione Granger, alle tre di notte, non era nel suo letto.

“Resta ferma e zitta.”

Draco le aveva sussurrato queste parole a pochi centimetri dal suo orecchio.

“Professoressa McGranitt, di là non c’è. E se fosse nel parco? Magari è andata fuori e non è riuscita a tornare. Ce ne saremmo dovuti accorgere prima!”

“Non si preoccupi Signor Weasley, ha fatto bene a venirmi subito a chiamare. Ecco Gazza, vediamo se ha trovato qualcosa.”

“Ron…” quasi si commosse a sentire tutta la disperazione che c’era nella sua voce.

“Maledetto Weasley! E’ sempre di intralcio.”

“Si preoccupa per me!”

“Shhh!”

Piano la fece indietreggiare e si ripararono dietro ad un altro muro, più distanti da quelle voci.

“Ora devi trovare il modo di tornare ai dormitori senza che nessuno ti veda. Arrivata lì ti inventerai una scusa e dirai che probabilmente vi siete scontrati, perché tu non gli hai sentiti mentre ti cercavano…”

“Ma cosa mi invento?”

“Non lo so, magari di’che avevi fame e sei scesa nelle cucine!”

“Così toglieranno dei punti a Grifondoro, è vietato girare di notte per il castello.”

“E allora?”

Portò le mani sui fianchi e assottigliò gli occhi.

“E va bene, inventati un’altra scusa… ma che sia convincente!”

“Non sono una stupida.”

“Lo spero.”

Non ebbe il tempo di replicare perché, prendendola per mano, la condusse via.

“Dobbiamo fare in fretta, quindi ti porterò io sino alla Torre… o comunque là vicino.”

***

“E ora? Dove si va?”

“Mi puoi lasciare qui. So come tornare dalle scale in poi.”

“Va bene…”

Le lasciò la mano.

“Ci vediamo domani, e cerca di essere puntuale!”

Hermione ridacchiò, pensando che a volte lo faceva di proposito ad arrivare con qualche minuto di ritardo. Proprio per fargli scontare quei fastidiosi giochetti che a lui piaceva tanto fare.

“Certo. Buonanotte.”

Gli si avvicinò e lentamente lo baciò. Era molto rischioso e lo sapevano bene entrambi, ma quel brivido del pericolo, dell’incoscienza, aumentava ancora di più la passione e la voglia di quei baci rubati.

“Sbrigati, Granger. Anch’io sono a rischio e devo tornare presto nei sotterranei. Con i Weasley in giro c’è sempre qualcosa che va storto… Ti assicurò però, che se ho avrò l’occasione, da un angolino buio qualche fattura gliela scaglio alla Donnola” disse sghignazzando.

“Non ti permettere!”

Lo sentì scendere le scale velocemente ancora ridacchiando e, scuotendo con disappunto la testa, Hermione si voltò per tornare ai dormitori.

Era arrivata davanti al ritratto della Signora Grassa, si spettinò i capelli e mise in disordine la divisa. Non che avesse dovuto fare poi tanto lavoro.

Ron le aveva dato davvero un’ottima idea…

Centinodia.”

Il buco nel ritratto si aprì e la Sala Comune, si fece sentire in tutto il suo caos.

“Hermione!”

Lavanda Brown, la sua voce simil-oca era inconfondibile, le venne in contro abbracciandola.

“Ma dove sei stata? Ron ti sta cercando assieme a Ginny e alla McGranitt!”

“E… io…”
“Non sai che spavento quando Ginny è venuta in camera nostra, di nascosto, per parlarti, e ha tirato un urlo trovando un cuscino al tuo posto!”

Disse a seguito Calì Patil.

“E già, è che…”

Il brusio dei Grifondoro presenti, probabilmente tirati giù dal letto dall’urlo di Ginny, coprì la sua voce.

“Dobbiamo subito avvertire che sei rientrata!”

“Sì. Lavanda potresti fare tu, per favore? Sono molto stanca e vorrei andare su…”

“Certo! Non preoccuparti, Hermione.”

Le sorrise con gratitudine, anche Lavanda poteva essere utile quando non passava l’intera giornata ad impupacchiarsi davanti allo specchio.

Stava forse diventando un po’ troppo cinica ed utilitaristica? Quello era un pensiero che apparteneva a Draco Malfoy, non a lei. Per lo meno non con quel tono.

Era stanca, davvero molto stanca. Non c’era altra spiegazione.

Salendo le scale sentì Lavanda invitare tutti a tornare a letto e, poco dopo, la Torre dei Grifondoro era di nuovo immersa nel silenzio.

Dopo essersi stiracchiata Hermione si stese sul letto, ancora vestita.

Restò ad ascoltare il silenzio, con gli occhi socchiusi, ma quel momento di pace durò poco. La porta si spalancò e Ginny entrò ansiosa nella stanza.

“Hermione! Ma dov’eri? Ci siamo preoccupati tantissimo quando non ti abbiamo trovato!”

“Sto bene Ginny, grazie” si alzò a sedere.

“Mi ero solo… smarrita. Ho fatto tardi in biblioteca e poi ho avuto qualche problema a tornare.”

La sentì sedersi accanto a lei e posare la testa sulla sua spalla, sospirando.

“Per fortuna. Sai, per un momento ho temuto il peggio. Sapevo probabilmente di stare esagerando, ma dopo Harry... Davvero mi sono fatta prendere dal panico.”

Rimase in silenzio, sorridendo dolcemente per quelle parole. Certe volte non era necessario parlare.

“Forza, scendi giù. Ron ti sta aspettando in Sala Comune. Sapessi che spavento si è preso, anche lui. Ha provato di nuovo a salire le scale dei dormitori, è finito a terra come tutte le volte ma si è messo d’impegno per non urlare.”

Le disse divertita la sua amica.

Si alzò ridendo e mentre Ginny tornava nella sua camera, scese le scale.

Non appena entrò in Sala Comune un abbracciò protettivo l’avvolse.

“Hermione!”

Arrossì leggermente.

“Ron… mi dispiace di avervi fatto preoccupare, io…”

Il suo amico si allontanò leggermente da lei, mettendole le mani sulle spalle.

“Cosa è successo?”

“L’ho appena detto a Ginny, ho fatto tardi in biblioteca e poi ho avuto qualche difficoltà a tornare-”

“Lo sapevo! Perché non me l’hai detto che andavi in biblioteca? Sarei passato quando avresti finito!”

“E' che certe cose non si sanno…”

“Come non si sanno? Non sapevi che saresti andata in biblioteca?” corrugò la fronte.

“Sì, ma non avevo idea di che ora avrei finito, quindi…”

“Non importa, passerò anche cento volte e quando avrai finito ce ne andremo insieme!”

Incurvò le labbra in un sorriso, poco convinto per la verità.

“Va bene… Ti chiamerò se avrò bisogno.”

Ron annuì e lasciò la presa sulle spalle della ragazza.

“Andiamo a dormire, sarai stanca…”

“In effetti…”

“Passi troppo tempo in biblioteca, guarda a che ora ti ritiri!”

“Non cercare di dare la colpa alla biblioteca, Ron” disse sorridente.

Quella notte si sarebbe fatta una dormita come poche prima, che nessuno la disturbasse più! Nemmeno Draco! Be’… fosse stato lui a venire nella sua camera, di notte, magari…

 

 

 

Come sempre ringrazio tutti i recensori e, visto che mi sono accorta che le letture sono parecchie, chiedo a voi altri… una piccola recensione?

Non sapete quanto sia incoraggiante per un autore (be’ chi scrive lo sa) la singola recensione, il singolo parere, anche il semplice segno di vita da parte del lettore…

Ciao Ciao

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Scusate il ritardo ^^ forse questo è un capitolo un po’ più corto degli altri ma so che alla fine mi vorreste uccidere per averlo tagliato così…

Scusate il ritardo ^^ forse questo è un capitolo un po’ più corto degli altri ma so che alla fine mi vorreste uccidere per averlo tagliato così…

Buona Lettura .)

 

Cap. 9

 

La mattina dopo, alzarsi per affrontare le fatiche di una giornata di studio, fu più difficile e doloroso del solito. Le calde coperte del suo letto erano invitanti e persuasive, ma il suo senso del dovere era più forte.

Scese in Sala Grande accompagnata da Ron, che le teneva la mano. Non poteva vederlo, ma era certa che a Draco questo non facesse troppo piacere.

Già una volta erano arrivati quasi a litigare per questo. Così, non potendo dargli completamente torto, cercava di farlo ragionare.

Ron non sapeva di loro, non sapeva nemmeno che lei era fidanzata e non poteva, da un giorno all’altro, allontanarlo bruscamente da sé senza dargli delle spiegazioni plausibili. Quando poteva, comunque, evitava quel contatto. Specialmente se c’era il pericolo che Draco fosse nei paraggi.

Aveva detto tutto questo (o quasi) al suo ragazzo, ma lui non voleva proprio capire…

Ron ed Hermione erano tranquillamente seduti al tavolo dei Grifondoro e, accompagnati dalle solite chicchere su di un loro presunto fidanzamento, facevano colazione.

“Allora, che lezioni hai oggi, Hermione?” le chiese in tono vago Ron.

“Sono come le tue. Solo ho Antiche Rune, quando tu hai buca, dopo pranzo.”

“Ti accompagno io!” rispose allegro e risoluto il suo amico.

“No, no. Non ce ne bisogno, credimi. Ma grazie Ron.”

“Non se ne parla nemmeno! A me non costa niente, ho un’ora di buca, come hai detto tu.”

“Ma, Ron, davvero non c’è biso-”

“Niente storie. Ti accompagno e ti vengo anche a prendere, così poi andiamo insieme a Difesa Contro Le Arti Oscure.”

“Ah, okay. Grazie...”

Sorrise forzatamente, mentre un senso di disagio cresceva forte dentro di lei.

Si sarebbe dovuta vedere con Draco nella mezz’ora prima che iniziasse la lezione di Antiche Rune. Come glielo avrebbe detto ora?

Per tutto il resto della mattinata Ron non la lasciò mai un secondo da sola, mostrandosi più premuroso e gentile che mai.

Spesso avevano parlato della sera prima, Ron le aveva chiesto come aveva fatto a ritrovare la strada per la Torre, o a che ora aveva finito in biblioteca, e ogni volta che gli mentiva, Hermione si sentiva sempre più sporca e sempre più male.

Non voleva mentirgli, non le piaceva. Doveva sempre glissare su tutti i discordi che comprendevano le parole “Serpeverde e Malfoy” e fare sorrisi finiti, o inventarsi le storie più assurde su due piedi.

 

Stavano dirigendosi verso la Sala Grande, per il pranzo. Venivano dal giardino, ricoperto ormai dalla neve, dove Ron l’aveva portata per “rilassarsi un po’ prima di riprendere le lezioni”.

“Oh, ancora i Serpeverde! Ce li ritroviamo sempre tra i piedi, ultimamente.”

Di colpo si irrigidì, ma cercò di non farlo notare a Ron e parlò con tono indifferente.

“Quali Serpeverde?”

“Malfoy e la sua cricca, chi se no?!” rispose con tono derisorio e scocciato.

“Dove sono?”

“All’entrata principale della scuola. Tutti là, seduti o alcuni in piedi.”

Il suo cuore mancò di un battito.

“Ron!”

Si fermò, e lo fece fermare. C’era speranza che Draco non l’avesse ancora vista?

“Che c’è che non va, Hermione?”

“Possiamo cambiare strada? Magari entriamo dal retro-”

“No! E’ perché mai? Per quelli? Lasciali perdere, tu continua a comportarti come hai sempre fatto. Sei sicuramente meglio di tutti loro messi assieme! E se si permettono a dire qualcosa se la vedranno con me!”

Iniziò così a trascinarla verso la scuola. Hermione era arretrata rispetto a lui di qualche passo e aveva stretto gli occhi, come a proteggersi da quello che sarebbe successo.

Avanzavano a gran passo.

“Ron, ti prego no… Ti prego, ti prego... Cambia strada, Ron…”

Inutile dire che le sue preghiere silenziose non furono né ascoltate, né esaudite.

“Andatevene, andatevene… E’ora di pranzo che ci fate qua fuori?Draco, va via…”

“Scalino” le disse a bassa voce Ron.

Iniziò a salire i gradini cercando di mantenere un aspetto calmo e intoccabile, ma non si rese conto di aver iniziato a stringere la mano di Ron ancora più forte. Cosa che, invece, qualcun altro notò.

“Oh, la coppia dell’anno. Quale onore… Weasley, almeno del tuo matrimonio ti metterai qualcosa di più decente di quella pezza che hai indossato al Ballo del Ceppo? O forse è il massimo che puoi permetterti?”

Risate roche e maligne seguirono la voce pungente della Parkinson, e questa volta fu Ron a stringere la mano della ragazza.

“Pensa agli affari tuoi Parkinson, e al tuo di matrimonio…” disse occhieggiando verso Malfoy che era seduto sugli scalini dietro di loro e che, da poco, avevano superato.

Avevano fatto qualche altro passo in avanti, poi si fermarono.

“Spostatevi, dobbiamo passare.”
Zabini, Tiger e Goyle erano fermi davanti alla porta d’ingresso con un ghigno ironico.

Le parole del Grifondoro furono vane e mentre il ragazzo lanciava sguardi poco amichevoli, dietro di loro, si era alzato Draco Malfoy.

“Sì, lasciateli andare…”

Hermione lo sentì passare accanto a lei e si trattene a stento dal sussultare. La sua voce aveva una sfumatura dolciastra che non prometteva niente di buono.

“Avranno da fare i piccioncini, e noi di certo non vogliamo assistere…

Respirò profondamente sentendo quelle parole, come a voler trattenersi dal dire qualcosa.

 “Oh mio Dio, no! Non vogliamo vomitare!” proseguì la Parkinson con voce allarmata.

I Serpeverde risero. Non sentì la voce di Draco unirsi a quelle dei suoi compagni, ma avvertiva il suo sguardo fisso su di lei.

Ron vide, con grande sollievo, che i Serpeverde stavano liberando il passaggio. Avanzò deciso verso la porta ma Zabini, che stava in quel momento voltandosi per andar via, sembrò ripensarci e gli bloccò nuovamente la strada.

Ron sospirò esasperato e cercò di andar via passando accanto al Serpeverde, sulla destra, ma questi si spostò di lato. Allora andò a sinistra, ma di nuovo Zabini si spostò, con il solito ghigno sulla faccia, e non lo lasciò passare.

Hermione nel frattempo sentiva il suo braccio venir spostato, senza considerazione alcuna, da una parte e dall’altra.

Alla fine Ron attraversò la tanto desiderata porta e, andando via, diede anche una leggera spallata al Serpeverde.

“Idioti” disse a mezza voce, andandosene.

“Attento a quello che fai, Weasley.”

La voce di Draco questa volta era davvero minacciosa, ed Hermione fu attraversata da un brivido. Di sicuro, anche se Ron non poteva saperlo, Draco Malfoy non alludeva solo a quel insulto pronunciato impudentemente a mezza voce.

 “Non mi stancherò mai di ripeterlo, Malfoy. La tua minacce, sono solo parole vane!”

Ron si voltò verso Malfoy.

“Sbagliando si impara…. Imparerai anche tu.”

Gli lanciò un ultimo sguardo detestabile e poi andò via, portando con sé Hermione in Sala Grande.

La ragazza non parlò per il resto della cena, ripensava a quello che era successo, alle parole di Draco.

Era in quei momenti, quando il “vecchio” Draco Malfoy veniva fuori, che la sua sicurezza su quello che stava facendo vacillava, facendola riflettere.

 

Draco, dopo un pranzo molto veloce, era tornato nel parco.

Quel Weasley era davvero una presenza scomoda che volentieri avrebbe fatto sparire, proprio come era successo a Potter.

Era appoggiato ad un albero, e ogni tanto sfregava le mani per il freddo.

Non era riuscito a parlare neanche una volta con Hermione, in tutta quella mattina, e questo perché la Donnola le era sempre appiccicata. Sempre con quelle mani unite!

Ora, aveva il brutto presentimento che non si sarebbe presentata al loro appuntamento. Sarebbe dovuta venire là fuori, proprio sul portone dove erano prima. Poi in qualche modo, senza farsi vedere da nessuno, si sarebbero appartati.

Non era la prima volta che lo facevano.

Immerso nei suoi pensieri aspettò fuori per diverso tempo, e vide i suoi sospetti diventare realtà. Guardò distrattamente verso il cielo, sospirando impazientemente, e fermò lo sguardo sul grande orologio di Hogwarts. Sgranò gli occhi e si mise a correre vero l’aula di Difesa, era in netto ritardo e non se lo poteva permettere.

Arrivato davanti alla porta chiusa, riprese fiato e poi bussò. E’strano come le cose accadono, ma solo in quel momento pensò che avrebbe potuto saltare la lezione ed evitare così quello che sarebbe successo. Ma ormai, era troppo tardi.

“Avanti.”

Andare via? No, non poteva.

Aprì la porta ed entrò nella classe, sempre molto indifferente a tutto quello che accadeva in torno a lui e per nulla mortificato per il suo ritardo.

Vide lo sguardo della Waag, appena posatosi su di lui, cambiare.

“Buongiorno, professoressa. Scusate il ritardo.”

Restò davanti alla porta, aspettando il permesso di potersi sedere.

La Waag lo scrutava dall’alto al basso e nel frattempo la classe taceva.

Quella “sottile” ostilità che c’era tra i due, non era passata inosservata a nessuno.

Gli fece cenno con il viso di andare al suo posto e così fece. L’unico posto libero era quello accanto a Nott, dietro Pansy e Blaise.

La professoressa era in piedi davanti alla cattedra, con il libro aperto tra le mani. Con la coda dell’occhio, mentre trafficava nella sua borsa, Draco la vide guardarlo.

Perché era quasi certo che la cosa non fosse finita lì?

“Signor Malfoy…”

Perché aveva ragione, evidentemente.

Sollevò il capo dai suoi libri, appena posati sul banco, e la guardò.

“La prossima volta, la pregerei di arrivare in tempo per le lezioni. Questo vale per tutti, ovviamente.”

E guardò verso qualche Grifondoro, probabilmente arrivato poco prima di lui.

“Dieci minuti di ritardo non possono essere tollerati…”

Erano sette. Amava la precisione, ma si astenne dal correggerla.

Ed ecco che i Grifondoro sorridevano sotto i baffi.

Stava per succedere.

“Quindi, dieci punti in meno a Serpeverde.”

Draco restava immobile, senza accennare ad alcuna espressione rammaricata o pentita. Intanto occhiate di puro odio partivano dai banchi Serpeverde, diretti alla professoressa. Mentre, sotto i banchi Grifondoro, si chiudevano pugni di vittoria.

“Ho già ritirato a tutti le pergamene che avevo chiesto di fare, hai fatto la tua?”

“Certo.”

“Bene, a fine lezione me la lascerai sulla scrivania. Ora, continuiamo la lezione. Stavamo appunto parlando di tutti quelli incantesimi che, per essere eseguiti, necessitano della conoscenza base della Magia Oscura…”

Draco smise di ascoltare la lezione quasi subito e lanciò uno sguardo vero i banchi dei Grifondoro.

Individuò subito quello che cercava. Hermione Granger, una Penna Prendi Appunti che scriveva frenetica davanti a lei, e Ronald Weasley, seduti assieme.

Si voltò dall’altra parte con un movimento appena stizzito e prese a guardare le pagine del libro, distrattamente.

Hermione si sforzava di stare attenta alla lezione, anche se la Penna Prendi Appunti stava già facendo il suo dovere, ma non ci riusciva. Si muoveva in continuazione sulla sedia e, di tanto in tanto, sbuffava.

Quella situazione stava diventando pesante.

Solo la sera avrebbe rivisto Draco, per via della pozione, ma, sinceramente, aveva paura di non riuscire neanche ad allontanarsi dai dormitori, con Ron che si era messo in testa di farle da balia permanente!

In oltre, il suo amico iniziava a comportarsi in maniera strana.

Durante la mattinata, più volte, Ron le aveva parlato a proposito di quella sera, della Sala Comune. Ma non aveva capito niente delle sue parole farfugliate, in realtà.

“Che c’è, Hermione?”

Ron si avvicinò al suo viso sussurrandole quelle parole, ma lo fece pericolosamente troppo.

La ragazza si ritrasse appena, sorridendo in tensione. Forse era stato solo un caso, intanto, sperava che Draco stesse seguendo attentamente la lezione e non li stesse guardando.

“No, niente Ron. E che non mi sono ancora abituata a stare ferma e a non prendere appunti, personalmente…”

Il ragazzo si allontanò, tornando dritto sulla schiena e sorridendo.

“Capisco.”

Il resto della lezione e della giornata proseguì regolarmente, se non per gli sbalzi di umore di Ron che a momenti balbettava e, a momenti, la prendeva per mano e le si avvicinava in maniera molto confidenziale.  

Qualcosa non quadrava. Decisamente no.

Ron non stava male fisicamente, e questo lo  aveva chiesto anche a Ginny (che, tra l’altro, se ne era andata intonando una risata cristallina), né poteva esserci un’altra spiegazione plausibile al suo comportamento bizzarro.

Davvero non capiva.

Tuttavia, Hermione aveva già un altro problema da risolvere e un’altra discussione, con un altro testardo, da affrontare. A Ron, e al suo strano comportamento, ci avrebbe pensato l’indomani.

Era seduta in Sala Comune, aveva già finito tutti i compiti, e di tanto in tanto indagava sull’orario.

