Non leggo spesso su Harry e non so quante storie abbia potuto leggere che lo narrassero in veste di padre, ma questo tuo racconto – questa tua versione – è meravigliosa.
Non so veramente da dove iniziare il mio commento, perché credo di essere ancora stordita da questo rapporto padre-figlio così forte e da un protagonista adulto e autentico, che si pone domande cui non è possibile dare una risposta netta, ma che crescono assieme a lui e in qualche modo lo aiutano a relazionarsi con una realtà completamente diversa da quella cui per troppo tempo ha creduto di essere condannato.
Consentimi un piccolo moto di orgoglio nel sapere che questo spaccato di vita trae ispirazione da Scrivimi, è bellissimo che abbia ispirato la tua penna in questo modo – e sono felice che dopo tanto tempo tu abbia ripreso a scrivere, perché sarebbe stato un gran peccato perdere racconti tanto maturi e profondi, dove si va oltre la facciata e ci si propone di indagare fragilità e ferite, rintracciando proprio tra l'una e le altre una serenità cercata e voluta.
Ho apprezzato tantissimo il contesto che fa da cornice alla narrazione, perché è quotidiano e collabora a costruire l'immagine di un protagonista che, quella fatidica domanda, in fondo la pone ogni giorno a se stesso – con titubanza, un po' di timore, ma anche con felicità, perché il fatto stesso di porla corrisponde a essere riuscito a vincere i demoni, a crescere, a costruirsi una famiglia e a cercare di fare il possibile affinché i suoi cari siano felici.
Harry padre è un personaggio che non abbiamo avuto modo di conoscere, ma non posso fare a meno di sposare la tua visione, che lo ritrae in bilico tra un'esperienza che non c'è – Com’è che si fa il padre? – e il desiderio smodato di essere per i figli un punto di riferimento, la roccia e lo scudo che lui da bambino, adolescente e adulto non ha mai avuto e che ha segnato in maniera determinante la sua vita. Mi ha commossa un po' troppo – mannaggia a te! – il momento in cui evoca uno dei pochissimi sprazzi di calore paterno che riesca a ricordare, un momento tanto tragico e impattante sulla sua vita dove ha potuto racimolare qualche briciola di quel James tanto ammirato, che avrebbe disperatamente voluto conoscere e avere accanto – ed è bellissimo e doloroso al contempo la sensazione di protezione e forza che associa a quel ricordo, una sensazione che, lo si percepisce, lui cerca di ricostruire per i propri figli.
Ecco, di questo Harry – cui secondo me non manca nulla, ma veramente nulla, per essere la vera versione adulta della controparte cartacea – mi è piaciuto da impazzire il suo cercare di far bene e migliorarsi, il suo non avere risposte certe, il suo barcollare e affidarsi a quell'istinto che da giovane è stato tante volte la sua salvezza, ma che in altre occasioni lo ha anche condotto dritto dritto tra le fauci degli errori più neri. È un Harry imperfetto e consapevole di esserlo, che ancora si muove a tentoni nel mondo (e a me ha ricordato quel bambino di undici anni che riesce a sorprendersi di ogni cosa e che muove passi incerti, sperando di far bene pur senza nessuna certezza in tasca).
Ho trovato dolorosa perché terribilmente vera la riflessione di Harry sullo zio Vernon, unica reale figura paterna che lui abbia mai conosciuto. Certo, c'è stato Arthur Weasley, per un periodo effimero c'è stato Sirius, in qualche modo c'è stato persino Remus (sebbene Harry non gli abbia mai tributato né l'affetto né la fiducia più totale tributati a Sirius – come a volte abbiamo riflettuto, tra Harry e Sirius scatta una scintilla immediata, simile se non identica a quella che ha reso l'amicizia tra James e Sirius fatta di un affetto smodato e di una complicità muta e totale). Insomma, dicevo (!), sebbene ci siano state queste figure, Harry è di fatto cresciuto con Vernon, la sua infanzia, che è determinante nella formazione di una persona, l'ha trascorsa con lui – e con lui ha continuato a trascorrere i momenti di ritorno a casa da Hogwarts –, motivo per cui pur se doloroso è realistico che faccia un confronto con lo zio, che rintracci nei gesti che gli ha visto rivolgere a Dudley (figlio indiscutibilmente amato) un suggerimento, sia pure timido, per tentare di capire cosa significhi essere un padre.
E ora arrivo a James.
