Recensioni di Francine

Queste sono le ultime cinque recensioni che l'utente ha lasciato nella sezione nell'ambito del programma recensioni.


Recensione alla storia Minuetto - 19/03/24, ore 16:00
Capitolo 155: Minerva Polka mazur III
“Athina, ἀληθῶς ἥμαρτον…”

E come la gestisci, questa?
Perché sì, sì, e sì ad ogni singola nota, virgola, apice, iota!
Perché qualunque siano le ragioni del rancore che Milo cova nei confronti di Atena, Milo è umano. Perché anche noi, chi più, chi meno, abbiamo portato, almeno una volta, rancore a Dio. Alla divinità in cui si crede. Per motivi diversissimi eppure così uguali tra di loro: una fiducia, una speranza, tradita (quand'arriva la Carità, così facciamo il trittico e passiamo alle altre Quattro Virtù?), che noi abbiamo riposto nell'entità in cui crediamo o abbiamo creduto.
E sì, quello che ci fa stare male è proprio quella reazione umana, non sapersi o volersi rimettere al "Fiat voluntas tua", perché a volte, la voluntas divina presuppone una Fede ben maggiore di quanto non si creda su due piedi.

Poi sposo in pieno tutto l'apparato filologico in nota. Sì alla precisione del Latino, che nel deponente lascia salire a galla una continenza mancata, come se quel peccato ci avesse attraversato.
Sì all'aoristo.
Sì all'Athina, ché la lingua moderna differisce, e di molto, da quella studiata sui banchi del liceo, altrimenti il "bé bé" non sarebbe stato portato a segno della lettura della Beta (oggi più simile ad una "v" che ad una "b").
Recensione alla storia Minuetto - 19/03/24, ore 15:52
Capitolo 154: Minerva Polka mazur II
Camus ha l’onere paterno e nessun dilemma: comunque, se anche fosse, non gl’importa.

So benissimo che dovrei star facendo altro, e che dovrei star scrivendo altro; ma qui casca l'asino, si direbbe. Perché ricordi quando, l'altro giorno, si faceva un certo discorsetto in astratto sulla Fede, quella con la maiuscola, e tu, mendace, mi lasciavi a predicare al coro (perché chi predica bene ma razzola malissimo è un amico migliore di quanto si possa pensare)?
Rieccoci qui.
Fede.
In maniera molto sensata, Camus lascia che ciascuno abbia a che fare con la propria, di Coscienza e di Fede, ché sono conti che si han a tirare da soli a soli. Altrimenti si va dal prete e gli si scarica addosso una serie più o meno corposa di barili e barilotti. Non so se è per il retroterra fortemente laico di tutti i francesi (salvo quando fa comodo loro agitare lo straccio del cristianesimo, che non può che non essere quello cattolico, visto quanti ne hanno ammazzati illo tempore) o per la testa dura che la Natura (o chi per Lei) ha dato in dote al nostro Camus al momento della nascita, ma le due righe lì sopra sarebbero da inserire in neretto alla voce "Camus dell'Aquario" in un ipotetico dizionario/enciclopedia sui Santi di Athena.
Camus ha la sua propria agenda, e una volta settata la barra del timone (della sua propria coscienza, vorremmo, potremmo dire), si può solo che avanzare, senza baloccarsi in inutili sofismi.
Lui ha deciso.
Di suicidarsi, ça va sans dire, ché come la giri la giri, 'sta frittata finirà per sapere di bruciato; ma ha deciso. E tanto basta.

Quanto, poi, all'Annunciazione ("Annunciazione! Annunciazione!!"), Saori non solo non ha sbagliato casa, ma non ha imparato che gli dei della tragedia non s'annunciano da sé. Appaiono. E dicono quanto c'è da dire.
Quel messaggio è poco più che uno "Scommettiamo?" strafottente, da principessina viziata, foriero di ben altre disgrazie.
Perché, ammettiamo pure che Saga abbia avuto paura di quel biglietto _ Occhietti Rossi, intendo; lo so, lo so: ma stiamo ragionando per assurdo), la mossa di Saori è una sfida aperta, uno scontro diretto.
Un altro suicidio annunciato, si può dire, colla differenza che lei, Saori, si porta appresso il Settimo Cavalleggeri, mentre Camus opta per un più epico, e decisamente apprezzato dalla sottoscritta, duello. E che il luogo sia l'OK Corral o dietro al convento dei Carmelitani Scalzi, poco importa...
Recensione alla storia L'Era del Sangue (prologo) - 07/06/23, ore 17:17
Capitolo 2: Prestigioso ente religioso cerca Gran Sacerdote a tempo pieno
"Appunto. Tutti hanno un segno zodiacale, quindi tutti avrebbero qualcuno in cui identificarsi. Ma te li immagini quei quattro stronzi sui forum che si azzuffano per stabilire chi sia il più forte tra i loro beniamini? Andrebbero avanti per ben più di vent'anni".

