Recensioni per
Il nome nel riflesso
di Ghevurah

Questa storia ha ottenuto 6 recensioni.
Positive : 6
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
08/04/20, ore 14:56


Ciao Ghev, long time no see!
Ricompaio con una recensione che ho scoperto nei miei bloc-notes virtuali. Non ricordavo di averla scritta, né che fosse finita, né che non l’avessi postata. La mia memoria è pessima, ma ho pensato di rimediare postandola finalmente, così com’era, con l’idiozia che mi caratterizza da sempre.
A te:

Creeeeeeeeepy.
Coff, coff. Provo a ricominciare con ordine.
Vorrei concentrarmi solo sulla questione principe di questo racconto: Ambarussa.
Mi pare che ne Il canto del meriggio tu avessi linkato un tuo post in cui argomentavi questa tua idea su di loro e già allora l’avevo trovata piuttosto originale, un modo straziantissimo per unire Silmarillion e Shibboleth, però un conto è leggere un post, un altro vedere questa idea prendere vita.
È stato inquietante osservare la trasformazione in Ambarussa.
La riflessione iniziale dà un senso di disagio, sembra così fuori posto chiamarli con nomi diversi, vederli come due entità separate, e quando Pityo è davanti allo specchio, mi sembrava quasi di vederlo, come in una scena di un film, quando un personaggio è in realtà davanti allo specchio, ma sembra essere di fronte a un’altra persona identica a lui. L’arrivo di Tyelko allontana l’inquadratura e ho sentito un certo fastidio per il disturbo, saranno state le considerazioni di Pityo quando viene invitato ad andare a caccia col soprannome paterno.
Il disagio provato insieme a Pityo si riduce man mano che lui assume, passo dopo passo, l'identità di Ambarussa comprensiva di Ambarto, ma in compenso aumenta il disagio nell'osservare questa trasformazione dall'esterno. Infatti mentre lui sembra così felice, così in pace con se stesso, da fuori l'effetto è tutto il contrario.
Lo dimostra la reazione di Moryo, lo dimostra la decisione finale di Menelore.
Finale che, invece di farmi tristezza, mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Sarà anche il mio background di avida lettrice di manga, ma quel genere di dinamica capo-sottoposto in cui il sottoposto apparentemente tradisce il suo capo, ma in realtà sta facendo del bene e sta facendo il suo dovere... oddio, adoro alla follia!
Commenti sparsi:
– mi ha fatto sorridere il riferimento all’"impronta” del sole sulla pelle di Tyelko, per quanto non veda gli Amanyar subire l’influenza della Terra di Mezzo così presto (non ce li vedo abbronzarsi, non questa generazione nata ad Aman), almeno, la scena mi sembra all’inizio della Prima Era.
– Moryo che si stringe nelle braccia: decisamente un gesto che non mi sarei aspettata da lui, tendo a vederlo come uno che cerca di occupare tutto lo spazio disponibile e un gesto così “introverso” mi ha intenerita, oltre ad aver smentito il tuo “lo vedo come una macchietta” :P Direi che c’è stata un’evoluzione in Moryo, a tua insaputa forse?
– Again, Moryo e il suo rapporto con i gemelli: era qualcosa che avrei voluto esplorare come lettrice (come autrice ho un certo timore degli Ambarussa) e qui mi hai dato uno spaccato interessante del loro rapporto. Mi è piaciuto, parecchio, ha dato una sfaccettatura tenera a Moryo, e sarei davvero curiosa delle sue riflessioni in seguito alla scena in cui Ambarussa parla al plurale, o quantomeno avrei gradito se ci fosse stata un’altra scena tra loro prima della morte di Moryo in cui vedere come lui ha reagito di fronte a questo fratello che si sente due.
– Fëanáro e non “nostro padre”. YES. Fa soffrire tanto, ma è una cosa che ci sta, e amoH questi giochi di nomi, quanto li amo!
– impediscimi di shippare Menelore/Ambarussa (nome non usato a caso) per favore. Perché è una ship che potrebbe raggiungere vette di angst che non credevo di poter immaginare (e soprattutto, gli Ambarussa sono gli unici Fëanárioni che non ho mai visto in un contesto romantico, li vedo sempre come due ragazzini, help!)
Un commento più tecnico: da quando hai postato Qeluva Nosse, ho notato una grossa differenza nei tuoi racconti e in un primo momento ho pensato fosse la scioltezza maggiore con cui ti muovi nel creare frasi talvolta evocative e talvolta più visive, ma questo miglioramento è partito da ben prima di Qeluva Nosse, perciò non ero del tutto convinta di questo ragionamento. Con questa storia ho fatto un’altra ipotesi su cosa potrebbe essere stato: i dialoghi?
Sarà che io sono estremamente di parte, vista la mia sbandierata passione per la gente che blatera, ma in questa storia dove introspezione pura e dialoghi vanno fianco a fianco, mi sono accorta di qual era la differenza. E infatti Qeluva Nosse era carichissima di dialoghi per il tuo solito e le storie successive davano spazio al confronto “orale” oltre a quello interiore, più di quelle prima (certo, con Curvo e Tyelko il dialogo c’era, ma non così tanto, QN è stato davvero il momento in cui ho detto: OH YES. YESSS).
Non so quanto abbia senso questo discorso, but still!
Sempre per i “tecnicismi", una frase mi ha richiesto qualche lettura in più, più che altro per capire come interpretarla:
"Era stata Nerdanel a separarli la prima volta, ma lo aveva fatto per renderli uno nei corpi di due. E così erano stati fino a che, anche lei, aveva deciso che dovessero essere semplicemente due."
Alla prima lettura avevo preso la prima frase come un riferimento ai nomi diversi, poi la seconda frase sembrava non avere più senso, ma comunque così ho dubbi. Intendi che la prima separazione è stata la nascita? E la seconda dei due nomi? La seconda non sarebbe più responsabilità di Fëanáro che ha insistito che Nerdanel desse due nomi materni ai figli, invece di uno? Tra l’altro su questo punto, ricordo di averci riflettuto in tempi recenti, ma prima di questa storia, relativamente la questione dei gemelli omozigoti in particolare relativa agli Ambarussa e la scelta iniziale di Nerdanel di dar loro un solo nome: lo ha fatto perché per lei, essendo gemelli, dovevano condividere tutto come avevano condiviso il ventre materno, oppure perché aveva previsto che una divisione nel nome avrebbe voluto dire una divisione futura più netta (= la morte di uno dei due)? E quindi finché Fëanáro non ha detto nulla sul singolo nome, quel futuro diviso non era più reale di quello unito, ma quando Fëanáro ha preteso il cambio di nome, ecco che ha “segnato” il destino di uno dei due? Questa seconda domanda sembra trovare una risposta affermativa nella Shibboleth, ma ti lascio tutto qui, senza particolari pretese.
Poi, sempre per i commenti tecnici, nella descrizione dei sogni di Ambarussa sul rogo del gemello, quel “dolore rosso” ha reso alla perfezione e senza bisogno di altro quello che stava provando Ambarto.
E il modo in cui hai descritto la pronuncia di “Ambarussa”, potevo quasi immaginare qualcuno pronunciarlo... e ora sappi che immagino te che ripeti in continuazione “Ambarussa” per descrivere la cosa XD
A risentirci,
Kan
P.S.: ho continuato a leggere “Il nome DEL riflesso” finché non mi sono resa conto che era NEL. Vabbè, ho l’autocorrettore ciucco di uno smartphone nel cervello XD

