Recensioni per
Gorgoglìo.
di hiccup

Questa storia ha ottenuto 269 recensioni.
Positive : 267
Neutre o critiche: 2 (guarda)


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Recensore Veterano
05/05/14, ore 19:55
Cap. 123:

Ci tenevo particolarmente a commentare questa poesia - e a riprendere a commentare con questa poesia. Che fra l'altro tocca una tematica non nuova in sé, credo che la tua raccolta si stia facendo sempre più ciclica (e non temere, nel momento in cui smetterà di apparirmi ciclica e mi sembrerà scadere nel banale, te lo farò notare subito, così potrai rimediare - se vorrai, sempre se dovesse verificarsi questa eventualità, eh), tieni presente però che non è un male, è successo a molti Poeti, anche allo stesso Montale (che io adoro nei suoi temi, nelle sue parole e nelle sue espressioni che si riaffacciano, quando ricorrono e rincorrono (ne)i suoi versi).

La prima strofa è la più debole (mi viene in mente una cosa; te la scrivo in privato più tardi), l'atto dello scrivere è perpetuo e vano perché la tua è una scrittura che (forse solo ti appare) rivolta esclusivamente a lui, non al mondo. Forse è una generalizzazione azzardata, è vero; le tue poesie sembrano spesso raccontare storie e giornate e persone e avvenimenti. Eppure quel filo conduttore, che riecheggia con cupa onnipresenza, si fa vivo quasi sempre, lega a sé le tue parole e tu glielo permetti. Lo fai per catarsi, per dare ulteriore splendore a quello che già reputi brillante, tanto da rendere superflua ogni parola con cui, pure, tu cerchi testardamente d'ornare la sua presenza.
Scrivere a qualcuno è un atto furibondo, avviene con foga lenta ma sanguinolenta, è una sofferenza dolorosissima eppure liberatoria - il dolore purtroppo a volte è liberazione. Nel tuo caso, poi, i conflitti interiori sono accesi e scuotono la tua perfettina razionalità: devi ammettere che è venuto anche il tuo momento, la ratio ha incontrato un primo limite che in questo frangente della tua esistenza appare invalicabile (e confusionario, nel senso che è artefice del caos che impazza nella tua anima). Reputarti infantile è un ultimo colpo di coda, un ultimo scatto d'ira e d'orgoglio, la disperata reazione conservatrice della tua razionalità in frantumi e fallimentare: è la sensazione di poter perdere il controllo che ti spinge a dire

"Scuoto la testa, vergognosa,
ed arrossisco, infantile,
perché tutto sembra solo un sogno così fragile, così vacillante;
"

Ammesso che il sogno sia talmente fragile da essere intoccabile, ciò nulla toglie al desiderio che provoca e che non può sparire solo perché la tua ragione lo reputa irrealizzabile.

"accolgo i nonostante tutto, i ma, e i no;
rimango ore intere e interminabili
– il tempo e i luoghi s’interrompono, spariscono,
seduta su questo piccolo tavolo a sorseggiare un tè
ormai raffreddato e insapore, aspettando una telefonata,
un cenno, un sussurro: ma nulla."

E la realtà sembra dare ragione alla ragione, come si dava a Cesare quel che era di Cesare, eppure scrivi lettere e frasi destinate ad un ripostiglio tetro e polveroso, che documentano la rivincità dell'irrazionale.

"E quindi scrivo;
ti scrivo parole mute e senza realtà.
 
E forse dovrei anche chiederti scusa."

Io credo che tu non abbia nulla di cui scusarti, io credo che le tue scuse abbiano una radice ben diversa: chiedi scusa al tuo super-io, chiedi scusa per non averlo saputo preservare, chiedi scusa perché questo scrivere è un'infrazione del tuo codice di autoregolamentazione; non mantieni più gli obblighi di quella costituzione imposta al tuo io, non rispetti più quei doveri che avrebbero difeso la forma di governo vigente. Non so se sia un male o un bene: forse quella tua repubblica (anzi, reprivata) era corrotta e la ragione si comportava tirannicamente, e in quel caso la disobbedienza non è delinquenza, ma il principio d'una rivoluzione.

Complimenti per la poesia e per la tua capacità d'introspezione!

Recensore Veterano
28/04/14, ore 21:42

Ho letto il titolo e ho pensato subito a due cose: 1) sarà un anagramma? 2) ha un non-so-che di ungherese. E non c'entravano nulla, però sono indicative della mia propensione a fare collegamenti strani.
Leggendo poi i tuoi versi ho immaginato di cosa si trattasse e una ricerca su google me l'ha confermato, ho preferito non chiedere a te stavolta perché mi sembrava poco delicato (chiunque d'altro canto può cercarlo il titolo, se ci tiene a capire; altrimenti avresti scritto una noticina, se avessi avuto una particolare voglia di parlarne e spiegare).

