Illustre Cavaliere,
bello ritrovarti in questa sezione; ne ero pressoché certa, che saresti ricomparso qui, e con che perla.
Il poker come metafora della vita, il gioco come amplificatore delle passioni, e delle pulsioni: quante volte l'abbiamo visto? Da Dostoevkskij a Pupi Avati, al "Il Giocatore" con il mitico Malkovic nei panni di "Teddy KBG" che sbrocca in russo quando, inaspettatamente, trova chi lo mette con le spalle al muro. Ma questo tuo racconto non è una semplice variazione sul tema, per quanto condotta con virtuosismo da funambolo. Perché bisogna essere funambolici per poterci dare questa lezione di psicologia (pare che il poker lo sia, psicologia applicata, non solo gioco di fortuna, memoria e strategia), in cui l'io narrante ripercorre la storia della sua vita, e dei suoi fallimenti, sentimentali e no, al tavolo da gioco. Io non so, perché gioco al massimo a briscola, a burraco, e prima a giocacci da osteria della bassa ormai dimenticati man mano che i vecchi amici dei nonni sono andati a giocare a carte in Paradiso, ma qui la tua maestria spicca, dato che riesci a coinvolgere chi, come me, del poker capisce poco o nulla, costruendo un'atmosfera fitta di sudore, fumo, tensione, e restituendoci quasi il martellare del cuore nel petto del protagonista.
E se prima di morire, pare, la vita intera passa davanti ai nostri occhi, così accade anche, tu ce lo spieghi, durante la mano decisiva di una partita a poker, nella quale riesci a scardinare "i cliché che noi siamo".
L'Ettore evocato è un daimon, un angelo custode, un maestro, e un antesignano, anche nella strada della rovina che il protagonista percorrerà, sulle sue tracce e quale suo allievo ed emulo.
Come diceva la marchesa di Merteuil? "Sono sempre i migliori nuotatori ad affogare", perché confidando troppo nelle loro capacità si spingono sempre un po' troppo al largo per poi poter tornare indietro. E bisogna sempre, sempre, sempre diffidare dei bellocci alla Julien Sorel o alla Fabrizio Del Dongo: perché la Fortuna, che è donna e va battuta, diceva Machiavelli, ha anche una smaccata predilezione per i belli, e solitamente dà soltanto a chi già ha.
Omaggi devotissimi, nobile cavaliere, e grazie per questo tuo racconto, che avrebbe strappato l'applauso a Cesare Lombroso, che Dio l'abbia in gloria e lo benedica sempre.
A prestissimo, e ad maiora sempre, uque ad astra et ultra, con una garbata riverenza, con i tre passi all'indietro, quella che veniva tanto bene alla Du Barry; e, con ossequi, ciao.
D. (Recensione modificata il 09/09/2021 - 06:53 pm) |