Ciao, Martina!
Questo tuo racconto, questo tuo scorcio di vite, mi ha colpita davvero molto. È intenso, sporco, realistico, e indaga un aspetto molto sensibile del reale in punta di piedi. Non stento a credere che tu abbia lavorato molto alla stesura di questa storia, che abbia fatto un grande labor limae sul testo affinché risultasse espressivo ma al tempo stesso calibrato, arido, della stessa sostanza di cui sono fatti i tuoi protagonisti, questi Andrea e Simone che sono fantasmi in carne e ossa anche prima che Simone si lasci divorare dalla belva e Andrea resti cristallizzato nel passato, a un passo dal lasciarsi divorare anche lui – dopottutto, il sinistro suono della campana sembra suonare proprio per lui questa volta.
Ho apprezzato molto l'atmosfera che hai creato e l'ambientazione in cui hai calato i personaggi, è parso di essere lì con la tua voce narrante, in questa Torino silenziosa che s'affaccia su un Po più vivo di quanto non lo sia il protagonista. Pur non descrivendolo nel dettaglio, ho immaginato un alone cupo a scurire ogni casa, strada, panchina, tutto ciò che riveste il mondo che silente osserva Andrea, ormai solo e impotente.
Devi sapere che amo i personaggi evanescenti nelle storie introspettive, mi piace che non abbiano un nome, che il mondo esplorato sia solo quello interiore. Il ritrovare qui questo tipo di caratterizzazione è stata quindi una bella sorpresa per me, perché mi ha permesso di entrare in contatto con il lato emozionale del tuo protagonista – il suo stato d'animo, i suoi ricordi, il suo muto dolore –, e con quello del fantasma, un ragazzo che ha su di sé dei fardelli che pesano più di quanto non pesi lui, che alla fine non riesce a non arrendersi alla belva. Inoltre, ho apprezzato la scelta di trattare le tematiche delicate attraverso la metafora, oltre a essere indice di delicatezza, è stata anche una scelta intelligente, perché a mio parere ha aggirato il rischio (sempre in agguato in questi casi) di banalizzare la tematica.
La ripresa di quel martellante Prendi tutto quello che vuoi è uno dei pochi guizzi stilistici che ti sei concessa e l'ho trovata di grande effetto e funzionale a scandire l'evoluzione del rapporto tra i due e la sua stessa natura. Non sappiamo se il loro fosse amore, attrazione, bisogno (anche se, citando quel passo di Montale, sono portata a credere che voglia suggerirci amore), ma è di certo un rapporto stretto, intimo, che cerca di dare tutto. Un aspetto della caratterizzazione del protagonista che ho trovato molto realistico è stato l'incapacità di comprendere sino in fondo il male di Simone, il non riuscire a leggere tra le righe, l'averlo fatto troppo tardi – un dettaglio impietoso, ma coerente alla tua trama.
Arrivando al titolo, ti confesso che non avrei mai immaginato questo tipo di racconto. Nonostante il titolo evochi una malinconia di fondo, non lo avrei associato a un racconto dalle tinte così cupe e dolorose, ma a posteriori trovo che in fondo sia giusto e lo interpreto un po' come un'evocazione di un canto (blues) di vite comuni (urban).
Prima di arrivare allo stile nel dettaglio, lasciati dire che trovo davvero notevole il numero di citazioni che sei riuscita a inserire in un racconto relativamente breve, la bravura è stata soprattutto nel fatto di averle fatte apparire quali parti integranti del testo, amalgamate benissimo con il tessuto stilistico della storia.
E ora eccomi allo stile! Credo che il tuo tentativo di ricreare anche attraverso lo stile l'atmosfera di aridità che attornia i protagonisti e le loro vite abbia dato ottimi frutti. La scelta del presente e della prima persona attualizza il testo e lo rende immediato; associare a questa struttura di base una sintassi semplice, frasi segmentate e un registro stilistico che si ascrive all'uso e sceglie termini che richiamano la sfera semantica della negatività ha fatto il resto – belva, fantasma, ombra sono termini forti nel contesto stilistico-lessicale del racconto e collaborano a creare una certa atmosfera. Inoltre, hai una grande padronanza della lingua, quindi leggerti è stato un vero piacere (ti consiglierei solo di omettere la nota tecnica sulla disclocazione a sinistra, secondo me non è necessaria, hai già da segnalare le tante citazioni!).
Gli unici due aspetti della struttura stilistica che mi hanno convinta un po' meno sono stati l'utilizzo di un colore per segnalare il flashbak e l'abbondante ricorso al corsivo per evidenziare espressioni. Per quanto riguarda il primo aspetto, credo che un altro escamotage stilistico avrebbe potuto giovare di più al testo, perché il blu crea visivamente un grosso distacco, inoltre essendo un colore deciso – e leggendo noi su supporto digitale – potrebbe anche appesantire un po' la lettura. Circa il corsivo, invece, dato che il tuo testo è molto lineare e, appunto, arido, trovo che siano un po' troppe le espressioni su cui è posta l'enfasi, nonostante Andrea appaia quasi un personaggio incapace di cogliere e porre enfasi nel proprio flusso di pensieri. Ad ogni modo, entrambe queste situazioni sono semplici considerazioni soggettive e non inficiano in nessun modo il valore del tuo testo!
Ho scritto tantissimo, già da questo puoi immaginare quanto abbia apprezzato il tuo racconto! Perché concludendo (finalmente, dirai tu!) leggere questa storia è stata davvero una bella esperienza nonché un'occasione per scoprire una valida autrice (credo, infatti, che sia la prima volta che leggo qualcosa di tuo).
In bocca al lupo per il contest, ma soprattutto complimenti!
Rosmary |