Recensioni di Nirvana_04

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Recensione alla storia Non possiamo scegliere chi amare - 19/10/21, ore 12:25
Capitolo 5: Partita in quattro mosse (JonxSansa)
Posso dire che non me l'aspettavo? Posso dire che odio facebook in questi giorni? Posso dire che non mi ricordo più come si recensisce, e non te lo meriti questo? Posso dire che...
BELLA E BELLI LORO <3

Amore a prima vista per il titolo. Mi piace perché richiama il gioco di strategia, mi piace perché il rimando alle "quattro mosse" richiama il "matto del barbiere" degli scacchi, lo scaccomatto in quattro mosse, e in quattro mosse il destino ha fatto scaccomatto a entrambi i personaggi, i quali si "trovano" solo per attendersi a distanza. E questa morte, in più sensi, di loro, del loro amore, delle loro avversioni, del fato avverso, della fine ironica, mi ha fatto percepire questa storia come se fosse una spirale che li travolgesse, che li facesse muovere non soltanto come giocatori ma ancora di più come pedine. E questo effetto mi è piaciuto tantissimo.

Un'altra cosa che ho amato tantissimo è che non si parla mai apertamente di amore in senso romantico... si parla di casa, di sentirsi bene, di sentirsi di nuovo a casa. Si parla di persone che si pensano, che nei momenti cruciali ricordano i momenti assieme, che in qualche modo sono presenti anche quando non ci sono e che segnano e ammorbano come spettri le azioni e le vicende del presente di ognuno di loro. E può essere amore fraterno, o qualcosa di cui neanche loro conoscono veramente il nome, sanno solo che diventano ognuno l'emblema della resistenza e il punto di forza dell'altro. E questo effetto mi ha fatto impazzire (tu sai anche perché).
La parte che in tal senso ha maggiore fascino è sicuramente quella con Ygritte sotto le coperte di pelli. E' un momento di strategia ma anche erotico, sensuale, e il fatto che alla mente a lui richiama qualcosa di puro e semplice come la sorella e una scacchiera... boh, a me ha fatto pensare un certo conflitto di tutt'altro personaggio... e te lo dico in senso buono, te lo dico perché sono le dinamiche instaurate da te tra questi due che mi hanno fatto battere il cuore e il modo in cui restano comunque e sempre soltanto loro, sono Sansa e Jon.
Sansa con i suoi sogni di principessa, Jon che come sempre non capisce niente e confonde l'amore, il desiderio e quel profumo che sa di casa, sa di ritrovare se stessi un po' bambini, un po' più innocenti.
Jon che sente nostalgia delle sorelle, di entrambe le sorelle. Anzi, non solo Arya, anche Sansa - l'accento è posto sull'ultima. Sansa che racimola calore nella stanza di un uomo subdolo, macchiavellico, avido, ma è l'unico calore che le rimane, e in qualche modo la forgia come un'arma in una fucina. Mi piace proprio questa sovrapposizione di idee qui, da un lato Sansa che impara, dall'altro quell'eterno desiderio di casa, quella sovrapposizione sempre di Grande Inverno e Nido dell'Aquila, si Baelish e di Jon, questa confusione tra fratelli e sorelle, che non sono mai la stessa cosa, perché per tornate un attimino al discorso di ieri notte, o stamattina indicibilmente presto, nei rapporti contano le intenzioni, e se Jon e Arya sono davvero cresciuti come fratelli, sviluppando questo amore fraterno, lo stesso non si può dire tra Jon e Sansa, i quali hanno condiviso l'infanzia ma non il viaggio di crescita e di rapporto. E quando le pedine iniziano a cadere, cadono anche i confini, ed è facile mischiare i sentimenti, cadere in una zona di nebbie.

E per finire mi piace da morire il finale, quella frase dove è il rapporto d'infanzia a essere sottolineato "È la tattica di Sansa che fa cadere la moneta dal lato giusto. A Jon sembra ancora di vederla sbuffare mentre siede al tavolo, lui che si sente grande a spiegarle le mosse." e c'è il cambiamento, la svolta che rimescola che carte in gioco "Ha imparato, di certo non da lui." per poi essere tutto capovolto nella frase seguente, dove li ritroviamo adulti, li troviamo cambiati, li troviamo preda di nuove sensazioni "A salvarli è stato Jon, solo un soldato che affronta un’orda con spada e la disperazione dei lupi, trascinando uomini a dare la vita."

I nomignoli finali - mia regina, Jon - danno la misura di qualcosa che li ha travolti, di qualcosa che cova sotto le ceneri, che si cristallizza e rimane lì, sospeso, nascosto, in attesa.
Parla di legami sottili, profondi, indissolubili, e io mi sono innamorata ancora una volta di loro grazie a te, alle tue parole, a queste quattro mosse perfettamente architettate dalla tua penna.
Ho amato i dialoghi, ho amato i sottintesi e le caratterizzazioni. Da Sansa che ammira di nascosto, osserva, critica ma riconosce anche i meriti a Jon. E Jon, il soldato, l'eterno secondo, il Bastardo, un orgoglio che cova, un risentimento che soffoca. Mi è piaciuta Sansa che concede quasi altezzosa, Jon che le chiede aiuto quasi esitante, sembra proprio irrompere in maniera del tutto straordinaria nella quotidianità di Sansa bambina. Per poi passare ai dialoghi a distanza, a quando entrambi si pensano ma nessuno dei due osa pronunciare o specificare il nome dell'altro/a. E il finale, dove sento la determinazione di lei di far sentire la propria voce, sento il peso che incombe sulle spalle di Jon dal modo in cui lotta con i denti, lotta con quel poco che ha nonostante i pronostici. Mi piace tutto, accidenti.
Grazie mille, non te l'ho detto in tempo e non te l'ho detto abbastanza, ma è stato un bellissimo e incommensurabile regalo. Grazie, sis.
A presto! <3
(Recensione modificata il 19/10/2021 - 12:31 pm)
Recensione alla storia Morte sicura - 06/05/21, ore 11:46
Capitolo 1: Morte sicura
Recensione Premio per il contest “Ignotus – Indovina chi (Edizione Deluxe)”

Eccomi, finalmente.
Adoro Jaime Lannister, mi possono dire quello che vogliono ma è il mio personaggio preferito della serie… e sì, anche dei libri. È l’unico della top tre che mi ha convinto anche durante la lettura, per il momento (sto ferma al terzo).
Su Jaime potrei parlare per delle ore e non arrivare mai al punto, quindi mi limiterò a dire che di lui mi intriga e leggerei la qualunque, dal rapporto con il fratello, dall’amore per la sorella, dall’amore “mancato” per Brienne (se solo l’avesse conosciuta prima, se solo…) dall’affetto inconfessato (forse neanche a se stesso) per i figli, e sopra tutti la figlia.
Ho visto la serie solo una volta, e adesso potrei sbagliarmi e confondermi con quelle battute lette nei libri, ma Jaime non ha mai avuto interesse per i figli, non ha mai ricoperto le vesti di padre… eppure è sempre stato l’ombra anche loro, non solo di Cersei, che lui se ne sia reso conto o meno. E sarà pur partito più per il desiderio di esaudire il bisogno della sorella, sarà partito più per orgoglio o per dovere, ma… Myrcella gli ha aperto gli occhi, e con lei tra le braccia è stato veramente padre, consapevole.
Ecco perché il fatto che tu ti sia soffermata tanto sugli occhi in questa fic l’ho trovato decisivo. Gli occhi verdi di entrambi: anche Cersei ha gli occhi verdi, eppure qui sembra proprio che la figlia li abbia presi da lui, da Jaime, dal padre. Sono occhi che trovano conforto gli uni negli altri, che si riconoscono, che si capiscono.
E mi piace che riprendi l’immagine degli occhi quasi in simmetria tra la prima strofa e l’ultima, dove lo sguardo di lei sembra scivolare nello sguardo di lui, quasi a chiudere questo cerchio. È una storia scritta con uno stile che sembra avvolgersi su se stesso, che si intreccia, anche grazie all’anafora che si “allunga anche nel finale”, e questo effetto mi è piaciuto tanto. Se devo muoverti una critica, in tal senso, forse due anafore in un componimento così breve hanno reso il testo molto ritmato, e forse è voluto quest’idea quasi in strofe della storia, visto che posso quasi dire che le quattro strofe vanno a coppia.
Questo è uno di quei casi in cui l’utilizzo della seconda persona è molto “rigido” passami il termine. Per capirci, è uno di quei casi in cui la voce narrante non sembra interpretare il ruolo della coscienza che parla al personaggio, ma quasi un voce “suadente” che parla al lettore e che lo spinge a sentirsi il personaggio. È uno stile composto, semplice, che gioca poco sulle tonalità. Le parole del narratore sono quasi una sentenza, però ben sussurrata, accompagna gentilmente il lettore, quindi il risultato è piacevole.
Come avrai capito, questa è una delle scene che più ho amato, perché Myrcella si dimostra consapevole e in possesso della verità. Una verità che lei conosce ma che in qualche modo non vive appieno. Non finché suo zio – suo padre – non la tiene tra le braccia. In quel momento, la verità diventa non una mera notizia ma viene provata, vissuta sulla pelle. Diventa la sua realtà. Ed è meschino che in quel momento lei stia morendo.
Myrcella che ha vissuto lontano dalla famiglia, e lontano da essa è dovuta crescere, maturare. Lei che stava per ritornare da sua madre e suo fratello, si ritrova sola con suo padre. E scopre che questo le basta, che va bene così. Myrcella riflette l’amore e la calma, e in qualche modo cura il cuore di Jaime, forse da ferite e da debolezze di cui neanche lui era consapevole. Una di queste è sicuramente la rabbia. Sì, perché hai ragione, Jaime è quello impulsivo, quello orgoglioso, quello focoso, e Myrcella in quell’istante, in quello scivolare di sguardi sembra un po’ guarirlo, renderlo più “umano”, scoprirlo di parte di questa corazza.
Mi è piaciuto quindi questo conflitto di eventi e sentimenti: da un lato la morte, dall’altro l’amore, e in entrambi i casi una dolorosa e bellissima consapevolezza. Ho trovato la scena semplice e chiara e i dettagli riguardanti i personaggi IC. Il titolo è altrettanto in linea con il tono del testo, secco e diretto. Mi sarebbe piaciuto qualcosa di più emotivo – appunto, adoro l’uso della seconda persona in maniera diversa – ma nel complesso è stata una piacevole lettura.
A presto!
Recensione alla storia La ama(va) - 25/05/20, ore 11:45
Capitolo 1: La ama(va)
Terzo Posto
La ama(va)
Premio “Viceversa” per il migliore bilanciamento della coppia e il miglior connubio tra azioni e reazioni dei personaggi
di GiuniaPalma





Grammatica: 5/5

Non ho trovato errori grammaticali né sintattici. Complimenti.


