Recensioni per
Il Lupo di Hudach
di Old Fashioned

Questa storia ha ottenuto 68 recensioni.
Positive : 68
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
23/10/23, ore 01:54
Cap. 6:

Carissimo, rieccoci qui: anche stavolta, divorarsi il finale era d'obbligo.
E tranquillo, dopo il primo momento di défaillance che mi ha addirittura spinto ad una recensione in sintetico linguaggio kjarren, ho recuperato le mie volontà di amanuense prolissa ^^ Dopo il quinto capitolo c'erano davvero troppe cose da mandare giù, e un dispiacere che doveva essere lenito dal resto degli eventi, o sarebbe rimasto a effondere malessere come un tarlo. Dopo la lettura ero persino stata tentata di lasciare lì tutto e di scriverti una recensione più a freddo, una volta metabolizzato a dovere l'accaduto, ma non sarei stata fedele al mio già ben palesato proposito di scriverti tutto al primo impatto.
Se già ne "La Scelta" avevamo toccato con mano la nera disperazione di Ehrenold, un catrame di rimpianti e cieca rabbia che lo aveva reso una crudele ombra di se stesso, qui assistiamo all'orrore in tutta la sua completezza, ed è una potenza difficile da arginare. E come ripetuto poco fa, di fronte all'impatto di certi sentimenti uno non può che rendersi spettatore marginale, e contemplare in composto silenzio.

Procediamo quindi per gradi e dedichiamoci al resto, che a un certo punto è stato comprensibilmente eclissato dalla morte di Siwald.

Tra Branne e Rowden alla fine niente bacio sovietico, ma quel che abbiamo avuto è stato molto di più. Ben magra consolazione è stata infatti la capitolazione di Irdan, e la morte di tutti quei personaggi che, nella loro mediocrità caratteriale, ne hanno decretato la disfatta. Proprio come Ehrenold, anche chi legge non può che trarne un breve palliativo, una soddisfazione di fiammifero che brucia sul nascere e subito svanisce. Posso invece affermare con sicurezza che, tra tutte le tragedie consumate in queste righe, questo finale in particolare sia stato il conforto più grande.
Penso che questo sia stato il primo scontro diretto in tutta la saga di Kjarr dove entrambi i guerrieri abbiano dimostrato rispetto e ammirazione verso il proprio avversario, reso nemico solo dalle circostanze che in un'altra realtà li avrebbero affratellati. Breve e crudo, perché questa è la realtà della guerra -non battaglie epiche, scontri che paiono giostre e spiegoni, la vita è il prezzo di un istante-, ma colmo di virtù cavalleresche e rispetto per l'arte della battaglia. Ti ringrazio per averli fatti finire così, in gloria e con onore. Colui che ha dato la vita e colui che l'ha reclamata avevano la stessa bilancia di valori, e hanno saputo dare il medesimo significato alla loro personale battaglia; una fortuna rara, per la quale entrambi hanno potuto essere riconoscenti. Che il ricordo di Branne riposi nelle Sale di Alvan, dov'è il suo posto.
Ma poi, il discorso di Branne ai suoi cavalieri con tutti gli arzigogoli al valore, alla divinità, e al sacrificio, contrapposto al "discorso" di Rowden -che poi sono solo secchi ordini di battaglia ruggiti in carica? Vedi anche tu che bella ship che sarebbero? Dov'è l'AU militare in cui posso shippare questi due?

Immancabile menzione d'onore anche agli stendardi di morte di Kjarr, e alla loro araldica ispirazione. Si ergono lì, rossi e mortali, senza bisogno di spiegazioni. Sono simboli che una volta issati incutono il terrore atavico in chi li guarda, una promessa irremovibile che in pochi riescono a sopravvivere e narrare, e chi li sottovaluta... fa la fine che abbiamo visto. A tal proposito, potrei anche stare qui a commentare la fine del governatore Litas, degli S'kimser, la rovina della città e dei suoi abitanti; ma per quanto magistralmente tu abbia descritto ogni scena, rendendola vivida con la tua sempre efficace narrazione, sono state -appunto- non più di un breve palliativo. Sono successe, bene. Ma il sapore che resta dopo il fiotto di rivincita iniziale è neutro come sabbia. I momenti salienti, almeno per me, vanno oltre la trama di questa singola storia, ed abbracciano avvenimenti molto più ampi.

"Anche se ci provava disperatamente, non riusciva più a ricordare Siwald com’era." Una frase che, per tanti motivi, mi è vicina e mi ha colpito davvero a fondo. La morte ruba tante cose oltre alla persona cara, tra cui, troppo spesso, anche il ricordo puro di come ci apparteneva, e con esso la capacità di elaborarne la perdita. All'immagine del giovane guerriero illuminato dalla fierezza del sole si è sostituita l'atroce visione di un corpo mutilato e privato di ogni umana dignità, e questo è un trauma così forte che è ciò che rimarrà del suo ricordo. Se col tempo forse Ehrenold riuscirà a rivedere Siwald anche nelle sembianze in cui lo aveva amato, resterà sempre questa terrificante realtà impressa a fuoco sotto le palpebre; la consapevolezza che tutto quell'ardore, quel fuoco vivo, quella potenza sia stata degradata a nient'altro che carne e sangue e dolore, e quel corpo che aveva amato con rigida devozione sia stato dissacrato nel peggiore dei modi.
Detto questo, mi accingo a un'affermazione controversa, ma tanto sai già che qui le controversie sono pane per i nostri denti: è giusto che Siwald sia morto. Lo dico col cuore a pezzi, lo dico a una debitissima distanza di sicurezza da Ehrenold (anche se forse neanche le mura di Herburg fungerebbero da protezione efficace), ma apprezzo il coraggio di una scelta narrativa così difficile. Non mi permetto di spingermi tanto in là da affermare che Siwald fosse un personaggio che ti piacesse; ma quello che rappresentava, gli ideali di cui era inconsapevole e focoso stendardo, quelli sì. E farli finire così, nella peggior maniera sotto ogni punto di vista, è stato un male sentito ma necessario.
Necessario ad Ehrenold, perché confrontasse la reale portata dei suoi errori umani; necessario alla storia, per il carico di emozioni e terribili conseguenze che vi ha aggiunto. E necessario a chiudere il cerchio di quel che incarna Siwald, perché da sempre, in ogni ciclo eroico, quello è il tragico e affascinante destino della giovinezza rabbiosa che si nutre di ideali, il viso rivolto contro al sole e lo sguardo scevro dalle ombre.
Poi oh, senza troppe chiavi di violino: per alcuni Siwald potrà essere stato solo un coglione troppo cresciuto con una spada troppo affilata in mano. Lecito. Ma a me piace vederlo così, e così me lo tengo. Tanto nessuno potrà mai fare peggio di Ehrenold, che per quanto si sforzasse di essere obiettivo, quando lo guardava aveva davanti agli occhi i fondi di bottiglia opachi corredati persino di filtro a cuore.

Molto bello anche il particolare di controllare il sottopancia del cavallo; gesto che si scopre avere origine fin dal mentore di Ehrenold, la stessa abitudine che si è poi tramandata a Siwald. In un empito di romanticismo -che vorrai perdonarmi, ma i finali mi rendono sempre un po' emotiva-, voglio pensare che lo stesso gesto sia stato poi impresso anche a Iasay, in una sorta di filo conduttore dell'eredità tra mentore e allievo.

Scivolando verso la fine, il momento della spada durante la pira funebre è stato il più toccante di tutti.
Le fiamme inghiottono la città, ma nelle emozioni represse sul viso di Ehrenold, in quel luccichio negli occhi che è la più grande incrinatura che ne tradisca il dolore, capiamo che la vendetta non è servita a lenire niente. Irdan intera ha pagato col sangue e la libertà, sale verrà sparso sulle sue macerie e il suo nome cancellato dagli annali, e forse Siwald potrà accedere alle Dimore di Vopnir con un esercito degno di lui; ma ad Ehrenold, come persona, come singolo essere umano spoglio del suo rango, non rimane più nulla. Soltanto il vuoto soverchiante, e quel senso di colpa che non lo abbandonerà più finché avrà respiro.
Sappiamo che arriverà Iasay, e dopo non poche difficoltà Ehrenold riuscirà a dare il suo vero addio a Siwald. Sapendo quanto di Siwald sia rimasto nella lama di Thrygg, il suo ricordo tangibile, la gioia dei tempi passati, il suono della sua voce entusiasta, l'ultima cosa che il suo corpo abbia portato con sé prima di finire cenere. il gesto di Ehrenold di donarla a Iasay con la prospettiva di abbandonarla per sempre assume ancora più valore. Ma certe storie non si riscrivono soltanto perché ne accadono di nuove; si fanno solo da parte -perché bisogna andare avanti, nonostante tutto- e resteranno lì per sempre, a incidere il tuo carattere e le tue emozioni. Riaffioreranno solo ogni tanto, per farti ricordare ciò a cui sei sopravvissuto.
"La guerra continua."
Quanta bellezza in una frase così terribile, che qui suona quasi come una rassicurazione familiare. Se ad Ehrenold come persona non è rimasta che cenere, lui non è solo una persona: è un Sovrintendente di Kjarr, e come tale ha ancora un'immane responsabilità da portare a termine. Ha perso l'uomo che aveva scelto di amare, ma ha ancora le migliaia di uomini suoi fratelli che deve condurre in battaglia. L'imperativo categorico alla fine di tutto. Rialzarsi e proseguire, malgrado ogni cosa, fin dove lo stoicismo e il dovere impongono il cammino, a sguardo dritto e spalle larghe.

