Ciao^.^
Tu pubblichi nel genere "Fantasy" e io non posso aspettare uno scambio per farti visita, soprattutto quando ad attendermi all'interno della storia è... questo.
Cosa posso dire? Bellissima, magica, geniale, coinvolgente in un modo che non posso dirti. Mi hai fatto venire i brividi. E non perché al suo interno ci siano azioni eroiche o tragici amori. No, no, no, no... qui c'è poesia, qui dentro tu hai fatto la storia. I brividi che mi hai fatto venire sono quelli che vengono quando un racconto ti mostra la sua anima e allo stesso tempo fa vibrare la tua. Tu hai creato il mito, hai reso carne le leggende nordiche, hai dato umanità a una forza che... ho i brividi (scusa le ripetizioni).
Lo stile è perfetto, soprattutto perché hai usato un tono "cospiratorio", mi hai fatto percepire il confabulare dei tre tra la chiacchierata e l'importanza di quel momento. Mi è stra-piaciuto che tu abbia iniziato il racconto a conversazione già iniziata, e che solo in un secondo momento riveli quale sia il fulcro del loro disquisire; soprattutto mi è piaciuto che lettore e Tuono arrivino a capire nello stesso momento.
Questa storia mi ha colpito per due messaggi: uno, quello più palese, diretto sarebbe più corretto, è l'idea geniale di cui ti parlavo all'inizio, ovvero gli Dei che, perdendo la fedeltà degli uomini e rischiando di scomparire e di perdere il loro potere, si trasformano in inchiostro e consegnano nelle mani dello skald la loro voce e le loro gesta; il secondo, che cammina di pari passo con il primo significato, è pura poesia, e seppure sia altrettanto chiaro, l'ho trovato un messaggio più sottile e delicato, ovvero il potere che ha la scrittura. Questa storia, per me, non è solo l'inizio del mito di carta di Odino e Thor e Loki, ma è anche un tripudio al mondo che noi tutti condividiamo, ai sogni che noi perpetriamo con la carta (la tastiera, ormai, ma io amo leggere ancora sulla carta, adoro il profumo dei libri) alla forza dei pensieri che noi imprimiamo sul bianco vuoto del foglio. Ho adorato questo racconto perché ha la capacità di portare all'attenzione del lettore più di un messaggio; ed è per questo che ti faccio i miei complimenti. La lettura di una storia non dev'essere mai unilaterale, non deve servire mai una sola dose; dev'essere sempre ricca di sapori, da scoprire un po' alla volta, a sorpresa, ed è questo che mantiene le vere storie sempre fresche e coinvolgenti, sapere di poter sempre trovare un nuovo senso in quelle parole che si ha già imparato ad amare.
Che ti devo ancora dire? Ah, sì. Ottima la scelta del lessico, pulito e diretto. La terza persona conferisce, in questo caso, alla storia un senso di distanza dagli eventi, li eleva a un piano superiore e permette di conservare la distanza che c'è con gli dei (cosa che una prima persona o una seconda, più colloquiale e diretta, non avrebbero potuto fare), ma il tempo presente ha il potere di conferire "forza" allo scritto, perché rende i fatti meno lontani (e qui distinguo tra distante in quanto a "spazio" e lontano in quanto a "tempo") e ti permette di farli sentire come ancor oggi attuali e veri, autentici. Insomma, è qualcosa di irraggiungibile ed epico ma vero: ci devo credere!
I personaggi! W-O-W! Io non ho visto molti film (solo il primo di Thor), quindi non so se ti sei voluta mantenere più legata alle leggende che alle trasposizioni cinematografiche(probabilmente la prima, visto che hai pubblicato tra le originali), ma ti dico questo: in qualunque modo io la voglia vedere, l'IC o caratterizzazione che sia, è perfetto. Odino/viandante è pensieroso, profondo, saggio. Ascolta e dialoga, osserva e studia; e alla fine, prende la decisione più importante. Thor mi è parso sempre brusco e "mascolino", dall'animo più irriverente e impetuoso, ma c'è quella nota di "sarcasmo" che ho visto nel film. Ma il mio personaggio preferito è Loki, perché credo che, nonostante la duttilità con cui si presta anche all'IC del film, qui acquisti in modo diretto la funzione che ha nelle leggende: l'astuto, l'ingannatore, il camaleontico, colui che tira fuori dagli impicci ma mantiene sempre quell'aura più "maligna", anche se è più corretto dire ambivalente. Ho percepito l'astuzia nelle sue parole e nel suo modo di agire. Davvero, stupendo.
Ho respirato il sapore della taverna, eppure in quelle figure mischiate tra la gente comune, le loro parole, la distanza con gli altri (Snorri viene visto come una persona seduta lontano da loro, che loro tengono d'occhio) e i nomi con cui gli presente che di terreno non hanno niente, nemmeno il viandante, ho sentito la divinità.
Credo di doverti fare i miei più sinceri complimenti: un'altra storia che va tra le preferite.
A presto!
P.S. Lo aggiungo al margine, perché non solo è ininfluente alla storia ma perché non posso veramente definirlo errore; piuttosto una mia incomprensione.
“No, non voglio”, e l’occhio azzurro del Viandante inchioda spuntando da sotto la falda del cappellaccio. Il Fuoco sorride. “Quali sarebbero, queste contromisure?” -> "lo inchioda" perché è Fuoco che subisce il potere dell'occhio oppure devo intenderlo come qualcosa di più astratto e generale, nel senso che l'occhio ha la capacità di inchiodare? |