Rewind the heart.

di Flaesice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro. ***
Capitolo 2: *** L'incubo. ***
Capitolo 3: *** Sorpresa. ***
Capitolo 4: *** Battiti accellerati. ***
Capitolo 5: *** Cioccolato e panna. ***
Capitolo 6: *** Riavvolgere il cuore. ***
Capitolo 7: *** Preparativi. ***
Capitolo 8: *** Via da te. ***
Capitolo 9: *** Prendere o Lasciare. ***
Capitolo 10: *** Sex on the Beach. ***
Capitolo 11: *** Confessioni. ***
Capitolo 12: *** Calore. ***
Capitolo 13: *** Viaggio. ***
Capitolo 14: *** Mancanza. ***
Capitolo 15: *** Castello di carte. ***
Capitolo 16: *** Routine. ***
Capitolo 17: *** Svolta. ***
Capitolo 18: *** Riflessioni. ***
Capitolo 19: *** Fotografie. ***
Capitolo 20: *** Ricominciare. ***
Capitolo 21: *** Distrazioni. ***
Capitolo 22: *** Tentazioni. ***
Capitolo 23: *** Can i touch you there? ***
Capitolo 24: *** Imprevisti. ***
Capitolo 25: *** Ritrovarsi. ***
Capitolo 26: *** Turn around...bright eyes. ***
Capitolo 27: *** Vada per il caffè. ***
Capitolo 28: *** Blue roses. ***
Capitolo 29: *** Stupido e prematuro. ***
Capitolo 30: *** Carte in tavola. ***
Capitolo 31: *** Buio e sensi. ***
Capitolo 32: *** Acque agitate. ***
Capitolo 33: *** Nient'altro che lui. ***
Capitolo 34: *** Un momento perfetto. ***
Capitolo 35: *** Paris. ***
Capitolo 36: *** Per sempre. ***
Capitolo 37: *** Un nuovo inizio, noi. ***
Capitolo 38: *** Presentimenti. ***
Capitolo 39: *** Rewind the heart. ***
Capitolo 40: *** Prologo sequel. ***



Capitolo 1
*** Incontro. ***


Isabella Pov.

Sono le 7.00 e come ogni mattina la sveglia suona ricordandomi che un altro giorno è iniziato. Mi alzo controvoglia anche se il sole che entra dalle imposte insieme con l’aria mite di fine settembre mi fanno presagire che oggi ci sarà bel tempo e questo mi mette di buon umore. 

Vado in cucina, metto il caffè sul fuoco, e ,aspettando che sia pronto, torno nella mia stanza per decidere cosa indosserò oggi a lavoro. Questo sarebbe un compito abbastanza semplice se non fosse per il fatto che lavoro in una casa di moda dove tutti sono vestiti di tutto punto : le donne indossano tailleur con decolté e gli uomini il classico completo giacca e cravatta e posso giurare che inorridirebbero se mi vedessero con un paio di jeans abbinati a delle scarpette da ginnastica, quindi, per ovviare al problema, scelgo una via di mezzo optando per un paio di jeans abbinati a delle decolté tacco 5 che infondo non hanno mai fatto male a nessuno. Tutto questo lo faccio soprattutto per la mia migliore amica, Alice, nonché mia datrice di lavoro.

Alice ha solo 25 anni ma è già una stilista affermata, ha sempre  avuto una passione per la moda e fin da quando eravamo bambine mi ha sempre torturato per il mio modo di vestire a suo parere “da brividi” solo perché non prediligo vestitini, scarpe col tacco e gingilli di ogni genere quali orecchini, bracciali, collane, borse e chi più ne ha più ne metta. Lei è l’unico motivo per cui lavoro in una casa di moda, io sono la sua assistente/segretaria e devo ammettere che tutto sommato, anche se non sono un asso nella moda, mi piace il mio lavoro.

Vado in bagno per una doccia veloce e, dopo aver sciacquato il viso e lavato i denti, metto su un filo di trucco e sistemo i capelli tirandoli all’indietro. Quando sono finalmente pronta raccolgo tutte le scartoffie che serviranno oggi ad Alice e scendo in strada per cercare un taxi che mi porterà al lavoro.

Arrivata alla Fashion & Luxury saluto Mike Newton che si trova dietro il bancone della reception e che ogni giorno trova le scuse più impensate per  trattenermi, credo che provi un interesse per me ma sinceramente in questo periodo voglio soffermarmi sul mio lavoro e non ho intenzione di impegnarmi in qualche situazione sentimentale, quindi, come ogni giorno, corro all’ascensore e mi ci fiondo dentro dicendo che ho fretta e che parleremo un’altra volta.

Arrivata al mio piano non ho nemmeno il tempo di andare alla mia scrivania per sistemare i documenti che ho preparato per Alice che una furia mi travolge.

-Oh Bella, finalmente sei arrivata, avevo proprio bisogno di te. Ieri sera ho saputo che il servizio fotografico che dovevamo fare la settimana prossima è stato anticipato e oggi pomeriggio arriveranno i modelli e..e…oddio devo ancora preparare tutti i vestiti, devo apportare le ultime modifiche, devo…- 

Come al solito ogni volta che dobbiamo fare un nuovo servizio fotografico Alice va in fibrillazione e tocca a me tranquillizzarla.

-Ok ok Alice, calmati. Respira. I vestiti sono già tutti pronti dobbiamo solo farli portare qui in ufficio dalla sartoria, posso occuparmene io, chiamerò James e gli dirò di portare qui tutta la nuova collezione.-

-Ma Bella io devo apportare le ultime modifiche, devo rivederli, devo decidere gli accessori da abbinare e…-

-Alice sono 3 settimane che hai finito la nuova collezione e in queste 3 settimane tutti i giorni non hai fatto altro che riguardarli, cambiare e ricambiare gli accessori, allungare, accorciare…basta. Sei una stilista affermata e non devi farti problemi. Piuttosto io dovrei preoccuparmi che devo ancora chiamare fotografi, parrucchieri, truccatori e sono a zero. Adesso vai a rilassarti così inizio questo giro di telefonate.- ed effettivamente è così,  adesso il lavoro duro tocca a me che devo reperire tutta questa banda di collaboratori.

-Va bene Bella, grazie. Non so davvero come farei senza di te, sai che perdo la testa perché voglio che tutto sia perfetto.-

-Si Alice, lo so, non preoccuparti. Adesso vai, ci vediamo alla pausa pranzo, pranziamo insieme?-

-Certo.- mi sorride.

-Ok, allora, a più tardi.-

Torno alla mia scrivania per chiamare James. James è il caporeparto della sartoria dove vengono confezionati gli abiti che Alice disegna, è un bell’uomo sulla trentina alto, biondo, occhi chiari e devo ammettere che ha proprio un buon gusto nel vestire se solo non fosse per quella sua aria da persona con la puzza sotto il naso che ti guarda sempre dall’alto verso il basso, c’è un qualcosa di inquietante in lui e quando devo parlargli mi sento veramente a disagio ma purtroppo siamo costretti a collaborare per esigenze lavorative.

-Pronto James?-

-Si Isabella dimmi!-

-Senti Alice mi ha informato che il servizio fotografico che dovevamo fare la settimana prossima è stato anticipato ad oggi pomeriggio, dovresti mandarmi tutti gli abiti della nuova collezione qui in ufficio gentilmente.- gli parlo con quanta più pacatezza possibile sperando che non cominci ad urlare per il poco preavviso.

-D’accordo Isabella, ma non posso farteli recapitare prima delle 16.00, la prossima volta se gentilmente potreste evitare di avvisarmi così all’ultimo minuto.- lo sento sbuffare.

-Lo so James, mi dispiace, ma…-  cerco di spiegarmi, ma prima che possa farlo mi interrompe.

-Niente ma, non voglio sentire scuse. I vestiti saranno li per le 16.00. Ciao. – lo sento riattaccare.

Riprendo il telefono per chiamare Victoria, colei che si occupa delle acconciature dei modelli. Victoria è un tipo molto eccentrico, con i suoi capelli rosso fuoco e le sue acconciature sempre molto particolari, il nostro rapporto si limita a poche telefonate di lavoro ma non ho mai avuto problemi con lei, di certo non mi sento a disagio come con James.

-Ciao Victoria, sono Bella.-

-Si Bella, ciao. Dimmi pure.-

-Senti oggi pomeriggio abbiamo bisogno di te, il servizio fotografico della settimana prossima è stato anticipato, mica hai altri impegni?- in cuor mio spero di no, altrimenti mi toccherà trovare anche qualcuno che la sostituisca.

-No Bella, non preoccuparti, nessun impegno. Dopo pranzo verrò li in ufficio così inizio a sistemare i miei “ferri da lavoro”.- la sento ridere per la sua battuta.

-Ok, grazie. A più tardi.- adesso manca solo il fotografo.

Mentre sto per chiamare il nostro fotografo squilla il telefono.

-Fashion & Luxury, sono Isabella Swan mi dica.-

-Ciao Isabella, sono Tanya Lewis l’agente dei modelli che oggi dovranno fare il servizio fotografico, volevo informarti che il fotografo lo porteremo noi.-

La voce di Tanya emana sensualità e, anche se non la conosco, presumo sia veramente una bella donna. Vengo distratta dai miei pensieri quando la sento chiamarmi.

-Pronto Isabella? Ha capito cos’ho detto?-

-Si si, certo signora Lewis, ho capito, mi scusi.-

-Ok, allora a più tardi.- riaggancia lievemente stizzita.

Cavolo oggi è proprio una giornata NO. Guardo l’orologio e vedo che è già arrivata l’ora di pranzo, prendo la mia borsa e scendo giù nella hall dove c’è Alice che mi aspetta.

-Hey Bella.- richiama l’attenzione su di lei alzandosi un po’ sulle punte e agitando una mano in aria.

-Eccomi Alice. Ti sei rilassata un po’?-

-Si, diciamo. Tu hai fatto tutte le telefonate che dovevi fare? Hai contattato James, Victoria…- parla velocemente e agitando le mani, è carica di adrenalina.

-Si Alice, calmati. Ho fatto tutto.- dovrei essere io quella stressata dopo le corse di stamattina.

-Va bene Bella. Allora che dici andiamo a mangiare un boccone al ristorante all’angolo?- mi sorride, evidentemente meno agitata dopo che le ho detto che è tutto pronto per oggi.

-Ok, andiamo.- le sorrido anch’io che adesso comincio a rilassarmi.

Dopo pranzo torniamo in ufficio e Mike ci informa che i modelli sono già arrivati e sono nelle mani di parrucchieri e truccatori e che nel frattempo è arrivata la collezione che è stata sistemata nell’ufficio di Alice. Prendiamo l’ascensore e saliamo su per andare a controllare un po’ la situazione.

Arrivate al piano si avvicina a noi una donna bellissima, alta, bionda, occhi chiari quasi di ghiaccio, che ti gelano, le labbra carnose e rosse, ci tende la mano e si presenta.

-Piacere io sono Tanya Lewis.- ci sorride, ma non mi convince tanto.

-Piacere io sono Alice - la mia amica si presenta – e lei è la mia assistente Isabella.- presenta anche me che le sorrido e le allungo la mano.

-Piacere.-

Tanya prende la parola e ci presenta i tre modelli che oggi avranno il servizio, sono 2 uomini e una donna.  Quando si girano resto incantata dalla loro bellezza.

La prima ad avvicinarsi è la donna, anche lei è alta, bionda e bellissima, ma la sua bellezza è diversa da quella di Tanya, i suoi occhi azzurri esprimono calore e non gelo.

-Salve, sono Rosalie Hale.- ci porge la mano e  sorride a me e ad Alice.

Poi si avvicinano i due ragazzi, molto diversi tra loro ma entrambi decisamente belli, ci porgono la mano e si presentano.

-Ciao io sono Rian Shuttel.- dice il primo sorridendo.  Alto, moro, un fisico mozzafiato e gli occhi blu cobalto come l’oceano profondo.

-Io invece sono Edward Cullen.- dice il secondo anche lui molto bello. Capelli ramati, occhi verdissimi e una lieve barba incolta che circonda il suo sorriso mozzafiato.
 

 

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Capitolo 2
*** L'incubo. ***


Salve ragazze, ecco il secondo capitolo. Questa è la prima storia che scrivo e sono stata contentissima di vedere che alcuni di voi hanno apprezzato. Volevo ringraziare le 3 ragazze che hanno lasciato anche una recensione, sentire che qualcuno vede un qualcosa di buono nella tua storia ti da lo sprint per procedere. Beh non sò cos'altro dire, è ancora troppo presto per poter dire qualcosa, posso solo augurarvi una buona lettura. :)

Isabella Pov.

Il servizio fotografico va avanti da tre ore ormai, vedo Alice che sta appiccicata al fotografo e ad ogni scatto saltella, batte le mani e lancia gridolini di entusiasmo. Jasper, il fotografo, è un tipo molto professionale. E’ un ragazzo alto, con i capelli biondo cenere, snello e occhi chiari, e devo dire che riesce bene a tenere la situazione sotto controllo e a mettere a proprio agio i modelli.

Quando ci prendiamo una pausa  mi avvio all’ ascensore per scendere a prendere un caffè, premo il pulsante del piano terra e mentre le porte stanno per chiudersi vedo una persona correre ed entrare di corsa. E’ Edward Cullen, il modello dai capelli ramati. Mi guarda e ricambio con un sorriso timido, sento il suo sguardo fisso su di me e intorno a noi piomba un silenzio imbarazzante. Questi  15 piani mi sembrano non finire mai, mi sento come se stessi sulla cima di una montagna e non riuscissi a vedere la fine. Continuo a tenere lo sguardo basso, mi guardo intorno, ma quei due fari verdi non intendono distogliere lo sguardo dal mio corpo. L’imbarazzo che sto provando è palpabile e credo ci stia provando gusto perché quando per un secondo i miei occhi incontrano il suo viso posso giurare di vedere un sorriso sghembo dipinto su quel volto perfetto.

Finalmente arriviamo al piano terra ed io esco dall’ascensore tirando un sospiro di sollievo, sento la necessità di prendere una boccata d’aria. Esco fuori e mi avvio al bar che si trova proprio sotto gli uffici. Mi avvicino al banco e chiedo un caffè quando sento una voce provenire alle mie spalle.

-Ne faccia 2, grazie.-

Mi volto di scatto e vedo Edward che mi guarda sorridente, ma cosa cavolo avrà da sorridere, faccio ridere forse? Interrompo i miei pensieri quando mi rivolge la parola.

-Allora è molto che lavori nel campo della moda?- mi squadra dalla testa ai piedi.

-Un po’- decido di non portarla per le lunghe.

- E come mai hai deciso di cimentarti in questo campo?- continua a sorridere, un sorriso irritante.

-Beh primo perché la stilista è la mia migliore amica, e secondo io non mi occupo proprio di moda le mie mansioni come assistente di Alice riguardano ben altro.- concludo sperando che questo interrogatorio sia finito.

-Ah ecco perché.- si gira e inizia a bere il suo caffè.

Io resto con uno sguardo perplesso ripensando alle sue parole: “ah ecco perchè”. Allora è questo il motivo per cui in ascensore mi squadrava dalla testa ai piedi, avrà sicuramente pensato che io non c’entrassi niente in questo mondo fatto di abiti alla moda e lustrini di cui lui fa parte.

-Si vede che sei diversa.- esordisce ad un certo punto.

-Come scusa?- questo ragazzo mi confonde, cosa vuole da me. Come vorrei che qui con me ci fosse Alice, sicuramente mi tirerebbe fuori da questa situazione imbarazzante. Per questo adoro la mia amica io riesco a tranquillizzare lei sul lavoro e lei riesce a tranquillizzare me nella vita, un ottimo equilibrio direi.

-Dico che si vede che a te non interessa tutto questo- dice indicando se stesso e i suoi abiti- sei diversa da tutte le altre donne che incontro per lavoro.- quel sorrisetto non cessa, adesso ne ho la prova che mi sta prendendo in giro.

Mi limito ad annuire perché sono convinta che se aprissi bocca non ne uscirebbe nulla di buono, in questo momento il mio vocabolario è sintonizzato su “insulti mode on”, bevo l’ultimo sorso del mio caffè, poi guardo l’orologio e gli dico che la pausa è finita ed è ora di tornare, e magari è anche ora che la smetta di fare lo STRONZO, ma questo pensiero decido di tenerlo per me.

Un paio d’ore dopo finalmente è tutto finito e posso rientrare a casa. Decido di fare quattro passi a piedi e quando finalmente sono a casa e sto per mettere qualcosa sotto i denti sento bussare alla porta. E’ Alice, lo immaginavo , adesso sicuramente inizierà uno dei suoi discorsi a senso unico dove parla, parla, parla ed io mi limito a sorridere ed annuire, so che deve sfogare l’ansia che ha accumulato oggi. La faccio accomodare e preparo un piatto di spaghetti al sugo anche per lei, così iniziamo a mangiare mentre lei mi racconta che Jasper le ha mostrato i primi scatti, che lei definisce superbi, e posso giurare che quando ha pronunciato il suo nome le si è accesa una scintilla negli occhi.

-Dimmi un po’ Alice come mai quando parli di Jasper  ti brillano gli occhi?- indago come solo una migliore amica sa fare.

-Bella ma cosa dici, sono semplicemente euforica perché…perché  i miei abiti sono stati esaltati al massimo con quei modelli e con quelle fotografie e…e niente- dice tutto d’un fiato evitando di guardarmi negli occhi.

-Beh Alice lasciando da parte il fatto che ti conosco da circa 15 anni, diciamo che posso anche far finta di crederti.- le dico ridendo. Per tutta risposta mi becco una bella linguaccia.

Io e la mia amica dopo cena sistemiamo la cucina e poi andiamo a sederci sul divano mangiando una vaschetta di gelato al cioccolato e chiacchierando del più e del meno così come facevamo ai tempi del liceo. Ad una certa ora Alice decide di tornare a casa, così ci salutiamo, le do la buonanotte ricordandole che domani ci aspetta un’altra giornata impegnativa al lavoro.
 
"Sono in ufficio, ci sono tutti i miei colleghi di lavoro, c’è James che come al solito mi guarda con la sua aria sprezzante, c’e Victoria che ride, c’è Alice, c’è Tanya, ci sono Rosalie e Ryan e poi c’è Edward che mi indica e ride, con quel suo sorriso irritante, e con lui tutti gli altri iniziano a ridere di me."


Mi sveglio di soprassalto, sono sudata, mi siedo in mezzo al letto e mi passo una mano tra i capelli. Era soltanto un incubo, un incubo che non riesco a spiegarmi, del quale non capisco il senso. E’ incredibile come l’incontro di ieri con quell’Edward mi abbia destabilizzata a tal punto, non nascondo che in quei minuti mi sono sentita veramente a disagio, addirittura più di quando sono costretta a lavorare con James. Mi giro e guardo verso il comodino e la sveglia mi informa che sono le 6.30 quindi evitando di dare troppo peso al sogno, o incubo, che ho appena fatto, mi alzo e inizio a prepararmi per una nuova giornata di lavoro.

Quando sono finalmente pronta scendo in strada, dato che sono in anticipo per il risveglio inaspettato decido di non prendere il taxi, così faccio 4 passi e mi godo l’aria fresca di prima mattina. Arrivo in ufficio ma non c’è ancora nessuno, ne approfitto per riordinare un po’ la mia scrivania e vedere gli impegni che mi aspettano oggi. A quanto pare alcuni scatti sono già pronti quindi dovrò portarli a visionare al redattore che dovrà rivedere il contenuto e lo stile prima della pubblicazione. Non so chi sia il redattore perché è da circa 2 settimane che hanno assunto un tipo nuovo e non ho avuto ancora l’occasione di conoscerlo.

Verso le 8 e un quarto arriva Alice, saltellando e di buon umore come sempre, con il suo vestitino nero,  le  decolté nere lucide tacco 12, i capelli corti portati dietro da un cerchietto e con un trucco leggero. In poche parole bellissima come sempre.

-Hey Bella buongiorno.- mi da un bacio sulla guancia.

-Buongiorno Alice, tutto bene?- le sorrido

-Si si tutto bene, guarda cosa ti ho portato…- dice porgendomi le foto che dovrò portare al redattore.

Le prendo e inizio a guardarle, devo ammettere che sono proprio belle. Vedo Rosalie con i suoi capelli biondi cotonati e aggiustati in modo selvaggio, i vestitini disegnati da Alice che sono veramente particolari e quelle scarpe con tacchi vertiginosi. Poi mi soffermo sui due modelli: Edward e Ryan. Sono belli da togliere il fiato, guardo i pettorali ben scolpiti di entrambi visibili anche al di sotto dei vestiti, mi soffermo sugli occhi di Ryan che sono come un oceano in cui perdersi, e poi su quelli di Edward che mi provocano dei nodi allo stomaco (sarà per il sogno di questa notte). Alice che mi sventola le mani davanti agli occhi mi riporta alla realtà.

-Bella, Bella, ci sei?- continua a muovere le sue mani davanti ai miei occhi.

-Si Alice, stavo guardando le foto. Devo farti i complimenti questa nuova collezione è veramente fantastica.- cerco di distogliere l’attenzione dai miei pensieri.

-Oh grazie Bella, ma tu sei di parte. Non vedo l’ora che le foto vengano pubblicate e di sapere cosa ne pensa la critica.- mi guarda con aria ansiosa.

Prima che Alice possa sapere cosa ne pensa di lei la critica dovrà aspettare ancora un po’. Il servizio fotografico è iniziato solo ieri quindi ci sarà ancora molto da lavorare, oggi pomeriggio bisognerà fare altre foto con vestiti diversi, poi una volta fatte tutte le foto bisognerà ritoccarle e aspettare la loro pubblicazione, un lavoro lungo e impegnativo.

 Decido di cominciare il mio lavoro così prendo le foto e vado verso l’ascensore per salire al piano superiore dove si trova l’ufficio della redazione.  Una volta arrivata vengo fermata dalla segretaria.

-Scusi signorina lei chi è? Il redattore aveva un appuntamento con lei?- con aria saccente.

-Sono Isabella Swan, l’assistente di Alice Brandon, ho portato a visionare alcune delle foto scattate ieri.-

-Bene attenda un attimo- la vedo prendere il telefono- Signor Black c’e l’assistente della Signora Brandon, la faccio entrare? Mh mh, ok.- rivolge il suo sguardo verso di me.

-Prego Signora Swan, il redattore l’aspetta.-

Mi avvio verso l’ufficio e quando entro mi ritrovo davanti un bell’uomo alto, moro, con gli occhi color onice, e un sorriso bianco scintillante nel suo completo grigio, abbinato ad una candida camicia bianca che esalta ancor di più la sua carnagione, mi porge la mano.

-Piacere Signorina Swan, sono Jacob Black il nuovo redattore.- mi sorride ed io resto come imbambolata.

-Piacere…piacere mio Signor Black.- cerco di ritrovare un po’ di contegno per non fare del tutto la figura della stoccafissa.

-Può chiamarmi semplicemente Jacob- con aria amichevole.

-Bene, io sono Isabella, per gli amici Bella.- sorrido timidamente e ho come la sensazione che sarà molto piacevole lavorare con Jacob Black.
 

 

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Capitolo 3
*** Sorpresa. ***


Isabella Pov.

Ritorno al mio piano e vedo Alice nel suo ufficio che è intenta a parlare al telefono, probabilmente starà organizzando altre cose per il servizio fotografico di oggi pomeriggio. Ad un certo punto alza lo sguardo verso di me e con la mano mi fa cenno di raggiungerla.

-Ok, allora a più tardi, ciao.- interrompe la sua telefonata con un sorriso a 32 denti e gli occhi che le brillano.

-Con chi devi vederti più tardi?- una mezza idea già ce l’ho ma preferisco chiedere conferma.

-Con Jasper, mi ha invitato a cena per parlare un po’ di come procede il lavoro in questi giorni.- cerca di fare la parte indifferente, come se il fatto non fosse il suo.

-Si ok Alice, il “lavoro”- le dico disegnando delle virgolette in aria con le dita- come se non avessi notato gli sguardi che vi lanciavate ieri, sembravate due calamite che si attraggono inevitabilmente.- concludo con aria soddisfatta, fiera della mia arringa.

-Ufff. E va bene Bella ammetto che Jasper mi piace, ha quell’aria da cucciolo smarrito, e poi quel sorriso..- si porta le mani al viso per non farmi vedere che è diventata rossa come un peperone poi alza i suoi occhioni languidi per fissare i miei- sono un caso perso?-

Adesso è lei che mi sembra un cucciolo smarrito. Le sorrido e le passo velocemente una mano tra i capelli corti, scompigliandoli.

-No Alice, non sei per niente un caso perso. Poi a quanto pare anche Jasper prova un interesse nei tuoi confronti.- concludo ammiccando  e riesco a farla ridere.

-Oh grazie Bella- si alza e mi viene incontro per abbracciarmi poi si sposta e poggia entrambe le mani sulle mie spalle guardandomi diritto negli occhi- però adesso ci sarebbe un problemino- me lo dice con la stessa faccia che ha Bamby quando si rende conto di aver perso la sua mamma.

-E sarebbe?- rispondo alzando un sopracciglio perché posso immaginare quello che mi aspetta.

-Beh è ovvio Bella, dato che sono quasi le 14.00 e tra un ora si ricomincia col servizio fotografico ed io ho appuntamento con Jasper alle 20.00 ossia tra sei ore esatte direi che sono già in ritardo per prepararmi quindi tu oggi mi sostituirai qui in ufficio- sfodera un sorriso che farebbe invidia allo stregatto per convincermi e mentre sto per rispondere mi posa un dito sulle labbra.

-Shhhh Bella. Non ci sono se. Non ci sono ma. Tu oggi mi sostituirai. Non preoccuparti non dovrai fare niente di impegnativo, dovrai solo assicurarti di come procede il lavoro e che nessuno si avvicini a Jasper, d’accordo?- ride e mi fa l’occhiolino.

-Beh Alice come se potessi dirti di no. Va bene.- dico ormai con aria rassegnata, conosco da troppi anni Alice per permettermi di intraprendere una battaglia con lei, perderei in partenza.

-Oooh grazie, grazie, grazie.- mi abbraccia, poi con aria sconvolta guarda l’orario, prende la sua borsa e si fionda all’ascensore gridando – ti chiamerò per informarti com’è andata, buon lavoroooo- e le porte si chiudono.

Mi guardo intorno  non sapendo cosa fare fino a quando il mio stomaco non mi ricorda che sono le due ed io non ho messo ancora nulla sotto i denti. Scendo in mensa e prendo un insalata leggera, ho un po’ lo stomaco in subbuglio e credo di sapere il perché. Il solo pensiero di rivedere Edward mi mette i brividi, mi da fastidio quel suo modo di guardarmi con  quel suo sorriso irritante stampato sul volto. Mentre sono assorta nei miei pensieri sento una voce.

-Ciao Isabella, posso sedermi?-

Alzo lo sguardo e davanti a me c’è Ryan con in mano un piatto di insalata che mi guarda sorridendo. Lo guardo per un tempo che mi sembra infinito fin quando una vocina nel cervello mi ridesta dai miei pensieri e mi dice che forse dovrei rispondere.

-Oh si, si, certo. Scusa.- dico in fretta per evitare  che pensi che abbia a che fare con un automa.

-Grazie- mi risponde e si siede.

Lo osservo mentre è intento a condire la sua insalata poi prende la forchetta e inizia a mangiare. Mi soffermo sulle sue labbra carnose intente a masticare lentamente, con movimenti cadenzati, ad un certo punto alza lo sguardo ed io cerco subito di distogliere il mio, sperando che non si sia accorto del modo in cui lo fissavo. Mi sorride e quando lo fa i suoi occhi blu brillano ancora più del solito, ricambio il sorriso e mi fiondo sulla mia insalata per terminare questo scambio di sguardi che non riesco più a reggere.

-Sai Isabella, c’è un qualcosa in te che mi attrae, non so dirti precisamente cosa, ma ho intenzione di scoprirlo.- mi guarda in un modo che trasuda sensualità e al quale non sono affatto abituata.

-Cosa?- sgrano gli occhi e tossisco, per poco non mi strozzavo con l’insalata.

-Non era mia intenzione metterti in imbarazzo, spero non te la sia presa.- mi sorride.

-Oh no. Non…non preoccuparti.- sento il sangue che affluisce alle mie guance, starà pensando che sono una bambina piuttosto che una donna di 25 anni.

-Va bene. Adesso io devo andare, tra mezz’ora inizia il servizio e non sono ancora pronto. A dopo.- Se ne va in tutta tranquillità come se non avesse detto niente, forse sarà abituato a rapportarsi così con le donne.

-Ciao Ryan.-  lo sguardo basso per non permettergli di vedere il rossore che ancora aleggia sulle mie guance.

Mi prendo questo tempo libero per riflettere su quello che è appena successo fino a quando non si fanno le 15.10 e mi rendo conto che devo salire per controllare come procede il servizio. Arrivata al piano vedo che è tutto già pronto, i modelli sono già truccati e vestiti mentre Jasper è intento a fare il suo lavoro.

-Ciao Isabella.- è Tanya, la sua voce è inconfondibile.

-Salve Signora Lewis.-

-Come mai Alice non è qui?- domanda con aria curiosa.

-Oh Alice. Beh Alice aveva degli impegni e quindi per oggi la sostituisco io. Ci sono problemi per caso?-

-No, no. Nessun problema Isabella. Procede tutto alla grande, devo ammettere che la nuova collezione di Alice è veramente straordinaria, e ti assicuro che non è facile sorprendermi.- sorride.

-Bene Signora Lewis ne sono contenta. Lo riferirò ad Alice.-

Si volta, e sculettando nel suo vestito rosso attillato che mette in risalto le sue curve, sui suoi tacchi 12 prende il personal computer e va a sedersi sul divanetto che si trova infondo al set fotografico.

Tutto procede tranquillamente, verso le 18.00 ne approfitto per mandare un messaggio ad Alice: “Come procedono i preparativi? Qui è tutto tranquillo, Tanya si complimenta con te”

Dopo qualche minuto mi risponde: “Beh sono stata al centro estetico, dal parrucchiere poi sono tornata a casa ho fatto una doccia e adesso sono indecisa su cosa indossare. Help!”

Le rispondo: “Questa è la pena che devi scontare per essere una malata della moda. Se avessi avuto solo pochi vestiti di certo non avresti avuto tutti questi dubbi” Colgo sempre l’occasione per ricordargli che è troppo esagerata e che magari avere 10 gonne di 10 tonalità di blu diverse non aiuta quando si è indecisi su cosa indossare.

“Oooh Bella non ti ci mettere anche tu, per favore. A tal proposito, Jasper?”

Mi scappa un sorriso mentre alzo lo sguardo dal display del cellulare per controllare Jasper cosa sta facendo: “Jasper in questo momento sta parlando con Tanya, credo stiano discutendo del servizio”

“Beh lo spero per lui, non mi piace Tanya, con quell’aria da gatta morta. Adesso devo scappare Bella, a più tardi.”

Mentre sto per posare il cellulare alzo gli occhi e vedo due fari verdi che mi fissano con insistenza come se volessero trafiggermi. Provo una strana sensazione allo stomaco, un fastidio che non saprei come definire, ho cercato di evitare il suo sguardo il più possibile da quando sono salita, avrà pensato che ho qualcosa contro di lui. In verità contro di lui non ho niente è quel suo modo di fissarmi che mi rende nervosa, non riesco a capire cosa si cela dietro quello sguardo.  Mi fa un cenno con il capo in segno di saluto e io ricambio con un lieve cenno della mano.

Finalmente arrivano le 19.00 e anche per oggi abbiamo finito. Mentre i modelli vanno a cambiarsi e Jasper sistema le sue cose io vado su per prendere le borsa che ho lasciato sulla mia scrivania. Quando arrivo e sollevo la borsa trovo un bigliettino, lo apro e vengo subito colpita dal modo in cui è scritto, una grafia elegante, particolare, che trasmette sicurezza.

Ti aspetto alla fine del servizio nel parcheggio.

Spero ci sarai, a tra poco. 
 

Il battito del mio cuore è accelerato, leggo queste righe più volte, nessun indizio, nessuna firma. Non ho idea di chi possa aver scritto questo biglietto e sono indecisa se presentarmi o meno, anche se la curiosità è tanta. Ad un certo punto mi tornano alla mente delle parole che ho sentito solo poche ore prima:


“Sai Isabella, c’è un qualcosa in te che mi attrae, non so dirti precisamente cosa ma ho intenzione di scoprirlo.”

Credo di aver capito chi sia. Con il cuore che non intende smettere di battere all’impazzata, come se volesse uscirmi dal petto, raccolgo le mie cose e mi avvio al parcheggio. E’ vuoto, non ci sono macchine, segno che già tutti sono andati via. Inizio a pensare che se questo è uno scherzo è proprio di cattivo gusto, quando all’improvviso sento una voce alle mie spalle.

-Non mi aspettavo venissi-

Un tono di voce basso, roco, sensuale, sento un brivido che parte dal collo e mi attraversa tutta la schiena. Mi volto di scatto e non riesco a credere ai miei occhi.

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Capitolo 4
*** Battiti accellerati. ***



Buonasera a tutti, volevo ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la mia storia e un grande grazie a coloro che la recensiscono. Questo è un capitolo molto sentito, spero lo apprezziate!
Vi auguro una buona lettura.


Isabella Pov.

Non so se la sorpresa è dovuta più alla persona o allo spettacolo che mi ritrovo davanti. Un ragazzo alto, snello, indossa dei  jeans scuri, ai piedi un paio di scarpe da ginnastica,  sopra una camicia nera aperta un po’ sul davanti che lascia intravedere una rada peluria sul petto. Il sole arancione del tramonto che gli illumina il viso lo fa sembrare una visione paradisiaca, i capelli leggermente disordinati che illuminati dal sole sembrano fili d’oro,  gli occhi che sembrano quasi trasparenti incorniciati da quelle lunghe ciglia ricurve. Una leggera barba incolta, tanto bionda che al sole pare brilli, funge da contorno a quel sorriso sghembo mozzafiato e un profumo dolcissimo che mi inonda le narici e mi da una sensazione di benessere. Sento lo stomaco aggrovigliarsi e le gambe farsi deboli come se non riuscissero a reggere il peso di tutta quella bellezza.  I battiti del mio cuore sono accelerati e la mia bocca è lievemente socchiusa per permettere il passaggio di più aria nei polmoni, come se non ne avessi mai abbastanza.

Inizia a camminare lentamente nella mia direzione, i suoi occhi fissi nei miei, mi gira intorno , mi scruta ed io non riesco ad essere imbarazzata in questa situazione. I miei occhi si muovono veloci su di lui, sul suo corpo, mi sento come rapita, ipnotizzata. C’è elettricità nell’aria, si fa strada in me la coscienza del fatto che provo un attrazione verso di lui, verso il suo corpo. Pochi passi ci dividono ma a me sembra lontanissimo, irraggiungibile. Sento il bisogno di toccarlo, di avere un contatto con lui, un bisogno tale da fare male, come una calamita che inevitabilmente ha bisogno dell’altra sua metà.

Lui continua a guardarmi e a girarmi intorno, questa è una tortura, non capisco cosa voglia da me. Vuole forse prendermi in giro? Forse sono una scommessa fatta tra lui e Ryan per vedere chi riesce ad illudere per primo questo pesciolino fuor d’acqua nel campo della moda?

Istanti interminabili, mi sento come persa in un’altra dimensione, il cuore che continua a battere incessantemente non lo sento quasi più, come se si fosse abituato al dolore tanto da lasciare un senso di vuoto.

Si avvicina e alza una mano verso il mio viso, mi sfiora quasi impercettibilmente una guancia con le sue dita lunghe e affusolate, non riesco a fare a meno di chiudere gli occhi e provare un brivido.

-Apri gli occhi Isabella- il suo è un sussurro, la sua voce è come una droga e subito obbedisco – sono così belli è un peccato nascondermeli.-

Cerco di ritrovare un po’ di contegno, tutto questo non ha un senso logico, la mia parte razionale cerca di prendere il sopravvento.

-E…Edward cosa…- vorrei capire, vorrei sapere il perché di tutto questo ma lui mi interrompe.

-Shhh. Per favore Isabella non chiedermi nulla, non farmi domande.- non riesco a non assecondare ciò che mi chiede, mi sento come Ulisse attratto dal canto delle sirene.

Ormai è vicinissimo, ad un passo dal mio volto, il cervello è completamente annullato al suo volere, e il cuore ha definitivamente cessato di battere, mi accorgo anche che sono tesa forse perché sto trattenendo il respiro. Improvvisamente poggia una mano dietro la mia schiena, iniziando ad accarezzarla lentamente sopra la stoffa leggera della camicia, l’altra la porta dietro la nuca e mi attira a se in un bacio prima lento, cadenzato, che man mano che le nostre labbra si adeguano le une alle altre diventa più deciso, passionale. Porto le mie mani tra i suoi lunghi capelli disordinati, quei fili d’oro che sembrano fatti per essere accarezzati, tirati, massaggiati, al tatto sono morbidi e mi provocano una sensazione di piacere.

Il sole sta quasi calando del tutto, Edward all’improvviso si stacca dalle mie labbra, ed io sento come un senso di vuoto,  non ne avrei avuto mai abbastanza.

-Adesso devo andare.- mi guarda con uno sguardo che non riesco a decifrare, si volta e inizia a camminare verso l’uscita.

Mi lascia qui, da sola, in questo parcheggio. Sono stordita, confusa, non è da me baciare un tipo che non conosco nemmeno. Chi sei, cosa vuoi da me Edward Cullen? Perché mi inviti in un parcheggio e mi baci come se avessi paura che da un momento all’altro potessi scomparire per poi andartene senza darmi una spiegazione?


Edward Pov.

L’avevo fatto, non sapevo il perché di questo mio gesto ma l’avevo fatto. Avevo lasciato un biglietto sulla scrivania di Isabella invitandola ad incontrarci nel parcheggio, non un segno per fargli capire che fossi io, non una firma. Ero consapevole  che avrebbe potuto ignorarlo completamente, avrebbe potuto pensare che i bambini fanno queste cose, e invece eccola qui, in questo parcheggio intenta a guardarsi intorno.

-Non mi aspettavo venissi.- si gira di scatto, forse l’ho spaventata.

Quando i suoi occhi incrociano i miei posso leggervi un moto di stupore all’interno, è qui, ferma, davanti a me, totalmente vulnerabile. Le lascio il tempo di assimilare, di rendersi conto di quello che sta accadendo. Mi guarda, mi contempla, mentre io non stacco mai i miei occhi dai suoi. Sono bellissimi, sembrano cioccolato fuso, così come i suoi capelli che alla luce del tramonto sembrano più chiari.

Decido di fare io il primo passo così inizio ad andarle incontro, le giro attorno, voglio contemplarla tutta, non voglio perdermi nemmeno una parte del suo corpo. Sicuramente starà pensando che sembro un avvoltoio che gira intorno alla sua preda, ma non m’importa, voglio osservarla.

I suoi occhi mi scrutano, sembrano quelli di un bambino che vede per la prima volta un oggetto nuovo. Nessuno dei due parla, forse anche lei ha paura di rompere questo clima di pace che si è venuto a creare intorno a noi. Deciso di osare di più, mi avvicino e le sfioro il viso con un dito. Istintivamente chiude gli occhi,  forse perché le piace questo contatto inaspettato.

-Apri gli occhi Isabella- le sussurro, non voglio che li chiuda, voglio ancora perdermi in quel mare di cioccolato fuso e magari fondermi con lui - sono così belli è un peccato se me li nascondi.-

Quando li riapre mi guarda, poi cerca di chiedermi qualcosa ma la fermo prima che possa farlo.

-Shhh. Per favore Isabella non chiedermi nulla, non farmi domande.-  La mia è una preghiera, non voglio che mi faccia domande alla quale non saprei rispondere. Vorrà sapere il perché di tutto questo ma come posso dirlo a lei se sono il primo a non saperlo?

Mi avvicino ancora un po’, voglio annullare tutte le distanze tra di noi. Inizio ad accarezzarle la schiena e questa volta sono certo che il brivido che ha provato è un brivido di piacere, lo stesso piacere che sto provando io. Senza rendermene conto, come spinto da una forza più forte della mia volontà la prendo dietro la nuca e la attiro verso di me poggiando finalmente le mie labbra sulle sue, morbide, arrendevoli.

Vorrei poterle morderle, risucchiarle, ma decido di andarci piano, potrebbe credere che sono un maniaco - penso - ma quando mi accorgo che contraccambia il mio bacio capisco che posso essere più passionale e dare libero sfogo ad una piccola parte dei miei desideri.
Mentre ci baciamo mi rendo conto che, nonostante sia stato con tante donne, tutte bellissime, sto provando delle emozioni nuove, diverse. Mi domando perchè lei, cos'ha più delle altre, perchè mi fa questo effetto? Le sue mani tra i miei capelli mi stanno facendo perdere il contatto con la realtà, il modo in cui li tocca, li tira, mi eccita e mi sento come un ragazzo alla sua prima esperienza.

Vorrei sfiorare ogni centimetro del suo corpo, vorrei annusarla, farla mia, farci l’amore per ore, non mi stancherei mai. Mi rendo conto che potrei perdere il controllo, vorrei che fosse lei a fermarmi ma non lo fa.

Ad un certo punto un barlume di lucità, capisco che quello che sto facendo è sbagliato, che sono stato uno stupido a farmi trascinare dai miei istinti, non avrei dovuto lasciarle nemmeno quel biglietto.

Mi stacco dalle sue labbra evitando di guardarla negli occhi perché se lo facessi non troverei il coraggio di lasciarla così.

-Adesso devo andare- le dico e, prima che possa chiedermi qualsiasi cosa, mi volto di spalle e mi avvio verso il cancello.

Nella mia testa riecheggia un solo pensiero: "Non farò mai più una cosa del genere, almeno non con Isabella Swan."

 

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Capitolo 5
*** Cioccolato e panna. ***


Buongiorno ragazze, colgo l'occasione per ringraziare ancora una volta tutte le ragazze che recensiscono la storia e che mi incoraggiano a scrivere. Sono contenta che la storia vi piaccia ma vi ripeto che il meglio deve ancora venire, siamo solo all'inizio. Spero che questo capitolo vi piaccia e che dopo averlo letto non mi prenderete a sprangate (leggete e capirete il perchè).
Buona lettura.


Isabella Pov.

Se ne è andato, lasciandomi qui da sola, estremamente confusa. Ci metto un po’ ad assimilare quello che è successo e, per un attimo, penso che possa essere stato tutto frutto della mia immaginazione. Ma no, non posso averlo immaginato, è impossibile, sento ancora il suo sapore sulle mie labbra gonfie e calde a causa dell’eccitazione.

Non capisco il perché del suo gesto, perché se ne sia andato via così, ma dopotutto come posso pretendere di capire il suo comportamento se non capisco nemmeno il perché di quel biglietto, di quel bacio.

Decido di incamminarmi verso casa, ho bisogno di schiarirmi un po’ le idee. Sento dei brividi farsi strada sul mio corpo, non so se a causa dell’aria fresca della sera o se è soltanto  il gelo che Edward ha lasciato nel mio cuore.

Intorno a me le vetrine illuminate dei negozi, persone che camminano felici mano nella mano, bambini che corrono e giocano tra di loro, ed io mi sento spenta, ridotta a uno straccio.

Rientro a casa distrutta, non metto nulla sotto i denti, nonostante a pranzo abbia mangiato a malapena un insalata, il mio stomaco è pieno, pieno di rabbia, pieno di angoscia, pieno di domande alla quale vorrei dar voce ma so che non riceveranno mai una risposta.

Faccio una doccia veloce e mi metto a letto, dove sfogo tutta la mia angoscia in un pianto incessante, a tratti disperato. E’ una pazzia, ed il fatto che ne sia consapevole rende la cosa ancora più grave. Non posso piangere per uno sconosciuto, perché questo è per me Edward Cullen, uno sconosciuto.

Un attimo prima è stato come toccare il cielo, mi ha donato delle emozioni che non provavo da tempo e tutto questo con un semplice bacio, ma un secondo dopo mi sono sentita sprofondare all’inferno. Mi sento come se fossi stata usata, non mi va giù il fatto di essermi lasciata trasportare per poi essere mollata in quel modo senza nemmeno una spiegazione. Chi si crede di essere? Forse è abituato così a rapportarsi con le donne, indubbiamente tutte cadono ai suoi piedi e lui di certo non sa nemmeno cosa farsene di me che sono insignificante rispetto a tutte quelle donne che lo circondano, come lui stesso mi ha fatto notare al bar.

Stupida, stupida, stupida. Sei una stupida Isabella Swan, come puoi farti usare in questo modo da un uomo?

Come puoi permettergli di fare il buono e il cattivo tempo? Come puoi solo pensare di piangere per lui?

Così decido di dimenticare quello che è successo e ricordarlo solo come se fosse un bellissimo e dolcissimo sogno. Non gli concederò il piacere di vedermi in questo stato a causa sua.
 

Sono  le 7.00 del mattino quando mi sveglio, dopo una notte alquanto tormentata. Mi alzo e inizio a prepararmi. Opto per un vestitino bianco a mezze maniche che scende in morbide onde sui fianchi, un regalo di Alice per il mio compleanno che è stato solo pochi giorni fa, e un paio di bamboline dello stesso colore. Sistemo i capelli che per una volta lascio liberi di ricadermi sulle spalle e metto un filo leggero di trucco.

Scendo in strada, prendo un taxi, in meno di dieci minuti arrivo in ufficio. Come ogni giorno saluto Mike che stranamente non tenta di trattenermi, probabilmente si è accorto della mia espressione e sa che se ci prova lo manderò sicuramente a quel paese,  salgo su. Non appena le porte dell’ascensore si aprono vedo  Alice corrermi incontro, e così mi ricordo dell’appuntamento che ieri sera aveva con Jasper.

-Buongiorno Bella.- come ogni mattina mi abbraccia e mi da un bacio sulla guancia.

-Ciao Alice.- purtroppo non riesco ad essere allegra come lei e spero non se ne accorga, non mi va di parlarle di quello che è successo ieri, almeno non adesso.

-Beh non mi chiedi niente?- mi guarda e mi accorgo che è tesa come una molla e basterà un mio cenno per farla scattare, inizierà a parlare e non ci sarà verso di fermarla.

-Si Alice, com’è andata ieri sera con Jasper?- non voglio sembrare disinteressata, non è colpa di Alice se  il mio umore non è dei migliori.

-Oooh Bella è stata una serata fantastica- con aria sognante- Jasper è veramente un gentiluomo, mi ha portato a cena al Plaza e poi siamo andati a fare un giro per il Central Park, è stato tutto così romantico-

-Oh Alice sono veramente felicissima per te.- Alice è una ragazza straordinaria e merita solo il meglio, credo che Jasper sia quello giusto.

-Beh è ancora presto per dirlo Bella, ma credo che con Jasper possa nascere qualcosa di buono.- i suoi occhi brillano, è veramente presa.

-Lo spero vivamente perché sei una ragazza straordinaria e lo meriti.- la abbraccio nella speranza che possa trasmettermi un po’ del suo buon’umore, del suo entusiasmo. Ad un certo punto si stacca, mi allontana, e tenendomi per mano mi invita a fare un giro su me stessa. Mi squadra dalla testa ai piedi e mi guarda con aria perplessa.

-Beh…?- esclama guardandomi come se fossi un alieno.

-Cosa?- sono confusa, non riesco a capire dove voglia arrivare.

-Bella sputa il rospo, sai non mi pare affatto bello che la mia migliore amica non mi parli di quello che gli accade quando io invece le dico sempre tutto- porta le braccia ai fianchi e mi guarda con aria truce.

-Alice io davvero non so….- oddio sa qualcosa di quello che è accaduto? E' per caso una veggente?

-Oooh Bella, per favore.- indicando il mio vestito, poi continua - Questo è il vestito che ti ho regalato al tuo compleanno, come faccio ogni anno nella speranza che tu possa convertirti alla moda, però a differenza degli altri anni l’hai indossato di tua spontanea volontà senza che dovessi intraprendere una battaglia per convincerti.-

-Oh Alice tu sei veramente fuori di testa, oggi è una bella giornata ed ho pensato di indossare qualcosa di leggero, e poi così mi offendi, vorresti dire che io non apprezzo i tuoi regali?- metto un finto broncio tirando un sospiro di sollievo.

-No, no Bella. Non volevo insinuare nulla. Oooh lascia perdere, comunque sei bellissima e ti calza a pennello.- inizia a saltellare e battere le mani presa dall’euforia del momento. Per questo le voglio un bene dell’anima perché a differenza di quanto possa sembrare Alice è una ragazza semplice, basta veramente poco per renderla felice oltre al fatto che quando ti è accanto ti rende allegre anche le giornate tristi.

-A proposito, hai saputo che per oggi il servizio è annullato?-

-No, come mai?- non vorrei darlo a vedere ma questa notizia mi rallegra, il fatto che almeno oggi non sarò costretta a vedere Edward mi solleva.

-Beh un giorno di pausa non fa male a nessuno, sono comunque due giorni di lavoro ininterrotto, anche i modelli hanno bisogno di riposarsi, non credi?-

-Certo.- taglio corto per evitare che i miei pensieri possano concentrarsi su Edward –Allora cosa facciamo oggi?- qualcosa dovremmo pur fare visto che in agenda non ci sono impegni.

-Passeggiatina e shopping tra amiche?- mentre lo dice pare che abbia quasi la bava alla bocca, è così buffa che mi regala un sorriso.

-D’accordo.- ho proprio bisogno di passare un pomeriggio spensierato con la mia migliore amica – Ma solo se mi prometti che andremo a prendere un gelato.-

-Cioccolato e panna.- spara subito lei.

-Ci puoi scommettere cara.- cioccolato e panna è sempre stato il nostro gusto preferito, ricordo ancora quando da bambine lo mangiavamo per poi ritrovarci con tutta la bocca e i vestiti sporchi di cioccolato.

Alice va a recuperare la borsa dal suo ufficio e ci avviamo a scendere. Ci incamminiamo per le strade di New York che sono ricche di persone e negozi . L’aria è mite e rende il tutto più piacevole. Alice si ferma davanti ad ogni vetrina con la stessa aria con cui un bambino si ferma davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli, e pensare che lei stessa è una stilista, come se avesse bisogno di abiti altrui. La guardo e non posso fare a meno di scuotere la testa rassegnata.

-Che c’è?- me lo chiede come se fossi io la matta.

-Niente Alice, trovo semplicemente strano il fatto che una stilista affermata come te possa fermarsi davanti una vetrina con aria sognante come se non avesse mai visto in vita sua un abito, sei buffa.- lo dico sorridendo, grazie ad Alice mi è tornato il buonumore, ci voleva proprio un pomeriggio tranquillo tra amiche.

-Oooh Bella lascia perdere- dice agitando una mano verso di me- cosa vuoi capirne tu del fascino della seta, del cashmere, che cadono morbidi sulla tua pelle donandoti una sensazione magnifica.- se Alice fosse un personaggio dei cartoni questo sarebbe uno di quei momenti in cui avrebbe un paio di occhiali bianchi che brillano.

Continuiamo la nostra passeggiata fino a quando non decidiamo di fermarci ad un bar per prendere due coni al cioccolato con tanta panna. Mentre mangiamo il nostro gelato continuiamo a passeggiare e guardare le vetrine. Improvvisamente una goccia di cioccolato cade rovinosamente sul mio vestito, ci fermiamo un attimo mentre cerco di limitare i danni con un fazzolettino imbevuto. Ho lo sguardo basso sul vestito e all’improvviso sento Alice che saluta qualcuno.

-Hey Edward, Tanya-

Edward? Tanya? Il mio sguardo è ancora fisso sul vestito, forse ho capito male, sarà il mio subconcio che mi gioca brutti scherzi, non ho il coraggio di alzare gli occhi per verificare.

-Ciao Alice, Bella!- la voce di Tanya che saluta Alice e me è inconfondibile, la riconoscerei tra mille quella voce da gatta morta.

Alzo gli occhi e quello che vedo non mi piace affatto. Tanya nel suo tailleur blu abbinato ad una top bianco, con i suoi tacchi rigorosamente alti, arpionata al braccio di Edward. Il mio cuore inizia a battere all’impazzata, sento lo stomaco aggrovigliarsi e una rabbia inaudita crescermi dentro.

-Salve signora Lewis.- è tutto quello che riesco a dire. Vedo Alice che mi osserva come a voler capire questo mio cambio repentino d’umore.

Tengo lo sguardo basso per evitare di incrociare quello di Edward ma soprattutto perché non voglio vedere questo orribile spettacolo che si offre gratuitamente ai miei occhi. Sento Alice discutere di alcune cose con Tanya per poi salutare entrambi, anche questa volta intervengo con un semplice: “Arrivederla.”

Quando Tanya e Edward vanno via Alice ed io riprendiamo a camminare, so che sarà inevitabile ricevere un interrogatorio da parte sua, un interrogatorio che non si lascia attendere.

-Allora Bella si può sapere cosa ti è preso?-

Non so cosa risponderle, non mi va in questo momento di dirle quello che è successo ieri con Edward, anche se è la mia migliore amica e so che non mi giudicherebbe mai ma comunque lei ed Edward sono in contatto per lavoro e non voglio che si vengano a creare delle tensioni o delle controversie a causa mia, quando sarà il momento gliene parlerò. La voce di Alice interrompe il mio monologo interiore.

-Bella allora?- domanda spazientita.

-Non ho nulla Alice, solo che… non mi sento tanto bene ecco, vorrei tornare a casa.- non sono mai stata un asso nelle menzogne ma spero che Alice mi creda.

-Sei sicura Bella? A me è parso che sia stato l’incontro con Tanya ed Edward a turbarti. A proposito, non sapevo stessero insieme.- quando pronuncia queste parole il mio stomaco brucia ancora di più, allora è così che stanno le cose, Edward e Tanya stanno insieme- Comunque lasciando perdere questo, c’è qualcosa che devo sapere?- mi scruta con il suo sguardo attento, che sa leggermi dentro.

-No Alice, non c’è nulla, davvero. Te l’ho detto ho un lieve capogiro e vorrei tornare a casa.- evito di guardarla negli occhi e le sorrido.

-Va bene Bella- mi fa una carezza e mi sorride dolcemente- andiamo che ti accompagno a casa.-

Rientro a casa e mi siedo sul piccolo divano che si trova in soggiorno, porto le mani tra i capelli e ripenso a quella scena, Tanya sotto il braccio di Edward che giravano per i negozi,  ripenso all’effetto che mi ha fatto e che non avrebbe dovuto farmi. Io e Edward non stiamo insieme, e quello è stato soltanto un stupido bacio, nulla di più.

Se solo anche il mio cuore riuscisse a pensarla allo stesso modo. Mi addormento esausta sul divano pensando ai suoi occhi di smeraldo, alle sue mani sulla mia schiena, alla sua bocca calda sulla mia.

 

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Capitolo 6
*** Riavvolgere il cuore. ***


Buonasera ragazzi, ecco un nuovo capitolo che chiarisce un pò quali sono i sentimenti di Isabella, poi farò qualche Edward pov per spiegare il perchè del suo atteggiamento.
Buona lettura.



Isabella Pov.

Un nuovo giorno è iniziato ed io come al solito mi preparo per andare a lavoro. Il mio riflesso allo specchio mostra i segni evidenti della notte trascorsa sul divano tra il dormiveglia, le occhiaie sono ben marcate e il viso appare ancora più smunto del solito a forza di saltare i pasti principali.

Mi faccio una doccia veloce sperando mi rigeneri, sistemo i capelli in una coda ordinata e cerco di limitare i segni sul mio viso applicando del correttore intorno agli occhi. Indosso un paio di jeans, una camicia blu, il mio colore preferito, e le mie adorate scarpette da ginnastica.

Scesa in strada prendo come al solito un taxi e durante tutto il tragitto non faccio altro che pensare a come sarà oggi quando vedrò Edward e Tanya, se riuscirò a gestire la situazione oppure il bruciore allo stomaco prenderà il sopravvento come è accaduto ieri.

Quando arrivo Mike mi consegna una busta per Alice e non perde occasione per fare il cascamorto. Entrando in ascensore la busta mi scivola dalle mani, mentre mi chino per raccoglierla vedo una mano che me la porge, alzando gli occhi mi ritrovo faccia a faccia con Ryan.

-Ciao Isabella.- mi sorride, è un tipo molto solare.

-Ciao Ryan, grazie.- gli sorrido di rimando.

Ryan continua a fissarmi insistentemente e come al solito, in questi momenti, pare che l’ascensore sia contro di me e che ci impieghi più del dovuto ad arrivare a destinazione. Cerco di evitare il suo sguardo ma ormai sento già il sangue che corre per affluire alle mie guance. E’ lui a rompere questo silenzio imbarazzante.

-Isabella posso chiederti una cosa?-

Anche se il suo sorriso è rassicurante a queste parole il mio cuore inizia a battere più velocemente e sono consapevole del fatto che sia insensato se ancora non so cosa voglia chiedermi.

-Certo, dimmi pure.- mi faccio coraggio anche se  non abbastanza da permettermi di guardarlo negli occhi.

-Ti andrebbe di bere qualcosa insieme questa sera?-

Mi volto lentamente convinta di aver capito male, ma i suoi occhi blu che mi scrutano mi fanno capire tutt’altro. Sono sempre stata una persona che collega il cervello alla bocca prima di parlare ma questa volta le parole vengono fuori da sole, prima che possa rendermene conto.

-Si.- è tutto quello che riesco a dire.

-Ok Isabella. Ci vediamo alle 21.00  al Beauty Bar?-

-Va bene Ryan,a più tardi.- lo saluto e mi appresto ad uscire dall’ascensore.

Arrivo alla mia scrivania per sistemare le mie cose poi vado nell’ufficio di Alice per dargli la busta che mi ha consegnato Mike.

-Buongiorno Alice.- le do un bacio sulla guancia.

-Ehy Bella.- la sua voce è simile al trillo di tante campanelline.

-Questa è per te, me l’ha data Mike.- le porgo la busta.

-Oh grazie. Allora ti senti meglio oggi?-

So che si riferisce a ieri sera, al mio finto mal di testa.

-Meglio Alice grazie.- taglio corto – Devo dirti una cosa, Ryan mi ha invitato a bere qualcosa questa sera ed io gli ho detto di si.- lo dico tutto d’un fiato come se stessi confessando un segreto inconfessabile.

Vedo Alice che spalanca i suoi occhioni e mi viene incontro sorridendo con aria maliziosa.

-Beh mia cara l’avevo detto io ieri che c’era qualcosa sotto, Alice Brandon non sbaglia mai.- conclude ammiccando.

-Dai Aliceeee smettila, ieri non sapevo ancora nulla, me l’ha chiesto oggi in ascensore.-

-Ok ok, voglio crederti. Però con così poco preavviso…- mi guarda con aria pensierosa.

-Poco preavviso per cosa?- come al solito non riesco a capire quello che si aggira nella sua testolina malata.

-Oh Bella, Bella. Mia piccola e ingenua Bella, vorrai mica presentarti così all’appuntamento con un modello?- il  suo sguardo è tutto un programma e quasi mi fa paura.

-No Alice, so cosa stai pensando e la mia risposta è NO! E poi non è niente di formale, andiamo solo a bere qualcosa come due amici.- se mi mettessi nelle sue mani sono convinta che mi addobberebbe come un albero di Natale.

-Ti prego Bella.- unisce le mani in segno di preghiera e mi fa il labbro tremulo.

-Va bene Alice- sospiro rassegnata – quando finiremo qui andremo  a casa mia per prepararci ok?-

-Grazie Bella, non te ne pentirai. E poi non dimenticarti che ti stai mettendo nelle mani di Alice Brandon, le ragazze pagherebbero per avere dei consigli da me.- mi fa una linguaccia- Adesso andiamo, dobbiamo raggiungere gli altri.-



Sono le 20.30, Alice mi sta arricciando i capelli con il ferro, e sono agitatissima. Dopo un ora di litigi su cosa indossare abbiamo trovato un compromesso che potesse accontentare entrambe. Abbiamo optato per un vestito nero molto semplice, che mi fascia il corpo mettendo in evidenza le mie curve, lungo fin sopra il ginocchio e un paio di decolté dello stesso colore, non troppo alte.

Quando abbiamo finito decido di chiamare un taxi che mi porti al Bar e Alice mi saluta specificando chiaramente che domani dovrò raccontarle tutto per filo e per segno.

Appena arrivata scendendo dal taxi inciampo ma trovo subito una mano a sorreggermi.

-Grazie.- riesco a mormorare mentre cerco di ricompormi.

-Di nulla Isabella.-

Quando sento queste parole mi immobilizzo, quella voce, la sua voce, roca, sensuale, calda, profonda. I battiti del cuore diventano subito accelerati, la testa inizia a girare e quella mano che mi sorregge brucia a contatto con la mia pelle, come se all’improvviso fosse diventata di fuoco.

Il mio sguardo si posa su quella mano, su quelle dita lunghe, poi pian piano sale fino ad arrivare al suo viso. L’impatto con quei due fari verdi mi coglie impreparata, quasi come se mi abbagliassero. Mi soffermo sulle sue labbra morbide e carnose, sulla sua barba incolta che contorna e impreziosisce il tutto. Improvvisamente avverto il desiderio di baciarlo, di toccarlo, di provare di nuovo quelle sensazioni stupende. Vorrei che le mie mani si perdessero di nuovo tra i suoi capelli, quei fili d’oro sempre disordinati come se fosse impossibile domarli. Lo desidero, è questo il mio problema, come se quel bacio avesse dato vita ad un sortilegio e adesso fossi inevitabilmente attratta da lui. Desiderio, passione, amore, è quello che sento bruciarmi dentro come brace viva quando lo guardo, quando i suoi occhi si posano su di me, sul mio viso, sul mio corpo. Quegli occhi indecenti, astuti, che mi scrutano quasi a volermi scavare dentro, esplorarmi. E’ per tutto questo che ieri ho reagito così quando l’ho visto con Tanya, è gelosia pura, e so che questa è una follia ma d’altronde l’amore è fatto di questo: vibrazioni, pulsioni, desiderio. L’amore non è razionale, l’amore è folle.

Tanya, Tanya, Tanya. Ripenso a lei così attraente, così sensuale, arpionata al braccio di Edward. Immagini che si susseguono nella mia mente, corrono veloci, fino a farmi riprendere il contatto con la realtà.

-Ciao Edward.- ritiro il braccio cercando di sembrare fredda, distaccata.

-Senti Isabella, io….- sta per dire qualcosa ma arriva Ryan che lo interrompe.

-Buonasera Isabella- mi saluta – Edward..- saluta anche lui.

-Ciao Ryan, come mai qui?- nella voce di Edward avverto un pizzico d’astio o forse è soltanto una mia impressione.

-Ho invitato Isabella a bere qualcosa.-

-Capisco. Beh allora vi auguro una buona serata.- si volta di spalle e va via.

Posso giurare che l’umore di Edward è cambiato radicalmente con l’arrivo di Ryan, non riesco a capirne il motivo, vorrei tanto sapere cosa aveva da dirmi, in questo momento non dovrebbe nemmeno interessarmi, Edward non dovrebbe essere affar mio.

Entriamo nel bar e ci accomodiamo, ordiniamo due aperitivi ed iniziamo a parlare del più e del meno. La serata, nonostante il mio cuore sia estremamente confuso, trascorre velocemente e in modo piacevole. Ryan al contrario di quanto possa sembrare è un ragazzo molto simpatico, intelligente, galante. Mi racconta della sua vita prima di intraprendere la carriera di modello, della gavetta che ha dovuto fare per diventare un modello di fama mondiale, di alcuni aneddoti divertenti che gli sono accaduti in questi anni sul lavoro.

-Come mai eri con Edward?- questa domanda arriva improvvisa, inaspettata, come un pugno in pieno viso.

-No…non ero con Edward…cioè io..io sono inciampata scendendo dal taxi e per caso Edward era li e mi ha aiutata- spero che non si sia accorto della mia titubanza, del mio imbarazzo. Non voglio che venga fuori niente di questa storia, se così si può definire.

-Capisco.- si avvicina di più quasi a sussurrarmi nell’orecchio- Sai Isabella, Edward sta con Tanya, hanno una sorta di relazione ma non vogliono che si sappia in giro.- conclude guardandomi diritto negli occhi e mi sorride, ma non è il suo solito sorriso, questo è indecifrabile a tratti inquietante.

Mi limito ad annuire, non so perché all’improvviso mi abbia detto una cosa del genere, so soltanto che quella che prima poteva essere una semplice supposizione adesso è una certezza e lo stomaco fa ancora più male, il cuore batte ancora più forte.

Ad una certa ora decidiamo di andare via, Ryan insiste per accompagnarmi a casa ma preferisco tornare da sola, non mi va di trovarmi in quelle situazioni imbarazzanti quando dopo un appuntamento lui ti riaccompagna a casa e c’è quell’imbarazzo del non sapere cosa fare, come salutarsi, anche perché la mia testa è altrove.

Ci salutiamo e decido di tornare a casa a piedi, ho bisogno di stare un po’ da sola con me stessa, di riflettere. Mi fermo in un parco, mi siedo su una panchina e osservo le stelle, così belle, luminose, mi ricordano il suo sorriso. Vorrei non pensare a lui in questo modo, vorrei non provare questo desiderio di averlo tutto per me, vorrei che non mi avesse mai scritto quel biglietto, che non ci fossimo mai scambiati quei baci roventi.

 

 
Vorrei, vorrei, vorrei.

 Vorrei riavvolgere il mio cuore e tornare all’attimo esatto in cui si è innamorato di Edward Cullen per evitare che accada, vorrei…ma non posso. Rewind the heart.

 

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Capitolo 7
*** Preparativi. ***


Ciao a tutti, vi ringrazio ancora una volta per il sostegno e per l'entusiasmo che mi mostrate, sono felice che la storia vi piaccia e vi ripeto che gli avvenimenti più interessanti devono ancora verificarsi. Questo capitolo è un introduzione al prossimo che sarà più importante, più intenso, ma non vi anticipo nulla.
Buona lettura.


Isabella Pov.

Il flusso dei miei pensieri viene interrotto da un rumore di passi alle mie spalle. Mi volto e vedo una sagoma che si avvicina, l’ansia prende il sopravvento: sono da sola, in un parco, è mezzanotte, non è di certo una situazione delle migliori.

-Bella?- la paura scompare del tutto quando quella sagoma assume un volto ed una voce a me conosciuta, è Jacob, il redattore.

-Hey Jacob.- il mio entusiasmo è dovuto soprattutto al sollievo.

-Cosa ci fai qui a quest’ora tutta sola?- si avvicina e mi guarda con aria di rimprovero.

-Beh potrei farti la stessa domanda Jacob Black.- gli sorrido, mi sono sentita a mio agio con lui fin dal primo istante, è facile essere me stessa.

-Guardi Signorina, che a differenza sua, io sono un uomo grande e vaccinato, capace di difendersi se dovesse accadergli qualcosa.- mi sorride rilassato. Viene a sedersi al mio fianco e anche lui si perde ad osservare le stelle. Questa volta sono io a rompere il silenzio.

-Sono venuta al parco perché è una bellissima serata, piena di stelle, ed avevo bisogno di stare un po’ da sola a riflettere.- ho lo sguardo ancora rivolto verso il cielo stellato, e non so perché gli sto raccontando queste cose, dopotutto io e Jacob ci siamo visti una sola volta eppure con lui è facile aprirsi.

-Beh vorrà dire che siamo molto simili, anche io sono qui perché avevo bisogno di staccare un po’ la spina. Vengo spesso in questo parco la sera, quando non c’è nessuno, si trasforma in un posto magico, sembra di uscire dal caos della città e di entrare in una dimensione parallela di tranquillità.- sento i suoi occhi che mi guardano mentre i miei sono ancora rivolti verso il cielo. – Ti infastidisce se resto qui con te?-

-No, affatto. Mi fa piacere che tu sia qui.- abbasso lo sguardo e incrocio i suoi occhi d’onice, sprigionano dolcezza e sincerità e mi trasmettono una sensazione di sicurezza, tranquillità.

-Problemi di cuore?- me lo chiede come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se fossimo due amici che si conoscono fin da bambini.

-Se così si possono definire.- il mio sguardo è nuovamente rivolto verso il cielo perché anche se con Jacob mi risulta naturale parlare di me c’è sempre un po’ d’imbarazzo – Come ti trovi con il tuo nuovo incarico?- cerco di cambiare argomento, più che altro cerco di distogliere  il pensiero da Edward.

-Bene. Mi piace molto il mio nuovo lavoro, mi ha permesso di conoscere tante belle persone, e tu sei tra queste Isabella. Potrà sembrarti stupido, ma dal primo istante in cui ti ho vista ho pensato che tra noi sarebbe nata una bella amicizia.- il suo sorriso è imbarazzato.

-Beh è quello che ho pensato anche io.-  tanto vale essere sinceri.
Continuiamo a parlare per un tempo indefinito, quando guardo l’orologio e mi accorgo che segna le 3 quasi mi viene un colpo. Il tempo è volato senza che me ne accorgessi.

-Jacob è tardissimo, sarà meglio se torno a casa se domani non voglio venire a lavoro come uno zombie.- mi alzo per salutarlo.

-Mi dispiace di averti trattenuta per così tanto tempo.- si passa una mano dietro alla testa guardandomi con aria dispiaciuta.

