Recensioni di rhys89

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Recensione alla storia Brave enough to... - 15/09/19, ore 15:08
Capitolo 4: Live
[Valutazione del contest "Un fiume di soulmate!AU"]

Titolo:
In netto contrasto con il titolo precedente come lo yang con lo yin, questo titolo ben si accorda alla storia e alla vita che in essa è raccontata.



Caratterizzazione dei personaggi:
La storia si apre subito dopo la conclusione della battaglia di Kamino, con Toshinori che viaggia in ambulanza e che – comprensibilmente – decide di distrarsi dal dolore delle ferite rifugiandosi in ricordi “assai più piacevoli”.

Nel racconto della mattina, trovo molto verosimile il contrasto tra l’iniziale senso di pace che prova Toshinori nello svegliarsi abbracciato ad Aizawa e l’inquietudine che lo coglie subito dopo nel ricordare il rapimento di Bakugou: ovviamente è qualcosa che lo fa stare malissimo, ma ci sta anche che trovi conforto nella vicinanza del suo compagno.

Il fatto che abbia salutato Aizawa con un bacio e “la raccomandazione di non mangiarsi vivi i giornalisti” è davvero realistico, perché Toshinori sa bene quanto Aizawa sia poco paziente e restio a divulgare informazioni, specie sotto la pressione insistente dei reporter.

Aizawa che, ovviamente, è preoccupato. Non lo dice espressamente, certo, ma lo sanno entrambi che la missione che sta per intraprendere Toshinori è molto rischiosa, e nonostante siano due eroi valorosi sarebbe strano se l’affrontassero a cuor leggero.


Tornando al presente, Toshinori commenta tra sé e sé che il suo uomo si sarebbe sicuramente arrabbiato per il suo “patologico bisogno di fare anche più del suo meglio” rischiando la vita… e ci sta, fin qui.

Tuttavia non condivido il timore di una possibile – anzi, sicura, stando ai pensieri di Toshinori – ritorsione di Aizawa per “fargliela pagare” di aver svelato il suo segreto al mondo intero: è sempre stato Toshinori a voler celare la propria “doppia identità” per nascondere di essere stato gravemente indebolito, così da continuare ad essere il Simbolo della Pace, ma era una cosa soltanto sua. Gli altri si sono dichiarati d’accordo e l’hanno appoggiato, ma prevalentemente per rispettare il suo volere, non perché la vedessero come una cosa di vitale importanza. E, di conseguenza, trovo poco verosimile che Aizawa se la possa essere presa tanto per questo segreto svelato.

Vero, qui abbiamo il punto di vista di Toshinori ed è lui che la pensa così, ma secondo me sarebbe stato più realistico fermarsi alla prima parte (quella in cui riflette che Aizawa si sarebbe arrabbiato per il suo rischiare la vita), perché Toshinori lo conosce bene, Aizawa, e sa che un qualsiasi segreto – per quanto importante – impallidisce a confronto del rischio di perderle l’uomo che ama.

Che poi, il fatto che Aizawa “sapeva essere piuttosto fantasioso quando si trattava di punirlo”… niente, è che mi fa morire dal ridere perché mi immagino l’espressione sadica di Aizawa che escogita varie “torture” psicologiche e non, il che significa che – almeno per me – è un dettaglio dannatamente IC.

Non ce lo vedo particolarmente a “somigliare ad una madre ansiosa”, invece… ma vero è che non abbiamo mai visto Aizawa coinvolto romanticamente con nessuno, quindi chi può dirlo? Tutto sommato non è inverosimile, soprattutto perché – è bene ricordarlo – questo è il punto di vista di Toshinori, e se lui lo vede così allora ben venga.

(Anche se condivido la saggia scelta di tenersi per sé questi pensieri.)


Nella scena successiva, quando All Might ripensa a ciò che è successo, ho trovato ogni riflessione molto realistica e verosimile, perfettamente adattata al personaggio.

Mi piace che non si curi del proprio sorriso ma abbia combattuto per proteggere quello degli altri, e anche che invochi il nome della sua maestra per chiedere consiglio dopo l’ultima tragica scoperta.

Soprattutto, è molto bella la riflessione su Midoriya: Toshinori si sente maledettamente in colpa per il peso che ha dovuto scaricare sulle spalle di quel ragazzo, sebbene abbia fatto tutto il possibile – e anche di più – per alleggerirlo, ed è giusto che tra le tante cose che gli passano per la mente in quello stato di dormiveglia anche questa abbia il suo spazio.
Come pure è giusto che, oltre al senso di colpa, ci sia anche una grandissima fiducia in lui, in quel ragazzino che ha scelto di prendere sotto la sua ala perché gli ricordava tanto se stesso e che – Yagi ne è certo – continuerà a crescere forte e giusto.


Ovviamente, non appena riesce a reggersi vagamente in piedi Toshinori insiste per dare il via ad una campagna di conferenze stampa per rassicurare tutti quanti e dare le dovute spiegazioni – stando bene attento a non mettere in mezzo Midoriya.

Di nuovo, mette il bene comune di fronte al proprio, con una lunghissima serie di viaggi tra Stati Uniti e Giappone che gli sottraggono le poche energie che aveva recuperato.

Ma, dopotutto, è pur sempre All Might – anche senza One for All – e sarebbe stato strano il contrario.


Onestamente però non mi convince il fatto che, in due settimane, lui e Aizawa si siano sentiti solo con brevi messaggi la sera tardi o la mattina presto.

Sì, è vero che le giornate di entrambi sono state frenetiche ed è vero che quando Toshinori era in America dovevano fare i conti con il fusorario che probabilmente impediva loro di trovare orari che andassero bene ad entrambi, ma nei periodi in cui stava in Giappone avrebbero potuto tranquillamente telefonarsi la sera e/o la mattina, al posto di mandarsi dei messaggi.

Anche perché parliamo di un lasso di tempo piuttosto consistente, non di un paio di giorni, quindi troverei più verosimile che – quando possibile – entrambi facessero se necessario qualche piccolo sacrificio pur di combinare un orario per sentirsi, anche solo pochi minuti.

Che non si vedessero da quando Toshinori era ricoverato, invece, è plausibile data l’enorme mole di impegni di entrambi.

L’immagine di Aizawa che lo raggiunge nella stanza di nascosto per stargli accanto almeno durante la notte è davvero tenera, e data tutta la preoccupazione che deve aver provato è ovvio che Aizawa voglia stare vicino al suo compagno più che può, per quanto possibile.

Mi è piaciuto inoltre il ribaltamento di ruoli che si ha in questa scena, con Toshinori ricoverato e Aizawa che lo veglia e lo rassicura sulla sorte dei loro alunni. Trovo verosimile che non voglia stressarlo con argomenti spinosi, visto il suo stato di salute… come lo è il promettergli che la discussione è però solo rimandata.


E ora che il momento fatidico è arrivato, Toshinori ha paura e arriva persino a temere di essere lasciato. È un po’ melodrammatico, forse, ma ci sta, perché oltre al rischio enorme che ha corso e per cui ha fatto preoccupare così tanto Aizawa, Toshinori si sente anche in colpa per avergli nascosto molte cose sul suo quirk e sulla reale natura del rapporto che lo lega a Midoriya.

Il momento del loro incontro è carico di tensione, come pure il dialogo che ne segue, e trovo che entrambi risultino molto naturali.

Ad esempio, Toshinori vorrebbe subito rassicurarlo con parole o con un abbraccio, ma si costringe a rimanere fermo e zitto per rispetto al suo compagno che, invece, ha bisogno di essere lui a parlare per primo (e anche secondo me lo avrebbe immobilizzato con le bende, se si fosse azzardato a muoversi).

Mi ha molto colpito, poi, la replica di Aizawa quando Toshinori gli dice che, sì, ha rischiato la vita, ma sono eroi e questi “sono i rischi del mestiere”: fino ad allora Toshinori – e noi con lui – credevamo che la rabbia di Aizawa fosse da imputare alla sua preoccupazione per il rischio che aveva corso nella battaglia di Kamino… ma non è così. Non del tutto, almeno.