Touché.
Il punto di vista di qualcuno che c'era, e che ha visto gente scannarsi per molto, molto meno.
Caro Shane, hai ragione tu: il Santuario è andato a puttane. Ma col botto proprio. In formato famiglia. Tipo gita aziendale. E lo si capisce sia dal fatto che non si sia presa una decisione su chi avrebbe dovuto traghettare la baracca in attesa di un nuovo inizio, o almeno fino a quando Athena non sarebbe riapparsa ai piedi del Palladio per cominciare a ballare once again. Sempre ammesso che lo faccia, once again. Alla fine, Ade è sconfitto, lei non dovrebbe avere motivo alcuno, no?
Si vedrà.
Quello che preme, qui - o almeno, preme alla sottoscritta - è sapere che fine abbiano fatto i superstiti dell'ultima guerra sacra.
Passi la casta d'Argento, che aveva solo Shaina e Marin.
Passi la casta d'Oro, finita com'è finita.
Passino i cinque Bronzetti e Saori Kido.
Ma i panchinari?
Che ne è stato dei panchinari?
E Kiki?
Finito giù da una rupe in qualche modo? Perché se è andata così, costoro sono anche senza il meccanico... pardon, il carrozziere ufficiale.
Insomma, un casino.
Come se non bastasse, i talent scout della Disney hanno reclutato Sacri Guerrieri (come illustrato nel capitolo precedente), MA a) nessuno di costoro ha pensato di chiudere la faccenda alla vecchia maniera e b) nessuno ha provveduto a correggere l'anomalia nella vecchia maniera. O meglio, ci hanno provato. Peccato che dall'altra parte del filo non si ha avuto la decenza di sollevare il ricevitore e obbedire. Anzi.
Che poi, capiamoci: con il Santuario allo sbando, il ragionamento di Shane ha anche senso. Chi tira le fila? Uno che non è Sacerdote e non ha nemmeno il coraggio (le palle, direbbe lui) di reclamare un titolo che è suo per pro forma.
Onestamente, è strano che Leo ci abbia messo così tanto ad aizzare un gruppo di iene e portare avanti la sua personale agenda. Forse non sarà un vecchietto come Shane (vecchietto per i canoni di uno shonen che ha per target i ragazzini delle elementari). Forse i tempi erano maturi adesso, non prima.
Resta il fatto che se si sono assegnate armature nonostante lo sfacelo più totale, è un mezzo miracolo che non abbiano messo su un cartello con su scritto CHIUSO e gettato le chiavi del Santuario nel più vicino tombino.
Recensione alla storia L'Era del Sangue (prologo) - 07/06/23, ore 16:34
Capitolo 1: Forniture militari difettose
“Cazzo, Kyle, non possono mandare i carri armati?”.


In realtà, alla produzione si era presentata un’altra giovane di aspetto gradevole e di capacità canore discretamente superiori, ma la sua era stata la Sacra Veste del Camaleonte. Gli autori del telefilm si erano guardati in faccia per un attimo e avevano deciso che le ragazzine si sarebbero identificate più facilmente in un dolce animaletto che sembrava un peluche piuttosto che in un lucertolone mimetico dagli occhi strabici.

Premessa: sono capitata qui per caso, gironzolando allegramente nella sezione dopo eoni di assenza. Il titolo mi ha intrigata. Ho cliccato. Ho letto. E, ti giuro, mi sono schizzati fuori gli occhi dalle orbite.
Così mi sono armata di un litro di sbrodazza fredda (sono tisane drenanti, dicono; se facciano o meno il loro lavoro, è un altro discorso: son piacevoli e senza zucchero, che non gusta mai) e ho proseguito la lettura.
Momento della confessione: un'idea simile mi era balzata in capo anni fa. Tanti anni fa. E, in tutta sincerità, non mi capacito ancora del perché a nessun altro fosse venuto in mente che i nostri cari Santi - Sacri Guerrieri -Cavalieri - Chiamali come ti pare altro non siano che armi. Che sanguinano e mangiano e bevono e dormono e si lasciano andare un po' troppo; ma, sinceramente, sono armi.
Soldati (bambini) potenziati.
Un Super Soldato in salsa tzatziki, senza lo scienziato pazzo che, all'improvviso, si autodenuncia ricordandosi di essere tedesco ed inizia a parlare come l'ultima delle macchiette.
Due più due fa quattro.
O cinque, in alcuni casi; ma non è questo.
E se due più due fa quattro, perché a nessun altro era balzato in capo lo stesso collegamento?