La prima strofa racchiude un piccolo gesto, piccolo ma odioso. È una piccola resa, quell'atto, è un sorso ignobile il tuo, affrettato e indesiderato. A nessuno piace assumere medicinali, sia chiaro, ma in questo caso io credo sia particolarmente odioso, è un'ammissione di imperfezione non fisica ma psicofisica. Ogni volta è come subire una piccola sconfitta.

Non è un caso se la tua poesia si apre con una strofa che rappresenta una piccola sconfitta (ora definirlo gesto mi pare riduttivo). Nei versi seguenti infatti parafrasando dici d'essere uscita sconfitta troppo spesso negli ultimi tempi (come darti torto?) e questo ti infastidisce, ti annoia ed irrita questa vita dispettosa che agisce sottobanco e che irretisce i tuoi sogni, piccoli e grandi, sottraendoteli tanto di giorno quanto di notte.

Oggi il mondo ha avuto la meglio ma non crederti moribonda, sei un cucciolo acciaccato che si lecca le ferite e conservi ancora il meglio di te.

Bei versi, come sempre.

Recensore Veterano
27/04/14, ore 12:43

Buona domenica intanto!
È sempre un piacere leggerti, ma riesci a strapparmi un sorriso quando l'involucro che ricopre la tua anima è composto da parole così sensibili, leggere, allegre e vivaci, nonostante tutto.
Nonostante tutto perché non passa istante in cui dimentichi o, peggio, trascuri quello che è "successo", infatti dici:

"mentre indaghi sul futuro imminente – ancora ti spaventa."

Ma c'è l'ottimismo necessario per ricostruire e risollevare i tuoi sogni e le tue ambizioni. E momenti del genere, come quelli trascorsi e descritti, con persone e libri del genere, come spesso si incontrano nelle tue parole - che in proporzione riflettono i tuoi personali e reali incontri -, ti aiutano moltissimo, trasportano aria nuova e vecchia, un calore che riscalda il cuore e lo rassicura, come solo le cose belle e nuove e quelle ben note insieme sanno fare.
Basta poco, una piccola abitudine o una parola di un'amica (forse tu mi correggeresti, dovrei dire Amica) e ogni emozione si fa fluida e il dolore vi si mescola, diviene meno inteso e più sopportabile ad ogni sorso, si fa quasi trascurabile.

"Arranco gentilmente e timida verso le coltri
soffici e tiepide; mi distendo con un sorriso e sospiro appena
perché va tutto bene; lo realizzo, esamino i miei pensieri
e mi vedo felice, semplicemente."

Un guizzo di felicità, splendido!

"per poi richiuderli; sorrido ancora e penso al domani,
alle promesse, alle avventure, alle persone."

Avventure, promesse e persone, tre parole che potrebbero sintetizzare le tue tue poesie in un certo senso, non trovi?
C'è chi ambisce a fama, denaro e relazioni passeggere. E c'è chi dalla vita si augura di ricevere promesse, persone e avventure. E io trovo che chi appartenga alla seconda categoria sia infinitamente più interessante e audace e vivo.

"Ma sono felice.
A volte basta davvero poco.
Pochissimo."

Non è detto che quel poco sia così poco. Se basta a farti felice anche soltanto per una frazione di secondo, non può esserlo. :)

Recensore Veterano
24/04/14, ore 18:32

È una poesia che tocca un nervo scoperto ed è difficile prenderla senza farti male.
Provo a fare del mio meglio.

E sarò sincero, devo e voglio esserlo. Leggendo questi versi si ha (io l'ho avuta) l'impressione che chi scriva cerchi di convincersi di quanto abbia scritto, ma che non ne sia convinto davvero. È vero, il momento peggiore è alle spalle (l'impatto è trascorso, c'è un cratere e qualche stravolgimento climatico ma la vita non si è estinta) ma dubito che una seconda (o una terza o una quarta) delusione possa fare meno male di una prima. Si è più preparati, senza dubbio, si sa come reagire per poter andare avanti o semplicemente oltre, ma andare ad infrangersi contro un muro fa sempre male, a prescindere da quanti incidenti si abbiano già avuti.