Passiamo a qualche considerazione a sé, anche per sollevarci un po' dal tutto il peso, amaro e bellissimo, di questo finale.
Ad esempio potremmo soffermarci sulla sofferta catena di avvenimenti che spingerà Ehrenold a scegliere di tenersi vicino Iasay, malgrado tutto quello appena accaduto. Arrivati alla fine del Lupo di Hudach, sembra infatti quasi impossibile che Ehrenold potrà mai anche solo pensare di scegliersi un altro giovane da iniziare alle arti della guerra, figurarsi dedicargli i suoi sentimenti più personali.
Ora è ben chiaro come mai la prima scelta di Ehrenold sia ricaduta su un giovane all'epoca imbelle come Iasay (oh, denigrare lo Iasay mezza sega del passato è un piacevole ritorno alle abitudini): perché chiunque, tra le fila di Kjarr, gli avrebbe ricordato alla lontana un "secondo" Siwald, che ovviamente mai sarebbe potuto essere Siwald. All'indomabilità di un'irriducibile testa calda, coraggiosa e ardente di valore, ha sostituito un giovane ammorbidito e pauroso come un cerbiatto, remissivo e fragile: il suo esatto contrario, per non essere costretto, suo malgrado, a paragoni e ricordi.
E probabilmente anche per non sentirsi vincolato alle responsabilità di mentore-allievo che lega tra loro i militari di Kjarr, ruolo per cui probabilmente provava ancora repulsione, rimorsi e sensi di inadeguatezza. Colpevole com'era dell'atroce fine del suo amato, possiamo capire che avesse perso ogni voglia e fiducia di imporsi come mentore.
Poi noi sappiamo bene che non è andata come aveva previsto; se all'inizio l'intenzione di Ehrenold era stata quella di usare il ragazzo e poi rispedirlo al mittente, arrivato al dunque non ce l'ha fatta e ha continuato a rimandare. Ce lo dimostra più volte anche la narrazione onniscente dei suoi pensieri, perché un vero uomo di Kjarr non si prenderebbe mai un giovane solo per sfruttarlo a suo piacimento.
Da principio, immagino abbia avuto molte remore. Ma Ehrenold, su queste cose, è particolarmente coinvolto. Abbiamo imparato a conoscerlo, e abbiamo capito la sua volontà di scegliersi amanti più giovani; non per il bieco principio del "è carta bianca, così me lo piego come più mi pare e mi accomoda", ma per la pura, marziale gioia di vederlo crescere e migliorarsi sotto la sua guida, con le sue potenzialità esaltate e l'orgoglio di vederlo raggiungere sempre nuovi traguardi.
Lo dimostra anche il fatto che Siwald e Iasay fossero due ragazzi ai completi opposti, e che Ehrenold sia riuscito a valorizzare i pregi di entrambi senza mai imporre la propria volontà totalizzante su nessuno di loro due, lasciandoli liberi di conquistarseli tramite le loro capacità. Lui ha solo cercato, per quanto fosse in suo potere, di indicare loro la strada, e come poter prendere coscienza di se stessi e delle proprie potenzialità.
Con Iasay ha aggiustato il tiro, per quanto riuscisse. Di sicuro aveva il terrore di fallire anche verso di lui, di rovinarlo e condannarlo, e per questo alle porte dell'assedio di Kadya lo ha mandato via prima che fosse troppo tardi -prima che fosse di nuovo Rowden a suggerirglielo, prima di vederlo massacrato da qualcosa più grande di lui.
Ma in tutto questo, particolare che forse passa in secondo piano perché, -cito- "Ehrenold aveva quarant'anni anche quando ne aveva otto", non dobbiamo scordare che anche Ehrenold è piuttosto giovane per tutte le vicende, e si sta facendo le ossa con esperienze che per qualunque altro suo coetaneo sarebbero troppo grandi. Non sarebbe corretto pretendere che qualcuno all'età di venticinque/trent'anni abbia l'inquadratura militare per far funzionare la macchina da guerra di Kjarr nella sua forma perfetta, /e al contempo possa sobbarcarsi da solo l'incarico di calibrare anche una difficile relazione tra maestro e allievo problematico.
Il soldato della Guardia d'Onore che aveva riportato indietro Siwald di certo ne sapeva qualche chilometro in più di un giovane Ehrenold, e forse aveva già capito l'antifona: o fare la fatica ingrata di riscrivere daccapo il ragazzo e renderlo funzionale, o perdere tempo con un testardo irriverente. Mi chiedo, invece, cosa abbia (o cosa non abbia) pensato Ehrenold al momento di scegliere Siwald; e se già ne La Scelta su queste tematiche lo vedevamo con quella testardaggine da ariete che tanto indispettiva i suoi Luogotenenti, figurarsi che cocciutaggine doveva aver dimostrato quand'era più giovane!
Non che questo serva da scusante, ma in fondo non lo si può neanche colpevolizzare per non aver saputo inquadrare da subito cosa fosse meglio per Siwald; malgrado sarà Ehrenold stesso, probabilmente, a continuare a farlo finché avrà vita. Ne ha davvero una colpa? Per quanto riguarda noialtri, giunti alla fine di questo capitolo della saga, non possiamo farci giudici se non scomodando un enorme pensatore: quel che è compiuto in nome dell'amore trascende il bene o il male. Quale che sia il verdetto, le sue conseguenze restano comunque a incombere impietose per il resto della vita.

E ora che siamo tornati alle recensioni kadyane, posso dirmi davvero soddisfatta. Questa lunga pausa forzata ha avuto il pregio di alimentare la voglia di tornare a immergersi tra i ranghi di Kjarr, e va proprio detto: che immensa soddisfazione essere ritornati ai nostri amati lidi di prussiano männerbund!

Recensore Junior
23/10/23, ore 00:54
Cap. 5:

Torna il freddo e torno anche io, con la prima recensione in stile Kjarr dopo tutte quelle kadyane.

Ma come altro commentare un capitolo in cui dire tutto equivarrebbe comunque a non concludere nulla? Come già dissi tempo fa, per certe emozioni non si spendono parole. La rabbia e la disperazione finali di Ehrenold non sono che un feroce strascico di quel che accade fin dalle prime righe: un angosciante, potente innuendo che culmina nella tragedia.
Meraviglioso, come tua abitudine, e davvero terribile persino nella crudele dolcezza del ricordo della cicatrice, tanto che d'impatto non riesco a formulare null'altro che non risulti solo una diversa prosa di quel che hai già descritto tu.

Con animo appesantito, passo al finale.

Recensore Junior
25/05/23, ore 18:48
Cap. 4:

E rieccoci, carissimo, con un inizio che fa male a tutti.
A Siwald, in primo luogo, per mille e più ragioni; ad Ehrenold, che vediamo tormentarsi col rimorso di un maestro e amante dietro al suo volto imperscrutabile di generale. E a noi, che dobbiamo assistere a questa punizione così severa per entrambi, e alle loro prese di coscienza scandite dallo schioccare della frusta.
Che profonda e amara, la riflessione sull'amore.
Come poter calibrare i sentimenti tra ciò che si desidera e quel che invece è meglio? Comunque la si guardi, è impossibile poter rimanere razionali nel sentimento che è la forma stessa dell'irrazionalità. Siwald è fuoco vivo, e le fiamme non le puoi controllare; ma come poter trovare la forza di soffocarle e spegnerle, quando quel che ti affascina è vederle divampare fiere? Se avessimo una risposta a questi interrogativi, vorrebbe dire che siamo degli illusi. E per scomodare il Leone d'Inverno, vivere di "se" è un passatempo da bambini; non resta che affrontare la realtà tangibile di quel che si ha davanti, con tutti gli errori e i rimpianti.
La realtà tangibile, in questo caso, è una punizione severissima, pari alla gravità dell'errore commesso. Come predetto, il supplizio potrà anche piegare il corpo di Siwald, ma non la sua volontà; ne è la prova il disprezzo con cui l'affronta fino all'ultimo, pur se comunque deve ricredersi sullo sputare il morso di cuoio. Quel che davvero manda in pezzi il suo spirito indomito è lo sguardo di Ehrenold; è la consapevolezza di averlo deluso a lacerarlo molto più in profondità del nerbo. D'altronde per un uomo di Kjarr il dolore fisico è consuetudine, ma il disonore, il sentire di essere considerato un fallimento e un cattivo soldato dev'essere una vergogna bruciante. Soprattutto dal proprio mentore.

Persino in questo caso ci viene suggerito che Siwald è fatto tutto a modo suo, perché di norma ne avrebbe tratto una soddisfazione sprezzante. Impariamo infatti che persino uno della Guardia Reale lo aveva scelto come allievo -a conferma delle sue straordinarie potenzialità-, e poi riportato indietro con sdegno, e il ragazzo ne era stato fiero.
Il suo, quindi, non è il rimorso di aver deluso il suo maestro in quanto "maestro"; è il rimorso di aver deluso colui che lo aveva accolto, valorizzato e stimato, senza vederlo solo come un soldato da plasmare, ma un uomo a cui dedicare la propria vita per esaltarne i pregi malgrado i difetti. Ancora non conosco le circostanze precise di come sia iniziato il loro sodalizio, ma mi sembra di capire -e correggimi se sbaglio- che Ehrenold abbia insistito per averlo, pur consapevole di starsi prendendo un grosso azzardo.
Siwald, se da un lato si impegna con orgoglio per continuare a essere un grosso azzardo, dall'altro viene improvvisamente colto dal terrore che per Ehrenold possa non valerne più la pena. Quel che aveva sempre provocato ora può realizzarsi, e la prospettiva lo lascia atterrito. Tutta la pazienza che aveva sempre sfidato, tendendo la corda al limite, ora può essere davvero finita, e il solo pensiero basta a farlo sprofondare in un tumulto di pensieri uno sull'altro. E lo lasciamo così, quando anche il dolore fisico ha la meglio sulla sua coscienza.

Dopo questa apertura così greve, consoliamoci con un brevissimo scorcio sul passato che trapela da una conversazione: la prima interazione tra Ehrenold e Rowden. Oh, il mio cuore. Dei kindergarten zinnsoldat. Figurandomi la scena, memore anche del disprezzo per il bimbo dimostrato dal Sovrintendente all'ingresso a Tarlya, sono giunta alla conclusione che immaginare Ehrenold da bambino sia destabilizzante; sarebbe uno di quelli sempre torvi e austeri, che ti osserva malissimo e che fa la predica persino ai suoi coetanei se non si comportano a dovere. Quanto ce lo vedo, a proferire lapidario al giovane Rowden "È stata colpa tua. Dovevi stare più attento" prima di condividere assieme la propria razione. Perché Ehrenold è così: non ti concede sconti agli errori, ma al contempo non ti lascia indietro e si prende in carico il problema, perché non pensa a se stesso ma al plotone nel suo insieme. Corretto e calibrato persino in giovanissima età.
È una forma mentis così tedesca, la stessa che ritroviamo impressa nell'ideale del soldato di Kjarr espressa poi da Gabheld: l'uomo che non obbedisce perché deve, ma perché ha capito che deve. Seppur sia lo stesso verbo, i due significati finali sono ben distinti tra loro.
Io obbedisco agli ordini e alle regole non perché poi sennò arriva uno di grado superiore a farmi il cazziatone, ma perché ho compreso che sono in un sistema funzionale, parte di un tutto, che mi da e a cui io devo dare. Di nuovo, teorie molto belle che la nostra realtà ha sempre manipolato e infangato per coprire interessi ben più meschini; ma qui siamo a Kjarr, dove le cose funzionano a dovere perché c'è gente meritevole e capace di farle funzionare, e noi possiamo bearci alla luce di questo ideale kantiano.

