Recensioni per
Survivor
di Nocturnia

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
02/06/17, ore 16:58
Cap. 1:

Survivor è qualcosa di estremamente interessante da analizzare: una relazione, una verità, una storia che racconta pieghe che un gioco che non ha avuto il coraggio di mostrare, creare, intimorito dal potenziale di un personaggio che poco ha avuto a che fare con onore e gloria -che ha sempre giocato pesante, scommesso pesante, osato, bistrattato senza distinzione sé e gli altri. Survivor racconta la storia di Excella, che ha scalato la montagna credendo di vederne la cima, che è rovinata a terra, rinata, cadendo dai cieli sulla cima di quella stessa montagna e scovando che no, la verità era un’altra -che il limbo a cui gli dei sono condannati è qualcosa di molto diverso da ciò che si aspettava, qualcosa a cui in fondo non aveva mai anelato o pensato di consegnarsi, se è per questo. Nel limbo, una giovane ha trovato i resti delle divinità, rovine di delubri che ingenuamente aveva creduto sperato le fossero dedicati -ultima pellegrina nel tempio di un culto ormai abbandonato. Tra le macerie un fantasma l’ha accolta, le ha mostrato la sua -la Loro, la sua- antica dimora, illustrato come si sarebbe dovuta muovere tra i ruderi di quel sogno che lei aveva scelto per sé, stupida mortale -alla quale si era incatenata e obbligata, credendo di appropriarsi dell’oro degli dei. Excella l’aveva ascoltata, carpito la verità nascosta dietro i suoi gesti -aveva compreso il Verbo, la realtà che cancella il mito: che la stessa maledizione delle divinità era l’oro di cui tanto andavano fieri, lo stesso che aveva condotto Lui alla rovina e Lei nel baratro, condannati entrambi alla croce prima del tempo. Ed Excella aveva capito: che i morti svelano i loro segreti solo a chi è morto come loro.
 
Sarebbe interessante poter parlare di Survivor cominciando dalla fine, poiché in fondo questa vicenda altro non è se una delle figlie dello stesso Uroboro, dello stesso padre che ha originato malizia e inganno, tracotanza, solitudine e morte. Che storia triste, Survivor, perché lascia davvero l’amaro in bocca, perché non concede a nessuna la vittoria -uccide entrambe, regalando a una l’illusione della rinascita, all’Altra la beffa di dover prendersi cura di chi le sopravvivrà -fisicamente, in quanto ormai marchiata dentro da un destino che la stessa aveva così tanto combattuto per ottenere. Una battaglia persa da entrambe, per motivi diversi -Alexandra ed Excella, macilenta ed emaciata, un duo crudele quanto improbabile: donna e ragazzina, moglie e concubina; il maestro e il minore degli allievi, la Signora di Tutto e Vostra Eccellenza del niente.       
Ed è un’Excella così… patetica quella che offre Survivor -simile a qualcosa che è già stato, che la ritrae agli albori, innocente bambina, incapace di fare, scegliere, decidere. Opposta in tutto e per Tutto alla leggendaria Gionne, giunonica matrona che in capo al mondo l’aveva condotta: di fronte a una dea, di fronte a un fantasma, tra le vestigia di un tempio che aveva scelto di chiamare casa. Eppure non ha paura dei fantasmi, Excella, in quanto -ancora- non ne ha memoria -li percepisce nell’aria, li vede davanti a sé, non capisce. Accetta il loro livore, vive con l’astio di chi dice di odiarla -ritrova nella loro vuota eco una nuova esistenza, una storia passata, la voce e il ricordo di chi l’ha resa ciò che è.
 
