Recensioni per
Nei Silenzi
di Francine

Questa storia ha ottenuto 36 recensioni.
Positive : 36
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
06/04/24, ore 14:43

Questa volta sono in clamoroso ed assolutamente consapevole ritardo, perché mi avevi annunciato il giorno e l’ora, però sono riuscita a sfasare di quasi una settimana lo stesso, senza olio nella lampada ma con un abbiocco cosmico inquantificabile.

Inutile dire che me ne dolgo o che la settimana in questione è stata a dir poco difficile. Qui la saggezza popolare si può profondere in pregnanti osservazioni sulle intenzioni che lastricano cose, sul latte versato, sull’aspettare il tempo – io non ce l’ho, il tempo; ma è anche vero che, in certe circostanze, l’unico modo per avercelo è crearselo, questo benedetto tempo. Quindi rimando come con una nota a piè di pagina alla sapienza delle nostre nonne, scaricando come il solito barile anche il mio dovere di far poscinesi.

Resta il fatto che comunque me ne dolgo, fosse anche solo perché a questa tua era, almeno in un certo senso, un pezzo di stagione (sì, lo so, non stiamo dal fruttivendolo di fiducia, ma se non ammazzo male la poesia prima di subito, poi casca il mondo) sui cui avrei potuto nonché dovuto sfogare i miei entusiasmi pasquali.

Ho una certa simpatia, molto malcelata, per la Pasqua; è una simpatia tutta concettuale che, secondo me, si confà naturalmente a queste materie – complice una tantum quell’orologio rotto che è il Cialtronissimo, qui fermamente piantato sull’ora giusta per una di quelle famose due volte al giorno (su quale sia l’altra e se sia pervenuta si può discutere).

Però, c’è però un però, quando si aggiusta un orologio rotto, o fermo, o quel che sia, giocoforza si devono spostare le lancette; ci si muove nel tempo e l’ora giusta non solo può ma è sacrosanto che diventi un’altra.

Quindi non posso che commentare con un sonoro e reiterato sì: sì alle tre vipere nel cuore del Carducci; sì al Maggio, con dignità di maiuscola; sì a Santa Valpurga (che negli ultimi anni mi fa particolarmente ridere perché Sint Walburga è parte dell’identità culturale del Gelderlander medio – nonché un tipico nome da attempata signora, da queste parti). E il Maggio dà senso anche alle rose ed alle spine sul finale, che inizialmente avevo un po’ faticato a collocare. Poi, ovviamente, il resto è tutto bello, bello, bello, e evocativo, e bello, bello, bello etc., ma che te lo dico a fare?

Recensore Master
31/03/24, ore 20:31

Non so se si possa esprimere una sensazione a parole: se siano sufficienti a descrivere il senso di nostalgia e malinconia che mi ha trasmesso questa drabble. 
È un lento incedere quello che io ho percepito - un'assenza, un rimpianto. 
È qualcosa che se ne è andato e che nel farlo ha lasciato una ferita sanguinante - neppure troppo evidente, ma abbastanza profonda. 
Forse sono solo sensazioni miei, appunto, ma ho apprezzato tantissimo questo capitolo. 

Un tè? Oppure un amaro? Cosa preferisci? ❤️

Recensore Veterano
16/02/24, ore 16:12

Avevo piani napoleonici per oggi; ma, complice il fatto che i piani napoleonici tendono – purtroppo – a dipendere anche da una serie di circostanze esterne,  sembra proprio che non ne stia andando dritta una. La vita è una prolungata Waterloo. Indi per cui poscia, provo a rivoltare questa giornata in direzione positiva (nonché sempre e comunque ostinata e contraria!) mettendomi in pari almeno qui. Portiamo a casa le vittorie che possiamo, e concediamoci le piccole grandi soddisfazioni che ne derivano. Assecondami, ché tanto rientro in una consistente percentuale delle categorie che vanno assecondate a prescindere.

 

Dicevo?

Dicevo che, a me, questa tua Cancer, principessa stizzita – o incazzata nera, per usare un francesismo – piace. Mi piace, perché, principessa stizzita – o incazzata nera, nerissima –, profuma di regina guerriera, che ha regnato e continua a regnare sul suo sottoposto con un pugno di ferro – o d'oro, d'oricalco, di gamanio e/o di tutte le altre leghe del caso. Ha punito quando era il caso di punire; e, se fossi stata in lei, io avrei punito innanzitutto, se non esclusivamente (oh, sì, esclusivamente! Ma tu sai fin troppo bene che la sottoscritta ha la fermezza morale di uno spaghetto scotto), per il mare di cazzate che robora in sottofondo sin dall'epigrafe. E, soprattutto, principessa stizzita o incazzata nera che sia, non deve alcuna risposta né spiegazione. Giustissimo. Sacrosanto. Non fa una piega. Il suddito è stato richiamato all'ordine.

