Ruth.

di Maricuz_M
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


C’erano molte cose che non sapeva spiegarsi, a cui non sapeva dare un perché.
Prima fra tutte, perché si chiamava proprio Ruth? L’aveva chiesto molte volte ai suoi genitori, ma l’avevano sempre liquidata con una scrollata di spalle ed un “Ci piaceva il nome”. Aveva fatto tante ricerche su internet, considerata la fissazione del padre per il significato delle parole, e la maggior parte dei siti gli attribuivano la traduzione di amica. Non le sembrava niente di particolare, non abbastanza da ricevere l’approvazione del sopracitato, ma evidentemente era sulla pista sbagliata.
In secondo luogo, ogni volta che a casa prendeva in mano un libro per ordine della madre, si domandava perché dovesse far finta di studiare. Sì, far finta, perché a lei non serviva farlo. Aveva una memoria incredibile, tanto che dopo una semplice spiegazione di qualunque materia fatta da qualunque insegnante riusciva a ripetere tutto alla perfezione, pause annesse. Era una capacitàche si era sviluppata sempre più col trascorrere del tempo, facilitandole anno dopo anno la sua carriera scolastica. Anche il perché avesse questa memoria, era un mistero.
Non capiva come mai avesse gli occhi di un verde innaturale, che rivedeva solo nei prati durante l’estate, quando il padre li aveva blu come l’oceano e la madre marroni come la sua tanto amata cioccolata.
Si chiedeva perché avesse solo una veraamica, a cui voleva un bene dell’anima. Si chiamava Yvone ed era la figlia di amici di famiglia. La conosceva sin da bambina, era cresciuta con lei ed era l’unica persona con cui fosse riuscita a confidarsi completamente in sedici anni di vita. Non a caso, questa era a conoscenza della storica sbandata di Ruth per Kevin, un ragazzo più grande di lei di un anno che conosceva grazie ad una delle sue più grandi passioni: la pallavolo.
Era bellissimo, non figo, gnocco, bonoo qualunque altro aggettivo venisse usato a quei tempi per fare un complimento, no. Bellissimo. Nessuno poteva dire il contrario, era di una bellezza innegabile, rara, ultraterrena, quasi. Aveva i capelli scuri e non esattamente corti, un sorriso in grado di incantare un centinaio di persone nello stesso istante anche solo osservando l’inclinazione delle labbra e due occhi grigi che ti conquistavano nel momento in cui incrociavano i tuoi­­. Quando parlava di lui a Yvone, sottolineava sempre il fatto che quel grigio non fosse affatto umano. Non secondo lei, almeno, che lo definiva troppo argenteo per esser considerato semplicemente grigio. L’unica pecca, non così trascurabile purtroppo, era il carattere. Odioso all’inverosimile e menefreghista. Sarebbe stato classificabile egocentrico, per tutte le attenzioni che ogni volta raccoglieva, ma quello non lo faceva apposta, anzi, stava spesso e volentieri sulle sue, o quantomeno ci provava. Oltre ad essere attratta da lui, ne era affascinata. Le aveva sempre ricordato il personaggio maschile dei libri che adorava rubare dalla libreria dei suoi genitori, quelli assurdamente bastardi con un passato burrascoso ma che alla fine erano schierati con i buoni. Li amava ed odiava allo stesso tempo, proprio come Kevin.
Però, il perché proprio lui con tutti i ragazzi che esistevano al mondo, non se lo sapeva spiegare.
Ruth, come anticipato precedentemente, viveva di pallavolo. Praticava quello sport da ormai nove anni, e lì, in quella palestra, aveva tutto. Tutta la società era come un’immensa seconda famiglia. Il ragazzo che le piaceva non era altro che il capitano della squadra maschile, così come lei lo era di quella femminile. Tutto ciò che riguardava quell’attività apparteneva ad entrambi, ed avvicinarsi al palazzetto–così era chiamato il luogo dove giocavano- significava vedere l’altro. L’allenamento della squadra di cui faceva parte Ruth si svolgeva precisamente dopo quello di Kevin, ed ogni volta, dopo essersi cambiata il più velocemente possibile, si sedeva sugli spalti per guardarli, o meglio: guardarlo, in azione, in attesa dell’orario in cui lei e le sue compagne avrebbero dovuto prendere il loro posto.
Anche quello, non capiva. Non capiva quel continuo bisogno di stare a contemplare la sua figura tutto il tempo che aveva a disposizione, quel cercarlo con gli occhi senza neanche rendersene conto, la calma che l’avvolgeva quando appurava di averlo nelle vicinanze, il batticuore che la riscuoteva se le vicinanze erano tropporavvicinate, per non parlare del rossore che appariva sulle sue guance nel caso i loro occhi si fossero incrociati.
No, non se lo spiegava.
 
Sospirai, posando la penna accanto al foglio pieno di frasi appena scritte. Ero su una baita in montagna, ed era la Vigilia di Natale. In quel periodo, forse per la neve che vedevo cadere aldilà della finestra della mia camera o per una semplice casualità, sentivo particolarmente la rinomata atmosfera natalizia, e chissà perché, ne traevo ispirazione inconsciamente. Sentivo il bisogno di scrivere qualcosa di magico e fatato, e quella sera, prima di andare a dormire, mi ero decisa. Non avevo un computer con me, ma carta e qualcosa con cui sporcare il foglio sì.
Piegai leggermente la testa di lato, riprendendo fra le mani la pagina e rileggendo. Non avevo ancora ideato la trama, a dir la verità. L’unica cosa certa era che da quel prologo sarebbe uscito qualcosa di incantato e straordinario. Straordinario nel senso di non ordinario, ovviamente. Sapevo di volerci infilare fate, elfi, gnomi ed altre creature immaginarie, ma non sapevo quale dei personaggi dovesse esserlo.
Poco prima di partire mi ero messa a cercare informazioni su questi esseri, e ne avevo letti talmente tanti che mi ero dimenticata la maggior parte dei loro nomi e le loro caratteristiche, ma non era un gran danno. Alla fine quella voleva essere una storia fantasy, avevo carta bianca.
Avevo scelto me stessa, come protagonista. Volevo vedermi in una realtà non mia, con genitori, amici e conoscenti che in realtà non avevo, in situazioni inusuali che mai avrei vissuto e, perché no, con poteri che mai avrei posseduto.
Kevin non esisteva, o perlomeno non lo conoscevo. Lo avevo inventato di sana pianta e non avevo preso spunto da nessuno. Forse il solo personaggio che poteva esser riconosciuto era quello di Yvone. La mia mente l’aveva rielaborata, ma non era altro che la mia vera migliore amica Grace. Non volevo essere completamente sola, in quella avventura, anche se avrei diretto tutti a mio piacimento, persino la più piccola comparsa.
Comparì un ghigno sul mio volto, quasi ironico. Chissà come sarebbe stato viverla davvero. Quali sarebbero state le emozioni? Per me la differenza tra lo scrivere un racconto e viverlo era proprio la percezione delle sensazioni, sentirle sulla propria pelle, reagire in base a quelle.
Era un concetto abbastanza complicato da spiegare. Io, scrivendo una storia come quella che avevo appena iniziato, avrei potuto rispondere ad una domanda in modo diverso da come avrei fatto realmente, condizionata da dei sentimenti autentici, dalla mia spontaneità, dal mio istinto.
A volte mi mettevo a fare ragionamenti di quel tipo, così, senza motivo. Forse in quel momento cercavo involontariamente qualcosa che mi desse una ragione per non andare a dormire. Avevo sonno, ma non avevo voglia.
“Ruth, ma sei ancora in piedi?” mia madre aprì improvvisamente la porta della stanza facendomi sobbalzare e girare di scatto.
“Tecnicamente, sono seduta.” Replicai piccata, indicando la sedia su cui posavo il mio sedere.
“Vai a dormire, forza! Tra poco è mezzanotte. Se sei sveglia Babbo Natale non te li lascia i regali!” mi rimproverò lei.
Alzai entrambe le sopracciglia. Stava parlando seriamente? Sapeva benissimo che non ci credevo più a Babbo Natale, poteva trovarsi una scusa migliore “Non sia mai che mi metta sotto l’albero del carbone..” dissi.
“Non sfidarlo..” mi sorrise benevola lei “Seriamente, va’ a dormire. Non sei stanca?”
“Sì, un po’. Adesso vado, comunque.”
“Va bene..” si avvicinò, mi carezzò i capelli castani e mi baciò la fronte, come faceva sempre da quando ero bambina “Buonanotte, tesoro. Ti voglio bene.”
“Anche io. Notte, mamma.”
Dopo avermi lasciato l’ennesimo sorriso pieno d’affetto, uscì chiudendosi la porta alle spalle. Mi alzai sospirando e sistemai accuratamente in un cassetto della scrivania il foglio con l’inizio di quella vicenda che mi aveva presa abbastanza da farmi fantasticare da giorni. Mi diressi subito verso il letto e mi infilai sotto le coperte, che poco dopo mi avvolsero col loro calore.
Allungai un braccio verso il cellulare, che segnava le 23:59, poi lo ricacciai al caldo. Un minuto sarebbe stato Natale, il solito Natale che, purtroppo, riuscivo a sentire solamente durante il pranzo e lo scambio dei regali. Le altre Vigilie avevo sempre quel leggero barlume di speranza e aspettativa, ma quell’anno non riuscivo a percepirlo.
Fu così che desiderai di vivere qualcosa di diverso, quel Natale, e lo desiderai esattamente allo scoccare della mezzanotte, poco prima di addormentarmi.
 


Ok, innanzi tutto: Salve.
Non so che dire. Ho scritto questa storia Fantasy (mai fatto qualcosa di Fantasy in vita mia) per lo stesso motivo per cui l'ha fatto Ruth, la protagonista di questa storia. Avevo voglia di scrivere qualcosa di magico e l'ho fatto, tutto qua. .__.
L'ispirazione me l'ha data una mia compagna di classe (e neanche lo sa) che, prendendo appunti in una lezione di letteratura, stava tentando di entrare nel foglio in cui stava scrivendo. La mente è partita e quando mi sono ritrovata abbastanza ispirata mi sono messa su word, comoda comoda davanti al mio caro pc.
A questo punto non dico altro. Sento l'ansia salire e quindi preferisco dileguarmi con finta non-chalance. :D

Ringrazio chiunque abbia letto questo prologo e, nel caso, chiunque lo recensirà (anche se ringrazierò di nuovo nella risposta alla stessa recensione. xD)

Un modesto (e incerto) saluto.

Maricuz

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Mugolai parole sconnesse continuando a sonnecchiare, rigirandomi nel letto e accucciandomi sotto un semplice lenzuolo. Avevo sognato qualcosa di strano che, a dir la verità, non ricordavo neanche. Poco male, l’avrei fatto anche la notte successiva.
“Ruth! Alzati, forza! Devi andare a scuola!” una voce che non avevo mai sentito prima mi fece aprire gli occhi. Scuola? Io ero in vacanza, diamine! Alzai la testa quel che mi bastava per vedere la donna che se ne stava in piedi ad un metro da me.
“Chi sei..?” chiesi, incerta e assonnata.
“Smettila. Sai benissimo che la scusa della perdita della memoria non funziona con me. Poi con quella che ti ritrovi! Alzati, cambiati, fai quello che ti pare e poi vai a scuola!”
Pensai subito che quella donna fosse pazza. La squadrai: avrà avuto massimo quarant’anni, non era altissima, ma aveva un bel fisico per la sua età. Aveva i capelli esattamente come i miei, solo più corti, e due bellissimi occhi color cioccolato.
“No.. sul serio.. Chi sei?” dire che ero rincoglionita era poco.
“Ok, ho capito. Se sto al gioco magari mi dai retta.. Sono tua madre, Ruth, oggi è l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive e se non ti alzi dovrò usare la forza!” ok, in quella stanza l’unica pazza ero io.
“Ah.” Dissi solamente.
“Forza, ti ho fatto dormire dieci minuti in più perché ieri siamo tornati tardi dall’amichevole, ma se non ti muovi fai tardi.” Dichiarò, stavolta più dolcemente.
Scostai dubbiosa il lenzuolo e mi misi a sedere “Amichevole di cosa..?”
“Di pallavolo. Scusa se l’ho omesso.”
Una partita di pallavolo, la memoria che mi ritrovavo, ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive.. Ok, stavo sognando.
 
Ero stata letteralmente spedita a scuola da quella che era mia madre, a quanto avevo capito, e stavo vagando per i corridoi senza sapere quale fosse la mia classe. In realtà non sapevo quale fosse la mia classe, chi fossero i miei compagni, quali fossero gli orari e, cosa non meno importante, come avrei fatto a tornare a casa senza neanche sapere quale fosse, la casa.
“Ruth!” sentendomi chiamare, mi voltai.
Vedendo i corti capelli chiari che le coprivano le orecchie e gli occhi azzurri della mia migliore amica, tirai un sospiro di sollievo. Qualcosa di normale c’era, allora!
“Grace, Dio, stavo impaz-”
“Yvone.” Disse lei. Aggrottai le sopracciglia.
“Cosa?”
“Il mio nome è Yvone, non Grace. Dov’è finita la tua memoria straordinaria?” rise lei. Yvone? Io non conoscevo nessuna Yvone se non quella della mia storia.
“..Cazzo.” mormorai, facendo due più due. Spalancai gli occhi e guardai Grace. Sì, perché era lei, non c’era altra spiegazione logica “Oh, andiamo! Non prendermi per il culo!” non ero esattamente una ragazza fine, ma parliamoci chiaro: chi lo era? Io ero anche della razza migliore. Le bestemmie, ad esempio, non facevano parte del mio vocabolario.
“Non ti sto prendendo per il culo, Ruth. Ma cos’hai oggi? Sei strana!” disse lei, osservandomi attentamente.
“Cos’ho? Ho che stamattina mi sono svegliata su un letto che non era mio per via di una madre che non era mia e sono qui, in una scuola che non è mia con te, che non sei la mia migliore amica, perché lei è Grace! E sai una cosa? Siete fottutamente identiche, tu e lei, ed è questo che mi fa paura.” Ero isterica? Sì. Ero sveglia da neanche un’ora e non avevo visto niente di familiare se non le sembianze di quella Yvone.
Mi fissava negli occhi, come se volesse leggervi qualcosa dentro.
“Cosa pensi stia accadendo?” mi chiese.
“Penso di aver battuto la testa e di essere svenuta.” Risposi innervosita dalla situazione.
“Sul serio.”
“Gra.. Yvone, quello che penso stia accadendo non ha alcun senso.”
“Parlamene!” insisté. Sospirai. Va bene, le avrei raccontato tutto come voleva, ma non mi avrebbe creduto.
“Ok, allora ieri sera era la vigilia di Natale e avevo voglia di scrivere qualcosa, ma non sapevo cosa! Ho iniziato e sono rimasta sul vago, mettendo solo il nome e la descrizione di qualche personaggio e usando me stessa come protagonista. C’era la migliore amica di Ruth che si chiamava Yvone, e il ragazzo che le piace che si chiamava Kevin, che era un figo della Madonna, o almeno lo immaginavo così, ma chi se ne importa adesso. Dei genitori avevo scritto solo che il padre aveva gli occhi blu e la madre marroni, proprio come la donna pazza che mi ha svegliata stamattina, per quanto riguarda Ruth, ha gli occhi verdi e una memoria disumana. Ebbene, stamattina, come ti ho già detto, mi sono svegliata ed è l’undici Giugno. Il resto lo puoi benissimo capire da sola.” Parlai velocemente e gesticolando molto. Appena ebbi finito, mi guardai intorno e mi ricordai di essere in mezzo al corridoio di un liceo e che avrei dovuto cercare di mostrarmi meno psicopatica. Allargai le braccia guardando la bionda davanti a me.
“Beh? Mi credi?”
“Sì.” Disse semplicemente, scrollando le spalle. Quella stava peggio di me.
“Come.. Come fai a credermi? Neanche io mi credo! Tutto questo è assurdo!” gridai.
Si morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo, esattamente come faceva Grace quando mi nascondeva qualcosa, poi sospirò “Non la penseresti così se sapessi.. delle cose.” Mormorò, tornando a puntare gli occhi sui miei. Socchiusi gli occhi e feci per dire qualcosa, ma lei mi afferrò per un braccio “Vieni in classe, tra poco suona e ci faranno l’appello, dopo abbiamo tutto il tempo per parlare. Ah, e tu sei Ruth Styles.” Aggiunse infine mentre cominciava a trascinarmi verso delle scale.
“No, veramente sono Ruth Evanson.” Ribattei.
“Sì, nella tua realtà, non in questa.”
 
“Adesso potremmo parlare?” chiesi abbastanza ansiosa. Tra una cosa e l’altra era passata mezz’ora e ancora non mi aveva spiegato un bel niente. Per fortuna eravamo compagne di banco ed era l’ultimo giorno, altrimenti chissà quando avremmo discusso.
“Si, certo.” Si voltò completamente verso di me ed io feci lo stesso, mettendomi più comoda possibile.
“Allora” con voce non troppo alta, cominciò a parlare “prima di tutto non voglio illuderti: non ho la minima idea del perché ti sia successo quel che ti è succes-” la fermai.
“Si, ma che mi è successo?”
“Un attimo, fammi parlare.” Annuì e la incitai a parlare con un movimento della testa, così riprese “Dicevo, non so darti una spiegazione, ma.. So cosa ti è successo, o almeno so esattamente quello che sai tu. Vedi io sono.. sono un elfo.”
La guardai negli occhi per interminabili secondi, cercando di capire dalla sua espressione se stesse scherzando e si stesse burlando della mia poca lucidità o se fosse seria. Aprii la bocca, ma parlai solo dopo qualche attimo “E questo, nel caso fosse vero, e sono molto scettica al riguardo.. Che c’entra?”
“Non dovresti essere scettica, visto quello che mi hai raccontato.”
Touché.” Dissi “Rispondi alla mia domanda, ora.”
Mi rimproverò con lo sguardo, probabilmente perché continuavo a non crederle –ma ero alquanto giustificata-, poi iniziò la vera spiegazione “Gli elfi sono creature in grado di leggere il pensiero delle persone attraverso gli occhi di quest’ultime. So che hai notato il modo in cui ti fissavo. Ti stavo leggendo. Ovviamente ho letto anche quello che ti è successo ieri e stamattina, ed è molto, molto insolito.”
“Scusa ma..” mi venne spontaneo un quesito “perché mi fai le domande se già sai la risposta guardandomi negli occhi?”
“Leggo il pensiero, mica entro nella mente. Se non ti pongo la domanda come fai a rispondere?”
Annuii, capendo cosa stesse dicendo. Fantastico, una cosa molto interessante “E hai altri poteri?”
“Certo, ma non è importante adesso.”
“Ci sono altre creature immaginarie in città?” continuai con il mio interrogatorio.
“Sicuro. Ma adesso dobbiamo parlare di altro.” Asserì severa “Non sappiamo come hai fatto ad arrivare qui, e di conseguenza non sappiamo neanche come farai a tornare indietro. Non sappiamo se hai ancora la tua capacità. Non sappiamo se Kevin ti piace anche adesso, nonostante tu ci abbia creato, anche se mi fa strano dirlo perché ho vissuto tutta la mia vita credendo che mi avessero creato i miei genitori. Non sappiamo tante cose, ma tu devi saperne altre per passare inosservata, diciamo.”
“Ovvero?” inclinai la testa leggermente.
“Ovvero è come se tu avessi perso davvero la memoria, come ha detto tua madre. Devi innanzi tutto sapere le cose principali come i nomi, i posti, alcune vicende, date, impegni.. Ed è meglio iniziare subito. Quando torni da scuola dovrai superare la prima prova.” Prima prova? Così sembrava un videogioco. E poi imparare tutto questo in cinque ore era possibile?
“Tranquilla, ti ricordo della tua capacità.” Mi tranquillizzò dopo avermi fissato.
“Che intendi per prima prova..?”
“I tuoi genitori. Dai, iniziamo.” E si sistemò meglio sulla sedia, prendendo un foglio.
 
Accompagnata segretamente da Yvone, arrivai a casa. Ripassai mentalmente tutte le cose che mi aveva detto la ragazza e sorrisi soddisfatta. La mia memoria era davvero incredibile. Aprendo la porta, sperai che i miei genitori parlassero solo di cose di cui ero a conoscenza e che mi erano state spiegate.
Mi feci forza, mi schiarii la voce ed urlai “Sono a casa!”
“Ruth! Sono in cucina! Vieni!” riconobbi la voce di mia madre –che si chiamava Dianne- e ricordandomi il tragitto fatto quella mattina arrivai nella stanza.
“Salve!”
“Ciao tesoro! Come è andato l’ultimo giorno?” domandò, mentre mescolava il sugo con cui avrebbe condito le paste.
“Non abbiamo fatto niente, quindi bene!” lei annuì sorridendo, poi alzò il mestolo e me lo porse “Assaggia e dimmi se va bene il sale.” Eseguii ed alzai il pollice. Buono.
“Bene. Ti ricordi dove dobbiamo andare stasera, vero?”
“No.” Si voltò verso di me con gli occhi spalancati.
“Come no? Ruth, l’hanno detto anche ieri. La cena della società.”
“Giusto, giusto.. E ci saranno tutte le squadre?” chiesi con finta curiosità, mentre invece volevo semplicemente capire di cosa si trattasse questa cena della società.
“Ovvio.” Rispose allegra. Il che significava che, al 99,9% sarebbe stato presente anche quel famoso Kevin. Il solo pensiero, mi fece venire il batticuore. Perché? Perché era come se mi piacesse nonostante non avessi presente come fosse fatto esattamente? Dio, la Ruth che avevo immaginato era davvero persa per quello lì. Non avevo mai provato niente del genere neanche nel mondo reale.
“Capito..” mormorai.
“Vai a chiamare tuo padre, che tra cinque minuti è pronto. E’ in salotto.” Mio padre: Dorian. L’unica cosa che sapevo di lui fino a quel momento era che aveva gli occhi blu. Mi voltai e andai alla ricerca di quel dannato salotto in cui non ero mai stata. Dopo un minuto di ricerca, lo trovai. Un uomo era seduto sul divano, di spalle, mentre guardava la tv.
“Ruth.” Mi chiamò all’improvviso, e sussultai. Mi aveva sentita.
“Non mi saluti?” domandò, mentre girava la testa verso di me e, porca vacca, quello era mio padre. Dianne doveva esser stata una ragazza molto intelligente e furba per essersi presa un uomo del genere. Capelli castani, ma più chiari dei miei e di quelli di mia madre, e viso che rasentava la perfezione. Rasentava perché aveva comunque quarant’anni. Complimenti davvero. Nonostante i miei pensieri, non mi sentii affatto in imbarazzo o a disagio.
“Dovresti darmi il tempo! E’ quasi pronto.” Dissi tranquilla, sedendomi accanto a lui e dandogli un bacio sulla guancia. Era una cosa che mi era venuta abbastanza spontanea.
Lui annuì sorridendo, poi cominciò a chiedermi anche lui come fosse andata a scuola. Giusto per mettermi in difficoltà, fece domande più specifiche rispetto a quelle di Dianne, ma per fortuna seppi dare a tutte una risposta sensata e credibile. Quei pochi accenni sulla mia vita scolastica di Yvone mi tornarono molto utili. Proprio mentre raccontavo, mi arrivò un messaggio da parte di quest’ultima.
 

Alle quattro sono da te, così continuiamo. ;)

 
Menomale. Per quella sera mi sarei dovuta preparare molto bene.
 


Buonsalve. :)
Eccoci con il primo capitolo della "avventura" vera e propria, se così si può definire. 
Ruth Evanson viene catapultata nel mondo scritto (e non ancora ben definito) da lei stessa e si ritrova nei panni di Ruth Styles.

Ringrazio che ha letto, chi ha messo tra le seguite e chi tra le preferite! :)
Un grazie enorme a chi ha anche recensito rassicurandomi un po' (viva l'ansia -.-) e a chi mi ha dato fiducia una seconda volta venendo dalla mia altra fanfiction "Amore al primo tweet". Grazie davvero. Voi lo sapete quanto sono fissata con i ringraziamenti. ahaha

A questo punto non so più che dire!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continui a incuriosirvi la storia. :)
Nel prossimo aggiornamento (tra 4 o 5 giorni, devo vedere) ci sarà il primo incontro con Kevin, quindi per chi è curioso di sapere com'è, resistete ancora che lo scoprirete presto. ;)
Grazie ancora, veramente!

Un mega abbraccio

Maricuz

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


“Allora, devi dirmi tutto. Dall’inizio alla fine. Anche la più piccola sfumatura.” Disse Yvone, sedendosi sul mio letto. Chiusi la porta sospirando. Non era facile ricordarsi tutti i dettagli. Mi sistemai davanti a lei e le feci un cenno con la testa.
“Aiutami.”
“Ok, con i tuoi genitori?”
“E’ andata bene, non mi sono trovata in difficoltà.”
“E cosa provavi con loro?” domandò, fissandomi intensamente negli occhi.
“Beh, niente di che. Cioè mi sono comportata come se fossero davvero i miei genitori, mi veniva spontaneo.”
“Bene.. Che mi dici di Kevin?” arrossii di botto.
Balbettai un po’ di parole senza senso, poi presi un respiro profondo “Io.. Ho saputo che stasera c’è la cena con la società di pallavolo e ho capito subito che ci sarebbe stato anche Kevin. E..” gesticolai senza dire niente. E cosa? E mi era preso il batticuore? E mi ero sentita morire? E mi era preso caldo? Faceva tanto stupida bimbetta innamorata ma..
“Ma l’hai provato.” Yvone concluse i miei pensieri, ed io annuii.
“Questo ci, cioè, ti faciliterà un po’ la tua permanenza qui. Tu, Ruth Evanson, hai gli stessi sentimenti di Ruth Styles. Insomma, tu sei lei ma con la tua memoria, non la sua. Non so se mi spiego.” Mi illustrò lei “Mentre cercheremo una soluzione per riportarti nel tuo mondo dovrai vivere qui. La tua capacità ci aiuta. Menomale che mancano ancora sedici giorni prima della tua partenza..” mormorò.
“Partenza.” Ripetei io perplessa.
“Già, questo non te l’ho detto. La tua squadra è la prima classificata a livello regionale. Le migliori due squadre di ogni regione sono qualificate per le nazionali. Una settimana in una città a qualche ora da qui, giocherete una o due partite al giorno e per il resto farete quello che vi pare. Quasi. Senti, i dettagli non li so.”
“Ah, wow. Siamo forti. Ma io non so se riesco a giocare.. Cioè, non so se Ruth Styles è più brava di me a pallavolo.”
“Questo lo capirai all’allenamento. Giorni e orari te li ho detti oggi, comunque se hai la capacità della memoria infallibile avrai anche questa. Ah, anche la squadra di Kevin viene alle nazionali.” Disse, sorridendo maliziosa.
“Ah.” Riuscii a dire, imbarazzata “Ma dove dormiremo?”
“In un hotel. Tu sarai in stanza con altre tre ragazze, di cui ti parlerò oggi. In tutto saranno sei camere da quattro. Tre per la squadra femminile e tre per quella maschile, quindi non pensare di fare cosacce con Kevin.” Mi prese in giro, trattenendosi dallo scoppiare a ridere. Spalancai gli occhi e afferrai un cuscino, tirandoglielo in piena faccia e facendola divertire ancora di più.
“Non dire stronzate! Neanche ci avevo pensato!” urlai indignata.
“Lo so!” rise.
 
Sospirai per la centesima volta. Ero in macchina con i miei genitori, diretti al ristorante che avrebbe ospitato chissà quante persone. Ero ansiosa. Avrei visto dal vivo le persone che circondavano Ruth Styles e che io avevo presente solo grazie alle foto su Facebook mostratemi dalla bionda. Quella bastarda, però, aveva tranquillamente trascurato Kevin dicendomi “Stai tranquilla, quando lo vedi lo capisci da sola.
Grazie, veramente utile. Per fortuna sapevo che era bello, misterioso, moro e con gli occhi chiari. L’avevo pur sempre creato io.
L’auto si fermò in un parcheggio ampio e occupato da molti altri veicoli, e poco dopo scesi. Mi sistemai la felpa leggera che stavo usando come cappotto e seguii i miei verso il ristorante. Non feci in tempo ad entrare che una ragazza mi saltò addosso gridando il mio nome.
Questa è Sarah. Passi molto tempo con lei e siete molto amiche. Non sa di Kevin, come nessun altro. Non sta ferma un attimo, è una forza della natura ed è il libero della squadra.” Mi vennero immediatamente in mente le parole di Yvone, e sorrisi.
“Non ci vediamo da ieri sera, eh!”
“Fa lo stesso!” mi rispose, tornando coi piedi per terra. Mi prese per mano e mi trascinò nella sala dove si sarebbe svolta la cena. I presenti erano già tutti accomodati. Notai molte ragazze e ragazzi di cui mi aveva parlato la mia migliore amica, ma non c’era nessun misterioso ragazzo di cui dovevo essere cotta. Questo mi fece sentire un misto tra delusione e sollievo. Ecco, si comincia, pensai.
Erano tantissimi tavoli disposti a ferro di cavallo. Da una parte gli atleti e dall’altra i rispettivi genitori. Nella parte centrale il presidente, la moglie, dirigenti vari e allenatori.
“Sono già arrivate praticamente tutte, le nostre! Ti ho tenuto il posto vicino a me e davanti a Katherine. Accanto hai uno dei maschi, ma ancora non sono arrivati tutti, per cui..” e scrollò le spalle.
Sedendomi, ripassai ciò che sapevo della ragazza che stavo salutando con la mano “Katherine è l’alzatrice. E’ molto intelligente e seria, ma sa anche essere divertente. Ti trovi bene anche con lei.
“Oh, Ruth!” mi chiamò una voce femminile, facendomi automaticamente voltare a destra “Fammi un sorrisone dei tuoi che ti faccio una foto!”
Guardando la ragazza con la macchina fotografica in mano pronta per immortalarmi e sorridendo esageratamente, sentii di nuovo la voce di Yvone risuonarmi per la testa “Vanessa ha iniziato a giocare insieme a te, siete i due pilastri della squadra, è la vice-capitano. Ha una passione per la fotografia ereditata dalla madre, che ogni tanto spunta fuori con nuove foto scattate durante partite.
Dopo il potente flash, mi rilassai sospirando e cercai di togliermi la felpa. Faceva caldo lì dentro, ed era metà Giugno.
“Oh, guarda. E’ arrivato Kevin!” disse tranquillamente Sarah. Sentii il cuore cominciare a battere più velocemente e quasi spaventata alzai lo sguardo.
Quello era Kevin? Quel ragazzo perfetto che si stava guardando intorno, con dietro un uomo e una donna altrettanto perfetti? Doveva venir bello per forza. Sussultai quando sentii il ragazzo alla mia sinistra, oltre la sedia vuota, gridare. Quello era Daniel.
“Kevin! Vieni qui!” fermi tutti. Qui dove? Perché stava indicando il posto accanto al mio? Rivolsi la mia attenzione al ragazzo in questione e i nostri occhi si incontrarono. Dio, se era bello.
“Ah, menomale è finita la scuola. Non ce la facevo veramente più. Poi quest’anno è stato anche abbastanza peso, ora mi sento libera!” Sarah mi diede una scusa per distogliere lo sguardo e feci un sorriso di circostanza. Non si zittiva mai, ma era divertente starla ad ascoltare. Era buffa.
“Beh, le vacanze sono sempre ben accette.” Commentai, facendo annuire tutte le ragazze che partecipavano a quella discussione.
Sentii un rumore vicino a me ed istintivamente mi voltai. Brutta mossa. Mi ritrovai ancora quegli occhi argentei –come avevo scritto nella mia storia- addosso. Abbozzai un sorriso, a mo’ di saluto, e lui mosse semplicemente la testa, senza nessuna espressione in particolare. Un tipo amichevole, davvero, ma al mio cuore non importava dato che continuava a battere come un forsennato.
Passai un’ora cercando di non girarmi mai verso sinistra, parlando il più possibile con le mie compagne di squadra per distrarmi e rabbrividendo ad ogni contatto involontario tra me e Kevin. Tirai un sospiro di sollievo quando Vanessa, finita la cena, portò tutte fuori per scattare una marea di foto. Serie, stupide, di gruppo, da sole. Mi stavo divertendo come una pazza a vedere le peggiori smorfie di Linda. “Linda è l’idiota del gruppo, però ricopre il suo ruolo in modo eccellente. Un centrale affidabile, nonostante la sua indole.
“Voglio fare anche io le foto!” urlò un ragazzino che sembrava più piccolo di quello che era alla porta del ristorante. Se le componenti della mia squadra avevano tutte sedici anni, quelli della squadra maschile potevano averne tra i quindici e i diciotto. I ragazzi che giocano a pallavolo sono di numero inferiore rispetto a quello delle ragazze, almeno nella zona in cui mi trovavo io.
“Vieni e fattele fare!” rispose Vanessa sorridendo. Il ragazzino, o meglio, Jake, corse verso di noi e poco dopo venne seguito da tutti i suoi compagni. Lui compreso, nonostante facesse con calma.
“Io voglio una foto con Ruth, eh!” disse Zach. Lui, a quanto mi aveva detto Yvone, aveva sedici anni come noi e mi veniva dietro, e non era un segreto, ma sapeva benissimo che non mi era mai interessato e che con me, probabilmente, non avrebbe mai avuto speranze. Mi stupii del fatto che mi avesse cercato solo in quel momento. Sorrisi scuotendo la testa esasperata.
“E sia.” Me lo ritrovai immediatamente accanto, con un braccio posato sulle mie spalle e un’espressione felice sul volto.
Vanessa scattò la foto, ed io mi sedetti subito dopo su un muricciolo vicino. La voglia di parlare con gli altri si era affievolita notevolmente. Mi stavo divertendo, ma avevo comunque pensieri abbastanza importanti per la testa. Cominciai a dondolare le gambe e a fissarmi le scarpe. Chissà che cosa, o forse chi, mi aveva fatto arrivare lì. E perché? Come era stato possibile? E come avrei fatto a scoprire tutto questo con il solo aiuto di Yvone? Lei era un elfo, ma quali altre creature esistevano?
“Sei pronta per le nazionali?” mi voltai di scatto e mi accorsi che Kevin era seduto accanto a me. Subito avvampai, e ringraziai il buio che avrebbe nascosto il rossore sulle mie guance. Stava guardando davanti a sé e aveva la solita aria seriosa che lo aveva caratterizzato tutta la sera.
Perché mi stava parlando? Erano rare le occasioni in cui lo faceva, a detta della mia amica, e inesistenti quelle in cui lo aveva fatto per iniziare una conversazione normale. Mi feci coraggio e risposi, cercando di non mostrare le mie emozioni e di creare una frase di senso compiuto.
“Se non lo fossi, avrei comunque tempo per esserlo.” Brava, Ruth “Tu?”
Scrollò le spalle “L’importante è esserlo nel momento giusto.” Certo. La sua risposta doveva essere assolutamente quella più intelligente. Annuii e guardai anche io i ragazzi che urlavano e dicevano cheese a destra e a manca. Non avevo idea di cosa dire, il dialogo era già ad un punto morto e l’emozione non mi aiutava assolutamente. Pensai che comunque, se avesse voluto parlare, l’avrebbe fatto senza problemi.
“Sei strana.” Mormorò infatti lui. Aggrottai la fronte. Lui me lo faceva notare? Lui si era accorto che qualcosa non andava?
“In che senso?” chiesi, nervosa.
“Sembri bloccata.” Rispose, continuando a non muoversi.
“Ah, capito..” sussurrai, senza confermare le sue parole, ma lo sentii sospirare.
“E’ così, vero?”
“Forse.”
Un secondo dopo saltò giù dal muricciolo e si mise davanti a me. Le mani in tasca, gli occhi puntati sui miei. Quel contatto visivo mi fece rabbrividire, ma non distolsi lo sguardo. Anche se avessi voluto farlo, ero come ipnotizzata da quelle iridi incolore. Non ne avevo la forza. Erano tra le cose più belle che avessi mai visto, destabilizzavano.
“Allora dovresti sbloccarti. Ci sono cose che non dipendono da noi, ma il modo di affrontarle è sempre una nostra scelta.” Abbozzò un sorriso –quelli sinceri da parte sua erano di una rarezza unica- e mi mostrò le spalle, allontanandosi. Rimasi imbambolata a fissare la sua schiena e riflettere sulle sue parole per chissà quanto, finché Vanessa non mi comparì davanti insieme alla sua macchinetta fotografica.
 
Mi buttai sul letto sospirando.
Dovevo affrontare la situazione, ok, ma come? Non avevo la minima idea di ciò che stava succedendo e a malapena avevo realizzato quel che sapevo. Ero in un mondo che non mi apparteneva da quanto? Neanche ventiquattro ore, ovvero: meno di un giorno.
Riflettei. Forse intendeva dire che dovevo comunque comportarmi come facevo sempre. Effettivamente invece di isolarmi per stare a pensare ai fatti miei potevo dialogare come facevano tutti gli altri. Insomma, avevo tanto tempo per ragionare da sola e invece avevo scelto il momento più sbagliato e inutile per farlo.
Forse aveva ragione Kevin. Il solo pensiero che mi avesse parlato e dato un consiglio, mi fece velocizzare il battito cardiaco e sorridere come un’idiota. Mi girai mettendomi prona e affondai il viso nel cuscino, mugolando. Ero veramente andata. Quasi mi vergognavo di me stessa.
Sospirai, o meglio, ci provai, poi mi ricordai la posizione in cui ero. Volevo inconsciamente soffocarmi? Mi tirai su e ritentai, riuscendoci decentemente. Entrai nel letto, sotto un semplice lenzuolo, e cominciai a fantasticare sui possibili modi per tornare indietro.
Forse dovevo compiere una specie di missione, ma se nessuno me la diceva come potevo svolgerla? Magari trovare qualche pietra preziosa, una collana con uno strano potere, un anello, una scarpa, un water.
O ricevere un bacio dal ragazzo che tanto mi piaceva. Sarebbe stato magnifico.
Si, magari. Pensai, chiudendo gli occhi.
 


Salve a tutti!
Sono in fase depressiva. Oggi ho pubblicato l'epilogo dell'altra mia storia e.. VABE'. Buttiamoci su Kevin e il fantasy.
Ditemi, che ne pensate di lui, di tutto il capitolo, di Ruth? Ogni capitolo si conosce un po' di più sul suo conto. :)

Mi preme avvertirvi di una cosa: se ci fosse qualcuno già innamorato del bel moro dagli occhi argentei (ma ancora non avete visto niente), aspettate di vedere altri personaggi.
Ah, il bello del fantasy. Tutti gnocchi e nessuno che si lamenta.
No, ok, qualcuno si lamenterà.. Ma basta con gli spoiler.

Grazie come al solito per aver letto, preferito, seguito, ricordato e recensito! 
Mi state rassicurando.
[Sì, ho ancora l'ansia da prestazione per questa storia. Penso passerà verso il decimo capitolo, se mi va bene.]

Alla prossima! (Che sarà l'ultima prima della mia gita in Germania di una settimana)
Un abbraccio a forma di elicottero. (?)

Maricuz

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


Posai una mano a terra, alla mia destra, e afferrai un piccolo sasso, per poi osservarlo.
“Mi potresti dire qualcosa che riguarda voi?” chiesi a Yvone, seduta accanto a me.
“Noi chi? Noi elfi?”
“Sì.”
Gonfiò le guance guardando davanti a sé, riflettendo “Non so cosa poterti dire. Beh per quanto riguarda l’aspetto, tutti gli elfi sono biondi e hanno gli occhi chiari, spesso e volentieri celesti come i miei. Poi hanno le orecchie a punta.” Si mandò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio e potei notarlo. Sì, era a punta “Poi.. Siamo forti. Tanto forti. E anche veloci. Siamo creature nate nella natura, infatti possiamo avere il controllo di uno dei quattro elementi: aria, fuoco, terra, acqua. Tipo gli elementali, solo che in realtà non esistono. Loro sono davvero leggenda.”
“Figo. Tu quale elemento hai?” chiesi curiosa.
Ghignò e poco dopo vidi qualcosa con la coda dell’occhio. Mi voltai verso il fiume a qualche metro da noi e mi accorsi di una sfera d’acqua che si avvicinava. Spalancai gli occhi, sbalordita ed eccitata. Continuava a fluttuare davanti ai nostri occhi indisturbata, e la bionda sembrava calma, come se quello che stesse facendo non le costasse nessuno sforzo.
“E’ incredibile!” urlai, quasi, facendola ridere.
“Neanche tanto.”
“Ma puoi controllarla e basta o anche crearla dal niente?”
“Posso anche crearla, ma non posso farla sparire. Per capirci, se ci fosse un’inondazione potrei solo cercare di fermare l’acqua, non eliminarla.” Mi spiegò, ed io annuii affascinata.
“Fantastico.”  Mormorai, ancora incantata a fissarla. Mi ridestai “E che altre creature esistono?”
“Oh, beh, ce ne sono davvero molte. Non credo neanche di saperle tutte! Uhm, vediamo.. Le fate in primis. Creature a dir poco meravigliose. Sono bellissime e potenti. Non nel senso di forza fisica, solo che dalla loro parte hanno anche la magia. Sanno volare, poi!” scosse la testa, ammirata “Però hanno bisogno di un oggetto magico per scatenare il loro potere. Poi chi c’è? Le Nereidi, le Ninfe ovviamente.. Sirene, Succubi, Incubi..”
“Succubi e Incubi. Cosa sono?” domandai, non avendone mai sentito parlare.
“I Succubi sono demoni di aspetto femminile che la notte seducono gli uomini e per avere rapporti non casti, gli Incubi sono la stessa cosa, solo che appaiono come maschi. Si nutrono dell’energia degli umani. Infatti essi muoiono o rimangono comunque in fin di vita.”
“Ma non c’è modo di resistergli?” insomma, questi tipi compaiono, ci provano e ti mangiano? Era un po’ strano.
“Hanno il potere di renderti inerme con un solo sguardo. Però questo vale solo per gli umani. Le altre creature non sono adescabili.” Mi informò, quasi dispiaciuta.
“Bella merda. Adesso avrò paura ad andare a dormire.” Borbottai lanciando il sasso in acqua. Altro che uomo nero, arriva un Incubo e ti fotte, in tutti i sensi.
“Ma no.. Devi star tranquilla. Succede una volta all’anno. La vittima potrebbe essere in tutto il mondo, e la probabilità che venga a beccare te è proprio poca, e loro stessi sono pochi.” Ridacchiò e ciò che mi disse mi tranquillizzò leggermente. Meglio così.
“Menomale.. Poi che altro c’è?”
Ci pensò su, storcendo la bocca “Beh ci sono persone per lo più normali che però hanno qualche potere. Quelle non hanno un nome preciso, tranne quello scritto all’anagrafe.”
“C’è speranza che io sia come loro?” chiesi, scherzando.
Lei resse il gioco “Chissà.”
 