Questa storia mi è piaciuta per una serie di motivi.
Primo: il tono sarcastico, tagliente e sincero della voce narrante. Quella nota di perculatio solemnis che non la manda a dire a nessuno, e che guarda con luce critica e analitica quello che è successo nel mondo: dall'anno di grazia 1989 e i Mujahidin pagati dallo zio Sam al 2012 con l'asteroide che arriva, e stavolta per davvero - con buona pace di Giacobbo e di chi ha aspettato il 21/12/12 nemmeno avesse un appuntamento improrogabile con il giudizio universale. Fino al tocco di classe, lasciamelo dire, di creare una serie di Disney Channel con Tess la Volpacchiotta. La scuola superiore così americana da essere una smaccata presa per i fondelli dell'intelligenza media del consumatore modello (in Grecia TUTTI i maschietti avvenenti giocano a football americano e le fanciulle si preoccupano che il quarterback le inviti al prom, nella speranza di essere eletta reginetta!). E che, però, riprende moltissimo quella... cosa che è stata Saint Seiya Omega, con Palaestra che assomiglia un po' troppo ad una boarding school à la Harry Potter (solo che invece che giocare a Quidditch o smascherare, anno dopo anno, il professore di Difesa contro le Arti Arcane [Anno. Dopo. Anno.] spaccano pietre e corrono come fulmini).

Secondo: tanto amore per le citazioni doverose ai vari supersoldati che si sono avvicendati su questo pianeta, dal marmocchio tolto di mezzo in Kansas (come? Con un'esposizione alla Kryptonite, suppongo: pare che la Terra sia una miniera inesauribile di quella roba, in tutti i colori dello spettro solare!) al mitomane zoppo che pretendeva essere nientepopodimenoché Thor in persona (e ringraziamo il cielo che sia così, o avremmo dovuto attenderci un Loki scorazzante su Midgard, senza nessuno che potesse fermarlo).


Terzo: i cliché sono rispettati, tutti, dalle riunioni nella penombra - che fa tanto spy story anni '60 - alla sete dei giornalisti di avere la Notizia, quella con dignità di maiuscola. Io ci ho visto molto il vecchio J.J. Jameson in questo taglio cinico che hai dato alla categoria.

Quarto: il potere logora chi non ce l'ha. Ma distrugge chi lo detiene.
Perché sì, sposo alla cieca la dottrina di Ennis: cosa dovrebbe fermare la gente comune dall'esercitare il Potere, quello con la maiuscola? Ci sono le facce pubbliche, i bravi eroi americani (pure se sa Iddio da dove vengono) che sono un simbolo. Ma poi, quel simbolo, è davvero così splendente come appare, o c'è del marcio sotto?
Io propendo per la seconda ipotesi, sia perché è più affascinante (e catartica; gli eroi, alla fine, non sono poi tanto migliori di noi), sia perché questa visione delle cose fa splendere ancora di più personaggi iconici come Capitan America, ché sì è la faccia pubblica di un certo tipo di America, ma, a differenza di Mike, non chiede a Kyle (Rainer?) se non si possa spedire i carri armati a fare a cazzotti con qualsiasi cosa sia spuntata fuori dal meteorite (Ciao, Mars!), perché sa che se sono arrivati a bussare alla sua porta, non c'è altra possibilità rimasta sul piatto.

Tutto 'sto pippone per dire che a) salgo a bordo e b) mi spiace solo che non sia stato nominato l'Uomo Ragno, ma pazienza.
Vado ad armarmi di bibita.
Prosegue la lettura.

'nuff said!

P.S. Credo sia anche la prima volta in cui vedo la povera Natassia diventare una spia. Non è che l'hai immaginata come una Vedova Nera? L'immagine di lei coi braccialetti che sparano dardi paralizzanti è intrigante. Molto intrigante...
Recensione alla storia L'Amaro Prezzo della Devozione - 07/06/23, ore 01:27
Capitolo 4: Capitolo III
«Chissà se ti sei fatto una famiglia», mormorò. Chissà se aveva avuto dei figli, chissà se aveva avuto anche dei nipoti. Non voleva turbarlo con quella sua visita.

Ed ovviamente certi scrupoli ce li facciamo venire a pochi centimetri dalla meta. Non prima.
Ma quanto è umano questo tuo Sion?
Perché quello che racconti, qui, è un uomo solo. Un superstite. E l'unico che può capire, che può comprendere, è chi c'era, in quel momento. E sa cosa significhi essere gli unici rimasti sulla terra. Gli ultimi tra i propri "colleghi", ovvio. Sono molto diversi, Sion e Doko: allegro e giocherellone e ottimista il secondo; uno che ha ingoiato un palo, il primo (sorry, non nutro molta simpatia per gli Arieti). E però, però... quando un dio ti risputa via, dopo averti masticato, poco importa se sei un tipo ottimista e pronto allo scherzo, o un musone impenitente. Hai la stessa, maledetta cicatrice che ti marca l'anima. Ti riconosci.
E però, però... si reagisce al lutto in modi e maniere differenti, sia legati alla vita che facciamo, sia al nostro carattere. Ed è legittimo chiedersi se, per caso, gli altri superstiti non abbiano fatto scelte differenti dalle nostre. Se, per caso, non abbiano avuto l'audacia o l'incoscienza (che sono poi la stessa cosa), di fare quello che, forse, sotto sotto, vorremmo aver avuto il coraggio di fare noi.
Perché il tema della famiglia (luce che scaccia la solitudine) picchia forte in testa, come un motore che avrebbe bisogno di una controllatina. E, alla fine, Sion se l'è fatta una famiglia. Non convenzionale, certo. Ma sta lì. Tra le mura del Santuario.