Recensioni di _camus_

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Recensione alla storia L'Ombra del Corvo - 17/10/21, ore 15:59
Capitolo 22: Capitolo XXI° - Panni al fiume
Ciao, mia cara, e perdona il ritardo! 
Il punto di vista di Aiolia l'ho trovato un po' ruvido, ma onesto: in fondo non è nel carattere di Leo andare per il sottile o girare troppo intorno alle cose. 
Il fatto è che Carey ha infranto non uno, ma ben due tabù: è la prima donna ad essere diventata Gold saint, ed è anche la prima sacerdotessa a mostrare liberamente il proprio volto. 
Comprendo il disagio e il fastidio causati dalla decisione del novello Scorpio: le tradizioni sono dure a morire (specialmente in un'ambiente maschilista e a trazione religiosa, come nel caso di specie), e neppure la casta dei cavalieri d'oro pare essere immune a un certo grado di refrattarietà. Sono soldati, trovo normale che "troppa" libertà li spiazzi. 
Alla perplessità del Leone, tuttavia, Carey ha giustamente risposto per le rime: lei è una sua pari, adesso, ed è sacrosanto che agisca di conseguenza. 
A proposito dell'ex Lupo, mi piace il fatto che il suo sentimento per Shura la porti a ricercarne la presenza ogniqualvolta ella si sente a disagio o minacciata; sono gesti inconsci, ma dai quali traspare tutto il sentimento – finalmente riconosciuto e accettato – che lega i due.

Il dialogo fra Ecate e Merlin è un altro arco narrativo che ho assai apprezzato.
L’atteggiamento del vecchio mago lascia trapelare una stanchezza che poco ha a che fare con l’età, e molto col senso di colpa; la premura con cui si rivolge alla prigioniera la dice lunga sul suo grado di adesione alla piega che hanno preso gli eventi. Non è la dedizione alla propria Dea che si rimprovera, quanto il fatto che, col suo “dono”, ha permesso a Bràn di perseguire finalità estranee a ciò in cui egli crede.
Il suo discorso su come la violenza generi sempre altra violenza mi ha riportato alla mente due passaggi di Troy (la cui pessima trasposizione dell’Iliade viene compensata dalla prestanza fisica di certi attori XD), dove sia Briseide, sia Priamo fanno notare ad Achille che lui ha ucciso molti più cugini – e zii, padri, fratelli e figli – di quanti si possano contare.
Purtroppo è esattamente così: dalla guerra nasce la pace soltanto allorquando una delle due parti eradichi completamente l’altra – ed è esattamente questo lo scopo del Corvo. Al contrario di tutti gli altri servi di Morrigan (che, ancora una volta, hai dipinto in maniera molto umana), Bràn è l’unico che mira alla distruzione assoluta, in nome di una devozione fanatica e di un delirio di onnipotenza che molto ricorda quella di un certo Signore oscuro (da cultrice impenitente della saga – cartacea –, mi è stato impossibile non paragonare la faccenda della profezia con quella di potteriana memoria).

Povera Carey: quando si parla di lei, “bah, che caratteraccio” pare essere l’affermazione più ricorrente XD
La constatazione potrà anche contenere un fondo di verità, ma bisogna pure considerare che sopportare congiuntamente la sfrontatezza di Cancer e le maliziose provocazioni di Pisces non è sforzo da poco. Riguardo a Death Mask, comunque, ti confermo le sue origini sicule: fonti più o meno ufficiali lo vogliono nato nel Catanese, alle pendici dell’Etna.
Il plauso maggiore, però, va senz’altro per l’incontro tra Carey e Morrigan – vero cuore del capitolo, come del resto si evince dal titolo.
I tuoi continui riferimenti alla tradizione celtica mi affascinano particolarmente, giacché è un campo in cui io sono molto poco ferrata; inoltre, penso che diano alla storia maggiore spessore.
Ho trovato la figura della Dea Corvo molto diversa da quella di Atena, com’era giusto che fosse: se l’una rappresenta la Giustizia e utilizza la forza solo per perseguirla, l’altra è invece simbolo della forza fine a se stessa – quella che serve per vincere.
Hai fatto la tua scelta. Ma ricorda una cosa, ricordala molto bene: secoli di sangue non si lavano via, nemmeno dalla fonte più pura. Il tuo sangue è marcio, e non lo potrai mai cambiare […] un giorno tornerò a reclamare la tua genia.”. Nelle parole di Morrigan si coglie tutta la differenza tra il volere umano e quello divino: il fatto che Carey sia riuscita a sfuggire al proprio destino è soltanto la deviazione secondaria di una strada già tracciata.
Ma Morrigan non è la sola divinità in gioco: chissà che la pietas di Pallade non possa riequilibrare la faccenda…