-Oh ma tu non mi hai trattenuta affatto, sono stata veramente bene e se non fosse stato così tardi sarei rimasta volentieri a parlare con te.- ed è così, grazie a Jacob ho passato un paio d’ore tranquillamente, senza quel peso sullo stomaco che ho quando penso ad Edward.

-Anche a me ha fatto molto piacere, adesso andiamo, ti accompagno a casa.- si avvicina di più e con una mano dietro la mia schiena mi invita a camminare.

-Oh no Jacob non preoccuparti, vedo se riesco a trovare un taxi.- la vedo dura a quest’ora ma non voglio che Jacob si senta costretto a farlo.

-No Isabella non se ne parla, è notte fonda e non ti lascerò andare senza assicurarmi che tu sia tornata a casa sana e salva.-

Effettivamente ha ragione, Dio solo sa chi potrei incontrare a quest’ora della notte in strada. Devo ammettere che Jacob è molto premuroso, per tutto il tempo che siamo stati sulla panchina a parlare non ha fatto altro che ripetermi se avessi freddo e più volte si è offerto di darmi la sua giacca.

-Ok Jacob, ti ringrazio...- sono in evidente imbarazzo, non volevo si sentisse obbligato ad accompagnarmi ma prima che possa aggiungere altro mi interrompe.

-Bella non mi sento obbligato, mi fa piacere accompagnarti. Prendila così, è un modo per restare ancora un po’ a parlare con te.-

Camminiamo fianco a fianco continuando a parlare, intorno a noi solo le luci dei locali e i ragazzi che hanno appena trascorso una serata in discoteca, fino ad arrivare fuori al mio appartamento.

Potrei invitarlo a salire, dopotutto siamo due adulti grandi e vaccinati, ma non mi va di rovinare questa intesa che si è venuta a creare tra noi.

-Beh Jacob, ti ringrazio, allora…beh…- non so cosa dire, è lui a togliermi dall’imbarazzo.

-Di niente Bella, ci vediamo allora, notte.- mi sorride e mi da un bacio sulla guancia.
-Ok Jacob, grazie per la bella serata, buona notte.- apro la porta e lo saluto.


Mi chiudo la porta alle spalle e resto ferma in silenzio per qualche istante a ripensare al tempo passato con Jacob in tutta spensieratezza. Faccio una doccia e mi infilo a letto cadendo subito tra le braccia di Morfeo.

La sveglia che suona alle 7.00 in punto, come ogni giorno, oggi mi sembra più fastidiosa del solito, sarà che ho dormito solo un paio d’ore. Mi preparo un bel caffè ristretto e lo bevo tutto d’un sorso sperando faccia effetto altrimenti mi ritroverò a dormire sulla scrivania del mio ufficio.

Quando è tutto pronto scendo in strada e prendo un taxi, oggi dubito di poter fare affidamento sulle mie capacità fisiche. Arrivo in ufficio ma vedo che Alice ancora deve arrivare, mi sistemo alla mia scrivania e accendo il computer per riordinare alcune cose. All’improvviso sento qualcuno entrare  e sono convinta sia Alice, invece è Rosalie.

-Ciao Isabella.- mi saluta cordialmente.

-Buongiorno Rosalie.- mentre la saluto mi scappa uno sbadiglio.

-Beh per te non deve essere tanto buono, hai fatto le ore piccole?- ride e si accomoda sulla poltrona davanti alla scrivania, devo dire che oltre ad essere veramente bella è anche molto simpatica e gentile.

-Eh si, non ho pensato che magari stamattina mi sarebbe potuta servire una controfigura sul lavoro.- rido anch’io- Comunque hai bisogno di qualcosa?-

-Si in effetti avrei bisogno di una compagna per andare a comprare il vestito e gli accessori per la festa di stasera  e avevo pensato ad Alice ma dato che non la vedo potresti accompagnarmi tu, ti dispiace?-

La festa di stasera? Festa? Questa sera? Oddio me ne ero completamente dimenticata, Alice mi aveva avvisata più di un mese fa che avrebbe organizzato una festa a casa sua, non era nei panni. Cavolo come ho fatto a dimenticarmene. Rosalie mi ridesta dai miei pensieri.

-Bella allora? Ci sono problemi o puoi accompagnarmi?-

-Oh Rosalie scusa, è solo che…cavolo, mi ero completamente dimenticata della festa.- mi passo le mani tra i capelli e non riesco a trattenere uno sospiro.

-Beh un motivo in più per venire con me. Cogli l’occasione per comprare anche tu qualcosa no?- il suo entusiasmo è contagioso anche se il questo momento avrei bisogno di ben altro.

-Ok Rosalie. Avviso Alice e vedo se ha bisogno di me qui in ufficio o se posso prendermi la mattinata libera.-

Cerco il cellulare in borsa ma non lo trovo, poi mi ricordo di averlo lasciato sul tavolo nel mio soggiorno di casa. Cazzo. Dove cavolo ho la testa in questi giorni. Per fortuna mentre sto per telefonarla con il telefono dell’ufficio Alice arriva.

-Buongiorno ragazze, avete visto che bella giornata?- ci saluta entrambe con la sua solita energia che fatico a capire dove la trovi di primo mattino.

-Ciao Alice, proprio te cercavo. Rosalie vorrebbe che l’accompagnassi ad acquistare delle cose per la festa di questa sera e in verità anche io dovrei comprare delle cose dato che me ne ero completamente dimenticata.- dico quest’ultima frase con aria dispiaciuta perché so quanto
Alice ci tenga a queste cose ed io puntualmente me ne dimentico, sono una pessima amica.

-Oooh ma certo Bella che puoi andare, non preoccuparti, ero certa te ne fossi dimenticata, ti conosco troppo bene.- mi  dà un buffetto sulla guancia – Sono contenta che tu vada con Rosalie lei sicuramente ti saprà consigliare qualche bel vestito.- guarda Rosalie con complicità, devono aver stretto amicizia in questi giorni, beh con Alice è inevitabile.

-Ok Alice, grazie. Allora ci vediamo più tardi?-

-Si si. Divertitevi ragazze, ma non troppo senza di me.- ci fa una linguaccia e mentre stiamo per entrare in ascensore per andar via mi chiama.
– Un ultima cosa Bella.-

-Dimmi Alice, cosa c’è?-

-Cerca di far sparire quegli orribili solchi da sotto agli occhi per questa sera se non vuoi che gli invitati pensino di essere capitati ad una festa di Halloween.- il modo in cui me lo dice, con la sua aria di rimprovero e le braccia conserte, mi fa sorridere.

-Ok Alice. Ci proverò.- le faccio una linguaccia.

Scese in strada iniziamo a camminare e a guardare le vetrine dei negozi, ad un tratto Rosalie si ferma davanti ad una boutique bellissima. La vetrina è illuminata da un infinità di faretti puntati sui vestiti in modo da far brillare tutti gli strass che li ricoprono. Sono degli abiti da sera meravigliosi, li trovo magnifici anche io che di moda me ne intendo pochissimo.

-Beh Isabella cosa aspetti, entri o vuoi restare a guardarli dalla vetrina?-

-Cosa? Oh no Rosalie, non è il mio genere, io…io non saprei indossarlo un abito del genere.-

-Su Isabella non dire sciocchezze. Sei una donna molto bella e se solo evitassi di sminuirti in questo modo potresti scoprirti molto affascinante, desiderabile, potresti fare impazzire tutti gli uomini che vuoi. Entriamo dai, ti aiuterò a scegliere.-

Rosalie ha una personalità molto forte, si vede che è molto sicura di se. E’ una donna consapevole del suo fascino e sa come sfruttare la cosa a suo vantaggio, è astuta, intelligente e al tempo stesso è dolce, simpatica e soprattutto non è una gatta morta come Tanya. Il suo modo di fare mi piace, ed è anche molto convincente infatti mi ritrovo ad entrare in una boutique dove credevo che non avrei mai messo piede.

-Buongiorno Signore, posso esservi d’aiuto?- la commessa che ci accoglie è una di quelle classiche persone con la puzza sotto il naso, di quelle che obbediscono solo alla vista dei soldi.

-Si la ringrazio, vorremmo vedere qualche abito da sera.- interviene Rosalie.

La commessa ci mostra un infinità di abiti meravigliosi. Io decido di provarne uno blu cobalto con un corpetto molto aderente adornato di tanti piccoli strass, una profonda scollatura sulla schiena, lungo fino ai piedi con un piccolo strascico. Rosalie opta per un abito color crema tutto in pizzo con una lieve scollatura sul decolté anch’esso lungo fino a terra ma con un drappeggio su di un lato.

Mentre sono nel camerino a sistemare il vestito entra Rosalie e mi guarda con la bocca aperta.

-Wow Isabella, quest’abito pare sia stato creato appositamente per te. Anche il colore risalta con la tua carnagione chiara, sei una favola.-

-Grazie Rosalie, io…non so..davvero credi mi stia bene?-

-Ma certo Bella, stai benissimo.-

-Va bene allora mi hai convinta, lo prendo. Comunque anche il tuo vestito è una meraviglia, ti sta una favola, ma di certo non occorre che te lo dica io.-

-Ti ringrazio Isabella, e sappi che non è vero che non bisogna che me lo dica tu, non crederai che nel mio campo i commenti siano tutti sinceri come i tuoi.-  mi sorride – Adesso rivestiti, dobbiamo provvedere all’intimo.- mi fa un occhiolino ed esce dal camerino.

Entrambe decidiamo di acquistare gli abiti che abbiamo provato ed usciamo dal negozio per andare a comprare l’intimo adatto da abbinare. Entriamo in un negozio di Victoria Secret e resto incantata dalla moltitudine di completi intimi di ogni genere: corpetti, culotte, perizomi, guepiere, reggicalze.

-Bella inutile dirti che il tuo abito non prevede l’uso di un reggiseno.- me lo dice come se stesse insegnando qualcosa ad un bambino.

-Come? Senza reggiseno? Oddio Rosalie ma si vedrà tutto.- la mia faccia allibita deve essere veramente comica perché vedo Rosalie che a stento riesce a trattenere una risata.

-Bella non essere sciocca non si vedrà nulla. E poi non se ne parla, il tuo vestito è tutto aperto sulla schiena, vuoi davvero che ti si veda la fascia del reggiseno?-

Effettivamente ha ragione, sarebbe antiestetico fare vedere la fascia del reggiseno, farei una pessima figura.

-Ok Rosalie, non so perché ti sto ad ascoltare ma mi fido di te, sei come Alice anche se a lei non la batte nessuno.- le sorrido divertita e sollevata al tempo stesso. Rosalie è una persona che ti sa mettere a tuo agio.

-Bene Bella, non te ne pentirai, quando stasera tutti gli uomini ti ronzeranno intorno mi ringrazierai.- mi fa un occhiolino ma io non posso fare a meno di sentirmi in imbarazzo per  ciò che ha detto.

Dopo aver provato diversi completini usciamo dalla boutique  Victoria Secret, io ho comprato un completo composto da perizoma, reggiseno, reggicalze e autoreggenti, su imposizione di Rosalie che ci ha tenuto a precisare che stasera dovrò indossare tutto il completo all’infuori del reggiseno. Lei invece ha comprato una guepiere, dello stesso colore dell’abito, abbinata ad un perizoma e a delle autoreggenti.

In verità non ho mai comprato cose del genere, non so nemmeno come indossarle, ma forse è il momento di provare qualcosa di nuovo, un bel completo intimo non ha mai fatto male a nessuno, e poi devo ammettere che mi sento più donna, più sensuale.

Abbiamo quasi acquistato tutto per questa sera, mancano solo le scarpe. Mentre camminiamo dato che si è fatta ora di pranzo decidiamo di fermarci ad una tavola calda per mangiare un boccone, entriamo e ci accomodiamo ad un tavolo, arriva il cameriere che ci porge 2 menù.

-Salve signore, cosa posso servirvi?-

-Beh a me porti un petto di pollo alla griglia con dell’insalata e da bere una coca cola.-

-Per me lo stesso.- aggiunge Rosalie sorridendo, e vedo che al cameriere per poco non gli scende un rivolo di bava ai lati della bocca.

Dopo aver mangiato decidiamo di riprendere il nostro giro alla ricerca delle scarpe adatte. Entriamo in una boutique stracolma di scarpe da sera di ogni genere e colore. Rosalie mi fa provare dei sandali blu cobalto con un tacco vertiginoso che si chiudono con una fascia avvolta intorno alla caviglia il tutto abbellito da dei piccoli strass che richiamano quelli del vestito, devo ammettere che sono bellissimi. Lei opta per un paio di decolté nere di vernice rigorosamente alte, per spezzare il colore chiaro del vestito. Decidiamo di comprarle acquistando anche le due pochette abbinate.

Quando abbiamo comprato tutto il necessario io e Rosalie ci salutiamo, lei torna al suo appartamento, invece io torno in ufficio per parlare con Alice.

Arrivata in ufficio mentre sto per uscire dall’ascensore mi scontro con qualcuno e mi cadono tutte le buste dalle mani.

-Cavolo.- non riesco a trattenere un imprecazione.

-Ehy signorina le ore piccole di stanotte ti hanno fatto male, non puoi andare a sbattere contro la gente.- vedo Jacob che mi sorride e mi aiuta a raccogliere le buste.

-Ciao Jacob, scusa io non ti ho proprio visto.- cerco di scusarmi per la mia solita goffaggine.

-Non preoccuparti, anzi proprio te cercavo.-

-Me? E per cosa?-

-Ce l’hai già un cavaliere per la festa di questa sera? Mi farebbe molto piacere se potessimo andare insieme, sei l’unica con cui ho legato di più.- si passa una mano tra i capelli e i suoi occhi si muovono velocemente, sembra imbarazzato.

-Oh veramente non ho nessuno, mi farebbe piacere andarci con te.- effettivamente questo era un problema al quale non avevo pensato e sono felice che Jacob me l’abbia chiesto.

Indubbiamente Alice sarà con Jasper, Tanya con Edward (il solo pensiero mi fa venire i brividi), Rosalie figuriamoci se ha bisogno di qualcuno.

-Bene, sono contentissimo. Passo a prenderti per le 20.30?-

-Ok Jacob, grazie. A più tardi.-

Vado nell’ufficio di Alice che trovo estremamente concentrata sui suoi bozzetti, intenta a disegnare qualche nuovo abito.

-Disturbo?-

-Hey Bella, no affatto. Vieni.- mi fa segno di sedermi – Allora cosa hai comprato?- gli occhi le iniziano a brillare al solo pensiero.

Le mostro l’abito che ho acquistato, le scarpe, il completo intimo e la pochette e ad ogni pezzo Alice inizia a saltellare e battere le mani per l’entusiasmo.

-Oddio Bella è tutto così meraviglioso, questa sera sarai incantevole. Dimmi la verità, non mi vuoi più bene?- abbassa lo sguardo e mette il broncio.

-Alice ma cosa dici? Che razza di domanda è questa?- come le vengono in mente certe idee, lei è come una sorella per me.

-E allora perché in 20 anni che ci conosciamo non sono riuscita mai a farti comprare una, e dico una sola, cosa del genere e Rosalie in un paio d’ore ti ha fatto comprare tutto questo ben di Dio?- incrocia le braccia al petto e adesso la sua espressione è più arrabbiata che triste.

-Oh Alice, come puoi pensare una cosa simile?-

-Va bene ho capito tutto allora. E’ per un uomo.- lo dice con un sorriso malizioso sulle labbra.- A tal proposito, ieri sera, tu e Ryan, avete…-

-Oh no, no Alice cosa pensi. Ieri sera io e Ryan non abbiamo fatto nulla, serata tranquillissima.- la interrompo prima che possa dire qualcosa di scandaloso.

-E allora a cosa servono le autoreggenti e il reggicalze?- alza un sopracciglio con aria indagatrice.

-Beh Rosalie mi ha imposto di comprarli perché facevano parte del completo intimo.- in verità è così anche se non nascondo che non mi dispiace l’idea di indossare della biancheria sexy e soprattutto di vedere la faccia di Edward quando mi vedrà, anche se dubito gli interessi qualcosa di me.

-Va bene,ok ti credo. Adesso è meglio se andiamo a casa a prepararci, ci vediamo più tardi?-

-Ok Alice a più tardi.-

Rientro a casa e vado a farmi un bel bagno rigenerante con degli oli profumati alla vaniglia. Insapono i capelli, il corpo, e decido di passarmi il rasoio sulle gambe e nell’inguine. Quando ho finito asciugo i capelli col phon e li lascio cadere in morbide onde sulle spalle, metto del mascara sugli occhi, un po’ di cipria e un lucido per le labbra alla ciliegia.

Impiego un po’ di tempo a capire come si indossano il reggicalze e le autoreggenti e dopo aver indossato il vestito indugio davanti allo specchio per vedere se l’assenza del reggiseno lasci intravedere qualcosa, nonostante io non abbia un seno molto grande.

Sono le 20.30 e sono finalmente pronta, mi guardo allo specchio e devo ammettere che quello che vedo mi piace, a tratti sembro addirittura un'altra persona. Suonano alla porta e quando apro mi ritrovo davanti Jacob nel suo smoking che mi guarda con un sorriso mozzafiato.

-Isabella ma sei incantevole.- mi guarda con aria stupefatta.

-Grazie Jacob, anche tu non sei niente male.- non posso fare a meno di arrossire.

-Allora sei pronta per questa serata?-

-Se ti dicessi di no cambierebbe qualcosa?- non posso fare a meno di ridere.

-Beh credo che Alice non sarebbe tanto contenta se tu mancassi.- ride anche lui.

-Eh si, lo credo anch’io. Allora andiamo.-

Adesso il cuore che batte a mille è impossibile da frenare perché nonostante abbia  provato per molto tempo a tenere i pensieri lontani da Edward non posso fare a meno di pensare come sarà stasera quando finalmente lo vedrò, chissà cosa penserà quando mi vedrà.
Devo interrompere i miei pensieri perché siamo arrivati alla villa di Alice, beh forza e coraggio non mi resta che entrare.
 

 

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Capitolo 8
*** Via da te. ***


Buonasera a tutti, come al solito vi ringrazio per l'entusiasmo che mettete nel leggere la mia storia, volevo ringraziare anche tutti quelli che non recensiscono ma che comunque mi seguono.
Qualcuno nella recensione mi ha chiesto di postare le foto dell'abito di Isabella. Ci tengo a precisare che per la descrizione non mi sono ispirata ad un modello in particolare ma era frutto della mia fantasia, comunque cercando su internet ho trovato quello che più rispecchiava la mia idea. Oltre quello di Isabella vi posterò anche quello di Alice che è descritto brevemente in questo capitolo.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura!


Abito Isabella:

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Abito Alice:

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Isabella Pov.

Entriamo nella villa di Alice e i miei occhi rimangono incantati da ciò che vedono. Tutto il giardino è illuminato da una miriade di luci, ci sono tanti tavoli con delle lunghe tovaglie bianche con al centro dei fiori freschi, vi è una band che suona una leggera musica di sottofondo e un grande tavolo del buffet ricco di ogni genere di prelibatezze.

All’interno della casa vi sono dei divanetti dove è possibile accomodarsi per fare conversazione, i camerieri passano tra gli invitati con i vassoi pieni di flute di champagne e tartine, nell’angolo un pianoforte che sprigiona delle note dolci per rendere l’atmosfera soft.

Ci sono già tanti invitati, le donne indossano degli abiti particolarissimi mentre gli uomini sono rigorosamente in smoking, riconosco qualche volto tra cui quelli di James, Victoria e Mike.

Cerco Alice tra la folla di invitati e la vedo poco più distante bellissima nel suo abito nero a fascia, lungo fin sopra il ginocchio, composto da una serie di volà che rispecchiano perfettamente il suo carattere allegro e solare. Mi avvicino e mi accorgo che è intenta a parlare al telefono.

-Mi dispiace tanto, vorrà dire che sarà per la prossima volta. Ok ci conto. Grazie Tanya a presto.- riattacca e si volta verso di noi.

-Bella finalmente sei arrivata. Ciao Jacob.- Alice ci viene incontro e saluta entrambi evidentemente eccitata per la festa- Oddio Bella sei meravigliosa, cioè…io non ho parole e tu sai che è una cosa alquanto impossibile che io non abbia nulla da dire ma adesso è così.-

-Grazie Alice, ma non esagerare, non è nulla di che.- il rossore sul mio viso in questo momento non è un segreto per nessuno.

-Nulla di che? Io dico che sei la più bella fra tutte queste donne.- aggiunge Jacob sorridendo a me e ad Alice che annuisce in segno di approvazione.

-Vi ringrazio.- abbasso lo sguardo – Con chi eri al telefono?- la curiosità prende il sopravvento perché se penso a Tanya è inevitabile che i miei pensieri non corrano subito ad Edward.

-Oh era Tanya, purtroppo ha avuto degli impegni di lavoro e non potrà venire alla festa questa sera.- dice con rammarico mentre io sono al settimo cielo all’idea di non doverla incontrare.-  Bella qui sei di casa, non c’è bisogno che ti dica nulla, fai tu gli onori con Jacob che io mi occupo degli altri invitati.-

-Va bene Alice, non preoccuparti, vai pure.-  le rispondo con un sorriso.

Alice si volta e la vedo avvicinarsi ad un gruppo di invitati per salutarli. Io e Jacob facciamo un giro tra i tavoli e ci fermiamo a salutare James, Victoria e Mike che sono seduti ad un tavolo intenti a chiacchierare, poi vedo Rosalie e decido di andarla a salutare.

-Buonasera.-  la colgo alla sprovvista perché è di spalle.

-Hey Bella, ciao.- mi saluta con due baci sulla gancia- Wow, l’avevo detto io che questa sera saresti stata uno schianto.-

-Ti ringrazio Rosalie, anche tu sei una favola. Volevo presentarti Jacob Black, lui è il caporedattore della rivista di moda dove vengono pubblicate le collezioni di Alice.-

-Piacere Rosalie Hale.- gli porge la mano sorridente come sempre.

-Piacere mio Miss Hale.- Jacob le prende la mano e la porta alle labbra posandovi  un bacio leggero, da vero gentiluomo.

-Se volete scusarmi andrei a salutare dei colleghi.- Rosalie si congeda cortesemente e si avvicina ad un tavolo poco più distante.

Rimaniamo io e Jacob e mentre sono intenta a guardarmi intorno lo vedo. Edward  è appena arrivato, senza Tanya ovviamente, bellissimo come non mai nel suo smoking nero, intento a salutare alcuni invitati. Mentre lo guardo mi sento come catapultata in un’altra dimensione, completamente isolata da tutto ciò che mi circonda, fino a quando Jacob non mi rivolge la parola.

-Miss Swan sarebbe così cortese da concedermi l’onore di questo ballo?- mi porge la mano.

-Oh si, certo.- gli sorrido sperando non si sia accorto dello stato catatonico in cui sono piombata alla vista di Edward.

Iniziamo a volteggiare lentamente accompagnati dalle dolci note che si sprigionano nell’aria, circondati dagli altri ospiti che sono intenti anch’essi a ballare. Jacob mi cinge la vita con un braccio, posso sentirne il calore sulla mia schiena nuda,  le mie mani sono portate dietro al suo collo, aiutata dai tacchi alti che mi permettono di raggiungere quasi la sua altezza. Mentre balliamo ad un tratto mi volto e vedo due smeraldi luminosi che mi scrutano da lontano, uno sguardo indecifrabile, che non lascia trasparire alcuna emozione, gelido. Cerco di distogliere subito i miei occhi dai suoi, incapace di reggere quel gioco di sguardi.

Quando la canzone termina io e Jacob ci avviciniamo al buffet,  prendiamo due flute di champagne ed iniziamo a sorseggiarle.

-Siete amiche da molto tempo tu e Alice?- interviene Jacob per fare conversazione.

-Oh si, praticamente da una vita. Alice più che un’amica, è una sorella per me.-

-Si vede che tra di voi c’è molta intesa.- conclude constatando il fatto.

Ad un tratto, mentre siamo intenti a chiacchierare, mi volto e il mio cuore perde un battito, non sento più la musica, tutte le persone intorno a me è come se fossero scomparse, vedo solo lui e nient’altro. Edward avanza verso di me lentamente, il suo smoking nero lo rende ancora più affascinante del solito, i capelli ribelli gli ricadono sul viso, i suoi occhi verdi incorniciati da quelle ciglia lunghissime che gli donano uno sguardo dolce e sensuale al tempo stesso e mi trafiggono l’anima, la sua barba incolta, che mi fa impazzire, funge da contorno a quel sorriso sghembo mozzafiato.

-Buonasera Isabella.- mi saluta poi porge la mano verso Jacob.- Salve sono Edward Cullen, piacere.-

-Jacob Black, piacere mio.- Jacob gli porge la mano e lo saluta cordialmente.

Edward prende una flute di champagne ed inizia a sorseggiala lentamente senza staccare mai i suoi occhi dai miei. Vedo le labbra morbide incollate alla superficie liscia del bicchiere, le dita lunghe che lo sorreggono con una stretta decisa, quel liquido che gli scivola in bocca provocando un movimento sensuale del collo quando gli attraversa la gola, e non posso fare a meno di sentire quel languore che mi pervade lo stomaco ogni volta lo vedo, quell’irrefrenabile voglia di lui.

-Ho per caso interrotto qualcosa?- aggiunge rivolgendosi a me e Jacob nonostante i suoi occhi non intendono staccarsi dai miei, dal mio corpo.

-No- aggiunge Jacob – Anzi Bella se non ti dispiace io andrei a salutare Jessica, la mia segretaria.- dice indicando una ragazza poco più distante che riconosco essere la ragazza che mi ha accolto la prima volta che sono salita su in ufficio da Jake, poi porge una mano verso di Edward per salutarlo - E’ stato un piacere Signor Cullen.-

-Piacere tutto mio.- risponde Edward con uno dei suoi soliti sorrisi ammaliatori.

-Ok Jake, a dopo.- gli rispondo cercando di darmi un tono pacato anche se dentro di me regna il caos più totale al solo pensiero di restare sola con Edward, nonostante intorno a noi ci circondino una moltitudine di persone.

Jacob scompare tra la folla di invitati ed io resto per qualche secondo ferma li, intenta a finire il mio champagne. Gli occhi di Edward indugiano sul mio corpo provocandomi infiniti brividi lungo la schiena, avverto ancora una volta quel bisogno insistente di baciarlo, stringerlo, di passare le mie mani tra i suoi capelli, di farlo mio.

Ad un tratto sento che non riesco più a reggere tutte queste emozioni così decido di allontanarmi, magari tornare da Jacob, o cercare Alice, o parlare con Rosalie, insomma ovunque ma non qui con Edward che mi sconvolge i sensi.

-Edward se vuoi scusarmi…- decido di andare altrove, lontano da lui, lontano da queste emozioni.

Poggio la flute vuota sul tavolo e mi volto per andare via quando ad un tratto mi sento tirare per un braccio. Edward mi tiene stretta per i fianchi, il mio corpo adagiato contro il suo, riesco a percepirne il calore, il suo respiro sul mio collo.
Sento il mio corpo irrigidirsi, le gambe farsi deboli, i brividi aumentare a dismisura fino a quando non sento sussurrarmi qualcosa all’orecchio.

-Sei incantevole Isabella questa sera, e non ho intenzione di lasciarti andar via da me.- il suo alito caldo sul mio collo mi impedisce di formulare qualsiasi pensiero coerente.

-C…Cosa vuoi Edward?- è tutto ciò che riesco a dire completamente in balia delle emozioni che imperversano dentro di me.

-Voglio te! Desidero le tue labbra, il tuo corpo caldo, voglio sentirti mia.- il suo un lieve sussurro al mio orecchio, ma queste parole mi rimbombano nella testa e nel cuore forti come fossero degli spari di cannone.

Anche io lo desidero, tanto, troppo. Non faccio altro che pensare ai suoi occhi verdi che mi trafiggono l’anima, ai suoi capelli ribelli che mi fanno impazzire, alle sue labbra morbide e profumate, al suo sorriso così sensuale, così erotico, alle sue mani così eleganti che vorrei si muovessero leggere sul mio corpo a donarmi scariche intense di piacere.

La parte razionale di me prende il sopravvento e cerca di farmi ragionare. Non posso cedere così facilmente, non ancora una volta. Edward non può decidere di usarmi a suo piacimento come se fossi una bambola, lui sta con Tanya ed io devo farmene una ragione, e se cedessi adesso dopo sarebbe ancora più difficile tornare indietro.

-Edward lasciami andare, non ho intenzione di assecondare le tue sciocche manie di grandezza.- mi volto per guardarlo negli occhi, fredda, spietata - Credi forse che io sia un giocattolo? Sei così sicuro di te stesso da credere di poterti permettere il buono e il cattivo tempo perché tutte le ragazze crollano ai  tuoi piedi? Beh mi dispiace ma io non sono così, l’hai detto tu stesso, io sono diversa da tutte le altre che hai incontrato. Adesso devo andare.- mi volto e vado via.

Con il gelo nel cuore ma consapevole di aver fatto la cosa giusta, fiera di non essermi lasciata trascinare in quel baratro dove sarei riuscita a risalire solo a spese dei miei sentimenti. Corro via dalla villa di Alice, corro via dalla festa, corro via dalle luci e dalla musica che mi circondano, consapevole che l’unica persona dalla quale sto correndo via è Edward Cullen che mi ha sconvolto la vita penetrandomi troppo in profondità  nell’anima, troppo difficile da cacciar via.

 

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Capitolo 9
*** Prendere o Lasciare. ***


Ciao a tutti, oggi vi posto un bel Edward pov per chiarire molti dei dubbi che mi avete posto. Spero vi piaccia questo capitolo, ovviamente ringrazio tutte le ragazze che fin'ora hanno recensito la mia storia che sono:
Winter12, Isabella_Swan, Artemide88, Moon1977, MissCaliente, Deba, Antonella64 e Immacolata. Beh ragazze oltre a dirvi che i vostri commenti mi danno lo sprint necessario a farmi proseguire e a ringraziarvi non posso fare altro che continuare ad aggiornare costantemente sperando che la storia raggiunga le vostre aspettative. Un grande grazie anche a chi legge la storia ma rimane in disparte :)
Come sempre vi auguro una buona lettura!


Edward Pov.

E’ andata via. Forse me lo sono meritato. Cosa credevo di ottenere così facendo? Ha perfettamente ragione, lei non è affatto come le altre disposte a tutto pur di avermi nel loro letto, ed io l’avevo anche capito.

Fin dalla prima volta che i nostri occhi si sono incrociati mi sono accorto che i suoi brillavano di una luce diversa, speciale. Eppure non ho saputo controllare i miei istinti, non ho potuto fare a meno di comportarmi come il mio solito, anche sapendo che l’avrei soltanto allontanata da me.

Cazzo. Sono un idiota, un emerito idiota.

Dovevo comportarmi diversamente.

Ho cercato di controllarmi, dopo quella sera nel parcheggio avevo deciso che dovevo togliermela dalla testa.

Questa sera però, quando l’ho vista, così meravigliosa, con quell’abito che non celava ai miei occhi le sue curve sinuose, la sua schiena nuda che avrei voluto sfiorare, accarezzare come quella sera, non ho resistito.

La prima volta che l’ho vista mi è scattato qualcosa dentro, ho pensato che me la volessi soltanto scopare, ma poi quando l’ho baciata, sfiorata, quando ho sentito le sue mani tra i miei capelli, ho provato una sensazione che non mi so spiegare, una sensazione mai provata con tutte le altre donne con cui sono stato. Avevo voglia di abbracciarla, coccolarla, come una sorta di istinto di protezione nei suoi confronti.

Sarà stata la sua aria così dolce, ingenua, così diversa da tutte le donne con cui mi sono rapportato in questi anni, per questo ho deciso di andarmene lasciandola li senza nemmeno una spiegazione.

Non posso non pensare a quando il giorno dopo l’ho incontrata, lei era con Alice ed io con Tanya.
Tanya che mi aveva chiamato per avvertirmi che il servizio del giorno era stato rimandato e per invitarmi a prendere un caffè, un caffè che come al solito si sarebbe trasformato in sesso. E’ così che funziona tra di noi, lei vuole me nel suo letto ed io l’accontento. Dopotutto Tanya è una donna attraente, sensuale, ma per me non rappresenta altro che  la mia agente, ed un paio d’ore di sesso.

Non posso dimenticare l’iniziale stupore e il successivo disgusto che ho letto nei suoi occhi quando mi ha visto, il suo cambio di umore, la sua freddezza nei miei confronti e in quelli di Tanya. Avrà pensato che tra di noi ci fosse qualcosa, che magari avessimo una relazione.

Poi l’ho rincontrata, per caso, davanti al Beauty Bar. Lei è inciampata scendendo dal taxi ed io non ho potuto fare a meno di aiutarla. Ricordo ancora quel flebile “Grazie” pronunciato con una punta di insicurezza e vergogna a quello sconosciuto che l’aveva aiutata per poi, non appena ha sentito la mia voce, diventare fredda e distaccata.

Mi sono sentito come se mi avesse dato uno schiaffo in pieno viso. E’ proprio vero quando dicono che uno sguardo vale più di mille parole. Ed è proprio per quel suo sguardo che avevo deciso di parlarle, di approcciarmi a lei in modo diverso, perché infondo a quel gelo, a quella freddezza, vi avevo intravisto una scintilla di fuoco, di passione. Sono sicuro di non essermi sbagliato, e le avrei anche parlato se non fosse arrivato quel bastardo di Ryan ad intromettersi.

Quando l’ho visto arrivare non potevo credere ai miei occhi, a lui non piacciono le donne come Isabella, non gli sono mai piaciute. Ha sempre prediletto quelle oche senza cervello, tanto belle all’apparenza ma estremamente  vuote dentro, gatte morte a livello di Tanya con l’unica differenza che lei un po’ di cervello ce l’ha ed è per questo che non è riuscito mai a portarsela a letto, non contando il fatto che Tanya non l’ha mai degnato di uno sguardo ossessionata da me.

E’ per questo motivo che ha chiesto un appuntamento ad Isabella, ha capito subito che a me interessava davvero ed io come un idiota gli ho servito su un piatto d’argento l’occasione per vendicarsi del fatto che io lo eclissi sia nel lavoro che nella vita di tutti i giorni.

Chissà cosa le avrà detto di me, sicuramente le cose più impensate. Le avrà detto che sono un bastardo e che faccio soffrire le donne, o che magari ho una relazione e sono impegnato, o magari….Non lo so cazzo, non lo so.

Il mio monologo interiore viene interrotto proprio da lui, Ryan. Mi rendo conto che per tutto questo tempo sono rimasto fermo, con lo sguardo perso nel vuoto.

-Ciao Edward.- mi saluta con un sorriso beffardo.

-Ciao Ryan.- digrigno la mascella, sono molto nervoso e non mi va di sentire le cazzate di questo coglione.

-Sei venuto da solo?- continua nella sua lenta tortura, con la sua aria di finta gentilezza.

-Si.- taglio corto, cercando di fargli capire che l’ultima persona  con la quale intendo  conversare sia proprio lui.

-Beh, ho visto la tua Cenerentola fuggir via, te la sei lasciata scappare Edward?- ride di gusto.

Queste parole sono come la benzina, fanno esplodere il fuoco che ho dentro, sono la goccia che fa traboccare il vaso.

-Senti brutto bastardo...- mi avvicino con aria minacciosa ma prima che possa prenderlo a pugni arriva Rose a placare la situazione.

-Edward...- si avvicina a me e mi prende per un braccio – Forza andiamo.- cerca di allontanarmi da Ryan, riservandogli uno sguardo pieno di disprezzo.

-Oh oh, il principino ha bisogno della fata turchina che lo aiuti.- continua Ryan con la sua risata del cazzo.

-Fai un giro al largo Ryan prima che ci ripensi e te lo dia io un cazzotto.- interviene Rosalie dura, è sempre stata una tipa tosta.

Ci allontaniamo insieme verso un posto più appartato. Rosalie è la mia migliore amica da un po’ di anni ormai. Lei per fortuna oltre ad essere bellissima ha un gran cervello: è astuta, intelligente, solare, devo dire che è una donna veramente splendida, con la testa sulle spalle; ed è proprio grazie a lei se a volte riesco a tenere anche la mia sulle spalle, senza perderla del tutto.

-Allora Edward si può sapere cosa ti è preso? Volevi davvero prendere a cazzotti Ryan davanti a tutta questa gente?- si porta le mani ai fianchi e mi guarda con aria di rimprovero, e sotto ai suoi occhi non posso fare a meno di sentirmi un idiota.

-Lo so Rose, sono un idiota. Non so cosa mi sia preso io…- cerco di giustificarmi ma lei mi interrompe.

-No Edward, non sei affatto un idiota. Ryan si meriterebbe proprio dei cazzotti su quel visino d’angelo che si ritrova, se ti ho fermato è per salvaguardare la tua figura, non certo la sua.- conclude riservandomi uno dei suoi sorrisi più dolci. – Ma si può sapere perché stavate discutendo? Cosa ti ha detto per farti perdere le staffe in quel modo?-

-Rose nulla, è solo che…- non so se dirgli la verità, non mi sono mai sentito così stupido a parlare di una donna.

-E’ per Isabella vero?- mi scruta con i suoi grandi occhi azzurri.

Mi volto di scatto un po’ incredulo per quello che ha detto, come avrà fatto a capirlo? Prima che possa chiederglielo è lei a rispondere ai miei dubbi.

-Edward ti conosco da tanto tempo ormai, siamo amici, abbiamo condiviso un po’ tutto, credi davvero che non mi sia accorta del modo in cui la guardi? Della tua testa tra le nuvole?- si ferma un attimo per vedere se la sto seguendo dato che ho lo sguardo basso, poi riprende –
All’inizio ad essere sincera non credevo fosse possibile, non ti avevo mai visto così preso da una donna che non ti sei nemmeno portato a letto, poi però, ho capito che eri veramente preso.-

Si ferma di nuovo, mi accarezza una guancia costringendomi ad alzare lo sguardo e a guardarla negli occhi, poi mi sorride.

-Sai devo ammettere che ne vale la pena.- conclude soddisfatta.

-Cosa? C..come? Cioè cosa intendi?- non capisco a cosa si riferisca.

-Beh quando ho capito come stavano le cose ho travato il modo di passare un po’ di tempo con lei, aiutata anche dalla complicità della sua amica Alice con la quale in questi giorni ho instaurato un bel rapporto. Oggi siamo state tutta la mattinata insieme a fare shopping, e da quanto ho potuto capire hai apprezzato l'abito che indossava questa sera.- comincia a sghignazzare divertita.

-Cosa?- la mia voce sale di tre toni e i miei occhi si spalancano quasi a voler uscire fuori dalle orbite.- Tu…tu…sei stata tu a fargli comprare quell’abito?-

-In verità io le ho solo dato qualche  consiglio, per il resto ha fatto tutto da sola. Comunque è una donna molto intelligente, è in gamba,  mi piace.- ammicca e poi riprende – Poi devo ammettere che credevo  che nessuna donna sarebbe riuscita a metterti in crisi, ma lei..beh lei ci è riuscita.-

-Rose io…sono confuso, molto confuso. Non mi sono mai innamorato e dubito che questa volta sia diverso, io credo che la mia sia una sorta di competizione con me stesso, il fatto che lei non si conceda così facilmente…non so, non ci sono abituato! Questa cosa mi fa impazzire, cazzo.- mi passo nervosamente le mani tra i capelli.

-Ascoltami bene Edward, so bene che non ti sei mai innamorato ma Isabella non è come tutte quelle gatte morte che ti scopi, lei è diversa, lei prova dei sentimenti, a differenza di quelle donne ciniche che sono solo alla ricerca di un bell’uomo nel loro letto. Quindi se hai intenzione di trattarla come tutte quelle da una notte e via sappi che io te lo impedirò.- mi guarda dura, severa – Anche se non credo ce ne sia bisogno.-

-Che…cosa vuoi dire con “non credo ce ne sia bisogno”?- non capisco dove voglia arrivare.

Mi guarda con un sorriso soddisfatto e malizioso – Beh Edward, te lo ripeto, Isabella è una donna è estremamente intelligente, già dubito fortemente che se tu volessi conquistarla ci riusciresti facilmente, figuriamoci se le facessi capire che la tua intenzione è soltanto quella di portartela a letto, oltre a non dartela vinta sono sicura anche che te la farebbe pagare.- ride di gusto e posso vedere una scintilla nei suoi occhi.

-Beh su questo non avevo dubbi.- le rispondo rassegnato.

-Bene, quindi cerca di chiarire prima a te stesso quello che vuoi e poi magari con lei. Pensaci bene Edward.- si avvicina e mi abbraccia, poi si stacca mi sorride e torna dagli altri ospiti della festa.

Rimango qui in disparte per un po’ a pensare ciò che veramente voglio.

E’ solo smania di averla vinta la mia o davvero provo qualcosa per Isabella Swan?

Resto con i miei interrogativi per un po’ di tempo, ho migliaglia di dubbi che mi assalgono, poi finalmente un illuminazione, adesso so cosa devo fare.

 

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Capitolo 10
*** Sex on the Beach. ***


Buonasera ragazze, per prima cosa volevo dirvi non lasciatevi impressionare dal titolo del capitolo, capirete a cosa si riferisce. Questo è un capitolo "introduttivo" per il prossimo che sarà più intenso. Uragano in arrivo? Forse. Spero che non mi odierete per questi capitoli ma ricordate che la quiete viene sempre dopo la tempesta. Nello scorso capitolo ho visto che molte di voi hanno apprezzato il personaggio di Rosalie e vi dico anche che avete intuito un pò il suo ruolo in questa storia.
Colgo l'occasione per ringraziare tutte coloro che recensiscono: artemide88, cons, ary94, antonella64, miss caliente, deba, immacolata, heidy81_love, Isabella Swan, Moon1977, winter12. Grazie perchè le vostre recensioni per me sono anche fonte di ispirazione! Ovviamente ringrazio anche tutti coloro che leggono la storia ma restano in disparte.
Buona lettura.


Isabella Pov.

E’ domenica mattina e come al solito ne approfitto della giornata di festa per riordinare la casa, la musica ad alto volume mi fa compagnia mentre sono intenta a spolverare la libreria del soggiorno e a canticchiare.

Finito col soggiorno passo a riordinare la mia camera, il vestito che ho indossato ieri sera alla festa di Alice è ancora poggiato sulla poltroncina accanto al letto e vederlo mi riporta indietro di un paio d’ore. I miei ricordi mi mostrano limpidamente il luogo dove mi trovavo e le sensazioni che ho provato con Edward, la mia scenata seguita dalla mia fuga, per fortuna lo squillo del telefono mi ridesta da questi ricordi poco felici.

-Pronto?-

-Buongiorno Bella, tutto bene?- dall’altro lato del telefono c’è Alice con il suo solito buonumore.

-Ciao Alice, si tutto bene grazie, a te?- so che adesso mi chiederà cos’è successo ieri sera e perché sono sparita in quel modo ed infatti…

-A me bene, ma si può sapere dove sei finita ieri sera? Ad un tratto non ti ho più vista!- nella sua voce non posso non notare una vena di perplessità.

-Alice mi dispiace è solo che….beh sono tornata a casa perché non mi sentivo tanto bene.- spero che mi creda e che non abbia visto quello che è successo con Edward.

-Non credi che potevi avvisarmi, magari avrei potuto aiutarti, e poi anche Jacob ti cercava non hai detto nulla nemmeno a lui?-  il suo tono è passato da apprensivo a di rimprovero.

Cazzo, in effetti ha ragione, sono andata via senza nemmeno avvertire Jacob, troppo presa da quell’uragano di sensazioni che imperversava dentro di me, troppo presa dalla voglia di fuggire da Edward e da quelle emozioni.

-Oh Jacob, cavolo, mi dispiace di non avergli detto nulla, me ne sono proprio dimenticata, domani andrò in ufficio per scusarmi con lui. Beh a te non ho detto nulla perché eri tanto presa dalla festa, non volevo disturbarti.-

-Bella che sciocca che sei, sai che per te ho sempre tempo. Comunque ti ho chiamata per chiederti se stasera volevi uscire con me e Rosalie, magari possiamo andare a bere un drink.-

-Mmmh non lo so Alice, preferirei stare a casa a vedere un dvd o a leggere un libro.- non sono proprio in vena di festeggiamenti, non sarei di buona compagnia.

-Su dai Bella non farti pregare, per favore. Anche Rosalie sarebbe contentissima se ti unissi a noi, trascorreremo una tranquilla serata tra ragazze.-

-Va bene Alice, mi hai convinto.- le rispondo rassegnata – Ma tu non dovevi trascorrere una seratina romantica con Jasper?-

-Si ma purtroppo Jasper ha dovuto rimandare per degli impegni di lavoro, però mi ha promesso che si farà perdonare.-

-Capisco, sono felice che le cose tra voi vadano bene. Allora a che ora dobbiamo vederci?-

-Ti passo a prendere per le 19.00 ok?-

-Va bene Alice, a più tardi.-

Dopo aver riattaccato finisco di riordinare casa e ne approfitto per fare una telefonata a  Charlie e a Renèe per sapere come stanno. Preparo qualcosa di veloce da mettere sotto i denti e dopo aver mangiato e sistemato la cucina inizio a prepararmi per la serata.

Un bel bagno rilassante accompagnato da un po’ di musica soft riescono a distendere un po’ i miei nervi che sono stati parecchio in tensione in questi giorni. Dopo essermi insaponata e risciacquata asciugo i capelli stirandoli con spazzola e phon, metto su un trucco leggero e vado a vestirmi.

Decido di indossare un paio di jeans attillati che portano dei decori nei lati, una maglia scesa su una spalla con dei maniconi larghi e dei tronchetti neri che ho acquistato in una delle tante battute di shopping che faccio con Alice.

Alle 19.00 in punto sono già pronta consapevole che comunque dovrò aspettare Alice che è una ritardataria cronica. Nel frattempo decido di controllare la mia posta elettronica e di vedere gli impegni lavorativi che ci aspettano domani.

Con mia grande “felicità” vedo che domani James passerà in ufficio per discutere con Alice del confezionamento dei capi della nuova collezione, ci sarà da discutere sulle stoffe, sui colori, sulle misure, gli accessori, e così via. Alle 19.30 suona il citofono, spengo il computer e vado a rispondere.

-Chi è?-

-Bella sei pronta?-

-Si Alice, scendo subito.-

Scendo e trovo Alice e Rosalie ad attendermi in macchina, salgo anche io e saluto entrambe.

-Buonasera ragazze.-

-Ciao Bella.- mi salutano – Allora siete pronte a divertirvi?- aggiunge Alice sorridente.

-Certo che si.- risponde Rosalie ed io annuisco e sorrido in segno di approvazione.

Dopo circa un quarto d’ora di viaggio ci fermiamo fuori un locale che ci ha consigliato Rosalie e decidiamo di entrare. All’interno le luci sono soffuse, limitate a dei led e faretti blu, la musica intorno a noi ci avvolge totalmente. Ci sono tanti ragazzi e ragazze, alcuni davanti al bancone intenti a bere i loro drink e a chiacchierare, altri accomodati ai tavoli, o ancora, chi è intento a ballare al centro della sala.

Vedo Rosalie che si avvicina ad un bel ragazzo, alto, moro, robusto, probabilmente uno dei Barman visto che è dietro al bancone alle prese con uno shaker, lo saluta e poi lo presenta a me ed Alice.

-Ragazze lui è Sam, il più bravo Barman di tutta New York, fa dei drink eccezionali.- gli tira un pugno affettuoso sui grandi bicipiti.

-Dai Rosalie non esagerare. – interviene lui ridendo – Comunque piacere Sam Uley.- si presenta porgendo la mano a me ed Alice.

-Piacere Sam, sono Alice Brandon.-

-Invece io sono Isabella Swan, per gli amici Bella, piacere.- intervengo sorridendogli timidamente.

-Allora cosa posso servirvi?- chiede Sam riferendosi ai drink.

Sinceramente non me ne sono mai intesa di drink alcolici, anche perché personalmente li reggo poco, quindi decido di affidarmi all’esperienza di Sam.

-Io mi affido a te.- gli dico sorridendo, comunque non saprei cosa chiedere.

Rosalie e Alice decidono anche loro di affidarsi a Sam e mentre lui prepara i drink decidiamo di accomodarci ad un tavolo. Dopo pochi minuti arriva un ragazzo che ci serve i tre drink, sono di un colore tra il rosso e l’arancione, ne bevo un sorso e subito riconosco il sapore forte della vodka miscelato ad un qualcosa di dolce come succo d’ananas, succo di arancia e qualcos’altro che non riesco a riconoscere, tutto sommato è un drink piacevole da bere.

Mentre beviamo iniziamo a parlare e come al solito gira e rigira e i discorsi tra amiche si concentrano sempre sui ragazzi e sul sesso, tasto dolente in questo periodo per me.

-Allora Alice come vanno le cose tra te e Jasper a livello intimo?-  la punzecchia Rosalie.

-Si dai Alice, non hai niente da dirci?- spalleggio Rosalie prendendo a torturare Alice.

-Daiii ragazze smettetela, saranno a malapena 10 giorni che io e Jasper ci frequentiamo.- risponde palesemente imbarazzata e non posso fare a meno di ridere.

-Wow 10 giorni e ancora non avete fatto nulla? Bella dobbiamo insegnarle qualcosa. - continua Rosalie rivolgendosi a me e ridendo.

-Si proprio lei deve insegnarmi qualcosa.- dice Alice indicandomi – Forza Rosalie chiedi un po’ a Bella da quanto tempo è che non esce con un uomo e che non….- ride di gusto.

-Ah bene. Da quanto Isabella?- mi chiede Rosalie ridendo insieme ad Alice.

-Beh in effetti da un po’. – rispondo vagamente iniziando a ridere anch’io presa dall’euforia del momento e dal drink che inizia a far sentire i suoi effetti.

Andiamo avanti così per un bel po’ di tempo, chiacchierando delle nostre esperienze passate, le prime cotte, la prima volta, e più che altro parliamo con Rosalie la quale ci racconta le sue esperienze e alla quale noi raccontiamo le nostre, dato che io ed Alice ci conosciamo da sempre e queste cose già le sappiamo. Su ogni racconto non possiamo fare a meno di ridere come delle matte ed io non posso fare a meno di sentire la testa che gira ed una strana euforia causata dall’alcool che ormai è entrato in circolo.

Ad un tratto dei ragazzi si avvicinano al nostro tavolo e tra questi intravedo Ryan.

-Buonasera ragazze, disturbo? – ci saluta riservandoci uno dei suoi magnifici sorrisi.

-Ehy Ryan, no affatto.- interviene Alice ma sono sicura che invece Rosalie non è dello stesso parere.

-Vi presento i miei amici, Aro, Marcus e Caius.-

Sono tre ragazzi di bell’aspetto. Aro è abbastanza alto, ha una corporatura esile, i capelli ricci neri e gli occhi dello stesso colore. Saluta me Alice e Rosalie baciandoci elegantemente la mano.
Marcus invece e anch’egli alto ma di corporatura più robusta, i capelli sono biondi e gli occhi castani. Ci porge la mano e si presenta sorridendoci.
Caius è il più basso dei tre, anche se è ugualmente alto, ha i capelli e gli occhi castani e ci porge semplicemente la mano per presentarsi.
Si accomodano al tavolo con noi e ordinano altri drink per tutti. Così mi ritrovo di nuovo a bere e quasi letteralmente sbronza. Inizio a sentire caldo, effetto collaterale dell’alcool, decido di uscire fuori a prendere una boccata di aria fresca.

-Ragazzi se volete scusarmi io esco a prendere una boccata d’aria.- mi alzo e faccio per uscire fuori con la mia fiera andatura barcollante.

-Ti accompagno.- Ryan si alza e mi cinge la vita con un braccio.

-Non preoccuparti posso accompagnarla io.- Rosalie si alza anche lei e guarda Ryan con aria adirata.

-Dai non preoccuparti Ryan si è offerto di accompagnarla, tu resta qui con me.- la blocca Alice.

-Hey hey calmi, non ho bisogno di mica un esercito.- intervengo io ridendo, evidentemente sbronza.

Usciamo fuori e subito mi vengono i brividi a causa dello sbalzo di temperatura, estremamente calda nel locale e fredda fuori. Ryan mi cinge la vita e mi sorride maliziosamente e prima che possa accorgermene le sue labbra sono sulle mie morbide, calde, prepotenti, che chiedono il permesso di spingersi oltre.

Mi bacia con passione e nonostante sia aiutata dal trasporto dell’alcool sono consapevole di quello che sta accadendo, dopotutto sono una donna adulta, Ryan è un uomo attraente ed io voglio soltanto divertirmi un po’.  Le sue mani tra i miei capelli, sulla mia schiena, si muovono veloci intente ad accarezzare, esplorare.

-Andiamo a casa mia?- me lo chiede improvvisamente tra un bacio e l’altro.

-Va bene.-è tutto ciò che riesco a dire totalmente in balia dei miei sensi.

Ryan mi prende per mano e mi trascina con se, ma mentre camminiamo improvvisamente lo vedo crollare a terra senza riuscire subito a capire quello che sta accadendo introno a me.

 

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Capitolo 11
*** Confessioni. ***


Salve a tutte ragazze, ho visto che il capitolo precedente è piaciuto molto e spero che questo sia lo stesso. Volevo ringraziare tutte coloro che leggono e recensiscono e volevo chiarire soprattutto i dubbi di una lettrice.
Cons: Allora volevo precisare che è vero che Ryan vuole approfittare di Isabella ma lei non lo sà, ed anche se era un pò brilla lei si rendeva conto di quello che stava succedendo con Ryan quindi aveva accettato il suo invito  non perchè era ubriaca ma bensì perchè è una donna adulta che anche se è innamorata di Edward, credendo che lui ha una relazione con Tanya ha deciso di dimenticarlo. Poi comunque lei non è a conoscenza di quanto Ryan sia meschino, dopotutto con lei è sempre stato cortese (anche se finto) ed è un ragazzo attraente. Per quanto riguarda il personaggio di Sam sono felice ti piaccia anche se dubito che avrà un ruolo importante nella storia.
Per quanto riguarda Alice, poverina non è colpa sua se è all'oscuro di tutto ma non preoccuparti recupererà, dopotutto anche lei ha sempre visto una sola facciata di Ryan ossia quella del bravo ragazzo e del gran fico.
Infine le cose che dici io non le trovo assolutamente stupidaggini ed anche se la storia è in parte già delineata nella mia testa ciò non vuol dire che per me le vostre recensioni non possano essere fonte di spunto o ispirazione, anzi mi fa molto piacere sapere quali sono le vostre idee.

Detto questo non mi resta che augurarvi una buona lettura :)

Edward Pov.


E’ domenica sera e mi trovo a casa, sul mio divano, intento a mangiare una pizza e a guardare un film alla televisione, un film che in realtà non mi interessa nemmeno.

I miei pensieri sono concentrati solo su di lei, Isabella.

Penso ai suoi occhi color cioccolato, alle sue labbra morbide, al suo profumo dolcissimo e penso a quanto sarebbe bello se in questo momento fosse qui con me.

Ripenso ancora a ieri sera, a quant’era meravigliosa con quel vestito blu che risaltava con la sua carnagione chiara come la luna.

Ripenso a quando l’ho vista stretta tra le braccia di Jacob Black mentre ballavano, le mani di lui sulla sua schiena nuda e quelle di lei dietro al suo collo.

Ripenso alla gelosia che ha preso il sopravvento e alla mia invidia nei confronti di quel Black, alla voglia di essere io al posto di suo e di avere io le sue esili mani sul mio collo.

Ripenso alla cazzata che ho fatto comportandomi in quel modo con lei, certo che adesso sarà ancora più difficile farle capire quali sono le mie vere intenzioni.

Ripenso a quel bastardo di Ryan che non ha perso occasione per provocarmi e che deve ringraziare soltanto Rosalie se non gli ho spaccato quel bel faccino.

La serata trascorre molto lentamente, perso tra i miei mille pensieri.

Ad un tratto vengo distratto dal cellulare che squilla, guardo il display, è Rosalie.

-Rosalie?-

-Si ciao Edward, tutto bene?- la voce di Rosalie mi arriva lontana, circondata da un brusio di voci e rumori.

-Si Rosalie tutto bene, ma…ma dove sei, sento un gran frastuono.-

-Sono in un locale, comunque volevo dirti che se ci tieni davvero ad Isabella corri subito al Fever sulla 52esima.-

-Ma perché Rosalie che succede?- non faccio in tempo a chiederglielo che ha già riattaccato.

Il mio cervello ha registrato solo due cose: Isabella e Fever sulla 52esima. Non ci penso su due volte indosso la giacca di pelle, prendo le chiavi della mia Volvo e mi fiondo nel garage. Sfreccio per le strade affollate di New York e in meno di dieci minuti arrivo vicino al locale. Mentre mi guardo intorno per parcheggiare la vedo e quasi mi si ferma il cuore.

Isabella che cammina barcollante mano nella mano con Ryan che la sta trascinando chissà dove. La rabbia prende il sopravvento,  accecato dall’odio e dalla gelosia accosto la macchina vicino al primo marciapiede, noncurante di ostacolare il passaggio delle altre autovetture, scendo e li raggiungo.

-Tu brutto bastardo levale le mani di dosso.- prendo Ryan e lo atterro con un pugno in pieno viso.

Ryan cade a terra stordito ed io subito mi volto verso Isabella.

Il suo sguardo è disorientato, è visibilmente brilla, mi avvicino a lei per accertarmi che stia bene.

-Isabella…- le tendo la mano per sorreggerla.

-Edward ?- ha appena focalizzato chi sono e cosa sta accadendo – Oddio ma sei impazzito?- mi guarda con un aria disgustata e si avvicina a Ryan.

Ryan cerca di alzarsi aiutato da Isabella, si passa una mano vicino al labbro dal quale fuoriesce un rivolo di sangue e mi guarda con aria di sfida.

-Si può sapere che cazzo vuoi Edward?- si avvina minacciosamente a me.

-Voglio che tu lurido verme schifoso stia il più lontano possibile da Isabella.- gli vado incontro pronto a
prenderlo di nuovo a pugni se sarà necessario.

All’improvviso Isabella si interpone fra di noi gridando – Basta! Siete impazziti?-

-Isabella io volevo soltanto…- non faccio in tempo a spiegarmi che lei mi interrompe.

-Cosa Edward? Cosa volevi tu? – mi guarda con aria dura nonostante i suoi occhi siano lucidi – Pensi mai a quello che vogliono gli altri o pensi solo a te stesso?- le lacrime iniziano lentamente ad uscire dai suoi occhi ed io mi sento una merda a vederla in quel modo a causa mia.

Ryan si avvicina a lei e la stringe forte a se, le passa una mano tra i capelli e mi guarda con aria vittoriosa.

-Non pensarlo Isabella, è soltanto un povero egocentrico che non sa accettare un rifiuto.- le sussurra all’orecchio.

-Ti ha fatto molto male?- vedo le sue mani che si avvicinano al labbro di Ryan per sfiorarglielo delicatamente.
Io resto fermo ad assistere a questo incubo di cui sono protagonista, Isabella mi odia e si è schierata dalla parte di Ryan, ha ottenuto ciò che voleva quel verme schifoso.

Vorrei riprenderlo a pugni ma sarebbe inutile, rimango fermo con le braccia lungo i fianchi, il respiro affannato, irregolare, incapace di proferire alcunché.

Ad un tratto sento una mano sulla mia spalla, mi volto e vedo Rosalie che mi guarda con uno sguardo colmo di comprensione, d’intesa. Dietro di lei Alice che ci guarda incapace di capire quello che è successo.

-Si può sapere cosa sta succedendo?- chiede guardando me e Ryan.

-Nulla di importante.- risponde Ryan ancora stretto ad Isabella.

-Sicuro Ryan? Hai il labbro spaccato, come…- non fa in tempo a terminare la frase che lui la interrompe.

-Non preoccuparti Alice, non è successo nulla. Sei molto gentile a preoccuparti ma non ce n’è bisogno.- risponde con la sua maschera intrisa di falsità.

-Va bene. Senti Bella noi stavamo tornando a casa, andiamo?-

-Certo Alice.- ancora frastornata si avvicina alla sua amica.

Resto fermo senza sapere cosa fare, cosa dire, completamente incapace di dire o fare qualsiasi cosa.

-Allora Rosalie andiamo?-

-No Alice vi ringrazio, voi andate pure, io tornerò a casa con Edward. Grazie per la bella serata, sono stata bene con voi.-

Alice e Bella si voltano e dopo averci salutato tutti con un “Buona notte” e un cenno della mano scompaiono nel traffico di New York.

Isabella Pov.

“Ryan mi prende per la mano e mi trascina con se ma mentre camminiamo improvvisamente lo vedo crollare a terra senza riuscire subito a capire quello che sta accadendo introno a me.”

-Edward?- Ad un tratto mi volto e vedo Edward affannato che mi allunga  la mano. – Oddio ma sei impazzito?- Guardo Ryan steso a terra con il labbro completamente spaccato, mi avvicino per aiutarlo a rialzarsi.

-Si può sapere che cazzo vuoi Edward?-  Ryan si avvicina ad Edward pronto a restituirgli ciò che ha appena ricevuto.

-Voglio che tu lurido verme schifoso stia il più lontano possibile da Isabella.-

Non riesco a credere a quello che ha detto. Vuole che Ryan stia lontano da me? Perché? Perché tutto questo? Chi è lui per impedirmi di fare qualcosa, non ha alcun diritto su di me.

-Basta! Siete impazziti?- mi metto tra di loro per evitare che si prendano a pugni. Non posso fare a meno di tremare e di sentire le lacrime che pizzicano agli angoli occhi perché chiedendo di uscire.

-Isabella io volevo soltanto…-

-Cosa Edward? Cosa volevi tu?- lo interrompo perché non voglio sapere quello che ha da dire, non voglio. Già è troppo difficile cacciarlo dai miei pensieri nonostante ogni volta riaffiori prepotentemente. Ogni volta che il mio cuore riesce a metterlo da parte eccolo che riesce a sconvolgermi nuovamente. - Pensi mai a quello che vogliono gli altri o pensi solo a te stesso?- le lacrime ormai sono troppo difficili da gestire, quindi mi arrendo al loro volere e le lascio scendere copiosamente sul mio viso.

Ryan si avvicina a me per consolarmi, mi abbraccia e mi accarezza i capelli premurosamente sussurrandomi che devo lasciar perdere Edward che è soltanto un povero egocentrico.

Se solo anche il mio cuore la pensasse allo stesso modo. Cosa mi hai fatto Edward Cullen per farmi innamorare così perdutamente di te al punto da soffrire in questo modo atroce?

Perché quando ti vedo vorrei stringerti forte a me?

Perché vorrei baciarti, sfiorarti, fare l’amore fino a morire?

Perché lo stomaco brucia così tanto?

Perché ti desidero, ecco perché. Perché ho un fuoco che mi brucia dentro e mi consuma, e tu, tu sei la benzina che alimenta il mio fuoco ogni volta che incontro i tuoi occhi di smeraldo.

Tu mi incendi, ma poi non mi aiuti a spegnere questo fuoco, questo desiderio.

La voglia che ho di te mi farà impazzire, ma non posso cedere, non mi accontenterò di un paio d’ore di sesso, non posso, mi farei soltanto ancora più male.

Ad un tratto mentre sono assorta nei miei pensieri, ancora stretta tra le braccia di Ryan sento la voce di Alice.

-Si può sapere cosa sta succedendo?- chiede perplessa.

Ryan le risponde che non è successo nulla e che non deve preoccuparsi.

-Va bene. Senti Bella noi stavamo tornando a casa, andiamo?- si rivolge a me che in tutto questo tempo sono stata come chiusa in una mia dimensione, estranea a quello che stava succedendo.

-Certo Alice.- è tutto quello che riesco a dire ancora frastornata dall’alcool e da tutta questa situazione.

-Allora Rosalie andiamo?-

-No Alice vi ringrazio, voi andate pure, io tornerò a casa con Edward. Grazie per la bella serata, sono stata bene con voi.-  ci sorride, ma non è uno dei suoi soliti sorrisi, questo è un sorriso spento, triste,che non riesco a decifrare.

Io e Alice andiamo a prendere la macchina e una volta nell’abitacolo non riesco a trattenere le lacrime.

-Bella, tesoro, cosa succede?- chiede preoccupata Alice che è all’oscuro di tutta questa situazione – E’ per caso successo qualcosa con Ryan?-

-No Alice, Ryan non ha fatto nulla, è solo che….- vorrei parlare ma i singhiozzi mi scuotono il petto e mi impediscono di farlo.

-Cosa Bella, cos’è successo, dimmelo per favore non farmi stare così.-  mi guarda con aria premurosa e preoccupata.

-E’ che….che…sono innamorata Alice, troppo, e sto male all’idea di non poterlo avere tutto per me.- confesso togliendomi un peso grosso quanto un macigno. Averlo detto ad Alice mi ha portato ad una maggiore consapevolezza anche con me stessa.

-Cooosa? Innamorata?- chiede incredula – E di chi? Di Ryan?-

-No Alice, sono innamorata di Edward, di Edward Cullen!-

Arriviamo sotto casa mia e Alice decide di salire con me per parlare un po’. Una volta sopra mi vado a sedere sul divano nel soggiorno mentre lei mi prepara un te caldo per farmi calmare un po’ il forte mal di testa dovuto all’alcool e al pianto.

Restiamo a parlare per ore, le racconto tutto: del biglietto, dell’incontro nel parcheggio, di quello che è successo alla festa.

Alice mi ascolta silenziosa ed incredula, mi abbraccia, mi accarezza i capelli, e mi da tutto quel calore di cui ho bisogno, tutto quel calore che soltanto una amica, una sorella, come lei è per me, può darmi.

-Su Bella, non preoccuparti, tra pochi giorni il servizio fotografico sarà finito e non sarai più costretta a vederlo.-

Nonostante sia consapevole che all’inizio tutto ciò mi farà star male, Alice ha ragione. Il servizio tra pochi giorni sarà finito ed io non incontrerò più Edward, al massimo le vedrò su qualche copertina o a qualche sfilata ma nulla di più.

E anche se il solo pensiero di non vedere più quei due smeraldi verdi e di non sentire più quella sua voce roca e sensuale è doloroso, so che devo farmi forza e andare avanti e dimenticare questa stupida ossessione per Edward Cullen che mi ha soltanto stravolto la vita.
 

 

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Capitolo 12
*** Calore. ***


Buongiorno carissime, allora vedo che devo chiarirvi un po’ le idee, riconosco che probabilmente i pensieri prodotti dalla mia testolina malefica forse sono difficilmente comprensibili xD
Artemide88: Isabella si rendeva conto di quello che accadeva con Ryan anche se ovviamente grazie agli effetti dell’alcool era più disinibita. Mi è stato chiesto: “Ma se Isabella è un po’ insicura come donna ed ammette che non farebbe mai sesso con Edward per farsi passare l’infatuazione allora perché poi con Ryan non si fa problemi?”
La spiegazione diciamo è “abbastanza” semplice. Vi ho già detto più volte che Isabella si fida di Ryan e non di Edward (per motivi che più volte ho precisato ma che sono scritti anche nella storia) quindi non farebbe mai sesso con Edward perché: 1. Crede che lui sia un bastardo che per di più ha una relazione con Tanya. 2. Perché per lei non sarebbe solo sesso, ne sarebbe troppo coinvolta e dopo sarebbe ancor più difficile rinunciare a lui.
Invece per quanto riguarda Ryan, Bella farebbe sesso con lui spinta un po’ dall’alcool e un po’ dalla sofferenza, so esattamente che non è una cosa giusta ma si sa che certe volte quando si soffre per amore si è disposti a fare grandi cazzate (perdonatemi il termine) credendo in questo modo di poter “dimenticare”. E poi non preoccupatevi, avete visto che non li ho fatti andare a letto insieme, sono la prima ad essere contro un comportamento del genere! Spero ancora una volta di aver chiarito i vostri dubbi (vedo che ve ne faccio venire proprio tanti xD)
Adesso vi auguro una buona lettura e vi raccomando fatemi sapere sempre cosa ne pensate che i vostri commenti per me sono importanti!



Isabella Pov.

Sono le 11 e un quarto e sono appena atterrata a Forks, intorno a me persone che si affrettano per non perdere il loro volo,oppure, chi è appena atterrato e come me aspetta vicino al rullo trasportatore che compaiano le proprie valigie. Le porte dall’aeroporto si spalancano e subito vengo colpita dall’aria fredda e dalla folta coltre di nubi che perennemente ricopre il cielo di questa cittadina dove sono nata e cresciuta.

Decido di prendere  un taxi che mi porti a casa dei miei e durante il tragitto non posso fare a meno di notare come le cose siano cambiate in questi anni d’assenza. La città è gremita di gente, ragazzi che scorrazzano per le strade con le loro moto, ci sono molti più negozi.

Dopo un quarto d’ora di viaggio finalmente sono arrivata, vedo l’auto della polizia parcheggiata fuori al vialetto, segno che papà non è in servizio, prendo le valigie dal bagagliaio, pago il tassista, mi avvio alla porta e busso.

-Bella, tesoro, che sorpresa.- mia madre, Renèe, apre la porta e spalanca gli occhi per lo stupore.

-Ciao mamma.- lascio cadere a terra le valigie e l’abbraccio con tutta la forza che ho, lei ricambia evidentemente felice di vedermi.