Com'è che questo ragazzo riesca a intrigarmi sempre e comunque è un mistero. Ho amato questa caratterizzazione che lo vede specchiarsi nel padre, affidarsi a lui, considerarlo il proprio eroe – non riesco a non credere che James Sirius sia cresciuto tanto, tantissimo, in nome del padre e l'abbia guardato per lungo tempo con occhi colmi di ammirazione (a proposito, altra cosa che ho apprezzato è la riflessione di Harry sul proprio di padre, su come abbia col tempo imparato a capire che fosse un uomo e in quanto tale avesse commesso degli errori, che fosse fallibile – e ho amato come questo riesca in qualche modo a cullarlo e, forse, a fargli sentire quella figura sfocata meno lontata e irrangiungibile, ma più tangibile).
Mi consenti un piccolo angolino delirante per dire che quando James parla al padre di cose giuste ho pensato che alludesse a un certo amore per una certa cugina? Lo so, lo so, non è questo il contesto e non era neanche nelle tue idee (come poi ho ben capito proseguendo la lettura), ma è stata un'associazione istintiva e per un istante ho sperato che entrasse in scena lei!
Bene, detto questo di cui con molte probabilità ti importa pochissimo, torno al cuore di questo racconto e a questo James che pone a Harry una domanda più che scomoda. Ecco, in questo credo che tu abbia colto l'anima del prompt, perché la domanda posta da James è figlia di una crescita in atto, di una realtà che si problematizza e non è più bianca e nera, come Harry stesso gli spiegherà, ma fatta di infinite sfumature e di errori che si incasellano l'uno dietro l'altro. Essere adulti, in fondo, non è semplice, ma diventarlo – vivere quel periodo di transizione – è forse ancora più difficile, si è chiamati a rivalutare certezze e a ricostruire i propri equilibri, e il tuo James mi è parso proprio impegnato a fare questo. Anche qui, ho trovato intelligente come tu abbia sfruttato un episodio in fondo comune (qualcuno invita a diffidare degli amici) per dare vita a una riflessione più profonda e a un momento di grande intimità e comprensione tra padre e figlio.
Harry ce la mette tutta, sul serio, e a giudicare da James – come confermerà Ginny, che è sempre un passo avanti al marito! – non è per niente male come padre, sta facendo un ottimo lavoro pur con tutte le sue incertezze.
Inutile che te lo dica (forse!), ma il mio momento preferito, dove credo di essermi commossa un po', è stato quando James ha dato il suo regalo a Harry, quello solo suo.
Allora, io so che non dovrei trascorrere il mio tempo a tessere le lodi di questo ragazzo, ma quanto è dolce (a modo suo, ovvio!) e straordinariamente dotato nel suo ricreare una piccola Mappa per dare al padre un frammento di James senior e di quegli uomini che per lui hanno significato tanto? E quanto è intelligente, nonché maturo, nel non escludere neanche Peter? C'è la consapevolezza di chi ha perfettamente compreso il passato, ne ha fatto tesoro e stima oltre ogni dire l'uomo che ha dinanzi. James non dice, fa è ormai certezza e io decido che sia canon! XD È un gesto bellissimo il suo, e tu e lui siete riusciti a ricreare perfettamente l'essenza dei Malandrini, tutta racchiusa in quelle parole che riescono a emozionare Harry.
Ho ghignato un po', ovviamente, alla malandrinata! Il mio James, sempre un passo avanti a tutti, riesce ad avere un consiglio dal padre, a fargli un regalo fantastico e a guadagnarsi anche delle lezioni di guida in esclusiva. Niente, è perfetto e io lo amo!
(Scusa, era iniziata tanto bene questa recensione e ora sta finendo nel delirio più totale, ma ti assicuro che ho provato a darle una dignità!)
Piccolo momento di risata unita a occhi al cielo (perché Harry è veramente tonto quando si parla di rapporti umani):
«Harry, James ti considera ancora adesso il suo eroe».
«Io avevo sempre creduto che fosse Ron. Sai, lo zio divertente che lavora al negozio di scherzi e lo fa divertire…»
Ma si può? Ron? Ron è suo zio/suocero, non può essere anche il suo eroe! Scherzi a parte, ho amato anche Ginny, che pur essendoci solo in conclusione lascia un segno importante, perché è quello di una donna che ama la sua famiglia e la conosce come le proprie tasche. Insomma, questi cinque sono un nucleo familiare in grado di emozionare più del dovuto.
In conclusione, anche se sono certa di non averti detto tutto, ho amato questo racconto. Perché pur nella sua semplicità strutturale è uno spaccato di vita complesso e maturo, dove agiscono dinamiche che intrecciano vite adulte e adolescenti – dove Harry rivede se stesso nel figlio mentre cerca di essere quel padre che il destino gli ha strappato via.
Non lo so, ho voluto loro un bene immenso mentre leggevo e ti ringrazio di aver scritto questa piccola meraviglia.
Un abbraccio, a presto! |