Un virus -Albert.
Un artificio a regola d’arte, un espediente dovuto, necessario. Excella scrive le sue prime parole sapendo nulla, ricordando nulla del ponte di una nave a metà di un sesto capitolo, il finale per la dolce Aheri -a parte una cosa. Qualcuno. O meglio, ricordando la sensazione di qualcuno, percependola tra le ceneri nerastre di un vulcano all’orizzonte, in quei nastri scuri che strisciano silenti in lei. La morte di Wesker, la rinascita di Excella -eventi sovrapposti, epilogo e prologo, ironicamente, come se contorta religione avesse chiesto al lupo di reincarnarsi nella pecorella, come fosse obbligo per il Re consegnare il suo immenso potere nelle mani di un insulso pedone -tramite esso uno spirito che indugia, si sofferma, che si trattiene per aiutarla e deriderla, celato tra i vermi del virus.
E’ dunque una figura debole e impacciata che la storia ci regala, lo schizzo leggero -profondamente studiato- di una ragazzina debole e impacciata, tenera -il riflesso di uno specchio dimenticato, di ciò che forse poteva esserci prima di Albert, prima di niente tutto -ciò che per ennesimo paradosso proprio Lui è tornato per restituire. Per ricreare e confondere, schernire e distruggere.                
E allora da zero, da bestia, Excella cresce -strappa e mastica, schiava di un virus ferale rotola in ributtante ribrezzo, insetto feroce e ripugnante; vive alla mercé di un verme che la stritola e confonde, divertito a gettarla nel fango, dilettato nell’appagare l’ego della sua morente metà. Excella cresce -impara a padroneggiare il mostro, a sottometterlo; ammaestra se stessa, riprende coscienza di sé, della sua morte, della sua vita, della vastità del vuoto che l’aspetta -dell’occhio vacuo e della mano fredda che le hanno insegnato -quasi- tutto. Studia il cupo maestro, si chiede cosa l’abbia resa com’è -capisce. Ricambia l’odio per colei che l’ha salvata, introdotta a nuova vita per vederla rinascere e poi fallire, per risparmiarla, umiliarla, condannarla, richiamarla all’impegno che Excella aveva scelto per sé.

"Hai scelto, Excella; un lusso che io - noi - non abbiamo mai avuto."

Excella comprende, e questo basta a farle accettare il suo Caronte -a disprezzarlo, certo, rimanendo pur sempre legato a Lei -a Lui-, unica ancella ad accompagnarla nell’ultimo viaggio verso la fine (una tomba, a Milano), un nuovo inizio; unica che le abbia mai concesso libertà (verità), la possibilità di andare, fuggire, vivere. Ed è questo il monito più triste: che dovunque andrà, Excella non avrà mai davvero la possibilità di considerarsi libera (forse), in quanto marchiata dal simbolo dell’Uroboro, dal sigillo degli Esseri Superiori -un anatema dal profilo spigoloso dietro un paio di occhiali scuri, una voce carezzevole e profonda che racconta di gesta passate, di un’ombra che la seguirà per sempre e le avrà sottratto il suo posto nel mondo, il posto della vera Excella che giace ignorata (ma Lei no, Lei non la ignora) nella sua casa di pietra a Milano.      
Verità vuole non esistere riposo per la giovane Gionne -sia essa morta, sia figlia dell’Uroboro. Entrambe mancheranno (hanno già mancato) la possibilità di trovarsi, la possibilità offerta a suffragio degli dei che non hanno mai chiesto di diventarlo -perché entrambe sono perse, bruciata molti anni prima la loro unica via di fuga.
E in fondo che cos’è Survivor, se non la sorella crudele di Our Little Horror Story? Cosa sono entrambe, se non corsie di strade diverse verso la stessa direzione -donne morte (sempre la stessa), eternamente vittime del loro aguzzino. Ecco perché è così triste, Survivor: perché per quanto Excella possa impegnarsi ormai la storia per sé l’ha già scritta -per quanto la sua ingenuità rinnovata e il suo corpo rinato, ha già scelto il filo rosso per legarsi a Wesker, a colui che ciò che tocca necrotizza, distrugge. Mida del male, Lui ad aver ucciso Excella una, due, tre volte, l’ultima la peggiore, definitiva e perpetua -perché se ai semidei è concessa la morte, ai veri dei non lo è. E non resta altro da fare alla povera Gionne se non prendere atto del proprio volere e della propria colpa, accogliere ogni responsabilità, abbandonare le rovine del tempio -senza mai voltarsi indietro, senza averne davvero bisogno, perché ieri sarà sempre pronto a farsi ricordare oggi, domani e domani ancora, a impoverire l’ora e il dopo stagnando nei suoni e nelle percezioni emanate e concesse da signore a padrone.           
 