L’appuntamento con Draco era alle undici e mezza e, benché sapesse che mancava ancora molto, prese dalla tasca della divisa il suo mini orologio da taschino. Lo aprì con disinvoltura e una voce femminile, professionale e fredda, le disse che in quel preciso istante la lancetta delle ore segnava le ventuno, la lancetta dei minuti le diciannove, e la lancetta dei secondi le quindici.

Sospirò e, richiudendo l’orologio, si lasciò sprofondare tra i cuscini del divanetto della Sala Comune.

“Perché guardi l’orario in continuazione?” le chiese una voce in maniera molto disinvolta e superficiale, anche un tantino divertita.

Si rizzò subito a sedere. Era sicura di essere sola!

“Ron?! Che ci fai qui?”

“Finisco i compiti di Erbologia.

Ma secondo la Sprite, davvero a noi può interessare la profondità delle radici del Coccoallegro?!”

“Da quant’è che sei qui? Non ti ho sentito arrivare.”

“Da un po’, sono stato abbastanza silenzioso. Herm… tu hai finito vero…?”

“No, niente da fare Ron. Finisci i tuoi compiti perché non ti farò copiare nulla.”

Si appoggiò nuovamente ai cuscini, sentendo lo sbuffo di Ron e immaginando il suo viso sicuramente imbronciato.

Passarono pochi secondi, quando sentì il tonfo del libro che veniva chiuso e un cuscino abbassarsi accanto a lei.

Alzò un sopracciglio.

“Hai già finito?”

“No.”

“E allora perché hai chiuso il libro?”

“L-lascia perdere il libro, ora…”

Lo sentì schiarirsi la gola. Ecco che ricominciava…

Stava per replicare ma le mani di Ron, che improvvisamente si posarono sulle sue le sue, la bloccarono.

“Ron…?”

“Senti Hermione… io devo… devo… dirti una cosa!”

Si sedette in maniera rigida e composta e si voltò verso di lui. Le sue mani sudavano e incespicava nelle parole, stargli accanto era come stare accanto ad una stufa.

“Che c’è che non va, Ron? Oggi ti sei comportato in maniera strana e…”

“Sì, infatti! E’… è proprio di questo che ti devo parlare!”

“Okay, e cosa…”

“Io, Hermione, insomma… dopo quello che è successo ieri, quando ti credevamo sparita… Io, be’, io ho davvero avuto paura…”

“Ron, davvero, non-”

“No, aspetta. Lasciami finire!”

Era incredibile la sicurezza che aveva dimostrato in quelle parole. Sbattè più volte le palpebre e restò ad ascoltarlo.

“Voglio dirti che, dopo tutto quello successo con Harry, se… se dovessi perdere anche te io non…”

“Lo so. Anch’io Ron, se succedesse qualcosa a te e dovessi restare sola, non resisterei…”

“Già… e quindi, io…”

Stava annuendo senza neanche accorgersene, ora aveva capito cosa avesse il suo amico. Le veniva da sorridere.

Ron, per quanto facesse lo spaccone con i più piccoli, e non, era un concentrato di tenerezza e affetto.

“Io Hermione… volevo dirti che credo di essermi innamorato…”

Ron sorrise e si avvicinò alla ragazza, intanto Hermione cercava di dare un senso alle sue ultime parole. Non credeva di aver sentito bene, ma si accorse di sbagliare quando sentì le labbra del ragazzo sulle sue.

E rivisse, così, una sensazione non nuova…

 

 

Dunque… avevo ragione? (vedi nota iniziale XD)

Noto con piacere che i solleciti per le recensioni sono serviti, grazie grazie grazie!!!!! Continuate così, mi avete resa felicissima J

Vi devo rassicurare sul fatto che non diventerà una Ron/Hermione, sempre e per sempre D/H! J

Mi rendo conto che questo capitolo potrebbe aver fatto aumentare i vostri dubbi ma rasserenatevi…

Alla prossima ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Cap

Cap. 10

 

 

“Siamo arrivati.”

Sentì la porta che veniva aperta e i passi di Draco addentrarsi nella stanza. Da quando si erano incontrati, di fronte alla biblioteca come al  solito, non si erano rivolti parola.

Draco si limitava a dirle dove andare molto freddamente e lei seguiva semplicemente le sue indicazioni.

Hermione era ancora frastornata, ancora troppo persa nei suoi problemi.

Sentì il ragazzo iniziare a mescolare la pozione e si avvicinò anche al tavolo. Chiuse gli occhi, abbassando leggermente il capo, ma poi alzò il mento risoluta.

“Draco, per oggi…”

“Shhh! Mi distrai, sto lavorando.”

Continuò imperterrita.

“Non puoi comportarti in questa maniera! Nessuno sa di noi e non puoi pretendere che io mandi al diavolo Ron così!”

“E devi starci per forza appiccicata tutto il tempo?!”

“E’ lui che oggi mi ha seguita ovunque!”

“Ho visto. Ma, ovviamente, tu non sei dotata di parola per chiedergli di andarsene. In realtà, non mi sembrava ti stesse dando tanto fastidio.”

“E cosa avrei dovuto dirgli, secondo te?” anche lei iniziava ad inalberarsi, non poteva credere di aver sempre e solo ragione lui!

“Non mi sembra che le parole ti manchino, quando ne hai bisogno…”

“O neanche a te, quella battutina oggi te la potevi proprio risparmiare.”

“E perché? In fondo chi mi dice che non sia così? Chi mi dice che quello che è sulle bocche di tutti, a scuola, non sia vero?”

Per un attimo rimase spiazzata, che Draco sapesse?

Una paura angosciosa la invase, ma subito si tranquillizzò, ripetendosi che era impossibile. Nessuno aveva visto e, anche se così non fosse, la voce di certo non sarebbe arrivata sino ai Serpeverde… Non così velocemente.

“Ma che stai dicendo!” rispose con fervore.

“Lo stesso discorso vale per te, allora. A scuola tutti dicono che tu e la Parkinson state insieme, chi mi dice che non sia vero?”

“E’ diverso” sbottò Draco, continuando a girare la pozione.

“Io e Pansy siamo davvero stati insieme, ecco perché la gente parla.”

Si rabbuiò molto a quelle parole “io e Pansy”? Loro, insieme?

“Io non lo sapevo…” disse senza colore.

“Be’ ora lo sai.”

“E questo è anche peggio!” strillò ad un tratto.

“Cosa?!” rispose infastidito.

“Che siete stati insieme, come cosa!” incrociò le braccia e voltò il viso in tutt’altra direzione.

“E’ storia vecchia ormai. Quindi, se permetti, è molto peggio Weasley che ti sbava dietro che una ex!”

“Mai sentito parlare del ritorno di fiamma?”

Alzò gli occhi al cielo esasperato.

“Non è possibile, perché io l’ho lasciata. Io, chiaro?! E comunque stavamo parlando di te!”

“Tu non ti fidi!”

Draco guardò la pozione. Proprio come dicevano le istruzioni, ecco che il liquido trasparente iniziava a salire in superficie.

“E faccio male?”

Era ora. Prese un’ampollina di vetro e si apprestò a raccogliere la sostanza incolore dal calderone.

“Certo! La fiducia è una parte essenziale per il rapporto tra due persone… come anche la sincerità! Che fai?” corrugò la fronte sentendo il rumore di boccette e non avvertendo più, invece, il rumore della pozione che veniva mescolata.

“Niente… Erano cadute delle boccette” rispose con tono impaziente, infilando in tasca l’ampolla piena.

“Io sono stato sincero.”

“Come il fatto di avermi nascosto della Parkinson?”

“Io non ti ho nascosto proprio un bel niente! Come vedi quando c’è stata l’occasione te ne ho parlato, non è importante e poi… Si può sapere perché svii sempre il discorso su di me?!”

La ragazza cosse le spalle altezzosamente.

“Capita.”
“Oggi Weasley mi ha dato parecchio fastidio, più del solito.”

“Ti devo dire infatti, che…”

Prese tempo schiarendosi la gola.

“Che Ron oggi si è comportato in maniera strana e…”

Draco la vide iniziare a contorcersi le mani, inoltre le sue guance stavano prendendo un insolito color rosso. Si fermò quindi a guardarla, con un sopracciglio alzato.

“Sta sera… lui si è… si è dichiarato” disse terminando la frase diplomaticamente e smettendo subito di giocare con le proprie mani.

Prese un lungo respiro aspettando la reazione del suo ragazzo, che però non arrivò.

“Allora? Non dici niente…?”

“No. Non ci casco un’altra volta.”

Hermione si ricordò dell’altra sera e sbiancò. Era già difficile dirlo una volta, ma addirittura ripeterlo per cercare di convincerlo!

“No, Draco…”

“Certo che potevi inventarti qualcosa di meglio, no? Weasley che si dichiara! Vorrei esserci in quel momento, per scattargli una foto e fargli vedere quanto è patetico…”

Draco ridacchiava malignamente, mentre lei sentiva la rabbia crescerle dentro.

“Già lo vedo, un tutt’uno con i suoi capelli!”

Ora rideva di gran gusto e lei sbattè una mano sul tavolo.

 “Almeno lui ha il coraggio di farlo, pur diventando rosso. Non come qualcun altro…”

Draco smise subito di ridere. L’allusione al suo modo di fare era più che chiara, ma la ignorò.

Ora, nella sua voce, non vi era più traccia del divertimento per il quale prima aveva riso.

“Vuoi dire che l’ha fatto davvero? Quel pezzente della peggior specie, quel…”
“Non ti permettere di parlare così di Ron!”

“Oh certo, certo… sono addolorato. Pensavo bene, quindi, all’inizio dell’anno. Da quando Potter si è tolto dai piedi, finalmente aggiungerei…”

“Lascia stare Harry! Non hai il diritto di parlarne, specialmente per dire la stupidaggine che hai in mente! Non sai nemmeno quanto ha sofferto Ron per la sua scomparsa…” la sua voce divenne più debole, schiacciata dal dolore. Ma se si aspettava comprensione, davvero si sbagliava.

“Avrebbero potuto schiattare tutti e due. Avrebbero solo fatto un favore al resto del mond- Ehi! Ferma Hermione!”

In preda all’ira si era lanciata su di lui. Non sapeva bene cosa volesse fare, ma quelle parole, quella malignità, erano cose che non poteva sopportare.

Draco le stringeva un polso, cercando di allontanarla. Mentre lei teneva chiusa l’altra mano sulla sua divisa, all’altezza del collo e cercava di spingerlo, o di buttarlo a terra. Tutto pur di scaricare la sua rabbia e di procurargli del male, in qualche modo.

In quelle azioni veloci e maldestre, urtò con il fianco qualcosa di pesante e caldo.

Il fragrante rumore del metallo che urtava il suolo, e quello inconfondibile  di un liquido che veniva versato, invasero la stanza.

Draco allentò la presa, gridando un “no” che sapeva di disperazione, e caddero a terra.

“Stupida! Guarda cosa hai fatto?! La pozione…”

Il Serpeverde si alzò, scostandola, e lei rimase a terra come pietrificata.

Lo sentì imprecare a bassa voce e armeggiare tra la pozione versata e il calderone ormai, sicuramente, ammaccato.

Si alzò velocemente e si precipitò verso la porta. Per sua fortuna ci arrivò senza problemi, Draco non la provò a fermare ed era meglio così. Sentiva prepotenti la crime di amarezza, confusione e nervosismo, premere per uscire dai suoi occhi.

 

Era rimasto per oltre mezz’ora a cercare di riparare al danno combinato da Hermione, ma poteva almeno dire che i suoi sforzi non erano stati vani. Per fortuna una parte della pozione era rimasta nel calderone e, sebbene non fosse tutta, forse sarebbe bastata.

Il preparato però, in quei pochi secondi, aveva perso il calore del fuoco e questo non sarebbe dovuto accadere…

 Niente traumi, o cambiamenti di alcun genere, quando si preparavano composti come quello. Era una fortuna che non fosse saltato tutto in aria.

Il calderone malridotto era di nuovo sul fuoco e, grazie a qualche aiuto fornito dai consigli di Piton, che rare volte ascoltava,per la verità, era riuscito a non far perdere al liquido denso la tonalità perlacea così faticosamente ottenuta.

Sospirò. Era tutto sporco e neanche l’odore era dei migliori.

Tutto per la sua pozione, e lei aveva pensato bene di andarsene!

Draco era arrabbiato, ma il suo sguardo cambiò per qualche secondo.

Forse aveva esagerato, sapeva quanto quei tre fossero legati… quasi come un cordone ombelicale. E non poteva negare che la cosa, più volte, l’aveva infastidito.

Però, a pensarci bene, Weasley si era dichiarato alla sua ragazza, no? Quindi aveva le sue buone ragioni per arrabbiarsi.

Uscì dalla stanza e si diresse, con passi furenti, verso la Sala Comune dei Serpeverde.

Passando per le scale guardò in alto. Chissà se era riuscita a tornare alla Torre senza problemi …

Be’, in fondo, se l’avessero presa e le avessero tolto qualche punto, non poteva che essere una buona notizia per i Serpeverde… e quindi anche per lui! Certo!

 

 

Era uscita dai sotterranei, ma aveva ormai perso il senso dell’orientamento. Hermione Granger si era rannicchiata al suolo e, in silenzio, aveva pianto.

Non seppe quanto tempo passò ma, proprio quando il suo copro veniva scosso da un altro singhiozzo, una tocco delicato sulla sua spalla la sorprese e le fece alzare di scatto la testa.

“Chi è?” chiese con voce stridula.

“Herm…”

“Ginny? Cosa ci fai tu qui?”

Si asciugò velocemente gli occhi e si rimise in ginocchio.

“Piuttosto dovresti dirmi che ci fai tu qui e, soprattutto, cosa ci facevi nei sotterranei…”

Hermione deglutì.

“Da quanto… sei qui?”

“Da un po’… Ti stavo cercando.”

“Hai… hai detto anche agli altri?” chiese in tono preoccupato.

Ginevra Weasley scosse la testa.

“No. Sono venuta nella tua camera e, come mi aspettavo, non c’eri… Ma non ti preoccupare, tutti dormono.”

“Aspetta, come come mi aspettavo?”

La rossa annuì lentamente e rilassò le spalle contro la parete, sedendosi completamente a terra.

“Sai, è da un po’ di tempo che ti osservo. E’ notevole come tu sia riuscita a ingannarci tutti e a organizzare i tuoi impegni con tanta destrezza, di nascosto da noi, anche se sei cieca.”

“Tu mi hai spiata?”

“No. Ti ho solo osservata, osservata mentre facevi colazione, mentre stavi con Ron, mentre facevi i compiti, mentre eri in Sala Comune e controllavi frequentemente l’orologio, mentre scambiavi messaggi con Malfoy…”

Hermione sentì un brivido salirle lungo la schiena.

“Non sono riuscita a capire cosa stia succedendo, ma tu sei strana. In qualche modo, diversa. Cosa vuole Malfoy da te, Hermione? Ti sta ricattando o… non so! Ti insulta, ti…”

“No Ginny! Non è niente di tutto questo.”

“E allora cosa? Cosa vuole da te? Io giuro che se lo prendo una fattura Orcovolante è la prima cosa che gli faccio, ma sai è un Prefetto! Ed è sempre in giro con quegli altri idioti Serpeverde!”

“Ginny… Non avrai detto nulla a Ron, vero?” chiese allarmata.

“No, sta tranquilla. Conoscendo mio fratello sarebbe partito subito all’attacco combinando un disastro.”

“Mi raccomando, non devi assolutamente far parola a nessuno di quello che hai visto… ma tu, cosa hai visto precisamente?”

“Mhhh… sono riuscita ad intercettare, in questi mesi, un solo vostro scambio di bigliettini. E se ne stava per accorgere anche Piton!”

“Cosa?!”

“Già ma Malfoy è stato bravo a distrarlo, per permetterti di fare l’incantesimo per la scrittura Braille e di leggere il biglietto. Poi, vediamo… ho notato che ti informi più del solito su cosa succede al tavolo dei Serpeverde, e che non insulti più Malfoy come un tempo. Inoltre ignori sempre gli argomenti che in qualche modo lo coinvolgono. Già e poi, anche lui, non ti insulta più! Be’ non che non lo faccia proprio ma, per esempio, sono secoli che non ti chiama sporca mezzosangue…Ah! E poi… dopo aver letto il biglietto… hai sorriso.”

Rimase zitta per alcuni secondi, deglutì e poi parlò timidamente.

“E quindi… cosa pensi…?”

“Cosa penso che stia accadendo? Non lo so! Cioè, c’è solo una spiegazione che potrebbe chiarire i vostri comportamenti, ma… Davvero, non riesco a capacitarmi di certe cose che ho visto. Eppure, qualcosa mi dice che non ho visto ancora niente, o mi sbaglio?”

Sorrise abbassando gli occhi, sperava che Ginny capisse.

“No, non sbagli…”

“Tu e Malfoy, eh? Assurdo, davvero assurdo…” quasi rise pronunciando quelle parole, reclinando la testa all’in su.

 

 

La notte precedente era stata una tra le più lunghe della sua vita. Dopo il litigio con Draco, aveva parlato per oltre due ore assieme Ginny.

Hermione si sentiva più leggera, dividere quel segreto con qualcuno era stato ciò che aveva desiderato di più.

Inconsciamente, si capisce.

La sua amica era rimasta a dir poco sbalordita quando aveva avuto  conferma alla sua assurda teoria e, come aveva previsto, non l’aveva presa tanto bene ma le aveva promesso di tacere, e questa era la cosa più importante.

Le aveva parlato anche di Ron, aveva bisogno di qualcuno con cui confidarsi. Le aveva detto del bacio, della dichiarazione, e della reazione del ragazzo al suo rifiuto.

“… Scusa. Hai ragione… io, io ci tenevo solo a farti sapere… ma… no. Lo so, questo non è il momento. Per te tutto è già complicato, e poi la scomparsa di Harry… no! Non possiamo, scusa Herm… Buonanotte.”

Dicendo queste parole come una macchinetta inarrestabile, e scocchiandole un bacio sulla fronte, Ron se ne era salito di corsa su per i dormitori maschili.

Ginny alla fine del racconto si era messa a ridere e l’aveva fatto ancora di più quando le aveva detto che Draco si era ingelosito. La sua risata era diventata però nervosa, in quel momento, tanto che aveva temuto in una sua reazione inconsulta.

Parlando di tutto quello, non aveva potuto escludere il racconto del suo primo bacio con Ron. Quello avvenuto durante l’estate, quando lei era ancora in ospedale.

Anche quella volta, molto imbarazzati, avevano concordato di lasciare le cose così come erano, più o meno per le stesse ragioni. Ma quella volta, ad Hermione era piaciuto, l’aveva voluto…

 Il bacio di quella sera, invece, l’aveva solamente fatta sentire in colpa. In colpa nei confronti di Draco e in colpa nei confronti di Ron, che sapeva di star solo illudendo.

Aveva quindi rivissuto quella litigata terribile, e pensò che se Draco aveva reagito così per una dichiarazione, cosa avrebbe fatto se avesse saputo del bacio, dei baci?!

Così, parlando e sfogandosi, confidando all’amica di aver rovesciato la pozione della sua salvezza e di essere uscita correndo dalla stanza, aveva chiuso gli occhi solo alle cinque e mezza del mattino. E i risultati si vedevano…

Hermione Granger, con due vistosissime e scure borse sotto gli occhi, aveva fatto il suo ingresso in Sala Grande con qualche minuto di ritardo più del solito.

Portarsi dietro i libri di Pozioni, Difesa ed Antiche Rune, non era mai stato tanto faticoso. Fece colazione molto lentamente, con un occhio chiuso ed uno aperto.

Delle centinaia di parole che le venivano dette, solo poche e senza senso arrivavano al suo cervello.

Prima ora: Antiche Rune.

Si concentrava solo su queste quattro parole, di più proprio non riusciva a fare.

Nelle ore che seguirono, Hermione, gradatamente, si svegliò del tutto. Scambiò qualche parola con Ginny, anche lei insonnolita, che faceva però finta di non saperne nulla di tutta la storia “Malfoy è il mio ragazzo”.

Tornò in Sala Grande per il pranzo, ma mangiò poco. Non aveva fame.

Il suo pranzo era stato caratterizzato da lunghi e pesanti sospiri. Tra meno di mezz’ora si sarebbe dovuta appostare vicino ai bagni femminili in disuso del secondo piano, lì lui l’avrebbe raggiunta e sarebbero andati a curare la pozione. Pozione che non c’era più, per colpa sua…

Che ne sarebbe stato di loro, adesso? Come si sarebbe comportato Draco? L’avrebbe più cercata? E quello che lei doveva fare per lui?

Tante domande l’assalivano ma, purtroppo, non ad una di loro sapeva dar risposta.

 

 

 

Per Carillon: Dunque, dunque… non ricordo esattamente in quale capitolo (ma comunque in uno dei primissimi… forse anche proprio il primo) spiego appunto come Hermione prenderà appunti e leggerà questi durante il suo anno scolastico ad Hogwarts. Comunque avrai già trovato la  risposta leggendo questo cap.  (mano a farlo apposta) ;)

 

Per il resto, ringrazio come sempre chi mi recensisce… e quindi: un grazie grande quanto il mondo a white_tifa, ashara, potterina 7, carillon, samy, chiaras e little lady butterfly ;D

A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Come al solito… grazie e buona lettura

Come al solito… grazie e buona lettura!   AH! Oggi c’è qualcosa di più… BUON NATALE!!!!!!!!!!! ;) ^_^

 

Cap. 11

 

“Dai Hermione, altrimenti facciamo tardi alla partita!”

“Arrivo, Lavanda.”