Capitolo avvincente e scorrevole come sempre: mi spiace pensare di essere quasi arrivati alla fine!
A prestissimo!
Un abbraccio,
Irene
Recensione alla storia Le Petit Cygne - 16/10/21, ore 22:01
Capitolo 1: Capitolo 1
Ciao, Maiko!
Eccomi infine su un altro tuo progetto... accidenti, ma come fai ad essere tanto produttiva? Io ho un'unica long (che trascino da 10 anni esatti, com’è noto), ma non riesco ad aggiornare in tempi decenti neppure quella XD
Il libro da cui questa storia trae ispirazione l'ho letto in tutte le salse: da bambina, da adulta, in italiano, in lingua originale. Ho provato in ogni modo a farmelo piacere, senza però ottenere successo. Lo trovo eccessivamente melenso (unpopular opinion, je sais).
Tuttavia, il paragone fra il piccolo principe e Hyoga ha il suo perché: come il protagonista dell'opera di de Saint-Exupéry, anche il Cigno è un "puro", un "idealista" – un'anima candida, incapace di scendere a compromessi.
Se c’è una cosa che condivido al cento per cento, comunque, quella è la frase di incipit: “Ci sono dei libri che riescono a perforarti da dentro. Dei libri che sembrano stati scritti apposta per te, la tua biografia, come se tu stesso avessi preso in mano la penna e avessi cominciato a scrivere.
Quante volte l’ho pensato. Sapere che molti grandi autori sono stati angosciati dalle mie stesse paturnie mi fa sentire meno in difetto.
Parlando di anime e manga, invece, una riflessione ricorrente concerne il motivo per cui i giapponesi diano l’età tanto alla ca***. Sembra quasi che non siano in grado di concepire personaggi al di sopra dei trent’anni, né protagonisti che non siano in piena fase adolescenziale. Bah.
Tutto questo preambolo per dire che sì, 13 anni sono veramente troppo pochi per diventare maestro di qualcuno; trovo perfettamente naturale che nemmeno uno con la testa sulle spalle come Camus si sia sentito pronto ad adempiere a un onere tanto gravoso.
Come ho osservato in qualche recensione ad altri tuoi lavori, il tuo modo di tratteggiare Aquarius diverge un po’ dall’idea che io mi sono fatta di lui: solo in questa sede, però, mi è sovvenuto che egli ha cominciato ad addestrare i propri allievi in giovanissima età. Tale dettaglio rende il suo attaccamento agli stessi ancor più condivisibile (considerato anche il carattere poco incline a smancerie del soggetto).
L’immagine di Hyoga subito prima di iniziare l’addestramento, al contrario, è pressoché identica a quella che ne ho io: un bambino estremamente solo e spaventato, perso nell’abisso di un dolore troppo grande per essere esternato – ma che Camus intuisce comunque. Lui, che più tardi rimprovererà al discepolo il suo eccessivo sentimentalismo, a primo acchito pare quasi rimanere affascinato dall’estremo riserbo di quell’orfano così piccolo.
