Buonasera, Silvar Tales ♥
Inizio questo commento con il dirti che, ad essere sincera, EFP non è la prima piattaforma sulla quale ti ho trovata. Difatti ieri sera, sul tardi e piuttosto casualmente, ho aperto Archive Of Our Own per cercare qualche nuovo piacevole lavoro sulle interazioni tra Mihael e Mail e, con mia grande meraviglia, Stille Nacht si è rivelata essere la prima storia comparsa, attirando tutta la mia curiosità non solamente per la scrittura italiana, essendo il sito prettamente internazionale, ma perlopiù per la delicatezza della introduzione a presentare il tema che ha guidato il tuo racconto. Non ho potuto dunque fare a meno di immergermi nella sua lettura e di ripromettermi poi che, appena avrei avuto qualche minuto libero nella giornata, avrei cercato il tuo profilo autrice qui, sempre presumendo che ne avessi uno, e ti avrei assolutamente contattata tramite una recensione per farti sapere quanto io abbia apprezzato ciò che ho letto. Ed eccomi qui, perciò, a scriverti un piccolo commento di gratitudine e genuino apprezzamento circa la tua splendida interpretazione delle dinamiche che legano la psicologia di entrambi i personaggi in un rapporto intenso e originale, riportando alcuni momenti tanto intimi e soffici attraverso una scrittura piacevole e scorrevole in ogni scelta lessicale. Sono rimasta estremamente incantata dal tuo modo di raccontare le vicende, di richiamare alla memoria gli attimi preziosi che hanno consolidato gradualmente la loro relazione, dalla raffinata melodia tramite cui hai descritto in maniera impeccabile e suggestiva le ambientazioni passate e goliardiche della Wammy’s House, il candido e metaforico lenire della neve che congiunge la grande parte dei ricordi che Mail associa alla natura del suo rapporto con Mihael ( «Non amava la neve. Semplicemente, la neve era terreno amico, perché più di una volta era caduta così persistente e copiosa da riuscire a tappare qualcuno di quei buchi. » ), ed il biancheggiare della città di Francoforte, scenario di quel Natale che «era una felicità luccicante e glitterata cui Mail Jeevas non sentiva di appartenere. »
Ho apprezzato davvero tantissimo che abbia scelto di narrare secondo quello che, nel più delle scene, è il punto di vista singolare di Mail, attribuendo grande spessore e carica emotiva ad un personaggio di cui purtroppo vi è stata una visibilità fin troppo misurata sia nel manga che nella serie animata, ma i cui zaffiri scuri in questa racconto diventano lo specchio che riflette limpidamente il proseguire della storia nei suoi più minuziosi e delicati dettagli.
Alternando inoltre il registro linguistico quando le riflessioni di Matt divengono eccezionalmente personali, così che il lessico utilizzato rispecchi con maggiore fedeltà il comune flusso di pensieri di un ragazzo giovane e oscilli tra la simpatica empatia che si crea nei suoi riguardi, ed il tuo elegante intervento come narratrice esterna alle vicende.
Come ad esempio qui, « Come doveva interpretarlo? Matt vienimi a cercare oppure Matt lasciami in pace?
Ci aveva pensato un po’ su, poi aveva concluso che non gliene fregava un cazzo ed era uscito nell’aria gelida di Francoforte. », dove mi è stato davvero inevitabile sorridere divertita davanti alla franchezza tipica di un adolescente che riecheggia limpida anche in un bellissimo stile di scrittura come quello con il quale ci hai omaggiato tu stessa.
