Recensioni per
Gorgoglìo.
di hiccup

Questa storia ha ottenuto 269 recensioni.
Positive : 267
Neutre o critiche: 2 (guarda)


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Recensore Junior
27/03/14, ore 21:50

"fuggite dai vostri figli
altrimenti vi divoreranno." Con questa frase si apre un'altra delle mie recensioni, dove io cerco di adorare il modo in cui scrivi e cerco di incollare quattro frasi insieme per formare una piccola recensione. Come potrei essere delusa da una scrittrice così sublime?! Questa semplice frase (non contando l'intera poesia, così vera da poter essere respirata) mi ha colpito come una freccia nell'intestino (perdona la mia immagine sanguinosa, è l'attitudine di oggi, penso). Potrebbe essere intesa in tanti modi: divorare con le responsabilità pressanti di ogni giorno, divorare con tutte le preoccupazioni che i figli comportano, divorare con tutte le critiche ed i problemi di ogni giorno, ecc...
"L’aria fende i polmoni a metà,
denudando il respiro ansimante,
le narici fremono, i denti stridono,
nei palmi s’incarnano le unghie." L'aria che fende i polmoni è caratteristica,inaspettata così come quella delle unghie che si incaranano nei palmi. Semplicemente magnifica come sempre, non ho altro da dire! Sentenza conclusa. Alla prossima recensione!
Con affetto,
Laura_Black82

Recensore Veterano
27/03/14, ore 10:22

(Segnalazione indirizzata all'amministrazione per l'inserimento della storia tra le scelte)
L'ennesima perla in una raccolta di liriche cariche di introspezione e espressività. L'ottantacinquesima poesia, dopo ottantacinque giorni di poesie, in cui ogni abbinamento lessicale è il risultato d'una scelta spontanea ma ponderata, brillante come un piccolo fuoco d'artificio, e tutti i frammenti insieme forgiano il ritratto di un'anima giovane e tormentata, piena di voglia di vivere e di paure da tenere a bada.
Una raccolta che si snoda fra temi più o meno ricorrenti, dei topos classici della poesia o personalissimi dell'autrice, che coniuga semplicità e raffinatezza, tecnicismi e ilarità. Poesie che sono spesso confessioni intime dei proprio dolori dell'anima, alla maniera del giovane Werther, e in cui è frequente per il lettore ritrovare schegge della propria anima.
Non manca l'originalità, l'audacia di certi azzardi semantici e di accostamenti decisamente poco ortodossi, non mancano componimenti dai ritmi blandi, lenti, dai contenuti leggeri e sbarazzini, ma per lo più è la stessa drammaticità del venire al mondo ad essere inclusa in ogni poesia, in cui cerchi di rappresentare, con fantasia e inventiva, un fedele ritratto di un mondo dai punti di riferimento sfocati, che manda allo sbaraglio ogni essere umano e in cui tu sei solo uno dei tanti.

Un percorso non ancora concluso, che mi auguro continuerà ad essere puntuale e ricco di quella freschezza che mi ha catturato sin dalla tua prima poesia che ho letto. Keep up the good work!

Spark

Recensore Master
26/03/14, ore 18:00

Ehi, per una volta sono puntuale... Record!!! Sto migliorando, baby *fa una balletto cretino*.
Beata te che hai tanta ispirazione, ogni giorno, io cerco di scrivere qualcosa perché non riesco stare senza la penna in mano ma vago vin la mente, mi guardo intorno in cerca d'ispirazione ... Niente, niente di niente.
Quiiindi spero solo che per miracolo mi venga l'ispirazione nel momento giusto (e non prima di addormentarmi...)!
Bene non ho intenzione di fare una recensione seria, non me la sento e non fa per me! Aspetterei anni per cercare le parole giuste per descrivere ogni strofa! Quindi spero che tu ti accontenti con quel poco che riesco a ricavare dalla poesia *sono l'esempio peggiore dell'orgoglio*.

La pazienza, l'aspettare qualcuno o qualcosa è ciò che mi rende più nervosa. Io pazienza non ne ho, quindi è meglio non farmi aspettare! Ma credo che sia un problema comune a tutti, cioè tutti siamo impazienti nella vita (salvo dei casi strani): chi non ha mai sbuffato dopo 2 ore di attesa fuori dallo studio del dottore? Chi non ha mai trovato un modo per distrarsi mentre aspettava l'autobus? Chi non si è mai lamentato mentre stava aspettando di arrivare da qualche parte? Chi non ha mai detto "finalmente!" quando l'attesa stancante è finita?

Odioso. Solo una parola.

Be come al solito complimenti *non sa cosa dire*, e continua cosi.

