Terza classificata
“I tuoi particolari”
di LadyPalma/Lady.Palma
Totale: 34.15/35
Grammatica e stile: 9.5/10
La grammatica è praticamente perfetta e le scelte lessicali, oltre a rispettare il prompt (e questo riguarda un altro parametro di valutazione), sono assolutamente funzionali in ogni momento della storia.
In qualche punto non ho condiviso l’uso della punteggiatura, per quanto in certi casi possa risultare discrezionale. Ti riporto degli esempi, soprattutto riguardanti alcuni incisi:
“Ti sentivi al sicuro dicevi, anche se il pericolo non lo vedevi.”
Manca la virgola prima di “dicevi”, che è appunto un inciso, particolarmente necessario perché divide un discorso.
“Ero un piacevole diversivo alla monotonia, così mi definivi e, offeso o meno che io fossi, tu […]”
Stesso discorso: manca la virgola dopo “definivi”, perché l’inciso è “così mi definivi”. Se l’eccesso di virgole in questa specifica frase ti spinge a volerne tagliare qualcuna, io ometterei quelle che isolano l’inciso seguente (“offeso o meno che fossi”), che non riguarda la didascalia di un dialogo, che richiede espressamente di essere isolata da virgole.
“È un cazzotto nell’occhio buono quel rosa carne tritata”
Ritengo necessaria una virgola prima di “quel”.
“La guerra è ehm terminata e il Ministero afferma che tutto è completamente sicuro. Non esistono più ehm quei malviventi e ehm quelle canaglie”
Potrebbe sembrarti un eccesso di pignoleria, ma isolerei i vari “ehm”, in quanto costituiscono delle vere e proprie interruzioni del discorso, quindi ponendoli tra virgole, trattini, o introducendo i punti di sospensione (quest’ultima scelta, però, potrebbe risultare un po’ pesante).
Il tuo stile è personale, non perché si notino espressioni ricorrenti o strutture del discorso sempre simili, ma perché si intravede la tua impronta nelle scelte linguistiche. Non parlo solo del lessico, ma del ritmo della storia. Trovo che tu abbia, passami il termine, un buon orecchio, e che riesca a utilizzare le parole non solo per il loro significato, ma anche per il suono che hanno, singolarmente e nella struttura sintattica. Probabilmente, questa stessa caratteristica è quella che ti fa compiere pochissimi errori (o anche nessuno) dal punto di vista logico nell’utilizzo dei sintagmi, quasi riuscissi ad assorbirne la funzione facendola tua, per poi riutilizzarla in maniera assolutamente spontanea.
Unico appunto in tal senso riguarda un errore di consecutio temporum, che secondo me trae origine dai periodi molto lunghi di questa storia. Soffermandosi su una frase particolarmente articolata, si perde un po’ il contatto con la precedente e la successiva. Tu hai gestito molto bene i periodi complessi che hai scelto di utilizzare, ma è inevitabile che essi portino a una perdita di capacità di riscontrare incongruenze a orecchio.
Il pezzo in questione è il seguente:
“Hai stravolto ogni singola cosa, basta dire questo, a partire dalle tende rosa che hai imposto per tutta la casa (“Vuoi vedere che te le straccio? È un cazzotto nell’occhio buono quel rosa carne tritata”, “Non osare, è un rosa cipria!”, però quando le ha mezze distrutte uno dei tuoi gatti gli hai fatto persino le coccole), per non parlare dello sherry che a una certa hai provato a impormi invece del Whisky (“È buonissimo, mi ricorda il piscio di un unicorno”, “Sei proprio un… ehm villano privo di gusto”, e non hai trovato niente di peggio da dirmi neanche dopo esserti scolata una bottiglia intera di quel piscio rossastro), o ancora dei tuoi odiosi gatti (“Ma guarda che stronzi! Mi hanno ficcato le loro unghie un’altra volta nella gamba buona!”, “Oh non fare lo sciocco, Alastor! È il loro modo di dimostrare affetto!”, e forse lo intendevi davvero perché del resto ferire era anche il tuo modo di dimostrare affetto, ormai lo sapevo). Ma la cosa che più mi aveva stravolto erano i tuoi particolari in ogni singolo angolo: ci ho messo quasi tutto quel cazzo di autunno a convincermi […]”
Praticamente ti ho riportato un quarto di fanfiction, e me ne scuso, ma poiché hai reso la storia completamente legata, ogni frase è intrecciata alla precedente e alla successiva (in maniera generalmente riuscita, aggiungerei, ma intendo soffermarmici dopo).
