Recensioni per
La diagnosi
di AminaMartinelli

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
26/08/20, ore 21:33
Cap. 1:

Non ti abbattere se hai avuto solo una recensione più la mia...la recensione di Emerenziano vale per 10. (la mia non vale niente)
MRS

Recensore Master
16/08/20, ore 15:50
Cap. 1:

Un pezzo veramente emozionante, sono sincera. Ho letto molte ff in cui uno dei due è, appunto, malato gravemente e l’altro lo accudisce con dedizione. Ma, il più delle volte, purtroppo, si scivola verso il patetico, verso la banalità di un angst dall’imbarazzante non verosimiglianza della situazione. Per non parlare di altri casi in cui, a risolvere il problema, capita una guarigione miracolosa o un errore nella diagnosi iniziale. Invece la tua storia va inserita, senza ombra di dubbio, tra quelle che mi rimarranno impresse positivamente perché, nonostante la tristezza dell’argomento, peraltro credibilissimo, s’inserisce in un filone realistico in cui, comunque, la salvezza è molto umana, non c’è trucco, non c’è un’invenzione narrativa ai limiti del comico per la sua scontata stupidità. C’è, infatti, un grande amore che dà forza per affrontare un’impresa titanica, quella di vivere con un malato grave, avventura in cui si scopre che, tutto ciò che faceva di lui un essere unico, sta per essere, lentamente ma inesorabilmente, fagocitato dalla spietatezza della malattia.
Io direi che, rifacendomi al titolo che hai scelto, la vera “Diagnosi” è, infatti, proprio quella che riguarda il “disturbo” di Watson e cioè l’espressione estrema di un sentimento unico, irraggiungibile da parte del mondo circostante.
Ritrai un John gigantesco nella sua angoscia, dovuta alla consapevolezza che Sh non sarà più quello di prima ma il suo splendore, ai suoi occhi, non diminuirà certamente. Per quanto riguarda la localizzazione temporale degli avvenimenti, penso che tu ti riferisca al periodo tormentato posto tra la S3 e la S4, in cui Holmes è lasciato ai dèmoni della sua mente troppo funzionante ed allo spettro di una solitudine che ha il volto dell’uomo che ama. Da quello che ho potuto capire, spero di non sbagliarmi, c’è stato un chiarimento tra loro (“...mentre John gli sussurrava quanto lo amasse...”) ma, probabilmente, l’atteggiamento rivelatore di John era conseguente alla consapevolezza che, per Sh, la sofferenza di rimanere senza di lui, ha compiuto un’opera di devastazione in un animo già fragile. Ovviamente, a ciò va aggiunto lo sfacelo della tossicodipendenza.
Il tuo testo é ricco di immagini che mi appaiono indimenticabili perchè cariche di emozioni forti, come quella in cui ritrai i due come “un fragile gigante” ed “un granitico Hobbit”. Splendido colpo d’occhio su una realtà umana irripetibile.
E che dire dove”quei due corpi senza vita”....
Ma il momento più alto della storia, secondo me, è quando John sente il suono del violino provenire dalla casa. È Sh che rincorre faticosamente, attraverso i penosi tentativi di suonare, degli “spezzoni di una vita lontana”. Una scena che muove qualcosa dentro, al di sopra di quella che è l’essenza della Johnlock e ci accompagna nei meandri dell’umanità più sconvolgente e luminosa. Quella a cui tutti possiamo, e dobbiamo, avere accesso, anche se non ci chiamiamo Sh o John.
Il sacrificio di John e le catene di Sh rimangono nel cuore e negli occhi. Sarò sincera: sto recensendo una splendida long per cui non ho molta disponibilità a leggere altro ma, magneticamente, il titolo della tua ff ha calamitato la mia attenzione. E poi la scoperta del suo contenuto mi ha praticamente obbligato a lasciarti qualche osservazione perché un pezzo come il tuo non deve restare inosservato. Ti faccio i miei più sinceri complimenti.