E alla luce della nuova rivelazione di Aizawa si fa tutto più chiaro: lui sa che gli eroi possono morire nel loro lavoro, è una cosa che ha accettato già da tempo… quello che non accetta né accetterà mai è che Toshinori si era rassegnato alla morte. Come se la sua vita non avesse poi questo gran valore, come se perderla non sarebbe stata poi chissà quale tragedia.
Senza preoccuparsi delle persone che lo circondano e lo amano, che invece ne sarebbero state devastate – Aizawa per primo.

È un’accusa pesante, la sua, ed è ovvio che Toshinori si senta colpito fin nel profondo. Soprattutto perché – se è sincero con se stesso – deve ammettere che è la verità: già da tempo aveva inconsciamente accettato il suo destino, convinto della sua ineluttabilità.

Tuttavia c’è una precisazione importante da fare, perché nonostante ciò che dice Aizawa – probabilmente neppure credendoci sul serio ma soltanto sull’onda di quella rabbia che cova dentro – lui si preoccupa sempre degli altri, anche troppo.

Non nega però il fatto di essersi rassegnato, e questo silenzio-assenso è la conferma che Aizawa forse non voleva avere, ma che invece è arrivata e adesso non può più essere ignorata.

Ma se Toshinori si è rassegnato, questo non vuol dire che Aizawa farà altrettanto – non sarebbe da lui – e continuerà a combattere ancora e ancora per scuoterlo da quell’intorpidimento e cercare di ficcargli in testa una buona volta che non gli permetterà di morire tanto facilmente.

E dopo averlo tenuto lontano per aver modo di dirgli tutto ciò che pensava, finalmente si concede di stringerlo e farsi stringere, ed entrambi lasciano da parte tutto il resto per godersi la calda e rassicurante presenza l’uno dell’altro.

L’ultimo pensiero di Toshinori va alle sue braccia ora sempre fragili, e lo trovo verosimile: è vero che ormai trascorreva il tempo privato nella sua True Form per risparmiare le energie, ma comunque sapeva che, se solo avesse voluto, sarebbe potuto tornare in un momento ad avere il corpo possente e muscoloso di All Might… e adesso quella possibilità non c’è più.

La cosa positiva è che, ora che non è più il Simbolo della Pace, può concedersi di promettere a se stesso di dedicare tutta la poca forza che gli resta ad Aizawa, e a lui soltanto.


Dopo la passione dettata un po’ dalla rabbia e un po’ da… beh, dal fatto due settimane sono davvero lunghe, i nostri eroi si concedono un tenero abbraccio e un po’ di sana tranquillità.

Il monologo di Toshinori è molto bello e romantico, e in generale tutto quello che dice è coerente con il suo personaggio. Tuttavia il modo di esprimere questi concetti mi è sembrato un po’ troppo altisonante e artificioso per un discorso diretto, anche considerando la tendenza di Toshinori alla teatralità.

Sui contenuti nulla in contrario, come ti dicevo; anzi, mi è davvero piaciuta la tua interpretazione sul motivo che l’ha spinto a diventare un eroe – e non uno qualunque, ma quello che avrebbe portato la pace per tutti – e l’ho trovato, nell’ambito di questo soulmate!AU, anche molto realistico e verosimile.

In particolare, ho apprezzato moltissimo come cambi la sua concezione del nero: da bambino lo spaventava per via dell’oscurità, poi ha imparato che era necessario affinché la luce risplendesse più forte… e infine, dopo aver conosciuto Aizawa, è diventato un luogo di pace e tranquillità in cui rifugiarsi.

Credo che chiunque, dopo quello che ha passato lui, sarebbe stato portato a riflettere seriamente sulla sua vita e su ciò che desidera per il futuro, e la fatidica proposta su cui Toshinori rimugina da chissà quanto trova finalmente spazio per emergere.

Non si sa se ha veramente “dimenticato” l’infausta profezia sul suo destino né se tornerà a tormentarlo, ma per adesso, guardando negli occhi l’uomo che ama, è naturale per lui metterla da parte e provare finalmente ad essere felice, anche perché ormai ha capito che solo Aizawa riesce a completarlo davvero.

La dichiarazione che precede la proposta vera e propria e romantica e un po’ teatrale… ma se non si è teatrali per una proposta di matrimonio, allora quando? Quindi sì, secondo me è assolutamente perfetta e in linea con il personaggio di Toshinori.

Molto realistico anche lo stupore di Aizawa, sia perché è comunque un passo estremamente importante – soulmate o non soulmate – sia perché avevano appena avuto una specie di crisi, quindi con tutta probabilità una proposta di matrimonio è l’ultima cosa a cui sarebbe andato a pensare.

Eppure, ovviamente, la risposta è sì: nonostante i problemi e le incomprensioni e i segreti Aizawa non ha mai avuto dubbi su loro due, e la sua risposta sincera e col cuore in mano mi ha commosso per la sua profondità, soprattutto visto quanto era successo poco prima.

Un “sì” che conclude la storia, ma che è soltanto il primo passo di un nuovo cammino che percorreranno insieme.



Stile e trama:
Prima di cominciare, ti riporto un errore riscontrato nella storia:
[…] degno di un adolescente sognatore qual’era. --> Qual era.

Ci sono inoltre alcune ripetizioni all’interno della storia che interrompono un po’ la fluidità della lettura, e ho riscontrato nuovamente l’utilizzo di “quirk” e “Unicità” come sinonimi (che non apprezzo, come ti ho detto nella scorsa storia).


Lo stile di questa storia è fluido e il ritmo tranquillo e scorrevole, con una sintassi ben curata in cui i periodi – anche se talvolta piuttosto articolati – sono costituiti prevalentemente da coordinate (soprattutto per asindeto) e quindi mantengono un grado di comprensione sempre immediato.

Tuttavia, nei punti in cui si susseguono periodi piuttosto lunghi uno dietro l’altro senza intermezzi, il ritmo della lettura rallenta un po’ troppo e rischia di diventare monotono.


Questa quarta storia, l’unica dal punto di vista di Toshinori, è estremamente introspettiva ma comunque mai pesante, e ci racconta tutti i suoi dubbi, le sue paure ma anche i suoi desideri a partire dal turbolento viaggio in ambulanza dopo il suo scontro con All for One.

È interessante questa prima parte, dove tutto si sussegue in modo frenetico e un po’ confuso e va benissimo così, perché rispecchia quello che deve aver provato Toshinori in quei momenti… come pure va benissimo che alla fine si sia estraniato da quella realtà dolorosa per rifugiarsi nei ricordi.

Tra l’altro, ho trovato la scena dei medici che “stavano tamponando le sue numerose ferite” molto realistica: nonostante abbia vinto e si sia costretto a rimanere in piedi davanti alle telecamere per rassicurare la popolazione, All Might era messo davvero molto, molto male, e una volta compiuto il suo dovere fino in fondo è ovvio che abbia avuto bisogno di cure immediate.


Tutta la digressione che racconta dei suoi momenti con Aizawa ha quasi il sapore di un flusso di coscienza, e mi piace che sia inserita nel testo senza divisioni grafiche perché secondo me rende meglio l’idea della fantasticheria di Toshinori mentre è in quel dormiveglia confuso e dolorante.

Mi ha fatto sorridere quel “nonostante i dubbi in proposito del suo compagno era davvero dotato di un minimo di spirito di sopravvivenza”, riferito al no-comment di Toshinori; è una piccola innocente battuta autoironica che mi sembra perfettamente in linea col personaggio e che, inoltre, serve a stemperare l’atmosfera altrimenti tesa dalla preoccupazione per quel saluto.