Baci by Fede

Recensore Veterano
26/03/14, ore 14:47

Discorso vuoto. In un certo senso lo è, in un certo senso no. Vuoto perché si parla di qualcosa e qualcuno che potrebbe anche essere nulla, irraggiungibile (per scelta o natura), su un mondo parallelo, forse inesistente; d'altro canto forse non è così vuoto, perché quell'attesa potrebbe anche concludersi con uno strike e qualcosa o qualcuno potrebbe di colpo comparire a riempire le tue giornate (io credo che tu cerchi di tenerti occupata, quasi con frenesia, per avere l'impressione di fare qualcosa oltre che aspettare). Il rischio è che l'attesa sia tempo perso e il tuo retropensiero sia solo un discorso vuoto. Una scommessa rischiosa la tua, ma se vinci guadagni la chiave per rivedere le tue impressioni sulla vita e forse anche il senso della tua vita nei prossimi trent'anni e più.

Non mi aspettavo un aggiornamento così presto oggi, considering you're busy and ill, ti dirò, per qualche attimo ho anche avuto paura che avessi improvvisato qualcosa per non lasciare un buco in questa giornata. M'è bastato un assaggio della tua poesia per ricredermi.
La prima cosa che ho pensato (te la rivelo spesso quanto ti scrivo in queste 'recensioni' - non mi sono ancora abituato a definirle tali, per me non lo sono -, anche per darti un'idea di quale sia il "primo impatto" con le tue poesie) è stata Caspita, hai ragione!, leggendo:

“Ci si può stancare di aspettare?”
“Ci si stanca di aspettare un pullman, non una persona.”

"Vorrei dire che mi stanco, che mi annoio,
ad aspettare le persone, a continuare a sperare
- perché le donne e gli uomini
sono imprevedibili: vanno e vengono;
bussano prepotenti alla porta d’ingresso
per poi andarsene in silenzio,
in punta di piedi."

T'avrei volentieri strozzato nell'istante in cui ho finito di leggere questa prima strofa, che è una semplice ed essenziale premesse con un trattino che introduce una piacevole e ben scritta digressione lirica che ostacola il lettore, un artificio del poeta (o poetessa che sia) per imporgli pazienza prima di iniziare a sfiorare il cuore della questione:

"Vorrei dire che mi stanco, che mi annoio;
ma m’incuriosisce non sapere
se verranno o meno;
se rimarranno o fuggiranno."

Una gnoseologia dell'attesa. Capisco perfettamente cosa vuoi dire, capisco benissimo quella curiosità (forse è per questo che adoro questa poesia, sono un po' di parte stavolta).

"Sono solita sedere qui,
su questa fredda panchina di marmo immacolato,
e ci rimango per delle ore intere,
per giorni, per mesi addirittura;
io, sì; io che odio l’apatia
e rifuggo l’immobilità delle cose
e l’ozio fisiologico."

La tua frenesia di cui dicevo prima (in un certo senso mi ci riconosco anche, ma con una sfumatura differente).
Sembra un controsenso, ma solo apparente (l'ho già detto all'inizio come la penso sulla tua instancabile voglia di fare qualcosa, è un modo per ingannare il vuoto e la mancanza, non solo fisica di qualcuno ma anche di qualcosa, di un τέλος), apparentemente sembra strano che tu, apatica che odi l'apatia, empatica che odi l'empatia, immobilista che odi l'immobilità, insomma che una come te possa stare ad aspettare per un lasso di tempo spaventoso (nel senso che spaventa te ogni volta che ti sovviene il solo pensiero) l'indefinito. Come se fossi in perenne attesa di spiccare il volo, testando per tutto il tempo il corretto funzionamento delle tue ali a terra.

"Mi siedo e attendo, quindi,
qualcosa che forse non giungerà mai;
perché ho il terrore primordiale - assurdamente infantile
di perdermi qualcuno d’importante; di non vederlo;
di non riuscire a registrarlo nella memoria; e quindi aspetto."

Meravigliosa. Sai che capita anche a me? Voglio dire: ogni singolo gesto, che faccio o non faccio, mi fa venire i sensi di colpa verso me stesso, provoca risentimento e rimpianto perché non riesco afare a meno di pensare che forse ho mancato un'occasione importante, forse ho mancato la persona giusta. L'altra paura è che l'incontro passi inosservato, che ritorni alla memoria troppo tardi; credo sia (anche) per questa ragione che, nel mio caso, sono un eterno indeciso; ho paura di compromettere la mia posizione e la mia felicità, il mio futuro, di abbandonare quello che oggi mi pare non essenziale e poi accorgermi che non riesco più a farne a meno. Vorrei non scegliere, davvero, vorrei non avere spesso quella libertà che ci rende umani, troppo umani nella possibilità concessaci di sbagliare.
Io ho una paura matta di sbagliare, con le persone e le cose e con me stesso, ecco.
E ho l'impressione che, a grandi linee, sia anche quello che temi tu, sotto forma d'un terrore primordiale (sul serio, un termine appropriatissimo, è davvero innato questo terrore, io non ho ricordi dei miei pensieri prima che arrivasse).