Quando dici:

"Il fallimento e l’angoscia e il rimorso
vengono trangugiati violentemente, bruscamente, velocemente
- quasi non s’avverte il loro retrogusto amaro sulla lingua;
le inghiotti vorace – non vuoi farle vedere queste cose -"

La tua voglia di accantonare quello che è accaduto è evidente e più che giusta, perché è fondamentale non crogiolarsi nella disperazione (in senso lato). Eppure la fretta è cattiva consigliera e, io credo, il modo migliore per accettare quello che è successo e per superarlo sul serio sia quello di dedicargli, anche a costo di farti un po' male, qualche tempo, qualche ora al giorno, per capire cosa non è andato, cosa vuoi conservare e cosa vuoi cambiare per il prossimo traguardo. Affrettarti ad andare avanti potrebbe avere infatti una controindicazione spaventosa: potresti portarti dietro la paura di fallire ancora e ancora, la paura di non poter riuscire a fare ciò che più desideri. E di questo potresti neanche rendertene conto, perché la sua causa sarebbe quel fallimento che reputerai sia solo acqua passata. Avresti paura ma non potresti ammetterlo, come chi ha un tabù. E so che non vuoi avere alcun tabù, non è vero?
Come è logico che sia, questa è solo la mia opinione e le mie preoccupazioni potrebbero essere immotivate. Ne sarei ben lieto e spero sia così, tuttavia volevo darti anche una prospettiva diversa da quella che tu vorresti sentirti dire - o scrivere.

"Anche questo giorno è andato perso:
si genuflette per l’estrema unzione,
la giornata, prima di annegare, di perire;
ma un nuovo giorno è in procinto di nascere,
vedi il tenue rossore ai confini del cielo ceruleo?"

Questa strofa invece trasmette più tranquillità, sembra scritta con più pazienza e calma. L'occasione è persa, ma sai che se ne presenteranno altre. Dalle mie parti si dice ogni impidimentu è giuvamentu e, per quanto io sia scettico ed indifferente ai proverbi, ammetto che talvolta si rivelano veritieri.
Ti aspetta una vita diversa da quella che avevi immaginato (almeno nel breve termine), ma i conti si faranno solo quando avrai raggiunto il lungo termine.

"Non tutto è perduto, via:
hai ancora le tue insicurezze e i tuoi terrori apparenti;
le tue preoccupazioni insormontabili e i tuoi desideri egoistici;
hai ancora i preziosi amici accanto,
pronti a sorreggerti sempre e comunque;
hai ancora un padre e una madre che ti osservano -
critici e delusi, certo, ma non ti voltano le spalle;
hai ancora il tuo cuore e la tua mente
affranta, ma vivida e pulsante."

^This. Hai ancora tutti i tuoi difetti, il che è una s/fortuna, e tutti i tuoi pregi, fortuna ancora più grande. I motivi per essere ottimisti non mancano. E sono sicuro che riuscirai a fare sentire i tuoi genitori fieri di te.

"Non tutto è perduto, ti dici:
l’ennesima sconfitta non degrada
come la prima volta, vero?
Perché questa volta è più semplice
accettare, metabolizzare, affrontare.
Forse."

Questo si ricollega a quello che dicevo prima e quel forse... si commenta da solo, no?

"Lasci che l’acqua bollente ti scorra addosso,
s’insinui dentro di te, tra un pensiero e l’altro;
le permetti di inglobare i tuoi singhiozzi muti;
l’acqua pulisce, purifica, depura,
toglie i residui appiccicosi delle lacrime;
non è senza effetti, questa caduta violenta e lo sai,
i sintomi ci sono, ma esiste sempre la guarigione,
una cura c’è sempre."

Sì, una cura c'è sempre. Specie per una ragazza così giovane che scrive così bene e che assorbe avidamente ogni frazione di spazio e tempo.

Recensore Veterano
23/04/14, ore 19:15

"Fiducia - collaborazione"