Da quando lavoro a New York vedo e sento molto raramente i miei genitori, troppo presa da mille impegni, anche se mi mancano tanto.

-Oddio tesoro fatti guardare.- mi allontana per osservarmi meglio, quasi ad accertarsi che sia davvero io –Bella quanto sei sciupata, ma sei sicura che mangi come si deve?- mi accarezza una guancia e mi guarda con disappunto.

-Certo Renèe, non preoccuparti. Sono dimagrita semplicemente perché ho una vita molto caotica e movimentata, sai che con Alice è impossibile stare un attimo fermi. - mento spudoratamente per evitare di farla preoccupare.

Renèe è sempre stata una madre molto apprensiva, nonostante fosse uno spirito libero, impegnata col suo lavoro di artista, pittrice per la precisione, a modo suo ha sempre trovato il tempo per prendersi cura di me.                                        

Fondamentalmente siamo molto diverse, lei è estremamente estroversa, solare, socievole, io invece sono più riservata, timida, in questo somiglio molto più a Charlie.

-Forza Bella entra, non restare qui impalata, tuo padre non sarà nella pelle di vederti.- prende una valigia ed entra in casa chiamando mio padre.

Lo vedo scendere dalle scale del piano superiore con la sua divisa da sceriffo e il solito sigaro in bocca.

-Bells che sorpresa.- mi abbraccia forte– Perché non ci hai avvisati, saremmo venuti a prenderti all’aeroporto.-

-Dai Charlie non preoccuparti, ho preso un taxi, volevo farvi una sorpresa.- gli sorrido timidamente.

In realtà nemmeno io avevo in programma questo viaggio, è successo tutto velocemente, sono venuta qui a Forks per staccare un po’ la spina. L’idea è stata di Alice, quando ha saputo tutto quello che era successo con Edward mi ha proposto di prendermi un paio di giorni di ferie, almeno fino a quando il servizio non sarà terminato e non correrò più il rischio di incontrarlo.

In effetti ha avuto una bellissima idea, è meno di 10 minuti che sono a casa e già mi sento meglio, più serena, rilassata,  avvolta dal calore della mia casa, dei miei genitori.

-Su Bella vieni in cucina con me, preparavo il pranzo.- vedere Renèe così felice,radiosa, per la mia sorpresa mi fa capire che forse dovrei essere più presente, dovrei farmi sentire più spesso per evitare di farli stare troppo in pena.

-Si arrivo, vado a sistemare le valigie in camera.-

-Oh non preoccuparti ci penserà tuo padre.- dice agitando in aria una mano con noncuranza.

Mio padre la guarda con aria perplessa, poi si volta verso di me  – E certo Bella, non preoccuparti, c’è il facchino qui.- conclude guardano in cagnesco Renèe.

Mia madre, per tutta risposta, sospira e alza gli occhi al cielo ed io non posso fare a meno di ridere nel vedere che nonostante gli anni passino loro restano sempre gli stessi.

Raggiungo Renèe in cucina e mi siedo sullo sgabello vicino al banco snack mentre lei è intenta a lavare la verdura.

-Allora Bella cosa mi racconti di nuovo, novità sul lavoro?-

-Tutto bene, nessuna novità in particolare.- lascio cadere il discorso “lavoro” per evitare che il mio cervello si colleghi in automatico ad Edward.

-Sai vedo spesso in televisione servizi che parlano delle collezioni di Alice, copertine ed interi articoli di giornale che parlano di lei. Mi ricordo ancora quando giocavate insieme al parco, o quando organizzavate i vostri pigiama party e lei cercava in tutti i modi di vestirti come una bambolina, aveva già la vena della stilista. Aaah come passa il tempo.- la vedo sorridere persa in quei dolci ricordi e non posso fare a meno anch’io di essere contagiata da quest’aria  di serenità.

-E’ vero sono passati tanti anni, eppure sembra soltanto ieri. – rispondo ancora sovrappensiero constatando che effettivamente in questi anni sono cambiate tante cose.

Continuiamo a parlare per tantissimo tempo, desiderose di recuperare il tempo perso, mi mostra i suoi nuovi quadri e quelli che sta ultimando, intanto papà è sul divano occupato a guardare una partita di baseball e a bere una birra.

Dopo pranzo aiuto Renèe a rassettare in cucina, poi vado fare una doccia per rinfrescarmi del viaggio e decido di scendere per  visitare i luoghi che mi hanno visto crescere, bambina prima, adolescente poi.

Prendo il mio vecchio compagno di avventure, il  pick up rosso che mi regalò Charlie per i miei sedici anni,  è ancora in garage visibilmente consumato dal tempo, da quando io sono andata a vivere a New York è Renèe che lo utilizza.

Inizio a girare per le strade di Forks, passo davanti alla mia vecchia scuola, la scuola che ha visto nascere le  mie prime amicizie, sbocciare le prime cotte, i primi amori, e vengo colta da una dolce nostalgia nel ricordo di quei periodi meravigliosi.

Ad un tratto mentre sono persa tra i ricordi riaffiorano quelli di quando avevo 17 anni, una spiaggia, il sole alto in cielo o i falò a notte fonda, la spiaggia di La Push nella riserva dei Quilieute, dove passavo la maggior parte del tempo quando abitavo qui a Forks, non ci penso su due volte ed inverto la rotta in direzione La Push.

In 10 minuti arrivo sulla spiaggia della riserva e vengo travolta da mille emozioni, qui tutto è rimasto come lo ricordavo, i tronchi sulla spiaggia, gli alberi, le rocce, nulla è cambiato e mi sento come catapultata nel passato.

Parcheggio il mio pick up e decido di fare una passeggiata, tolgo le scarpette da ginnastica e cammino sulla battigia. Mi stingo nella giacca a causa del vento forte che soffia in riva al mare e che mi provoca dei brividi intensi lungo tutto il corpo, e nonostante il mare sia gelido decido di non rinunciare alla fantastica sensazione di immergervi i piedi come facevo un tempo.

Mi rendo conto che sono passate tante ore soltanto quando vedo il sole che sta per tramontare sul mare, l’arancione acceso che riflette sull’acqua crea un infinità di scintille brillanti che rendono l’atmosfera estremamente romantica e suggestiva. Mi stringo nuovamente nella giacca ma questa volta i brividi non sono provocati dal freddo ma da questo tramonto, mi ricorda che l’ultima volta che ne ho visto uno così bello è stato quella sera con…..No, no, no! Non devo pensare a lui, sono venuta qui per dimenticarlo e non per ricordarmi quant’è stato meraviglioso quel giorno.

Rimetto le scarpette e mi avvio al mio pick up. Guido molto lentamente, in sovrappensiero,  mentre ascolto le dolci note di “Claire de lune” che vengono sprigionate dallo stereo in tutto l’abitacolo.

Rientro a casa  ad ora di cena ma sinceramente non ho proprio voglia di mangiare così dico a Charlie e Renèe che sono stanca a causa del viaggio e salgo su in camera.

La mia camera è ancora quella di un tempo, è rimasta praticamente intatta. Vado in bagno per rinfrescarmi ed indosso il pigiama, prendo un libro dalla mia libreria, “Romeo e Giulietta” uno dei miei preferiti, e mi infilo nel letto.

Mi addormento mentre sono intenta a leggere e se per tutto il giorno ho cercato di tenere i pensieri il più lontano possibile da Edward mi rendo conto che nei sogni non posso fare lo stesso.

 

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Capitolo 13
*** Viaggio. ***


Ciao a tutte ragazze, prima di tutto anche se un pò in ritardo volevo farvi gli auguri di Pasqua sperando che l'abbiate trascorsa nel migliore dei modi. Mi dispiace se ci ho messo un pò di tempo a pubblicare questo capitolo solo che avevo un pò di matasse da sbrogliare per poterlo scrivere bene! Ringrazio come al solito tutti coloro che leggono la storia e tutti coloro che la recensiscono.
Buona lettura.


Isabella Pov.


-Isabella andiamo?- la voce di mia madre che si trova al primo piano mi arriva leggermente ovattata.

-Si mamma arrivo.- urlo per farmi sentire bene.

E’ soltanto il terzo giorno che sono qui a Forks e Renèe non mi ha dato un attimo di tregua, infondo la capisco erano anni che non trascorrevamo così tanto tempo insieme.

Infilo l’altra scarpa e indosso il giubbotto di pelle nero, un ultima occhiata allo specchio e sono pronta.

Scendo al piano di sotto e la trovo già di fianco alla porta con il suo solito abbigliamento stravagante, jeans stretti con sopra una casacca larga ultra colorata abbinata ad una fascia che porta tra i capelli della stessa fantasia, le chiavi del pick up in mano – Allora sei pronta?- mi domanda con impazienza.

-Certo, possiamo andare.- le sorrido perché stare con lei mi mette veramente di buonumore.

Oggi ha deciso di portarmi ad una mostra dove saranno esposti alcuni dei suoi quadri e non è nella pelle dall’entusiasmo.

Saliamo in auto in direzione Port Angeles, in circa mezz’ora arriviamo davanti all’edificio dove si svolgerà la mostra, parcheggiamo l’auto e ci apprestiamo ad entrare.

All’interno la sala è già gremita di gente, mi guardo intorno e vedo che ci sono un infinità di quadri esposti, tutti molto particolari, resto incantata dalla moltitudine di colori che è rappresentata su alcuni di essi.

-Bella tu fai pure un giro per osservare i quadri, io ti raggiungo tra poco devo salutare alcune persone.-

-Non preoccuparti, inizierò a dare uno sguardo anche se non me ne intendo gran che.-

Renèe sparisce tra la folla ed io inizio a girare per la sala per osservare più attentamente queste opere d’arte.  Mi fermo davanti un dipinto che mi colpisce particolarmente. Lo osservo attentamente, è un dipinto astratto che contrappone dei colori caldi quali l’arancione, il giallo, il rosso, a colori estremamente freddi quali il blu, il verde, il viola. Se dovessi interpretarlo penserei che questi contrasti rispecchiano delle emozioni contrastanti: l’odio, rappresentato dai colori freddi, e l’amore, rappresentato da quelli caldi. Forse lo interpreto in questo modo anche a causa del mio stato d’animo, chissà.

Mentre sono persa in questa dimensione fatta di tele e colori sento dei passi alle mie spalle, qualcuno che si avvicina.

-Isabella?-

Mi volto di scatto e non riesco a credere ai miei occhi. – Tyler? –

Tyler è un mio vecchio compagno di classe, quando abitavo a Forks trascorrevamo molto tempo insieme, in compagnia di Alice, Angela, Ben, poi dopo il diploma le nostre strade si sono divise, ognuno preso dai suoi impegni, abbiamo perso i contatti.

-Ehy ma ciao, come stai?- mi viene incontro e mi abbraccia con calore.

-Io bene, grazie. Ma tu cosa mi racconti? Come mai sei qui?-

-Beh questa galleria è mia, e poi sei tu quella che è partita per New York, io dovrei chiederti cosa ci fai qui?-

-In effetti hai ragione, sono venuta a trovare Charlie e Renèe, era un po’ che non li vedevo.- gli sorrido e abbasso lo sguardo a disagio perché in verità la realtà è anche un’altra.

-Bene! Quanto ti fermi?-

-Oh sono qui già da tre giorni, domani riparto.-

-Domani? Allora questa sera non puoi rifiutarti di venire a cena con me.- mi sorride, quel sorriso che aveva sempre stampato sulle labbra da ragazzo, quel sorriso che adesso è diventato di un uomo.

-Certo Tyler, sarò felicissima di trascorrere un po’ di tempo con te, come ai vecchi tempi.-

-Perfetto. Passo a prenderla alle 20.00 Signorina Swan, adesso scusami ma devo occuparmi della mostra.- mi abbraccia e mi fa un occhiolino.

-Okay, l’aspetterò con ansia Signor Crowley.-  gli sorrido non potendo fare a meno di pensare quanto mi sia mancato in tutti questi anni ma felice di vedere che la nostra amicizia ha resistito alle insidie del tempo, come se non ci fossimo mai persi di vista.
 

Sono le 20.00 e Tyler è appena arrivato, entra in casa e saluta i miei genitori –Buonasera Signori Swan.-

-Ciao Tyler, tutto bene ragazzo?- mio padre gli si avvicina dandogli una pacca sulla spalla.

-Tutto bene Capo Swan , la ringrazio.-

-Bene allora divertitevi, e ti raccomando Tyler guida piano che ti tengo d’occhio.- conclude puntandogli l’indice contro.

-Si papà, adesso basta con questa storia.- lo ammonisco con lo sguardo – A più tardi.-

Quando eravamo al college Tyler sbandò con l’automobile, a causa del ghiaccio che si era formato sull’asfalto, e se non fosse stato per Alice che mi tirò per un braccio mi avrebbe di certo investito, non fu colpa sua ma mio padre, da allora, non ha ancora dimenticato questa storia.

Entriamo in auto ed iniziamo a parlare di tutto quello che ci è successo in questi anni.

-Allora come ti trovi a New York? Vedo che Alice alla fine ce l’ha fatta, è diventata una stilista di fama mondiale.-

-Eh si, era inevitabile, sappiamo entrambi  quanto Alice sia testarda, se si predispone un obiettivo non si arrende fino a quando non l’ha raggiunto.-

-Questo è vero, però c’è anche da dire che è sempre stata molto brava in questo campo, sapevo che non avrebbe avuto problemi.- distoglie un attimo il suo sguardo dalla strada per guardarmi, mi sorride, poi continua – Tu invece cosa mi racconti? Hai un ragazzo?-

-Un ragazzo? Oh no, affatto. Non ho tempo per cose del genere.- confesso con una punta di amarezza – Tu, invece, frequenti qualche ragazza?-

-No, in questo momento anche io sono molto preso dal mio lavoro. Sai ci vuole un impegno costante per portare avanti una galleria.-

-Lo immagino.- concludo lasciando cadere il discorso “fidanzati”, un tasto dolente ultimamente.

Arriviamo ad un pub ed ordiniamo due maxi panini con hamburger, pomodori, insalata e formaggio, uno dei nostri preferiti, accompagnati da due birre.

La serata prosegue in un clima di assoluta serenità, non facciamo altro che ridere ricordando tutte le cose fatte da ragazzi, le feste, le litigate con i professori, gli scherzi di cui puntualmente ero vittima.

Verso le 23.30 Tyler mi riaccompagna a casa perché devo ancora preparare le valigie per domani.

-Bella sono veramente felicissimo di averti rivista.- mi accompagna vcino alla porta di casa.

-Tyler lo stesso vale per me, è stato bellissimo tornare qualche anno indietro e dimenticare per un po’ la vita caotica che ci circonda, il lavoro, gli impegni, le responsabilità. Ti lascio il mio numero, promettimi che non faremo passare altri anni prima di rivederci o sentirci.-

-Te lo prometto Bellina. – mi stringe tra le sue forti braccia – Senti ti dispiace se domani sia io ad accompagnarti all’aeroporto?-

-No tutt’altro, ne sarei felicissima.-

-Bene, a che ora hai il volo domani?-

-A mezzogiorno devo prendere l’aereo quindi dovrei essere li almeno per le 10 e 30 per fare tutto con calma.-

-Perfetto, allora alle 10.00 in punto passerò a prenderti. Buona notte Bella.-

-Notte  Tyler, a domani. Grazie di tutto.- lo riabbraccio prima di entrare in casa.

Mi avvio nel soggiorno dove trovo Charlie, concentrato a guardare la tv, e Renèe, intenta a leggere un libro.

-Buonasera.- li saluto ed entrambi distolgono lo sguardo da quello che stavano facendo per puntarlo su di me.

-Ehy Bella già a casa?- chiede curiosa mia madre.

-Si, devo ancora preparare le valigie per domani. Approposito domani mi accompagnerà Tyler all’aeroporto, se per voi non è un problema.-

-No Bells, non lo è affatto. Il vero problema è che ci mancherai tanto.- mia madre si alza e mi viene incontro riservandomi un abbraccio affettuoso.

-Oh mamma anche voi mi mancherete, ma vi prometto che mi farò sentire più spesso.-

-Sarà meglio per te signorina se non ci farai preoccupare.- interviene Charlie ridendo per questa frase che suona tanto come una minaccia.

-Va bene, adesso vado su a sistemare le mie cose. Buonanotte.-

-Notte Bells.-


Sono le 9.30 e sto finendo di sistemare in valigia le ultimissime cose. Renèe non fa altro che starmi dietro e di ripetermi quanto le mancherò, ed anche io sono triste all’idea di tornare a casa dove  mi aspetta la solita routine e i problemi che in questi giorni ho cercato di tenere lontano dai miei pensieri, primo tra tutti Edward.

Mentre osservo la mia camera per l’ultima volta, per imprimere bene nei miei ricordi ogni minimo particolare che mi terrà compagnia quando tornerò a NY, sento Renèe che mi chiama.

-Bella sei pronta? E’ arrivato Tyler.-

-Si, scendo subito.- un ultimo sguardo alla stanza e prima di uscire decido di prendere Romeo e Giulietta dalla libreria e portarlo con me.

Scendo le scale e Charlie mi viene incontro per aiutarmi con le valigie.

-Ciao papà, ci vediamo presto.- lo abbraccio forte anche se so quanto questi scambi di effusioni lo imbarazzino.

-Ciao Bells, prenditi cura di te.-

-Ciao mamma, ti raccomando cerca di essere meno sbadata.-  abbraccio forte anche lei  e a stento riesco a trattenere le lacrime.

-Oooh certo amore mio, ci proverò. Tu cerca di mangiare qual cosina in più.- mi da un ultimo bacio sulla guancia ed esco.

Tyler scende dall’auto per salutarmi e darmi una mano con le valigie. Durante tutto il tragitto da casa mia all’aeroporto cerca di tirarmi su di morale, mi racconta di tutti gli imprevisti che incontra sul lavoro, le difficoltà ad avere a che fare con gente come mia madre, un po’ stravagante, i cosiddetti “artisti”, riuscendo a strapparmi un sorriso.

Arriviamo all’aeroporto  ed inizio a fare il check  in, quando è tutto pronto ci accomodiamo in attesa che chiamino il mio volo. Ad un tratto la voce dall’interfono ci annuncia che è appena atterrato il volo New York – Forks e che tra 10 minuti partirà quello da Forks a New York.

Io e Tyler ci alziamo per salutarci e per un attimo mi blocco, tra la folla mi pare di aver visto Edward, magari sarà solo una suggestione causata dalla voglia che ho di vederlo quindi decido di non applicarmi più di tanto.

Non riesco a pensare che quando tornerò a NY non vedrò più i suoi occhi di smeraldo e quel suo sorriso tanto bello da togliermi il fiato, eppure sono sicura che partire per un paio di giorni mi abbia fatto bene, ha reso il distacco meno doloroso.

Tyler mi accompagna fino all’imbarco per darmi una mano con le valigie.

-Ciao Bella, salutami Alice e promettimi che non ci perderemo di vista per così tanto tempo.- mi abbraccia forte e nella sua voce noto un pizzico di commozione.

-Certo Tyler, a presto.- un ultimo abbraccio prima di salire sull’aereo.

Inizia il decollo ed io non capisco se la sensazione di farfalle nello stomaco sia causato dall’aereo che prende quota, dal fatto che i miei pensieri negli ultimi 10 minuti si sono concentrati su Edward o dall’angoscia che sto provando in questo momento al pensiero di non rivederlo più.

 

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Capitolo 14
*** Mancanza. ***


Buonasera ragazze, volevo veramente dire grazie a tutte voi che seguite la storia e che mi fate presente tutto il vostro entusiasmo nel leggerla. Volevo ringraziare due nuove lettrici che hanno recensito la mia storia: Aria_ e ludo_cullen.
Questo, diciamo, è un capitolo introduttivo per il prossimo che sarà più intenso. Spero vi piaccia e come al solito vi auguro una buona lettura.


Edward Pov.

Sono nelle mani di acconciatori e truccatori da circa un’ora ormai, il servizio inizierà tra poco più di dieci minuti ed io resto qui seduto, con la mia espressione impassibile, a farmi trattare come un bambolotto.

E’ da ieri sera che mi sento vuoto, privo di provare qualsiasi emozione, indifferente a tutto ciò che mi circonda.

Ieri  la litigata con Ryan, la scenata di Isabella e la ramanzina di Rosalie, mentre tornavamo a casa, mi hanno fatto nuovamente riflettere.

Ho capito che se voglio Isabella devo fare qualcosa, qualcosa di concreto. Devo stupirla, farle capire che le mie intenzioni sono serie, anche se il mio comportamento abbia potuto farle capire esattamente il  contrario.

La voce dell’acconciatrice, dai capelli eccessivamente rossi, che mi arriva all’orecchio mi riporta alla realtà.

-Bene,  Signor Cullen, con lei abbiamo finito.- mi guarda i capelli con aria soddisfatta ultimando il tutto con una spruzzata di lacca.

-La ringrazio.- le sorrido per evitare di far trasparire il mio stato d’animo, non voglio dare adito a pettegolezzi o voci di corridoio.

Mi alzo e mi guardo intorno in cerca di Isabella, ma niente, da quando sono arrivato in giro non c’è traccia di lei.

Arriva la costumista che mi porge i primi capi da indossare, li prendo e mi reco dietro un separè per cambiarmi.

Il servizio comincia quando anche Rosalie e Ryan hanno finito di vestirsi. Non posso nascondere un briciolo di soddisfazione nel vedere il labbro tumefatto di Ryan che i truccatori hanno cercato di nascondere facendo del loro meglio.

Continuiamo a posare, cambiare abiti, posizioni, scenografia, ma nonostante sia concentrato sul lavoro tra una pausa e l’altra i miei occhi si guardano intorno agitati alla ricerca di lei.

Quando il servizio è finito Ryan mi si avvicina con la sua solita aria da sbruffone – Cosa c’è non trovi la tua Isabella?- mi guarda con sfida.

-Ryan se vuoi che ti gonfi anche l’altra metà della faccia basta chiedere, sarò felice di accontentarti.- rispondo irritato anche se sono consapevole che ha deciso di portarmi all’esasperazione ed io, così facendo, sto seguendo il suo sporco gioco.

-Fa come vuoi Edward, tanto oramai l’hai persa e credo che ieri sera sia stata una dimostrazione più che valida, hai visto come ti guardava con disprezzo. Il mio compito finisce qui, ho ottenuto ciò che volevo.- si volta e si allontana prima che possa aggiungere altro.

Quel lurido bastardo potrebbe avere ragione, magari l’ho persa davvero, ma non m’importa, decido di avvicinarmi ad Alice per chiederle di Isabella, dopotutto è la sua assistente, nonché migliore amica, dovrà pur sapere dove si trovi.

-Mi scusi Miss Brandon, saprebbe dirmi dove potrei trovare la sua assistente?- cerco di sembrare tranquillo ma in realtà non lo sono affatto.

-No, mi scusi lei Signor Cullen, dove si trova Isabella non le riguarda. Adesso se non le dispiace ho ben altro da fare.- mi risponde con aria sprezzante, poi si volta lasciandomi li come un stoccafisso senza darmi l’opportunità di replicare o di chiederle delle spiegazioni riguardo il suo atteggiamento.

Incredulo per quanto è appena accaduto mi volto e mi avvio verso l’uscita sperando che almeno Rosalie non sia già andata via, proverò a chiedere a lei qualche informazione, magari Alice le ha detto qualcosa.

Prendo l’ascensore e mi reco verso l’uscita, Rosalie è lì intenta a parlare al telefono, mi avvicino aspettando che riagganci.

-Ehi Rose.-

-Edward dimmi.-

-Senti sai dov’è Isabella? E soprattutto sai perché Alice mi ha appena trattato come se le avessi fatto qualcosa?- le domando cercando di capire se sono io quello strano, oppure sono gli altri che hanno qualche rotella fuori posto.

-Beh Edward tu sai che Alice è come una sorella per Isabella giusto?- comincia il suo discorso ed io mi limito ad annuire incapace di capire dove voglia arrivare –Se qualcuno mi facesse soffrire tu cosa faresti?-

-Semplice, gli spaccherei la faccia.- le rispondo d’impulso ma non riuscendo ancora a comprendere dove mi voglia portare con questo ragionamento.

-Bene. Dato che Alice è una donna la faccia non te la spacca, ma sappi che se potesse lo farebbe volentieri.- conclude come se avesse appena spiegato la cosa più naturale del mondo.

Adesso capisco cosa le è preso, ce l’ha con me per quello che ho fatto a Bella. Cazzo, come ho fatto a non capirlo subito? Ultimamente capisco troppo tardi troppe cose, mi sento uno stupido.

-Ho capito Rose, ma Bella dov’è?- le chiedo ormai spazientito perché sono seriamente preoccupato per lei, dopotutto ieri non l’ho lasciata nelle migliori condizioni, era ubriaca e alquanto scossa.

-Alice mi ha detto che è andata a Forks a trovare la sua famiglia. – si porta un dito vicino alla bocca picchiettando e alza gli occhi al cielo come se stesse riflettendo -  In verità io credo che l’abbia fatto per stare lontano da te.- conclude guardandomi dritto negli occhi.

-Da me?- le chiedo incredulo.

-Certo Edward, da te. Ma è possibile che tu proprio non ci arrivi? Il servizio tra un paio di giorni sarà finito e lei non sarà più costretta ad incontrarti, per questo ha deciso di partire per un po’. Io credo che lei provi qualcosa per te ma se non le dimostrerai quello che provi, quali sono le tue vere intenzioni, lei non ti concederà mai una possibilità.-

-Oh Santo Cielo Rose, come posso fare? Io…io non mi sono mai ritrovato in una situazione del genere. – mi passo nervosamente le mani tra i capelli – Sai che non mi sono mai sentito così attratto da una donna e di certo non dovevo fare tante moine per portarmi una donna a letto. Non … non riesco a gestire queste emozioni così forti, è assurdo.-

-Lo so Edward, lo so.- mi accarezza una guancia in segno di conforto – Sai infondo c’è sempre una prima volta, adesso ti senti come un quindicenne, insicuro, incerto, hai paura di sbagliare, non sai qual è la mossa giusta da fare. – sorride di gusto poi continua – Però mi diverte vederti così. Edward Cullen il Dio delle donne e del sesso che ha lasciato cadere tutte le sue difese per una donna.- continua a ridere prendendosi gioco di me.

-Non ci trovo nulla di divertente Rose.- la fulmino con lo sguardo.

-Io invece si! Ho sognato per anni questo giorno, sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento, e adesso mi diverto.- mi fa una linguaccia dispettosa.

-Devo fare qualcosa per conquistarla.- dico più a me stesso che a lei – Sai quando rientrerà a NY?-

-Si, Alice mi ha detto che prenderà l’aereo la mattina dopo la fine del servizio. Perché questa domanda?-

-Mmm avrei una piccola idea.- le dico con un sorriso malizioso.

-Cos’ha in mente Signor Cullen?- mi guarda perplessa non riuscendo a capire quello che mi passa per la testa.

-Vedrà Miss Hale, vedrà. – le do una lieve spinta sulla spalla – Adesso scusami ma devo andare, ho un paio di cose da organizzare- le dico pavoneggiandomi con un pizzico d’orgoglio.

-Non so cos’hai in mente ma sono sicura che non smetterai mai di stupirmi. Ci vediamo Ed.- mi da un bacio sulla guancia e va via.

 
I giorni seguenti trascorrono molto lentamente, quasi a voler rendere la distanza che ci separa ancor più lunga, mi rendo conto di essere in astinenza da lei.

Non faccio altro che pensare ai suoi occhi, alle sue labbra morbide, ai suoi capelli che profumano di vaniglia, al suo corpo caldo che vorrei sentir gemere sotto al mio.

Forse quello che voglio fare sarà una pazzia, magari mi sto sbagliando e Bella davvero non vorrà più avere a che fare con me, ma se non faccio qualcosa resterò sempre col dubbio.

Ad un tratto il cellulare squilla distraendomi dai miei pensieri, guardo il display, è Tanya.

-Pronto?- rispondo con aria distaccata, consapevole del fatto che a far allontanare ancor di più Isabella possa essere stato il fatto che creda che io abbia una relazione con Tanya.

-Edward sono Tanya, volevo chiederti se stasera vorresti venire a cena con me.- mi parla con la sua solita voce da gatta morta, quella voce che magari un tempo mi eccitava ma che ora mi procura soltanto nausea.

-Scusami Tanya, vorrei tanto, ma non mi sento tanto bene.- mento, ma è l’unico modo che ho per togliermela dai piedi.

-Oh mi dispiace veramente tanto, vorrà dire che sarà per la prossima volta.- riaggancia.

No, non ci sarà una prossima volta. Non voglio nessun’altra che non sia Isabella. Non voglio baciare altre labbra che non siano le sue, non voglio sfiorare altri corpi se non il suo, non voglio donare piacere ad una donna che non sia lei.

Voglio lei, solo ed unicamente lei, e farò di tutto per farla mia.

 

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Capitolo 15
*** Castello di carte. ***


Buongiorno a tutti. Eccomi con un nuovo capitolo, mi scuso per l'attesa ma ho dovuto ragionarci molto sopra e questo è quello che ne è venuto fuori. Vorrei avvisare tutte le persone che leggono la mia storia che in questo capitolo potrebbero restare un pò deluse ma purtroppo io seguo un filo logico, dato che la storia è già delineata nella mia mente. Quindi se a qualcuno piacciono le storie in cui si ottiene tutto e subito mi dispiace informarvi che questa non è una di quelle, la vita purtroppo non può essere sempre tutta rose e fiori. Se si vuole ottenere qualcosa si deve penare un pò, si devono superare insidie, incomprensioni ed incoerenza perchè purtroppo molte volte si agisce di stomaco, seguendo le emozioni ed essendo irrazionali (così come le persone agiscono nella vita reale e così come fanno i personaggi della mia storia). Adesso tutti gli avvenimenti vi potranno sembrare senza un senso ma se avrete la pazienza e la costanza di continuare a seguirmi ogni cosa verrà chiarita. Detto questo vi auguro una buona lettura e come sempre ringrazio chi spende un paio di minuti del suo tempo per lasciarmi una recensione, che mi riempono sempre il cuore aldilà che siano complimenti o critiche. A presto!

Edward Pov.

Dopo due settimane di lavoro intenso il servizio è finalmente terminato. Mi avvio di corsa nel mio camerino, ancora indosso i panni di Alice, ci ha informati che li avremmo potuti tenere dopo la fine del servizio, prendo il borsone con i beni di prima necessità che ho preparato ieri sera per il viaggio e corro via.

Mentre sto uscendo Tanya mi si piazza davanti e, poggiandomi una mano sul petto, m’impedisce il passaggio – Edward aspetta, dove scappi?-

-Scusami Tanya ma ho veramente fretta, devo andare.- cerco di liquidarla, non ho tempo da perdere per restare qui a discutere con lei.

-Ma come, non resti con noi per brindare all’ottimo lavoro svolto in queste settimane?- chiede con fare accattivante cominciando a muovere lentamente le mani sul mio petto per accarezzarmi.

-Mi dispiace sarà per  un’altra volta.-  chiudo così il discorso, la scanso e vado via sotto il suo sguardo interdetto.

Corro all’ascensore e premo convulsivamente il pulsante di chiamata, come se questo potesse accelerare la sua salita. Non appena le porte si spalancano mi fiondo dentro, senza nemmeno guardare avanti, e mi scontro con Rosalie.

-Ehi calma, dove vai così di fretta?- domanda con curiosità.

-Rose devo correre, ho un volo che mi aspetta.- le dico agitato.

-Un volo?- mi guarda ed inarca un sopracciglio, evidente segno della sua perplessità.

-Si, ti spiegherò meglio poi.- le dico mentre le porte dell’ascensore si richiudono e la vedo scuotere la testa con un sorriso appena accennato sulle labbra.

Mi avvio verso l’uscita con in mano il mio borsone e in tasca un biglietto di andata per Forks.

Fermo un taxi gettandomi quasi in mezzo alla strada - per poco non m’investe -  salgo e gli chiedo di portarmi all’aeroporto.

Appena arrivo mi appresto ad effettuare velocemente – per quanto sia possibile - il check in e quando è tutto pronto tiro un sospiro di sollievo ed attendo che chiamino il mio volo.

Nel frattempo mi perdo tra i pensieri, comincio a pensare a cosa farò quando domani  vedrò Isabella, a cosa potrei dirle e quale potrebbe essere la sua reazione, se le farà piacere vedermi oppure mi riderà in faccia credendomi un pazzo, uno squilibrato che la perseguita.

Ad un tratto l’attesa diventa snervante, alimentata anche dall’emozione mista ad ansia che imperversa dentro di me, mi alzo ed esco fuori a fumare una sigaretta. Tiro fuori il pacchetto dalla tasca del giubbotto e ne prendo una, l’accendo, aspiro ed espiro lentamente tenendo gli occhi chiusi per godermi al meglio questo piccolo momento di relax. Quando rientro la voce dell’interfono annuncia che il mio volo  è in partenza, tiro un grande sospiro e mi avvio all’imbarco.
 
Dopo una notte di viaggio, molto agitata a causa dell’emozione, sono finalmente atterrato a Forks. Sono circa le 11.40, attendo vicino al rullo trasportatore che compaia il mio bagaglio quando sento annunciare che il volo Forks – New York sarà in partenza tra meno di dieci minuti. Non ci penso su due volte, lascio perdere il bagaglio ed inizio a correre verso la zona d’imbarco dove dovrebbe trovarsi in questo momento Isabella.

Il cuore batte frenetico, sia per lo sforzo che per l’eccitazione e l’adrenalina che sento scorrere dentro. Ho paura di non riuscire a vederla, di aver fatto un viaggio a vuoto, e allora corro ancora di più fino a farmi mancare quasi del tutto l’aria nei polmoni.

Corro facendomi spazio tra la folla, persone che con le loro valigie si avviano all’imbarco, quando ad un tratto la vedo in lontananza.

Cammina insieme ad un ragazzo che l’aiuta a portare le valigie.  Lei lo guarda, gli sorride dolcemente, si abbracciano, lui la stringe forte tra le sue braccia e lei è felice. E’ allegra, solare, radiosa, non come l’ho vista le poche volte in cui abbiamo parlato o come quando ho provato ad avvicinarmi a lei. La maggior parte delle volte che ho interferito nella sua vita non ho fatto altro che vederla triste, gli occhi spenti, il sorriso quasi inesistente.

Resto fermo, il respiro irregolare a causa della corsa, in mezzo a questa folla di persone che mi circonda. Tutta l’energia, l’entusiasmo, la voglia che avevo di venire qui per farle capire che le mie non erano cattive intenzioni, magari ricominciare da capo, iniziare a conoscerci, a frequentarci, è tutto svanito, come volatizzato nel nulla.

Inizio a pensare che forse ho agito troppo d’impulso, senza riflettere abbastanza, dopotutto cosa mi fa credere che lei veramente provi qualcosa per me, che abbia voglia di conoscermi o addirittura di frequentarmi. Non mi conosce affatto, ed io non conosco lei, eppure dalla prima volta che l’ho vista ho sentito qualcosa scattarmi dentro, come una scarica elettrica, chimica, alchimia.

Infondo non mi ha mai dimostrato nulla, anzi, non ha fatto altro che ignorarmi e respingermi, anche se credevo che la sua riluttanza potesse essere causata dal mio modo di approcciarmi o dall’interferenza di Ryan e non da una mancanza d’interesse.

Forse sono stato io a fraintendere tutto, troppo preso da questa forte attrazione ho letteralmente perso la testa, sono diventato irrazionale ed impulsivo.

Mentre sono perso tra questi pensieri mi rendo conto che ho iniziato a sorridere, un sorriso amaro, causato dall’acquisizione di questa nuova  consapevolezza.

Cosa credevo di ottenere venendo qui, come un principe delle fiabe in sella al suo cavallo bianco. Credevo forse che lei mi avrebbe visto e sarebbe corsa tra le mie braccia giurandomi amore eterno? Queste cose succedono nelle favole, nei film, non nella realtà.

La guardo ancora una volta, gli occhi chiusi persi in quell’abraccio, il sorriso stampato sulle labbra, e capisco che ho sbagliato tutto, è successo tutto così all’improvviso, è stato tutto così  veloce ed incoerente che non ho avuto il tempo di riflettere, di ragionare. Mi sono lasciato trascinare da questa forte corrente di emozioni proprio come un ragazzino. Aveva ragione Rosalie, davvero mi sento come un quindicenne alla sua prima cotta, incapace di gestire le proprie emozioni coerentemente.

Adesso il sorriso sulle mie labbra è ancora più grande, anzi mi rendo conto che sto ridendo, rido di me stesso, rido di tutta questa situazione così assurda.

Mi passo una mano tra i capelli una, due, tre volte, come se questo gesto potesse aiutarmi a ricomporre i miei pensieri, a darmi un po’ di lucidità.

E’ strano delle volte come dei piccoli gesti possano sconvolgere completamente i tuoi piani, ma purtroppo siamo degli esseri umani e come tali commettiamo degli errori. Il mio errore è stato costruirmi intorno un enorme castello di carte, troppo fragile e fondato sul nulla, senza basi abbastanza solide per poter realizzare qualcosa di concreto.

Decido di andare via anche un po’ da codardo, forse per paura di provare a dirle quali sono le mie sensazioni ed ottenere un rifiuto, o forse, perché non voglio essere un egoista nel continuare ad interferire nella sua vita senza essere sicuro che sia ciò che lei vuole.

Tornerò a New York e riprenderò tranquillamente con il mio lavoro chiudendo questa piccola parentesi un po’ “pazza” della mia vita, che mi ha fatto cambiare idea su molte cose e di cui sicuramente mi porterò dietro un grande bagaglio di esperienza.

 

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Capitolo 16
*** Routine. ***


Buon Pomeriggio a tutti. Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo. Inizialmente questo era nato come un capitolo tranquillo, innocuo, però lo trovavo un pò noioso così ho deciso di metterci un pizzico di pepe. Ve lo dico già da adesso, non temete il peggio ok? E con questo chiudo il discorso qui, altrimenti vi darei troppi particolari! Bene dopo avervi anche rassicurato non mi resta che augurarvi buona lettura e ringraziarvi immensamente per le recensioni che mi lasciate, sono stupende. Felicissima di aver visto che lo scorso capitolo ha riscosso un grande successo, tutto ciò mi riempie il cuore! A presto, baci!

Isabella Pov.

Sono passati due mesi dal mio viaggio a Forks, questo equivale al fatto che sono passati anche due mesi dall’ultima volta che ho visto Edward.

La mia vita ha ripreso il suo ritmo regolare, anche se, devo ammettere,  all’inizio Edward era spesso presente tra i miei pensieri, il ricordo di quelle settimane mi ha profondamente cambiata. E’ strano come delle volte puoi stare con una persona per anni e non provare le stesse emozioni che riesce a trasmetterti uno sconosciuto in pochi, brevi, ma intensi attimi trascorsi insieme.

Confesso che la voglia di vedere i suoi occhi che mi scrutano, con quel fare così sensuale, oppure di sentire la sua voce roca sussurrarmi all’orecchio, o ancora, le sue labbra morbide, profumate, incandescenti sulle mie, ancora risiede in una piccola parte di me.

Non so se di lui mi rimarrà un dolce ricordo o un amaro rimpianto. Avrei potuto cedere alle sue lusinghe senza farmi troppe domande, questo è vero, magari avrei anche potuto andarci a letto, ma a che prezzo? Al costo di mettere la mia dignità sotto i piedi, oppure di sentirmi ancora più legata a lui? No, mai!

Alice che mi sventola le mani davanti agli occhi e mi chiama insistentemente mi fa sussultare, ridestandomi dal mio stato in sovrappensiero.

-Bella, tutto ok? Hai capito cosa ti ho detto?- mi domanda con aria inquisitoria, sta parlando da più di mezz’ora e credo che si aspettasse almeno un mio cenno.

-Ehm, si più o meno. Scusa mi sono persa a metà discorso.- ammetto stringendo le labbra e guardandola di sottecchi per vedere se è arrabbiata con me.

-Oh Bella, lascia perdere.- dice agitando una mano in aria – Allora stasera esci con noi?-

-Noi…ehm, noi chi?- le domando con un finto sorrisetto ingenuo per ricordarle che non la stavo ascoltando.

-Con me, Jasper, Rosalie e un suo amico.- lo dice come se stesse recitando una cantilena, evidentemente irritata all’idea di doversi ripetere a causa della mia distrazione cronica.

-Certo. Però se non ti dispiace lo chiedo anche a Jacob, sai non vorrei essere un terzo incomodo.-

-Puoi dirlo a chi vuoi Bella, ma sappi che comunque non saresti mai un terzo incomodo. Con queste frasi deridi la tua intelligenza alle volte.- si porta le braccia al petto indispettita, offesa per quello che le ho appena detto.

-Dai Alice, non prendertela. Scherzavo.- le sorrido per farle capire che in verità non penso affatto che lei mi possa trattare come un elemento di disturbo.

-Beh, si ok! Va bene.- dice con una finta aria nervosa, so che dentro di lei mi ha già perdonata – Allora ci vediamo verso le 21.00 al Papiroka, ok?-

-Perfetto! Adesso finisco di inviare queste ultime e-mail e poi vado a casa a prepararmi.-

-Ok, cerca di non fare tardi.- prende borsa e cappotto e si avvia all’uscita.

-Non preoccuparti, ci vediamo alle 21.00 in punto fuori al locale. A più tardi.-
Alice va via ed io resto in ufficio a sistemare le ultime cose: richieste di stoffe, ordini di accessori e così via.

Quando ho finito decido di chiamare Jake per invitarlo ad uscire con noi questa sera. Da quando sono rientrata a New York abbiamo trascorso tanto tempo insieme, è un ragazzo simpatico, intelligente, premuroso, veramente un ottimo amico. Spesso siamo usciti anche in compagnia di Alice, Jasper e Rosalie. Quando non è fuori città per lavoro anche lei si unisce spesso a noi, oramai siamo diventate buone amiche, ho avuto l’opportunità di rendermi conto che non mi ero affatto sbagliata sulla sua persona, è una ragazza in gamba e soprattutto sincera, senza peli sulla lingua, adoro le persone schiette come lei. Ho approfondito anche il rapporto con Jasper, adesso ufficiale ragazzo di Alice, è una persona stupenda e non posso far altro che essere felicissima per la mia amica, solo il meglio per lei, lo merita.

Prendo il cellulare e cerco nella rubrica il numero di Jake per avvisarlo.

-Ehy Bella, ciao.- risponde allegro, solo la sua voce sprigiona un’allegria tale da trasmetterla anche a chi lo ascolta.

-Ciao Jake, tutto bene?-

-Tutto bene, grazie. Sei ancora in ufficio?-

-Si, ma adesso sto per andare via. Senti stasera ci stai per una seratina delle nostre?-

-Ma certo, dimmi dove e quando.-

-L’appuntamento è alle 21.00 al Papiroka.-

-Perfetto! Passo a prenderti per le 20.45?-

-Oh no, Jake, non disturbarti, prenderò un taxi-

-Ehy quale disturbo, non dirlo nemmeno. Fatti trovare pronta, ciao.-

-Jake…- prima che possa controbattere ha già riagganciato.

Resto con il cellulare in mano ancora per qualche secondo, un sorriso da ebete stampato sul viso, ripensando ai suoi modi di fare che mi lasciano sempre senza parole. Decido di raccogliere tutte le mie cose, indosso  cappotto, sciarpa e guanti ed esco dagli uffici, quasi del tutto vuoti, per tornare a casa.

Mentre cammino piccoli fiocchi di neve cominciano a scendere copiosi dal cielo, osservo le vetrine illuminate da una miriade di luci colorate, i marciapiedi ricoperti di  lunghe distese di tappeti rossi. Alcuni passanti hanno già tra le mani dei pacchetti regalo, anche se al Natale mancano ancora due settimane. Nell’aria c’è un clima di serenità, gioia, bambini che corrono per le strade giocando tra di loro, altri che guardano le vetrine con occhi lucidi.

Il Natale è nell’aria, lo si percepisce da ogni piccolo particolare che mi circonda. Vorrei anch’io avere l’entusiasmo che leggo sul volto dei bambini e dei loro genitori, ma la verità è che guardarli mi ricorda soltanto quanto sono sola. E’ vero, ho Alice, Rosalie, Jake, i miei genitori, eppure sento che qualcosa, anzi qualcuno, mi manca. Vorrei avere una persona al mio fianco con cui poter condividere tutto, le gioie, i dolori, la passione.

Quest’anno non so ancora cosa farò a Natale, sicuramente Alice lo trascorrerà con Jasper ed è molto probabile che lui la porti a conoscere la sua famiglia, io, invece, probabilmente resterò a casa, magari potrei portarmi avanti con il lavoro.

Mi stringo nel cappotto, quasi a voler cercare quel tepore capace di scaldarmi nel profondo, e affretto il passo per sottrarmi alla neve.

Arrivo a casa e decido di farmi un bel bagno caldo, mi insapono lentamente prima il corpo, poi i capelli. Quando ho finito di lavarmi asciugo i capelli e vado a vestirmi. Indosso un paio di jeans scuri, un dolcevita beige e degli stivaletti dello stesso colore. Decido di mettere un po’ di fard rosa che risalta con la mia carnagione eccessivamente chiara, mascara e un lucidalabbra chiaro.

Quando sono pronta, per ingannare l’attesa, decido di fare una telefonata a Charlie e Renèe. Mia madre è felice di informarmi che i suoi quadri piacciono molto ed ha tanti acquirenti, Charlie, invece, mi racconta le sue solite giornate trascorse al dipartimento.

Jacob arriva puntuale come un orologio svizzero e dato che il locale si trova a pochi isolati dal mio appartamento, nonostante il traffico caotico del venerdì sera, arriviamo con un paio di minuti di anticipo.
Fuori al locale c’e una folla di persone che attende di entrare mentre noi aspettiamo che arrivino gli altri.

-Allora, Bella, cosa farai a Natale?-

-Oh, beh, non lo so ancora. Credo che resterò a casa.- rispondo vaga, non mi va di parlarne.

Prima che Jacob possa aggiungere altro veniamo interrotti dall’arrivo dei nostri amici.

-Ehy Bella, Jacob!- Alice si alza sulle punte e sventola il braccio per farsi notare tra la folla.

-Buonasera ragazzi.- Jasper saluta me con due baci sulla guancia ed una stretta di mano a Jake.

-Rosalie ancora non è arrivata?- chiede Alice guardandosi intorno.

-Eccoci, siamo qui.- urla una voce alle mie spalle che riconosco essere quella di Rose – Buonasera!- aggiunge quando ci ha raggiunti – Lui è Emmett, un mio amico.- ci presenta un ragazzo alto, moro, muscoloso.

-Piacere ragazzi.- Emmett stringe la mano a tutti riservandoci un bellissimo sorriso.

Entriamo nel locale, nell’aria una musica soft, ci accomodiamo in un privè. I ragazzi iniziano a parlare di lavoro con Emmett mentre io e Alice iniziamo una lunga e lenta tortura a Rosalie.

-Bene, bene. – sussurra Alice – Potremmo sapere che sorta di amico è questo Emmett.- le domanda con aria maliziosa.

-Alice, non farti strane idee. E’ solo…solo un amico, sì, un amico.- risponde lei un po’ imbarazzata.

-Beh, allora, se è soltanto un amico non ti dispiace vero se ci provo?-  le chiedo cercando di far cadere le sue barriere.

-Buona idea Bella.- Alice mi fa un occhiolino - Rosalie a te non da fastidio vero se Bella ci fa un pensierino?- conclude sfiorandole ripetutamente il braccio col gomito.

-Oooh e va bene! Ci stiamo frequentando, siete soddisfatte?- confessa lei con un lieve rossore sulle guancie.

-Oh no mia cara, non saremo soddisfatte fin quando non ci dirai tutti i particolari.- infierisce Alice, sadica come sempre.

-Bene, mi preparo al peggio.- Rose si porta una mano alla fronte e scoppiamo tutte e tre in una sonora risata, tanto da attirare l’attenzione dei ragazzi.

-Ehy di cosa state parlando? Volete farci divertire un po’ anche a noi.- domanda Jasper incuriosito.

-Nulla, cose di donne.- Alice li guarda con finta aria innocente.

Dopo un po’ arriva una ragazza a prendere le ordinazioni, tutti prendono dei drink alcolici tranne me, reduce dall’ultima esperienza negativa di sbronza. La serata trascorre in un climax di allegria. Ridiamo, scherziamo, ci prendiamo in giro, proprio come se fossimo amici da tanti anni.

Emmett è l’anima della festa, spara battute a raffica, ci racconta della sua propensione a fare delle gaffe nei luoghi e nei contesti più impensati.

Quando si è fatto abbastanza tardi decidiamo di tornare a casa. Usciamo dal locale per salutarci, sono tutti lievemente sbronzi.

Rosalie, Emmett, Alice e Jasper prendono un taxi e vanno via ed io rimango con un Jacob barcollante al mio fianco.

-Jake, non puoi guidare in queste condizioni.-

-Bella…suvvia, non dire…non dire sciocchezze, non sono ubriaco.- si sistema la giacca e cerca di darsi un tono.

-Si, si, ok! Adesso dammi le chiavi dell’auto.-

Mi porge le chiavi e si siede sul sedile del passeggero, per fortuna senza fare troppe storie. Inizio a guidare con la mia scarsa abilità ringraziando Dio del fatto che casa mia è a pochi isolati e che a quest’ora le strade sono semi deserte.

-Jake, siamo arrivati. Su, vieni, stasera dormirai da me, non sei in grado di guidare fino a casa tua.- gli apro la portiera e lo aiuto ad uscire.

Jacob si appoggia a me con tutto il suo peso e non riesco a trattenere un imprecazione.

-Cazzo Jake, ve l’avevo detto di fermarvi al secondo drink, ma voi niente! Volete fare i machi, e adesso sei sbronzo e mi stai schiacciando.-

Lo aiuto a salire le scale, apro la porta di casa, e lo porto in camera da letto. Jacob si lascia cadere di peso sul letto trascinandomi con se.

-Ehy Jacob, sta attento.- lo ammonisco.

-Shhh Bella.-

Mi posa un dito sulle labbra per zittirmi, poi, succede tutto velocemente. Mi attira a se in un lungo e intenso bacio alla quale, senza un motivo, mi trovo a ricambiare.

 

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Capitolo 17
*** Svolta. ***


Buon pomeriggio ragazze, come va? Vedo con piacere che lo scorso capitolo ha ottenuto l'effetto desiderato, mi avete fatto morire dalle risate con i vostri commenti. Ho notato che circa l'80%  di voi odia Jacob, ma poverinoooo dopotutto non ha fatto nulla, anzi forse qualcosa l'ha fatto, qualcosa del tipo "fare ingelosire qualcuno". In questo capitolo capirete che lui si interessa a Bella solo ed esclusivamente come un buon amico e di certo non vuole conquistarla (sapete un pò mi avete delusa, davvero credevate che avrei risproposto il triangolo amoroso Jacob, Bella, Edward? xD) Adesso bando alle ciance, in questo capitolo vedrete un Alice che non è solo tutta shopping e moine, ma anche profonda e si preoccupa per la sua amica. Poi...mmm..che altro dirvi, vi auguro buona lettura e ringrazio chi mi ripaga lasciando qualche recensione.

Isabella Pov.


E’ mattina, apro gli occhi e provo a muovermi ma mi rendo conto che qualcosa, anzi qualcuno, mi tiene stretta a se in un abbraccio. E’ Jacob, mi volto e lo guardo mentre dorme beato,  scosto lentamente il suo braccio, per riuscire ad alzarmi senza svegliarlo, ma lui apre gli occhi.

-Buongiorno.- gli dico lievemente imbarazzata per il contesto in cui ci troviamo.

-Buongiorno.- mi risponde con la voce ancora assonnata, stendendo i muscoli.

Ad un tratto però si volta verso di me con gli occhi spalancati -Isabella?- mi guarda come se fossi un alieno – Dove…Che ci faccio qui?- mi domanda confuso, probabilmente non ricordando nulla di ieri sera.

-Beh, ieri sera eri ubriaco allora ho guidato io dal locale fino a casa mia. Non potevo lasciarti andare, non avresti potuto guidare in quelle condizioni.- cerco di spiegargli quello che è successo.

-Oddio…noi…mica noi…-

-Oh, no, no Jake! Tra di noi non è successo nulla, se è questo che vuoi sapere. Siamo tornati a casa e sei crollato.- gli dico la verità, ma tralascio un piccolissimo particolare sperando che non si ricordi del bacio, beh se così si può definire, è durato solo pochi attimi.

-Oddio, scusami.-  si porta le mani a massaggiare il viso – Mi dispiace di averti creato disturbo.-

-Ma no, nessun disturbo, non preoccuparti. Piuttosto come ti senti?-

-Uno straccio.- confessa ributtandosi con la testa tra i cuscini.

-Bene, cioè male! Ti preparo un caffè ristretto.- faccio per andare via ma mi fermo sull’uscio della porta – Approposito, sono le 8.00, tra un ora dovremmo essere al lavoro.-

-Cazzo, no.- si porta nuovamente le mani sul volto a coprirsi gli occhi e non posso far a meno di ridere.

Vado in cucina ed inizio a preparare la colazione, latte, caffè, fette biscottate con marmellata. Ad un tratto vedo Jacob comparire sulla soglia della porta con la sua camicia sgualcita e i capelli completamente in disordine.

-Se vuoi puoi anche fare qui una doccia.- gli dico mentre addento una fetta biscottata.

-No Bella, ti ringrazio, sono già stato di troppo disturbo.- si siede ed inizia a sorseggiare il suo caffè.

Vorrei chiedergli se si ricorda del bacio di ieri sera e, anche se mi sento in imbarazzo, decido che è meglio farsi coraggio e domandarglielo, piuttosto che rimanere con questo imbarazzante dubbio che mi ronza per la testa.

 -Jake, tu…beh, non ricordi nulla di ieri sera?- la butto sul vago, restando con lo sguardo fisso sulla tazza che stingo tra le mani.

-No, praticamente ricordo poco e niente.- prende una fetta biscottata ed inizia a mangiarla – Perché dovrei ricordare qualcosa in particolare?-

-No, no, nulla…nulla di particolare.- chiudo subito il discorso tirando un sospiro di sollievo.

Quando ha finito di fare colazione Jake decide di tornare a casa per darsi una sistemata ed io inizio a prepararmi per una nuova giornata di lavoro.

Arrivo in ufficio con 10 minuti di ritardo, alle volte può essere positivo il fatto che la tua migliore amica sia anche la tua datrice di lavoro, vedo Alice nel suo ufficio con la testa poggiata sulla scrivania e decido di entrare.

-Buongiorno Alice.-

Alza la testa per guardarmi poi la ributta pesantemente sulla scrivania – Ciao Bella.-

-Tutto bene?-

-Se avere dei martelli pneumatici nella testa è un bene, allora sto bene grazie.- mi risponde con un lamento.

-Da stamattina sei la seconda persona con i postumi della sbronza che assisto.- dico questa frase con noncuranza, senza dargli un importanza particolare, ma Alice non è dello stesso avviso.

Si alza e mi viene incontro con aria curiosa, come se in un secondo tutti i sintomi post sbornia fossero spariti, spazzati via dal fiuto di pettegolezzi.

-Isabella Marie Swan,- tuona con la sua voce squillante - sono a malapena le 9.20 del mattino, mi spieghi come, quando e chi avresti assistito dopo una sbornia?- il suo sguardo trasuda malizia, gli occhi le brillano e un sorriso beffardo si fa strada sul suo volto.

La guardo lievemente spaventata dai suoi repentini cambi di umore, sto per risponderle quando ad un tratto la vedo alzare un dito in aria ed esclamare una “Ahaaa” come se avesse appena fatto una scoperta importante.

-Ieri sera, - mi punta un dito contro e mi guarda con aria seria come se fosse un interrogatorio – noi siamo andati via con il taxi, ma tu e Jacob siete rimasti.-

-Si, ma poco dopo..- vorrei spiegarle come stanno le cose ma mi interrompe nuovamente.

-Cosa avete fatto?-

-Noi, oddio Alice niente. Ma cosa…cosa pensi?-

-Niente? Vuoi dire che siete tornati ognuno ai rispettivi appartamenti?- mi domanda con aria saccente.

-No, Jake ha dormito da me perché…-

-Oddio lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo.- inizia a saltellare e battere le mani – Cosa avete fatto? Dimmelo Bella, sai che ti torturerò fino a quando non mi dirai tutto.-

-Alice calma, calmati. Noi non abbiamo fatto niente.- le dico cercando di essere il più convincente possibile.

Alice smette di saltellare e mi guarda con un espressione perplessa – Cosa vuol dire niente?- inarca un sopracciglio e mi guarda si sottecchi.

-Niente vuol dire niente, Alice!-

-Vorresti dirmi che Jacob/ fusto ha passato la notte a casa tua e tu l’hai guardato in faccia?-

-No, voglio dire che Jake era ubriaco e non poteva guidare fino a casa sua, così l’ho fatto dormire da me. E no, non l’ho guardato in faccia, abbiamo dormito e basta.-

-Oddio Bella.- si porta le mani alla testa e mi guarda con un’aria arresa – Dimmi la verità, vuoi farti suora?-

-Aliceeee, ma….cosa..cosa dici?- adesso sto urlando, letteralmente urlando – Perché sei sempre così drastica?-

-Beh perché…perché…- muove convulsivamente le braccia in avanti, come se quel movimento potesse aiutarla a trovare le parole giuste – Perché, Bella, da quando sei tornata da Forks io…io ho cercato di evitare il discorso ma non posso continuare a far finta di niente. Di Edward non me ne hai più parlato, gli altri ragazzi non li guardi nemmeno ed io… Ok, scusa – abbassa lo sguardo e torna a sedersi – non volevo tirare in ballo l’argomento ma…-

-Alice, - mi avvicino a lei per abbracciarla, commossa nel vedere quanto si è preoccupata per me in questi mesi senza dirmi nulla per non farmi star male – io ti ringrazio, ma non devi preoccuparti per me intesi?-

-Ok Bella, se lo dici tu! Ma Edward? Cioè dico…-

-Ho capito cosa vuoi dire. – la interrompo – Beh Edward, forse era solo una stupida infatuazione,sì, per forza deve essere così.- la mia voce è quasi un sussurro, come se volessi convincere me stessa – Dopotutto nessuno può negare quanto sia un bell’uomo, chiunque avrebbe provato un’attrazione nei suoi confronti, no?-

Alice mi guarda ed annuisce, poco convinta – Va bene Bella, l’importante è che tu stia bene.- mi sorride, un sorriso tirato.

-Certo che sto bene, grazie Alice.- l’abbraccio più forte che posso per farle capire quanto le voglio bene.

Dopo la chiacchierata con Alice la mattinata prosegue piuttosto lentamente, mentre lei è nel suo ufficio alle prese con dei bozzetti, io controllo la posta elettronica. Ad un tratto il mio cellulare inizia a vibrare ed il display si illumina ad intermittenza, è un messaggio di Jacob:

Posso farmi perdonare per il disturbo di questa notte? Ci vediamo alle 13.00 fuori gli uffici, ti offro il pranzo.

Gli rispondo con un semplice : “Ok, ci vediamo lì.”

Quando arriva la pausa pranzo vado nell’ufficio di Alice per dirle che pranzerò con Jacob e domandarle se vorrebbe unirsi a noi ma, come immaginavo, è troppo presa dai suoi disegni per staccare.

Prendo l’ascensore e arrivo nella hall dove trovo Jacob già lì ad aspettarmi, raggiante come sempre.

-Ciao Jake.-

-Salve Signorina.- mi da un bacio sulla guancia -Ho prenotato un ristorantino a pochi isolati da qui.-

-Ti ringrazio Jake, un panino sarebbe andato più che bene.- gli sorrido – Mi spieghi come fai ad essere così in forma? Stamattina sembravi…mmm…uno zombie?-

-Beh questo è il risultato di anni di esperienza al college.- ride di gusto – Sai, impari molti rimedi quando la sera prima ti sei ubriacato e il giorno dopo hai un esame da sostenere.-

Non so se sulla mia faccia c’è un espressione di stupore o di disappunto, di sicuro però devo essere molto buffa perché vedo Jacob che ride ancora di più.

-Su adesso andiamo se non vogliamo fare tardi.- mi prende la mano e mi trascina con se.

Prendiamo un taxi e in 10 minuti arriviamo al ristorante. E’ un posto accogliente, rustico, i tavoli sono ricoperti da lunghe tovaglie bianche con al centro dei vasi contenenti fiori di campo.

Il maitre si avvicina a Jacob che lo informa di aver prenotato un tavolo per due sotto il cognome Black.

Ci mostra il tavolo e ci accomodiamo. Ordiniamo entrambi due piatti di ravioli ai funghi e una bottiglia di vino rosso. Mentre attendiamo di essere serviti sento una voce familiare chiamarmi – Ehy Bella, tesoro.-

Mi volto e vedo Rosalie che mi viene incontro. Quello che non mi sarei mai aspettata di vedere è la persona al suo fianco: Edward. Per un attimo credo di essermi confusa, magari è soltanto frutto della mia immaginazione. Sbatto le palpebre più volte ma lui è ancora li, ci viene incontro con il suo passo deciso, bellissimo nel suo completo grigio chiaro che risalta con la camicia nera leggermente sbottonata sul petto.

Il cuore inizia a battere frenetico, lo stomaco si riempie di farfalle. La persona per la quale ho deciso di partire per Forks, colui che ho cercato di tenere il più lontano possibile dai miei pensieri, il mio sogno e al tempo stesso il mio incubo, adesso è qui davanti a me ed io non so cosa fare.

-Ciao…Rose.- riesco a balbettare dopo qualche secondo, cercando di ricompormi.

-Isabella, Jacob.- Edward si avvicina al tavolo e saluta entrambi, sul suo volto la maschera di un sorriso.

-Allora cosa ci fate qui?- chiede Rose a me e Jacob.

-Ho invitato Bella a pranzo, per farmi perdonare del disturbo che le ho causato questa notte.- interviene Jake e a queste parole posso giurare di aver visto Edward irrigidirsi.

-Ah capisco.- risponde Rosalie facendomi un occhiolino ed io le sorrido di rimando.

-E voi…si, beh voi cosa ci fate qui?- chiedo ad entrambi cercando di sembrare il più naturale possibile, evitando di far trasparire l’uragano di emozioni contrastanti che m’ imperversa dentro: agitazione, sconforto, gioia, rabbia.

-Noi siamo qui con dei colleghi di lavoro.- interviene Edward distaccato ed io non posso fare a meno di incollare i miei occhi ai suoi, quasi a volermi perdere in quel mare profondo che solo adesso riesco a capire quanto mi sia mancato per tutto questo tempo.

-Adesso scusate ma dobbiamo andare. Ci vediamo Bella, ciao Jake.- Rosalie ci saluta seguita da un cenno del capo di Edward.

Entrambi vanno via ed io resto ancora per un attimo interdetta, senza sapere cosa fare.

-Bella va tutto bene?- Jacob richiama la mia attenzione su di lui.

-Si,tutto bene, grazie.-  cerco di concentrare la mia attenzione sul cameriere che ci sta servendo i piatti che abbiamo ordinato – Allora, mangiamo?- gli sorrido cercando di cambiare discorso  e di assumere un atteggiamento il più naturale possibile.

Continuiamo il nostro pranzo in tranquillità, anche se dentro mi sento tutt’altro che tranquilla.

Capisco che non posso continuare a far finta di nulla come ho cercato di fare in questi mesi, cercando di convincermi che Edward non rappresentava niente per me. Non so se quello che provo posso chiamarlo amore, infatuazione, cotta, o, magari, ossessione, l’unica cosa che so e che ormai non sono più una bambina e forse è arrivato il momento di prendere in mano la situazione.
 

 

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Capitolo 18
*** Riflessioni. ***


Ciao a tutti. Oggi inizio con i ringraziamenti per le bellissime recensioni che mi lasciate, credo di aver risposto a tutte ma se ho dimenticato qualcuna vi faccio le mie scuse. Godetevi questo capitolo in cui potrete capire anche cosa passa per la testa al nostro Edward (è proprio un guaio con questi uomini). Secondo voi Edward farà qualcosa per conquistare Isabella? E di chi è il regalo che ha comprato? Aspetto le vostre supposizioni, a presto.

Pov Edward.


Sapevo che non avrei dovuto seguire Rose a quel tavolo, ma lei è sempre così cocciuta, non mi aveva lasciato altra scelta.

“Se davvero non provi nulla per Isabella che problema hai nel venire a salutarla.” Aveva scimmiottato con la sua aria da saputella che tanto odiavo quando la usava per rendermi ridicolo e farmi fare quello che voleva.

Se avessi puntato i piedi rifiutandomi di seguirla magari adesso non sarei qui, nel mio appartamento, a sentire le sue teorie, o magari, conoscendo Rosalie, saremmo ugualmente qui.

-Allora Edward perché non vuoi dirmi cos’è successo quando sei andato a Forks?-  mi ripete per la milionesima volta.

-Santo cielo Rose, quante volte devo dirtelo che non sono riuscito ad incontrarla?- le ripeto anch’io per la milionesima volta la stessa menzogna.

-Tu menti Edward, te lo leggo negli occhi.-  dice andando avanti e indietro per la stanza, sembra uno di quegli avvocati dei telefilm durante una delle sue più brillanti arringhe – Supponiamo che davvero tu non sia riuscito ad incontrare Isabella…-

-Non è una supposizione, è la verità.- la interrompo.

-Ok, ti voglio credere. Allora perché quando sei rientrato a New York non hai provato ad incontrarla?-

-Non ho il suo numero, non so dove abita, non volevo disturbarla al lavoro.- butto lì la prima scusa che mi viene in mente.

-Cazzate Edward. Sai benissimo che io e Bella siamo diventate amiche, ho il suo numero, so dove abita, ho la sua e-mail, serve altro?-

-Beh forse non volevo incontrarla, ci hai mai pensato?- cerco di mettermi sulla difensiva.

-Ma perché?- domanda lei con tono di voce esasperato.

-Perché ho capito che stavo facendo una stronzata, non provo nulla per lei, non la conosco nemmeno.-

-Di nuovo cazzate, Edward. Lei ti piace, anche un cieco se ne accorgerebbe.- si batte ripetutamente il palmo della mano sulla fronte, quasi a voler confermare, con questo gesto, l’ovvietà delle sue affermazioni.

-E con ciò? Mi piacciono tante altre donne, cosa cambia con lei? -

-Io non sto dicendo che ne sei innamorato, so soltanto che non ti ho mai visto guardare nessun’altra donna come guardi lei, potresti provare a conoscerla.-

-E se lei non volesse conoscermi? Sai quello che è successo, non devo avergli fatto proprio una bella impressione.-

-Pff.- sbuffa e mi zittisce con un cenno della mano – Non è affatto così.-

-Perché ti ha mai parlato di me? Le hai mai chiesto qualcosa?-

-No idiota, mi hai chiesto di non toccare l’argomento con lei e non l’ho fatto. Sai, non credevo avessi così poca spina dorsale.- incrocia le braccia sul petto e mi guarda con aria di sfida.

-Rose con me non attacca questa tattica, non tocchi il mio orgoglio maschile.-

-Oooh ma non è una tattica mio caro, - mi guarda con quegli occhi che da dolci sanno diventare decisamente perfidi – io lo penso davvero.- un sorriso beffardo si fa strada sul suo volto.

-Ok Rosalie, prometto che ci penserò.-

-Ma dai, tu pensi? Questa mi è nuova.- mi risponde in tono canzonatorio.

-Ehi ma cosa ti prende? Cos’è tutto quest’astio nei miei confronti?-

-Edward hai mai pensato che lo faccio per te? Potrai anche piacerle, magari è attratta da te, ma credi che ti aspetterà in eterno? Non immagini nemmeno quanti uomini le sbavano dietro.-

-Rose…- la richiamo a denti stretti, adesso sta giocando sporco, usa la tattica della gelosia.

Effettivamente però sta toccando il tasto giusto, Dio che nervi quando l’ho vista al tavolo con quel Black che le sta sempre appiccicato addosso. E poi, cosa vuol dire “ho invitato Bella a pranzo, per farmi perdonare del disturbo che le ho causato questa notte”? Quale disturbo le avrebbe causato questa notte? Cioè cosa hanno da fare durante la notte insieme?!

Ok, adesso magari sto esagerando! Non posso essere geloso, non ne ho nessun diritto, non sono affari miei e ne sono consapevole. Ma allora perché lo stomaco brucia così tanto?

-Terra chiama Edward, ci sei ancora? – Rosalie è davanti a me accovacciata, mentre io sono seduto sul divano con la testa tra le mani, completamente perso tra i miei pensieri.

-Si Rose, ero sovrappensiero, scusa.-

-Chissà cosa, o magari, chi pensavi!- dice ridendo, prendendosi gioco di me.

-Sei perfida.- la guardo in cagnesco.

-Sono una donna.- risponde lei ammiccando  – Adesso scusami ma devo andare, Emmett mi aspetta.- dice con aria sognante.

-A proposito di Emmett, quando avrò il piacere di conoscerlo?-

-Mmm quando la cosa si farà un po’ più seria.-

-Ti raccomando Rose, vacci coi piedi di piombo.- mi avvicino a lei, le accarezzo i capelli e le do un bacio sulla fronte.

-Ti voglio bene, Ed.- mi abbraccia forte poi va via.

