Recensioni per
Uccideteli nel ventre delle loro madri
di Old Fashioned

Questa storia ha ottenuto 42 recensioni.
Positive : 42
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
22/12/19, ore 13:00

Carissimo, alla fine ce l'ho fatta a recensire anche questa! Daje!^^

Dunque... la storia in sè è molto cruda, in questo sei stato bravissimo.
Anche il "morello nero come il carbone" è una chiusura perfetta.

Le frasi finali sono profondamente disturbanti, diciamo che alla fine sono rimasta a guardare lo schermo con occhi vitrei.

Anche in questo capitolo c'è stata una frase che mi ha colpita: “Non lo so. In un posto che non sia un mucchio di macerie disseminato di pezzi di cadaveri, per cominciare.” Poi si rese conto che un posto del genere non c’era più, a Berlino. Forse non c’era più in tutta la Germania."
'sta frase è stata 'na mazzata.

Ripeto che ho molto apprezzato il tutto per tre motivi principali:
lo stile sempre perfetto,
l'ambientazione della storia non molto comune,
il fatto che hai scritto da un punto di vista non molto usato. Ritornando al discorso di prima non è tutto "bianco o nero", ma comunque è rarissimo trovare una storia scritta dal punto di vista dei tedeschi (tiè, al massimo Ken Follett, ma solo per due capitoli netti, scritti neanche tanto bene e dal punto di vista di un orribile bastardo).

Nel complesso, nonostante mi abbiano fatta deprimere parecchio, mi è piaciuto molto leggere questi due capitoli (a proposito, c'ho azzeccato, il protagonista alla fine muore...)

Come al solito, complimenti. Perchè io vedo un unico problema nelle tue storie, ma è un bel problema. Cioè: sono troppo poche! Passerei i giorni a leggerle!

Al più presto possibile!^^

Recensore Veterano
21/12/19, ore 14:55
Cap. 1:

Carissimo!^^

Chissà come mi ero persa questa perla, ma devo rimediare.

Allora, indipendentemente dagli ideali di ciascuno, nessuno può negare che questo racconto sia perfetto.

La situazione delle truppe è disperata, uomini, anziani, donne e bambini stanno combattendo con tutte le loro forze e tutti muoiono.

Particolarmente mi hanno colpita il ragazzo della Hitlerjugend che stacca la testa ad un uomo non avendo neanche diciassette anni e la descrizione dei cadaveri delle ragazze.

La guerra ha preso tutti: chi voleva combattere, chi non voleva, gli ideologizzati e i signor nessuno a cui principalmente non importava nulla.

Il nostro protagonista è ben caratterizzato come al solito. Non ho capito bene che età abbia, ma apparentemente ha combattuto anche la prima guerra mondiale, di conseguenza si è beccato due atroci sconfitte di fila. (Arriverà ala fine della storia? Credo di no...)

Una frase in particolare mi ha portata ad una riflessione, ed è: "Odio puro, da una parte e dall’altra. Gente che andava all’attacco urlando [...], e gente che combatteva consapevole di rappresentare l’ultimo baluardo a difesa della Civiltà Europea. "
Questa storia è scritta dal punto di vista di un soldato tedesco alla fine della guerra, ma sono abbastanza sicura che questo pensiero fosse anche nella testa di parecchi inglesi durante l'inizio della guerra. Perchè non esiste solo bianco o solo nero. Il grigio. Il grigio è importante. E questa è stata una delle guerre più "grigie" della storia, a parer mio (soprattutto pensando a cosa hanno fatto i russi ai tedeschi o ai trattati di Versailles, ma anche all'invasione della Polonia o al Blitz di Londra). Non so se sono riuscita ad esprimere bene ciò che voglio dire...

Lo stile è diretto, come si addice a questa storia (se posso fare un confrotnto con Viandante annuncia agli spartani: la storia dei due piloti ha i toni del racconto epico, questa qua invece è quasi l'opposto. Ed è perfetta).

Non vedo l'ora di contunuarla, spero veramente di trovare il tempo.

Alla prossima!^^

Recensore Veterano
06/07/19, ore 12:46
Cap. 1:

(Segnalazione indirizzata all'amministrazione per l'inserimento della storia tra le scelte)
L' autore dimostra innanzitutto un' ottima padronanza dell' Italiano scritto. Il testo è coeso, coerente, e caratterizzato da una prosa fluida, pulita, senza errori d'ortografia.
Il linguaggio scelto dall'autore è crudo e diretto, appropriato alla difficoltà dell'argomento trattato e coerente con la caratterizzazione dei personaggi.

