Recensioni per
Notti nel Vuoto
di Fatelfay

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
17/08/17, ore 11:29

Anche qui le tue parole ci riportano il rivivere, di John, di certi momenti passati con Sh, prima di quello "spartiacque" epocale che è stato il volo" dal tetto del Barts. Così quei ricordi ritornano dolorosamente a popolare le notti di Watson di immagini fissate, nel cuore e nella mente, con la forza della disperazione. Hai decisamente, passami il termine, scannerizzato tutto il dolore di John in seguito alla (finta) morte del consulting nelle sue varie espressioni, rendendolo tridimensionale, concreto, devastante. E l'hai fatto con attenzione, con una partecipazione emotiva che mi ha coinvolto. Come ti ho scritto nella precedente recensione, il punto più alto di questa tua raccolta, dal punto di vista narrativo e stilistico, personalmente l'ho individuato in "Pezzi", forse perché si sviluppa sulle immagini agghiaccianti e strazianti di John travolto dalla sua impotenza di fronte a quello che lui crede davvero un dramma terribile e cioè il suicidio di Sh che costituiva il suo rimettersi in gioco, il suo sentirsi nuovamente vivo dopo la desolazione della guerra e del suo triste stato di reduce invalido. In quest'ultimo pezzo, comunque,?ho ritrovato il tuo impegno a scrivere del dolore umano, il che è decisamente coinvolgente, e l'hai saputo fare con lucidità. Forse in "Salvataggio II" manca un po' dell'energia dei primi pezzi, non so comunque in che ordine tu li abbia scritti, pur mantenendone la carica emozionale. Ho apprezzato molto l'originalità di aver ideato una raccolta che ha il tratto dell'interattività nel senso che il lettore può scegliere in che sequenza leggere i vari pezzi.
L'aver fatto uscire certe emozioni, sia per chi legge sia per chi scrive, costituisce indubbiamente un momento liberatorio.

Recensore Master
16/08/17, ore 16:36
Cap. 3:

Fino ad ora è il capitolo che preferisco, per un paio di ragioni. Prima di tutto perché, mediante le tue parole, entri dentro, sviscerando le emozioni e le sensazioni che si succedono, in quello che, secondo me, è il nucleo di tutte le Stagioni BBC, e cioè il "salto" di Sh dal tetto del Barts. Un nucleo lavico ad altissima temperatura, in cui si miscelano gli elementi esplosivi che devasteranno le ultime Serie. La finzione di Sh, il dolore devastante di John. Ma c’è,soprattutto, la successiva consapevolezza di quest'ultimo che si rende conto di essere stato lasciato "indietro" dal consulting, mentre tutti gli altri personaggi che hanno sempre costituito il "coro" che partecipava, nello sfondo, alle varie vicende, a parte Martha Hudson, Anderson e Donovan, sapevano. Un nodo narrativo importante, dunque, Reichenbach, ricco di pathos e di una notevole carica psicologica di angst. Mi è piaciuto come mi hai fatto entrare nella testa e nel cuore di John, per vedere sfilare immagini convulse e, per lui, agghiaccianti del suicidio dell'uomo che si è accorto essere diventato la sua ragione di vita.
Hai scritto in un buon italiano, senza scadere nel banale.
“…la consapevolezza di ciò che sta per succedere sorride maligna e deliziata nella tua mente…”: questa è una frase che mi ha colpito per la facilità con cui hai maneggiato parole, anche di uso non comune, fissando un’immagine interiore molto significativa.
P.S. (“…Sei davanti all’ospedale in cui lavori …”): scusa per la pedanteria ma, se non ricordo male, John ha lavorato al Barts però, dal suo rientro a Londra, dopo la guerra ed il congedo, in poi, è medico presso un ambulatorio/clinica esterno. Niente di che, non va a rovinare l’effetto di ciò che hai scritto e non intacca il riconoscimento dovuto al tuo impegno.

