Valutazione del contest “Citazioni in cerca d’autore (Oscar edition)!”
Grammatica: 8.2/10
Buona, c’è solo qualche piccola svista:
“[...] là dove discutemmo, urlammo, scoppiammo, come solo i giovani sono in grado di fare. La lucida chioma di Evan mi distrasse dall’inveire ancora”: -1; il passato remoto del verbo “distrarre” nel contesto è inesatto perché la sintassi del periodo è organizzata in maniera inefficace. Dato che la frase “La lucida […] ancora” è retta da “là dove”, è necessario creare coesione inserendo un elemento che faccia da connettivo, ad esempio una ripetizione di “dove” che preceda “La lucida” (cosicché il passato remoto “distrasse” vada ad accordarsi con gli altri verbi del periodo). In alternativa, si può sostituire il passato remoto con l’imperfetto preceduto da “che”, così da dare l’idea di pensiero in movimento (“che mi distraeva”).
“cui bastava”: -0.05; è sfuggito uno spazio in più.
“così…impuro”: -0.20; tra i puntini di sospensione e la parola che segue è necessario uno spazio.
“se non”: -0.05; è sfuggito uno spazio in più.
“M’ama, Evan Rosier ed io non voglio”: -0.50; è necessario inserire una virgola dopo “Evan Rosier”, perché è necessario chiudere l’inciso (la frase principale è “M’ama ed io non voglio”).
Stile e lessico: 6/10
Partendo dallo stile, hai scelto di narrare al passato e in prima persona, affidando la narrazione a Dorcas. Hai suddiviso, anche visivamente, il testo in due parti: il presente del racconto allineato a sinistra e i ricordi della protagonista (i sogni) allineati a destra; dal punto di vista strutturale, è una scelta indovinata, perché segnali al lettore il passaggio da un piano temporale all’altro senza che possa confonderli. Anche i tempi verbali si adattano a questa struttura: il presente è il tempo principale, mentre i ricordi sono narrati al passato remoto (salvo quel “Torno” del “sogno numero uno”); a mio parere, il passato remoto appesantisce un po’ il registro linguistico della protagonista – dato che narra in prima persona –, mentre tempi meno “remoti” (come il trapassato remoto) avrebbero forse reso più immediati e fluidi quei momenti della narrazione. L’impressione che ho avuto è che la struttura stilistico-lessicale volesse tendere a una ricercatezza sintattico-linguistica che purtroppo risulta essere poco efficace in alcuni passaggi, facendo risultare il testo o disomogeneo o un po’ macchinoso. Cito un passaggio del testo a scopo esemplificativo per spiegarti il mio punto di vista:
• “Con gli occhi suoi nel mio profondo, fanali di fuoco terribili, non m’attardo ad avere paura. Eppure altri occhi si posano sui miei tremori: sguardo di sottobosco che m’acquieta, nonostante restituirlo non mi è concesso. Sibilo un ansito e mi concedo di socchiudere le palpebre un po’, giusto il tempo di agganciare il ricordo di noi, che non m’importa se il mio aguzzino vuole debellare l’aria dalla mia scomoda presenza”: questo è il periodo che apre il racconto, quindi il primo impatto che il lettore ha con la tua storia; a mio parere è poco efficace per due ragioni che spiego di seguito.
Prima di avventurarsi nella lettura, il lettore non può sapere chi siano i personaggi e la voce narrante, ma purtroppo l’incipit (che dovrebbe essere chiarificatore) non è illuminante in tal senso. La storia si apre con l’espressione “Con gli occhi suoi eccetera” e la prima domanda a sorgere è di chi siano questi occhi; continua con “Eppure altri occhi si posano sui miei tremori”, espressione che fa sorgere un secondo dubbio, ossia di chi siano questi altri occhi; la costruzione del periodo, a mio parere, è inefficace sul piano della comunicazione perché il lettore non sa né chi narra né chi siano i due personaggi che fissano il personaggio-voce narrante (e non lo saprà sino alla fine dei flashback, utili a capire che la voce narrante sia Dorcas, ma non chi siano i personaggi che la circondano nel presente del racconto).