Interessante inoltre la scelta dell'ambientazione storica, in cui lo stesso assume il punto di vista insolito dei perdenti e lo accoglie in modo realistico ma comunque privo di contenuti ideologici a scopo propagandistico.
Oltre alla resa del contesto storico, accuratissima finanche nei particolari dell' equipaggiamento militare di entrambe le parti, ritengo sia giusto premiare l' equilibrio mantenuto nella narrazione: non vi è apologia di alcuna corrente ideologica, tantomeno del totalitarismo, vi sono solo dei fatti raccontati da un punto di vista originale, in modo credibile.

Data la difficoltà dell'argomento trattato e l'ottima resa dello stesso, arricchita dall' uso impeccabile di lessico e grammatica, ritengo sia opportuno segnalare questa storia affinchè venga inserita tra le scelte di questa sezione.

Auguro a tutti una buona giornata.

Nuovo recensore
03/04/19, ore 18:11

Be avendo ricevuto due recensioni mi sono incuriosita e ho voluto leggere qualcosa di tuo. Per motivi di tempo (e fatica a sopportare la luce del telefono) ho scelto abbastanza casualmente una storia corta. E wow che dire, credo che tu sia a un altro livello.
Innanzitutto hai fatto una cosa non propriamente semplice, ovvero utilizzare un linguaggio e termini crudi (a volte con un certo cinismo di fondo tipico di chi racconta fatti di guerra) senza abusarne esagerare o scadere in inutili volgarità. Cioè era tutto contestualizzato.
Poi sicuramente ti sei informato/a e documentato/a molto sulla seconda guerra mondiale, e hai avuto il coraggio di assumere la prospettiva di quelli che nell'immaginario collettivo sono "i cattivi", dando invece dignità ai soldati tedeschi che (pur negli errori commessi) erano comunque esseri umani.
Mi piace lo stile di scrittura, perché coniuga un linguaggio specifico con una descrizione per nulla prolissa o ampollosa.
Credo che ci sia un grande lavoro di preparazione dietro, non è sicuramente una scrittura " di getto" e questo ti premia.
Se dovessi dare una valutazione (e io sono una abbastanza critica e puntigliosa) sarebbe un 9/10

Alla prossima ;)

Recensore Veterano
30/01/19, ore 13:24

Carissimo, non so davvero dove tu abbia trovato il coraggio di scrivere questa storia.
Te lo dico non per critica ma per ammirazione: per assimilare e riportare fatti tanto forti devi avere una forza d'animo ed una sensibilità non comuni.

Ho provato grande simpatia, sempre nel senso Greco del termine: "sun" "patheia" che letteralmente vuol dire "soffrire con", è più dell'empatia (in cuoi si interiorizza il dolore altrui), qui tu ci fai soffrire come soffrono i tuoi personaggi, come hanno sofferto queste persone.
E lo hai fatto con una delicatezza disarmante.

La conclusione è potentissima, Koch si ricongiunge serenamente al suo morello. Non lo vediamo morire, semplicemente scompare e si ricongiunge con suo figlio. Torna lui a casa per Natale.
Non c'è posto per lui nel mondo a venire.
Ma l'aereo, con il suo carico di speranza, è partito. Il ragazzino vivrà e potrà costruirsi un futuro si spera libero dalla pressione psicologica in cui ha vissuto fino a quel momento. Non stai cercando di fare dell'apologia e questo è un altro aspetto che rispetto.

Ho sempre provato antipatia per tutti quei "leader" che anziché mordere la polvere con i loro commilitoni, come il tenente del primo capitolo, si nascondono nelle retrovie o in un buco nella terra per sputare ordini.
C'è una parola per questi: vigliacchi.
Capisco la necessità strategica di preservare i comandanti ma non è questo il modo di farlo anche perché così si sprofonda nell'anarchia. Quella stessa che investe Berlino in quel momento.

Il tema della morte del dittatore è trattato con finezza e delicatezza. La donna piange, come se fosse morta una persona cara. Koch guarda fuori dalla finestra e, ormai del tutto disilluso, prende atto che non ci sia più nulla da fare.
Tutto questo viene meravigliosamente riassunto dalla citazione di Hugo che è uno dei miei autori preferiti (nonché uno dei pochissimi Francesi degni di stima).

