Te lo dico dal principio, così ti prepari.
Questa sarà una recensione lunga.
Molto lunga.
Perciò mettiti comoda, prendi le patatine allo zenzero e preparati psicologicamente.
Analessi:
Ho perso il conto delle volte che l’ho letto. E probabilmente a quest’ora avrà superato tranquillamente la ventina. L’ho letto, l’ho amato e l’ho riletto. È scritto magistralmente e credo senza ombra di dubbio alcuna che tu abbia saputo descrivere Erwin, i suoi pensieri, le sue parole con un realismo, un’accuratezza che.. che mi è sembrato di vederlo lì, così nitido che avrei potuto toccarlo.
Bellissimo il prologo, da cui trasuda tutta l’amarezza per quel sacrificio che invece la popolazione disprezza. Ma quel giorno in mezzo a quella pioggia e a quel sangue lui vede la speranza, quella che ha incontrato, ha riconosciuto nei sotterranei e che ha scelto di portare in superficie. E riconosciamo un Levi che sembra essere impassibile, coriaceo ed indifferente all’orrore. Eppure ad Erwin non sfugge la sua mano, il simbolo del lutto che l’altro stringe tra le dita ed il tremito di chi, malgrado una vita fatta di dolore, non era pronto a dire addio ai suoi amici.
E Smith è lo spettatore inconsapevole di una tragedia tra tante, alle quali egli dovrebbe essere abituato. Ma dal modo in cui descrivi la scena si percepisce quello sgomento che egli non riesce a soffocare, e forse l’accusa silenziosa che Ether scaglia addosso a Levi raggiunge anche lui, colpevole di aver trascinato quei tre verso l’orrore. Perché malgrado l’apparente impassibilità Erwin percepisce il dolore altrui, e in quel momento lo fa suo, in un modo diverso, certamente, eppure soffre. Perché osserva la scena e capisce. E quelle parole che descrivono quei momenti “la mano di Levi che trema, la mano di lei che non riesce stringere nemmeno l’aria mentre gli occhi vagano altrove a nascondere l’assoluta certezza che qualcosa si sia irrimediabilmente spezzato, forse per sempre” spezzano, lacerano e non solo i protagonisti di quella scena dolorosa, ma anche il lettore. E tu sei stata bravissima a farlo con una sobrietà ed insieme un realismo che lasciano senza fiato.
E poi ci catapulti nello studio di Erwin. Davanti all’orribile unicorno verde. Ed io non smetto di riderci su. È troppo brutto ed è troppo ridicolmente adatto a Nile che Ellery si meritava questo tributo. Tralasciando l’orrido soprammobile, mi ha spezzato il cuore quel “Io devo..” che Levi non riesce, non può completare. È questo ciò che amo della tua storia, il saper regalare emozioni così forti con una semplice frase a metà, con una parola, con un dettaglio. E poi quello che metti sulle labbra di Erwin sull’inverno. E Levi che ne resta turbato e che cerca di dissimulare la sorpresa con quella sua sempiterna aria da stronzo ma che forse, in quel momento, ha compreso quanto l’uomo dall’altra parte della scrivania sia capace di capirlo, di leggere il suo dolore.
Ed eccolo Erwin che “ aspetta, immobile, che l’uomo più forte dell’umanità faccia rientro a casa più sconfitto di quando era partito”. Ed è quasi un ossimoro, ma ha tutta la forza di scagliarci addosso il dolore di Levi. Dolore che Erwin riconosce e che comprende. E Levi resta sorpreso, ancora una volta, da quell’uomo che sembra capirlo e sopra ogni cosa sembra accettarlo per ciò che è.
La verità che egli legge su quella lettera sembra ferirlo più di quanto tutti i lutti che hanno costellato la sua esistenza abbiano fatto. E sorprende la frase che rivolge ad Erwin. Sorprende e scuote lui ed il lettore per la sincerità, la lucida obiettività con la quale egli descrive la menzogna. E per una volta Erwin resta zitto. Anche lui è un bugiardo, dopotutto. Anche se le sue bugie servono a smascherare quelle altrui, necessarie per rivelare la verità.
L’inverno ritorna, come Levi nello studio del capitano, con una richiesta inattesa. Come inattesa è la confessione su ciò che egli pensa di lui. Erwin resta stupefatto e si offre di aiutarlo. Intuisce che c’è qualcosa di grosso e sa di non poter restarsene con le mani in mano. Bello questo scambio, l’orrore che aleggia tra le parole di Levi, che forse ha a che fare con quella lettera, il vento che ulula fuori e quei due uomini lì dentro che scelgono un cammino pericoloso. Ed il dettaglio l’avanzata del morbo che sembra arrestarsi nei mesi freddi, quando invece dovrebbe subire una recrudescenza, come insegnano le innumerevoli epidemie che hanno costellato la storia. Ma chissà, forse questo non è affatto un caso.
