Recensioni per
Vlog (Little talks)
di Roxar
Finalmente ho trovato il tempo per recensire questa storia! Ma prima di tutto, benvenuta nel fandom più strano e più in ansia che sia mai esistito! Ne vale la pena. |
Mi stupisce sempre molto il fatto che ci siano ancora autori che hanno qualcosa da dire sul post-Reichenbach. Penso sempre che sia difficile stupirmi su questo particolare periodo della serie, perché di ff ce ne sono a tonnellate che trattano l'argomento, eppure di recente mi ritrovo io a ripetere questa frase sempre più spesso. Sono rimasta molto sorprsa da quello che hai raccontato qui. Innanzitutto dalla formula che hai scelto di utilizzare, come una serie di drabble messe una di fila all'altra che ritraggono John in vari momenti. E poi sono i contenuti ad avermi sorpesa. Il dolore di John è davvero palpabile. Vivo e strappa il cuore. Il modo in cui lo hai descritto l'ho trovato molto visivo, anche grazie ai vlog che aiutano molto a dare un'idea precisa di quello che avevi in mente. Al di là delle parole che John dice, sono le cose che non dice che colpiscono. Inizialmente è il fatto di non riuscire a pronunciare nemmeno il nome di Sherlock, perché è troppo doloroso. Poi sono le frasi spezzate, i silenzi davanti alla telecamera... Per non parlare delle cose che non fa. Come non riuscire a chamare Mrs Hudson, nonostante componga il numero quasi per intero. O il fatto di capitare lì a Baker Street, ma non riuscire ad entrare. In poche parole: sei riuscita perfettamente a descrivere un dolore molto profondo. E brava perché non è mai facile entrare in un nuovo fandom, con una storia che tratta di un argomento su cui altri hanno scritto per anni. |
Ciao tesoro. |
Assolutamente perfetto: l'idea, John, tutto. Frequentando a lungo il fandom, cercando di sopravvivere all'estenuante attesa tra una serie e l'altra, si finisce (ogni tanto) a confondere serie/speranze/ff che abbiamo particolarmente amato. Senza volere si attinge un po' a tutto questo, quando poi ci si trova a scrivere. Tu hai dalla tua, oltre che una gran bravura nella scrittura, l'entusiasmo fresco di chi ha appena scoperto questa splendida serie e il vantaggio di una mente scevra di tanti piani di racconto che si sono già sommati via via con il passare del tempo. Inutile dire, insomma, che il tuo esordio mi è piaciuto, e molto. Brava! (Da adesso inizia l'inferno... 10 puntate in due settimane e ora... Il baratro fino al 2017! XD) |
Ho trovato interessante la tua ff, soprattutto per quel fissare i pensieri di John come didascalie a delle espressioni visive che possiamo benissimo immaginare. Hai rappresentato, senza fiumi di parole, il viaggio doloroso di Watson dentro se stesso, attraverso il lutto, verso una speranza di vita, verso...Sherlock. Se non ho inteso male, il consulting è tutto lì, in quei cenni quasi invisibili che animano il volto di John ("..si intuisce la forma piccolissima di un sorriso e il suono lieve di un sospiro di sollievo....").Per quanto riguarda l'IC, trovo calzante il ritratto del personaggio che esce da quei monologhi. Mi è piaciuto soprattutto il momento finale con quel trascolorare rapido dall'ira per aver scoperto la bugia della finta morte alla gioia per aver ritrovato il suo vero amore. Benvenuta. |
Eccomi, dovevo proprio commentare. E posso dire che questo tuo esordio mi è piaciuto: quella dei vlog è un'idea interessante, penso ti abbia aiutato parecchio nel rendere credibile John, riproducendo il parlato e tutte le pause, le imprecazioni, le riformulazioni che lo contraddistinguono. Hai scelto - come un tempo ho fatto io nell'unica ff che sia mai stata in grado di scribacchiare - il punto di vista di John, la persona nella quale è verosimilmente più semplice riconoscersi, così umano eppure così straordinario, benché non se ne renda conto. Occorre una particolare forma di sensibilità per stare accanto a Sherlock e persino affezionarsi a lui (parafrasando il nostro beneamato Dumbledore, che parlava dell'ardimento necessario per affrontare gli amici); occorre coraggio per lasciar andare qualcuno che lo ha letteralmente costretto a tornare a vivere dopo l'Afghanistan; occorre caparbietà, caparbietà, caparbietà per andare avanti e tornare a credere, pur senza dimenticare. E in quel sorriso finale, che affiora dopo il dolore, la rabbia, l'incredulità, il silenzio, c'è tutto il John - tenero e di cuore, non solo brontolone e irascibile - che amiamo. Che amo io. |