Rimasto da solo decido di fare una doccia per schiarirmi un po’ le idee, mi insapono lentamente la folta chioma di capelli, massaggiandomi la testa, e quando ho finito li friziono con l’asciugamano.

Nella mente ancora rimbombano le parole di Rosalie: “Potrai anche piacerle, magari è attratta da te, ma credi che ti aspetterà in eterno?”. Ha perfettamente ragione, solo adesso me ne rendo conto, più tempo farò passare e minori saranno le opportunità che potrò avere nei suoi confronti.

Ma cosa posso fare? Potrei farmi dare il suo numero da Rosalie e poi? Magari chiamarla e dirle: “Ehy ciao Bella, sono quel coglione che prima ti ha baciato in un parcheggio e poi è scappato, che ha preso a cazzotti un ragazzo con il quale volevi uscire e che altro? Ah si, sono volato da New York a Forks e non ho avuto nemmeno le palle di venirti a parlare!”. Wow, di sicuro la sua stima nei miei confronti salirà alle stelle.

Capisco che questo pensare e ripensare non mi porterà a nulla, così preferisco scendere a fare quattro passi.

Appena metto piede fuori di casa l’aria pungente di metà dicembre mi colpisce in pieno viso, sento il volto pizzicare a contatto col vento. Inizio a camminare per le strade affollate di New York, senza una meta precisa, osservo le vetrine addobbate per il Natale che è alle porte. Ad un tratto mi fermo davanti la vetrina di una gioielleria, la mia attenzione viene attirata da un braccialetto d’oro bianco contornato di perline azzurre.

Decido di entrare, una commessa si avvicina sorridente chiedendomi di cosa ho bisogno, le dico del bracciale che ho visto in vetrina e le chiedo di farmi un pacchetto regalo.

Esco dal negozio col piccolo pacchetto tra le mani, lo osservo e penso che non potevo trovare un regalo più adatto.  Questo Natale probabilmente lo trascorrerò a casa con i miei genitori, dovrei prendere anche qualche regalo per loro, anche se, so che avermi per un po’ a casa è l’unico regalo che desiderano.

Rientro a casa, vado nel soggiorno e mi siedo ai piedi del divano, davanti al piccolo tavolino di cristallo, ed inizio a pensare alle parole più adatte da scrivere nel biglietto che accompagnerà il regalo. Alla fine opto per poche e significative parole:

“Un piccolo pensiero per te che mi sei entrata nel cuore e pian piano sei entrata a far parte della mia vita, Edward.”

 

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Capitolo 19
*** Fotografie. ***


Ciao a tutti. Finalmente un altro capitolo è pronto, è un capitolo apparentemente tranquillo però ci sono dei piccoli dettagli, dei piccoli atteggiamenti, che se notati possono farvi capire il senso di alcune cose. Sarà svelato anche il mistero del braccialetto, molte di voi credevano che fosse per Isabella, beh leggete e lo saprete. Come sempre vi ringrazio infinitamente per le vostre recensioni, siete meravigliosi.
Buona lettura. 


Isabella Pov.

-Bella, per favore, puoi andare ad aprire?- la squillante voce di Alice mi arriva forte e chiara dal piano superiore.

-Certo, sto andando.- le rispondo urlando, anche se dubito che la mia voce possa essere alta quanto la sua.

Dall’ampio e luminoso salotto della villa di Alice mi avvio all’ingresso, apro la porta, è  Rosalie.

-Ehy Rose, entra.- mi sposto lievemente per permetterle di passare.

-Ciao Bella, tutto bene?- mi saluta con due calorosi baci sulle guancie.

-Sto aiutando Alice a preparare le valigie per il viaggio, secondo te come può andare?- le pongo una domanda retorica.

-Oh, non vorrei essere affatto nella tua situazione.- risponde inorridendo, ed entrambe non possiamo fare a meno di scoppiare a ridere.

-Vieni, andiamo su, Alice è nella sua camera.-

Saliamo lungo l’ampia scala a chiocciola che porta al piano superiore, dove si trovano le camere da letto.
Entriamo nella camera di Alice e poi nella cabina armadio. Alice è lì, in piedi su uno sgabello, che cerca di recuperare qualcosa dagli scaffali che si trovano in alto.

-Ciao Alice.- la saluta Rose.

-Ciao...Rose- le risponde con la voce lievemente affannata, sforzandosi di mantenere l’equilibrio sulle punte dei piedi per guadagnare ancora qualche centimetro di altezza in più.

-Serve una mano?-  chiede Rosalie guardando prima lei e poi me con aria perplessa.

-Non preoccuparti, fa sempre così quando è agitata.- le sussurro all’orecchio per evitare che Alice ci senta – Vieni andiamo in camera.-

Rosalie si siede sulla poltroncina color avorio che si trova di fianco al grande letto matrimoniale mentre io inizio a piegare alcune maglie che Alice ha gettato alla rinfusa sul letto durante l’ardua impresa di scegliere quali portare con se per il viaggio.

Ad un tratto, mentre io e Rosalie chiacchieriamo, sento Alice gridare un “Eccola finalmente” e poco dopo comparire sull’uscio della porta della cabina armadio con in mano una mantellina verde smeraldo con delle grandi maniche larghe sui polsi.

-Era questa che cercavi da mezz’ora?- le domando lievemente interdetta, non capendo quale possa essere l’utilità di una mantella quando ha già deciso di portare con se 3 cappotti, rigorosamente di tre colori diversi.

-Oh si, - stringe la mantellina al petto, gli occhi le brillano – non è una meraviglia?- se la sistema sul petto e fa una giravolta su se stessa per farsi ammirare.

-Io la trovo fantastica.- la incalza Rosalie mentre si avvicina  per toccare il morbido tessuto della mantella,  nel farlo vedo qualcosa uscire fuori dalla manica del maglione nero.

-Si, ok, è meraviglioso. Come posso sperare di competere con due malate di moda come voi.- alzo entrambe le mani al cielo in segno di resa – Rose cos’è quello, un bracciale? – mi avvicino per osservare meglio quel piccolo oggetto luccicante al suo polso che ha attirato la mia attenzione.

-Si.- alza il braccio per permettermi di osservarlo meglio – E’ un regalo di Edward per Natale, ti piace?-

-Oh, si, è…è molto bello.- abbasso il volto e le sorrido timida, lievemente a disagio nel constatare che provo un po’ di gelosia nei suoi confronti, nonostante sia perfettamente consapevole che Rosalie è soltanto una cara amica di Edward.

-Mancano 4 giorni al Natale, come mai già te l’ha dato?-  si intromette Alice, nella sua voce posso giurare di percepire un pizzico d’astio nei confronti di Edward.

-Perchè deve partire, passerà il Natale a casa dei genitori e quindi ieri abbiamo colto l’occasione per scambiarci i regali.- guarda il bracciale, se lo rigira sul polso, e sorride – Edward è come un fratello per me, - si interrompe ed alza lo sguardo dal bracciale per puntarlo dritto nei miei occhi – ci conosciamo da anni ormai, e l’unica cosa che voglio è vederlo felice.-

Abbasso  gli occhi, incapace di reggere il suo sguardo. Forse sa qualcosa di quello che è successo, o forse deve aver letto qualcosa nel mio sguardo, percepito qualcosa dal mio atteggiamento.

Per fortuna interviene Alice a distogliere l’attenzione da me – Allora Rosalie cosa farai durante queste feste, sarai con Emmett?-

-Beh, in verità, il Natale lo trascorreremo entrambi con le rispettive famiglie, il Capodanno, invece, lo trascorreremo insieme, abbiamo prenotato un cottage in montagna, soli soletti.-

-Bene!- esclama  Alice con entusiasmo – Quindi i botti a Capodanno li farete voi.- guarda Rose con aria ammiccante.

-Oh si, ci puoi giurare. Ma non sarò la sola, non è vero Alice?-

-Non credo proprio, io e Jasper saremo ospiti a casa dei suoi, dubito che avremo occasione di stare insieme.- dice con un finto broncio.

Le ore successive le trascorriamo cercando di aiutare Alice a far entrare tutto in due valigie e a chiacchierare. Ad ora di pranzo decidiamo di ordinare delle pizze e quando abbiamo finito di mangiare saluto Rose ed Alice e torno a casa.
 
Due giorni dopo.

Vado nel salotto dove c'è Alice ad attendermi, in mano un vassoio con due bicchieri fumanti di cioccolata calda, li poggio sul tavolino e mi siedo accanto a lei.

-Allora Bella, sei sicura di voler passare il Natale da sola? Sei ancora in tempo per…-

-Non preoccuparti Alice, sono sicura. E’ soltanto una settimana, non sono mica una bambina.- la interrompo e cerco di rassicurarla.

-Va bene Bella. – beve un sorso della cioccolata calda che ho preparato – Sai non vedo l’ora di conoscere i genitori di Jasper, sono così agitata, se non dovessi piacergli?- mi guarda con quei grandi occhi spaesati.

-Ma certo che gli piacerai, come potrebbero non amarti. E’ normale che tu sia agitata, è un passo importante andare a conoscere la sua famiglia.-

-Si hai ragione, mi sembra un sogno. Jasper è magnifico, e non potevo desiderare di meglio.-

-Lo meriti Alice, perché sei una persona fantastica. – l’abbraccio forte – Senti io dovrei dirti una cosa.- inizio a torturami nervosamente le dita delle mani.

-Cosa?- domanda curiosa.

-Ho deciso di incontrare Edward.- abbasso lo sguardo e mi preparo ad una sua reazione, so cosa pensa di Edward e di certo non deve fargli piacere.

-Cooosa?- questa volta il suono della sua voce è salito di due ottave.

-L’ho rivisto Alice, l’altro giorno, quando ero a pranzo con Jacob. Lui e Rose erano nello stesso ristorante e…beh, quando l’ho rivisto il mio cuore ha iniziato a battere all’impazzata.- mi fermo per osservarla,  la sua espressione di stupore mista a comprensione mi da la carica necessaria per continuare – Per quanto assurdo e irrazionale possa essere io provo qualcosa per lui, chiamala cotta, attrazione, desiderio, infatuazione, chiamala come vuoi, io so soltanto che quando l’ho rivisto avrei voluto incollarmi alle sue labbra e baciarlo fino a farmi mancare il respiro. Ho capito che è inutile continuare a far finta di niente, tanto vale provarci no?- alzo lo sguardo per osservare Alice che per tutto il tempo è stata in silenzio ad ascoltarmi e non posso fare a meno di perdermi nei suoi occhi lucidi.

-Bella io non conosco Edward, se non attraverso le poche informazioni che ho avuto da te, e per quello che mi hai detto non posso apprezzarlo molto come uomo. Però, come amica, non posso ignorare ciò che mi hai appena detto e quindi, nel bene e nel male, ti sarò vicina e ti aiuterò qualunque sia la tua decisione.- dice con aria convinta.

-Grazie Alice. Grazie, grazie, grazie.- ci stringiamo forte e mi rendo conto che piccole lacrime di gioia e speranza mi si sono accumulate agli angoli degli occhi – Se la migliore amica che si possa desiderare.-

-Allora, hai già pensato a cosa farai?- si asciuga gli occhi e sulle sue labbra compare un grande sorriso.

-Non ancora, ma di sicuro mi servirà l’aiuto di Rosalie.-

-Ma certo, vedrai sarà contenta di aiutarti.- mi accarezza la guancia e mi sorride fiduciosa- Adesso, però, è arrivata l’ora dei regali.-

-Ok, corro a prenderlo. Aspettami qui.-

Vado nella mia camera e apro il cassetto  del comodino che si trova di fianco al letto, prendo la busta con la foto e la lettera che ho preparato per Alice. Questa tradizione va avanti da anni ormai, quando eravamo bambine non avendo soldi per comprarci dei regali ci scambiavamo delle nostre fotografie ed una lettera. Poi, quando siamo cresciute, abbiamo continuato a mantenere questa tradizione e ancora oggi, nonostante abbiamo un lavoro e quindi dei soldi a disposizione, ci scambiamo questo pensiero.

Io ed Alice siamo come delle sorelle, e siamo dell’idea che nessun regalo materiale, per quanto bello e costoso possa essere, potrà valere più di questo piccolo gesto.

Ritorno nel mio salotto e mi siedo di nuovo sul divano accanto ad Alice, che ha già la sua busta tra le mani. Le porgo la mia e lei mi da la sua. La apro e trovo una nostra foto di quando avevamo 10 anni, dietro la data riporta: “10 giugno 1996”. La osservo meglio, siamo io ed Alice nel giardino della mia casa a Forks. Lei ha in mano una bambola e sorride mentre io ho le braccia conserte e la guardo con un broncio. Esito ancora qualche istante sulla fotografia e poi passo a leggere la lettera.

Ciao Bella,

sono passati tanti anni da quel giorno, eppure lo ricordo come se fosse oggi. Charlie ci scattò questa foto mentre tu mi tenevi il broncio perché mi ero presa la tua bambola e le avevo cambiato tutti i vestiti (già da qui si notava la mia vena stilistica). Ricordo anche, però, che dopo pochi minuti ti ero venuta  vicino e ti avevo abbracciata con tutta la forza che un piccolo scricciolo di 10 anni poteva avere, e tu mi avevi detto che non ti importava più della bambola e che forse così – come l’avevo vestita io – era anche più bella. Ed è sempre così che ha funzionato tra di noi, un litigio non è durato mai più di pochi attimi, perché siamo come due metà che si completano anche se abbiamo dei caratteri quasi del tutto opposti.

Buon Natale, Sorellina, ti voglio bene
.


Ripiego la lettera, la stringo tra le mani e penso a quanto sono fortunata ad avere un'amica come lei. Mi butto di peso su Alice che è ancora intenta a leggere ciò che le ho scritto, le do un grande bacio sulla guancia e le ripeto ancora una volta che la nostra amicizia durerà per sempre.

 

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Capitolo 20
*** Ricominciare. ***


Buon pomeriggio a tutti, come va? Se ve lo state chiedendo no, non sono sparita, sono soltanto molto impegnata. Mi dispiace di avervi fatto attendere molto ma spero che alla fine del capitolo mi direte che ne valeva la pena. Ho già risposto in privato a tutte le vostre recensioni ma voglio ringraziarvi nuovamente perchè siete veramente unici. Sono felice che lo scorso capitolo vi sia piaciuto, ritenevo importante dedicarne almeno uno all'amicizia che a mio parere è un altro sentimento molto importante. Detto questo vi auguro una buona lettura, a presto.

Isabella Pov.


Cammino per le strade di New York per gustarmi al meglio questo clima natalizio. Mancano pochi giorni all’inizio di un nuovo anno, quindi, tra poco più di una settimana, sarà tutto finito, le vetrine torneranno quelle di sempre, lunghi tappeti rossi e addobbi vari libereranno le strade della città e le persone riprenderanno con il loro lavoro. Il Natale, al contrario di quanto avevo previsto, è stato meraviglioso, grazie alla sorpresa che ho ricevuto il giorno della vigilia quando mi sono ritrovata fuori alla porta di casa Charlie e Renée  con tanto di spesa e di pacchetti regalo al seguito.

Quando avevo sentito bussare alla porta avevo pensato che fossero semplicemente i bambini che andavano per le case a cantare le loro canzoncine, ma poi, quando li ho visti, non ho potuto fare a meno di ringraziare “Babbo Natale” per il miglior regalo che potesse farmi.

Dopo averli fatti sistemare nella piccola stanza degli ospiti e averli fatti rinfrescare per il viaggio, io e Renée ci siamo dilettate ai fornelli per  preparare una cena della vigilia degna di un re, nonostante entrambe non fossimo degli assi in cucina, poi abbiamo mangiato tutti e tre nella mia piccola ma accogliente cucina.

A mezzanotte, quando era arrivata l’ora di aprire i regali, o per meglio dire, era arrivata l’ora di aprire il regalo che i miei genitori mi avevano portato - dato che io non avevo comprato loro nulla -la sorpresa è stata ancora più grande. Ho aperto il piccolo pacchettino e mi sono ritrovata tra le mani due biglietti, uno per me e l’altro sicuramente per Alice, per il concerto musicale del nostro gruppo preferito, i Muse, che si sarebbe tenuto dopo un paio di settimane. Gettarmi letteralmente tra le loro braccia è stata una reazione istintiva e, mentre Renée mi abbracciava e rideva rivolgendo a mio padre un presuntuoso “Te l’avevo detto che le sarebbe piaciuto”, Charlie ricambiava l’abbraccio e nel frattempo alzava gli occhi al cielo sbuffando.

Il giorno di Natale, dopo il pranzo tradizionale, siamo andati al Rockefeller Center ad ammirare il maestoso albero adornato di oltre 30.000 luci, uno spettacolo che nonostante l’abbia visto molte volte negli ultimi anni fa sempre un certo effetto. Renée sembrava una bambina che per la prima volta entra in un parco giochi, guardava l’albero con le mani congiunte portate sotto al mento e gli occhi che le brillavano. Charlie, invece, osservava felice “le due donne della sua vita” – come stesso lui ci aveva definito – e ci stringeva entrambe in un caloroso abbraccio.

Il giorno seguente, purtroppo, subito sono dovuti rientrare a Forks per gli impegni di Charlie alla centrale, ma comunque per questo Natale ho avuto più di quanto potessi sperare.

Continuo a camminare fino a quando mi rendo conto di essere arrivata fino al Rockefeller Center. Mi fermo ad osservare l’enorme albero che si erge maestoso alle spalle della grande pista di pattinaggio gremita di gente.  Ad un tratto vengo disturbata dal cellulare che vibra frenetico nella mia borsa.

-Pronto?-

-Ciao Bella, come stai?- la voce di Alice è allegra e squillante come al solito.

-Alice, ciao, io sto benissimo e tu come te la passi?-

-Benissimo. I genitori di Jasper sono gentilissimi, mi hanno messo fin da subito a mio agio.- trilla entusiasta.

-Conoscendo Jasper non avevo dubbi che la sua famiglia potesse essere così.- le dico con sincerità.

-Tu invece? Non è stato triste passare il Natale da sola?- la sua voce adesso è più cupa, ancora non sa della sorpresa dei miei genitori.

-Non sono stata sola. Charlie e Renée mi hanno fatto una sorpresa, sono restati 3 giorni qui a New York.-

-Davvero? Wow ma è magnifico.-

-Si che lo è, ma la sorpresa non finisce qui.-

-Ah no? E perché?- la sua voce sprigiona curiosità.

-Perché mi hanno regalato due biglietti per il concerto dei Muse, ed ovviamente uno è per te.- le dico con lo stesso entusiasmo di una quindicenne.

-Oddioooo Bella ma…ma è fantastico. Per questo li adoro, sono veramente unici.- Alice non riesce  a trattenere le sue urla di felicità tanto che dal telefono riesco a sentire Jasper che le domanda cosa sia successo.

-Beh l’idea è stata di Renèe, ma sì, sono unici.-  

-Ok dai, quando torno ne parleremo da vicino. Adesso devo andare, baci.-

-Ciao tesoro, salutami Jasper.- riaggancio e torno a guardare davanti a me.

Mi incanto ad osservare le persone che volteggiano sulla pista di pattinaggio, alcuni hanno talmente tanta grazia che pare librino in aria, mentre altri proseguono con fare incerto tenendosi ai bordi della pista.

Ad un tratto sento qualcuno avvicinarsi e poggiarsi sulle transenne che costeggiano la pista, continuo a guardare dritto davanti a me non curandomi più di tanto della persona al mio fianco fino a quando quest’ultima non mi rivolge la parola.

-Ciao Isabella.-

Mi volto e davanti a me, bello da far male, c’è Edward. Per un attimo resto in silenzio a guardarlo, mi soffermo sui suoi profondi occhi verdi, sui suoi capelli dei quali riesco a scorgere soltanto qualche ciocca ribelle che fuoriesce dal cappello di lana che indossa, sulle sue labbra perfette che sono arcuate in un sorriso.

Dentro di me ha inizio una lotta di emozioni. E’ vero che ero decisa a fare qualcosa per incontrarlo, per chiarire con lui, ma non mi aspettavo che potesse succedere così all’improvviso, ero sicura che per fare qualcosa avrei aspettato il rientro di Rosalie dalle sue vacanze ed invece la persona dei miei sogni è qui davanti a me e, sono consapevole che, anche se è inaspettata, non posso lasciarmi sfuggire quest’occasione che il destino mi sta offrendo.

-Ciao Edward.- mi ridesto dal mio stato catatonico e lo saluto con quanta più disinvoltura possibile.

-Come va?- accompagna la sua domanda con un sorriso e per poco non mi sento sciogliere come neve al sole.

-Bene, grazie. A te tutto bene?- cerco di mantenere la calma anche se questa situazione mi sembra più inverosimile del previsto, io ed Edward a parlare del più e del meno come se fossimo due cari amici quando in realtà il mio cuore che pulsa frenetico mi dimostra tutt’altro.

-Si, anche a me tutto ok.- mi parla con la sua voce tranquilla, cadenzata, ma sicura.

Trascorre qualche minuto di silenzio imbarazzante, cerco di distogliere lo sguardo per puntarlo sulla pista davanti a noi, alla ricerca di qualche cosa di sensato da dire. Vorrei dirgli tantissime cose ma in questo momento non ne ricordo nemmeno una, sono come ipnotizzata, per fortuna Edward interviene a rompere questo silenzio.

-Ti va di pattinare?- mi domanda d’un botto con entusiasmo, come se avesse appena trovato un modo per rompere il ghiaccio e uscire da questa situazione che credo stia mettendo in imbarazzo anche lui.

-C…cosa?  Pattinare? Oh no, non credo sia il caso, non ne sono tanto capace.- confesso con un pizzico di insicurezza, l’equilibrio non è mai stato il mio forte e dubito di riuscire a pattinare sul ghiaccio senza cadere e farmi male.

-Non è un problema, ti aiuto io. Andiamo.-

Lo vedo avviarsi verso l’entrata a passo deciso mentre io resto ancora ferma, incantata nell’osservare i suoi movimenti, le sue mani che hanno trovato riparo nelle tasche anteriori del giubbotto di pelle che indossa. Mentre cammina si volta verso di me e mi richiama alla realtà – Isabella allora, vieni?-

-Ok.- incapace di contestare lo seguo consapevole che una catastrofe è sicuramente in arrivo.

Edward fitta due paia di pattini e ci sediamo entrambi su una panchina per indossarli. Entriamo in pista e mentre Edward iniziare a pattinare sicuro di se, avviandosi verso il centro della pista, io resto immobile mantenendomi ai bordi cercando di non cadere rovinosamente per terra.

Edward si volta, mi guarda, e vedo un sorriso comparire sul suo volto perfetto. Mi viene incontro e mi tende una mano.

-Su andiamo.- il suo sorriso è rassicurante ma non ho intenzione di allontanarmi dalla mia postazione sicura.

-Oh no, ti ringrazio, sto bene qui.- gli rispondo mentre mi affanno per mantenere l’equilibrio.

-Non temere, ti terrò io, vieni.- il suo tono di voce è così dolce che è come un richiamo per i miei sensi.

Gli allungo la mano e lui la prende in una stretta decisa. Il calore della sua mano mi attraversa il corpo regalandomi un tepore di cui avevo tanto bisogno.

Iniziamo a muoverci lentamente, Edward mi tiene un braccio portato intorno alla vita e con l’altra mano tiene saldamente la mia. Muovo le gambe una dopo l’altra, lentamente, per evitare di scivolare sul ghiaccio liscio. L’impresa è resa ancora più ardua dalla sensazione che il contatto con il corpo di Edward mi provoca, sento le gambe deboli ed un tremolio diffuso per tutto il corpo.

-Allora come va?- mi domanda all’improvviso distraendomi dalla mia concentrazione.

Mi volto a guardarlo e mentre sto per pronunciare un “Va tutto bene” scivolo rovinosamente sul ghiaccio trascinando Edward che cade di peso sopra di me.

Quando cerca di rialzarsi i suoi occhi incontrano i miei e lo vedo ridere di gusto.

-Forse era meglio se non te lo chiedevo come andava.-continua a sghignazzare ed io non posso fare a meno di avvampare per la vergogna.

-Scusami. Te l’avevo detto che non era una buona idea.- cerco di giustificarmi mentre Edward mi porge una mano per aiutare ad alzarmi.

-Non scusarti, io mi sto divertendo.- mi risponde mentre nel frattempo cerca di evitare di farmi di nuovo ricadere.

-Io direi che per oggi ho già rischiato troppo.- gli rispondo aggrappandomi saldamente sulle sue robuste spalle.

-Ok, è meglio se andiamo.- mi prende per mano e mi aiuta ad arrivare alla panchina dove posso finalmente rimettermi le mie adorate e sicure scarpette da ginnastica.

Quando usciamo fuori dalla pista vedo Edward che mi osserva intensamente, apre la bocca come se volesse dire qualcosa poi la richiude, abbassa la testa e la scuote lievemente mentre un piccolo sorriso imbarazzato si fa strada sul suo volto.

-Isabella io devo…ho bisogno di parlarti.- confessa dopo qualche secondo di silenzio.

Il mio cuore inizia a battere frenetico, anche io ho bisogno di parlargli ed ero anche più che intenzionata a farlo, ma adesso che siamo qui, faccia a faccia, pronti a parlare, sento il coraggio venirmi meno.

Edward continua a guardarmi ma io non accenno a parlare, troppo presa dai mille pensieri che mi affollano la testa, così decide di continuare ugualmente.

-Io…beh sì, io volevo scusarmi per come mi sono comportato in passato. – si interrompe per guardarmi, forse si aspetta una mia reazione ma, in questo momento, sono incapace di proferire alcunché così Edward riprende la parola – Mi dispiace di averti baciata per poi averti lasciata in quel parcheggio senza darti una spiegazione. Mi dispiace per quello che ti ho detto alla festa di Alice e per quello che ho fatto a Ryan fuori al locale. Mi avrai preso per pazzo, e forse mi sono comportato come tale ma ti chiedo scusa e spero….beh spero che potremmo ripartire da zero, magari diventare amici.- termina il suo discorso e mi guarda dritto negli occhi, nei suoi mi pare di leggervi un punto interrogativo come se l’ultima frase fosse più una domanda che un’affermazione.

Amici? Diventare amici? Edward mi ha chiesto scusa e, anche se non mi ha spiegato chiaramente quali sono i motivi che lo hanno spinto a compiere quei gesti, almeno ha provato a spiegarsi e mi sta chiedendo di diventare amici.

Dopotutto questo potrebbe essere un inizio, però non basta, ho troppe domande che necessitano di una risposta e visto che ormai siamo in ballo tanto vale ballare.

-Beh effettivamente un po’ di domande sui tuoi atteggiamenti me le sono poste, senza riuscire mai a darmi una risposta. Ma adesso siamo qui, potresti darmela tu qualche risposta.- gli dico recuperando quel pizzico di coraggio che mi è rimasto.

Edward si sfila il cappello per passarsi nervosamente una mano tra i capelli poi mi guarda e muove la testa in modo affermativo per esortarmi a continuare a parlare.

-Partiamo dal principio, perché mi hai scritto quel biglietto?- gli domando spedita, ormai intenzionata a chiarire tutto e dare finalmente qualche risposta alle mie domande.

-Perché quando ti ho vista la prima volta, quando ho incrociato i tuoi occhi io…non so spiegarti cosa mi sia passato per la testa ma avevo voglia di vederti da sola.- mi risponde lievemente in difficoltà, me ne accorgo dal modo in cui parla, in cui gesticola.

-E che senso ha avuto?- gli domando di botto, forse con troppo astio, come se le parole che per tanto tempo ho tenuto represse uscissero fuori da sole – Si insomma, che senso ha avuto vedermi, baciarmi….e…andar via senza darmi nessuna spiegazione?- cerco di domandargli con più calma, precisando meglio le mie parole.

-E’ questo il punto, Bella, non ha avuto alcun senso.- scuote la testa dispiaciuto – Ho agito d’impulso e sono stato uno stupido.-

Ho agito di impulso? Sono stato uno stupido? Sta cercando di dirmi che è stato tutto un errore, che non voleva scrivermi quel biglietto e che non voleva baciarmi? Il mio sguardo confuso deve essere tutto un programma perché subito Edward riprende a parlare per chiarire i miei dubbi.

-Bella non fraintendere le mie parole, per favore. Ti chiedo solo di buttarci questa strana parentesi alle spalle e di ricominciare da zero. Dammi la possibilità per farti vedere com’è il vero Edward Cullen e poi sarai tu a decidere se vorrai o meno continuare a frequentarmi, se ti piacerà o no quello che vedrai.- sul suo volto un’espressione dispiaciuta, è sincero, lo leggo nei suoi occhi.

Le sue parole mi colpiscono nel profondo, non so di preciso cosa vogliano significare, non ha dato esattamente una risposta alle mie domande e non ha nemmeno chiarito i miei dubbi, ma lui vuole farmi cambiare idea sulla sua persona, vuole conoscermi, frequentarmi, e come posso negare a me stessa e al mio cuore questa opportunità?

-Va bene, Edward.- la mia voce trema, trema per tutta questa situazione, per l’emozione che le sue parole mi hanno provocato – Ricominciamo da zero.-

Alle mie parole vedo i suoi occhi illuminarsi, un meraviglioso sorriso comparire sul suo volto. Mi attira a se in un inaspettato abbraccio e mi lascia un delicato bacio tra i capelli.

-Sarà tutto diverso, vedrai.- mi sussurra all’orecchio provocandomi dei brividi mentre una miriade di farfalle prende  a vorticare nel mio stomaco.

Resto ancora stretta ad Edward per un tempo indefinito e, a rendere ancora più magico questo momento, c’è la neve che ha cominciato a cadere in piccoli, candidi e delicati fiocchi come a voler essere testimone di questo momento così perfetto.

 

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Capitolo 21
*** Distrazioni. ***


Buonasera ragazze, sono di nuovo qui. Questo capitolo è...non saprei dargli una definizione, ditemelo voi com'è! Come sempre ringrazio coloro che recensiscono come ary94, Queen Alexia, Miss Caliente, Artemide88, Ulisse85, Ludo_cullen, Sissy_cullen e due nuove lettrici: lily topa e HG4e. Grazie alle vostre recensioni trovo lo sprint necessario per proseguire questa storia. Detto questo vi lascio alla lettura di questo capitolo di transizione, bacioni.

Isabella Pov.


Sono nella mia auto, fuori all’aeroporto, aspettando Alice di rientro dal viaggio con Jasper. Lui è dovuto partire per Seattle, a causa di alcuni impegni di lavoro, così sono venuta io ad accoglierla.

Ascolto una canzone alla radio mentre picchietto a ritmo le dita sul volante, poi punto lo sguardo sul cruscotto per vedere che ore sono, Alice mi aveva detto che sarebbe atterrata per le 10.00 ma sono già le 10.30 quindi presumo che ci sia stato un lieve ritardo.

Ad un tratto la vedo comparire da dietro le porte scorrevoli alle prese con 2 trolley e un beauty case, scendo dall’auto e la chiamo forte agitando una mano per permetterle di individuarmi tra la folla. Quando mi vede mi corre incontro sorridendo.

-Ehy tesoro, ciao. Mi sei mancata.- mi stringe forte in un abbraccio dopo aver lasciato i trolley e poggiato il beauty su di essi.

-Anche tu mi sei mancata, tanto. Allora com’è andato il viaggio?- le domando mentre ci apprestiamo a salire in macchina dopo che ho sistemato i suoi bagagli nel cofano.

-Tutto bene, grazie. Sono stata molto bene con i genitori di Jasper, sono delle persone squisite. Il mio Jasper già mi manca.- mette su un finto broncio e sbatte le palpebre velocemente.

-Quanto sei smielata.- le do una pacca sulla spalla, metto in  moto l’auto ma mentre sto per partire sento il “bip” del cellulare che mi avvisa dell’arrivo di un messaggio.

Estraggo il cellulare dalla borsa e sullo schermo lampeggia il nome del mittente: Edward.

Ciao, stasera sei libera? Mi piacerebbe portarti a cena fuori. Fammi sapere, Edward.

Sento il cuore diventare leggero, anche se è colmo di gioia, continuo a tenere lo sguardo fisso sul display mentre un grande sorriso si fa strada sul mio volto. Dopo la chiacchierata dell’altro giorno davanti al Rockefeller, Edward ha insistito per riaccompagnarmi a casa e prima che entrassi nel mio appartamento mi ha chiesto di lasciargli il mio numero e adesso, dopo due giorni durante i quali non ho fatto altro che pensare a lui, finalmente si fa sentire.

-Potrei sapere chi è che ti fa sorridere in questo modo? Cosa mi sono persa in una settimana?- mi domanda Alice mentre mi guarda con aria sospettosa, le braccia conserte ed un sopracciglio alzato.

-Ehmmm…vediamo, devo dirti una cosa.- le rispondo vaga mentre inizio ad immettermi nel traffico per tornare a casa.

-Oddio, hai conosciuto qualcuno. Come si chiama, quanti anni ha? Ah sì, lavoro? E’ alto? Gli occhi di che colore sono? Non dirmi che è moro con gli occhi verdi, sarebbe fantastico…-

-E’ Edward.- la interrompo bruscamente mentre è intenta a farmi il terzo grado, continuo a tenere lo sguardo fisso sulla strada.

-Edward?- chiede come se gli avessi detto che frequento un alieno – Oh Bella, ti prego raccontami cos’è successo.-

Durante tutto il tragitto verso casa le spiego come ci siamo incontrati per caso al Rockefeller Center, le racconto della pattinata – con caduta annessa -  le dico del discorso che Edward mi ha fatto e che mi ha chiesto di provare a conoscerci, il tutto mentre dalla bocca di Alice non fanno altro che uscire gridolini e sospiri vari.

 -Allora stasera vi vedrete?- mi domanda quando parcheggio l’auto fuori la sua villa.

-Ancora non gli ho risposto.- le dico ricordandomi che in effetti dovrei farlo.

-E cosa stai aspettando? Sai, dopo quello che mi hai detto mi devo ricredere, forse Edward non è poi tanto stronzo.-

-Alice!- la rimprovero bonariamente con lo sguardo.

-Che c’è, non ho detto nulla di male.- mi risponde scrollando le spalle con fare indifferente. -Vuoi entrare?- aggiunge poi per cambiare discorso.

-Ho un idea migliore! Perché non posi le valigie e ce ne andiamo in un centro commerciale a fare un po’ di shopping?- le propongo con entusiasmo.

Vedo Alice guardarmi con aria perplessa, poi un sorriso malizioso compare sul suo volto  – Se questo è l’effetto che ti fa Edward gli dirò che deve invitarti ad uscire più spesso.- aggiunge ridendo di gusto.

-Lo so che può sembrarti strana la mia richiesta, è solo che non voglio tornare a casa e rischiare di stare tutto il giorno a pensare all’appuntamento di questa stasera. Mi verrà un ansia tremenda, ho bisogno di distrarmi.- le confesso con sincerità.

-Beh, qualunque siano le tue motivazioni, la tua idea mi piace.- mi dice con un sorriso a trentadue denti – Su vieni in casa che mi faccio una doccia veloce e andiamo.- prende un trolley e il beauty e si incammina verso la porta di casa – L’altro trolley lo prendi tu?-

-Agli ordini!- prendo in trolley e chiudo l’auto raggiungendo Alice che nel frattempo è entrata in casa.

Dopo circa un ora e mezza, in cui Alice si è lavata e preparata, siamo finalmente arrivate al centro commerciale.

-Da dove cominciamo?- mi domanda eccitata all’idea di passare un pomeriggio intero a fare shopping e non posso fare a meno di scuotere la testa e pensare che non cambierà mai.

-E’ indifferente, un negozio vale l’altro.- le dico lasciando a lei la scelta.

-Come un negozio vale l’altro? Su vieni inizieremo dall’intimo.- mi tira per un braccio mentre si appresta ad entrare in un negozio di lingerie.

-Cosa significa “inizieremo dall’intimo”? Inizieremo cosa?- le domando impaurita, credo di aver già capito cosa le passa per la testa.

Si ferma e si gira a guardarmi, poi, con aria spazientita, inizia a parlarmi accompagnando alle sue parole la gestualità delle mani – Allora Bella, ti vorrei ricordare che stasera hai un appuntamento.-

-Si Alice lo so ma…-

-Niente ma, Bella, niente ma.- mi interrompe categorica – Voglio solo che stasera tu faccia colpo, voglio che Edward ti trovi così incantevole da non poter riuscire più a starti lontano.- mi dice guardandomi dritto negli occhi e stringendo le mie mani tra le sue.

Continuo a guardare i suoi occhioni che pare vogliano dirmi “Per favore Bella, lasciami fare”, così le sorrido consapevole che vuole soltanto – a modo suo – essermi d’aiuto.

-Ok ci sto, iniziamo con l’intimo.- le dico dopo un po’.

Vedo il suo sguardo illuminarsi e dopo aver pronunciato un “Perfetto, andiamo” mi trascina con se in un negozio d’intimo dalla quale usciamo circa venti minuti più tardi dopo aver acquistato un completo, composto da reggiseno e perizoma, nero di pizzo.

Continuiamo a girare per i negozi, fino a quando non si fa ora di pranzo e decidiamo di fermarci a mangiare una pizza.

Verso le 17.00 riaccompagno Alice a casa così posso tornare anche io per prepararmi per la serata.

-Eccoci, siamo arrivate.- le dico una volta a destinazione.

-Dici la verità, non è stato bello?- mi domanda riferendosi ovviamente al fatto che ha svaligiato quasi tutti i negozi.

-Si, oramai dopo tutti questi anni mi ci sono abituata.- le dico sorridendo – Ce la fai ad entrare con tutte quelle buste?-

-Certo, anche io ci sono abituata.- scoppia in una sonora risata -  Buona serata, ci sentiamo domani. Ti raccomando voglio sapere tutto, TUTTO!- mi da un bacio sulla guancia, scende dall’auto e, dopo aver preso tutte le buste si avvia verso il cancello.

Ad un tratto si volta, mi guarda e mi mostra il pollice in su come a volermi dire: “Ce la puoi fare!”. Ricambio il suo gesto con un sorriso che vuole significare un muto ringraziamento.

Rientro a casa e, dopo aver mandato un messaggio di conferma per la serata ad Edward, inizio a prepararmi.

Entro nella doccia e subito i miei muscoli si rilassano a contatto con l’acqua bollente. Mi insapono lentamente, soffermandomi soprattutto sui capelli, e nel frattempo inizio a fantasticare sull’andamento della serata.

Quando ho finito di lavarmi mi avvolgo subito nel morbido accappatoio di spugna, anche se non riesco ad evitare dei piccoli brividi di freddo che si diffondono su tutto il corpo. Asciugo i capelli lisciandoli con la spazzola e, dopo aver lavato anche i denti e messo su un leggero filo di trucco, vado in camera per vestirmi.

Indosso il completo intimo che ho acquistato oggi, un dolcevita bianco di cashmere lievemente più lungo sui fianchi e un fuseaux nero che fascia le mie gambe e lascia intravedere le mie forme sinuose. Metto delle decolté nere e il cappotto dello stesso colore.

Mentre aspetto che arrivi Edward vado in soggiorno e mi siedo sul divano per guardare un po’ la tv quando ad un tratto sento il cellulare squillare.

-Pronto?-

-Buonasera Signorina.- dall’altra parte riconosco subito la voce di Rosalie.

-Ciao Rose, tutto bene?- le chiedo veramente felice di sentirla.

-A me tutto ok, ma credo che a te vada meglio.-

-Scusa Rosalie ma non capisco a cosa ti riferisci.- le dico non capendo realmente il sottointeso delle sue parole.

-Un uccellino mi ha detto che questa sera una certa Isabella Swan ha un appuntamento con un certo Edward Cullen, li conosci per caso?- mi domanda retorica in tono canzonatorio e divertente.

-Ma forse li ho sentiti nominare qualche volta.- decido di restare al suo gioco – Beh comunque dì ad Alice che qualche giorno davvero la metterò in gabbia come un uccellino.- le dico pensando che non è capace di tenersi un cece in bocca.

-Dai Bella, non fare così. – la sento ridere – Per caso avevi intenzione di non dirmelo?- mi domanda simulando un aria sconvolta.

-Ma no Rosalie, cosa credi. Sono felice che tu lo abbia saputo, te l’avrei detto io stessa non appena ci fossimo sentite.- le dico con sincerità, ormai Rosalia è una cara amica per me.

-Sono felice che abbiate chiarito. Sapevo che non eravate dei completi zucconi.-

-Andiamoci piano Rose, è soltanto un uscita tra due amici.- le dico cercando di essere convincente, anche se sono la prima a non credere alle mie stesse parole.

-Bella non porre limiti alla provvidenza.-

-Non lo faccio, voglio soltanto restare con i piedi per terra.- ed in effetti è vero, non voglio illudermi, voglio soltanto ricominciare dall’inizio e se poi da cosa nascerà cosa sarò lieta di questo.

-Ti capisco, fai bene. Allora ci sentiamo, ti auguro una buona serata. Un bacio.-

-Grazie Rosalie, ci sentiamo presto. Salutami Emmett e divertitevi.- riaggancio e nello stesso momento sento bussare alla porta.

Vado ad aprire e davanti a me c’è Edward con un sorriso sghembo mozzafiato stampato sul volto. Lo vedo guardarmi dall’alto verso il basso e viceversa soffermandosi prima sul mio corpo e poi sul mio volto, sui miei occhi.

-Buonasera Isabella.-

 

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Capitolo 22
*** Tentazioni. ***


Ciao a tutti, ecco il capitolo che tanto aspettavate. Finalmente Edward e Isabella hanno un appuntamento. Volevo dirvi alcune cose, prima di tutto prima di iniziare la descrizione del posto dove Edward porta Isabella ho inserito delle foto posizionate in ordine di descrizione, così per farvi rendere un pò l'idea. Inolte dove c'è scritto note evidenziato in blu, cliccateci sopra e aprite una nuova scheda e leggete il capitolo ascoltando quella canzone. E' una canzone bellissima che mi ha consigliato Ludo_cullen e che ringrazio immensamente perchè mi è stata proprio di aiuto per rendere l'atmosfera adatta.
Cos'altro dirvi? Ah sì, probabilmente la fine del capitolo vi lascerà così---> O.O ed io ne sarò estremamente contenta! Come sempre ringrazio tutte coloro che leggono e recensiscono. So di essermi dilungata troppo quindi adesso vi lascio in santa pace a leggere il capitolo, buona lettura! Ps: Ho scritto una Drabble sui sentimenti di Rosalie riguardo all'essere madre, mi farebbe piacere se la leggeste e mi deste un giudizio. Sono soltanto cento parole, non vi porterà via tanto tempo, baci.


Isabella Pov.


Vado ad aprire e davanti a me c’è Edward con un sorriso sghembo mozzafiato stampato sul volto. Lo vedo guardarmi dall’alto verso il basso e viceversa soffermandosi prima sul mio corpo e poi sul mio volto, sui miei occhi.

-Buonasera Isabella.-

-Ciao, Edward.- gli rispondo ridestandomi dai miei pensieri – Vuoi entrare?- aggiungo poi impacciata, essendo incerta su come comportarmi.

-No, ti ringrazio. E’ meglio se andiamo o faremo tardi.- mi risponde tranquillamente riservandomi un bellissimo sorriso.

Gli sorrido anche io di rimando, poi mi chiudo la porta alle spalle e mi avvio verso la sua auto, una Volvo c60 nera tirata a lucido. Lui mi precede per aprirmi la portiera e, dopo che sono salita, fa il giro dell’auto per salire al lato del guidatore.

Mette in moto e prima di partire accende la radio permettendo alla musica di diffondersi nell’abitacolo. Mi soffermo a guardare le luci fuori dal finestrino mentre Edward sfreccia veloce per le strade della città.

-A cosa pensi?- mi domanda dopo un po’.

-Niente di importante, pensavo solo che le luci della sera rendono questa città ancora più magica.- mi volto a guardarlo e mi incanto ad osservare il suo profilo che di tanto in tanto viene illuminato dai fari delle auto regalandogli un aria ancora più meravigliosa.

-Già, è quello che penso anch’io.- mi risponde voltandosi anche lui per un attimo a guardarmi.

Continuo ad osservare  la strada, curiosa di capire dove siamo diretti. La musica che continua a diffondersi nell’aria rende l’atmosfera più soft.

-Edward potrei sapere dove stiamo andando?- gli domando poco dopo non riuscendo a tenere a freno la mia curiosità.

-Tra poco saremo arrivati, credi di poter resistere?- mi chiede ridendo.

-Ok, credo di potercela fare.- lo seguo nella sua risata contagiosa.

-Perfetto! Dopo quello che mi hai detto credo di aver scelto il posto adatto per questa sera.- mi guarda nuovamente e quasi mi pare che i suoi occhi siano come brace viva pronta a bruciarmi e ammetto che questa sensazione mi piace, e non poco.






Dopo circa un quarto d’ora Edward accosta la macchina vicino un giardino ricco di alberi, tutti addobbati con una miriade di luci,  un insegna di legno fa bella mostra di se con la scritta River Café. 

Scendiamo entrambi dall’auto ed entriamo in questo giardino colmo di alberi, fiori e cespugli di ogni genere che insieme alle luci calde delle lampadine rendono l’atmosfera magica, quasi come se ci trovassimo in un giardino incantato.

Mi guardo intorno ammaliata dalla bellezza di ciò che ci circonda, Edward si avvicina a me e mi guarda sorridendo.

-Ti piace?- mi domanda mentre anche lui è intento a guardarsi intorno.

-E’ meraviglioso.- è tutto quello che riesco a dire ancora con gli occhi incatenati a questo paesaggio quasi surreale.

-Già, è meraviglioso, ma non è tutto. Su andiamo.- mi porta una mano a cingermi la vita per esortarmi a camminare e nonostante sia un gesto banale non posso fare a meno di provare un brivido di piacere.

E’ questo che ho provato la prima volta che mi ha sfiorato: brividi di piacere, attrazione, elettricità. Solo adesso riesco a capire il motivo per il quale dopo quel bacio, nonostante tra di noi non ci fosse stato nulla di più, non sono riuscita a smettere di pensare a lui fino al punto di convincermi di esserne innamorata.

Quando l’ho sfiorato, quando ho passato le mie mani tra i suoi capelli, era come se stessi accarezzando la parte migliore di me, come se lo sentissi già mio, perché tra noi c’è alchimia, lo leggo nel suo sguardo quando quei due fari verdi mi scrutano intensi quasi a volermi penetrare nell’anima.

Camminiamo lungo un sentiero ciottolato fino ad arrivare su un pontile dove si trova il ristorante che affaccia sull’East River.

Appena entriamo il maitre ci viene incontro e, dopo aver parlato in disparte con Edward, ci chiede gentilmente di seguirlo.

Il locale è bellissimo, riprende il tema di una nave. Il pavimento e il soffitto sono rigorosamente in legno scuro, le pareti dipinte di un rosa pallido ricche di quadri e finestre a forma di oblò. Attraversiamo un corridoio in cui dei pannelli sono ricoperti da tessuto bianco, delle sbarre d’acciaio insieme con gli oblò riproducono nel particolare i corridoi di una nave.

Entriamo in un ampia sala ricca di vetrate che permettono di vedere lo skyline della città. I tavoli sono coperti da lunghe tovaglie panna, alcuni di essi hanno al centro dei vasi di fiori, mentre altri hanno delle abat jour che fungono da illuminazione a tutta la sala donandogli un’atmosfera raffinata.

In un angolo, su un piano rialzato circondato da corrimano di legno, fa bella mostra di se un pianoforte a coda nero dalla quale si sprigionano delle dolci note.

Su un altro lato della sala c’è un bancone bar, circondato da sgabelli di legno e paglia finemente intrecciata, dove è possibile consumare un aperitivo prima di accomodarsi al tavolo.

Il nostro tavolo è situato vicino alla vetrata dove è possibile ammirare la città. Edward, da vero gentiluomo, mi sposta la sedia per farmi sedere poi si accomoda anche lui di fronte a me.

-Allora ti piace?- mi dice guardando quel meraviglioso panorama che si para davanti ai nostri occhi.

-Edward è tutto fantastico, non era necessario che tu…beh sì, che tu facessi tutto questo.- gli dico lievemente imbarazzata.

-Ma per me è un piacere, sono felice ti piaccia.- mi risponde sorridendomi sincero – Allora cos’hai fatto di bello oggi? – mi domanda poi per rompere il ghiaccio.

-Oggi sono andata a prendere Alice all’aeroporto, poi siamo state al centro commerciale a fare shopping. Tu, invece, cos’hai fatto?-

-Io ho aspettato per mezza giornata un messaggio di conferma da parte di una ragazza.- mi dice poggiando i gomiti sul tavolo e portandosi entrambe le mani sotto al mento per guardarmi dritta negli occhi con il suo sguardo sensuale.

Capisco che la ragazza in questione sono io. Effettivamente non l’ho risposto subito, non volevo che pensasse che non aspettavo altro che un suo cenno e, a quanto pare, ho ottenuto l’effetto che desideravo.

-Mi dispiace, non l’ho letto subito. Come già ti ho detto, sono stata tutta la mattinata impegnata e l’ho letto soltanto quando sono rientrata a casa.- gli dico sfoderando un gran sorriso per evitare che capisca che sto mentendo spudoratamente.

-L’importante è che tu mi abbia risposto.- mi dice sicuro di se.

-Ovviamente.- ribatto anch’io con fare sicuro.

Nel frattempo arriva un cameriere per prendere le ordinazioni. Entrambi ordiniamo del filetto arrosto con mandorle e fichi caramellati il tutto accompagnato da una bottiglia di vino rosso Cabernet-sauvignon.

Poco dopo ci servono quello che abbiamo ordinato così cominciamo a mangiare.

-Allora come procede il lavoro?- mi domanda Edward mentre è intento a bere un sorso di vino.

Mi soffermo a guardare i suoi movimenti decisi, le sue labbra a contatto con la superficie liscia del calice, il movimento del suo collo quando quel liquido gli attraversa la gola, i suoi occhi che mi osservano attentamente. Sento una morsa stringermi lo stomaco e un forte desiderio crescere dentro di me.

-Tutto bene, grazie. Alice ha già ultimato la collezione primaverile, non resta che fare il servizio fotografico.- gli rispondo e bevo anch’io un sorso di vino per cercare di mascherare quello che sento – A te invece, come procede?-

-Procede bene, anche se è da un po’ che mi ronza un idea per la testa. Vorrei mettere un punto alla mia carriera di modello e magari aprire un’agenzia di moda tutta mia.-

-Ma è una bellissima idea.- gli dico con più entusiasmo di quanto mi aspettassi – Ne hai già parlato con le persone con la quale lavori?-

-In verità no, sei la prima persona a cui lo dico.-

La prima persona a cui lo dice. Io. La mia testa continua a pensare alle sue parole e per un attimo quasi mi sento entusiasta di questa cosa ma poi ci ripenso, dopotutto Edward ha detto che vuole essermi amico, due amici parlano anche di queste cose.

Mi smentisco da sola quando penso che due amici, però, non vanno a cena in un ristorante del genere e non si lanciano sguardi di fuoco che dovrebbero essere dichiarati illegali.

-Ah che onore!- esclamo dopo un po’, dopo aver addentato un pezzo di filetto.

Continuiamo a chiacchierare, argomenti leggeri che vanno dal lavoro agli hobby. Scopro che Edward non è solo abiti firmati e aria da figo, ama la tranquillità, gli piace il cinema e il baseball, è ghiotto di pizza e ha un debole per i cani.

Quando abbiamo terminato di mangiare il filetto ordiniamo due dessert. Edward prende una coppa di gelato alla vaniglia con nocciole tostate e cioccolato fuso mentre io ordino una fetta di torta al cioccolato con ripieno al caramello, giusto per restare leggeri.

La torta è deliziosa, il connubio tra cioccolato e caramello rende il tutto ancora più buono.  Mentre sono intenta a portarmi un pezzo di torta alla bocca vedo Edward che mi osserva insistentemente con un sorriso scaltro che contrasta col suo viso d’angelo.

-Cosa c’è? Vuoi per caso un po’ di torta.- gli domando porgendogli il pezzo che stavo per mangiare e sfoderando uno sguardo che non ha nulla da invidiare al suo.

Vedo i suoi occhi dilatarsi, forse sorpreso dalla mia reazione, poi torna a sorridermi malizioso.

-Giusto un po’.- avvicina le labbra al cucchiaino e, mentre assaggia questa piccola delizia, non distoglie per un attimo il suo sguardo dai miei occhi.

Capisco che questo è un suo modo di provocarmi e stranamente non mi sento a disagio o imbarazzata, anzi, tutto questo gioco di provocazioni, di sguardi, di frasi lasciate di proposito incomplete, mi infiamma.

Solo Edward è capace di accendere questo fuoco dentro di me, è questo che lo rende così speciale, unico, il fatto di farmi provare delle forti emozioni solo con un semplice sguardo. L’unico problema è che potrei bruciarmi ma oramai ci sono troppo dentro per tornare indietro, quindi tanto vale andare fino in fondo per vedere dove arriveremo.

Decido di rispondere alla sua provocazione così  avvicino la mia mano alle sue labbra e gliele sfioro lentamente.

-Avevi un po’ di cioccolato.-cerco di giustificarmi dato la sua espressione interdetta.

-Capisco.- mi risponde sorridendomi complice – Comunque devo ammettere che hai fatto un ottima scelta, è un dolce buonissimo.- mi dice convinto ed io mi limito ad annuire.

Quando abbiamo finito con il dolce Edward ordina due caffè e chiede il conto e, dopo aver lasciato una lauta mancia al cameriere che ci ha serviti, usciamo dal ristorante.

Mi stringo del cappotto a causa dello sbalzo di temperatura tra l’aria calda che c’era all’interno del locale e quella fredda dell’esterno.
Edward si accorge di questo mio gesto così si avvicina e mi cinge le spalle con le sue braccia.

-Hai freddo? Se vuoi ti riaccompagno a casa.- mi domanda premuroso.

-Non preoccuparti, voglio restare un altro po’ a guardare questo paesaggio, è così bello qui.- gli rispondo con la voce lievemente tremante ma questa volta ai brividi di freddo si sono sostituiti quelli che il contatto con il suo corpo mi ha provocato.

Edward annuisce e mi sorride, poi, mentre sono intenta ad ammirare quel panorama che non mi stancherei mai di guardare, mi volto e lo vedo che si avvicina lentamente a me.

Porta una mano ad accarezzarmi la guancia, l’altra dietro la nuca ad accarezzarmi i capelli. Sento il cuore che inizia a battere forsennato nel petto mentre le sue labbra sono sempre più vicine.

Dentro di me c’è una parte cha ha paura, che mi dice di fermarmi , che forse sto sbagliando, che potrei bruciarmi. L’altra parte mi implora di continuare, di disconnettere il cervello e di pensare a seguire i miei istinti, il mio cuore.

Non so quale parte di me annullare, se quella razionale o quella emotiva, ma quando le sue labbra si posano sulle mie capisco che sapevo fin dall’inizio qual’era la mia decisione.

Le sue labbra sfiorano le mie timorose, quasi a voler chiedere il permesso di osare di più, e quando questo contatto lieve sta quasi per portarmi allo sfinimento  gli lambisco le labbra con la lingua per chiedergli di farlo, di osare di più, di non trattenersi.

Edward coglie al volo il mio messaggio e approfondisce il bacio, le nostre lingue cominciano a sfiorarsi, stuzzicarsi, le mie mani corrono subito ai suoi capelli, ad accarezzarli, tirarli, come se quella postazione fosse un loro piccolo rifugio.

Continuiamo a baciarci per un tempo indefinito e quando ci stacchiamo mi mordo le labbra nel vano tentativo di trattenere un sorriso soddisfatto.

Lo guardo dritto negli occhi per cercare di capire ciò che pensa,  sono lucidi e scuri a causa dell’eccitazione, così come le sue labbra rosse e gonfie.

-Credi sia ora di tornare a casa?- mi porta una ciocca di capelli dietro all’orecchio, sfiorando con le dita quel punto sensibile del mio corpo che mi porta istintivamente a chiudere gli occhi.

-Credo di si.- gli rispondo nonostante non voglia staccarmi da lui ma consapevole che l’indomani ci aspetta ad entrambi una lunga giornata di lavoro.

Prendiamo l’auto e saliamo, come all’andata la musica torna nuovamente a farci compagnia e nessuno dei due parla, come se avessimo paura di rompere quest’atmosfera magica che aleggia intorno a noi.

Ad un tratto Edward mi porta una mano tra i capelli e, mentre li accarezza lentamente, mi volto a guardarlo.

-Hanno proprio un buon odore sai?- mi dice voltandosi verso di me e sorridendomi.

-Ti ringrazio, anche io adoro i tuoi capelli.- gli rispondo ridendo.

Dopo circa venti minuti arriviamo sotto casa mia ed Edward accosta e scende dall’auto per accompagnarmi fuori alla porta.
Senza dire nulla si avvicina e mi bacia nuovamente, un contatto inaspettato e per questo ancora più piacevole. Ricambio con passione mentre sento un forte desiderio crescere sempre di più dentro di me.

-Beh allora….Buona notte, è stata proprio una bella serata.- mi dice col fiato corto e la voce ancora roca.

Non so  cosa scatta dentro di me, so soltanto che non voglio staccarmi da lui, almeno non adesso. Per una volta non voglio essere l’Isabella razionale, quella che calcola tutto e non si lascia mai andare.

Per questa notte voglio farmi guidare dagli istinti, voglio che sia tutto semplice, spontaneo, e al tempo stesso sarà perfetto.

Mi incollo con foga alle sue labbra, prendo a baciarlo con passione, apro la porta di casa ed entro trascinando Edward con me.

Richiudo la porta alle mie spalle, mi stacco per un attimo dalle sue labbra, giusto il tempo di sussurrargli le parole che mi rimbombano nella testa.

-Beh, chi ti dice che deve  finire?!-
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 23
*** Can i touch you there? ***


Buon pomeriggio e buona domenica. So che è passato un pò di tempo dall'ultimo aggiornamento ma questo è un capitolo che segna una svolta ed è stato molto difficile scriverlo. Inoltre contiene un doppio Pov, per permettervi di capire bene quali sono gli stati d'animo di entrambi i personaggi. Spero che non vi deluda, e che capirete le intenzioni di Edward. Come sempre ringrazio tutti coloro che leggono la mia storia e chi con tanto amore la recensisce. Detto questo vi auguro una buona lettura e volevo consigliarvi l'ascolto di questa canzone che una mia cara amica mi ha suggerito, credo che le parole esprimano bene i sentimenti di Edward. A presto, baci!

Isabella Pov.

Edward continua a baciarmi, le sue labbra morbide sfiorano impercettibilmente le mie in una lenta tortura. La sua lingua calda e umida gioca con la mia bocca, ne lambisce con calma i contorni per poi ritrarsi improvvisamente, lasciandomi con un grande senso di insoddisfazione.

Lentamente scende a baciarmi il collo, sostituendo – di tanto in tanto – i denti alle labbra,  lasciandovi dei piccoli morsi. A fatica riesco a trattenere un gemito quando con la lingua blandisce il lobo dell’orecchio, leccandolo sensualmente.

Le sue mani dietro la nuca ad accarezzarmi i capelli, per poi riscendere lungo la schiena tracciando una scia infuocata di brividi.

Il suo profumo forte mi penetra con prepotenza nelle narici, si insinua in ogni fibra del mio essere stordendo letteralmente i miei sensi.

Questo gioco di carezze ed effusioni mi sta portando allo stremo, sento il bisogno di approfondire il contatto. Gli accarezzo il petto che sento sodo al di sotto della camicia, le spalle larghe e possenti,  fino ad arrivare tra i suoi capelli, ad accarezzarli e tirarli avidamente mentre un sospiro più profondo abbandona le sue labbra.

Con la mano prendo a sfiorargli delicatamente il collo, beandomi della magnifica sensazione che il contatto con la  peluria rada mi provoca, fino ad arrivare all’abbottonatura della camicia.

Lentamente afferro il primo bottone ed inizio a sbottonarla,  intenzionata ad andare oltre. Mentre gliela sfilo gli accarezzo  le braccia muscolose, mi soffermo a guardare il suo corpo scolpito, perfetto.  Con le dita segno il profilo dei suoi addominali e, quando arrivo al bordo dei pantaloni, ad un tratto Edward mi cattura il polso bloccando i miei movimenti.

-Isabella, aspetta. – sussurra con la voce affannata e roca, la sua fronte appoggiata pesantemente contro la mia  – Cosa….cosa stiamo facendo?- domanda guardandomi negli occhi.

Lo guardo disorientata, non capisco il motivo di questa reazione, credevo che anche lui volesse stare con me. Ritiro velocemente la mano, ancora stretta nella sua presa, come se mi fossi scottata.

-Mi dispiace io…io credevo…- vorrei dire qualcosa di razionale ma oramai l’imbarazzo ha preso il sopravvento, istintivamente abbasso lo sguardo.

-Bella non fraintendere le mie parole.- si avvicina e mi porta una mano sotto al mento per farmi alzare lo sguardo – E’ solo che…non vorrei fare qualcosa di cui domani potremmo pentirci. Già una volta ho sbagliato nei tuoi confronti, non posso farlo di nuovo.- mi osserva con quei due smeraldi luminosi e trasparenti, che rilucono nel buio che ci avvolge.

-Ok Edward, lo capisco.- sposto la sua mano e vado a sedermi sulla poltrona poco più distante, risoluta.

Non posso fare a meno di sentirmi ferita nell’orgoglio, come rifiutata, nonostante mi abbia detto soltanto che preferisce andare con calma per non sbagliare ancora una volta.

-Bella io non volevo ….- si avvicina e cerca di spiegarsi ma lo interrompo.

-Davvero Edward, non ci sono problemi.- gli sorrido, un sorriso tirato – Forse è meglio che tu vada, non complichiamo le cose per adesso.- lo liquido con queste poche parole, decisa a porre fine quanto prima al disagio che si è creato.

Cerco di evitare il suo sguardo che, invece, cerca insistentemente il mio. Restiamo entrambi in silenzio per qualche secondo, fino a quando Edward  si avvicina e, dopo avermi lasciato un bacio tra i capelli e avermi augurato una buona notte, si incammina verso la porta e va via.

Resto ancora un momento a riflettere su ciò che è appena accaduto e non posso fare a meno di sentirmi  stupida per il mio comportamento. Forse non avrei dovuto cacciare Edward in quel modo, ma mi sono sentita rifiutata ed ho avuto difficoltà a gestire la situazione.

Vado in bagno per sciacquarmi il viso ancora accaldato e, dopo essermi rinfrescata, indosso il pigiama. Dentro di me l’eccitazione palpita ancora frenetica e, non appena mi sistemo nel letto, per tutta la notte le immagini di me ed Edward avvinghiati si fanno strada prepotentemente tra i miei sogni.

Edward Pov.

-Beh allora….Buona notte, è stata proprio una bella serata.- la saluto dopo averle dato un ultimo bacio.
 Isabella mi guarda per qualche secondo, inaspettatamente riprende a baciarmi e, senza che abbia il tempo di rendermene conto, mi ritrovo nel suo appartamento.

Continuo a baciare le sue labbra permissive, saggiando la loro morbidezza e il loro sapore unico che si mescola a quello del cioccolato e del caramello.

Ad un tratto si allontana e mi sussurra all’orecchio -Beh, chi ti dice che deve  finire?!-

Queste parole fanno scattare una scintilla dentro di me, come se il desiderio che ho cercato di respingere fosse bruscamente esploso . Mi incollo febbrilmente alle sue labbra, lentamente le lecco prima di riservare lo stesso trattamento al suo collo che, inarcato, si offre caldo e profumato alla mia bocca.

Un mugolio di piacere fuoriesce delle sue labbra quando inizio a giocare col suo orecchio, a leccarlo e stuzzicarlo con la lingua.

Le sue piccole mani si muovono frenetiche sul mio petto, tra i miei capelli, mi fanno perdere il controllo e sento la mia eccitazione comprimere forte contro la stoffa dei pantaloni. Ad un tratto quelle mani prendono a sfiorarmi il collo fino ad arrivare all’abbottonatura della camicia che comincia a sbottonare lentamente. Inizia a tracciare delle linee immaginarie sul mio petto nudo, scendendo sempre più giù fino ad arrivare al bordo dei pantaloni.

-Isabella, aspetta. - la fermo colto da un momento di lucidità – Cosa…. cosa stiamo facendo?- le domando a fatica, ancora con il fiato corto per i baci che ci siamo appena scambiati.

L’ultima cosa che vorrei in questo momento è allontanarmi da lei, ma non voglio che le cose tra di noi vadano così. Non vorrei che il nostro rapporto possa essere di nuovo rovinato, questa volta irrimediabilmente.

Nonostante il buio che ci avvolge riesco a vedere i suoi occhi che mi osservano disorientati, le sue guance diventare improvvisamente più rosse. Abbassa lo sguardo  e si morde un labbro, evidentemente imbarazzata, anche se questo piccolo gesto la fa sembrare ancora più sexy e desiderabile ai miei occhi.

-Mi dispiace io… io credevo …-

-Bella non fraintendere le mie parole.- le porto due dita sotto al mento, voglio  che mi guardi negli occhi, voglio che capisca che non la sto rifiutando e che la desidero almeno il doppio di quanto lei desidera me
– Non vorrei fare qualcosa di cui domani potremmo pentirci. Già una volta ho sbagliato nei tuoi confronti, non posso farlo di nuovo.- le confesso sincero.

-Ok Edward, lo capisco.- sposta la mia mano dal suo volto e va a sedersi sulla poltrona portandosi nervosamente le mani tra i capelli.

-Bella io non volevo …- cerco di spiegarle il perché del mio comportamento, vorrei dirle che lo faccio per lei, per noi, ma m’interrompe.

-Davvero Edward, non ci sono problemi.- mi sorride debolmente – Forse è meglio che tu vada, non complichiamo le cose per adesso.-

Capisco che non ha voglia di parlarmi e che forse è meglio se riprendiamo la discussione in un altro momento. Mi avvicino a lei e le lascio un bacio tra i capelli, respirando di nuovo il suo profumo delizioso, le auguro una buona notte e vado via.

Percorro il tragitto dall’appartamento di Isabella verso casa completamente assorto nei miei pensieri. Ripenso alla delusione e all’imbarazzo che ho visto nei suoi occhi, ripenso ai baci che ci siamo scambiati e a come in un secondo sono riuscito a rovinare tutto.

Dentro di me sento crescere  rabbia mista a tristezza, mi rendo conto che sto stringendo il volante a tal punto da non sentire più le mani, le nocche completamente bianche.

Non volevo che si sentisse rifiutata o che pensasse che non la desidero, volevo soltanto farle capire che il mio scopo non era andare a letto con lei, che magari potevamo andare con calma per ambire a qualcosa di diverso, di più speciale.

Dovevo aspettarmi una reazione del genere, è più che lecito, ma sono sicuro che a mente fredda si renderà conto che è stato meglio così. Ho dovuto farlo, per noi, ma soprattutto per me stesso. Se fossi andato a letto con lei – cosa che desidero ardentemente – non avrei fatto altro che comportarmi come sempre, trattandola esattamente come una delle tante, ed io non voglio questo, non con lei.

Le ho promesso che sarebbe stato tutto diverso tra noi e sto cercando di tener fede alla mia promessa. Non volevo fermarla in quel modo, Dio solo sa quanto avrei voluto farla mia, per tutta la notte, sentire il mio nome sussurrato tra i suoi  gemiti in preda al piacere.

L’attrazione che provo verso Isabella, il modo in cui il suo profumo inebria i miei sensi, in cui le sue mani mi accarezzano, come la sua bocca sfiora la mia, tutto di lei mi fa impazzire.

In meno di dieci minuti sono a casa, decido di fare una doccia per rigenerarmi. Non appena il getto di acqua calda mi colpisce i  muscoli si rilassano ed istintivamente chiudo gli occhi, nella mente iniziano a  susseguirsi le immagini di me ed Isabella mentre ci baciamo, ci sfioriamo, e in questo clima di relax mi lascio andare al mio piacere.

 

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Capitolo 24
*** Imprevisti. ***


Buonasera a tutti, come avete trascorso la settimana? Io ho scritto per cercare di aggiornare quanto prima, questo capitolo è di passaggio ma è anche abbastanza corposo. Ho visto che per molte di voi lo scorso capitolo è stato una doccia fredda, lo è stato anche per me ma andava fatto. Il vostro parere è stato unanime, credete che Edward abbia sbagliato, che poteva pensarci prima e che se foste state al posto di Isabella vi sareste sentite ferite. E' proprio così, lei si sente ferita. Per quanto riguarda l'atteggiamento di Edward non so se ci sarà un Edward pov, ma vi dico che lui inizialmente voleva stare con Isabella, lo desiderava, poi quando si è trovato in quel momento ha pensato che si stava ripetendo quello che spesso accadeva con le altre donne con cui usciva e per questo ha deciso di fermarla, non voleva paragonare Bella a tutte le altre. Se ci pensate è romantico, no? Come sempre ringrazio tutte coloro che recensiscono, non immaginate quanto calore mi date *-* Baci e buona lettura.

Isabella Pov.


Sono in ufficio a catalogare le e-mail degli ordini che sono arrivati durante questi giorni di festa, sistemo gli ultimi documenti che ho preparato per Alice e mi avvio nel suo ufficio per consegnarglieli. Appena entro la trovo concentrata al computer, intenta a scrivere qualcosa.