"A dirlo così, con questi fronzoli,
sembra quasi piacevole;
una buona scusa, non credi?"

Fronzoli :3

"Non voglio lasciarmi nulla d’incompreso alle spalle;
- eccola la verità che sgorga lentamente
dai pulsanti meandri retrocessi;
non voglio perderti di vista, non voglio non accorgermi
quando arriverai qui, davanti a me, con il tuo passo sicuro,
la brezza primaverile a sconvolgerti i capelli
e gli occhi sedotti dal cielo glabro."

Esatto, hai centrato in pieno il punto! Ecco perchè s'aspetta, sempre, ecco perché aspettare non è sbagliato (e mi rendo conto che su una certa questione di cui parlavamo, ti sto implicitamente dicendo come io la penso pur non ritenendolo un buon consiglio).
Possiamo lasciarci dietro qualcosa d'intentato, per pigrizia, ma non qualcosa d'incompreso. Un dubbio ragionevole è assillante, uno irragionevole è ancora più insistente.

"(Se mai arriverai qui.)"

Forse non succederà. L'ennesima incertezza, tra parentesi, perché nulla cambia all'intenzione, inconscia, d'attendere.
Una parentesi nella poesia, che rappresenta quel dubbio riaffiorare, continuamente, e che nutre altri dubbi subordinati e che ci riporta al principio, sarà tempo perso, sarà un discorso vuoto? Sarà mera speculazione? Perderemo così "i migliori anni della nostra vita"?

"Il fatto è che non voglio lasciarmi te alle spalle;
il mio passato è rimorso;
non vorrei che anche tu diventassi
l’ennesimo colpo mancato,
il prossimo volto a tormentare i miei sogni."

Strofa significativa perché il richiamo al passato e al "prossimo volto" fa ben comprendere come questa non sia la prima volta, come quella verginità sia già stata persa da molto tempo. Eppure si continua ad attendere, perchè forse la prossima è la volta buona e perchè i rimorsi diventano insopportabili. Nonostante tutto si va avanti, nella speranza che domani non racconteremo la giornata di oggi esordendo con un purtroppo.

(O magari lo sei già;
solo non sono ancora pronta
a realizzarlo.)

Quel dubbio onnipresente. Che rende struggente lasciare andare qualcuno, in maniera proporzionale alla sua significanza. A volte le persone più empatiche sanno essere terribilmente egoiste.


Poesia splendida, mi è piaciuta moltissimo, fortemente espressiva e ben composta. Un tassello cruciale per chi vuole accingersi a ricomporre la tua anima a partire da questi frammenti in versi. Complimenti.

Recensore Junior
25/03/14, ore 22:11
Cap. 6:

Non so come potrò continuare a recensirti,davvero. Ora, spiegami come faccio io, essere umano e mortale, a recensire sempre con aggettivi diversi, sempre dannatamente positivi, le tue poesie. Avanti, spiegamelo, perchè io non lo so. Tutto quello che posso fare è riportare i versi che ho amato di più e commentarli meramente. "e negli occhi non rimangono altro che ombre perlacee" che immagine, che immagine. Mi fa pensare alle ombre delle perle, le perle al mare, il mare alla tranquillità, la tranquillità del mare all'acqua, l'acqua al bagnato e il bagnato a quel senso quasi di soffocamento quando mi trovo sott'acqua. Non è affatto qualcosa di negativo, anzi mi fa collegare dei ricordi, cosa abbastanza inusuale per una poesia! Inoltre, questo verso "Ogni ricordo si deteriorerà, morirà, si consumerà
e non ti rimarrà più nemmeno il nome.
(Rabbia. Pura. Folle. Cieca. Rancore.
Grida. Pianti. Innocenza.)" così perfetto, penetrante e magnifico. Profondo. Arriva dritto al punto. Eclatante.
Alla prossima recensione!
Con affetto,
Laura_Black82

Recensore Junior
25/03/14, ore 21:58
Cap. 2:

Altra fantastica poesia, come al solito! Mi piacciono sopratutto i versi: "Come una bambina timorosa
- piccola, certo, ma con grandi sogni.
Troppo grandi, forse? –
aspetto e respiro quieta;
aspetto la morte del giorno." Sono dei versi profondi e potenti, che risuonano terribilmente bene nella mia testa mentre li leggo e me li immagino. La morte del giorno è un' immagine indescrivibile.Inoltre, amo come la "protagonista si ponga delle domande da sola, perchè mi ricorda un pò me. Adoro anche l'ultimo verso "sono solo una bambina, dopotutto". Devo confessare diaver pensato molte volte questa frase, immersa in uno dei miei tanti pensieri che gironzolano per la mia testa mentre tento di scrivere qualcosa che mi piaccia. Alla prossima recensione,
Con affetto,
Laura_Black82

Recensore Veterano
25/03/14, ore 18:19

Mai parlare troppo presto!
Mi spiace che ti sia ammalata anche tu, in effetti eri circondata da virus e batteri e la resistenza non si profilava affatto semplice. Hai dovuto arrenderti, essì (e forse il freddo preso nel weekend non ha giovato).
Questa poesia non andrà fra le mie preferite ma ne riconosco la bontà rispetto ai tuoi intenti, è impregnata di malesseri e termini che in qualche modo ad essi rinviano, creando un risultato malsano che se da un lato ben rappresenta quello che intendevi esprimere (forse hai un tantino esagerato, sembri in punto di morte a giudicare dai tuoi versi, lol) dall'altro rende la poesia veramente pesante. La tua poesia in una parola? Opprimente. Comunque sei sta brava nel renderla esasperante, penso sia il modo migliore per trasmettere il tuo bollettino medico. E il vocabolario medico t'aiuta tantissimo in un caso del genere.
Brava come sempre. Riguardati e stattene al calduccio, ché non voglio leggere bollettini medici per una settimana :3

Recensore Master
25/03/14, ore 14:11

Ehi! Hai aggiornato molto presto... Stavo per recensire la poesia di ieri ma avevi aggiornato con la poesia di oggi, meglio!
Mi sembra di capire che sei in una guerra tra te e la malattia, wow... Io ne sono appena uscita ( ho vinto iooo... ) senza neanche accorgermene.
Bene ho intenzione di fare una recensione seria, con un linguaggio formale ed esponendo le mie idee riguardo i versi della qui presente hiccup... Ma so già che non ce la farò, non nel mio DNA.
Bene cercherò di fare il meglio possibile:

"L’atmosfera melensa e dolciastra
della malattia gravita sul petto, prepotente e pressante;
cola lattiginosamente sulle membra febbrili,
sui muscoli rilassati, sulle palpebre,
su quell’intricato telaio di capillari venosi
lacerati da nugoli d’incubi alborei."

Naturalmente il tema principale è la malattia, qualcosa di insopportabile ma calmante allo stesso tempo. Infatti credo che nella malattia ci si dedichi completamente a se stessi, estraniandosi dal mondo e dagli altri e riservandosi le più dolci cure. Insopportabile perché si è impossibilitati dall'uscire, dal muoversi e respirare l'aria del paese, dal mangiare le cose che ci piacciono (si è costretti a mangiare pasta in bianco, brodo, minestra.... >.<).
La malattia appunto invade il nostro corpo, bloccandoci e pressandoci.

"I brividi percuotono persino i pensieri
slegati, sfibrati, disciolti
in una soluzione troppo acquosa e vitrea;
rimbalzano, fluttuano, scivolano
sulle sottili pareti della stanza, sfuggono dalle dita,
evaporano in ghiacciata condensa contro i vetri opachi. "

Ho immaginato la soluzione troppo acquosa e vitrea, come la medicina che ci tocca prendere durante la malattia e dentro la quale vagano e nuotano i pensieri che fanno aumentare il mal di testa (soprattutto per le persone come me, che non stanno mai un attimo senza pensare a qualcosa). Ma potrebbe essere anche una bevanda calda (anche se "vitrea" non si direbbe, per questo ho detto inizialmente che era una medicina) che sentiamo percorrere tutto il corpo e liberarci dalle tensioni intricate l'una all'altra, tirando la pelle incapace di muoversi.

"Il sole cede, timido e stupidamente galante,
il passo all’irriverente pioggia intrepida;
le nuvole espirano, si genuflettono sensuali
e il cielo osserva l’incalzante incedere delle esistenze pullulanti,
auscultando gli atri, i ventricoli gonfi di sangue
e i polmoni saturi di emozioni agglomerate."

