Recensioni per
Falling away from me
di Nocturnia

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
06/03/17, ore 22:07

Falling Away From Me è il bellissimo riassunto di tutte le torture che due amanti si sono inflitti, il classico esempio di come un amore dichiarato e corrisposto avrebbe -forse- fatto la differenza; questa è la storia delle armi che hanno ucciso il futuro di Alex e Albert, quell’avvenire che anche il più semplice dei comuni mortali avrebbe combattuto per ottenere -per proteggere o salvare.

La vita di Alex e Albert è stata una tragedia, su questo c’è poco da dire. Semi in un terreno sterile, radici deboli, avvizzite; un fusto che lotta per emergere, per crogiolarsi al Sole, che pensa di averlo trovato e poi muore abbandonato in un sotterraneo buio, la luce solo una splendida stella tragicamente dipinta. E a chi va ricondotto tutto? La sfortuna di un fiore soffocato da un’aria fosca, affondato in disinteressati granelli asfittici, un sistema manco di ciò che gli avrebbe permesso di sopravvivere. Su di chi deve rovesciarsi la colpa, chi è colpevole di questo orrendo crimine?

Destino. Sorte. Fato. Fatalità. Qualsiasi il nome, stesso il concetto. Possiamo attribuire qualsivoglia colpa alla pervicacia di Albert, alla sua mente così piccola e ottusa, un insulto, la causa, il crimine; puntiamo il dito quanto vogliamo contro l’inettitudine di Alex; arroventiamo i coltelli e squagliamo, sottolineiamo l’ovvia scelta che avrebbe dovuto fare e che non ha fatto, quanto sia stata codarda a non parlare, a non pretendere di farsi ascoltare, a subire senza rispondere… troppo facile.
Sarebbe sempre stato tutto troppo facile in una storia che si è costruita sui se e sui ma, sulle parole abortite, le sentenze siglate, processi mai tenuti; tutto troppo incoerente sulla base di personaggi che scivolano su una scacchiera silente, dove lo scacco viene firmato e il Re crolla senza una parola, dove il Pedone, promosso Regina, piange nascosto sotto al peso del suo elmo.

Questa è una storia della quale senz’altro deve rispondere il Destino, perché oltre ogni azione possibile, ogni conseguenza figlia di causa, è la Malasorte una delle più affiatate compagne di questi malcapitati. Passi Albert, che proprio in un vulcano si è consacrato alla pazzia e alla mercé di un virus che trova nel fuoco il suo più acerrimo nemico; sprecata ogni ragione con Alex, che non ha mai avuto altre possibilità, che non ha mai goduto dei benefici di una Dea maschilista e di parte, che l’ha rifiutata e consegnata a Sfortuna. Non lei, Albert l’uomo prediletto dalla Buona Ventura, lui il suo beniamino, lui il capriccio preferito di una Fortuna che lo abbandona nel cuore del vulcano. Gli umani non hanno l’autorità di scegliere dove nascere: Alex e Albert semplicemente vengono al mondo e già subiscono, accettano una decisione obbligata che il Destino ha preso per loro. Radici avvizzite, terreno malsano: fin dall’inizio due piante fallite, la differenza tra chi si adatta e combatte e chi accetta con rassegnazione solo il confine più immaginario. Non importa che Albert abbia percorso la strada della guerra, infine ha dovuto arrendersi; Alex ha sempre saputo che non ce l’avrebbe fatta e si è spenta -volente.

La realtà è che non si decide dove nascere, su questo nessuno ha voce in capitolo. Tuttavia, se vogliamo, forse ci è concessa l’opportunità di scegliere come vivere -e, se va bene, come morire.
Prendiamo Albert allora, e vedremo come ciò sia vero solo a metà: una persona che ha stretto in mano le redini della propria vita, che l’ha elevata fin dove l’uomo potesse posare lo sguardo, che ha pianificato passo per passo cosa fare, dove andare, cosa dire, come vivere. Un dio che ha trasceso il ruolo di Alfiere per rubare la promozione a Re della scacchiera, che per beffa della Sorte non ha avuto possibilità di scegliere come morire -perché morire.
Osserviamo ora Alex, fragile oscillum che chiede favore e promette devozione al suo unico dio. Un’anima stanca al soffio del vento sulla quale l’asserzione pende, cala, marchia come la Spada che minacciò il capo di Damocle. Ad Alex non è stata concessa la possibilità di scendere dal trono su cui il Destino l’aveva collocata, non è stata autorizzata a scegliere un corpo forte e sano in cui godersi la vita; ha potuto scegliere tuttavia di impugnare il timone della propria esistenza, di virare verso acque più calme e lontane, eccome se ha potuto farlo. Ha potuto ma non l’ha fatto. Allora il Fato, generoso e leale, ha ottriato per lei un ultimo lusso, un magnanimo diritto che alla fine dei conti è stato designato come il dovere definitivo: Alex Wesker ha scelto come morire, come ribellarsi a questo Destino che l’ha sempre presa in giro.