Non credo rileggerò questa storia, di certo non in tempi brevi. Non ne ho bisogno: mi si è stampata in mente e ci resterà per un pezzo.
Quando si è in ansia, una delle strategie di compensazione è distogliere l'attenzione dai pensieri che la provocano. Per farlo spesso serve qualcosa di complesso, che impegni i neuroni in altri percorsi. La tua storia è stata utilissima in questo.
Però è avvenuto l'inevitabile: le due cellule che mi sono rimaste hanno fatto contatto e credo dovrò scrivere qualcosa su questa linea, per incanalare l'energia creativa che mi ha suscitato.

Il racconto si conclude come è iniziato "uccideteli nel ventre delle loro madri. Uccidete."
Ammazzateli tutti e poi cosa resta?
La realtà umana vive di conflitto, se lo eliminiamo non rimane nulla.
Solo dei gusci vuoti, spezzati e feriti, che sono i superstiti.
E' molto efficace in questo senso l'immagine del carroarmato nel primo capitolo: schiaccia e uccide tutti, alla cieca, amici e nemici.

Il modo in cui hai affrontato questa storia mi ha fatto venire voglia di riprendere Paul Ricoeur "Ricordare, dimenticare, perdonare. L'enigma del passato.". E' tosto come libro ma non penso avrai difficoltà a capirlo se mai volessi recuperarlo.
L'ho trovato terapeutico: come venire a patti con il passato e andare oltre, trovando il coraggio di perdonare senza dimenticare.

Ciò detto, se in questo momento senti qualcosa che ti stritola è il "bear hug" che ti sto mandando. Lo puoi interpretare sia come abbraccio che come mossa di wrestling, come preferisci.
Non per consolazione o altro, perché ne ho bisogno io!

Non posso che rinnovarti i complimenti per questo meraviglioso racconto che mi ha colpita, commossa, e svegliata allo stesso tempo.

Bel lavoro, vecchio mio. Davvero un bel lavoro!

Recensore Veterano
30/01/19, ore 12:41
Cap. 1:

Ciao, carissimo ^^

Stamattina mi sveglio in preda all'ansia e, al posto del caffè, apro il sito e cerco una storia random. Questa cattura la mia attenzione già dal titolo.
"Uccideteli nel ventre delle loro madri" conoscevo la citazione ma non ricordavo lo scrittore. Già questo mi ha offerto un importante spunto di riflessione: chi l'ha scritta? Seguendo lo stereotipo verrebbe da pensare che si tratti di propaganda nazista e invece...
Non posso dire di essere sorpresa perché so di cosa sono stati capaci i Sovietici. A turbarmi è l'odio che traspare da queste parole, qui non è più propaganda è odio, alienazione e disprezzo dell'essere umano.
Non è un incoraggiamento alle truppe come poteva essere il discorso di Churchill: "We will fight them on the beaches, we will fight them on the streets..." quella è propaganda, ma il nemico è un valido avversario e lo si rispetta.

Così, invece, diventano mostri e vengono disumanizzati. Il "nemico" è il soldato che combatte fino allo stremo, Jäger, ma è anche il ragazzino smembrato dai cingoli del carro. Mi sono piaciuti i tuoi personaggi: tutti feriti in qualche modo, tutti fragili e disperati.
Verrebbe da provare fastidio per certi discorsi che fanno ma, giustamente, sono figli delle rispettive ideologie e bisogna prenderne atto senza avanzare giudizi.

Quando Koch rinfaccia al tovarisch di turno cosa hanno fatto le sue truppe mi è venuto da vomitare per quanto è accurata la descrizione e perché ho visto le foto. A posteriori, i "siberiani" hanno demolito i Tedeschi addossandogli la colpa di tutto ma loro non erano meglio.
In questo modo hai girato la telecamera su di loro, dando un' energica scrollata al lettore come gridando: "Sveglia! È successo anche questo!"
Ammiro e rispetto questo modo di fare, lo sai. Soprattutto perché riesci a non esagerare: la storia è molto cruda e violenta ma non c'è niente di gratuito. Sono i corpi e il sangue di chi ha sofferto per ciò in cui credeva, giusto o sbagliato che fosse.