La malattia si fa ancora più angosciante (ma meno dolorosa...) quando il sole sparisce e le nuvole gli rubano la scena. Ma se piove io credo che il clima contribuisca a creare un atmosfera quasi teatrale o cinematografica.
Quindi ho fatto del mio meglio, ora torno in me stessa, la pazza e distratta me.
Credo di non aver creato solo un ammasso di parole ignobili.
Baci by Fede

Recensore Veterano
24/03/14, ore 21:28

You should have been a poet, direbbero Vladimir ed Estragon.
Perché non in Norvegia? A Narvik si prevede tempo sereno nei prossimi due giorni (cercare per credere).
Non credo che ci sia molto da vedere, ma "a naso" la reputo una cittadina tranquilla e con il fascino di far parte della storia. Infatti - e non so neanche io bene perché te lo racconto - Narvik è/era una cittadina strategicamente importante per il controllo della Norvegia centro-settentrionale e il suo porto (ah, dimenticavo, è una cittadina costiera) è/era un'importante base per il sea control del Mare del Nord. Quando nell'aprile del 1940 i tedeschi invasero Danimarca e Norvegia, in modo tale da mantenere aperta the iron road verso la Svezia e anticipare i piani alleati (proprio così, Francia e UK stavano programmando segretamente di occupare le basi militari norvegesi e minare strisce di mare neutrale novergese; poi ovviamente fecero finta di nulla, alzando anzi la voce contro la violazione della neutralità norvegese per farsi propaganda, ma nel dopoguerra la verità venne infine a galla), riuscirono alcuni contigenti navali germanici a risalire fino a Narvik (se guardi su una cartina ti renderai conto), in barba alla Royal Navy che, in linea teorica, era padrona incontrastata del Mare del Nord. Quando la notizia arrivò al quartier generale britannico pareva impossibile, e si credette che nei telegrammi avvessero confuso Narvik con Larvik, una cittadina più a sud. Invece qualche ora dopo arrivò la conferma: era proprio nei pressi di Narvik che era avvenuto uno sbarco anfibio!
Ti ho raccontato questo perché ehm, 1) solidarietà, così ti senti meno anormale, 2) perché mi è tornato in mente pensando a Narvik 3) perché mi piaceva l'idea di raccontartelo, 4) perché se sceglierai Narvik come destinazione, sempre che la richiesta di asilo politico venga accettata - in effetti non so se la tua motivazione verrà considerata valida, ma vale la pena provare, la burocrazia nordica comunque lavora in fretta e non dovrai attendere molto e, mal che vada, puoi sempre provare ad entrare clandestinamente, così avrebbe anche più l'aspetto di un'avventura - allora potrai guardare il mare e pensare che un atto di storia si è compiuto di fronte a quelle coste, in mezzo a quelle strade, una cittadina semisconosciuta che ha avuto il suo momento di gloria, per poi ricadere nell'oblio. E potrai vagare con la fantasia, rivivere quei momenti, vedere quei soldati, le espressioni tese, i combattimenti, le notizie incerte nei quartier generali, mille attimi di frenesia condensati in alcuni sguardi rivolti a spiaggie impassibili e mute.
Okay, in realtà questo è quello che piacerebbe a me, lol. (ma t'assicuro che Narvik non è fra le mie prime scelte nelle mete da visitare xD)
Alright, però cerca di non delirare più nelle note, che se no fai delirare anche me, please.

Come già, credo, ti aspettavi, ti faccio notare che hai scritto ben due E' anziché È. Credevi per caso che uno dei due mi sarebbe sfuggito? Volevi mettermi alla prova?!

"Ho imparato a singhiozzare in silenzio
per non alterare l’armonia del mondo sonante."

Mi fa pensare due cose. Uno, singhiozzare in silenzio è un topos, ma non è da te, non sei drammatica in questa maniera (in altre sì). Due, la poesia inizia con te che impari; succede ogni giorno, ogni piccola esperienza ci arricchisce e ci condiziona, significativo che oggi inizi così. E non hai neanche studiato (non per farti venire i sensi di colpa, eh).
E poi, quel silenzio... è una forma di rispetto verso quell'armonia, ma in certi casi può anche rivelarsi nocivo ed omertoso; dopotutto, noi facciamo parte del mondo al pari di tutti gli altri e, anche quando ci sottovalutiamo (cosa che tu fai spesso), abbiamo anche noi il sacrosanto diritto di dire la nostra e di singhiozzare rumorosamente, se serve.

"Mi piace pensare di aver implicitamente inciso, scorticato, arrossato
la pelle delle persone che mi hanno conosciuto, amato, odiato;"

È bellissimo pensarlo, lo ammetto anche io, ma questo forse ci fa un po' egoisti ed egocentrici? Voler lasciare una traccia di sé nel mondo secondo te è un atto d'egoismo? Forse bisogna considerare mezzi e fini. Forse la risposta dipende dal come lo facciamo, da che segno lasciamo, se un tatuaggio o una cicatrice.