Inizialmente la frase “Si sarebbe dovuto ingegnare per farsi perdonare molte cose, quella sera, quando sarebbe tornato a casa” non mi convinceva, perché era ovvio che quella sera Toshinori non sarebbe potuto tornare a casa viste le sue condizioni… ma poi mi sono detta che in fondo il narratore è soggettivo, e lui, Toshinori, in quel momento non era poi così tanto lucido da analizzare oggettivamente la situazione.

Quindi ci sta, tutto sommato. Anche se continuo a credere che quel “quella sera” sarebbe meglio se non ci fosse: tanto il significato della frase non cambia, e si eviterebbe qualsiasi possibile incomprensione.


Subito dopo, abbiamo Toshinori che riflette sulla necessità di tutte le sue energie per affrontare un Aizawa incavolato… e chi può dargli torto?

Però poi troviamo anche “Non glielo avrebbe mai detto, Yagi ci teneva a vivere, ma la sua Anima Gemella somigliava terribilmente a una madre ansiosa quando era preoccupato”.

Intanto una noticina su quest’ultima parte: Anima Gemella è femminile, quindi l’aggettivo riferito deve essere “preoccupata” anche se Aizawa è un uomo. È lo stesso principio di “bella persona”, che può riferirsi sia a uomini che a donne.

E poi due parole su quel “Yagi ci teneva a vivere”: mi piace come frase, è ironica e divertente e credo che ci stia bene nel contesto… però è fin troppo simile a quella di cui ti ho parlato prima, ed essendo a distanza molto ravvicinata sembra quasi una ripetizione dello stesso concetto.

Secondo me, ma è solo un parere personale, sarebbe meglio sceglierne soltanto una ed eliminare l’altra, così da darle la giusta importanza ed evitare il rischio di “già sentito”.



La scena successiva ha una costruzione ben diversa e particolare, che spezza piacevolmente il ritmo della narrazione.

Con Toshinori addormentato, infatti, vediamo queste frasi in corsivo come flash di ricordi che gli attraversano la mente a cui lui “risponde” come se li stesse rivivendo, ovviamente inconsapevole di trovarsi in una sorta di sogno.

Non capisco però perché la prima frase in corsivo sia racchiusa tra i trattini e le altre no, dato che sono tutte frasi in discorso diretto. Trattandosi in realtà di ricordi evidenziati già col corsivo potresti evitare i trattini, se preferisci, ma in ogni caso vanno segnalate tutte allo stesso modo (con o senza trattini).

Di tutte queste considerazioni, mi ha particolarmente colpita quella sul suo rimpianto: siamo sempre stati abituati a vedere All Might fare tutto da solo, ai “tempi d’oro”, – perché ne era in grado e perché in quanto Simbolo della Pace era suo dovere – ed è interessante questo suo ripensamento, questo suo guardare al passato e rendersi conto di essere stato forse troppo orgoglioso. A chiedersi se effettivamente ha fatto del suo meglio, o se il suo meglio sarebbe stato collaborare anche con altri eroi per poter salvare “anche solo una manciata in più di persone”.

L’ultima “risposta” sfuma nel nulla senza arrivare realmente ad una conclusione, senza chiarire perché Toshinori ha deciso di diventare All Might. A posteriori, so che è stato un artificio per riprendere il discorso in un secondo momento, ma anche se così non fosse stato la costruzione lasciata in sospeso mi piace, perché secondo me dà proprio l’idea di un pensiero lasciato a metà, interrotto dall’oblio del sonno.


Prima di cominciare il prossimo paragrafo, ti faccio un piccolo appunto tecnico:
[…] riprendersi parzialmente dalle ferite conseguite a quella che sarebbe […] --> Il verbo “conseguire” nell’accezione che intendi qui può essere inteso come “ottenere”, transitivo, che reggerebbe la preposizione “in” (conseguite in quella); è un po’ cacofonico secondo me, ma teoricamente potrebbe essere inteso anche come “derivare”, intransitivo, e in questo caso reggerebbe il “da” (conseguite da quella).
In ogni caso, la preposizione “a” non è corretta e va sostituita a meno di cambiare la frase in “riprendersi parzialmente dalle ferite riportate in seguito a quella […]”.

Qui troviamo un breve riepilogo di quanto è successo in seguito alla battaglia, e ho apprezzato il dettaglio di specificare che le conferenze di Toshinori non si sono tenute solo in Giappone ma anche in America, perché dopotutto è il suo paese natale. Non ricordo onestamente se anche nel canon vi si faceva cenno, ma ad ogni modo mi piace perché aggiunge alla storia un tocco di realismo in più.

E poi, finalmente, dopo due lunghissime settimane Toshinori riesce a tornare a casa… da Aizawa.

Il sottolineare come loro due non abbiano avuto tempo né modo di parlare decentemente rende ben chiaro al lettore che il momento del confronto è finalmente arrivato, e lo sa anche Toshinori. E nonostante il suo compagno gli manchi sicuramente da morire, una parte di lui – piccola, certo, ma presente – quasi spera che stia già dormendo così da rimandare l’inevitabile ancora un altro po’.

Ma Aizawa non dorme, nossignore: lo aspetta ben sveglio e deciso ad affrontare le loro questioni in sospeso senza aspettare un minuto di più. Non si concede neppure il tempo di salutarlo come si deve, e considerando tutto il tempo che probabilmente ha trascorso a rimuginare su quanto avevano da dirsi, è comprensibilissimo che abbia voluto “togliersi il pensiero” il prima possibile.

Anche perché, probabilmente, non si sarebbe nemmeno goduto gli eventuali abbracci e baci se prima non avesse tirato fuori tutto quello che aveva nella mente e nel cuore.


I dialoghi sono realistici e ben curati, ma mi piace che siano anche intervallati da alcune frasi indirette, grazie alle quali si percepisce chiaramente sia la rabbia frustrata di Aizawa che il senso di colpa di Toshinori.

(Toshinori che si perde nella contemplazione del suo compagno anche mentre il suddetto compagno gli sta facendo una ramanzina… è proprio senza speranza!)


La discussione è ben strutturata, e anche se si parla di qualcosa di decisamente profondo e al di sopra delle banalità quotidiane non risulta forzata né pesante, consentendo al lettore di seguirla tranquillamente… e di sospirare di sollievo quando Aizawa, finalmente, smette di mantenere le distanze con quel tanto agognato bacio.

Sono entrambi provati da ciò che si sono detti e da quello che comporta, ovviamente, ma è giusto anche che, dopo, mettano tutto da parte – almeno per un po’ – per concedersi finalmente di riabbracciarsi.

Non che l’argomento sia completamente esaurito, anzi, probabilmente ci ritorneranno ancora e ancora, ma per adesso decidono di non pensarci.



Cambia il paragrafo, e qui troviamo una di quelle ripetizioni di cui ti ho parlato all’inizio: Avevano fatto l'amore con calma, riscoprendo i loro corpi con la flemmatica calma con cui era accaduto la prima volta[…]

Ti cito questa tra tutte perché l’ho trovata particolarmente “ingombrante” non tanto per la ripetizione in sé, ma perché interrompendo il ritmo della lettura mi impedisce di godermi appieno il concetto espresso, che invece è molto bello e poetico.


Anche il momento successivo è molto dolce, ma mi ha colpito ancora di più che tu l’abbia utilizzato come trampolino per ricollegarti a quel discorso lasciato in sospeso a metà storia.

Ho molto apprezzato questa scelta non tanto per il romanticismo – che comunque mi piace, ovvio – ma perché l’ho trovato uno stratagemma intrigante che pur sfruttando un cliché come quello del “trovo le risposte nei tuoi occhi” non risulta affatto banale, personalizzando il concetto fino a renderlo un tutt’uno con la storia e i suoi personaggi. Il che è esattamente il motivo per cui apprezzo i cliché ben utilizzati, tra l’altro.

Il racconto di Toshinori ci dà un punto di vista inaspettato su ciò che prova chi può vedere soltanto in bianco e nero senza nessuna eccezione – come invece era accaduto ad Aizawa – prima di incontrare il proprio soulmate.