E poi dall'altra parte abbiamo il governatore Litas, la nostra quota di cattivo governo (almeno in tempo di guerra), precursore delle gesta del duca Jenevin a Kadya. I loro sono due approcci differenti, per due città completamente differenti; ma entrambi i reggenti sono portati avanti dalla stessa scuola di pensiero dell'aristocrazia pigra e distaccata dal resto del mondo. Nessuno dei due si è mai davvero degnato di mettere fuori il naso e toccare con mano la situazione; come sono messi gli eserciti, l'entità del nemico, le perdite sul fronte. Entrambi si sono trincerati dietro la sicurezza dei loro bei palazzi, chi talmente lontano dalle mura da non udirne i crolli, chi in località segrete fuori dai suoi confini, ma di fatto abbandonando le città al loro destino, certi che il sangue di terzi sarebbe bastato a rivendicarle. Insomma: quando persino il capo degli S'kimser ha un ideale più radicato del tuo e se ne sta in prima linea a perseguirlo, pure se per fanatismo estatico, verrebbe da farsi due domande.

E restiamo a Irdan, perché mentre fuori dalle mura Siwald è immerso in uno stato di incoscienza, aperto come una costata al sangue, da questa parte dello schieramento troviamo un Jayrel tutto pimpante che, all'apparenza scevro da punizioni -ma spero non da rimorsi-, ancora se ne sta al fianco di Branne come se nulla fosse accaduto. Se abbia ricevuto punizioni per la sua sortita, questo non ci è dato saperlo; ma anche se fosse, di certo sono state infime rispetto a quelle patite dal giovane ex capitano di Kjarr.
E si torna di nuovo al discorso dell'umanità dimostrata dalle due fazioni, quella di Kjarr e quella dei Cavalieri di Keldar, e a quanto si tengano in conto le azioni del singolo rispetto al risultato nel suo quadro più grande. Probabilmente nel giudicare la colpa di Jayrel sono state tenute da conto le sue buone intenzioni, perché per i paladini l'ideale è imprescindibile dalle azioni. Mentre alle fila di Kjarr è fregato poco che Siwald volesse salvare i suoi compagni; certo, ha attenuato di molto la loro condanna morale, come vediamo anche dal rispetto che i suoi ex subalterni continuano a conferirgli: ma l'errore lo ha fatto in pieno, ed ha dovuto pagarlo tutto, fino all'ultimo.
E poi è risaputo che i paladini perdonano troppo, perché sono vincolati non solo dal dovere e dalla giustizia, ma anche dalla bontà. Branne in particolare, che mi appare dipinto sempre più come un padre per i suoi uomini -di quei padri comprensivi, il primo a cui ti rivolgi se hai fatto una cazzata o se ti serve una schiena che ti protegga.
Ma visto che sei un estimatore di paladini anche tu, comunque, potrai ben capire questa filosofia: un paladino è legale buono, non legale coglione, e il perdono ha determinate linee di confine. Quali sono? Fuck around and find out. Sta agli altri decidere se vogliono davvero scoprire dove finisca il "fuck around" e dove cominci il "find out".
Questo per dire che spero ancora che i Cavalieri arrivino al punto in cui la presenza blasfema degli S'kimser, o dell'intera aristocrazia imbelle, li porti oltre il punto di rottura e decidano di prendere in mano la situazione in maniera sempre molto ortodossa, ma assai poco diplomatica. Non ci spero tantissimo, ma insomma, la speranza è l'ultima a morir-... ah no, quelli sono gli uomini di Kjarr.

Naturalmente, la mia parte preferita di questo capitolo la puoi immaginare con facilità.
Il Gran Maestro dei paladini e il Feldmaresciallo emerito faccia a faccia sul campo di battaglia, non ti dico le evoluzioni leggiadre della nuvoletta marziale mentre leggevo. Che belli, che belli! Un confronto aperto e onesto, ad armi sul tavolo.
Apprezziamo Rowden che si sobbarca il ruolo di interfaccia umana persino in queste delicate missioni diplomatiche, perché sappiamo bene che muro di ferro sia Ehrenold in certe situazioni. Certo, di base non sarebbe potuto andare il Sovrintendente da principio, perché una sola freccia a tradimento avrebbe mandato a monte l'intera campagna militare. Ma te lo immagini, Ehrenold a intavolare una trattativa? Sarebbe stato capace di partire con l'offerta di resa per Irdan, e tornare invece con una formale dichiarazione di guerra per tutte le città circostanti fino al regno di Deres.
Invece possiamo ammirare i lati più moderati dei due schieramenti, in un incontro che, a pensarci, era già stato introdotto dalle reciproche descrizioni piene di ammirazione e rispetto che avevano fatto uno dell'altro. Due weltanschauungen che sono radicalmente diverse -la guerra per la guerra, in opposizione alla guerra per la pace-, ma che si ergono su pilastri speculari che permettono di costruire un rapporto di stima e riconoscimento per il nemico.
E insomma. Giusto poco tempo fa si parlava di ship scaturite dal corso naturale della narrazione, no? Ecco, c'era quell'aria tesa e al contempo complice, che un bacio socialista per sancire la fine della trattativa ci stava, via. Così, di sfuggita. Ti confesso che se Branne fosse stato di Kjarr, li avrei visti bene assieme~ e invece qui si prospetta un finale terribile, perché un Cavaliere è legato al suo giuramento, e Irdan è caduta.
Io spero (di nuovo) fino all'ultimo che in qualche modo Branne e i suoi Cavalieri riusciranno a sopravvivere pur restando fedeli alla loro promessa, ma ho la sensazione che non ci fornirai una via d'uscita così facile. Hengrist non fa dono di battaglie facili, e tu non ci doni finali senza sacrifici. Ci hai già viziato con Kadya, e d'altra parte ho iniziato questa storia sapendo esattamente alla sofferenza a cui sarei andata incontro, per cui è meglio che mi prepari atarassicamente al peggio del peggio.

Giunta alla fine, comunque, stavo quasi per preoccuparmi. Siwald che per un intero capitolo non aveva fatto la cazzata? Nient'affatto, rientrate tutti nei ranghi. Ne stava solo pensando una abbastanza importante. L'ultima, temo, dato che il bastione adocchiato è lo stesso sul quale si sono arroccati gli estimatori di Suehiro Maruo.
E di nuovo appare così appropriato il paragone tra Siwald e il fuoco; dove, di fronte a un ostacolo, l'acqua si conforma alle necessità e pian piano si scava una nuova via, il fuoco non vede altra soluzione che proseguire e bruciare più intensamente finché non ha consumato tutte le sue possibilità. Siwald non considera altre soluzioni, di fronte a quelle disponibili; non prende neanche in considerazione, come invece gli viene suggerito, che proprio questa sua fervida esuberanza di mettersi in mostra è stata la causa dei suoi guai. Per riprendere la domanda di Gabheld, cosa vuole /veramente Siwald?
Vuole dimostrarsi degno di Ehrenold, è vero, ma al contempo quella preoccupazione che stia dormendo sonni pessimi, angariato dall'assedio, denota che quello di Siwald non è solo egocentrismo. La bravata non la fa soltanto per lui, ma per aiutare l'uomo che ama: non per impressionarlo, ma per il disperato tentativo di dimostrargli di essere degno, che non si è sbagliato a sceglierlo, e che non è solo una delusione.
Ovviamente non credo affatto che Ehrenold pensi sul serio queste cose, anzi. Rendiamoci conto della situazione paradossale: questi due stanno a rimuginare su quanto siano stati una delusione uno per l'altro, di come si siano falliti a vicenda, quando in realtà è palese che si vogliano un bene dell'anima e avrebbero solo bisogno di stare uno accanto all'altro.
Un fraintendimento così grosso, che forse sarebbe stato così facile appianare se solo Ehrenold avesse parlato a Siwald su un piano anche più personale, e non solo come mentore e generale. Messo di fronte a dover scegliere tra amore e dovere, ha cercato di intraprendere la strada migliore per entrambi, malgrado fosse la più difficile; ma ci sono sentimenti che Ehrenold può provare a esprimere con un Rowden, e ci sono frangenti in cui non c'è spazio per altre persone.
Siamo di fronte a tutto il nervoso rigore di un Sovrintendente al suo primo, importantissimo incarico, teso come solo chi riceve una missione così importante può essere, che si sforza di reprimere ogni suo lato umano per eseguire l'ordine al meglio delle sue capacità; e un testardo ribelle ancora immaturo che è pieno di potenzialità, e deciso a tutto pur di mettere in pratica ciò che gli dettano d'impulso il suo cuore e il suo stomaco.
Ma di nuovo, Siwald è così. Oh: sarà esasperante, sarà di coccio, e ti farà prudere le mani -ma se non l'hanno svegliato cento frustate, di certo un ceffone non sarà d'ausilio-, però io mi ci sono affezionata nel giro di quattro capitoli. Da un lato è diverso da chi mi sarei aspettata di conoscere, dall'altro ha quella smania nervosa sottopelle, quella carica propria della giovinezza eroica, che te lo fa benvolere.
E poi insomma, osservarlo attraverso gli occhi di Ehrenold sarà di parte, ma aiuta molto.

Ormai siamo agli sgoccioli: voglio affrontare gli ultimi due capitoli, sapendo quel che accadrà? No ;u; Ma devo trovare la motivazione, o sennò Hengrist scende a prendere a calci nel culo pure me. Come al solito, tanti complimenti a te che ci fai dono di capitoli che raccontano molto di più della storia narrata tra le righe, e che sono sempre ottimi spunti per tante riflessioni. Alla prossima!

Recensore Junior
12/05/23, ore 03:41
Cap. 3:

"Stammi a sentire, ho un'idea. Come ben sai, i nostri rispettivi generali sono due veterani di battaglia, messi a capo di un'intera armata. Ecco. Hai presente che ci hanno detto di /non fare una cosa? Bene: io e te siamo più giovani e inferiori di grado, però io dico che di certo sappiamo meglio di loro cosa è meglio fare"
"Sai una cosa? Hai ragione. So che abbiamo ricevuto ordini ben precisi, ma le nostre decisioni improvvise basate sull'emotività e sull'impulsività sono di gran lunga meglio congegnate della loro immane esperienza comprovata sul campo. Io dico di ignorare quel che ci hanno raccomandato di non fare, e di farlo lo stesso"
"Ma sì, 'fanculo. Cosa potrà mai andare male? Mica ci faremo massacrare mezzo battaglione a testa..."
Siwald e Jayrel - probabile conversazione all'alba dell'imboscata di Irdan, ricostruzione da cronache dell'epoca; Fashioned, O. (2019), EFP archives.

Ovviamente so che ci sono motivazioni ben più complesse dietro al comportamento di tutti e due, ma ci tornerò sopra più avanti. Mi aveva solo divertito ritrovare in entrambi gli schieramenti l'esuberanza caotica di due graduati che tanto più sono vicini ed affezionati ai loro generali, quanto più mandano i loro sforzi alle ortiche per dei colpi di testa.

