Recensioni per
Frattaglie
di Francine
E così è finita. Per AIolos. |
'la miseria del hombre crece igual que la misma llama'. |
Lo sapevo. |
Bellissima transizione, richiama la scena appena letta nel capitolo precedente, e nello stesso tempo ci catapulta in avanti ad una realtà desolante. |
Ora è chiaro perché un soldato deve essere in grado di recidere ogni attaccamento non solo materiale, ma anche affettivo (motivo per cui secondo me, nel manga originale, la Dea impone il celibato ai suoi Saints)? |
Interessante il fatto che mentre mi accingo a scrivere questa recensione sia cominciata, da qualche parte, una musica spagnoleggiante... |
Ecco lo sapevo. La legge del "convergiamo tutti lì", non dà scampo. Penso che questa storia, sia un po' il riscatto di Aiolos, rispetto alla serie classica. Aiolos è fin da subito nobilitato dalla morte e si sà le parole di cordoglio funebre sono sempre gentili e politicamente corrette. La morte cancella ogni malefatta, ogni atto d'invididia, ogni tua misera cattiva azione. Quando uno finisce nella bara, diventa automacamente: Una brava persona! E Aiolos ci viene presentato come una brava persona e lo vediamo solo attraverso i ricordi di suo fratello che, ben si sà, lo venerava. Però c'è sempre un'ombra che aleggia attorno alle persone buone: non sai mai se lo siano perchè effettivamente amino il prossimo, o lo siano perchè hanno paura di essere malvagi. E come dice il titolo non c'è niente da capire. Le categorie in cui ci sforziamo di inserire il reale, non hanno senso di esistere là dove la realtà cede il posto all'assurdo. La morte è assurda. La vita è assurda. Ogni cosa lo è. Ciò che resta è solo il sangue, l'istinto di sopravvivenza, l'insana bestia malefica. |
Mentre leggo la tua storia, mangio porridge d'avena con sciroppo d'acero e mi sforzo di buttare giù idee. L'unico rumore che sento a casa, è il ticchettio di uno degli orologi alla parete - non ho capito chi è il colpevole che fa così rumore - e nient'altro. Forse il vento. Ho interrotto la lettura di questa storia nel periodo in cui avevo smesso di entrare in EFP, pronta a riprenderla non appena la voglia di leggere storie fosse stata nuovamente prepotente. Comunque, qui sta per accadere qualcosa. E' quando nei film tutti convergono in quel posto e tu spettatore pensi una cosa sola: Morirà un sacco di gente! Sai che la legge della cinematografia si basa sull'abbondanza e più sono i partecipanti al gioco, più gente potrà essere fatta fuori. Aiolia continua il suo lavoro, nonostante sappia che prima o poi dovrà nuovamente scontrarsi contro Aiolos. Lo fa perché è Aiolia è integerrimo, giusto, martire nel sacrificio che compie. E' ciò che gli permette di farlo è l'accettazione che Aiolos non è più Aiolos, è altro, una cosa, un animale feroce che si può uccidere |
Si deva delle possibilità lapidarie, no? Ecco, alla fine della fiera, di possibilità lapidaria, ce n'è in fondo una sola. Come il finale di una buona storia. Si tracciano i cammini, si mappa l'universo, si dispongono le parti e i punti cardinali del mondo, ma alla fine tutte le strade portano comunque a Roma; devono. E dunque non poteva che finire così: con Marin, con Aiolia, coi marmi di Roma bellissimi e indifferenti sullo sfondo, col Tevere che ci lava un po' l'anima come una lavanderia a gettone gratuita, e col terribile gabbiano che comunque ritorna. |
La vera catarsi non è tanto nell bagno di sangue, ma nella quiete dopo la tempesta, in qualunque cosa sia quello che resta. Per me, qui e adesso, è uno strano miscuglio di malinconia ed un senso ossimorico di possibilità lapidaria (sì, la possibilità qualche volta può essere lapidaria, una potenza assolutamente conclusiva) in quell'"A Marin". |
Ci sono volte in cui si avrebbero troppe cose da dire, al punto che è quasi impossibile sapere da dove incominciare, come continuare e poi finire. |
Vengo a te in cerca di catarsi, ché stamattina ho davvero bisogno di una mezz'ora di catarsi per lavarmi l'anima, il cervello e qualunque cosa ci sia in mezzo. Ragazzi di vita e vampirismo sono meglio del latte d'asina – se non per la pelle, almeno per lo spirito e sicuramente per il morale. |
Ok, le dieci del mattino sono un orario ragionevole abbastanza perché possa ancora coltivare la speranza di dormire stanotte. E se avessi problemi non sarebbe per l'orrore impresso sulla mia animuccia sensibile, nossignora, o almeno non solo: sarebbe il disagio. Il problema è che mi sono gongolata in questa carneficina dei nostri cari beniamini, negli ettolitri di sangue ovunque e le teste mozzate (sì! sì! Sì!), in quest'Aiolos che conquista la scena e non ce n'è più per nessuno. Forse ho un caso estremo di "sympathy for the devil" – e "sympathy for the monster" s'avvicina abbastanza. Forse, è anche vero che quest'Aiolos, tutti i torti, non ce li ha. |
Vai colla meta-narrazione! A me piace tutto quello che è meta-checchessia, quasi a priori. Dunque sì, sì, sì. E ancora sì, battendo la tazza (da latte) di caffè sulla scrivania, per sottolineare l'asserzione. |
Mi piace il salto che fa questo capitolo, letterariamente parlando. Mi piace perché quello che fa esperire non piace per niente: scaraventa il lettore nel punto di vista di Aiolia, nello straniamento del suo risveglio smarrito; costringe a vedere e sentire con lui, pensiero per pensiero, sentore per sentore, parola per parola – finché affonda, dritto diritto alla giugulare. Fa quadrare benissimo che le cose non quadrano. È un po' un giro della prigione in dissolvenza, da i fumi di un risveglio annebbiato al sentirsi venire meno, con tutta l'angoscia che si prova quando si cerca di mettere a fuoco lo sguardo e ci si rende conto che non ci si sta riuscendo. Sì, mi piace! |