Non c’è lupo senza Cappuccetto, Biancaneve senza Grimilde -e come non citare Lei, il Dolore, l’Autodistruzione e la Commiserazione, disperazione e incessante lamento. Corre Alexandra, e inciampa nel suo tormento; ottria un’ultima benedizione poi muore, avvinta -affranta, finita, amore il suo male peggiore.
 La stessa Survivor, tuttavia, dona ad Alex una prospettiva differente, un dettaglio nuovo oltre la crudeltà e la malattia, la pena e la sofferenza: cinismo, astioso e profondo cinismo. Eppure Alexandra non è mai quella che sembra, non è mai solo brutale, meschina, perversa -c’è altro, lontano dalla soggettività e dagli sguardi indiscreti, qualcosa che passa quasi inosservato tanto è sapientemente avvolto intorno alla sua figura.
Alexandra Wesker, spietata e maligna Alexandra, vomita, tossisce, sanguina cattiverie sulla giovane Excella senza condividerle davvero. Non pienamente e nella loro totalità, perlomeno. Alexandra, fantasma dalle innumerevoli maschere, trasuda il volto di vecchia invidiosa, infuriata e gelosa, inacidita da un filo che minaccia di lì a poco di essere tagliato -rudere raggrinzito che allunga gli artigli verso la bella per succhiarle via la preziosa giovinezza. Fosse semplicemente questa la chiave di lettura, avremmo colto il perfetto capro espiatorio.
Ma non è così.
Perché questo è ciò che Alex cerca di vendere, il correttore che intende usare per nascondere le sbavature che si stanno allungando sulla sua stropicciata pagina. Perché Alex è una mina vagante, proprio come rivela Survivor, e percorre il sentiero esattamente opposto a quello di Excella -sentieri inevitabilmente destinati a incrociarsi. Osserva Excella dall’alto del suo trono, Alexandra, un’allieva di infimo livello; decade Alexandra, e osserva Excella crescere più forte; vomita sangue, mentre vede piegare l’Uroboro; muore, permette a Excella di vivere. Non è forse il contrario dunque, Excella a succhiare via la vita da Alex? Non sono forse lei e Albert, ancora e sempre, a mandare in frantumi uno specchio ormai prono al suo peso e ai suoi riflessi? E allora diventa ingiusto considerare Alex solo una disumana e perversa -perché è odio quello che scatta in lei, un odio terribile e vasto che in fondo sa più di sconfinata e inguaribile tristezza.
Dice il saggio
“La rabbia è un veleno che assumi tu sperando che muoia il tuo nemico
e Alexandra quanta ne ha ingoiata di rabbia -quanta, ogni volta che Albert la lasciava sola a morire a Sushestvovanie per tornare alla sua falsa Biancaneve; quanta, ogni volta che percepiva sulla sua pelle il tocco, nella sua bocca il sapore di un’altra lei? Troppa -e ha finito per avvelenarsi fatalmente, per rintanarsi a morire in un angolo buio alla stregua di un topo in trappola.
Alla luce di ciò, ci si può dunque stupire di tutto il rancore che Alex cova verso Excella?
Hai voluto essere degna? Hai scelto di fotterti la mia disgrazia, di diventare la sua regina? Allora paga il fio, stupida incosciente, perché tu hai scelto questa vita e tu dovrai viverla a pieno titolo. Ciò che ti da, ciò che ti toglie e ciò che comporta l’ambrosia degli dei -divertiti a giocare con un dono che è una dannatissima condanna, divertiti a crepare ogni giorno che passa. Mi auguro tu senta più male possibile.
Ed è così chiara la situazione in cui sta scivolando Alexandra -traspare bene come non sia odio genuino quello che riserva a Excella. Poiché la verità -sconcertante, eppure a suo modo bellissima- è che Alex non ha mai realmente odiato nessuno -poiché tutto il male assoluto che prima una bambina, poi una ragazza  e infine una donna sono state capaci di concepire è stato rabbiosamente e pienamente rovesciato sul loro demonio peggiore, Spencer, e su Alexandra stessa. Alex è una figlia cresciuta distillando pece e rancore, odio e livore, disprezzo e disgusto verso un padre che l’ha torturata -ha versato collera su di lui, un fuoco nero, viscoso e bollente per ucciderlo, squagliarlo, cancellarlo totalmente dalla faccia della terra, e poco importa che nel farlo si sia cancellata anche lei. Poco importa sia stata un’arma a doppio taglio per distruggere e distruggersi, obliterare e obliterarsi -l’amara raffigurazione di una donna che piange sopportando le ustioni, che si deturpa per annullare il male e i suoi progetti abortivi, per sopprimere il padre e la figlia abominevole e incancrenita.
Alexandra è una donna consumata dalle sue ustioni, sciupata, pelle viva e muscoli esposti a un dolore senza tregua -ed è per questo che aveva bisogno di Albert: unguento ad alleviarne le oscene ferite, acqua a dissetarne il corpo combusto da un inferno di Spencer malattia.
Eppure Albert alla fine se n’è andato. Ha incontrato la Morte, e se l’è portato via, con esso la speranza -la volontà, la forza- di Alex di riuscire a sopravvivere.          
 