-Alice ecco i documenti che mi avevi chiesto, sei pronta per la pausa pranzo?- le domando mentre le porgo la cartellina.

-Certo tesoro.- la vedo battere le ultime lettere sulla tastiera, poi si alza - Andiamo.- prende la borsa e, dopo aver sistemato la cartellina sulla scrivania, mi viene incontro sorridente come sempre.

Ci avviamo verso l’ascensore e, appena entrate, non posso fare a meno di notare il suo sguardo apprensivo fisso su di me.

-Cosa c’è?- le domando conoscendo già la risposta.

Stamattina le ho raccontato tutto dell’appuntamento con Edward, le ho detto di come la serata sia stata perfetta fino a quando siamo arrivati al mio appartamento e adesso è preoccupata per me, teme che con il mio carattere possa mandare tutto all’aria.

-Bella sai bene cosa c’è. – mi risponde con fare ovvio - Adesso cosa hai intenzione di fare?-

-Te l’ho detto Alice, non lo so. Di certo non sarò io a farmi viva.- le rispondo convinta, risoluta.

Sono consapevole che il mio è un atteggiamento infantile ma in questo momento mi sentirei  in imbarazzo anche solo a parlare con Edward, e poi dovrebbe essere lui a farsi vivo, almeno questo dovrebbe concedermelo dopo avermi umiliata in quel modo.

-Bella io capisco quello che hai provato, ma non puoi comportarti in questo modo. Guarda il lato positivo, ci tiene a te, non avrebbe avuto nessun motivo di fermarti, altrimenti.- mi dice comprensiva, cercando di farmi ragionare.

-Santo Cielo, Alice, questo l’ho capito. Ciò non toglie il fatto che poteva pensarci prima, è stato…è stato imbarazzante.- le dico irritata, consapevole che chiunque non si sia trovato nella mia stessa situazione non può realmente capire come ci si sente, l’imbarazzo che si prova e la frustrazione che ne deriva.

-Ok Bella, fai come vuoi. Come sempre d’altronde.- mi risponde con una punta di esasperazione nella voce, voltandosi dall’altra parte stizzita.

Restiamo entrambe in silenzio nell’attesa di arrivare al piano terra e appena le porte dell’ascensore si aprono, mentre passiamo davanti alla reception, Mike richiama la nostra attenzione.

-Mi scusi Miss Brandon, ha chiamato la Signorina Hale e mi ha chiesto di dirle di richiamarla per quella questione in sospeso.- dice con fare gentile.

-Oh grazie Mike, lo farò. Buona giornata.-

-Anche a lei Miss Brandon, ciao Isabella.- saluta me ed Alice, riservandomi uno dei suoi soliti sguardi da imbambolato che ho imparato ad ignorare.

“Non ho mai illuso nessuno, io!” penso mentre sento la rabbia ribollirmi dentro.

Arriviamo in mensa e, dopo aver preso due fette di carne con purè di patate, ci accomodiamo al tavolo riservato.

-Qual è la questione in sospeso di cui parlava Mike?- le domando dopo un po’, curiosa.

-Oh sì, una cosa della quale dovevo parlarti. Mi sono sentita con Rose ieri…-

-Si, lo so.- la interrompo mentre la guardo minacciosa, alludendo al fatto che ho saputo che ha detto a Rosalie che dovevo incontrarmi con Edward.

-Suvvia, Bella. Che c’è di male se ho detto a Rose che avevi un appuntamento con Edward?-

-Non c’è niente di male, Alice. Avrei potuto dirglielo io.-

-Si, ok. Dettagli.- mi zittisce con un gesto della mano – Comunque ti dicevo, Rose mi ha telefonato per dirmi se volevamo raggiungere lei ed Emmett al cottage che hanno fittato in Canada, per trascorrere il Capodanno insieme. - mi dice entusiasta.

-Alice mancano solo quattro giorni all’ultimo dell’anno.- le dico constatando che c’è poco tempo per organizzarsi.

-Bella basta che tu mi dica sì ed io prenoto i biglietti per dopodomani, non creare problemi laddove non esistono.-

-Ok, allora, per me va bene.- le sorrido - Magari potrei dirlo anche a Jake se non ha preso altri impegni.- dico riflettendo tra me e me.

-Ehm…si, ok. Dillo anche a Jacob se vuoi.- mi risponde sorridendo di circostanza mentre beve un sorso d’acqua per fingere indifferenza.

-C’è qualche problema per caso?- le domando essendomi accorta della sua strana reazione.

-No Bella, sul serio. Nessun problema.- dice mentre abbassa lo sguardo sul suo piatto con l’intento di tagliare la carne.

-Perfetto, allora. Devo affrettarmi a preparare le valigie.-

-Anche io, le preparo questa sera. Serve una mano?-

-No, ti ringrazio, posso cavarmela da sola.- mi affretto a risponderle prima che la sua smania organizzatrice prenda il sopravvento e decida di aiutarmi, costringendomi a portare più del necessario.

-Ottimo!-

Quando abbiamo finito di pranzare torniamo in ufficio e, dato che non ho molto lavoro da svolgere, decido di salire su da Jacob.

Arrivata al piano la sua segretaria,  Jessica, mi saluta cortese e, prima di farmi entrare nell’ufficio, avvisa Jake del mio arrivo tramite l’interfono.

-E’ permesso?- domando non appena apro la porta.

-Certo Bella, accomodati.- Jacob mi viene incontro e mi saluta con un caloroso abbraccio – A cosa devo l’onore?-

-Sono venuta per chiederti se avevi impegni per Capodanno. So che è un po’ tardi, l’ho saputo solo oggi.- cerco di giustificarmi per il poco preavviso.

-A dire il vero degli amici mi hanno invitato ad una festa ma non ho ancora dato conferma. Qual è il programma?- domanda incuriosito.

-Beh Rosalie ed Emmett hanno fittato un cottage in montagna in Canada, a Vancouver  precisamente, e ci hanno chiesto se volevamo unirci a loro- gli spiego in poche parole.

-Mi sembra proprio un bella idea.-

-Eh già. La partenza è prevista per dopodomani, se mi confermi che ci sarai Alice prenoterà i biglietti per tutti. Allora, sei dei nostri?-

-Ehm…ma ce la farà Alice a procurarsi i biglietti in così poco tempo?- mi domanda interdetto.

-Oh, non preoccuparti di questo. Stai sicuro che qualsiasi cosa lei voglia ottenere, l’avrà.- gli dico seria, so quanto può essere ostinata.

-Mmm ok, ci sto! Ci sarà da divertirsi.- mi dice infine convinto, un grande sorriso a testimoniare il suo entusiasmo.

-Perfetto!- esclamo sorridente – Non appena Alice mi farà sapere qualcosa ti avviso, ok?-

-Certo, Bells.Ci sentiamo.- mi da un bacio sulla guancia e torna al suo lavoro.

***
Sono le 19.30 e sono appena rientrata a casa. Getto la borsa sul tavolino del soggiorno, vado in camera mia per indossare qualcosa di comodo, una maxi tuta di pile che mi tenga al caldo, ed inizio a preparare la valigia. Come prima cosa prendo la tuta da neve che ho comprato un paio di anni fa per un week and in montagna, poi decido di portare una serie di maglioncini e pantaloni comodi, un abito da sera per la festa di Capodanno.

Alle 20.30 ho già sistemato la maggior parte dei panni in valigia, non mi resta che inserire le ultime cose prima della partenza. Vado in cucina e mi preparo una minestra precotta che consumo in soggiorno mentre guardo la tv. Ad un tratto la mia attenzione viene attirata dalla borsa che è ancora sul tavolino, proprio davanti al divano, la prendo e ne estraggo il cellulare che per tutto il giorno ho evitato di controllare. Lo schermo è nero, premo di tasto di sblocco del display e quando mi accorgo che non c’è nessun messaggio o nessuna chiamata persa sento un peso nello stomaco.

Una parte di me sperava che Edward mi avesse cercata, l’altra non riesce a digerire quello che è successo e ce l’ha ancora con lui. Tiro un sospiro più profondo quasi a voler cacciare quel peso che mi attanaglia lo stomaco, invano. Mi alzo dal divano e vado in cucina per posare il piatto che contiene ancora metà pietanza, poi decido di fare una doccia calda e andare a dormire.

***
Due giorni dopo…

Mi alzo di scatto, guardo la sveglia sul comodino che segna le 08.30 e a malapena riesco a trattenere un imprecazione. E’ tardi, cazzo. Scendo dal letto e mi reco in bagno per lavarmi il più velocemente possibile, mi vesto e sistemo i capelli in modo assolutamente casuale.

Decido che farò colazione all’aeroporto, torno nella mia camera a prendere la valigia e, vedendo il letto completamente sfatto, mi maledico di essere in ritardo sempre nei momenti meno opportuni, maledico la sveglia che proprio oggi ha deciso di fare i capricci. Chiudo l’appartamento e scendo in strada di corsa alla ricerca disperata di un taxi.

Fortunatamente riesco quasi subito a trovarne uno disponibile, durante tutto il tragitto il mio sguardo si sposta ripetutamente dall’orologio alla strada trafficata quasi a voler trovare un modo per velocizzare il flusso del traffico.

Il tassista si ferma davanti all’ingesso dell’aeroporto e, dopo avergli pagato la corsa, scendo e prendo la mia valigia dal bagagliaio. Mi guardo intorno alla ricerca di Alice e degli altri, li vedo poco più distanti intenti a chiacchierare.

-Buongiorno, scusate il ritardo.- dico affannata salutando Alice, Jasper e Jacob.

-Hey Bella, sei arrivata.- Alice mi viene incontro e mi abbraccia mentre i due ragazzi si limitano a salutarmi con un cenno del capo.

-Allora, siamo tutti, andiamo?- domando con entusiasmo.

-Beh…in verità dovremmo aspettare…- non fa in tempo a terminare la sua frase che una voce alle mie spalle ci interrompe.

-Buongiorno a tutti, allora si parte?-

Non ho bisogno di voltarmi per capire di chi si tratti, quella voce la riconoscerei tra mille. Guardo Alice con aria interrogativa e lei mi riserva un grande sorriso, un sorriso colpevole. Decido di non girarmi, la paura di incontrare il suo sguardo è forte.

In questi due giorni non ho fatto altro che cercare un modo per evitare di pensarlo, un modo per resistere alla tentazione di chiamarlo o di controllare convulsamente il telefono, mi sono immersa totalmente nei preparativi di questo viaggio e adesso, per uno strano scherzo del destino (un destino che sicuramente porta il nome di Alice o Rosalie), ci ritroviamo a dover passare dei giorni insieme, sotto lo stesso tetto.

-Tenete ragazzi questi sono i vostri biglietti.- Alice mi distrae dai miei pensieri e porge ad ognuno di noi il proprio biglietto - Bene, adesso che siamo tutti possiamo andare.- trilla felice avviandosi verso l’entrata seguita da Jasper.

Finalmente trovo il coraggio di voltarmi verso  Edward che mi guarda sorridente, lo saluto con un gesto della mano sorridendogli di rimando.

-Ciao Edward.- Jacob si avvicina per stringergli la mano – Non sapevo fossi dei nostri.- aggiunge poi con una vena di curiosità.

-Beh, è stata una cosa organizzata all’ultimo minuto.- gli risponde non staccando per un attimo il suo sguardo dal mio.

-Bene, più siamo meglio è.- risponde Jake con il suo solito ottimismo  – Adesso andiamo, Alice e Jasper sono già dentro.- mi dice prendendo anche la mia valigia, da vero gentiluomo, avviandosi all’interno seguito da me ed Edward.

Ci apprestiamo ad effettuare il check in e dopo circa 40 minuti siamo pronti per l’imbarco. Non appena saliamo sull’aereo cerchiamo i posti a noi riservati. Io sono al 9c, Alice e Jasper sono dietro di me. Mi siedo al mio posto, situato proprio vicino al finestrino, e prima che possa chiedermi chi siederà al mio fianco vedo Edward avvicinarsi e accomodarsi, Jacob al suo fianco.

Alzo gli occhi al cielo e non posso fare a meno di pensare che questo viaggio si rivelerà più lungo del previsto. Trascorro le prime ore di volo cercando di evitare il più possibile Edward: ascolto musica, leggo una rivista, mi soffermo a guardare le nuvole fuori dal finestrino. Ad un tratto mi giro e noto che mi sta osservando, un magnifico sorriso sghembo stampato sul volto. Inizia a sghignazzare divertito e non posso fare a meno di guardarlo interrogativa.

-Potrei sapere cos’hai da ridere?- domando lievemente irritata dalla sua ilarità.

-Nulla. Volevo sapere se hai finito di evitarmi.- mi risponde mentre avvicina la sua mano alla mia che
prontamente schivo.

-Io…io non ti sto evitando.-gli dico con più foga del necessario, smentendo le mie stesse parole col mio atteggiamento.

-Come vuoi.- il tono di voce saccente, i miei nervi a fior di pelle – Credo che noi dovremmo parlare.- conclude guardandomi apprensivo.

-Perché? Non credo ci sia molto da dire.- le mie risposte sono ogni volta più velenose, come se non riuscissi a trattenere la rabbia per l’umiliazione dell’altra sera.

Lo vedo guardarmi esterrefatto, apre la bocca come a voler dire qualcosa, poi scuote la testa sorridendo debolmente prima di girarsi dall’altro lato, rivolgendo la sua attenzione altrove.

Ancora una volta mi sono comportata da stupida, quando si tratta di Edward non riesco a  trattenermi, divento incapace di gestire le mie emozioni.

Mi sistemo meglio sul sedile e cerco di rilassarmi, chiudo gli occhi nel vano tentativo di riuscire a dormire anche se essere a pochi centimetri da Edward mi impedisce di concentrarmi su qualsiasi cosa.

***
Siamo finalmente atterrati a Vancouver, il viaggio è stato lungo e tutti avvertiamo il peso di queste ore di volo. Ci avviamo all’uscita e ad accoglierci ci sono Rosalie ed Emmett.

-Benarrivati  ragazzi.- Rosalie ci viene incontro abbracciando prima me ed Alice e salutando poi tutti gli altri.

-Avete fatto buon viaggio?- aggiunge Emmett cordiale.

-Beh siamo un po’ stanchi, ma tutto sommato il viaggio è andato bene.- interviene Alice.

Nel frattempo mentre Jasper e Jacob salutano Rosalie ed Emmett, Edward resta in disparte.

-Emmett lui è Edward, il mio migliore amico. E’ come un fratello maggiore per me.- gli occhi di Rose brillano, probabilmente per lei questo gesto ha un significato molto più importante di quello che possiamo cogliere all’apparenza.

-E’ un piacere Edward, Rosalie mi ha parlato tanto di te.- Emmett gli si avvicina e, mentre Edward gli porge la mano, salta tutti i convenevoli attirandolo in un abbraccio spontaneo.

-Il piacere è tutto mio Emmett. - gli da una pacca sulla spalla sorridendogli complice.

Vedo Rosalie sorridere raggiante, poi esclama – Adesso possiamo andare!-

Prendiamo due taxi e in circa 30 minuti arriviamo al cottage. Intorno a noi ci sono tante baite, il paesaggio innevato circondato da una miriade di pini è veramente uno spettacolo suggestivo.

Scendo dal taxi e i piedi affondano leggermente nella neve soffice, mi giro per prendere il mio bagaglio quando ad un tratto una manciata di neve mi arriva dritta dietro la testa. Mi volto di scatto e davanti a me vedo Edward che mi guarda divertito.

-Ops, scusami, l’ho fatto apposta.- mi dice in tono canzonatorio.

-Dico, ma sei impazzito?- gli domando stizzita.

-Credevo che era un buon modo per non farmi ignorare.- mi risponde serio, facendo spallucce.

-Ancora con questa storia? Io…io non ti sto ignorando,cavolo.- gli dico puntando i piedi a terra, le
braccia lungo i fianchi, i pugni serrati.

Lo vedo ridere, si avvicina lentamente e mi sussurra all’orecchio –Non sai mentire, ne sei consapevole vero?- mi domanda mentre con un dito mi sfiora la punta del naso – Questa la prendo io.- aggiunge poi prendendo la mia valigia per portarla in casa.

Resto a guardarlo sbigottita, poi decido di raggiungere gli altri in casa. Il cottage presenta un grande soggiorno accogliente, due grandi divani fanno bella mostra al centro della sala, su di essi un' infinità di cuscini dalle varie gradazioni di colore. Una grande vetrata si estende per l' intera parete, lunghe tende color ocra drappeggiate ai lati la contornano. A terra un grande tappeto decorato, su di esso un tavolino con alcuni libri e gingilli poggiati sopra. Sull’altra parete vi è un camino, ai suoi lati due poltrone, della medesima fantasia dei divani, e di fianco ad esse una grande libreria in mogano. Alle pareti ci sono quadri raffiguranti delle nature morte, i colori caldi primeggiano donando una sensazione di totale relax.

-Bella c’è un problemino per quanto riguarda la sistemazione delle camere.- Rose si avvicina con un sorrisetto che non promette nulla di buono.

-Che genere di problemino?- istintivamente sollevo un sopracciglio.

-Beh la casa dispone soltanto di quattro camere, tutte matrimoniali.- mi dice ancora con lo stesso sorrisetto stampato sul volto.

Nella mia testa inizio a farmi due calcoli. Quattro camere. Tutte matrimoniali. Una la occuperanno Alice e Jasper, l’altra Rosalie ed Emmett, questo vuol dire che io dovrei condividere la stanza con Jake o con….NO! Non ci voglio nemmeno pensare, non se ne parla. Prima che possa dire qualsiasi cosa interviene Edward.

-Rosalie non è un problema. Io potrei dormire sul divano e lasciare una stanza a Bella e l’altra a Jacob.- dice gentile.

-No, non se ne parla nemmeno. Posso dormire io sul divano, dopotutto non era in programma che venissi.- aggiunge Jake guardando me e gli altri.

-Lascia perdere Jacob. Io e te potremo condividere la stessa stanza, non sarebbe la prima volta.- cerco di trovare una soluzione che vada bene per tutti, non mi va che a causa mia Jacob o Edward debbano dormire su un divano, poi Jake ormai è diventato un caro amico, c’è confidenza tra noi e non ci sarà alcun disagio.

-Perfetto!- esclama Emmett che ha assistito a tutta la scena – Allora venite che vi mostro le vostre stanze.- ci indica la strada e ci chiede di seguirlo.

Jacob prende i nostri bagagli e segue Emmett e mentre sto per raggiungerli mi sento afferrare per il polso, è Edward.

-Cosa significa: “non sarebbe la prima volta?”- mi domanda guardandomi di sbieco, una strana scintilla nei suoi occhi di smeraldo.

Capisco che si riferisce al fatto che io abbia già dormito con Jacob. E’ una mia impressione o Edward Cullen mi sta facendo una scenata di gelosia? Una parte di me pensa che sia sciocco gioire per così poco, l’altra pensa che questa è una buona occasione per prendermi qualche rivincita e per fargliela pagare del modo brusco con cui ha concluso la nostra serata, incurante delle conseguenze.

Un sorrisetto compiaciuto compare spontaneamente sul mio volto – Non credo siano affari tuoi, Edward.- gli volto le spalle e vado via, lasciandolo lì senza alcuna risposta come spesso lui ha fatto con me.

 

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Capitolo 25
*** Ritrovarsi. ***


Buonasera ragazze, ecco il nuovo capitolo. Volevo inserirvi anche la parte dei festeggiamenti per Capodanno ma sarebbe diventato troppo lungo, quindi l'ho diviso in due parti. Ci sarà una tregua per i nostri piccioncini, durerà molto? Non me lo chiedete perchè non lo sò, ormai i personaggi hanno una personalità propria! Vi auguro una buona lettura, e come sempre grazie a chi mi sostiene <3

Isabella Pov.


Mi rigiro nel letto, stendo braccia e gambe per stirare i muscoli, con la mano tasto il posto vuoto accanto al mio, Jacob non c’è. Guardo la sveglia sul comodino, segna le 10.15, mi alzo dal letto e vado alla finestra, sposto le tende, il cielo è plumbeo, il paesaggio innevato.

Sento delle voci provenire dal piano inferiore, segno che sono già tutti svegli, vado in bagno per sistemarmi, indosso un pantalone nero con un maxi pull bianco e decido di scendere.

Non appena apro la porta della mia camera un odore di pan cake mi invade le narici, provo un leggerlo languore e sento lo stomaco brontolare. Scendo le scale lentamente mentre le voci diventano man mano più chiare.

-Buongiorno a tutti.- dico appena varco la soglia della cucina, la voce ancora roca.

-Buongiorno dormigliona.- mi risponde Jake mentre è intento a mangiare un pan cake.

-Ehy, Bella, ben svegliata. Siediti, i pan cake sono ancora caldi.- interviene Rosalie porgendomi un piatto colmo.

Guardo l’intera tavola imbandita, latte, caffè, frittelle, succo d’arancia, vado a sedermi vicino ad Alice che mi lascia un bacio sulla guancia. Prendo una tazza e mi verso del latte che macchio con una goccia di caffè, inizio a mangiare le frittelle cosparse di sciroppo d’acero.

Di fronte a me c’è Jasper, intento a leggere un giornale, noto che mancano Emmett ed Edward ma prima che possa chiedere dove siano andati li vedo arrivare con alcuni ceppi di legno tra le mani.  

-Buongiorno Bellina, dormito bene?- mi domanda  Emmett mentre con una mano mi scompiglia i capelli.

-Ciao Emmett! Sì, ho dormito benissimo, grazie.-

Alzo lo sguardo ed incrocio quello di Edward, i suoi occhi chiari, il suo sorriso, è difficile da gestire, mi saluta  con un cenno del capo alla quale ricambio con un sorriso.  Finisco di mangiare i miei pan cake ed aiuto Rosalie a sistemare tazze e  piatti nella lavastoviglie.

-Allora ragazzi, siete pronti per andare a sciare?- Jasper richiude il giornale che stava leggendo e ci guarda tutti sorridendo.

-Certo amore, vado a mettermi la tuta.- Alice si alza e prima di andarsene gli schiocca un sonoro bacio sulle labbra.

 -Certo che sì!- risponde Emmett entusiasta  – Andiamo a prepararci anche noi.- prende Rosalie di peso e, tra le sue urla, la trascina fuori dalla cucina sotto lo sguardo divertito di tutti noi.

-Bella andiamo anche noi?- mi domanda Jacob  dopo un po’.

-Inizia a salire, ti raggiungo tra poco, finisco di sistemare le cose qui in cucina.- gli rispondo mentre continuo ad armeggiare con la lavastoviglie.

-Ok, ci vediamo tra un po’.- va via seguito da Jasper con il quale stava parlando di sport.

Restiamo solo io ed Edward, lui appoggiato alla credenza con una tazza di caffè tra le mani, io di spalle a sistemare i piatti. Ad un tratto lo sento avvicinarsi, continuo a non girarmi per non incrociare il suo sguardo che mi mette in agitazione. Si ferma al mio fianco e mi porge la tazza dalla quale stava bevendo, la prendo e, senza dire nulla, la sistemo insieme alle altre.

-Allora, vieni a sciare?- Edward rompe il silenzio che si era creato.

-Ci provo.- gli rispondo vaga - Adesso vado a prepararmi.- prima che possa rispondermi esco dalla cucina e salgo in camera.

Dopo circa 10 minuti sono pronta e scendo nell’atrio, sono già tutti lì. Usciamo di casa, la postazione dove è possibile fittare sci e slittini è a cinque minuti dal nostro cottage, decidiamo di raggiungere la pista a piedi.

I ragazzi si incamminano mentre io proseguo a passo più lento insieme ad Alice e Rosalie che, come al solito, parlano di moda e vestiti. Improvvisamente perdo l’equilibrio e metto il piede in fallo nella neve.

-Ahi!- esclamo sentendo una lieve fitta alla caviglia.

-Bella, ti sei fatta male?- domanda Alice preoccupata.

-No, è soltanto una storta.- mi raddirizzo e provo a camminare, un’altra fitta blocca i miei passi – Forse non è una buona idea venire a sciare, credo che tornerò al cottage.-

-Vuoi che ti riaccompagniamo?-

-Vi ringrazio, ragazze, posso tornare da sola. E’ a due passi, posso farcela.- non voglio che si rovinino la gita a causa mia, è  un dolore sopportabile nonostante tutto.

-Va bene, Bella. Ci vediamo dopo.-

Rientro in casa e vado in camera per liberarmi di questa tuta ingombrante, sollevo il pantalone e guardo la caviglia lievemente arrossata per la storta che ho preso. Scendo in cucina per prendere una borsa col ghiaccio e mi reco poi nel soggiorno. Mi avvicino alla libreria per cercare un libro da leggere, ne sfoglio qualcuno ma alla fine scelgo  “Il ritratto di Dorian Gray” di Wilde, vado a sedermi sul divano e poggio il piede sopra un cuscino iniziando a tamponarlo con la borsa del ghiaccio per evitare che si gonfi.

Mi sistemo meglio sul divano e, dopo aver messo il ghiaccio fisso sulla caviglia, prendo il libro ed inizio a leggere la prefazione:

L’artista è il creatore di cose belle. Rivelare l’arte e celare l’artista: questo è lo scopo dell’arte.

Il critico è colui che traduce in una nuova forma o in una diversa materia la percezione delle cose belle. La critica, elevata o infima che sia, è una forma di autobiografia.

Coloro che trovano i significati brutti nelle cose belle sono corrotti, e peraltro privi di fascino. Questa è una colpa.

Coloro che trovano bei significati nelle cose belle sono colti. Per essi c’è speranza. Sono questi gli eletti, per i quali le cose belle significano soltanto Bellezza.

Mi fermo un attimo a riflettere su queste poche righe, mi rendo conto che non c’è nulla di più vero. Il gesto di Edward, il suo rifiuto, nascondeva un significato nobile, ed io, da stupida e corrotta, non ho fatto altro che leggervi soltanto quello che volevo. Nemmeno per un attimo ho pensato che cercava di dimostrarmi qualcosa, che stava cercando di mostrarmi l’altra parte di quell’Edward che ho conosciuto all’inizio e che con i suoi atteggiamenti mi ha portato soltanto ad odiarlo.

L’ho tanto criticato per poi comportarmi alla sua stessa maniera, agendo di impulso e senza riflettere. Mi sono ostinata a voler vedere qualcosa di brutto in un gesto tanto puro e bello, accecata dalla vergogna, sono stata una stupida. Questa è una colpa. Una colpa alla quale devo rimediare.

Interrompo il mio monologo interiore e riprendo la lettura quando ad un tratto sento la porta di ingresso aprirsi, alzo lo sguardo dalla pagina del libro e i miei occhi si scontrano con due giade luminose, è lui.

-Ciao, Alice mi ha detto che hai preso una storta, volevo vedere come stavi.- richiude la porta alle sue spalle e si scrolla qualche fiocco di neve di dosso prima di venire a sedersi al mio fianco.

Sento il mio corpo diventare leggero, il cuore battere più velocemente, sono felice che sia qui e soprattutto che si preoccupi per me, mi fa sentire importante. Continuo a guardarlo, come incantata, consapevole che ancora una volta il destino sta giocando in mio favore e mi sta offrendo l’occasione per recuperare il rapporto con Edward.

-Sto bene, grazie.- gli rispondo dopo un po’, continuo a guardarlo e non posso fare a meno di sorridergli, un sorriso che mi nasce dal cuore.

-Sicura?- mi domanda premuroso, sposta la borsa col ghiaccio dalla mia caviglia ed inizia a massaggiarla.

-Si, Edward, è solo un po’ indolenzita.- chiudo gli occhi godendo del piacevole sollievo che le sue mani mi provocano.

-Dovresti stare più attenta.- mi rimprovera bonariamente - Vado un attimo di sopra a cambiarmi, torno subito.-

Annuisco e lo guardo mentre esce dalla stanza, mi mordo nervosamente le labbra per contenere i miei pensieri, adesso devo soltanto soffermarmi a pensare quello che dovrò dirgli. Dopo circa venti minuti ritorna, ha indossato un jeans sgualcito e una t-shirt con sopra una felpa, due tazze fumanti tra le mani.

-Ho preparato della cioccolata calda, ti va?- mi porge una tazza e si siede nuovamente al mio fianco.

-Certo, grazie.- la prendo ed inizio a sorseggiarla.

Guardo Edward, anche lui intento a bere, mi soffermo sul suo profilo, sui suoi movimenti, il cuore continua a battere forte, la voglia di baciarlo, di dirgli finalmente quello che provo, cerco di mantenere la calma proiettando i miei pensieri altrove.

-Cosa leggevi?- domanda indicando il libro che tengo poggiato sul ventre.

-Il ritratto di Dorian Gray, conosci?-

-Certo, adoro i libri di Wilde. Il più grande esponente dell’estetismo, il suo modo di esaltare la bellezza è unico, per non parlare del suo stile di vita così estroso.-

-Già.- è tutto ciò che riesco a dirgli, non faccio altro che pensare a come parlargli, vorrei trovare le parole giuste da dire, ma dopotutto, esistono parole giuste ed altre no?

Forse l’unica cosa veramente giusta da fare è provare ad essere sinceri, è l’unico modo per non sbagliare.

-Edward…io volevo…beh sì, io volevo dirti che mi dispiace per come mi sono comportata in questi giorni nei tuoi confronti.- abbasso lo sguardo, bevo un sorso della mia cioccolata e resto in silenzio, in attesa di una sua risposta.

-Bella, non preoccuparti. Il tuo atteggiamento è stato comprensibile, non voglio che tra di noi ci sia dell’imbarazzo.- prende la mia mano tra le sue e mi sorride.

-Beh non sentirmi in imbarazzo, dopo quello che è successo, mi risulta un po’ difficile ma, ci proverò.- guardo le nostre mani intrecciate e questo mi da la forza di guardarlo dritto negli occhi e proseguire - E comunque volevo dirti che avevi ragione, fermarci è stata la cosa giusta.- ammetto mentre sento un peso scivolare via dal mio stomaco, finalmente libera.

Con una mano mi accarezza dolcemente il viso e mi porta una ciocca di capelli dietro all’orecchio – Sono felice che la pensi così.- mi sorride – E sono felice che sia tutto chiarito. Allora, ti va di fare qualcosa?- mi domanda entusiasta.

Prima che possa rispondergli la porta si apre ed entrano Rosalie ed Alice, seguite da Jake, Emmett e Jasper.

-Ehy, siete qui. Bella come va la caviglia?- Alice si avvicina e il suo sguardo cade malizioso sulle nostre mani intrecciate, entrambi le ritiriamo.

-Io..io..la caviglia va bene, grazie.- balbetto agitata, come un bambino che è stato beccato con le mani nella marmellata.

Vedo Rosalie accanto ad Alice sghignazzare divertita, mentre gli altri assistono alla scena senza comprendere realmente quello che sta accadendo.

-La solita, sbadata, Bella.- Jasper si avvicina e mi tasta la caviglia – Per fortuna che non ti sei fatta molto male.- mi sorride.

-Hmmm cioccolata calda, vedo che vi trattate bene qui.- Emmett prende la mia tazza dal tavolo ed inizia a berla.

-Ingordo! Quella cioccolata era di Bella.- Rosalie lo guarda rassegnata e scuote la testa.

-Va bene ragazzi, adesso se volete scusarci noi signore abbiamo da fare. Su andiamo.- Alice prende il libro che ho in grembo, lo posa nella libreria, poi torna e mi costringe ad alzarmi mettendo il suo braccio sotto al mio.

-Alice, ma…ma cosa dobbiamo…-non finisco di parlare che Rosalie mi interrompe.

-Sì, Alice ha ragione. Noi andiamo a scegliere i vestiti per questa sera. A tra poco.- mi prende il braccio libero ed entrambe mi trascinano al piano superiore.

Entriamo nella stanza di Alice e Jasper, richiudono la porta alle nostre spalle, e mi fanno sedere sul letto.

-No, dico…ma siete impazzite?- domando ad entrambe non sapendo cosa gli sia preso.

Le vedo guardarsi complici e poi sghignazzare divertite – Allora Bella, non ci ringrazi?- mi domanda Alice.

-Ringraziarvi? Per cosa?- continuo a non capire, l’unica cosa alla quale riesco a pensare è che se prima dovevo cavarmela solo con Alice adesso c’è anche Rosalie a darle man forte.

-Per cosa?- interviene Rosalie sgranando i suoi occhi azzurri – Credi che si organizzi da solo un soggiorno in montagna con l’uomo dei tuoi sogni?- si porta le braccia al petto e mi guarda spazientita.

-Ah, bene! Dovrei ringraziarvi per avermi teso un tranello?- domando ad entrambe guardandole di sbieco.

Da quando siamo arrivate al cottage non ho avuto modo di parlare da sola con loro, ma sapevo fin dall’inizio che dietro a tutto questo c’era il loro zampino.

-Un tranello?- esclamano all’unisono.

-Signorina, non mi pare che ti lamentavi del nostro “tranello”- Alice si sofferma sulla parola tranello disegnando delle virgolette in aria – mentre eravate seduti sul divano, mano nella mano, con due tazze di cioccolata fumante a farvi compagnia.-

Istintivamente abbasso lo sguardo, sento il sangue affluire alle guance e le gote farsi rosse – Stavamo soltanto parlando,  avevamo alcune cose da chiarire.-

-Era ora!- esclama Rose – Stupidi, irritanti, bambini. Ecco cosa siete.-

Continuo a tenere lo sguardo basso, consapevole che infondo Rosalie ha ragione. E' proprio così che mi sento da quando Edward è entrato nella mia vita: una bambina. Una bambina fragile, indifesa, incapace di gestire le proprie emozioni come una donna adulta, una bambina che per evitare di far trasparire i suoi sentimenti si rinchiude dentro una corazza, si nasconde dietro una maschera di ostentata sicurezza.

E’ tutto così confuso, così precario. Riusciamo a malapena a raggiungere un equilibrio che lo perdiamo al primo ostacolo che si presenta. Questo feeling, quest’alchimia che c’è tra noi, ci impedisce di gestire la situazione in modo maturo, veniamo travolti da un vortice di passione che ci offusca i sensi, impedendoci di ragionare lucidamente.

-Suvvia Bella, scherzavamo.- Alice si siede al mio fianco e mi abbraccia con tutta la forza che ha – Sappiamo che la situazione tra te ed Edward è un po’ particolare.- mi costringe a guardarla negli occhi e mi sorride, un sorriso dolce che sa di complicità.

-Già.- aggiunge Rose – E adesso pensiamo ad altro.- va verso l’armadio e ne estrae un bellissimo abito color panna, interamente in pizzo, lungo fin sopra il ginocchio, maniche a tre quarti, trasparente sul davanti.

-E’ stupendo.-  mi avvicino e tocco quel tessuto tanto bello quanto sensuale.

-Eh sì, ed è il tuo abito per questa sera.- dice Rose entusiasta.

-Abbinato a queste ovviamente. Sempre che la caviglia non ti faccia male.- Alice mi porge un paio di decolté nere in vernice, completamente lucide, un tacco vertiginoso.

-Wow, sono bellissime! No, la caviglia è apposto, andranno benissimo.-

-Vedrai sarai perfetta.-  aggiunge Rosalie.

Mentre guardo l’abito, le scarpe, le mie migliori amiche, il mio pensiero vola a questa sera, spero che l’anno nuovo mi riservi tante nuove sorprese, tanti progetti e soddisfazioni, spero che la mia vita subisca un cambiamento, anche se c’e solo una cosa che desidero veramente e porta il nome di Edward Cullen.

 

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Capitolo 26
*** Turn around...bright eyes. ***


Buon pomeriggio e buon week end a tutti. Oggi non mi dilungo molto, ringrazio tutti per le recensioni che mi lasciate e per il vostro affetto. Dove c'è scritto musica sottolineato vi consiglio di aprire un'altra scheda e leggere il capitolo con quella canzone in sottofondo, è un pò il fulcro di questo capitolo. Buona lettura.

Isabella Pov.


Guardo il mio riflesso allo specchio, i capelli vaporosi che ricadono in morbide onde sulle spalle, l’eye liner nero che contorna gli occhi a donarmi uno sguardo più sensuale, il rossetto rosso che risalta la mia carnagione chiara, l’abito e le scarpe che mi hanno dato Alice e Rosalie, una piccola pochette panna ed oro tra le mani.

Prendo il soprabito nero dall’armadio e mentre sto per uscire dalla stanza la porta si apre.

-Bella sei…pronta?- Jacob mi guarda con gli occhi spalancati, la bocca aperta in una O muta – Wow, sei incantevole.- mi sorride compiaciuto.

-Trovi?- dico guardandomi nuovamente allo specchio, le gambe slanciate rese lucide dal velo sottile delle autoreggenti che indosso – Beh nemmeno tu sei niente male.- mi avvicino e gli sistemo il nodo della cravatta nera che risalta con il candore della camicia inamidata.

-Vorrà dire che, se me lo concede, sarò il suo cavaliere per questa sera.- mi porge il braccio che accetto di buon grado ed usciamo dalla stanza.

Scendiamo le scale fino ad arrivare nell’atrio, Alice e Jasper sono seduti sul divano e li sento discutere con Rosalie ed Emmett di lavoro.

-Eccoci qui, avete visto com’è bella la mia ragazza stasera?- Jacob mi prende la mano e mi invita a fare un giro su me stessa per farmi ammirare.

-La tua ragazza?- domanda Emmett ridendo.

-Sì, questa sera sarò il suo cavaliere.- aggiunge scherzando e facendomi un occhiolino alla quale rispondo con un sorriso complice.

-Beh allora complimenti, la tua dama è incantevole.-

Una voce alle nostre spalle, mi giro di scatto e vedo Edward, bellissimo nel suo completo blu, una camicia nera con cravatta in tinta che risaltano la sua carnagione chiara, i capelli spettinati, la barba lievemente incolta, il suo sguardo fisso su me e Jacob vicini, teso.

Lo guardo mentre cammina verso di noi, si abbottona lentamente la giacca che risalta il suo fisico statuario, i suoi occhi quasi trasparenti, impenetrabili.

Cerco di ignorare i nodi allo stomaco che si sono creati non appena ho sentito la sua voce, usciamo di casa e prendiamo due taxi diretti all’Hermitage Hotel. Dopo circa 30 minuti il taxi si ferma davanti uno sfarzoso palazzo, in alto troneggia un elegante insegna che riporta il nome dell’albergo. Ci dirigiamo all’entrata, un ragazzo in divisa ci apre la porta e ci augura una buona serata, un grande sorriso stampato sul volto. La hall è immensa, rispecchia perfettamente lo stile sobrio ed elegante della facciata principale, pavimento in marmo bianco, dei grandi divani damascati color panna, tavolini con sopra vasi di fiori e porta bon- bon in cristallo, delle sottili tende in georgette e pizzo valorizzate da lunghe discese drappeggiate ai lati fungono da contorno alle imponenti finestre.

All’armadio consegniamo i nostri soprabiti, ci rechiamo verso un ampio scalone diretti alla sala ristorante che si trova al primo piano. Su di un lato della sala un grande tavolo da buffet, sul lato opposto una vetrata che affaccia su un ampia terrazza, una postazione per la band che suona dal vivo, tante persone in abito da sera chiacchierano sorseggiando champagne. Il maitre di sala ci accoglie mostrandoci il nostro tavolo, ci accomodiamo in attesa che vengano servite le prime pietanze.

La serata trascorre tranquillamente tra le battute di Emmett e Jacob, le pazzie di Alice e Rosalie e gli sguardi rassegnati e divertiti di Jasper ed Edward.

Alle 23.30 abbiamo finito di cenare, Emmett e Rosalie si allontanano dal tavolo per ballare, Jacob  ha incontrato casualmente una sua amica del college e adesso è con lei, Jasper ed Edward si sono momentaneamente allontanati dal tavolo, io ascolto Alice che mi racconta dei suoi buoni propositi e progetti per il nuovo anno.

Ad un tratto Jasper si avvicina –Bella ti dispiace se te la porto via per un ballo?- mi domanda mentre porge la mano ad Alice in un muto invito.

-Certo che no, andate pure.- gli sorrido mentre li vedo scomparire tra la folla di gente che volteggia al centro dell’enorme sala.

Resto seduta al tavolo ad osservare tutte quelle coppie che ballano felici, prendo il cellulare dalla porchette e vedo che mancano ancora dieci minuti alla mezzanotte.

-Il tuo cavaliere ti ha lasciata sola?- Edward è davanti a me, in mano due flute di champagne.

-E’ con la sua amica.- spiego brevemente, prendo la flute che mi sta porgendo e ne bevo una goccia.

-Capisco.- mi risponde vago, sorseggia il suo champagne mentre si guarda intorno con aria indifferente, una mano portata nella tasca dei pantaloni  – Beh, se è con un’amica, non gli dispiacerà se ti rubo per un ballo.- posa la sua flute sul tavolo e mi porge la mano.

-Credo di no.- prendo la sua mano, mi alzo e mi lascio trascinare verso il centro della sala.

Mi cinge la vita con le braccia, porto le mie dietro la sua nuca, iniziamo a ballare lentamente. Ad un tratto la musica si interrompe, subito dopo le dolci note di un piano riempiono la sala, una voce inizia a cantare.

La musica ci avvolge completamente, noi due chiusi in una bolla di serenità ,tutt’intorno il nulla. Resto con lo sguardo incatenato a quello di Edward, continuiamo a muoverci lentamente, il tempo è scandito soltanto dai nostri respiri e dal battito dei nostri cuori. Nessuno dei due parla, in questo istante tutte le parole sarebbero sprecate, ci lasciamo cullare da questa melodia persi entrambi l’una nello sguardo dell’altro. Nei suoi occhi verdi una scintilla capace di incendiarmi il cuore,  le sue mani bollenti sulla mia schiena a procurarmi brividi lungo tutto il corpo.

E i tuoi occhi…loro mi dicono quanto ci tieni…

La mia testa trova naturalmente riparo nell’incavo del suo collo, chiudo gli occhi e libero la mente da tutti i pensieri. Mi stringe più forte a se, il suo profumo intenso, unico, ad invadermi le narici, il calore del suo petto, sento il suo cuore battere all’unisono col mio, frenetico.

Due cuori che battono come fossero uno…

Sul suo volto un sorriso, mi perdo ad osservare le sue labbra morbide, labbra sulle quali vorrei poggiare le mie, morderle, risucchiarle. Quel sorriso che mi ha colpito dal primo istante in cui l’ho visto, quello stesso sorriso che all’inizio ho creduto di odiare soltanto per non ammettere a me stessa che, invece, già l’amavo più di quanto fosse lecito.

Non posso resistere al tuo fascino…

Un moto di farfalle a vorticarmi nello stomaco, il cuore battere frenetico quasi a volermi uscire dal petto, gli occhi pizzicare, lucidi, testimoni delle emozioni che imperversano dentro di me, sinceri. Il mio corpo cosciente di quello che il mio cuore sa già da molto, che la mente ha imparato ad accettare col tempo.

Ed io…io passerò per pazza, sono sicura…

Vorrei potergli dire quello che provo quando gli sono accanto, quando lo vedo sorridere o soltanto quando sento pronunciare il suo nome. Vorrei dirgli che è sempre presente tra i miei pensieri, che mi tiene compagnia nei sogni la notte. La voglia che ho di lui, del suo corpo, delle sue labbra, delle sue mani su di me, è diventato un bisogno del quale non posso fare a meno, come se respirassi a pieni polmoni soltanto quando lui è con me. E’ assurdo, irrazionale, non ho mai provato nulla del genere, un sentimento così forte da sconvolgere corpo ed anima, eppure è la cosa più bella che potesse capitarmi.

Perché no, non posso negare questo amore che ho dentro, e lo voglio dare tutto a te….

Edward avvicina il suo volto al mio, poggia il mento accanto alla tempia, sento il suo respiro sull’orecchio, brividi che si aggiungono ad altri brividi.

-Sei meravigliosa questa sera.- un flebile sussurro, avvicina pericolosamente le sue labbra alle mie, il cuore a battere impazzito, vorrei annullare questi pochi centimetri di distanza che ci separano ma sento di non avere il pieno controllo del mio corpo – Peccato non sia io il tuo cavaliere.- si allontana di colpo lasciandomi spiazzata, un sorriso sghembo sul volto.

Ad un tratto la musica termina, la voce del vocalist che rimbomba nel microfono, annunciando che mancano pochi minuti alla mezza notte, mi riporta alla realtà.

-Su vieni.- Edward mi prende la mano e mi porta con lui fuori alla grande terrazza adiacente alla sala.

Intorno a noi persone con in mano bottiglie di champagne e flute, un gran frastuono, inizia il conto alla rovescia.

10…   9…   8…  7…  6…  5…  4…  3…  2…  1…
Buon anno…!

Una valanga di coriandoli sopra le nostre teste, fiumi di champagne spruzzati in aria, persone che si abbracciano, si baciano, felici. Una pioggia di fuochi d’artificio comincia a diramarsi nel cielo, mi incanto ad osservare tutti quei colori che si disperdono nella notte scura.

-Buon anno Bella.-

-Buon anno anche a te, Edward.- gli sorrido serena, lasciandomi trascinare da questo clima di festa che aleggia intorno a noi.

-Cerchiamo gli altri?- gli domando mentre mi guardo intorno.

-Non ce n’è bisogno.- mi risponde indicandomi un punto indefinito alle mie spalle.

Mi volto e vedo Alice e Jasper seguiti da Rosalie ed Emmett che ci vengono incontro, tra le mani una bottiglia di champagne e delle flute.

-Eccovi qui, finalmente! Auguri.- li abbraccio tutti, Edward fa lo stesso.

-Dato che siamo tutti qui, che ne dite di un brindisi?- propone Jasper mentre è intento a stappare la bottiglia.

-Manca Jake, sapete dov’è?- chiedo mentre con lo sguardo lo cerco tra la folla.

-Dubito che lo vedremo prima di domattina.- interviene Rose ridendo.

-Beh, allora, se è così…- faccio spallucce e prendo un calice – a noi!- esclamo alzandolo in aria seguita da tutti gli altri.

Continuiamo con i festeggiamenti accompagnati da musica e fiumi di alcool fino a notte fonda. Mi sento sfinita, i piedi pulsano a causa delle ore trascorse a ballare su questi tacchi vertiginosi, la caviglia, che miracolosamente ha resistito grazie alla crema  antinfiammatoria, è lievemente gonfia.

Torniamo al cottage stremati, ci auguriamo una buona notte, nonostante siano le cinque del mattino, ed ognuno si reca nella propria stanza.

Mi butto sul letto, tolgo le scarpe provando una sensazione di sollievo, resto a guardare il soffitto. Un colpetto alla porta mi distrae, mi alzo dal letto per andare ad aprire convinta che sia Jake ed invece mi ritrovo due giade trasparenti a fissarmi agitate.

-Edward!- esclamo sorpresa, non mi aspettavo fosse lui –Entra, - gli faccio spazio e richiudo la porta alle nostre spalle – hai bisogno di qualcosa?-

-Sì, ho bisogno di dirti una cosa.- si avvicina e prende il mio volto tra le mani guardandomi intensamente – Ho bisogno di dirti che stasera eri meravigliosa, che non ho smesso un attimo di osservarti…- le sue parole in un sussurro roco, il mio respiro affannato , il cuore batte veloce.

-Ho bisogno di dirti che dal primo momento in cui ti ho vista mi sono sentito attratto da te e che ti desidero
ardentemente. Ho bisogno di dirti che ho rischiato di impazzire cercando di starti lontano e che questa sera non desideravo altro che baciarti e farti mia…- il suo respiro è irregolare.

Sento il suo alito caldo sul mio viso, le sue parole, la sua vicinanza, mi provocano un tremore lungo tutto il corpo, un calore ingestibile al basso ventre, la voglia che ho di lui mi brucia dentro.

-Mi credi un pazzo, non è vero?- mi domanda mentre scuote la testa, un sorriso sghembo e rassegnato su quel volto incantevole – Forse è meglio se vado…- si allontana verso la porta.

-Sei un pazzo se adesso te ne vai...- le parole mi escono spontanee in un sussurro appena pronunciato.

Blocca i suoi passi, è di spalle, vedo quei muscoli contrarsi al ritmo del suo respiro, resto ferma, appoggiata alla parete fredda, in attesa di una sua reazione. Si volta e mi viene incontro, passa la mano tra i miei capelli e poggia la sua fronte contro la mia. Istintivamente chiudo gli occhi, un silenzio assordante rotto solo dai nostri respiri. Le sue labbra si poggiano delicatamente sulle mie, si sfiorano, fino a quando non sento la sua lingua umida penetrare nella mia bocca.

Ci baciamo lentamente godendo di questo contatto tanto agognato, dei lievi mugolii fuoriescono dalle nostre labbra. Edward mi solleva per i fianchi imprigionandomi tra la parete fredda e il suo corpo caldo, artiglio saldamente le mie gambe intorno al suo bacino, sento la sua erezione comprimere vigorosa sulla mia intimità, completamente esposta a causa dell’abito corto, la voglia di un contatto più profondo quasi mi fa impazzire.

Edward si stacca dal muro e va verso il letto adagiandomi su di esso prima di stendersi al mio fianco. Scende a baciarmi il collo mentre con la mano mi accarezza le gambe, su e giù, fino ad insinuarsi sotto la gonna. Sento le sue dita che sfiorano la mia intimità al di sopra degli slip, la testa va a fuoco a causa di questa lenta tortura.

Mi irrigidisco quando sposta le sue dita oltrepassano quell’ostacolo, spostandosi al di sotto degli slip, giocano con la mia entrata, le intinge nei miei umori prima di prendere a sfiorare delicatamente il clitoride che pulsa frenetico. Ad un tratto interrompe i suoi movimenti, mi fa sollevare lievemente ed inizia a sbottonare l’abito che lascio scivolare lungo le mie gambe restando soltanto in intimo.

-Sei bellissima.- mi sussurra all’orecchio, i suoi occhi che osservano con bramosia il mio corpo.

Le mie mani vanno alla sua giacca che sfilo lentamente prima di riservare lo stesso trattamento alla camicia e ai pantaloni, lasciandolo con i soli boxer aderenti a coprirlo. Guardo il suo fisico scultoreo, gli addominali scolpiti, il petto sodo, le gambe muscolose, il desiderio diventa ingestibile e nuovamente mi incollo con foga alle sue labbra.

Edward mi stende sul letto, mi bacia la curva del collo, i seni, l’addome piatto, si sofferma sul mio ombelico leccandolo tutt’intorno, fino ad arrivare agli slip di cui mi priva dolcemente prima di sfilare via anche i suoi boxer.

Si posiziona su di me, la sua erezione tra le mie gambe, il mio corpo che freme. I suoi occhi fissi nei miei, le sue
labbra a baciarmi dolcemente mentre il suo membro scivola piano dentro di me. Lo sento riempirmi completamente, un senso di vuoto nello stomaco, sensazioni di soddisfazione, appagamento, mi riempiono l’anima.

-Oh…Edward…- un gemito abbandona le mie labbra mentre il suo corpo è intento a donare delle sensazioni fantastiche al mio.

Entra ed esce da me, i suoi movimenti sono dolci, cadenzati, le sue labbra non smettono un attimo di baciare le mie, i suoi occhi non smettono di cercare i miei e guardarmi rassicuranti. Sento il piacere crescere a dismisura, la voglia di sentirlo più forte, le mie unghie sulla sua schiena a sprofondare nella sua carne nuda. Il suo respiro diventa più affannato, le sue spinte più vigorose, delle forti scariche di piacere si concentrano nel mio ventre fino ad esplodere in un orgasmo, sento le forze pian piano abbandonarmi.

Edward inarca il collo all’indietro, sul suo volto un espressione di pura estasi, un'ultima spinta prima di lasciarsi andare riversando il suo piacere dentro di me, i gemiti sussurrati sulle nostre labbra.

Esce da me posizionandosi al mio fianco, la mia testa sulla sua spalla, mi lascia un tenero bacio tra i capelli prima di coprire entrambi con la trapunta calda. Chiudo gli occhi, resto in silenzio ad ascoltare i battiti del suo cuore lasciandomi cullare da essi, mentre sono quasi del tutto nel mondo dei sogni mi pare di sentire un flebile sussurro all’orecchio, incapace di distinguere se si tratta di un sogno o della realtà.

-Sei mia, Isabella.-

 

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Capitolo 27
*** Vada per il caffè. ***


Salve a tutti, rieccomi qui (finalmente?! spero di si!) Scusatemi se ho aspettato così tanto per l'aggiornamento ma sono stata un pò incasinata causa vacanze, così come credo anche voi. Come sempre ringrazio tutti coloro che mi seguono, che hanno commentato lo scorso capitolo e che mi danno il loro sostegno. Grazie! Inoltre, questo capitolo lo dedico a tre persone importanti: mia sorella e la mia migliore amica i quali consigli per me sono preziosissimi, e la mia amica di sclero assoluto Antonella alla quale devo la creazione di questo bellissimo banner che potete ammirare più sotto. Grazie ragazze, VI ADORO!
Detto questo non mi resta che augurarvi una buona lettura :)

NB: Questa storia è nata con un raiting arancione e non so se questo capitolo lo infrange, comunque ci tengo a precisare che ci sono delle scene che potrebbero urtare la sensibilità di qualche minore quindi invito il lettore a proseguire a discrezione propria. Grazie per l'attenzione!


 



 

Isabella Pov.

Un forte tepore lungo tutto il corpo, una sensazione di serenità, i muscoli rilassati. Apro gli occhi, ridestandomi dallo stato estatico donatomi dal sonno, le braccia bollenti di Edward ad avvolgermi, i nostri corpi ancora nudi, avvinghiati, a donarsi calore. Il suo respiro caldo sul mio collo, il profumo della sua pelle sulla mia, mi volto a guardarlo, gli occhi chiusi, le labbra distese, i capelli disordinati che gli ricadono sul volto, una visione angelica.

Un senso di vuoto ad opprimermi lo stomaco, immagini della notte trascorsa insieme si susseguono nella mia mente, sento i muscoli lievemente intorpiditi, delle piccole fitte si irradiano nel basso ventre,  un forte desiderio di ricominciare, di sentirlo ancora dentro di me.

Guardo la sveglia che segna le 10.30, ho dormito solo un paio d’ore e nella casa regna il silenzio, segno che stanno ancora tutti dormendo, gli sfioro impercettibilmente le labbra prima di alzarmi. Recupero la mia biancheria sparsa per la stanza e ne prendo altra pulita, in punta di piedi mi dirigo verso  il bagno per fare una doccia calda, apro l’acqua e lascio che i muscoli si rilassino e si distendano sotto il getto leggero. Finita la doccia mi avvolgo nel morbido accappatoio di spugna, vado all’armadio e prendo dei jeans e un pullover da indossare, guardo Edward che dorme ancora, placidamente, ed  esco dalla camera.

Cammino silenziosamente per evitare che gli altri si sveglino, scendo al piano inferiore, vado in cucina e metto il caffè sul fuoco. Quando  è pronto  riempio una tazza e, non avendo altro da fare, decido di andare sul retro della casa dove c’è un piccolo giardino con delle panchine.

Non appena esco sento l’aria fresca inondarmi il viso, guardo i pini con i loro aghi ghiacciati, le punte ricoperte da un soffice manto bianco, mi siedo su una panchina sotto al portico sorseggiando il mio caffè e ammirando questo paesaggio che mi infonde una piacevole sensazione di serenità. Qualche raggio di sole filtra attraverso le nuvole, sparse qua e là nel cielo, riscaldandomi, mi beo di questo clima di pace e del silenzio che regna intorno a me, inizio a ripensare alle parole di Edward.

Ho bisogno di dirti che dal primo momento in cui ti ho vista mi sono sentito attratto da te e che ti desidero ardentemente. Ho bisogno di dirti che ho rischiato di impazzire cercando di starti lontano e che questa sera non desideravo altro che baciarti e farti mia…

Le sue parole, così inaspettate, quegli occhi che ardevano di desiderio, il tono di voce tormentato, mi hanno completamente spiazzato. Ad un tratto sento lo scatto della serratura, la porta si apre e vedo Alice fare capolino.

-Ehy Bella, sei tu.- si strofina un occhio, la voce assonnata.

-Buongiorno tesoro.- le sorrido mentre viene a sedersi al mio fianco, poggia la testa  sulla mia spalla.

-Avevo sentito dei rumori, come mai già sveglia?- mi domanda mentre sbadiglia, prende la tazza dalle mie mani e beve un sorso di caffè.

-Non avevo tanto sonno, tu invece?-

-Anche io.- un altro sbadiglio abbandona le sue labbra, la testa ancora poggiata sulla mia spalla, gli occhi chiusi.

Restiamo così, in silenzio, per molto tempo, mentre dentro di me prende vita una battaglia silenziosa: “E’ troppo presto per parlare con qualcuno di quello che è successo?” La mia risposta sarebbe sì se quel qualcuno in questione non fosse Alice, ossia colei con il quale ho sempre condiviso tutto.

-Alice?-

-Mh…?-

-Devo dirti una cosa..-

Immediatamente  si solleva per guardarmi negli occhi, incrocia le gambe sulla panchina, mi osserva nell’attesa che dica qualcosa, la curiosità è palesemente presente sul suo volto.

-Questa notte, quando siamo rientrati, Edward è venuto nella mia stanza per parlarmi e noi…beh sì, noi siamo stati insieme.-

Vedo i suoi occhi sgranarsi, un moto di stupore sul viso, le labbra distese in un gran sorriso.

-Oh Bella ma è…è meraviglioso.- prende le mie mani tra le sue, le stringe – Sono…sono senza parole. Cosa ti ha detto?-

-Beh… mi ha detto che dal primo istante in cui mi ha vista si è sentito attratto da me, che ha cercato di starmi lontano senza riuscirci. Poi mi ha baciata con passione, ci siamo lasciati andare e…- abbasso lo sguardo ripensando a quei momenti, un lieve rossore si impossessa delle mie guance –E’ stato fantastico, Alice. Lui è stato dolcissimo e i suoi occhi….non so come spiegartelo, i suoi occhi brillavano di una luce particolare.- stringo di più le sue mani, sento gli occhi lucidi come se piangere  fosse un modo per esternare questa gioia che ho dentro.

-E adesso, cosa farete?-

-Non lo so,Alice, non lo so.- le dico consapevole di non poter programmare quel che sarà.

-Va bene, non pensiamoci adesso.- mi dice mentre si alza – Su andiamo in casa, prepariamo la colazione agli altri, si sveglieranno a momenti.-

-Ok, andiamo.- mi alzo e la seguo in cucina, con il cuore più leggero dopo aver condiviso questa moltitudine di emozioni con lei.

Inizio a disporre gli ingredienti per i pancake sul tavolo, una terrina ed un cucchiaio per l’impasto. Alice prepara il caffè, il latte, il pane tostato. Sistemiamo le tazze di ognuno sulla tavola, la brocca col caffè e quella con il latte, il pane tostato e la marmellata, lo sciroppo d’acero, nel frattempo io inizio a cuocere i pancake. Ad un tratto un Jasper assonnato compare sulla soglia della porta, i capelli arruffati, gli occhi semichiusi.

-Buongiorno ragazze.- sussurra mente uno sbadiglio abbandona le sue labbra.

Alice gli va incontro e gli lascia un bacio sulla guancia mentre gli sussurra un tenero: “Buongiorno amore”, io gli sorrido mentre continuo ad armeggiare con i fornelli. Si siede al tavolo e si versa una tazza di caffè, lo beve con calma. Sento dei rumori provenire dal piano superiore, poco dopo Edward entra in cucina, indossa dei pantaloni di tuta con una felpa, un bellissimo sorriso sul volto.

-Buongiorno.-

La sua voce calda, serena, riesce a scombussolarmi, mi volto e mi perdo nei suoi occhi chiari che mi scrutano complici, gli sorrido.

Si siede al fianco di Jasper, prendo il piatto con i pancake già pronti e lo poggio sul tavolo.

-Mmmh che profumino.- Jasper prende dei pancake e li dispone sul piatto cospargendoli di sciroppo, Edward ed Alice fanno lo stesso.

-Oltre al profumo anche il sapore è delizioso, complimenti. Tu non li mangi?- Edward mi guarda mentre è intento a masticarne un pezzo.

-Vi ringrazio. Finisco di cuocere queste per Rosalie ed Emmett e poi verrò a mangiare.- sorrido ad entrambi prima di voltarmi per controllare la cottura di quelli che ho sul fuoco.

Ad un tratto Alice si avvicina con i piatti vuoti, quello suo e di Jasper, mi guarda e mi fa un occhiolino del quale non comprendo il senso fino a quando non la sento chiedere a Jasper di accompagnarla in camera per sistemare alcune cose. Immediatamente mi irrigidisco, sento la sedia spostarsi e i passi di Jasper ed Alice che si dirigono al piano superiore. Non mi sento pronta a restare da sola con Edward, non so cosa dirgli, come comportarmi, sento un senso di agitazione crescermi dentro, evito di voltarmi e cerco di tenermi occupata il più possibile ai fornelli.

Improvvisamente avverto la presenza di Edward alle mie spalle, percepisco il calore del suo corpo, il soffio leggero del suo respiro sul collo, entrambe le mani poggiate ai lati del fornello a creare una gabbia intorno a me. Mi volto di scatto, impreparata a questo contatto, ritrovandomi a pochi centimetri dal suo volto. La sua espressione non tradisce alcuna emozione, mi guarda sereno, pacato.

-Buongiorno, mia Bella.- mi sorride, rilassato, prima di posare un piccolo bacio sulle mie labbra.

-Buongiorno.- gli rispondo in un sussurro flebile mentre inarco lievemente il collo per accogliere la scia di baci che Edward sta lentamente tracciando su di esso.

-Hai...dormito…bene?- mi domanda tra un bacio e l’altro, la mia risposta consiste soltanto in un leggero mugolio essendo ormai in balia delle sensazioni fantastiche che il contatto con il suo corpo mi provoca.

Le sue labbra risalgono dal collo al viso, trovano subito le mie che si lasciano trasportare in un lungo bacio carico di dolcezza. Mi sollevo lievemente sulle punte dei piedi, gli porto le braccia dietro al collo per attirarlo a me, mai stanca di sentire il calore e l’odore del suo corpo a contatto con il mio.

Le nostre labbra si adattano perfettamente le une alle altre, con naturalezza, come se fossimo intimi da sempre, e quando sento la sua eccitazione premere contro il mio addome sento crescere nel mio orgoglio una soddisfazione segreta.

Ad un tratto sento qualcuno schiarirsi la voce alle nostre spalle, mi irrigidisco mentre sento un pudico rossore impossessarsi delle mie guancie. Guardo oltre la figura di Edward, che con la sua stazza sovrasta la mia, e vedo Rosalie con un sorrisetto malizioso stampato sul volto che, non appena incontra il mio sguardo, si trasforma in un’espressione di finta indifferenza.

-Buongiorno! Bella giornata, vero?- si siede al tavolo,  prende la brocca col caffè e lo versa nella sua tazza iniziando a sorseggiarlo con calma – Che buon profumino, cos’è?- alza gli occhi su me ed Edward ancora vicini e persiste nel suo atteggiamento incurante, come se nulla fosse accaduto.

-Bella ha preparato dei pancake, sono ottimi, dovresti assaggiarli.- Edward prende la parola per primo mentre io cerco di ridestarmi dallo stato catatonico in cui sono piombata.

-Ah si? Non sapevo, Bella, che fossi brava anche a preparare i pancake.- sul suo volto compare un sorriso di finta ingenuità, calca intenzionalmente la parola “anche”  che nasconde un significato decisamente carico di allusioni.

-Ora lo sai! Adesso, se volete scusarmi, vado in camera a sistemare delle cose.- il tono di voce deciso,  lo sguardo puntato in quello di Rose in un muto, e bonario, rimprovero.

Mi stringe la mano prima di allontanarsi da me e scomparire dietro la porta-scrigno che separa la cucina dal soggiorno. Continuo a sentire lo sguardo di Rosalie fisso su di me mentre prelevo il piatto con i pancake che avevo messo da parte per lei ed Emmett e lo poggio dinanzi a lei, sul tavolo.

La guardo mentre prende un pancake e lo porta nel piatto, lo cosparge di marmellata ed inizia a mangiarlo. Attendo nell’attesa che dica qualcosa, continua a far finta di nulla, sento un senso di agitazione misto a fastidio prendere il sopravvento.

-Rose hai finito di ignorarmi?- sbotto improvvisamente in un tono di voce che risulta piagnucoloso e fastidioso perfino alle mie orecchie.

Mi guarda diritto negli occhi, un espressione seriosa, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

-Che zuccona che sei, Bella.- si alza e mi viene incontro continuando a sghignazzare – Non so per certo quel bacio cosa significasse, ma sono molto felice per voi.- mi abbraccia forte e finalmente mi rilasso.

-Ti ringrazio Rose.-

***
Sono in camera a preparare le valigie per la partenza di domani, sistemo tutti i vestiti lasciando sotto mano soltanto qualche completino intimo e un paio di abiti, improvvisamente sento il cellulare squillare, controllo il display, è Jacob.
-Ehy Jake, che fine hai fatto?-

-Ciao Bella, lo so…sono imperdonabile, ma ieri sera mi sono lasciato trascinare dai festeggiamenti.-
cerca di giustificarsi.

-Si, ok! Hai intenzione di rientrare o non ti vedremo per molto?- gli domando ironicamente.

-Ehm…veramente pensavo di passare a prendere le mie cose. Voi domani partite e credo che resterò ancora qualche giorno qui a Vancouver. Potresti farmi il favore di chiudermi la valigia? C’è soltanto qualche pantalone e qualche camicia nell’armadio da sistemare.-

-Certo, non preoccuparti! Passa prima delle nove, però, per quell’ora saremo già usciti, ok?-

-Agli ordini!- lo sento ridere prima che riattacchi.

Scuoto lievemente il capo al pensiero del mio amico che alla “veneranda” età di 27 anni adora ancora mantenere dei tratti caratteriali prettamente adolescenziali, apro l’armadio per prendere le sue cose da sistemare in valigia mentre sento qualcuno bussare alla porta.

-Si?-

-Bella hai finito?- Alice entra e mi viene incontro.

-Quasi, perché?- le domando curiosa.

-Abbiamo pensato di fare una passeggiata, vieni?-

-Vorrei, ma non posso. Mi ha appena telefonato Jacob, passerà a prendersi le sue cose, ha deciso di prolungare il suo soggiorno con Leah.- dentro di me lo ringrazio mentalmente, non avevo tanta voglia di uscire e se non fosse stato per Jake non avrei mai trovato una scusa plausibile per placare le insistenze di Alice.

-Non puoi trovare un altro modo? Dai, Bella.-

-Davvero, Alice, per me non è un problema.- cerco di convincerla.

-Come vuoi.- si gira e cammina verso la porta, la postura sicura e fiera che slancia la sua piccola figura, i capelli scuri le cui punte sono state volutamente portate all’insù – Sei sicura?- domanda prima di uscire, torna a guardarmi speranzosa.

-Sicura!- le sorrido prima che si volti per andare via.

Rimasta sola decido di portare avanti il mio lavoro una volta per tutte, nella speranza di non essere più interrotta ma non riesco ad avere nemmeno cinque minuti di pace che nuovamente bussano alla porta.

-Alice è inutile che insisti, ti ho detto perché non posso venire.- dall’altra parte nessuna risposta, sento la porta aprirsi, mi volto di scatto, tesa, pronta a contestare qualsiasi idea le sia venuta in mente per convincermi a seguirli –Alice ti ripeto…Ah, sei tu.- mi fermo quando mi accorgo che ad entrare in stanza non è Alice bensì Edward.

-Sì, proprio io. Ti dispiace?- piega la testa di lato e mi osserva, attento, quasi a voler carpire i miei pensieri.

-No, affatto.- preciso prontamente, consapevole che la mia esclamazione possa aver fatto intuire ad Edward che nel mio tono ci fosse una nota di delusione.

-Gli altri sono usciti.- mi dice mentre avanza verso di me, con la mano chiusa in un pugno e il pollice all’insù indica la porta alle sue spalle, calcando, con questo gesto, le sue parole.

-Ah…gli altri..cioè loro…sono già usciti?- balbetto agitata, impreparata ad una situazione del genere.

-Sì, siamo soli.-

Abbasso lo sguardo imbarazzata, nonostante sia consapevole che è da stupidi sentirsi a disagio a rimanere sola in casa con l’uomo che desideri e con il quale solo poche ore fa hai fatto sesso, cerco un escamotage per stemperare la tensione.

-Ti và un caffè?-  la butto lì con noncuranza, è la prima cosa che mi è venuta in mente.

-Vada per il caffè.- porta le mani nelle tasche dei pantaloni, serra i piedi per terra, come se il linguaggio del suo corpo non fosse in accordo con le sue parole che nascondono un tono divertito quanto malizioso.

Scendo le scale, sento la sua presenza imponente dietro di me e l’aria che mano a mano si sta caricando di elettricità.

Prendo la moka ed inizio a preparare il caffè, Edward prende posto su uno sgabello dell’isola centrale della cucina.

-Allora, come prosegue il tuo progetto per l’agenzia di moda?- cerco un argomento che mi permetta di giostrare la situazione tranquillamente: il lavoro, un terreno neutrale in pratica.

-Ho preso già qualche contatto ma aspettavo l’inizio del nuovo anno per cominciare ad ufficializzare il tutto.- mi risponde tranquillo, la mano portata sotto il mento a sorreggergli la testa.