Si avvolse la sciarpa rosso e oro attorno al collo e uscì dalla camera. Quel giorno si giocava la partita decisiva: Grifondoro contro Serpeverde.

Anche Draco gliene aveva parlato. Sempre più convinto a battere la sua Casa, ovviamente.

Quella era la prima, ed anche unica, partita dell’anno a cui avrebbe assistito. Non poteva vedere, quindi di sarebbe affidata completamente alle parole del cronista .

I suoi compagni erano tutti in fermento, la squadra era in subbuglio e Ginny, come Ron, era tesissima ma carica. Ovviamente la sua amica non aveva fatto a meno di sottolineare il fatto che avrebbe battuto il suo ragazzo (strano ma vero aveva pronunciato proprio quelle parole), le aveva detto che sarebbe dovuta andare a leccargli le ferite… Ma Ginny non sapeva che era da due giorni che non si parlavano…

Non si era presentata all’appuntamento fissato per la manutenzione della pozione e, d’altronde, cosa doveva andare a fare? La pozione era andata persa e poi, di certo non aveva scordato le parole di Draco.

Se solo ci pensava veniva assalita dalla rabbia, e quando la sua assenza diventava soffocante, le bastava ricordare per scacciare l’indomabile desiderio di averlo in quel momento al suo fianco.

 

 La Sala Comune era un miscuglio di voci, rumori e musica. E già, perché per la grande felicità della sua Casa, Grifondoro aveva vinto.

Hermione si era complimentata con la squadra, ma un pensiero più che speciale era stato riservato ad un avversario. Al Cercatore avversario.

Chissà cosa stava facendo in quel momento, come stava…

Pensò che sicuramente era incollerito e furente. Magari ci stava pensando Pansy Parkinson a rilassarlo…

Scosse subito la testa a quel pensiero e serrò la mano attorno alla Burrobirra che stava bevendo. Quella era una tre le sue più grandi paure.

In fondo, quale momento migliore? La loro Casa aveva perso, Draco era solo e la Parkinson era la sua ex.

L’ho lasciata io”.

Si morse il labbro inferiore muovendosi nervosamente sul divano e, qualche secondo più tardi, un peso alla sua destra fece abbassare il cuscino rosso.

“Ehilà! Allora, che c’è che non va? Forza Hermione, abbiamo vinto! Sembra che tu stia ad un funerale piuttosto che ad una festa!”

“Oh Ginny…”

“Vediamo, è per chi so io?!” disse rassegnata e spazientita.

“Dovevi vedere la sua faccia quando ho afferrato il Boccino” continuò Ginny con eccitazione mista ad una grande e palpabile soddisfazione “per un soffio, devo ammetterlo, ma ce l’ho fatta! Devi dire a Malfoy che mi dispiace davvero tanto e-”

“Ginny…” la interruppe l’amica con tono disperato.

“Cos’hai che non va? non ti senti bene?”

Hermione scosse la testa e appoggiò la Burrobirra sul tavolino davanti a loro.

“No. Io ho paura che… Insomma, non ci parliamo più da quando abbiamo litigato, poi c’è la Parkinson e adesso hanno perso e-”

“Aspetta, aspetta. Non sto capendo niente, che c’entra la Parkinson con il fatto che hanno perso e con voi che non vi parlate più?”

Sospirò pesantemente.

“Be’ noi abbiamo litigato, loro hanno perso e… e lei è la sua ex.”

“Ah… ho capito, hai paura che ti tradisca” disse senza ironia, in maniera comprensiva.

Hermione annuì piano.

“Non hai tutti i torti, i ragazzi sono inaffidabili! Ma in genere si parla di fiducia di coppia.”

Detto questo Ginny se ne andò. Era evidente che alla sua amica non piaceva quel discorso, però le sue parole l’avevano fatto riflettere.

Lei non aveva fiducia in lui. Aveva subito pensato che la stesse tradendo, era arrivata quasi a crederci come se l’avesse visto con i propri occhi.

Ammonì sé stessa mentalmente, lei doveva avere fiducia in lui.

Era una prova tutto quello che stava succedendo ed Hermione doveva superarla.

Stanca ma ferma in questa convinzione decise di andare a letto, ne aveva abbastanza di festeggiamenti per quella giornata.

Si alzò dal divano, cercò il muro e si avviò verso le scale dei dormitori femminili. In genere non aveva problemi a camminare per la Sala Comune, ma quando c’è una festa la gente tende a diventare sbadata e sconsiderata.

Ben tre ragazzi, di cui non conosceva l’identità, le erano finiti addosso, scusandosi e dicendo di non averla vista. Era poi inciampata in una poltroncina fuori posto, e aveva anche pestato la coda ad un gatto che, graffiandola alla caviglia, era saettato via… presumibilmente.

Ron le venne in contro e, quasi ridendo, l’accompagnò sana e salva alle scale.

“Grazie Ron.”

Salì le scale e richiuse la porta dei dormitori alle sua spalle. Si stese sul letto a pancia in giù, la testa nascosta tra le braccia.

Oltre alla sofferenza per la situazione con Draco, il sapere di non poter più riacquistare la vista la tormentava e l’avviliva. Non poteva nasconderlo, aveva pianto anche per questo.

Certo, la pozione sarebbe potuta essere preparata un’altra volta, ma non c’era più tempo.

Si addormentò così, tra le ciglia perle argentate e sulle labbra una piega amara.

 

“Perché non sei venuta? Troppo impegnata con Weasley?” parlò a mezza voce, mentre le teneva puntata la bacchetta contro.

Hermione sospirò spazientita, cercava con tutte le sue forze di concentrarsi, stringendo la bacchetta tra le mani all’altezza del petto.

“Via!”

Expelliarmus!”

Draco lanciò l’incantesimo di disarmo contro la Grifondoro che prontamente innalzò lo scudo protettivo. Fece qualche passo all’indietro, barcollando per il potente controincantesimo, ma rimase in piedi. 

“Bene, ora invertiamo i ruoli.”

La Waag passeggiava tra le file di studenti posizionati uno di fronte all’altro nell’aula di Difesa che, per l’occasione, era stata svuotata dai suoi banchi.

Al via della professoressa Hermione gli lanciò contro l’Expelliarmus, e Draco riuscì a proteggersi con uno scudo innalzato tramite l’incantesimo non verbale.  

“Bene, vedo che per quanto riguarda il sortilegio Protego (non verbale) è tutto a posto… Oggi studieremo altri incantesimi non verbali,  ma più potenti. Spostatevi dal centro dell’aula, per favore, così potremmo far riapparire i vostri banchi” proseguì la professoressa.

Draco non smise di fissare Hermione neppure per un secondo, e lei poteva sentire il suo sguardo. Era stata muta, e solo mentre si avviavano verso i lati della stanza si decise a rispondere.

“Non dire scemenze. Io non son venuta, ma tu non mi hai cercata.”

“Noi avevamo un appuntamento che non hai rispettato, non dare la colpa a me. Se non vuoi più vedermi almeno rispetta il patto, la pozione ha bisogno di essere curata con la massima precisione, e lo sai. Dopo pranzo, ai bagni del secondo piano. Se hai cambiato idea fammelo sapere, però” parlò velocemente, a bassa voce, guardando sempre avanti. Poi si allontanò da lei, dirigendosi verso i suoi compagni Serpeverde.

Hermione rimase spiazzata, la pozione? Esisteva ancora una pozione?

Lo cercò istintivamente con la mano, ma già non era più accanto a lei, e fu meglio così. Un gesto del genere avrebbe attirato troppo l’attenzione.

Il resto della lezione di Difesa proseguì come al solito e, ad ogni minuto che passava, Hermione si sentiva sempre meglio, sempre più leggera.

Iniziava a realizzare che, forse, non era tutto perduto.

Suonata la campanella gli studenti si alzarono e, raccolte le proprie cose, si apprestarono ad uscire dall’aula. Ron ed Hermione rimasero indietro, sotto consiglio del ragazzo, per evitare gli “ingorghi”, ma non erano gli unici…

Ron la prese per mano e si diressero verso la porta, qui una voce squillante li accolse sgradevolmente.

“Prima noi. La plebaglia va per ultima… sempre” sentenziò la Parkinson malignamente.

Dai mormorii e dalle risatine, poteva immaginare che a non più di due metri da lei ci fosse l’intero gruppo odiato Serpeverde, e quindi, anche Draco.

Ron rimase immobile al suo posto, sicuramente scuro in viso. Hermione sentì il rumore di numerosi passi allontanarsi, respirava quell’aria di arroganza infinita e assottigliò gli occhi.

Come faceva ad esistere gente del genere? E soprattutto, come era possibile che il suo ragazzo fosse un di loro?

Eppure, quando erano solo loro due, era diverso.

Più “normale” si direbbe. Più umano. Più squisitamente ingenuo quando li poneva quelle domande che la facevano sorridere..

 

“Così l’hai salvata…” sussurrò, appoggiando le mani sul tavolo in legno.

“Grazie” concluse Hermione, schiarendo poi la voce e riportandosi un ricciolo castano dietro l’orecchio.

“Fosse stato per te, sarebbe finita tutta nelle fognature. Non ne è rimasta molta, ma dovrebbe bastare.”

Annuì piano e sospirò.

“Però non c’è bisogno che me lo ricordi così premurosamente, io… io ero sconvolta. Erano successe tante cose  e poi, se proprio dobbiamo dirla tutta, dì la verità… che sei riuscito a non perderla grazie ai consigli che ti ho dato io in tutti questi giorni!”

Draco alzò un sopracciglio e si voltò verso di lei.

“E’ tutto merito di Piton, non montarti la testa. Quando parli nemmeno ti ascolto.”

Hermione assottigliò le labbra e non rispose, decise di usare il silenzio come arma.

Quando Draco finì di aggiungere l’ultimo ingrediente si mise a fissare la Grifondoro, non volendole annunciare che ora poteva andare.

Si avvicinò di qualche passo a lei, voleva sapere… ma non riusciva a chiederglielo.

Si passò una mano tra i capelli e si inumidì le labbra.

“Weasley ha… cioè, cos’è che ha fatto?” disse in tono schifato e scettico.

Hermione, abbraccia conserte, corrugò la fronte.

“Che vuoi dire? Parla bene.”

“E tu cambia tono.”

Alzò gli occhi al cielo esasperata, nascondendo però la sua felicità, unita al senso di vittoria, che aveva scaturito in lei il comportamento di Draco.

“Voglio dire…” continuò pazientemente lui “che ha fatto quando finalmente è riuscito a capire quale è la differenza tra una scopa e una ragazza, e ti ha detto che gli piaci…?” pronunciò le ultime parole con una nota derisoria nella voce.

Hermione si rabbuiò a quell’espressione ma decise che, comunque, neanche questo avrebbe rovinato il suo momento.

“Mi ha baciata” disse con sicurezza e disinvoltura.

Draco sgranò gli occhi e subito dopo li assottigliò. Non dubitava della sua serietà, questa volta. Dopo qualche minuto di silenzio, Hermione lo sentì ridacchiare malignamente.

“Quel Weasley… E’ proprio un idiota.”

“E perché, scusa? Perché si comporta come tutti i ragazzi normali e quando gli interessa una persona gliene parla civilmente?”

“Perché non sa in che guaio si è cacciato.”

Lo bloccò per un braccio sentendolo passare accanto a sé.

“No. Draco. Non provare a fare niente a Ron.”

“Non ci provo, lo faccio. E’ diverso.”

“Lascialo fuori da questa storia, di cui non ne sa assolutamente nulla, oltrettutto. E’ una cosa che riguarda me e te, e basta.”

“Davvero? Io non credo. E’ stato lui a baciarti, o no?”

“Certo che sì! Ma è durato solo qualche secondo ed è stata anche una cosa molto casta.”
“Be’ parliamo di Weasley dopo tutto.”

“Non per quello!”

“Ma si può sapere a che gioco stai giocando?” disse poi irritato liberandosi dalla sua presa e cambiando del tutto atteggiamento.

“Stai con me, o almeno credo, fai la gelosa se si parla di Pansy, ti baci Weasley, e poi pretendi anche che io me ne stia qui, come se nulla fosse, a ignorare che quell’idiota si bacia la mia ragazza?!”

“Oh Draco, ma perché non capisci?! Ron mi ha dato un bacio, ma io l’ho respinto. Se volessi stare con lui, non sarei qui ora. Ti pare?”

“Non ne sono tanto sicuro…” lo sentì borbottare.

“Che vuoi dire?” chiese con tono indagatore.

“Che un motivo per stare qui ce l’hai, e anche buono. Non si trova tutti i giorni la possibilità di riacquistare la vista, dopo un incidente come il tuo.”

Capendo all’istante quello che il ragazzo stava dicendo, e non potendo sopportare che lui pensasse a lei come una approfittatrice bugiarda, gli si avvicinò a gran passi e lo baciò con trasporto.

Dapprima lo avvertì rigido e spiazzato, ma ci mise poco, e rispose al bacio con passione.

Quando, diversi minuti dopo, riemersero dal loro gioco fatto di carezze e lingue , lei appoggiò la testa sul suo petto e rimasero in silenzio.

Piano a piano il respiro tornò regolare ed Hermione immerse il suo volto nella divisa del ragazzo.

“Perché devi essere così testardo…”

Sentì la sua voce giungere attraverso la stoffa della divisa e sorrise.

“Prendere o lasciare Granger, è così.”

Draco la sentì ridere e quella sensazione di serenità, di appagatezza, che viveva solo quando era con lei, si impossessò nuovamente di lui.

 

I giorni passarono in fretta, le lezioni proseguivano, i battibecchi erano sempre presenti, le carezze e i momenti d’intimità erano sempre più ricercati ma, alla fine, Marzo era arrivato.

Anzi meglio, il grande giorno era arrivato.

Il tredici Marzo si presentava come una tranquilla e tiepida giornata, dove ancora il freddo si faceva sentire ma i raggi del sole erano sempre più forti e caldi.

Era notte. Si trovavano nella consueta stanzetta in disuso e davanti ai suoi occhi, nella sua mano, Hermione stringeva un’ampollina dal contenuto grigio perlato che tremava appena.

“Avanti, bevila” la sua voce era sicura e bramante.

“Siamo sicuri che i procedimenti sono stati giusti e che-”

“Tranquilla…” le spostò i capelli dall’orecchio e le parlò con voce roca.

“Ho ricontrollato tutto, il colore infine è perfetto. Forza” le diede un leggero bacio e poi si allontanò.

Hermione respirò profondamente poi aprì l’ampolla in fretta, ma con decisione, e trangugiò il contenuto perlato.

Si portò subito e istintivamente una mano alla gola, piegandosi in avanti, e lasciò cadere a terra la boccetta che si frantumò.

Subito Draco le fu accanto, rassicurandola tra le sue braccia mentre il liquido denso scendeva per la sua gola e lasciva nella sua bocca un sapore acido e aspro.

“Va tutto bene, c’era scritto che il sapore non era dei migliori…”

“E di quale pozione lo è mai…” disse a fatica, cercando di riprendere controllo di sé. Stava per parlare ancora quando si udirono dei passi per il corridoio.

Sentì Draco scattare in piedi e con qualche colpo di bacchetta pronunciare alcuni “Evanesco” poi, prendendola per mano, la portò via.

Uscirono dalla stanza di corsa, spalancando con poca cura la porta, mentre i passi si facevano sempre più vicini e frettolosi.

La porta alle loro spalle si chiuse sbattendo.

“Chi c’è?”

La voce del professor Piton giunse alle loro orecchie forte e chiara, sentì Draco imprecare e mettersi a correre. Lo seguì senza indugio, ma una domanda la tormentava e la spaventava: perché non vedeva?

Si nascosero più in fondo, in un’altra stanza. Draco chiuse la porta, premendo contro il legno l’orecchio per sentire gli eventuali rumori.

Hermione invece era pressata contro il muro, aveva il fiatone e gli occhi chiusi.

“Allora?”

“Credo che l’abbiamo seminato. Gli ho fatto credere che siamo saliti su, ora Piton sarà già all’ingresso” disse ghignando divertito.

Lo sgabuzzino non era un granché, ma dovevano accontentarsi. Si stava un po’ strettini, ma la cosa non gli dispiaceva poi tanto...

Si posizionò davanti a lei, che ancora riprendeva fiato, e le bloccò ogni via di fuga appoggiando le mani contro la parete. I loro visi erano a pochi millimetri l’uno dall’altro.

Sentendo la sua presenza molto vicina Hermione aprì gli occhi e subito dopo dovette sgranargli, perché vide. E quello che vide fu particolarmente… stupendo.

I suoi occhi erano magnetici, grigi, profondi, belli.

Furono quindi i suoi occhi la prima cosa che vide quando riacquistò la vista, e non avrebbe chiesto niente di meglio.

Draco la stava scrutando attentamente, scrutava il suo viso e poi scese in maniera “indecente” su tutto il suo corpo. Quante altre volte l’aveva guardata così, a sua insaputa?!

Si guardò intorno e si accorse di essere in un vecchio e polveroso sgabuzzino. C’era una crepa sulla porta in legno, ed era da lì che la luce della luna penetrava.

“Non ti preoccupare, l’effetto può non essere istantaneo.”

Detto questo Draco la soffocò in un bacio mozza fiato, e non le permise di replicare.

Hermione poteva sentire il respiro di lui e i loro nasi si sfioravano.

“Allora, riesci a vedere qualcosa?”

“… No” decise di approfittare di quella situazione per quanto poteva, voleva vederlo quando lui credeva di non essere visto. Voleva osservarlo, ogni secondo, in ogni movimento, senza dover dare spiegazioni.

Draco si raddrizzò abbandonando le mani lungo i fianchi. Qualcosa non andava. La pozione a  avrebbe dovuto già fare effetto e se non era così, allora forse avevano sbagliato...

Forse era stato lui a non saperla curare in quei giorni durante l’ assenza di Hermione, forse l’incidente aveva alterato alcuni ingredienti…

La guardò in viso, indeciso se metterla al corrente dei suoi pensieri, ma poi nel buio riuscì a notare qualcosa di strano, che lo fece riflettere.

Hermione si guardava in torno, non poteva credere di aver riacquistato la vista. Si voltò verso Draco quando prese a parlare.

“Andiamo.”

Aprì la porta e si incamminò mentre Hermione lo seguiva a passo spedito.

Avevano fatto circa due metri, dalle ampie finestre la luce notturna illuminava il pavimento, e giochi di ombre e luci si riflettevano sui muri. Era bello non dover più ricevere istruzioni anche per muoversi…

Tutt ad un tratto Draco si voltò con un ghigno, si fermò anche lei di botto e ci mise pochi secondi a capire che si era morsa la coda da sola.

“Tu ci vedi… Bugiarda” disse divertito e intrigato dal suo comportamento.

Hermione, imbarazzata dall’essere stata scoperta e dal fatto che lui si stesse avvicinando piano a lei, abbozzò un sorrisetto soddisfatto della sua opera.

“Da quanto?”

Ora erano di nuovo uno di fronte all’altro, ma questa volta era diverso. Questa volta si stavano guardando. Lui guardava negli occhi lei e lei poteva vederlo, lei guardava negli occhi lui e lui lo sapeva.

Non capiva perché ma quella situazione la faceva sentire strana, come una ragazzina al suo primo bacio, alla sua prima cotta. Eppure con Draco aveva fatto molto più che un bacio, allora perchè ora stava arrossendo?

“Perché arrossisci?”

Già…

“Io non sto arrossendo!”

Alzò un sopracciglio in risposta.

“Okay, forse un po’… Non lo so. Non so perché” prese ad attorcigliarsi una ciocca di capelli attorno all’indice. Abbassò lo sguardo e poi lo riportò su di lui.

“Ho cominciato a vedere dopo poco che siamo entrati nello stanzino.”

Draco annuì.

“Mi hai fatto preoccupare, dovevi dirmelo subito.”

“Perché? Ho voluto prendermi una piccola rivincita per tutte le volte che mi hai guardata in un certo modo, senza che io ne sapessi nulla…”

“Perché era preoccupante il fatto che non vedessi, ancora. Credevo di aver sbagliato qualcosa nella pozione.”

Hermione sorrise cogliendo la preoccupazione sincera nelle sue parole e gli si avvicinò.

“No, non hai sbagliato nulla…”

Si alzò sulle mezze punte e lo baciò. Fu un bacio dolce ma significativo.

Dopo il miglior “buonanotte” di tutta la sua vita Hermione era tornata a malincuore alla Torre dei Grifondoro, da sola, senza bisogno d’aiuto.

Draco aveva detto che l’indomani le avrebbe spiegato in cosa consisteva la sua parte del patto. Non poteva nascondere che una certa agitazione l’aveva scossa, ma lui le era apparso piuttosto tranquillo e, inoltre, non riusciva più a pensare che in qualche modo Draco potesse ingannarla o farle del male.

I dubbi che un tempo, all’inizio di tutta quella storia, l’avevano assalita, adesso erano scomparsi e anzi riusciva a provare persino una certa dose di curiosità.

 

 

Volevo solo aggiungere che questo capitolo (soprattutto verso la fine) è uno tra quelli che preferisco e che mi sono divertita un mondo a scrivere… Spero sia piaciuto anche a voi ;) Alla prossima :D

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Come al solito ringrazio tutti e per rispondere alle vostre domane

Come al solito ringrazio tutti  per rispondere alle vostre domane.. be’ leggete questo capitolo, abbastanza sostanzioso… ;)




12 cap

12 cap.

 

Nella Sala Comune, davanti ad un camino ormai quasi spento, una persona giocherellava con qualche tappo di Burrobirra, probabilmente corretta, entrata ad Hogwarst illegalmente.