Ma procediamo con ordine, carissimo, perché in questo capitolo mi hai messo fin da subito in una posizione assai difficile. Sai bene su quale Luogotenente di solito mi dilunghi in apprezzamenti, e invece a questo giro, a furor di popolo, Hithaigh ruba tutta la scena.
Non me ne voglia neanche Ehrenold, sempre poderoso quanto la prora della Bismarck, ma la massiccità di Hithaigh che dirige le macchine d'assedio è capace di aumentare il testosterone di chi legge senza che la scienza sia ancora riuscita a spiegarsi come. Poi vogliamo immaginare la scena nel suo insieme? Questo veterano coperto di tatuaggi e cicatrici che grida ordini nella lingua ferrea di Kjarr, gli enormi proiettili balistici che si infrangono contro le mura, il boato della pietra che esplode e crolla, il ruggito delle fiamme. In do diesis minore. Posso scrivere all'ufficio centrale di Herburg per chiedere di affiancare alla playlist anche questa sonata? La ritengo una pregevole aggiunta.
Insomma, sto imparando ad apprezzare sempre di più il nostro Luogotenente delle macchine d'assedio. Potrà non avere un carattere che lo mette in risalto rispetto ad altri personaggi ben più descritti, non ha particolari pregi che lo rendono il beniamino dei lettori, ma proprio qui sta il suo bello. Non si preoccupa di essere collaborativo, né di risaltare; sta nel suo, lavora a testa bassa come un toro, si incazza quando vuole incazzarsi, parla poco e solo quando deve, e fa tesoro dell'esperienza. E' uno dei pilastri dell'esercito che sai che è lì, e non si smuove. E non soltanto per la sua stazza che, ricordiamolo, è in grado di divellere porte e annessi armadi posti a fortificazione di esse.

E poi un altro piacevolissimo, seppur fugace, ritorno: Ekkonwen! Il nostro John di Lancaster, l'uomo su cui poter sempre contare per salvare la situazione agli ultimi istanti; anche se a questo giro, altro che carica di cavalleria inglese, stava per lasciarci la testa come un monarca francese. Per fortuna, il bello di leggere le trame a ritroso è che hai la sicurezza che certi personaggi non ci lasceranno la pelle: da contro, però, inizi a preoccuparti quando incontri dei nomi che poi non trovano più apparizioni in storie future.
Insomma, ormai anche Ekkonwen si sta facendo la sua nomea: lo si incontra quando la situazione è ormai disperata, e lui è lì per tentare di salvare il salvabile. Parlandone seriamente, mi chiedo se il tuo farlo apparire in questa scena sia stato solo un cameo, o se magari vada a suggerire una particolarità del suo carattere.
Probabilmente Ehrenold si rivolge a lui perché in quei frangenti è quello nella posizione migliore per eseguire gli ordini; ma dopo questa seconda apparizione, mi piace anche indulgere nell'immaginarlo come quello tra i Luogotenenti col sangue particolarmente freddo, capace di reagire con prontezza e riorganizzarsi anche in situazioni di emergenza. Non che gli altri non lo siano, altrimenti è ovvio che non ricoprirebbero la carica; ma lui lo è più degli altri. Giusto perché mi piace far combaciare i fili delle ipotesi, e se non tesso le lodi approfondite di qualche Luogotenente ad ogni recensione non la considero completa.
Sappi che a ritrovarlo qui, seppur di sfuggita nel frangente d'una riga, mi sono resa conto di quanto mi piacerebbe leggere di lui in altre storie; anche solo per conoscere un po' meglio questo Luogotenente che si è trovato più volte a gestire situazioni di estrema emergenza, come un'arma di ultima difesa che attende affidabile nel fodero.
... ogni riferimento al rewriting de "La Scelta" è puramente casuale, eh. Non guardarmi così.

E finalmente conosciamo anche Branne, il Gran Maestro dell'ordine di Keldar. Come ben sai ero curiosissima di vederlo in opera, e da estimatrice degli ordini monastici devo dire che la sua figura mi ha lasciato un'ottima prima impressione. Il Gran Maestro appare solenne e composto, eppure già così umano, ritto a soppesare la situazione dai bastioni malgrado le ferite gli stiano costando parecchio sangue; nel suo silenzioso contegno riprende la fierezza marziale di Kjarr, se non fosse che elabora il suo dolore per i caduti in maniera molto più personale e, in un certo senso, affettiva.
E qui subentra la sfumatura di una tematica a me cara, che è che la morte del guerriero, il culmine del sacrificio verso il dovere. C'è chi considera di più il dovere, e chi il sacrificio, e così anche in questo caso. Tralasciando morti particolarmente tragiche (sì, lui), la comparazione tra il Sovrintendente e il Gran Maestro sorge spontanea. Dove Ehrenold potrebbe verosimilmente vedere un giovane caduto in gloria a Hengrist per la causa del Regno, Branne rivede il ragazzino che aveva cresciuto sin da piccolo e a cui si era legato con benevolenza. La visione di entrambi onora il caduto, ma in modo diverso.
Il dolore di Branne trasuda dignità e decoro, ma è tale perché guarda ai suoi sottoposti con la protezione di un padre; laddove il lutto per Ehrenold lo immagino molto più distaccato dalle emozioni, e per certi versi brutale. Non ti dai il tempo di addolorarti neanche se lo volessi, perché così vanno le cose, e domani sarà un altro giorno di battaglia con altri morti. Se dovessi piangere tutti i tuoi fratelli caduti, finiresti per non sopravviverne neanche tu. A Kjarr non esistono famiglie.

Un'altra cosa, però, accomuna Branne ad Ehrenold: l'avere al proprio fianco giovani cavalieri smaniosi di fare quel che considerano giusto, in barba agli ordini o agli ammonimenti dei superiori. Ed è così che causano i peggiori disastri.
Da lettrice onnisciente non reputerei giusto colpevolizzarli: Siwald ha agito di testa sua per proteggere i feriti da atroci torture, così come in precedenza era entrato a Tarlya -anche- per porre una fine anticipata alla battaglia; Jayrel ha guidato la sortita per distruggere le macchine d'assedio e proteggere così la città e i suoi abitanti, spinto dalla pressione galvanizzata dei suoi uomini. Ognuno di loro ha agito spinto sì dalla cecità dell'inesperienza, soverchiato dagli eventi, ma per una motivazione che era intrinsecamente buona.
Peccato che per entrambi questo abbia sortito l'effetto opposto, ovvero il condannare molti dei loro camerati e protrarre l'assedio con cause terribili per tutti. Uno dei più duri insegnamenti della guerra è che non bisogna mai agire spinti dalla fretta o dall'impeto delle emozioni, perché il campo di battaglia non fa eccezioni per nessuno.
Né Branne, né Ehrenold si lasciano ingannare dai sentimenti. Il primo non si lascia tentare dal giubilio per una ritirata, ma piuttosto si ostina a tentare di leggerne le intenzioni. Il secondo sa che abbandonare a una morte orribile pochi dei suoi uomini può significare salvare la vita di tutti gli altri.
Ma lì dove l'esperienza di Branne leggeva un inganno che non riusciva a mettere a fuoco, Jayrel ha solo visto l'occasione per una scorciatoia e ci si è buttato. Lì dove i comandanti di Kjarr avrebbero condannato con stoico dolore qualche loro compagno pur di restare in posizione e proteggere tutti gli altri, Siwald ha agito con tutto il suo focoso senso di umanità e ha causato il tracollo della linea. Spinge quasi all'affetto vedere quanto in fondo ancora sia un ragazzino, col sangue bollente e degli istinti a cui fa fatica a resistere, che si tratti di non volersi più voltare verso Ehrenold -salvo cercarlo poco dopo-, al focalizzarsi sull'operazione per poi stravolgere tutto al primo impulso. La prima volta scommettere sul suo colpo di testa gli era andato a buon fine: questa volta, invece, diventa il disastro lituano a Grunwald.
Quel che doveva essere una rapida sortita diventa una carneficina, e adesso Ehrenold non può più lasciar correre. Di nuovo gli risparmia l'umiliazione della lavata di testa di fronte a tutti, ma una punizione è ora più che mai necessaria; non tanto a Siwald -talmente cocciuto che non ce lo vedo a imparare dal castigo, anzi, forse farebbe di tutto per dimostrare che niente lo ha scalfito-, quanto più ad Ehrenold stesso, per restare credibile agli occhi del suo esercito e mantenere il rispetto necessario per comandarlo.
Lo abbiamo già visto a Kadya: gli uomini di Kjarr non hanno problemi a obbedire a un generale che impone loro sacrifici e privazioni, ma nel momento in cui germina il sospetto che chi è al potere non stia agendo per il bene superiore dell'esercito, allora il malcontento dilaga a macchia d'olio. E insomma; un'armata di Kjarr è una delle ultime cose che vorresti ti si insubordinasse contro.

E sì. Aggiungiamo all'elenco di particolari che mi addolciscono (sono pochi, non temere), il fatto che quando deve dirigere importanti operazioni di battaglia Ehrenold rimanga immobile persino se dei massi da catapulta in fiamme gli passano a un soffio dal viso, come a Kadya... e l'unica volta che si muove, spezzando la sua rigidità di bastione umano, è per controllare se Siwald sia nervoso.
Scusa, mi stendo un attimo qui a soffrire e torno.

Comunque siamo al terzo capitolo, e Siwald ha già fatto due cazzate belle grosse. Non male come media. Per cortesia, qualcuno lo incateni al destriero di Rowden, così in battaglia sta dove deve stare.
Ma è fiero e testardo fino all'ultimo, e persino messo di fronte alla sua colpa non arretra di un passo; d'altronde, temo che nessuna punizione potrà mai scalfirlo davvero, tranne forse sentirsi respinto Ehrenold. La sua ammirazione per lui si mostra in ogni suo gesto, dall'intensità degli sguardi che gli rivolge, al bisogno di approvazione che lo spinge a cercarlo anche in piena battaglia. Il riflesso istintivo di controllare il sottopancia è una delle abitudini che ha colto da lui, ed è anche tra gli esempi più fulgidi di tutti: ogni giovane assume i comportamenti di chi stima, per cercare di riprodurli ed imprimerseli nel sangue.
È palese come Siwald straveda per Ehrenold, ma al contempo, proprio perché è ancora così inesperto, ha bisogno di prove. Smania per sentirsi dire da Ehrenold che ha fatto la cosa giusta, ma dal Sovrintendente riceve solo lavate di testa e punizioni che lo mandano sempre più in basso. E come dicevo, credo che la vera punizione per lui sia sentirsi sempre più biasimato dal suo mentore, come se ogni suo sforzo sortisse l'effetto contrario. Temo che Ehrenold ne sia conscio e possa sbilanciarsi in una finta anche qui, pur di fargliela capire, e ottenga invece di far esplodere una bomba in mano a entrambi.
Complice il finale che già conosco, ho il sospetto che questo tiro alla fune sia agli sgoccioli e la corda si stia per spezzare.