Però – senza lasciarmi trascinare nella critica hegeliano-marxista della dialettica servo-padrone – avere potestas o dominium su qualcuno è anche una responsabilità, un dovere, per chi lo esercita, quel dominium o quella potestas. Dunque, come Maskuzzo è di questa stissitissima signora, così anche lei è di Maskuzzo, almeno finché lui non avrà definitivamente tirato le cuoia. Quindi, sì, si punisca; sì, si tenga il muso; però, sfogata l'ira funestissima e sturata alla meglio la vena tappata – questi due si meritano –, pure Cancer deve scendere a compromessi e magari aprire una finestrella, anche ai piani alti, della sua torre d'avorio, per il povero Maskuzzo. In fondo, neanche a lei farebbe male ricordarsi che lui è suo, e, pur con tutte le ragioni di questo mondo e dell'altro, lei gli ha giocato un brutto tiro in un pessimo momento.

Niente, a quanto il suddetto spaghetto scotto, che rimpiazza la mia rettitudine e la mia fermezza morale, ogni tanto si sente in dovere di spezzare una lancia anche a favore di Maskuzzo – così, per par condicio.

 

P.S. Occhio all'aroma, ché alla tastiera è scappato un apostrofo di troppo.

Recensore Veterano
12/02/24, ore 20:32

Vediamo di navigare i venti propizi delle buone intenzioni, della cena delegata (che gli dèi ci aiutino, di qualunque Pantheon, anche tutti assieme!), e del fatto che mi sono resa conto oggi di essere rimasta indietro anche qui.

Io sono pessima e mi perdo in un bicchiere d'acqua, tanto più quando entro nelle mie fasi leibniziane di monade senza porte né finestre, come ci insegnavano i manuali. Ma che ci fossero altri due silenzi, qui, e che mio me li fossi persi per strada, quasi come d'abitudine ormai, avresti dovuto dirmelo! Così, perché quando vengo richiamata all'ordine, poi piano piano rientro anch'io nei ranghi. Prendi nota per il futuro, ché le mie pessime tendenze sono da tenere in conto anche quando si pianificano i cambi di vita, i migliori propositi, le strategie napoleoniche per i futuri radiosi all'insegna dell'efficienza che sinora ci è sfuggita, ma da domani, domani... Ah!

 

Io qui ho il dovere civile e morale di spezzare una lancia a favore di Phrophrò, poveraccio. Perché quando si tratta si sgrovigliare la matassa – qualunque matassa essa sia – , io mi affiderei ad uno come Phrophrò, purché il Phrophrò in questione non stia a portarmi rancore per una pessima birra con una parentela troppo stretta coll'acqua sporca.

 

La domanda che solleva Maskuzzo è legittima assolutamente sacrosanta.

 

Perché anche tu non hai ricevuto la mia stessa punizione, lo stesso castigo?

 

Perché a me sì e a lui no? , per metterla in termini più piagnoni e puerili – ma che, nel bene o nel male, prima o poi abbiamo usato tutti. Chi è senza peccato scagli la prima pietra.  O sono solo io la piagnona?

 

Credo che sia una domanda che, con Maskuzzo, ci siamo posti in molti, almeno quelli di noi che si sono presi un attimino di tempo per riflettere sulle gloriose e brillanti cialtronate del Cialtronissimo. Non so se tu abbia dato un'altra risposta, con un punto di vista autoriale anziché del narratore interno, altrove – in quel caso puntami nella direzione giusta! Però, tornando all'Apologia di Phrophrò (e facendo sonora pernacchia a Socrate), Cancer non è Pisces, come Phrophrò non è Maskuzzo. E forse, forse, a Pisces la lucida, fredda(?),  convinzione di Phrophrò nel sostenere il regno di Saga, dalla prima all'ultima ora, potrebbe essere andata giù. Magari non liscia come l'olio, ma si fa quel che si può, come si può con quello che si ha.

 

Recensore Master
12/07/23, ore 15:07

Bellissimo. Bellissimo ed evocativo - ho potuto sentire la voce di Cancer; cresce mano a mano che si legge la drabble ed esplode (come il suo Cosmo) sul finale. 
Mi è piaciuta tantissimo; questo tipo di struttura narrativa offre sempre l'opportunità di assestare colpi di un certo spessore e tu non deludi mai: grazie di cuore. 