Passando dal piano comunicativo a quello sintattico, c’è qui la questione della “ricercatezza tradita” cui accennavo prima: la prima frase in grassetto ha una struttura sintattica ricercata e fortemente marcata (l’inversione possessivo-sostantivo – “gli occhi suoi” –, l’inciso che veicola una metafora molto espressiva – “fanali di fuoco terribili” –, l’elisione di “mi” in “m’attardo”, l’inversione principale-subordinata – “Con gli occhi suoi […], non m’attardo”), un insieme che riproduce una sintassi quasi fine ottocentesca; di contro, la seconda frase in grassetto è retta da un che polivalente caratteristico dell’italiano colloquiale, difatti introdurre la frase “non m’importa eccetera” con “che” e non con una congiunzione più appropriata riproduce la sintassi del parlato – una costruzione sintattica di questo tipo, tesa a riprodurre l’oralità, non è coerente alla veste sintattica del periodo che la precede: si passa da una costruzione ricercata a una colloquiale. In questo senso trovo che vi siano elementi disomogenei a livello sintattico.
In ultimo, ti segnalo l’assenza di spazio bianco tra l’incipit allineato a sinistra e il primo ricordo allineato a destra (immagino sia stata una distrazione!).
Essendo il capoverso di apertura del racconto, è anche il momento dove si nota di più questa disomogeneità. In realtà, trovo che il testo nella sua interezza vada ad alti e bassi, passando da forme che riproducono la sintassi dell’oralità (“Di pregare non sono mai stata capace”) a forme che riproducono una sintassi tipicamente letteraria (“M’ama, Evan Rosier ed io non voglio”). Tornando ai flashback, come anticipato, li ho trovati bene inseriti e funzionali alla trama, per gusto personale (ma questo non ha inciso sulla valutazione) avrei omesso le enumerazione dei sogni, limitandomi a porre in evidenza solo le frasi di apertura (il prompt) che essendo in terza persona sono un chiaro segnale di “introduzione di un momento estemporaneo” per il lettore. Però, appunto, è proprio un parere personale, perché la struttura funziona e lo schema ha una sua coerenza interna! Passando alla punteggiatura, l’ho trovata bene utilizzata, soprattutto perché la sfrutti per dare un certo ritmo al testo, riuscendo quindi a creare pause laddove vuoi che si soffermi l’attenzione di chi legge. Ci sono solo due occasioni in cui, a mio parere, la pausa è poco efficace:
• “Si avventa su di me e gli altri credono che sia l’odio verso colei che ha ucciso suo zio, a muoverlo”: la virgola che precede “a muoverlo” isola il complemento e dal punto di vista strettamente grammaticale è inesatta, ma l’ho reputata una scelta stilistica utile a creare una pausa. Credo però che isolare “a muoverlo” più che porre l’attenzione dell’espressione, dia l’idea di periodo tronco alla prima lettura. Il mio consiglio, se vorrai accettarlo, è quello di omettere la virgola.
• “Ma che colpa abbiamo, se non quella di aver continuato ad amarci, senza provare pietà per noi stessi?”: il discorso è simile al precedente (salvo l’appunto sulla grammatica). È un periodo che ha già una prima pausa dopo “abbiamo”, inserirne un’altra dopo “amarci” a mio parere indebolisce l’impatto emotivo dell’espressione conclusiva, perché obbliga il lettore a fare una pausa.
Il corsivo, in ultimo, è utilizzato con parsimonia, ma ricorre sempre laddove è necessario una messa in evidenza. A riguardo, credo che solo in “Ma il loro Oscuro Signore” il corsivo sia evitabile, perché in seguito lo utilizzi per marcare “suo” in riferimento al solo Evan, quindi non porrei sullo stesso piano il generale (“loro”) con il particolare (“suo”).