In tutto questo, una Vergine ferita che guarda i suoi figli soffrire e morire uno per mano dell'altro. Li ama tutti e vorrebbe proteggerli ma non può e non riesce nemmeno a piangerli.
"Si udrà allora un grande grido in Rama: è Rachele che piange i suoi figli, perchè non sono più." Una strage di innocenti.
E questo cavallo, che scivola silenzioso per le strade di Berlino, un fantasma nel senso Greco del termine cioè apparizione. Un cavallo nero, presagio di morte.

Apparentemente la storia potrebbe concludersi qui ma c'è ancora qualcosa da dire.

Recensore Master
03/11/18, ore 00:53

Ed ora che ho messo la storia tra le preferite, possiamo giungere alla fine di questa breve ma intensa (boia faus se lo è, intensa) avventurina di quattro soldi che CHIARAMENTE non ha alcuno scopo di lasciarti amarezza in bocca e CHIARAMENTE non deve farti sentire in qualche modo in colpa nonostante non sia tu a tenere il mitra che ha falciato tutta quella gente.
prima di cominciare, però: non preoccuparti, papà: per Natale sarò a casa!
Questo tipo di frasi, assieme a 'andrà tutto bene' e 'tutto tornerà come prima, te lo assicuro' non si devono mai dire in situazioni che possono solo degenerare in peggio.
MAI.
e dopo questa postilla, partiamo: come dissi anche nella recensione del capitolo prima, la parte due di questa storia sembra quasi una specie di sospiro di sollievo, una sorta di 'AAAAAAAHHHH' figurato - e molto figurato, dato che di sollevante in tutto questo c'è soltanto l'indice di apprezzamento che ho io del tuo stile di scrittura - dopo tutta la violenza, la morte e le esplosioni del capitolo prima. Inoltre, qui abbiamo un aspetto decisamente introspettivo di fronte ai nostri occhi e qualcosa di davvero doloroso da sopportare: vedere, insomma, ciò che accade aldilà della vittoria: gli sconfitti, infatti, non è detto che siano persone malvagie.
Anzi, nella maggior parte delle volte, non lo sono nemmeno un po'. perchè infatti il mondo ha sicuramente acclamato la morte di Hitler che decisamente era un personaggio deplorevole, ma dall'altra parte, in alcune circostanze, era in qualche modo considerato come una guida, anche se in una visione molto distorta, da come la vedo io - infatti io sono molto ignorante su questo punto di vista, a differenza tua che a quanto pare sei una specie di enciclopedia, visto tutti i racconti storici sulla tua pagina - e quindi è stato un duro colpo.
E poi si vede che, malgrado tutto, il protagonista era tutt'altro che una cattiva persona. E poi, in una guerra simile, non c'è la fazione malvagia e quella buona. Non è mica il Signore degli Anelli, in cui il cattivo se ne sta sulla sua vetta e i suoi eserciti sono composti da creature orripilanti e terribili il cui unico scopo è quello di distruggere e uccidere.
No, qua si parla di soldati ed esseri umani, che muoiono, che hanno una casa una famiglia e una vita, magari anche migliore prima che ogni cosa degenerasse nel conflitto.
la fine drammatica del protagonista - con la presenza sovrannaturale del cavallo che, da una parte potrebbe essere una visione, mentre dall'altra potrebbe effettivamente trattarsi della morte - è stata degna di un applauso, anche se mettermi ad applaudire da solo in casa con tutti che dormono mi è sembrato da pazzo psicopatico quindi ho rinunciato di farlo.
Che dire, una perfetta conclusione per una storia così triste e drammatica, ma allo stesso tempo davvero molto potente.
Rinnovo i complimenti dell'ultima volta, dato che te li sei meritati tutti, assieme a quelli nuovo, s'intende.
Detto ciò, a presto e alla prossima storia!