Se elimini alcune subordinate – banalmente rimuoverei le parentesi a scopo puramente analitico – puoi accorgerti tu stessa dell’incongruenza dei tempi verbali:
“Hai stravolto ogni singola cosa, basta dire questo, a partire dalle tende rosa che hai imposto per tutta la casa, per non parlare dello sherry che a una certa hai provato a impormi invece del Whisky, o ancora dei tuoi odiosi gatti. Ma la cosa che più mi aveva stravolto erano i tuoi particolari in ogni singolo angolo: ci ho messo quasi tutto quel cazzo di autunno a convincermi […]”
Hai utilizzato il passato prossimo nella narrazione e a inizio periodo (“Hai stravolto”), un tempo difficile da gestire, ma che può essere trattato bene nei testi brevi, che mi sembrano la tua specialità. Tuttavia a un certo punto sei passata al trapassato prossimo (“che più mi aveva stravolto”), che pone la frase in una dimensione di anteriorità rispetto al tempo corrente. Poi ritorni al passato prossimo, che è il tempo del racconto (“ci ho messo”).
È un errore in cui è facilissimo cadere, perché di fatto, dal punto di vista da cui Malocchio racconta, che è un presente, l’essere stato stravolto rappresenta un evento anteriore al momento in cui cerca di convincersi della fine della relazione, in cui prova a smettere di notare i particolari, eccetera. In realtà, però, la forma corretta prevede l’utilizzo sempre coerente del passato prossimo, che evita una complicazione inutile dei piani temporali.
Questa storia è costituita di blocchi interi di periodi complessi, carichi di subordinate e coordinate, al punto che se provassimo a fare uno schema grafico della struttura di ciò che hai scritto ne verrebbe fuori un albero pieno di ramificazioni. È un’arma a doppio taglio, non è facile gestire una scrittura così articolata senza commettere errori, ma trovo che tu te la sia cavata abbastanza bene. Soprattutto, ritengo che questo particolare modo di scrivere sia al servizio della storia stessa, come un’estensione del contenuto: il polisindeto non è solo una figura retorica, ma una rappresentazione dell’approccio alla vita di Malocchio, che non guarda mai in una sola direzione, ma è attento a tutte contemporaneamente.
Ho avuto l’impressione di una storia che è nata con una struttura semplice e si è poi ampliata con i dettagli. Potrei tranquillamente sbagliarmi, ma la sensazione è quella che tu non abbia scritto come un unico flusso ordinato, ma innestando dei particolari un po’ alla volta. Non è sbagliato e non è una critica, è solo un modo di fare, c’è chi fa così sempre (ad esempio io) e chi invece per inclinazione naturale scrive in maniera fluida l’intero testo. Mi sembra che tu appartenga alla seconda categoria e, se è così, devo farti i complimenti per come hai gestito un tipo di struttura che forse non è tra quelli che ti sono più congeniali.
Ultimo appunto riguarda la frase conclusiva, in cui usi dei “ché” con funzione di perché:
"Non posso più vivere in una cazzo di gabbia" hai detto a mo' di spiegazione un pomeriggio con la valigia pronta, e solo allora ho capito. Non per la valigia, no, per l’imprecazione. Ché eri stufa per davvero, ché non c'era più niente in questa casa che ti facesse venire voglia di essere te per la Bamboluccia che eri.”
In questo periodo io li avrei trattati come dei che relativi (“ho capito che eri stufa, che non c’era più niente) e non nel modo in cui li hai utilizzati tu. Se rileggi la frase precedente, non c’è un’espressione specifica su cui innestare una subordinata causale, come avrebbe potuto essere nel caso di un periodo del tipo: “[…] te ne sei andata. Ché eri stufa per davvero […]”.
Complessivamente, ho trovato la tua storia davvero ottima e devo dire che leggerla è stato un piacere.
Struttura della narrazione: 4.75/5
La storia è breve, la trama è semplice ma efficace, perché riguarda una classica storia d’amore che di classico, in realtà, non ha niente. I personaggi sono il punto forte e la riuscita dell’intento narrativo si deve principalmente a loro.
L’intreccio è lineare, la storia è narrata da Malocchio a posteriori, che rievoca in ordine temporale i momenti insieme a Dolores e quelli della rottura.
Ho trovato la costruzione della storia ben riuscita, ma in qualche momento un pochino difficile da seguire. Dal punto di vista del bilanciamento tra le varie sequenze (dialoghi, descrizioni, introspezione), hai sovvertito tutte le leggi della narrativa: ben venga la sperimentazione, ho apprezzato la scelta, ma il risultato è comunque quello di una struttura complessa, a tratti contorta, che si segue, sì, ma che richiede anche un po’ di impegno. Purtroppo il rischio di perdersi in una delle ramificazioni dei periodi (soffermandosi troppo su un dialogo, un commento di Malocchio, una descrizione, che sono da considerare spesso come incisi) è piuttosto elevato. Ritengo che tu abbia gestito bene questo aspetto, ma non alla perfezione, perché in qualche punto ho trovato le ramificazioni un po’ eccessive; è il caso del pezzo trattato nel parametro precedente, in cui è sfuggita a te come autrice la presa sul tempo verbale e, devo ammettere, anche a me come lettrice la “strada” tracciata dal periodo, che ho dovuto rileggere un paio di volte.
Coerenza e caratterizzazione dei personaggi: 5/5
I personaggi sono il punto forte della tua storia: caratterizzati benissimo, non hai avuto la necessità di descriverli neanche per un secondo, perché si mostrano per quello che sono attraverso le loro azioni e le loro parole.
