Ciao!
Torno a commentare questa storia in occasione della conclusione e mi dispiace non averlo fatto per ogni capitolo, ma ho assecondato la voglia di continuare nel tempo che ho avuto a disposizione. All'inizio era per scoprire ogni nuovo passo nell'evoluzione del rapporto tra Ole e Homer (che poi non vedo come un'evoluzione quanto una scoperta di qualcosa che era già lì), poi il desiderio di comprendere la fine.
La ragione dei toni malinconici della storia è chiarita presto: Homer ha vinto una borsa di studio, lascerà la scuola che frequenta con Ole e si trasferirà dall'altra parte del mondo. È una premessa che non ammette sconvolgimenti, perché come rifiutare un'occasione del genere. È una decisione già presa e ne sono consapevoli entrambi. Perciò ogni interazione tra i due protagonisti si presenta su questo sfondo e durante la lettura stavo a chiedermi perché io volessi farmi del male, con una conclusione così inevitabile (il perché sta nella tua scrittura!). Invece sono rimasta in qualche modo sorpresa dalla fine, perché non l'ho percepita come tale, e non perché manca la scena di un abbraccio strappalacrime in aereoporto, che entrambi i personaggi rifiutano. L'ho letta come il compimento della metafora della parentesi presente nel titolo, nell'introduzione e altrove nel testo. Questa estate, da qualche parte in Italia a metà degli anni Ottanta, è sì una parentesi, ma Ole e Homer mi hanno insegnato a notare dove si aprono e dove si chiudono le parentesi, e quindi ciò che racchiudono precisamente. Ho trovato bellissimo il dialogo finale.
In maniera molto ordinata, ho cominciato questa recensione partendo dalla fine della storia! Faccio un passo indietro, per citare come ho apprezzato tutto ciò che ha portato sin qui. Ho amato leggere di questo rapporto di amicizia, come lo definisce Homer, in ogni suo aspetto. Ogni interazione tra Ole e Homer, in spiaggia e in casa e in paese e in camera, pubblica o privata, mi ha trasmesso una sensazione di complicità molto intima. Si capiscono a vicenda in un modo che spesso sfugge agli altri, come quando Homer riflette sulla compagnia e su se hanno apprezzato o meno Ole, che tende a essere introverso. Con Ole, probabilmente per il mio carattere, ho empatizzato. Io so quanto sia rilevante, per una persona timida, avere qualcuno che sappia vedere oltre ciò che si mostra a tutti, che spesso è insufficiente e non esaustivo della persona. C'è una connessione tra loro che porta a ritenere superfluo tutto il resto, tutte le altre compagnie, una perdita del tempo che potrebbero trascorrere da soli: ho sentito bene la loro voglia di essere da soli pur sotto gli occhi di tutti gli altri, anche nei primi momenti, quando essere soli non significava ancora cedere al desiderio fisico, perché non l'avevano ancora realizzato.
Voglio menzionare l'ambientazione italiana, che come hai dichiarato si ispira a Chiamami col tuo nome, ho amato ritrovarla: la gelateria di paese, le spiagge più o meno affollate, i giri in bicicletta. Mi ha ispirato nostalgia per un decennio che io in realtà non ho vissuto da adolescente in una casa di famiglia in una cittadina di mare, perciò l'ho trovata ben rappresentata.
È bellissimo come tu senta tuoi questi personaggi e come li hai impiegati in un contesto originale anche se sono nati altrove. Non è stata solo una parentesi estiva per te, questa, perché è chiaro che certi personaggi sono destinati a ritornare, pure soltanto nella mente dell'autore, pure se non più su carta (e non è nemmeno il tuo caso, mi è parso di capire, hai scritto ancora di loro).
Grazie per aver condiviso questa storia, ho amato leggerla.
Un abbraccio! |