Ciao, carissima!
Mi sono fiondata nella lettura di questa storia perché il genere horror è uno dei miei preferiti ed ero davvero curiosa di leggere qualcosa di tuo del genere, dato che condividiamo lo stesso gusto per il macabro e il dark. E, come pensavo, infatti, questa lettura è stata tutt'altro che deludente.
Ho letteralmente divorato la storia e sono arrivata alla fine che quasi ci sono rimasta male, perché ne avrei voluta ancora. Mi hai catturata nelle atmosfere cupe di questa storia, nella scene cariche di tensione che si susseguono, nell'ansia e nella confusione della protagonista, che cerca in tutti i modi di sopravvivere nella brutalità e inospitalità del luogo che la circonda.
Qui ritroviamo Sindy, tuo personaggio che ormai ho imparato a conoscere e ad amare. Vedendola da adulta e leggendo poi della sua infanzia, è facile capire per quale motivo sia diventata ciò che è, da dove vengono tutti quei blocchi che le rendono difficile aprirsi e abbattere quei muri che ha innalzato per non lasciarsi sopraffare da tutto ciò che è accaduto. Mi si è stretto il cuore nel leggere di questa bambina costretta a scontrarsi, alla sua giovanissima età, con cose più grandi di lei, cose che un bambino non dovrebbe conoscere, che dovrebbero essergli precluse. Sindy ha perso la sua innocenza in quell'orfanotrofio e continua a perderla anche ora, nel bosco, quando si trova ad assistere a fenomeni che non riesce del tutto a capire, che le appaiono distanti e confusi, perché non ne comprende il senso, il significato, e vi si approccia con quella candida puerilità tipica della sua età. Questa sua confusione interiore si evidenzia anche nella narrazione, che assume un tono concitato, in cui gli eventi si susseguono serrati e concitati, trascinando chi legge in quel tornado di paura e tensione in cui Sindy è immersa. Ho davvero amato il modo in cui sei riuscita a gestire il tutto e come hai reso alla perfezione le sensazioni della bambina. Sei stata davvero bravissima, perché secondo me non era semplice rendere i pensieri e le sensazioni di una protagonista così piccola calata in una situazione del genere; si poteva essere portati a rendere più adulta Sindy, per dare una chiave di lettura degli eventi che per noi sarebbe stata più naturale, in quanto adulti e consapevoli, e invece tu non sei caduta in quest'errore, ma hai mantenuto tutta la narrazione come se stessimo assistendo a ogni cosa attraverso gli occhi di una bambina di nove anni, e questo ha contribuito a rendere il tutto ancora più ansiogeno e spaventoso.
Persino il lupo appare, all'inizio, come una creatura mostruosa e sconosciuta: non ci viene detto di che animale si tratta, non ci viene detto "è un lupo", non sappiamo cosa sia, ma cogliamo quei dettagli che spaventano Sindy, quegli occhi gialli e quei denti affilati, quella ferocia che le fa temere per la sua vita.
Il fatto che Sindy non si metta a piangere ma faccia pensieri razionali, rimanga comunque lucida in quella situazione di pericolo e sappia sfruttare quel rumore improvviso che sente per fuggire denota quanto questa bambina sia dovuta crescere in fretta e come si ritrovi quindi a essere molto più matura dei suoi coetanei.
Molto crudo anche il fatto che, dopo, si avvicini al cadavere del lupo e scopra che è stato ucciso da un qualche cacciatore e che se ne dispiaccia, ma che veda in lui anche una possibilità di nutrimento e sostentamento che difficilmente gli ricapiterà. Il suo accarezzare la pelliccia dell'animale, l'osservarne il corpo martoriato, il riflettere sulla crudeltà degli uomini richiama, nonostante la maturità dei pensieri, quel lato più puro e innocente della bambina, quello sensibile, che è riuscito a non farsi corrompere dalla crudeltà del mondo, dalle sue brutture, nonostante tutto ciò che ha vissuto. A spingerla, invece, a cibarsi del lupo, a infilare le mani tra le sue costole per cercare la carne più tenera è il suo istinto di sopravvivenza, la fame che non le fa disdegnare neppure della carne cruda e sanguinolenta, per quanto il pensiero in sé possa ripugnarla.
Sorprendentemente, con un dettaglio che ho molto apprezzato, sono gli insetti a far tornare Sindy alla realtà, come se fino a quel momento si fosse trovata immersa in un sogno, o si fosse estraniata da se stessa, per convincersi che quello che stava toccando non era un cadavere, che non stava infilando la mano tra le costole della bestia in cerca di carne tenera. Sono gli insetti, quei piccoli animali, i più innocui che avrebbe potuto incontrare nella foresta, a riaprirle gli occhi, a ricordarle dove si trova e perché, cosa sta facendo. E allora torna bambina, riemerge quel lato fanciullesco e impaurito e scappa, corre lontano dai pericoli della foresta, che non sono solo animali, ma anche uomini, pericolosi forse anche persino più dei primi.
Ho molto amato, infine, il parallelismo che hai fatto con la favola di Cappuccetto Rosso: Sindy persa nella foresta con il suo cappottino vermiglio, il lupo che vuole attaccarla per mangiarla, il cacciatore che le salva, seppur inconsciamente, la vita. Ho davvero amato il modo in cui sono riuscita a riconoscere la favola in questo racconto, come l'hai rimodellata e riadattata, per presentarcela nelle sue tinte più crude e fosche, catapultata in un contesto reale e realistico, vividissimo e coinvolgente.
La tua storia mi ha tenuta con il fiato sospeso dall'inizio alla fine, a domandarmi cosa ne sarebbe stato di Sindy. Pur sapendo che diventerà adulta e quindi che non sarebbe morta in quel bosco, ho comunque temuto per lei e per la sua incolumità e, sì, mi preoccupava di più il misterioso cacciatore che il lupo (animale che, tra l'altro, amo). La scena finale, con lei che infila la mano nelle costole dell'animale, è davvero d'impatto, perché è una bambina a compiere un gesto tanto disgustoso eppure necessario alla sopravvivenza, cosa che rende il tutto ancora più crudo e crudele.
Una storia davvero meravigliosa, che mi ha tenuta incollata alle parole dall'inizio alla fine. Sei sempre una garanzia, carissima: le tue storie non deludono mai.
Alla prossima ♥ |