-Capisco!- esclamo, annuendo in contemporanea – Quanto zucchero?- domando quale sia la sua preferenza mentre verso nelle tazze quel fumante liquido scuro.

-Preferisco…- prende una pausa, un sorriso accennato si dipinge sul suo volto - …della panna.-

Prendo la bomboletta spray dal frigo e gliela porgo, nel frattempo metto due cucchiaini di zucchero nella mia tazza ed inizio a miscelare.

Guardo Edward che beve il suo caffè, un sorriso malizioso stampato sul volto, lo sguardo insistentemente fisso nel mio.

-Vuoi assaggiare?- con un gesto porge la tazza verso di me.

-No, ti ringrazio, non mi và.-

Annuisce lentamente, continua a sorseggiare il suo caffè, io,invece, non sono riuscita a berne nemmeno una goccia persa nella contemplazione della sua figura destabilizzante.

Posa la tazza vuota sul tavolo, nell’osservare il suo sguardo che non ha abbandonato per un attimo il mio non vedo più la dolcezza che lo caratterizzava questa notte, il verde è più intenso, vi leggo passione, desiderio, carnalità, lussuria, ma nonostante ciò non mi sento spaventa ma attratta da questo suo lato a me ancora sconosciuto.

Si alza, mi viene incontro a passo svelto, prende la tazza ancora piena tra le mie mani e la posa sul ripiano alle mie spalle.

-Ti voglio.- un lieve sussurro sulle mie labbra prima che le imprigioni tra i suoi denti.

Mi lascio sfuggire un gemito, con la lingua lambisco lievemente la parte lesa. Le mani di Edward sulla mia schiena, le mie dietro il suo collo. Tra un bacio e l’altro mi sento trasportare altrove, ad un tratto sento la superficie fredda dell’isola della cucina a contatto con le mie natiche, mi issa su di essa.

Le gambe divaricate, il respiro affannato , l’eccitazione che si sta concentrando in un punto preciso del mio corpo. Prende il bordo del pullover sollevandolo fino a togliermelo del tutto, accompagno i suoi movimenti per facilitargli l’azione, la sua testa all’altezza dei miei seni.

Comincia a lasciare tanti piccoli baci sull’addome in un mix sensuale di labbra e lingua, ad un tratto si ferma, le sue mani corrono agilmente a sbottonare il reggiseno privandomene. Lo guardo mentre è intento ad osservare quelle piccole rotondità che si alzano e abbassano assecondando il ritmo del mio respiro, ne sfiora lentamente le curve con la punta delle dita, involontariamente trattengo il respiro, i capezzoli si inturgidiscono all’istante sotto il suo tocco delicato.

Improvvisamente vedo una scintilla illuminare i suoi occhi, solleva la bocca da un lato accennando un sorriso, si volta a guardare qualcosa sul ripiano e, nel momento in cui anche io mi volto a guardare l’oggetto del suo interesse, sento una forte fitta irradiarsi al basso ventre quando comprendo quali sono le sue intenzioni.

Prende la bomboletta di panna, ne mette una piccola quantità sul suo dito prima di cominciare a spalmarlo sulle mie labbra.

-Ancora sicura di non volere della panna?- il tono di voce roco, eccitato, inizia a leccarmi le labbra laddove le sue mani hanno provveduto accuratamente a spalmare quella crema soffice.

-Non tanto…- gli rispondo piano, la voce ridotta ad un sibilo.

Un sorriso soddisfatto affiora sulle sue labbra, prende altra panna, questa volta la spalma su di un seno che inizia a leccare con calma, con delicatezza, dall’esterno fino ad arrivare al capezzolo che vedo scomparire nella sua bocca.

-Oh…Edward…- una miriade di brividi lungo la schiena, un formicolio allo stomaco, stringo i suoi capelli spingendo la sua testa sul mio petto.

Mi fa distendere sul ripiano, con le mani mi invita ad alzare le braccia a portarle sopra la testa. Deposita della panna sul mio palmo aperto, con la bomboletta percorre tutta la lunghezza del braccio, passa per l’ascella fino ad arrivare all’altro seno. Inizia a leccare il palmo, lentamente, tra le dita che, una per una, vengono risucchiate nella sua bocca.

-Hai..un sapore..così buono.-

Con calma risale verso il polso, poi il braccio, percorrendolo tutto lentamente come a voler assaporare ogni centimetro di pelle, con devozione. Inarco la schiena quando inizia a leccarmi sotto il braccio per poi riscendere sul seno.

-Edward…ti prego…- sento di non riuscire a gestire l’eccitazione, questa lenta tortura che mi sta imponendo mi sta facendo letteralmente impazzire.

-Non pregarmi, Bella. Dimmi cosa vuoi!- smette di baciami, mi solleva per guardarmi negli occhi.

Vuole che sia io a chiedergli di spingersi oltre, di darmi di più, e lo faccio, perché non desidero altro.

-Voglio te, Edward. Voglio sentirti dentro.-

Decido di sfilargli via la maglia, ho bisogno di sentire il calore ed il profumo della sua pelle, voglio affondare le mie unghie nella sua carne, soda e bollente, voglio fondermi col suo corpo perché con gli altri uomini con cui sono stata non avevo mai provato emozioni e i sentimenti così intensi.

Mi afferra per i glutei e mi tira verso di se, continua a baciarmi mentre con le mani mi sbottona i jeans, mi solleva e li lascia cadere lungo le mie gambe. Prima di fare lo stesso con i suoi pantaloni prende un preservativo dalla tasca posteriore, poi li lascia scivolare ai suoi piedi insieme coi boxer.

Osservo la sua erezione finalmente libera, la afferra con fermezza e lascia scivolare su di essa il sottile strato di lattice. Le labbra schiuse per permettere il passaggio di più aria ai polmoni, una mano portata sotto la mia gamba, l’altra a mantenermi saldamente la schiena, mi spinge verso di se penetrandomi con un colpo deciso.

Un senso di appagamento, completezza, tiro i suoi capelli e lo costringo ad alzare la testa per incollarmi alle sue labbra, le mordo nel vano tentativo di ricacciare i gemiti che affiorano con prepotenza sulle mie. Edward continua ad affondare in me, movimenti decisi ma delicati, sento di essere allo stremo quando ad un tratto aumenta la presa sulla mia schiena, lo sento ansimare con forza e raggiungere l’apice pochi istanti dopo di me.

Abbandono la testa sulla sua spalla, mi stringe forte, resta ancora dentro di me, le sue mani a sfiorarmi dolcemente il viso, disegnando su di esso delle linee immaginarie. Mi sento leggera, felice, come se in questo momento, stretta tra le sue forti braccia, non potesse accadermi nulla di brutto. Persa nei suoi occhi vengo riportata alla realtà soltanto dalla sua voce che mi sussurra le parole più dolci che io abbia mai sentito.

-Adesso che ho provato cosa significa sentirti mia, credo che difficilmente ti lascerò andare.-

 

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Capitolo 28
*** Blue roses. ***


Salve a tutti, scusatemi se gli aggiornamenti sono un pò lenti, spero che questo non vi faccia perdere interesse nei confronti della storia. I nostri beniamini sono appena rientrati a NY ed hanno ripreso con la loro vita mondana, ma siamo sicuri che sia tutto ok? Beh non vi resta che scoprirlo. Oggi ci sarà un altro banner, ce ne sarà uno all'inizio di ogni capitolo e ne raffigurerà il momento clou. Ringrazio sempre l'innata bravura di colei che fa sì che tutto questo sia possibile, la mia tesorina Anto. Adesso vi lascio, buona lettura.

 

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Isabella pov.

Lo sguardo fisso sul monitor del computer, le dita che picchiettano veloci sulla tastiera, intenta a scrivere una lettera indirizzata alla “Cloth factory s.r.l” in merito ad un ordine di stoffe.

E’ il primo giorno di lavoro dopo il rientro da Vancouver, avvenuto ieri, anche se la mia anima è ancora lì, a quel cottage. Immediatamente il mio pensiero vola ad Edward, sospiro al ricordo dei momenti trascorsi insieme.

Dopo Vancouver è partito direttamente alla volta di Chicago, aveva degli incontri per ottenere i permessi necessari all’apertura dell’agenzia. Sono soltanto due giorni che non lo sento e mi manca terribilmente, più volte ho pensato di telefonargli ma ogni volta mi sono detta che magari era impegnato e avrei potuto disturbarlo.

Ritorno al mio lavoro, la prossima settimana sarà allestito il set per il servizio inerente la collezione primaverile che, tra circa un mese, si comincerà a vedere nelle vetrine dei negozi.

Ad un tratto sento il suono metallico dell’ascensore, il fastidioso ticchettio delle scarpe con tacco, la figura di una bella donna che avanza verso di me.

-Salve Isabella.-

Quella voce, la sua voce. Una fitta di nervosismo allo stomaco, i nervi a fior di pelle per questa donna che avevo cercato di eliminare dalla mia mente, ignara del fatto che spesso ci saremmo ritrovate a collaborare per questioni di lavoro.

-Buongiorno Signora Lewis.- mi alzo, le stringo la mano cerando di non lasciar trasparire il mio stato d’animo.

-Potrei vedere Miss Brandon? Dovrei parlarle di alcune questioni in sospeso.- con le mani si liscia la giacca del tailleur che fascia i suoi fianchi.

-Certo, mi segua.- l’accompagno all’ufficio di Alice che, non appena vede Tanya, si alza e le viene incontro salutandola cordialmente.

Mi congedo e torno alla mia postazione, un peso ad attanagliarmi lo stomaco. Non ho mai discusso con Edward della “questione Tanya”, in verità molte questioni sono rimaste in sospeso, ma quando abbiamo deciso di partire da zero sapevo che questo avrebbe comportato niente domande su ciò che è stato.

Dopotutto non ho mai avuto la prova certa che ci fosse qualcosa tra di loro, non ho mai visto atteggiamenti compromettenti, soltanto la parola di Ryan che dopo quella sera al bar non ho più rivisto o sentito. Scuoto il capo nervosamente ripensando a quel periodo, non so cosa mi passasse per la testa in quei giorni, fidarmi di quel Ryan del quale non sapevo assolutamente nulla, andarci quasi a letto, e se solo adesso ci ripenso credo di non aver mai vissuto un momento così insolito in tutta la mia vita.

Nemmeno ai tempi del liceo o del college ho avuto un comportamento così illogico, la mia vita è sempre stata basata sulla razionalità, il cambiamento è avvenuto da quando Edward è entrato prepotentemente nella mia vita sconvolgendola del tutto, come se quel primo bacio avesse svegliato la mia parte irrazionale ed incoerente.

Il suono del cellulare che annuncia l’arrivo di un messaggio interrompe il flusso dei miei pensieri, lo prendo e, non appena vedo il mittente, il peso che mi attanagliava lo stomaco pare dissolversi all’istante.

“Scusa se non mi sono fatto sentire in questi giorni, sono stato molto impegnato. Rientro domani, non vedo l’ora di vederti. Edward.”

Stringo forte quel freddo apparecchio tra le mani, lo  avvicino al petto, come se questo gesto potesse trasmettermi il calore del suo corpo.

“Non preoccuparti, anche io sono molto impegnata. Domani sera a casa mia?”

“Perfetto! Conterò i minuti.”

Ripongo il telefono in borsa, mi alzo e vado all’archivio per posare una cartellina con dei documenti inerenti le fatture di acquisto degli ordini effettuati. Ad un tratto nuovamente quel ticchettio fastidioso, la sua voce in sottofondo, intenta a parlare con qualcuno.

-Si, lo so che sei a Chicago. Ok, ci vediamo non appena rientri.- mi passa accanto, ripone il suo i-phone nella tasca della giacca del suo tailleur, una forte scia di profumo si espande al suo passaggio -A presto, Isabella.-

Mi volto a guardarla, ancheggia mantenendo la sua ventiquattrore di pelle lucida – Buona giornata Signora Lewis.- le rispondo automaticamente, catturata dalle parole che solo pochi istanti prima ho sentito uscire dalle sue labbra.

“So che sei a Chicago, ci vediamo non appena rientri.”No, non può essere, sarà solo una banalissima coincidenza. Scuoto la testa, sorrido, sto diventando paranoica.

Rinsavisco, riprendo pieno possesso delle mie facoltà motorie e mentali, offuscatesi al sol pensiero di aver fiutato qualcosa di losco, poso i documenti nell’archivio prima di recarmi nell’ufficio di Alice.

-Capo la disturbo?- domando ironicamente.

-No, Bella, entra pure. Anzi, ho bisogno di un consiglio.- con la mano mi fa segno di avvicinarmi, la testa china su un bozzetto – La fusciacca la vedi meglio sui fianchi o intorno alla vita?-

-Oh Alice, ricominciamo?- le dico esasperata.

-Per favore, Bella, ti chiedo soltanto questo, poi la smetto. Promesso.-

-Solo questo, intesi?- il mio tono non ammette repliche, la vedo annuire – A parer mio sta meglio sulla vita.-

La vedo sorridere ed annuire nuovamente, decisa – Sì, è quello che penso anch’io.-

Le sorrido a mia volta, sperando che mantenga la calma almeno fino alla prossima settimana – A proposito, di cosa voleva parlarti Tanya?- il mio inconscio mi tradisce non appena pronuncio il suo nome, nonostante voglia convincermi che è tutto ok non riesco ad evitare di provare un sottile fastidio nei suoi confronti.

-Abbiamo preso accordi per la prossima settimana, lavoreremo insieme.- spiega brevemente.

-Ah..- è tutto ciò che riesco a dire, il solo pensiero di trovarmi a stretto contatto con Tanya mi mette in agitazione.

-E’ una mia impressione, o la sua presenza non ti è tanto gradita?- mi domanda scrutandomi con un’aria interrogativa.

-Non ho nulla contro di lei, ma non la ritengo una delle persone più simpatiche che io conosca.- le dico sinceramente.

-Effettivamente è un tipo un po’ particolare, ma si tratta di lavoro, Bella, nulla di più.-

-Certo, lo so.-

***
Mi aggiro per le corsie del supermarket, spingo in avanti il mio carrello, ho provveduto a comprare tutti gli ingredienti per la cena di questa sera.

Rientro a casa, poso i sacchetti della spesa sul ripiano della cucina, vado in bagno per legare i capelli e lavarmi le mani prima di mettermi all’opera.

Mi destreggio ai fornelli tra ciotole e ricettari, ci tengo che tutto sia perfetto. Della farina finisce sul mio maglioncino nero, rendendolo quasi del tutto bianco, mentre sono alle prese con l’impasto per le crepes salate ed i soufflé al cioccolato, cerco di portare all’indietro con il braccio le ciocche di capelli ribelli che sono sfuggite alla mia coda.

Tagliuzzo la frutta in piccoli pezzi, la mescolo in un recipiente con tanto zucchero e succo di limone, la sistemo in due coppe grandi da mettere in frigo ed ho finalmente finito di preparare tutto. Riordino la cucina, apparecchio la tavola nella sala da pranzo e decido di andarmi a preparare. Ad un tratto sento il cellulare vibrare, è un messaggio di Edward.

“Sono appena atterrato  a NY, un paio d’ore e sarò da te.”

“Non aspetto altro!”

Vado in bagno per una doccia, mi insapono con calma, massaggio i capelli con il mio balsamo all’essenza di cacao. Esco e mi tampono con l’accappatoio, cospargo un filo di olio idratante su tutto il corpo prima di vestirmi. Indosso un semplice abito nocciola, lungo fin sopra il ginocchio, abbinato a degli stivaletti di camoscio.

Asciugo i capelli, lascio che quelle piccole onde naturali ricadano ribelli sulle mie spalle, un velo di ombretto e matita nera per contornare gli occhi, un tocco di fard ed un gloss lucido per dare un po’ di colore al viso.

Il suono del citofono mi fa sobbalzare, corro ad aprire il cancello, resto accanto alla porta in attesa, mi sistemo nervosamente il vestito, passo una mano tra i capelli. Quando apro la porta per un attimo sento il cuore fermarsi, un sorriso nasce spontaneamente sul mio volto.

Edward è davanti a me, bellissimo, indossa un paio di jeans beige, una giacca di pelle marrone. Mi sorride a sua volta, entra richiudendo la porta alle sue spalle, un braccio portato dietro la schiena, con l’altro mi attira a se baciandomi con trasporto, come se non aspettasse altro.

-Queste sono per te, una per ogni giorno che ti sono stato lontano.- da dietro la schiena tira fuori tre rose blu cobalto.

Le prendo tra le mani, osservo quel colore così carico, il mio preferito, ne annuso l’odore intenso, quasi pungente.

-Oh..Edward, sono bellissime.- un filo di voce, emozionata.

-Nulla al tuo confronto.- mi bacia nuovamente, le sue labbra languide sfiorano le mie.

Mi stacco per riprendere fiato – Come sapevi che il blu è il mio colore preferito?- gli domando meravigliata.

-Non lo sapevo, infatti. So soltanto che quando ti ho vista con quell’abito blu alla festa di Alice ho pensato che mai altro colore si intonasse meglio alla tua pelle.-

Il suo tono di voce, così sensuale, le sue parole ricche di adulazione, arrossisco all’istante, in balia delle sensazioni che quest’uomo così meraviglioso, affascinante, riesce a trasmettermi.

Prendo un vaso, vi poso i fiori, faccio accomodare Edward mentre vado in cucina per preparare le pietanze.

-Allora, com’è andata a Chicago?- domando mentre bevo un sorso di vino.

-Bene, ho ottenuto tutti i permessi, ho aperto già dei casting ed ho preso contatto con agenzie pubblicitarie e qualche stilista emergente. La Cullen Model Management è finalmente operativa.- un gran sorriso gli illumina il volto.

-Perfetto! Potresti collaborare anche con Alice.- gli dico con entusiasmo, felice di potergli essere utile.

-Non preoccuparti, non è necessario.- mi sorride sornione – So come muovermi in questo ambito.-

-Non ne ho alcun dubbio. Quindi con la tua agenzia?-

-Ho firmato le dimissioni prima delle vacanze natalizie, da oggi siamo ufficialmente concorrenti.- mastica lentamente un pezzo delle crepes salate che ho preparato.

La serata passa velocemente, lo ascolto rapita mentre mi parla del suo lavoro, di come ha cominciato in quel campo, di come fin dall’inizio il suo sogno era quello di potere aprire un’attività tutta sua e di quanto fosse entusiasta di esserci finalmente riuscito dopo aver acquisito anni di esperienza.

Per tutto il tempo non distoglie lo sguardo dal mio, mi tiene la mano, l’accarezza dolcemente, la porta alle labbra per posarvi una piccola scia di baci, piccole attenzioni che non fanno altro che ammaliarmi. Ad ogni portata si complimenta per la cena e lo sta facendo anche adesso che è alle prese con il suo soufflé al cioccolato.

-Mh…dove hai imparato a cucinare così divinamente?-

-Suvvia smettila.- gli do un lieve colpetto sulla spalla.

-Non sto scherzando, era tutto molto buono.- porta alle labbra il cucchiaino con quel ripieno di cuore fondente.

-Allora ti ringrazio.- mi avvicino, gli sfioro le labbra e sorrido quando mi accorgo di avergli sporcato lievemente la bocca col cioccolato.

-Cosa c’è? Stai ridendo di me?- simula un’aria sconvolta.

Rido di gusto – In verità…hai un po’…- gli faccio segno col dito.

-Un po’?- inarca un sopracciglio, si tocca il punto indicato e si guarda la mano –Sei stata tu?- domanda sorridendomi minaccioso.

Annuisco con forza, le risate mi impediscono anche di parlare, lo vedo alzarsi, faccio lo stesso ed inizio a correre per la casa.

-E’ inutile che scappi, avrai la tua punizione.-

Mi raggiunge, mi prende da dietro cingendomi la vita, sento il suo respiro affannato sulla mia schiena. Mi lascia cadere sul divano prima di mettersi sopra di me, a circondarmi con le sue braccia tese di cui intravvedo la muscolatura al di sotto della maglia che indossa.

Si incolla alla mie labbra con foga, inizia a baciarle con urgenza, desiderio, la sua lingua comincia una lotta senza fine con la mia, lo attiro a me per liberare finalmente quel desiderio che per tutta la sera è stato brace sotto la cenere.

 Sarà soltanto l’inizio di una lunga notte.

***
Una lunga scia di baci lungo tutto il collo, piccoli, delicati, fino a risalire alle labbra che si adeguano languide. Apro gli occhi, Edward è steso su di un fianco, il braccio a sorreggergli la testa, quei due fari verdi mi osservano intensamente.

-Buongiorno piccola.- un bacio, un altro ancora.

-Buongiorno.- mi sollevo lievemente, poggio la schiena contro la testiera del letto, mi copro con il lenzuolo.

-Sai che sei bellissima quando dormi?- mi attira a se, mi abbraccia lasciandomi un bacio tra i capelli.

Le sue dita viaggiano leggere sulle mie braccia tracciando delle linee immaginarie, sento dei brividi lungo tutta la schiena, vertigini irradiarsi a tutto il corpo mentre flashback della notte appena trascorsa si susseguono creando una serie di nodi allo stomaco.

Passo le mani tra i suoi capelli, lo attiro a me, accarezzo il suo addome sodo, sento i muscoli contrarsi sotto le mie dita, la voglia di godere all’infinito del suo corpo perfetto.

-Che ore sono?- improvvisamente un barlume di lucidità.

-Sono le 8.00.-

-Le 8.00?- mi sollevo di scatto - Tra un’ora devo essere a lavoro, ho un mucchio di impegni, Alice mi ucciderà.-

Lo vedo sghignazzare in quel suo modo delizioso, mi accarezza i capelli – Anche io ho delle questioni importanti da sbrigare. A malincuore ti farò uscire da questo letto.-

Mi alzo, indosso una maglietta lunga che mi copre a malapena, passo una mano tra i capelli nel vano tentativo di dargli un senso – Vado a preparare la colazione, ok?-

-Ok, nel frattempo farò una doccia.- si alza, mi passa accanto e mi stringe a se, inspiro il suo profumo delizioso, mi bacia dolcemente prima di scomparire dietro la porta del bagno.

Vado in cucina, preparo un caffè ristretto, scaldo il latte, prendo dei biscotti e la marmellata.

-Edward la colazione è pronta.- entro in camera, lo avviso da dietro la porta.

-Due minuti ed arrivo.-

-Ti aspetto!-

-Isabella?-

-Sì?-

-Già mi manchi!-

Sorrido, mi mordo il labbro scuotendo la testa, tutto questo mi sembra un sogno. Sto per uscire dalla stanza quando una vibrazione attira la mia attenzione, è il cellulare di Edward.

Mi avvicino al comodino, lo prendo in mano, sul display compare ad intermittenza il nome del mittente di un sms: Tanya.

Una fitta nello stomaco, il cuore batte forte, sento le tempie pulsare nervosamente mentre il sangue affluisce velocemente al cervello. Ripongo di nuovo quell’aggeggio al suo posto, Edward esce dal bagno, lo guardo.

-Il…il tuo cellulare ha squillato.- balbetto agitata.

Lo prende, resta qualche secondo con gli occhi fissi sullo schermo del cellulare, l’espressione seria.

-E’ successo qualcosa?-

-Sì, devo andare, questioni di lavoro.- mi guarda, mi sorride.

Resto ferma, le braccia pesantemente lungo i fianchi. Questioni di lavoro? Tanya rientrerebbe nelle “questioni di lavoro”? Eppure soltanto ieri mi ha detto che aveva chiuso con la vecchia agenzia, che erano ufficialmente concorrenti. Perché mi ha mentito?

Vorrei domandarglielo ma resto impassibile, incapace di proferire alcunché. Lo vedo recuperare le sue cose, perché tutta questa fretta?!

-Scusa devo andare, ci sentiamo più tardi ok?- mi si avvicina posando un piccolo bacio sulle mie labbra.

Annuisco, mi sorride prima di uscire dalla stanza lasciandomi con i miei strani pensieri ed i mille interrogativi. Un sogno, forse troppo bello per essere vero.

 

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Capitolo 29
*** Stupido e prematuro. ***


Buon pomeriggio a tutti! Lo scorso capitolo ci siamo lasciati con un Edward un pò vago ed un Isabella sospettosa, andrà meglio adesso? Beh non vi anticipo nulla. Anche oggi troverete il banner che raffigura il momento clou del capitolo, ringrazio la mia gemellina! Un enorme grazie anche a tutti coloro che leggono e recensiscono, sentire i vostri pareri, le vostre supposizioni, per me è molto importante. Buona lettura!


 


Isabella Pov.

Scendo in strada,  diretta a lavoro, mille pensieri affollano la mia mente. Non riesco a capire il comportamento di Edward, avrebbe potuto dirmi tranquillamente che si trattava di Tanya, avrei capito, se non c’è nulla sotto credo non ci sia alcun motivo di nascondermi la verità.

Già, è proprio questo che mi confonde, sono sicura che non ci sia nulla sotto? Ovviamente no! Le mie saranno supposizioni, ma se fossero vere?  

Domande, ancora una volta tante domande senza una risposta, vorrei capire perché è così difficile gestire le emozioni quando entrano in gioco i sentimenti.

Arrivo in ufficio, c’è un gran tumultuo, tutti si stanno dando un gran da fare per i preparativi della prossima settimana. Saluto qualche collega, vado alla mia postazione, vi trovo sopra dei fascicoli da sistemare, mi metto prontamente all’opera. Faccio delle telefonate per conto di Alice, prendo alcuni appuntamenti, ne disdico altri, mi immergo totalmente nel lavoro per evitare che pensieri spiacevoli possano distrarmi.

La mattinata trascorre velocemente, sono già le 14.30 quando decido di prendermi una pausa per il pranzo. Mi avvio nell’ufficio di Alice che per tutta la mattina non ho visto ne sentito, busso, una voce concentrata mi dice di entrare.

-Buongiorno tesoro, tutto bene?- le domando.

-Sì Bella, tutto ok. E’ soltanto che sono sommersa di lavoro.- si passa una mano tra i capelli, con l’altra si sorregge la testa e sbuffa.

-Dai la settimana prossima sarà tutto finito.- le sorrido, cerco di incoraggiarla – Che ne dici di prenderti una pausa?-

-Perché ancora non hai pranzato?- mi domanda stranita.

-Capo le ricordo che anche io sono sommersa di lavoro.- le dico scherzosamente.

-Hai ragione.- mi sorride, si alza dalla sua scrivania – Andiamo, abbiamo proprio bisogno di un po’ di relax.-

Entrambe non abbiamo molta fame, scendiamo in strada e prendiamo due panini da un venditore ambulante, facciamo quattro passi per prendere una boccata d’aria.

-Hai sentito Rosalie in questi giorni?- domando mentre ci accomodiamo su una panchina.

-Solo una volta, anche lei è molto impegnata.- mi risponde mentre sorseggia la sua lattina d’aranciata.

La guardo, annuisco – E con Jasper tutto ok?-

-Meravigliosamente. Non so come faccia a sopportarmi in questi giorni, lui che è un tipo così calmo, io che mi lascio prendere dall’ansia.-

-Beh vi compensate.- le rispondo con fare ovvio.

Un sorriso le illumina il volto – Già, credo che tu abbia ragione. A proposito, ma Edward è rientrato da Chicago?-

-Certo, ieri. Siamo stati insieme questa notte.-

-Ma allora, la cosa si sta facendo seria.- mi sorride, il suo tono a voler insinuare qualcosa.

-Forse, è ancora presto per dirlo.- abbasso lo sguardo, rifletto.

Sono realmente presa da Edward, ma non so lui cosa provi realmente per me. I suoi gesti sono dolci, premurosi, i suoi occhi mi guardano come se fossi qualcosa di prezioso, ma se mi stessi illudendo? Odio questa mia insicurezza, questa vulnerabilità che non riesco a gestire, ma perché deve essere così difficile.

“Perché ne sei innamorata” provvedo immediatamente a zittire questa vocina irritante nel mio cervello.

“Non posso permettermi di andare così a fondo” penso, come se fossi io a decidere quanto sentirmi coinvolta.

-Allora, che ne dici di rientrare? Comincio a sentire un po’ freddino.- Alice si stringe nel suo cappottino bianco, abbinato a cappello, sciarpa e guanti, ovviamente.

Mi alzo, getto in un cestino poco più avanti la lattina e la parte di panino che non ho mangiato, discuto con Alice dell’organizzazione di alcune cose per il servizio.

Rientrata in ufficio telefono James per controllare che gli abiti che ci serviranno la prossima settimana siano pronti, vorrei evitare di subire le sue ire nel caso in cui ci siano degli imprevisti (come è accaduto l’ultima volta).

Prendo il cellulare, lo controllo per l’ennesima volta, ancora nulla, non un messaggio, non una telefonata. Lo ripongo nuovamente sulla scrivania, sono le 15.30 e mi attendono ancora tante ore di lavoro, quindi decido di non pensarci e trascorrerle serenamente.

Improvvisamente, però, sento una vibrazione, prendo il cellulare, un messaggio di Edward.

“Il mio incontro di lavoro è quasi terminato. Tra un quarto d’ora puoi prendere una pausa? Ho voglia di sentire la tua voce.”

Leggo quelle poche righe, le sue parole in questo momento non mi convincono, mi sembrano false, ma forse è soltanto il mio stato d’animo ad influenzarmi. Decido di far finta di nulla, consapevole che non posso condannarlo per delle supposizioni e ne tantomeno lo farei se queste ultime fossero vere. Non ne avrei il diritto, dopotutto Edward non mi ha dato nessuna certezza, ci vediamo, frequentiamo, come due persone adulte, al momento senza coinvolgimento alcuno.

“Posso, aspetterò la tua telefonata.”

Mi rimetto a lavoro, i minuti trascorrono, interminabili. Le 16.00; Le 16.45; Le 17.15; Nulla…di Edward nemmeno una traccia.

Decido di chiamarlo, prendo il telefono, compongo il numero. Uno…due..tre squilli..sto quasi per riattaccare quando sento qualcuno rispondere.

-Pronto?-

Per un attimo credo di aver sbagliato numero, ricontrollo il display, è esatto. Forse è soltanto una mia suggestione, non può essere.

-Pronto?-

Di nuovo, quella voce. Inconfondibile. Resto con il telefono accanto all’orecchio, incapace di dire qualsiasi cosa. Riaggancio.

Quella che forse prima poteva essere una supposizione adesso può definirsi una certezza? Non lo so! Non vedo il motivo per cui debba mentirmi,  essere carino ed amorevole nei miei confronti, a che scopo?

Vorrei poter ragionare in maniera lucida, ma sento la rabbia offuscarmi la mente. Frustrazione, delusione, amarezza, sono i sentimenti che imperversano dentro di me.

Sarà sciocco, banale, ma questa storia va avanti da diversi mesi ormai, non è la prima volta che mi sento così e credo non sarà nemmeno l’ultima se una volta e per tutte io ed Edward non chiariremo cosa c’è tra noi, cosa siamo realmente, quali sono i limiti che posso o meno oltrepassare.
Dovrei reagire, magari dirgli che non possiamo continuare nell’incertezza, ma come si può fare quando la persona che ti fa star bene è proprio quella che è capace di farti stare peggio?

Finalmente sono le 19.00, saluto Alice, esco dall’ufficio diretta verso casa. Prendo un taxi, ci blocchiamo nel traffico di NY, mi incanto a guardare il via vai di gente fuori dal finestrino. Ad un tratto il cellulare prende a squillare, sarà Alice, Rosalie, o forse mia madre. Lo prendo, osservo il display, una chiamata entrante di Edward.

Non ho voglia di rispondere, premo il pulsante di rifiuto della telefonata. Due minuti dopo circa riprende a squillare, metto la vibrazione, poso il cellulare in borsa, potrà squillare a vuoto in eterno.

Alle 19.30 sono a casa, poso la borsa e delle cartelline sul mobile dell’ingresso, vado in bagno per una doccia veloce. Indosso il mio caldo pigiamone di pile, mangio qualcosa velocemente, mi sistemo sul divano per guardare un po’ di tv.

Ad un tratto di nuovo quel rumore fastidioso attira la mia attenzione, prendo il cellulare: 6 chiamate perse, 1 messaggio.

“Piccola è tutto ok? Comincio seriamente a preoccuparmi.”

Lo ignoro, spengo quell’aggeggio che continua a risuonare imperterrito, decido di andare a letto, sicuramente la notte mi porterà consiglio.

***
Mi sveglio di soprassalto, guardo la sveglia, le 06.45. Mi alzo compiendo i soliti gesti meccanicamente, alle 07.50 sono già pronta, scendo in strada.

Piove, mentre apro l’ombrello la borsa cade rovinosamente per terra, raccolgo le chiavi di casa, l’astuccio degli occhiali, il cellulare che è ancora spento da ieri sera.

L’accendo, immediatamente prende a vibrare, una miriade di messaggi, tutti di Edward. Li ignoro ancora, riprendo a camminare alla ricerca di un taxi, in circa 20 minuti sono in ufficio.

Alice arriva con un lieve ritardo, sfila via il cappellino che indossa, passa una mano tra i capelli per riordinarli.

-Buongiorno Bella. Cavolo, quando piove le strade diventano ancora più impercorribili.- posa l’ombrello nell’apposito vaso – Novità?-

-Nessuna al momento.- le rispondo continuando a controllare la posta elettronica.

-Ok, vado in ufficio. Per qualsiasi cosa, sai dove trovarmi.- mi sorride e va via.

La giornata trascorre veloce, alle 18.45 ho finito di lavorare, saluto Alice. Esco dall’edificio, guardo il cielo, è nuvoloso ma non piove, decido di fare quattro passi.

Sto per andare quando mi sento tirare per un braccio, mi volto di scatto, è Edward.

-Edward ma…cosa stai facendo?-

Non mi risponde, continua a trascinarmi con se, cerco di divincolarmi, invano.

-Si può sapere cosa ti prende?- domando adirata.

Si ferma, siamo nel parcheggio sul retro dell’edificio, soli.

-A me cosa mi prende? E’ da ieri che ti cerco, stavo per impazzire.- parla velocemente, gesticola.

-Ho avuto da fare.- rispondo fredda, distaccata.

Vedo i suoi occhi sgranarsi, mi guarda stranito – Da fare? Eri così impegnata da non avere nemmeno un minuto per mandarmi un sms?-

Volto lo sguardo, non mi va di guardarlo negli occhi. Posa entrambe le mani sulle mie spalle, mi scuote lievemente.

-Bella, Bella guardami. Cosa c’è?- il tono contrito.

-Cosa c’è, Edward? Vorrei saperlo da te.- sbotto sempre più nervosa, incapace di contenermi.

-Da me? Io..io cosa?- si passa una mano nervosamente tra i capelli.

-Oddio Edward! Quando ieri mattina ti è arrivato quel messaggio sei letteralmente corso via, non ti ho sentito per tutto il giorno e quando ti ho chiamato dopo aver aspettato la tua telefonata per ore chi mi risponde? Tanya, era la sua voce al telefono, inconfondibile. Cosa dovrei dedurre dai tuoi atteggiamenti?- col mio tono cerco di contenere tutta la rabbia che sento di crescermi dentro.

Mi fissa qualche istante, inizia a sorridere, scuote la testa – Bella, tu credi che io abbia una relazione con Tanya?- si avvicina, cerca di sfiorarmi, mi scanso.

-Non vedo quale altro motivo avessi per nascondermi la verità, altrimenti.-

-Ma io non intendevo nascondertela, avevo un appuntamento con Tanya perché doveva consegnarmi dei vecchi documenti.-

Lo guardo con diffidenza, mi sembra una scusa piuttosto banale la sua.

-Dei vecchi documenti? Vorresti dire che non c’è niente tra di voi? Non c’è mai stato nulla?-

Abbassa lo sguardo, sospira, non mi risponde. Questo suo gesto vale più di mille parole.

-Edward, so di non avere il diritto di pretendere nulla da te, ma ho bisogno che tu sia sincero.- sospiro pesantemente, chiudo gli occhi quasi a prepararmi a ricevere una brutta notizia.

Mi guarda ancora, quelle due giade luminose a penetrarmi l’anima, non una parola.

-Perfetto!- un filo di voce, mi volto, intenzionata ad andar via.

Un magone allo stomaco, il cuore palpita frenetico,  il vento freddo a scompigliarmi i capelli mentre sento il mio volto andare in fiamme, gli occhi velati di lacrime che mi impongo di trattenere.

Mi sento afferrare per il polso, mi attrae al suo petto, ne percepisco il calore, il respiro tra i capelli. Continuo ad avere il volto basso, girato.  La sua mano sul mio collo, un tacito invito a guardarlo negli occhi. Mi volto, mi perdo in quei suoi splendidi smeraldi, un forte tremore lungo tutto il corpo.

-Non andare via.- avvicina le sue labbra alle mie, le sfiora, vorrei resistergli, non ci riesco -Se vuoi che sia sincero con te..- una pausa, mi sfiora il viso, bacia ancora le mie labbra - ..chiamalo stupido, o prematuro, ma io…ti amo!-

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Capitolo 30
*** Carte in tavola. ***


Buonasera a tutti. Finalmente è arrivato il capitolo dei chiarimenti, spero che apprezziate il modo in cui ho trattato la questione, credo, e spero, di aver espresso al meglio le perplessità di Isabella e le ragioni di Edward. Devo dire che abbiamo faticato e patito tanto, ma alla fine credo che il risultato possa essere abbastanza soddisfacente. Spero mi farete sapere in tanti le vostre impressioni su questo capitolo, come sempre ringrazio tutti e vi lascio con il bannerino della mia adorata tesorina. A presto!

 


Isabella Pov.

“Se vuoi che sia sincero con te..- una pausa, mi sfiora il viso, bacia ancora le mie labbra - ..chiamalo stupido, o prematuro, ma io…ti amo!“

Resto immobile, incredula, convinta che ciò che le mie orecchie hanno sentito sia soltanto uno stupido scherzo del mio cervello. Perché non può essere, non può aver pronunciato quelle parole, estremamente importanti, così cariche di significato, con una leggerezza simile.

-Cosa?-  domando perplessa, ancora convinta che tutto ciò sia solo frutto della mia immaginazione.

-Isabella, io ti amo.-

Ancora una volta quelle parole, che pronunciate dalle sue labbra mi sembrano le più belle che io abbia mai sentito, ma, ciononostante, in questo momento abbiamo ben altre cose da chiarire. Sento la rabbia salirmi al cervello, stringo forte i pugni. Come può essere così superficiale, come può dirmi una cosa del genere soltanto per tenermi calma?

-Oh Edward, per favore.- mi stacco da lui, passo entrambe le mani tra i capelli – Come puoi dirlo?- dubbi, tanti, che si sovrappongono.

-Posso, perché è vero.- si avvicina nuovamente, mi costringe a guardarlo negli occhi che, nonostante tutto, sembrano sinceri.

-Perché Tanya ha risposto al tuo cellulare?- mi dispiace rovinare questo momento che avevo sognato in tutt’altro modo, che doveva essere speciale, ma non posso, ne tantomeno voglio, lasciarmi abbindolare.

-Santo cielo, Bella, è stato un malinteso. Ho lasciato il cellulare nel suo ufficio ed ha risposto pensando che fossi io che chiamavo per ritrovarlo.-

Lo guardo perplessa, può sembrare una scusa futile, ma se davvero così fosse? In qualunque caso non mi pento di ciò che ho detto, sono troppo coinvolta per andare avanti nell’incertezza e se questo fraintendimento, o verità che sia, ci aiuterà a mettere le cose in chiaro una volta per tutte, allora ben venga.

Si avvicina ancora, vuole abbracciarmi, questa volta lo lascio fare. La testa poggiata sul suo petto, le sue mani tra i miei capelli, mi perdo ad ascoltare i battiti del suo cuore che rimbombano feroci nel silenzio che regna intorno a noi.

-Sono sincero, Isabella, io non voglio perderti. Capisco che potrà sembrarti surreale ciò che dico, forse è troppo presto per una cosa così importante, ma se avere voglia di starti accanto giorno e notte, se voler annusare il profumo dei tuoi capelli, voler baciare le tue labbra all’infinito, accarezzarti, sfiorarti, sentirti mia…se tutto questo è amore io non posso fare altro che amarti senza remore.- un lieve sussurro al mio orecchio, mi lascio cullare da queste parole colme di una dolcezza infinita e, per un attimo, pare che tutti i miei sospetti si dissolvano all’istante, come neve al sole.

Resto in silenzio, la salivazione completamente azzerata, sento gli occhi diventare lucidi, la testa pulsare, il cuore a battere frenetico. Una dichiarazione d’amore in piena regola, le parole più belle, più dolci, più romantiche che io abbia mai sentito.

Alzo lo sguardo, mi perdo nel suo, mi scruta attentamente, aspetta che sia io a parlare.

-Edward io…io..- non riesco a fermare il tremore.

-Shhh Bella.- non mi lascia finire – Non devi sentirti obbligata a dire qualcosa. Vieni, facciamo quattro passi.-

Vorrei dirgli che non mi sento obbligata a dire nulla, che in realtà anche io ho imparato ad amarlo, nel tempo, quando ogni giorno mi rendevo conto che era diventato il fulcro dei miei pensieri, ma non lo faccio, annuisco e prendo a camminare con lui.

Arriviamo in un parco poco più distante, le poche foglie che sono riamaste sugli alberi si agitano sotto il soffio del vento, ci sediamo su una panchina.

Prendo coraggio, decido di parlargli apertamente, sincera, senza filtro alcuno, di mettere definitivamente le carte in tavola.

-Edward ascolta..- tiro un sospiro, cerco le parole più adatte – Non era mia intenzione fare una scenata..-

-Bella ma tu..- m’interrompe, lo interrompo a mia volta.

-Ti prego, lasciami finire. Voglio soltanto che tu sia consapevole che oramai ci sono dentro fino al collo, che per me non è un gioco e ciò che hai detto è molto importante. Non ti nascondo che in futuro, se me ne darai motivo, potrebbero esserci altri momenti simili e non sono sicura che riuscirò a trattenermi come ho fatto adesso. Quindi, se non sei convinto al cento per cento di ciò che provi, vai via adesso, prima che possa illudermi che tra noi possa nascere qualcosa di serio.- concludo il mio discorso a fatica, cercando di ignorare il nodo alla gola che quasi mi impedisce di parlare.

Abbasso lo sguardo, attendo una risposta per degli istanti che sembrano lunghissimi, interminabili. Il vento continua a soffiare violento, il freddo che sento all’esterno è nulla rispetto a quello che, in questo momento, sento nel cuore, nel sangue quasi raggelato nelle vene.

Improvvisamente mi prende le mani tra le sue, sono calde, riescono a scaldarmi. Inizia a parlare, alzo lo sguardo per guardarlo negli occhi, per cogliere in essi un segnale, qualche certezza, quella sincerità di cui ho bisogno.

-Io non posso decidere, Isabella, perché il mio cuore l’ha già fatto per me. E sinceramente, in quest’istante, non mi importa nulla del fatto che in futuro ci potranno essere nuove crisi, nuovi dissensi, credo che sia una cosa normale in una coppia.- prende una pausa, le sue mani si muovono lentamente, sfregano contro le mie dita - E se fin’ora ero estremamente confuso su questo sentimento, ed avevo parecchi dubbi su cosa realmente provassi, adesso non è più così. Quando ieri non mi hai risposto per tutta la sera stavo per diventare matto al sol pensiero che potessi essere in qualsiasi posto, che potesse accaderti qualsiasi cosa, ed io non ero lì con te, a proteggerti. Sarò egoista, ma ho bisogno di te, non desidero altro che iniziare questo percorso insieme.-

Prende il mio volto tra  le mani, si avvicina, sento il suo alito caldo che pare bollente a contatto con l’aria gelida che ci circonda. Inizia a baciarmi lentamente, sento le sue labbra morbide giocare con le mie, la sua lingua che lambisce timidamente la mia.

-Ti amo, Isabella...non posso fare altrimenti io..ti amo.- un sussurro ripetuto sul mio orecchio, mentre mi stringe forte a se, la mia schiena contro il suo petto, tanti brividi partono dal collo irradiandosi lungo tutto il corpo.

-Ti amo anch’io, Edward, da morire.-

Decido di essere finalmente sincera, di non nascondere più quello che sento, lo attiro a me per baciare quelle labbra perfette, soffici, mie.

Mio, è quello che sento in questo momento. Quel senso di appagamento, di appartenenza, nel sapere che le sue labbra, il suo corpo, il suo amore, sono miei, soltanto miei e di nessun altro.

Libera, finalmente libera da tutti quei dubbi, quelle paure, senza più quel senso di incertezza e precarietà. Perché non posso non credere alle parole che mi ha appena sussurrato, a questi occhi che mi guardano così limpidi e sinceri, alle sue labbra che mi sfiorano come se avessero paura di farmi male, alle sue mani che si prendono cura di me, alle sue braccia che mi stringono forte.

La testa poggiata sulla sua spalla, lo sguardo rivolto verso il cielo limpido, libero dalle nuvole che il vento a provveduto a spazzar via, ad osservare la miriade di stelle luminose che lo occupano, il silenzio, le mani di Edward ad accarezzarmi i capelli.

-Si è fatto tardi, che ne dici di mangiare qualcosa?-

-Oh no, ti ringrazio, non ho molta fame.-

Come potrei spiegargli che ho lo stomaco pieno di farfalle e che l’unica cosa che voglio in questo momento è lui? Un brivido mi attraversa la pelle, mi stringo nel mio cappotto.

-Hai freddo?- le braccia di Edward corrono premurose a stringermi – Vuoi fare quattro passi?-

Annuisco, si alza e mi tende la mano per aiutarmi. Mi alzo ritrovandomi a pochi centimetri dal suo viso, mi sorride, mi perdo in quello sguardo di dolcezza infinita, mi incollo alle sue labbra con urgenza, come se non mi servisse altro per sentirmi pienamente completa, soddisfatta.

Iniziamo a camminare, fianco a fianco, le luci soffuse dei lampioni che illuminano il sentiero, gli alberi che, nonostante spogli, illuminati dal chiarore della luna piena assumono un fascino particolare, oscuro.

Improvvisamente sento la sua mano calda intrecciarsi alla mia, usciamo dal parco, camminiamo mano nella mano come molte coppie intorno a noi e, per quanto sia un gesto semplice, forse banale, non riesco a fare a meno di sentirmi al settimo cielo.

-Sicura di non voler mangiare nulla?- strofina il pollice sul dorso della mia mano.

-Sicura!- esclamo convinta.

-Va bene. Ma se credi che ti lasci andare a casa ti sbagli di grosso.- mi guarda intensamente, uno strano sorriso sul volto.

-Ah si?- decido di stare al suo gioco, conscia che tutte le sue cattive intenzioni non potranno altro che essere pari alle mie.

-Sì!- risponde convinto prima di portarsi la mia mano alle labbra per lasciarvi un piccolo morso – Voglio tenerti stretta a me per tutta la notte, sarei molto felice se venissi a casa mia, dimmi di si.-

-Non desidero altro.- mi alzo sulle punte per raggiungere le sue labbra che mi accolgono all’istante.

Prendiamo un taxi, Edward indica l’indirizzo al taxista che prontamente parte. Nel cuore un lieve senso di agitazione per questa situazione del tutto nuova, intima. Sono curiosa di vedere come sarà la casa di Edward, potrei trovarvi tanti particolari per capire ancora più a fondo il suo carattere, magari qualche sua foto da bambino , qualcuna dei suoi genitori, tutto di lui mi interessa, ogni più piccolo dettaglio.

-I tuoi genitori abitano qui a New York?- domando improvvisamente, non riuscendo a contenere la mia curiosità.

-No, mio padre è primario all’ospedale di Washington, mia madre si occupa d’arte, consiglia opere che fungono da arredamento.-

-Ma dai, anche mia madre adora l’arte, ama dipingere.- dico spontaneamente con un eccessivo entusiasmo.

-Bene, magari un giorno andranno d’accordo.-

Mi sorride sereno mentre lo guardo con gli occhi leggermente spalancati per ciò che ha appena detto, sta parlando del futuro, di un ipotetico futuro insieme in cui magari le nostre famiglie si conosceranno, annuisco semplicemente senza aggiungere altro.

Poco dopo il taxi si ferma, Edward mi indica una piccola villa alla sua destra -Eccoci, siamo arrivati.-

Scendiamo, paga la corsa, mi fa strada verso l’ingresso. Percorriamo il piccolo vialetto del giardino, saliamo gli scalini del portico per ritrovarci fuori la porta. Estrae le chiavi dalla tasca del giubbotto, apre e si sposta per farmi entrare.

-Prego Madame.-

-La ringrazio.- rispondo civettuola.

Entro, la poca luce che penetra dalle finestre non mi permette di vedere chiaramente, riesco soltanto a percepire un profumo, un profumo fresco, che sa di lui. Edward entra richiudendo la porta alle sue spalle, prontamente accende la luce.

Mi ritrovo in un grande soggiorno, l’arredamento è moderno, i mobili sono ridotti all’essenziale e riproducono forme geometriche, i colori che prevalgono sono il bianco ed il nero. Parete attrezzata nera, tv maxischermo nera, divani e pouf in pelle bianca, un tavolino in cristallo  e sotto di esso un tappeto nero con sfumature bianche ai bordi.

-Molto carino, hai gusto.-  gli dico sorridendogli.

-Ti ringrazio, ma non posso prendermi tutti i meriti. Ammetto che c’è la mano di mia madre.-  mi confessa sorridendo – Non restare lì impalata, fai pure come se fossi a casa tua.- mi invita a togliere il cappotto, lo prende e lo sistema su un appendiabiti stilizzato che si trova all’angolo della stanza – Ti và un bicchiere di vino?-

-Sì, grazie.-

Lo seguo fino in cucina, è grande, ariosa, anche qui troneggiano le tonalità chiare. E’ interamente in acciaio con i ripiani di marmo nero, mi soffermo su una parte in particolare, la piccola isola che si trova quasi al centro della stanza. Improvvisamente immagini di un posto analogo, io e lui, l’isola del cottage dove abbiamo fatto l’amore in quel  modo così intenso, sento il suo sguardo su di me, mi volto di scatto, sta sorridendo.

-Qualche problema?- domanda serafico, quando in realtà credo che abbia capito più che bene i pensieri che affollano la mia mente.

-No, nessuno.- simulo un' aria indifferente.

-Prego accomodati.- mi indica uno degli sgabelli neri, laccato lucido, che circondano l’isola.

Mi siedo, lo osservo mentre si muove deciso, prende una bottiglia di vino rosso, da un mobile in alto preleva due calici che posiziona sul ripiano accanto alla bottiglia, da un cassetto estrae un apribottiglie.

Versa il vino in entrambi i calici, me ne porge uno, ne annuso l’odore intenso, pungente.

-A noi! Io e te, insieme.- alza il calice verso di me, sul volto un’espressione seria ma dolcissima.

Alzo anch’io il calice, brindando a questo nuovo inizio, l’inizio di noi. Mi bagno le labbra con questo liquido fresco al palato che diventa bollente mentre mi attraversa la gola.

Scorgo Edward osservare attentamente i miei movimenti, il suo sguardo intenso che riesce a procurarmi lo stesso effetto di un pugno nello stomaco.

Si avvicina, mi accarezza il viso, porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Provo un forte senso di calore, sento le guance andare in fiamme,  non so se questa reazione è dovuta alla temperatura alta che c’è in casa, al vino o, semplicemente, all’eccitazione che sento crescere minuto dopo minuto.

Inizia a baciarmi dietro l’orecchio, proprio dove pochi istanti prima le sue dita mi hanno sfiorato per sistemare i capelli, scende seguendo la curva del viso, arriva alle labbra.

-Credo che riuscirò a resisterti ancora per poco.- sussurra, la voce roca.

-Non devi farlo.- il mio un tacito invito a continuare, una sottointesa confessione nel rivelargli che anch’io lo desidero, in quest’istante.

 

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Capitolo 31
*** Buio e sensi. ***


Buon pomeriggio. Non ho molto da dire su questo capitolo, voglio solo ringraziarvi per le recensioni, provvederò a rispondere a tutte in privato. Per il resto il banner è lo stesso dello scorso capitolo in quanto è un continuo, e volevo dirvi che ho inserito una frase di Twilight, credo non ci sia bisogno di dirvi qual'è. E' una frase che mi piace molto e credo che si addica bene..a presto.
Buona lettura!


 


Isabella Pov.

Sento due braccia forti sollevarmi, poggio la testa nell’incavo del suo collo, mi inebrio del suo profumo delizioso, inizio a baciarlo in questo punto così delicato. Sento dei mugolii abbandonare le sue labbra,  prende le scale, arriviamo nella sua camera, mi poggia a terra, le mie spalle contro il suo petto largo che seguono il ritmo del suo respiro agitato. Mi cinge la vita da dietro, inizia a baciarmi il collo, sento la sua barba solleticarmi provocandomi ulteriori brividi.

La sua mano inizia ad accarezzarmi il ventre, la sento bollente al di sopra della stoffa della maglia che indosso. Si insinua al di sotto di essa, risale lentamente fino al seno, sussulto quando si chiude a coppa su di esso. Sposta il reggiseno, inizia a sfiorarmi un capezzolo, trattengo il respiro, chiudo gli occhi, mentre godo di questo tocco delicato.

Sfila via la maglia, mi volta verso di lui, mi sfiora il volto, scende sul collo, arriva alla spalla, precorre tutta la lunghezza del braccio fino ad arrivare alla mano, intreccia le sue dita alle mie,  m’invita ad alzarla fino a portarla davanti al suo volto. Apre il suo palmo facendo automaticamente lo stesso col mio, con la lingua inizia a tracciarne le linee che sono nel centro prima di lasciar scomparire un dito nella sua bocca, a risucchiarlo sensualmente.

I suoi occhi non perdono un secondo il contatto visivo coi miei, il modo in cui mi scrutano, mi guadano, mi eccita ancor di più, il sol pensiero che possa leggere sul mio volto le emozioni che mi trasmette mi fa perdere il contatto con la realtà.

Gli accarezzo i capelli morbidi dietro la base del collo, scendo lungo la sua schiena, sento i suoi muscoli contrarsi sotto le mie dita. Arrivo ai bordi della maglia, inizio a sollevarla fino a sfilargliela del tutto. Osservo il suo petto nudo, lo vedo gonfiarsi e sgonfiarsi al ritmo accelerato del suo respiro, lo accarezzo con cura senza perderne nemmeno un centimetro, ne scorgo la peluria rada che dall’addome scende fino a scomparire al bordo dei pantaloni.

Ci priviamo del resto degli indumenti restando soltanto in intimo, mi prende in braccio, le mie gambe intorno ai suoi fianchi in una morsa serrata mentre continuiamo a baciarci, si avvicina al letto, mi adagia su di esso e si distende al mio fianco. Gli bacio le labbra, le mordo mentre mi sollevo per sistemarmi a cavalcioni su di lui. Sento la sua erezione comprimere contro la mia intimità, i soli slip a separarci, un calore ingestibile al basso ventre.

Inizio col baciargli il collo, i pettorali sodi, scendo sul suo addome piatto, lo sento trattenere in respiro man mano che le mie labbra e la mia lingua scendono un po’ più in basso. Con la mano inizio a sfiorare la sua eccitazione al di sopra del boxer, lo sento fremere sotto il mio tocco, lo libero da quella costrizione.

Gli accarezzo l’asta lungo tutta la lunghezza, mi avvicino con le labbra, lascio una lunga scia di baci umidi. Sussulta quando approfondisco questo contatto, serra gli occhi, stringe i miei capelli tra le sue mani. Non ho mai preferito questo genere d’approccio con un uomo, eppure con Edward è tutto così diverso, naturale.

-Oh Dio, Bella…-

Sollevo lo sguardo, adoro vederlo godere del mio tocco, poter ricambiare quel piacere immenso che mi dona ogni volta che siamo insieme, quando si dedica a me con una dedizione totale, senza chiedere nulla in cambio.

Continuo, su e giù, in un ritmo lento, cadenzato, alternando ad esso baci, carezze. Improvvisamente Edward mi artiglia per i fianchi, mi solleva fino a ritrovarci faccia a faccia, mi bacia con passione, morde le mie labbra fino a farmi male.

-Isabella..- la voce ansante mentre continua a baciarmi il mento, il collo, le spalle, fino a scendere giù tra l’incavo dei seni -..voglio morire dentro di te!-

Con un gesto veloce tira via i miei slip, capovolge le nostre posizioni ritrovandosi sopra di me, i capelli gli ricadono morbidi sulla fronte, gli occhi incorniciati dalle lunghe ciglia, il suo naso quasi a sfiorare il mio.

-Dimmi che lo vuoi anche tu.-

-Lo..lo voglio, Edward.- la voce strozzata, la mente offuscata, l’unico pensiero coerente in questo momento è la voglia di lui.

Lo sento entrare lentamente, inizia a muoversi dentro di me. Istintivamente stringo gli occhi, mi mordo le labbra, le  mie mani sui glutei che sento contrarsi ad ogni spinta. Accavallo le gambe sopra la sua schiena, inarco il bacino per sentirlo ancora più a fondo.

-Oh..Edward, sì. Non fermarti, ti prego.-

Sento quasi di scoppiare, le sue spinte aumentano di velocità ed intensità, cerco le sue labbra che imprigiono tra i miei denti, le mie unghie affondano nella carne calda della sua schiena, un idillio dei sensi, perché è lui a trasmettermi tutte queste emozioni, perché questo non è semplicemente sesso, è un unione di mente, corpo e cuore.

-Oddio piccola, sì..- una spinta, un’altra ancora, prima che raggiunga l’apice.

I suoi muscoli si rilassano, si lascia andare sopra di me badando a non pesare sul mio corpo, il respiro ancora agitato. Mi bacia le labbra, un bacio dolcissimo, delicato.

-Se potessi trascorrerei le mie giornate a fare l’amore con te.- esce da me sistemandosi  su un fianco, mi abbraccia.

Rido mentre mi giro, a pancia sotto, porto le mani sotto il mento e lo guardo divertita.

-Credo che dovresti fare anche altre cose per vivere.-

-Ti sbagli, mi basti solo tu per vivere.-

Mi attira nuovamente a se, lo sento inspirare forte l’odore della mia pelle. Mi lascia un morso sul collo, un altro sulla spalla.

-Sai, credo di aver bisogno di una doccia.- dico dopo qualche istante.

-No, non lasciarmi solo.- sul suo volto compare un finto broncio, un’espressione dolcissima, simile a quella di un bambino.

-Ci impiegherò pochissimo, tornerò subito da te.- gli lascio un soffice bacio sulle labbra, mi alzo dal letto.

Lo vedo portarsi le braccia al petto mentre sbuffa scontento, gli sorrido mandandogli un bacio prima di entrare nel bagno e richiudere la porta.

Il bagno è ampio, le mattonelle sono bianche e blu, così come tutto il resto dei servizi. Vi sono alcune mensole sulla quale scorgo diversi prodotti, tra cui molti profumi, non mi sorprendo, immaginavo Edward fosse un tipo molto curato. Da un lato del bagno c’è la vasca, dall’altro, in un angolo, una grande cabina doccia, opto per quella per risparmiare tempo.

Faccio scorrere l’anta in vetro satinato del box, entro e la richiudo alle mie spalle. Apro il rubinetto, mi sposto per evitare di essere colpita dal getto freddo, regolo l’acqua che lascio scorrere tiepida sulla pelle, tra i capelli, sul volto che sento ancora accaldato.

Prelevo del bagnoschiuma dalla boccetta che si trova sul ripiano a lato, inizio ad insaponarmi, mi soffermo sul collo che massaggio lentamente per sciogliere i muscoli.

Improvvisamente la luce va via, resto completamente al buio, probabilmente sarà un guasto alla corrente.

-Edward?- lo chiamo, nessuna risposta –Edward, ci sei?- alzo il tono della voce, ancora niente.

Sento il cigolio della porta, mi volto di scatto in quella direzione, intravvedo uno spiraglio di luce, il vapore provocato dall’acqua calda che diventa più visibile entrando in quel raggio.

-Edward?- la mia voce esce stridula, tremante, mi pare di trovarmi in quelle classiche scene dei film dell’orrore, film che mi terrorizzano e, per l’appunto, evito di guardare.

L’anta del box doccia si apre di scatto, prima che possa avere il tempo di gridare per lo spavento sento due mani posarsi sulle mie labbra gentilmente.

-Shhh, sono io.-

-Edward, mi..mi hai fatto prendere un colpo.- mi stringe a se, poggio la testa sul suo petto, l’acqua continua a scorrere indisturbata.

-Scusami, non volevo spaventarti, ma non riesco a starti lontano per più di 5 minuti.- la sua voce è quasi un sussurro.

-Ma la luce, c’è un guasto?-

-No, sono stato io.-

-Ma non vedo nulla, questa cosa mi angoscia.-

Con la mano mi sfiora entrambi gli occhi –Rilassati, lasciati guidare dai tuoi sensi.-

Chiudo gli occhi mentre sento la sua mano accarezzarmi la guancia, scende sulle labbra dischiuse, sul collo fino ad arrivare al seno, ne sfiora il capezzolo, lo accarezza piano, la mia pelle bagnata gli permette di muoversi più fluidamente.

Un gemito affiora sulle mie labbra, lo sento chinarsi, pian piano scende a baciarmi l’addome, il ventre, sempre più giù. Le sue mani sulle mie cosce, a stringerle, fino a scendere sulle caviglie. Mi invita a divaricare le gambe, lo faccio senza opporre resistenza, sento le sue labbra cominciare a baciare la mia intimità, partire dall’altro per arrivare al centro del mio piacere, a risucchiarlo tra le sue labbra morbide.

-Ti prego, Edward.- le mie mani sulle sue spalle, a sorreggermi, la schiena poggiata alla parete.

Improvvisamente si stacca, sento la mia eccitazione continuare a palpitare frenetica, un senso di incompletezza, vuoto. Continuo a non vedere nulla, soltanto le sue mani, il suo respiro sulla pelle a guidarmi, il rumore dell’acqua che scende su di noi. Si solleva, mi bacia, la sua lingua invade con irruenza la mia bocca, la lecca, l’esplora.

Non posso vedere la sua eccitazione ma la percepisco, sento l’elettricità che dalle sue mani  si sprigiona sul mio corpo, la sento piena contro la mia intimità. Non desidero altro che sentirlo dentro di me, a completarmi, ancora una volta, a colmare quel vuoto che sento quando mi è lontano.

Afferra una gamba, la porta all’altezza del suo bacino, la tiene ferma. L’altra mano è dietro la mia schiena, mi stringe, mi sorregge mentre penetra con cautela.

-Sei meravigliosa, ti amo…- un sussurro tra i gemiti.

-Anche io…oh..anche io Edward ti…amo.- riesco a malapena  a pronunciare queste parole che nuovamente sento delle forti contrazioni partire dal basso ventre ed irradiarsi in tutto il mio corpo.

La mente libera da qualsiasi altro pensiero, nient’altro che noi ed il nostro amore. Si ferma, la fronte poggiata alla mia, riesco a malapena a vedere i suoi occhi.

-Possibile che mi fai questo effetto?- il suo respiro è ancora agitato, la voce bassa.

-Non è poi tanto diverso da quello che tu fai a me.- la mia testa trova riparo nell’incavo del suo collo, in un susseguirsi di baci e piccoli morsi, mai sazia di lui, del suo corpo.

-Credo sia meglio che ti lasci continuare la tua doccia, se resto non sono sicuro che riesca a rispondere delle mie azioni.- lo sento ridacchiare.

-Va bene, a patto che tu riaccenda la luce.-

-Miss Swan, lei ha per caso paura del buio?- il tono di voce sarcastico mentre apre l’anta del box ed esce.

-No, mica paura. Solo mi angoscia non vedere nulla, il non sapermi orientare.- mi giustifico anche se credo che non mi creda poi più di tanto.

-Abbastanza credibile amore mio, abbastanza credibile.- mi lascia un bacio sulla punta del naso, lo sento sghignazzare prima che esca dal bagno, dopo aver riacceso la luce.

Finisco la doccia in fretta, asciugo il corpo ed i capelli, rientro in camera. Recupero la mia biancheria ed i vestiti che sono stati sistemati sul letto, mi vesto e prima di uscire dalla stanza mi soffermo a guardarmi allo specchio. I capelli sono sciolti, ondulati, il viso è completamente pulito, la doccia ha provveduto a spazzar via anche quel filo di trucco che avevo, l’abbigliamento è semplice, informale, ma nonostante tutto mi pare di essere più bella. Radiosa, rilassata, felice.

Scendo al piano inferiore, guardo nel soggiorno, non c’è, vado in cucina, un buon profumo è diffuso per tutta la stanza, Edward è intento a sistemare dei piatti sulla piccola tavola, i capelli spettinati, ancora umidi.

-Dovresti asciugarli se non vuoi prendere un raffreddore.-

Alza lo sguardo verso di me, il sorriso smagliante – In casa la temperatura è alta, poi ho pensato di prepararti qualcosa se non voglio che tu muoia di fame.-

-Mmh sei molto premuroso.- mi avvicino, porto le braccia dietro il suo collo, le sue corrono a stringermi alla base della schiena.

-Diciamo che mi sento molto protettivo nei tuoi confronti.-

Lo scruto con attenzione, inclino lievemente la testa di lato, gli sorrido.

-Edward Cullen, sei bello, attraente, dolce, premuroso. Posso essere sicura che tutto questo sia vero?-

-Beh, credo sia il minimo che possa fare per l’unica donna che è riuscita a farmi innamorare. Prima d’ora non avevo mai provato questo forte senso di protezione, tu sei diversa.-

-Questa frase l’ho già sentita.- sorrido ripensando alla prima volta che ho sentito queste stesse parole, in quel bar, il primo giorno che ci siamo conosciuti.

-Sai, credo che sia iniziato tutto quel giorno.-

-Ma dai.- mi sposto, appoggio la schiena contro il bordo dell’isola, le braccia conserte.

-Non mi credi?-

-No, mica intendevo dire questo. Semplicemente penso sia piuttosto inverosimile, se non impossibile.-

-Impossibile dici? E cosa credi che mi abbia spinto a scriverti quel biglietto?-

-Sinceramente non ne ho idea, ho smesso di pormi questa domanda tanto tempo fa.-

-Solo adesso me ne rendo conto, ma era già chiaro fin dal principio. Mi hai destabilizzato, non appena ti ho vista ho provato una sensazione strana, diversa dal solito. Ho pensato che eri una donna bellissima, e questo per me era strano, eri così diversa da tutte le altre donne che avevo frequentato negli anni, eppure tu, così semplice, così discreta, così maledettamente attraente. E’ stato un colpo di fulmine, mi hai rapito il cuore, rimpiango solo di non averlo capito fin da subito.-

-Allora, meglio tardi che mai, non trovi?-

-Certo piccola mia. Adesso però mangiamo, altrimenti si fredda.-

Mi accomodo, davanti a me un piatto fumante di spaghetti con pomodorini freschi, prendo la posata ed assaggio il primo boccone.

-Sono molto buoni, non sapevo fossi bravo anche in cucina!-

-In verità è una delle poche, se non uniche, cose che so preparare.- ride, passa spontaneamente una mano tra i capelli, mi perdo ad osservare i suoi gesti.

Resterei a contemplarlo per ore, i suoi capelli ribelli, i suoi occhi verdi, così chiari che a volte sembrano addirittura azzurri, le sue labbra morbide contornate da quella peluria rada, ben curata, il suo corpo statuario, le mani affusolate, le dita lunghe e gentili, tutto di lui mi fa impazzire. Per non parlare del suo sorriso che illuminerebbe anche i giorni più cupi.

-Sai, sto organizzando un party, una sorta di inaugurazione per la mia agenzia.- la sua voce mi ridesta dai miei pensieri.

-Ah davvero?-

-Sì, tra due settimane circa. Mi farebbe molto piacere se venissero anche Alice e Jasper, magari anche Jacob se ti fa piacere.- calca intenzionalmente sull’ultima frase, beve un sorso di vino.

-Certo, glielo dirò ben volentieri.-

-Sia ben chiaro, però, che tu sei mia, e di nessun altro, intesi?- posa il bicchiere sul tavolo, lo sguardo basso.

-Se ti riferisci a Jacob, è solo un mio buon amico.- sorrido, adoro quando fa il geloso.

-Mia!- punta i suoi occhi nei miei, lo sguardo serio, un dito puntato minacciosamente verso di me.

Alzo le braccia in segno di resa –Agli ordini, Signor Cullen.-

Finiamo di mangiare, chiacchierando del più e del meno, riordiniamo la cucina.

-Vieni, voglio farti vedere una cosa.- mi prende la mano, saliamo la scala che porta al piano superiore, attraversiamo il corridoio -Chiudi gli occhi.-

Li chiudo, cammino lentamente lasciandomi guidare da Edward, ci fermiamo, sento uno scatto improvviso, una folata di vento gelido mi raggiunge in pieno viso, istintivamente mi stringo nelle braccia.

-Cos’è?-

-Shhh..seguimi, attenta al gradino.-

La temperatura è bassa, segno che siamo all’esterno, improvvisamente Edward mi lascia il braccio, lo sento allontanarsi.

-Edward? Dove vai, posso aprire gli occhi?-

-Un attimo solo.- ad un tratto lo sento cingermi la vita da dietro, qualcosa di caldo poggiato sulle nostre spalle – Ora puoi aprirli.-

Una terrazza, un piccolo tavolo, due lettini, un gazebo. La luce fioca di qualche lanterna, la luna a troneggiare luminosa nel cielo scuro, una miriade di stelle a farle compagnia.