Sinergia, la definirei. E mi sembra più che giusto dare un titolo doppio ad una poesia nata da due menti.
Sui contenuti non posso che essere d'accordo, a partire da quella breve introduzione in cui ricordi (ti ricorda) che non si si può arrendere, non ci si può fermare; la vita non sempre segue schemi fissi, come noi forse preferiremmo, ci tocca quindi fare i conti con la realtà, per quanto amara possa essere. E bisogna farlo con ottimismo e fiducia, che reciprocramente avvolgono questi versi e promettono un riscatto che non tarderà ad arrivare (magari sotto una forma diversa).
Sinergia, dicevo. Scrivere a quattro mani non è semplice, scrivere una poesia con un'altra persona è un gesto che va ben oltre l'affetto e l'attaccamento superficiale di una relazione qualsiasi, diventa quasi un amore platonico poiché si condivide il proprio cuore e lo si mette a disposizione, cercando le parole migliori per l'altra persona. Significa darsi del tutto. Vi invidio, è da molto tempo che non ho la fortuna di poter scrivere una poesia a quattro mani, sai?
Leggendo questi versi - potrei sbagliarmi - ho avuto l'impressione che tu e K. abbiate il raro dono di poter contemplare lo stesso cielo attraverso le stesse stelle a cui fare riferimento; vi intendete perfettamente, è chiaro. Hai dato poca importanza al tuo contributo, ma ormai ho imparato a non fidarmi della tua modestia; sarà stato essenziale, di certo, come il suo probabilmente.
Se oggi leggessi questa tua poesia, compresa quella tua nota in fondo, direi che probabilmente si tratta della poesia d'una coppia che ha la fortuna d'avere accanto la propria anima gemella, in una coincidenza perfetta di tempi e luoghi in cui ritrovarsi, secondo affinità e sensibilità che non sono affatto comuni.

Complimenti (se potessi li farei ad entrambi), le vostre parole si fondono insieme in maniera armoniosa e perfetta, oserei dire che si tratta di parole fatte le une per le altre.

Recensore Veterano
22/04/14, ore 17:55
Cap. 111:

In questa poesia non tutto mi torna, mi risulta difficile capirla.
È un incubo che hai fatto? Sognavi s'essere senza voce? O ti sei svegliata senza voce, magari perché influenzata?
È forse un silenzio riferito a voi due quello che temi?

"L’agitazione è tangibile:
non sono padrona dei miei pensieri,
delle mie emozioni; odo l’acqua infrangersi
prepotente, scorbutica, immensa,
contro le arrochite fragili imposte della mente:
fluttua, gorgoglia, rimbomba ed echeggia
in un loop infinito, in un eterno incedere martellante."

C'è agitazione ed ansia. È l'incubo? Il momento del risveglio? È per via di qualcosa che hai letto o sentito?

"Quanto ancora continuerà il rumore?
Il silenzio lo bramo e lo ripudio da sempre
– è un controsenso, è pura assurdità:
fammi singhiozzare, fammi gridare, fammi disperare,
non lasciarmi scivolare in quest’oblio silente,
immoto e senza via d’uscita."

Il rumore è metafora del silenzio? È l'incubo? È l'attesa d'una risposta?

"Non violarmi
nella mia melodica armonia:
non sopravvivrei;
ne sono certa.
(Esiste ancora qualcosa di certo?)"

In che modo potrebbe violarti? E chi? Quel silenzio così assordante? Delle parole invadenti?

"Ingoio boccate amare d’aria insalubre e rarefatta,
condensa violacea d’incubi solerti e indotti
da farmaci oppressivi e malsani;
i polpastrelli intaccati di veleno
e le labbra sporche d’inchiostro:
bacio le tue parole – una ad una –
senza pausa, senza fine, senza desiderio alcuno."

Baci le sue parole. Senza desiderio. Perché? Non ti serve altro, ti basta sentirlo? Il respiro affannoso è dovuto a un malessere fisico? È per via del sogno?

"Sono qui, china su carte antiche ed obsolete –
ad ascoltare il battito pacato del tuo cuore;
Sono qui, a stringermi tra le scapole gelide -
a frenare i palpiti d’emozione sbagliata dei miei respiri;
e intanto canto per affrontare la paura del silenzio;
canto con voce strozzata: non è altro che un filo sottile."

China su quali carte? Potrebbero essere scritti (poesie, libri, lettere) di autori "antichi" che in qualche modo richiamano a lui; forse il libro della Fallaci con quel suo "rimando"?
Canti con voce strozzata. Ma il confine fra sogno è realtà è così sottile che non riesco a distinguerlo, mi aiuteresti a districarmi?

Avevo pensato anche ad altro, ma non vorrei spingermi troppo oltre con le mie interpretazioni (lo sai, tendo a leggerci più del dovuto nelle poesie).
Ho travisato del tutto il senso della tua lirica o ho afferrato qualcosa di quello che cercavi di dire?
Le parole mi piacciono ma, mi spiace, potrei non essere riuscito a cogliere il filo che le lega.

Recensore Veterano
21/04/14, ore 19:53
Cap. 98:

Oh.

