In questa storia ti sei occupata del post Reichenbach vissuto da John. Un argomento, questo, che è stato oggetto di moltissime ff, proprio per l’intensità emotiva che porta con sè e per il suo appartenere al cuore della Johnlock. Infatti è proprio la mancanza di Sh, secondo me, che diventa elemento determinante per far aprire gli occhi a John sul vero volto di quella straordinaria “amicizia”.
Come è stato già sottolineato più volte, i Mofftiss non si sono occupati del lutto che, sicuramente, ha costituito per John un’esperienza catalizzante rispetto, per esempio, al suo modo di considerare la vita, al suo atteggiamento nei confronti di Sh. La sua rabbia cieca ed incontrollabile che esplode, terribile, in TLD, nell’obitorio dell’ospedale di Culverton Smith, diventa l’espressione inconscia di tutto il dolore che sicuramente l’ha soffocato dopo aver visto il suo “coinquilino” suicidarsi davanti ai suoi occhi e ritornare “in vita” come se nulla fosse accaduto. La lettera che, come ci dici nel titolo, rimarrà chiusa in qualche cassetto o, addirittura, distrutta, ci fa entrare appunto nel dramma che John vive, trovandosi solo con il peso di tutto il “non detto” e “non fatto” nei confronti di Holmes e del loro rapporto.
Il fatto che John questa lettera la scriva concretamente con carta e penna, secondo me, è molto IC. Infatti noi sappiamo che lui è un blogger appassionato, dunque sa destreggiarsi con la tastiera, ma penso che una simile confessione, per lui, avesse avuto bisogno di uno spazio diverso da quello di un semplice documento elettronico.
Aveva bisogno della leggerezza e concretezza del foglio, dell’andirivieni della penna. Fa molto “John” questo.
Inoltre, mi è piaciuto come hai messo in risalto un termine, apparentemente non rilevante, come “spazio”. Ma, nel contesto emotivo che John esprime, diventa un elemento fondamentale. Il vuoto che Sh ha lasciato, in effetti, é difficile da definire: ecco, il termine “spazio” è, secondo me, utile a trasmettere un senso di angoscia, di solitudine, accompagnato dalla sensazione soffocante di sentirsi persi nel buio (“...Tutto questo spazio, dannazione...”). Diventa la chiave per definire con efficacia ciò che Watson prova di fronte al lutto ed alla mancanza dell’uomo che aveva salvato la sua vita dalla tragica deriva cui era destinata dopo il congedo forzato dall’esercito. Dal punto di vista tecnico, mi piace il tuo stile che lascia fluire le parole ed i pensieri in modo naturale, senza forzature sdolcinate o banalità, tanto che diventano davvero, senza filtri, la voce del cuore di John. Questa impressione è rafforzata dall’uso nella narrazione, obbligato visto che si tratta di una lettera, della prima persona. Ed é proprio John che ci fa entrare nel suo dramma che consiste certamente nella morte di Sh ma, anche, e soprattutto, nel rimorso di non aver espresso ciò che provava quando c’era l’occasione. Ora tutto é come congelato, fissato in ricordi ed immagini che lo tormentano. Non so se è solo una mia impressione ma non sono tutto dolore e disperazione i sentimenti che occupano la lettera. Infatti mi è tornata in mente tutta la forza di quel “Please, don’t be dead” che viene detto alla muta ( e falsa) lapide nera. Un senso di una, sia pur folle, speranza che cerca di spezzare l’ineluttabilità della morte. Chi legge sa benissimo, ovviamente, che Sh tornerà, ma John l’ha visto gettarsi nel vuoto e sta affogando nel silenzio e nel vuoto. Le sue parole escono infatti accompagnate da un dubbio sotterraneo (“..o torni per sempre...”), irreale ma quasi profetico. In effetti mi sono sempre chiesta se John, di fronte alla lapide di Sh, abbia mai avuto una lontana percezione che lui fosse ancora vivo. Comunque sia, tornando alla tua storia, originale ed avvincente, bisogna proprio dire che hai saputo farci veramente entrare nella tristezza e nella concreta e disperata dimensione in cui si trova prigioniero chi, come John, si trova improvvisamente solo e privato dell’unica persona che dava un senso alla sua vita. Hai espresso ciò anche con la sapiente reiterazione di “non ci sei”, “mi manchi”, “senza di te”. Parole che costituiscono quasi una catena che tiene imprigionato Watson nel vuoto e nel silenzio. Sì, mi è piaciuto molto ciò che hai scritto perché vi ho trovato la giusta espressione di stati d’animo credibili e verosimiglianti. |