Così succede che nel caos totale, nell’abisso infernale, l’unica cosa che rimane a simbolo dell’eredità dell’Uroboro di Albert è Excella.
Excella.
Alexandra deve aver pensato che l’ironia è una stronza fetente, una bastarda che fatto il danno, ride in faccia e se ne compiace -il capro espiatorio ideale, Excella. Schifosa, lurida mezzosangue degna nemmeno a metà, sudicia puttana, troia che rotola nel suo fango merdoso -Alex vomita tutto il suo marcio, una cancrena che ha ripreso ad avanzare da quando Lui è morto, ciò che n’è derivato solo ferite che tentano di purgarsi, senza mai riuscirci davvero; decadenza, malattia -rabbia dolore odio tristezza disperazione- morte.
E’ orribile la palude in cui Alex affonda, cercando di trascinare Excella con sé. Orribile il sentimento con cui si dilania -cinismo: una giovane vittima sporca, ributtante e bestiale, nauseabonda. E Alex gode nel vederla così, patetica caricatura del superbo esemplare di gran donna che era -la dileggia, si beffa di lei per nutrire quello stesso affamato ego che rimproverava a Excella. Quel mostro che si dichiara migliore della puttanella ai suoi piedi, più intelligente del suo ridicolo cervellino, più sveglia, bella, furba, Lei l’orgoglioso opposto della sua ingenuità, iattanza, stupidità e…
Eppure la solitudine è la stessa.
Alex picchia, Alex rompe, Alex graffia -ma comprende. Chi in fondo, se non Alexandra Wesker, è più capace di farlo? Chi, se non Alexandra, è la fiera capace di farsi da parte e perdonare, provare compassione, avere pietà, vedere le cose come stanno e recare le colpe a chi di diritto? Perché Alex agisce, ma si tradisce subito in partenza -perché sa che nessuna colpa è realmente, totalmente, solamente imputabile a Excella, che non è colpa sua se Albert ha deciso di morire, di andare a crepare in un vulcano dimenticato dal mondo. Ed è per questo che sceglie di salvarla. Di curarla, tenerla con sé, addestrarla, mostrarle le potenzialità del suo potere e insegnarle a controllarlo. La accudisce, come se davvero le dovesse qualcosa, come se veramente significasse qualcosa per lei la Sua eredità nel momento in cui Lui non c’è più. Eppure Alex non tralascia nulla, se non quell’unica arte che neppure lei aveva mai colto appieno -vivere. Perché lei non è cattiva, e non odia nemmeno Excella -è la sua croce ad essere talmente pesante da obnubilare tutto il resto, da far apparire astioso un comportamento che dopotutto non lo è, per cui pare davvero che Alexandra richieda un tributo di sangue da parte di Excella, la sua vita, la sua morte, che la stia allevando a puro scopo sacrificale, per schiacciarla e privarla di tutto esattamente come era stato fatto con lei.
 