Recensore Veterano
25/09/17, ore 17:23

Ho amato questa storia la prima volta che l'ho letta, e l'ho amata ancora di più a una seconda lettura, e visto che mi sto ripromettendo di recensire tutte le storie che ho letto - anche se a recensire faccio davvero pena - eccomi qua.
Non penso che la tua sia una "ipotesi ardita", al contrario la trovo molto in linea con quella che è la storia originale. Ho sempre preferito la versione che vede Amrod morire nell'incendio delle navi - non tanto perché gli voglio male, povero, ma piuttosto perché dà una connotazione a quella che è stata la follia di Feanor e di quanto avesse completamente sovrastato la sua stessa personalità fino a bruciarlo vivo dall'interno - perché penso che nessuno, nemmeno i suoi più feroci detrattori, potrebbe pensare che avrebbe con lucidità e in piena consapevolezza ucciso suo figlio in mezzo alle fiamme.
Dei Feanoriani, probabilmente i due gemelli sono quelli meno approfonditi, sia nel canon che nel fandom, però la natura del loro legame è una delle poche cose che vengono enfatizzate sul loro conto, e penso che tu l'abbia resa in un modo molto intenso, realistico e soprattutto coerente con l'immagine che ne viene data, a partire dal fatto che per tutta la vita ne viene evidenziato il fatto che tra loro continuano a condividere il nome, e a chiamarsi "Ambarussa" l'uno con l'altro, da qui "uno nel corpo di due" è il riassunto perfetto di questa loro identità. "Due nel corpo di uno" non ne è che la diretta conseguenza. Il "declino" naturale di Amras, che vive con il suo nome tra i fratelli e come Amrod tra coloro che non fanno parte della famiglia è dolce e straziante da leggere, e soprattutto nel tuo usare sempre il plurale.
Un'altra cosa che mi ha colpito è stata la narrazione del Doriath, la scena della morte di Tyelko e Curvo, e il parallelismo sulla vicinanza in vita e in morte. 
Il finale lo lascio per ultimo perché è un vero e proprio capolavoro. Ho amato tutto del finale, la fedeltà e l'amore di Menelórë, e la liberazione dai suoi fantasmi in punto di morte - con l'uso di quel nome, "Pityo" - così come il passaggio al singolare nelle ultimissime righe, che è stato l'equivalente letterario di un pugno in pieno stomaco.
Non c'è letteralmente niente, comunque, che non abbia amato di questa storia, dagli headcanon alla cura dei dettagli allo stile narrativo, che è sempre meraviglioso. Grazie per averla condivisa

Recensore Veterano
09/07/16, ore 22:20

Ghev!
Oddio Ghev, che bello è stato aprire EFP e trovare la tua storia!
Mi ha fatto davvero piacere!

