Recensioni per
Filo Spinato
di Kuroi

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
11/11/12, ore 22:55
Cap. 1:

Shhht.
Potrei anche farcela, ma ho i miei seri dubbi.
Oh, mia Kuroi. Digrigno i denti e chino la testa fino a sfiorare la tastiera con le ciglia. Sgraaat. Perché tentare di far parlare le tue parole, di nuovo, attraverso una mera me, è uno sforzo che mi prostra. Ma non posso più farti aspettare.
Questo tuo racconto è così difficile. è così denso e doloroso che mi lascia annichilita. 3 D, appunto, di un'emozione che oramai ti appartiene e mi sconvolge sempre. A volte nei dettagli mi perdo, come quando parli dell'astore ed io mi chiedo che cosa simboleggi ora per te [maledetta distanza!], ma anche solo certe espressioni, certi rimandi sottili e profondi, mi scampanellano nelle orecchie senza farmi capire il loro messaggio autentico.
Poche cose le ho capite, almeno credo.
Ci sei tu, che dipinta di un tipo di maschera che ami [ah, Clizia, ah la mitologia, i nostri primi discorsi] metti a nudo la tua fragilità, il tuo senso di inadeguatezza. Ci sei tu esposta alle intemperie, attorniata da presagi ostili, che ti guardi SEMPRE i piedi, perché parli delle tue gambe, e del colore della strada. Già ti vedo, con gli occhi bassi, convinta che non riuscirai mai ad alzarli, perché forse non ne sei degna, o perché non troverai la forza. Convinta, sai che lo so, ERRONEAMENTE. Sei la peggior nemica di te stessa e te lo ripeto sempre, e me lo confermi sempre, dolce Kuroi. E calandomi tra le tue parole, accanto a te, ne soffro come condividendo il fardello.
Arrivi alla tua destinazione e lentamente mi fai cadere in una morsa di apprensione e angoscia che mi lacera. Ed eccolo lì, lui. Il Fossile. Anche a lui cambi maschera, ma ritorna spesso, o sbaglio? È un'altra costante, è LA maledetta costante – in parte una figura [direi una composizione di figure] filtrata dal reale, in parte qualcosa che è dentro di te, che ti sussurra maledizioni da un anfratto disperato della tua stessa anima.
[è questo, è parlare di QUESTO che mi fa male!]
Dio, hai dato a questa entità tanto potere dentro di te che ne parli, lo descrivi con una fluidità e una precisione che mi ammala! È senz'altro la figura più lucida di tutto il tuo racconto.

Ma qualcosa sta succedendo. D'improvviso, mentre ti guardo rivestirti di ruoli che ti sono familiari, autolesionismo e insofferenza e apatia e polvere che intossica la vita, mi fai sbandare.

“Sei passata qui per…”
“…Per chiudere questo rapporto stucchevolmente insensato.”
“Ah.”
Ah. Ci sono rimasta stupita pure io.
Allora la foga è raddoppiata e ho bevuto tutto il resto, tante volte, spersa e speranzosa. Ovvio che tifassi per Clizia, per te, Socia. E prima che possa riprendere fiato quell'Odiosa figura barcolla, e prende piede Saturno, in cui, credo proprio erroneamente, ma senza superbia, mi riconosco parecchio, o almeno riconosco un ruolo che prenderei al volo nei tuoi riguardi. Un selvaggio istinto di protezione, ma avviluppato in una figura ambigua e di certo non una sorta di principe azzurro...
Ma tutto inizia a vorticare, come raggrumandosi in fatti d'improvviso in successione serrata: il battibecco dei due, il tè, il gesto di violenza, che mi ha scioccata, e infine... come un asintoto di angoscia raggiunge le vette più alte della sua infinità e poi si spezza nel nulla, il Fossile e il dolore scompaiono.
Allora ecco Saturno ancora, ecco il filo spinato sul tuo corpo che è coosì difficile estirpare, e la speranza, e il cammino disseminato di avversità. Ecco la chitarra, in cui ho visto la musica, le parole, una consolazione tutta di rimandi e nenie antiche e leggere.
Kuroi, questo commento sta diventando davvero ipertrofico, e per me è un parto, e mi scuso!!!! Cerco di dirti quello che volevo dirti nel modo più conciso che posso:
è che ti stai evolvendo. Cioè, sei cambiata davvero MOLTO dai tuoi inizi. E lo stile che vai tessendo a quest'arcolaio dei tuoi nuovi anni per me è molto complicato e molto d'impatto, impatto emotivo soprattutto. Ho detto delle 3d: beh, ultimamente fioriscono in ogni pezzo che mi fai vedere. E le tue parole urticano e scorticano e spaventano, anche se è un danno necessario e, in qualche modo, salvifico. Stai scavando ancora e ancora dentro te stessa e tiri fuori strisce e strisce di favole grottesche, inestimabili, terribili, sanguinolente, e non sono più capace di dipanare tutti i fili.
Mi scuotono e mi strappano, hanno insieme una carica di incubo e una di nuda realtà che non mi lascia scampo, non mi lascia respirare.
Che dire? Stai superando te stessa, mi hai lasciata indietro e corri da sola in praterie che non riesco a vedere, in cui non mi avventuro se non attraverso le tue orme, stai costruendo un cammino violento e potente e io non posso che essere fiera di te,
e così, come non mai, come non mai voglio averti vicino, e diventare un po' il tuo Saturno, e proteggerti finché ne avrò forza, e poi soltanto starti seduta accanto come un vecchio gatto.

