Ciao!
Io so che ci sono un milione di motivi per cui non dovrei essere qui, partendo dal fatto che non sono mai certa che sarò all’altezza di scrivere qualcosa di decente e finendo con il mio cervello che per oggi ha decisamente dato forfait, ma non so quando avrò di nuovo abbastanza tempo per sedermi e scrivere una recensione. E si aggiunga il fatto che la storia è di qualche anno fa, e non ho idea se ti possa far piacere trovarmi qui (non mi stressa l’anima a sufficienza, dirai tu? A quanto pare no, rispondo io), ma io so che nei giorni scorsi per farmi passare l’ansia da esame sono capitata qui e ho letto, quindi ora ti sorbisci i mei deliri, anche se ho una – non indifferente – ansia da prestazione, trattandosi proprio di loro. Ma ehi, siamo o non siamo Grifondoro con tendenze suicide?!
Parto dalla cosa più semplice (?), vale a dire la citazione con cui apri i due capitoli. Ecco, io credo che sceglierla come “guida” – o meglio, io l’’ho usata come tale per muovermi nelle riflessioni sui/dei due personaggi, ma in altre parole potremmo anche dire che sintetizza benissimo parte di quella che è la storia di Sana e Akito (perché ti ostinavi a chiamarlo Heric? è_é) – proprio questa citazione sia stata la prima cosa che mi ha fatta innamorare della storia. Perché era dannatamente perfetta: prima di Sana, Akito non si conosce, e nemmeno gli altri lo conoscono davvero: è il piccolo demonio detestato dalla sorella, il demonio che ha ucciso la propria madre, è il teppista che non ha paura di niente ed è annoiato da tutto che vedono i compagi di classe e i professori, e lui stesso si vede così, si sente così, e nemmeno serve faccia cose terribili: quello è per tutti, lo credono e vedono così, e lui nel dolore in cui sta letteralmente annegando senza darlo a vedere a nessuno, di questa “fama” si circonda e finisce per vedersi come tale a sua volta. Ma poi arriva Sana, e Sana lo vede, impara a conoscere quello che veramente Akito è, e standole accanto Akito si conosce, si scopre, e gli altri a loro volta imparano a farlo, a partire dalla sua famiglia: è l’incontro con Sana che permette ad Akito di sentirsi ed essere visto come Akito. E niente, ho amato da impazzire che tu abbia trovato una citazione tanto perfetta per racchiudere il tuo lavoro che riflette meravigliosamente su questo punto. E lo stesso vale per la parte su Sana, che di nuovo è perfettissima e pare davvero scritta apposta per loro due: Sana, vuoi per come l’ha cresciuta la madre, vuoi perché comunque per il lavoro che fa è molto adulta e matura per la sua età (entusiasmo esasperante a parte – ma ti devo comunque dare il punto: ti è proprio uscita irritante il giusto con quel suo entusiasmo per le lucciole, i roveti e le casette di lucciole: era insopportabile esattamente come nel manga), sembra avere consapevolezza di chi è, di cosa vuole. Ed è vero, si conosce, ma è una cosa che resta parziale sinché non arriva Akito: ora affronta le sue debolezze più profonde, è costretta a “spogliarsi” di quell’entusiasmo che volte usa per mascherare la parte più dolorosa di lei, perché l’amore e le sofferenze che porta la costringono ad affrontare certe paure, certi momenti, la costringono ad abbracciare quello che è nella sua totalità: tristezza, dolore e incapacità di aere tutto sotto controllo, le ricordano che è solo una bambina. E sono cose a cui Sana tende a non guardare mai, prima, le nasconde con il sorriso, col sorridere per fare felici e tranquilli gli altri, le seppellisce sotto sempre più lavori, eppure sono lì ed è Akito a tirarle fuori e farla scendere a patti con il fatto che lei è anche quello. E io lo so che tu non avevi letto il manga, e tutta la parte della malattia di Sana ti mancava quando hai scritto questa fic, e che tanto di quello che sto dicendo deriva da quello che abbiamo visto nella parte diversa dall’anime, però, ecco, io ho fatto subito i collegamenti, e magari sto dicendo solo cavolate, però credo si senta fin troppo bene da questa fic quanto li hai capiti anche con il solo anime davanti, quanto hai saputo scavare dentro di loro e le dinamiche della coppia, e beh, io sono abbastanza senza fiato leggendo.