Recensore Master
14/08/17, ore 00:36
Cap. 2:

“…tu ti volti per seguirlo…”: tornano alla mente le immagini più belle di quei due e cioè di quel loro correre ed immergersi nel rischio di inseguimenti e di appostamenti pericolosi. È come se, leggendo le tue parole, fossimo presenti a quello che la figura elegante del consulting e, dietro, quella più “umana” di John che trova appagamento e la sensazione di sentirsi vivo come non mai. Questo è il vero volto del 221b, di un legame che trova la dimensione più adatta nel sogno. Per ora condividiamo gli incubi di John ed i suoi sonni agitati in quel terribile periodo del post Reichenbach, . È come se, leggendo le tue parole, fossimo presenti a quanto accade sulla scena. Hai saputo rappresentare efficacemente la profonda empatia per cui, per esempio, non occorrono parole a John per capire ciò che Sh vuole in quel determinato momento dell’azione, gli è sufficiente vedere un gesto della mano per agire di conseguenza (“… quando lui si blocca e alza una mano…”). Nell’appartamento vuoto e desolato Watson è sospeso nel suo dolore, nell’attesa di qualcuno che crede morto. Efficacemente dici che quella “non è una notte per piangere" poiché non ci sono più lacrime ma solo l’attesa che tutto venga lasciato scorrere via e si perda nella notte. È credibile questo tuo modo di vedere le cose: a volte la disperazione per la mancanza di qualcuno è talmente grande che non c’è neppure la forza per piangere. Il tuo John è sfinito e sconfitto, non c’è speranza.
Nonostante l’angst ho letto volentieri anche questo capitolo.
(Recensione modificata il 14/08/2017 - 12:37 am)

Recensore Master
31/07/17, ore 19:07
Cap. 1:

Ho appena terminato di recensire “A volte... tu... ancora", seguendo il tuo suggerimento che mi ha permesso, tra l’altro, di recuperare una storia molto appassionante che non conoscevo. Questa “Abbandono”
Stile, il tuo, deciso e curato, corretto nei termini e nelle strutture: non vorrei che questa mia osservazione ti apparisse saccente e pedante ma ho letto e studiato un bel po’ e, senza autoincensarmi, so discretamente riconoscere un buon pezzo, espresso con attenzione anche alla forma. L’inizio è difficile, perchè coinvolge in un clima di sofferenza e di pericolo espresso con particolari che creano immediatamente l’atmosfera torrida della scena di guerra, sia per la temperatura effettiva sia per il continuo agire in bilico tra morte e vita. “…i rumori più confusi e il sangue macchia già la terra…”: riporto una delle frasi più efficaci nel ritrarre, appunto, quel teatro di scontri mortali. Inoltre, trovo d’effetto il rivolgersi e quindi il narrare alla seconda persona. È questa una forma non molto usata in letteratura, quindi piuttosto impegnativa da sviluppare e portare avanti in una storia. Tu ci sei riuscita benissimo. Per quanto riguarda il registro descrittivo, nell’incubo di John hai raggiunto l’obiettivo di farci vedere colori, sentire il caldo martellante, udire suoni spaventosi di armi e strazianti di soldati, entrare nel suo animo squassato dallo spavento e dall’angoscia. Ma, come dicevo, è un incubo. Terribile e logorante, che bene s’inserisce nel clima di vuoto e di disperazione in cui Sh ha lasciato John in seguito al suo (finto) suicidio. Potrebbe benissimo far parte della storia precedente, cui tu hai fatto riferimento, e precisarne l’atmosfera di pesante abbandono in cui si trova Watson, perso nel silenzio delle sue notti solitarie. Riporto l’ultima, suggestiva immagine (“…Il suo violino non sta ancora suonando…”): è dolore allo stato puro, ma c’è quella parola, “ancora”, che apre uno spiraglio alla speranza ed all’attesa. Uno sguardo, il tuo, attento e sensibile su uno degli aspetti più toccanti del post Reichenbach, a proposito del quale la BBC non ci ha aiutato molto.