Stile: 19/20

Lo stile è semplice, ben strutturato e si basa soprattutto su un gioco di affinità e contrapposizioni. Lo fa a livello strutturale, lo fa anche a livello di immagini. Ciò che colpisce, però, è la sua schiettezza, il modo diretto e pulito con cui presenta fatti, personaggi e, soprattutto, emozioni.
Lo stile è caratterizzato da periodi lunghi, uso di paratattiche e parentetiche. Questo contribuisce a rendere il testo “pieno”, corposo (l’impressione è che vengono messe in campo più di 500 parole); non ci sono frasi morte o di passaggio, e soprattutto l’impressione è quella di un testo aperto, chiaro (non cupo, che si richiude in se stesso). L’uso di parentetiche, poi, ti aiuta a stemperare l’idea di un testo troppo leggero, ma equilibra il tono narrativo, dando densità e incisività alle immagini evocative di sensazioni. Nonostante, poi, il lavoro speculare tra i paragrafi di cui parlerò a breve, lodo la capacità di non rendere forma dei periodi e espressioni mai uguali tra loro, ma hai saputo dare al testo versatilità di contenuto e di sintagma.
Ci sono diversi livelli in cui poter suddividere questa flash, e questo gioco complesso, a incastro, ha arricchito la struttura stilistica. Innanzitutto possiamo considerare la flash suddivisa in quattro parti, quasi del tutto speculari tra di loro, scanditi in primo luogo dai seguenti “espedienti” spaziali: la lineetta (nella frase di apertura e in quella di chiusura), l’aggettivo e il verbo in corsivo. La seconda suddivisione riguarda i tre paragrafi e avviene a livello d’immagini (l’affinità di un oggetto sempre presente nella mano di Davos) e un climax discendente: gli insulti non repressi, la furia trattenuta a stento fino ad arrivare al silenzio. Inoltre c’è quel “lei” ripetuto a inizio delle seconde parentetiche, che è quasi un’ossessione, ma anche una sollecitazione, quasi odiasse lei a prescindere, forse per i sentimenti che prova e che ignora. Come a dire “sempre lei”.
Infine abbiamo la terza suddivisione, che riguarda il primo e secondo paragrafo, poi, e mette in atto un gioco anche a livello argomentativo oltre che di ruolo: il verbo “incolpare” una volta riferito a Melisandre una volta a Davos; l’essenza disumana e l’apparenza umana; il ruolo del re; il gioco di personaggi morti e lei viva.
L’espediente però che colpisce in questo gioco di “specchi” e rimandi è proprio il momento in cui questo gioco di spezza, nell’ultimo paragrafo, non solo perché l’ultimo verbo, che sembra prendere le sembianze di un velo che avvolge l’intera flash, è posto visivamente a destra ed è messo in chiusura, ma anche perché dopo l’apertura di tre paragrafi con “il tentativo di ucciderla”, Melisandre muore e la caccia è, quindi, finita.
In conclusione, l’effetto che si viene a creare è quello di una matrioska stilistica. Complimenti, dunque, per la cura e l’esecuzione strutturale dell’opera: denota un lavoro attento e uno stile pulito, che lavora con la struttura piuttosto che con un uso massiccio di figure retoriche. In tal senso, il testo non manca di bellezza e sostanza, ma dona al lettore una lettura semplice e immediata senza mai essere banale o priva di carattere.
Il tono narrativo non si pone come obiettivo quello di esaltare dei sentimenti, piuttosto è distaccato, critico, descrittivo e cadenzato – nel senso che segue sempre un “ritmo”, una cadenza speculare tra i paragrafi, quasi una metrica in prosa. Lo trovo adatto a un narratore esterno, che utilizza, certamente, il punto di vista del personaggio di Davos, ma lo fa con sguardo analitico e distaccato. In tal senso, condivido la scelta di rendere quasi nulli i dialoghi e di lasciar parlare eventi e personaggio.
L’unico “neo” nel tono è proprio la decisione di inserire “a forza” la seconda lineetta nell’ultimo paragrafo.

- Se ne va dolcemente nell’alba gelida – bellezza che invecchia in un istante, rosso che si scioglie in neve bianca.
La Donna Rossa è scomparsa e a lui manca qualcosa – uno scopo, una nemesi, un colore. → Proprio perché l’ultimo paragrafo rompe questo gioco di specchi, io avrei evitato di “spostare” la parentetica in mezzo (mi riferisco al secondo trattino lungo, non al primo), soprattutto perché ne risente il tono, il quale fino ad adesso si era mantenuto scandito dagli stessi ritmi. Si ha un senso di ripetitività nell’intonazione, che secondo me fa perdere di eleganza alla varietà con cui hai portato avanti la narrazione.

Per accompagnare un simile narratore è importante l’uso di un lessico vario, espressivo e soprattutto mirato, al fine di rendere ogni singola espressione potente e chiara. In questo sei stata bravissima. A partire dalla scelta di aggettivi e verbi in corsivo, passando dalla sfera semantica più “astratta” quando devi descrivere Melisandre (ho notato una tipologia di termini che girano intorno l’occulto e il divino, come folle, magia, miracoli, essenza), per arrivare a termini specifici che richiamano molto bene il mondo e alcuni passaggi fondamentali della trama, come “notte oscura e piena di terrori” o la dicotomia “donna del fuoco” e “uomini di ghiaccio”. Quest’ultimo è un vero tocco elegante perché pone sempre su più livelli, come una matrioska, il dualismo: donna e uomini, uno e tanti, fuoco e ghiaccio. Altri passaggi degni di nota sono l’antitesi nella parte finale – rosso e il bianco – e l’ossimoro – alba gelida – e ancora l’affinità tra i personaggi dati dai verbi “scomparire” e “mancare”.
La punteggiatura è minima, semplice, scandisce bene il tempo e rispetta i vari legami sintattici. L’unico suggerimento che voglio darti riguarda questa frase:

- Suo figlio è morto e lei è viva a mormorare veleno nelle orecchie del suo re. → Io aggiungerei una virgola dopo “morto” per rendere il rapporto consequenziale dei due eventi, e soprattutto per dare una pausa al lettore che legge. Potresti aggiungerla dopo “viva”, se preferisci, ma io continuerei a seguire il rapporto speculare con gli altri paragrafi.

I generi sono stati entrambi trattati con profondità e attenzione. Ma se da un lato abbiamo un “drammatico” che permea l’intera flash in maniera preponderante, dall’altra parte l’introspezione non è mai immersiva, ma anch’essa passa da una forma analitica da parte del narratore.


Sviluppo del tema: 15/15

La prima cosa su cui mi devo complimentare è l’equilibrio che hai saputo dare alla coppia all’interno del componimento. Entrambi sono egualmente protagonisti e, ancor meglio, le azioni dell’una influenzano le reazioni dell’altro. Un complimento a parte va fatto al modo in cui hai saputo dare tanto spazio alla trama, rendendola veicolo di emozioni. In questo caso specifico, gli eventi sembrano avere il compito di “nascondere” le emozioni reali, questo amore che Davos prova, dietro a sentimenti più forti quali l’odio e il disprezzo e il desiderio di vendetta e giustizia.
Il momento dell’addio coincide con il momento della rivelazione, o meglio della presa di consapevolezza di Davos. Dico così perché l’impressione che ho avuto è stata quella di un’ossessione che – Davos consapevole o meno – ha avvolto il personaggio POV dall’inizio alla fine. Un’ossessione che in qualche modo nasconde interesse e attrazione, che li lega in maniera forse un po’ ambigua, ma sicuramente indissolubile.
Detto questo, la rivelazione – l’amava – ha la capacità i lanciare in due modi differenti una luce retrospettiva sull’intera flash. Da un lato la forma al passato esalta il fatto che la consapevolezza sia giunta quando ormai è troppo tardi, lei non c’è più e Davos finalmente le riesce a dare un nome proprio a partire dalla mancanza, quasi come una scritta sommersa completamente i cui contorti si scoprono solo quando ciò che la inabissava si è prosciugato. L’odio copriva tutto, e adesso che non c’è più l’incisione della parola amore è ben visibile. Dall’altra parte, poi, la sua collocazione a destra rispetto l’intero testo ha la capacità, come credo di aver preannunciato prima, di avvolgere come un velo l’intera flash, dando l’impressione così che questo sentimento, appunto era sempre stato lì. Sembra dire: Davos l’ha sempre amata. Quindi l’amore non è solo qualcosa di totalizzante, ma è anche qualcosa di perso per sempre. Tutto questo non fa che aumentare lo struggimento alla base di questa separazione.
Il momento dell’addio riesce, nella sua staticità – Davos guarda e basta – a essere alienante quasi, ha la potenza di chi lascia andare, resta fermo e non fa nulla, né per attuare né per impedire ciò. Inoltre quel “sola” non indica solo, secondo me, il fatto che non sia Davos a farlo, ma anche la solitudine di questa camminata di Melisandre nell’alba e nella neve. Il momento è così lento e dolce che quando si perde sembra quasi non essere mai esistito. Sembra quasi dire “il mondo non si ricorderà di lei” ma c’è Davos che non dimenticherà mai quel vuoto lasciato dalla Donna Rossa.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 4.5/5