Vedi, girando un po' per questa sezione di poesie del genere ne ho lette parecchie; si tratta, in sostanza, d'una paternale rivolta a chiunque ma che ovviamente va letta in prima persona. Intuire i propri errori d'altro canto non è difficile, la parte ardua è non commetterli (o evitare di ripeterli). Ma tu hai il dono, come ho già avuto modo più volte di sottolineare, di tramutare le parole e i discorsi in poesia (per risponderti sulla questione dello scrivere discorsivamente), facendo un "salto di scala". Ad esempio, questi due versi:

"oltre la fiera salvaguardia,
oltre l’oasi sicura e quieta dell’equilibrio;"

non sono eccezionalmente lirici ed aulici, ma sono appropriati, oltremodo appropriati (come fa una cosa ad essere appropriata oltremodo? licenza poetica, eh). Dico appropriati perché adatti al tuo stile, alle altre parti e agli altri versi, al tema che scegli, ai tuoi versi abbondanti e non stancanti. Come dici in questi versi, è tutta una questione d'equilibrio (dell'equilibrio ne avevamo già parlato alcuni commenti/poesie fa; sto pensando che in un certo senso dialoghiamo su livelli diversi, poesie<--recensioni<--risposte, secondo un ordine fisso e con legami altrettanti fissi, è strano quando ci si deve riferire a cose dette in passato).

Sul contenuto della poesia non posso che essere d'accordo con te. La nostra imperfezione ci spaventa, la non corrispondenza tra noi e il mondo segna un divario quasi incolmabile, che si attua in desideri non realizzati, in incomprensioni incidentali e perdite fuoriprogramma. È come se intuissimo che la vita sia un prodotto notevole, che però non riusciamo a ricomporre. Dobbiamo accontentarci d'inserirci in quel polinomio come uno dei tanti fattori, consapevoli però d'avere nonostante tutto un valore (e un segno). E quando ci accontentiamo, allora riusciamo anche ad essere meravigliosi e stupidamente imperfetti esseri umani.

Brava, la poesia non è esaltante, ma non è onta alla Poesia. Come sempre, ha il suo perché ed è un perché esposto piuttosto bene.
 

Recensore Veterano
21/04/14, ore 15:57

“Perché siamo un po’ tutti come la pizza;
siamo uguali, ma con condimenti diversi.”

Parole degne del miglior Keats!
Ahahah scherzo ovviamente, e dopotutto in quella riflessione scherzosa c'è qualcosa di vero. :)

La poesia è semplice, hai trascritto le impressioni di quel momento (forse un po' interminabile), tra stanchezza e suggestione, curiosità (ti piace spiare i volti altrui, eh?) e riflessione (immancabile). A proposito di quest'ultima, non "spaventarti" e non sentirti un'eretica, penso che la tua situazione sia comune a molti (me compreso). In occasione delle festività io credo sia del tutto legittimo meditare su ciò che si festeggia, su quello in cui si ha fede e su quello che si ritiene frutto di scelte e pensieri meramente umani e come tali condivisibili o meno. Ciascuno di noi, penso, debba costruire una propria fede genuina, che non sia forzata e che non segua dettami che le vengono imposti solo per rispettare le convenzioni sociali e non sconvolgere i pensieri troppo ortodossi di qualcuno.
Potrei scrivere di più in merito, ma ne verrebbe fuori una digressione che poco c'entra con la tua poesia. Mi fermo qua e ti faccio i complimenti per la tua capacità di trasposizione (riesci a mettere per iscritto in versi tutto quello che vuoi, sei brava in questo) e per la tua caratteristica umiltà.

Recensore Veterano
20/04/14, ore 23:25

Che poesia malinconica!
Le farfalle le adoro, ammiro ed invidio la loro eleganza nel volteggiare liberamente nell'aria. Il titolo mi aveva fatto pensare alle "farfalle nello stomaco" chissà perché, invece ti riferivi a quelle in "carne e ossa" (ma non è che per caso avevi pensato anche alle altre, mentre digitavi quel titolo? ti è capitato?).

"Mi sento stanca, sfibrata, frammentata;
nonostante il piacevole torpore del sonno indotto;
i pensieri gravano come macigni e si contorcono
creando nodi spessi e forti - non riesco a districarli;
l’atlante geme, scricchiola, incapace di sostenere
il peso del cranio pieno e pullulante di immagini, suoni, parole."

Secondo me hai un po' esagerato con i punti e virgola. A parte questo, il climax iniziale è molto forte, lascia una sensazione di non-ce-la-faccio-più al lettore, subito dopo escludi che la stanchezza possa derivare dalla mancanza di sonno (sonno indotto sia da interpretare letteralmente suppongo, sonniferi? o indotto da te?) e arrivi al cuore del problema: quei pensieri così opprimenti e pesanti che si legano tra loro e ad altri, creano nodi che rischiano di farti soffocare se non districati in tempo.