Mi sistemai meglio il borsone blu sulla spalla, sbuffando. Era metà Giugno e c’era un caldo assurdo. Amavo l’estate, davvero, ma tra caldo e freddo preferivo di gran lunga il freddo. Una persona si copre, se ne ha bisogno. Quando fa caldo e sei già nudo, cosa fai? Ti spelli? Aggrottai la fronte, disgustata dall’immagine che mi era comparsa nella  mente di uno scheletro coperto dai muscoli.
Essendomi trattenuta più tempo con Yvone e non essendo Ruth Styles ma Ruth Evanson, stavo facendo addirittura tardi all’allenamento. Nel primo ed unico capitolo della mia storia avevo scritto che la protagonista arrivava in anticipo per vedere la squadra maschile, in particolare Kevin. Ammetto che ne sentivo il bisogno. Avevo il semplice bisogno di vederlo, nient’altro, ma quella cosa mi spaventava. Provavo dei sentimenti non miei, e la mia parte razionale lo sapeva e se ne rendeva conto. Se solitamente nelle arti si accosta al sentimento la figura del cuore e alla razionalità quella del cervello, allora il mio era sanissimo. Il problema stava proprio nel cuore, che faceva ciò che gli pareva. Vederlo, insomma, mi stava mettendo una certa ansia, e il pensiero che di lì a poco avrei dovuto accertarmi delle mie capacità nella pallavolo non mi tranquillizzava affatto.
Aprii la porta della palestra con il gomito, mentre con la mano libera controllavo l’orario sul cellulare. Avevo dieci minuti per cambiarmi. Percorsi il corridoio mentre guardavo i ragazzi muoversi seguendo il pallone e nello stesso momento in cui aprii la porta degli spogliatoi comparve nella mia visuale proprio il moro dagli occhi d’argento, facendo un attacco. Anche lui era una banda, proprio come me. Entrai sospirando e salutai le mie compagne di squadra, quasi tutte pronte.
“Ruth! Menomale sei arrivata. Ha detto Ryan che se qualcuno fosse arrivato in ritardo se ne sarebbe pentito.” Mi diede così il benvenuto Sarah. Ryan. Ryan era il nostro allenatore. A quanto mi aveva detto l’elfo che avevo come amica lo consideravo veramente come un punto fermo della mia vita. Mi aveva spiegato che lo stimavo sia come persona che come sportivo, infatti aveva giocato ad alti livelli fino a pochi anni prima di allenarci. Ero proprio curiosa di conoscerlo.
“Ma eccomi qua.” Dichiarai ironica buttando il borsone a terra e sedendomi sulla panchina. Cominciai a cambiarmi mentre ascoltavo i discorsi delle altre ragazze. Già riconoscevo le voci, e ringraziai mentalmente la mia memoria. Non potevo immaginare capacità migliore per la mia creazione. Mi ero facilitata un sacco di cose senza neanche esserne consapevole.
Uscirono tutte mentre mi stavo legando le scarpe. Avevo ancora un paio di minuti, così mi sistemai per bene. Presi la bottiglia d’acqua ed uscii, ma mi scontrai contro qualcuno.
“Oh, scusa!” dissi automaticamente, poi vidi con chi mi ero scontrata. Maledizione, era Kevin. Quelle erano cose che succedevano nei film o nelle fiction, non nella vita! Poi mi resi conto che conoscevo un elfo.
“Niente.” Disse, e contrariamente ai miei pensieri, proseguì fissandomi intensamente, come solo lui sapeva fare “Stai meglio?”
Arrossii per quel suo interessamento. Sapevo che nonostante quella sua facciata imperscrutabile voleva davvero saperlo, perché altrimenti non me l’avrebbe neanche chiesto “S-Sì.” Balbettai “Ho deciso di affrontarla come davvero va affrontata.” Ed era vero. In quei due giorni avevo riflettuto sulle sue parole e quello che avrei fatto sarebbe stato vivere. Ogni cosa a suo tempo. Avrei capito cosa fare quando sarebbe stato il momento di saperlo.
Sorrise. Incredibilmente, sorrise. “Hai trenta secondi prima della punizione. Buon allenamento.” Mi voltò le spalle e realizzai dove fossi e perché. Mi girai anche io e corsi verso il mio gruppo che proprio in quel momento stava cominciando a circondare Ryan.
 
Difesa, ricezione e attacco. Era di questo che mi occupavo, e lo facevo meglio di quanto mi aspettassi. Ruth Styles giocava meglio di me.
Nonostante fossero state due ore piuttosto intense, mi ritrovai soddisfatta mentre entravo negli spogliatoi e parlavo allegramente con le altre.
“Mamma mia, nell’ultimo esercizio pensavo di morire..” ridacchiò Vanessa.
“Beh non era proprio dei più leggeri! Però era anche divertente, infondo.” Dissi, e tutte annuirono.
“E’ proprio quello che ci fotte. Ci divertiamo, allora lo facciamo, allora fatichiamo.” Se ne uscì candida Linda. Quella ragazza mi faceva schiattare anche solo per il modo che aveva di porsi.
Quando finii di vestirmi salutai tutte e mi diressi fuori. Sarei tornata da sola, tanto non abitavo troppo lontano da lì. Dopo dieci minuti mi sarei ritrovata nel portico di casa mia senza problemi. La mia poca conoscenza della vita di Ruth –che si basava su ciò che mi aveva detto Yvone- mi diceva che di solito era mio padre a portarmi a casa in macchina dopo l’allenamento, ma le belle giornate primaverili ed estive, come in quel caso, me le facevo a piedi.
Non avendo niente da fare mi persi a guardare le foglie verdi degli alberi. Avevo lasciato la mia realtà che era la Vigilia di Natale, tutto era spoglio. Chissà se di là il mondo stava continuando senza di me o si era fermato..
Mi bloccai aggrottando la fronte. Avevo la sensazione che qualcuno mi stesse seguendo. Mi guardai intorno sentendo il cuore salirmi in gola e le gambe tremarmi leggermente. Non c’era nessuno. Ero l’unica in quella strada. Fissai dietro di me a lungo, immobile, non producendo nessun rumore. Respirando profondamente e leggermente più tranquilla, tornai sui miei passi, ma mi fermai una seconda volta, spalancando gli occhi.
A cinque metri da me c’era un ragazzo che dimostrava all’incirca vent’anni. Bello, biondo e inquietante. Mi guardava con i suoi occhi neri e con un ghigno poco benevolo sul viso.
“Salve, Ruth.” Disse, facendomi rabbrividire. Avevo giusto un paio di domande che mi vorticavano per la testa.
“Chi sei?” domandai, prima di deglutire. Quella sfumatura sinistra sul suo sorriso mi terrorizzava.
“Sai cosa?” fece un passo verso di me, mentre io indietreggiai “Non è questa la domanda che dovresti rivolgermi. Potresti farne altre molto più intelligenti, a cui potrei risponderti in modo da esserti persino utile!”
“Tu sai chi sono. Mi sembra giusto che io sappia chi sia tu.” Risposi. Non so da dove stessi tirando quella determinazione, ma sentivo il dovere di mostrarmi forte, meno impotente, perché quello che avevo davanti non era assolutamente un ragazzo normale.
Sembrò soddisfatto della mia risposta. Evidentemente lo divertivo di più, parlando in quel modo “Fammi capire, vuoi sapere il mio nome o il mio ruolo in tutta la tua storia?” strinsi i pugni e mi irritai.
“Tu c’entri qualcosa con quello che mi è successo?”
“Ovvio, honey, altrimenti perché ti avrei onorato della mia stupenda visione?” ridacchiò, come se la sua frase fosse divertente. Megalomane.
“Perché sono qui?” domandai subito, facendo anche io un passo avanti. Volevo sapere cosa diavolo mi era successo, come, perché.
“Ecco, questa è una domanda interessante.” Mi fece notare sorridendo “Però non risponderò. Insomma, che gusto ci sarebbe? Dovresti ringraziarmi perché ti ho mostrato la faccia del colpevole.” E si indicò.
Ringhiai “Dovresti, dovresti.. Smettila di dirmi ciò che dovrei o non dovrei fare! Chi cazzo sei? Sai, dovresti proprio rispondermi!” e mi avvicinai ancora di più. Eravamo faccia a faccia. I miei occhi verdi e accesi contro i suoi neri, profondi e illuminati solo dalla sua cattiveria. Un altro brivido mi percorse la schiena.
Indurì lo sguardo, mentre il ghignò spariva dal suo volto “Stai attenta a come parli, ragazzina.” Mi avvertì.
“E tu rispondi alle mie domande.” Sibilai aggressiva, nonostante continuassi ad aver paura.
Si rilassò nuovamente, sospirò fingendosi esasperato e alzò gli occhi al cielo che iniziava a sfumarsi di rosso “Oh, andiamo! Cosa dovrei dirti? Sono il colpevole e non sei nel tuo mondo. Quale delle due cose non sapevi?”
“Perché?”
“Ripeto: che gusto ci sarebbe a dirtelo?” alzò una mano e mi paralizzai quando posò sulla mia guancia, accarezzandola e scrutandomi quasi dolcemente “Sei carina.” Arrossii e schiaffeggiai la sua mano.
“Ma grazie.” Sputai ironica.
“Dovresti essere felice delle mie parole. Kevin non te le dirà. E scusami se ho detto dovresti.” Spalancai gli occhi, sentendomi ferita per quella affermazione.
“Vai a farti fottere.”
“Perché ti interessi così tanto della mia vita sessuale?” sorrise divertito “E comunque fatti dare un consiglio, l’ennesimo. Non valutare come cattivo ciò che è buono e viceversa. Sai, sono concetti un po’ relativi. Potrei essere la tua salvezza, anche se adesso probabilmente mi stai odiando.” Mi fece l’occhiolino e indietreggiò di un passo.
“Ci vediamo presto, ragazzina.” E mentre lo diceva, sembrava quasi umano. Il tempo di aprire la bocca per replicare ed era già sparito, esattamente come era comparso. Cominciai a correre verso casa, e quando finalmente arrivai in camera chiusi la porta e chiamai Yvone per raccontargli tutto per filo e per segno.
Pronto?
“Yvone, non ci sto capendo un cazzo.”
 


Salve, carissimi.
*Sigla d'apertura* Ecco a voi il terzo capitolo della storia!
Come avete potuto notare, un nuovo personaggio è entrato in gioco: Brandon.
Le cose sono tre: già lo amate, lo odiate (ma è più improbabile) o ancora vi è indifferente e aspettate i prossimi capitoli.
Beh, io lo amo, così come amo tutti i personaggi, ma insomma.. 
Ditemi cosa ne pensate, mi farà piacere leggere le recensioni e rispondere, come al solito! :D

Vi ringrazio per il supporto (come tutte le volte precedenti e come farò anche in futuro).

Il prossimo capitolo verrà pubblicato probabilmente dopo il 1 aprile. Domani parto per la Germania, gita scolastica, e torno il 31.
Considerando che devo pure scrivere, per pubblicare, ho bisogno di tempo! Per questo ho aggiornato oggi, così da diminuire il più possibile l'attesa (sempre che qualcuno stia attendendo di sapere cosa succede in questa storia).

Alla prossima, quindi! :D

Maricuz

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


“Fammi capire. Questo figo biondo c’entra qualcosa con il tuo arrivo qui?” mi domandò per la centesima volta Yvone. Sbuffai.
“Sto cercando di dirtelo da venti minuti, ma ti sei bloccata ogni volta alla parola figo.”
“E’ colpa tua che tendi a sottolinearlo!”
“Devo ripetere tutto da capo senza l’uso di quella parola?”
“No, non è necessario, ho capito.”
“Meglio. E io adesso che faccio?” domandai poi, riferita ovviamente alla mia pessima situazione. Avevo bisogno di risposte e, a quanto avevo capito, l’unico in grado di darmele era quel ragazzo di cui non sapevo neanche il nome. Come avrei fatto a trovarlo?
“Eh, aspetti!” rispose lei.
“Oh, si certo, aspetto. Me ne starò qui, con le mani in mano, mentre quell’altro si gode con tutto il suo sadismo la mia attesa.” Sbottai ironica.
“Ruth, non puoi fare altro. Non sai chi sia e cosa sia, e mi sembra che abbia esplicitamente detto che non ha intenzione di dirti il motivo per cui ti ha portata qui.” Tentò di spiegarmi, più seria “Quando vorrà, ti cercherà lui, stanne certa.” Sbuffai.
“Che palle. Non potevo essere circondata da persone un tantino più normali? Che cavolo mi ero fumata per la Vigilia?” borbottai più con me stessa che con la bionda dall’altra parte del telefono “Senti, io vado a dormire. Ho bisogno di metabolizzare. Tu controlli l’acqua, Kevin mi ha rivolto la parola e mi ha addirittura sorriso, a pallavolo gioco meglio di quanto mi aspettassi e tutto questo mi è successo per colpa di un pezzo di manzo dagli occhi neri.” Feci il riassunto di quella giornata senza neanche pensare alle parole, cominciando a stendermi sul letto.
“Certo, mi sembra giusto. Riposati pure. Buonanotte, Ruth!”
“Notte Yvone..” riattaccai ed appoggiai il cellulare sul comodino. Mi rigirai un po’ di volte, cercando di non pensare troppo a quello che mi era successo per non farmi venire i soliti quesiti che mi ritrovavo a pormi in ogni singolo momento di silenzio, e finalmente mi addormentai, scoperta.
 
Avevo caldo, molto caldo. Siamo a metà Giugno, pensai. No, rimaneva sempre troppo caldo anche per quella stagione. Tentai di muovermi e solo in quel momento mi accorsi di un peso sopra di me che non mi permetteva di fare ciò che volevo. Ciò nonostante, non ci riflettei più di tanto e continuai a tenere gli occhi chiusi. Ero ancora in bilico tra il mondo dei sogni e quello reale.
Percepii un contatto sul collo, morbido e lieve, che mi causò dei brividi lungo la schiena. Quel sogno era veramente vivido, tanto sembrava vero.
Vedevo Kevin baciarmi dove sentivo tutti quegli sfioramenti. Era lento e dolce, ma quando alzava lo sguardo verso di me vedevo solo la passione bruciare dentro di lui. Quegli occhi grigi, tinti di un colore spento, erano così vivi e accesi che mi fecero deglutire e sentire un’ulteriore vampata di calore attraversarmi. Riprese a torturare il mio collo, adesso anche con i denti. Mordicchiava piccoli lembi di pelle, affannando il mio respiro e aumentando la mia voglia di lui.
Ci mancava solo un sogno a luci rosse. Con la memoria che mi ritrovavo me lo sarei ricordata per il resto della mia vita. Imbarazzante.
Cominciò ad accarezzarmi i fianchi con una lentezza disarmante, per poi passare sulla pancia. Trattenni il respiro inarcando leggermente la schiena. Stavo impazzendo e sentivo quei contatti sempre più concreti, mentre vedevo Kevin sempre più sfocato. Aggrottai la fronte quando tutto divenne nero.
Ma continuavo ad avvertire il suo peso.
Spalancai gli occhi davvero, percependo delle labbra sotto il mio orecchio che mi dedicavano un’attenzione maniacale. Sopra di me un ragazzo, o per meglio dire: un giovane uomo, che come se niente fosse proseguiva il suo lavoro.
“Ma che cazzo..” tentai di protestare, ma il giallo dei suoi occhi e il sorriso malizioso mi fecero ammutolire.
“Salve, piccoletta. Aspettavo ti svegliassi, anche se sei molto collaborativa anche da dormiente. Chissà adesso..” oltre a delle iridi inquietanti, aveva un non so che di malefico in quella espressione, e quasi percepivo la sua negatività. Non riuscii a non ricambiare al bacio che mi dette, però. Il mio corpo non rispondeva ai miei comandi, era come attratto da quell’uomo tanto spaventoso quanto bello, ma la mia mente sapeva che quella non era certamente la cosa giusta da fare.
Quando però sfiorò con la lingua le mie labbra, anche la mia razionalità cominciò a vacillare. La lasciai entrare e giocare con la mia come se non fossi completamente terrorizzata dalla incoerenza tra i miei pensieri e le mie azioni.
Un flashback, fortunatamente, riuscì a farmi tornare in me e a staccarmi dal viso del giovane.
“I Succubi sono demoni di aspetto femminile che la notte seducono gli uomini e per avere rapporti non casti, gli Incubi sono la stessa cosa, solo che appaiono come maschi. Si nutrono dell’energia degli umani. Infatti essi muoiono o rimangono comunque in fin di vita.”
Oh, bene. Perfetto. Un incubo.E sarei morta di lì a poco, se mi fossi lasciata sedurre. La creatura mi guardò stupita, come se non si aspettasse quella mia mossa, poi fece un altro sorriso mentre prendeva a fissarmi intensamente.
“Ma non c’è modo di resistergli?”
“Hanno il potere di renderti inerme con un solo sguardo. Però questo vale solo per gli umani. Le altre creature non sono adescabili.”
Stava cercando di soggiogarmi, di nuovo. Perché la prima volta non ci era riuscito, se le uniche vittime erano gli umani, categoria di cui facevo parte? Non provavo  niente, se non una forte attrazione fisica, ma continuavo ad essere cosciente.
Pochi secondi dopo si tirò su, rimanendo seduto sopra il mio bacino e guardandomi perplesso ed incuriosito.
“Ma cosa sei, tu?” mi domandò. Io feci scorrere gli occhi sul suo corpo, partendo dall’alto. Quasi mi dispiaceva averlo fermato. Quella poca luce presente nella stanza mi fece notare il suo corpo statuario, i muscoli ben messi, i pettorali e gli addominali scolpiti e..
“Ma sei nudo!” mi coprii gli occhi all’istante diventando rossa come un pomodoro e cercando con la mano libera le lenzuola, che poi gli buttai addosso. Sbuffò divertito e dopo un po’ di movimento mi richiamò scoprendomi il viso e rimanendo seduto su di me “Piccoletta, sono coperto.” Tornai a guardarlo e incerta controllai se mi avesse detto la verità. . Bene.
“Ripeto la domanda: cosa sei?” strabuzzai gli occhi incredula.
“Cosa sono io? Guarda che sei tu l’incubo che ha cercato di sedurmi per fare cose sconce e che ha gli occhi gialli!”
Lui aggrottò la fronte “Non commentare i miei occhi, che pure i tuoi sono di un verde ben poco umano. E poi cosa ne sai di cosa sono?”
“Che ti importa? Che vuoi da me?” domandai, appoggiandomi sui gomiti e muovendo inavvertitamente il corpo. Si morse il labbro inferiore.
“Senti bella, stai ferma. Sono io che dovrei stuzzicarti, non tu.” Arrossii per la sua schiettezza, poi tornai ad ascoltarlo mentre parlava “E comunque niente, a questo punto. Sei immune al mio controllo, per cui..” scrollò le spalle.
“Perché sono immune?” domandai allora. Mi guardò confuso.
“E io che ne so?”
Sospirai scocciata e lo guardai male “Sei d’aiuto.”
“Dovrei esserlo?” chiese, alzando un sopracciglio scettico. Effettivamente il cattivo della situazione era lui, perché avrebbe dovuto darmi una mano? In ogni caso, quella scena era assolutamente irreale. Non si conversa così col nemico! Ma infondo di reale, in quel momento, cosa c’era?
“Mi risulta che tu sia un semplice essere umano.” Parlò prima che lo facessi io, guardando la parete accanto a noi “So dove si trova ogni singola creatura esistente, e in questa abitazione non ve n’è nessuna. A meno che..” ragionò, tornando a fissarmi in modo strano “Come ti chiami?”
“Ruth. Ruth Styles.” Risposi, non dicendo il mio nome originale, cioè Evanson.
Si batté una mano sulla fronte sorridendo “Ma certo! Adesso si spiega tutto.” Schioccò le dita, si tolse il lenzuolo di dosso e si alzò, con dei pantaloni materializzati solo in quel momento “Beh in questo caso mi sa che devo salutarti. Mi raccomando non dire niente a Brandon, altrimenti mi uccide.” Sghignazzò e aprì la finestra, ma lo fermai alzandomi dal letto e afferrandogli un braccio.
“No, aspetta.”
Si voltò a guardarmi malizioso “Mi spiace piccoletta, ma non posso accontentarti. Se lo facessi moriresti, e non deve assolutamente accadere. Sono dispiaciuto davvero tanto, sei molto, molto carina.” Mormorò, squadrandomi dall’alto in basso. Sbruffone. Socchiusi gli occhi innervosita, poi li alzai al cielo.
“Chi diamine è Brandon? E che intendevi dire?”
“Non lo conosci? Strano..”
“Rispondimi, invece di farmi altre domande!” ribattei stanca.
“Non posso dirti niente, mi dispiace.” Rispose serio, per la prima volta “E non insistere, non funzionerebbe davvero. E’ stato un piacere conoscerti, Ruth.” Si piegò leggermente e mi baciò la fronte, accarezzandomi lascivo un fianco. Quel contatto continuava a piacermi, eppure riuscivo a controllarmi. Iniziavo a non capire persino chi, o cosa, fossi io.
Dopo l’ennesimo sorriso, salì sul davanzale della finestra e saltò, sparendo nell’oscurità della notte.
 
Aprii l’armadio cercando una maglietta e un paio di pantaloni corti. Un’ora prima Sarah mi aveva mandato un messaggio per chiedermi di uscire con lei e Vanessa per il paese, ed io avevo accettato.
Mentre buttavo ciò che avevo scelto sul letto e mi spogliavo, ripensai alla chiamata di poco prima che avevo avuto con Yvone. Ovviamente l’argomento affrontato era stato quello dell’incubo. Che tipo strano, quello. Un minuto prima si comportava da macchina del sesso, quello dopo sembrava ingenuo come un bambino. Malgrado tutto, dovevo ammettere che mi stava piuttosto simpatico. In ogni caso, la mia migliore amica mi aveva detto che, con molta probabilità, non ero un essere umano. Bella roba, vero? Questo significava che pure i miei genitori, Dorian e Dianne, non lo erano, ma perché nascondermelo?
E Brandon, invece? Chi era? Ero quasi sicura che fosse il pezzo di manzo biondo, ma infondo non ne avevo la certezza. Non avevo la certezza di niente davvero, non più. Per questo avevo accettato l’invito della mia compagna di squadra. Avevo assolutamente bisogno di non pensarci per un po’. E poi, parlando chiaramente, dovevo vivere, mica passare tutto il giorno a crogiolarmi nei miei pensieri.
Mi concentrai sugli ultimi preparativi ed uscii di casa, salutando i miei. Pochi minuti dopo vidi quella forza della natura chiamata comunemente Sarah venirmi incontro salutandomi, e le sorrisi.
“Ciao, Sarah!”
“Come stai?”
“..Bene.” risposi, cercando di essere convincente “Tu?”
“Uh, bene anche io! Vanessa ancora non è arrivata. Strano, vero?” domandò ironicamente, ma divertita. Sghignazzai “Che ci vuoi fare?”
“Io proprio niente. Cavolo, però. Devo assolutamente raccontarvi una conversazione che ho avuto con Jack.” Jack, il tipo che le piaceva “Se arrivasse, visto che non ce la faccio più, mi farebbe un piacere.” Disse infine, guardandosi nervosamente attorno.
“Mi cercavi?” dietro di noi comparve Vanessa, bella come sempre. Sarah subito annuì e cominciò a parlare a manetta.
“Si. Allora, ieri mi arriva un messaggio e..” e presi ad ascoltare attentamente, mentre cominciavamo a camminare per la strada. 
 


Salve.
Brandon e Kevin non ci sono stati, ma potete ben capire che un nuovo personaggio si è appena presentato nella seconda vita di Ruth! L'incubo. BUAHAHAH
Che ne dite di lui, invece?
A me piace. Poi vabè, lo conosco un po' meglio, comunque.. Fatemi sapere! :)

Anyway, scusate per il ritardo. Come avevo detto nell'ultimo capitolo sono partita per la Germania con la scuola.
Esperienza bellissima, tra l'altro. Se avete l'occasione di andarci non perdetevela. E' un altro mondo. :')

Non so quando aggiornerò. Dipende quanto riuscirò a scrivere in questi giorni, ma con le vacanze di Pasqua mi metterò in pari, quindi, a chi interessasse: DON'T WORRY!
In ogni caso, nel prossimo capitolo ci saranno degli incontri interessanti. ;)

Un bacione!

Maricuz

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


“Sei sicura che non vuoi che ti porti fino alla palestra?”
“Sì papà, stai tranquillo. Faccio due passi all’aria aperta!” risposi io, mentre prendevo il borsone lasciato nell’ingresso.
“Come vuoi. Torni da sola, anche?” mi chiese ancora Dorian, da un’altra stanza. Sospirai.
“Sì! Posso andare adesso?”
“Vai, vai! Chi ti trattiene?” rispose quello. Aprii la porta urlando un saluto e uscii di casa, pronta per il tragitto che avrei percorso in dieci minuti, salvo ostacoli di vario tipo.
Che poi, in quali ostacoli avrei potuto imbattermi? Cominciai una lista di intoppi o incontri che sembrava non finire mai, neanche quando ormai ero a metà strada. Mi piaceva perdermi in pensieri particolari –il più delle volte stupidi- per passare il tempo. Avrei potuto incontrare Yvone, ma era alquanto improbabile, oppure una mia compagna di squadra che come me andava all’allenamento. Kevin, purtroppo, era da escludere, dato che in quel momento era impegnato. Per quanto ne sapevo potevo addirittura incrociare l’incubo di dieci giorni prima. Da quella notte non era successo niente di.. fantasy.
“Chi si rivede!” quella voce. Alzai di scatto lo sguardo e mi fermai, trovandomi a pochi passi da quella creatura con le sembianze di un pezzo di manzo biondo. Deglutii, percependo i brividi sulla schiena come la prima ed unica volta in cui l’avevo visto.
“Tu.” Dissi. Squadrandomi, fece qualche passo verso di me per poi bloccarsi ad una distanza molto ravvicinata. Troppo ravvicinata.
“Io.” Ghignò.
“Sei tu Brandon?” domandai immediatamente, quasi sfidandolo con lo sguardo.
“Te l’ha detto Desmond?” ecco, ci mancava solo un altro nome. Aggrottai la fronte perplessa, e lui parve capire “Oh, non sai chi è. Hai presente quell’incubo con gli occhi gialli dell’altra notte?”
“Sì, abbastanza bene.” Perfettamente. Bello anche lui.
“Ecco, quello è Desmond.”
“Oh. Capito. Beh, sì. Me l’ha detto lui. Ti ha nominato solamente e ho dedotto fossi tu.”
“Hai dedotto bene, honey.” E mi accarezzò una guancia, lasciando che da quegli occhi neri trasparisse una dolcezza che non gli apparteneva solitamente. Scostai il viso.
“A cosa devo questo tuo incontro? La scorsa volta era per mostrarmi il viso del colpevole, se non ricordo male.”
“Ricordi benissimo.” Si mise le mani in tasca e sospirò “Beh, sono sicuro che hai un po’ di domande da farmi.”
“Perché Desmond non è riuscito a soggiogarmi? Yvone mi ha detto che solo le creature magiche o come diamine si chiamano sono immuni al potere di incubi e succubi, ed io non sono come voi. Sono un’umana.”
“Questo è quello che ti hanno fatto credere, ragazzina.” Mi guardò come se fossi un gattino affamato. Cos’era, gli facevo pena?
“Questo è quello che sono, biondo.” Ribattei stizzita. Sorrise divertito e scosse la testa.
“Ne hai parlato con i tuoi genitori?”
“Certo che no.” Dissi subito.
“E allora come fai a dirlo, testolina bacata?” ridacchiò “Per quanto ne sai potrebbero avertelo nascosto.”
“E perché avrebbero dovuto?” aggrottai la fronte.
“Per proteggerti.”
Schioccai la lingua, non trovandomi d’accordo. Distolsi lo sguardo e cominciai a guardarmi intorno. Mi stavo dimenticando che dopo mezz’ora avrei avuto un allenamento e tornai a fissarlo. Lui non aveva ancora staccato gli occhi da me “Senti.. Brandon. Io devo andare ad allenarmi, quindi ti saluto.”
“Ma come, mi cacci?” ghignò “Ti accompagno. Dammi il borsone.” Alzai un sopracciglio.
“Scusa?”
“Dammi il borsone! Almeno faccio il gentleman.”
“Mi rovini la vita e poi mi porti il borsone? Ma fottiti.” Cominciai a camminare ma mi afferrò con forza il braccio, facendomi girare “Ahi.” Gemetti dal dolore.
Alzai lo sguardo e potei benissimo notare che il suo viso era vicinissimo al mio. I suoi occhi neri, adesso arrabbiati, mi puntavano e mi terrorizzavano. Rabbrividii “Solo perché cerco di fare il gentile, non significa che tu abbia l’autorizzazione di trattarmi come un ragazzo qualunque, chiaro?” sibilò.
Socchiusi gli occhi e scrollai il braccio “Solo perché pensi di avere la situazione in mano e sai di essere l’artefice di tutto questo, non significa che tu abbia l’autorizzazione di trattarmi come una tua servetta e di farmi male perché ti ho mandato a farti fottere.”
Spuntò un sorrisetto sulle sue labbra, e senza neanche avere il tempo di rendermene conto, le poggiò sulle mie. E io? Io non mi ritrassi di certo. In un malsano senso, ero attratta da lui, senza contare la mia impulsività.
Dopo qualche secondo però, quella sparì e mi ritrovai a indietreggiare di un passo e a staccarmi dal suo viso.
“Che cazzo hai fatto?” fu la domanda, ad occhi spalancati e guance rosse.
“Ti ho baciata. Mi andava. Mi piaci quando rispondi a tono nonostante tu abbia una paura immensa.” Rispose tranquillo e allegro, alzando entrambe le sopracciglia. Maledetto..
“Tu.. Tu..” gli puntai l’indice sul petto, con l’intenzione di ricoprirlo di insulti, ma avevo la mente completamente svuotata “Tu..”
“Cos’è? Il gioco del telefono?”
“Tu sei un cretino!”
“Tutto quello che vuoi, honey.” Irrigidii il volto e gli spinsi addosso il borsone.
“Portalo, se proprio vuoi fare il gentleman, ma non ti riprovare a baciarmi!” sbottai, girando i tacchi e camminando infastidita. Sentii la sua risata e i suoi passi subito dietro di me.
“Come ve la prendete per un bacio, voi donne..”
“Stai male, curati.”
“Continui a trattarmi come un ragazzo qualunque.”
“E tu continui a comportarti come un fastidioso ragazzo qualunque!” sospirò, poi cadde il silenzio. Ne approfittai e riflettei sulle parole che mi aveva detto poco prima. Che fosse vero il fatto che i miei genitori mi avessero nascosto ciò che ero realmente? Mi sembrava molto, molto strano. Se fosse davvero stato così allora anche loro sarebbero state delle creature, e non è facile nascondere costantemente le proprie capacità. Un conto è al mondo esterno, un altro è alla propria famiglia.
“A che pensi, ragazzina?”
“Cazzi miei.” Risposi brusca.
“Mmh.. Mi istighi a baciarti di nuovo, sai?”
“Ma per piacere..” borbottai “Ma tu sai cosa sono?”
“Dovrei?”
“Non dovresti?”
“Siamo arrivati.” Cambiò abilmente discorso lui. Ringhiai quando mi sorrise porgendomi la borsa “Fai un buon allenamento, honey.”
“Smettila di chiamarmi honey. Per te è già tanto se sono Ruth.”
“Non farò mai quello che mi dici di fare, e questo vale per qualunque cosa.” Ghignò e con uno dei suoi trucchetti si materializzò a pochi centimetri da me, baciandomi una seconda volta. Quando si staccò, prima di andarsene, disse solamente “Adesso goditi il tuo Kevin.” Stronzo.
 
“Ruth, si può sapere che diamine hai oggi? Non riesci a fare un palleggio a modo!” mi urlò infuriato Ryan dalla parte opposta della palestra. Sospirando mi passai una mano sul viso.
Cosa diamine ho oggi? Ho che sono due settimane che vivo nel mondo nato dalla mia mente fin troppo fantasios
a, la mia migliore amica è un elfo, quello che mi piace oggi non mi ha neanche guardato per sbaglio, colui che mi ha portato qui mi ha baciata ben due volte –oltre ad avermi fatta incazzare, ovviamente- e dieci giorni fa un incubo di nome Desmond ha provato a sedurmi, ecco cos’ho!” Gridò la mia testa.
“Niente.” Sibilai guardando la parete alla mia sinistra.
Il mio allenatore, sospirando e cercando un po’ di calma dentro di sé, si avvicinò. Mi posò le mani sulle spalle e mi guardò dritta negli occhi “Senti, facciamo che vai cinque minuti negli spogliatoi, ti riprendi un po’ e poi torni qui, così proviamo il gioco. Che ne dici?”
“Dico che sarebbe meglio.” Borbottai tentando di non farmi prendere dal nervoso. Mi diede un buffetto sulla guancia e io mi voltai immediatamente, diretta verso il corridoio. Se solo non mi fossi accorta del ragazzo moro che si dirigeva verso lo spogliatoio inutilizzato, mi sarei messa a piagnucolare per lo stress accumulato. Aggrottai la fronte.
“Kevin..” lo chiamai timidamente. Lui, con una mano sulla maniglia, si girò a guardarmi.
“Ruth.” disse, non muovendosi.
“Che ci fai qui?” in risposta alla mia domanda, alzò l’indice verso l’alto ed entrò nella stanza, per poi uscire con il cellulare fra le mani.
“L’avevo dimenticato.” Spiegò, con la solita inespressività. Annuii.
“Capisco.”
“Tu invece?” rigirò il quesito, posizionandosi davanti a me. Non svenire, Ruth, non farlo! Un po’ a disagio, distolsi lo sguardo.
“Non riuscivo a concentrarmi.”
“E ti ha mandata a cambiarti?” alzò un sopracciglio sorpreso.
“No, ma a prendermi qualche minuto di riflessione.” Abbozzai un sorriso, tornando a rivolgere la mia attenzione su di lui. Mi fissava in silenzio e sentii il cuore che cominciava a battere più velocemente. Quegli occhi grigi erano un qualcosa di destabilizzante, e sapere che erano posati su di me mi metteva una strana ansia addosso.
“Mi domando come tu abbia fatto a non cedere mai fino ad oggi.” Se ne uscì. Aggrottai la fronte e lui continuò “E’ dalla cena della società che ti comporti in modo strano. Credo che la causa non sia cambiata, o sbaglio?”
“Non sbagli..” mormorai, abbassando la testa quasi sconfitta.
Dopo un breve momento, mi prese il mento fra le mani e mi alzò il viso, continuando a guardarmi serissimo. Chissà quali erano i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue idee. Dalla sua espressione non era mai possibile riuscire a leggere qualcosa di lui e di quello che aveva dentro, e forse era proprio quello a spingermi a volerlo conoscere di più, per riuscire a capirlo.
“E’ così brutto?” domandò, non staccandosi.
“Abbastanza.” Mi squadrò per qualche altro secondo, poi mi sorrise, facendomi sembrare tutto magicamente più bello e semplice. Come se non mi fossero successe cose strane negli ultimi tempi, come se non avessi fatto da poco un incontro che avrei volentieri evitato, come se ci fossero solo le sue perle incolore e il suo raro sorriso per me.
“Non farti buttare giù. Pensa che devi allenarti per vincere le nazionali con la tua squadra, adesso.” Riabbassò la mano, portandola nella tasca dei pantaloni “Ogni cosa a suo tempo.”
Incantata dalle sue parole e da lui, annuii “Grazie..” sussurrai.
Scrollò le spalle e fece un passo indietro “Ci vediamo.”
Cancellai mentalmente un punto delle cose che stavano andando male quel giorno.
 
“E’ tutto.” Finii di raccontare alla bionda ciò che mi era accaduto quel giorno proprio mentre cercavo di aprire la porta di casa, col telefono bloccato tra l’orecchio e la spalla.
Non ti si può lasciare una giornata sola che ti succede di tutto.” Commentò lei.
“Che culo, eh?” dissi ironicamente varcando la soglia.
Forse faresti meglio ad indagare sulla tua identità.” Disse decisa.
“Certo, cosa c’è di più facile?” borbottai.
E allora aspetti che le cose accadano da sole. Com’è che aveva detto Kevin alla cena? Ah.. Ci sono cose che non dipendono da noi, ma il modo di affrontarle è sempre una nostra scelta.” Ripeté, mascherando la sua voce. Risi scuotendo la testa e buttando il borsone a terra.
“Dì che non è vero.”
No no, è verissimo! Lo citavo apposta.” Rise anche lei.
“Dai, ti saluto. Spero di non doverti raccontare tutto questo casino anche la prossima volta che ti chiamo..” sospirai.
Spero anche io, perché capisco sempre meno cose di te e della tua faccenda.” Sorrisi.
“A domani.”
O stanotte. Magari viene a farti visita Desmond.”




Ok, si lo so, vi ho fatto attendere un po'. 
Cioè, 5 giorni sono tanti per sto schifo di capitolo, ma sappiate che il prossimo sarà tipo molto più lungo. u_u
Non commento neanche ciò che ho scritto, fatemi sapere voi! ahaha

Non so cosa dire, vi ringrazio tantissimo per il supporto e..
BUONA PASQUA E PASQUETTA! :P
Ingozzatevi di cioccolata, per favore. E' una richiesta: ingozzatevi.

Alla prossima settimana! :)

Maricuz

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Erano passati i giorni, tanto che quello seguente sarei dovuta partire con la mia squadra e quella di Kevin per le famigerate nazionali. Se vi state chiedendo “E’ successo qualcos’altro di interessante, nel frattempo?” beh, la risposta è no. Sì, lo so, c’erano giorni in cui accadeva di tutto, altri in cui non accadeva niente. Basti prendere come esempio l’ultima volta che avevo visto Brandon: lui mi aveva baciata ben due volte senza un motivo valido, a pallavolo a malapena riuscivo a fare un palleggio e per caso avevo incontrato nel corridoio della palestra il ragazzo che mi piaceva. A proposito di lui, aveva continuato a parlarmi in quel noioso lasso di tempo, facendolo molto più frequentemente rispetto ai tempi addietro, quando ancora non ero in questo mondo. Almeno così mi aveva detto Yvone. Io non sapevo se esserne felice o meno, dato che quasi sempre mi ritrovavo a comportarmi come una cretina. Ah, l’amour.
Sospirai sistemando le ultime cose nella valigia, poi mi sentii chiamare da mia madre “Ruth! Vieni qua un secondo?”
“Arrivo!” risposi, stiracchiandomi. Lanciai un’occhiata alla sveglia per controllare l’ora. Esattamente trentacinque minuti dopo mi sarei dovuta far trovare pronta per fare una bella uscita con l’elfo che avevo come amica prima della partenza. Non ci saremmo viste per una settimana, dopotutto! Uscii dalla camera e trotterellai tranquilla verso il salotto, dove si trovavano entrambi i miei genitori, seduti silenziosi sul divano. Perplessa, mi avvicinai e mi sedetti sulla poltrona, guardandoli.
“Che succede?” domandai, sospettosa.
“Niente di brutto.” Sorrise Dorian, pacatamente. Sì, era proprio un bell’uomo, poi quegli occhi blu oceano erano incantevoli.
“Ah, ok, meglio.”
“Volevamo darti una cosa..” mormorò mia madre, con uno strano sorriso sul volto. Vidi in quel momento che tra le mani teneva con delicatezza una sottile catenina d’argento, che mi porse qualche secondo dopo. La presi, ancora piuttosto confusa ma comunque affascinata, soprattutto dal ciondolo a forma di stella che possedeva la collana. Tornai a fissare i due.
“Perché?”
“Perché ti porti fortuna domani, dopo domani, e tutti i giorni a venire.” Rispose mio padre.
“Io.. Grazie.” Dissi solamente, non sapendo cosa dire “Mi aiutereste a metterla?” Immediatamente Dorian si alzò e si mise dietro di me, per poi armeggiare con il loro regalo. Non appena ci riuscì, Dianne quasi non pianse. Che diavolo succedeva a tutti? L’uomo ancora dietro di me mi posò le mani sulle spalle e mi baciò la guancia, pizzicandomi con la barba “Spero con tutto il cuore che funzioni, principessa.”
Sorrisi, sentendomi scaldare il cuore. Era bello il modo in cui mi amavano, come me lo dimostravano, e mi sentivo bene. Presi tra le dita la stella e dissi orgogliosa “Funzionerà. Vi dedicherò ogni punto.”
La donna ridacchiò “Devi assolutamente farlo.”
“Lo farò assolutamente.” Replicai.
“Mi raccomando, Ruth.” Mio padre si sedette di nuovo sul divano, più serio “Stai attenta. Tieni gli occhi aperti, per qualunque cosa.” Non sapendo cosa rispondere, annuii aggrottando la fronte. Abbozzò un sorriso, poi si rilassò sullo schienale e mi cacciò via scherzosamente con un gesto della mano “Vatti a preparare, che tra un po’ passa Yvone.”
 
