In questi tre brevi squarci c'è il motivo per cui questa Saga è così efficace.
Perchè ci sono situazioni complicate e tematiche delicate, ma sempre affrontate con ironia e uno spirito positivo che non minimizza i problemi, ma spinge a riflettere su di essi per andare avanti. Rendere pieni di patos i momenti drammatici è relativamente facile, una volta che si impara il trucco. Ma rendere pieni di brio o commoventi i momenti quotidiani è assolutamente un dono raro.
E questi tre brevi scatti si leggono alla velocità e con un sorriso sulle labbra, ci sono così tante cose da notare, sottolineare, commentare.
C’è Tom, che dietro alla sua aria di superiorità nasconde paure e insicurezze molto profonde. Paure dovute alla consapevolezza di essere nato per i motivi e con le mo dalità sbagliate. Paure che, al contrario di quello che probabilmente si aspettava, non sono scomparse con la morte di Alberich. La consapevolezza di essere in vita per un'ingiustizia (ovvero di essere la seconda opportunità dell'ultima anima che si meritava un'opportunità) è sempre lì, dentro di lui, ma viene a galla solo in alcuni momenti- ovvero quando si scontra faccia faccia con il male che ha fatto l'Altro. Diciamo la verità, Tom è una persona fondamentalmente egoista ed egocentrica (non è un offesa, è un dato di fatto, io amo il personaggio, ma negarne i difetti vuol dire non apprezzare o non capire la caratterizzazione che tu, come autrice, gli hai dato), quindi la consapevolezza astratta che Voldemort abbia fatto del male ad altri esseri umani, generici e lontani, non basta da sola a farlo sprofondare nei sensi di colpa.
Gli servono le prove, gli effetti dolorosi sulle poche persone a cui tiene. E Thomas tiene a Stevens, nel suo modo bianco o nero che ha di affezionarsi alle persone. Con Tom o sei dentro o sei fuori, e se sei fuori rimani sostanzialmente un estraneo anche se fai parte della sua stessa famiglia allargata (vedi Ted, James, Rose o la stragrande maggioranza degli Weasley- a cui tiene solo come concetto o per riflesso di Al, non certo per affetto verso i suoi singoli componenti) mentre se entri nella rosa delle “sue” persone ci entri per sempre e completamente, nel bene e nel male. Tutti i rapporti con le persone verso cui prova affetto o stima sono in un certo senso assoluti, intensi ma non privi di complicazioni.
C’è Al, con la sua consapevolezza che salvare la persona che ami a volte vuol dire affrontare un castello in fiamme, a volte semplicemente aspettare e rispettare i ritmi dell’altro per parlare. Anche se aspettare è faticoso.
Al che ha imparato a monitorare i malumori e i periodi cupi di Thomas senza lasciarsi buttare giù a sua volta- un’evoluzione importante del personaggio, visto che all’inizio di Dp non ne era capace.
Al a cui il nulla di Tom non piace, ma che è consapevole del fatto che è una parte di lui, che non lo definisce, ma contribuisce a renderlo chi è. E non si può estirpare, perchè se Thomas non fosse nato nel modo in cui è nato, e non si fosse arrovellato per anni sulle sue origini e sulla sua diversità, e non avesse attraversato quello che ha attraversato durante gli ultimi due anni di scuola, sarebbe un’altra persona.
Al sa che non può sconfiggere del tutto gli incubi e i cattivi pensieri di Thomas, però può tendergli la mano e tirarlo fuori da essi, ogni volta, e far sì che Thomas non ne venga fagocitato.
