Non ho mai letto nulla di tuo, ma aprendo il tuo profilo mi è caduto lo sguardo su questo racconto grazie alla parola che ne dà il titolo, il cui significato, confesso, ad ora mi è ignoto. Oltre ciò ho trovato l'idea di partenza esplicata nell'introduzione molto interessante, sebbene il mio primo pensiero sia stato qualcosa tipo "orco, che pesante custodire e accompagnare il bagaglio personale di così tanti individui" eheh
All'apertura del racconto la prima impressione che ho avuto su Albert è che sia una persona franca e forse un po' cinica: quanto ti ritrovi a interloquire con dei morti privi della consapevolezza di non esser più in vita, d'altronde, immagino si debba pur esserlo. La semplicità con cui mette subito in chiaro all'ospite del suo carro funebre che non può fisiologicamente mangiare un gelato, dunque, mi ha fatto sorridere.
Presto apprendiamo che il trapassato era piuttosto giovane, ho provato tenerezza di fronte al suo rammarico per l'ultimo incontro/scontro con la cugina. E' sempre dura pensare di lasciarsi così, di non avere più il tempo e l'opportunità per dirsi le cose che più contano, risolvere i non detti o semplicemente dirsi che magari lo pensava davvero che era una "stronza strizzarape", ma che le voleva anche bene.
Tutto il dialogo successivo riprende il clima di quello iniziale: diretto, franco, scorrevole e estremamente naturale. Di questo ti faccio i complimenti: i dialoghi sono una delle cose che più mi mette in difficoltà, quindi quando ne trovo di fatti bene - e con fatti bene intendo che potenzialmente potremmo sentirne di simili nella "realtà" - mi emoziono sempre molto.
Mi è piaciuto l'interesse di Marco, il suo voler apprendere qualcosa sul suo ultimo interlocutore: non è scontato che questo accada, mi è molto più semplice immaginare che di fronte allo sconvolgimento della morte la persona sia molto più concentrata su se stessa e ciò che ha appena dovuto "subire".
Ilare come ad Albert piaccia il silenzio e, paradossalmente, si sia ritrovato a fare un lavoro che di silenzio gliene concede ben poco. Ma in fondo, come ha spiegato, questo inizialmente lui non poteva saperlo.
Ed eccoci qui! Finalmente tocchiamo con mano ciò che ci era stato preannunciato nell'intro e che ancora non avevo percepito fino in fondo: la gentilezza e la cura che Albert ha nei confronti di tutte queste anime, la sua volontà di aiutarle nel passaggio al fine di renderglielo quanto più lieto possibile.
Dalla scena del fiume in poi, all'avvicinarsi della definitiva fine, aumenta anche il senso di malinconia di Marco, che irrimediabilmente lo fa provare anche ad Albert e che, di conseguenza lo fanno provare a me. Il vivace giovane si è incupito e rattristato, mi sarei sorpresa del contrario se non fosse accaduto, ma anche in quel momento, in qualche modo, è riuscito a svincolarsi da quella tristezza che evidentemente non fa proprio parte della sua personalità - o, per come la vedo io, la rifugge.
Ho molto apprezzato il fatto che tu abbia in qualche modo saputo anticipare eventuali dubbi rispetto alla difficoltà e pesantezza del lavoro di Albert - quello che avevo esplicitato già in apertura - affrontando l'argomento in modo diretto nel racconto. Così facendo ci hai dato delucidazioni chiare sulla percezione personale di Albert senza che ognuno di noi potesse avere un'opinione in merito dovuta esclusivamente al "come mi sentirei se".
Confesso che a questo punto del racconto, di fronte alla storia del bambino, un pochetto mi si è spezzato il cuore. Ho dato un paio di esami sulla psicologia di fine vita e l'unica conclusione certa che posso trarne è che non è mai facile. Non lo è per chi resta, coloro su cui come psicologi abbiamo la possibilità di lavorare. Ma sono piuttosto sicura che non lo sia nemmeno per chi va e, nella parentesi del tuo racconto, all'interno del quale abbiamo uno scorcio proprio su questo tema, sposiamo il medesimo pensiero.
Giungo al termine e il viaggio di Marco finalmente termina. Percepisco io stessa un senso di vuoto e quasi di impotenza di fronte alla sua definitiva dipartita. La conclusione semplice e pulita, il vedere Albert che prende un'agenda e vi segna sopra il nome dell'ennesimo individuo incontrato per un momento assai breve, ma intenso, mi è piaciuta davvero tanto.
Per quanto riguarda la scrittura - non avendo mai letto qualcosa di tuo voglio spendere due parole super basic in merito -, scorre rapida, soprattutto grazie al ritmo incalzante dovuto ai tanti dialoghi quasi "botta e risposta" che vengono sostenuti da un raccontato che ben si equilibria con tutto il resto senza mai appesantirlo (mi fa sorridere questo, perché spesso e volentieri è proprio ciò su cui pecco io quando scrivo ahah). Inoltre, in entrambi i tipi di narrazione si scorgono informazioni sui due protagonisti, sulla loro vita e personalità, dandoci, così facendo, la possibilità di empatizzare, comprenderli nelle sue scelte e nei comportamenti e apprenderne le varie sfaccettature. Hai saputo rendere al meglio le loro personalità rendendo il racconto estremamente scorrevole, interessante e mai noioso - cosa non scontata visto che si tratta di una storia con solo due personaggi di rilievo e praticamente nessuna azione vera e propria al di là di quelle che i protagonisti narrano.
Ti segnalo un paio di accorgimenti:
- "E dire che quando aveva deciso di fare quel lavoro pensava che avrebbe rischiato di essere addirittura noioso! Poi aveva scoperto di riuscire a vedere le anime di chi non c'era più, e da quel momento aveva cominciato a vivere quel lavoro diversamente" --> puoi tranquillamente ommettere il secondo "quel lavoro", visto che è già stato nominato nella frase precedente e riferirti a esso semplicemente con "viverlo"
- Il cofano è quello davanti che contiene motore e quant'altro, sicuramente i due uomini eleganti non potranno sfilare la bara da lì, bensì dal bagagliaio ahah
Sono contenta di averti letto,
a presto,
Bongi! |