Ciao!
Ho puntato questa tua storia perché già dalle prime righe dell’intro mi aveva attirata. Amo le introspezioni e passerei intere giornate a parlare delle stesse, a vaneggiare – chissà. Nel caso di questa fan fiction, dunque, non evadiamo dal mio solito. La frase di apertura è fantastica, riporta un po’ al titolo – al suo sapore agrodolce e nostalgico. E poi c’è la pioggia. Oh, io adoro e detesto la pioggia. È controversa, è l’esempio lampante di come una goccia possa battere fino a uccidere, a torturare. E tanto erode le montagne quanto l’animo umano. Alle volte, però, è liberatoria. Nel caso della tua introspezione si trova a metà: vacilla. Immobile, immacolata, è quasi la cornice perfetta. I due pugni chiusi mi ricordano l’infanzia e quando alle elementari giocavamo a nascondere il gessetto in un pugno chiuso. È un richiamo agrodolce, ancora una volta agrodolce – e io adoro queste sensazioni stranamente angst, si può forse dire che le cerco in modo pedante! Poi il petalo. Ah, ammetto di avere una grande predilezione per i fiori e per i petali. Non è un gessetto, ma un petalo, una goccia di sangue, ancora l’indecisione. Un frammento che può appassire, che sicuramente appassirà. Onirico e introspettivo, ecco come ritengo questo testo. Un susseguirsi di scene e sensazioni che non hanno valenza istantanea, ma forse ritardata. La sensazione di già visto e di nuovo che si contende un primato. Diciamo che è una delle migliori introspezioni che abbia mai letto. Mi fa dubitare, mi fa domandare: Era un petalo? Era un ricordo? Era una visione? Oppure solo immaginazione, follia. E io che leggo e che penso, io che mi scervello per capire qualcosa tra le righe, sono fuori fase o devo credere di aver colto il nesso? Correre per l’eternità, correre senza meta, girovagare a passo spedito dietro se stessi e una sola immagine d’indefinito. Un noi, un forse fatto di libertà. Mi piace come visione, dico davvero. Continuo a vederla un po’ malinconica, sì, e non mi pento di questa scelta di parole, perché credo che per quanto un’introspezione sia personale possa diventare anche personale per altri e assumere colori diversi da persona a persona. O magari ci ho visto giusto, chissà! Il tema dell’addio mi ha stritolata. Lo ammetto, quando ho iniziato a leggere quest’introspezione non avrei immaginato di arrivare a tanto, ma è successo. Stritolata è la parola giusta. Un addio moderato, per citarti, mi risulta difficile da immaginare. Un addio è sempre un addio. Un addio logora, fa male, divora e divampa. È come la pioggia, sì: martella, batte, picchietta e scava, scava la roccia, il cuore, l’anima.
Complimenti. Mi hai messo i brividi addosso!
Alla prossima,
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