"vorrei dire di aver imparato a dividere la realtà dalla fantasia,
a gestire questo flusso emotivo che mi attraversa quotidianamente,
a lasciare andare quando soffro e a trattenere quando ho bisogno,
a fissare i miei pensieri su quella determinata esistenza o su quest’altra,
ma, in realtà, riesco a malapena a trovare il verso giusto delle mie sinapsi;
sono scosse elettriche inverse e invertite da dialoghi, deduzioni, dubbi
che si dipanano in sottili filamenti densi di grumi cerebrali."

Aw, bella l'anafora della a e bella l'allitterazione della d, bella e veritiera la strofa, con i soliti riferimenti 'biologici' e la tua solita sincerità, con cui metti in luce tutti i tuoi limiti. Non hai imparato abbastanza evidentemente.

"E’ un malessere malinconico che mi trascino alle spalle anche nei sorrisi
- anche nelle chiacchierate con te davanti ad una tazza bollente e fumante;
vorrei un po’ troppe cose, ma sono inquieta e procrastino innocentemente
provando a districarmi da tutte queste fila che mi portano da te e solo a te;
è estenuante e dolcissimo insieme, sai?"

Lui diventa il filo conduttore, il centro del tuo universo. Forse non dovrei dirlo, but that's amore o qualcosa di molto, molto simile.

“La medicina cattiva va’ dolcificata
con lo zucchero raffinato”

E lui sarebbe quello zucchero raffinato?

"E’ incredibile quanto imperfetti ci si veda nello specchio;
quanto malsani ci si percepisca da dentro la carne tremante e convulsa;
quanto poco razionali si possa essere in determinate situazioni.
 
Non mi lamento tuttavia di tutto questo;
fintanto il mondo continua nella sua frenetica attività vitale
e assurdamente vivida, la mia vita si srotola piacevolmente inosservata;
ispirare ed espirare, credere e temere, vegliare o sognare:
il niente condiziona il tutto esterno."

In questi giorni mi sembri molto condizionata da quel condizionare. Stavolta però è azzeccatissimo (hai voluto rimediare?) in una bellissima antitesi finale, rende i tuoi versi più sfuggenti. Sono d'accordo su quanto incredibile sia il vedersi imperfetti, lasciami dire che tu sei l'esemplificazione perfetta (d'altro canto questi versi devono essere indossati da te, è giusto che sia così). Ho adorato l'immagine della tua vita che si srotola piacevolmente inosservata. Ti meriteresti i complimenti solo per quella.

"Sono in giornate grigie e fredde e tremendamente silenziose però
che i miei minuscoli sussurri rimbombano, echeggiano, violenti e torbidi;
e all’improvviso ci sono troppi occhi che mi fissano,
troppe bocche che mi parlano in lingue sconosciute,
troppe mucose umide e virulente che mi contagiano.
 
Vorrei accoccolarmi in un abbraccio ipocritamente fraterno
e aspettare che gli arrugginiti meccanismi dell’universo tornino
a funzionare, a scricchiolare, ad occultare le mie parole,
le mie labbra schiuse e le mie dita strette alla tua maglia profumata.
 
Tornerei a respirare nuovamente allora:
una sciocca comparsa celata dietro le quinte
di un incantevole scenario."

Ritorna il fiato corto insieme a certe paure che si fanno vive inaspettatamente. Mi son messo a rimuginare su quell'ipocrisia di cui parli; perché ne parli? Forse perchè quell'abbraccio sarebbe finalizzato solo ad aspettare che il resto passi, che quindi di fraterno avrebbe ben poco (ma non ne sono convinto, l'altra persona anzi si comporterebbe, abbracciandoti, in maniera fraterna proprio per assecondare il tuo bisogno)? Forse perché vorresti abbracciare lui e questa quindi diventerebbe quasi una scusa per farlo?

Brava come sempre. Complimenti!

Recensore Veterano
24/03/14, ore 18:29

Eccomi, finalmente! Questa è la prima poesia della raccolta, quella che avrei dovuto/voluto leggere per prima, quella con cui avrei voluto scoprirti. Mi sarebbe piaciuto, sai? Io non amo i film a metà, già cominciati, né le storie in cui manca qualche pagina, quindi seguirti dall'inizio sarebbe stata una cosa molto più naturale. D'altro canto, così ho avuto la possibilità di viaggiare nelle tue liriche con più libertà, di andare avanti e indietro nei giorni a mio piacimento, utilizzando questo sito come se fosse una macchina del tempo. Ho ancora qualche tassello da completare, poi avrò letto tutta la tua raccolta - fino ad oggi. E spero di potertelo ripetere tra 282 giorni (mi piacciono i conti alla rovescia, forse l'avevi già intuito).
Questa prima poesia, in verità, l'ho letta molto tempo fa, all'incirca quando scoprii la tua raccolta, non fu il primo testo, ma lo andai a cercare perché mi piaceva moltissimo la breve descrizione che ne avevi dato e supponevo ci fosse qualche riferimento all'inizio;

“Anno nuovo, vita nuova, giusto?”
“Speriamo siano trecentosessantacinque giorni unici, emozionanti, miei. Non chiedo altro”
“Si inizia oggi; con questo sole aranciato e con questo sguardo stanco, ereditato dal passato.”

