#1 - Nevicata notturna
“I giorni dell’anno sono quelli in cui lui viene a me, quando il Principe Azzurro rifugge l’Africa bruciante per venire a congelare alla torre di Raperonzolo sulla cui cima la principessa aspetta, dove io aspetto tessendo una tela di Aracne che annoda un cappio ogni giorno più stretto. Ma lui è qui solo per me, antidoto ai venefici ricordi del ragno; morsi e baci per strappare la sua -la mia- tela, scaldare il mio freddo e fare sua la principessa. Lui vuole salvarmi e uccidersi nell’intento, io non posso lasciarglielo fare; siamo entrambi persi -dimentichi- nel tentativo di sedurre l’altro e congelati per sempre prima del disgelo.”
#2 - Tradizione
“Mi provoca, cerca volontariamente e incessantemente il modo di farmi perdere il controllo. Gioca con me, sa come attirare la preda -io, preda- e come squartarla pezzo per pezzo. Io sono il predatore, eppure anche colui che non ha controllo e attacca per difendersi… è inconcepibile come un uomo nato per comandare sia sottomesso e comandato e perciò rispondo all’attacco con un altro attacco, come da tradizione un affondo che uccida e non lasci alcuna speranza. Ma lei ride, non cede, si ostina recidiva nel suo errore appiccicoso e grondante… nel nostro errore appiccicoso e grondante.
Lei mi provoca, cerca volontariamente e incessantemente il modo di farmi perdere il controllo: e l’ha trovato.”
#3 - Tazza calda
“Errare è umano, perseverare è diabolico. Ma nessuno ha mai detto che per la sua natura fallace l’uomo non debba essere punito. Non tollero errori, non nel mio laboratorio, non quando i granelli di sabbia sono così pericolosamente vicini a coprire il fondo della clessidra. Chi sbaglia paga e lo fa per imparare a non commettere più lo stesso errore, la morte la punizione più che adatta per l’inetto seguace e il sottile piacere di illuderlo solo un godevole passatempo prima di vedermi -e perché no, farmi vedere- mentre mi sporco le mani. Odio lo sporco, la feccia rivoltante che si appiccica addosso come il più lurido dei tatuaggi a intaccare l’immagine che di me desidero avere, che desidero che Albert abbia di me, che tocchi, che assaggi. Per cui corri Stuart, accorri quando la padrona chiama, e toglimi da sotto gli occhi questo sporco repellente: pulisci, detergi, sanifica la scena; del mio corpo, sarà qualcun altro ad occuparsi.”
#4 - Champagne
“Devi capire che non è nulla di pericoloso ciò che ci lega, una relazione di soldi e inganni necessari al raggiungimento del mio obiettivo. Sei restia ad accettarla, non ti piace il suo egocentrismo esagerato e tantomeno sopporti il suo profumo su di me ma io ho bisogno di lei, di sfruttarla, delle possibilità che può concedermi. Ti dono ogni volta più di quanto potrei permettermi, ma non ti basta: vuoi sempre di più, chiedi qualcosa in più e sospiri all’orecchio il fallimento dei miei piani; scappi da me sostenendo testarda la tua bandiera e accorgendoti della mia sorpresa, della sorpresa di un uomo che fa la cosa giusta e non viene adeguatamente compreso -ricambiato. Scappi da me e ti accorgi di aver ispessito un centimetro di più il vetro che ci separa, a terra i cocci che tu calpesti e che io sto ricomponendo per te.”
#5 - Bicchieri rotti
“Mi accecano queste luci, mi infastidiscono. Non sopporto la stupidità di queste persone e il loro tenace -inutile- attaccamento alla felicità, il loro credersi sicuri nelle case di una città che di lì a poco diventerà una tomba. Non sopporto la semplicità del regalo di una bambina, tantomeno la sua spensieratezza, la voglia di festeggiare, il disinteresse che in realtà guida gli uomini nella loro cecità e nel soddisfacimento dei loro desideri. E allora brindiamo: al virus, alla fama, al successo; brindiamo, noi strateghi di un nuovo futuro, e spezziamo i bicchieri nella speranza che il rumore del vetro infranto nasconda quello dei morti che strisciano nella polvere.”