Mi è tornato istintivamente il pensiero a ciò che avevi detto nella prima storia, ovvero che tutta la famiglia di Aizawa ha per soulmate una persona con gli occhi nella scala del grigio e del nero e quindi era esattamente nella stessa situazione di Toshinori: ricordo di essermi chiesta cosa provassero queste persone nel non poter vedere nessun colore, se si ritenessero sfortunate o se lo accettassero tranquillamente come una cosa naturale… ecco, ora ho la mia risposta. O meglio, o una delle risposte possibili, ma va benissimo anche così.

Tornando a noi, mi è piaciuto come sei riuscita a legare il mondo del soulmate!AU al canon in un modo che andasse anche oltre il semplice rapporto con Aizawa: qui si nota come il vedere in bianco e nero abbia influenzato Toshinori così tanto da spingerlo a voler diventare un eroe. E non uno qualunque, ma “colui che avrebbe portato la pace”, così da dare modo a tutti quanti di poter godere della luce e delle tenebre in egual misura.


Nella riflessione successiva al monologo, Toshinori prosegue il flusso dei suoi pensieri fino ad arrivare al presente e a tutto ciò che di importante ha realizzato, giungendo alla conclusione che avrebbe fatto tutto il possibile “per combattere contro il destino che lo attendeva”.

Indubbiamente è molto dolce e anche adatto al personaggio, tuttavia… non so, sembra quasi che questa “epifania” sia arrivata troppo in fretta: solo poche ore prima c’è stata la discussione con Aizawa in cui Toshinori si è reso pienamente conto di quella rassegnazione che fino ad allora era presente in lui solo a livello inconscio, quindi mi stona che nel paragrafo dopo si abbia già quella che sembra la soluzione del problema.

Vero è che il limite di parole non ti lasciava grosso spazio di manovra, ma avrei preferito magari un altro piccolo time-skip, giusto per dare l’idea che Toshinori avesse passato un po’ di tempo a riflettere seriamente su quanto si sono detti e alla fine, dopo tante elucubrazioni, fosse arrivato a far pace con se stesso e a capire cosa conta davvero.


A parte questo, la scena è veramente deliziosa e commovente, piena di romanticismo ma non tanto da risultare stucchevole.

Ho apprezzato in particolare il dettaglio delle fedi, in semplice oro bianco e con inciso all’interno il rispettivo colore degli occhi: niente “fronzoli” inutili come pietre preziose, ma solo un simbolo concreto di quel qualcosa che li lega da sempre, e che ormai non è più soltanto volere del Fato ma una scelta consapevole di entrambi.

La scelta di vivere insieme, nella buona e nella cattiva sorte.



Gradimento personale:
La parte che ho preferito di questa storia è sicuramente quella in cui Toshinori e Aizawa finalmente si chiariscono dopo la battaglia di Kamino e le due settimane di lontananza forzata. Non la discussione in sé, ma tutto il trasporto e la sincera preoccupazione che traspare dalle parole di Aizawa… e ovviamente anche il modo in cui fanno “pace” subito dopo.







Valutazione generale della raccolta: Brave enough to…

Titolo raccolta:
Questo titolo mi ha colpito principalmente per la particolarità con cui è stato costruito: mi è piaciuta molto l’idea di un titolo generale della raccolta lasciato in sospeso, a cui abbinare simbolicamente di volta in volta il titolo dei singoli capitoli per creare qualcosa di più completo.

Oltre a questo, ho apprezzato il modo in cui – direttamente e indirettamente – sottolinea l’esistenza di diverse forme di coraggio, che poi vengono tutte adeguatamente analizzate nelle rispettive storie.



Sviluppo del soulmate!AU
L’elemento del soulmate!AU è stato introdotto in modo molto naturale nella raccolta, durante la quale sono state date le dovute informazioni sulle sue regole senza però inserirle in modo didascalico.

Mi sono inoltre piaciute alcune accortezze, come quella dell’accennare alla famiglia di Aizawa e ai loro occhi neri per metterli in contrapposizione con l’azzurro che vede lui e poi, alla fine, la riflessione di Toshinori a proposito di come è stato per lui vivere in un mondo completamente in bianco e nero, senza alcuna altra sfumatura.

Anche se non vengono citate direttamente altre coppie di anime gemelle, è chiaro che sia un elemento ben conosciuto da tutti; infatti, Aizawa fin da giovanissimo guardando il cielo è consapevole che cosa significhi l’azzurro che interrompe l’uniformità di bianco e nero della sua visuale. Lo sa, e si aggrappa ad esso sperando di poter incontrare un giorno la persona con quello stesso colore negli occhi.

Oltre alla regola in sé, è il rapporto in generale tra i due protagonisti ad essere fondamentale nelle storie. Un rapporto che viene descritto come voluto dal destino e che nessuno dei due ha mai messo in discussione… e che, col passare degli anni, si rivela sempre più saldo.



A presto!
rhys89

Recensione alla storia Brave enough to... - 15/09/19, ore 15:05
Capitolo 3: Die
[Valutazione del contest "Un fiume di soulmate!AU"]

Titolo:

Un titolo molto cupo e pessimista, riesce sicuramente ad incuriosire il lettore che è spinto a divorare la storia per riuscire a scoprire cosa possa significare.



Caratterizzazione dei personaggi:
La storia si apre con la famosa scena dell’attacco alla Yuuei, e l’analisi che hai fatto dei pensieri e delle emozioni di Aizawa in quei frangenti è molto accurata e IC.

Mi piace soprattutto come, nonostante il dolore, Aizawa costringa il suo corpo a non arrendersi perché non c’è solo la sua vita in ballo… no, lui deve difendere la sua scuola e – soprattutto – i suoi allievi.

Trovo davvero molto dolce e realistica questa sua sincera preoccupazione non solo dell’incolumità fisica dei ragazzi ma anche di quella morale, perché dietro l’apparenza burbera Aizawa ha davvero a cuore i suoi studenti: vuole essere per loro un punto di riferimento, qualcuno a cui guardare quando le cose si mettono male e che li protegga dall’oscurità del mondo fino a quando non saranno in grado di affrontarla da soli.


Anche Toshinori, ovviamente, si è accorto di questa sua tenerezza nascosta dietro la scorza dura che mostra di solito, e mi piace come si sia permesso di prenderlo anche un po’ in giro per quella pantomima alla fine del test: lui sa che Aizawa non avrebbe avuto problemi ad espellere anche l’intera classe, – l’ha già fatto in passato, dopotutto – quindi ha già capito che il suo fidanzato ha grandi aspettative per quei pulcini spaventati che hanno appena iniziato il loro percorso.

Paragonarlo ad un gatto selvatico è stato un colpo di genio, lo ammetto, e in effetti è una cosa che secondo me potrebbe dire tranquillamente Toshinori, soprattutto nei momenti di intimità.

E, oltretutto, Aizawa un po’ gatto selvatico lo sembra davvero quando si gira per guardarlo “male”… ma poi desiste e si accoccola al suo fianco, ipnotizzato dai suoi occhi.

Mi piace molto come questa sua adorazione per l’azzurro degli occhi di Toshinori si riproponga più volte nella storia, perché Aizawa ne è stato quasi ossessionato fin dalla più tenera età ed è ovvio che anche da adulto ci pensi spesso.

Molto tenera la riflessione su Toshinori e sul modo tutto suo che ha di farlo sentire in pace con la sua semplice presenza. Vero, Aizawa è un tipo taciturno e solitario mentre All Might è un gran casinista e amante della compagnia… ma secondo me non è affatto strano che, nella loro quotidianità, riescano a ritagliarsi dei momenti di quiete e silenzio per “ricaricare le batterie”.

Il sorriso di All Might, poi, è qualcosa di leggendario, – Deku l’ha addirittura riprodotto sul proprio costume! – ma anche io sono dell’idea che sia riservato alla sua immagine pubblica: nella vita di tutti i giorni, quando è solo “Toshinori” e non “All Might”, viene fuori quel sorriso lieve e un po’ impacciato che soltanto pochi eletti possono vedere… e Aizawa lo sa bene, per questo lo apprezza ancora di più.