Ci sono Al e Tom con alcune loro dinamiche che potrebbero sembrare contorte, (tipo pedinarsi lol) e forse lo sono, ma funzionano per loro. Sono i classici due che da adolescenti hanno una relazione piuttosto disfunzionale che però, mano a mano che crescono e maturano, riescono a rendere funzionale, non senza qualche sforzo, cambiando alcuni loro comportamenti e ri-equilibrando alcune dinamiche, che comunque non vengono stravolte del tutto. Dopotutto, io penso che ogni coppia debba ambire non alla perfezione ma all’equilibrio, che è personale, soggettivo diverso per ciascuna storia, con buona pace di coloro che vorrebbero stilare un decalogo del perfetto comportamento da tenere in una relazione, per poter tracciare una linea netta tra rapporti sani e malsani senza dover fare la fatica di analizzare la complessità umana che ci sta dietro. Tom e Al non hanno la relazione perfetta, ma hanno la relazione perfetta per i loro caratteri e per il loro vissuto. (Comunque, aldilà di queste riflessioni razionali, io sono un Al/Tom shipper da sempre e per sempre, e nelle loro parti mi sciolgo, letteralmente, cosa che non mi capita con le altre coppie. A livello razionale, penso che abbiano entrambi un sacco di difetti e contraddizioni. Ma forse proprio per questo mi piacciono. A livello viscerale, sono i due che più mi emozionano, e di cui ho preso subito a cuore le sorti durante la primissima lettura)
A proposito di relazioni e rapporti, in questa breve fic ci sono degli accenni al rapporto di entrambi con Harry che ho apprezzato tantissimo.
Come quando Al dice che Tom si è scontrato più di tutti col padrino negli anni dell’adolescenza, ma che ora, tra tutti i figli e figliocci e nipoti del Salvatore, è quello che rispetta di più la sua autorità e considera di più la sua opinione.
O come quando Harry stringe la spalla a Tom e gli ricorda come, quanto e perchè è diverso da Voldemort. Mi sarebbe piaciuto leggere la conversazione Harry-Tom sull’argomento, perchè immagino sia stata molto diversa da quella tra Al e Tom, però va bene così. Tom si era già confrontato con Harry su questa tematica nelle storie principali dopotutto, mentre invece mancava un approfondimento su come la consapevolezza della vita precedente di Tom fosse percepita e metabolizzata da Al.
Un altro momento necessario, che chiarisce alcune cose rimaste dubbie in Aul, è stato quello in cui capiamo che Al ha capito che suo padre ha capito. (Lol) Al intuisce che Harry, come padre, ha compreso da tempo quanto sia assoluto ed esclusivo il loro legame, e, sempre come padre, non trova il senso dell’interrogarsi troppo sul fatto se sia platonico o meno.
Qualsiasi conversazione aperta sull’argomento probabilmente imbarazzerebbe entrambi, per via dei loro caratteri molto pudici, ma ciò non vuol dire che Harry disapprovi o che Al non si senta accettato o capito dal padre.
C’è un’empatia sottile tra Albus e suo padre, meno chiassosa dalla complicità evidente che papà Harry ha con James, diversa dalla comprensione a volte conflittuale che intercorre tra Zio Harry e Tom, ma non per questo meno densa d’affetto.
Andiamo ora dall’altra parte del mondo, a chiederci come diavolo Dira sia riuscita a rendere pregna di dolcezza e ironia la descrizione di un Natale di due ventenni senza famiglia e legami, che annegano nella malinconia o nel cinismo, scappano dall’appartamento in cui è in corso un’orgia il giorno di Natale e finiscono ad ascoltare musica sacra.
C’è Milo che una volta si chiamava Emil ed era un bambino prodigio, ma ormai ha sepolto il suo potenziale, il suo talento, insieme al suo passato.
E vive non pensando, tra feste folli e piaceri effimeri.
Milo che non perde tempo a rimurginare sulla storia assurda, perchè sa che non servirebbe a nulla.
C’è Soren che invece vive per quel passato, perchè il suo passato è ciò che genera la sua volontà di riscatto, il motore che lo muove come un’ossessione. Il desiderio di smantellare la setta che, rendendolo un bambino soldato, non solo gli ha rovinato la vita, ma ha fatto sì che lui la rovinasse ad altre persone, macchiandogli per sempre la coscienza.
