Shhht.
Potrei anche farcela, ma ho i miei seri dubbi.
Oh, mia Kuroi. Digrigno i denti e chino la testa fino a sfiorare la tastiera con le ciglia. Sgraaat. Perché tentare di far parlare le tue parole, di nuovo, attraverso una mera me, è uno sforzo che mi prostra. Ma non posso più farti aspettare.
Questo tuo racconto è così difficile. è così denso e doloroso che mi lascia annichilita. 3 D, appunto, di un'emozione che oramai ti appartiene e mi sconvolge sempre. A volte nei dettagli mi perdo, come quando parli dell'astore ed io mi chiedo che cosa simboleggi ora per te [maledetta distanza!], ma anche solo certe espressioni, certi rimandi sottili e profondi, mi scampanellano nelle orecchie senza farmi capire il loro messaggio autentico.
Poche cose le ho capite, almeno credo.
Ci sei tu, che dipinta di un tipo di maschera che ami [ah, Clizia, ah la mitologia, i nostri primi discorsi] metti a nudo la tua fragilità, il tuo senso di inadeguatezza. Ci sei tu esposta alle intemperie, attorniata da presagi ostili, che ti guardi SEMPRE i piedi, perché parli delle tue gambe, e del colore della strada. Già ti vedo, con gli occhi bassi, convinta che non riuscirai mai ad alzarli, perché forse non ne sei degna, o perché non troverai la forza. Convinta, sai che lo so, ERRONEAMENTE. Sei la peggior nemica di te stessa e te lo ripeto sempre, e me lo confermi sempre, dolce Kuroi. E calandomi tra le tue parole, accanto a te, ne soffro come condividendo il fardello.
Arrivi alla tua destinazione e lentamente mi fai cadere in una morsa di apprensione e angoscia che mi lacera. Ed eccolo lì, lui. Il Fossile. Anche a lui cambi maschera, ma ritorna spesso, o sbaglio? È un'altra costante, è LA maledetta costante – in parte una figura [direi una composizione di figure] filtrata dal reale, in parte qualcosa che è dentro di te, che ti sussurra maledizioni da un anfratto disperato della tua stessa anima.
[è questo, è parlare di QUESTO che mi fa male!]
Dio, hai dato a questa entità tanto potere dentro di te che ne parli, lo descrivi con una fluidità e una precisione che mi ammala! È senz'altro la figura più lucida di tutto il tuo racconto.
Ma qualcosa sta succedendo. D'improvviso, mentre ti guardo rivestirti di ruoli che ti sono familiari, autolesionismo e insofferenza e apatia e polvere che intossica la vita, mi fai sbandare.
“Sei passata qui per…”
“…Per chiudere questo rapporto stucchevolmente insensato.”
“Ah.”
Ah. Ci sono rimasta stupita pure io.
Allora la foga è raddoppiata e ho bevuto tutto il resto, tante volte, spersa e speranzosa. Ovvio che tifassi per Clizia, per te, Socia. E prima che possa riprendere fiato quell'Odiosa figura barcolla, e prende piede Saturno, in cui, credo proprio erroneamente, ma senza superbia, mi riconosco parecchio, o almeno riconosco un ruolo che prenderei al volo nei tuoi riguardi. Un selvaggio istinto di protezione, ma avviluppato in una figura ambigua e di certo non una sorta di principe azzurro...
Ma tutto inizia a vorticare, come raggrumandosi in fatti d'improvviso in successione serrata: il battibecco dei due, il tè, il gesto di violenza, che mi ha scioccata, e infine... come un asintoto di angoscia raggiunge le vette più alte della sua infinità e poi si spezza nel nulla, il Fossile e il dolore scompaiono.
Allora ecco Saturno ancora, ecco il filo spinato sul tuo corpo che è coosì difficile estirpare, e la speranza, e il cammino disseminato di avversità. Ecco la chitarra, in cui ho visto la musica, le parole, una consolazione tutta di rimandi e nenie antiche e leggere.
Kuroi, questo commento sta diventando davvero ipertrofico, e per me è un parto, e mi scuso!!!! Cerco di dirti quello che volevo dirti nel modo più conciso che posso:
è che ti stai evolvendo. Cioè, sei cambiata davvero MOLTO dai tuoi inizi. E lo stile che vai tessendo a quest'arcolaio dei tuoi nuovi anni per me è molto complicato e molto d'impatto, impatto emotivo soprattutto. Ho detto delle 3d: beh, ultimamente fioriscono in ogni pezzo che mi fai vedere. E le tue parole urticano e scorticano e spaventano, anche se è un danno necessario e, in qualche modo, salvifico. Stai scavando ancora e ancora dentro te stessa e tiri fuori strisce e strisce di favole grottesche, inestimabili, terribili, sanguinolente, e non sono più capace di dipanare tutti i fili.
Mi scuotono e mi strappano, hanno insieme una carica di incubo e una di nuda realtà che non mi lascia scampo, non mi lascia respirare.
Che dire? Stai superando te stessa, mi hai lasciata indietro e corri da sola in praterie che non riesco a vedere, in cui non mi avventuro se non attraverso le tue orme, stai costruendo un cammino violento e potente e io non posso che essere fiera di te,
e così, come non mai, come non mai voglio averti vicino, e diventare un po' il tuo Saturno, e proteggerti finché ne avrò forza, e poi soltanto starti seduta accanto come un vecchio gatto.
Ti voglio bene,
Tua M_E_M |