Tornando al presente e allo scontro abbiamo Aizawa che, ben consapevole della propria forza, si ritrova a pensare che se il problema fosse solo quella “gentaglia” che sta affrontando al momento sarebbe tutto fin troppo facile. E poi, ed è una cosa che secondo me è totalmente da Aizawa, accarezza l’idea che magari dopo si sarebbe fatto una bella dormita.

E al diavolo Toshinori.

Mi ha fatto sorridere la sua stizza di quel “alcune notti avrei davvero voglia di mandarti a dormire sul divano”, perché torna il suo atteggiamento da “gatto selvatico” di cui sopra, che nonostante l’immenso affetto provato per il suo fidanzato ha comunque bisogno di avere i propri spazi. Soprattutto se vuole farsi una sacrosanta dormita come si deve senza che qualcuno continui a importunarlo sotto le coperte.

E poi è di nuovo dolore e, di nuovo, Aizawa si costringe a resistere e a continuare a combattere per proteggere i suoi studenti fino allo stremo delle forze e anche un po’ oltre, fino a crollare in uno stato quasi comatoso.

Per poi risvegliarsi dal torpore giusto il tempo di rendersi conto – nonostante gli occhi chiusi – di essere tra le braccia dell’unica persona al mondo capace di farlo sentire al sicuro.


È perfettamente plausibile che, una volta sveglio dopo tante ore di incoscienza, il suo primo pensiero sia stato per i suoi studenti… così come è perfettamente plausibile che Toshinori sia rimasto sempre al suo fianco a vegliarlo, pronto a rassicurarlo e ad assicurarsi che il suo fidanzato si riposi a dovere – e senza disturbarlo lui per primo, una volta tanto.


L’urgenza con cui Aizawa vuole togliersi le bende per vedere gli occhi di Toshinori, per quanto molto dolce, non mi convince del tutto perché giusto poco prima aveva detto di poter avvertire quegli occhi su di sé anche senza vederli e di sentirsi comunque al sicuro.
Ad ogni modo non è nemmeno poi così strano, considerato che sappiamo bene quanto quegli occhi e quell’azzurro siano importanti per Aizawa.
Diciamo che sono divisa tra questi due pensieri, propendendo ora più verso l’uno e ora più verso l’altro… ma alla fin fine è solo una cosa personale, non si tratta di un errore di caratterizzazione.

Di contro, è naturale che vista la sua insistenza alla fine Toshinori lo accontenti, come è pure naturale che sia comunque riluttante e ben deciso a concedergli solo pochi minuti perché preoccupato che possa fargli male.

Anche il mazzo di fiori come augurio di pronta guarigione è un dettaglio assolutamente da lui, che sotto sotto ha un animo più romantico di quello che vuole ammettere.

Che poi, secondo me, stavolta non ha scelto il rosa a caso ma proprio per richiamare quel loro primo, impacciatissimo incontro in ospedale… quello in cui – dopo la frenesia dello scontro e la paura per la ferita di Aizawa – si sono finalmente parlati come si deve e riconosciuti come soulmate.

L’ho detto, io, che Toshinori è un romanticone!

E in fondo – ben nascosto dietro i capelli perennemente disordinati e il cipiglio da “lasciami in pace voglio dormire” – lo è anche Aizawa, che ancora oggi – dopo tanti anni – prova lo stesso batticuore della prima volta.

Anche se probabilmente non lo ammetterà mai – non ad alta voce.



Stile e trama:
Lo stile di questa storia, molto introspettivo, sfrutta una sintassi ricca di periodi piuttosto lunghi per dare alla lettura un ritmo lento e costante.

Forse troppo costante, a volte, perché quando si susseguono due o tre periodi tutti della stessa lunghezza subentra una certa monotonia, accentuata da un deciso utilizzo della coordinazione per asindeto tramite la sola virgola (ho trovato solo una volta il punto e virgola e una i due punti).

Ovviamente però non si tratta di qualcosa che perdura per tutta la storia, perché laddove si alternano periodi di differente lunghezza o costituzione (ad esempio le frasi interrogative o i discorsi diretti) il ritmo – pur rimanendo prevalentemente lento e quindi adatto ad una marcata introspezione – varia quel tanto che serve a mantenere ben desta l’attenzione del lettore.


Parlando della trama, mi è piaciuta questa costruzione che inizia nel bel mezzo di una battaglia già nota dal canon, e soprattutto mi è piaciuto che piuttosto che descrivere le azioni ti sia soffermata ad analizzare con cura i pensieri e le emozioni di Aizawa.

È stata una scelta saggia, secondo me, perché il lettore è già a conoscenza di ciò che è successo e quindi avrebbe rischiato di annoiarsi a rileggere cose già note, mentre invece tutto ciò che accade nella testa di Aizawa è ancora da scoprire.


Mi è piaciuto anche lo stratagemma utilizzato per introdurre un approfondimento su Toshinori e sulla sua relazione con Aizawa tramite quelle parole – “Dunque è questa, la tua gentilezza.” – che di primo acchito sembrano quasi venire fuori dal nulla, ma che in realtà sono apparse di prepotenza nella mente di Aizawa perché istintivamente sa che è esattamente quello che Toshinori gli avrebbe detto se avesse potuto ascoltare i suoi ultimi pensieri.

Quelli in cui, almeno con se stesso, ammette tutto l’affetto che prova per i suoi studenti e il desiderio infinito di proteggerli dall’oscurità anche a costo di diventare lui stesso oscurità, solo per farli vivere nella luce.


E sono anche le parole che, veniamo a sapere subito dopo, Toshinori gli ha effettivamente rivolto dopo aver scoperto il suo bluff con il test d’ingresso per la 1A.


Questo ci permette di entrare in punta di piedi in questo flash-back “su due livelli”, diciamo così: nella prima parte racconta avvenimenti di pochi giorni prima, nella seconda invece va molto più indietro nel tempo e si riallaccia alla fine della seconda storia, con quella primissima visita che Toshinori fa ad Aizawa all’ospedale dove lui stesso l’ha portato per salvarlo.

È una costruzione particolare che ho visto di rado, ma ammetto che non mi dispiace. In questi casi, c’è il rischio di creare confusione nella continuità della lettura aprendo parentesi su parentesi, invece qui dopo questo doppio salto all’indietro si torna semplicemente al presente, e la sensazione finale – almeno per me – è quella di aver appena intravisto alcuni rapidi flash che hanno attraversato la mente di Aizawa in quei momenti di fortissimo stress sia fisico che emotivo.


Il secondo “salto all’indietro” ci porta – come dicevamo –nella stanza d’ospedale di Aizawa. Trovo dannatamente tenero il fatto che All Might si sia presentato con un gigantesco mazzo di fiori rosa, nonostante l’evidente particolare che voleva offrirli ad un uomo… e ancora di più che quell’omone grande e grosso si sia nascosto dietro il suddetto mazzo di fiori perché troppo timido per mostrarsi in viso.

Oltre ad essere a parer mio una scena decisamente verosimile in un contesto del genere, la trovo davvero dolcissima, soprattutto con quel sorrisino di Toshinori che scioglie il cuore – quello di Aizawa in primis.


C’è però subito dopo una cosa che non mi convince molto, ovvero quando Aizawa riflette che “la sua anima gemella era stata scelta senza che lui avesse avuto voce in capitolo”, ma alla luce degli ultimi eventi non era “poi così contrariato dalla scelta che il fato aveva operato per lui”.

Nonostante la frase in sé sia molto dolce e romantica, quell’accenno al suo non essere “poi così contrariato” dalla scelta del Fato sembra quasi intendere che invece prima di quel momento avesse dei dubbi e delle rimostranze di cui però il lettore non ha avuto modo di sapere nulla.