- TONIGHT, WE REWIEW! -
(Recensione modificata il 03/11/2018 - 12:54 am)

Recensore Master
03/11/18, ore 00:27
Cap. 1:

Ah giusto... l'horro non era solo sovrannaturale, con demoni, mostri, fantasmi e papesse nere... ma che bello ricordarselo in maniera tanto violenta e dark.
BUONASERA! Si ricorda di me? sono il Cantastorie, quello che a volte recensisce, altre volte si deprime perché non sa cosa minchia scrivere e rimane in stallo per qualche migliardo e mezzo di anni.
Ero sul tuo profilo, come sempre, alla ricerca di qualche altra succosa storiella horror - oh e che non lo so, ormai è chiodo fisso rerollare la tua pagina duemila volte per vedere se ho la possibilità di terrorizzarmi un pochettino prima di andare a dormire - ma, visto che non c'era materale per insonnia, ho ripiegato su qualcosa che facesse ugualmente impressione. Le mie aspettative, devo dire, non sono state vane - e sì, vane con te? Ma quando mai? Ti chiedessero di descrivere la vita di due atomi renderesti la cosa ugualmente epica ed incredibilmente spassosa da leggere - quando ho puntato gli occhi qui.
Stomaci delicati? Se sono sopravvissuto ad Outlast, allora qualsiasi cosa sarà una passeggiata da mandar giù.
Cristo Santo se mi sbagliavo.
Ma non tanto per la violenza, eh - oddio, in quella mi ci crogiolo. ADORO la violenza! sopratutto se sono i cattivi a subirla - ma più che altro per la drammaticità della cosa.
Anche se in realtà, il vero aspetto drammatico ed introspettivo della storia lo si vede esattamente nel capitolo dopo.
Questa è la parte epica e, come ho detto, con la violenza: oh, non c'è stata una scena di guerra tra tutte queste che non mi abbia fatto venire la pelle d'oca. Ti giuro, le ho viste tutte, stampate davanti agli occhi, come un film e, se devo scegliere qual'è stata la parte più mindblowing, sicuramente l'arrivo dei Siberiani: hanno avuto decisamente quell'appriccio e quell'aspetto quasi demoniaco che mi ha fatto fischiettare per l'apprezzamento XD.
Oh beh, in vero, menzione d'onore pure subito alla primissima scena con cui presenti la storia: un braccio mozzato di bambina, con il corpo chissà dove ormai.
E giù di pensieri felici, yeeeeeee..... mioddio.
La guerra è una cosa brutta, si sa, ma decisamente tu l'hai fatta sembrare mille volte peggio in queste righe.
Non mi sembra nemmeno nenache più il caso di farti i complimenti, tanto ormai già sai che adoro a morte le tue storie.
Posso solo dirti PROSSIMO ED ULTIMO CAPITOLO! (davvero, solo due? Mannaggia a te: odio il numero due...)

- TONIGHT, WE REWIEW! -

Recensore Veterano
22/10/18, ore 11:29

Recensione premio per il primo posto nel contest "Asylum" Riesumare vecchie storie è diventata la mia specialità, ma questa mi aveva colpito per il fatto che prendesse in considerazione un punto di vista diverso che viene quasi sempre non considerato. I Tedeschi hanno fatto la parte di quelli brutti e cattivi ma molto spesso ci dimentichiamo che anche loro sono stati innanzitutto uomini con le loro emozioni, i loro ideali e le loro storie, e si o davvero sorpresa e contenta che tu abbia scelto di dare loro una voce. È stata un'immersione totale, toccante e sconvolgente: vedere il mondo dagli occhi di uno sconfitto è qualcosa di terribile e insopportabile per l'enorme carica emotiva che reca con sé e che tu hai reso perfettamente. La devastazione, il dolore, la desolazione ma anche quella forza di volontà che porta a difendere la propria patria, a dare se stessi per essa, non importa l'età, il sesso o la condizione sociale. Sei riuscito a rendere perfettamente tutto questo, a scuotermi, commuovermi e impressionarmi (ma in senso positivo). Hai reso in maniera cruda e macabra la realtà, senza edulcorazioni ma sempre con un grande rispetto di fondo per quelle persone che, comunque, nonostante ciò che il loro governo ha ordinato e ciò che hanno fatto, sono appunto persone. Mi ha toccato soprattutto come hai descritto la morte della donna e l'impressione maggiore che suscita negli altri, abituati pur sempre alla morta, convivendoci, e il fatto che anche qualcosa di rassicurante e confortevole coma la casa e il focolare domestico rappresentati dalla donna siano stati sventrati e distrutti. E anche la morte dei giovani che danno loro stessi per la patria è toccante e commovente. Il fatto che tutto questo sia accaduto davvero e che sia messo in secondo piano rendono ancora più forte il messaggio che questa storia porta con sè e il suo carico di emozioni. La guerra è uguale per tutti: porta lo stesso carico di sofferenza, sconforto, desolazione e vederla e descriverla dal punto di vista di un paese che era stato grande e potente e vede tutto ciò che ha costruito crollare miseramente rende il tutto ancora più tragico, da togliete il fiato. Credo che questa possa essere una storia che ti rappresenta: la guerra, la storia (non so perché ma credo che questo sia il tuo periodo storico preferito) e gli aspetti più tragici e macabri della stessa, emozioni forti e coinvolgenti, un punto di vista originale e dannatamente chiaro al punto da essere insopportabile per quanto veritiero e la riflessione che porta con sè questo coacervo di elementi. Credo che sia per questo che amo le tue storie: sono vere, precise, dettagliate, coinvolgenti e sconvolgenti, colpiscono nel profondo e non vanno più via, rimangono fisse nella mente e pungolano in continuazione la tua coscienza.