Arrivando al lessico, fai uso di un registro linguistico ricercato che talvolta a mio avviso eccede proprio in ricercatezza, considerando la prima voce narrante – la quale implica che il racconto è narrato così come il personaggio pensa e si esprime. Facendo un esempio, “sguardo di sottobosco” è una scelta lessicale insolita per una prima persona narrante, è un’immagine evocativa, molto bella, ma risulta difficile immaginarla espressa da un personaggio; idem per un’espressione come “lucida chioma”. Ti segnalo poi quei pochi termini a mio parere poco adatti al contesto: “agganciare”, che riferito a un ricordo da rievocare non è la variante più ricercata (e quindi coerente alla veste lessicale del tuo racconto); “compiuto” in “Il tempo in cui bastava nascondermi con il mio grande amore era ormai compiuto”, che nel contesto della frase non è il termine più corretto, perché il verbo “compiere” indica più che altro il portare a compimento un’azione, mentre qui è inteso nel senso di “tempo che appartiene al passato, che non c’è più”; “sinuosa” in “Quella voce sinuosa mi riporta alla realtà”, perché l’aggettivo “sinuoso” indica qualcosa di curvilineo, che non procede dritto, flessuoso al massimo, quindi non è adatto a descrivere una voce (che può essere sibillina, carezzevole, melliflua eccetera, ma non sinuosa).
A parte questi elementi messi in evidenza, per il resto il lessico è coerente a se stesso, e trovo che rapportato a una terza o seconda persona narrante non avrebbe dato neanche l’impressione di eccedere in alcuni punti.
Concludendo questo lunghissimo discorso, credo che non hai scelto una struttura stilistico-lessicale semplice e malgrado questo sei stata comunque in grado di scrivere un racconto che, nell’insieme, ha una sua coerenza di sviluppo e risulta sicuramente piacevole alla lettura. La mia è un’analisi “al dettaglio”, perché sono andata ad analizzare ogni aspetto ed espressione del racconto, e spero di essere riuscita a spiegarti le mie perplessità. Trovo che con una maggiore omogeneità il testo sarebbe potuto essere ancora più fluido e godibile. Facendo la media dei pro e dei contro espressi ho scelto di assegnare 6/10 in questo parametro, perché nonostante le situazioni riportate trovo che nel complesso il testo sia degno di nota!
Titolo: 2/5
Per la tua storia hai scelto un titolo a mio parere particolare, Il falò non è esattamente quel tipo di titolo che immagineresti associato a un racconto che tratta di un amore infelice. In tal senso, quindi, è a suo modo originale, seppure trovo che non riesca a racchiudere né il pathos protagonista del racconto né la tematica in sé. Tuttavia, non è slegato del tutto dal testo: l’incendio conclusivo che coinvolge la povera Dorcas è un richiamo al titolo, che immagino vada interpretato come un “falò fisico ed emotivo”, perché ad andare in fiamme è sia la protagonista che il suo amore, quest’ultimo “bruciante e vivo” sino alla fine. I motivi per cui non ho assegnato un punteggio superiore a 2/5 sono due. Il primo è legato a quanto già detto sull’incapacità del titolo di anticipare e racchiudere la tematica e il genere del racconto. Il secondo è legato a una questione che mi rendo conto essere un po’ più soggettiva: per quanto mi sia sforzata, non sono riuscita a non trovare un po’ “indelicato” un titolo come Il falò associato a un racconto che si conclude con la morte della protagonista causata da un incendio – sembra quasi vi sia un intento parodico, mentre la tua storia è drammatica; l’impressione è data dal fatto che il termine “falò”, da solo, in genere viene usato per richiamare immagini positive (i falò in spiaggia, ad esempio) o in riferimento a oggetti. È probabile che io non sia stata in grado di cogliere le giuste sfumature del titolo scelto, cosa che mi spiace, ma per le perplessità espresse ho ritenuto di dover assegnare 2/5 in questo parametro.
