Recensioni per
L'innocenza cancellata
di experiencing

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
22/08/15, ore 10:23

(Segnalazione indirizzata all'amministrazione per l'inserimento della storia tra le scelte)
“L’innocenza cancellata” è un racconto molto articolato e ben costruito, in cui diversi piani temporali –il passato recente della visita della narratrice al castello e quello remoto della tristissima vicenda della piccola Rosa – sono sapientemente armonizzati, in una gradevolissima e originale “mise en abime”, che fa ricorso alle tecnica narrativa della “regressione”.
I due personaggi principali, quello recente e quello "antico", sono ben definiti e “viventi”, grazie anche alla presenza di quelli secondari, che svolgono una funzione complementare in alcuni casi essenziale.
Sia la struttura narrativa, giustamente calibrata in un crescendo di tensione, che la scrittura, fluida e accuratamente adattata alle due differenti voci narranti, rendono questo racconto una lettura molto coinvolgente, che consiglio a tutti, anche a chi non è un cultore del genere noir!
Penso – anche se non ne ho la certezza assoluta – che chi ha scritto questo testo sia una persona molto giovane: un motivo in più per apprezzarne la sensibilità e la perizia tecnica.

Recensore Veterano
22/08/15, ore 10:11

Commento al racconto Noir “L’innocenza cancellata” di experiencing [Valutazione riferita al contest "INCIPIT... continua tu!" bandito sul forum di efp].

Si tratta di un racconto molto articolato e ben costruito, in cui diversi piani temporali –il passato recente della visita della narratrice al castello e quello remoto della tristissima vicenda della piccola Rosa – sono sapientemente armonizzati, in una gradevolissima “mise en abime” che può rammentare, ad esempio, “Il ritratto ovale” di Poe. 
Dopo tale premessa, entro nel merito dei diversi “criteri di valutazione”. 
“L’innocenza cancellata” ha uno sviluppo che si rivela del tutto coerente con l’incipit marqueziano fornito come traccia: l’atmosfera noir che il dialogo iniziale con la “vecchia pastora di oche” lascia presagire trapela per tutta la lunghezza del racconto, senza scadere però nell’ovvio o nello stereotipato. La narratrice, infatti, nonostante sia un’adolescente, rivela una buona dose di autoironia, ad esempio nel descrivere il proprio rapporto con il fratello maggiore o nel raccontare l’esplorazione notturna. 
I due personaggi principali, quello recente e quello "antico", sono ben definiti e “viventi”. La narrazione in prima persona agevola l’autopresentazione, attraverso dettagli che le due “bambine”, ciascuna in modo del tutto coerente con la propria età, intendono rivelare al lettore. I personaggi secondari, più o meno definiti a seconda del loro ruolo, completano il quadro, facendo risaltare ancora meglio le due protagoniste. Decisamente apprezzabile, per non dire addirittura vincente, la ripresa nel finale della figura della “vecchia pastora” che, da semplice “ufficio informazioni ambulante”, si trasforma così in personaggio chiave, e non solo semplice testimone del fatto che “in quel posto c’è da spaventarsi”. 
La trama è ricca ed egregiamente strutturata, con un crescendo di tensione che accompagna il lettore attraverso il racconto, dalla piacevole visita agostana al caro zio, all’esplorazione notturna dell’antica dimora che appaga l’indole “gotica” della giovane narratrice, fino alla scoperta dell’agghiacciante segreto nascosto nell’apparente innocenza di una cameretta per bambini. Anche la circolarità del finale, con l’indizio del fazzoletto rosso a pois dell’inizio e la ricomparsa in scena della pastora, dà alla trama una coesione ancora maggiore. Il titolo stesso si rivela non meramente accessorio, ma autentica ed efficace chiave di lettura della doppia vicenda: l’innocenza di Rosa è stata cancellata dall’indifferenza degli adulti, troppo presi dai loro pensieri, dal dolore, da loro stessi, per avere cura di una bambina che ha appena perso la madre; d’altro canto, anche la narratrice si vede depredata dell’ingenuità dell’infanzia, poiché, proprio in un castello del tutto simile a quello dei suoi beneamati romanzi gotici, fa autentica esperienza del Male. [Non apprezzo particolarmente i riferimenti al lettore e le preterizioni, come ad esempio “Anche in questo caso preferisco risparmiare al lettore tutti i discorsi che allietarono il pasto e che non ebbero niente di speciale rispetto a tutti gli altri discorsi tra parenti che sono stati separati per un periodo di tempo relativamente lungo”, ma dato che si tratta di un taglio stilistico-narrativo da te scelto, lascio questa mia considerazione tra parentesi, in quanto del tutto soggettiva.] 
Pur coerentemente e tradizionalmente gotico, anche per il ricorso al cosiddetto “metodo editoriale” (v. supra), il racconto ha l’originalità di presentare come autrice del diario una bambina e di mostrare quindi l’oscura vicenda da un punto di vista “basso” e inaspettato. 
Sul versante formale, il racconto è fluido e scorre senza particolari rigidità o errori: l’unico, veramente grave, che ho rilevato è “Benché non ci imbattemmo”, in cui l’indicativo passato remoto va sostituito con un congiuntivo trapassato (“Benché non ci fossimo imbattuti”). Anche il lessico è vario e preciso. Molto apprezzabile infine il fatto che ogni narratore/ protagonista abbia il suo linguaggio e il suo personalissimo registro: hai ricostruito molto efficacemente lo stile semplice della bambina, con tanto di errori di ortografia (“glielo detto”) o di morfosintassi (il pronome “gli” riferito alla mamma o l’ignoranza del congiuntivo).
 