Soren, a differenza di Milo, non può ignorare il proprio potenziale, perchè un giorno una ragazzina dai capelli rossi lo ha guardato negli occhi, davanti a un castello in fiamme e a un esercito di Auror che voleva tenerli separati, e gli ha detto che non perdonava le sue azioni, ma vedeva oltre di esse. Vedeva quello che sarebbe potuto essere se solo lo avesse voluto abbastanza, quello che avrebbe potuto fare se solo ci avesse creduto di più. E gli ha detto che l’unico modo per farsi perdonare non era con le scuse, ma diventando una persona migliore- perchè, gli ha detto questa ragazzina, lui sarebbe potuto diventarlo, con la sua forza di volontà, anche se tutti gli avevano fatto credere il contrario.
Soren non può non diventare quella persona perchè sarebbe come fare un torto a Lily, che è stata la prima a vederlo e a crederci davvero.
Così usa il potere e le conoscenze che la Thule gli ha dato per combatterla e smantellarla.
Milo non conosce tutta la storia, non ancora, eppure si rende conto che Soren ha l’aria di un devoto.
Mi ricordano un po’ Don Chichotte e Sanzo Pancha, Soren e Milo. L’eterna coppia del cinico e dell’idealista, del cavaliere serio e ingenuo e del servitore saggio e irriverente. Uno dedito al piacere esclusivamente carnale, alle storie di sesso senza complicazioni emotive l’altro dedicato a un amore potentissimo ma assolutamente casto, da vero cavalier servente, che non ammette distrazioni o frivolezze. Sono due posizioni estreme, in ambito amoroso-relazionale, entrambe legittime, ma lievemente auto-distruttive.
Lo stakanovismo eccessivo di Soren in un certo senso è l’altra faccia dell’edonismo estremo di Milo: due modi di vivere opposti e, se portati all’estremo, ugualmente nocivi.
Eppure, in qualche modo, sono simili. “Siamo solo in due principino” pensa Milo. SBAM. la chiave di lettura del loro rapporto. Essere soli in due è la condizione migliore per iniziare un’amicizia.
Sono due esclusi dalla società, non per scelta ma per circostanze. E, nel corso della Saga, tra loro nasce quel tipo particolare di complicità tra outsider, che costituisce uno dei “topoi” più belli e fortunati delle amicizie letterarie.
Entrambi hanno una storia burrascosa alle spalle, un’infanzia interrotta troppo presto, un’adolescenza di scelte, frequentazioni o abitudini sbagliate, dettate da spirito di sopravvivenza o dalla sensazione di non avere altre alternative (conseguenza dei primi anni di vita all’insegna dell’abbandono e della mancanza o dell’inadeguatezza di figure adulte/genitoriali degne di questo nome)
Entrambi sentono di non avere un posto nella società, o meglio, sentono di poter inserirsi nella società solo in un ruolo imposto dall’alto sulla base del pregiudizio altrui (Per Soren, quello di ex-carcerato che si mette al servizio della comunità per riscattare le proprie colpe. Per Milo, quello di Magonò cinico e illetterato.)
Tra di loro non si compatiscono, non si giudicano. Sanno quanto sia fastidioso non solo essere vittima di pregiudizio, ma anche oggetto di quella compassione benevola, eppure fastidiosa perchè pregna di superiorità. Sono due sopravvissuti.
E Milo in questo brano studia Soren, con la diffidenza tipica dei sopravvissuti, per capire se può fidarsi di lui. Se vale la pena costruirci un rapporto, oltre quello lavorativo.
Con Soren che parla del suo essere solo come di un dato di fatto, non per farsi compatire. E proprio per questo suscita nel lettore o nell’interlocutore (in questo caso Milo) un moto di empatia.
Soren che a volte è brusco e scostante, ma che si scusa sempre quando si accorge di esserlo stato.