Il titolo è, nella sua semplicità, disarmante. Due parole, mille letture differenti. Credo che sia la sua composizione visiva a renderlo attraente agli occhi del lettore (sicuramente con me ha funzionato), il suo doppio significato (che nel testo si arricchisce di almeno altri due) ha la capacità di incuriosire e di mettere in chiaro fin da subito che all’interno la storia sia strutturata, curata; quasi a garanzia che la storia valga la pena di essere letta. Quello che voglio dire è che un titolo così pensato, che promette sfumature, non può che preannunciare una storia ben scritta.
Riguardo alla sua attinenza, il titolo va sicuramente al cuore del contest, mettendo in primo piano quello che è il sentimento portante dei temi. Lo spiattelli in faccia, non lasci dubbi. La doppia ambivalenza, poi, sembra dargli tridimensionalità: da un lato l’amore che persiste e che resta, si scopre e prende solidità solo dopo la morte – una morte che viene in qualche modo promessa da quel “(va)”; dall’altra, appunto, c’è il senso di perdita, di distanza, di qualcosa che non c’è più. Il tutto non fa che conferire al titolo un tono cupo, denso, allo stesso tempo struggente e pieno di un rimorso credo che non prende mai del tutto forma in Davos, ma che aleggia sul componimento.
L’introduzione, però, lascia il compito di attirare i lettori solamente al titolo. Essa, infatti, è troppo riassuntiva nella sua formulazione. Inoltre è talmente schietta da “spoilerare” in un modo che non ammette fraintendimenti o dubbi quello che è il punto cruciale della flash. Personalmente avrei giocato di più con “se” e “ma”, avrei dato al lettore un po’ di suspense emotiva e non avrei reso la trama, o comunque la struttura della flash, così evidente. Comunque trovo l’implicazione nascosta messa alla fine capace di dare un senso di aspettativa e trepidazione nel lettore. Avrei soltanto cercato di dare anche un minimo di atmosfera in più, un tono più corposo anche alla prima parte.
L’impaginazione è ordinata, pulita quanto allo stile. In questo connubio grafico/stilistico lodo assolutamente la coerenza e il modo in cui hai saputo far camminare di pari passo i diversi aspetti, estetici e strutturali. La scelta di mettere in corsivo aggettivi e verbi ha fatto risaltare l’introspezione e ha scandito il tempo e la spartizione, così come gli spazi che dividono i vari paragrafi scandiscono il ritmo della narrazione. Infine, credo di averlo detto in più modi possibili ma lo ribadisco ancora una volta, è stato vincente l’apporre quelle ultime due parole a destra, sembrano chiudere un cerchio iniziato proprio con il titolo. Inoltre è stata visivamente bella proprio questa contrapposizione tra la forma chiusa del titolo con le parentesi e la forma aperta, libera del finale della flash. Complimenti.


Caratterizzazione dei personaggi: 20/20

Partiamo dal fatto che, nonostante la coppia non sia canonica, i personaggi sono perfettamente IC. Ancor meglio, l’amore e i sentimenti legati a esso sono plausibili e fatti ben fluire all’interno del canon. Così, quelli che a prima vista sembrano sentimenti e reazioni dettati solo dall’avversione e dalla diffidenza, diventano sentimenti e reazioni mossi da un’attrazione letale e ripudiata allo stesso tempo.
Ti devo fare i complimenti per come hai saputo, nonostante il POV sia di Davos, caratterizzare i contrasti del personaggio di Melisandre. Questo perché hai saputo dare al personaggio maschile la giusta capacità di “sentire”, di “parlare” di sé e allo stesso tempo di Melisandre. Attraverso gli occhi di Davos, quindi, Melisandre è personaggio tridimensionale e reale. Hai saputo richiamare la sua doppia natura, che si mostra in due diversi momenti: il momento in cui era accanto a Stannis, in cui la sua fede è forte, il suo personaggio si mostra quasi disumano, spietato e senza scrupoli, una strega che incanta con la sua bellezza e manipola gli altri per i suoi scopi; il momento in cui è accanto a Jon, dove si mostra incerta, sconvolta ella stessa dei miracoli che ha compiuto, riconosce le sue debolezze e prende atto delle conseguenze dei suoi errori, si mostra quindi in quanto donna, e forse per questo ancora più da ammirare per la fede che ritrova e che non abbandona. Importante e sempre presente è l’elemento “religioso”, mistico, che è fondamentale per racchiudere la natura di questo personaggio: Melisandre è votata al suo dio, ed è pronta a tutto, anche alla morte per seguire la sua missione. Nella terza parte, questo concetto riesce a farsi molto profondo:

- lei, la sua magia, la sua folle missione, il disincanto verso la morte. → Melisandre è un personaggio devoto, che guarda alla morte come al volere del suo dio. Per tutta la vita ha sempre avuto chiaro il momento in cui sarebbe morta, ecco che la morte non ha segreti per lei. Il modo in cui poi Davos la mostra – la sua magia – le dona un senso d’indipendenza, di definizione che Melisandre non si concede – lei avrebbe detto che la magia è un dono di R’hllor e che non è veramente sua.

Il personaggio di Melisandre sa essere descritta in maniera IC, ma soprattutto sotto il filtro degli occhi di Davos. Complimenti.
Riguardo al lord delle Cipolle, hai fatto un lavoro encomiabile, seguendo tutti i passaggi dei suoi sentimenti. Ma prima passiamo dalla caratterizzazione della personalità. Hai mostrato il Davos invasato dall’odio e addolorato dalla perdita del figlio, il suo bisogno di aggrapparsi a un capro espiatorio per poter continuare a vivere, per espellere parte di quel dolore. Hai mostrato anche la sua fedeltà e la devozione che ha verso il suo re, ponendo l’accento su quell’aggettivo possessivo – che manca invece in riferimento a Jon – creando un legame più profondo e intimo con Stannis. Hai mostrato il suo senso di giustizia e anche il suo essere un uomo integro, dai valori sani a cui non volta mai le spalle, lo fa quando non prende l’iniziativa ma si appella al re Jon. Hai mostrato la sua diffidenza e i suoi sensi di colpa, ne hai fatto sentire la debolezza, il suo sentirsi sempre non abbastanza per un ruolo – in questo caso, il suo ruolo di proteggere il re. E hai mostrato la sua integrità, l’approccio rispettoso che ha verso gli altri, anche verso la Donna Rossa e il rispetto per la vita.
A tutto questo si unisce un’ottima introspezione emotiva. La rabbia e il disprezzo nella prima parte, che sono speculari alla delusione e all’odio nella seconda. Perché rabbia e disprezzo nascondono i sensi di colpa che prova per se stesso, mentre l’odio che prova verso di lei si riversa anche su di lui, proprio perché adesso sa di avere parte della colpa. Così come la delusione non è solo verso la Donna che pensava di aver capito, ma anche verso quello che perde lui arrivando a tale consapevolezza. La determinazione e il rispetto che in qualche modo si muovono in lui ai sensi opposti – determinazione nel voler finalmente attuare, a prescindere dagli altri sentimenti, quello che si era ripromesso da tempo; e rispetto per quella che comunque è una donna coerente con se stessa, come lui con i suoi valori. Rispetta la sua fede perché anche lui ha una fede a cui si aggrappa, che è la giustizia. Infine, il fatto che all’amore è associata la reazione di disgusto implica in un certo senso quanto lo stesso Davos sia contrario a simili sentimenti, quanto li trova ripugnanti e li allontana (in questo, la posizione dell’amore a destra aiuta anche a rendere visivamente quest’idea). Posso dire, che alla fine c’è anche un senso di rifiuto verso quello che è un sentimento forte, ma soprattutto un senso di bisogno che non vuole provare. Lo stesso contrasto reso con i termini nel terzo paragrafo lo ritroviamo nel quarto. Compliementi.