Mi consolo solo con l'immagine di Hithaigh che odia tutti perché le sue macchine d'assedio sono in pericolo per lo stratagemma di Ehrenold dell'imboscata.
Riesci a immaginarlo? Le. Sue. Macchine. D'assedio. Così, alla mercé del nemico, esposte come frutta fresca alla bancarella del Mercato d'Inverno. E fulmina Rowden con lo sguardo perché quel ragazzetto che ancora puzza di promozione osa anche aprire bocca, ma non potevano lasciarci i suoi cavalli a fare da esca, noo. Quella specie di fantini da dressage, e poi chi li sente se qualcuno gli ferisce le bestie? No, le loro amate bestie, Hengrist gliene scampi. Lasciamoci piuttosto le sue costose, difficili da riparare, impossibili da far sostituire velocemente tramite i rifornimenti, macchine d'assedio. D'altronde si sa che per assediare una città fortificata un trabucco è meno importante di un cavallo, vero? Tks.
Dimmi tu come si può lavorare in queste condizioni inique.
Con questa retrospettiva sorge quasi il sospetto che dietro al tentato spezzatinamento di Iasay si nascondessero in realtà certi malumori personali e reconditi... ma in effetti ad un uomo non puoi toccare gli affetti privati, bisogna capirlo.

Come al solito, un capitolo meraviglioso e pieno, con personaggi a cui s'impara ormai a dare del tu, ed altri che fanno il loro ingresso per aggiungere ulteriore spessore e colore alla trama. E adesso chi ci dura un'intera settimana?
A presto! ^^

Recensore Junior
04/05/23, ore 04:02
Cap. 2:

Finalmente riesco a rimettere mano ai capitoli, e quale accoglienza! Ci troviamo dinanzi alla visione celestiale di Kjarr attorno alla mappa bellica gigante, a pianificare la visione del Mittel-Amlinntall. Pregiata opera d'arte per intenditori. Già solo immaginare questo austero consiglio di guerra, di neri mantelli e braccia conserte attorno al tavolo di governo, ripaga di tutta l'attesa di questi giorni.
Ritroviamo il nostro Hithaigh, che da bravo veterano ruvido è il primo a fare rapporto; e del resto, chi oserebbe mai rubargli la precedenza di parola? Conoscendo la mitezza del Luogotenente, l'impudente oratore finirebbe defenestrato giù nella piazza di Tarlya senza neanche il bisogno di aprire le imposte.
Tra le voci appare anche Threwe, che da snitch infame quale è (qui si perdona, ma non si dimentica), ci ricorda ancora una volta di come il punto debole degli integerrimi soldati di Kjarr siano i bei ragazzi. E mi viene un sorriso, perché le Nere Armate possono resistere a tutto, obbedire a ogni restrizione, eseguire qualsiasi austerità marziale che imponga loro astensione e morigeratezza... ma basta che un giovane avvenente di qualche città conquistata gli ammicchi da un angolo della taverna, che qualcuno ci casca sempre. E vabbé. Sono belli anche per questo, non sono impostati per pensare al sotterfugio da bassifondi: un uomo di Kjarr vede e agisce in linea diretta, mica è colpa sua se il nemico è subdolo. Ogni trasgressione è comunque punita con delle conseguenze per l'intero reparto, per sottolineare come non esista individualità in queste cose, ma una responsabilità condivisa dove l'errore del singolo pesa su tutti; anche se da soldato di Kjarr personalmente mi arrabbierei a bestia, se dovessi beccarmi una simile punizione per colpa di un mio commilitone. Non solo pensa di fare il furbo alla faccia di tutti i suoi compagni che di certo hanno le sue stesse voglie, ma si attengono alle regole, ma quei poveracci ci devono pure prendere sotto per colpa sua? Altro che pugnale nella schiena, questa è roba da pestaggio collettivo e in piena luce solare. Immagino che il disprezzo dei compagni sia la parte peggiore del castigo.

Mi chiedo anche a cosa potessero essere dovuti i mormorii non appena comunicata la promozione di Rhian a luogotenente; dopotutto sappiamo bene (e dovrebbero saperlo anche a Kjarr) come lavora Ehrenold, che segue metodicamente la scala delle gerarchie e dei meriti. Erano i malumori di chi si aspettava la nomina di qualcun altro più gradito, o lo stupore che non avesse nominato Siwald, seppur avesse il grado di capitano anche lui? O forse si aspettavano che la città andasse a un Luogotenente già in carica, anche se non avrebbe avuto senso privarsi di un guerriero d'alto grado durante una guerra di conquista solo per fargli gestire una città scarsamente problematica.
O magari stanno solo valutando l'operato di un Sovrintendente fresco di promozione, e io sto leggendo venti significati dove ce n'è uno semplicissimo. Non mi stupirei xD
Lungi da me supporre di aver capito il carattere di Ehrenold, ma posso dire che sotto alle tante sfumature della sua personalità, intrecciata capitolo dopo capitolo, uno dei suoi lati migliori è che su certe cose sai che è metodico, inamovibile e prevedibile. Non ha colpi di testa o sbalzi d'umore, per lo meno non in questi frangenti, né motivazioni segrete o secondi fini. Per quanto riguarda le decisioni belliche, sai sempre che prenderà a testa bassa la strada più pratica, efficiente e di maggior resa, finché l'obiettivo non sarà raggiunto nella maniera più funzionale possibile.
D'altra parte, però, abbiamo anche modo di vedere il suo lato umano alle prese con decisioni -per l'appunto- molto più umane.
Di nuovo trapela l'indomabilità di Siwald, a cui Ehrenold sembra non voler davvero mettere un freno. Rowden prova a suggerirlo, ma il Sovrintendente pare liquidare la questione, probabilmente combattuto tra il suo ruolo di mentore e quello di compagno. Costringere Siwald a viva forza tra i ranghi dell'esercito, spezzare il suo entusiasmo indomito, vorrebbe dire renderlo finalmente un ingranaggio ben inserito nel meccanismo perfetto di Kjarr; ma d'altro lato snaturarlo in questo modo, troppo velocemente e senza che davvero capisca, andrebbe poi a spegnere la fiamma di cui arde il suo spirito, e tramuterebbe il giovane di cui si è innamorato Ehrenold in una grigia pedina. E chi vorrebbe mai fare questo alla persona che ama? (ebbene sì, non odiarmi per la scelta lessicale. Giuro che lo intendo nella maniera più austera possibile... ma lo giuro a debita distanza di sicurezza, non si sa mai)

Poi non è che una sfumatura del discorso, ma non si può ignorare il fatto che, guardandolo, Ehrenold non si soffermi sulla bellezza di Siwald; è proprio un canone a cui non si è mai interessato riguardo a nessuno, tanto che neanche lui saprebbe dire se lo reputa bello oppure no. Ad attrarlo è ben altro: non il piacere del fisico, né la giovinezza del ragazzo, ma un rapporto assai più personale, che lega anima e sangue, e che giorno dopo giorno è consolidato dagli insegnamenti di uno e dai miglioramenti dell'altro. Agli occhi di Ehrenold l'immagine di Siwald che rimane impressa è la forza e la virilità indomita che incarna, il sorriso fiero di un guerriero in pieno sole su uno stallone ancora fumante per il galoppo. Penso sia questo uno dei punti che più amo della tua narrazione; un romanticismo che ha ben poco della sua accezione tradizionale, ma che si basa invece su sentimenti orgogliosi, maschili, quasi feroci.
Poi noi dal bordopagina sappiamo che Siwald è bello eccome, ma insomma, non roviniamo la poesia del momento con grette considerazioni materiali.

Ma i bei momenti non possono durare per tutto il capitolo, ed ecco che arriviamo a una scoperta terrificante: gli S'kimser e la loro preda.
Di fronte a quello spettacolo agghiacciante, non possono che venirmi i sudori freddi. Non ho troppi problemi nel vedere corpi ridotti in pessime condizioni, ma è la consapevolezza della sofferenza che davvero mi urta; e queste visioni da Midsommar sono onestamente orribili. Persino Siwald e gli altri uomini di Kjarr, ben più abituati a certe scene (avevo scritto "cene", e sarebbe stato un typo terrificante nel contesto), fanno fatica a reggere uno spettacolo tanto atroce. Sono abituati alla morte, ad infliggerla e ad accoglierla, ma si parla di una morte per armi sul campo di battaglia: possibilmente rapida, violenta e gloriosa. Non di certo questo orrore.
Ancora più inquietante del rituale stesso -no, okay, a ben pensarci il rituale è peggio-, è il fatto che questa specie di sciamani selvaggi non siano poi così tanto selvaggi; dimostrano infatti di conoscere le usanze dei popoli con cui vengono in contatto, e questo è un problema, perché vuol dire che sanno già con chi hanno a che fare, e presumibilmente come arrangiarsi per affrontarlo. La speranza che sottovalutino i soldati di Kjarr, come fanno più o meno tutti i comandanti e aristocratici prima di venire obliterati dalle Nere Armate, è quindi verosimilmente vana. Prevedo che questi psicopatici saranno un'orrida spina nel fianco per l'esercito del Regno. Dobbiamo ancora vedere com'è il loro approccio al combattimento al di fuori di questa imboscata accidentale, ma una cosa è certa: ora più che mai, è imperativo non arrivare vivi tra le loro mani.
Per chi sa già cosa accade più avanti, il nesso sorge spontaneo. E io soffro già. Inizio già a rimpiangere i miei sospetti per i cavalieri di Keldar, dimmi che sto solo prendendo un granchio colossale...