E... mamma mia, Ghev, è una storia incredibile. Veramente in credibile, non riesco a trovare un altro termine.
È esattamente quello che volevo leggere su Pityo, sugli Ambarussa.
Una storia intensa, interessante, e si, purtroppo anche tormentata e, alla fine, anche contorta.
perché anche secondo me è così che alla fine si è ridotto l’animo di Ambarussa, dopo ciò che gli è successo.

Tenterò di andare con ordine, ma non garantisco: questa storia mi ha colpita talmente tanto, mi ha “risucchiata” talmente tanto nel vortice dei ricordi, delle immagini e delle emozioni che è difficile riuscire a rendere in maniera comprensibile ciò che mi è rimasto impresso!

Prima di tutto, l’idea di armonizzare le due versioni: è qualcosa che ho adorato, Ghev, sul serio!
Io che ho sempre tentato di decidere tra l’una e l’altra, ho adorato questa immagine delle due versioni unite in maniera coerente, con una prospettiva si inquietante, ma che apre davvero tantissime porte a speculazioni e ad altre possibili armonizzazioni.
Complimenti davvero per questa idea, è originalissima e ti è riuscita alla perfezione!

Poi Pityo… Lo hai reso in maniera eccezionale, in ogni passaggio, e sotto ogni punto di vista!
E’ un personaggio estremamente complesso, secondo me difficilissimo da rendere anche a causa di ciò che sappiamo, e non sappiamo, della sua storia: ma tu hai catturato perfettamente il suo carattere!
Ogni sfaccettatura e ogni particolarità, e anche tutti i dettagli fondamentali del personaggio.
C’è davvero tutto!

Mi è piaciuto l’inizio, in cui ripercorri la storia dei gemelli attraverso le volte in cui li hanno separati, o si sono sentiti separati, e le volte in cui sono stati così uniti da sentirsi uno.
Penso anche io che loro avessero deciso di vivere sempre insieme, di vivere insieme ogni cosa.
Loro tra loro sapevano benissimo il confine tra l’uno e l’altro, e, forse, è proprio per questo che non avevano problemi a superarlo, ogni tanto.

Ma a Feanaro questo non piaceva. Forse non è riuscito, o non ha voluto del tutto, capirli entrambi e capire il loro essere gemelli, ma loro la pressione del suo volerli separati l’hanno sempre sentita.

E poi è arrivata anche la divisione attraverso il nome, fatta addirittura dalla madre che invece li aveva sempre accettati per quello che erano.
E già il nuovo nome era una sofferenza in quanto nome diverso, peggio ancora deve essere stato per i gemelli il significato di quel nome, e in fine il fatto che ha mettere in pratica quella profezia è stato proprio il loro stesso padre.
Ed è significativo che, dopo questa piccola storia della sua vita, Ambarussa non nomini quasi più i genitori, se non il padre quando si tratta del giuramento, ma a quel punto non è più un padre, ma è solo il creatore dei silmarilli, è solo Feanaro che ha legato Pityo, loro, tutti i feanorioni, al giuramento.
E’ un passaggio veramente significativo, questo, soprattutto pensando a come Pityo ha affrontato il padre a Losgar.
In un certo senso ha iniziato con quell’aperto affronto a rinnegare suo padre, e ha continuato.

Ma ciò che più ho amato di questa storia è come hai raccontato il modo il dolore di Ambarussa: è un dolore talmente intenso da diventare una disperazione tale da spingerlo a questa follia, da spingerlo a chiudersi in questo delirio.
E la cosa più straziante e più inquietante al tempo stesso è come questo avvenga gradualmente, attraverso gesti che prima sembrano solo gesti spinti dalla nostalgia e dalla sofferenza, ma che poi finiscono per diventare molto più che gesti.
Il gioco con lo specchio, con la luce che cambia il colore dei capelli, con le similitudini, e soprattutto col nome: ho adorato, ho veramente adorato come hai usato tutti questi dettagli per rappresentare prima il dolore di Pityo, e poi per rendere concreta la sua follia!
Tanti piccoli oggetti e particolari che Ambarussa mette insieme, all’inizio inconsciamente, e poi ossessivamente, per creare due persone, per creare i due che erano.

Pityo cercava suo fratello, voleva sentirlo ancora, voleva che tornasse, e ci riesce.
E alla fine passa gradualmente dal riferirsi a sé stesso come uno, fino a pensare a sé stesso come due, a parlare per due, a sentire per due, a comandare e a agire per due.
Il modo in cui hai reso questo passaggio dal singolare al plurale è incredibile, Ghev, sul serio!
Il modo in cui lo racconti, come rendi il bisogno che ha Pityo di questo essere due, in ogni momento: mi ha colpita tantissimo!
Due momenti in particolare mi sono rimasti impressi: il momento in cui Pityo sogna di bruciare come è successo al fratello, perché ora è come se fosse successo a entrambi, e il momento in cui, anche mentre sta morendo, vorrebbe morire col fratello, vorrebbe che Menelore uccidesse entrambi e parlasse a entrambi, vorrebbe che Kano cantasse per entrambi.
Il fatto che non succeda, e che Pityo muoia con questa sofferenza è una conclusione così amara!