Aizawa, infatti, non ha mai dato cenno di essere in qualche modo risentito per aver dovuto “subire” la scelta dal Fato: ogni volta che parlava del suo soulmate si chiedeva chi fosse e da dove venisse ed era ovviamente curioso di conoscerlo perché già adorava l’azzurro che sicuramente sarebbe stato nei suoi occhi… ma solo questo.

Non si è mai interrogato sul perché il Fato avesse fatto quella scelta piuttosto che un’altra né si è mai posto il problema: era così e basta, e andava bene così.


Il ritorno al presente, come ti dicevo, è molto lineare e il lettore riesce a seguire facilmente il filo del discorso, anche grazie a quel nuovo accenno al rapporto con All Might e al suo “approfittare” del lavoro per stare ancora più vicino ad Aizawa.

E, ovviamente, alla postilla irritata-ma-non-troppo di Aizawa che riflette su quanto sia allettante talvolta l’idea di cacciare il compagno sul divano pur di riuscire a dormire in santa pace.

Dopo questa parentesi di quotidianità romantica si torna allo scontro con la sensazione di essersi risvegliati – come Aizawa – da fantasticherie “assolutamente sconsigliate” in un frangente del genere.

Come era successo prima, anche adesso lo scontro non viene descritto azione per azione ma piuttosto viene posto l’accento sui pensieri e le sensazioni di Aizawa.

Ho apprezzato questa scelta, oltre che per motivi pratici di non ripetere cose già note al lettore, anche perché il punto di vista della narrazione è di Aizawa, e lui in quei frangenti ha preso così tante botte da non essere lucido: è molto realistico lasciare tutta la descrizione un po’ indistinta, con appena qualche flash più nitido, proprio perché si ha ancora meglio l’idea di come Aizawa abbia vissuto quei momenti.


Sempre per questo, è particolarmente azzeccato il successivo piccolo time-skip, che glissa completamente sulla fine dello scontro per arrivare al momento del risveglio di Aizawa: lui fino ad allora era svenuto e il narratore soggettivo ha giustamente rispettato questo particolare evitando di raccontare avvenimenti di cui il protagonista non può essere a conoscenza.


Volevo però farti un piccolo appunto, prima di passare alla scena successiva: ho notato che in un paio di occasioni hai utilizzato “Unicità” al posto del solito “quirk”. Questa cosa non mi piace particolarmente, perché dal momento che nella raccolta hai preferito utilizzare i nomi originali non tradotti come “villain” e “hero”, è meglio che utilizzi sempre questa versione – e non quella del doppiaggio italiano – per una questione di continuità.

Diverso è il discorso per “eroe”, che pure compare nella storia: è una parola di uso comune, al contrario di “Unicità” intesa nel senso di potere speciale, e quindi secondo me non stona affatto nel contesto.

Non so se sono riuscita a spiegarmi bene, ma è più o meno la differenza che c’è tra la traduzione di un nome comune e un nome proprio, perché “quirk” è giustappunto un termine nato con BNHA con lo scopo di descrivere quei determinati poteri; va bene tradurlo, se si vuole, ma una volta fatto è meglio mantenere sempre lo stesso termine nella storia altrimenti c’è anche il rischio di confondere il lettore.


Tornando a noi, – anzi, a loro – la scena con Toshinori è molto dolce e delicata, si avverte tutto l’infinito affetto che provano l’uno per l’altro.

Mi piace davvero molto tutto il non detto che si legge tra le righe di quei gesti apparentemente semplici: il fatto che Toshinori sia probabilmente rimasto sempre al suo fianco, così da essere lì quando si fosse svegliato; il suo rassicurare Aizawa sulla sorte dei loro studenti perché sapeva che sarebbe stato il suo primo pensiero; Aizawa che si tranquillizza al solo tocco della sua mano nella propria… e ovviamente Aizawa che però ha un bisogno quasi fisico di vedere di nuovo i suoi occhi, perché l’inquietudine che portava in petto è diminuita, certo, ma non svanita del tutto e solo annegando in quell’azzurro che tanto ama riuscirà a ritrovare la pace.


Infine, ho apprezzato moltissimo i fiori rosa – di nuovo! – e il loro evidente richiamo al flash-back. Loro, e il piccolo sorriso che Toshinori si lascia sfuggire nel venire “ammonito” per quel rosa un po’ fuori luogo, rendono perfettamente l’idea di come le due scene in sé siano molto simili eppure totalmente differenti allo stesso tempo.

Perché all’epoca del primo incontro non sapevano nulla l’uno dell’altro se non che il Fato aveva stabilito che si appartenessero, mentre adesso… adesso si conoscono meglio di loro stessi, pregi e – soprattutto – difetti.

E, nonostante questo, c’è sempre lo stesso batticuore, la stessa felicità, la stessa sensazione di fatalità. Come la prima volta, ma molto, molto meglio.



Gradimento personale:
Parlare di romanticismo dal punto di vista di Aizawa non è affatto semplice, scorbutico com’è, eppure in questa storia non risulta per nulla forzato. Ho amato soprattutto – ma probabilmente si è già capito, le due scene dei “fiori rosa” e il loro parallelismo.
(E il sorrisino imbarazzato di Toshinori, ovviamente.)

A presto!
rhys89

Recensione alla storia Brave enough to... - 15/09/19, ore 15:04
Capitolo 2: Believe
[Valutazione del contest "Un fiume di soulmate!AU"]

Titolo:

Ho trovato questo titolo semplice ma coerente con la storia perché il concetto della fede e della speranza è molto caro a BNHA, e – in più – lo ritroviamo anche esplicitamente sul finale della drabble.



Caratterizzazione dei personaggi:
Nonostante sia effettivamente protagonista, in questa storia Aizawa viene quasi ombreggiato dall’esuberante presenza di Toshinori – anche se in effetti qui compare come un eroe senza nome.

Di Shota sappiamo “soltanto” che è stato ridotto in fin di vita per proteggere dei bambini, e questo – sembra quasi superfluo dirlo – è estremamente coerente con la sua caratterizzazione.

Come pure coerente è che il suo primissimo pensiero, la primissima cosa che ha attirato la sua attenzione è stata l’azzurro. Come sempre, ma allo stesso tempo in modo totalmente diverso perché Aizawa capisce immediatamente che quell’uomo che gli stava sorridendo doveva essere lui.

Lui che ha ovviamente un sorriso enorme – come enormi sono le sue mani – e cerca di tamponare la ferita continuando a ripetergli che “va tutto bene perché ora ci sono io”… poche, semplici pennellate per dipingere un quadro dettagliato e assolutamente realistico di All Might.

E, a quel punto, è naturale per Aizawa fidarsi davvero di lui: non è una cosa che accade spesso, non è qualcosa a cui è abituato… eppure lo fa senza esitare perché, “in fondo, aveva appena trovato la sua Anima Gemella”.



Stile e trama:
Lo stile di questa drabble è pulito e immediato, con periodi perlopiù omogenei e costituiti da coordinate per asindeto che danno alla lettura un ritmo lento e costante.

Grazie a questo, l’unica battuta di discorso diretto è messa ancora più in risalto, e la sua importanza è chiara fin da subito sia al lettore che ad Aizawa.

Mi piace come inizialmente sia tutto un po’ confuso, rispecchiando la visuale annebbiata che deve avere Aizawa per via del colpo alla testa, per poi schiarirsi pian piano.

E la prima cosa che vediamo è – di nuovo – l’azzurro, quello stesso azzurro che è sempre stato così importante per Aizawa e che abbiamo conosciuto nella scorsa storia. Un azzurro che adesso, finalmente, ha anche un volto.

Viene così svelato il primo incontro di Aizawa e All Might, e dal momento che non siamo a conoscenza di cosa è realmente successo nel canon non c’è neppure il pericolo di incorrere in contraddizioni.
Tanto più che, anche esulando dal contesto della raccolta e del soulmate!AU, lo ritengo un evento decisamente plausibile: sono entrambi eroi e quindi è verosimile che entrambi siano accorsi sul luogo di un “incidente da villain”, e considerata la propensione di All Might di caricarsi il peso del mondo sulle spalle – letteralmente e metaforicamente – non è affatto strano che si sia precipitato in suo aiuto e che, una volta soccorso, l’abbia tranquillizzato con quel sorriso che è un po’ il suo marchio di fabbrica.