Ma ancora una volta non è così.
Perché ripensandoci, in fondo Alexandra è stata l’unica a scomodarsi per esserci al funerale di Excella Gionne, l’unica a ricordarla per quello che era davvero, a posare sulla sua anonima tomba i resti di una Scala del Sole -verso il Sole- ormai miseramente fallita.
Un fato avverso, terribile, quello che si è abbattuto sulla povera Excella -il peggiore che un uomo possa desiderare: morte, e poi l’oblio. Qualcosa di angosciante, di triste all’apice in questa eterna tragedia. E Alex, che di tutto ciò conosce bene il sapore, cosa mai potrebbe fare se non stare vicina ad Excella, offrirle le basi per una nuova vita e al contempo percepire la propria scivolarle tra le dita; permetterle una nuova vita, la libertà, e accasciarsi al suolo lasciandosi morire per sempre?
La verità -scomoda, scomodissima- è che Alexandra è una donna troppo grande, troppo piena di troppo per poterlo rivelare, troppo bella fuori da essere così turpe dentro da nascondere una luce altrettanto bella, nonostante tutto. Una luce offuscata, ottenebrata dalle ceneri del vulcano e dalle polveri di una vita vissuta a metà nel fango -lo stesso con il quale si faceva beffe di Excella, lo stesso che macchiava anche lei, che ai suoi occhi la rendeva ripugnante e fallita. Uno spiraglio sottile e sempre più debole, ma che ancora esiste -che concepisce un rapporto destinato a concludersi, che eppure sarà l’unico ad affiancare Excella e a non farla sentire infinitamente dimenticata e sola.      
 

Si conclude così Survivor, portando con sé una tristezza realmente indicibile, incisa negli occhi rassegnati di Excella così come in quelli stanchi di Alex -il loro peso un uomo, Wesker, che le ha portate a fondo entrambe: Alex totalmente, senza alcuna possibilità -volontà- di fuga; Excella nuovamente, mille e una volte. Finché non è arrivata Lei: un fantasma e la sua guida, la schiena che l’ha sorretta e ha sopportato il suo peso per lei -che l’ha trascinata, le ha insegnato a camminare e infine l’ha spinta via, lontano da una donna che non poteva più darle nulla, che non aveva più forza di darle nulla. Che aveva risparmiato l’ultima goccia per sé, un giudizio impietoso e la sola decisione mai veramente presa -lasciarsi morire, deponendo finalmente le armi.
Così Alexandra lascia Excella, consegna a lei la libertà dopo averle donato gli strumenti per riuscire a coglierla -mantenendo tuttavia un segreto. Il segreto di una serpe sì bianca, ma senza requie, che conosce bene la morale della fiaba -che sa che per quanto brutto, Excella è ben lontana dall’essere libera, poiché eternamente legata all’Uroboro. Ad Albert, che l’ha uccisa -proprio questo il contrappasso peggiore: l’aver voluto e ottenuto un Tutto che l’ha condannata ad avere nulla per sempre.     
(Recensione modificata il 02/06/2017 - 04:59 pm)

Recensore Veterano
23/05/17, ore 14:50
Cap. 1:

Ciao amica.
1) Excella è e sempre sarà fra i miei preferiti di RE, rivederla viva è bello.
2) Continuo ad adorare la poeticità che riesci ad inserire nella narrazione con il dramma e l'orrore del virus.
3) Mi sono immaginata un mini Albert vestito da diavoletto che parlava ad Excella.
4) In qualità di yurista accanita mi sono fatta varie fantasie durante la lettura.
Alla prossima, continua così

- Mattalara

Recensore Master
23/05/17, ore 01:12
Cap. 1:

Ciao :)
Alex aveva riso a quell'inaspettato risvolto, perché la fame era un istinto che conosceva bene e vedere Excella Gionne, la oh sono finalmente degna, piegata in due a vomitare dallo schock il suo pasto era stato... come dire, esilarante (cit)
Alex: We^^ cito questa frase perché credo che in SCHOCK ci sia una C di troppo^^
***
L'Uroboros strappa le pelle di Excella, si dispiega alle sue spalle come la parodia oscena di un mantello che striscia, si contorce, vive (cit)
Excella: Scusa Noct, perché hai scritto LE pelle???? Credo volessi dire LA pelle^^''''
***
Sbaglio oppure questa volta hai voluto scrivere come sarebbe potuta andare se Excella fosse stata salvata dalla furia dell'Uroboros???
Se non sbaglio nel gioco diventa un mostro per colpa del virus...
Excella: Intanto il virus ha avuto tutto il tempo di magnarmi -.-
Alex: Ma se sei ancora tutta intera, e soprattutto hai ancora il tuo bel faccino...
Excella: ... e la memoria??? Quella dov'è finita???
Alex: A fare in BIIIIIIIIIIIIIIIIPPPPPPPPPPP *viene censurata* ecchecaXXo summer, adesso mi censuri pure??? ><
Io: Sì xPPP
Alex: *facepalm*
***
"Tu sei Alexandra Wesker."
[...]
"E ti foXXXvi tuo fratello." (cit)
E sappiamo che dopo tale affermazione Alex tira un bel ceffone alla mora, secondo me condito da un ironico -a mio parere- Ammazza quanto sei raffinata, certo che te hai il tatto di un elefante!!!
Excella: Ammazzate oh che batosta ><
***
"Sfondavo i muri?" domanda Excella...
... ragazza *rivolta alla bruna* ma sei scema o cosa???O_O
Alex: Sapete com'è, l'Uroboros ha il potere di mandarti in pappa il cervello, guardate Albert... da genio del male c'è diventato un megalomane di uno... -.-
-ed in questo frangente Albert, essendo già morto ai tempi della shot a causa dell'accoppiata vincente caduta in un vulcano più qualche missile dritto sul muso sparato da Redfield, purtroppo non può nemmeno replicare all'accusa mossa dalla sorella al riguardo xP-
***
"Aver amato un uomo come Albert Wesker era stata la condanna d'entrambe" (cit)
Anche da morto il biondo causa disgrazie xP ma pensa un po' te... *facepalm*
***
Non è che magari in futuro ci sfornerai un what-if in cui mostri la nuova vita della Gionne???
Excella: Attenzione che magari la Noct l'è capace di farlo sul serio neh...
Alex: E no eh... NON CI PROVARE NOCT!!!!!! ><
***
Come al solito scrivi di quelle shot, madXXXa mia oh *w*
Alex: ... e come al solito la summer...
Excella: ... DELIRAAAAAAAAAAA!!!!!
Io: ... miracolo, per una volta le due sono d'accordo su qualcosa... -.-
***
Alla prossima! xD
Saluti da summer_moon

Recensore Junior
23/05/17, ore 00:52
Cap. 1:

Eccola, Alex e i suoi rovesci da ATP. Ed ecco spiegato perché Excella non ci rimette tutta la faccia. Mi hai stupito una volta di più, non avevo pensato a questa eventualità quando parlavi di lei ancora viva, e vedere questo confronto fra due donne che, ciascuna a modo proprio, conservano il ricordo di un Albert diverso da come il mondo lo conosce mi è piaciuto - e molto. Hai portato su un piano ancora diverso il conflitto tra il passato (Progenitore) e quello che sarebbe dovuto essere il futuro (Uroboros): non siamo più di fronte al virus annichilente che riduce il mondo a un cumulo di niente, questa volta ha trovato qualcuno di degno. Qualcuno che ha desiderato esserlo fin dal principio ed è stato accontentato, anche se non come avrebbe voluto - qualcuno, soprattutto, che non è Albert Wesker pur essendolo. È un passaggio che ho apprezzato, vedere Albert morire per la sua creazione ma allo stesso tempo continuare a vivere in essa; diventarlo, se me lo concedi. E allora non è più quel fagocitare senza requie che si è visto in storie come Tag, you're in, diventa una questione di sopravvivenza, controllo: Excella è grottescamente divenuta l'eredità di Albert e assieme la sola testimonianza di chi i due fratelli Wesker siano stati, si è legata a doppio filo con loro come forse non avrebbe mai voluto (e Alex con lei) ma a fare la differenza - una enorme differenza - c'è quella libera scelta che nessuno degli altri due ha mai avuto. Ed è qui che la storia assume una piega, a mio avviso, ancora più amara: Excella muore e vive, Alex e Albert muoio e muoiono. Dietro la pelle di due adulti spietati sono ancora quei bambini condannati da Spencer. Non esiste alcun enfant prodige, nessuna immortalità che non abbia un prezzo (soprattutto quando c'è la spinta di idee megalomani, ma questo è un altro discorso) ma laddove Alex l'ha compreso, Albert ha avuto bisogno di sbatterci il muso come sempre. Solo che in questo caso non era un muro ma due RPG ben piazzati dal buon Chris, che hanno costretto Alex a raccogliere la cenere del ricordo e persino a salvare la vita all'ultima persona che avrebbe voluto veder sopravvivere mentre la malattia faceva il suo corso: se esiste un premio per le ingiustizie, lei se lo aggiudica a pieno titolo.

Poste queste svalvolate riflessioni, io Alex ed Excella vorrei vederle ancora interagire. Perché sono bellissime nel loro confrontarsi.
(Recensione modificata il 23/05/2017 - 12:53 am)