-Ma è…meraviglioso.-

-Questa notte voglio restare qui, con te, a guardare le stelle per poi veder sorgere l’alba.-

Si siede su uno dei due lettini, divarica le gambe per permettermi di distendermi al centro, la mia schiena sul suo petto, diversi plaid a coprirci, il calore dei nostri corpi a scaldarci.

-E’ tutto così romantico.- sospiro, volto il capo per baciarlo.

-Si..me lo dicono tutte.- risponde pavoneggiandosi.

-Cosa?- prima che possa reagire blocca le mie braccia, ride di gusto.

-Scherzo, Bella, non ho mai prediletto questo genere di romanticherie. Non prima di te, almeno.- mi stringe forte, mi bacia la tempia.

-Dovrei sentirmi onorata?- lo guardo di sbieco.

-No, sono io ad essere onorato ad averti qui, con me, adesso.- prende il mio viso tra le mani, lo avvicina al suo, mi bacia.

-Sei un ottimo giocatore, Edward, ti sei salvato in extremis.- sarcastica.

Mi sorride divertito, mi attira nuovamente a se per baciarmi, un bacio umido, bollente.

Mi rigiro, lo sguardo rivolto verso l’alto, continuo a guardare quel cielo stellato, quella moltitudine di piccoli diamanti che rilucono nel buio più profondo, il respiro di Edward sul mio orecchio, il silenzio, una sensazione di beatitudine e null’altro che noi.

 

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Capitolo 32
*** Acque agitate. ***


Buon pomeriggio a tutti. Questo nuovo capitolo potrà sembrarvi un pò insignificante, nessun avvenimento importante, ed invece dovete leggere tra le righe perchè è proprio da qui che partirà un percorso che ci porterà fino alla fine di questa storia. Vi ringrazio per tutte le vostre recensioni, adesso correrò a rispondervi una per una. Grazie per il sostegno e l'entusiasmo. Buona lettura e soprattutto buon halloween per domani, nelle prossime recensioni mi farebbe piacere se mi diceste come passerete questa festa. Bacioni :)
Ps: Come sempre un ringraziamento speciale va a colei che crea questi splendidi banner, la mia tesorina Anto.
Pps: Non sono riuscita a trovare un titolo adatto al capitolo, come avrete ben visto ogni volta il titolo contiene una scena clou, un punto saliente. Bene, questa volta mi piacerebbe che gli deste voi un titolo in base alle emozioni che il capitolo vi ha trasmesso, leggerò tutte le vostre proposte e prenderò in considerazione quella che mi colpirà maggiormente. Grazie in anticipo per il vostro aiuto, mi stavo scervellando xD


Isabella Pov.

Spingo velocemente lo stand con gli abiti attraverso il corridoio, dopo averli cercati praticamente ovunque ed aver subito le smanie di Alice, finalmente li ho trovati, sistemati comodamente nel suo ufficio. Prendo l’ascensore, salgo su, arrivo vicino ad Alice che è intenta a sistemare una cinta in vita ad una modella.

-Ecco gli abiti che non trovavi, erano nel tuo ufficio.- affannata.

-Oh grazie Bella, oggi non capisco più nulla.- il tono di voce concitato.

-Figurati, posso fare altro?-

-Al momento no, torna pure in ufficio.-

-Perfetto! Se ti serve qualsiasi cosa, sai dove trovarmi.-

Torno in ufficio, tiro un sospiro di sollievo. Sono le 17.00 e da stamattina non ho avuto un attimo di tregua, impegnata totalmente nella realizzazione del servizio fotografico primaverile, tra gli imprevisti e le pazzie di Alice. Sprofondo nella poltrona dietro la mia scrivania, controllo il computer.

Improvvisamente sento il suono dell’ascensore che si è fermato al piano, in questo momento vorrei soltanto rilassarmi ma devo essere pronta ad accogliere chiunque, quindi, mi sistemo sulla poltrona, cerco di darmi un tono.

-Salve posso esserle ut….- mi volto, un sorriso di circostanza stampato sul volto – Ehy sei tu.-  mi alzo e vado incontro a Jacob, l’abbraccio – Come stai, Jake, mi pare di non vederti da un’eternità.-

-Non è colpa mia se da quando frequenti Edward ti sei dimenticata degli amici.- scioglie l’abbraccio, mi sorride.

Bene, vedo che le voci girano in fretta – rifletto tra me e me –.

 -Ehy non provarci nemmeno, Jacob Black. Sono stata soltanto impegnata con il lavoro. Tu piuttosto, come va con Leah?-

-Diciamo che non sono molto il tipo da rapporti a distanza.- vago.

-Capisco.- mi siedo, gli indico la poltrona invitandolo a fare lo stesso – Comunque capiti a proposito, ti avrei cercato io in questi giorni per dirti che Edward darà un party inaugurativo per la sua agenzia, ovviamente sei invitato.-

-Tu sarai la mia accompagnatrice?- mi sorride malizioso.

-Ci provi gusto nel prendermi in giro?- lo guardo di sbieco, il tono di voce canzonatorio.

Alza lo sguardo al cielo, ci riflette qualche secondo prima di rispondermi -In verità sì, gli sguardi omicidi di Edward popolano ancora i miei incubi.-  

Scuoto la testa, rassegnata -Cambierai mai?-

-Mi vorresti bene ugualmente?- mi prende in contropiede.

Questa volta sono io a riflettere qualche secondo prima di rispondergli. In effetti è proprio questo che mi piace di Jacob, il suo essere così solare, spensierato, ma anche un buon amico e consigliere quando ce né il bisogno.

-No, forse hai ragione. Mi piaci così, però non farti illusioni.- gli punto un dito contro minacciandolo scherzosamente.

-Peccato, mi ero già illuso.- ride di gusto – Adesso ti lascio lavorare, fatti sentire più spesso.- mi lascia un bacio sulla guancia prima di andar via.

***

Sono le 18.45, dopo un’intensa giornata di lavoro abbiamo finalmente finito. Raccolgo le mie cose, vado da Alice che è nel suo ufficio, pesantemente poggiata sul piccolo divanetto che si trova su un lato della parete.

-Ed anche questa volta ce l’abbiamo fatta.- mi siedo accanto a lei, sprofondo tra quei morbidi cuscini.

-Già, ogni volta è una faticaccia.- passa una mano tra i capelli.

-Direi che lo stress è più emotivo che fisico.- le sorrido, mi sorride di rimando.

-Se è un modo gentile per dirmi che divento un’isterica, ti ringrazio ma lo so già.-

-Io cosa?- porto una mano al petto simulando un’aria sconvolta – Ma no, Miss Brandon, non mi permetterei mai.-

Per tutta risposta mi becco una cuscinata in pieno viso –Vai, prima che mi innervosisca. Edward ti starà aspettando.-

-Edward è qui?- le domando confusa, non lo sento da ore.

-No, cioè..non lo so. Di solito viene a prenderti, credo sia venuto anche oggi, tutto qui.- mi sorride, il tipico sorriso che mi riserva ogni qual volta mi nasconde qualcosa.

Mi avvicino, assottiglio lo sguardo, i miei occhi puntati nei suoi nel tentativo di carpire qualcosa, nessun cenno da parte sua.

-Ok, io vado. Ma come al solito non me la conti giusta.-

Non mi risponde, si limita a continuare a sorridere. Mi alzo dal divanetto, faccio per uscire e quando sono quasi all’ascensore sento la sua voce raggiungermi da lontano.

“Divertiti!”

Scendo giù, esco dall’edificio, il cielo è ricoperto di nuvoloni grigi, piove a dirotto e stamattina per la fretta ho dimenticato l’ombrello. Poco più avanti scorgo l’auto di Edward, la raggiungo correndo riparandomi quel che posso con la borsa, apro in fretta lo sportello, salgo.

-Ehy furia.- la sua voce dolce ad accogliermi.

-Non sapevo venissi a prendermi.- scuoto lievemente capelli e vestiti per liberarmi dalle gocce di pioggia – Oggi è stata una giornataccia.- sospiro pesantemente.

Mi volto verso di lui, il suo sorriso a rasserenarmi, si tende verso di me per lasciarmi un bacio sulle labbra – Aspetta a dirlo.-

Mette in moto, si immette nel traffico, il sorriso stampato sul volto, il relax fatto persona rispetto a me che sono un fascio di nervi tesi.

-Cosa vuoi dire?- domando curiosa, oggi non capisco se sono gli altri a fare i misteriosi oppure sono io a non comprendere istantaneamente il nocciolo della questione.

-Sai oggi che giorno è?-

-Certo, è…venerdì?-

-Esatto. Se ti dicessi di aver prenotato un week end in un centro benessere?- distoglie un attimo lo sguardo dalla strada per vedere la mia reazione.

-Oh…Sarebbe fantastico, ma io devo lav…- mi blocco, ripenso allo strano atteggiamento di Alice, ci metto poco a collegare i fatti – Ne hai già parlato con Alice, giusto?- adesso sono io a guardar lui.

-Ti dispiace?- continua a tenere lo sguardo fisso sulla strada.

-Certo che no.-

-Ottimo! Allora adesso andremo a casa tua, hai giusto il tempo di prendere qualche cambio e qualche costume.-

-Sei incredibile.- scuoto la testa, sorrido felice per questa sorpresa.

-Se sapessi le ragioni per cui lo faccio non parleresti così.- si volta, un sorriso sghembo dipinto sul volto.

-Ah no? E quali sarebbero le sue intenzioni, Signor Cullen?-

-Le peggiori, come sempre, Miss Swan.-

***

Arriviamo in albergo, Edward porta i due piccoli bagagli a mano, si avvicina alla reception per richiedere la chiave della camera prenotata. Prendiamo l’ascensore per salire al terzo piano, apre la porta della stanza, un grande letto matrimoniale risalta al centro della stanza, un armadio in legno scuro su un lato, una porta-finestra che affaccia su un piccolo terrazzino sull’altro. Entro, mi avvicino al piccolo tavolino che si trova in un angolo della camera, su di esso due flute, una bottiglia di champagne ed un cesto di frutta fresca con un bigliettino dell’albergo su cui ci augurano una buona permanenza.

Edward entra dopo di me, richiude la porta alle nostre spalle, adagia le valigie a terra.

-Ti piace?- mi sorride entusiasta.

Gli vado incontro, le braccia dietro il suo collo, inizio a baciarlo. Ed è il paradiso, dopo questa settimana densa di impegni, in cui l’ho visto e sentito davvero poco, trovarmi tra le sue braccia, a baciare le sue labbra arrendevoli, è l’unica consolazione, l’unica cura di cui ho bisogno.

-E’ tutto…meraviglioso.- cerco le parole più adatte ma capisco che non ce ne sono, non da quando c’è Edward a prendersi cura di me, a donarmi quell’amore che ho cercato per anni, quell’amore vero, senza limiti o confini.

-Adesso indossa il costume e l’accappatoio dell’albergo, io mi cambio qui.-

-Costume?- domando confusa – Ma sono le 21.30.-

-La piscina termale è a completa disposizione dei clienti dell’albergo, ventiquattro ore su ventiquattro.- il tono saccente, che la dice lunga.

Prendo la mia piccola valigia, vado in bagno. E’ ampio, c’è una grande vasca idromassaggio, sulla quale non posso fare a meno di fantasticare, dei morbidi accappatoi in spugna, riportanti il nome dell’hotel su di un lato, sono riposti su due ganci attaccapanni, sul ripiano accanto al lavabo ogni genere di essenza, sali, profumi, oli.

Prelevo il costume, un semplice bichini nero impreziosito da alcuni strass, lo indosso. Raccolgo i lunghi capelli in un morbido chignon, indosso l’accappatoio. Quando esco dal bagno Edward ha indossato il suo costume, mi perdo ad osservare quella stoffa che aderisce perfettamente su quei glutei sodi, si stringe intorno alle gambe muscolose.

Allo stesso tempo il suo sguardo si posa su di me,  una strana luce balena nei suoi occhi, mi si avvicina, mi sfiora una guancia.

-Sei la donna più bella che abbia mai visto.-

Lo guardo, la trovo una cosa piuttosto inverosimile. So il genere di donne da cui è circondato Edward, modelle, indossatrici, tutte rigorosamente alte, snelle, con uno stile fuori dal comune, ed inevitabilmente bellissime.  

Vorrei dire qualcosa ma taccio, il suo sguardo vale più di ogni altra cosa, riesce a mettere a tacere la mia gelosia, le mie insicurezze, ai suoi occhi mi sento davvero la donna più bella del modo, ed è questo ciò che conta davvero.

Edward prende il suo accappatoio dal bagno, usciamo dalla camera, prendiamo l’ascensore diretti al piano relax.  Non appena arriviamo una ragazza in divisa dietro la scrivania ci saluta cortese, ci indica dove si trova la piscina termale.

Arriviamo in questa grande stanza, è quasi deserta, c’è soltanto un’altra coppia che sta raccogliendo le proprie cose dai lettini che costeggiano la piscina. Le luci sono soffuse, una musica orientale in sottofondo. Poggiamo i nostri accappatoi sui lettini a noi riservati, ci accostiamo al bordo vasca. Sento i vapori bollenti salire dal basso, un diffuso odore sulfureo.   

Immergo i piedi nella piscina, scendo lentamente fino a che l’acqua non mi arriva all’altezza del seno, Edward mi segue. Sento dei brividi diffondersi sul corpo per il contatto con l’acqua calda, mi appoggio al bordo, chiudo gli occhi lasciandomi cullare dalla musica rilassante.

Ad un tratto sento due mani forti posarsi sulle mie spalle, cominciano a massaggiare con decisione, stendono i muscoli del collo. Una sensazione di completo relax, come immersa in un'altra dimensione, pace, tranquillità, i pensieri annullati.

Quelle mani continuano a massaggiare, salgono e scendono lungo la schiena, in un moto circolare.

-Come sei tesa, Isabella, rilassati.- un sussurro al mio orecchio.

Brividi che si aggiungono ai precedenti, la sua voce che trasuda una sensualità fuori dal comune, un richiamo irresistibile, non paragonabile neanche minimamente a quello che rappresentava il canto delle sirene per Ulisse.

-Se continui a toccarmi in questo modo, dubito possa riuscirci.- il mio un lamento.

Lo sento sghignazzare, consapevole del fascino che esercita su di me. Mi volto nel vano tentativo di riservagli uno dei miei sguardi più minacciosi, mi blocco quando incontro i suoi occhi che fanno crollare tutte le mie difese.

Mi attira a se con impeto, la sua lingua si impossessa con irruenza della mia. Le sue mani corrono veloci sul mio corpo, come se stesse effondendo tutto il desiderio accumulato in questi giorni.

Nonostante non desideri altro che stare con lui, la mia parte razionale e pudica prende il sopravvento –Edward..- mi discosto lievemente - ..qualcuno potrebbe entrare all’improvviso.- la voce ridotta ad un sibilo, lo sguardo basso per nascondere quella timidezza che in alcuni casi difficilmente riesco a tenere a freno.

Mi sorride – Non preoccuparti, non si accorgeranno di nulla...- prende la mia mano, mi trascina con lui dove l’acqua è più profonda, le luci più basse -..se riuscirai a restare in silenzio.-

Prima che possa replicare le sue labbra sono di nuovo su di me, lambiscono il lobo dell’orecchio, la pelle sensibile accanto l’attaccatura dei capelli. Apro la bocca, vorrei fermarlo, portare avanti la mia linea di pensiero, ma i sensi annullano totalmente la mia volontà.

Mi reggo saldamente alle sue spalle, stretta al suo corpo caldo, le mie gambe intorno alla sua vita mi consentono di sentir crescere la sua eccitazione contro la mia intimità. Le sue mani scendono a scostare la stoffa del costume, si infiltrano al di sotto di esso, cominciano ad accarezzare lentamente, su e giù, si intingono negli umori prima di risalire verso quella piccola eccitazione.

Improvvisamente sento le sue dita premere all’ingresso, penetrare dirette.

-Oh mio..- un gemito incontrollato fuoriesce dalle mie labbra, le mani di Edward corrono veloci a tapparmi la bocca.

-Shhh amore mio, se vuoi che nessuno si accorga di noi devi essere silenziosa.- un sussurro al mio orecchio.

Riprende il suo moto circolare mentre l’altra mano non intende allontanasi dalla mia bocca, le dita si insinuano all’interno ad esplorarne ogni angolo. Ondeggio il bacino su quell’erezione, alla ricerca di un contatto più profondo, di quella soddisfazione tanto agognata.

Ad un tratto la sento arrivare, vibrare potente, a scuotermi il corpo. Mordo la sua mano mentre una serie di lamenti abbandonano le mie labbra, la sposta, si incolla alla mia bocca ad accogliere i gemiti che fuoriescono incontrollati, il respiro agitato.

-Miss Swan stava per mandare a monte la nostra copertura.- mi sorride, mi bacia nuovamente con dolcezza.

-Tutta colpa sua Mr. Cullen, non..non avrebbe dovuto fare quello che ha fatto.-

-Questo è solo l’inizio, amore mio.- il suo sguardo, le sue parole, tutto di lui in questo momento trasuda sensualità – Torniamo in camera?-

Annuisco, la gola completamente secca, incapace di proferir parola. Mi prende la mano, lo seguo fino ad uscire dalla piscina mentre sento il cuore pulsare frenetico sangue nelle vene, pronta, ancora una volta, a ricominciare.

***
Sento una voce ovattata, mi rigiro, tasto il posto accanto al mio, è vuoto. Apro gli occhi, un raggio di sole mi colpisce in pieno viso costringendomi a richiuderli.

Vedo il piccolo tavolino nell’angolo imbandito, due tazze fumanti, una brocca con succo d’arancia rossa, dei croissant. Mi sistemo meglio contro lo schienale del letto, le lenzuola a coprirmi, ad un tratto la porta-finestra si apre, vedo Edward entrare, in jeans e maglioncino blu, il cellulare tra le mani.

-Buongiorno.-

-Hey buongiorno amore, ti ho svegliata?- mi viene accanto, si siede sul letto.

-No, non mi hai svegliata.- mi allungo verso di lui, lo bacio – Con chi eri al telefono?-

-Carmen, la mia assistente, doveva chiedermi alcune cose.-

-La tua..assistente?- nella mia voce un pizzico di gelosia, una gelosia inevitabile se stai con un tipo come Edward e sai il genere di donne che lo circonda.

-Sei per caso gelosa?- si avvicina, si morde il labbro, mi sorride compiaciuto.

-Io? No, per niente.- porto le braccia al petto, mi volto dall’altro lato orgogliosa.

Ride di gusto, mi attira a se, lascia una lunga serie di baci tra i miei capelli –Non ne avresti comunque motivo. Adesso facciamo colazione, oggi ho un certo programmino.-

-Mmm cosa prevede?-

-Una serie di massaggi, fanghi, sauna, così ti rilasserai per bene e la settimana prossima sarai raggiante.-

-Perché se venissi con le occhiaie, capelli spettinati, jeans e camicia?- lo guardo di sbieco.

-La scelta è tua, mi lascerai nelle grinfie delle altre donne?- mi sorride sardonico.

Vorrei mettere a tacere la mia gelosia che ogni volta riemerge impietosa, senza che io riesca a fermarla, a mettermi tarli nel cervello. Mi ripeto che non ne ho motivo, che devo fidarmi, che non devo darlo a vedere.

Decido, così, di stare al suo gioco, rispondergli per le rime -Vedremo.- la mia una minaccia, una sfida contro me stessa.

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Capitolo 33
*** Nient'altro che lui. ***


Questa volta sarò di poche parole. Nuovo capitolo, spero vi piaccia, buona lettura!
Come al solito un ringraziamento speciale alla mia tesorina per il banner, questo capitolo è dedicato a te!

 


 

Isabella Pov.


Esco dalla doccia, avvolgo il morbido asciugamano intorno al mio corpo, un altro lo avvolgo come un turbante tra i capelli. Apro la porta lasciando uscire la scia densa di umidità che si è creata, entro in camera da letto.

Mi soffermo a guardare la figura possente di quell’uomo straordinario che fino a mezz’ora fa era nel mio letto a donarmi un piacere intenso, un piacere che solo lui ogni volta riesce a rendere più speciale. E’ davanti alla specchiera, si sistema il nodo alla cravatta, le spalle ben delineate al di sotto della giacca nera che indossa, non si accorge di me, mi perdo ad osservarlo come in adulazione.

-Stai veramente bene.- lo vedo sussultare, si volta, mi sorride mentre mi si avvicina.

-Lei dice Miss Swan?- poggia entrambe le mani sui miei fianchi, le sue labbra sulle mie, ancora umide.

-Sì, io dico.- mi mordo lievemente il labbro inferiore.

-Tu, invece, indosserai quelli?- col dito indica un paio di jeans ed un maglioncino poggiati sulla poltroncina accanto al letto, sghignazza divertito.

Capisco che mi sta prendendo in giro, memore della nostra ultima conversazione. Lo guardo di sottecchi, con disappunto, gli occhi ridotti a due fessure.

-Dai, scherzavo.- si avvicina per baciarmi, lo allontano con la mano prima che possa farlo.

-Aspettami di sotto, devo prepararmi.- il tono autoritario.

Alza le mani in segno di resa, fingendo di essere intimidito, esce dalla stanza scuotendo la testa, il sorriso stampato sul volto. Richiudo la porta alle sue spalle, sfilo via l’asciugamano dai capelli, li asciugo con phon e diffusore ottenendo una serie di morbidi boccoli, li raccolgo leggermente nei lati. Tiro fuori dall’armadio l’abito da sera che Alice mi ha aiutato a scegliere tra quelli dell’ultima collezione, un tubino mono spalla con diverse sfumature di colori caldi e freddi. Lo indosso, insieme con delle scarpe dal tacco vertiginoso, che ho imparato a portare limitando al minimo i danni, una pochette abbinata.

A completare il tutto un tocco di mascara, della cipria sulle gote e le labbra dipinte di un rosso vermiglio che risaltano con la mia carnagione chiara. Mi guardo allo specchio, mi vedo diversa, in effetti lo sono, cambiata esteriormente, più attenta al mio abbigliamento, più curata, ma dentro fondamentalmente sempre la stessa.

-Ah, di cosa è capace l’amore.- rifletto.

Raggiungo Edward nel soggiorno, lo scorgo di spalle, le mani nelle tasche dei pantaloni, intento a guardare fuori dalla finestra.

-Sono pronta, possiamo andare.- continuo a tenere un finto broncio nei suoi confronti.

Si volta, i suoi occhi si incatenano a me, mi guardano sorpreso. Si avvicina, ignora completamente il mio modo di fare. Si ferma ad un passo da me, a pochi centimetri dal mio volto, alza la mano avvolgendo uno dei miei boccoli intorno al suo dito, lo tira verso il basso, si ritira immediatamente quando lo rilascia.

-E questa cos’è, una vendetta?- con la mano dietro la mia schiena mi attira a se, mi stringe, possessivo, annusa forte l’odore dei miei capelli.

Cerco di mantenere la calma, per quanto il suo corpo sia un richiamo irresistibile non posso permettermi di cedere così facilmente, amo il gioco duro -No, è semplicemente un avvertimento.- disinvolta, lo allontano nuovamente, mi volto – La prossima volta ci penserai su prima di provocarmi.- prendo il soprabito, mi avvicino alla porta e la apro – Allora, andiamo?- lo incito.

Il suo sguardo è un misto tra stupore e malizia, si avvicina, poggia una mano sul bordo della porta, appena sopra la mia testa, sovrastandomi con la sua figura – Diventi estremamente sexy quando sei gelosa, forse dovrei farti ingelosire più spesso.-

-Esci Edward, faremo tardi.- cerco di ignorare le sue provocazioni.

-Dopo di lei, Signora.- da gentiluomo tiene aperta la porta aspettando che io esca.

***

La sala è enorme, già ricolma di gente. I tavoli sono sparsi qua e la, coperti da lunghe tovaglie panna con rifiniture in oro, imbanditi con bicchieri di cristallo, servizi di piatti in fine porcellana, posateria in argento. Tutto curato nei minimi dettagli, so che Edward ha assunto i migliori organizzatori per rendere questa serata perfetta.

Saluto Alice e Jasper che sono sistemati al tavolo con Rosalie ed Emmett, mi fermo a parlare qualche istante con loro prima che Edward reclami la mia presenza, vedo Jacob arrivare poco più tardi accompagnato da un’amica.

Edward mi presenta diversi imprenditori, proprietari di società con cui collabora, sono tutti molto giovani, uomini brillanti che hanno fatto del denaro e della bellezza il loro culto di vita, alcuni di essi accompagnati da ragazze di una bellezza disarmante, almeno esteriormente.

Vedo alcune delle modelle e modelli con cui lavora, comincio a sentirmi agitata, poco a mio agio. Continuo a guardarmi intorno, la mia mano stretta saldamente alla sua come a voler trovare un sostegno, in imbarazzo nel sentirmi completamente fuori luogo.

Un cameriere si avvicina, tra le mani un vassoio con delle flute di champagne, ne prendo una, inizio a sorseggiarla, muovo le gambe spostando nervosamente il peso del mio corpo da un piede all’altro.

-C’è qualche problema?-

Alzo lo sguardo verso Edward, scuoto velocemente la testa – No, nessun problema.-

-Ne sei sicura? E’ la terza flute di champagne che bevi, non vorrei pensassero che la mia ragazza sia un’ubriacona.- mi sorride.

-Non dovrebbe importarti di ciò che pensano.- rispondo con troppa irruenza, scaricando l’ansia accumulata –Scusami, non volevo.-

-Perché sei così agitata?-

-Non sono agitata, - ok, forse un po’ si – è solo che…- non ho il tempo di esprimere le mie perplessità che vengo interrotta.

-Edward, finalmente ti ho trovato.- una ragazza bellissima, alta, capelli rossicci con dei riflessi leggermente biondi, si avvicina, lo bacia calorosamente su entrambe le guancie.

-Ciao Kate, è un piacere vederti. Ti presento Isabella, la mia ragazza.-

Si volta verso di me, mi riserva un sorriso ipocrita, uno di quei sorrisi che riconosci essere finto anche da un miglio di distanza –Ciao Isabella, è un piacere conoscerti.-

-Piacere mio.- cerco di fare il mio meglio per nascondere il sarcasmo nella mia voce, le porgo la mano, la stringe debolmente e non posso fare a meno di pensare dove sia finita tutta la grinta che aveva fino a qualche istante fa, mentre stringeva Edward.

-Comunque complimenti, Edward, bellissima serata. Ci vediamo a lavoro.- ammicca, gli sfiora una spalla, va via ignorandomi del tutto.

Resto totalmente allibita, ma chi si credono di essere? Non c’è stata una sola ragazza che non mi abbia squadrata dalla testa ai piedi guardandomi con sufficienza.

Ripenso a Rosalie, mi è inevitabile fare un paragone con lei che è così astuta, dolce, intelligente. Beh certo, intelligente..forse è questa la parola chiave. Dubito che il 90% delle oche presenti in questa sala abbiano un quoziente intellettivo superiore a 58, “il minimo prestabilito”.

Finisco tutto d’un sorso il mio champagne, poggio la flute sul vassoio di un cameriere, sento la testa girare lievemente.

Lo sguardo di Edward fisso su di me,  mi guarda severo – Posso sapere cosa ti prende questa sera?- il suo tono sembra quasi un rimprovero al mio atteggiamento.

Mi chiede cosa mi prende, non ha occhi per vederlo da solo? Il mio disagio è evidente, il trattamento freddo e distaccato che mi è stato riservato anche, ma lui pare non accorgersene, troppo preso a riservare le sue attenzioni verso gli ospiti piuttosto che a me.

-Non ho nulla. Ho bisogno di prendere una boccata d’aria, torno subito.- decido che non è il caso di discutere di questo, dopotutto è la sua serata ed è normale che sia così.

Cammino lentamente fino alla terrazza adiacente la sala, cerco di non inciampare. L’aria di fine gennaio è fredda, mi stringo nelle braccia rimproverandomi mentalmente di non aver preso il soprabito prima di uscire. Sospiro creando una nube densa col mio alito caldo, lo sguardo rivolto verso l’interno della sala.

Persone che sorridono, si salutano, riservandosi abbracci e baci calorosi per poi parlarsi alle spalle non appena si voltano. Indirettamente faccio parte di questo mondo, so come funziona.

C’è competizione, una competizione avvilente, che sfocia inevitabilmente nella falsità e nell’ipocrisia. E’ come nuotare in un mare pieno di squali, devi stare attento a non lasciarti mangiare. Dubito riuscirei ad entrarne a far parte, non mi piace e non lo voglio, proprio io che ripudio ogni forma di conformismo e finzione.

Mi appoggio contro la ringhiera della balconata, quest’aria fresca mi è servita a restituirmi quel poco di lucidità che sentivo offuscata.

Improvvisamente qualcosa di caldo si posa sulle mie spalle, mi volto.

-Stai congelando qui fuori, perché non rientri?- Edward mi accarezza il volto – Tutto bene?- mi guarda apprensivo, premuroso.

Annuisco, mi getto tra le sue braccia, la testa nell’incavo del suo collo ad inspirare il suo profumo dolcissimo, mi stringe forte. Ne ho bisogno, bisogno di sentirlo mio, perché purtroppo non sono abbastanza sicura di me, perché ho paura di poterlo perdere.

-Vogliamo rientrare? Vorrei presentarti delle persone.- il suo sguardo è dolce.

-Certo.- gli sorrido, gli restituisco la giacca, stringo la sua mano calda e rientriamo in sala.

La temperatura è decisamente più alta, sento le guance arrossarsi, riprendere colore. Mi trascina con se vicino ad un tavolo, un uomo ed una donna di bell’aspetto chiacchierano tra loro, si sorridono complici.

-Eccoci qua.- Edward richiama l’attenzione su di noi, entrambi si alzano, ci sorridono – Isabella questi sono i miei genitori.-

Genitori? Le mie orecchie hanno sentito bene? Sento i battiti del mio cuore accelerare, non ero assolutamente preparata ad una cosa del genere, ed Edward non mi aveva nemmeno accennato che ci sarebbero stati anche i suoi genitori.

-Lei è mia madre Esme.- guardo la donna dinnanzi a me, è molto bella, il suo sorriso è rassicurante, i suoi capelli color miele le illuminano il viso, donandogli un’espressione molto dolce.

Mi tende la mano – E’ davvero un piacere conoscerti, Edward ci ha parlato tanto di te.-

Edward gli ha parlato, di me? Resto piacevolmente sorpresa.

Stringo la sua mano, una stretta decisa – La ringrazio Signora, il piacere è tutto mio.-

-Chiamami pure Esme, Signora mi fa sentire vecchia.- ride sommessamente – Lui è mio marito Carlisle.-

Porgo la mano anche a lui, la prende tra le sue baciandone delicatamente il dorso. Ora capisco Edward da chi ha preso i suoi modi di fare.

-Isabella le descrizioni di Edward non ti hanno reso giustizia.-

-Oh..la ringrazio, è troppo gentile.- sento le mie guance prender fuoco, Edward interviene in mio soccorso.

-Dovete sapere che Isabella non è molto avvezza ai complimenti. Non riesce a rendersi conto di quanto sia stupenda.- mi cinge la vita con il braccio, mi guarda, lo guardo a mia volta perdendomi nei suoi occhi – Che dite, ci accomodiamo?-

Prendiamo posto, così come le altre persone in sala, Edward si avvicina alla band per comunicare qualcosa, la musica cessa per qualche minuto.

Torna al tavolo, prende un calice, lo alza in aria richiamando l’attenzione di tutti gli ospiti su di lui – Buonasera, volevo ringraziare tutti coloro che questa sera sono qui per festeggiare la nascita della Cullen Model Menagement. Questo brindisi è principalmente per voi.-

Tutti alzano i calici per brindare, un grande applauso si espande in tutta la sala, poi la musica riprende, ognuno torna ai suoi interessi.

 -Allora Isabella, Edward mi ha detto che anche tu lavori nel campo della moda.- Esme mi guarda, sorseggia un po’ del suo drink.

-Sì, lavoro per la Fashion&Luxury, però mi occupo perlopiù della parte tecnica.- annuisce, mi sorride –Lei invece, Edward mi ha detto che è appassionata d’arte.-

Il suo sguardo s’illumina -In verità sì, amo le cose belle e mi piace consigliarle alle persone.-

-Mia moglie è un’esteta, Isabella, non a caso gli piaccio.- interviene Carlisle, sorride della sua battuta, tutti quanti lo seguiamo.

La serata prende una piega diversa e decisamente migliore rispetto a com’era iniziata. L’imbarazzo lascia presto il posto ad un clima leggero, spensierato, resto completamente ammaliata dalla bellezza di Esme e dallo charme di Carlisle.

E’ quasi l’una di notte quando i primi invitati cominciano ad andar via, salutano Edward e me, ringraziano Edward per la bella serata rinnovandogli gli auguri per la sua agenzia.

Esme e Carlisle ci salutano a loro volta, mi ribadiscono che sono felici di avermi conosciuta e non posso fare a meno di dirgli e pensare lo stesso.

La serata è ufficialmente conclusa, rimaniamo soli, tiro un sospiro di sollievo. Edward mi si avvicina sorridendomi – Allora che dici, prova superata?- mi tira a se per la vita.

-Perché non mi avevi detto che ci sarebbero stati anche i tuoi genitori?-

-Non volevo caricarti di ansie inutili, è andato tutto bene, non credi?-

-Fortunatamente sì. Adesso capisco da chi hai preso la tua bellezza, il tuo charme, il tuo stile senza eguali.- decanto alcune delle sue qualità più evidenti.

-E’ questo che pensa di me Signorina Swan?- gonfia il petto, inorgoglito.

-Certo. E tu davvero pensi che io sia stupenda?- domando riferendomi a ciò che ha detto prima.

Non posso fare a meno di arrossire, di sentirmi come una bambina in cerca di attenzioni, mentre metto a nudo la mia insicurezza, la mia debolezza.

-Ovviamente, perché non dovrei?- mi guarda stranito, come se avessi detto un’eresia.

Scuoto la testa, rimproverandomi per la mia stupidità –Ti amo Edward.- dico semplicemente, perché non c’è nient’altro che potrei aggiungere.

-Anche io amore mio, immensamente.-

Mi incollo alle sue labbra, accarezzo la sua lingua languidamente ed è come se tutto andasse bene, come se non avessi bisogno di nient'altro. Nient'altro che lui!

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Capitolo 34
*** Un momento perfetto. ***


Buon pomeriggio a tutti, come sempre mi scuso per l'attesa dei capitoli, spero che questo non faccia diminuire la vostra curiosità e voglia di seguirmi.
Che altro dirvi, buona lettura  e grazie a tutte coloro che spendono due minuti del loro tempo per farmi sapere quali sono le loro impressioni.


 


Isabella Pov.

-Bella ma hai capito cosa ti ho detto?-

Continuo a destreggiarmi tra il telefono, incastrato   tra la spalla e l’orecchio, e l’applicatore del mascara con cui sto cercando di dare un verso alle mie ciglia, mentre Alice continua a parlare ininterrottamente da venti minuti.

-Certo, Alice, ho capit..cazzo!- muovo maldestramente la mano macchiandomi la palpebra.

-E’ tutto ok, Bella, cos’è successo?-

-Sì, tutto ok.- prendo un batuffolo d’ovatta e cerco di ripulire, limitando al minimo i danni – Allora dicevi?- la esorto a riprendere, e magari anche ad arrivare velocemente ad una conclusione.

-Dicevo che non hai ancora sentito la parte migliore.- la sua voce trasuda entusiasmo.

-Ah no?- guardo l’ora, tra poco Edward sarà qui, devo finire di prepararmi ed Alice dopo venti minuti ancora non è arrivata al nocciolo della questione.

-No! Sei pronta per la notiziona?- non ho il tempo di risponderle che riprende – Tra due settimane partiremo alla volta di Parigi, prenderemo parte alla settimana della moda.-

Spontaneamente blocco i miei movimenti, mi prendo qualche istante per metabolizzare, non riesco a credere a quello che ho sentito -Wow, Alice, ma è fantastico.- 

-Fantastico è dir poco, non sono nella pelle. Dobbiamo preparare tutto alla perfezione, oggi andrò a prenotare i biglietti per il viaggio.-

-Alice oggi è domenica, non credo le agenzie lavorino per te.- sorrido, nonostante l’entusiasmo cerco di mettere un freno all’uragano che sicuramente imperversa dentro di lei.

-Oh, giusto, hai ragione. Che sbadata!- delusa- Va bene, vorrà dire che domani prenoterò tutto, tieniti pronta.-

-Sono già pronta, abbiamo sognato questo momento per anni.-

-Hai ragione, e devo dire che la realtà supera di gran lunga il sogno.-

-Infatti! Tesoro devi scusarmi ma devo lasciarti, tra poco Edward passerà a prendermi.-

-Ok, scusami tu se ti ho trattenuta così tanto.-

-Non preoccuparti, un bacio.- riaggancio, il pensiero fisso sulla bella notizia appena ricevuta.

Parigi, ho sempre desiderato andarci. E’ una città che mi affascina molto, con la sua storia, i suoi monumenti, cattedrali, la sua aria infinitamente romantica.

Ora che questo sogno sta per diventare realtà c’è soltanto una piccola nota stonata a porre un freno alla mia felicità: Edward.

Andare a Parigi significa che non lo vedrò per una settimana, o probabilmente anche di più. Il solo pensiero mi provoca una sorta di stretta allo stomaco, saperlo così lontano da me non mi piace, nonostante non siano poi così tanti giorni.

Decido, comunque, di non deprimermi più del dovuto, dopotutto è un’esperienza importante e dovrò godermela fino in fondo.

Finisco di prepararmi in fretta, ci tengo alla puntualità, a differenza di Edward, a quanto pare, che non è ancora qui. Vado nel soggiorno, esco fuori al balcone per prendere una boccata d’aria, la temperatura è bassa, il cielo è ricco di nuvole ma ciononostante qualche raggio di sole prepotente riesce a filtrare attraverso di esse.

Ad un tratto sento il campanello, corro alla porta, la apro in fretta. Edward è davanti a me, il suo abbigliamento è giovanile, informale, mi sorride prima di lasciarmi un piccolo bacio sulle labbra.

-Ciao amore, sei già pronta?- il tono sorpreso.

-Certo che sono già pronta, io sono puntuale al contrario di qualcun altro.- le braccia conserte, lo rimbecco.

Spontaneamente sul suo volto nasce quel solito sorriso che mi fa impazzire, che gli illumina gli occhi, scuote la testa in quel suo modo delizioso passandosi una mano tra i capelli.

-Su forza, invece di stare qui a rimproverarmi, andiamo.- mi prende la mano trascinandomi fuori.

Arriviamo alla sua auto parcheggiata sotto casa, mi apre la portiera prima di salire al lato del guidatore.

-Si può sapere dove siamo diretti?- domando curiosa.

-A Long Island.-

-Long Island?-

-Sì amore.- porta la sua mano sul mio ginocchio, risale fino a trovare la mia, riposta sul grembo, la stringe – Robert moses beach, non ti va?-

-Certo che mi va.- gli sorrido – Sai, devo dirti una cosa importante.-

Si volta di scatto, sul volto un espressione indecifrabile – Cosa?-

-L’ho saputo soltanto oggi.-

-Oddio, sei..per caso sei..- agitato, gli occhi improvvisamente più luminosi.

-Sono cosa?- lo guardo interdetta, non capisco il motivo di tanta agitazione.

-Niente, scusami…continua.-

-Volevo dirti che tra due settimane devo partire, prenderemo parte alla settimana della moda a Parigi.-

-Oh..che bella notizia.- il suo sguardo improvvisamente più spento, un sorriso tirato sul volto.

-Edward, cosa c’è?- con la mano gli sfioro il viso, lo invito a voltarsi.

-Nulla, solo che..mi mancherai.- mi sorride – Ma ci sentiremo tutti i giorni, promesso.-

Gli sorrido di rimando, anche lui mi mancherà terribilmente, mi sporgo per lasciargli un bacio sulla guancia, evitando di distrarlo dalla guida. Durante il viaggio mi perdo ad osservare il paesaggio esterno, la mia mano stretta per tutto il tempo alla sua, mentre l’auto sfreccia veloce sull’ocean parkway, la musica a farci compagnia.

Dopo circa un‘ora arriviamo, Edward accosta l’auto, il pontile è quasi deserto.

Non appena scendo il vento che soffia dal mare mi colpisce in pieno viso, l’aria è fredda, pungente, frizzantina. Edward è subito al mio fianco, il suo braccio sulla mia spalla, mi abbraccia.

Saliamo sul pontile in legno bianco, lievemente consumato dal tempo, dalle intemperie, in lontananza scorgo il faro che si erge alto e maestoso, il suono del mare che scroscia feroce, il moto circolare delle onde.

Ci sediamo su una panchina, lo sguardo di Edward è diretto verso quel mare agitato, di un verde scuro ed intenso come i suoi occhi, completamente rapito.

-Come mai siamo venuti qui?- poggio la testa sulla sua spalla, anch’io mi perdo a contemplare questo paesaggio meraviglioso, suggestivo.

-Mi rilassa, amo il mare, soprattutto d’inverno. Quand’ero bambino il mare rappresentava l’estate, l’estate le vacanze, le vacanze gli amici. Generalmente quando stavo a casa ero da solo, non avendo fratelli o sorelle, e quindi non facevo altro che aspettare l’estate per essere in compagnia.- nella voce un pizzico di malinconia.

-Beh io, invece, sono stata fortunata, nonostante fossi figlia unica ho avuto sempre Alice al mio fianco. Non è il diverso sangue che scorre nelle nostre vene a testimoniare che non siamo sorelle.-

-E’ vero, sei stata molto fortunata. Ed anche io lo sono stato, da quando ho conosciuto Rose è come avere una sorella minore, sin dal primo giorno che ci siamo conosciuti ci sembrava di essere confidenti da sempre.-

-E’ bello avere una persona di cui puoi fidarti al cento per cento, a cui puoi raccontare tutto.-

-Già! Un domani un mio ipotetico figlio non dovrà sperare di essere fortunato, voglio una famiglia numerosa, tre, o magari quattro bambini.-

-Cosa?- lo guardo incredula.

-Hai capito bene, tanti, tantissimi, bambini.- la sua espressione è sognante, intenerita.

-Non ti facevo un tipo da bambini, non ti ho mai visto sotto l’ottica del papà amorevole.- lo prendo in giro.

-Signorina Swan lei dubita di me su troppe cose, non bisogna fermarsi alle apparenze, lo sa?- il tono serio, l’espressione lievemente contrita.

-Me ne sto rendendo conto.- continuo ad osservarlo, incapace di comprendere questo suo improvviso sbalzo d’umore.

Dopo qualche minuto si alza, mi prende per mano – Dai vieni con me.-

-Dove?-

-Sulla spiaggia.-

-Ma sei matto?- cerco di oppormi, lo tiro verso di me.

-Suvvia Bella, non voglio mica fare il bagno, voglio soltanto fare quattro passi.-

Mi arrendo, lo seguo giù per la scalinata del pontile fino ad arrivare sulla spiaggia, i piedi affondano nella sabbia. Camminiamo mano nella mano, il vento ci scompiglia i capelli, il suo sguardo è rivolto verso il mare, pensieroso, silenzioso.

Resto anch’io in silenzio, persa ad ascoltare il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli, un clima di pace, una sensazione di serenità.

La sua voce, improvvisa, dolce -Questo per me è un momento perfetto, io, te, e null’altro. Da quando sei entrata nella mia vita ho riscoperto quanto sia bello amare qualcuno.-

Mi stringe a se, le sue labbra trovano le mie, si lasciano andare ad un bacio pieno di tenerezza alla quale rispondo appena, troppo presa da altro.

-Cosa significa riscoperto? Io pensavo..si, beh, pensavo tu non fossi molto propenso ad avere relazioni stabili.-

-E’ vero, ma non è sempre stato così. Anni fa ho avuto una storia molto importante.-

Il cuore prende a battere più velocemente, quasi come se non riuscisse ad accettare questa rivelazione. Dopotutto Edward ha 30 anni, è un uomo bellissimo e di buon cuore, sarei una stupida se pensassi di essere la sua prima ed unica storia importante.

-E poi, cos’è successo?- la voce lievemente strozzata, nonostante mi faccia uno strano effetto parlarne vengo colta da una strana frenesia, gelosia, voglia di sapere.

Il suo sguardo si incupisce, sospira profondamente, come a rievocare non il migliore dei suoi ricordi, si siede sulla sabbia, mi siedo al suo fianco, sprofondando nella sabbia fredda ed umida.

-Diciamo che non mi sono comportato nel migliore dei modi. Per anni mi sono tormentato chiedendomi cosa sarebbe stato se mi fossi comportato diversamente, adesso che ti ho incontrata, però, tutto ha assunto un significato diverso.- mi accarezza una guancia, i suoi occhi sprigionano un amore che non credevo capace, ma ciononostante non posso fare a meno di sentirmi turbata.

-Posso sapere cos’hai fatto di così grave?-

-E’ una cosa di cui non vado tanto fiero, Bella. Ero molto giovane, e poi è successo tanto tempo fa, non credo abbia senso parlarne adesso.- i gomiti poggiati sulle ginocchia, si passa nervosamente entrambe le mani tra i capelli.

Resto in silenzio, queste parole non mi concedono il diritto di replicare, mi limito ad annuire. Decido che non deve importarmi del passato, che non posso lasciarmi affliggere, nonostante la curiosità e la voglia di sapere sia tanta. L’unica cosa che conta è quello che è adesso, semmai vorrà parlarmene, un giorno, sarò qui ad ascoltarlo.

-Con te anche le cose più semplici diventano meravigliose, ogni attimo, ogni banalità, diventa speciale. Tu sei speciale, diversa, ed anche io ora sono cambiato, con te non accadrà.-

Sebbene riesca a comprendere soltanto a metà il significato delle sue parole, gli credo, mi convinco che sarà per davvero così. Le sue braccia mi avvolgono in una calda rassicurazione, mi rannicchio sul suo petto lasciandomi cullare dal suono più dolce che abbia mai sentito: il battito del suo cuore misto al fragore del mare.

 

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Capitolo 35
*** Paris. ***


Buongiorno a tutte ragazze, anche se con un pò di ritardo vi faccio i miei migliori auguri di Natale, e vi auguro un felice anno nuovo. Con questo capitolo ho pensato di chiudere in bellezza il 2011 ed aprire le porte a questo 2012. Ci tengo a precisare che (come potete ben immaginare) non ho mai preso parte alla settimana della moda, quindi tutto quello che ho scritto è frutto della mia immaginazione. Ho ipotizzato un pò come potessero svolgersi gli eventi e questo ne è il risultato.  Dal prossimo capitolo invece cominceremo dalla partenza ed il rientro a New York. Ringrazio tutte coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e mi scuso per non aver risposto personalmente ad ognuna. Un grazie va a anche alle lettrici silenziose.
Vi auguro una buona lettura :)

 


Isabella Pov.

Continuo ad avere gli occhi spalancati, la bocca aperta in una “O” muta, mentre dal finestrino del taxi che ci sta conducendo al nostro Hotel guardo le file di alberi completamente illuminati che percorrono per intero gli Champs Elysée.

-Alice, tutto questo è fantastico.- le tocco il braccio, la scuoto.

Distoglie il suo sguardo dal paesaggio che ci circonda, si gira verso di me, mi guarda coi suoi occhi grandi, lucidi. Si limita ad annuire con decisione, si morde il labbro, le sorrido con tenerezza accarezzandole il volto, non l’ho mai vista così emozionata a tal punto da non avere più parole.

Il mio sguardo si posa sull’orologio da polso, sono le 20.00, questo vuol dire che a New York è primo pomeriggio. Estraggo il cellulare dalla borsa, compongo il numero in fretta, nemmeno il tempo di completare il secondo squillo che una voce dolce ed agitata mi risponde.

-Amore mio, tutto ok?-

-Ciao Edward, tutto benissimo. Siamo atterrate circa un’ora fa e adesso siamo dirette in albergo. Proprio in questo momento passiamo sotto l’Arc du Triomphe.-

-Non datevi troppo alla pazza gioia.- la sua risata, me l’immagino, una stretta allo stomaco –Adesso sono impegnato, ci possiamo sentire più tardi o andrai a dormire?-

-Non preoccuparti amore, ti chiamo più tardi. Un bacio.-

Riaggancio, in un quarto d’ora arriviamo all’albergo,  il portiere ci aiuta a scaricare i bagagli sistemandoli su di un carrello, un ragazzo in divisa accorre ad aiutarlo  portando il carrello fin nelle nostre camere.

La camera di Alice e la mia sono l’una di fronte l’altra, il ragazzo appoggia le valigie fuori le rispettive porte e va via dopo aver ringraziato per la mancia che gli abbiamo lasciato.

Mi soffermo ad osservare le valigie poggiate fuori la stanza di Alice mentre lei è alle prese con la scheda magnetica che serve ad aprire la porta, mi giro poi a guardare le mie: due piccoli bagagli ed un beauty -Alice capisco l’entusiasmo, ma 3 valigie così grandi..non è un po’..esagerato?- cerco le parole più adatte per non urtare la sua suscettibilità.

Si volta, mi guarda -Mi pare il minimo quando porti le cose per due.- lo sguardo ovvio.

-Non..non capisco, per due?-

-Non è per offenderti, Bella, ma ci tengo che tutto sia perfetto. Tu, io, tutto. Così ho pensato di portare..delle..coseancheperte- completa la frase tutto d’un fiato, distoglie lo sguardo, convinta che possa avere qualcosa da ridire.

La guardo severa, poi pian piano il mio sguardo si addolcisce, scoppio a ridere senza riuscire a trattenermi un secondo di più.

Mi guarda curiosa – Non sei arrabbiata con me?-

-Ma no, perché dovrei. Anzi, ti dirò, mi sembrava strano non mi avessi assillata prima di partire. Adesso è tutto chiaro, tramavi alle mie spalle.-continuo a ridere, Alice si lascia trascinare dal mio entusiasmo.

Apro la porta della mia camera, ci diamo la buonanotte nonostante sia presto, il viaggio è stato stancante. Entro portando con me le valigie, le sistemo in un angolo, faccio un giro per la camera.

E’ grande, accogliente, di lusso. C’è una piccola anticamera con un tavolino e due piccoli divanetti, nell’altra stanza un grande letto, un armadio capiente ed una scrivania sovrastata da un grande specchio, infine il bagno. Mi butto sul letto sfinita, poso il cellulare sul comodino al suo fianco e, prima che possa rendermene conto, ricado in un sonno profondo.

***

Riapro gli occhi di scatto, il sorriso stampato sul volto per il sogno appena fatto che aveva come protagonisti Edward e me. Il sorriso scompare non appena prendo consapevolezza di dove mi trovo e non appena mi rendo conto di essermi addormentata senza volerlo, dimenticando di telefonargli.

Allungo velocemente il braccio verso il comodino, prendo il cellulare, guardo il display che segna le 7.30, due chiamate perse ed un messaggio:

"Probabilmente ti sarai addormentata, spero mi sognerai perché io lo farò di sicuro. Buonanotte amore mio, inizio a contare i giorni che mi separano da te. Ti amo, E."

Sorrido, gli rispondo: "Io ti ho già sognato, forse adesso tu starai sognando di me. Dolce notte amore, ti amo."

Scendo dal letto, vado in bagno a rinfrescarmi, mi vesto cercando qualcosa nella valigia di Alice che possa andare, un abitino nero, semplice, abbinato a delle decolté dal tacco medio, del trucco a completare il tutto.

Prendo la mia mega borsa, che è in grado di contenere tutte le carte ed i fascicoli di cui ho bisogno, esco dalla stanza per recarmi da Alice, busso alla porta più volte prima che finalmente venga ad aprirmi. Anche lei è pronta, indossa un abito celeste, che le scende morbido sui fianchi, un soprabito bianco, il sorriso raggiante.

-Buongiorno.- le sorrido serena – Programma del giorno?-

-Abbiamo la mattinata libera, quindi colazione abbondante e poi in giro per Parigi. Nel pomeriggio invece ci sarà una conferenza stampa alla quale devo prender parte.-

-Perfetto, andiamo.-

Scendiamo nella sala ristorante dell’hotel, prendiamo posto al tavolo a noi riservato e, prima che abbia il tempo di battere ciglio, un cameriere è già accanto a noi pronto a prendere le ordinazioni.

Alice prende un succo di pompelmo ed uno yogurt, io, invece, sono particolarmente affamata, ordino un cappuccino ed un croissant (in perfetto stile parigino).

Mangiamo con calma prima di cominciare il nostro giro turistico. Camminiamo attraverso gli Champs Elysées, tra le innumerevoli vetrine dei negozi di lusso, tra i cinema ed i caffè caratteristici. L’aria è quasi gelida, estraggo i guanti dalla borsa per indossarli, con essi il cellulare, controllo l’ora: le 11.00, è ancora presto per chiamare Edward, sospiro.

Ad un tratto un profumo invitante mi invade le narici, un languore allo stomaco, mi giro verso la fonte di questo odorino delizioso e vengo attirata dall’insegna del negozio: Crêperie.

-Mmm Alice, che ne pensi?- indicando il negozio.

-Bella abbiamo fatto colazione poco più di due ore fa.-

-Lo so, ma non riesco a resistere.- la trascino con me, prendiamo posto ad un tavolino ed ordiniamo due crèpes al cioccolato.

Dopo qualche minuto il cameriere arriva con le nostre crèpes al cioccolato cosparse di zucchero a velo. Ne mangio un boccone, sono soffici e buonissime, ed in pochi istanti ho già finito la mia.

-Hey non credevo fossi così affamata.- lo sguardo di Alice è meravigliato e divertito al tempo stesso.

-Non ero affamata, ma sono deliziose.-

Riprendiamo la nostra passeggiata, percorriamo un gran tratto di strada, fino alle 13.30 quando rientriamo in albergo con svariati pacchetti di regali e souvenir tra le mani. Tornata in camera mi siedo sul letto, sprofondandovi, decido di chiamare Edward, dovrebbe essere in procinto di andare a lavoro in questo momento.

La sua voce calda mi raggiunge dopo un paio di squilli – Buongiorno piccola.-

Due parole semplicissime, una fitta allo stomaco – Buongiorno amore, come stai?-

-Bene, sono in ufficio, tra qualche minuto ho una riunione importante. Te invece, come va?-

-Qui tutto bene, stamattina eravamo libere e ne abbiamo approfittato per fare un giro della città. E’ tutto così meraviglioso.- sospiro pensando che sarebbe bello se potessi vedere questi posti insieme a lui – Oggi pomeriggio abbiamo una conferenza e stasera una cena con i più alti esponenti della moda a livello mondiale.-

-Beh immagino che Alice sia super agitata.-

Rifletto qualche secondo -Stranamente mantiene la calma.- dico più a me stessa che a lui.

-Meglio così!- lo sento sorridere – Adesso devo lasciarti, amore, ci sentiamo questa sera.-

-Va bene, a stasera. Ti amo, Edward.-

-Anch’io Bella, tanto.- riaggancia troppo in fretta, o forse sono semplicemente io che non sono pronta a separarmi da lui, dalla sua voce.

“Saranno soltanto pochi giorni” mi ripeto come un mantra, ma è così difficile stargli lontano.

Controllo l’ora, sono già le 14.00 e non posso permettermi di restare qui impalata a pensare i giorni che mi separano da Edward, ho deciso di godermi questa magnifica esperienza e lo farò fino in fondo, un grande punto ai pensieri tristi.

Dei tocchi alla porta mi riportano con i piedi per terra, sicuramente sarà Alice. Recupero in fretta le mie cose, uno sguardo veloce allo specchio, passo una mano tra i capelli ed un filo di gloss sulle labbra, un gran respiro e sono pronta a cominciare sul serio questa avventura.

***

La conferenza termina alle 19.30, dopo tre ore di domande ininterrotte da parte dei giornalisti sulle collezioni che saranno presentate, su come sarà la moda questa primavera/estate, i colori più in voga, i tipi di abiti che più andranno.

Rientriamo in albergo, controllo il cellulare, nessuna chiamata, nessun messaggio. Ho una voglia matta di sentire Edward ma ho i minuti contati, devo prepararmi per la cena di gala che si terrà questa sera e segnerà l’apertura ufficiale della settimana, dove sicuramente ci aspetteranno ancora i giornalisti, mai sazi di notizie, sempre in cerca di news.

Faccio una doccia veloce, sistemo i capelli in un morbido chignon basso, indosso un tailleur nero composto da giacca e pantalone alto in vita a gamba larga, una camicia in seta bianca, delle decolté altissime per slanciare la mia figura.

Sfumo dell’ombretto color piombo sulle palpebre marcando il bordo degli occhi con l’eye liner nera, un tocco di phard ed un lipstick rosso a completare l’opera.

Esco dalla camera, busso alla porta di Alice. Mi apre mentre è intenta a parlare a telefono con Jasper, mi fa cenno di entrare, il mio sguardo ricade sul letto completamente ricoperto di panni,  la osservo sconvolta mentre fa spallucce per giustificarsi.

Riaggancia, mi squadra dalla testa ai piedi – Bella sei..un incanto. Sì, proprio favolosa.-

-Ti ringrazio, anche tu sei magnifica. Ma, a quanto vedo,-  mi giro, indico il letto alle mie spalle – non deve essere stata un’impresa facile decidere.-

-Mi meraviglio che, dopo tutti questi anni, la cosa ti sorprenda ancora.- l’espressione indifferente, di chi la sa lunga.

-Hai ragione, dovrei esserci abituata, ma non finirai mai di stupirmi. Andiamo, dai.-

***

La sala dove si terrà la cena è enorme e decisamente sfarzosa. Vi sono una moltitudine di tavoli pronti ad ospitare le più alte personalità della moda, insieme coi loro collaboratori ed assistenti.

I flash dei fotografi pronti ad immortalare ogni istante, ogni piccolo particolare. Alice ed io conosciamo tante persone, i loro nomi passano velocemente nella mia testa, vi si annidano qualche secondo, per poi svanire non appena si allontanano.

Tutto è meraviglioso, sembra un sogno, eppure non posso fare a meno di controllare insistentemente il cellulare, senza che cambi nulla. Vorrei che Edward fosse qui con me, sentire il calore della sua voce che mi sussurra all’orecchio, la morbidezza delle sue labbra che si poggiano sulle mie.

Il suo numero, lo compongo svariate volte. Continua a squillare, a vuoto. La serata trascorre in fretta, si conclude alla grande, nonostante una lieve angoscia mi attanagli lo stomaco.

Prendiamo un taxi per rientrare in albergo, resto in silenzio ad ascoltare Alice che parla della serata appena trascorsa, i miei interventi si limitano ad un “sì, è fantastico” buttato qua e la, vorrei che un po’ del suo entusiasmo riuscisse a contagiarmi.

Salgo nella mia camera, mi spoglio, sciolgo lo chignon, indosso il pigiama e sciacquo la faccia prima di mettermi a letto. La schiena contro la testiera, le ginocchia portate al petto, provo a chiamare ma ancora una volta gli squilli si perdono nel vuoto.

Sento lo stomaco stingere ancora, avvolgersi su se stesso. Mi stendo portando le coperte fin sopra alla testa, stringo forte gli occhi, la voglia di addormentarmi per far trascorrere in fretta il tempo.

Improvvisamente sento qualcuno bussare alla porta, mi alzo ed apro, ritrovandomi Alice avvolta nella sua vestaglia rosa che mi sorride.

-Tesoro cosa c’è?- entra, richiudo la porta mentre la vedo dirigersi nella mia camera, sale sul letto incrociando le gambe fra di esse.

-Niente. Credevi che presa dal mio entusiasmo non mi accorgessi che c’è qualcosa che non va?- con la mano tasta il posto vuoto accanto al suo – Dai, vieni a sederti, parliamone. Cos’hai?- il suo sorriso è dolce e rassicurante.

-Non ho nulla Alice, è tutto ok. E’ solo che..non sento Edward da questa mattina, non risponde alle mie telefonate e..-

-Ti capisco, ma non devi preoccuparti, Bella, sarà sicuramente impegnato con il lavoro.-

-Sì, questo lo so. Però mi manca, e non posso fare nulla per evitarlo.-

-Anche a me manca Jazz, da morire. Ma si tratta soltanto di altri sei giorni, Bella, poi i nostri principi azzurri saranno a NY ad aspettarci.- mi sorride, le sorrido anch’io.

Quando parlo con Alice sembra che tutto cambi prospettiva, trova sempre il modo di addolcire la pillola.

-Se è soltanto questo che ti turbava, allora, non hai motivo di stare giù. Godiamoci questi giorni e lasciamo fuori i pensieri brutti, ok?-

-Va bene.- le sorrido.

-Perfetto!- prende un cuscino e lo posiziona sotto la sua testa, si copre fino a scomparire sotto la trapunta pesante – Adesso spegni la luce che ho sonno.-

Capisco subito quali sono le sue intenzioni, mi sembrava strano che ieri non ci avesse provato – Dormi qui con me?-

-Certo. Ti manca Edward, hai bisogno di compagnia.-

-Beh certo, compagnia. Proprio quello che cercavo.- mi accoccolo al suo fianco e, così come da bambine, cadiamo subito nel mondo dei sogni.

***

Giorno 2.

Continuo freneticamente ad andare avanti e indietro, in una mano i fogli con la scaletta degli abiti che dovranno uscire in passerella, con l’altra spingo la rella per portarla nei camerini.

Da stamattina non mi sono fermata un attimo, non ho avuto nemmeno un minuto di tregua. La giornata è iniziata con la sveglia suonata in ritardo, un Alice in preda alle crisi di panico, ed un messaggio di Edward che si scusava per non essersi fatto sentire per l’intera giornata a causa di impegni lavorativi.

Ho lo stomaco in subbuglio, completamente a pezzi, ed il fatto che io abbia a malapena mangiato un toast non migliora la situazione.

So bene che organizzare una sfilata è un lavoro alquanto impegnativo, ero consapevole che organizzare una sfilata per la settimana della moda parigina lo sarebbe stato ancor di più, di certo non immaginavo fino a questo punto.

Entro nel camerino, Alice parla con le modelle, è intenta a dare disposizioni. Dovrebbe essere già in sala, seduta comodamente ai posti a noi assegnati, ed invece è ancora qui ad assicurarsi che tutto vada come previsto.

-Alice ecco gli abiti che mancavano, sono quelli che usciranno per ultimi.-

-Perfetto Bella, grazie per tutto quello che stai facendo.-

-Figurati, è il mio lavoro.- le sorrido – Sei pronta per accomodarti e goderti lo spettacolo?-

Dà un ultimo sguardo intorno a lei poi si volta verso di me, annuisce – Pronta!-

Usciamo da dietro le quinte, tutti hanno già preso posto, le luci si sono abbassate, nella sala lampeggiano soltanto i flash intermittenti dei fotografi. Ci accomodiamo anche noi, l’occhio di bue illumina il fondo del palco, compare Cècil Duprais, madrina d’onore che darà inizio alla sfilata.

Conclude in pochi minuti il suo discorso per poi scomparire dietro le quinte, un boato di applausi si diffonde intorno a noi, cessa soltanto per lasciare spazio alla musica.

Le prime modelle cominciano a sfilare sulla passerella, qua e la si vedono cenni d’assenso, i fotografi continuano imperterriti a scattare foto.

Il mio sguardo si sposta su Alice seduta al mio fianco, ha le mani sul grembo, si torturano tra di esse. Le prendo la mano e le sorrido, cerco di infonderle un pizzico di tranquillità e pare che ci riesca.

Gruppi di modelle continuano ad entrare ed uscire dalle quinte, ancheggiano con grazia e decisione sui loro tacchi vertiginosi, ed il tempo trascorre così in fretta che senza rendercene conto ci troviamo già all’after party della sfilata.

-Tieni, credo tu ne abbia veramente bisogno.- porgo una flute di champagne ad Alice.

-Grazie Bella, lo credo anch’io.- la prende dalle mie mani e fa un grande sorso – Tu non ne bevi?-

-Con quel poco che ho mangiato oggi meglio evitare l’alcool.- le dico indicandole il mio succo analcolico – Allora, come credi sia andata?-

-Davvero non ne ho idea. Molte persone si sono complimentate con me, ma questi sono convenevoli. La vera batosta si avrà domattina: i giornali, la critica; Ti prego, domani compra il giornale e se la critica è negativa uccidimi nel sonno.-

Non posso fare a meno di scoppiare a ridere per l’espressione che ha assunto – Va bene Alice, te lo prometto.-

Improvvisamente sento qualcosa nella borsa vibrare, estraggo il cellulare e rispondo in fretta.

-Edward..-

-Non dovevi farmelo, sai che adoro il modo in cui il blu si sposa con la tua pelle.-

-Come scusa?- capisco che si riferisce all’abito che indosso ma non riesco a capire come faccia a saperlo.

-Beh sai come funziona: mass media, internet, notizie in tempo reale. Le foto della sfilata stanno inondando il web.-

-Oh, ma certo…il web.-

-Cos’è quest’aria delusa? Credevi che fossi lì a Parigi?-

-Non ti nascondo che l’idea non mi sarebbe dispiaciuta. Mi manchi tanto.-

-Anche tu amore, è proprio per questo che mi sto immergendo a capofitto nel lavoro.-

-Già..- vorrei continuare a parlare con lui ma Alice mi aspetta - Adesso devo andare Edward, ci sentiamo domani pomeriggio.-

-Domani mattina, vorrai dire.- lo sento ridere.

-La tua mattina, il mio pomeriggio.- sorido anch’io, anche se non vorrei altro che essere tra le sue braccia – Notte!-

-Notte Bells.-

***

Giorno 3.

-Alice svegliati, forza. Pigrona.-

-Che? Cosa..?- solleva lievemente la testa dal cuscino, gli occhi ancora assonnati – Oh no, fammi vedere.-

Mi salta addosso quando le sventolo il giornale che mi sono fatta portare in camera, insieme con la colazione, davanti agli occhi. Mi siedo sul letto al suo fianco mentre gira velocemente le pagine per trovare l’articolo che le interessa, improvvisamente si blocca.

-Aspetta, l’hai già letto?-

-No, ti ho svegliata non appena è arrivato.-

-Come no?- un espressione terrificata sul volto – Ti avevo detto di leggerlo per prima e di uccidermi se le critiche fossero state negative. Me l’avevi promesso Bella, promesso.-

-Dai non farla tragica, leggi. Non sei curiosa?-

-Non ho il coraggio.-

-Pff, dai qua Alice.- le strappo il giornale dalle mani, trovo l’articolo che parla della sfilata, inizio a leggerlo.

Alice continua a guardarmi, in silenzio, gli occhi completamente sgranati, senza batter ciglio. L’aria che aleggia intorno a lei è così densa di tensione che si potrebbe tagliare con un coltello.

-Allora? Si può sapere cosa dicono?- non resiste.

-Mi dispiace Alice.- la critica è molto entusiasta ma decido comunque di tenerla un po’ sulle spine.

-Ti dispiace? Dispiacerti per cosa?- la sua espressione agitata è troppo buffa, un po’ mi sento in colpa.

-Beh, mi dispiace che..avremo molto lavoro da fare perché saremo sommerse di richieste.-

-Cosa? Da..davvero? Fammi vedere.- tira via il giornale dalle mie mani, comincia a leggere per poi iniziare a gridare come una pazza – Oddio Bella, è piaciuta. La mia collezione è..è piaciuta.-

-Sì Alice, è piaciuta.- le sorrido, mi getta le braccia al collo e stringe tanto forte quasi da farmi mancare il respiro.

-Mi sono tolta un gran peso dallo stomaco, adesso non ci resta che goderci questi altri quattro giorni tranquillamente.-

-Già, soltanto altri quattro giorni.- le faccio eco, mentre con il pensiero sono già a NY tra le braccia di Edward. 



Ps: se durante la lettura avete pensato che Bella ed Edward si siano sentiti troppo poco, beh l'ho pensato anche io. Questa mancanza porterà a qualcosa?? Chissà..alla prossima :P

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Capitolo 36
*** Per sempre. ***


Buon pomeriggio ragazze, è arrivata la Befana a portarvi il regalino xD Questa volta l'aggiornamento è arrivato in tempo e me ne compiaccio, spero il capitolo sia di vostro gradimento. Ci tengo a dirvi che siamo entrati nella fase finale di questa storia, quindi non so dirvi se saranno altri 5, 10 o 20 capitoli, però siamo agli sgoccioli. Come sempre voglio precisare che nulla è come sembra, e spero apprezzerete il modo in cui si svolgeranno gli eventi. Detto ciò ringrazio tutte coloro che leggono, soprattutto coloro che trovano sempre qualche istante per farmi conoscere le loro impressioni che per me sono importantissime.
Buona lettura!

 


Isabella Pov.

Siamo nella hall dell’albergo, consegniamo le chiavi delle nostre camere mentre salutiamo il portiere, un anziano e simpatico signore con il quale in questi giorni abbiamo stretto amicizia.

-Arrivederci Jean-Pierre, è stato un vero piacere conoscerla.-

-A rivederla Miss, il piacere è stato tutto mio.- prende la mia mano, ne sfiora delicatamente il dorso.

-Spero di ritornare presto, ho ancora così tanto da vedere.- Alice gli sorride.