Però fuori il sole splende, sai?
Balugina su ogni superficie, in ogni volto, tra ogni sorriso;
e le farfalle frullano le indomite ali civettuole,
e, galleggiando di fiore in fiore,
baciano i loro petali color pastello.

Questo è uno dei tipici contrasti che fai emergere tra le tue strofe. Lo splendore del mondo intorno che stride sulla tua anima, inquieta e triste. Stavolta non ci sono dubbi su quella bellezza, le farfalle sono tedofore d'eccezione e d'indiscutibile fascino. Annunciano un mondo semplice e ricco, il cui accesso è formalmente libero e disponibile a chiunque.

Tutto splende;
magari
riuscirò a trovarne un barlume
anch’io,
di quel sole.

E tutto splende, la luce e i colori si infrangono su ogni superficie ma subiscono una rifrazione mentre cercano d'attraversarti, non tornano indietro, no, ma si perdono e non te ne resta nulla. Non nel momento in cui scrivi - o provi quello che avresti poi scritto. Per fortuna non è sempre così, per fortuna di solito la luce viene deviata, ma non riflessa del tutto. Momenti di malinconia esclusi.

Una poesia intima e che mi piace, eppure un po' piatta, se capisci cosa intendo. So di cosa sei capace e quindi mi permetto di essere più esigente, so che puoi fare ancora meglio. :3.

Recensore Veterano
18/04/14, ore 20:33

Mi piace quando scrivi poesie sull'accettazione del proprio sé (un tema, questo, che ti è caro e che affronti spesso). Non dici mai cosa sia migliore, se tu o gli altri; nelle tue poesie non ci sono elogi in cui un ruolo è in luce e uno in ombra, no: le tue poesie sono quasi sempre neutrali, incapaci di stabilire gerarchie, utili solo a constatare che la realtà è questa. Così è, se vi pare.
Forse non hai modo di saperlo, ma oggi è morto Gabriel Garcia Marquez. Forse ne avevamo parlato, ti dico la verità non ricordo, comunque è uno dei miei scrittori preferiti. E oggi mi sono accorto di una cosa, è capitato più volte di sentir dire in tv "L'autore di Cent'anni di solitudine". Provaa ripetertelo a voce alta: Cent'anni di solitudine. Non mi ero mai reso conto di quanto potente fosse il titolo, oggi a sentirlo mi sono venuti i brividi - e no, non è un modo di dire, mi son venuti davvero. Forse perché ho letto il libro e quindi conosco la storia che c'è dietro, non so, comunque sia è incredibilmente come delle parole possano scatenare effetti così tangibili.
Perdona l'excursus, ma mi meraviglio sempre del rapporto che intercorre fra astratto e concreto, parole e realtà.
Il loro rapporto, peraltro, diviene contraddittorio nella tua poesia. Dicevo prima sia neutra, non si esprime sul risultato, ma in effetti c'è una leggerissima ma comprensibile vena polemica, frutto di quella voglia di rivalsa che saltuariamente serpeggia fra i tuoi versi. Non critichi gli altri, defendi solo te stessa. Ed è assolutamente legale la legittima difesa.

"Mi dicono
che scrivere è per sciocchi,
per disperati, per disillusi;
mi dicono
che scrivere è fuggire dalla realtà,
annichilirsi, annegare
in un oceano di parole ed emozioni fasulle."

C'è un pizzico di verità in ciascuna di quelle accuse. A volte scrivere è sciocco, a volte è un gesto disperato, a volte è per i disillusi, a volte è estraniamento, a volte è autolesionismo.
 
"Il sentimentalismo
non dovrebbe far parte
del mondo;
le parole dovrebbero essere
cupe, fredde, plumbee."

Come ti dicevo l'altro ieri, siamo vivi dopotutto. E le eventualità citate nella strofa precedente sono possibili conseguenze dello scrivere, che a sua volta è conseguenza dell'esser vivi e quindi dell'avere sentimenti. Sono d'accordo con te: conviene correre il rischio, piuttosto che ridurre la vita a meccanisimo e i libri a manuali con le istruzioni di montaggio.

"Mi dicono
che scrivere è una perdita di tempo;
è sognare e sognare, e mai risvegliarsi.
 
E sapete che vi dico?
Preferisco, certo,
crogiolarmi in queste coltri tiepide,
senza riflettere, senza pensare:
mi nutro di parole d’inchiostro."

Dopo quel "e sapete che vi dico" mi aspettavo una delle due cose: apologia o invettiva. Hai scelto la prima, sei stata prevedibile. È da te :)

"Ogni mattina
apro gli occhi velati e svegli sull’universo, certo,
ma le mie labbra s’intingono di emozioni
ogni notte e le mie carni si portano seco
le tracce di amplessi totali e violenti;
sono un’amante passionale e possessiva:
non abbandonerei mai le parole."

