Recensioni per
Buried
di Nocturnia

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
20/02/17, ore 13:31
Cap. 1:

La vittoria di Evoluzione, il tripudio della Selezione, il naturale corso degli eventi che reclama lo scettro del comando che una sua stupida e difettosa creazione aveva erroneamente e ingenuamente pensato di potergli sottrarre. La fine di quella creatura che si era permessa di ribellarsi ai suoi veri Creatori, ai propri dèi, per dichiararsi schiava di idoli falsi e in decadenza, per disgregarsi in potere e pazzia, nella volontà di occupare quel posto che l’unica vera Dea del mondo finge crudele di aver lasciato vacante. In un terribile loop è caduto Albert Wesker, nella dissennata convinzione di potersi ergere a signore di quel trono da cui la Padrona lo farà rovinare, non mente ma semplice mano di un Progetto dai contorni molto più chiari di quanto avesse immaginato -ignorato.

Ha saturato il mondo, Wesker. Ha liberato il Morbo Nero partorito dalle tombe pestilenziali nascoste nei meandri della terra, lo ha usato per infettare l’universo con un’utopia vecchia come l’universo stesso, per schiacciare la feccia opportunista e guidare l’ascesa della razza prescelta. Ha innalzato muri e scatenato la peggiore delle guerre civili; dall’alto del suo trono ha osservato compiaciuto il Figlio -una bugia, un’orribile bugia, non è lui tuo figlio- divorare chiunque si dimostrasse inadatto ad essere selezionato. Tutto, l’Uroboros ha consumato tutto.

La civiltà ha iniziato a franare sotto il peso dei suoi errori, sotto la mano del Messia giunto dal cielo -dalle profondità degli Inferi- in veste di messaggero per annunciare il divin proclama. La terra ha tremato, le sue ferite hanno sanguinato e suppurato, testimoni dell’esplosione del flagello ultimo, ennesima catastrofe di Ediacara giunta ad estinguere la fauna indegna. Varianti alleliche inadatte, fitness al di sotto del limite minimo, un tribunale spregiudicato dal codice profetizzato dall’ingenuo traditore: Evoluzione è tornata a riprendersi il suo regno, Orologiaio Cieco ha decretato la fine dei tempi e prosciugato irrevocabilmente il Fiume della Vita.

Leon, Claire, Sherry. Moira, Barry, Ada. Jake.
Albert.

Nomi in una storia già scritta, nomi di un Progetto talmente perfetto da sembrar frutto di una qualche concezione divina. Squartati, trafitti, ingoiati, corpi che hanno ceduto al momento del setaccio.
“Perché non capisci, Chris? Credi davvero che il mondo sia degno di essere salvato? La Selezione Naturale lascia i sopravvissuti più forti, migliori. Gli umani hanno fuggito questo setaccio fin troppo a lungo!”
Una profezia, imparziali quartine cantate ad ampio respiro e avverate nel ventre del vulcano trasfigurato in Armageddon, arena mefitica dell’Apocalisse alla quale la Divinità richiamerà i suoi spiriti a combattere un’ultima volta per distruggersi, perché non siano né Bene né Male a trionfare. Non il Bianco, non il Nero. Non il Rosso, il Verde, il Blu; non il Marrone, non il Giallo e nemmeno l’Arancione. Grigio. L’ecpirosi dei colori, la fusione di ogni sfumatura figlia della tavolozza con cui Evoluzione dipinge l’uomo da sei milioni di anni.

Nomi che sono i resti di una civiltà combattente che lotta per sopravvivere, di un ridicolo miliardo di Degni di una vita futura che il cieco Profeta aveva mal interpretato. Povero Albert Wesker, sfruttato come l’ultimo degli imbecilli. Plasmato dalla stessa sostanza del padre che tanto aveva disprezzato, dallo stesso fango dei deboli che aveva liquidato, dallo stesso letame da cui deriva la debole umanità. Atomi, fulmini, molecole; aminoacidi, nucleotidi, lipidi; proteine, acidi nucleici, membrane; replicatori, cellule, vita. Un’armonia perfetta spezzata dall’ingordigia e dalla superbia umana, dall’arroganza di poter piegare ogni cosa al sol tocco, di soffocare cavallo e cavaliere nella presa asfittica. Fino a questo eravamo arrivati. A questo Albert Wesker ci ha sottratti, da questo ci ha liberati. Ave Cesare, lunga vita al Messia -lunga vita all’Anticristo.