Niente di eccessivo, niente di appariscente, niente fronzoli (era da un po' che non te lo dicevo, yay). Solo, qualche riga sincera, un invito sottile a leggere, nessuna pressione, nessuna elaborazione complicata ed invitante, di cui saresti stata capacissima considerando le tue abilità espressive e comunicative. Una descrizione molto fine per una raccolta senza pretese. Mi ha colpito subito e mi colpisce ogni giorno di più, perchè lo rileggo ogni volta che apro le tue pagine e mi sembra una promessa al contrario, nel senso che prometti il minimo, forse perché avevi timore che dei gran proclami avrebbero poi deluso le aspettative. E tu sei una che ci tiene a mantenerle (le promesse e le aspettative).

La poesia è bella, riproduce la confusione e accentua il senso d'ebrezza della veglia, sensazioni che, oltre chiaramente alle allusioni più letterali, s'intonano anche con la volontà di spezzare, d'iniziare un anno che possa gettare fondamenta nuove, che possa ricostruire dei paradisi sulle ceneri d'un mondo in fiamme, assoldando schiere di nuovi architetti per demolire schemi mentali obsoleti, invecchiati, da superare.

Buon anno nuovo,

Stefano.

Recensore Veterano
23/03/14, ore 22:32

Awww, quando scrivi versi così sei troppo tenera, I swear!
Come sempre c'è un'esperienza reale dietro tutto questo, nello specifico questo weekend che hai passato con la tenera compagnia di tanti bambini scalmati e belli (mai visto in vita mia un bambino che non è bello, così come non ho mai visto un sorriso che lascia indifferenti e due occhi che non hanno nulla - proprio nulla - da dire). Conoscendo l'astuto ed eterno fanciullino che è in te - e che emerge in media una volta ogni due poesie - è difficile che momenti del generi non penetrino nella tua pelle per accoccolarsi accanto al tuo cuore, sussurrando qualcosa, ispirando dei versi.
La prima cosa a cui ho fatto caso è stata il riferimento al tiepido/freddo, suppongo per via delle sensazioni piuttosto vivide dell'uscita. Faceva freddo, tanto freddo, ma tu sei riuscita a cogliere il tepore dei sogni di quei bambini, pur decidendo di non sottrarre loro nulla.

"nell’intero edifico"

Intendevi dire edificio? Se sì, stavolta non enfatizzo, sei perdonata per via della stanchezza :)

"Le pareti sono ancora intrise di risate cristalline,
di giochi ilari, di canti acustici e stonati;
ti domandano una storia prima che la notte precipiti
sui loro occhi innocenti velati dalla stanchezza:
 
e tu li accontenti; narri di luoghi lontani, di eroine selvagge,
di animali parlanti, di avventurieri senza paura;
racimoli le esperienze di ognuno e ne intessi un racconto;
e in quella meraviglia silenziosa la tua voce si modula."

Sai che io, al posto tuo, non avrei messo i due punti alla fine della prima di queste due strofe? Che siano collegate mi piace tantissimo, ma secondo me starebbero bene senza alcun segno d'interpunzione in mezzo. Comunque hai colto un momento essenziale dell'essere piccoli, quelle storie che stimolano la fantasia, l'immaginazione, che forgiano sorrisi nei volti dei più giovani. È magia ai loro occhi e il loro incanto è magia ai nostri occhi! Una simmetria perfetta e deliziosa.

"La ninnananna cantilenante tintinna appena"

Splendido verso! Una bellissima paronomasia/onomatopea, assolutamente indicata per un componimento come questo.

"nei sorrisi sfiniti, nelle espressioni esuberanti degli irriducibili,
nei tuoi capelli profumati di aghi di pino e pioggia e nebbia,
nella brezza cristallina e perfetta e stellare che attornia tutto;
le nuvole si accalcano sopra di voi, ma c’è troppo incanto per
venirne condizionati."

Meravigliosa. Solo, l'ultimo verso, quel "condizionati" non mi convince pienamente.