L’intera drabble racconta una scena che dura solo una manciata di secondi, ma sono attimi a dir poco cruciali, e trovo molto adeguato – oltre che di forte impatto – l’averli dilatati per tutta la storia così da poterli analizzare al meglio e attribuire loro l’importanza che meritano.

Dopotutto non capita mica tutti i giorni di incontrare l’Anima Gemella, no?



Gradimento personale:
Sicuramente la cosa che più ho apprezzato in questa storia è la scena iniziale dell’incontro, quando Aizawa mette a fuoco la vista e si trova di fronte l’azzurro… per poi scoprire che si tratta non del cielo, ma degli occhi di quel soulmate che non sapeva se avrebbe mai conosciuto.



A presto!
rhys89

Recensione alla storia Brave enough to... - 15/09/19, ore 15:02
Capitolo 1: Fight
[Valutazione del contest "Un fiume di soulmate!AU"]

Titolo:

Questo titolo ben si adatta alla storia perché riprende non solo il suo finale, ma in generale tutto il combattimento interiore che c’è stato in Aizawa prima di arrivare a compiere la sua scelta, quella che gli avrebbe condizionato tutta la vita.



Caratterizzazione dei personaggi:
L’Aizawa di questa storia è soltanto un adolescente, eppure in lui ritroviamo molte delle caratteristiche dell’uomo che abbiamo conosciuto nel canon.

Innanzitutto, c’è quel suo “umore già naturalmente predisposto all’insofferenza” che tanto lo contraddistingue, e che trovo verosimile sia stato presente in lui fin da ragazzo.

Poi, abbiamo il suo carattere ombroso e cupo… e qui invece non sarebbe stato plausibile giustificarlo semplicemente con un “è sempre stato così”. Per questo, ho molto apprezzato che la storia si incentri poco dopo la morte di suo padre, un lutto che ha ovviamente stravolto la sua vita e il suo modo di viverla.

Un ragazzo che ha appena perso il padre è naturale, per quanto triste, che si chiuda un po’ in se stesso, “mangiando poco e dormendo ancora meno” (sarebbe fuori luogo fare una battuta sul sonno arretrato che lo porta ad addormentarsi ovunque da adulto, vero?) e i lunghi periodi che Shota passava alla finestra con la sola compagnia del cielo sono a questo proposito assolutamente verosimili.

Come pure verosimile è quella sua indecisione sul “cosa fare da grande”: il padre era un poliziotto – un ottimo poliziotto, a quanto possiamo capire – da cui ha imparato il senso dell’onore e della giustizia che Aizawa porta con sé… ma dall’altra parte c’è LA rabbia.

Quella peggiore, che è rivolta non tanto verso una persona – dopotutto i criminali sono stati arrestati e puniti – quanto in generale verso tutto il mondo. Verso quel destino crudele che, dopo avergli sottratto sua madre, gli ha portato via anche il padre.

E, con queste premesse, non è affatto strano quel suo “stare in bilico” sulla linea sottile che divide la giustizia dalla vendetta – vendetta contro i malviventi, contro il mondo, contro tutti e nessuno al tempo stesso.

Ma, a questo punto, entra in scena il secondo grande protagonista di questa storia: il cielo.

È stato lui, con il suo azzurro, a ridare la pace all’animo tormentato di Aizawa, come se vegliasse costantemente su di lui.

Trovo sensato che Aizawa, riflettendo sul suo soulmate, arrivi alla conclusione che si tratti di una persona straniera proprio perché in Giappone quel colore degli occhi è estremamente raro; inoltre, mi piace anche questo suo esserne in qualche modo esaltato: il fatto che la persona a lui destinata venga addirittura da un altro paese ai suoi occhi la rende forse ancora più speciale.

E, di conseguenza, ancora più speciale è quell’azzurro che è l’unico indizio sulla sua identità, e grazie al quale Aizawa riesce a trovare il coraggio di fare la sua scelta… il coraggio di combattere.



Stile e trama:
Lo stile di questa flash è fluido e ben costruito, con un’alternanza di periodi brevi e complessi che consentono di mantenere un ritmo costante nella lettura senza però scadere nella monotonia.

La storia è molto introspettiva, e analizza i pensieri e le emozioni di Aizawa in uno dei periodi più cupi della sua vita. Tuttavia l’intermezzo di parti “raccontate”, in cui si spiegano i semplici fatti, a quest’accurata analisi delle sue riflessioni fa sì che la lettura non risulti mai pesante.


Mi è piaciuto come hai introdotto l’elemento del soulmate!AU in modo indiretto, come una naturale conseguenza dell’abitudine di Aizawa di fissare il cielo dalla sua finestra… anche se, di fatto, è vero l’esatto contrario ed è proprio per via di quell’azzurro che lui ama ritagliarsi questi momenti, da solo con il cielo.

Come pure mi è piaciuta l’analogia tra il bianco e nero della vista – con l’unica eccezione dell’azzurro, nel suo caso – a quello metaforico della vita: bianco e nero, bene e male… hero o villain.


Del passato di Aizawa si sa veramente pochissimo (o almeno io che seguo solo l’anime ne so pochissimo, non so se nel manga viene rivelato qualcosa di più), ma questa tua interpretazione potrebbe essere tranquillamente plausibile perché coerente con tutto quel poco che conosciamo di lui.

Inoltre, il fatto che suo padre fosse un poliziotto morto sul lavoro per fare la cosa giusta, ha dato il “la” per sviluppare un conflitto interiore di Shota davvero interessante: perseguire la strada della giustizia per rendergli onore, o intraprendere tutt’altro cammino perché “lui era buono ed è stato ucciso e quindi la giustizia fa schifo”?


Devo dire che inizialmente non avevo capito che Aizawa avesse perso anche sua madre, l’ho capito solo dopo aver letto le tue note. Ad una seconda lettura ho fatto effettivamente caso al punto in cui parli dei parenti che lo avevano accolto, ma l’informazione resta un po’ nebulosa e facilmente fraintendibile, secondo me.

C’è però da aggiungere che, pur non capendo questa cosa, ho potuto apprezzare senza problemi la storia già all’inizio, perché se anche la madre fosse stata ancora viva questo non avrebbe affatto sminuito il dolore per la perdita del padre, e il comportamento di Aizawa sarebbe stato comunque coerente.


Un particolare che ho molto apprezzato per il realismo che apporta alla storia è la considerazione che fa Aizawa quando parla della sua famiglia, dicendo che i suoi genitori avevano potuto vedere soltanto in bianco e nero finché non si sono incontrati perché – come la stragrande maggioranza della popolazione giapponese – hanno gli occhi grigi/neri.

Oltre ad essere realistico questo particolare è interessante anche dal punto di vista narrativo, perché da questa considerazione Aizawa si ritiene ancor più fortunato: non solo è destinato ad una persona con degli occhi così belli, ma prima ancora di incontrarla può godere dello spettacolo del cielo e del mare in tutta la sua magnificenza.


La conclusione ci riporta quello che in realtà è il vero inizio di Aizawa, e di quel suo percorso di maturazione e sviluppo che lo porta a diventare lo splendido personaggio che conosciamo.

Lo lasciamo quindi ai cancelli della Yuuei, con l’azzurro che ammicca dal riflesso sulle finestre e sembra volerlo rassicurare una volta di più di aver fatto la scelta giusta.



Gradimento personale:
È stato molto interessante leggere di questo inedito Aizawa adolescente, e in particolare mi piace come hai saputo descrivere il suo dilemma interiore, il suo “essere in bilico” tra due scelte che lo porterebbero a due vite completamente diverse.