-Miss Brandon saremo felici di tornare ad ospitarla semmai decidesse di ritornare,  spero al più presto.-

Un ragazzo ci aiuta a caricare le valigie sul taxi, mentre, dirette verso l’aeroporto, nel cuore aleggiano la tristezza per la fine di questa fantastica esperienza e la felicità nel ritornare finalmente a casa, nel sapere che tra qualche ora potrò riabbracciare Edward.

***

Ferme fuori all’aeroporto di New York da più di mezz’ora, Alice e Jasper al mio fianco a scambiarsi tenerezze, controllo l’ora per l’ennesima volta.

-Ragazzi, sul serio, potete andare. Ho avvisato Edward da più di un’ora, sono convinta che tra poco sarà qui.- cerco di celare il fastidio nella mia voce.

Nonostante sia consapevole che questo è orario lavorativo non riesco a trovare comunque una scusa plausibile per il suo ritardo. Se fosse accaduto il contrario avrei rimandato qualsiasi impegno pur di arrivare in tempo per poterlo riabbracciare.

-Bella non preoccuparti, possiamo aspettare.- Jasper mi sorride, mentre continua a stringere Alice a se.

-Va bene. Adesso magari gli faccio una telefonata.- mi allontano un po’, prendo il cellulare e compongo il numero.

-Pronto?-

-Edward dove sei? Stai arrivando?-

-Oh amore..scusami ma ho avuto un imprevisto ed ho perso completamente la cognizione del tempo. Puoi prendere un taxi, ti raggiungo subito a casa?-

-Non preoccuparti mi farò riaccompagnare da Jasper ed Alice, a più tardi.- riaggancio stizzita, senza attendere una sua risposta.

***

Apro la porta di casa, accendo le luci, sistemo i bagagli all’ingresso. Mi guardo intorno come se mancassi da tempo, apro le finestre lasciando entrare la luce.

Vado in bagno, decido di fare una doccia per riprendermi dallo stress delle ore di viaggio. L’acqua calda aiuta a rilassarmi, resto qualche minuto in più sotto il getto bollente, gli occhi chiusi per scaricare la tensione.

Esco dalla doccia, mi asciugo ed indosso qualcosa di comodo. Qualche istante dopo sento bussare alla porta, tutto il nervosismo sparisce all’istante lasciando spazio al batticuore, alla voglia di riabbracciare Edward, di incollarmi alle sue labbra e restarci quanto più tempo possibile.

Corro alla porta, la apro pronta a gettargli le braccia al collo, mi blocco quando al suo fianco scorgo la figura di una donna.

-Amore bentornata.- Edward si avvicina, lascia un piccolo bacio a stampo sulle mie labbra immobili.

-Grazie.- è tutto ciò che riesco a dire, mentre la mia attenzione è ancora rivolta a quella donna che se ne sta lì ferma, in disparte.

E’ minuta ed alta più o meno quanto me, capelli lunghi castani, occhi dello stesso colore, a prima vista mi somiglia molto.

-Bella lei è il mio imprevisto.- Edward interrompe il silenzio – Ti presento Claire.-

-Ciao Isabella, è un piacere.- mi porge la mano, la stringo debolmente.

-Piacere mio Claire. Prego entra pure, accomodati.-

Edward e Claire si accomodano sui divani nel salotto, mi siedo anch’io mentre cerco di spiegarmi il perché della sua presenza qui.

-Posso offrirvi qualcosa? Purtroppo non ho molto dato che sono appena rientrata, magari un caffè, un the?-

-Un caffè andrà benissimo, grazie.-

-Anche per me, amore.-

Annuisco, vado in cucina a prepararlo. Sento le voci di Edward e Claire che chiacchierano, le loro risate. Vorrei capire perché l’ha portata qui, perché non è venuto a prendermi all’aeroporto per lei.

Torno nel salotto, tra le mani il vassoio con le tazze fumanti di caffè. Mi siedo accanto ad Edward.

-Allora, hai detto che Claire è stato il tuo imprevisto. Cos’è successo?- la butto lì, utilizzando le sue stesse parole di qualche istante prima.

-Beh sì. Devi sapere che Claire è una mia cara, carissima, amica. La conosco fin da quando avevo 14 anni e non la vedevo, né sentivo, da anni ormai.-

-Dieci anni.- interviene Claire guardando Edward, senza che io riesca a comprendere il motivo di questa precisazione.

-Già, dieci anni.- le fa eco – E così, quando oggi è piombata nel mio ufficio, non riuscivo a credere ai miei occhi, abbiamo iniziato a parlare ed ho perso completamente la cognizione del tempo.- termina.

-Capisco. Come mai non vi vedevate da..dieci anni?- mi rivolgo a Claire, calco volutamente su questo numero, come a voler scoprire un significato celato.

-Beh perché dieci anni fa sono partita per l’Europa, avevo bisogno di cambiare aria. Sono andata in Inghilterra, mi sono laureata in economia ed ho lavorato in un’azienda che purtroppo circa un mese fa è andata in bancarotta ed ha chiuso i battenti. Così ho pensato: “Se proprio devo ripartire da zero, tanto vale farlo nel mio paese, nella mia vera casa”.-

-Quindi adesso sei senza lavoro?- nella voce di Edward mi sembra quasi di scorgere ansia, apprensione.

-Già, proprio così.-

-Potresti venire a lavorare con me, come mia assistente personale.-

-Edward non hai già un’assistente personale?- m’intrometto subito, come se mi sentissi in dovere di difendere qualcosa di mio.

-Si, ma non è un problema. Il lavoro, fortunatamente, procede bene ed io ho proprio bisogno di altro aiuto.- le sorride.

-Sarebbe fantastico.- lo sguardo di Claire è fisso in quello di Edward, la felicità è facilmente leggibile nei suoi occhi –Adesso è meglio che vada, credo di aver arrecato già fin troppo disturbo.- si avvicina ad Edward, lo saluta con due baci sulle guance – Ci vediamo domani.-

-Non preoccuparti, nessun disturbo.- mi  alzo, l’accompagno alla porta.

-Ciao Isabella, è stato un piacere.-

-Piacere mio, Claire.- esce, chiudo la porta alle sue spalle.

Sento due braccia cingermi la vita, un bacio posarsi sul mio collo. Brividi, li ignoro. Mi allontano verso la cucina, prendo un bicchiere d’acqua, Edward mi raggiunge.

-Mi sei mancata moltissimo, sai.- prova a baciarmi, mi scosto.

-Beh non si direbbe.- una punta di acidità nella voce.

-Cosa c’è che non va?-

Mi segue in soggiorno, i nervi a fior di pelle. -Edward c’è che se davvero ti fossi mancata mi avresti tempestato di telefonate quando ero a Parigi, così come ho fatto io ogni volta che ne avevo l’occasione. C’è che non aspettavo altro che poterti rivedere e riabbracciare e se fossi stata io al tuo posto sarei stata ad aspettarti all’aeroporto sin dal giorno prima pur di non rischiare di essere in ritardo mentre tu..tu..dimentichi di venirmi a prendere perché c’è Claire. Un imprevisto. Claire.- finisco il mio discorso tutto d’un fiato, sentendomi più libera.

Resta in silenzio, si avvicina, troppo. Riesco a sentire il suo alito caldo soffiare sul mio viso, mi sfiora il mento invitandomi a guardarlo.

-Tu, mi sei mancata ogni minuto, ogni istante del giorno e della notte. Mi sono immerso nel lavoro per non continuare a pensare quanti giorni mi separavano da te. Ti chiamavo poco per evitare di non avere la forza di staccarmi dalla tua voce.- i suoi occhi fissi nei miei, due smeraldi nei quali perdersi – Per quanto riguarda oggi hai perfettamente ragione, mi dispiace di non esser venuto  all’aeroporto. Ma Claire è piombata nel mio ufficio all’improvviso e la sorpresa è stata così grande che mi sono lasciato prendere.-

-Come mai è così importante per te? E non dirmi che non lo è perché non ti crederei, ho visto il modo in cui vi guardate, c’è complicità nei vostri occhi.-

-Non ti nascondo che abbiamo passato un lungo periodo della nostra adolescenza insieme, ma nulla di più.- abbassa la testa, inizia a lasciare una lunga scia di baci sul mio collo, il mio punto debole  - Adesso, ti prego, baciami, ho sognato tutte le notti di poterlo fare.-

Vorrei sapergli resistere  ma non ci riesco. Il suo corpo, il suo profumo, le sue parole, e soprattutto l’amore, che provo nei suoi confronti me lo impediscono.

Le sue labbra si avvicinano cautamente, le catturo tra le mie presa da una frenesia inspiegabile. Il desiderio a guidarmi.

La sua lingua è calda, morbida, sfiora la mia lentamente. Mi solleva, incrocio le gambe intorno al suo bacino, le mani tra i suoi capelli, a stringerli.

Mi porta nella mia camera, mi adagia sul letto stendendosi sopra di me – Non c’è stata notte in cui non ho sognato di poter fare questo.-

Sfila via la mia maglia, inizia a baciarmi il collo, il seno, fin sull’addome, in una scia umida e bollente  – E questo.-

Con le dita prende a sfiorarmi un capezzolo, lo imprigiona tra le sue labbra. Gemo abbandonandomi completamente ai sensi, annullando i pensieri – E ancora questo.-

La sua voce roca, un richiamo al quale non so resistere, non voglio resistere. Guardo i muscoli tesi delle sue braccia mentre cerca di sfilare via la sua camicia, lo aiuto soffermandomi sulle sue spalle.

Sbottona i miei jeans, li fa scivolare lungo le mie gambe. Ne percorre tutta la lunghezza, accarezzandole, baciandole. Toglie i suoi pantaloni, restando sempre sopra di me.

Sento la sua erezione comprimere contro la mia intimità, l’irrefrenabile voglia di sentirlo dentro di me.  E’ un istante, lo spingo via facendolo ricadere di spalle sul letto, l’espressione sorpresa.

Mi metto a cavalcioni su di lui, sul suo volto compare un sorriso malizioso – Cosa vuole fare, Miss Swan? Vuole punirmi, per caso?-

Mi mordo il labbro inferiore, conscia dell’effetto che ha su di lui – Magari dopo, Signor Cullen. Adesso ho altro in mente.-

Prendo a baciargli il collo, il petto, tra la peluria rada, fino a scendere sull’addome. Inarca lievemente la testa all’indietro, sospira.

Lentamente gli abbasso i boxer, fino a sfilarglieli del tutto. Accarezzo la sua erezione lungo tutta la lunghezza. Su e giù, in un ritmo lento e cadenzato.

Sostituisco la bocca alle mani, so quanto gli piace e adoro dargli piacere. Le sue mani corrono tra i miei capelli, li rigira tra le dita, mi accarezza la nuca accompagnando con dolcezza i miei movimenti.

Improvvisamente mi blocca, mi tira verso di se capovolgendo con un movimento fulmineo le nostre posizioni. Comincia a baciarmi con passione, le sue labbra mordono le mie che lasciano sfuggire un gemito.

-Voglio fare l’amore, con te, adesso.-

-Anch’io, non desidero altro.- un bacio, un altro ancora.

Lo sento entrare, improvviso, a colmare tutto il vuoto che durante questi giorni lontani avevo accumulato. Perché non riesco a stargli lontano, che sia un mese, un giorno, o soltanto un minuto. Perché provo un amore totalizzante, che non ha spiegazione, né limiti.

Sento le sue mani sulle mie cosce, stringono con forza mentre le sue spinte lasciano sfiorare i nostri bacini, triplicando il piacere.

La sua voce, improvvisa, un sussurro tra i gemiti – Sei tu..tutta la mia..vita.- tra l’affanno – Mi sei..mancata da morire.-

Le sue labbra cercano le mie, le trovano. Un bacio che sa di amore, passione, possesso. Ne segue il contorno con la lingua, passa a torturarle coi denti, per poi riprendere a lambirle con la lingua. Un gioco lento, continuo, a tratti straziante.

-Oddio..Edward..- stringo forte i suoi capelli, lo attiro a me, la sua lingua a sprofondare fin nella gola – Io ti..io..ti amo.-

Le sue spinte aumentano d’intensità, con una mano stringo i suoi glutei sodi, li sento contrarsi ritmicamente ad ogni spinta, l’altra sulla sua schiena, le unghie a sprofondare nella carne bollente, velata di sudore.

Un orgasmo a scuotermi il basso ventre, contrazioni intermittenti che mi procurano un piacere ingestibile. Vedo i suoi occhi stringersi, la testa reclinata all’indietro quando pochi istanti dopo raggiunge il culmine.

Esce da me, si distende al mio fianco. Poggio la testa sulla sua spalla, accoccolata sul suo petto, persa ad ascoltare il suo respiro agitato.

-Resti con me stanotte?-

-Non me ne andrei per nulla al mondo. Non voglio passare più nemmeno una notte lontano da te, dalla tua pelle calda, dal tuo respiro.- prende la mia mano, la incrocia alla sua, la porta alle labbra baciandone delicatamente le nocche – Vieni a vivere con me!- un soffio al mio orecchio, un dolce bacio sulla tempia.

-Co..cosa?- mi volto a guardarlo, i suoi occhi verdi mi scrutano insistenti.

-Voglio che tu venga a vivere con me. Voglio averti accanto giorno e notte, sentire il tuo profumo e baciare le tue labbra ogni volta che ne ho voglia. Fare l’amore con te, tutti i giorni, tutte le ore, sempre. Dimmi di sì, Bella.-

-S..sì, sì.- non riesco ad impedire ad una lacrima di solcarmi il viso. Brividi, gioia, emozione.

-Si?- i suoi occhi si illuminano, il suo sorriso illumina me.

Mi attira a se portandomi sopra di lui, sposta una ciocca di capelli che ricade sulla mia fronte, mi bacia  – Ti amo, e sarà per sempre.-

-Per sempre.- gli faccio eco e mentre i nostri corpi riprendono a scaldarsi, incapaci di stare lontani, penso che tutta questa felicità sarà solo l’inizio.

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Capitolo 37
*** Un nuovo inizio, noi. ***


Buonasera a tutti. Sono un pò emozionata, devo dire. Vi chiedete il perchè? Beh perchè questo è il terzultimo capitolo. Sì, avete capito bene, il terzultimo se escludiamo un extra che starà a voi decidere. Da un lato mi dispiace portare a termine questa storia, dall'altro però non vuol dire che dorvà per forza finire. Capirete in seguito. Per il momento vi lascio a questo capitolo e ancora una volta un grande grazie va a tutte coloro che mi hanno seguita e dimostrato tutto il loro interesse.
Buona lettura.

 


Edward Pov.

Usciamo dall’ultimo appartamento che avevamo da visitare, salutiamo il consulente dell’agenzia che ci ha accompagnati, Claire fissa un altro appuntamento per l’indomani.

-Allora cosa ne pensi?- le domando mentre camminiamo fianco a fianco.

-Sono tutti molto carini, devo solo valutare qual è il più conveniente.- mi sorride, quel sorriso così familiare che quasi avevo dimenticato quanto mi era mancato.

Ritorno indietro nel tempo, inizio un viaggio tra quei ricordi che mi hanno accompagnato in questi anni. Quando dieci anni fa è partita, senza dirmi dov’era diretta, senza darmi più sue notizie, per molto tempo ho vissuto nel rimorso, a logorarmi; ad allietare le mie pene soltanto il ricordo del suo sorriso, della sua risata gioiosa.

E’ per questo motivo che quando si è presentata nel mio ufficio, così, all’improvviso, ho persino dimenticato che Bella era ad aspettarmi all’aeroporto. Non potevo credere ai miei occhi, non poteva essere vero; Eppure lei era lì, finalmente potevo riabbracciarla, finalmente potevo dire di esserci buttati completamente il passato alle spalle.

Come vorrei condividere tutto quello che mi passa per la testa con Isabella, dirle tutte le sensazioni, tutte le emozioni che ho dentro. Eppure non posso, non ci riesco.

Ho paura di quello che potrebbe pensare di me, paura del suo giudizio. Un vile, un traditore, un uomo incapace di prendersi le proprie responsabilità.

Anche se ero soltanto un ragazzo potrebbe pensare che questa sia la mia vera natura, che il diventare adulto e più maturo non mi abbia cambiato affatto.

Ricordo perfettamente quanta poca fiducia riponeva in me quando ci siamo conosciuti, ho dovuto lottare per farle cambiare idea, per farle capire quanto ci tenessi realmente a lei. Raccontarle quello che è successo tra Claire e me potrebbe turbare il nostro rapporto e, nonostante la solidità che abbiamo guadagnato nel tempo, non me la  sento di rischiare.

Dopotutto che senso ha rivangare il passato? Soprattutto quando questo passato non conta più nulla, quando i fantasmi che ti hanno tormentato per anni sono spariti lasciando ripartire la tua vita da zero, ripartire da Bella.

Lei è la mia luce, il mio sole personale, tutto quello che desidero, tutto quello che ho cercato in questi dieci lunghi anni. Non posso mettere a repentaglio questa stabilità, quest’equilibrio che ho raggiunto a fatica.

Saliamo in macchina diretti verso casa dell’amica presso la quale Claire alloggia, la musica a farci compagnia, i miei pensieri affollarsi tra loro fino a quando la sua voce non mi riporta alla realtà.

-Come procedono i preparativi per il trasloco?-

-Tutto bene, grazie. Dopo passerò da Bella a prendere le sue cose.-

Mi sorride, annuisce – Sono felice per te, sembra una brava ragazza.-

-Lo è. Lei è davvero unica.-

Abbassa lo sguardo, probabilmente in imbarazzo – Sono contenta che tu abbia trovato una tua stabilità. In questi anni ho pensato soltanto al lavoro, e adesso eccomi qua, a dover ripartire da zero, senza avere un punto fermo.-

Nelle sue parole percepisco un pizzico di malinconia, cerco di risollevarle il morale – Troverai anche tu la tua stabilità, quando incontrerai una persona che rappresenta quello che Bella è per me.- le stingo una mano, mi sorride.

-Già, spero presto.-

Isabella Pov.

Impilo gli scatoloni gli uni sugli altri, badando a farli rimanere in equilibrio tra di loro. Sono passati già dieci giorni.

Dieci giorni da quando sono tornata da Parigi; dieci giorni da quando Edward mi ha chiesto di trasferirmi da lui; dieci giorni che mi divido tra il lavoro, Edward e scatoloni da riempire.

-Bella questi dove li metto?- Alice cammina con uno scatolone, che è il doppio di lei, tra le mani, ha la visuale ostruita ed il suo passo è incerto.

Accorro in suo aiuto prima che combini un disastro – Alice c’è roba fragile in questa scatola, un po’ di cautela.- la prendo, la poggio a terra accanto alle altre.

-Sono ore ormai che solleviamo scatoloni, sono esausta. Edward non poteva aiut..ops.- si blocca non appena incrocia il mio sguardo, sa benissimo perché lui non è qui adesso, sa benissimo che la cosa mi urta alquanto e quindi è un argomento che cerco di evitare.

-Alice lo sai..- m’interrompe.

-Sì, lo so. Scusami.- mi viene vicino, mi abbraccia.

-Io non voglio innervosirmi, ma..è proprio che non capisco perché? Perché Edward non fa altro che stare dietro a Claire? “Claire ha bisogno di un lavoro”; “Aiuterò Claire a trovare un appartamento qui a New York”; “Amore tarderò di dieci minuti, piove e Claire ha bisogno di un passaggio”- imitando la sua voce.

Vedo Alice che a stento riesce a trattenere una risata. Ci prova, senza successo.

-Alice non ci trovo nulla da ridere.- la ammonisco.

-Andiamo, Bella. Edward e Claire si conoscono da una vita, come te e me. E’ naturale che l’aiuti, come noi ci aiutiamo a vicenda se ne abbiamo bisogno.-

Sbuffo. Ha ragione, lo so perfettamente. Il mio atteggiamento è sbagliato, da egoista forse. E’ normale che Edward aiuti una sua cara amica, l’importante è che questo non leda la mia sfera personale.

-Tu come fai, non hai mai paura di perdere Jasper? Credi sia stupida?- la voce in un lamento.

-Bella, se ami qualcuno è naturale avere paura di perderlo. Questo, però, non significa che le tue paure siano necessariamente fondate. Se Claire fosse stato ipoteticamente “George”, migliore amico di Edward tornato a New York dopo dieci anni di assenza, ti saresti fatta tutti questi problemi?-

Rifletto qualche istante. Se Alice sa come addolcirti la pillola, sa anche come fartela ingoiare controvoglia.

-Forse no.- sospiro – Vorrà dire che proverò a conoscerla meglio, dopotutto sembra simpatica.-

-Ecco, brava. Sii positiva.- mi sorride, guarda il cellulare – Oddio è tardissimo, ho un appuntamento con Jasper.-

-Vai pure, qui abbiamo finito.-

-Sicura?-

-Certo, ci vediamo domani.- l’accompagno, le do un bacio sulla guancia – Divertiti.-

Resto da sola, mi guardo intorno. La casa piena di scatoloni, libreria, mensole, ripiani, tutto vuoto.

Una bella svolta, un passo importante.

Un passo del quale non ho ancora parlato con Charlie e Renèe. Avevo deciso che non avrei parlato loro di Edward fino a quando le cose non fossero diventate realmente serie, avevo accennato a mia madre di frequentare un ragazzo, ma credo che adesso sia arrivato il momento di dirle come vanno le cose.

Prendo il telefono, compongo il numero, un paio di squilli e la voce squillante di mia madre mi raggiunge dall’altro capo del telefono – Pronto?-

-Mamma, ciao.-

-Bella, tesoro. Tutto bene?- l’entusiasmo è palpabile nella sua voce, come ogni volta che ci sentiamo, troppo raramente, a suo dire.

Diciamo pure che Renèe non è mai stata molto favorevole al mio trasferimento a New York, mentre Charlie mi ha sempre appoggiata, è sempre stato dell’idea che dovessi prendere la mia strada, fare le mie scelte e le mie esperienze.

-Si mamma, tutto bene. A voi?-

-Qui tutto tranquillo, come sempre. Tuo padre è alla centrale, io stavo per uscire.-

-Capisco.- mi prendo qualche istante, alla ricerca delle parole più adatte – Non ti terrò molto, ho chiamato soltanto per dirti una cosa.-

-Oh, bene!- esclama con entusiasmo – Centra quel ragazzo, quell’Edward?-

Bingo! E’ sempre la stessa storia, capisce di cosa le voglio parlare prima che sia in grado di proferir parola, mi chiedo come ne sia in grado.

-Sì, lui..beh, lui mi ha chiesto di andare..- tentenno, agitata, ho paura che possa prendersela per non averle detto fin da subito come stavano le cose, sospiro - ..insomma, mamma, Edward mi ha chiesto di andare a vivere insieme.-

-Lo sapevo!- asserisce con convinzione – L’avevo capito, Bella.-

-Tu cosa? Come?- sbalordita, incredula, come ogni volta che mi ritrovo a parlare con lei.

-Amore mio, credevi davvero che avessi creduto alla storia del “sto conoscendo un ragazzo, nulla di serio”?- riportando le parole che ho usato quando le ho parlato di Edward – Ti conosco troppo bene, non me ne avresti mai parlato se non ci avresti creduto per davvero.-

Rifletto, se esiste qualcuno con cui non posso tenere un segreto quella è mia madre, seguita a ruota da Alice, ovviamente.

-Sì, hai ragione. Allora, cosa ne pensi?-

-Cosa posso pensare, Bella. Sono felicissima, naturalmente mi farebbe piacere conoscerlo al più presto.- l’eccitazione nella voce, la solita, curiosa, Renèe.

-Va bene, mamma. Alla prima occasione, anche Edward avrebbe molto piacere di conoscervi.-

-Perfetto, alla prima allora. Adesso devo andare tesoro, ho un appuntamento alla galleria.-

-Certo, ci sentiamo al più presto. Dai un bacio a papà.-

Riaggancio, sono sola in casa. Finalmente un attimo di relax dopo giorni di caos.

Guardo l’ora, è ancora molto presto, mi distendo sul divano, gli occhi pesanti, li chiudo mentre man mano perdo il contatto con la realtà, a godermi questi attimi di pace.

***

Le mani delle tasche dei jeans, distendo i muscoli mentre sono persa ad osservare Edward che prende gli scatoloni dall’auto per portarli in casa.

-Hai intenzione di stare tutta la sera lì a guardarmi, o vieni a darmi una mano?- mi sorride scoprendo la sua dentatura perfetta, in quel modo che tanto adoro.

Prendo lo scatolone che ha tra mani, lo metto via eliminando l’intralcio. Gli vado incontro ridendo, gli salto letteralmente addosso, mi prende al volo. Euforia, felicità, entusiasmo, tante emozioni che non riesco a contenere, come una bambina che per la prima volta va al parco giochi.

Poso tanti piccoli baci ad intermittenza sulle sue labbra, morbide, profumate, Edward continua a sorridere,la sua risata è musica per le mie orecchie, riempie la stanza.

-Sono così contento che tu sia qui. La nostra casa.- lo sguardo intenso, provocatore – Adesso non avrai scuse per starmi lontano.-

-Io non voglio starti lontano.- le braccia dietro il collo, lo attiro a me per baciarlo – Credo che adesso, però, dobbiamo mettere un po’ d’ordine.-

-Va bene. Te lo lascio fare soltanto perché so che stanotte sarai tutta mia.- ammicca come un diavolo tentatore, lo vedo rimboccarsi le maniche prima di uscire a prendere le altre cose rimaste in auto.

Inizio a prendere i vestiti da posare, li porto in camera, li adagio sul letto. Improvvisamente un pensiero mi blocca. Non so dove sistemarli.

-Edward?- lo chiamo a gran voce, mi raggiunge – Dove posso mettere i miei vestiti?-

-Nella cabina armadio, amore. Sai dov’è.- il tono ovvio.

-Certo, ma ci sono tutte le tue cose.- ribadisco, a mia volta, con ovvietà.

-E tu, mia cara, credi che in questi giorni me ne sia stato con le mani in mano? Ho sistemato le mie cose in modo da fare spazio anche per te, la cabina è molto grande.-

Già, certo, perché non ci ho pensato? Sorrido tra me e me, immaginando un Edward indaffarato a sistemar casa per il mio arrivo. Da oggi sarà tutto diverso, saremo una coppia al cento per cento, dovremo abituarci a convivere, a condividere tutto, a prenderci cura l’uno dell’altra.

Sento crescere l’emozione, l’eccitazione, per questa nuova realtà che non vedo l’ora di vivermi a trecentosessanta gradi.

-Mi scusi, signor Cullen. Non avevo pensato che lei potesse essere così pronto, preparato.- lo prendo in giro, mi guarda con la sua aria altezzosa.

-Sai, credo che a volte tu sia un po’ troppo ironica.- risponde piccato, una sua piccola vendetta –Ti dispiace se ti lascio qualche ora da sola? Dopotutto adesso questa è casa tua, dovrai abituarti.-

-Certo, vai pure. A dopo.- un bacio a fior di labbra, resto sola.

Comincio a sistemare gli abiti nella cabina armadio, le maglie sugli scaffali, pantaloni ed abiti poggiati sulle grucce, le scarpe ordinatamente nella scarpiera. Improvvisamente sento lo stomaco brontolare, è tardi ed ho perso totalmente la cognizione del tempo.

Vado in cucina, decido di preparare qualcosa, una cenetta speciale per Edward. La nostra prima cena nella nostra casa.

Comincio ad aprire qualche mobile qua e là per trovare ciò che mi serve. In frigo trovo del petto di pollo, decido di cucinarlo con della salsa all’arancia.

In meno di mezz’ora è tutto pronto, sistemo le pietanze sul tavolo, accendo la candela che si trova al centro. Guardo l’ora, Edward è andato via da quasi due ore, nonostante mi avesse detto che non ci avrebbe impiegato molto.

Prendo il cellulare, sto per telefonargli quando sento lo scatto della serratura che si apre.

Gli corro incontro, lo raggiungo –Hey finalmente.- prendo il suo volto tra le mani, lo bacio come se non lo facessi da tempo.

-Scusami c’è voluto un po’ più del previsto.-

-Un po’ più del previsto per fare cosa?- lo guardo incuriosita, lo vedo estrarre qualcosa dalla tasca interna della giacca.

-Queste sono per te.-

Prendo il piccolo pacchetto dalle sue mani, lo apro, dentro vi sono due chiavi. Lo guardo, gli sorrido.

-Beh credo ne avrai bisogno, non si è mai vista una casa senza chiavi.- mi sorride – Ma questo profumino?- domanda annusando qua e là per la stanza, un espressione buffa sul volto.

-Ho cucinato qualcosa, penso dovrai abituarti all’idea.- riportando le sue parole.

Ci accomodiamo, vedo Edward fiondarsi sul petto di pollo all’arancia che è davanti a lui, comincia a mangiarlo con gusto. Io, invece, non tocco nulla, ferma, persa ad osservarlo.

Pensare che da oggi staremo insieme giorno e notte, non faccio altro che pensarci, fin dall’istante in cui me l’ha chiesto, e questa strana sensazione di felicità, questo costante vuoto allo stomaco, non accenna a passare.

-Amore sei una cuoca provetta.- la sua voce improvvisamente interrompe il flusso dei miei pensieri, gli sorrido.

-Ti ringrazio.- inizio a tagliare anche il mio petto di pollo in piccoli pezzi, ne mangio un boccone.

Chiacchieriamo del più e del meno quando ad un tratto il suono del suo cellulare avvisa l’arrivo di un sms, lo estrae dalla giacca, legge – E’ Claire. – dice dopo qualche istante, cerco di non badare alla piccola fitta allo stomaco – Voleva dirmi che ha risolto una questione di lavoro.- spiega brevemente.

Annuisco, bevo un sorso d’acqua – Come si trova con questo nuovo impiego?- domando, incuriosita.

-Molto bene. Diciamo che non è proprio quello per cui ha studiato, ma è una donna in gamba, impara in fretta.-

-Ne sono felice.- un sorriso tirato nasce sul mio volto.

Mi infastidisce sentire Edward parlare così entusiasta di una donna che non sono io, o forse il problema è semplicemente che quella donna cui si riferisce sia Claire.

Non riesco a capire perché mi senta così nei suoi confronti, probabilmente ho soltanto paura di quello che lei possa rappresentare per Edward, del loro passato insieme. Un passato del quale io non faccio parte.

Nonostante le sue rassicurazioni il mio inconscio non vuole saperne di trovar pace, e saperli a stretto contatto tutto il giorno, tutti i giorni, non aiuta di certo.

-Bella cos’hai?-

Alzo lo sguardo, incontro il suo che mi guarda perplesso – Nulla, scusa, ero sovrappensiero.-

-Sei sicura? In questi giorni mi capita spesso di vederti..come dire, turbata?-

-Ti assicuro che non è nulla di importante, sono sciocchezze.- cerco di nascondere quello che sento, non ha senso pensarci, ne tantomeno parlarne.

Lo vedo alzarsi, mi viene vicino, si piega sulle ginocchia per raggiungere la mia altezza – Sai che con me puoi parlare di tutto, vero? Qualsiasi cosa ti preoccupi, anche la più stupida, voglio che tu la condivida con me.-

Mi accarezza il volto, l’espressione seria. L’ennesima conferma di quanto sia stupida, di quanto le mie inquietudini siano senza fondamento.

-Lo so, amore. Grazie, ma davvero non è nulla.-

Cerco le sue labbra, le nostre lingue si incontrano lasciando mischiare il sapore aspro dell’arancia alla dolcezza di questo bacio.

-Sai, sopra c’è una bellissima vasca idromassaggio. Che ne diresti di rilassarti un po’?- il suo sguardo è ricco di brama, lussuria.

Mi mordo lievemente le labbra meravigliandomi di quanto riesca ad eccitarmi anche con un semplice sguardo, di quanto il suo corpo sia un richiamo irresistibile per i miei sensi.

-Direi che non desidero altro.- sfioro nuovamente le sue labbra mentre dentro di me si fa strada la convinzione che sarà una serata davvero speciale.

***

Questo capitolo lo dedico ad una carissima amica che è sempre pronta ad ascoltare i miei mille cambi di programma, a darmi consigli preziosi e che mi supporta fin dall'inizio! Roxy ti voglio bene, grazie <3

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Capitolo 38
*** Presentimenti. ***


Eccomi qui, anche il penultimo capitolo è arrivato. Questo più che un capitolo vero e proprio non è altro che un introduzione all'ultimo. Spero vivamente che possiate comprendere le mie scelte e accettare lo svolgimento dei fatti. Vi auguro una buona lettura e come sempre un grazie speciale a tutte, a chi mi ha seguita fin dall'inizio o chi ha cominciato solo in seguito, alle lettrici silenziose e a coloro che hanno sempre trovato un minuto per farmi sapere che c'erano. Va bè, adesso basta, i ringraziamenti ufficiali ci saranno nel prossimo capitolo. Baci!
 


Isabella Pov. 

Tengo tra le mani due paia di scarpe, il terzo paio è ai piedi di Alice che continua a guardarsi e fare piroette davanti allo specchio.

Ogni volta è la stessa storia, ed ogni volta mi lascio convincere. Non so fino a che punto mi convenga accettare le sue proposte a prenderci un pomeriggio di relax quando per “pomeriggio di relax” intende un pomeriggio di shopping. 

-Allora, Bella, cosa ne pensi?- domanda per l’ennesima volta.

-Alice, ti ripeto, sono tutte belle, dipende quali preferisci.-

-Uffa.- sbuffa come una bambina – Come hai fatto tu a decidere subito?-

-Forse ho semplicemente le idee più chiare di te.- le rispondo con ovvietà –Allora queste nocciola, queste blu, o quelle nere?- le chiedo indicando rispettivamente le scarpe che ho tra le mani e quelle che indossa, sperando che mettendola alle strette si decida in fretta.

Riflette qualche istante – Ho deciso, queste nere.- le toglie dai piedi, le porge alla commessa che vedo alzare leggermente gli occhi al cielo (pur continuando a mantenere quel sorriso di circostanza sulle labbra), finalmente libera dalle smanie di Alice, ci rechiamo alla cassa per pagare.

Usciamo dal negozio con i nostri pacchetti, camminiamo fianco a fianco, l’aria mite di fine marzo ad accompagnarci.

-Allora sorellina, cosa mi racconti? Come procede la vita da sposini?-

-Da sposini?- sorrido all’idea – Devo dire che va a meraviglia, Edward è impeccabile. Alle volte credo sia troppo perfetto per essere vero.- le rispondo pensando a questo mese trascorso insieme, il tempo pare esser volato.

Sono consapevole che non sarà sempre tutto rose e fiori, ma al momento non potrei desiderare di meglio. Ripenso, nella testa cominciano a susseguirsi le immagini di tutti i momenti più belli trascorsi insieme. Le cene a lume di candela, le serate trascorse sul divano accoccolati a guardare un film d’amore oppure un horror, per avere il pretesto di stingermi ancora più forte a lui.

Le notti trascorse sulla terrazza a guardare le stelle oppure a fare l’amore, bruciando dello stesso fuoco di quei corpi celesti che rilucevano brillanti in quel cielo di pece, a fare da spettatori ai nostri corpi che si donavano amore.

-Awww.- sospira, strappandomi ai miei pensieri – Se ripenso a tutto quello che è successo da quando vi siete conosciuti non l’avrei mai creduto che sareste arrivati fino a questo punto.-

Annuisco ripensando al passato. Non ci avrei mai scommesso, eppure siamo qui, insieme, più innamorati che mai. La nostra è stata sicuramente una conoscenza insolita, fuori dagli schemi.

Altri pensieri, altri ricordi. Quel primo incontro, quell’ascensore, i suoi occhi fissi su di me, il mio immotivato imbarazzo. Quel bacio, poi, improvviso, inaspettato, il mio cuore che batteva all’impazzata senza che riuscissi a comprenderne il motivo.

La festa di Alice, le nostre litigate, il week end in Canada, il capodanno, la nostra prima notte insieme, tutto impresso a fuoco nella mia mente. Non è passato così tanto tempo, eppure a ripensarci sembra un‘eternità.

-E’ stato come un fulmine a ciel sereno.- dico dopo qualche istante - Il nostro amore, intendo. Qualcosa di totalmente inaspettato ed irrazionale, meravigliosamente unico.- con aria sognante.

-Sono felice per te, Bella. Non ti avevo mai vista così, nemmeno quando eri cotta di quel ragazzo che veniva a scuola con noi.- ride al ricordo, la seguo ricordando tutte le pazzie che una ragazzina di diciassette anni potesse fare per la sua prima cotta – Aspetta come si chiamava?-

-Riley.- le rammento.

-Ah sì, Riley. Devo dire, però, che non era niente male.-

-Sì, e baciava anche molto bene.- ribatto.

-Oddio, dovrebbe sentirti Edward.- ridiamo all’unisono – Allora che dici, facciamo un altro giro?-

Guardo l’ora, sono già le 18.45 – In verità vorrei tornare a casa a preparare qualcosa per questa sera.-

-Ah si, dimenticavo che devi assolvere ai tuoi doveri coniugali.- ridacchia prendendomi in giro.

-Dacci un taglio.- fingo di essere offesa mentre ci fermiamo sul ciglio della strada in attesa di un taxi per tornare a casa.

***

Apro la porta, sistemo i pacchettini sul tavolino dell’ingresso. Edward ancora non è tornato, mi ha avvisata che questa sera avrebbe tardato di qualche ora.

Vado in camera da letto, mi spoglio, faccio una doccia veloce ed indosso qualcosa di comodo, pronta a mettermi all’opera.

E’ come un rituale oramai, ogni sera una cenetta speciale, una bottiglia di buon vino, la luce di una candela a farci compagnia mentre ci raccontiamo la nostra giornata, facciamo progetti per il futuro.

Non appena vado in cucina, pronta per mettermi ai fornelli, sento qualcuno suonare alla porta, corro ad aprire – Claire!- esclamo sorpresa, l’ultima volta che l’ho incontrata è stata qualche settimana fa quando sono passata in ufficio da Edward – Entra pure.-

-Ciao Isabella, tutto bene?- mi sorride cordiale.

-Bene, grazie. Te?- mi sposto per permetterle di entrare.

-Anche a me, ti ringrazio. Spero di non disturbarti.-

-No, nessun disturbo, tranquilla.- le faccio strada verso la cucina -Prego siediti.- indicandole la sedia – Caffè?-

-Sì, una tazza di caffè mi ci vorrebbe proprio, grazie.- mi sorride, l’osservo attentamente, i suoi tratti mi risultano così familiari, a prima vista mi somiglia molto, è quello che ho pensato la prima volta che l’ho conosciuta.

Nel complesso è davvero una ragazza semplice, molto bella, con il sorriso sempre stampato sul volto. E, da quanto ho potuto apprendere quelle poche volte che abbiamo parlato, anche molto simpatica.

Comincio ad armeggiare con la moka, la riempio con acqua e caffè, la poggio sul fuoco. Mi volto verso di lei, è seduta su uno sgabello accanto l’isola.

-Ho portato questi documenti per Edward.- giustifica la sua presenza estraendo una cartellina dalla borsa.

-Capisco. Lui è ancora in ufficio.- le spiego mentre penso come mai lei invece abbia già finito di lavorare.

-Si, lo so. Aveva una riunione ed ho chiesto se potevo anticipare l’uscita di qualche ora. Poi mi sono ricordata di questi documenti che gli servivano ed ho pensato di portarli.- spiega brevemente, annuisco.

-Edward mi ha detto che ti trovi bene con il tuo nuovo impiego.- dico mentre condisco il caffè con lo zucchero, lo verso nelle tazze porgendogliene una.

-Molto bene, infatti. Gli devo molto, da quando sono tornata a New York mi ha tanto  aiutata.-

“Sì, me ne sono resa conto” un pensiero che nasce spontaneamente nella mia testa, lascio che resti tra me mentre mi limito ad  annuire.

-Diciamo che tra le varie cose che mi hanno spinto a tornare qui c’era anche la voglia, il piacere, di poter ritrovare Edward dopo tutti questi anni.- l’espressione addolcita sul volto.

Cerco di celare il fastidio, provo a spostare l’attenzione su un altro argomento – Come sono stati gli anni trascorsi in Inghilterra?-

Vedo la sue espressione cambiare, lo sguardo rivolto verso l’alto, come persa nei suoi pensieri – Beh, nel complesso sono stata bene.- beve un sorso del suo caffè - All’inizio, però, non è stato affatto semplice.-

-Lo credo bene. Andare in un nuovo paese, senza conoscere nessuno, deve essere stata dura.- commento mettendomi per un attimo al suo posto, pensando a come mi sarei sentita nella stessa situazione.

-Diciamo che il problema non è stato tanto la lontananza da casa, o il non conoscere nessuno, queste sono cose alle quali puoi porre rimedio, ti ci abitui. Forse il problema ero semplicemente io.- un piccolo sorriso tirato nasce sul suo volto, fa spallucce e porta nuovamente la tazza alle labbra per bere.

-Come mai un cambiamento così drastico? Cosa c’era che non andava?- domando incuriosita dalle sue parole, inizio a sorseggiare lentamente il mio caffè che fino ad ora avevo quasi completamente dimenticato, rapita dal suo racconto.

-Sai Isabella, dopo quello che era successo; il litigio con Edward, la..- si ferma un istante, il suo sguardo si incupisce - ..la perdita del bambino..avevo bisogno di andare lontano, dare un taglio netto alla mia vita.-

Poso la tazza sul tavolo, improvvisamente diventata troppo pesante, alzo lo sguardo incrociando il suo, perplessa. Sorrido nervosamente cercando di assimilare le parole appena uscite dalle sue labbra, parole che mi sembrano prive di senso.

Litigio con Edward; Bambino.

Vorrei trovarvi un filo conduttore che non mi porti necessariamente al pensiero che si sta facendo, a forza, strada nella mia mente, insinuandosi, strisciando come una biscia.

-La..la perdita del..bambino?- cerco di capirne di più, vorrei mantenere la calma ma la mia voce trema ed il mio sguardo deve essere terribile perché vedo la sua espressione cambiare totalmente.

-Sì, perché Edward non ti ha…tu non sai..lui…-

La sua difficoltà non fa altro che acuire il senso di vuoto che improvvisamente avverto allo stomaco, il cuore comincia a battere più velocemente. Tutto a un tratto sento la tranquillità scomparire, lasciare spazio ad un sensazione di agitazione, come se fossi in pericolo. Vorrei dirle qualcosa ma non riesco a formulare pensieri coerenti.

-Edward cosa?-

-Scusami Bella, si è..fatto..davvero tardi. E’ meglio che io vada.- recupera in fretta le sue cose, agitata.

Si avvia verso la porta, la seguo -No, Claire, aspetta. Cosa vuol dire..- m’interrompe.

-Davvero, Bella, mi..mi dispiace. Io non credevo che..mi dispiace.-  apre la porta, mi lancia un ultimo sguardo preoccupato prima di andar via lasciandomi sola con le mie perplessità.

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Capitolo 39
*** Rewind the heart. ***


Eccoci qua, siamo arrivati alla fine. Voglio fare una premessa, molte di voi sono contro le storie che non hanno un lieto fine, beh vorrei dirvi di non soffermarvi soltanto sull'ultimo capitolo. Soffermatevi sulle sensazioni, se ci sono state, che avete provato di volta in volta, soffermatevi sulle gioie, i dolori, le emozioni che avete vissuto. Io sono dell'idea che una storia non possa essere classificata come "brutta" soltanto perchè non ha una fine tutta rose e fiori, se così fosse credo che il film Titanic non sarebbe diventato un successo internazionale.  Nonostante tutto, se credete che questi personaggi abbiano ancora tanto da dire, tanto da dare, potrete scegliere se il prossimo capitolo sarà un epilogo oppure un prologo per un eventuale sequel. Detto questo passiamo ai ringraziamenti. Ringrazio principalmente mia sorella, senza di lei questa storia non avrebbe mai avuto un inizio, ringrazio la mia amica Rossella che è colei che mi ha sopportato in tutti questi mesi, ha ascoltato le mie mille pazzie, i miei mille cambi di programma, ed è sempre stata lì, pronta ad aiutarmi e sostenermi. Ringrazio la mia gemellina Antonella, colei che con il suo entusiasmo mi ha dato quello sprint in più, colei che ha reso ogni capitolo più speciale con i suoi favolosi banner. Infine, assolutamente non per importanza, ringrazio la mia "amanta" Paola, colei che ha, letteralmente, fatto prender vita alla mia storia, capirete cosa intendo quando troverete la sorpresina che ho richiesto per voi che si trova in fondo al capitolo. Grazie ancora a tutte voi che mi avete seguito, grazie a chi c'è sempre stato, grazie a chi ha commentato e chi ha preferito restare in disparte. Spero che questa non sia una fine ma soltanto la base per un nuovo inizio. Un abbraccio forte a tutte voi, grazie.

Isabella Pov.


Richiudo la porta, le mani tra i capelli in un moto di disperazione improvvisa. Cammino freneticamente per la stanza, avanti e indietro. Una, due, tre volte. Ancora e ancora, come se questo potesse scacciar via dalla mente i pensieri che l’affollano.

Devo aver frainteso, sicuramente, perché è impossibile, non può essere. Edward non mi avrebbe nascosto una cosa così importante, non a me. Non a me.

Un mantra che ripeto più e più volte mentre i minuti trascorrono interminabili, agitazione e senso di frustrazione a farmi compagnia.

Improvvisamente sento la porta aprirsi, il cuore batte all’impazzata. Vedo Edward entrare con un gran sorriso sulle labbra, un mazzo di rose scarlatte tra le mani. Il suo sorriso scompare non appena scorge la mia figura sul divano, gli occhi gonfi e cerchiati, il colorito più pallido che mai.

Lascia cadere la ventiquattrore e le rose a terra, corre al mio fianco – Amore cosa..cos’è successo?- nella voce percepisco la sua agitazione.

-Dimmi..che non..è vero.- a malapena riesco a parlare, sento la testa pulsare ferocemente.

-Cosa non deve essere vero? Cosa? Bella parlami.- mi scuote, evidentemente preoccupato.

-Claire! Lei è..stata qui.- tutto ciò che riesco a dire, come in trance.

Vedo la sua espressione mutare, diventare quasi terrorizzata. Un’ennesima conferma. Sento la rabbia salirmi fino al cervello, l’apatia lasciare spazio alla collera.

-Oddio Edward..come hai potuto?- mi alzo di scatto, urlo fuori di me.

Abbassa lo sguardo, l’espressione affranta -Amore io..- lo interrompo.

-Voglio sapere tutto, adesso!- il mio tono non ammette repliche, lo guardo mentre trascina pesantemente la sua figura, prende posto sul divano, i gomiti poggiati sulle ginocchia, le mani tra i capelli a reggergli la testa.

-Claire ed io siamo stati insieme.-

Averlo ipotizzato è un conto, prendere coscienza della verità attraverso le parole che lasciano la sua bocca è tutt’altro effetto. Mi pare di ricevere una stilettata al cuore, stringo gli occhi per evitare di piangere, per sopportare il dolore, devo mantenere la calma, mostrarmi forte.

-L’unica storia importante della tua vita, quella di cui mi hai parlato quella volta sulla spiaggia.- la mia un affermazione, i suoi occhi mi guardano quasi ad implorarmi di non andare avanti.

-Sì.- sospira pesantemente –Noi siamo stati insieme due anni.-

Annuisco, mordo le labbra, in un moto di nervosismo, fino a sentire il sapore ferruginoso del sangue che scivola nella mia bocca, non fa male, in questo momento nulla potrebbe fare più male del mio cuore che si sta frantumando in mille pezzi.

-Lei aspettava..voi aspettavate..- non riesco a terminare la frase, le lacrime cominciano a scivolare lungo le mie guance contro la mia volontà, la gola brucia, i singhiozzi trattenuti mi impediscono di parlare.

-Bella..- si alza, mi viene incontro, vedo il suo palmo aperto avvicinarsi alla mia guancia a voler raccogliere le lacrime, lo scanso.

-Voglio la verità Edward.- con il dorso della mano tremante mi asciugo il volto con stizza, cerco di darmi un contegno, l’ultima cosa che voglio in questo momento è la sua compassione.

Annuisce, si allontana prima di iniziare il suo racconto -Avevo vent’anni, da poco avevo intrapreso la carriera di fotomodello, finalmente cominciavo a realizzare il mio sogno di entrare nel campo della moda. Claire ed io stavamo insieme da due anni, ci amavamo.- si ferma.

Altra stilettata al cuore, incasso anche quest’altro colpo – Poi, cos’è accaduto?- masochista, una masochista che vuole farsi del male con le sue stesse mani, solo che, al contrario, io non riesco a trarre nessun piacere dal dolore che sto provando in questo momento.

-Lei un giorno mi disse di essere..- s’interrompe ancora, alza lo sguardo verso di me, riesco a scorgere quelle due gemme lucide, sul punto di cedere -..mi disse di essere incinta. Questa cosa mi spaventò molto, in un secondo vidi tutti i miei sogni, tutti i miei progetti, andare in fumo. Sono stato un vigliacco, Bella, non vado per nulla fiero di quello che ho fatto.-

Continuo ad ascoltarlo, il respiro agitato – Continua.- lo esorto.

-Le dissi che io non volevo quel bambino, che..- le mani tra i capelli con disperazione, la voce addolorata, le lacrime si assiepano tra le sue lunghe ciglia ricurve -..avevo tutta la vita davanti e non potevo prendermi una tale responsabilità.- si ferma ancora, un’ennesima muta richiesta a non dover raccontare necessariamente un ricordo così doloroso.

Il mio sguardo è gelido, così come il mio corpo pietrificato. L’unica cosa che in questo momento mi spinge ad andare avanti è la brama di sapere, di conoscere tutta la verità.

-Claire perse il bambino?-

Annuisce con forza, sul volto una maschera di prostrazione –Sì, lei..lo perse a causa mia.-

-Non capisco.-                         

-Quando le dissi che non volevo il bambino...mi disse che l’avrebbe cresciuto, con o senza di me. Lasciò gli studi, iniziò a svolgere più di un lavoro per mettere da parte dei soldi per quando il bambino sarebbe nato.- le lacrime che scorrono senza sosta sembrano quasi voler  oltraggiare quel volto perfetto, disperato come mai prima d’ora l’avevo visto - Quando tre mesi dopo l’andai a cercare lei mi disse che il troppo stress l’aveva..portata all’aborto.- la voce ridotta ad un sibilo – Io mi ero reso conto di aver sbagliato, di volerlo quel bambino, ma era troppo tardi.- stringe le mani in un pugno, i singulti gli scuotono il petto.

Queste parole, le peggiori che potessi mai sentire. Il cuore a battere impazzito, lacrime di disperazione per questa verità così assurda, surreale, maledettamente dolorosa.

Sento le forze venire meno, le gambe cedono sotto il peso di questa nuova realtà, ricado a terra, piegata sulle ginocchia mentre i singhiozzi mi impediscono anche di respirare.

-Amore..- si alza correndomi incontro, le sue braccia a cingermi la vita, sollevarmi.

-Lasciami, Edward, lasciami.- urlo fuori di me, una serie di pugni contro il suo petto.

Serra ancora di più la sua presa – Ti prego, amore mio, ascoltami. Ti prego.- mi divincolo.

-Perché non me l’hai detto? Perché? Io avrei capito.- lo guardo severa, il mio un rimprovero contro la sua mancanza di fiducia - Sarebbe stato tutto diverso, tutto diverso.- scuoto la testa, continuo a ripetere le stesse parole come in stato di shock. 

-Ma nulla è cambiato, amore mio. Nulla.-

-Come puoi dirlo, Edward? Come?- la rabbia salirmi al cervello – Ti rendi conto che se Claire non avesse abortito..adesso tu e lei sareste stati insieme, avreste avuto un figlio.- spalanco gli occhi incredula mentre do voce ai pensieri che fin’ora hanno affollato la mia mente, le mani tremanti a muoversi frenetiche - Dio, Edward, ti rendi conto?- urlo fuori controllo, ancora una volta.

-Ma..- prova a parlare, glielo impedisco.

-Tu eri tornato da lei. Tu..tu..- le mani tra i capelli, la collera nella voce – Cazzo, Edward, voi non state insieme perché lei è andata via, ma tu eri tornato.- gli punto un dito contro quasi come se questo gesto potesse evidenziare le sue colpe.

-Non è così, Isabella.-

-No? Beh allora spiegami com’è, perché io proprio non riesco a vederla diversamente.- una risata isterica, l’ennesimo sbalzo d’umore – Adesso capisco tutto, ora è tutto chiaro.- mi batto un palmo sulla fronte  - Ecco perché ci somigliamo così tanto, in questi dieci anni non hai fatto che cercare lei, in me hai rivisto lei. Già, perché non ci ho pensato prima.- sorrido amaramente.

-Bella ma cosa..cosa stai dicendo?-

-Soltanto la verità.- mi volto, mi sento afferrare per il polso.

Le sue mani sulle spalle, a scuotermi –Io. ti. amo. alla. follia. Bella.- ogni parola scandita lentamente, continuo a sorridere incapace anche di provare dolore.

-Certo, mi ami. E’ proprio perché mi ami che da quando Claire è tornata ti fai in quattro per lei?- cammino per la stanza come un leone in gabbia, continuo ad annuire – Ed io che da stupida mi facevo mille problemi, mi ripetevo che non dovevo essere gelosa, che il mio era un atteggiamento morboso. Mi sono anche sentita in colpa a pensare male del vostro rapporto, sai? Ed invece avevo le mie ragioni per sentirmi così, ne avevo tutto il diritto ed il mio sesto senso non faceva altro che avvertirmi.- do libero sfogo a tutti i pensieri che ho cercato di reprimere in quest’ultimo mese, al senso di frustrazione che si ripresentava ogni qual volta sentivo la gelosia prendere il sopravvento e non potevo far altro che arrendermi ad essa, impotente - Sei andato in crisi, non è così? Da quando lei è tornata non hai fatto altro che pensare a come liberarti di me.-

-Amore cosa dici, tu..stai delirando. Io ti amo, è solo che...- si blocca, sospira pesantemente - Quando Claire è tornata, dopo anni che ho vissuto nel rimorso per quello che era successo, per come ci eravamo lasciati..- si ferma ancora una volta, scuote la testa come a voler trovare le parole più adatte – Per me sapere che non serbava più del rancore nei miei confronti è stato fondamentale, finalmente ho potuto mettere definitivamente un punto al passato. Il mio starle vicino, aiutarla in queste settimane, non è stato altro che un modo per espiare le mie colpe passate, nient’altro.-

-Non ti credo.- scuoto la testa, vorrei credergli ma non posso, sento le lacrime tornare a spingere agli angoli degli occhi.

-Amore, ti prego, tu devi credermi. Io amo solo te, tu sei il mio tutto, mi hai rapito il cuore fin dal primo istante e non per i motivi che credi. Sei bellissima, dolce, simpatica, sensuale, intelligente, io..io non potrei desiderare di meglio.- esasperato.

-Tu avresti dovuto parlarmene. Hai avuto più occasioni: quella volta in spiaggia; quando ti ho chiesto se tra voi ci fosse stato qualcosa. Tu mi hai detto di no, che tra di voi c’era stata soltanto un’amicizia adolescenziale, e adesso dimmi come posso fidarmi di te, come posso crederti ancora. Tu mi..mi hai mentito, Edward. Con quale coraggio hai potuto guardarmi negli occhi e mentirmi?-

-Se non te l’ho detto è soltanto perché avevo paura di quello che avresti potuto pensare di me, paura di mettere a repentaglio la nostra storia. Credevo non avesse senso turbarti per cose del passato, un passato che per me non conta più nulla.- si avvicina, prende il mio volto tra le mani, resto impassibile.

-Credi che ora la mia opinione su di te sia migliore? Credi che la nostra storia non sia stata distrutta? Credi che adesso io stia meglio di come sarei potuta stare se tu mi avessi detto la verità fin da subito?- le mie parole sputate come veleno, abbassa lo sguardo colpevole – Io ho già dato la mia fiducia in passato a chi non la meritava, ho creduto a delle scuse assurde, lasciandomi abbindolare e soffrendo come una stupida. Ma ero giovane, immatura, meno consapevole. Adesso sono una donna, Edward, e non sono disposta a commettere di nuovo gli stessi sbagli, a soffrire ancora.-

-Io..io non avrei mai voluto arrivare a questo punto. Mi dispiace, Isabella. Per favore, credimi..io ti amo e non posso pensare di stare senza te. Non sono mai stato così felice prima di conoscerti, non ho mai avuto tutto questo desiderio di impegnarmi, crearmi una famiglia.- si ferma un istante, riflette – Sì, è vero, la storia con Claire è stata importante ed il modo in cui ci siamo lasciati mi ha scosso. Per tanti anni ho pensato soltanto a divertirmi, continuando a credere che non valesse la pena di impegnarsi. Ma poi, quando ti ho incontrata, ho sentito il mio universo capovolgersi completamente, il mio mondo ha cominciato a ruotare intorno a te senza che riuscissi a spiegarmi il motivo. Fin dal primo istante in cui i nostri occhi si sono incrociati ho sentito come una scintilla dentro, credevo fosse soltanto perché mi sembravi così ingenua, così diversa da tutte le donne che avevo frequentato. Ma nel momento esatto in cui ti ho baciata ho sentito il mio cuore tornare a battere, un insensato senso di colpa che mi diceva che stavo sbagliando, che dovevo proteggerti e non prendermi gioco di te. Così ho cercato di ignorarti, ma quelle emozioni tornavano a torturarmi ogni volta che ti vedevo e mi facevano intraprendere una guerra tra la mente ed il cuore. Mi sono comportato come un’idiota, è vero, ma poi ho capito cosa volevo ed ho lottato per averlo. Io volevo te! Questo mese che abbiamo vissuto insieme è stato il più bello di tutta la mia vita, perché finalmente ho trovato quello di cui ho bisogno, grazie a te, a noi, a quello che siamo insieme.-
Resto immobile di fronte a queste parole che mi sembrano così cariche di amore, un amore viscerale, impetuoso, intenso. Un amore che non posso credere sincero se al primo ostacolo si è arreso all’inganno piuttosto che rischiare di affrontare la verità.
Mi rendo conto soltanto adesso che sto stringendo spasmodicamente le sue mani, l’ho fatto per tutto il tempo, ritiro le mie di scatto, come scottata.

-Noi due non siamo più niente insieme, Edward. Non se mi hai mentito, non se hai tradito la mia fiducia. Se davvero il tuo sogno era di costruire un futuro insieme avresti dovuto sapere che un rapporto non si costruisce sulla menzogna.- rassegnata.

-Tu non puoi dire questo, ti prego.- scuote la testa - Dimmi che..non mi stai lasciando.-

Queste parole pronunciate dalle sue labbra mi fanno capire cosa sta realmente accadendo. Le lacrime riprendono il loro corso, un ennesima volta, sono la prova tangente del mio cuore che ha cessato di battere, del sangue raggelato nelle vene. Non riesco a crederci, non può succedere, non a noi.

Avevo riposto dei sogni, delle aspettative, in noi. Il sogno di un futuro insieme, di avere una famiglia, con colui che amo alla follia, colui che ha tradito la mia fiducia.

Non si può tornare indietro, non posso far finta di niente, questa storia non ha motivo di continuare se è venuta a mancare la base principale: la fiducia.

Non potrei  andare avanti nella consapevolezza di essere un ripiego, nella consapevolezza che se dieci anni fa Claire non avesse abortito adesso Edward avrebbe una famiglia con lei ed il loro bambino.

Le mani tra i capelli, nell’esitazione, nell’insicurezza, nella voglia di voler trovare una soluzione che non accenna ad arrivare. Vorrei che la testa smettesse di pulsare, vorrei che tutti i pensieri, tutte le immagini che la stanno affollando andassero via, vorrei che tutto questo non fosse mai successo. Sento lo stomaco vorticare, un senso di nausea, disgusto per tutta questa situazione.

-Mi dispiace, Edward, io non posso..- m’interrompe.

Si avvicina, le sue mani a vagare con disperazione sul mio corpo; Sul viso, tra i capelli, sui fianchi. Mi stringe a se con foga, negli occhi l’evidente paura di lasciarmi andare via.

-Ho sbagliato, ne sono consapevole, ma non può finire così. Io ti amo, Isabella, ricominceremo insieme. L’hai detto tu stessa che ci sarebbero state delle difficoltà, che avremmo lottato insieme per sconfiggere qualsiasi ostacolo si fosse presentato.-

-Non è la stessa cosa, Edward. Non potrei continuare a stare con te senza dubitare di ogni tua parola, non ci riuscirei.-

-Cosa ne sarà della mia vita se ti perdo? Io non posso, non voglio, pensare di perderti.-

Le sue labbra si avvicinano pericolosamente, le posa sulle mie, non riesco a sottrarmi a questo tocco che nonostante tutto desidero con ogni terminazione nervosa del mio corpo. Le lacrime che scendono sulle nostre guance umide si mischiano tra di loro, scivolano nelle nostre bocche, il loro sapore salmastro è nulla in confronto all’amaro che sento in bocca.

La sue mani restano salde sul mio viso, a bloccarlo, le nostre lingue si sfiorano in un bacio che sa della disperazione più cupa, di abbandono, di addio.

-Mi..mi dispiace, Edward..io devo..devo andare.- lo allontano da me corro verso la porta, lo stomaco stretto in una morsa ferrata, il cuore palpitare feroce, la testa scoppiare.

Sento il dolore scorrere come veleno nelle mie vene, bruciare, penetrare in ogni fibra del mio essere ad annientarmi, a squarciarmi l’anima.

Apro la porta, mi volto verso di lui, giusto il tempo di scorgere la sua figura, in piedi, le braccia tenute pesantemente lungo i fianchi, gli occhi gonfi, rossi e lucidi a causa del pianto, le labbra tumide.

-Isabella non andare.- una preghiera che vorrei poter esaudire con tutta me stessa, non posso.

-Passerò a prendere le mie cose quando non ci sarai, ti farò recapitare le chiavi da Alice.- chiudo in fretta la porta alle mie spalle, corro via prima che possa aggiungere altro.

Scappo via da lui, dalla nostra casa, da tutto quello che rappresenta, da me stessa. Nel cuore e nella mente un'unica e dolorosa consapevolezza: è finita.

Non posso tornare indietro, non voglio andare avanti. Non dopo aver assaporato le sue labbra, aver provato la sensazione del suo corpo sopra e dentro di me. Non dopo aver provato questo amore irrazionale, unico, senza confini.

Persa! Rinchiusa in un limbo senza via d’uscita. L’unica soluzione: Riavviare il mio cuore.

***

Sorpresina :*

Video Rewind the heart <3

 


 

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Capitolo 40
*** Prologo sequel. ***


Buonasera a tutte, bentrovate. Sono di nuovo qui, mi sento quasi emozionata come se fosse la prima volta che pubblico. All'ultimo capitolo di questa storia vi avevo chiesto se preferivate un prologo o un epilogo, molte di voi con tanto entusiasmo mi hanno chiesto di scrivere un prologo per un eventuale sequel, bene questo sarà il prologo che segnerà il continuo di quest'avventura. Ricapitolando Bella ha lasciato Edward perchè lui gli ha nascosto un importante verità del suo passato, questo prologo è ambientato 3 settimane dopo la loro separazione. Credo che il primo capitolo arriverà tra una quindicina di giorni, non vedo l'ora di sapere le vostre impressioni. Colgo ancora l'occasione per ringraziarvi tutte, bacioni.

Isabella Pov.
 
Guardo le luci soffuse del locale, le strobo che si accendono e spengono ad intermittenza illuminando la pista gremita di gente. Ragazzi e ragazze che ballano tra di loro, si strusciano, flirtano, senza freni inibitori, aiutati dal trasporto dell’alcool il cui odore forte mi penetra prepotente nelle narici, mi da alla testa. Continuo a muovermi anch’io al ritmo incessante della musica, sento le guance bollenti a causa del caldo, raccolgo qualche secondo i capelli tenendoli su con la mano. Un ragazzo si avvicina, mi cinge la vita da dietro, ci ballo qualche istante, lascio che si illuda, prima di andare via per avvicinarmi al bar.
 
-Un mojito, grazie.-
 
Vedo il barman prendere un bicchiere, pone sul fondo le foglie di menta, lo zucchero di canna ed il succo di lime. Con il pestello comincia ad amalgamare il tutto, inserisce i cubetti di ghiaccio ed infine il rhum. Prende una cannuccia e la inserisce nel drink prima di porgermelo.
 
Lo prendo, inizio a sorseggiarlo. Sento il rhum fresco scivolarmi lentamente lungo la gola, è forte, brucia lievemente. Cammino facendomi strada tra la gente, mi avvio verso il tavolo dove Rosalie ed Alice sono sedute, bevono i loro drink chiacchierando tranquillamente.
 
-Oh bene, sei tornata. Hai finito di scatenarti?- Rose mi guarda, una strana luce negli occhi.
 
-Che senso ha venire in un locale se non balli?- dico spontaneamente, riferendomi al loro atteggiamento noioso.
 
-Che senso ha venirci quasi tutte le sere?- s’intromette Alice, quasi fosse un richiamo.
 
Sbuffo, le ammonisco con un gesto della mano e riprendo a sorseggiare il mio drink, continuo a muovermi sul posto a ritmo di musica, ignorandole.
 
E’ vero, quasi tutte le sere questo è diventato routine, ho bisogno di vagare con la mente, sopprimere per qualche ora i pensieri. Sfogare il vuoto che sento dentro, sentire la musica perforarmi i timpani a tal punto da non sentire più nulla, annullarmi, evadere da me stessa.
 
Non faccio altro, oramai, cercare di annullare i pensieri, in ogni modo, con ogni mezzo. Sono consapevole che è un atteggiamento infantile, che non mi porterà a nulla comportarmi in questo modo, ma nel momento esatto in cui mi sono chiusa alle spalle la porta di quella casa ho sentito come se in contemporanea si chiudesse una parte di me. I miei sentimenti, il mio dolore, le mie frustrazioni, sono rimasti lì, rinchiusi in quella parte del mio essere, e, nonostante ci abbia provato con tutta me stessa, non riesco a trovare il modo di esternarli.
 
Ricordo ancora quando l’ho detto ad Alice, la voce atona, l’espressione impassibile. Mi guardava come fossi un alieno. A nulla sono servite le ore trascorse a parlare con lei e Rosalie, ne una lacrima, ne una scossa, costretta a rimanere dal mio stesso dolore nella più totale indifferenza, nella fredda gabbia che mi sono costruita intorno.
 
Un automa, un cuore privo di battito, questo è quello che sono diventata. Delusa, confusa, incapace di donare amore e riceverne.
 
-Bella dobbiamo andare. E’ davvero tardi, domani si lavora.- Alice si avvicina, mi urla all’orecchio per farsi sentire.
 
-Ok, prendo il soprabito.-
 
Mi avvicino al guardaroba, porgo il biglietto numerato al ragazzo, lo prende, mi sorride.
 
-Prego Signorina.- me lo porge con gentilezza, si protende verso di me con fare accattivante.
 
Gli sorrido a mia volta –Grazie.-
 
E’ sul punto di aggiungere qualcosa ma viene interrotto da Rosalie che arriva come una furia, mi prende sottobraccio trascinandomi con se – Andiamo Bella.-
 
La guardo perplessa, la mano stretta alla sua mentre mi porta fuori dal locale – Rose ma sei ammattita? Stavo parlando con quel ragazzo, stava per dirmi qualcosa.- infastidita.
 
-Oh mi dispiace di avervi interrotto, me ne saprò fare una ragione.- ironica.
 
Sento Alice dietro di noi ridere di gusto, arriviamo alla macchina, prende posto accanto a Rosalie che è alla guida, io mi accomodo sui sedili posteriori. In un quarto d’ora siamo sotto casa, do la buona notte ad entrambe prima di salire.
 
Le scale sembrano un ostacolo insormontabile, i piedi pulsano a causa della serata trascorsa a ballare su queste scarpe dal tacco vertiginoso, le tolgo, il contatto con il pavimento freddo riesce a donarmi un minimo di sollievo.
 
Apro la porta di casa, entro, è tutto così buio. Sento le orecchie fischiare maledettamente per l’improvviso passaggio dalla musica assordante al silenzio più assoluto. Poggio le chiavi sul tavolino, arrivo fino al divano, mi stendo stremata, lascio che le luci restino spente.
 
Mi soffermo a guardarmi intorno, avverto dei brividi lungo la schiena, sulle gambe nude, mi stringo forte nelle braccia, nel vano tentativo di scaldare questo gelo inaspettato che avverto dentro, uno strano senso di inquietudine.
 
Un senso di vuoto, di solitudine, lo stomaco si restringe su se stesso. La testa pulsa ulteriormente, porto le mani alla fronte, stringo gli occhi cercando di placare il dolore.  Nella mia mente si materializzano i suoi, verdi, profondi, luminosi. Mi scrutano intensamente, decisi, quasi a penetrarmi fin nell’anima, mettermi totalmente a nudo dinnanzi alla loro fierezza.
 
Si avvicina, le sue labbra sono ad un soffio dalle mie, avverto il suo calore, l’ardente voglia di sfiorarlo, sta per baciarmi quando riapro gli occhi di scatto.
 
E’ già mattina, il sole entra debole attraverso le imposte, illumina il mio volto umido, rigato dalle lacrime, quelle stesse lacrime che mi risvegliano ogni giorno, quelle lacrime che solo la notte, guidata dal mio inconscio, riesco a versare.

La storia proseguirà qui: 
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