Hermione entrò silenziosa, o almeno tentò, perché non appena il buco nel ritratto si chiuse alle sue palle, un preoccupato ed arrabbiato Ron si voltò a guardarla. 

Ron, da quanto tempo non lo vedeva.

La loro Sala Comune, i colori rosso e oro, il fuoco, i divani, tutto era meraviglioso per lei in quel momento, anche la faccia scura del suo amico. 

“Dove sei stata? Ma dico sei impazzita?! Ginny mi ha detto di non venirti a cercare, e io non so per quale assurda ragione le ho dato retta!”

La prese per una mano e la trascinò senza tanti complimenti su di un divano. Ron si sedette davanti a lei e aspettava una sua riposta, che fu molto diversa da quella che si aspettava, perché Hermione scoppio a ridere.

“Ron, ti prego, non fare quella faccia” disse tra le risate.

Rideva di cuore, felice, ma non rideva di lui. Corrugò la fronte e la guardò preoccupato.

“Hermione, stai bene?”

“Sto.. sto benissimo, Ron” si raddrizzò sul divano e, asciugandosi dagli occhi le lacrime, prese un profondo respiro.

“Ron… io vedo.”

Non sapeva come altro dirglielo, erano inutili i giri di parole e così andò dritta al punto. Lo vide sgranare gli occhi e poi guardarla allucinato, ma non fece in tempo a dire altro perché un pesante rumore di passi la distrasse.

Ginny stava scendendo, senza riguardo per nessuno dei dormienti, le scale del dormitorio femminile. Era in pigiama, con i capelli scarmigliati e col fiato corto.

Quando Hermione la vide non c’era bisogno che dicesse niente, i suoi occhi le ponevano una sola domanda.

“Che bel pigiama turchese, Ginny. E’nuovo?” le chiese sorridente.

La rossa aprì la bocca senza trovare niente da dire, la felicita traspirava da ogni suo respiro e sguardo. I suoi occhi si fecero lucidi e poi correndo l’abbracciò forte. Hermione ricambiò con calore l’abbraccio e rise.

“O mio dio Hermione! Tu.. tu… davvero! Era vero, non era un inganno! Io… giuro che non lo insulterò per una settimana, lo giuro!”

“Una settimana? Non ti sembra un po’ pochino?” rispose fintamente perplessa e offesa.

“Va bene, dieci giorni. M se fa l’idiota come al solito non so se mi tratterrò.”

Hermione scoppiò a ridere nuovamente e fu seguita a ruota da una felicissima Ginny, che si era da poco allontanata da lei.

Intanto, tra risate e promesse senza senso, un povero Ronald Weasley non ci stava capendo nulla. Si alzò di scatto e afferrò Hermione per un braccio che subito smise di ridere e si voltò a guardarlo, ancora con il sorriso sulle labbra.

“Hermione tu… vedi? Ma come è possibile? I Medimaghi hanno detto che…”

“Siediti Ron, ho una storia da raccontarti.”

Il ragazzo, stralunato e corrucciato, si fece guidare fino alla poltroncina più vicina e si concentrò sulle parole della ragazza.

Diceva cose assurde.

Hermione-diceva-cosa-assurde. Parlava felice e raccontava di pozioni, di incontri, di patti, di Malfoy!

No, tutto questo non l’avrebbe retto…

“Ron?! Ron dai non fare così, non ho finito!”

Il ragazzo si era abbandonato contro lo schienale della poltrona con gli occhi sbarrati. Forse non era il caso di dirgli anche della sua relazione con Draco…

 

 

 

Si allontanò dai bagni femminili, dove era stato trascinato dentro, inaspettatamente, da una più che allegra Hermione, diretto alla  Sala Grande. Una sostanziosa  coazione era  proprio  quello che gli  serviva, in quel momento.

Aveva consigliato alla sua ragazza  di essere paziente e, a fine colazione, di non perderlo d’occhio. Voltò l’angolo che lo inseriva direttamente  nel corridoio principale ma fu  fermato  da una voce.

“E’ da un po’ che ti vedo strano, ma questo proprio…”

Si voltò e vide Blaise che scuoteva la testa, fintamente sconsolato.

“Ah ah ah… divertente. Tu invece, Zabini, cosa ci fai da queste parti?”

Il Serpeverde alzò le spalle e si accostò a lui, quindi ripresero a camminare.

“Sto uscendo, in questo momento, dall’aula di Difesa…” lasciò volontariamente la frase in sospeso.

“E perché?”

“La Waag voleva chiacchierare un po’…”

“Chiacchierare? Zabini spiegati meglio.”

“Mi ha chiamato perché voleva chiarire alcuni punti poco chiari del mio ultimo compito, in realtà dal compito abbiamo parlato poco. Era più interessata a sapere come ti comporti con me, con gli altri Serpeverde…”

“Cosa?” si era fermato alzando un sopracciglio.

“Già. Credo si aspettasse un qualcosa come una confessione disperata di un povero, debole, sottomesso al cattivo tiranno.”

“Il tiranno sarei io?” si puntò l’indice contro il petto e ghignò.

Zabini continuò a camminare e lui lo raggiunse. Il ragazzo sorrideva ironicamente.

“Quella è matta” considerò il moro.

“Te lo dico da un sacco di tempo, io. Tu cosa le hai detto?”

“Be’ le ho detto che sicuramente sei un ragazzo vivace, un po’egoista, arrogante, spaccone, viziato…”

Blaise sembrava star riflettendo su cosa altro aggiungere, ma non lo fece continuare.

Grazie, Blaise. Sicuramente questo mi aiuterà a risultarle più simpatico.”

“Ma aspetta, le ho fatto anche capire che si poteva togliere dalla testa l’idea di te come tiranno di Serpeverde… esclusi Tiger e Goyle.”

“Ti ha creduto?”

“Non lo so, ma le ho spiegato un po’ come funzionano le cose nella nostra Casa. L’amicizia di massa che regna a Grifondoro non appartiene al nostro mondo. Tra noi ci sono scambi di favori, interessi comuni. Vedessi che faccia quando le ho parlato della Squadra d’Inquisizione.”

“Come sei arrivato a parlare della squadra d’Inquisizione?!”

“Be’ non mi ricordo, ma sai parlando parlando…”

“Le hai anche detto che io ne facevo parte?”

“Certo! E’stata la prima cosa che ha voluto sapere.”

Draco sospirò.

“Io vado, ci vediamo” Zabini sia allontanò a passo svelto.

“Ciao.”

Non fece nemmeno mezzo metro che ancora una volta i suoi pensieri furono interrotti.

“Malfoy, aspetta!”

Draco continuò a camminare, le mani nelle tasche e un espressione d’indifferenza stampata in volto.

“Che c’è?”

Un ragazzo moro, più basso di lui e con lo stemma di Serpeverde lo affiancò. Il Prefetto del quinto anno.

“Ci sono i ragazzini del primo che fanno storie, ogni ora esce una cosa nuova. Prima la Sala Comune sempre occupata, ora i dormitori. Bisogna parlarci.”

“E non lo puoi fare tu?”

“Sì… ci ho provato, ma non ascoltano. Sono indisciplinati! E Piton ha detto di non volerne sapere niente di queste futili ciance. Sono sicuro invece che a te daranno retta.”

“Non potrebbero fare diversamente, d’altronde.”

“Appunto. Sai come prenderli.”
Le minacce a bacchetta spianta erano sempre le più efficaci.

“Sì però io ora non posso e-”

“Non ho finito. C’è anche il problema con i Grifondoro, con la parola d’ordine per la Sala Comune, e poi tra il primo e il  secondo anno le cose stanno precipitando. Litigano in continuazione, rivendicano cose, e quindi bisognerà chiarire anche questa situazione perché potrebbe essere nociva alla Cas-”

Draco arrestò il passo, vicino a loro qualche altro studente camminava indisturbato.

“Fermati. Non dire un’altra parola. Perché di tutte queste cose me ne dovrei occupare solo io? Vai dagli altri Prefetti o dal nostro Caposcuola, che fa questa gente tutto il giorno?!”

“Io sono andato, ma sono loro a dirmi divenire da te. Dicono che tu sai.”

Io so? Bene… Da oggi non so più niente.”

“Cosa? Che vuoi dire? Come facciamo con i primini?!”

“Non lo so.”

“Ma…”

“Niente ma. Addio Higgs.”

Lo salutò con la mano e aspettò che il ragazzo se ne andasse. Dopo pochi secondi, con una smorfia contrariata,  David Higgs sparì su per la scale del terzo piano.

Stava per andare via, ma incontrò due occhi neri che lo fissavano intensamente, probabilmente già da parecchio tempo.

“Professoressa Waag.”

Linda Waag, a pochi metri dalla sua aula di Difesa, le braccia incrociate e un’ espressione vagamente insoddisfatta, gli rispose con un cenno del capo.

“E’ dura essere un Prefetto, vero signor Malfoy?”

“Ha la sua dose di responsabilità.”

“Me l’ha detto, il suo amico Blaise, che lei è una sorta di punto di riferimento per la sua Casa” disse misurando bene le parole, con una certa riluttanza.

Draco alzò le spalle.

“Sono del sesto anno. Per i più piccoli, assieme a quelli del settimo, tutti noi lo siamo. Sarà questo…”

La finta modestia era un’arma che doveva essere usata bene e in maniera strategica.

“Zabini ritiene il contrario. Mi ha detto che anche negli anni precedenti la situazione non era diversa.”

“Come mai le interessa tanto, professoressa, sapere questo genere di cose? Potrei pensare che lei stia… indagando su di me?”

“Oh no. E’ solo che ci tengo a conoscere bene i miei alunni. Trovo sia importante sapere in quale ambiente trascorrono le loro giornate e come si organizzano tra di loro. La scuola è una piccola comunità, semplicemente il riflesso ovattato di quello che c’è fuori.

“E’ qui che un bambino impara a comportarsi, a interagire con gli altri, a decidere cosa fare della propria vita. La maggior parte delle volte, il ruolo rivestito nell’ ambientazione scolastica, è quello che poi una persona occuperà per il resto dei suoi anni…”

“D’accordissimo con lei. Anche mio padre lo dice spesso.”

La vide trasalire e irrigidirsi.

“Ora devo andare, il dovere chiama. Buon proseguimento di giornata, professoressa.”

La oltrepassò senza aspettare altro.

Le parole possono essere carezze, come anche lame. Sono armi inesauribili al nostro arco che bisogna solo saper usare, al momento giusto e nel modo giusto.

 

Il soffitto della Sala Grande rispecchiava un perfetto cielo, che variava dalle sfumature del celeste all’azzurrino. Gli studenti della scuola di Hogwarst erano impegnati su piatti e vassoi e, quella mattina, una studentessa Grifondoro era particolarmente felice.

“E così Hermione, ora ci vedi?” chiese sbalordito Seamus Finningan.

“Già” rispose felice e imbarazzata per tutta l’attenzione che si era concentrata su di lei.

“Hai seguito una cura dei Medimaghi del San Mungo?” chiese Dean Thomas a ruota.

“Emh… più o meno.”

Si voltò verso Ron che era piuttosto contrariato per la storia del patto con Malfoy, e gli sorrise. Ron le sorrise di risposta e poi continuò la sua colazione. Lui non si fidava di Draco, era nervoso per quello che lei avrebbe dovuto fare e aveva detto di voler sapere tutto, ma lei gli aveva chiaramente spiegato che non avrebbe potuto dirgli niente. Era nel patto da rispettare.

Vide, dalla tavola dei Serpeverde, Draco alzarsi e andare via.

Si alzò anche lei.

“Io vado Ron, ci vediamo a lezione.”

“Aspetta, ti devi vedere con Malfoy per quella cosa?” parlò sommessamente e con circospezione, lei annuì.

“Voglio venire anch’io!” si alzò in piedi deciso. Hermione gli pose le mani sulle spalle e fece pressione per farlo risedere.

“Ron te l’ho già detto, non ti preoccupare. So badare a me stessa, e poi sono al sicuro…”

“Con Malfoy? Certo!”

“Shhhh! Ma sei impazzito?! Non gridare! Ora vado, e non tentare di seguirmi!”

Uscì dalla Sala Grande a gran passi e scorse la figura del suo ragazzo all’angolo delle scale per i sotterranei, lui scomparì velocemente di sotto e lei lo seguì.

I sotterranei di Hogwarst erano sempre più bui e più freddi del resto del castello, sembrava che lì il tempo si fosse fermato a gennaio.

In giro non c’era nessuno. Hermione aveva fatto qualche passo in direzione del corridoio che l’avrebbe portata alla vecchia aula di Pozioni, quando una voce famigliare giunse alle sue orecchie.

“Salve Granger.”

Si voltò. Draco era di fronte a lei, il solito ghigno come suo personale saluto, le braccia incrociate e il mento all’ in su.

“Malfoy.”

“Di qua” si voltò e iniziò a camminare nella direzione opposta a quella presa da lei prima, lo seguì incuriosita e con qualche passo lo affiancò.

“Dove è che andiamo?”

“Dove possiamo parlare in pace e comodamente.”

“Non mi hai salutato…”

“Un po’ di pazienza” le disse ridacchiando.

Dopo poco si fermarono, non sapeva dove si trovassero dato che quei luoghi bui e tetri sembravano tutti gli stessi, ma notò che davanti a loro una lastra di marmo bianca si distingueva da resto della parete.

“Copriti  le orecchie.”
“Cosa…? Stiamo entrando nella Sala Comune dei Serpeverde?”

“Sì. E ora, per favore…” fece un gesto eloquente indicando le sue orecchie.

“Ma… ma non è pericoloso? E se mi vede qualcuno?”

“A quest’ora sono tutti in Sala Grande, e poi non ti preoccupare, non sono uno stupido” rispose non nascondendo un po’ d’impazienza.

“Okay.”

Si mise le mani sulle orecchie, sentì la voce di Draco pronunciare veloce la parola d’ordine ma non riuscì a capire cosa fosse. La lastra di marmo si spostò e lasciò loro libero il passaggio.

Proprio sepolti vivi…

Le sfuggì questo pensiero prima di poterlo fermare. Be’ il gusto di Serpeverde però era indubbiamente discutibile…

La Sala Comune era deserta, come si aspettavano. Mentre continuavano a camminare Hermione si guardava intorno attentamente. La sala era molto spaziosa, i divani erano in pelle nera, un grande camino troneggiava davanti ad essi, i tavolini erano sparsi un po’ ovunque e vi erano insoliti riflessi verdi.

“Il lago! Questa è la luce che filtra dal lago, vero?”

“Sì” rispose senza emozione alcuna lui.

“L’avevo letto su “Storia di Hogwarts” che la vostra Sala Comune è costruita sotto al lago!” 

Ora Hermione si guardava intorno ancora più entusiasta, benché quella stanza fosse tenebrosa per un certo verso, possedeva anche una bellezza affascinante.

“Che stupidi, Ron ed Harry non l’avevano neppure notato!”

Ops…

 Si morse il labbro e si cucì la bocca all’istante.

“Come scusa? Che c’entrano Potter e Weasley, ora?” le chiese voltandosi a guardarla.

“Ehm… no. Dicevo che Ron ed Harry non hanno mai letto la storia di Hogwarts… e quindi non lo sapevano.”

Draco alzò le sopracciglia, trasmettendo così tutto il suo interesse per quella conversazione.

“ Andiamo nei dormitori, qui siamo troppo a rischio.”

La camera di Draco era molto semplice, molto simile alle loro in realtà, solo con colori diversi. Vi erano quattro baldacchini con coperte e tende verde smeraldo, un tappeto tondo al centro della stanza e scarpe, camice e calzini erano sparsi un po’ ovunque.

Entrando, Draco dovette spostare con il piede un gruppo di vestiti ammucchiati davanti alla porta.

“Quegli stupidi Elfi non sono ancora passati!”

“Gli Elfi non sono stupidi, e vanno rispettati in quanto creature proprio come noi!”

Il Serpeverde inorridì al sol pensiero di essere come un Elfo, o comunque di essere paragonato ad una di quella sciocche bestiacce, tuttavia non replicò, sapeva che era una battaglia persa in partenza.

Hermione intanto si guardava in giro scetticamente, tutto quel disordine proprio non andava.

“Con chi dividi la stanza?”

“Vincent, Gregory e Blaise.”

“E’ un porcile.”

“Esagerata…” disse con superficialità sedendosi sul suo letto.

“E’ quello il tuo letto?” disse Hermione raggiungendolo.

Il letto di Draco era il secondo sul lato destro e, come tutti gli altri, sfatto.

“Sì.”

Le fece segno di avvicinarsi e di sedersi accanto a lui. Hermione seguì il suo consiglio.

La osservò, era un po’ tesa forse? Sogghignò e poi avvicinò il viso al collo della ragazza. Le diede un delicato bacio sulla pelle bianca e tenera, poi salendo la baciò ancora sulla mascella e infine all’angolo della bocca.

Sentiva la sua pelle rabbrividire di piacere al suo passaggio e alla fine fu lei a fare l’ultima mossa, congiungendo le proprie labbra, carnose e rosate, alle sue.

Si concessero un lungo bacio prima di allontanarsi e tornare a guardarsi negli occhi.

“Ti è piaciuto come saluto?”

Hermione alzò l’angolo della bocca in un sorriso.

“Sei preoccupata?”

“Un po’…”

“Non dovresti.”

“Allora, Draco, cos’è? Cosa devo fare per te?”

“O una cosa molto semplice. Devi indagare.”

“Indagare?”

“Sì. Vedi, più tempo passa e più la Waag diventa sospetta. Nella tua Casa c’è un ragazzino del quarto anno, Matt Vertigo, che pare sia imparentato proprio con la nostra cara professoressa. Voglio che parli un po’ con lui, senza destare sospetti, in modo da carpire informazioni su questa donna. Ma non le solite banalità come da dove viene  o che sangue ha, che ci metto la mano sul fuoco è sporco, voglio che mi porti informazioni più importanti e dettagliate. Tutto quello che può aver a che fare con me e la mia famiglia… Voglio capire perché ha questo atteggiamento rancoroso nei miei confronti. Non è una cosa normale, ne sono certo.”

Parlando, Draco non si era minimamente accorto del cambiamento di umore della sua ragazza, che ora fissava il pavimento scura in viso.

La guardò, restando qualche secondo in silenzio, ma interpretò male il suo comportamento.

“Non è una cosa difficile. Capisci che per me sarebbe difficile avvicinare un Grifondoro, se non impossibile, senza una bacchetta in mano, ma per te sarà semplice. Parlaci, fattelo amico e dimmi cosa vuole la Waag da me.”

Parlaci, fattelo amico, è un sangue sporco…

Si alzò facendo il verso alle sue parole.

“Comunque va bene, se è tutto… Vedrò cosa posso fare. Ora puoi portarmi fuori di qui, per favore?” parlò con distacco.

“Cos’hai? Non mi sembra di starti chiedendo qualcosa di impossibile o di particolarmente terribile.”

“No, no. Infatti. Ma non ti è mai passato per la testa che, magari, le potresti semplicemente stare antipatico? Il fatto che tu appartenga ad una antica famiglia magica, purosangue, non significa che tutti ti debbano venerare.”

“Se sono giunto a certe conclusioni non è certo per fantasie mie. Sono più che convinto che ci sia qualcosa sotto. E dato che mi ha dato una S ad un compito di Difesa con solo due errori di distrazione e che non perde occasioni per mettermi in difficoltà, o per lanciarmi battutine non gradite, credo di avere il diritto di indagare su questa persona. Tu, invece, che problemi hai, Hermione?”

Si era alzato anche lui in piedi e la guardava aspettando una risposta.

“E’ che ci sono delle cose tra noi che, mi rendo conto, non potranno mai cambiare. Sono differenze troppo profonde…”

“E’ perché ho fatto commenti sul sangue di quel ragazzo? Se ti riferisci a quello, sì. Certe cose non potranno mai cambiare.”

Hermione iniziò a camminare verso la porta, si sentiva ferita e non aveva più voglia di restare in quella stanza. Quel discorso era bollente, troppo rischioso per loro.

“Bene” si limitò a dire.

“Devi cercare di capire.”

A qualche centimetro dalla porta la sua voce la bloccò.

“Davvero, cosa?” chiese con sarcasmo.

Draco si risedette sul letto sospirando.

“Per me è così, io sono stato cresciuto con questa visione della vita e non credo ci sia niente che mi possa far cambiare idea.”

“Non è vero, si può cambiare!” si voltò a guardarlo negli occhi.

“Ho i miei dubbi, non dopo diciassette anni. E comunque… io non voglio. Perché dovrei? Per me è giusto così” nelle sue parole tornò l’aria di superiorità e sfrontatezza.

“E’ questa la verità, tu non vuoi.”

Si guardarono in silenzio e poi Hermione parlò di nuovo, inquieta.

“Allora anch’io sono una Sangue Sporco, Draco?”

 “Sì, lo sei.”

Sentì gli occhi bruciare e un forte dolore all’altezza del petto, come una lama che la trafiggeva con sempre più ferocia. Si girò, stava per spalancare la porta e andare via ma una mano si posò sulla sua, bloccandola sul metallo freddo della maniglia.

“Lo sei ma non mi importa, anche se questo vale sol per te.”

Lui era dietro di lei, sentiva la sua voce bassa a pochi centimetri dal suo orecchio.

“Dobbiamo per forza affrontare questi discorsi?”

“Non possiamo non farlo. Come vedi, anche se proviamo ad ignorarli, alla fine saltano fuori.”

Lo sentì sospirare stancamente.

“Non ti fa schifo toccare una Sporca Mezzosangue?”

“Direi di no.”

“Quello che dici non ha logica.”

Si era voltata.

“Forse.”