Oh. :3
Sono d'accordo, il corpo non va demonizzato, lo stesso vale per le parole.
Vigile e passionale: ecco un altra indicazione, un'altra parte di te.

Complimenti!

Recensore Veterano
17/04/14, ore 21:00
Cap. 106:

Rieccomi, mi è mancato commentare le tue parole con altre mie parole, sai?
Parto dal titolo perché c'è una parolina tanto bella quanto frequente, una di quelle paroline e/o espressioni che formalmente fanno poca poesia ma di certo fanno tanto sentimento e tanta realtà. Troppo, abbastanza, purtroppo, nonostante tutto, c'est la vie, e via dicendo.
Abbastanza è un termine ambiguo, a cui un attento ascoltatore deve sempre diffidare: sentirsi rispondere abbastanza (bene, interessante, etc.) dovrebbe far scattare un campanello d'allarme, dovrebbe lasciar intedere che se è abbastanza bene può anche non essere abbastanza allo stesso tempo e forse non si ha il coraggio di ammetterlo e forse si avrebbe bisogno di aiuto, di poter sfogare perché mai sia solo abbastanza.
Mi ci ritrovo in questo titolo e in questo termine. Se mi dovessero domandare "sei felice?" "quanto stai vivendo la tua vita?" non potrei che dire abbastanza. Termine perfetto, perché di per sé non comporta alcun atto misericordioso che qualcuno dovrebbe compiere per te, nessuno che debba sentirsi in dover di chiederti il perché. Eppure è un atto d'onestà verso se stessi e un piccolo indizio, una traccia lasciata al mondo, un indizio per quello Sherlock che un giorno dovesse voler capire qualcosa in più di noi.
La poesia non è difficile da interpretare, anzi non è per niente velata, chiaro indice di quella sfaldatezza di cui dici anche nelle note. Non hai voluto camuffare nulla, sebbene avresti potuto, non hai avuto alcuna voglia di girare intorno a quel vuoto. In compenso è difficilissima da commentare, ogni singolo verso trafigge il lettore. È una poesia incalzante, non lascia scampo né speranze.

"Davvero: è una così bella giornata
fuori, oltre queste gracili pareti di carne molle;"

In quest'esordio c'è il tema di tutta la poesia: la tua anima è racchiusa in un corpo e sembra incapace di convivere con il resto del mondo, inconsistente di fronte alle belle giornate o a qualsiasi altra meraviglia del cosmo. Qualcosa non torna: perché la Terra si muove in media a una velocità di 1.670 Km/h (!) e noi siamo incapaci di trovare il coraggio di dire due semplici parole? E perché mai ci costringiamo a questo:

"incapace di far altro; a negare ogni sentimento;
ad andare avanti come sempre; fingendo;
dilaniandomi il cuore;

ci sono ancora notti, sai? Nelle quali non mi riesce
di respirare normalmente e mi sembra quasi di
annegare dell’apnea assordante."

(Sai che usiamo il "sai," entrambi frequentemente? :3 )

Tutto questo è irragionevole, l'amore si riduce ad un ammasso di emozioni che rendono invalido il nostro cuore e fiaccano il fisico, che pure sarebbe anche pronto a rispondere agli stimoli che non riceve.

Poesia schietta e d'impatto. Brava.

Recensore Master
12/04/14, ore 10:51
Cap. 101:

Ehi! Come promesso sono passata a recensire la poesia del giorno! Vorrei strapazzarti di baci e abbracci ma non posso, di certo non posso mettermi a baciare il cellulare! Cmq ancora grazie mille per gli auguri, sei tra le poche persone che si sono degnate di spendere poche parole per farmi felice... È stato un giorno di... Non continuo, anche perché stamattina mi sono alzata con i conati di vomito (tu penserai: di nuovo????) e non so perché continuo a rimettere il nulla! Sono davvero strana, ma del resto una come me poteva essere una persona uguale a tutte le altre???
Scherzo!

Passiamo alla poesia, che apprezzo tanto perché nonostante sia corta racchiude quei pochi concetti inspiegabili che nelle persone più sensibili vengono vissuti. Solo il succo ed è perfetto! Non mi piacciono i giri di parole, ne le cose lunghe che cercano di dirmi qualcosa ma alla fine non arrivano.i piacciono le cose piccole, significative che siano belle o brutte.
In fondo tutti vorrebbero sapere la cosa fondamentale invece che sentire tutto un discorso inutile, o no?
Magari io la penso cosi e poi gli altri pensano il contrario. In ogni caso devo esprimere la mia opinione.