L’Uroboros si tramuta allora nella mano divina, non nemico, non alleato. Non mostro, non salvatore. Se Evoluzione è la reale entità una e trina, essa è anche equa, neutrale, una Triade imparziale le cui leggi sono davvero uguali per tutti: vincitori e vinti, sommersi e salvati, sudditi e creatori.
Leon, che muore dove ha sempre vissuto, nel luogo a cui ha consacrato la propria vita e offerto la propria morte. Vincitore, infine avvinto.
Claire, resti dell’ultima speranza persa per sempre nel magma della terra. Ora vincitrice, ora vinta dal fantasma di cui aveva testimoniato la resurrezione, vendetta spogliata di ogni suo significato. Morte per mano del surrogato creatore.
Sherry, l’eterna sopravvissuta. Mai realmente vittoriosa, sempre sospesa all’interfaccia tra coloro che rimangono e coloro che precipitano per aver lasciato la presa. Un organismo al limite delle categorie conosciute, una resistenza innata agli affondi di una guerra destinata a fallire. Angelo dalle oscure potenzialità, vinta da una mano troppo giusta perfino per lei.
Moira e Barry, insieme fino alla fine, sommersi. Un padre troppo amorevole per lasciarsi andare, una figlia che sarebbe cresciuta impavida e forte. Nessuna lacrima per il genitore che si dispera per quell’intricata metà di eliche per le quali morirebbe pur di proteggerle, nessuna speranza per il padre che osserva ciò che mai dovrebbe essere visto e che colpisce al cuore perfino l’imperscrutabile Biologia.
Ada, la spia. Le dita di una mano che si sono allungate a permetterle di potenziare alla follia quella stessa presa che sarebbe stata causa della sua rovina. Ada, l’unica che tra tutti avrebbe davvero avuto il più alto rate di sopravvivenza, geni di diffidenza, cinismo e sicurezza, si lascia morire, vinta da una colpa troppo grande per essere vissuta. Accolta, come le colpe dell’umanità.
Jake, il ragazzino. Penultimo di una stirpe di guerrieri, di gente che ha scritta nelle vene la volontà di cambiare il mondo. Perde sua madre e lotta, perde Sherry e lotta, perde la vita e ancora lotta. Muore nella terra che lo ha cresciuto, sotto agli occhi di un padre che non ha mai conosciuto. Vinto, nella sua breve vita, assassinato da un fratello che non avrebbe voluto, figlio di un padre la cui ambizione è venuta prima di ciò che avrebbe potuto salvare la sua umanità -e con essa la sua vita.
Albert, l’anello mancante, l’ultimo lascito di una specie la cui essenza è stata tradita, offerta in pasto in cambio di morte alla Signora della nostra storia. Vaga Wesker, e non trova nessuno. Conosce la paura, la solitudine -celata dietro il volto di fantasmi troppo taglienti, troppo veri-, capisce troppo tardi l’entità dei suoi errori, la sconfinatezza dell’utopia che credeva sua, del sogno che voleva rendere realtà per ottenere quel mondo che non aveva mai avuto. Si investe Creatore, Padrone del virus progenitore di una specie destinata a rimodellare il concetto di chiave analitica, a fuggire il limite stesso che il termine “specie” impone intrinseco. Una specie disegnata per riformare il mondo.

E' stata tutta una burla, una tragica enorme burla. Quella sconsiderata di Evoluzione l’ha ingannato, si è beffata del suo stesso rappresentante in terra e l’ha dichiarato obsoleto, arretrato, inadatto alla sopravvivenza in questo nuovo habitat primordiale. Una tragedia. Colui che doveva salvare il mondo, il portatore di una nuova Genesi, ha perso il controllo che non aveva mai avuto sullo strumento di Selezione -ha risvegliato la Selezione, quella maledetta Crudelia che un giorno ci coccola degni e quello dopo ci scanna impietosa. Un disastro, un deprecabile errore sfociato nella rovina dell’umanità. Questo ha fatto Albert Wesker, un uomo che nella sua infinita e sfrontata recidività ha mandato all’aria milioni di anni di evoluzione. Evoluzione schiacciata da Evoluzione stessa. Uroboros.         

Una catastrofe annunciata, l’incontro del Creatore con il proprio peccato, un colpo, la fine. L’ultimo erede di una spiritualità autodistruttiva e malintesa viene infine spazzato via; l’uomo, essere geniale -ingenuo- e riottoso rivoluzionario, cancellato dalla faccia della Terra. Silenzio per un nuovo inizio, a partire da una vecchia fine.