La baciò, ponendo così fine a quel discorso. Andava sempre a finire così…

Piano la trascinò vero il suo letto, Hermione si fece guidare ancora sotto l’effetto dei suoi baci delle sue mani.

“Allora, credi di essere capace di fare quello che ti ho chiesto?” le disse stendendola sul materasso e posizionandosi sopra di lei, dedicandosi al suo colletto perfettamente chiuso dalla cravatta rosso e oro.

Hermione sorrise furbescamente pensando a tutte le volte che in quegli anni, insieme a Ron ed Harry,  si erano imbarcati in indagini e supposizioni da far invidia al F.B.I.

Peccato che se lo avesse detto a Draco non avrebbe capito di cosa stesse parlando…

“Certo.”

Era giusto riuscito ad allentare la cravatta della ragazza, e ad intrufolarsi con la labbra tra la pelle calda, quando sentirono il rumore della maniglia che si abbassava e si alzava più volte.

Si bloccarono all’istante guardando con terrore in quella direzione. Una calcio dall’esterno venne sferrato alla porta, seguito da una imprecazione.

Si alzarono velocemente.

Draco provò ad acconciarsi i capelli, spettinati impudentemente e con grande piacere dalla ragazza che ora lo guardava spiazzata e impaurita.

Le fece segno di nascondersi sotto il letto e, benché Hermione non ne sembrò molto felice, seguì il suo consiglio.

Si avviò verso la porta, passandosi una mano tra capelli ancora una volta, e girò con uno scatto veloce la chiave. Subito la porta si aprì, mostrando un Blaise piuttosto infuriato con la bacchetta in mano, pronto a scagliare un Alohamora.

“Si può sapere perché ti chiudi in camera?! La stanza è anche mia, ti vorrei ricordare.”

Balise entrò spavaldamente nella camera e, dopo aver guardato fuori per controllare che non ci fosse nessun altro, Draco richiuse la porta, girando di nuovo la serratura.

L’altro Serpeverde si voltò a guardarlo interrogativamente.

“Che stai combinando?!”

Il biondo sembrò non dargli ascolto e, dirigendosi verso il suo letto, parlò all’aria.

“Puoi uscire.”

“Non devo uscire” rispose insicuro.

“Non a te.”

Si sedette sul letto e, allungando una mano verso il basso, alzò le coperte smeraldine che arrivavano a sfiorare terra.

“Non c’è pericolo.”

Hermione, ancora titubante e per niente felice di essere stata nascosta sotto un letto, dato che in genere quella era la parte del ragazzo della situazione, strisciò fuori facendo forza sui gomiti.

Guardò Draco pensierosa e poi si voltò verso Zabini, che aveva iniziato a ridere come un ossesso  steso sul suo letto.

Si alzò e si spazzolò i vestiti contrariata, intanto Draco aspettava offeso che il suo compagno la smettesse di ridere.

“Basta Zabini, hai riso anche troppo. Che sei venuto a fare, piuttosto?”

Balise Zabini, ancora con il fiatone per le troppe risate, si mise a sedere sul letto, guardando maliziosamente tutti e due. La Granger aveva una cipiglio di disappunto mai visto prima, in piedi vicino al letto con le braccia conserte. Draco era seduto non molto elegantemente sul baldacchino sfatto e lo guardava, come al suo solito, con fredda indifferenza.

“Devo prendere i libri, capisco che voi siete troppo indaffarati per pensare anche alla scuola… ma c’è lezione” abbandonò il materasso e si apprestò riempire la sua borsa con i libri depositati ai piedi del letto.

“Granger, ho visto Weasly piuttosto ansioso…”

Draco la guardò di sbieco e lei sospirò.

“Sarà preoccupato perché sa che ti dovevo vedere.”

“Come?”

“Be’ ho dovuto spiegargli come ho fatto a riavere la vista, non potevo ingannarlo.”

“Già, se lo incontrò allora dovrò rassicurarlo…” continuò Zabini con voce maliziosa.

“Non aprire bocca, Zabini” gli rispose minacciosamente.

“Lo sa, fa così solo per stuzzicarti” le rispose Draco.

“Perché, invece, lui sa?!”

Il ragazzo aprì la bocca per rispondere, ma non fece in tempo a dire una parola che già  Blaise aveva preso a parlare.

“Ho notato che si comportava in maniera strana, e mi sono iniziato a preoccupare seriamente quando ho visto che rifiutava tutte le attenzioni di Pansy …”

Hermione sorrise di compiacimento.

“Una notte l’ho seguito durante le sue consuete escursioni notturne, e mi sono fatto raccontare tutto…”

“Mai a farsi i fatti propri” lo interruppe Draco.

“E tu gliel’hai detto?” chiese alquanto stupita dalla facilità con cui Draco aveva messo al corrente altri del loro segreto.

Zabini sembrò leggerle nei pensieri infatti rispose con uno strano sorrisetto.

“O no, non è stato così semplice farlo confessare. Ma, in quanto suo fidato compagno,  ero al corrente di  interessanti episodi…”

Hermione alzò un sopracciglio e Draco, molto spicciolamente e riservando uno sguardo truce tutto per Zabini, la illuminò.

“Mi ha minacciato.”

Hermione fece segno di aver compreso con il capo e nel frattempo Draco si era alzato.

La spinse delicatamente per un fianco verso la porta, camminandole affianco.

“Come è la situazione di là?”

“Ancora tranquilla. Prima venendo ho incontrato solo un gruppo di primini, ma niente di ché. Però dovete sbrigarvi se volete uscire senza essere visti.”

Draco aprì la porta e fece passare avanti la ragazza, che salutò Zabini con un segno della mano.

“Perfetto. Ci vediamo dopo” disse lui prima di andare via.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Cap

Cap.13

 

La mattina dopo Hermione era seduta al tavolo dei Grifondoro e, avendo accanto un euforico Ron, a causa della vincita a Quidditch contro Corvonero, spiava di soppiatto quello che doveva essere Matt Vertigo.

Era un ragazzino magrolino, ma non malsano. Dai capelli e dagli occhi castani chiari, vestiva in maniera molto ordinata, a quanto poteva vedere. Il nodo della cravatta era stretto e la divisa stirata.

In quel momento parlava sorridente con una sua compagna e ogni tanto mordeva un biscotto. Hermione piegò le labbra in una espressione di concentrazione, come avvicinarlo?

Guardò la borsa del ragazzo posata a terra, da dove fuoriuscivano pergamene, piume e libri. Forse aveva un’idea.

Sfilò piano la bacchetta dalla tasca della divisa e, nascondendo le sue manovre dietro la brocca del latte, pronunciò un silenziosissimo  “Wingardium Leviosa”.

Piano fece lievitare fuori dalla borsa del ragazzo un rotolo di pergamena e lo abbandonò per terra, proprio mentre Matt si alzava e metteva la borsa in spalla. 

Hermione si alzò frettolosamente e, lanciando un’occhiata di rassicurazione a Ron, il quale aveva smesso di raccontare delle sue parate per assistere corrucciato e preoccupato all’impresa dell’ amica, si avvicinò alla “zona quarto anno” del tavolo dei Grifondoro e, con fare casuale, quando la vide, si abbassò per prendere la pergamena.

Seguì quindi Matt Vertigo a passo sostenuto sino all’ingresso, e lì lo chiamò.

“Scusa?”

Lontano qualche metro di distanza, il ragazzo si girò.

“Sì?”

Hermione si avvicinò per non essere costretta ad urlare e gli porse la pergamena.

“Deve esserti caduta questa.”

Il ragazzo la prese tra le mani e, dopo averla srotolata e letto le prime righe, sorrise annuendo.

“Grazie. Non me ne ero accorto.”

“Di niente, stavo uscendo e così…” Hermione sorrise gentile di rimando.

Stava già entrando nel panico per non saper più come portare avanti la conversazione, sapendo benissimo di non poter sprecare quella occasione per instaurare un minimo di rapporto, quando il Grifondoro la liberò da quel peso.

“Tu sei Hermione Granger, vero?” chiese con entusiasmo.

“Sì” rispose titubante.

“Fantastico! Non si fa altro che parlare di voi!”

“Ah… l’Ufficio Misteri” disse abbassando gli occhi per qualche secondo .

“Preferirei non parlarne” continuò poi.

Lo vide annuire comprensivo.

“E tu sei?”

“Matt Vertigo.”

Le porse la mano e lei l’accettò con piacere.

Bingo.

“Piacere di conoscerti, Matt.”

Era meglio non esagerare, si disse Hermione, mai sembrare impaziente e passare subito alle domande.

“…Senza destare sospetti.”

Draco sarebbe stato orgoglioso di lei.

“Ora devo andare. Ci vediamo.”

“Certo!”

Si allontanò verso la Torre dei Grifondoro, sentendo gli occhi del ragazzo puntati addosso. Poteva essere soddisfatta della sua opera.

Ora avrebbe voluto solo incontrare una certa persona…

Guardò istintivamente verso le scale che conducevano ai sotterranei, fermandosi, e arricciando le labbra in un’espressione dubbiosa.

“E’ancora in Sala grande” si voltò sorpresa da quella voce un po’scocciata.

“Ginny!”

E così, Draco era ancora in Sala Grande.

“Come è andata?” le chiese la ragazza con indifferenza.

“Piuttosto bene direi. Ci siamo presentati.”

Camminarono per un po’, tornando verso la Sala Grande e fermandosi sulla porta.

Il brusio delle voci, i rumori dei piatti e delle posate, facevano da sfondo alla loro conversazione.

“Ma non stavi tornando alla Torre?” le chiese con fare retorico Ginny.

Lei alzò le spalle.

“Sì, ma…”

Lasciò in sospeso la frase e fece vagare lo sguardo sui tavoli, su un tavolo per la verità.

Gli stemmi verde-argento arredavano quella sezione della Sala Grande e, tra quelle centinaia di teste e volti, ben presto individuò chi stava cercando.

Lui e i sui compagni, seduti quasi all’estremità del tavolo, erano più vicini a lei di quanto pensasse.

Draco stava ancora facendo colazione. Accanto a lui vi erano Goyle da un lato e, con suo enorme disappunto, la Parkinson dall’altro. Di fronte erano invece seduti Zabini e Tiger che si guardavano in cagnesco, probabilmente per quella tazza di caffè versata proprio dinnanzi a loro.

Si concentrò sul suo ragazzo, che in quel momento sembrava aver perso tutta la fredda autorità  che sempre lo caratterizzava per concentrarsi, corrugando la fronte, sulla marmellata che aveva osato insozzargli le mani e, probabilmente a sua insaputa, anche l’angolo sinistro della bocca.

Un Draco Malfoy teneramente buffo come in quel momento non se lo sarebbe mai aspettato, prima. E forse qualcuno, anche in quel momento, guardandolo, non avrebbe visto quello che stava vedendo lei. Semplicemente perché avrebbe pensato che quello era Malfoy, il Serpeverde bastardo e crudele, e avrebbe trasformato la sua espressione genuinamente contrariata, in puzza sotto il naso e in disgusto tutt’altro che tenero.

Era strano dirlo, ma  solo ora vedeva veramente. Perché vedeva cose che gli altri non vedevano. Perché gli altri non volevano vedere, ma lei sì.

Hermione non avrebbe mai più voluto chiudere i suoi occhi.

Il sorriso dolce che era nato spontaneo sulle sue labbra, e quel calore che le si era acceso in petto, si trasformarono all’istante, quando videro una esasperata Pansy Parkinson alzare gli occhi al cielo e mettere tra le mani del suo ragazzo un tovagliolo.

Draco si voltò verso la mora, la quale avvicinò l’indice sottile alla bocca del ragazzo e, dopo averlo sporcato di marmellata, lo portò alle labbra.

Il Serpeverde rimase a fissarla per alcuni secondi, poi la Parkinson disse qualcosa ridendo ed Hermione vide Draco sorridere. Sorrise nella sua particolare maniera, che non poteva definirsi un vero e proprio sorriso, e poi si pulì col tovagliolo immacolato.

“Ehi… stai andando in fiamme. Hermione calmati, se è così che volete mantenere il vostro segreto…”

Si voltò verso Ginny ritornando alla realtà, si era completamente scordata della sua presenza. Si era scordata di tutto il resto, per la verità.

Vedeva solo lui, Draco… e poi la Parkinson.

Strinse i pugni, ma aveva ragione Ginny. Non poteva comportarsi così e buttare tutto all’aria.

Intanto l’altra Grifondoro la guardava quasi incredula.

No, ancora non poteva credere che quei due stessero davvero insieme. Ma la reazione di Hermione l’aveva fatta scontrare con la realtà.

Eppure lei non si fidava di Draco Malfoy, nonostante tutto quello che la sua amica potesse dire...

“Sta arrivando Ron” disse scrutando suo fratello che avanzava verso di loro.

“Ed ha una faccia!” aggiunse divertita.

Ron arrivò qualche secondo dopo e senza tanti convenevoli si rivolse ad Hermione.

“Allora?”

“Cosa Ronald?!”

Hermione rispose più bruscamente di quanto avesse voluto farlo, ma per fortuna il ragazzo decise di sorvolare sul suo comportamento.

“Hai parlato con questo Vertigo?”

“Sì. Ma ci vuole tempo per certe cose.”

“Be’ cerca di sbrigarti. Meno ci hai a che fare con quello e meglio è” disse occhieggiando verso la tavola dei Serpeverde. Poi andò via superandole.

Hermione lo guardò allontanarsi apprensiva per quello che sarebbe successo se Ron avesse scoperto la verità, e Ginny sembrava star pensando la stessa cosa.

Dalla Sala Grande intanto iniziavano ad uscire sempre più studenti, così, per non essere d’intralcio, le due Grifondoro si spostarono un po’ più in là nella Sala d’Ingresso.

Dopo poco Hermione vide Draco, Zabini, Tiger, Goyle, e l’immancabile Pansy Parkinson, dirigersi verso i sotterranei. Guardò con odio la Serpeverde, che però non si accorse di lei.

Fortunatamente, dichiarò poi Ginny a bassa voce.

“Quella Parkinson è proprio insopportabile! Gli sta sempre addosso!” disse Hermione con fare sapiente e con una voce squillante.

“Ne sei sicura?”

“Come?”

“Dico, ne sei sicura che sia insopportabile? Te l’ha detto lui?”

Hermione rimase zitta a guardare truce l’altra.

“Che vorresti dire?”

“Ah… niente” Ginny sospirò e fece per andarsene, non voleva complicare le cose ad Hermione o prendere il ruolo della portatrice di zizzania. Ma la tentazione di insultare Malfoy, a volte era troppo forte.

“No, aspetta. Che cosa vuoi dire, Ginny?”

Hermione la bloccò e la guardò negli occhi.

“Sei proprio sicura di volerlo sapere?”

“Certo!” vi era preoccupazione nascosta nella sua voce.

Ginny restò in silenzio, cercando di capire se quello che stava per fare era la cosa giusta. Ma poi pensò che Draco Malfoy era il male, non ci voleva un indovino per capirlo, e quindi sì, lei stava facendo la cosa giusta.

“Lo faccio per te, Hermione.”

Prese coraggio e parlò.

 “Quando tu ancora non vedevi, lui non ha smesso di frequentarsi con la Parkinson.”

“Che vuoi dire…?”

Hermione era visibilmente disorientata e spaventata da quello che stava per sentire e Ginny sospirò sommessamente.

“Be’… io li ho visti che si baciavano. Più volte… spesso!” aggiunse tutt’ad un fiato.

Hermione fece un passo all’indietro e improvvisamente i suoi occhi si fecero spenti.

“Hermione…”

La riccia si voltò e senza dire una parola andò via.

“Hermione…?” la chiamò un’ultima volta, ma la sua voce era troppo bassa, troppo insicura.

E in quel momento, Ginevra Weasley si rese conto che, forse, aveva sbagliato…

 

La trovò nei bagni femminili del terzo piano, circa un quarto d’ora dopo. Quando Hermione la vide tramite lo specchio le sorrise tristemente.

“Sono stata una stupida, Ginny. Avevi ragione tu a non fidarti.”

Hermione si voltò e Ginny stava per aprire bocca, mentre i sensi di colpa le attanagliavano il cuore, ma l’altra, con lo sguardo fisso nel vuoto, continuò a parlare.

“Non so perché l’abbia fatto… in fondo ha ottenuto quello che voleva. Credo che sapesse sin dal principio che avrei rispettato i patti, e comunque era cosciente che quello che mi chiedeva non era la luna… Quindi non so perché, forse voleva solo giocare. Ma ha sbagliato. Io sono stata ingenua e ceca, molto più di quando non riuscivo a vedere i colori, ma lui ha davvero commesso un grosso errore. Io non voglio piangere per lui, e non lo farò!”

Più decisa che mai a fargliela pagare Hermione si allontanò dal lavandino a cui era appoggiata, diretta verso la porta.

“Aspetta! Magari… magari non ho visto bene e-”

“No, Ginny. Ti ringrazio, ma so che hai visto benissimo.”

Hermione uscì dal bagno e questa volta fu Ginny ad aver voglia di piangere. Voleva sistemare le cose, doveva farlo, ma aveva paura che raccontare la verità ad Hermione sarebbe stato catastrofico per la loro amicizia.

Rimase in bagno a fissarsi allo specchio, a fissare il riflesso di una persona che aveva ingannato la sua migliore amica.

 

 

 

 

 

 

Si lo so, lo so… non è tra i capitoli più lunghi. Chiedo perdono, ma mi serviva dividere così i capitoli in modo da dare un senso ad ognuno di essi.

Questo capitolo per chi già non aveva Ginny in simpatia deve essere stato cruciale, io personalmente non ho niente contro il suo personaggio, direi che mi è indifferente, e forse è anche paggio, ma per chi adora Ginny… be’ non me ne abbiate ^^ ;)

Ringrazio moltissimo e con enorme affetto anfimissi, lunachan62, white_tifa, nightyrock, chiaras e little lady butterfly!!!

Spero di non aver scordato nessuno ^^… E voi altri, una piccola recensione? ** Guardate che io mi demoralizzo…- -

 

Bye bye ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Salve a tutti^^

 

Salve a tutti^^!

Leggendo le vostre recensioni, che come al solito mi riempiono di gioia, mi sono accorta che abbiamo tra noi molte “anti-Ginny” (permettetemi questo termine obsoleto)… meglio così forse, non ci avranno sofferto molte persone per questa Ginny così maligna. Tuttavia non vi ci abituate…

Ginny in fondo credeva di fare il meglio per la sua amica, era in buona fede e la sua non è stata una scelta facile.

Molte di voi mi hanno chiesto come mai Hermione si è fidata così ciecamente, vi rispondo dicendo, come ha già rilevato anfimissi, che Ginny è la sua migliore amica. Provate a mettervi nei panni di Hermione e forse la capirete di più.

Perché la nostra Hermione ha creduto eccome a Ginny e ha agito di conseguenza…

Leggere per credere ;)

 

 

Cap. 14

 

Hermione camminava spedita  verso i sotterranei. Doveva trovarlo quel bastardo Serpeverde!

Per un attimo ripensò ai momenti passati insieme, ad alcune cose che sembravano troppo vere e innocenti in lui per essere premeditate, ma non si lasciò intenerire. Era Draco Malfoy, ci si poteva aspettare di tutto, e lei questo se l’era scordato, mettendo così in pericolo persino i suoi amici. Ma che razza di persona era?

Non riuscì a dare una risposta alla sua domanda perché in quel momento vide Malfoy uscire dai sotterranei, da solo.

Probabilmente stava venendo a cercarla.

 

Si girò e la vide, Hermione stava venendo verso di lui. Si scambiarono un lungo sguardo e poi Draco iniziò a procedere normalmente tra la folla di studenti. Era diretto al lago, dove lei l’avrebbe seguito.

Attraversò il grande salone d’ingresso, sorpasso la pesante e mastodontica porta d’entrata e si ritrovò fuori dalle mura di Hogwarts. C’era ancora troppa gente.

Ignorò un paio di richiami da un trafelato, impegnato, quanto scocciante, Higgs e quando fu abbastanza lontano dalla scuola e da occhi indiscreti, all’ombra di un albero secolare, si voltò.

Come si aspettava, Hermione stava arrivando.

Aveva le spalle rigide ed una espressione seria, anche troppo. Che fosse successo qualcosa?

Quando arrivò davanti a lui, stava per chiederle se c’era qualcosa che non andava, stava per avvicinarsi e baciarla, ma non potè fare più di un passo perché la ragazza gli puntò contro la bacchetta.

Draco sussultò e indietreggiò. Hermione aveva uno sguardo agguerrito e pieno di risentimento, mentre teneva la bacchetta ben salda in pugno.

Lui la scrutò per qualche secondo, insicuro.

“Che fai?”

“Faccio quello che è giusto, Malfoy.”

“Malfoy? Hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?”

“No. A meno che non ce l’abbia messa tu, o qualcuno dei tuoi amichetti, nel mio piatto.”

“Ma che stai dicendo? Abbassa quella bacchetta, per favore” rispose in tono scocciato.

“Certo, come no. Hai finito di prendermi in giro, Malfoy!”

Tese la bacchetta osservano l’espressione corrucciata del ragazzo e pronunciò l’incantesimo.

Incarcero.”

Draco venne sbattuto contro un albero e delle funi apparsero attorno ai suoi polsi, strisciando sulla sua pelle e poi legandolo al robusto tronco.

Si voltò sbalordito e arrabbiato verso la ragazza che non aveva mutato minimamente la sua posizione.

“Adesso basta! Non so cosa ti sia preso ma finiscila con questi giochetti e liberami! Subito!” disse strattonando le mani nel tentativo di liberarsi dalla presa ferrea della corde.