Gelato? Qui siamo passati dalla tempesta al caldo tropicale. 

Recensore Veterano
14/05/23, ore 17:24

Di notte specialmente

Di notte di frequente, di notte


Mi sento travolgente!





E sì, lo so che è pomeriggio, ma una volta tanto faccio finta di riappropriarmi del mio tempo senza rubarlo al sonno; quindi facciamo finta che vada bene così, incassiamo il risultato e portiamolo a casa.



Non mi ero resa conto di essermi persa per strada anche qui – sono bravissima a perdermi per strada senza rendermene conto. E mi fa piacere tornare sulle note di una lirica in mente, ché compiace il mio spirito spocchioso e da bastian contrario, alla faccia di quelli che prendono acriticamente un simpatico breviario di scrittura  tradotto e gridano all’anatema non appena ci si riappropria degli avverbi.

A me gli avverbi piacciono specialmente. Così come mi piace la voce della ferraglia, che – sulla punta della tua penna – è un po’ anche la voce della coscienza.

Poi, un sonoro sì, a tutto: all’arrendersi che, qualche volta, è saggezza; al materasso graticola; a tutte le cose dolceamare ed ai quanto sei bravo.





I’ll be back. Con accento marcatamente austriaco.



Occhio solo ad uno scherzo sopravvissuto delle tastiera:

Marco:i 

Recensore Veterano
24/12/22, ore 17:02

So che è la vigilia di Natale, so che tutti dovremmo stare a fare qualcosa di utile ma io, mentre aspetto che si friggano le frittelle, passeggio da queste parti e come posso non leggere qualcosa che porta il nome Death Mask? Che bella che è questa raccolta, me la son letta tutta d'un fiato (mentre condivido il polpo con patate) e tanti complimenti per il linguaggio che hai usato e il tuo modo di scrivere. Per me son più che perfette. Tanti auguri di buon natale e alla prossima :-)

Recensore Master
16/12/22, ore 23:45

È naturale chiedersi perché, a fronte di uno stesso crimine, si subisca una punizione diversa da un altro.
È naturale, e umano, perché quando si tratta di noi - o di qualcuno a noi vicino - raramente la razionalità vince, e se lo fa ci riesce con grande sforzo.
Io lo capisco qui, DeathMask, perché tutti abbiamo motivazioni (più o meno valide agli occhi degli altri) che ci spingono a determinate azioni e, a volte, la punizione ci sembra ingiusta, spropositata.
Le motivazioni ci rendono umani: non ci giustificano, ma ci rendono almeno degni di un piccolo tentativo di comprensione: forse non di essere assolti, ma quantomeno messi nero su bianco.

Mi lascia sempre senza parole quanto tu riesca a esprimere in poche righe: è un esercizio utilissimo per la sintesi e per la potenza espressiva.

Tè e biscotti?

Recensore Master
15/12/22, ore 18:30

È un piacere rivederti tra questi lidi!

Rimango sempre incantata dall'uso delle parole che scegli: mi piace perché rende proprio l'idea - l'immagine - del tormento di Marco: di quel fantasma che compare tra il sonno e la veglia, quel ricordo che è anche un'ombra che ci aspetta quando abbassiamo la guardia, quando siamo da soli, nel buio.

Bellissimo, come al solito!

Accetto volentieri qualsiasi cosa di caldo (che qui piove fortissimo) e contraccambio con biscotti al cioccolato e alla marmellata.

Recensore Master
05/01/21, ore 17:16

Mai detto fu più vero: la via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. 
Perché noi cominciamo a percorrere una strada buttando qua e là buone intenzioni. Ci convinciamo che va bene così (oppure non lo vediamo neanche l'enorme, disastroso, errore di valutazione che stiamo compiendo). 
Lo facciamo per noi, ci diciamo. Lo facciamo per gli altri, motteggiamo. Lo facciamo e basta, in fondo il fine giustifica i mezzi, l'obiettivo finale è nobile, cosa sarà mai questo e chissà cosa comporterà mai quello - sempre. E, alla fine, ci voltiamo indietro trovando pezzi di noi e degli altri - brandelli e frammenti proprio di ciò che amavamo o volevamo proteggere. 
E non sappiamo come ci siamo arrivati (anzi, no, lo sappiamo benissimo, ma non possiamo accettarlo). 
Perché fermarsi non è un'opzione - e se anche lo fosse non la prenderemmo in considerazione perché il traguardo è lì, a pochi passi, dai, ancora un salto e... 
E quanto abbiamo perso, alla fine? Nel mezzo, mentre correvamo e ci riempivamo la testa di buone intenzioni, cosa abbiamo lasciato andare, cosa abbiamo perduto - che inferno ci siamo costruiti e adesso come facciamo a uscirne? 