In ritardo come la maggior parte delle volte in cui uscivo, arrivai nella piazza del paese e raggiunsi la bionda, di spalle. Per non farle prendere troppa paura, la chiamai quando raggiunsi una distanza di tre metri. Si voltò immediatamente sorridendo, riconoscendo la mia voce, poi spalancò gli occhi “Accidenti.”
“Cosa?” domandai, non capendo il motivo della sua affermazione.
“Sei.. Hai.. Ehm..”
“Oddio, un insetto. TOGLIMELO SUBITO.” Dissi spaventata, immobilizzandomi.
“Ma no, scema. Sei più.. Pulluli di bellezza, cazzo!” esclamò, squadrandomi dall’alto in basso e viceversa. Cominciai a ridere e lei mi guardo dubbiosa “Già ubriaca a quest’ora?”
“No, è che mi hai fatto ridere.”
“Guarda che non scherzavo.. Hai qualcosa di magico addosso. Dì la verità, alla fine ti sei fatta Desmond.” Ghignò, facendomi ridere ancora di più.
“Sei fissata con Desmond. Se vuoi te lo faccio conoscere!”
“Non sai neanche dove trovarlo.”
“Questi sono piccoli ed irrilevanti particolari.” La liquidai, alzando il mento altezzosa. Cominciammo a chiacchierare e camminare tranquillamente del più e del meno, delle mie aspettative e la mia euforia per il torneo che avrebbe avuto inizio ufficialmente due giorni dopo e di ciò che invece era in programma per le prime ventiquattro ore. Ryan ci aveva detto che molto probabilmente ci avrebbero portato in spiaggia a fare un bel bagno e una partita a beach volley –sport a mio parere bello e impossibile-. Dopo un’oretta, proprio quando stavamo per entrare in un bar per comprare qualcosa da bere, mi squillò il telefono. Era Sarah che doveva assolutamente sfogarsi con qualcuno perché nessuno riusciva a sopportare la sua emozione. Beh, potevo capirla. Yvone entrò mentre io rimasi fuori a parlare con la mia compagna di squadra, sedendomi su una sedia libera accanto ad un tavolino. La chiamata durò poco, e mi ritrovai a fissare annoiata la gente che passava con il viso comodamente posato su una mano.
D’un tratto passò un gruppo di ragazzi, tra cui ce n’erano un paio anche abbastanza carini. Pochi secondi dal momento in cui mi accorsi della loro presenza e il mio sguardo fu ricambiato da tutti. Ognuno assunse un’espressione definibile tranquillamente a pesce lesso e spalancarono, chi più chi meno, la bocca. Sentendomi osservata, puntai gli occhi sull’entrata del bar, da cui sperai intensamente uscisse la mia amica. Dov’era finita? Mi lasciava sola nelle situazioni più imbarazzanti, così, senza avvertirmi? Ricontrollai quei ragazzi, ormai più lontani. Alcuni si stavano girando per guardarmi di nuovo, completamente abbagliati, ed io arrossii. Ma guarda un po’ te.. Sospirai a disagio e cominciai a spulciare il mio stesso cellulare, quando una presenza seduta sulla sedia davanti a me mi fece sussultare. Alzai la testa.
“Zach.” Lo salutai. Non so se lo ricordate: era un mio coetaneo a cui piacevo e che faceva pallavolo insieme a Mr. Occhi-argentei. Anche lui coi capelli mori, ma molto più corti e mossi rispetto a quelli quasi selvaggi dell’altro. E poi aveva gli occhi nocciola, mica grigi!
“Ciao Ruth. Siamo bellissime oggi, eh?” disse, guardandomi intensamente. Sorrisi divertita, ma mi paralizzai quando lui voltò la testa verso sinistra “Non è vero, Kevin?”
Ed effettivamente lui era proprio lì.
Si sedette anche lui senza rispondere, poi mi fissò attentamente. Sembrava stranito, ma comunque piacevolmente sorpreso. Fece un cenno con la testa, che probabilmente voleva dire “sì”, e le mie guance presero inevitabilmente un colore rosso acceso.
“Cosa ci fai qui tutta sola?” domandò Zach, curioso, incrociando le braccia sul tavolino.
“In realtà sto aspettando una mia amica.” Risposi imbarazzata, indicando l’entrata del locale e cercando di non guardare in direzione della riproduzione più vicina alla bellezza divina accanto a me, che ancora mi stava studiando.
Proprio in quel momento Yvone fece di nuovo la sua comparsa con due lattine in mano “Ruth scusami ma la Sprite era finita, ti ho preso la Pepsi, va be.. Oh.” Si fermò in piedi, fissando i due ragazzi “Sei in compagnia.” Si trattenne dallo scoppiare a ridere quando riconobbe Kevin.
“Sono comparsi dal nulla.” Mi giustificai “Comunque la Pepsi va benissimo, grazie.”
Si sistemò anche lei e feci le dovute presentazioni. Fu proprio lei ad aprire il primo discorso “Anche voi domani partite, no?”
“Sì!” rispose raggiante come al solito il sedicenne.
“Pensate di poter vincere?” chiese la mia amica sia a me che ai due ragazzi.
“In qualità di capitano della mia squadra..” cominciai, con tono solenne e a testa alta “Spaccheremo il culo a tutti.”
Kevin scosse la testa e sorrise divertito –stranamente- facendomi aumentare il battito cardiaco. Più normalmente, disse ciò che pensavo anche io “Entrambe le squadre hanno buone probabilità di arrivare in finale. Tutto sta nell’impegno che metteremo durante le partite. Le basi ci sono.”
“Poi con due capitani del genere!” esclamò Zach indicandoci. Risi.
“Ora, Kevin lo capisco..” mormorai, lasciando intendere che io non mi consideravo così fondamentale. Il sedicenne spalancò gli occhi “Ma tu sei fuori. La tua presenza in campo è indispensabile! Sei tu quella che non cede mai durante la partita e tira su il  morale delle altre!”
“Vero..” annuì Kevin.
“Ma se neanche avete visto una partita?”
“Questo lo credi tu.” Ribatté subito lui, quasi sfidandomi con lo sguardo. Si, ciao. Non competo con te, mi spiace.
Scossi la testa un po’ imbarazzata e lasciai cadere il discorso, cominciando a riflettere sul fatto che.. Non ero mai uscita con Kevin. O per meglio dire, così mi aveva detto Yvone quando mi aveva parlato di lui il giorno in cui ero arrivata in quella dimensione. Perché da quando ero arrivata io, stava cambiando il rapporto tra lui e Ruth? Ottimo, una nuova domanda da aggiungere alla lista dei quesiti da rivolgere a Brandon.
Ah, Brandon. Si stava tanto bene, senza di lui. Era rilassante. La sua presenza, per quanto bella potesse essere –e mai l’ho negato- era inquietante e spaventosa, tranne in quei rari momenti in cui non si comportava da creatura magica superpotente e in grado di decidere il tuo destino e cambiarlo con uno schiocco di dita. Ecco, già questo era terrificante.
Tornando a noi, passammo il resto del pomeriggio a parlare di tutto ciò che ci passasse per la mente, e per quanto mi riguardava, anche a studiare di nascosto il più piccolo e invisibile dettaglio del ragazzo dagli occhi incolore. Anche la sua vicinanza, non mi faceva bene. Il sentimento aumentava anche solo guardandolo, i suoi sorrisi accennati mi facevano esplodere i neuroni già dimezzati nella mia testa e una sua occhiata mi seccava la gola. E poi amavo ciò che diceva: era sempre tutto giusto, tutto al suo posto e niente era dovuto al caso.
Quando tutti ci salutammo, mi lasciai andare ad una leggera risatina completamente senza senso che riassumeva tutta la tranquillità che avevo accumulato in quella giornata perfetta. Migliore amica, ragazzo per cui avevo una cotta e Zach, che nonostante la sua infatuazione per me e i suoi continui flirt era simpatico e di piacevole compagnia. Non mi preoccupai neanche di controllare se ci fosse stato qualcuno nei paraggi, in modo da non esser considerata come una svitata che ride da sola, cosa non del tutto campata per aria.
Entrai tranquillamente e sovrappensiero nel viale deserto. Nessun bambino in bicicletta o a rincorrersi con un amico, nessun anziano seduto su una panchina, nessun ragazzo a chiacchierare e nessuna coppietta a scambiarsi effusioni. Niente. Poco male, pensai, posso ridere quanto mi pare. D’un tratto, sentendo una strana sensazione, rallentai il passo e cominciai a guardarmi meglio intorno. Qualcuno mi stava osservando, ma non riuscivo a vedere nessuno. Era come quando per la prima volta avevo visto Brandon. Alzai lo sguardo e mi bloccai, fissando un ramo di un albero e il ragazzo che vi era seduto sopra. Spalancai gli occhi. Oltre al fatto che fosse impossibile arrampicarsi fino a lì data l’altezza, mi colpì la sua bellezza. Non avrei neanche saputo come descriverla a dovere, da quanto era.. Ecco, appunto. Non ci riuscivo.
Due occhi verdi e concentrati puntati verso di me spuntavano tra i ciuffi mori e lisci di quella creatura che non poteva essere umana per svariati motivi. La perfezione, ma diversa da quella di Kevin, Brandon o Desmond. Potevano esserci così tanti tipi di eccellenza, in un mondo solo?
Nonostante la consapevolezza della sua non umanità e il suo sguardo insistente, non riuscivo ad aver paura, ed ero rimasta incantata io stessa a fissarlo come se fosse l’apparizione di un angelo. Quasi vedevo la luce intorno a lui e le ali piumate e candide spiegarsi alle sue spalle. Fu in grado di distrarmi solo un’altra presenza. Il pezzo di manzo biondo, alla mia destra. Lo guardai e vidi i suoi occhi neri e profondi studiare l’altro ragazzo, che invece aveva indurito i tratti del viso. Quando Brandon socchiuse con aria minacciosa gli occhi, l’altro si alzò facendo una smorfia che cambiava ben poco l’espressione del volto, da quanto lieve, e scomparve.
“Ok..” sussurrai a malapena “Cosa diamine era quello?”
“Perché mai dovrei risponderti?” ghignò, voltandosi verso di me. Sospirai esasperata. Mai una volta che fosse in grado di darmi una risposta decente ad una mia qualsiasi domanda “In ogni caso” riprese “dovresti stare attenta, d’ora in poi.” Abbassò per un secondo lo sguardo “Bel ciondolo.”
“Grazie..” risposi, senza farci tanto caso e sventolando una mano “Ti volevo fare una domanda. Cioè, più di una, comunque..” borbottai.
“Dimmi, se ho voglia rispondo!”
“Garanzia.. Perché hai scelto di portarmi qui proprio adesso?”
Adesso. Saranno quasi tre settimane che sei qui.”
“Perché proprio tre settimane fa, allora?” insistetti. Lui sorrise divertito.
“Io so che tu lo sai.” Cantilenò, gongolando. Spalancai gli occhi. Possibile che quel cretino avesse la capacità di rovinarmi la vita pur essendo un cretino?
“E cosa so?” lo sfidai.
“So che in realtà la tua domanda è: perché hai scelto di portarmi qui proprio quando il rapporto tra me e Kevin sta cambiando? Ebbene, honey, è proprio questa la risposta. Quindi lo sai.” Come diamine faceva a sapere tutto? Era pure telecinetico?
“Sei un elfo?” domandai, aggrottando la fronte sospettosa. Lui scoppiò a ridere.
“Bel tentativo.”
“Comunque continuo a non capire il perché.”
“Perché se è divertente vedere una ragazzetta che cerca di compiere la sua missione, vedere una ragazzetta innamorata di un ragazzo che le fa andare in pappa il cervello mentre cerca di compiere la sua missione è esilarante.” Spiegò, con quella faccia che avrei preso volentieri a schiaffi.
“Mi immagino le grasse risate.”
“Oh, si. Potessi vederti.”
Scossi la testa “Me ne vado a casa.”
“Come vuoi.” Scrollò le spalle.
“Ci vediamo quando meno me lo aspetto, ok?” dissi ironicamente roteando gli occhi.
“Ci sarò.” Sorrise.
 
Sospirando mi appoggiai al davanzale della finestra nella mia stanza. Mi chiedevo tante cose, e fra tutte spiccava questa: perché Ruth Styles era circondata da fighi assurdi e Ruth Evanson, nella realtà, a malapena ne aveva mezzo da contemplare da lontano? Ovunque mi girassi ne trovavo uno diverso. Chi mi piaceva, chi mi baciava dopo avermi cambiato la vita –letteralmente-, chi provava a nutrirsi strusciandosi eroticamente addosso a me, chi mi fissava da un ramo di un albero. Insomma, una cosa da tutti. Sbuffando mi voltai verso la stanza, con l’intenzione di andare a letto, ma ci fu un piccolo particolare che non mi sfuggì e mi fece sobbalzare e posare spaventata una mano sul cuore.
“Scusa, ti ho spaventata?” respirando profondamente chiusi gli occhi, per poi posarli nuovamente su quelli gialli dell’incubo. La luce era accesa e potevo finalmente vederlo completamente.
“Sei castano.” Affermai.
“Così pare.” Sorrise e fece un passo verso di me.
“Da dove sei arrivato?”
“Da Narnia.” Rispose, indicando l’armadio vicino alla scrivania. Aggrottai la fronte.
“Esiste?”
“Certo che no, piccoletta.” Ecco. Piccoletta mi chiamava, lui. Alzai un sopracciglio.
“Oh, beh, che stupida. Narnia non può esistere. Invece tu sì!” mi porta teatralmente una mano sulla fronte “Come ho potuto commettere un simile errore?”
“Sei simpatica.” Sorrise tranquillo, sedendosi sul letto “In ogni caso, è un trucchetto che mi ha insegnato Brandon. Compari, scompari. Compari, scompari.” Disse, dondolando la testa prima da una parte, poi dall’altra, a seconda della parola pronunciata.
“Brandon? Siete molto amici, voi?”
“Siamo cresciuti insieme!”
“Oh, wow. Che storia commovente. Quanti anni avete?”
“E chi se lo ricorda?” rise.
“..Scusa?”
“Davvero, non mi ricordo.” Si stese, le braccia dietro la testa e gambe aperte. Insomma, fai come se fossi a casa tua e  sul tuo letto. Poi, mezzo nudo come al solito “Forse.. Boh. Qualche secolo.” Ah.
“E com’è che siete così fighi?” no, Ruth. NO! Maledì la mia boccaccia. A volte ero fin troppo diretta. Roteai gli occhi, poi vidi lui voltarsi verso di me con un sopracciglio alzato con malizia. Inutile descrivere il ghigno che aveva preso forma sul suo viso.
“Ci manteniamo in forma.” Rispose, facendomi un occhiolino. Scossi la testa.
“Mi immagino la soddisfazione fare sesso e ritrovarsi come amante un cadavere. Nel tuo caso, ovviamente.”
“Questi sono solo particolari.” Sventolò una mano per aria, poi la risistemò sul cuscino “E poi parli così solo perché non hai provato il piacere.”
“Accidenti.” Schioccai la lingua, fintamente dispiaciuta.
“Se vuoi chiedo a Brandon di farti provare! Lo farei io, ma non mi sembra il caso.”
“No, grazie. Aspetterò il momento adatto.” Sorrisi sarcasticamente, poi mi sedetti vicino a lui. Nonostante fosse uno dei cattivi, non lo temevo per niente. Ma alla fine, chi erano i cattivi? Solitamente sono quelli che cercano di ucciderti, di farti del male. Pure il pezzo di manzo biondo, che male mi aveva fatto, a parte portarmi lì? Ok, non era poco, ma.. Vabè. Desmond invece aveva chiaramente detto che non intendeva farmi del male, per cui potevo ritenermi al sicuro.
“Ma che ci fai qui?” chiesi poi, guardandolo.
Lui si mise di fianco e si appoggiò sul gomito, sospirando “Parlare. Sai, di solito non lo faccio con nessuna ragazza.”
“Ma perché a me?” chiesi, più a me stessa che a lui strofinandomi una mano sul viso. Lui ridacchiò.
“Ehi, piccoletta, non dire che disprezzi la mia compagnia.”
“Hai gli occhi gialli. Non castano tanto chiaro. Gialli.” Mormorai, fissandolo.
“E con questo?”
“Non sei umano.”
“Neanche tu, eppure non sono così schizzinoso.” Borbottò.
“Certo che sono uma.. Tu sai qualcosa che io non so.”
“Sai Ruth,” disse, alzandosi di fretta e sistemandosi davanti a me lasciandomi allibita “sei una ragazza intelligente. Troppo intelligente. Non ti sfugge niente, ed io me ne devo andare, il dovere mi chiama. Ciao, è stato un piacere. Un bacino” si piegò baciandomi a stampo sulle labbra, scandalizzandomi maggiormente “e alla prossima volta, sperando di non dire cose che potrebbero uccidermi.” Schioccò le dita e sparì nel nulla.
Sola, pensierosa e rossa come un peperone. Maledetti fighi.
 


Lo so, lo so.
Avete atteso DI NUOVO ben 5 giorni, ma ammettete che questo è un capitolone. [Cioè, è sicuramente più lungo dei precedenti]
Spero che vi sia piaciuto. A me personalmente è piaciuto scriverlo, mi sono divertita soprattutto nella parte finale e mi sono particolarmente impegnata in quella del ragazzo sull'albero. [Capitemi, vi sfido]
So che vi state chiedendo tuttE *DONNE.* perchè Ruth si becchi i più fighi e perchè la bacino. Ebbene, non lo so. Cioè, mi piace che sia così. Infondo non è mica lei a chiederglielo. Considerando anche il fatto che l'unico che non la bacia è quello che le piace non è poi così messa bene. 
Però dai, un Brandon e un Desmond buttali via, porcaccia misera. [NO. NON LO FARO'.]
Il prossimo aggiornamento, che dovrebbe essere Lunedì (nel pomeriggio), sarà un po' più corto, ma comunque importante per la storia.
Inizia il viaggio per le nazionali di pallavolo. :)
Cosa vi aspettate?

Vi ringrazio come al solito per le recensioni e per il supporto in generale. Ero piuttosto scettica, con questa originale (anche la precedente, ma quella perchè era la prima).
Insomma, mi avete fatto aumentare un po' la fiducia che ho in me stessa. (Non molta.)
Grazie davvero! :')
Spero abbiate passato una Buona Pasqua e Pasquetta e che passiate anche i prossimi giorni nel migliore dei modi!

Un bacio con un po' magia. *Massì*

Maricuz

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


Ok, mi sembrava abbastanza chiaro.
Non ero umana. Avevo il dubbio, ora ne avevo la certezza. Innanzi tutto avevo trovato una giustificazione decente alla mia incredibile memoria, senza contare il mancato soggiogamento di Desmond quando avrebbe dovuto sedurmi. Se aggiungiamo poi Brandon che mi aveva esplicitamente detto che i miei genitori mi nascondevano qualcosa e l’Incubo che la sera prima aveva negato la mia normalità –prima di fuggire, tra l’altro-, otteniamo come risultato Ruth ha dei poteri e non lo sapeva.
E a quel punto le domande sorgevano spontanee: che cos’ero? Ero una creatura ben definita o un essere che semplicemente poteva fare qualcosa di speciale ma non aveva un termine per essere riconosciuto? Altro quesito: perché cazzo i genitori di Ruth Styles non le avevano detto niente? E per cambiare argomento: perché quello stronzo del pezzo di manzo biondo mi aveva spedito in quel mondo? Avevo capito perché l’aveva fatto in quel momento, dato che me l’aveva riferito, ma il perché l’avesse fatto ancora mi sfuggiva.
Sospirai, chiudendo gli occhi e sistemandomi meglio sul sedile.
“Ruth, non puoi addormentarti adesso.” Mi scosse Sarah, seduta vicino a me. Riaprii gli occhi e la guardai, alzando un sopracciglio.
“Illuminami.”
“Siamo quasi arrivati. Ti rendi conto?” cominciò a battere le mani euforica, strappandomi un sorriso “E dopo pranzo andiamo pure in spiaggia! Non vedo l’ora di farmi un bagno.”
“Oh, sì.” Schioccai la lingua “E di prendere il sole. E di ustionarsi. E di non potersi più muovere. E perdere la partita di domani perché non si riesce a fare un movimento. Si, non vedo l’ora!”
La ragazza mi lanciò un’occhiata di fuoco “Sarà divertente passare una settimana in stanza con te e il tuo ottimismo.” Risi.
“Consolati. Ci sono sia Vanessa che Katherine a sopportarmi, oltre a te.”
“Il carico diminuisce..” scherzò, alzando gli occhi al cielo.
La nostra discussione venne interrotta dall’improvviso aumentare delle voci nell’autobus. Probabilmente, eravamo appena arrivati a destinazione e si stava seminando il panico. Urla, grida, risate, imprecazioni e passi a mo’ di bufalo per lo stretto corridoio. Un branco di bestie, altro che giocatori di pallavolo.
Mi alzai, non riuscendo a trattenere l’ennesimo sorriso, presi la mia borsa e seguii Sarah che già stava saltellando giù dalle scalette. Arrivata sul marciapiede e recuperata la capacità di camminare, mi stiracchiai, guardandomi intorno mentre tutti si accatastavano per recuperare la propria valigia. Io avrei aspettato che fossero andati via per prendere la mia con tutta la tranquillità del mondo, senza spintoni o infamate varie.
“Sembrano più un branco di pecore, più che di persone.” Sussultai riconoscendo la sua voce alle mie spalle. Mi voltai e sorrisi divertita, sperando di non arrossire.
“Ma noi siamo superiori.” Gongolai, distogliendo lo sguardo. Vidi con la coda dell’occhio che si stava avvicinando, mentre rideva leggermente. Rabbrividii. Se pensavo a come era stato il primo incontro fra di noi, alla cena, e lo confrontavo al rapporto che avevamo adesso, mi veniva da piangere. Dalla gioia, eh. Si era notevolmente sciolto, e lo aveva fatto con me. La felicità.
“E non di poco.” Aggiunse, ormai con la spalla che sfiorava la mia. Respirai profondamente cercando di non darlo a vedere, poi mi morsi un po’ il labbro inferiore. Il cuore, il cuore! Ripeteva la mia vocina interiore.
“Hai caldo?” mi chiese, squadrandomi.
“Sì.” Risposi immediatamente. Diamine, mi aveva scoperta.
“Si vede. Sei rossa.” Grazie per avermelo fatto notare.
“Eh, sì, sai.. Nell’autobus c’era l’aria condizionata quindi si stava bene e adesso..” si parte con la scalata su per gli specchi. E intanto entravo nel pallone. Sorrise, divertito, imbarazzandomi ancora di più –e rischiando di farmi sbavare-, poi parlò.
“Ok, tranquilla.” Qualcosa mi diceva che si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere. Porca putt.. “Preparati allora, che dentro le palestre è quasi invivibile.”
“Oh, rassicurante. Grazie..” borbottai, guardando Daniel spingere Jake per prendere il suo borsone. Aggrottai la fronte. Idioti. Essendo loro gli ultimi, feci un passo verso il pullman e presi la mia roba, approfittandone per fuggire, seguita da Kevin.
 
“Ruth, spogliati e vieni con me.” Mi ordinò Vanessa, sbattendo il piede sulla sabbia ripetutamente.
Sbuffai “Mi vergogno.”
“Ma ti vergogni di cosa?” domandò scioccata lei.
“Di stare in costume, forse?”
“Ma per piacere.” Sventolò la mano per aria e riprese ad aspettare. Sbuffando, afferrai il bordo della maglietta e la tolsi, per poi far scendere anche i pantaloncini. A testa bassa, la guardai e allargai le braccia “Ora possiamo andare.”
“RUTH!” una voce maschile mi chiamò, ed io, un po’ imbarazzata, mi voltai. Era stato Zach a dire il mio nome, ma la persona che mi fece arrossire definitivamente fu, ovviamente, Kevin, accanto all’altro. Perché tutte a me? Abbozzai un sorriso cercando di non cominciare ad apprezzare troppo e studiare nei minimi particolari il corpo perfetto del ragazzo con gli occhi incolore.
“Perché non ti metti in costume più spesso?” mi chiese Zach, facendomi scuotere il capo esasperata.
“Perché si vergogna, ‘sta cretina.” Intervenne Vanessa facendo un’espressione da “Io non mi capacito”.
“E di cosa, scusa?” No, Kevin. Non puoi farmela tu, questa domanda. Boccheggiai un po’, alla ricerca di una disposta decente, poi cedetti alla verità “Scarsa autostima.”
I due mori mi guardarono seri per qualche secondo, poi uno scosse la testa e l’altro alzò le spalle lasciando perdere. Lo prendo come un complimento, grazie.
“Facciamo un bagno?” domandò poi Zach.
“Sì, così almeno l’acqua un po’ mi copre.”
“Perfetto.” Disse Vanessa “Allora chi arriva ultimo paga da bere a tutti, dopo!” urlò, cominciando già a correre. Spalancai gli occhi, presa alla sprovvista, poi iniziai anche io, vedendo i due ragazzi seguirla di fretta.
“Non è giusto! Siete partiti prima!” gridai alle loro spalle, dopo una decina di metri.
“Sei tu che sei partita dopo!” replicò la mora, velocizzando la corsa.
“STRONZA!”
Vidi la ragazza e Zach entrare in acqua e tuffarsi e Kevin rallentare per voltarsi verso di me sorridente “Muoviti, così non sapranno che ti ho fatto vincere apposta.”
Risi superandolo e toccando l’acqua con i piedi, per poi fermarmi “Potrei pensare che ti faccio pena.”
“Potresti pensare che sono un gentiluomo, piuttosto.” Replicò, ammiccando –ommioddio- e avvicinandosi. Il mio sorriso divertito si congelò, nonostante le temperature alte, e rimasi impalata a fissarlo mentre si posizionava davanti a me. Che stava succedendo? Stava sicuramente scherzando.
“Lo.. Lo sei?” balbettai.
“Quando mi va.” Replicò, fissandomi intensamente con quei suoi occhi argentei. Era tornato serio, nessun sorrisetto ad increspargli le labbra. Vidi un leggero spostamento sulla fronte, lievemente aggrottata, come se stesse pensando a qualcosa. Deglutii a disagio, e decisi di sfruttare la mia arma preferita: la ricerca della salvezza del mio didietro.
“Questo non fa di te un vero gentiluomo.”
“Considerando che mi va quasi sempre, sì.” Sospirò e distolse lo sguardo. Sembrava turbato, o almeno era quello che credevo analizzando quel minimo di espressività in più che di solito non aveva.
“Tutto bene?” domandai, senza neanche pensarci. Abbozzò un sorriso e annuì.
La domanda di Zach ci fece voltare entrambi “Oh, chi ha perso?”
 
Sarah e Vanessa in giro per le camere delle altre ragazze, Katherine sotto la doccia ed io seduta sul letto matrimoniale ad asciugarmi i capelli castani fissando la porta-finestra. Alla fine Kevin l’aveva pagato, da bere. Ero piuttosto confusa, dato che dopo quel momento in cui l’avevo visto corrucciato era tornato ad essere freddo e distante, sia nei miei confronti che in quelli degli altri. Sospirai, lanciando un’occhiata al cellulare per controllare che ore fossero. Quando posai gli occhi sul piccolo balcone, quasi mi venne un colpo. Spalancai gli occhi, mi alzai gettando il phon ancora acceso per coprire le nostre voci e aprii la porta-finestra. Brandon mi sorrise furbo.
“Che diamine ci fai qui?!” lo attaccai subito. Lui alzò un sopracciglio divertito, poi fece un cenno col capo verso la stanza.
“Posso entrare?”
“No!” risposi, come se fosse ovvio –e lo era- “Che vuoi?”
“Parlare?”
“E di cosa, sentiamo.” Incrociai le braccia al petto e lo fissai. Guardandomi quasi dolcemente, alzò una mano, prese una ciocca di capelli ancora bagnata e me la portò dietro l’orecchio. Roteai gli occhi e sbuffai. Mi dava fastidio quando non rispondeva e cominciava a farmi le moine. Anzi, mi dava fastidio che mi facesse le moine e basta.
“So che Desmond si è fatto sfuggire qualcosa di troppo.” Mormorò, abbassando lo sguardo sulle mie labbra e facendo un passo in avanti.
“Tipo che non sono umana?”
“Tipo che non sei umana, esatto.”
“Ha fatto bene. Inizia ad essere snervante, sai?” replicai piccata.
“Smettila, che così mi attizzi ancora di più.” Un sorrisetto malizioso comparve sul suo viso, ed inevitabilmente arrossii.
“Non me ne frega un cazzo se-” cominciai a sbraitare, ma lui mi posò l’indice sulle labbra, rimproverandomi.
“Non urlare troppo, honey.” Disse, prima di baciarmi. Per circa due secondi rimasi immobile, poi non riuscii a non ricambiare. Altri 6 secondi dopo, mi riscossi e lo staccai.
“La smetti di baciarmi?” gridai, ma cercando di mantenere un tono di voce basso.
“Colpa tua.” Alzò le mani ghignando furbo, poi tornò serio “Senti, che stai combinando con Kevin? Sono geloso.” Socchiusi gli occhi.
“Che cazzo ti importa?”
“Davvero, Ruth, smettila. Attizzi.” Ridacchiò “Scherzi a parte, potrebbero succedere cose che-” venne bloccato dalla porta del bagno che si apriva e il fischiettio di Katherine. Mi voltai di scatto mentre il panico si impossessava di me. Se avesse visto Brandon? Feci per guardarlo, ma di lui nessuna traccia. Ero sola, sul balconcino, con i capelli bagnati e una frase a metà.
“Che fai lì?” domandò lei perplessa.
Sospirai “Niente.”
 
“Dì la verità. Tra te e Kevin c’è qualcosa?” Sarah si sporse maggiormente sulla tavola per bisbigliare quella domanda senza farsi sentire. Imbarazzata, spalancai gli occhi.
“No. Perché?”
Eravamo a cena e per poco non mi faceva andare di traverso le patatine fritte. Ero anche abbastanza spossata per un improvviso mal di testa spuntato una decina di minuti prima. Presi il bicchiere pieno d’acqua e cominciai a bere, per rinfrescarmi un po’ e non morire tossendo.
“Il vostro rapporto è migliorato, ultimamente. Voglio dire, vi vedo più uniti!” disse, candidamente e sorridendo. Subito dopo prese una patatina e cominciò a masticarla. Avrei tanto voluto sapere che strani pensieri si stesse facendo in quel momento. Sospirai spostando il mio sguardo su Kevin, seduto insieme ad alcuni componenti della sua squadra. Come al solito nessuna particolare espressione, se non un leggero interesse per quello che stava dicendo Daniel.
Avvertii una fitta alla testa che mi fece gemere leggermente.
Mh, con un po’ di ketchup sarebbe perfetto.” Ketchup? Che diamine c’entrava il ketchup con me e Kevin? Tornai a fissare Sarah, stavolta confusa. Avevo sicuramente capito male.
“Che hai detto?” lei aggrottò la fronte.
“Io non ho detto niente.”
“Forse.. forse ho capito male io ma.. Ho sentito la parola Ketchup.” Balbettai, massaggiandomi le tempie.
“Io.. L’ho pensato, veramente. Cioè, a volte mi capita di dire ciò che penso senza volerlo però stavolta non mi era sembrato di averlo fatto..” si grattò la testa, poi scrollò le spalle “Sarà sicuramente così. Mi ha stancata il viaggio, evidentemente.”
“Sì, può essere.” Sussurrai, per niente convinta. Tornai senza neanche rendermene conto con lo sguardo su Kevin, che stavolta era ricambiato. Non appena se ne accorse, fu lui a distoglierlo per primo.
Che sta succedendo, adesso?




Niente (o quasi) Brandon, niente Desmond.
Ecco a voi un po' di Kevin!
Sapete, io amo tutti e tre, indistintamente, ugualmente, e voglio che lo facciate anche voi.
Perchè? Perchè sono stronza e voglio vedervi soffrire nello scegliere chi far stare con Ruth. 
Ma a parte questo mio sadismo, potete ben notare la confusione che nasce alla nostra cara protagonista nel momento in cui gli giunge la consapevolezza di non essere umana.
Ditemi, cosa ne pensate? Cosa pensate che sia? :3

Sappiate che nel prossimo capitolo cambierà qualcosina ed inizierà la vera scalata verso la verità.
Ed accadrà.. Venerdì o Sabato. Dipende.

Grazie a tutti, come al solito, per il supporto.
Siete davvero troppo buoni. :')

Alla prossima!!

Un Desmond nel letto.

Maricuz

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


“Ok ragazze, ci siamo.” Cominciò Ryan battendo le mani prima di strofinarsele “Per adesso non vi chiedo niente. Attuiamo lo schema normale e giochiamo così, nel caso ci adattiamo durante la partita in base alle mosse avversarie. Mi raccomando, calma e usiamo la testa. Andate a riscaldarvi, ora.” Ed abbozzò un sorriso. Non voleva darlo a vedere, ma infondo era tanto in ansia quanto noi e quel gesto serviva più a smorzare la sua tensione, che per incoraggiarci.
Respirando profondamente mi avviai verso il centro del campo per fare gli stiramenti iniziali. Guardai il pubblico già presente –ben poche persone-. Erano per lo più adulti, probabilmente genitori di qualche giocatrice. In un angolo, però, un ragazzo che già avevo visto due giorni prima: quella specie di angelo con gli occhi verdi che avrei chiamato Scimmia per ovvie ragioni. Insomma, stare seduti tranquillamente su un ramo di un albero piuttosto alto non è molto normale.
Forse avrei dovuto abolire il termine “normale” dal mio vocabolario.
Come aveva fatto la volta precedente, mi fissava attentamente, come se fosse in attesa di qualcosa, di una qualche mossa, o del momento giusto. Mi morsi il labbro distogliendo lo sguardo. No, non mi spaventava, ma iniziavano a venirmi dei dubbi. Più che altro adesso mi sentivo a disagio. Avevo anche una strana sensazione, come se improvvisamente fossi esposta al pericolo.
Ripresi lo studio della palestra. Anche l’altra squadra stava cominciando a scaldarsi e l’arbitro stava già controllando le ultime cose insieme al segnapunti. Ero preoccupata. La prima partita del torneo e per Ruth Evanson la prima in generale. Intanto la Scimmia mi fissava. Avrei tanto voluto avere una faccia amica –o perlomeno di cui sapevo l’identità- e con poteri strani a farmi da supporto. Anche Brandon sarebbe andato benissimo, dato che ormai avevo capito che non mi avrebbe mai fatto del male sul serio. Credo.
Con la coda dell’occhio vidi la porta aprirsi e mi voltai in quella direzione. Sia lodato chiunque lo abbia fatto entrare. Desmond, con la sua solita faccia sorridente, camminava verso le tribune. Quando passò davanti al moro cambiò notevolmente espressione, quasi a volerlo uccidere con lo sguardo. Una fitta alla testa e sentii la voce dell’Incubo.
Fatele qualcosa e ti cavo gli occhi per giocarci a biliardo.”
Deglutii aggrottando la fronte. Non aveva aperto bocca ed era lontano metri e metri. Com’era possibile che io riuscissi a sentire cosa.. Oh mio Dio.
“Ammazza che gnocchi quest’oggi!” mormorò con non-chalance Sarah, catturandosi tutta la mia attenzione. Sorrisi nervosamente e annuii “Già..”
“Tra l’altro ti fissano entrambi..” ammiccò dandomi una piccola spinta con il fianco. Sbuffai ma guardai ugualmente verso Desmond, che appena incrociò il mio sguardo sorrise allegro e alzò la mano in cenno di saluto, cosa che non sfuggì al libero. Perfetto.
“..Ruth.”
“Scaldati bene le caviglie, Sarah.” Borbottai.
Fortunatamente, non fece domande. Iniziammo la partita e mi sentivo molto più resistente rispetto a quando giocavo le altre volte a pallavolo. Non avevo problemi di fiato, i muscoli non facevano male sotto sforzo, saltavo se possibile più delle altre volte e non avvertivo nessun dolore possibile.
Nel secondo set, dopo aver attaccato e fatto punto, mi girai istintivamente verso Desmond come se fossi alla ricerca di risposte alle mie domande, notando che anche Brandon era spettatore della partita. Mentre quello con gli occhi gialli esultava come un cretino, alzandosi pure in piedi, il pezzo di manzo biondo stava tranquillamente seduto a fissarmi con un’intensità tale che mi fece rabbrividire. Poi lessi il suo labiale: dopo parliamo.
 
Temporeggiai il più possibile negli spogliatoi. Avevamo vinto la partita tre a zero e tutte eravamo molto felici, io compresa, ma avevo una confusione in testa –non certo nuova visto il periodo- che non mi faceva godere a pieno la gioia di tutti. Fatto sta che dovevo assolutamente fare delle domande a quei due esseri che mi avevano assistito per tutta la durata dello scontro e sapevo che non sarebbero comparsi a meno che non fossi stata completamente sola. Infatti, un minuto dopo che anche Katherine fu uscita dalla stanza, mi ritrovai Desmond e Brandon seduti sulla panchina davanti a quella dove ero seduta io.
“Che vuole quello da me? Cos’è?” domandai immediatamente.
“Piccoletta, bella partita!” esclamò subito il demone seduttore. Roteai gli occhi e guardai l’altro, sperando che almeno lui mi rispondesse. Annuì “Ha ragione.”
“Non me ne fotte un cazzo se ha ragione o no! Spiegatemi chi è quello e cosa vuole!” mi scaldai, giustamente.
“E’ uno dei cattivi.” Annunciò il biondo.
Risi, sarcasticamente “Come avevi detto tu? Ah: Non valutare come cattivo ciò che è buono e viceversa. Sai, sono concetti un po’ relativi. Potrei essere la tua salvezza, anche se adesso probabilmente mi stai odiando.” Recitai, facendogli anche il verso. Lui si limitò a sorridere.
“La tua memoria non mi impressiona, honey.”
“Mica volevo impressionarti! Volevo semplicemente farti notare la tua esemplare coerenza. Come può essere uno dei cattivi se non lo sei neanche tu?”
“Cosa non ti farei, Ruth..” mormorò, socchiudendo gli occhi e scuotendo la testa “Ho sempre sognato di farlo in uno spogliatoio, poi.” Fortunatamente non ebbi il tempo di imbarazzarmi.
“Ehi, ci sono anche io.” Protestò Desmond.
“Giusto, giusto..” sussurrò Brandon, poi sospirò “Comunque, non posso dirti molto altro. Nella situazione in cui sei è un antagonista per te, insieme a quelli della sua specie.”
“E quale sarebbe la sua specie?” insistetti.
“Ogni cosa a suo tempo. Lo scoprirai, tranquilla.”
“Hai altre domande?” mi chiese Desmond, molto più disponibile dell’altro. Sì, mi stava molto più simpatico.
“Sì. Mi è capitato due volte di sentire i pensieri degli altri, insieme ad un dolore alla testa. Che significa?” La mia affermazione, seguita dalla domanda, fece sorridere entrambi. Si scambiarono un’occhiata complice ed io mi innervosii “Allora?”
“Vuol dire che ti avvicini alla verità.” Rispose criptico il ragazzo dagli occhi neri.
“Accidenti, che pozzo di informazioni.. Immagino che sia la stessa risposta alla prossima domanda.”
“Prova.”
“Mi sento più forte, o meglio, sento meno la fatica. Che significa?”
“Si, avevi ragione. E’ la stessa risposta.” Ghignò Brandon alzandosi. Spalancai gli occhi “Cosa stai facendo? Te ne vai già? Mi prendi per il culo, per caso? Cioè, parliamo dopo, ok, ma parliamo!”
“Mi dispiace, ma non posso dirti troppe cose. Non sarebbe divertente.” Scrollò le spalle “E poi sei tu che adesso devi andare via. Gli altri ti stanno aspettando e Kevin forse è già arrivato. Vuoi far attendere il principe azzurro? Che poi, dai, non mi dire che è più bello di noi due.” Ed indicò se stesso e Desmond.
“No, certo che no.” Dissi “Però a me piace lui.”
“Però è l’unico che non ti ha baciata.” Mi fulminò il biondo.
“E questo cosa c’entra?” ringhiai.
“Ad un mio bacio hai ricambiato, honey.” Continuò.
“Ripeto: e questo cosa c’entra?”
“C’entra e non c’entra. Magari se un giorno Kevin ti bacerà potrai mettere a confronto il mio bacio ed il suo.”
“Ed il mio.” S’intromise, candido come solo lui sapeva essere, Desmond.
“Ed il suo.” Lo assecondò l’altro. Sospirai scuotendo la testa. Ma con che razza di perso.. esseri avevo a che fare?
“Almeno lui è normale..” borbottai.
“Sì, certo, come dici tu.” Sghignazzò quello in piedi “Forza Des, andiamo. Tanto qui non ci apprezza nessuno.”
“Ciao, Ruth! Ci vediamo!” l’Incubo sorrise e si avvicinò a me, sfiorandomi una guancia con le labbra. Abbozzai un sorriso a mo’ di saluto e li vidi scomparire sotto i miei occhi.
Sì, Desmond mi stava decisamente più simpatico.
 
Ma tutto questo.. quando è cominciato?” mi morsi il labbro inferiore pensandoci.
“Credo.. Domenica.”
Domenica..” ripeté Yvone dall’altra parte del telefono. Appena uscita dagli spogliatoi avevo preso il cellulare per spiegarle tutto a caldo. In quel momento ero fuori dalla palestra, un po’ distante dal resto della squadra. Stavamo aspettando quella di Kevin, per questo non eravamo ancora tornati in albergo.
Domenica è anche il giorno che è comparso la prima volta la Scimmia.”
“Già. Ma penso proprio che anche questa sia una conseguenza..”
Ok, ci pensiamo e domani ci sentiamo di nuovo, va bene?
“Perfetto.”
Allora ti saluto. Ancora complimenti per la vittoria! Mi raccomando, oggi pomeriggio dovete fare la stessa cosa.”
“Sarà fatto.” Ridacchiai, la salutai anche io e chiusi la chiamata. Mi diressi verso il gruppo che parlottava euforico e istintivamente mi spuntò un sorriso sulle labbra. Appena arrivai lì vicino, il nostro allenatore mi notò e mi mise un braccio intorno alle spalle “E infine, anche il capitano ci degna della sua presenza!”
Proprio in quel momento, vidi una ciurma di scalmanati guidata dal ragazzo che mi piaceva avvicinarsi. Sorrisi “Ebbene sì. Già è stato un grande sforzo venire qui, tra voi stupidi mortali, ma del resto la figura principale si deve mostrare in tutta la sua bellezza, no?”
“Sono d’accordo.” Annuì Ryan.
“Dai, scherzi a parte, ero a fare un paio di chiamate..”
“Sì, lo so io chi chiamavi..” ammiccò l’uomo “Il fidanzatino, per dirgli che hai giocato bene e che non vedi l’ora di vederlo e baciartelo tutto..” spalancai gli occhi arrossendo, per poi spingerlo lontano da me “Ma cosa dici?”
Risero tutti. I bastardi risero tutti.
Tranne uno, che si limitò a dare una pacca sulla spalla a colui che mi aveva imbarazzata a morte e a dire “Siamo qui.”
“Perfetto, possiamo avviarci in hotel.” Tutti iniziarono a seguire Ryan, e lo stavo per fare anche io se solo qualcuno non mi avesse afferrato il polso per trattenermi. Mi voltai tranquillamente, ma rimasi piuttosto sorpresa quando mi scontrai con delle iridi incolore.
“Kevin.” Dissi semplicemente.
Cominciai a fissarlo intensamente, cercando di capire cosa volesse da me. Aveva la stessa espressione turbata del giorno prima e mi stavo preoccupando. Mi sarebbe piaciuto capire quali fossero i pensieri che lo scombussolavano tanto.
Se lo faccio devo arrivare fino in fondo..” aprì la bocca per dire qualcosa, ma si bloccò sgranando gli occhi quando mi piegai in due afferrandomi la testa. Quella fitta era molto più forte.
“Ruth! Ruth, che succede?” mi prese con decisione le spalle, per reggermi in piedi. Mi stavano cedendo persino le gambe. Afferrò il mio borsone e lo buttò a terra, di fianco a noi.
“Niente, niente. Tranquillo..” Non preoccuparti, solo che quando sento i pensieri della gente soffro quanto un mulo da soma.
“Sei sicura? Che ti è preso?” continuò, tirandomi su il viso per permettermi di guardarlo. Grazie. Arrossii leggermente, poi risposi “Un giramento di testa. Ho.. bisogno di mangiare qualcosa. A colazione non ho preso molte cose e la partita mi ha stancata.” Sì, fidati. Quella mattina avevo mangiato tantissimo, ma lui non lo sapeva.
“Ok, andiamo, allora.” Mormorò, abbassandosi per prendere il suo borsone. Lo feci anche io, poi mi decisi a parlare, sperando non mi uscisse la voce troppo tremante “Che volevi dirmi?”
Boccheggiò per un paio di secondi, poi deglutì guardando altrove. Lo mettevo così tanto in difficoltà? Mondo, sappi che sto gongolando.
“Era vero?” chiese, a bassa voce, continuando a sviare il mio sguardo.
“..Cosa?”
“Che eri al telefono con..” sospirò passandosi una mano tra i capelli “Senti,  lascia perdere, ok?” e finalmente mi fissò.
“..Che ero al telefono con?” m’impuntai.
“Va bene, ho capito.” Si sistemò meglio davanti a me “Adesso ti dirò tante cose, ma tu devi giurarmi che ci crederai, perché non hanno niente di normale. Tranne la prima parte..” borbottò alla fine. Annuii confusa, poi ribadii a parole “Te lo giuro.”
Mi squadrò, come per accertarsi che fossi veramente pronta alla sua storia, poi cominciò, parlando velocemente “L’unica cosa normale è che.. Credo di non vederti più come una semplice amica.”
“Ah.” Riuscii a proferire.
“Eh, sì..” probabilmente rimase spiazzato dalla mia intelligente uscita, ma non si diede per vinto “Io vorrei tanto comportarmi come un ragazzo normale, con te. Parlarti, provarci se non ti interesso..” distolse lo sguardo, un po’ imbarazzato per l’ultimo verbo della lista “baciarti se invece il mio sentimento è ricambiato..” si fermò un attimo, mentre io lo fissavo immobile e in silenzio, come se fossi caduta in un sonno profondo ad occhi aperti. Piacevo a Kevin ma non poteva stare con me. Perché? Perché a me?
“Ma non posso farlo. E qui arriva la parte incredibile, ma a cui tu hai giurato di credere. Io.. Non sono proprio un umano, Ruth.”
“Ecco, lo sapevo.” Mi scappò di bocca.
“..Davvero?” domandò stupito lui, inclinando leggermente la testa. Io annuii esasperata “Sì, mancavi solo tu.” Tanto valeva essere sinceri come lui. E poi dai, tutta quella bellezza.. Non c’era altra spiegazione.
“Chi altro non è umano?”
“La mia migliore amica, intanto.”
“Oh. Quindi mi credi?”
“Sì, ti credo.” Dopo questa mia affermazione, sospirò sollevato, poi però tornò serio per proseguire il suo racconto.
“Io sono una fata. E’ per questo che non posso stare con te e con qualsiasi altro essere umano.” Bene, avrei dovuto dirgli che io probabilmente non lo ero? No, non sapevo cosa fossi, aspettare sarebbe stata la scelta migliore.
“Spiegati..” mormorai, comunque afflitta.
“Vedi.. Le fate hanno una serie di comandamenti e sono unite da un forte rapporto di fratellanza. Nel momento in cui un comandamento viene infranto, vieni come.. diseredato, ecco.”
“Bella storia. E quale comandamento infrangeresti, tu?”
“Quello di innamorarmi di un essere inferiore, ovvero un umano..” mormorò, fissandomi “E potrei seriamente innamorarmi di te, Ruth. Non è da escludere.”
“..E di chi hai il permesso di innamorarti?” chiesi, sentendo un peso all’altezza del petto farsi sempre più opprimente. Lui mi afferrò una mano, intrecciando le nostre dita.
“Solo di una fata.”
“Cosa succede se si viene diseredati?”
“..Niente. Devi contare solo su te stesso, e per una fata, abituata al supporto delle altre, è difficile. Il problema si pone soprattutto quando nasce un figlio. Lui potrebbe essere ucciso dalle altre fate perché considerato il frutto di un amore impuro e immorale. Questo avviene solo se sa di avere dei poteri, che gli vengono conferiti da un oggetto magico, per fortuna..”
“Ho capito.”
Si, avevo capito, ma ero arrabbiata con lui. Infondo le conseguenze non erano troppe, no? No, ma non potevo comportarmi da egoista. Non eravamo destinati, fine della storia. Sciolsi la stretta delle nostre mani mordendomi il labbro inferiore “Dobbiamo andare, sennò ci danno per dispersi.” Annunciai, cercando di avere un tono distaccato.
Mi guardò attentamente, dispiaciuto, sofferente, sollevato perché avevo compreso. Un misto di sensazioni che stranamente mi permetteva di leggere dai suoi occhi solitamente imperscrutabili. Sospirò e prese a camminare, di fianco a me, senza dire una parola.
Fanculo, Brandon. Perché mi hai fatto venire qui?
 