Recensore Master
10/06/18, ore 10:55

Eccomi di nuovo!
Ho notato un cambiamento nel tono che segue gli eventi descrtitti. Nella prima parte, tutto è frenetico, disperato: bisogna difendere Berlino dall'invasore, salvare il salvabile. Adesso, il Führer è morto, non c'è più nulla da salvare e alla disperazione segue una sorta di rassegnazione. Si può solo ricordare e proseguire la lotta altrove, ad armi pari.
Mi è piaciuto molto il discorso di Koch a Reinhardt: Ci sono momenti in cui l’eroismo non consiste nel combattere a oltranza, ma nell’abbandonare la lotta per combattere in futuro.
Koch è un reduce di due guerre, una peggiore dell'altra, ha visto molto e probabilmente porta con sé i sentimenti che hanno accompagnato il popolo tedesco nello spazio delle due guerre: il senso di umiliazione, di ingiustizia, più tutto quello che l'essere un veterano comporta.
Gerhild è l'emblema della fierezza del popolo tedesco, forse per il suo rango di moglie di un capitano, forse proprio per carattere. Rifiuta di farsi vedere piangere anche quando tutto è perduto e Koch deve convincerla a salvarsi, perché lei sarebbe rimasta.
Mi è piaciuto anche il tocco del cavallo che galoppa con loro e il fatto che rimandi a quella canzone. Dicono che, a volte, chi è vicino alla morte lo senta davvero e Koch deve essersi trovato spesso di fronte alla signora con la falce. Infatti, finge di non accorgersi del tiratore russo.
Molto "bella" anche la citazione finale: l'odio nella sua forma più radicata, la vera motivazione dell'esercito nemico, la deumanizzazione del popolo tedesco affinché i soldati non abbiano pietà.
Complimenti!

Recensore Master
10/06/18, ore 10:46
Cap. 1:

Ciao!
Questa storia è accattivante già dal titolo: uccideteli nel ventre delle loro madri. Un odio così profondo (verso il nemico) da arrivare ad una crudeltà simile, a non volere che quel nemico nasca.
Nelle storie di guerra si tende spesso a contrapporre Alleati e Asse, più spesso americani e tedeschi. Io per prima ammetto la mia colpa, in questo. Non so se sia semplicemente un voler dare un senso ad un evento tragico che invece non ha un senso vero e proprio oppure frutto di anni e anni di insegnamenti che ci hanno fatto vedere gli alleati come i buoni e tutti gli altri come i cattivi.
Qui, invece, non esiste giusto e sbagliato: ci sono solo due eserciti nemici, entrambi commettono e hanno commesso atrocità, entrambi credono di essere nel giusto. I tedeschi adesso vedono la devastazione della loro Patria, vecchi, donne e bambini costretti a combattere per difendere quel poco che rimane e vedono di cosa è capace il nemico. È la fine del mondo che conoscevano e il tono della storia è (giustamente) drammatico, apocalittico. Lo si vede nella devastazione di Berlino e lo si vede nelle piccole cose, come la bimba che piange sul corpo del padre all'inizio.
Nelle ricostruzioni storiche sei sempre bravissimo: ci sono indubbiamente una serie di ricerche dietro (come per i gradi o la canzone della Hitlerjugend), ma credo che un tocco in più lo dia la parte "umana" della storia. Attraverso Koch, il lettore cammina per le macerie della Germania, tra i cadaveri dei civili e insieme alla resistenza che si forma contro il nemico. La storia suscita un sentimento di pietà perché vediamo i cadaveri di civili innocenti e di bambini indottrinati sin da piccoli al culto della Patria e della guerra, donne con le mani piagate e soldati allo stremo, feriti ma non vinti. Alcuni combattono per un ideale, altri perché è l'ultima cosa che resta.
Non so che dire, sul serio. È un racconto sulla battaglia finale, sulla disperazione di un popolo non ancora vinto. Bellissimo.
Passo a leggere la seconda parte!

