Non riesco a credere ai miei occhi: ti sei scusata! Tu, che ti scusi con me - tutto ciò è assurdo, davvero.
Sarò sincera, Marti: no, non avevo immaginato neanche vagamente qualcosa di simile, quando ti ho assegnato questo prompt, ma dire che hai nettamente superato le mie aspettative temo sarebbe riduttivo.
Io ho ADORATO tutto, è questa la verità.
E lo so, dovrei aspettare prima di recensire - di recensire come meriti -, ma non riesco proprio, mi dispiace, quindi ti toccherà sorbirti una recensione alquanto su di giri (sono io a scusarmi, altroché!).
Innanzitutto, devi sapere che la figura di Marlene McKinnon, di recente, mi ha incuriosito tanto, sempre di più, tanto che, inevitabilmente, non ho potuto fare a meno di soffermarmi sulla morte di lei e di tutta la sua famiglia - una tragedia liquidata nella saga con una manciata di parole -, al punto da concludere che mi piacerebbe scriverne, se mai dovessi averne l'occasione.
Tu, ovviamente, questo non potevi saperlo, ma ora puoi immaginare quanto abbia gioito nel vedere che eri finita ad approfondire proprio questo momento? Ho gioito tanto, ci tengo a precisarlo, perché ho saputo da subito che avrei amato la tua versione dei fatti.
E quando dico subito, intendo letteralmente dalla citazione in apertura.
L'idea di "incastonare" l'intero episodio fra due brevi stralci dell'Apocalisse credo sia stata una mossa veramente geniale.
Quella citazione d'esordio è come uno squarcio nella mente del lettore, in cui si delinea uno scenario decadente - apocalittico, appunto.
Un contesto che richiami e approfondisci subito dopo, con quel tuo stile che mi ha tanto colpito già in precedenza: con efficacia descrivi un mondo che direi quasi "alla fine del mondo", crepuscolare, incendiato dai raggi del sole morente, marcio, decrepito.
Un contesto in cui avanzano questi "perfetti uccelli mortiferi", creature "vestite di oscurità" e assetate di sangue, che preannunciano morte. Ho adorato la panoramica che offri, dal punto di vista di uno di questi "cavalieri dell'Apocalisse".
Assumendo questo punto di vista, è come se il lettore si sentisse "diviso", spezzato: da un lato, naturalmente, c'è una sensazione di latente angoscia, il delinearsi all'orizzonte di qualcosa di terribile - queste creature delle tenebre, del resto, sono in giro per mietere vittime.
Dall'altro lato (e sì, accidenti, era proprio di questo che avrei voluto leggere, quando parlavo di un Mangiamorte massicciamente coinvolto, era proprio questa immersione nella mente di uno di loro che volevo!), c'è questa sorta di "inviolabilità" di cui gode la voce narrante - che si riflette inevitabilmente sul lettore stesso: si è dalla parte di chi genera l'Apocalisse, non di chi la subisce; per questo, è come se il lettore condividesse col protagonista una sorta di invincibilità.
Ecco, forse sto divagando (ripeto: sono io che devo farti le mie scuse e non il contrario!), ma ho veramente amato questi passi iniziali - inframmezzati dal testo di "Inside" di cui ti sei servita con un'altra mossa brillante (non ho parole per esprimere quanto abbia apprezzato l'uso che hai fatto del pacchetto, posso solo dire che sono assurdamente soddisfatta!) - in cui Rabastan ad un tempo ammonisce e deride le sue prede.
Emerge, in quei punti, una sorta di dualismo: sembra che vi sia "quasi" compassione, in questo monito alle future vittime.
Li incita - ma è, naturalmente, un avvertimento che le vittime non sentiranno mai, se non quando per loro non ci sarà più scampo - a godere degli ultimi momenti che hanno a disposizione, a fiutare il pericolo strisciante che si avvicina alle loro esistenze ormai agli sgoccioli. Ma, appunto, dicevo, è una compassione solo apparente, perché è ben evidente il disprezzo, il senso di superiorità di colui che parla: "Dovreste ricordare le vostre vite, piccoli attimi perfetti pieni di luce e speranza e amore. Dovreste raccontarvi sciocchezze ingannando il tempo (...)" - ecco, ho amato gli aggettivi di cui si serve Rabastan, quei "piccoli attimi perfetti" di cui si avvale per schiacciare, ridurre e minimizzare le esistenze delle vittime, che in fin dei conti, ai suoi occhi, sono futili, così come altrettanto "sciocchi" sarebbero quegli ultimi slanci di affetto e le promesse disperate d'amore che le prede si scambierebbero reciprocamente, nei loro istanti finali, se solo sapessero in anticipo del destino che incombe su di loro.