Buongiorno.
GIURO CHE D'ORA IN POI NON MI PRONUNCERO' PIU'.
Non dirò più cosa ne penso dei personaggi. Voglio sapere cosa ne pensate voi.
Li odiate? Bene, non vi farò cambiare idea. 
Li amate? Ancora meglio, non vi farò cambiare idea.
*Scleri a caso*
No, perchè vorrei giustificare Kevin, ma non è mica mio figlio che ha sempre ragione. ._.
Nessuno ha sempre ragione.
In ogni caso, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Il prossimo un po' di azione, finalmente. Preparatevi. u_u
Data prevista per la pubblicazione: Mercoledì 25. Nel caso non ci sia nessun capitolo non preoccupatevi, lo pubblicherò il Giovedì. :)

Grazie come al solito per tutto il supporto che mi state dando. Sono veramente soddisfatta per il riscontro dei lettori, per cui.. Grazie. :')

Sappiate che ultimamente sto cercando di disegnare questi maledetti (scherzavo) personaggi. Magari un giorno vi farò vedere qualche schizzo, così per darvi un'idea di che immagine ho io di loro. [Desmond per adesso è l'unico decente].

Alla prossima settimana!! :D

Maricuz

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


Seduta al centro del letto matrimoniale con il cuscino stretto tra le braccia. Sola e in attesa dell’idiota che mi aveva rovinato la vita. Ero immobile in quella posizione da circa dieci minuti e di lui ancora nemmeno l’ombra. Cosa aveva di tanto importante da fare? Beh, qualunque cosa fosse, io lo ero molto di più, specie nello stato in cui ero. Poco più di mezz’ora dopo Katherine, Vanessa e Sarah sarebbero tornate in camera per prepararsi ad andare a giocare.
Tirai su col naso ed affondai il viso nel cuscino. Mi alzai in piedi, senza scendere, quando sentii il materasso abbassarsi dal niente. Come mi aspettavo, era Brandon. Gli lanciai ciò che avevo tra le mani prendendolo precisamente sulla faccia.
“Tu, brutto stronzo.” Cominciai, chiarendo immediatamente l’idea che avevo di lui “Quando l’altro giorno ti ho chiesto perché mi avessi portato qui proprio in questo momento della vita di Ruth, mi hai risposto che c’entrava la situazione con Kevin e che vedermi innamorata compiere la mia missione sarebbe stato ancora più divertente. Tralasciando il fatto che ancora non mi hai spiegato in che cazzo consiste la mia missione, perché mi hai fatto questo?” gridai.
Mi fissò per qualche secondo, poi sospirò prendendo il cuscino e sistemandolo di nuovo sul letto, dove sarebbe dovuto essere. Quella sua mancata risposta, mi fece innervosire ancora di più “Ehi, guarda che parlo con te.”
“Senti, mi dispiace, ok?” dissi, alzandosi e allargando le braccia.
“Ti dispiace? E’ tutto quello che sai dire? Tu sai ogni minima cosa che è successa, che succede e che succederà e tu mi dici, dopo aver permesso al ragazzo che mi piace di dire che non potrà mai stare con me, che ti dispiace?” delle lacrime, contro la mia volontà, cominciarono a solcare le mie guance “Mi hai allontanato dalla mia famiglia, dai miei amici, dalla mia vita, per portarmi in questo posto fatto di fate, elfi, incubi e esseri come te e come me che ancora non so come definire! Non so cosa sia Ruth Styles, e tu non mi aiuti a capirlo!” urlai.
“Se solo mi lasciassi parlare invece di fare la tragica, capiresti che questo passaggio è fondamentale per la riuscita della missione e per il tuo ritorno a casa.” Ribatté, infastidito.
“Smetterla di fare la tragica? Dovresti trovare un Dio e ringraziarlo perché sto facendo la tragica solo adesso!” detto questo, un quadro attaccato alla parete alla mie spalle si scagliò su quello opposto, schivando per poco Brandon che spalancò gli occhi.
“Honey, inizi ad essere pericolosa..” mormorò, fissando i vetri per terra. Schioccò le dita e la cornice fu di nuovo dietro di me, come un minuto prima “Ascoltami, per favore.” Disse guardandomi negli occhi.
Mi morsi il labbro, leggermente scossa per il quadro volante, poi annuii.
“Scendi.” Mi ordinò, ma comunque con dolcezza. Lo feci, e poco dopo mi ritrovai tra le sue braccia, stretta in un abbraccio. Per quanto insensata fosse quella situazione, lo strinsi a mia volta e piansi, tanto, mentre mi accarezzava la schiena. Quando cinque minuti buoni dopo mi calmai davvero, un po’ a disagio, si staccò.
“Ok, questo non era in programma..” si schiarì la voce “Comunque, Ruth, è giunto il momento di farti capire cosa sei. Io, adesso..” si sedette di nuovo sul letto “Ti darò un’informazione che ti farà fare domande e, di conseguenza, capire le tue origini.”
“Perché adesso?” chiesi, mormorando, asciugandomi il viso.
“Perché dopo la chiacchierata con Kevin sai cose che prima non sapevi.” Rispose, calmo. Annuii un po’ incerta e mi sedetti vicina a lui “Dimmi.”
“Quel tipo che hai visto Domenica e oggi alla partita.. E’ anche lui una fata.” Spalancai gli occhi.
“E che vuole da me?”
“Qual è il pensiero che avevi letto dalla mente di Desmond, stamattina?”
Fatele qualcosa e ti cavo gli occhi per giocarci a biliardo.” Ripetei a memoria “E perché vuole farmi del male?”
“Penso proprio che io debba andarmene adesso, honey.” Mi baciò la guancia e si alzò, lasciandomi interdetta.
“Perché la sua specie dovrebbe far parte dei cattivi per me?”
“Non posso dirtelo, Ruth. Hai tutte le informazioni che ti permettono di farti capire, non posso dirti altro e le tue amiche stanno arrivando. Per cui..” schioccò le dita e scomparve, un attimo prima che Sarah spalancasse la porta.
 
“Ragazze, siamo dieci pari. Usiamo la testa, adesso. Alle bande: fate i pallonetti, non importa tirare forte, ora, sono pronte per quello. Anche ai centrali, scavalcate il muro. Bene l’alzatrice e anche la difesa. Respirate, mi raccomando!” ultimi punti della partita, tie-break. Se avessimo perso, avremmo potuto dire addio alle nazionali. Respirai profondamente guardandomi velocemente intorno, cercando di non farmi prendere da pensieri non attinenti alla pallavolo. Tutto il resto della giornata sarebbe stato interamente dedicato alla mia identità, tanto.
L’arbitro fischiò, facemmo il nostro solito grido e rientrammo in campo.
Cercammo tutte di essere costanti, di fare ciò che ci aveva detto poco prima Ryan e ci impegnammo tantissimo. Fortunatamente avevo questa nuova resistenza che mi permetteva di non cedere. Mi sembrava quasi di barare, ma non lo stavo facendo volontariamente, per cui mi giustificavo e continuavo lo scontro con sempre più tenacia. Cosa non fa, l’adrenalina?
Alla fine, vincemmo. Urlavamo negli spogliatoi, contente e soddisfatte per la nostra prestazione.
“Linda, ma quella ripresa di piede?” chiese retoricamente Vanessa divertita.
“Stai zitta, va’. Ho battuto una culata..” mormorò, sventolando una mano per aria e facendo scoppiare una risata generale.
“Però abbiamo fatto punto, vedi il lato positivo.” Dissi io, allacciandomi le scarpe e guardandola. Lei allargò le braccia “Per la propria squadra bisogna anche sacrificarsi.”
Si ripeté la stessa situazione della mattina: fuori dalla palestra, tutti a conversare animatamente sul match, in attesa della squadra maschile. Non avevo proprio voglia di aspettarla, sinceramente. Vedere colui che mi aveva spezzato il cuore nemmeno sette ore prima non era esattamente in cima alla mia lista delle cose da fare per essere felici, ma non potevo certo andare da Ryan e minacciarlo dicendogli “Senti, coach, fammi andare via altrimenti arriva Kevin e comincio a piangere.”
No, non sarebbe stato né convincente, né dignitoso.
Avrei semplicemente fatto finta di niente, ignorando la sua presenza nel modo più efficiente possibile e non guardandolo neanche per sbaglio. Se l’avessi fatto, avrei iniziato a delirare creando discussioni interiori sulla sua bellezza e perfezione, e ciò non doveva assolutamente succedere. Avrei accettato qualsiasi cosa pur di non cadere in tentazione. Anche una conversazione con Brandon, sarebbe andata bene. Se Desmond fosse stato disponibile, ancora meglio.
Stavo chiacchierando con gli altri, senza un particolare interesse per l’argomento trattato. E’ molto probabile il fatto che stessi dimostrando il mio reale coinvolgimento, vista la domanda di Vanessa, in piedi accanto a me.
“Tutto ok, Ruth?” chiese, impensierita dalla mia faccia funerea.
Annuii immediatamente “Sì, sì. Tutto apposto. Inizio un po’ a sentire la stanchezza, però..”
“Hai ancora il mal di testa?”
“Al momento no, per fortuna.” Sorrisi, riconoscente per la sua preoccupazione. Ricambiò il gesto, carezzandomi lievemente la spalla, poi tornò alla discussione intavolata dal gruppo. Sentii un vociare avvicinarsi, e capii che la squadra maschile fosse in avvicinamento. Presi un respiro profondo e iniziai a cercare un qualsiasi passatempo. Ringraziai il cielo quando il cellulare squillò. Daddy Dorian.
“Pronto?” risposi, quasi tirando un sospiro di sollievo.
Principessa! Come sta andando il torneo?
“Bene, bene! Abbiamo giocato stamattina e oggi pomeriggio. Vinte entrambe!” annunciai fiera del risultato ottenuto.
Bravissime. Quanto?
“Di mattina tre a zero, questo pomeriggio tre a due. Abbiamo finito mezz’ora fa, più o meno.”
Narrami.” Mi lasciò il tempo per parlare un po’, raccontare le mie sensazioni sulle partite, le mie impressioni, ciò che avevo fatto o non fatto, ciò che avevano fatto o non fatto le mie compagne di squadra. Adoravo il rapporto che c’era tra Ruth e suo padre. Era molto spontaneo e sincero. Parlai per qualche minuto, poi mi bloccai.
“A casa?” chiesi.
Tutto normale.” Rispose. Subito dopo iniziarono a chiamarmi per andarcene. Non sfuggì a Dorian “Ti devo lasciare?
“Già. Giochiamo mattina e pomeriggio anche domani.”
Allora ti chiameremo domani sera per sentire come procedete la vostra scalata alla vittoria.” Risi.
“Giusto per conferma.”
Certo. Sono sicuro che vincerete.
“L’importante è crederci. Se non ci si crede, non si combatte e non si ottiene.”
Brava, principessa. Ben detto.
“Ti voglio bene, pa’.”
Anche io cucciola. Fai del tuo meglio.”
“Sempre.” Replicai, solenne. Ci salutammo e chiusi la chiamata. Quando alzai lo sguardo verso gli altri, puntualmente incrociai la traiettoria di quello di Kevin. Più vuoi evitare una cosa, più te la ritrovi tra i piedi. Guardai immediatamente altrove, dirigendomi verso Sarah e Katherine, ancora prese dall’euforia. Non appena mi videro, il libero mi annunciò il programma.
“Visto che abbiamo ancora due ore prima della cena in albergo, ci fanno portare i borsoni là e poi cazzeggiamo un po’ per la città!”
“Perfetto! Così ci perdiamo tutte insieme!” scherzai.
“No, dai. Non essere drastica..” commentò sorridendo l’altra ragazza presente.
“Non sarò drastica, allora..”
 
Continuai a correre, voltandomi indietro il più raramente possibile. Non volevo mi raggiungesse solo perché ero stata un’idiota io a rallentare. Scansai le persone che camminavano tranquillamente per quella strada, e appena vidi un vicolo sulla mia destra, svoltai. Sì, mossa stupida per una persona che scappa, ma in realtà volevo solo prendere tempo. Per cosa? E io che ne sapevo? Speravo arrivasse qualcuno a salvarmi, forse.
Mi bloccai di colpo, col fiatone, quando dall’alto la fata si fiondò a terra, davanti a me. Quella stradina era completamente vuota, se non per qualche cassonetto ai lati. Sui muri non c’era niente, esclusi dei grafiti che mi sarei volentieri fermata ad ammirare se solo non stessi rischiando la vita. Deglutii fissando il ragazzo che con un movimento calcolato e ammaliante si sistemava i ciuffi di capelli lisci che si erano spostati durante il volo sui suoi occhi verdi, puntati su di me.
Non scollava il suo sguardo da svariati minuti, ormai. Anche quando precedentemente giravo tranquillamente per i negozi con le altre, lo faceva. Poi mi ero accorta di lui e della sua insistenza. Si avvicinava sempre più, con calma, così avevo deciso di fuggire. Era me che voleva, non sapevo le sue intenzioni, ma non potevo mettere a rischio anche le mie amiche.
“Perché ti sei scavata la fossa?” mi domandò. Era la prima volta che sentivo la sua voce, pacata e calma, e rimasi per qualche secondo incantata a guardarlo. Le fate avevano uno strano ascendente su di me.
“Tu perché mi segui?” chiesi a mia volta. Anche con Brandon, durante il primo incontro, mi ero difesa mostrandomi più sicura di quello che in realtà ero. Ecco, forse con la Scimmia avevo anche più paura.
Dimostrò la sua perplessità inclinando la testa, senza variare l’espressione del viso “Il traditore non te l’ha detto?”
“No, evidentemente non me l’ha detto.” Replicai “Così come tu non mi hai detto chi sei.” Sì, facciamo conversazione.
“Il mio nome è Florian, se quello che vuoi sapere è il nome del tuo assassino.” Rispose, continuando a guardarmi dall’alto in basso, come se fosse superiore. Potevo ben capire che fosse un tipo amichevole, quel Florian.
“Ok, Florian, mio assassino.. Perché vuoi uccidermi?” Temporeggiamo.
“Il fatto che tu non sappia quale violazione ha commesso il traditore, ti rende ancora più colpevole.” Mormorò, esprimendo con la sua voce tutto il suo disprezzo nei miei confronti. Voi fate sì, che sapete come farmi sentire amata. Riferimenti a Kevin puramente casuali, ovviamente.
“Se la violazione l’ha commessa questo traditore, che c’entro io?”
“Lui è già stato punito una volta. Ha continuato ad andare contro le regole ed è per questo che sono qui.” Spiegò, o almeno secondo lui lo fece.
“E come avresti intenzione di uccidermi? Non vedo nessun’arma o qualche tuo collaboratore che la possegga.” Evidentemente, la mia affermazione lo divertì. Per la prima volta vidi un sorriso sul suo bel volto, che quasi mi fece inginocchiare e dire “Uccidimi, ma sorridi ancora una volta.”
“Mi sottovaluti, per caso?” mi interrogò, con la solita intonazione quieta.
“Chi, io?”
Con lentezza studiata e incantevole, alzò il braccio, direzionando il palmo aperto verso di me. Il fatto che adorassi ogni movimento di Kevin pensavo fosse dovuto a quel qualcosa che provavo per lui, invece a quanto pare c’era proprio un difetto di fabbricazione nella sua specie. Capii cosa stesse facendo quando una luce abbagliante prese vita davanti a lui e mi si scagliò addosso. Istintivamente, con uno spostamento del braccio, spostai un cassonetto lì vicino portandolo davanti a me. Sentii solamente una fitta alla testa e un rumore fortissimo, causato dall’esplosione. Gemetti, poi riportai la mia attenzione su Florian, immobile e apparentemente impassibile. Rabbrividii quando notai la rabbia nei suoi occhi.
“Porca puttana..” sussurrai, portandomi una mano alla testa.
“Non hai il diritto di opporti.” Disse il ragazzo.
“E chi dà a te il diritto di uccidermi?” domandai io, piccata.
“Il mio essere fata.” Rispose semplicemente. Alzò una seconda volta il braccio, ma stavolta non feci in tempo a proteggermi. Mi portai solamente i gomiti di fronte al viso, e potei sentire il bruciore in quella parte del corpo. Perché solo lì? Mi scoprii e mi accorsi che sanguinavo. Ero terrorizzata e iniziavo seriamente ad avere paura di essere uccisa.
“Smettila di proteggerti!” mi ordinò, senza urlare. Io aggrottai la fronte.
“Non posso neanche coprirmi il viso, adesso?” chiesi, e mi accorsi di avere la voce tremante. Piangevo.
La creatura sospirò, avvicinandosi “Sei pure una novizia, oltre che un essere immorale.”
“Si può sapere che cazzo dici?” urlai, non potendone più.
Fece per rispondere, ma si bloccò fissando un punto alle mie spalle. Interdetta, mi voltai. Mai fui così tanto felice di vedere Brandon. E mai lo vidi più così tanto incazzato.
“Siete dure, voi fate.” Sputò con astio.
“Tu di più, che ti ostini a difenderla.” Controbatté l’altro, ancora inespressivo.
“Touché.” Scrollò le spalle il biondo.
Tirando su col naso, guardai Florian, fermo, pensieroso sul da farsi. Quando alzò il mento, abbandonando la posizione d’attacco –che consisteva solo nell’essere pronto ad un qualsiasi scatto- capii di essere salva. “Sai benissimo che non è finita qui.” Pronunciò queste parole, rivolto verso il pezzo di manzo. Lui fece spallucce.
Il moro, puntando di nuovo gli occhi su di me, cominciò a levitare “Ci vediamo.” Mi salutò, minacciandomi.
“Non vedo l’ora..” sibilai, ironica. Gomiti sanguinanti e lacrime agli occhi non avrebbero mai fermato la mia faccia tosta.
Non appena scomparve dalla scena, sentii due mani posarsi sui miei fianchi e girarmi. I pozzi neri e quasi severi di Brandon si concentrarono sulle ferite. Vi posò sopra le mani, facendomi sentire un dolore lancinante, e mi sfuggì l’ennesimo gemito. Lo lasciai comunque fare, vedendo i muscoli delle sue braccia –non sbavare, Ruth- tendersi. Pochi secondi dopo, era tutto come nuovo. Il biondo sospirò e alzò lo sguardo. Ora erano i miei occhi, che guardava.
“Hai rischiato brutto, lo sai?” annuii semplicemente, quasi sentendomi in colpa.
“Se non fossi arrivato io non saresti viva.” Infierì.
“Immaginavo..”
“Questo non aiuterà la mia immagine di cattivo menefreghista, ma mi hai fatto prendere un colpo.”
Presa in contropiede e non sapendo cosa dire, mi limitai a sussurrare delle scuse, facendogli alzare un sopracciglio divertito “Scusa per cosa?”
“Per averti fatto preoccupare.”
Fece una breve risata “Fosse solo per questo che mi devi chiedere scusa..” mi accarezzò il viso dolcemente, permettendo alla sottoscritta di arrossire come un’idiota, poi si staccò e si avviò verso la strada principale “Dai, andiamo alla ricerca delle tue amiche. Ah, e mi sa che qualcuno dovrà aiutarti ad allenare le tue capacità, perché per ora hai solo avuto fortuna.”
 



Allora, bella gente.
Innanzi tutto, salve! 
In questo capitolo, come avete appena letto (spero), accadono un bel po' di cose.
Ruth e la sua rabbia, sfogata sul quadro e su Brandon, e quest'ultimo che sorprendentemente la consola, dopo averle rovinato la vita! <3 [o almeno è quello che crede Ruth]
Poi la partita del pomeriggio, vinta anch'essa, con tanto di sguardi sfuggenti. 
E, infine, la parte che preferisco. 
Florian e i suoi istinti omicidi! <3 Daje, ditemelo se vi è piaciuto o meno. DITEMELO. :3 
Ps: io amo Florian.

Ora, vorrei dirvi una cosetta.
Il prossimo capitolo verrà messo probabilmente solo Lunedì 30, ovvero tra 5 giorni, perchè sto passando delle giornate prive di ispirazione e non vorrei arrivare ad un capitolo e fermarmi per due mesi. Preferisco andare con calma con quello che ho. Non troppo, ma un minimo, in modo di avere qualche altro giorno bonus.
Spero possiate capirmi. u_u

Grazie a tutti per il sostegno.
Siete fantastici, sia chi segue, sia chi preferisce, chi ricorda e chi addirittura recensisce. Grazie davvero! :')

Alla prossima, che spero sia il prima possibile.
E preparatevi, perchè si saprà definitivamente cosa è Ruth. (E ci sarà un pezzo con Desmond. ù.ù)

Un ABRAZO.

Maricuz

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 

Quando finalmente avevo ritrovato Sarah e Katherine, mi avevano riempito di domande per sapere dove fossi finita. Ovviamente, non potei dir loro che ero stata inseguita da una fata che voleva uccidermi e salvata da un essere che ancora non sapevo come definire, per cui mi inventai una scusa. Per quanto ne sapevano, avevo ricevuto una chiamata dai miei genitori e data la confusione ero stata costretta ad allontanarmi dal negozio in cui erano entrate. Al mio ritorno, nessuno ad attendermi.
E quella sera, era finalmente giunto il momento di raccogliere i pezzi e metterli in ordine, per capirci qualcosa in più su quella storia che era la vita di Ruth Styles. Comodamente seduta ad un tavolino all’esterno dell’albergo, sola, rinfrescata da un piacevole venticello serale e con il telefono all’orecchio. Avevo raccontato tutto, per filo e per segno, ciò che si era persa Yvone in quella giornata dalla chiamata di quella mattina.
Allora, dopo questo popò di roba direi di procedere per gradi. Prima di tutto dobbiamo capire a quale razza tu appartenga, così capiremo anche perché Florian voleva ucciderti.
“E se fosse al contrario, la faccenda..?” per qualche secondo, nessuno rispose alla mia risposta. Poi un sospiro.
Ok, prendiamo quello che viene.
“Ottimo.”
Dobbiamo iniziare da qualche parte. Quali domande avevi fatto a Brandon quando lui se n’è andato dalla tua camera oggi pomeriggio?” riflettei.
“Gli avevo chiesto perché Florian volesse farmi del male e perché la sua specie in generale dovesse farmene.”
La sua specie, ovvero quella delle fate, a cui appartiene anche Kevin che però non ha provato ad ucciderti. Non fisicamente, almeno..” riassunse brevemente Yvone. Io annuii, come se potesse vedermi “Mi sa che questa non è la strada giusta. Allora, Brandon ti ha detto che hai tutte le informazioni per poter arrivare alla soluzione da sola dopo la tua discussione con occhi-belli. Confermi?
“Confermo.”
La discussione era centrata sulle fate. Cosa sappiamo su di loro, oltre quello che ha detto oggi Kevin?” ci pensai un po’ su, tornando mentalmente indietro nel tempo alla conversazione che avevo avuto proprio con la mia migliore amica.
Le fate in primis. Creature a dir poco meravigliose. Sono bellissime e potenti. Non nel senso di forza fisica, solo che dalla loro parte hanno anche la magia. Sanno volare, poi! Però hanno bisogno di un oggetto magico per scatenare il loro potere.” Quelle erano state le esatte parole dell’elfo pronunciate per quelle creature magiche.
“Belle, potenti, magiche, sanno volare e hanno bisogno di un oggetto magico per ricevere i poteri.” Replicai, dicendo tutto ma telegraficamente.
Non è molto.
“Lo so.”
Però la risposta è qui.
“Lo so.” Ripetei “Forse se capissimo cosa ha fatto di tanto riprovevole quel traditore arriveremmo a me. Cosa sai dei comandamenti delle fate?” chiesi.
“Niente. Tu?”
“So solo quella storia dell’amore immorale..” mi bloccai, e rividi come un flashback il ragazzo moro con gli occhi verdi che si avvicinava a me “Sei pure una novizia, oltre che un essere immorale” aveva detto.
“Porca puttana.”
Cosa? Hai capito? Ruth!” continuava a chiamarmi, ma ero come in trans. Mi portai una mano tremante davanti alla bocca. Non poteva essere così. No. Però tutto tornava.
“Il ciondolo. E’ da quando ho il ciondolo che è cambiato tutto.” Mormorai.
Il ciondolo? E che c’entra il ciond.. Porca puttana.” Ebbe la mia stessa reazione.
“I miei genitori. Uno dei due dev’essere una fata, l’altro un umano. Si sono innamorati, la fata è stata diseredata. Sono nata io. Nel momento in cui ho ricevuto il ciondolo mi sono stati conferiti i poteri, e il giorno stesso è comparso Florian. I pensieri degli altri nella mia testa, il quadro alla parete, il cassonetto esploso, la resistenza.. Cazzo, cazzo, cazzo!” quasi mi veniva da piangere.
Ecco spiegati gli occhi verdissimi, la tua memoria disumana, la tua resistenza a Desmond, la tua particolare bellezza iniziata Domenica.. Non che prima fossi brutta, eh. Diciamo che ti ha dato quel tocco.. fatato..?” tentò, incerta. Aveva usato il termine più giusto, invece.
“Quindi Io sono.. sono una specie di fa-” fortunatamente, mi bloccai appena in tempo. In quell’esatto momento Kevin uscì dall’hotel, anche lui solo. Quando si accorse della mia presenza, si girò di scatto verso di me, quasi spaventato, poi sospirò di sollievo. Tornò teso subito dopo, però. La situazione tra noi due non era certo delle migliori, a quel punto soprattutto. Mi venne quasi da sorridere, quando pensai che quello sarebbe stato un momento perfetto per chiudere l’episodio di un telefilm.
Quindi, fammi capire, Kevin ha chiuso la porta con te prima di aprirla credendo che tu fossi un’umana, invece sei come lui! Dovresti dirglielo, caspita!” continuò a parlare Yvone, mentre io e il ragazzo ci fissavamo, immobili nelle rispettive posizioni.
“Yvone, credo di doverti salutare..” mormorai.
Ho capito, è arrivato qualcuno e non puoi più parlare liberamente. Ci sentiamo domani, quando magari hai realizzato, ok?
“Sì. A domani..” riattaccai e tenei il cellulare tra le mani, appoggiandole sul tavolino.
“Sera..” disse Kevin.
“Sera.”
“Come mai qui, sola?” fece un paio di passi verso di me, poi allontanò una delle sedie dal tavolino per sedersi.
“Potrei farti la stessa domanda.” Risposi, sulla difensiva. Mi sentivo agitata, e c’era un motivo ben preciso.
Lui aggrottò la fronte, scrutandomi “Tutto apposto?”
“Se devo essere sincera, no.” Distolsi lo sguardo e deglutii “Ma è così che deve andare.”
Con la coda dell’occhio lo vidi abbassare la testa, accompagnando il gesto con un sospiro. Si sentiva in colpa, perché? Era quello che voleva, ciò che era giusto per lui.
“Non era così che intendevo risolvere la situazione.” Sussurrò.
“Intendevi risolverla?” chiesi, confusa “Come si può risolvere una situazione quando ci sono in ballo i sentimenti, scusa? Non ci sono ancora i pulsanti on/off per queste cose.” Riuscii a dire, solo perché non ero distratta da lui. Se non lo guardavo, parlare era molto più semplice.
“Stiamo rovinando il nostro rapporto..” notò, stancamente.
“No, non lo stiamo rovinando. L’hai rovinato tu.” Sbottai, cercando di mantenere la voce ferma “Se sapevi che tra noi due non poteva esserci niente, perché mi hai detto ciò che provi per me? Sarebbe stato più facile adesso se avessi lasciato perdere e mi avessi lasciata illudere, almeno avrei incolpato me stessa di averlo fatto, o non mi sarei sentita un’egoista a volerti per me nonostante quei cazzo di comandamenti delle fate che mi stanno rovinando la vita.” E non solo dal punto di vista amoroso, avrei voluto aggiungere. Presi un respiro profondo, prima di guardarlo in faccia. Aveva un’espressione ancora più tesa, più colpevole di prima, più dispiaciuta. Stava per dire qualcosa, ma alzai una mano scuotendo la testa “No, senti, scusami. Non dovevo fare questa scenata.” Mi misi in piedi “Buonanotte.”
Non gli lascia il tempo di replicare, mi fiondai dentro l’albergo e iniziai a salire le scale. Con la vista offuscata dalle lacrime, cominciai a scrivere un messaggio a Yvone.
 

Non posso dire niente a Kevin. Oltre ad essere un gesto da pazza, innamorata e disperata, potrebbe costarmi la vita. Lui è una fata, io un ibrido nato da un amore immorale. Non sono certa mi risparmierebbe. Notte, ti voglio bene.

 
Arrivata davanti alla porta della mia stanza, mi asciugai velocemente gli occhi, respirai profondamente e mi feci forza. Bussai.
“Parola d’ordine?” sentii la voce di Sarah. Sorrisi, ripensando alla discussione creata per decidere quella cavolo di parola –che in realtà erano due-.
“Carciofo amorevole.”
 
La mattina seguente mi svegliai dopo una nottata pessima ed attesi il mio turno per entrare nel bagno. Mi lavai il viso, e quando alzando lo sguardo vidi una figura alle mie spalle attraverso lo specchio non ebbi neanche la forza di spaventarmi. Mi asciugai, mentre il ragazzo secolare mi abbracciava da dietro con tutta la calma possibile. Poggiò il mento sulla spalla e sempre guardando la superficie davanti a me, notai il labbro inferiore sporgente. Assomigliava vagamente ad un cucciolo.
“Buongiorno, Desmond.” Mormorai, con la voce ancora arrochita dal sonno.
“Buongiorno piccoletta. Nottataccia?”
“Si vede tanto?” chiesi, sospirando stanca.
“No, l’ho capito dalla tua arrendevolezza.” Mi accarezzò la pancia, baciandomi una guancia “Mi avresti sicuramente detto qualcosa di ironico, se solo fosse stata la giornata giusta.”
“Perché sei qui? Ci possono sentire.”
“Bagno insonorizzato.” Ghignò furbo, gongolando.
“Trucchetto da Incubo?”
“Trucchetto da Incubo.” Confermò, fissandomi con i suoi occhi gialli grazie al riflesso di entrambi “Comunque sono qui per assicurarmi che tu stia bene.”
“Brandon non poteva?” sorrisi divertita.
“Esatto. Aveva delle faccende da svolgere, ma ci sono io!”
“Non glielo dire, ma ti preferisco a lui.” Gli feci l’occhiolino, e lui ridacchiò lievemente accanto al mio orecchio. Sì, era un seduttore, e pure bravo. Quel semplice suono bastava per mandarti in tilt il cervello. Non si era neanche sforzato.
“Tutte lo fanno.” Ammiccò.
“Sì.” Lo assecondai “Comunque,  sto bene?” chiesi io, a lui.
Mi squadrò “Beh, fisicamente mi sembri apposto. Sì, decisamente in forma..” passarono alcuni secondi “Posso palparti il culo?”
“No.”
“Ok.”
“Ed emotivamente..?” insistetti, facendomi più piccola tra le sue braccia. Capendo il mio scopo, cioè di ricevere un po’ di affetto, aumentò la stretta della sua presa e affondò il viso tra la testa e la spalla, baciandomi lievemente il collo.
“Effettivamente è una storia un po’ del cazzo..” ammise, facendomi ridere per il modo in cui aveva pronunciato quelle parole “Però.. Cioè, che ne so. Io non sono bravo a consolare le persone. Me le faccio, le persone. Non le consolo. Capisci?” risi, ancora di più.
“Capisco.”
“Sai Ruth, tu stai mandando a puttane i piani di Brandon.” mi informò, divertito.
“Cioè?” domandai curiosa, inclinando la testa. Mi lasciò qualche altro bacio, per niente malizioso, sulla mandibola, poi rispose, stendendo le labbra perfette in un sorriso “Si sapeva che tu saresti venuta qui, che sarebbe successo quel che è successo eccetera, ma non aveva previsto che lui potesse affezionarsi a te. Che noi potessimo farlo.”
“E.. questo rovinerebbe i piani di Brandon?” fu l’unica cosa che riuscii a chiedere.
“Beh, no. I piani di Brandon potrebbero essere rovinati dalla sua stessa reazione.” Mi spiegò, sciogliendo l’abbraccio “O dalla mia morte. Sai, quando parlo con te mi faccio sempre sfuggire cose che non dovrebbero esser dette. Però mi consolo pensando che.. Io sono fatto per scopare, non per mantenere i segreti.”
Scossi la testa, divertita “Le tue perle di saggezza mi illumineranno il cammino, ne sono convinta.”
“Sì, lo faranno. E io adesso vado. In bocca al lupo per la partita!”
“Crepi.” Gli sorrisi riconoscente e gli baciai una guancia. Rimase per un attimo sorpreso, poi, prima di sparire, mi mostrò la dentatura perfetta e gli occhi brillanti, come quelli di un bambino felice.
 
Era passata anche quella giornata. Lentamente, molto lentamente. Fin troppo, lentamente.
Avevamo vinto entrambe le partite, eravamo tutte molto soddisfatte. Nonostante la pesantezza del torneo, la fatica nell’affrontare almeno due partite al giorno e lo stress, continuavamo ad essere costanti e a rimanere concentrate. Stessa cosa valeva per la squadra maschile, che fino a quel momento aveva vinto tutte le partite col punteggio di tre a zero, a differenza nostra. Non c’erano stati neanche problemi con Florian, vista la costante –seppur discreta- presenza di Brandon e Desmond. Non mi spiegavo bene il motivo per cui temessero così tanto il biondo, con quella faccia da cretino che si ritrovava, poi.
“Bella faccia da cretino, direi, Ruth.” Sentii dire nella mia testolina. Perfetto, adesso mi mettevo anche a dialogare amabilmente con me stessa. Quella situazione mi stava davvero rincoglionendo.
Mi passai stancamente una mano sul viso, per poi posarla nuovamente sulla ringhiera del balcone della camera d’albergo a cui ero stata assegnata. Era arrivato il momento di chiamare i miei e chiedergli di raccontarmi la vera storia, la mia vera identità. Sapevo già quale sarebbe stata la loro risposta alla domanda “Perché non me l’avete detto?”. Per proteggermi, ecco perché. E allora per quale motivo l’avevano fatto prima che partissi per le nazionali? Avevo il presentimento che c’entrasse qualcosa con la famosa missione di cui parlava ogni tanto Brandon.
Sospirai. Avevo un po’ di paura, l’ammetto. Guardavo lo schermo del cellulare come se solo quello mi permettesse di scoprire la verità così, senza un confronto reale, senza un dialogo a cui avrei dovuto partecipare. Era necessario?
All’improvviso, facendomi sussultare, l’oggetto tra le mie mani cominciò a squillare. Una chiamata da.. Bello Neanchepoco? Non avevo mai aggiunto alla rubrica nessuno con il nome di Bello Neanchepoco. Cos’era, uno scherzo? Scossi il capo e risposi.
“Pronto?”
Honey, sono Brandon.”
“Chissà perché me l’aspettavo.”
Grazie, lo prendo come un complimento.” Alzai gli occhi al cielo “Comunque sappi che non è un numero vero. Sono i miei soliti trucchetti. Non ho neanche un cellulare, io.”
“Perché non sei semplicemente comparso dal niente come fai di solito?” chiesi, aggrottando la fronte.
Perché ci sono delle ragazze dentro la camera che si stanno prendendo a cuscinate. Smetterebbero volentieri, se vedessero me sul balcone con te, sai?” mi voltai lentamente, per controllare se effettivamente diceva il vero. Ok, diceva il vero.
“Dove sei?”
Non ti preoccupare, ti vedo.”
“E’ inquietante, mi preoccupo.”
Tecnicamente è ciò che dovrei sempre essere. Inquietante. A volte mi rimane un po’ difficile. Faccio quel che posso, diciamo.” Annuii, come se mi potesse.. Sì, mi poteva vedere.
“Che volevi?”
Spronarti a chiamare i tuoi, honey. Ti vedevo incerta.
“E’ che ultimamente ho già fatto un bel po’ di scoperte, ecco..” mi giustificai, alzando un po’ le spalle, quasi in cerca di protezione da chissà cosa.
Mi sembrava avessi fame di sapere.” Replicò, pacato. Feci una smorfia.
“Ma le scoperte non sono state delle migliori. Ho perso un po’ la voglia.”
Vorresti tornare a casa?
“Sì, vorrei, tanto.” sussurrai, sicura di non riuscire a dire quelle parole con voce sufficientemente ferma.
Allora è un passo che devi fare.” Mormorò, quasi dolce. Abbozzai un sorriso.
“Non ti ringrazio perché so che ti metterei a disagio.”
E per questo sono io a ringraziare te.” Disse subito, divertito. Risi, poi mi morsi il labbro inferiore. In quegli ultimi due giorni era stato particolarmente carino con me. Gliene davo atto. Qualche secondo dopo, mi salutò, ribadendomi il fatto di dover chiamare la mia famiglia.
Presi coraggio e cercai il numero di mio padre. Perché lui? Presentimento.
Quando rispose, allegro, andai dritta al punto con le parole “Sono una.. semi-fata”. Seguì un minuto buono di silenzio, da parte sua. Potevo sentire il volume della televisione abbassarsi i bisbigli di mia madre, che si stava sedendo accanto a lui sul divano. Mi sembrava di vederli.
So che hai bisogno di spiegazioni, Ruth. Te le dobbiamo, ma..” si bloccò qualche secondo, permettendomi di deglutire senza la paura di perdermi qualcosa di importante “..non ora. Non ora, non al telefono. Sono sicuro che per arrivare a questa conclusione sai come sono andate le cose, anche se molto grossolanamente. Ti prometto che quando Sabato verremo per le finali ti racconteremo tutto.” Mi spiegò, con una voce carica di emozione e di comprensione. Capiva come mi stavo sentendo? Che mi sentivo quasi tradita da loro, che mi avevano fatto vivere in una bugia? Che ci avevano fatto vivere in una bugia. A me, alla loro Ruth.
Probabilmente sì, lo sapeva.
“Potresti almeno dirmi chi di voi due è una fata?” chiesi, giusto per conferma.
Io.” Mormorò, ed io sorrisi. Ci avrei scommesso.
“Ok.” Mi schiarii la voce, tornando leggermente più allegra “Comunque abbiamo vinto tutto anche oggi.”
Non avevo dubbi.” Ridacchiò, probabilmente ancora provato dal precedente argomento. Sembrava stanco, ma comunque sollevato. Era stato un peso nascondere le sue origini, allora. Feci per cominciare il mio solito racconto, ma sentii la voce di Sarah urlare “Chi è?” verso la porta. Mi voltai, curiosa.
“Sono Kevin.” Udii la sua voce ovattata “Avrei bisogno di parlare con Ruth. E’ abbastanza urgente..”
Deglutii, impaurita “Pa’, ti devo salutare. Mi richiedono.”
Oh, non ti preoccupare! Tua madre ti saluta e ti fa i complimenti, comunque.
“Risalutamela e ringraziala. A presto.” Chiusi la chiamata, mentre Vanessa mi faceva un gesto con la mano per dirmi di avvicinarmi. Annuii e rientrai nella camera, girai intorno al letto e aprii la porta. L’inespressività del ragazzo mi spaventò ancora di più.
 


C'è chi ha insistito, per cui, prima di tutto il resto, beccatevi 'sto Desmond. Clicca
Fa schifo, non è neanche lontanamente bello, però è giusto per darvi un'idea. Ho un'altra immagine pronta, ma quella la metterò in futuro perchè uno pseudo-spoiler.. 
Poi, ve lo devo dire. Sto tentanto di disegnare Brandon, ma giuro che non mi riesce. Come ho detto ad una mia compagna di scuola: "E' troppo bello per esser disegnato dalla mia umile mano destra."
Maledetto. 
COOOMUNQUE, eccoci qui, faccia a faccia con la vera identità di Ruth.
Un applauso a malu chan, che tentando ci ha dato. *applauso*
Ora vi lascio con una bella domanda: secondo voi, cosa vuole Kevin? 
a- Ucciderla, perchè lui è una fata e lei un ibrido.
b- Giocare a strip-poker con lei.
c- Ballargli davanti la ShuffleDance
d- altro. *specificare*
Via col televoto. (?)

Ora che ho detto la mia dose di cazzate giornaliera, posso parlare con un minimo di serietà.
Il prossimo capitolo, previsto per Sabato 5 Maggio (giorno in cui verrò probabilmente interrogata a Latino *segno della croce*), sarà solamente suddiviso in due scene, ma saranno abbastanza.. intense, diciamo. Stay connected. (?) Ma che cazz..
Anyway, voglio un Desmond da coccolare. Voi?

Vi ringrazio per tutto, perchè .. perchè sì. Senza di voi non mi metterei nemmeno a scrivere per continuare questo obbrobrio di storia.
Grazie davvero, people. :')

Ci leggiamo (?) Sabato. 
Che Brandon sia con voi.