Erwin ed Hanji:
Non puoi capire quanto mi hai resa felice. Ho squittito per tutta la durata della scena, che hai descritto ancora una volta con un realismo stupefacente. Così bene che mi ci sono sentita io stessa con il naso premuto sul suo sterno marmoreo ad annusare il suo profumo. Ecco, ho trillato di gioia come neanche una fangirl davanti al suo idolo in carne ed ossa.
‹‹Stai sudando.››
‹‹Fa caldo.››
Ma certo, Hanji, ci crediamo tutti.
E poi quel ‹‹Non una parola col nano.››. Ho riso troppo e ho apprezzato la citazione Tolkieniana a parti invertite.
Meraviglioso poi il paragone di Erwin. Perché sì, lui è davvero la luce in un mondo popolato di ombre e forse è per questo che noi siamo falene, come Hanji, attratte da lui e dalla sua luce.
Molto bello il richiamo alla stregoneria, alle deposizioni degli interrogatori. E lo sgomento che assale Hanji donna di scienza, ma che assale anche il lettore che non si capacita di come la superstizione abbia potuto non solo essere esistita ma essere addirittura legittimata. E lascia ancora più sconcertati il fatto che la caccia alle streghe abbia mietuto centinaia di migliaia di vittime, che bastasse un neo, una voglia nel posto sbagliato, una diceria fasulla per essere bruciate vive.
Manca un registro e quella volpe di Erwin ha già intuito. Marcus ha offerto loro la chance di indagare su un piatto d’argento e questo non può essere un caso. Ed è probabile che loro stiano facendo esattamente il suo gioco.
Marcus che compare nella scena successiva. Ed il suo dolore, il suo rammarico ricordano un po’ quelli di Erwin che si erge sulla pila di cadaveri a Shiganshina. Ma egli probabilmente ha fatto qualcosa ben peggiore, qualcosa per la quale egli non cerca assoluzione perché sa che non potrà esserci perdono. Adoro questo personaggio, adoro il fatto che compaia nelle scene più inattese, mentre moriva Robert ed ora qui, davanti ad un Levi furibondo. E adoro il tuo puntuale e azzeccatissimo richiamo agli scacchi. È perfetto e ci sta da Dio. Ed io amo questo personaggio controverso, sofferente e bugiardo.
Bugie che tornano protagoniste anche di questa scena. Sembrano attraversare tutto il capitolo come un filo conduttore tra presente e passato. Se i tuoi capitoli avessero un titolo non esito a dire che sarebbe proprio questo. Ed è vero ciò che dice Marcus, le menzogne fanno parte del loro mondo e solo quelli più abili a mentire sopravvivono. Levi questo non riesce ad accettarlo ed è perfettamente coerente con il personaggio di Isayama questa sua incapacità di accettare il sotterfugio, la manipolazione. E nel loro scambio serrato in cui si rimproverano a vicenda di non essere fatti per stare accanto ad Ether si intuisce quello che già ci hai fatto intuire da tempo. Lei ha fatto qualcosa di orribile, qualcosa in cui Robert e Marcus sono coinvolti. E in quella partita anche Fay sta giocando un ruolo, o forse più di uno e non vedo l’ora di scoprire cos’hai in serbo per noi.
Non vedo l’ora di scoprire come si comporrà il mosaico, con tutti i tasselli al posto giusto. Ne verrà fuori qualcosa di magnifico, ne sono certa, perché questa storia lo è già. È la fic più bella che mi sia capitato di leggere su questa piattaforma e non smetto di ripeterti quanto tu sia brava nella narrazione, nella descrizione delle scene e nella costruzione della trama.
A te va il merito di aver saputo collocare l’abominio della caccia alle streghe nell’universo di snk e di averlo inserito così bene che si adatta alla perfezione al clima di menzogne, ignoranza e omertà che pervade il manga. Insomma, appare così realistico e credibile che, beh, non si può non dartene il merito. Come pure hai saputo introdurre il tema delle epidemie che credo nessuno abbia mai affrontato prima. Hai avuto tante intuizione straordinarie e le hai sapute sviluppare con intelligenza e sapienza.
Stai facendo un lavoro grandioso di cui sono orgogliosa spettatrice e motivatrice.
E se ancora hai dubbi sulla tua fic dai un’occhiata alla lunghezza di questa recensione.
Sono 1.533 parole.
Credi che avrei mai potuto scrivere in pratica un romanzo su di una storia se non l’adorassi alla follia?
Per questo non posso proprio permetterti di abbandonarla.
E non sono l’unica a pensarlo.
Non è il numero di recensioni che qualifica una storia, lo sai bene, ma ogni tanto serve che io te lo ricordi. Quando sarai di nuovo nello sconforto e nel dubbio torna a leggere cosa ti hanno scritto e cerca di convincerti che stanno parlando proprio di te, del tuo racconto, dei tuoi personaggi.
E non smettere di scrivere.
Non farlo mai. |