La scomparsa dell’umanità era necessaria. Perfino sentitamente richiesta, forse. Ripensandoci, Wesker potrebbe allora essere assolto da ogni accusa, una mente manipolatrice di uomini manipolata da una forza inimmaginabile per qualsiasi uomo; Wesker, quell’uomo, quella formica che aveva creduto di potersi erigere a Selezione e dalla cui ferocia è stato infine sbranato. Albert è stato solo il miserevole mezzo, la pedina di quel Disegno più grande che si era ostinato a voler cambiare, tracciare con le sue mani imperfette. Solo Evoluzione è perfetta, solo Evoluzione è plastica e imprevedibile quel tanto che basta a sopravvivere alla propria potenza, quella potenza di cui l’Uroboros è solo l’ennesima rappresentazione terrena scelta dagli uomini per trasmetterla agli uomini, per dare un nome e una forma alla calamità che ha concluso un’era e partorito un nuovo mondo.
Un mondo privo di guerre, povertà, fame, malattie, disperazione. Niente inganni, nessuna cospirazione. Un mondo che corrisponde alla definizione di paradiso.
E' allora forse il nostro punto di vista ad essere sbagliato, l’ennesima eredità di una storia basata sull’indifferenza e sull’egoismo? Noi eravamo il cancro di un mondo ormai sfiatato, noi eravamo la metastasi che deregolava un ciclo antico come la vita stessa. Forse Wesker è stato davvero il Messia, la Ruota che gira personificazione dell’habitat che influenza la specie che a sua volta lo ha influenzato. Forse aveva solo non compreso appieno il proprio compito, come infine anche lui avrebbe dovuto sottomettersi al volere di chi tutto può e tutto vuole.
Pena. E’ pena quella che forse dovremmo provare per Albert, pena e compassione per un uomo che ha dato tutto quello che aveva per salvare le sorti del mondo dalla piaga dell’umanità. E odio. Odio nei confronti di Leon, Claire, Sherry, Moira, Barry, Ada, Jake, tutti mercenari di un esercito di macchine da guerra che hanno distrutto l’armoniosa musica dell’esistenza.

Osserviamo dunque il mondo così come l’Uroboros ce lo ha riproposto e regalato, un’isola felice come il Natural Creatore l’aveva concepita. L’aveva donata a noi, e adesso se l’è ripresa. Ha reso nuovamente fertile dove avevamo desertificato, ha purificato dove avevamo inquinato, ha ripulito dove con le nostre impronte avevamo corrotto. Il tasso di sopravvivenza è rifiorito, rinato dopo essere crollato; una nuova era, un nuovo eone è alle porte: le porte di un nuovo mondo, di una nuova specie dominante capace di vivere in armonia con la Biologia secondo la biologia del Virus che la anima. Serviva il veleno per risanare, e veleno è stato. Serviva la suprema autorità del Caso a guidare la mano dell’uomo erto a Creatore, e il Caso ha giudicato. Serviva una mente spezzata e addolorata per abbracciare una tale chimera, e Albert Wesker si è fatto avanti. Si è sacrificato, per il bene della causa, per la nostra moralità infranta e la nostra inadeguatezza, perché non aveva nessuno per cui valesse la pena combattere e vivere in un mondo che a lui aveva dato solo dolori e incresciose certezze.
“Io non ho bisogno di nessuno. Io ho l’Uroboros!”
Non ha davvero mai avuto nulla, Albert, e il suo vuoto è stata l’unica cosa che con gli altri abbia mai potuto condividere. Al resto ci ha pensato Evoluzione: crudele Inquisitrice in un passato che non vuole morire, gentile Assassina di un presente vacuo e ormai stanco della prigionia, amorevole Madre di un futuro luminoso -libero.     
(Recensione modificata il 20/02/2017 - 05:58 pm)

Nuovo recensore
17/03/15, ore 16:35
Cap. 1:

Fantastica! Davvero non occorre aggiungere altro. Stile fantastico e suspance continua, brava!

Recensore Master
06/03/15, ore 15:56
Cap. 1:

Questa l'ho veramente adorata! Prima di tutto hai dato una particina anche a Leon e io amo Leon! Non so bene perché, ma lo trovo adorabile e il cameo che gli hai disegnato è perfetto. Così come sono perfetti tutti gli altri, ciascuno con la sua particolare pietà e sofferenza e morte. Il finale è bellissimo, da brivido. Un canto di gloria in mezzo alle rovine, un nuovo mondo (ma, come cantavano i Nomadi, "noi non ci saremo"). Perdonami, quando mi commuovo troppo devo dire scemenze per sdrammatizzare, e qui mi sono commossa :-).

Recensore Junior
05/03/15, ore 14:59
Cap. 1:

Scusa per il ritardo sperò che tu possa perdonarmi comunque sei sempre bravissima ti adoro *offre una torta gigante al cioccolato e panna con la scritta Nocturnia sei la migliore

Recensore Veterano
02/03/15, ore 19:11
Cap. 1:

Sto piangendo ti giuro, come hai potuto fare una cosa simile a Wesker????

Okay ora commento la storia, come sempre bellissima stupenda. Sinceramente, molto triste e drammatica(però). Mi è davvero dispiaciuto vederli morire tutti uno dopo l'altro.
E Uroboros forse non era la creatura che Wesker voleva era qualcosa di nuovo e molto più intelligente di un essere umano.

E perfetto, perché se ogni singolo essere pensa un unica cosa che è la stessa di tutti gli altri non ci saranno mai guerre, o contese. Tutto sarebbe un unico perfetto mondo. E non era forse questo che Wesker voleva?
In fondo è riuscito a creare il suo mondo perfetto ed è stato un Dio(a suo modo).

Mi è dispiaciuto per Jake, sul serio, ma alla fine è giusto così. Il passato doveva morire perché il futuro nascesse.

Ti faccio ancora una volta i miei complimenti
-Anthony Edward Stark *Che ti porge una cesta piena di frutta e dolci*