Maricuz

PS: Mi sono scordata di chiedervi.. Cosa ne pensate di Kevin? Pensate che sia uno stronzo insensibile? Credete che provi davvero qualcosa per Ruth? Trovate che abbia un minimo di ragione o no? *Interrogatori nel sangue.. D:*

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11


Ero sicura che mi avrebbe parlato di quell’argomento. Ero sicura che lui sapesse cos’ero. Il problema sorse quando, immediatamente, realizzai che non ero affatto sicura di come l’avesse presa e di come avrebbe affrontato la novità. I casi erano tre: se fossi stata una fata, una fata al 100%, avremmo potuto stare insieme. Se fossi stata un’umana, un’umana al 100%, sarebbe continuata la strada iniziata da lui la mattina in cui mi aveva rivelato tutto. Ma, ehi, io ero un ibrido. Io dovevo morire, o meglio: dovevo essere uccisa dalle fate, quelle creature magnifiche, belle da star male dagli eleganti, ammalianti, soavi e magici movimenti che mi ricordavano tanto quelli dei gatti. Badate bene, così dicendo non le stavo sminuendo affatto. Avete presente questi felini, no? Sono incantevoli. Fermatevi ad osservarli mentre procedono indisturbati e capirete cosa intendo.
Fatto sta che, in quel preciso momento, vedendo il viso indecifrabile di Kevin, non sapevo davvero cosa pensare. Ero incline alla possibilità dell’omicidio a sangue freddo, ma preferivo non chiederglielo. Morire con la consapevolezza di farlo era come condannarsi, secondo me. Sarebbe stato più romanzesco e meno deprimente pensare a quanto fossero belli i suoi occhi negli ultimi istanti di vita.
Mi schiarii la voce chiudendo la porta alle mie spalle, sostenendomi poi con essa, capendo che stavo divagando nella mia testa e anche piuttosto stupidamente.
“Non ci sentirà nessuno.” Chiarì immediatamente “Perché non me l’hai detto?” domandò con voce dura, subito dopo. Deglutii.
“Che cosa..?” chiesi, pur sapendo –ovviamente- a che cosa si riferisse.
“Non fare la finta tonta, per favore.” Ringhiò, quasi. Mi attaccai di più alla superficie dietro di me, spaventata.
“Io.. Non lo sapevo.” Mormorai, per discolparmi “L’ho scoperto solo ieri sera..”
“Ieri sera abbiamo parlato, Ruth.” Replicò severo, piegando il collo in avanti per fissarmi ancora più intensamente. Non sapevo se svenire per il disagio o per la sua semplice presenza.
“Cosa avrei risolto, dicendotelo?” mi svegliai, io.
“Niente avresti risolto, ma io ho rischiato, dicendoti cosa sono in realtà. Gli umani non dovrebbero sapere che esistono creature diverse da loro, ed io credevo che facessi parte di quella categoria.” Mi informò, perdendo un po’ della sua inespressività.
“Oh, gentile da parte tua ignorare i miei sentimenti e sbattermi ugualmente un “no” sulla faccia!” ribattei indispettita.
“Non rinfacciarmi ciò che ho fatto! Stai sentendo sulla tua pelle le conseguenze nate da un amore tra due specie diverse!”
“Stai parlando come se fossimo animali! Persino gli asini e i cavalli si accoppiano, eppure nessuno delle due specie ammazza i loro figli!”
“Che c’entra questo?” domandò sorpreso, con una voce piuttosto acuta “Non li ho inventati io, i comandamenti.”
“Però mi sembra che non ti dispiacciano tanto, visto che stai ben attento a non fare cazzate.”
“Che cazzo di discorsi stai facendo? Pensi che mi piacciano? Che mi piaccia questa situazione? Pensi che sia masochista, Ruth?” allargò le braccia sporgendosi di più verso di me, diminuendo le distanze già non molto elevate “E non dirmi di sì, per favore. Siamo fate, non automi. Abbiamo dei sentimenti.”
“E perché siete sempre così inespressivi?” domandai accigliata. L’avevo davvero chiesto?
Aggrottò leggermente la fronte e fece per parlare, ma poi richiuse la bocca, incerto. Sospirò, e scrollò la testa. Quella me la concesse.
“Quali altre fate conosci, scusa?” domandò poi, confuso.
Sorrisi ironica “Mio padre, che non è molto fata però, e quella che cerca di uccidermi! Sai, grazie a Florian, così si chiama, ho capito veramente perché sarebbe stata una brutta idea dirti della mia identità.” Annunciai, falsamente tranquilla.
“E credi davvero che io riesca ad ucciderti?” sembrava quasi offeso da quella mia idea. Scossi il capo inumidendomi le labbra.
“Hai seguito le regole una volta, perché non due?” chiesi, mormorando. Mi guardò attentamente, cercando di studiarmi e perdendo quel cipiglio che aveva poco prima. Quasi mi veniva da piangere. In quell’ultimo periodo avevo una stabilità emotiva che competeva tranquillamente con quella delle donne incinte. Forse ero incinta. Chiusi gli occhi abbassando la testa, dandomi dell’idiota, poi li riaprii e vidi Kevin fare un passo. Rialzai lo sguardo e sentii il tocco delicato delle sue mani sul viso.
“Perché a questo punto non sono certo neanche di riuscire a portare a termine quello che ho già tentato di iniziare.” E quella melodia che uscì dalle sue labbra, perché solo così poteva esser chiamata una cosa tanto armoniosa, mi fece sfuggire una lacrima, raccolta prontamente dalle sue dita. Sospirò piano, poi appoggiò la fronte sulla mia. Rimanemmo in silenzio, realizzando ciò che ci eravamo detti, sbollendoci dopo la discussione più animata avvenuta tra noi due e assorti dai nostri pensieri e dai nostri interrogativi. Quella mancanza di suoni, che avevamo addirittura il timore di distruggere, iniziava ad esser quasi rassicurante.
All’improvviso però, dovette farmi una domanda per un’incongruenza che non avevo ancora notato “Nessuna creatura dovrebbe dire ad un umano dell’esistenza della magia, non solo le fate. Perché la tua migliore amica ti ha detto di essere un elfo?” oh-oh. Altra verità da affrontare. Risi, istericamente.
“Ecco, ora ti incazzi sul serio.”
“Cosa mi nascondi, Ruth?” mi chiese scherzosamente sorridendo, anche se con un certo nervosismo. Si staccò da me per guardarmi meglio in viso. Io, intanto, prendevo un respiro profondo. Gli porsi la mano.
“Piacere, Ruth Evanson.” Dimostrò la sua perplessità aggrottando la fronte, poi socchiuse gli occhi.
“..Ma non..” cominciò, per poi boccheggiare –seppur con un certo fascino-. La sua espressione smarrita era un qualcosa di adorabile. Se solo non fossi stata una finta coraggiosa, gli avrei afferrato il viso e l’avrei baciato fino a soffocare.
Non sapevo veramente da dove iniziare, e non so come cominciai comunque a raccontargli tutta la mia storia, o perlomeno quella che riguardava quel mondo. Evitai accuratamente la parte dei baci ricevuti –e un paio ricambiati- da Brandon e quello a stampo di Desmond, ma non potei saltare il racconto della notte in cui conobbi quest’ultimo. In quella parte, aveva fatto una smorfia che mi aveva fatto stupidamente battere il cuore.
Al termine di tutto il resoconto, lui aveva la schiena appoggiata alla parete opposta alla mia. Non eravamo comunque distanti, visto che  il corridoio era ampio tre metri scarsi. Feci spallucce accompagnandole con un’aria colpevole per dire un muto “Fine”. Lui, la bocca aperta, gli occhi più chiusi del solito e le braccia incrociate. Non avevo mai visto un Kevin così preso da qualcosa, e mi venne da sorridere. Repressi quell’istinto, perché non sapevo ancora cosa pensasse.
Come prima cosa riunì le labbra, poi si staccò dal muro come per rendersi più partecipe. Prese aria, distogliendo lo sguardo per concentrarsi unicamente su quello che passava per la sua testa, ed annuì.
“Intanto” iniziò, alzando un sopracciglio “rilassa i muscoli perché non sono incazzato, come hai detto tu.” Seguii il suo consiglio e abbozzai un sorriso, aspettando che continuasse “Poi.. Capisco perché tu non me l’abbia detto. Infondo non abbiamo mai avuto un rapporto troppo intimo. Ancora.. Quindi, insomma, non sono neanche offeso o cose così.”
“E come saresti..?” domandai.
“Geloso.” Disse velocemente, e mi parve addirittura di vedere del lieve rossore sulle sue guance “Voglio dire, non è che mi tranquillizzi tanto l’idea che tu abbia un rapporto, seppur amichevole, con un Incubo. Insomma.. Ok, cambiamo argomento.” Sventolò una mano per aria “Comunque, come avevi detto che si chiamava il tipo che ha l’età di.. qualche secolo che ti ha portata qui?”
“Brandon..” mormorai.
“Brandon.. Brandon.. Quel Brandon?” domandò, incerto e con uno strano luccichio negli occhi. Feci una smorfia.
Quel Brandon quale?”
“Il Demone.” Rispose, come se fosse ovvio.
“Scusa, ma.. non penso di capire.”
“E’.. Come faccio a spiegartelo? Una specie di capo dei capi. Può fare qualunque cosa, è lui che comanda in questo mondo, capisci? Mantiene l’ordine. Se qualcuno volesse batterlo non potrebbe riuscirci perché.. Perché è così.” Tentò di spiegare, quasi sognante.
“E come viene visto?” aggrottai le sopracciglia, curiosa.
“C’è chi lo odia, chi lo ammira. Non dipende dalla specie, è una questione proprio soggettiva, come la simpatia per qualcuno.” Annuii, avendo compreso. Dopo un breve momento di silenzio, riprese a parlare “Ascolta, non è importante chi sia lui, adesso. Tu sei qui per una missione, dobbiamo scoprire quale.”
“..Dobbiamo?” ripetei, guardandolo negli occhi.
“Sì, dobbiamo. Sennò come puoi.. tornare a casa?” mi fece notare, nonostante una leggera sfumatura di sforzo nella sua voce.
“No, intendevo.. Dobbiamo, noi? Tu.. Sai, dovresti uccidermi.” Risi nervosa, subito dopo lui scosse il capo “Te l’ho già detto, non lo farò.”
“Kevin, ti metti nei guai se qualcuno lo scopre. Ok, non mi uccidi, ma addirittura aiutarmi..”
Lui, sospirando, riprese il mio volto fra le mani “Partendo dal presupposto che ho sempre ritenuto i comandamenti estremamente stupidi, questo ancor di più, e aggiungendoci il fatto che stiamo parlando di te, non di una semi-fata qualunque, ma te, non vedo il motivo per fare una cosa del genere. Troverò un modo per aiutarti, anche per farti tornare nel tuo mondo, delle conseguenze me ne infischio.”
“Grazie..” mormorai. Lui, come risposta, diminuì le distanze molto lentamente e, quasi timoroso, posò le sue labbra già vicine sulle mie. Un bacio semplice, lieve, dolce e distruttivo. Sentivo il cuore battermi all’impazzata, le gambe cedermi, il respiro bloccarsi. Appoggiai una mia mano sulla sua e non pensai a niente, se non alla morbidezza di quel contatto. Quando terminò, non potei non arrossire come una bambina. Ci guardammo senza proferir parola. Non serviva, sicuramente non a lui, dato che i suoi occhi dicevano già tutto, pur non dicendo niente di udibile e spiegabile. Si allontanò, lasciando il mio viso con una carezza, poi sorrise.
“Ti ho trattenuto abbastanza. Domani dobbiamo giocare. E vincere.” Sembrava imbarazzato e lo stavo adorando, davvero. Non mi era mai sembrato così tanto perfetto. Si poteva essere più che perfetti? Si può?
“Sì, vero, giusto.” Borbottai a disagio, con un lieve sorriso sulle labbra “Allora.. Buonanotte.”
“Buonanotte.”
 
Kevin sapeva tutto, ormai. Gli avevo raccontato ogni cosa, così come avevo aggiornato Yvone. Brandon non era ancora venuto a rompermi le scatole ed era passata una giornata complessivamente buona, considerando anche l’ennesime vittorie con la squadra. Era Giovedì, il giorno dopo ci sarebbero state le semifinali. Insomma, cosa c’era che non andava in quelle ventiquattro ore? Il ragazzo che mi piaceva mi aveva pure baciata garantendomi la sua collaborazione.
Forse la nota stonata era Florian che mi aveva appena attaccata al muro, senza neanche farmi toccare terra con i piedi grazie alla sua stretta ferrea sul mio collo. Che bravo ragazzo. Mi feci prendere dal panico, pensando che la mia morte sarebbe sicuramente giunta a momenti. Una lacrima sfuggì dai miei occhi, che fissavano comunque quelli verdi della fata con un’aria di sfida. Mai mostrarsi deboli al nemico. Certo, il fatto che piangessi non era certo una dimostrazione di autocontrollo, ma dopotutto ognuno si manifesta come vuole.
Boccheggiavo, non respiravo, il cuore batteva sempre più forte e il bisogno di ossigeno aumentava. Ed ero sola, nella stanza di albergo che dividevo con le mie amiche. Erano tutti scesi a cena, tranne me che, stupida, mi ero trattenuta perché avevo fatto tardi per farmi la doccia. Avevo ancora i capelli bagnati.
Possibile che non arrivasse nessuno? Un Brandon a caso, tipo?
Il moro parve leggere i miei pensieri, e con la solita pacatezza cominciò a spiegarmi “Sia lui che l’altro tuo amico, l’Incubo, sono fuori campo. Tranquilla, sono solo distratti da qualcun altro, giusto per il tempo che mi serve per ucciderti.” Rassicurante “Noi fate siamo tante. Noi fate vere.” Aumentò la forza e chiusi gli occhi per un attimo, per poi tornare a guardarlo. Non ce la facevo più, e lui non mostrava nessuna pietà, nessun pentimento. Era la fine, e sentii girare la testa. Poi dei colpi alla porta. Respirai un briciolo di speranza, desiderando potesse bastare.
“Ruth! Ruth!” gridò la voce agitata di Kevin. Florian sospirò, a bocca chiusa, e lanciò una breve occhiata alla superficie scossa dai tentativi del ragazzo per aprirla. Un momento di quiete, poi un tonfo più rumoroso degli altri. La porta era stata sfondata, letteralmente. L’artefice di ciò entrò nella stanza e subito si lanciò verso il suo simile, con un balzo. Questi, nonostante fosse di spalle, previde la mossa e si allontanò velocemente da me, lasciandomi cadere seduta a terra e staccandomi il ciondolo datomi dai miei. Tossii, prendendo finalmente aria, mentre Kevin si fermava per scagliarsi di nuovo sull’altro.
Non riuscii a seguire il loro scontro, mi girava la testa e vedevo tutto offuscato. Riuscivo a sentire comunque i loro spostamenti e la Scimmia dire “Kevin, ma che stai facendo?”
Probabilmente non si aspettava un suo attacco, e questo mi fece sorridere. Era davvero dei nostri.
“Dammi il ciondolo.”
“Non lo farò.”
“Perfetto.”
Altri rumori, mentre io tentavo di destarmi da quello stato penoso. Mi sentivo così debole. Un gemito di dolore di Kevin mi spinse a stringere i denti e cercare di guardare nella loro direzione. Lo vidi piegato su se stesso per un secondo, poi, più rabbioso di prima, creò la stessa sfera luminosa che aveva fatto Florian in quella stradina deserta per uccidermi. Mi coprii gli occhi, poi sentii un’imprecazione.
Quando non percepii più il pavimento sotto di me, ma il letto, ritentai di guardarmi intorno. C’era solo il ragazzo dagli occhi incolore, con un po’ di sangue sulla faccia e un’espressione preoccupata.
“Ti senti bene?” mi chiese, spostandomi un ciuffo di capelli dal viso.
“Mi sento debole..” replicai, in risposta.
“E’ perché ti ha tolto il ciondolo.. Ti stavi abituando..” prese ad accarezzarmi lievemente, come se fossi di cristallo, ed arrossii.
“L’ha portato via..?”
“Sì.. mi spiace, ho provato a riprenderlo, ma è più forte e..” cercò di giustificarsi, mentre continuava a guardarmi dispiaciuto, ma alzai a fatica una mano per farlo fermare. Gli dissi che non doveva preoccuparsi, a voce bassa. Dio, come mi sentivo fiacca.
“Cavolo, Ruth..” soffiò teso “Se non fossi arrivato?”
“Mio padre avrebbe pagato le conseguenze per aver iniziato ad amare un’umana..” mormorai, abbozzando un sorriso tutt’altro che allegro. Con la stessa lentezza della sera precedente, ma con più decisione, si avvicinò e posò dolcemente le sue labbra sulle mie. Stesse ed identiche sensazioni del primo bacio, tranne che per la spossatezza che rendeva il tutto ancora più spiazzante. Pure le labbra sono perfette.
Qualcuno, interrompendo quel momento a me sacro, si schiarì la voce. Ci voltammo entrambi, con gli occhi leggermente spalancati, verso la porta-finestra della camera. Brandon, con un cipiglio leggermente infastidito ma che cercava di nascondere, stava in piedi ad un paio di metri da noi con le braccia incrociate. La maglietta bianca, perfettamente aderente, era leggermente sporca.
“Pensavo fossi in pericolo, ma..”
“E’ arrivato lui. Era nell’hotel..” finii la sua frase, visto che non intendeva terminarla da solo. Annuì sospirando. Mi sarei aspettata qualunque frase, magari anche con una frecciatina nei confronti del ragazzo che mi aveva salvata, ma ciò che disse qualche secondo dopo mi fece rimanere perplessa per un po’.
“Effettivamente non si sarebbero mai aspettati che uno di loro li tradisse. Bene così.” Si buttò sul letto, distendendosi di fianco a me. Quella situazione era al quanto strana, dato che ne avevo una a destra, seduto, e l’altro a sinistra, comodamente sistemato con le mani dietro la testa. Quest’ultimo, ricordandosi di qualcosa, si tirò su con e porse la mano a Kevin, con un sorriso, o meglio: un ghigno, sul volto. Volevo andarmene.
“Comunque, piacere. Io sono Brandon.”
 


Buonsalve!
Ebbene, la risposta alla domanda su Kevin non era tra quelle riportate. 
Siccome avevo messo opzione che riguardava la Shuffle-Dance e io sono un'idiota, ho fatto questo bel (parliamone) disegnino alquanto stupido. <3 Clicca e balla pure tu. Come penso abbiate capito, il moretto è Kevin, al centro abbiamo Desmond (che a farsi vedere in mutande non ha certo problemi) e Brandon, il coglione a destra che scodinzola più di tutti. (?)
A proposito di Brandon, che in questo carissimo capitolo fa conoscenza con Kevin (l'imbarazzo di Ruth è la parte che preferisco), ho disegnato pure lui. Ci ho messo giorni per riuscire a farlo venire decentemente, proprio per questo ho deciso di chiamare la mia mano destra Brandon. Clicca per vedere Bello Neanchepoco.
Do i nomi alle parti del mio corpo, sì.

Comunque, torniamo seri e parliamo del capitolo.
Kevin, arrabbiato perchè Ruth non gli aveva detto chi fosse (giustamente per lei), le parla. Cioè, meglio dire che discutono, per poi finire il bel litigio con un bacio che ci sta tutto, per due persone che si piacciono. O no? 
Ebbene, voi siete RuthxKevin (Ruvin? Keth?) o RuthxBrandon (Rundon? Brath?)? Oppure direttamente volete che Ruth crepi e che sia loro due che Desmond siano vostri? 
Via al televoto.
Florian è uno stronzone. Avete visto? LE HA RUBATO IL CIONDOLO! DD:
Boh, fatemi sapere cosa ne pensate. Ci tengo a causa della mia insicurezza costante. :')

Non so se avete notato, ma oggi sono più allegra del solito.
Beh, sono stata interrogata a Latino ed è andata bene. Questo è il motivo. Mi sento così libera! :')

Grazie ad ognuno di voi. 
Lo scorso capitolo è arrivato ad avere 8 recensioni. Vi ringrazio tantissimo davvero. *si commuove*

Il prossimo appuntamento Giovedì 10 Maggio. u_u

Alla prossima e grazie ancora!!

Maricuz

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12


Dalla sera prima, era andato tutto nel cesso.
No, non proprio tutto, ma buona parte si. Florian mi aveva privato del ciondolo. Inizialmente –e stupidamente- avevo pensato “Wow, adesso si mette a fare pure il ladro di gioielleria. Che paura.” Poi però mi ero resa conto che senza quel piccolo e apparentemente inutile oggetto, ero molto più vulnerabile. La mia considerazione era stata poi confermata da Brandon che aveva esattamente detto “Ti ha rubato il ciondolo così ti ammazza più facilmente. Pensiero gentile, non trovi? Dobbiamo tenere gli occhi aperti, più del solito. Ah, Ruth, se domani ti senti stanca durante la partita è normale. Ti stavi già abituando al lusso, per cui..
Come mi rassicurava quel ragazzo, non lo faceva nessuno, davvero.
In ogni caso, la semifinale non era andata come speravo che andasse. Avevamo perso tre a due, e ci eravamo classificate terze a pari merito a livello nazionale. Non male, ma la delusione c’era, come era ovvio che fosse. Kevin e la sua squadra, invece, avrebbero giocato anche il giorno dopo per aggiudicarsi il primo posto. Per quanto riguardava me, per il giorno dopo avevo in programma un’amorevole conversazione con i miei genitori sulla loro –a me sconosciuta- storia d’amore, così intensa da andare contro gli stessi principi della propria specie. Si, molto commovente, ma io ero forse la persona che sentiva meno tutta quella poesia, visto che rischiavo la vita costantemente.
Osservavo i ragazzi intonare cori allegri e vittoriosi, alzando i bicchieri riempiti di semplice coca-cola e battendo le mani sul tavolo, giusto per fare più rumore. Per quella sera non ci sarebbe stata sicuramente una cena tranquilla, non sapendo che sarebbero stati primi o secondi in un torneo importante come quello che stava ormai giungendo al termine. Sorrisi scuotendo la testa, mentre distoglievo lo sguardo per puntarlo sul mio piatto riempito di patatine fritte. Qualcosa di non salutare, giusto perché era l’ultima sera.
Vidi delle braccia ai miei lati e mi prese un colpo. Le mani si posarono sul tavolo, vicino alle mie, poi un bacio sulla guancia mi tranquillizzò definitivamente. Mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo e voltai la testa leggermente per incrociare lo sguardo incolore di Kevin. Ma cosa non erano i suoi occhi?
“Ehi.” Soffiò, direttamente sul mio viso. Arrossii leggermente per quella vicinanza, non essendo per niente abituata. Come potevo? Ero persino più sensibile dei giorni precedenti, senza il ciondolo. Poi io, le emozioni, non le ho mai sapute controllare.
“Ehi..” mormorai a mia volta, imbarazzata. Sorrise divertito, ma comunque dolce “Perché sei rossa?”
Bastardo. Sbuffai, sentendo sempre più caldo sulla faccia “Perché sei stronzo?”
Scoppiò a ridere, poi mi baciò una seconda volta la guancia, finendo per avvicinarsi all’orecchio e sussurrare, piuttosto serio “Preferisci che con gli altri non faccia niente?”
E non vantarmi di avere una tale persona affianco? Mai. Scossi energicamente la testa, probabilmente intenerendolo vista l’espressione che fece. Stava per sfiorare le mie labbra con le sue, ma la voce di Ryan, sorpresa, ci fece girare di scatto.
“E voi due? State insieme?” no, ci baciamo per hobby.
Mi morsi leggermente il labbro inferiore, non sapendo se confermare o negare. Teoricamente, non stavamo insieme.. Praticamente sì, però. Diedi un’occhiata veloce a Kevin, ancora piegato su di me ma con il volto completamente rivolto verso il mio allenatore. Mi guardai anche un po’ intorno, visto che c’ero, ritrovandomi ancora più rossa di quanto già fossi. Non mi piaceva affatto avere tutti gli occhi puntati addosso, specie se avevano sfumature meravigliate o, ancora peggio, maliziose. Vidi anche Zach che fissava altrove cercando di nascondere quel pizzico di delusione che gli leggevo fin troppo facilmente in faccia.
“Più o meno.” Sentii rispondere, piuttosto criptico, la fata. Grazie per avermi tolto il dubbio, eh.
Cavolo, possibile che nelle situazioni di disagio diventassi ancora più acida e ironica? Battevo ogni record possibile. Per fortuna non mettevo al corrente nessuno dei miei spicchi-di-limone-mentali. Ma sì, inventiamoci nuovi vocaboli. Oh, Dio, Ruth! Smettila!
“Come più o meno?” eh, come più o meno?          
“Più o meno, Ryan.” Replicò pacato il mio più o meno ragazzo.
“..Siete carini.” Commentò, sorridendo ma, soprattutto, trattenendosi dallo scoppiare a ridere. Però probabilmente non gli bastava, vista la sua considerazione “Vi vedevo un po’ distratti, ultimamente.” E continuò, urlando “Un applauso ai due capitani!”
“Oh Cristo.” Sussurrai, sbattendomi una mano sulla fronte per poi coprirmi il viso con la stessa. Non volevo vedere gli altri che sbraitavano complimenti e frasi imbarazzanti. Non volevo vedere la finta allegria di Zach. Non volevo vedere gli occhi di Kevin che mi fissavano con chissà quale espressione. Volevo solo sotterrarmi.
 
Siete già alla palestra?
“Sì.. Sono qui fuori. Tra dieci minuti cominciano con il riscaldamento.”
Noi stiamo arrivando.. Aspettaci lì.
Chiusi la chiamata con mio padre sospirando nervosamente. Finalmente, da lì a poco, avrei capito tutto ciò che riguardava il passato di Ruth Styles e i suoi genitori. Del mio futuro, ovviamente, non ne avevo idea. Non sia mai che sappia troppo. Mi appoggiai con la schiena al muro e cominciai a fissarmi le scarpe. Ansia.
“Pronta?” riconobbi la voce, non alzai nemmeno la testa per controllare.
“No, sinceramente no, però.. Cioè..” sbuffai, non riuscendo a spiegare ciò che sentivo, anche perché non avevo idea di quello che volessi.
“Respira, honey. Non è niente di così traumatico.” Alzai lo sguardo per vedere quello divertito di Brandon, in piedi davanti a me con le mani nelle tasche dei jeans.
“Tu sembri tranquillo.”
“Io c’ero anche vent’anni fa. E anche cinquanta, o cento, o duecento.. So cosa è successo. Non me ne stupirò.” Rispose calmo, facendo un passo avanti.
“Giusto, ovvio..” annuii, tornando a fissare i ciuffetti d’erba intorno ai miei piedi. Come siete verdi. Il leggero tocco delle dita del ragazzo sul mio mento mi fece sussultare “Tutto bene, Ruth?”
Lo guardai, senza un’espressione particolare sul viso. Ero come svuotata, non saprei dire il motivo, ma sentivo che dovevo parlare, per vedere cosa tiravo fuori dai miei discorsi inizialmente sconclusionati. Scossi la testa stringendo le labbra, poi presi un respiro “No. Cioè.. Già il fatto che non ho più il ciondolo mi fa girare le scatole.. Poi penso che i genitori di Ruth le hanno mentito per tutta la vita, le hanno nascosto che deve morire, e hanno continuato a farlo anche con me, e sai cosa? Io ieri sera, prima di addormentarmi, ho pensato ancora. Ho pensato che io sto davvero rischiando di concludere la mia vita per uno stupido comandamento che mi sa tanto di medioevo, per un amore che mi ha fatta nascere, ma in un’altra dimensione. Ho pensato che tu non mi avresti mai portata qui se in un futuro sarei dovuta morire davvero, ma come posso non aver paura? Sono vicina al momento in cui arriverò a quel limite, ne sono convinta, e la certezza che non so cosa mi succederà è ancora peggiore della certezza della morte stessa, solo che ha quel barlume di speranza in più. Sono arrabbiata, triste, impaurita e chissà cos’altro..” Aveva senso quello che avevo appena detto? Studiai l’espressione di Brandon: non sembrava né confusa, né perplessa, per cui dedussi che sì, aveva senso, o almeno lo aveva per lui. Sospirò distogliendo per un secondo lo sguardo, poi si umettò le labbra.
“Io non.. non so cosa dirti Ruth. La verità è che neanche io so come andranno veramente a finire le cose. Io deduco, e al 99% le mie deduzioni sono giuste, ma non leggo ciò che il destino ha riserbato per noi. Non so neanche se il destino esista, non l’ho capito in migliaia di anni, figurati se lo capisco adesso. Vorrei poterti dire che non ti succederà niente..” portò il suo palmo sulla mia guancia, rigata da una lacrima sfuggita al controllo, e la accarezzò “Ma non posso farlo. Posso prometterti però che proverò in tutti i modi a difenderti, così come farà Desmond, o Yvone e Kevin. Sei circondata da persone che ti proteggerebbero a tutti i costi, nonostante proprio queste sappiano che non sei la loro Ruth.” Parlava piano, lentamente e a bassa voce, guardandomi intensamente con quegli occhi neri che, in quel momento, riuscivano a tranquillizzarmi “Sei viva e lo resterai. Tornerai a casa, tornerai dalla tua famiglia, tornerai alle tue vacanze di Natale..” lasciò con un sorriso il tono serio, per tornare al suo solito strafottente “Credici e combatti, piccola semi-fata rompicoglioni.”
Sorrisi anche io, annuendo, e abbracciandolo di slancio. Lo sentii protestare e borbottare frasi tipo “No, staccati.” O “Cavolo, Ruth. Ero il menefreghista, io!”
“Non scassare.” Tentai di zittirlo dall’altezza del suo petto.
“No, io scasso. Ti ho dato una mano e ti sei presa il braccio. Si vede che c’hai il sangue umano..” si lamentava, ma intanto mi stringeva anche lui.
“Mi sono presa un abbraccio, non un braccio.” Continuai a stritolarlo.
“Che schifo. Faceva ribrezzo questa, non tristezza.”
“Smettila di fare il cazzone e mostra il buono che c’è in te.”
“Il buono che c’è in me è tutto a livello estetico, honey.” Mi sussurrò all’orecchio dopo essersi abbassato, malizioso. Roteai gli occhi, staccandomi.
“Ma come? Il meglio arrivava adesso!” rise, ed io lo spinsi divertita. Il suo spostamento, mi fece tornare alla realtà. Alle sue spalle, Dianne e Dorian che si avvicinavano. Presi un respiro profondo mentre notai con la coda dell’occhio Brandon girarsi e sistemarsi di fianco a me. Sarebbe rimasto? Senza neanche accorgermene gli corsi incontro per stringere anche loro. Erano pur sempre i miei genitori, e averli fra le braccia mi faceva sentire a casa, nonostante tutto.
Ci salutammo –anche verbalmente- poi sentii mio padre riferirsi a Brandon “Ciao, Brandon.” Questi alzò una mano in un cenno di saluto. Li conosceva? Espressi i miei dubbi, e Dorian inizialmente si limitò ad annuire. Dopo qualche secondo, cominciò a darmi più informazioni.
“Noi.. Sappiamo del ‘trasferimento’, Ruth. So che adesso ti stai chiedendo il motivo per cui noi ti abbiamo ugualmente dato il ciondolo, ma era necessario per compiere le missioni.” Spiegò, sempre l’uomo.
“Allora adesso le posso sapere, queste missioni?” domandai, esasperata. Ogni volta nominavano queste missioni, ed io ancora non sapevo in cosa consistevano.
Intervenne Brandon “Una la stai già portando a termine, e non ti dirò qual è, quindi leva quella faccia a cucciolo di labrador.” Misi il broncio “L’altra è quella di.. aiutarmi a salvare una persona.” Concluse.
“Chi? E perché io?” chiesi, guardandolo.
“Te ne parlerò un altro giorno. Ascolta i tuoi.” Aggrottai la fronte innervosita, poi tornai a dare attenzioni ai miei genitori. Dianne prese un respiro profondo e cominciò a parlare “Ruth.. Come sai tuo padre è una fata, ed io un’umana..” presero a raccontare la loro storia, alternandosi nei discorsi, mentre io ascoltavo attentamente, cercando di assorbire più informazioni possibile.
 
Seduti ai piedi di un albero, al riparo dai caldi raggi di sole di metà Luglio, il ragazzo accarezzava lievemente le braccia della fanciulla con la testa posata sul suo petto. La guardava attentamente, mentre sfogliava le pagine del libro che stava leggendo. Era completamente abbandonata su di lui, rilassata, come se non gli avesse detto, pochi giorni prima, la sua specie di appartenenza. Il pensiero che lei continuasse a fidarsi di lui, gli faceva gonfiare il cuore di un’emozione che non aveva mai provato prima. A dirla tutta, niente era riuscito a fargli provare qualcosa di forte come faceva la giovane umana, e questa consapevolezza scaturiva sempre la solita domanda nella sua mente “Può essere la loro razza considerata inferiore?
Si ricordava che quando non era che un bambino, la madre gli raccontava sempre storie sulle fate e sul loro amore. Non avrebbe mai scordato gli occhi sognanti della donna quando gli diceva che quel gruppo di creature di cui faceva parte era in grado di amare come nessun’altro, capace di cambiare completamente nel momento in cui trovava quell’unica persona in grado di fargli battere davvero il cuore, scaldandolo. Sapeva che nel momento in cui una fata provava quel sentimento per qualcuno, non poteva e non riusciva a disinnamorarsi o invaghirsi di qualcun altro. Anche per questo gli esseri umani erano visti come inferiori, vittime di sentimenti a volte contrastanti, a volte con sfumature diverse da quelli provati per un’altra persona. Le fate no. Le fate erano le uniche a poter dire “Ti amerò per sempre” senza mentire, ma non potevano dirlo ad un umano, inadatto per ricevere tale sentimento, incapace di ricambiarlo. Sempre secondo le fate, ovviamente.
Eppure Dorian lo sentiva, lo vedeva. Ogni volta che Dianne lo guardava negli occhi con quelle iridi color cioccolato, vedeva quell’enorme affetto che provava per lui, quell’ammirazione quando faceva qualcosa. Sentiva il calore provenire dall’essere consideratoinferiore sebbene non lo fosse. Ed erano sguardi che le dedicava lui stesso.
Si era completamente innamorato di quella ragazza nel giro di due mesi scarsi. Da freddo e distante era diventato un’altra persona. Sorrideva spesso, trasmetteva entusiasmo con un’occhiata e si sentiva davvero vivo, ma quando contento era andato a dirlo alla sua famiglia, si era ritrovato solo, senza una casa e senza i suoi poteri. Inizialmente aveva avuto paura di aver perso tutto per una persona che, forse, non provava ciò che provava lui per lei. Si era deciso, si sarebbe dichiarato, e da quando stavano insieme era, se possibile, ancora più vivo di prima.  Si era ritrovato a ringraziare il cielo per aver lasciato perdere una razza guidata da comandamenti antiquati e per aver trovato Dianne. Nel frattempo era stato aiutato da un ragazzo, anche lui un non-umano, e si era trovato un’abitazione ed un lavoro. Aveva vent’anni, e non più qualcosa alle spalle.
Dopo mesi, gli aveva finalmente detto anche il resto, e nonostante la confusione iniziale della ragazza, era andato tutto bene. Al posto suo non avrebbe creduto ad una singola parola, eppure lei lo aveva fatto. Si era fidata.
“Ti amo.” Mormorò sui capelli castani della giovane, all’improvviso. Lei smise di leggere e girò la testa per guardarlo, con espressione perplessa ma sorridente.
“Anche io.. Me l’hai detto perché volevi più attenzioni?” scherzò. Dorian scosse la testa ridacchiando, prima di baciarla delicatamente sulle labbra.
“Volevo dirtelo..”
“Dovresti smetterla di pensare al passato.” Se ne uscì lei. L’adorava quando esprimeva quelle affermazioni spiazzanti, degne di un elfo. Sembrava leggesse nel pensiero.
“Sono fortunato.” Disse invece lui, studiandole il viso. “Perché sei così bella?” Si chiedeva.
“Fortunato per esser stato diseredato e per esserti innamorato di una tizia psicopatica?”
“Sì. Per me è una fortuna.” Lo fissò qualche secondo, poi abbassò lo sguardo.
“Anche per me.. Però.. Mi sento in colpa.” Sussurrò, intenerendo il ragazzo.
“L’unica colpa che hai è quella di essere ciò che sei. Il che è un merito.” La rassicurò, carezzandole i capelli. Lei sospirò, tornando ad appoggiarsi al petto dell’amato.
“Penso che non avrò più il coraggio di leggere un fantasy.”




La dolcezza.
Scusate, ma l'idea che ho dell'amore tra Dorian e Dianne è.. boh. Cioè, il loro è quello assoluto, quello che ti annulla, che ti fa vivere. *chiude il pezzo da romanzo rosa*
Buon salve, creaturine mie. <3
Allora, allora.. Questo capitolo? Che mi dite?
Sono consapevole che infondo i fatti non sono moltissimi, però dovete riconoscere che si sa qualcosa in più su questo fottuto amore tra fate o tra due specie diverse. Insomma, si spiegano tante cose.
E a parte questo, che ne dite della coppia Keth/Ruvin? (Devo ancora decidere come definirla.. Magari se mi date un consiglio! D:)
Per me sono la dolcezza. Sarà che oltre a loro due vedo anche il cambiamento di Kevin. Piccolo, è cresciuto. :')
Se vi interessa, ho un altro disegno (e ultimo, per adesso) che rappresenta proprio Ruth e Kevin nella prima scena e la nostra cara Yvone, che farà il suo ritorno tra qualche capitolo! :D Clicca e mangiati una banana.
Infine, a perer mio, è stata molto bella anche la scena tra Brandon e Ruth. ._. Sono molto da discussioni serie, loro. VABE'.
Fatemi sapere cosa ne pensate voi. :)

Grazie all'infinito per tutto il vostro supporto, come sempre.
Siete veramente tanto lovely. :')

Il prossimo capitolo è previsto per il 15, Martedì!
Che poi io Sabato e Lunedì ho pure l'esame del PET. Non so se lo conoscete, credo di sì. Una certificazione di inglese.. Mi vergogno per l'orale. D:

Ci becchiamo! :3

Un sorrisetto malizioso da Brandon
    *Ma un bacio come dicono tutti, no? NO! Devo mettere riferimenti alla storia! Idiota..*