Credo che quello sia il momento peggiore; la realizzazione. La comprensione, che ti cade addosso come un macigno, e ti toglie l'aria, la prospettiva. E tornare indietro è impossibile - non si riavvolge il tempo - e andare avanti diventa pesante, privo di senso (soffocante). 

Qui piove e fa freddo e probabilmente verrà anche la neve: ci facciamo una cioccolata calda corretta? 

Recensore Veterano
05/01/21, ore 16:31

Sarà l’uggia metafisica della giornata o sarà l’uggia della metafisica cui dovrei pensare e che mi affossa l’anima, ma oggi fatico a concentrarmi sulle cose di lavoro. Dunque mi concedo il lusso di un po’ di bellezza per risollevarmi lo spirito e il morale: è una panacea spirituale, necessaria prima di subito, lo ha detto il dottore – e non sottilizziamo sul piccolo insignificante dettaglio che il dottore sia io e non sia quel tipo di dottore, eh? Lo faccio partendo da qui, così sono in pari – mirabile visu! – e perché c’è una continuità di concetto e di tono con l’ultima drabble (mi piego all’uso del femminile: oggi è una giornata che va così) che ho letto nel Jukebox. Ho l’impressione che sia un pezzo speculare, o forse la risposta da interpretare ad una domanda che lì è lasciata irrisolta. La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni; in certi casi è una strada a percorrenza rapida senza limiti di velocità, manco fosse una Bundesautobahn – e qui per inciso, tra una sventolata di manina piena di compartecipazione e l’altra, mi chiedo, con la solita serietà che mi contraddistingue, se non sia poi affatto un caso che quel luminare di strategia bellica di Pandora sia ricorrentemente una crucca.

But I'm just a soul who's intentions are good

Io non lo so che differenza facciano, le buone intenzioni. Forse costituiscono un’attenuante in qualche foro umano o divino, che sia quello della coscienza o meno; forse, però, quando se ne vanno gloriosamente a donnine d’angiporto, possono finire col gravare ancor più, con tutto il peso schiacciante del fallimento o dell’errore di valutazione, su quell’incertezza di fondo che ci logora col pensiero di non essere all’altezza. Sono una spada a doppio taglio, le buone intenzioni. Del resto, che differenza fanno – da un punto di vista squisitamente pragmatico – sulle conseguenze delle nostre azioni?

I fini possono giustificare i mezzi; ma perché si parli di fini – di giochi che valgano le candele – uno deve anche avere il pelo sullo stomaco per guardasi in faccia e valutare lucidamente i benefici e i costi – quelli che siamo disposti a pagare di prima persona e quelli che ci sentiamo in diritto-dovere di imporre agli altri. Ma le intenzioni, rispetto ai fini, hanno un retrogusto di scusa e un profumo di errore di valutazione, o forse i contorni sfocati di una risposta che non ci si vuole dare, delle somme che non si ha cuore di tirare.

Io l’avevo detto che non avrei dovuto mettere l’Etica o Conosci te stesso di Abelardo in programma e biasimo l’aver passato la mattina a spiegarne pezzi – sull’assenso e le intenzioni – ad i ritardatari dell’ultimo secondo prima dell’esame.

Manca mezz’ora alle cinque. Birretta? In fondo, se si è puntuali si è già in ritardo. E mai si dica che io faccia aspettare una bella bruna!  XD

Recensore Veterano
13/12/20, ore 23:08

Le tesi in bocca a Totò sugli uomini e i caporali erano due ed erano forti.

La  prima:  ci sono  due tipi di persone e, dunque, o si è uomini o si è caporali. Aut Aut. E sì, lo so che qui siamo sotto l’egida del Baffettone Baciacavalli e quello, invece, è Kierkegaard; ma si tratta comunque di due figli – rigorosamente degeneri – di quel muso lungo di Hegel, quindi ti prego di passarmi la licenza filosofica. E poi c’è la seconda tesi: caporali si nasce, non si diventa.