#6 - Natale in un futuro distopico
“Te lo leggo negli occhi che ti dispiace e per una volta nella vita scelgo di essere sincero (con te): dispiace anche a me. Non era questo che doveva succedere, qualcosa è andato storto, qualcosa si è inceppato nel mio piano perfetto che ci ha reso non liberi ma nuovamente schiavi, fuggiaschi nel mondo che a noi doveva inchinarsi, che per noi -per te- avevo costruito con il potere e con il sangue. Ma mi sbagliavo e per l’ennesima volta sei stata tu a pagarne le conseguenze, colei che dovevo… che volevo salvare e che invece ho ucciso con le mie stesse mani. Mi guardi e sorridi, felice e sincera nella volontà che sia io a prendermi la tua vita, la vita che così ciecamente ho cercato di restituirti e che ti ho crudelmente sottratto, un’ultima volta, nascosti agli occhi di quell’Uroboros che invece di proteggerti ti ha consumata e uccisa. Volevo salvare il mondo, non distruggerlo; volevo essere il padrone di quelle stesse metropoli che ora si ergono a nere fortezze invalicabili ma ho fallito e ancora una volta mi sono costretto in gabbia, alla quale ho condannato anche te. Sei felice mentre -come sempre- stritolo il tuo cuore nel mio pugno, mi lasci con un ultimo bacio che brucia come il sale nella ferita che la mia creatura ti ha inferto, come sale nella ferita che si è aperta perché nel mio futuro non sono stato capace di prendermi cura di te. Mi dispiace, Alex, e non sai quanto mi uccida vederti così: ti ho promesso una vita che non sono riuscito a darti, ti ho promesso tutto e dato niente alla Vigilia del nostro ultimo Natale e non è rimasto più nulla nemmeno per me, se non il tuo ricordo. Ma c’è un’ultima promessa che posso ancora onorare: non ti lascerò più sola, promesso.”
#7 - Albert lavora fino a tardi anche la sera della Vigilia. Alex gli fa una sorpresa
“Albert lavora troppo e che non pensi di ignorarmi, come se la mia presenza fosse... superflua. Che mi guardi. In fondo, sono solo venuta per fargli un’innocente sorpresa, vino e un po’ di compagnia per passare al meglio la Vigilia e inaugurare ancor meglio il Natale, qualcosa da condividere unicamente con lui. Quindi forza cagnolino, da bravo, piegati al volere della padrona e festeggia con lei un altro Natale, cerca nel suo corpo il meritato sollievo da una faticosa giornata di lavoro e sulla sua bocca il retrogusto vorace di quattro, cinque, sei bicchieri dell’oro di Bacco, la bottiglia a terra in pezzi testimone del violento baccanale. Coraggio Albert, fatti un altro giro: dopotutto è Natale, facciamo in modo anche noi di avere qualcosa per cui festeggiare.”
#8 - Nevica. Albert e Alex stanno fuggendo insieme
“Questa è l’ultima volta che ci correranno incontro armati, che dovremo fuggire mentre alzano contro di noi le canne dei loro fucili: stupida muta di cani, hanno partecipato alla battuta sbagliata confondendo i predatori con le prede e si accorgeranno molto presto del loro sangue sulla neve. Non avranno il tempo nemmeno di pensare cosa sia che li sta uccidendo, li smembreremo pezzo per pezzo togliendo loro la forza perfino di aprir bocca; chiedendo loro l’ultimo desiderio ci sentiremo infastiditi dell'arroganza nel loro rifiuto di parlare –della loro impossibilità di farlo- tanto da decidere di ucciderli senza pietà, di rubare loro una vita talmente di infimo valore da non meritare nemmeno di essere vissuta. Schianteremo ossa, muscoli, pelle e cervello e godremo divertiti della scena, il Progenitor ghignante e ringhiante, calamita che ci attrae l’uno all’altro portandoci a reclamare perfino in battaglia ciò che di diritto ci spetta, di cui naturalmente abbiamo bisogno per sentirci sensibili, percettivi, vivi. Siamo bestie che si sfiorano in questo ballo di sangue al ritmo di rabbia e vendetta, la volontà di spezzare una volta e per sempre un passato instancabile che ci caccia come un segugio, un segugio che dopo anni ha finalmente trovato i lupi da cui sarà impietosamente sbranato. Lunga vita ai lupi dunque, e che ululino vincenti alla luna; lunga vita a noi, e che la notte di Natale celebri la libera nascita dei nuovi dèi.”
#9 - Albert e Alex si preparano al loro primo Natale insieme
“Siamo giunti al termine, abbiamo vinto –il mondo questa volta. Non è rimasto più nessuno in grado di sconfiggerci, nessuno è mai stato in grado di farlo. E’ con supponenza che scivola il nostro occhio sull’orizzonte del Nuovo Impero, oceano nero di quella rivoltante feccia umana che è stata purificata; ascoltiamo in attesa di contatto con un Uroboros piegato definitivamente al volere e al potere del progenitore di tutti i mali, servo oscuro e strisciante che caccia e sfinisce i due sopravvissuti di ricordi vecchi e ingrati. Siamo mutati, siamo evoluti: uno di noi ha accolto l’orrido di una nuova Genesi della quale si è proclamato Signore e Padrone; l’altro ha sofferto per mano del Creatore le pene dell’inferno che lui stesso ha portato sulla Terra, combattendo e morendo in una battaglia già persa all’inizio. Ma il Nuovo dio, investito dell'onnipotenza che aveva così tanto desiderato, ha scelto di riportare indietro la vittima poiché anche per lei questo mondo era stato creato. E’ così che abbiamo chiuso il sipario su una tragedia durata fin troppo a lungo, che abbiamo riscritto l’epilogo di un copione raccapricciante con la penna del corvo e l’inchiostro dei mostri, il dio che si inginocchia alla sua imperatrice e nella notte di Natale la incorona dea del Nuovo Mondo.” (Recensione modificata il 27/12/2016 - 10:58 am) |