“E’ inutile, solo un incantesimo può liberarti. Ma visto che non puoi utilizzare la bacchetta,  e che qui in giro non c’è nessuno… credo che tu non abbia alcuna possibilità.”

Si avvicinò a lui e iniziò a cercare nelle varie tasche la sua bacchetta. Quella sarebbe stata l’ultima volta che gli si sarebbe avvicinata così tanto.

Sentiva il calore del suo corpo, ma cercò di non pensarci. Quando finalmente trovò la bacchetta la mise nella tasca della sua divisa e, allontanatasi di qualche passo, si voltò a guardare Draco che, con sguardo infuriato e offeso, la osservava.

Iniziava a capire, allora, che con Hermione Granger non si scherza?

“Allora… mi vuoi gentilmente spiegare perché tutt’ad un tratto sei andata fuori di testa? Mi sto iniziando ad arrabbiare seriamente Hermione!”

“Puoi anche tornare a chiamarmi Granger, è finita la scenetta. E’ incredibile quanto una persona può essere falsa.”

“Ma di cosa stai parlando?!”

Gli puntò nuovamente la bacchetta contro e velocemente terminò la sua opera.

Avis Oppugno!”

Un gruppo di canarini iniziò a picchiare Malfoy sul viso e sul capo, lo sentì imprecare e gemere di dolore.

Hermione si voltò e ripose la bacchetta. Con Ron quell’incantesimo aveva dato i suoi buoni effetti, e per ora era sufficiente. Quando l’avrebbe saputo il suo amico… be’, Malfoy avrebbe avuto parecchio da fare.

“Hermione!” lo sentì urlare allontanandosi.

 

Era sera,  ed Hermione si sentiva soddisfatta ma anche infelice.

 Non le sembrava vero, Draco aveva finto tutto, tutto… persino la sua gelosia. Avrebbe sicuramente vinto un Oscar come migliore attore, fosse stato in un film. Peccato che la sua vita non fosse un film, e che Draco probabilmente non sapeva nemmeno cosa significasse quella strana parola.

Sicuramente al sol sentirla avrebbe fatto una faccia schifata e, dopo aver sentenziato qualche apprezzamento non molto carino sui Babbani, avrebbe cambiato discorso…

Era sempre il solito Draco Malfoy, e lei era l’unica a non essersene accorta.

Guardò, sospirando, i libri e i compiti davanti a sé. Se continuava così non avrebbe finito nemmeno per il giorno dopo!

Dopo poco Ginny le fu accanto e apprensiva le parlò.

“Allora Hermione, hai parlato con Malfoy?”

“Certo che sì!” rispose piegandosi sulla sua pergamena in maniera naturale.

“E come è andata?”

“Bene, molto bene. Ti ringrazio infinitivamente Ginny.”

“P-perché?”

“Per avermi aperto gli occhi. Non credo si permetterà più di avvicinarsi a me, e gli conviene!”

Ginny sentendo quelle parole deglutì.

“Cosa hai fatto?”

“Mh… be’, credo che se domani lo guarderai in faccia qualche segno dovrebbe essere rimasto.”

Restò in silenzio mentre Hermione raccoglieva le sue cose.

“Notte Gin” la salutò velocemente e salì di sopra, le sorrise ma Ginny sapeva che in realtà era triste. L’aveva vista, prima, quando si stava avvicinando a lei.

Sospirò affranta.

In fondo aveva ottenuto quello che voleva, aveva fatto allontanare Malfoy da Hermione. Era un bene, sicuramente per lei lo era, ma per la sua amica? Si ritrovò a pensare.

Sospirò un’altra volta  e si abbandonò contro la poltrona rossa. Sapeva che non sarebbe finita lì, ma non voleva pensare a quello che sarebbe potuto succedere.

Il giorno dopo Ginny mangiò poco a colazione, mentre Hermione la saltò del tutto. Cercò di guardare furtivamente al tavolo dei Serpeverde e, per quei pochi secondi che esaminò i componenti della Casa verde-argento, si accorse che Draco Malfoy mancava all’appello.

“Magari è in infermeria…”

Pensò con una pizzico di rammarico.

Non che le dispiacesse la notizia di Malfoy in infermeria, per tutto quello che aveva fatto a lei, a Harry e ai suoi amici, se lo meritava eccome! Ma era stata Hermione a mandarcelo, per colpa sua, per una cosa che non esisteva, per un’accusa infondata…

 

Nel frattempo Draco era rimasto nel suo dormitorio. Per fortuna era stato Blaise a trovarlo… Per fortuna, perché sarebbe stato troppo imbarazzante con qualcun altro, più di quanto non lo era già stato.

Si guardò allo specchio che rimandò indietro il suo riflesso ingiustamente ed evidentemente cambiato, in peggio.

Il suo viso era ricoperto da taglietti e graffi e così buona parte del collo, per non parlare del dolore che avvertiva alla nuca.

Ripensò un’ultima volta ad Hermione, cercando di analizzare con calma il suo comportamento ma, per quanto si sforzasse, davvero non riusciva a trovare neanche una cosa che avrebbe potuto scatenare in lei una simile reazione.

Che c’entrasse in qualche modo Weasley?  Probabile, ma non riusciva comunque a capire…

Dannata Grifondoro!

Con un gesto stizzito si allontanò dallo specchio e prese la borsa con i libri. Sarebbe volentieri rimasto chiuso in camera fino a quando quei segni non fossero scomparsi, ma non poteva.

A tutti gli altri avrebbe semplicemente parlato di un problema con un incantesimo, e in parte era vero, ma sapeva già di doversi sorbire occhiate divertite e risatine trattenute, se gli andava bene…

Uscì dai sotterranei deciso a parlare con Hermione, in oltre voleva riavere indietro la sua bacchetta. A prima ora avevano Incantesimi. 

Si affacciò alla Sala Grande, ma lei non c’era. Così provò nel giardino della scuola, ma non era nemmeno lì.

Era quindi fermo all’ingresso e si guardava in torno irritato, non aveva più molto tempo.

“Ehi Malfoy che ti è successo?” gli disse divertito un Grifondoro, Lee Jordan, passandogli davanti per salire le scale che lo avrebbero portato alla Torre.

“Fatti gli affari tuoi!”

Decidendo che non poteva aspettare oltre Draco si avviò verso l’infermeria, prima della lezione doveva chiedere a Madama Chips se aveva qualcosa per far guarire più velocemente quelle ferite.

Entrato in infermeria chiamò Madama Chips, che uscì dalla stanzetta dove erano tenuti tutti i medicinali assieme ad un ragazza, assieme ad Hermione Granger.

Si fissarono per qualche secondo, intanto l’infermiera lo stava guardando indignata.

“Aspetta qui, vado prendere qualcosa per quei graffi. E tu, cara, mi raccomando non eccedere con quella pozione, altrimenti il mal di testa invece di passare potrebbe degenerare.”

Madama Chips tornò nella stanza da cui era venuta e Draco ed Hermione rimasero soli.

Hermione stringeva tra le mani una ampollina e guardava il ragazzo di fronte a lei, che aveva un’espressione molto arrabbiata.

Osservò il suo viso, e forse avrebbe dovuto ridere, ma non ci riuscì.

“Credo che tu abbia qualcosa di mio” disse con calma.

“Davvero? Non mi risulta.”

“Piantala Granger. Mi serve la mia bacchetta.”

“Oh quella. No, non la ho io.”

“E allora dove è?!”

Hermione alzò le spalle.

“Credo di averla lasciata da qualche parte in giro per il castello. Hogwarts è grande, non mi ricordo.”

Draco assottigliò gli occhi e cercò di controllarsi, intanto Hermione era arrivata all’uscita.

“Se deciderai di darmi delle spiegazioni, un giorno, sarò ben felice di ascoltarti… Ma se aspetti troppo, potresti anche non trovarmi” le disse ad alta voce in modo che lo potesse sentire.

Gli sembrò di vederla indugiare davanti alla porta, ma probabilmente si sbagliò perché la ragazza andò via senza voltarsi.

Stava ancora guardando nel punto in cui Hermione era sparita, confuso in un mare di emozioni, la rabbia, la tristezza e soprattutto l’incredulità, quando si sentì trascinare per un braccio.

“Forza, vieni. Non riuscirò comunque a guarirti del tutto, per quello devi solo aspettare. Ma si può sapere, piuttosto, come hai fatto?”
Madama Chips lo portò a sedere su di un lettino, continuando a borbottare qualcosa sulla capacità degli studenti di farsi del male nelle maniere più assurde, ma i pensieri di Draco erano rivolti altrove.

Hermione entrò nella serra di Erbologia, dove avrebbe affrontato la prima lezione della giornata e dove ancora non c’era nessuno. Lasciò i libri su di un tavolo e si appoggiò ad esso stancamente.

Era convinta di aver fatto la cosa giusta, Malfoy l’aveva ingannata. Ma allora perché non glielo spiattellava in faccia, ghignando e prendendola in giro? Perché si ostinava invece a chiedere spiegazioni?

Era più che chiaro a cosa Hermione si riferisse, altrimenti perché chiamarlo “falso”, o parlare di “scenette”?

Raddrizzò velocemente la schiena e ricacciò in dietro le lacrime, se l’era ripromesso. Non avrebbe pianto.

Solo che Hermione mentiva a sé stessa, perché qualche lacrima era già andata a bagnare il suo cuscino in quelle notti.

La serra pian piano iniziò a popolarsi e tra gli studenti in arrivo c’era Ron. Gli sorrise, vedendolo avvicinarsi, ma per una frazione di secondi la sua vista si oscurò.

Come se qualcuno avesse spento e riacceso le luci, aveva visto il nero avvolgere tutto e tutti e poi scomparire.

Sbattè le ciglia e pensò che aveva fatto male quella mattina a non fare colazione, un calo di zuccheri non era quello che le serviva.

 

La sera aveva portato con sé un venticello fresco, abbastanza forte da far salire qualche brivido lungo la schiena  alle persone che avevano deciso di fare una passeggiatina notturna, al di fuori delle mura del castello.

Draco era seduto sulle scalinate che portavano alla scuola. Era passata un’intera giornata e ancora non aveva trovato la sua bacchetta.

Cos’è un mago senza la  bacchetta?!

Avrebbe potuto chiedere a qualcuno di praticare un Incantesimo di Apello, ma dopo quello che gli era successo, e che tutti avevano in pochi minuti saputo, non gli andava di rovinare ulteriormente la sua immagine dichiarando di aver persino smarrito la bacchetta. Era una questione di orgoglio, nemmeno Blaise ne era al corrente. Quindi se la sarebbe cavato da solo.

Cercare la bacchetta per tutta Hogwarts sarebbe stato da folli, magari Hermione l’aveva anche nascosta, oltre che abbandonata.

Guardò l’ora sul grande orologio del cortile e si disse che era ora di andare, tra poco Gazza avrebbe iniziato a fare i giri di guardia.

Si alzò in piedi velocemente. Ma certo, Gazza!

Doveva solo recarsi nel suo ufficio, lì il Custode conservava tutti gli oggetti smarriti.

Hermione Granger, nel frattempo, era nella sua Sala Comune a chiacchierare con un socievole Matt Vertigo. Draco aveva comunque fatto la sua parte, e ora toccava  a lei. Non si sarebbe tirata indietro e, inoltre, non voleva avere debiti o conti in sospeso con nessuno, men che meno con lui.

“E così sei imparentato con la nostra professoressa!”

“Già, è una mia zia. Però non mi chiedere di che grado perché non ti saprei proprio rispondere. So solo che lei è la figlia… della sorella… di mio nonno paterno. Bel casino eh?” disse corrugando la fronte nel tentativo di ricordare e completando la frase con un sorriso alzando gli occhi al cielo.

Hermione aveva subito cercato di memorizzare l’informazione.

“Già… Ecco quindi perché non portate lo stesso cognome. La Waag ha preso il cognome dal padre e non dalla madre che è tua parente di sangue!”

“Sì…” rispose incerto, vedendo l’entusiasmo di Hermione.

“Ehm… scusa. E che mi affascinando gli intrighi famigliari e le parentele” rispose imbarazzata lei vedendo la faccia del ragazzo.

“Nessun problema” rispose sorridente il ragazzo.

Hermione rimase in silenzio per qualche secondo, ora veniva la parte più bella…e più difficile.

“Sai Matt ho scoperto, per caso, che anche tua zia era una Grifondoro. Dicono siano cose ereditarie.”

“Sì, tutta la mia famiglia lo è stata! Ne andiamo orgogliosi ovviamente! Tempo fa, mi ha raccontato mia madre, possedevamo persino un cimelio che aveva a che fare con Godric Grifondoro, ma non ricordo bene cosa. Era comunque un oggetto di grande valore.”

“Un cimelio di Godric Grifondoro?! Certo che era di grande valore! Però… E non lo avete più?

“No, la mia famiglia l’ha dovuto vendere” rispose affranto.

“Peccato… Forse un brutto periodo economico?” Hermione fece quella riflessione a cuor leggero, e si morse la lingua quando vide il disagio del ragazzo.

“Proprio così. E’ stata colpa di alcune famiglie dell’ alta nobiltà. Io non ero ancora nato quando successe ma ci furono delle storie per un investimento agricolo che la mia famiglia aveva fatto, e per il quale aveva esaurito gran parte del patrimonio. Questo ad alcuni signori non andava bene, se non ho capito male per la posizione del terreno o non so chè, e finirono in tribunale. Naturalmente la causa la vinsero i Malfoy e gli altri” terminò con asprezza.

“I Malfoy?!”

“Sì. So per certo che loro c’entrano qualcosa”

“Quindi sono stati i Malfoy gli artefici del vostro crollo finanziario!”

Il ragazzo la guardò con la fronte corrugata, quelle non erano certo notizie da gridare a destra e a manca.

“E’ brutta gente quella, tutta quanta” terminò con fare sapiente per cercare di rimediare.

“Senti Hermione, io… io credo di aver parlato un po’ troppo. Ho questo vizio, me lo dicono tutti. Però ti pregherei, insomma…”

“Certo, non ti preoccupare Matt. Non dirò una parola, non avrei alcuno interesse a farlo.”

“Grazie” disse imbarazzato.

Era stata una fortuna che il ragazzo fosse piuttosto loquace, se l’era sbrigata prima di quanto pensasse.

Per un attimo aveva avuto la voglia di correre da Draco a raccontargli tutto, abbracciandolo e baciandolo, ma poi era tornata alla realtà, ricordandosi quale fosse.

 

Strinse la sua bacchetta tra le mani e sospirò di sollievo.

Dopo averlo guardato in cagnesco, Gazza gliela aveva resa senza neanche una parola.

Draco entrò nella sua camera, allentandosi la cravatta e appoggiando la bacchetta sul comodino. Si stese sul letto, le braccia incrociate dietro la testa, e prese a guardarsi in giro.

Guardò il soffitto e poi sbuffando abbassò di nuovo lo sguardo, ed ecco che vide qualcosa luccicare tra i libri e le cravatte sul suo comodino.

Si alzò e, scavando tra le varie cianfrusaglie, riuscì a prendere l’oggetto che aveva catturato il suo interesse, e che riconobbe essere la fialetta contente l’ultima parte della pozione per Hermione.

La passò da una mano all’altra, giocandoci con disinvoltura e osservandola.

 Il liquido trasparente, facilmente confondibile con l’acqua ma che in realtà era tutt’altro, si riversò da un lato all’altro del contenitore e ogni tanto liberava qualche bollicina. Chiuse la mano destra attorno ad essa e poi sospirando la rimise apposto, l’indomani l’avrebbe consegnata alla sua proprietaria.

Se non l’avesse bevuta entro una settimana, Hermione avrebbe rischiato di perdere nuovamente la vista. Per sempre.

Lei non sapeva nulla di tutto ciò, non gliene aveva mai parlato dato che per lui, sin dall’inizio, quella doveva essere una garanzia che la ragazza rispettasse i patti. Ora però, aveva deciso di ultimare il suo lavoro in qualunque caso.

Storse il naso, pensando che prima una cose del genere non l’avrebbe mai fatta.

La porta della camera si aprì e Tiger e Goyle entrarono piuttosto stanchi, la punizione con Piton doveva essere stata pesante.

“Tieni, è per te.”

Goyle gli porse una lettera e poi si diresse vero il suo letto.

“L’ha portata un allocco, qua giù non arrivano e così l’ha lasciata a noi.”

La guardò scetticamente, ne aveva già vista una simile. La girò sul retro e trattenne il fiato.

Una lettera del Ministero.

Si sedette sul letto, in un angolo, il più lontano possibile da tutti e aprì la busta.

Era arrivato quindi il momento di giustiziare Lucius Malfoy?  Il Ministero aveva finalmente liberato la sua agenda?

Aprì la lettera piegata in due, velocemente, ma con meno ferocia abbassò lo sguardo su quelle righe.

Alla fine però lesse, lesse quello che purtroppo aveva immaginato ma che ancora sperava non si fosse avverato.

Tre giorni, solo tre.

Richiuse la lettera, con calma, come se nulla fosse successo. Osservandolo bene però, qualcuno si sarebbe accorto che Draco Malfoy aveva gli occhi fissi e persi nel vuoto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Cap

Cap. 15

 

Hermione quella mattina si svegliò frastornata, aveva avuto una notte piena di sogni  e di questi ne ricordava solo alcuni frammenti. Sapeva bene però, che in ogni singolo sogno, Draco Malfoy era presente.

Fece mente locale su quello che aveva scoperto riguardo la Waag,  si alzò quindi dal letto dirigendosi verso il bagno per cambiarsi e lavarsi.

Oggi avrebbe chiuso i conti.

 

Trovò Draco nel corridoio del settimo piano, alla seconda ora. Gli fece segno di seguirla e si appartarono nell’aula di Divinazione vuota.

Hermione, chiusa la botola, si voltò verso di lui e iniziò a parlare senza pause.

“Ho comunque tenuto fede al nostro patto, quindi ho indagato sulla Waag. A quanto pare la tua famiglia è stata la responsabile del crollo economico della sua, ci furono alcune storie per delle terre.

“E così… avevi ragione, qualcosa sotto c’era.”

Guardava Draco, che sembrava ascoltare tutto quello che gli diceva passivamente. Non aveva proferito parola, né si era dimostrato in qualche modo entusiasta.
“Io ho fatto quello che dovevo, quindi credo che non abbiamo più niente da dirci.” 

Lui la continuava a guardare, scrutava i suoi occhi ma non parlava.

Non aveva più nient’altro da fare lì in quella stanza, ma qualcosa la tratteneva.

Non sapeva perchè, ma appena l’aveva visto, quella mattina, Hermione aveva subito pensato che Draco fosse strano.

Gli lanciò un ultimo sguardo e poi si abbassò per aprire la botola.

“Mi vuoi dire che è successo? Te lo chiedo un’ultima volta, Hermione” la sua voce era stanca.

Hermione si bloccò.

“Lo sai. Mi sono lasciata ingannare, sono stata ingenua. Eppure Ginny me l’aveva detto. Non so che cosa volessi ottenere, Malfoy, ma sta sicuro che ora ho capito bene chi sei. E’ comunque, lasciatelo dire, hai dei gusti orrendi. Pansy Parkinson è quanto di peggio potessi trovare.”

“Ma che c’entra ora? Che stai dicendo?”

Hermione però era già scivolata di sotto, richiudendo la botola.

Con un verso esasperato, Draco si sedette su di un puff giallo ocra con dei decori dorati. Aveva altri problemi, ora, piuttosto che pensare alla gelosia infondata di quella ragazza.

Pansy! Sempre Pansy! Non avevano rapporti ravvicinati da mesi!

Si prese la testa tra le mani e decise di mettere da parte i problemi con Hermione. Se si comportava così era davvero una stupida, e di certo lui non avrebbe più perso tempo per lei...

Purtroppo da sua madre nessuna notizia, ma oggi le avrebbe scritto. L’attesa era un’agonia, e quando si è tenuti all’oscuro di tutto è anche peggio.

Magari era stato organizzato qualche piano. Qualcosa bolliva in pentola, per forza!

Perché non era possibile, davvero no, che suo padre… morisse baciato dai Dissennatori.

I Dissennatori… quelle spregevoli creature erano passate di nuovo dalla parte del Ministero, una volta scomparso il Signore Oscuro.

Passarono altri due giorni, sua madre gli aveva fatto capire che di speranze ce ne erano poche, nonostante stesse provando di tutto. Lui era sempre più ansioso, irritante e spaventato.

Con Hermione non aveva più parlato da quando era venuta a comunicargli di aver svolto la sua parte del patto, ma l’aveva scorta più di una volta a guardarlo con un’espressione dubbiosa. Nel frattempo durante le sue lezioni la Waag si era mostrata sempre più giovale e felice, si poteva dire che gli stesse dando tregua. Nessuna ingiustizia eclatante, niente battutine, e finalmente Draco potè tirare un respiro di sollievo.

In quel momento era nel suo letto, tutti i suoi compagni dormivano e il loro russare ne era la prova. Si girava e rigirava tra le lenzuola, erano passate forse ore da quando si era messo a letto ma, ostaggio dei suoi pensieri, non era ancora riuscito a chiudere occhio. 

L’indomani sera, come in quel momento, forse sarebbe stato orfano di padre. Non era una cosa che capitava tutti i giorni…

Draco aveva chiesto di tornare a casa, ma sua madre aveva detto che non dovevano puntare i riflettori su di loro. Quindi, fin quando non sarebbe successo l’irreparabile, doveva comportarsi come nulla fosse.

Perché non è mai detta l’ultima parola… Gli aveva scritto. E lui confidava in quelle parole, trovando un appiglio, un barlume di speranza che forse non c’era.