Restando in argomento, sono curiosissima di vedere le dinamiche tra i Cavalieri di Keldar e gli S'kimser, perché fatico a concepire come due fazioni così distanti tra loro potranno trovare un compromesso sul campo di battaglia. Anni fa, al tavolo di gioco di Dungeons & Dragons, un compagno di party aveva creato il seguace di una dea simile a Sikkar, Loviatar; un torturatore sadomasochista con annessi rituali aberranti. Io dal mio canto muovevo il mio classico comfort pg, un paladino teutonico intransigente e perennemente preso male. Inutile dire che il quieto vivere del gruppo sia durato ben poco.
Spero che anche dentro Irdan quest'alleanza forzata tra entità così diverse provocherà grossi problemi, così magari si aizzeranno l'uno contro l'altro. Gli S'kimser sembrano schegge impazzite che badano solo al loro tornaconto, quindi immagino che abbiano poco interesse su chi militi nella loro stessa fazione; ma quanto sarà alto il codice d'onore dei Cavalieri di Keldar per permettere loro di scendere in guerra accanto ad alleati così abominevoli? Ho un grosso debole per i paladini, intesi proprio come archetipo di personaggio costruito su ideali e fortitudine, e sto tenendo incrociate le dita nella speranza che anche l'ordine di Keldar si rispecchi nella categoria; la bellezza del Credo messo alla prova è pura poesia.
(postilla preventiva, come nella recensione precedente: se poi si rivelano dei cialtroni buoni solo a menar di spada, lo sputo virtuale resta invariato. Devo ancora riprendermi dalla fiducia tradita che avevo donato a Threwe, è per questo che ora sono così aggressivamente sul chi vive)

Mi segno anche il nome del gran maestro Branne; so che non lasci niente al caso, e quindi se Rowden ha preso il suo tempo per introdurlo con tale minuzia di dettagli, allora probabilmente avrà la sua dose d'importanza nell'immediato futuro. Ora, non sono una che si fa influenzare troppo dai pareri esterni, ma devo dire che il cordiale rispetto del Feldmaresciallo è sempre un'ottima lettera di presentazione. Okay, è vero che Rowden ha una parola buona per molti e concede il beneficio del dubbio anche ai casi disperati, /però con la sua empatia ha più volte dimostrato di riuscire a capire le persone un po' più a fondo rispetto al resto degli uomini di Kjarr. Oh, bisognerà che prima o poi gli si trovi un difetto a quest'uomo, inizio quasi a vergognarmi di tesserne le lodi a ogni pie' sospinto.

Come al solito, i miei complimenti per un capitolo importante e pieno di quella cura e passione nella narrazione che ti fanno davvero immergere nella storia.
Questo è stato un capitolo sì di passaggio, ma fondamentale per i prossimi a venire. Ha dispiegato le pedine sulla scacchiera, ha gettato le ombre di grossi pericoli, e ha delineato a pennellate sempre più nitide gli approfondimenti personali e interpersonali dei nostri amati -insomma, chi più, chi meno- soldati del Regno. E infine, l'assedio ha inizio. Sono davvero curiosa di scoprire il vero volto di chi li attende dietro i bastioni di Irdan la Fiera, e di vedere come si aggiusteranno o complicheranno le cose tra Ehrenold e Siwald.
Tra l'altro ogni volta sono molto tentata di indulgere in paragoni tra Siwald e Iasay, ma a parte le prime considerazioni, ho scelto di non farne altre. Mi sembrerebbe inutile mettere a confronto due persone che, alla fine dei conti, sono distanti anni luce una dall'altra, e che non hanno bisogno di comparazioni.
Poi Siwald ha un carattere così irruento che reclama tutte le attenzioni per sé, e non potrebbe essere altrimenti. In questa storia, è lui quello accanto ad Ehrenold: è il suo ruolo, il suo posto, e sono certa che non sia disposto a cedere una spanna di terreno a nessuno, neanche in una riflessione laterale. Iasay rimane quindi un personaggio del futuro, per le storie del futuro in cui vorrai di nuovo farlo apparire.
Nella speranza che siano tante.

Recensore Junior
19/04/23, ore 23:55
Cap. 1:

E finalmente, rieccoci qui. Non vedevo l'ora~
Sì, come hai visto sto seguendo una linea temporale sfasata, ma per un motivo ben preciso: voglio affrontare subito quell'avvenimento, che mi ha amareggiato dall'ultimo terzo della Scelta, così poi me lo tolgo dai pensieri e posso leggermi le due storie restanti senza la prospettiva di saperlo lì incombente all'orizzonte. A questo punto credo che farò tutto il percorso cronologico a ritroso, così avrò anche il piacere di vedere i nostri guerrieri preferiti sempre più giovani e inesperti.
Stavolta però i capitoli sono pochi, quindi me li centellino. Detto questo, cominciamo!-

-e torniamo a Kadya.
... 
Okay, non ero pronta. Questi sono throwback a tradimento. Ero già tutta emozionata per capitombolare in mezzo a un assedio di chissà quale città straniera, o in un campo di battaglia disperso ai confini del Regno... e invece, proprio come nei film psichedelici dove il protagonista s'illude di aver trovato la via d'uscita dal labirinto, mi sono ritrovata al punto di partenza. Stavolta, però, ammiriamo una Kadya mai vista, al culmine del suo splendore, quando ancora Kjarr non era che un nome lontano dal cuore e dalla mente dei suoi indolenti abitanti.
Kadya è generosa come ricordavamo, e in quanto opulento crocevia di splendori ci offre sempre le sue ricchezze. Scopriamo il suo mercato d'inverno, un magnifico telaio dove le arti più raffinate danno bella mostra di sé sulla cornice delle Mille Fontane. Conoscendo il loro triste fato, come non indugiare in questi scorci profumati e farsi prendere un po' dalla nostalgia? Ritroviamo tra i nomi familiari il cuoio di Deres (heh), dei finimenti che solo il Duca Jenevin potrebbe permettersi (heh), un giovane nobile che simbolicamente preferisce l'oro al ferro, in una predizione inconsapevole del proprio destino. Da qualche parte, probabilmente, l'ignaro Iasay sta degustando i vini da scegliere per il banchetto del suo matrimonio, con la bella Alayna raggiante aggrappata al suo braccio.
La vita scorre serena e ricca, finché una crepa non incrina quel magnifico dipinto.
Un bardo avanza, presagio nero e cupo come uno stendardo del Regno, e la sua voce macchia la gioia del mercato con tinte fosche. Kjarr ha issato i vessilli di guerra, e le sue armate scendono dal Nord: l'ultimo bastione, la celebre ed inespugnabile Irdan, ha capitolato. Non è una triste leggenda, purtroppo, ma il futuro che attende ognuno di loro; e, piccola digressione, questo vaticino inquietante, unito alle pergamene inchiostrate dei cantori ambulanti, mi ha fatto tornare alla memoria i kamishibai dei racconti dell'orrore.
Conosciamo anche il nome dei cavalieri di Keldar, che almeno dai racconti dei popolani, paiono un ordine talmente potente da poter tener testa alle Nere Armate; e dunque ci auguriamo che la loro nomea sia ben meritata, e che Hengrist benedica i suoi soldati con ardue battaglie degne di questo nome. (oh, lo anticipo qua: bel nome e belle aspettative, ma se sono quelli che causano /quella cosa, faccio dietrofront, modifico tutto e ci sputo virtualmente sopra. Zero imparzialità su questo)
Ma la guerra non è che un'ombra che aleggia vacua, che i cittadini di Kadya scacciano infastiditi dai propri pensieri. Il portatore di cattive notizie viene osteggiato, perché annuncia problemi che non vogliono affrontare. Come si permette, quel bardo, di minare la serenità della festività imminente? E' solo una voce solitaria, contro le tante che invece sostengono il contrario; e chi glielo fa fare alla gente di ascoltare una verità scomoda tra mille bugie confortevoli?
Una volta ancora, la meravigliosa Kadya sceglie di seguire la propria comodità.
E io, per la terza volta, ribadisco: heh.

Ci spostiamo ancora a ritroso nel tempo e nello spazio, e finalmente incontriamo i nostri.
E ora sì che si ragiona, nel bel mezzo di un terribile assedio sanguinoso. Guerra a svangate, morte, sangue e incendi, inesistente diplomazia à la prussiana, espressioni perennemente incazzate e, come se non bastasse, piove pure a catinelle: ma quanto mi era mancato l'esercito di Kjarr?! ♥
Ritroviamo Ehrenold, sempre enorme sul suo destriero da guerra, mastio della sua armata, che dirige la battaglia con sguardo severo. Vorrei dire che è lì dove dovrebbe essere, ma non posso fare a meno di immaginarlo bruciante di voglia di scendere in battaglia anche lui, piuttosto che starsene sull'altura costretto ad avere il quadro generale sotto controllo. Questa volta se non altro è dal lato dell'assediante, e quindi almeno in questa battaglia godiamo di un respiro un po' più ampio rispetto alle condizioni ansiogene di La Scelta. È pur sempre vero che non importa da che lato delle mura tu sia: se stai assediando Kjarr, non è Kjarr ad essere in trappola con te, è il contrario (semicit.); le mura di Kadya in realtà servivano per proteggere Deres dalle Nere Armate al loro interno, e questa era la consapevolezza non detta di entrambi gli eserciti.

Ed ecco sopraggiungere al fianco di Ehrenold la spina dorsale che sorregge Kjarr intero, la voce della coscienza di Sovrintendenti granitici e poco socievoli: il peluche generalfeldmarschall Rowden, che, ci teniamo a ricordarlo anche agli ultimi arrivati, è ancora Luogotenente solo perché è d'animo troppo umile per rivelare il proprio vero grado.
Oh, sono felice di ritrovarlo anche qui. Rowden non si smentisce mai, e come al solito si cala subito nel ruolo di colui che mantiene oliati gli ingranaggi dell'enorme macchina della guerra di Kjarr. Non solo gestisce l'intera cavalleria, ma -niente di nuovo sul fronte occidentale-, deve pure correre dietro agli amanti di Ehrenold ad acciuffarli per la collottola dalle situazioni ad alto rischio in cui si lanciano. Luogotenente, feldmaresciallo e badante moldava: anche in questa storia, le otto ore di sonno sindacalizzate dal Regno ce le sogniamo alla prossima.

Ma parliamo del vero mvp di questo capitolo, perché è inutile girarci attorno: è solo per lui che sono qui, e non all'inizio del Dolore più Grande. Non vedevo l'ora di conoscerlo, e beh- si è voluto far conoscere fin da subito eccome.
Siwald è entrato come un tornado, ha creato un enorme casino, ha vinto, ha rifiutato di elaborare la cosa e in cima a tutto si è pure scazzato. Perché se l'è presa a male? Oh beh, perché non ha ragione, e molto probabilmente *sa* di non aver ragione, ma col cazzo, vuole avere ragione lo stesso.
Non me lo aspettavo così tanto /così, e se non fosse per certi avvenimenti sarei già qui a ridacchiare. Ehrenold deve ammettere di nutrire una peculiare predilezione per i casi estremi, andiamo: inizio a pensare che si scelga certi amanti perché in fondo gli piaccia complicarsi la vita. Si vede che tenere sempre la fronte corrugata avrà un effetto terapeutico su di lui, magari lo aiuta a concentrarsi nei piani di battaglia.
Ma che stacco, ammirarli assieme. Sarà che sono abituata a vedergli accanto Iasay, che per quasi tutta la storia è stato un pulcino bagnato, tutto spaventato e picio, che stava in silenzio ed ascoltava... Siwald è l'esatto contrario. Se con Iasay Ehrenold doveva sudare a tirargli fuori un grammo di combattività, Siwald va mandato in battaglia con guinzaglio, museruola, e guanto antimorso. Che testa calda.