Il primo incontro tra i due è stato ad effetto, pieno di promesse sottese. Come quando si ha la sensazione che sia iniziato un qualcosa di grande – perfettamente in linea con quanto poi è accaduto, invero.
Bene, sono pronta a immergermi in un nuovo, gelido (ma anche dolce) viaggetto fra le lande siberiane!
A presto!
Un abbraccio,
Irene
Recensione alla storia L'Ombra del Corvo - 01/10/21, ore 12:09
Capitolo 21: Capitolo XX° - Il valore di una scelta
Ciao, Ulvinne!
Accidenti, questo sì che si chiama "fare carriera"! 
Nel corso dei capitoli non hai mai mancato di porre l'accento sui progressi di Carey, su quanto ella stesse diventando più forte a livello fisico – ma non soltanto: da lettrice, ho avvertito distintamente crescere e consolidarsi le consapevolezze del Lupo sul proprio ruolo di cavaliere. 
Il fatto di militare tra le schiere di Atena, dapprima meramente tollerato, si è pian piano trasformato in adesione sincera, incondizionata, volontaristica. Un sentimento di appartenenza così potente da offuscare persino il desiderio di regolare i conti con Bràn, che rappresenta la sua nèmesi in tutto e per tutto. 
Egli, infatti, non è solo il padre che non l'ha amata e che le ha sottratto gli affetti più cari; il Corvo incarna altresì quella ferocia, quella bestialità che Carey, pur aborrendola, riconosce come parte di sé. 
Ma se, all'inizio, tale componente era tanto spiccata da prendere il sopravvento, adesso la nostra protagonista ha trovato qualcosa di più solido da contrapporre a ciò che le scorre nel sangue: la fede in Atena e ciò che da essa scaturisce, appunto.
Credo sia principalmente per questa ragione che l'armatura di Scorpio l'ha designata quale sua legittima proprietaria: perché, in lei, ha sentito una dedizione speciale; una dedizione fortificata dalla consapevolezza di quello che, senza di essa, Carey sarebbe potuta diventare – ossia, un mostro sanguinario come Bràn del Corvo. 
Ho apprezzato molto il dolore per la perdita dell'armatura del Lupo, nonché le riserve mentali che Carey mostra di provare dinanzi all'eventualità di essere il nuovo cavaliere dello Scorpione. Da principio, infatti, in virtù dell'affetto che nutriva per Milo e della straordinarietà dell'evento, pare quasi non volerlo accettare; è soltanto dopo il colloquio con Saori (che, per l'occasione, si fa pienamente Atena) e la "dischiusa" delle porte dell'Ottava Casa che l'ex Lupo decide di prendere davvero coscienza del suo nuovo status – e, seguendo il principio per cui "le cose o si fanno per bene o non si fanno", a questo punto dismette la maschera. Sarà la prima donna a vestire un'armatura dorata, e lo farà a volto scoperto. Azzeccatissima la decisione di descrivere il momento dal punto di vista di Shura, rende il tutto ancora più emozionante!