 

La Sala Grande pullulava come al solito di studenti affamati, ed Hermione Granger era seduta al tavolo dei Grifondoro, con il viso sul palmo della mano, girando distrattamente il suo latte e caffè.

In quei giorni non aveva più parlato con Draco, ma l’aveva osservato molto, non riusciva a farne a meno, e si convinceva sempre più che qualcosa non andava in lui.

Non sorrideva (e questo in effetti era chiedere troppo), non ghignava e non sghignazzava come di consueto con i suoi amici. Non aveva attaccato briga con nessuno, aveva sempre ignorato lei e Ron, e neanche per sbaglio lo si vedeva nel parco durante le ore di buca.

Ma in fondo a lei che importava? Insomma, l’aveva ingannata, era stata il suo gioco e lei stava ancora a preoccuparsi per lui?!

Portò la grande tazza colorata alle labbra e sorseggiò un po’ di bevanda calda. Vide Ginny che la guardava preoccupata e dispiaciuta, le sorrise non sapendo che altro fare e poi tornò alla sua colazione.

Anche Ginny in quei giorni era strana. Le era sembrato più volte che volesse dirle qualcosa, ma si tratteneva, e aveva anche avuto l’impressione che volesse che lei si chiarisse con Malfoy. Ma chiarire cosa?

Al contrario, Ron era allegro e pimpante da quando gli aveva detto di non avere più alcun genere di rapporto con il Serpeverde.

Si ritrovò a pensare che era stata una fortuna il fatto di non aver detto nulla al suo amico, riguardo a lei e Draco. A guardare come era finita, l’avrebbe solo fatto agitare e preoccupare per niente. Inoltre avrebbe perso un po’ della stima e della fiducia che Ron riponeva in lei, ne era certa.

Centinaia di gufi planarono sopra i tavoli della Case, portando con sé pacchetti, giornali e lettere.

Un gufo marrone consegnò ad Hermione la consueta Gazzetta del Profeta che, con molta eleganza, aprì.

In prima pagina un titolo risaltava:

“Fuga da Azkaban durante la notte!”

Sgranò gli occhi e guardò la foto, che ritraeva un’intera fila di celle dai cancelli scardinati e dalle grate ridotte in piccoli pezzi di ferro. Iniziò quindi a leggere frettolosamente il fitto articolo, mentre per tutta la sala iniziavano a diffondersi squittii impauriti, sussurri ed esclamazioni di vario genere.

“Un’altra volta le porte di Azkaban sono state raggirate e la sicurezza della Prigione Inespugnabile, usurpata. Cinque Mangiamorte sono scappati nella notte non lasciando traccia di sé…

 Tra i ricercati sono presenti nomi importanti come Lucius Malfoy, riuscito a scappare la notte prima dell’ esecuzione della sua condanna, il Bacio,…”

Non finì di leggere e, a bocca parta, abbassò il giornale e si volò a guadare Draco. Poteva vedere bene la felicità inaspettata che c’era sul suo volto mentre teneva fra le mani il giornale e faceva scorrere i suoi occhi, sempre e sempre più volte, su quell’articolo.

Ora capiva, capiva il perché del suo strano comportamento. Draco doveva sapere già da prima della condanna del padre, ma evidentemente non sapeva del piano di fuga…

I Mangiamorte fuggiti da Azkaban. Lucius Malfoy fuggito da Azkaban… Harry sarebbe diventato furioso.

Si voltò verso Ron che teneva stretta tra le mani una copia della Gazzetta, tremava dalla rabbia.

Si voltò di nuovo verso Draco, era felice…

Hermione restò in silenzio per tutto il resto della colazione, non dava una sua opinione su quanto era successo, e non rispondeva a nessuna delle domande che le venivano poste.

Guardò poi istintivamente verso il tavolo dei professori e, dove prima sedeva una allegra professoressa Waag, ora c’era solo un posto vuoto. Non sapeva perché ma questo le trasmetteva un senso di inquietudine, soprattutto quando si accorse che anche Draco era andato via.

Si alzò da tavola e senza dire una parola  uscì dalla Sala Grande, presto però la voce di Ginny la raggiunse.

“Hermione aspetta!”

La raggiunse correndo.

“Ti devo parlare.”

“Non ora Ginny.”

“No. Adesso, Hermione.”

Ginny la condusse in giardino, in un angolo isolato e, mentre Hermione era sempre più inquieta ed agitata, iniziò a parlare.

“Io… io Hermione ieri ti ho visto piangere, in biblioteca. E so anche il perché.”

Hermione sussultò ricordandosi il cedimento che la sera prima aveva avuto, quando credeva non ci fosse nessuno, se non la bibliotecaria barricata dietro la sua scrivania. Ginny sembrava far fatica a parlare, giocava con le sue stesse mani, poi prese un respiro e continuò.

“E’ per Malfoy. Io sinceramente non so perché, Hermione. Devi essere sicuramente impazzita se ti sei innamorata di quello lì, però…”

“Sì Ginny, hai ragione. Sono impazzita… e mi sono innamorata” sussurrò guardando per terra.

“Già… Hermione io te lo dico perché non ce la faccio più, perché vederti così mi fa stare male e perché mi sento un mostro per quello che ho fatto.”

“Di che parli Gin…?”

La sua amica stava entrando nel panico, aveva la voce incrinata e gli occhi le erano diventati lucidi.

“Io… oddio! Hermione ti ho mentito.”

La ragazza la guardò interrogativamente e lei continuò.

“Non è vero. Non è vero che ho visto Malfoy baciarsi con la Parkinson… Neanche una volta.”

Ginny abbassò lo sguardo, mentre un Hermione più che sbalordita sgranava gli occhi e tentava di dire qualsiasi cosa.

“Mi dispiace…”

“Mi… mi dispiace?! Ginny ma ti rendi conto di cosa… di… di cosa mi hai fatto fare?!”

“Io…”

“Perché? Come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?!” ora stava urlando.

“Non mi piace Malfoy, ero preoccupata per te e…”

“OH!”

Si voltò e andò via senza neppure darle ascolto. Entrò nella scuola affannata nella ricerca di Draco, ma all’ingresso si scontrò con un affranto Matt Vertigo.

“Hermione…”

“Scusa Matt, vado di fretta.”

 “Sì, certo. Solo una cosa, hai visto la professoressa Waag?”

“No… In effetti la stavo cercando, come mai è sparita?”

“Be’ credo sia normale!”

“Perché?” chiese avvicinandosi di più al ragazzo e abbassando la voce.

“Forse non dovrei dirtelo ma…”

“Ti prego Matt è importante.”

“E’ appena scappato dalla prigione l’assassino dei suoi genitori, proprio quando stava per esser fatta giustizia.”

“Chi?”

“Lucius Malfoy. L’assassinio è stato elencato tra i suoi crimini da Mangiamorte” rispose a bassissima voce.

“C-come, Lucius Malfoy? Ma… ma lei non ce l’aveva con i Malfoy perché sono stati i responsabili del vostro crollo economico?!”

Il ragazzo la guardò accigliato e preoccupato, al contempo, da suo comportamento.

“No, non capisco… Cioè, i problemi economici non c’entrano con Linda, lei è parente dalla parte di mio padre e il crollo è stato della la famiglia di mia madre. Ed è comunque successo diverse generazioni fa.”

Hermione rimase spiazzata da quelle scoperte dell’ultimo minuto.

Aveva sbagliato tutto, lei aveva dato a Draco delle informazioni sbagliate. Linda Waag si accaniva contro il figlio dell’assassino dei suoi genitori, questa era la verità.

Ora era decisamente preoccupata.

Guardò l’orologio e si rese conto che era già ora di lezione. Prima ora: Difesa Contro Le Arti Oscure, con i Serpeverde.

Si affrettò per i corridoi, doveva avvertire Draco.

Non mancava molto per raggiungere l’aula, quando d’improvviso ebbe un violento giramento di testa  e nuovamente la sua vista si oscurò. Si appoggiò al muro, e questa volta c’era voluto più di qualche secondo affinché recuperasse la vista.

Respirò piano, mentre un gruppo di studenti le si avvicinava chiedendole come stava.

Si raddrizzò e, ignorando tutti, riprese a correre verso l’aula di Difesa.

Quando arrivò, come temeva, la porta era chiusa e la lezione già iniziata. Entrata in classe, dopo aver educatamente chiesto scusa per il ritardo, cercò di attirare l’attenzione di Draco, ma era troppo distante.

Si sedette all’unico banco rimasto libero, in seconda fila e al centro. Solo per qualche secondo incontrò lo sguardo di Draco, troppo poco persino per scambiare una parola, e vide che i suoi occhi erano freddi mentre la guardavano.

“…se aspetti troppo, potresti anche non trovarmi…”

Linda Waag nel frattempo non aveva detto una parola, non la riprese neppure  per il suo ritardo.

Era china sul suo registro e scriveva velocemente, calcando la piuma su ogni lettera.

Dopo cinque minuti buoni, in cui la classe rimase in silenzio, resasi cono dell’umore dell’insegnante, la Waag si alzò dalla sua sedia.

“Bene. Oggi faremo prova pratica.”

Scrutò la classe con un’espressione seria e impescrutabile.

“Malfoy, vieni.”

Hermione trattenne il fiato, stava per urlare a Draco di non andare. Cosa aveva in mente la Waag?

Draco intanto si era scambiato uno sguardo con Zabini, alzandosi dalla sedia, e iniziò ad avvicinarsi  alla cattedra come gli era stato detto di fare.

 

La Waag era molto nervosa, ma niente avrebbe rovinato il suo umore ottimo quella mattina, nemmeno quella isterica zitella.

La guardò negli occhi spavaldamente e questo provocò nella donna un moto di ira, che fu però ben nascosto dal suo viso di cera.

Linda Waag si schiarì la gola, si avvicinò alla cattedra prendendo la bacchetta e poi si rivolse nuovamente alla classe.

“Le Maledizioni Senza Perdono” disse con voce chiara e ferma.

Draco si accigliò, non senza un pizzico di preoccupazione che aumentò vedendo Hermione muoversi agitata sulla sedia.

“Mi scusi, vuole fare esercizio pratico con le Maledizioni?” gli venne naturale di chiedere.

“Una volta Moody ce lo fece fare, con l’Imperius!” arrivò una voce dal fondo dell’aula.

La Waag si voltò verso di lui sorridendo.

“E’ quello che ho detto, no?”

Quella cosa chiamata istinto naturale di sopravvivenza, o sesto senso, si fece strada in Draco, che immediatamente mosse la mano verso la bacchetta.

 “Crucio.”

Successe tutto in pochi secondi, e non ebbe nemmeno il tempo di stupirsi per ciò che sentì, che già si ritrovo schiacciato a terra a causa del dolore lancinante.

Dalla classe intanto si alzavano esclamazioni e grida  spaventate, sentì il rumore delle sedie che strisciavano e parole confuse.

Stringeva pugni nel tentativo di non urlare, come invece non aveva potuto evitare di fare all’inizio, e di impugnare decentemente la bacchetta per reagire. Ma non ci riusciva, non riusciva a fare altro se non contorcersi, stringere gli occhi ed essere succube di quel dolore.

Hermione si era alzata dalla sedia e guardava quello che stava succedendo ad occhi sbarrati. Non poteva averlo fatto, non poteva aver davvero usato una Maledizione contro un allievo.

Erano passati pochissimi secondi, il tempo per riprendersi dallo shock, che vide un gruppo di Serpeverde, tra cui Tiger, Goyle e Zabini prendere le bacchette e farsi avanti.

Impugnò anche lei la sua bacchetta e avanzò.

“Lo lasci!”

Un Expelliarmus venne lanciato da Zabini ma la Waag sospendendo la Cruciatus riuscì a proteggersi.

“State indietro se non volete fare la stessa fine, questa è una cosa che non vi riguarda!”

Aveva gli occhi infuocati e parlava tra i denti.

Irriconoscibile. Linda Waag in quel momento era irriconoscibile.

Draco intanto aveva ripreso a respirare regolarmente e, ancora traumatizzato, si era alzato in piedi posizionando la bacchetta in sua difesa.

“Lei è pazza” aveva detto tutto d’un fiato.

“Forse, ma proprio non ho saputo resistere, sai? Gli assomigli così tanto, è stato come averlo davanti agli occhi ancora una volta.”

La Waag fece dei passi nella sua direzione e lui indietreggiò, aveva la follia negli occhi.

La donna approfittò di un suo momento di distrazione, che aveva usato per guardarsi in torno e sperare nei  ragazzi che urlavano aiuto, cercando di farsi sentire da qualcuno, per usare un Incantesimo di Disarmo non verbale e far volare lontana la sua bacchetta.

“Di chi sta parlando?”

Lucius Malfoy” disse piano.

“Che c’entra? Cosa vuole da me?”

Altri ragazzi intanto si erano accalcati verso la porta che però trovarono chiusa, e iniziarono a lanciare Alohamora o a tirare calci.

“Be’ tu sei suo figlio… E non è giusto. Non è giusto che un assassino come lui, quando finalmente stava per fare la fine che si merita, se la sia cavata. Ancora una volta.”

“Lei lo fa per questo…? Lei usa una Cruciatus contro tutti i figli di Mangiamorte?” la sua voce era più sottile e trasmetteva paura e insicurezza.

“No… Io la faccio perché tu sei figlio di Lucius Malfoy, di colui che ha ucciso i miei genitori.

E’ venuto a casa mia, distruggendola insieme ai suoi compagni, di cui purtroppo non conosco l’entità, e se si fosse accorto di me io avrei avuto la stessa sorte della mia famiglia. Ma invece ho continuato a vivere, l’ho fatto solo in previsione di questo momento ed ora.... ora invece!” concluse con isterismo nella voce tendendo ancor di più la bacchetta.

Draco sussultò. Era un insegnante di Difesa, quante possibilità aveva contro di lei?

“Si fermi! Professoressa Waag è un crimine, non lo può fare!”

Si voltò verso Hermione, che aveva urlato e si era avvicinata di più a loro.

“Stai indietro! Non voglio fare del male anche a te. Tu sei una cara ragazza Hermione…” terminò la frase addolcendo le parole e rivolgendole uno sguardo dolce, che doveva essere affettuoso ma che la fece solo rabbrividire.

Per una volta Draco si trovò d’accordo con l’insegnate.

“Sì, Hermione. Sta indietro.”

Si scambiarono uno sguardo intenso, carico di emozioni, volendosi dire tante cose ma non potendo esprimere neanche una.

Lo sguardo di Draco si spostò velocemente verso la Waag, di nuovo lo stava facendo. Stava pronunciando quelle parole.

Cercò di scappare da destra ma lei fu più veloce e, la già vissuta sensazione di essere trapassato da aghi ardenti, si impossessò del suo corpo.

Questa volta fu peggio, il dolore era ancora più forte, ma durò poco.

All’improvviso si sentì libero, smise ti tremare e due mani gli si posarono delicatamente sulle spalle, in un mezzo braccio, facendolo alzare.

Linda Waag era appoggiata contro un muro, il capo chino, e una mensola di boccette completamente andata in pezzi dietro di lei.

Severus Piton le puntava una bacchetta contro e i ragazzi iniziarono ad uscire velocemente dall’aula, ancora sconvolti.

Prima di vederla scomparire oltre la porta, si guardò un’ultima volta con Hermione, che veniva trascinata via da Weasley.

Il suo sguardo era colpevole e disperato.

Chiuse un attimo gli occhi e respirò profondamente.

“Tutto bene, signor Malfoy?”

Minerva McGranitt lo guardò con sguardo indagatore ma preoccupato.

“Sì.”

Draco fece un passo all’indietro, avrebbe preferito essere abbracciato da qualcun altro. Diciamolo, la McGranitt non era il massimo…

“E’stata una fortuna che Gazza, passando di qua, abbia sentito le vostre urla. Ci ha avvertito subito.”

Annuì, capendo come erano andate le cose.

Era intanto arrivato il preside, venuto a conoscenza di quello che era successo e che, insieme a Piton, si stava assicurando di portare via Linda Waag, che non sembrava fare più alcun tipo di resistenza con la mani legate da un incantesimo.

“Lo so…” diceva.

“Lo so, è stata una cosa stupida. Se proprio volevo, avrei dovuto farlo in un posto isolato, lontano da tutti, vero, Piton? Ma all’inizio non era mia intenzione, volevo solo fargli un po’ di paura. Poi, quando me lo sono visto davanti… Quegli occhi, quella sfacciataggine. Non è giusto! Lucius Malfoy deve morire!”

Draco la guardava torvo mentre, passandogli accanto tenuta saldamente per un braccio da un ripugnate Piton,  aveva iniziato a gridare e ad agitarsi.

Era pazza, Linda Waag era pazza. Non c’era altro da dire.

 

 

 

 

Purtroppo sono difrettissima e non ho tempo di rispondere ad ognuna di voi, ma vi ringrazio tantissimo per le recensioni, per i complimenti e per star seguendo questa storia. Vi incito ancora, recensite recensite recensite ragazzi!!!! Vi voglio bene

Mavi ;) Perdonatemi gli eventuali errori... ma non ho avuto molto tempo per rileggerla... ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Perdonate il ritardo, lo so, avrei dovuto aggiornare circa una settimana fa

Perdonate il ritardo, lo so, avrei dovuto aggiornare circa una settimana fa. Il capitolo era già pronto ma la mia linea ha deciso di guastarsi proprio nel momento meno opportuno!! Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto per il capitolo finale (sigh) e sì… siamo arrivati proprio alla fine, nemmeno io me ne ero resa conto.

Credo sia scontato ripetere a tutti voi che vi ringrazio immensamente, ma voglio farlo comunque. Grazie, grazie, grazie a tutte le persone che hanno letto questa fanfiction, a tutte quella a cui è piaciuta, a tutte quelle che mi hanno recensita e che mi hanno incitato ed entusiasmato a continuare.

Vorrei ringraziare personalmente ognuna di voi ma purtroppo non ho tempo, non mi connetto dal mio pc dato che non è ancora utilizzabile e non so tra quanto potrò tornare a vedere le recensioni. Ho fatto comunque di tutto per poter pubblicare questo capitolo perché so che non è coretto far aspettare, ancor di più quando si tratta dell’ultimo. Purtroppo comunque non potrò aggiornare la fanafiction in tutti i siti in cui è pubblicata L -__-… ripeto, questione di tempo e di scorrevolezza nel pubblicare… Ma questo so che non vi interessa.

Buona lettura ;)

Ormai sera, Hermione era in Sala Comune, pronta ad approfittare della prima opportunità per uscire senza dover dare spiegazioni.

Secondo voci di corridoio, Draco era stato subito portato in infermeria e lì era stato lasciato a riposare.

Doveva andare, doveva andare da lui. Spiegarsi e chiedere perdono.

Finalmente anche Lavanda e Calì decisero che era ora di chiudere i libri, lasciando in sospeso almeno la metà dei compiti, e salire a “prepararsi” per la notte. D’altronde, per togliere tutto quel trucco, smalto e cose varie, poteva capire che ci volesse un bel po’ di tempo.

Erano con lei, seduti su di un divano, Ron e Ginny. Entrambi stranamente silenziosi.

Il comportamento di Ginny era più che comprensibile, si sentiva in colpa, e in ogni suo sguardo chiedeva scusa.

Non aveva più parlato con lei, ma in fondo l’aveva già perdonata, soprattutto perché sapeva bene cosa significasse cercare disperatamente il perdono di una persona a cui si vuole bene.

Decise di andare. Era già tardi, e non poteva aspettare che anche Ron se ne andasse, anche perché sembrava non avere alcuna intenzione di muoversi da lì. Si sarebbe quindi inventata una scusa.

Si alzò dal divano e, sistemandosi la gonna con causalità, avvicinandosi al tavolo per chiudere i libri rimasti aperti, si avvicinò piano a piano all’uscita.

“Dove vai?” le chiese Ron con voce dura.

“In biblioteca, devo prendere un libro che ho deciso di leggere stanotte…Non ho molto sonno.”

“In biblioteca. E resti lì, stanotte, a leggere il libro?”

“Che vuoi dire Ron?” chiese alzando un sopracciglio.

Il ragazzo si voltò verso di lei.

“Non mi prendere in giro, Hermione. Perché se ti seguissi, sono convinto che non ti vedrei andare in biblioteca.”

Hermione deglutì.

“A no…?”

“No.”

La guardava scuro in viso.

“Perché tanta agitazione, oggi, per quello che è successo in classe?”

“Come sarebbe a dire?! La Waag lanciava Cruciatus e tu mi chiedi come mai era così agitata?”

“La Waag lanciava Cruciatus a Malfoy, e tu sei subito scattata in piedi urlando “no”. Non se ne è accorto quasi nessuno, credo, ma io ti ho visto e mi sei sembrata un po’ troppo presa. Allora, Hermione, stai andando in biblioteca?”

“Ron, ti prego… Non ti immischiare e non diffidare, io lo fatto e…”

Ginny parlando si era girata a guardarla, Hermione le sorrise e bastò quello per far tornare la serenità negli occhi della sua amica.

“Ti spiegherò tutto, Ron. Te lo prometto.”

Abbozzando un sorriso uscì dal buco nel ritratto, lasciando Ron e Ginny da soli. L’uno innervosito e lugubre, e l’altra felice e sollevata.

I corridoi illuminati dalle torce appese alle pareti erano ancora popolati dagli studenti più grandi, ed Hermione procedeva a passo spedito per l’infermeria. Passando accanto ai quadri, non potè fare a meno di sentire che tutti parlavano e discutevano dell’evento della giornata. Le voci ad Hogwarts giravano in fretta, si sa’.

