Cara Violet,
È un piacere ritornare da queste parti ed, anzi, mi sento in dovere di scusarmi per non essere riuscita a farlo prima – la vita è brutta e cattiva ed io, brutta e cattiva a mia volta, spesso sono mostruosamente disorganizzata. La verità è che ho un debole senza contegno né pudore per le tragedie annunciate; mi piace vedere ribollire le apocalissi in pentola, soprattutto prima che i profeti di turno si mettano agli angoli delle strade a predicarne, eternamente in ritardo – ma forse le apocalissi sono tutte un po’ scotte. Mi piace guardare alle premesse e scorgervi le conclusioni che ne seguiranno, con l’ineluttabilità di una conseguenza logica che stringe il cuore, perché, fuor di metafora, mi piace farmi torturare dall’umore dolceamaro di una storia che so perfettamente come andrà a finire. Mi piacciono i preludi e mi piace questo tuo Preludio, sia nell’idea che anima il progetto sia nell’esecuzione; andare avanti con la lettura non ha fatto altro che confermare le impressioni, tutte positive, che avevo già avuto al primo capitolo.
Resisterò con tutte le mie forze all’impellente bisogno – che mi prende prepotentemente ogni santissima volta in cui si parli del giovane Ben – di vestire i panni da Sigmund Freud dei poveracci, solo più sobrio, magari, e di iniziare una discettazione metafisica in tre volumi sul fatto che, in fondo, sia tutta colpa di Leia, non esattamente madre dell’anno, e di quell’altro squinternato di Han, epitome del padre assente ma simpatico. Ok, magari la colpa non è esattamente tutta tutta loro – nel senso che anche Luke, luminare della pedagogia, si sarebbe potuto risparmiare il tentato omicidio d’un adolescente in crisi e dovrebbe pertanto incorrere in un pizzico di reprensibilità morale, tanto quanto basta. Però, indubbiamente le ripetute mancanze di Leia e Han – le assenze; le priorità, sempre altre, nonostante le belle intenzioni e i buoni sentimenti; la sfilza di aspettative disattese, di speranze che risultano puntualmente in disappunto e delusione, che pesano su un ragazzino un po’ solo e con problemi relazionali, eccome se pesano, soprattutto a dieci anni – hanno giocato il loro ruolo non da poco nel precipitare le cose con Ben. Nella Caduta. Non so se te lo avessi già detto, ma io – sempre da persona brutta e cattiva – ho un debole apologetico ed ideologico per il Lato Oscuro della Forza. XD Il Lato Oscuro lascia perdere l’atarassico distacco da Jedi ed abbraccia la fame, la tensione, la lotta, la sacrosanta incazzatura; il Lato Oscuro reclama il bisogno – il diritto – di essere di più, di avere di più; certo, che per il Lato Oscuro quel “di più” non sia mai abbastanza, potrebbe essere un problemino di fondo… ma non sottilizziamo! Il punto è che deprivare un ragazzino problematico dell’attenzione e dell’affetto concreto, presente, necessari crea le premesse, instilla la necessità, di desiderare di più, il che non è molto da Jedi, anzi. Il fatto poi che Leia e Han avessero l’occasionale momento di paura di fronte al potere fuori controllo del piccolo Ben – e che il piccolo Ben ne fosse consapevole – certo non aiuta. Anzi. I ragazzini tendono a crescere conformandosi alle aspettative. Domandona a latere: quando Leia sparisce con Luke per lunghe ore su Yavin4, sta forse seguendo una versione abbreviata dell’addestramento Jedi? A me è sempre piaciuta la versione delle ormai Vecchie Leggende in cui Leia, strong in the Force tanto quanto suo fratello, studia le vie della Forza a sua volta.
Ok. Direi che, nonostante le buone intenzioni (se avessi un pargolo, sicuramente finirei ad essere peggio di Leia ed Han messi assieme) mi sono dilungata sulle cose pesantone, da dramma familiare da quattro soldi, che avevo detto di voler sorvolare. Benissimo, eh!
Controbilancio sul dettaglio delizioso che mi ha fatto ridere con gusto, di pancia: Luke che predica sulla serietà della disciplina Jedi. Luke. Che è diventato Jedi con un coso super intensivo di un paio di giorni ed uno sputo, fondamentalmente portandosi in groppo un cosino verde che pesa quanto uno zaino e parla come un disco rotto. Poco più che un corso per corrispondenza insomma. Luke. XD
Altro dettaglio godibilissimo: la ripresa dell’esperienza canonica che Ben ha con arte calligrafica. <3 Io non ho mai avuto la pazienza o la mano per dedicarmi alla sottile disciplina della trascrizione artistica, ma è stata una di quelle piccole digressioni a latere a seguito di TLJ che mi sono immediatamente piaciute, mi hanno affascinato. Ed hanno dato un’altra tornata di informazioni pregnanti su che tipo di ragazzino fosse Ben Solo, su che tipo di educazione avesse ricevuto, su come la sua famiglia tentasse di aiutarlo a fronteggiare le proprie difficoltà.
E ancora una volta sono finita col lasciare il povero Poe un po’ sullo sfondo, ma mi riservo di dedicargli più attenzione la prossima volta! Parola di non più così giovane marmotta! ^^’’
Nel mentre, tuttavia, lasciami dire quanto mi sia piaciuta l’impressione che ne ha Ben – ignorando che si tratti di Poe – di un essere selvatico e curioso, di un gatto. E mi chiedo se, crescendo, Ben vedrà quanto anche qualcun altro, un altro flyboy un po’ ramingo e un po’ rough around the edges , tenda a dare la stessa impressione –– non c’è niente da fare, oggi siamo in fase armchair psychology, il che, da filosofa, è vagamente grottesco.
Mi piace, mi intenerisce, e mi stringe un pochettino il cuore, che Ben abbia dimenticato il loro primo incontro – naturale, per un bambino così giovane – ma che Poe lo ricordi benissimo. E come non potrebbe?
Concludo con un angolino da Occhi di Lince – un po’ perché compensa la mia naturale condizione di Talpa Presbite, un po’ perché di questi tempi continuo a spulciare bozze di stampa come se non ci fosse un domani ed ormai sono settata. C’è un piccolo scherzo della tastiera che ha fatto saltare una concordanza in ...era statO opinione comune. ;)
Ed ora davvero la smetto! Ti prego di scusarmi per la lungaggine, ma ho la tendenza a lasciar scorrere la penna quando sono in preda all’entusiasmo di una lettura che mi faccia riflettere. ^^’’
Un abbraccio! |