E mi ha colpita infinitamente come, quando ormai per lui l’immedesimazione è costruita, Ambarussa voglia non solo vedersi due, ma anche che chiamino entrambi.
E’ arrivato a sentire dentro il fratello a un punto tale che vuole che gli altri affermino la verità che ha tentato di costruire.

E lo fa con tutti in modo diverso.
Prima approfittando della curiosità di un atan, del fatto che, giovane com’è, non sa nulla sui feanarioni se non i racconti e i canti che avrà sentito fin da bambino.
Il dialogo tra Pityo e questo giovane atan è meraviglioso: ho adorato come hai caratterizzato questo ragazzo, così giovane e curioso, tanto da decidersi ad avvicinare Pityo e a parlare con lui.
E lo fa con rispetto, con esitazione anche, dato che Ambarussa è un elda e forse questo ragazzo ancora è un po’ in soggezione, ma anche con una sincerità e una semplicità meravigliose.

E altrettanto mi ha colpita Pityo: non solo per come approfitta dell’occasione per dare veramente forma alla sua doppia immagine, ma anche per come considera gli Atani: non prova per loro né pietà né tanto meno disprezzo, ma ha imparato ad apprezzare la loro compagnia e, addirittura, ne invidia la breve vita.
Cosa comprensibilissima soprattutto nel suo caso, lui che ha perso un gemello e che ha addosso il peso del giuramento, non può che invidiare una vita breve e una serena, e soprattutto inevitabile morte di vecchiaia.
Davvero, è una delle scene più belle della storia, mi è piaciuta tantissimo!

E poi c’è Menelore.
Un altro tuo particolarissimo personaggio originale che mi è rimasto impresso per la sua complessità, che hai saputo rendere sin da subito.
Menelore ha capito tutto di Pityo, della sua sofferenza e di ciò che sta facendo. Ma per fedeltà, per follia, per quanto profondamente ha capito tutto, lui la accetta e la supporta anche.
Eppure anche lui lo fa gradualmente: prima la nota soltanto, e solo quando vede che è troppo profonda per tornare indietro, allora si piega anche lui, e resta a vedere a cosa porterà.
Ma poi, alla fine, quando ha deciso di tradire e di liberare allo stesso tempo sia il suo signore che sé stesso, anche la fedeltà a questa follia crolla.
Il momento in cui Menelore dice addio a Pityo è terribile nella sua intensità, perché Menelore parla in maniera, almeno così l’ho percepita io, spietatamente sincera, e non lo fa per vendetta o per cattiveria, ma perché quello era ciò che gli sembrava giusto fare.
Sono sicura di non aver capito nemmeno la metà di ciò che c’era da capire di questo personaggio, sto ancora cercando di capirlo, ma questo lo rende ancora più interessante, e ancora più riuscito come personaggio originale!

Infine… I fratelli di Pityo.
Li hai resi come sempre in maniera splendida, cogliendo dei lati di loro veramente interessanti e particolari, e rendendoli, secondo me, veramente loro.
Tyelko, che è legatissio ai gemelli, è assolutamente lui nel suo tentativo giocoso di distrarre il fratellino, di portarlo all’aperto, di fargli fare qualcosa che non sia pensare e specchiarsi ricordando il fratello che non può più avere accanto.
Questo è ilmodo di Tyelko di provare a aiutare Pityo, a guarirlo dalla sua solitudine.

Moryo anche penso ti sia riuscito benissimo: sei riuscita a catturare sia il suo essere più schivo, meno abituato a parlare, a esprimere ciò che pensa o sente nel modo giusto, sia anche il suo essere legato ai suoi fratelli.
Il ricordo che condivide con Ambarussa è tenerissimo: si vede che cerca con quel ricordo di rasserenare sia sé stesso che il fratellino, nell’unico modo che gli è venuto in mente.
Ed è interessante anche il legame che hai sottolineato tra i gemelli e Moryo per il fatto di essere i più piccoli: non ci avevo mai pensato, ed è stata una prospettiva molto bella da leggere!

Ho amato come tutto questo, tutte queste riflessioni, e tutti i vari gesti che sprofondano Pityo sempre di più in questo suo essere due, siano intrecciati con tutti gli eventi della Prima Era vissuti da Pityo….
Strazianti in particolare i ricordi sul secondo e il terzo fratricidio: il secondo per le morti di Curvo, Tyelko e soprattutto di Moryo, per la disperazione di Pityo che rimane a metà tra quella profonda di Kano e quella soffocata di Nelyo.
Il terzo per le immagini che ne hai dato, che mi sono veramente rimaste impresse: i bambini sotto le navi, e il massacro, crudissimo, senza pietà.