Maricuz

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13


Mi avevano nascosto tutto per proteggermi, come mi aspettavo. Mi avevano dato il ciondolo su richiesta di Brandon –e non capivo perché avessero accettato di farlo- perché gli servivo. A cosa, ancora un mistero.
Stavamo entrando nella palestra, diretti sulle tribune, e a minuti sarebbe iniziata la partita di Kevin. Era.. Enorme. Forse la palestra più grande in cui avessi mai messo piede, sia come giocatrice che come spettatrice. Mi guardai intorno, cercando qualche posto libero, e quando li vidi feci un cenno con la testa ai miei genitori e al biondo, alle mie spalle. Dopo esserci accomodati in silenzio, mi resi conto dell’assenza di qualcuno.
“Ma non doveva venire anche Yvone?” domandai.
“Infatti, è da qualche parte, persa tra la folla.” Rispose mia madre. Aggrottai la fronte.
“Da sola?”
“A quanto pare..” mormorò. Inizialmente mi preoccupai un po’, ma poi mi tranquillizzai. Insomma, era un elfo, non una ragazza qualunque. Inoltre dubitavo che se ne stesse davvero da sola, ci avrebbe cercato, nel caso. Forse aveva incontrato qualcuno che conosceva. O forse non ci trovava.
In ogni caso, in quel momento stavano presentando le due squadre, prima fra le due la nostra. Fu chiamato subito, come era solito fare, il capitano. Kevin fece un passo avanti abbozzando un sorriso. Immaginavo che per lui fosse difficile, vista la sua inespressività, nonostante negli ultimi giorni fosse cambiato. Automaticamente, mi tornarono alla mente le parole dei miei genitori quando avevano parlato di ciò che avevano passato. Leggendo tra le righe, avevo capito che anche mio padre era apparentemente freddo, così come lo erano Florian e Kevin prima degli ultimi tempi, e che questo cambiamento dipendeva dall’amore. Mi morsi il labbro inferiore, mentre i miei occhi incontravano quelli di Kevin –mi avrà localizzato con i suoi poteri da fata, pensai-. Possibile che lui si stesse innamorando di me? Il mio rossore sulle guance apparso per quell’idea si intensificò quando il ragazzo mi sorrise, mostrandomi la sua emozione. Ricambiai il gesto, poi lui distolse lo sguardo per andare verso la panchina per parlare con l’allenatore. Mi sembrava di avere un batterista al posto del cuore.
Mi riscossi quando Brandon richiamò la mia attenzione con una piccola spintarella. Lo guardai, tranquilla. Ghignò divertito “Ma che carini. Già iniziate a comunicare con gli sguardi.. ‘Dimmi in bocca al lupo, baby’, ‘In bocca al lupo, pucci pucci!’” disse, con tanto di voce grossa o falsetto. Gli scoppiai a ridere in faccia, sorprendendolo. Forse si aspettava uno schiaffo per avermi presa in giro, ma quel “pucci pucci” era un qualcosa di troppo comico.
“Ti ritrovi in quello che ho detto?”
“No, no. Per niente. Però mi era piaciuto lo scambio di battute.”
“Ah, quindi è una specie di complimento?” ammiccò. Scossi il capo.
“Non hai bisogno dei miei complimenti per sapere come sei fatto.” Replicai, facendo spallucce.
“Questo invece era un complimento.”
“Ti stavo dando del montato, ma vedila come ti pare.”
Il fischio dell’arbitro portò nuovamente la mia attenzione sul campo. Erano tutti tesi, ma anche pronti per il match finale. Potevo benissimo vedere Zach saltellare sul posto e Kevin sgranchirsi le ossa delle spalle inclinando leggermente il collo. Dio, quel collo..
“Non sbavare, honey..” soffiò al mio orecchio il cretino seduto accanto a me. Gonfiai le guance e, finemente –ma anche no-, gli dissi di non disturbarmi.
Avevo una strana sensazione, ma me ne dimenticai subito dopo, troppo presa dalla partita appena iniziata che già si rivelava uno scontro interessante e senza esclusione di colpi. Tutto era spettacolare, che sia stata una ripresa, un attacco o una battuta non era importante. Ero imbambolata, soprattutto quando lo sguardo mi ricadeva sulla figura di Kevin. Ogni suo spostamento era ammaliante e magico, come se il suo essere si esprimesse maggiormente in quel tipo di occasioni.
O forse ero solo io che lo vedevo da fata.
Ero immobile, a malapena respiravo perché dimenticavo di farlo. Per fortuna il cuore batteva da solo. Fu così per tutto il primo set, e anche per l’inizio del secondo, perché poi successe qualcosa che mi sconvolse e che mi bloccò per qualche secondo.
Momenti di luce abbagliante e del nero più profondo si alternavano.
Mi coprii gli occhi con le mani, sentendo delle fitte alla testa per via di quei continui cambiamenti. Il battito nel mio petto aveva preso a velocizzarsi insieme all’aumentare delle voci spaventate intorno a me.
E ad un gemito di dolore di Brandon.
Non riuscii a scoprirmi il viso, le luci continuavano ad essere troppo accecanti, ma iniziavo davvero a provare puro terrore.
Urla, domande, imprecazioni, spostamenti.
Silenzio.
Tolsi con lentezza le mani tremanti dal volto, e non appena fui certa che tutto fosse terminato aprii gli occhi e alzai la testa.
“Che cazzo..” sussurrai, guardandomi intorno.
Era una situazione irreale, impossibile. Tutti gli spettatori della partita erano immobili, fermi come statue, con espressioni sorprese o spaventate che non cambiavano di una virgola. Nessun petto che si alzava o si abbassava a causa del loro respiro, anche quello inesistente, come ogni minimo movimento.
I miei genitori e Brandon: scomparsi.
Deglutendo posai lo sguardo sul campo, l’arbitro con un braccio alzato e il fischio tra le labbra, i giocatori che esultavano. C’erano tutti, tranne Kevin.
Lui, che cercava di liberarsi dalla presa ferrea di Florian, alle sue spalle. Spalancai la bocca e mi ritrovai a setacciare ogni parte della palestra. Non troppo lontano dalle due fate, Brandon se ne stava seduto a terra con aria scocciata e una mano sotto il mento. Aveva un labbro gonfio. Intorno a lui, uomini e donne con aria minacciosa che mi fissavano. No, ok, tutti lo stavano facendo. Anche i miei genitori, bloccati anch’essi da altri esseri.
Mi feci spazio tra le persone, o statue, e raggiunsi le scale. Cominciai a scendere, correndo e rischiando più volte di inciampare e cominciare a rotolare. Non ero ansiosa, non ero spaventata. Non sapevo cos’ero. Forse semplicemente sotto shock. Non capivo cosa stesse succedendo, non capivo perché si fosse bloccato tutto esclusi coloro che sapevano che ero un ibrido, non capivo perché quell’idiota biondo non si alzasse e non cominciasse a prendere tutti a legnate sui denti.
Mi fermai, non appena fui nel campo di gioco. Fissai Florian, che ricambiava il mio sguardo con la sua solita inespressività. Snervante.
“Allora, Dorian..” cominciò parlando a mio padre, ma continuando a dedicare tutta la sua attenzione a me “Pare sia arrivato il momento di sistemare la faccenda, no? E’ passato fin troppo tempo, non credi?”
Gli occhi blu dell’uomo si infuocarono. Cercò di spostarsi verso il moro, ma venne spinto indietro “Toccala e giuro che me la paghi.”
Il ragazzo scosse la testa “Pensi che me ne importi qualcosa di un povero fallito, della sua vendetta e di sua figlia? Hai fatto la tua scelta quando ventidue anni fa hai preferito seguire l’amore della tua vita, come hai detto tu, piuttosto che dare spago ad una specie che pensa di essere superiore e che non ha nient’altro di meglio da fare che creare stupidi comandamenti che mostrano solamente la loro superbia. Un ribelle, mh?” strinse maggiormente il braccio intorno al collo di Kevin, che chiuse gli occhi per il dolore “Hai tradito la tua famiglia, chi ti ha cresciuto, chi ti ha sostenuto fin dalla nascita. Poi è arrivata Dianne: la bella e dolce umana che ti ha rubato il cuore. Oh, come la guardavi, Dorian! E come la guardi tutt’ora. L’amore è un sentimento irrazionale, lo sappiamo bene tutti che nessuno può controllarlo. Eri semplicemente destinato a piegarti al livello degli esseri viventi di cui siamo circondati in questo momento, per questo non ti abbiamo punito. Ti abbiamo semplicemente escluso, chiuso fuori da tutto quello che riguarda noi. La colpa è solo tua se adesso siamo qui. Sapevi cosa sarebbe successo a chi fosse nato dal vostro amore, eppure mi sembra che Ruth esista ugualmente.”
Parlavano di me come se io non fossi realmente lì, e forse era proprio così. Sentivo le loro voci, le ascoltavo, ma avevo gli occhi puntati su quelli argentei del ragazzo sofferente davanti a me. Perché gli stavano facendo del male? Perché non a me?
“Florian, cazzo, apri gli occhi!” urlò Dorian “Non lo capisci che tutta questa storia dei comandamenti non è altro che una cazzata?”
La giovane fata lanciò per la prima volta un’occhiata a mio padre, quasi a volerlo uccidere solo in quel modo “Come posso capire una cosa che non ha senso, Dorian?”
“Perché..” mormorai. Tutti gli occhi si rivolsero nuovamente verso di me.
“Perché cosa? Perché Brandon non fa niente? Perché Desmond non è qui intorno ad aiutarvi? Perché Kevin è qui, vicino a me, con il battito cardiaco sempre più lento? Spiegati.” Mi invitò Florian, apparentemente calmo.
Deglutii, per la centesima volta “Tu dimmi il perché.”
“Perché?” chiesi ancora, facendo un passo avanti.
“Perché se Dorian ha sbagliato irrazionalmente, lui ne era consapevole. Voleva salvarti, Ruth. L’ha fatto una volta, l’altro ieri, nella tua camera d’albergo, dopo che la sera prima era stato avvertito del tuo essere immorale da noi fate, dai suoi stessi genitori. Se non fosse arrivato, tu non saresti qui, così come tutti loro. L’unica differenza è che tu non saresti neanche viva, ma sono dettagli.”
“E cosa hai intenzione di fare? Ucciderlo davanti ai miei occhi e poi uccidere anche me?” sputai con disprezzo, continuando ad avvicinarmi, seppur cautamente.
“Sì, il piano era giusto questo. Penso proprio che nessuno questa volta accorrerà in tuo soccorso, e tu stessa non riuscirai a difenderti.”
“Oh, andiamo.” Intervenne Brandon da dentro la sua barriera personalizzata “Non fare l’esibizionista, passi da stronzo.” Se solo non fosse un momento piuttosto delicato, avrei sicuramente borbottato un “Senti da che pulpito”.
“Sta’ zitto.” Ordinò Florian.
Sta’ zitto a chi? Ehi, bel moretto, appena esco di qui giuro che ti faccio un culo così.” Minacciò, prendendolo in giro ed innervosendolo maggiormente, tanto che mostrò la sua poca pazienza persino con i muscoli facciali.
“Non ti conviene farmi arrabbiare adesso. Con una stretta leggermente più forte potrei spaccare il collo al ragazzino.”
“Beh, sappi che il ragazzino non è un problema mio.” Replicò il biondo, scrollando le spalle. Lo guardai malissimo. Bel modo di alleviare il senso di colpevolezza prima della mia morte.
“Ma a quanto pare lo è di Ruth.” Disse Florian, col suo solito modo di parlare.
Sospirai “Quanto mi stai sul cazzo.”
“Tralasciando la scurrilità del tuo linguaggio, stai parlando con il tuo assassino.” Mi sgridò, quasi, come se fosse il maestro con la sua alunna delle elementari.
“Sì, certo. L’hai detto anche Martedì quando mi hai attaccata la prima volta.”
“Non mi provocare, Ruth.” Il suo avvertimento venne seguito da un urlo di Kevin. Dal suo collo proveniva del fumo. Quello stronzo lo stava pure ustionando.
“Lascialo.”
“Mi dai ordini, adesso? Non mi sembra che tu sia nella condizione più adatta per farlo.”
“Lascialo, non fargli del male..” quasi mi ritrovai a supplicarlo. Non riuscivo a vedere il ragazzo in quel modo. Non riusciva più neanche ad opporsi a quella morsa e faceva persino fatica a soffrire, ed io mi sentivo colpevole. Non avrebbe dovuto tradire la sua specie per me, così come Brandon non doveva essere rinchiuso come un animale in gabbia e Desmond.. Desmond non sapevo che fine avesse fatto effettivamente.
“Spiegami perché non dovrei.”
“Perché..” Ruth, pensa “Perché anche l’affetto per una persona non può esser controllato ed è irrazionale. Scommetto che tu stesso avresti fatto così per una persona importante.”
Florian sorrise divertito “Oh, ti vuole bene? Non l’avevo capito..” sembrò allentare la stretta, ma poi l’intensità tornò come prima. Un lamento di Kevin e di nuovo le parole dell’altro “Ma non mi interessa. Sei una semi-fata, non un’umana, non una fata. E’ un tradimento inaccettabile, questo. Ha difeso una vita che non merita di esistere sin dalla nascita.”
“Non c’è un modo per risparmiare me e di conseguenza anche lui?” domandai, esasperata.
“Sì, ce n’è uno, ma ormai è troppo tardi.” Rispose, sorridendo lievemente.
“E allora la mia vita finirà. Finirà, giuro che se lo lasciate sarò io stessa a consegnarmi e non opporrò resistenza.” Dissi, senza neanche riflettere, arrivando ad una decina di metri da loro. Sentii un sibilo di Kevin che diceva approssimativamente “Che cazzo dici?”, ma non gli diedi troppo peso, così come non riflettei più di tanto su questo unico metodo.
“E che ci guadagniamo? Devi morire ugualmente, tu.”
“Vero, ma sappiamo entrambi che Brandon ti farà davvero passare le pene dell’inferno, non negarlo.” La mancanza della risposta della fata mi spinse a proseguire “Non lo farà se lo lasci e uccidi solo me. Mi sembra che così il guadagno l’abbia anche tu.” Deglutii, sperando accettasse. Quella era la fine che dovevo fare, tanto valeva tentare di salvare la vita del ragazzo che aveva messo in gioco tutto solo per aiutarmi.
Il moro con gli occhi verdi sospirò, poi scosse la testa “La tipica finta eroicità degli umani. Parli così, poi dentro di te non c’è che paura.”
“Certo che c’è paura.” Ribattei, immediatamente “Tu non hai paura della morte?”
Rimase spiazzato da quella domanda, poi scrollò le spalle “Dovrei? Se arriva significa che non ho nient’altro da fare da vivo.”
“C’è sempre qualcosa da fare, come c’è sempre qualche via di uscita. Niente è perfetto, assassino. C’è sempre un punto debole, l’esempio ce l’hai chiuso in una barriera.” Non sapevo se ci credevo davvero, in quelle parole, ma prendendo tempo, se ci fosse stato davvero qualcosa in grado di salvare la situazione, sarebbe andato tutto liscio.
Ma non seppi dire se le fiamme improvvise intorno alle due fate fossero un buon segno.
 


*Musichetta drammatica*
Ma buongiorno, popolo di esseri inferiori (secondo le fate old style) di cui io stessa faccio parte.
Capitolo abbastanza teso, eh? 
Non mi pronuncio troppo, e neanche anticiperò qualcosa sul prossimo capitolo.
Ovviamente, non vi dirò neanche se le fiamme sono un buon segno. 

Comunque sono abbastanza soddisfatta, negli ultimi giorni. Ho fatto l'esame PET, credo pure sia andato bene, e oggi ha riportato il compito di spagnolo dove ho preso 9. 
Ah, e molto probabilmente a pallavolo giocheremo le finali del campionato. u_u
Insomma, inizia finalmente un buon periodo dopo il precedente, che ha fatto abbastanza ribrezzo.
Per fortuna c'era questa storia che mi faceva pensare ad altro. :')

E voi. Che mi date soddisfazioni ogni giorno, anche solo leggendo questo qualcosa creato dalla mia mente. :)
Grazie di cuore a tutti!

Ci ri-leggiamo il 20 Maggio!
Grazie ancora!

Maricuz

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


Il fuoco, accompagnato da delle vampate di calore, stupì tutti, Florian compreso. Allentò la presa intorno al collo di Kevin e, spalancando leggermente gli occhi verdi, puntò il suo sguardo alle mie spalle, così come fece il ragazzo bloccato da lui, Brandon, i miei genitori e le altre fate. Deglutendo, mi voltai con tutto il corpo.
“Y..Yvone?” mormorai. Ma qualcosa non tornava. O meglio, due cose non tornavano, ma erano l’una la risposta dell’altra. Punto primo: Yvone, elfo, controllava l’elemento dell’acqua. Punto secondo: un uomo biondo e riccio, a me sconosciuto, era accanto a lei.
Il mio intuito mi suggerì che quello fosse il secondo elfo che avrebbe avuto una parte piuttosto importante nella mia vita. In che parte mi avrebbe aiutato a scoprirlo lui stesso. Magari, se mi avesse salvato, non avrebbe partecipato solo alla mia morte! Sbattei un po’ di volte le palpebre osservandolo. Alto, molto muscoloso ma comunque non troppo e decisamente ben fatto. Non mi persi comunque in tanti complimenti. Era un momento di suspance, non un concorso di bellezza.
“Ciao, Florian.” Disse il nuovo arrivato, non considerandomi nemmeno per sbaglio. Le fate fecero per muoversi, ma il sopra citato li fermò con una sola occhiata.
“Salve, Garth. Cosa stai facendo?” Garth? Wow, avevano le ultime due lettere del nome in comune.
“Quello che stai facendo tu.” Rispose, dimostrandosi persino più inespressivo dell’altro. Annuii impercettibilmente: non male.
“Fammi capire.”
“Tu difendi la tua famiglia, io la mia.”
“Spiegami cosa c’entra la tua famiglia con una coppia immorale, il frutto del loro amore, un ragazzino traditore e un demone ficcanaso.”
“Il frutto del loro amore è la parte che mi interessa. A lei interessano gli altri, però. Si crea un effetto a catena.” Sospirò, annoiato “Dai, sai che non mi piace parlare, c’è bisogno che ti informi di tutte le mie ragioni?”
“Traditore..” sussurrò Florian, quasi deluso “Anche tu.”
“Florian..” scosse la testa “Non fare l’amicone, adesso. Prima la famiglia, poi l’amicizia. Un principio su cui ci troviamo d’accordo, no?”
I presenti, me compresa, erano tutti ammutoliti di fronte a quella strana conversazione. Non sapevo davvero cosa pensare. Cioè, sì. Mi stavo facendo qualche ipotesi nella testa, ma niente di sicuro e, ripeto, era un momento di suspance.
Il moro lo fissò per qualche istante, poi parlò di nuovo “La tua famiglia è lei?” chiese, riferendosi ovviamente ad Yvone.
Oui.” Rispose telegrafico l’elfo.
Seguì un momento di silenzio. Tutto questo era inquietante: le centinaia di persone immobili, i miei genitori bloccati, Brandon seduto e attento, Kevin ancora tra le non amorevoli braccia di Florian, entrambi in mezzo ad un cerchio di fuoco che continuava ad ardere. Ed io in piedi in mezzo ad una conversazione, apparentemente giunta al termine, tra un uomo mai visto e uno che avrei preferito non aver mai conosciuto. Mi schiarii la gola per il disagio, peggiorando la situazione. Tutti gli occhi di nuovo su di me.
“Uccideteli.” Ordinò la fata. Uccidete chi? Vidi un gruppo di fate dirigersi verso i due elfi, poi altre fiamme.
“Non credo sarà così semplice.” Affermò Garth. Che uomo.
“Ti limiterai a difenderti? E’ così che speri di proteggere la tua famiglia?”
“No, affatto.” Si avvicinò, mi superò e si fermò di fronte al fuoco creato da lui stesso, davanti alle due fate “Ti attaccherò.” Senza neanche aspettare che le fiamme si spegnessero, si lanciò su di loro. La circonferenza si ampliò, e le lingue di fuoco si alzarono. Non riuscivo a vedere niente di quello che stava succedendo là dentro, e la preoccupazione per Kevin aumentava ogni attimo. Quando si aprì un varco per circa cinque secondi, proprio lui venne lanciato fuori, ormai privo di sensi. Mi fiondai su di lui e mi inginocchiai, scuotendolo “Kevin.. Kevin per favore dimmi qualcosa, apri gli occhi, muovi un dito, respira.. Fai quello che ti pare, ma fallo.”  Gli afferrai il polso, sentendo il battito che, seppur molto lento, c’era. Sospirai di sollievo, poi alzai la testa. Una fata stava volando verso di noi. Strinsi la maglietta di Kevin, già nel panico, ma per fortuna un’ondata di acqua si scagliò su di lei. Guardai la mia migliore amica, che non permetteva a nessuno di far male a me, a Dorian e Dianne o a Brandon e cercava di rompere la barriera che lo imprigionava nello stesso momento. Lui si era alzato e tentava  di sfondarla, anche a suon di parolacce vista la sua poca pazienza.
Respirando profondamente presi ad accarezzare i capelli di Kevin, mentre controllavo il cilindro di fuoco. All’improvviso, Florian oltrepassò con un urlo le fiamme, che non avevano creato nessun’apertura, e si schiantò a terra, steso. Garth lo seguì, senza lamenti per il calore eccessivo, e si posizionò in piedi sopra la fata, a gambe divaricate e col braccio steso verso il viso del moro “Facciamo una cosa. Liberi il demone e non ti uccido. Ci stai?”
Quando una manciata di secondi dopo non era arrivata nessuna risposta, l’elfo si piegò e avvicino maggiormente la mano “Ci stai?” ripeté, quasi ringhiando. La fata deglutì, e poco dopo sentii la voce di Brandon dire “Finalmente..”
Garth si spostò, lasciando Florian libero di alzarsi. Lo fece, senza mai distogliere lo sguardo da quello che era il suo avversario. Avevo la sensazione che si sarebbe scagliato contro di lui, se solo Brandon non lo avesse intrappolato come lui stesso aveva fatto fino a poco prima con il ragazzo steso vicino a me. Il riccio biondo fece un passo verso i due “Come promesso, non ti ucciderò.”
“E lo farà lui, allora?” chiese con difficoltà l’altro.
“Non lo so, non mi interessa. Se vuole.” Vidi Garth scrollare le spalle, poi la luce, il buio, e di nuovo ero costretta a chiudere gli occhi per non accecarmi.
 
Riaprii gli occhi al fischio dell’arbitro. Mi guardai nervosamente intorno, non capendo perché fossi nuovamente seduta sugli spalti accanto ai miei genitori, anche loro piuttosto confusi. Mi voltai verso il posto in tribuna su cui sarebbe dovuto esserci stato seduto Brandon, ma ciò che vidi fu il ciondolo regalatomi dai miei e un foglietto ripiegato. Aggrottai la fronte mentre lo afferravo e l’aprivo, ansiosa di sapere cosa fosse successo –o stesse succedendo-.
 

Buongiorno cucciola! Svegliata bene? Ti ho lasciato la colazione pronta sul tavolo della cucina!
Ok, scherzavo. Non ti arrabbiare. Volevo solo smorzare la tensione.
E’ tutto tornato come prima, adesso sono fuori con Garth, Florian e tutte le altre fate. Come hai visto i tuoi genitori stanno bene. Se guardi in campo, vedrai Kevin giocare. C’ho pensato io a rimetterlo in sesto, è come nuovo.

 
Alzai la testa per controllare le reali condizioni del ragazzo che, effettivamente, erano quelle scritte nel biglietto. Stava giocando la partita, e pure bene. Tornai a leggere.
 

E comunque, come puoi vedere, abbiamo riottenuto il ciondolo, honey! Sei contenta?
Io sì, perché farti da bodyguard ogni cinque minuti è stressante.
Ok, scherzavo anche adesso. E’ divertente avere a che fare con te, tranquilla.
Ci vediamo dopo la partita e le premiazioni
Bello Neanchepoco
Ah, Yvone è voluta venire con noi. Tranquilla, la teniamo d’occhio.

 
Ok, quando si sarebbe disintossicato da quel soprannome orribile? Non che non rispecchiasse la verità, però era alquanto triste ritrovarsi a compatire una persona che si faceva complimenti da solo e si dava nomignoli secondo i suoi pregi o le sue qualità. Sospirai, rimettendomi la collana. Incredibile ma vero, già mi sentivo meglio.
E poi tutti stavano bene.
“Che c’è scritto?” domandò mio padre all’improvviso, facendomi sobbalzare. Lo fulminai per la paura che mi aveva fatto prendere, poi scrollai le spalle e gli passai il foglio, che lesse anche Dianne. Dorian alzò un sopracciglio, restituendomelo “Avete stretto un bel rapporto tu e Brandon, mh?”
Aggrottando di nuovo la fronte, gli lanciai un’occhiata circospetta “Beh, se si può definire bello un rapporto dove ogni tanto ci si infama.. Sì.” Dissi. In realtà non avrei saputo definire il mio rapporto con il biondo. Come avevo appena detto, ci mettevamo veramente poco ad insultarci o prenderci in giro, ma non potevo negare di esser stata consolata da lui in alcune occasioni, di esser stata ascoltata o di essermi semplicemente sfogata. I baci ovviamente non li considerai come parte integrante del nostro legame. Cos’era, per me? Un amico?
No, gli amici non ti spediscono in un’altra dimensione. Ma chi lo fa, allora? Nel mio, di mondo, nessuno ha poteri anche solo lontanamente simili ai suoi. Non esistono, quelli.
Sospirai, decidendo che Brandon non era definibile in nessun modo e ritenendomi comunque soddisfatta di quella conclusione.
Riprendemmo a seguire la partita come se niente fosse successo. Quello scontro era in grado di catturare come poche cose riuscivano a fare, se aggiungiamo la mia propensione nel vedere il bel moro in azione, non ero disponibile per nessuno. E poi, stavano vincendo.
Gli ultimi punti erano stati sicuramente i migliori di tutti, anche per il pubblico che tifava ancor più di prima, e quando l’ultimo attacco della squadra di Kevin andò a segno, si scatenò il putiferio. Gli spettatori che si alzavano, i giocatori che si lanciavano sull’attaccante che aveva appena fatto il punto decisivo della finale urlando come studenti all’ultimo giorno di scuola. Applaudii gridando parole a caso, poi incrociai lo sguardo di Kevin.
Adrenalina, sollievo, affetto, paura.. C’era di tutto in quegli occhi, e ovviamente ogni emozione non era dedicata al match, ma anche a quello che era successo prima. Mi fece un cenno con la testa, indicando l’uscita. Mentre facevano di nuovo il saluto, corsi giù per le tribune per aspettarlo nel corridoio che portava all’esterno. Quando sentii dei passi veloci avvicinarsi e vidi spuntare la figura del moro, ricominciai a correre, ma verso di lui. Gli saltai addosso stringendolo più che potevo. Mi ero spaventata tantissimo quando l’avevo visto mezzo soffocato da Florian, e avevo provato puro terrore quando non si muoveva, steso davanti a me. Ed ora stava bene, e mi aveva circondato il busto con le sue braccia.
“Ruth, sono sudato fradicio..”
“Ma chi se ne frega.” Ribattei con voce tremante io, stringendolo ancora di più. Ridacchiò, affondando il suo viso tra i miei capelli.
“Non dire mai più “Lasciatelo e mi consegno” o cose simili. Non ci provare neanche.” Mormorò. Scossi la testa, chiudendo gli occhi per non far uscire le lacrime “Non dovevi aiutarmi, Kevin.. Ti verranno a cercare di nuovo..” Lo sentii sospirare.
“Se potessi tornare indietro, rifarei la stessa cosa. Sapevo a cosa andavo incontro, ma ho ugualmente scelto te. Non devi incolparti..” cercò di tranquillizzarmi, accarezzandomi la schiena con lentezza. Cominciai a piangere, da brava frignona quale ero.
“Ma ti stava uccidendo..” replicai, allontanando il viso per guardarlo negli occhi. Sorrise dolcemente, inclinando di poco la testa e fissandomi con intensità “Sì, me ne sono accorto..” sussurrò, con tono divertito.
“Non ci scherzare.. E’ stato bruttissimo.” Mi lamentai, spingendolo piano. Lui annuì, assecondandomi.
“Lo so, carina. Non so se ti ricordi, ma anche io l’altro giorno ti ho vista attaccata al muro da Florian con la sua manina soffocante intorno al tuo bel collo.. Quel giorno non mi sembrava neanche molto propenso alle chiacchiere.” mi ricordò, sfiorando la parte da lui citata con un dito, fino ad arrivare a posare la mano sulla mia guancia. Deglutii.
“Ma tu potevi fare qualcosa, io no..” mormorai, abbassando la testa.
“Non sempre si può fare qualcosa, cucciola..” bisbigliò, guardandomi intensamente.
“..Cucciola?” domandai, per poi insultarmi mentalmente. Era un discorso serio, aveva quei bellissimi occhi argentei fissati nei miei, ed io ero andata a cercare il pelo nell’uovo. Cretina. Sorrise divertito, ma arrossì anche un po’. Ok, non sei così tanto cretina. Guarda che carino!
“Avevi fatto un’espressione.. tenera. Mi è venuto spontaneo. Non lo faccio più se vuoi, eh.” scherzò, distogliendo però lo sguardo.
“No, no! Cioè, mi va bene! Voglio dire, chiamami come vuoi! Anche.. Barbabietola, se ti piace.” Aggrottai la fronte per la mia stessa frase. Barbabietola? Cristo, Ruth. Rise, e quasi mi dimenticai dell’uscita triste appena fatta.
“Barbabietola? Tu sei più da.. Non lo so, zucchina? Cetriolo?” continuò, ridendo se possibile più di prima. I suoi occhi erano più illuminati che mai, ed io gli stavo schiattando davanti. Scappò una risata anche a me “Ok, facciamo che dimentichiamo la mia affermazione precedente?”
“No, verdurina mia, me la ricorderò.” Continuò a sfottermi. Sua? Ero sua? Oh, Dio ti ringrazio.
“Va bene, fai quello che ti pare, basta che eviti accuratamente la parola “patatina”, poi stiamo apposto.” Rinunciai, ma con delle condizioni ben precise. Lui accettò ancora sorridente, poi mi stampò un bacio sulle labbra all’improvviso. Ok, mi era sembrato di capire che stessimo insieme, però.. Però io ero abbastanza provata quel giorno. Avevo rischiato di perdere la vita più di una volta nell’ultima settimana e.. E troppi colpi al cuore fanno male.
Rimase vicinissimo, lo sguardo puntato sulle mie labbra, come se volesse di nuovo baciarmi. Fallo pure, io non ho il coraggio di muovermi. Lo abbassò ulteriormente e sorrise “Il ciondolo è stato recuperato.”
“A quanto pare..” soffiai, non riuscendo a tirare fuori decentemente la voce. Parve capire la mia destabilizzazione momentanea, e si allontanò leggermente, giusto per lasciarmi un po’ del mio spazio vitale. Mi posò le mani sui fianchi, accarezzandoli e continuando a persistere con gli occhi sui miei, serio.
“Presto non ti cercheranno più, Ruth..” perfetto, anche lui sapeva quale fosse il famoso metodo per far sì che io non fossi più una ricercata.
“Sei sicuro?”
“Sicurissimo.” Affermò deciso. Sospirò ancora una volta, poi mi baciò di nuovo, questa volta più a lungo e stringendomi a sé. Mi sentii protetta, per qualche oscuro motivo, e gli permisi di approfondire il contatto non appena mi fece capire la sua richiesta. Gli circondai il collo con le mie braccia e non pensai più a niente, godendomi finalmente un po’ di tranquillità datami dal ragazzo che Ruth Styles venerava da anni.
Tranquillità che venne ingiustamente spezzata da Sarah.
“Oh. Ehm. Scusate..?” ci staccammo di colpo e ci girammo verso il libero della mia squadra, che ci guardava imbarazzata “Non volevo disturbare, giuro. Solo.. Ci sono le premiazioni. Iniziano tra cinque minuti.” Dicendo questo, si eclissò.
Mi schiarii la voce e tornai a guardare Kevin “Giusto. Complimenti per la vittoria..”
“E il premio?” domandò, ammiccando.
“Eh, il premio te lo danno adesso alle premiazioni. L’hai sentita Sarah?”
“Il tuo, carciofa.” Precisò ridacchiando. Alzai le sopracciglia.
“Oh. Il mio, certo. E qual sarebbe? Non è che puoi reclamare premi così, dalle persone, senza motivo.”
“Non reclamo premi così. Reclamo il premio da te, e i motivi sono tanti.” Annuì convinto. Per la cronaca: eravamo ancora appiccicati.
“Illuminami.”
“La mia squadra è prima a livello nazionale, oggi ho rischiato la vita ma sono ancora vivo e, dulcis in fundo, perché voglio il tuo premio. Lo esigo.” Rimasi per un po’ zitta, squadrandolo.
“Sei cambiato, rispetto a un mese fa.”
“Colpa tua.”
“Merito mio, vorrai dire.”
“Ah, perché prima ero brutto, antipatico, musone e menefreghista, mh?” si finse offeso. Risi.
“No, cioè, sì. No. Forse. No. Non eri brutto, però antipatico, musone e menefreghista sì. Ma mi piacevi lo stesso, tranquillo.” Silenzio. Mi fissò. E mi accorsi di cosa avevo detto.
“Scusa, Ruth, ma da quanto ti piaccio? O piacevo a Ruth, quella di questo mondo, insomma..” si intrecciò un po’ con le parole, ma capii lo stesso. Capii che dovevo evadere la domanda. Mi alzai sulle punte e lo baciai per un po’, e quando mi staccai gli afferrai la mano per trascinarlo in palestra.
“E quello?” chiese, divertito.
“Il premio che volevi.”
“E la risposta?”
“Non puoi avere tutto dalla vita. Accontentati.” 




BUONA DOMENICA! :D
Come state? Tutto apposto? 
Per fortuna stanno bene anche i nostri eroi. u_u
Come alcune avevano previsto, è entrata in gioco Yvone, ma non solo. 
Garth l'elfo è con noi, pure lui. Chi è? Sarà un personaggio importante anche in futuro? Lo vedremo, lo vedremo.. 
E Florian? Secondo voi è stato ucciso? *musichetta per mettere suspance*
E cosa ne dite di Ruth e Kevin? Non so voi, ma io li adoro. .___. Sono così bellini. :')

Nel prossimo capitolo si saprà che fine ha fatto il povero Desmond. D:
E si scopriranno molte, molte cose su Brandon. Preparatevi, che io mi stavo per mettere a piangere mentre scrivevo.

Grazie all'infinito a chi legge, preferisce, segue e ricorda.
Un grazie speciale a chi recensisce pure, scrivendo cose che forse neanche mi merito ma che mi fanno stare incredibilmente bene. :'3
GRAZIE.

Ci leggiamo Venerdì 25 Maggio. :)
Oddio, manca poco alla fine della scuola. D:
Se avete domande, comunque, fatele pure! Se posso, risponderò! :D

Un bacione fatato (però di fate buone, tipo Kevin o Dorian)

Maricuz

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15


Appena finite le premiazioni, io e Kevin ci dividemmo dal resto del gruppo per uscire dalla palestra, la stessa in cui si era svolta la finale, e cercammo gli altri: Brandon, Yvone e Garth. Facemmo il giro e dietro l’edificio, appoggiati al muro, trovammo tutti e tre. Quasi mi veniva da ridere, erano tutti biondi. Il riccio aveva lo sguardo puntato a terra, l’espressione concentrata e una sigaretta tra le labbra. Man mano che mi avvicinavo, lo studiavo meglio. Aveva gli occhi verdi, ma non accesi come i miei o quelli di Florian. Erano incredibilmente chiari, e con qualche sfumatura celeste. Dalla parte sinistra del volto, sullo zigomo e sul labbro inferiore, aveva due cicatrici. Dedussi fosse un tipo abbastanza battagliero, sia dall’aspetto che da quello che avevo visto un paio d’ore prima si capiva che gli piaceva combattere e anche che fosse abituato agli scontri.
Arrivammo davanti ai tre, dei quali solo due ci stavano considerando. Inutile che vi dica chi.
“Florian..?” chiesi.
“E’ vivo.” Sospirò Brandon.
“Perché è scappato?”
“No, perché l’ho lasciato andare. Non mi piace uccidere. E comunque siamo arrivati ad un punto in cui non rischi di morire per mano delle fate.” Rispose il biondo –liscio- lanciando un’occhiata a Kevin, il quale aveva una faccia che diceva qualcosa tipo “Effettivamente..
Sbuffai “Un giorno mi spiegherete, mh?”
“Sì, sì. Un giorno.” Sventolò una mano, sempre il solito “Comunque ho rintracciato Desmond. E’ vivo pure lui, ma ne ha prese abbastanza. Ti saluta.”
“Menomale..” sospirai sollevata.
“Menomale che ti saluta? E’ stato pestato e pensi a questo?”
“Sei un cretino. Non ti rispondo neanche.” Scossi la testa e decisi di ignorarlo. Mi voltai verso Yvone, che ancora non avevo neanche salutato. Mi lanciai e l’abbracciai, lasciandomi stringere dalla mia migliore amica e sospirando ancora una volta.
“Grazie..” sussurrai, allontanandomi per sorriderle. Ricambiò il gesto “E di che? Ti abbiamo solo salvato la vita.”
“Come avete fatto a non essere inclusi nell’incantesimo, se così posso chiamarlo?” chiesi, cercando spiegazioni.
“Garth, mio cugino,” lo guardò, era ancora intento a fumarsi la sua sigaretta “è.. era amico di Florian. Sapeva dei suoi piani. Fondamentalmente non gliene fregava niente, poi però parlando è venuto fuori che la semi-fata da uccidere era la mia migliore amica.. Non siamo rimasti inclusi perché l’incantesimo era valido per le persone che non sapevano che tu avessi il sangue di una qualsiasi creatura magica. Io e lui, quindi, eravamo esclusi. I cattivi però non sapevano che c’eravamo anche noi.” Ghignò furbescamente. Ridacchiai per la sua espressione. Mi tornava tutto, quindi annuii.
Mi voltai verso il riccio, che finalmente si decise ad incrociare il mio sguardo. Abbozzai un sorriso imbarazzata “Ehm.. Grazie per averci aiutato.”
Buttò fuori il fumo dalle labbra lentamente, non spostando mai i suoi occhi dai miei e facendomi attendere una sua risposta. Quanti anni aveva? Fece un cenno con la testa “Prego. Comunque ne ho 29.”
Arrossii. Porca puttana, gli elfi leggono il pensiero. Fece un lieve sorriso divertito “Già.”
“Ok, si, basta. Smettila.” Mi strofinai la mano sul viso, completamente a disagio. Lui, soddisfatto, annuì e tornò a pensare ai fatti suoi.
“Lascialo perdere, sa essere snervante.” Disse Yvone, ridacchiando.
“Parla per te.” Borbottò lui, buttando a terra la sigaretta e pestandola con tutta la calma del mondo. Sospirai e mi voltai verso Kevin, che in silenzio faceva da spettatore alla scena. Feci per dire qualcosa, quando Brandon mi bloccò.
“Ruth, noi dobbiamo parlare.” Quasi impaurita tornai a guardarlo, ed aggrottai la fronte.
“Cioè?”
“Ti devo spiegare delle cose.” Rispose serafico.
“Va bene..” mormorai io, confusa dalla sua serietà. Mi girai verso il moro, lo baciai a stampo sulle labbra facendolo sorridere, poi seguii il demone in un posto più isolato per poter discutere con calma. Forse voleva parlarmi delle missioni, o almeno io lo speravo. Ero abbastanza stanca di tutti quei segreti.
Ci fermammo quando fummo davanti a degli scalini che portavano ad una porta, sempre della palestra di prima, chiusa a chiave. Ci sedemmo su uno dei gradini, vicini. Io allungai le gambe e posai le mani sulle cosce, lui le incrociò e appoggiò i gomiti sulle ginocchia. Dopo un breve momento di silenzio, cominciò a parlare, con gli occhi fissi davanti a sé.
“Una delle due missioni consiste nel salvarti la vita. Come ho fatto intendere prima, la stai compiendo, e solo quando sarà completamente chiusa la questione potrò dirti cosa, esattamente, sblocca la situazione. Nell’altra, invece, devi aiutarmi a liberare una persona..”
“Sì, me l’avevi detto..” sussurrai, attenta ad ogni parola da lui pronunciata. Annuì e riprese.
“Sì tratta di mio fratello maggiore. Secoli fa fu imprigionato in una grotta dietro ad una cascata perché, come tuo padre, si era innamorato di un essere inferiore.” Aprii la bocca, ma mi zittì subito “Sì, lo so, che palle. Lo dico anche io. Vedi, Ruth.. Il ragazzo che aiutò Dorian dopo esser stato diseredato.. Ero io. L’avevo aiutato proprio perché mio fratello era stato punito per la stessa cosa. Era come se aiutando lui riuscissi ad aiutare chi non avevo potuto aiutare..” mi spiegò.
“Perché tuo fratello è stato imprigionato, mentre mio padre diseredato?”
“Perché fanno parte di due razze diverse. Le fate sono esseri mortali, legati alla loro specie come poche altre creature, e secondo loro non c’è niente di peggio che essere allontanati da essa o esser privati dei proprio poteri. Noi siamo demoni, siamo immortali, e non c’è davvero niente di peggio che essere rinchiusi per l’eternità.”
Riflettei per un minuto sulle sue parole, mentre muovevo il piede destro e lo osservavo. Per certi versi le fate erano davvero stupide.
“Di chi era innamorato?”
“Di un’umana. Altro motivo per cui esser imprigionato: gli umani sono mortali. Perché amarli in eterno, se moriranno?” sputò con disprezzo. Non per gli umani, ma per quello che diceva.
“Già questo è fonte di sofferenza. Perché rinchiuderlo?” insistetti.
“Che cazzo ne so.” Sbottò “Perché è stato stupido, perché le punizioni non possono facilitarti la vita, perché siamo demoni. Non lo so.” Rimasi zitta, sorpresa da quel suo nervosismo. Si rese conto del mio sbigottimento e sospirò “Scusa.”
Scossi la testa, ancora confusa, poi ripresi “Perché servo io?”
“Servite tu e un’altra persona, a dire il vero..” mi corresse, stendendo anche lui le gambe e portando i gomiti sullo scalino alle sue spalle.
“Spiegami.” lo spinsi a dirmi qualcosa di più, per capire.
“So che è alquanto macabro, ma serve il tuo sangue e quello di questa seconda persona. Essendo mio fratello imprigionato per un amore immorale, servi tu in quanto frutto dello stesso tipo di amore. Per far sì che questo sia valido, però, c’è bisogno del sangue della persona che ha, diciamo, pareggiato i conti.” Infine, mi guardò, aspettando una mia reazione.
“Non devo mica morire, vero?”
“No, certo che no. Basta un taglietto, mica ti devo far morire dissanguata.” Scrollò le spalle.
“Mh, meglio..” mormorai “Che intendi con pareggiare i conti?”
“E’ collegato con la prima missione. Non posso dirtelo, scusa.” Abbozzò un sorriso, ed io annuii sospirando.
“E’ un modo per far capire che l’amore immorale non porta solo cose brutte?” sorrisi amaramente, e lui confermò le mie parole “Praticamente sì.”
Passò qualche minuto in cui nessuno dei due parlò. Entrambi che fissavamo un punto ben preciso: io le mie scarpe, lui lo spazio deserto davanti a noi. Immaginai che pensare a suo fratello fosse doloroso per lui, eppure non avrei mai immaginato che gli mancasse qualcosa, forse perché erano passati anni e anni e aveva imparato a conviverci.
Eppure non lo aveva dimenticato.
“Perché non hai cercato qualcuno, prima di me?” chiesi.
“Perché nessuno mi dava la garanzia che ci saremmo riusciti.”
“Ed io si?”
“Tu si.” Affermò deciso. Annuii.
“Mi parli  un po’ di tuo fratello..?” chiesi, curiosa. Brandon si girò verso di me, quasi sorpreso per quella domanda, ma anche un po’ sollevato. Che avesse bisogno di parlarne con qualcuno? Lui? Un demone? Beh, sì.
“Si chiama Alexander.” Iniziò, continuando a guardarmi negli occhi “E’ più grande di me di qualche anno. Cinque, per l’esattezza. So che sembra strana una così piccola differenza di età quando di anni se ne hanno più di mille, ma del resto è così.” Scrollò le spalle “Ci somigliamo molto, più che altro ci distinguiamo per il carattere. Lui è un po’ più come Desmond: allegro, positivo, semplice. E’ estremamente forte, non tanto per i poteri che possiede, che sono uguali ai miei, ma per il resto.” Distolse lo sguardo, aggrottando la fronte, facendo fatica a parlarne “Affronta tutto con coraggio, qualunque cosa, ed io lo ammiro tantissimo per questo, fin da bambino. Un bambino vero, di dieci anni, non centosette. Mi ricordo che..” sorrise lievemente “Una notte pioveva, e c’erano tantissimi tuoni. Ne ero terrorizzato. Me ne stavo nel letto a piangere silenziosamente, e quando avevo la tentazione di andare da lui per farmi consolare, mi bloccavo. Mi avrebbe preso per un debole, e non volevo assolutamente fargli quella impressione..” fece una breve pausa “Ma venne lui, da me. Sapeva che avrei avuto paura, ma non me lo disse. Mi disse solamente che aveva paura anche lui. Non pensai che fosse più debole di quanto mi aspettassi, ma che io fossi più forte di quello che credevo. Avevamo qualcosa in comune.”
Lo guardai ammirata da un pensiero del genere fatto a soli dieci anni, poi mi feci sfuggire un sorriso “Ah, Brandon, Brandon.. Questa è una cosa dolce, lo sai?”
“Ne sono consapevole.” Ridacchiò, quasi imbarazzato. Continuai a sorridere, poi mi buttai su di lui per abbracciarlo. Lo sentii sospirare, poi si sistemò meglio per stringermi a sua volta, tantissimo.
“Manca poco al compimento della prima missione, vero?”
“Pochissimo..” sussurrò.
“E allora tra non molto riavrai Alexander.” Dopo queste parole, se possibile, mi strinse ancora di più.
“Ahi.” dissi, ridacchiando. Lui allentò la presa “Ops, scusa.”
Rimanemmo fermi e abbracciati per un po’, poi lui si staccò e appoggiò la fronte sulla mia, con una lentezza esasperante. Non sapevo cosa volesse, aveva ancora un’espressione seria stampata in faccia e non riuscivo neanche a leggergli nel pensiero. Ricambiai il suo sguardo e attesi, fin quando lui non si pronunciò “Quando riusciremo a liberare mio fratello.. Potrai tornare nel tuo mondo.”
E non seppi cosa provare. Mi morsi il labbro inferiore.
Tornare a casa, nella normalità, dai miei veri genitori, dalla mia migliore amica Grace, dalle mie vacanze natalizie, dal mio tutto, che mi sembrava così distante che non valutavo come fondamentale per me. E abbandonare questo mondo, Kevin, Yvone, Dorian e Dianne, Desmond, Brandon.. Io che non vedevo l’ora che questo accadesse, in quel momento ero quasi dispiaciuta. Infondo, lì, avevo avuto così tanto da fare, da scoprire o da combattere che tornando alla quotidianità non avrei saputo cosa fare se non disperarmi perché avevo perso un sacco di persone importanti, chi un modo, chi nell’altro.
“Gli altri, tu, Alexander.. ci siete nel mio mondo?” chiesi incerta. Lui abbozzò un sorriso e scosse la testa “Perché io sono in entrambi?” insistetti.
“Perché è ciò che volevi..” soffiò. Si allontanò, infilandosi una mano nella mano dei jeans e tirando fuori un foglio ripiegato. Lo spiegò schiarendosi la voce e me lo mostrò, senza però dire niente. Mi bastò leggere il primo rigo per capire che si trattava del prologo della mia storia “Ogni cosa di questa avventura, se così vogliamo chiamarla, è stata scritta su un foglio. Quando te ne andrai da qui, ti basterà aprire il cassetto della scrivania per rileggere e rivivere tutto. Non ti dimenticherai di niente. Lo leggerai tante volte, senza stancarti mai, e continuerai a vivere la tua vita. Non quella di qualcun altro, la tua. Tornerai ad avere la tua irrazionalità, che adesso è rinchiusa da qualche parte nel tuo cervello, e sarà più facile dire addio a Kevin, il ragazzo che ami, Yvone, la tua migliore amica, Dorian e Dianne, i tuoi genitori. Questo però accadrà quando sarai nel tuo letto, tra le calde coperte il giorno di Natale, non prima. Non quando vorresti che fosse così.” Finì, lasciandomi a bocca aperta e con gli occhi lucidi. Stavo davvero realizzando la situazione.
“Vuoi dire che.. Quando sarò nel mio mondo non proverò tutto quello che sto provando adesso?” facevo addirittura fatica a parlare.
“Non dimenticherai, ma sì. Probabilmente cambierà tutto. I sentimenti sono dettati dall’irrazionalità, no?” annuii “Ecco. Ora ami Kevin. Nel tuo mondo, ricordando quello che hai vissuto e pensato qui, potresti scoprirti innamorata di Desmond.” Ridacchiò “Il che sarebbe preoccupante. Non tanto per Desmond, ma per il fatto che lui non esiste, da te. Non so sei hai capito quello che intendo..” mi guardò, aspettando una risposta che non avevo la forza di dargli a parole. Il cenno che feci però parve bastargli.
Balbettai un po’, poi riuscii a fargli una domanda “Ed è possibile portare qualcuno nel mio mondo..?”
“Sì, ma questo qualcuno dovrebbe rinunciare a tutti i suoi poteri.” Rispose, prendendo di nuovo a fissare un punto davanti a sé “Chi vorresti portare?”
“Nessuno.” Risposi subito “Cioè, per me anche tutti, però sarebbe stupido. Anche se volessi portare Kevin, per esempio, perché dovrei fargli perdere tutti i suoi poteri e portarlo dove non è detto che possa amarlo ancora?” lui sorrise.
“Pensiero intelligente. Sono d’accordo. Ecco perché mi stai simpatica, capisci le cose al volo. O quasi. Quel che basta, dai.” Lo guardai male, poi gli diedi una spinta con la spalla senza trattenere un sorriso divertito “Simpatico biondo, simpatico.”
“Di solito le ragazze mi dicono altro, ma per questa volta te l’abbono.” Concesse. Scossi la testa sospirando, poi mi alzai dallo scalino su cui eravamo seduti “Dai, che devo rintracciare i miei e andare a casa.” Gli porsi una mano.
“Certo, honey.” L’afferrò e si issò “Comunque stai tranquilla, se vuoi andare a pomiciare con Kevin non c’è bisogno che ti inventi tante scuse. Lo capisco, è normale.”
 