Recensore Master
04/06/18, ore 13:57

Mein Ritter... ad una gara di vecchiume arriveremmo pari; anche ad una di rimbambimento prematuro, però! :P Per l'altro capitolo ho chiesto l'ovvio (m bastava aspettare di leggere sino in fondo), mentre tu stavolta indovina cos'hai confuso. ^^ copio-incollo:

***“Feldwebel...” 
“Helmut. Mi chiamo Helmut. Ora ti porto via di qui, Reinhardt.” 
[...]
“Hans Koch,” rispose l’uomo stringendogliela.***

So che se tutti i tuoi personaggi esistessero nella realtà, avresti una cotta epocale per Hans (e io per Helmut. Per fortuna non dovremmo contenderci lo stesso uomo, ed immagino che non filerebbero molto nessuno di noi due), in questa storia Hans si chiama Helmut. ^^

***“Lo sa cosa diceva sempre mio marito? Che un soldato deve mangiare tutte le volte che ne ha l’occasione.”***
Mesi fa ho visto una trasmissione in cui una signora di origine albanese faceva un pane particolare in varie forme (mi sembra anche a forma di aquila tipo quella della loro bandiera) e raccontava che era un'usanza antica e che un tempo quando non c'era da mangiare per tutti la loro mentalità era "l'importante è far mangiare il padre", che ne ha bisogno per lavorare e mantenere la famiglia. E ricordava una canzoncina che parlava di queste cose e che veniva cantata a mo' di ninna nanna ai bambini che piangevano per la fame finché non si addormentavano. 

Quindi quel cavallo era in un certo senso un'allucinazione? dovuta alla consapevolezza di Koch che quelli erano i suoi ultimi giorni? Penso al morello, nero come la morte e come il carbone, visto che Koch l'hai chiamato praticamente come il carbone fossile, come ad indicare che il destino di quell'uomo granitico era quello di essere abbattuto solo quando arrivava il suo momento. Mi piace il finale epico per un soldato che veramente ha fatto tutto il possibile per salvare i suoi uomini, ma anche il passato (quando spiega chiaramente al ragazzo quanto sia importante che sopravvivano persone che come lui e la donna conoscevano la Germania com'era prima e sanno bene cosa è successo), che si preoccupa della memoria e del futuro della sua gente.
Ogni storia lascia un messaggio e in questa è palpabile il senso dell'onore sempre e comunque perché quando tutto è perduto agli uomini non resta nient'altro (anzi, ai veri uomini non resta nient'altro, ci sono quelli che diventano animali). Amo illudermi che sia stato questo enorme senso dell'onore a temprarlo e "salvaguardarlo" finché non fosse arrivata la sua ora, e aiutandolo a farlo vivere tanto.
Sono contenta che il ragazzo si salvi assieme a quella donna che li ha aiutati verso la fine.

Sai che ora mi è venuto il pallino di andare a controllare il significato etimologico del nome Helmut, giacché l'hai sempre associato a personaggi irremovibili nei loro principi morali. 
E, a proposito di significati, certo che quel testo russo carico di odio doveva essere davvero terribile letto all'epoca, anche se penso che ogni Stato ha sempre avuto chi gli faceva propaganda in quel modo. 

Ho una curiosità sulla nota 3: trimotore affettuosamente soprannominato dai soldati “Tante Ju”, ovvero “Zia Ju”. Perché Zia Ju e non "Zio" Ju?

Recensore Master
01/06/18, ore 16:25
Cap. 1:

Ciao carissimo, è da mesi che questo titolo mi incuriosiva e finalmente sono venuta a leggere. L'inizio mi ricorda un documentario visto qualche tempo fa su alcune cose orrende successe in Italia con la scusa della guerra, ma di cui preferisco non scrivere in un commento.
Di questa storia consiglierei la lettura a quelle persone molto religiose e patriarcali che conosco, dove il meno fissato è la nonna che ieri diceva del fucile ad acqua (di quelli da quattro soldi in plastica trasparente dell'edicola) "No, a noi non piacciono i fucili." Per fortuna che i suoi nipotini non sono gente pericolosa. Eh già perché poi esistono anziani che in teoria dovrebbero comprendere meglio quali sono i veri pericoli ma invece di essere più assennati sembrano considerare pericolose per le nuove generazioni stronzate come le pistole ad acqua [ma sai che in edicola ho visto una rivista sulla legittima difesa?!? Con tanto di ex ricercato in copertina ritratto nella foto in cui sembra posare come se pensasse "io posso perché sono figo"? Quella sì che mi è sembrata un'idea orripilante!]