A presto!
rhys89

Recensione alla storia I miei primi giorni - 08/09/19, ore 14:20
Capitolo 3: Il primo giorno di condivisione
[Valutazione del contest "Un fiume di soulmate!AU"]

Titolo:

Questo titolo è molto accattivante per il messaggio sottinteso che si legge tra le righe: si capisce che è il primo di presumibilmente molti giorni di condivisione, e questo incuriosisce il lettore e lo spinge a volerne sapere di più su cosa e, soprattutto, con chi avviene questa condivisione.



Caratterizzazione dei personaggi:
Nella prima scena, troviamo Todoroki alle prese con un dilemma così normale che, paradossalmente, sulle prime appare quasi un po’ strano dato che siamo abituati a vederlo confrontarsi con tematiche più impegnative – che siano battaglie fisiche contro nemici o mentali contro il volere di suo padre.

Nonostante questo, ho trovato molto naturale il suo atteggiamento nei confronti di questa nuova situazione: quando Momo gli dice di non volere cioccolatini per il White Day, lui di primo acchito si sente sollevato; è giusto che sia così, secondo me, perché dopotutto la sua ragazza gli ha appena risparmiato una “seccatura” non indifferente senza farglielo minimamente pesare.

Mi piace però che, dopo un primo momento in cui accarezza l’idea di fare come richiesto e lasciar correre, Todoroki ci ripensi. Il fatto che si sia ritrovato quasi a invidiare quei ragazzi che compravano della cioccolata mette in risalto quella parte più sensibile di Todoroki che di rado ci è dato modo di vedere: non avendo mai avuto una relazione – né in generale qualcuno a cui regalare qualcosa – non è affatto strano che nutra il desiderio di compiere questo gesto di affetto che tanto a lungo gli è stato precluso.

Fa tenerezza vedere come cerchi di giustificarsi con se stesso dicendosi che “può essere il regalo per un’altra festa”, solo per poter comprare un regalo alla sua ragazza!


Mentre sta per andare alla cassa a pagare il suo acquisto, poi, sente la voce di Momo. Anche nel suo caso ho trovato un atteggiamento realistico e adatto al personaggio: scopriamo infatti che ha detto a Shoto di non farle il regalo per il White Day soprattutto perché non voleva in nessun modo “obbligarlo” a fare qualcosa per lei, perché invece per quanto la riguarda lei un regalino vuole farglielo lo stesso. Alla faccia del fatto che San Valentino è già passato!

E anche Todoroki a quel punto lo capisce, e sia pur con modi un po’ bruschi – vabbè poverino, ci deve ancora lavorare – si premura di inserirsi nella conversazione per toglierla d’impiccio.

Non ho capito se aveva deciso fin da subito di prendere due sacchetti di cioccolatini – uno per sé e uno per Momo – oppure se l’illuminazione gli è arrivata dopo averla vista lì, ad ogni modo è stata un’idea davvero carina: un gesto in apparenza molto semplice, che però rivela quanto ci tenga a lei e a non farla mai sentire a disagio, e infatti non mi stupisce che Momo ne sia rimasta tanto colpita!

Soprattutto perché probabilmente, dato che l’aveva dispensato da quell’incarico, era certa di non ricevere nessun regalo per il White Day… e invece Todoroki l’ha sorpresa di nuovo.


E alla fine, scopriamo che pur di stare un altro po’ insieme a mangiare i loro cioccolatini sono arrivati in ritardo a lezione, costretti ad entrare alla seconda ora. Potrebbe sembrare una cosa da nulla, ma per due degli studenti migliori del corso – e soprattutto estremamente ligi al dovere – è un fattore che sottolinea ancora di più quanto quel loro rapporto ancora agli inizi sia già molto importante per entrambi.



Stile e trama:
Prima di cominciare, ti segnalo alcuni errori riscontrati nella storia:
[…] finalmente d'accordo con sè stesso […] --> L’accento è sbagliato, quello giusto è “sé”.
"Gli abbiamo finiti, mi spiace." --> “Gli” è un articolo, in questo caso è necessario l’utilizzo della particella pronominale plurale “li”.

Inoltre volevo farti un piccolo appunto tecnico sui dialoghi:
"Beh," si disse, "Potrei sempre portarmi avanti. […] --> dal momento che la seconda parte di dialogo comincia per maiuscola, la frase indiretta che lo precede deve concludersi con un punto fermo. Altrimenti, lasciando la frase a concludersi con la virgola, la seconda parte del discorso diretto deve cominciare con una minuscola.


In questa storia è stato dato grande spazio alla trama, che viene presentata con cura sia nelle azioni che nelle descrizioni di ciò che il protagonista vede e visita.

Lo stile, di conseguenza, viene movimentato già dallo spostamento “fisico” di Todoroki, ed è per questo che la presenza di periodi anche più lunghi non rallenta la lettura ma, al contrario, concede una piacevole pausa prima di riprendere il cammino.

Anche qui abbiamo una gran prevalenza di coordinate, soprattutto per asindeto, ma in questo caso non ho avuto alcuna sensazione di frammentazione – se non giusto in un paio di punti, ma così lieve che può facilmente essere ignorata – e la lettura procede spedita dall’inizio alla fine.


La trama in sé è molto semplice, e calza alla perfezione con la storia di due adolescenti: il White Day – così come San Valentino – sono feste che a quell’età vengono ritenute molto importanti, quindi mi è piaciuta la scelta di concentrarsi su questo argomento.

Soprattutto perché apprezzo sempre moltissimo l’introduzione nelle storie di peculiarità tipiche del luogo in cui esse sono ambientate: esattamente come è stato per l’importanza data al nome proprio, – della scorsa storia – qui troviamo una tradizione che è prettamente giapponese.

L’idea degli cioccolatini menta e peperoncino l’ho trovata davvero originale, – e oltretutto plausibile – con quel “brivido del calore” che ovviamente richiama subito il doppio potere di Todoroki e che strappa un sorriso divertito.

Piccolo appunto quasi estraneo al contesto: prima di leggere questa flash non avevo idea che ci fossero delle regole anche per la tipologia di cioccolato da regalare, sapevo soltanto che a San Valentino le ragazze regalano il cioccolato ai ragazzi e i ragazzi ricambiano un mese dopo nel White Day.
E niente, tutto qui. Solo che mi fa sempre piacere notare da questi piccoli particolari la cura che è stata usata per scrivere una storia, quindi ci tenevo a dirtelo.

Tornando a Todoroki, mi fa ridere un sacco immaginarlo intento ad avvicinarsi silenziosamente, sgattaiolando tra gli scaffali, solo per poter spiare Momo e capire cosa stia facendo!

Così come mi diverte pensare alla sua espressione sconcertata quando crede che Momo stia per piangere dopo aver ricevuto il suo regalo: il poverino è traumatizzato perché non ha la minima idea di come consolarla… ma per fortuna Momo era solo commossa e tanto, tanto felice.


Il finale è fluffoso senza essere stucchevole e perfettamente inserito nel contesto. Mi è piaciuto in particolare il riferimento alla ramanzina di Aizawa – che probabilmente sarebbe stato più appropriato definire “minaccia di morte prematura in caso si fosse ripetuta una cosa del genere”, ma dettagli – e alle battutine dei compagni di classe: sono particolari che a mio parere aggiungono una notevole nota di realismo ad una storia già di per sé molto ben costruita.

E, soprattutto, è dolcissima la frase finale, in cui Todoroki ammette – almeno con se stesso – che quell’unica ora passata soli soletti con Momo, semplicemente a mangiare cioccolatini, vale ogni singola seccatura che sarà costretto a sopportare.



Gradimento personale:
Mi spiace essere ripetitiva, ma anche in questo caso è il finale la parte che mi è piaciuta di più. Anche se in effetti non so se preferisco la scena che si legge tra le righe, di Todoroki e Momo che condividono gli cioccolatini e il loro “brivido del calore”, o quella dei compagni di classe che prendono amichevolmente in giro Todoroki per colpa di quel ritardo fuori programma.



A presto!
rhys89