Come temevo, mi è uscita una recensione fin troppo contorta.
Tantissimi complimenti davvero, Ghev, e non bastano!
Una storia stupenda, sotto ogni punto di vista: costruita in maniera impeccabile, con il protagonista caratterizzato alla perfezione in tutta la sua complessità, che in questa storia è veramente infinita.
Poi tutti gli altri personaggi, le ambientazioni, le descrizioni, i mille dettagli sia del legendarium sia riguardanti i colori, i vari eventi… E’ veramente una storia splendida, non riesco a trovare altre parole.
Complimenti ancora, e grazie mille per questa storia stupenda!

A prestissimo!
Tyelemmaiwe

Recensore Veterano
30/06/16, ore 22:49

bene, sono in ritardo per praticamente qualsiasi cosa, ma devo dire qualcosa su questa storia.
oddio, non so bene come mi abbia lasciata, so solo che ho il cuore spezzato çç sono stata sul punto di piangere più volte, e non scherzo.

allora, in primis il fatto che tu abbia scelto il pov di Amras (scusa per il Sindarin, ma per gli Ambarussa spesso è più facile usare questo XD) è davvero intrigante, spesso i gemelli sono piuttosto bistrattati nelle fan fiction (o meglio, non se li calcola nessuno), e invece qui tu hai scelto di dar vita al dolore di Amras, al suo essere messo a fronte con la perdita del suo gemello, della sua "altra metà", quello che per lui è sempre stato ciò che lo completava. e davvero, la lenta, inesorabile discesa di Amras nella follia (una follia consapevole, e proprio per questo più straziante, forse) è descritta con grandissima sensibilità e delicatezza. quando si parla di malattie mentali non è mai un argomento facile  da descrivere, spesso si rischia di cadere nel banale o nell'offensivo, e qui invece hai dimostrato una grandissima sensibilità e destrezza. davvero, un ottimo lavoro <3
ma allora, con ordine: fa già stringere il cuore il "preludio" del tutto, quel semplice riflettersi in uno specchio che per Amras è già l'anticipazione di qualcosa di molto più inquietante. è un'illusione che basta poco a venire infranta: giusto la presenza di Tyelko (che oddio, è adorabile, in tutto e per tutto, così sfacciato, ma sincero, e pieno di allegria, per quanto misuri le parole col fratellino e faccia attenzione a non chiamarlo col nome "comune").
e oddio, Amras con gli Atani ... ce lo vedo, a essere abbastanza indifferente alla loro presenza (anch'io penso che dopo la morte del gemello, praticamente più nulla sia riuscito ad attirare la sua attenzione), ma ugualmente la sua presenza attira la curiosità dei secondogeniti (e oddio, il piccolo accenno a Caranthir che parla di Haleth, non dovrei, ma mi ha fatto esultare tantissimo <3), soprattutto del giovane che lo apostrofa. mi fa tanta tenerezza, questo giovane Atan, che è anche lui parte di una famiglia di sette fratelli, che non sa bene con chi si sta approcciando, che si ritrova di fronte un elda di cui ha sentito parlare. è interessante il tuo head canon di "fondere" le versioni del legendarium in questo modo (mi sono sempre chiesta se, a seguire la versione dello Shibboleth, i figli di Feanor abbiano cercato di nascondere la morte del fratello a chi non era parte della famiglia -come Thingol o i Secondogeniti- o meno, e davvero, è una visione interessantissima la tua).
e così inizia la lenta discesa di Amras nella follia, una follia consapevole e proprio per questo ancora più dolorosa. ormai non gli resta altro, per lenire il dolore della perdita: così può fingere che Losgar non sia altro che un incubo, e che il gemello sia sempre lì, con lui. mi fa morire, davvero ç___ç
e oddio Moryo, è tratteggiato perfettamente come tutto il resto: un po' impacciato e quasi goffo, nel suo tentativo di stare accanto al fratellino, di consolarlo in quel momento di paura, a raccontare il vecchio aneddoto in Formenos, quando gli Ambarussa erano ancora due .. mi ha fatto una tenerezza immensa.
e arriviamo alla fine. in primis, mi uccide pensare alla descrizione che fai di Curvo e Tyelko, di come muoiano assieme, accanto l'uno all'altro, e come Amras desideri anche lui morire così, come se Amrod non se ne fosse mai andato ...
la morte di Amras è stato l'ultimo di una lunga serie di colpi al cuore (e oddio, in mezzo a tutto questo angst davvero: sono contenta di essere stata d'ispirazione per i tuoi head canon, davvero, grazie e grazie mille ancora <3), tanto più che avviene da parte di qualcuno che lui non si sarebbe mai aspettato, cioè quel medesimo Menelore che l'ha assecondato nella sua follia. è un personaggio che compare poco, ma tuttavia alza una serie di dubbi affascinanti: perchè ha fatto tutto ciò che ha fatto? sperava forse di alleviare un po' le sofferenze del suo signore, con l'assecondare la sua follia, e ha deciso di rivoltarsi contro di lui perchè capiva che ormai Amras doveva venire "liberato" dal suo fardello? e che in questo modo, lui stesso abbia deciso di soccombere, perchè non riusciva più a sopportare il peso della fedeltà ai suoi signori? (dato che Maglor non gli avrebbe lasciato scampo, poco ma sicuro, forse deriva anche da questo la sua decisione di assalire Amras di fronte al fratello maggiore?)
forse è per questo, e chiama il suo signore col suo nome, solo col suo nome, quel nome che ha designato la primissima "separazione" tra Amras e il gemello, il tutto mentre Amras pensa solo che vorrebbe morire con suo fratello, solo con suo fratello, che non vuole essere più separato da lui .. ecco, cosa gli costava lasciargli quell'ultima, consolatoria illusione? mannaggia çç
comunque niente, l'ultima riga è perfetta e straziante, Maglor che culla il fratellino, e che lo chiama con quel nome, quel nome di due in uno, o uno in due ...
niente, mi hai spezzato il cuore migliaia di volte, altro non saprei che dire. grazie, grazie di tutto <3