Buongiorno!  :D
Ecco qua un capitolo pieno di Brandon.
E di suo fratello Alexander. Avreste mai pensato che la missione di Ruth sarebbe stata quella di liberare qualcuno?
In ogni caso, adesso non so cosa dire.
Dai, si sono scoperte tante cose, in generale, anche sul ritorno a casa di Ruth.
Ora, devo farvi due annunci importanti:
1- Ieri per strada ho praticamente visto Garth. Giuro, quel ragazzo era identico a come immagino io il cugino di Yvone. ._.
2- Ormai manca poco alla fine. Secondo i miei calcoli, escluso questo, mancano 4 capitoli. In più, l'epilogo. Oh mamma.

Prossimo capitolo: Mercoledì 30 Maggio. Vi anticipo che sarà abbastanza sentimentale e che ci sarà il povero Desmond, che piccino è stato messo da parte in questi capitoli. u_u

Grazie, come sempre, per il supporto e il sostegno.
Siete veramente fantastici, tutti, chiunque perda tempo con me. :')

A mercoledì, piccole creature belle bellissime meravigliose! :3

Un bacio

Maricuz

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16


Il viaggio in macchina fu complessivamente tranquillo. Nei posti davanti, mio padre e mia madre mi avevano ascoltata mentre raccontavo brevemente ciò che mi aveva riferito Brandon su suo fratello. Lo stesso aveva fatto Yvone, seduta accanto a me e a conoscenza dei particolari che nascondevo a Dorian e Dianne grazie ai suoi poteri. Garth non era con noi e, probabilmente, non ci avrebbe mai raggiunto. A detta della mia migliore amica, era uno spirito libero, un vagabondo. Apparentemente irraggiungibile, ma sempre presente per la famiglia. Questo era il concetto giusto, non quello delle fate. Ah, quanto adoravo gli elfi.
Sospirai stanca, buttandomi sul letto. Mi era mancata quella casa in quei sei giorni, nonostante teoricamente non fosse mia. C’era da dire che la stanza d’albergo ne aveva viste veramente tante, ma non era niente in confronto.
Guardando il soffitto, mi concessi un paio di minuti di tranquillità, senza pensieri, senza preoccupazioni.
E’ quasi finito tutto. Chiusi gli occhi, attaccata dalla malinconia.
“Ruth..” il materasso si piegò sotto il peso dell’incubo. Spalancai le palpebre e mi tirai su a sedere, contenta “Desmond!” gridai. Mi sorrise, alzò la mano e la mosse per salutarmi, prima di rimetterla dietro la testa insieme all’altra.
“Tutto bene?” chiesi, improvvisamente preoccupata.
“Certo piccoletta, avevi dubbi?”
“Io.. No.. però.. Mi dispiace, è colpa mia..” balbettai.
“Sei tu ad avermi pestato? Non mi sembrava.” scherzò, prima di ridacchiare “Non ti colpevolizzare..”
“Non ci riesco.” Mi lamentai, esattamente come una bambina. Scosse la testa.
“L’importante è che tu stia bene. Brandon mi ha raccontato tutto. Figo, quel Garth!” esclamò, facendomi sorridere. Annuii, poi decisi di assecondare un po’ il suo ego.
“Sì, figo. Mai quanto te, però.. Notevole!”
“Piccola, tu si che hai buon gusto!” schioccò la lingua facendomi l’occhiolino “A proposito.. Con Kevin?” ammiccò.
Arrossii e sorrisi un po’ imbarazzata. Incrociai le gambe e cominciai a gesticolare “Lui.. Lui è così.. Non lo so. So solo che io lo adoro. Non so dire se lo amo, non sono sicura perché non mi è mai capitato di sentire un sentimento così grande, però.. Sento che qualsiasi cosa provi, per lui è la stessa identica cosa. Lo sento, e lo so. Mio padre è cambiato, anzi, migliorato quando si è innamorato di mia madre, e anche Kevin sta migliorando. Lo vedo, sorride, mostra le sue emozioni, non è più quello di prima, capisci? Ti immagini, Desmond? Se fosse innamorato di me?” risi, contenta come una cretina. Lo divertii, visto che scoppiò in una fragorosa risata. Non mi offesi, però, visto che lui non intendeva farlo.
“Ruth, ok, io non me ne intendo, visto che sono più esperto in un altro settore, però credo proprio che tu sia innamorata persa.”
“Ok, forse! Se è vero, bene! Ottimo! Mi piace amare, se è sempre così bello!” me ne uscii tranquilla, gongolando. Lui scosse di nuovo il capo, fintamente esasperato.
“Ah, l’amore, l’amore! Non sai neanche quanto l’amore di Kevin possa farti bene!” disse, come se sapesse qualcosa. Diventai immediatamente seria “Ok, Desmond. Spara. Sai benissimo che non riesci a tenermi nascosto niente.”
“Cazzo, Ruth! Potresti almeno far finta di non farmelo notare ogni volta?” sbottò, mettendosi anche lui seduto. Sospirò “Senti, questo non posso davvero dirtelo.”
“C’entra l’amore di Kevin.” Tentai di pensare a qualche possibilità, ma quel mondo era davvero imprevedibile e solo questo mi fece desistere immediatamente. Feci una smorfia “Proprio non me lo dici?”
“No. Tanto è solo questione di giorni, dai! Arriverà da sé!”
“Arriverà da parte di chi? Chi me lo dirà? Kevin, Brandon, tu..” elencai, sperando che rispondesse almeno a quella domanda.
“Kevin, probabilmente.” Scrollò le spalle.
“Bene, perché domani usciamo.” Sorrisi soddisfatta, poi emozionata. Wow, quella era la prima uscita con lui. Vidi Desmond osservarmi, poi trattenersi dal ridere gonfiando le guance. Per quella sua faccia, alla fine scoppiai a ridere prima io “Sì, ok, sto diventando ridicola. Mi contengo. Ci provo, almeno..”
“No, no. Fai bene. Goditelo.” Sorrise tranquillo, però con una luce un po’ più triste negli occhi gialli.
“Perché tra un po’ me ne andrò?” ridacchiai, quasi amaramente. Lui sospirò, fissandomi e non rispondendo. Chi tace, acconsente. Allungò una mano verso la mia e la strinse, provando a sorridere “Sai, Ruth.. Ti voglio bene.” Mi stupì, con quelle parole. Probabilmente avevo anche gli occhi leggermente spalancati. Boccheggiai per un po’, poi, rilassandomi e addolcendomi, risposi “Anche io.”
Mi tirò a sé per abbracciarmi e stingermi. Ero un tantino in imbarazzo, forse per il momento affettuoso. Nonostante il disagio, ricambiai la stretta e sistemai il viso sul suo collo. I momenti a seguire furono silenziosi, poi cominciò a parlare “Non mi mancherai, perché comunque tu rimarrai qui con noi, Ruth Styles rimarrà e si ricorderà tutto, ma Ruth Evanson..” sospirò e mi allontanò, per prendermi il viso tra le mani e guardarmi intensamente “Voglio che lei sappia che è stata importante per ogni singola persona su questo mondo.”
Mugolai, con le lacrime agli occhi “Perché siete tutti così fottutamente profondi, ultimamente?”
Rise, mi baciò una guancia e tornò ad abbracciarmi “Grazie per non esser scappata come tutti, di fronte ad un assassino seduttore.” Soffiò, vicino al mio orecchio, con un tono sia scherzoso che serio “Mi ha fatto sentire amato sinceramente.” Confessò. Mi voleva far piangere. Lo strinsi più che potei, e se gli feci male non lo diede a vedere.
Si staccò da me dopo qualche minuto, ormai con la stessa aria ingenua di sempre “Ti lascio andare. Sarai stanca. Oggi ti hanno quasi uccisa, hanno quasi ucciso il tuo ragazzo, quasi ucciso me, quasi ucciso un po’ tutti. Poi il viaggio in macchina.. Orsù.” Si alzò “Vai a dormire, riposati e domani svegliati più bella del solito che Kevin deve sbavare come una.. lumaca, quando ti vede. No, forse no, baciarlo sarebbe raccapricciante.. Va bene, fai quello che vuoi. Buonanotte, Ruth.” Sorrise, si piegò per baciarmi di nuovo la guancia, con tanto di schiocco.
“Buonanotte Des, ci vediamo.” Sorrisi anche io, e lo vidi scomparire davanti ai miei occhi. Sospirai. Perché mi sapeva tanto di addio?
 
Ruth, piantala. Piantala di gironzolare per casa aspettando che arrivino le cinque, lo stai facendo dalle tre e mezza. Perché non ti metti al computer, magari su facebook, o ti metti ad ascoltare un po’ di sana e buona musica? Sei snervante anche per te stessa. Sbuffai, feci l’ultimo giretto per casa, poi mi arresi e mi buttai sul divano. Ok, ero tesa. Era il mio primo appuntamento con Kevin, e non sapevo come comportarmi. Il bello era che, se ragionavo razionalmente, mi davo della stupida. Perché avere tanto timore? Lui già provava qualcosa per me, già stavamo insieme. Non dovevo sentirmi sotto pressione, dovevo stare tranquilla e godermelo, come mi aveva detto l’incubo la sera precedente.
Deglutii, poi respirai profondamente. Adesso lasci perdere la sensazione strana all’altezza dello stomaco, guardi che ore sono e ti avvii verso il punto di incontro, che quest’oggi sarà al cancello vicino alla palestra, dove –tra l’altro- vi eravate trovati tutti per andare alle nazionali. Potevo farcela. Sì. Potevo. Quasi a prendermi per il culo da sola, tirai fuori dalla tasca il mio cellulare e cercai la canzone che faceva proprio al caso mio in quel momento.
Eye of the tiger, dei Survivor. Mi alzai in piedi, cominciando a saltellare sul posto e simulare un incontro di pugilato. No, tutto ciò che stavo facendo non era lontanamente collegabile ad una persona sana di mente, ma mi aiutava a non pensare all’immotivata tensione che mi assaliva in ogni piccolo momento di cedimento mentale. Iniziai anche a cantare, visto che non mi sembrava abbastanza.
“Risin' up, back on the street.. Did my time, took my chances!” gancio destro, poi sinistro. Oh, quanta soddisfazione.
“Went the distance now I'm back on my feet. Just a man and his will to survive.” Continuai, interpretando la canzone come se l’avessi fatta io. Peccato non fossi molto intonata.
Lottai con l’aria per tutti i quattro minuti, cantando, accennando anche qualche passo di danza, poi finalmente guardai l’orologio. Perfetto, se non avessi corso per la strada, sarei arrivata in ritardo. Rimisi il cellulare in tasca, saltellai verso la camera per prendere borsa, soldi, fazzoletti, chewing-gum, addirittura una penna e altre cose che non mi sarebbero neanche servite, poi andai nell’ingresso, presi le chiavi, uscii e mi chiusi la porta alle spalle. Procedevo a passo spedito e ragionavo sul fatto che, fortunatamente, la mia auto-presa in giro aveva funzionato. Nascosi un sorriso divertito, giusto per non mostrarmi cretina pure agli altri, e camminai.
Dopo appena dieci minuti, presi un respiro profondo e svoltai l’ultimo angolo che mi nascondeva la visuale della piazzola solitamente deserta in cui si trovava il famigerato cancello. Notai immediatamente la figura di Kevin appoggiato su di esso, le braccia incrociate, la testa piegata in avanti, leggermente inclinata a sinistra, e i due occhi d’argento puntati sulle sue scarpe. Chissà da quanto aspettava..
Quasi avesse percepito la mia presenza, appena un secondo dopo alzò lo sguardo e il capo e sorrise. Ricambiai il gesto un po’ imbarazzata, continuando a dirigermi verso di lui. Mi fissava ad ogni passo, e desiderai sapere che cosa pensasse di me in quel momento, ma soprattutto sapere se grazie al ciondolo avevo recuperato quella piccola parvenza di fata che potevo avere grazie alla mia genetica. Mi sarei sentita più sicura e meno in ansia per un’eventuale caduta.
Per fortuna andò tutto bene e mi ritrovai in piedi davanti a lui, con le mani dietro la schiena, un sorriso da ebete sulla faccia e una risata dettata dal nervosismo pronta ad uscire. Mi schiarii la voce, dondolando un po’ “Ciao.”
“Ciao..” mormorò lui, con aria divertita. Non si scollava dal cancello e non diceva niente, mi stava prendendo in giro. Aggrottai la fronte.
“Se vuoi ridere fallo.” Dissi, indispettita. Fece come gli avevo concesso di fare, senza distogliere lo sguardo e mettendosi per bene, sostenuto solo dalle sue gambe. Posò le mani sui miei fianchi, mentre io lo guardavo un po’ offesa, poi mi baciò dolcemente sulle labbra e quasi non mi dimenticai pure di come si faceva a respirare. Ok, non sono più offesa.
“Scusa..” ridacchiò, sfiorando con il suo naso il mio. La dolcezza. Sospirai quasi sognante e gli circondai il collo con le mie braccia, istintivamente. Quel gesto, se possibile, lo fese sorridere ancora di più “Perché ti imbarazzi ancora?” chiese.
“E io che ne so? Poi mi fai pure queste domande..” borbottai, arrossendo e voltando la testa verso chissà cosa. Posò le sue labbra sulla mia guancia.
“Mi fai ridere quando fai così.” Continuò a sghignazzarmi sulla faccia, con quella sua risata bassa e decisamente distruttiva per il mio autocontrollo. Deglutii.
“Così come?” chiesi, guardandolo curiosa.
“Così. Ti vergogni, te lo faccio notare e ti imbronci, ancora più vergognosa di prima. E tutta rossa.” Spiegò. Gonfiai le guance, assecondando senza neanche rendermene conto ciò che mi aveva appena detto.
“Quante volte sarà successo? Due?”
“Di più, fidati.” Mi assicurò, accarezzandomi la schiena. Aggrottai ancora la fronte “Bene, allora con me ti divertirai, visto che lo fai apposta a mettermi a disagio.” Ribattei, facendo spallucce.
“Non mi sembri molto a disagio, sai?” disse, facendomi notare quanto fossimo appiccicati stringendomi ancora di più a lui “Oh, la mia verdurina è passata da zucchina a pomodoro.” Aggiunse ridacchiando. Mugolai, mettendo le mani sulle sue spalle e cercando di staccarmi, ma non me lo permise –e dentro di me esultai-.
“Dai, scherzavo. Sto zitto, sto zitto.” Rise, prima di baciarmi il mento. Possibile che dovesse baciarmi qualunque parte del viso, se non erano raggiungibili le labbra? Bene, bene.. Sorrisi soddisfatta, poi gli afferrai le mani e me le staccai dal corpo, cominciando ad indietreggiare. Lui mi guardava tranquillo, aspettando una mia mossa.
“Hai finito di prenderti gioco di me?” chiesi.
“Non mi prendo gioco di te.” Affermò lui convinto, alzando le sopracciglia.
“Bene, sappi che io lo farò. Hai voluto la guerra, fatina, ora ti sorbisci la vendetta di una donna umiliata.” Dissi con tono solenne, alzando in mento. Kevin fece un sorriso provocatorio, si avvicinò al mio viso e sussurrò “Non vedo l’ora.”
Se continuava in quel modo avrei perso miseramente. Feci finta di non avere il battito cardiaco accelerato e mi allontanai di nuovo, pronta per andare in giro per il paese.
 
Mano nella mano. Avevamo camminato tutto il tempo mano nella mano, ridendo come idioti e scherzando come una coppietta normale. Non mi ricordavo neanche che stavo vivendo in una realtà non mia, piena di esseri che avevo creato io stessa, come il ragazzo che mi faceva toccare il cielo con un dito, con tradizioni antiche quanto il mondo e comandamenti vecchio stile che rovinavano le vite delle specie e di chi gli stava accanto.
Sembrava tutto umano, forse perché proprio loro non sapevano ciò che le creature magiche conoscevano e perché quest’ultime nascondevano ciò che erano.
Pensavo a questo mentre io e Kevin stavamo seduti su una panchina in silenzio, troppo concentrati nel mangiare il gelato che avevamo fra le mani per parlare. C’era un’atmosfera tranquilla e rilassata, ci sfioravamo con le spalle ci lanciavamo occhiate, a volte nello stesso istante, per poi ritrovarci a sorridere come due grandi coglioni. Sapevo già che un giorno, quando avrei ripensato a ciò che facevamo insieme, avrei cominciato a burlarmi di me stessa da brava persona intelligente quale ero.
Quando finì il suo cono, prima di me, sospirò e si girò verso di me, sistemando il braccio sullo schienale della panchina. Sorrisi “Wow, addirittura senza sbadiglio. Sei avanti, Kevin.”
“Non ho bisogno di questi mezzucci, cara.” E mi diede un pizzicotto sul braccio con la mano che aveva sulla coscia. Sussultai e mi lamentai, ridendo “Certo.” Lo assecondai.
“Non mi provocare.”
“Non l’ho fatto.”
“Muoviti a finire il gelato, invece di criticare i miei spostamenti senza un secondo fine.”
Non dissi più niente finché non ebbi finito, poi lo guardai trionfante e in attesa che dicesse qualcosa. Lui mi fissava attento, senza una particolare espressione, come se fosse tornato ad una settimana prima. Sorrisi, giusto per mettere più azione in quel momento. Abbassò quindi il suo sguardo sulle mie labbra, prima di avvicinarsi e posarvi un bacio inizialmente lento, poi più profondo e passionale. Ricordati che è un luogo pubblico, Ruth. Il braccio sullo schienale mi aveva circondato le spalle e mi stringeva, costringendomi ad appoggiarmi a lui con il corpo.
Restammo a baciarci per minuti interi. Capii che il bello di essere fate era avere resistenza, anche per trattenere il respiro. Nonostante questo, quando ci separammo, avevamo il fiatone entrambi. Continuava a fissarmi con quei pezzi d’argento, mettendomi quasi soggezione. Quasi, perché non ci stavo capendo niente. Rincoglionimento totale.
Sospirò lentamente, ed io mi morsi il labbro inferiore “Tutto bene?” chiesi.
“Benissimo.” Sorrise, poi mi prese una mano, cominciando a giocare con le dita e a fissarle concentrato “Ti devo dire una cosa.” Mi informò, sembrando un bambino.
“Ehm.. Prima di dirla, devo preoccuparmi o..” non mi lasciò neanche finire di parlare, che mi rassicurò “Tranquilla. Niente di brutto.”
“Ok, dimmi..”
“Ecco.. Vedi..” si schiarì la voce “Le semi-fate, oltre ad essere frutto di quel cazzo di amore immorale, sono viste anche come creature con metà sangue umano e metà sangue magico. Vengono comunque considerate come esseri infiori, quindi..” si umettò le labbra, mi lanciò un’occhiata veloce, poi tornò a giocare “Quello che è successo lo sai meglio di me.. E sai anche che c’è un modo per far si che questa caccia alle semi-fate termini.”
“Mi stai per dire qual è?” domandai, sorpresa, nonostante lo sperassi. Lui annuì, quasi imbarazzato, e riprese a parlare “Per non esser considerato inferiore.. Deve dimostrare di non esserlo, e il modo per farlo è solamente uno, cioè..” si bloccò, arrossendo leggermente e abbassando ulteriormente la testa.
Tolsi la mano dalle sue e la posai su una sua guancia, per tirargli su il viso. Non ero impaziente, sapevo me l’avrebbe detto, ma quella pausa era stressante. Abbozzai un lieve sorriso per incoraggiarlo, immaginando dalla sua reazione che fosse difficile dirlo, almeno per lui. Divenne ancora più rosso, poi riuscì a parlare.
“Cioè.. fare innamorare di sé una fata.” Ah.
Rimasi con la bocca socchiusa per un po’, sempre con gli occhi nei suoi, e appena feci qualche ragionamento, probabilmente insensato, fui in grado di pronunciare almeno qualche parola “E tu sei una fata.” Ma brava, Ruth. Vuoi un applauso? Faccio un cartello per il pubblico, se vuoi.
Lui abbozzò un sorriso e annuì timidamente “E sono anche innamorato di te.”




Prima che me lo diciate, lo so. 
So che nel capitolo, alla fin fine, non succede proprio un bel niente, ma ammettetelo che ci sono dei punti carini.
Io ovviamente non ho una parte preferita. Mi piacciono tutte, altrimenti le avrei riscritte, però il finale.. Dai, che è la dolcezza. :')
Voi cosa ne dite? 
Domanda importante: vi è piaciuto?

Allora, vi anticipo che il prossimo capitolo sarà molto più corto, e qui sotto il calendario dei capitoli:
17° - 4 Giugno
18° - 8 Giugno
19° - 13 Giugno
Poi l'epilogo, forse il 18. u_u

Mamma mia, manca davvero poco. DIAMINE. POOOFFARBACCO. DANNAZIONE.
Grazie a tutti per il sostegno, non sto a ripetere le solite cose. :')

Un bacione

Maricuz

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17


“E sono anche innamorato di te.” Aveva detto.
L’aveva detto con un sorrisetto abbozzato, il volto rosso per l’imbarazzo, gli occhi incolore illuminati da una luce speranzosa. Era bellissimo, mi amava e mi aveva salvato la vita provando questo immenso sentimento per me. Un sorriso si disegnò spontaneo sulla mia faccia, senza che me ne rendessi conto. Gli afferrai il viso con entrambe le mani e mi lanciai su di lui, sbaciucchiandolo più e più volte contenta come una cretina. Cercò di fermarmi mentre ridacchiava del mio entusiasmo, e quando riuscì nel suo intento, mi morsi il labbro inferiore, un po’ imbarazzata.
Lui si schiarì la voce, si sistemò meglio sulla panchina e riprese a parlare “In conclusione.. Sei viva, lo resterai e sei degna dell’amore di una fata. Secondo le fate in generale.” Precisò infine “Cioè, secondo me non sei tu che devi esser degna del mio amore, ma il mio amore che deve esser degno di te. Poi è relativo, magari per t-” lo bloccai, chiamandolo per nome. Mi guardò “Dimmi.”
“Sei tutto rosso.” Gli feci notare, da vera stronza. Lui spalancò leggermente gli occhi e divenne bordeaux. Ghignai “Ok, questo era per vendicarmi di tutte le volte che me l’hai fatto notare tu. Un’altra cosa..” mi bloccai, giusto per vederlo scuotere la testa divertito dal mio comportamento infantile “Anche io sono innamorata di te.” Dissi velocemente, con non so quale coraggio. Il cuore mi batteva all’impazzata, tanto che credevo che Kevin potesse sentirlo.
Sorrise contento “Allora non ti dispiacerà se torno a baciarti, vero?”
“Pf, per niente.” Borbottai.
“Ottimo.”
“Perfetto.”
“Bene.”
“Benissimo!” esclamai, prima che iniziasse finalmente il bacio che aspettavo da ben tre secondi. Troppi, per resistere.
 
“Perché non lanci anche le margheritine, Ruth? Che hai fatto?” mi chiese Dianne mentre mi avviavo verso la mia camera con sguardo sognante e sorriso imbecille.
“Niente mamma, lascia stare!” solo che il ragazzo che amo mi ama e mi amerà per sempre, da brava fata quale è! Mi chiusi la porta alle spalle e sospirai, prima di lanciarmi sul letto e reprimere un urletto eccitato nel cuscino. Credo non si possa quantificare quanto fossi ridicola in quel momento e in quelli a seguire, visto che feci quella.. cosa per un minuto intero. Sentii una risata, che riconobbi immediatamente come quella di Brandon. Mi tirai immediatamente su.
“No, ma continua pure.” Mi canzonò, incitandomi a proseguire anche con un gesto della mano. Ero così felice da non aver nemmeno voglia di imbarazzarmi.
“Lo farei, ma se sei qui ci dev’essere un motivo.” Cambiamo argomento.
“Beh, diciamo di sì. Posso sedermi?” indicò il letto, ed io annuii con espressione ovvia. Quando mai mi aveva chiesto il permesso per fare qualcosa? Faceva cosa pareva a lui fin da quando non lo conoscevo, figurarsi. Si sistemò di fianco a me, con molta non-chalance. Io intanto lo guardavo, in attesa di sapere su cosa dovesse informarmi. Supposi fosse per la missione “Alexander”, ma non parlava, il biondo. Lo richiamai fingendo di tossire, e lui parve svegliarsi dallo stato ti estrema quiete in cui era caduto.
“Sì, scusa. Mi ero incantato. Non avevo mai visto quelle medaglie.” Fece un cenno col capo verso di loro e le guardai pure io.
“Sì, beh, saranno di pallavolo, immagino.”
“Credo anche io. Comunque…” ghignò furbo, voltandosi finalmente verso di me “A quando il matrimonio?”
Gli diedi una spallata, ridacchiando “Cretino.”
“E’ fatta.” Sorrise, stavolta sinceramente “Sei ufficialmente fuori pericolo adesso. Contenta?”
“Beh, sì, anche se credo che mi mancherà avere le mani di Florian sul collo che cercano di strozzarmi malamente, ma non posso lamentarmi.” Risposi, facendo spallucce e fingendomi davvero dispiaciuta per la perdita di tale esperienza. Indubbiamente avrei preferito non provare mai più una vicenda del genere.
“Ma come? Ti facevo un tipo avventuroso. Abbandoneresti persino me pur di avere un po’ di azione nella tua vita!” affermò deciso lui, molto teatralmente. Io scossi la testa “No, Brandon. Non ti abbandonerei mai, non esageriamo. Piuttosto rinuncio al pericolo costante.”
“Come sei dolce.” Dichiarò, inclinando la testa.
“Lo so, lo sono.”
Si batté le mani sulle cosce, per poi strofinarcele “Bando alle ciance. Sarò breve e conciso, non posso mettermi a fare il sentimentalista proprio adesso. Libereremo mio fratello e il giorno dopo ti riporterò nel tuo mondo.” Il mio sorriso si incrinò lentamente, fino a scomparire del tutto. Ecco, mancava davvero poco. Troppo poco. Ogni minuto che passava, realizzavo un po’ di più rispetto al minuto precedente, e la consapevolezza di dover abbandonare tutto mi faceva stringere lo stomaco.
“Dai, non mi fare quel faccino triste..” sospirò combattuto Brandon, buttando indietro la testa “Ascolta..” mi afferrò il mento con la mano in modo da non perdermi di vista neanche per sbaglio o per caso “Decidi tu quando liberare Alexander. Domani, tra due giorni, tra una settimana, tra un mese.” Disse “Decidi tu.” Ripeté, mormorando e alzando le sopracciglia.
“Non ce la faccio a decidere..” cercai di mantenere la voce ferma, ma invano, perché tremò lievemente. La mia espressione, almeno quella, rimaneva invariata.
Lui annuì, senza spostarsi “Lo so. Capisco. Vorresti posticipare il più possibile, ma sai che alla fine sarebbe solamente più complicato.” Bingo. Confermai le sue parole con un cenno della testa, e lui abbozzò un sorriso “Deciderei per te, ma penso non sarebbe giusto.”
Sospirai, chiudendo gli occhi e deglutendo. Stavano vincendo le lacrime in quel momento, e dovevo assolutamente combatterle “Una settimana.” Sussurrai, sempre a fatica. Riaprii gli occhi, fissando quelli neri e profondi del biondo, che stava allontanando la mano dal mio volto dopo avermi carezzato una guancia.
“Allora è deciso. Tra una settimana vi porterò alla cascata e il giorno dopo..” non terminò, tanto non sarebbe servito. Era chiaro. Annuii.
“Di chi altro serve il sangue?” domandai.
“Kevin. Ha pareggiato i conti amandoti.” Sorrise, probabilmente sapendo che quell’ultima frase mi avrebbe tirato immediatamente un po’ su il morale, e così fu. Gongolai, arrossendo leggermente “Ruth, piccola ragazzina innamorata, ti brillano gli occhi. Com’è ‘sta storia? Sei addirittura più rincoglionita del solito!” scoppiò a ridere. Qualcuno aveva scritto la legge “Prendete per il culo Ruth sui suoi cambiamenti di stato” senza dirmelo? Gesto carino. Potevano informare la diretta interessata, ma ok.
“Sfotti pure, ormai ci sto facendo l’abitudine.” Mi stesi sul letto e gli diedi le spalle, come solo una persona matura sa fare “Ah, e quando esci chiudi la porta!” aggiunsi.
“Quando mai ho usato la porta per uscire, slash, entrare?” chiese, continuando a divertirsi.
“Ecco, parliamone.” Tornai a guardarlo “Ti sembra normale che mi ritrovi esseri viventi in camera nel giro di un decimo di secondo?”
“Scusa, c’è davvero qualcosa che ti sembra normale, qui? Honey, sono un demone, tu una semi-fata, il tuo ragazzo una fata e la tua migliore amica un elfo. Forza, parliamone.”
“Oggi sei particolarmente snervante.” Borbottai.
“Non mi provocare solo perché ti ho presa in simpatia.” Mi suggerì, bonario, dandomi però un pizzicotto sul fianco. Saltai, lanciando un urlo. Non li sopportavo i pizzicotti.
“Ma non c’hai meglio da fare invece di rompere le palle a me?”
“Ehi, guarda che tra una settimana dovrai dire addio anche a me, perché non dovrei godermi gli ultimi momenti con la mia logorante vittima?” alzò un sopracciglio.
“Ci sono tanti modi per passare il tempo, mica devi per forza fare lo stronzo!”
“Ruth, se vuoi, come dire, approfondire il nostro rapporto..” sorrise maliziosamente, stendendosi su un fianco accanto a me. Mi stampai la mano sulla fronte, scuotendo la testa e mormorando una serie di “non è possibile” qua e là.
“La tua reazione mi fa sentire offeso!” protestò, con un sorriso divertito sulle labbra.
“Fa’ niente, ci rinuncio.” Risposi invece io, voltandomi di nuovo verso il muro. Ciao, muro! Sei più simpatico del tizio qui dietro, sai? Il ragazzo di cui stavo sparlando, non disse nient’altro. Restammo per un po’ in silenzio, io perché non avevo intenzione di iniziare un nuovo discorso, lui perché rimuginava su qualcosa. Quasi sentivo le sue rotelle arrugginite girare.
“Kevin non sa che te ne andrai così presto..” disse a bassa voce, quasi a non voler rovinare quel momento di quiete. Serrai le labbra.
“No, credo proprio di no..”
“Potresti girarti un attimo? Ti devo dire una cosa seria.” Feci quello che mi aveva detto e lo fissai, mentre incominciava subito a parlare “Conoscendoti, so che oltre che a te stessa penserai anche al dolore che potrebbero provare gli altri. Ecco, non preoccuparti di questo. Magari questo lo sai già, ma so che hai bisogno di sentirtelo dire di nuovo: Ruth rimarrà qui. Semplicemente, Ruth Evanson ha vissuto un mese in più dell’altra perché è venuto a passarlo in un'altra dimensione, nient’altro. Ruth Styles è sempre stata qui, e c’è anche adesso. Quando la Evanson andrà via, lei si ricorderà di queste parole. E Kevin, Yvone, Dorian, Dianne, Desmond ed io.. Non sentiremo la tua mancanza, perché effettivamente non ci sarà. E tu devi stare bene, adesso, perché se stai bene adesso, starai sempre bene. Te l’ho già detto ieri, dopo le premiazioni: sarà tutto più semplice quando ti sveglierai la mattina di Natale, e non ti sembreremo così importanti come ci consideri adesso.” Terminò, posando una mano sulla mia guancia per accarezzarla delicatamente. Chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi e non farmi prendere dalla tristezza.
Aveva ragione. Il dolore sarebbe durato poco, dovevo farmi forza.
“Ok.” Bisbigliai semplicemente, riprendendo a guardarlo. Lui sorrise incoraggiante, rimase immobile per qualche secondo, poi si tirò su e mi diede le spalle.
“E’ ora che vada.” Disse, sospirando “Ci vediamo prossimamente. Una settimana, ricordatelo.”
“Brandon..” lo chiamai, prima che se ne andasse. Si girò e attese “Dovrei dirlo agli altri?”
“No.” Rispose immediatamente “Secondo me, almeno. Penso sarebbe meglio tenerlo nascosto fino all’ultimo. I tuoi ultimi giorni qui saranno normali, non un addio prolungato..” spiegò, ed io annuii.
“Hai ragione.”
“Come sempre..” ghignò, poi scomparve.
 
Quella sera, stesa sul letto e coperta da un semplice lenzuolo, non riuscii ad addormentarmi se non un paio d’ore dopo essermi sistemata.
Avevo pensato tanto, forse troppo.
Come sarebbe stato tornare a casa? Svegliarsi, aprire i regali di Natale e fingere con tutte le persone che mi stavano attorno di non aver vissuto in un mondo magico, di non aver combattuto contro una specie che mi considerava un errore, di non aver mai provato un amore intenso come quello che stavo provando per Kevin, di non aver rischiato la vita più di una volta, di non aver avuto dei poteri magici, di non aver pianto perché arrabbiata con Brandon, di non esser stata sedotta da un incubo con cui poi ho stretto un solido rapporto d’amicizia. Più semplicemente: di non aver vissuto ciò che invece avevo vissuto.
Sarebbero state così tante le cose da fingere, così tante da nascondere.
Mi avrebbe creduto Grace, se le avessi raccontato tutto quello che avevo affrontato? Io stessa ci avrei creduto, se qualcuno me l’avesse raccontato prima che accadesse a me?
No, molto probabilmente no.
Non c’era assolutamente niente di credibile in quella realtà, persino il fatto che io fossi una delle giocatrici più forti della mia squadra non lo era, né tantomeno che ci fossero così tanti fighi tutti intorno a me, a prescindere dal fatto che nessuno di loro fosse umano. Su questo punto di vista una qualsiasi ragazza lo avrebbe considerato un paradiso, altroché.
E se così fosse stato anche per me, come avrei potuto abbandonarlo?
La mia realtà avrebbe saputo darmi le stesse emozioni di quella in cui ero in quel momento? E di più, ne avrebbe sapute dare? Sarei rimasta insoddisfatta da quello che avevo intorno?
No, stavo facendo quei pensieri perché la mia irrazionalità era in realtà di Ruth Styles, e non di Ruth Evanson.
Ruth Evanson sarebbe stata felice nel suo mondo, ed io mi addormentai proprio con questo pensiero nella mente.




Lo so, lo so.
E' più corto rispetto alle altre volte, ed è per questo che pubblicherò Venerdì, ovvero tra quattro giorni, invece che cinque! 
Beh.. Ecco qua. Anche questo capitolo un po' di passaggio. 
Vi assicuro che il prossimo sarà un po' più interessante, potete benissimo immaginare quale sarà il fatto principale. :)

Beh, che dire.. Grazie a tutti per il sostegno.
Siete davvero dei mostriciattoli coccolosi (?)

Ok, scusatemi, ma non sto troppo bene. Cioè, proprio fisicamente. Sto sclerando un po' per questo.
Basta, vi saluto e vi dico: alla prossima! :D

Un abbraccio

Maricuz

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18


I giorni erano passati fin troppo velocemente.
Avevo cercato di non pensare al momento in cui avrei dovuto lasciare tutti, vedendola semplicemente come la fine di una grande avventura e l’inizio di un’altra, nel mondo reale. In fondo quello che volevo l’avevo avuto, cioè vivere nei panni di me stessa ma in condizioni completamente diverse, con magia intorno e vari personaggi fantastici. Iniziavo a ritenermi più fortunata che altro, ma ero consapevole che avrei pianto come un’idiota nel momento in cui avrei guardato tutti gli altri in faccia.
Comunque, avevo trovato un ottimo modo per non pensare troppo, ovvero non stare mai sola. Tra Kevin, Yvone, Brandon o Desmond –che per fortuna avevo visto di nuovo- ero stata sempre in compagnia. Gli unici due a conoscenza della mia partenza, se così si poteva definire, non avevano più tirato fuori l’argomento del momento, e di questo ero grata loro profondamente. Altrimenti, tanto valeva rimanere a rimuginare senza nessuno attorno.
In quella settimana non avevo fatto niente di troppo particolare, tranne per il fatto che Kevin mi aveva aiutato ad imparare ad usare un po’ dei miei poteri. Non avevo mai avuto modo di affinare la mia tecnica, inesistente, per cui ne approfittavo per essere più fata e per stare insieme a lui. Inutile dire che ogni giorno passato con lui, ogni bacio, ogni sguardo, ogni contatto, aumentava il sentimento che provavamo entrambi nei confronti dell’altro.
E in quel momento, nel letto, pensavo a quanto mi sarebbero mancati quegli attimi, con qualsiasi irrazionalità mi ritrovassi nella mente, e che il giorno seguente avrei salvato il fratello di Brandon.
 
“Ruth..” mi sentii scuotere la spalla da qualcuno. Chiunque sia stato colui che osava disturbare il mio sonno, lo stavo odiando.
“Andiamo, honey, non abbiamo tutta l’eternità.. Oh, aspetta. Io sì.” Sghignazzò il nemico del mio letargo. Mi lamentai mugolando per due motivi: punto primo, mi aveva chiamata come faceva sempre Brandon e non andava affatto bene, punto secondo, stavo dormendo, perché cavolo rompeva le scatole? Un borbottio, poi un’altra scrollata. Basta.
“Fottiti.” Mugugnai. Tra l’altro era l’unica cosa che riuscivo a dire. Eppure dentro di me ne stavo pensando veramente tantissime.
“Gentile pure mentre dorme, ‘sta ragazza..” se ne uscì sarcastico “Ruth, dai, non ho più voglia.”
“Mmmh..” Le risposte intelligenti facevano parte della mia persona.
“Oh Cristo! Kevin, cosa ci fai nudo in camera di Ruth?” urlò, facendomi spalancare gli occhi e tirare su a sedere come una molla. Mi guardai intorno velocemente, ma vidi solo Brandon con espressione scandalizzata “Incredibile, non si ha più pudore.” Continuò.
Lo guardai, con espressione confusa. Lui scoppiò a ridere “Ah, Ruth. Sei una pervertita. Ma ancora non l’avete fatto?” chiese, tra le risate.
“Cosa?”
“Shopping, honey. Shopping.” Scosse la testa “Non avete fatto.. ehm.. fiki fiki?” lo guardai dubbiosa.
“Ti vergogni a dirlo, Brandon?”
“Non volevo essere volgare, non mi vergogno di certo.” Si difese immediatamente. Annuii. Ci sto credendo.
“Ok.. Comunque no, ho sedici anni e stiamo insieme da poco. E buongiorno.”
“Buongiorno. Sto cercando di svegliarti da circa venti minuti, e non scherzo. Forza, preparati, lavati, mangia, vestiti, se preferisci vieni nuda, comunque tra mezz’ora ti voglio qui fuori. Chiaro?”
“Cristallino..” sbadigliai.
“Perfetto.” Si voltò per andare alla finestra, ma si rigirò all’ultimo momento “Muoviti.” Ribadì, poi scomparve. Scossi il capo. Tutto quel movimento, appena svegliata, non mi faceva affatto bene. Per fortuna avevo dalla mia parte il ciondolo, che mi dava la forza. Più velocemente che potei, mi preparai e volai giù per strada, letteralmente. Ecco una cosa che mi aveva insegnato Kevin. Appena atterrai, me lo ritrovai davanti e con un sorriso orgoglioso sul viso.
“Complimenti, hai eseguito tutto a dovere..”
“Ehm.. Grazie.” Ero leggermente spiazzata, per essermelo ritrovato già lì, in attesa di partire per la missione. Parve notarlo, perché aggrottò lievemente la fronte “Tutto ok?”
“Sì, sì, solo che non mi aspettavo di vederti qui.”
“Faccio parte anche io del salvataggio.”
“Eh, ma io intendevo qui,” indicai il marciapiede “adesso, in questo esatto momento. Mi sarei aspettata di più un tuo arrivo da lì, che ti vedevo girare l’angolo” distolsi lo sguardo immaginandomi meglio la scena “avvicinarti verso di noi, sorridendo, per poi afferrarmi i fianchi come fai sempre e..”
“Ruth, stai fantasticando su una persona e glielo stai dicendo dal vivo e in faccia.” Brandon rovinò quell’epico momento e mi fece render conto che, ahimè, aveva pure ragione. Arrossii immediatamente e iniziai a borbottare, mentre Kevin cercava in tutti i modi di non ridere, pure baciandomi. Oh, avrei assunto un giullare e un cecchino. Il giullare avrebbe detto le sue stronzate, il cecchino l’avrebbe ucciso se Kevin avesse riso. Ed io? Io sarei stata lì a sopprimere ogni sua risata. Sì, sì! Avrebbe funzionato.
“Cazzo!” sbottai finemente, stampandomi una mano sulla faccia.
“Cosa?” chiesero entrambi, il biondo quasi scocciato e l’altro con gli occhi lucidi dal divertimento di poco prima.
“Niente, niente.. Andiamo.” Mormorai, strofinandomi gli occhi. Va tutto bene, Ruth. Non stai diventando una maniaca.
“Ok, adesso io schioccherò le dita e ci ritroveremo davanti alle cascate.” Spalancai gli occhi alla spiegazione di Brandon, lui quindi mi guardò alzando un sopracciglio “Ti aspettavi di prendere un treno e poi l’autobus? Non è meta turistica, mi dispiace. E comunque come mezzo di trasporto sono più funzionale, più veloce e meno inquinante degli altri.”
“Ti stai paragonando a delle macchine?”
“Ti stavi facendo un film mentale con il tuo ragazzo?” mi rinfacciò “Vivitelo! Ah, le nuove generazioni..”
“Ok,” Kevin fece terminare quel momento di prese per il culo reciproche, anche perché molto probabilmente avrebbe cominciato a ridere ripensando alle mie imbarazzanti affermazioni di poco prima “andiamo allora.”
“Andiamo, allora.” Ripeté Brandon, d’accordo con lui. Uno schiocco di dita.
 