Sono due tesi nette, tagliate a colpi di mannaia. E forse è questa nettezza che pure strappa una risata al fondo della tragedia. Il problema è che a me piacciono le tragedie sfumate, la quieta disperazione delle mezze tinte; quelle tragedie in cui, se si ride, lo si fa col retrogusto della farsa. E forse, la vita – e le fettine di vita che si raccontano in una manciata di parole – offre più spesso tragedie di questa seconda fattura. C’è spazio per le domande, nelle tragedie della via di mezzo, di quello spazio indefinito tra un aut e un altro aut –  vuoi perché nessuno dei due è un’opzione; vuoi perché, alla fine sono dei vel sotto mentite spoglie, con tutta la tragica responsabilità della scelta, che ne consegue. Rischio di ritornare a bomba su Kierkegaard e la sua solfa della scelta, quella squisitamente filosofica – perché nella vita reale Kierkegaard era uno scaricabarile olimpionico, che fece costruire un armadietto su misura per chiuderci dentro la fidanzata e, dunque, vincendo una scommessa, poter non sposarla. Che abbia questi rigurgiti kierkegaardiani in testa perché c’è Lei, di sopra, chiusa nell’armadio? Molto, molto probabilmente, ché sono una donna semplice. Ma mi piace pensare che, al di là della mia imbecillità alla base, ci sia un quid kierkegaardiano in questo Maskuzzo che si interroga ed è sospeso, quasi alla deriva senza fili,  con tutta la condanna di una libertà tragica – reale o illusoria che sia. Il clima di Asgard, per quanto ingentilito dalle circostanze, si presta a creare l’atmosfera giusta.

E, forse, Phrophrò sarà pure rassegnato a ballare al ritmo del pifferaio; forse Phrophrò non si pone domande – del resto, ha sempre avuto Pisces cui rispondere, lui. Forse, ancora, Phrophrò è il caporale di turno. O forse Phrophrò ha capito che siamo tutti uomini e caporali per gli uni e per gli altri; che i burattini coi fili spezzati rimangono comunque dei fantocci; o, più banalmente, che, le giornate, raramente le si porta a casa prendendole di petto.

A cercare cose sul fondo di un bicchiere di vino, quello buono, io però non dico mai di no. E che siano risposte o che siano domande, poco importa.

Però, l’ora tarda ormai è da scotchettino. Lo so che non ti piace, ma per te posso rilanciare con un Cognac! <3

P.S. Perdonami per il ritardo imbarazzante! Piano pianino  proverò a rimettermi al passo.

Nuovo recensore
18/10/20, ore 13:33

Mi sorge la seguente e logica domanda.Quel simpaticone,moltissimo o mortissimo,di DM che fa un pranzo leggero,anzi leggerino,ma poi mangia il
tutto da solo o inviterà qualcuno a pranzo?Se mangia al ristorante non so
se il cameriere prenderà la mancia o un bel viaggetto gratis,ma di sola an
data vatti a fidare del gratuito,per lidi ameni e un pochino meravigliosi.Se
invece magna nella sua casuccia avrà un bel po di bocche da sfamare e il
cibo grazie a lui non lo vedono da molto,moltissimo tempo ormai. Almeno
non hanno problemi di linea.

Recensore Master
13/10/20, ore 21:41

Cerchiamo sempre risposte: è la nostra condanna e la nostra caratteristica migliore. 
Chi si ferma è perduto tra i suoi stessi dubbi, nelle sue stesse domande: ma chi non si arrende proverà sempre un senso di frustrazione nel cercare e cercare e cercare e a volte non ottenere. 
Eppure credo fermamente nelle domande e nel cercare risposte: la conoscenza deriva da questo. La consapevolezza di noi stessi, di ciò che circonda. Di ciò che siamo. 
Aphrodite forse ha raggiunto la pace, forse le sue risposte: oppure ha smesso di porsi domande, ma Mask, l'irrequietezza fatta persona, no. E io un po' (un bel po') lo capisco. 

Tè caldo e torta di riso? Gradisci?

Nuovo recensore
11/10/20, ore 13:21

Povera armatura d'oro del segno del cancro,chi è ascendente cancro trova
ciò riprorevole,pure in quest'epoca il suo attuale indossatore oltre ad esse
re un gran simpatico sociopatico con manie estreme di onnipotenza,finche
non incontra un certo sirio che gli suona le sinfonie,è pure un ubriaco seria
le che fa le notti in bianco nel primo e secondo e anche il terzo bar che tro
va nelle vie principali nel tranquillo,non sempre credo,villaggio di Rodorio.
Chissà se gli abitanti sono aumentati laggiù. Ma quanto spende DM nei
bar tutto lo stipendio?

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