Per amor di completezza, lascio di seguito una serie di annotazioni, che non sono correzioni, visto che ci troviamo in un contesto del tutto amatoriale. Uso le parentesi uncinate <> per proposte di integrazioni. 
• “Mattia […] mi conosce benissimo e conosce ancor meglio la mia passione” (ripetizione lessicale) 
• “Quando dico che gli sto tra i piedi dal giorno in cui sono nata, intendo proprio letteralmente” 
• “mi mollò tra le mani un libro” (abbassamento di registro) 
• “Risultò essere L'abbazia di Northanger, di Jane Austen” (più semplicemente “Era L’abbazia…”) 
• “Ora, presentata questa situazione, il lettore potrà forse immaginare la mia emozione all’idea di visitare un vero castello medievale” 
• “E infatti non erano gli spettri che speravo di trovare nella nuova casa dello zio Arturo. Cercavo l’atmosfera da romanzo gotico. Speravo di imbattermi in lunghi corridoi di pietra illuminati da luci fioche” (ripetizione lessicale) 
• “E, cosa ancora più importante per la mia piccola mente di ragazzina in cerca di avventure, ci avrebbe impedito di lasciare il castello prima del giorno seguente. Quindi, dopotutto, avremmo trascorso la notte al castello.” (ripetizione lessicale. La “Piccola mente” forse è la “mente ingenua”) 
• Benché non fosse successo niente di ché (“niente di che” è un abbassamento di registro) 
• “La famiglia che aveva abitato quella casa doveva essere partita in grande fretta” (trattandosi di un castello, forse “dimora” è meno riduttivo di “casa”). 
• “ era piena di giocattoli meravigliosi” 
• “Nel muro sotto il letto della bambina scoprii un’asse mobile” (forse intendevi “Nel pavimento”) 
• “Papà mi ha seduta” (è un modo di dire più meridionale che toscano) 
• “Pian piano scoprii come la piccola Rosa venne abbandonata a sé stessa dal padre e dalla tata, troppo impegnati ad occuparsi del neonato. Attraverso la sua grafia infantile seguii il filo dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti, che la condusse pian piano alla comprensione di quanto era accaduto.” (al passato remoto, meglio sostituire il trapassato prossimo “era stata abbandonata”, “aveva condotta”) 
• “Come mi sarei comportata se in quella cavità avessi scovato un piccolo corpicino semi-decomposto?” (Dopo tanti anni, il bimbo dovrebbe essere ridotto a uno scheletrino…) 
• In “piccola figurina umana grigia e ranicchiata” c’è un errore di battitura 
• “Grazie a dio” (se si fa riferimento a Dio, lo si mette in maiuscolo) 
• “Se lui fu stupito dalla mia fretta di lasciare quello che fino alla sera prima ritenevo il castello dei miei sogni non lo diede a vedere” (“dare a vedere” abbassa il registro) 
• “Mi chinai a prendere la borsa del tappetino” (forse volevi scrivere “dal tappetino”) 

Nuovo recensore
11/07/15, ore 11:30

Sono rimasta molto colpita dalla tua one shot. è descritta molto bene e sono riuscita a immaginarmi con estrema chiarezza tutta la scena.
Complimenti davvero!!! Scrivi molto bene. hai un vero talento naturale!