"La notte dei bambini inizia così:
un canto mormorato, una storia di lidi lontani,
e tanta magia condensata in delicate bolle
di pensieri ridondanti, sempre più fievoli."

E la poesia si spegne, scema in parallelo alle loro (e alle tue) ultime energie.
Complimenti, riesci sempre a creare l'atmosfera adatta al tema, ti adegui splendidamente ad ogni situazione e componi delle poesie bilanciate. Hai il senso della misura e dell'equilibro, in versi. Bravissima!

 

Recensore Junior
23/03/14, ore 13:00
Cap. 67:

Ho messo questa raccolta di poesie tra le seguite recentemente, quindi non le ho lette tutte, e non le sto leggendo in ordine. Ma mi piace! Mi piace dire "mh, chissà come le sarà andato l'otto marzo", per esempio, e scoprire con un semplice click com'è andata la giornata, cos'hai pensato, cos'hai vissuto.
Sono capitata sull'otto marzo, adesso, e mi è piaciuto un sacco. Credo che di solito ci piacciano cose in cui possiamo rispecchiarci... quindi direi proprio che in questa poesia posso rispecchiarmi. Per fortuna ci sono giornate in cui senti di poterti legare ad una persona.
Questa poesia ha un sapore di entusiasmo che fa venire allegria e, visto quello "0" prima della parola "recensioni", ho deciso che doveva salire almeno ad 1. Per farti sapere che scrivi benissimo, che sicuramente ogni singolo lettore apprezza le tue poesie, e che ispiri! Probabilmente sono cose che già sai, ma dovevo dirtele anch'io.
Già, "Ed erano cose che andavano scritte"! u_u

E.

Recensore Junior
23/03/14, ore 11:52

Davvero bravissima come al solito! Da dove comincio? Le tue poesie mi lasciando sempre senza fiato, mi fanno sentire cresciuta dentro ogni volta che le finisco di leggere, mi danno un senso di piacevole divertimento, di immaginazione, quella che serve anche a me per scrivere. Inoltre dipingi sempre delle immagini fantastiche nella mia mente mentre leggo i tuoi scritti, vorrei poter essere brava come te a scrivere e edipingere queste immagini così bene. Mi colpisce sopratutto questa parte " Sono pronta a perdere tutto quanto abbiamo
costruito, progettato, organizzato, per recitare un mero ruolo egoista?
Per un atto soltanto, per una scena solamente,
mi condanneranno?
Tu mi condannerai?
Me-stessa mi condannerà?"
Io ho una particolare inclinazione per parlare dell'egoisimo (ho cercato di scrivere poesie a riguardo più volte) e devo dire che come soggetto mi è molto caro,così come la gelosia e l'ingordigia. Non so nemmeno io il perchè io sia così affezionata a tutti questi peccati capitali, ma poteva andare peggio (potevo essere affezionata alla lussuria!). Lasciando da parte gli scherzi, la tua poesia merita davvero. Perchè non farne un libro e pubblicarlo? Secondo me ne varrebbe la pena, io lo comprerei sicuramente. Davvero, complimentoni, continuerò a recensirti appena avrò tempo, grazie mille per regalarci queste bellissime poesie!
Laura_Black82

Recensore Junior
23/03/14, ore 11:41

Davvero bella questa poesia, devo ammetterlo. Ci vuole talento per descrivere così bene qualcosa, si tratti pure di una poesia. Mi piace sopratutto l'espressione riferita all'alcool definito "melenso e velenoso" allo stesso tempo. Dà un immagine particolare e non è cosa da tutti. Inoltre "C'è speranza nelle lacrime, nelle grida,nelle risate" devo dire che è un immagine bellissima da diversi punti di vista, che non sto qui ad elencare perchè ognuno ha la sua interpretazione (e sarebbero troppi). Ottimo lavoro comunque, spero di recensirti presto di nuovo,
Laura_Black82

Recensore Veterano
22/03/14, ore 12:37

Mi dispiace leggerti così, a volte vorrei che le tue poesie fossero meno intime, almeno potrei credere che non senti nulla di tutto questo. Non starò qua a dirti che la gelosia è terribile e che può essere sbagliata o giusta, sono cose che già sai. Spero che questo weekend possa distrarti!
Non voglio dilungarmi troppo, né citare lunghe strofe che dovresti così rileggere, quindi mi limito a farti i complimenti; in particolare mi sono piaciute le parti in cui parevi apostrofare contemporaneamente lui e te stessa (te ne rendi conto? sono davvero solo questo? tu mi condannerai?) e la definizione di gelosia smorfiosa.

Brava come sempre. Passa un buon weekend. :)