Rea della tragedia è dunque la Sorte, colpevole e ingannatrice. Nondimeno chi è causa del suo mal pianga se stesso, ed è più che vero per Albert Wesker, colui che dispensa morte e colpa e non accetta per sé né l’una né l’altra. Albert ha sempre vissuto nella perfezione, ha mosso passi razionali, calcolati, una Scala Verso il Sole che è malamente crollata sotto l’imponenza dello scheletro che il dio aveva con poca dovizia imbastito per sé. Albert non ha potuto scegliere come morire innanzitutto perché non ha mai previsto di morire, perché ha sempre deciso di vivere nella protervia più esasperata e nell’egocentrismo più spaventoso non ascoltando, evitando, lasciando, dimenticando. E’ grave, molto grave come Wesker abbia deciso di comportarsi: quale freddo calcolatore, forte di una razionalità assoluta, getta all’aria la parte più delicata e importante del piano? L’ultimo cruciale step, l’hot spot dell’errore capace di mandare in frantumi anni e anni di fatiche? …Come se la fatica fosse il problema maggiore. La fatica.
Il Progetto Uroboros andato a puttane.
E’ questo il cruccio peggiore nella mente convoluta di Albert Wesker, quella mente talmente evoluta da non aver capito nulla, colpevole di aver sentito e capito e non aver fatto nulla, anzi peggio, di aver ignorato. Albert non ha scelto come morire perché aveva già scelto di morire, perché se avesse seguito, no, anche solo ascoltato quell’unica disadattata che aveva deciso di votarsi a lui magari sarebbe sopravvissuto. O forse sarebbe morto comunque, ma in maniera meno dolorosa: senza razzi, fiamme, Uroboros, senza il rimpianto che lo tormentava nel momento in cui no, solo una cosa per lui doveva essere chiara, una sola impressa sul corpo e nella mente col fuoco. Una sola cosa che Albert non ha mai nominato, che per lui era inconcepibile nominare, perché troppo grande per una bocca così piccola e indegna come la sua.

Non c’è due senza tre e chi, se non Alexandra Wesker, è più colpevole d’ignavia, di essersi lasciata scorrere tra le mani il filo di una storia che invece avrebbe potuto cambiare? Una storia di cui almeno per una volta avrebbe potuto scrivere lei quel finale che tanto sognava, una tragedia in cui si è limitata a osservare la parte della voce di sottofondo, la nota a fondo pagina, l’oggetto di un triangolo in cui lei, Alex, è stata sempre l’anello debole. Stupida, stupida, stupida Wesker che si affida incondizionatamente a quel folle di Albert sperando perfino che tutto vada bene; vedendo chiaramente come ciò che viene scritto sia assurdamente sbagliato, pregando ingenuamente che un qualche dio che non esiste la ascolti, che oda il suo pianto sommesso per grazia di ciò che la sta uccidendo.
Un personaggio tragico, Alex Wesker, figura di rimpianto e lamento che non può nulla per cambiare la propria situazione, pietrificata in catene alle quali essa stessa si è incatenata. Alex è nata giudicata, vive condannata all’ombra di un pensiero che le chiede di porre fine a una vita che non ha mai capito: freddata a tredici anni e si augura di restare morta; divorata a trent’anni e tenta di donarsi il sollievo di una lama nella carne, nelle vene -nemmeno questo sei capace di scegliere, neanche il coraggio di darti la pace-; distrutta a trentotto dalle macerie di una villa e dai resti dei suoi fantasmi. Arrivano i 49 e con loro l’agognata, vera morte: eppure ora stai male piccolina, malissimo e peggio ancora, perché non era così che doveva andare, non era così che volevi morire. Perché Albert non doveva morire. Imperfetti, imperfetti e altri imperfetti, la vita imperfetta di Alex Wesker che si mostra per quello che è: un magone di se e di ma. Tutto fumo e nessuna sostanza. Chi è causa del suo mal pianga se stesso.

Non avremo mai l’opportunità di sapere se si sarebbe potuto sperare in un epilogo diverso, se Albert potesse davvero essere sottratto alla sua megalomania patologica: sicuramente il finale che Alex ha ottenuto è quello peggiore che si potesse desiderare. Magari avesse avuto il coraggio di impugnare quel bisturi; magari avesse accettato il bacio dell’infetto mettendo a tacere quella sua coscienza che non si prende la responsabilità di parlare nella realtà. Magari quel giorno il Progenitor non avesse reagito e l’avesse lasciati lì, morta, in un bagno di sangue sul pavimento. Qualsiasi morte sarebbe stata migliore, più dolce, gentile di quella a cui lei con le sue azioni ha scelto di consegnarsi, una tomba fatta di dolore e annichilente senso di colpa che Alex con le sue mani scava giorno dopo giorno, secondo dopo secondo, nella quale infine si tumulerà con strazio. Nessuna cerimonia, nessuno straccio di anima alla quale donare il dannato riposo implorato da sempre.
Sono brutte le decisioni che ha preso Alex, che l’hanno portata al peggiore dei cimiteri: eppure è una strada che lei ha scelto e della quale non può che addossarsi tutta la colpa.
E’ sempre stata un profilo bellissimo, il volto della malizia e seduzione nel corpo del peccato; si è concessa al suo amore talmente tante volte d’aver perso la cognizione del tempo, da non aver notato come le lancette del loro pendolo stessero pericolosamente giungendo a fine corsa, stanche di rincorrersi in una gara in cui ogni ora era uguale alla precedente. Ha sperato così fortemente che con l’amore che provava per quell’Albert che si stringeva a lei la notte potesse custodirlo e proteggerlo che alla fine, al punto di non ritorno quando ha avuto la possibilità di sottrarlo al Destino, la sua scrosciante risposta è stata No.