Togliendo questi momenti di leggerezza, Siwald non si meritava solo lo schiaffo morale a fine capitolo; se ne meritava anche uno letterale, e bello grosso. Perché seppur non traspaia a parole, si sente tutto il cuore pesante di Ehrenold nel rimproverarlo, nel non potergli dire quanto sia stato fiero di lui, prima che facesse la cazzata dell'outstretch in città. E non glielo dice non perché sia uno stronzo, ma perché vuole che impari; nell'ottica del mentore inflessibile che è, impartire a Siwald una lezione è molto più importante che renderlo felice sul momento. A suo modo glielo dice anche, tra le righe, che è orgoglioso della sua capacità di combattimento; ma al contempo è il Sovrintendente, e non può lasciar correre su errori così gravi. Sarebbe un torto alla crescita di Siwald, ma soprattutto anche a tutto il resto dell'esercito: non puoi addolcire la colpa solo perché a macchiarsene è il tuo amato, anzi, è proprio questo il vincolo che obbliga Ehrenold ad andarci giù ancora più pesante. E vediamo ancora una volta quanto le relazioni tra i soldati di Kjarr vadano oltre il semplice rapporto fisico, e siano un sodalizio dove le gesta di uno sono legate a doppio nodo a quelle dell'altro, dove si condivide l'onore, il merito e il coraggio, ma anche il disonore.

Lo vediamo anche dal fatto che la prima persona con cui Ehrenold va giù pesante è se stesso. Abbiamo modo di osservarlo nella scena con Rowden, dove non esita ad addossarsi la responsabilità di quel che è successo, e a domandarsi quali sue lacune abbiano portato alla bravata di Siwald. Non so come funzioni il mentoraggio a Kjarr, se sia una scelta che parte dal mentore, o di comune accordo, o se ci sia un sistema di assegnazione: ma qui mi pare di capire che prendere Siwald come allievo sia stato un volere di Ehrenold, e proprio per questo ora ha un principio di senso di colpa. Per come ho inteso che funzioni a Kjarr, e ancor di più per come Ehrenold ha a cuore queste cose, prendersi un giovane col rischio di rovinarlo sarebbe un errore imperdonabile.
Potrebbe levarsi il problema, potrebbe alzare le mani e rifilarlo ai ranghi semplici senza alcuna responsabilità di comando, ma rinunciare a farlo crescere in tutto il suo potenziale sarebbe un tradimento verso la fiducia del suo amante. E poi ormai lo sappiamo che Ehrenold su queste cose è un po' così: va di istinto, anche a costo di zittire la voce più razionale, perché è umano anche lui e ha i suoi punti deboli; e a quanto pare, fare da maestro a giovani ragazzi testardi è il suo.

Ma Siwald appunto è giovane e col fuoco nelle vene, e beccarsi una sgridata quando la sua idea si è rivelata vincente gli sembra ingiusto. Soprattutto se viene proprio dall'uomo per il quale ha rischiato quell'improvvisata. Il suo orgoglio non ci sta, e reagisce come il ragazzino che è: prima tenta di buttarla sulla colpevolizzazione personale, con quel mezzo broncio da "quindi per te sono solo un capitano come un altro", ben sapendo che non è così, ma che Ehrenold non può permettersi di pensarlo come a una persona a sé stante dal resto dell'esercito. Poi, messo con le spalle al muro dalla razionalità di Ehrenold, si chiude nella caparbietà e difende la propria uscita fino alla fine.
E quanto sono belli. Persino in questo momento di tensione, si vede quanto questi due si vogliano bene. Tutta la frustrazione che provano deriva dalla delusione per l'immenso impegno che hanno dedicato all'altro, e che non sentono riconosciuto come tale. Ehrenold vuole far crescere Siwald, perché è rendendolo un comandante degno di questo nome che gli dimostrerebbe tutto il suo amore, ma manca di vedere come Siwald sia ancora un ragazzino che ha bisogno anche di prove tangibili del suo orgoglio. Più che l'ennesimo insegnamento, magari riconoscergli un merito sarebbe bastato a calmarlo abbastanza da renderlo più recettivo al monito.
E Siwald è talmente smanioso di dimostrare a Ehrenold quanto profondamente lo ammiri ed abbia imparato da lui, da non capire che Ehrenold già ne ha la dimostrazione. Forse, anche il fatto di essere un semplice capitano inesperto di fianco al Sovrintendente più giovane e promettente di Kjarr gioca un certo fattore di pressione, come se Siwald si sentisse in dovere di dimostrarsi (di dimostrargli) di essere degno di essere il suo amante.
A scanso di equivoci: Ehrenold ha ovviamente ragione. Non esiste né in cielo né in terra che una testa calda metta a repentaglio un intero reparto solo per fare il fenomeno, per quanto encomiabili siano le sue intenzioni; al di là di Ehrenold, penso che a qualsiasi comandante degno di questo nome gli si sarebbe chiusa la vena.
Ma è difficile capire quando dietro un rimprovero si cela l'amore di chi lo infligge, e ovviamente la proverbiale diplomazia del Sovrintendente nello spiegare le cose non facilita il compito.
Comunque, sorrido. Un uomo di Kjarr usa tre parole quando un altro ne userebbe trenta, ma poi si lancia in giri panoramici tipo "Sei il compagno che ho scelto per la vita" per non dire *quelle* due parole così corte e così emotive. Ogni linguaggio ha le sue eccezioni, dopotutto.

Ma drammi personali o no, l'invasione di Kjarr prosegue. Tarlya è caduta, i nobili arresi hanno disgustato Ehrenold -e ancora, nulla di nuovo neanche qui-, e Irdan la Fiera è sempre più vicina all'orizzonte.
Stupendo poi l'urlo di battaglia di Siwald, che presumo essere uno di quelli di Kjarr, che si rifà alle nove virtù pagane. E no, non sono per nulla soft al pensiero che una di queste si traduca con Ehre, né ad immaginare Siwald gridarla in pieno clamore della battaglia.

Ora mi resta un solo interrogativo: come faccio a impormi di non divorare subito il prossimo capitolo? Invoco un briciolo dell'inamovibilità morale di Ehrenold per resistere alla tentazione.
Oh, quanto mi era mancato parlare di Kjarr. ^^

Recensore Master
16/04/21, ore 22:07
Cap. 6:

"Alzò lentamente il braccio destro. Gli anelli della cotta di maglia tinnirono lievi, il vento gli fremette fra le dita. Sfuggito alla coltre di nubi, un raggio trasse un fugace barbaglio dall’acciaio": si tratta del momento che precede l'inizio della distruzione totale di Irdan, e questo momento di sospensione è reso con queste parole che letteralmente lasciano il lettore con il fiato sospeso, proprio come se si trovasse lì, col cuore in gola su quel campo di battaglia. La lentezza del gesto, il trascorrere silenzioso del vento, il fugace raggio di sole: tutto suggerisce l'idea della sospensione, come se ci trovassimo sull'orlo di un precipizio, davvero al punto del non ritorno. Chi legge lo percepisce distintamente e trattiene il fiato.
Il resto è tutto un susseguirsi di eventi che si incalzano in un susseguirsi di impressioni: c'è innanzi tutto l'unico sprazzo di decoro, la fine dei Cavalieri Teutonici, cioè no, volevo dire dei Cavalieri di Keldar. Bella quell'osservazione sul più giovane e il più anziano che si dispongono a combattere: sembra quasi di seguire lo sguardo di una cinepresa che indugia sui loro volti. Poi, di grande impatto, il susseguirsi di scene che descrivono la distruzione della città, con le vie in fiamme e le macerie ovunque. Il governatore - che nella scena della colazione assomiglia un po' al Nerone dei film - fa la sua brutta fine e non merita, da parte di Ehrenold, neppure uno sguardo. Mentre lo S'kimser che commenta "Bello!" mentre trascina il suo bottino mi ha strappato un involontario sorriso. Che dire, al termine di una storia come questa? Che avrei voluto durasse ancora. E che spero che in quelle pire ci siamo anche i corpi degli eroici cavalieri... e che non solo i cani e i cavalli, ma anche i gatti della città siano stati risparmiati!
Grande Old, grandissimo pezzo di bravura e adesso "bello!" lo dico io, tutto gigioneggiante, perché ho fatto un bel bottino di perfetta scrittura.

Recensore Master
16/04/21, ore 19:11
Cap. 5:

Ciao, Old. Anni fa - ormai ne sono passati un po' - durante una lezione del corso di infermieristica, la prof ci spiegò tutta la catena di reazioni che dallo zucchero porta al piruvato e quindi alla formazione e immagazzinamento di energia. Alla fine della lezione e di quella serie allucinante di passaggi, un mio compagno di corso fa: "avete visto che brutta fine fa il piruvato?"
Non c'entra niente, ma l'aneddoto mi è venuto in mente pensando alla brutta, orrida, raccapricciante fine che fa Siwald, roba che solo a vedere il tizio con i denti limati io sarei morto subito d'infarto e buonanotte suonatori. In altri tempi, quelli belli spensierati dell'ultima infanzia quando divoravo libri senza tregua né criterio impattando spesso in qualche particolare impressionante, una scena come quella dei mercenari S'kimser non mi avrebbe fatto dormire per saecula saeculorum e per le prossime trecento vite a seguire. Leggerla adesso non mi impedisce di dormire ma da sveglio mi fa cacare sotto tel quel, perché davvero la descrizione della sortita notturna di Siwald, il suo arrampicarsi in scalata su per i bastioni e tutte le emozioni e i movimenti che seguono sono così vividi che sembra davvero di viverli in prima persona, anzi senza il "sembra". Il lettore è lì sugli spalti, e vede prima quel tremendo tavolo, poi si nasconde dell'ombra, poi viene sorpreso dall'orda, e il resto si tenta solo di immaginarlo ma è come sentirselo addosso, duro. E questa - lo dico a costo di ripetermi - è vera narrativa, quella che ti fa venire la pelle d'oca alta un metro.
Una curiosità: come ti sono venuti in mente gli S'kimser, che cosa ti ha ispirato a creare una follia del genere?
Complimenti come sempre. Questa me la ricorderò per un pezzo, direi che Dario Argento ti spiccia casa. A presto!