"Aldebaran è un patatone che va amato e protetto": sottoscrivo. Il Toro è il cavaliere d'oro più bistrattato – dai fanwriter, ma anche dagli stessi autori – di tutto il Grande Tempio, ma non se lo merita assolutamente.   
Ho trovato la tua caratterizzazione del personaggio del tutto rispondente all'idea che di esso mi sono fatta: una persona innamorata del genere umano la cui stazza, lungi dall'incutere timore, è invece sinonimo di protezione e solidità. "Un uomo del popolo", bravissima! 
Sempre a proposito di caratterizzazioni, mi incuriosisce il modo in cui tratteggi Saga. Nel mio immaginario, infatti, il Saga "non Arles" è sì altero, ma anche vessato da un senso di colpa titanico (maggiore persino di quello di Shura); nel tuo Gran Sacerdote, invece, leggo un filo dell'arroganza che lo contraddistingueva ai tempi del suo precedente pontificato – e lo trovo interessante. 

Credo di averti già fatto i complimenti per come hai costruito la figura di Bràn, ma te li rinnovo: puntando all'anello "debole" del gruppo (ossia, Ecate), il Corvo si è dimostrato ancora una volta l'antagonista perfetto. 

In conclusione: se ancora non si fosse capito, il capitolo mi è piaciuto – sotto tutti gli aspetti. Perdonami, ma in questi frangenti tendo a diventare pericolosamente prolissa ^^'
Spero a presto! 
Un abbraccione, 
Irene

 
Recensione alla storia Anime di luce e di ombre - 30/09/21, ore 12:48
Capitolo 12: Capitolo 12
Ciao!
Capitolo denso di azione e colpi di scena; tra tutte le opzioni possibili, non mi aspettavo che nel combattimento intervenissero ben tre dei. 
Pensandoci bene, però, la tua è stata la scelta più condivisibile: ho sempre trovato irrealistico (se di realismo si può parlare, in un contesto simile) il fatto che degli umani, per quanto supportati, potessero sconfiggere da soli una divinità – ossia, più o meno ciò che accade in quasi tutti gli archi narrativi di Saint Seiya. 
La circostanza per cui, benché coadiuvati dalle armature del Fuoco e del Sole e dal cosmo dei loro compagni, Aiolia e Mu non siano riusciti a distruggere Indra con un solo colpo ha dato risalto alla distanza che dovrebbe intercorrere tra un uomo (pur se cavaliere) e un essere superiore; l'aiuto di Atena, Agni e Surya ha permesso ai Gold non di annientare il loro avversario, ma soltanto di lanciare un attacco che potesse essere paragonato a quello di quest'ultimo. 
Ho trovato calzanti anche l'atteggiamento canzonatorio di Indra e il fare lievemente paternalistico degli altri suoi simili, giacché mi sembra confermino appieno quanto detto sopra. 
Per Atena il discorso è lievemente diverso: Saori non ha ancora preso coscienza della sua condizione, per cui è come se vi fosse una "scissione" tra l'entità divina e il suo corpo mortale. Ho apprezzato il fatto che sia intervenuta in difesa dei suoi saints, nonostante essi siano formalmente al servizio di Arles – colui che ha cercato di ucciderla e che, al momento dei fatti, è a tutti gli effetti un usurpatore.
Soffermandosi più da vicino sui cavalieri d'oro, come sempre ne ho gradito la caratterizzazione: dal sarcasmo di Death Mask sino alla tacita intesa che Mu e Aiolia mostrano di condividere. 
Il tuo modo di tratteggiarli è molto umano, e tuttavia non perde di vista la loro peculiarità di combattenti – un dettaglio su tutti, lo struggimento di Aries e Leo dinanzi ai resti delle rispettive cloths. 
É sempre un piacere tornare su questa storia! A presto, spero!
Un abbraccio, 
Irene 