La sua forma mentis così libera e schietta è stata la indiscussa protagonista della fan fiction (passami il termine per favore, credo sia davvero riduttivo chiamarla così consideratane la bellezza), dal rimembrare gli anni di vita trascorsi insieme a Mello nelle innumerevoli peripezie, più o meno altalenanti, che li hanno avvicinati, alla semplicità con la quale vive la sua oramai quotidianità sentimentale e sessuale insieme a lui, alla spontaneità naturale dei suoi disagi, delle sue intime riflessioni, e attraverso cui riesce a distrarre fin troppo facilmente la sua fragile concentrazione, soffermandosi sugli arredi spogli e neogotici di Dreikönigskirche, quella sera «vestita di una timida austerità», sui movimenti meccanici del presepe e su quella atmosfera « talmente sacrale che persino lui ne percepì il fascino. »
Una sacralità dalla quale era consapevole lo stesso Mihael ne sarebbe rimasto incondizionatamente ammaliato, e che difatti ritrova esattamente lì, devoto su una panca non distante dall’altare centrale, le mani congiunte e la croce stretta saldamente tra di esse, ritratto in uno degli aspetti più fondamentali e fragili della sua personalità così scabrosa ed eccentrica che, tuttavia, spesso domina e maschera esternamente la reale delicatezza che lo distingue.
Tanto che « Se al posto di quegli abiti neri avesse indossato una tunica bianca, chiunque l’avrebbe scambiato per un angelo caduto dal cielo. », come nota Mail stesso, prima di accostarsi alla figura fedele di Mihael e infrangere per qualche istante la intima devozione di quelle sue silenziose preghiere, che lo avvolgono così perfettamente nella inviolabile solennità dei canti tedeschi il cui eco bianco risuona tra le pareti spoglie della struttura ecclesiastica.
Canti di cui Matt non comprende il significato verbale, e che invece riportano Mello ad una dimensione di percorso interiore in ciò che ancora non è riuscito a comprendere, che va ben al di là di qualsiasi facoltà intellettiva, e che lo trafigge nei suoi meandri più celati, dove ancora brucia il ricordo rammaricato di un amore materno che gli è stato strappato in tenera età, e che così inevitabilmente lo ha condizionato nei timori inconsci che lo accompagnano da sempre nella sua vita, come la sua mancata volontà di vivere, tempo addietro, quando Mail fuggì dall’orfanotrofio.
Struggente una simile reazione in un bambino di undici anni, malinconica quella lacrima trasparente che gli riga la guancia mentre prega, mentre si aggrappa alle uniche rimembranze vive della sua infanzia e alla necessaria speranza di «credere in un perdono», in una redenzione», e nel «bisogno di credere in Dio. », al contrario di quell’anima pura che invece vede in Matt, in quel bambino il cui creduto abbandono gli tolse l’amore verso la vita.
Quel bambino che è stato la sua forza, non in una « astrazione romantica » ma in « pura e semplice fisica », e che adesso è diventato quel ragazzo sulla quale spalla appoggia affettuosamente il capo biondo, ora che quella timorosa ossessività è stata attenuata dalla presenza costante e imprescindibile di Mail nelle sue giornate, e che il suo carattere si è forgiato tanto che MIhael « aveva imparato a camminare sulle proprie gambe, ed ora Mail Jeevas rappresentava solo il quaranta percento della sua forza. »
In sintesi, questa storia è stata delicata ed emozionante, nel suo avere affrontato tematiche intime nella purezza di un rapporto crescente, di una ambientazione religiosa e sacrale che mette a comunione la verità delle loro anime e per la quale non posso fare altro che ringraziarti infinitamente, di cuore, perché è senza dubbio stata la lettura più toccante che abbia mai avuto occasione di affrontare riguardo a Mihael Keehl e Mail Jeevas.
Spero non perderai mai la raffinatezza che distingue la tua scrittura e la tua grande empatia con i personaggi di cui affronti le psicologie, mi hai veramente toccato nel profondo e mi auguro il mio commento ti abbia strappato quantomeno un piccolo sorriso, nel grande ritardo con cui è arrivato rispetto alla pubblicazione della storia.
Ti mando un fortissimo abbraccio e ancora sinceri complimenti,
a presto! ♥ ♥ ♥
Black_Sun97 |