Recensore Master
15/04/21, ore 22:50
Cap. 4:

Bene, altro capitolo molto intenso che avvolge letteralmente il lettore trasportandolo da uno scenario all'altro, senza sosta. Facciamo conoscenza con Branne di Sengilyen dei Cavalieri di Keldar, che condivide i principi e gli ideali cavallereschi che sono il pane quotidiano delle truppe di Kjarr. Purtroppo per Irdan e per i suoi cittadini, facciamo anche la conoscenza del governatore Litas, e purtroppo per tutti c'è anche da prendere atto del fatto che il capoccia dei mercenari è, a modo suo, persino in grado di ragionare. Accidenti, proprio un vero devoto...
Tanti scenari, dicevo, e anche tanti insegnamenti a partire dal rapporto tra pari tra Branne e Rowden, nemici uniti da una reciproca stima, e dai consigli ricchi di sapiente intelligenza di Gabheld: consigli peraltro buttati al vento perché il capitolo termina con Siwald che medita di fare l'ennesima alzata di testa, quella - presumo - definitiva e finale. Perché sopra al bastione a cuneo si anniderà il fior fiore di quegli irsuti mangiatori di bambini...
Capitolo mitico, complimenti. Un'altra grande lezione di scrittura.

Recensore Junior
02/04/21, ore 00:14
Cap. 6:

Buonasera (più che altro buonanotte...) 
Spero di essere coincisa ma non garantisco nulla: ho trovato questa minilong nel mio girovagare alla ricerca di storie fantasy, mi ha attirato per l'ambientazione e, vedendo che si poteva leggere senza aver letto le altre parti della serie, l'ho iniziata. Non mi aspettavo però che me la sarei bevuta in un giorno! Sicuramente andrò a leggere qualcos'altro del sovrintendente Ehrenold. Mi ispira molto, manco a dirlo, "Cavallo selvaggio" (non perché c'è Siwald, no, facciamo finta di no).
Parto col dire che ho davvero apprezzato tutte le tue scene di battaglie, la precisione nel descrivere anche le parti più caotiche: come lettore non hai mai la sensazione di perderti un passaggio, è sempre tutto molto limpido e ben dosato. Sembra di leggere un libro, in effetti. Per questa precisione mi hai ricordato per certi versi Abercrombie, un autore fantasy che amo molto, anche se lui è più crudo, mentre invece tu mi sei sembrato più elegante: persino nelle scene più cruente ho avvertito un certo "ordine", un sobrio distacco, non so come dire. Non ho pensato al grimdark fantasy, ecco, ma più al tono di un'epopea classica, pur avendo questa storia molti elementi forti e cruenti. Alla scena dei mercenari di S'kimser nel secondo capitolo, per dire, mi si è rivoltato lo stomaco, non parlo di quando ho capito quel che hanno fatto a Siwald... maremma. Ma non sei stato splatter, anzi, e non hai edulcorato comunque un bel nulla. Inoltre hai spesso saputo trasmettere in poche righe o anche in una sola lo spessore di un momento (quando Ehrenold ha detto "Alzate le bandiere di morte", per esempio, mi è sembrato di sentirla davvero, la morte che arrivava)
Parlando di Silwald: mi ha colpito come personaggio e proprio per questo vorrei leggere "Cavallo selvaggio". Di solito amo i ribelli, le teste calde che dimostrano però una cieca lealtà, a un'ideale o una persona, e amo quando si crea un legame, fatto sia di complicità ma spesso di contrasto, con qualcuno che invece ha un forte senso del dovere e mai si farebbe prendere dall'impulso, come è appunto Ehrenold. La dinamica mentore/allievo, soldato più esperto e soldato più giovane poi è un'altra mia debolezza. In pratica questa storia aveva affisso un cartello con su scritto "leggimi!". Ma quello che ho apprezzato, al di là del rapporto più personale/intimo, che viene comunque solo accennato, è proprio la dinamica, molto verosimile, che si è verificata nel contesto dell'assedio dove un errore è davvero la differenza tra la vita e la morte e non può essere bypassato anche se a farlo è una persona a te cara.
Mi aspettavo che Siwald morisse, mi è spiaciuto che sia successo in questo modo barbaro, ma la sua morte è stata in un certo senso l'ultima miccia che serviva per concludere l'assedio. Scene finali molto belle, evocative, dove sperimenti un po' quell' "estasi della sofferenza" (non so perché la scena con Dra’bur mi ha parecchio colpito: inquietante ma anche affascinante). I cavalieri di Keldar -- Branne, più che altro -- hanno guadagnato un posto in tribuna tra le mie simpatie dato che tendenzialmente patteggio per i soccombenti che sanno affrontare la morte, quelli che combattono contro i "conquistadores" di turno (non farmi venire l'esercito di Kjarr sotto casa dopo aver detto questo, per favore xD), anche se sono sempre molto affascinata, nelle storie, dagli imperi/nazioni/famiglie/whatever predatrici, soprattutto, come in questo caso, quando hanno un loro "codice".

Ho scritto un papiro, altro che essere coincisa. Spero di non averti ammorbato se mai leggerai questo commento (la storia è un po' vecchina, in effetti). Grazie per la lettura! 

Recensore Junior
05/11/19, ore 12:45
Cap. 6:

Ho cercato le parole, per giorni, e non le ho trovate ancora. Stai scrivendo un capolavoro, una saga epica, una storia che merita davvero tanto. Il dolore di Ehrenold è tangibile a ogni riga, ma ho amato molto anche leggere di Branne, di Rowden (come ogni volta che entra in scena), di Siwald che non meritava una simile fine. E nemmeno Irdan la meritava, a dirla tutta.
Gli unici a meritarla davvero erano il governatore e gli s'kimser, e sono contenta che abbiano trovato la morte per mano di Ehrenold stesso.
Si potrebbero dire tante cose, è vero, ma certe volte davanti a un'opera d'arte si rimane in silenzio e basta.
Un silenzio estasiato!
Aspetto nuove pagine di questo bellissimo romanzo, nel mentre credo proprio che rileggerò tutto dal principio :)

Elly
(Recensione modificata il 05/11/2019 - 12:47 pm)

Recensore Master
03/11/19, ore 18:35
Cap. 6:

Ehrenold, fierissimo fino alla fine. Nel rogo muore anche qualcosa di lui, ma la spada resta. Rimane come l'osso principale, una spina dorsale atta a reggere quello che è un soldato di Kjarr.
So già da "La scelta" che la vendetta atroce non è stata sufficiente a placare il dolore e il senso di colpa del sovrintendente, ma forse il nuovo inizio è già misteriosamente co tenuto in quell'acciaio che non brucia.
All'orgoglio di Ehrenold si oppone l'ottusa vanagloria del governatore della città, che fa la fine squallida che tutti gli abbiamo augurato.
Una storia molto bella e molto drammatica, in cui i sentimenti vengono fuori anche dal silenzio.
Sei un maestro di battaglie. ^^
A presto!

Recensore Master
03/11/19, ore 14:26
Cap. 6:

Carissimo date le premesse questo assedio poteva finire solo in un modo e ti dirò che non mi dispiace nemmeno un po' che nel mucchio ci sia finito anche il Governatore, perché è vero che i mercenari ci hanno messo del loro, ma la responsabilità di averli voluti tenere fino all'ultimo è stata sua, così come sua era la scarsa lungimiranza nel prevedere lo scenario di guerra e l'arroganza di non aver voluto ascoltare i cavalieri di Keldar, sicuramente più esperti di lui nel settore.
Non pago di tutto ciò lo vediamo intento a rubare monete e preziosi prima di darsi alla fuga insieme al capo degli S'kimser!
Non poteva che fare la fine che ha fatto u.u
Viceversa mi dispiace per i cavalieri di Keldar che si sono dimostrati fedeli e leali fino all'ultimo, al punto di andare consapevolmente incontro al sacrificio, chissà come ne sarebbero usciti i due schieramenti se avessero potuto confrontarsi in uno scontro alla pari!
La pira funebre di Siwald conclude la saga che sappiamo essere l'antefatto de La scelta, ma io auspico che ci sia anche quel sequel di cui mi hai accennato ^^

Recensore Master
01/11/19, ore 17:52
Cap. 6:

Ave OF, anche questo racconto degno della saga dei Nibelunghi giunge al termine, viene spiegato il significato di cosa significhi issare i vessilli della morte, distruzione e rovina, senza sconti, senza quartiere, che quando queste bandiere“ … sono un impegno categorico. L'avversario deve essere distrutto, prima che possano essere ammainate, altrimenti il generale viene giustiziato.” Il dialogo tra il vecchio e il giovane dei cavalieri di Keldar, fedeli mostra fino all'ultimo battito il loro codice d'onore e condotta, essi affrontano una battaglia impari con i nemici eppure conservano il rispetto dell'avversario.
In questo narrato abbiamo una rivalsa, per vendicare un certo cavallo selvaggio, che si unisce ad una azione dimostrativa, levare le armi contro l’esercito di K. è una idea poco intelligente, visti i “soldati” che ricevono il trattamento meritato, senza sconto.

Il caro, indifeso mercenario ha saggiato la stessa medicina che ha sempre applicato con zelo, non mi stupisco che non abbia gradito..
Superbo e magnifico come sempre, la chiusa con la pira funebre ricorda i funerali di Patroclo e la disperazione di Achille, una gemma rutilante e preziosa, che trasporta al tempo dei miti e degli eroi ormai dimenticati, non finisci mai di sorprendere Chapeau a la prochaine JQ

Recensore Master
31/10/19, ore 20:17
Cap. 6:

Ciao^^
Il dialogo tra Thars e Arel riassume alla perfezione il significato di tutta la vicenda.
La città viene rasa al suolo dopo una lotta senza quartiere e i bastardi fanno la fine che meritano (e che invoco dal primo momento in cui sono entrati in scena).
In tutto questo, però, rimangono l'onore, la fedeltà alla parola data, l'eroismo sia dei soldati di Kjarr (e lasciamelo dire, non mi stupisco per nulla della drastica risoluzione di Ehrenold: potrà sembrare inconcepibile al giorno d'oggi, ma in tempi passati era questa la normale condotta di guerra) sia dei cavalieri di Keldar, che hanno preferito sacrificarsi in quell'eroica resistenza piuttosto che tradire una città che ormai aveva perso se stessa. È emblematica, in questo senso, la riflessione sull'obbedienza.
Il finale è straziante ed eroico al tempo stesso, ma ormai sai che ho un debole per le cose wagneriane: scrivi una cosa del genere e stai pur certo che mi commuoverò. Nonostante tutto il dolore, spero che Siwald sia riuscito a raggiungere le dimore di Vopnir, e chissà, magari un giorno Ehrenold riuscirà a riunirsi a lui.
Complimenti per questa bellissima storia e alla prossima!
(Recensione modificata il 31/10/2019 - 08:20 pm)

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