Com’è fatta Dolores è evidente dai particolari che Malocchio finisce per amare in lei, ed è molto IC, sebbene ciò sembri incredibile, visto che sei riuscita a farmela piacere.
Moody, invece, permea questa storia dall’inizio alla fine, non solo perché lui è la voce narrante, ma per il modo caratteristico in cui hai assunto il suo punto di vista. Tutto, dalla struttura della storia, alle scelte lessicali, ai particolari osservati, parla di com’è Alastor Moody. Lo trovo un esempio magistrale di gestione del personaggio.
Anche la dinamica tra loro due è molto ben riuscita, insieme sono divertenti, ma anche intensi, e il lettore riesce facilmente a entrare in sintonia con loro, nonostante siano entrambi piuttosto particolari. Hai fatto davvero un ottimo lavoro da questo punto di vista.
Titolo: 2/2
Il titolo è molto aderente al testo, riassume benissimo sia il contenuto che l’atmosfera della storia. In quanto a gradimento personale, non poteva che conquistarmi, dal momento che amo questa canzone.
Utilizzo dei pacchetti:
Prompt stilistico: 6/6
5. La storia deve presentare un lessico molto variabile, con termini appartenenti a un registro più alto e altri a un registro più basso. L’utilizzo combinato di queste due tipologie deve essere giustificato da scelte narrative, ad esempio si può introdurre un personaggio che è solito parlare in maniera molto colloquiale (quindi utilizzare il registro più semplice nei dialoghi) e un narratore che invece utilizza un registro più formale. Qualunque altro tipo di scelta narrativa che giustifichi la combinazione di due tipologie di lessico diverse è accettato.
Il pacchetto è inserito alla perfezione e costituisce il mezzo principale attraverso il quale mostri non solo le differenze tra Alastor e Dolores, ma anche la complessità di Malocchio stesso.
Il registro colloquiale del parlato è perfettamente naturale nella bocca del personaggio, lo rende caratteristico (e per il lettore anche divertente) e il contrasto con le maniere più posate della Umbridge è molto efficace. Tuttavia il vero aspetto interessante, dal mio punto di vista, è la differenza di registro tra i dialoghi e la parte narrata. Sarebbe stato molto più semplice utilizzare una terza persona, o ancora meglio un narratore esterno, e il distacco con la voce di Malocchio sarebbe stato netto e naturale. Invece è Moody a raccontare, è suo il punto di vista narrativo, eppure, nonostante il registro differente che il lettore ha modo di apprezzare al di fuori dei dialoghi, si riconosce la stessa voce del personaggio, declinata in modo diverso perché diverso è il contesto in cui si palesa, ovvero quello del pensiero e della narrazione.
Il pacchetto è quindi correttamente inserito e utilizzato in maniera centrale e molto efficace. Complimenti!
Figura retorica: 6/6
M. Polisindeto (https://it.wikipedia.org/wiki/Polisindeto)
Anche questo pacchetto, come il precedente, è inserito e utilizzato alla perfezione.
Come ho avuto modo di anticipare, trovo che il polisindeto abbia non solo una funzione linguistica, ma che costituisca un espediente stilistico che rafforza il contenuto, che in questo caso è il carattere di Malocchio (sempre vigile su tutti i fronti contemporaneamente).
L’uso ripetuto della figura retorica conferisce alla storia un ritmo ben scandito, rendendola quasi una strada obbligata verso l’inevitabile punto di rottura finale. C’è della disperazione nel modo di esprimersi di Malocchio, che procede per coordinate come a elencare tutto quello che gli piaceva, tutto quello che gli manca, tutto quello che non ha più. Ancora una volta, i miei complimenti!
Gradimento personale: 0.90/1
La storia mi è piaciuta moltissimo, questi due personaggi, che possono sembrare impensabili insieme, si incastrano alla perfezione grazie al modo in cui sai renderli, mantenendoli fedeli agli originali, ma allo stesso tempo attribuendo loro nuove sfaccettature per renderli tuoi.
Ho apprezzato molto l’uso che hai fatto dei pacchetti, mi piace il modo in cui scrivi e ritengo che – per quanto la scrittura sia qualcosa che sicuramente ti viene naturale – tu abbia una grande intelligenza narrativa, nel senso che riesci a sfruttare tutti gli elementi a tua disposizione per farli concorrere al raggiungimento dell’obiettivo espressivo che ti sei prefissata.
Impaginazione – Senza valutazione
Il font è standard, la dimensione adeguata, il testo correttamente giustificato. Mi piace anche l’espediente di allineare al centro la conclusione, perché enfatizza il senso di smarrimento del protagonista. L’unico suggerimento che sento di poter dare è quello di aggiungere i rientri di paragrafo. In generale direi di evitarli quando l’allineamento del testo da una parte o dall’altra fa parte della struttura della storia ed è funzionale alla trasmissione del messaggio, ma in questo caso, soprattutto in presenza di periodi molto complessi, il rientro di paragrafo aiuta il lettore a identificare a primo impatto un capoverso. |