Gradimento personale: 4.5/5

Questa è stata una di quelle poche coppie che mi ha veramente sorpreso in questo contest. Sono il tipo di persona che apprezza molto il canon, ma poi mi sorprendo spesso e volentieri ad amare coppie a cui non avevo minimamente pensato, tanta è la mia ossessione di seguire il sentiero tracciato dall’autore originale. In quest’attrazione verso il “lato oscuro” galeotti sono stati gli autori che ho incontrato qui sul sito. Questa è la seconda coppia di GOT a cui non avevo pensato che mi conquista senza alcuna riserva (o davvero poche e tutte azzittite) – l’altra è stata la Sansa/Jon che un’autrice mi ha fatto amare alla follia, accidenti a lei.
Credo che quando un autore/autrice riesce a piegare la trama e i personaggi originali lanciando una nuova luce prospettica su di loro, quell’autore/autrice ha davvero un grandissimo talento. Ti faccio quindi i miei complimenti per la sensibilità e l’abilità con cui hai saputo manovrare i personaggi e i loro sentimenti, sfruttando – ed è questo il punto forte – gli eventi originali, senza mai storpiarli. Davvero bravissima, mi hai conquistato.
Passando alla storia vera e propria.
Ho trovato molto bello il fatto che un narratore dal punto di vista di Davos usasse la formula “notte oscura e piena di terrori” perché in qualche modo vuol dire che Davos si rende quasi conto, che in qualche modo diventa partecipe di quella visione che Melisandre aveva sempre profetizzato a tutti, dal suo punto di vista questa formula diventa più concreta, si lega a un fatto fisico, e non è più solo un rito nelle preghiere della sacerdotessa. Lui la vede attuarsi, è finalmente reale e presente. Bellissimo quest’effetto.
Inoltre non posso che mostrare il mio amore per Davos. Amavo già questo personaggio per la sua integrità e la sua onestà, sembra un personaggio secondario, la tipica spalla, e invece ha una caratterizzazione protagonista che riesce a fare quello che in una storia è indispensabile: bilancia le personalità dominanti. Lui è un padre, un contrabbandiere, un uomo del re, un brav’uomo. A questo si è aggiunto un nuovo tassello, più intimo e profondo: quello dell’amore/odio verso la Donna Rossa, che stimola in lui i più estremi e contrapposti sentimenti, di attrazione/repulsione. Ho davvero tantissimo apprezzato il modo in cui hai saputo donare al narratore parte del suo spirito autocritico, gettando sui suoi sentimenti anche un po’ di quella lotta interiore che non è certo protagonista, ma che avviene forse a livello inconscio in lui e che si esplica soltanto nel finale.
A questo punto, però, sembra quasi un controsenso che tu non abbia un punteggio pieno in questa voce. La verità è che mentre leggevo, mi è mancato un po’ di trasporto, quella forza espressiva che toccasse anche il cuore. A volte – lo so, sono un paradosso vivente – uno stile meno ordinato, più “sporco”, sa rendere un senso di coinvolgimento maggiore rispetto a uno più schematizzato e tanto curato. È difficile per me da spiegare, ma la sensazione è stata quella di un distacco emotivo, di un qualcosa che, nonostante la bravura con il quale è stato sviscerato, non mi ha fatto entrare completamente nella sua pelle. I sentimenti ci sono tutti, ma non li ho saputi vivere appieno addosso. Soltanto questo mi ha fermato dal godere appieno della lettura e del momento.

Punteggio: 68/70

Recensione alla storia The day we die - 25/05/20, ore 11:43
Capitolo 1: The day we die
Quarto Posto
The day we die
Premio “Oggi sono io” per la migliore caratterizzazione
e Premio “Dalla pelle al cuore” per il miglior effetto stilistico
di DamadiSangue





Grammatica: 3.4/5

La grammatica va bene, ma la coerenza modale e verbale va un attimino rivista. Ho trovato poi l’uso errato del trattino ( - ) al posto della lineetta ( – ) e ho dovuto assegnare una penalità generale di -0.5.
Di seguito gli errori trovati:

Sei mia sorella, vorrebbe dirle. → -0.25(Vorresti dirle… il resto della drabble è in seconda persona narrante)
"Jaime." ti chiama → -0.5 (Anche qui ho assegnato una penalità generica, perché commetti lo stesso errore in tutti i dialoghi. Il punto non va messo all’interno se c’è un verbo dicendi a seguire.)
ti invoca- → -0.1 (manca lo spazio)
e mai come in quel momento assomiglia a una leonessa ferita, disperata. → -0.25 (Io credo che questo particolare costrutto voglia, per forza maggiore, il verbo al passato. Quindi: è/era assomigliata)


Stile: 18.5/20

Lo stile è un tatuaggio che s’imprime a fuoco sulla pelle di chi legge. Se ne sente tutta la potenza, se ne assaggia tutta la bravura di chi scrive, ma questa volta è venuto a mancare un po’ di sano labor limae.
Partiamo dalla punteggiatura e dal tono del narratore. È una punteggiatura piena di contrasti, gli unici segni usati sono la virgola – che ha un tono morbido, dolce – e il punto e la lineetta – che hanno un tono duro, spigoloso. Questa semplicità di pause ha reso il tono della narrazione pieno di contrasti bellissimi, un sali e scendi di emozioni più fragili e sensazioni più potenti, inevitabili, brucianti. Credo, però, che proprio l’uso massiccio della lineetta non abbia saputo accompagnare al meglio questa dualità, diventando troppo predominante.
La lineetta ha diversi scopi, e la usi per creare diversi effetti.
Ci sono momenti in cui la lineetta è stata usata in maniera ineccepibile, con una potenza senza eguali. Sono quei momenti in cui la seconda parte “ridicolizza” e annulla quello che dice la prima. Ad esempio:

- Non possiamo, il verdetto - la menzogna. → La parola “menzogna” smentisce la forza della parola “verdetto”. La smaschera, la priva di valore pratico.

O ancora:

- l'accende di un desiderio immorale - viscerale. → “Viscerale” sembra dire “me ne frego dell’immoralità”. Cosa vuoi che ne sappia chi giudica qualcosa immorale quando il desiderio è così profondo, un tutt’uno con il corpo?

Ci sono frasi in cui la sua funzione è quella di accentuare, di accrescere l’incisività rispetto alla prima parte, come nella frase “"Jaime." ti chiama - ti invoca-[…]”. Altre in cui invece ti serve per aprire una finestra al narratore e far risaltare il suo commento, la sua voce che spoglia il personaggio, come nella frase “Bruciano le tue illusioni, le tue patetiche scuse - debole, mai cresciuto leone senza denti."
Ci sono frasi, però, in cui il suo utilizzo è stato smoderato, creando nell’insieme un effetto troppo spezzettato. Quando si usa un effetto per troppo tempo, si rischia di rendere il tutto più “piatto”, rendere il tono più continuato, mentre credo che questa storia sia piena di spigoli ma anche piena di curve, e che sia proprio il gioco asimmetrico tra queste due intonazioni la carta vincente su cui puntare in maniera più accurata. Anche perché queste diverse “tonalità” andrebbero ad accompagnare le diverse tonalità emotive dei personaggi: il loro ardore ma anche le loro debolezze. Asprezza e dolcezza insieme.
Esempi di frasi a cui mi riferiscono sono:

- Tra vostre dita - sotto la lingua - un sentimento che ruggisce e vive. → Avrei messo, al posto della lineetta, le semplici virgole, per ammorbidire un attimino il tono, renderlo più morbido. Qui poi non ho ben compreso la mancanza dell’articolo determinativo, senza la frase risulta avere un costrutto completamente slegato dal tono e dallo stile del resto della raccolta.

- Brucia Cersei tra le tue braccia - lungo le spigolosità di un corpo indurito dalla guerra, dall'assenza. → Qui avrei evitato il prolungamento di quell’effetto di cui parlavo sopra, perché nonostante abbia capito che tu voglia mettere in contrasto l’umanità delle braccia con l’idea di un corpo quasi privo di vita, vista la lunghezza del periodo avrei evitato di spezzarlo, lo avrei lasciato scorrere, gli avrei lasciato addolcire un momento lo stile.

- Jaime avanza di un passo, due - l'accoglie proprio mentre cade, diventando polvere e pianto. → Anche qui, come sopra, una scorrevolezza maggiore nel tono avrebbe accompagnato la dolcezza del momento.

L’uso di un narratore diverso all’inizio mi ha spiazzato, ma l’effetto che viene creato è di una centralità “spostata”, come qualcosa di asimmetrico, che entra in contrasto con l’estetica speculare del testo (ma dell’impaginazione parlerò in altra sede). Ho trovato che il cambio di narratore abbia reso un particolare effetto vicino/lontano; allo stesso modo, ha creato un prima e un dopo. Da una parte abbiamo un momento passionale, dove sono i sentimenti, ma anche la “superficialità” dei personaggi a prendere il sopravvento, sono loro contro il mondo. La seconda persona ti aiuta a far indossare al lettore la pelle di Jaime, a mostrargli con che forza brucia questo amore incestuoso, a rendere il lettore meno “moralista” nei suoi confronti, in un certo senso; ma è anche la drabble più emotiva, più sensoriale, più slegata dalla trama (si potrebbe contestualizzare in diversi punti della serie) più introspettiva. Le altre due, con il narratore esterno e POV del personaggio, accompagnano i due momenti che seguono i due differenti addii, ne manifestano nella forma la separazione, ma credo che oltre al distacco accompagnino anche la maturazione e la presa di consapevolezza dei personaggi, il loro svelarsi per quello che sono; non sono più due anime chiuse nello stesso corpo, ma due corpi diversi e indipendenti che riescono paradossalmente a diventare uno.
In tutto questo, il tempo presente della narrazione fa sì che l’introspezione e le emozioni vengano amplificate, risultino più dirette e immediate.
Per riuscire a elogiare al meglio il lessico dovrei citare ogni singola frase e analizzarla pezzo per pezzo, poiché non ce n’è una che sia più debole o meno importante, ogni sillaba è chiamata al compito di evocare, di scavare nella mente di chi legge sensazioni poliedriche, profonde, complesse, ricche di contrasti. Ogni parola è atta ad affermare quanto sia impossibile resistere a certi istinti viscerali, necessari quanto l’aria. Esprime la forza dei personaggi, mostrando in quale modo la loro debolezza e il loro bisogno si mischiano e convivono con sensazioni opposte: l’immoralità, la lotta, l’amore, la mancanza, la possessione. La forza del lessico si poggia su alcune sfere semantiche, legate tra di loro: il fuoco e la polvere innanzitutto, ma anche il corpo e la simbologia del leone. Come ti avevo già detto una volta, il fuoco non è solo del drago, ma anche proprio del leone. La ferocia è fuoco.
Inoltre ho notato un climax discendente, come un gioco di due forze in contrasto: nella prima drabble è il fuoco che vince a mani basse; nella seconda fuoco e polvere convivono, il fuoco anzi sembra allearsi in una doppia analogia con la polvere e si “chiude” negli occhi di Cersei, diventa distruttore e separatore (mentre nella prima drabble è il fuoco che brucia di passione i due amanti e li fonde insieme); nella terza drabble il fuoco sembra non esserci più, è la polvere che ha il dominio, li seppellisce ma non può in alcun modo dividerli, anzi li cristallizza insieme, il compito del fuoco è stato ormai ultimato, tanto che persino Cersei diventa polvere (il fuoco, il fervore, la furia, la passione si sono consumati, hanno lasciato polvere, a nudo soltanto la sua fragilità).
È l’uso del corsivo a evidenziare alcuni termini-specchio tra le varie drabble: assenza-urgenza; morire-vive; brucia-estinto-divorarli (questo è davvero particolare, perché da un lato c’è il fuoco e dall’altro la sepoltura, e in mezzo l’annullamento, un po’ il connubio dei due); possiamo-doveva-voglio (a parte il climax ascendente dei tre verbi servili, ho notato la diversa persona “noi-lui-io” che segue un po’ l’evoluzione del loro rapporto, prima loro due contro il mondo, poi l’intralcio esterno che mette a nudo le loro debolezze e i loro limiti, e infine quell’indipendenza che mette in risalto la maturazione del noi finale).
Tra tutte, poi, questo effetto specchio è di una poesia indescrivibile:

- "Jaime." ti chiama - ti invoca- e tu non puoi fare altro che cadere. Morire.
Jaime avanza di un passo, due - l'accoglie proprio mentre cade, diventando polvere e pianto. Approdo del Re muore, loro con lui. → Bello anche l’idea speculare e opposta della caduta di Jaime e Cersei: Jaime cade, muore nel desiderio; Cersei cade nello sconforto e cade anche fisicamente. Credo sia uno dei modi più belli che potevi trovare per caratterizzare la loro affinità e allo stesso tempo la loro diversità. Jaime cerca la passione e l’amore in Cersei, Cersei cerca la protezione e la forza in Jaime. Anche la morte è speculare e opposta: la morte nella prima drabble è il suo annullamento di singolo e un tutt’uno con la sorella, muore la sua identità, la sua resistenza, muore la sua opposizione. Muore lui in quanto uomo e si fonde con lei… è un passaggio spirituale; la morte nella terza drabble è fisica, concreta.

O ancora:

- Bruciano i suoi occhi, la sua bocca.
Jaime le cerca gli occhi, la bocca - tutto ciò per il quale era partito e infine tornato. → Anche qui c’è un effetto a specchio. Quel “cerca” poi sembra continuare l’evoluzione del “bruciare” come se il fuoco avesse potuto aver già divorato occhi e bocca.

Non posso esimermi – mi dispiace per la lunghezza vergognosa di questo commento – dal riportare anche alcune delle frasi in cui le varie sfere semantiche si vanno a incastrare, si mischiano.

- Jaime osserva la grotta crollare attorno a loro, divorarli vivi. → Divino il modo in cui i leoni diventano pecore e la grotta è personificata nel leone. “Divora” tra le sue fauci cavernose i due Lannister. Inoltre questa è una delle tre personificazioni che hanno impreziosito il testo senza mai appesantirlo.

- Avanzi di un regno finito - estinto. → Anche qui l’analogia con i leoni è forte, la parola “avanzi” richiama le carcasse che si lasciano dietro i leoni dopo aver consumato il loro pasto. Inoltre la lineetta e il corsivo insieme riescono a dare alla parola estinto sia una valenza di contrasto sia una valenza rafforzativa. Sembrano suggerire un doppio tono con cui leggerlo, davvero bello e particolare.

- Sotto la lingua → Qui c’è l’analogia del corpo con il fuoco. Sotto la lingua pulsa un sentimento, così come sotto la cenere si può trovare della brace che arde.

Altre figure retoriche (o espedienti narrativi) che hanno concorso a raffinare questo stile sono le seguenti:

- Jaime solleva il viso verso il cielo, al suo fianco lei - sempre. → L’immagine del cielo sembra quasi schiacciarli, li rende piccoli, soli, formiche destinate a essere schiacciate. E intorno a loro, già ci sono macerie, quasi una profezia di quello che li aspetta alla fine della loro vita.

- Il suo ultimo respiro avrà lo stesso sapore di Cersei. → Non credo che sia propriamente una sinestesia, ma l’effetto è il medesimo. C’è questa fusione tra il senso dell’olfatto con quello del gusto che rende graffiante e struggente quest’epilogo.

- Macerie di sogni, rimasugli di gloria.
Avanzi di un regno finito - estinto. → Crei un bellissimo parallelismo tra Approdo del Re e la relazione tra Cersei e Jaime. Sembra che a essere distrutto non sia soltanto il tempio di Baelor ma anche tutto ciò che li legava. L’ultimo legame – Tommen – è stato distrutto.

Accodo a questi complimenti due piccoli suggerimenti:

- tutto ciò per il quale era partito e infine tornato → Mi suona meglio “tutto ciò per cui”

- "Non avevo altra scelta." gli dice solo → “soltanto” lo trovo più elegante

Concludo con un piccolo commento sui generi trattati. L’angst è protagonista, pervade la scena e caratterizza l’introspezione, la quale non lascia niente di inespresso o di affrontato. Concordo anche sulla scelta di non segnalare il genere “romantico” ma quello “sentimentale”, poiché la gamma di emozioni affrontata è talmente ampia e sfaccettata che limitare la chiave di lettura di questa raccolta con il romanticismo non sarebbe stato per niente coerente o completo.
Non mi resta che farti i complimenti per la bellezza di questo stile, per l’eleganza e la pienezza con cui hai saputo caratterizzarlo, e l’incisività con cui ha saputo esprimere tutte le emozioni.


Sviluppo del tema: 14.5/15

Fino all’ultimo ho avuto qualche difficoltà a decidere il punteggio in questa voce.
Sicuramente hai svolto con originalità il tema della “rivelazione”. La consapevolezza che metti in atto non è quella di provare amore, ma di non poterne fare a meno. È una consapevolezza matura, disillusa, e questo la rende più profonda e inappuntabile. La passione, il desiderio c’erano fin dall’inizio, ma Jaime ha avuto bisogno di separarsi da Cersei e scoprire se stesso prima di raggiungere la consapevolezza di non poter esistere senza di lei. Prima era fin troppo facile affermare che erano loro due contro il mondo: ogni cosa che diceva, ogni cosa che faceva, era per volontà di Cersei o per compiacerla. Ma chi era Jaime Lannister veramente? Jaime si è scoperto, ed è da uomo che è tornato e ha potuto dire di essere lui a volere lei. In questo la tua storia ha saputo seguire benissimo l’evoluzione da un amore “infantile”, cieco, un amore a senso unico in cui le persone che vi concorrono non conoscono altro, a un amore maturo, consapevole, che ha visto i difetti dell’altra persona e che la ama comunque. Ed è quando si ama l’altro, difetti compresi, che l’amore si priva del suo candore e diventa profondo, sporco forse, ma vero.
Le difficoltà che ho avuto invece sono inerenti al tema de “l’addio”. Ci sono due momenti che lo rappresentano: il primo è quando Jaime abbandona ad Approdo del Re Cersei e parte per il nord; l’altro è la loro morte effettiva di entrambi sotto le macerie della capitale. In entrambi i casi, però, la richiesta del contest, temo, non sia stata soddisfatta appieno. Per quanto riguarda la seconda drabble, è vero che c’è una separazione ma non è definitiva, non si percepisce il sapore di un addio irreversibile; c’è una rottura nel loro rapporto, una scissione nel loro essere un unico corpo, un’unica mente. Ma poi Jaime torna da lei, e l’addio in qualche modo viene annullato. Per quanto riguarda la terza drabble, non posso del tutto accettarla come adempimento perché la richiesta del contest era che uno dei due morisse, ovvero doveva esserci un addio l’uno dall’altro; mentre, nella tua storia sono loro due insieme che dicono addio alla vita, ma non c’è una vera e propria separazione.
Per questi motivi non ho potuto darti il punteggio pieno in questa voce; nonostante questo, ho voluto sicuramente premiare la maturità e la personalità nel modo in cui hai sviluppato il primo tema.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 4.75/5