“No, non vengo con te in Africa, non ti seguo nella tua ridicola illusione. Non butto via tutto quello abbiamo, anche se è così poco da sembrare altrettanto ridicolo ostinarsi a difenderlo. Rifiuto di essere dio di un mondo che non ne vuole, di un mondo che non ne ha bisogno e che finirebbe per ribellarsi e farli crollare. Non otterremmo niente di diverso da quello che abbiamo già, anzi, perderemmo anche quello che ci resta.” Sarebbe davvero stato così difficile infilare parole simili pensando a ciò per cui ci si stava battendo? Davvero Alex avrebbe perso Albert, davvero lui l’avrebbe stigmatizzata definitivamente, vita debole e insignificante lasciata a morire e privata di ogni attenzione? Davvero? Davvero? Davvero? 

Il Destino è un maledetto stronzo e non ha previsto alcun futuro per quel povero amore seme che, al buio di un sepolcro in un terreno ricco di pazzia e cupidigia, non ha provato se non troppo ridicolmente debolmente a resistere, per cui alla fine è stato vinto comunque, perché se anche fosse sopravvissuto non ci sarebbe stato scritto nulla in futuro in serbo per lui. Eppure ciò non significa che Albert e Alex siano totalmente scevri di colpa, perché la loro vita è sempre stata in mani diverse in quanto loro non hanno mai avuto la volontà di riprendersela: perché Albert ha sempre creduto nella sua ottusità, torpidezza, nella beata tronfiezza ignoranza di essere grande abbastanza da manipolare la Ruota alla quale infine è stato inchiodato. Perché Alex in fondo non si era mai forse nemmeno ritenuta degna di quella vita che qualcuno -stupido idiota- le aveva felicemente regalato, sia stramaledetto chi l’aveva condannata a vivere in quel modo, bruci all’inferno chi l’aveva messa al mondo senza chiederle mai se lo volesse davvero. Entrambi sono stati artefici di quella vita che hanno vissuto, di come l’hanno vissuta e di come l’hanno conclusa: Albert avrebbe potuto salvare se stesso e risparmiare Alex, avrebbe potuto onorare ciò che c’era davvero e fare in modo che tutti i loro baci, i loro gemiti, morsi, ansiti fossero amore e non solo sesso; Alex, fragile Alex, se solo avesse parlato avrebbe fatto così tanto la differenza da non riuscire nemmeno a crederci: avrebbe potuto trattenere Albert, sarebbe riuscita a vivere la propria vita, a conoscere la gioia di liberarsi dal peso di tutte le parole non dette e concedere a entrambi la possibilità di fuggire. Una via di fuga che sarebbe potuta essere la vita, non la morte. Soprattutto, se entrambi avessero -si fossero semplicemente ascoltati, quanti rimpianti sarebbero stati evitati, quante dilanianti comprensioni risparmiate. Quanto dolore, quanti momenti sarebbero stati vissuti appieno -quante volte, facendo l’amore, avrebbero potuto udire l’eco di ciò che sarebbe potuto essere e plasmarlo in ciò che sarebbe realmente stato.             
(Recensione modificata il 07/03/2017 - 07:15 pm)

Recensore Veterano
15/10/15, ore 21:34

Ciao.
Bellissima One-Shot, piena di sentimenti, dubbi, certezze, amore e poetica tristezza.
Scritta molto bene, semplice e ricca di dettagli allo stesso momento, anche se in principio Alex era un maschio ed è poi diventato donna su RE Revelation 2, non chiediamoci come, ho trovato molto affascinante anche Alexandra Wesker, spero di rileggere un'altra storia come questa in futuro.
Mattalara

Recensore Junior
02/07/15, ore 19:09

Ciao carissima Nocturnia scusami tanto per il ritardo comunque questa storia e fantastica sono sempre felice di leggere le tue storie * offre una cesta piena di gelato e dolcetti *

Recensore Junior
30/06/15, ore 14:28

Appena connessa e vedo che hai pubblicato questo Angst fresco fresco
*offre un bel gelato*
Che dire, bella e potente come sempre! Ancora non ho avuto modo di giocare a RE Revelations 2 ma ho letto qualcosina su internet (che vuoi farci, la curiosità). Mi colpisce molto questo rapporto tra Wesker e la "sorella" Alex. Io vedo un Wesker diverso, in fondo è l'unica persona con cui possa avere un rapporto diverso. Lei non è Excella, con lei ha condiviso molto, subito dopo viene William Birkin. Chissà Excella come avrebbe preso l'esistenza di Alex...
*occhi sognanti, la mente altrove*