Insomma, ho amato tanto questa parte, perché credo sottolinei un aspetto importante della mentalità di Rabastan: questo suo sdegno verso la vita (soprattutto se è la vita di coloro che non meritano di vivere), verso ideali vuoti come l'amore, verso quelle esistenze affannate nella ricerca di "piccoli attimi perfetti pieni di luce e speranza e amore" - cose in cui, è ovvio, una creatura di notte e morte come lui non crede affatto e che, anzi, deride.
Poi, passiamo ai McKinnon, all'azione vera e propria: a questo proposito, mi è piaciuto molto il distacco di Rabastan (tra l'altro, che bello ritrovare il tuo Rab, mi era mancato, sai?) rispetto al fervore degli altri, distacco che gli permette di mantenere una visione molto lucida di quello che ha luogo intorno a lui; gli consente di "scattare istantanee" di una quotidianità che si infrange, mentre la violenza divampa: istantanee di un volto deformato dalla paura, del tè versato sulle pantofole, di urla che esplodono.
Davvero, già prima facevo riferimento al tuo stile e ora posso ribadirlo: anche stavolta non mi ha lasciata indifferente. Ho adorato questa scelta di "frantumare" il testo, anche dal punto di vista dell'impaginazione, in frasi brevi, una sequela di scatti che descrivono il consumarsi dell'intera tragedia e la scandiscono.
Riguardo alla psicologia dei personaggi e agli stati d'animo di entrambi i gruppi - vittime e carnefici - mi sa di essermi già pronunciata, ma non fa male ripeterlo: sei stata davvero tanto brava nel sottolineare le sfumature del terrore e dell'agonia da un lato e del sadismo e della spietatezza dall'altro.
Ma, come dicevo, ho apprezzato tanto soprattutto il tuo Rabastan, la voce narrante. Mi piace quando ne descrivi il fastidio verso gli eccessi - di suoni, cacofonici - e lo sporco e il sudiciume, fastidio per quel "troppo sangue versato e troppo poco ordine". Ho apprezzato, in un certo senso, la sua sobrietà: "Non mi piace giocare con le mie vittime, tutto ciò che mi piace è eseguire un ordine, lasciare la nostra firma e andarmene. Non c’è nulla di ricreativo nella morte."
Pur non avendo ancora avuto modo di approfondire le dinamiche tra i tuoi fratelli Lestrange, mi è piaciuta moltissimo anche quell'ultima scena tra i due in cui sei riuscita a delineare due caratteri diversi: Rodolphus quasi "giocondo", che si avvicina per pizzicarlo, mentre Rabastan - ancora una volta - prende le distanze, si rivela scostante.
Davvero, Marti, tu ti sei scusata, ma io non so come ringraziarti: non solo hai sviluppato il mio prompt, ma lo hai fatto in maniera sublime!
Sei riuscita a restituire a parole la cupezza che avevo sperimentato ascoltando quella canzone (ora che l'ho riascoltata, mentre scrivevo questa recensione, non posso che complimentarmi di nuovo con te, perché credo che con quell'incalzante crescendo di toni si sposi perfettamente con l'episodio che hai scelto di approfondire), cosa che non ritenevo possibile - non con questa efficacia, almeno.
Dovrei chiudere, lo so, perché sto scrivendo un mucchio di sciocchezze, ma ... ecco, sei stata davvero tanto, ma tanto brava, sai? Sei riuscita a farmi "respirare l'oscurità" - sempre che queste parole abbiano senso. E' stata una lettura breve, ma densa, nella quale ho toccato con mano quei "cuori neri come la pece, rarefatti di solfori velenosi, rattrappiti e rancidi muscoli fatti di rabbia e odio e male."
Mi hai fatta immergere in quel "male".
Brava, brava, brava!
Un bacione, Marti, è stato un vero piacere <3
Ele |