La prima cosa che mi ha colpito del titolo è il gioco di suoni, dato da “day” e “die”. Quest’assonanza sembra renderlo ancora più corto, contrarlo. È un gioco che resta impresso nella mente di chi legge. Di per sé il titolo non l’ho trovato molto originale, né il suo significato forse è accattivante; ma è proprio il suono a catturare, stavolta. Scelta insolita, ma interessante.
Per quanto riguarda l’attinenza, invece, ho sicuramente notato il rimarcare l’attenzione sul verbo “morire”, che all’interno della raccolta assume diversi significati: muore Jaime nella prima drabble annullandosi nel richiamo di Cersei; muore il loro rapporto simbiotico quando Cersei “uccide” il loro ultimo figlio; muoiono loro sotto le macerie di Approdo del Re. Anche il “giorno” arricchisce di una prospettiva nuova, più consapevole, la raccolta, perché sembra suggerire il modo in cui leggerla, ovvero la raccolta è formata da tre giorni diversi, tre momenti che hanno segnato la loro “morte”.
L’introduzione ha un tono particolare, ma la sua attrattiva sta proprio nella sua eleganza. Non sembra invogliare, catturare il lettore presentando la storia; sembra piuttosto di sentire la sentenza del narratore che commenta la storia. È un tono che non lascia ai personaggi vie di fuga, si professa invece come il messaggero del destino. Ho apprezzato anche il modo duro e deciso, freddo, a rimarcarne l’aspetto più negativo forse, ambiguo, in cui hai caratterizzato i due fratelli a partire dall’introduzione: oro e metallo. In una prima impressione, sembra che il primo sia destinato a lei e il secondo richiama l’essere un cavaliere di lui; ma a ben guardare, persino l’introduzione li rende un tutt’uno, diversi eppure affini, perché il dorato si riferisce sicuramente anche a Jaime, mentre il metallo rimanda alla corona che tanto brama Cersei. E in tutto questo, esalti anche il sentimento, questo fuoco che diventa emblema del leone, del loro respiro. Qualcosa che non è concreto come nel caso del drago, ma che brucia per la forza dei sentimenti che provano.
Arrivo infine all’impaginazione, di cui avevo fatto cenno sopra. L’impaginazione colpisce per la specularità della prima e terza drabble, tra cui la seconda viene compressa in un unico blocco. L’estetica, quindi, ha il compito di dare un senso più ordinato, simmetrico al testo, laddove invece il narratore aveva spostato l’asse dell’equilibrio. Ho notato come “morie” sia isolato al pari di “un destino inevitabile”. Così come le due frasi indipendenti rispetto al corpo delle due drabble abbiano un’impostazione sintattica e una tonalità molto differenti rispetto al resto, che le fa esaltare, cosa che fa anche l’impaginazione.
Una scelta che devo contestare in parte è l’uso del corsivo per evidenziare sia pensieri sia alcuni termini. Avrei evitato di dargli questo doppio compito, perché fa perdere d’immediatezza delle due diverse funzioni.
Infine posso solo complimentarmi per l’eleganza dei titoli sottolineati e la cura con cui hai scelto le due citazioni poste una in apertura e l’altra in chiusura. Sembrano dare due diverse chiavi di lettura, una che parte dall’alto verso il basso e l’altra che invita a interpretare la raccolta dal basso verso l’alto.


Caratterizzazione dei personaggi: 20/20

Inizio facendoti i complimenti per il modo in cui hai saputo caratterizzare entrambi i personaggi. Hai saputo mettere in risalto sia le loro affinità sia le loro differenze. A partire dall’ultima drabble, quando vediamo il loro diverso modo di reagire alla morte imminente. Jaime resta fermo, calmo, a osservare, il suo unico bisogno è stringere Cersei, riunirsi a lei gli dà la pace. Mentre nella sorella è l’urgenza di scappare, il bisogno di continuare a vivere che smania, Cersei è talmente attaccata alla vita che è sopravvissuta alla morte di tutti e tre i suoi figli. E subito dopo c’è la soluzione uguale per entrambi: lei è tutto ciò che lui desidera, lui è il suo unico rifugio sicuro, l’altra parte di sé.
Ma adesso procedo con più metodo.
Cersei è perfettamente IC, fin da quella risata che sembra prendersi gioco delle patetiche obiezioni di Jaime. È Cersei che comanda, Cersei che decide; e finché lei non dice basta, Jaime non ha proprio modo di sottrarsi. Anche il “brucia tra le tue braccia”, come se quando si trova nelle braccia del fratello Cersei prendesse fuoco, si fondesse con lui è pieno di significati: sembra fondersi proprio con quel corpo indurito dalla guerra, virile, mascolino, che è il simbolo di ciò che lei non è, libera. Quello che voglio dire è che Jaime è il suo riscatto verso un destino che l’ha relegata a semplice cavalla da soma e merce di scambio in mano agli uomini. Attraverso Jaime, Cersei diventa padrona di se stessa, il fratello è la parte mancante della sua forza, della sua ferocia pure. Ecco perché Jaime è quasi un’arma, un mezzo nelle sue mani e perde coscienza, volontà.
Altrettanto perfetto è il tono distaccato con cui parla a Jaime nella seconda drabble: non fa accenno al figlio, è privata di ogni barlume di umanità. La sua “voce” è in linea con il momento, hai saputo caratterizzarla molto bene, dandogli un tono atono, freddo, sprezzante. Quel ringhio manifesta tutta l’offesa per l’umiliazione subita, lo scorno che ha fatto pagare a caro prezzo a tutti i suoi aguzzini. E ancora una volta Cersei aspetta che sia lui ad andare da lei, nella loro relazione è sempre stata lei a comandare, a muovere i fili; Jaime è l’unico che la “supplica” in qualche modo, mentre gli altri pretendono e basta, la costringono a elemosinare, a piegarsi al suo ruolo di donna. Ecco perché nell’ultima drabble il fatto che sia lei a “cadere” tra le sue braccia, come un “amante” al prodigo che ritorna a casa segna l’evoluzione nel loro rapporto e una maturità nella loro scissione: Cersei non ha più il controllo del fratello, adesso vede in lui davvero un’altra persona, distinta da sé, ma che nonostante tutto la ama. Ed è questo amore “nonostante quello che è” che la fa sciogliere finalmente, liberare di quella corazza meschina di cui si era ammantata.
Anche Jaime – che lo dico a fare – è perfettamente IC.

- debole, mai cresciuto leone senza denti. → Potrei non fermarmi più nell’elencare tutti i riferimenti racchiusi in quest’unica frase. Credo di poter riassumere il tutto dicendo che Jaime non ha mai veramente preso una sola decisione nella sua vita, fino a questo momento; non lo ha fatto mai da persona indipendente, quanto meno. Dietro ogni sua azione c’è la famiglia, ma ancor di più c’è Cersei. Inoltre un leone senza denti fa tanto pensare a un bambino. È Jaime è veramente un bambino, lo è attraverso la sua ingenuità, la sua semplicità di pensiero, lo è nel modo in cui è attaccato a entrambi i suoi fratelli, lo è nell’arroganza con cui affronta il mondo, nel modo sfacciato e strafottente con cui evita le responsabilità e si limita a riempire quella definizione di Sterminatore di Re che gli danno gli altri.

La prima drabble mi ha fatto pensare a un momento già post amputazione della mano, quando lo Sterminatore di Re è stato messo faccia a faccia con la sua fragilità. È un Jamie ferito, privato dell’orgoglio e della forza, “senza denti” per l’appunto, pieno di dubbi che Cersei riesce ancora a mettere a tacere. Jaime è passione, è ardimento, è l’impavido coraggio di chi non teme stoltamente nulla. Jaime è colui che affronta il nemico di petto, perché è così che fanno gli uomini. Nella seconda drabble c’è il Jaime messo davanti a una scelta: la perdizione o la lotta per essere se stesso. Jaime rifiuta di farsi per l’ennesima volta azzittire e usare, la donna che ama non c’è più, è stata divorata da un fuoco distruttore, adesso rappresenta esattamente tutto quello che lui aveva combattuto, tutto quello per impedire il cui aveva dato via l’onore e la fama. Sceglie di lasciarla, ma come dice l’incipit della terza drabble “amarla non era mai stata una scelta” e Jaime si mostra il personaggio più coerente quando accetta i suoi difetti, i suoi peccati e soprattutto i peccati di lei. Lo fa da uomo libero, consapevole di sé e delle sue bruttezze. Quello nel finale è un Jaime in pace con se stesso, il Jaime amante delle piccole cose. L’uomo che non ha mai voluto responsabilità, l’uomo che ha rinunciato alle grandi imprese. È l’uomo che ama.
Non solo sono IC, ma la forza di questa caratterizzazione sta proprio nella completezza in cui ha saputo dipingere i personaggi. Non ti sei limitata a tratteggiarne alcuni aspetti, ma sei riuscita, attraverso il punto cruciale della loro relazione, a mostrargli tutti. Ogni dettaglio, nella sua complessità, colora un’unica immagine con tutti i colori che, unendosi, danno vita a chiaro scuri e a sfumature inscindibili tra di loro. Il tutto ha concorso a farli risultare non solo identici agli originali, ma soprattutto reali quanto persone di carne e ossa.


Gradimento personale: 5/5

Devo partire questa voce della valutazione con un commento non proprio “formale”.
“Sempre lui”: le due parole che hai messo in grassetto. Sarà che quando mi trovo davanti questo personaggio la mia capacità di raziocinio si annulla totalmente, ma la posso leggere come una dichiarazione d’amore, un messaggio inconscio inserito dall’autore all’interno della raccolta? Beh, sicuramente credo che sia il messaggio in codice nascosto nel POV di Jaime da parte di Cersei (della seria, deve sempre dire la sua, anche quando è il fratello che è chiamato a raccontare) ma io mi ci accodo.
Il tuo stile è davvero molto particolare, spezzettato, scomposto, e questo lo rende graffiante, scava nella pelle e sa come marchiarla a fuoco. Fa male e il lettore di questo se ne compiace, per giunta. La potenza che riesci a dare al lessico mi affascina, mi rincretinisce. Starei ore a osservare un singolo termine e a cercarci tutti i possibili significati dietro. In questo, la tua scrittura sa essere davvero ermetica.
Il modo in cui hai usato le parole per evocare ogni più infinitesimale percezione mi ha fatto venire i brividi. Giuro, a un certo punto sembrava di essere a una seduta spiritica. Perdona il paragone, ma è stato davvero così per me, leggerti. Le emozioni dei personaggi non sono descritte, sono evocate, incise nella mente del lettore, prendono sostanza, forma, vita propria. Si attaccano alla pelle e il lettore diventa il personaggio, quasi viene posseduto. Non saprei in quale altro modo spiegarti le sensazione che mi dà il tuo stile, il tuo modo di raccontare. E raccontare di loro, poi.
Ho amato alla follia i loro personaggi nella serie (la loro fine è una delle poche cose che non cambierei del finale), li sto amando ancora di più nei libri (sto al terzo e tutto quello che riesco a dire è: Jaime, oh Jaime) e li ho adorati leggendo la tua bellissima raccolta. Se ne sente tutto il tuo amore, la cura con cui li vuoi rendere fedeli e profondi quanto se non più degli originali. Io non riesco a dilungarmi oltre in questa voce, perché credo che tutto quello che devo dire è che – può non crederci – ma leggere di loro mi ha lasciato senza parole. Chapeau.