Era quasi arrivata a destinazione, quando il suo riflesso venne catturato per qualche secondo da uno specchio dalla pesante e ornata cornice dorata. Si fermò e tornò indietro di qualche passo per specchiarcisi.

I cappelli ricci e voluminosi erano come al solito sciolti, mentre ricadevano naturalmente sulle spalle, e sotto gli occhi facevano bella vista delle occhiaie.

Poche erano le volte in cui Hermione si metteva davanti ad uno specchio con l’intenzione di rendersi “bella” per qualcosa, o per qualcuno.

Si guardò con aria critica e mise la mano in tasca, facendola vagare tra i meandri della stoffa nera. Quando finalmente riuscì trovare la pinza che si era portata dietro portò alcune ciocche di capelli all’indietro, liberando così il viso. Si curò poi di far scendere un’altra ciocca di capelli, abbastanza consistente, sulla spalla destra, in modo casuale.

Per le occhiaie non poteva fare niente, non senza i mezzi giusti, quindi rassegnata prese il lucidalabbra.

Lo guardò indecisa, non voleva diventare come le sue compagne di stanza, ma in fondo che stava facendo di male? L’importante era non esagerare e non sfiorare il fanatismo.

Decisa, passò un leggero strato di lucido trasparente sulle labbra rosate e, guardatasi un’ultima volta, si avviò per l’infermeria.

Draco era disteso sul letto dell’infermeria ma, per quanto quella giornata fosse stata carica di eventi ed emozioni, per non parlare del fatto che aveva subito una Maledizione Senza Perdono, non riusciva a dormire. Non che non fosse stanco, lo sentiva che il suo corpo chiedeva di riposare, ma la sua mente non voleva cessare di lavorare frenetica tra pensieri, preoccupazioni e fantasia.

Narcissa era stata avvisata dell’accaduto ed era venuta da lui solo per qualche minuto, per accertarsi di persona che stesse bene. Aveva il viso stanco e qualcosa gli fece capire che quella notte non aveva dormito…

Aveva provato a chiedere qualcosa su suo padre, ma la presenza troppo vicina di Madama Chips aveva impedito a sua madre di dire qualsiasi cosa, così aveva solo ricevuto uno sguardo rassicurante.

“Draco?”

Sussultò spaventato, era sicuro che non ci fosse nessuno, e invece…

Si voltò, e vide che ai piedi del letto vi era una sagoma conosciuta.

Responsabili del crollo economico della sua famiglia, eh?” disse acidamente mettendosi a sedere.

Hermione abbassò il capo.

“Scusa…”

La guardò incerto.

“Be’ in ogni caso non sarebbe cambiato nulla. Per un motivo o per l’altro, non avremmo potuto prevdere quello che è successo.”

Stava impazzendo.

Invece di arrabbiarsi come un matto la scagionava così?! Avrebbe potuto approfittarne e fargliela pagare per gli ultimi giorni infernali che gli aveva fatto passare… ma quando l’aveva vista, aveva capito quanto già si sentiva in colpa.

Hermione sentendo quelle parole sollevo il capo, sorpresa e sollevata. Si avvicinò di più a lui, lasciandosi illuminare dalla calda luce della candela, appoggiata sul comodino accanto al letto.

“Come stai?”

“Dolorante… e non riesco a dormire.”

Prese la sedia e la trascinò vicino al letto, sedendosi. Draco la guardò torvo.

“C’è bisogno di una sedia? Ho detto che sono dolorante, non che ho la peste…”

Hermione sorrise e, senza farselo ripetere, si sedette sul letto.

“Ti devo delle spiegazioni” disse la Grifondoro rompendo il silenzio che si era creato.

“Già.”

Hermione sospirò.

“Ginny mi aveva detto che tu mi ingannavi, che, quando ancora non vedevo, in realtà continuavi a stare con la Parkinson…”

Draco stava per rispondere in sua difesa, ma lei continuò a parlare non permettendoglielo.

“Io ho creduto a lei, insomma… era Ginny, la mia migliore amica, e tu ancora un punto interrogativo per molti versi. Ero molto, molto arrabbiata con te. Anzi no, ero più che arrabbiata e soprattutto… ferita.”

Lo guardò. Draco l’ascoltava in silenzio e, alle sue ultime parole, Hermione aveva interpretato benissimo il suo pensiero. Spostò lo sguardo dai suoi occhi limpidi, ad alcuni taglietti e graffi che ancora erano visibili sulla sua pelle chiara.

“Anch’io ero arrabbiato, e ferito.”

Sorrise imbarazzata, rossa dalla vergogna e, abbassando gli occhi, continuò.

“Credevo mi avessi ingannato, ma non capivo comunque il perché. Stavo male, e oggi Ginny mi ha detto la verità…”

“Ci avrei scommesso che in qualche maniera c’entravano i Weasley. Quella famiglia porta sfiga più di Potter” gli occhi assottigliati e centinaia di insulti non pronunciati contro quella famiglia di inutilità dai capelli ridicolamente rossi.

Hermione gli lanciò uno sguardo fulminante e Draco non toccò più quell’argomento, anche se non si astenne dal sfoggiare il suo ghigno beffardo.

“Se me ne avessi parlato prima, però, ti avrei spiegato… Anche se dubito che mi avresti creduto, a questo punto.”

Non gli rispose, ma continuava a fissare il fuco della candela.

“Scusa. Non ho avuto fiducia in te, e non ho nemmeno saputo svolgere la mia parte del patto. Avrei dovuto capire che c’era qualcosa di più… e scavare più affondo. Quando stamattina ho scoperto la vera ragione dell’odio della Waag per te, era troppo tardi per avvisarti.”

“Lo sapevi già, a lezione?”

Hermione annuì e Draco si spiegò il motivo della sua agitazione in classe.

“Ti ho già detto come la penso sulla faccenda della Waag, non voglio ripetermi e non voglio nemmeno più toccare questo argomento.”

Parlò altezzoso ma Hermione sapeva che era solo una maschera d’imbarazzo. Aveva già dichiarato che non le dava la colpa per quello che era successo, e lui non era il tipo da dire certe cose, figurarsi dal ripeterle.

Il sorriso che incurvava le sue labbra tutt’ad un tratto si spense. La vista le si oscurò di nuovo, la testa le girava e una strana sensazione di spossatezza, insieme a panico, la invase. Si aggrappò al letto e cercò di recuperare il controllo del suo corpo.

Draco le si avvicinò all’istante e ci mise pochi attimi per collegare tutto.

“Aspetta un attimo.”

Si alzò velocemente e andò alla sedia dove erano ammucchiati i suoi vestiti, prendendo a cercare freneticamente nelle tasche della divisa la fialetta trasparente.

L’aveva portata con sé quella mattina, con l’intenzione di darla ad Hermione ma, pensando alla Cruciatus subita, la paura che si fosse rotta era più viva che mai. Però la fortuna non l’aveva ancora abbandonato del tutto e, poco dopo, toccò il vetro liscio e freddo.

“Draco… Non vedo. Non vedo più!” era entrata nel panico e cercò il ragazzo con la mano, accanto a sé.

“Bevila.”

Le chiuse nel pugno la fialetta.

“Cos’e?”

“Fa come ti dico, ma presto!”

Hermione esitò, toccò con le dita il tappo di sughero, e sentì il rumore di un liquido che si muoveva all’interno del piccolo contenitore.

“Fidati” disse semplicemente.

Sì. Si sarebbe fidata. Questa era la sua occasione per rifarsi, giusto?

Stappò la fialetta e bevve il liquido.

In un primo momento fu come bere un liquore molto potente, perché la gola le bruciò terribilmente, ma poi fu anche peggio.

Non riuscì a distinguere un sapore ben definito, perché non c’era. Era solo aspro e caldo, molto caldo. La sua bocca era calda, la sua gola era calda e anche il suo stomaco lo era. Pensò, ad un certo punto, di star bruciando dall’interno. Tutto quel calore si concentrò poi sugli occhi, che teneva chiusi e stretti.

Si era piegata su sé stessa e sentiva Draco, dietro di lei, che le diceva di non preoccuparsi.

D’un tratto, però, tutto il calore come era iniziato finì. Riaprì gli occhi, e riuscì a vedere il pavimento di pietra.

Si rialzò e si voltò verso di lui.

“Cos’era?” chiese con voce roca.

Draco si rilassò e tornò seduto.

“La seconda parte della pozione.”

Hermione corrugò la fronte e lo guardò.

“Cosa?” chiese con un filo di voce.

“Deve essere presa non oltre una settimana da quando si beve la prima parte, altrimenti… si perde nuovamente la vista. Per sempre” lo disse in maniera naturale, come se non fosse nulla, tornando al suo capo del letto.

“Ah…” Hermione annuiva, avvicinandosi a gattoni sul letto verso di lui, che era seduto a gambe incrociate e con la schiena appoggiata ai cuscini.

“E perché io non ne sapevo niente? perché non me l’hai data subito?”

“Diciamo che mi serviva come garanzia, all’inizio…”

“Diciamo che facendo il bastardo non me l’avresti mai data…”

Draco non ribattè, pensando a quel momento in cui, steso sul suo letto, aveva sghignazzato pensando a quella possibilità.

“E non te l’ho data prima perché... me ne sono scordato, in un primo momento…” aggiunse vendendo la rabbia salire negli occhi della ragazza.

“E poi, con tutto quello che è successo non ne ho avuto la possibilità. Comunque oggi l’avevo con me perché volevo dartela!”

Vide Hermione guardarlo con rimprovero, ma un po’ della sua rabbia era stata calmata con le sue ultima parole.

Ora erano davvero molto vicini, i loro nasi si sfioravano. Hermione avvicinò le proprie labbra alle sue, ma lui la bloccò alzando un mano.

“Prima togliti quella roba.”

Hermione alzò un sopracciglio.

“Non voglio riempirmi la faccia di quella cosa” stava per fare qualche commento sulle esperienze avute, ma ebbe il buon senso di frenare la lingua prima di rovinare definitivamente quella serata.

Hermione capì a cosa si stesse riferendo e, arrossendo leggermente, prese il lembo di lenzuolo che lui le stava offrendo, pulendosi le labbra.

Quando tornò a guardare Draco si corse che stava ghignando.

“Che c’è?” chiese leggermente infastidita, forse perché già conoscendo quello che stava per risponderle.

“Da quand’è che tu usi lucidalabbra e quant’altro?”

“Che c’è di strano, scusa?” ripose arrossendo.

“Niente, e che non lo fai quasi mai. Potrei pensare che lo fai per me” disse avvicinandosi di più a lei.

“Come sei presuntuoso.”

La baciò, approfondendo gradualmente quel bacio subito risposto con desiderio.

Hermione si godette quel bacio sino all’ultimo, pensando che le era davvero mancato tutto quello. Tutta via c’era qualcosa di strano, quel bacio aveva il sapore di… cioccolato!

Interruppe il bacio e lo guardò, poi si accorse di una cosa che non aveva notato prima.

Sull’angolo della bocca del ragazzo, una macchiolina marrone le diede ragione. Sorrise e, sotto lo sguardo perplesso di Draco, tolse il cioccolato dal suo viso col dito indice, portandoselo poi alla bocca.

“Ah! Madama Chips!” disse lui.

“Dì alla Parkinson di tenere le mani a posto…”

“Mi spii, Granger?”

“No. Ti osservo.”

Facendo pressione sulle sue spalle lo fece stendere, e gli si sistemò sopra.

“Come hai fatto ad entrare?”

“Madama Chips sonnecchiava su una sedia” rispose, mentre lui la faceva stendere al suo fianco.

“Sarei voluta venire a pomeriggio, ma qualcuno mi poteva vedere, e avrei dovuto dare spiegazioni…

“In realtà non ti vorrei solo osservare, ma parlare, Draco. E vorrei dirlo io, alla Parkinson, di tenere le mani a posto!”

Sentì Draco sospirare.

“Anch’io vorrei spaccare la faccia a Weasley senza dover inventare qualche scusa, non che ce ne sia bisogno in realtà.”

Hermione sbuffò esasperata. Era un caso perso…

“Mi pesa questa situazione. E non scherzare, parlo sul serio.”

“Anch’io” disse serio.

“Sarebbe bello, sì…” aggiunse poi.

“Potrebbe essere bello” disse Hermione, sottintendendo parole e lanciandogli un messaggio molto chiaro.

Di pendeva da lui.

“Non è una cosa semplice. Non posso dire ai miei, dal oggi al domani, che mi frequento con te.”

“Neanche per me è facile!”

Restarono in silenzio, sempre abbracciati, ma ognuno perso nelle proprie preoccupazioni e ragioni.

“Ed è anche un brutto momento questo, un pessimo momento.”

Draco si stava riferendo alla situazione della sua famiglia, ed Hermione non potè che concordare con lui.

Pensò poi ad Harry, a quello che stavano passando tutti i suoi amici più cari, e si rese conto che anche per lei la situazione non era diversa.

“Anche per me, per noi, è un brutto momento. Ma quando si risolverà tutto?” chiese speranzosa.

“Quando tutto sarà finito… allora… sì.”

Girò il viso per guardarlo negli occhi.

“Te lo prometto” disse lui, come avendo letto i suoi pensieri.

La settima che seguì fu probabilmente la migliore per loro, e la pessima per Ron. Non riusciva ad accettarlo, ma Hermione aveva deciso di dargli tutto il tempo necessario affinché capisse e, magari, affinché tornasse a rivolgerle parola.

A fine Marzo, giornate soleggiate e piovose si alternavano. Ma quella mattina il sole splendeva.

Hermione era seduta in Sala Grande, e notò che stranamente Ginny non era scesa a colazione.

Dopo sarebbe passata a vedere come mai, forse non stava bene.

Aprì la Gazzetta del Profeta come ogni mattina e, letto l’articolo di prima pagina, fece un sorrisino storto voltandosi a guardare Draco.

Con grande soddisfazione, il Serpeverde si stava alzando dal suo tavolo. Ripiegò il giornale in due e lo portò via con sé, uscendo dalla Sala Grande con passo sicuro, spavaldo, e a testa alta.

Sarebbe stato un bel giorno per Draco, eh sì!

Sperava quindi di poterne ricavare dei frutti anche lei. Sorrise maliziosa, ma subito cambiò espressione quando si accorse che una ragazzina del terzo la stava fissando.

Poggiò il giornale aperto sul tavolo:

“Lucius Malfoy scagionato.”

Si sentì strattonare per una spalla e si trovò di fronte un affannato e sorridente Ron. Il ragazzo riprendeva fiato appoggiato a lei con una mano, e al tavolo con l’altra.

“Ron, che è successo?” chiese sorpresa e felice che il suo amico le parlasse.

“Ho… ho fatto una corsa dalla Guferia a qui. Stavo inviando una lettera a casa e… e un gufo mi ha portato una lettere di Remus…”

Hermione ascoltò incuriosita, e le mancò un battito quando Ron iniziò a parlare più a bassa voce, pensando che si trattasse di quello che sperava.

“Ci sono buone notizie Hermione! Harry! Harry è… è vivo! La lettera non diceva molto, ma a pomeriggio Remus verrà e ci spigherà tutto!”

Aprì la bocca ma non riuscì a dire niente.

“E’… è magnifico Ron!”

Senza pensarci due volte gli saltò al collo e l’abbracciò forte. Ron, dopo un attimo di esitazione, ricambiò l’abbraccio con altrettanto entusiasmo.

Perchè non ci potevano credere, ma quello per cui avevano pregato tutto l’anno si stava avverando.

Quando si allontanarono osservò Ron, nei cui occhi non c’era più alcun rancore di riserbo per lei, e sorrideva felice.

Il Grifondoro guardò verso il tavolo, ignorando gli sguardi e le domande di tutti.

“Dov’è Ginny?”

“Non lo so, non è scesa a colazione. Forse è alla Torre.”

Subito Ron saettò via.

“Deve sapere anche lei!” gli disse correndo via.

Hermione annuì e, ancora con il sorriso sulle labbra, si incamminò verso l’uscita.

Trovò Draco in riva al lago, giocava con qualche sassolino lanciandolo nell’acqua, e ghignava per la bella notizia ricevuta.

Non si era accorto della sua presenza, così prese un sassolino da terra e lo lanciò quando lo fece lui. I due sassolini si scontrarono e, spinti uno da un lato l’altro dall’altro, affondarono nelle acque della Piovra Gigante, che sembrava muoversi infastidita da tutto quel trambusto.

Draco si voltò e la vide.

“Se si arrabbia che fai?” disse lei avvicinandosi e alludendo alla piovra.

“Oggi posso anche permettermi di fare il Grifondoro…” disse tornando a guardare il lago.

“Vuoi fare il coraggioso?” lo stuzzicò.

“No. Il cerca guai” rispose sghignazzando sotto lo sguardo torvo di lei.

“Be’… “il cerca guai” per eccellenza sta tornando. Non avrai vita facile, Malfoy” disse con un sorrisino divertito e furbo guardando anche lei il lago.

Sentì il suo sguardo sorpreso su di lei.

“Potter?”

Hermione annuì, non potendo nascondere la gioia sul suo viso.

“No...” disse in tono lamentoso.

“Non ci posso credere!”

“Neanch’io” disse lei in tutt’altro tono.

“E quando?” borbottò tirando un altro sassolino nel lago.

Questa volta la piovra gigante alzò un tentacolo, in segno d’avvertimento.

“Spero presto.”

“Fammi sapere, così gli organizziamo una festa di bentornato” disse con un lampo perfido negli occhi.

“Non vi sprecate” rispose Hermione comprendendo le sue intenzioni.

Improvvisamente la prese per mano, iniziando ad avviarsi verso la scuola a passo sostenuto.

“Be’ Granger, è un giorno speciale per me, lo è anche per te, i nostri problemi si sono risolti… Andiamo.”

“Davvero?” chiese lei, insicura sino all’ultimo secondo che l’avrebbe fatto. Anche se era principalmente per quella ragione che era andata da lui.

“Io mantengo le promesse.”

Intanto due ragazzini che stavano passeggiando sgranarono gli occhi al loro passaggio e il suo cuore batteva sempre più forte vedendo Hogwarts avvicinarsi, e alcuni studenti fuori le mura.

“Però qualcosa di veloce, perché devo andare a dare la brutta notizia agli altri Serpeverde…”

Hermione sorrise e aumentò il passo per stargli accanto, dato che sino a quel momento l’aveva quasi trascinata.

“Mi sa che dovrai dargliene due… “ disse riferita a loro.

Ecco che già alcuni ragazzi li guardavano, da lontano, non riuscendo ancora a riconoscere chi fossero.

“Draco, come pensi la prederanno i tuoi?”

Quasi scoppiò a ridere.

“Non penso, lo so.”

Quella risposta non preannunciava nulla di buono. Forse era stata troppo ottimista a pensare che avrebbero tentato di uccidere solo lei?

“Sei pronta?”

La scuola era sempre più vicina.

“Sì.”

Ogni studente, dal primo all’ultimo anno, li guardava con gli occhi sgranati, boccheggiava come un pesce e inorridiva (questo soprattutto se si trattava di Serpeverde).

Hermione era leggermente rossa, ma ancora il bello doveva arrivare, dato che erano solo in cortile.

Intanto delle voci confuse, provenienti dalla scuola, gridavano qualcosa.

C’era agitazione, ma non riusciva a capire perché. Poi un ragazzo si affacciò per qualche secondo nel cortile, e gridò che Ginny Weasley era stata ritrovata, dormendo, assieme il materasso sulla Torre di Astronomia.

Hermione rimase sconvolta e al suo fianco Draco rideva di gusto.

“Ben ti sta Weasley. La prossima volta ci penserai due volte!”

Si voltò verso di lui, ancora con la bocca aperta.

“Tu… tu hai?”

“Un incantesimo molto utile la Lievitazione. ”

“Devo andare!”

“E noi?”

“No, hai ragione. Andiamo!”

Lo iniziò a trascinare con sé verso la Torre.

“Certamente, non mi voglio perdere la faccia della Weasley per nulla al mondo.”

“Ne parliamo dopo, noi…”

Ogni metro in più, sempre più persone venivano a conoscenza del loro segreto, sempre di più Hermione si sentiva felice e, sempre di più, Draco capiva quale fosse il significato della parola “Libertà”.

E con questo Happy Ending ho davvero superato me stessa. Tuttavia non me la sentivo proprio di concludere con un finale amaro, dopo tutto quello che Draco ed Hermione hanno passato… credo basti così.

Spero che non vi abbia deluso proprio al finale, se avete trovato qualche errore perdonatemi :P e ditemi quindi le vostre impressioni. Sarebbe un regalo bellissimo per me trovare, quando potrò riaccedere alla rete, un sacco di recensioni per Don’t wanna close my eyes. Me lo fate questo regalo?

Tirando le somme di questa esperienza che ho vissuto, si fa sempre così quando una cosa volge al termine, direi che è stata bellissima. Sono felice di aver concluso al meglio la mia prima long fanfiction e ora voglio dirvi una cosa: sempre, nelle recensioni di ogni sito, ho trovato tanti complimenti e tanto entusiasmo da parte vostra, ma quello che mi ha gratificato di più è stato sapere che questa fanfiction non è stata ritenuta da voi banale. Mi sono impegnata tantissimo a affinché non risultasse tale, ho letto e riletto mille volte le stesse scene per evitare battute già sentite o scene già viste, tante volte temendo anche di cadere nel plagio involontario. Spesso è la mente a rielaborare bene o male storie già lette e renderle in qualche modo sue.

Bene, ho finito.

Concludo sperando di poter dire “alla prossima!” ;)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=97624