Ti voglio bene,

Tua M_E_M

Recensore Junior
08/11/12, ore 15:11
Cap. 1:

Uno sparviero le sorrise, indicandole la strada. Solo che Clizia era talmente sfiancata dalla camminata che inizialmente l’aveva scambiato per un astore. I vestiti si erano scoloriti per il sole: quanto a lungo era rimasta senza riparo?
E i suoi capelli stretti in una coda non voluta, i suoi capelli che strepitavano incitandola a fermarsi: perché? E perché il rimpianto per non essere in una torre? Per poter sciogliere la treccia e aiutare l’uomo gentile a raggiungerla? Peccato che l’unico gesto gentile, qui, è arrivato dallo sparviero, che non si è trasformato in un uomo nemmeno quando lei lo ha invocato.
A Clizia non resta che proseguire il cammino, nonostante si stia ormai ubriacando di stanchezza. E nonostante questo cammino la stia portando verso l’ennesima umiliazione. Perché affliggersi con tutta questa fatica quando sa già che la meta non porterà altro che mortificazione?
Ad avvisarla di essere arrivata a destinazione è il viottolo di ghiaia grigiastra. C’è un ribaltamento di ruoli, Clizia riceve sostegno da cose prive di vita. Le persone le sono ostili. O forse semplicemente ignare? Quando Clizia guardava i passanti con occhi disperati per cercare aiuto e questi non vedevano proprio nulla, di chi era la colpa? Dei passanti, insensibili, o di Clizia che, così come non riusciva più a difendersi, era ormai diventata anche incapace di chiedere aiuto?
Il cane era triste, tanto che Clizia si commosse. Però il cane non era gentile come lo sparviero: le abbaiò contro, latrando e guaendo. Un altro ribaltamento di ruoli: il cane dovrebbe essere un animale amichevole, a differenza dello sparviero, no? Eppure, quando il Fossile scotta Clizia con l’acqua bollente, il cane guaisce disperato: perché questi segnali contrastanti? Forse è la percezione di Clizia ad essere sfalsata?
Forse quel filo spinato con cui Clizia si è avvolta nel tentativo di proteggersi, si sta rivelando una punizione: oltre a non riuscire a farle da scudo, la sta ferendo ancora di più di quello che potrebbero fare le parole di Fossile. Anzi, le parole di Fossile sono proprio come il filo spinato: rimedio e tortura - I hear you callin’ and it’s needles and pins...(?)

E poi arriva Saturno che, a differenza di Fossile, non vuole annientarla ma cerca di salvarla dal filo spinato e da Fossile, arpeggiando con le dita. Però anche lui lancia segnali contrastanti, sembra sincero e amichevole ma nemmeno Clizia ci giurerebbe: inizialmente c’è stato uno spintone, ma Clizia non l’aveva visto; poi però Saturno inizia a picchiare Fossile e Clizia vede, o forse no, ma di certo riesce a udire il suono delle botte... Saturno può essere davvero la salvezza di Clizia? In fondo ora Fossile si sta scusando con lui, non con lei, quindi il risultato ottenuto non ha alcun senso...
Però è innegabile che le può essere d’aiuto. E, soprattutto, la stessa Clizia è consapevole che la strada da percorrere, prima di riuscire a guarire dalle sue ferite (le ferite causate dal filo spinato, dall’acqua bollente, dai passanti inerti, dalle parole di Fossile...) sarà un cammino lungo. E difficoltoso. E non ci sarà riparo: i suoi vestiti continueranno a stingersi al sole.
Forse adesso ho capito perché può valer la pena fare tanta fatica per raggiungere la meta...
Non è una salvezza inutile, quella che le serpeggia nella schiena: Clizia riesce a percepire una falda di acquifera gioia. Non importa anche se è sottilissima, quel che conta è che c’è. E va preservata, bisogna cercare di renderla più forte, far sì che le future gocce non vadano a far traboccare il vaso ma vadano a rendere più consistente questa falda. Far sì che la gioia possa fluire e scorrere e magari lavare via i residui di filo spinato, di parole bollenti, di passanti insensibili... il veleno.
Anziché lasciare che le gocce facciano traboccare il vaso, raccoglierle in una padella nuova, pulita e senza graffi. E fucsia.
 
Ok, io sono arrivata sin lì, e il mio grazie sincero va a te.
Non sono in grado di emettere un accordo raffinato come la chitarra, però anch’io ti sto sorridendo.
E scusami per questo delirante e lunghissimo e vergognoso commento.
Che commento non è. Non riesco a commentarti. Le tue parole mi prendono per mano e io lascio che mi trascinino dove vogliono loro...