(Post Scriptum inutile: certi dettagli – che, a ben guardare, dettagli non sono – mi ricordano quanto l'universo di Saint Seiya che ho costruito nella mia mente si discosti dall'originale... non credo di aver mai afferrato appieno il fatto che anche i Gold saints si reincarnano O_O)
Recensione alla storia Parallel Hearts - 18/09/21, ore 18:54
Capitolo 4: Atto III - In un luogo e in un tempo indefinito (seconda parte)
Ciao, Maiko, e perdona il ritardo!
Capitolo bello denso, com’era legittimo attendersi: alla consueta altalena fra passato e presente qui si accosta anche un bel po’ di azione!
Per come l’hai costruito, era assolutamente naturale che Isaac provasse a tornare in superficie alla prima occasione disponibile; tuttavia, il discorso che Kanon gli fa poco dopo contiene più di una verità condivisibile.
Come lui stesso afferma, “Gemini junior” sa molto bene cosa significhi venire scartati in favore di qualcun altro; metterci tutto l’impegno possibile, ma arrivare comunque secondi – ultimi.
Con la sottile arte dell’inganno che gli è propria, egli prova a sradicare l’affetto che Isaac nutre per Camus e Hyoga instillando in lui il seme del dubbio, il sentore dell’ingiustizia: grazie alla sua uscita di scena, l’armatura del Cigno andrà inevitabilmente all’unico pretendente rimasto. Sarà stato davvero un incidente, dunque?
Mi è parso quasi di sentirlo il sussurro di Kanon – basso e tentatore come quello con cui, tempo prima, aveva suggerito a Saga di uccidere Atena.
Dal canto mio, se Isaac avesse ceduto a simili lusinghe non l’avrei affatto biasimato; tuttavia, il suo imperituro attaccamento ad Aquarius pare essere più forte di qualsiasi insinuazione, fondata o meno che sia.
Del resto, il sentimento è perfettamente ricambiato: da quel che mi è parso di capire, Camus ha sfruttato il suo particolare potere di viaggiare fra le dimensioni per raggiungere l’allievo in difficoltà.
(Inciso inutile: nonostante Aquarius sia il mio cavaliere preferito, dubito che avrebbe avuto reali possibilità di vittoria contro Kanon di Gemini. Non ho mai creduto troppo alla storiella della Guerra dei Mille Giorni… ok, basta divagare).
Non so se il richiamo sia o meno intenzionale (o se il paragone sia pertinente), ma alcune caratteristiche dei Proteiforma e dei Ghulu mi hanno ricordato un po’ quelle dei Mollicci e dei Dissennatori di potteriana memoria: i primi, infatti, assumono le sembianze delle angosce di chi gli sta davanti, mentre i secondi si nutrono dell’essenza – del cosmo di ghiaccio, in questo caso – degli altri esseri viventi.
Il fatto che Isaac senta l’impulso di proteggere Dégel e Seraphina è indice di quanto il ragazzo si sia già affezionato al vecchio Gold saint dell’Acquario e alla sua compagna: perché entrambi hanno degli aspetti che gli ricordano Camus, sì, ma forse non soltanto.
Nella solitudine del mondo in cui è stato catapultato, i due rappresentano l’unica luce a far da baluardo contro morte e desolazione – il nuovo motivo per cui combattere.
Questa consapevolezza gli arriva soltanto alla fine, a seguito della lotta durante la quale egli ha finalmente potuto affiancare il tanto amato maestro.
É stato triste leggere del ritrovarsi – per poi perdersi subito dopo – fra Isaac e Camus; benché doloroso, però, un simile addio ha dato loro modo di chiarire una volta per sempre i rispettivi sentimenti reciproci. Amore a fronte di amore: non c’è nulla che è andato sprecato e, adesso, entrambi ne sono coscienti.
Entrambi, sì: perché se Camus ora è morto, noi sappiamo che poi tornerà in vita – e certe cose non si dimenticano.
Dinanzi a un incontro tanto definitivo, Isaac è costretto a scegliere se lasciarsi sopraffare dal passato o se, invece, cominciare a guardare avanti.
Da uno come lui non ci si poteva di certo aspettare una resa, ed ecco che quindi, a dispetto di tutto, sul finale assistiamo a una vera e propria rinascita.
Cercando di tirare le somme: quella che ho appena terminato è una storia di coraggio ed affetto. Di sentimenti non detti che, però, riecheggiano uguali nel cuore di tutti i protagonisti: da Camus a Isaac, passando per Hyoga.
É stato bello vedere come i tre, nonostante rimpianti, rimorsi e incomprensioni, custodiscano dentro di loro il ricordo di quegli anni passati insieme come fosse il gioiello più prezioso che possiedono.
Proprio un bel viaggio!
A presto con qualcosa di nuovo, spero!
Un abbraccio,
Irene