Punteggio: 66.15/70

Recensione alla storia La rosa più bella - 25/05/20, ore 11:36
Capitolo 1: La rosa più bella
Ottavo Posto
La rosa più bella
Premio “Io ti vedo” per la miglior rivelazione
di milla4





Grammatica: 4.15/5

La grammatica va abbastanza bene, ho trovato giusto qualche errore, sicuramente sono sviste che all’autore sfuggono sempre quando si deve occupare della revisione di un proprio testo.
Di seguito gli errori trovati:

Mi hai sostenuto quando i demoni nati in quei lunghi mesi prigioniero → -0.3 (di prigionia credo sia più corretto vista la formulazione della frase)
Ed ora sei qui → -0.1 (togli la di eufonica)
con pazienza hai aspettato e ora Melìa era lì accanto al tuo corpo → -0.25 (è lì)
giorno che doveva essere il più felice della tua breve vita ma, moglie mia ti sei rialzata da sola, → -0.2 (aggiungi una virgola dopo “moglie mie” per chiudere l’inciso)


Stile: 16/20

Lo stile è semplice, punta sulla sostanza di trama e non sull’eleganza stilistica, non abbonda di figure retoriche; al tempo stesso è molto espressivo e riesce ad arricchirsi di alcune bellissime metafore.
Prima di ogni cosa devo assolutamente lodare l’uso magistrale della prima persona narrante. Ho notato che non sempre si è capaci di far aderire il narratore in prima persona al personaggio POV. Tu, invece, lo hai usato fare in maniera profonda, sentita, e soprattutto coerente con il personaggio. Ho percepito molto bene la “voce” di Edmure, quel suo arrovellarsi il cervello per gli errori commessi, il suo dover fare i conti con gli sbagli del suo ego, la sua “cecità”. Il tono quindi è quello di un uomo che riflette e prende coscienza del bene prezioso che ha perso e di cui stoltamente non ha saputo godere appieno. Trovo che il tono sia stato adattato perfettamente all’introspezione sia stato coerente con il personaggio POV.
Altrettanto difficile ho trovato l’uso del tempo presente per mettere in atto una storia che ripercorre in retrospettiva i passaggi della loro relazione, guardandoli sotto una luce più chiara, consapevole, e quindi profonda. È un effetto che complica molto la narrazione, soprattutto perché parte del narrato è distante, e raccontato, il ritmo della narrazione è quasi sommario – tende a giocare molto ad abbreviare il tempo della narrazione rispetto al tempo della storia, per poi rallentare lungo i passaggi introspettivi – ma che nel complesso tu hai saputo ben gestire, poiché sei riuscita a mantenere un tono riflessivo, rendendo il passato servo del momento presente e dell’introspezione che hai messo in gioco.
Per fare questo, ti sei avvalsa di frasi lunghe, riflessive, che ben si adattano a questa scelta retrospettiva/introspettiva, ma che a volte diventano forse un po’ troppo ingarbugliate. Per lo più, questo “inconveniente” è dato dall’uso della punteggiatura, in particolare dei due punti.

- Io mi amavo troppo per capire chi c’era oltre i tuoi vispi occhi azzurri, il tuo piccolo viso a forma di cuore: nemmeno durante quell’unica notte ho visto la paura che cercavi di mostrarmi, la richiesta di aiuto a quello che doveva essere il tuo compagno. → L’uso dei due punti è inappropriato e crea un legame sintattico che in realtà non c’è, la frase è continuata non dev’essere subordinata alla precedente, anche perché non c’è secondo me un rapporto esplicativo. Andrebbe meglio un punto-virgola, perché come ti ho già detto le frasi lunghe ben si adattano a narratore e tempo narrante, ma in alternativa anche un punto non andare bene.

- E ora sei qui, il tuo sangue inzuppa le lenzuola e nostra figlia piange sul tuo petto gonfio di latte ma svuotato di vita: ho scoperto ora di avere delle lacrime e sono tutte per te. → Qui invece i due punti possono anche andare bene, perché evidenziano quella che è la rivelazione a cui giunge Edmure, e lo fa proprio attraverso questa scena fondamentale: Roslin morta e la loro figlia ancora sul suo petto senza vita.

Per il resto, la punteggiatura si avvale molto di virgole, tende a formare periodi lunghi, subordinati, che vogliono rendere il flusso di pensieri, e questo espediente riesce, soprattutto quando la tensione emotiva di fa alta e il narratore esclama, senza pause forti: e io ti amo, dannazione, ti amo!
In questo caso, proprio per via del narratore in prima persona, ho percepito che il lessico, a contrario del tono narrativo, è parecchio lontano da quello che potremmo associare a Edmure. Semplice, a tratti troppo informale e ripetitivo, inoltre ho trovato uno o due termini troppo moderni per adattarsi a lui e al contesto.
Riporto alcuni esempi:

- mi hai sostenuto quando gridavo nella notte → Qui avrei utilizzato un verbo differente, sia per rendere più forte la scena, sia per evitare la ripetizione. “Mi hai stretto” o “mia hai trattenuto” per rendere meglio l’idea di un Edmure che senza Roslin accanto si sarebbe perso nella pazzia e nei sensi di colpa.

- La rosa dei Frey… hai raggiunto i membri della tua casata → Ti sei ricongiunta ai membri della tua famiglia sarebbe stato più elegante.

- Tuo padre aveva creato un orrido spettacolo al posto del giorno che doveva essere il più felice della tua breve vita ma, moglie mia ti sei rialzata da sola, crescendo un bambino disprezzato per colpa di un padre troppo idiota per capire la trappola in cui stava cadendo e troppo stupido per accorgersi, successivamente, dell’aiuto che gli stavi dando. → Non mi convince la formula “al posto del giorno”, la trovo un’espressione troppo informale e priva di carattere. “rubandoti quello che doveva essere il giorno più felice della tua vita” (breve lo eliminerei a prescindere) o “privandoti di quello[…]”. Inoltre questo è un periodo davvero lungo, avrei messo un punto fermo prima dell’avversativa, per renderla più forte e incisiva.

Ci sono però alcuni passaggi che colpiscono e riescono a essere potenti, come le due metafore sulla rosa.
Inoltre l’effetto di ripetere “una timida rosa” a breve distanza ti permette di esternare il dolore di Edmure, di rendere il suo rimpianto, il suo amore, la sua amarezza; come un uomo addolorato che ripercorre con le parole quel concetto che prima non aveva chiaro o non aveva mai espresso a dovere, e adesso sente il bisogno di rimarcare. Lo esalta, lo approfondisce, lo arricchisce di più sfumature. Colpisce poi anche il rimando al “prato pieno di letame” che indica non solo l’abbondanza di figli e nipoti della Casa Frey, ma soprattutto la loro natura meschina, lurida, deplorevole.
La scelta di paragonare poi la sua forza alla quercia è, a mio parere, ricca di un significato che trascende il fandom e che si arricchisce di diversi rimandi. Alla cultura celtica, tanto per iniziare, dove la quercia rappresenta la vita, la conoscenza; ma a rimandi anche al ruolo di nutrice e protettrice che Roslin assume per Edmure e per i figli.
Ultimo particolare che voglio commentare è la ripetizione di quel “piccola”, un continuo rimando alla sua delicatezza e alla sua fragilità, ma anche un rimando al suo essere stata per il marito un essere “marginale”, dato per scontato, che entra in contrasto con il suo ruolo protagonista nei suoi pensieri nella flash, con la sua forza di volontà e il grande sostegno che silenziosamente gli ha dato. Qualcosa di piccolo ma di incommensurabilmente prezioso.
Infine, i generi. Non ho molto da dire in questo punto, entrambi i generi sono stati trattati con cura e sono protagonisti nella storia. Romanticismo e malinconia vanno di pari passo, si intrecciano per trasportare il lettore all’interno della pelle di un personaggio che riesce davvero a sorprendere e a coinvolgere.


