Recensioni per
Fa male morire?
di Duchessa712

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
19/05/21, ore 14:01

4° Classificata al contest "Let's Cliché!" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP - FA MALE MORIRE? DI DUCHESSA712

- Grammatica e stile: 9.7/10
Grammaticalmente la storia non presenta errori degni di nota, ti segnalo solo alcune imprecisioni di carattere ortografico:
[…] non è sicuro se siano causato […] Errore di battitura, causate. -0.10
[…] da Mary e Edit […] Qui c’è un errore dovuto alla preposizione sbagliata, dovrebbe essere tra; in più il nome Edith si scrive con l’h finale. -0.20

Utilizzi uno stile molto semplicemente, avvalendoti spesso di frasi brevi, che il lettore possa comprendere in maniera lineare, senza l’utilizzo a sproposito delle subordinate troppo eccessive. La spaziatura in paragrafi mi ha convinta, ha reso la lettura molto più piacevole anche dal punto di vista dell’impaginazione, meno invece lo ha fatto la punteggiatura: spiego, non è che l’interpunzione sia sbagliata, al contrario, ma in alcuni punti l’assenza di virgole rende molto veloce la lettura e, in rare occasioni, un po’ caotica, ma è una scelta che va bene se l’hai fatto per aumentare il ritmo della narrazione, magari conferendole un timbro decisamente drammatico – che data la situazione non avrei problemi a rendere plausibile.
Il tuo stile, almeno in questa storia, si avvale anche di una sequenza anaforica che rende tutta la lettura un calvario psicologico del protagonista, un modo per “vomitare” via tutto il suo vissuto, le sue esperienze. Ho apprezzato molto questo flusso andante e disperato, brava!

- Caratterizzazione dei personaggi: 9.5/10
Hai scelto un personaggio davvero complesso da caratterizzare, ma sono rimasta piuttosto soddisfatta di come sei riuscita a dipingerlo. L’ho trovato perfettamente in linea con il personaggio principale, un IC sicuramente azzeccato: l’abbiamo visto sempre come una persona fitta di personalità, ma anche di rimpianti, risentimenti – basti pensare quando descrivi la morte di Lavinia. Il suo tormento interiore, la sua angoscia, il suo voler essere infelice lo portano in uno stato di semicoscienza che ho apprezzato molto.
Ma non ti limiti solo ad una questione mentale, tu ci narri con dedizione per i particolari, un Matthew devastato anche dal senso opprimente di una vita che non capisce, che non comprende – e qui ce lo dimostri con la morte di Sybil, con Matthew che non sa neppure come mettere in fila i pensieri. In pratica, ci dimostri come un essere umano arrivi a non riuscire più a razionalizzare nulla, a diventare vittima degli eventi – le bombe, la polvere, la stanchezza.
Matthew Crawley, in questa storia, appare per ciò che è: una persona come tante, un uomo che è stato dilaniato dalla vita ma che, fino all’ultimo, non ha voluto cedere ad essa. Un uomo che ha stretto i denti, che s’è fatto giudizio da solo, che si è processato e condannato da solo, ma che ha ritrovato un modo per vivere attraverso Mary. Banalmente, è l’amore che ha fatto sì che lui non perdesse, che potesse dimostrare ancora qualcosa. È una prospettiva che, in qualche modo, consola il lettore, lo rende consapevole di come il mondo sia uno schifo, ma come qualsiasi cosa, la più piccola cosa, possa renderlo un posto migliore, un posto da chiamare casa. E qui ci descrivi Downtown Abbey, prima con gli occhi di uno sconosciuto, poi con gli occhi dell’uomo che ha imparato ad amare; dapprima una prigione, poi una casa, in un rovescio a dir poco raffinato e ben scritto.
Sarebbe stato perfetto se tu ti fossi soffermata un po’ di più su Mary, ma non mi lamento affatto, al contrario: la scena finale è carica di un pathos così struggente da farmi piangere – tenendo conto che ho la lacrima facile, sei stata davvero bravissima.

- Utilizzo del cliché: 15/15
L’utilizzo di questo cliché non era facile, e ho apprezzato moltissimo il tuo modo d’impiego. In realtà tutta la storia è il cliché, perché fin dall’inizio assistiamo ai ricordi di Matthew, che si presentano come uno l’incubo dell’altro: verso la fine, quando la scena si apre, quando tutto sembra andare per il meglio, il lettore scopre che in realtà stai raccontando la morte di Matthew, e i suoi ultimi istanti di vita prima dello schianto. Gli incisi tra parentesi aumentano la drammaticità di questa sequenza, facendoci comprendere come Matthew sia, invero, ancora cosciente, e comprende che sta per morire, nonostante sia questione di brevi attimi.
[…] Matthew non lo sa ancora perché era troppo occupato a rubare ogni attimo di vita dai ricordi, a bearsi della felicità, ad indignarsi per le ingiustizie, a commuoversi per le vittorie, che non ci ha neanche fatto caso se morire faccia male o meno […] Di per sé, questa frase da sola basta a darti il pieno punteggio, perché rappresenta una summa di una storia bella, troppo bella, che ci racconta la vita di questo personaggio in chiave completa: l’amore, le ingiustizie, la rabbia, la frustrazione, la rassegnazione. E tuttavia, in questa frase, ci lasci un che di speranzoso, come se la morte non gli avesse fatto così male. Una prospettiva che incute dolore, ma anche un vago senso di tranquillità, che porta il lettore alla totale accettazione di questo finale amaro, tuttavia dolce.
Insomma, questo cliché è stato a dir poco perfetto per ciò che stavi raccontando, e ammetto che ha superato ogni mia più rosea aspettativa. Non sono neanche stata granché empatica con questo personaggio, ma grazie a questa storia sono riuscita seriamente a commuovermi, perciò complimenti!

- Gradimento personale: 4/5
Downtown Abbey, da quando avevo cominciato a vederlo, era ogni volta un tuffo al cuore. Praticamente una carneficina di persone alle quali mi affezionavo – un po’ il Game of Thrones degli anni 1910. Tuttavia, è una serie che mi è sempre piaciuta, carica di valori e d’insegnamenti. Nella tua storia, tuttavia, oltre a questo ci sono dei sentimenti irriducibili, emozioni che non mi capitava di provare da tanto tempo: il tuo Matthew è un personaggio che mi appare come se non l’avessi mai davvero conosciuto, un personaggio dalla personalità forte, ma distrutta. E si sa, i cocci da rimettere insieme fanno comunque vedere le crepe. Ecco, il tuo Matthew mi è sembrato un vaso, un bellissimo vaso ch’è caduto tante, troppe volte e che ha provato a rimettersi insieme ogni volta. Si dice che siamo più interessanti quando ci portiamo addosso le cicatrici, le nostre crepe, e per Matthew è proprio così, un personaggio sul quale ti sei soffermato e con cui il lettore non può fare a meno di simpatizzare, sperando che vada a finire in modo diverso.
Ho gradito tantissimo questa storia, grazie!

Totale: 38.2/40