Sono d'accordo con te: il silenzio è silenzioso ma parla più di una persona chiacchierona! Le persone non per forza devono parlare per farsi capire, gli occhi e lo sguardo dicono già qualcosa cosi come i comportamenti. È semplicemente perfetta, la adoro!
Grazie ancora (e ancora e ancora) per gli auguri e per i bellissimi versi!
Baci by Fede

Recensore Master
08/04/14, ore 20:58
Cap. 96:

Ehi! Ho saltato un bel po' di poesie ma in questi giorno c'è stata una lotta tra me, il cellulare e mio padre che santo cercava di riparare questo stupido aggeggio cretino! Praticamente immaginati me che bestemmio contro il telefono.... Non un bello spettacolo.
Personali se non sto recensendo strofa per strofa o con una recensione più lunga ma (appunto) sto usando il cellulare di mio padre. Alquanto scomodo per me!
Ma posso sempre farti i miei complimenti, anche questa svolto adoro sul serio la poesia. Amorevole, dolcissima e velata di una nostalgia gradevolissima!
Baci by Fede

P.S. Quando è il tuo compleanno?

Recensore Veterano
07/04/14, ore 00:02
Cap. 96:

Il titolo mi era familiare, ero sicuro d'averlo già letto fra le cose che hai scritto. Ho spulciato per quindici minuti buoni andando a ritroso nella tua raccolta ma alla fine avevo ragione! C'è una piccola introduzione alla poesia del 31 gennaio che recita proprio così:

“Quante stelle, quante stelle…”

Lo ricordavo bene perchè mi aveva colpito, mi era rimasta in testa (non so il perché, non c'è niente di eccezionale in quelle 2² parole, eppure erano rimaste lì, a volteggiare) e ricordavo d'aver commentato proprio a partire da loro.

Tu le hai usate di nuovo intenzionalmente? Potrei sbagliarmi ma io credo che tu non lo abbia fatto apposta. Ti sono tornate in testa stasera?

Sai, forse per una volta (una volta in cui fai autocritica e io t'assecondo) devo darti ragione, la poesia di oggi è un po' giù di tono. Il cielo merita poesie grandiose, altrimenti restano a terra, non si elevano, se ne distaccano e non offrono una scala per arrivare a toccare di nuovo le stelle. Ti dico quelli che secondo me sono gli alti e i bassi della poesia: da una parte c'è il cielo come mezzo per legare le vostre (e le loro) anime, solo il cielo può scalfire le distanze. Tu lo sai, hai tentato d'approfittare dell'exploit. Solo, le parole, una volta tanto, sebbene alcune siano familiari, non sembrano aggiungere qualcosa. Piuttosto confermano quanto hai già detto in altre poesie, capisci? Se non avessi letto le altre, poniamo caso che io stia leggendo questa ed è la prima tua poesia, credo che mi piacerebbe. Sì, ne sono certo. Ma dato che ho letto un centinaio di tue liriche, mi permetto e azzardo di dirti che è una poesia che conferma una tesi senza portare nuovi argomenti a favore.

Spero che presto cercherai di ritrarre ancora il cielo e le stelle, ma con dei versi nuovi e freschi.

E spero che lo studio ti lasci respirare abbastanza. Le poesie possono anche risentirne, l'importante è che non sia tu a risentirne. Te lo raccomando ancora, tieni duro! :)


ps. lo sai che mi diverto quando capitano quelle rare volte in cui posso correggerti, vero? :3

che non centra

c'entra*

Recensore Junior
06/04/14, ore 23:05

Sono incappata per caso nella tua raccolta e, per mera curiosità, ho voluto un po' leggere la poesia legata al giorno del mio compleanno.
Mi hai toccata in un punto profondo e piuttosto doloroso della mia vita, perché lì dove tu hai scritto "Balbuzie" io non posso non leggere "DSL": due problemi distanti anni luce ma che investono la stessa sfera, con un peso sulla vita sociale importante perché se la prima ci fa inciampare, la seconda è come una bolla di vetro che ci imprigiona e distorce non solo le nostre parole, ma anche quelle degli altri. Ed è orrendo e frustrante non riuscire a comunicare, a capirsi, tanto che la prima frase completa comprensibile - soggetto + verbo + complemento - ha il potere di emozionarti neanche se avesse appena ricevuto la laurea col massimo e la lode.
E il mio proposito di non parlare di certi problemi personali in questo sito è andato a farsi benedire.