Utilizzo del prompt: 10/10
Il prompt scelto è “Erano destinati a perdersi, e non lo capivano. Erano stati destinati a non trovarsi, e s’erano trovati lo stesso”, su cui è strutturata l’intera narrazione. Lo inserisci fisicamente nel testo, seppure un segmento alla volta, e lasci che il significato dell’espressione faccia da filo conduttore della trama. I tuoi personaggi sono destinati a perdersi – lei addirittura morirà –, ma non lo capiscono e continuano a cercarsi; sono stati destinati a non trovarsi – combattono l’uno contro l’altra, lei è responsabile della morte dello zio di Evan, lui ha giurato fedeltà all’uomo che uccide Dorcas –, eppure si trovano lo stesso, persino nel momento più tragico della loro storia e dell’esistenza di Dorcas: la morte di lei. Ripercorrere stralci del loro passato insieme attraverso i flashback che tu etichetti “sogni” hai fatto sì che il prompt risultasse ancora più vissuto, perché li vediamo viversi e allontanarsi e perdersi. Dal punto di vista della struttura, poi, isolare le singole frasi della citazione per scandire momenti salienti, sino a concludere l’intero racconto, ha messo in evidenza il prompt, sottolineandole l’importanza ai fini del significato della storia. Ottimo lavoro, 10/10!
Caratterizzazione e IC dei personaggi: 7/10
I personaggi del tuo racconto sono Dorcas, protagonista indiscussa, ed Evan, ciò nonostante anche Voldemort fa una piccola comparsa.
Partendo dal personaggio più marginale, ho trovato IC la crudeltà che Voldemort usa nei confronti della povera Dorcas, seppure trovo che il modo di esprimersi sia un po’ troppo basico e colloquiale per caratterizzare al meglio la personalità di questo personaggio, che nei libri generalmente è sibillino quando si esprime.
Passando a Evan, ti anticipo che la sua caratterizzazione è il motivo per cui il punteggio non è superiore a 7/10. Complice anche la prima persona narrante affidata a Dorcas, Evan fatica a ricoprire il ruolo di coprotagonista. Sino alla fine resta un personaggio sfocato, di cui sappiamo abbastanza, ma non tutto: non lo conosciamo nella sua totalità. Immaginiamo che sia innamorato di Dorcas, ma quanto valga per lui questo sentimento resta un mistero: da un lato tenta di scagliarsi su di lei per salvarla, dall’altro non smentisce i compagni che fraintendono il suo gesto e assiste inerme alla sua morte. Letta così, senza la possibilità di conoscere il personaggio a tutto tondo, l’impressione è che lui la ami, ma non abbastanza da esporsi per lei. Fuori dalla coppia, il tuo Evan Rosier è coerente alla sua breve apparizione cartacea: è un Mangiamorte convinto, spietato, che sceglie Voldemort sino alla fine (fa ciò che può per convincere lei a tradire l’Ordine, a non prendere parte ai conflitti, ma l’abbandona al suo destino quando si trovano schierati contro). Concludendo su di lui, quindi, la caratterizzazione è buona, ma incompleta, perché manca un tassello importante, ossia cosa realmente lui provi per lei. Tu narri una grande storia d’amore, quindi stride che lui alla fine la lasci morire.
Arrivando a Dorcas, è di certo una protagonista a tutto tondo e in grado di sostenere il ruolo di primo piano che le hai affidato. La conosciamo nel momento peggiore, quando è ormai condannata a morte, eppure riusciamo lo stesso a percepire la sua forza d’animo, l’ardore della Fenice, l’amore che nutre per Evan – così forte, così totale, da giustificare persino il fatto che lui non la salvi, da trarre un sospiro di sollievo quando gli altri Mangiamorte fraintendono l’impeto di Evan. La tua Dorcas è sia una guerriera che una donna innamorata, che negli ultimi istanti di vita rivolge i propri pensieri all’Ordine e a Evan, le sue ragioni di vita. Ho trovato coerente al momento narrato anche la paura provata in presenza di Voldemort, solo una sciocca non ne avrebbe avuta e dai libri possiamo immaginare che la Meadowes fosse tutto fuorché sciocca (come riporti nelle note, è stata uccisa da Voldemort in persona, doveva dunque essere un elemento importante della resistenza). Non ho proprio nessun appunto da fare su Dorcas, trovo che l’abbia caratterizzata benissimo e a tutto tondo!
Valutando i pro e contro spiegati ho optato per 7/10 in questo parametro, dunque complimenti!
Totale: 33.2/45 |