I ragazzini di questa storia però fanno la guerra vera, quella dei grandi dove i giovanissimi non dovrebbero entrarci (e a proposito neanche il cavallo, un morello come quello del tuo H, che ci fa lì? E' di qualcuno? E' reale o è un'allucinazione?). Hanno troppa poca esperienza di vita per stabilire di avere degli ideali, anche solo per comprendere bene di che si tratta... ma in tutta quella distruzione sono sicura che non potendo vivere la loro adolescenza si sentono obbligati a vivere da grandi. E non dimentichiamoci che tra quei ragazzini chissà quanti hanno perso tutto, sono orfani, non hanno niente da perdere, ed hanno bisogno di non mollare, di provare "almeno" o a difendersi o ad attaccare, alcuni di loro saranno mossi dall'odio o dalla frustrazione. A quell'età si fa tutto per adrenalina, se tra di loro ci può essere qualcuno che credeva di aver scelto di fare il soldato, può essersi aggiunto a loro anche qualche ragazzino disperato che vuole fare il duro.

Non so, devo proseguire, sono arrivata alla nota numero 12 e spero di non aver scritto troppe stupidaggini. Quando posso proseguo.

PS: dimenticavo di segnalarti questa svista ***Grossi proietti[li] passavano ululando***



Ora che ho finito di leggere il primo capitolo

Infatti proietti l'hai usato anche dopo, potevo aspettare di leggere tutto prima di domandare cose ovvie, per esempio da dov'è presa la citazione --> [16] Celebre verso di Il’ja Ehrenburg, poeta russo.

Era scritto tra le note :P Il fatto è che a volte quando una storia mi prende non noto le didascalie neanche se ci metti le scritte coi neon lampeggianti.

Hotel Kurfürst. Come Dora Kurfürst? ^^
(Recensione modificata il 04/06/2018 - 11:44 am)

Recensore Master
24/05/18, ore 19:08

Hai ragione. In questa seconda parte l'atmosfera cambia e tutto va in cenere. Anche le speranze si perdono nel nulla, insieme con gli uomini e il loro mondo crudo e devastato.
Ho molto apprezzato la figura della signora von Oettingen, che è da sola e usa la sua solitudine per alleviare quelle altrui. Se il giovane si salverà, forse sarà un po' come ritrovare una famiglia e viceversa. Ci sono legami, in fondo, che superano quelli del sangue.
Il morello come destriero della Morte era qualcosa a cui avevo pensato, ma non sapevo che fosse una canzone militare tedesca.
Non conoscevo neppure il terrificante decalogo russo, snocciolato ai soldati per farli uccidere senza remore. Tutte le guerre hanno il loro, c'è sempre un nemico da annientare, finchè l'umanità desidererà prevaricare.
Nella sua perfetta storicità, questo racconto è molto attuale e tu sei bravissimo a rendere l'orrore e il senso di impotenza finale del protagonista.
Un bacione e a presto! ^^

Recensore Master
23/05/18, ore 20:22
Cap. 1:

Tutto sta diventando cenere in questa storia terribile, anche l'umanità che cede il posto alla violenza e alla sopraffazione. I protagonisti hanno guardato l'orrore nelle pupille e chi ne è protagonista, a sua volta, ha subito un orrore precedente. Difficile comprendere dove sta la ragione è dove il torto, quando tutto si vela del colore rosso del sangue e ciascuno ha la sua vendetta da perpetrare.
Il cavallo forse non è reale. È l'umanità che fugge, inutilmente, portando la Morte sulla groppa.
Sei bravissimo a descrivere lo scenario devastato dalle bombe e quello dei pensieri, ancora più straziato.
Mi sono sentita dentro lo scontro è ho tenuto il fiato. Non riesco a "tifare" per nessuno. Sono tutti colpevoli e innocenti allo stesso tempo.
Magistrale.

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