“Mi viene da vomitare.”
“Non è colpa mia se hai lo stomaco delicato. Cristo, Ruth, sei particolarmente rompicoglioni oggi, hai dormito male?”
“No, non ho dormito male, ma un vecchio decrepito mi ha praticamente buttata giù dal letto.”
“Vecchio posso anche accettarlo, ma decrepito non mi sembra proprio. Ma possibile che mi devi incolpare per qualsiasi cosa? Prima che tu me lo chieda, non sono stato io ad uccidere il gatto della tua vicina.”
“La mia vicina non ha nessun gatto.”
“Mi stai prendendo in giro, vero?”
“Senza offesa, ma state attentando al mio autocontrollo e vi state comportando da bambini.” Per la seconda volta in circa cinque minuti, il mio ragazzo mise fine ai battibecchi fra me e Brandon, quel giorno più frequenti del solito. Sbuffai, gonfiando le guance “Ha iniziato lui.”
Cosa? Che colpa e ho io se hai mangiato jogurt scaduto a colazione? E mi riferisco sia alla tua voglia di vomitare che alla tua acidità.”
“L’unica cosa scaduta con cui sono stata a contatto sei tu.”
“Ragazzi..”
“Scaduto io? Non ho una scadenza. Sono immortale, ignorante.”
“Ignorante? Io sarei ignorante? Senti da che pulpito viene la predica! Se io sono ignorante, sappi che tu se-”
BASTA, PER FAVORE!” dopo l’urlo di Kevin, non volò più una mosca.
Stavamo camminando in una specie di foresta e neanche me ne ero resa conto, troppo presa dal litigio con Brandon, e proprio i quel momento ci eravamo fermati di fronte ad una specie di laghetto, dove in fondo c’era l’imponente presenza di una cascata. Presi a guardarmi intorno, incantata da quella location tipicamente fantasy. Notai che il moro aveva la mia stessa espressione, mentre l’altro.. L’altro fissava insistentemente quel flusso d’acqua che cadeva verso il basso con uno sguardo strano: trepidante, ansioso, sollevato, felice. Un misto di emozioni che gli avevo mai visto tutte in una volta. Sembrava umano.
“Come oltrepassiamo la cascata?” chiesi, dopo un po’.
“Ti preoccupi di ‘ste stronzate?”
“Scusami se io sono solo una semi-fata e non ho i tuoi poteri!” ribattei indispettita.
“Non ricominciate..” cantilenò Kevin, che si guardava ancora intorno.
“Forza, grande mago. Apri un varco e facci entrare.”
“Che mi hai preso, per un portinaio?” se ne uscì, per poi ridacchiare da solo. Cominciò a complimentarsi sotto il mio sguardo allibito e quello compiaciuto di Kevin, che evidentemente aveva apprezzato la battuta, poi tornò serio per concentrarsi e fare il suo dovere. Alleluia. Come se ci fosse stato qualcosa in cima a bloccare l’ascesa dell’acqua, si crearono due flussi che crearono a loro volta un’apertura che dava su una grotta. Fu il primo ad arrivare lì, col suo fantastico teletrasporto, mentre io e il mio ragazzo lo seguimmo volando.
Tornai a toccare il terreno e diedi una pacca sulla spalla a Brandon “Bravo, Mosè. Ora?”
“Ora, come vedi, c’è un corridoio solo. Indovina, indovinello: quale strada prederemo?” chiese sarcasticamente, lanciandomi un’occhiataccia “Ma che razza di domande fai?”
“Ancora?!” Scoppiò esasperato Kevin “Ma che avete?”
Sbuffammo entrambi e cominciammo a camminare, sempre più nell’oscurità “Mh.. Carino il posto. Illuminato, soprattutto.”
“Senti, Kuzko, mi hai preso per una lucciola? Toh, eccoti la luce.” Il biondo mi accontentò e il percorso si fece più distinguibile.
“Grazie.”
“Prego.” Borbottò.
Camminammo per un minuto, poi sentii la soave voce di Kevin alla mia destra “Brandon, ma tu l’hai più visto tuo fratello?”
“Cioè?” chiese lui, guardando davanti a sé.
“Cioè.. Sei mai tornato qui, dopo che è stato rinchiuso?”
“Un po’ di volte, all’inizio, poi ho smesso perché non riuscivo più a guardarlo senza poter fare niente, così mi sono messo d’impegno per trovare una soluzione a tutto.” Si fermò, poi ghignò “Mio fratello è troppo socievole per stare lì dentro da solo.”
Poco dopo, ci ritrovammo davanti a delle sbarre di ferro, che dividevano il resto del corridoio dalla parte finale. Ci fermammo, in silenzio e con gli occhi fissi sulla figura stesa a terra, supina, con un braccio davanti agli occhi e praticamente nuda, se non per uno straccio intorno al suo bacino. Deglutii, inquietata dalla completa mancanza di qualsiasi cosa in quella sottospecie di cella, a disagio per la semi-nudità del più che centenario ragazzo sul pavimento e incuriosita dal suo stesso corpo sporco e dai capelli biondi, esattamente come quelli di Brandon.
“Fratellino..” sospirò Alexander, ancora con gli occhi coperti “Era tanto che non ti facevi vedere.”
Il diretto interessato fece un paio di passi in avanti, poi afferrò con le mani due sbarre e si appoggiò ai suoi polsi con la fronte, quasi stanco “Lo so. Offeso?”
“Annoiato.” Specificò tranquillo, togliendo finalmente il braccio dal viso e tirandosi su a sedere, permettendoci di vederlo in faccia. Sì, erano decisamente simili. Anche gli occhi erano gli stessi, l’uniche differenze erano nei tratti, più marcati di quelli del fratello minore. Rimaneva comunque bellissimo “Come mai di ritorno?” domandò, ma non rinfacciandogli la sua assenza fino a quel momento, semplicemente curioso di sapere cosa l’avesse portato lì. Spostò i suoi pozzi neri su me e Kevin, osservandoci, sempre con quella strana vivacità nello sguardo “Tuoi amici?”
“Nah, una ragazzina acida e il suo ragazzo.” Rispose, facendo spallucce. Alexander tornò a fissarlo, con un sorrisetto divertito che cercava di nascondere la risata che spingeva per uscire. Lo stava prendendo in giro. Ok, mi stava simpatico.
“Capisco.” Affermò, annuendo lievemente “E la ragazzina acida e il suo ragazzo perché sono qui?”
“La ragazzina acida è figlia di una fata e di un’umana.” Lo informò Brandon, staccandosi dalle sbarre “E lui è una fata.”
Il maggiore spalancò gli occhi e alzò le sopracciglia, mostrando la sua sorpresa “Ah!”
“Già. Ah.” Annuì il suo interlocutore. Io mi schiarii piano la voce, nervosa, e sentii Kevin afferrarmi la mano come per tranquillizzarmi. Fortunatamente, ci riuscì.
“E li hai portati qui perché.. si amano?”
“Esattamente.” Sorrise soddisfatto, poi si avvicinò ad una parete con una sporgenza. Sopra di essa, una cavità con qualche simbolo strano intorno “E’ qui che va il sangue?”
“S.. Sì ma..” Alexander si alzò di scatto e si precipitò verso le barre della cella, dalla parte in cui era il fratello “Vuoi liberarmi?”
“No, macché. Volevo solo invitarti al loro matrimonio.” Roteò gli occhi, poi si girò verso di lui “E’ ovvio che voglio liberarti, Alex. E’ quello che cerco di fare da secoli, perché sei così stupito?”
“Pensavo.. Boh, che ne so. Mi ero quasi abituato.”
“Tu sei completamente andato. Ti fa male la solitudine, dammi retta.” Scosse il capo “Sii consapevole che pure se ti trovi bene qui, me ne fotto altamente e ti libero lo stesso.”
“No, no. Fai pure. Ma loro sono d’accordo?”
“Certo che sono d’accordo, devono essere d’accordo.”
“Ma non sanno neanche chi sono! Perché dovrebbero farsi ferire per uno che..”
“Che si è innamorato di una persona ritenuta sbagliata dagli altri?” Brandon alzò le sopracciglia, completando il discorso per lui “Alex, sono cambiati i tempi, le persone intanto si sono fatte più altruiste e meno ottuse e tradizionaliste. Non a caso il tasso di amori considerati immorali sta aumentando, ho visto dei sondaggi interessanti.” Esistevano? Figo. “E comunque li ho aiutati per un’altra storia, anche se dubito che avrebbero rifiutato di liberarti..”
Il biondo più grande sospirò “Va bene, allora..” Brandon ci fece un cenno con la mano per avvicinarci, ma subito dopo la voce di Alexander “No, aspetta!”
“Cosa c’è adesso?” si lamentò l’altro fratello.
“Voglio prima conoscerli!”
“Alex, non ci devi scopare!”
“Voglio conoscere chi mi libererà dall’eterna prigionia, se permetti! Accidenti, come sei diventato scorbutico.” Borbottò infine, ed io non seppi fare altro se non dargli mentalmente ragione. Certo, non sapevo come fosse prima, ma che adesso fosse intrattabile lo sapevo bene. Guardai Kevin, che se ne stava di fianco a me in tutta calma a godersi il siparietto familiare, poi lanciai un’occhiata agli altri due, che ci fissavano. Deglutii ancora.
“Come vi chiamate?”
“Lui è Ke-”
“Non ho chiesto a te, egocentrico.” Sentii uno sbuffo, poi la risposta di Kevin.
“Io sono Kevin, lei è Ruth”
“E quanti anni avete?”
“Sedici e diciassette.”
“Che carini.” Ridacchiò Alexander, facendoci arrossire entrambi come due poveri idioti “Mi raccontate un po’ della vostra storia?”
“Seh, facciamo notte.” Tornò all’attacco Brandon “Dai, prima ti liberiamo, poi parlate quanto vi pare. Magari ti do anche qualcosa da metterti, visto che sei nudo. Non hai freddo? Anzi, non ti vergogni?”
“Brandon, non avevo nessuno con cui vergognarmi, e poi di cosa? E no, non ho freddo. Sto bene.”
“Ok, ok. Fatto sta che un paio di jeans ti farebbero comodo.”
“Un paio di che?”
“Niente, te lo spiegherò.” Sventolò una mano per aria “Dai, venite qui.”
Ci avvicinammo a lui, inizialmente incerti, e guardammo la lama magicamente comparsa nella mano destra di Brandon. Un po’ impaurita, respirai profondamente, affiancandomi maggiormente al moro.
“Quanto sangue serve?” chiesi.
“Oh, che bella voce che hai, Ruth!” esclamò sorridendo candido Alexander, sentendola per la prima volta. Abbozzai un sorriso per ringraziarlo, poi diedi attenzione a Brandon, che mi stava rispondendo studiando attentamente la cavità “Devo riempire questo buco con il sangue di entrambi. Non sembra molto.. Vedo di limitarvi il dolore, comunque.”
Dopo l’ennesima e profonda analisi, sospirò e ci guardò “Porgetemi le mani.”




Buon Pomeriggio! :D
Spero con tutto il cuore che siate della mia stessa idea, perchè.. Io ho amato questo capitolo.
Vi prego di dirmi cosa ne pensate e, più in particolare, cosa ne pensate di Alexander. :3

Il prossimo (ed ultimo) capitolo è in programma per il 13 Giugno. :)
Preparatevi, davvero, perchè io scrivendolo mi sono quasi commossa.
Epilogo, poi, penso proprio che sarà pubblicat il 18!

Grazie a tutti per il solito sostegno, davvero non finirò mai di ringraziarvi.
Siete.. speciali. :')

Alla prossima!!

Maricuz 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19


Ci aveva tagliato il palmo, facendo cadere il sangue proprio nella cavità della sporgenza della parete. Una leggera fitta di dolore, ma a parte quella nient’altro. Ci aveva subito guarito le ferite, poi aveva cominciato a dire delle parole in una strana lingua, mentre Alexander guardava con aria seria e attenta tutto ciò che stava facendo. C’era stata un’improvvisa folata di vento, che mi aveva fatto rabbrividire, poi un suono stridulo. Le barre di ferro si stavano ritirando lentamente, sotto lo sguardo sorpreso ma consapevole di tutti noi.
Quando eravamo tornati indietro, con Alexander, avevamo davvero passato il tempo raccontandogli la nostra storia. Non avevamo parlato del fatto che sarei partita il giorno seguente, però, data la presenza di Kevin. Non ce la facevo a dirglielo, e Brandon l’aveva capito e mi aveva assecondata, per fortuna. In ogni caso, sapevo che sospettava. Le due missioni in programma per me erano state completate con successo, non restava altro che tornare nella mia realtà, e lui ne era a conoscenza.
Io, invece, ero a conoscenza che stava per iniziare la parte peggiore dell’addio: l’inizio.
E mi rassicuravo da sola, ripetendomi che loro non avrebbero sentito la mia mancanza, ed io non avrei sofferto come stavo facendo in quel momento, una volta tornata nel mio mondo. Mi ribadivo sempre le solite cose, le stesse parole che in quella settimana mi ero detta in ogni momento in cui mi ritrovavo a pensare a quel punto della storia dopo il quale, nei fogli che mi avrebbe lasciato Brandon nel cassetto, ci sarebbe stata la scritta “The End”.
Ma la sera precedente aquel punto, bagnai il cuscino con delle lacrime silenziose, nonostante tutto.
 
“Tesoro..” una voce bassa, leggermente incrinata “Tesoro, svegliati..”
Mugolai qualcosa in risposta, muovendomi sul letto, ma una mano delicata mi accarezzò il viso, facendomi aprire gli occhi. Era Dianne, e aveva gli occhi leggermente lucidi “Amore, preparati e scendi in salotto, ok?”
Non ebbi la forza di replicare, sia perché mi ero appena svegliata che per il fatto che sapevo cosa dovevo fare quel giorno. Lei uscì, per lasciarmi il tempo e lo spazio per fare ciò che avessi da fare, e non appena lo feci, aprii la porta della mia camera.
Sia mia madre che mio padre erano lì fuori, in attesa. Li guardai per qualche secondo, senza dire una parola, poi abbozzai un sorriso “Beh.. Che si dice in questi casi?”
“Forse è meglio non dir niente, mh?” propose Dorian, abbassando per un attimo lo sguardo. Annuii, trovandomi d’accordo, così mi avvicinai semplicemente per abbracciarli entrambi e stringerli a me.
“Ci dispiace di averti fatto passare le pene dell’inferno, quando in realtà non c’entravi niente.” Disse Dianne, quasi singhiozzando.
“E’ finito tutto, e tutto è finito bene.” La rassicurai, baciandola su una guancia “Grazie.” Mormorai, non so neanche il perché. Sentivo il bisogno di dirlo, e l’avevo fatto. Entrambi fecero un sorriso tirato, commosso, triste. Tirai su col naso, alzai il mento per mostrarmi forte e li salutai con un gesto della mano “Ciao.”
Mi voltai, stringendo i denti per non piangere. Ero solo all’inizio dell’inizio, dovevo ancora arrivare in salotto. Quando lo feci, mi si bloccò il respiro. C’erano tutti: Kevin, Yvone, Brandon, Desmond e persino Alexander. Non li guardai negli occhi uno dopo l’altro, non ci riuscii. Allargai le braccia e le lasciai andare di nuovo, aspettando che qualcuno parlasse. Nessuno si decideva a farlo, ed io stavo quasi per cedere. Sentivo un peso opprimente sul petto, un nodo enorme nella gola.
Proprio Alexander, il più inaspettato e per questo il più probabile, si avvicinò a me sorridendo tranquillo, forse nascondendo un lieve dispiacere che però era sicuramente più debole rispetto a quello degli altri. Prese un respiro, trattenendosi per non ridacchiare a disagio, e parlò “Beh, io non posso fare altro che ringraziarti, sia per il fatto che tu abbia partecipato alla realizzazione della mia liberazione, che per quello che hai dovuto fare per arrivare a ciò, nonostante tu non sapessi niente. Mi dispiace che tu sia stata costretta a tutto questo, per me.”
Sorrisi, apprezzando le sue parole sincere e spontanee, esattamente come lui, a quanto mi era parso di capire “Non dispiacerti.”
“Mi assolvi, quindi?”
“Ti assolvo.” Risi, liberandomi di una piccola percentuale di peso che si trasferì direttamente nei miei occhi, sottoforma di lacrime, che trattenni. Alexander fece un breve ed elegante inchino, sempre con il sorriso disegnato perfettamente sul suo bel volto, poi si scansò per fare spazio a qualcun altro: Yvone.
Si attaccò immediatamente a me, stringendomi come non aveva mai fatto e bagnandomi la maglietta “No, dai, non piangere..” mi lamentai, con la voce incrinata. Non doveva assolutamente farlo, non ne aveva motivo. L’unica ad averlo ero io, seriamente, e stavo cercando di frenarmi, ma se tutti mi guardavano in quel modo non potevo riuscirci, era impossibile, lo era per me.
Mi strinse ancora di più e cominciò a singhiozzare “Non voglio che tu te ne vada..”
“Yvone, io non me ne vado, rimango qui..”
“Ruth Styles rimarrà, non Ruth Evanson.” Ridacchiai.
“Siamo la stessa cosa.”
“No!” gridò, lamentandosi come una bambina. Sospirai, tentando di mantenere l’autocontrollo rimasto.
“Sì..” mormorai, chiudendo gli occhi.
“Ruth..”
“Mh..”
“Ti voglio bene, ricordatelo. In qualunque mondo tu vada, ricordati di me, ricordati che ti volevo bene.”
“Mi ricorderò tantissime cose di te, Yvone.” Mi morsi il labbro, prima di iniziare con la lista “Mi ricorderò di quando il primo giorno mi sei venuta incontro dicendomi che ero strana, mentre sostenevo che tu mi prendessi per il culo perché non ti chiamavi Grace. Mi ricorderò di tutte le spiegazioni sulla vita di Ruth di cui io non ero a conoscenza, che mi hanno permesso di passare inosservata tra le altre persone, quelle umane. Mi ricorderò di ogni chiamata, di ogni conversazione fatta per cercare di scoprire cosa mi fosse successo, chi mi avesse portato qui, perché l’avesse fatto.. Ma soprattutto per avermi aiutato ad arrivare alla soluzione del dilemma cosa-diamine-è-Ruth. Ricorderò ogni singola cosa, te lo prometto.” E avevo cominciato a piangere anche io. La diga si era aperta, non avrei più smesso, già lo sapevo.
“Prometti..?”
“Prometto, Yvone. Prometto.” Ripetei, affondando il viso tra il suo collo e la sua spalla.
Restammo in quella posizione per minuti interi, senza ovviamente riuscire a fermare le lacrime che continuavano a scorrere copiose sul viso di entrambe. Quando trovammo la forza di staccarci, le sorrisi incoraggiante, mentre mi passavo una mano sulla guancia, giusto per tentare l’impossibile. Lei si sedette sul divano, mettendosi la testa fra le mani, coprendosi quelle sue fantastiche orecchie da elfo. La guardai per un po’, mentre cercava di calmarsi, ma poi mi accorsi di una presenza vicino a me. Mi voltai, per ritrovarmi davanti Desmond, con il viso imbronciato.
“Io.. Te l’ho detto una settimana fa che sei stata importante, per me.” Disse semplicemente, facendo spallucce e mostrandosi più tranquillo di quanto fosse. Annuii, senza aggiungere altro, ma sentendo il forte bisogno di abbracciarlo. Lo feci, e se all’inizio rimase immobile, dopo ricambiò la stretta con decisione, tremando lievemente. Se avesse iniziato anche lui, avrei potuto andarmene immediatamente. Come potevo sopportare tutto quello che stavo provando?
“Grazie per avermi fatto le soffiate.” Riuscii a dire, tra un singhiozzo e l’altro.
“Perché l’hai detto? Ora Brandon mi ammazza.” Ridacchiai un po’, apprezzando quel suo tentativo di sdrammatizzazione.
“Grazie..” sussurrai di nuovo. Strinse di più, senza dire niente. Ripresi a parlare “Scusami ancora per la scorsa settimana, per quando ti hanno picchiato a sangue.”
“Di nuovo? Quante volte ti devo dire che non hai colpe?”
“Un’ultima volta, per favore..” mugolai. Il silenzio, poi il suo petto che si alza di più rispetto alle altre volte, per via di un respiro profondo.
“Non hai colpe, Ruth.” Soffiò, tremante. Mi baciò i capelli, con quei suoi occhi gialli persi nel vuoto. Quell’immagine sarebbe sempre stata impressa nella  mia mente. Fece un passo indietro, guardandomi e trattenendo le lacrime, mordendosi il labbro. Non piangere, Desmond. Non farlo, per favore.
Cercai disperatamente di asciugarmi il viso senza vedere nessuno, con le braccia, con le mani, ma non facevo in tempo. Altre lacrime prendevano a scorrere, sempre di più. Sapevo chi avrei dovuto salutare proprio in quel momento, e non riuscivo a riaprire gli occhi per guardarlo. Stavo male, stavo dannatamente male. Mi coprivo il viso, combattendo contro il mio stesso corpo per non piegarmi al dolore che avevo agli addominali a causa dei singhiozzi. Non ce la facevo più. Il nodo alla gola era diventato qualcosa di enorme, che non mi faceva respirare, che mi faceva credere che tutta quella sofferenza sarebbe sempre e solamente peggiorata.
Poi mi sentii circondare le spalle da delle braccia, la fronte appoggiarsi su un petto, scosso continuamente da dei singulti, e un mento sopra la testa. Spostai le braccia, afferrandogli con le mani la maglietta, stritolandola, sfogandomi in quel modo, mentre lui mi stringeva a sé senza permettermi movimenti troppo grandi. Mi sentivo morire.
Mi sentivo morire perché lo amavo da impazzire. Forse era quel mondo magico dannatamente reale, forse quella percentuale di sangue fatato nelle mie vene, ma il mio amore per lui era un qualcosa che non era contenibile in un semplice corpo e l’idea della nostra separazione era come un centinaio di coltellate in pieno petto.
Si allontanò leggermente, per afferrarmi il viso con le mani tremolanti e far incontrare i nostri occhi bagnati dalle gocce del pianto. Quegli occhi incolore, che avevo conosciuto come inespressivi, stavano male. Così tanto male che sarei riuscita a percepire quel dolore con una semplice occhiata fugace e casuale. Mi stavano chiedendo di restare, mi stavano dicendo quanto Kevin tenesse a me, mi stavano supplicando.
“Ruth..” mormorò, facendo una smorfia così straziante da farmi tremare ancora di più.
Mugolai, non riuscendo a dire altro e scrutando il suo viso, cercando di memorizzare ogni tratto, anche quelli già memorizzati.
“Ti amo.” Mi ritrovai a dire, senza neanche rendermene conto. Non riuscivo a trattenere più niente, dentro di me. Niente.
“Te ne vai, Ruth..” soffiò, scuotendo la testa “Non.. Non sarai tu.”
“No, Kevin. Ti sbagli.” Rassicuralo, Ruth. Non farlo piangere. Ripetigli come stanno le cose, ripetigli che non sentirà la tua mancanza. Fallo stare bene, starai meglio anche tu. E’ più facile andarsene se sai che gli altri staranno bene “Ruth è sempre stata qui, non se ne andrà con me. Siamo la stessa persona, solo che fino adesso.. Eravamo in due nello stesso corpo, fuse insieme.”
“E se non mi amasse, lei?”
“Parli come se non fossi io..” ridacchiai, per quanto riuscissi a farlo “Lo faceva anche prima del mio arrivo.”
Non disse più niente, probabilmente pensando alle mie parole. Mi accarezzava le guance con un movimento circolare del pollice, poi si tuffò sulle mie labbra, disperato. Ricambiai quel bacio, quell’ultimo bacio, piangendo sempre di più, se possibile. Alzai le mani per afferrargli i polsi, per esser sicura che non si sarebbe allontanato troppo presto.
Quando il momento arrivò, appoggiò la fronte sulla mia, come faceva sempre “Ti amo. Ti amo da morire. Ruth Evanson, ovunque tu stia per andare, sappi che ti amo e che ti amerò per sempre. Te lo giuro. Sai che è vero. Non te lo dimenticare, per.. per favore..” chiuse gli occhi, lasciandosi andare al pianto, davanti a me, senza nessuna vergogna, senza nessuna esitazione.
“Non lo dimenticherò, ma ti prego, smettila.” Lo supplicai, aumentando per un momento la stretta sui suoi polsi.
“Non ci riesco.” Gemette, sofferente.
“Sai che rimango, perché fai così?”
“Non lo so, Ruth. Ho paura. Ho una fottuta paura di perderti davvero.”
“Non ti mentirei mai, Kevin. Ruth Styles, la Ruth che ti ama e che ami rimarrà qui, con te.” Ripetei per la miliardesima volta, cercando in tutti i modi di calmarlo “Non.. Non ce la faccio ad andarmene mentre piangi, non quando potresti evitare di farlo.”
“Sono uno stupido egoista.” Si lamentò, tornando ad abbracciarmi e affondando il viso nell’incavo del mio collo, esattamente come un bambino fa quando è alla ricerca di conforto.
“Non lo sei.” Gli passai una mano fra i capelli, cercando di respirare profondamente e smettere io stessa di versar lacrime. Magari se avessi smesso io, avrebbero smesso anche tutti gli altri.
“Sì. L’unica che ha motivo di star male sei tu, Ruth Evanson, mentre io sto piangendo perché ho paura di una cosa che non accadrà.”
“Tu starai bene, Kevin.” Dissi, convintissima delle mie parole. Lui si scostò e mi guardò negli occhi.
“Ma tu? Tu come starai quando ti sveglierai nel tuo mondo? E se anche con la tua irrazionalità soffrissi? Se soffrissi, cosa potrei fare io? Non me ne fotte un cazzo se sei Ruth Evanson o Ruth Styles, rimani Ruth. E ti amo, Ruth. Ti amo, e non potrei fare niente per farti stare bene.”
“Starò bene, Kevin..” mi morsi il labbro inferiore, provando ad esser convinta delle mie parole.
“Questa non è una certezza.” Tirò su col naso “Promettimi che cercherai di essere felice.”
“Te lo prometto.”
“Promettimi che ti ricorderai tutto questo.”
“Te lo prometto.”
“Ok..” soffiò, allontanandosi leggermente “Addio, allora.” Fece una fatica enorme per dire quella parola, lo avevo visto abbassare per un breve momento lo sguardo.
Inspirai profondamente, e con passo veloce e deciso mia avvicinai a Brandon, che mi stava aspettando in disparte, con le braccia incrociate e volto impenetrabile. Gli occhi neri puntati sui miei “..Sei pronta?”
Mi guardai un’ultima volta intorno. Alexander, appena incrociò il mio sguardo, sorrise leggermente, con gratitudine e dispiacere. Yvone mi guardava con quei suoi occhioni celesti ed umidi, in attesa del famoso evento. Fissai Desmond, l’incubo capace di essere malizioso ed ingenuo nello stesso momento, poi Kevin, che cercava di rimanere calmo, non facendo trasparire nessuna sua emozione, ad eccezion fatta per le mani strette a pugno. Lui, che con i suoi occhi era in grado di congelare e scaldare chiunque.
Tornai a dare attenzione a Brandon, colui che poteva interpretare sia il ruolo del cattivo che del buono. Era una realtà di contrasti, quella, e mi sarebbe mancata.
“Sì.. Sono pronta.” Affermai, fissandolo con decisione.
Annuì brevemente, togliendosi le braccia da davanti al petto e tirando un sospiro quasi impercettibile. Mi accarezzò una guancia, guardandomi intensamente “Beh, honey..” una pausa “Ti saluto.” Disse, evitando il ciao, il ci vediamo, l’addio. Scelta migliore. Abbozzai un sorriso.
“Già. Ti saluto anche io.”
 


Ok, salve.
Qualcuno ha pianto? Qualcuno ha riso? Qualcuno ha avuto reazioni isteriche? 
Io sì, qualcuna.
Diamine, siamo già arrivati alla fine..
Ok, per ogni considerazione più seria ci vediamo il 18 Giugno, con l'epilogo. Cristo Santo.

GRAZIE mille a tutti voi, che avete letto, seguito, preferito, ricordato o recensito. Grazie davvero.
Vi ringrazia anche Ruth, che poverina ne ha passate tante. *pat pat*

A Lunedì, allora! :)
Buon proseguimento di settimana e BUONE VACANZE! [Che per gli studenti sono appena iniziate!]

Maricuz

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


Epilogo


Aprii gli occhi, prendendo un respiro profondo e affondando maggiormente il viso nel cuscino. Se mi fosse arrivato l’ennesimo messaggio, avrei afferrato il cellulare per buttarlo dalla finestra.
Le ultime parole famose.
Il mio caro telefonino mi avvertì dell’ennesimo sms, così lo presi per vedere perché cavolo continuassero a contattarmi. Era il mio compleanno? No, non mi pareva proprio. Era successo qualcosa di grave? Porca vacca, proprio mentre dormivo doveva accadere? Anzi, doveva accadere per forza?
27 messaggi ricevuti. Erano impazziti tutti? Li aprii uno per uno, e in ognuno c’era scritto all’incirca la stessa cosa: Buon Natale.
I miei neuroni si svegliarono di colpo, facendomi ricordare tutto. Mi tirai di scatto su a sedere, lanciando in fondo al letto l’oggetto che stavo tenendo tra le dita, poi mi portai le mani sul viso. Era un sogno, solo un fottutissimo sogno.
Sospirai. Le sensazioni, però, sembravano così vere. E il dolore che avevo provato in alcune occasioni l’avevo sentito sul serio, diamine. Non poteva esser tutto frutto del mio subconscio, mi rifiutavo di crederci. Mi ricordavo troppi dettagli, troppi particolari, troppi sguardi, troppi sorrisi, troppe lacrime. La porta si spalancò, facendomi sussultare.
“Ruth! Già sveglia?” mia madre, la mia vera madre, si avvicinò al letto e si sedette sul bordo. Io annuii, incapace di dire qualsiasi cosa.
“Beh.. Buon Natale.” Mi sorrise lei, baciandomi una guancia. Abbozzai un sorriso e mormorai un “anche a te”, poi attesi che uscisse di nuovo dalla mia camera. Come un robot, mi alzai e mi preparai, per raggiungere i miei genitori in salotto, dove era l’albero di Natale. Non che mi importasse dei regali, in quel momento, ma dopotutto la vera vita era quella, non quella che avevo iniziato, vissuto e terminato durante la notte.
Entrai nella stanza, dove c’erano appunto mia madre e mio padre. Feci gli auguri anche a quest’ultimo, poi iniziammo tutti a scartare i regali. Un nuovo i-pod nelle mie mani, che mi fece brillare gli occhi. Il mio si era rotto un mese prima, ed ero seriamente in astinenza da musica. Saltai loro addosso, stringendoli e ringraziandoli circa un centinaio di volte, poi mio padre si accorse di qualcosa.
“Ruth.. Ma quel ciondolo?”
Aggrottai la fronte e piegai la testa per controllare. Il ciondolo. Quel ciondolo era lì, sul mio petto. Spalancai gli occhi “Ehm..” inventa, inventa “Un regalo di.. Grace.”
“Ah, carino!” se ne uscì mia madre. Deglutii.
“Già. Carino.” Borbottai, alzandomi “Vado.. Vado un secondo in camera.” Corsi via, facendo vari collegamenti. Se avevo quella collana, significava che quello che mi era successo non era stato un sogno, quindi ciò che aveva detto Brandon era vero: in un cassetto della scrivania avrei trovato una pila di fogli con scritto tutto ciò che mi era successo.
Spalancai la porta, mi fiondai sulla scrivania, picchiandoci anche le mani sopra, poi aprii il cassetto col cuore in gola.
Erano davvero lì.
Tremante, li presi tutti e controllai se effettivamente parlavano di me, realizzando tutto era reale. Mi morsi il labbro inferiore, sfogliando ogni pagina e leggendo un rigo a caso di ognuna. Il cuore mi batteva all’impazzata e mi sentivo euforica. Quasi non respiravo, come se avessi paura che il leggero suono del mio respiro disturbasse quel momento.
Quando lessi le parole “The End”, sospirai e rilassai le spalle, mentre alzavo lo sguardo per fissare il muro davanti a me. Sì, decisamente tutto vero. O forse no?
Riguardai i fogli, convincendomi per la seconda volta, poi notai che ce n’era uno che non avevo ancora letto. Aggrottai la fronte, notando che questo era scritto a mano e con una calligrafia chiara ed elegante. Un po’ perplessa, chiusi la porta a chiave così da non esser disturbata per nessuna ragione, poi mi sedetti sul letto. Presi un respiro profondo e cominciai la lettura.
 
Honey,
se stai leggendo questa lettera significa che hai visto anche tutto il resto del malloppo. Te l’avevo detto che avresti trovato tutta la tua storia scritta, non appena tornata nel mondo reale. Eh sì, piccola acidella, non è stato solo un sogno o un frutto della tua fervida immaginazione, e mi sembra che tu abbia un paio di prove.
Non per questo devi dirlo in giro. Penso ti prenderebbero per pazza.
Allora, com’è stato il ritorno tra gli umani? Stai bene? Sai, mi farebbe piacere se la risposta fosse affermativa, dopo tutto quello che hai dovuto passare per “colpa” mia. Assicurarmi che tutto vada bene è il minimo. Se ti stai chiedendo come diamine posso saperlo se adesso siamo in due dimensioni diverse, beh.. Ti ho trasferito, pensi che non possa fare una visitina di nascosto, giusto per accertarmene? Stai sottovalutando le mie immense capacità. Per quanto ne sai potrei essere alle tue spalle proprio in questo momento.
 
Alzai la testa, per poi girarla. Alle mie spalle c’era solo la parete della stanza. Mi voltai di nuovo, controllando se fosse solo un modo per apparirmi di fronte, ma quando non vidi nessuno sospirai, delusa. Torna a leggere, che è meglio.
 
Ma non vorrei passare tutto il tempo a vantarmi, in questa lettera. Sono più che convinto che tu sappia ogni mio pregio. Nessun difetto, ovviamente.
E ovviamente sto scherzando, visto che di difetti ne ho anche troppi.
Uno fra questi, è il menefreghismo. Perché, parlandoci chiaramente, di te non me ne fregava assolutamente niente. Non mi importava se avresti sofferto in quel mondo che non ti apparteneva, avevo solo uno scopo: liberare mio fratello. Il problema è venuto dopo, quando di te è iniziato ad importarmi. Penso di averlo capito un po’ tardi, forse quando Florian ti ha attaccata direttamente la prima volta, in quel vicolo. Ero preoccupato, te ne sei accorta anche tu. Se non fossi arrivato, non sarebbe finita bene. Non interpretare male le mie parole: in quel momento ad Alexander non ci stavo neanche pensando. Stavo pensando a te. Eri lì, spaventata, indifesa e con le braccia sanguinanti, ma nonostante questi fattori guardavi il nemico a testa alta. Non ho avuto tempo di provare ammirazione, ho pensato prima a cacciare quell’infame e a curarti, infine a tornare nella parte dell’indifferente. Non è stato un affare da poco, credimi.
 
Sorrisi. Sì, me la ricordavo bene quella scena. Ricordavo precisamente anche le parole di Brandon, ovvero “Mi hai fatto prendere un colpo”. Dire che ero rimasta spiazzata era un eufemismo. Non era l’unico a considerarsi menefreghista, visto che anche io pensavo che lo fosse. Col tempo avevo cambiato idea, chiaramente.
 
No, forse l’ho capito qualche ora prima!
Ricorderai sicuramente anche questa vicenda. Nella tua camera d’albergo, lo stesso giorno. Kevin ti aveva detto di essere una fata e che quindi non poteva stare con te. Eri disperata, cavolo. E arrabbiata con me, perché ti avevo spedita nel mio mondo consapevole del dolore che ti avrei fatto provare. La cosa brutta è che avevi ragione in pieno, sai? Come ho detto prima, me n’ero altamente fregato, inizialmente. Però, ti giuro Ruth, non mi sono mai sentito tanto in colpa come in quel momento. A parte il fatto che stavi per spaccarmi la faccia con il quadro che avevi fatto involontariamente volare, pensavo davvero di scoppiare a piangere insieme a te. Non avevo mai visto nessuno così tanto.. provato. Un applauso, sei riuscita a far sentire come una merda un demone! Non è da tutti, sai? Anche questo è un motivo per cui mi importa di te. Scaturisci strane sentimenti a chiunque ti stia intorno, anche stravolgendo i personaggi come il mio.
 
Mi morsi il labbro, ancora sorridente. Lo aveva scritto con leggerezza, ma lo avevo davvero portato all’esasperazione. Sentii una lieve soddisfazione nel petto.
 
Non è stato bello neanche quando Florian aveva cercato di soffocarti. Ma sai qual è stata la cosa che più mi ha dato fastidio, in quell’occasione?
Trovarti con Kevin.
Forse non dovrei neanche dirtelo. Insomma, Ruth Styles è profondamente innamorata di Kevin e lo resterà per sempre, tu, Ruth Evanson, non fai manco parte della mia realtà, ma.. Ma ero geloso. Da quel momento in poi lo sono sempre stato.
Non potevo farci niente. Non avrei potuto farci niente neanche prima, visto che se tu e Kevin (o qualsiasi altra fata) non vi foste amati mio fratello non sarebbe stato liberato.
Così, mi sono sempre trattenuto ed ho sempre represso qualsiasi sentimento mi stesse crescendo dentro, e credo sia andata bene esattamente come è andata. Ogni cosa al suo posto, come si suol dire.
 
Mi fermai un attimo, giusto il tempo di realizzare ciò che avevo appena letto. Brandon geloso? Seriamente? Cavolo. Presi un respiro profondo e ripresi, curiosa di sapere cosa ci fosse scritto, ancora.
 
Ma cambiamo argomento.
Mi scuso per i vari battibecchi dell’altro giorno, ovvero quando abbiamo scarcerato quell’idiota di Alexander. Ho due ragioni: come prima cosa, ero felice. Sai, non vedere il proprio fratello per secoli è difficile, considerando anche quella sorta di adorazione che ho sempre avuto per lui. In secondo luogo, sinceramente parlando, volevo divertirmi un po’ con te per l’ultima volta. Infatti, se durante la tua partenza tutti piangevano, io mi sono limitato a salutarti, ritenendomi soddisfatto per tutto il resto.
Sappi comunque che non pensavo davvero le cose che ti ho detto. Non sei ignorante, e nemmeno tanto acida. Un po’ sì, però, concedimelo.
 
Ridacchiai contenta, per niente offesa, ovviamente. Glielo concedevo, a volte ero untantino acida, ma rimane il fatto che mi aveva buttata giù dal letto, proprio quella mattina. Ero predisposta a reggere il suo gioco pur non sapendo quale fosse.
 
Poi, smettendo di parlare di me e di te, vorrei ringraziarti per Desmond. So che sembra stupido e sentimentale (non lui, ma quello che sto per dirti), ma hai fatto tanto per lui. E’ un Incubo, è uno dei cattivi, o così viene considerato. Non ha bisogno di niente, se non di una cosa: un po’ di affetto. E’ una specie di cucciolo, da prendere e coccolare! Vedi, è praticamente il mio migliore amico, gli voglio bene, ma non sono esattamente un tipo affettuoso. Non bastavo. Per fortuna tu l’hai trattato come una persona che solitamente non uccide il proprio amante. Sembra poco, ma non lo è.
 
Sospirai. Effettivamente Desmond, per quanto potesse ricevere soddisfazione nel suo nutrimento, non conosceva tutti i tipi di amore. Quello vero, per esempio, non avrebbe potuto provarlo, a parer mio. Quello comprende tutto, e in quel tutto c’è anche l’arma con cui lui uccideva le sue vittime: il sesso.
 
Ora che ho finito, sinceramente non so perché ti ho scritto questa lettera.
Sarà per la firma in fondo che puoi prendere come autografo, o per salutarti ufficialmente e definitivamente.. Fatto sta che questa è davvero la fine di tutto. E’ la chiave che chiude la porta tra il tuo mondo ed il mio. Fa tanto tragico, non è vero?
Scusa per tutto e grazie di tutto.
Stacci bene, mi raccomando. Trovati un bel ragazzetto per pomiciare, come facevi con Kevin (vi ho visti, sai?), e continua a vivere.
 
Addio, honey.
Brandon (per gli amici: Bello Neanchepoco)




Holy Brandon.
E' finita anche questa, DAMN.
Ok, allora.. Non so da dove iniziare per concludere.
La long fantasy "Ruth" si è ufficialmente conclusa. Non ci saranno Missing Moments, immagino, né tantomeno un sequel. Non è in programma, almeno.
Non c'è un vero e proprio lieto fine, ma non posso dire che si sia conclusa male la storia. Rimanere nel mondo "fatato" non era possibile, portare qualcuno nel suo sarebbe stato scomodo sia per il "qualcuno" in questione che per lei, visto che comunque il loro rapporto sarebbe cambiato a causa dei sentimenti di Ruth che non sarebbero rimasti invariati.
Quindi finisce così: la protagonista torna alla realtà con un ciondolo, una pila di fogli per non dimenticare e una lettera di Brandon. :)

Adesso ringrazio. 
Ringrazio tutti voi che siete arrivati fino a qui leggendo, seguendo, preferendo, ricordando e recensendo! 
Ringrazio chi mi ha appoggiato, virtualmente o meno, ad intraprendere la scrittura di questa storia. Non avevo mai creato niente di fantasy, e ho dovuto racimulare un sacco di coraggio prima di decidermi a pubblicare. Grazie a voi, non mi sono pentita della scelta che ho preso.
Grazie a Giulia (che non leggerà mai questa storia, non essendo a conoscenza della sua esistenza) che mi ha ispirata. Eravamo a scuola, stavamo prendendo appunti e lei era così presa che mi è venuto da pensare "E se entrasse nel mondo di ciò che sta scrivendo?" 
E buonanotte Marica, che sono partita per la tangente.
Grazie a Ruth che mi ha accompagnata tra le varie realtà, a Kevin, Brandon e Desmond che mi hanno messa un po' in crisi inizialmente per decidere con chi dovesse stare Ruth (ebbene sì.), Yvone, Dorian e Dianne, Florian (il cui nome l'ho rubato ad una guida turistica che ho avuto in Germania), Garth [sviluppato in un disegno grazie ad una semplice sigaretta (ringraziate la mia amica Irene se sono tutti vivi dopo l'imboscata delle fate)], la squadra di Ruth, la squadra di Kevin e, infine, Alexander (che ho amato tanto quanto i personaggi principali).
Grazie a tutti, che siate persone reali o personaggi inventati.

In bocca al lupo a chi sta per dare l'esame, uno speciale a Juliet Kesley.
Buona Estate a tutti voi.
Grazie di nuovo, all'infinito.

Un bacio enorme,

Maricuz

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