Bene, vediamo di andare oltre la citazione iniziale, vah (ma io avevo messo le mani avanti per avvisarti che non sarebbe stata un granché di recensione, quindi mi sento a posto).
Quindi ora parlo del mio piccolo, adorato Terence. La mamma chioccia che è in me sorride contenta, perché lo hai trattato bene e lo hai reso perfetto: mi è piaciuta soprattutto la parte in cui Akito riflette che Terence gli ha sempre parlato senza paura e che lui si ritrova sempre ad ascoltarlo. In poche righe credo tu abbia saputo cogliere al meglio quello che è il loro legame di amicizia, che porta due persone così diverse a volersi bene ed esserci per l’altro da sempre – anche se magari non riescono a capirsi o aiutarsi del tutto, ma ci provano, si impegnano, e boh, a me commuovono parecchio, e mi sono piaciuti anche qui: erano loro, con Akito che calma Terence (anche se dopo averlo fatto arrabbiare per motivi non certo validi!), e Terence che insieme a Sana è l’unico a considerare Akito per il ragazzo che è.
Ma torno da Akito, ché la storia è la tua, giustamente. La scena dell’incontro con Marine… non lo so, mi ha fatto più male del previsto, soprattutto il dettaglio di lui che le ha raccolto i bastoncini di stelle – era come Akito che cerca di lottare, venire fuori, ma gli altri non lo vedono, perché diversamente da Sana non hanno saputo fermarsi quei due secondi in più a vedere oltre. E io davvero non so dirti quanto mi abbia stretto il cuore e spezzata quel dettaglio piccolo piccolissimo, eppure ha avuto una forza grandissima posto proprio in quel momento sulla scia dei pensieri di Akito. E poi quel ladro di vite. È la colpa che credo faccia più male di tutte, è quella che lo segue sempre: la madre, Marine che hanno tenuto sott’acqua, Komori…
Ma, sempre perché l’ordine è sottovalutato, torniamo ai bastoncini, e il momento in cui Akito li porge a Sana. È stato di nuovo un passo per me molto forte, lui che fino a poco prima pensa “affrontala, feriscila, mordila”, ma quello che invece fa è metterle in mano le stelline luminose e accederle, e si ritrova totalmente disorientato davanti a lei, davanti a come lui stesso si ritrovi a essere diverso con lei, essere spinto da istinti che non conosce, pensieri così diversi da quelli che tutti si aspettano da lui e gli cuciscono addosso. E viene fuori l’Akito sepolto sotto la sofferenza, sotto il vuoto, l’Akito da tirare fuori per meritarsi Sana e il suo amore. E sì, nella profondità, nella preziosità della scena, come quello di Sana anche il mio cuore ha battuto più forte vedendoli così vicini in un momento tanto bello, sospeso nel vuoto, in cui sono rapiti in un’estatica meraviglia: Sana per le lucciole, le stelline, il momento di meraviglia, e Akito sempre e solo per lei (e io rzionalmente dovrei pensare che questo è il motivo per cui Sana ha forse una mezza marcia in più, però non è che posso esimermi dal voler abbracciare stretto i piccolo Akito tanto è prezioso, in questo momento, che sa che Sana gli fa male – perché amare è questo, perché lo costringe a guardarsi in faccia e poi a guardarsi dentro – eppure non si muove, non la ferisce, ma si lascia ferire dalla bellezza di quel momento, piuttosto, da quello che lei è è che non si sente ancora degno di meritare.
Ma vendendo alla parte dedicata a Sana (mi scuserai, vero, per fare una recensione unica? Ma se no so che chissà quanto tempo passerà dalla prossima volta che riuscirò a passare, e poi sai che ho una memori pessima, e addio), quando fai il paragone tra lei e la bambola (“giocate a fare le bambole – e tu lo sei davvero, in fondo”), io ho di nuovo perso qualche respiro: per l’ammirazione, immagino, perché so quanto abbiamo già detto su Sana, e sulla bambola, ma almeno io a molti di quei ragionamenti ci sono arrivata con la lettura della malattia, e invece tu c’eri già anni fa su questo punto, e lo avevi già trovato e mostrato così bene e davvero, non so, i complimenti mi sembrano poca cosa però non so che altro offrirti se non quelli e la mia ammirazione. E tutta la riflessione su come sia una bambola che si anima se la toccano, e la metafora con la farfalla… non lo so, la perfezione dell’immagine è tale che credo potrei rovinarla ragionandoci sopra io, ma sappi che l’ho trovata più che calzante e l’ho amata immensamente: non solo è perfetta, ma proprio riesce a ribaltare tutta la situazione di una storia da ragazzini e metterla nella giusta prospettiva: questa è una storia molto più matura, molto più profonda, e la tua fic permette di trovarvisi immersi in questa profondità, di toccarla con mano, e alcuni pezzi come questo ancora di più. eppure, allo stesso tempo, lo fanno con una delicatezza struggente, come una carezza a un bambino, appunto, e sanno quindi dare a questa profondità la dimensione di una storia che nasce come racconto per ragazzi (ti prego, dimmi che tutto questo ragionamento ha senso anche nella tua testa, è la terza volta che rigiro la frase ma non so spiegarmi meglio e ne sto uscendo matta: mi affido al tuo sesto senso di sorella).