Sviluppo del tema: 15/15

Intanto sei stata bravissima nel dare pari spazio ai due personaggi, mettendo completamente al centro della flash la loro relazione. L’hai sviscerata, l’hai analizzata sotto una luce riflessiva, retrospettiva e, quindi, colma di una consapevolezza che sul momento dei fatti mancava al personaggio. Roslin appare altrettanto protagonista perché è intorno a lei che gravitano i pensieri e le emozioni del personaggio POV, il quale, attraverso la perdita, viene messo davanti ai suoi sbagli e agli errori di cui ha disseminato la sua vita. Allo stesso tempo, poi, riesci ad approfondire la loro vita insieme, il modo in cui l’uno è stato vicino all’altro, in che modo si è sviluppata la loro relazione, la loro convivenza. Questi sprazzi di vita – il figlio maschio, il disprezzo della gente, la vicinanza della moglie – hanno arricchito con personalità la loro storia, rendendola più piena e, quindi, più vicina al lettore. In questo modo, i sentimenti in qualche modo si fanno concreti e chi legge a modo di immedesimarsi maggiormente nei due protagonisti.
Il momento della rivelazione coincide con la perdita. Una perdita che non è dettata da ostacoli o da decisioni di uno dei due personaggi, ma è naturale, dovuta alle conseguenze di un parto difficile e allo stesso tempo alla nascita di un figlia tanto desiderata. Credo che il momento, che dovrebbe essere intriso di una gioia immensa, renda ancora più dolorosa la separazione. In questo momento di vita, di nascita, si mischiano tantissimi temi: la morte, l’amore, il rimpianto, l’ammirazione.
Trovo questa scelta forte proprio perché avresti potuto cercare effetti più devastanti per svolgere questo tema, ma hai scelto quello più inevitabile e antico di tutti: la sorte, o destino, o vita che si voglia chiamare. Lo trovo ironico visto tutto quello che hanno passato i personaggi: proprio quando le cose sembrano essersi messe apposto, Edmure viene privato della possibilità di redimersi come marito. Sembra quasi sorgere spontanea la domanda: se avesse avuto più tempo, avrebbe capito quanto la moglie contava per lui? Non lo sapremo mai, questa possibilità gli è stata tolta.
Tutto questo rende la presa di consapevolezza ancora più dolorosa, perché intrisa dei sensi di colpa del personaggio POV, il quale sente di non aver apprezzato mai abbastanza la moglie. Roslin muore senza sapere quanto la sua determinazione, il suo appoggio, la sua vicinanza siano stati fondamentali per Edmure, il quale se ne accorge soltanto nel momento in cui questo appoggio e questa presenza vengono a mancare.
Nella sua semplicità, quindi, lo sviluppo dei temi è stato intenso, ben strutturato, e soprattutto capace di dare profondità a un personaggio davvero secondario nella serie, la cui storia è stata tralasciata.

Titolo, Introduzione e impaginazione: 4/5

A parer mio, il titolo non riesce a essere all’altezza della storia. Il titolo è sì attinente, ma è anche molto semplice e manca di quel tono malinconico e drammatico che permea la storia. Non ne sa ricalcare la bellezza emotiva. Penso che nel mare di titoli, si perderebbe un po’, nonostante non sia del tutto privo di attrattiva. Il vero problema è che lo trovo poco originale, privo di una vera personalità. Un po’ scontato, ecco. Soprattutto perché all’interno la metafora della rosa è ripresa più volte e in più modi, a partire dal nome stesso della protagonista. Il che, da un lato, dona al titolo un particolare effetto, ma che nel suo insieme non mi riesce proprio a convincere, è come se ci fosse una sovrabbondanza. Avrei optato per un titolo più a tono, più incisivo, che riuscisse a esprimere un’emozione.
L’introduzione è minima, ma al contrario del titolo ha un tono ben definito che riesce a esprimere parte della malinconia che permea la storia. È vero che manca un contesto, ma quell’unica frase riesce comunque a creare un’atmosfera e soprattutto a presentare una storia all’insegna del rammarico e del rimorso, nonché della malinconia che attanaglia il lettore sia nei confronti di Roslin sia nei confronti di Edmure. Riesce perfettamente a creare un primo senso di empatia che non può che catturare l’attenzione.
L’impaginazione asseconda il tono della narrazione e accompagna il flusso di pensieri. Non vai a capo molto spesso, il testo è molto compatto e denso, e lo spazio tra i vari paragrafi dona quelle giuste pause in più per riprendere fiato; una boccata veloce, e poi di nuovo a leggere un altro paragrafo tutto d’un fiato. Ho trovato questa scelta adatta al tipo narrazione. Brava.


Caratterizzazione dei personaggi: 20/20

Entrambi i personaggi sono ben caratterizzati. Si mantengono IC per quel poco che ne sappiamo, ma soprattutto si arricchiscono di particolari e sfumature che riescono a renderli tridimensionali, a farli uscire dallo sfondo, senza però storpiare la loro natura originale.
Parto dal commentare il personaggio femminile.
Di solito inserire riferimenti fisici in una flash a me dà l’impressione di “riempimento”, come se l’autore voglia occupare uno spazio che non sa come riempire. Altrettanto mi risultano inutili perché si presume che il lettore abbia già un’idea fisica dei personaggi e che quindi in una flash si dia spazio esclusivamente alla parte caratteriale e introspettiva. Ma qui ho trovato perfetto il riferimento agli occhi e al viso a forma di cuore perché il personaggio POV evoca queste immagini con uno struggimento e un apprezzamento vezzeggiante che li rende veicoli di sentimenti profondi ma anche di dolore.

- Una timida rosa con la forza di una quercia. → Hai caratterizzato molto bene la forza e la determinazione segreta che in qualche modo si riscoprono in questo personaggio. Diviso tra dovere verso la famiglia e forse dovere verso il suo futuro sposo, ma ancora meglio senso di amore e giustizia verso colui che dividerà la vita con lei, e forse anche un senso di contrasto verso quello che la famiglia di lei vuole attuare.

Roslin è diversa dalla sua famiglia – in questo la frase iniziale è perfetta per descriverla – ha una forza interiore mista a una timidezza di fondo (che forse è riservatezza, ma anche contrasto interiore) che la rendono una piccola luce, fragile, sobria eppure potente. Ho trovato molto calzante e in linea con il personaggio caratterizzarla come un personaggio silenzioso, qualcuno che sostiene senza troppe parole, una presenza muta ma forte nella vita di Edmure. Altrettanto perfetto è l’idea di maternità, il suo desiderio di avere figli, di crescerli, di prendersene amorevolmente cura. La tratteggi come una persona paziente, resiliente, determinata nel suo piccolo, che sa passare inosservata e sa amare abbastanza per due.
Dalle parole di Edmure traspare tutto l’amore e la devozione verso la moglie.

- Tuo padre aveva creato un orrido spettacolo al posto del giorno che doveva essere il più felice della tua breve vita → La ama a tal punto che è arrivato a desiderare il meglio per lei, e di conseguenza e rammaricarsi per il peggio che invece ha ricevuto.

Di Edmure parti con una panoramica retrospettiva, vergata di suo stesso pugno, che ripercorre la sua natura arrogante, presuntuosa a volte, ma anche debole, pronta a sprofondare nel senso di colpa e nell’incapacità a reagire. Un uomo che ha dato importanza solo all’aspetto fisico – e anche per questo motivo inserire quegli elementi che per primi lo avevano affascinato della moglie risulta una scelta vincente – e che non si è curato degli avvertimenti. Un uomo cieco per gran parte della sua vita, incapace di ascoltare, di farsi saggio. Trovo IC anche il modo in cui si abbandona al rammarico, alla nostalgia e al dolore in questo presente: rimarca proprio la sua natura, nonostante la consapevolezza a cui giunge. Molto bene anche l’ardore con cui lo fai parlare, il modo semplice e istintivo con cui si lascia trasportare dai sentimenti (che forse sono sempre stati il suo punto debole), quando bestemmia, inveisce, esclama. Ottimo anche il tono struggente e fiacco con cui accompagna il momento, e il risentimento che mostra verso la famiglia di lei. Ho trovato il suo personaggio profondo, sviscerato da più angolazioni.
In conclusione, davvero un lavoro eccellente che non manca di nulla. Complimenti.


Gradimento personale: 4.5/5

Non avevo minimamente mai pensato a questa coppia, ma tu sei stata capace di farmela amare. Soprattutto sei stata in grado di esaltare due personaggi messi in ombra, del tutto secondari o marginali, facendomi empatizzare con loro, facendomi partecipare al loro dolore, ai loro silenzi, alle loro distanze. Credo che sia uno degli addii più struggenti, perché non è soltanto l’amore quello che è stato taciuto tra di loro, ma anche la gratitudine. A far più male è quasi quell’indifferenza, il modo scontato con cui Edmure considera Roslin fin quando non la perde. Non c’è dolore più grande di quello di non essere considerati, secondo me. E questa storia, puntando su questo, mi ha distrutto. Mi ha distrutto ancor di più perché ho pensato a Roslin, al fatto che morisse senza sapere che alla fine Edmure l’avesse amata, l’avesse capito quello che lei aveva fatto per lui. Forse a lei non serviva saperlo, forse a lei bastava amarlo e occuparsi di lui, forse era riuscita in maniera molto sobria e composta a ritagliarsi un po’ di felicità attraverso i figli; ma questi forse rendono il dolore ancora più grande, perché mi rendo conto che è una felicità sorda, limitata.
La frase che più mi ha ferito è proprio quella in corsivo, perché è piena di una delicatezza e di un trasporto amoroso che ha saputo prendermi alla gola. E niente, è una storia semplice che parla attraverso i sentimenti, e quei sentimenti sono arrivati dritti al mio cuore. Inoltre la maggior parte degli altri partecipanti ha sfruttato l’addio per creare struggimento, mentre nella tua flash lo struggimento avviene attraverso la presa di consapevolezza. Complimenti.
L’unico piccolo neo è che ho dovuto leggerla più volte per apprezzarla fino a questo punto, e parlo dell’aspetto tecnico, perché ci sono alcuni passaggi non fluidi come sarebbe piaciuto a me. E poi, ovviamente questa è una considerazione personale e ne parlo solo qui, mi sarebbe piaciuto un arricchimento figurativo più ampio, qualcosa che rendesse stilisticamente anche il contesto – ossimori, climax – effetti scenici di cui sono dipendente, me ne rendo conto.

Punteggio: 63.65/70