Feanoriel 

Recensore Master
30/06/16, ore 16:55

Io... Io non so da dove iniziare, Ghev, davvero.
Perché con questa storia, lo sai già, hai toccato un tema che mi è carissimo, quello dei gemelli, e lo hai fatto in maniera splendida e dolorosisima. Troppo, troppo dolorosa.
Ora, sarò anche io che tra caldo e stress di questi ultimi giorni sono decisamente troppo emotiva, ma questa, te l'ho già detto, è la prima storia che mi fa piangere. Piangere davvero, senza riuscire a fermarmi, con una parte razionale di me che dice: "su su, è una fic, su, è tutta fantasia, va bene così" ma no, davvero, non ci riuscivo. Perché è qualcosa di... Oddio, mi vengono in mente soltanto parole vuote e riduttive, che non riescono a rendere appieno tutta la forza e la complessità di sentimenti che sei riuscita a suscitare in me.
Va bene, provo a ricompormi, e a procedere con un minimo di ordine.
Già il titolo parla da sé, il nome nel riflesso. Ho letto il titolo e ho pensato: sì, questi sono i gemelli così come li vedo io. Ed è stata la prima pugnalata. Perché forse, se avessimo avuto visioni diverse sarebbe stato più facile.
Ma tu qui hai raccontato esattamente quel che ho sempre pensato, e di più: quel che cercavo di mitigare, di non vedere. Non sotto una luce tanto drammaticamente crudele.
Perché, almeno per me, Pityo (userò i nomi paterni per mera comodità) è sempre stato fin troppo consapevole di quella dolorosa scissione. E questo lo ha reso folle. Folle, sì, ma in che modo? In tanti modi, pensavo. Ma mai questo.
Non avevo mai pensato a un tentativo di consolazione di questo genere. Tu lo definisci un azzardo, ma io lo trovo quanto di più sensato. E di più terribile e doloroso. E ripeto, probabilmente non avevo voluto pensarci, perché già le mie, di visioni, facevano troppo male. Avevo accantonato quest'ipotesi brutalmente, per non doverla vedere. Ma è forse, a conti fatti, l'unica plausibile.
Bene, avevo detto che sarei andata con ordine e già divago pesantemente... Perfetto. A ogni modo, prima di commentare la storia in sé e per sé, due punti importanti che mi hanno colpita.
In primis, lo stile. Dimentico sempre di dirtelo, ma trovo che i tuoi ultimi racconti... Diciamo, da Airi Oronti in poi, possiedano tutti una fluidità diversa dai precedenti, e in questo modo abbiano acquisito maggior forza e bellezza. Qui in particolare, lo stile è sì diverso dal solito, più scarno, incisivo... E io adoro, leteralmente, una scrittura di questo genere, rapida, potente ed evocativa, che va diritta al punto e che ti strappa il cuore.
Ecco, credo di non aver reso appieno quel che volevo intendere, di nuovo. Vorrei poter commentare questa storia tramite Osanwe, altro che!
Altro punto: il Quenya. Non è un elemento pregnante in questa storia, per questo ho deciso di estrapolarlo e trattarlo come cosa a sé, perché io ne sono rimasta colpita. Le lingue nel legendarium sono un elemento fondante, e tu questo lo rendi benissimo soffermandoti sul Sindarin strascicato del giovane Haladin, o sulle sonorità piene, calde, del Quenya di Moryo, che sanno di casa e di cose perdute.
Davvero, vorrei abbracciarti anche solo per questo.
E dalle lingue veniamo ai nomi, e quindi a noi.
Ambarussa. Ok, smetto di squittire per come tu abbia saputo scrivere la musicalità del suo nome, soffermandoti su ogni singola sonorità. Sono sensibile all'argomento lingue e musicalità, se già non si fosse capito. Ma comunque...
Un nome che li ha uniti, nomi che ora li dividono brutalmente. Ora Ambarussa è solo Pityo, e questo sancisce più di ogni altra cosa quella scissione irreparabile.
E il silenzio dei fratelli, il loro non riuscire a pronunciare più il nome Ambarussa... Ho sempre creduto anche io che tacessero, che non riuscissero a parlare in alcun modo della vicenda, e che il nome taciuto ne fosse un chiaro segno.
Tra l'altro mi chiedo: è questo silenzio dei Feanarioni a far sì che si diffondano storie sui sette figli di Feanor, secondo te? Perché mi verrebbe da pensare che un Atan, nato e cresciuto in Endore, sapesse bene che i Feanarioni erano solo sei, pur non avendo idea delle motivazioni... Ma la mia è solo una curiosità, che nulla toglie alla bellezza della storia e del tuo espediente del giovane Haladin che, tra parentesi, mi fa una tenerezza infinita con le sue esitazioni, il suo timore, e quel suo "io sono un ultimogenito"... Vorrei davvero abbracciarlo.