E Akito che è l’ombra di Sana, anche se sembra sempre il più lontano… santo cielo, di nuovo, io sono senza parole per le immagini che hai saputo costruire – e so pure che meriteresti le analizzassi meglio, ma temo di non esserne in grado oggi.
Mi sto sentendo una cattiva persona che dedica troppo poco spazio a Sana, però credo anche sia quella di cui sia più difficile parlare: perché è “strana”, e complessissima e fatta di questi forti opposti, l’esuberante allegria e questa tristezza solitaria, il bisogno di aiutare tutti e il dimenticarsi e trascurare sé. E vedere come le hai dato voce e l’hai capita, per me che forse ho sempre fatto più fatica a capire e avvicinarmi a lei, sicuramente molta più che ad entrare nella pelle di Akito, è stato bellissimo. E l’avevo già imparata a capire dalle tue parole e dalle nostre discussioni a riguardo, ma non so, rifarlo attraverso questa fic mi ha aperto molte più porte, e mi ha dato molti più spunti e lasciata con qualcosa in più di Sana.
Mi prendo l’ultimo angolino per lo stile. I dialoghi sono qualcosa di canonico, se devo cercare l’aggettivo giusto: erano perfettamente in linea con le battute del manga (e, immagino, dell’anime, perché se sei riuscita a ricreare anche lo stile del manga prima di leggerlo ti vengo a tagliare le mani!) No, sciocchezze a parte, possono essere state anche dell’anime, ma il tuo mezzo di comunicazione era diverso – e diverso pure dl manga, a dirla tutta – eppure sei riuscita a mantenere lo stesso spirito, la stessa scintilla in ogni voce, e nessuna si confondeva: erano loro. e a fare da contorno ai dialoghi c’era la tua prosa – l’elemento in più rispetto ad anime e manga – e ha dato tutto un modo nuovo di approcciarsi alla storia di Sana e Akito, ma lo ha fatto con un tono che è rimasto sempre perfettamente unico nella sua delicatezza e poeticità e allo stesso tempo perfetto sfondo su cui ricamare i dialoghi che, ripeto, sono esattamente da anime/manga: ti giuro che li leggevo e me li immaginavo nelle vignette ed era tutto canonicamente perfetto e coerente. Ogni voce aveva quella sfumatura e quell’intonazione con cui ero solita leggerle nel manga e riconoscevo subito ciascuno senza bisogno di nomi. Non lo so, complimenti, davvero, l cura e l’amore che hai messo in ogni parola si sentono tutti e li ho amati, a mia volta, tutti.
Bene, direi che ti ho stressata abbastanza anche per oggi – e tu che da un po’ ti eri riuscita a liberare di me, povera illusa! – e che sia anche ora che io metta la parola fine e vada a dormire, che domani dovrei anche prendere un treno e possibilmente non addormentarmi perdendo la fermata. Però grazie: per la lettura, per la rilettura che scriverti la recensione ha richiesto, per le riflessioni che mi hai regalato, e sì, anche per avermi convinta a leggere il manga. E so che ti saresti meritata una recensione decente, soprattutto su loro due, e io spero di non aver detto castronerie (nel caso scusami infinitamente, ne sono mortificata già ora), ma non so se ne sono proprio all’altezza, mi hai lasciata un pochino senza fiato e senza parole (cosa che non si direbbe, ora come ora XD).
Grazie ancora, davvero, e complimenti.
Un abbraccio, spero tu stia bene 💜
Maqry |