Soren che non ha ricevuto un’educazione all’insegna della bellezza e della sensibilità artistica, eppure si commuove ascoltando musica classica.
Soren che ha una sciarpa piena di buchi, ma impossibile da abbandonare, che è la metafora perfetta del rapporto Lily/Ren prima di Oan. Perchè quella sciarpa è bucata e malandata ma è l’ancora di salvezza a cui Soren si aggrappa.
Non è solo e sempre l’amore che può salvarci però. A volte è l’amicizia.
Ho sempre trovato riduttive quelle storie che definiscono l’amore romantico come la forma di sentimento più alta e complessa, l’unica alternativa alla solitudine.
L’amicizia è altrettanto importante nella formazione degli individui, e a volte può essere altrettanto totalizzante da vivere e interessante da raccontare.
Per fortuna ci sono Soren e Milo a ricordarcelo. Amo il loro rapporto, imperfetto e necessario.
E ora torniamo in Inghilterra, perchè ho sproloquiato anche troppo su questi due.
L’ultima parte è decisamente più allegra. Un po’ perchè è l’unica parte in cui non è presente come guest-star ne Tom ne Soren, e quindi ci possiamo rilassare, come sempre nella tua Saga quando i due cuginetti dall’aria tetra non sono nei paraggi (mi sento tanto James)
Un po’ perchè ci sono Rose e Scorpius, che, nonostante i problemi, portano sempre con se’ una buona dose di ironia.
Bella l’idea delle famiglie che si alleano tra di loro per mettere dei paletti alla loro relazione con la scusa del “fidanzamento ufficiale”. L’ho trovata più originale di un’eventuale scenata melodrammatica Capuleti e Montecchi.
Mi è piaciuto anche il breve accenno alle differenze politiche e di classe che, oltre ai rancori personali, dividono le due famiglie. Ad esempio quando scrivi che i Weasley-Granger non sanno come usare le posate d’argento, o che Scorpius non sa dove appoggiare i cappotti degli ospiti perchè di solito, a Villa Malfoy, è un compito che svolge la servitù, cioè gli Elfi.
È un aspetto poco trattato della coppia Rose-Scorpius, che secondo me non è da sottovalutare.
Ah, e ovviamente ho apprezzato la breve comparsate di Nonna Andromeda, che nelle tue storie è sempre la più cool anche quando compare per mezza riga, e di
Hugo, goffo, adolescente, e apparentemente sempre con la testa tra le nuvole, ma più sveglio di quel che sembra.
E qui smetto di dire cosa mi è piaciuto, perchè altrimenti rischio di farmi conoscere come “quella che scrive recensioni più lunghe dei capitoli”.
So che questa storia è stata scritta tanto tempo fa e forse non ha senso perderci così tanto tempo scrivendo papiri. Ma quando l’ho letta la prima volta ero un’adolescente introversa patologica, soprattutto con gli sconosciuti, per cui non ho mai recensito. E poi molti personaggi li ho capiti solo più tardi, durante la seconda rilettura. Le tue storie mi hanno davvero tenuto compagnia in molti momenti, ho fantasticato così tanto sui tuoi personaggi, mentre aspettavo gli aggiornamenti di Oan e immaginavo tutti i possibili finali, che ormai mi sembrano vecchi amici, e non mi pare vero di poter scrivere alla loro autrice le mie opinioni e riflessioni su di loro.
Ci sono quelle due o tre saghe fantasy che si leggono tra l’infanzia e l’adolescenza è rimangono sempre nel cuore, e la Dp Saga è una delle mie.
Ancora grazie per tutti questi personaggi che mi hanno aiutato anche a capire un po’ di me stessa e delle relazioni umane.
Wednesday in Wonderland. (Recensione modificata il 01/12/2020 - 01:33 am) (Recensione modificata il 01/12/2020 - 01:34 am) |