Ah, e devo smettere di immaginarlo come un membro della Casa di Hador... Non ho idea del perché, ma continuo a vederlo alto e biondo!
Comunque, è meraviglioso, e terribile, come sia grazie a lui, alla sua domanda ingenua, a un gioco insomma, che le illusioni di Pityo acquisiscono finalmente concretezza. Illusioni che, fino ad allora, erano rimaste un gioco di specchi che bastava un soffio a spezzare... A proposito, attimo di fangirling per Tyelko, caldo come il sole e altrettanto feroce nella sua spietata sincerità... Lo adoro. Ed è così che lo vedo anche io.
E tra l'altro ho sempre pensato sia diventato particolarmente protettivo nei confronti di Pityo, se già prima lo era di entrambi, ora la cosa non ha potuto che accentuarsi... E anche Moryo, a modo suo, ha acquisito un certo, forte senso di protezione verso il più piccolo, ma ci arriviamo dopo.
Lo spronfondare di Pityo nell'illusione è così spontaneo, rapido, con quel passaggio dal singolare al plurale così fluido che quasi non ci si fa caso. Sembra quasi che Pityo aspettasse solo l'occasione giusta per rompere gli argini e lasciare che la follia dilagasse, che la consolazione di essere due lo abbracciasse in tutta la sua terribile dolcezza.
E in tutto ciò c'è Menelore, figura che vorrei davvero conoscere meglio. Ne avremo mai modo.
Spietato, folle, ma allo stesso tempo, io credo, animato da una dolcezza infinita prima nell'assecondare il delirio di Pityo e poi, alla fine, nel liberarlo. Sì, perché io credo che quell'atto finale sia un atto d'amore estremo, terribile, folle quanto si vuole, ma amore.
Moryo fa una tenerezza infinita in quel suo imbarazzo, quei suoi timidi tentativi di parlare del passato, di ricercare un conforto... A proposito, vividissima la descrizione della fortezza in costruzione e splendido il parallelismo con Formenos, e forse la cosa più inquietante è vedere Ambarussa cedere alle sue illusioni e, per un attimo, renderne partecipe il fratello. Ecco, il vero dolore forse sta nel fatto che Ambarussa in fondo è sempre, dolorosamente cosciente dell'autoinganno, o non fingerebbe mai di essere uno.
Tra l'altro, mi vien da pensare che i fratelli sapessero, che tutti sapessero... Le gesta dei gemelli saranno trapelate nel Beleriand, quindi la follia di Pityo si sarà diffusa... L'idea mi addolora immensamente. Ma forse tu hai altre idee in merito?
E il sogno, il sogno di bruciare... Era, e forse è tuttora, l'elemento portante della storia di cui ti parlavo. L'idea che Pityo sognasse il dolore di Telvo, che lo vivesse come fosse suo. Leggerlo qui mi ha dato i brividi perché, davvero, abbiamo avuto la stessa idea. E qui è ancora peggio, forse, vista la dualità di Ambarussa.
Poi, ovviamente, le lacrime che non ho versato all'immagine di Tyelko e Curvo, le mani intrecciate, i visi vicini... È così straziante, così tenero, così... Così troppo, ecco.
E Ambarussa che piange, piangono, sul corpo di Moryo.. Altra stoccata.
Tra l'altro ora mi faccio un sacco di domande su Telvo in Mandos, e sul loro ricongiungersi... Ma non è qui il luogo per parlarne, che davvero ho divagato tanto.
Le Bocche del Sirion sono esattamente come le immagino io, e i bambini nascosti sotto gli scafi delle navi sono una di quelle immagini che ti si imprimono dentro e non ti lasciano più.
Posso giustificare quanto voglio, arrampicarmi su tutti gli specchi che voglio, ma quello è stato uno sterminio. Terribile. Chi ha combattuto per i Feanarioni non aveva più remore, e tu questo lo hai reso benissimo.
Il finale, con quel nome "pronunciato solo per uno" da Kano è così dolce e doloroso assieme... Davvero, Ghev, non riesco a commentare oltre.
Ti sono infinitamente grata per aver pubblicato questa storia che, se non l'ho già scritto sopra, di azzardato per me non ha niente, è solo qnanto di più reale e credibile si possa scrivere a proposito di Ambarussa.
Un abbraccio forte e, dinuovo, grazie

Mel
P.S.: momento pedanteria (perché la Mel non si smentisce mai XD) tu scrivi "Sinigollo", forse è un errore di battitura, o forse sono io che mi perdo passaggi per strada, ma non dovrebbe essere Singollo? Thindicollo in alternativa, se si vuol usare l'antica pronuncia... Scusami se ho fatto correzioni inutili!

Recensore Junior
30/06/16, ore 02:56

Ghev che sorpresa! sapevo che stava arrivando questa storia, ma chissà perché non me la aspettavo così presto, mi ha preso un colpo quando l'ho vista.

Ma cerchiamo di connettere e di buttare giù qualcosa di sensato, perché ho deciso che, a rischio di risultare un po' incoerente, non aspetterò domani, a mente fredda, ma commenterò subito… e casomai mi perdessi qualcosa per strada ci sarà modo di integrare più avanti.

Allora… già non so se cominciare dall'idea e dallo stile.

Parto dall'idea. "Azzardata" l'avevi definita tu, ma io la direi invece: brillante! Geniale. E intrigante, pure.
L'unione delle due versioni: la tragica versione Shibboleth e la leggermente meno tragica versione Silmarillion. Un'idea a cui non avevo mai pensato ed ora mi sto chiedendo perché. Perché in effetti la ritengo più che plausibile. Subire un trauma di quel genere, che è, tra l'altro, l'ultimo e il peggiore di una tragica serie, non può che portare ad uno squilibrio emotivo e mentale che in qualche modo bisogna compensare per sopravvivere, e la "soluzione" di impersonare il gemello sembra (anche a un profano della psicanalisi come me) perfettamente verosimile.
Insomma, spero di essermi fatta capire, quest'idea non l'avevo mai sentita, né l'avevo mai presa in considerazione; mi hai stupito davvero (e ti assicuro che non capita spesso), non posso che farti i miei più sinceri complimenti.

Anche sullo stile ho qualcosa da dire. Molto, molto diverso da ciò che ho letto di tuo finora. Tu sai che io adoro il tuo solito stile, ma questo non è da meno. Più scarno, serrato, asciutto. Sembra conservare solo l'indispensabile. Perfetto per descrivere il processo che porta Pityo a sviluppare la sua ossessione. Lo rende comprensibile, agli occhi del lettore. Lo fa sembrare inevitabile.

(E tra l'altro, dimostra come tu padroneggi stili diversi con estrema bravura, casomai ce ne fosse bisogno).

Per quanto riguarda poi la struttura della storia, c'è poco da dire, a parte: impeccabile. Siamo con Pityo in questo suo rifugiarsi nell'illusione, dal momento in cui, quasi per caso, essa prende vita, e ripercorriamo le tappe fondamentali della sua esistenza, nelle quali di volta in volta quest'illusione viene portata avanti, fino a diventare il suo unico, ultimo appiglio.
Il singolare che si fa plurale, l'io che lascia il posto al noi, avviene in un modo che quasi non te ne accorgi, come lo stesso Pityo (sembra) non si accorge di scindersi.

Una serie di immagini vivide e reali, di quelle che rimangono impresse nella memoria, di cui ne cito solo due, se no rischio di andare troppo lunga.
Il momento con Carnistir; sia il ricordo della disavventura in Aman, così ben descritta che mi è sembrato di essere lì con loro, sia il Carnistir attuale, a disagio, che intuisce, ma non si intromette.
E poi sono morta, ovviamente (e letteralmente), alla visione di Tyelko e Curvo cadaveri, e al pensiero di tutto quello che c'è dietro… aiuto.

Ho tenuto per ultimo l'elemento che forse più mi ha colpito: Menelore (scusa la mancanza di accenti). Mi son domandata dove ci volevi portare con la sua presenza, ogni volta che l'ho visto comparire, e alla fine… mi hai sorpresa, davvero.
E non perché uccide Pityo, ma perché lo costringe a morire solo.
Noooo, perché!? Te lo giuro, l'ho esclamato (d'altronde sai che leggo ad alta voce, quindi è venuto piuttosto naturale).
Perché? Lasciali andar via insieme, come Tyelko e Curvo. Lascia loro il conforto dell'ultima illusione. Lascia ad Ambarussa la finzione che l'ha sostenuto in vita.
Perché lo fa (negargli l'illusione in punto di morte), non l'ho capito. È per vendetta, per averlo costretto a diventare ciò che è, per aver ripagato la fedeltà con la dannazione? O lo fa perché non ce la fa più a vedere il suo signore affondare sempre più in una follia degradante?
In ogni caso, lasciagli l'illusione, Menelore, mi verrebbe da dirgli, tu che un tempo l'avevi accettata, quasi sancita.

Cos'altro posso dire… beh, mille altre cose, in verità, ma le più importanti mi sembra di averle dette. Manca solo un grazie enorme, per questa visione originalissima, che mi ha sorpreso e dato da pensare e coinvolto e commosso.
"Ottimo lavoro" sarebbe dire ancor nulla. Masterpiece.

NB1
Non so se perché io adoro le ipotesi ardite, o se perché dopotutto questa, più che ardita, mi è sembrata un'ipotesi geniale, ma dal mio punto di vista non hai nulla di cui preoccuparti.
Quindi, ecco, sappi che il tuo "piccolo delirio" è stato apprezzato come, se non addirittura di più delle tue solite, meravigliose, storie.